Falling From Wonderland

di RubyChubb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Eccomi tornata tra di voi con la mia nuova storia :) Non è un caso che la pubblichi proprio in questo giorno... Vabbè, poche storie, in quanto neodottoressa posso fare tutto quello che voglio oggi [yep]
e visto che mi sento poco bene [la tensione lascia spazio al mal di gola e alla tosse], che ho sonno e che sono in ferie per molti giorni... Beh, eccovi questa nuovissima storia.
E' un po' che la scrivo, c'è che la conosce già e che mi ha dato una mano ad concluderla. E' una Alternative Universe dall'inizio alla fine, quindi è stata molto strano per me trattare questi conosciutissimi personaggi per chi non erano veramente, nonostante avessi già tentato di tramutarli in qualcun altro, ma per la durata pochissimi capitoli. Ecco, la versatilità delle AU è alquanto sconvolgente xD  Dà molta ispirazione, ma finisce per essere piuttosto pericolosa. 
Il preambolo non è servito nient'altro che a riempire questa piccola introduzione che voglio farvi.  Una piccola immagine della controparte femminile, Alicia,  mentre non ne inserisco alcuna del protagonista maschile [perchè in fondo questa storia è incentrata su di lui, anche se non può non sembrare]. Ripeto, in quanto AU, vi troverete davanti ad un Danny Jones piuttosto diverso...  Sia fisicamente che caratterialmente xD

Non posso fare altro che ringraziare tutti quelli che la leggeranno e/o che la commenteranno, senza dimenticare chi ha commentato "Somwhere in the same hotel" :) grazie ragazzeeeeeeeee!!!!

Aggiungo che la storia è di mia invenzione, non ci sono riferimenti a fatti né a cose accadute e i McFly non mi appartengono.  Tutte le citazioni ad opere altrui [canzoni, libri, film e così via] non verranno riportate con scopi di lucro, così come questa storia.

Falling From Wonderland

What happens when Alice and the White Rabbit fall for each other?




PROLOGO




I’m RATLEG scrive:
Suppongo che dovresti dirlo a tuo padre (come ti ho già detto migliaia di volte…)

BecauseTheNight scrive:
Mio padre non mi crede (come ti ho già detto migliaia di volte…). Pensa che sia una bugiarda gelosa…

I’m RATLEG scrive:
Ma alla fine lo convincerai

BecauseTheNight scrive:
Sì, certamente…

I’m RATLEG scrive:
Vedrai che ho ragione

BecauseTheNight scrive:
Ratleg, caro mio, mi duole dirtelo, ma la vita è molto più dura di quanto pensi…

I’m RATLEG scrive:
Anche più di un sistema di disequazioni di terzo grado?

BecauseTheNight scrive:
Decisamente sì! XD Adesso vado a letto, sono piuttosto stanca… Domani la prof mi interrogherà sicuramente… Altra insufficienza in matematica, che pacco…

I’m RATLEG scrive:
Fossi nella mia stessa classe, ti aiuterei molto volentieri!

BecauseTheNight scrive:
Il classico secchione sfigato con gli occhialoni e l’apparecchio per i denti… XD

I’m RATLEG scrive:
Offendi pure :P Buona insufficienza e buonanotte  ci sentiamo domani?

BecauseTheNight scrive:
Solo se il tuo augurio non si avvererà! Notte notte!



Sorrise.
Chiuse la finestra di conversazione e, come tutte le altre sere, spense il suo portatile. Si stiracchiò, sbadigliò e si tolse gli occhiali da vista, appoggiandoli sul comodino accanto al letto.
Un altro giorno se n’era andato, finito come tutti gli altri, immerso nella solita routine. Scuola, studio, computer e letto, poi di nuovo scuola, studio, computer e letto. Indossò il suo pigiama grigio a righe blu, sua sorella gli diceva sempre che un carcerato era molto più alla moda di lui. Passò dal bagno, doveva lavarsi ed indossare l’apparecchio notturno per la dentatura inferiore, per quella superiore ci pensava quello fisso. Fortunatamente aveva avuto la possibilità di nasconderlo all’interno della bocca, cosicché il suo sorriso non si mostrava di ferro come quello di alcuni suoi compagni.
Si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi.
La routine avrebbe avuto un nuovo inizio, con tutti i pro ed i contro che la sua vita gli riservava.


.*.*.*.


Entrò nella classe di matematica, si sedette al suo solito posto ed appoggiò lo zaino alla gamba sinistra del banco. Il silenzio eccessivo non gli dette alcun fastidio, era abituato ad arrivare prima di tutti gli altri, e in quel tempo passato da solo dava sempre una lettura veloce alla lezione del giorno precedente per non farsi cogliere impreparato. Non gli piaceva dare il peggio di sé con una scena muta.
Giorno!”, una voce squillante fece alzare la sua fronte dal libro su cui era chinata.
Una musichetta elettronica sottolineò l’entrata nella classe del suo amico e compagno di corso di matematica, e proveniva sicuramente dal videogioco elettronico tascabile che si portava immancabilmente appresso al culo.
Buongiorno Dougie.”, rispose Danny, “A che livello stai?”
Penultimo.”, disse l’altro, sedendosi sul banco alle sue spalle e lasciando che lo zaino cadesse con un tonfo sul pavimento.
Ma lo hai comprato tre giorni fa…”, gli fece notare Danny, che scosse la testa rassegnato.
Non ci dormo la notte!”, si giustificò Dougie, “Questo livello mi dà dei veri grattacapi. Non riesco proprio a distruggere il nemico finale, ho provato tutte le combinazioni di tasti ma è praticamente impossibile. Ho cercato soluzioni on line, ma niente…”
Ci riuscirai…”, lo consolò con fare pacifico e tornò sul suo quaderno per gli appunti.
Si isolò e non lasciò che la musichetta del videogioco di Dougie gli trapanasse le orecchie. Comunque, tra poco sarebbe arrivato anche Tom, quindi i secondi rimasti per il ripasso stavano lentamente finendo. Infatti, dei passi pesanti e veloci lo interruppero subito. La faccia trafelata di Tom apparve sulla soglia della classe: era sudato e stava ansimando.
Ma che cazzo!”, esclamò, entrando con calma, “Dove cazzo sono tutti gli altri!”
Rapiti dagli alieni.”, rispose Dougie con tono monotono, troppo impegnato sul suo livello.
Tom, mancano venti minuti all’inizio della lezione…”, disse Danny, sollevando le sopracciglia.
L’altro controllò subito l’orologio.
Cazzo!”, esplose, “Si è fermato ancora! Ma porca puttana!”
Compratene un nuovo…”, gli consigliò Dougie.
Mossa sbagliata, si disse Danny. L’orologio di Star Wars di Tom non si criticava mai. Lo aveva comprato che aveva solo sette anni e stava ancora lì al suo polso, sempre attivo e pronto ad essere soccorso dal suo amato -e ossessionato- padrone.
Fatti i cazzi tuoi, Poynter!”, sbuffò subito Tom, quella mattina in vena di numerose e ripetitive parolacce, “Se cambio la pila, vedrai che torna come nuovo!”
Il giocatore alle sue spalle prese a borbottare.
Se cambi il cervello, Tom Fletcher rimarrà sempre il solito sfigato…”
Se gli togli i videogames, Dougie Poynter si ammazzerà dalle seghe!”, si vendicò Tom.
Basta!”, li fermò Danny, “Ogni mattina avete da becchettarvi come le nonne al supermercato!”
I due contendenti si scambiarono un’occhiata di ulteriore sfida, poi Tom sistemò il suo gigantesco blocco per disegni nel ripiano sotto al banco e si sedette davanti a lui. Come ogni mattina il terzetto si completò ed occupò le ultime tre postazioni della seconda fila di banchi, a partire dalle finestre laterali dell’aula di matematica. Attendevano l’arrivo di tutti gli altri compagni che, uno dopo l’altro, occuparono i posti rimanenti.
Sai una cosa, Dad?”, gli si rivolse Tom.
Sentì una punta di fastidio pungergli il collo.
Lo sai che odio quel soprannome.”, gli disse, senza distogliere l’attenzione dai sistemi di disequazioni di terzo grado.
Era l’acronimo del suo nome, Daniel Alan David, Dad. C’era anche chi lo chiamava Daddy Jones, solitamente erano i bastardi che popolavano tutte le scuole del mondo, nessuna esclusa, ma se erano i suoi migliori amici ad appellarlo così, allora era tutta un’altra cosa. Non gli piaceva, ma andava bene.
Ti dicevo…”, lo ignorò Tom, “Ho notato che ogni sera protrai ad oltranza la tua permanenza on line anche dopo la dipartita mia e di quel coglione seduto dietro a te.”
Già, è vero.”, si accodò subito Dougie, che aveva intercettato la conversazione.
E’ vero cosa?”, si preparò Tom, “Che sei un coglione o che lui rimane troppo tempo davanti allo schermo del suo pc?”
Non lo vide, ma Danny si immaginò il suo amico alzare il dito a Fletcher, con tanto di sguardo inviperito.
E’ perché leggo degli articoli e dimentico di disconnettermi.”, si giustificò Danny.
Quali articoli?”, si incuriosì Tom.
Beh… Scienza, cose così…”
Su quale sito?”
National Geografic.”, sparò al primo colpo.
Scienza dell’accoppiamento animale?”, domandò anche Dougie.
Danny si spazientì, sospirò infastidito e non rispose. I due parvero accontentarsi, ma molto presto sarebbero tornati in argomento e avrebbe dovuto inventarsi qualche altra scusa. Non gli andava di parlare delle lunghe chiacchierate a cui loro non partecipavano. Un fracasso li distrasse in gruppo, un rumore di risate grasse e forzatamente sguaiate entrò nella classe insieme ai corpi a cui appartenevano.
Cristo santo!”, esclamò Jake O’Connor, “Gliel’hai fatta proprio grossa!”
Puoi dirlo forte!”, rispose il ragazzo che era con lui, il biondo e tanto affascinante Chris Sandman.
Danny nascose la faccia nelle disequazioni di terzo grado che stava ripassando, era meglio non farsi vedere.
Ecco Harold Mark Christopher Judd, o meglio, Harry-Grande-Pezzo-di-Merda, come lo chiamava personalmente. Era il tipico ragazzo che faceva pentire di aver posato gli occhi su di lui, di averlo guardato, di avergli detto ‘buona giornata’… Ed infine di essere nato. I tipi come Danny, quelli con la divisa scolastica sempre perfettamente a posto, gli occhiali da vista e la media dei voti troppo alta, attiravano la sua antipatia come le caldarroste richiamavano il languorino delle persone che amavano mangiarle d’inverno. Un paragone ancora più semplice? Danny Jones stava a Harry Judd come il miele stava alle api… E cambiando i fattori della proporzione il risultato era sempre quello, era destinato a rimanere perfettamente invariato.
Nei secoli dei secoli, amen.
Fortunatamente, quella mattina Harry sembrava avercela con qualcun altro che non era lui, il suo bersaglio preferito dell’ora di matematica, e Danny sospirò di sollievo. Fu però una cosa temporanea.
Daddy Jones!”, esclamò Harry mentre si sedeva, guardandolo con occhi felici e bocca spalancata, “Ma come siamo belli oggi! E anche tu, Fletcher… E Poynter, che massa di fotomodelli!”
La classe scoppiò in un boato di risate, cosa più tipica della neve d’inverno, e i tre fecero finta di non aver sentito. La loro vita era in quel modo da quando i loro genitori li avevano messi al mondo, c’erano più che abituati. Danny era il parafulmine, quello a cui venivano scoccate le prime frecce;  dopo di lui, veniva direttamente Tom, detto anche FletChin, per via della prominenza del suo mento, ed infine Dougie, più propriamente definito Handjob Station. Tutti quei soprannomi avevano il copyright Made in Judd, ovviamente, era stato lui ad averli inventati. Quello stronzo se lo erano portati dietro dal primo anno di scuola elementare, non potevano liberarsene fino al termine di quell’ultimo anno scolastico di liceo. Eppure, in fin dei conti Danny lo invidiava un po’. Aveva una vita facile, piaceva alle ragazze ed aveva tutto quello che voleva. Se ne fregava dei voti, del suo futuro, aveva il papà che lo aspettava a braccia aperte.
Sentì qualcosa bussare alle sue spalle e si voltò verso Dougie. Con un gesto veloce del dito indice il suo amico gli indicò la porta.
Oh no… Ci risiamo.
Palpitazioni, sudore freddo, balbuzie incessante. Erano quelli i sintomi della sua degenerazione fisica e mentale…. E sentimentale. Tutta colpa di quel maledetto giorno, il primo di quell’anno scolastico, in cui era entrata candidamente in classe accompagnata dal preside. Era nuova e si era persa, non era stata capace di interpretare la cartina del liceo e di trovare la classe di matematica.
Alicia Kristen Eva Lewis.
Capelli scuri, occhi scuri, pelle chiara. Libri sotto braccio, zaino sulle spalle, sguardo basso ed indifferente. La osservò segretamente sedersi vicino alla finestra in silenzio, alla sua sinistra, davanti al banco parallelo al suo. Sistemò i capelli dietro alle orecchie, allacciò le stringhe sfilacciate dell’anfibio destro, prese un libro dalla piccola pila appoggiata sul suo banco e si mise a leggere.
Uno scappellotto atterrò sulla nuca di Danny.
E piantala!”, esclamò Dougie.
Fatti i cazzi tuoi!”, lo rimbeccò prontamente, massaggiandosi la testa.
Provò a concentrarsi sulle regole per la soluzione di un sistema di equazioni di terzo grado ma, sebbene le conoscesse a memoria, non riusciva più a rammentarle.
Signorina Lewis! Vorrebbe essere invitata a cena???”
Un’altra bomba di risate, ma stavolta furono prevalentemente di provenienza femminile.
Fotti tua sorella, Judd.”, gli rispose subito Alicia, senza neanche voltarsi a guardarlo.
No, è te che si fotte!”, incalzò Chris Sand, l’amico più fidato di Harry, il suo cane da combattimento ed emulatore professionista.
Altre risate, altre palpitazioni.
Li odiava, li odiava tutti. Perché non la lasciano in pace?, si chiese Danny, come ogni volta. Non c’era alcun divertimento nell’offenderla, lo trovava piuttosto disgustoso e senza senso. Eppure lei sembrava non farci caso, li lasciava perdere e continuava tranquillamente la sua vita.
Alicia lo aveva colpito come un fulmine spezzava in due la querce più alta e più vecchia. Era entrata nella classe di matematica e, bum!, aveva ucciso il cuore del re degli sfigati e dei secchioni. Non poteva farci niente, era innamorato di lei. Completamente, stupidamente, incondizionatamente innamorato di lei, e se ne fregava di quello che le persone raccontavano sul suo conto. Non dava peso a quanto potesse sembrare stronza, altezzosa, presuntuosa… E facile. Dicevano che era una facile, una che ci stava, ma non poteva essere, no, ne era pienamente convinto.
Era stato Harry a mettere quella voce in giro, era sicuro anche di quello.




.*.*.*.


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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Eccomi qua con il primo capitolo di questa storia :)  Spero che vi sia piaciuto anche il prologo e ringrazio _Blackisavampire per aver commentato <3 E tu Ciry, acqua in bocca!
Da questo in poi, ogni capitolo avrà un piccolo sottotitolo, nonostante non esista alcun titolo. E' un verso della canzone "The heart never lies", dei McFly, che uso senza alcuno scopo di lucro...  Maledetti, ogni volta che vedo quel video mi viene da piangere. Comunque, vi lascio alla storia :) Per il momento i capitoli saranno piuttosto corti, datemi il tempo di ingranare! Spero che di appassionarvi almeno un pochino tanto da spingervi a lasciare un commento, di qualsiasi tipo, ne sarei felice. <3
Alla prossima!
RubyChubb





CAPITOLO 1




Some people laugh and some people cry




Chiuse il libro di geologia e si stropicciò gli occhi. Ne aveva abbastanza di falde, zolle tettoniche, provvedimenti anti sismici e magmi vari. Voleva dedicarsi ad altro. Aveva bisogno di dedicarsi ad altro. Poteva dire che la giornata era stata nella norma, non erano successe cose molto spiacevoli. La professoressa di letteratura, quella vipera, aveva provato a fregarlo rifilandogli una domanda piuttosto difficile su Walt Whitman, chiedendogli a quale poesia fosse appartenuto il verso 'Emetto il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo'. Ci aveva pensato un po’, sentendosi gli occhi di tutti su di sé, ma aveva risposto senza un tremito nella voce.
Canto di me stesso.”, aveva risposto con sicurezza.
Ovviamente corretto.”, aveva detto lei, la signorina Jackson.
Un brusio si era levato in sottofondo ed aveva distinto tra le tante voci il classico ‘secchione gran figlio di puttana’, ma non ci aveva fatto caso. Di solito, però, quando tornava a casa e si chiudeva nella sua stanza, quelle parole tornavano a suonargli nella testa… Si disse di non pensarci, che quelli erano solamente degli stupidi e che se avessero fatto quello che la professoressa aveva detto loro avrebbero potuto rispondere con la medesima facilità. Non capiva il perché di tutto quell’odio nei suoi confronti, in fondo faceva solamente il suo lavoro di studente. Non era nemmeno uno di quelli che alzava la mano per rispondere ad una domanda posta alla classe, piuttosto preferiva spararsi, lo faceva solo se era direttamente interpellato. Non era colpa sua se teneva alla sua carriera scolastica, se si sentiva bene quando il suo nome era corredato da dei bei voti. Era fatto così, sua madre gli aveva insegnato quello e non gli pareva di nuocere al mondo.
Fine della storia.
Sistemò il libro dentro allo zaino, gli sarebbe servito per la lezione del giorno dopo. Sbadigliò e dondolò la testa, la cervicale gli doleva sempre alla sera. Prese il suo portatile, fece attenzione che il filo non si scollegasse dalla presa elettrica, si sedette sul letto ed allungò le gambe sul materasso. Lo accese e, prima ancora che il logo del sistema operativo illuminasse il centro buio dello schermo, tre colpi alla porta lo disturbarono.
Vieni pure.”, disse.
Daniel?”, lo chiamò sua madre, affacciandosi in camera.
Che c’è, mamma?”, le domandò.
Le sorrise grattandosi la testa e si sistemò gli occhiali sul naso.
Tutto bene a scuola?”, gli domandò, come faceva sempre dopo cena.
Kathy, sua madre, aveva un sesto senso: veniva sempre a porgergli quella domanda pochi secondi dopo che aveva chiuso il libro, senza vederlo compiere quel gesto. Appariva così, dal niente, e voleva sapere come era andata la sua giornata.
Bene.”, le disse.
Perfetto.”, rispose lei.
Gli sorrise e se ne andò, non chiedeva mai niente di più, aspettava che fosse lui a parlarle dei suoi problemi, il che capitava praticamente quando lo stress non gli permetteva di vivere tranquillamente. La cosa non era frequente, era un tipo piuttosto calmo e remissivo, non eccedeva mai in grandi esplosioni di rabbia. Tornò al suo portatile, che si era ormai quasi completamente acceso, digitò la password e il sistema operativo si avviò da solo.
Bussarono ancora.
Mamma?”, la chiamò.
La porta si aprì.
No, cretino, siamo noi due!”, si presentò Dougie, seguito da Tom.
I suoi due migliori amici assediarono la camera e, come una rivelazione venuta dall’alto, si ricordò che era martedì, la serata che usualmente passavano insieme lì dentro.
Mi ero quasi dimenticato.”, disse ai due, che si erano già accomodati, “Fatemi comunque sistemare una cosa.”
Tom era seduto per terra, sul grande cuscino rossastro di cui si sentiva quasi il proprietario; Dougie si era appollaiato sulla sedia che sua madre aveva trasformato in una piccola poltrona rivestita di velluto scuro. Lui, sul suo letto, si connetté alla rete; in automatico, partì il programma che lo collegava al resto del mondo. Ma soprattutto ad una persona in particolare.
La trovò già on line e la contattò.

I’m RATLEG scrive:
Ci sono i due scemi, arrivo più tardi.

La risposta arrivò pochissimi secondi dopo

BecauseTheNight scrive:
:-) Meglio tardi che mai… A dopo!

Cambiò il suo stato personale in ‘non al computer’ e si dedicò ai due.
Cosa facciamo stasera ragazzi?”, domandò loro, “Avete portato qualcosa da vedere?”
Ho dimenticato il film a casa…”, disse Dougie, scuotendo la testa.
Però il tuo videogame ce l’hai nella tasca dei pantaloni!”, sbuffò Tom infastidito.
Danny rise. Erano così diversi e così uguali da come li aveva lasciati quella mattina. Innanzitutto, si erano tolti la divisa scolastica, mentre lui era ancora in camicia e pantaloni di stoffa. Si era liberato della cravatta ed aveva arrotolato le maniche ai gomiti. Dougie, nei suoi abiti larghi, poteva nascondere quello che voleva nelle tasche dei pantaloni. Tom, invece, preferiva non tradire il suo status di incorreggibile sfigato indossando quelle t-shirt tutte colorate, con i loghi dei suoi film e manga preferiti.
Erano decisamente un trio di deficienti male assortiti.
Beh…”, disse Danny, sistemandosi i capelli spettinati sulla fronte, unica pecca del suo modo di essere, “Possiamo anche dedicarci a qualche altra cosa che non sia la visione di un film…”
Ma questa è la serata dei film!”, protestò ancora Tom, visibilmente scocciato dalla dimenticanza di Dougie, “Non possiamo rimandare!”
E allora cosa vogliamo fare?”, chiese Danny, stringendosi nelle spalle.
I tre si guardarono con aria interrogativa, aspettando una proposta decente.
Sfigati!”, si sentirono chiamare.
La voce squillante di Vicky, sua sorella, stroncò in due il silenzio. Era apparsa sulla soglia della porta.
Pronti a masturbarvi in gruppo?”, chiese ridendo.
Danny scosse la testa, Vicky riusciva sempre a metterlo in imbarazzo con la sua eccessiva esuberanza. Erano l’uno all’opposto dell’altra: Vicky poteva assordare chi aveva la sfortuna di capitare sotto il tiro della sua conversazione; lui preferiva starsene zitto ed ascoltare gli altri. Lei era individuabile a centinaia di metri di distanza, per via dei suoi capelli sempre di colore diverso; lui odiava letteralmente farseli tagliare tanto che quando capitava sua madre, parrucchiera di professione, doveva quasi legarlo alla sedia. Era per quello che lasciava che i suoi capelli crescessero e diventassero quei ricci spettinati. Tutta colpa di quando, da piccolo, Kathy aveva cercato di spuntargli i capelli e, per poco, non gli aveva tagliato un orecchio.
Insomma, lui e Vicky non sembravano nemmeno fratelli, se non fosse stata per la somiglianza del loro viso.
Se vuoi darmi una mano…”, le disse Dougie, ironizzando e facendoli ridere.
No, grazie.”, rispose lei, “Non saprei dove cercarlo.”
Sebbene ogni volta volesse provarci, Dougie non riusciva mai a farla zittire.
Non sapresti cosa farne, è diverso!”, insistette lui, che sicuramente pensava di aver vinto.
Lo darei al cane.”, sbuffò lei, “Che lo sputerebbe subito! Buona serata segaioli.”
E se ne andò, la sua era sempre una toccata e fuga.
La posso sposare?”, domandò Tom, “Così me la porto dietro per zittire questo cretino.”
Ebbe inizio la loro serata. Dougie sproloquiò per mezzora sul suo videogioco, informandoli che lo aveva concluso dopo un’illuminazione avuta in seguito ad un Big Mac alto quattro piani. Tom, invece, aveva passato il pomeriggio a cercare di concludere il suo lavoro per la valutazione mensile del corso di disegno.
Ho sputato il sangue, ma ce l’ho fatta.”, disse, “Volete vedere?”
Si era portato il tubo porta-disegni appositamente per quello. Ovviamente gli dissero di sì e pochi attimi dopo un foglio formato A3 venne srotolato davanti ai loro occhi. Danny impiegò qualche attimo, ma quello che vide fu inconfondibile. Deglutì un carico di saliva grosso quanto l’Oceano Pacifico.
Uh! Colpo basso, FletChin!”, esclamò Dougie scoppiando a ridere.
Tom fece altrettanto e lo mise inevitabilmente in imbarazzo. Incrociò lo braccia e lo fulminò con lo sguardo.
Andiamo, l’ho fatto per te!”, cercò poi di scusarsi il suo amico, “Lo appendi come un poster e te la puoi vedere quando vuoi!”
Non sei divertente, Tom.”, gli fece.
Non hai proprio senso dell’umorismo!”, lo brontolò Dougie, “E’ un capolavoro e Tom te lo ha donato. Sai che non si guarda in bocca ai cavalli, se ti vengono regalati…”
Dougie aveva ragione, quel ritratto era semplicemente perfetto, Tom aveva del talento da vendere e i suoi disegni lo dimostravano. L’aveva riprodotta con matite e carboncino, seduta al suo posto con il mento appoggiato sulla mano e lo sguardo perso fuori dalla finestra. Lei soltanto, gli altri banchi erano vuoti. Lo osservò ancora, chiedendosi se appenderlo oppure no.
Non poteva farsi ossessionare da Alicia all’ennesima potenza.
Grazie Tom.”, gli disse, arrotolandolo ancora e appoggiandolo sulla scrivania, “Appena troverò una bella cornice lo appenderò da qualche parte.”
Come rovinare la serata con un disegno. Di lì a poco, infatti, i suoi amici se ne andarono e lo lasciarono solo. Dette un’ultima occhiata ad Alicia.
Forse le aveva rivolto la parola per tre volte in quei quattro mesi, ed in tutte quelle occasioni aveva iniziato a balbettare come un cretino, finendo per dirle solamente ‘c-c-c-ciao’. A nulla erano valsi i tentativi dei suoi amici di avvicinarlo a lei, che sembrava sempre distante e distaccata. Vicky l’aveva vista una sola volta, Danny gliel’aveva indicata di soppiatto, trovandola in giro per il centro commerciale.
Lasciala perdere.”, gli aveva detto lei, che in quanto più grande e donna doveva saperne molto più di lui, “Ha l’aria della ricca perfettamente stronza.”
Se quel monito fosse servito a qualcosa. Ripose il disegno e tornò sul suo letto, al suo portatile.

I’m RATLEG scrive:
Eccomi! Se ne sono andati.

BecauseTheNight scrive:
Stavo quasi per andarmene… Sono tremendamente stanca.

Guardò l’ora, erano già le undici passate. Di solito erano già nel vivo della discussione, ma per quella sera non avrebbero parlato molto.

I’m RATLEG scrive:
Com’è andata l’interrogazione di matematica?

BecauseTheNight scrive:
Non mi ha beccata, fortunatamente… L’ho scampata bella!

I’m RATLEG scrive:
Quindi niente insufficienza… Cazzo, non me ne va bene una!

BecauseTheNight scrive:
Oh, bell’amico che sei Ratleg! XD Dovresti essere felice quanto me!

I’m RATLEG scrive:
Stai tranquilla, lo sono! Allora, cosa mi racconti?

Incrociò le mani sotto al mento ed attese il lungo resoconto della giornata di Allie, la ragazza con cui passava le sue serate sul web. L’aveva conosciuta su uno dei tanti forum dedicati al suo musicista preferito, il Boss, il cui poster riempiva la parete sopra al suo letto. In una discussione, lei aveva scritto che le sue due canzoni preferite erano Because The Night, da cui aveva preso il suo nickname, e If I Should Fall Behind, a cui lui stesso era molto legato. Un topic dopo l’altro erano arrivati lì, ad aspettarsi davanti alla finestra di un programma per la conversazione istantanea.
Di lei sapeva molto poco: era sua coetanea ed abitava nei dintorni di Londra, frequentava un liceo uguale a tutti gli altri. Oltre a quei piccoli particolari nient’altro, tranne tutto il resto. Quello di cui parlavano non riguardava i loro voti a scuola, né il loro gioco preferito da piccoli, ma era loro stessi, quello che avevano dentro. Entrambi venivano derisi a scuola per quello che erano, entrambi odiavano il mondo intorno a loro, entrambi volevano essere lasciati in pace da tutti. Non volevano essere più giudicati, ma solo rispettati.
Era un piacere trovare qualcuno disponibile a capirlo alla perfezione, lo faceva stare bene.

BecauseTheNight scrive:
Ti racconto che per un solo momento ho quasi provato la voglia di prendere mio padre e raccontargli tutto, TUTTO. Sono piuttosto stufa di quello che mi sta succedendo… Odio questa casa, odio questo posto, odio questa famiglia… Odio tutto e non va bene, mi fa venire l’ulcera. Odio la mia scuola, odio i miei compagni di classe…

I’m RATLEG scrive:
Calmati Allie… Perché poi non gli hai parlato?

BecauseTheNight scrive:
Perché quando ho chiesto di starmi a sentire, lui ha ricevuto una chiamata sul suo cercapersone ed è dovuto fuggire. Sono rimasta sola… O meglio, sola e chiusa dentro la mia stanza.

Danny rabbrividì, come ogni volta che leggeva quelle parole.

I’m RATLEG scrive:
Potresti anche decidere di non sbarrare la porta di camera tua… Non viene ad infastidirti spesso.

BecauseTheNight scrive:
Conosci la guerra preventiva?

I’m RATLEG scrive:
Piuttosto bene…

BecauseTheNight scrive:
E dire che mi piaceva quando l’ho conosciuto.

I’m RATLEG scrive:
Non sentirti in colpa, non ne hai alcuna.

BecauseTheNight scrive:
E invece sai che ne ho una, una soltanto. Averli fatti conoscere, sono stata io. Se quella sera mi fossi fatta i cazzi miei, a quest’ora mio padre non si sarebbe mai trasferito qui ed io non avrei mai conosciuto quella grandissima testa di cazzo di mio fratellastro.

Di nuovo altri brividi scorsero lungo la sua schiena. Poteva non sapere il suo cognome, dove abitasse e che scuola frequentasse, ma sapeva tutto di quello che accadeva dentro le mura di casa sua.

BecauseTheNight scrive:
Questa situazione sta diventando insostenibile… Prima o poi scappo di casa.

I’m RATLEG scrive:
E dove vorresti andare?

BecauseTheNight scrive:
Ho abbastanza soldi per andarmene. Sono maggiorenne e posso fare quello che voglio.

I’m RATLEG scrive:
La Allie che conosco non è così infantile e dispotica.

BecauseTheNight scrive:
Beh, allora tanto piacere Ratleg, sono la nuova Allie!

Si disconnetté d’un colpo e lo lasciò fissare lo schermo con aria interrogativa. Era stato tutto così improvviso che non si era reso conto di niente. Era stata forse una litigata quella che si era appena conclusa così bruscamente? Se voleva essere fedele alla sua visione del concetto di litigio, la risposta era no: un litigio si svolgeva tra due persone che si urlavano in faccia senza ascoltarsi, come facevano i suoi genitori prima che divorziassero, quando lui aveva dieci anni e sua sorella dodici. Tra lui ed Allie non era accaduto niente di tutto quello: l'aveva semplicemente avvertita dell’immaturità della sua decisione, non gli era sembrato di aver commesso alcun crimine, ma doveva essersi offesa, vista la sua netta reazione.
Il pensiero lo torturò finché non si addormentò: se Allie fosse davvero scappata di casa, non se lo sarebbe mai perdonato. Avesse saputo dove abitava, sarebbe andato da lei per farla ragionare, per convincerla a confessare a suo padre quello che stava sopportando: la presenza di un fratellastro, il figlio della compagna del padre, che… Sentì il sangue bollire nelle vene, cercò di pensare alle disequazioni di terzo grado e si addormentò.


.*.*.*.


La mattina successiva fu esattamente uguale a quella precedente, le uniche variabili erano le lezioni che seguiva. Prese appunti a letteratura, evitò l’interrogazione di geologia, fece fatica a districarsi con alcune date storiche e, con suo grande piacere, l’ora di matematica arrivò. Non si ricordava, a quel tempo era troppo piccolo, ma ci fu qualcuno che lo vide giocare con le sue automobiline su un grande tappeto disegnato con numeri e formule matematiche, che adesso doveva trovarsi nella soffitta di casa. Non sapeva se quel tizio fosse stato un conoscente di famiglia o un parente, ma quello gli chiese quante macchine avrebbe avuto se avesse raddoppiato le due con cui stava giocando. Oggi nella sua mente la domanda suonava troppo difficile per un bambino di quattro o cinque anni, molto probabilmente gliel’aveva posta in tutt’altre parole… Eppure Danny aveva risposto quattro, alzando le dita della mano sinistra, e quello gli aveva regalato un cioccolatino. Doveva avere i numeri nel sangue, nei geni, ed era comunque l’unico nella sua famiglia a capirci qualcosa.
Sentì tamburellare alle spalle e voltò la testa di pochi millimetri, giusto per inquadrare Dougie con la coda dell’occhio, che gli passava un bigliettino.
Il disegno?
Danny imprecò silenziosamente mentre leggeva quelle parole.
Sta dove deve stare.
Gli rispose e gli passò il pezzetto di carta di soppiatto. La professoressa Gambler era entrata da pochi minuti, si stava prendendo il tempo comodo per sistemarsi sulla sua sedia ma la classe doveva comunque rispettarla con il silenzio. Pochi attimi e vide una pallina atterrare sul suo quaderno.
Lo trovo perfettamente uguale alla realtà…
Non rispose e infilò il biglietto nella tasca della sua giacchetta. Non fece nemmeno in tempo a prendere la penna tra le dita che un’altra pallina volò sul suo banco.
Se sa fare quello che dicono, saresti proprio fortunato!
Non si voltò e non gli ringhiò semplicemente perché la prof si stava impegnando nell’appello. Un nome dopo l’altro vennero chiamati tutti e gli assenti annotati sul registro.
Bene.”, disse l’insegnante, una volta concluso il suo rito, “Tra i tanti ho visto un nome che fa al caso mio.”
Diciotto teste si abbassarono, diciotto paia di occhi vollero evitare di sfiorare anche lievemente la figura della donna per paura di essere scelti per l’interrogazione. Tutti diventarono improvvisamente interessati al contenuto delle loro unghie, alle doppie punte, all’orlo della gonna, agli scarabocchi sui banchi…
Lewis.”, chiamò poi la Gambler.
Un sospiro di sollievo collettivo ed Alicia fu costretta ad alzarsi. Danny vide subito la sua espressione scocciata ed individuò nel mormorio generale qualche battutaccia nei suoi confronti, ma Alicia se ne stava già alla lavagna con il gesso in mano. Incrociò le dita per lei, che di numeri ne capiva tanto quanto lui di disegno. Come Tom, Alicia aveva talento con le matite ed i colori, mentre lui solo con le calcolatrici. Aveva avuto modo di vedere alcuni suoi lavori per puro caso, quando qualche tempo prima una vecchia e grossa cartella marrone le era caduta da sotto il braccio ed il suo contenuto si era sparso per il corridoio. Le aveva dato una mano solo perché si era trovato quei fogli sui piedi, altrimenti si sarebbe voltato dall’altra parte per la paura. Aveva addirittura provato a complimentarsi con lei per la sua bravura, aveva visto delle riproduzioni di paesaggi campestri che sembravano quasi delle fotografie, ma da una parte aveva preso a balbettare come un’idiota e dall’altra Alicia lo aveva a malapena ringraziato.
Tornò con la mente al presente e si focalizzò sull’interrogazione, mentre la classe intorno a lui prese a farsi i fatti propri. Una volta scelto il capro espiatorio, il resto dei sospettati di omicidio era sempre pronto a cantare il proprio inno alla libertà.
Il teorema di Pitagora.”, le propose la professoressa e le dette campo libero.
In un triangolo rettangolo”, spiegò Alicia con sicurezza, “l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è pari alla somma dell'area dei quadrati costruiti sui cateti.”
Brava, esultò Danny, anche se era piuttosto facile, lo insegnavano alle elementari. L'insegnante le chiese quindi di enunciare la sua teoria tramite dei grafici e, una linea dopo l’altra, una formula dopo l’altra, Alicia dette la dimostrazione chiara e palese del teorema di Pitagora. Gli venne quasi da sorridere, sebbene le mani sudassero freddo.
Alicia indossava sempre quegli anfibi neri, i cui lacci apparivano ogni giorno più consumati. I capelli bruni se ne stavano comodi sulle spalle e sulla schiena, lievemente mossi, qualche ciocca più chiara li colorava qua e là. Dalla tasca destra della sua giacchetta spuntava una cuffia, sicuramente collegata ad un i-pod, mentre dal taschino sul petto faceva capolino un paio di occhiali da sole di buona marca. Danny non sapeva niente di lei, tranne quello che aveva dedotto osservandola e traendo ipotesi dalle voci che correvano nei corridoi della scuola. Famiglia piuttosto ricca, viveva con i suoi a qualche chilometro da lì, in una villetta della campagna circostante la cittadina di Watford: molto probabilmente si era trasferita da quelle parti per motivi di lavoro dei suoi, così supponeva Danny, dopo aver vissuto in un quartiere centralissimo di Londra.
Nel frattempo l’interrogazione era andata avanti.
Adesso dimostrami ancora l’esattezza dell’ipotesi di Pitagora”, le fece la professoressa, “con il teorema di Euclide.”
Altrettanto facile, si disse Danny, ed attese la risposta. Nessuna parola. Alicia si mordeva le labbra e non rispondeva.
Avanti…”, la esortò la Gambler, “Cosa devi fare innanzitutto?”
Alicia guardò il gesso che teneva tra le dita, sembrava in cerca di ispirazione o di un suggerimento che non sarebbe mai venuto.
Doveva soltanto tracciare l’altezza sull’ipotenusa c partendo dal vertice del triangolo rettangolo, la quale avrebbe diviso l’ipotenusa stessa in due segmenti, detti pq. Di seguito, i due cateti a e b elevati alla seconda erano uguali alla somma tra p e q, moltiplicata per c, ed infine il tutto risultava essere uguale a c alla seconda, cioè all’ipotenusa al quadrato. Semplice, ma non altrettanto scontato per Alicia. Non poteva aiutarla, quindi cosa fare?
La professoressa sospirò.
Lewis, non puoi imparare la formuletta a memoria per poi essere incapace di dimostrarla…”, disse la donna scuotendo la testa, “Significa che non hai capito niente di quello che abbiamo spiegato negli ultimi mesi.”
Ma professoressa”, cercò di difendersi lei, “questi concetti si riferiscono al programma del mese passato!”
A dire la verità è del programma del primo anno…”, disse l’altra, “Ma non per questo devi scordarteli.”.
Alicia era un caso perso, purtroppo. Qualche risatina rianimò la classe.
Non ho voglia di spiegarti ancora queste cose.”, disse la donna, “Jones, fallo tu al posto mio.”
Una bastonata sulla nuca, ecco cosa avrebbe preferito. Un calcio nelle palle, un pugno in un occhio, uno schiaffo sulle labbra. Essere investito da un auto, da un bus, da un camion, piuttosto che alzarsi e raggiungere la lavagna, fare fronte alla causa di gran parte dei suoi problemi ormonali e lasciarsi deridere da mezzo mondo.
La classe era in stand by, in molti lo fissavano chiedendosi se avrebbe scollato il culo dalla sedia. Se al posto di Alicia ci fosse stata una pianta grassa, Danny non avrebbe esitato un attimo nello spiegare in tutto e per tutto come Euclide era riuscito a dimostrare che la somma dell’area dei quadrati costruiti sui cateti era uguale all’area di quello costruito sull’ipotenusa. Avrebbe soltanto guadagnato ulteriori prese per il culo dai suoi compagni, ma lo avrebbe fatto per piacere personale.
Con Alicia al posto della pianta grassa era diverso. Molto diverso.
Jones?”, lo chiamò la Gambler, “Daniel Jones?”
S-Sì?”
Verresti alla lavagna ad illustrare alla sua compagna di classe il teorema di Euclide che spiega la veridicità delle affermazioni di Pitagora?”
Tom si voltò verso di lui, la sua espressione era tutto un dire. Non aveva scampo.
Va be-bene…”
Premette i palmi delle mani sul banco e si alzò. Testa bassa, sguardo fisso sul pavimento, e presto fu davanti alla lavagna, così vicino che poteva vedere solo quella, e non Alicia accanto a lui. Cercò un pezzo di gesso, ma ne trovò solo uno, microscopico, sulla piccola soglia di legno.
Tieni.”
Alicia gli allungava la mano con quello che cercava. Lui non seppe cosa fare.
Prendilo.”, disse ancora lei.
Le avvicinò la mano lentigginosa e attese che Alicia posasse il gesso sul palmo, non aveva certo il coraggio di sfiorare le sue dita, avrebbe rischiato l’infarto. Tornò sul grigio della superficie della lavagna e cercò di concentrarsi. Sapeva cosa doveva fare: il triangolo rettangolo era disegnato davanti a lui, doveva solo cancellare quello che Alicia aveva già scritto e iniziare di nuovo da capo. Prese la spugnetta con mano tremante e la fece cadere a terra, sollevando una nuvoletta di polvere. Le prime risatine nacquero alle sue spalle. La raccolse, tolse l’inutile e si preparò a scrivere. Il gesso stridette sulla lavagna, gemiti di dolore furono seguiti da altra ilarità.
Signor Jones, per cortesia, si sbrighi.”, disse la professoressa, spazientita, “Non è mia intenzione prendere la pensione alla fine di questa dimostrazione.”
Inghiottì la poca saliva che la sua bocca era ancora capace di produrre. Prese un profondo respiro e si concentrò.
Se tra-tracci una linea che va da-dal vertice…”, la sua voce ebbe un picco stridulo.
I compagni esplosero in una risata di gruppo.
Fino alla ba-base, cioè dall’angolo formato dai due cateti chiamato C all’ipotenusa, an-anch’essa c…”
Disegnò la linea, che risultò piuttosto storta e tremolante.
Ottieni l’altezza del tri-triangolo rettangolo.”
Gli occhi erano fissi su quello che aveva prodotto, mentre sentiva quelli di Alicia su di sé. Era terrorizzato e si faceva una gran pena.
Oliate la bocca di Daddy Jones…”, Harry consigliò ad ignoti ascoltatori che subito risero di lui.
Judd, silenzio!”, lo zittì la Gambler, ma ormai era troppo tardi.
Danny sospirò e lasciò il braccio cadere lungo il fianco. Era un caso perso, clinicamente irrisolvibile.
Jones, continua pure.”, gli disse la professoressa.
Si fece coraggio.
Que-questa linea divide l’ipotenusa in due parti.”, scrisse una p e una q lungo le due sezioni della base del triangolo, “Se sommi queste due se-semirette e le moltiplichi per l’ipotenusa...”
Perchè dovrei farlo?”, lo interruppe Alicia, “Che senso ha sommare pq per poi moltiplicarle per c?”
Beh…”, si grattò la testa, “Pe q sono le due parti di c.”
Le indicò le lettere e Alicia sembrò annuire.
P più q mi dà c… E quindi cmoltiplicato per se stesso mi dà c al quadrato.”
Gli occhi di lei si stringevano in fessure.
E come hai de-detto tu-tu prima…”, le ricordò, “I due cateti a b del tri-triangolo elevati al quadrato e so-sommati tra di loro sono uguali all’ipotenusa al quadrato… a alla seconda più b alla seconda uguale c alla seconda…”
La fronte di Alicia si aggrottò.
Quindi…”, fece lei, fregandogli rapidamente il gesso tra le mani.
Danny si ritrasse così velocemente che lei non se ne accorse. Alicia disegnò alla perfezione i tre famosi quadrati sui vari lati del triangolo rettangolo.
Euclide mi dice la stessa cosa di Pitagora.”, disse la ragazza, “La somma dei due quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa… Solo che si inventa questa storia della linea tra il vertice dei cateti e l’ipotenusa.”
C-che si chiama altezza.”, le evidenziò.
Lei annuì, guardando con soddisfazione il disegno alla lavagna.
Forte!”, esclamò poi.
Visto che non era così complicato?”, disse la professoressa con aria sconsolata, “Andate a posto. Lewis, un’altra insufficienza del genere e non passi l’anno scolastico.”
Alicia sembrò non ascoltarla; gli porse il gesso e gli sorrise con calore e riconoscenza, prima di voltarsi e tornarsene al suo posto.
Danny ebbe una tripla ischemia, quattro infarti al miocardio e sei o sette embolie polmonari.












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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Eccomi qua! Di nuovo per voi <3
Ringrazio _Blakisavampire per il commento :) non chiedo critiche costruttive, anche se sono ben accette! L'importante è dire sempre la verità, il proprio parere. Altrimenti che ci sto a fare qua? FAccio ballare la scimmia xD Grazie ancora <3...  E anche _Vergessenes Kind_: sì, lo so che è difficile immaginarsi quei due con queste vesti... Non dirlo a me che li ho fatti nascere così xD abituata a vedere Jones che fa lo scemo ovunque e quell'altro che... Non mi far commentare Judd. Non lo sopporto xD
Un ringraziamento anche  a saracanfly! Ti ho visto nei preferiti <3 grazie ancora!
Un grazie anche a chi leggerà.

Dimenticavo! "Because the night", nickname del personaggio virtuale, è una canzone vera e propria, che non utilizzo con scopo di lucro. Ve la linko, un grazie a Patti Smith per averla interpretata ed al Boss per averla scritta insieme a lei.  Altra citazione: "Born to run", sempre del Boss, no scopo di lucro.

Fine del prologo, a voi!




CAPITOLO 2



Some people live and some people die



Lo stava studiando da un pezzo, il suo amico Dad Jones. A mensa, Tom spelacchiava la sua purea di patate e lo osservava con un sorriso soddisfatto, l’altro era ignaro di quello che era riuscito a combinare per lui.
Tre giorni prima Danny aveva quasi salvato il suo amore angelicato dall’ennesima insufficienza in matematica e, sebbene il suo sforzo fosse andato a vuoto, aveva guadagnato un sorriso che lo aveva fatto sbiancare, poi arrossire ed infine violettizzare, se così poteva definire lo stato in cui Danny riversava ogni volta che Alicia gli passava accanto, sebbene lei non gli avesse più rivolto parola né sguardo da quell’episodio.  Era letteralmente un caso perso, lo era da sempre e lo sarebbe stato fino all’eternità. Per lui esistevano solo i suoi libri, gli appunti, il pc e la musica, quella era la sua quotidianità ed aveva vissuto bene finché il testosterone non si era impennato alla vista di Alicia. In un primo momento Tom ne era rimasto quasi contento, aveva quasi supposto che il suo migliore amico di sempre fosse stato omosessuale, data il suo scarso interesse verso il genere femminile. Ma poi…
Dio, proprio di Alicia Lewis doveva andarsi ad innamorare!
Non sapeva se tutto quello che si diceva su di lei fosse stato vero, ma stentava a lasciar perdere alcune voci. Tutto era partito da quel cazzone di Harry Judd, era stato lui a rivendicare la cosiddetta ‘iniziazione’ di Alicia, essendo uscito con lei poche settimane dopo il suo arrivo in città. Ne dubitava, ma se fosse stato vero? Se Alicia fosse stata davvero la ragazza di cui si parlava? Danny si era innamorato della persona sbagliata, aveva bisogno di qualcuna alla sua portata. Tom faticava a dire che non fosse una ragazza carina… Molto carina, ed ammetteva tranquillamente a sé stesso che i suoi pensieri su di lei non erano stato propriamente puri, ma non era il suo tipo ideale di ragazza, come sembrava esserlo diventato per Danny.
E se i problemi sentimentali del suo amico fossero finiti lì, allora poteva mettersi l’anima in pace e attendere che si disinnamorasse di Alicia, ma non era così. Per essere breve, durante i martedì passati a guardarsi qualche film, a Dougie era capitato un paio di volte di approfittarsi dei momenti di sua assenza per ficcanasare nel portatile di Danny. Avevano così scovato con stupore le lunghe conversazioni che intratteneva con una certa BecauseTheNight, di cui non erano riusciti a leggere il nome perché il tempo a loro disposizione era sempre stato molto esiguo. Sembravano essere diventati molto intimi, si psicanalizzavano a vicenda con la tranquillità di due persone vissute insieme per anni ed anni.
Loro due non ne sapevano niente, Danny aveva tenuto tutto nascosto.
I suoi due migliori amici non erano a conoscenza di questa ragazza. La cosa li aveva preoccupati e si erano decise ad indagare, ma Danny si era dimostrato sempre reticente nel parlarne, ed alla fine avevano accantonato la questione. La curiosità di leggere cosa si dicevano quei due, però, non era mai morta e trovavano ogni occasione per scacciarlo via dalla stanza, spesso con la scusa di mandarlo a fare i pop-corn.
 Ad ogni modo, Alicia era il problema del suo presente, quello in carne ed ossa. Era capace di togliergli ogni capacità umana, dal pensiero alla parola e alla mobilità degli arti inferiori e superiori.
Doveva fare qualcosa per aiutarlo ed aveva trovato una soluzione, cadutagli sotto il naso ed approvata all’unanimità da Dougie.

