Will never be a mistake

di JulyAneko
(/viewuser.php?uid=22)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 001a ***
Capitolo 2: *** 001b ***
Capitolo 3: *** 002a ***
Capitolo 4: *** 002b ***
Capitolo 5: *** 003a ***
Capitolo 6: *** 003b ***
Capitolo 7: *** 004a ***
Capitolo 8: *** 004b ***
Capitolo 9: *** 005a ***
Capitolo 10: *** 005b ***
Capitolo 11: *** 006a ***
Capitolo 12: *** 006b ***
Capitolo 13: *** 007a ***
Capitolo 14: *** 007b ***
Capitolo 15: *** 008a ***
Capitolo 16: *** 008b ***
Capitolo 17: *** 009a ***
Capitolo 18: *** 009b ***
Capitolo 19: *** 010a ***
Capitolo 20: *** 010b ***
Capitolo 21: *** 011a ***
Capitolo 22: *** 011b ***
Capitolo 23: *** 012a ***
Capitolo 24: *** 012b ***
Capitolo 25: *** 013a ***
Capitolo 26: *** 013b ***
Capitolo 27: *** 014a ***
Capitolo 28: *** 014b ***
Capitolo 29: *** 015 ***
Capitolo 30: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 001a ***


ATTENZIONE!
PERSONAGGI: Un po' tutti, nuovo personaggio, Spencer Reid
SPOILER: La storia si dirama dalla quarta serie in poi, senza però citazioni precise dalle puntate
DISCLAIMER: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: Nella storia sono presenti dei link con scritto "IMMAGINE" che vi riporteranno a dei banner appositamente creati da me con i personaggi della mia storia che hanno volti di diversi attori e personaggi famosi.




Untitled Document

WILL NEVER BE A MISTAKE

 

"[...] Si ricompose e disse: -E' così da settimane..- Le si chiuse la gola e dovette interrompersi. Robbie istantaneamente credette di capire cosa intendeva, ma non volle fidarsi. Lei trasse un sospiro lungo e riprese a dire in tono più pacato: -Forse da mesi. Non so. Ma oggi.. oggi è stata una giornata strana fin dal principio. Voglio dire che ho incominciato a vedere le cose in modo strano, come per la prima volta. Mi pareva tutto diverso: troppo nitido, troppo vero. Perfino le mie mani mi parevano diverse. Altre volte mi è capitato di osservare gli avvenimenti come se fossero successi molto tempo prima. E poi è tutto il giorno che sono arrabbiatissima con te - e con me stessa. Ho pensato che sarei stata molto felice di non vederti e di non parlarti mai più in vita mia. Ho pensato che tu saresti partito per andare a fare medicina all'università e che io sarei stata contenta. Ero talmente furiosa. Immagino che sia stato un espediente per non pensarci. Piuttosto efficace, direi..
Diede in una breve risata tesa.
Lui disse: -Non pensare a che cosa?
Fino a quel punto, Cecilia non aveva sollevato lo sguardo. Quando riprese a parlare, i suoi occhi guardavano dritti in quelli di lui, che ne colse appena il luccichio bianchissimo.
-Tu l'hai saputo prima di me. E' successo qualcosa, non è vero? E tu l'hai capito prima. E' come essere di fronte a una cosa talmente grande che non riesci a vederla. Ancora adesso non sono sicura di riuscirci. Ma almeno so che c'è.
Abbassò lo sguardo e lui attese.
-E so che c'è perché mi hai fatto comportare in modo ridicolo. Anche te, ovviamente.. [..] ..Poi, questa sera, quando ho incominciato a capire, be', ma come ho potuto essere tanto cieca su me stessa? E tanto stupida, oltretutto?- Trasalì, come colpita da un'idea sgradevole. -Lo sai vero di che cosa parlo? Dimmi che lo sai-. Temeva che lui non lo sapesse affatto, che tutte le sue deduzioni potessero essere sbagliate e che le sue parole non facessero altro che isolarla ancora di più dando a Robbie l'impressione di avere di fronte un'idiota.
Lui si fece più vicino, -Certo. Lo so perfettamente. [...]".

Ian McEwan, Eapiazione.

 

CM 001

"Pensare significa oltrepassare" E. Bloch

In quel momento non si sarebbe accorta di nulla, né del via vai di gente fuori dal suo ufficio, né degli schiamazzi alla macchina del caffè, né dell'agitazione per una fotocopiatrice fuori uso. Sì, poteva succedere anche là, nella sede della BAU a Quantico in Virginia.
Stava esaminando con cura quel caso che le era arrivato da un distretto di Philadelphia e che la stava facendo rabbrividire. Sarebbe diventata mamma tra pochi mesi e questi erano i suoi ultimi casi prima della nascita del piccolo. Se prima era più attenta a casi dove le vittime erano giovani donne ora si stava concentrando su casi dove le vittime erano dei bambini, degli adolescenti. Quel caso non era da meno. Una serie di bambini dai cinque ai dieci anni ritrovati uccisi in ogni quartiere della città.
Jennifer Jareau si mosse repentinamente dalla poltrona nella quale era seduta, riusciva ancora a muoversi con decisione nonostante il pancione cominciasse a farsi vedere.
-Ho bisogno della squadra- esordì entrando nell'ufficio del capo Aaron Hotchner, non prima di aver bussato a dovere.
-Un nuovo caso?-
-Sì, e non ti piacerà- disse tornando sui suoi passi a raccogliere il dossier e il materiale che aveva lasciato nel suo ufficio.
Quando entrò nella sala riunioni trovò tutta la squadra ad aspettarla. Senza troppe chiacchiere sorrise distrattamente ed accese il monitor dove Garcia aveva caricato le foto dei file inviatele da lei stessa.
-Philadelphia. Nell'arco di due mesi sono stati ritrovati i corpi di ben sei ragazzini dai cinque ai dieci anni-
-Perché ci chiamano solo adesso?- domandò Emily Prentiss guardando la brutalità delle immagini che la collega stava mostrando.
-Per due dei ragazzi c'è in corso un processo ma le prove a carico del sospettato non sono così determinanti e il modus operandi per gli altri casi sembra lo stesso-
-Strangolamento- disse Spencer Reid sfogliando il dossier sul caso. -Nei primi casi sembrerebbe una cintura mentre poi un oggetto meno spesso-
-Esatto, un cavo probabilmente- continuò JJ -I corpi sono stati trovati in quartieri diversi della città ma ora un unico medico legale sta controllando i cadaveri per vedere se le ferite che i ragazzini mostrano su tutto il corpo sono dovute ad una stessa arma-
-Molto bene ma.. se c'è in corso un processo come mai chiamano noi? Credono che non si possa allargare il campo al sospettato?- chiese scettico l'agente David Rossi
-No e poi l'avvocato della difesa sta facendo un ottimo lavoro, non sono più certi che l'assassino sia lui-
-E chi sarebbe questo avvocato?- domandò alzando le braccia al cielo Derek Morgan
-April Johnson. E' giovane, sono i suoi primi casi ma crede fermamente che il suo cliente sia innocente, le ho parlato-
-Le hai parlato?- chiese Hotchner quasi infastidito
-Sì e ci raggiungerà al distretto di polizia di Society Hill-
Velocemente Aaron radunò il materiale in una cartellina e si alzò dalla sedia mentre tutti gli altri erano già usciti dalla sala.
Questo non ci voleva, sapeva che non avrebbe collaborato facilmente con loro. Sapeva che non sarebbe stato facile rivederla dopo tanto tempo. Dopo che..
-Tutto ok?- si sentì domandare da una voce che ormai gli sembrava così familiare. In qualche modo riusciva a calmarlo il solo sentirla.
-Sì, andiamo- fece un cenno della testa alla sua bella collega mora, passandole accanto mentre le sfiorava distrattamente un braccio.

Mise piede in quell'ufficio di polizia guardandosi attorno come mai aveva fatto prima. L'ultima volta che aveva sentito quella donna, perché ormai era diventata una donna, era stato dopo l'abbandono di Gideon e lei lo aveva trattato così freddamente che gli era passata la voglia di sentirla. Forse era colpa sua.
Cercò di darsi una calmata mentre presentava i suoi colleghi al detective Benjamin Peluski che aveva seguito il caso fino a quel momento.
-Io mi sono occupato dei quattro ragazzini non collegati al caso Bathis, dal nome dell'indiziato per gli altri due ragazzi- spiegò l'agente, un ometto non molto alto dai radi capelli brizzolati.
-Va bene, abbiamo bisogno di un angolo dove poter studiare il caso-
-Certo, usate pure il mio studio-
I cinque agenti federali entrarono nel piccolo ufficio e si sistemarono mentre JJ affiggeva le foto delle vittime ad una lavagna magnetica.
-Rossi, Reid voi andate sul luogo di ritrovamento dell'ultimo cadavere. Poi dovremmo andare a parlare con le famiglie. JJ per quando hai convocato l'avvocato Johnson?-
-Per.. le quattro- disse lei guardando l'orologio. Mancava poco meno di un quarto d'ora.

Stava cercando nervosamente dentro la sua borsa prima di sedersi su una panca poco fuori gli uffici di polizia del distretto di Society Hill. Finalmente tirò fuori un blocchetto nero chiuso da un laccino violaceo che velocemente aprì.
Non le piaceva essere lì. Non le piaceva trovarsi lì per quel caso. Non le piaceva incontrare quelle persone. Non le piaceva incontrarlo. Non dopo quello che era successo, non dopo quella fredda telefonata così sprizzante di malinconia e delusione dovuta a tutt'altra persona che lui. Non le piaceva, punto.
Sospirò sfogliando le pagine del piccolo blocchetto sempre più nervosamente.
-Si sente bene?- si sentì domandare
Alzò velocemente la testa incontrando lo sguardo sorridente di un bel ragazzo di colore. Lo scrutò un attimo individuando pistola e distintivo alla cintura.
-Sì, certo- bofonchiò scorrendo il dito su una pagina del libretto prima di chiuderlo, infilarlo in borsa ed alzarsi sorridendo. -L'agente Morgan?-
Il ragazzo sembrò stupito e stava ribattendo qualcosa quando lei gli tese la mano presentandosi -Piacere, April Johnson-
-Allora credo che la stiamo aspettando, di là..- disse Derek puntando l'indice alle spalle della ragazza e avviandosi come a farle strada.
April lo seguì con lo sguardo. Non doveva avere un bell'aspetto, era piuttosto stanca e molto nervosa. Per un attimo chiuse gli occhi, fece un sospiro e si avviò.

-Dobbiamo parlare nuovamente con le famiglie..- stava dicendo Prentiss prima che Morgan rientrasse nell'ufficio seguito da una ragazza dai lunghi capelli castani con un paio di occhiali rettangolari a coprirle i piccoli occhi castagna, vestita con un paio di pantaloni neri e una camicia rosina mentre teneva su un braccio una giacchina scura.
-L'avvocato Johnson- disse Morgan indicando con un cenno della testa la ragazza mentre JJ le tendeva la mano sorridente.
Hotchner guardò la ragazza sorridere di rimando a Jennifer per poi alzare una mano come in segno di saluto verso Emily e l'agente Peluski, infine puntò il suo sguardo nei suoi occhi. Fu un attimo. Si scostò, poggiò giacca e borsa su una sedia e mise sul tavolo un fascicolo con sopra la scritta "Bathis". -Possiamo cominciare?-
-Sì, Morgan ci pensi te? Prentiss ed io ci occupiamo delle famiglie- detto questo uscì velocemente dalla stanza col cellulare tra le mani.
Emily guardò il suo capo stupita, non lo aveva mai visto così teso. Aveva accuratamente evitato di parlare e guardare la Johnson più del dovuto. Perché lei aveva notato tutto ciò?
Cosa stava succedendo? O forse, cos'era successo? Nervosamente ticchettò con le dita delle mani sopra la scrivania poi, accennando un sorriso, seguì l'uomo che la faceva tanto pensare.
-Vogliamo sederci?- domandò April mentre Morgan le faceva cenno di sì con la testa e JJ si accomodava. -Bene- esordì una volta alla scrivania -Volete sapere perché il mio cliente è innocente?-
-Ne sembra veramente certa-
-Sembri, grazie-
-Ok..- mormorò Derek guardando la ragazza porgerle dei documenti.
-Troverete tutto scritto lì. Le prove contro Greg Bathis sono la conoscenza dei due ragazzi, uno suo figlio e l'altro un amico del figlio; una somiglianza alla descrizione di una testimone che ha visto uscire il killer dall'edificio nel quale è stato ritrovato uno dei ragazzi; il ritrovamento dell'arma del delitto nel suo garage.. senza impronte digitali-
-Nonostante il ritrovamento dell'arma del delitto, non sarebbe stato lui?-
-No, nemmeno lontanamente-
A quelle parole JJ guardò il collega alzando le spalle, per poi uscire e telefonare a Garcia chiedendole di trovare qualsiasi collegamento fra i vari ragazzini uccisi.
Velocemente raggiunse Hotchner e gli mostrò la cartellina che le aveva dato April.
-L'arma del delitto per i primi due casi è stata ritrovata nel garage di Bathis, senza impronte digitali ma con una macchia di sangue del primo ragazzino ucciso, il figlio dell'uomo-
-E c'è un'altra cosa- continuò Emily -Tutti i ragazzi erano affetti da disfunzioni mentali-
-Garcia sta cercando dei collegamenti tra le vittime, saputo niente da Reid e Rossi?-
-Sì- spuntò da dietro l'agente Rossi -L'ultimo cadavere è stato lasciato in un'area in costruzione non molto ben delineata-
-Chiunque avrebbe potuto lasciare un corpo là, dopo l'orario di lavoro- continuò il Dottor Reid.
-Avete parlato con la Johnson?- chiese Rossi -Dovremmo comunque parlare direttamente col suo cliente-
-Non senza di me- esclamò una voce da dietro il gruppetto.
David guardò la ragazza porgendole la mano mentre diceva il suo nome per poi spostare lo sguardo verso il giovane collega e presentarlo.
April guardò il ragazzo farle "ciao" con la manina mentre assumeva una buffa espressione. Restò qualche secondo a guardarlo. Quello che aveva davanti era davvero Spencer Reid, colui che aveva meritato una lettera d'addio da Jason Gideon?!
Sorrise abbassando lo sguardo per poi alzarlo e fermarlo ancora una volta sulla figura di Aaron Hotchner. -Vi farò parlare con Bathis, ma voi dovreste fare un profilo prima di conoscerlo- e detto questo se ne andò, fermandosi prima a parlare con il detective Peluski.
-Che tipetto- commentò Morgan guardandola andarsene.
-Sì- bofonchiò Hotchner mentre Spencer aveva ancora la mano alzata e un'espressione concentrata in volto. Dove aveva già visto quella donna?

-Abbiamo parlato con i genitori dei ragazzi uccisi e non abbiamo trovato niente- sospirò Emily sfogliando nervosamente dei fogli in una cartellina. Quel caso la stava scocciando. No, non era il caso, era la situazione che si era creata. Nessuna prova certa, nessun collegamento tra le vittime, un indiziato non indiziato, una giovane avvocato difensore tutto pepe.. già.. e un Hotchner completamente imbalsamato in chissà quali pensieri. Era nervosa. -Abbiamo elementi per un profilo?-
-Il modo di operare e l'abbandono in zone abbastanza isolate sta a indicare una persona prudente e calcolatrice- disse Reid
-Le vittime invece sono una facile preda ma l'S.I. deve essere abbastanza convincente per farsi lasciare i ragazzi dalle insegnati di sostegno- continuò Morgan
-E' vero. Questo ci conduce ad una persona probabilmente di bell'aspetto che si avvicina alle persona e alle vittime facendole sentire sicure- asserì Rossi toccandosi il pizzetto -Che tipo di persona è Bathis?-
-Potete scoprirlo da soli- entrò in quell'istante nell'ufficio April Johnson -E' di là in custodia con il detective Peluski-
-Bene- decretò Hotchner -Sappiamo altro?-
-Le vittime non avevano collegamenti tra loro, per lo più appartengono a quartieri diversi l'uno all'altro- rispose Emily -Le ferite sul corpo delle vittime corrispondono ad una stessa arma, probabilmente un coltello seghettato. L'arma dei delitti non è stata rinvenuta se non per i primi due casi-
Hotchner respirò profondamente prima di dire animatamente -L'arma di quei delitti è stata ritrovata a casa di Bathis, cosa ti fa pensare..-
-Aaron!- gridò April non facendo finire la frase all'uomo -Credi davvero che possa difendere un pluriomicida?! Lo credi sul serio?!-
Tutti avevano puntato gli occhi su quella figura. Al nome del loro capo avevano catturato un tassello per capire lo strano comportamento di Hotchner. Quei due si conoscevano.
Aaron non rispose ma continuò a fissare April che continuò -L'S.I. è preciso, calcolatore.. è qualcuno che avvicina le vittime senza troppi problemi. Bathis è un ubriacone, un uomo alquanto rozzo e ingenuo!-
Dopo un attimo di silenzio Reid parlò pacatamente -Sembri quasi una profiler-
A quelle parole April si girò di scatto verso il ragazzo fulminandolo con lo sguardo -Beh, non lo sono-
Spencer si tirò indietro spostando velocemente lo sguardo da lei.
Aaron aveva continuato a guardarla per tutto il tempo. Lui sapeva che per lei non era affatto facile. Lo sapeva e aveva contribuito a creare un clima glaciale. Strinse una mano a pugno che subito liberò dalla sua stretta per il vibrare del suo telefono. Guardò il display e pigiando un pulsante disse -Garcia ti sentiamo-
-Ho appena scoperto che tre delle famiglie hanno fatto dei pagamenti ad una stessa persona, un'assistente sociale..-
-L'ultima fidanzata di Bathis era un'assistente sociale- disse April aprendo la sua cartellina -Il suo nome è..- cercò ancora nei fogli e poi, insieme alle parole di Penelope decreto -Ann Bashville-
-Garcia dove si trova ora?- domandò prontamente Morgan mentre tutti incominciavano a rilassarsi un poco.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 001b ***


Untitled Document

 

 

...

-La troveranno?- domandò April al ragazzo che stava disegnando qualcosa di strano su una cartina della città di Philadelphia.
Spencer si giro per poi fissare l'ufficio dietro le spalle di lei nel quale poteva intravedere la figura di Greg Bathis: un uomo decisamente trasandato dai lunghi capelli neri e una folta barba mal tagliata. -La testimone cosa aveva visto precisamente?- chiese senza rispondere alla domanda della giovane.
April guardò quell'alto ragazzo, in quei trenta minuti che erano rimasti soli non avevano detto una parola. Lui era rimasto fisso davanti alla cartina della città e lei aveva potuto studiare ogni singolo girigogolo della buffa camicia che lui indossava. Sospirò. Lentamente prese un foglio nella cartellina che aveva davanti e lesse -Una figura non molto alta, scura, capelli lunghi forse ondulati. Indossava una tuta e scarpe da ginnastica..-
-Capelli lunghi, scuri.. potrebbe essere una donna. Tu hai mai visto Ann Bashville?-
-No, aveva mollato Bathis poco prima delle uccisioni-
Spencer continuò a fissare la ragazza che gli stava davanti, seduta in una poltrona di pelle nera. Le dita affusolate reggevano quel foglio che gli aveva appena letto, una ciocca di capelli le cadeva davanti al viso e le si poggiava sul petto fino al seno, un bel seno che si intravedeva da quegli ultimi bottoni slacciati della camicia rosina che indossava. Deglutì prima di cercare nervosamente nelle tasche dei pantaloni il cellulare che stava squillando.
-Allora?- chiese April appena il ragazzo ebbe riattaccato.
-Sono appena stati a casa di Ann Bashville ma non c'era. Morgan mi ha detto che Garcia ha trovato un locale che apparteva al marito della Bashville ed ora si stanno dirigendo là-
-Bene, possiamo fare qualcosa?- chiese April prima che il detective Peluski aprisse nervosamente la porta del suo studio strillando -Ne ha preso un altro-

-Va bene, ho capito- riattaccò il cellulare l'agente Hotchner, uscendo da una sorta di garage dove avevano trovato una sfilza di foto dei ragazzi uccisi. Si diresse alla macchina dove ad aspettarlo c'era un preoccupato Derek -Penelope ha scavato nel passato della Bashville e sai cos'ha trovato? Che suo figlio è morto cercando di difendere un bambino mentalmente malato da una banda di teppisti-
-Il fattore che le ha fatto scattare l'odio verso le persone disabili- disse Prentiss raggiungendo i due
-Mi ha appena chiamato Reid. C'è un bambino scomparso amico dell'ultima vittima.. malato anche lui-
Emily sospirò, così non andava. Ora che avevano una pista, non sapevano dove cercare. -Pensiamo, accidenti! Un profilo geografico non può aiutarci?-
-Ci sta pensando Reid mentre Rossi è tornato alla centrale per parlare con Bathis, forse lui conosce un posto dove la sua ex-fidanzata può portare dei bambini senza essere vista o sentita-

-Ci deve essere qualcosa!- sbraitò David battendo una mano sul tavolo davanti a Greg Bathis.
-Greg..- incominciò April -Prova a ricordare.. ha mai parlato di un posto isolato? A te o a tuo figlio..-
A quelle parole l'agente Rossi fece segno a Reid di portargli la cartina -Suo figlio, forse a lui ha parlato di un posto e magari voleva andarci.. dove gli chiedeva di portarla suo figlio nell'ultimo periodo?- domandò all'uomo dagli occhi lucidi e un'espressione stordita in volto. Intanto Reid aveva messo la cartina davanti all'uomo che si dondolava avanti e indietro sulla sedia nella quale era seduto, accanto all'avvocato Johnson che lo incitava a ricordare.
-Potrebbe essere una zona di queste..- disse Spencer indicando sulla cartina dei punti colorati di rosso -..sono gli unici dove non sono stati ritrovati dei corpi-
Bathis sembrò guardare l'indice del ragazzo che puntava sulla cartina -Diceva che c'era un luna-park in un edificio là..-
-Come?- chiese Rossi calcando il tempo
-Io gli rispondevo sempre che un luna-park non può stare dentro un edificio ma Philip replicava che c'era sul serio, che dopo una discesa finivano in una stanza piena di colori e caramelle-
-Dove.. dov'è che Philip diceva?- chiese April posando una mano sulla spalla del suo cliente. -Dove?-

-Presto!- esclamò Emily scendendo di macchina e affiancandosi al suo capo.
-Dev'essere quella la discesa..- sussurrò Hotchner facendo un segno del capo e indicando un piccolo cancelletto nero socchiuso dietro al quale si intravedevano delle luci.
Emily andò per prima, percorse la discesa e si ritrovò in uno spiazzo con davanti un basso edificio a tre porte. Solo dalla finestra di destra proveniva una luce rossiccia. La donna si accostò al muro accanto a quella porta, sospirando.
-No- sussurrò una voce poco più indietro di lei -Entro io- disse Aaron fissando la collega -Tu coprimi le spalle-
Emily acconsentì e così entrarono velocemente in quella stanza piena di luci, pupazzi e caramelle sparse per tutto il pavimento.
-Ann Bashville, FBI!- gridò Hotchner individuando una porta socchiusa dalla quale provenivano dei passi e poi, flebilmente, una voce di donna -Non posso lasciarlo andare.. lei capisce, ha ucciso mio figlio! Ha ucciso mio figlio!- La porta si aprì lentamente facendo vedere una donna con in mano un coltello seghettato, davanti a un ragazzino accasciato su una poltrona, immobile.
-Oddio..- mormorò Emily puntando la pistola verso la donna
-Quel ragazzo non ha ucciso suo figlio..- provò Aaron avvicinandosi.
-Sì!! Tutti, tutti loro sono stati!- gridò la donna agitando il coltello in aria e battendo un piede a terra mentre calde lacrime uscivano dai suoi infuriati occhi. -Io devo farlo, devo farlo..- mentre diceva queste parole il bambino si mosse un poco, tirando su la testa e aprendo gli occhi lentamente. La donna si girò a guardarlo e in quel momento Aaron poté scattare su di lei e trascinarla a terra, allontanando il coltello dalle sue mani. Prontamente Emily gli passò le manette e subito accorse verso il bambino che la guardava stranito, doveva aver ingerito qualche sostanza stordante.
Aaron si tirò in piedi con la donna e si scambiò un'occhiata soddisfatta con la collega, ce l'avevano fatta.

-Grazie, non ce l'avremmo fatta senza il vostro aiuto- disse il detective Peluski stringendo la mano all'agente Hotchner mentre gli altri componenti della squadra si stavano avviando alle macchine.
-Davvero?- disse l'uomo guardando alle spalle del detective una giovane donna che chiacchierava col suo cliente, rassicurandolo. -Arrivederci- salutò infine avviandosi fuori verso le macchine dove i colleghi stavano scherzando e decidendo chi dovesse guidare fino all'aeroporto.
-Ottimo lavoro, non è vero?- si sentì dire da una voce alle sue spalle. Non si girò ma aspettò che la ragazza lo raggiungesse. Continuò a guardare Morgan che tirava uno scappellotto a Reid mentre Emily rideva di gusto. Aveva un bel sorriso. Alla fine si girò incrociando lo sguardo di quella ragazza castana che lo stava fissando serena. Ora stava bene?
-April..- cominciò mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni -..mi dispiace, forse avrei dovuto..-
-No- lo interruppe lei -Dispiace a me. So che tu non c'entri nulla.. ma la notizia mi è arrivata così inaspettata.. e tu eri l'unico che lo conoscesse davvero. In qualche modo io mi sono sentita tradita-
A quelle parole Aaron abbassò la testa. Forse lui avrebbe potuto fare qualcosa?
-Ti chiamo appena arrivo a casa, ok?-
-Volentieri- gli sorrise lei -Adesso hai un aereo da prendere- e così dicendo fece qualche passo avanti salutando la squadra prima che tutti entrassero nelle macchine.
April stava rientrando dentro l'edificio quando, quasi inconsapevolmente, si girò sorridendo a due paia di occhi che la stavano fissando.
E fu un lampo.

-Cosa ti ha detto l'avvocato Johnson prima di venire via?- chiese Rossi sprofondato sulla poltroncina dell'aereo.
-Che era contenta del lavoro svolto- sbottò Hotchner senza troppa convinzione e quindi senza troppo convincere tutti gli altri.
-Comunque ho scoperto dove l'abbiamo già incontrata- ruppe il silenzio Reid, attirando la curiosità di tutti
-Già incontrata?- chiese Emily
-Beh stavamo lavorando ad un caso e lei ha parlato con Morgan e Elle Grenaway. Io ero con Gideon nella stanza accanto ma quando l'avvocato Johnson se n'è andata le è caduto un foglio che le ho riportato. Mi ha sorriso in un modo strano quella volta..- ripensò
-Davvero?- domandò Aaron come se fosse una domanda retorica, alzandosi dalla poltroncina e sistemandosi negli ultimi posti accanto ad una JJ tutta indaffarata a mettere a posto pratiche su pratiche. -Serve una mano?-
Emily guardò il suo capo parlare con la collega. Qualcosa era cambiato, ora sembrava molto più rilassato che all'inizio di tutta quella vicenda. Non sapeva cos'era successo ma anche lei si sentiva più sollevata. Sorrise sedendosi davanti a Reid. -E gli scacchi?- chiese con aria provocatoria alla quale il bel genietto rispose tirando fuori una scacchierina e posizionandola sul tavolino tra lui e la collega. -Se lo batti ti offro da bere!- sorrise Morgan aiutando a posizionare le pedine nel posto giusto.
Rossi guardò i colleghi abbozzando un sorriso.
Forse avevano tutti bisogno di rimettere a posto le proprie pedine.



"Senza un avversario la virtù marcisce" Seneca.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 002a ***


Untitled Document

CM 002

 

"Non devi adoperarti perché gli avvenimenti seguano il tuo desiderio, ma desiderarli così come avvengono. Allora la tua vita scorrerà serena" Epiteto.

Guardò fuori dalla finestra e sorrise al caldo sole che illuminava quella giornata. In quel momento, in quel posto, poteva essere se stessa senza troppe costrizioni. Era tornata nel paese dove era cresciuta per festeggiare il compleanno del suo migliore amico. Guardò l'orologio posizionato sul comodino accanto al letto: le undici. Era davvero troppo tardi per lei, abituata sempre a svegliarsi presto per andare al lavoro. Velocemente si infilò una gonnellina di jeans e una maglia giallognola a mezze maniche un poco larga. Si sentiva bene a poter indossare nuovamente i vestiti che usava quando ancora frequentava l'università.
Uscì dalla stanza canticchiando una canzone e appena giunse nella veranda al primo piano della villetta scoccò un bacio sulla guancia di Brian che stava leggendo il giornale del giorno immerso nella sua sedia a dondolo.
-Buongiorno, qualche novità stamani?- chiese sorridendo addentando una mela.
-Ti ricordi che quando andavamo all'università la polizia aveva ritrovato un corpo di donna giù al fiume?-
-Sì..- bofonchiò lei guardando strano l'amico. Non le andava proprio di parlare di omicidi e quant'altro. Ne vedeva già troppi a causa del suo lavoro.
-Ecco, hanno ritrovato un altro corpo qualche mese fa, e ieri un altro-
April scosse la testa -Come?-
-Sì, pare che gli omicidi si possano ricollegare ad una stessa persona-
Brian guardò la ragazza chinare la testa a terra. Sembrava immersa in chissà quali strani pensieri poi, all'improvviso, gli sorrise -Vogliamo stare a pensare a questo o che domani è il suo compleanno, signorino?- disse ironica sedendosi sulle gambe dell'amico e scoccandogli un altro bacio sulla guancia. Il ragazzo sorrise vedendola poi rialzarsi e andare a prendere la sua borsa bianca. -Io faccio un salto in città, devo passare dal distretto di polizia per delle pratiche che dovrebbero avermi inviato-
-Ok, ma sta attenta-
-Non ti preoccupare- sorrise all'amico prima di uscire di casa e infilarsi in macchina mentre una lenta canzone invadeva l'aria calda.
Appena svoltato l'angolo April pigiò sull'acceleratore.
Una serie di omicidi probabilmente voleva dire un serial killer. E un serial killer probabilmente voleva dire un aiuto da Quantico, dall'FBI, dalla BAU.
Sospirò picchiettando le dita della mano sul volante. Perché stava andando così veloce?

-Il profilo geografico può farci individuare un'area particolare per l'S.I.- spiegò il Dottor Reid girandosi verso i poliziotti di quel disperso distretto di polizia. Faceva un gran caldo là, e l'aria condizionata era rotta. Si allargò un poco il nodo della cravatta e si maledì per essersela messa. Stava per ricominciare a parlare quando intravide una figura nell'ufficio accanto.
-E questo profilo ha portato i suoi colleghi alla casa sulla collina?- chiese un agente ticchettando la penna sul blocchetto che teneva tra le mani.
-Beh questo..- borbottò il ragazzo sporgendosi per vedere al di là della vetrata -..questo sì, ha portato a quella casa..- si allungò ancora un attimo poi, finalmente, si decise a muoversi ed uscire da quella stanza, ritrovandosi nell'atrio che stava osservando con tanta attenzione. Guardò la figura di spalle che stava affacciata dal bancone a parlare con una guardia. Aveva le gambe nude incrociate all'altezza delle ginocchia e un paio di occhiali da sole capeggiavano sui suoi capelli castani lasciati sciolti. Deglutì a fatica balbettando -Apr.. ehm, avvocato Johnson-
Al sentire il suo nome April si girò sorridente per poi fermare il suo sguardo sull'alto ragazzo che le stava davanti dondolandosi un poco.
-Il dottor Reid, vero?- chiese lei allungando una mano
-Sì, Spencer- disse lui stringendole la mano. Era la prima volta che la sfiorava, sentendone il calore della pelle. Continuò a guardarla un poco stranito. Era buffo vederla vestita così semplicemente senza troppi addobbi.
April sentendo lo sguardo del ragazzo insistente su di lei si guardò e arrossì un poco. Quella maglia era decisamente troppo comoda e decisamente troppo fine. -Beh- mormorò portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, imbarazzata -State lavorando al caso delle ragazze uccise?-
-Ah, sì.. ne hai sentito parlare?-
-Lo hanno pubblicato i giornali- intervenne una sorridente JJ proveniente dalla stessa stanza da dove era arrivato il ragazzo -Ciao-
-Ciao- le sorrise di rimando April -E' un caso insoluto da un bel po' se quest'ultimi cadaveri corrispondono a quelli di anni fa-
-E' lo stesso modus operandi- asserì Reid prima che un gran trambusto investisse la strada davanti al distretto di polizia. I tre si sporsero e videro il resto della squadra di Quantico trascinare due ragazzetti di quindici anni all'interno dell'edificio.
-Cos'è successo?- chiese allarmata JJ guardando uno dei ragazzi divincolarsi ferocemente dalla stretta dell'agente Morgan.
-Abbiamo trovato loro alla casa. Appena ci hanno visto hanno tentato la fuga- spiegò Prentiss scuotendosi del terriccio dai pantaloni
-Nessun segno di Sarah- continuò Rossi -Ma abbiamo trovato il suo cellulare acceso, dove Garcia lo aveva rintracciato-
In quel momento entrò nella stanza anche Hotchner con uno dei ragazzi appresso, questo sembrava molto più calmo dell'altro. Guardò i colleghi con aria preoccupata per poi fermare il suo sguardo sulla figuretta dai lunghi capelli castani -April-
-Aaron..- mormorò lei alzando una mano in segno di saluto verso tutti.
Hotchner fece un segno con la testa come a salutarla e poi portò il ragazzo in una stanza per gli interrogatori, e lo stesso fece Derek.
-Dobbiamo interrogare quei due- decretò Rossi
-I corpi delle vittime mostrano segni di due armi differenti ma il nostro profilo ci porta a un uomo forte, capace di rapire con violenza le vittime, quelli sono dei ragazzini-
-Dobbiamo chiamare Garcia e farci dire ogni dettaglio su quei ragazzi. Se sono scappati hanno qualcosa da nascondere- finì Emily raggiungendo il suo capo che stava guardando dal vetro il ragazzino che aveva lasciato solo in una stanza.
-Cosa ne pensi?-
Emily scosse la testa affiancandosi a lui -Abbiamo ritrovato il cellulare della ragazza rapita in quella casa. I ragazzi devono almeno essere complici o forse anche loro vittime-
-Lui sembra tranquillo, non ha detto una parola. L'altro è inquieto, arrabbiato-
-Le cose non sono mai come sembrano, giusto?- disse la donna aprendo una cartellina che aveva velocemente recuperato dal tavolo dietro di loro.
Aaron guardò la collega cercare qualcosa su quei fogli. Inseguendo uno dei ragazzi era caduta per via di alcune radici sporgenti dal terreno e così le era rimasto del terriccio fra i capelli, all'attaccatura della frangetta, ma lei sembrava non curarsene. Sapeva di doversi controllare, ma fu più forte di lui. Allungò una mano e accarezzò una ciocca di capelli della collega, buttando a terra un po' di polvere. Subito Emily si girò guardandolo perplessa. Non succedeva molte volte che si sfiorassero. E succedeva ancora meno che fosse lui, di sua iniziativa, a toccarla.
-Avevi del..- disse Aaron indicandole la testa -..cercavi qualcosa?- cambiò infine discorso
-Ah sì..- mormorò lei abbozzando un sorriso ma cercando di nasconderlo. Che il suo capo si fosse trovato in un attimo di imbarazzo? Sinceramente la cosa un poco la stuzzicava, ma non riusciva a comprenderne davvero il motivo.

-Ufficio della strega dei computer-
-E perché non maga?- chiese Derek sorridendo al telefono che teneva all'orecchio
-Perché strega fa più mistero.. sarò buona o cattiva?-
-Guarda di essere buona, ho bisogno di te, piccola!-
-Dimmi tutto- sorrise Penelope pronta a scrivere alla sua postazione ai computer di Quantico.
-Ho bisogno di due nomi. La casa abbandonata dove siamo stati non era poi così abbandonata, abbiamo trovato due ragazzi-
-Ma tesoro, ho trovato l'ultimo proprietario di quella casa, il suo nome è Marck Batrick-
-Guarda se ha dei figli-
-Allora.. allora..- mormorò Penelope digitando velocemente sulla tastiera del suo computer -Tre figli, due maschi Philip e Thomas e una femmina, Audrina-
-Abbiamo trovato solo i due ragazzi. Ho bisogno di più streghetta!- disse ironico Derek appuntandosi i nomi dei ragazzi e porgendoli a Rossi che subito gli mostrò ad Hotchner.
-Dobbiamo interrogarli se vogliamo salvare Sarah- disse Prentiss guardando il ragazzo silenzioso
-Non possiamo da soli, sono minorenni- intervenne JJ -C'è bisogno di un avvocato statale che confermi tutto-
-Non c'è tempo, perderemo la ragazza!- disse pensieroso Aaron guardando Reid che stava parlando con una ragazza mentre scrutavano il ragazzino agitato divincolarsi dalla sedia sulla quale era seduto. -Non c'è tempo-
-E se..- mormorò Emily puntando l'indice proprio verso dove il suo capo stava guardando.
Tutti si mossero velocemente verso Reid che subito esclamò -Lui è Philip, ha una "P" sul braccialetto che porta-
Rossi scosse la testa in segno affermativo mentre Hotchner, che non aveva smesso di guardare April disse velocemente, quasi a denti stretti -Abbiamo bisogno del tuo aiuto-
April si girò di scatto verso l'uomo vedendo i suoi occhi così preoccupati e duri più del solito. Si rigirò a guardare il ragazzetto e capì. Avevano bisogno di lei.

-Philip- sorrise April al ragazzo che la stava guardando in cagnesco -Io sono l'avvocato Johnson, sono qua per proteggerti-
-Proteggermi?-
-Sì. Gli agenti hanno bisogno di farti qualche domanda ed io controllerò che vada tutto bene- sorrise nuovamente April accostando la sedia sulla quale era seduta a quella del ragazzo -Va bene?-
Lui la guardò con sguardo interrogativo. -Io non ho fatto niente- si difese continuando a fissare la ragazza che aveva preso carta e penna e stava appuntando qualcosa -Ehy, mi hai sentito?-
-Certo- mormorò lei facendo un cenno della mano cosicché entrarono nella stanza l'agente Rossi e l'agente Hotchner.
-Io non ho fatto niente!- esclamò allora il ragazzo, cominciando a innervosirsi nuovamente.
-E qualcun'altro ha fatto qualcosa?- domandò di rimando Aaron mostrando al ragazzo le foto delle due donne trovate morte.
-Io non ho fatto niente!- gridò Philip -Io non volevo!-
-Non volevi cosa?- provò ancora Aaron.
April vide il ragazzo sospirare così gli poggiò una mano sulla spalla -Sta tranquillo, adesso sei al sicuro-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 002b ***


Untitled Document

 

...

-Come hai fatto..- mormorò Morgan mentre con la collega stava osservando l'interrogatorio
-Come ci ha informato Garcia i due ragazzi sono cresciuti col padre.. l'S.I.- disse Emily incrociando le braccia al petto -Gli omicidi non sono facili da commettere, soprattutto con due ragazzini che stramazzano per casa. Quindi i due dovevano sapere e forse partecipare..-
-Ma Philip si dava troppo da fare per attirare l'attenzione- continuò Reid che aveva seguito il discorso
-Esatto, non poteva essere lui ad aiutare il padre. E' sconvolto, ma per il fratello non per le donne uccise. La madre ha abbandonato tutti loro prendendo con sé solo la sorella e Philip e Thomas sono rimasti ancorati ad una figura che non rispettavano-
-E Thomas ha finito per incoraggiare il padre negli omicidi- finì Morgan scuotendo la testa
-Sì, probabilmente il primo omicidio non è stato intenzionale ma poi il padre non sapeva più fermarsi-
-O era in bilico tra i due figli: uno cresciuto nell'amarezza della madre e l'altro nell'incubo del fratello- decretò Emily indicando le braccia del ragazzo interrogato. Dei lividi comparivano su polsi e gomiti. E non erano certo dovuti alla precedente agitazione del ragazzo.

-Devi dirci dove si trova- disse Rossi deciso.
-Io non posso. Lui.. lui..-
-Thomas non ti farà del male e nemmeno tuo padre- sorrise April al ragazzo
-Come..- biascicò Philip non riuscendo a capire come facevano a sapere che era terrorizzato anche dal fratello.
-Devi dirci dove la tiene prigioniera. Sai che non abbiamo più molto tempo- finì Hotchner fissando il ragazzo -Dov'è Sarah-
Philip abbassò lo sguardo -Al fiume.. c'è un capanno abbandonato verso nord.. loro le portano là-
A quelle parole April sospirò -Bravo, sei stato bravo..- mormorò accarezzando la testa al ragazzino mentre i due agenti uscivano frettolosamente per capire esattamente dove si trovasse il posto. Reid aveva cerchiato la zona e con l'aiuto dei poliziotti del luogo avevano individuato il capanno.
-Andiamo- esclamò Emily recuperando la sua pistola
-Bastiamo noi- disse Aaron indicandole la macchia di terra che aveva ancora sui pantaloni
-Oh no.. non mi fermerà questo- sbottò lei un po' inacidita
-Per favore, Emily..- mormorò allora Aaron poggiandole una mano sulla pistola che lei teneva ancora fra le sue mani.
Sentì le sue dita sfiorate da quelle di lui e il suo sguardo duro e composto non ad ordinarle di stare là, ma quasi a pregarla perché non le succedesse niente. O forse, questa, era solamente stata la sua impressione?

-Grazie- disse JJ sedendosi di fianco ad April -E' stato importante che tu ci fossi-
-Sì, mi ha appena chiamato Morgan dicendo che hanno preso Marck Batrick. Per un soffio Sarah sta bene, la stanno portando in ospedale- spiegò Emily poggiando il cellulare sulla scrivania.
-Ne sono contenta- sorrise April prendendo con sé il dossier sui ragazzi -Ma ora dovrò organizzare le carte e seguire il caso-
-Uff, un lavoro in meno per me. Non devo mandare niente ad un altro avvocato- disse JJ aiutando la ragazza a riunire i vari fogli.
-Ma che ore sono?- chiese Emily guardando l'orologio -Si è fatto tardi-
-Oddio!- esclamò April scattando dalla sedia -Il compleanno di Brian.. e i dolci!-
-Cosa?-
-E' il compleanno del mio migliore amico..- spiegò la castana chiudendo la borsa -Potreste farci un salto prima di andare via.. è sulla strada per l'aeroporto-

Aprì il forno annusando l'aria. Dall'odore sembravano cotti a puntino! April sperò che anche il sapore fosse buono. Guardò i muffin nella teglia davanti e velocemente li spostò su un vassoio.
-Sembrano invitanti!- esclamò Brian tirandole una pacca sul sedere.
-Ehy!- si lamentò lei sorridendo all'amico che aveva cominciato a girare con gusto un cucchiaio dentro una ciotola di crema. -In realtà non dovresti prepararti il dolce da solo-
-Eh, ma che ci posso fare se sono il migliore chef qua tra noi?-
April sorrise scuotendo la testa. Brian era una persona sempre molto allegra e solare, amava la cucina e le fotografie più di ogni altra cosa.. beh, insieme agli uomini. Forse è per questo che andavano così d'accordo. -E vuoi farti anche le foto da solo?-
-Sai, con un buon autoscatto, l'angolazione giusta..-
-Brian, Brian..- lo fermò lei -..stavo scherzando!-
-Oh- alzò le sopracciglia allungandosi per pulirsi una mano al grembiule rossiccio che indossava la ragazza. -Credo sia tutto pronto di là.. e sono arrivati già in molti-
-Allora vai a divertirti, è la tua festa!- sorrise April prendendo della cannella -Io guarnisco questi e sono dei vostri!- disse indicando i muffin.
Poco dopo sfrecciava col vassoio in mano nel giardino davanti alla villetta di Brian dove avevano creato un bell'ambiente con tavolini e sedie sotto un gazebo bianco. Dei palloncini erano sparsi per il prato. Sembrava quasi una festa per un bambino ma forse, dentro, Brian lo era proprio.
Appoggiò il vassoio sul tavolo non prima di aver scoccato un bacio sulla guancia dell'amica che da sempre condivideva con lei ansie e paure. Doveva ancora raccontarle della nuova avventura avuta con la squadra del BAU.
-Tina, hai visto la panna?- le chiese mentre già l'amica le passava una ciotola ripiena di una bella panna bianca.
-Sembri quasi seria- disse l'amica ridendo -Potrei quasi vederti nei panni di cuoca-
-Sì certo.. ma non lo dire a Brian sennò diventa geloso!- sorrise mentre ornava il vassoio e qualche muffin con la panna. -Ecco fatto..- si morse un labbro prima di controllare che la sua opera fosse completamente apposto.
-April..-
-Sì?-
-April, credo che tu abbia visite..- disse Tina indicando verso la strada.
Si girò. Tre suv neri avevano appena parcheggiato davanti casa. teneva ancora in mano il cucchiaio con la panna quando un bell'uomo le andò incontro mentre il resto della sua squadra sembrava aspettarlo accanto alle macchine.
-Non ci credo..- sibilò -Aaron Hotchner ad una festa..-
-Mi hanno costretto- disse lui scuotendo la testa e abbozzando un sorriso. A quelle parole April agitò una mano in aria facendo cenno al resto della squadra di raggiungerli. -Però solo.. giusto il tempo di..-
-..di una fetta di torta- sorrise April mostrandogli un piattino di carta con sopra una fetta di un dolce dalla morbida pasta con all'interno una corposa crema.
-Appunto- finì lui prendendo il piattino mentre April stava servendo anche il resto della squadra che ormai li aveva raggiunti.
-Non ci credo.. chi è venuto nella mia umile dimora?- domandò esterrefatto una voce ironica.
-Ciao Brian, auguri!- gli strinse la mano Hotchner -Eravamo qua per un caso.. ho portato il resto della squadra solo per un saluto-
-E hai fatto benissimo..- mormorò il ragazzo puntando gli occhi verso il bel ragazzo di colore che si era messo a chiacchiere con Tina.
Al vederlo April gli tirò una gomitata mentre scambiava uno sguardo divertito con Aaron.
-Non farà troppi danni- disse lei addentando un muffin. -Ehy, sono buoni!- esclamò infine un poco stupita.
-Non dovrebbero?- chiese una voce accanto.
-No è che..- disse lei girandosi verso il ragazzo che le aveva parlato -..non sono molto brava con i dolci-
Spencer serrò le labbra annuendo con la testa mentre la guardava osservare l'interno di quel muffin poi, improvvisamente, lei allungò quella mano a mostrargli il dolcetto -Senti-
-Ah..- biascicò il ragazzo guardando il sorriso del giovane avvocato che aveva davanti -Va bene..- e così dicendo prese il muffin addentandolo -Uhm, è buono-
April gli sorrise. Era buffo vederlo così impacciato. Lo guardò ancora addentare il dolcetto finendolo. Al vederlo si portò una mano alla bocca ridacchiando -Che c'è?- chiese lui un po' allarmato, muovendo gli occhi cercando di capire.
April allungò una mano verso il naso del ragazzo sfiorandoglielo -Hai della panna..- sorrise porgendogli poi un tovagliolino mentre lo vedeva arrossire un poco.
Click.
April si girò e vide Brian con la sua macchina fotografica tra le mani -Oh no!- esclamò vedendolo
-Dovevo immortalare un momento così!- sorrise l'amico per poi girarsi verso Morgan e scattare una foto. -Dio mi ha mandato un segno!- esclamò infine accostandosi ad Aaron -Mi ha fatto rivedere un amico.. che mi ha portato dei bei signori!-
-Come?- chiese sorridente Derek
-Niente..- rise Tina -Lui è Brian, il festeggiato-
-Auguri!- intervenne Emily al fianco del suo capo stringendo la mano al ragazzo.
-Vedo che ti tratti bene anche senza Haley!-
A quelle parole Hotchner si scostò un poco dalla donna scuotendo la testa -E' una mia collega- disse agitando una mano a mezz'aria.
-Uh.. sì!- esclamò Brian guardando l'espressione turbata dell'amico e la perplessità della donna. Aveva detto qualcosa di sbagliato? Sorridendo sornione fece un'altra foto. -Certo! Invece tu stai già invitando Tina a ballare, eh?- chiese guardando Derek e storcendo il naso -Eh, mi sa che anche per stavolta non ho avuto segni divini!-
-Ma smettila!- gli tirò uno scappellotto da dietro April -Hai fatto danni?-
A quella domanda Emily sorrise un po' forzatamente addentando il dolce che aveva ancora nel piattino.
-Va tutto bene- rispose Hotchner mentre Morgan sorrideva e si dirigeva al tavolo dei dolci raggiungendo JJ.
-Non capitano spesso questi momenti, vero?- chiese Jennifer sospirando
-E' anche per questo che abbiamo convinto Hotch a fermarsi qua, no?- disse Derek prendendo distrattamente un muffin.
-Sì.. è che mi sembra tutto così strano- ammise JJ toccandosi il pancione -Ma dovrò farci l'abitudine. Questo era davvero uno dei miei ultimi casi-
-Ci mancherai- le sorrise il ragazzo
-Ma tornerò presto, statene certi- sorrise stavolta lei guardando l'orologio -Ora dobbiamo davvero andare, però-
-Beata pace.. a chissà quando!- commentò Morgan dirigendosi verso Rossi e Hotchner. Avevano un volo da prendere.


