Teenage Dream

di AcidBee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Act I ***
Capitolo 3: *** Act II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Teenage Dream

— Prologo —


Oddio, da dove si comincia in questi casi?
Forse sarebbe giusto presentarmi... si, penso sia un buon punto di partenza.
Mi chiamo Beatrice, chiamatemi Bee. Ho la bellezza di quindici anni e... voglio diventare una giornalista.
Si, esatto, una giornalista. No, se ve lo state chiedendo non voglio lavorare né per Vogue né per Vanity Fair, perché sono una delle poche ragazze della mia età con un briciolo di sale in zucca. Anche io vado pazza per i vestiti e detesto la scuola, per carità, ma sono una di quelle che certi adulti definiscono “una ragazza seria”.
Ecco, trovo questa definizione decisamente fuori luogo, perché se c'è una caratteristica che mi appartiene é proprio la non-serietà... insomma, io passo il tempo a fare figuracce e a riderci sopra. Quindi, vi sbagliate. Io sono una ragazza spensierata, una che vuole godersi la vita.

E qui già starete tirando conclusioni sbagliate. Perché ormai vi conosco troppo bene cari adulti, pensate di aver trovato la sgualdrinella che il sabato sera va con dieci ragazzi e beve così tanto che la mattina dopo pensa di chiamarsi Maria Gertrude ed essere una modella di fama internazionale. Di quelle che vanno in giro vestite con gonne inguinali, 'camicie' trasparenti con un bottone solo, gli altri miracolosamente saltati...

Ma nessuno vi ha insegnato a non giudicare affrettatamente? Probabilmente si, ma voi vi credete troppo superiori per pensare di essere nel torto.
Per spensierata io intendo una ragazza principalmente serena, che sorride alla vita, che sceglie ciò che pensa la faccia sentire bene e non ciò che la società vorrebbe da lei, una semplice ragazza forse un po' romantica, a cui bastano delle amiche e qualcuno che la capisca per andare avanti...
Ecco, a grandi linee questa sono io.
Ma sto terribilmente divagando, e non sono la tipa da contorti giri di parole.
Quindi, eccomi qui. Il mio ufficiale debutto.

Mi chiamo Bee, e sono qui per dimostrare che l'amore a quattordici anni esiste.
E per fare ciò, vi racconterò una storia. Non si tratta di una favola, non ci sono né principesse né principi azzurri.
E' solo una semplice storia, un intreccio di vite e respiri, di sogni e lacrime, risate e mani.
Una storia, la mia storia.









WTF is she talking about?!
Dunque, affiatati lettori della sezione “Romatico” non uccidetemi subito perché la sottoscritta ha buone intenzioni, tra cui quelle di, magari, farvi leggere qualcosa che vi possa piacere.
Ma non vi dico altro, solo di cliccare il pulsante che vi porterà al primo capitolo o di aspettare che questi venga pubblicato (ovvero, in meno tempo di quanto voi pensiate!).
Detto questo, au revoir!
— Bee.

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Capitolo 2
*** Act I ***


Teenage Dream

•Act I •


•First Part: School!

Parliamoci chiaro: io sono estremamente ansiosa. Odio le attese e, occasionalmente, anche le sorprese.
Ma nonostante questo sono perennemente in ritardo. Forse non sento le sveglie, o forse non le carico in generale.

Il fato volle che, anche quella mattina del tredici settembre, mi ritrovai a correre per strada con un croissant in bocca e il telefono in mano a ricevere numerosi squilli dalla mia più grande amica Melissa, che dovevo incontrare all'ingresso circa... venti minuti prima.
E, come previsto, la vidi aspettarmi furibonda davanti all'ingresso con un orologio in mano che mi puntò in faccia non appena fui a portata di tiro.
«Scusa, scusa, scusa, scusa! Mi dispiace, non ho fatto apposta, la sveglia non...» e mi ritrovai con la bocca tappata e trascinata su per le scale ad una velocità sovrumana.
«Perfetto, tesoro, ci beccheremo i banchi davanti, con la stronza di latino che ci impedirà di proferire verbo.»
«Mel, ascoltami, sul serio, non sono riuscita... il letto mi chiamava... insomma, sai che non posso riuscirci!»
Mi rivolse un'occhiataccia mentre ci univamo al flusso di studenti che occupavano i corridoi, chi già in classe e chi ad abbracciare i compagni e a riallacciare i rapporti che l'estate aveva scompigliato.

Osservai attentamente l'aspetto della mia compagna quel giorno: come al solito estremamente curato, una maschera di trucco perfettamente steso, vestiti praticamente nuovi ed estremamente alla moda.
Sbuffai, io mi ero presentata con i soliti jeans chiari, le All Star e una felpa stretta bianca, il mio grande “orgoglio”, il mio portafortuna. Ma era impossibile eguagliare la mia bionda amica in fatto di look: la sua esigenza di apparire sempre impeccabile e di essere sempre al centro dell'attenzione, soprattutto tra i ragazzi, era maschera di una grande insicurezza dovuta alla poca attenzione che i genitori le avevano dedicato da quando era piccola.
Cresciuta da decine di baby-sitter, con un padre proprietario di una multinazionale in Francia e madre disoccupata sempre in giro con l'amante del mese. Molto Upper East Side style, si potrebbe dire. Chi non sogna una vita così, tra Tiffany e Chanel?
Beh, quando ti rendi conto di come è realmente e di come ti trasforma, forse cambieresti idea.

