Il cuore del male di Ginsecure (/viewuser.php?uid=97533)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Bonnie ***
Capitolo 2: *** 2. Jude ***
Capitolo 3: *** 3. Minacce ***
Capitolo 4: *** 4. Regalo di Natale ***
Capitolo 5: *** 5. Strane alleanze ***
Capitolo 6: *** 6. Chiarimenti, tentazioni, buchi nell'acqua. ***
Capitolo 7: *** 7. A tu per tu con Silente ***
Capitolo 8: *** 8. Signora Grassa e mondi che crollano ***
Capitolo 1 *** 1. Bonnie ***
Capitolo 1: Bonnie
Bonnie
piangeva. Bagnava il suo cuscino, bagnava quella dannata lettera. Una
rettifica, una correzione. Cosa c'era di peggio del sapere che esiste quel
mondo magico, quell'universo parallelo in cui pensavi di poter essere accettata
e non riuscire a farne parte? Niente. Eppure era così. Non sarebbe potuta
entrare ad Hogwarts. C'era stato un errore madornale, unico nel suo genere. Lei
non aveva poteri magici, lei era un’umana qualunque. Una babbana qualunque.
Allora Bonnie piangeva. Sarebbe stato meglio sapere che l'unica realtà era
quella che conosceva. L'illusione faceva male. L'effimera felicità provata nel
vedere una civetta poggiarsi sul suo balcone, nello scoprire dietro quella
calligrafia sbilenca la possibilità di sorridere veramente. Ora tutto svaniva.
Bonnie piangeva.
Bonnie era stata una bambina solare e un'adolescente depressa. Era un
camaleonte, un essere mutevole e instabile. All'età di dieci anni aveva un viso
delicato incorniciato da boccoli castani e illuminato da occhi bronzei velati
dalla tristezza per una sofferenza inflittale troppo presto. Perdere la mamma
senza nemmeno conoscerla, mentre ti dà alla luce con un padre che ti
attribuisce la colpa per la perdita della donna che amava, che anche tu avresti
amato, ti segna inevitabilmente l’esistenza. A undici anni aveva pianto per
essere stata rifiutata dall'unico posto che avrebbe potuto chiamare “casa”. Dopo
le lettere ricevute da Hogwarts era scattata la scintilla. Era vissuta nei
libri che parlavano di magia, incantesimi, streghe, fate, folletti e draghi. Erano
il suo sorriso, meglio della quotidianità. Loro non l'avrebbero abbandonata.
L’avevano tradita. In un giorno solo era venuta a conoscenza di un segreto lo e
aveva provato un dolore inimmaginabile: un mondo magico esisteva. Lei ne faceva
parte. Dopo un ora passata a fantasticare un’atra lettera. Il preside Albus
Silente si scusava. C’era stato un errore, dei maghi sarebbero venuti a
cancellarle la memoria. Ma nemmeno la magia può rimuovere ciò che ti ha reso
felice e ti ha procurato un vuoto così grande. Un rifiuto Erano passati ventiquattro mesi bui. Sentiva
un senso di oppressione, abbandono e rigetto, ma, senza i suoi ricordi, il
dolore non aveva una causa. A quattordici anni Bonnie aveva tinto i capelli.
Tutte le punte avevano dei riflessi rame, tendenti al rosso. Copriva gli occhi
con lenti a contatto nere. Era sempre sola, ai margini della società. Esclusa
da tutti. Non leggeva più, passava il tempo a scrivere. A sedici anni voleva la
sua giustizia. Ricordava. La sua sete di vendetta richiamò Lui.
Le sue pupille
si assottigliarono. Il bronzo si tinse di rosso. Il sangue scorreva nel suo
iride. Il suo cuore divenne di ghiaccio. Bonnie non esisteva più. Il signore
Oscuro la prese con sé. L'errore di Silente si sarebbe rivelato doppiamente
fatale.
- Domani avrà
inizio la tua vendetta.
- Signore, quella di cui sta parlando non è la sua vendetta? – marcò quel “sua”
con particolare enfasi e malizia.
- Lingua biforcuta taci! Tu mi devi tutto. Senza me non saresti più niente.
Sono l'unico per te - il sibilo della voce echeggiava nel maniero, penetrava
nelle ossa.
Lei tacque si credeva amata, era convinta di quelle parole. Ma lui, non provava
sentimenti. Lui la stava usando.
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Capitolo 2 *** 2. Jude ***
2. Jude
- Hermione, la
devi smettere! Non c'è nulla di male se Harry ti batte in Pozioni - Ron sghignazzava,
godeva nel vedere la faccia dell'amica colorarsi fino a diventare indaco.
- Il problema non è che mi superi, lo fa in maniera disonesta e... pericolosa.
Non sappiamo nulla di questo Principe Mezzosangue.
- Tranne che con gli intrugli ci sa fare - il rosso diede una gomitata a Harry
per farlo ridere e schierarlo apertamente dalla sua parte. L'amico però era
assente, gli occhi fissi nel vuoto. Pensava a quella ragazza, quella
meravigliosa ragazza.
L'aveva vista sugli spalti nello stadio di Quidditch durante gli allenamenti
dei Grifondoro. Era lontana dai Serpeverde e dai loro coretti di scherno. Era
bionda, con gli occhi ghiaccio, uno sguardo che penetrava anche da così
lontano. Era surreale. Una bellezza che lacerava l'anima.
Riflettendoci Harry si meravigliava di come non l'avesse mai vista a scuola.
Lei non era una che passa inosservata. Era simile a una Veela. Ma non
richiamava l'attenzione generale. Era una figura nascosta, invisibile ai più.
Troppo presente per lui.
- Harry! Harry, per le mutande sporche di Merlino, mi stai ascoltando? - Ron
era scocciato. Hermione aveva capito che qualcosa non andava.
- Ragazzi, io devo andare.
Correva,
correva verso la Stanza delle Necessità. Settimo piano.
- Voglio vederla, voglio vederla, voglio vederla - lo ripeteva al suo cuore e
alla stanza che improvvisamente apparve.
La sconosciuta era lì.
- Dove sono? - aveva un'aria smarrita e Harry, con una faccia ebete, le
andò incontro.
- Chi sei? - era perplessa, dubbiosa.
Poi sorrise.
- Tu sei Harry Potter - il suo volto si tinse di una nuova sicurezza.
- Io però non so chi sei.
- Già, io non sono un mito, non ho quella - indicò la saetta che sfrecciava
sulla fronte del ragazzo - nessuno mi conosce.
Harry guardava i suoi occhi. Vuoti, persi in ricordi.
- Ma sai... sono speciale quanto te - sorpreso notò un guizzo bronzeo di
soddisfazione nell'iride di lei mentre pronunciava quell'ultima frase.
- Credevo che appena entrata ad Hogwarts sarei stata felice. Non lo sono ancora
- non era più pura, candida. Tendeva alla perfidia, al diabolico. Si avvicinò
ad Harry. Era vicinissima. Troppo.
Lui non aveva motivo di resisterle. Poggiò le labbra su quelle del ragazzo. Lo
baciò.
- Piacere. Sono Jude.
Un bacio
freddo, senza emozioni. Harry lo aveva impresso nella mente. Quel momento lo
torturava, la figura di Jude gli invadeva la mente, gli anestetizzava ogni
cellula. Chiudeva gli occhi, la vedeva uscire dalla Stanza delle Necessità e
salutarlo senza nemmeno voltarsi. Chi era Jude?
-
Jude... Jude... Jude... non mi dice niente – Harry aveva appena finito di
raccontare l’accaduto ai suoi due migliori amici. Ron si complimentava con
l’amico. Hermione era dubbiosa, come al solito. Si chiedeva da dove fosse
sbucata fuori quella ragazza. Nessuno a Hogwarts l’aveva mai vista. Solo Harry.
-
Sicuro che esita? – lo sguardo di rimprovero dell’amico la fecero tentennare –
voglio dire... è possibile che tu l’abbia immaginata.
-
Io non l’ho imma... – trattenne il fiato, non era sicuro di quello che stava
per dire. Quella ragazza poteva benissimo essere un sogno. Un sogno che
l’avrebbe torturato. Un incubo.