Piantala di fissarmi!”, esclamò Danny infastidito, lasciando perdere le sue patatine fritte, “Ho una caccola che pende dal naso?”
Scusami.”, gli rispose, “Non volevo farti innervosire.”
Tom prese il suo vassoio e, dopo averlo sistemato nello scaffale insieme ai vassoi dei suo compagni di scuola, se ne andò. Lo attendeva il corso di disegno, che frequentava insieme ad Alicia.
Sul suo volto apparve un ghigno soddisfatto.


.*.*.*.


Daniel!”, si sentì chiamare da sua madre, “La cena ti aspetta!”
Chiuse il manuale di storia e si sgranchì il collo, le gambe e la schiena.
Arrivo!”
Si lavò le mani e scese al piano inferiore, dove il profumo di carne al forno lo trascinò al suo posto. Vicky non li aveva ancora raggiunti e, nonostante avesse un buco al posto dello stomaco e fosse piuttosto tardi, la attesero.
Com’è andata al lavoro mamma?”, le domandò.
La donna gli sorrise, una ruga stanca apparve sulla fronte.
Bene, ma sono distrutta dalla fatica e dal raffreddore.”, disse e sbadigliò, “Tua sorella non sta meglio di me.”
La videro apparire avvolta in una lunga sciarpa, con il naso gonfio e gli occhi arrossati. Influenza in arrivo, pensò Danny. Cenarono tra i lamenti, gli starnuti e le soffiate di naso di Vicky, ma fu comunque piuttosto piacevole.
Stasera tocca a te.”, disse poi lei, riferendosi ai piatti sporchi, “Penso che andrò a letto e morirò per un’overdose da aspirine.”
Va bene.”, acconsentì subito.
Non ti lamenti neanche un po’?”, fece Vicky, sorpresa, “Non hai da studiare? Né da chattare con quegli sfigati?”
Tom e Douglas non sono degli sfigati.”, la riprese subito Kathy, “Sono dei bravi ragazzi.”
Uno si ammazza tra videogames e computer, l’altro si perde nel disegnare fumetti idioti… Non so la tua, ma la mia generazione li chiama sfigati!”, le spiegò Vicky con naturale schiettezza, “E mio fratello ne fa parte!”
Basta!”, si ribellò Danny, “Vai a spargere i tuoi microbi altrove!”
Per l’affronto, Vicky gli starnutì in pieno viso e se ne andò inviperita. Danny guardò sua madre e scosse la testa, a volte sua sorella era proprio una prima donna insopportabile. Sparecchiarono la tavola in silenzio e, quando il lavello fu colmo d’acqua calda, Danny vi spruzzò del detersivo. Sebbene la camicia che indossava fosse stata da lavare, indossò un grembiule ed arrotolò le maniche ai polsi; immerse le mani nell’acqua calda ed evitò così che lo facesse sua madre, che aveva lavato teste per tutto il giorno e ne doveva avere abbastanza.
E com’è andata oggi?”, gli domandò Kathy, passandogli i primi piatti.
Bene.”, le rispose.
Non è accaduto niente di particolare?”
Danny si strinse nelle spalle. Le cose particolari erano fuori dalla sua vita, a parte i momenti imbarazzanti che la scandivano quotidianamente, ma non credeva che a sua madre interessassero.
No, tutto è filato liscio come l’olio.”
Non amava particolarmente lavare i piatti e vide sua mamma sorridere alle sue facce disgustate. Preferiva fare tutt’altre cose, i lavori di casa non gli andavano generalmente a genio ma la collaborazione era fondamentale, altrimenti la sporcizia e le stoviglie sporche avrebbero preso il sopravvento. Sua madre lavorava duramente per mantenere entrambi i figli e il tempo rimanente per le pulizie lo spartiva con loro. Vicky la aiutava economicamente con il suo impiego al pub dietro l’angolo ma aveva una carriera universitaria da portare avanti e faceva già troppo. Dal canto suo e del suo cervello pallottoliere, Danny cercava di amministrare con coscienza e razionalità le finanze di tutta la baracca. Di loro padre nessuna traccia, stava bene con l’altra sua famiglia e non allungava un centesimo nemmeno se era il tribunale a spingerlo. C’erano così abituati che avevano rinunciato a ciò che spettava loro, preferendo mantenersi da soli piuttosto che aspettare l’assegno familiare che loro padre avrebbe dovuto staccare ogni mese.
Aspetto il giorno in cui mi dirai che…”, disse sua madre, ma il campanello la zittì.
Si chiesero con lo sguardo chi fosse il visitatore, dato che non aspettavano nessuno alle nove di quella sera.
Sarà Mary.”, disse sua madre, riferendosi alla vicina di casa, “Ha sempre problemi con quella maledetta macchina per cucire. Vado a sentire cosa vuole.”
Ok, finisco io.”, le fece..
Sua madre lasciò perdere lo straccio per i piatti appena risciacquati e sparì nel corridoio. Danny si impegnò così nella scrostatura della teglia da forno, dandoci sotto con l’olio di gomito e una buona spugnetta di ferro, ma stando però attento a non rigare la superficie antiaderente.
Daniel?”, si sentì chiamare, “Puoi venire?”
Si chiese il perché.
Un attimo!”, le rispose.
Si asciugò frettolosamente le mani e si presentò da sua madre.
Un colpo apoplettico coincise con un aneurisma ed un ictus.
Ciao Jones.”, lo salutò Alicia, sulla soglia della porta.
La fissava come un cretino, occhi e bocca spalancati per l’accidente che gli era preso. Alicia aveva una borsa nera a tracollo, le dita giocherellavano con le cuffie dell’i-pod e sembrava in attesa di qualcosa. Jeans chiari, una maglioncino a collo alto, un paio di strani orecchini e un sorriso amichevole.
Accanto a lei sua madre, che lo guardava perplessa.
Cia-Ciao…”, le rispose con un filo di voce, “Che… Che ci f-fai qua?”
Lei sembrò ancora più stupita di sua madre.
Sono venuta a prendere ripetizioni di matematica da te…”, rispose lei.
Ripetizioni? Matematica? Alicia?
Beh… Io…”
Fletcher mi ha detto che ti sei offerto di aiutarmi… E dato che mi hai fatto capire quella cosa sui triangoli, ho voluto cogliere l’occasione!”, si spiegò lei.
Se è così allora vieni pure!”, esclamò sua madre con un sorriso, e le fece cenno di entrare, “Per puro caso ho fatto un dolce, ve ne porto subito una fetta!”
Alicia sorrise a sua madre, ripose l’i-pod nella borsa e mise il primo piede in casa sua. Danny sentiva il suo cuore trapanargli il petto, sfondarlo e cadere per terra, continuando a battere impazzito.
Carino!”, esclamò Alicia, fermandosi e sorridendogli.
Ebbe un corto circuito lievemente fatale.
Daniel!”, lo chiamò sua madre, “Togliti quel grembiule!”
Si guardò indosso.
Una valanga infinita di imprecazioni travolse ogni suo pensiero e, a velocità supersonica, si liberò del grembiule . Gli occhiali sbalzarono via dal viso, ma fu abile nel riprenderli e indossarli di nuovo. Appallottolò la stoffa biancastra e umida e la nascose alle sue spalle.
Molto piacere, mi chiamo Kathy.”, sua madre si presentò ad Alicia.
Alicia Lewis.”, le rispose lei, stringendole la mano con educazione.
Mio figlio non mi ha mai parlato di te.”
Sono praticamente nuova.”, le rivelò Alicia, “Sono arrivata quest’anno ed abbiamo in comune solo l’ora di matematica.”
Capisco…”, disse sua madre, “Beh, la vuoi ancora la fetta di torta?”






Alicia mangiava la crostata al lampone, Danny non la guardava. Era troppo impegnato ad immaginarsi che cosa avesse pensato quando lo aveva visto apparire con quel cazzo di grembiule legato al collo.  Perchè Vicky aveva dovuto scaricargli i piatti proprio quella sera? E Tom… Tom! Tom Fletcher!  Se avesse potuto prenderlo in quel momento, gli avrebbe ficcato su per il culo il servizio da dodici di porcellana. Ma che cazzo gli era saltato in mente, dire ad Alicia che poteva darle ripetizioni senza il suo consenso, consigliandole di presentarsi alla sua porta così non avrebbe potuto cacciarla via! Che grandissimo figlio di pu…
Vi lascio soli.”, disse sua madre, “Finisco di riassettare la cucina.”
Grazie per la torta.”, fece Alicia, alzandosi e porgendole il suo piattino, “ Era veramente deliziosa!”
Troppo gentile…”, rispose la donna, ricevendo la stoviglia dalle sue mani.
ttana! Stronzo che non era altro! Bastardo dalla a alla zeta, anzi, dallo zero al più o meno infinito!  Era un suicidio, dirle che poteva darle ripetizioni era un harakiri vero e proprio.
Allora Jones.”, lo chiamò Alicia, “Mi vuoi aiutare?”
Fece lo sforzo di alzare gli occhi e guardare i suoi per una frazione di secondo.
Ma sì che lo è!”, esclamò sua madre al posto suo, “Andate pure in soggiorno, spero di non disturbarvi!”
Alicia si alzò, come per esortarlo. Non era stupida, stava sicuramente afferrando il senso del suo terrore e Danny dovette fare fronte alla situazione davanti alla quale Tom lo aveva messo, sicuramente in combutta con Dougie, organizzata dopo quel fottuto teorema di Pitagora secondo Euclide.  Danny decise così di alzarsi e le fece cenno di seguirlo, ma sulla soglia della porta della cucina Vicky gli si parò malauguratamente davanti. Fu impossibile nasconderle la vista di Allie, che la salutò subito.
Ciao! Mi chiamo Alicia.”, e le porse la mano alla velocità della luce.
Vicky la guardava con occhi sbarrati, la visione di lei era più aliena di un extraterrestre. Soprattutto, la visione di lei accanto a lui era più strabiliante di un miracolo divino. Qualsiasi ragazza nei pressi di Danny Jones, che non si trovasse lì per errore o che non fosse sua sorella né sua madre, era un film di fantascienza.
Vicky…”, rispose lei presentandosi.
Le do ri-ripetizioni.”, le spiegò frettolosamente Danny.
Certo… Buona fortuna.”, gli augurò scansandosi dalla loro strada ed osservandoli per tutto il breve tragitto che percorsero nel raggio della sua visuale.
Quando entrarono nel salotto e se la lasciarono alle spalle,  tutto l’entusiasmo di Alicia si spense improvvisamente. Quel cambiamento lo disarmò e, per qualche attimo, Danny non seppe cosa fare. Se ne stava seduto all’altro capo del divano, cercava di trovare le parole giuste per iniziare ma non sapeva come fare.
Senti…”, le fece, “Beh… Da cosa vuoi pa-partire?”
Non lo so, dimmi tu.”, rispose lei.
Accavallò la gamba e la lasciò tentennare nel vuoto, impersonando la stessa Alicia che condivideva con lui l’ora dei numeri e delle formule.
Beh… Io…”, balbettò ancora.
La borsa a tracolla di lei gli venne in aiuto.
Hai po-po-portato qualche libro?”, le domandò.
Quello di matematica, ovviamente.”, rispose lei.
Incantato e disincantato allo stesso momento dalla stupidità della domanda che le aveva posto, Danny si sentì infinitesimamente stupido ed insignificante. Nel mentre la sua disperazione aveva preso piega, Alicia aveva preso il suo libro e glielo porgeva. Lo prese senza nemmeno volgerle lo sguardo e sfogliò le pagine, tentando di afferrare un appiglio numerico a cui aggrapparsi.
Hai in mente qualcosa che non hai capito?”, le domandò, stupendosi di non aver balbettato per una sola volta.
Tutto!”, esclamò lei, esplodendo in una risata genuina che quasi lo stuzzicò, ma non ci riuscì fino in fondo.
Riprendiamo Pitagora?”, le disse.
Ok, Jones.”, rispose lei, avvicinandosi paurosamente.
Si sentì come un gatto impaurito: non poté inarcare la schiena e drizzare il pelo, ma se avesse potuto lo avrebbe fatto.
Mi chiamo… Da-da-Danny!”, la corresse, veloce come uno sparo.
Alicia aggrottò la fronte, lo osservò come un esperimento malriuscito e rise ancora con genuino divertimento, portandosi la mano davanti alla bocca e chiudendo gli occhi in una fessura. Stava ridendo di lui, era palese. Danny non resistette e la accompagnò, ma solo per pochissimi attimi.
Da… Da-Danny!”, ripetè Alicia, che stava quasi piangendo.
Danny attese che si calmasse.
Scusami.”, le disse, “Non volevo farti perdere tempo.”
No, mi piace ridere.”, rispose lei, cercando di cancellare le lacrime dagli occhi senza disfare quel po’ di trucco che li abbelliva, “Comunque, Danny…”
E stette quasi per ridere ancora.
Danny…”, disse Alicia, calmando il sorriso che era di nuovo nato sul volto, “L’ho fatto solo perché Fletcher ha insistito… Ma anche perché, se non rimetto a posto i miei voti in matematica, rischio davvero di finire nei casini.”
Ok.”, le disse, sforzandosi di non perdere il senno, “Va bene…”
Iniziamo?”
Danny annuì.
Era troppo impegnato su di lei, su tira e molla del suo atteggiamento. Un attimo era conciliante, quello dopo sembrava avercela con qualcosa… Ok, erano stati burattini nelle mani di Tom e di Dougie, entrambi avevano i loro buoni motivi per avere le palle girate: certa di essere attesa e non di piombare dal cielo come un meteorite imprevisto, Alicia era stata spedita da un coglione balbuziente come lui, che l’aveva accolta con le mani  insaponate ed un grembiule macchiato di sugo. Danny aveva capito che cercava di fare buon viso a cattivo gioco, sapeva che avrebbe colto la prima occasione per fuggire ed infilarsi tra la mischia di coloro che lo prendevano in giro per ciò che era.
Un perdente.
Tom l’avrebbe pagata molto cara, una cosa del genere non avrebbe mai dovuto fargliela. Danny non avrebbe mai avuto più il coraggio di guardarla in faccia, e già prima di quella serata le occasioni che si era concesso per qualcosa del genere risicavano lo zero assoluto.





Non seppe come successe ma la fine arrivò, sebbene il tempo trascorso tra l’inizio di quelle ripetizioni e la loro conclusione, dettata dallo squillo cellulare di Alicia, gli fosse parso di una lunghezza esasperante. Sulla soglia dell’ingresso la salutò, lei gli sorrise e la lasciò avviarsi verso la grossa auto nera, pulita e lucida, che l’attendeva sul marciapiede. Alicia salì su di essa e sparì voltando l’angolo. Danny non perse altro tempo e si chiuse in camera. Accese il portatile, era piuttosto tardi ma Tom era ancora in linea e non era l’unico. Non volle parlargli e lasciò che il suo stato rimanesse invisibile, ma non per lui.
Tirando le somme, Alicia era sicuramente rimasta così disgustata da Danny Jones che non sarebbe più tornata a prendere ripetizioni ed il pensiero lo faceva quasi stare meglio. Era già un problema affrontarla a scuola da lontano, l’averla a distanza così ravvicinata era praticamente impossibile da gestire. Soprattutto, non era riuscito a capire se lei aveva capito... Insomma, nessuno aveva capito niente.

I’m RATLEG scrive:
Allie, ci sei?

Ci volle molto prima che lei gli rispondesse, il piccolo orologio disegnato accanto al suo nickname stava a significare che non doveva essere nei pressi del computer. La attese mordendosi le unghie, mentre Tom se ne andò poco dopo.

BecauseTheNight scrive:
Cinque minuti e me ne vado a letto, sono morta dalla stanchezza....

I’m RATLEG scrive: 
Cosa stavi facendo di bello?

BecauseTheNight scrive: 
Sono stata fuori… Ma non è quello il problema.

I’m RATLEG scrive:
E qual è? Non dirmi lui.

BecauseTheNight scrive: 
Lui. Mi ha riportato a casa. Dio, è stato un travaglio.

Danny scosse la testa. Non le raccontò delle ripetizioni e di Alicia: potevano discutere di come la musica riusciva ad estraniarli dal mondo intero, permettendo loro di sopravvivere al mondo esterno, oppure di come suo fratellastro la torturava con complimenti e apprezzamenti sconvenienti, mentre i rispettivi problemi sentimentali non erano mai stati tirati in ballo.  Avrebbe potuto iniziare quella sera, ma Allie aveva tra le mani una patata bollente più grossa di lui, che decise di eclissarsi e darle lo spazio che si meritava.

I’m RATLEG scrive: 
Dimmi tutto…

BecauseTheNight scrive: 
Non ce la faccio… Mi fa schifo. Mi fa vomitare.

I’m RATLEG scrive: 
Chiudi gli occhi e pensa alla canzone più bella del mondo.

BecauseTheNight scrive: 
Because the night belongs to us! YEEEEEEHHHHH!!! E voglio dormireeeeeeee

I’m RATLEG scrive: 
XD ti saluto allora!

BecauseTheNight scrive: 
Te ne parlo domani sera, prometto…

I’m RATLEG scrive: 
Dormi bene Allie :-)

BecauseTheNight scrive: 
Anche tu. Un bacio….



.*.*.*.


I’m RATLEG scrive: 
Dormi bene Allie :-)

BecauseTheNight scrive: 
Anche tu. Un bacio….


Chiuse la finestra di dialogo asciugando le lacrime che piangeva da quando si era seduta davanti al computer, nella sua stanza tutta colorata. Si era chiusa lì dentro, come ogni volta che lui si tratteneva sotto il suo stesso tetto.
Odiava suo fratellastro, odiava Mark.
Odiava Judith, la sua matrigna, e quasi odiava Adrian, suo padre.
Ma soprattutto odiava se stessa per averli fatti incontrare.
L’ultimo ricordo felice risaliva a circa dodici anni prima, lo rammentava ancora come se fosse accaduto qualche secondo fa. Al tempo aveva una mamma vicina a sé, si chiamava Melissa, e profumava di menta piperita. La portava sempre al parco vicino casa, la lasciava giocare sul grande scivolo e l’attendeva sempre a braccia aperte alla fine della veloce discesa. Le comprava il gelato alla panna, sua mamma lo prendeva sempre al cioccolato, e si sedevano a mangiarlo l’una di fronte all’altra.
Un giorno non la vide più.
L’ultima immagine di lei che ancora conservava nella memoria, confusa e piuttosto sbiadita, era un’istantanea che la ritraeva sdraiata sul letto, con indosso la sua comoda vestaglia di spugna, e suo padre le toccava la testa ed il collo. Poi era stata spedita fuori dalla stanza e qualche tempo dopo la casa si era trovata piena di persone: fuori in giardino, aveva visto una grossa auto con dei lampeggianti.
Accettò così di vivere con suo padre e con il surrogato di mamma che aveva cercato di propinarle appena ne avesse avuta l’occasione. Una dopo l’altra quelle donne se n’erano andate: alcune per colpa sua, si era impegnata a fondo nel farsi odiare dalle fidanzate di papà; le altre, invece, si erano stancate di essere soltanto una tata per la problematica figlia e volevano essere delle mogli, mentre suo padre sembrava non interessarsi ad indossare una nuova fede all’anulare sinistro.
Se n’erano andate tutte tranne una, Judith.
Judith diventò presto quello che le altre non erano mai state, la seconda moglie di papà. Li aveva presentati lei stessa, ogni volta che ci pensava voleva prendere a testate il muro davanti a sé.
Al tempo abitava ancora a Londra ed ogni martedì e giovedì frequentava un corso di pittura, Judith era la sua insegnate. Dopo uno di quegli incontri suo padre non si presentò con il suo macchinone sportivo e Judith si offrì di accompagnarla, vedendola in difficoltà nel percorrere a piedi le strade dei quartieri che la dividevano da casa sua. Erano zone abitate da famiglie benestanti, ma la notte cittadina non era mai sicura per una ragazzina di quindici anni. Una volta sotto casa, chiese a Judith di salire per prendere un tè e riscaldasi un po’: la stimava e le piaceva molto come insegnante, perché non avrebbe dovuto ringraziarla con un gesto così semplice?
Rincasò, trovando il tavolo di cucina occupato da una quantità esorbitante di libri e fogli di carta scritti o appallottolati. Adrian doveva essersi portato di nuovo il lavoro a casa, aveva pensato, molto probabilmente uno dei suoi pazienti si era presentato con un caso clinico che non era stato capace di risolvere subito e stava impegnando la sua serata sui libri di medicina per trovare una soluzione. Si malediva ogni giorno della sua vita per quell’invito, ma soprattutto per aver abbassato le difese su se stessa e su suo padre. Se fosse stata vigile, se non avesse pensato di trovare in Judith una buona amica, non sarebbe mai arrivata ad odiare tutto e tutti.
Judith aveva un figlio, Mark, più grande di lei di cinque anni. Non lo aveva conosciuto fino a pochi giorni prima del matrimonio, aveva saputo che viveva da qualche parte con suo padre, ad est di Londra, e che vi sarebbe rimasto perché non distava molto dalla facoltà che frequentava. Se n’era letteralmente disinteressata: era figlia unica e lo sarebbe rimasta anche dopo quel matrimonio, ne era certa. Quando lo conobbe ne rimase piuttosto colpita, era certamente un bel ragazzo, uno di quelli che sembravano fatti apposta per popolare le commediole per teenager. Simpatico, bel sorriso e battuta sempre pronta, era un intrattenitore nato e somigliava molto a sua madre. Fecero amicizia presto, adorava le persone che la facevano ridere dal niente e sentiva che si sarebbe presto affezionata a Mark,.
Ma.
Il giorno del matrimonio. La cerimonia fu anche troppo pomposa e floreale per i suoi gusti, avrebbe preferito qualcosa di più sobrio per suo padre, ma non era il suo di matrimonio. D’altronde, entrambi gli sposi potevano permettersi quelle spese, quindi perché vietarle? Pranzarono, ballarono e cantarono, a metà dei divertimenti erano quasi tutti ubriachi, le cravatte e le scarpe con i tacchi furono abbandonati in disordine sopra o sotto i tavoli circolari. Lei non era da meno, aveva iniziato a ridere al secondo bicchiere di vino e a camminare scalza al terzo. Aveva passato tutto quel tempo in compagnia delle sue cugine Betsy e Clara, erano loro le colpevoli della sua ubriacatura e tra i ricordi di quel giorno c’era anche la ramanzina che sua zia, la sorella di papà, fece a quelle due, che al tempo erano già maggiorenni, mentre lei ancora minorenne.
Mark era venuto insieme ad un paio di suoi amici, rammentava sempre gli apprezzamenti che Betsy e Clara facevano nei loro confronti.
Meno male che il sesso tra cugini non è mai stato un reato!”, disse Clara.
Un tempo nemmeno quello tra fratelli!”, le rispose Betsy.
Lei scosse la testa: i ragazzi non le erano mai interessati più del poco, era sempre stata piuttosto impegnata a far impazzire le fidanzate di papà; sebbene non avesse fatto altrettanto con Judith, la fauna maschile che popolava la sua scuola era composta solamente da decerebrati insensibili, cosicché aveva respinto molti inviti e non aveva mai avuto uno straccio di fidanzato. Oltretutto il pensiero di quello che quelle due avevano detto  la faceva rabbrividire.
Dai! Venite con noi!”, chiese loro Mark, qualche ora dopo quelle battute infelici, quando la notte era già inoltrata e la festa proseguiva per le lunghe, “Vi portiamo via di qui!”
E dove volete andare?”, domandò a sua volta Betsy.
Dove ci si può divertire senza essere brontolati dai genitori!”
Lei aveva storto il naso ma si era lasciata convincere dalle sue cugine. Salirono sulla grande monovolume straniera di Mark e si misero in viaggio. Seduta davanti, sentiva i quattro occupanti dei sedili posteriori ridacchiare e schioccarsi qualche bacio.
Lasciali fare.”, le disse Mark, “Non sono sempre così sessualmente attivi!”
Risate di gruppo, e lei si stringeva in un sorriso imbarazzato.
Mi porteresti a casa?”, gli chiese con un filo di voce, “Sono piuttosto stanca.”
Un coro di disapprovazione.
Ma no! Ti giuro che ti divertirai!”, provò a convincerla Mark, “Te lo prometto!”
Vedeva solo fonti di guai e nessun divertimento. Non aveva ancora capito dove si sarebbero diretti, né cosa avrebbero fatto… Ed erano tutti visibilmente ubriachi. Suo padre non le avrebbe mai perdonato una pazzia del genere, lo sapeva, quindi perché rischiare una punizione eterna per qualcosa che non voleva veramente fare?
Per favore.”, gli disse, “E poi sono ancora minorenne.”
Va bene, ma prima lascio i miei amici al locale.”, Mark si piegò alla sua volontà.
Accettò quella clausola.  Circa quarantacinque minuti dopo erano sotto casa sua. Inaspettatamente, quello che Mark fece non fu semplicemente scaricarla davanti alla porta, con le scarpe dal tacco fine in mano e il cappottino intonato al vestito appoggiato sulle spalle. Si misero a parlare. Passarono due ore di fila a raccontarsi della propria vita, di chi erano, di cosa avevano fatto, di quello che avrebbero voluto dal futuro e di quante ne avevano combinate ai propri genitori.
Si ricordava perfettamente di aver pensato: [i]avrei sempre voluto un fratello come te.[/i]
Al terzo palese sbadiglio, Mark le lasciò il via libera.
Quei quattro mi hanno dato per disperso!”, esclamò, “Sarà meglio che li raggiunga.”
Certo!”, gli disse.
D’istinto, le venne di allungare le braccia e stringerle intorno al suo collo, dandogli così il benvenuto nella sua vita. Non si era mai sentita del tutto accettata dal resto del mondo ed aveva sempre sofferto di solitudine. Ora che suo padre aveva trovato una nuova moglie e lei un fratello, la sua vita poteva dirsi migliorata all’ennesima potenza.  Mark ricambiò il suo abbraccio stringendola con altrettanto calore, la fece piuttosto felice. Dopo qualche attimo, le venne più che naturale distaccarsi da lui, senza alcuna cattiveria, ma Mark la teneva ancora stretta a sé. Iniziò a sentirsi a disagio, ma cercò di non dimostraglielo.
Poi le mani di Mark si mossero sulla sua schiena. Stava quasi per sospirare di sollievo e, nonostante fosse stata lei a cercarlo, quell’abbraccio era durato un po’ troppo per i suoi gusti.
Mark non sembrava aver finito.
 Le dita si spostarono sui suoi fianchi, poi scorsero la linea delle gambe.
Rabbrividì e si paralizzò al tocco delle sue labbra sulla pelle del collo.
Pensò di impazzire quando lui le accarezzò il petto e la bocca si avvicinò pericolosamente alla sua.
Toc toc toc.
Posso entrare?”
Trasalì e cercò di arginare il fiume in piena che sgorgava dagli occhi.
Un momento.”, disse.
Si alzò dalla scrivania ed andò ad aprire la porta a suo padre.
Ti sei chiusa un’altra volta dentro la tua stanza?”, le chiese.
Sì…”, gli disse, senza mostrarsi in viso.
Devi smetterla.”, le fece, “Questo atteggiamento non funziona più con me.”
Non le aveva mai creduto, mai.
Si sentiva tradita dalla persona che amava di più al mondo, quella che aveva cercato di salvare dalle persone sbagliate presentate come le sue nuove mamme. Aveva adorato suo padre fino allo spasmo, fino ad essere gelosa perfino della donna delle pulizie, e ora che protestava perché la verità su Mark venisse a galla, lui non la ascoltava più. Aveva gridato troppe volte ‘al lupo, al lupo!'.
Adrian entrò nella sua stanza toccandosi la fronte e sospirando, era il suo modo per dire indirettamente che era al culmine delle sue capacità di sopportazione.
Com’è andata a scuola?”, le chiese.
La guardò in volto ed ignorò i segni del suo pianto.
Bene.”, gli rispose, tagliando corto.
Matematica?”
Alzò le spalle. Adrian sbuffò ancora.
Spero che serviranno a qualcosa.”, disse suo padre, massaggiandosi il viso con le mani.
Non te lo so dire adesso.”
Finora le ripetizioni che ti ho pagato sono state del tutto inutili.”, sottolineò lui, non perdendo l’occasione di farla sentire un’incapace.
Doveva essere la sua vendetta per avergli detto che il figlio della sua perfetta moglie aveva provato -più volte- ad approfittarsi di lei, della sua figlia di sangue.
Vedremo.”, gli rispose, “Adesso sono stanca, vorrei dormire.”
Adrian si alzò ed andò alla porta.
Buonanotte, Alicia.”, le disse, e chiuse la porta.
Tornò al portatile, era ancora acceso sulla scrivania, lo screensaver riproduceva una serie di fotografie scattate durante i viaggi fatti in passato. Se ne stette a fissare il desktop, come se sforzandosi avesse potuto trovare la risposta a tutti i suoi problemi nella confusione delle icone che lo popolavano. Sì, doveva fare un po’ di pulizia in quel computer, era pieno di robaccia e forse anche di virus, ma non era il momento di cancellare le scansioni dei suoi disegni. Decise invece di aprire la posta elettronica.  Davanti alla pagina bianca scrisse quello che aveva in testa, senza fermarsi né tornare indietro a correggere i suoi pensieri, espressi a ruota libera.
Li inviò alla persona più improbabile del mondo, quella che sapeva tutto di lei, ed al contempo niente.
Aveva avuto tanti amici, un paio di amicissimi, tre psicologi, e nessuno di questi aveva saputo di Mark.
Ma Ratleg sì, ed Alicia non sapeva nemmeno che faccia avesse, dove abitasse, quale fosse il suo cognome. Forse era proprio per quello che glielo aveva confessato, perché chi sapeva tutto di lei, suo padre, aveva rifiutato di crederle. Ratleg non aveva mosso alcuna obiezione e l’aveva compresa nel modo in cui lei aveva bisogno di sentirsi capita. Gli aveva mentito sul proprio nome, dicendogli di chiamarsi Allie, ma fu una cosa dettata dal caso: quando lui, che al secolo era Daniel, le aveva chiesto il nome, aveva risposto di getto rammentando il modo in cui era solita chiamarla sua mamma.
In fondo, conosceva il suo segreto più grande, che cos’era a confronto una piccola bugia involontaria?
Si chiedeva spesso che tipo di persona fosse nella realtà, se fosse stato alto, basso, biondo o moro, fratelli o figlio unico, patentato o no, libero o fidanzato… Non lo sapeva e spesso aveva avuto voglia di togliersi quelle curiosità, ma ogni sera la conversazione verteva su uno di loro, altrimenti parlavano di musica o di film, lasciando fuori i particolari che componevano la loro vita quotidiana.  Stimava profondamente quel ragazzo, non c’erano dubbi.
Guardò il poster di Bruce appeso sopra al suo letto e gli strizzò un occhio stanco. L’aveva conosciuto grazie a lui, e per ringraziarlo accese il suo fedele i-pod, si infilò le cuffie nelle orecchie e si mise a scrivere.



.*.*.*.



Si alzò e cedette il suo posto ad una signora e a suo figlio, poteva starsene in piedi, l’autobus non gli poneva problemi di equilibrio ed era forte abbastanza per aggrapparsi alle maniglie e non cadere. Si sistemò lo zaino sulle spalle e cercò di concentrarsi sul paesaggio urbano, ma il tragitto fu troppo breve: non era in grado di staccare la spina della sua mente con cinque minuti di autobus, tanto era il tempo che gli serviva per andare da casa a scuola durante le mattine in cui la pioggia sembrava aver voglia di affogare tutta la città.
Non era Tom a tormentarlo, né il calcio nelle palle che il suo amico avrebbe ricevuto come ringraziamento per quello che aveva combinato alle sue spalle. Era bensì quello che aveva trovato nella sua casella di posta elettronica. Quella mattina, poco prima di lasciare casa, aveva acceso il computer perché, nella piena pazzia della serata precedente, si era dimenticato di stampare alcuni articoli di giornale dal Financial Times per il corso di economia, e nell’attesa che la vecchia stampante producesse qualcosa di buono aveva dato un’occhiata alla casella di posta, senza alcun interesse. Aveva cestinato la spam proveniente da Dougie, che gli girava ogni sorta di catena di mail su raccolte di fondi, sfiga a valanga ed amore infinito, insieme alle newsletter a cui non sapeva di essersi iscritto.
Il mittente era  Allie_from_Wonderland.

Sto ascoltando ‘Born to run’ e la voglia di scappare via correndo è così grande che sto tenendo sott’occhio il borsone sotto al letto. Non lo faccio solo perché ho abbastanza buon senso da sapere che sarebbe inutile. E non perché me lo hai detto tu…  Ok, sei stato tu a convincermi a non fuggire di casa, te lo concedo.
Credo di doverti molto più di una semplice e-mail in cui ti spiego come lo Stronzo mi abbia raccontato di come si è scopato la sua ultima conquista, tanto per farmi rabbrividire dall’orrore, e di come il Padre mi abbia fatto sentire incapace.  E’ tutta colpa mia…  Ma ormai non posso cambiare le cose, non è così? Devo imparare a conviverci, e rassegnarmi.
Forse avrò la fortuna di andarmene a studiare lontano da casa e da questo incubo. Dovrei davvero pensare a qualche borsa di studio per la Francia, la Spagna o l’Italia…
Qual è la cosa giusta da fare, Ratleg?
Dimmela, perché non sono in grado di capirla. Ci ho provato, credimi, ma non vedo molte vie d’uscita. Odio questa claustrofobia.
Aiutami, ti prego.
Allie.

Ps: farei meglio ad andare a letto, altrimenti ti direi che ti voglio bene <3

Nascose la mail nel libro di matematica, da quando l’aveva stampata l’aveva letta così tante volte che il foglio era tutto stropicciato.
Altrimenti ti direi che ti voglio bene <3
Sentì una risata gracchiare davanti a lui e quella sorta di bolla di sapone esplose. La faccia di Tom gli si apriva davanti come un tiro al bersaglio sguaiato.
Fletcher…”, gli disse, quasi ringhiava, “Tu e Poynter siete i più grossi figli di puttana che conosca.”
E dai!”, esclamò l’altro, “Ti abbiamo fatto un favore!”
Favore un bel cazzo!”, gli rispose, sentendosi sempre più animato, “Mi avete fatto fare una figura di merda che non la raccomanderei nemmeno a Judd!”
Se non fosse stato per noi, non vi sareste mai rivolti la parola!”, si difese Tom, “Ogni volta che si avvicina, inizi ad iperventilare!”
Fanculo Tom!”, gli rispose e tornò a scartabellare il suo libro di matematica.
Nello sfogliare animatamente le pagine, la mail di Allie volò via ed attirò l’attenzione di Tom che, molto più veloce di lui, allungò una mano e la bloccò, prima che potesse cadere a terra.
Cos’è questo?”, fece, allontanandosi dal raggio di azione delle mani di Danny.
Ridammelo!”
Oh! Una mail della tua amica di laptop!”, ridacchiò Tom.
Era la fine.
Perse dieci minuti nel ricorrerlo per la classe vuota, Tom si arrese solo quando entrò uno dei loro compagni e, per evitar domande e ulteriori prese in giro, decise di restituirgli la mail e tornare a sedersi. Per tutta la lezione gli riservò occhiatine e battute, a cui si unì Dougie, appena li raggiunse.
Ma non dette ascolto a quei due.
Alicia non venne, né la scorse nei corridoi, a mensa ofuori l’edificio scolastico. Quel giorno non si presentò a scuola.
Ecco si disse Danny, l’hai traumatizzata.
Ci volle il lunedì per vederla di nuovo.




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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4


Some people hide their every desire


Fletcher e Dougie. Imbronciati.
Dacci il tempo che ci meritiamo!”
Non siamo più amici come una volta!”
Il martedì era una nostra prerogativa!”
Non sei più quello di una volta!”
Rivogliamo il Daddy Jones che conoscevamo!”
Tutte quelle scenate da donnicciole erano state scatenate dall’aver saltato uno dei loro storici incontri cinematici del martedì. E lui cosa avrebbe dovuto dire loro, che non erano accorsi in sua difesa quando Harry aveva cercato di provocarlo? Niente, non rinfacciava alcunché, non sarebbe stato giusto, ma quelli gli tenevano il muso da due giorni, tanto che avevano anche rimandato la partita a biliardo al pub mamma di Dougie, gioco che occupava i loro sabato sera.
Se n’era rimasto a casa davanti al computer, anche sua mamma si era preoccupata, ma qualcuno lassù doveva avergli voluto bene. Nemmeno Allie era uscita ed aveva così colto subito l’occasione per chiederle un parere sul rapporto con i suoi due migliori amici. Non era entrato nel merito della preoccupazione che lo aveva tenuto sul filo del rasoio per qualche giorno, lei aveva ribadito la sua volontà di non parlargliene e l’aveva voluta rispettare sul serio. Prima o poi sarebbe stata lei stessa ad affrontare l’argomento, ne era certo, bastava aspettare.

BecauseTheNight scrive:

Sono due scemi, ma ti capiranno. Sono gelosi di te, lasciali crescere un po’.

I’m RATLEG scrive:
A volte sembrano dei bambini…

BecauseTheNight scrive:
Ti perdoneranno presto. Devono solo capire che è finito il tempo dei giocattoli.

I’m RATLEG scrive:
Hanno diciotto anni… Tanti quanto me! Non capisco, non ho fatto niente di male. Ho accettato di dare un aiuto ad una persona, non ho mica tradito la loro fiducia.

BecauseTheNight scrive:
E’ come se lo avessi fatto… Per loro quel giorno alla settimana passato insieme era sacrosanto.

I’m RATLEG scrive:
Va beh… Li lascio fare.

Per diversi minuti Allie non rispose, né Danny rinnovò la conversazione con altre parole. Si stava crucciando con il comportamento di Tom e Dougie: non era stato lui a proporsi ad Alicia, era stata una loro idea, perché se ne lamentavano? Forse erano stati sicuri che la cosa non sarebbe durata per più di una volta o due? In fondo avrebbero dovuto essere contenti per lui, sapevano quello che provava per Alicia. Doveva parlare con loro, farsi capire e capirli. Sì, era quella la soluzione.
Danny era comunque contento, nonostante non potesse pretendere altro che quelle ore dedicate alla matematica, in aggiunta all’ignorarsi a scuola. Era più di quando avesse mai chiesto!

BecauseTheNight scrive:
Ratleg?

I’m RATLEG scrive:
Scusami, stavo pensando a come risolvere questo problema… Com’è che non sei uscita stasera?

BecauseTheNight scrive:
Beh… A dire il vero non esco mai il sabato sera!

Impossibile, si disse Danny.

I’m RATLEG scrive:
Non è vero, non ti ho mai trovato on line!!!

BecauseTheNight scrive:
C’ero eccome, ma non mi facevo vedere… Mi vergogno a farti supporre di non avere un cavolo di vita sociale… Ecco, ora mi hai scoperto, sei contento?

I’m RATLEG scrive:
Molto XD

A volte Allie era particolarmente buffa. Danny la conosceva come una persona straordinariamente forte, ma debole allo stesso tempo. Avrebbe voluto davvero conoscerla, vederla e stringerle la mano, ma era quasi certo che non sarebbe mai accaduto. Molto probabilmente lei lo immaginava completamente diverso da come era veramente, quindi perché deluderla? No, era l’ultima cosa che voleva farle. Forse si sarebbero presto stancati e l’amicizia avrebbe iniziato ad affievolirsi con il passare del tempo. Forse avrebbero realizzato che non erano molto utili l’uno all’altra e che sarebbe stato meglio trovare un confidente vero, in carne ed ossa, da guardare negli occhi, da poter abbracciare.
Il nickname di Allie prese a lampeggiare sulla barra delle applicazioni.

BecauseTheNight scrive:
Rat, lo Stronzo lo ha fatto ancora.





Chiuse lo schermo del portatile che erano le due passate. Aveva un paio di occhi gonfi ed arrossati che la facevano sembrare un clown. Aveva pianto come una scema, tanto che spesso non era riuscita a vedere lo schermo del computer. Era stanca, si sentiva svuotata ed aveva bisogno di dormire come non aveva mai fatto prima di quel momento. In altre parole, avrebbe voluto passare la notte senza pensare ed era certa che ci sarebbe riuscita.
Aveva rimesso tutto nelle mani di Ratleg, quella volta come centinaia di altre, e si sentiva enormemente leggera. Il tenerlo a nascosto di tutto le aveva appesantito il fardello sulle spalle, tanto che era diventato praticamente insostenibile ed Alicia aveva fatto fatica a nasconderlo.
Allontanò il pc e si sdraiò sotto le coperte. Piuttosto che pensare a Mark e rabbrividire, pensò al viso di Ratleg.
Non sapeva perché, ma doveva avere i capelli scuri. Corti? Sì, corti, magari però non più di tanto… Un po’ lunghetti. Liscì? Sì, lisci. E gli occhi? Marroni… Forse chiari? Più alto di lei, spalle ampie e belle mani. Modellò il viso fino ad ottenere una bella bocca, carnosa e sorridente, le guance solo velatamente rotonde. Provò a visualizzarlo, nonostante i particolari fossero piuttosto scarni. Il risultato le piacque molto, chissà quanto quell’immagine si fosse avvicinata alla realtà. Poteva quasi innamorarsi di un viso del genere.
Eppure le ricordava qualcuno…


.*.*.*.


Le due settimane successive passarono veloci come un battito di ciglia. Entrambi ebbero poco tempo da perdere: interrogazioni, verifiche e compiti saturarono le loro giornate, tanto che furono costretti a dimezzare i loro incontri. Quella ragazza aveva una bella testa dura, Danny doveva ammetterlo: afferrava i concetti più semplici come caramelle sulla folla, mentre faceva fatica ad alzare la mano per quelli più difficili. Danny si armava di pazienza, cercava di capire se era lui a sbagliare tattica e provava a visualizzare il problema da un’altra prospettiva. Era una bella faticaccia, non aveva mai dovuto spiegare ad altri quello che lui imparava così facilmente, ma era una sfida che lo stimolava, soprattutto perché Alicia era ancora più carina quando faceva quelle sue facce che dimostravano palesemente il non aver capito di cosa le stesse parlando. Sì, era cretinamente innamorato  ed ogni volta si chiedeva se potesse diventare ancora più scemo per lei, che nemmeno lo guardava.
Ma era comunque convinto che lentamente si stesse migliorando: trovava sempre più facile passare oltre alla sua balbuzie e starsene comodamente seduto, senza dover scattare ogni qual volta Alicia faceva un movimento per lui troppo inconsulto. A scuola fingevano semplicemente  di non conoscersi, tornavano ad essere i due estranei dell’ora di matematica. Harry la piantò di dar loro fastidio, non trovando pane per i suoi denti, ma comunque non abbassò le armi e tornò a trattarli separatamente.
Danny cercò di ritagliare uno spazio anche per i suoi amici, scegliendo il mercoledì come serata dedicata al loro piccolo trio squinternato, e comprese che quei due avevano voluto solo fare le donnicciole gelose. Gli avevano voltato le spalle per modo di dire, come se avessero voluto metterlo alla prova, per testare la forza della loro amicizia. Che deficienti, aveva pensato Danny, si erano spaventati perché per una volta su un milione non c’era stato per loro. Comunque stentava a crederci: era sempre convinto che fossero un pochetto gelosi ed invidiosi. Di cosa, in fondo? Di un bel niente.
Per punizione li aveva costretti a vedersi un live del Boss. Lui, che quel dvd lo conosceva a memoria, se ne stava sul letto a sferruzzare con il suo pc, prendendoli in giro insieme a Allie. Cercava di distrarla il più possibile, ma lei tornava spesso in argomento, significava che voleva parlarne fino in fondo. Gli disse di averne discusso ancora con suo padre, ma che lui non le aveva creduto, quella volta come tutte le altre. Danny le aveva consigliato allora di cercare un aiuto in qualche soggetto esterno e le propose lo psicologo della sua scuola. Ci mancò poco che lei non lo mandasse a fanculo per sempre.
Lei, così come Alicia, erano donne: un universo a lui estremamente lontano.



Mordicchiava la matita e si crucciava, chiedendosi per quale motivo il significato della matematica le fosse stato così trascende. Se fosse stata brava come suo padre, non avrebbe mai dovuto prendere quelle ripetizioni da Jones, tentando di far finta di capire. Ma se ci pensava bene, quelle due serate erano positive sotto molti punti di vista.
Non tralasciava il fatto che Jones fosse molto più bravo della Gambler, quella professoressa di cartapesta che doveva aver pagato il preside per ottenere il suo posto; da quando si faceva aiutare da lui le restava più facile capire le dimostrazioni impossibili che quel fantoccio di insegnante tracciava sulla lavagna. Lasciare la serra in cui viveva, quell'ammasso di mattoni di finta felicità su cui la sua villetta era stata costruita, le permetteva di staccare la spina dall’alta tensione che la legava ad una situazione che non voleva vivere. Entrava dai Jones, in quella calda casetta dall’altra parte di Watford, salutava Kathy e Vicky, si immergeva in un mondo pieno di strani segni e parentesi quadre e si faceva due risate all’ombra del Boss… Interrompeva il flusso costante del medesimo pensiero.
Fuggi fuggi fuggi fuggi fuggi.
La allontanava dal suo assassino, da Mark.
La allontanava da colui che preferiva credere a chi non faceva parte della sua famiglia, piuttosto che alla figlia.
Anche se poi era costretta a tornare alla sua realtà quotidiana, in quelle due ore passate con Jones niente di tutto quello esisteva. E stava bene, un po’ come quando chiacchierava con Ratleg.  Il viso che aveva creato per lui era lo schizzo su uno dei tanti fogli del suo blocco per disegni. Ogni volta aggiungeva un particolare, ne cancellava un altro e lo migliorava, ma rimaneva fondamentalmente una bozza, così come il lavoro sulla foto che la ritraeva con sua madre, da piccola. La sensazione che somigliasse a qualcuno che conosceva non l’abbandonava, ma si affievoliva sempre di più e forse era il suo inconscio a lavorare in quel senso. Nella sua testa il volto continuava a suggerirle di trovare la persona reale a cui apparteneva, mentre sul foglio sembrava di un individuo ex-novo.
Provò a definire il mento.
Non fu evidente, ma tracciò una linea piuttosto visibile tra le labbra morbide e la rotondità del mento. Poi si spostò sul collo, dove il pomo d’Adamo trovò la sua posizione. Scese più giù e apparve il colletto di una camicia sbottonata. Tornò sul viso, più precisamente sul naso, che uscì fuori con un taglio deciso. Aumentò la consistenza dei capelli, che si mossero sulla fronte ed andarono a coprire le orecchie. Un ultimo dettaglio, gli occhi e le labbra, che erano già stati abbozzati ma necessitavano realtà: sopracciglia e due piccole onde appuntite sul labbro superiore.
Osservò il risultato e aggrottò la fronte con preoccupazione.
A forza di pensare alla matematica, aveva disegnato il volto di Jones. Simpatico ragazzo, si disse, chiudendo il blocco e posandolo sulla scrivania. Una strana novità, ecco come era pronta a definirlo.
Una strana novità.
Si rese conto dell’ora tarda e decise di andare a letto. Sotto le coperte si chiese quale fosse stato il colore degli occhi di Jones. Chiuse i suoi e provò ad immaginarli, ma non seppe darsi una risposta. Poi si addormentò.