Immersa nel mio fantasticare, non mi accorsi appena varcata la soglia della classe di un paio di braccia che mi si buttarono al collo, appartenenti all'altra mia folle compagna di vita dalle medie Matilde.
«Bee! Quanto mi sei mancata! Sono settimane che non ci vediamo! Sai, sono successe un sacco di cose! Per esempio la scorsa settimana al mare...»
«Si si bene, molto interessante Mati, ma adesso dovremmo trovare dei posti decenti, altrimenti finiamo come la Scorzi l'anno scorso...»
Rabbrividii a quell'affermazione. Elisabetta Scorzi, nostra compagna di classe, era finita in prima nel banco davanti alla cattedra, e per tutto l'anno era stata tartassata dai professori che l'avevano sempre a portata di tiro. E per una come me stare zitta durante le lezioni era veramente una cosa improponibile, per cui quel destino non era contemplato nelle mie possibilità.
«Veramente io avrei tenuto i banchi in fondo per noi tre...» sussurò Mati con un sorrisetto furbo.
«Ma io ti amo, grazie, allora Dio esiste!» riuscii ad esultare, osservando i tre banchi più lontani dove erano sparpagliati senza ritegno i suoi oggetti, segno del “possesso” di quei posti.

Ci precipitammo in fondo guardate male dagli altri compagni che ambivano da sempre a quella posizione, proprio nel momento in cui la prof. di scienze fece il suo trionfale ingresso ed iniziò senza ritegno la lezione, già affamata di programmi e future verifiche.
«Allora, quanti cuori hai infranto in queste ultime settimane in cui non ci siamo sentite?» bisbigliai a Melissa ben attenta a non farmi vedere.
«Beh, in effetti sono stata con un tipo che... wow! Dovevi vedere che fisico... biondo, occhi cioccolato, un sorriso da Hollywood... ma poi mi ha stancato, e ho dovuto staccare ogni contatto con lui. Vedi, voleva una storia seria
Matilde alzò gli occhi al cielo, rassegnata.
«Quanti cadaveri lascerai ancora sul tuo cammino Mel? Insomma, tutto questo è crudele! Hai mai pensato come stanno i poveri ragazzi che lasci?»
«Ehi tesoro, Mati non ha tutti i torti... ma infondo era una cosa estiva, te la posso lasciar passare questa» e, con una strizzatina d'occhio, rabbonii la mia bionda già in procinto di ribattere.
Melissa alzò gli occhi al cielo, scontrosa.
«Va bene, mamme. Avete ragione, forse sono stata un filo crudele. Ma, insomma, non poteva durare!»
Ridacchiammo forse un po' a voce troppo alta, e la prof. non mancò di rabbonirci minacciandoci già con una nota.

Il nostro patto era il seguente in caso di rimproveri: contare fino a duecento e poi riprendere.
Mi gustai quei duecento secondi di pace mentale interrotta solo dalla monotona voce dell'arpia e mi abbandonai ad un flusso di pensieri incontrollati.
La nostra Mati era diventata proprio carina, come avrebbe osservato Melissa: tutto di lei suggeriva che fosse una ragazza molto dolce, sempre pacata e serena, che non si faceva scalfire da niente. Ottima confidente, sempre lucida e realista, con un piccolo retrogusto da sognatrice a cui si abbandonava raramente, di cui faceva parte il desiderio nascosto di vivere una vera favola con il ragazzo perfetto.
Anche lei bionda, con due occhi verdi invidiati da molte ragazze (tra cui me, ovviamente, a cui i miei occhi grigi non dicevano niente) e un sorriso da schianto.
Un po' la nostra mamma, che si preoccupava di ricucirci le ferite d'amore con parole razionali e di speranza, e le sue immancabili pillole di saggezza mattutine erano pane quotidiano.

«Centonovantanove... duecento ragazze, via che si riparte!» annunciò fiscale Melissa.
«Bee, ti sei persa l'ingresso dei primini*! Oh che dolci, così piccoli e spauriti...» disse sognante Mati.
«Si Em, ma sono piccoli.» ribatté l'altra con una punta di ribrezzo, utilizzando un nomignolo che solo lei apprezzava.
«Oh andiamo Mel, cosa vuoi che cambi da un anno all'altro? E non dirmi che non ce ne sono alcuni su cui ci faresti un pensierino...» ammiccai io provocandola volutamente.
«Beh certo, quando uno è un figo lo rimane anche a quattordici anni...»
«Ma insomma! Laggiù! Non vorrete una bella nota sul registro i primi giorni di scuola?».

Ecco, la prof. Rompipalle. Non mi restava che trovare un diversivo, e come acqua in un deserto sentii vibrare la tasca dei pantaloni, segno di un nuovo messaggio arrivato sul mio cellulare perennemente in vibrazione.
Si, noi adolescenti lo teniamo così, e non per evitare di sentire voi adulti (alternativa allettante, eh!) ma per evitare di farlo squillare. Sempre.
Ehi nanetta! Dove sei sparita? Non ti ho vista all'ingresso! Ti aspetto in cortile dopo, voglio rivederti gnoma! :P
T.
Un sorriso si dipinse all'istante leggendo quelle poche parole scritte dal mio migliore amico Tommaso, il mio personale dispensatore di ironia e cazzate quotidiane.
Effettivamente quell'estate, presi tutti e due da vacanze meticolosamente organizzate, ci eravamo poco considerati, e dovevamo rimpolpare questa distanza.

