Ricordi di luoghi e persone dimenticate...

di Aki_Wanijima
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'altalena e la fanciulla dagli occhi verdi ***
Capitolo 2: *** Firenze, colei a cui appartengo. ***
Capitolo 3: *** La voce del teatro ***
Capitolo 4: *** As She Vanished ***



Capitolo 1
*** L'altalena e la fanciulla dagli occhi verdi ***


nh, buonsalve a tutti. Questa è la seconda storia che pubblico e sarà una raccolta di storie brevi, storie che mi sono venute in mente in vari momenti e in luoghi diversi, ispirate, come questa, dalle cose più banali. [Come questa ad esempio, che mi venne in mente una sera, guardando il vento che scuoteva un ombrellone..]

So di non essere una brava scrittrice ma migliorerò, perciò, sopportate, per favore...^^

 

 

 

 

Ogni tanto qualcuno la intravedeva, quella figura bianca su quella vecchia altalena che non veniva più usata da anni.

La vecchia altalena era ormai arrugginita e cigolante, sospinta lentamente dal vento (o da quelle gambe pallide, vestite di calze piene di lacci e fiocchetti).

Un tempo doveva essere nuova anche quella e chissà che aspetto aveva quando ancora veniva utilizzata da chissà chi.

I bambini che passavano di lì, davanti a quella villa in mezzo a un boschetto, se lo chiedevano sempre, finendo per inventare mille e più storie su quella altalena e sulla villa o il giardino, il viso premuto contro la ringhiera che la circondava. Per loro aveva quasi un fascino magico quel luogo, li attirava.

E puntualmente i genitori li trascinavano via, prima che molti di loro, piccoli umani, si accorgessero di quella figurina, dimenticandosi qualunque storia avessero in testa su quel posto fino a quel momento, perchè venivano portati nel parco costruito recentemente lì vicino.

Però, delle volte, capitava che la intravedessero. Capitava che i genitori li lasciassero premuti lì contro quella ringhiera o contro il cancello per qualche secondo in più, e allora la intravedevano.

Che fosse solo una ciocca di capelli, mossa dal vento, o uno scorcio di quel viso triste e pallido, o che fosse il sentire il fruscio della gonna piena di merletti e fiocchi, o le scarpette lucide, la vedevano.

E ogni volta, puntualmente, il loro viso si riempiva di stupore, e la mente volava su quel mare chiamato fantasia, neanche per un attimo il terrore passava per il loro viso. (Troppo celestiale era la visione, per rimanerne terrorizzati, spesso..)

Finchè, non ci fu un certo bimbo, il cui nome ci è sconosciuto che la vide completamente.

Era una giornata d'inverno nella quale aveva da poco smesso di nevicare.

Madri, padri e fratelli maggiori portavano i rispettivi figli e fratellini al parchetto lì nelle vicinanze.

La villa era stata ricoperta dalla neve, che metteva in risalto il nero lasciato dalla fiamme che avevano lambito quel posto ormai un secolo fa.

Quel giorno, quel bambino di circa 9 anni nominato prima, accompagnato dal fratello, venne ipnotizzato come tanti dalla costruzione ormai quasi completamente distrutta.

Si fermò esattamente davanti al cancello, arrugginito anch'esso da anni di pioggie e di noncuranza.

Poi, il mondo che vedeva fino a poco fa, sparì.

Nei suoi occhi c'era l'immagine della villa nel suo antico splendore, e quella vecchia altalena arrugginita si muoveva (forse spinta dal vento, forse da quelle gambe sottili) e aveva ripreso la sua vecchia forma.

Fu così che finalmente la vide.

I tratti morbidi del volto, le labbra carnose e socchiuse, il naso piccolo, da bambina, e quegli occhi, unica macchia di colore, di un verde penetrante.

Il viso dai lineamenti morbidi e fanciulleschi era circondato da ciocche di capelli (sbiancate dal tempo, ma era sicuro che un tempo fossero neri come l'ebano), tenuti fermi sopra la frangia ordinata, da un nastro, ora bianco, un tempo rosso. Il collo sottile era circondato da un fiocco, che teneva chiuso il vestito che ricopriva morbidamente quel corpo non ancora maturo. Chissà di che colore era.