IMMAGINE

"In qualsiasi genere di vita troverai diletti, svaghi e piaceri se saprai render leggeri i tuoi mali invece che renderli odiosi" Seneca.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 003a ***


Untitled Document

CM 003

 

"La ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere, perché le sono assegnate dalla natura della ragione stessa, e a cui però non può neanche dare risposta, perché esse superano ogni capacità della ragione umana" Kant.

Stava ticchettando con le dita sulla scrivania. Era nervoso. Guardava a scatti il telefono e poi la porta del suo ufficio. Quanto ci metteva? Questa proprio non ci voleva, non sapeva se avrebbe retto quella situazione. Il confronto per lei sarebbe stato duro.
Chiuse gli occhi portandosi una mano alla fronte. Era stato lui a chiederle aiuto quando serviva.. e questo era diventato il fatto scatenante per quel trambusto?
Non riusciva a darsi pace. Come poteva una donna decidere per il futuro di un'altra? Come poteva senza il suo consenso? Perché lo sapeva, April non sarebbe mai stata contenta di quella decisione. Di quel trasferimento.
Improvvisamente sentì un gran baccano provenire dall'open-office. La Strauss doveva aver lasciato andare April con la bella notizia.
Sospirando si avviò alla porta del suo ufficio e, aprendola, non ebbe proprio lo spettacolo che si aspettava.
L'avvocato April Johnson se ne stava sulle scale, a metà tra l'ufficio della caposezione Strauss e l'open-office, immobile. Pendeva sulla sinistra per il peso della borsa da lavoro che portava in quella mano. Il tailleur grigio le cadeva a pennello e la giacca aperta lasciava intravedere una maglia celestina. Guardava persa nel vuoto con la bocca semiaperta. Le persone le passavano accanto senza notare la disperazione e l'afflizione in cui era immersa.
-Tutto.. tutto bene?- le chiese il dottor Reid avvicinandosi.
A quelle parole che le arrivavano sorde alle orecchie, April scosse la testa poggiando la mano libera alla ghiaccia ringhiera delle scale, come a sorreggersi.
Spencer continuò a guardarla perplesso per poi afferrare la pesa borsa che portava e così distoglierla da quello stato di trance nel quale era caduta. -Tutto bene?- ripeté il ragazzo.
April aprì la bocca come per parlare ma la richiuse subito dopo. Guardò il ragazzo e improvvisamente sentì un calore nascerle dentro.
A quel punto Aaron capì. Ora si sarebbe arrabbiata, sarebbe scoppiata. Ora avrebbe fatto ciò che si aspettava. Velocemente le si affiancò facendole fissare lo sguardo su di lui -April..- iniziò -..stai calma-
-Calma..- biascicò lei scendendo gli ultimi gradini che la dividevano dall'open-space e recuperando bruscamente la sua borsa dalle mani di Reid. -Come faccio a stare calma? Hanno appena distrutto il mio futuro!-
Hotchner alzò le mani a mezz'aria come a farle segno di darsi un contegno.
-Qualcosa non va?- chiese Morgan appena entrato nella stanza assieme alla collega Prentiss.
A quello starnazzo anche l'agente Rossi era uscito dal suo ufficio e nello stesso momento anche JJ era entrata nella stanza annunciando -Abbiamo un nuovo caso-
Morgan, Prentiss e Reid salirono le scale per raggiungere la sala riunioni mentre Hotchner rimase davanti ad una sempre più angosciata Johnson.
-Vedrai che alla fine non sarà così terribile-
-Era l'unica cosa che.. non voglio paragonarmi a..-
-Nessuno lo farà. Non lo fare da sola..-
-Come posso..- si lamentò ancora April dondolando su se stessa
-Incominciando da questo caso-
April guardò l'uomo che le stava davanti, preoccupato. Sorrise, era bello vedere che c'era ancora qualcuno che si prendeva cura di lei, in qualche modo. Sospirando scosse la testa chiudendo gli occhi -Ok, April dobbiamo proprio farlo- si disse a se stessa prima di raggiungere la sala riunioni assieme ad Aaron.
Appena entrata April si sedette sulla sedia più lontana dal monitor che JJ stava accendendo per mostrare il caso.
-Beh?- chiese David guardandola
-Ai piani alti hanno deciso che ci serviva un avvocato di stato per risolvere le questioni sul posto senza far mandare troppe scartoffie a JJ-
-E la vostra caposezione Strauss ha deciso bene che io ero la candidata numero uno. Senza troppi preamboli, senza avvertimenti e senza consultarmi- decretò April scocciata.
Tutti si guardarono perplessi. Per loro era palese: quella ragazza voleva essere ovunque ma non in quel posto.
Fu Aaron a rompere il silenzio -Iniziamo!-
A quel comando Jennifer accese lo schermo proiettando l'immagine di una donna dal busto tagliato sotto la cintola.
April voltò di scatto la testa verso il basso, non era abituata a tutta quella violenza.
Emily la guardò poggiandole una mano sulla spalla -Cambia immagine JJ, per favore-
-Le altre non andranno meglio- disse April continuando a fissare la scrivania -Andate pure avanti-
-Si tratta di tre cadaveri. L'S.I. taglia loro il corpo a metà e pone un ragno velenoso morto sulle loro labbra- affermò Rossi guardando le immagini
-Le vittime vengono prese la sera e ricompaiono la mattina del giorno successivo in questo stato. Si presuppone che le tenga un giorno e poi abbandoni i corpi durante la notte-
-Così i corpi vengono ritrovati alla mattina-
-Qualche rapporto tra le vittime?-
-Nessuno. Una studentessa, un'imprenditrice e una postina. Età e ceti differenti, non hanno nessuna corrispondenza tra loro.. tranne che avevano tutte i capelli rossi-
-Dobbiamo recarci sul posto, studiare la vittimologia, i luoghi d'abbandono e il sadismo dell'S.I.- finì Hotchner alzandosi dalla sedia -Andiamo!-
Tutti uscirono frettolosamente dalla stanza. Rimase solamente April, sprofondata sulla sua sedia.
-All'inizio è così- si sentì dire da una voce titubante. Si girò e vide una folta chioma bionda con qualche ciuffo rosina -Bisogna creare una barriera, un distacco, per farcela-
April sorrise alla donna, alzandosi in piedi -Grazie..- mormorò tendendole una mano
-Garcia. Sono Penelope Garcia-
-La maga del computer!- esclamò -April Johnson, tanto piacere-

-Dovrò anche abituarmi a volare..- biascicò April appena scesa dall'aereo e appena arrivata alla centrale di polizia del luogo.
-Poi ci si fa l'abitudine- le sorrise Jennifer mentre già prendeva posto su una scrivania che un poliziotto le aveva indicato.
Le due donne si misero subito al lavoro per cercare qualcosa sulle tre vittime: somiglianze, conoscenze, discrepanze.
Sulla'aereo JJ aveva spiegato ad April la funzione principale del suo lavoro. Doveva tenere in ordine e lineare con la giustizia ogni operazione che la squadra eseguiva. Spesso era successa parecchia confusione per azioni che il team aveva commesso senza stare troppo a pensare alla burocrazia, e sempre più spesso l'agente Jareau si era ritrovata a sistemare faccende che non rientravano nel suo campo d'azione. Aveva proprio bisogno di una mano riguardo a tutti quei fogli volanti.
-I capelli rossi sono certo un segno distintivo-
-E come lascia i corpi.. hanno tutti dei segni ben precisi-
-Anche negli altri casi è stato ritrovato il ragno?- chiese Morgan sporgendosi per vedere le foto che JJ aveva affisso ad una lavagna.
-Sì, e sempre sulla bocca-
-Nel medioevo esistevano varie leggende su donne che mangiavano ragni, come nel "De animalibus" di Alberto Magno dov'è una bambina di Colonia che si sazia solo di ragni velenosi, senza mai ricavarne danno- disse Reid
-Davvero?- chiese April stranita mentre guardava quel giovane ragazzo con attenzione -E perché delle donne dovrebbero mangiare ragni?-
-Si credeva che le donne fossero creature maligne che avevano il veleno dentro e quindi ne erano immuni-
-Beh, lei non lo era- disse Emily appena rientrata dal sopralluogo dove era stato ritrovato l'ultimo cadavere, insieme all'agente Rossi -Le donne sono state prima tutte punte dal ragno e solo dopo, una volta intorpidite, l'S.I. ha tagliato loro il busto-
April fece una faccia schifata e proprio in quel momento il cellulare di Morgan squillo -Garcia dicci tutto, ti metto in vivavoce-
-Allora allora.. ho parlato col medico legale e sapete cosa ha detto? Tutte e tre le donne quando sono state uccise avevano il ciclo mestruale-
-Allora potrebbe davvero aveva un significato risalente al medioevo- disse Spencer sempre più concentrato -Le donne erano viste come diaboliche anche perché ogni mese perdevano sangue rimanendo in vita. Sangue come segno maligno- spiegò
-Bellezza, hai qualcos'altro per noi?-
-Per ora niente di nuovo se non che ho l'ultimo posto dov'è stata Jessica, l'ultima donna uccisa. Tramite la sua carta di credito sono risalita al suo ultimo prelievo, Danver street 43-
-Grazie Garcia!- esclamò Emily afferrando la sua giacca e avviandosi all'uscita dell'edificio insieme a David.

Rossi e Prentiss arrivarono sul posto. Danver Street si trovava in un quartiere residenziale, era la via principale che vedeva qualche negozio e una banca. Lì il bancomat dove Jessica era stata vista l'ultima volta.
-E' un posto illuminato-
-E le persone stanno attente se devono prelevare dei soldi- disse David andando verso il bancomat -Facciamoci dare i video della telecamera di sorveglianza della banca, forse hanno ripreso qualcosa-
-Sì..- biascicò Emily -Non abbiamo molto tempo, l'S.I. ha avuto un'escalation molto veloce-
-Le prime due vittime a distanza di una settima, la terza di tre giorni-

-Grazie, faremo tutto il possibile- disse Hotchner a un'anziana signora prima che lei rientrasse in casa. Poi, rivolto a Morgan -La nonna ci ha detto che Jessica era una ragazza tranquilla, aveva una vita basata sul suo lavoro, gli amici e la palestra-
-Non aveva un ragazzo. Questo ci potrebbe escludere la pista amorosa- continuò Derek salendo sulla macchina
-Sì. In questi omicidi c'è troppa brutalità, c'è dietro qualche significato-
-Il corpo, il ragno, i capelli bagnati- elencò il collega sfrecciando verso l'edificio della polizia.
-C'è qualcosa che non quadra- asserì Hotchner guardando l'orologio.
Derek restò per qualche attimo in silenzio poi, finalmente, glielo chiese -Perché Hotch? Perché hanno trasferito proprio l'avvocato Johnson da noi?-
Aaron si voltò di scatto verso il collega -Dopo quel caso hanno pensato che fosse meglio che con noi fosse sempre presente un avvocato. Non possiamo perdere tempo e nello stesso tempo lo stato non può permettersi di perdere i suoi avvocati in ogni parte del paese dove andiamo-
-Hotch, perché proprio lei?- provò ancora il ragazzo.
Aaron si passò una mano sul volto -Sai perché April ci ha invitato al compleanno del suo amico?-
-No..- scosse la testa Derek
-Perché era estremamente certa che non ci avrebbe mai più rivisto-
Morgan provò a dire qualcosa ma le parole gli morirono in bocca. Non sapeva cosa Hotchner voleva dirgli ma forse aveva risposto nella maniera più esauriente possibile alla sua domanda. E per ora gli bastava. Continuò a guidare in silenzio finché il cellulare squillo. Garcia aveva appena trovato un indizio: nel video che la banca le aveva recapitato aveva visto Jessica salire su un'auto familiare metallizzata. La targa non si riusciva a vedere e nemmeno chi fosse alla guida però Penelope aveva ingrandito l'immagine della ragazza e aveva visto che sul borsone che portava con sé c'era il nome di una palestra, centro benessere.
Morgan fece subito inversione dirigendosi verso quel posto. Forse avevano una pista.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 003b ***


Untitled Document

...

-L'uomo che cerchiamo è metodico, avvicina le sue vittime e le convince a salire in macchina con lui- incominciò Rossi cercando di delineare un profilo -Allo stesso tempo però è afflitto da un odio mostruoso verso le donne-
-Quello che fa alle ragazze è senza umanità- asserì April
-Dobbiamo trovare il fattore di stress. La scintilla che ha fatto scoccare in lui la voglia di uccidere-
-Potrebbe essere stato lasciato dalla moglie, la fidanzata..- suggerì Prentiss
-Questa è la lista delle persone presenti nella palestra il giorno della scomparsa di Jessica. Garcia sta cercando di restringere il campo- disse JJ posando dei fogli sulla scrivania dove Reid stava cercando di individuare un profilo geografico.
-La palestra si trova proprio al centro rispetto ai luoghi dell'abbandono-
-E questo cosa ci suggerisce?-
-Che probabilmente l'S.I. abita lontano da quella zona. Non vuole che la sua vita sia toccata da questi omicidi- rispose Emily
-Lui uccide perché crede che quelle donne se lo meritino. Crede di fare del bene..- mormorò Rossi
A quelle parole Reid si alzò immediatamente e andò verso le foto dei corpi.- Ma certo!- esclamò staccandone una e portandola sulla scrivania -I capelli sono bagnati..- prese immediatamente il telefono e compose il numero dell'ufficio di Penelope. -Garcia ciao! Alla palestra c'è una piscina?-
-Allora vediamo.. sì, certo-
-Sui capelli delle donne c'era del cloro- confermò JJ
-Sì, sì.. Devi cercare un uomo che abbia usufruito della piscina e che abiti lontano dalla zona dell'edificio-
-Subito. Ho una ventina di nomi, che faccio?- chiese Garcia scorrendo quella lista con gli occhi
-Guarda se qualcuno di essi ha da poco perso la moglie o qualcosa di simile- suggerì Prentiss gesticolando con le mani
-Allora.. Colin Debryan ha appena perso la causa di affidamento del figlio a favore della ex-moglie, Jared Pratt ha firmato i fogli per il divorzio e.. oddio-
-Cosa c'è, che succede?-
-Michael Austin è stato lasciato dalla moglie dopo che lei aveva avuto un incidente nel quale ha perso l'utero dopo un difficile intervento-
-Continua, continua con lui- esclamò Reid
-Ah.. vediamo.. Ora vive da solo.. mentre la moglie si è risposata appena un mese fa con un uomo che aveva dei bambini da un precedente matrimonio..-
-E' il nostro uomo!- confermò Rossi

-Crede che l'essere femminile sia il male e per questo le uccide- disse Reid
-Come?- chiese April al ragazzo mentre si incamminava insieme a lui verso la macchina. Avrebbero dovuto raggiungere la casa dell'uomo. Hotchner e Morgan non lo avevano trovato in piscina ma dovevano aspettare là se fosse arrivato, magari con un'altra vittima.
-Sì, nel medioevo c'è una leggenda riguardo una bellissima donna di nome Melusina- spiegò accendendo il motore.
-Vai avanti..-
-Ti interessa sul serio?- la guardò un attimo stupito -No, sai.. perché.. nessuno vuole mai starmi a sentire-
-Spencer, vai avanti..- insistette lei curiosa
-Sì.. Beh questa donna viene sposata da un uomo che però ha un divieto: non può guardarla fare il bagno. Lui ovviamente lo fa e vede che la donna nell'acqua assume, dalla cintola in giù, le sembianze di un serpente-
-Per questo.. per questo l'S.I. taglia il busto a metà delle vittime?-
-Credo di sì. Questo, i capelli bagnati, il ragno.. tutto ci fa pensare che abbia studiato qualcosa in merito a leggende medievali-
Appena scesero di macchina si affiancarono a Prentiss e Rossi, anche loro giunti in quel momento con un'altra auto. Bussarono alla porta gridando FBI ma nessuno rispose, sembrava non ci fosse nessuno. Si accertarono ed entrarono nella casa vuota. Michael non era in casa.
-E' pieno di libri medievali- osservò April scorrendo i libri sulla libreria in salotto
-Guarda, il "De animalibus".. sembra la mia libreria- commentò Reid
-Uhm, leggi molto, eh?!- sorrise la ragazza
-L'inconscio processa undici milioni di byte al secondo, quindi..-
-Sì, legge molto e velocemente- sentì dire Emily dall'altra stanza
-Leggo molto- confermò Spencer con un sorrisetto imbarazzato raggiungendo la collega.
April lo guardo allontanarsi nel suo golfino nocciola e con le mani nelle tasche dei pantaloni. Scosse la testa. Non doveva. Non doveva pensare a quella dannata lettera.

-Deve essere da qualche parte!- esclamò arrabbiato Hotch guardando April che era andata alla piscina insieme ad Emily a dare la brutta notizia di non aver trovato Michael Austin.
-Aaron, ci deve essere sfuggito qualcosa- mormorò l'avvocato.
-Ricapitoliamo. L'S.I. uccide le donne perché gli ricordano la moglie, dopo quello che gli ha fatto odia le donne- disse Derek
-Sì ma.. la moglie non ha i capelli rossi- pensò April -Può dirci qualcosa questo?-
-Reid prima ha detto qualcosa sui capelli rossi, che sono stati considerati da sempre la fonte visiva di un animo corrotto, saturnino, del diavolo- disse Prentiss
-Ha ucciso tre donne dai capelli rossi. Le riconduce da dove, secondo lui, sono venute- confermò Hotch
-Dall'inferno- mormorò Johnson un poco spaventata. Doveva davvero trovare il modo per affrontare tutto questo. Non era così pronta per tutto questo dolore.
-Quindi ora lui vorrà uccidere il diavolo stesso.. il nuovo marito della sua ex-moglie!- finì Emily attaccandosi al telefono. Garcia doveva assolutamente trovare l'indirizzo di quella donna.

-E' in preda al delirio, non si arrenderà- bisbigliò Rossi ad Hotchner mentre si metteva il giubbetto antiproiettili.
-Sì, dobbiamo essere prudenti. April stattene in macchina e non uscire- disse poi rivolto alla ragazza seduta nel suv nero, ancora con la cintura allacciata.
-Ci puoi scommettere, Aaron- esclamò lei continuando a fissare danti a sé il cruscotto dell'auto.
-Bene, siamo pronti?- chiese Hotch guardando il suo team.
Erano una bella squadra, non mancavano di niente. Cervello, grinta, classe. Avevano trovato un affiatamento speciale, riuscivano a capirsi e quindi a gestire le situazioni nel migliore dei modi. Aaron era sicuro che ce l'avrebbero fatta anche questa volta.
Fu così. Michael Austin fu preso appena in tempo. Aveva legato il marito della sua ex-moglie e stava per tirare fuori da un bussolotto un ragno velenoso. Rossi era riuscito a dissuaderlo usando come tattica la storia sulla leggenda medievale che gli aveva raccontato Reid. Alla fine, lo avevano preso.
Appena li vide uscire dalla villetta con un uomo in manette, April si precipitò giù dalla macchina sospirando. Era contenta. Era contenta anche se ora si sarebbe dovuta occupare di quell'uomo, di quell'assassino, delle sue pratiche e del suo processo verso l'ergastolo.

JJ sorrise appena vide rientrare tutti al distretto di polizia.
-Garcia mi ha appena avvertito che hanno trovato, nelle cantine della piscina, uno scantinato che Austin usava per massacrare le vittime. Ci sono tutte le prove là-
-Molto bene- esclamò April prendendo la cartellina che Jennifer le stava porgendo -Ora ci penso io-
-Scartoffie e pratiche.. non so come facciate!- esclamò David guardando le due donne
-Non è poi così male- sostenne JJ andando verso la scrivania a sistemare le varie cartelline per riportarle a Quantico.
-Un po' rognoso..- ammise April guardando l'uomo prendersi una tazza di caffè -..ma pur sempre il mio lavoro e credimi, quando si tratta di condannare un omicida, è sempre un bel lavoro-
-Come per me catturarlo- sorrise Rossi alzando la tazza verso la ragazza -Ne vuoi?-
-Volentieri, grazie!-
-Sembri felice adesso- cominciò porgendole un bicchierone di carta con dentro una calda sostanza scura -Non sembrava così stamani-
-Oh..- biascicò lei -..è stato un cambiamento improvviso.. e non era nei miei programmi-
-Lasci qualcuno? O magari hai trovato qualcuno?-
A quelle parole April alzò la testa puntando gli occhi in quelli dell'uomo. Sorrise. -Nessuna delle due-
-Già. Non hai ancora trovato chi cerchi-
April continuò a guardarlo mentre girava il suo caffè e ne beveva un sorso. Cosa voleva dire?
-Hai dimenticato questi- si sentì dire da una voce dietro si sé.
Staccò lo sguardo dall'uomo che si era rigirato verso la macchinetta del caffè, per volgersi e incontrare due paia di occhi scuri e una mano tesa verso di lei con dei fogli. Prese quei fogli e incominciò a leggerli -Sono quei racconti medievali. Erano a casa di Austin, possono valere come ulteriore prova-
-Prova del suo delirio..- mormorò lei sorridendo a Spencer.
-Già- sentenziò lui serrando le labbra in una buffa espressione, continuando a osservare la ragazza che, secondo lui inaspettatamente, si era messa a leggere quelle storie.
Hotchner giunse alle sue spalle battendogli una mano sulla schiena. -Tutto ok?-
-Sì, certo- bofonchiò Spencer abbozzando un sorriso
-Aaron credi che possano servire per spiegare il profilo?- chiese April
-Se qualcun'altro oltre a Reid le capisce direi di sì- rispose guardando il ragazzo che, a quelle parole, aveva puntato lo sguardo stranito su di lui -Ma.. mi sembra che tu stia capendo..- sorrise, infine, battendo una mano sulla spalla di April, stavolta.

Si stiracchiò la schiena prima di afferrare la sua roba ed uscire dall'ufficio affianco al suo nuovo capo. Le sembrava così dannatamente strano che Aaron fosse diventato il suo capo. Lei lo aveva sempre visto senza veste ufficiale, lo aveva visto sorridere più di tutti i suoi colleghi che fin'ora avevano lavorato al suo fianco giorno dopo giorno. Le lo aveva visto come uomo. Punto. Lo aveva visto senza il peso del distintivo che portava.
Le faceva davvero strano cominciare a considerarlo come un suo superiore. Le faceva strano vederlo sempre così serio, duro, determinato. Senza mai un attimo di pace.
April sospirò portandosi il laccio della borsa sulla spalla. -Credo che dovrei cominciare a chiamarti Hotchner- disse sorridendo all'uomo che le stava camminando accanto.
Aaron si fermò alzando le spalle, poi si girò verso di lei che si era fermata ad osservarlo. Aveva assunto un'aria così seria e pesante che quasi April si preoccupò. Inclinò la testa da una parte e infine parlò con tono duro -Credo che dovremmo dirglielo-
A quelle parole la ragazza scostò lo sguardo da quegli occhi di piombo, incominciando a mordersi con i denti superiori il labbro inferiore. Continuò per qualche secondo come a cercare con gli occhi qualcosa sull'asfalto sotto i suoi piedi poi, tornando a guardare di sfuggita l'uomo, chiese preoccupata -Dovremmo?-
Hotchner scosse la testa in senso affermativo, non spostando lo sguardo da quella figuretta sempre più impaurita, -Siamo una squadra, non dovremmo avere segreti-
Gli occhi di April continuavano a vagare su tutto, tutto tranne che sull'uomo che le stava parlando di qualcosa che proprio la infastidiva, la preoccupava.
-E prima o poi lo verranno a sapere. Allora si sentiranno traditi-
-S..sì..- balbettò April continuando a martoriarsi il labbro inferiore con i denti -Va bene-
Aaron abbozzò un sorriso guardando quella ragazzetta che praticamente aveva visto crescere. Stava diventando grande senza accorgersene, ogni giorno era sempre più una donna.
-Domani mattina arriverò in ritardo- disse April puntando, finalmente, gli occhi sulla figura dell'uomo -Evita i dettagli, per favore-
-Certo, non preoccuparti- esclamò Hotchner portando una mano sulla spalla della ragazza e avviandosi con lei verso la propria auto.
April sapeva che quella certamente era la cosa più giusta da fare. Lo sapeva, ma la terrorizzava. Da quel momento avrebbe passato moltissimo tempo accanto alla squadra del BAU, non poteva certo omettere una cosa così importante della sua vita. Lei doveva farcela. Doveva farcela anche senza di lui.
-Ti senti bene?- si sentì chiedere da Aaron
-Non proprio- rispose -Tutta questa nuova situazione.. e poi dovrò abituarmi ai casi, a tutte quelle immagini orrende-
-Vuoi venire da me, stasera?-
A quella domanda April sorrise dolcemente -No, grazie. Però sarei felice se mi accompagnassi a casa-
Aaron la guardò titubante prima di salire in macchina con lei.
Aveva capito. Aveva capito che voleva farcela da sola.

"L'essenza dell'ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica a sé." D. Bonhoeffer.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 004a ***


Untitled Document

CM 004

 

"Un grande uomo costringe gli altri a spiegarlo" Hegel.

Hotchner stava guardando i suoi colleghi riuniti nella sala riunioni. Jennifer non aveva ancora acceso il monitor e Penelope non aveva ancora raggiunto il suo ufficio, era sempre in quella stanza.
Lo guardavano come se fosse stato un alieno. Forse già sapevano che avrebbe parlato di April che, come gli aveva detto la sera precedente, sarebbe arrivata in ritardo.
Si sentì addosso uno sguardo gentile e fissò gli occhi sulla collega mora che gli stava sorridendo, aspettando una qualche sua parola.
-L'avvocato Johnson è stato scelto ovviamente per la sua determinazione e bravura nel lavoro- incominciò -Ma la Strauss ha scelto lei anche per un'altra motivazione-
A quelle parole Morgan si era portato in avanti con la schiena, poggiando le braccia sulla tavola. Che Hotch stesse rispondendo alla sua domanda?
-April è..- abbozzò, guardando un attimo verso il basso -..è la nipote di Gideon-
-Come?- chiese Spencer perplesso.
-Sì.. Jason Gideon è lo zio di April- confermò Hotchner guardando le espressioni esterrefatte dei suoi colleghi. -I genitori di April sono morti quando lei aveva una decina d'anni e da quel momento Jason si è occupato di lei- continuò.
Questa non se l'aspettavano. Se avevano creduto che ci fosse qualcosa fra quell'avvocato e il loro capo, ora capivano che era praticamente impossibile. Aaron l'aveva vista crescere, l'aveva vista diventare una donna, farsi strada all'ombra di un nome che la infastidiva.
-April ha vissuto molto il trauma di avere al fianco una figura dominante come Gideon. La sua fama, il suo talento. Per questo è rimasta sconvolta dalla notizia che avrebbe lavorato dov'era suo zio. Si è sempre sentita in confronto con lo zio e l'ultima cosa che voleva era cacciarsi in mezzo a un gruppo di profiler, soprattutto dopo quest'ultimo periodo che l'ha vista allontanarsi da Jason e poi perderlo definitivamente col suo abbandono del lavoro- finì Hotch che aveva parlato velocemente, come se quelle cose non dovessero essere dette.
-Per questo..- incominciò Morgan dopo un attimo di frustrante silenzio -..per questo nel caso di Philadelphia era così convinta dell'innocenza del suo cliente. Perché sapeva che il suo profilo dell'S.I. era esatto-
-Jason l'ha educata bene- disse Aaron un attimo prima che la porta della sala di spalancasse, facendo vedere una ragazza sommersa dal suo borsone che si precipitava verso una sedia vuota.
-Scusate il ritardo!- esclamò April sorridendo ai colleghi che le abbozzarono un saluto. Si mise a sedere tirando un'occhiata al suo nuovo capo. Aveva capito. Aaron glielo aveva detto. Prese dei fogli bianchi dalla sua borsa da lavoro e li posizionò sul tavolo mentre una penna era strinta fra le sue dita. Era tesa, ma non voleva darlo a vedere. -Beh, non iniziamo?- disse improvvisamente alzando lo sguardo verso Jennifer che subito accese il monitor.
Penelope guardò la ragazza ancora un secondo prima di salutare e fiondarsi nel suo ufficio, pronta per un nuovo caso. Pronta ma forse con un pensiero in più dentro la testa.
Jennifer abbozzò un sorriso forzato prima di alzarsi in piedi ed accendere il monitor alle sue spalle. Sospirò prima di parlare nervosamente -Si tratta di un caso qua in Virginia-

Stava davanti a quella porta ormai da qualche minuto, la fissava come se fosse stata la cosa più interessante che avesse mai visto.
Il team si era recato sul posto degli omicidi subito dopo la riunione, lei invece era rimasta negli uffici di Quantico a sbrigare le varie pratiche inerenti il luogo degli omicidi: un multisala.
Strinse i fogli che aveva fra le mani accartocciandone i bordi, fece un sospiro e aprì velocemente la porta di quell'ufficio.
-Uh, mi hai fatto paura!- gridò Penelope sobbalzando sulla sedia nella quale era seduta.
April le sorrise alzando le mani come a scusarsi e si posizionò accanto alla collega, davanti a una sequela di schermi che proiettavano le immagini delle varie sale del cinema. -Non credo che troveremo qualcuno con una bella pistola in mano- commentò svogliatamente ticchettando con una penna sulla scrivania.
A quel gesto Penelope la guardò di sfuggita sfilandole la penna dalla dita e buttandola nel cestino. -No che non lo troveremo-
April guardò con aria stranita la collega continuare a fissare quei monitor come se nulla fosse. Aprì la bocca come a dire qualcosa ma decise che sarebbe stato meglio lasciar perdere ogni commento. Poggiò la testa nell'incavo della mano, poggiando il gomito sulla scrivania, -Se ti prometto di non farlo più, me la rendi?-
Garcia si girò verso di lei stralunata -Cosa?-
-La.. la penna- balbettò la castana alzandosi e raccattando l'oggetto dal cestino.
-Ah- esclamò Penelope -Non farci caso.. sono protettiva verso il mio rifugio-
A quelle parole April sorrise -Rifugio?-
-Beh, cerco di rendere questo posto tutto tranne un covo di immagini violenti.. quale effettivamente è- pensò scuotendo la testa in senso affermativo
Sapeva che sarebbe stata una lunga giornata quella ma ugualmente era molto contenta di essere rimasta all'unità invece di essere andare insieme a tutti gli altri.
Forse avrebbe evitato gli sguardi di tutti.. o forse avrebbe solamente sentito il parere di una ragazza che poteva diventare sua amica.
Tornò a sedersi e si avvicinò col viso ai monitor -Sembra tanto strano?-
A quella domanda Penelope si girò verso di lei senza commentare. Nessun stralunato "come" a invadere l'aria, sapeva benissimo a cosa si stava riferendo.
-Beh.. io credo che..- farfugliò qualcosa per poi chiudere gli occhi qualche secondo -Ok, tu non sei Gideon.. quindi posso starmene tranquilla-
April la guardò ridacchiando -Era tremendo..- bisbigliò a se stessa mentre vedeva la ragazza tornare a digitare qualche strano codice sulla sua tastiera.
-Insomma, è strano- continuò Penelope -E' una notizia che non ci aspettavamo. Prima eri la forse amante del capo, e credimi l'idea era molto allettante di battute, ed ora sei la certa nipote di un ex-capo!-
A quelle parole dette con tanta freschezza l'avvocato scoppiò in un'ilare risata -Io e.. e Aaron, oddio no!- balbettò fra le risa
-Non era così campata in aria- esclamò subito Garcia -Una misteriosa avvocatessa che rende Hotch prima più burbero del solito e poi così premuroso!-
-Sì, certo- sorrise April -Sai che mi aiutava spesso negli studi? Mi fa così strano pensarlo adesso!-
-Anche a me fa strano quindi, bellezza, stop ai ricordi! Non voglio sapere nulla!- scherzò Penelope guardando la ragazza che aveva davanti. Com'era possibile che fosse imparentata proprio con un uomo come Jason Gideon? Non aveva assolutamente nulla di lui. O forse.. non era quella la vera April?

Scese di macchina sbattendo la portiera. Quel caso era davvero strano: due omicidi nell'arco di pochi minuti avvenuti in due diverse sale di un multisala. Com'era possibile che nessuno si fosse accorto di nulla? Insomma, un uomo assassinato, anche se infondo e nella penombra della sala, non era una cosa che poteva passare così inosservata, soprattutto se l'omicidio era stato attuato con una pallottola di una pistola con silenziatore dritta in fronte.
Hotchner chiuse il suv nero e fece per girarsi verso l'edificio dove erano già tutti i colleghi, tutti tranne uno. Guardò il ragazzo ancora in piedi davanti all'auto, come a specchiarsi nei finestrini scuri. Stava contemplando la sua immagine con la bocca semiaperto e uno sguardo vacuo negli occhi.
Sospirò avvicinandosi al ragazzo e battendogli una mano sulla spalla.
A quel gesto Spencer si girò verso il collega, fissandolo con quello stesso strano sguardo che aveva prima negli occhi.
-Andiamo- disse solo Aaron facendo qualche passo, ma le parole del ragazzo lo fermarono di colpo. Sapeva che gli avrebbe sicuramente detto qualcosa, sapeva che lo avrebbe fatto, ma non credeva così presto e in quel modo.
-Perché non me ne ha mai parlato?-
Aaron piegò la testa da una parte, girandosi nuovamente verso Spencer, -Jason non parlava spesso di se stesso-
-Sì, ma..-
-Credo tu non sappia molte cose, Spencer- continuò Hotchner come nulla fosse -E credo che dovresti continuare a pensare a lui come una figura che ti ha insegnato e dato tanto. Come qualcuno che ti ha voluto al suo fianco molto più che come collega..- fece una pausa, guardando lo sguardo del ragazzo che si faceva sempre più pensieroso -..anche se non lasciando mai trasparire nulla di se stesso. Jason aveva diviso perfettamente la vita che stava vivendo con noi e la vita che gli proveniva dall'esterno, come April.. e come Sarah-
-Per questo..- incominciò Spencer titubante -..per questo alla sua morte si è trovato così sconvolto?-
Aaron lo fissò più seriamente del solito -Questo non posso saperlo- esclamò duro prima di girarsi e raggiungere tutti gli altri.
Spencer lo guardò allontanarsi, mise le mani nelle tasche dei pantaloni e tornò a guardare la sua figura riflessa negli scuri vetri del suv nero. Inconsapevolmente portò una mano a scostarsi una ciocca di capelli, riportandola dietro l'orecchio. In quel momento non sapeva se odiare la sua figura più del solito o se cominciare a trovarvi qualcosa di buono.
Decise che quello non era il momento di pensarci. Velocemente scostò lo sguardo e raggiunse gli altri nell'edificio.
Un nuovo caso, una nuova distrazione per la sua mente.

-Non è verosimile che qualcuno abbia agito in questo modo- sbottò Rossi entrando nella sala del primo omicidio
-Avrebbe usato un silenziatore quando l'audio del film era al massimo- disse Prentiss guardando la vittima ancora seduta su una delle ultime poltroncine della sala, un poco riversa su se stessa e con la testa china. -Ma non è possibile che nessuno l'abbia notato-
-Lui era Nicholas Martin e se per il suo caso è più plausibile, per quello dell'altro ragazzo lo è ancora meno- disse JJ porgendo un foglio al collega
-L'altro ragazzo avrebbe avuto accanto la fidanzata?- chiese stupito Rossi
Jennifer scosse la testa in senso affermativo -E per un po' non si è accorta di nulla-
Emily guardò la collega spalancando gli occhi, com'era possibile una cosa del genere?
-Io torno al BAU, mando qua April a parlare col gestore della multisala.. non vuole collaborare, è innervosito perché deve rendere i soldi del biglietto a tutti gli spettatori-
-Non per le morti?- chiese David
-Sembrerebbe..-
-Dobbiamo parlare con lui- finì Emily seguendo i due colleghi fuori dalla sala e dirigendosi verso gli uffici dell'amministrazione del multisala.

-E' stato ritrovato accanto al corpo?- chiese Morgan guardando un foglio con una strana scritta rossa, conservato in una busta trasparente.
-Sì, per l'altro cadavere invece era qualche poltrona avanti- disse Hotchner osservando quell'immensa sala cinematografica
-Sappiamo cosa sono?- chiese ancora Morgan mostrando i due fogli che aveva fra le mani a Reid.
-Per il cameriere l'eroe non esiste: esiste per il mondo, per la realtà, per la storia- lesse il ragazzo -"Lezioni sulla filosofia della storia", Hegel-
-Dobbiamo cercare un filosofo, quindi?- scherzò Derek scuotendo la testa -L'altro cos'è?-
-Questo sangue, ch'io spargo, / non imbratta, anzi lava: / questo perenne e largo / fonte ogni sete cava: / ogni mia pena aggrava, / se non è conosciuto tanto amore.- lesse ancora Spencer dall'altro foglio, per poi rimanere in silenzio a contemplare quei versi.
Hotchner guardò il ragazzo analizzare ogni singola parola senza però ricavarci niente. Cos'era quella frase?

Rossi e Prentiss erano da almeno cinque minuti ad aspettare nell'ufficio del direttore del multisala, intento a parlare fitto fitto al telefono con chissà quale alta autorità.
-Il giro di soldi di queste cose è veramente pazzesco, potremmo trovarci affari così sporchi..- lasciò in sospeso la frase sussurrata appena alla collega che lo guardò annuendo poi, portando una mano sulla scrivania dell'uomo, fece come per bussare. Adesso si stava spazientendo.
L'uomo, sprofondato sulla sedia e girato di spalle rispetto ai due agenti dell'FBI, si girò verso di loro alitando di fumo di sigaro. -Ne parliamo dopo- disse alla persona dall'altra parte del telefono -Ora devo sbrigare queste cose con la polizia-
A quelle parole Emily alzò gli occhi al cielo. Forse quell'uomo aveva capito che non erano là perché lui facesse i suo comodi.
-Scusatemi ma questa cosa ha fatto arrabbiare parecchio i miei superiori- disse l'uomo riattaccando finalmente il telefono -E comunque non so come posso esservi utile, io non so niente di tutto ciò che è successo.. solo che è una grande scocciatura per gli affari-
-Lo possiamo immaginare Signor Foster- incominciò Rossi cercando di rimanere calmo ma con un tono di voce ancora più burbero del solito -Ma le voglio ricordare che ci sono stati due omicidi nel suo multisala, abbiamo bisogno di sapere se possono essere mirati a distruggere la sua figura o se non c'entrano con lei-
-In poche parole avremmo bisogno di controllare i suoi affari-finì Emily puntando lo sguardo n quello dell'uomo dall'altra parte della scrivania, adesso decisamente più irritato di prima.
-Scusatemi..- disse una voce non prima di aver bussato alla porta dell'ufficio. April entrò nella stanza sorridendo ai colleghi per poi concentrarsi sull'altro uomo -Sono l'avvocato Johnson-
-Adesso assoldate anche avvocati?- chiese Foster picchiettando le dita sulla scrivania.
-Ha per caso qualcosa da nascondere?- chiese Rossi in un ghigno mentre la faccia di Foster cominciava ad assumere uno colorito sempre più pallido.

-Quell'uomo è legato a un giro do traffici enorme- disse April appena uscita dall'ufficio del direttore della multisala -Ma non c'entra assolutamente nulla con gli omicidi, non credo siano riferibili alla sua persona, è protetto bene-
-Immagino..- alzò le sopracciglia Emily in una buffa espressione -..abbiamo scartato un'ipotesi-
-C'era qualche legame tra le vittime?- chiese Johnson avviandosi con la collega verso gli altri che si erano riuniti nella hall del cinema.
-No, Garcia non ha trovato nulla-
-Uh.. prima che venissi via dal BAU stavamo visualizzando le cassette della sorveglianza ma non abbiamo trovato nulla- continuò April stavolta davanti a tutta la squadra.
-Credo che ci sia qualcosa di più dei semplici omicidi- affermò Hotchner
-I biglietti devono significare qualcosa- disse Spencer per poi ripetere ad alta voce quel verso che non era riuscito a decifrare.
-Amore io vo fuggendo..- sussurrò April con aria spersa nel vuoto
-Tu, tu la conosci?-
-Sì, fa parte delle "Rime spirituali" di Lorenzo il Magnifico..-
-Giusto, giusto! Come ho fatto a non ricordarlo!- esclamò Spencer elettrizzato -Lorenzo De' Medici, il padrone della Firenze rinascimentale, colui che teneva in mano le sorti e gli equilibri di tutta Europa! Già, era anche un poeta- finì serrando le labbra mentre tutti lo stano fissando, aspettandosi qualche altra rivelazione -Beh.. questo non ci dice nulla-
-Perfetto! Abbiamo in giro uno psicopatico che ammazza la gente lasciano frasi filosofiche e poetiche!- esclamò Morgan prima di tirare fuori dalla sua giacca il telefono che stava squillando -Dimmi bambolina, ti metto in vivavoce!-
-Brutta notizia, altri due morti in un altro multisala..-
Prentiss guardò l'orologio -Ha colpito al secondo spettacolo pomeridiano-
-I poliziotti hanno bloccato tutte le uscite, il killer dovrebbe essere ancora dentro- gli avvertì Penelope prima che Morgan chiudesse la comunicazione e tutti si precipitassero alle macchine.

-Coloro che vincono, in qualunque modo vincano, mai non ne riportano vergogna- lesse Emily il bigliettino lasciato sull'ultimo cadavere: una donna di mezza età isolata infondo alla sala.
-Machiavelli, il "Principe"- asserì Spencer osservando il corpo mentre Hotchner stava valutando la posizione da dove poteva aver sparato il killer.
-Filosofia, poesia, politica.. cosa ci sta dicendo?-
-Ci sta sfidando, vuole dimostrarci che è più bravo di noi- disse Aaron con tono fermo
-Sì, ma adesso ha commesso uno sbaglio. Noi siamo più avanti di lui- disse Derek facendo presente che loro erano lì, con l'S.I. in trappola.

-Vi rendete conto che l'S.I. è qui fra noi?- disse JJ guardando i monitor delle telecamere nell'ufficio sicurezza del multisala
A quelle parole April rabbrividì e subito si sedette accanto all'addetto della sicurezza che stava riportando indietro i video per vedere tutti i movimenti che c'erano stati fuori dalla sala dell'uccisione.
-Non troverete nulla- la voce di Garcia arrivò metallica dal portatile lasciato socchiuso sul tavolo davanti a Jennifer che subito lo aprì sorridendo alla collega. -Ho controllato i video dell'altro multisala, nessuno è uscito dalle sale degli omicidi prima degli altri. Il killer si è guardato il film fino alla fine come tutti gli altri-
-Dopo aver ucciso un uomo- commentò Rossi mentre anche il video dei loro monitor mostrava l'immagine silenziosa del corridoio davanti all'uscita della sala cinematografica. Improvvisamente videro una figura alta e snella uscire velocemente dalla sala e dirigersi in direzione dell'uscita. -Fermo!- gridò David all'uomo della sicurezza che subito stoppò il video.
-Il direttore ha detto che nessuno è uscito dall'edificio- disse April -Ha fatto chiudere tutto perché aveva sentito degli altri omicidi..-
-Quindi quell'uomo è qui, dobbiamo trovarlo-

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 004b ***


Untitled Document

...

