Hagrid's Family - Attimi di vita e Ricordi di Piccolo Fiore del Deserto (/viewuser.php?uid=90924)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fridwulfa e Mr Hagrid ***
Capitolo 2: *** Filo Invisibile ***
Capitolo 3: *** Il Ricordo di un Padre ***
Capitolo 1 *** Fridwulfa e Mr Hagrid ***
Parto
da una piccola premessa:
Come ho già detto nell'introduzione, le notizie sui genitori
di Hagrid, almeno fino al sesto libro (dove sono arrivata a leggere)
sono pochissime, e così questa è la mia idea
riguardo questa famiglia, non sempre trattata nelle ff.
Perchè scrivo di loro? Semplicemente perchè,
anche quando Harry Potter non mi ispirava granchè, e mi
hanno forzata a guardare i primi tre film, Hagrid è stato
uno dei personaggi che più mi son piaciuti (ora insieme a
Sirius, Lupin, i Gemelli Weasley, Silente, Tonks, Piton, Luna e
Neville, per lo più XD). Quindi perchè non
scrivere ancora di lui e dei suoi genitori? Probabilmente questa
sarà l'ultima storia che scrivo su questo Fandom, ma spero
di non essere andata troppo OOC (anche se, conoscendo poco dei
genitori, non saprei eh...) e che vi possa piacere.
Naturalmente se avete altre notizie e credete che la mia versione non
sia attinente, ditemelo subito, così potrò o
modificare o mettere l'avvertimento OOC.
Grazie mille. E buona lettura! E non uccidetemi -.-
ps. non sono neanche sicurissima di aver usato gli incantesimi
più adatti e corretti, ma leggendoli tutti per me era meglio
inserire quelli.
Fridwulfa e Mr
Hagrid
Era cosa insolita per un essere umano
innamorarsi di una gigantessa ma, ancora più insolito, era
che accadesse il contrario; eppure ciò avvenne.
Mr Hagrid era un mago di media altezza, dagli occhi neri e infossati e
capelli corti del medesimo colore; un naso aquilino e labbra sottili
sempre pronte a distendersi in un sorriso.
Adorava viaggiare per conoscere ogni genere di creatura esistente, fino
a che non incrociò lei.
Era una gigantessa imponente, alta circa sette metri, dai capelli
marroni e crespi lasciati sciolti e due immensi occhi di un grigio
sporco.
Aveva il naso simile a una grossa patata appiattita, e indossava
semplicemente un pezzo di stoffa logoro e consunto che una volta doveva
apparire verde, a tentare di coprire le sue parti intime.
In un primo momento fu colto da un’incredibile paura, ma poi
la voglia di conoscere le creature – soprattutto quelle
non-umane – prese il sopravvento e, armato di bacchetta,
iniziò a osservarla con attenzione. Il suo scopo era di
conoscere al meglio le abitudini dei giganti per poi intervenire di
persona, incurante del pericolo.
Le si avvicinò in una calda
giornata estiva. Il sole si rifletteva con i suoi piacevoli raggi sulle
foglie degli alberi della foresta e sulla grigia pietra della grotta
nella quale Fridwulfa riposava.
Cercando di non fare rumore, i suoi passi lo condussero a pochi metri
dal punto in cui, quella che appariva come una sorta di collina
strana… respirava rumorosamente.
Si fermò per osservarla meglio ma, proprio nel momento in
cui era deciso a tornare indietro, lei si svegliò.
La terra sotto i piedi del “piccolo” mago
tremò ai movimenti decisamente poco aggraziati della
gigantessa, la quale, mente si muoveva per uscire dalla caverna, quasi
lo schiacciò, se non si fosse allontanato lesto quasi
all’ultimo minuto.
Si accucciò in un angolo respirando affannoso, mentre il suo
cuore quasi gli usciva dal petto per il terrore ma, nonostante
ciò, non si diede per vinto.
Cercò di rivolgersi a lei col tono più alto
possibile e, dopo diversi tentativi in cui lei si limitò a
voltare lo sguardo in diverse direzioni eccetto ove si trovava lui,
alla fine i loro sguardi s’incrociarono.
Mr Hagrid la osservò con un sorriso allegro stampato sul
viso, nonostante il tremolio ben visibile del corpo, mentre la
gigantessa si chinò un poco per osservarlo meglio e dalle
sue grandi labbra – dalle quali s’intravide una
serie di denti grandi, sporchi e un poco storti –
ruggì al suo indirizzo, facendogli rizzare tutti i capelli.
« Credo che questo fosse il tuo saluto, nevvero? »
chiese il mago, dopo essersi ripreso da quella sorta di grido che lo
aveva costretto a strizzare gli occhi per qualche minuto.
Per risposta ottenne solo un grugnito minaccioso, mentre i suoi gelidi
occhi lo fissarono con odio.
« Ehm… non volevo assolutamente disturbarti,
carissima; ma avevo il desiderio di conoscere una creatura…
» qui si bloccò appena in tempo per non offenderla
« … particolare
come te ».
La gigantessa grugnì di nuovo, avanzando pericolosamente
verso di lui.
Mr Hagrid tese la bacchetta verso di lei e indietreggiò di
qualche passo.
« Non voglio farti assolutamente del male, ma presumo che tu
non sia dello stesso avviso nei miei riguardi, eh? Ed io che resto qui
come un imbecille…», l’ultima parte
ovviamente sussurrata, poi riprese « Io sono Mr Hagrid, un
mago che adora cercare creature diverse e particolari da
analizz… ehm, conoscere, sì, e poterci
fare… amicizia! » sorrise e avrebbe anche
abbassato il cappello per rivolgerle un rispettoso inchino se non fosse
stato ancor più intimidito da lei che, incurante delle sue
parole, cercò di afferrarlo ma con esiti negativi. Essendo
più piccolo, il mago, era anche più agile e
riuscì a sfuggirle più volte, fino a quando non
si ritrovò bloccato tra lei e la parete rocciosa della
grotta. Ora sì che era in pericolo!