-
Ho controllato, a scuola non c’è nessuna Jude – Hermione aveva la sua solita
aria saccente, aveva ragione. Come sempre.
-
Non aveva l’uniforme...- Harry espresse la sua riflessione più a se stesso che
a un interlocutore.
-
Cosa?
-
Lei non portava l’uniforme, non può essere di Hogwarts – stavolta si rivolse a
Hermione, era sicuro di quell’affermazione.
-
Harry, c’è la possibilità che lei non sia reale.
-
Jude esiste.
-
Harry... – Hermione si fece coraggio, non voleva scontrarsi con lui – è più
probabile che lei sia frutto della tua immaginazione che un estraneo, in questo
periodo, sia entrato a scuola.
Anche
lui doveva ammettere che la teoria della ragazza non faceva una piega. Ma in
cuor suo sapeva che non poteva essere così. Lei era entrata a Hogwarts, in un
modo o nell’altro.
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Capitolo 3 *** 3. Minacce ***
CAPITOLO 3: Minacce
-
Harry, dovevi parlarmi? – Silente era tranquillo, calmo, quasi incurante dal
ragazzo dagli occhi smeraldo e i capelli corvini scompigliati più del solito
che ansimava davanti alla sua scrivania.
-
Professore, lei sa chi è Jude! – non poteva non sapere di quella ragazza.
Aveva
ormai rinunciato a credere che fosse stata un’illusione. Dieci minuti prima era
diretto a passo di lumaca verso il dormitorio dopo aver tentennato un quarto
d’ora davanti all’ufficio del Preside. Giunto nella Sala Comune aveva
improvvisamente preso una decisione e con la velocità di un fulmine aveva
raggiunto l’uomo che sapeva. Sapeva tutto.
Silente
infatti sorrise. Un sorriso amaro.
-
Siediti Harry
Obbedì.
Aveva piena fiducia in quell’uomo.
-
Jude esiste, ma non so chi è. Ho una supposizione e le mie supposizioni si
rivelano sempre esatte. Vuole te, ma vuole anche me – il ragazzo strizzò gli
occhi a quelle parole enigmatiche.
-
La prego si spieghi meglio.
-
Mi preoccupa come sia entrate nel castello, le misure di difesa sono
notevolmente aumentate, ma avrò commesso sicuramente qualche errore. L’errore
di un vecchio. Ma mi preoccupano di più le sue intenzioni. Mi dispiace
deluderti, ma non so chi è. La signorina Granger mi ha informato – il viso di
Harry si macchio di un certo disappunto – dell’accaduto. Se fossi a conoscenza
dell’identità di questa ragazza che minaccia la tua salute mentale – sorrise –
e la sicurezza del castello – ora era serio – te lo direi. Tuttavia non so
nulla.
-
Non è che potrebbe fare qualche supposizione.
Silente
sorrise nuovamente.
-
Buonanotte Harry.
Aula
di Incantesimi. Pozioni. Trasfigurazione. Sala Grande. Rimessa delle barche. Anche
la torre di Divinazione. Nell’esasperazione era salito fino a quella di
Astronomia. Niente. Lei non c’era.
Poi un colpo al cuore. Un lampo a ciel
sereno. Lei.
Affacciato
da una finestra di quella che era la torre più altra l’aveva vista. Da lontano,
come la prima volta, ai margini della Foresta Proibita.
-
JUDE! JUDE! – urlava come un pazzo, come un visionario a cui non si è data la
fiducia che meritava. Urlava. Ma lei non sembrava essersi accorta di quel grido
disperato, bisognoso di una conferma. La ragazza aveva chinato il capo, voltato
le spalle ed era scomparsa nella vegetazione. Harry corse immediatamente giù
per le scale.
-
Dove credi di andare, Potter? – davanti a lui la figura viscida di Piton. Odiava
quell’uomo.
-
Al dormitorio. Cos’è vuole togliere dei punti a Grifondoro perché ho sonno?
-
Non usare quel tono insolente con me – scandiva le sillabe, le separava l’una
dall’altra – credo che dopo questo tuo giro turistico sia normale essere
stanchi. Cosa cerchi, Potter?
-
Nulla – quell’uomo lo stava mettendo a disagio. Gli leggeva nella mente. Le
lezioni dell’anno precedente non avevano dato frutti. “Chiudi la mente, cazzo
Harry, chiudi la mente”. Niente, Jude era lì.
-
Mi correggo Potter. Chi stai cercando?
-
Mi lasci andare- Piton si scansò. Harry prese a correre giù per le scale.
Aveva
il fiatone, ma era arrivato alla capanna di Hagrid. Non era in casa, ma
ovviamente non era il motivo per cui era arrivato fin lì.
-
JUDE! JUDE! Ti prego, smettila di farmi soffrire – Harry infatti aveva passato
una settimana intera sperando di vederla, cercando il modo in cui sarebbe
potuta entrare ad Hogwarts.
Nessuna
risposta.
In
mezzo alla boscaglia, con le spalle attaccate al tronco di un albero Jude
sorrideva. Il suo sorriso era simile a un ghigno.
-
Draco devo farti qualche domanda.
-
Mi lasci stare.
-
Credo invece che dovresti ascoltarmi. Non sei stato scelto. È lei –
Le
parole di Severus Piton lo fecero tremare. I suoi occhi grigi divennero umidi,
poi si caricarono di una rabbia animale.
-
La voglio – solo due parole per impedire alle lacrime di uscire.
Quella
maledetta bastarda gli aveva rubato il posto. Il signore Oscuro doveva
scegliere lui! Sarebbe stato l’unico modo per dimostrargli quanto valeva e
vendicare il padre. E invece... invece non era andata così. Era spuntata una
ragazza dal nulla. Chi diamine era? Dov’era? Draco la voleva.
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Capitolo 4 *** 4. Regalo di Natale ***
4. Vacanze di Natale
Harry
era entusiasta di non trascorrere le vacanze natalizie al castello. Sia perché
non sarebbe voluto rimanere senza Ron ed Hermione, sia per lasciarsi
abbandonare dall’ossessione per Jude.
Il
rosso era felice di ospitare i suoi due migliori amici alla Tana e il terzo
membro del trio aveva colto al volo l’occasione per non andare con i genitori a
sciare. Quando entri a far parte del mondo magico, quella che hai sempre
considerato la normalità si trasforma nell’assurdo. Per Hermione era ovvio che
si potesse volare con delle scope sopra un giardino innevato, ma diventava
buffo scivolare lungo i pendii delle montagne con due stecche sotto ai piedi.
Harry
considerava quella catapecchia la sua seconda casa. Prima c’era
Hogwarts
ovviamente. Dalla prima volta, al suo secondo anno, che aveva messo
piede nell'abitazione di Ron vi respirava quell’aria di
familiarità che gli era stata negata. Se
non fosse stato per la protezione di sua madre avrebbe seguito le orme
di
Sirius, abbandonando gli zii e trasferendosi dai Weasley. Sirius... era
impossibile non pensare al suo padrino. Non finiva mai di rimproverarsi
del suo
carattere di merda, della sua impulsività, del suo poco sangue
freddo. Avrebbe
potuto salvare l’unica persona che lo collegava con i suoi
genitori, l’unico
che lo capiva. Se solo avesse riflettuto, se solo avesse dato retta ad
Hermione. No, non voleva più pensarci. Attribuirsi la colpa non
serviva a
niente. Non avrebbe riportato in vita Sirius. Anche lui se ne era
andato, come
i suoi genitori, nel tentativo di salvarlo.
Appena
arrivati, dopo una viaggio molto movimentato dovuto alle misure di sicurezza in
crescente aumento, la signora Weasley corse ad abbracciarlo.
-
Mamma, lascialo respirare – era Ron, in evidente imbarazzo. Non sapeva quanto
fosse fortunato. Molly era una mamma meravigliosa. Ma ad Harry sarebbe apparsa
tale anche con tutti i difetti di questo mondo. Lui avrebbe voluto abbracciare
Lily, avrebbe almeno voluto ricordare come ci si sente tra le braccia della
propria madre. Era sicuro che le emozioni non sarebbero state le stesse. Però
non poteva non essere grato alla signora Weasley.