Il resto delle tre ore precedenti la ricreazione passarono ad una velocità fulminea, tanto che mi ritrovai a scendere dalle scale per il cortile prima di quanto potessi aspettare.
Allungai lo sguardo per cercare i familiari capelli neri del mio amico, senza scovarli, finché qualcuno non mi piombò addosso da dietro sollevandomi leggermente da terra.
«Ehi, piano spaccone!» gli dissi ridacchiando, divertita.
«Spaccone a chi?» rispose lui voltandomi con finta aria offesa.
«Ah nessuno, devi essertelo sognato» ribattei io stando al gioco, abbracciandolo con foga subito dopo.
«Mi sei mancato Tommo!» mugugnai appoggiata alla sua spalla.
«Anche tu tappa» mi rispose scompigliandomi i capelli.
«No, sul serio, grazie per averci aspettato Bea!» mi si parò davanti Melissa imbronciata, con le labbra arricciate in una posa comica.
«Ehi scusa, davo per scontato che mi raggiungeste!» le dissi facendole l'occhiolino.
«Tu pensi di essere troppo importante per noi cara la mia signorina!» aggiunse scherzosamente Mati.
«La Mati** ha ragione, e... oh Dio, ma Mati tu che hai visto i primini non mi hai avvisato di una cosa del genere

Volsi lo sguardo verso il punto in cui era diretto quello allucinato di Mel, e vidi veramente qualcosa di niente male: un ragazzo di prima, sicuramente, molto carino, dai capelli lisci e castani ed uno sguardo affascinante.
«Approvo.» mi affrettai a commentare verso Melissa.
«Mi aggiungo» ribatté Mati «e ti annuncio che si chiama Davide, é un gran bel ragazzo, andava alla mia scuola elementare e abita nella mia zona.»
Stavamo già per lanciarci in congetture degne di un vero film romantico come minimo da Oscar quando arrivò Francesca, una bella ragazza del nostro anno ma estremamente civettuola, con la mania delle feste e dei pettegolezzi. E proprio di feste voleva parlare, annunciandoci di un party a casa sua il sabato seguente di soli primini e secondini, perché lei li conosceva già tutti naturalmente.
«E mi raccomando, niente jeans» concluse squadrandomi e allontanandosi ancheggiando vistosamente.
«Dio mio, sparatele.» sputai acida osservandola ocheggiare con alcuni ragazzi.
«Beh Bee, in ogni caso questa festa ci sarà utile, no?» tentò di rimediare Mati.
«Giusto tesoro! Sarà anche un'occasione per me di conoscere meglio questo... Daniele, giusto?» la incoraggiò Mel.
«Davide!» la correggemmo noi in coro.
Dio mio, che caso perso, pensai scuotendo la testa.




Second Part: The Party.

La settimana passò interminabile, tra professori già sclerotici e interrogazioni di matematica programmate dal secondo giorno.
Ero sempre più convinta che i prof odiassero le vacanze per la brusca interruzione alla loro sadica attività e per non avere più nessuno su cui scaricare le proprie frustrazioni.

Nonostante tutto, arrivò finalmente sabato, uno come tanti, sempre preceduto da una estenuante (e aggiungerei seccante) discussione con mia madre per modalità di andata e ritorno, perché sono piccola ed indifesa, perché non si sa mai, perché conosco quella Francesca... insomma, le solite cose.
Optammo per un rientro non oltre mezzanotte, chiamando un taxi e tassativamente in condizioni sobrie. Come se andassi pazza per i super alcolici.
Ma per fortuna anche quell'incubo versione pocket era sparito, e avevo finalmente potuto prepararmi in pace.
Decisi di curarmi più del solito quella sera, e misi un vestito che mai mi ero sognata di tirare fuori dall'armadio, un regalo di quelle due pazze per il mio compleanno d quell'anno, molto stretto e corto, a tre colori.
Siccome l'estate aveva contribuito a slanciare il mio fisico, ero sicura di poter mostrare le mie gambe al mondo. Scelsi di non legare i capelli e di mettere solo un velo di cipria e un po' di mascara, per non rendere il trucco troppo pesante. Odiavo poi dover struccarmi con miliardi di creme, ero una con molta poca pazienza. Ai piedi misi delle comode ballerine, rassegnata a rimanere la solita tappetta anche quella sera.
Si, andava decisamente bene.

A quel punto suonò Mel, a cui il padre si era offerto di dare un passaggio, e lei furbamente aveva incluso nel tragitto per il locale le abitazioni mie e di Mati.
«Oh, ma come siamo scecsiiii!» non fece a meno di sfottermi Melissa.
Alzai gli occhi al cielo, non sarebbe cambiata mai, proprio lei che portava un mini abitino celeste, che andava a nozze con i suoi capelli biondi, e che l'avrebbe resa visibile in tutta la sala grazie anche al suo metro e settantacinque. Era veramente alta.
Matilde sorrideva invece maliziosa occhieggiando il mio vestito, e sentenziai che era stata proprio una pessima idea metterlo.
«Chi stiamo cercando di conquistare, Bee?» ammiccò dopo qualche secondo.
Alzai gli occhi al cielo, sconsolata, pensando che forse sarebbe stato meglio contraddire Francesca e presentarmi con un paio di comodi e semplici jeans.