Iniziò a sudare freddo e, seppur non volesse usare la magia,
le scagliò una serie di Schiantesimi,
allo scopo di gettarla a terra o, perlomeno, di confonderla un minimo,
cosa che riuscì fortunatamente a fare.
Così, mentre la gigantessa iniziò a barcollare
intontita dalla magia, lui scappò via, mettendosi in salvo.
*
I tentativi che seguirono non furono
migliori.
Più il mago tentava di far il gentile, più la
gigantessa si dimostrava aggressiva e lui doveva ricorrere a ogni
genere d’incantesimi pur di salvarsi la vita.
Tuttavia, ben presto si accorse che erano proprio i suoi poteri a farla
innervosire in tal modo. Così, si presentò a lei
nascondendo la bacchetta nella tasca della veste scura, pur sempre a
portata di mano.
Come il solito si fece avanti a passi misurati e cauti per non fare
troppo rumore.
Quando fu a pochi metri da lei, esordì con un:
« Buongiorno Dama Gigantessa! » espose il suo
sorriso più allegro, facendo scivolare verso terra il
cappello, in un pomposo quanto buffo inchino. La risposta della
gigantessa, però, fu il solito grugnito minaccioso.
« Non userò la magia oggi, stai
tranquilla… » disse lui, alzando in aria le mani
vuote « però in cambio tu non dovrai farmi del
male »
La Gigantessa si chinò a guardarlo meglio, come se volesse
cercare tracce della bacchetta.
« Sono qui solo perché sono interessato a
conoscerti, capisci? Tu mi lasci conoscere te stessa e le tue
abitudini, ed io in cambio posso insegnarti a parlare
meglio… senza offesa, sia chiaro! »
La gigantessa grugnì di nuovo, ma parve un attimo,
interessata.
« Ecco, sapevo che potevamo essere amici… io
son… »
Ma non poté concludere l’ennesima presentazione di
se stesso che si ritrovò sollevato a testa in
giù, a molti metri da terra.
« Uargh! Questo è il tuo saluto, per caso?
Be’ avete delle abitudini insolite. E… e
… non avrai intenzione di mangiarmi. Guarda che non ci
ricaverai troppo da me, sono piccolo e non ho molta carne…
»
Mr Hagrid aveva sicuramente ragione ad allarmarsi così;
infatti, la gigantessa lo aveva preso con le dita della mano destra e
lo stava portando proprio alla bocca, come se volesse…
assaggiarlo!
Il “piccolo” mago tentò di divincolarsi,
tanto che dalla tasca della sua veste fuoriuscì la sua
bacchetta, che prese per un soffio con una delle sue mani libere.
« Ah – ah, non costringermi a usare la magia su!
Mettimi giù e non ci faremo male a vicenda. Fai la brava,
bella gigantessa! »
Ovviamente tremava come una foglia, ma voleva tentare ancora di non
ricorrere di nuovo alla magia nonostante rischiasse fin troppo; non
voleva perdere anche l’ultima possibilità con lei.
Che poi, perché gli interessava tanto? Poteva conoscerne
altri, magari più calmi, sempre se c’erano giganti
calmi.
Ma no. Voleva lei sola.
La gigantessa si ritrovò a “ruggire” non
appena notò la bacchetta e iniziò a scuoterlo
come nel tentativo di fargliela cadere. Il
“piccolo” mago così scosso, tuttavia, la
strinse ancora più forte.
« E qu-questo è u-un vo-vostro gio-gioco?
Se-sembra di-divertente! » esclamò e, sorprendendo
entrambi, iniziò a ridere di cuore, ma la sua risata si
trasformò in gemiti di dolore quando si ritrovò
sbalzato a terra con poca grazia.
« Ouch! Ohi, ohi, ohi, ohi. Gioco pericoloso il
vostro… devo segnarmelo. Ohi, ohi, ohi »
continuò a lamentarsi, massaggiandosi le parti lese, ossia
quasi tutto il corpo, ma in particolare la caviglia destra.
La gigantessa iniziò a muovere i suoi passi verso la foresta
di fronte alla sua grotta, ma il mago, nonostante fosse ancora
dolorante, cercò di seguirla ma, vedendo che non riusciva ad
alzarsi, le urlò:
« Gigantessa dove vai? Aspettami, voglio apprendere altre
cose! » ma, per tutta risposta, avvertì come il
rumore di un albero che veniva sradicato da terra ed essere scagliato
proprio nella sua direzione.
Conscio di non poter fuggire, si concentrò su un incantesimo
e, una volta pronto, scandì a voce ben chiara e alta:
« Bombarda! »
e fu come se un tuono avesse squarciato il cielo:
l’alberò esplose a pochissima distanza da lui, e
solo cenere e ciò che ne restava gli scivolò
addosso.
*
«
Ma chi me lo ha fatto fare? Sono curioso sì, ma non posso
concentrarmi su altre creature? Forse i troll erano meglio o magari
qualcosa di più carino, come un unicorno? Ma no quegli
esseri amano solo le fanciulle, ed io non sono una fanciulla no?
»
Mr Hagrid si
era rintanato in un angolo della grotta. Il corpo ancora un poco
dolorante, la caviglia destra piuttosto gonfia.
Fuori il
sole aveva lasciato il posto alla luna, e il cielo di un azzurro
intenso era sfumato in un blu molto scuro. La gigantessa non era ancora
tornata.
«
Però lei ha qualcosa di particolare, sì. Voglio
conoscerla maggiormente, e ce la farò. » disse
risoluto, continuando a massaggiarsi laddove gli doleva.
