Hagrid's Family - Attimi di vita e Ricordi

di Piccolo Fiore del Deserto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fridwulfa e Mr Hagrid ***
Capitolo 2: *** Filo Invisibile ***
Capitolo 3: *** Il Ricordo di un Padre ***



Capitolo 1
*** Fridwulfa e Mr Hagrid ***


Parto da una piccola premessa: Come ho già detto nell'introduzione, le notizie sui genitori di Hagrid, almeno fino al sesto libro (dove sono arrivata a leggere) sono pochissime, e così questa è la mia idea riguardo questa famiglia, non sempre trattata nelle ff. Perchè scrivo di loro? Semplicemente perchè, anche quando Harry Potter non mi ispirava granchè, e mi hanno forzata a guardare i primi tre film, Hagrid è stato uno dei personaggi che più mi son piaciuti (ora insieme a Sirius, Lupin, i Gemelli Weasley, Silente, Tonks, Piton, Luna e Neville, per lo più XD). Quindi perchè non scrivere ancora di lui e dei suoi genitori? Probabilmente questa sarà l'ultima storia che scrivo su questo Fandom, ma spero di non essere andata troppo OOC (anche se, conoscendo poco dei genitori, non saprei eh...) e che vi possa piacere.
Naturalmente se avete altre notizie e credete che la mia versione non sia attinente, ditemelo subito, così potrò o modificare o mettere l'avvertimento OOC.
Grazie mille. E buona lettura! E non uccidetemi -.-
ps. non sono neanche sicurissima di aver usato gli incantesimi più adatti e corretti, ma leggendoli tutti per me era meglio inserire quelli.

Fridwulfa e Mr Hagrid



    Era cosa insolita per un essere umano innamorarsi di una gigantessa ma, ancora più insolito, era che accadesse il contrario; eppure ciò avvenne.
Mr Hagrid era un mago di media altezza, dagli occhi neri e infossati e capelli corti del medesimo colore; un naso aquilino e labbra sottili sempre pronte a distendersi in un sorriso.
Adorava viaggiare per conoscere ogni genere di creatura esistente, fino a che non incrociò lei.
Era una gigantessa imponente, alta circa sette metri, dai capelli marroni e crespi lasciati sciolti e due immensi occhi di un grigio sporco.
Aveva il naso simile a una grossa patata appiattita, e indossava semplicemente un pezzo di stoffa logoro e consunto che una volta doveva apparire verde, a tentare di coprire le sue parti intime.
In un primo momento fu colto da un’incredibile paura, ma poi la voglia di conoscere le creature – soprattutto quelle non-umane – prese il sopravvento e, armato di bacchetta, iniziò a osservarla con attenzione. Il suo scopo era di conoscere al meglio le abitudini dei giganti per poi intervenire di persona, incurante del pericolo.
    Le si avvicinò in una calda giornata estiva. Il sole si rifletteva con i suoi piacevoli raggi sulle foglie degli alberi della foresta e sulla grigia pietra della grotta nella quale Fridwulfa riposava.
Cercando di non fare rumore, i suoi passi lo condussero a pochi metri dal punto in cui, quella che appariva come una sorta di collina strana… respirava rumorosamente.
Si fermò per osservarla meglio ma, proprio nel momento in cui era deciso a tornare indietro, lei si svegliò.
La terra sotto i piedi del “piccolo” mago tremò ai movimenti decisamente poco aggraziati della gigantessa, la quale, mente si muoveva per uscire dalla caverna, quasi lo schiacciò, se non si fosse allontanato lesto quasi all’ultimo minuto.
Si accucciò in un angolo respirando affannoso, mentre il suo cuore quasi gli usciva dal petto per il terrore ma, nonostante ciò, non si diede per vinto.
Cercò di rivolgersi a lei col tono più alto possibile e, dopo diversi tentativi in cui lei si limitò a voltare lo sguardo in diverse direzioni eccetto ove si trovava lui, alla fine i loro sguardi s’incrociarono.
Mr Hagrid la osservò con un sorriso allegro stampato sul viso, nonostante il tremolio ben visibile del corpo, mentre la gigantessa si chinò un poco per osservarlo meglio e dalle sue grandi labbra – dalle quali s’intravide una serie di denti grandi, sporchi e un poco storti – ruggì al suo indirizzo, facendogli rizzare tutti i capelli.
« Credo che questo fosse il tuo saluto, nevvero? » chiese il mago, dopo essersi ripreso da quella sorta di grido che lo aveva costretto a strizzare gli occhi per qualche minuto.
Per risposta ottenne solo un grugnito minaccioso, mentre i suoi gelidi occhi lo fissarono con odio.
« Ehm… non volevo assolutamente disturbarti, carissima; ma avevo il desiderio di conoscere una creatura… » qui si bloccò appena in tempo per non offenderla « … particolare come te ».
La gigantessa grugnì di nuovo, avanzando pericolosamente verso di lui.
Mr Hagrid tese la bacchetta verso di lei e indietreggiò di qualche passo.
« Non voglio farti assolutamente del male, ma presumo che tu non sia dello stesso avviso nei miei riguardi, eh? Ed io che resto qui come un imbecille…», l’ultima parte ovviamente sussurrata, poi riprese « Io sono Mr Hagrid, un mago che adora cercare creature diverse e particolari da analizz… ehm, conoscere, sì, e poterci fare… amicizia! » sorrise e avrebbe anche abbassato il cappello per rivolgerle un rispettoso inchino se non fosse stato ancor più intimidito da lei che, incurante delle sue parole, cercò di afferrarlo ma con esiti negativi. Essendo più piccolo, il mago, era anche più agile e riuscì a sfuggirle più volte, fino a quando non si ritrovò bloccato tra lei e la parete rocciosa della grotta. Ora sì che era in pericolo!
Iniziò a sudare freddo e, seppur non volesse usare la magia, le scagliò una serie di Schiantesimi, allo scopo di gettarla a terra o, perlomeno, di confonderla un minimo, cosa che riuscì fortunatamente a fare.
Così, mentre la gigantessa iniziò a barcollare intontita dalla magia, lui scappò via, mettendosi in salvo.