Draco si lasciava alle spalle il
castello accompagnato dalla madre e da un sentimento di odio profondo verso
quella sconosciuta. Il vento pungente gli accarezzava il viso. L’inverno era
come lui. L’inverno era lui. Prima di andarsene si voltò a guardare quel posto.
Improvvisamente si trovò ad invidiare Harry Potter. Lui era qualcuno. Prima
aveva come scusa il fatto che quella popolarità non se la fosse guadagnata, ma,
dopo gli avvenimenti dell’anno precedente all’interno del Ministero, non poteva
più nascondersi dietro quei muri che si era innalzato per non sentirsi un
fallito. Muri di orgoglio. Perché chi era Draco Malfoy? Un Purosangue certo, ma
con il padre in prigione, una madre disperata e le tenebre nel cuore. Ma lui
iniziava a capire qualcosa. Lord Voldemort non l’aveva scelto e non aveva modo
di riscattarsi, di essere per un attimo come Harry. Che pensiero odioso,
indegno! Come aveva potuto anche solo paragonarsi a quello squattrinato. Draco
improvvisamente tornava a sentirsi superiore. Tornava a volere Jude.
Harry
era uscito fuori a prendere una boccata d’aria. Nell’atmosfera Natalizia carica
di entusiasmo e di emozione per essere lì, tutti insieme, non aveva potuto fare
a meno di pensare a lei. Quella maledetta ragazza gli aveva incasinato la vita.
Non gli importava più niente del Principe Mezzosangue, della strategia di
Voldemort volta a seminare panico e terrore. Non gli importava dell’inevitabile
scontro, della profezia. “Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive”.
Non gli importava nemmeno di questo. Si ritrovò a scrutare l’orizzonte. A
fissare delle banali colline e un lenzuolo di stelle che non sarebbe mai
riuscito a coprirle. Una simile meraviglia, carica di luci in grado di regalare
emozioni intense, non si sarebbe mai abbassata al livello di quei rilievi,
ancora più banali nell’oscurità. Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da
un dolore lancinante, come non ne riprovava da tempo. Impiegò davvero poco a
capire che la colpa era della sua cicatrice. Era vicino. Con uno sforzo immenso
estrasse la sua bacchetta. La puntò in avanti. “Expelliarmus”. Un guizzo
nell’oscurità. Il dolore che si placa. Jude.
-
Tu? Tu cosa ci fai qui? Tu... chi sei Jude?
-
L’hai detto, Jude
-
Non scherzare. Cosa vuoi veramente? – con un passo felpato la ragazza uscì
dalle siepi e si diresse verso di lui. I capelli biondi ondeggiavano al vento.
Gli occhi ancora più ghiaccio in sintonia con l’ambiente.
-
Te – lo voleva e lo prese. Mise una mano tra i suoi capelli corvini, l’altra
utile ad accarezzare le guance di quel ragazzo che, dopo un momento di
esitazione, si lasciò trasportare. Portò le sue dita sulla schiena di lei, la
strinse forte contro il suo corpo. Voleva sentirla quell’anima gelida, ma
passionale. Poi la lingua di Jude si fece strada nella sua bocca. Harry si
trovò coinvolto in un gioco che non avrebbe voluto iniziare e di cui si pentiva
mentre ancora lo stava compiendo. Poi un tonfo lo fece ritornare alla realtà.
Si staccò da lei e vide l’altra. I capelli rosso fuoco di Ginny erano sollevati
dal vento che si era alzato improvvisamente. I suoi occhi era diventati più
scuri. La rabbia, le delusione, l’odio le trapelavano da ogni poro. Era
immobile fuori dalla porta della Tana, a terra la causa di quel tonfo: un
vassoio con quelle che dovevano essere due tazze di cioccolata calda. Harry
rimase solo. Jude fuggita chissà dove e Ginny scappata probabilmente in camera
sua.
Era
sdraiata sul letto, gli occhi fissi sul soffitto, uno spiffero gelido entrava
dalle fessure della finestra. Pensava a quel maledetto bastardo. Si era
innamorata di lui dal primo giorno in cui l’aveva visto, quando, al binario 9 e
3/4, si era unito alla sua famiglia con quell’aria da imbranato, da pesce fuor
d’acqua. Non l’aveva mai dimenticato in quegli anni. Seguendo il consiglio di
Hermione si era buttata tra le braccia di altri ragazzi. Nessuno l’aveva fatta
innamorare perché nessuno era Harry Potter. Aveva finto di non sentire quando
lui parlava di Cho, aveva chiuso gli occhi per non vederlo durante le lezioni
dell’esercito di Silente mentre ci provava con lei. E ora? Ora se lo ritrovava
davanti avvinghiato come un polipo a una bionda. A una sconosciuta. A una
ragazza che non era lei. Ginny voleva morire, moriva dentro. Ma l’unica
debolezza che si concesse fu scappare in camera e riflettere. Ginevra Molly
Weasley non piangeva. La più piccola di sette fratelli non versava una lacrima.
Poteva morire dentro, ma gli altri non l’avrebbero capito. Mai.
Harry
si sentiva un verme. Sapeva cosa provava Ginny nei suoi confronti, ma aveva chiaramente
proibito al suo cuore di innamorarsi di lei, di quel visino dolce, ma
determinato, coraggioso, attraente. Perché lei era la sorella del suo migliore
amico. Non pensò a dove potesse essere andata Jude, correndo raggiunse la
camera della piccola Weasley.
Lui
era davanti a me. Con una mano alzata, pronto a bussare. Non era entrato nella
mia stanza, ma un odore dolciastro che non gli apparteneva aveva preceduto il
suo ingresso. Mi stampo in faccia il migliore dei miei sorrisi più falsi.
Me
la trovo davanti. Bella e sorridente. Con un sorriso che mi uccide. Mi trafigge
il cuore per due motivi. Se sta fingendo muoio per il dolore che le ho
provocato. Se invece la sua faccia non mente sto malissimo perché sento di non
contare nulla per lei.
Il
mio metodo funziona. I dubbi lo assalgono.
Il
suo metodo funziona. I dubbi mi assalgono. Decido di togliermi quell’aria
imbambolata e fare qualcosa. Qualsiasi cosa pur di smorzare la tensione e
ottenere una risposta al mio dilemma.
-
Ginny io...
-
Harry, non mi devi nessuna spiegazione.
-
Invece sì. Io sento di doverti parlare di lei, di Jude.
-
Ti prego, non farlo. Sono brava a fingere, ma odio piangere. Non farmi ancora
più male
Il
mio muro è crollato, non ho retto.
Sono
pietrificato. Quella ragazza mi ha stupito. Sono stato un egoista, un cretino. Come
mi è potuto saltare in testa che a lei potesse non importare più niente di me. Sento
il profumo di Jude, sento la sua voce, sento le sue mani, le sue labbra, sento il
suo sapore. Odio tutto questo, ma non posso farne a meno. Jude è diventata la
mia droga. Credo di aver perso Ginny per sempre.
La
neve aveva ripreso a cadere. Jude ne fu felice. Le sue tracce si sarebbero
cancellate sa sole.
Harry
era in un bel casino. Dipendeva da lei ed era stato colto in flagrante dalla
piccoletta lentigginosa. Strano come i sentimenti che il maghetto non sapeva
nemmeno di provare fossero evidenti, ovvi a quella sconosciuta.
Spazio dell'autrice.
Grazie a Tony Porky. La prima ed unica ad aver recensito
e che mi ha aggiunto tra le seguite. Nel capitolo 4 è avvenuta
la rivelazione a Ginny che avevi predetto. Questa volta mi sono
dilungata un pò e ho cercato di aggiungere alcune descrizioni.
Ben poche in realtà. Grazie per i complimenti e... che dire? Io
adoro questo Malfoy e mi fa piacere che ti abbia attratto la figura di
Jude. Ne vedremo delle belle.
Ora sono in vacanza. Appena torno a casa posto il capitolo V. Ci sarà una strana alleanza xD
Bacioni
GiorgiaG 95
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Capitolo 5 *** 5. Strane alleanze ***
5. Strana Alleanza
Ed
eccomi qui, a postare il 5 capitolo. Frammentario. Scritto in un
periodo lungo, durante questa vacanza che ancora non finisce. Ho
sentito il bisogno di inserirlo.