Stava quasi
per addormentarsi quando sentì tremare la terra sotto di
sé: erano i passi della gigantessa che tornava con una serie
di poveri animali morti tra le manone.
Mr Hagrid
rimase silenzioso per qualche istante e, quando lei si
accomodò a terra, gettando quei corpi con poca grazia
intorno a sé, prese parola:
«
Caccia grossa, eh? E li mangi tutti tu? »
La
gigantessa si voltò, cercandolo, e grugnì di
nuovo.
«
Oh, perdonami, ora mi mostro subito, ma tu non farmi del male!
»
Cercò
di strisciare in modo da uscire dal suo angolo nascosto e palesarsi a
lei, la quale, dopo l’ennesimo suono rauco, lo
ignorò completamente, iniziando a tranciare con grandi morsi
i corpi esanimi degli animali.
Il mago la
guardò con disgusto misto a interesse e poi disse:
«
Ed è buono mangiare crudo un uccello o un cervo? Sai, noi li
cuociamo a fuoco lento e aggiungiamo delle erbe aromatiche, per
insaporire il tutto, rendendo il sapore davvero delizioso. »
Si leccò le labbra, immaginando un bel pollo arrosto con
deliziose patate di contorno e il suo stomaco borbottò.
La
Gigantessa si fermò, gocce scarlatte uscivano dalle sue
labbra, facendola apparire più minacciosa e
grugnì.
«
Oh,è solo il mio stomaco, sai è vuoto.
» ammise il mago.
Ancora il
brontolio dello stomaco, seguito dal grugnito della gigantessa che ora
sembrava più interessata e… sorrideva! Un sorriso
storto e macabro – visti i suoi denti insanguinati e logori
– però era davvero un sorriso, al quale
prontamente il mago rispose allegro.
Poi la
gigantessa gli lanciò accanto uno striminzito uccello e lui,
reprimendo a stento una smorfia, lo accettò come segno di
rispetto, ma non si azzardò a toccarlo.
Lei lo
guardò e gli mostrò come mangiarlo e, a suon di
grugniti, lo invitò a far lo stesso.
Il povero
mago tentò di non vomitare e avvicinò le sue
labbra all’animaletto e, per farla contenta,
staccò con un morso le piume, tornando poi a sorridere.
Ma ora era
lui ad essere davvero buffo: le piume dell’uccello si erano
bloccate sulle sue labbra sembrando degli insoliti baffi e dalla
gigantessa fuoriuscirono dei gorgoglii insoliti e diversi dai grugniti.
Sembrava che ridesse!
Il mago
prese a ridere con lei e l’atmosfera parve riscaldarsi di
colpo.
«
Io sono Hagrid e tu? »
La
gigantessa proferì un suono rauco che sembrò
voler dire “Fridwulfa” e, finalmente, iniziarono a
conoscersi, proprio come lui desiderava.
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Capitolo 2 *** Filo Invisibile ***
Filo Invisibile
« Hagrett!
»
«
H – A – G – R – I – D
»
Non
era facile far comprendere alla perfezione a Fridwulfa qual era la
giusta pronuncia del nome di famiglia ma Mr Hagrid non si perse mai
d’animo. Dopo i primi tentativi falliti, che gli erano anche
costati una caviglia piuttosto gonfia, era riuscito a conquistare la
fiducia della gigantessa che gli permise di trascorrere insieme diversi
mesi in quella grotta.
Lei
gli permetteva di seguirlo ovunque, in modo tale da fargli apprendere
le abitudini dei giganti – di cui lui prendeva prontamente
nota – e in cambio lui le insegnava l’inglese.
Tuttavia
non era facile: per stare al passo di Fridwulfa, doveva correre e
spesso si doveva fermare per riprendere fiato per non stramazzare a
terra, mentre lei aveva troppe difficoltà nel riuscire a
proferire le parole correttamente, anche se ben comprendeva la lingua
di quel “piccoletto”.
Con
il passare dei mesi e con molta pazienza, riuscirono a venirsi incontro
entrando in perfetta armonia, cosa, forse, piuttosto insolita tra un
umano e una gigantessa. Ma c’era qualcosa che spingeva il
mago a rimanerle accanto anche quando ormai aveva memorizzato tutte le
abitudini di un gigante: ogni qualvolta che fissava Fridwulfa, si
accorgeva che non poteva andarsene; si sentiva così
profondamente legato a lei da una sorta di filo invisibile che, al sol
pensiero di spezzarlo, provava una fitta di dolore al petto, proprio
dove il cuore pulsava forte.
L’amava
come non gli era mai successo prima. Non era un mago che si soffermava
solo sull’aspetto fisico, ma riusciva ad andare oltre, nel
profondo. Certo, lei era una gigantessa, ma chi poteva stabilire che
non provasse anche lei dei sentimenti dietro quell’aspetto
apparentemente minaccioso?
Spesso
si fermava a osservarla in ogni suo piccolo gesto e sentiva che
Fridwulfa aveva qualcosa di speciale. Non gli importava se nel mondo
magico lo avessero preso per pazzo; ormai consapevole del suo amore e
del fatto che non poteva rimanere in quella grotta per sempre, prese la
sua decisione.
Una notte, mentre si trovavano entrambi intorno al fuoco,
mangiando ciascuno il proprio piatto (Mr Hagrid aveva provato a
cucinarle qualcosa, ma lei gli aveva sputato tutto addosso, disgustata
e contrariata, e lui non ci aveva più provato), lui prese
parola:
«
Fridwulfa, mia cara, so che ti sembrerà strano e forse ti
apparirò come un pazzo... in realtà, non so
neanche come funzionano tra voi queste cose. Forse dovremmo far cozzare
le pance assieme, ma non credo di ritrovarmi in buone condizioni poi,
ma... »
Si
fermò un attimo accorgendosi di star divagando
abbondantemente. Fridwulfa interruppe il suo pasto, guardandolo fisso
negli occhi.