La festa si sarebbe tenuta in una larga sala adibita a discoteca e con posizionato un bancone per i cocktail, e si preannunciava un vero divertimento. Come al solito quando Francesca ci si metteva con questi party all'Americana pensava veramente in grande.
Arrivate infatti davanti al posto, dovemmo ammettere che ci aveva preso riguardo all'atmosfera con cui addobbare la sala: divertimento, spensieratezza, e anche un po' di mistero.
Dopo i primi dieci minuti in cui i primi arrivati si guardavano in faccia imbarazzati, Mel si buttò a ballare, seguita da molti altri tra cui me e Mati che prendemmo subito un cubo.
Il tempo sembrava non finire mai, e mi lasciai ordinare un alcolico da quelle due pazze, anche se non era da me.
Ma si, pensai, infondo non può farmi male. Quindi mi scolai letteralmente due bicchieri di Cuba Libre senza neanche prendere fiato, e subito mi sentii più potente. Ero convinta che, se solo avessi voluto, avrei potuto conquistare tutti i ragazzi della festa. Chiaramente non ero lucida, ma il destino ce l'aveva con me quella sera.
La musica pompava sempre più forte, le luci colorate che lampeggiavano insistentemente proiettando ombre inquietanti sulle pareti non facevano che confondere i miei sensi e far sì che le immagini si confondessero impedendomi di distinguere molto di quella festa infernale, che stava diventando un tumulto di corpi affannati e frenetici.
«Bene ragazze, vedo che vi state scatenando, ma ora vorrei vedere anche dei ragazzi sui cubi! Forza boys, fateci vedere chi siete!»
Ecco, era tempo di rifarsi un po' gli occhi, o almeno questo lo pensava la mia mente malata.
Oddio, se mi ritorna in mente ogni tanto penso a quanto io sia una ninfomane irrimediabilmente dipendente dai bei ragazzi. Che delusione.

In ogni caso, venni scossa violentemente da Mel, nemmeno lei molto lucida, che indicava un cubo non poco distante da lei: due ragazzi, tra cui quel... Daniele? Da... Davide? che ballavano a ritmo di musica in un modo estremamente provocante. Che spettacolo delizioso, osservò la mia parte di cervello depravata che aveva preso possesso di tutta la mia testa.
Il solito ragazzo, quel... oh, al diavolo, quello col nome che iniziava per D! si avvicinò a Mel e prese a osservarla senza smettere di muoversi, e poi quei due iniziarono una danza molto... ravvicinata, ecco, sotto lo sguardo divertito di alcuni ragazzi, finché non si spostarono in un luogo più appartato.
Rimasta sola, abbandonata da Mati che aveva trovato un ballerino niente male del nostro anno ma che era impossibile da riconoscere, mi trovai a ballare con diverse persone che non saprei tutt'ora ricordare, presa com'ero dall'atmosfera misteriosa della serata.
L'effetto dell'alcool persisteva, e avevo la magnifica sensazione di essere stata svuotata da tutto e riempita con un imbuto di energia.

Improvvisamente, il DJ chiamato da Francesca mise nell'aria il noto successo Sexy Back di Justin Timberlake, che segnò la mia condanna a morte.
Elettrizzata da quella canzone così equivoca non mi accorsi che un ragazzo si era messo a ballare dietro di me, posandomi delicatamente le mani sui fianchi.
Sorpresa per il contatto, mi girai senza smettere di ondeggiare al ritmo della canzone, e sorrisi a quel moro che non conoscevo. Constatai con piacere che era davvero un ragazzo carino: capelli neri di media lunghezza, occhi azzurrissimi e un sorriso che voleva sapere di intrigante ma aveva decisamente un retrogusto dolce.
Incantata da quello sguardo strano, pensai che il ragazzo aveva un'aria familiare, ma per quanto mi sforzassi di ricollegarlo ad un viso del mio anno non mi veniva in mente niente.
Improvvisamente ricordai: era il ragazzo che ballava con mr. D sul cubo prima, quello che avevamo intravisto qualche giorno prima a scuola sempre di fianco a quello che doveva essere il suo migliore amico... un primino! Con un primino dovevo andare ad invischiarmi! Ma che primino...
Non poteva continuare a guardarmi in quel modo terribilmente invitante, non con quello sguardo almeno, muovendosi così vicino a me... avvicinando inquietantemente i nostri visi...
Eh no eh! Se ti fermi pure incurante della musica non posso resistere eh!
I nostri volti erano ora così poco distanti che quasi si sfioravano, potevo addirittura sentire il suo respiro sulle mie labbra, il suo profumo dentro la pelle.
Presa da un istinto suicida, interruppi quella breve distanza rendendo possibile quel contatto tanto agognato.


To be continued...










Ok, buongiorno gente omicida!
Lo so, avevo promesso un aggiornamento presto ma non ce l'ho fatta, tra PC non funzionante e poco tempo anche la voglia di mettermi a scrivere é venuta a mancare.
In questo interessantissimo capitolo avete conosciuto molti personaggi importanti, e penso di aver lasciato tutto mooolto in sospeso xD
Dunque, qualcosa su questa storia:
• nonostante l'introduzione, non si vogliono attaccare in qualche modo idee di qualcuno, é tutto un pretesto per scrivere la storia ;D
• niente di questo é autobiografico (magari!) ma solo frutto della mia malata-mente.
• qualunque riferimento a luoghi (che non sono del tutto specificati appositamente) o persone (idem come prima) sono puramente casuali.

Passo subito a ringraziare quelle persone che hanno recensito il prologo:
@gerba: anche per me ;) fammi sapere cosa ne pensi, e grazie infinite!
@ALESSIA1992: grazie per l'opinione, spero tu possa apprezzare il capitolo!
@Haru No Shimo: grazie mille, l'irriverenza é proprio un carattere della protagonista, oltre che mio, per questo forse mi riesce bene scriverlo ;) un bacio e a presto, dimmi che ne pensi di questo capitolo!
@LadyMarmelade: cava! *-* ti aspettavo con ansia u.u Sono contenta che ti piaccia, anche se lo so che in realtà ne eri già a consocenza ;) dimmi cheppensi di questo capitolo bella! Un bacio :*

Infine, vi segnalo il mio profilo facebook dove trovare foto, aggiornamenti e spoiler: FACEBOOK HERE
E anche quello di Polyvore, dove trovate i vestiti della serata se vi va di dare un'occhiata ;D POLYVORE HERE


Un bacio e a presto, vi attendo numerosi!
Bee

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Capitolo 3
*** Act II ***



Teenage Dream







• Act 2 • Your kisses leave me breathless.