Spero vi piaccia.
L’aria
natalizia aveva abbandonato i corridoi di Hogwarts.
Ginny
sentiva il sangue ribollirle nelle vene. Sentiva la rabbia crescere ogni volta
che incrociava quella cicatrice a saetta lungo i corridoi. Voleva spaccargli la
faccia. Voleva spaccarla a quella sconosciuta. Ma si tratteneva. Fingeva
insistentemente quell’indifferenza che non le apparteneva, che non le
attraversava la pelle, l’anima, il cuore, che non traspariva nei suoi occhi.
Sì, quegli specchi verde smeraldo riflettevano le sue vere emozioni. Tradivano
la sua messinscena.
Draco
voleva la sua doppia vendetta. Voleva annientarla e prendere il suo posto nelle
grazie del Signore Oscuro. Voleva compiere la missione affidata a Jude seguendo
altre regole. Le sue. Voleva consegnare, su un piatto d’argento, Harry Potter
al Male in persona.
Conosceva
il gioco della ragazza dagli occhi ghiaccio.
Ginny
voleva recitare.
Draco
voleva scendere in campo.
Una
nuova attrice stava per solcare il palcoscenico della piccola Jude.
Un
nuovo giocatore era sul punto di partecipare alla sua partita.
In
amore e in guerra tutto è lecito.
Harry pensava a Jude. Jude pensava a Harry. Dalle loro menti
scaturiva un flusso di sentimenti contrastanti che si intrecciavano.
Lui
era ossessionato da quei ricordi, da quel bacio. Li trovava inspiegabili,
misteriosi, affascinanti al tempo stesso. Li trovava indispensabili.
Lei
li reputava appaganti, necessari. Erano un mezzo di tortura. Un efficace mezzo
di tortura. Il piano del Signore Oscuro stava funzionando.
Harry
tentava di leggere gli appunti del Principe Mezzosangue sul Manuale di Pozioni,
ma la sua mente era altrove. Era da Jude.
Il
leggero colpetto di tosse di Hermione lo portò ad alzare gli occhi dal libro.
La ragazza lo fissava con aria di dissenso. Scese gli ultimi gradini che
portavano dal dormitorio alla Sala Comune dei Grifondoro e si abbandonò nella solita
poltrona accanto al camino.
-
Harry dovresti consegnare quel libro a Silente.
-
Ho delle preoccupazioni maggiori in questo momento - il volto perplesso dell’amica lo invitò a
proseguire.
-
Jude – quel nome gli uscì dalle labbra come un conato di vomito, un gesto
liberatorio. Il solo pronunciarlo scatenò in lui un misto di emozioni che
vorticosamente danzarono nel suo cuore.
Il
bagliore del fuoco illuminava il viso della Grifondoro leggermente innervosita.
-
Ancora?
-
Sì. Se non credi alla sua esistenza puoi chiedere a Ginny – butto lì il nome
della piccola Weasley senza pensarci due volte, ma, improvvisamente, sentì le
parole della rossa rimbombargli in testa e nel petto.
“Non
farmi ancora più male”. Una preghiera, una supplica.
Il
Prescelto avvertì una stretta al cuore, un nodo alla gola. Il senso di colpa
attanagliava le sue viscere. Un sentimento ben più grande era alla base di
quell’improvvisa voragine che si era creata sotto i suoi piedi.
Vomitò
il resto del racconto. Si liberò di quei ricordi che lo torturavano. Si confidò
con quell’amica che c’era sempre stata, che era perfetta in quelle occasioni
che richiedevano una certa sensibilità e per copiare i compiti.
Hermione
sapeva ascoltare. In silenzio, come una spugna, assorbì le parole di Harry.
Scosse
solo la testa quando la narrazione si spostò a Ginny.
-
Ron non deve sapere – conclusero così quello sfogo notturno. Aggiunsero un
abbraccio che valeva più di mille discorsi. Un abbraccio che concretamente
mostrava al ragazzo con i capelli corvini la vicinanza dell’amica.
“Ron
non deve sapere... Ron non deve sapere... Ron non deve sapere”.
Una
fottuta frase che mi trafigge. Uno spiraglio di quella conversazione che, se
ascoltata per intero, mi avrebbe demolito. Distrutto. Annientato.
Loro
due, i miei migliori amici, mi fanno questo. Sapevo che lei non avrebbe mai
ricambiato i miei sentimenti. Sapevo che lui sarebbe stato sempre migliore di
me. Ma era al corrente di ciò che provavo per quella secchiona saccente con cui
litigavo dal primo anno. Lei è mia. Era mia.
Il
brutto è che fanno i sensibili, che non mi vogliono far sapere come stanno le
cose. A questo punto potrebbero nascondersi anche solo perché amano il mistero,
il pericolo, il segreto. Harry Potter mi ha rubato tutto. Mi sono lasciato
oscurare dalla sua ombra. Sono sparito dietro al famoso ragazzo che è
sopravvissuto. Ora mi ha preso anche il cuore. Vuole fingere che non sia
successo nulla. Crede che io non mi accorga se mi privano dell’organo che mi
permette di vivere?
Torno
nel mio letto. Fingo di dormire. Voglio nascondere queste lacrime. Voglio
fingere di non essere al corrente della rapina che è avvenuta questa notte nel
mio petto.
Fuori
dalla finestra la luna piena riflette sul Lago. Mi sento solo. Terribilmente
solo.
Bonnie...
Bonnie... Bonnie...
Una
lettera indirizzata a questa ragazza. Una lettera scritta con una calligrafia
sbilenca e inchiostro verde. Una lettera bagnata da lacrime. Una lettera che
prepotentemente invade i miei sogni. Una lettera che inspiegabilmente colma
l’oscurità della mia memoria.
Bonnie.
Draco
seguì la lunga chioma rossa che si dirigeva verso la capanna di Hagrid. Lei
parve accorgersi di quella fastidiosa presenza e accelerò il passo. Lui fece lo
stesso.
Con
lunghe falcate raggiunse la ragazza. Le posò una mano sulla spalla. La
costrinse a girarsi.
-
Cosa vuoi verme?
-
Ehi, piano con le parole lurida Weasley.
-
Poi dici a me – Ginny sbuffò scocciata – lasciami andare Malfoy.
-
No - gli occhi di lei lo trafissero. Si assottigliarono ed emanarono un’ondata
carica d’odio. Il ragazzo proseguì.
-
Tu mi servi e io posso tornarti utile vero? – lei si rilassò, parve capire cosa
si celava dietro quell’improvviso interesse nei suoi confronti della serpe.
Apprezzava
il suo approccio diretto, schietto. Non subdolo o falso, no. Lui aveva palesato
le sue reali intenzioni. In effetti non avrebbe potuto fare altrimenti.
-
Mi fai schifo lo sai? – lei tornò fredda e indifferente.
-
Anche tu. Ci si vede in giro Weasley.
Lo
vide allontanarsi. Andare via senza spiegare cosa aveva in mente. Sapeva solo
che era stata appena suggellata una strana alleanza.
Lei
è il suo punto debole. Potter dimostra ancora una volta la sua stupidità non
ammettendo i suoi sentimenti nei confronti della rossa.
Jude
deve averlo imbambolato per bene.
Lui
mi può aiutare. Lui è il suo rivale storico. Lui non gli sarà indifferente.
Lui
mi aspetta domani mattina alla Gufaia.
Il
Grifone e la Serpe si incontrarono nel momento in cui la luna perdeva il suo
colore e tendeva all’invisibile. Quando il sole iniziava ad emanare i suoi
raggi. I due opposti si trovarono l’uno di fronte all’altro quando il giorno e
la notte si scambiavano i ruoli, quando le tenebre cedevano il posto alla luce.
La
luce dell’alba illuminava i suoi capelli. Per un istante pensai quanto fosse
attraente.
Questo
pensiero disturbò le menti di entrambi.
Il
piano ormai appariva ben chiaro a tutti e due. Lui era determinato. Lei aveva
lasciato i suoi dubbi sotto le coperte.