Sul palmare di JJ era appena arrivata la foto del tipo che avevano visto sul video, Penelope era riuscita ad identificarlo: un ladruncolo che aveva avuto problemi con la droga.
Appena David lo localizzò gli si parò davanti facendo un cenno della testa. Il ragazzo si guardò a destra e sinistra per verificare le sue opportunità di fuga ma c'erano troppi agenti, non avrebbe fatto più di due passi. Con la testa bassa si fece perquisire per poi seguire l'agente che gli fece strada in un ufficio della direzione dove si erano piazzati Hotchner e Prentiss.
-Carl Stuart, giusto?- chiese l'uomo appena il ragazzo entrò nella stanza
-Sì- ghignò lui sedendosi sull'unica sedia al centro dell'ufficio.
-Sei uscito da poco di prigione-
-Tre mesi.. e sono pulito!-
-Questo lo verificheremo noi- disse calma Emily scrutando quel ragazzo che diventava ogni minuto che passava sempre più nervoso.
-Perché sei uscito dalla sala durante il film?-
-Dovevo prendere aria-
-Correndo?-
-Sph- sbuffò il giovane incrociando le braccia al petto
-Allora?- insistette Aaron mentre vedeva Rossi fargli un segno negativo con la testa prima di uscire dalla stanza. -Non è lui.. è totalmente spaventato- mormorò poi alla collega
-E va bene. Stavo seduto nelle ultime file quando ho visto un'ombra svignarsela e quella donna rimanere immobile con la testa china-
-Sei tu che hai avvertito gli altri?-
-No, credevo che avreste incolpato me.. insomma, sono un pregiudicato!-
-E non sei stato te?-
-No!- gridò stringendo i pugni ai braccioli della sedia -Non sono stato io!-

Spencer aveva fra le mani quei bigliettini scritti da una vecchia macchina da scrivere. Cosa erano quelle frasi, perché proprio quelle? Dovevano avere una valenza, qualcosa. Stava fissando quei fogli quando una voce gli arrivò sorda alle orecchie -E' inutile che le rileggi.. non hanno senso insieme-
-Non le sto rileggendo, ho una memoria eidetica..- mormorò lui continuando a fissare quelle parole.
-Sì, sì, va bene..- lo interruppe April sedendosi al suo fianco -..non importa che me lo ricordi tutte le volte- disse sfilandogli dalle mani uno dei bigliettini.
-Sono per sfidarci, per dimostrarci che è intelligente- disse Morgan ripetendo le parole di Hotchner.
-Uhm- biascicò il ragazzo riprendendosi il bigliettino dalle mani di April che subito lo guardò attonita -Potrebbe aver fatto studi umanistici e poi essere finito a fare un lavoro che per lui non lo valorizza-
-Sì, e Stuart non è assolutamente il tipo da sapere delle frasi del genere- disse Rossi appena entrato nella stanza
-Non è lui?-
-Improbabile.. che ci dice il fatto di aver scritto i biglietti a macchina?-
-Che è un tipo organizzato e che fa tutto questo per un motivo che noi ignoriamo..- disse Derek -..ci sfida per una ragione-
-Potrebbe aver conosciuto qualcuno della polizia culturalmente inferiore a lui?- chiese innocentemente April, prima di accorgersi di aver attirato su si sé tutti gli sguardi dei colleghi, -Beh, io ne ho incontrati di sbirri non propriamente.. come dire.. colti- finì facendo un mezzo sorrisetto.
-E' che l'intelligenza se l'è presa tutta Reid- sorrise Morgan scuotendo la testa mentre Spencer faceva una strana espressione alzando gli occhi al cielo -Potrebbe essere.. questo può aver fatto traboccare il vaso a un accumulo di insoddisfacimento-
In quel momento entrò nella stanza della sorveglianza Hotchner che, con sguardo cupo, asserì -Stuart è innocente, dice di aver visto una figura correre verso la destra della sala-
-Da quella parte c'è la stanza del macchinista, giusto?- chiese Spencer
-Sì, Prentiss è andata a parlare con l'uomo per sapere se ha visto qualcosa-
-Bene, la raggiungo- uscì dalla stanza Morgan
-C'è qualcosa che non mi torna..- pronunciò Rossi guardando le immagini video che continuavano ad andare sugli schermi della sorveglianza.
-L'uccisione, i biglietti.. e nessuna fuga-
-Nessuna fuga..- pensò Aaron per poi alzare la testa e puntare lo sguardo in quello di David -Non è fuggito fuori dalla sala ma non può nemmeno essere rimasto dentro. L'unico modo è..-
-..essere entrato nella sala del macchinista- finì Spencer alzandosi in piedi e uscendo di corsa insieme al proprio capo mentre Jennifer chiamava Morgan al cellulare ed April faceva mettere sui video l'immagine della telecamera che puntava dritta nella sala del macchinista.
-Oddio, Emily sta attenta..- mormorò fra sé e sé l'avvocato mentre vedeva l'amica avanzare verso un uomo dalla corporatura abbondante.

-Quindi lei non ha visto nessuno..- disse Emily avvicinandosi all'uomo che se ne stava seduto su un alto sgabello.
-Avrei dovuto? Sto tutto il giorno in questa stanza a fissare lo stesso film-
-Certo, ma avrebbe potuto notare..- incominciò Emily guardando l'uomo che si toccava un fianco sotto la maglietta.
-Sì?- domandò lui sorridendo vedendo l'attimo di esitazione della donna.
Improvvisamente sentì dei passi di corsa e poi Morgan che chiamava il suo nome a gran voce, si girò verso la porta non calcolando che era una mossa abbastanza azzardata visto i suoi sospetti su quell'uomo che infatti subito le cinse la vita e le puntò una pistola col silenziatore alla tempia.
-Emily!- puntò Morgan la pistola verso l'uomo che teneva la collega prigioniera.

-No!- gridarono all'unisono April e Jennifer a vedere quello che stava succedendo nella sala del macchinista.
Rossi si passò una mano fra i capelli sospirando.
Le cose si stavano mettendo male, l'S.I. aveva anche indicato un barile di benzina e minacciato di sparargli e far prendere fuoco a pellicole e tutto il resto se non avessero accolto le sue richieste.
Emily teneva le mani alzate e respirava lentamente per cercare di mantenere la calma. Ce l'avrebbe fatta, l'uomo non le aveva ancora tolto la sua pistola che rimaneva all'altezza dei fianchi sotto la giacchina scura.
-Dobbiamo far uscire tutti dall'edificio- disse Jennifer rimanendo però incollata a quel video. Erano tutti preoccupati e stare a vedere quello che succedeva in quella stanza li faceva sentire un po' più vicini alla situazione.
Appena Rossi vide entrare Hotchner nella stanza dalla porta alle spalle dell'uomo che teneva Emily tirò un sospiro di sollievo, ora sapeva che ce l'avrebbero fatta. -Andiamo!- decretò aprendo la porta e guardando le due ragazze e l'uomo della sicurezza che subito uscì.
April prima di uscire tirò un'ultima occhiata allo schermo mentre anche David lo osservava. Morgan aveva distratto l'uomo e Hotchner prontamente gli era saltato addosso dando l'opportunità a Prentiss di afferrare la sua pistola e sparare ad una gamba del killer che però si era venuto a trovare vicinissimo al barile di benzina.
-Corri!!- fu l'ultima parola che sentì prima di precipitarsi velocemente verso l'uscita.
Si trovavano al primo piano, proprio sopra la stanza del macchinista, fecero velocemente le scale e giunsero nell'atrio vedendo le ultime persone rimaste fuggire dall'edificio. In un attimo erano fuori.
Johnson poggiò le mani sulle cosce chinandosi un poco, non era abituata a correre, figuriamoci con un paio di tacchi! Ma appena vide una fumata nera uscire dall'edifico si tirò su spalancando gli occhi e portandosi una mano alla bocca.
-Andrà tutto bene- disse Rossi guardando i pompieri, che era arrivati sul posto prima assieme a loro, incominciare a lanciare acqua al fuoco che ancora non si vedeva.
Jennifer si precipitò verso l'entrata dell'edificio dalla quale era appena sbucato Reid tossicchiando.
April sospirò per poi mordersi il labbro inferiore, dov'erano gli altri?
In quel preciso momento David fissò i suoi occhi sulla figura della ragazza -No, tu hai già trovato chi cerchi.. ma non era nei tuoi programmi-
A quelle parole April guardò l'uomo sorpresa. Si ricordava ancora benissimo una delle prime conversazioni che avevano avuto. Come poteva averla ritirata fuori ora? Lo guardò intensamente mentre anche lui fissava i suoi occhi poi, con un sorriso, distolse lo sguardo. April scosse la testa. Lui non poteva sapere della sua lettera, lui non poteva sapere che qualcuno le aveva indicato chi stava cercando. Lui non poteva saperlo eppure.. quelle parole.
Abbassò lo sguardo stringendo le mani in dei pugni, adesso doveva pensare solo ai suoi colleghi. Senza una parola raggiunse JJ e Spencer mentre vedeva uscire dal fumo tre figure.
Si stavano tenendo una mano sul naso mentre con l'altra cercavano di farsi strada. Appena incominciarono a vedere senza che i loro occhi fossero appannati dal fumo si fermarono e subito furono raggiunti dai colleghi. Per fortuna stavano tutti bene, nessuno alla fine si era ferito. Avevano intuito subito la mossa del macchinista di sparare alla tanica di benzina, così senza perdere un attimo, si erano buttati nella sala cinematografica e avevano corso verso l'uscita. Ce l'avevano fatta.

April era appena uscita dall'ufficio di Hotch e si stava dirigendo sorridente verso l'uscita. Per quella giornata avevano finito.
Spencer la guardò scambiare due parole con Emily mentre fissavano di vedersi dopo cena per una birra, con Morgan che ammiccava per far finta di voler essere invitato.
Si morse il labbro inferiore continuando a rigirarsi fra le mani una penna blu piuttosto consumata. Appena April varcò la soglia dell'ufficio si infilò velocemente giacca e tracolla e uscì trafelato senza salutare. La raggiunse sulle scale fuori dall'edificio che si stava dirigendo verso la propria macchina.
-Spencer- lo salutò lei scoccandogli una veloce occhiata. In quel momento proprio non voleva starsene sola con lui. Non voleva minimamente sapere cosa ci facesse lì al suo fianco.
-Ti.. ti puoi fermare un attimo?- le sfiorò il braccio costringendola a girarsi verso di lui che subito puntò il proprio sguardo a terra. Non sapeva perché si stava comportando a quel modo. Aprì la bocca come a parlare ma in un primo momento le parole gli morirono in gola, vedendo gli occhi di lei così fermi e allo stesso tempo.. insicuri. Fece un respiro e finalmente parlò -Come.. com'è essere stati cresciuti da.. da-
April strattonò il proprio braccio dalla mano del ragazzo e non lo lasciò finire la frase -Essere cresciuti da qualcuno che, quando ha deciso di abbandonare tutto e tutto, ha scritto una bella lettera d'addio a un'altra persona?!- disse freddamente puntando lo sguardo in quei tremanti occhi nocciola. Sapeva che probabilmente per lui era stato difficile dirle quelle due parole ma.. ma ancora era troppo arrabbiata con suo zio perché potesse ragionare sulle cose. O forse era solamente incapace di credere a quello che lui le aveva scritto nella sua.. di lettera.


IMMAGINE

Emily stava sorseggiando una birra in compagnia di quella ragazza che era diventata ormai da qualche settima una sua collega e che la stava osservando con sguardo preoccupato. -Sicura di stare bene?-
-Certo! Non c'è da preoccuparsi, sono cose che capitano nel nostro lavoro-
-Vorrai dire nel tuo lavoro..-
A quelle parole la mora sorrise guardando l'altra ragazza immergersi nel suo cocktail alla frutta. Oramai aveva intuito che persona era. Anche se fra di loro non si sarebbero dovuti fare il profilo poteva benissimo dire quali erano le caratteristiche principali di quella ragazza. Allegra e determinata esteriormente ma dannatamente instabile dentro. Era riuscita a dedurlo dalle loro uscite serali e della sempre maggior confidenza che stavano prendendo l'una nei confronti dell'altra. -Tu invece hai qualcosa che non va-
April alzò la testa a guardare perplessa l'amica. -Scusa?-
Emily scosse la testa per poi poggiare il gomito sul tavolo che la divideva dall'amica e portarsi la mano sulla guancia. Era pronta per ascoltare.
April al vederla rimase un attimo titubante poi, finalmente, ammise -Credo di essermi comportata male con Reid- tirò un sorso al suo cocktail abbassando lo sguardo -In realtà non volevo ma ha tirato in ballo Jason e..- sospirò
-Gideon?-
-Sì. Vedi, io mi sono sempre sentita in competizione con lui, col nome che mi porto sulle spalle. Poi quando ho deciso di intraprendere giurisprudenza invece di psicologia lui c'è rimasto molto male e i nostri rapporti si sono affievoliti, ci sentivamo sempre meno.. io stessa volevo evitarlo. Avevo la strana convinzione che non vedendolo non mi sarei ritrovata a rispondere a domande riguardo la mia parentela con lui.. era diventata la mia ossessione- parlava a ruota senza fermarsi, come se le riuscisse più facilmente buttare fuori tutto senza pensarci troppo. -Poi, qualche anno fa ci siamo ritrovati. O meglio, io ho capito la mia stupidità-
-Non credo si tratti di stupidità- intervenne Emily -La pressione di un partente importante è sempre un peso, lo riconosco pure io nella mia situazione con mia madre-
April scosse la testa in segno affermativo -Sì, ma questa non è una buona scusa per rispondere male ai colleghi.. soprattutto se li frequenti da poco. Ma in un certo senso mi sembra di conoscervi già da lungo tempo, Jason mi parlava di voi, mi chiedeva consigli per i regali.. non so se lo facesse più per effettivo bisogno o solo per farmi sentire partecipe della sua vita, in un certo senso..-
Emily vide gli occhi dell'amica risplendere ai ricordi, nonostante tutto doveva essere molto legata allo zio. Le venne da pensare che forse lei sapeva dove era, dove si sta dirigendo, dove si stava rifugiando. Ma subito scacciò quel pensiero. Gideon non avrebbe mai permesso a nessuno di capirlo fino in fondo, nemmeno alla nipote che aveva cresciuto con tanta cura.

"Al saggio tutta la Terra é aperta, perché patria di un'anima bella é il mondo intero" Democrito.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 005a ***


Untitled Document

 

"L'uomo é difficile da scoprire, ed egli é per se stesso la più difficile delle scoperte" Nietzsche.

April varcò la soglia dell'ufficio di Hotchner con un'espressione furiosa in volto.
Aaron la guardò serio per poi passare lo sguardo su quell'uomo seduto davanti alla sua scrivania che, appena vide la ragazza entrare, si alzò in piedi tendendo le braccia verso di lei che evitò accuratamente di avvicinarsi e guardarlo.
-April..- mormorò il giovane uomo vestito con un completo grigio.
-Credo che non ci sia nulla da spiegare, solo un enorme malinteso- disse lei puntando gli occhi in quelli immobili del suo capo.
-Non credo- affermò subito l'uomo al suo fianco -Io non me ne vado senza di te, devi tornare a Philadelphia.. loro non ti possono trattare a questo modo!-
-Davvero Aaron.. va tutto bene- continuò la ragazza senza mai spostare il suo sguardo, fermo in quegli occhi neri che stavano osservando ogni minima espressione del suo volto.
-Bene, allora noi abbiamo un caso- disse infine Hotchner alzando una mano a indicare la porta dell'ufficio.
-Ma..- provò ancora l'uomo prima che April, finalmente, lo guardasse con austerità e dicesse seria -Andiamo fuori di qui-
Hotch guardò i due uscire dal suo ufficio e dirigersi verso l'open-space. Tirò un sospiro di sollievo.

Jennifer era appena uscita dal suo ufficio con il dossier di un nuovo caso quando si vide prendere una cartellina, che teneva fra le braccia, dalla mano di una arrabbiata April.
-Adesso devo lavorare, ne parliamo dopo-
-Questo non è il tuo lavoro- ribadì l'uomo incrociando le braccia al petto.
Penelope tirò un'occhiata a Emily per poi indicargli con un cenno della testa i due -Chi è?- mormorò
-Alto, atletico, castano, occhiali.. direi l'avvocato amico di April a Philadelphia- rispose la mora continuando a guardare la scena
-Tom per favore, non qui- provò ancora April
Emily scosse la testa in segno affermativo -Sì, Tom.. il collega con cui usciva-
-Chi usciva con chi?- chiese Morgan appena entrato nella stanza, prima di accorgersi della discussione che c'era in atto. Sorrise sedendosi alla sua postazione per poi tirare un foglio di carta appallottolata a Reid che se ne stava chino sulla scrivania a riempire chissà quali moduli.
Spencer alzò lo sguardo tirando un'occhiataccia al collega per poi fermare il suo sguardo su quella ragazza vestita con gonna di jeans, maglioncino e stivali verdi. Chi era quell'uomo?
-Io non ti capisco- continuò Tom scuotendo la testa
A quel punto April sospirò e sentendosi addosso gli occhi di tutto l'ufficio, prese per mano l'uomo che aveva davanti e lo portò in un angolo della stanza. Gli altri, nel frattempo, avevano finto di essere improvvisamente occupatissimi.
-Tom adesso non è davvero il caso di parlarne.. ma ormai il mio lavoro è qua-
-Non volevi nemmeno venirci-
-Lo so..- abbassò lo sguardo la ragazza -Ma invece mi sto trovando bene. Credevo di non farcela ma.. voglio andare avanti-
-Ti fa sentire bene..- incominciò l'uomo portandosi una mano a fra i capelli -..stare qua, magari lontano da me?-
April si morse il labbro inferiore della bocca abbassando lo sguardo -Ma no.. Tom, noi avevamo smesso di vederci già da un po' prima che io fossi trasferita a Quantico-
-Lo so, ma speravo che..-
-Niente- alzò le spalle la ragazza -Non speravi niente- disse puntando gli occhi in quelli di lui. Doveva fargli capire che in realtà non c'era mai stato niente fra loro, ma non voleva fargli del male, era pur sempre un suo buon amico.
-Certo- sospirò lui -Mi spiace di aver creato un po' di casino-
-Non ti preoccupare, ci penso io ad Hotchner-
Ton abbozzò un sorriso -Ho l'aereo tra qualche giorno, ci vediamo prima?-
-Se torno in tempo- sorrise April prima di vedere il ragazzo uscire dalla stanza e quindi dall'edificio. Sospirò salutando con la mano dalla finestra. Adesso come avrebbe affrontato gli altri?
Velocemente attraversò tutto l'open-space mormorando un -No comment!- ai colleghi che la guardavano divertiti, per poi fiondarsi nell'ufficio di Hotchner.
-Non si bussa?-
-Certo. Vuoi che esca, bussi e tu mi faccia entrare?- chiese April sedendosi sulla poltrona davanti alla scrivania dell'uomo.
-No, ovviamente-
-Mi spiace per questa storia-
-Voleva andare dalla Strauss, l'ho fermato per tempo-
-Grazie- sorrise flebilmente lei -E' dannatamente impulsivo! Anche in aula è così..-
-E' per questo che è bravo- disse Aaron finendo di scrivere qualcosa su dei fogli -Conosco suo padre- spiegò poi
-Meraviglioso- mormorò April accavallando una gamba
-Mi vuoi spiegare come ti sei vestita?- chiese poi Hotch lasciando andare la penna sulla scrivania e puntando lo sguardo sulla figuretta che aveva davanti.
April si guardò alzando le sopracciglia -Tutta colpa della scelta delle scarpe, le ho ritirate fuori da uno scatolone!- disse infine -Tu non vuoi sulla coscienza una bella, brillante e giovane avvocatessa morta perché inciampata su tot centimetri di tacchi mentre correva per salvarsi da chissà quale catastrofe o serial killer, giusto?- sorrise con un'espressione ilare negli occhi.
A quelle parole Aaron scosse la testa abbozzando un sorriso -Tu sei tutta pazza!-

Il caso di quel giorno stava portando la squadra nel sud degli Stati Uniti. Un caso infuocato: incendi. Un piromane che si divertiva a bruciare vive le sue vittime, senza però allargare l'incendio a edifici o quant'altro. Avevano ritrovato quattro cadaveri arsi con mani e piedi legati da difficili nodi.
Sul jet stavano tutti osservando il dossier del caso, un fascicolo alto e pomposo che comprendeva foto e rilievi.
April girò pagina e si ritrovò la foto di uno dei cadaveri proprio sotto il naso, no non riusciva proprio a reggere. Immediatamente chiuse la cartellina e velocemente si alzò quasi impaurita da quelle pagine che tanto le recavano ribrezzo. Tirò un'occhiata al fondo dell'aereo, Reid stava leggendo il suo dossier in disparte, taciturno.
Aveva notato che quella mattina l'aveva evitata e lei, d'altro canto, era stata troppo impegnata per accorgersene sul momento.
Fece qualche passo e gli si sedette davanti senza che lui battesse ciglio o scostasse lo sguardo dal dossier. Non le era d'aiuto.
Guardò dal finestrino le nuvole scorrere veloce poi, con un sospiro e puntando gli occhi sul ragazzo, mormorò -Mi dispiace-
Spencer deglutì, girò una pagina del fascicolo e continuò a leggerlo attentamente. Non le era affatto d'aiuto.
April ticchettò un attimo con le dita sul tavolinetto che la divideva dal ragazzo poi, velocemente, portò una mano sul dossier facendolo arrestare sul tavolo. Adesso non aveva scuse per non guardarla, ma gli occhi di Reid continuavano ad osservare quel fascicolo e non sembravano intenzionati a guardare il giovane avvocato.
-Spencer- continuò April togliendo la mano a coprire il dossier -Tu lo sai che non è con te che ero arrabbiata. Mi dispiace di aver reagito a quel modo-
Fu in quel preciso istante che Spencer alzò lo sguardo a guardare gli occhi sinceri di April. Abbozzò un sorriso chiudendo il fascicolo abbandonato sul tavolinetto. -Non ti preoccupare-
April lo guardò muovere impercettibilmente la testa, come in un tic nervoso. -E' stato complicato il mio rapporto con..-
-Non dovevo chiedertelo- la interruppe subito il ragazzo -Sono io che mi dovrei scusare- incominciò a tormentarsi le mani.
April continuò ad osservarlo, poi sorrise dolcemente abbassando la testa. Forse tutte e due avevano capito il dolore che provavano su quell'argomento così delicato. Ci sarebbe stato tempo per conoscersi e parlarne.
Improvvisamente le balenò in testa un'idea -Spencer.. credi di poter dare una mano ad un ragazzo in fisica?-
Reid la guardò stupito, capendo l'attimo dopo che gli stava chiedendo bandiera bianca. -Ho un dottorato in fisica..-
April gli sorrise. Aveva capito.
Spencer le sorrise. Aveva capito.

-Da fuoco alle persone come se fossero oggetti..-
-Per fare questo ha bisogno di uno spazio grande e ignifugo se non vuole rischiare di creare un incendio- disse Rossi sedendosi su una sedia dell'ufficio che il distretto di polizia del posto aveva riservato alla squadra di Quantico. Erano arrivati lì da pochi minuti ma già Reid aveva attaccato ogni singola prova e foto riempiendo la lavagna a loro disposizione.
-Le vittime non hanno legami, sono uomini e donne di età differenti..-
-Tutti di ceto medio, tranne Amy Jackson che è figlia di un procuratore.. ed è la prima vittima- osservò JJ
-Dovremmo parlare con suo padre, forse lei ha qualche legame con l's.i.- disse Hotchner pensoso facendo un cenno con la testa a Prentiss che subito si infilò la giacca e uscì seguendo il suo capo. Emily aveva notato che sempre più spesso facevano coppia assieme, che avesse iniziato davvero a fidarsi di lei? Infondo aveva dimostrato più volte di essere legata alla squadra e Hotch sembrava prenderla in considerazione per qualsiasi consiglio e parola. Ricordava ancora, quando c'era l'agente Todd, che Aaron aveva accettato la sua proposta di esporla sul campo e poterle dare una seconda possibilità. Era stata lei a consigliarlo e tutto era andato per il meglio. Non sapeva perché ma si sentiva bene. A quella considerazione non poteva che rispondere che con un gran sorriso.
-Pensi l's.i. conoscesse la prima vittima?-
-Può darsi, è una tipologia differente dalle altre.. magari è stato il fattore che gli ha fatto perdere il controllo- suppose Hotch aprendo la macchina e salendo al posto del guidatore.
-E' così confuso questo caso, questo profilo..- disse Emily allacciandosi la cintura di sicurezza
-Per i piromani c'è sempre una componente che fa scattare la scintilla: sesso o potere-
-E la nostra scintilla potrebbe essere stata Amy Jackson, giusto?-
-Giusto- confermò Aaron tirando un'occhiata veloce alla collega. Perché si sofferma sempre più spesso ad osservarla? Non si dava pace, gli dava i nervi accorgersi di queste sue debolezze. Gli dava i nervi farsi il profilo e accorgersi di tanti piccoli gesti che meno di anno fa non avrebbe mai fatto, che se ci fosse stata Haley ancora con lui non avrebbe mai fatto, mai pensato. Beh, se ci fosse stata Haley non avrebbe mai notato certe cose, gli venne da pensare mentre digrignava i denti. Ancora un pensiero che non gli piaceva affatto. Doveva davvero smetterla di comportarsi con tanta leggerezza a volte, doveva smettere di sorridere più del solito. Doveva. O forse no?

April scosse la testa sospirando. -Come si può stare a guardare qualcuno bruciale? Come può essere.. divertente?- disse più a se stessa che al resto della squadra.
Morgan la guardò un attimo per poi alzarsi e richiamarla ad andare con lui sul luogo del ritrovamento dell'ultimo cadavere.
L'avvocato lo guardò con una strana espressione del volto ma senza fiatare lo seguì fino alla macchina. Non voleva sembrare timorosa ad esporsi sul campo anche se quello non era propriamente il suo lavoro.
-Ti ho visto parlare con Reid sul jet- ruppe il silenzio che si era creato nell'auto scura.
-Quattro chiacchiere- la buttò lì April. Non le piaceva affatto che le facessero il profilo ma era conscia che questo era inevitabile, stava a stretto contatto con i migliori profiler del mondo.
Derek sorrise ticchettando le dita sul volante -Sei sfuggente-
-Sfuggente?- domandò ironica lei girandosi a guardare il bel ragazzo.
-Noi siamo una squadra e tu sei entrata a farne parte.. dovresti cominciare a fidarti di più-
-Sono sicura che fareste l'impossibile l'uno per l'altro, e credo che lo fareste anche per me.. ed io mi lascerei aiutare- disse April concentrandosi sulla strada che le scorreva davanti -Ma il punto è: tu ti lasceresti aiutare?-
Morgan accostò la macchina lungo la strada provinciale vicino ad altre macchine della polizia. Poco più avanti degli agenti stavano analizzando il terreno arido.
April aprì lo sportello della macchina, sapeva che la sua non era affatto una domanda. Derek non le avrebbe risposto. Forse nemmeno lui aveva davvero una risposta.
Si stava dirigendo verso gli agenti quando una mano le sfiorò il braccio -E tu ammetteresti che sei più una profiler che un avvocato?-
Lo guardò mettersi gli occhiali da sole e camminarle davanti per poi fermarsi dagli agenti e interrogarli sugli ultimi sviluppi di quella scena dell'abbandono.
April si scostò con una mano i capelli che le si erano arruffati a quel vento che sembrava non voler smettere di soffiare. Si guardò intorno. Tutta quella zona sembrava abbandonata da Dio se non fosse stata per quella strada asfaltata che correva lungo quella pianura arida e stepposa. Una strada che attraversava un paese in movimento senza che nessuno badasse al suo percorso. Forse in quella stessa strada una macchina era sfrecciata veloce portando con se un uomo senza meta alla ricerca di se stesso, le venne da pensare. Lei non era una profiler, le uniche cose che sapeva gliele aveva insegnate un uomo che aveva rinunciato a troppe cose nella sua vita che alla fine, ne era fuggito. Lei non era affatto come quell'uomo.
Sospirando fece quegli ultimi passi che la portarono al fianco del ragazzo di colore che si era girato per sorriderle. Era strano come loro due tirassero i dati, guardassero i punteggi, e finissero sempre in parità. Era strano come si intrufolassero ognuno nella vita dell'altro senza chiedere o bussare ma trovassero sempre la porta socchiusa. Era strano come poi tornassero a sorridersi senza chiedere altro. Era strano.
-I cadaveri sono stati trovati tutti su questa strada a distanza di pochi chilometri-
-Giusto per trovare una spiazzo dove parcheggiare e poi potersi addentrare con facilità e lasciare il corpo..-
-Dovremmo perlustrare la zona, potrebbero esserci altri cadaveri- asserì Derek prendendo il telefono. Garcia doveva fornirgli una mappa aerea di quel posto.

-I giornali già urlano al serial killer- disse JJ mostrando un quotidiano del posto -Il caso ormai è di dominio pubblico-
-L'uomo del rogo- lesse Rossi -Questo non ci aiuterà, i piromani si nutrono della paura degli altri.. la fama fa il suo successo-
-Da dove incominciamo?-
-Dal profilo- disse Hotchner appena rientrato assieme a Prentiss che subito si mise a sedere di fianco a Jennifer.
-I piromani solitamente sono giovani maschi bianchi che appiccano incendi per vandalismo o motivi politici o vendetta..- incominciò Reid
-E questo non si rifà ai primi due. Tutto ci porterebbe alla vendetta ma questo vorrebbe dire che l's.i. dovrebbe conoscere le vittime-
-I piromani sono socialmente inadeguati, Amy Jackson era una ragazza in vista nella città e nel polo universitario.. l's.i. potrebbe aver subito un rifiuto da lei- disse Emily -Il padre non vedeva la figlia da qualche settimana, non sono molto legati, lui non c'entra-
-Quindi dobbiamo trovare un nesso logico fra queste vittime- finì David osservando le foto degli omicidi attaccate diligentemente alla lavagna, prima che l'attenzione di tutti fosse diretta verso il cellulare di Hotch che aveva cominciato a squillare all'impazzata. Appena risposto il volto dell'uomo si rabbuiò e ogni secondo che passava sembrava assumere un'espressione sempre più severa. -Ci sono altri corpi- disse appena riagganciato -Morgan dice che avanzando hanno trovato altri due corpi e su uno di questi c'era un segnalibro-
-Un segnalibro?- chiese Emily perplessa
-Sì, della biblioteca cittadina. Morgan e Johnson si stanno dirigendo là-

...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 005b ***


Untitled Document

...

-Bambina dammi qualche bella notizia!- disse Morgan al telefono, appena uscito dalla macchina, davanti alla biblioteca pubblica.
-Mi sono messa in contatto col database della biblioteca, hanno un sistema di monitoraggio per sapere chi usufruisce dei loro servizi, ed ho scoperto che tutte le vittime vi sono andate il giorno del proprio omicidio- disse Penelope dall'altra parte della cornetta.
-Credevo in qualcosa di meglio-
-Oh ma così non hai fiducia in me!- fece finta di lamentarsi Garcia -Ho trovato che qualcuno usufruisce della linea internet della biblioteca per aggiornare il proprio blog.. e sembrerebbe proprio che sia l'uomo che state cercando-
-Così mi piaci! Invia tutto a Reid.. passo e chiudo- sorrise Morgan mentre apriva la porta dell'edificio ad April che subito si avvicinò al bancone del reference.
-Buongiorno- sorrise alla donna di colore che stava sfogliando un libro -Avremmo bisogno di qualche informazione-

-Il suo corpo si muoveva come dominato da una forza maggiore, non aveva più nulla di umano nemmeno i folti capelli di cui tanto si vantava- lesse Spencer dal computer portatile.
-Fammi capire, in questo blog ci sono i dettagli degli omicidi?- chiese JJ allungandosi per vedere il monitor
-A quanto sembra..- mormorò il ragazzo
-Garcia è risalita all'account ma è tutto stato fatto dalla linea della biblioteca- disse Hotchner
-Dove tutti possono utilizzare i computer- continuò Emily scuotendo la testa
-Ci sono voluti giorni per identificare i corpi.. quanto ci vorrà per sapere di chi sono i nuovi corpi trovati?- David continuò a guardare le foto delle vittime sospirando -Qualcuno si diverte a cercare persona in biblioteca e poi le attira nella propria trappola mortale..-
-..trascrivendo tutto su internet- finì Spencer continuando ad esaminare quello scritto.

Quella biblioteca era stata sistemata in un vecchio ed imponente edificio ma come non la finiva di spiegare la bibliotecaria lo spazio era sempre molto ridotto rispetto alle ingenti quantità di materiale cartaceo che la biblioteca possedeva. Era una delle maggiori di quella zona, serviva sia i normali utenti che gli studenti che gli universitari. Tutti potevano essere plausibili piromani ma solo uno si divertiva a dar fuoco alle persone.
Johnson più ascoltava quella donna spiegarle il funzionamento della biblioteca più vedeva la lista dei sospetti crescere.
-Quindi ci sta dicendo che serve una tessera magnetica per entrare?- chiese Morgan interrompendo il monologo della donna
-Sì, basta passarla nella base che il cancelletto si apre-
-Quindi potete monitorare chi sono gli utenti?-
-Oh questo no.. la privacy-
-Ovviamente..- mormorò April guardandosi attorno. La maggior parte delle persone erano studenti che leggevano in disparte o a gruppetti che ripetevano a bassa voce.
-L'unico metodo di monitoraggio sono per i libri in prestito-
-Può fornirci una lista degli ultimi due mesi?-
-Sarà un papiro, lo sa?-
Morgan scosse la testa in segno affermativo. Non sapeva proprio cosa doveva fare con quel posto, gli sembrava di dover trovare un ago in un pagliaio.
Lasciata la bibliotecaria avevano deciso di fare un giro per rendersi conto degli spazi e dell'utenza ma proprio non sapevano cosa aspettarsi di diverso a quello che già avevano valutato. Quel posto sembrava normalissimo, non aveva una cosa fuori posto, nemmeno un libro: un uomo monitorava costantemente tutti i libri sugli scaffali grazie al loro codice di segnatura.
-Sembra tutto stramaledettamente normale..-
-..ma da qui parte un piromane- finì Derek guardando la collega poggiare la schiena ad una scaffalatura.
-Sono un serial killer che cerca persone da uccidere in una biblioteca.. da dove parto?- chiese April cercando di far mente locale.
-Devo farmi conoscere, apprezzare dalle persone perché mi seguano-
-Esatto.. quindi devo essere presente qua dentro in maniera quasi costante.. non si fanno tante conoscenze in biblioteca se devi studiare- finì la ragazza guardando la copertina di un libro un po' usurata. Orgoglio e Pregiudizio, Jane Austin. Sorrise a leggere quel titolo, era uno dei suoi libri preferiti. A volte si ritrovava ad essere romantica.. una caratteristica che aveva perso man mano che le sue relazioni le avevano dato solo dispiaceri.
-Parli per esperienza personale?- domandò ironico Morgan
-Forse- rispose April avviandosi verso l'uscita della biblioteca seguita dal collega -In realtà non è che frequentassi molto questi posti-
-College di feste e rock 'n roll?-
-Uhm..- storse il naso lei -..semplicemente un gruppo di amici e tante foto-
-Brian!- sorrise Derek aprendo l'auto
-Colpito e affondato!-

Era da un bel po' che era davanti al computer a leggere accuratamente quelle pagine del blog dell'omicida. Aveva gli occhi ormai lucidi e rossi, non era proprio abituato a stare tutto il giorno davanti ad un monitor, in quel momento non sapeva proprio come facesse Garcia.
Si era appena rimesso a leggere, dopo essersi strofinato bene le palpebre, quando sentì una mano posarsi leggera sulla sua spalla per poi scomparire e trasformarsi ai suoi orecchi in una delicata risata e ai suoi occhi in un dolce sorriso di quella ragazza che gli si era appena seduta di fianco. Restò qualche attimo ad osservarla mentre si sporgeva verso di lui per vedere il monitor del computer. Una fresca folata di buon profumo era arrivata fino alle sue narici e gli aveva fatto ricordare strane sensazioni di benessere.
-Ehy genio, mi hai sentita?- gli disse April girandosi e poggiandogli l'indice sulle labbra come a vedere se fosse ancora vivo.
Spencer si inumidì subito le labbra assaporando un dolce salato che lo fecero subito destare da quello stato di trance nel quale era sprofondato così improvvisamente.
-Dicevi?- chiese tossicchiando e allontanando un poco la sedia dal tavolo e quindi da lei.
-Chiedevo se era questo il blog dell's.i.- mormorò April -..ma credo di esserci arrivata da sola- sorrise infine scostandosi e poggiandosi sullo schienale della sedia nella quale era seduta.
-Morgan è..- accennò Reid guardando alle sue spalle oltre la vetrata che lo divideva dal resto della squadra
-..nell'altro ufficio con gli altri..- disse lentamente lei -..ma cos'hai Spencer, tutto bene?- chiese infine un aria quasi preoccupata. Che avesse fatto ancora qualcosa di sbagliato?
-Certo!- esclamò subito il ragazzo tornando a posizionarsi davanti al computer -Tutto bene-
-Ok..- biascicò April appena prima che il resto della squadra entrasse nella stanza.
-Trovato qualcosa?- domandò subito Hotch
-C'è qualcosa di strano..- incominciò Spencer concentrandosi sul monitor -..qui sembra siano descritti per filo e per segno gli omicidi.. tutto torna con i corpi che abbiamo ritrovato..-
-..ma?-
-..ma l's.i. chiama le vittime con nomi diversi dai cadaveri che abbiamo trovato..- continuò il giovane ragazzo portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio -..Emma, Dorian, Holden..-
-Holden?- domandò Emily perplessa -E il nostro killer troverebbe le vittime in biblioteca..-
-C'ho pensato.. credo che l's.i. immagini le persone come personaggi di libri- concluse Reid guardando gli altri soddisfatto.
Ci fu un attimo di silenzio generale infine Morgan afferrò il suo telefono, mise il vivavoce e una voce femminile rispose dall'altra parte della cornetta.
-Tesoro!-
-Bellezza siamo in vivavoce, comportati bene!-
-Agli ordini!- esclamò allegra Penelope -Ditemi tutto-
-Prendi la lista che ti ha mandato la biblioteca.. quella dei dipendenti- esclamò il ragazzo mentre April sorridendogli diceva -Per far conoscenza in biblioteca il nostro uomo deve passarci molto tempo e rendersi una figura sicura agli occhi degli altri-
-E deve avere il tempo di studiarsi ogni libro per ogni vittima- concluse Rossi
-Ce l'ho.. fra dipendenti occasionali, bibliotecari di reference, front e back office sono un bel po' di persone-
-Restringi il campo a quelli maggiormente presenti dentro la biblioteca e al pubblico- disse Emily poi, pensando al profilo di un classico piromane aggiunse -Guarda chi ha avuto piccoli precedenti magari di vandalismo o violenza contro gli animali..-
-Allora.. Peter Morrigan è stato denunciato per disturbo della quiete col suo vicino.. gli aveva investito il gatto-
-Potrebbe essere lui. Quale è il suo compito in biblioteca?-
-Monitorare i libri-
-Lo abbiamo visto!- schizzò su April -Stava parlando con un ragazzo-
-Sì, che aveva tutta l'aria di Harry Potter da adulto- finì Morgan prendendo il telefono, salutando Garcia e precipitandosi verso le auto con gli altri.

-Non c'è.. è uscito dall'edificio circa un'ora fa- disse Prentiss appena uscita dalla biblioteca.
-La bibliotecaria lo ha visto uscire insieme ad un ragazzo- confermò Hotchner mentre prendeva il telefono e avvertiva Rossi che si stava dirigendo a casa del killer.
-E' un appartamento..- mormorò Emily scuotendo la testa -..non può uccidere lì, ha bisogno di uno spazio grande e isolato..-
-Non mi deludere bambolina!- rispondeva intanto Morgan al telefono poco prima di fare un cenno agli altri due e salire in macchina -Garcia ha detto che Morrigan ha da poco ereditato un fabbricato in Westhouse, è una zona di cantieri-
-Perfetto, è il nostro posto!- esclamò Hotch pigiando sul pedale dell'accelerazione.
-Garcia mi ha anche detto che la biblioteca lo ha messo in aspettativa.. potrebbe essere il fattore di stress-
-Sta perdendo il lavoro che ha fatto da una vita..- continuò Emily, seduta nei posti posteriori dell'auto, -..ha sempre lavorato a stretto contatto con i libri, vede nelle sue vittime i personaggi di romanzi.. lui vuole bruciare i testi stessi-
-Nel suo delirio pensa che se eliminerà i protagonisti farà dimenticare i testi e quindi..-
-..niente libri niente biblioteca, niente lavoro per tutti- concluse Aaron accostando velocemente l'auto e scendendo estraendo la pistola -State attenti- sussurrò appena prima di dirigersi verso l'entrata del capannone.
-Peter Morrigan, FBI!- esclamò Derek sfondando la porta malandata dell'edificio.
Il buio e il silenzio avvolgevano quel grande stanzone. I tre agenti entrarono con le pistole ben puntate davanti a loro dove si trovavano due porte, una delle quali era aperta e si poteva intravedere la luce accesa.
Emily si accostò al muro della porta mentre Aaron vi si affacciava a controllare. Con un gesto della testa richiamò i colleghi che velocemente entrarono nella stanza. Quello che si ritrovarono davanti fu una strana situazione. Peter era seduto comodamente sprofondato su una poltrona che guardava nella stanza accanto separata da quella da una grande vetrata. Nell'altra stanza un giovane ragazzo aveva le mani legate al soffitto con un cordone, i capelli arruffati e qualche colpo sul corpo mostrava che aveva combattuto, che si era difeso.
Morgan puntò la pistola alla tempia dell'uomo che non accennava a girarsi verso di loro e fu in quel momento che parlò -Vi ho visto alla biblioteca.. siete venuti a cercare me-
-Libera quel ragazzo!- gridò Hotch mentre con un cenno faceva sì che Emily uscisse e cercasse di entrare nell'altra stanza.
Intanto le sirene della polizia si sentivano da fuori l'edificio.
-Io non potevo lasciarli vivere.. lo sapete-
-Alza le mani, mettile bene in vista!-
-Se lo farò brucerà tutto..- mormorò l'uomo con un ghigno in faccia, quasi di compiacimento -Noi bruceremo.. ritorneremo quello che siamo sempre stati: cenere-
Rossi e Reid intanto avevano raggiunto Prentiss che proprio in quel momento era riuscita a spalancare la porta dell'altra stanza.
-Soffriremo tutte le sofferenze..-
Hotchner guardò Morgan di sfuggita appena prima di uscire dalla stanza, gridare ai colleghi, avanzare verso Emily spingendola da una parte. Derek intanto, avendo intuito anche lui il piano del piromane, aveva seguito il suo capo e appena questo gli aveva liberato la porta dell'altra stanza, si era precipitato sul ragazzo sciogliendo le corde e buttandosi faccia a terra nello stanzone.
Peter nel momento in cui aveva visto entrare Morgan nell'altra stanza aveva pigiato il bottone fatale che aveva attivato due fasci di fuoco per ogni stanzetta.
-Via, via, via!!- gridò Rossi correndo verso l'uscita dell'edificio, non prima di aver aiutato Morgan e il ragazzo ad alzarsi in piedi.
Si ritrovarono tutti fuori dall'edificio tossicchiando mentre sentivano le sirene dei pompieri raggiungerli.
Fu solo in quel momento che Emily si accorse che la sua mano era ancora legata a quella di Aaron che gliela aveva stretta per impedirle di entrare nell'altra stanza e per lasciar campo libero a Derek. Fu solo in quel momento, guardando il volto di quell'uomo i cui occhi stavano vagando lontani dai suoi, che si accorse di quanta sofferenza era segnata in quell'espressione sempre seria e accigliata. Fu in quel momento, stringendo quella mano per una manciata di attimi, che lasciò che le sue dita si sfilassero da quelle di quell'uomo che a lei piaceva chiamare Aaron nei suoi pensieri. E fu in quello stesso attimo che lui sentì di essersi lasciato andare mentre il suo sguardo si posava sul sorriso di quella donna che si impediva di chiamare Emily.

Appena rientrarono al distretto di polizia trovarono due preoccupatissime Jennifer ed April ad aspettarli. Avevano sentito dell'incendio e la loro mente aveva accantonato ogni pensiero per fissarsi sul team, sulla caparbietà di tutti i suoi membri, sull'avventatezza, l'orgoglio e qualsiasi altro aspetto che poteva farle preoccupare maggiormente. Per questo, appena tutti varcarono la soglia dell'ufficio, trovarono ad aspettarli due sorrisi irrequieti ma sinceri.
Jennifer scosse la testa sospirando per poi afferrare il cellulare e chiamare William che sarebbe tornata presto.
-Forse avrebbe bisogno di più tempo..- disse Hotchner sedendosi alla scrivania così come Rossi.
-E' lei che è voluta tornare, vuol dire che le va bene così- rispose l'altro
-Lo so ma.. potrebbe perdersi delle belle cose di Henry-
-Quando succederà sarà lei a dirtelo.. ricorda che è una mamma, vuol dire molto di più- si intromise nel discorso Emily sorseggiando il caffè che si era appena preparata.
A quelle parole Aaron assunse una strana espressione mista di ricordi, gioie passate, sofferenze e tanta, tanta voglia di andare avanti. David lo guardò sorridendo. Forse era qualcun'altro a dover mettere a posto le proprie carte, non JJ.