Oh, Dio. Stavo baciando uno sconosciuto.
Beh, in fondo un po' sapevo chi fosse... Ma Bee, questo non ti giustifica!
In quel momento il mio malato cervello si spense grazie al cielo, e riuscii a concentrarmi solo sulle labbra di quel ragazzo.
Oddio, baciava divinamente... era così intenso come bacio, non avevo mai provato una sensazione del genere.
Presa dalla foga del momento e ancora annebbiata dall'alcool che reggevo così male, lo presi per mano e lo trascinai verso l'uscita sul retro che mi aveva illustrato prima Francesca, ignara dell'utilità che potesse avere quell'informazione, cercando un po' di intimità.
Appena varcata quella porta ci ritrovammo all'aperto e mi sentii appoggiare delicatamente contro il muro da quel ragazzo che tanto mi coinvolgeva, con le sue mani allacciate attorno ai fianchi.
Azzardai un contatto più profondo dischiudendo la bocca e le nostre lingue iniziarono una strenua lotta che avrebbe certamente portato alla mia autodistruzione tanto bruciavo dall'interno. Si staccò dalle mie labbra e dovetti aver mugugnato qualcosa in segno di protesta, perché potei scorgere un sorriso dipingersi sulle sue labbra che si spostarono ad accarezzarmi il collo scoperto.
Ero così presa da quel contatto così provocante che non mi accorsi del tempo che passava, c'eravamo solo io e lui e il muro dietro di me... finché una ventata d'aria gelida non mi risvegliò da quello che poteva tranquillamente essere un sogno incredibilmente realistico.
Spalancai gli occhi e parte della nebbia nella mia testa doveva essersi dissipata, perché finalmente mi resi conto di dov'ero e soprattutto cosa stavo facendo.
Mi divincolai da quella presa incredibilmente soffice con una faccia seriamente spaventata, e dall'espressione di puro stupore che si dipinse sul volto del ragazzo intuii che anche lui aveva come preso una secchiata in faccia.
« Oddio... » mormorò arrossendo violentemente, ancora leggermente sotto shock.
Da quel fatidico rossore compresi che anche lui era nella mia situazione, e la tensione si stava tramutando in pesante imbarazzo, non avevamo nemmeno il coraggio di guardarci in faccia.
« Senti... » esordimmo contemporaneamente. Ci scappò una risata per quella sincronia così fuori luogo, e più alleggeriti finalmente ci guardammo negli occhi.
Aveva due specchi azzurri incredibilmente dolci, e mi guardavamo sinceramente dispiaciuto.
« Senti », ripresi finalmente, « penso sia chiara la situazione: abbiamo bevuto tutti e due un po', e ci siamo lasciati andare... questo non significa niente, vero? Non ci conosciamo neanche... » conclusi sorridendo.
Perfetta. Diplomatica, una maschera di tranquillità. Solo il mio cuore batteva ancora per l'affanno di prima, ma quello purtroppo non lo potevo spegnere per un po', dannazione.
Nei suoi occhi balenò qualcosa per un instante, un'emozione che non seppi decifrare, poi si decise a parlare anche lui.
« Già. » Tutto qui? Dopo... quello, era tutto ciò che riusciva a dire?
« In ogni caso, sono Jacopo. Di prima C. » Ah, ecco.
« Beatrice, seconda B. » dissi allungando una mano, e me ne pentii all'istante. Avevamo passato diversi minuti imboscati fuori dal locale e io gli stringevo la mano? Dio, che idiota! Stupida, patetica ragazzina!
Lo vidi trattenere una risata, probabilmente la pensava come me, e stringermi la mano forse solo per cortesia. Che imbarazzo, speravo solo che il buio non gli fece notare quanto ero arrossita.
Ancora silenzio.
Una pesante coltre si stava puntualmente stendendo da noi, in quel momento così equivoco non poteva essere altrimenti.
Mentre mi scervellavo nel tentativo di trovare qualcosa da dire, dalla porta uscì una figura familiare, che riconobbi come quella di Matilde; oh Dio, allora esisti!
« Bee, dove cazzo eri finita?! Sono dieci, dieci minuti che ti cerco, Mel ha appena finito di limonare con l'ultimo tipo e... » finalmente notò la figura davanti a me, e mi lanciò un'occhiata maliziosa prima di rivolgersi a Jacopo.
« ...e tu chi saresti? » disse serena come al solito. Meno male che mi aveva trovato lei al posto di Melissa, conoscendola lei avrebbe deciso di lasciarci da soli a continuare quello che aveva interrotto.
« Jacopo, prima C. » salutò lui con un cenno del capo. Era chiaramente divertito dall'entrata di Matilde.
« Bene Jacopo, contenta di fare la tua conoscenza, ma adesso dovrei requisire la mia amica, é un problema? » riprese regalandogli un sorriso sincero.
« No no, fai pure » ricambiò lui, rivolgendosi poi a me: « ci si vede... Bee ».
Feci appena in tempo ad ammiccare imbarazzata che venni portata via di peso dal mio angelo custode.