Intorno alla vita, vi era una fascia, dalla quale partiva la gonna ampia, piena di fiocchi, merletti e lunga fino a qualche centimetro sotto il ginocchio. Ed ecco quelle gambe, pallide e sottili, fasciate dalle calze piene di nastri e le scarpette lucide.

Le mani piccole erano strette intorno alla catena dell'altalena, tornata bianca e notava che era stata finemente lavorata.

Vide la ragazza cominciare a muoversi, dondolando dolcemente al ritmo di una lontana melodia.

La stessa ragazzina si mise a cantarla e mentre lo faceva, una lacrima percorse quelle guancie così pallide.

Dopo, tutto ciò che vide furono le fiamme cominciare a lambire la villa, il giardino, l'altalena e le gambe della figurina bianca. La melodia si fermò (era stata suonata al pianoforte, constatò il piccolo osservatore) e venne sostituita dagli urli di una donna ( forse una sorella maggiore, la madre o la serva, chi lo sa) la lei, la fanciulla sull'altalena, non smise di cantare. Si girò verso di lui sorridendo triste, mentre altre lacrime scorrevano dai suoi splendidi occhi sul suo volto. Senza che la canzone, triste, cupa e leggermente inquietante si fermasse, la sentì scusarsi "Perdonami..Perdonami piccolo...Ma..mi sentivo sola..Resta qui a giocare con me...per favore...Perdonami...". Lui, piccolo bimbo di circa nove anni le sorrise, mentre quella voce delicata e dolce continuava a ripertergli quell'unica parola..Perdonami.

L'ultima cosa che udì prima che le fiamme prendessero la sua vita, di piccolo umano, prima di scomparire in quell'inferno caldo, furono le urla di suo fratello maggiore che gli urlavano di tornare indietro e di non entrare in quel cancello, mentre tutto bruciava.

Era lo stesso giorno di un secolo fa, che quella villa prese fuoco...

 

 

                                                                                                                                                                               

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Capitolo 2
*** Firenze, colei a cui appartengo. ***


[So che avrei dovuto postare molto prima, e me ne dispiaccio, ma non riuscivo a metterla sul pc, dato che invece, a mano, la avevo scritta un anno fa.
Mi scuso di eventuali errori, ma purtroppo vado di fretta. Grazie mille per le recensioni, che neanche mi aspettavo. Mi hanno fatto davvero piacere <3
Detto questo, Enjoy<3]



Il mio cuore è sempre appartenuto a Firenze.
Lo ho sempre saputo e sarà così, per l'eternità.
Oh? Vuole ascoltarmi, Signore?
Sa, è tanto che nessuno si sedeva accanto a me.
Se vuole, le racconterò una storia.
Se vuole, le spiegherò il perchè di quella mia frase iniziale, che deve averla richiamata a me, Signore Inglese.
Vede, fin da quando sono nata, mi sono sempre sentita profondamente legata alla mia città.
Ho visitato altri posti, ho viaggiato, ero di buona famiglia dopotutto, ma...
Ma nessun di quei posti era il mio.
Lo ho sempre saputo che il mio posto era qui, a Firenze.
Appartengo a questa città come questa appartiene a me.
Firenze è una delle città più belle che possano esistere.
Piccina, tanto piccina, e piena di Storia.
La osservi, la ascolti, e si lasci narrare i mille e più fatti ai quali Firenze ha assistito.
Qui, dal Piazzale, si può vedere tutta la città. Non la trova splendida?
A questa città, io diedi la mia fedeltà.
A nient'altro, solo a questa città.
In cambio, lei non mi tradiva.
Mi proteggeva, come si potrebbe proteggere una figlia.
Oh, lo so che è solo una città secondo lei, ma vede..
Firenze è così.
Ti protegge, in queste stradine strette e rinascimentali, ti aiuta.
Ma, sopratutto, Firenze non tradisce.
Non tradisce, chi la ama profondamente.
Sa, adoravo uscire e camminare spesieratamente per Firenze, passando da Piazza Signoria, per salutare Palazzo Vecchio, o arrivare a Palazzo Pitti e visitare il giardino.
O andare a vedere la Santissima, o...San marco.
Tutti i posti andavano bene, finchè ero a Firenze, perchè mi sentivo protetta, al sicuro e nulla..Nulla, mi avrebbe fatto del male.
Ho sempre pensato che se Firenze dovesse essere rappresentata, poteva solo essere una donna.
Una di quelle materne, con un energia unica e sempre pronte a proteggere i suoi figli. Che altri non sono che i suoi cittadini.
Firenze ha una storia tanto grande, e ricca, alla spalle, nonostante sia così piccina.
Il mio cuore le appartiene, così come il mio corpo, e..in più di un senso.
Lei lo sa, vero, Signore?
Lo ha capito appena mi ha visto.
Non sono viva.
Sì, sono morta giovane, un bel dì, in autunno, con un leggero vento fresco.
Come successe?
Avevo appena compiuto i miei vent'anni, e uscì a passeggio, una mattinata presto, quando ancora circola poca gente per le strade, e si può ammirare Firenze, nella sua vera bellezza, per quanto, pochi anni prima, la mano di un incapace, l'avesse tanto sciupata. Si era da poco unita l'Italia.
Avevo salutato l'arno e mi avviavo verso piazza Signoria, quando in una stradina lì vicino...
Qualcuno mi colpì.
Fu il silenzio a quel punto.
Non so chi fu, e non so il perchè, di tanta crudeltà.
Fui letteralmente fatta a pezzi, e seppellita per la mia amata città, che amavo tanto.
Firenze, mi tradì forse quella volta, mentre il mio cuore veniva nascosto sotto piazza Signoria, i miei occhi qui, sul Piazzale, e forsa una mano, la sinistra è in Santissima Annunziata.
...Mi scusi, forse non avrei dovuto raccontarle.
Ma sono comunque contenta che lei mi abbia ascoltalo.
Ora, la lascio, vedo che già freme per andarsene.