.*.*.*.


Era pronto per l’harakiri.
Scese dall’auto e seguì sua sorella nel centro commerciale. Accompagnarla a fare compere era peggio che condannarsi a fustigazione seriale, significava passare ore ed ore dentro ai negozi di biancheria e di scarpe ed uscire senza comprare niente, trovare le sue amiche ed invecchiare ascoltando gli ultimi pettegolezzi.
Ripetimi il motivo per cui non c’è la mamma con te.”, le chiese.
Sta facendo volontariato alla casa di cura.”, rispose Vicky, scocciata.
Entrarono nel centro commerciale.
Perché non ti compri qualcosa?”, gli consigliò Vicky.
Si fermarono davanti ad un negozio di abiti per uomini alla moda, Danny storse il naso.
Il tuo abbigliamento fa schifo.”, cercò di convincerlo lei, “Dovresti abbandonare quelle camicie quadrettate da contadino.”
A me piacciono!”, protestò Danny osservandosi, “E poi non sono costose come quella roba!”, ed indicò la merce esposta in vetrina.
Ma quella roba è più bella da vedere.”, insistette lei, “Alla gente non piaci conciato così.”
Chi te lo dice?”, le domandò.
Incrociò le braccia ed attese una risposta. Vicky sbuffò e proseguì oltre, lasciandolo perdere. Non la capiva, a lui piaceva vestirsi in quel modo, era così abituato ad indossare la camicia della sua divisa che non riusciva a fare a meno di mettersi qualcosa di simile quando non si trovava a scuola. Quadretti sopra e jeans sotto, cosa c’era di male? Non si permise di criticarle il top pieno di paillettes, i tacchi alti e i jeans attillati che Vicky provò e poi acquistò. Se era così che le piaceva vestirsi, cosa poteva fare lui?
Dopo un’ora e mezza, Vicky aveva speso metà dei suoi risparmi e non sembrava intenzionata a fermarsi. Danny si annoiava a morte e sfogliava gli abiti femminili appesi in perfetto ordine in uno dei tanti negozi del centro commerciale. Aveva visto qualcosa di suo gradimento ma, com’era ovvio che accadesse, Vicky aveva stroncato ogni possibilità di acquisto da parte sua.
Afferrò la stampella di una t-shirt su cui era stata stampata la scritta ‘Yeah! I’m a Bitch!’… Carina, ma troppo appariscente.
Chissà se c’è la tua taglia…”
Trasalì e si voltò.
Ciao Jones!”, esclamò Alicia sorridendo, “Che ci fai nel reparto della biancheria femminile?”
Biancheria femminile? Danny si guardò intorno e notò quello che i suoi occhi appassiti non avevano visto prima: una quantità industriale di completini intimi, e la maglietta di un pigiama tra le sue mani.
Beh… Io…”, balbettò, affrettandosi a rimettere a posto la stampella e finendo per farne cadere a terra altre quattro, “Sono con… Vicky.”
Lo supponevo.”, rispose lei, “L’idea di saperti interessato a certi capi d’abbigliamento non è compatibile con l’immagine che ho di te.”
Gra-grazie…”, le fece, una volta ripristinati i danni causati a quella porzione di reparto, “Tu… Tu cosa ci fai?”
Lei gli mostrò il cestino di ferro che reggeva con la mano destra.
Un po’ di acquisti.”, disse lei, rovistando tra le mutandine e i reggiseni, e non accorgendosi del suo colorito violaceo, “E tu? Fai compagnia a Vicky?”
Sì… Deve essere… Da qualche parte…”, le disse, cercando sua sorella con gli occhi, ma doveva essersi cacciata in qualche camerino.
Sono qua con mio padre.”, continuò lei, “Vieni che te lo faccio conoscere!”
Fu più svelta di un fulmine o di un ladro sulla metropolitana. Alicia lo prese per mano e lo trascinò via dal reparto biancheria femminile. Danny, fuori fase per quella stretta forte su di sé che gli mandava contemporaneamente in il tilt sistema nervoso, quello  linfatico e motorio, si trovò in mezzo a camicie e cravatte eleganti.
Papà, questo è Daniel Jones, il ragazzo che mi dà ripetizioni di matematica…”, sentì dire da molto lontano, “Jones, questo è Adrian, mio padre.”
Un’altra mano, più grande e più forte di quella di Alicia, afferrò la sua e la scosse con energico vigore. Focalizzò un volto giovanile, mascherato da baffi e pizzetto, capelli ricci e brizzolati, occhiali rettangolari, che lo guardava con un sorriso, al pari della sua altezza.
Molto piacere, Daniel.”, disse suo padre, “Deve essere un bell’impegno insegnare la matematica ad un tavolo di marmo.”
Papà!”, esclamò Alicia.
Beh… A dire il vero… Sua figlia impara molto in fretta…”, disse, ancora scosso per la rapida successione di tutti quegli avvenimenti.
E’ un bene.”, rispose lui, “O mi costerai una fortuna…”
Danny abbozzò un sorriso, non seppe dire se l’altro fosse stato ironico.
Andiamo, papà…”, disse ancora Alicia, “Jones, stava scherzando, è che ha voglia di litigare con me. Vero papà?”
Rimase spiazzato dall’atteggiamento di Alicia nei confronti del padre, così diretto e privo di mezzi termini, quasi irrispettoso.
Beh… E’ stato un piacere conoscerla, Signor Lewis, ma devo proprio… Andare.”, disse Danny, pronto a togliersi dall’imbarazzo.
Buona giornata.”, gli rispose l’uomo, rinnovando la stretta di mano.
Salutò Alicia con un gesto della mano e si affrettò ad uscire dal loro raggio visuale. Individuò Vicky alla cassa, intenta ad allungare il collo oltre gli appendiabiti per cercarlo a sua volta. Alzò una mano e lei lo vide, ricambiando subito.
Jones.”
Una mano sul suo gomito. Si voltò e trovò di nuovo Alicia, inaspettata come prima.
Scusalo, per favore.”, disse lei, “Non voleva trattarti in questo modo.”
Le sorrise.
Non ci pensare.”, la rassicurò, “Posso capire.”
Non è per i soldi.”, disse Alicia, “Lasciamo perdere…”
Sospirò e lo riempì di domande e di dubbi. Come ogni essere umano, anche Alicia aveva avuto i suoi momenti di distrazione in cui Danny l’aveva vista assente, con la mente da tutt’altra parte, forse in una terra popolata da tutti gli scheletri del suo armadio. Doveva trovarcisi anche in quegli istanti.
Vuoi un gelato?”, gli scappò dalla bocca.
Come?”, chiese lei.
Vuoi… Vuoi un… Gelato?”, le ripeté, con notevole difficoltà.
Lei alzò un sopracciglio.
Perché no?”, disse poi sorridendo.
Alicia si avvicinò ad uno dei tanti ripiani e posò lì il suo cestino pieno dei suoi prossimi acquisti.
Tanto non ne avevo bisogno.”, si giustificò con candida serenità.



Un piacevole cambio di programma, ecco cosa aveva chiesto quando aveva aperto gli occhi e suo padre le aveva ricordato di doverlo aiutare nella scelta di nuove camicie e cravatte. C’erano stati tempi in cui non aveva aspettato altro che momenti del genere, quando suo padre mandava all’aria il lavoro, la faceva salire sul suo macchinone e la portava ovunque, dove potevano divertirsi insieme. Non accadeva spesso ed Alicia passava molto tempo con May, la paffuta nonna paterna e dalla risata pungente che la accudiva quando il figlio non c’era, tanto che qualche volta le era capitato di chiamarla mamma. Era ancora viva e vegeta, da due anni si trovava da qualche parte nella Provenza francese a respirare il profumo della lavanda e l’aria di mare, che notoriamente faceva bene alle vecchiette come lei, ed era stata May stessa a dirglielo, poco prima di partire, sorridendole per consolarla. Fu anche peggio di quando era stata sua mamma ad andarsene: May le credeva, ma nemmeno lei era stata capace di convincere suo padre di quello che il figliastro la costringeva a sopportare. Come ogni persona importante nella sua vita anche la nonna l’aveva lasciata, e le rimanevano solo i cosiddetti cocci.
Nonostante tutto non ce la faceva ad odiare suo padre, ma pensava di esserne più che capace. Negli attimi in cui erano soli e distanti da tutto sembravano tornare ad essere la piccola famiglia Lewis, che abitava all’ultimo piano di un palazzo del centro di Londra, dal quale potevano vedere il Big Ben segnare l’ora con una precisione matematicamente impossibile da infrangere. Erano ancora la stessa famiglia che se ne andava in vacanza in campagna, ad ovest nelle Midlands, o che alla domenica pranzava guardandosi i cartoni animati della Walt Disney; la stessa che, dopo quei pranzi, andava fino allo stadio di Selhurst Park dove giocava il Crystal Palace, la squadra preferita di entrambi, che per poco non aveva dato un posto di giocatore a suo padre, quando ancora non aveva avuto vent’anni e non aveva deciso di diventare medico. Ma le cose erano troppo cambiate e quei momenti, come era stato quello vissuto fino all’inaspettato incontro con Jones, sembravano solo una stiracchiatura dei ricordi del passato.
Dopo aver informato entrambi i loro accompagnatori dell’invito per il gelato, scelsero insieme tre gusti in una coppetta media e si sedettero nel giardinetto interno del centro commerciale, dove la luce del sole arrivava grazie alla rifrazione dei raggi sul vetro che rivestiva l’edificio. L’aria era deliziosamente più calda di quanto Alicia si aspettava e si stava bene, molto bene.
Quindi conosci Fletcher e Poynter da sempre.”, disse lei.
Sì.”, rispose Jones con tranquillità, “Poynter me lo trascino dietro dalle elementari, mentre Fletcher si è trasferito a Watford una decina anni fa… Abita a tre passi da me.”
Siete grandi amici?”, chiese lei.
Molto.”, gli rispose lui sorridendo, “Ne abbiamo passate tante insieme…”
Dai, racconta!”, lo esortò.
Jones esitò, poi si fece coraggio e la accontentò.
Non c’è bisogno di spiegare quante ne abbiamo prese… E quante ne prenderemo!”, disse ridendo, “Più che altro ci siamo parati le spalle, o meglio, loro hanno parato la mia.”
Non mi sembra sempre stato che sia così.”, si permise di contraddirlo, “Judd l’ha avuta vinta, loro non hanno mosso un dito.”
Beh… Abbiamo diciotto anni, e non tredici.”, rispose lui, “E Judd è uno di quelli che te la fa pagare…. Sul serio.”
Oh sì, Alicia sapeva di come aveva denunciato una delle sue stesse vittime per lesioni, quando quel povero ragazzo aveva solamente rigato la sua auto, a fronte di una scarica di pugni in pieno stomaco.
E’ fortunato ad avere un padre avvocato.”, disse Alicia, “E’ sempre stato il figlio di puttana che ho conosciuto?”
Danny sbuffò in una risata.
Anche lui ha un cuore, che io sappia.”, fece, con aria sarcastica.
E anche una testa…”, avanzò Alicia, tacendosi.
Di cazzo.”, aggiunse Danny.
Alicia strabuzzò gli occhi stupita, e lui avvampò. Pochi secondi e risero insieme.
Questa era bella, Jones!”, si complimentò con lui.
Grazie…”, le rispose.
Ci fu del silenzio, Jones sembrava avere la sua domanda ma gli mancava la volontà di porgerla.
Posso… Posso sapere…”, disse, “Insomma…”
Cosa è successo tra me e Judd?”
Lui si morse le labbra, colto di nuovo di sorpresa, poi disse di sì.
Un bel niente.”, gli rispose con semplicità.
Jones non era il suo confidente, l’aver disegnato involontariamente disegnato a sua somiglianza il volto di Ratleg non cambiava alcunché, ma Alicia gli concesse comunque di sapere quei particolari. In fondo, le aveva detto di non credere a quello che veniva detto su di lei e, con quella ed altre mosse, si era conquistato un po’ della sua fiducia.
Voglio dire…”, si spiegò lei, “Siamo usciti insieme un paio di volte, è sempre stato molto carino e gentile con me… Come se gli fossi piaciuta veramente.”
Faceva ancora male pensare a quel periodo, ma sapeva che era solo una mera questione di orgoglio ferito. Judd l’aveva presa in giro sotto il suo naso e lei c’era cascata con entrambe le scarpe, era quello che ancora la infastidiva.
Una sera ha preteso di più.”, gli disse, “Io non volevo, e lui è sparito. Due giorni dopo sono comparse le risatine alle mie spalle e le occhiate malevoli delle amiche che mi ero fatta. Tutto qui.”
Jones annuì, poi terminò l’ultima cucchiaiata del suo gelato.
E tu?”, gli chiese, era il turno di sfamare la sua bestiaccia curiosa, “Avventure con le ragazze?”
Per poco Jones non ingoiò la paletta di plastica.
Io?!”, esclamò poi.
Sì, con quanti altri Jones sto parlando?”, rise Alicia, scuotendo la testa.
Era proprio buffo.
Io… No… Io…”
Balbettava, torturava le sue mani e le negava lo sguardo. Ormai era abituata: la faceva ridere, mentre le prime volte si chiedeva se avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato. No, era soltanto facile metterlo in imbarazzo.
Niente.”, disse poi.
Niente?”, domandò lei allora.
Lui alzò le spalle.
C’è… C’è la verifica semestrale di matematica.”
Alicia non lo comprese, il cambio di argomento era stato così repentino che doveva settare la mente.
Verifica semestrale?”
Sì… Verifica semestrale.”, ripetè Jones, “In matematica così come in tutte le altre materie… Faresti… Meglio ad impegnarti…”
Un momento. Matematica, verifica semestrale. Ok, era arrivata.
Dici che farei meglio ad impegnarmi con quello che mi spieghi o a scavarmi una fossa?”, domandò preoccupata.
Sarà… Piuttosto difficile.”, disse lui, che ancora non aveva accennato a diminuire l’intensità del colore della sua carnagione.
Quando?”
Mercoledì… Prossimo, mercoledì prossimo.”
Alicia si guardò intorno. Si trovava in un centro commerciale, doveva semplicemente entrare in una ferramenta e prendersi una pala, del legno, chiodi e martello. Si sarebbe costruita da sola il suo feretro, ma poteva anche trovare una soluzione più pratica e meno faticosa.
Beh, visto che comunque devi preparati per la medesima verifica… Facciamolo insieme.”, propose, senza pensarci due volte.
Cioè?”, chiese lui, già perplesso.
Martedì pomeriggio e sera, full immersion, triplo della paga pattuita.”
A Jones caddero gli occhi fuori dalle orbite.


.*.*.*.

Vado a prendere del caffè.”, disse Danny.
Ok.”, rispose Alicia, sbadigliando vistosamente.
Lasciò la camera e, una volta distante, allungò le braccia più che potè, aveva bisogno di stirarsi. Danny era quasi sicuro di non farcela a ripassare i sei mesi di programma su cui sarebbero stati chiamati a risolvere problemi e quesiti, ma si sentiva piuttosto tranquillo. Era Alicia che aveva i problemi maggiori. Quando aveva detto ai due scemi che avrebbe passato un intero pomeriggio insieme a lei, chini sui libri a studiare per la verifica semestrale, i due avevano avuto un moto di ribellione. Erano soliti prepararsi insieme per quegli eventi, ma quella volta non sarebbe stato disponibile.
Sei un traditore!”, aveva esclamato Tom, “Un fottuto traditore!”
Sei stato tu a dirle di venire da me, la prima volta!”, si era difeso prontamente Danny, “Quindi è colpa tua, io non c’entro niente!”
Ma se falliremo la verifica, lo giuro su Dio…”, si preparò a minacciarlo Dougie.
La fallirai comunque.”, lo rimbeccò Danny, “Se continui a passare il tuo tempo a smontare vecchie carcasse di computer ed a giocare con quel coso, non avrai mai il tuo diploma!”
Avevamo giurato che le donne non ci avrebbero mai diviso!”, tornò presto Tom alla carica.
Infatti non sta accadendo!”, concluse Danny, “Siete voi a creare il problema!”
Va bene, a distanza di un giorno da quella litigata si era pentito di tutto quello che aveva detto. Si era fatto cogliere impreparato da Alicia, che gli aveva chiesto con spudorata prontezza di aiutarla in quella full immersion di matematica, come l’aveva chiamata, e non aveva saputo dirle di no. Forse avrebbe dovuto invitare anche Tom e Dougie a studiare con loro, oppure dire di no ad Alicia. Forse, ma col senno di poi tutti diventavano dei bravi giudici.
Una volta in cucina preparò la macchinetta del caffè ed attese che ce ne fosse abbastanza per almeno tutta la serata. Non uscivano dalla sua stanza da tre ore, dovevano proprio prendersi una pausa. Salì con due tazze di liquido fumante e nero. Aprì la porta.
Il caffè è…”
Le braccia incrociate sulla scrivania, sotto di esse il libro di matematica. La testa era nascosta in quell’incavo, Alicia si era addormentata. La svegliò dopo una mezzoretta, dicendole che aveva riposato per soli cinque minuti, ma non la gabbò, il caffè si era ormai freddato nella sua tazza. Fecero fatica a riprendere il ritmo spedito con cui avevano studiato durante tutto il pomeriggio e, tra un problema e l’altro, passarono il tempo a chiacchierare.
Perché non andrai al concerto?”, le chiese Danny, riferendosi allo show del Boss, in arrivo nel mese prossimo.
Era quasi sicuro che Alicia glielo avesse già detto, ma non del tutto.
Cade esattamente il giorno del compleanno di mio padre.”, spiegò lei, “E dato che compierà cinquanta anni, ha voluto organizzare una poiccola vacanza per tutta la famiglia.”
Ah… E dove andrai di bello?”, le domandò.
A Stoccolma, in Svezia.”
Cavolo, e la chiamava piccola vacanza. Il posto più lontano dove gli era capitato di andare era Edinburgo, in gita alle elementari. La sua famiglia non sembrava navigare nell’oro e le vacanze le passavano dai parenti: una settimana dalla nonna a Bolton, dove lui stesso era nato ma non vi aveva vissuto se non per pochi mesi, e poi un’altra settimana dalla zia, la sorella di sua madre, che abitava poco lontano dalla sua città natale. Anno dopo anno le sue vacanze non cambiavano mai.
Sei piuttosto fortunata.”, le disse, “Forse la vedrò solo sulle piantine geografiche.”
Se vuoi, puoi prendere il mio posto.”, disse subito Alicia, “Non ne ho assolutamente voglia.”
Il suo tono lievemente duro e quasi risentito lo fecero riflettere, ma non ne ebbe il tempo.
Andrai al concerto con Vicky, vero?”, domandò lei.
Teneva gli occhi bassi e sembrava aver intenzione di cambiare presto argomento, Danny si dispiacque per averla fatta innervosire, non era assolutamente nella sua intenzione.
Sì, con lei…”, rispose.
Che posti avete?”
Beh… Sugli spalti… Vicino al palco.”
Fortunati.”
Danny spostò il viso verso il libro di matematica e ne sfogliò una pagina. Forse era meglio tornare a pensare ai numeri, piuttosto che brancolare nel buio stando attenti a dove si andava a sbattere la testa. Non gli sembrava di aver detto alcunché di inappropriato, ma l’averla chiamata una ragazza fortunata doveva averle guastato il buonumore. Perché?, si chiese. Forse doveva essere scocciata per essere costretta a fare altro, invece che vedersi il concerto… Il Boss era il Boss, ma un viaggio in Svezia, anche se non poteva competere, non era un’alternativa da buttare nella spazzatura.
Alicia…”, le disse, “Mi dispiace che tu non possa venire.”
Non è colpa tua.”, rispose lei, abbozzando un sorriso mentre gli occhi sembravano opporsi, “Credo che mi divertirò in Svezia.”
Che enorme bugia, si disse Danny, ma non parlò.
Dimmi un po’, Jones…”, gli fece Alicia, “Sai tirare quattro calci ad un pallone?”
Percepì il sopracciglio alzarsi e vide un mezzo sorriso di sfida sul volto di Alicia.
Quattro?”, le chiese, “Propongo un numero compreso tra la radice terza di otto e il quadrato di due, così perderemo meno tempo.”
Io sto al pallone come tu stai alla matematica.”
In che proporzione pensi di battermi?”
In scala due a uno.”
Alicia vinse davvero, ma con un distacco molto più ampio.
Nel piccolo giardino sul retro della casa, Danny le affidò il vecchio pallone di cuoio dai rombi scuciti, ma ancora buono per giocare. Ci si divertiva con Tom e Dougie durante l’estate, ma quei due erano proprio schiappe nel calcio. Lui se la cavava bene, fino a tre anni prima aveva giocato in una delle tante squadre locali di Watford, ma aveva dovuto rinunciare perché l’impegno che doveva mettere negli allenamenti e nelle partite lo costringeva a togliere tempo a tutta la restante parte della sua vita.
Lanciarono lanciato una moneta e la sorte scelse di destinare Alicia all’attacco, lui in difesa. Fu più uno scontro ai rigori, dato lo spazio piuttosto esiguo: si tolsero il cravattino della divisa scolastica e le maniche della camicia vennero arrotolate fino ai polsi; Alicia si sistemò i lunghi calzini neri fino al ginocchio e la partita iniziò. Alla fine del primo tempo Danny si sentiva piuttosto soddisfatto dell’aver cercato di bloccare le azioni svelte e furbe della ragazza, che aveva segnato ben sette gol, ma lui ne aveva parati almeno il doppio.
Dopo una breve sosta ristorativa e una tamponata alla fronte imperlata, invertirono i loro ruoli per il secondo turno: Alicia in difesa, lui in attacco. Si sbalordì della prontezza di riflessi che lei dimostrava ogni qual volta lui decideva di giocare d’astuzia, per prenderla in contropiede, e la partita si fermò sul sette a tre per Alicia, che ne uscì vittoriosa.
Cavolo… Mi spieghi dove hai imparato a giocare così bene?”, le fece, una volta tornati in casa.
Non lo so!”, rispose lei ridendo, “Non ho mai giocato davvero a calcio.”
Quindi mi stai dicendo che io, che ho fatto parte di una squadra per anni, sono stato battuto da una principiante!”, esclamò Danny, non capacitandosi ancora della sconfitta, ma comunque contento per essersi divertito con lei in qualcosa di così genuino.
Quale squadra?”, domandò lei, subito interessata.
Watford Rangers.”, le spiegò, “Ma era una cosa fatta alla buona…”
Non è quella squadra che ha come mascotte una scimmia di nome Dylan?”, chiese lei.
Danny strabuzzò gli occhi.
Come fai a saperlo?”, le chiese.
Non l’hai capito che mi piace il calcio?”, disse Alicia ridendo, “Sono una tifosa del Crystal Palace!”
Caricò la voce, alzò le mani e intonò le note dell’inno di una delle tante squadre di calcio di Londra.
E’ una squadra di perdenti!”, le disse, “E’ molto meglio il Bolton!”
Non potevi scegliertene una più a nord?”, ironizzò lei, “Che ne so… Potevi tifare per la Groenlandia!”
Guarda che tutta la mia famiglia viene da lì!”, le spiegò, ridendo con lei, “E poi parli tanto bene tu, Alicia! Il Crystal Palace!”
Mio padre giocava nelle giovanili!”
Erano come due bambini delle elementari, pronti a prevaricare sull’altro con una nuova vanteria, ma li interruppe l’arrivo di sua madre, accompagnata da Vicky a fare la spesa.



Invidiosa, ecco come si sentiva. Invidiosa della serena tranquillità che riuniva i Jones attorno ad un tavolo, all’ora di cena. Non esisteva niente del genere a casa sua: mangiava da sola, suo padre rincasava così tardi dall’ospedale che spesso non cenava. Judith aveva il suo orario e se Mark era nei dintorni stava con lei, mentre Alicia si rifugiava in camera sua. Talvolta, in quei casi saltava direttamente alla mattina successiva, oppure sgattaiolava fuori dalla camera a notte inoltrata. Alicia era così invidiosa che le si chiuse la bocca dello stomaco, ma mangiò lo stesso. Più che invidiosa, era triste.
Triste perché lei non aveva niente di tutto quello. I Jones erano tre, ed anche se la quarta parte mancava sembravano uniti e felici. Alicia stirava sorrisi, ringraziava, li ascoltava raccontarsi quello che era capitato loro in quella giornata, ma rimaneva in silenzio.  Scoprì così che Kathy era una parrucchiera e lavorava a qualche isolato di distanza: Alicia era passata più volte davanti al suo negozio, ma non aveva mai saputo che fosse stato suo. Vicky, invece, studiava per diventare farmacista, e nel poco tempo libero che rimaneva lavorava in un pub. Di Jones sapeva tanto quanto le bastava.
E tu?”, le chiese Kathy, rompendo il suo silenzio, “A quale facoltà vorresti iscriverti?”
Beh… Non lo so con certezza.”, rispose e prese un altro boccone di carne.
Cos’è che ti piace fare?”, le domandò allora Vicky.
Ci pensò su, ma la risposta fu ovvia.
Mi piace disegnare.”, disse con un sorriso.
Che bello!”, esclamò ancora la ragazza, “Non sono nemmeno capace di tener su una matita!”
E’ molto brava.”, sottolineò Jones, “E’ nella classe di disegno di Tom.”
Lui ha del vero talento, non io!”, si affrettò a dire Alicia, in imbarazzo.
Non è vero, ho visto i tuoi lavori, una volta.”, la contraddisse lui, “E sono davvero molto belli.”
E quando?”, si incuriosì, “Non me lo ricordo.”
Beh… Ti caddero i disegni dalla cartellina, ed io ti aiutai a raccoglierli.”
Alicia rimase interdetta, non c’era niente del genere nella sua memoria, ma mentì.
Ah! Sì, è vero!”, esclamò.
Lui rimase alquanto perplesso, poi le sorrise.
Da chi hai preso questo talento?”, le domandò Kathy, “Di solito l’essere bravi in qualcosa è una dote di famiglia…”
Allora Danny è stato adottato, ammettilo!”, esclamò Vicky, “Non c’è alcun Jones che capisca qualcosa di numeri!”
Smettetela!”, protestò lui.
Risero, Alicia cercò di unirsi a loro ma non ce la fece.
Da chi hai preso?”, le domandò ancora Jones.
Da… Mia mamma.”, rispose, concentrandosi sul suo pasticcio di spinaci, “Ho preso da lei.”
Ti ha fatto un bel regalo, allora.”, le disse Kathy, sorridendole.
Alicia non era in grado di corrispondere e la conversazione si gelò. Se ne dispiacque, non voleva farli sentire come se avessero detto qualcosa di troppo, ma non poté evitarlo. Per qualche secondo il rumore delle loro posate sui piatti fu l’unico percepibili.
Anche se, forse, lo zio Thomas… Non era lui che faceva il contabile?”, disse Vicky, cercando di sbloccare la situazione.



Salirono in camera, pronti per riprendere il loro studio. Alicia non ne aveva assolutamente voglia ma doveva farlo, anche se avrebbe comunque chiesto a Jones una mezzora di tranquillità per digerire con calma l’ottima cena che aveva preparato sua madre. Lui acconsentì, non sembrava molto propenso a rimettersi subito sui libri, e si dedicarono alla ‘pennichella’ del dopocena. Danny si sedette alla sua scrivania, lasciandole così la comoda poltrona rivestita vicino al suo letto. Alicia prese una rivista di musica vecchia di molti mesi, un numero scaduto del Rolling Stones che lei stessa aveva posseduto, prima di darlo a suo padre per i suoi pazienti in attesa. Jones, invece, accese il suo portatile e molto probabilmente si occupò della sua casella di posta elettronica.
Mi dispiace…”, esordì lui, ad un tratto.
Distolse gli occhi dall’articolo sui Kaiser Chiefs e si dedicò a lui.
Per cosa?”, gli chiese.
Per prima, quando cenavamo.”, le spiegò, “Non era mia intenzione metterti in imbarazzo.”
Non ti preoccupare.”, lo tranquillizzò, “E’ tutto a posto, non è colpa tua.”
Lui alzò le spalle, poi tornò al suo pc. Alicia cercò di concentrarsi di nuovo sull’intervista ai Kaiser, ma non ci riuscì.
Mia madre è morta.”, gli disse, “Ero piccola quando è successo.”
Danny si voltò, la sua espressione era mortificata.
Non lo sapevo…”, disse lui, con un filo di voce, “Pensavo che… Insomma, vivessi… Con i tuoi.”
Sì.”, gli rispose, sospirando, “Vivo con mio padre e con la sua compagna. E con suo figlio.”
Jones annuì, poi abbassò lo sguardo.
Ha avuto un attacco… Di cuore.”, Alicia continuò nei particolari, “Ed è morta.”
Lui si mordeva le labbra, non sapeva cosa dire. Alicia se ne dispiacque ma era giusto che sapesse, proprio per evitare quei momenti muti apparentemente inspiegabili.
Non vedo mio padre da quasi otto anni.”, aggiunse poi lui, “E per me è come se fosse morto.”
Come mai?”, gli chiese.
I miei hanno divorziato e lui ha un’altra moglie, altri figli.”, le disse, “Non so dove sia con certezza.”
Che belle famiglie che abbiamo…”, disse, con amarezza, “Almeno la tua sembra felice.”
Jones si strinse di nuovo nelle spalle.
Siamo tutti bravi a tenere dentro quello che ci fa star male.”, disse poi, “E la tua?”
Alicia roteò gli occhi e sbuffò.
Lasciamo perdere.”, disse.
Di lì a poco ripresero a studiare, ma nessuno dei due fu capace di trattenere i propri pensieri dall’affiorare sul loro viso.



Ne aveva abbastanza di geometria! Jones sembrava aver ritrovato la sua solita concentrazione e non se la sentiva di chiedergli un po’ di pausa. Si erano dedicati alla soluzione separata di alcuni problemi di geometria algebrica e, dato che sentiva di aver imparato abbastanza da lui per poter arrivare da sola al risultato corretto, Alicia si era sistemata sulla poltrona, dove poteva stare più comoda. La scrivania di Jones era troppo stretta per essere occupata da entrambi e, una volta tolti i suoi anfibi, aveva ritratto le gambe a sé e si era dedicata alla geometria. Ma quando era troppo, era troppo.
Alicia chiuse il quaderno e lasciò perdere la lezione, era molto più interessante mordicchiare la penna. Jones gli dava le spalle, era nel suo mondo fatto di rette e assi cartesiani, non si sarebbe mai accorto di lei. Certo che era davvero strano. Bastava dargli un quesito da risolvere e lo si accontentava; per lei era sufficiente una superficie bianca ed una matita. Quel pensiero le fece tornare in mente il disegno con cui lo aveva inconsapevolmente ritratto e la domanda che si era posta.
Di che colore erano gli occhi di Jones? Ancora non ci aveva fatto caso, ma durante tutto il giorno aveva comunque notato tante altre piccole cose. Alicia aveva già visto la grandissima quantità di lentiggini che coprivano la sua pelle, non aveva mai pensato che una persona potesse averne così tante. I suoi incisivi erano lievemente storti, ma tutto sommato era carino quando sorrideva; la sua capacità di diventare paonazzo era da Guinnes World Record, ma una volta sbloccato era un tipo divertente. Tifava per la squadra sbagliata, ma nessuno era perfetto. Aveva anche delle belle mani, lo aveva notato mentre si sfidavano a calcio. Riusciva a tenere il pallone tra le cinque dita aperte, più di una volta glielo aveva restituito lanciandolo in quel modo.
Lo vide lasciare la sua penna sulla scrivania ed allungare le braccia verso il soffitto. Aveva forse deciso di prendersi una pausa? No, si era sbagliata, lui tornò subito chino sul suo foglio. Alicia alzò gli occhi al cielo ed aprì il quaderno, niente geometria, ma solo un po’ di sano scarabocchiare. La penna si muoveva sulla carta, tracciando immagini a caso.
Forse, se si fosse deciso ad abbandonare quel suo riconoscibile atteggiamento da secchione, sarebbe stato un bel ragazzo. Alicia alzò un sopracciglio al pensiero. No, non la convinceva. Buttò gli occhi sul suo lavoro, una riproduzione piuttosto scarna del nome Ratleg. Sorrise, pensando a come Ratleg era capace di spuntare fuori al momento più inaspettato. Negli ultimi giorni non si erano sentiti, entrambi erano stati piuttosto impegnati, ed un po’ lui le mancava, doveva ammetterlo. Si chiese cosa stesse facendo in quel momento, se si fosse connesso e se la stesse aspettando.
Vuoi mettere un po’ di musica?”, disse Jones, cogliendola totalmente di sorpresa.
Si era voltavo verso di lei, che invece si era persa nell’immagine sfocata del volto di Ratleg e non si era accorta che lui si era distratto dallo studio.
Oh… Sì, certo!”, gli fece, con entusiasmo.
Scegli pure.”, disse Jones, indicandole con un gesto della testa il porta cd pieno di album, alto quasi quando lei.
Lo aveva già notato ma non vi si era mai soffermata per osservarla da vicino. Scartò ogni album del Boss, sarebbe stato troppo scontato, e si soffermò su una vecchia ed alquanto graffiata copertina: Who’s Next dei The Who.
Che ne dici di questo?”, domandò a Jones, mostrandoglielo.
Se funziona ancora…”, rispose lui, “E’ il primo disco che ho comprato, molto probabilmente è illeggibile…”
Proviamo!”
Lo infilò nella bocca dello stereo e premette play. Non aveva quel disco, dei The Who possedeva solamente Tommy e si era affezionata all’inverosimile a Pinball Wizard, contenuta in quell’album. Scelse una delle canzoni, esattamente la penultima, perché le rivelò qualcosa. Era Behind Blue Eyes. Come il colore degli occhi di Jones.
Appena le note partirono, lui si oppose.
No, non quella canzone.”, disse, “Non mi piace.”
Andiamo, Jones, è bellissima.”, gli fece.

No one knows what it’s like to be the bad man, to be the sad man behind blue eyes
No one knows what it’s like to be hated, to be fated to telling only lies

Perché non ti piace?”, gli domandò, incuriosita.
Perché... Perché non passi alla prossima?”, disse lui.
Era Won’t Get Fooled Again.
Se proprio insisti.”, disse Alicia, premendo ancora sul pulsante skip e selezionando la canzone successiva.
La bestiaccia curiosa, stuzzicata da rapido cambiamento di espressione di Jones, chiedeva di essere soddisfatta. Prese di nuovo sulla sedia che aveva occupato accanto a lui e volle chiederglielo.
Cos’ha quella canzone?”, gli disse, “A me piace.”
Jones era tornato sul suo foglio: Alicia sbirciò alle sue spalle e lo trovò pieno di scarabocchi e disegni, piuttosto che di formule matematiche. Anche lui doveva essersi distratto come lei.
E’ troppo triste.”, rispose lui, scrollando la testa come se non avesse voluto parlarne.
Invece è una bella canzone.”, si oppose lei, incrociando le braccia.
Ne preferisco altre.”
Canzoni d’amore?”, ironizzò lei.
Ovvio che no!”, esclamò Danny.
Alicia alzò il sopracciglio. Evidentemente, quel ragazzo doveva avere avuto qualche problema con l’altro sesso.
Cosa ti abbiamo fatto di male?”, gli chiese, “Puoi parlare liberamente con me.”, pose la mano destra sul petto e l’altra rimase alta ed aperta, “Prometto che non ne farò parola con nessuno!”
Il colorito acceso di lui stava a significare che doveva aver davvero premuto un tasto dolente, ma la bestiaccia curiosa era la bestiaccia curiosa. Non sapeva resistere, se una cosa la interessava cercava di saperne tutti i particolari.
Niente.”, rispose lui, mentre una mano disegnava cerchietti sul foglio e l’altra sosteneva la testa, “Niente.”
Sicuramente stai mentendo.”, gli fece, dandogli una pacca sulla spalla, “Non farti problemi con me, non sentirti in imbarazzo.”
Jones sospirò, la pressione della matita sul foglio aumentò.
Magari posso aiutarti in qualche modo.”, lo esortò ancora.
No, meglio di n-no.”, disse lui.
Le nascondeva qualcosa, ne era certa, ed i tentativi di Jones di mascherarsi la facevano fremere.
Da-da-Danny…”, gli fece, “Posso romperti le scatole per tutta la vita…”
Lui rise.
Andiamo, smettila…”, disse, “Non ne voglio parlare.”
Non è vero, te lo leggo in faccia. C’è una ragazza che ti piace, vero?”
Alicia sapeva di essere come un cane: una volta trovato il suo osso preferito non lo mollava più. Jones premeva quella matita così forte che la punta si spezzò.
E va bene!”, esclamò poi, “Co-cosa vuoi sapere! Basta che poi mi lasci in pace.”
Alicia gongolava dalla felicità. Jones lasciò perdere il suo disegno ed incrociò le braccia, badando bene al prestarle attenzione senza guardarla negli occhi.
Come si chiama?”
No-non te lo dico.”
Andiamo!”
No.”
Come ogni volta in cui si violettizzava, Jones evitava di incontrare qualsiasi tipo di sguardo. Alicia comprese che doveva prenderla alla larga.
La conosco?”, gli chiese.
Lui ci pensò.
No… Non la co-conosci.”
Viene nella nostra scuola?”
No… E’ di un altro li-liceo.”
Jones, dimmi la verità!”
E’ vero!”, protestò lui.
Ok, gli credeva. Non molto, ma gli credeva.
Le hai chiesto di uscire?”
Per un solo attimo, lui la guardò in viso, poi sbattè gli occhi e tornò verso il pavimento.
Certo che no!”, esclamò Jones.
Dovresti farlo.”, disse Alicia, annuendo.
Jones scosse la testa.
Mi direbbe di no.”
Ma se non ci hai nemmeno provato!”, fece Alicia, ridendo, “Come puoi sapere già la risposta?”
Jones temporeggiò ancora.
Credimi… La so be-be-benissimo.”
Quell’incespicatura la fece ridere.
Non prendermi in giro…”, si lamentò lui.
Scusami.”, si affrettò a farsi perdonare, “Non farti frenare da un possibile no, chiediglielo.”
Jones si negò ancora.
Non avrei p-più il coraggio di guardarla in faccia.”
Doveva sentirsi piuttosto patetico, ma almeno si sforzava di parlare. Era divertente ascoltare un ragazzo parlare di quelle cose, capire come la pensava sul mondo delle ragazze. Non le era mai capitata un’occasione del genere, non era mai stata molto a contatto con l’universo maschile e quegli argomenti non venivano mai sfiorati quando era con Ratleg. Era piuttosto interessante, Jones aggiungeva quel tocco di comicità involontaria che la faceva ridere.
Avanti, provaci!”, lo spinse ancora, “E poi il mondo è pieno di ragazze!”
Lui la guardò come per dirle ‘la fai facile…’.
Ti assicuro che, se quella ragazza ha del buon senso, non ti dirà di no.”, lo incoraggiò.
Co-co-come fai ad esserne si-si-sicura?”
Dietro a quegli occhialoni non c’era una faccia inguardabile. Con un po’ di restyling, Jones poteva essere un ragazzo piuttosto carino, anche se le riusciva sempre difficile convincersene. Ci voleva un bel taglio ai capelli, che erano colpevoli insieme alle lenti spesse di oscurare i suoi occhi chiari -ecco perché non li ho mai notati- e poi un modo diverso di atteggiarsi con il mondo. Basta con le spalle basse, lo sguardo sfuggente e la balbuzie. Sì, forse si poteva ottenere qualcosa di buono.
Beh… Non sei male, Jones.”, disse Alicia, sorridendogli, “E se ti sciogli un po’, diventi pure simpatico.”
Diventò così rosso che Alicia temette di vederlo iperventilare e cadere ai suoi piedi.
Gra… Gra… Gra…”
Prego!”, gli disse ridendo, “Adesso torniamo agli esercizi?”



Gli tremavano le mani, che oltretutto sudavano copiosamente. Sentiva caldo, troppo caldo, e decise di aprire un po’ la finestra della camera. Per poco non cadde a terra alzandosi, il piede era rimasto intrappolato nella gamba della sedia di Alicia. Si appoggiò al davanzale e prese una boccata d’aria fresca, doveva gelare la mente.
Beh… Non sei male, Jones. E se ti sciogli un po’, diventi pure simpatico.
Quando Alicia aveva iniziato ad insistere, chiedendogli di parlargli della ragazza che gli piaceva, avrebbe preferito prendere una pala, andare in giardino e scavarsi una buca. Si sarebbe poi dato una botta in testa ed avrebbe atteso che sua sorella, dall’alto della sua generosità, lo avesse sotterrato.  Non sapeva come aveva fatto ma aveva mantenuto una certa dose di autocontrollo, e non gli era scappato niente di censurabile. Con la storia di quella canzone si era messo in un bel pasticcio, spingendo Alicia a domandargli tutte quelle cose, ma se l’era cavata bene. O almeno così credeva.
Beh… Non sei male, Jones. E se ti sciogli un po’, diventi pure simpatico.
Perché non chiedeva alla ragazza di cui era innamorato di uscire con lui? Perché Alicia non gli avrebbe mai detto di sì. Prese una lunga boccata d’aria, doveva calmare il battito del cuore. Si asciugò la fronte lievemente imperlata di sudore e comprese che era meglio tornare sui libri e scacciare ogni pensiero.
Beh… Non sei male, Jones. E se ti sciogli un po’, diventi pure simpatico.
No, non le sarebbe mai piaciuto. Alicia era uscita con un tipo come Judd, tra lui ed Harry ci correvano mille miglia di distanza. Gli aveva detto quelle parole solo per incoraggiamento… Era del tutto inutile, non le avrebbe mai chiesto di uscire. Mai. Non avrebbe trovato la forza per farlo. Certamente Alicia si sarebbe sentita a disagio e non avrebbe più potuto darle quelle ripetizioni, in altre parole non avrebbe più potuto godere di quei momenti insieme a lei, sebbene avessero avuto pochissima importanza. Alicia lo considerava come un compagno di scuola ed un amico.
Fratellino, se lei ti vede come un amico, puoi abbassare le armi, gli aveva detto Vicky qualche giorno fa.
Lo sapeva da solo, non era uno stupido. Sospirò ancora, si dette una pacca sulla fronte. Era un idiota.
Jones.”, lo chiamò Alicia, “Mi devi aiutare con questi cosi… Com’è che si chiamano?”
Disequazioni.”, le fece, sovrappensiero, il viso ancora volto verso il giardino sul retro.
No, non quelle…”, disse Alicia,
Già, stavamo facendo…”, e non si ricordava più niente.
Ti senti bene?”, domandò lei.
Era felice come una pasqua.
Sì, non ti preoccupare.”, le rispose.
Sentì i passi di Alicia alle sue spalle.
Sei strano, Jones.”, fece lei, avvicinatasi, “Se ti sei stancato, possiamo concludere. Ormai so che non passerò questa verifica, quindi posso anche mettermi l’anima in pace.”
No, la passerai, stai tranquilla.”, volle calmarla.
Non sei convincente, Jones.”, obiettò lei sorridendo, “So quali sono i miei limiti, ed anche se ho capito tutto quello che mi hai spiegato, chi mi dice che il compito di domani sarà su quello che abbiamo studiato insieme?”
Aveva ragione, ma non voleva impaurirla. Era comunque sicuro che ce l’avrebbe fatta, non era poi così male in matematica; le serviva solo qualcuno che sapeva spiegarle tutti quei concetti complicati nella maniera più semplice possibile, Alicia era una ragazza molto intelligente.
Chiamo mio padre.”, disse Alicia, “Così viene a prendermi.”
No.”, le fece, d’impulso, ma si corresse subito, “C’è ancora… Un’ultima cosa…”
L’impulso lo aveva spinto ancora.
Basta numeri, ti prego!”, esclamò lei, alzando le mani in segno di sconfitta, “Mi arrendo!”
Di nuovo quell’impulso.
No… Non c’entrano i numeri.”
E allora cos’è?”, domandò lei, incuriosita ma perplessa.
Beh… Insomma… E se…”, l’impulso si fece più forte, “Quella ragazza… Se mi dicesse di sì?”
Alicia si toccò la punta del naso con la matita, poi si appoggiò al davanzale della finestra, accanto a lui.
La porti fuori.”, rispose, “Al cinema.”
Al cinema?”
Sì… Così non avrete molto da parlarvi!”, e rise, “E ovviate all’imbarazzo di non sapere cosa dire!”
Già, era vero. Buona idea, si disse Danny, doveva tenerne di conto.
E poi?”, le domandò.
Poi… Le offrirai qualcosa da mangiare, come un hamburger… E poi la riporti a casa. Ti piace come programma?”
Sì… S-sì, sembra buono.”
Con quello che guadagni con le ripetizioni, potresti anche portarla in hotel a cinque stelle!”, esclamò Alicia ridendo, “Ma credo che sia un po’ troppo presto…”
Infatti, per lui il cinema e la cena fuori erano concetti situati al di là dei confini del mondo. Se si metteva a pensare a quello, rischiava di cadere di fuori dalla finestra. Comunque, c’era ancora una cosa che doveva chiederle.
Ma se… Che ne so, io… E lei….”
Un bacio?”, anticipò lei, guardandolo dritto negli occhi e causandogli un embolia cerebrale.
Beh… Ecco… Quello.”
Se deve accadere, lascia che accada, ma non affrettare le cose, cerca di capire se anche lei è disponibile.”, gli spiegò, “Di solito non ci si bacia al primo appuntamento, o meglio, non è quello che farei io.”
Bene a sapersi, era un altro appunto da scolpire nella memoria.
E se… Se accadesse?”
Era importante per Danny saperlo, anche se non si sarebbe mai e poi mai avverato.
Vuoi chiedermi come si fa?”, esclamò lei ridendo.
Ecco, Alicia stava ridendo di lui. Era un caso clinico inguaribile. Danny sentì la fronte diventare calda e bagnata.
Avanti, Jones, non hai mai baciato nessuna ragazza?”
Se si escludeva Emily, la sua fidanzatina dei tempi dell’asilo… Sì, nessun’altra.
Stai scherzando!”, continuò lei, leggendogli la risposta negli occhi.
Danny si sentì davvero imbarazzato. Non sapeva cosa dire, cosa fare, voleva solo tornare indietro nel tempo ed evitare quel momento.
Andiamo, non è proprio la fine del mondo.”, lo consolò lei, una volta terminate le risate.
Infatti, non era la fine del mondo. Era bensì l’apocalisse, l’armageddon, il giorno del giuidizio. Danny vedeva in lontananza i  quattro Cavalieri della Morte venirgli incontro, con le loro falci pronte a togliergli la vita.
E’ una cosa… Piuttosto dolce.”, disse ancora Alicia.
Diciotto anni, vergine e senza aver mai dato un bacio… Non ci vedeva niente di dolce! Rientrava in quell’un percento di sfigati totali che non aveva avuto nessuna esperienza, nemmeno Tom e Dougie ne facevano ormai più parte. Forse era l’unico in tutta la scuola ad essere ancora in quello stato.
Vieni, ti insegno qualche trucco.”