-Vieni, vieni, entra!- gli sorrise April in jeans e maglietta facendolo accomodare nel salotto.
Era stato per quasi un minuto a fissare quella porta in quel dannato corridoio. Si era dondolato su se stesso, si era portato più volte una ciocca di capelli dietro l'orecchio, si era guardato la punta delle scarpe tanto che ora sapeva i minimi dettagli e sfumature di quella pelle marrone trattata.
Poi gli era bastato suonare, finalmente, quel campanello per sentirsi ancora più agitato.
Infine gli era bastato il sorriso di quella ragazza per rilassarsi.
Lei era in quella casa ad aspettarlo anche se abitava nell'appartamento accanto. Lei era in quella casa per rassicurarlo su quel lavoretto che gli aveva procurato. Lei era lì per non farlo sentire in imbarazzo con quelle persone che non aveva mai visto né conosciuto.
April gli fece strada fino alla cucina dove trovò una donna intenta a preparare la cena. -Eve lui è il Dottor Reid. Spencer, lei è Eve Russell-
-Piacere- esclamò la donna mentre Spencer la salutava con la mano -Mio figlio sta scendendo..-
-Sono qua mamma- disse un ragazzo appena sceso da una piccola mansarda. Aveva i capelli neri arruffati e gli occhi chiari si puntarono subito sul giovane ragazzo accanto ad April, lei che sorridendogli lo presentò -Lui è Sasha.. e credo che la vostra postazione sarà in salotto-
-Sì, vieni- disse lui avviandosi lungo il corridoio e posizionandosi al tavolo nella stanza opposta alla cucina. Spencer lo seguì e si sedette davanti al ragazzo che aveva cominciato a prendere fogli, penne e aveva aperto un voluminoso libro di scuola. Fisica.
-April mi ha detto che hai un sacco di lauree, non volevo credere che fossi giovane-
-Sì, lo fanno tutti- abbozzò un sorriso Spencer indicando al ragazzo un esercizio dal libro -Devi fare questi?-
-Sì, io non ci capisco molto di numeri e tutte queste cose- disse Sasha scrivendo l'intestazione di una formula -Sai, ho altri interessi-
-Immagino- borbottò Reid lievemente in imbarazzo, lui aveva fatto il college a 12 anni, aveva solo una vaga idea di quello che il ragazzo voleva dirgli. -Vediamo un po' come sei messo per ora.. facciamo questo?-
Sasha si mise a leggere il testo di un esercizio per poi iniziare a fare strane figure sul foglio. Spencer lo guardò silenzioso cercare di cavar fuori qualche ricordo dalle lezioni che probabilmente non aveva seguito con attenzione. Lo guardò per un po' poi spostò lo sguardo lungo il corridoio che avevano percorso per raggiungere quella stanza. Dall'altro capo intravedeva la sedia sulla quale era seduta April che proprio in quel momento aveva poggiato la schiena allo schienale e stava ridendo di gusto.
-E' molto carina, vero?-
-Come?- si girò subito Spencer verso il ragazzo
-Sì, insomma.. April- sorrise furbetto -E' stata una fortuna che lo prendesse lei l'appartamento qua accanto, fin'ora c'erano state solo vecchie signore- continuò scarabocchiando qualche altro segno sui fogli poi, alzando lo sguardo, finì -Parla spesso di te-
Spencer lo guardò assumendo una strana espressione e scuotendo un poco la testa poi, appena vide il ragazzo riconcentrarsi sull'esercizio, girò appena lo sguardo ad incontrare due occhi che gli stavano sorridendo dall'altro capo del corridoio. Abbozzò un sorriso mentre un colorito rossastro gli coloriva le guance.
-Lei ti piace-
A quelle parole Spencer si ricompose, deglutì tossicchiando per poi serrare le labbra e portare la sedia più vicina al tavolo. Poi, facendo finta di non aver sentito disse -Fammi vedere cosa hai fatto dell'esercizio-
Sasha guardò il ragazzo con sorrisetto furbo sulle labbra, gli passò i fogli e ripeté -Lei ti piace da matti-

"Non cantata, l'azione più nobile morirà" Pindaro.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 006a ***


Untitled Document

CM 006

 

"Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi" B. Russell.

Jennifer riattaccò il telefono restando poi per qualche attimo ferma nel buio del suo ufficio illuminato solamente da una piccola lampada sulla scrivania. Era la prima volta dopo la nascita di Henry che si fermava così a lungo in ufficio ma stava davvero aspettando quella telefonata anche se, in realtà, non le piaceva affatto quello che il detective le aveva appena detto.. ma purtroppo se lo aspettava. Un'altra vittima. Un caso davvero troppo atroce perché restasse ancora insoluto, perché ancora loro non ci lavorassero sopra.
Velocemente scostò alcune cartelline per afferrare il dossier del caso e, senza nemmeno aprirlo, si alzò dirigendosi verso l'ufficio di Hotchner.
-JJ, ancora qua?!- si sorprese lui al vederla entrare di fretta porgendogli un malloppo di fogli e foto.
-Avevo avvertito William che stasera probabilmente non sarei tornata a casa-
Hotchner la guardò con aria quasi di rimprovero ma poi, senza dire una parola, cominciò a guardare quei fogli che lei gli aveva passato. -Cos'è?-
-E' quello che si chiede anche il detective che sta seguendo il caso.. troppi morti e troppi nello stesso modo-
-Non possono essere tutti incidenti- continuò lui ad osservare quel dossier
-Troppi ubriachi che cascano accidentalmente in un lago-

Afferrò il suo bicchiere di grecale facendovi girare un poco il vino dentro. Quella situazione le sembrava così dannatamente strana. Tom era rimasto in città per quasi una settimana e l'aveva chiamata tutti i giorni in cerca di sue notizie, ma lei ormai aveva deciso di rimanere, di rimanere in quella città con quella squadra.
April sospirò guardando l'uomo bere un sorso del suo whiskey. A Tom la sua decisione doveva sembrare davvero fuori luogo. Se ne era andata da Philadelphia imprecando perché costretta a lavorare in un posto nel quale non sarebbe mai voluta andare ed ora, ora che lui era venuto a prenderla, lei non voleva più andarsene da quel posto.
Sospirò. Tom non sapeva nulla di suo zio. Tom non sapeva quale legame la legava a quel posto. Tom non sapeva che lei non voleva andare a Quantico per non riaprire una ferita mai chiusa. E Tom, Tom non sapeva che probabilmente lei, ora, era felice perché sapeva di star affrontando la sua paura più grande: di non essere all'altezza.
-E' complicato- mormorò senza distogliere lo sguardo dagli occhi chiari di quell'uomo. Doveva assolutamente fargli capire che non era colpa sua se non voleva tornare a Philadelphia con lui.
-Sembra che i tuoi nuovi colleghi ti stiano a cuore-
A quelle parole April sorrise -Sembra che tu sia geloso di qualcuno che non conosci-
-Sembra- puntualizzò Tom facendo tintinnare il ghiaccio nel suo bicchiere.
-La situazione è cambiata, io credo di stare bene adesso-
-E' solo per questo motivo che domani me ne tornerò a casa-
April lo guardò meravigliata, davvero non capiva. Credeva di dover affrontare un uomo testardo, quale lui era, che non voleva sentir ragioni per non riportarla con sé. Continuò a fissarlo finché lui non continuò -Ho fatto due telefonate.. ed ho avuto il nome che cercavo-
-Nome?- chiese febbrilmente, in agitazione.
-Jason Gideon- esclamò Tom senza mezzi termini, tagliente come solo lui riusciva ad essere. -Sono un avvocato April, faccio il mio mestiere- finì guardandola negli occhi mentre un sorriso dolce gli si formava sul bel volto, nonostante in quel momento volesse rimanere il più freddo possibile. Ma era lei, era quella ragazza che un giorno era entrata nel suo ufficio a reclamare il suo posto di avvocato, che gli era entrata dentro come una fresca folata primaverile, a non farlo rimanere impassibile.
Finì il suo whiskey con un gesto veloce. Lui non era affatto innamorato di April, non lo era mai stato come lei non lo era mai stata di lui. Sentiva solo una grande attrazione verso quel visetto che ora lo stava guardando con tanta serietà. Sapeva che si era legato a lei più del dovuto ma lui davvero non ne era innamorato. E anche se non fosse stato vero, ora doveva solo convincersi di questo.
Quel lungo minuto di silenzio fu interrotto dallo squillo continuo del cellulare di April che, come risvegliata, prese velocemente l'oggetto dalla borsetta e rispose con un mugolo.
Tom vide l'espressione del suo visto cambiare verso una dannatamente preoccupata. Quando riattaccò la guardò interrogativo afferrare borsa e cappotto ed alzarsi dal divanetto nel quale era seduta. -Era JJ, c'è un nuovo caso e devo correre al Bureau-
-April.. è da poco passata l'ora di cena- disse Tom scuotendo la testa.
-Purtroppo gli omicidi non attendono.. mi dispiace- disse sorridendo realmente dispiaciuta. Stette per qualche attimo a guardarlo poi, chinandosi, gli scoccò un bacio sulla guancia. -Se passi da queste parti fammi uno squillo-
-E tu se dovrai venire a Philadelphia- sorrise l'uomo continuando a fissarla finché non fu uscita da quel locale lasciandogli un dolce sorriso negli occhi.


IMMAGINE

Aveva lasciato cadere la sua immancabile tracolla su un fianco mentre con la mano destra afferrava il contenitore del suo caffè. Aveva proprio bisogno di caffeina in momento.
Sospirando uscì dal locale dirigendosi verso l'entrata della metropolitana, attraversando un grande parcheggio affollato. Era sera e i locali erano aperti e quel parcheggio sembrava l'unica sosta consentita vicino ai punti più in voga della città.
Anche quella sera si era fermato a casa di Sasha per aiutarlo nelle lezioni ma stavolta non aveva trovato April ad aspettarlo. Il suo sorriso si era quasi spento quando aveva visto la Signora Russell aprirgli la porta. Davvero non riusciva a capirsi, lui non era certo lì per vedere lei.. ma forse si aspettava quegli occhi nocciola ad attenderlo.
-Ehy.. Spencer?-
Davvero non capiva come il suo cervello potesse fare delle considerazioni così stupide.
-Spencer!- stavolta April gridò dando un leggero colpo al clacson. Vide il ragazzo sussultare fermando i suoi passi e girandosi dalla sua parte. -Buongiorno- sorrise facendogli cenno di salire in macchina.
Reid la guardò qualche secondo ancora prima di scuotere la testa e corricchiare per raggiungere la portiera e salire nel posto del passeggero.
April l'osservò mentre si allacciava la cintura e finalmente alzava lo sguardo verso i suoi occhi.
-Ero da Sasha e allora mi sono fermato a mangiare un boccone da queste parti- spiegò Reid sorridendo
-La prossima volta bussa alla porta accanto, magari ceniamo insieme- esclamò April evitando di guardare la sua espressione, poggiando le mani sul volante e dando gas.

-Non è affatto vero.. McEwan ha una grande capacità descrittiva- ribadì April entrando nell'ufficio semi deserto dell'FBI accanto ad uno spensierato Reid che togliendosi la tracolla e abbandonandola sulla scrivania si girò verso la ragazza sorridendo. -Non ho detto che non ce l'ha, ho detto che riesce meglio ad esprimere le emozioni dei personaggi ed è solo per questo che entra nei cuori dei lettori-
-Tu sei troppo matematico!- esclamò lei poggiando una mano sulla scrivania del ragazzo.
-Razionalizzo quello che leggo- ribatté lui andando verso la macchinetta del caffè -Ne vuoi?-
-Grazie.. ma tu dovresti smettere- gli sorrise mentre saliva le scale per dirigersi verso l'ufficio di Garcia dal quale sentiva provenire delle risate.
Appena si affacciò nella stanza vide le sue colleghe zittirsi restando però con un sorrisetto stampato in faccia. -Beh?- chiese curiosa
Le tre di guardarono ridendo sotto i baffi e poi fu Emily a chiederle sorridente -Ma come fai?!-
-A fare cosa?-
-A stare ad ascoltare Reid per un sacco di tempo! Sai, ti abbiamo vista uscire di macchina con lui- rispose JJ scuotendo la testa
-Ah..- balbettò April facendo spallucce -Mi piace ascoltarlo, mi piace guardarlo mentre parla-
A quelle parole le altre donne scoppiarono nuovamente in una risatina ed Emily e JJ uscirono dall'ufficio verso la sala riunioni dove già erano riuniti gli altri.
-Ma perché, è tanto strano?- le gridò dietro April, girandosi poi verso Penelope con aria interrogativa.
-Ah, io non ho detto nulla!- si difese lei girandosi verso il suo computer e immergendosi in chissà quali notizie..
April guardò l'amica e poi uscì dalla stanza sorridendo. Che si dovesse preoccupare?

Sorrise afferrando il caffè che Spencer le aveva preparato. -Grazie..- disse bevendone subito un sorso.
Insieme al ragazzo entrò nella sala riunioni sedendosi accanto ad uno sveglissimo Morgan -Ehy, vieni da una festa?-
-Più o meno- esclamò lui prendendo il dossier che JJ gli porgeva.
-Un appuntamento selvaggio- ironizzò Emily anche lei bevendo un sorso del suo caffè.
Avevano tutti l'idea che quella sarebbe stata una lunga notte. Avevano bisogno di caffeina in circolo.
Derek ridacchiò spostando lo sguardo da April ad Emily -Piuttosto.. sembra che anche voi due foste a fare baldoria-
-Più o meno- sorrise Emily sedendosi accanto a Reid che era tutto intento a leggere il dossier sul caso.
Anche Jennifer finalmente si sedette e l'attimo dopo entrarono nella sala riunioni Rossi ed Hotchner. -So che è tardi ma credo sia meglio partire il prima possibile-

Emily socchiuse gli occhi poggiando la testa alla poltroncina nella quale era seduta. Il viaggio in jet sarebbe durato abbastanza, sarebbero arrivati a destinazione alle prime luci dell'alba. Era stanca ma la sua mente continuava ad elaborare teorie su quel nuovo caso, così come tutti i presenti su quell'aereo che era appena decollato.
Troppi uomini erano stati ritrovati morti annegati nello stesso posto e con nel sangue le stesse sostanze: alcool e stupefacenti. Non poteva trattarsi solo di incidenti, di così tante coincidenze mortali.. no, doveva esserci qualcosa di più. Sarebbe stato estremamente difficile risolvere quel caso.
Si girò alla sua sinistra trovandosi accanto una pensierosa April. Emily la guardò un attimo intuendo subito chi stava osservando dall'altra parte del jet, anche se lei faceva dannatamente finta di leggere il dossier sul caso. Ormai era un po' di tempo che si frequentavano ed era riuscita a capire che tipo di ragazza fosse April.. proprio per questo aveva notato come lei cercasse in tutti i modi di difendersi dai propri sentimenti e soprattutto di non mostrarli agli altri. Impresa altamente vana in un team di profiler.
-Preoccupata?-
A sentire la voce dell'amica April distolse subito il proprio sguardo posandolo sulla donna al suo fianco -Credo che sarà un caso molto difficile..- abbozzò
-Non intendevo questo- riprovò ancora Emily
April continuò a fissarla per qualche secondo poi, poggiando il dossier sul tavolinetto che avevano davanti, disse -Credi che.. che non dovrei passare del tempo con Reid?-
-Perché non dovresti- fece spallucce l'altra
-Beh.. non lo so. Voi trovate strano che mi piaccia starlo a sentire..- sospirò -Insomma, io non credo che..-
-April- la interruppe Emily prima che l'amica finisse in un discorso senza fine -Io credo che sia una bella cosa-
-Cosa?- domandò l'avvocato sempre più preoccupato per la risposta che la collega poteva darle.
-Che tu ti trovi bene con Spencer-
Colpita e affondata. Le parole che proprio non voleva sentirsi dire.
April scostò subito lo sguardo da quello di Emily, non voleva che lei potesse capire ancora di più la sua preoccupazione. E pensare che se non fosse stato per quella dannata lettera lei si sarebbe sentita dannatamente bene e probabilmente consapevole di potersi concedere un sorriso in più. Ma adesso, sapendo ciò che lui le aveva lasciato, non voleva assolutamente lasciar entrare dentro di sé quel sorriso che prepotentemente voleva prendere il sopravvento, soprattutto quando un certo dottore era nelle vicinanze.
Emily guardò la collega cambiare espressione e scostarsi dal suo sguardo. Aveva imparato bene a nascondersi. Sospirò consapevole del fatto che ancora April non si fidava così tanto di lei da metterla al corrente dei pensieri che le assillavano la mente. Beh, nemmeno lei ancora c'era riuscita. Non c'era riuscita ancora con nessuno, non si sentiva pronta per far sapere a se stessa quello che le stava nascendo dentro.. perché lei lo sapeva bene, se lo avesse detto a qualcuno lo avrebbe anche ammesso a se stessa.
Inconsapevolmente aveva girato la testa e i suoi occhi si erano soffermati sulla figura di quell'uomo che imperterrito cercava di riempire la propria vita col lavoro, per non sentire i grandi vuoti che gli invadevano l'animo, per non sentire quel pensiero prepotente che aveva un solo nome. Un nome di donna.

-Buongiorno- sorrise l'agente Devrit alla squadra appena arrivata al distretto di polizia. Era mattina presto ma quell'ufficio brulicava di agenti indaffarati.
Jennifer sorrise stancamente alla donna presentando il resto della squadra.
-Siamo partiti subito dopo aver saputo dell'ultima vittima- disse Hotchner guardandosi attorno
-Grazie mille. Appena ho saputo che sareste arrivati ho convocato tutti gli agenti che stanno lavorando al caso- disse la donna mostrando un ufficio dove potevano sistemare le proprie cose.
April sorrise entrando nella stanza e posando la propria valigetta, seguita da tutto il resto della squadra.
-E' molto presto credo sia meglio fare il punto della situazione, più tardi andremo a parlare con i familiari delle vittime-
-Dovremmo concentrarci su tutte le morti per annegamento.. meglio non tralasciare nulla- disse Rossi
-Certo, tutto il materiale lo potrete trovare in quella scatola- disse l'agente mostrando uno scatolone pieno di cartelline -Avevo già pensato che sarebbe stato utile- disse appena prima di uscire dalla stanza e lasciare la squadra a sistemarsi al meglio in quell'ufficio.
-Non sarà facile- asserì Morgan sedendosi nella prima sedia vicino allo scatolone e cominciando a tirar fuori il materiale.
-Stiamo sicuramente cercando un s.i. organizzato.. qualcuno che copre i propri omicidi a partire dalla morte stessa- disse Emily scuotendo la testa
-In realtà non le vede morire- intervenne Reid -La morte avviene per annegamento, l's.i. non vede le sue vittime morire.. quindi non prova piacere nell'uccidere-
-Questo porta ad una sola conclusione- asserì Rossi -..che il killer conoscesse le sue vittime-
-Bene!- esclamò Hotchner -Dovremo ricostruire gli ultimi momenti delle vittime prima di trovarsi in compagnia del nostro s.i.. Rossi ed io andremo dai familiari dell'ultima vittima, Morgan e Prentiss sul luogo del ritrovamento del cadavere, Reid tu puoi andare a parlare col medico legale-
-Johnson ed io analizzeremo le vittime e chiederò a Garcia se riesce a trovare qualche collegamento- finì JJ
-Molto bene, incominciamo!-

David indugiò un attimo prima di scendere dall'auto e raggiungere il suo collega. In quel periodo lo aveva visto sempre più pensieroso, come se non lo fosse già abbastanza prima. Inizialmente aveva creduto che tutto fosse dovuto alla sua situazione matrimoniale, al suo divorzio.. ma c'era qualcosa che non andava, c'era qualcosa di più che tormentava l'amico.
-Hotch- lo chiamò prima che lui suonasse al portone di una casa borghese -Tutto bene?-
Aaron si girò con un'espressione accigliata in volto. -Certo- disse con un tono di voce sicuro, tanto sicuro che non convinse affatto l'altro profiler.
-Sai che per parlare con le famiglie sarebbe stato meglio mandare una donna- disse Rossi cercando di calcare quell'argomento che aveva supposto turbare il collega. In quegli ultimi giorni aveva visto Aaron, più taciturno del solito, cercare in tutti i modi di evitare un contatto con Prentiss, qualcosa doveva avergli fatto scattare una molla che lui ancora non conosceva. E David era fermamente convinto che il lavoro non c'entrasse nulla.
Hotchner tirò una vaga occhiata al collega. Forse avrebbe dovuto portare con sé qualcuno che non avesse il coraggio di interpellare i suoi sentimenti. Questo non lo aveva proprio calcolato.. o forse era proprio quello che il suo subconscio voleva? -Qualche problema a parlare con i familiari?- chiese infine ignorando del tutto la frase dell'altro.
A quelle parole Rossi sorrise fra sé e sé -Sai che non intendevo questo- disse suonando il campanello.
Sentirono dall'interno della casa dei passi avvicinarsi alla porta ma prima che questa si aprisse David lanciò uno sguardo al collega mormorando -Dovresti pensarci, non vorrai diventare come me-
Aaron aprì la bocca come a voler replicare qualcosa, anche se non avrebbe saputo cosa, ma la porta si aprì mostrando una giovane ragazza con in braccio un bambino di circa due anni. Sorrise distrattamente anche se nella sua mente continuavano a rimbombare prepotentemente le parole dell'amico con alle spalle tre matrimoni e nessuna consolazione.
-Salve, siamo gli agenti dell'FBI Rossi e Hotchner.. stiamo indagando sul caso che riguarda suo marito-
La ragazza gli guardò un attimo prima di chiamare un nome spagnoleggiante -Cosa c'è da indagare?- chiese allora mentre una donna messicana apparve dall'ingresso.
-Potremmo entrare?-
-Certo- disse la ragazza lasciando il bambino all'altra donna e facendo accomodare i due agenti in un comodo salotto.
Rossi si guardò attorno costatando l'alto prezzo di tutta quella mobilia moderna, quella ragazza doveva sicuramente essere aiutata finanziariamente da qualcuno.
-Pensiamo che suo marito sia stato ucciso- disse Hotchner sedendosi sul divano davanti alla poltrona nella quale si era seduta la giovane.
-Ucciso?- chiese lei perplessa -E' stato ritrovato.. ubriaco- disse quasi con stizza
-Suoi marito beveva?-
-Non.. sì certo, ma non si era mai..-
Aaron tirò un'occhiata al collega, c'era qualcosa che non andava. Come mai stava vacillato ad una domanda così semplice?

Aveva la sua fidata tracolla che gli dondolava su un fianco mentre camminava per raggiungere la stanza del medico legale. Si contorceva la mente per capire come mai Hotchner gli aveva affidato un compito in solitario, anche se sapeva esattamente che non si trattava di questa gran cosa, molto probabilmente il medico legale non gli avrebbe detto niente di così utile.
Le mani, accuratamente nascoste nelle tasche dei pantaloni, si stringevano al tessuto come se quel gesto impedisse di far entrare nella sua mente altri pensieri, come se rilasciando le mani permettesse al suo cervello di concentrarsi anche su altre cose, cose che lui non voleva appartenessero ai suoi pensieri.
Quella giornata era iniziata col sorriso di April che lo svegliava avvertendolo che sarebbero atterrati poco dopo; quella giornata era iniziata su un aereo sul quale era giunto prigioniero di un solo pensiero che gli tormentava la mente. Non voleva permettere a se stesso di lasciarsi andare, di abbandonarsi a qualcosa che non sapeva controllare, a qualcosa per cui non aveva formule e statistiche. Non voleva, la sua mente non aveva ancora il coraggio per permetterselo.
Sospirando si fermò davanti ad una porta metallica, era arrivato. Doveva solamente aprire quella porta, doveva lasciare che la sua mano si schiudesse per arrivare alla maniglia della porta, girarla ed aprire, poi l'avrebbe lasciata tornare a stringere la stoffa dei pantaloni. Doveva farlo.
Guardò per qualche attimo quella maniglia poi, scuotendo la testa come a darsi una svegliata, tirò fuori le mani dalle tasche, aprì la porta e sorrise all'uomo che si trovò davanti.

-Una pistola, un coltello..- mormorò April sfogliando un fascicolo
-Come?- le chiese Jennifer appena rientrata nell'ufficio dopo aver chiamato Garcia.
-Sì, insomma.. tutte queste vittime devono essere state costrette a bere-
-Sono quasi tutti uomini atletici, io opterei per una pistola.. qualcosa per cui non si può provare a ribellarsi-
-Quindi potrebbe essere un uomo come una donna?-
-Sì..- mormorò JJ -Non abbiamo praticamente nulla in mano-
-Non abbiamo un profilo- intervenne Emily entrando nella stanza con Morgan, appena tornati dal luogo del ritrovamento dei cadaveri.
-Il lago ha tre pontili pubblici praticamente collegati ai migliori locali cittadini.. il nostri s.i. è dannatamente furbo- disse Derek bevendo del caffè che si era preparato appena rientrato nella stazione di polizia.
-Ha metodo, è organizzato e non prova piacere nell'uccisione.. per lui quegli uomini dovevano morire, punto e basta- continuò Prentiss
-L'unico modo che abbiamo di trovarlo è concentrarsi sulle vittime-
-Garcia non ha trovato nulla.. nessun collegamento- scosse la testa Jennifer
-Sono tutti di ceto medio, lavoratori ben inseriti nella società..- continuò April -Nessuno sembra aver avuto fastidi di qualsiasi genere..-
-Dobbiamo trovare un collegamento.. ci deve essere!- esclamò Prentiss sedendosi accanto a Jennifer

...

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 006b ***


Untitled Document

 

...

Rossi si accomodò accanto al collega, fissando la ragazza che si contorceva nervosamente le dita delle mani. -Signora Curtis, c'è qualcosa che non va? Che ci vorrebbe dire?-
-In che rapporti era con suo marito?- incalzò Hotchner.
-Eravamo una bella coppia.. sì, ogni tanto c'era qualche incomprensione..- mormorò la ragazza evitando di guardare i due agenti
-Incomprensione di che genere? Lui tornava spesso a casa ubriaco?-
-No..- esclamò la donna -..lui semplicemente tornava molto tardi la sera-
-E lei ha cominciato a fare lo stesso?-
-No!- esclamò convinta prima di tornare a guardare il pavimento davanti a lei -Io ho solo..- abbozzò sospirando -Sean non c'entra niente con tutto questo-
-Sean- disse Aaron duro mentre nella sua mente rivedeva il cellulare di Haley squillare poco dopo che qualcuno aveva riattaccato a lui al telefono di casa. Quella volta aveva provato una sensazione mista fra la rabbia, la rassegnazione, l'indignazione e la pena.. adesso provava solo tanta rabbia.

-Sean Bilard- disse Garcia al telefono con Morgan -E' stato dentro per piccole truffe ma niente di grave.. non risulta collegato a nessuna vittima a parte il signor Curtis, ovviamente-
-Non ha l'aria di uno organizzato, eh piccola?-
-Organizzato in che senso? Essere è un bell'uomo..- mormorò ironica Penelope mentre sentiva Derek sorridere -No, ha tutta l'aria di un piccolo delinquente sprovveduto-
-Rossi ha detto che lavora per un locale in centro, puoi trovarmi qualcosa in questo senso?-
-Bistrot Rouge- disse Garcia -Dimmi, ti ho stupito?-
-Lo fai sempre piccola!- sorrise Derek riattaccando. Quella sarebbe stata la loro prossima mossa.
Quell'uomo forse poteva avere a che fare col caso, magari solo di seconda mano ma comunque sia avrebbe potuto aiutarli ugualmente. Avevano così pochi indizi che dovevano tessere una tela molto più ampia se volevano catturare questo serial killer.
Morgan rientrò nell'ufficio salutando con un cenno della testa Reid che era appena rientrato senza novità dal medico legale.
-Abbiamo il locale dove lavora Bilard, Bistrot Rouge-
-Certo, è vicino al molo.. vi accompagno- disse l'agente Devrit -E' un locale non propriamente chic ma ultimamente va molto di moda-
-Come mai?- chiese April raccogliendo le sue cose per uscire.
-Diciamo che l'avere delle ballerine di lap-dance ha alzato il suo giro-

-Qualcosa non va Signor Bilard?- chiese Emily guardando il ragazzo al di là del bancone
-Niente affatto- disse restituendo la foto del Signor Curtis che Morgan gli aveva appena mostrato. -Non conosco quest'uomo-
-Ne è sicuro?-
-Signor Bilard..- intervenne April sorridendogli pacata -..sappiamo che sicuramente sa chi è sua moglie.. ma non si deve preoccupare se non ha nulla da nascondere, vogliamo solo delle informazioni-
-Certo- biascicò l'uomo -Credo che dovrei chiamare il mio avvocato-
-Non ce n'è affatto bisogno, ci sono io a tutelarla, sono un avvocato-
-Uhm..- mormorò guardando di sfuggita i due agenti dell'FBI -Avevo una relazione con Donna-
-La Signora Curtis, certo.. e suo marito lo sapeva?-
Bilard fece una risatina strana scuotendo la testa -L'altra sera credevo lo avesse scoperto, l'ho visto entrare nel locale come a cercare qualcuno.. ma non ero io chi stava cercando-
-Martedì notte? E chi stava cercando?- domandò Derek puntando i suoi occhi scuri in quelli celesti dell'uomo.
-Sì, era martedì. Non lo so, si è seduto vicino ad un tale, non saprei dire chi fosse-
-E se ne è andato con lui?-
-Sì-
-Bene- sorrise April -Ce lo può descrivere?-
-Era bianco, non molto alto, portava un impermeabile scuro e un cappello con una strana medaglietta sul davanti-
-Come mai strana?-
-Sembrava una di quelle spille militari.. ma aveva una sorta di ciondolo che cadeva all'altezza dell'orecchio-
-Grazie- disse Emily allontanandosi dal locale assieme agli altri due.
-Quell'uomo se deve uccidere qualcuno non lo farebbe dalle retrovie- constatò Morgan
-E poi non ha il senso dell'ordine e della meticolosità.. avete visto che caos in quel locale?-
-Sì.. ma ci ha dato la descrizione di un uomo che potrebbe essere il nostro s.i.-
Con quella descrizione avevano girato tutti i locali del luogo cercando qualcuno che avesse visto e riconosciuto quell'uomo, ma sembrava un fantasma senza nome. Molti si erano ricordati di un uomo da quelle caratteristiche ma nessuno aveva saputo dare un nome.
-Com'è possibile che nessuno lo conosca?-
-Se nessuno sa chi sia può darsi che sia arrivato da poco in città o che non esca tanto spesso da farsi conoscere- ipotizzo Emily
-E della spilla che sappiamo?- chiese Hotchner guardando Reid che aveva chiesto a Garcia di cercare qualcosa di simile nel database dell'FBI.
-Non è qualcosa di militare né di qualsiasi altra cosa inerente alle forze dell'ordine, sembra non avere corrispondenza- scosse la testa il ragazzo
-Quindi non abbiamo nulla in mano!- esclamò l'agente Devrit sempre più nervosa
-Abbiamo il profilo..- incominciò Rossi -Il nostri s.i. è sicuramente una persona metodica, calcolatrice.. sceglie le sue vittime con precisione, le conosce e le convince a seguirlo in un luogo isolato dove può attuare il suo piano-
-Le conosce..- ripeté Reid -..può darsi che la moglie di Curtis l'abbia almeno visto e può darsi che l's.i. sapesse della relazione di lei con un altro uomo..-
-Le altre vittime avevano qualche problema sentimentale?- chiese Morgan subito dopo aver afferrato il telefono per chiamare Garcia che prontamente si mise al lavoro a cercare ogni singolo aspetto delle precedenti vittime.
-La seconda vittima stava divorziando dalla moglie, così come la quarta. La prima vittima invece ha una denuncia per stupro ai danni di una ragazza che, secondo gli atti del processo, risultava essere la sua fidanzata-
-Magari lei lo aveva lasciato e lui non c'ha visto più dalla rabbia-
-Può essere. Per la terza non ho trovato niente-
-Grazie Penelope- la salutò April prima che Derek riattaccasse il telefono -Credo che dovremmo andare da quella ragazza.. è il primo omicidio quello del suo ex-ragazzo-
-Se l's.i. conosce davvero le sue vittime quella ragazza può averlo visto- confermò Emily
-Come tutte le altre donne delle vittime, dividiamoci ed andiamo a parlare con loro-

April guardò Reid vagare per quel modesto salottino nel quale gli aveva ospitati Samantha Videwall, la ex-ragazza della prima vittima. Aveva l'aria strana quel giorno, era più silenzioso del solito e lo aveva trovato ad osservarla più volte di sempre. April cercò di ricordarsi ogni singolo istante che avevano passato insieme quella mattina per cercare di trovare qualcosa di insolito o di tremendamente stupido che magari aveva fatto o detto senza rendersene conto e che poteva aver turbato il collega, ma proprio non riusciva a trovare niente. Sospirò mentre spostava lo sguardo dal ragazzo alla donna che le stava davanti.
-Non mi stupisce che Michael sia morto ubriaco.. era così tutte le sere- disse rigirandosi nelle mani il piccolo album fotografico che teneva aperto sopra le ginocchia.
-Beveva continuamente?-
-Spesso.. lo era anche quando me lo sono ritrovata a casa dopo che lo avevo lasciato- si strofinò gli occhi col palmo della mano
-Mi dispiace..- mormorò April guardando dolcemente quella ragazza e pensando a quanto doveva aver sofferto.
-Noi pensiamo che non sia morto per caso ma che sia stato ucciso- intervenne Reid avvicinandosi ad una scrivania al lato del divano sul quale erano sedute le due donne.
-Ucciso?-
-Sì.. crediamo che possa essere stato un uomo che lui conosceva e forse magari anche lei può conoscere..-
-Oddio- mormorò lei sempre più impaurita.
-Questa!- esclamò improvvisamente Spencer prendendo dalla scrivania un piccolo oggetto e subito mostrandolo alla donna -Dove l'ha presa questa?-
-E' la spilla del gruppo di volontariato contro le dipendenze, alcol droga..- mormorò Samantha
-Che tipo di gruppo è?- chiese April guardando Spencer speranzosa, forse avevano una pista.
-Noi ascoltiamo chi vuole smettere, organizziamo gite, distribuiamo volantini.. cose di questo genere- spiegò cercando nell'album una determinata pagina e mostrandola ai due agenti.
-Samantha, l'uomo che cerchiamo è stato visto con questa spilla sul cappello-

-Jack Randall!- urlò Hotchner fuori dall'abitazione di quell'uomo assieme a Rossi mentre Morgan e Prentiss gli stavano raggiungendo. -FBI!-
Nessuna voce proveniva dall'interno dell'abitazione, si sentivano solo dei sommessi passi avvicinarsi sempre più al portone principale che lentamente si aprì lasciando intravedere un uomo non molto alto dai radi capelli color dell'ebano.
-Qualcosa non va, agenti?- chiese mestamente sorridendo
-Lei è Jack Randall?-
-In persona-
-La prego si seguirmi alla stazione di polizia, dobbiamo farle delle domande-
-A che proposito?- chiese l'uomo nella tranquillità più assoluta prendendo il suo soprabito.
-Su tutti gli uomini che ha ucciso-
-Ucciso? Lei vuole scherzare agente- disse calcandosi in testa il cappello con appuntata la spilla del gruppo di volontariato.

-Non abbiamo nessuna prova effettiva contro di lui!- esclamò April continuando a sfogliare le mille carte dell'indagine -Nulla, tranne il profilo e il fatto che è stato visto assieme al Signor Curtis nella notte in cui è stato ucciso, ci dà prova che lui sia il killer! Nessun giudice lo condannerebbe-
-Ci deve essere un modo!- urlò Morgan sbattendo una mano sulla scrivania e facendo svolazzare i fogli.
-Dobbiamo farlo confessare- disse Rossi guardando l'uomo attraverso il vetro che lo divideva dalla stanza degli interrogatori.
-Possiamo trattenerlo per 24 ore, poi dovremmo rilasciarlo- disse l'agente Devrit scuotendo la testa.
-E' senza senso- esclamò JJ -Quell'uomo ha ucciso tutte queste persone..-
-Beh, tecnicamente non l'ha fatto- disse Spencer mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni
-E' vero, noi dobbiamo provare che le ha minacciate per farle bere, ubriacarsi, e che poi le abbia abbandonate sul molo-
-Ma si deve essere assicurato che siano cadute in acqua.. deve averlo fatto!- esclamò convinta Emily
-Da un molo forse avrebbero potuto anche salvarsi, in qualche modo. Deve aver trovato un altro modo.. potrebbe averli portati al largo con una barca?!-
-Potrebbe..- mormorò Derek afferrando il telefono e sperando che Garcia trovasse qualcosa, qualsiasi cosa!

Reid se ne stava immobile a guardare oltre il vetro l'interrogatorio che Rossi stava conducendo su quell'uomo tanto tranquillo che non sembrava intenzionato a vacillare nemmeno per un attimo.
-Ci vuole così tanto autocontrollo..- mormorò April affiancandosi al ragazzo che girò un poco la testa per osservarla. -Come può essere così tranquillo..-
-Perché sa che qualsiasi altra prova troviamo non sarà mai abbastanza per incriminarlo senza un processo che lascerà a tutti un ragionevole dubbio-
-Uhm..- sospirò la ragazza fissando Hotchner appena entrato nella stanza dell'interrogatorio. -Anche se trovassimo questa barca o qualsiasi cosa sia?-
-Qualsiasi cosa?- mormorò il ragazzo girandosi verso April e poggiandole una mano sulla spalla -La fotografia che ci ha mostrato Samantha..-
-Era il gruppo di volontariato..-
-Sì, sì, ma dove si trovavano? Erano sull'acqua!-
-Su una sorta di.. chiatta..-
-Bingo!- esclamò Spencer prendendo il telefono e chiamando il numero dell'associazione di volontariato per sapere quali gite effettuavano sul lago e come.
April lo seguì fino nell'ufficio dove era radunato il resto della squadra e lo sentì parlare con sempre più enfasi, appuntandosi su un foglietto volante dei nomi. Nel frattempo spiegò cosa credevano di aver scoperto e tutti si animarono un poco così quando Reid riattaccò tutti si zittirono e puntarono i loro sguardi su quell'esile figura. Spencer li guardò sorridendo e finalmente disse il nome del posto nel quale avrebbero dovuto fare un sopralluogo, sperando di trovare quegli indizi che almeno avrebbero fatto partire il processo contro quell'uomo così astuto.

Jennifer si avvicinò alle poltroncine davanti al tavolinetto del jet che stava riportando la squadra a casa. Prima di sedersi osservò quella sua nuova collega continuare a scarabocchiare su dei fogli.
Al sentirla April alzò la testa sorridendo a JJ che le tendeva una tazza di caffè. -Grazie, ne avevo bisogno-
La bionda sorrise continuando ad osservare la collega analizzare delle carte. -Perderà, non è vero?-
Johnson scosse la testa portando la schiena a rilassarsi sulla comoda poltroncina sulla quale era seduta. -Non lo so.. la scientifica ha trovato impronte di tutte le vittime su quella chiatta; Randall ha visto morire la moglie in un incidente stradale causato da un ubriaco, potrebbe essere stato un fattore di stress..-
-E poi abbiamo il suo interrogatorio- disse Jennifer guardando al di là della spalla della collega, il capo di quella squadra -Hotch e Rossi sono riusciti a cavargli di bocca una mezza parola-
-"Non si meritavano di vivere se non sapevano tenersi le loro mogli"- disse April citando le parole di quell'uomo.
-Potrebbe essere considerata una confessione-
-Speriamo solo in un giudice consapevole- finì l'avvocato abbozzando un sorriso a quella dolce ragazza che si trovava davanti.
Jennifer la guardò e in un attimo chiuse la cartellina che aveva davanti -Adesso è meglio riposarsi, questo caso è stato estenuante-
-Hai ragione- disse Emily appena arrivata di fianco alle due con in mano un mazzo di carte.
JJ si scostò per farla sedere mentre April metteva a posto le proprie carte nella cartellina così da fare spazio sul tavolinetto.
-Una sfida senza uomini?-
-Ci sto!- esclamò Emily incominciando a mescolare le carte mentre osservava, nel fondo del jet, quell'uomo che silenzioso stava leggendo per non essere assalito dai propri pensieri.
Aaron si scostò un poco sentendo uno sguardo insistente su di lui ma immediatamente alzò il proprio libro per evitare che nel suo campo visivo entrasse quel volto e quel sorriso che continuavano a bruciargli l'animo. Non avrebbe dovuto pensare a lei.. ed in effetti non avrebbe proprio dovuto pensare a una donna. Non poteva lasciarsi andare a una situazione che aveva già vissuto e che era finita così male, con quel cellulare che suonava e poi con quella casa lasciata nel silenzio più assoluto, senza l'ombra del suo Jack.
Se ci pensava sentiva ancora nelle orecchie quel suono metallico, il volto di Haley infastidito, le sue parole e poi il suo andarsene con la borsa riempita da quel cellulare.. da un altro uomo. Non poteva dimenticare. Non poteva dimenticare quel fastidioso suono che riempiva le sue notti insonni, non poteva.
In un attimo lasciò cadere il libro sulle proprie ginocchia mentre si passava le mani sul volto stanco. Non poteva permettere ad un'altra donna di impadronirsi dei suoi pensieri. Sapeva che quella sarebbe stata una dura lotta con se stesso, lo sapeva ma avrebbe combattuto. Avrebbe combattuto con un esercito stanco, malridotto e decisamente poco convinto.
In effetti, gli erano sempre sembrate insensate le guerre.

"La ragione è, e deve solo essere, schiava delle passioni; non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di obbedire e di servire ad esse" Hume.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 007a ***


Untitled Document

CM 007

 

"La speranza è il sogno di chi è sveglio" Aristotele.

Quella mattina si sentiva tremendamente bene, si era fermata alla caffetteria conscia che avrebbe fatto tardi al lavoro ma ugualmente aspettò il suo turno col sorriso sulle labbra. Quella mattina si sentiva bene e non sarebbe crollato il mondo se per una volta fosse arrivata tardi al Bureau.
Entrò nell'open-office salutando e lasciando le sue cose sulla propria scrivania per poi salire le scalette e dirigersi verso la sala riunioni dove vedeva riuniti tutti gli altri.
-Scusate il ritardo- esclamò con una mano alzata a saluto prima di voltarsi verso lo schermo che stava proiettando le immagini di alcuni giovani donne uccise.
Fu un attimo, uno sguardo fugace e sentì un brivido percorrerle la schiena. Si irrigidì mentre sentiva Aaron alzarsi e poggiarle le mani sulle spalle e mentre sentiva la voce di Emily gridare a JJ di spengere lo schermo.
-April, April guardami..- le sussurrò Aaron scuotendola un poco.
April aveva lo sguardo fisso davanti a sé, i suoi occhi continuavano a vedere riflessa quell'immagine, quel volto straziato che lei conosceva bello e sorridente. Non riusciva a percepire niente se non la sua stramaledetta gioia di quella mattina sfumata in un attimo e trasformata nella peggiore delle torture. -Non è lei- biasciò scuotendo la testa per poi finalmente vedere l'uomo che le stava davanti con un'aria mista fra la serietà, il dispiacere e la dolcezza. -Non è lei- disse ancora, stavolta più convinta.
-Credo sia meglio che tu torni a casa-
-No-. Mormorato, un sussurrò che lei stessa non voleva sentire. Aveva appena ammesso che quella giovane donna dal volto straziato era lei, era Tina.

Emily sospirò prima di avvicinarsi alla sedia nella quale April era sprofondata dopo quella notizia.
Si stavano preparando per partire e andare a risolvere quel caso e lei si era impuntata e ostinata ad andare con loro, perché lei doveva sapere.
Non aveva mai visto quell'espressione sul volto di April, i suoi occhi erano come spenti, come se le fosse stata tolta la luce e lo splendore che sempre li riempivano. Scosse la testa afferrando una bottiglietta d'acqua e porgendola all'amica.
-Grazie- mormorò April afferrando la bottiglietta senza però alzare lo sguardo verso la collega, ma continuando a fissare una non bene specificata parte del pavimento della stanza.
Avrebbe voluto dirle qualcosa, avrebbe voluto convincerla a non andare con loro ad indagare sulla morte di una sua cara amica ma nello stesso tempo sapeva che se lei fosse stata al suo posto avrebbe fatto di tutto per scoprire chi fosse l'omicida. Lei non era proprio la persona giusta per frenarla nelle sue convinzioni.. no, non lo era affatto.
-Sei sicura di voler venire?- le chiese allora, dolcemente.
A quelle parole April abbozzò un mezzo sorriso tirato alzando lo sguardo ad incontrare gli occhi della collega. Certo che era sicura di voler venire ma di sicuro non era certa di potercela fare ed April sapeva esattamente che la domanda di Emily conteneva anche questa sottile aggiunta.
Non disse niente ma per Emily quella smorfia sul volto dell'amica era già una buona risposta.

Si slacciò la cintura di sicurezza e si diresse verso il fondo del jet dove vedeva April immersa nel proprio silenzio. Gli altri si erano radunati dall'altra parte per parlare del caso senza troppo coinvolgere la ragazza. Si sedette nel posto accanto lasciando che lei gli tirasse una fugace occhiata.
-Mi dispiace per Tina-
April scosse la testa come in segno affermativo continuando a guardare le nuvole bianche dal finestrino. In quel momento le sembrava tutto così dannatamente patetico! Sentiva che la gioia di quella mattina le andava stretta, quasi se ne vergognava. Come poteva essere stata felice? Ora l'unica cosa che sentiva era tanta rabbia e una morsa allo stomaco che sapeva non l'avrebbe mai più lasciata, era il suo dolore.
Era stato tutto così dannatamente veloce che i suoi occhi non avevano realizzato la cosa, non era sgorgata da loro nemmeno una lacrima. In quel momento si sentiva carica di emotività trattenuta all'interno del suo corpo che sentiva solo come un guscio esterno, non sapeva quanto avrebbe retto, non sapeva se avrebbe retto. Sapeva solo che voleva andare avanti, affrontare tutto questo.. e ce l'avrebbe fatta solo trovando chi gli aveva portato via la sua migliore amica.
Si mordicchiò il labbro inferiore tirando un'altra leggera occhiata al ragazzo che sapeva la stava osservando attento. Nei suoi occhi aveva visto un'immensa tristezza trasformarsi verso di lei in tanta dolcezza. In qualche modo sentiva dentro di sé un lumino acceso che lo sguardo di quel ragazzo alimentava di fuoco nuovo, forse avrebbe potuto salvarsi.
-Le ho parlato ieri sera..- mormorò tornando a guardare le nuvole bianche -Ieri sera era ancora viva!- esclamò continuando a mordersi il labbro inferiore e ricacciando indietro le lacrime. Ci stava riuscendo estremamente bene a trattenersi ma fu troppo quando sentì la mano di Spencer sfiorare la sua e stringerla come in un caldo abbraccio. Sobbalzò mentre sentiva una lacrima scenderle sugli zigomi e rimanerle indecisa sulla guancia. Velocemente si portò l'altra mano ad asciugarsi mentre i suoi occhi si fermavano ad immergersi in quelli di Spencer che le stava sorridendo titubante ma con tanta dolcezza.

