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L’ Espresso per Hogwarts
era affollato come al solito. Nulla era cambiato dall’ anno scorso e dall’ anno
precedente, e dall’ anno precedente ancora. E ad Harry andava bene: in fondo,
quel treno era stato la sua salvezza, anni fa, lo aveva catapultato in quello
che era il suo vero mondo e allora, quale migliore modo per ricordare quei
magici momenti se non ripeterli pedissequamente ogni anno?
Come sempre, la zazzera
rossa di Ron lo seguiva fedelmente accompagnata dal panino ripieno di carne secca
che sua madre aveva ripreso a preparargli: la famiglia di Ron era in un periodo
di magra (non che avesse mai conosciuto un momento di particolare benestare) e
ciò era tutto quello che avevano potuto permettersi. Ma non importava, perché
quell’ orrido panino sarebbe stato ben presto sostituito dalla massa di Cioccorane che allietavano il viaggio verso la scuola. Come
ogni anno. Già, non era cambiato nulla, pensò Harry, anche la folla era sempre
la stessa.
-porcaccia, è
affollatissimo!- mugolò Ron, spintonando un timido ragazzino del primo anno. Il
piccolo si ritrasse, spaventato, e, piangendo, filò dritto in uno
scompartimento. Harry lo vide: era così carino, Ron non avrebbe dovuto
trattarlo così. Immerso tra i suoi pensieri, si ritrovò strattonato da Ron e
spinto in uno scompartimento, all’ apparenza vuoto. Ma non lo era.
Seduto sul sedile più
vicino alla finestra, un ragazzo apparentemente della loro età li fissava da
sopra un libro, riavviandosi in modo frivolo i lucenti capelli neri. I suoi
occhi verdazzurri dal taglio felino si posarono su Harry che, istantaneamente
ed in modo inspiegabile, si sentì avvampare.
Rivolgendo al mago dalla
cicatrice a saetta un debole sorriso, il giovane sconosciuto accavallò le
gambe: portava un paio di jeans neri dall’ aderenza quasi irreale, come una
pelle: si poteva distinguere il contorno di tutto il suo corpo dalla cintola in
giù, ed Harry, interrogandosi sul perché un ragazzo potesse fargli quell’
effetto, non riuscì a distogliere da essi lo sguardo.
Il ragazzo continuò a
sorridergli con una bocca carnosa, ben definita, irreale anch’ essa. Aveva le
labbra rosee, gentili, morbide allo sguardo e, presumibilmente, al tatto, e un
naso dritto, senza sfarzo, discreto, che si inchinava al cospetto degli occhi
più belli che Harry avesse mai visto. Erano come la Pietra Filosofale,
preziosi, magici, indifesi ma allo stesso tempo potentissimi. Raggiungevano
sfumature indistinte, descrivevano una tavolozza di colori sconosciuti agli
umani, avevano la rara capacità di piegare l’ essere più inflessibile, che era
costretto a prostrarsi e ad ammirare semplicemente cotanta bellezza e
perfezione.
Un piccolo esercito
proteggeva stoicamente quelle due acquemarine, che sembrava si fondessero in un
abbraccio d’ amore agli smeraldi più puri: dei minuscoli crini di cavallo,
delle ciglia lunghe e arcuate, che parevano il pennello di Afrodite, capaci di
dipingere il cuore degli impuri uomini che ammiravano quell’ Olimpo di
splendore.
Le gote rosee del giovane
si mossero in sincronia alla sua bocca: -prego, se volete sedervi..- disse con
gentilezza, scostando dal sedile accanto un enorme libro dalle pagine
ingiallite: Difesa pratica contro le Arti
Oscure, il manuale che avrebbero studiato quell’ anno.
-sei del nostro anno, quindi?-
chiese Ron, schivo. Si vedeva lontano un miglio che voleva avere poco a che
fare con quel tipo, e cercava in tutti i modi di evitare il suo sguardo.
-dipende dall’ anno in
cui siete. Io sono al sesto.- miagolò lo sconosciuto.
-anche noi. Harry, piacere.-
ribattè Harry, dopo essersi bruscamente risvegliato
dallo stato catatonico in cui era caduto alla vista del ragazzo che ora gli
sedeva di fronte, le gambe sempre accavallate in modo singorile.