Alicia prese per le mani quella stranezza vivente di Jones e lo portò al centro della stanza. Al contrario di lui qualche ragazzo lo aveva baciato, ma ancora… Insomma, non le era sembrato proprio il caso di perdere la verginità con quel coglione di Judd, al tempo ci aveva visto lungo e attualmente ne pagava il prezzo: lui che raccontava in giro quanto fosse disinibita, per parlarne in buoni termini.
Allora, innanzitutto devi avvicinarti a lei nel modo giusto.”, gli disse, passando oltre all’espressione sbarrata e violacea di Jones.
Prese le sue mani e le posò sui suoi fianchi. Sentì il calore penetrare in pochi attimi il tessuto dei suoi vestiti. Jones era molto agitato, ma non aveva niente di cui preoccuparsi. Alicia non lo avrebbe mangiato, né tantomeno baciato, non era sua intenzione, voleva solo che lui capisse come fare.
Stai calmo.”, gli disse, ridacchiando.
O-o-ok.”, rispose lui.
Il prossimo passo era fargli capire che doveva guardare la ragazza, altrimenti sarebbe stato del tutto inutile.
Jones, se non la smetti di sfarfallare gli occhi ovunque, quella penserà che sei strabico!”, gli disse ridendo.
Scusa…”, rispose lui.
Ecco, ricordati che devi lasciar perdere il resto della stanza.”, gli disse, “Poi, quando senti che il momento giusto è arrivato, chiudi gli occhi e la baci. Capito?”
Ma quello non era proprio tutto, forse gli occhiali potevano anche andarsene. Alicia avvicinò le mani alle aste e, nonostante un movimento brusco di lui, riuscì a privarlo delle lenti. Chiuse gli occhiali e li appese ad uno dei bottoni della sua camicia. Sistemò anche il ciuffo, spostandolo a sinistra, cosicché poté davvero vedere il blu delle sue iridi.
Jones seguì il suo consiglio e la guardò, mordendosi con costanza il suo labbro inferiore.
Blu. 
Erano davvero dei bei occhi.
Alicia si sentì persa per un attimo. Le mani di Jones erano ferme sui suoi fianchi, le trasmettevano calore e sembravano quasi avvolgerla del tutto. Si chiese che cosa avrebbe provato nel sentirsi accarezzare il viso da quelle mani.
E se al suo posto ci fosse Ratleg?
Il pensiero la mandò in tilt. Le era guizzato in mente, fuggito da una scatola chiusa e sigillata da cui non avrebbe mai dovuto uscire, ma le piacque. Sentì formicolare il petto all’idea di Ratleg che la baciava, che le diceva di aver immaginato quel momento da sempre. Ratleg la conosceva così bene che avrebbe saputo come baciarla, come accarezzarla. Nella sua mente lo vide distintamente avvicinarsi, prenderle il viso con le mani e…
Qualcosa di caldo premette contro le sue labbra, stupendola.
Le ci vollero molti secondi prima di rendersi conto che Jones la stava baciando. Moveva le labbra sulle sue con impaccio, ma Alicia non poteva sbagliarsi: era un bacio, anzi, molti più di uno. Alicia non sapeva come reagire, si sentiva bloccata, incapace di smuoversi. L’unica parte di lei che ebbe il coraggio di fare qualcosa furono gli occhi.
Si chiusero. Poi anche le labbra si mossero.
Scambiò il bacio senza sapere perché volesse davvero farlo. Era da Ratleg che voleva essere baciata, non da Jones, ma non sembrava esserci una sintonia tra la sua mente e le sue labbra, e rispondeva a Jones mentre il suo pensiero era bloccato su Ratleg. Circondò il collo di lui con le sue braccia e dischiuse la bocca. La punta della lingua toccò le sue labbra, che si aprirono subito, ed incontrò la sua. Le veniva quasi da ridere, Jones era così imbranato che non sapeva proprio come fare. Ratleg sarebbe stato molto più bravo, molto più dolce, molto più… Da Ratleg.
Eppure ad ogni nuovo bacio prendevano dimestichezza l’uno dell’altro. Imparavano. Jones la avvicinò a sé stringendola, ed Alicia approfondì istintivamente l’abraccio. Nella sua mente Ratleg era imprigionato tra le sue braccia, sentiva il battito del suo cuore a tempo con il proprio. Era il bacio dei suoi sogni… Ma qualcosa interruppe presto l’incantesimo.
Era la realtà. Jones la baciava ed Alicia lo ricambiava, stretti l’uno all’altra. Tra le sue braccia non c’era nessun Ratleg, ma il corpo del suo compagno di scuola e di ripetizioni. E quel corpo era sensibilmente… Eccitato?
Gli occhi di Alicia si spalancarono, la bocca si ritrasse, le braccia si sciolsero e molti centimetri furono interposti tra lei e Jones. Non poté resistere, e lo sguardo cadde… Proprio lì. Jones le dette istantaneamente le spalle.
I-io… Io… Io…”, balbettava incessantemente.
Sarà meglio c-che vada.”, rispose Alicia, che non fu da meno.
Raccolse velocemente la propria roba senza permettere ai propri occhi di cadere su di lui. Fu un lampo. Un saluto veloce alle altre due donne di casa, che le chiesero subito perché se ne stava andando così di fretta.
Mio padre mi aspetta, è venuto prima del tempo.”
Grossa bugia. Uscì di casa e percorse tutto l’isolato. Quando fu abbastanza lontana lo chiamò e si fece venire a prendere.




Eccomi qua, dopo una valanga di tempo :) Non ho molto da dire, tranne un grazie a chi mi leggerà e un grazie a chi ha commentato in passato <3
Alla prossima!
Ruby


 


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5


But we are the lovers


Danny è strano
, si diceva Dougie.

Seduto dietro di lui, durante l’ora di matematica, Dougie si chiedeva cosa potesse essere successo. Era molto più interessante che stare attento alla consegna della verifica semestrale, corretta e riveduta dalla prof. Aveva già ritirato la sua: si era preso una sufficienza proprio scarsa, aveva sbagliato la metà dei quesiti e la professoressa Gambler gli aveva voluto piuttosto bene. Danny era strano, troppo taciturno, troppo tendente al triste per essere il Jones di sempre. Non doveva essere per la pesantezza delle battute di Judd e dei suoi amici, né per colpa sua o di Tom, che ultimamente gli tenevano un po’ il muso. Rimaneva solo un’altra persona a cui pensare.
Danny li aveva tenuti aggiornati sugli sviluppi -o meglio, sulle stasi- che c’erano tra lui e la sua Alicia, raccontando delle chiacchierate che si facevano nelle pause tra un esercizio di matematica e l'altro. Sapevano dell’accordo nato tra i due, cioè il reciproco ignorarsi durante le lezioni, visto il piccolo casino creatosi qualche tempo prima. Le mura della scuola non erano mai fertili per la nascita delle amicizie, che invece crescevano forti una volta fuori da esse. Per quello, Danny sembrava voler dedicare più tempo ad Alicia che a loro, e personalmente si sentivano entrambi messi da parte. Sì, erano gelosi di lui, ma non lo avrebbero mai ammesso realmente. Erano sempre stati insieme: loro tre, Poynter Jones e Fletcher dalla notte dei tempi, e l’entrata di Alicia in quel triangolo aveva apportato notevoli cambiamenti. Innanzitutto, l’istituzione del mercoledì a serata per i film e la conseguente rinuncia del martedì; a ciò si aggiungeva il ripasso della verifica semestrale di matematica. Danny non avrebbe dovuto farlo, quella era una loro prerogativa: la matematica era la matematica, e non era rilevante l'aver comunque passato il test.
Il pensiero di quello sgarro gli stuzzicò la mente.
Non aveva per caso notato che le stranezze di Jones erano iniziate proprio dal giorno della verifica di matematica? Dougie si impose di adoperare il suo cervellino bionico: doveva essere successo qualcosa nel martedì, il giorno che aveva preceduto il compito in classe e che Danny aveva passato con Alicia. Attualmente era il lunedì della settimana successiva, erano quasi passati sette giorni, durante i quali il suo amico era sembrato lo straccio da pavimenti del bidello mummia.
Doveva chiederne conferma a Fletcher.
Scrisse velocemente un bigliettino, ma quando chiese a Danny di passarlo al loro amico, che occupava il banco davanti al suo, Tom fu chiamato a ritirare il suo compito: anche per lui la sufficienza fu risicata. Osservò l’altro riposare il test e dedicarsi al suo biglietto, che poi Danny gli passò indietro senza insospettirsi di niente.
Non ti facevo così attento, Handjob Station., rispose Fletcher.
Aveva fottutamente ragione, quel gran figlio di una buona donna di Jones aveva combinato qualcosa e non aveva detto niente, non aveva confessato nulla ai suoi amici, così come per la storia di quella tipa su internet. Danny fu chiamato in quello stesso momento dalla professoressa e ritirò il solito voto che sfiorava l’ottimo, accompagnato dalla lode della professoressa; durante il tragitto di ritorno si attirò tutti gli sguardi malevoli dei suoi compagni.
Subito dopo venne il turno di Alicia.
Complimenti, signorina Lewis, con questo voto ha stroncato in due la sua media.”, disse la Gambler.
Vide Tom voltarsi verso Danny e lanciargli uno sguardo complice, ma Dougie non seppe la reazione di Jones, vedeva solo la sua nuca riccioluta.
Si vede che le ripetizioni che le dà il signor Jones servono pure a qualcosa.”
Notò subito lo sguardo perso di Alicia: i compagni di classe presero a bisbigliare e, tra questi, percepì la voce di Harry.
Ecco, è la fine, si disse Dougie.
E la fine iniziò all’ora di pranzo.



Danny se ne stava seduto accanto a Dougie, Tom si era accomodato davanti a loro: era stato felice del fatto che Poynter si fosse accorto come lui del comportamento piuttosto strano di Jones, e ciò stava a significare che non era un pazzo paranoico ed apprensivo. Mangiavano in silenzio, o almeno erano soltanto lui e Dougie a scambiarsi quattro parole.
Come tutti gli scherzi, anche quello durò poco, sebbene uno scherzo vero e proprio non fosse mai stato.
Jones, andiamo, dimmi cosa è successo tra te e Alicia.”, gli chiese Tom, cogliendolo mentre cercava di inforcare un pezzo di verdura lessa.
L’altro lo guardò con l’aria di colui che niente sapeva, ma non lo fregava.
Niente, non è successo niente.”, rispose Danny e tornò a mangiare.
Parlaci.”, esclamò Tom, in coro con Dougie.
Incrociarono le braccia e si misero in attesa. Danny prese il suo tempo, ma alla fine posò la forchetta e li accontentò.
Ci siamo baciati.”
La mandibola di Tom cadde nel suo piatto così come gli occhi di Dougie, che presero a penzolare fuori dalle orbite.
Contenti adesso?”, sbuffò l’altro.
E… Dai, racconta!”, lo esortò Dougie, “Dicci i particolari!”
Cosa vuoi che ti dica, Poynter!”, sbottò Danny, “Che mentre la baciavo io… Io…”
Tu che?”, disse allora Tom, sempre più curioso.
Danny lo guardò con aria abbattuta.
Che hai combinato?”, domandò Dougie, “Ti puzzava l’alito? Ti sudavano le ascelle? Hai ruttato?”
Tom represse una risata, non era il momento di scherzare, per Danny sembrava essere una situazione molto delicata.
“ Io? Io… Sostanzialmente non ho fatto niente…”, disse Danny, a testa bassa, “Il problema è… Cosa ha combinato… Lui…”
Dougie impiegò molto più tempo di Tom a comprendere, e comunque arrivarono entrambi alla soluzione con un discreto ritardo.
Insomma!”, esclamò Danny, stanco di essere osservato da due pesci lessi, “Mi sono... Eccitato!”
Tom si concentrò sul suo piatto, non trovava la forza per non ridere. Dougie, invece, dal basso della sua stupidità…
Mio Dio!”, esclamò ridendo, “Che coglione che sei!”
Prima che Danny potesse arrabbiarsi e gridargli che era un cretino insensibile, qualcosa li bloccò. O meglio, qualcuno.
Daddy Jones!”, sentirono Harry Judd esclamare dal fondo della sala mensa, accerchiato da tutti i suoi amiconi, “Che sapore ha l’amichetta di Lewis?”
Il silenzio tombale cadde su gran parte del corpo studentesco. Tom cercò subito Alicia con gli occhi, ma sembrava non essere nelle loro vicinanze. Si trovava al loro opposto, forse non lo aveva nemmeno sentito.
Avanti! Diccelo!”, continuò ad insistere Judd, le sue parole sottolineate dalle risate dei compagni, “Così ti dirò se è la risposta giusta!”
Danny, non starlo a sentire.”, gli disse Tom.
Il suo amico cercava invano di prendere gli ultimi rimasugli delle sue verdure, ma più che altro sembrava voler trapassare il tavolo con la forchetta. Intorno a loro tutti ridacchiavano e lo guardavano, indicandolo con scherno. Che vita di merda.
Daddy Jones!”, tornò all’attacco Judd, “Lo sappiamo che vi divertite tanto insieme… Altro che ripetizioni!”
Valanghe di risate.
Ma qualcosa di piuttosto inaspettato accadde.
Avanti, Jones, diglielo pure che sapore ha la mia amichetta!”
Centinaia di occhi si voltarono verso la cima della sala mensa. Alicia se ne stava in piedi, le braccia incrociate sul petto ed il piede che picchiettava sul pavimento. Ci fu più silenzio di quanto Judd era stato capace di creare nella confusione assordante della mensa.
Avanti, parla pure, non ti vergognare.”, ripeté lei.
Mosse un passo, poi un altro, e percorse lentamente parte del corridoio sotto gli occhi di tutti. Si fermò davanti al loro tavolo.
Jones, non mi far incazzare. Parla.”, gli impose, “Così poi potrò dire la mia.”
E cosa avresti di tanto intelligente da dire, sentiamo!”, si presentò allora Harry, non intenzionato ad uscire dalla cerchia protettiva dei suoi amici, ma forte della loro presenza.
“ Tante cose.”, disse lei, “Innanzitutto, parlerei della microscopica grandezza del tuo amichetto.”
Una selvaggia massa di risate in sottofondo, ma furono piuttosto tenui.
Mi sa che ti sbagli con qualcun altro!”, le rispose Harry, “Con tutti quelli che hai conosciuto, sicuramente ti stai confondendo!”
No, non mi sbaglio affatto. E’ stato un po’ come il primo bacio. Non si scorda mai!”
Anche se aveva pensato male di lei, così come Dougie e tutti gli altri compagni di scuola, Tom prese a stimarla profondamente. Lui non avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere, tanto che, qualche giorno prima, non aveva nemmeno protetto il suo migliore amico e l’aveva fatto finire dal preside per la prima volta in tutta la sua vita. Danny, ancora seduto, sembrava non volerla nemmeno guardare. Per qualche attimo la voce di Harry non si fece sentire, stava caricando il colpo.
Allora, visto che la tua fidanzata l’ha già sparata grossa, perché ora non parli tu, Daddy Jones?”
Judd, piantala, finiscila di scaricare le tue frustrazioni da pisello piccolo su chi non ne ha colpe.”, gli fece Alicia, con aria piuttosto ironica ed incazzata.
Tornatene a posto, il tuo spettacolino patetico è finito!”, provò a zittirla Harry.
No, è il tuo che dovrebbe concludersi, pezzo di idiota!”
Vieni qua, ti mostro come sono capace di accontentarti!”, la esortò lui.
Tom la vide partire veloce come una scheggia, gli altri si prepararono ad accoglierla. Harry si alzò, pregustando la sua ennesima vittoria con un sorriso soddisfatto.
La dolce gattina prodiga!”, esclamò poi.
Non ti do un calcio nelle palle perché non saprei dove cercarle.”, disse Alicia.
Dio, era ufficiale, anche Tom l’amava.
Allora cosa ne dici se io…”, tornò all’attacco Harry, ma un pugno pieno sul naso lo costrinse a chetarsi.
Il ragazzo barcollò all’indietro, sotto la spinta di una mano chiusa ed appartenente ad una ragazza, alta almeno dieci centimetri meno di lui, che aveva avuto la forza di fronteggiarlo davanti ad una scuola intera.
Ma… Brutta troia!”, gridò Judd.
Jones sfuggì dal controllo visivo di Tom. Veloce come era stata Alicia, andò da lei e la allontanò da Harry. Lo osservò dirle qualcosa, forse voleva calmarla, ma il borbottio confuso generale annebbiò le sue parole.
Fottuti bastardi!”, esclamò ancora Judd, prima di avventarsi su Danny.
Danny fu meno pronto e si prese un bel pugno nello stomaco. Boccheggiò, piegato in due, ma si rialzò presto. Spinse Harry, che era tornato ad importunare Alicia e non si era accorto di lui, e lo fece cadere a terra.
Merda, una rissa in sala mensa…
Lewis! Judd!.... Jones! ”



Il preside li guardava, tutti e tre: gli occhi trapassavano le mani, unite davanti al viso, ed attendeva che qualcosa rompesse il silenzio.
Signor Judd, se ne vada.”, disse l’uomo, quasi con disprezzo, “Penserò personalmente ad avvertire suo padre.”
L’altro, che tamponava l’emorragia al naso con un fazzoletto, ebbe da protestare.
Ma non è giusto! Io non ho fatto niente!”, esclamò con voce nasale.
Dio, poteva anche togliersi quel cazzo di fazzoletto dal culo, il sangue non colava più da un pezzo, ma doveva fare scena. Doveva impietosire il preside.
Un'altra parola e ti butto fuori dalla scuola.”, disse l’uomo.
Judd trattenne ogni parola: si alzò e se ne andò.
Per quanto vi riguarda…”, disse poi il preside, riferendosi a lei ad a Jones, “Vi avevo detto di non farvi più vedere.”
Se ne stavano entrambi ad occhi bassi, non avevano il coraggio di alzarli, o forse farlo era tutt’altro che saggio.
Signor Jones, certe compagnie non fanno per lei. Se ne liberi.”, si prese una pausa, “Signorina Lewis… I pugni sono da maschi stupidi, e lei non è un ragazzo… Forse è solo stupida.”
Alicia poteva bissare e dargli un cazzotto sul naso, ma era l’ultima cosa al mondo che voleva fare.
Metto una nota di demerito ad entrambi.”, disse l’uomo, prendendo la sua bella stilografica d’oro e disegnando uno scarabocchio sull’agenda, “Ora andatevene a casa, le lezioni sono finite per voi due… E se vi vedo ancora qua dentro, giuro che vi espello!”
La punta stridula della voce dell’uomo causò l’apparire di un risolino sulle sue labbra, ma Alicia si guardò bene dal farglielo notare. Entrambi si alzarono, lo salutarono ed uscirono dall’ufficio. Ci fu una notevole dose di mutismo tra loro, che camminarono lungo i corridoio senza scambiarsi una sola parola. Si separarono, lui era diretto verso il suo armadietto, lei verso il proprio.
Si trovarono ancora all’uscita, come se si fossero accordati implicitamente di incontrarsi.
Mi dispiace.”, disse lei.
Non ti preoccupare.”, rispose lui.
Alicia non era in grado di guardarlo negli occhi, temeva di arrossire fino all’inverosimile. In quei giorni aveva fatto di tutto per evitarlo, tanto che aveva anche rimandato la lezione di giovedì sera, ed a scuola non gli aveva nemmeno rivolto un cenno nascosto di saluto. Niente, come se non l’avesse mai conosciuto. Come se non l’avesse mai baciato.
Beh… Devo andare.”, gli disse e percorse i primi scalini.
Al quarto si fermò, bloccandosi. C’era qualcosa che mancava. Si voltò verso di lui.
Grazie, Danny.”
Lui strinse le labbra in un timido sorriso.
Di niente, Lewis.”
Alicia annuì, pensando all’ironia dell’aver invertito i loro modi di chiamarsi.
Ci vediamo?”, gli domandò.
Ci vediamo.”, rispose lui.

.*.*.*.


I’m RATLEG scrive:
Ultimamente le cose non mi vanno tanto bene

BecauseTheNight scrive:
Perché? Cosa c’è?

I’m RATLEG scrive:
Non ho più molta voglia di studiare… Ho troppi pensieri per la testa

BecauseTheNight scrive:
Posso saperli?

Ci volle un po’ prima che Ratleg terminasse il suo lungo digitare sulla tastiera del suo computer.

I’m RATLEG scrive:
Beh, sai… Ho avuto l’occasione di fare una cosa che… Boh, sinceramente non mi sarei mai aspettato di fare. Ovviamente ho combinato un casino pazzesco, però ho preso un’iniziativa… Iniziativa di merda

BecauseTheNight scrive:
Domando traduzione simultanea

I’m RATLEG scrive:
Ho baciato una ragazza…

Alicia strabuzzò gli occhi e rimase a fissare lo schermo con aria ebete e sorpresa.

I’m RATLEG scrive:
Una ragazza… Che mi piace davvero tanto.

Ancora doveva riprendersi.

BecauseTheNight scrive:
Wow, Ratleg! Cazzarola!

Non sapeva cos’altro dire, al posto del cervello aveva una linea retta piatta ed infinita. Ratleg aveva baciato un’altra, il farlo era un’azione normale e perfettamente sana, quindi perché doveva starsene come un’idiota a pensare ‘cazzocazzocazzocazzo’? Non importava che lei avesse fatto lo stesso, non importava che lei avesse baciato Jones pensando a Ratleg.
Non importava affatto, era stata tutta colpa dei suoi ormoni impazziti.

I’m RATLEG scrive:
Non so nemmeno come sia riuscito a farlo… E comunque non ho ottenuto alcunché…

BecauseTheNight scrive:
Cioè?

I’m RATLEG scrive:
Siamo amici, almeno credo… Ci vediamo spesso, però solo per motivi di scuola… Abbiamo delle cose in comune, ma lei non sa che mi piace… Beh, ora lo sa per forza, dato che l’ho baciata XD Però… Non le piaccio, lo so, a lei piacciono altri tipi di ragazzi

BecauseTheNight scrive:
Chiedile di uscire

Si morse la lingua, ma l’aveva scritto. Non avrebbe potuto fare altrimenti.

I’m RATLEG scrive:
Credo di aver già fatto abbastanza con quel bacio… E comunque non c’è mai stato niente tra di noi… A scuola non ci parliamo, recuperiamo quando ci incontriamo fuori… Ma non credo che succederà più

BecauseTheNight scrive:
E’ un mostro

I’m RATLEG scrive:
Non credo XD

Di lì a poco preferì tagliare la conversazione e lasciarlo con una scusa alquanto stupida. Chiuse il portatile e lo ripose sulla scrivania, poi tornò sul letto. Si sdraiò, unì le mani dietro la testa e sospirò profondamente. Che cosa aveva imparato da quella breve conversazione? Ratleg, chiamato da tutti Daniel ma non da lei, provava dei sentimenti per una persona -una ragazza- ed aveva provato a baciarla. Aveva baciato una ragazza che gli piaceva davvero tanto, sue testuali parole.
Alicia chiuse gli occhi.
Quella ragazza che Ratleg aveva baciato non era lei stessa ed Alicia era altrettanto certa che lui non avesse mai pensato ad Allie mentre premeva le labbra contro le sue, nemmeno per un solo attimo. Non si sentiva gelosa, non aveva alcun motivo per provare qualcosa del genere nei suoi confronti, però si sentiva un po’… Non sapeva definirlo, ma non le andava giù quello che lui le aveva detto.
Non cercava niente in Ratleg, tranne quel sostegno da amico che le dava da lontano, ma che sentiva più vicino di qualsiasi mano tesa per aiutarla. Però… Un po’ le dispiaceva, ecco, era dispiacere ciò che Alicia provava dentro di sé. Le dispiaceva perché avrebbe voluto che Ratleg la pensasse come una persona speciale nella sua vita. Speciale… Anche un pizzico in quel senso. Evidentemente si sbagliava, era l’unica a provare quella piccolissima sensazione.
Alicia si voltò su un fianco e nascose la mani sotto al cuscino. Si sentiva un po’ merda, doveva ammettere anche quello. Aveva baciato Jones pensando a Ratleg, non era molto lodevole nei suoi confronti. Magari a quello scemo piaceva davvero… Davvero tanto, come Ratleg con la sua ragazza. Altrimenti perché l’avrebbe baciata? Perché avrebbe avuto quella… Reazione? Alicia aveva sospettato qualcosa del genere ma non aveva dato peso, supponendo che Jones fosse stato strano a modo suo, e non per causa sua. Non ci capiva niente. Tornò supina, incrociò le dita sul petto. Ripensò a quel bacio e si rese conto di quanto fosse durato. Molto, davvero molto. Forse non lo aveva realizzato perché si era lasciata prendere dal pensiero di Ratleg, forse perché aveva atteso finché Jones non avesse baciato nel modo giusto…
Forse perché ti è piaciuto.
Strizzò le palpebre fino a vedere le milioni di stelline bianche pungere il nero. Ok, le stava bene, ammetteva anche quello. Le era piaciuto. Un po’. Un pochino. Tanto così, si disse, avvicinando il pollice all’indice. Jones era stato un principiante, ma aveva imparato in fretta.


.*.*.*.


Dart Fletcher scrive:
Vogliamo i particolari, ancora non ce li hai dati

PoynterentyoP scrive:
Sganciaci la nostra parte

Cosa aveva da dire? Il fondamentale lo aveva snocciolato il giorno prima, a mensa, e per tutta la giornata aveva evitato di parlarne. Danny si era sentito di malumore, scorbutico e scostante, oltretutto sua madre si era infuriata come non mai dopo che le ebbe raccontato di essere finito di nuovo dal preside. Pensava e pensava, immerso in una specie di catatonia laboriosa della mente. Per il momento era al computer con Tom e Dougie, in attesa l’arrivo di Allie che sembrava ritardare più del solito, ed i due avevano preso a tartassarlo di domande.

I’m RATLEG scrive:
Niente… Le ho detto di una ragazza, che mi piaceva, che non sapevo come invitarla fuori….

Dart Fletcher scrive:
E poi?

I’m RATLEG scrive:
E’ venuto fuori che non avevo… Insomma, lo sapete…

PoynterentyoP scrive:
Sapete cosa?

Danny sbuffò, a volte doveva proprio imboccare quei due per far capire loro dove fosse voluto arrivare.

I’m RATLEG scrive:
Sapete che io e le ragazze… Insomma, niente di niente!

Dart Fletcher scrive:
Dalle tue parti si va molto di mano

PoynterentyoP scrive:
LOL

I’m RATLEG scrive:
Vedetela come volete…

PoynterentyoP scrive:
Non siamo noi a portare i fondi di bottiglia

Danny si spazientì e li salutò con fretta, scegliendo di rimanere invisibile per poter comunque notare quando Allie sarebbe arrivata. Si era sentito strano quando le aveva detto di aver baciato Alicia, molto probabilmente perché non avevano mai affrontato nessun argomento del genere… Non sapeva definirlo propriamente, ma era accaduto qualcosa di strano dentro la cornice di quella finestra di conversazione.
Daniel?”, si sentì chiamare da sua mamma, al di là della porta di camera ancora chiusa.
Entra pure.”, le fece, aprendo una cartella a caso e fingendo di cercare qualcosa.
Sentì il legno scricchiolare.
Com’è andata al lavoro?”, le chiese, senza voltarsi.
Era ancora un po’ arrabbiato per la discussione del giorno precedente e perseverava nell’essere freddo nei suoi confronti. Kathy gli aveva detto che l’aveva delusa, che non si sarebbe mai aspettato che suo figlio continuasse a sbagliare usando violenza contro altra violenza; non era servito niente dirle che lo aveva fatto per difendere Alicia. Danny capiva perché sua madre era stata così dura nei suoi confronti, ma lui non aveva fatto niente di male. Si era addirittura preso un pugno nello stomaco, ma non le importava.
Bene.”, rispose lei.
Danny aprì un vecchio foglio excel, dimostrandosi fintamente interessato a quello che conteneva, i vecchi conti economici del mese di maggio dell'anno scorso. Voleva farle capire di aver concluso quel breve incontro.
Daniel?”, lo chiamò ancora sua madre, che evidentemente non si era arresa.
Che c’è!”, le chiese con aria scocciata, voltatosi di scatto.
Cinque dita lo salutarono timidamente, accompagnate da un piccolo sorriso imbarazzato. Appartenevano ad Alicia, che sostava dietro sua madre. Danny non poté fare a meno di fermare gli occhi su di lei e guardarla con stupita insistenza, privo di qualsiasi pensiero e parola.
Ciao…”, disse lei.
Ciao…”, le rispose, con il medesimo tono.
Ti ho chiamato tre volte, dal piano di sotto.”, li interruppe Kathy, “Non sei andato ad aprirle, chiedile scusa!”
Danny inghiottì un gran magone.
Scusami, Alicia.”, le disse, abbassando gli occhi sul baratro d’imbarazzo verso cui sua mamma lo aveva volontariamente spinto.
Non ti preoccupare.”, rispose lei, “Non fa niente.”
Kathy sospirò vistosamente, poi si volse ad Alicia.
Vuoi qualcosa da bere, tesoro?”, le domandò, “Una fetta di torta?”
Grazie mille, ma sono a posto così.”, disse Alicia, con un sorriso caldo.
Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiedi pure a Daniel.”, si raccomandò Kathy.
Lo farò, grazie ancora.”
Sua madre li lasciò ad affrontarsi. Con educazione, Danny si alzò dalla sua solita posizione curva sulla scrivania e se ne rimase in piedi, a torturarsi le dita. Dopo il bacio, dopo quei giorni passati ad ignorarsi del tutto, anche più di quanto avevano concordato tra di loro, si sarebbe aspettato di trovare chiunque sulla soglia di camera sua, tranne Alicia.
Cosa… Cosa fai qua?”, gli venne spontaneo chiederle.
Beh… E’ martedì.”, rispose Alicia, osservando con costanza le pareti.
Sì, era un sacrosanto martedì sera, ma lei non avrebbe dovuto essere nella sua stanza da letto. Avrebbe dovuto starsene nella propria, a pensare a quel cretino di Jones che si era approfittato di lei, quando non aveva voluto altro che mostrargli alcuni piccoli consigli.
Sì… Però…”, balbettò Danny, “Beh… Io credevo che…”
Ok, ho capito.”, disse Alicia.
Si voltò e scomparve nel corridoio.
Lewis!”, la chiamò, d’istinto.
I passi sul parquet scricchiolante si fermarono.



Forse non era stato molto saggio presentarsi da Jones. Alicia ne era quasi certa. Occupavano i lati opposti della sua scrivania, Danny gli spiegava alcuni concetti di trigonometria, nella distanza lei riusciva a vedere tranquillamente le formule che scriveva sul foglio, che poi le passava per farle capire ciò che diceva. No, non era stato per niente saggio, soprattutto perché non riusciva a concentrarsi. Alicia si trovava nel bel mezzo di un conflitto: voleva uscire di lì, sapeva di aver sbagliato nel decidere di tornare a prendere quelle ripetizioni, ma non aveva voluto seguire il consiglio che si era data. Dopo tutto, se voleva interromperle avrebbe dovuto chiarirlo con Jones e metterlo al corrente, era così che le avevano insegnato, ma ora che si trovava con lui, Alicia non sapeva cosa fare. Era troppo l’imbarazzo che provava, troppo.
Ricordava il bacio, lei che pensava a Ratleg.
Jones la stringeva, lei lo abbracciava… Quello.
Pensava anche al bacio che Ratleg aveva dato all’altra.
Alicia?”, la chiamò Jones.
La riprendeva dalla sua disattenzione e la guardava con espressione abbattuta. Alicia nascose il viso tra le mani, le dita presero a massaggiarle le tempie. Quello che stava facendo non era assolutamente giusto nei confronti di Jones.
Scusami…”, gli disse, “Ti sto facendo perdere tempo.”
Jones annuì con un leggero movimento della testa.
Basta, era l’ora di smettere di comportarsi irrazionalmente, senza pensare a ciò le sue azioni potevano causare nell’altro. Aveva vissuto tutta la vita facendosi muovere dall’istinto ed i risultati spaziavano in tutti i campi: bastava guardare a suo padre, a tutte le donne che aveva fatto fuggire a gambe levate, e a lui che non credeva più alle sue richieste di aiuto.
Senti, Jones, forse è meglio se…”, volle informarlo, “Se non prendo più queste ripetizioni.”
Pronunciò quelle parole osservando il suo mento, scorrendo poi lungo la linea del collo, fino alla pelle libera dai lembi della camicia sbottonata. Le sue mani, le cui dita si muovevano intrecciandosi nervosamente, attirarono la sua attenzione, ma solo per brevi attimi.
Alicia non evitò di guardare anche le labbra morbide.
Ti è piaciuto, ammettilo.
Come vuoi.”, rispose lui, sorridendole con quelle stesse labbra.
Era un’espressione triste.
E’ che... Sai, mio padre…”, Alicia accampò la prima scusa che le venne in mente, “Dice che… Insomma, secondo lui non sono utili.”
Certo, non ti preoccupare.”, rispose Jones, “Lo capisco.”
Già…”, borbottò lei, “Grazie comunque… Grazie di tutto.”
Alicia sentì il bisogno di alzarsi e mettere in ordine le proprie cose.
Ti… Ti do una mano.”, si propose Jones.
Le prese la borsa a tracolla e gliela porse, aprendola per permetterle di riempirla con i suoi libri.
Tieni quello che ti devo.”, disse Alicia, prendendo dal portafoglio i soldi per pagarlo.
Jones si ritrasse subito.
Non li voglio.”, disse.
Per favore, prendili.”, insistette Alicia, “Era il nostro patto.”
Non ti ho aiutato per soldi.”, si oppose ancora lui, “Ma perché volevo farlo.”
Prendili.”
Va bene così, Alicia.”
Appoggiò la mano sulla sua e la allontanò. Alicia sentì ancora il calore che aveva attraversato la stoffa della sua divisa e le era entrata dritto sotto la pelle. Ripose il denaro nella borsa, ma in un modo o nell’altro glielo avrebbe comunque fatto avere.
Sospirò.
Vado.”, disse Alicia, “Ci vediamo a scuola.”
Si sarebbero visti dove non potevano nemmeno salutarsi senza essere presi di mira da qualcuno, benché quel medesimo qualcuno se ne fregasse del loro reciproco ignorarsi ed approfittasse di qualsiasi momento per sfogare la sua frustrazione su chi non voleva aver niente a che fare con lui. Peccato, si disse Alicia, Jones avrebbe potuto essere un buon amico.
Prima di andarsene mosse uno sguardo verso il poster del Boss, poi se ne andò verso la porta.
Alicia?”, la chiamò Danny.
Si voltò di nuovo verso di lui.
Beh… I-Io…. Pe-pensavo…”
Attese che si calmasse.
Pe-pensavo che… Non so… Magari…”
Che vuoi dirmi, Jones?”, gli fece, sbuffando una risata.
Pensavo che… S-se ti va… Sabato po-pomeriggio…”
Alicia aggrottò la fronte.
P-potremmo andare al ci-cinema… Vederci un f-film… E p-poi mangiarci un… Un hamburger?”


.*.*.*.


Tom sbatté gli occhi ripetutamente, poi si accorse della mandibola penzolante di Dougie: mosso da un sentimento di altruismo, la risistemò al suo posto. Erano a mensa: seduto come ogni giorno davanti a loro, Danny aveva appena dato la notizia ed era pacatamente euforico.
Ti ha detto… Di sì?”, chiese ancora Tom.
Danny annuì masticando una patatina fritta.
Wow… Non rimedio un appuntamento da tre mesi…”, sottolineò Dougie con aria mesta.
E… Cosa farete?”, domandò Tom.
Beh… Andremo al cinema, sabato pomeriggio.”
A vedere cosa?”, si incuriosì Dougie.
Non lo so, farò scegliere a lei.”
Gli posero tremila domande, ma Danny non sembrava volerli ascoltare. Doveva essersi perso nel mondo dei suoi sogni, stava realizzando che alcuni di questi si erano realizzati e gongolava al pensiero. Alicia, la prima ragazza a fargli perdere quella testa tutta calcoli e studio, aveva accettato il suo invito. Sarebbero andati al cinema, poi avrebbero mangiato qualcosa ed infine sarebbero tornati a casa: un programma piuttosto tranquillo, perfetto per Danny e per la sua capacità supersonica di cadere in imbarazzo. A quei due non sembrava vero che tutto quello fosse reale. Si erano guardati più volte negli occhi in cerca di sostegno, increduli: Danny aveva preso un’iniziativa con Alicia, Danny aveva baciato Alicia, Danny aveva pomiciato con Alicia… E ora sarebbero usciti insieme.
Non sono ottimista…”, disse poi Jones, “Per ora è solo un’uscita… Tra amici.”
“ Siamo noi i tuoi amici.”, esclamarono i due, quasi in contemporanea.
Dovevano metterlo in chiaro. Tom Fletcher e Dougie Poynter erano i migliori amici di Danny Jones, mentre Alicia Lewis sarebbe stata solo la sua fidanzatina. Fine della già chiara questione.
Lo so, dementi.”, rispose lui, “Però… Insomma… E se qualcosa andasse storto?.”
Daddy, in queste situazioni devi essere semplicemente te stesso.”, lo consigliò Tom.
Te stesso.”, ripetè Dougie, “Ma con le ascelle pulite e l’alito profumato.”
Devi stare calmo e non farti prendere dalla balbuzie.”, continuò Fletcher.
Lascia perdere le bevande frizzanti, fanno venire i rutti.”, riprese Poynter.
Prima di passarle un braccio intorno alle spalle, chiedile il permesso.”
E’ anche per questo che ti devi lavare.”
Appoggia il viso contro i suoi capelli, falle sentire che le sei vicino.”
Non prenderla per il culo se si mette a piangere per una scena d’amore.”
Danny muoveva i suoi occhi su entrambi i suoi amici, due giocatori di tennis che sparavano consigli utili per passare quella serata nei migliori dei modi. Non sarebbe mai stata perfetta, ma entrambi sapevano di poter fare qualcosa per Danny, che di donne ne sapeva molto poco. L’altro sembrava piuttosto interessato, spesso anche divertito: c’erano tanti piccoli particolari che potevano abbellire un appuntamento, oppure peggiorarlo all’infinito, bastava solo stare attenti e saper leggere tra le righe.
E soprattutto…”, concluse Tom, pronto a dargli il suggerimento più importante, “Ricordati della regola che sta alla base di ogni primo appuntamento con una donna.”
Qual è?”, si interessò subito Danny.
Dougie accolse la occhiata d’intesa di Tom e comprese.
Quella che ti può salvare da una figura di merda storica.”, disse Poynter.
E che hai già commesso.”, aggiunse Tom.
Jones si turbò, aveva afferrato a cosa si stessero riferendo.
E’ anche stata citata in un film.”, disse Dougie, con aria solenne.
Insomma, mi dite cosa devo fare?”, sbuffò Danny, teso e scocciato.
Tom gli fece cenno di avvicinarsi, voleva spiegargli i dettagli senza dover alzare troppo il tono della voce. Erano cose da maschi, ma c’era comunque una sorta di silenzio riservato su certi… Argomenti. Danny si approssimò a lui, altrettanto fece Dougie, che sorrideva malizioso.
Cinque minuti prima di uscire di casa.”, gli disse, “Scaricati.”
Danny aggrottò la fronte.
Cosa?”, chiese subito.
Scaricati.”, ripeté Tom, “Pensa a un’immagine, focalizzala… E scaricati.”
Scaricarmi?”, fece l’altro, ancora dubbioso.
Tom sospirò, il loro amico era un caso perso.
Pensa al bacio che vi siete dati… E fatti una sega.”, concluse Dougie, ermetico come sempre ma efficace, a vedere dal rosso magenta delle guance di Danny, “Così eviti di spaventarla.”
Sai com’è…”, disse Tom, alzando le spalle, “Al primo appuntamento c’è sempre il rischio di sparare a caso.”





BecauseTheNight scrive:
Wow… Cacchio Ratleg!

I’m RATLEG scrive:
Dieci minuti in attesa per dirmi wow cacchio ratleg? XD

BecauseTheNight scrive:
Ero andata a prendermi da bere… Scusamiiiii

Ma quale bere e bere.
Era rimasta come una cretina a fissare quelle parole -Le ho chiesto di uscire e lei mi ha detto di sì- per un totale di minuti che a Ratleg era sembrato infinito. Non sapeva come si sentiva, c’era solo un piccolo buco nero nel suo petto che si allargava sensibilmente ad ogni ticchettare della lancetta dei secondi.

I’m RATLEG scrive:
Ti prego, dammi qualche consiglio, quelli che mi hanno dato i miei amici sono piuttosto patetici…

Ecco, ci mancava solo quello, che Alicia dovesse consigliare il suo Ratleg su come far sì che la fortunata di turno diventasse la sua ragazza! Doveva sviare, non si sentiva in grado di essere lucida.

BecauseTheNight scrive:
Cosa ti hanno detto?

I’m RATLEG scrive:
Cazzate. Ora voglio che mi aiuti, perché non so cosa fare ^^

Alicia lasciò il portatile per qualche attimo e si distese sul letto, aprendo braccia e gambe per abbracciare tutta la stanza.
No, non poteva essere.
No, non poteva succedere.
No, Alicia doveva calmarsi, Alicia doveva mettere il piede sul freno, Alicia doveva sviscerare se stessa per comprendere che cosa le stava accadendo. Non era razionale essere gelosi di una persona mai vista in volto, di cui si sapevano i sentimenti più profondi senza conoscerne il cognome, la data di nascita e l’indirizzo di casa. Alicia non poteva nemmeno pensare di essere invidiosa della ragazza in carne ed ossa con la quale Ratleg voleva uscire, per poi innamorarsi e stare insieme.
Alicia era solo una confidente lontana di Ratleg.
Alicia non era quindi autorizzata a niente di tutto quello che stava provando per lui.
E poi, quello stesso venerdì Alicia sarebbe uscita insieme a Jones…

BecauseTheNight scrive:
Sai, anche io ho trovato qualcuno con cui uscire…

La risposta fu più rapida di quanto si aspettava. Fu la conferma di ciò che sapeva ma che nascondeva.

I’m RATLEG scrive:
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

BecauseTheNight scrive:
Già! Sono molto contenta!

I’m RATLEG scrive:
Anch’io sono molto contento per te :-) sono sicuro che questo ragazzo sia una persona splendida… Altrimenti non avresti accettato, non è così?

Alicia sospirò. Cosa poteva rispondergli?
Effettivamente Jones è carino e simpatico… Ma non sei tu?
Represse il magone che le soffocava il respiro e si impose di essere realista e concreta. Entrambi avevano una vita lontana e distante, conoscevano persone, approfondivano amicizie e incontravano ragazze/ragazzi con cui stare insieme. Niente li accomunava, tranne quegli account virtuali. The End.

I’m RATLEG scrive:
Cacchio, sono arrivati gli scemi, è mercoledì :-( Ci sentiamo domani sera?

BecauseTheNight scrive:
Non ci sono mai il giovedì, lo sai…

I’m RATLEG scrive:
Vero, scusami… Allora ci sentiamo venerdì! Voglio sapere tutto di questo ragazzo e, non scordartelo, devi aiutarmiiiiii

BecauseTheNight scrive:
Ci sarò! Buon divertimento scemo!

I’m RATLEG scrive:
Buona serata anche a te… E grazie :-) Ti voglio bene!

Gliene voleva anche lei, e molto. Comunque, quel venerdì non ci sarebbe stata per lui, non si sarebbe connessa. Sentì improvvisamente fame, aveva voglia di gelato al cioccolato, di una valanga di gelato al cioccolato, di un barattolo con un grande cucchiaio con cui sfogarsi. Sì, avrebbe concluso la serata con del gelato. Scese le scale e si rifugiò in cucina: le ci volle un po’ prima di raggiungere il suo obiettivo, scovando quel barattolo in fondo a tutto lo scompartimento dei surgelati.
Cercò anche il grande cucchiaio. Tornò in camera
Cerca di non finirlo tutto.”
La voce di Judith la fermò sul primo gradino della rampa di scale.
Ne vuoi un po’ anche tu?”, le chiese con falsa gentilezza.
No, grazie.”, si negò la donna, “Ti posso parlare un attimo?”
Ulteriori guai in vista, si disse Alicia. Fu costretta a riporre il gelato ed il cucchiaio, se ne avesse avuta ancora voglia li avrebbe ripresi dopo la chiacchierata con la sua matrigna, e la seguì in salotto. Judith era nel suo solito abbigliamento, doveva essere tornata delle sue lezioni di disegno e non si era ancora cambiata: completo con giacca e gonna al ginocchio del medesimo colore, camicia bianca e qualche gioiello. Col senno di poi, Alicia si chiedeva cosa avesse potuto trovare suo padre in una donna con abiti così spenti. Judith era piuttosto giovane, aveva solo trentanove anni, ne correvano ben undici tra lei e suo padre, eppure ne dimostrava molti di più. Non era per colpa della sua pelle, perfettamente curata e senza una ruga di troppo, ma era proprio per il suo modo di porsi, di vestirsi. Era una bella donna, aveva un gran sorriso e maniere molto educate, ma sua nonna May aveva molto più gusto di lei.
Si sedettero l’una di fronte all’altra ed Alicia attese che Judith le parlasse. Sapeva già quale argomento avrebbero affrontato.
Tuo padre mi ha detto…”
Lo so.”, la interruppe Alicia.
Lasciami parlare.”, la riprese subito la donna, “Sono piuttosto stufa dei tuoi tentativi di mettere a repentaglio il mio matrimonio.”
Non ebbe da controbattere, qualsiasi risposta adeguata non avrebbe fatto altro che gettare benzina sul fuoco, che era già alto e forte.
Non capisco perché tu abbia deciso di prendere di mira mio figlio… Ed accusarlo di compiere gesti inimmaginabili!”
Alicia incrociò le braccia e non affrontò il suo sguardo arrabbiato.
Mark è un bravo ragazzo!”, esclamò Judith, nel pieno della sua furia, “Ha degli ottimi voti, tra un mese e mezzo avrà la sua laurea, poi un lavoro rispettabile! Che cosa c’è che ti disturba di lui? Sei per caso invidiosa di mio figlio?”
Alicia era muta, quelle parole le erano già note.
Avanti! Rispondimi!”, la esortò Judith, “Cerca di difenderti, dimmi qualcosa!”
La donna scosse la testa, stremata dal suo silenzio.
Io… Non voglio dirtelo, Alicia, ma il tuo comportamento ha raggiunto un limite.”, disse ancora la donna, “Credo che ci siano delle ottime scuole che potresti frequentare, si trovano a diverse centinaia di chilometri da qui. Ne parlerò con tuo padre.”
Sì, spedire la figliastra problematica in un collegio era la soluzione per ogni tipo di problema. Avrebbe dovuto sottoporre la teoria di Judith all’attenzione della commissione svedese per il premio Nobel e, se le fossero avanzati dei francobolli, anche a quella per l’Academy Award.
Collegio? Piuttosto che stare ancora in quella casa, avrebbe accettato in quello stesso momento.