*




    I tentativi che seguirono non furono migliori.
Più il mago tentava di far il gentile, più la gigantessa si dimostrava aggressiva e lui doveva ricorrere a ogni genere d’incantesimi pur di salvarsi la vita.
Tuttavia, ben presto si accorse che erano proprio i suoi poteri a farla innervosire in tal modo. Così, si presentò a lei nascondendo la bacchetta nella tasca della veste scura, pur sempre a portata di mano.
Come il solito si fece avanti a passi misurati e cauti per non fare troppo rumore.
Quando fu a pochi metri da lei, esordì con un:
« Buongiorno Dama Gigantessa! » espose il suo sorriso più allegro, facendo scivolare verso terra il cappello, in un pomposo quanto buffo inchino. La risposta della gigantessa, però, fu il solito grugnito minaccioso.
« Non userò la magia oggi, stai tranquilla… » disse lui, alzando in aria le mani vuote « però in cambio tu non dovrai farmi del male »
La Gigantessa si chinò a guardarlo meglio, come se volesse cercare tracce della bacchetta.
« Sono qui solo perché sono interessato a conoscerti, capisci? Tu mi lasci conoscere te stessa e le tue abitudini, ed io in cambio posso insegnarti a parlare meglio… senza offesa, sia chiaro! »
La gigantessa grugnì di nuovo, ma parve un attimo, interessata.
« Ecco, sapevo che potevamo essere amici… io son… »
Ma non poté concludere l’ennesima presentazione di se stesso che si ritrovò sollevato a testa in giù, a molti metri da terra.
« Uargh! Questo è il tuo saluto, per caso? Be’ avete delle abitudini insolite. E… e … non avrai intenzione di mangiarmi. Guarda che non ci ricaverai troppo da me, sono piccolo e non ho molta carne… »
Mr Hagrid aveva sicuramente ragione ad allarmarsi così; infatti, la gigantessa lo aveva preso con le dita della mano destra e lo stava portando proprio alla bocca, come se volesse… assaggiarlo!
Il “piccolo” mago tentò di divincolarsi, tanto che dalla tasca della sua veste fuoriuscì la sua bacchetta, che prese per un soffio con una delle sue mani libere.
« Ah – ah, non costringermi a usare la magia su! Mettimi giù e non ci faremo male a vicenda. Fai la brava, bella gigantessa! »
Ovviamente tremava come una foglia, ma voleva tentare ancora di non ricorrere di nuovo alla magia nonostante rischiasse fin troppo; non voleva perdere anche l’ultima possibilità con lei. Che poi, perché gli interessava tanto? Poteva conoscerne altri, magari più calmi, sempre se c’erano giganti calmi.
Ma no. Voleva lei sola.
La gigantessa si ritrovò a “ruggire” non appena notò la bacchetta e iniziò a scuoterlo come nel tentativo di fargliela cadere. Il “piccolo” mago così scosso, tuttavia, la strinse ancora più forte.
« E qu-questo è u-un vo-vostro gio-gioco? Se-sembra di-divertente! » esclamò e, sorprendendo entrambi, iniziò a ridere di cuore, ma la sua risata si trasformò in gemiti di dolore quando si ritrovò sbalzato a terra con poca grazia.
« Ouch! Ohi, ohi, ohi, ohi. Gioco pericoloso il vostro… devo segnarmelo. Ohi, ohi, ohi » continuò a lamentarsi, massaggiandosi le parti lese, ossia quasi tutto il corpo, ma in particolare la caviglia destra.
La gigantessa iniziò a muovere i suoi passi verso la foresta di fronte alla sua grotta, ma il mago, nonostante fosse ancora dolorante, cercò di seguirla ma, vedendo che non riusciva ad alzarsi, le urlò:
« Gigantessa dove vai? Aspettami, voglio apprendere altre cose! » ma, per tutta risposta, avvertì come il rumore di un albero che veniva sradicato da terra ed essere scagliato proprio nella sua direzione.
Conscio di non poter fuggire, si concentrò su un incantesimo e, una volta pronto, scandì a voce ben chiara e alta:
« Bombarda! » e fu come se un tuono avesse squarciato il cielo: l’alberò esplose a pochissima distanza da lui, e solo cenere e ciò che ne restava gli scivolò addosso.