-Harry Potter, vero? Ho sempre sentito parlare di te. Mi
piaci molto.- aggiunse, inarcando un sopracciglio corvino e rivolgendo a Harry
uno sguardo complice. Harry sentì i pantaloni farsi più stretti, ma non aveva
intenzione di cedere e di ammettere che quel ragazzo lo stava decisamente
eccitando. Deglutì pesantemente e il giovane parve accorgersi del suo disagio,
rincarando prontamente la dose.
-il famoso Harry Potter.
Non sai quanto mi piacerebbe conoscerti a
fondo. Sono Billie Joe Armstrong, piacere. Chiamami Billie.- concluse con
enfasi, tendendo la mano a Harry.
Il mago la afferrò e la
strinse. Era calda, liscia, sfuggente come l’ acqua ma ferma e virile. Sul
polso destro di Billie, notò una piccola e apparentemente normale stellina
rossa, che si illuminò non appena le due mani entrarono in contatto. Harry fece
finta di non farci caso, e Billie parve riconoscente.
Ron, intanto, era dedito
alla lettura, apparentemente appassionante, di un manuale elementare di Antiche
Rune che Hermione aveva insistito a prestargli, nel
tentativo di farlo appassionare a una delle sue materie preferite. Ron non lo
aveva mai aperto, trovandolo inutile, ma ora pareva rapito da quella
interminabile serie di segnetti indistinguibili l’
uno dall’ altro e irriconducibili alla scrittura normale, se non previa un
approfondito studio preparatorio. Studio che Ron non aveva mai nemmeno
cominciato, nonostante stesse apparentemente leggendo scorrevolmente una
versione da una pagina e mezza.
Harry si trattenne dallo
scoppiare a ridere, comprendendo perfettamente che l’ amico stava semplicemente
cercando di evitare lo sguardo e il contatto con Billie. Ma che male c’ era, in
fondo? Si trattava di un ragazzo normale, bellissimo, ma normale. Ma è normale che, improvvisamente, senta
qualcosa di duro premere contro la zip dei jeans al suo sguardo?! Al SOLO
sguardo? Pensò Harry, come ribattendo al pensiero precedente. Quel che era
sicuro era che quel giovane non era come tutti gli altri; aveva qualcosa di
diverso, di nascosto e forse pericoloso, ma allo stesso tempo ammaliante. Era
strano, e la mente di Harry si divise in due fazioni opposte: una desiderava
ardentemente che Billie fosse un Grifondoro, l’ altra
tentava di distruggere l’ avversaria, pensando che fosse essenziale che quello
che poteva essere un giovane maledetto non appartenesse alla sua stessa Casa.
C’ era solo un modo perché quella guerra interiore finisse.
-sei stato già assegnato
a una Casa?- si ritrovò a chiedere Harry. Billie lo osservò attonito.
-io.. non so. Non sono
inglese. Sono americano, vengo dalla California. Mi hanno detto che starò con
dei certi.. grifi.. argentati.. ippogrifi forse..-
-Grifondoro, è quella la tua Casa.-
lo interruppe Ron, schietto, come volesse metterlo a tacere. Chiuse poi il
manuale e lo sbatté sul sedile accanto a lui, prendendo a scrutarsi la punta
delle scarpe.
Billie annuì, per tutta
risposta. Era evidente che aveva intuito che Ron non lo apprezzava, e sembrava
intristito. Aveva perso quel magnifico sorriso che lo aveva illuminato fino a
pochi istanti prima.
-devi aver viaggiato
molto per venire qui, vero?-
Non era stato Harry a
parlare, ma una voce piuttosto strascicata e, stranamente, mielosa. Harry si
voltò di scatto, e notò la solita testa bionda e gli stessi occhi grigio chiaro
che aveva sempre odiato, pieni di un sentimento tutto nuovo: la lussuria. Serrò
di scatto le mascelle: non avrebbe ottenuto Billie tanto facilmente.
-s..sì.-
rispose il ragazzo dagli occhi verdi. Era come se Malfoy
sapesse qualcosa su di lui che non avrebbe dovuto conoscere, e Billie ne era
consapevole.
-vieni con me, Armstrong?
Ti devo dire una cosa. Te lo rubo un
attimo, Potter.- soggiunse Draco, e la sua voce
assunse la solita sfumatura di odio profondo.
Mentre Harry pensava a
come farla pagare a Malfoy per aver insinuato e
rivelato il suo desiderio di possesso verso il ragazzo americano, vide sfilare
davanti a sé Billie, l’ andatura mogia ma ancheggiante e fiera. I jeans lo
fasciavano da dietro in una maniera impressionante, ma gli conferivano una
raffinatezza mai vista. Era provocante, ma mai volgare, malizioso e, allo stesso
tempo, timido. Era bellissimo, era la cosa più bella che Harry avesse mai
potuto immaginare.