«
Hagrett? Che mi ci vuoi dire? » chiese con un tono di voce
rauco e in un inglese ancora stentato.
«
Ecco, sì... be’ insomma, Fridwulfa vuoi venire a
vivere con me? E-vuoi-formare-una-famiglia-con-me? » disse
tutto un po’ troppo in fretta, rossissimo in volto, tanto che
lei non riuscì a comprenderlo.
«
Hagrett? Male stai? » chiese ancora, per poi allungare una
manona e prenderlo – cercando di non stringerlo troppo forte
– ma iniziando a scuoterlo con vigore, come se fosse il
rimedio giusto per curarlo.
«
N-no, Fr-fridwulfa, me-mettimi gi-giù! »
cercò di gridare il povero mago, e quando lei si
fermò, lui scandì meglio « Vuoi formare
una famiglia con me e vivere nella mia casa? Potrò renderla
accogliente per te, e non farti mancare nulla. Non è troppo
distante a una foresta, e poi troverò un rimedio per farti
sentire più a tuo agio... »
Avrebbe
voluto aggiungere altro, ma si sentì schiacciato al petto di
lei. Infatti, Fridwulfa l’aveva stretto a sé e
iniziò a emettere una serie di gorgoglii simili a una risata.
«
Presumo che la risposta sia sì » concluse Mr
Hagrid con un fil di voce.
*
Impiegarono alcuni giorni per raggiungere la dimora di Mr.
Hagrid, non troppo lontana da un villaggio di maghi. Al loro arrivo
furono accolti da urla e commenti sprezzanti, ma il mago
continuò ad incedere con il sorriso sulle labbra, cercando
di tranquillizzare Fridwulfa che, di fronte a quelle grida, aveva
risposto più di una volta con grugniti minacciosi,
spingendolo a fermarla.
«
No, mia cara, lasciali stare. Sono solo sorpresi di vedere una creatura
splendida come te in questi luoghi, ma non ti faranno del male.
L’unica scelta è ignorare chi non può
capire. »
Sempre
con un sorriso allegro, che illuminava il suo volto sotto il cappello
nero a punta, Mr. Hagrid la condusse proprio dinanzi alla sua casa.
Dall’esterno
appariva una semplice abitazione in mattoncini rossi, fin troppo
piccola per ospitare un gigante, tanto che arrivò ben presto
il grugnito insoddisfatto di Fridwulfa.
«
Mia cara, lascia fare a me! Spostati un poco, sì,
così... bene. »
Una
volta che la gigantessa si fu spostata, estrasse la bacchetta dalla
tasca della veste e, con dei movimenti ben precisi e sinuosi,
scagliò un incantesimo che fece ruggire con disappunto la
compagna.
«
Oh, suvvia Friddy cara. Avanti non fare la paurosa. Come puoi pensare
che proprio io possa farti del male? »
La
guardò con i suoi piccoli occhi neri, infossati, e lei,
seppur un poco riluttante, acconsentì ad entrare.
In
un primo momento si chiese come potesse passare in quella porta,
giacché nonostante l’incantesimo scagliato da Mr.
Hagrid, la casa sembrò essere rimasta immutata, esattamente
uguale a prima; ma, non appena il mago aprì la porta, dentro
c’era un mondo completamente diverso e a misura di...
gigante!
La
gigantessa si stropicciò gli occhi con le mani, incredula,
ma poi emise dei gorgoglii festosi.
All’interno,
infatti, la casa sembrava fatta di roccia, apparendo simile a una
caverna, ma abbellita con oggetti più babbani o magici:
quadri, mobili di ogni genere, e via dicendo.
Mr.
Hagrid la guardò colmo di felicità e la condusse
nella camera da letto, dove vi era un immenso letto basso. Fridwulfa lo
tastò con una mano, curiosa, e poi ci si accomodò
sgraziatamente sopra, ma il letto non si ruppe: sotto al materasso,
infatti, era fatto di pietra così da sostenere anche il peso
di un gigante.
«
Allora, ti piace la nostra nuova casa? » chiese allegro il
mago e lei proruppe con una serie di gorgoglii sonori e un battito di
mani che fece vibrare diversi oggetti posti sui mobili o sui muri.
La
risposta era piuttosto ovvia.
*
Come tutte le coppie, il coronamento dell’amore
consisteva nell’avere un figlio. Era già piuttosto
sorprendente l’amore tra una gigantessa e un mago, ma
l’accoppiamento lo era ancor di più. Senza
scendere nei dettagli, dalla loro unione ben presto Fridwulfa rimase
incinta.
Se
prima era grossa, man a mano che i mesi passavano, il pancione
riuscì a renderla ancora più imponente ma, mentre
i “vicini” li osservarono con paura e disgusto,
additandoli ogni volta che li incrociavano lungo la strada, Mr. Hagrid
si accorse di amarla ancora di più.
Non
si poteva di certo dire che fosse una madre docile e mansueta; anzi,
nonostante il pancione, Fridwulfa continuò a stare sempre in
movimento, incurante delle prediche affettuose del marito.
Spesso
Mr. Hagrid non ricordava che lei non era umana; ai suoi occhi appariva
come la moglie di cui si era innamorato follemente e non gli
interessava altro.
Ogni
qualvolta si recava al villaggio le persone lo guardavano malamente,
additandolo come un pazzo. Un giorno, in particolare, uno dei maghi del
villaggio, grassottello e barbuto, lo fermò e disse:
«
Mr. Hagrid non crede di essere pazzo a vivere con quel mostro capace di
ucciderci facilmente tutti? »
«
Ed ora attende anche un altro piccolo mostro! » aggiunse
subito dopo sua moglie, che al suo confronto sembrava un stelo, per
quanto era sottile.