.*.*.*.


Arrivò il giovedì e passò velocemente. Troppo velocemente…
Durante la pausa pranzo, Alicia gli si avvicinò e gli disse che quella sera non sarebbe venuta perché avrebbe dovuto terminare un lavoro importante per il corso di disegno, Danny non ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo. Le disse che andava bene, che anche lui aveva da fare, da studiare per l’interrogazione di letteratura per il giorno successivo. In quello stesso istante, di proposito o per coincidenza, Harry Judd passò nelle loro vicinanze e scoccò una delle sue frecciatine: Alicia lo ricambiò alzandogli il dito medio sotto al naso, lui ironizzò dicendole che aveva lo stesso odore della sua amichetta e poi si allontanò.
Danny, che come al suo solito era seduto con Tom e Dougie, le chiese se voleva unirsi a loro ma Alicia rifiutò. Lo salutò con un sorriso ampio e caldo che mandò in tilt il suo cuore ed andò a sedersi qualche tavolo più in là, dove iniziò a mangiare il suo pranzo mentre con l’altra mano disegnava.
Anche il giorno successivo sembrò un colpo di pistola. Si incontrarono di nuovo durante la pausa pranzo, graziati dalla mancata presenza di Judd. Danny stava ancora aspettando Tom e Dougie, erano in ritardo e non li vedeva nemmeno tra le persone in fila al bancone. Le chiese quindi di sedersi, come aveva fatto anche il giorno precedente.
No, mangi sempre con Poynter e Fletcher, non voglio disturbarvi.”, disse Alicia.
Non ti preoccupare.”, la tranquillizzò, “C’è posto per tutti.”
Alicia si accomodò davanti a lui.
E’ riuscito bene il disegno?”, le chiese.
Oh…”, disse lei, sorpresa, “Sì, molto bene. Vuoi vedere?”
Certo!”, esclamò Danny.
Alicia gli sorrise e prese a rovistare tra le tavole contenute nella sua solita vecchia cartellina marrone. Una volta individuato il disegno, glielo mostrò. A tratti semplici di matita e carboncino, aveva riprodotto una donna con in braccia una bimba di pochi anni, seduta su un’altalena: non c’era niente di più semplice e realistico.
Wow… E’ molto bello…”, le disse, osservandolo stupito, “Non so come ci riesci…”
Nemmeno io…”, rispose lei.
Danny notò subito l’inflessione della sua voce.
Perché dici così?”, le fece.
Alicia alzò le spalle, poi allungò un dito ed indicò la donna, che sorrideva.
E’ mia mamma.”, poi indicò la bambina, “E questa sono io.”
Danny non seppe cosa dire, tranne che ribadire quanto fosse brava nel disegno.
Grazie…”, rispose lei, arrossendo un po’.
Ripose il lavoro nella cartella e si concentrò sul suo pranzo, lui fece altrettanto. Passarono i successivi momenti in silenzio, Danny si stupì della relativa calma che provava. Non gli tremavano le mani, non aveva balbettato e il suo corpo non aveva avuto sbalzi di temperatura.
Ti posso chiedere una cosa, Jones?”, domandò lei.
Fai pure!”, le sorrise.
Mi daresti il tuo numero?”, gli domandò, “Così domani possiamo metterci d’accordo.”
Era vero, il giorno successivo sarebbe stato sabato.
Sabato


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

If you don't believe me then just look into my eyes



E sabato arrivò.
Danny bussò alla porta di camera di Vicky, la trovò china su un libro di chimica. Odiava ammetterlo ma aveva bisogno del suo aiuto e non appena si spiegò, sua sorella digrignò la bocca in un sorriso diabolico ed incrociò le dita con soddisfazione. Danny se ne stava seduto sul letto, intento a guardarla sventrare il suo guardaroba alla ricerca della giusta camicia, del giusto maglioncino e del giusto paio di pantaloni e di scarpe. Ci volle mezzora di tempo, poi altri minuti per trovare l’abbinamento più consono. Alla fine, dopo un paio di furiose litigate, Vicky approvò una camicia con piccoli quadretti celesti, pantaloni e scarponcini scuri. Danny ebbe poco da ridire, ma si preoccupò quando vide lo sguardo di lei concentrarsi sui suoi capelli.
Che ne diresti se prendessi un paio di forbici e…”
Assolutamente no!”, abbaiò Danny, “Nessun taglio ai capelli!”
Portò terrorizzato le mani alla testa e coprì istintivamente le orecchie.
Li posso almeno sistemare per il giusto verso?”, disse Vicky, “Sembrano solo una massa spettinata e senza senso!”
Ma non li tagliare!”, la avvertì ancora, “O ti giuro che vengo in camera tua, prendo i tuoi trucchi e li metto al sole!”
Solo una spuntatina al ciuffo sulla fronte…”, lo pregò lei.
No!”, si oppose ancora.
Ad Alicia non piaci, con quei capelli…”


Aveva cercato di evitare il ritardo, ma non le era stato possibile. Suo padre le aveva fatto un sacco di domande su Danny, aveva voluto farsi dire dove abitava, si era fatto dare il suo numero di telefono e le aveva negato il permesso di prendere la macchina. Non c’erano state parole di Alicia che avrebbero potuto convincerlo, tanto che alla fine fu costretta a farsi accompagnare da lui. Adrian l’aveva torturata nello stesso esatto modo anche l’ultima volta che era uscita con un ragazzo, ma era accaduto quando era stata una bambinetta di quindici anni, non avrebbe mai pensato che avrebbe bissato le sue paranoie di genitore.
Aveva diciotto anni e Jones era un ragazzo a posto.
Ma non è Ratleg…
Accantonò il pensiero. Vide Danny seduto su una panchina nei pressi del cinema e disse a suo padre di fermare il suo grande monovolume a lato della strada.
Mi raccomando, comportati bene.”, le disse Adrian, muovendo il suo indice da ramanzina, “E non farmi stare in pensiero, chiamami appena puoi.”
Ok, papà.”, disse Alicia stancamente.
Raccolse la sua borsa.
Me lo dai un bacio?”
Voltò il viso verso suo padre, seduto al volante, che sembrava attendere una sua risposta positiva.
Alicia esitò.
Ogni volta si chiedeva come potesse quell’uomo farsi perdonare con lo sguardo, con le sue grandi iridi marroni, i capelli brizzolati di quasi cinquantenne, gli occhiali e la barbetta incolta. In quei momenti Alicia poteva passare ore a chiedersi cosa stesse accadendo nella mente di Adrian. Avrebbe voluto sapere cosa pensava, se si sentiva orgoglioso di lei, se mamma era ancora nella sua testa. Talvolta, quando litigavano e, in un modo o nell’altro, si trovavano soli e facevano pace, Alicia aveva notato una certa espressione dipingersi sul volto di Adrian, a cui lei stessa somigliava molto. Si era chiesta spesso cosa potesse significare ed una voce lontana sembrava dirle: ti crede, ma era solo un’illusione. Nonostante si sentisse tradita dall’unico familiare che le era ancora vicino, Alicia non riusciva ad odiarlo. Chiuse le braccia intorno al suo collo e gli dette un bacio sulla guancia spinosa.
In lei c’era ancora la flebile speranza che, prima o poi, Adrian sarebbe stato dalla sua parte.
Fai la brava.”, le disse suo padre, “E non farlo impazzire…”
Prese quell’ultima raccomandazione e scese dall’auto. Jones la notò non appena il potente motore si allontanò e la salutò con un cenno della mano. Alicia lo osservò attentamente finché non gli fu abbastanza vicina da notare che il grande e spesso ciuffo sulla sua fronte era stato ridimensionato.
Gli occhi chiari di Jones erano ben visibili, contornati dal solito paio di occhiali dalla montatura scura.
Non è Ratleg…
Ma era comunque Jones.


Si sedettero ai posti che erano stati assegnati loro e si prepararono per la visione del film. Dopo aver scoperto una comune passione per i popcorn ne avevano comprato una confezione gigante, accompagnata da grandi bicchieri di coca cola che, sebbene Dougie lo avesse ammonito sulle bevande gassate, era ottima per dissetarsi dal sale che mettevano in quantità industriali sui fiocchi di mais. Avevano scelto un sofisticato thriller fanta-psicologico il cui protagonista era Denzel Washington, attore che andava a genio ad entrambi. Danny si sentiva piuttosto tranquillo, ma degli aghi mostruosi premevano contro il suo fondoschiena dal primo momento in cui l’aveva vista. In semplici jeans e in un maglioncino chiaro a collo alto, Alicia era seduta accanto a lui e guardava lo schermo con aria attenta, infilava la mano nel grande contenitore e prendeva popcorn, che poi sgranocchiava lentamente. Anche Danny era molto interessato alla pellicola, che si stava dimostrando complicata e coinvolgente, ma lei lo distraeva involontariamente.
Erano quasi alla fine del primo tempo e si chiedeva quando sarebbe arrivato il momento giusto per abbracciarla. Voleva davvero farlo, ne sentiva quasi il bisogno, poi le luci si accesero e lo schermo si abbuiò.
"Abbiamo proprio scelto bene!”, esclamò Alicia, “Questo film mi piace davvero tanto!”
Oh, bene, piace molto anche a me!”
Chiacchierarono sui possibili risvolti della trama, chiedendosi cosa sarebbe succedesso al protagonista, quando l’intervallo finì. Insieme alla riproduzione del film, tornarono i suoi tormenti. Erano piuttosto vicini, ma soltanto perché le poltroncine non lasciavano molto spazio tra un posto ed un altro; le loro mani si erano incontrate così tante volte alla ricerca di una manciata di popcorn. Forse non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederle il permesso di abbracciarla, ma dopotutto aveva preso decisioni molto più impegnative.
Si avvicinò ad Alicia.
P-posso… Posso…”, le disse, prima di riprendere la concentrazione, “Posso abbracciarti?”
Alicia lo guardò, il suo viso era così vicino al proprio che per un attimo ebbe l’impulso di baciarla, ma si trattenne. Lei gli sorrise.
Certo.”
Con un certo impaccio, Danny alzò il suo braccio sinistro e la circondò, la testa di Alicia si appoggiò sulla sua spalla. Come gli aveva consigliato Tom, appoggiò il mento sui suoi capelli e ne respirò il profumo dolce. Chiuse gli occhi, rubò quell’istante e se lo stampò nella mente, era geloso che qualsiasi cosa potesse cancellarlo come del gesso sulla lavagna. Era un’emozione bellissima, non avrebbe mai potuto sperare in qualcosa di meglio. Forse Alicia riusciva a sentire il suo cuore battere all’impazzata, così forte che avrebbe potuto lacerargli il petto, spezzare in due lo sterno come in un vecchio horror di serie B. Da quel momento il film non esisté più.
Se pensava a poco più di un mese prima, a quando la osservava di nascosto durante l’ora di matematica pensandola così lontana e estranea… Era stupido, ma Danny sapeva che una volta usciti da quel cinema sarebbero ritornati ad essere Jones e Alicia. Voleva godersi quell’abbraccio fino in fondo e non scordarlo mai più.


I titoli di coda apparvero e le luci si accesero. L’abbraccio di Jones l’aveva scaldata per tutto il secondo tempo e si sciolse, lasciandola lievemente infreddolita e quasi stordita. Alicia si accomodò sul sedile e sbadigliò, poi si rivolse a lui.
Gran bel film.”, disse, mentre si stiracchiava, “Washington al suo meglio.”
Jones impiegò qualche attimo per risponderle, Alicia notò subito il colorito vivace delle sue guance.
Già… Sono pienamente d’accordo con te.”, disse poi.
Si alzarono impacciati ed uscirono gettando via i bicchieri vuoti. Era diventato buio, durante la proiezioni aveva anche piovuto, potevano vederlo dall’acqua che bagnava ogni millimetro della città, e lei non aveva uno straccio di ombrello nella sua borsa.
Cosa facciamo adesso?”, gli chiese Alicia, mentre indossava la giacca che si era portata con sé.
Jones fece altrettanto, infilandosi il maglioncino e sistemando il colletto della camicia.
Hai fame? Perché la serata prevedeva anche un hamburger.”
Ho già detto che non torno a casa per cena.”, gli disse sorridendo.
Allora andiamo.”
Si chiusero in uno dei più famosi fast food del mondo, salutarono il vecchio clown tutto scarabocchiato ed ordinarono il menù più classico di tutti. Si sedettero e parlarono. Parlarono, parlarono, parlarono.
Ma non è Ratleg.
Ogni volta che Jones la faceva ridere, Alicia si ricordava quella frase di quattro parole, poi la ricacciava in fondo alla mente. Era un memento, un post-it lasciato sulla superficie lucida del frigo, un fazzoletto legato.
E poi Dougie mi disse che dovevo controllare attentamente, ma proprio attentamente!”
Alicia scoppiò in una risata più grossa delle altre.
Io gli dissi: ma non vedo niente! E lui: coglione, non lo vedi che sei cieco!”
E rise ancora, tanto che la famiglia del tavolo accanto si voltò con aria scocciata. Gli episodi buffi di Jones e la risata di lui, ancora più stridula e gracchiante della sua, erano un cocktail micidiale.
Dio, Jones, ma siete un trio di deficienti!”, esclamò allora Alicia, una volta che si fu asciugata le lacrime.
Sì, lo sappiamo, è per questo che ci divertiamo tanto.”, rispose lui.
Nell’attimo di silenzio che seguì, Alicia si chiese chi fosse veramente Jones. Quando era entrata per la prima volta nella classe di matematica non lo aveva nemmeno visto, era rimasto confuso con il bianco sporco che ricopriva le pareti. Quando era stato interrogato, oppure quando aveva ritirato il suo compito in classe, Alicia aveva sempre emesso uno schiocco di disappunto nel sapere i bei voti che collezionava uno dopo l’altro, tanto che una volta lo aveva silenziosamente mandato a fanculo. Poi l’aveva soccorsa alla lavagna e con semplici passaggi le aveva fatto capire quello che né il libro né la professoressa Gambler erano stati in grado di spiegarle con chiarezza. Fletcher le aveva proposto di andare a farsi aiutare da lui, aveva accettato solo perché ne aveva avuto veramente bisogno e perché suo padre aveva dimostrato da subito dubbi sull’utilità di quelle ripetizioni.
Una lezione dopo l’altra Jones aveva smesso di balbettare, aveva fatto uscire un po’ di quella parte di lui che non era mai stata messa in mostra per nessuno dei suoi compagni di scuola, compresa lei ed esclusi Poynter e Fletcher. Con una specie di tranello, l’aveva baciata, e poi invitata fuori.
Ma non è Ratleg!
No, non era lui.
Cosa mi racconti della tua vecchia scuola?”, le chiese Jones, guardandola sorridente.
Alicia era ancora sintonizzata su quel pensiero, tanto che anche lui se ne accorse.
E’ tutto ok?”
Sì, pensavo solo che dovrei mandare un messaggio a papà, così si tranquillizza.”, gli disse.
Certo, fai pure.”, disse Jones, “Intanto mi assento per qualche minuto.”
Si alzò e la lasciò sola, Alicia prese il cellulare e disse realmente ad Adrian che la serata stava procedendo bene e che sarebbe tornata sana e salva. Lui le rispose che nel giro di mezzora sarebbe stato da lei.
Ed Alicia si maledisse.
Con tutta sincerità, non aveva pensato di passare una serata del genere, non con Jones, con lo strano balbuziente mago dei numeri. Aveva accettato di uscire con lui quasi d’istinto, senza riflettere. Jones era gentile, simpatico, divertente… E dolce, molto dolce. L’aveva tenuta stretta al suo corpo, caldo e profumato di buono, durante tutto il film. Si era sentita felice, tanto che aveva rischiato di addormentarsi. Per molto aveva perso il filo della trama ma non le era importato assolutamente niente.
Ma non è Ratleg.
Perché doveva rovinare tutto con quel pensiero? Perché doveva lasciarsi ossessionare da qualcuno che, in fin dei conti, non esisteva?
Il tocco sulla sua spalla la fece trasalire.
Alicia, non stai bene…”, disse Jones.
Si sedette accanto a lei sfruttando la poltroncina libera, ed il braccio che l’aveva tenuta le circondò ancora la vita. Alicia incontrò i suoi bei occhi blu, quelli nascosti dalle lenti degli occhiali, e non riuscì ad essere ancora triste.
Ma non è Ratleg.
Sto bene.”, gli rispose, “E’ che papà mi tiene un po’ il muso…”
Mi dispiace.”, disse Jones, “Non voglio crearti dei problemi…”
Ma no, non preoccuparti!”, lo calmò, “Non c’entri niente, è solo tanto geloso di me.”
La cena era ormai finita, potevano anche andarsene. Uscirono dal fast food e si incamminarono verso il luogo in cui suo padre sarebbe passata a prenderla.
Se non è sconveniente, posso accompagnarti a casa”, le disse Jones, una volta sul marciapiede, “Così tuo padre non si scomoderà.”
Una volta che si è deciso, è meglio non contraddirlo.”, rispose Alicia.
Va bene!”, esclamò lui, alzando le mani in segno di arresa.
Le insegne erano accese, altre persone passeggiavano per quella stessa strada e l’acqua si era quasi del tutto asciugata. Il cielo prometteva altra pioggia ma, a vedere dagli sprazzi stellati, avrebbe concesso loro una tregua di qualche tempo. Metro dopo metro, le parole tra di loro erano le uniche a mancare.
Non mi sono ancora complimentato con te per il risultato della verifica semestrale.”, disse ancora Danny, sciogliendo l’attimo di silenzio, “Quindi complimenti, sei stata molto brava.”
E’ tutto merito tuo.”, ed era le verità, “Altrimenti non avrei saputo rispondere a nessuna delle domande.”
Diciamo che grazie al ripasso fatto con te, mi sono salvato il culo.”
Alicia lo guardò di sbieco.
E perché?”
Se non ci fossi stata tu, gran parte degli argomenti su cui siamo stati esaminati li avrei saltati a piè pari… E mi sarei segato le gambe da solo.”
Che gran bugiardo che sei!”, esclamò allora Alicia, “Tu sai tutto della matematica!”
Non è vero, andiamo!”, si difese lui, “Non sono il genio che credete!”
Ma piantala!”
Alicia rise ancora, si coprì la bocca con la mano. Forse stavano camminando troppo vicini, ma quando quella cadde lungo il suo fianco incontrò le dita di Jones. Timidamente si intrecciarono tra loro ed Alicia sentì le sue guance più calde.
A-Alicia…”, la chiamò Danny.
Quel piccolo balbettio la costrinse a fermarsi ed a osservarlo attentamente. Ecco il vecchio Jones, quello strambo.
Devo… Devo dirti una cosa.”
Percepì le dita della mano di Jones stringersi alle sue ed Alicia prese a preoccuparsi. L’espressione di Jones era bassa e sfuggente, c’era qualcosa che non andava?
Dimmi pure, Jones.”, lo esortò.
Beh… Ecco… Vedi…”, borbottò lui.
Le dita libere andarono a sistemare gli occhiali sul naso, poi si intrufolarono tra i capelli e li spettinarono, come se prima non fossero già stati completamente fuori posto. Jones sospirò profondamente e sembrò rilassare le spalle: per quel poco che lo conosceva, Alicia comprese che stava per arrendersi.
Avanti.”, gli fece, “Dimmi.”
Non ci riesco, è stupido.”, sentenziò lui.
Fammi giudicare.”
Jones scosse la testa.
No, lasciamo perdere.”
La bestiaccia curiosa insorse e protestò.
Se è una cosa che mi riguarda, ho il diritto di saperlo.”
Lui esitò, poi sospirò ancora.
Alicia… Io… A me…”
Forse era solo un'impressione, ma la mano intrecciata alla sua stava lievemente tremando.
Mi piaci… Da sempre.”, sparò lui nel bel mezzo del silenzio.
Alicia si sentì immobilizzare, pietrificare.
Io… Era questo… Quello che ti volevo dire.”, aggiunse Jones, con voce traballante, “Mi piaci… Non posso farci niente…”
Inaspettatamente lui lasciò la sua mano e la nascose nella tasca dei jeans scuri, insieme all’altra. Sfuggì lo sguardo e scrollò le spalle.
C’è tuo padre che ti aspetta.”, disse poi, “Si arrabbierà.”
Alicia era ancora lì, con un palmo di naso, e lo guardava senza essere in grado di far caso al resto. In fondo lo aveva sempre saputo, ma non aveva mai voluto pensarci veramente. Solo così spiegava il suo impaccio, l’arrossire ingiustificato e tanti altri particolari che aveva notato ed attribuito a quel suo essere strano, alla maniera in cui solo Jones poteva essere.
Anche lei mise le mani nelle tasche della giacca ed abbassò lo sguardo, non sapeva cosa dire.
Ti piace, ma non è Ratleg.
Alicia, tuo padre ha acceso l’auto, vuole andarsene.”, disse ancora Danny.
Se lo ripeteva ancora, lo avrebbe schiaffeggiato. Sapeva che quella non era l’auto di suo padre, c’era caduta anche lei, ma il suv sportivo della famiglia Lewis non aveva il paraurti anteriore graffiato. Difatti, l’auto partì con una poderosa sgommata, lasciandoli soli nella via. Danny si perse.
Jones, io…”
Alicia non aggiunse altro ed alzò le spalle.
Ti piace, ma non è Ratleg.
Te l’avevo detto che era una stupidata.”
No, non lo era.
No, non lo è.”, lo contraddisse subito.
Lo guardò in viso, trovando il timido Jones che l’aveva accolta in camera sua, pieno di paura. Nell’incavo vuoto tra le sue braccia e i fianchi Alicia vi infilò le mani, che si chiusero alle sue spalle; appoggiò la testa al suo petto e lo trovò pulsante e vivo, come al cinema. Jones fece altrettanto e la abbracciò.
Ti piace, ma non è Ratleg.
Non è Ratleg.
Ti piace.
Anche a me.”, disse Alicia, piano piano.
Qualche attimo.
Co-come?”
Anche a me… Piaci anche a me.”
Alicia alzò il mento e lo guardò: era un bel po’ più alto di lei, la sua fronte arrivava a fatica oltre il profilo delle spalle di Jones.
Si chiese perché non la stesse baciando.
Perché non è Ratleg.
Jones esitò, poi avvicinò le labbra alle sue e le sfiorò. Le baciò ancora, poi un’altra volta, e di nuovo.
Vuoi… V-vuoi stare con me?”
Alicia gli rispose con un sorriso, poi con un bacio vero.
Non è Ratleg.
Ma le piaceva e voleva vivere quell’opportunità.


.*.*.*.

Un mese dopo quella domanda, Danny era ancora incapace di crederci. Alicia aveva risposto sì per un’altra volta ed era diventata la sua ragazza. Alicia Lewis era tuttora la sua ragazza. Poteva abbracciarla, baciarla quando voleva… Pura e reale fantascienza. Chiuse gli occhi e lasciò che il cuore si riprendesse dal piccolo sbalzo che uno dei tanti sorrisi di Alicia aveva causato in lui. Era quello l’effetto Lewis, la quotidianità che lei era in grado di dargli e di cui non avrebbe potuto più fare a meno.
L’aveva davvero desiderata, in ogni modo, ed ora che era la sua ragazza Danny avrebbe fatto di tutto.
Di tutto per lei.
Quando si era confessato con i suoi amici, Tom e Dougie lo avevano consigliato di mettere un piede sul freno e calmarsi. Ma come si può calmare un cuore innamorato?, si chiedeva Danny. Avrebbe voluto condividere ogni momento con Alicia, dalla scuola fino ai compiti, alle serate ed ai fine settimana, ma era realista. La scuola lo costringeva distanziarsi da lei: vuoi per Judd, che sembrava non aver capito di essere sull’orlo di un baratro profondo. Vuoi per Tom e Dougie, i due cani bastonati. Ogni tanto gli rivolgevano occhiati tristi e sconsolate, ricordavano i momenti felici passati insieme, tanto che la loro amicizia pareva ormai sul viale del tramonto. Eppure niente era cambiato: il martedì era tornato ad essere la loro serata cinematica, il sabato lo passavano davanti ad un tavolo di biliardo. Il tempo che rimaneva lo dedicava ad Alicia ed a lei soltanto. Al lunedì ed al venerdì veniva a prendere le solite ripetizioni, stavano insieme, poi passavano la domenica al parco.
Quindi perché i suoi due migliori amici continuavano ad avere quei musi lunghi? Sinceramente non li capiva… Erano forse invidiosi di lui?
Danny scrollò le spalle.
E non era gli unici a preoccuparlo…






BecauseTheNight scrive:
Mi sta suonando il cellulare :-) e sono anche piuttosto stanca… Ci sentiamo presto, Ratleg!

I’m RATLEG scrive:

Ah… Ok, va bene :-) a presto! Ciaooooo!

Alicia concluse frettolosamente quella chiacchierata e spense il pc. Era quella la sua tattica: ogni volta che Ratleg iniziava a parlare di quanto adorava quella sua cavolo di fidanzata e di come le voleva bene, Alicia ne approfittava per inventarsi la scusa più stupida e piantarlo in asso. Prima o poi avrebbe capito che quell’argomento le stava sullo stomaco.
Non le interessava alcunché di quello che poteva dirle di lei, Alicia voleva solo tornare a parlare con il vecchio Ratleg. Voleva provare di nuovo quella sensazione di sollievo e delicato benessere che aveva sentito in passato, poco dopo avergli dato la buonanotte ed essersi accoccolata nel suo letto. Ora, ogni volta che Ratleg appariva on line, Alicia percepiva la tensione salire, nell’attesa del momento in cui lui avrebbe tirato fuori la sua splendida e meravigliosa ragazza. Ratleg, voleva il vecchio Ratleg.
Il cellulare prese davvero a vibrare, c’era un messaggio in arrivo per lei. Sorrise e lo aprì, sapeva già chi fosse il mittente.
Che fai di bello? Mi sento piuttosto solo…’
Erano anni che Alicia si sentiva sola, sapeva benissimo quello che il suo ragazzo stava provando. Il suo ragazzo… Jones era squisitamente perfetto, adorabile e premuroso, tanto che a volte lo rimproverava di essere troppo stucchevole e poco uomo. Niente a che vedere con le misere esperienze precedenti.
Stava bene con lui e, in fondo, gli voleva bene, anche se era presto per dirlo con certezza. Solo che il solito refrain si presentava nella sua testa, pronto a ricordarle di quello che stava facendo a quel povero ragazzo troppo innamorato. Si diceva che prima o poi gli avrebbe parlato di Mark, ma era certa che non lo avrebbe fatto presto, soprattutto perché era altrettanto sicura che non sarebbero durati a lungo. Non poteva essere crudele, ma non era facile stare con lui e ricordarsi che ogni sorriso, ogni bacio ed ogni carezza appartenevano a Jones, e non al ragazzo che avrebbe voluto accanto a lei.
Era vero che si stava affezionando a quel timido Daniel che le teneva la mano stretta nella sua, che le cedeva sempre il passo con galanteria e che le baciava i capelli perché era troppo alto e lei non aveva sempre la voglia di alzarsi sulle punte e baciarlo sulle labbra… Sì, si stava affezionando, ma non avrebbe mai saputo corrispondere a pieno i sentimenti che Jones provava per lei con estrema evidenza.
Non sei solo, ci sono io con te’, gli rispose.
Anche se pronunciava quelle parole con sincerità… Per quanto altro tempo era in grado di continuare ad illuderlo?
Ad illudersi?



Alla fine era successo, l’inimmaginabile si era avverato e tutti sembravano essere felici e contenti. Tutti.
Danny era contento, aveva raggiunto la ragazza dei suoi sogni e l’aveva fatta sua, come piaceva tanto dire agli scrittori romantici di un tempo. Alicia era contenta… Contenta per fatti suoi. Cosa ne potevano sapere loro di quello che girava nella mente della ragazza? Kathy e Vicky erano contente. Il figlio-fratello era uscito dal suo guscio, pronto a diventare un uomo, questione di giorni. Judd era contento. I due fidanzatini riempivano la sua giornata.
Gli unici totalmente scontenti erano loro due, Tom e Dougie. Da buoni amici non avrebbero dovuto esserlo: dovevano invece sentirti orgogliosi di se stessi, in fondo erano stati proprio loro due a mettere Danny sulla strada giusta, quella che lo portava dritto da Alicia… Ma non era proprio così, non era la verità. Il trio era il trio e quello che accadeva ad uno accadeva anche agli altri.
Non si sentivano trascurati o messi da parte, no, fondamentalmente non era quello il loro problema. Quello che a loro mancava era la luce che si accendeva negli occhi di Danny non appena Alicia gli era accanto, o quando veniva anche solo pronunciato il suo nome. Erano un pochetto invidiosi: sebbene avessero avuto le loro storielle, non avevano mai conosciuto quella particolare sensazione… Era piuttosto frustrante non essere al passo di Danny, dovevano innamorarsi anche loro!
Martedì sera, la luce era spenta in camera di Jones. Seduto a terra sul grande cuscino, Tom si sentiva infastidito dallo sguardo insistente di Dougie, comodo sulla poltrona, che lo osservava da diversi secondi a quella parte.
Che vuoi, cretino…”, borbottò Tom.
Ti amo, Fletcher.”
Prendi un dito , ficcatelo in culo ed estraiti il cervello”, fu la risposta del biondo.
Così mi ferisci…”, si lamentò Dougie.
No, ti farai più male da solo con quel dito.”
Piantatela di prendermi indirettamente per il culo.”, li rimbeccò Danny, con aria monotona, “Voglio vedere il film.”


.*.*.*.


Avevano disteso la vecchia coperta sull’erba scaldata dal sole, al parco comunale di Watford, dove passavano quasi tutte le loro domeniche insieme. Danny aveva portato con sé il suo vecchio pallone e, con poca modestia, si era rifatto della sconfitta sonora che Alicia gli aveva inflitto un po’ di tempo fa. Stanchi ed accaldati, abbandonarono il pallone per stendersi: Danny le circondò le spalle ed Alicia si accomodò sul suo petto. Non poteva chiedere niente di meglio.
Sai una cosa?”, esordì Alicia, quando entrambi i respiri si furono calmati, “Mi sa che non vado più in Svezia.”
Danny cadde dalle nuvole.
Cosa?”, le domandò di ripetere.
Sì… Non ti ricordi?”, gli fece lei, “Ci sarà presto il compleanno di mio padre… Ed io me ne dovrei andare con lui per qualche giorno in Svezia, in vacanza.”
Ora ricordava tutto: Svezia, compleanno e concerto… E lui che doveva andarci con Vicky, con sua sorella.
Come mai non vuoi andare?”, le domandò.
Perché… Mi annoierei.”, rispose Alicia, “Sarò sola con la mia famiglia…”
Beh, ma ci saranno tanti posti da vedere.”, si permise di consigliarla, “I musei, i paesaggi… La città, Stoccolma. Dicono che sia bellissima e che la gente sia molto accogliente.”
Alicia non rispose.
Voglio andare al concerto.”, disse poi, con espressione imbronciata e scontenta.
Possiamo scambiarci il posto!”, le propose, tanto per farla ridere un po’, “In fondo, ci somigliamo abbastanza!”
Non sortì l’effetto sperato. Alicia sospirò, si mise seduta ed abbracciò le ginocchia. Danny la seguì subito, preoccupato. Per un attimo aveva pensato ad una reazione troppo infantile da parte sua: Alicia si rifiutava di partire per un viaggio con suo padre solo per un concerto. L’aveva quasi stupito, non si era aspettato quel [i]‘Voglio andare al concerto…’[/i] detto con una voce piccola e quasi piangente…
Ad ogni modo, Danny poteva dire di conoscerla almeno un poco e quello che il linguaggio non verbale gli trasmetteva era piuttosto evidente. No, non poteva essere solo per un concerto.
Allie…”, la disse.
Alicia alzò un sopracciglio.
Scusami…”, le fece prontamente, forse non le piacevano essere chiamata così.
Gli era uscito spontaneamente, era solo un nomignolo innocente che non aveva assolutamente niente a che vedere con la Allie che aveva conosciuto on line, ma con l'assonanza tra i due nomi.
Non ti preoccupare.”, rispose lei, sorridendogli, “Allie va bene.”
Quel piccolo sorriso lo rincuorò, ma solo per un breve istante.
Allie, se c’è qualcosa che non va, puoi parlarmene.”, le disse e la abbracciò ancora, “Se potrò aiutarti, credimi, lo farò.”
La sentì sospirare.
So che ci sei, Jones. Questo è sufficiente per me.”, rispose lei, “E comunque sono solo stupidi problemucci familiari.”
Ne sei sicura?”, volle accertarsene.
Certo.”, rispose Alicia, “Te ne parlerei.”
Sì, non gli stava mentendo. Le dette un bacio sulla fronte e le sorrise.
Non voglio comunque andarci in vacanza con loro.”, ripeté Alicia.
Vuoi venire al concerto con me?”, le chiese, “Posso dire a Vicky di darti il suo biglietto… In fondo non è così entusiasta…”
Ecco, sì!”, esclamò lei, senza però togliersi dal viso quel broncio così carino, “Verrò al concerto con te!”
Ed invece andrai in vacanza.”, la ammonì Danny dolcemente, “Vedrai tanti bei posti e tornerai piena di fotografie.”
Alicia scosse la testa.
E’ il compleanno di tuo padre.”, aggiunse Danny, “Starai con lui, devi farlo.”
Non avrebbe mai cambiato le sue idee.
Pensa a me, che non so nemmeno dove sia il mio!”, le disse comunque
Alicia schioccò le labbra.
Scusami, non volevo offenderti.”, disse poi.
Ci sono abituato.”, la rassicurò, “Non sento nemmeno la sua mancanza. Ma tu che un padre ce l’hai, tienilo stretto.”
Mi manca la mamma.”, mormorò lei.
Danny non seppe cosa dirle. Appoggiò il mento sulla spalla di Alicia e rimasero così per gran parte di quel pomeriggio. Avrebbe voluto farla stare meglio, ma non sapeva come.
Che belle famiglie che abbiamo, Jones.”, disse ad un tratto lei, cogliendolo di sorpresa, “Almeno la tua sembra felice.”
Te l’ho già detto una volta.”, le rispose, “Sappiamo nascondere bene quello che ci fa star male.”
Vorrei poterlo fare anch’io.”
Non devi nasconderti, non con me.”
Sto bene, Jones, sto bene.”
Danny non la capiva. Sembrava voler parlare ma poi si ritraeva, gli concedeva una parte della sua vita per poi sottrargliela improvvisamente.
Come si chiama la compagna di tuo padre?”, le domandò.
Invece di rispondergli, Alicia si alzò e gli sorrise.
Torniamo al nostro pallone?”, propose, “Voglio la rivincita!”




L’urlo animale di Vicky squarciò la tranquillità di quella cena. Sua madre rabbrividì e chiese loro di abbassare i toni, ma non sarebbe stato per niente facile.
Toglitelo dalla testa, pezzo di cretino!”, abbaiò Vicky, “Voglio venire a quel concerto, costi quel che costi, e non me ne frega un bel niente se ci vuoi portare la tua fidanzatina!”
Danny non insistette: si dava il caso che, comunque, Alicia non sarebbe potuta venire.
Vicky, andiamo…”, disse Kathy, “Potresti anche…”
Non sapete che cosa mi sono costati quei due biglietti!”, esclamò sua sorella, incrociando le braccia.
Avanti, diccelo!”, Danny la costrinse a parlare, “Così potrò ripagarti della perdita!”
No, scordatelo.”
Con fare da diva scalpitante, Vicky li abbandonò in cucina e si chiuse in camera sua. Era come parlare con un muro di cemento armato, e comunque il calcestruzzo aveva più orecchie di lei. Danny sospirò e si arrese, ma almeno ci aveva provato, anche se non sarebbe comunque servito a nulla.
Come va con Alicia?”, gli domandò sua madre, cercando di recuperare le fila della cena, ormai miseramente stracciate e perse.
Beh… Piuttosto bene.”, le rispose.
Le sue parole avevano una capacità di convinzione quasi nulla e lo notò dall’espressione ovvia di Kathy.
Non è vero…”, disse infatti la donna, “Lo so quando mi menti, Daniel.”
Danny sbuffò, gettando il tovagliolo sul tavolo.
Non lo so cos’è che non va, mamma.”, le disse, in vena di essere totalmente sincero, aveva bisogno di un suo consiglio, “Non lo so, credimi.”
Lo capisco.”, rispose sua mamma, “C’è qualcosa che non ti convince.”
Sì… Ma non lo so… Non la so focalizzare.”
Provaci.”
Sospirò e tentò con tutte le sue forze.
Per esempio…”, esordì Danny, “Non capisco se vuole andare al concerto perché… Perché è il concerto, o se voglia andarci perché vuole farlo con me.”
Kathy annuì ma sembrava non bastarle.
E poi non potrebbe comunque andarci… C’è il compleanno di suo padre ed hanno organizzato un viaggio, ma non vuole unirsi alla sua famiglia.”
Deve farlo.”, rispose allora sua madre, “La famiglia è la famiglia.”
E’ quello che le ho detto anch’io ma…”, Danny si grattò la testa, come se quel gesto avesse potuto schiarirgli le idee, “Non so, sembra quasi che ci sia qualcosa che non vada… Intendo, nella sua famiglia.”
Kathy si appoggiò allo schienale della sua sedia.
Beh… Le mie clienti, al negozio…”, disse, citando una tra le fonti assolute dell’opinione pubblica di Watford, “Mi hanno detto che vive con suo padre, che si è risposato.”
Questo lo sapevo anch’io.”, le fece, “Sua madre è morta…”
Oh, mi dispiace!”, esclamò Kathy, “Questo non me lo hanno detto...”
Danny le annuì, dispiaceva davvero anche a lui.
Comunque, la nuova moglie ha un figlio, di qualche anno più grande di lei.”, aggiunse sua madre, “Poi non ne ho idea… Magari Alicia va poco d’accordo con quella donna.”
Può essere…”, disse Danny, che non aveva pensato a quella eventualità.
Chi sa la verità, se non lei?”, concluse Kathy.



Suo padre aveva cosparso lo studio con libri aperti e carte stracciate; camminava su e giù per la stanza, che somigliava tanto all’ufficio del preside del liceo, e teneva un vecchio volume tra le mani. Era il suo modo per riflettere.
Papà?”, lo chiamò Alicia.
Si voltò e chiuse il libro.
Posso parlarti?”, gli chiese, “O magari ti disturbo…”
Adrian le sorrise.
Certo che no, entra pure.”
Si affrettò a liberare il divanetto dall’occupazione abusiva che i volumi di medicina generale stavano perpetuando ad oltranza e le fece cenno di accomodarsi accanto a lui.
Cosa vuoi dirmi?”, le chiese, sempre sorridente.
Alicia si concentrò, era andata lì per dirgli del viaggio, del fatto che non voleva andarci e sapeva in anticipo che suo padre si sarebbe imbestialito.
Beh… Il prossimo venerdì partiamo… Per la Svezia.”, gli anticipò con tono insicuro.
Suo padre chiuse gli occhi e strinse i denti, come faceva quando cercava di trattenere la rabbia ed imporsi al calma. Guai in vista, enormi guai in vista.
Vuoi dirmi che non vuoi venire con noi, ma che vuoi andare al concerto di Bruce Springsteen?”, le disse.
Alicia, impaurita, rispose con un cenno positivo della testa.
Lo fai perché Mark si è aggregato a noi e non perché ti interessa davvero il concerto, non è così?”, le chiese ancora suo padre.
No, è che vorrei davvero andarci…”, gli disse, “Danny ha un biglietto per me, sono dei posti stupendi…”
Suo padre scosse la testa.
Ok, vai a questo cazzo di concerto.”, e si alzò dal divano.
Ma… Papà…”
Adrian riprese il volume che stava studiando con attenzione.
Hai ottenuto quello che volevi, adesso fammi lavorare.”
Alicia lasciò il divano, suo padre e lo studio. Andò verso la sua stanza con viso basso ed occhi pieni di lacrime. In fondo se l’era cercata, quella reazione rabbiosa di Adrian era pienamente giustificata: era la fonte di delusione più grande per suo padre, era giusto che la trattasse in quel modo.
Brutta giornata?”, e una risatina ironica.
Lasciò perdere Mark, lo Stronzo, e si chiuse in camera. Prese il suo i-pod ed ascoltò tutte le canzoni che conteneva, almeno finché non si addormentò


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Eccomi di nuovo qua, con un nuovo capitolo :) Grazie a chi legge e segue questa storia! Sono graditi commenti, di qualsiasi tipo :P
Ruby




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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7


‘Cause the heart never lies


Non c'era bisogno di possedere il dono fortuito della lettura del pensiero femminile per capire che Alicia aveva qualcosa che non andava. Ad essere sincero, Alicia aveva sempre avuto qualcosa che non andava per il verso giusto. Era venerdì sera, lei e Danny avevano chiuso i libri e stavano guardando gli ultimi cinque minuti di una sit-com che piaceva da morire ad entrambi. Quella volta, però, ad Alicia non era mai sfuggita una risata, tranne che in qualche sporadica occasione. Danny aveva già chiesto spiegazionie, ma era venuto fuori il solito ‘non ti preoccupare, sto bene’.  Era dallo scorso fine settimana che gli mentiva spudoratamente, si sentiva preso in giro ma non era capace di arrabbiarsi con lei. Forse avrebbe dovuto farlo, almeno per il suo bene, ma piuttosto che litigare con Alicia avrebbe preferito vivere in quella sorta di limbo per sempre. La sua mano sostava sulla spalla di lei e andò ad accarezzarle i capelli. Sperava che quei piccoli gesti la aiutassero ad aprirsi con lui ma ogni volta sembravano del tutto inutili.
“Pronta per il viaggio?”, le chiese, poi le baciò i capelli scuri.
“Non molto.”, rispose lei.
Danny attese che quel suo piccolo amo raccogliesse anche un’alga, al massimo un vecchio scarpone.
“Sarei dovuta partire oggi.”
Strabuzzò gli occhi.
“Oggi?!?”, le fece.
“Sì, hai capito perfettamente bene.”, disse Alicia, “Avrei dovuto prendere il volo alle dieci di questa mattina, ma non sono partita…”
“E… E perché?”, chiese Danny, ancora del tutto scioccato.
“Te l’ho già detto. Voglio andare al concerto! E anche se so che non lo farò, potrò almeno avere del tempo tutto per me.”
Non era possibile.
“Ma… Allie, perché hai buttato al vento questa opportunità?”
“Opportunità?”
Il tono risentito fu accompagnato da un rapido liberarsi dal suo abbraccio: Alicia fu presto in piedi, già con le mani sulla sua borsa, pronta per andarsene.
“Quel viaggio non era un’opportunità, era un suicidio.”, disse, infilandosi frettolosamente il sui giubbotto di pelle.
“Dove vai?”, le chiese Danny, allarmato.
“A casa.”, rispose Alicia, seccamente, “Non sono di buon umore.”
“Calmati, potremmo parlarne.”, cercò di convincerla ma conosceva la sua testardaggine.
“No, non adesso.”, si oppose subito lei, “Non ne ho voglia.”
“Ma Allie… Io volevo solo…”
“E non chiamarmi Allie!”, sbottò lei
Le sue mani guizzarono verso la testa e tapparono le orecchie, per poi cadere lungo i fianchi con la medesima rapida velocità.
“Non lo sopporto!”

Danny si ritrasse impaurito. La reazione di Alicia lo stava mettendo letteralmente fuori gioco e non sapeva come arginare la sua rabbia. Avrebbe voluto fermarla, afferrarla per le braccia ed imporle di calmarsi, di ragionare, di parlargli. Non ce la faceva, aveva troppo timore di quello che lei avrebbe potuto riversargli addosso.
“O-ok… Va bene.”, le disse, annuendo a volto basso.
“Va bene!”, ripeté lei, senza diminuire di un tono la sua voce.
Aveva anche paura di guardarla, si sentiva pateticamente cretino. Era la sua ragazza, doveva sapere come farla stare bene, ma invece se ne rimaneva lì, con le mani in tasca, superfluo come un palo della luce con la lampadina rotta. Alicia era in piedi, a pochi passi dalla porta, pronta per andarsene e dimostrargli quanto potesse esserle inutile. In tutta quella settimana Danny non aveva fatto altro che notare la sua stranezza, niente di più, non aveva mosso un dito.
Poi Alicia passò una mano tra i capelli e prese un profondo respiro.
“Scusami…”, disse, “Ho solo… Bisogno di dormire…”
“Vuoi che ti accompagni a casa?”, le propose, “Lasci qui l’auto e ritorni a prenderla domani.”
Alicia lo guardò con occhi stanchi.
“Jones, sono venuta in taxi.”, disse lei, “Mio padre ha nascosto le chiavi dell’auto.”
“Ah… Ma se vuoi, io…”
“Non ti preoccupare. Adesso chiamo e mi faccio venire a prendere.”
“Come vuoi.”
Alicia scosse la testa ed incrociò le braccia.
“E’ sempre tutto come voglio io.”, disse poi.
“Che… Che vuoi dire?”
“Non ti opponi mai a quello che voglio, lo fai perché hai paura di me, non è così?”
Danny si sentì pietrificare.
“Ho davvero bisogno di andarmene e di dormire.”, si riprese subito Alicia, “Buonanotte Jones e scusa per la brutta serata.”
Aveva già aperto la porta. Prima che Alicia potesse uscire, la mano di Danny bloccò il legno e lo costrinse a tornare al suo posto, lineare con la parete. La serratura si chiuse di nuovo, Alicia non aveva permesso di uscire, non in quel modo.
“Non voglio farti dormire da sola.”, le disse con voce sicura e sguardo fermo, “Per stanotte rimani qua, mi sposto nel salotto.”
Lei scosse subito la testa.
“Non se ne parla.”, disse Alicia.
“No.”
Voleva vederla piegarsi, finora era stato lui a farlo ed Alicia se n’era giust’appunto lamentata.
“Rimani qua.”, le disse, sempre nel medesimo tono tranquillo, “Non posso stare tranquillo sapendo che sei completamente sola.”
“Non sarebbe la prima volta.”
“Alicia, resta. Non mi creerai nessun tipo di problema.”
“No.”
Danny strinse gli occhi e si toccò la radice del naso, stava perdendo la pazienza come raramente gli era capitato prima e non andava bene. No, non andava assolutamente bene.
“Perché non mi lasci andare?”, domandò lei, incrociando le braccia e assumendo un’espressione irritante e supponente.
C’erano mille milioni di risposte a quella domanda così stupida ed infantile. Doveva rimanere perché era inconcepibile che dormisse da sola, senza nessuno pronto a soccorrerla se avesse avuto bisogno di aiuto. Doveva farlo perché non era altrettanto comprensibile il motivo per cui non avesse voluto unirsi alla sua famiglia, preferendo abitare per una settimana in una casa completamente vuota e spoglia. Lui sarebbe impazzito.
“Non voglio che ti accada niente di male.”, le rispose fluidamente, “Qua dentro sei al sicuro, ci sono io. Sarò solamente al piano di sotto, se avrai bisogno di me basterà chiamare…”
Vide le sue certezze infrangesi nel suo sguardo.