-Ce la farà?- mormorò Derek osservando la scena in fondo al jet.
Aaron scosse la testa -E' una ragazza forte-
-Dovremmo metterla a conoscenza dei particolari se vuole collaborare..-
-Lo ha chiesto lei- rispose decido David -Credo che ne abbia bisogno-
-Come può averne bisogno..- esclamò Penelope, anche lei sul jet diretta verso quel caso così spietato.
-Sì..- biascicò Emily per poi sorridere ai due ragazzi che gli avevano appena raggiunti. Spencer le si sedette di fianco mentre April si accomodò accanto a Jennifer che le sorrideva tristemente.
-Avanti- sospirò pesantemente April -Sono pronta, ditemi tutto-
Aaron l'osservò ancora qualche secondo con quella sua espressione seria in volto ma lei lo sapeva benissimo che si trattava di tenerezza, la sua tenerezza. Gli sorrise e fu in quel momento che lui incominciò a parlare -Sono almeno tre donne ritrovate nello stesso modo con una mano a coprirsi gli occhi e una il cuore-
-Come sono state uccise?- chiese April deglutendo a fatica
-Soffocate da un veleno- disse in un soffio Emily
-Sì.. una è stata ritrovata nella capitale e due in due cittadine vicine-
-Come hanno fatto a collegare i casi?-
-Il detective Bristol ha fatto una ricerca su tutto il territorio perché il caso era abbastanza insolito-
-Insolito?- chiese ancora April
-Questo tipo di veleno.. la postura..-
-Cos'ha il veleno di strano?- April parlò come se nulla fosse ma a quella domanda si creò il gelo più assoluto.
-Le vittime muoiono lentamente, si sentono soffocare.. e nel frattempo il killer le sta a guardare e..- Il giovane avvocato trattene il respiro guardando David che parlava lentamente, come a soppesare le proprie parole. -..e le fotografa mentre muoiono-
-Come?- un filo di voce uscì dalla bocca di April il cui sguardo era sbarrato sul tavolinetto sul quale era poggiata una cartellina chiusa con scritto in bella calligrafia "Tina Brower". Con un gesto veloce l'aprì trattenendo il fiato. Quello che vide le fece sentire nuovamente quel brivido lungo la schiena che quella mattina l'aveva paralizzata. Le ci volle un attimo prima di cominciare a respirare normalmente. Jennifer le aveva poggiato una mano sulla spalla mentre Derek aveva cominciato a sfogliare il dossier con tutte le fotografie che il killer aveva inviato il giorno successivo all'omicidio alla casa della vittima.
-Come si può fare questo..- mormorò April portandosi una mano alla bocca -..Tina era una ragazza così solare, non aveva problemi, non aveva nemici..-
-Noi ipotizziamo che il killer conoscesse le sue vittime- disse Hotch -Le foto, il tempo che passa con loro, la postura che indica un legame specifico..-
A quelle parole April scosse la testa senza dire niente, lasciando che il suo sguardo scivolasse da quegli occhi scuri che la guardavano con aria quasi paterna.
-April tu hai detto che hai sentito Tina ieri sera-
-Sì, per telefono.. era prima di cena, stava andando a mangiare fuori con l'uomo con cui stava uscendo da un po'..-
-Sai chi è?-
-Non lo conosco, ma so come si chiama..- esitò un attimo prima di alzare lo sguardo verso quel ragazzo che prima le aveva trasmesso tanta dolcezza e pronunciare -..Spencer-

L'ufficio di polizia brulicava di agenti e persone, quel caso aveva sconvolto le piccole cittadine a pochi passi dalla grande metropoli.
L'agente Swon si diresse a passi svelti verso il gruppo appena entrato nell'edificio -Ben arrivati, vi stavamo aspettando! Potete sistemarvi nella sala riunioni?-
-Andrà benissimo- esclamò JJ entrando nella stanza che l'agente aveva indicato.
-Abbiamo già attaccato le foto delle vittime sulla lavagnetta, per il resto dovete pensarci voi-
-Non si preoccupi- disse Hotchner andando a posizionarsi davanti alla foto di Tina, così da coprirla momentaneamente alla vista.
-Io ho bisogno dei computer- disse Penelope prima che un agente l'accompagnasse in un'altra stanza, centro operativo per database e internet.
-Ho convocato Spencer Trowan, l'ultimo che ha visto Tina Brower viva e colui che ha scoperto il corpo-
-E non l'avete interrogato? Potrebbe essere un sospettato..-
-Se lo avesse visto.. era sconvolto dalla morte della sua fidanzata-
-Fidanzata?- intervenne subito April -Tina non era fidanzata-
-Credo si sbagli avvocato, quei due si stavano per sposare-
April rimase a bocca aperta guardando l'agente uscire dalla stanza.
-No, Tina me lo avrebbe detto!- esclamò girandosi verso la squadra che già stava analizzando fascicoli e prove.
-Può darsi che..- incominciò Morgan ma April lo zittì subito sovrastando la sua voce con un "no" secco e con uno sguardo che non ammetteva repliche.
Sospirò mettendosi a sedere alla scrivania -So che Tina teneva un diario.. lì lo avrebbe scritto sicuramente-

Hotchner, Rossi e Morgan stavano andando verso il luogo dell'ultimo omicidio, la casa di Tina. Aaron per il momento aveva vietato ad April di andare con loro, lei aveva fatto un po' di storie ma alla fine si era convinta a rimanere alla stazione di polizia aspettando Brian.
-E' troppo scossa- disse Morgan chiudendo lo sportello dell'auto e dirigendosi verso quella villetta bianca.
-Lo so ma è il suo modo di affrontare la cosa-
-Non mi piace vederla così- continuò il bel ragazzo di colore
-Neanche a me- mormorò Aaron prima di stringere la mano ad un agente che fece entrare i tre nella stanza dove avevano ritrovato il corpo.
Il salotto sembrava in ordine se si tralasciava un vaso a terra e il tappeto arruffato da una parte.
-Si deve essere accorta di quello che stava succedendo- disse Rossi portando le mani sui fianchi -Deve aver provato a reagire-
-Ma ormai non poteva fare niente- asserì Derek guardando una foto posata su un mobiletto di legno, ritraeva due ragazze e un ragazzo che sorridevano felici. Sospirò, April si doveva attaccare a tutti quei momenti felici e mai ricordare l'amica come nelle foto dell'omicidio, mai.

-Non ricordavo facesse così caldo qua- sbottò Reid arrotolandosi le maniche della camicia fino ai gomiti.
-Ti permette di essere trasandato- disse una voce nuova appena entrata nella sala riunioni di quel distretto di polizia.
Al sentirla April si girò e corse ad abbracciare l'amico che d'impeto le cinse la vita nascondendo il volto fra i suoi capelli. Restò qualche attimo con la fronte schiacciata al petto del ragazzo mentre alcune lacrime avevano finalmente cominciato a sgorgare dai suoi occhi. Vedere Brian lì rendeva tutto il resto stramaledettamente vero.
Prima di scostarsi dall'amico si asciugò gli occhi col dorso della mano e tirò su col naso. Gli sorrise mestamente mentre lui contraccambiava e la guardava con tenerezza.
-Brian..- incominciò tornando a sedersi così come aveva fatto il ragazzo -Abbiamo bisogno di alcune informazioni-
-Certo, se posso esservi utile per prendere quel.. quel bastardo- disse a denti stretti.
Reid guardò il ragazzo continuare a fissare insistentemente April e sentì uno strano fastidio che cercò di mandare via scuotendo la testa e domandando velocemente -Tu conosci Spencer Trowan?-
-L'ho visto qualche volta, è arrivato in città da qualche mese e ha subito incominciato a frequentare Tina-
-Si stavano per sposare?- chiese allora Emily continuando a guadare il suo dossier
-Come? No, no, no! Tina per queste cose ci andava coi piedi di piombo, non lo avrebbe mai fatto dopo così poco tempo e poi senza avvertirmi.. avvertici- guardò April che scosse la testa come a dire che nemmeno lei sapeva niente.
-Lui dice che si erano fidanzati-
-Io dico?- disse un ragazzo moro sulla soglia della porta dell'ufficio.
-Lei è Spencer Trowan?-
-Sì. L'agente Swon mi ha richiamato ma proprio non riesco a capirne il motivo.. sono così..- sospirò portandosi una mano alla fronte -Scusate- disse girandosi e andando dall'altra parte dell'edificio verso le macchinette del caffè e dell'acqua.
-Vado io- esclamò Prentiss alzandosi e uscendo velocemente per raggiungere l'uomo che stava bevendo affannato un po' d'acqua. -Si sente bene?-
-No.. sì! Sì, mi sento bene-
Emily sorrise a quel ragazzo dal naso perfetto e con una strana piccola cicatrice vicino all'orecchio. -Mi dispiace per la sua perdita- incominciò l'agente -Ma vorrei che mi dicesse ancora tutto quello che si ricorda dell'altra sera-

April allungò lo sguardo fino a cercare Emily che stava parlando con quell'uomo che l'aveva guardata stranamente. Si era sentita i suoi occhi addosso come fiammelle, era stata una strana sensazione ma probabilmente era solo data dal fatto che il suo animo era instabile in quel momento. Sospirò tornando a guardare Brian che parlava con Jennifer, prima di soffermare il suo sguardo sul ragazzo che stava scrutando la cartina del posto. Sapeva che tra poco sarebbero tornati gli altri col diario di Tina e in quel momento sperò vivamente che non ci fosse scritto niente riguardo a lei. Le venne da maledirsi per quel pensiero, come poteva preoccuparsi per se stessa? Scosse la testa con impeto cercando di darsi una svegliata, per ora non era stata di alcun aiuto se non a rallentare le indagini, doveva davvero reagire e scoprire chi aveva ucciso Tina. Doveva farlo.
-I posti degli omicidi non hanno alcun senso- incominciò Reid -La capitale e due cittadine in periferia-
-Ma voi avete detto che probabilmente l's.i. conosce le vittime-
-Le conosce o comunque le ha incontrate e dato loro la fiducia per almeno aprirgli la porta di casa.. non ci sono segni di effrazione-
-Ok, ma questo vorrebbe dire che sono omicidi organizzati in precedenza.. quindi cerchiamo un uomo metodico, organizzato?-
Reid storse il naso -E' questo lo strano, tutto ci porta a questo profilo, la situazione, il veleno.. ma il profilo geografico, le foto scattate che hanno permesso alla vittima di muoversi nella casa tanto da creare confusione.. questo non sembra così preciso-
-Potrebbe essere preso dall'atto in sé dell'omicidio- disse Emily appena rientrata nella stanza
-Lo hai lasciato andare?- chiese Jennifer guardando Spencer Trowan uscire dal distretto di polizia.
-Gli ho detto di non allontanarsi dalla città.. non abbiamo elementi per trattenerlo-
-Ha detto qualcosa di utile?-
-No, semplicemente che ha riaccompagnato Tina a casa verso le dieci e poi è tornato nel suo appartamento. La sua vicina ha confermato l'orario ma sarà meglio andare a parlarci personalmente-
-Delle foto sa nulla?-
-Non riusciva a guardarle quando gliele abbiamo mostrate- intervenne l'agente Swon entrato nella stanza con Penelope.
-Ho analizzato le foto ma sono prese troppo da vicino.. nessun riflesso del nostro killer-
-Foto?- chiese Brian perplesso
-Sì e ti consiglio di non guardarle- disse April stavolta con voce ferma. Aveva riacquistato sicurezza.

Jennifer ed Emily avevano appena varcato la soglia di casa di quell'anziana signora vicina di Spencer Trowan. Le aveva accolte calorosamente, doveva essere molto sola.
-Signora vorrei mi confermasse l'orario in cui il suo vicino è rientrato a casa l'altra sera- disse JJ sorridendo
-E' già venuta la polizia.. ma lo ripeterò volentieri anche a voi, care ragazze-
-Grazie signora- esclamò Emily constatando che in casa c'era un solo orologio a lancette posizionato su uno scrittoio nel salotto.
-Stavo sentendo alla radio quel programma di vecchi successi.. come si chiama.. "Memory"!- sorrise sedendosi lentamente su una grande poltrona -..ho guardato l'orologio appena ho sentito la macchina di Spencer arrivare, fa un gran rumore!-
-E si ricorda di preciso che ore erano?- domandò JJ con delicatezza
-Le dieci e qualche minuto! In effetti un po' presto per "Memory"..- mormorò girando la testa da un lato ma poi, come preso nuovo vigore, esclamò -Volete una tazza di tè?-

Era ormai sera quando tutti rientrarono nella stazione di polizia.
Aaron guardò oltre il vetro, verso la sala riunioni che era stata adibita a loro ufficio. Strinse nella mani quell'agenda dalla copertina rosa con disegnate sopra delle nuvole bianche, sembrava il diario di una bambina. Non lo aveva aperto, lo aveva solamente preso dalle mani della madre di Tina che voleva stare il più lontana possibile dal commissariato e dalle indagini, si era chiusa nel suo dolore e non aveva nemmeno voluto vedere né April né Brian.
Sospirando entrò nella stanza posando il diario sul tavolo davanti ad April che lo guardò per qualche secondo, ne accarezzò la copertina e infine lo prese e lo porse verso Spencer -Immagino sia tu l'esperto..-
Reid osservò quel mezzo sorriso che si era stampata in faccia, prima di afferrare l'agenda chinando un poco il capo come a dare una risposta affermativa alle parole di April.
-Credo tu debba farlo in albergo però- disse Rossi guardando l'orologio -Si è fatto tardi e credo sia meglio riposare prima di iniziare la giornata di domani-
-Ma non abbiamo concluso nulla!- esclamò l'avvocato alzandosi in piedi
-Infatti, a mente fresca sarà tutto migliore- disse Hotch evitando di guardare April più del dovuto.
Brian si alzò in piedi andando verso l'amica e la convinse ad andare a dormire a casa sua. Quando se ne furono andati cadde in quella stanza un silenzio tombale, tutti avrebbero voluto andare a riposarsi in albergo, quel giorno era stato psicologicamente pesante per tutti, ma nello stesso tempo avrebbero voluto trovare un qualsiasi cavillo che conducesse al killer.
Rossi si mosse per primo esortando gli altri a seguirlo.
Emily afferrò la sua borsa prima di voltarsi a guardare l'ufficio vuoto, non avrebbe perso quel tempo in chiacchiere, si sarebbe rilassata per poi ragionare a mente fredda su quel caso.
-Andiamo..- le disse Hotchner tornato nell'edificio a prenderla.
-A volte sembra distante anni luce..- mormorò lei per tutta risposta, girandosi a guardare quell'uomo che le faceva battere il cuore. -Si vede che è coinvolta emotivamente ma a volte sembra così.. distante- continuò riferendosi ad April
Prima di rispondere Aaron la guardò intensamente ed a Emily parve di non scorgere più nei suoi occhi quel velo, quel muro che lui aveva pazientemente innalzato. Inclinò la testa da una parte e parlò lentamente -Credo che l'essere cresciuta con Gideon, in qualche modo l'abbia temprata a nascondere i suoi sentimenti-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 007b ***


Untitled Document

 

...

Non si riposarono quella notte.
Anche se non fosse arrivata quella notizia non sarebbero comunque riusciti a chiudere occhio.
Quella chiamata arrivò dal distretto di polizia, dall'altro lato della cornetta Aaron sentì la voce di April arrivargli metallica e confusa.
Immediatamente chiamò tutti, mandò Rossi e Morgan alla casa di Tina, Prentiss e Reid alla casa di Brian e lui, con JJ e Garcia, si diresse velocemente verso il commissariato.
Quando entrò nell'edificio April gli corse incontro con un'espressione sconvolta -Devi dirgli che hanno sbagliato, che Brian non c'entra nulla con questa storia!-
-Calmati, April calmati!- urlò Hotch afferrando i polsi della ragazza che gli stava davanti e portandola a sedersi nella sala riunioni mentre JJ si affrettava a chiamare l'agente Swon.
-Cos'è successo?- chiese duro l'uomo quando tutti furono riuniti in quella stanza.
-Stanotte qualcuno ha rubato delle videocassette dalla casa della Brower ed in più è stato appiccato un incendio ai danni di alcuni album fotografici.. per fortuna è rimasto tutto circoscritto e i pompieri sono intervenuti subito- spiegò l'agente
-E loro hanno pensato bene di accusare Brian perché quei nastri e quelle foto sono stati fatti da lui!- esclamò April lanciando uno sguardo omicida a quell'uomo.
-Sapevo che l'avvocato Johnson era con lui e quando ho avuto il minimo sospetto sono intervenuto, prima che fosse troppo tardi-
-Tardi per cosa!- sbraitò lei mentre JJ le poggiava una mano sulla spalla come a calmarla e Penelope le si sedeva accanto.
-Cosa contengono quei nastri e le foto?- chiese Hotchner dopo un attimo di silenzio.
-Suppongo siano le vecchie pellicole che ci divertivamo a fare al tempo della scuola e dell'università- disse April -Brian ci faceva un sacco di foto proprio come un professionista, una sorta di album fotografici..- sorrise ricordando quei momenti -E poi facevamo dei filmini rifacendo dei video musicali.. cosa da ragazzini insomma-
-E i protagonisti?-
-Soprattutto Tina ed io.. poi a volte partecipavano anche altri ragazzi e ragazze, dipendeva da cosa facevamo-
-Sono sue opere quelle, perché non lo potrebbero essere anche le foto delle vittime?-
-Brian vorrebbe fare quel lavoro, per lui è arte! Non considererebbe mai tale quelle macabre foto!-
-Calmi- intervenne ancora Hotch
-E comunque che senso avrebbe avuto eliminarli se Brian possiede gli originali?-
-Dici sul serio?- chiese Garcia animandosi -Dovremmo analizzarli allora-

Quando April vide portare alcuni scatoloni pieni da casa di Brian le prese male al pensiero che i suoi colleghi gli avrebbero dovuti vedere. Aveva cercato di convincere Aaron a farli guardare solo a Penelope ma lui non aveva acconsentito se non con una smorfia sul volto.
Se ne stava sola nella stanza delle riunioni ticchettando con le dita sul tavolo e con lo sguardo perso nel vuoto. Improvvisamente batté la mano sulla superficie liscia del tavolo e si alzò in piedi andando verso la stanza dei computer dove trovò Penelope, JJ, Emily e Derek a guardare sorridenti alcuni filmati di quando lei era giovane. Appena sentì le note di quella canzone degli Abba divenne rossa in volto prima ancora di vedersi riflessa, ragazzina, su un monitor di computer.
-Quella sei te?- chiese ironico Spencer superandola all'ingresso della stanza
-Per favore no comment!-
-Ma dai, sei una bomba!- rise Morgan mentre anche gli altri sorridevano.
-Non credo che troverete qualcosa di utile lì dentro- mormorò April sempre più color peperone.
-Di sicuro possiamo scagionare Brian- disse Penelope girandosi verso di lei -Sia i filmini che le foto sono realizzati in alto formato.. le foto delle vittime sono tutt'altro-
-Poi non avrebbe avuto senso- finì Emily
-Ma può darsi che abbiate ripreso l'omicida- entrarono nella stanza anche Hotchner e Rossi mentre Garcia abbassava il volume dei filmati.
-Come?- chiese perplessa April
-Ci deve essere un motivo per cui quei filmati sono stati rubati e incendiati-
-Può darsi.. ma si tratta di cose vecchie, alcune risalgono ad almeno dieci anni fa!-
-Lo so ma può essere l'unico motivo o..-
-..o qualcuno voleva incastrare Brian- finì April sbattendo un piede a terra e tornando nella sala riunioni ad esaminare una cartellina.
Non capiva proprio perché non le permettessero di vederlo, di vedere Brian, la cosa proprio non le andava giù. Doveva scagionarlo definitivamente e l'unica maniera era trovare il vero colpevole. Incominciò ad analizzare foto per foto tutti i volti immortalati da Brian, doveva trovare qualcosa!
Era immersa nel suo lavoro quando sentì qualcuno bussare alla porta aperta della stanza. Alzò la testa e vide una giovane donna sorriderle pacatamente.
-Mi hanno detto di venire qua da lei. Sono Marie Delafois..-
-..certo, la migliore amica della prima vittima- la interruppe April facendo cenno di accomodarsi -E' lei che ha scoperto il corpo, giusto?-
-Sì. Quando ho saputo che anche l'FBI lavorava al caso sono corsa qua.. forse posso aiutarvi, non so-
April sorrise, in qualche modo stavano passando la stessa sorte.

Anche Emily e Jennier erano entrate nella sala riunioni per ascoltare cosa Marie aveva da dirgli, anche se avevano già letto il rapporto della polizia. Era ormai quasi mezz'ora che la ragazza parlava della vita dell'amica senza però traccia di qualche collegamento con Tina o di qualche indizio per il caso.
Fu solamente una frase che fece drizzare le orecchie alle altre tre donne.
-L'avevo sentita il giorno prima, mi divertivo a prenderla in giro perché aveva conosciuto un uomo col nome uguale al mio fidanzato-
-Come?- domandò perplessa April alzandosi in piedi e guardando dalla vetrata l'altra stanza dove un giovane dottore stava analizzando il diario di Tina.
-Sì, Robert.. Storlain mi sembra, l'ho solamente visto una volta di sfuggita-
-Oh..- biascicò Emily guardando il giovane avvocato che si trovava davanti -Potrebbe essere un punto in comune..-
-In che modo?- chiese April scostante
-Potrebbe..- provò JJ ma la voce dell'altra ragazza la sovrastò -No, non ha senso.. io non.. insomma, andiamo!- sorrise nervosamente prima di afferrare la sua borsa e dirigersi fuori dall'edificio.
Emily la guardò allontanarsi mormorando qualcosa di incomprensibile poi, facendo un gran sospiro, si avviò nell'altra stanza fino a raggiungere Spencer.
-Trovato nulla su quel diario?-
Reid alzò un dito come a dire di aspettare poi, alzandosi in piedi, disse -Tina e Spencer non si erano fidanzati.. o almeno qui non ne parla-
-Come immaginavo..- mormorò Prentiss prima di uscire dalla stanza ma appena varcata la porta si rigirò verso il collega -Reid.. in quel diario.. si parla di April?-
-Molte volte Tina ne fa riferimento-
-Sì ma..- incominciò cauta -..niente a proposito di un ragazzo?-
-Di Johnson?- domandò il ragazzo deglutendo a fatica mentre vedeva la collega rispondergli affermativamente -Quasi alla fine dice che.. che è buffo che abbiano incontrato un uomo così con lo stesso nome- Fece una pausa poi chiese distrattamente -April esce con qualcuno di nome Spencer?-
A quelle parole Emily scosse la testa guardando il ragazzo con una strana espressione sul volto poi, senza dire parola, si rigirò e corse nell'ufficio dei computer chiedendo a Garcia di trovare tutto quello che poteva su un certo Spencer Trowan.

Penelope scosse la testa demoralizzata -Va bene che questi computer non sono la tecnologia che ho a Quantico.. ma di quest'uomo non esiste praticamente nulla!-
-Prova a cercare Robert Storlain- disse Emily avvicinandosi ai computer
Garcia digitò velocemente sulla tastiera aprendo file e cartelle ma non trovò niente di utile, anche quell'uomo sembrava non esistere.
-Non è possibile, Marie ci ha raccontato che Robert aveva da poco comprato una macchina inglese da un rivenditore della cittadina.. non può averla pagata in contanti-
-Ma può averla pagata col vero nome- esclamò Rossi che seguiva attentamente i ragionamenti della collega.
Hotchner era chiuso nella stanza degli interrogatori insieme a Brian mentre Morgan continuava a chiamare al telefono April, senza successo. Sbattendo una mano sulla porta della stanza dei computer Derek fece sussultare Penelope che aveva cominciato a cercare tutti i nomi degli acquirenti d'auto della cittadina nell'arco di una settimana. -Io vado a cercare April-
Reid alzò la testa dal diario di Tina che stava rileggendo con attenzione per poi scuotere la testa in senso affermativo. Da un lato avrebbe voluto andare con l'amico ma dall'altro era incapace di staccare gli occhi da quelle parole scritte con tanto entusiasmo. Prese una foto dagli album che provenivano da casa di Brian e l'osservò attentamente. Quella ragazza che sorrideva dolcemente, vestita da un semplice abitino color pesca, era davvero quell'April Johnson che lui aveva conosciuto? Avrebbe tanto voluto scoprirlo. Tanto.

Proprio non riusciva a capire cosa c'entrasse quella frase con lei. Non aveva alcun senso!
Sospirò accostando la macchina al lato della strada, in quello spiazzo dove era solita andare con Tina e Brian. Da lì si poteva avere una bella vista della sua cittadina. Era su una sorta di collinetta adibita a vista panoramica su quelle terre infuocate dal sole. Chiudendo l'auto fece qualche passo per poi sedersi su una panchina di legno sulla cui spalliera c'erano tre lettere scritte a grandi caratteri maiuscoli. T A B. April sorrise mentre le osservava con malinconia. Quelle erano le iniziali dei loro nomi, segnate come un'etichetta indelebile sul cuore.
Sospirando puntò lo sguardo su quel panorama che aveva segnato molti anni della sua vita ma il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dal rombo di una macchina, una macchina inglese.

Hotchner aprì la porta dell'ufficio dei computer e fece entrare un Brian abbastanza innervosito che subito si sedette accanto a Garcia che gli aveva indicato la sedia davanti ad uno schermo che mostrava una lista di nomi. I nomi degli acquirenti di quel tipo di auto inglese in quella cittadina.
-Pensiamo che il killer sia collegato alle vittime- incominciò Aaron -Tu riconosci qualche nome?-
Brian spostò lo sguardo dall'uomo allo schermo e scorse i vari nomi soffermandosi su uno in particolare.
-Quarta cassetta, ultimo video- disse facendo un cenno a Penelope che subito fece partire il filmato richiesto dal ragazzo. -Quello, quello è Jake Michell!- esclamò puntando il dito su un ragazzo moro mentre Garcia aveva messo in pausa per poi sbrigarsi a cercare qualsiasi notizia su quel ragazzo.
-Lo conoscevate bene?-
-Non direi.. ricordo che Tina si era presa una bella cotta per lui ma Jake invitò al ballo di fine scuola April che ovviamente rifiutò-
-E dopo?-
-Dopo..- mormorò Brian cercando di ricordare -..dopo sparì, alla fine non venne al ballo e l'anno successivo non si presentò a scuola, non so cosa gli fosse successo-
-Ha avuto un incidente- disse Penelope leggendo da un articolo di giornale -Un grave incidente, è rimasto vivo per miracolo..-
-C'è altro?- chiese Aaron impaziente, non sopportava di non vedere tornare April, dove diavolo si era cacciata?
-Direi di sì..- biascicò Garcia continuando a spulciare in quei dati -..ha subito un intervento plastico al volto-
A quelle parole, mentre il computer elaborava la foto del nuovo viso di Jake, Emily spostò lo sguardo in quello del suo capo e vi lesse la sua stessa emozione, timore. Loro sapevano che avevano già parlato con quell'uomo. Loro sapevano che avevano conosciuto quell'uomo come Spencer Trowan.
Emily ne aveva la certezza ogni secondo che passava, aveva anche controllato il programma radiofonico "Memory": andava in onda da un quarto alle dieci. Sospirò pensando che probabilmente Trowan aveva mandato avanti l'orologio della sua vicina perché confermasse l'orario. Si sentiva tremendamente stupida per aver mandato via quell'uomo ma niente faceva supporre che lui fosse l'omicida. Sembrava emotivamente scosso, così poco razionale.. Scosse la testa cercando di darsi una calmata. Ora doveva solo pensare a trovare quel maledetto bastardo.

Aveva paura, era seduta su quella panchina osservando quel ragazzo in piedi davanti a lei. Perché si era trovato lì? Perché? Improvvisamente le parole di Marie le rimbombarono nella testa "L'avevo sentita il giorno prima, mi divertivo a prenderla in giro perché aveva conosciuto un uomo col nome uguale al mio fidanzato".
Guardò quell'uomo che si faceva chiamare Spencer girarsi verso di lei con una strana espressione negli occhi, non capiva proprio cosa potesse volere da lei. Lo guardò meglio e intravide la cicatrice che aveva vicino all'orecchio destro e una più piccola vicina all'attaccatura del naso. Eppure c'era qualcosa di familiare in quel volto, ora che lo guardava meglio, che lo poteva osservare da vicino gli ricordava qualcosa, qualcuno.. ma non avrebbe proprio saputo dire chi.
-Sai, è strano ritrovarsi in questo posto insieme-
-Ritrovarsi?- chiese April con un soffio di voce.
-Certo, non ti sei resa conto di nulla, vero?-
Non rispose ma continuò a guardarlo sedersi vicino a lei e posare le mani a circondare le proprie ginocchia.
-Non avrei voluto, mi stava simpatica.. era così solare! Ma non riusciva a capire, non ricordava di avermi già amato.. nel momento sbagliato!- calcò quell'ultima parola quasi con spregio, come se gli tornassero alla mente brutti momenti della sua vita. -Anche Marie non mi ha riconosciuto, ma forse ora siete pronte a innamorarvi di me?-
-Cosa.. cosa stai dicendo?- chiese titubante April scostandosi un poco e puntando i piedi a terra, pronta per alzarsi e correre il più lontano possibile.
A quella domanda l'uomo si girò con un'espressione infuriata -Non ricordi un ragazzo di nome Jake Michell?-
April pensò un attimo per poi portarsi una mano alla bocca -Sei tu..-
-Ci sei arrivata!- esclamò sfoderando un coltellino dalla tasca del proprio giubbotto di pelle.
-Stai calmo..- mormorò lei portando le mani a mezz'aria come a dividerla da quell'uomo.
-Non voglio farti del male adesso, adesso che non abbiamo impedimenti.. niente amiche di mezzo- disse prima di cambiare espressione -Quel giorno avresti dovuto dirmi di sì, sai. Alla fine era solo un ballo!-
-Infatti, era solo un ballo.. di una decina di anni fa, Jake.. dove sei stato tutto questo tempo? Avresti potuto telefonarmi..- disse April cercando di rimanere lucida. Adesso si ricordava perfettamente quel ragazzo che l'aveva invitata al ballo di fine scuola. Lei aveva rifiutato perché Tina si era invaghita di lui in quel periodo.. gli aveva risposto che non era lei la ragazza che doveva invitare, che forse doveva guardarsi un po' di più attorno e avrebbe trovato quella giusta. Ovviamente si riferiva a Tina.
Si portò una mano a scostarsi una ciocca di capelli, non poteva aver ucciso Tina per una ragione così assurda, dopo così tanti anni, non poteva. Respirò profondamente come a cercare di scacciare quei pensieri, quell'uomo era uno squilibrato, aveva ucciso tre ragazze e probabilmente per lo stesso motivo, per un rifiuto, ma adesso lei doveva pensare di aver davanti un ragazzo che si credeva legato a lei così come ad almeno altre tre donne, non doveva pensare allo psicopatico quale lui in realtà era.
-L'ho fatto..- mormorò Jake stringendo il coltellino che teneva in mano -..tu hai risposto ma non mi hai detto niente-
-Tu non hai parlato?-
-No.. tu lo sapevi che ero io! Ma poi ho sentito una voce maschile che ti avvertiva di andare perché sarebbe arrivato Spencer.. Spencer-
April si morse il labbro inferiore ricordando perfettamente la voce di Sasha che la chiamava. -Io non sapevo che fossi tu.. se avessi parlato..-
-No!- esclamò lui alzandosi in piedi e strattonando April così da tirarla verso di sé -Credevo che dopo l'incidente, l'operazione al volto.. sareste tornate da me!-
April si divincolò scostandolo dal suo corpo, se lo ritrovò davanti con uno sguardo che mai più avrebbe dimenticato. Le sembrò che il tempo si fermasse, tutto divenne scuro, sentì solo un urlo dire il nome dell'uomo, quello vero, e un rumore metallico che proveniva da terra. Si sentì trascinare indietro e mettere a sedere, nuovamente, sulla panchina. Le orecchie le fischiavano incessantemente. Ricominciò piano piano a vedere normalmente, vide Jake che si divincolava tra le braccia di due agenti poi, finalmente, vide il volto di quel ragazzo che le teneva la testa fra le mani e che ora le parlava con voce tenera. -Stai bene? April, stai bene?-
-Sì..- mormorò posando una mano sulla gamba del ragazzo che le era seduto di fianco e che aveva appena ritirato le mani dal suo volto.
-April, tu non hai assolutamente colpe. April, ricordatelo-
Ripeteva il suo nome con una cantilena. Voleva farle capire.
Lei scosse la testa in segno affermativo prima che una lacrima scendesse a incorniciarle il volto.
Derek sorrise mestamente alzandosi in piedi. -Sai, mi aveva lasciato il suo numero..- incominciò lentamente, quasi come se dovesse confessare i propri peccati, -..non l'ho mai chiamata-
April alzò lo sguardo ad incontrare i piccoli occhi scuri dell'amico e come se le avesse fatto capire solamente adesso tutto ciò che era successo, dai suoi occhi nocciola cominciarono a sgorgare copiose lacrime di dolore. Il colmo contenitore del suo corpo aveva straboccato, finalmente poteva dar voce alla sua anima.
Si portò le mani a coprirsi il volto poi, lentamente, riprese a respirare normalmente, dopo aver pianto tutte le sue lacrime. Quando riaprì gli occhi vide la mano di Derek tesa verso di lei. L'afferrò alzandosi in piedi e sorridendo la ragazzo si avviarono insieme verso le macchine della polizia e quei suv neri che erano appena arrivati.
-Adesso potrà riposare in pace-


IMMAGINE

"La vita può essere capita solo all'indietro, ma va vissuta in avanti" Kierkegaard.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 008a ***


Untitled Document

CM 008

 

"La grandezza dell'uomo si misura in base a quel che cerca e all'insistenza con cui egli resta alla ricerca" Heidegger.

Era passata ormai più di una settimana da quel caso, tutti avevano fatto i loro conti e si erano preparati ad affrontare il futuro.
Sempre più spesso Emily si trovava in compagnia di April, avevano cominciato sul serio a conoscersi, senza maschere e senza inganni. Le sere passavano nella tranquillità di un buon locale a sorseggiare vino, con musica jatz che contornava di sottofondo le loro risate.
Emily aveva cominciato ad apprezzare quel misto di carattere forte ed estremamente fragile che si maschera dentro April. Lei, d'altro canto, aveva cominciato ad apprezzare la fresca sincerità mista a quella titubanza di farsi scoprire che avvolgeva Emily.
La voce di April aveva cominciato a riempire i pomeriggi isolati di una Emily sempre più restia a uscire con uomini che non appartenessero ai suoi pensieri, anche se lei sapeva bene che così facendo si stava precludendo una vita fuori dal lavoro. La sua mente aveva cominciato a chiudersi a riccio attorno a quell'uomo che April gli raccontava sempre più umano, sempre meno capo e molto più compagno.
Emily aveva capito che se voleva concentrarsi davvero sulla sua vita avrebbe dovuto trovare in quel ring un angolo tranquillo. E poteva farlo solo se il ring diventava il suo lavoro e l'angolo un rifugio per pensare e far pensare. Quello era l'unico modo per affrontare il suo cuore. Capirlo. Ma questo le faceva dannatamente paura perché forse, in fondo, sapeva esattamente cosa il cuore celava con così tanta insistenza, precludendole una vita da affrontare col sorriso sulle labbra.
Rimaneva affascinata quando April le raccontava dei momenti che aveva passato con Aaron, più lei parlava e più le sembrava di conoscere quell'uomo, di capirlo in ogni gesto che aveva compiuto. Di capirlo in ogni gesto che avrebbe fatto.
Sapeva esattamente ogni suo movimento in quell'ufficio che riusciva a intravedere dalla sua scrivania. Sapeva che quel giorno sarebbe stato indaffarato in mille verbali, relazioni, cartelle e cartelline e che non avrebbe alzato lo sguardo da quei fogli se non per tirare una veloce occhiata all'open-office e, inaspettatamente, puntare il suo sguardo su di lei più del dovuto. Proprio come stava facendo in quel momento.
Emily gli sorrise appena prima che lui scostasse il suo sguardo e tornasse ad immergersi nel suo lavoro. Era un po' di tempo che andava avanti così. Lui guardava a casaccio nella stanza, si soffermava sulla sua figura, lei gli sorrideva e lui subito tornava a lavorare. Si sentiva onorata di quello sguardo, di quegli occhi che, in qualche modo, ritrovavano serenità nei suoi. Credeva davvero che insieme si dessero coraggio per andare avanti in quel lavoro. Senza una parola, senza un gesto preciso, solo con lo sguardo e tanti pensieri.
Adesso Emily cominciava davvero a capire che la sua vita non iniziava dove finiva il suo lavoro. Che anche per Aaron fosse così?!

Si stava rigirando quella penna in mano da ormai qualche minuto buono. Era passata una settimana e lui ancora non era riuscito a spiccicare parola, non era riuscito a dirle niente di sensato se non per parlare del lavoro. Per tutto il caso Brower si era sentito strano. Certo, era dispiaciuto per la morte di Tina ma, in fondo, non l'aveva che vista una sola volta scambiandoci non più di qualche frase. Era dannatamente triste per April, questo sì. Non era stato affatto bello vederla in quelle condizioni, no non lo era stato affatto. Ma c'era qualcosa di più.
Scoprire qualcosa di così personale della vita di un collega. All'inizio aveva avuto lo stesso effetto di quando erano andati a Chicago per aiutare Morgan, ma poi il tutto si era stabilizzato in qualcosa di diverso. Non era lo scoprire il passato di April, la sua vita al college, all'università.. quelle foto così straordinariamente solari. No, non era solo quello.
Spencer lo sapeva bene. E solo lui lo sapeva. Nemmeno Emily era arriva a capire sul serio, e lei poteva essere l'unica. L'unica che gli aveva chiesto di quel diario.
Continuò a rigirarsi quella penna fra le mani, macchiandosi il pollice destro di inchiostro nero.
Lui lo sapeva. Era quel diario. Quelle parole gli rimbombavano in testa come una canzone che non riesci a smettere di canticchiare. Lui non riusciva a scordarle. A volte proprio avrebbe voluto non avere la sua memoria eidetica e malediva se stesso per quella qualità così geniale. A volte voleva solo dimenticare.
"Eppure fa così strano sentirla parlare di qualcuno con lo stesso nome di quel bel ragazzo che sto frequentando! In realtà fa molto strano sentirla parlare di un ragazzo a quel modo, c'è un misto di entusiasmo e terrore nella sua voce, non riesco proprio a capirne il motivo. A volte è super eccitata di un sorriso, uno sguardo.. altre volte sembra esserne infastidita. A volte proprio non riesco a capirla. Che ci sia qualcosa sotto?"
La sua mente si fermò a quelle parole. Se chiudeva gli occhi riusciva anche a vedere la scrittura di Tina, così ordinata, grande, tondeggiante.. così entusiasta. Ricordava quell'ultimo punto interrogativo come qualcosa di prezioso, calcato con la penna più volte. Perché non aveva scritto altro? Perché non gli aveva svelato l'arcano?
Quella semplice domanda lo innervosiva. Lo infastidiva non saperne la risposta ma soprattutto, soprattutto lo infastidiva non sapere con certezza a chi erano riferite quelle parole. Prepotentemente sperava che quello Spencer fosse veramente lui altre volte, invece, ne sperava il contrario.
Sospirò ricordandosi la faccia di Emily alla sua domanda, se April uscisse con qualcuno di nome Spencer. Un'espressione desolata. All'inizio il volto le si era contratto in un qualcosa di molto simile all'espressione di una mamma che guarda il proprio bambino dire un'ingenuità, dopo i suoi occhi si erano addolciti ancora di più mentre gli angoli della sua bocca si erano sollevati in uno scarno sorriso, infine.. infine il suo viso aveva assunto una posa straordinariamente semplice, niente sorriso, niente profondità, niente di niente.. desolazione. Ricordava quel volto nei minimi particolari, lo rivedeva dentro i suoi occhi cercando una chiave rivelatrice dei pensieri della collega. Ricordava quelle espressioni sparire dietro la folta chioma di Emily che velocemente si dirigeva nell'ufficio di Garcia. Ricordava tutto. Ma non aveva ancora avuto una risposta. Non l'aveva trovata.
E di nuovo quelle frasi ad assordargli le orecchie. Prepotenti.
In quelle parole, quelle parole confuse, c'era dentro qualcosa di buono o no?
Forse doveva solamente riuscire a rispondere a quella domanda. A quella dannata domanda.
Sospirò prima di posare con un colpo secco la penna che si rigirava fra le dita. Si diresse a passo svelto verso le macchinette del caffè e rallentò solo quando vide una figura di spalle versarsi quel liquido scuro in una buffa tazza colorata.
Quella era una maledizione. O forse l'occasione giusta?
Spencer si passò nervosamente le mani fra i capelli a sistemarsi delle ciocche dietro le orecchie poi, senza pensarci due volte, si accostò alla ragazza sorridendo impacciato.
April, al sentire qualcuno avvicinarsi, si scostò dalla macchinetta del caffè tirando una rapida occhiata al ragazzo.
-Posso?- domandò lui indicando la caffettiera che ancora lei teneva fra le mani
-Oh, certo..- si riscosse dai suoi pensieri, incominciando a versare il caffè nella tazza che il ragazzo le stava porgendo.
Non si guardavano negli occhi e nessuno dei due sembrava intenzionato a parlare.
Non era poi molto che April era tornata visto che dopo il caso Brower si era fermata qualche giorno con Brian e la madre di Tina che, finalmente, aveva acconsentito a vedere i due ragazzi. Era stata proprio per quell'occasione che Spencer ed April avevano avuto l'ultima conservazione che implicava più dei saluti, delle banalità e meno del lavoro.
Dopo essere tornati alla stazione di polizia, dopo aver arrestato Jake, dopo ogni rassicurazione da parte di April data ad Aaron e al resto della squadra, dopo aver riabbracciato Brian, dopo tutto il trambusto che c'era stato, in un momento di pace nel quale April si trovava da sola nella stanza riunioni.. Spencer le era andato vicino sfiorandole le spalle e facendola girare in un sussulto verso di lui. Le aveva allungato il diario di Tina che lei prontamente aveva accolto fra le braccia e, come la prima volta, aveva preso ad accarezzarne la copertina. Le aveva detto parole scombussolate su come lui non dovesse leggere quel diario perché era personale e perché implicava anche persone a lui vicino. Lei. Le aveva detto che andava tutto bene. Le aveva detto di leggere quelle parole prima di restituire il tutto alla madre. In quel momento April gli aveva solamente sorriso mentre le parole scombussolate del ragazzo le rimbombavano in testa senza un senso preciso. Gli aveva preso la mano, gli aveva scoccato un bacio sulla guancia e se n'era andata.
Quello era stato l'ultimo vero contatto fra quei due ragazzi che ora si trovavano l'uno davanti all'altra incapaci di guardarsi.
April bevve nervosamente un sorso del suo caffè. Ricordava bene il volto di Brian mentre gli porgeva il diario di Tina, decisa a non leggere nemmeno una sillaba. Lui l'aveva guardata perplesso come se avesse detto un'assurdità, per lui in quel diario non ci potevano che essere cose che loro già conoscevano, sentite direttamente dalle labbra della loro migliore amica. Ma Brian non doveva fare i conti con il proprio essere, con i propri sentimenti che, April lo sapeva bene, sarebbero riaffiorati ad ogni singola parola. Lei non voleva sapere la verità su se stessa, anzi la stava ricacciando dentro di sé come un male insormontabile. Sì, ricordava bene lo sguardo di Brian.. già le era bastato quello per farle capire quanto fosse stupida ad affrontare la situazione in quel modo, ma alla fine lui si era limitato a sfiorare la sua fronte con le labbra in un tenero bacio, prima di restituire il diario alla signora Brower. Lontano da loro. Lontano da lei.
Spencer guardava assorto il suo caffè, come se quel liquido potesse svelargli qualcosa, qualsiasi cosa. Poi, tossicchiando, portò il suo sguardo sulla figura che gli stava davanti, immobile.
-Ci saresti stata utile in questi ultimi casi..- disse riferendosi ai giorni che era rimasta assieme a Brian.
-Uhm..- biascicò lei prendendo un altro sorso di caffè.
No, questa non era davvero la via giusta.
Dall'altra parte della stanza uno stralunato Derek stava osservando la scena perplesso. Proprio non riusciva a capire come il collega potesse essere così dannatamente imbranato in fatto di donne. Va bene essere timidi, va bene essere ingenui.. ma fino a che punto? A quel pensiero scosse la testa ricordandosi che si trattava di Reid. Ricordava ancora il suo smarrimento per la storia con quella splendida attrice. Ricordava ancora la soddisfazione nei suoi occhi dopo essersi fatto dare il numero da quella bella barista.
Sorrise scuotendo la testa pensando a tutti i consigli che aveva riservato al giovane collega. Gli aveva parlato come si faceva a un fratello minore, come si faceva ad una persona inesperta desiderosa di consigli. Si era creato un bel rapporto fra di loro: un'amicizia profonda, una professionalità indubbia. Ma stavolta era diverso. Derek lo sapeva, stavolta non avrebbe dovuto dare i soliti consigli da playboy. Stavolta no. Stavolta era una cosa seria, e non perché c'erano in gioco due colleghi ma per un qualcosa che andava ben oltre tutto ciò. Non aveva mai visto quello sguardo così assorto dell'amico se non per una qualche strana formula di fisica.. o era chimica?
No, decisamente doveva cominciare a pensare a qualcos'altro. Non poteva finire a scomodare una materia scientifica nei suoi pensieri, anche se si trattava di Reid. A quel pensiero sorrise battendo una mano sulla scrivania prima di alzarsi e dirigersi verso quei due ragazzi che lo avevano distratto dal proprio lavoro.
-Più che caffè sembra stiate bevendo della camomilla- esclamò afferrando una tazza e versandosi del liquido scuro.
-Potrebbe essere quasi l'orario giusto..- mormorò April tirando un'occhiataccia a Morgan
-Ma se non è nemmeno l'ora di cena!-
-Beh in realtà è già passata da circa un'oretta..- biascicò Spencer
-Stai scherzando!- saltò su Derek guardando l'orologio -Cavolo!-
-Stai facendo aspettare la tua bella?-
-Quale delle tante?- esclamò Emily che si era appena avvicinata al gruppetto
-Sì, divertente..- bofonchiò il bel ragazzo di colore afferrando il cellulare e allontanandosi per parlare in pace.
-Credo sia un po' tardi- incominciò Emily guardando l'altra ragazza -Ma ti va di andare a mangiare qualcosa insieme? C'è anche Penelope-
-Ottima idea, ho proprio bisogno di un po' d'aria- esclamò April facendo un gran sospiro prima di tornare verso la sua scrivania
-E tu genietto, sei dei nostri?-
-Sai cosa si dice di un uomo fra due.. beh tre donne?- domandò lui ironico posando la propria tazza di caffè
-Che si divertirà da pazzi!- esclamò Emily sorridendo a trentadue denti prima di svignarsela verso l'ufficio di JJ senza dare possibilità di ribattere al giovane ragazzo.
Spencer rimase come impalato a guardare la collega andarsene il più lontano possibile da lui. Si era fregato da solo. Si portò quella ciocca di capelli ribelle nuovamente dietro l'orecchio, con un movimento ormai automatico e con altrettanto automatismo i suoi occhi si andarono a posare su quella figura che stava sistemando le proprie carte sulla scrivania.
Lo sapeva, prima o poi sarebbe impazzito ma il suo cervello non voleva assolutamente saperne di cambiare argomento di conversazione con se stesso.
Si inumidì le labbra, forse sarebbe stata la serata giusta per riuscire a dirle almeno una frase sensata. Forse.