A
quel punto non furono né il cuore né il cervello a decidere per Draco. I suoi
genitali presero il comando. Con un istinto quasi animalesco, ma allo stesso
tempo delicato e nobile cinse la vita della Grifondoro. La strinse forte contro
di sé e la baciò.
Alle
cinque e mezza di quella fredda mattina di fine Gennaio, l’impossibile si
realizzò. Gli opposti si incontrarono e si fusero.
Il
vento gelido pungeva sulle loro guance.
Lui
appariva ancora più pallido. Lei iniziò a socchiudere gli occhi inizialmente
sbarrati dalla sorpresa e si lasciò trasportare da quella nuova emozione.
Secondi
interminabili. Attimi di vita incosciente. Poi la consapevolezza.
Lei
lo spinse via.
-
Che hai fatto?
-
Mi immedesimo nella parte.
Uno
schiaffo a mano aperta. Un dolore non solo fisico, ma soprattutto interiore. La
sua reazione non me l’aspettavo. So che le è piaciuto e so che ce l’ha con se
stessa per questo. Sì, ha reagito male, ma il suo odio non era rivolto a me. No,
Ginny non vuole ammettere che il mio bacio l’abbia piacevolmente sorpresa. Lei
mi vuole. Mi preoccupa il fatto che sia anche io a volerla.
L’ho
colpito, ma avrei voluto dare un cazzotto al mio cuore.
Meschino!
Desidera Draco Malfoy, quell’altezzoso Serpeverde che crede di poter ottenere
tutto. Non avrà me.
Eppure
sarebbe così facile abbandonarsi a lui, così semplice gettarsi tra le sue
fredde braccia. Io potrei sciogliere il suo cuore di ghiaccio.
Io
non voglio essere sua, ma voglio che lui mi appartenga.
Angolo autrice.
Ringrazio mick_angel per aver inserito questa storia tra le seguite.
E poi Tony Porky.
Spero di non averti deluso. Con la tua recensione mi hai caricato d'ansia e orgoglio xD
Ecco la strana alleanza che prenderà una brutta piega.
Per il cuore di Jude... Bè, lo scoprirai, oh se lo scoprirai...
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Capitolo 6 *** 6. Chiarimenti, tentazioni, buchi nell'acqua. ***
Capitolo 6. Ricordi.
Inizialmente
i capitoli 6 e 7 li avevo scritti tutti in uno, ma mi sembrava troppo
lungo. La prima parte è una sorta di "terra di mezzo". Questo
6° capitolo torna un po' dalle parti del Signore Oscuro. Buona
Lettura.
Ron
era di pessimo umore. Si costrinse ad indossare quella maschera che gli stava
stretta. Il finto sorriso carico di finta ignoranza, finta indifferenza, finta
felicità non si addiceva alla lotta che imperversava nel suo animo.
Scese
a colazione. Lungo le scale aveva abbandonato il suo tentativo di apparire
raggiante. Rimise quel broncio che si abbinava con la realtà.
Non
toccò cibo.
-
Vuoi far nevicare Ron?
Emise
un grugnito giusto per far capire all’amico che aveva sentito la sua domanda
sarcastica.
Harry
era dubbioso. Seguì lo verso i sotterranei. Fare pozioni con Lumacorno e il
Principe Mezzosangue lo aveva portato ad apprezzare quella materia tanto
odiata.
-
Ehi, che hai?
-
Cos’ho? Cos’ho? E vieni anche a chiedermelo – il rosso era furioso, sul punto
di esplodere. L’altro era stupito, perplesso.
-
Sai che succede? Succede che tu ed Hermione state insieme di nascosto. “Ron non
deve sapere”. Ma bravi. Fate i sensibili. Fingete che dei miei sentimenti ve ne
importi. Eri il mio migliore amico. Sapevi che la amavo -
Harry
scoppiò in una risata fragorosa, incapace di trattenersi.
-
Io e Hermione?
-
No, no. Parlava di te e mia zia Muriel – il giovane Weasley non riuscì a essere
sarcastico.
-
Mi dispiace tu sia arrivato a pensare tutto questo. È stato un malinteso. Un
terribile malinteso – Harry era a un tratto serio e cupo, Ron sbigottito e
incredulo.
-
La frase che hai citato era tratta da una conversazione che, se avessi
origliato per bene, ti avrebbe fatto capire molte cose. Io e Hermione parlavamo
di tua sorella. L’ho fatta stare male – Potter fissava le sue scarpe.
In
un altro momento Ron avrebbe mangiato vivo il suo compagno di avventure dopo
una simile affermazione, ma il sollievo di essersi sbagliato e la vergogna per
aver agito così d’impulso erano di gran lunga superiori al senso di protezione
e alla gelosia nei confronti della sorella minore.
Le
orecchie gli diventarono scarlatte.
-
Non state insieme?
-
No, Ron, no. Non ti farei mai questo.
I
due si abbracciarono. Il rosso nascose, in quel momento in cui l’amico non
poteva vedere il suo volto, una lacrima. Una sola, che gli rigò il volto. Era
felice. Una vocina urlava nel suo corpo che doveva dichiararsi a Hermione. La
mise a tacere.
Ginny
era seduta sul suo letto. Aveva le ginocchia strette al petto come a colmare
quella voragine che sentiva allargarsi al posto del cuore. Voleva
quell’ambizioso, presuntuoso, narcisista. Voleva quel biondo dagli occhi grigi,
inespressivi.
Draco
era fiero della sua bravura in Occlumanzia. Sapeva nascondere i suoi
sentimenti. Riusciva, in questo caso, a usare la Weasley senza farle intendere
che la voleva. Desiderava ancora baciarla, sfiorare quelle labbra prima con
delicatezza e poi con una passione sempre più travolgente. Se solo la zia
Bellatrix gli avesse insegnato anche la Legilimanzia, il pensiero della rossa
gli sarebbe apparso più chiaro.
Ma
lei non poteva resistergli. Nessuno poteva.
Si
ritrovò a pensare a Jude. Voleva incontrarla, sapere cos’aveva di tanto
speciale.
-
Jude, devi muoverti. L’attesa è snervante anche per chi ha un’eternità davanti.
-
Signore sto facendo del mio meglio
-
Non basta!
-
Farò di più, ma posso rivolgerle una domanda?
-
Dipende.
-
Bonnie, dov’è finita? – se ne fregò della risposta che uscì da quel volto
pallido e serpentesco.
-
Bonnie non esiste. Ora ci sei solo tu, Jude! – Voldemort mantenne la calma solo
in apparenza, all’interno sentiva la rabbia aumentare. Era stato stupido a
credere alle parole di Silente. Quel vecchio pazzo gli aveva detto che il
potere più grande, la magia più efficace fosse l’amore.
Aveva,
con profondo disprezzo verso se stesso, seguito quell’assurda teoria che si
stava dimostrando un buco nell’acqua. L’ennesimo vaneggio di un uomo in là con
gli anni.
La
mossa più astuta fin’ora era farina del suo sacca. Sì, aveva scelto di rimanere
nell’ombra. Dopo l’apparizione al Ministero non si era fatto più vedere. I
Mangiamorte agivano, Lui era come un fantasma. Nell’aria carica di tensione si
avvertiva la sua presenza, ma non si vedeva.
Credeva
che avrebbe usato Draco Malfoy per far introdurre i suoi a Hogwarts e porre
fine alla vita dell’unico uomo che in verità temeva.
Poi
aveva sentito la sete di vendetta di Bonnie, l’odio di quella ragazza verso il
Preside della scuola che l’aveva prima accolta e subito dopo respinta. I
ricordi carichi di dolore di una semplice Babbana avevano sconfitto la magia di
esperti Auror.
L’aveva
trasformata.
L’aveva
resa sua, impresso il Marchio nero, mutato gli occhi bronzei in rossi.
L’aveva
trasformata nuovamente.
L’aveva
resa Jude, un cuore di ghiaccio che doveva fingere quel sentimento tanto caro
ai buoni.
Quell’arma
non era efficace. Non come avrebbe sperato.
Sapeva
che attraverso gli Armadi Svanitori poteva introdursi nel castello, ma Harry
ancora non crollava. Silente era sospettoso. Ci voleva troppo tempo. Aveva
voglia di agire.