Kathy rimase piacevolmente sorpresa nel saperla sua ospite per quella notte, tanto che si preoccupò subito di darle asciugamani puliti e cambiare le lenzuola del letto del figlio. Vicky le concesse tranquillamente di usare il suo bagno: ce n’erano due al piano superiore ed uno di quelli era totalmente suo, mentre l’altro era condiviso tra sua madre e suo fratello, che non ne avevano tanto bisogno quanto lei. Oltretutto le prestò anche un suo pigiama ed un paio di comode pantofole, mentre Jones si preparò il divano letto in soggiorno. Tutto quel trambusto per una sola notte da loro, Alicia non avrebbe accettato di pesare per una sera di più. Jones poteva opporsi quanto voleva, poteva toccare tutti i suoi punti deboli per costringerla a rimanere, ma sarebbe stato per una sola notte.
Una sola notte…
Si sentiva stranamente bene sotto quelle coperte, completamente diverse da quelle a due piazze che la scaldavano ogni notte. Avrebbe potuto chiudere gli occhi e ricordarsi i particolari lontani e sfuocati di quando abitava nella comoda villetta dalla facciata rossa, con un grande giardino sul retro, pieno della confusione dei suoi giocattoli lasciati in giro, e che aveva dovuto abbandonare pochi mesi dopo che sua madre l’aveva lasciata.
Si sentiva così tanto a casa che le sembrava di aver sempre vissuto lì, e mai da nessuna altra parte. La sua famiglia erano i Jones e dentro quelle quattro mura non esistevano secondi matrimoni, fratellastri o padri ciechi. C’era solo lei, il calore della stanza in cui stava per addormentarsi e tante persone che le volevano bene, dalla prima all’ultima, incondizionatamente. Il comodo pigiama che indossava non era di Vicky, ma suo, glielo aveva regalato mamma Kathy qualche anno prima. Aveva addirittura litigato con suo fratello, Jones, per appropriarsi di quel poster alle sue spalle. Era stata a tutti i concerti del Boss, senza mancarne uno per colpa di stupide vacanze piene di falsi sorrisi e  divertimenti vuoti.
Alicia aprì gli occhi e tutte quelle bellissime fantasie volarono via. Si distese su un fianco e osservò la parete bianca davanti a lei, il letto la costeggiava per tutta la propria lunghezza. Notò dei minuscoli segni, come se la vernice fosse stata grattata via: d’istinto, premette l’unghia contro al muro e lasciò una piccola traccia, piccola piccola, che quasi non si vedeva.
Almeno questa casa si ricorderà di me…
Sarebbe rimasta una sola notte, ma avrebbe voluto farlo per tutta la vita.
Tre colpi alla porta la distrassero ed Alicia si pose seduta.

“Posso entrare?”, le domandò Jones.
“Certo.”, rispose lei, che ancora non aveva spento la piccola lampadina sul comodino alla sua destra.
La porta scricchiolò ed il pigiama a righe di Jones fece ingresso nella stanza. Alicia rise sotto i baffi, vestito così sembrava suo nonno.
“Non ridere del mio pigiama.”, la colse Jones in flagrante, che le sorrideva poco offeso, “E’ comodo.”
“Figurati.”, gli rispose.
Le aveva portato un bicchiere d’acqua, cosa di cui non aveva bisogno, ma Alicia apprezzò comunque il pensiero. Erano quei piccoli gesti a fare una famiglia, si disse, non una grande casa piena di oggetti costosi, come la sua. Erano il buongiorno alla mattina, la cena consumata intorno al solito tavolo, i passi sul pavimento, i sorrisi prima di addormentarsi.
“Ecco a te.”, le disse, appoggiando il bicchiere sul comodino, “Non avrai sete, stanotte.”
“Grazie.”, gli sorrise.
“Per qualsiasi altra cosa…”, continuò lui, mostrandole il suo cellulare, “Fammi uno squillo, così non devi alzarti.”
“E così ti disturberò più di quanto non stia già facendo.”, lo corresse lei con aria ironica.
Danny si sedette sul bordo del suo letto e la prese per il naso.
“Dillo un’altra volta e lo staccherò.”, la minacciò.
“Prendilo pure.”, rispose Alicia con voce chiusa.
Invece di accontentarla, Danny la liberò e le dette un piccolo bacio a fior di labbra.
“Notte, a domani.”
“A domani…”, gli rispose.
Le sorrise un’ultima volta e la lasciò sola, chiudendo la porta dietro di sé. Alicia non tornò sotto le coperte finché non si spense anche la striscia di luce sotto al legno scricchiolante. Una volta che quella svanì, premette il pulsante della piccola abat-jour e aspettò di addormentarsi.

.*.*.*.


Le ci volle molto per realizzare che quello non era il suo letto e che i colori intorno a lei non appartenevano alla sua camera. Fu così che Alicia si ricordò di essersi piegata alle preghiere di Jones.
Non voglio che ti accada niente di male. Qua dentro sei al sicuro, ci sono io. 
Sbadigliò e si stiracchiò, cavolo se aveva dormito bene. Così bene che doveva essere mattina inoltrata, a guardare dalla luce potente del sole che si intrufolava tra le imposte della finestra. Controllò sullo schermo del telefono, erano più delle dieci. Fece un piccolo trillo al numero di Jones e, come se fosse stata una ricchissima signora d’oriente e lui il suo servetto personale, lo vide apparire sulla soglia della porta in trenta secondi netti.
Si era completamente cambiato, i vestiti che indossava non erano i soliti della sera precedente, doveva essersi intrufolato nella stanza mentre lei dormiva, ma la cosa non la disturbò affatto. Non era casa sua, e poi Jones non l’aveva nemmeno svegliata, aveva dormito così pesantemente che non avrebbe sentito nemmeno una fanfara che suonava in strada.
“Buongiorno.”, la salutò lui, “Ti sei riposata?”
“Certo…”, e sbadigliò ancora.
“Vuoi fare colazione?”
Controllò il suo stomaco e sentì di non avere nemmeno un briciolo di fame. Di solito, infatti, la colazione non era un pasto incluso tra i suoi istituzionali. Alicia scosse la testa.
“Qualcosa dovrai pur mettere nello stomaco.”, disse Jones, aprendo le tendine e la finestra.
“No, non ti preoccupare.”
Scansò le coperte e posò i piedi a terra, inforcando subito le pantofole.
“Cosa vuoi fare oggi?”, le domandò lui, incrociando le braccia.
Il suo corpo doveva ancora carburare ma la mente era stranamente già attiva.
“Non lo so…”, rispose, “Chiedimelo tra cinque minuti…”



Finirono al centro commerciale, accompagnati da una lunga lista della spesa firmata da Kathy. Tra un pacco di cornflakes e una flacone di detersivo per i piatti, il carrello si riempì anche delle loro risate. Era divertente fare la spesa, Alicia non era abituata a gesti del genere, c’era sempre stato qualcuno che aveva fatto tutto quello per la sua famiglia: dalla governante che si occupava della casa alla nonna May, fino a tutte le altre persone che suo padre aveva assunto con la speranza che avessero potuto badare sia alla casa che alla figlia dispettosa e viziata. Poteva sembrare assurdo ma Alicia non aveva mai dovuto spingere un carrello, né combattere con la scelta tra qualità e prezzo, ma soprattutto non aveva mai dovuto alzarsi sulle punte dei piedi per poter raggiungere i prodotti negli scaffali più alti.
“Non ci credo.”, le disse infatti Jones, che guidava il carrello, “Fare la spesa è una cosa normalissima! Tutti vanno nei supermercati a comprarsi le cose!”
“Beh… Io no.”, rispose lei, alzando le spalle e nascondendo le mani nella giacchetta, infreddolite dall’aria gelata del banco dei surgelati, “C’è sempre stata una persona che lo ha fatto per noi.”
Jones la guardò con occhi strani, Alicia non poté evitare di sentirsi aliena.
“E’ vero…”, ripeté ancora cercando di essere convincente, ma risultò soltanto patetica.
 “Mi sembra inconcepibile.” , disse allora Jones, “Tua madre non…”
Lo osservò mangiarsi le  parole e proseguire senza terminare il discorso.
“Mia madre cosa?”, lo esortò a parlare.
“No, niente…”, si negò lui, poi le mise sotto il naso una confezione di gelati, “Ti piacciono questi?”
“Sì, mi piacciono.”, rispose falsamente, “Però finisci il discorso.”
Danny sospirò.
“Dicevo… Tua madre… Non lo ha mai fatto?”, disse, “Voglio dire…”
“No, nemmeno mia madre.”, gli spiegò con tranquillità, “Né ho mai pulito la mia stanza, il bagno o il salotto.”
Era definitivo, doveva sembrargli una extraterrestre proveniente dalla galassia più lontana.
“Nonostante tutto, mio padre si è sempre potuto permettere di farsi pulire casa e riempire il frigorifero da qualcun’altra che non fosse stata mia madre o la sua seconda moglie.”
“Beh… Wow…”, disse lui, strabuzzando gli occhi, “Non sai quanto possa ritenerti fortunata!”
Alicia aggrottò la fronte.
“Fare la spesa è di una noia assoluta… E odio lavare i piatti!”, esclamò Jones.
La fece ridere. La fece decisamente ridere.



Si concessero uno strappo alla regola ed andarono al parco durante quel sabato pomeriggio. Non avevano avuto voglia di studiare, sebbene il lunedì successivo sarebbero stati entrambi interrogati rispettivamente in letteratura e chimica. Così, dopo aver riconsegnato la spesa, mangiarono al fast food dove erano stati altre volte, quello vicino al cinema; poi, si distesero al parco, in attesa di aver digerito abbastanza per giocare un po’ a pallone.
Il tepore del sole li scaldava fin dentro le ossa, riempiendoli di una dolce sensazione di quasi primavera, cosa piuttosto rara da quelle parti, dove il tempo regalava spesso nuvole e umidità. La televisione lo diceva già da un pezzo, quell’anno sarebbe stato più caldo di tutti gli altri e gli effetti si stavano facendo già sentire. Era così piacevole starsene distesi in silenzio che per ciò che Alicia poteva osservare dal movimento lento e regolare del suo petto, Jones si era sicuramente addormentato accanto a lei. Non doveva aver riposato a sufficienza su quel divano letto, tutta per colpa sua, e se ne rammaricò.
Notò gli occhiali spostarsi di qualche millimetro: Alicia li tolse con cautela, Jones li aveva appesi tra un asola e un’altra, e provò ad indossarli. Il suo ragazzo non era una talpa: tutto sommato lei, che aveva la vista piena, riusciva a vedere piuttosto bene anche con quelle lenti., che le erano sembrate molto più spesse. Lasciò gli occhiali in un posto più sicuro e si sistemò vicino a lui, dove sperò che si sarebbe presto addormentata.
Prima di chiudere gli occhi si pose in riflessione. Stava insieme a Jones da quasi un mese, Alicia fece un rapido calcolo dei giorni che ancora mancavano allo scoccare di quella ricorrenza.
Se non ricordo male…
Contò i giorni sulla punta delle dita e si rese conto che quello che stava attualmente vivendo distava esattamente trenta giorni da quello precedente. Nessuno dei due se n’era ricordato, ma non era poi così importante… Doveva ammetterlo, un po’ le dispiaceva, ma cosa poteva farci?
Non se lo è ricordato perché non è Ratleg.
Alicia sbuffò pesantemente.
Ratleg se lo sarebbe ricordato.
Avrebbe potuto rammentarlo personalmente a Jones, non sarebbe cambiato niente.

Ma Ratleg avrebbe preparato qualcosa di speciale.
Allora lo avrebbe fatto lei.
Che cosa aveva Jones che non andava? Assolutamente niente. La faceva ridere, le stava accanto e la riempiva di attenzioni, era dolce. L’aveva fatta sentire a casa sua dentro mura che non le appartenevano, protetta da ogni pericolo. Perché la sua mente doveva quindi continuare a porle quella cazzo di domanda?
“Alicia?”, si sentì chiamare.
Voltò il viso verso Jones, che si era svegliato, e gli dette un piccolo bacio sulle labbra. Lui sorrise e chiuse di nuovo gli occhi, dopo averle circondato i fianchi con un braccio. Alicia osservò tutte le lentiggini che macchiavano la sua pelle e le trovò divertenti, tanto che passò la punta del proprio dito con delicatezza sul suo braccio.
“Mi fai il solletico…”, le disse Jones, senza tradire il suo stato semi-dormiente.
“Anche qui?”, gli chiese.
Un attimo dopo Jones rideva sotto il formicolio che le sue dita veloci gli provocavano ovunque. Sotto le braccia, sul collo, sulla pancia.
“Smettila!”, esclamava lui cercando di allontanarla, ma non faceva altro che farla avvicinare di più.
Le piaceva sentirlo ridere.
E comunque non è Ratleg…
Prima che quel pensiero la tradisse, le sue mani vennero bloccate dalla presa decisa di Jones, che le unì sopra la sua testa. Respirava con affanno e non aveva ancora finito di ridere.
“Basta, te l’ho detto!”, le disse, “Non mi piace il solletico!”
Alicia non riuscì a liberarsi, non aveva forza a sufficienza per sopraffare Jones, tanto che si arrese. Erano entrambi piuttosto accaldati, il sole ed il solletico avevano colorato le loro guance di un tono piuttosto intenso. Alicia non sentiva il peso del corpo di Jones sopra il suo, sebbene riuscisse a percepirlo pienamente, era come se non la disturbasse affatto. Le venne di baciarlo, le loro labbra produssero uno schiocco altisonante. Lui le sorrise, poi le lasciò finalmente le mani: le dita percorsero il suo mento, si infilarono tra i capelli.
“Oggi è esattamente un mese che stiamo insieme.”, le disse, interrompendosi.
Alicia non trattenne un sorriso.
“Lo so.”
“E martedì ci sarà il concerto.”, continuò Jones.
Quella non era una notizia altrettanto bella.
“So anche questo.”, gli disse, “Mi racconterai com’è stato…”
“Ti voglio con me.”
Non nascose a se stessa che quella frase l’aveva fatta più felice di qualsiasi altra notizia, ma non poteva accettare.
“No, quei biglietti sono per te e Vicky.”
“Si accontenterà di rimanere a casa.”, disse Jones, “E non farà molte storie.”
Non ce la faceva a trattenersi, Alicia lo abbracciò più forte che poté. La sua resistenza era stata piuttosto effimera.
“Era il minimo che potessi fare.”, continuò Danny, stretto nella sua morsa.
Anche le parole che gli disse furono difficili da tacere.
“Ti voglio bene.”
Le guance di Jones diventarono di quel particolare viola che era tipico di lui. Il contrasto che si creava con i suoi occhi profondamente blu era sempre piacevolmente buffo e carino.
“T-ti voglio bene anch’io.”, le rispose.
Non è Ratleg. 
Infatti, fino a prova contraria Daniel Jones e Daniel Ratleg non erano la stessa persona, sebbene avessero avuto lo stesso nome.
Quindi vaffaculo.
“Inoltre, vorrei che rimanessi da me finché i tuoi non tornano.”, aggiunse Jones, “ Puoi restare quanto vuoi, mia mamma non ha niente in contrario. Anzi, dice di essere meno in pensiero sapendoti a casa nostra, e non da sola. Sempre che a tuo padre vada bene, ma soprattutto che tu sia d’accordo…”
Non era il caso di approfittarsi di tutte le sue attenzioni, ma Alicia voleva vivere quel momento, quelle sensazioni di famiglia e di affetto che le mancavano da anni, ormai.
“Certo, siamo entrambi favorevoli.”
Che bugia grande e grossa, si disse Alicia, che non sentiva suo padre dal giorno precedente, quando era partito accompagnato dalla bella moglie e dal figliastro, del quale erano tanto orgogliosi. Jones non riconobbe il falso e le sorrise contento.
“Quando decidiamo di andarcene da qui, ti accompagno a prendere le tue cose.”, le disse ancora, prima di darle un bacio, seguito da molti altri.
Jones aveva un modo tutto suo di baciarla. Non riusciva a farlo senza toccarle il viso, scorrere le dita sulle guance fino al collo e poi nei capelli, come se tenendole il volto tra le mani avesse potuto assicurarsi che non gli fuggisse da sotto il suo naso. Tra le sue belle mani. Erano grandi e forti, eppure sembravano innocenti ed innocue. Jones le usava per gesticolare mentre parlava, per indicarle le formule quando le spiegava la matematica, per tenere con fermezza la penna tra le dita mancine, per coprirsi la bocca quando rideva sguaiatamente, o quando sbadigliava. Per accarezzarla, per sottolineare i suoi baci.
Quella volta però, c’era qualcosa di diverso. Alicia lo sentiva, c’era qualcosa di più… C’erano il fare a meno di respirare, il corpo di Jones sopra il suo, il calore che nasceva dentro di lei. C’erano le mani di lui che erano andate oltre il suo viso ed erano scese fino ai suoi fianchi, sostando sui pochi centimetri di pelle libera dalla maglietta che indossava. C’era che baci del genere non erano facili da gestire.
In quei baci c’era tutto, c’era anche…  Quello.
Alicia non pensava, non ci riusciva, sentiva un solo istinto dentro di lei che non aveva mai provato prima e che non conosceva. La spaventava, ma non era in grado di fermarsi. Era come giocare con il fuoco ben sapendo che si sarebbe scottata, e voleva scottarsi. Una musica lontana suonò nelle sue orecchie e non le dette ascolto. L’unica cosa che sentiva era il caldo delle dita di Jones, il freddo che lasciavano sulla poca pelle nuda quando si spostavano altrove sul suo addome, anche se per soli pochi millimetri. Poteva percepire anche tantissimi altri tipi di calore, provenienti dai loro corpi.
La musica si fece sempre più vicina, così tanto che entrambi furono costretti a fermarsi. Si guardarono negli occhi, i loro volti dimostravano tutti i segni dello stupore di chi si svegliava da una specie di vita telecomandata dall’alto.
“Ehm… Il mio… Telefono.”, balbettò Jones.
Rapidamente la liberò dal suo peso e si mise seduto.
“Pronto?”, disse al suo interlucotore, “Ah… Dougie… No, nessun disturbo.”



Cosa stai facendo?”, gli domandò Poynter con voce squillante.
Cosa stava facendo? Bella domanda. Stava cercando di farsi passare una sbandata pazzesca, le peggiore che aveva mai avuto da una vita a quella parte. Cercò la concentrazione che non era capace di trovare in nessun luogo di se stesso e prese il tempo per rispondergli.
“Beh… Sono con Alicia.”, gli disse.
Oh… Cazzo, allora vi ho disturbato davvero...
“Ma no, andiamo!”, volle tranquillizzarlo, “Cosa vuoi da me?”
Solita ora, solito posto?”, propose Dougie, intendendo il biliardo al pub di sua madre.
“Volentieri.”, gli rispose, “Si aggiungerà anche Alicia, non è un problema, vero?”
Supponeva di aver posto una domanda retorica, ma si sbagliava.
Sì che lo è!”, esclamò Dougie, “E’ la serata del trio!
Danny roteò gli occhi e cercò di mascherare la rispostaccia ricevuta.
“In questi giorni Alicia sta da me, i suoi non ci sono.”, gli spiegò.
Chi se ne frega! Lei sta fuori!
Non seppe come reagire e se ne stette in silenzio, troppo amareggiato dalle parole di Dougie.
“Ci troviamo al solito posto alla solita ora.”, disse poi, interrompendo il silenzio di entrambi.
Non ci saremo. Ciao.
Allontanò il telefono senza distogliere gli occhi dal vuoto in cui li aveva puntati.
“Biliardo stasera?”, disse Alicia, sbucando sulla sua spalla.
Gli fece quasi paura.
“Sì, con Tom e Dougie.”, le rispose, celando tutto.
“Bene!”, esclamò lei, sembrava contenta e il suo sorriso lo rilassò.
Se Dougie non avesse disturbato, forse Danny avrebbe perso la testa. Si corresse, l’aveva già persa. Per lei. Non sapeva quale specie di entità si fosse impossessata di lui, ma gli effetti erano ancora piuttosto visibili. La spina di collegamento tra cervello e corpo era stata completamente disconnessa, ogni parte di lui aveva acquisito autonomia ed indipendenza, tanto che tuttora faceva fatica a coordinarsi.
Forse era accaduto per la prolungata esposizione alla vista di Alicia, forse per il calore di quella giornata quasi primaverile… Non lo sapeva, ma le conseguenze stavano lentamente allentando la pressione del sangue nelle sue vene. Presto avrebbe riacquistato ogni sua capacità intellettiva e corporea, ma per il momento si trovava ancora in un purgatorio dove i diavoli continuavano a spingerlo verso l’inferno. Un posto estremamente profondo dove non esisteva niente, tranne sensazioni intime e a lui sconosciute, che lo avevano guidato in ogni mossa ed in ogni bacio. In quell’inferno era diventato cieco, aveva dovuto imparare ad ascoltare se stesso per sapere dove andare, e come arrivarci.
“Giochiamo un po’?”, gli chiese Alicia.
Rispose subito di sì, doveva scrollarsi di dosso quei pensieri.



Non si sentiva contento di quello che le stava proponendo per il loro primo mese insieme, ma c’erano stati troppi cambiamenti di programma. Aveva supposto di trovarle qualcosa di carino da regalarle mentre lei era via in vacanza, ma tutto era saltato. Era addirittura caduto dalle nuvole quando Alicia gli aveva rivelato di non essere partita con i suoi: non era mai stata chiara sul giorno esatto in cui avrebbe preso il volo per Stoccolma e Danny aveva ritenuto opportuno attendere maggiori e spontanee informazioni da parte sua, piuttosto che domandargliele di persona, come ogni essere umano dotato di un quoziente intellettivo nella norma avrebbe fatto.
Avrebbe potuto portarla a cena fuori, ma non ci aveva pensato. Avrebbe potuto accompagnarla in un negozio e farle scegliere ciò che voleva, ma era un pensiero troppo astratto. Insomma, si sentiva un perfetto idiota: le aveva regalato solo una cena con la sua famiglia, un tetto sotto il quale passare delle notti al sicuro e una partita di biliardo.
Che bel programma del cazzo.
Le aprì la porta del pub e le cedette il passo. Il calore umano che riempiva il locale gli entrò subito nelle ossa: era cresciuto lì dentro, vi aveva passato alcuni splendidi e divertenti momenti all’insegna del trio e non esisteva altro locale a Watford dove preferiva passare il suo tempo libero.
“Vieni, ti presento la mamma di Poynter.”, disse ad Alicia, che si guardava intorno.
La accompagnò fino al bancone, passando tra i tavoli di legno e la gente seduta con le loro birre.
“Non ci posso credere!”, esclamò Sam, la mamma di Dougie, vedendolo in compagnia di Alicia, che si teneva stretta alla sua mano.
Sembrava intimorita, timida, stava ad un passo dietro ai suoi.
“Il piccolo Daniel Jones… E la sua ragazza!”
La donna si portò le mani alla bocca per lo stupore, Danny non nascondeva un sorriso ampio e luminoso. Sam lasciò il bancone al suo barista e andò da loro.
“Sono Sam.”, si presentò subito ad Alicia, “E tu chi sei?”
“Mi chiamo Alicia.”, rispose lei, facendosi piccola e avvicinandosi  a lui più che aveva potuto.
Si strinsero la mano.
“Sicuramente conosci mio figlio, si chiama Douglas, è un amico d’infanzia di Daniel.”, continuò Sam.
“Sì, frequentiamo la stessa classe di matematica.”, disse Alicia.
“Insieme a Tom ed a me.”, si intromise lui, “Come stai, Sam?”
“Molto bene.”, rispose la donna, sempre solare e giovanile nell’aspetto, “Siete venuti per giocare con Douglas?”
“Sì.”, le disse, anche se sapeva già che non lo avrebbero visto per tutta la sera, né lui né Tom.
“Mi dispiace, Daniel, ma Douglas mi ha detto che non sarebbe venuto. Ho supposto che lo avessi saputo…”, lo informò la donna.
“Sì, mi aveva detto che non era certo di venire, ma fa’ lo stesso.”, e nascose la delusione che riaffiorava, “C’è un tavolo libero per noi?”
“Il sette.”, disse la donna, “Andate pure, vi faccio portare le stecche.”
Sam si allontanò velocemente e rimasero in compagnia di tutti gli altri clienti intorno a loro. Volle fare buon viso a cattivo gioco, Alicia non doveva assolutamente venire a conoscenza del pessimo comportamento di Dougie, era inconcepibile che lo avesse trattato in quel modo al telefono.
“Vieni.”, le disse, “Da questa parte.”



Alicia non sapeva giocare a biliardo, si poteva vedere da come teneva la stecca, ma non c’era nessun problema, le avrebbe insegnato lui. Non era poi così difficile. Ci voleva un cervello matematico, che fosse in grado di fare calcoli rapidi, ma non era strettamente indispensabile essere capaci di frazionare i numeri per trovare la giusta direzione e spedire le palle in buca. Per il momento era sufficiente che Alicia imparasse a colpirle, un gesto che tutti potevano afferrare senza troppi sforzi intellettuali.
Danny sistemò il triangolo colmo di palle colorate sul verde vellutato del tavolo, illuminato da una luce forte, ma comunque bassa e per niente fastidiosa.
Si posizionò lungo la sponda più corta del tavolo, da dove avrebbe letteralmente spaccato le palle, come si diceva in gergo.

“Ti spiego alcune regole fondamentali.”, le disse, “Vedi come sono colorate le bilie?”
Ferma lungo il lato più lungo, Alicia non poteva dare la risposta sbagliata, lei che era così brava con i colori. Danny appoggiò la stecca a terra, ferma dalle dita della sua mano sinistra, mentre le altre sostavano sul suo fianco.
“In mezzo alle altre c’è la numero otto, quella nera.”, disse Alicia, partendo dall’evidenza.
“E poi?”
“Poi… Alcune hanno le righe bianche, alcune no.”
“Bravissima!”, le applaudì e la fece sorridere compiaciuta, “Adesso scegli uno dei due tipi.”
“Voglio quelle senza le righe.”
“Perfetto, saranno quelle che dovrai imbucare durante tutta la partita.”, le disse, “Le altre sono mie, e se le imbucherai mi darai un punto ed il diritto di fare un tiro in più.”
“Capito.”, disse lei, con un secco gesto di consenso.
“La otto non deve mai andare in buca.”, le spiegò, “Altrimenti la partita è persa. Quella bianca ti serve per colpire le bilie ed il tuo turno dura finché non sbagli ad imbucare…”
“Ok!”
“Altre domande?”, le chiese.
“E se rompo il rivestimento del tavolo?”
Danny rise.
“Cercheremo di evitarlo.”, la rassicurò, “Iniziamo?”
“A lei il primo tiro.”, disse Alicia con un inchino reverenziale.
Danny sistemò la palla bianca perpendicolare alla punta del triangolo, che dopo qualche attimo venne scomposto con uno schiocco secco e forte. Una volta che il caos delle bilie trovò la sua pace, il gioco poté iniziare.
“Ora sta a te.”, le disse, indicandole il tavolo.
Alicia si mosse con imbarazzo.
“Non so nemmeno da dove iniziare…”, disse, mentre cercava di dare un senso al come impugnare la stecca.
“Allora ti mostro.”, le fece.
Prese la sua mano destra e la posizionò sul manico della stecca. La sinistra, invece, la fermò sul verde: il pollice disteso, le altre dita leggermente inarcate. L’incavo avrebbe fornito l’appoggio alla stecca, il dorso dell’indice invece la direzione.
“Ecco, prova a colpire la palla due.”, le consigliò, “E’ piuttosto vicina alla buca. Ci puoi riuscire.”
“Ok…”, disse lei titubante.
Era piuttosto goffa e divertente da vedere: Danny le lasciò lo spazio che le serviva e la osservò provare il suo primissimo tiro, che mancò di netto la palla bianca.
“Cazzo!”, esclamò Alicia, “Pensavo fosse più facile!”
Non trattenne una risata.
“Con un po’ di pratica lo diventerà.”, le fece.
Fu spontaneo avvicinarsi a lei e mostrarle come fare. Il proprio corpo aderì al suo nel tentativo di mostrarle la posizione corretta che avrebbe dovuto assumere nel tiro. Strinse la mano intorno a quella di Alicia, che già impugnava il fondo della stecca, e mentre l’altra finì sul tavolo, sopra la sinistra di lei.
Frequentando la sala biliardo con continuità da molti anni a quella parte, Danny aveva colto tantissime persone in quegli atteggiamenti: spesso erano occasioni manifeste per provarci con la bella ragazza di turno, altre volte il gesto conteneva poca malizia, e dopo il primo imbarazzo Danny non vi aveva fatto più caso, era diventata la normalità. Per lui, però, quello non era affatto un evento normale: fino ad un mese prima, Daniel Alan David Jones non avrebbe mai potuto farlo senza tremare al solo pensiero. Non sentiva di essere più lo stesso diciottenne di appena trenta giorni fa, qualcosa in lui doveva essere cambiato. Sebbene il cuore battesse forte in lui, vicinissimo ad Alicia, così tanto da tornare con la mente agli attimi nel parco e doversi sforzare nel mantenere la calma, le mani di Danny erano ferme e stabili.
 “Ora punta la bilia.”, le disse, le labbra vicine al suo orecchio.
Sistemò la stecca tra le dita di Alicia.
“E colpisci.”
Il gesto fu rapido, la punta gessata colpì la palla bianca. Questa sfiorò la numero due che, con una lentezza esorbitante, cadde in buca. La osservarono finché non scomparve, ma Danny non era concentrato sulla sorte della palla bluastra. Una briciola del vecchio Jones fece capolino e si ritrasse velocemente dalla posizione, diventata troppo scomoda.
“Vi-visto?”, le disse balbettando, “Ce l’hai f-fatta!”
Per il resto della serata evitarono di avvicinarsi troppo e nessuno dei due parve dispiacersene molto. Ci furono momenti in cui si trovavano a guardarsi, come se l’altro non avesse potuto accorgersi degli occhi puntati nella propria direzione: finivano per arrossire ed abbassare lo sguardo sorridendo.
Danny si sentiva felicemente stupido.



Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso. Alicia sbadigliava con una notevole frequenza ed anche lui si sentiva piuttosto stanco. Il divano letto non era il massimo della comodità ma si sarebbe abituato molto presto: la sua non era generale difficoltà nell'addormentarsi, era che quel coso scricchiolava ad ogni suo minimo movimento e lo distraeva dal sonno incombente. Inoltre, la stanza si trovava direttamente sotto a quella di Vicky, l’insonne della famiglia, che rimaneva in piedi fino a tardi e lo disturbava con le sue passeggiatine rumorose.
Rientrarono che la casa era completamente vuota. Sua sorella era al lavoro, sua madre doveva essere dalla vicina, oppure ad una delle tante riunioni delle volontarie, non si ricordava con precisione.
“Mi catapulto sul letto.”, disse Alicia, “Sto morendo di sonno.”
“Anch’io.”, non le mentì.
Salirono al piano di sopra e trovarono la propria privacy nei due bagni. Uscirono che erano già in pigiama, pronti per darsi la buonanotte. Danny notò ancora l’espressione ironica malcelata di Alicia, che doveva avercela con i suoi abiti da notte, così come Vicky, ed anche sua madre… Forse era davvero arrivato il momento di gettare via quei vecchi pigiama. In una maglietta larga e pantaloncini, Alicia aveva tutto il diritto di ridere di lui e delle sue righe da carcerato.
“Buonanotte?”, le domandò, davanti alla porta della camera.
“Buonanotte.”, rispose lei, “E grazie della bella serata.”
“Avrei potuto fare di meglio.”, le fece, alzando le spalle.
“E’ stata perfetta.”
Alicia si alzò sulle punte dei piedi, nascosti da un paio di calzini di spugna, e gli dette un piccolo bacio sulla guancia.
“Ci vediamo domattina.”, gli disse.
La salutò portando una mano sulla fronte.
“A presto. E ricordati che per qualsiasi cosa devi farmi uno squillo.”
“Certo.”
Gli sorrise e lo lasciò solo.



C’era tanto, troppo profumo nelle sue narici. Le faceva venire a mente il dopobarba di suo padre, ma non era la stessa esatta fragranza, qualche elemento di sottofondo era diverso. Doveva esserci anche della musica nell’aria, ma non riusciva a distinguere le note: sentiva solo il pizzicare confuso di una chitarra e le note stridule di un’armonica, niente di più.
Si voltò, aveva sentito una presenza alle sue spalle.
Vi trovò Jones.
Ratleg!”, lo chiamò, poi nascose la bocca tra le mani per cancellare quella gaffe mostruosa.
Jones si portò l’indice sulle labbra, come per dirle di stare in silenzio. Poi le sussurrò qualcosa.
Non gridare troppo… Ti troverà.
Alicia non lo capì.
Puoi alzare il volume della voce?”, gli chiese, “Non ti sento!
Fai silenzio…
Non riesco a capirti!
Ti troverà. Prima o poi ti troverà.”
L’immagine di Jones/Ratleg si dissolse, cancellata da un rumore strano. Alicia fece fatica a mettersi in contatto con la realtà, il cellulare stava vibrando sul comodino con una certa insistenza e l’aveva disturbata nel bel mezzo di una fase rem piuttosto pesante. Aveva gli occhi così impastati che non controllò il mittente di quella chiamata, poteva essere solo suo padre a cercarla nel bel mezzo della notte, non avendola trovata disponibile a casa. Sperò che si stesse divertendo tanto in Svezia…
“Pronto?”, disse, con voce piccola e roca.
Dove sei di bello, sorellina?"
La voce di Mark la prese per i capelli e la sbatté al muro.
Non sei a casa mia, vero?
Alicia non ebbe la forza di rispondere, ma ebbe un solo pensiero.
Ti troverà. Prima o poi ti troverà.

Peccato che tu non sia venuta con noi, sorellina.”, continuò Mark, “Ci sono dei posti magnifici qua.
Alicia non parlava, ma era certa che non gliene sarebbe fregato nulla. Anzi, molto probabilmente il suo respiro impaurito lo faceva stare addirittura meglio.
Mi dispiace davvero tanto, sorellina. Ti sei persa tantissime belle cose.
Doveva trovare la volontà di chiudere quella chiamata, ma non ci riusciva. Controllò l’ora nella sveglia sul comodino: erano le due passate da ben venticinque minuti.
Sai che avremmo diviso la stessa camera? Io e te, insieme… Ci saremmo potuti divertire tantissimo, sorellina.
“Smettila…”, lo implorò sussurrando.
Come per incanto, Mark si zittì.
Prima o poi riuscirò a cancellare quel tuo sorriso del cazzo, e stai sicura che lo farò, in un modo o nell’altro. Un’idea ce l’ho già, anche tu sai quale sia. Sarebbe un immenso piacere per me fott…
Trovò la concentrazione giusta per terminare la telefonata e gettare il cellulare sul letto. Si nascose sotto le coperte ed attese che il tremito finisse di scuoterla.



Scattò sull’attenti non appena il cellulare emise un piccolo suono. Non stava dormendo, sua sorella l’aveva svegliato rientrando una mezzora prima, doveva ancora ritrovare il sonno. Controllò, la sua immaginazione poteva avergli giocato un tiro mancino, ma non si era sbagliato. In punta di piedi andò al piano superiore, camminando vicino alle pareti per non fare troppo rumore, ed entrò nella camera. Alicia era seduta sul letto, teneva le gambe al petto e la schiena era appoggiata al muro, la illuminava la piccola luce dell’abat-jour.
“E’ tutto ok?”, le chiese a bassa voce, vedendola estraniata.
“Oh sì, certo.”, rispose lei sussurrando e con un piccolo sorriso.
Si sedette accanto ad Alicia ed assunse la sua medesima posizione.
“Scusami se ti ho disturbato.”, disse ancora Alicia, senza alzare di un tono la sua voce.
“Non stavo effettivamente dormendo.”, disse Danny, “Ho sentito Vicky rincasare.”
“Ah… Io no!”, e ridacchiò.
Doveva avere un sonno bello e pesante: Vicky aveva svegliato pure sua madre, che l’aveva poi sgridata ricordandole della presenza di Alicia.
“Beh… In cosa posso esserti utile?”, le domandò.
Alicia non rispose, bensì abbracciò le gambe e appoggiò il mento sulle ginocchia.
“Uhm?”, le fece Danny, perplesso, “C’è qualcosa che non va?”
Scosse la testa con un gesto secco e veloce.
“E allora perché mi hai chiamato?”
Non c’era posto in cui voleva stare tranne lì con lei, ma doveva esserci pure un motivo per cui Alicia aveva fatto suonare il suo telefono ed evidentemente non riusciva a parlarne. Le passò un braccio intorno alle sue spalle e l’abbracciò, dandole il solito piccolo bacio sulla testa.
“Vuoi che rimanga un po’ qui con te?”, le propose.
Alicia si mosse, dicendogli di sì con un cenno.
“Ok.”, acconsentì senza alcun ripensamento, “Vuoi che ti racconti il sogno strano che ho fatto?”
“Sì…”, giunse come un suono piccolo e lontano.
“Ero con Tom e Dougie.”, le spiegò, inventando tutto di sana pianta, “Eravamo al cinema e la sala era stracolma di gente, così piena non l’avevo mai vista… Poi le pareti iniziavano a restringersi ed era tutto un fuggi fuggi generale…”
Le sue fantasie facevano proprio schifo.
“Allora gli altri due ed io siamo entrati nello schermo e ci siamo ritrovati dentro al film… Poi… Poi c’era una signora… Tutta vestita di giallo…”, Danny stesso alzò un sopracciglio nel sentirsi descrivere quel particolare, “Una signora in giallo.”
Non sapeva cos’altro aggiungere, non era mai stato bravo nell’invenzione delle storie.
“E quella signora… La signora era…”
Non si zittì di sua spontanea volontà, fu lei ad ammutolirlo: voltò velocemente il viso verso il suo e lo baciò. In quel breve lasso di tempo Alicia strinse il suo viso tra le mani, come lui era solito fare. Danny venne colto di sorpresa, tanto che non riuscì a dischiudere le labbra. Ebbe bisogno di qualche attimo per realizzare tutto quello, poi non esitò a fare altrettanto.
Come era accaduto al parco, Danny lasciò che le sensazioni scatenatesi dentro di lui lo guidassero in ogni mossa. Lo prendevano dall’interno, lo agitavano come un burattino, il suo corpo era legato a fili invisibili che sapevano come dirigerlo. Non c’era spazio per nient’altro, tranne per quello che l’istinto comandava loro di fare.
Forse fu per volontà di Alicia, forse fu la sua: si sedette su di lui, che la teneva per i fianchi morbidi. I baci furono anche più intesi, più profondi, più vivi. Poi, all’improvviso, s’interruppero. Danny provò ad avvicinarsi di nuovo alle labbra di Alicia, ma queste si allontanarono. Si rese conto che le proprie mani erano finite sotto la maglietta del suo pigiama, toccavano la sua schiena liscia e sentivano i muscoli tesi sotto la pelle. Non provò imbarazzo, nemmeno per una sola briciola.
I piccoli bottoni del pigiama di Alicia si allontanarono dalle loro asole. Lentamente, la pelle sotto di essi si stava scoprendo. Ebbe paura e chiuse gli occhi, Danny non seppe spiegarsene il motivo. Passò qualche attimo di vuoto totale, di silenzio assoluto, e dentro di esso trovò il coraggio per alzare le palpebre. La pelle chiara del suo seno era riscaldata dalla luce flebile dell’abat-jour, la maglietta che la contornava di lì a poco cadde inerte e si fermò all’altezza dei suoi gomiti.
Danny si sentì incatenato. Quasi si ritrasse quando si accorse che Alicia stava sollevando la sua mano con l’intenzione di posarla sul proprio corpo. La toccò, nella testa di Danny accadde come un’esplosione. Il brivido fu così intenso che spezzò in due la spina dorsale, e sopportarlo fu doloroso.
Caldo.
Anche i suoi bottoni presero a sganciarsi sotto la pressione delle dita di Alicia. Uno dopo l’altro, il sopra del suo pigiama si aprì e due dita timide accarezzarono il suo petto, fermandosi poco sopra l’ombelico. Le labbra di Alicia si posarono sul suo collo, sul profilo delle spalle, e il tocco di Danny su di lei divenne più forte, come la sensazione che lo comandava.
Appoggiò la testa al muro, non era più in grado di sostenerne il peso. Il respiro di Alicia era forte, udibile e caldo, si condensava sulla pelle e ghiacciava. Continuava a toccarla, entrambe le mani erano bloccate su di lei, come se fosse stata un magnete vivente -lo era sempre stato- e ad ogni passaggio delle sue dita un piccolo gemito soffocato sparava un proiettile nell’aria. Non avrebbe mai immaginato che l’unione combinata di tutti i suoi sensi avesse potuto essere così intensa
Danny aprì gli occhi ancora chiusi, lei era sempre lì, su di lui. Non lo stava baciando, lo stava solo guardando. Si chiese quanto potesse sembrarle ridicolo: era sudato, respirava faticosamente e non sapeva più cosa fare.
Lo sai.
Ebbe ancora paura, molta paura. Soprattutto perché anche Alicia sembrava sapere cosa fare.
Le piccole dita oltrepassarono lentamente l’elastico dei pantaloni. Poi quello dei boxer. Danny trattenne il respiro, lo rilasciò e le sorrise, aspettandosi un’espressione simile in ricambio, ma quella non arrivò. Alicia si morse le labbra e quel gesto ebbe l’effetto di una spugna sulla lavagna, di un panno sul vetro bagnato, di una gomma sull’errore di calcolo.
Danny si prese quel momento per porre il piede sul freno e riflettere.
Cosa stiamo facendo?

In un forte ed improvviso senso di razionalità, la guardò realmente negli occhi. Poteva essere completamente deviato dalle mani sul suo seno, dal tocco di Alicia, ma c’era qualcosa che non andava. Dovette sbattere più volte le palpebre per realizzare di non essersi equivocato, che non era la luce bassa a tradire l’espressione di Alicia.
C’è qualcosa che non va, Daddy Jones.
Ma cosa?
“Alicia…”, le disse.
Fu come aver schioccato le dita ed aver acceso magicamente la luce più luminosa del mondo. Tutto si gelò, si fermò, come se qualcuno dall’alto avesse premuto un tasto chiamato reset. Prese i due lembi della sua maglietta e li unì, coprendola. Tutte le mani si ritrassero, tutta la pelle tornò a nascondersi e rimasero solo loro due, imbarazzati e tristi.
“Non adesso.”
Alicia annuì con un breve cenno del viso, poi tornò seduta nella posizione in cui Danny l’aveva trovata quando era entrato. In quel momento avrebbe voluto chiederle il perché di tutto quello. Perché si erano spinti fino a quel quasi traguardo, quando era chiaro che nessuno dei due non voleva ancora attraversarlo? Perché Alicia aveva voluto spingerlo?
 “Mi dispiace…”, le disse Danny.
Voleva farlo, lo voleva con tutto il cuore, ma non pensava di essere pronto. In quella giornata passata con lei aveva provato emozioni e sensazioni che lo avevano privato di tutto, per poi ridarglielo indietro e toglierglielo ancora. Era stato su una montagna russa, su e giù, e sarebbe stato pronto a salirci in ogni momento, ma non poteva giocare adesso. Si alzò, non riusciva a sopportare di rimanere lì dentro, e non era solo questione di imbarazzo.
Era colpa della rabbia, della frustrazione di avere l’ennesima prova di quello che immaginava da qualche tempo.
Alicia non era sincera con lui.



Rimase sola. Dentro di sé ringraziò Jones, lo ringraziò di cuore. Aveva solo voluto provarci, quella era l’unico merito per lei. L’aveva guidata un unico pensiero, la voglia di liberarsi di Mark e della sua ossessione. Si era detta che se si fosse tolta di dosso quello che lui voleva, allora sarebbe tutto finito. Se fosse tornato dalla Svezia e gli avesse detto di non possedere più quel particolare ‘regalo’ da dargli, Mark l’avrebbe lasciata in pace per sempre.
Per sempre.
Ci aveva pensato tante di quelle volte, ma non aveva mai trovato la forza di impegnarsi fino in fondo come quella sera. Era stata colpa di ciò che era accaduto nel pomeriggio tra lei e Jones, non solo della telefonata in piena notte, ne era certa. Se non fossero stati quasi sul punto di oltrepassare la linea, se al pub Jones non si fosse avvicinato così tanto, Alicia non avrebbe mai inoltrato la chiamata per farlo salire da lei.
Non voleva ancora farlo sul serio. Non si sentiva ancora abbastanza… Innamorata di Jones. Forse non lo era affatto, si era solo affezionata a lui. Non lo sapeva, era così confusa. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, ma non trovava nessuno nelle sue vicinanze. Nemmeno Ratleg avrebbe potuto esserle d’aiuto, non più ormai. Non aveva amiche, non aveva sorelle. Non aveva una madre.
Era colpa sua.
Si sentiva così patetica.



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Ed eccomi qua :) Beh, non ho molto da dire, tranne che ringrazio tutti quelli che si soffermano a leggere questa storia :)
E grazie anche a Fra, che l'ha commentata!
Ruby


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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8


Some people fight and some people fall



Non appena terminò la colazione, Alicia chiese subito di essere riportata a casa. Disse di voler studiare, di aver paura di prendere una sonora insufficienza all’interrogazione del giorno dopo e di aver bisogno di casa sua, delle quattro mura della sua stanza. Danny non poteva contraddirla: non riusciva a guardarla, a parlarle senza balbettare, a combinare danni in sua presenza.
Il giorno precedente si era sentito un’altra persona, completamente diverso dal suo vecchio modo di essere, ma adesso era tornato indietro di anni, a quando ne aveva avuti undici, con alla paura di mettere il naso fuori di casa, dove il mondo era un grande mostro pronto a divorarlo in un sol boccone.
Ti accompagno io!”, esclamò subito Vicky, “Così ti scollo mio fratello di dosso, ci stai?”
La proposta di sua sorella fu una doccia fredda accompagnata da un grande assegno da un milione di sterline. Era stato il regalo più brutto e più bello che Vicky poteva fargli. Alicia cercò una risposta guardando nella sua direzione, Danny non fece altro che rispedire la richiesta al mittente.
Ok…”, disse, “Vado a prendere le mie cose.”
Alicia uscì dalla cucina e salì le scale, Danny si occupò di sgomberare il tavolo dalle loro tazze vuote e sporche. Mentre le posava nel lavello, Vicky gli si avvicinò.
Cosa è successo?”, gli domandò a bassa voce.
Niente. Fatti i fatti tuoi.”, la zittì subito.
Danny, puoi parlarmene.”, insistette sua sorella, “Si vede lontano un miglio che avete litigato.”
Non abbiamo litigato.”, disse Danny, sottolineando con uno sguardo deciso e fermo ogni sua parola.
Va bene, ma qualcosa è successo ed entrambi ne soffrite.”
Era chiaro che non voleva parlarne, mA Vicky vedeva solo ciò che le piaceva di più. Comunque, Danny la conosceva abbastanza bene da doversi rassegnare ed accontentarla, era un cane che non mollava mai il suo osso.
So cosa c’è che non va nel mio caso.”, le disse, “Ma non so cosa c’è che non vada per lei.”
Ho capito.”, disse Vicky, “Per caso uno dei due ha detto di no all’altro?”
Danny sospirò. Era proprio così evidente? Altrimenti, avrebbe fatto meglio a trovarsi una maschera per nasconderlo. Le rispose annuendo.
Ok…”, fece lei, grattandosi la testa, “Ed è per questo che vi tenete il muso?”
Non è proprio… Per quello.”, le rispose, “Ma lascia stare, non puoi capire.”
Credimi.”, Vicky passò un braccio intorno alle sue spalle, “Posso capire più di quanto pensi.”
Solo perché la mamma ha fatto la spia e ti ha detto tutto quello che le ho confessato qualche giorno fa.”
Solo perché sono tua sorella e ti voglio bene.”, disse Vicky, “E non voglio vederti soffrire.”
Non è colpa di Alicia.”, si preparò a difenderla, ma non seppe come farlo, “Deve esserci… Qualcosa che non va.”
Vedrò cosa posso scoprire mentre la accompagno.”
Sua sorella gli dette un bacio sulla guancia.