*



« Ma chi me lo ha fatto fare? Sono curioso sì, ma non posso concentrarmi su altre creature? Forse i troll erano meglio o magari qualcosa di più carino, come un unicorno? Ma no quegli esseri amano solo le fanciulle, ed io non sono una fanciulla no? »
Mr Hagrid si era rintanato in un angolo della grotta. Il corpo ancora un poco dolorante, la caviglia destra piuttosto gonfia.
Fuori il sole aveva lasciato il posto alla luna, e il cielo di un azzurro intenso era sfumato in un blu molto scuro. La gigantessa non era ancora tornata.
« Però lei ha qualcosa di particolare, sì. Voglio conoscerla maggiormente, e ce la farò. » disse risoluto, continuando a massaggiarsi laddove gli doleva.
Stava quasi per addormentarsi quando sentì tremare la terra sotto di sé: erano i passi della gigantessa che tornava con una serie di poveri animali morti tra le manone.
Mr Hagrid rimase silenzioso per qualche istante e, quando lei si accomodò a terra, gettando quei corpi con poca grazia intorno a sé, prese parola:
« Caccia grossa, eh? E li mangi tutti tu? »
La gigantessa si voltò, cercandolo, e grugnì di nuovo.
« Oh, perdonami, ora mi mostro subito, ma tu non farmi del male! »
Cercò di strisciare in modo da uscire dal suo angolo nascosto e palesarsi a lei, la quale, dopo l’ennesimo suono rauco, lo ignorò completamente, iniziando a tranciare con grandi morsi i corpi esanimi degli animali.
Il mago la guardò con disgusto misto a interesse e poi disse:
« Ed è buono mangiare crudo un uccello o un cervo? Sai, noi li cuociamo a fuoco lento e aggiungiamo delle erbe aromatiche, per insaporire il tutto, rendendo il sapore davvero delizioso. » Si leccò le labbra, immaginando un bel pollo arrosto con deliziose patate di contorno e il suo stomaco borbottò.
La Gigantessa si fermò, gocce scarlatte uscivano dalle sue labbra, facendola apparire più minacciosa e grugnì.
« Oh,è solo il mio stomaco, sai è vuoto. » ammise il mago.
Ancora il brontolio dello stomaco, seguito dal grugnito della gigantessa che ora sembrava più interessata e… sorrideva! Un sorriso storto e macabro – visti i suoi denti insanguinati e logori – però era davvero un sorriso, al quale prontamente il mago rispose allegro.
Poi la gigantessa gli lanciò accanto uno striminzito uccello e lui, reprimendo a stento una smorfia, lo accettò come segno di rispetto, ma non si azzardò a toccarlo.
Lei lo guardò e gli mostrò come mangiarlo e, a suon di grugniti, lo invitò a far lo stesso.
Il povero mago tentò di non vomitare e avvicinò le sue labbra all’animaletto e, per farla contenta, staccò con un morso le piume, tornando poi a sorridere.
Ma ora era lui ad essere davvero buffo: le piume dell’uccello si erano bloccate sulle sue labbra sembrando degli insoliti baffi e dalla gigantessa fuoriuscirono dei gorgoglii insoliti e diversi dai grugniti. Sembrava che ridesse!
Il mago prese a ridere con lei e l’atmosfera parve riscaldarsi di colpo.
« Io sono Hagrid e tu? »
La gigantessa proferì un suono rauco che sembrò voler dire “Fridwulfa” e, finalmente, iniziarono a conoscersi, proprio come lui desiderava.


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Capitolo 2
*** Filo Invisibile ***


Filo Invisibile








« Hagrett! »
« H – A – G – R – I – D »
Non era facile far comprendere alla perfezione a Fridwulfa qual era la giusta pronuncia del nome di famiglia ma Mr Hagrid non si perse mai d’animo. Dopo i primi tentativi falliti, che gli erano anche costati una caviglia piuttosto gonfia, era riuscito a conquistare la fiducia della gigantessa che gli permise di trascorrere insieme diversi mesi in quella grotta.
Lei gli permetteva di seguirlo ovunque, in modo tale da fargli apprendere le abitudini dei giganti – di cui lui prendeva prontamente nota – e in cambio lui le insegnava l’inglese.
Tuttavia non era facile: per stare al passo di Fridwulfa, doveva correre e spesso si doveva fermare per riprendere fiato per non stramazzare a terra, mentre lei aveva troppe difficoltà nel riuscire a proferire le parole correttamente, anche se ben comprendeva la lingua di quel “piccoletto”.
Con il passare dei mesi e con molta pazienza, riuscirono a venirsi incontro entrando in perfetta armonia, cosa, forse, piuttosto insolita tra un umano e una gigantessa. Ma c’era qualcosa che spingeva il mago a rimanerle accanto anche quando ormai aveva memorizzato tutte le abitudini di un gigante: ogni qualvolta che fissava Fridwulfa, si accorgeva che non poteva andarsene; si sentiva così profondamente legato a lei da una sorta di filo invisibile che, al sol pensiero di spezzarlo, provava una fitta di dolore al petto, proprio dove il cuore pulsava forte.
L’amava come non gli era mai successo prima. Non era un mago che si soffermava solo sull’aspetto fisico, ma riusciva ad andare oltre, nel profondo. Certo, lei era una gigantessa, ma chi poteva stabilire che non provasse anche lei dei sentimenti dietro quell’aspetto apparentemente minaccioso?
Spesso si fermava a osservarla in ogni suo piccolo gesto e sentiva che Fridwulfa aveva qualcosa di speciale. Non gli importava se nel mondo magico lo avessero preso per pazzo; ormai consapevole del suo amore e del fatto che non poteva rimanere in quella grotta per sempre, prese la sua decisione.
    Una notte, mentre si trovavano entrambi intorno al fuoco, mangiando ciascuno il proprio piatto (Mr Hagrid aveva provato a cucinarle qualcosa, ma lei gli aveva sputato tutto addosso, disgustata e contrariata, e lui non ci aveva più provato), lui prese parola:
« Fridwulfa, mia cara, so che ti sembrerà strano e forse ti apparirò come un pazzo... in realtà, non so neanche come funzionano tra voi queste cose. Forse dovremmo far cozzare le pance assieme, ma non credo di ritrovarmi in buone condizioni poi, ma... »
Si fermò un attimo accorgendosi di star divagando abbondantemente. Fridwulfa interruppe il suo pasto, guardandolo fisso negli occhi.
« Hagrett? Che mi ci vuoi dire? » chiese con un tono di voce rauco e in un inglese ancora stentato.
« Ecco, sì... be’ insomma, Fridwulfa vuoi venire a vivere con me? E-vuoi-formare-una-famiglia-con-me? » disse tutto un po’ troppo in fretta, rossissimo in volto, tanto che lei non riuscì a comprenderlo.
« Hagrett? Male stai? » chiese ancora, per poi allungare una manona e prenderlo – cercando di non stringerlo troppo forte – ma iniziando a scuoterlo con vigore, come se fosse il rimedio giusto per curarlo.
« N-no, Fr-fridwulfa,  me-mettimi gi-giù! » cercò di gridare il povero mago, e quando lei si fermò, lui scandì meglio « Vuoi formare una famiglia con me e vivere nella mia casa? Potrò renderla accogliente per te, e non farti mancare nulla. Non è troppo distante a una foresta, e poi troverò un rimedio per farti sentire più a tuo agio... »
Avrebbe voluto aggiungere altro, ma si sentì schiacciato al petto di lei. Infatti, Fridwulfa l’aveva stretto a sé e iniziò a emettere una serie di gorgoglii simili a una risata.
« Presumo che la risposta sia sì » concluse Mr Hagrid con un fil di voce.