E poi arrivò lei, la
chioma rossa svolazzante e le lentiggini che le si rincorrevano sulle guance,
il sorriso instancabile e gli occhi brillanti. Era bella anche lei, Ginny, ed era stato il primo pensiero di Harry appena
sveglio la mattina, di Harry impegnato a fare pile di temi, di Harry rinchiuso
in camera a Privet Drive, numero 4. Ma non dell’
Harry che sedeva su quel maledetto sedile del treno, che al posto di Ginny cercava di vedere Billie, che cercava di trasformare
i lunghi capelli rosso fuoco della sorella di Ron in quelli medi e corvini del
ragazzo, gli occhi della ragazza nelle pietre preziose dell’ uomo-gatto che
aveva appena conosciuto e che ancora occupava i suoi pensieri. No, quel viaggio
non era stato come tutti gli altri, e nemmeno l’ anno successivo a Hogwarts
sarebbe stato uguale.
«Non ci posso credere!» urlò Hermione, che
sfogava la sua rabbia verso il braccio di Ron.
Nella Sala Grande, il banchetto doveva ancora iniziare, ma si sentiva il
solito chiasso per colpa di tutti gli studenti che strillavano come dei pazzi.
Il tavolo di Grifondoro quest’anno non era più lo
stesso: mancavano Fred e George, i gemelli dai capelli rossi più scatenati del
mondo magico. A Hogwarts tutti li ricordavano con affetto e nostalgia; tutti,
tranne Ron. Per lui era diverso: poteva vederli tutti i giorni a casa e senza
di loro, si sentiva più tranquillo. Ora non c’era più nessuno che poteva giudicarlo
o prenderlo in giro.
«Cos’è successo?» chiese Harry, che pareva piuttosto interessato. Non si
capiva se stesse fingendo per far contenta Hermione,
o stesse dicendo sul serio, preoccupato per la sua migliore amica.
«Hanno sostituito la professoressa di Antiche Rune! Ora pare ci sia una certa…Hayley
Williams.»
«È una vera tragedia.» annuì Ron disinteressato, senza neanche aver
ascoltato una parola dei loro discorsi.
Hermione fece per
rispondergli, ma il preside si alzò, solenne come sempre, facendo ammutolire le
centinaia di studenti presenti nella Sala Grande. Billie l’aveva saputo prima,
ma la Cerimonia di Smistamento doveva ancora iniziare. Harry iniziò a diventare
nervoso: solo il ricordo di quel ragazzo nel treno gli faceva battere forte il
cuore, mentre il suo viso si impallidiva. Ma cosa mi è successo? si
domandava tra sé.
La McGranitt impugnò il Cappello Parlante e
iniziò a elencare i nomi dei nuovi studenti.
«Armstrong, Billie Joe.» annunciò la professoressa.
Ecco, il primo era lui: il ragazzo del treno. Harry e Ron sapevano già cosa
stava per dire il Cappello Parlante, ma il ragazzo dai capelli rossi sperò, per
un ultimo secondo, che quel presuntuoso non facesse parte della sua casa. Non
merita di essere un Grifondoro, diamine! pensava.
Il problema era che a Ron piaceva Harry. Lo seguiva dappertutto, sempre a
coprirgli le spalle, ma purtroppo il suo carattere lo portava a stringere
amicizia con tutti, e Ron pregava perché nessuno glielo togliesse via. Si
accontentava di essere il suo migliore amico: sapeva che non sarebbe successo
mai niente tra loro due. Quando Harry era distratto, Ron lo osservava a lungo.
Quegli occhi verdi, quei capelli scuri… era perfetto.
Non sapeva se fosse amore, ma Ron Weasley non sapeva
dare altro nome a questa sensazione.
«GRIFONDORO!» tuonò il Cappello, mentre Billie Joe si sedeva tra i Grifondoro, che applaudivano. Il nuovo studente puntava a
sedersi accanto a Harry, ma vedendo il posto occupato da Colin Canon, si
sedette vicino al capotavola. Tutti i Grifondoro
applaudivano, specialmente Harry, che continuava a scrutare Billie come se
potesse leggergli nella mente e cogliere tutti i suoi pensieri.
Mentre il Cappello continuava a urlare diversi “Serpeverde!”,
un ragazzo si avvicinò. Anche lui era straniero, ma frequentava il quinto anno.