Si fermò qualche metro più in là, e dopo aver controllato di non essere sentita da nessuno, incrociò le braccia sotto il petto assumendo un'aria da malefica direttrice di orfanotrofio fallito. Deglutii vistosamente non sapendo cosa aspettarmi come ennesima ramanzina.
« Ok, domani prova a fuggire, morire, ammalarti o qualunque altra cosa ti impedisca di darmi delle spiegazioni decenti e giuro che ti trovo, Beatrice cara! »
Oh, merda. Quando mi chiamava Beatrice era seriamente incazzata.
« O-ok, certo mammina, ricevuto » tentai probabilmente invano io di sdrammatizzare mettendomi sull'attenti come un soldatino.
La sua espressione terribilmente seria non mutò di mezzo millimetro.
Poi, distese finalmente le labbra in un sorriso e iniziò a parlare a raffica facendomi domande sull'accaduto, senza più voglia di aspettare l'indomani.
Le raccontai tutto per filo e per segno, e resistetti all'impulso di lodare le prestazioni di Jacopo per non esasperarla ulteriormente visto il suo salvataggio di quella sera.
Dovetti però ripetere tutto il racconto ad una sconcertata Mel, che si era precedentemente intrattenuta con l'amico di Jacopo che finalmente capii che si chiamava Davide, su cui disse che era un bel ragazzo ma niente di che, soprattutto era piccolo.
Sorrisi sapendo che questa era l'ennesima scusa per non impegnarsi con un ragazzo a tempo indeterminato.
Mel era fatta così, aveva troppa paura di attaccarsi alle cose, abituata com'era alla solitudine.
Tornai a casa esausta, dissi due parole a mia mamma sulla festa giusto per non destare sospetto, e mi buttai sul letto ancora vestita.
Dio, che serata movimentata. Avevo la lingua a pezzi per aver spiegato infinite volte l'episodio di Jacopo e... oh beh, anche per altro. A quel pensiero inconsciamente sorrisi ed arrossii, in fondo non mi era dispiaciuto né me ne ero pentita. In fondo era stata solo una cosa nata per caso, no? Una strana coincidenza destinata ad iniziare e finire lì.
Improvvisamente, il mio cellulare prese a vibrare incontrollato facendomi ridestare da quello che era una specie di stato catatonico nel quale ero caduta, e rivoltai il piumone del letto tentando di farlo riaffiorare.
Per fortuna si trattava solo di un messaggio, altrimenti non sarei riuscita a rispondere vista la situazione disperata in cui mi trovavo.
Da: Tommy :P
Hey tappa, sei andata via senza salutare :( Pazienza, non mi avresti trovato, ho conosciuto una ragazza... wow! E tu? In molti hanno notato che sei fuggita via con uno...
Se all'inizio la mia espressione era stata di tenera felicità per il mio amico che ogni volta ne trovava una nuova, all'ultima parte del messaggio sbiancai, cancellando dalle labbra il sorriso ebete che mi si era dipinto.
Panico.
In quanti ci avevano visti? Ero una che detestava essere al centro dell'attenzione, e certe ragazze del liceo sapevano diventare estremamente perfide, se avessero saputo della mia “scappatella” non avrebbero esitato a tartassarmi senza pietà.
Scrissi in fretta un messaggio a Tommy chiedendogli se veramente tutti ci avevano notato, troppo agitata per congratularmi con lui per la sua conquista.
Un minuto, due minuti e niente risposta.
Quando l'ansia aveva finito per divorarmi quasi completamente, accolsi lo squillo del telefono come una salvezza divina.
Da: Tommy :P
Ma che dici, saranno stati tre o quattro, r i l a s s a t i Bea ;) E comunque hai la tua personale guardia del corpo qua che ti proteggerà dai paparazzi! In ogni caso, carino il ragazzo, eh!
Tirai un sospiro di sollievo. Bene, niente assurde pare mentali sul tornare a scuola lunedì.
Invano pensai di potermi concedere finalmente la notte di sonno tanto agognata quando il cellulare, con mia grande sorpresa, squillò nuovamente.
Ok, avrei seriamente ucciso chiunque fosse a turbare il mio sonno, era stata una giornata pesante dannazione!
Molto lentamente allungai la mano verso il comodino dove avevo posato quell'infernale aggeggio, e con occhi affaticati mi accinsi a leggere il display che non avevo mai trovato così luminoso.
Da: Mel <3
Giusto perché tu non mi consideri un'amica indegna, so già che vuoi il suo numero ma non posso accontentarti, puoi chiederlo con l'inganno al suo amico Dave (34820391**) Trovati una scusa e dormi serena :P
Ok, forse non l'avrei proprio uccisa.
Magari anche ringraziata.
Però, qualunque cosa avessi deciso, la rimandai al giorno dopo, e mi addormentai all'istante col sorriso sulle labbra, ancora senza fiato per il bacio di quella sera.
Non riuscivo a respirare lentamente, forse si era tenuto un po' della mia aria dopo il bacio.
Un p' di me, magari.