Ho scelto farmacia perché non mi posso permettere di diventare dottore.”, disse Vicky, alla guida dell’auto, il cui modo di parlare e gesticolare era così uguale a quello di Jones che Alicia ne fu impressionata, “Tu hai qualche progetto per il tuo futuro?”
Beh… Non so.”, le rispose, sebbene non avesse avuto molta voglia di parlarne.
Se sei davvero brava con il disegno, perché non provi con qualche accademia di belle arti?”
Ci ho pensato.”, le rivelò senza alcuno scopo, “Ma non è così facile accedervi…”
Sarebbe magnifico studiare anche in altri paesi.”, continuò Vicky, “In Francia, in Italia...”
Puoi dirlo forte, lo sogno da quando avevo dieci anni.”
Svoltarono a sinistra dell’incrocio.
Mia nonna abita in Provenza.”, aggiunse Alicia.
E dove sarebbe?”, chiese Vicky, “Scusa la mia ignoranza in materie geografiche…”
E’ nel sud della Francia. Hai presente Cannes, Nizza… Montecarlo?”, provò a spiegarle, nominando le città più conosciute di quella zona meridionale del paese.
Wow! Favoloso!”, esclamò Vicky, “Voglio conoscere tua nonna, indipendentemente da come andranno le cose con mio fratello!”
Poi rise. Rise come Jones, sguaiatamente, con le mani alla bocca. Alicia non poté resistere e si lasciò sfuggire una smorfia che volle assomigliarle, ma che risultò essere solo una patetica riproduzione di un sorriso.
Ma dimmi”, si riprese Vicky, “ti ha davvero aiutato con la matematica? Ogni volta che ha cercato di spiegarla a me, il mio cervello è imploso! Meno male che alla fine riesco a cavarmela da sola…”
Sì, mi ha aiutata abbastanza.”, le disse, guardando fuori dal finestrino.
Ci fu un breve minuto di silenzio.
Stavano uscendo dalla città ed entrando nella periferia vicino alla campagna, era là che Alicia viveva. Aveva forti dubbi sul rimanere un’altra notte da Jones, forse avrebbe fatto meglio a restarsene a casa propria. Si sentiva stranamente vuota e passiva, come se tutto il resto del mondo avesse potuto scorrerle sulle spalle e fermarsi sul pavimento, senza toccarla in alcun modo.
Non tornerai stanotte, vero?”, le chiese Vicky a bruciapelo.
Alicia si voltò, volle vedere l’espressione sul volto della ragazza. Vicky le dimostrava comprensione.
Penso di no.”, le rispose senza mentirle.
Va bene, ma non farci stare troppo in pensiero.”, disse l’altra, “Spero che la tua decisione non sia dovuta alla scarsa capacità di mio fratello di farti sentire come a casa tua.”
Non ti preoccupare, sono stata molto bene.”, la tranquillizzò con un sorriso.
Era la pura verità.
Ci fa piacere averti con noi.”, continuò Vicky, “Soprattutto perché da quando ci sei tu, mio fratello sembra un’altra persona.”
Era stata Alicia stessa a notare quel cambiamento, figuriamoci la famiglia Jones. Vide il tetto della sua villetta spuntare in lontananza, erano quasi arrivate.
La mia è la terza casa sulla destra.”, le spiegò, così Vicky potè prepararsi ad accostare l’auto.
Vivi in un posto niente male!”, esclamò l’altra.
Già…”, le rispose.
Le zone residenziali sembravano belle a tutti gli occhi del mondo. Erano pulite, tutte le case avevano un bel giardino curato che confinava con i bei giardini curati dei vicini, e chi vi abitava aveva sempre un bel sorriso per gli stranieri di passaggio… E tutti erano felici[/i]. L’utilitaria si avvicinò al marciapiede.
Bene, ci siamo.”, disse Vicky, tirando il freno a mano.
Grazie mille per il passaggio.”, le fece Alicia.
Figurati, è stato un piacere.”, rispose l’altra, “Tornerai, vero?”
Sì… Certo.”, ma non sembrava convincente.
Voglio essere sincera con te, Alicia.”, disse allora Vicky, togliendosi la cintura di sicurezza ed accomodandosi sul sedile, “Quando ti ho detto che mio fratello sembra un’altra persona… Sul serio, Danny è cambiato da quando ci sei tu.”
Alicia si sentì lievemente atterrita da quelle parole, ma soprattutto dallo sguardo diretto e fermo di Vicky.
Sta davvero bene.”, continuò lei, “Non ti sto dicendo questo per convincerti di alcune cose… Non ho nessuno scopo da perseguire. Era solo per dirti che… Anche se è da poco che state insieme, sei diventata parte della famiglia.”
Famiglia. Parte della famiglia.
Benvenuta.”




Accese il computer, doveva assolutamente distrarsi. Lo studio non gli era utile, non era capace di isolargli la mente dal mondo esterno e se ne fregò della prossima interrogazione. Non avrebbe saputo rispondere alle domande ed avrebbe fatto una brutta figura, ma non sarebbe morto per quello. Alle spalle il letto, davanti a lui lo schermo del pc. Si concentrò sul suo desktop e, dopo che la connessione fu avviata, si stupì di chi trovò in linea.
Allie.

I’m RATLEG scrive:
Allie! Non pensavo di trovarti!

Molti attimi prima di una timida risposta.

BecauseTheNight scrive:
Ciao Rat… Come va? :-)

I’m RATLEG scrive:
Da schifo. A te?

BecauseTheNight scrive:
Non meglio.

I’m RATLEG scrive:
Sfogati :-) Come ai vecchi tempi… Non perdiamo tempo

Si guardò indietro e si rese conto di quanto avesse ignorato quella lontana amica, sebbene non lo avesse fatto con cattiveria.

BecauseTheNight scrive:
E’ che… Uff… Niente, lasciamo stare. Cosa ti è successo?

Ecco. Aveva passato la palla a lui, ma Danny non poteva risponderle, sapeva già che cosa sarebbe successo. L’aveva notato, da un bel pezzo a quella parte, benché non si fossero sentiti molto: ogni volta che le parlava di Alicia, Allie ne approfittava per andarsene oppure rispondeva con monosillabi trasmettendogli il chiaro messaggio ‘non me ne frega assolutamente niente’.
Danny non era uno scemo, l’aveva capito.

I’m RATLEG scrive:
L’ho chiesto prima io :-)

Altri lunghi minuti prima che pervenisse una risposta.

BecauseTheNight scrive:
Beh… Per farla molto breve… Ho un ragazzo, gli voglio bene… Ma non riesco ad essere sincera con lui.

Danny fu felice di sapere che anche Allie aveva trovato come lui qualcuno di speciale con cui condividere il proprio tempo, quella ragazza si meritava di essere davvero felice. Fu un po’ sorpreso, nelle ultime conversazioni lei non aveva accennato molto a questa persona, doveva essere una cosa nata non molto tempo prima.

I’m RATLEG scrive:
Perché?

BecauseTheNight scrive:
Perché… Non posso dirgli di Mark… Non ce la faccio, ho paura che non mi creda

I’m RATLEG scrive:
Con il tempo lo farai, ne sono certo, e lui ti crederà, non è come tuo padre… Da quanto tempo vi vedete?

BecauseTheNight scrive:
Da un mese ormai…

I’m RATLEG scrive:
Tra poco troverai il coraggio, Allie :-) E’ una cosa difficile ed ha il suo carico di emozioni con sé, ma gliene parlerai e tutto andrà per il verso giusto… Anche perché questa persona ha sicuramente qualcosa di speciale… Non è così?

BecauseTheNight scrive:
Sì, è così… Con lui sto bene, mi sono affezionata… Però…

I’m RATLEG scrive:
Però?

BecauseTheNight scrive:
E’ che… C’è anche un’altra persona… A cui non riesco a smettere di pensare.

Ahia, pensò Danny.

BecauseTheNight scrive:
Ci sono dei lunghi momenti in cui sto tremendamente bene con questo ragazzo… E non penso a nient’altro, a nessuno… Però mi capita anche di dirmi che non è l’altro… Non lo so, è difficile da spiegare…

I’m RATLEG scrive:
Dovresti prenderti del tempo per capire a chi tieni di più tra i due…

BecauseTheNight scrive:
So già rispondere a quella domanda

I’m RATLEG scrive:
E allora qual è il problema? Non capisco…

BecauseTheNight scrive:
Ogni tanto l’altro salta fuori e mi rovina… E’ questo il problema, insieme al fatto che non riesco a parlargli dello Stronzo… Ratleg, cosa devo fare?

Danny si prese il suo tempo per pensare. Quella situazione poteva sembrare per certi versi simile a quella che stava vivendo con Alicia, forse aiutando Allie poteva anche dare una mano a se stesso. Si chiese cosa sarebbe stato più giusto fare.

I’m RATLEG scrive:
Non lo so, devo essere sincero… Mi verrebbe da dirti di allontanarti da entrambi… Però… Scusami, non so aiutarti, sono una frana

BecauseTheNight scrive:
Non preoccuparti :-) risolverò questa cosa… Ora tocca a te

I’m RATLEG scrive:
Niente, la mia è solo una cavolata…

BecauseTheNight scrive:
Parlamene, Rat

I’m RATLEG scrive:
Beh… Lasciamo stare, tanto devo tornare sui libri e studiare…

BecauseTheNight scrive:
Come vuoi…

I’m RATLEG scrive:
Spero di trovarti presto… Ti mando un grosso bacio

BecauseTheNight scrive:
Prendi bene la mira! Ciao Ratleg!

Perché stava andando tutto a puttane? Con Alicia, con Allie, con Doug e Tom. Tutte le persone per lui importanti si stavano allontanando da lui, e non sapeva capire dove aveva sbagliato. Danny chiuse il pc e appoggiò la fronte tra le mani. Doveva trovare una risposta, altrimenti sarebbe impazzito. Non riusciva a privarsi di quelle persone, non voleva stare male, non poteva. Soprattutto, non era più capace di stare lontano da Alicia. Tra loro non era successo niente di irreparabile, a cui non esisteva una soluzione, ma sembrava proprio così. Quando era uscita di casa gli era parsa lontana mille miglia, come quando l’aveva conosciuta.
C’era qualcosa che non andava tra di loro. Era quella la sua tortura.
Non sei innocente.
Quella voce suonò amplificata dal fondo della sua testa, come gridata da un grandissimo megafono. Alicia gli teneva nascosto qualcosa, ed anche lui. Danny non era innocente.
Pensa. 
Era difficile, era troppo difficile pensare. Lei non era innocente e lui anche, entrambi erano colpevoli di qualcosa. Colpevoli della stessa cosa. Danny non gliene avrebbe mai parlato, o almeno era così che aveva deciso, perché se lo avesse fatto sarebbero cambiate molte cose. Tante cose.
Danny odiava perdere coloro che cambiavano la sua vita. Danny era realmente Danny solo insieme a quelle persone, tra cui c'erano Tom e Dougie, Allie, ed infine Alicia. Con loro smetteva di essere il ragazzo che tutti vedevano e conoscevano, a scuola così come in qualsiasi altra parte del mondo, escluse le mura di casa. Diventava se stesso, un Danny senza il suo guscio protettivo. Stava male al solo pensiero che qualcuno di loro poteva andarsene e non fare più ritorno, sebbene non fosse successo chissà quante altre volte; era bastata una sola occasione per segnarlo all’infinito.
A dieci anni aveva perso un genitore, a quanti altri bambini era capitato? A tantissimi, ad una marea di suoi coetanei, c’era addirittura chi non aveva mai conosciuto il proprio padre. Danny aveva passato tantissimo tempo con lui: era stato Alan, suo padre, ad iscriverlo alla squadra di calcio, ad insegnarli a pescare, ad usare un martello senza farsi del male. Era stato suo padre a mettere la regola: in camera quando i toni si fanno alti. Era stato suo padre a fare del male sua madre, per poi andarsene in una sola notte, senza più tornare.
Era stato suo padre a scatenare in un bambino di dieci anni la rabbia che solo un adulto poteva provare. A quell’età non riusciva a bere un bicchiere d’acqua senza farlo cadere a terra, per colpa delle sue mani che tremavano senza un’apparente ragione. A dieci anni si era ritrovato ad essere tremendamente aggressivo con chiunque avesse avuto la sfortuna di passargli accanto e sfiorarlo. A dieci anni aveva litigato con Vicky per una stupidata, per un camioncino che lei aveva rotto senza volerlo: era stato lui stesso a dimenticarlo in mezzo al corridoio, al piano di sopra, e lei vi aveva solo inciampato. A dieci anni si era ritrovato a scaricare la sua furia contro sua sorella, che aveva avuto i riflessi abbastanza pronti da tenersi stretta al passamano, o sarebbe rotolata giù dalle scale. Era stato lui a spingerla.
Quando sua madre era arrivata, spaventata dalle urla di Vicky, lo aveva guardato e lo aveva odiato. Forse era stato quello sguardo a farlo cambiare, forse era successo molto tempo prima, Danny non lo sapeva. Ad ogni modo, la rabbia si trasformò in paura. Diventò terrore di esplodere ancora, ed ancora. E di nuovo ancora.
A scuola, dove i suoi compagni lo prendevano continuamente in giro, tutti potevano diventare il suo prossimo bersaglio. Dougie e Tom lo erano già stati in più di una occasione. Per due anni consecutivi Danny studiò a casa con mamma, aiutati entrambi dalla figlia di uno dei suoi vicini. Si fece curare e ci volle un sacco di tempo prima di riuscire ad entrare in classe senza avere un attacco di panico, e comunque non era più il bambino di prima. Timido, riservato, quasi muto, ma comunque diligente nel suo lavoro di alunno.
Negli anni era migliorato, aveva concluso la terapia perché si era sentito soddisfatto dei risultati raggiunti. Aveva ripreso a giocare a calcio, Tom e Dougie gli erano stati accanto in ogni modo ed era nato il trio. Danny si era diviso tra il suo modo di essere con tutti e l’adolescente comune, che conosceva solo una ristretta cerchia di persone. In quegli stessi anni aveva deciso di mantenere così segreta questa parte della sua vita che Danny era diventato la cassaforte di se stesso. Vicky, Kathy ed il trio potevano accedervi, il resto del mondo ne rimaneva escluso ed andava perfettamente bene così. Quando diceva siamo tutti bravi a tenere dentro quello che ci fa star male’, Danny comprendeva tutto quello. Aveva dato una copia della chiave ad Allie, molto probabilmente perché la lontananza gli aveva facilitato le cose, ma non era altrettanto sicuro di volerlo fare con Alicia. Si sarebbe spaventata, pensando certamente che avrebbe potuto farle del male, ed era l’unica cosa al mondo che Danny non voleva che accadesse. Non avrebbe mai mosso un dito contro di lei, che era la persona a cui teneva di più al mondo.
Era quello il loro problema: non volevano essere reciprocamente sinceri, ognuno per i propri motivi.
Erano più di sei mesi che Danny non tornava con la mente ai suoi dieci anni, per il momento gli stava costando solo un buco nel petto e le lacrime agli occhi. Non era ancora in grado di guardarsi indietro nel tempo e lasciarsi tutto alle spalle, come poteva essere capace di tradurre tutto in parole e pretendere di essere capito?
Guardò l’ora, erano quasi le cinque. Alicia non lo aveva mai chiamato, né gli aveva mandato un messaggio. Prese il cellulare e lo fece al posto suo.
Pronto?”, rispose Alicia, dopo molti squilli andati a vuoto.
Hey… Ti stavo disturbando?”, le domandò.
No… Studiavo, ma non riesco a concentrarmi.”
Nemmeno io…”, e sospirò.
Senti… Per stasera, non penso di tornare da te.”, disse Alicia.
In fondo Danny lo sapeva, lo sospettava.
Va bene.”, rispose lui, “Non ti preoccupare. Terrò sempre il cellulare acceso, sai cosa devi fare.”
Certo.”
La chiamata sembrava destinata a chiudersi così, ma Danny non era capace di salutarla.
Io… Alicia…”, balbettò, e rinunciò.
Sentiva un nodo alla gola, una mano che premeva sulla sua trachea e non gli permetteva di respirare.
Ci vediamo domani.”, disse lei.
La linea venne chiusa. Avrebbe solo voluto dirle che le voleva bene, che gli mancava e che avrebbe voluto mettere fine a quella situazione. Non riusciva a perdere Alicia, così come sarebbe morto senza tutte quelle altre persone che gli permettevano di essere il vero Danny Jones, e non un fantoccio senza spina dorsale, con la paura del mondo.


.*.*.*.


Danny non riuscì a chiudere occhio per tutta la notte, vuoi perché si era scatenato un temporale che aveva troncato in due il suo sonno, senza mai smettere di riempire la città di pioggia, lampi e vento; vuoi perché Alicia era a casa da sola e lui non riusciva a stare tranquillo. Si svegliò che sembrava uno zombie, la faccia riprodotta dallo specchio del bagno lo spaventò a morte: il naso era gonfio e rosso, così come gli occhi, solcati da profonde occhiaie.
No, non aveva pianto.
Non aveva fame, mangiò due fette biscottate e lo stomaco si chiuse, rifiutando il latte e qualsiasi altra cosa che Kathy aveva preparato per la sua colazione. Si vestì con lentezza, prese il bus perché la pioggia non aveva intenzione di andarsene e scese davanti alla scuola. Non rivolse un saluto a nessuno, tranne nel caso in cui venne obbligato dall’iniziativa degli altri.
Non era facile trovarlo di quell’umore così pessimo ed i suoi due amici lo notarono subito. Li incontrò all’entrata della scuola, erano insieme e sembravano aspettarlo.
Cosa è successo?”, gli domandò subito Tom.
Niente.”, lo zittì.
Non voleva parlare con loro, con cui aveva ancora in sospeso la questione del sabato scorso, né con nessun altro. Dougie non provò neanche a guardarlo, Tom si accontentò di quella risposta e Danny se li lasciò alle spalle, dirigendosi verso l’aula di letteratura. Era lunedì, quindi niente matematica, e non avrebbe visto Alicia, forse nemmeno durante la pausa pranzo; molto probabilmente lei se n’era rimasta a casa, come per evitarlo. Si sedette al suo banco e, dopo pochi minuti, la lezione iniziò.



Alicia arrivò con un’ora di ritardo, non aveva sentito la sveglia suonare. Il bello era che aveva passato la notte completamente insonne a guardare il soffitto sopra di sé. Si era ovviamente addormentata di prima mattina e lei, che aveva sempre avuto notevoli difficoltà nell’essere destata da una sveglia, aveva tirato dritto fino alle otto e mezza.
Si fece accordare il permesso di entrata posticipata dal preside e si sedette all’unico banco libero rimasto nell’aula di chimica. Proprio accanto a Judd. Sfortunatamente, infatti, non condivideva con lui solamente l’ora di matematica ma anche quella di chimica. Nella normalità dei casi occupavano angoli opposti della classe ma quel giorno, evidentemente, i suoi antenati avevano voluto punirla per aver ritardato.
Buongiorno santarellina.”, la accolse lui con un sorriso, “E’ un piacere averti accanto a me.”
Sono così contenta che sto per morire.”, volle zittirlo.
Se ne stette sugli attenti per tutta la lezione, pronta a scattare nel caso in cui lui avesse avuto l’intenzione di avvicinarsi troppo o importunarla, ma stranamente non accadde niente del genere. Judd se ne stava tranquillo sul suo sgabello, seguiva la lezione con pacato interesse e non la infastidì mai. Si chiese quale alieno si fosse impossessato di lui, quale fatto lo stesse spingendo a lasciarla in pace, ma quei dubbi la tormentarono per poco tempo. Si concentrò sui composti acetati e su tutte le altre questioni della sua vita.
Doveva parlare con Jones, chiedergli scusa per ciò che aveva fatto, e doveva farlo al più presto. Non voleva stare così male, non voleva soffrire. Ratleg glielo aveva detto: dovresti prenderti del tempo per capire a chi tieni di più tra i due… Era Jones quello a cui teneva, nonostante tutto. Cosa poteva darle Ratleg? Solo il sostegno di qualcuno che sapeva, nient’altro, ed Alicia lo aveva già capito. Ma non era quello il fuoco della questione, non più ormai…
Si passò la matita sulle labbra, il foglio davanti a lei si era riempito di disegni e scarabocchi. Lettere e parole.
Jones.”, sentì dire
Si voltò verso Judd, che aveva allungato gli occhi sul suo pezzo di carta, ed Alicia lo guardò con rabbia, non si doveva permettere di ficcanasare.
Fatti i fatti tuoi.”
L’altro alzò le spalle e tornò alla lezione, lei ai suoi pensieri.
Come aveva potuto essere così stupida da pensare che avrebbe potuto liberarsi di Mark in quel modo? Alicia avrebbe potuto scopare con chiunque, con tutta la scuola, con tutto il mondo, lui sarebbe comunque rimasto il suo incubo. L’unico modo di liberarsi di lui era farsi credere da suo padre, ma Adrian era cieco e Mark troppo bravo a nascondersi dietro a grandi sorrisi e maniere educate.
Alicia aveva anche pensato alla tattica del mantenere il controllo e non farsi spaventare, esattamente come accadeva con i tipi come Judd… La coda del suo occhi destro cadde sul suo compagno di banco. Alicia lo colse a guardarla, Judd ricambiò con un sorriso. Un sorriso amichevole. Non uno dei suoi, sprezzanti e pieni di boria.
Se ne stette a fissarlo stupita e perplessa, incapace di reagire, ma la campanella la svegliò: suonava ad intervalli regolari di un secondo l’uno, e non era ancora arrivata la fine dell’ora. Significava una sola cosa.
Ragazzi, esercitazione anti incendio!”, esclamò il professore di chimica.
Alicia sbuffò pesantemente e scese dal suo sgabello con l’intenzione di uscire dalla classe, trascinando i piedi.
Cosa stai facendo?”, le domandò Judd.
Vado verso il punto di ritrovo.”, gli disse con tono ovvio, “Cosa dovrei fare?”
Darmi la mano e starmi accanto, come da regolamento.”, rispose l’altro.
Era fuori discussione.
Scordatelo.”
Lewis…”, la chiamò lui, alzando le ciglia e adocchiandola nel suo vecchio modo, “Questa classe contiene acido a sufficienza per disinfettarti, una volta che tutto sarà finito.”
Judd! Lewis!”, li sgridò il professore, erano rimasti gli ultimi.
Con riluttanza infinita, Alicia allungò la mano e prese quella di Judd, ed uscirono insieme.



Ci mancava solo l’esercitazione anti incendio. Danny si alzò ed in automatico afferrò la mano della persona più vicina a lui, Debra Baker, una ragazza che aveva la sfortuna di avere un grosso apparecchio per i denti. Anche Danny ne aveva uno, pagato con l’ultimo assegno familiare che suo padre aveva spedito loro, ma fortunatamente non si vedeva, era montato all’interno della sua dentatura. Alicia lo aveva notato baciandolo, altrimenti sarebbe passato inosservato. Ogni cosa lo faceva pensare a lei, era una tortura.
Debra strinse la sua mano e gli mandò un mezzo sorriso imbarazzato, Danny ricambiò con stanchezza. Si misero in fila indiana e, una coppia per volta, uscirono dalla classe. Si ritrovarono in mezzo ad un fiume in piena, tutti gli alunni stavano marciando come automi verso la palestra del complesso scolastico, che li avrebbe accolti tutti. Avrebbero dovuto andarsene nel cortile esterno, ma fuori continuava a piovere e non potevano rischiare di prendersi una polmonite a causa di una stupida esercitazione.
Ci volle del tempo, ma con grande calma tutti entrarono nella palestra. Era immensa, potevano starci contemporaneamente otto classi diverse e non disturbarsi, era il complesso sportivo scolastico più grande di tutta Watford e continuava anche all’esterno. Quel liceo non ospitava più di settecento studenti, poteva sembrare uno spreco colossale, ma veniva utilizzata anche dai gruppi sportivi della zona. In piedi su una serie di materassi, il preside ed il suo vice si rivolgevano alla massa con un megafono e richiedevano silenzio, praticamente un’utopia. L’unica cosa che gli studenti rispettavano era l’imposizione di starsene seduti e la prima metà della palestra era per gran parte già occupata.
Che palle queste esercitazioni.”, disse Debra, toccandosi di capelli fulvi e mossi, “Fanno perdere un sacco di tempo e non servono a niente…”
Già…”, le rispose con poco interesse.
Come ti va la vita, Daniel?”, gli chiese.
Non aveva voglia di conversare, ma non voleva passare da maleducato.
Bene. A Te?”
Non c’è male, non mi lamento.”, disse Debra, “Ma sai, è tempo di verifiche semestrali e…”
La lasciò parlare, la conosceva come una gran chiacchierona e finché continuava a sproloquiare da sola, a lui non dispiaceva. Vide arrivare Tom e Dougie, si tenevano la mano e scherzavano, la campanella li aveva colti nel bel mezzo della lezione di informatica, che seguivano insieme. Si sedettero qualche fila davanti a lui e lo notarono, rivolgendogli un breve cenno di testa e un mezzo sorriso. Danny fece altrettanto, ma li abbandonò subito.
Non era loro due che voleva.
Danny?”, lo chiamò Debra.
Sì?”, si voltò verso di lei, colto nel pieno della sua distrazione.
Ti ho chiesto cosa fai per questo fine settimana.”
Mi vedo con la mia ragazza.”, le rispose, poi si spostò di nuovo alla ricerca di Alicia.
Ah… Non sapevo che ne avessi una.”, disse lei, “E… Chi è?”
Alicia.”
Pregò che fosse l’ultima cosa detta tra di loro.
Alicia?!”, esclamò invece Debra, “Alicia Lewis?”
Danny si voltò spazientito.
Sì, perché?”, le chiese, “C’è qualcosa che non va?”
Fu sufficiente per zittirla: Debra alzò le spalle e abbracciò le ginocchia, disinteressandosi e volgendo l’attenzione altrove. Danny ringraziò il cielo per aver avuto la faccia così di bronzo da trattarla male senza alcun rimorso, ma ebbe poco da essere contento.
Guarda, ecco la tua ragazza.”, disse di nuovo Debra, “E’ con Harry Judd, il suo ex.”
Gliela indicò con un sorriso piuttosto sprezzante.
Danny non poté fare a meno di ammutolirsi: Alicia stava facendo il suo ingresso nella palestra, teneva la mano di Harry e lo seguiva, in fila indiana come tutti gli altri intorno a loro. Si sedette nei pressi di Tom e Dougie e lì rimase, in compagnia di Judd. Danny non riusciva a toglierle gli occhi di dosso: la vide sorridere e tutto il mondo si frantumò. Cadde in frammenti sul pavimento e si fermò, diventando polvere. Ogni cosa saltò: piani, idee, progetti prossimi. Tutto venne cancellato perché non sarebbero stati niente senza di lei, Danny li aveva pensati per Alicia. Il concerto venne annullato: era ormai già lontano anche se vicinissimo, ci sarebbe stato il giorno seguente.
Forse fu il caso, forse si sentiva osservata, ma Alicia si accorse di lui ed interruppe la sua bella espressione, che pareva contenta. Danny voltò gli occhi altrove, dove il dolore era più lieve. Sentì il vecchio vuoto rabbioso crescere dentro di lui e si impose di calmarsi, nel mentre il preside era in consulta con i capoclasse per controllare la presenza di tutti gli alunni nella palestra.
Gli fu impossibile non tornare da lei, non resisteva, doveva vedere: Harry gli dava le spalle, non poteva notarlo, ma Alicia sì. Judd le parlava, gesticolava animatamente, c’erano alcuni dei suoi amici più stretti intorno a lui. Alicia lo ascoltava e sorrideva, ma non era lui che guardava. Teneva gli occhi dentro ai suoi, a quelli di Danny, e li lasciava per pochi attimi, solo per posarli sul suo fastidioso interlocutore. Danny non sapeva quale espressione potesse mostrare il proprio viso, ma se ritraeva anche un solo decimo del malessere che aveva dentro, sperò che Alicia lo stesse notando.
Potete lasciare la palestra e tornare nelle vostre aule!”, tuonò il preside con il suo megafono, “Tornate in aula! Se non lo farete, vi sospendo per un giorno! Mantenete la posizione, il compagno e siate ordinati!”
Andiamo!”, gli disse Debra, con la solita voce squillante, “E’ l’ora di tornare al lavoro.”
Sì…”, le rispose.
Lei tese la mano e lui la propria. Si alzò e si mise in fila con il resto del corpo studentesco.



Credi che l’abbia vista?”
Certo, cretino. E’ trasfigurato quando è arrivata con Judd.”
Proprio a lui doveva darla la mano!”
Poynter.”, lo calmò Tom, “Vedrai che si risolverà tutto.”
Entrambi avevano osservato ogni particolare, o meglio, Tom ne aveva notati più di Dougie. Insieme, però, avevano deciso di fare qualcosa per il loro amico. Non sapevano cosa fosse successo tra lui ed Alicia, ma qualcosa doveva pur essere capitato, altrimenti non Danny li avrebbe trattati come sconosciuti, quella mattina. Avevano messo il loro zampino nel malumore del loro amico, era ovvio, la scenata al telefono del sabato precedente era stata solo una patetica messa in scena guidata dalla loro gelosia. Se n’erano pentiti il giorno immediatamente successivo, quando la mamma di Poynter aveva detto ai due che Danny era venuto comunque al locale, anche se in compagnia di Alicia.
Erano gelosi marci di Jones, e allora? Oltretutto anche infantili e stupidi, ma troppo legati al vecchio Jones per poter rovinare tutto. Avevano passato troppe cose insieme, superato tante difficoltà. Danny era stato accanto ad entrambi, senza alcuna condizione: a Tom, quando i dottori avevano diagnosticato un tumore al seno a sua madre; a Dougie, quando aveva rischiato di ripetere l’anno scolastico. Non potevano voltare le spalle al loro migliore amico solo perché lui voleva passare del tempo insieme alla ragazza di cui era innamorato. In aggiunta, Danny non si era mai comportato come loro: era sempre stato contento e felice quando avevano trovato delle ragazze con cui uscire e divertirsi.
Cosa potevano fare allora per farsi perdonare? Chiedere scusa era troppo facile e banale, mentre l’occasione giusta si stava presentando davanti ai loro occhi. Danny ed Alicia sembravano aver litigato, potevano mettersi di buona lena e farli riappacificare!
Rimaniamo indietro.”, disse Tom, stringendo forte la mano di Dougie, “Ho in mente un’idea.”
Se continui a togliermi il sangue alle dita, ti do un calcio nelle palle.”, protestò Poynter.
Senza alcuna dolorosa rivoluzione, i due si intromisero nella folla ma restarono in disparte. Cercarono di non dare nell’occhio e contemporaneamente di non perdere di vista i due, Alicia e Judd, contornati dal gruppo di amici di lui, che sembravano avere tutti la loro solita intenzione, cioè uscire per ultimi. Danny era invece ormai fuori da ogni campo visivo.
Fecero modo di non farsi inghiottire dalla massa e per qualche momento persero il contatto con Alicia, poi videro il suo gruppo in avvicinamento.
Che stanno…”, borbottò poi Dougie.
Tom si voltò, scavalcò quella dozzina di persone con gli occhi. Nel frattempo varcarono la soglia della palestra, spinti dai chi alle loro spalle.
Vieni.”
Poynter lo strattonò ed uscirono dal fiume di studenti. Finsero di dirigersi verso i bagni, nessuno degli amici di Judd li notò. Una volta che furono tutti ad una certa distanza di sicurezza, i due si affacciarono nella palestra. Sandman, uno dei tanti bracci destri di Harry, se ne stava appoggiato all’entrata degli spogliatoi.



C’era tanta gente intorno ad Alicia, tante persone che l’avevano disprezzata e che certamente non avevano cambiato idea durante quella esercitazione anti incendio, nonostante avessero cercato di fare i simpaticoni. Dal primo all’ultimo, i ragazzi e le ragazze appartenenti al gruppetto di cui in principio anche lei aveva fatto parte, prima di rifiutare Judd, erano tornati improvvisamente ad essere suoi amici. Tutti. Semplicemente perché era apparsa mano nella mano con lui.
Era seduta tra loro: ridevano, scherzavano, si prendevano in giro e c’era chi si baciava, chi progettava per il fine settimana e chi la invitava alle prossime feste. Judd, accanto a lei, non voleva lasciarle la mano. Parlava con i suoi amici, si univa ai momenti di ilarità, ma le dita erano ancora intrecciate alle sue.
E Jones la guardava, da lontano, e vedeva i suoi occhi pieni di delusione. Alicia aveva trattenuto ogni sentimento, ogni voglia di alzarsi e correre da lui, ogni lacrima.
Potete lasciare la palestra e tornare nelle vostre aule!”, sentirono la voce metallica del preside, amplificata dal megafono, “Tornate in aula! Se non lo farete, vi sospendo per un giorno! Mantenete la posizione, il compagno e siate ordinati!”
Forza, su!”, esclamò Judd, che con un gesto rapido era balzato in piedi e l’aveva costretta ad alzarsi con altrettanta rapidità, “La chimica ci aspetta!”
Si trovò di nuovo circondata ed un’alta marea di voci entrò nelle sue orecchie; Alicia, che non era più alta del metro e sessantasette, si trovò nascosta tra decine di persone. Individuò i riccioli di Danny e volle seguirli, ma la sua mano era stretta in quella di Judd e lui non accennava a muoversi. Tutto il gruppo degli amici lasciò il resto del corpo studentesco uscire dalla palestra e si avviarono per ultimi. Judd aveva intavolato una conversazione con quel cazzone senza cervello di Sandman e, come previsto, non le permise di andarsene con gli altri.
Poi, quasi inaspettatamente si mossero, Alicia tirò un sospiro di sollievo. Camminarono verso l’uscita ma, prima di varcarne la soglia e lasciare la palestra, un’altrettanta improvvisata deviazione la fece ripiombare nel panico. Quasi senza accorgersene, Alicia si trovò all’interno degli spogliatoi maschili. Non ebbe il tempo di aggrapparsi a qualcosa né di gridare, fu tutto troppo veloce. Il buio di uno dei tanti sgabuzzini sopraffece la luce esterna.
Mi perdonerai per il cambio di programma.”, disse Judd, chiudendo la porta ed accendendo la piccola lampada, “Ma c’è una questione che devo sistemare.”
Judd, lasciami andare.”, disse Alicia con tono secco, che cercava di mascherare la sua paura.
Non voglio farti niente di male.”, si difese lui, con calma, “Voglio solo parlarti.”
Non… Non ho niente da dirti.”
Alicia, non ho la minima brutta intenzione!”, ripeté Judd.
Va bene, parla e lasciami andare.”
Invece di accontentarla, l’altro si spazientì ed alzò il volume.
Cazzo! Voglio solo parlarti e mi tratti come se volessi violentarti!”, Judd si infervorò, poi esitò, una mano sulla bocca, l’altra ferma sul fianco.
Alicia sentiva il proprio respiro aumentare di frequenza, e ad ogni boccata d’aria faticava ad incamerare ossigeno. Quella era la materializzazione del suo incubo, del terrore che la assaliva non appena Mark metteva piede dentro casa. Doveva uscire, trovare una via di fuga, scappare. I piedi erano dentro ad un blocco di cemento già fossilizzato, Alicia trovò solo la forza di indietreggiare ed appiattirsi al muro. Comunque, se non si fosse mossa da sola sarebbe stato Judd a costringerla: le venne incontro e la baciò, in un gesto rapido che Alicia non riuscì per l’ennesima volta ad evitare.
Scosse la testa, raccolse le forze e lo allontanò con una spinta. L’altro indietreggiò sorpreso.
Alicia sentì un rumore lontano, uno che pareva somigliare tanto al suo nome di battesimo. Judd si fece ancora avanti e ci provò di nuovo, ma lo respinse per la seconda volta. Alicia sentì a propria guancia colpita da una mano piena, da cinque dita aperte che le arrossarono il viso, e si trovò a boccheggiare contro la parete.
L’ho sempre saputo che eri solo una stronza.”, le vomitò addosso, “Una stronza puttana.”
Quel rumore lontano sembrò avvicinarsi.
Lewis? Sei lì dentro?”
La voce apparteneva ad uno degli amici di Jones, non riusciva a distinguere chi dei due con precisione. Nell’attimo in cui realizzò di conoscere quella persona, la stessa mano che l’aveva schiaffeggiata si fermò sulle sue labbra e la privò di ogni capacità di parlare. La bocca di Judd era vicina ai suoi occhi, Alicia poteva percepire la paura crescere in lui.
Te l’ho detto, Fletcher.”, era Sandman, “L’amichetta del tuo consorte sfigato non è qua.”
Fottiti, pezzo di merda.”
Hey! Metti giù le mani!”
Alicia!”
Alicia.
Fece appello al coraggio che le mancava. Urlò così forte che fu come farsi tagliare la gola, ma quelle che uscì fu solo un rantolo strozzato. Nessuno l’avrebbe mai sentita.
Alicia!”
La porta si mosse e si aprì, la luce degli spogliatoi entrò insieme alla faccia di Poynter, accompagnata dai suoi capelli biondastri e spettinati. Judd la liberò dal peso del proprio corpo.
Che gran figlio di puttana!”, esclamò Dougie, “Cosa cazzo volevi fare, Judd!”
Arrivò anche Fletcher.
Alicia!”, le fece.
Era stato lui a chiamarla, lo riconobbe; Tom riuscì a smuoverla dalla situazione di immobilismo in cui si trovava. Gli andò incontro ancora confusa e spaventata.
Dove… Dov’è Danny?”, gli chiese, trattenendo a stento le lacrime.
Dovrebbe essere rientrato in classe ma non lo so.”, le rispose, “Vuoi che ti accompagni?”
Annuì con un cenno di testa. Scortata dai migliori amici di Danny, Alicia uscì dalla palestra a viso basso, dietro di sé sentiva i passi di Judd e di Sandman. Vedeva i ragazzi guardarsi spesso indietro, controllare che gli altri non si avvicinassero troppo, mentre lei era occupata a proteggere se stessa stringendo le braccia al petto.
Stava per esplodere.
Danny!”
L’esclamazione forte di Dougie, alla sua sinistra, la obbligò a guardare davanti a sé. Jones era sulla soglia dell’aula, stava per entrare. Esitò nel vederli.
Danny! Aspetta!”, rinforzò allora Tom.
Sta per iniziare la lezione.”, disse lui.
Alicia sentì una mano amica premerle contro la schiena ed i passi aumentarono di velocità. Erano vicini, mancavano meno di cinque metri. Si voltò per un breve istante: Judd era sulla loro scia, sempre accompagnato da Sandman. Era come un incubo che non poteva finire.
Signor Jones!”, ascoltarono la voce di una professoressa che Alicia non conosceva, “Entri in classe o la lascio fuori.”
Danny, cazzo!”, insistette Poynter, “Fottitene della lezione!”
Jones fu incerto per la seconda volta. Alicia lo vide distintamente chiudere gli occhi, mordersi le labbra e abbandonare la soglia dell’aula. Venne loro incontro ma non sembrava comunque contento della decisione presa.
Non… Non potevate aspettare?”, chiese loro.
Le mani erano ferme sui fianchi, era scocciato. Alicia non era in grado di dire alcunché, ogni parola le moriva in gola, bloccata dal magone che la strozzava e che le impediva quasi di respirare. Era sull’orlo del baratro, doveva fare qualcosa. Doveva fargli capire.
Si avvicinò a lui, tese le mani e l'abbracciò. Scoppiò a piangere.
Ma… Cosa le avete fatto?”, chiese Jones ai suoi due amici.
Judd.”, disse Fletcher, ma Alicia non li ascoltava più.
Sentì la campanella suonare ancora, segnava la fine della lezione, ed il rumore assordante della confusione si riversò ancora nei corridoi.



Tom e Dougie li avevano visti andare verso gli spogliatoi, Sandman era rimasto a fare il palo. Si erano avvicinati, avevano cercato di entrare ma li aveva ostacolati. Due contro uno, alla fine Sandman si era piegato. Il resto della storia stava scatenando in lui l’impulso di alzarsi dal tavolo su cui era seduto, andare da Judd e riempirlo di pugni in viso. Sedutagli accanto, Alicia se ne stava davanti al suo vassoio, colmo di cibo ed ancora inviolato, così come il suo, quello di Tom e di Dougie. Nessuno dei quattro aveva fame, ma avevano comunque deciso di pranzare insieme a tutti gli altri.
Il braccio sinistro di Danny stringeva il fianco di Alicia, che fissava la sua bottiglietta d’acqua.
Vuoi andare a casa?”, le chiese.
Lei annuì con un breve cenno.
Ok, andiamo.”, la esortò ad alzarsi.
No, non ti preoccupare.”, disse Alicia con un sorriso, “Mi faccio venire a prendere.”
E da chi? Da un taxi?”
Danny, sto bene.”
Era inconcepibile.
Ti porto a casa mia.”, le fece, “Ti farai un bel bagno caldo e poi cercherai di dormire.”
Ma Danny…”
Dimmi di sì.”
Danny sentiva su di sé gli occhi dei suoi amici ma non badava loro. Alicia sospirò e si piegò alla sua volontà.
Ok…”
Bene.”, le disse sorridendo.
Si alzarono entrambi, ma prima che potessero allontanarsi insieme, Tom lo chiamò. Disse ad Alicia che l’avrebbe raggiunta al più presto e si trattenne con i suoi amici, tornando seduto davanti a loro.
Senti…”, disse Dougie, “Mi dispiace.”
Ci dispiace.”, lo corresse Tom, “C’ero anch’io quando Doug ti ha chiamato.”
E’ che… Lo sai… Il trio…”, balbettò l’altro.
Siamo dei coglioni, abbiamo sbagliato.”, aggiunse Tom, “E ci dispiace…”
Ci perdoni, vero?”, volle accertarsene Doug.
Danny rimase perplesso, ma non perché non avesse voluto perdonarli: lo aveva fatto già da tempo, anche prima che si fossero presi cura di Alicia. La sua incertezza era dovuta semplicemente a quei due scemi: ci sarebbero cascati ancora, ne era certo, ma li avrebbe scusati sempre. Il trio era il trio.
Siete due cretini.”, disse loro alzandosi, ma ridendo, “Se lo fate un’altra volta, vi castro.”
Tom si rivolse allora a Poynter.
Tieniti le palle.”, gli disse, “Quello fa sul serio.”
Li salutò con una pacca sulla spalla e raggiunse Alicia, che lo aspettava all’uscita della mensa. Una volta al sicuro, a casa, lasciò il bagno a sua completa e le disse di prendersi il tempo di cui aveva bisogno, di fare con calma. Nessuno tranne lui avrebbe potuto disturbarla: sua madre era al lavoro, Vicky a lezione, e Danny non aveva di certo l’idea di infastidirla.
Si sedette sul proprio letto e provò a rilassare i nervi. Per tutto il tempo passato in mensa aveva sentito gli occhi di Judd piantati sulla nuca, o forse era stata solo una sua stupida sensazione; non aveva fatto caso alla sua presenza, era stato troppo preoccupato per Alicia. Fortunatamente aveva avuto il buon senso di impedire a se stesso di scoppiare.
Accese lo stereo, vi infilò un cd a caso ed ascoltò. La musica aveva sempre avuto un buon effetto su di lui.

You know, a woman like you should be at home, that's where you belong
Watching out for someone who loves you true, who would never do you wrong
Just how much abuse will you be able to take?
Well, there's no way to tell by that first kiss
What's a sweetheart like you doin' in a dump like this?

Caro, vecchio Bob Dylan.
Qualche tempo dopo sentì lo scricchiolio del vecchio pavimento di legno ed alzò la testa verso la porta di camera, Danny si era disteso comodamente sul suo letto.
Già fatto?”, chiese ad Alicia.
Sì… Beh, non mi piace sprecare acqua.”, rispose lei, entrando nella stanza ed appoggiando la sua divisa sulla spalliera della poltroncina.
Non sarebbe stato uno spreco.”, la rimproverò.
Zitto, Jones.”, lo chetò Alicia, aggiungendo poi un sorriso.
Danny si sedette sul materasso e le fece segno di accomodarsi accanto a lui; lei lo seguì ed incrociò le gambe sulla coperta, ormai spiegazzata.
Se vuoi parlarne…”, le fece, “Ti ascolto volentieri.”
Alicia scosse la testa, ma poco dopo parlò.
Judd mi ha colto alla sprovvista.”, disse lei, guardando l’orlo lievemente sciupato della felpa che indossava.
Non ti ha fatto… Fatto del male, vero?”
Esitò ancora.
Mi ha… Mi ha…”, nascose il viso tra le mani ma non pianse, “Mi ha baciato… E mi ha dato uno schiaffo.”
Danny evitò di nascondere la rabbia in crescita esponenziale. Doveva controllarsi davanti a lei, era assolutamente necessario non perdere il controllo.
Non ti preoccupare.”, cercò di tranquillizzarla, “Ora è tutto finito.”
Ebbe quasi l’impressione di mentirle, non sapeva giustificare quella sensazione, ma l’abbracciò comunque. L’unica cosa certa di tutto quello era che Judd l’avrebbe pagata, prima o poi. Non sapeva dove avrebbe trovato il coraggio, ma era fiducioso: il solo pensiero di quello che le aveva fatto mandava in tilt le sue capacità razionali, cancellava ogni freno.
Ho davvero bisogno di dormire.”, disse Alicia.
Anch’io…”, le fece, “Ti lascio il letto, me ne vado di sotto.”
No…”
Danny rimase interdetto.
Vuoi che rimanga?”, le chiese, doveva aver capito male.
Sì.”
Li svegliò un’esclamazione piuttosto colorita di Vicky, almeno quattro ore dopo.


_______________________

Nota dell'autrice.
Dopo millenni aggiorno :D spero che qualcuno di voi si ricordi ancora cosa sta succedendo... Ringrazio comunque tutti quelli che mi hanno seguito finora! Prometto che aggiornerò con più costanza!
Ad ogni modo, la canzone citata qualche paragrafo sopra è Sweetheart like you, di Bob Dylan. Cercatela su YouTube, è eccezionale.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 9 

Others pretend they don't care at all

Scese dall’autobus insieme ad Alicia, la pioggia batteva ancora sul loro mondo, ed entrarono nella scuola nascosti sotto lo stesso ombrello. Si salutarono e si divisero, ognuno diretto verso la propria destinazione. Prima di quel momento uno soltanto era stato l’argomento delle loro conversazioni.
Il concerto.