Trattenne
il suo istinto.
-
Muoviti – un ordine verso quegli occhi così freddi da far tremare chiunque, ma
non lui.
Ora
Jude doveva smettere di giocare. Era arrivato il momento di mettere
definitivamente in gabbia Harry Potter. I pensieri del ragazzo erano colmi
della sua arma. Ora lei doveva porre fine alla vita di Albus Silente e doveva
portargli il Prescelto. Sapeva come fare. La bomba era innescata. La rabbia
sparì e si fece posto una risata interna e diabolica che pregustava la vittoria
ormai prossima.
Harry
si svegliò con un dolore lancinante al capo. La cicatrice.
Lui
era carico di rabbia e poi di una sottospecie di gioia.
Voleva
sapere cosa stava succedendo.
Trovò
sul comodino una lettera. L’ormai nota calligrafia sbilenca spiccava sulla
pergamena bianca grazie all’inchiostro verde. Un invito di Silente ad andare
nel suo studio.
Indossò
la divisa, prese la bacchetta e il mantello dell’invisibilità e senza
disturbare i sogni di Ron si diresse verso la Signora Grassa.
Angolo dell'autrice.
Ringrazio
la mia Tony P. che mi segue fedelmente! :D Le tue recensioni sono
sempre meravigliose. L'ultima mi ha tolto un grande peso :) Il prossimo
capitolo farà un po' di luce sulla vicenda.
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Capitolo 7 *** 7. A tu per tu con Silente ***
Capitolo 7. A tu per tu con Silente
Ecco il capitolo 7. Postato in contemporanea. Vi lascio quest'incontro di Silente con Harry.
-
Stasera Harry faremo un giro tra dei ricordi alla cui ricerca ho dedicato tutta
la vita -
Silente
lo guidò verso il pensatoio.
Lui
immerse la testa in quel liquido denso. Sentì il mondo attorno sparire. Aveva
già provato quella sensazione altre volte, ma era diverso. Adesso era
autorizzato a farlo. Mancava quell’ansia di essere scoperto, era quindi più
tranquillo.
Improvvisamente
si ritrovò a fissare un Silente molto giovane. Poi le immagini presero a
scorrere velocemente. C’era un bambino in una stanza spoglia, il preside
bruciava un armadio. Lo sconosciuto diventava un adolescente e parlava con il professor
Lumacorno, poi era adulto e fissava una casa, un’anziana signora, una coppa,
una tiara, la Spada di Grifondoro.
Il
flusso di passato s'interruppe bruscamente. Harry non capiva.
-
So che sei perplesso, ma non abbiamo molto tempo. Quello che hai visto era... –
un guizzo improvviso balenò nella mente dell’allievo.
-
Tom Riddle, signore.
-
Esatto, colui che sarebbe diventato Lord Voldemort – Silente, benché avesse
appena mostrato di avere una certa fretta, si mise a sedere e proseguì con il
suo solito tono pacato – Hai visto il nostro primo incontro in orfanatrofio, quando
gli rivelai che era diverso, era un mago. Lui già lo sapeva di avere qualcosa
di speciale. Io non potevo immaginare cosa sarebbe diventato. Poi crescendo si
è dimostrato uno dei più brillanti studenti qui a Hogwarts ed un pupillo di
Horace, che gli ha rivelato un antica magia, qualcosa di oscuro e di
inquietante, qualcosa che era l’anello mancante. Era. Non lo è più. Sono uscito
a estrapolargli quel ricordo. Si parla di Horcux. Magia oscura, Harry, magia
della peggior specie.
-
Horcrux?
-
Sì, un oggetto che racchiude parte dell’anima di una persona. Ti rende
immortale, ma è necessario che tu faccia a brandelli la tua anima attraverso
uno degli atti più terrificanti che un uomo può compiere.
-
L’omicidio.
-
Sì, l’omicidio. Dall’incontro con Lumacorno emerge la sua attrazione per un
numero. Il sette, il numero magico, dell’universalità. Presumo che sia questo
il numero dei suoi Horcrux e che li abbia collegati a delle morti importanti,
ma anche a degli oggetti preziosi. Non si tratta di cose qualunque, non stiamo
parlando di passaporte. Gli Horcrux dovevano racchiudere una parte di Lui, non
avrebbe di certo usato una scarpa. Uno l’hai già distrutto – estrasse dal
cassetto un quadernino dall’aria familiare.
-
Il diario di Tom Riddle – Harry pendeva dalle labbra del preside.
-
Sì, del secondo mi sono occupato io personalmente – mostrò al ragazzo un
anello, lo stesso che Harry ricordava aver visto al dito di Silente tempo
prima.
-
Apparteneva allo zio di Voldemort, Orfin. Era l’anello di Salazar Serpeverde ed
è stato ereditato dai Gaunt. Possiamo fare una deduzione forse non troppo
avventata come potrebbe sembrare. Gli altri Horcrux credo siano legati alle
case di Hogwarts rimanenti. Per Grifondoro ci sarebbe la spada, ma è qui dietro
– e indicò la teca - ben custodita. Per Tassorosso è molto interessante notare
la Coppa che hai visto nei ricordi di un’elfa domestica. La sua padrona, la
signora anziana che compariva nello stesso ricordo, venne trovata morta dopo la
visita del giovane Riddle, al tempo aiutante di Magie Sinister. Si dedicò a
questo impiego dopo che la sua domanda per rimanere a Hogwarts
come professore
di Difesa contro le Arti Oscure venne rifiutata e gli fu consigliato di
ripresentarsi più in avanti. E in ultimo...
-
Corvonero – concluse automaticamente Harry.
-
Tuttavia non so cosa possa aver usato. Mi sorgono, inoltre, dei sospetti
intorno a Nagini, il suo serpente. Ho il dubbio che possa essere un Horcrux.
Ovviamente il settimo brandello risiede nel suo corpo o in ciò che rimane di
esso-
-
Quindi il diario, l’anello, il serpente, la coppa di Tassorosso, qualcosa di
Corvonero, il suo corpo... ne manca uno – Harry era immerso nelle sue
riflessioni.
-
Già, potrebbe essere qualcos’altro appartenuto a Serpeverde – Silente si alzò
in piedi e continuò a parlare, lasciando in sospeso il conteggio degli Horcrux
– Harry, ho sempre saputo che avrei dovuto mostrarti questi ricordi e metterti
al corrente della dura realtà. Non è facile uccidere Voldemort una volta,
figuriamoci sette. Eppure dovrai farlo. Solo tu puoi. – nella mente del ragazzo
risuonò agghiacciante la profezia ascoltata in quello stesso ufficio un anno
prima.
- Fino a un anno fa avrei presentato
l’argomento con più calma. Ma adesso è subentrato un ricordo che necessita
della massima priorità. Questo mi appartiene. Risale a sei anni fa – Silente si
diresse verso la piramide dorata, dove erano disposte le boccette con i vari
ricordi.
L’ampollina
era di una forma diversa. Il diametro si restringeva verso l’apertura, non era
di quella regolarità che caratterizzava le altre.
Si
trovava nel punto più in alto. Silente alzò il braccio per prenderla, la sua
mano era scheletrica e nera. Harry lo notò solo allora e si chiese cosa le
fosse accaduto. Il preside si accorse dello sguardo dubbioso e indagatore.
-
Oh ragazzo, vedo che hai notato i segni della vecchiaia che pesa sulle mie
spalle.
-
Professore, cosa le è successo?
-
Un piccolo incidente di percorso. Ho sottovalutato la magia che Voldemort aveva
posto per proteggere l’anello. Tuttavia sono ben altre le priorità, ora – e,
accompagnato da queste ultime parole, rovesciò il liquido nel Pensatoio.
Harry
affondò la testa nel bacile e questa volta Silente lo seguì. La sensazione
provata poco prima lo invase nuovamente.
Si
ritrovò in un enorme salone. La sua vastità era resa ancora più evidente dalla
totale assenza di ornamenti. Le uniche eccezioni erano degli stendardi, appesi
uno ogni parete, uno per ogni casa. Erano a Hogwarts, ne era certo. Però quella
stanza non l’aveva mai vista e non era segnata sulla Mappa del Malandrino. Da
una piccola porta, sulla parete opposta a dove si trovavano, entrò il Silente
del ricordo accompagnato dalla professoressa McGranitt.