*

Fu una settimana leggera.
Ero piuttosto serena, ancora libera da stremanti interrogazioni per il momento, nonostante già ricevevamo minacce a proposito dell'imminente maturità a cui mancano solo quattro anni, e già dovevamo fare tesoro del programma.
Tutte cazzate, non avevo intenzione di pensarci per almeno tre anni e mezzo.
Stavo pian piano tornando alla mia vecchia routine prima delle vacanze, rispetto all'anno prima avevo ottenuto maggior fiducia dai miei genitori e quindi più permessi.
Ero fiera di essere riuscita ad iniziare così bene l'anno, la mia perfezione maniacale voleva avere sempre un quadro della situazione immacolato.
C'era però una pecca in quell'ordine preciso, una stonatura che s'infiltrava stressante nei miei pensieri se non stavo attenta.
Ecco, pensavo spesso a quella sera. E quanto mi era piaciuto stare, anche se per così poco, con Jacopo. Tutto questo non era certo facilitato dall'inizio di quella che poteva diventare amicizia col suo compagno Dave, che per quanto sapesse essere fissato e fin troppo egocentrico mi andava particolarmente a genio.
Lo incontravo spesso durante l'intervallo e conversava volentieri col mio solito gruppo di amiche a cui si aggiungevano Tommy e il suo amico Marco, un biondo ragazzo per il quale avevo avuto un certo interesse un po' di tempo prima, senza che si concludesse niente.
Con chi in realtà mi interessava veramente, e cioé il moro che tanto mi aveva stregata, non riuscivo ad avere tutta questa confidenza.
Il nostro rapporto fino a quel momento (escludendo la festa maledetta) si era basato solo su sguardi per lo più imbarazzati nei corridoi, ai quali si aggiungevano quelli che ci scambiavamo ignari di essere scoperti.
E tutto questo mi stava logorando.
Insomma ragazzo, se ti interesso veramente fatti avanti! era il mio pensiero più ricorrente in quel periodo.
Così, decisi di dare una mossa alla situazione.
Era giunto il momento di tirare fuori la Bee che più mi piaceva, quella ragazza che tanto faceva disperare le sue amiche.

*

« Si Dave, sarebbe fantastico! Un'ottima idea! » Quel tono mieloso avrebbe dovuto insospettirlo, ma non sembrò farci caso.
Ero da venti estenuanti minuti al telefono con Davide, e non voleva sapere di organizzare un'uscita con anche il suo tanto agognato amico, nonostante glielo stessi suggerendo tra le righe da ormai troppo tempo. E finalmente si era deciso, invitandoci a casa sua per un pomeriggio intero, Mel, Mati, Jaco ed io.
Ero geniale. Nessuno mi avrebbe mai più fermata ora.
Finii la conversazione in poco tempo liquidando il mio povero amico, e iniziai a girare per casa con un'affascinante espressione ebete appiccicata in faccia, senza curarmi di dove andavo.
Stavo praticamente volteggiando tra una stanza e l'altra felice come una bambina con un nuovo regalo, e passai in quello stato tutto il venerdì pomeriggio e il sabato mattina, giorno per il quale era fissato l'appuntamento, sotto lo sguardo preoccupato ed esasperato delle mie due amiche.
Perfino durante la lezione con quell'acida della prof. di matematica non riuscii ad evitare una fantastica figuraccia a causa della mia aria decisamente persa.
« Beatrice, gradirebbe degnarci della sua attenzione? - mi sentii improvvisamente richiamata – o preferisce ritornare nel suo mondo dei sogni, dove la sta aspettando il suo biondo cavaliere? »
Moro professoressa, é decisamente moro, la corressi mentalmente.
Non potei ignorare le risate di sottofondo che accompagnarono a braccetto il ghigno sadico della prof., ma non me ne curai particolarmente.
Anzi, feci esattamente come mi aveva suggerito l'arpia. Mi chiusi nel mio fantastico mondo dove un moro da stupro mi prendeva in braccio facendomi salire sul suo bianco destriero.
Alla faccia di quella zitella acida, che rischiava di rovinarmi la giornata. Ecco, così impari, pensai mettendo su un broncio deciso.