«
Bisogna fare qualcosa! » esclamò un terzo mago, e
altri lo incitarono, mostrando palesemente il loro consenso.
Mr.
Hagrid, tuttavia, non si scompose troppo; solo i suoi occhi neri
s’incupirono, sembrando ancora più scuri e
penetranti.
«
Si da il caso che quella splendida Gigantessa ha un nome, Fridwulfa, e
che sia mia moglie. E se amare così tanto equivale ad
additarmi come pazzo, allora sono fiero di esserlo. Ma lei non ama sua
moglie? Allora anche lei è un pazzo, e tutti coloro che
amano realmente le loro rispettive compagne. Non è
così?
Inoltre,
il piccolo mostro,
come l’avete appellato, è mio figlio e non vi
permetto di offenderlo. Quando crescerà sarà una
grande persona: corretta, gentile e coraggiosa, ed avrà
anche un gran cuore; quello che non avete voi tutti a giudicare
malamente chi è diverso da voi. E con questo vi saluto, mia
moglie e mio figlio mi aspettano! ».
Lasciando
tutti senza parole, si avviò, mantenendo sempre il sorriso
sulle labbra, presso la sua dimora, dove sua moglie lo stava
aspettando... in preda
alla doglie.
Il piccolo Rubeus nacque a notte fonda; in cielo risplendeva
solo il sorriso della luna, come se fosse lieta anche lei
dell’evento.
Il
cuore di Mr. Hagrid straripava di una felicità immensa,
difficile da descrivere e gestire. I suoi occhi scuri, ora lucidi, si
riflettevano come uno specchio in quelli del piccolo che strillava, con
voce già possente, tra le sue braccia.
Per
i suoi standard, più che un neonato appariva come un bambino
di almeno un anno o forse due, ma dallo sguardo di Fridwulfa si poteva
forse intuire che per lei era troppo... piccolo.
Tuttavia,
Mr. Hagrid non ci fece troppo caso; forse sua moglie era solo stanca.
«
Ruben » sussurrò, rimanendo come incantato a
guardarlo, mentre il piccolo, cullato tra le sue braccia,
sembrò calmarsi un poco.
Fridwulfa,
tuttavia, emise il suo solito grugnito insoddisfatto.
«
Cosa? Non ti piace come nome? Come vorresti chiamarlo, allora?
» chiese il mago, distogliendo l’attenzione per un
attimo dal piccolo e portandola sulla madre.
«
Ruhfus » brontolò la gigantessa.
«
Ruhfus... » ripeté il mago più volte,
come se volesse capire se quel nome fosse attinente a suo figlio.
«
Uhm... e se unissimo i due nomi? Potremmo chiamarlo... Rubeus Hagrid.
»
La
gigantessa guardò il marito e poi il figlio. Fece una
smorfia e poi acconsentì, come se in fondo non le importasse
granché.
*
I tre anni successivi furono i più belli della sua
vita. Mr. Hagrid non si staccava quasi mai dalla sua famiglia. Si
sentiva davvero fortunato: era follemente innamorato di sua moglie e
ora di più, per il piccolo che gli aveva donato.
Il
piccolo Rubeus cresceva a vista d’occhio, tuttavia, suo padre
lo adorava.
Non
era facile occuparsi di lui, soprattutto farlo mangiare,
perché era un bambino piuttosto vivace e spesso tutto il
cibo finiva sul volto del padre che, nonostante tutto, scoppiava a
ridere seguito subito dalle risate rauche del figlio.
Giocava
spesso con lui e ben presto si accorse che il bambino adorava quando
gli mostrava dei trucchi magici, cosa del tutto contraria alla madre,
che ancora, odiava gli incantesimi.
«
Ancora! » esclamava il piccolo Rubeus e il padre prontamente
eseguiva un incantesimo, trasfigurando una teiera in un simpatico
porcospino.
Tentava
di fare questi “giochi di magia” quando Fridwulfa
non era presente, poiché più di una volta si era
ritrovata a ruggire prepotentemente contrariata.
Mentre
l’amore per il piccolo aumentava, il legame con Fridwulfa si
andava via via affievolendo. Era come se quel filo spesso che li aveva
uniti, fosse sul limite di spezzarsi. Il suo amore per lei era saldo e
forte come una montagna, niente poteva smontarlo, ma lei
iniziò sempre di più ad avere atteggiamenti di
puro fastidio.
Era
come se, dopo diversi anni passati in quella casa, iniziasse a trovarla
troppo stretta e più di una volta Mr. Hagrid
l’aveva sorpresa a borbottare contro la statura del loro
figlio.
Una sera, scoprendola di nuovo a guardare quasi con disprezzo
il piccolo Rubeus, di ormai tre anni, si fermò di fronte a
lei e senza troppi giri di parole l’affrontò:
«
Fridwulfa, mia cara, dimmi che succede. Che cos’ha di
così sbagliato nostro figlio? »
Spostò
lo sguardo verso quello che ormai appariva un bambino di almeno sei
anni o più, anziché tre, e poi lo
riportò su di lei, che emise un grugnito, prima di
rispondere.
«
Ci è troppo piccolo! Non ci è come me! Io mi ci
vergogno di lui. Gli altri mica lo vogliono, lo uccidono se lo ci
vedono! »
Mr.
Hagrid sgranò gli occhi di fronte a quelle parole. Come
poteva una madre, anche se non umana, disprezzare così suo
figlio? Vergognarsi di lui solo perché piccolo? Aveva visto
qualcosa in lei, qualcosa che lo aveva spinto a sfidare tutto e tutti,
sorbendo anche critiche continue. Ma ora? L’amore per lei non
svanì, ma si sentì ferito.