Questa
volta le immagini si succedevano a velocità naturale e si potevano ascoltare i
passi dei due che avanzavano verso un leggio. Era nel centro esatto e su di
esso era posto un libro enorme. Harry si avvicinò.
-
Ragazzo, stai osservando un rito che si compie ogni anno prima della riapertura
della scuola. Su quel libro compaiono i nomi di tutti i maghi e di tutti i
Babbani cui verranno spedite le lettere.
-
Quindi è così che i figli dei non maghi possono entrare a Hogwarts
-
Sì, è una magia antichissima. I nomi compaiono e rimangono impressi sulle
pagine.
Harry
si era posto più volte quella domanda. Come venivano scelte persone come
Hermione o come sua madre? Come potevano sapere i vari Presidi quali Babbani
dovevano e potevano imparare le arti magiche?
-
Ora guarda bene i nomi che compariranno – la mano buona indicò la pagina bianca
del libro.
Harry
si avvicinò ancora di più. Il Silente sbiadito, quello che viveva nel ricordo,
puntò la bacchetta sul libro. Le sue labbra si mossero silenziose. Pochi attimi
dopo delle scritte iniziarono a riempire la pagina. L’inchiostro usciva dalla
pagina, i caratteri si formavano senza che nessuna piuma li tracciasse.
Ricordava terribilmente il diario di Tom Riddle, sussultò al pensiero di Ginny
distesa sul pavimento priva di sensi, quasi morta.
Si
concentrò sui nomi. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a memorizzarli tutti e
non capiva cosa doveva notare di preciso. Mentre cominciarono a comparire
futuri studenti con il nome che iniziava per B, il Silente che lo accompagnava
sussurrò al suo orecchio.
-
Bonnie Henley.
Quel
nome impresso sulla carta mentre il preside lo pronunciava fu l’ultimo ricordo
prima di tornare al presente.
-
Cosa significa?
-
Bonnie è una babbana. Non è mai arrivata a Hogwarts.
-
Cosa le è successo? È morta? – Harry non vedeva altra spiegazione e la risposta
del Preside lo colse di sorpresa.
-
Il suo nome scomparve subito dopo che un Gufo le aveva recapitato la lettera.
Mandai subito un’altra pergamena in cui tentavo di spiegarle questo errore
unico nel suo genere. Tentavo, appunto. Il reale motivo per cui un nome era
comparso e sparito da quell’elenco che in secoli e secoli non si era mai
sbagliato non lo conoscevo e non lo conosco tutt’ora – era palesemente
infastidito da quella mancanza di risposta, Silente era abituato a conoscere
tutto.
-
Mandammo subito una squadra di Auror che furono incaricati di cancellarle la
memoria.
-
Professore scusi se la interrompo, ma perché tutto questo dovrebbe essere più
importante di Voldemort?
-
Sono collegati.
-
Cosa?
-
Voldemort e Bonnie sono collegati – Harry spalancò gli occhi e il suo iride
smeraldo rifletteva quell’incredulità che imperversava nel suo animo.
-
Non riesco a capire come una babbana possa essere collegata a un individuo come
Voldemort che li odia.
-
Li odia, ma era anche lui figlio di un babbano, ma ha bisogno anche lui di un
esca, di una cavia, di qualcuno che agisca al posto suo.
-
In che modo? –
Il
volto di Silente appariva stanco, la luce delle candele evidenziò le numerose
rughe.
Prese
a narrare di Bonnie. Raccontò di come avessero indagato su questa ragazzina,
sul suo passato fatto di maltrattamenti ad opera di un padre che la accusava di
essere la colpevole della morte della madre che, dandola alla luce, non ce
l’aveva fatta. Viveva nei libri che parlavano di magia. Aveva sempre sperato in
un’altra realtà che la potesse rendere felice.
-
Immagina la sua gioia nello scoprire che esisteva un mondo diverso, parallelo a
quello che l’aveva vista sempre e solo triste –
Harry
non aveva bisogno di immaginarlo. Sentiva sulla sua pelle la gioia
incontenibile di quell’undicenne che improvvisamente scopriva di essere
qualcosa di più, di diverso, di speciale. Provava l’emozione scaturita dalla
consapevolezza di poter abbandonare punizioni e botte e fuggire da un padre che
sfogava il suo dolore su di lei e nell’alcool.
-
Immagina ora il suo dolore nel leggere una lettera che le mostrava la verità,
che le rendeva impossibile l’accesso a quel mondo. Immagina come si sia sentita
prima che le venisse cancellata la memoria –
Harry
questa volta aveva bisogno di immaginare. Provò un senso di vuoto, si
smarrimento. Sentì una voragine aprirsi sotto i suoi piedi e dentro di lui al
pensiero di Bonnie mentre leggeva quelle parole. Parole più taglienti di mille
lame, più devastanti anche dell’Anatema che uccide.
-
Certe emozioni non possono essere cancellate, sono più potenti della magia
stessa –
Harry
capì. I ricordi erano riemersi. Nonostante li avessero rimossi dalla sua
memoria erano rimasti annidati. Immaginava Bonnie che cresceva, magari escludendosi
da quel mondo che odiava. Sola, senza amici. La vedeva sotto un albero con la
testa confusa, ossessionata da un’immagine, una sola, che le invadeva la mente.
Poi
quell’immagine si era trasformata in una scena, quella scena nel ricordo per
intero.
Gioia
e dolore erano esplosi insieme.
-
Lei ha ricordato – concluse Harry. Silente annuì.
-
Il suo odio verso il nostro mondo, verso quel Silente, che si era preso gioco
di lei era potentissimo. La sua sete di vendetta è stata percepita da
Voldemort. Bonnie non esiste più –
Harry
trattenne il respiro.
-
Harry, Bonnie, la ragazzina insicura, fragile, solitaria, esclusa da tutto e
tutti, ha lasciato il posto a una sedicenne con il cuore di ghiaccio maliziosa,
seducente, perfida, abile nel tessere inganni.
-
Jude – quello di Harry fu un sussurro, un suono che gli uscì di bocca
inspiegabilmente, senza che lui se ne rendesse conto. Silente annuì nuovamente.
Immediatamente
si rese conto della realtà. Jude aveva giocato con lui, l’aveva confuso. Aveva
invase i suoi pensieri, l’aveva reso vulnerabile. Ora si rendeva conto di non
aver minimamente pensato a Voldemort, alla profezia, ai Mangiamorte da quando
aveva visto quella misteriosa ragazza sugli spalti. Ora si rendeva conto che
lei era il Male. Era stato stupido, tremendamente stupido.
-
Alla fine ha dato retta alle mie parole. Ha davvero preso in considerazione
l’ipotesi che ci fosse una magia più potente. L’amore. Non lo credevo capace di
ciò. Ancora una volta ha però dimostrato l’idea distorto che ha di questo sentimento.
L’ha reso un’ossessione, un gioco malizioso. Harry conferma la mia tesi, dimmi
che quello per Jude non era amore, dimmi che era solo un’attrazione – il
ragazzo si sentì spogliato dei suoi sentimenti, si trovò a dover indagare nel
suo cuore. Lui di Jude non era mai stato innamorato. Gli apparvero vividi i
capelli di Ginny. L’amore era fuoco, non ghiaccio. L’amore era qualcosa di
profondo, qualcosa che non ti tortura, ma ti anestetizza ogni dolore. L’amore
non è palese, si nasconde. L’amore è dietro quelle guance che si tingono di
rosso, imbarazzate. L’amore è in quegli occhi che brillano al solo sfiorarsi,
che si infiammano a vederla con un altro. L’amore non è freddo, è calore.
L’amore bob è inespressivo. Può essere un’ossessione, ma è piacevole. No, lui
non era innamorato di Jude.
-
No, era solo attrazione.
-
Bene, puoi andare. Si è fatto tardi e non dovresti essere fuori dal tuo
dormitorio a quest’ora. Buonanotte Harry.
-
Buonanotte professore –
Avrebbe
avuto mille domande da rivolgergli, ma tacque e fece per andarsene.