*


    Impiegarono alcuni giorni per raggiungere la dimora di Mr. Hagrid, non troppo lontana da un villaggio di maghi. Al loro arrivo furono accolti da urla e commenti sprezzanti, ma il mago continuò ad incedere con il sorriso sulle labbra, cercando di tranquillizzare Fridwulfa che, di fronte a quelle grida, aveva risposto più di una volta con grugniti minacciosi, spingendolo a fermarla.
« No, mia cara, lasciali stare. Sono solo sorpresi di vedere una creatura splendida come te in questi luoghi, ma non ti faranno del male. L’unica scelta è ignorare chi non può capire. »
Sempre con un sorriso allegro, che illuminava il suo volto sotto il cappello nero a punta, Mr. Hagrid la condusse proprio dinanzi alla sua casa.
Dall’esterno appariva una semplice abitazione in mattoncini rossi, fin troppo piccola per ospitare un gigante, tanto che arrivò ben presto il grugnito insoddisfatto di Fridwulfa.
« Mia cara, lascia fare a me! Spostati un poco, sì, così... bene. »
Una volta che la gigantessa si fu spostata, estrasse la bacchetta dalla tasca della veste e, con dei movimenti ben precisi e sinuosi, scagliò un incantesimo che fece ruggire con disappunto la compagna.
« Oh, suvvia Friddy cara. Avanti non fare la paurosa. Come puoi pensare che proprio io possa farti del male? »
La guardò con i suoi piccoli occhi neri, infossati, e lei, seppur un poco riluttante, acconsentì ad entrare.
In un primo momento si chiese come potesse passare in quella porta, giacché nonostante l’incantesimo scagliato da Mr. Hagrid, la casa sembrò essere rimasta immutata, esattamente uguale a prima; ma, non appena il mago aprì la porta, dentro c’era un mondo completamente diverso e a misura di... gigante!
La gigantessa si stropicciò gli occhi con le mani, incredula, ma poi emise dei gorgoglii festosi.
All’interno, infatti, la casa sembrava fatta di roccia, apparendo simile a una caverna, ma abbellita con oggetti più babbani o magici: quadri, mobili di ogni genere, e via dicendo.
Mr. Hagrid la guardò colmo di felicità e la condusse nella camera da letto, dove vi era un immenso letto basso. Fridwulfa lo tastò con una mano, curiosa, e poi ci si accomodò sgraziatamente sopra, ma il letto non si ruppe: sotto al materasso, infatti, era fatto di pietra così da sostenere anche il peso di un gigante.
« Allora, ti piace la nostra nuova casa? » chiese allegro il mago e lei proruppe con una serie di gorgoglii sonori e un battito di mani che fece vibrare diversi oggetti posti sui mobili o sui muri.
La risposta era piuttosto ovvia.



*



    Come tutte le coppie, il coronamento dell’amore consisteva nell’avere un figlio. Era già piuttosto sorprendente l’amore tra una gigantessa e un mago, ma l’accoppiamento lo era ancor di più. Senza scendere nei dettagli, dalla loro unione ben presto Fridwulfa rimase incinta.
Se prima era grossa, man a mano che i mesi passavano, il pancione riuscì a renderla ancora più imponente ma, mentre i “vicini” li osservarono con paura e disgusto, additandoli ogni volta che li incrociavano lungo la strada, Mr. Hagrid si accorse di amarla ancora di più.
Non si poteva di certo dire che fosse una madre docile e mansueta; anzi, nonostante il pancione, Fridwulfa continuò a stare sempre in movimento, incurante delle prediche affettuose del marito.
Spesso Mr. Hagrid non ricordava che lei non era umana; ai suoi occhi appariva come la moglie di cui si era innamorato follemente e non gli interessava altro.
Ogni qualvolta si recava al villaggio le persone lo guardavano malamente, additandolo come un pazzo. Un giorno, in particolare, uno dei maghi del villaggio, grassottello e barbuto, lo fermò e disse:
« Mr. Hagrid non crede di essere pazzo a vivere con quel mostro capace di ucciderci facilmente tutti? »
« Ed ora attende anche un altro piccolo mostro! » aggiunse subito dopo sua moglie, che al suo confronto sembrava un stelo, per quanto era sottile.
« Bisogna fare qualcosa! » esclamò un terzo mago, e altri lo incitarono, mostrando palesemente il loro consenso.
Mr. Hagrid, tuttavia, non si scompose troppo; solo i suoi occhi neri s’incupirono, sembrando ancora più scuri e penetranti.
« Si da il caso che quella splendida Gigantessa ha un nome, Fridwulfa, e che sia mia moglie. E se amare così tanto equivale ad additarmi come pazzo, allora sono fiero di esserlo. Ma lei non ama sua moglie? Allora anche lei è un pazzo, e tutti coloro che amano realmente le loro rispettive compagne. Non è così?
Inoltre, il piccolo mostro, come l’avete appellato, è mio figlio e non vi permetto di offenderlo. Quando crescerà sarà una grande persona: corretta, gentile e coraggiosa, ed avrà anche un gran cuore; quello che non avete voi tutti a giudicare malamente chi è diverso da voi. E con questo vi saluto, mia moglie e mio figlio mi aspettano! ».
Lasciando tutti senza parole, si avviò, mantenendo sempre il sorriso sulle labbra, presso la sua dimora, dove sua moglie lo stava aspettando... in preda alla doglie.