Per una volta non aveva fatto la cosa giusta. Non per lui in quel momento, in quella situazione. Ma proprio non ce l'aveva fatta a dire la parolina magica che diceva solitamente, proprio non gli era voluta uscrire di bocca. Era convinto di stare per dire quella sillaba, quel no, ma dalla sua bocca era uscito tutt'altro suono e lo aveva pronunciato con tanta semplicità e naturalezza che la stessa Emily era rimasta basita. Ma lui più di lei.
Emily era entrata nel suo ufficio raggiante, con un gran sorriso sulle labbra. Senza preamboli gli aveva detto il programma della serata: cena tranquilla a casa sua con il team, meno JJ che sarebbe dovuta tornare a casa dal suo Henry. Poi aveva aspettato. Lui aveva alzato la testa da quegli incartamenti, l'aveva osservata un attimo e infine aveva riabbassato lo sguardo verso quei fogli scarabocchiando qualcosa con la penna che teneva in mano. Poi aveva risposto sì. Sì. Sì.
Emily aveva corrucciato la fronte sorpresa, lo aveva guardato continuare a scrivere e infine era uscita da quell'ufficio così com'era entrata.
Solo in quel momento Aaron aveva ritirato su la testa a fissare il punto dove l'attimo prima si trovava Emily. Aveva detto di sì.
Posò la penna, picchiettò i fogli sulla scrivania per renderli in ordine. Aveva detto di sì. Aprì il cassetto e vi lasciò quei fogli. Aveva detto di sì. Riprese la penna e la sistemò al proprio posto. Aveva detto di sì.
-Sì- mormorò dopo aver posato le mani sulle proprie ginocchia. Lo aveva detto sul serio.
Non poteva restare un attimo di più ad ascoltare i propri pensieri. Non poteva. Velocemente si alzò ed uscì dall'ufficio trovandosi davanti ad una April con la mano alzata come se stesse per bussare alla porta.
Al vederlo April fece un passo indietro poi, guardandolo stranita, gli posò la mano che teneva ancora alta sulla fronte.
-Cosa c'è?-
-Cerco di capire quanta febbre hai-
A quelle parole Hotch scosse la testa facendo sì che lei ritirasse la mano. -Non è la fine del mondo-
-Più o meno..- mormorò April guardandolo dirigersi verso l'ufficio di David.
L'agente Hotchner che lasciava il lavoro per concedersi una piacevole serata fra amici. Questa doveva proprio segnarsela.
Scese le scalette e raggiunse l'open-office dove trovò il resto dei colleghi già pronti per uscire.
-Cambiamento di meta, facciamo un salto qua vicino- l'aggiornò Emily
-Cioè?-
-Cioè a casa mia- sorrise Jennifer
-Recepito- esclamò Spencer mostrando le chiavi di uno dei suv neri. -Stasera guido io!-
-Solo perché io prendo la mia macchina- ribatté Derek -..non si sa mai che debba andare via prima-
-Ma non hai appena dato buca ad una delle tue tante ragazze?- ironizzò April
-Ehy bambolina!- sorrise lui puntando l'indice verso di lei -Stai attenta, potresti essere la prossima-
-Uhm.. è una proposta?-
-No, a me lo dice continuamente.. ma senza nient'altro- intervenne Penelope sospirando mentre gli altri erano scoppiati a ridere.
-Iniziate già a divertirvi senza di noi?- esclamò David scendendo le scalette assieme al capo e raggiungendoli.
-Un piccolo assaggio- disse Emily sorridendo -E JJ ci ha invitati a casa sua-
-Così strapazzeremo un po' il piccolo Henry!- sorrise Garcia già pronta a coccole e faccette buffe.
-Ma non sarà un disturbo JJ?- domandò preoccupato Aaron
-Oh no, ho già avvertito Will.. siamo contenti di mostrarvi il nostro piccolo rifugio-
-Allora non ci resta che andare- esclamò David facendo strada verso l'uscita dell'edificio.
Appena varca la porta, appena toccato l'asfalto, Spencer si avvicinò ad April e senza pensarci troppo esclamò -La macchina è di qua, vieni con me April?-
A quella domanda April alzò di scatto la testa verso il ragazzo che la stava guardando a labbra serrate e con una buffa espressione in volto. -Ah.. ehm, sì..- mormorò avviandosi dalla parte che le aveva mostrato prima il ragazzo. Questa mossa proprio non la capiva. Cosa voleva ora da lei? Ora, dopo che non l'aveva considerata da quando era tornata?
Si girò sorridendo goffamente al ragazzo prima di constatare che tutti avevano deliberatamente deciso di non andare con loro. Nella sua testa si formò la nitida immagine di lei con una grande mitragliatrice in mano e dall'altra parte tutto il resto della squadra ma poi, piano piano, si fece spazio un altro pensiero, un'altra immagine. E un suono leggero arrivò alle sue orecchie, una voce maschile: "Se passi di qui meglio che non ti presenti a un certo ragazzetto".
Salì in macchina titubante lasciando che i suoi occhi si fermassero sulla figura di quell'alto ragazzo che, allacciata la cintura di sicurezza, si accingeva a girare la chiave e mettere in moto.
Dove gli avrebbe portati tutto ciò?

Spencer si maledì mentalmente per quella stupida idea. Cosa credeva di fare? Ed ora che era rimasto solo con lei? Perché voleva tartassare ulteriormente la sua testa con queste sciocchezze? Perché voleva convincersi di provare qualcosa per quella ragazza? Solo perché si ritrovava a guardarla ed osservarla senza motivazione alcuna? Solo perché si era sentito morire quando l'aveva vista angosciata per l'amica? Solo perché i suoi pensieri ogni tanto erano affollati dalla sua presenza? Solo perché quell'"ogni tanto" si trasformava spesso e volentieri in costante, un pensiero costante? No, decisamente non era nulla. Il suo cervello poteva risolvere anche questo. Beh, forse.. per ora, a dire il vero, non c'era riuscito molto bene.
-Ti farai male..- mormorò April continuando a guardare la strada davanti a sé.
-Co..come?- chiese imbarazzato lui. Quelli erano i suoi pensieri, come faceva a sapere?
-Se continui a stringere a quel modo il volante ti farai male-
A quella risposta Spencer guardò le nocche delle dita più bianche del solito. Scosse la testa mentre una mezza risata gli si formò sulla bocca. Si era preso un bello spavento per nulla. Come poteva April sapere qualcosa se non c'era nulla da sapere? Perché era esattamente così.
Lasciò andare un poco le mani cercando di concentrarsi esclusivamente sulla strada e non a quella ragazza che aveva appena sentito sospirare. Perché lo aveva fatto? Perché lui gli aveva offerto un passaggio ed ora se ne stava zitto senza dire una parola? Anzi, ridacchiando nervosamente tra sé e sé? Era proprio uno stupido.
Doveva pensare a qualcosa. Doveva capire cosa fare. Ma in quel momento, per la prima volta, sentì che il suo cervello lo stava abbandonando. Non aveva una risposta.
Improvvisamente svoltò velocemente a destra tanto che April si dovette reggere alla maniglia della portiera. -Guarda che gli altri sono andati a dritto-
Spencer non rispose, aveva bisogno di pensare. Precisamente aveva bisogno di attuare un pensiero sensato. E poi aveva bisogno di formulare una frase razionale e dirla con tutte le sensazioni che provava in corpo. Lei avrebbe capito?
Vide un parcheggio e subito vi si infilò cercando un posto tranquillo, un po' ai margini, un po' lontano dal caos della strada trafficata.
-Spencer..- sospirò April incominciando a spazientirsi. Non era mai stata una persona calma e in quel momento le sembrava di aver tollerato anche troppo. Non si era mai sentita a quel modo, provava un misto fra frustrazione, delusione, rabbia, indecisione. Proprio non andava, doveva rimediare. Non voleva assolutamente provare niente di tutto ciò. Soprattutto se era per via di un certo ragazzetto. -Spencer..-
-Aspetta!- esclamò subito lui slacciandosi la cintura e girandosi un poco verso di lei -Solo un attimo-
A quelle parole April poggiò la testa allo schienale del sedile guardando dritta davanti a sé. Proprio non riusciva a star dietro alle intenzioni di quel ragazzo. A volte le sembrava così vicino, le sembrava di capirlo con uno sguardo. Altre volte, invece, era come se fosse lontano anni luce. Ora era uno di quei momenti. A dire il vero era così da quando era tornata. Improvvisamente rimpianse di non aver letto quel diario.. che fosse stato quello a renderlo così distante? Nuovamente si maledì per quel pensiero. Non voleva assolutamente che la sua mente pensasse alle sensazioni che quel ragazzetto le dava, ai mille dubbi che le faceva venire.
-April..- sentì la sua voce arrivargli lieve alle orecchie. Sentì un leggero calore sfiorarle la guancia, un tocco così delicato da farle quasi il solletico. Lentamente si girò ed incontrò quegli occhi da cucciolo che tanto le erano mancati. Le sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che lui l'aveva guardata a quel modo.
-April mi dispiace-
Ma ora doveva riprendere il controllo di se stessa. Scosse la testa cercando di assumere un'espressione perplessa -Di cosa?-
Era difficile per lui dire ad alta voce ciò che provava, era davvero difficile. Difficile perché se il suo cervello e il suo cuore avevano preso una strada lui stava cercando di fare di tutto per negarla, per prendere e cambiare sentiero anche se i suoi piedi volevano continuare a battere quella complicata via. Difficile perché lui non voleva assolutamente provare quelle sensazioni. Difficile perché lui non voleva nemmeno pensare di provare quelle sensazioni. Difficile.
Stava cercando una qualche frase da dire, un qualcosa che giustificasse il suo comportamento.. ma in quel momento il suo cervello lo aveva davvero abbandonato.
Fu allora la voce di April a fargli alzare lo sguardo a guardarla nuovamente negli occhi.
-Non ho letto quel diario-
Rimase ad osservarla mentre tutte le sue elucubrazioni mentali crollavano di colpo. Lei non aveva voluto sapere. Lei non aveva voluto sapere cosa lui aveva appreso da quelle parole. Lei voleva vivere al momento senza troppi pensieri, senza troppe parole vaganti nella mente. Deglutì a fatica.
-Non ti devi scusare di nulla, capisco che può essere difficile sapere qualcosa della vita di una persona che vedi tutti giorni, di cui sei collega.. lo capisco- si stava arrampicando sugli specchi ma voleva solamente chiudere quel discorso. Discorso che non era affatto un discorso. Perché non era nemmeno iniziato.. quel discorso. Le parole le erano uscite prima che potesse collegare il cervello, prima che potesse pensare a mente lucida a tutta quella situazione. Ma forse erano le parole giuste da dire.
Spencer l'osservò ancora per qualche secondo mentre lei lo guardava mordendosi il labbro inferiore. In quel momento gli sembrava di essere senza difese, incapace di gestire un qualcosa che era diventato dannatamente impalpabile ma che si respirava nell'aria, che lui respirava.. e respirava sempre più spesso, sempre maggiormente. E più respirava e più nella sua mente cadevano certezze su certezze e il tutto si perdeva in quei occhi color del miele. Quegli occhi che ora lo guardavano sperando di non dover mai più tornare su quell'argomento.
-Forse non avrei dovuto ricordarti..- mormorò riferendosi al diario, a Tina, -Scusa- finì girandosi e portando le mani sul volante.
April lo guardò osservare per qualche attimo davanti a sé, come in contemplazione di un qualcosa che non c'era, poi lo vide portare la mano destra sulla chiave della macchina e mettere in moto. Fu veloce, posò un mano sulla sua coscia e in un sussurrò mormorò -Grazie-
Lei lo sapeva.. lo sapeva che lui in realtà si stava solo preoccupando per lei.
Lui doveva ancora scoprirlo.

...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 008b ***


Untitled Document

 

...

La macchina di Morgan si era caricata di Hotch, Emily e David. Il silenzio la circondava e tutti stavano ben attenti a non rompere quella bomba ad orologeria. Avevano notato lo sguardo del loro capo rabbuiarsi non appena Reid aveva proposto a Johnson di andare con lui. Lo avevano notato eccome!
Dal sedile posteriore Emily osservava quell'uomo, nel posto accanto al guidatore, scrutare ogni minimo particolare della strada che stavano percorrendo. Ma lei lo sapeva bene che Aaron, in quel momento, non era affatto interessato a quella via e a quel momento. I suoi pensieri stavano vagando in chissà quale ipotesi di futuro e già poteva intravedere l'avvicinarsi di una catastrofe. Eppure, in quel momento, Emily proprio non riusciva a capirlo o meglio.. non voleva. No, non voleva capire come mai Hotch fosse così restio ad un sentimento, anche se si trattava fra colleghi. Scosse la testa cercando di allontanare quel pensiero ma ora aveva una sola immagine nella testa: lei e lui. L'agente e il proprio capo.
Che quei pensieri influissero anche la sua, di vita?
David stette per un po' in silenzio guardando Morgan concentrato sulla guida. Probabilmente se si fosse trovato da solo con Hotch gli avrebbe parlato ma adesso erano in quattro. Adesso era lui il maggiore. Adesso stava a lui parlare.
-Vogliamo continuare a farne un problema?- disse sbuffando.
Emily si girò di colpo verso di lui mentre Derek aveva drizzato le orecchie tirando una veloce occhiata ad Aaron che era rimasto impassibile.
-Non l'ho mai visto come un problema- intervenne allora Emily, decisa più che mai ad andare avanti in quel discorso. Quelle parole le uscirono dalla bocca con un gran sorriso mentre i suoi occhi si fermavano a scrutare la figura del proprio capo che si stava allentando la cravatta.
-Non c'è nessun motivo per metterci bocca- parlò anche Derek. Sinceramente lui non era affatto intenzionato a smontare l'unico brivido che aveva visto passare sul volto di Spencer. E, sinceramente, non aveva nemmeno intenzione di togliere quella splendida emozione sul volto ad April.
-Non è un problema- incominciò Hotch capendo che era il suo turno di battuta. Sapeva che nessuno avrebbe più detto nulla se lui non avesse parlato. Doveva confessare. -Lo diventerà-
A quelle parole Emily scosse la testa mentre un sorrisetto scettico le si formava sulle labbra -Come puoi saperlo? Non prediciamo il futuro!-
-E' evidente che quella sarà la conclusione-
-Allora vuoi dare te la notizia?- domandò Morgan alzando un poco il tono di voce -Perché io non dirò a nessuno di trascurare i propri sentimenti-
-Non intendevo questo!- si risentì Aaron
-E' che vuoi che non accada nulla che possa sconvolgere la vita del team.. e dei suoi membri- disse Rossi appoggiando l'amico -Lo capisco.. ma siamo esseri umani-
Quella fu l'ultima frase prima che Morgan parcheggiasse. Nessuno aveva ribadito qualcosa. Tutti avevano capito che la situazione poteva diventare complicata ma.. perché fasciarsi la testa prima? Non si trattava per forza di una conclusione disdicente. Solo il tempo poteva dimostrare quale strada sarebbe stata quella giusta.
David scese per ultimo di macchina. Vide Derek, accanto a Penelope, stringere la mano a William. Vide Emily sorridere al piccolo Henry già fra le braccia della mamma. Vide Aaron guardare assorto quella scena. Gli si avvicinò battendogli una mano sul braccio. -Lo sei anche tu, sai- disse prima di dirigersi verso la porta d'ingresso di quella villetta bianca.
-Cosa?- borbottò perplesso Aaron anche se già conosceva la risposta a quella sua domanda.
-Un essere umano-

-Ci siamo persi qualcosa?- sorrise April entrando in quella casa e baciando sulle guance Will.
-Solo tremila parole del tipo: picci, mimmo.. rivolte al mio Henry-
-Ovviamente- mormorò Spencer stringendo la mano al padrone di casa che subito dopo fece strada verso il salotto dove erano già riuniti tutti gli altri.
Era una piccola villetta comoda e ben arredata. Uno stile classico che tendeva al moderno, sempre molto elegante. Jennifer aveva proprio buon gusto.
April si era diretta subito verso il gruppetto di donne che stavano giocherellando col piccolo Henry, Spencer l'osservò mentre sorrideva al bambino e rideva con le amiche poi, anche lui si sistemò nel salotto assieme a tutti gli altri.
-Abbiamo ordinato cinese, spero vada bene- annunciò Will
-Bacchette comprese?- mugugnò Reid mentre Morgan, seduto accanto a lui sul divano, scuoteva la testa
-Ma non ti aveva insegnato JJ?-
-Sì, circa tre anni fa se non ricordo male- disse Aaron in piedi accanto alla finestra
-E' che non siamo compatibili- finì Spencer incrociando le braccia al petto.
-Credete ci sia una ragione particolare..- incominciò David guardando il gruppo di ragazze poco distanti da loro -..per cui le donne fanno tutti quei versi stupidi ai bambini piccoli?-
Ci fu un attimo di silenzio, i cinque uomini si guardarono di sfuggita, poi fu Will a parlare -Deformazione professionale!-
La serata passò velocemente, quando si trascorrevano momenti in tranquillità il tempo passava sempre troppo in fretta.
Jennifer aveva portato Henry a letto e aveva appena chiuso la porta della sua stanzetta mentre April era rimasta nel corridoio ad osservare la luna fuori dalla finestra.
-Bella vero? Oggi è luna piena-
-Già..- bisbigliò April portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Senti April..- incominciò JJ cauta, aprendo un cassetto del piccolo comò sistemato nell'ingresso -..questo non serve più per le prove..- disse prendendo un piccolo album fotografico dalla copertina arancione.
April guardò quell'oggetto come se fosse un ricordo lontano della sua vita. Lentamente allungò le mani per prenderlo.
-Volevo dartelo.. al momento giusto-
Sorrise alla ragazza che le stava davanti, aprendo la prima pagina e vedendo una grande foto che la ritraeva assieme a Tina e Brian.
-Pensavo che fosse meglio ridarlo a te che mandarlo..-
-Grazie JJ- la interruppe April col sorriso sulle labbra -Grazie davvero-
Jennifer sorrise a sua volta per poi accennare con la testa verso il salotto da dove provenivano voci allegre.

Emily aprì il portone del proprio appartamento e si incamminò nell'ingresso a passi pesanti, nonostante avesse passato una bella serata si sentiva distrutta. Era stata la maggior parte del tempo a dispensare sorrisi mentre non perdeva d'occhio il suo capo. Proprio non ce l'aveva fatta a ignorarlo visivamente, tanto che lui se ne doveva essere accorto perché più volte aveva girato lo sguardo verso di lei facendole un cenno gentile con la testa ed Emily ne era quasi sicura.. su quel volto aveva intravisto una sorta di vago sorriso.
Pesantemente si lasciò cadere sul divano bianco portandosi una mano sulla fronte. Doveva davvero fare qualcosa per risolvere quella situazione, non era possibile sentirsi così verso il proprio capo, non era possibile sentirsi a quel modo per un uomo che aveva definito "tenero" assieme alla moglie mentre gli osservava ballare! Cos'era cambiato da quel giorno?
Oh, dannatamente tante cose. Sguardi, gesti.. sensazioni.
Si era trovata immersa in un vortice più complicato del previsto e ci si era buttata a capofitto nell'attimo esatto in cui aveva fatto entrare Aaron a casa sua, poco dopo che si era dimessa.
"Vieni a Milwaukee". Ricordava il timbro di quelle parole come se fosse successo pochi minuti prima. Ricordava a memoria ogni frase di quel giorno, ogni sguardo di Aaron, ogni singola espressione del suo viso. "..sali sull'aeroplano con me". Ricordava decisamente tutto.
Lentamente si alzò dirigendosi nel cucinotto dove prese la sua teiera di porcellana. Aveva bisogno di qualcosa di caldo che la calmasse. Aprì uno sportello del mobile di cucina dove teneva the, infusi e quant'altro e optò per una semplice camomilla. Quella sera doveva dormire in santa pace e, il giorno dopo, tornare a lavoro serena e tranquilla.
Non ce l'avrebbe mai fatta.
Preparato si sedette sulla piccola poltroncina di vimini posizionata nello spazio sotto le scale. Le piaceva stare lì, le sembrava come un rifugio, una piccola nicchia dalla quale poteva osservare il portone, l'ingresso all'altra stanza, il cucinotto, il salotto, e dove poteva contemplare la splendida vista della città.. ma da distanza, con una certa lontananza dalla realtà di tutti i giorni che la faceva sentire viva, la faceva sentire umana, la faceva sentire donna.
Poteva stare lì ore ed ore a ricordarsi di essere una donna che provava sentimenti ed emozioni.. a rivivere momenti, piccoli gesti e parole soffuse. Era quando si alzava, quando poggiava i piedi sul pavimento ghiaccio che la realtà tornava prepotente nella sua mente, che il lato razionale del suo cervello le diceva di star commettendo un errore.
Ma amare qualcuno poteva essere un errore?

Non aveva affatto voglia di dormire quella sera, la serata era stata molto tranquilla ma dentro lui aveva un vulcano da reprimere. Non era facile.
Si sedette per un attimo sul bracciolo del divano nero posizionato davanti al camino. Sospirò prendendo uno dei tanti cuscini rossi e incrociando le braccia al petto. Chiuse gli occhi. C'era un silenzio innaturale in quella grande casa. Non un fruscio, non una parola, non un segno di vita. Doveva davvero decidersi a cambiare casa. Cambiare aria.
Ogni singolo oggetto era stato studiato da Haley con attenzione, lui aveva messo bocca poco e nulla. E quel divano non gli piaceva proprio!
Si alzò lasciando andare pesantemente il cuscino, come a scacciare quel pensiero, quei pensieri.
Quella casa lo aveva visto felice, ora cos'era cambiato?
Tutto. Decisamente tutto.
Haley se ne era andata. E non soltanto da quella casa. Era stata dura farla andare via dai suoi pensieri ma ormai già da un po' di tempo la Haley che aveva nella mente non corrispondeva più alla vera Haley. Era cambiata e lo squillo del suo cellulare glielo aveva mostrato, gli aveva aperto gli occhi su qualcosa che non voleva vedere.
Alla fine anche lui era cambiato.
All'inizio era turbato, angosciato, arrabbiato.. deluso. Poi tutto questo se ne era andato, il tutto era diventato passato, un ricordo.. solo una cosa era rimasta e segnava, ora, il futuro: Jack. Era stato solo dopo che si era accorto che lui si era allontanato da Haley già prima che lei lo lasciasse. Non voleva ammetterlo ma era stato così, si era creato la convinzione che Haley fosse rimasta la stessa donna che aveva sposato e che lui fosse rimasto lo stesso uomo che l'aveva portata all'altare. Ma non era così. Evidentemente non lo era.
Salì in fretta le scale e si diresse in camera slacciando il nodo della cravatta rossa che portava. Aprì l'armadio per sistemarlo assieme alla camicia che portava, restando così con una leggera canottiera banca. Quell'armadio era decisamente troppo vuoto e decisamente troppo poco ordinato. Quando avrebbe avuto tempo per ordinarlo?
Il resto della casa risplendeva, lui non usava quasi mai nulla.. solo quell'armadio lasciava tracce di vita umana. La sua.
Si sedette sul letto notando che quelle pareti blu erano decisamente tetre. Se restava in quella casa doveva assolutamente cambiarle. Magari si sarebbe improvvisato imbianchino, magari avrebbe sfogato la sua rabbia schizzando quel muro con vernice chiara, magari lo avrebbe fatto assieme a lei.
Velocemente si alzò andando nel bagno e cominciando a buttarsi acqua fredda sul volto. Questi pensieri non doveva nemmeno farli. Quel blu era decisamente bello. Bello. Bello.
Era strano, non riusciva più a convincersi coma una volta.

Sorrise alla donna che lo stava salutando dalla finestra di casa. Aveva appena accompagnato a casa Penelope e adesso che l'aveva vista sicura nel proprio appartamento poteva sfrecciare via con la sua bella auto e, a sua volta, andarsene a casa. Era stato sempre molto protettivo nei confronti di Penelope ma lo era diventato ancora di più da quando le avevano sparato. Aveva davvero avuto paura di non risentire mai più la sua voce. E lui ne aveva bisogno. Le piaceva quella donna e il rapporto che si era creato fra di loro. Erano amici fidati che si divertivano a stuzzicarsi con fresche battute, anche per allontanare dalla mente tutte quelle brutalità che vedevano ogni giorno. Penelope era fatta così, aveva bisogno di un proprio angolo dove rifugiarsi, che fosse la sua casa, il santuario come la chiamava lei, o il suo ufficio pieno di tutti quegli strani oggetti, o una semplice battuta.
La strada gli sfrecciava davanti piena di tutte quelle luci che faceva sembrare sempre pieno giorno. Ogni tanto avrebbe voluto poter vedere il cielo e le sue costellazioni, ogni tanto avrebbe voluto un po' di buio a circondarlo. Ma quel buio sano, quel buio che ti avvolge e ti culla.
Si inumidì le labbra pensando al caldo letto che lo aspettava, aveva proprio bisogno di rilassare i nervi.. magari avrebbe fatto una bella doccia e si sarebbe tolto la pesantezza di tutti quei casi atroci che affrontavano. Lui non riusciva a distaccarsi davvero dal lavoro, dalla realtà, come faceva Penelope, ma poteva rilassarsi e vivere alla giornata, alla serata.. come l'altra sera quando aveva incontrato quella ragazza così enigmatica.
All'inizio non l'aveva nemmeno considerata, stava ballando con due bionde tutte curve che aveva escluso tutto lo spazio circostante. Era stato quando si era stancato di dimenarsi, quando aveva deciso di bere, quando si era diretto al bar.
Lei era lì, immobile, che lo fissava come fosse stato l'unico uomo sulla terra. Lui le aveva sorriso gentile e aveva chiesto una birra. Quando si era rigirato a guardarla lei non c'era più, era ricomparsa solo pochi minuti dopo con in mano una birra. Gli si era avvicinata e gli aveva teso il boccale ammiccando.
-Credo tu abbia ordinato questa-
-Non è una bionda-
-Oh..- biascicò lei -..sono così uguali le bionde, così banali- disse poggiando il boccale sul bancone -Però potresti provare questa-
Derek l'aveva guardata mordersi il labbro inferiore. Sembrava tanto spavalda ma in realtà anche lei aveva paura di essere rifiutata.
-Ok- sorrise afferrando la birra e bevendone un sorso.
Più la osservava e più trovava che i suoi corti boccoli neri incorniciassero un volto perfetto, dal naso proporzionato e la bocca carnosa.
Erano rimasti a chiacchiere per tutta la serata fino a quando il suo cellulare non aveva squillato e lui era dovuto correre al Bureau, quel caso di ubriachi.
Era stato strano come lei non lo avesse richiamato, come avesse aspettato così tanto che lui alzasse la cornetta e componesse il suo numero. Solitamente non era mai lui il primo a chiamare. Si faceva corteggiare dalle donne e gli piaceva. In quei momenti si sentiva vivo, lontano da tutte quelle immagini che i suoi occhi guardavano troppo spesso. Forse era questa la sua barriera.
Ma con quella donna era stato diverso, diverso dal principio. Era stata così semplice e allo stesso tempo imprevedibile che lo aveva stuzzicato, che avrebbe voluto capire davvero che tipo di donna fosse. Doveva chiamarla. L'indomani l'avrebbe fatto. Doveva fare lui il primo passo, stavolta.
Parcheggiò e velocemente uscì dalla macchina. Adesso non vedeva l'ora di quella doccia calda. Dopo aver rivissuto nei pensieri quella sera aveva proprio bisogno di qualcosa che gli facesse passare quei bollori. Sorrise pensando a come, ultimamente, si ricordasse solo quel nome di donna. Non così tanti come si era vantato con Spencer. Semplicemente un nome. Alexis.

Era tornata in macchina con Spencer. Da sola. Ma stavolta non c'erano state strane parole.. solo tanto imbarazzo.
Lui aveva guidato meccanicamente mentre lei aveva poggiato la testa al finestrino ed osservava quei luoghi passarle sotto gli occhi. Visti così si confondevano, non avevano più un valore proprio ma diventavano tante luci, insegne e persone che si perdevano nell'immensità della città.
Non le andava di farsi riaccompagnare a Quantico per prendere la sua auto e così si fece accompagnare direttamente a casa. L'indomani avrebbe preso la metropolitana.. si sarebbe dovuta svegliare prima del dovuto ma voleva fare questo sforzo, era davvero stanca. Ancora non aveva metabolizzato del tutto la storia di Tina ma col tempo sapeva che ce l'avrebbe fatta. Sentiva Brian quasi tutti i giorni e parlavano per ore nonostante si fossero sentiti poche ore prima.
Accarezzò delicatamente l'album fotografico che le aveva dato JJ, era stata un'amica a tenerlo e ridarlo a lei quando erano sole, era stata davvero gentile. April non voleva far vedere ancora quanto stesse male ai propri colleghi, non voleva che la considerassero fragile perché nel lavoro che facevano non si potevano avere colpi di testa.
Spencer l'osservò mentre aspettava che il semaforo diventasse verde. Le piaceva vederla in questi frangenti, gli sembrava che abbassasse la guardia e mostrasse più serenamente quello che era davvero. Semplice. Una ragazza semplice.
Gli piaceva, gli piace da impazzire il connubio che April faceva di se stessa ma soprattutto gli piacevano quei momenti che distrattamente si concedevano per osservarsi e sorridersi. Non aveva mai provato una cosa del genere che si sviluppava in ogni gesto, in uno attimo di tempo.
Aveva notato come lei accarezzasse quell'album fotografico, con tanta delicatezza quanta rabbia. I suoi movimenti erano lenti e dolci ma avevano un ritmo tremante.
-Spencer..-
Al sentire il suo nome si riscosse dai suoi pensieri con un brivido. La vide girarsi verso di lui con un sorriso gentile.
-..Spencer, tu hai quella conferenza fra qualche giorno..-
-Sì..- borbottò lui senza capire
-Mi chiedevo se poi potevi fare qualche chilometro in più e portare questo a Brian- spiegò April picchiettando sull'album fotografico -Ovviamente se non è un problema.. se..-
-Va bene- disse quelle parole ad alta voce, velocemente, interrompendola. -Va bene, non c'è problema.. tanto è proprio vicino il posto del convegno-
April lo guardò mentre aveva ripreso a guidare. Il suo volto era tirato in un'espressione indecifrabile. Le piaceva vederlo così, fantasticando su ciò che in realtà voleva comunicarle. Nel momento esatto in cui i suoi occhi si erano posati sulla sua figura per la prima volta, aveva capito che quello era l'uomo citato nella sua lettera. Lo aveva capito. Lo aveva sentito.
Era stato così strano scoprirlo piano piano, conoscerlo lentamente.. nonostante lei sapesse già quello che era. Era stato bello ritrovarlo come se lo immaginava, anche se all'inizio avrebbe urlato e si sarebbe dimenata per volere l'esatto contrario, per volere che lui, lui avesse sbagliato. Almeno una volta.


IMMAGINE

"La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva" Hume.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 009a ***


Untitled Document

CM 009


"La parola è un'ombra dell'azione" Democrito.

La sera precedente David aveva visto April risalire sull'auto di Spencer, sapeva che si sarebbe fatta riaccompagnare a casa, non avrebbe avuto nessuna voglia di guidare.
Guardò l'indirizzo della strada nella quale si trovava e notò l'entrata della metropolitana a pochi passi da lui. Velocemente si accostò ad un barroccino e prese due caffè fumanti. Poi, poi rimase in attesa.
Nell'arco di cinque minuti vide una giovane donna catapultarsi fuori da un modesto palazzo con una grande borsa marroncina in mano e nell'altra un mazzo di chiavi, una busta da lettere in bocca e il cappotto ancora slacciato.
Scosse la testa pensando che era proprio quella la scena che si sarebbe aspettato, ma senza lettera in bocca. Velocemente raggiunse la ragazza che nel frattempo si era chiusa il cappotto e aveva infilato chiavi e busta nella borsa.
-Qualcuno è in ritardo-
-Un poco!- esclamò April girandosi e constatando di conoscere quell'uomo che le stava porgendo un caffè fumante col sorriso stampato sulle labbra.
-David! Ehm, Rossi.. che ci fai qui?- disse prendendo il caffè -Grazie-
-Guarda che puoi chiamarmi David- sorrise ancora l'uomo incamminandosi verso l'entrata della metropolitana.
-Lo so, ma.. vedi io..-
-Lascia stare April, credo tu sia già stata abbastanza complessata per sentirti in imbarazzo-
-Uhm..- mormorò lei inclinando la testa da una parte come a pensare.
-Ora vogliamo andare? Sennò farai fare tardi anche a me!-
-Ah.. perché prendi la metropolitana anche te?-
-Se qualcuno dopo mi riporta a casa- disse David scendendo verso i binari.
April aprì la bocca come a parlare ma la richiuse immediatamente dopo: era arrivata la loro metropolitana. Velocemente salirono e si posizionarono negli ultimi sedili liberi, proprio vicini alle porte d'uscita.
-Credo sia salutare ogni tanto sentirsi come tutti, prendere la metropolitana per arrivare a lavoro, fare una pausa pranzo al bar..-
-Non volare e non vedere gente smembrata?- ironizzò lei
-Più o meno..- fece un cenno con la testa l'uomo.
April lo osservò ancora un attimo prima di chiedere, rapida, -David perché sei venuto qua?-
-Mi pare di avertelo detto..-
-David!- esclamò lei con un sospiro -Non importa essere un profiler per capire che non sei qua per questo-
A quelle parole l'uomo sorrise -Volevo vedere come stavi-
-Uhm.. e il risultato?-
-Che quando non sei con noi sei molto più tesa e scombussolata di quello che vuoi far credere- tagliente e diretto, proprio nello stile di Rossi.
-Non voglio portare i miei problemi sul lavoro-
-Sai che non lo faresti-
April inclinò nuovamente la testa a pensare. Sapeva che non era ancora riuscita a lasciarsi andare del tutto con la squadra. Ce la stava mettendo tutta e c'era quasi riuscita prima del caso su Tina. Poi quello che era successo.. il far scoprire parte della sua vita.. tutto l'aveva riportata ad un'insicurezza iniziale che ancora non se ne era andata.
Fissò il pavimento per qualche minuto poi, con un filo di voce, pronunciò -Grazie-
David sorrise. Quella ragazza aveva qualcosa di buono da dare alla squadra, lui ne era certo.

Spencer era arrivato presto quella mattina in ufficio e subito si era catapultato alla macchinetta del caffè. Non aveva dormito granché quella sera. Troppi pensieri.
Si era rigirato nel letto miliardi di volte senza riuscire a prendere sonno, alla fine si era alzato e si era diretto nel salottino piazzandosi davanti alla grande libreria in legno. Aveva scorto velocemente i titoli di molti libri poi aveva optato per "La montagna incantata" di Mann pensando che con quello doveva assolutamente addormentarsi, almeno per la lunghezza! Non ci fu verso. I suoi occhi si erano invece spalancati più del solito. Era seduto sul divano in pelle e ad ogni frase letta tirava un'occhiata a quell'album fotografico che aveva posizionato sul tavolinetto in legno, sistemato fra il divano e la libreria. Avrebbe dato di matto. Velocemente aveva chiuso il libro e lo aveva lasciato cadere sui cuscini accanto a sé per prendere fra le mani quell'album. Probabilmente conosceva a memoria quegli scatti ma voleva rivederli. Mai come allora aveva avuto bisogno di vedere qualcosa, di calcare nuovamente nella mente quelle immagini. Nonostante fosse conscio di avere una memoria eidetica.
Sì, quella passata era stata davvero una nottata insonne.
Lentamente bevve un sorso di caffè caldo e notò che nell'ufficio di Hotch la luce era accesa. Guardò l'orologio, era decisamente presto. Ma quando caspita arrivava quell'uomo?! L'osservò per qualche minuto leggere qualcosa poi prendere la foto del figlio e sorridere, infine portare le mani a coprirsi il volto stanco. Doveva essere dura per lui quel momento.
Spencer bevve ancora il suo caffè prima di versarne dell'altro nella tazza blu. La tazza di Aaron.
Senza staccare lo sguardo da quell'uomo si diresse al suo ufficio e bussò lentamente affacciandosi alla porta già aperta.
Al vederlo Aaron si ricompose -Già arrivato?-
-Sì, non riuscivo a dormire- disse il ragazzo porgendo il caffè all'uomo che si era alzato in piedi.
-Incubi? Va tutto bene Spencer?-
-Oh sì, sì, va tutto bene.. Non erano incubi- si dondolò sul posto assumendo una buffa espressione.
Hotchner lo guardò attentamente per poi incrociare le braccia al petto -Sicuro che vada tutto bene?-
-Sì..- borbottò -..solo pensieri che vagano nella mia testa-
-Allora prova a dargli una risposta- disse serio l'uomo, tirando un'occhiata all'open-space nel quale aveva visto entrare Emily.
-Forse ce l'ho già.. ma non può essere quella giusta-
A quella frase, detta di corsa, come un pensiero meschino che si srotolava e prendeva vita, Aaron sospirò. Quella era la risposta giusta. Lui lo sapeva bene. Lo sapeva bene perché la domanda di Spencer era la stessa che si faceva lui da tempo, ormai. Questo.. è professionale?
-Non è detto-
Quelle parole gli uscirono dalla bocca senza essere calcolate. La sua mente aveva collegato la figura di Emily che si toglieva la giacca con quel pensiero, quella frase.
Non se lo aspettava.
No, Spencer non se lo aspettava davvero da Hotch! Forse allora, poteva essere la strada giusta da percorrere?
Drizzò le orecchie e la vista in cerca di qualche risposta nella figura del suo capo, ma non ottenne nient'altro se non un mezzo sorriso tirato.
-E' quasi ora di lavoro, ho sentito JJ che ha un caso per noi- disse Aaron cambiando decisamente discorso e posizionandosi nuovamente alla propria scrivania.
Si era sentito vulnerabile, ora aveva bisogno di riprendere in mano la sua logica. Guardò Spencer facendogli un cenno della testa così che lui si girò e tornò sui suoi passi.
Sospirò per poi spostare lo sguardo su quella scrivania posizionata proprio in direzione della sua visuale.
Prima o poi sarebbe crollato. Lo sapeva. Lo sentiva.

Appena varcò la porta della sala riunioni si stupì al vedere April chiacchierare spensieratamente con Rossi. All'inizio lei era molto diffidente nei suoi confronti, per certi versi le ricordava suo zio.. il più anziano, il più esperto, la sua spalla.. poi aveva capito che non le suscitava quel peso, che era diverso il rapporto che poteva avere con lui.
Abbozzò un sorriso sedendosi, senza pensarci, accanto ad Emily. Ormai era un automatismo.
JJ entrò nella stanza con un'espressione tesa in volto, il caso che si preparavano ad affrontare riguardava Washington.
-Due morti nel giro di poche settimane, Dora Lethis studentessa di architettura e Hiram Ferdinal che lavorava per uno studio di architettura-
-Uno studio molto importante direi..- la interruppe Morgan -..la società Green-
-Esatto- esclamò JJ mostrando le foto degli omicidi -Sono stati uccisi con un colpo d'arma da fuoco a distanza ravvicinata-
-Ma c'è qualche cosa che può collegare le due morti?-
-Il killer ha lasciato una firma-
-Una firma?- chiese Reid guardando più attentamente il dossier
-Sì, entrambi i cadaveri avevano i pollici tagliati e una croce disegnata sulla fronte.. con un rossetto-
-Quindi dobbiamo dedurre che il nostro s.i. sia una donna?- domandò April appuntando dei dati su un blocchetto.
-Non necessariamente.. però dovremmo concentrarci più sulle donne, sì- confermò Hotch prima di alzarsi in piedi -Morgan e Johnson andate alla Green, Rossi e Prentiss nel luogo dell'omicidio di Dora Lethis, Reid JJ ed io andiamo al distretto di polizia che si occupa dei casi-
-Molto bene, ci troviamo là fra due ore- finì Rossi alzandosi a sua volta.
Erano pronti per questo nuovo caso.

Il palazzo dove si trovavano gli uffici della società Green era il classico grattacielo a vetrate che risplendeva nel centro di Washington. Derek ed April avevano preso l'ascensore per dirigersi nell'ufficio del presidente della società e ad attenderli avevano trovato una bella donna in tailleur blu che li aveva fatti accomodare in delle poltroncine poco più avanti la sua scrivania.
-Si è scelto una segretaria bruttina, eh..- ironizzò April tirando fuori dalla borsa il suo palmare.
-Non dovremmo stare qua ad aspettare- commentò il ragazzo che non accennava a volersi sedere.
-Lo so- ribadì l'avvocato senza però prestargli troppa attenzione. Garcia le aveva appena mandato dei dati sulla società che lei stava leggendo attentamente. -Pare che il Signor Green non si senta bene..- mormorò per non farsi sentire dalla bella segretaria.
Al sentirla parlare Derek le si avvicinò, continuando però a lanciare dei furtivi sguardi alla porta chiusa dell'ufficio del presidente.
-..e così la società ora è nelle mani del socio, Huberth Harriss..-
In quel momento le porte dell'ascensore, poco distanti da dove si trovavano i due, si aprirono lasciando intravedere una ragazza dai boccoli neri.
-Pare che anche la figlia del Signor Green lavori qua..- continuò April ma ormai Derek era preso da tutt'altro, stava osservando quella giovane donna parlare animatamente al telefono.
La ragazza avanzò fino alla scrivania della segretaria e fu solo in quel momento che fissò il suo sguardo in quello del bel ragazzo che la osservava ormai da un pezzo. Salutò la persona dall'altra parte della cornetta e riattaccò lasciando che il cellulare le cadesse nella grande borsa verdognola.
April era rimasta un po' in disparte ad osservare la scena. Guardò qualche altro attimo il palmare e infine si alzò tendendo una mano a quella ragazza vestita con un semplice abitino nero e degli stivali verdi.. le ricordava qualcuno!
-Lei deve essere Alexis Green- disse tendendo una mano alla ragazza mentre Morgan, a quelle parole, aveva assunto un'espressione sorpresa.
-Sì, sono io..- mormorò Alexis stringendo la mano ad April che le sorrideva.
-Io sono l'avvocato Johnson, lui è..- incominciò tirando un'occhiataccia al collega che sembrava impietrito, ma improvvisamente si riscosse e sovrastò la voce dell'amica.
-Derek Morgan, FBI- disse mostrando il distintivo.
A quelle parole fu il volto di Alexis ad assumere un'espressione sorpresa.
Derek la guardò cercando di farle capire che c'era un motivo se, quando si erano conosciuti, aveva omesso quel piccolo particolare della sua vita. Aveva sempre avuto paura a presentarsi come agente dell'FBI per la reazione di chi gli stava davanti. Sapeva che poteva essere emozionante o terrificante saperlo, ma Alexis non reagì in nessuno di questi modi. Era sorpresa e tutto finiva lì. Nessun entusiasmo, nessuna paura. Niente di niente. Se ne sentì sollevato.
April spostò lo sguardo prima su uno e poi sull'altro, capendo che quei due si erano già conosciuti. Quei due che sembravano immersi in chissà quali pensieri.
Fu la segretaria ad interrompere il silenzio che si era creato, raggiungendo il fianco di Alexis e scusandosi perché non l'aveva avvertita di quella visita.
-Fa niente..- borbottò lei aprendo la porta dell'ufficio e invitando i due ad entrare.
-Alexis, ho da fare adesso!- esclamò l'uomo all'interno della stanza, alzandosi dalla sedia dietro la scrivania.
-Buongiorno Huberth- disse lei senza far caso alle parole dell'uomo -Abbiamo una visita-
Alla vista dei due ospiti l'uomo si irrigidì, capendo subito di cosa si trattava.
-Agente Morgan, e lei è l'avvocato Johnson- disse Derek avvicinandosi alla scrivania, dietro la quale si era piazzata anche Alexis.
-Siamo qua per la morte di un vostro collaboratore, Hiram Ferdinal- disse April mentre lanciava un altro sguardo al collega, sperando che continuasse il suo lavoro senza pregiudizi.
-Hiram era una brava persona, mi dispiace per quello che gli è capitato- disse l'uomo sedendosi nuovamente nella poltroncina e invitando i due a fare altrettanto.
April si sedette mentre vedeva il collega continuare a girellare per l'ufficio in cerca di qualche traccia.
Derek si stava spostando da una parte all'altra della stanza cercando di resettare il suo cervello per potersi concentrare sul caso, ma proprio non riusciva a farlo, almeno fino a quando quella cascata di boccoli neri non avesse smesso di fissarlo in ogni suo gesto.
-Che lavoro svolgeva il Signor Ferdinal?-
-Si occupava della gestione dei progetti- intervenne Alexis -Abbiamo molti appalti vinti e così dobbiamo gestire le varie aree e i progetti che intendiamo farvi.. questo era il suo compito-
-Un lavoro da scrivania, ben retribuito e senza problemi- aggiunse Huberth ticchettando le dita sulla scrivania
-Non lo metto in dubbio..- mormorò April -..Aveva dei nemici il Signor Ferdinal? O magari aveva avuto problemi con i colleghi?-
-Non che io sappia- rispose la ragazza continuando a fissare il bel ragazzo di colore che era appena tornato al fianco della collega.
-Signor Harriss, in che rapporti è con il Signor Green?- chiese Morgan puntando lo sguardo in quello dell'uomo
-Sono socio al trenta percento-
-Ed ora che non c'è è lei a prendere le decisioni?- continuò a chiedere, tirando un'occhiata ad Alexis.
-Ovviamente solo in parte, Alexis fa le veci del Signor Green-

Rossi scese di macchina infilandosi gli occhiali da sole. Era una giornata calda quella che avvolgeva Washington quel giorno.
Dora Lethis era stata uccisa nel suo piccolo appartamento nel quale viveva assieme a due coinquiline che i due agenti trovarono sulla scena del delitto con gli occhi gonfi e un sorriso triste.
-Mi spiace- mormorò Emily alle ragazze, dopo essersi presentata assieme al collega.
-Troverete chi l'ha uccisa, vero?-
-Lo speriamo- intervenne David -Voi sapete se Dora aveva dei nemici.. se era invischiata in qualche strana situazione?-
-No, no- disse subito la ragazza dai capelli biondi mentre l'altra scuoteva la testa in segno negativo -Beh però..-
-Sì?- incalzò Emily
-Ma non c'entra nulla!- esclamò l'altra ragazza
-Sì, ma insomma..- incominciò la biondina sospirando -..ultimamente si vedeva spesso con un ragazzo arabo, credo-
-Non aveva nulla di particolare, sei prevenuta solo perché non è americano!- si risentì l'altra
-Ragazze, calma.. potreste comunque descriverci quest'uomo?-
-Capelli neri a boccoli, naso a patata.. la pelle un po' scura-
-Era questo l'uomo?- chiese David mostrando alle ragazze una foto, una foto di Hiram Ferdinal.