Occupava ogni pensiero, briciola libera di loro stessi, ogni attimo. Così come il giorno precedente, avrebbero entrambi saltato le lezioni pomeridiane e sarebbero saliti in auto diretti verso la grande Wembley Arena. Vicky, nonostante la sua ritrosia iniziale, non ebbe niente da ridire sul cedere il suo biglietto ad Alicia. Danny aveva giocato d’astuzia, mettendola con le spalle al muro durante la cena della sera precedente: riuniti intorno al tavolo, aveva chiesto alla sorella di lasciare cortesemente il suo posto numerato lato palco, e Vicky non aveva potuto dire di no, trovandosi in presenza di Alicia. Le stava bene, si era detto Danny, così imparava a moderare i suoi modi dittatoriali.
Le lezioni erano quasi terminate, mancavano solo un altro paio di ore, poi avrebbero mangiato ed infine sarebbero tornati a casa. Matematica stava per iniziare, la classe era ormai del tutto piena.
Gran giorno oggi, vero?”, gli domandò Tom, seduto come sempre davanti a lui.
Già!”, esclamò Danny entusiasta, “Non sai quanto abbia aspettato questo concerto!”
E Vicky? Cosa ha detto?”, gli domandò Dougie, che dal banco alle sue spalle si era spostato su quello di Tom, accomodando il suo fondoschiena su di esso.
Assolutamente niente.”, rispose lui, “Non poteva dire di no di fronte ad Alicia.”
Che gran bastardo che sei!”, esclamò Fletcher, dandogli una sonora pacca sulle spalle.
Si chiama istinto di sopravvivenza.”, gli rivelò, “Tu non puoi capire di cosa sto parlando.”
Fletcher, così come Dougie, aveva una sorella più piccola e non poteva afferrare lo strazio del subire in silenzio tutte le angherie che erano toccate a lui, come a tutti i fratelli minori del mondo. Danny vide Alicia spuntare nell’aula e fargli cenno di uscire: non seppe cosa poteva volere da lui ma la raggiunse subito.
La prof di letteratura mi trattiene per un’interrogazione fuori programma.”, gli spiegò, “Quindi niente matematica per oggi.”
Va bene.”, le disse, “Ci vediamo a mensa allora.”
Perfetto!”, esclamò lei, che doveva essere piuttosto contenta di quel cambio di programma.
Si salutarono con un veloce bacio sulla guancia, a nessuno dei due piaceva dimostrare al pubblico quello che c’era tra loro, e Danny tornò dai suoi amici. Ignorò volutamente l’arrivo di Judd, imponendosi calma sotto lo sguardo deciso dei suoi due amici, e la lezione iniziò.
Ebbe poco da fare, la Gambler interrogò due cognomi a caso, Poynter e Fletcher, che ne uscirono con una sufficienza non del tutto piena. Tornarono a posto con l’aria da cani bastonati, ma Danny sapeva che dentro esultavano: finché si trattava di un voto del genere, i suoi due amici erano più che contenti. Nel caso in cui fossero scessi sotto la media, ricorrevano a lui che era subito pronto ad aiutarli. Si chiese cosa avrebbero fatto senza il loro sostegno reciproco.
La campanella suonò e la classe prese lentamente a svuotarsi.
Facci sapere come va il concerto!”, gli disse Dougie, “E, nel caso in cui ci fosse un dopo concerto…”
Certo, nella tua testa!”, rispose Danny ridendo.
Hey, sono un pervertito ma non mi metto a fantasticare su vuoi due!”, si difese l’altro, che se ne andò tenendogli un finto broncio.
Jones.”, lo chiamò Tom, “Spero che Alicia abbia una sorella o una cugina disposta a dargliela, altrimenti il nostro Dougs se lo consumerà fino all’ultimo centimetro…”
Digli di lasciar perdere quel cavolo di videogioco e di uscire di più!”, lo consigliò.
Danny stava lasciando l'aula in compagnia di Tom, quando venne trattenuto. La mano sul suo braccio era quella di Fiona Young: non la conosceva ma sapeva a quale cerchia di persone appartenesse, e l'idea di perdere del tempo con lei non gli piaceva affatto.
Scusami, Danny, posso chiederti una cortesia?”, gli domandò in tono cordiale.
Salutò Fletcher e ascoltò la richiesta di quella ragazza, come l'educazione lo obbligava.
E’ evidente che sei bravo in matematica e che fai dei miracoli anche con chi non capisce niente di numeri…”, esordì Fiona con un chiaro ed immediato riferimento, “Non è che saresti così gentile da dare una mano anche a me?”
Beh… Io non…”, si preparò a rifiutarla con garbo.
Andiamo, ti pagherei davvero bene!”, insistette lei, “So che Lewis ti ringrazia con qualcosa come dieci sterline ogni sera, te ne posso dare quindici!”
Fiona, non credo che…”
Dimmi quando sei disponibile!”, lo interruppe ancora.
No!”, esclamò Danny, subito pentito di aver alzato la voce, “E’ molto gentile da parte tua, ma no, non posso.”
Ah… Ok.”, disse l’altra, fintamente dispiaciuta, “Va bene, chiederò a qualcun altro.”
Senza un saluto né un prego, Fiona se ne andò. Danny si massaggiò gli occhi stanchi sotto alle lenti: non volle sapere con quale coraggio si fosse rivolta a lui quando il resto del suo tempo lo passava a dire male della sua ragazza. Evidentemente le persone potevano arrivare più in basso di quanto lui si aspettava. Tornò sulla sua via, ma lo bloccarono ancora.
Jones.”
Una puntura di ape era più benvoluta di quella voce.
Harry, lasciami in pace.”, gli disse.
Un’altra presa sul suo braccio lo costrinse a voltarsi contro la sua volontà.
Volevo solamente dirti che è stata la tua ragazza a trascinarmi lì dentro.”, ebbe il coraggio di affermare.
Danny si liberò dalla sua mano.
E’ una bu-bugia bella e bu-buona.”, rispose balbettando.
Danny voleva andarsene, voleva ignorarlo. Voleva essere lasciato in pace.
E’ la ve-verità.”, lo prese in giro Harry.
I piedi esitarono sulla soglia della porta. Judd sembrò esserne contento, così tanto parlare ancora.
Ci hai visti entrare, eravamo mano nella mano… Ma io non ho fatto niente, sono innocente, è stata una sua iniziativa.”, ed alzò le mani in aria, sottolineando la sua dichiarazione, “Pensa bene a quello che fai, Jones, lei non è esattamente quella che tu pen-…”
Le mani si impossessarono del colletto sbottonato della camicia di Judd, Danny spinse indietro l’intero peso del suo corpo. Li fermò soltanto il frammento di muro compreso tra la lavagna e l’armadietto, pieno di libri e scartoffie varie. La nuca di Harry colpì il cemento, un’esclamazione di dolore uscì dalla sua bocca.
Ecco cosa Danny intendeva con rabbia incontrollata ed improvvisa. Ecco cosa lo spaventava di se stesso, l’incapacità di trattenersi e la vera possibilità di fare del male al prossimo suo. Fissò le pupille dentro quelle di Harry, che venivano velocemente nascoste dalle palpebre.
Ascoltami bene, Judd.”, gli disse, resistendo ai suoi tentativi di liberarsi, “Lasciala in pace.”
Fottiti!”, gridò l’altro.
Danny non aveva muscoli, quelli che si era fatto giocando a calcio erano scomparsi, ma l’adrenalina che circolava in lui lo riempiva di forza. Judd era incapace di togliersi le sue mani di dosso, Danny si sentiva mosso da qualcosa che aveva dimenticato.
Lasciala in pace, ti è chiaro?”, gli ripeté.
Sei solo uno sfigato.”, rispose Harry, rinunciando alla lotta.
E tu un figlio di puttana. Chi sta meglio tra noi due?”, lo sfidò ancora.
Io, perché la mia ragazza non è una puttana come la t-…”
Lo sbatté ancora contro il muro: Judd sentì il doppio del dolore, il suo urlo strozzato lo confermava, e Danny ne fu così contento che volle farlo ancora.
Lascia in pace Alicia.”, gli disse per la terza volta, “Riversa le tue frustrazioni del cazzo su di me, ma lasciala in pace.”
L’altro non ribatté, Danny sentiva solo il suo respiro veloce e affannato.
Bene.”, e lo lasciò, puntandogli contro l’indice, “Ti avverto, non sto scherzando.”
Gli voltò le spalle e lasciò la stanza. Aveva provato piacere nell’usare violenza contro Harry.
Male, molto male.


Attendeva Jones sulla soglia della mensa ma sembrava non arrivare, con lei c’erano Poynter e Fletcher. Li aveva già ringraziati per averla tolta dai guai, e comunque doveva loro molto più che una semplice parola di sei lettere.
Eccolo!”, disse Fletcher, sbuffando, “Jones! Stiamo morendo di fame!”
Li raggiunse, ma ben prima che fosse vicino da notarlo con evidenza, Alicia vide che c’era qualcosa che non andava. Lei come i suoi due amici si preoccuparono subito per lui.
Niente. Sto bene.”, disse Jones, “Ci mettiamo in fila? Altrimenti ci rimarranno solo le briciole.”
Passò oltre e li lasciò chiedersi quale fosse stato il suo problema. Presero i loro vassoi, camminarono lenti verso la fine del lungo bancone e, con il cibo tra le mani, trovarono un tavolo per loro. Danny non proferì parola, si buttò sul suo pranzo e si chiuse in se stesso. Alicia cercava risposte negli occhi dei suoi due amici, ma anche loro sembravano essere all’oscuro di tutto.
Non si aspettava quel cambio di umore. Avevano una delle migliori giornate di tutta la vita davanti a loro ed Alicia si stava sforzando di cacciare indietro ogni pensiero negativo; aveva ringraziato il cielo quando era rimasta bloccata a letteratura, non si sentiva ancora in grado di affrontare Judd, sebbene non avesse avuto più nulla da temere.
Danny non poteva farle quello… Almeno lui doveva riuscire a sorridere. Alicia non aveva il coraggio di chiedergli ancora cosa avesse avuto, aveva paura di porgergli una semplice domanda. Danny guardava il suo vassoio e mangiava, nient’altro, tanto che Tom cercò di attirare l’attenzione di Alicia.
Mi è piaciuto il tuo ultimo lavoro.”, le disse Fletcher, “Quello che hai consegnato per la verifica di disegno.”
Ah… Grazie.”, gli rispose, “Mi ci è voluto un po’ per finirlo…”
E’ venuto ottimo, credimi.”, disse l’altro.
Che cosa hai disegnato?”, le domandò allora Poynter.
Un ritratto… Una mamma con un bambino in braccio.”, gli spiegò molto sinteticamente.
L’effetto dei colori morbidi sul carboncino davano un senso di… Non so…”, disse Tom, puntando il mento con la forchetta e lasciando così quattro piccoli buchetti sulla pelle, “Non è una critica, ma mi metteva tristezza.”
Non seppe cosa rispondere, e non fu perché l’aveva lasciata senza parole. Non aveva voglia di parlarne.
Jones.”, lo chiamò Tom, “Ho perso la mia password per accedere all’aula informatica. Mi presti la tua?”
Te la segno su un foglietto.”, rispose lui brevemente.
Era un modo cretino come un altro per farti alzare il culo da quella sedia.”, si chiarificò senza troppi giri di parole, “Quindi vieni con me e dimmi cos’hai.”
Fletch, non insistere, ti prego.”, disse Jones, “Lasciami in pace.”
Jones, alzati.”, gli impose l’altro.
Alicia non ci pensò due volte. Era lei il problema, poteva inventarla personalmente un’idea idiota per togliersi dai piedi.
Vado in bagno.”, disse.
Scansò la sedia e si allontanò.



Due paia di occhi si puntarono su Danny, erano pieni di rimprovero, domande e fastidio. Tom avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, anche Dougie sentiva un fastidio alle mani. Insieme, avrebbero voluto gonfiargli il viso.
Jones, per piacere, smettila di fare il coglione.”, lo consigliò Dougie, “Dicci cosa c’è che non va.”
Ha a che vedere con Judd?”, gli domandò allora Tom, “Se non erro siete usciti per ultimi dalla classe di matematica.”
I due avevano chiaramente visto un Danny alterato lasciare l’aula e infilarsi in quella immediatamente successiva, e di lì a poco Harry aveva fatto altrettanto, dirigendosi però nella direzione opposta. Non sapevano cosa fosse successo tra i due, ma qualcosa era capitato. Si erano fatti un’idea… E si erano preoccupati.
Non ne voglio parlare.”, si oppose Danny, “Basta.”
Sono sincero, non ce ne importa un cazzo.”, disse Dougie, “Ma credo che Alicia meriti una spiegazione.”
Non mi è sembrato che sorridesse quando se n’è andata in bagno.”, aggiunse Tom.
E va bene!”, esclamò allora Danny, le provocazioni erano servite al loro scopo, “Volete sapere cosa è successo? Ho appeso Judd al muro perché sparlava su Alicia, siete contenti adesso?”
Alcuni dei loro vicini si voltarono incuriositi, attirati dalle parole forti di Danny. Il trio attese che la curiosità scemasse, rimpiazzata dalla solita confusione che popolava la mensa. Jones tornò alla tortura della sua carne grigliata, i due si guardarono con comprensione.
L’ho preso per il collo e l’ho sbattuto contro la parete.”, aggiunse Danny, con tono più moderato.
Hai fatto bene.”, disse Tom.
Dici?”, chiese retoricamente l’altro, “E’ un bene prendere una persona e malmenarla?”
Non lo hai fatto, Danny.”, si mosse allora Dougie, “Hai reagito ad un’offesa, si chiama legittima difesa.”
Mi è stato insegnato che non si usa violenza contro altra violenza.”, ripeté Danny.

Lei lo sa del problema che hai avuto?”
La domanda doveva arrivare, prima o poi, e Tom non si sentì in colpa per avergliela posta.
No.”
Dovrebbe.”, ancora Tom.
Si spaventerebbe.”
Capirebbe.”, lo corresse Dougie.
Jones esitò
No.”, disse poi, “Avrebbe paura che le possa fare del male.”
Sai che non accadrà mai.”, volle convincerlo Dougie, pienamente sicuro delle sue parole, “Danny, lo sappiamo tutti e tre che non lo farai.”
Sei altrettanto sicuro che Alicia la penserà allo stesso modo?”, lo sfidò Jones.
Sì.”, risposero Tom e Dougie, in coro.
Danny scosse la testa, era fermo della sua posizione e non sarebbero mai riusciti a fargli cambiare idea, a meno che non fosse stato lui stesso a tornare sui suoi passi.
Cerca almeno di non pensarci.”, disse Tom, “Avete il concerto stasera…”
Non ho più molta voglia di andarci.”
I due rimasero con un palmo di naso. Stupidi, esterrefatti, idioti.
Io…”, disse ancora Danny, “Non voglio andarci perché…”
Si bloccò. Videro la sua mano sinistra chiudersi in un pugno stretto.
Perché stavo bene.”
Non lo capivano.
In quale senso?”, domandò Tom.
In un unico senso, Fletcher.”, lo seccò Danny, “Stavo bene nel fargli del male.”
Era perché gli stavi dando una lezione.”, disse l’altro, “Credimi, è così.”
Danny, adesso è tutto ok.”, Dougie rincarò la dose, “Non è più come prima…”
E se ti stessi sbagliando?”, ringhiò Danny.
Poynter lasciò il tavolo, dimenticando di proposito il suo vassoio.



Stava camminando per il corridoio a tutta velocità, dritto verso l’aula di informatica. Doveva ancora finire di aggiustare un vecchio pc: lo aveva smontato e rimontato almeno sette volte, ma non c’era niente di meglio che sfogarsi su di una carcassa di metallo e circuiti per rilassare la mente. C’era chi ascoltava musica, chi leggeva, chi scriveva o disegnava: a lui bastava un computer, oppure il suo videogioco.
Poynter…”
Si voltò per scrupolo, non perché avesse avuto la vera intenzione di farlo.
Oh… Alicia…”, disse fermandosi, non l'aveva riconosciuta.
Le andò incontro. Lei gli sorrideva debolmente, ferma sulle scale che portavano alla sala opposta a quella verso cui era diretto. Si sedette accanto a lei.
Pronta per il concerto?”, le chiese, come se nulla fosse successo.
Come se fossero sempre stati amici, come se non l’avesse mai odiata per avergli rubato Jones.
Alicia alzò le spalle, la risposta era alquanto scontata.
Tranquilla, Danny non ce l’ha con te.”, le fece, “E’ che… Ogni tanto ha questi momenti, ma passano presto.”
Lo spero.”, disse la ragazza, guardando le proprie mani che si intrecciavano tra di loro.
Il fatto di Judd lo ha scosso un po’. Dagli il tempo di riprendersi. In pochi minuti starà meglio.”
Lei annuì con un cenno della testa ed un piccolo sorriso. Sì, era molto carina, Dougie doveva ammetterlo, e capiva perfettamente perché Danny ne era stracotto. Non la conosceva bene, ma alcune dimostrazioni della sua personalità gli avevano fatto capire che doveva essere una ragazza forte, una che sapeva quello che voleva, ma non in quel momento.
Ogni medaglia aveva due facce.
E’ che…”, stette per dire Alicia, ma non continuò.
Puoi parlarmi tranquillamente.”, la rassicurò, “So quando un segreto deve rimanere tale.”
Vedi… Vorrei andare al concerto senza pensare a… A niente.”, la vide chiudere gli occhi e la sentì sospirare, “Solo che non ci riesco.”
Beh, se quel coglione continua a comportarsi come un bambino, lo credo bene che tu non possa riuscirci.”, le fece, “Vorrei tanto prenderlo a calci in culo… Col tuo permesso, ovviamente.”
Alicia rise, lo fece involontariamente stare meglio.
Fai pure.”, disse poi.



Non ti capisco, Danny.”
Non importa che tu lo faccia.”
E invece vorrei.”
Anche Danny si alzò dal tavolo e lasciò lì il suo vassoio, sebbene il regolamento lo vietasse con severità.
Jones, dove stai andando?”, gli chiese Tom, ma non gli rispose.
Uscì dalla mensa, sentiva il suo amico camminare dietro di lui e non gli importava.
Jones, fermati!”
Era la terza volta in quella giornata che qualcuno lo prendeva per un braccio e lo costringeva a fermarsi. Nella maggioranza dei casi non sopportava il gesto, tanto meno in momento in cui l’unica cosa che avrebbe voluto fare era cancellare se stesso.
Ragiona!”, gli disse Tom, guardandolo dritto negli occhi, “Stai facendo del male ad Alicia.”
Non l’avete mai potuta soffrire.”, disse al suo amico, “Perché ora tenete tanto a lei?”
Ti fa stare bene. Qualunque persona che ci riesca è la benvenuta.”
Non essere ipocrita.”
Quello che vide quasi lo spaventò. Tom prese il respiro più profondo che i suoi polmoni gli permisero, chiuse gli occhi ed attese che la rabbia passasse. In quell’aspetto erano profondamente simili e diversi: entrambi cercavano di non dare mai in escandescenza per due motivi di basilare importanza. Danny lo faceva per necessità, Tom era naturalmente diplomatico. Era la classica persona che attendeva mille anni per un grido.
Danny, piantala con queste cazzate.”, gli disse.
Entrambe le mani si posarono sulle sue spalle. Le pupille premevano contro le sue.
Devi convincerti che non c’è niente di male in quello che hai fatto a Judd. Quel figlio di puttana ha messo le mani su Alicia, è stato tuo dovere fargli capire che non deve più azzardarsi. Se lo è meritato e sei stato bene perché hai finalmente dato sfogo alla pressione che ti aveva messo sulle spalle…”
Jones non era capace di controbattere.
Adesso dimmi.”, si riprese Tom, “Ti sembra giusto che Alicia stia seduta sulle scale dell’ala ovest a parlare con quell’imbecille di Poynter, mentre tu stai qui a discutere sul fatto che sia giusto o non giusto mettere le mani addosso a Judd, che non esiterebbe un secondo a fare altrettanto con te, senza motivo?”
Danny si voltò verso i gradini: a molti metri da loro Alicia e Dougie parlavano e ridevano. Non fu gelosia quella che provò, ma profonda vergogna.
Ecco!”, esclamò Tom, “Adesso va’ da Alicia, salvala da quel cazzone e portala a questo cazzo di concerto, prima che dica talmente tante volte la parola cazzo da costringermi a lavare la bocca con il sapone.”
Danny aggrottò le sopracciglia. Tom ansimava per le troppe parole dette senza riprendere un briciolo di fiato.
Cazzo?”, gli fece.
Cazzo!”, rispose Fletcher, “E togliti dal cazzo, Jones!”



E mi raccomando, fai delle fotografie decenti o ti distruggo il poster.”
Provaci e mescolo i tuoi smalti.”
Era buffo vederli becchettarsi tra loro, Alicia era figlia unica e non aveva mai potuto godere della presenza di qualcuno così vicino a lei .
Lasciami andare o rimarremo imbottigliati nel traffico.”, disse Danny, liberandosi dalle raccomandazioni della sorella.
In fin dei conti Alicia si sentiva un po’ in colpa per averle preso il biglietto, ma non più di un tanto, doveva essere sincera. Salutarono anche sua madre, che augurò loro buon divertimento, e salirono in auto pieni di trepidazione. Avevano i biglietti, il motore sotto al culo, mancava solo di arrivare alla Wembley.
Si ritrovarono davvero in mezzo al peggior traffico della storia londinese, ma erano comunque sorprendentemente tranquilli: nonostante la partenza in largo anticipo, quei due posti lato palco erano per loro e nessun altro avrebbe potuto occuparli. Bloccati sotto la pioggia, mentre lo stereo riproduceva una stazione radio qualunque, ebbero il momento di fare il punto della situazione. Da quando si erano ricongiunti, davanti alle scale dell’ala ovest, nessuna parola era stata spesa su quella mattinata.
Uhm… Alicia.”, le fece Jones, cogliendola soprapensiero, “Mi dispiace per oggi.”
Non ti preoccupare.”, rispose lei con un sorriso sincero, “Può capitare.”
Non succederà più, te lo prometto.”
Le prese la mano ed incrociò le dita con le sue.
E’ che Judd… Mi ha infastidito.”, si spiegò Jones, “Mi ha…”
Il trillo del suo cellulare lo interruppe. Si scusò e recuperò quel coso infernale nella tasca della giacchetta. Sullo schermetto esterno era illuminato il nome di suo padre.
Pronto?”
Ciao, Allie…”
Ciao papà.”, rispose, e lanciò uno sguardo a Jones.
Come stai?”, le chiese lui.
Bene, me la cavo… La vacanza?”
La stretta delle dita di Jones si fece più forte.
Alla grande. E il concerto?”
Stiamo… Per entrare. C’è… Un sacco di gente.”
Lo credo bene.”, rispose Adrian, “Beh… Comportati educatamente. Ciao!
Ciao…”
Chiuse il cellulare e lo ripose. Era stata la telefonata più breve di tutta la sua vita.

Non lo sentiva da quando era partito, tra di loro non c’era stata alcuna telefonata, né un messaggino. Niente, come se lei fosse stata orfana ed Adrian non avesse mai avuto una figlia.
Cosa ti ha detto?”, le domandò Danny.
"Niente, che in Svezia va tutto bene.”, disse con brevità.
A Danny non bastò quella patetica bugia e le chiese di essere sincera.
Parliamone dopo… Ci stai?”, gli disse.
In quella serata esisteva una sola cosa: il concerto. Tutto il resto era bandito e l’emozione concessa era soltanto la gioia di assistervi. Nient’altro.
Ok.”, Jones accettò quell’accordo, “Ne parliamo dopo.”



Alicia scoppiò in lacrime appena Springsteen salì sul palco. Divenne una fontana, singhiozzava e rideva, era uno spettacolo comico a cui Danny si era imposto di resistere, una volta raccolto tutto il suo self-control. Forse reagiva in quel modo per la scarica di adrenalina positiva, forse perché durante tutta l’attesa la sua agitazione non aveva fatto altro che aumentare esponenzialmente. Danny non poteva dirlo, riusciva solo ad osservarla e a chiedersi se prima o poi smesso di piangere, una volta iniziata la prima canzone. Ce ne vollero cinque, tanto che gli spettatori vicini si preoccuparono per il suo stato emotivo.
Tranquilli!”, gridava Danny, oltrepassando i decibel della musica, “E’ felice di essere qua!”
Sembra una pazza del manicomio!”, esclamò uno di loro.
Quel tizio non aveva pienamente torto, ma si beccò comunque un’occhiata torva. Springsteen era davvero vicino. Vicinissimo. Così vicino che Danny, quando lo aveva visto camminare dal retro del palco fino al suo microfono, era rimasto senza fiato. Mettersi a gridare e sbraitare non era cosa da lui, né da persona sana di mente, così si era limitato a fissarlo con occhi spalancati fin quando il pensiero di Alicia piangente al suo collo non era tornato a fare capolino nella sua mente.
In tutti i concerti precedenti, Danny e sua sorella si erano sempre dovuti accontentare di posti in piccionaia: ultima gradinata, ultimo anello, ultimi degli ultimi, e non importava quanta velocità avevano impiegato per comprare i biglietti. Si chiese come Vicky avesse potuto avere quei due posti, l’Arena era andata completamente sold out a mezzora dall’apertura delle vendite. Davanti a loro nessuno, soltanto la balaustra, e sotto di essa il palco.
Oddio!!!”, Alicia gridò nel suo orecchio.
Calmati!”, sbraitò Danny ridendo, “Non sta succedendo niente di male!”
Sta venendo qua!!! Sta venendo qua!!!”
Il boato della folla annientò ogni altro suono. Springsteen, accompagnato dalla sua chitarra e dall’armonica al collo, stava camminando verso la curva sinistra dell’arena, loro si trovavano proprio al suo inizio. Alicia prese a sbracciarsi e a gridare il suo nome, tanto che Danny dovette stare attento ad evitare il suo gomito destro, sempre in potenziale collisione con i suoi occhiali.
Dalla sesta canzone in poi il temperamento schizofrenico ed agitato di Alicia prese a scemare, lasciando lo spazio ad una visione più calma e regolare dello spettacolo, che fino a quel momento era stato comunque magnificamente fuori da ogni sua aspettativa. Springsteen non era da solo, c’era tutta la E-Street Band al completo, e l’arena cantava con loro.
Ti sei calmata?”, chiese ad Alicia, che tra una canzone e l’altra si stava asciugando le lacrime.
Sì…”, rispose lei, “Scusami… Ma non riesco a trattenermi!”
Non ti preoccupare… Lo terrò a mente!”
Tranquillizzati entrambi, le loro voci tornarono ad unirsi ai cori. Abbracciò Alicia e si dondolò insieme a lei al tempo della successiva ballata. L’emozione che Danny provava era indescrivibile, mai come quella volta aveva assistito ad un concerto con il cuore martellante in gola, da far fatica a respirare. Era felice di essere lì con lei e di averla resa a sua volta felice. Sentiva di poter fare qualsiasi cosa, di poter sconfiggere tutte le paure, la carica che aveva dentro era così forte da sentirsi come drogato.
Oh mio Dio!”, tornò Alicia alla carica.
Che succede?”, le fece.
Jones, ascolta!!!”, disse lei, “E’ la mia canzone preferita!”
Comprese. Se escludeva i dvd degli shows, non aveva mai sentito Because The Night suonata dal vivo con le proprie orecchie.
Ho un’amica a cui piace molto!”, le gridò a pieni polmoni, ma era sicuro che Alicia non lo stesse assolutamente ascoltando, “Chissà se è qua con noi!”
L’evidenza era tale che Danny lasciò perdere Allie, tenendola per sé. Non si ricordava se sarebbe venuta al concerto, quasi se ne rammaricò, avrebbe potuto essere una buona occasione per incontrarsi per la prima volta. Molto probabilmente non avrebbe gioito della presenza della sua ragazza, ma cosa poteva farci?
Nel frattempo, Alicia era incontenibile e cantava così forte che Danny fu costretto a riderle in faccia.
Era troppo divertente!



Il concerto stava volgendo al termine. Due ore e un quarto di musica, cori e mani alzate, accendini, flash e telefoni sventolati in aria. L’arena al completo stava chiedendo un bis e loro due non erano da meno. C’era una voce unica che chiedeva un’altra canzone, ma Springsteen ne aveva già cantate quattro in più rispetto alla scaletta ufficiale, non li avrebbe mai accontentati. Si trovava sul palco, stava discutendo con alcuni dei suoi musicisti: il pubblico si trovava in un rumoroso silenzio di trepidazione, c’era davvero la possibilità che lasciasse tutti a bocca asciutta.
Tornò a grandi passi verso il microfono, un’alta marea di flash impazziti illuminò la Wembley.
Ok, Londra, un’altra canzone.”, disse.
Non potevano chiedere di meglio e tutti lo ringraziarono con urla ed applausi.
Ma una soltanto.”, aggiunse.
Una o cento, era lo stesso. Il concerto sarebbe durato il tempo di un’altra canzone. Alicia strepitò, saltava ed applaudiva, Danny non era da meno. Durante tutto lo show avevano cantato, si erano tenuti per mano, si erano baciati… Lui ed Alicia, come non avrebbe mai pensato che sarebbe successo nella sua vita. Né con lei, né con un’altra ragazza, ma a Danny cosa importava? Era lei che aveva sempre voluto. Prima di Alicia non aveva mai aperto abbastanza gli occhi ed il cuore per qualcuna: non ne aveva avuto il coraggio, né aveva incontrato una persona che fosse riuscita in un attimo a trapassarlo da parte a parte, come la freccia scoccata dall’arciere esperto verso il centro bersaglio più lontano.
Cosa c’è?”, gli chiese Alicia.
Danny si riprese, accortosi che per tutto quel lasso di tempo l’aveva fissata con aria stupidamente innamorata.
Oh… Niente.”
Qualcosa che non va?”, si preoccupò lei.
Ascoltò le note riprodotte dalle grandi casse che circondavano tutto il palco e le riconobbe subito.

We said we'd walk together, baby, come what may
that come the twilight should we lose our way

Alicia lo guardò con occhi felici.
E’ la tua canzone!”, esclamò.
Evidentemente sì. Alicia si avvicinò e lo baciò.
Non sei contento?”
Sì, lo era, ed anche molto.
Ha suonato entrambe le nostre canzoni preferite!”, strillò ancora Alicia, incontenibilmente euforica.

We swore we'd travel, darlin', side by side
we'd help each other stay in stride
but each lover's steps fall so differently

Si sedette, poteva tranquillamente vedere ogni particolare dello show anche da lì, sebbene avesse passato tutto il tempo in piedi.
Nonostante quello, non era la vista quello a cui lui teneva. Danny notava lo sguardo impensierito di Alicia, ma non c’era assolutamente niente di cui preoccuparsi. Non stava male, non era triste.
Era la sua reazione naturale a quella canzone, niente di più.

Now everyone dreams of a love lasting and true
but you and I know what this world can do
So let's make our steps clear that the other may see

Voleva solo ascoltare.
Fece cenno ad Alicia di sedersi, ma non accanto a lui, bensì sulle sue gambe. Lo accontentò, passando un braccio sulle sue spalle, e la guancia di Danny si fermò accanto alla sua. Non lo affermava con estrema precisione, ma doveva essere una delle prime canzoni di cui aveva ricordo. Tantissimi fatti erano legati a quelle note, non uno meno importante dell’altro, compreso l’attimo che stava vivendo. Così come era abitudine di Danny, Alicia gli dette un bacio sulla testa, su quell’ammasso scomposto di ricci, che poi scompigliò con le dita. Gli sorrise.
Grazie.”, lesse poi sulle sue labbra.
Ricambiò con un sorriso, poi tornò alla visione del concerto. Non si accorgeva del piccolo muoversi costante del propri corpo, che stava cullando entrambi.

Se questa è la felicità, la voglio vivere per sempre, si disse Danny. Non aveva mai chiesto troppo alla Vita, forse niente, e allora quella sarebbe stata la sua unica richiesta.
Da due mesi a quella parte, un giorno dopo l’altro gli era stato regalato qualcosa di inaspettato, sorprendente, che spesso lo aveva spaventato a morte. In quegli stessi due mesi, tra alti e bassi era successo qualcosa che aveva stravolto il suo modo quotidiano di vivere. Avvolse con maggior calore quel qualcosa, che sedeva sulle sue gambe e lo ricambiava con un abbraccio altrettanto caldo.
I suoi amici potevano prenderlo in giro, dirgli che si stava comportando come una ragazzina e che i veri uomini non lasciano se stessi perdersi in quei momenti di esasperato quanto diabetico romanticismo. Lo avrebbero accusato di essere composto al novantanove percento di disgustosa melassa primordiale e consigliato invece di cercare nell’altro sesso qualcosa di più soddisfacente e meno appiccicoso. Danny accettava tutti i loro suggerimenti, da quelli più stupidi a quello più intelligenti, se mai quei due fossero stati in grado di produrne almeno uno; voleva loro bene e li rispettava, si fidava di loro come nemmeno di se stesso. Ma i suoi amici, fino a prova contraria, non erano lui.
Non erano Danny Jones, un diciottenne all’ultimo anno di liceo pateticamente innamorato di una sua compagna di classe, spuntata da Londra uno giorno come un altro. Attorno alla sua testa potevano volare tutti i cuoricini del mondo, lui non li avrebbe di certo scacciati, non gli davano quel fastidio che sembravano creare nel suo prossimo più vicino. Oltre a quello, oltre ad Alicia tra le sue braccia ed al suo cuore impazzito, c’era Springsteen che suonava dal vivo la sua canzone preferita. C’era che se ne fregava di chi lo prendeva in giro. C’era che avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per premere il pulsante pausa e rimanere sospeso in quell’istante.
C’era che Alicia gli sorrideva e gli dava un bacio sulle labbra.
C’era che il futuro non lo spaventava, se aveva lei accanto.
C’era che i suoi sentimenti stavano per esplodere.
Ancora inebetito, Alicia tornò a sorridergli. Danny posò un dito sulle labbra fini di lei.

Darlin’, I'll wait for you
If I should fall behind wait for me

Era il verso più importante di tutta la canzone. Il concerto si concluse con l’ultimo accordo, la Wembley esitò nel silenzio e lo premiò con un lungo applauso a cui non si unirono.
Non era facile farlo baciandosi.



Ci vollero diversi chilometri prima che il silenzio tra loro scongelasse, erano ancora troppo immersi nelle emozioni per parlarsi. Fu Danny a farlo.
Alicia?”, la chiamò.
Lei si voltò. Si guardarono con complicità e si sorrisero.
Senza parole.”, disse lei, e scoppiò in una risata genuina che lo travolse all’istante.
Le parole arrivarono quando la macchina si fermò davanti a casa di Alicia: Danny l’aveva convinta a rimanere ancora una notte da lui, si erano fermati per farle prendere qualche altro vestito di ricambio. Dopo due ore, milioni di ‘ti ricordi quando…, ‘hai visto'…, ‘e quando lui…, Alicia si assentò ed entrò nella villetta di famiglia. In quei centoventi minuti avevano passato in rassegna ogni attimo dello spettacolo, sottolineando i momenti epici, quelli divertenti, quelli che sarebbero rimasti per sempre nel loro cuore. Insomma, il concerto venne rivissuto da entrambi sotto forma di parole, emozioni sulla pelle e canzoni rivisitate in coppia. A Danny non piaceva cantare in presenza di altri, ma data la poca ritrosia di Alicia nell’intonare la musica, anche lui non si fece troppi problemi.
Non avrebbe mai potuto chiedere di meglio.

Mai.
Nonostante alcune fini gocce di pioggia avessero iniziato a bagnare il parabrezza, Danny uscì dall’auto e osservò il posto in cui lei viveva, era la prima volta che lo vedeva; anche se, quando uscivano assieme, era lui a passarla a prendere, era sempre rimasto sulla strada. Certo, la sua famiglia doveva passarsela proprio bene: in confronto, casa sua sembrava una topaia. Non era esageratamente grande e maestosa, affatto, ma non aveva niente a che vedere con le comuni case inglesi. Due piani, grande tetto spiovente che la rendeva visivamente più bassa di quanto fosse stata in realtà, finestre ampie con infissi chiari. Non riusciva a capire a quale gusto architettonico si fosse ispirato il costruttore, era una casa piuttosto strana e fuori dal comune. In compenso, era circondata da una siepe alta e spessa, così come tutte quelle intorno a loro, ed un alto cancello sbarrava la strada a chiunque. Non comprendeva se il giardino sconfinasse al di là della costruzione, ma era molto probabile che fosse in quel modo: case del genere avevano sempre dei grandi spazi verdi sul retro, mentre la sua aveva una specie di tappeto verdastro secco. Non c’era cancello dai Jones, la sua abitazione dava direttamente sul marciapiede.
Provenivano da due estrazioni sociali completamente diverse, ma Danny non percepiva assolutamente quella differenza.
Hey!”, lo chiamò Alicia, “Ci sono.”
Chiuse il portone di legno massiccio e si avvicinò all’auto. Danny si apprestò ad entrare di nuovo nell’abitacolo, ma una strana espressione nel volto di Alicia lo distrasse dalla sua intenzione.
Ma… Cos’ha quest’auto?”, la sentì dire.
In che senso?”, le domandò.
Non so… La ruota…”
Lasciò lo sportello aperto e fece il giro dell’auto. Vide subito quale fosse stato il problema: la ruota anteriore destra era completamente sgonfia, il cerchione toccava terra.
Cavolo…”, disse Danny, osservandola.
La sai cambiare?”
Come in tutte le situazioni parallele vissute in tv, le gocce di pioggia, prima fini e impercettibili, iniziarono ad appesantirsi, Danny le poté sentire bagnare la sua fronte ed appannargli la vista.
Sì, l’ho già fatto una volta.”, rispose, ignorando la pioggia, “Non ci vorrà molto.”
Sicuro?”, chiese Alicia, “Perché sta mettendosi a piovere.”
Tranquilla, ci metterò solo diec-…”
Non fece in tempo a terminare la frase, grosse secchiate li colpirono entrambi.
Entriamo in auto!”, disse Danny ad Alicia.
Macchè!”, esclamò lei, “Andiamo in casa!”
Chiamo e ci facciamo venire prendere!”, la trattenne fuori.
Sono le due passate! C’è l’auto di mio padre!”
Ma non hai le chiavi, te le ha nascoste, non ti ricordi?”, le fece.
Le cercheremo!”
E se non le troviamo?”
Alicia si spazientì.
Sta piovendo, piantala di opporti e vieni in casa!”
Entrarono che sembravano essere caduti in una piscina, erano entrambi fradici.
Seguimi.”, gli disse Alicia.
Lasciò una scia d’acqua e di impronte che, se fosse accaduto casa sua, Kathy avrebbe iniziato a sbraitare come un’indemoniata. Il pavimento di piastrelle rigettava ogni goccia d’acqua piuttosto che assorbirla.
Rimango qua.”, si oppose ancora, “Sporco tutto.”
Fregatene, Jones!”
Ma dovrai pulire…”
Alicia roteò gli occhi e ripercorse il breve tratto, lo prese per un braccio e lo costrinse a seguirla. Si guardò indietro, due coppie di impronte visibilissime andarono a macchiare le piastrelle bianche. Si chiese dove stessero andando.
Le chiavi dovrebbero essere qua, in cucina.”, gli spiegò Alicia.
Non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno, lo catapultò in una stanza di mobili in acciaio e legno bianco.
Tu guarda dentro ai cassetti.”, gli ordinò Alicia, con decisione, “Io dentro agli scompartimenti.”
O-ok…”, rispose Danny, che trovava piuttosto sconveniente andare a frugare in casa d’altri, conoscendone a malapena gli occupanti.
Esitò, poi aprì il primo cassetto e lo trovò pieno di posate argentate.
Muoviti!”, esclamò Alicia, che era salita sul ripiano della cucina per arrivare più in alto, e le ginocchia bagnate toccavano il lato del lavello di marmo.
Iniziò a rovistare qua e là, alla ricerca di un possibile mazzo di chiavi. Si ricordava del SUV che aveva accompagnato Alicia al cinema, la prima volta che erano usciti insieme, molto probabilmente avrebbe trovato una di quelle grosse chiavi nere, magari completamente in plastica…
Qua non ci sono.”, disse Alicia, saltando giù dal ripiano, “Vado a cercarle altrove.”
E sparì in un lampo, diretta chissà dove. Danny continuò nella sua piccola ricerca, ma una volta conclusi i cassetti non se la sentì di infilare le mani altrove. Stava iniziando ad infreddolirsi, i vestiti bagnati si erano appiccicati alla pelle e non voleva ammalarsi, era meglio trovare un modo per tornare a casa. Preferì così muoversi tra le stanze alla ricerca di Alicia: andò a colpo sicuro, la sentì imprecare sonoramente dietro ad una porta di legno e vetro colorato.
Alicia.”, le fece, “Non l’ho trovata…”
Nemmeno io!”, esclamò lei, “Deve essersela portata dietro, ma io contavo di recuperare almeno quella di scorta!”
Non preoccuparti.”, volle calmarla, “Chiamo mia sorella e mi faccio venire a prendere con la sua auto.”
Jones, sono le due passate, le troncherai il sonno in due.”, disse lei.
E cosa vuoi che sia, è praticamente insonne.”
Appunto, metti che è riuscita ad addormentarsi, la disturberai.”
Alicia, non pensarci.”, insistette, “Chiamo Vicky.”
No.”, si oppose lei per l’ennesima volta, “C’è anche un’altra soluzione.”
Danny non comprese, aggrottò la fronte ed attese con le mani sui fianchi.
Potresti… Rimanere qui, perché no? E’ quasi una settimana che dormo da te, potrei ricambiare il favore.”
Poteva… Ma no, era meglio di no. Non aveva nemmeno un pigiama con sé.
Non ho niente per dormire, e poi non devi per forza sdebitarti con me!”
Beh… Dove sta il problema?”
Doveva trovare un’argomentazione valida ed inconfutabile al più presto, altrimenti Alicia avrebbe avuto la meglio.
Jones, prendi il telefono ed avverti. Te ne stai qua.”, lei interruppe ogni dibattito, “Ti darò un pigiama di mio padre.”
Non se ne parla!”
Ok, va bene.”, rispose lei, incrociando le braccia ed annuendo.
Danny si fece perplesso per la seconda volta.
Ok… Va bene?”, le fece.
Sì, va bene.,”, rispose Alicia, con tranquillità, “Vattene fuori e cambia la ruota sotto il temporale. Fammi sapere quando torni a casa.”



Alicia spuntò dalla camera di suo padre con uno dei tanti pigiama di Adrian tra le mani. Stava rabbrividendo dal freddo.
Quella là è la stanza degli ospiti.”, indicò a Jones la porta verdognola, “Puoi farti una doccia, quello che vuoi, hai un bagno tutto per te.”
Non è che tuo padre si arrabbierà?”, le fece, ancora insicuro.
No, fidati.”
Lo obbligò a voltarsi e lo spinse, per incoraggiarlo a seguire i suoi dettami.
Adesso devo cambiarmi. Ci troviamo in soggiorno tra quale minuto.”
Sparì nella propria stanza e, dopo essersi tolta velocemente ogni vestito da dosso, si chiuse nel proprio bagno e si fece una doccia caldissima, tanto che quando ne uscì dovette lottare contro la condensa formatasi ovunque. Conoscendo Adrian, se fosse venuto a conoscenza delle decisioni prese da lei in quell’ultima settimana, avrebbe sollevato un putiferio così alto da impedire la vista del sole per settimane. In quel mese con Jones le sue paranoie da genitore apprensivo non l’avevano mai lasciata, tanto che si erano entrambi abituati a telefonate improvvise, richieste di messaggi ad una determinata ora della serata… Dopo poco avevano smesso di farci caso.
Se avesse saputo che se n’era andata a dormire da Jones, l’avrebbe chiusa in casa per almeno un anno. E se avesse saputo che Jones era rimasto nella villetta, o che vi aveva anche solo messo piede senza il suo consenso, sarebbe stata spedita realmente in un collegio del nord dell’Inghilterra.
Nel mentre l’asciugacapelli compiva il suo dovere, Alicia venne presa da un dubbio atroce.
Dove sei di bello, sorellina? Non sei a casa mia, vero?
Mark doveva aver capito qualcosa, o anche tutto. Se avesse fatto la spia? Finì di asciugarsi i capelli con quel pensiero in testa. Mark sarebbe stato capace di smascherarla senza alcun rimorso, non ci pensava due volte a darle la colpa di ogni cosa se ne aveva l’occasione. L’importante era umiliarla e liberarsi di lei… L’importante era farla impazzire.
Uscì dal bagno e si rivestì con un pigiama pulito. Il pensiero di quello stronzo non aveva il diritto di rovinarle la serata, c’erano ancora tanti episodi del concerto che non erano stati tirati fuori e la notte era aperta ancora davanti a lei. Prima di quella volta, non aveva mai avuto nessuno con cui condividere tutti i ricordi; esplorarli ancora le permetteva di inchiodarli nella mente, e non dimenticarli più. Era stato lo show più bello a cui aveva assistito e lo aveva apprezzato fino in fondo. Si vergognava un po’ al pensiero della sua reazione alla vista di Springsteen, ma non aveva potuto farne a meno… Fortunatamente Danny l’aveva capita, non l’aveva derisa e l’aveva sostenuta, sebbene quello che aveva provato non era stata nient’altro che un’esplosione incontrollata di gioia.
E poi.
If I Should Fall Behind.
Non riusciva a descriverlo. Non ne era capace.
Una cosa doveva però confessarla. Aveva pensato a Ratleg. Anche lui adorava quella canzone, anche lui era stato presente al concerto, Alicia non sapeva dove, ma in quella folla c’era stato anche lui. Gli aveva dedicato un attimo, uno soltanto, poi l'aveva riposto in un cassetto e, una volta chiuso, aveva messo la chiave in un luogo sicuro ed era tornata da Jones. Era lì che doveva stare ed Alicia era contenta di avergli trovato una casa.
Danny aveva ascoltato la canzone ad occhi chiusi, la guancia appoggiata contro la sua.

Now everyone dreams of a love lasting and true but you and I know what this world can do
So let's make our steps clear that the other may see and I'll wait for you
If I should fall behind, wait for me

Alicia doveva capire che cosa il suo cuore aveva contenuto in quel momento. Lasciò la sua stanza e scese al piano inferiore. Sentiva il rumore della tv accesa, Jones doveva essersi accomodato e, infatti, lo trovò davanti allo schermo. Proiettava una partita di calcio e riconobbe subito quale squadra stesse giocando.
In casa Lewis è vietato tifare per il Bolton!”, lo colse alle spalle.
Danny sussultò e si voltò.
Non è colpa mia se ti hanno educata nel modo sbagliato!”, le rispose ridendo, “Avanti, siediti accanto a me e guarda come giocano i grandi!”
I grandi… Una squadra di bifolchi del nord. Alzò le sopracciglia e lo raggiunse, senza esprimere alcun pensiero al riguardo della sua ultima affermazione.
Ecco, vedi.”, le disse, indicando la televisione, “Avessi uno schermo del genere a casa mia e la pay-tv come hai tu, potrei stare ore ed ore a guardarmi queste partite.”
Sei solo un maschio.”, lo rimbeccò, come se quella parola fosse stata un’offesa, “Staresti sul divano con una maglietta piena di macchie, la birra in mano e il rutto pronto.”
Quello è Dougie con la sua Play Station.”, la corresse lui ridendo, “Io me ne starei composto.”
Jones era un tipo di ragazzo precisino e perfettino, ma nessuno resisteva alla potenza de decivilizzatrice del calcio. Né lui, né Alicia: prima che Adrian si risposasse, aveva avuto da suo padre il nullaosta per le parolacce, ma solo se gridate durante le partite di calcio.
Andiamo, non ti capita mai di insultare l’arbitro?”, gli fece, provocandolo, “O di urlare 'porca puttana' ad un corner tirato da cani?”
Sì, beh… Che c’entra!”, esclamò l’altro, “Però non me ne sto a ruttare come un maiale!”
Alicia volle stupirlo.
Da piccola ci riusciva, poi Adrian si era lievemente arrabbiato con lei. Inghiottì un po’ d’aria, attese, e poi il resto venne da solo. Jones sgranò gli occhi, lei incrociò le braccia ed attese la prossima reazione.
Fu una risata isterica travolgente

___________

Note dell'autrice:

If I should fall behind di Bruce Springsteen è citata senza alcun scopo di lucro. Polpettone diabetico.

Ringrazio Ciry e Queen F per la recensione, nonchè tutti quelli che leggeranno e/o recensiranno questo capitolo! 

Ruby

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