    Il piccolo Rubeus nacque a notte fonda; in cielo risplendeva solo il sorriso della luna, come se fosse lieta anche lei dell’evento.
Il cuore di Mr. Hagrid straripava di una felicità immensa, difficile da descrivere e gestire. I suoi occhi scuri, ora lucidi, si riflettevano come uno specchio in quelli del piccolo che strillava, con voce già possente, tra le sue braccia.
Per i suoi standard, più che un neonato appariva come un bambino di almeno un anno o forse due, ma dallo sguardo di Fridwulfa si poteva forse intuire che per lei era troppo... piccolo.
Tuttavia, Mr. Hagrid non ci fece troppo caso; forse sua moglie era solo stanca.
« Ruben » sussurrò, rimanendo come incantato a guardarlo, mentre il piccolo, cullato tra le sue braccia, sembrò calmarsi un poco.
Fridwulfa, tuttavia, emise il suo solito grugnito insoddisfatto.
« Cosa? Non ti piace come nome? Come vorresti chiamarlo, allora? » chiese il mago, distogliendo l’attenzione per un attimo dal piccolo e portandola sulla madre.
« Ruhfus » brontolò la gigantessa.
« Ruhfus... » ripeté il mago più volte, come se volesse capire se quel nome fosse attinente a suo figlio.
« Uhm... e se unissimo i due nomi? Potremmo chiamarlo... Rubeus Hagrid. »
La gigantessa guardò il marito e poi il figlio. Fece una smorfia e poi acconsentì, come se in fondo non le importasse granché.



*



    I tre anni successivi furono i più belli della sua vita. Mr. Hagrid non si staccava quasi mai dalla sua famiglia. Si sentiva davvero fortunato: era follemente innamorato di sua moglie e ora di più, per il piccolo che gli aveva donato.
Il piccolo Rubeus cresceva a vista d’occhio, tuttavia, suo padre lo adorava.
Non era facile occuparsi di lui, soprattutto farlo mangiare, perché era un bambino piuttosto vivace e spesso tutto il cibo finiva sul volto del padre che, nonostante tutto, scoppiava a ridere seguito subito dalle risate rauche del figlio.
Giocava spesso con lui e ben presto si accorse che il bambino adorava quando gli mostrava dei trucchi magici, cosa del tutto contraria alla madre, che ancora, odiava gli incantesimi.
« Ancora! » esclamava il piccolo Rubeus e il padre prontamente eseguiva un incantesimo, trasfigurando una teiera in un simpatico porcospino.
Tentava di fare questi “giochi di magia” quando Fridwulfa non era presente, poiché più di una volta si era ritrovata a ruggire prepotentemente contrariata.
Mentre l’amore per il piccolo aumentava, il legame con Fridwulfa si andava via via affievolendo. Era come se quel filo spesso che li aveva uniti, fosse sul limite di spezzarsi. Il suo amore per lei era saldo e forte come una montagna, niente poteva smontarlo, ma lei iniziò sempre di più ad avere atteggiamenti di puro fastidio.
Era come se, dopo diversi anni passati in quella casa, iniziasse a trovarla troppo stretta e più di una volta Mr. Hagrid l’aveva sorpresa a borbottare contro la statura del loro figlio.
    Una sera, scoprendola di nuovo a guardare quasi con disprezzo il piccolo Rubeus, di ormai tre anni, si fermò di fronte a lei e senza troppi giri di parole l’affrontò:
« Fridwulfa, mia cara, dimmi che succede. Che cos’ha di così sbagliato nostro figlio? »
Spostò lo sguardo verso quello che ormai appariva un bambino di almeno sei anni o più, anziché tre, e poi lo riportò su di lei, che emise un grugnito, prima di rispondere.
« Ci è troppo piccolo! Non ci è come me! Io mi ci vergogno di lui. Gli altri mica lo vogliono, lo uccidono se lo ci vedono! »
Mr. Hagrid sgranò gli occhi di fronte a quelle parole. Come poteva una madre, anche se non umana, disprezzare così suo figlio? Vergognarsi di lui solo perché piccolo? Aveva visto qualcosa in lei, qualcosa che lo aveva spinto a sfidare tutto e tutti, sorbendo anche critiche continue. Ma ora? L’amore per lei non svanì, ma si sentì ferito.
« Fridwulfa guardalo. È tuo figlio, nostro figlio. Non ha nulla che non va, e gli altri non potranno ucciderlo, perché non lo manderò da loro e neanche tu ci tornerai. Questa è la tua casa no? Non ti trovi più bene con noi? »
Fridwulfa si limitò a guardarlo senza dire una parola, poi spostò lo sguardo sul piccolo Rubeus che tendeva le braccia grassocce verso di lei, appellandola “mamma”. Sentì addosso i loro sguardi, l’uno lo specchio dell’altro, ma grugnendo uscì dalla casa, non tornando né quella sera né le seguenti.