Hotch e gli altri erano arrivati già da una dozzina di minuti nel distretto di polizia che si stava occupando dei due casi. Dopo essersi presentati si erano sistemati nella sala riunioni e avevano già riempito la lavagna magnetica a loro disposizione. Il detective Molwee si era reso disponibile per qualsiasi evenienza così come i suoi uomini che si stavano concentrando su quel caso che gli preoccupava. Un serial killer che non aveva una precisa vittimologia faceva paura un po' a tutti.
-Garcia ha detto che non ha trovato nessun collegamento fra le due vittime ma continua a scavare- disse Jennifer sedendosi alla scrivania.
-Noi possiamo trovare qualcosa?- chiese Hotch piazzandosi davanti alla lavagna e osservando le foto degli omicidi.
-Il rossetto sembra dato velocemente, come se avesse furia..- incominciò Reid
-Anche il modo dell'uccisione, non c'è tortura.. il nostro s.i. non è un sadico-
-Il medico legale ha detto che il pollice è stato tagliato dopo la morte- intervenne JJ
-Il pollice opponibile, a parte il cervello, è quello che ci distingue dagli altri animali..- spiegò Spencer -..è ciò che ci permette di..-
-Reid, Reid!- lo interruppe Hotch così che lui si zittì assumendo una buffa espressione di disagio. -Dobbiamo riuscire a trovare un collegamento fra le vittime, se non c'è una vera violenza fisica è più probabile che il nostro s.i. sia mosso dalla vedetta-
-Sì, certo.. magari anche non direttamente verso le vittime, magari verso qualcuno che le vittime gli hanno ricordato-
-Può darsi.. ma si tratta di un uomo sulla cinquantina e una ragazza giovane- disse Jennifer, scartando nella sua mente l'opzione del ricordo.
-E dobbiamo trovare il fattore di stress- finì Aaron prima di rispondere al suo cellulare che stava squillando ormai da qualche secondo. Appena riagganciò andò alla lavagna scrivendo qualche frase. -David mi ha appena detto che Dora Lethis conosceva Hiram Ferdinal.. le amiche della ragazza lo hanno riconosciuto-
-Sanno come mai si conoscessero?- chiese Jennifer sfogliando un dossier.
-No, ma hanno detto che Dora si stava per trasferire.. in un palazzo appena costruito dalla società Green. Prentiss e Rossi stanno andando là-

-Credi che quei due si possano essere conosciuti qua?- chiese Emily osservando la bella palazzina che ospitava nuovi appartamenti, molti dei quali ancora in vendita.
-Può darsi.. fatto sta che un ambiente come questo è intriso da speculazioni-
-Sì, ma cosa poteva entrarci Dora in questo?-
-Non lo so, ma dobbiamo scoprirlo- disse David incrociando lo sguardo con un alto uomo sulla quarantina che stava uscendo dall'edificio, decisamente nervoso.
Emily capì subito cosa il collega voleva fare e così, col sorriso sulle labbra, sbarrò la strada all'uomo, mostrando il proprio distintivo.
L'uomo guardò i due sorridendo -Siete qua per la mia denuncia!-
-Denuncia?- chiese allora David
-Non siete qua per la mia denuncia?-
-Stiamo indagando su degli omicidi, Signor..-
-Blake, Steve Blake.. sono un avvocato- disse facendo notare la sua ventiquattrore zeppa di fogli.
-Che tipo di denuncia ha fatto?- chiese Emily togliendosi gli occhiali da sole e puntando gli occhi in quegli chiari dell'uomo che le stava davanti.
-In realtà per ora l'ho solo presentata allo studio legale per il quale lavoro. Credo siano stati fatti degli abusi nella costruzione di questo edificio-
-Lo crede o ne è certo?- chiese Rossi osservando ogni minimo gesto dell'uomo
-Non ho prove concrete, se è quello che mi state chiedendo- disse Steve passandosi una mano fra i capelli per poi osservare l'orologio.
-Lei conosceva Dora Lethis?-
-No.. mai sentita- disse frettolosamente scuotendo la testa
-Senta, potrebbe farci vedere le carte che ha raccolto per la denuncia?- cambiò strada Rossi
-Certamente, le ho nel mio ufficio.. ma sembra che qualcuno si sia divertito a metterlo a soqquadro stanotte-

Derek osservò la collega chiudere la portiera dell'auto e dirigersi verso l'entrata del distretto di polizia. Per tutto il tragitto in macchina non gli aveva chiesto assolutamente niente di Alexis, anche se pure un bambino si sarebbe accorto che lui e quella ragazza già si conoscevano.. ma April, April non gli aveva fatto domande, era rimasta nel suo silenzio e alla larga dalla sua vita privata. Sorrise, questa cosa gli piaceva. Da sempre era tutto ciò che chiedeva.
Velocemente fece scattare la serratura dell'auto e si affiancò alla ragazza sfiorandole un braccio -Grazie-
A quella parola, buttata nell'aria come fosse vento, April si fermò e osservò il collega con un sorrisetto stampato sulle labbra -Di cosa?- chiese, anche se già conosceva la risposta.
-Di non avermi..- lasciò la frase a mezz'aria, cercando la parola giusta da usare, ma la voce di April lo tolse dall'impiccio.
-Credo non ci sia nulla di male al fatto che tu possa frequentare una bella ragazza come Alexis-
Al sentirla Derek sorrise. Sorrise lasciando che l'amica vedesse i suoi sentimenti riflessi nei suoi occhi scuri. Da tanto non riusciva a lasciarsi così andare con una persona. A lasciarsi andare fino a mostrare una piccola parte di se stesso.
April sorrise a sua volta e fece per aprire la porta dell'edificio ma subito si fermò -Però..- incominciò un poco impacciata -..devi considerare la possibilità che..-
-Lo so- la interruppe stavolta lui, tornato duro e serio come sempre -E so che stiamo lavorando ad un caso.. a questo caso. Non mi lascerò condizionare-
-Ok- mormorò lei guardandolo negli occhi un'ultima volta prima di aprire quella porta ed entrare nell'edificio.
Derek la osservò da fuori l'edificio mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso dopo aver sentito quell'ultimo sussurro provenire dalla bocca di April -Ma non ti lascerò affrontare il tutto da solo-

Appena la vide entrare sentì ogni poro della sua pelle drizzarsi e rimanere sull'attenti. No, così non poteva proprio andare avanti! Velocemente si mise a sedere e prese uno dei tanti fogli sparsi sul tavolo al centro della stanza e iniziò a leggerlo cercando di concentrarsi su di esso, e ci stava anche riuscendo finché non sentì quella mano fredda posarsi sulla sua spalla. Era incredibile come avesse sempre le mani gelate, facesse caldo o caldo. Lo aveva notato da subito, aveva notato come le sue dita affusolate tendessero ad essere bianche e il suo tocco così gelido.
Sentì un brivido percorrergli la schiena mentre quella mano si spostava sul suo braccio per poi staccarsi dal suo corpo, e il suo cuore perse un battito non appena focalizzò che lei gli si era seduta accanto e si stava sporgendo verso di lui.
Era stato come un automatismo, gli era andata vicino, lo aveva accarezzato e gli si era seduta accanto. Era stato così naturale per lei che quasi non se ne era resa conto, che quasi non capiva come fosse finita lì, lì a sporgersi verso di lui per afferrare quella cartellina che JJ le stava porgendo.
-Ecco..- biascicò April afferrando quella cartellina e sistemandosi su quella sedia un poco in imbarazzo mentre lanciava uno sguardo furtivo a Spencer che sembrava sempre immerso nella lettura dei pochi righi scritti sul foglio che aveva fra le mani.
Deglutì. No, non riusciva proprio a convincere nessuno.. figuriamoci se stesso. -Scoperto.. scoperto qualcosa alla società Green?- chiese lui portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-A quanto pare Hiram Ferdinal si occupava della gestione dei vari progetti e cantieri della società e..- si fermò April, leggendo una parte di ciò che gli aveva dato Jennifer -..e Dora Lethis lo conosceva?- chiese guardando stupita i colleghi che erano tutti riuniti nella sala riunioni di quel distretto di polizia.
-Sì, le amiche lo hanno riconosciuto da una foto- disse Spencer prendendo dal tavolo una penna e cominciando a rigirarsela fra le dita.
-In più sappiamo che Dora si stava trasferendo in una palazzina costruita dalla società Green- continuò Hotch -Rossi e Prentiss sono andati a vedere ed hanno trovato un avvocato che sta indagando sulla sua costruzione perché crede ci siano stati degli abusi.. lo stanno portando qua-
-Come mai?- chiese Derek
-Perché sono stati nel suo ufficio che stanotte è stato messo a soqquadro.. l'avvocato ha detto che non manca nulla se non la cartellina riguardante la società Green- spiegò JJ prima che Emily comparisse sulla soglia dell'ufficio con un rigolo di sangue sulla fronte.
-Che è successo?- schizzò su April alzandosi frettolosamente dalla sedia mentre vedeva il suo capo dirigersi verso la collega e accompagnarla a sedersi su una sedia.
-Non è niente, non è niente- mormorò Emily accasciandosi sulla sedia -David è di là con Steve Blake, hanno cercato di ucciderlo-
A quelle parole tutti si diressero nell'altra stanza preoccupati, volevano capire cos'era successo. Tutti tranne Aaron che restò al fianco di Emily.
Velocemente prese il fazzoletto bianco che teneva nelle tasche dei pantaloni e lo passò sulla fronte della donna che a quel contatto fece una smorfia di dolore.
-Scusa, non ho mani delicate- borbottò maledicendosi l'attimo dopo. Da dove gli erano venute quelle parole? Perché aveva cominciato a non pensare prima di parlare? E perché aveva cominciato a farlo proprio quando si trovava con Emily? Perché?
-Ah..- biascicò lei scuotendo un poco la testa per poi posare la mano su quella di lui e sfiorarsi delicatamente la fronte -Così devi fare-
Aaron la guardò mentre socchiudeva gli occhi e si lasciava andare a quel tocco leggero. Sentiva la sua mano che si stringeva alla sua e gli venne istintivo spostare delicatamente il pollice ad accarezzarle le dita. Non se ne accorse ma sentì solamente che la sua anima si trovava in pace in quel momento.. nessuna lotta pervadeva il suo animo, in quell'attimo aveva lasciato che a dominarlo fossero solamente le sue sensazioni.
Osservò quel volto perfetto ancora qualche secondo prima di decidere di riprendere il controllo di se stesso. Scosse un poco la mano così che lei togliesse la sua a stringergli le dita.
-Fa ancora male?- chiese porgendole il fazzoletto che lei subito rimise a coprire la ferita.
-No, non più di tanto..- mormorò Emily sorridendo flebilmente
-Cos'è successo?-
-Eravamo appena usciti dall'ufficio di Blake, stavamo salendo in macchina.. David aveva acceso il motore, era uscito dal parcheggio.. quando, quando un furgoncino ci ha urtati e trascinati per qualche metro finché qualcuno all'interno non ha iniziato a sparare-
-Hai potuto vederlo?-
-No..- scosse la testa lei -..cercavo di proteggere Blake e David cercava di salvarci alla guida dell'auto ma siamo comunque finiti fuori strada..-
-Pensi che il bersaglio fosse Blake?-
-Assolutamente- entrò nell'ufficio Rossi seguito dagli altri, mentre si teneva una fasciatura sulla mano -In tutta questa storia c'è un collegamento ben preciso: la società Green-

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 009b ***


Untitled Document

 

...

-Signor Blake mi ascolti..- incominciò April seduta davanti all'uomo visibilmente scosso -Steve..- riprovò ad attirare la sua attenzione portando una mano sul braccio dell'uomo -Stia tranquillo, finché sarà qua nessuno potrà fargli del male-
-Sì..- biascicò l'uomo sospirando
-Però deve dirci tutto ciò che si ricorda dei dati che aveva raccolto sulla sua palazzina-
-Cer..cercherò di fare del mio meglio- disse puntando lo sguardo verso la donna che era appena entrata nella stanza -Come sta?-
-Meglio- sorrise Emily con dei cerotti fissati sulla fronte
-Quella palazzina è stata costruita non molto tempo fa, tanto che alcuni appartamenti sono ancora invenduti- cominciò l'uomo mentre Emily si sedeva accanto ad April -Mi è sorto il dubbio quando sul soffitto del mio appartamento, che è all'ultimo piano, sono cominciate ad apparire delle strane macchie di umido. Dopo ho sentito che in altri appartamenti la situazione era simile se non peggiore.. le crepe nei muri aumentavano a vista d'occhio-
-Così ha indagato sull'appalto della costruzione della palazzina?-
-Esatto, il tutto è risalito alla società Green e ad alcuni contratti ambigui che aveva stipulato con una certa società a cui non sono riuscito a risalire-
-Qualcuno le ha fatto domande sulle sue indagini? Si è interessato..?-
-No, nessuno..- mormorò l'uomo pensando poi, come se avesse ricordato qualcosa d'importante continuò -Un poliziotto.. sì, un poliziotto è venuto a farmi alcune domande-
-Si ricorda il nome?-
Steve scosse la testa -Credo stesse indagando sulla società appaltatrice, mi disse un nome.. EdilPalace.. sì, qualcosa di simile-

-Inesistente- la voce metallica di Garcia si sparse nel silenzio della sala riunioni dove tutti erano riuniti -Sembra inesistente questa società.. ma la vostra maga è riuscita a scovare qualcosa grazie a dei dossier della polizia..- disse Penelope leggendo dal suo schermo nero -..su queste società fantasma stava lavorando un certo Arthur Focalise ma pare abbia smesso circa un mese fa, per.. vediamo, vediamo.. oh- si fermò all'improvviso
-Che succede Penelope?- chiese Derek sporgendosi verso il telefono posizionato al centro della tavola.
-E' morto.. è stato ucciso-
-Ucciso?!- disse perplessa Jennifer
-Mandaci tutto il materiale Garcia, grazie!- riattaccò Hotch mentre Reid apriva il portatile per vedere i dati che Garcia aveva già sicuramente mandato.
Le foto dell'omicidio che apparvero ai loro occhi furono quelle di un cadavere posizionato con le gambe chiuse e le braccia aperte come a formare una croce.
-Ucciso con un colpo di arma da fuoco a distanza ravvicinata- lesse Spencer dal referto che aveva mandato Penelope.
-Non vi ricorda qualcosa?- chiese Morgan osservando la posizione di quel corpo, per poi rispondersi da solo -La croce, la croce disegnata col rossetto-
-La croce gli potrebbe ricordare il primo omicidio- ipotizzò Rossi -E così continua a ripeterla anche nelle altre vittime-
-Vuoi dire che se prima uccideva per necessità di non essere scoperto.. adesso potrebbe farlo per piacere?-
-Probabile- incominciò David poggiando le mani sul tavolo -Il nostro s.i. ha iniziato per coprire le proprie frodi ma poi ha incominciato a provare qualcosa nell'uccisione.. e si è trasformato in un serial killer-
-Quindi.. dobbiamo trovare quando ha iniziato ad uccidere solo per piacere- disse April con aria interrogativa
-Può anche non essere mai successo.. nel senso che può aver continuato ad uccidere per necessità ma utilizzando sempre quello schema che gli provocava piacere- spiegò Hotch
-Allora dobbiamo trovare il vero collegamento fra le vittime- esclamò April -Non basta che abbiano avuto a che fare con la società, dobbiamo capire con chi, precisamente, avevano a che fare-
-Esattamente- sorrise Emily -Le amiche di Dora Lethis ci hanno detto che ultimamente andava spesso a trovarla una donna, una bella donna con una cabrio rossa-
A quelle parole Derek scosse la testa sospirando mentre April fissava il suo sguardo su di lui. -Alexis Green guida una cabrio rossa-

Derek guardò attraverso il vetro quel volto che ultimamente si sognava la notte. Non poteva credere che quella donna, quella donna che aveva iniziato ad occupargli la mente, fosse in realtà una meschina truffatrice e un'omicida. Proprio non ci riusciva. Batté un pugno al muro per poi poggiare la testa al braccio teso. Come aveva fatto a non accorgersi di nulla?
-Io non so di cosa state parlando- disse Alexis lentamente, calcando le proprie parole.
-Lei non sa degli appalti a questa EdilPalace- esclamò Rossi poggiando entrambe le mani al tavolo che lo divideva da quella ragazza.
-No, non l'ho mai sentita!-
-Conosceva Dora Lethis?- chiese allora Emily, seduta di fianco ad Alexis che, a quella domanda, rimase un attimo in silenzio poi, dopo aver fatto un respiro profondo, scosse la testa in segno affermativo. -E come mai?- continuò l'agente.
-Dora era venuta alla società con dei progetti suoi- incominciò Alexis -Si stava per laureare in architettura e cercava un posto di lavoro. Mi sembravano progetti buoni e così sono andata un paio di volte a trovarla per parlarne, tutto qua-
-Tutto qua- le fece l'eco David
-Sì, tutto qua- esclamò la ragazza fissando gli occhi in quelli dell'uomo.
Dall'altra parte del vetro Derek se ne stava impassibile a guardare quelle figure muoversi senza sentire cosa stessero dicendo. April gli si accostò posandogli una mano sulla spalla così da farlo destare dai suoi pensieri.
-Il suo carattere così determinato non l'aiuta-
-No- biascicò lui
-C'è qualcosa che non ti torna, vero?-
Derek scosse la testa -Non mi spiego come abbia fatto ad ingannarmi-
-Non la conosci da così tanto..- provò a dire April ma lui subito parlò sopra la sua voce..
-Ma sono un profiler!-
-Derek!- esclamò la ragazza portandosi le mani sui fianchi -Sei umano anche tu, sai? Prima di tutto sei un uomo!-
Morgan spostò lo sguardo verso quella figuretta che lo stava osservando seria, sapeva che aveva ragione. Lo sapeva ma non riusciva a darsi pace.
Ad interrompere quella situazione fu l'arrivo di Huberth Harriss insieme ad una esasperata Jennifer che lo stava seguendo dicendogli di non poter entrare nella stanza degli interrogatori. Al vederli Morgan si piazzò davanti alla porta della stanza, fermando la corsa dell'uomo che lo guardò con aria seria ed arrabbiata.
-Non riesco a credere a questa storia!- esclamò allora l'uomo -Ci deve essere uno sbaglio, Alexis non può aver fatto questo!-
-Si calmi Signor Harriss, se c'è stato un errore tutto si chiarirà-
-Ah sì?-
-Sì- rispose Hotch appena arrivato davanti alla stanza degli interrogatori -Signor Harriss, cosa ha fatto alla fronte?-
L'uomo si girò al rallentatore verso quella voce che gli aveva parlato -Sono caduto-
Aaron lo guardò ancora per un momento per poi cambiare argomento -Si è mai accorto di qualche cambiamento nel comportamento della Signorina Green?-
Huberth respirò profondamente per poi parlare lentamente -In verità.. in verità ultimamente sembrava più scontrosa del solito, voleva fare senza consultarmi.. non era mai successo prima-
-Senza consultarla in cosa?-
-In alcuni progetti.. appalti-

April non aveva mai perso d'occhio Derek e così assieme a lui si era diretta nella sala riunioni dove avevano trovato un Reid concentrato su alcuni fogli. April vide il collega lasciarsi cadere su una sedia sospirando. Era stanco e sembrava quasi non avesse più voglia di combattere. April non lo aveva mai visto così, lo aveva sempre visto combattivo, affrontare le situazioni di petto, magari anche sbagliando, ma andandogli incontro a testa alta. Adesso, adesso invece sembrava spiazzato.
Era vero, tutti i pochi indizi che avevano si catapultavano addosso a quella ragazza, ma non era detta l'ultima parola.. tutto il loro materiale era poco, c'era ancora molto da fare. Perché Derek si era arreso? No, ci doveva essere qualcosa sotto.
In quel momento entrarono nella sala anche Rossi e Prentiss, entrambi scuotendo la testa -E' testarda, non abbiamo ricavato nemmeno mezza parola-
-Il Signor Harriss ci ha confessato che ultimamente si stava occupando da sola di alcuni appalti- disse Jennifer entrando nella stanza seguita dal proprio capo che era al telefono con Garcia e che subito attivò il vivavoce così che tutti potessero ascoltare.
-Niente di tutto quello che ho trovato su Alexis Green fa pensare che potesse truffare con la società del padre. Prima studentessa modello, poi architetto perfezionista.. mi pare strano che truffasse sui materiali edilizi, qui ho un articolo dove ha dato il consenso a demolire degli edifici per rifarli a norma spendendo soldi della società-
-Garcia, quando è morto esattamente Arthur Focalis?- chiese allora Spencer, sempre con alcuni fogli tra le mani
-Vediamo.. nella notte fra il cinque e il sei del mese scorso-
A quelle parole Morgan scattò in piedi e velocemente si diresse nella stanza degli interrogatori. Quando aprì la porta si ritrovò davanti una seria Alexis che stava bevendo un sorso dell'acqua che il detective Molwee le aveva appena portato.
-Oh, guarda chi si vede- esclamò lei puntando il suo sguardo in quegli occhi neri che la scrutavano silenziosi
-Io posso aiutarti-
-Davvero? Perché mi pare che qua siate tutti convinti che io abbia ammazzato quelle persone-
-Sono convinto che non è così-
-Bene, quindi?- disse decisa la ragazza, portando la schiena allo schienale della scomoda sedia sulla quale era seduta.
-Quindi tu devi darmi una mano- esclamò Morgan girando una sedia verso di lui e sedendosi nel senso inverso.
Alexis lo scrutò come a cercare nella sua figura qualcosa che le dicesse che non le stava mentendo. Ma in qualche modo, nel suo profondo, sapeva esattamente che quel ragazzo che si ritrovava davanti non le avrebbe mai e poi mai mentito. In qualche modo, lei si fidava di lui.
Gli fece un cenno con la mano come a esortarlo ad andare avanti ed allora il volto di Derek si distese per un attimo, come se un barlume di speranza fosse riapparso a far breccia nella sua anima logorata.
-Harriss ci ha detto che ti stavi occupando di alcuni appalti-
-E' il mio lavoro visto che mio padre non c'è momentaneamente-
-Certo, ma non è tuo lavoro occupartene senza avvertire il socio di tuo padre-
-Che vuol dire senza avvertirlo?- chiese lei senza capire -Lavoriamo nello stesso ufficio.. e in loco ci va sempre lui-
A quelle parole Morgan si bloccò. Forse era quell'uomo a non aver detto tutta la verità!

Hotch era nervoso, era rimasto immobile da quando April lo aveva fermato mentre si stava dirigendo da Morgan. Si era messa davanti alla porta della stanza nella quale erano riuniti e aveva detto che andava tutto bene, che Derek aveva le sue ragione, che Derek conosceva quella ragazza.
Era dannatamente nervoso. Nervoso e arrabbiato che nessuno dei due gli avesse detto che Morgan conosceva quella ragazza. Un rapporto in un caso e si poteva perdere il filo del discorso. Lui lo sapeva.
Lanciò uno sguardo indagatore ad April che gli rispose con un sorrisetto sulle labbra. Credeva davvero di odiarla quando faceva così.
Scosse la testa -Va bene, continuiamo qui intanto.. il profilo-
-Sappiamo che l's.i. ha iniziato ad uccidere per infangare le indagini sulle proprie frodi- incominciò Prentiss
-L'agente Focalise- le fece eco Rossi
Emily fece un cenno affermativo con la testa e poi continuò -Poi però da semplice omicida si è trasformato in serial killer, quando ha capito di provare piacere nell'atto dell'uccisione-
-E nell'atto di dominazione della vittima- suggerì Reid -Il taglio del pollice potrebbe indicare che nella vita si sente sottomesso e così alle sue vittime toglie una delle caratteristiche che ci distinguono dagli animali-
-Giusto- esclamò Hotch -Possiamo anche dire che le frodi sono partite dalla società Green. Anche se non abbiamo prove concrete sappiamo che tutte le vittime erano collegate, in qualche modo, alla società-
-Prima ho parlato con l'avvocato Blake e mi diceva come l'edificio nel quale sta sia stato costruito pochi anni fa ma sia già praticamente da rifare- disse Johnson mentre un pensiero le balenava per la testa -E se non si trattasse di appalti?-
-In che senso?- chiese Rossi portando le mani alla vita
-Se si trattasse di una cosa ancora più alla base, proprio come il risparmio su alcuni materiali di costruzione-
-Questo avrebbe un senso- esclamò Morgan scostando la collega da davanti la porta ed entrando nella stanza seguito da Alexis -Harriss ha il compito del controllo del materiale edilizio-
-E uno dei compiti di Ferdinal era quello di assicurarsi che tutti i contratti di acquisto di tali materie fossero in ordine- continuò Alexis incrociando le braccia al petto.
-Questo potrebbe scagionarti- sorrise April alla ragazza al suo fianco
-No- incominciò allora Derek, serio in volto, -Quello che la scagiona è che nella sera fra il cinque e il sei del mese scorso, io mi trovavo con lei-
A quelle parole il silenzio invase la stanza.
Hotch aveva fissato il suo sguardo in quello di Morgan che aveva fatto altrettanto mentre gli altri erano rimasti in ascolto, sperando che il proprio capo capisse la situazione e non desse un valore troppo alto a questa cosa nella sua personalissima scala dei valori.
Ma le parole che uscirono dalla bocca di Aaron fecero tirare un sospiro di solievo a tutti -Ok, perfetto. Adesso concentriamoci su Harriss!-
-Harriss è appena andato via- disse l'agente Molwee appena entrato nella stanza -E' uscito con l'avvocato Blake-
-Come?- chiese incredula Jennifer
-Sì, gli ho sentito dire che Harriss poteva risolvere i suoi problemi con la casa-
-Certo, risolverli.. in che modo?- disse Alexis scettica

Rossi batté il pugno sul tavolo facendo sobbalzare anche Garcia dall'altra parte della linea telefonica. -Dobbiamo trovare quel posto!-
-Ve l'ho già detto- disse Alexis seduta su una sedia in angolo della stanza -Harriss ha solo un'abitazione ma per il resto.. potrebbe trovarsi in un nostro qualsiasi cantiere!-
-Sono troppi, dobbiamo restringere il campo-
-Lo so ma io non so cosa cercare- disse Penelope mentre batteva alla tastiera per riuscire a scovare qualsiasi informazione.
-Ok, concentriamoci- cominciò Hotch -Come mai Harriss è arrivato al punto di truffare?-
-Mancanza di soldi?- chiese Reid ma scuotendo già la testa in segno negativo
-Non aveva problema di soldi. Nessun vizio e nessuna spesa folle- confermò Garcia
-Per mancanza di potere?- chiese allora Prentiss
-Harriss è socio al trenta per cento ma ha parola su ogni operazione della nostra società-
-Per scalare più in fretta la società?- provò Morgan -Alexis, quanto avrebbe ereditato da tuo padre Harriss?-
-Oh..- biascicò la ragazza -Non lo so ma probabilmente solo quello che gli spetta per l'accordo della società-
-Harriss potrebbe aver truffato per far salire la società ed elevarsi agli occhi del Signor Green?-
-Certo, così che lui aumentasse la sua percentuale!- esclamò Johnson
-Bene e questo dove ci porta?- domandò Alexis ticchettando con le dita sul bracciolo della sedia
-All'ospedale dove è ricoverato tuo padre-
A quelle parole il volto della ragazza divenne bianco -Stiamo ricostruendo un'ala di quell'ospedale..-

-Vedrai che andrà tutto bene- sorrise April allungando a quella ragazza dai boccoli neri un bicchier d'acqua
-Odio dovermene stare qua senza poter fare nulla- ringhiò lei prendendo il bicchiere
-Mi pare che Morgan sia stato perentorio- disse Jennifer sedendolesi accanto
-Anche troppo..- sussurrò Alexis mentre un sorrisino le si formava sulle labbra al ricordo del volto di quel bel ragazzo così preoccupato per lei. Derek le aveva quasi gridato di starsene ferma e buona dove era e di non correre inutili rischi, lo sguardo senza replica di Hotchner aveva fatto il resto.
Ormai era da quasi un'ora che se ne stavano in quell'ufficio ad aspettare buone nuove dal resto del team e per tutto il tempo April e JJ si erano scambiate sguardi furtivi per non far intuire la loro apprensione ad Alexis che era già molto in subbuglio.
All'improvviso il telefono di Johnson squillò e lei prima di guardare chi fosse fece un gran respiro, per poi sorridere al vedere sul display il nome di Reid. -Pronto-
-Pronto April, sono David. Abbiamo preso Harriss, stava tentando di uccidere Blake.. che per fortuna se la caverà solo con qualche graffio ad una gamba-
-Meno male.. il Signor Green tutto bene?-
-Sì, Harriss non era ancora riuscito ad arrivare a lui-
-Bene..- mormorò April incerta se formulare quella domanda che aveva in mente da quando aveva sentito rispondere una voce che non era quella di Spencer.
-April..- incominciò Rossi cauto -..noi rimaniamo qua, Reid e Prentiss hanno bisogno di qualche cura-
Il cuore di April mancò di un battito -Ni..niente.. niente di grave.. vero?- borbottò
-No, non c'è da preoccuparsi.. tranquilla-
-Ok.. comunque noi vi raggiungiamo- e detto questo riattaccò il telefono sospirando.
-Allora?- chiese impazientemente Alexis
-Tuo padre è salvo, Harriss è in manette- sorrise Johnson -Ma Blake, Reid e Prentiss hanno bisogno di cure-
-Come?!- esclamò JJ alzandosi di scatto dalla sedia
-Sì, ma David ha detto che non è niente di grave- disse April afferrando la borsa e uscendo dall'ufficio seguita dalle due donne.
Quando arrivarono trovarono diverse macchine della polizia posizionate ancora davanti all'ospedale ma loro subito si fiondarono all'interno dell'edificio dove Jennifer esibì il suo distintivo che le fece strada fino alla piccola stanza dove erano riuniti Hotch, Rossi e Morgan. Nel frattempo Alexis si era diretta dal padre.
-Ma che è successo?- esclamò portando le mani ai fianchi.
-Niente di grave JJ, non preoccuparti- le rispose Rossi spiegandole come Harriss avesse già da tempo preparato una sorta di trappole in quell'ala ancora da rifare dell'ospedale.
April si avvicinò al proprio capo che se ne stava sulla porta che dava verso un'altra stanzetta dove c'erano Emily e Spencer seduti su dei lettini mentre degli infermieri medicavano alcune ferite superficiali.
Al vederla Aaron le abbozzò un mezzo sorriso.
-Come ha potuto organizzare.. beh- borbottò lei riferendosi ad Harriss
-Probabilmente sapeva che saremmo arrivati a lui- disse Hotch continuando a fissare le mille smorfie che si formavano sul volto di Emily ad ogni tocco di disinfettante sulle sue ferite -Poi Emily ha praticamente salvato la vita a Blake- continuò facendo un cenno con la mano così che April potesse notare un uomo disteso in fondo alla stanza, proprio dietro la collega.
April osservò quell'uomo che conosceva ormai da così tanto tempo. Forse non lo aveva mai sentito pronunciare il nome di Emily. E sicuramente non lo aveva mai sentito pronunciare a quel modo. Così teneramente.
-Per fortuna niente di grave- sorrise battendo una mano sulla spalla di Aaron prima di entrare in quella stanza e affiancarsi a Spencer che aveva appena finito di essere medicato.
Reid alzò lo sguardo su di lei solo quando vide un paio di stivali verdi entrare nella parte di pavimento che stava osservando.
-Ehy- sussurrò April sfiorandogli una guancia per poi indugiare con la punta delle dita su quella pelle calda.
Spencer osservò, come sempre, come quelle dita fossero gelate e come, tutte le volte, gli provocassero un brivido sulla schiena. Si trovò a pensare come non volesse che quel contatto finisse, come volesse continuare a sentire quel freddo che gli riscaldava il cuore. Ma la mano di April si staccò dal suo volto non appena lei capì di star indugiando troppo e Spencer scoprì una strana sensazione di felicità al vedere il volto di lei tingersi di un leggero rossore.
-Va tutto bene..- mormorò allora Spencer afferrando con la sua quella stessa mano che prima gli aveva provocato un brivido gelato.
A quel gesto inaspettato April sussultò per poi sorridere, scoprendo come una sensazione di felicità le invadesse l'animo al vedere il volto di lui colorirsi di un leggero rossore.

Emily si girò sentendo la voce dell'avvocato Blake chiamarla. Scese dal lettino e si soffermò accanto all'uomo che aveva una gamba fasciata.
-Sembra che mi abbia salvato la vita due volte- disse lui alzando la schiena e rimanendo seduto sul lettino ma con le gambe distese.
-Non è stato poi così difficile- ironizzò Emily sorridendo
-Mi vuole dire che non valgo così tanto?- scherzò l'uomo mentre Emily distendeva le labbra in un sorriso ancora più solare.
Nel frattempo un altro uomo stava osservando quella scena con un'irritazione che sentiva salire nel suo animo ad ogni frase che quei due si scambiavano.
Aaron restò immobile sulla soglia di quella stanza senza che i suoi occhi riuscissero a staccarsi da quella figura così perfetta che ora, però, stava sorridendo ad un altro uomo. Sentiva un fastidioso groviglio allo stomaco che non intendeva dargli pace. Non poteva sopportarlo.
Era decisamente combattuto se andare lì e intromettersi nella discussione o restare immobile dov'era con quella nervosa sensazione ma conscio di rimanere nel professionale. Sentiva un formicolio al piede che, se la testa non glielo avesse impedito, avrebbe già annullato la distanza che c'era fra lui e quella situazione.
-Hotch!-
Salvato dai suoi pensieri e dalle sue intenzione grazie alla voce di Morgan!
Aaron si girò a malincuore verso il collega constatando che in quella stanza era rimasto solo lui.
-Gli altri sono già in macchina, il dottore ha detto che Prentiss e Reid posso uscire-
-Ok, andiamo- disse Aaron felice di poter interrompere quelle chiacchiere che gli procuravano un gran fastidio. Si girò verso l'altra stanza e sentenziò -Possiamo andare! Avvocato Blake si rimetta presto-
-Grazie- rispose con un sorriso l'uomo per poi osservare che il capo di quel team non lo stava guardando affatto ma stava osservando, severo, la bella donna al suo fianco.
Alle parole di Hotch April era schizzata come una cavalletta verso di lui, allontanandosi da Spencer ma continuando a sorridergli imbarazzata. Nello stesso tempo il ragazzo era sceso dal lettino e aveva preso le sue cose per poi avvicinarsi nuovamente a quella ragazza a cui non aveva smesso di sorridere.


Entrò in quel bar con una strana sensazione addosso.
Gli avvenimenti di quel giorno l'avevano scombussolata più di quanto voleva dare a vedere. Prima si era sentita tradita, offesa e persa. Poi il tutto si era tramutato in caparbietà e paura. Infine una strana sensazione di benessere le aveva invaso l'anima.
La sua mente aveva vagato nella ricostruzione di quegli avvenimenti come a formare un puzzle di cui però continuava a mancare un pezzo.
Quel pezzo era seduto in un tavolino un poco appartato di quel tranquillo locale arredato in maniera molto moderna.
Quel pezzo era Derek Morgan.
A quel pensiero le labbra di Alexis si distesero in un sorriso.
Derek alzò la testa dal menù giusto a vedere quella ragazza dai boccoli neri sedersi nel posto davanti al suo.
Non aveva ancora detto una parola ma lui aveva già capito benissimo che lei aveva abbandonato l'ascia di guerra per dar luogo a qualcos'altro. E questo lo spaventava decisamente di più. Nonostante questo sorrise, e gli venne dannatamente naturale.
-Allora.. agente- incominciò Alexis portando i gomiti sul tavolinetto che li divideva e poggiando il mento sulle proprie mani.
-Non era una cosa segreta-
A quella risposta data in maniera così tranquilla Alexis abbozzò un sorriso. Quell'uomo la faceva vacillare nelle sue certezze, si aspettava una reazione e puntualmente ne arrivava un'altra.
Derek restò con lo sguardo puntato su quella figuretta che lo guardava con uno splendido sorriso sulle labbra. Gli piaceva quella donna, non sapeva come mai ma sentiva che lei aveva qualcosa di diverso rispetto a tutte le altre.
-Lo so! Quindi mi sembra sia tutto risolto- esclamò Alexis con un tono decisamente allegro nella voce.
A quelle parole Morgan si sporse verso il tavolo incrociando le braccia al petto, una nuova luce si era accesa nella sua testa, una nuova sensazione aveva deciso di far capolino dal suo cuore e lui, stavolta, non era certo che se ne sarebbe andata tanto presto.
Appena arrivò il cameriere ordinarono da bere senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altro, come se quel contatto li avvicinasse come non mai.
Non parlarono molto ma quei silenzi fatti di sguardi e sorrisi non si tradussero mai in una situazione di stallo, di imbarazzo.. tutt'altro, loro si stavano conoscendo a quel modo.
-Dovrò passare qualche giorno con l'avvocato Johnson, sai.. tutte le pratiche, il caso che ha coinvolto la società..- incominciò lentamente la ragazza -Ti vedrò?-
Il volto di Derek si distese in un sorriso, si portò una mano alla nuca e scosse la testa in segno affermativo. Certo che lo avrebbe visto! E se non ce ne fosse stata la possibilità sarebbero stati loro a far sì che i loro volti si incontrassero di nuovo.


IMMAGINE

"Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce" Blaise Pascal.



Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 010a ***


Untitled Document

CM 010

 

"Se segnassimo a caso dei punti su un foglio di carta, si potrebbe individuare sempre e comunque un'equazione matematica tale da rendere conto di quanto fatto" Leibniz.

Non era mai arrivato così presto in ufficio ma quella mattina aveva deciso che doveva farlo, doveva parlare con lui, doveva parlare con quel suo capo a cui non aveva riferito un dettaglio molto importante dello scorso caso: lui conosceva un indagato.
Uscì dall'ascensore strofinandosi la testa per poi velocemente raggiungere la sua postazione e togliersi la giacca. Tutto questo constatando che la luce nell'ufficio di Hotch era accesa. Quell'uomo arrivava davvero all'alba al lavoro.
Morgan fece un sospiro come per darsi coraggio, prima di salire le scalette e raggiungere la porta di quell'ufficio. Non era un uomo che aveva paura facilmente e sicuramente non sul campo, ma quando si trattava del coinvolgimento di altre persone allora.. allora sì, aveva paura. E in quel momento aveva paura di aver deluso Hotch.
Bussò rapidamente prima di entrare in quell'ufficio illuminato da una piccola lampada sulla scrivania e dai primi raggi di sole del mattino che penetravano dalle scure finestre.
Hotchner aveva alzato subito lo sguardo e aveva incontrato quei pozzi neri che lo guardavano con determinazione. Ammirava quel ragazzo, lo aveva sempre fatto, dal primo momento. Sapeva perfettamente che per Derek era molto complicato lasciarsi andare e lasciare che le persone entrassero nella sua vita, nella sua ristretta cerchia di persone fidate, veramente fidate. Lo sapeva perfettamente ed era per questo che non era rimasto poi così stupito quando lui aveva svelato di conoscere già quella ragazza, Alexis Green.
-Buongiorno- esclamò Hotch restando seduto alla propria scrivania.
A quel saluto Derek accennò un sorriso, sapeva che quella semplice parola era un buon segno positivo da parte di Aaron. -Volevo scusarmi per come mi sono comportato ieri- incominciò, continuando a fissare quell'uomo che stimava in maniera incondizionata, -Probabilmente sono stato distratto per tutto il caso, il fatto di conoscere Alexis mi ha distratto- precisò.
Hotch lo lasciava parlare, lasciava che quel ragazzo si sforzasse di mostrargli una parte di se stesso, anche se molto piccola. Sapeva quanto quelle parole costavano a Derek ma, allo stesso tempo, sapeva bene come quelle stesse parole fossero un passo avanti verso una migliore comprensione.
-E mi scuso di non averti detto di conoscere quella ragazza-
Aaron restò ancora un attimo in silenzio prima di alzarsi dalla sedia e sorridere.
Derek forse, all'inizio, non gli aveva detto tutta la verità ma aveva compiuto il suo lavoro in maniera egregia. Questo gli bastava. Lui si fidava di quel ragazzo.

Erano riuniti nella sala riunioni ormai da diversi minuti, Jennifer stava spiegando quel nuovo caso in maniera ferrea. Le vittime erano tutte giovani donne.
April guardò le foto degli omicidi con un certo ribrezzo, ancora non aveva imparato a distanziarsi del tutto da quel lavoro così atroce, e la vista di quei corpi straziati la turbava facendole sentire una pesante morsa allo stomaco.
Spencer la guardò un attimo prima di prenderle quelle foto dalle mani e abbozzarle un sorriso. A lui erano già passate quelle immagini ma proprio non ce la faceva ad affrontare quell'espressione contrita e agghiacciata che si era formata sul volto di April.
A quel gesto lei lo fissò mimando un muto "grazie" con la bocca.
Hotch osservò i due ragazzi scuotendo la testa per poi puntare lo sguardo su quella collega mora che stava analizzando degli incartamenti. Perché gli veniva così automatico soffermarsi a guardarla? Ma soprattutto, perché durante una riunione di lavoro ritrovava la sua mente ad evadere da tutto e a pensare a quella donna? Perché?
Si maledisse mentalmente cercando di ritornare a seguire il discorso che stava facendo JJ.
-..torturate, stuprate e infine uccise con una pugnalata al cuore-
-Sei vittime, perché ci chiamano soltanto ora?- chiese Morgan
-Stiamo parlando di una piccola frazione di Ouray, Colorado..- ammiccò Jennifer
-Prepariamoci a scarponi e sci, allora..- abbozzò April
-Sì, infatti è anche per il gran freddo e la neve che sui corpi delle vittime non sono state trovate tracce-
-Anche per i tipi di tortura si fa fatica a capire cose è stato usato- disse David osservando la foto dell'ultima vittima, distesa a terra con almeno dieci centimetri di neve sopra al corpo.
-Anche per i ritrovamenti dei corpi..- iniziò Emily -..potrebbero essere molte di più le vittime-
-Preparate una valigia pesante, tra un'ora sul jet- finì Aaron strofinandosi la fronte, quel caso si prospettava veramente difficile.