Anche lui doveva essere smistato… un certo Freddie Evans.
«GRIFONDORO!»
Ron, svogliato e demotivato, non volle alzarsi per applaudire, ma fu
costretto dallo sguardo fulminante di Hermione.
Il ragazzo aveva i capelli biondi e gli occhi verdi, magrolino, ma con le
spalle larghe.
«Ciao, sono Freddie.»
Ron, che era assorto nei suoi pensieri, si girò verso destra: lo studente
nuovo si era seduto accanto a lui. Appena lo vide, l’atmosfera nella Sala
Grande cambiò.
Tutto si spense, mentre gli occhi azzurri del ragazzo incontrarono quelli
verdi di Freddie. Mille emozioni assalirono Ron,
mentre arrossì violentemente e strabuzzò gli occhi. Dopo attimi che sembrarono
un’eternità, il biondino sorrise, chiudendo gli occhi. Qualcosa spinse verso la
zip dei pantaloni di Ron, che intanto alzava le spalle senza rendersene conto.
«Cosa diamine fai, Ronald?» lo incalzò Hermione,
che aveva, stranamente, alzato gli occhi dal libro di Storia della Magia. «Il
ragazzo ti ha salutato. Ricambia.» continuò con un tono che fece innervosire
terribilmente Ron.
«Uh…sì… Ciao.»
balbettò timidamente, girandosi dall’altra parte per non far notare il rossore
in faccia.
Cos’era successo? Com’era possibile? Non riusciva a capire, la testa gli
scoppiava. Mille immagini viaggiarono nella mente di Ron. Lui amava Harry, ne
era sicuro. Il cuore gli batteva ogni volta che incrociava il suo solo sguardo,
ogni parola che veniva pronunciata dalle sue labbra spezzava il tempo, era
perfetta, era qualcosa di estraneo a tutto il mondo, qualcosa di speciale.
Allora perché si era emozionato in quel modo appena aveva visto quel tale, Freddie Evans? Un colpo di fulmine? No…
non poteva succedere.
«Tiger… Basta.»
Perché doveva avere amici del genere? Grassi, stupidi e goffi. Lo mettevano
in imbarazzo, e lui doveva essere perfetto. Draco si
voltò verso il tavolo dei Grifondoro. Potter stava
spiando tra i vari ragazzi, sicuramente voleva vedere Billie. No, non gli
avrebbe rubato anche lui. Aveva la gloria, la fama, la stima dei professori e
dei veri amici. Non poteva anche prendersi quel bellissimo ragazzo.
«Farò di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote.» borbottò tra sé Malfoy.
Hermione era piuttosto
astuta, in questo genere di cose. Quando la coscienza non le faceva brutti
scherzi, si divertiva ad infrangere le regole o a commettere piccole ragazzate.
Approfittando dell’ingenuità di HoraceLumacorno, insegnante di pozioni, ora poteva esplorare un
po’ il Reparto Proibito dell’enorme Biblioteca di Hogwarts. Il suo obiettivo
era raccogliere informazioni su Billie Joe Armstrong, il nuovo ragazzo che
aveva attirato l’attenzione del suo migliore amico.
Dopo due ore di ricerca e dopo aver appreso cose che l’avevano
profondamente traumatizzata, Hermione continuava
imperterrita la ricerca di qualcosa che neanche lei sapeva cosa fosse. I colori
delle copertine dei libri sugli scaffali ormai si mescolavano nei suoi occhi
stanchi, quando finalmente trovò qualcosa che poteva interessarle. Afferrò il
libro Maledizioni, Talismani e Simboli Oscuri e iniziò una lettura
veloce. Fin dall’inizio aveva notato quella maledetta stella sulla mano di
Billie, e sempre fin dall’inizio si chiedeva cosa diavolo stesse a significare.
Non poteva essere un tatuaggio, visto che talvolta brillava e scintillava con
una luce scarlatta, e non poteva neanche aver usato un incantesimo su di esso:
i continui tentativi della ragazza di annullare un probabile incantesimo sulla
mano non avevano dato alcun frutto.
Mentre iniziava un paragrafo sui simboli delle maledizioni, qualcuno la
interruppe.
«Ciao, Hermione.»
Ecco, nel pieno della lettura, chi doveva arrivare? La stramba, con il
solito numero de Il Cavillo. Con un vestitino lungo dai mille colori,
fissava Hermione con la sua solita aria assente, come
se mentre parlasse stesse in realtà pensando ad altri problemi ben molto più
curiosi ed interessanti.