La
verità gli era piombata sopra come una doccia fredda.
Svegliarsi
dal torpore di quell’attrazione era stato terribile.
Aveva
visto dentro al suo cuore. Era rimasto turbato dai suoi pensieri.
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Capitolo 8 *** 8. Signora Grassa e mondi che crollano ***
Capitolo 8. verità
Harry
si addormentò dopo essersi rigirato più e più volte nel suo letto. Turbato.
Ansioso. Dubbioso.
Si
svegliò tardi. Avrebbe saltato Trasfigurazione quella mattina. Desiderava
vedere Ginny, parlarle, dirle che era importante, chiarire l’equivoco creato da
Jude e colmare l’abisso apertosi tra di loro.
Lei
c’era sempre stata eppure lui non l’aveva mai notata. Sorrise pensando a come
il piano di Voldemort non solo fosse fallito, ma gli avesse anche fatto aprire
gli occhi.
Non
credeva possibile però che il mago Oscuro più potente di tutti i tempi si fosse
affidato così tanto al caso e alle parole di quello che considerava un vecchio
pazzo, ma che in verità temeva.
Ci
doveva essere qualcosa sotto.
Con
la mente tornò a Ginny. Scese le scale e raggiunse la Sala Comune Grifondoro.
Il
sangue gli si gelò nelle vene. Il mondo gli crollò addosso.
L’aveva
fatto entrare attraverso il Ritratto della Signora Grassa.
La
sera prima lui le aveva chiesto di saltare le lezioni e di farlo entrare nella
torre dei suoi eterni rivali.
Lui,
la Serpe, doveva parlarle.
Era
arrivata la mattina, lui era entrato.
Lei
era restia, ma alla fine la curiosità aveva preso il sopravvento.
Ora
lui era seduto davanti al fuoco, ancora acceso. La ragazza lo fissava, dentro
moriva dalla voglia di sapere cosa gli passava per la testa. Impossibile.
Impenetrabile. Si chiedeva perché quegli occhi fossero così freddi e
inespressivi.
Il
cuore le salì in gola. Non riusciva a credere come avesse potuto dimenticare lo
smeraldo che la faceva impazzire fino a poco tempo prima. O forse non l’aveva
dimenticato. Era confusa, tremendamente. Non amava Draco, ne era certa. Si
trattava di attrazione. Non sapeva se era ancora innamorata ancora di Harry,
non sapeva più cos’era lui. Il gioco stava diventando pericoloso. Stava
confondendo la realtà con la finzione.
-
Non ti sembra il momento di agire? – lui interruppe il flusso confusionario dei
ragionamenti della rossa.
Lei
lo fulminò con lo sguardo.
-
Che intendi?
-
Non lo so, tipo che noi avevamo un piano?
-
Ah già, dimenticavo
-
Dimenticavi? Weasley non farmi ridere. So benissimo che non riesci a toglierti
quel bacio dalla testa. Nessuno ci riuscirebbe.
-
Malfoy ti sbagli. Non ci riuscirebbero quelle ochette senza cervello che ti
sbavano dietro credendosi innamorata e amate da uno che non ha cuore.
-
Ne sei sicura?
-
No – la sicurezza di Draco sembrò vacillare, non si aspettava quella risposta.
-
No, credo che tu abbia un cuore, ma di ghiaccio – il mago si irrigidì, si alzò
dalla poltrona, si avvicinò al volto di lei.
Lei
trattenne il respiro. Nel momento in cui capì cosa volesse fare Malfoy sapeva
già che non avrebbe opposto resistenza.
Le
loro labbra erano a pochi millimetri, Ginny chiuse gli occhi.
-
Mi vuoi – la voce di Draco parve un sibilo serpentesco e il ghigno che comparve
sul suo viso fece capire alla rossa che era caduta in trappola.
-
E se anche fosse? Che male c’è a provare un’attrazione?
-
Sei come le altre Weasley
-
No, io ti odio. Odio la me stessa che ti vuole e lo stesso vale per te –
stavolta era lui ad essere caduto nel tranello.
Sorrise,
le cinse la vita e la baciò. Un tocco, uno sfiorarsi. Un desiderio sempre
crescente animò le labbra di Ginny.
-
Puoi fare di meglio – e lui si odiò, come aveva detto lei, perché sapeva fare
di meglio e voleva fare di meglio. Il gioco stava prendendo una brutta piega.
Lui se ne infischiò del loro scopo, del loro sangue. Lui la voleva. Si può
resistere ai desideri del cuore, della mente, ma non del corpo. Voleva la
ragazza che odiava.
La
prese.
Passò
le dita nel fuoco dei suoi capelli rischiando di sciogliersi e di bruciare.
L’aveva
messa a tacere, la sua lingua la faceva stare zitta.
Lei
incrociò le sue iridi che gli sembrarono espressive, pronte a scaturire fiamme.
Non
ebbe il coraggio di chiudere gli occhi, non si sentiva in colpa al sapere chi
stava baciando.
Voleva
godersi quell’attimo insensato, quei momenti impossibili, che non dovevano
uscire da quella stanza. Non potevano. Il rumore dei passi di qualcuno che
scendeva dal dormitorio senza nessuna fretta si bloccò. Rimase sospeso l’eco di
un ultimo tonfo, l’attesa per un passo che non sarebbe mai arrivato.
“Chi
diavolo sono?”
Il
primo pensiero di Harry fu deragliato nella sua leggera indifferenza dalla
pesante comprensione della realtà. La risposta a quella domanda era di quelle
che ti sconvolgono e ti appaiono impossibili. Eppure i capelli biondi
appartenevano al suo rivale di sempre e la chioma rossa alla ragazza che aveva
scoperto di amare.
Il
problema stava nel fatto che le mani di lui, immerse in quel fuoco che dalla
testa scivolava lungo le spalle e la schiena, non avrebbero mai dovuto
toccarla. Mai.
Il
problema diventata più complesso dal momento che non erano solo le mani a
toccarla, ma anche il resto del corpo. Le labbra soprattutto. La lingua
sicuramente.
“Perché
diavolo è qui?”
Il
primo pensiero di Ginny bloccò e respinse la lingua di Draco dalla sua bocca.
Impallidì e non riuscì a pronunciare una parola. Due shock uno dietro l’altro
erano troppi.
Quello
era uno di quei momenti in cui tra corpo e cuore si crea un crepaccio e la tua
mente, che deve decidere dove scappare finisce con il cadere nel mezzo.
Ginny,
con tutte le sue forze, tentò di non ascoltare il battito insistente che la
spingeva a trovare una spiegazione da dare a Harry. Allo stesso tempo doveva
resistere all’istinto di perdersi nuovamente nella stretta di quell’essere così
odioso.
“Cosa
diavolo mi invento?”
Il
primo pensiero di Draco trovò una risposta nel suo sangue freddo, nella sua
cattiveria innata e nella mente diabolica ereditaria.
-
Potter, come mai da queste parti?
-
Malfoy questa domanda dovrei fartela io.
-
Mi divertivo con la Weasley. Problemi?
E
con quella frase crollarono tre mondi.
Quello
di Ginny devastato dal sentirsi usata.
Quello
di Harry abbattuto dal realizzare quali erano i suoi sentimenti e dal rendersi
conto nello stesso istante che la realtà può ucciderti ogni cellula.
Quello
di Draco sostenuto da una bugia che non avrebbe mai voluto pronunciare.
Angolo autrice:
Perdonate la mia prolungata assenza, ma gli impegni scolastici e un blocco dello scrittore mi hanno messo KO.
Ecco postato un altro capitolo. Spero vi piaccia. Non è molto lungo. Voglio rispondere alla mia fedelissima Tony Porky.
Il
Signore Oscuro, lo so, ha più personalità. Sono entrata
un po' nel suo punto di vista rendendolo più vicino al lettore.
Sempre a mio parere. SPOILER *non ridurrò il tutto a una
Draco/Ginny perché io per quanto mi affascino moltissimo insieme
non credo possibile un simile evento. E tranquilla una Voldemort/Sirius
non rientrava nei miei programmi. Fin'ora *attimi di panico* Sono
contenta che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto. Perdona di nuovo la
lunga attesa. Spero continuerai a seguirmi.
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