«
Fridwulfa guardalo. È tuo figlio, nostro figlio. Non ha
nulla che non va, e gli altri non potranno ucciderlo, perché
non lo manderò da loro e neanche tu ci tornerai. Questa
è la tua casa no? Non ti trovi più bene con noi?
»
Fridwulfa
si limitò a guardarlo senza dire una parola, poi
spostò lo sguardo sul piccolo Rubeus che tendeva le braccia
grassocce verso di lei, appellandola “mamma”.
Sentì addosso i loro sguardi, l’uno lo specchio
dell’altro, ma grugnendo uscì dalla casa, non
tornando né quella sera né le seguenti.
Da quella sera Mr. Hagrid non fu più lo stesso. Il
filo invisibile che li legava si spezzò e con esso il suo
cuore fu frantumato in tanti piccolissimi pezzi, impossibili da
ricostruire...
La
gigantessa che amava più di ogni cosa, insieme a suo figlio,
se ne era andata per sempre, lasciandolo solo con un bambino da
crescere.
Il
suo sorriso allegro si spense e passò sempre più
tempo accoccolato su una sedia accanto al camino.
In
quell’oscurità che era scesa su di lui, solo una
luce spiccava e lo teneva ancora ancorato alla vita: Rubeus che lo
faceva ridere, Rubeus che aveva bisogno di tutto l’affetto
possibile per crescere.
Cercò
di allontanare il vuoto lasciatogli dentro da Fridwulfa e
tornò a vivere, occupandosi al meglio del suo unico figlio.
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Ecco qui il secondo capitolo, inserito proprio il giorno del mio compleanno (ok, questo non c'entra nulla XD). Spero che vi possa piacere :)
Grazie a chi l'ha letta, a ladylala
e Macer
che l'hanno inserita tra le ricordate, e a Nebbia4e
che l'ha inserita tra le seguite :)
e soprattutto a WingsofCrow
che l'ha commentata *_*
WingsofCrow : Grazie di cuore per
aver lasciato una recensione e detto la tua sulla caratterizzazione che
ho dato di questi personaggi per lo più "sconosciuti". Sono
contenta che ti siano piaciuti, soprattutto la gigantessa, e spero che
ti possa piacere anche qui :) Sono contenta di averti fatta sorridere
*_*
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Capitolo 3 *** Il Ricordo di un Padre ***
Il Ricordo di un padre
Rubeus Hagrid sedeva al tavolo di Grifondoro, un poco lontano
dagli altri. Da quando era entrato alla scuola di magia di Hogwarts in
pochi lo avevano accettato, senza giudicarlo, disprezzarlo o aver paura
del suo aspetto piuttosto massiccio per la sua età. Sin da
quando aveva sei anni tutti lo guardavano malamente,
additandolo come se fosse un mostro, unicamente perché era
troppo alto e grosso rispetto agli altri bambini
“normali”.
Più
di una volta era tornato a casa in lacrime, e suo padre cercava sempre
di consolarlo dicendogli parole che rimasero indelebili nella sua mente
e che lo spinsero a reagire e non lasciarsi più abbattere
credendo realmente di essere un mostro. In molti addirittura lo
criticavano, per essere figlio di una gigantessa. Una madre che lui
neanche ricordava troppo. Tutta la sua vita, fino a quel momento, era
ruotata attorno a un’unica figura, suo padre che gli
ripeteva, più di una volta, parole di conforto e coraggio:
“Rubeus
non vergognarti mai... e se qualcuno te lo rinfaccia è gente
che non vale una cicca!”*
Rubeus aveva
smesso così di piangere e un sorriso allegro era comparso
sul suo viso paffuto. Aveva iniziato a ridere e, entusiasta, aveva
preso in braccio suo padre facendolo roteare nell’aria.
«
Oh, oh, oh, Rubeus su mettimi giù! » il tono usato
era sempre ironico e allegro; non ricordava di averlo mai visto
arrabbiato, anche se osservando i suoi piccoli occhi scuri si scorgeva
la tristezza dell’abbandono.
Rubeus
l’aveva quindi posto in cima alla credenza del salone,
iniziando a ridere di gusto.
«
Oh be’, io sinceramente intendevo sul pavimento, ma
così sono più alto di te! » rispondeva
il padre e iniziavano a ridere entrambi.
Rubeus lo
faceva sempre ridere...
«
Ehi mostro ancora mangi? Non ti vergogni di essere così
grosso? »
Uno studente
di Serpeverde lo fece tornare alla realtà. Non era la prima
volta che lo sbeffeggiavano così...
Stava per
ribattere quando l’arrivo di un professore fece allontanare
subito il Serpeverde e i suoi amici.
«
Buongiorno Professor Silente. » disse immediatamente il mezzo
gigante, interrompendo il suo pasto.
«
Rubeus, spero che quel giovanotto non ti abbia scosso con le sue
parole. Spesso i giovani sono invidiosi. »
Il professor
Silente era un mago alto, dalla corta barba ramata del medesimo colore
dei capelli, e due intensi occhi azzurri che scrutavano lo studente da
dietro degli occhiali a mezza luna.
«
Oh no, professore. Io mi ci sono abituato. » rispose Rubeus.
«
Se hai finito di mangiare, avrei bisogno di parlare con te nel mio
ufficio. »
«
Sicuro. Mi ci vengo subito, Signore »
Alzatosi dal
tavolo, iniziò a seguire il professor Silente, per il quale
aveva un profondo rispetto, verso il suo ufficio.
Silente si
pose dietro al suo tavolo e invitò il giovane a sedersi di
fronte a lui.
«
Siediti Rubeus, ho bisogno di riferirti qualcosa che non
sarà affatto piacevole, né facile. »
Il volto
gentile di Silente s’incupì, mentre
un’ombra oscurò i suoi occhi chiari.