Non ero nervosa, di più.
Quasi mi tremavano le gambe.
Sveglia idiota, state andando tutti insieme a casa di un amico per una merenda, mi suggerì qualcosa nella mia testolina bacata.
Ansia da prestazione? Forse.
Improvvisamente non fui più sicura di niente, forse mi ero vestita troppo normalmente, forse il filo di eyeliner che avevo scelto di mettere era eccessivo... e se non gli fossi piaciuta? Avevo assolutamente bisogno di uno specchio. Si, ecco cosa volevo, un bello specchio.
Peccato che fossi sul tram che si dirigeva a casa di Dave e stessi annuendo con aria poco convinta da venti minuti di fitte chiacchiere con il resto della compagnia, mentre in realtà avevo la testa da tutt'altra parte.
« Sentite ragazzi, vi annuncio che non ho niente da mangiare: devo fermarmi a prendere della pasta al negozio all'angolo, chi mi segue? »
« Oddio Dave, io proprio no: dammi le chiavi di casa che inizio a metter su l'acqua. » Ma perché il suo tono anche svogliato mi sembra sempre così... solare?
« Jacky, non ti sopporto, scansafatiche che non sei altro. Bea, per favore, non mi fido a lasciarlo su in casa da solo... te la senti di accompagnarlo? » Certo Dav, non si capisce proprio così, eh!
Sul punto di arrossire, annuii tentando di sembrare pacata ed indifferente.
« Ok, vieni, ti faccio strada io. » si rivolse a me con uno dei suoi sorrisi migliori. E chi si sarebbe azzardata a non seguirlo?
La casa di quel caso umano di Davide era enorme: mi sarei di sicuro persa dopo il primo corridoio senza Jacopo; un labirinto di stanze si apriva dall'ampia anticamera, da cui s'intravedeva la parte iniziale di un'enorme salone, e rimasi ancor più stupita scorgendo ben due cucine, di cui una adiacente a quella che doveva essere la sala da pranzo.
Scossi la testa basita: la mia piccola casa, chiamata affettuosamente “buco”, non poteva competere con quell'enorme castello.
« Ti devi ancora riprendere, eh? E' difficile le prime volte abituarsi. Dovresti vedere la casa al mare... » Anche lui era evidentemente sconsolato, evidentemente ancora non si capacitava dell'enormità di quella casa. Non osai immaginare come fosse quella al mare.
« Allora, ci mettiamo al lavoro? » dissi, improvvisamente di buon umore. Oltre che rendermi incredibilmente impacciata, almeno quel ragazzo riusciva a contagiarmi con quel suo perenne buon umore.
« Subito, mein fuhrer!* » mi rispose lui, accompagnandomi in cucina e porgendomi tovaglia, posate e piatti da disporre sulla tavola.
« Non avrai intenzione di far lavorare solo una povera ragazzina! » lo provocai alzando un sopracciglio fintamente scocciata.
« Non ci avevo minimamente pensato, mylady, io mi occuperò di far bollire l'acqua nel frattempo! » La quantità di buffi epiteti con cui mi stava appellando mi facevano morire dal ridere e dall'imbarazzo, diamine! Ma perché non aveva una schiera di ragazze pronte a sbavargli dietro? Oh, già, c'erano...
A quel pensiero mi si strinse lo stomaco: non avevo certo dimenticato tutte quelle oche di prima che gli svolazzavano intorno parlandogli in modo così zuccheroso da far venire la carie a chiunque ascoltasse...
Non era certo il ragazzo più bello o affascinante della scuola, anzi, Dave era decisamente più carino di lui, ma la sua naturale serenità e il suo sorriso così sincero gli avevano procacciato un notevole numero di ammiratrici, che prontamente avrei ucciso una ad una con un fucile se ne avessi avuto la possibilità.
Era così piacevole stare con lui che quei pochi minuti in cui fummo da soli volarono, e a momenti Mel, Mati e Dave sarebbero tornati in casa, ne ero certa.
Andare avanti e indietro per i corridoi sistemando tavola e cucina mi aveva fatto venire fame e caldo, e sentii l'impellente bisogno di togliermi la felpa.
Ma stava andando tutto troppo bene per i miei gusti, e infatti mi ritrovai incastrata con la cerniera nei capelli.
« Oh merda! » bofonchiai incapace di strapparmi drasticamente quell'impiccio. Perché non mi ero slacciata la cerniera, e avevo invece cercato di sfilarmela dalla testa?! Ero probabilmente troppo sovrappensiero per poterci pensare.
« Aspetta, ti aiuto io... » mi venne incontro lui, ma la cerniera non volle arrendersi neanche sotto il tocco delle sue mani, finché con un rumoroso click! non decise di aprirsi solo per esasperazione.
Ma giusto perché ero troppo poco imbarazzata, nel venire via la felpa mi sollevò anche la maglietta scoprendo una considerevole porzione di pancia.
Ecco, e la mia figura da maniaca con squallidi tentativi di abbordaggio l'avevo fatta. Perfetto, tutto era stato rovinato da quel terribile cliché e dalla mia faccia completamente rossa.
Certo, anche il fatto che fossimo così vicini e che lui avesse lasciato aperti i primi due bottoni della camicia aveva contribuito a rendere il mio respiro così accelerato... oddio stupidi ormoni, non siamo più in estate, non é il caso di ballare la conga!
Ma era forse solo uno scherzo di questi ultimi inutili “esseri” o non era solo un'impressione che il suo viso si stesse avvicinando sempre più al mio?
Ma sì, assecondiamoli questi idioti! pensai mentre mi avvicinavo sempre di più alle sue labbra...
Le nostre labbra si muovevano con leggerezza le une sulle altre, i nostri cuori battevano all'impazzata e il silenzio era spezzato solo dai nostri lievi respiri.
Quel bacio non ebbe niente a che vedere con il precedente: in primo luogo eravamo tutti e due (parzialmente?) lucidi, e mentre il primo era stato guidato probabilmente solo dall'istinto e dall'alcool questo era incredibilmente dolce e misurato, quasi un sussurro.
Misi timidamente le mani tra i suoi capelli incredibilmente morbidi, e lui rispose stringendomi delicatamente tra le sue braccia, che sembravano state create appositamente perché io ci stessi dentro.
Tutto era tornato perfetto, finché non suonò il citofono, il cui squillo fu accompagnato da una serie di imprecazioni a mezza bocca provenienti da tutti e due.
Ero ancora senza fiato, nuovamente per colpa sua.
Dovevo fare in modo che perdesse quel vizio di tenersi sempre qualcosa di mio.












*espressione tedesca che significa press'a poco “mio signore”.





To be continued...












Come osa ripresentarsi quella sclerata?
Saaalve people, eccomi sfortunatamente di nuovo qua...
Come vedete, sono in ritardo e il capitolo fa schifo, ma dettagli, non so con che faccia mi accingo a postarlo.
Bene, già da questo capitolo siamo nel vivo della storia, indugiare troppo mi sembrava stupido, ma la parte tenera e tutta rose e fiori non durerà molto, purtroppo per voi e per loro.
Perché il succo di questa storia sono i loro incasinatissimi problemi adolescenz... ehm, esistenziali ^^, non la loro perfetta (ma anche no!) vita.
Rispondo veloce veloce alle due recensioni che mi avete lasciato, e vi ringrazio 8 preferiti, 8 seguiti e 1 ricordata!

@LadyMarmelade: grazie tesoro ^^ anche adesso ti ho lasciata sempre un po' col fiato sospeso, mi dispiace :P
Spero di averti fatto apprezzare il capitolo, a me fa un po' schifo xD
A presto <3
@Coccinella_: Emmettì tesoro :3 grazie mille, sono felice che la storia ti piaccia :D
Fammi sapere che ne pensi di questo capitolo che non è proprio una delle mie più grandi produzioni xD
Bacio **

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Bene, noi ci vediamo tra un po', non so quando, vedrò il prima possibile :D
Un bacio,
la vostra Bèa.

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