Signore, ci rivediamo ancora, ma...Perchè qui?
Perchè siamo in Signoria, questa mattina presto?
...Quei fiori...
La ringrazio.
Nessuno si è mai fermato a lasciare dei fiori sulla mia tomba, se così si può chiamare.




 

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Capitolo 3
*** La voce del teatro ***



[Sono convinta, che tutto questo si svolga in Spagna, negli anni della guerra civile. Doveva essere più lunga, e più ben fatta, ma poi, il risultato mi piacque anche così. Perciò...eccola. Scritta di getto, in una serata.]
 

Un canto soave,
un vecchio teatro,
abbandonato dal tempo e dalle persone.

Correva.
Correva lontano e dal mondo, lui.
Correva lontano da quegli spari,
da quella guerra.

 

Lei, al centro del palco.
Non sa più da quanto è la sopra.
Sa solo che è il suo posto.
Lì,
lei canta.
Non importa se nessuna la ascolta ormai,
non importa,
se non è altro che un ricordo,
della grandiosità di quel posto.
Lei canta e lo mantiene in vita.

 

Correva, ma alla fine,
uno sparo lo prese.
Sentì come la vita scorreva lontano da lui.
Sulla porta, di quello che per lui era un posto sacro.
Gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Quanta crudeltà avave visto negli ultimi giorni.
Si trascinò comunque, là dentro.
In quel vecchio teatro di cui nessuno ricordava nulla,
dove lui, sentiva un canto.
Un canto che echeggiava nella grande sala.
Eppure, non vi era nessuno in mezzo al palco.

Morì sentendo quel canto,
che nessuno cantava.


 

Quel giorno,
insieme al ragazzo, 
morì anche il teatro.
Insieme al teatro, 
morì anche il ricordo di quel canto.





Silenzio. 

 

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Capitolo 4
*** As She Vanished ***


-Addio-
-Cosa?-
-Sono venuta a dirti addio.-
-Addio?-
-Sì, addio. Me ne andrò.-
-...Oh, non mi avevi detto che partivi...-
Lei sorrise, alla sua ingenuità. Sorrise tristemente e dolcemente allo stesso tempo. Uno di quei sorrisi dietro il quale si nascondono i migliori segreti.
-Andrò molto lontano. Mi dicono sia un bel posto, alla fine.-
-Tornerai?-
-No, non tornerò. Ti avrei detto "Arrivederci", non credi?-
-Giusto. Hai ragione.-
-Ora vado.-
-Di già? No, aspetta un attimo! Dove è che vai di preciso?! Potrei venire a trovarti..!
-Addio.-
-No, aspetta!-
Lei sorrise. Sorrise tristemente e dolcemente allo stesso tempo.
Con quel sorriso sulle labbra, sparì in una fitta nebbia.
Quella fu la fine.

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