Rubeus si
accomodò con un po’ di difficoltà sulla
sedia e iniziò a torturarsi le mani, agitato.
Temeva di
ricevere una punizione per il suo amore per le bestie più
pericolose; temeva di essere stato scoperto a cercarne alcune
particolari da allevare all’interno della scuola.
«
Rubeus quello che ti dirò non è facile, ma devi
saperlo.
Credo che
sia inutile tergiversare con troppi giri di parole, e ritengo opportuno
arrivare subito al dunque.
Mio caro,
tuo padre è... morto.
È
stato trovato nella sua casa privo di vita, seduto accanto al camino; e
anche nell’ultimo istante... sorrideva.
Era un uomo
dal gran cuore e credo, anzi sono sicuro, che ti abbia trasmesso valori
importanti che devi sempre tenere a mente.
Mi dispiace,
Rubeus... ».
Rubeus in un
primo momento rimase come pietrificato: solo la bocca e gli occhi
furono spalancati, ma non ne usciva nessun suono né lacrima.
«
Mio padre? » chiese dopo un po’, e improvvisamente
la pietra si sgretolò, ritrovandosi ad avvertire un enorme
senso di vuoto e dolore.
«
Mio padre... » continuò a ripetere per alcuni
minuti, non riuscendo a dire altro.
Poi, quando
il dolore arrivò al culmine, la disperazione prese il
soppravvento: sprofondò il viso tra le mani, mentre il corpo
fu scosso da singhiozzi e lacrime sgorgarono dai suoi occhi neri.
Silente si
alzò e gli si avvicinò, posando una mano sulla
spalla del mezzogigante, ancor solo un ragazzo.
«
Potrai ovviamente tornare a casa e interrompere le lezioni per il tempo
necessario. Io ti accompagnerò. Per il futuro non dovrai
assolutamente preoccuparti: rimarrai qui per il Natale e per
l’estate. Non sarai solo. »
La voce
calda di Silente lo spinse a lasciarsi andare ulteriormente a quel
pianto. Sua madre lo aveva abbandonato troppo presto e suo padre era...
morto. Che cosa avrebbe fatto ora?
«
Torna pure nella tua stanza e prendi ciò che ti
può essere utile. Stasera stessa torneremo a casa tua,
così potrai dargli il tuo saluto e la più degna e
onorevole sepoltura. »
Rubeus
annuì e, passandosi la manica della veste sul faccione,
cercò di asciugarsi le lacrime.
Una volta nella sua stanza iniziò a preparare la
valigia, quando si fermò alcuni istanti a guardare una foto:
suo padre sorrideva seduto sulla sua spalla, sotto un melo vicino casa.
L’immagine si muoveva e il sapore dei ricordi lo
portò al suo passato.
Quando era
arrivato l’invito per Hogwarts, suo padre aveva iniziato a
saltare frizzante di gioia, abbracciando più volte suo
figlio.
«
Diventerai un ottimo mago, ne sono certo! Oh, figlio mio, non capisci
che gioia provo. Sono tanto orgoglioso di te, ragazzo mio. »
Aveva gli
occhi colmi di lacrime, tanta era la felicità che
l’invadeva.
«
Credi che ci diventerò davvero bravo? Come te? »
chiese il piccolo Rubeus, felice ma nel medesimo tempo un po’
spaventato all’idea di andare in una scuola di magia.
«
Oh, ne sono più che certo! Tu hai talento figlio mio, e sono
sicuro che diventerai un mago ancor migliore di me. »
«
Oh no! Tu ci sei troppo bravo, papà! »
esclamò il figlio, ma alla fine l’euforia del
padre lo coinvolse e risate risuonarono nella casa.
«
Nei prossimi giorni andremo a Diagon Alley a prendere tutto
l’occorrente. Ti serviranno diverse vesti, libri, calderone,
ingredienti vari per pozioni, piume d’oca, calamai,
pergamene, un gufo, ma soprattutto la tua bacchetta personale! Uno
strumento importantissimo per ogni mago che si rispetti! Mio figlio, un
vero mago! »
Quella foto
era stata fatta prima di partire per la scuola. Rubeus lo aveva issato
sulla sua spalla e suo padre sorrideva, mentre osservava
l’obiettivo con uno sguardo che trasmetteva un orgoglio
smisurato per il suo unico figlio.
Tornò
alla realtà e pose la foto in una tasca della giacca che
indossava al posto della veste da mago. Si ritrovò tra le
mani un modellino raffigurante un drago blu con grandi occhi gialli
obliqui che muoveva zampe e coda. Anche quell’oggetto era un
ricordo importante che lo legava a suo padre.
Era un
freddo Natale, quando Rubeus aveva ormai dieci anni, Erano soliti
preparare un albero imponente in casa. Rubeus disponeva le decorazioni
nei rami più in alto, ma il fiocco sulla cima era posto dal
padre. Fin da piccolo, infatti, era solito sollevarlo da terra, per
permettergli di raggiungere senza troppe difficoltà la punta.
Rubeus
adorava trascorrere tale festività con suo padre,
perché era un giorno davvero magico. Mr. Hagrid gli
raccontava storie mirabolanti per tutta la sera e poi gli faceva sempre
un regalo speciale. Non poteva immaginare però che quel
Natale avrebbe avuto un regalo ancor più strepitoso.
Suo padre
aveva appena terminato di raccontare una storia e disse:
«
Ed ora il tuo regalo. »
Estrasse la
bacchetta e socchiuse gli occhi.
«
Chiudi anche tu gli occhi per qualche istante e pensa intensamente a
quel che desideri con tutto il tuo cuore. »
Rubeus non
se lo fece ripetere.
Suo padre
mosse la bacchetta con movimenti sinuosi, disegnando come delle linee
invisibili nell’aria; linee che ben presto iniziarono a
congiungersi al fine di formare una figura stilizzata.