    Da quella sera Mr. Hagrid non fu più lo stesso. Il filo invisibile che li legava si spezzò e con esso il suo cuore fu frantumato in tanti piccolissimi pezzi, impossibili da ricostruire...
La gigantessa che amava più di ogni cosa, insieme a suo figlio, se ne era andata per sempre, lasciandolo solo con un bambino da crescere.
Il suo sorriso allegro si spense e passò sempre più tempo accoccolato su una sedia accanto al camino.
In quell’oscurità che era scesa su di lui, solo una luce spiccava e lo teneva ancora ancorato alla vita: Rubeus che lo faceva ridere, Rubeus che aveva bisogno di tutto l’affetto possibile per crescere.
Cercò di allontanare il vuoto lasciatogli dentro da Fridwulfa e tornò a vivere, occupandosi al meglio del suo unico figlio.




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Ecco qui il secondo capitolo, inserito proprio il giorno del mio compleanno (ok, questo non c'entra nulla XD). Spero che vi possa piacere :)
Grazie a chi l'ha letta, a ladylala e Macer che l'hanno inserita tra le ricordate, e a Nebbia4e che l'ha inserita tra le seguite :)
e soprattutto a WingsofCrow che l'ha commentata *_*


WingsofCrow : Grazie di cuore per aver lasciato una recensione e detto la tua sulla caratterizzazione che ho dato di questi personaggi per lo più "sconosciuti". Sono contenta che ti siano piaciuti, soprattutto la gigantessa, e spero che ti possa piacere anche qui :) Sono contenta di averti fatta sorridere *_*

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Capitolo 3
*** Il Ricordo di un Padre ***


Il Ricordo di un padre









    Rubeus Hagrid sedeva al tavolo di Grifondoro, un poco lontano dagli altri. Da quando era entrato alla scuola di magia di Hogwarts in pochi lo avevano accettato, senza giudicarlo, disprezzarlo o aver paura del suo aspetto piuttosto massiccio per la sua età. Sin da quando aveva sei anni tutti lo guardavano malamente, additandolo come se fosse un mostro, unicamente perché era troppo alto e grosso rispetto agli altri bambini “normali”.
Più di una volta era tornato a casa in lacrime, e suo padre cercava sempre di consolarlo dicendogli parole che rimasero indelebili nella sua mente e che lo spinsero a reagire e non lasciarsi più abbattere credendo realmente di essere un mostro. In molti addirittura lo criticavano, per essere figlio di una gigantessa. Una madre che lui neanche ricordava troppo. Tutta la sua vita, fino a quel momento, era ruotata attorno a un’unica figura, suo padre che gli ripeteva, più di una volta, parole di conforto e coraggio:
“Rubeus non vergognarti mai... e se qualcuno te lo rinfaccia è gente che non vale una cicca!”*
Rubeus aveva smesso così di piangere e un sorriso allegro era comparso sul suo viso paffuto. Aveva iniziato a ridere e, entusiasta, aveva preso in braccio suo padre facendolo roteare nell’aria.
« Oh, oh, oh, Rubeus su mettimi giù! » il tono usato era sempre ironico e allegro; non ricordava di averlo mai visto arrabbiato, anche se osservando i suoi piccoli occhi scuri si scorgeva la tristezza dell’abbandono.
Rubeus l’aveva quindi posto in cima alla credenza del salone, iniziando a ridere di gusto.
« Oh be’, io sinceramente intendevo sul pavimento, ma così sono più alto di te! » rispondeva il padre e iniziavano a ridere entrambi.
Rubeus lo faceva sempre ridere...