«Ciao Lunat… ehm, Luna. Che cosa ci fai qui?»
«Oh, vengo qui in biblioteca molto spesso.»
Sarà una sua solita bugia pensò Hermione,
passo metà delle mie giornate qui in biblioteca, e l’avrò vista massimo un
paio di volte in tutti questi anni.
«So cosa stai pensando. Non sono una bugiarda, Hermione.
Vengo qui molto spesso e solo perché non ci vediamo non vuol dire che io stia
mentendo.»
«Oh, no!» esclamò Hermione, provando a fare
un’espressione dispiaciuta e contrita.
Con la solita leggerezza che distingueva Luna Lovegood,
la giovane bionda si sedette di fronte a Hermione,
posando il giornale di suo padre davanti a lei, ma senza aprirlo.
Cercando di concentrarsi sulla lettura, Hermione
provò a evitare lo sguardo di Luna. Dopo ciò che era successo al Ministero
della Magia per cercare di recuperare la profezia da Lord Voldemort,
Luna credeva di essere ormai una delle sue migliore amiche, ma per Hermione non era affatto così. A dire la verità, non le
aveva mai fatto niente, ma certi pregiudizi erano difficili da estirpare.
«Maledizioni e Simboli Oscuri… che lettura
interessante. Quale professore ti ha autorizzato?»
«Non dirmi che vuoi fare la spia.» bisbigliò Hermione
per non farsi sentire da Madama Prince.
«Oh, no. Ero solo, sai, curiosa.»
Ignorando tutto il mondo che la circondava, Hermione
sbiancò all’improvviso. La descrizione che cercava, il paragrafo che spiegava
tutto, ecco il qualcosa che voleva scoprire su Billie Joe!
La Stella Nera.
Dopo lunghi secondi, la voce di Luna Lovegood
distrusse la tensione che Hermione sentiva nell’aria.
«Che succede?»
Non ebbe il coraggio di rispondere. Si voltò verso sinistra, avvertendo la
presenza di una persona.
Eccolo Billie Joe Armstrong, il nuovo arrivato, che la fissava con occhi
fiammeggianti, mentre la stella sulla sua mano lampeggiava sempre di più.
«Mi dispiace, Luna, devo scappare.»
Si alzò e corse veloce per evitare lo sguardo di Billie ed arrivare il più
velocemente possibile da Harry e raccontargli tutto.
«IMPERIO!» sentenziò qualcuno dalla voce sporca ma chiara
«Harry! Devo assolutamente raccontarti ciò che ho scoperto oggi in
biblioteca!»
«Hermione, ma insomma, ti pare il momento? Tra
poco ci sarà un’altra riunione della scuola nella Sala Grande. Potrai
raccontarmelo dopo.»
Perché non la prendevano mai sul serio? Nonostante le numerose litigate e i
numerosi chiarimenti con Harry e Ron, sentiva di essere sempre il terzo
incomodo del gruppo, qualcosa di importante, certo, ma sicuramente meno
rispetto a loro.
«HARRY!» strillò, ma l’amico era ormai per le scale.
«In seguito a degli spiacevoli accorgimenti del Cappello Parlante»
dichiarò in modo teso Albus Silente, dopo un altro
suo fantastico discorso «devo purtroppo annunciare che la signorina Hermione Jean Granger è stata
spostata nella casa di Corvonero.»
Tutti gli studenti si voltarono verso di lei.
«Prego?» balbettò timidamente Hermione a voce
bassa, ma Silente riuscì a sentirla comunque, dato il silenzio tombale.
«Le regole sono regole, signorina Granger. Ora, la prego di alzarsi e trovare un posto nel
tavolo di Corvonero. Nel frattempo, io e il personale
dei docenti di Hogwarts abbiamo deciso di proibire gli incontri tra studenti di
diverse case.» concluse il preside, tra lo sgomento e la meraviglia di tutti.
Ed eccoci qui con un nuovo, mirabolante,
capitolo della nostra ff!!!!!!!!!!!!!!!! Abbiamo
constatato che molti l’ anno aperta e letta, ma non vediamo recensioni, ahinoi!
=( Chiediamo di tutto, apprezzamenti, critiche, ma, insomma, giudizi!! Il carissimo
__Brendon vi saluta, come sempre (anche perché questo capitolo è suo). Un bacio
anche dalla sottoscritta. BeGD