Rubeus non
poté far a meno di sbirciare ma presto intuì che
l’incantesimo non era ancora concluso. Infatti, suo padre
dischiuse le labbra e iniziò a dire:
«
In questo natale noi vogliamo sognare,
e il regalo
più bello poter realizzare,
Rubeus un
desiderio nasconde nel cuore,
ed io voglio
realizzarlo con intenso amore.
Si uniscano
le linee nell’aria all’istante,
così
che quel dono non sia più distante.
Si crei per
un’ora intera l’illusione,
e resti il
modello in conclusione! »
Era un
incantesimo che mai aveva udito prima, ma non poté chiedere
nulla che qualcosa di sorprendente stava accadendo.
Una sottile
luce azzurrina iniziò a congiungere ancora più
saldamente le linee tracciate nell’aria, come a dare vita
alla figura che ora appariva come un grande drago. Come un dipinto,
iniziò a colorarsi di un blu intenso, mentre altre linee
sottili parvero disegnare con estrema precisione i tratti della
creatura: le squame, gli artigli, gli occhi grandi, gialli e obliqui
che iniziarono a guardare Rubeus profondamente.
Rubeus si
stropicciò gli occhi, incredulo ma poi esclamò un
lungo “Oh” di stupore.
«
Era questo il tuo desiderio, no? » chiese con un sorriso il
padre, guardando soddisfatto la sua creazione. « Certo, i
draghi sono molto più grossi, ma così non
è male, vero? »
«
Ci è stupendo! Grazie! » esclamò
trionfante Rubeus, abbracciando forse con troppa irruenza il padre.
«
Oh, oh, calmo figliuolo. Goditi il tuo drago prima che svanisca.
»
Il bambino
cercò di allungare la mano destra verso il drago, ma
ovviamente toccò l’aria.
«
È solo un’illusione, ma spesso la fantasia ci
può aiutare laddove la realtà non può
farlo. »
Rubeus
annuì e cercò di pensare intensamente a un vero
drago; immaginò di toccarlo, di accarezzare il suo muso, di
sfiorare i suoi artigli, per nulla spaventato, ma anzi elettrizzato,
amando sin dalla più tenera età gli esseri
più pericolosi e gli sembrò davvero di trovarsi
di fronte a un drago reale.
Suo padre
aveva ragione... come sempre. Basta un pizzico di fantasia per rendere
ciò che non è reale, realtà.
Dopo
un’ora quell’illusione era svanita, ma al suo posto
a terra era comparso un modellino del tutto simile a quel drago.
Era il
regalo più bello che avesse mai ricevuto.
Lasciò da parte i ricordi e, una volta aver
concluso il suo bagaglio, scese verso l’ingresso dove
c’era Silente ad attenderlo.
Molti
studenti lo guardarono perplessi, domandandosi dove stesse andando.
Diversi
Serpeverde ridevano, immaginando erroneamente che fosse stato cacciato
e uno di loro – sempre il medesimo che lo aveva criticato a
pranzo – disse:
«
Sei stato cacciato perché finalmente si sono resi conto che
sei un mostro vero? Ciao, ciao grosso mostro. »
I suoi amici
iniziarono a ridere, ma lui non si scompose.
Si
girò verso di lui e con il sorriso stampato sulla faccia
disse:
«
Ce la sai una cosa? Tu non ci vali una cicca. » e,
lasciandoli senza parole, si avvicinò a Silente che lo
stupì, ammiccandogli come se avesse apprezzato la risposta.
Insieme al
professore lasciò la scuola per qualche giorno, dirigendosi
a dare l’ultimo saluto a quel piccolo grande uomo che lo
aveva amato incondizionatamente, cresciuto ed insegnato tanti valori
importanti che lo avevano reso quello che era: una persona diversa
dagli altri fisicamente, ma dal grande cuore.
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Ecco, infine, l'ultimo capitolo.
Prima di ringraziare e rispondere ai commenti dovrei scrivere delle
piccole note.
1. La frase “Rubeus
non vergognarti mai... e se qualcuno te lo rinfaccia è gente
che non vale una cicca!”*, è presa
dal libro "Harry Potter e il Calice di Fuoco".
2. I capelli (e la barba) di Silente ovviamente non sono ancora bianchi
e lunghi. Se non ho capito male nei ricordi del sesto libro all'epoca
in cui Hagrid aveva 12 anni, li aveva ancora ramati...
3. Mi rendo conto che gli incantesimi creati dalla Rowling siano
formati da una sola parola in latino, tuttavia ho voluto apportare un
tocco "originale", mettendo quell'incantesimo in rima. Spero che la
cosa non vi turbi, ma a me è piaciuto farlo :P
@WingsofCrow:
Sono contenta che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo.
Effettivamente anch'io penso che sia migliore rispetto al primo. Ti
auguro una buona lettura del terzo e spero che possa altrettanto
piacerti :)
@JuliaSnape:
addirittura un genio? *-* così mi fai arrossire! xD non
penso di esserlo ma ti ringrazio per i complimenti :) Leggendo i pochi
passi dei libri dove si parla del padre di Hagrid io l'ho immaginato
così. Mi ha dato la sensazione di essere un padre e un uomo
dal gran cuore. E così ho tentato di ritrarlo. Sono contenta
che la trovi originale; l'originalità è un punto
cui tengo molto, e che ti piaccia il mio modo di descrivere il tutto.
Spero che anche quest'ultimo capitolo ti sia piaciuto :D
E infine, un grazie a tutti coloro che leggono, ma soprattutto a:
- lady lala
- Macer
che l'hanno inserita tra le ricordate.
e a...
- JuliaSnape
- Nebbia4e
che l'hanno inserita tra le seguite!
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