« Ehi mostro ancora mangi? Non ti vergogni di essere così grosso? »
Uno studente di Serpeverde lo fece tornare alla realtà. Non era la prima volta che lo sbeffeggiavano così...
Stava per ribattere quando l’arrivo di un professore fece allontanare subito il Serpeverde e i suoi amici.
« Buongiorno Professor Silente. » disse immediatamente il mezzo gigante, interrompendo il suo pasto.
« Rubeus, spero che quel giovanotto non ti abbia scosso con le sue parole. Spesso i giovani sono invidiosi. »
Il professor Silente era un mago alto, dalla corta barba ramata del medesimo colore dei capelli, e due intensi occhi azzurri che scrutavano lo studente da dietro degli occhiali a mezza luna.
« Oh no, professore. Io mi ci sono abituato. » rispose Rubeus.
« Se hai finito di mangiare, avrei bisogno di parlare con te nel mio ufficio. »
« Sicuro. Mi ci vengo subito, Signore »
Alzatosi dal tavolo, iniziò a seguire il professor Silente, per il quale aveva un profondo rispetto, verso il suo ufficio.
Silente si pose dietro al suo tavolo e invitò il giovane a sedersi di fronte a lui.
« Siediti Rubeus, ho bisogno di riferirti qualcosa che non sarà affatto piacevole, né facile. »
Il volto gentile di Silente s’incupì, mentre un’ombra oscurò i suoi occhi chiari.
Rubeus si accomodò con un po’ di difficoltà sulla sedia e iniziò a torturarsi le mani, agitato.
Temeva di ricevere una punizione per il suo amore per le bestie più pericolose; temeva di essere stato scoperto a cercarne alcune particolari da allevare all’interno della scuola.
« Rubeus quello che ti dirò non è facile, ma devi saperlo.
Credo che sia inutile tergiversare con troppi giri di parole, e ritengo opportuno arrivare subito al dunque.
Mio caro, tuo padre è... morto.
È stato trovato nella sua casa privo di vita, seduto accanto al camino; e anche nell’ultimo istante... sorrideva.
Era un uomo dal gran cuore e credo, anzi sono sicuro, che ti abbia trasmesso valori importanti che devi sempre tenere a mente.
Mi dispiace, Rubeus... ».
Rubeus in un primo momento rimase come pietrificato: solo la bocca e gli occhi furono spalancati, ma non ne usciva nessun suono né lacrima.
« Mio padre? » chiese dopo un po’, e improvvisamente la pietra si sgretolò, ritrovandosi ad avvertire un enorme senso di vuoto e dolore.
« Mio padre... » continuò a ripetere per alcuni minuti, non riuscendo a dire altro.
Poi, quando il dolore arrivò al culmine, la disperazione prese il soppravvento: sprofondò il viso tra le mani, mentre il corpo fu scosso da singhiozzi e lacrime sgorgarono dai suoi occhi neri.
Silente si alzò e gli si avvicinò, posando una mano sulla spalla del mezzogigante, ancor solo un ragazzo.
« Potrai ovviamente tornare a casa e interrompere le lezioni per il tempo necessario. Io ti accompagnerò. Per il futuro non dovrai assolutamente preoccuparti: rimarrai qui per il Natale e per l’estate. Non sarai solo. »
La voce calda di Silente lo spinse a lasciarsi andare ulteriormente a quel pianto. Sua madre lo aveva abbandonato troppo presto e suo padre era... morto. Che cosa avrebbe fatto ora?
« Torna pure nella tua stanza e prendi ciò che ti può essere utile. Stasera stessa torneremo a casa tua, così potrai dargli il tuo saluto e la più degna e onorevole sepoltura. »
Rubeus annuì e, passandosi la manica della veste sul faccione, cercò di asciugarsi le lacrime.


    Una volta nella sua stanza iniziò a preparare la valigia, quando si fermò alcuni istanti a guardare una foto: suo padre sorrideva seduto sulla sua spalla, sotto un melo vicino casa. L’immagine si muoveva e il sapore dei ricordi lo portò al suo passato.

Quando era arrivato l’invito per Hogwarts, suo padre aveva iniziato a saltare frizzante di gioia, abbracciando più volte suo figlio.
« Diventerai un ottimo mago, ne sono certo! Oh, figlio mio, non capisci che gioia provo. Sono tanto orgoglioso di te, ragazzo mio. »
Aveva gli occhi colmi di lacrime, tanta era la felicità che l’invadeva.
« Credi che ci diventerò davvero bravo? Come te? » chiese il piccolo Rubeus, felice ma nel medesimo tempo un po’ spaventato all’idea di andare in una scuola di magia.
« Oh, ne sono più che certo! Tu hai talento figlio mio, e sono sicuro che diventerai un mago ancor migliore di me. »
« Oh no! Tu ci sei troppo bravo, papà! » esclamò il figlio, ma alla fine l’euforia del padre lo coinvolse e risate risuonarono nella casa.
« Nei prossimi giorni andremo a Diagon Alley a prendere tutto l’occorrente. Ti serviranno diverse vesti, libri, calderone, ingredienti vari per pozioni, piume d’oca, calamai, pergamene, un gufo, ma soprattutto la tua bacchetta personale! Uno strumento importantissimo per ogni mago che si rispetti! Mio figlio, un vero mago! »
Quella foto era stata fatta prima di partire per la scuola. Rubeus lo aveva issato sulla sua spalla e suo padre sorrideva, mentre osservava l’obiettivo con uno sguardo che trasmetteva un orgoglio smisurato per il suo unico figlio.


Tornò alla realtà e pose la foto in una tasca della giacca che indossava al posto della veste da mago. Si ritrovò tra le mani un modellino raffigurante un drago blu con grandi occhi gialli obliqui che muoveva zampe e coda. Anche quell’oggetto era un ricordo importante che lo legava a suo padre.

Era un freddo Natale, quando Rubeus aveva ormai dieci anni, Erano soliti preparare un albero imponente in casa. Rubeus disponeva le decorazioni nei rami più in alto, ma il fiocco sulla cima era posto dal padre. Fin da piccolo, infatti, era solito sollevarlo da terra, per permettergli di raggiungere senza troppe difficoltà la punta.
Rubeus adorava trascorrere tale festività con suo padre, perché era un giorno davvero magico. Mr. Hagrid gli raccontava storie mirabolanti per tutta la sera e poi gli faceva sempre un regalo speciale. Non poteva immaginare però che quel Natale avrebbe avuto un regalo ancor più strepitoso.
Suo padre aveva appena terminato di raccontare una storia e disse:
« Ed ora il tuo regalo. »
Estrasse la bacchetta e socchiuse gli occhi.
« Chiudi anche tu gli occhi per qualche istante e pensa intensamente a quel che desideri con tutto il tuo cuore. »
Rubeus non se lo fece ripetere.
Suo padre mosse la bacchetta con movimenti sinuosi, disegnando come delle linee invisibili nell’aria; linee che ben presto iniziarono a congiungersi al fine di formare una figura stilizzata.
Rubeus non poté far a meno di sbirciare ma presto intuì che l’incantesimo non era ancora concluso. Infatti, suo padre dischiuse le labbra e iniziò a dire:

« In questo natale noi vogliamo sognare,
e il regalo più bello poter realizzare,
Rubeus un desiderio nasconde nel cuore,
ed io voglio realizzarlo con intenso amore.
Si uniscano le linee nell’aria all’istante,
così che quel dono non sia più distante.
Si crei per un’ora intera l’illusione,
e resti il modello in conclusione! »

Era un incantesimo che mai aveva udito prima, ma non poté chiedere nulla che qualcosa di sorprendente stava accadendo.
Una sottile luce azzurrina iniziò a congiungere ancora più saldamente le linee tracciate nell’aria, come a dare vita alla figura che ora appariva come un grande drago. Come un dipinto, iniziò a colorarsi di un blu intenso, mentre altre linee sottili parvero disegnare con estrema precisione i tratti della creatura: le squame, gli artigli, gli occhi grandi, gialli e obliqui che iniziarono a guardare Rubeus profondamente.
Rubeus si stropicciò gli occhi, incredulo ma poi esclamò un lungo “Oh” di stupore.
« Era questo il tuo desiderio, no? » chiese con un sorriso il padre, guardando soddisfatto la sua creazione. « Certo, i draghi sono molto più grossi, ma così non è male, vero? »
« Ci è stupendo! Grazie! » esclamò trionfante Rubeus, abbracciando forse con troppa irruenza il padre.
« Oh, oh, calmo figliuolo. Goditi il tuo drago prima che svanisca. »
Il bambino cercò di allungare la mano destra verso il drago, ma ovviamente toccò l’aria.
« È solo un’illusione, ma spesso la fantasia ci può aiutare laddove la realtà non può farlo. »
Rubeus annuì e cercò di pensare intensamente a un vero drago; immaginò di toccarlo, di accarezzare il suo muso, di sfiorare i suoi artigli, per nulla spaventato, ma anzi elettrizzato, amando sin dalla più tenera età gli esseri più pericolosi e gli sembrò davvero di trovarsi di fronte a un drago reale.
Suo padre aveva ragione... come sempre. Basta un pizzico di fantasia per rendere ciò che non è reale, realtà.
Dopo un’ora quell’illusione era svanita, ma al suo posto a terra era comparso un modellino del tutto simile a quel drago.
Era il regalo più bello che avesse mai ricevuto.

    Lasciò da parte i ricordi e, una volta aver concluso il suo bagaglio, scese verso l’ingresso dove c’era Silente ad attenderlo.
Molti studenti lo guardarono perplessi, domandandosi dove stesse andando.
Diversi Serpeverde ridevano, immaginando erroneamente che fosse stato cacciato e uno di loro – sempre il medesimo che lo aveva criticato a pranzo – disse:
« Sei stato cacciato perché finalmente si sono resi conto che sei un mostro vero? Ciao, ciao grosso mostro. »
I suoi amici iniziarono a ridere, ma lui non si scompose.
Si girò verso di lui e con il sorriso stampato sulla faccia disse:
« Ce la sai una cosa? Tu non ci vali una cicca. » e, lasciandoli senza parole, si avvicinò a Silente che lo stupì, ammiccandogli come se avesse apprezzato la risposta.
Insieme al professore lasciò la scuola per qualche giorno, dirigendosi a dare l’ultimo saluto a quel piccolo grande uomo che lo aveva amato incondizionatamente, cresciuto ed insegnato tanti valori importanti che lo avevano reso quello che era: una persona diversa dagli altri fisicamente, ma dal grande cuore.









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Ecco, infine, l'ultimo capitolo.
Prima di ringraziare e rispondere ai commenti dovrei scrivere delle piccole note.

1. La frase
“Rubeus non vergognarti mai... e se qualcuno te lo rinfaccia è gente che non vale una cicca!”*, è presa dal libro "Harry Potter e il Calice di Fuoco".
2. I capelli (e la barba) di Silente ovviamente non sono ancora bianchi e lunghi. Se non ho capito male nei ricordi del sesto libro all'epoca in cui Hagrid aveva 12 anni, li aveva ancora ramati...
3. Mi rendo conto che gli incantesimi creati dalla Rowling siano formati da una sola parola in latino, tuttavia ho voluto apportare un tocco "originale", mettendo quell'incantesimo in rima. Spero che la cosa non vi turbi, ma a me è piaciuto farlo :P



@WingsofCrow: Sono contenta che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo. Effettivamente anch'io penso che sia migliore rispetto al primo. Ti auguro una buona lettura del terzo e spero che possa altrettanto piacerti :)

@JuliaSnape: addirittura un genio? *-* così mi fai arrossire! xD non penso di esserlo ma ti ringrazio per i complimenti :) Leggendo i pochi passi dei libri dove si parla del padre di Hagrid io l'ho immaginato così. Mi ha dato la sensazione di essere un padre e un uomo dal gran cuore. E così ho tentato di ritrarlo. Sono contenta che la trovi originale; l'originalità è un punto cui tengo molto, e che ti piaccia il mio modo di descrivere il tutto. Spero che anche quest'ultimo capitolo ti sia piaciuto :D


E infine, un grazie a tutti coloro che leggono, ma soprattutto a:

- lady lala
- Macer
che l'hanno inserita tra le ricordate.

e a...
- JuliaSnape 
- Nebbia4e
che l'hanno inserita tra le seguite!



 




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