Appena atterrati in Colorado tutti rabbrividirono di freddo, quella stagione era davvero gelata laggiù!
Jennifer si chiuse velocemente il lungo cappotto mentre April le sorrideva tenendo la portiera dell'auto aperta così da poter far salire la collega.
-Grazie- mormorò lei appena anche April fu salita nella macchina guidata da Hotch.
-Potevamo direttamente andare in Alaska se qua fa troppo freddo- scherzò David, seduto davanti nel posto del passeggero, accendendo il riscaldamento dell'auto.
-E vi ricordo che dobbiamo ancora arrivare nella frazione di Ouray..- disse Aaron seguendo il suv nero davanti a loro.
-Uhm- biascicò April -Speriamo di non doverci allontanare di più dalla città.. sennò oltre alla distanza aumenterà anche il freddo-
-Speriamo, anche se ho seri dubbi- incominciò Jennifer afferrando il proprio palmare e mostrando una cartina alla ragazza seduta al suo fianco -L'ultimo cadavere è stato ritrovato ancora più a sud, nei pressi della strada per raggiungere Thistledown-
-Ciò vuol dire attraversare i monti- pensò David -Se il nostro s.i. si sposta da una cittadina all'altra non sarà facile individuarlo-
-Ouray è una piccola cittadina e Thistledown è praticamente un minuscolo agglomerato di case- scosse la testa April
-Sì, ma se la maggior parte delle persone si conosce.. saranno restii anche a capire che c'è un serial killer fra loro- spiegò Aaron accostando la macchina lungo una strada da poco spalata dalla neve. Prima di scendere dall'auto si chiuse il giubbotto tirando un poco su il colletto, faceva veramente freddo. Chiuse la macchina e subito si diresse verso Reid che lo stava aspettando davanti all'entrata del distretto di polizia nel quale erano già tutti riuniti.
-L'ultimo censimento ha stabilito che Ouray ha circa 800 persone-
A quelle parole l'espressione di Hotch si accigliò, perché gli stava dicendo questo ora? E soprattutto perché là fuori al gelo?
-Thistledown invece è così piccola che non è nemmeno segnata come cittadina sulla mappa..-
-Reid!- lo bloccò subito Hotch, costatando che il ragazzo non aveva intenzione di dirgli, da solo, il perché di quelle chiacchiere inutili.
Spencer guardò l'uomo che gli stava davanti e deglutì scostando lo sguardo da quella figura. -In questo momento credo di essere più lucido a lavorare da solo- disse infine, tutto d'un fiato. Non ce l'aveva fatta a dire quel nome, quel semplice nome.. ma quello che voleva in quel momento era davvero stare il più lontano possibile da quella ragazza che gli intasava la mente. April.
-Bene- biascicò Aaron guardandolo negli occhi. Aveva capito perfettamente, aveva capito esattamente ciò che voleva dirgli quel ragazzo che pensava decisamente il contrario di quello che gli stava chiedendo. -Vorrà dire che farai coppia con April che non è una profiler, sarà come lavorare da solo-
Diretto e conciso, non aspettò un secondo di più ma aprì la porta e raggiunse gli altri all'interno dell'edificio, lasciando uno stranito Spencer a riflettere con la propria mente.

-Sono veramente felice che abbiate accettato il caso- disse l'agente Bertis dopo le presentazioni -Questa è una piccola città, le voci girano, la gente si spaventa.. ma non riesce a vedere fuori dal proprio giardino se non per qualche frivolo pettegolezzo-
-Ne siamo consapevoli infatti dovremmo essere molti cauti- disse Rossi mentre passava una foto delle vittime a Jennifer che stava preparando la lavagna.
-Tutto il vostro appoggio ci darà una mano per classificare ogni persona che si presenta su questo caso, ci serve la vostra lucidità- continuò Hotch
-Certo, i miei agenti ed io siamo a completa disposizione-
-Bene. Rossi e Prentiss occupatevi dei familiari..-
-Io potrei andare a parlare col medico legale- intervenne subito Spencer, certo che così facendo non sarebbe stato sicuramente affiancato ad April che ancora aveva problemi ad osservare le foto degli omicidi.. figuriamoci un cadavere!
A quelle parole Aaron fulminò con lo sguardo il ragazzo. No, non gliela avrebbe data vinta. Era ora che April affrontasse i suoi mostri.
-Va bene, Reid e Johnson dal medico legale, Morgan ed io andremo sul luogo del ritrovo dei cadaveri-
-Io continuo con cartelle e scartoffie- finì Jennifer posizionandosi alla scrivania mentre tutti si avviavano ai propri compiti.

Era stupito.
Aveva davvero sperato che Hotch, una volta chiesto di andare dal patologo, non avesse fatto andare con lui April. Lo aveva davvero sperato ma Hotch lo aveva stupito nuovamente: aveva fatto andare quella ragazza che ancora si impressionava al vedere le foto dei cadaveri, dal medico legale.. con lui.
Tirò un'occhiata veloce al suo fianco a vedere quella ragazza camminare di passo svelto con la testa china ad osservare i propri stivali verdi di camoscino. Il vestitino nero che indossava le aderiva al seno per poi scendere a campana fino sopra il ginocchio dove terminava con un bordo verde.
Deglutì soffermandosi qualche secondo in più ad osservare la leggera scollatura del vestito.
Doveva decisamente pensare ad altro.
-Credo sia meglio che tu rimanga qua- disse fermandosi nel lungo corridoio che stavano percorrendo, davanti ad una porta metallica.
April lo guardò senza capire cercando in quegli occhi profondi una risposta plausibile.
-Non vorrei.. ti sentissi male- accennò allora Reid, dondolandosi sulle ginocchia
A quelle parole April aprì un poco la bocca come a controbattere ma tutto quello che le uscì fu un lieve sospiro e una frese detta con tanta acidità quanta i suoi occhi stavano trasmettendo -Credo di potercela fare, sai-
Spencer la osservò aprire la porta e dirigersi velocemente verso il medico legale e così la seguì scuotendo la testa ma senza dire parola.
-Vi stavo aspettando, siete quelli dell'FBI, vero?-
-Esatto- esclamò Spencer affiancandosi alla collega mentre notava come lei evitasse di guardare il cadavere della giovane donna disteso sul lettino appena accanto a loro.
-Non ho mai visto così tanti cadaveri di ragazze tutti insieme- iniziò il medico -Questa è una piccola città, un serial killer non si era mai visto-
-Ma purtroppo c'è, dobbiamo fare il possibile per catturarlo- sussurrò April abbassando lo sguardo verso quel corpo straziato.
Le faceva male vedere quella ragazza così, morta.. in quelle condizioni terrificanti per tutte le torture subite. Le faceva male ma doveva affrontarlo.
-Il corpo è pieno di scottature, probabilmente con un ferro surriscaldato e passato sulla pelle- disse il medico mostrando i segni sulle braccia della ragazza -Poi ci sono segni di abrasioni ma non posso decifrare su come siano stati inferti-
-Anche i piedi lo sono, probabilmente la facevano camminare scalza-
-Sì e può darsi che l'abbiano fatta camminare anche nella neve, i piedi erano cianotici così come le mani-
-Dello stupro può dirci qualcosa?-
-Questa è la cosa strana.. le vittime sembrano aver ricevuto una violenza maggiore passando dalla prima all'ultima-
-Ci sta dicendo che nelle ultime vittime ci potrebbero essere più stupratori?-
-Sì- affermò il medico -Nelle prime due quasi sicuramente no, me nelle ultime sì-
A quella risposta April rabbrividì mentre sentiva una mano di Spencer sfiorarle il braccio come a darle coraggio.
Non sapeva perché questo caso la facesse sentire così dannatamente vulnerabile ma forse era solo perché le vittime erano ragazze proprio come lei.

Hotch fece quegli ultimi passi in salita prima di passarsi una mano sulla fronte. Quel posto era inerpicato su una piccola collinetta completamente innevata, era stato abbastanza faticoso poterlo raggiungere tanto che anche Morgan aveva il fiatone.
-Non può aver portato il cadavere fin qua da solo- sbottò Derek osservando le poche tracce che la scientifica cercava di ricavare dal terreno che però continuava a voler assaggiare quella neve bianca che cancellava tutte le prove.
-No, dovevano almeno essere in due- disse Aaron avvicinandosi ad un albero e notando una strana figura nella corteccia, come se vi fosse stata fatta con un coltellino.
-Cos'è?- chiese Morgan avvicinandosi e spolverando un poco con la mano.
-Sembra un simbolo.. è troppo definito per non essere stato fatto da un uomo-
-Hotch- incominciò Derek -Quest'albero fa da angolo retto fra il sentiero e il luogo dove sono stati ritrovati i corpi-
-Un punto di riferimento- esclamò Aaron osservando il sentierino che avevano percorso per arrivare lassù per poi spostare lo sguardo a novanta gradi e vedere l'agente Bertis che parlava con la scientifica.

David si strofinò le mani prima di suonare il campanello della villetta Meyerist, non aveva smesso un attimo di nevicare, i fiocchi bianchi continuavano ad invadere quella cittadina che sembrava tetra e silenziosa e sicuramente lo era diventata da quando si era saputo che un serial killer la abitava.
-Buongiorno sono l'agente Prentiss e lui è l'agente Rossi, FBI- si presentò Emily all'uomo che aveva aperto il portone e gli aveva fatti accomodare nel salottino.
-Mia moglie non è in casa, è da un'amica- incominciò l'uomo sedendosi sulla poltrona in angolo della stanza -Dopo.. beh, non se la sente più di stare da sola ed io sono tornato dal lavoro solo qualche minuto fa-
-Non si preoccupi, dobbiamo solo farvi qualche domanda- sorrise Emily a quell'uomo che sembrava così distrutto -Lei conosceva le altre cinque vittime?-
-Una soltanto, Diane Micchell-
-La prima vittima- disse Rossi scambiandosi uno sguardo con la collega -Come la conosceva, aveva qualche legame con sua figlia?-
-Sì, si frequentavano abbastanza, erano amiche.. solo nell'ultimo periodo si erano un po' trascurate, Rachel diceva che era a causa dei troppi impegni di Diane-
-Sa a cosa si riferisse?-
-Non con precisione ma so che Diane spesso stava fuori casa anche due o tre giorni e che quando tornava era in pessime condizioni-
-In che senso?-
-Sa, alcool, droga.. ma la mia Rachel no!- precisò subito l'uomo -Lei non ha mai fatto cose di questo tipo-
-Non ne dubito- disse subito Emily per poi cambiare discorso -Sua figlia poteva avere dei nemici o qualcosa del genere?-
-No, lavorava in un negozio di abbigliamento e per il resto andava in palestra e usciva col ragazzo.. in realtà non aveva nemmeno molti amici-
-Non è tornata a casa dalla palestra, vero?-
-Sì, la polizia ha ritrovato il suo motorino parcheggiato proprio davanti alla palestra ma di lei.. nessun segno- bisbigliò l'uomo poggiando fra le mani il viso stanco.

Appena vide che tutti erano rientrati alla stazione di polizia si precipitò nell'ufficio che avevano occupato per far sapere alla squadra quello che lei e Garcia avevano trovato. Le vittime si conoscevano a due a due e almeno tre di loro facevano una vita sconclusionata.
-Mancanza dal lavoro, dall'università, da casa.. come se alcuni giorni non gli avessero vissuti- disse Jennifer
-Il padre di Rachel Meyerist ha detto che Diane Micchell spesso non tornava a casa e quando lo faceva era sotto gli effetti di alcool e droga-
-Noi abbiamo trovato uno strano simbolo sulla corteccia di un albero nel luogo del ritrovamento dei cadaveri- disse Morgan mostrando il proprio palmare con la foto che aveva scattato.
-Sembra un cerchio con sopra una sorta di asterisco..- borbottò Spencer osservando quel disegno -..però non mi dice nulla-
-Il medico legale ha detto che la violenza nelle vittime è aumentata pian piano- incominciò April -E che le ultime vittime hanno subito violenza sessuale probabilmente da parte di più uomini-
-Tutte queste cose possono portarci solo in una direzione..- mormorò Emily
-..un gruppo, una setta- finì David
-Dobbiamo capire a chi appartiene questo simbolo-
-Non possiamo distribuirlo ai media, se viene collegato a qualche persona potrebbe nascere il panico e la vendetta personale-
-Potrei mostrala ai miei uomini- intervenne l'agente Bertis
-Sì, forse è l'unico modo.. e speriamo che qualcuno lo riconosca-

Derek entrò in quel bar tranquillamente e senza dare troppo nell'occhio venne seguito anche dal proprio capo. Un agente aveva riconosciuto quel simbolo come ricamato su una bandiera affissa sulla parete principale di quel tetro locale.
Aaron gettò un'occhiata a quel drappo blu decorato con quel simbolo in bianco. Corrispondeva. Spostò lo sguardo verso il barista, intento a sciacquare dei bicchieri. Era un ragazzo non molto altro dai capelli castani e gli occhi azzurri e gelidi come il ghiaccio.
-Gestisce lei questo locale?- chiese Morgan poggiandosi al bancone
Il ragazzo alzò lo sguardo verso i due che gli mostrarono il distintivo e subito i suoi movimenti si bloccarono. Poi, lentamente, posò i bicchieri che teneva in mano e si avvicinò ai due agenti. -No, io ci lavoro soltanto-
-E il proprietario c'è?-
-Chi lo cerca?- chiese una voce da dietro, di un uomo appena entrato nel locale. Era un uomo alto, piazzato e dagli occhi scuri come la pece.
-FBI- rispose prontamente Hotchner mostrando il distintivo
-Uhm- sbottò l'uomo -Lui è Sebastian Jenkins un mio dipendente-
-E lei è?- chiese a denti stretti Morgan
-Liam Reewell, il proprietario di questo locale-
-Come le è arrivata quella bandiera qua dentro?-
-Quella? Quella l'ha fatta mia moglie prima di morire. Ho deciso di metterla qua per ricordarmi di lei e di come era servizievole-
-Servizievole?- chiese in un ghigno Aaron
-Non riconosce il simbolo? La femminilità con una croce a sbarrarla-
-Cosa intende dire?-
-Chi vede in questo bar crede nell'uomo dominatore-
-Nell'uomo che può fare tutto ad una donna?-
-E' più una filosofia di vita, agente- sbottò Liam -Non mi guardi con quel disprezzo.. alla fin fine tutti noi crediamo che le donne ci debbano servire-
-E applicate questa.. filosofia, con ogni donna che incontrate?- ringhiò Derek
-E' un'interpretazione di vita, agenti!- esclamò l'uomo -Portiamo il dovuto rispetto alle donne ma poi le scegliamo in base alle loro qualità e alla loro mentalità servizievole-
Hotch guardò quell'uomo parlare come se stesse declamando una poesia con una grande verità. Gli fece pena. Pena. Un uomo che per attirare una donna doveva sottometterla? Una vera tristezza. Si girò ed osservò come tutti i presenti nel locale si fossero girati ad ascoltare quell'uomo. Jenkins lo guardava come se fosse Dio in terra. Tutti erano assorti nelle sue ciarlatanerie e il peggio era che sembravano credergli veramente.
-Senta- lo interruppe bruscamente Morgan -Dove si trovava due sere fa?-
-Due sere fa?- chiese pensando mentre incrociava lo sguardo col barista -Al cinema con te, vero Sebastian?-
Jenkins annuì tornando a lavare i bicchieri.
-Conosceva queste ragazze?- chiese allora Aaron mostrando le foto delle vittime.
-Carine!- sbottò l'uomo -Comunque.. conoscevo Diane, una vecchia storia d'amore-
-La frequentava ultimamente?-
-No, veniva in questo locale ogni tanto, tutto qui-
-Ovviamente solo qualche chiacchiera!- sbottò una ragazza di una ventina d'anni appena entrata nel locale
-Carla per favore, va di là.. questi uomini stavano per andarsene-
La ragazza lo guardò sospirando e sbattendo le ciglia per poi dirigersi nella direzione che gli aveva indicato Reewell con un cenno della testa.
Morgan ed Hotch si scambiarono uno sguardo per poi vedere come l'uomo avesse allungato una mano verso la porta d'ingresso così da fargli capire che non erano più i benvenuti in quel locale. Derek lo guardò negli occhi mentre usciva e un solo pensiero passava per la sua mente: quell'uomo doveva sapere molto di più di quanto aveva raccontato.

-Ci sta sfuggendo qualcosa- disse Rossi strofinandosi il volto con le mani -Sei ragazze uccise e nessuna traccia-
-Solo quel simbolo.. deve dirci qualcosa!- sbottò Hotch da poco rientrato assieme a Morgan.
-Il profilo ci dice che stiamo cercando un sadico, un uomo che prova piacere nella sofferenza altrui- incominciò Emily
-Le vittime sono giovani donne ma di aspetto e ceti completamente differenti-
-Non sta prendendo a modello una persona del suo passato.. sta creando qualcosa di nuovo- disse Spencer afferrando una foto dei cadaveri -I corpi sono abbandonati senza cura-
-Il medico legale ha detto che allo stupro possono aver partecipato più uomini- ripeté April
-Un simbolo, più uomini, una donna torturata e stuprata.. non c’è altra soluzione, tutto questo fa parte di una setta!- esclamò Aaron ripensando ai momenti passati in quel locale e a tutti i volti adoranti dei presenti quando Reewell parlava.
-Questo vuol dire che non stiamo parlando di un solo s.i.- disse perplessa Jennifer
-Non è detto, ci può essere il capo, il vero killer, e gli adepti che lo seguono e accondiscendono ad ogni suo desiderio- spiegò Prentiss
-Può darsi che sia stata un'escalation.. le prime vittime torturate dal nostri s.i. e le ultime da lui e da almeno un'altra persona- ipotizzò Rossi
-Dobbiamo tornare in quel locale.. là avremo le nostre risposte- esclamò Derek afferrando il proprio giubbotto
-Aspetta- lo fermò Hotch prendendo il cellulare e componendo il numero di Penelope -Garcia devi trovare tutto quello che puoi su Liam Reewell-
-Liam Reewell, vediamo, vediamo..- si mise subito all'opera la maga dei computer del Bureau -..infanzia difficile i genitori sono morti quando lui era giovane, ha vissuto con lo zio che lo maltrattava ma grazie ai suoi risparmi ha potuto aprire il "Bridge" un locale..-
-Sì, lo sappiamo.. ha qualche altro recapito?-
-Abita in un appartamento sulla diciottesima ed ha una casa che tiene in affitto a Thistledown-
-Agenti!- entrò di corsa nell'ufficio Bertis -Abbiamo una donna che dice di sapere chi è l'assassino-
-Come?-
-La stanno portando qua.. dice di essere la causa di tutti gli omicidi-
-Ha detto chi è l'assassino?-
-No ma è la ex-ragazza di Liam Reewell-
-Morgan tu torna al "Bridge"- esclamò in un batter d'occhio Hotch -Prentiss ed io andremo all'appartamento mentre Reid e Johnson alla casa in affitto, non si sa mai-
-Io aspetto la ragazza con JJ- continuò David osservando i propri colleghi prendere le loro cose e avviarsi alle loro destinazioni.

-Un sadico che coinvolge nei suoi progetti altre persone.. quanto è probabile?-
-Non molto- mormorò a denti stretti Aaron pigiando sull'acceleratore -Ma Reewell è un egocentrico, un megalomane.. per i suoi ideali potrebbe aver coinvolto almeno una persona-
-Che assiste alla tortura?- chiese Prentiss scuotendo la testa
-Sì, quello è il suo modo per rendere vivi i suoi insegnamenti. E' convinto che le donne debbano servire l'uomo senza ribellarsi-
-Un concetto nuovo..- ironizzò acidamente Emily
-Nuovo o no se così fosse..-
-..ci sarebbero molti altri cadaveri- finì la frase la donna, osservando gli occhi dell'uomo che aveva di fianco rabbuiarsi.
A quella vista un velo di tristezza le pervase il corpo. Era abituata a vedere il suo capo sempre accigliato e serio ma quella foschia che intravedeva adesso nei suoi occhi non l'aveva mai notata.
Non sapeva perché si sentiva a quel modo, aveva una strana sensazione addosso.. come una previsione nefasta. Scosse la testa cercando di scacciare via quei pensieri, adesso doveva concentrarsi al cento per cento su quel caso, su Reewell, e non doveva farsi influenzare da tutte quelle sensazioni negative che provava da quando era atterrato in Colorado.
Aveva deciso di portare con sé Emily proprio perché sapeva che lei era l'unica, in un modo o nell'altro, a farlo sentire distrattamente bene. A farlo sentire così vivo che quasi tutto il resto scompariva come per magia.
In un attimo si girò verso di lei incontrando i suoi occhi scuri e subito quel malessere che aveva provato svanì come per magia e lasciò al suo cuore una strana sensazione di leggerezza.
Quella donna era la sua cura.


IMMAGINE

April stava osservando i freddi boschi innevati passarle sotto gli occhi attraverso il finestrino dell'auto nella quale era seduta. La neve stava ricoprendo tutto di bianco ed anche la strada stava diventando pericolosa.
-Mi dispiace per prima-
Quella voce le arrivò ovattata alle orecchie. Lentamente, come al rallentatore, si girò verso il ragazzo che stava guidando. Aveva una strana espressione in volto, un sorrisino che April non aveva mai visto faceva da protagonista su quel volto che lei aveva imparato ad amare.
-Non avrei dovuto chiederti di non venire a parlare col medico legale- continuò Spencer capendo di essere entrato in un vortice senza fine. Non poteva certo dirle che lo aveva fatto per lei, per proteggerla, per tenerla lontano da quei corpi massacrati le cui immagini non l'avrebbero mai più abbandonata.
Non sapeva cosa dire, non sapeva come reagire a quelle parole. Sul momento si era arrabbiata con lui, la credeva una bambina da proteggere? Ma subito aveva intuito i pensieri di Spencer e il suo comportamento in quella visita le avevano confermato ciò che pensava: era preoccupato per lei. Ma adesso quelle parole.. quel sorriso così dannatamente naturale su quel volto perfetto.. di slancio portò la sua mano su quella del ragazzo che stringeva il volante.
A quel contatto inaspettato Spencer sobbalzò tirando una veloce occhiata ad April. Le guancie gli si colorirono di un leggero rossore così a diventare come quelle della ragazza che gli stava sorridendo timidamente.

David stava ascoltando quella ragazza da ormai una buona mezzora. Diceva che Liam Reewell era il suo ragazzo prima che provasse a fare strani giochetti con lei e con il suo corpo. Diceva che lui voleva provare quanto lei fosse pronta a resistere e sopportare per lui. E lei, lei lo aveva lasciato e si era allontanata dalla città. Era tornata a Ouray solo da qualche giorno e quando aveva sentito di quelle ragazze aveva subito pensato a Liam.
Rossi scosse la testa mentre quella donna continuava a parlare. Tutti gli indizi puntavano contro quell'uomo ma di effettivo, di concreto, in realtà, non avevano nulla.
-In più.. conoscevo Diane, Diane Micchell- continuò la ragazza -Era una dura.. tutto il contrario delle donne che piacevano a Liam, ma era sempre stato attratto da lei-
-Sappiamo che aveva avuto una storia con lei-
-Oh no.. no! Diane non lo sopportava, direi quasi che lo odiasse-
-Perché mentire allora..- bisbigliò David alzandosi e notando che nell'altra stanza erano appena tornati Hotch e Prentiss. -Aspetti qua, torno subito- disse alla ragazza prima di precipitarsi dal resto del team -Reewell non ha avuto una storia con Diane Micchell come lui aveva detto-
-Come?- chiese Aaron tirando un'occhiata alla stanza vicina e intravedendo una donna dai capelli castani.
-Se non è mai stata la sua ragazza..- incominciò Emily
-..lo ha immaginato- finì David puntando gli occhi in quelli di Hotch appena prima che il suo telefono squillasse -Pronto?-
-Garcia. Ho trovato una cosa che non vi piacerà.. L'ultima inquilina della casa in affitto di Reewell è stata proprio Diane Micchell-
-Perché non lo sapevamo?-
-Perché era un atto a nero.. che però sono riuscita a recuperare-
-Sei magica Penelope!- esclamò Emily che aveva sentito visto che Rossi aveva subito impostato il vivavoce.
-Aspettate- esclamò Jennifer con un'espressione stordita in volto -Ma in questo modo la casa in affitto potrebbe essere il luogo delle torture e delle uccisioni..-
-Ed April e Spencer stanno andando là!- gridò Emily portando una mano alla fronte
A quelle parole Hotch afferrò prontamente il suo telefono e compose il numero di Morgan -Reewell non era al suo appartamento, è là al bar?-
-No, qua non c'è. Il barista ha detto che se n'è andato subito dopo la nostra visita.. e lo ha confermato anche quella ragazza che abbiamo visto entrare nel locale-
-Derek, torna immediatamente qua. Abbiamo un problema-

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 010b ***


Untitled Document

 

...

Reid aveva appena riattaccato il telefono ed era tornato in macchina dove lo stava aspettando una April abbastanza preoccupata.
La neve stava continuando a cadere copiosa, li aveva appena permesso di entrare a Thistledown, probabilmente non sarebbero potuti tornare indietro per qualche ora. La strada che avevano appena percorso era diventata decisamente pericolosa data la quantità di neve che vi si era depositata. Avrebbero dovuto aspettare lo spalaneve.
-Allora?- chiese April al ragazzo che aveva appena accostato il suv nero davanti a un piccolo motel
-E' tardi e non possiamo tornare indietro-
-Questo lo so, Spencer- incominciò la ragazza un poco nervosa -Volevo sapere cosa ti ha detto Hotch-
-Di non preoccuparsi e starcene al sicuro da qualche parte-
-Vuoi dire in quel motel?- domandò scettica April alzando un sopracciglio
-Se non te ne fossi accorta Thistledown offre solo questa ospitalità..- sospirò Spencer scendendo di macchina e raggiungendo il baracchino dove stava l'inserviente per l'affitto delle camere.
April lo raggiunse e sorrise nervosamente all'uomo che gli stava guardando decisamente in malo modo.
-Vorremmo due camere per..-
-Siete della polizia?- sbottò l'uomo osservando meglio i due
-Oh no.. non propriamente- incominciò April vedendo come lui avesse digrignato la parola polizia -Io sono un avv..- Non fece in tempo a finire la frase che l'uomo aveva tirato giù la tendina alla finestra che gli divideva gridando -Siamo al completo qua!-
-Fantastico!- esclamò April battendo un piede a terra
-Era meglio se facevi parlare me..- borbottò Spencer riavviandosi alla macchina
-E certo mister FBI!- sbottò lei salendo nell'auto e sbattendo la portiera.
Restarono in silenzio per un tempo interminabile, quella macchina non era mai stata così oppressa e sospesa nel tempo.
Spencer stava cercando una soluzione e soprattutto stava cercando una scusa plausibile da dire ad April per quella domanda che, lo sapeva, sarebbe arrivata presto.
-Non avremmo nemmeno dovuto fermarci qua! Stavamo andando alla casa di Reewell, perché ci siamo fermati?-
Troppo presto.
-Ehm, è tardi- biascicò poco convinto Reid.
-Che vuol dire è tardi! Possiamo ancora and..-
-No!-
A quella parola quasi gridata April sussultò. Cosa gli era preso? Cos'era successo? Cosa c’era sotto a tutto questo?
Sapeva di aver fatto una gaffe ma non poteva portarla in quella casa, non poteva farle rischiare la vita.
-Spencer, cosa ti ha detto Hotch che dovrei sapere?- disse, infine, determinata, April. Adesso voleva proprio una spiegazione.
Reid sospirò. Doveva dirglielo. -L's.i. è Reewell, la sua ex-ragazza ha le stesse bruciature delle vittime.. e Reewell ci ha mentito sul fatto di Diane, ha immaginato di avere una storia d'amore con lei-
-E in realtà la stava.. uccidendo- mormorò April
Spencer scosse la testa in segno affermativo guardando quella ragazza con tenerezza. Non avrebbe permesso che qualcuno le facesse del male.
-Dobbiamo andare là- sentenziò April, guardando negli occhi quel ragazzo che, senza accorgersene, le aveva stretto la mano -Se stesse facendo del male ad un'altra ragazza..- scosse la testa sospirando -Spencer, dobbiamo andare-

-Cosa vuol dire fra qualche ora?!- sbraitò Hotch ad un agente della polizia che lo stava guardando sospirando.
Si erano tutti precipitati verso Thistledown ma all'imbocco dell'unica strada per raggiungere quell'agglomerato di case erano stati fermati da una volante delle polizia: la strada era chiusa perché impraticabile dalla troppa neve, presto sarebbe arrivato lo spalaneve ma se non avesse smesso di nevicare sarebbe stato difficile riprendere velocemente il controllo di quella strada.
-Calmati Aaron!- gli posò una mano sulla spalla Emily -Vedrai che non succederà niente-
-Se succedesse qualcosa a Reid o Johnson..- mormorò l'uomo sbarrando lo sguardo -Sono stato io a mandarli là, da soli..-
-Ed era la cosa giusta da fare in quel momento, non c'era ancora un pericolo effettivo là- esclamò David cercando di far calmare Hocth che però, già dalle parole di Prentiss si era un po' tranquillizzato.
Sentir pronunciare il suo nome da quella donna gli suscitava una strana reazione di calma, come se venisse sospeso per un tempo indefinibile. Poi lei lo aveva sfiorato e da lì era partito un turbine incosciente di sensazioni. Adesso però i suoi pensieri non si potevano dissolvere e un solo punto focale era ben espresso nella sua mente: April e Spencer.
-Lo spalaneve arriverà ma se continua a nevicare così non potrà fare molto- disse Morgan incrociando le braccia al petto mentre Jennifer si stringeva meglio la sciarpa al collo.
Erano là fuori sotto un cielo che sembrava non voler smette di abbandonare i suoi candidi petali bianchi sulla terra. Erano là fuori al gelo che si faceva sempre più intenso man mano che scorreva la sera.

Reid accostò davanti a quella piccola casa e sospirando scese di macchina raggiungendo April che era già all'inizio del vialetto che portava all'ingresso della casa.
April si strinse nelle spalle rabbrividendo senza capire se questo era dovuto alla paura o al freddo.
-Tu aspetta qui- disse Reid prendendo la propria pistola
-No Spencer, non ti lascio andare da solo-
-April per favore, non complicare maggiormente le cose-
-Io non..- cercò di replicare la ragazza ma furono interrotti da una donna che si era appena presentata sulla soglia della casa.
Lentamente si avvicinarono e constatarono che si trattava di un'anziana signora che stava cercando di accendere la luce nell'ingresso fuori casa. Spencer aveva abbassato la pistola e stava prendendo il distintivo quando la signora si accorse di loro e sorridendo disse -Siete amici di Liam?-
-Non è in casa?- chiese subito April facendo cenno a Spencer di metter via tutto, pistola e distintivo.
-Oh no, è sceso in città e non è ancora tornato. Ho controllato adesso che non ha ancora mangiato la cena che gli avevo portato- disse la donna mostrando un vassoio con del riso.
-Noi dovevamo vederci qua.. crede di poterci far entrare a casa?- chiese ancora April, sorridendo alla donna che stava scendendo i gradini di casa per raggiungere i due.
-Credo proprio di sì se siete amici di Liam-
-Sì, siamo qui per.. la prova- disse allora Reid facendo sì che gli occhi della donna si illuminassero.
-Se è così sono felice di avervi trovato!- esclamò la signora stringendo una mano ad April -Andate andate, se aspettavate Liam allora starà per arrivare-
-Certo..- borbottò April entrando in casa seguita dal ragazzo.
Rimasero qualche attimo sulla soglia a salutare la signora poi, velocemente, April si girò verso Spencer scoccandogli un'occhiataccia -Che prova? Come facevi a..-
-Hotch!- esclamò subito il ragazzo -Hotch mi ha detto che l'ex-ragazza di Reewell ha detto che lui voleva provare quanto lei potesse sopportare per lui-
-Oh.. certo- biascicò April chiudendo la porta d'ingresso e girandosi per osservare l'interno della casa.
Davanti a loro c'era un corridoio con infondo delle scale che dovevano portare ad una cantina. Alla loro sinistra si apriva uno stanzone che faceva da cucina mentre allo loro destra c'era il soggiorno. Tutto sembrava silenzioso e calmo ma comunque decisero di controllare se davvero in quella casa non ci fosse nessuno. Fecero il giro constatando che loro due erano le sole persone presenti là dentro.
-Sembra quasi disabitata questa casa- disse April sedendosi su uno dei due divani messi l'uno davanti all'altro e separati solamente da un tavolinetto basso.
-Mobili vecchi, tutto molto ordinato..-
-Sì beh.. tralasciando la stanza in cantina nella quale non mi hai fatto entrare- disse acida April scostando lo sguardo dal ragazzo
-Decisamente meglio che tu non abbia visto- sbottò allora Spencer sedendosi sull'altro divano.
-Suppongo che questa sarà la nostra dimora per questa sera- biascicò lei sospirando.
-Non ha ancora smesso di nevicare, la strada per Ouray sarà sempre bloccata- ipotizzò Reid afferrando il proprio palmare -Perfetto! Qua non prende-
A quelle parole April guardò il ragazzo con un'espressione disperata in volto. Non le piaceva affatto quella situazione! Non le piaceva ma doveva rimanere lucida e pensare a come risolvere il tutto. Ne aveva abbastanza di rimanere in disparte ed essere trattata come un oggettino da proteggere, anche se, doveva ammetterlo, tutte quelle premure da parte di Spencer la facevano sentire bene.
Velocemente si alzò dal divano e percorse il corridoio per poi entrare in quella che doveva essere la camera da letto di Reewell. Aprì l'armadio e tirò fuori due coperte per poi girarsi e constatare che Spencer l'aveva seguita.
-Serve una mano?- abbozzò lui sorridendo imbarazzato, si sentiva come un bambino beccato con le mani nella marmellata.
-Spencer..- incominciò April passandogli una coperta -Siamo soli in casa, per quanto terrificante.. non ti devi preoccupare-
-Certo- biascicò lui lasciando che lei gli passasse davanti e tornasse in salotto. Sentì il profumo dei suoi capelli arrivargli alle narici e detestò che gli fosse passata così vicina. Adesso doveva rimanere lucido, non poteva farsi prendere da questi pensieri. No, non doveva intasare la mente con lei. Doveva proteggerla.

-Al locale, quando sono tornato, Jenkins sembrava preoccupato.. come se sapesse che stesse per succedere qualcosa- incominciò Derek seduto nei sedili dietro del suv nero con accanto Emily e Jennifer. Nei posti davanti Aaron e David stavano girati verso di loro, e insieme stavano cercando di fare il punto della situazione. Non potevano fare altro.
-Hai detto qualcosa su dove stavamo andando?-
-Ho chiesto dov'era Reewell, in quale delle due case- pensò Morgan -Potrei avergli suggerito che stavamo arrivando!- esclamò poi, contrariato.
-Sempre che Jenkis sappia qualcosa- intervenne Prentiss
-Da come guardava Reewell oggi pomeriggio direi proprio che se non è coinvolto negli omicidi lo è almeno nei rapimenti- disse Hotch controllando nuovamente il cellulare: nessuna nuova chiamata.
-Gli abbiamo detto di mettersi al sicuro, Reid saprà cosa fare- disse Rossi vedendo l'amico sempre più abbattuto e nello stesso tempo furioso per quella storia.
-Sì, è che stare qui ad aspettare mi rende nervoso- sbottò Hotch mentre tutti annuivano.
Erano completamente scoperti o almeno così si sentivano, impotenti. Non sapere cosa stesse succedendo a Thistledown innervosiva tutti ma soprattutto non sapere dove si trovasse Liam Reewell metteva in ansia tutti.
Hotchner aveva mandato una pattuglia sia al locale che all'appartamento, tanto per essere sicuri. Reewell poteva trovarsi ancora a Ouray e magari sarebbe potuto tornare in uno di questi posti ma Aaron lo sapeva, se lo sentiva, Reewell era già a Thistledown.
Improvvisamente sussultò, il telefono aveva cominciato a squillare. Subito attivò il vivavoce, era Garcia.
-Notizie del genietto e di April?- domandò subito Penelope
-Per ora niente, stiamo aspettando di poter raggiungere Thistledown-
Sentirono la donna dall'altra parte del telefono sospirare prima che tornasse a parlare -Questo non vi piacerà proprio. Non mi piace decisamente per nulla-
-Hai trovato qualcosa?-
-Ho messo sotto controllo la rete internet di Ouray, ho cercato a fondo ed ho trovato un sito bloccato-
-In che senso?-
-Ad autorizzazione bloccata.. beh, sono entrata-
-E cosa hai trovato?-
-Uhm- biascicò Penelope -Un fan club su Liam Reewell e sulle sue idee. C'è una sorta di manifesto e.. e delle foto-
-Che genere di foto?- chiese sempre più angosciata Emily
-Foto con.. con le vittime.. mentre le tortura-
-Penelope tu stai bene?- chiese subito Derek
-No- biascicò -No, e non lo sarò finché non sentirò la voce di Spencer ed April-
-Andrà tutto bene, li troveremo- esclamò Aaron chiudendo la comunicazione.
Adesso sì che erano tutti molto più preoccupati. C'era la certezza, la certezza che l's.i. fosse davvero Liam Reewell.

Aveva la testa pesante, quella situazione non le piaceva affatto. Si ritrovava in quella casa, la casa di un omicida, di uno psicopatico che si divertiva a rapire, torturare e infine uccidere giovani donne. No, non le piaceva affatto quella situazione. Si tirò a sedere sul divano sul quale era sdraiata, lanciando un'occhiata oltre il tavolinetto davanti a sé: Reid stava dormendo accovacciato sull'altro divano. Sospirò sentendo la testa diventare sempre più pesante, un macigno insopportabile. Era davvero una situazione che non le piaceva, in quella casa e con quel ragazzo. La turbava. Non sarebbe riuscita a chiudere occhio nemmeno fosse stata nella suite di un grand'hotel.
Si alzò lentamente avvicinandosi al cucinotto per prendere un bicchier d'acqua. Continuò a fissare la figura nell'ombra di Spencer, non capiva proprio perché doveva tormentarsi a quel modo per un ragazzino. Posò il bicchiere tornando sui suoi passi ticchettando con le dita della mano su una gamba. Doveva convincersi che quel ragazzo era solamente un pensiero vagante nella sua testa.. che quella lettera, quel tormento fisso, non avevano nulla a che fare con la fitta al cuore che sentiva. Lei non poteva assolutamente provare nulla per Spencer. Nulla.
A quel pensiero chiuse gli occhi scuotendo la testa e stringendo la mano in un pugno assieme alla stoffa del vestito che portava, ma non appena sentì un leggero fruscio riaprì gli occhi trovando Spencer a sedere sul divano sul quale prima era disteso.
-Scusa, io non.. non riuscivo a dormire- mormorò mordendosi il labbro inferiore. Non voleva farsi vedere fragile, Spencer l'aveva già coccolata troppo con tutte le sue premure per non esporla a vedere realmente le cose che stavano succedendo in quella cittadina.
-Non stavo dormendo- abbozzò un sorriso il ragazzo continuando a guardarla. No, non stava affatto dormendo. Prima si era steso su quel divano e girato immediatamente dalla parte della spalliera per riuscire a non vederla accoccolarsi sull'altro divano a pochi passi da lui. Quella situazione non era affatto rilassante per i suoi nervi. Si era ripromesso che non ci sarebbe più cascato, che non avrebbe ancora una volta fatto lo sbaglio di pensare di poter rappresentare qualcosa per una ragazza se non un ragazzo ammirevole per il suo genio e per il suo portare distintivo e pistola. Si era promesso di non lasciarsi andare a stupidi pensieri, soprattutto se riguardavano quella ragazzina che un giorno aveva deciso di entrare prepotentemente a far parte della sua mente. Le statistiche, la lettura, il lavoro.. tutto era diventato così dannatamente distante se quegli occhi nocciola lo fissavano così come stavano facendo in quel momento. Ma adesso doveva stare concentrato sulla situazione e lo doveva fare anche per lei.
-Fa paura- mormorò April avvicinandosi al divano nel quale era seduto Spencer, stringendosi le braccia addosso come a ripararsi dal freddo.
-E' insolito stare qui.. così- abbozzò lui portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sapeva di aver detto troppo.
-Così.. come?- chiese lei sedendosi di fianco al ragazzo con le ginocchia piegate e i piedi portati sotto il sedere.
Spencer la guardò mentre gli si accostava con una smorfia sul volto, come se avesse paura di andare oltre una linea sottile che forse già tutti e due avevano superato.
-Intendevo..- incominciò guardando in basso la mano di lei poggiata sul divano nel piccolo spazio che li separava. -Intendevo questa situazione, può essere davvero pericoloso.. dovremmo stare uniti- disse tutto d'un fiato poggiando la sua mano su quella della ragazza che a quel gesto sussultò un poco puntando subito lo sguardo su quelle mani che, come avessero avuto vita propria, si erano fuse incrociando le dita.
Spencer si girò mentre una piacevole sensazione aveva invaso il suo animo a vedere il dolce sorriso che era sbocciato sul volto di April. Non ricordava l'ultima volta che si era sentito così bene, e forse.. forse non c'era mai stata quella volta. Era strano che capitasse proprio in quel momento, in quella situazione.
April assaporò ogni singola carezza di quelle mani giunte fra loro, assaporò ogni singolo brivido che rendeva la sua testa sempre più leggera e sgombra da qualunque pensiero se non uno: Spencer era lì con lei. Sorrise al pensarlo prima di girarsi velocemente verso il ragazzo. Alzò la testa incontrando quella di lui troppo vicina alla sua. Troppo.
Troppo.
Le loro fronti si sfiorarono mentre entrambi erano incapaci di scostarsi l'uno dall'altra.
April sentì il respiro di lui sulle sue guancie e non poté fare a meno di arrossire mentre sentiva l'altra mano del ragazzo raggiungere il suo volto.
Non sapeva perché non si stava scostando e ancora meno sapeva perché la sua mano aveva raggiunto il viso di April. Non lo sapeva. Non lo sapeva e francamente non gliene importava proprio nulla in quel momento. Il respiro di lei gli solleticava le guancie e i suoi occhi in quel momento gli stavano trasmettendo un coraggio che credeva di non possedere.
Non sapeva perché si sentiva spaurita, così persa in quegli occhi scuri. Non sapeva perché non stava reagendo, perché continuava a fissare quel volto implorandolo di avvicinarsi al suo. Non sapeva dove in quel momento aveva cacciato tutta la sua forza e la sua vitalità, non lo sapeva ma poteva solamente sentire come ogni parte del suo essere stesse bene. Un sorriso le si formò sul volto mentre i suoi occhi si decidevano a chiudersi. Aveva smesso di combattere.
Fu come un segnale, un monito di andare oltre e oltrepassare definitivamente quella linea che gli voleva divisi, quella linea che entrambi si erano creati nella propria testa e che in quel momento veniva abbattuta per non essere mai più ricostruita.
Spencer la guardò come se quel sorriso fosse una rara immagine da imprimere nella sua memoria, prima di chiudere gli occhi e far unire le sue labbra a quelle di lei. Si sfiorarono in una dolce danza dove i protagonisti erano solamente loro due, senza barriere e senza confini.
April sentì la mano di lui stringersi alla sua mentre con l'altra l'avvicinava sempre di più a sé, cercando in quel delicato bacio l'amore che entrambi avevano racchiuso nel loro cuore ma che ora stava sbocciando come una rosa in primavera.
In quel momento volevano solamente sentirsi liberi di lasciarsi trasportare dai propri sentimenti.
Spencer calcò la mano sulla nuca di April come a volerla continuare ad avvicinare a lui, mentre quel bacio si coloriva delle luci di una passione nuova che aveva dato libero volo ai loro cuori. Adesso c'erano davvero solo loro due e le loro labbra avide di baci e sussurri.
Era strano come lui si era ritrovato coraggioso e lei così spaurita. Era strano come insieme diventassero l'opposto dell’apparenza di loro stessi e si sentissero così vivi da scoprire assieme quell'emozione nuova.

IMMAGINE

Fu un romore sordo a farli dividere, quasi fuggire intimoriti l'uno dall'altra.
April si era scostata mentre Spencer si era girato verso la porta d'ingresso della casa.
Si morse il labbro inferiore continuando ad osservare quel ragazzo che le aveva fatto tremare l'animo e solo allora si rese conto che le loro mani erano ancora intrecciate.
Anche Spencer se ne era accorto e si era rigirato verso di lei, verso quella ragazza che lo faceva litigare con il proprio cervello. Adesso.. adesso però doveva solamente pensare a proteggerla. Le si avvicinò sfiorandole la fronte con le labbra, lascando la stretta delle loro mani e alzandosi in piedi.
Lo guardò e scosse la testa in segno affermativo, aveva capito che Spencer voleva controllare che tutto fosse a posto, che quel rumore non era niente di importante.
Reid sfoderò la pistola puntandola dritta davanti a lui mentre si avvicinava alla porta d'ingresso. Guardò attentamente nell'altro stanzone prima di accostarsi con la schiena alla porta e guardare attentamente dalla finestra. L'oscurità avvolgeva tutto, solo ogni tanto uno sprazzo di luce si diradava proprio davanti all'ingresso: era la lampada che la vecchia signora aveva provato ad accendere, constatando però che era danneggiata.
Spencer rimase qualche minuto in ascolto continuando ad osservare la situazione là fuori poi, all'improvviso, un sorriso illuminò il suo volto -C'è Morgan, devono essere arrivati gli altri!-
A quelle parole April sospirò accasciandosi un poco sul divano. Era stata in tensione per tutto il tempo che Spencer si era allontanato da lei ma adesso, dopo aver saputo che erano al sicuro, poteva rilassarsi un attimo.
Reid accese la luce interna della casa e aprì lentamente la porta lasciando che la sua figura si stagliasse nel buio così che il resto della squadra potesse riconoscerlo e abbandonare l'azione che stavano svolgendo: Liam Reewell non era in quella casa.
Al vederlo Morgan saltò sul vialino davanti casa sorridendo -Potevi farti vedere prima genio!-
-Magari sperando che foste voi- si avvicinò al ragazzo mentre vedeva il resto della squadra sbucare dall'oscurità della notte.
-Tutto ok?- chiese Hotch tirando un'occhiata alla porta della casa. La vista di Spencer aveva fatto riprendere animo al suo cuore.
-Sì, April è in casa al caldo-
-Non siamo potuti arrivare prima, la neve bloccava la strada- spiegò Derek cercando di mascherare un poco l'entusiasmo per il sapere che stavano tutti e due bene.
-Già e sarebbe meglio entrare in casa prima di congelarci- disse David avviandosi verso la porta d'ingresso ma bloccandosi di colpo: April era sulla soglia con le mani alzate mentre un uomo le teneva un coltello all'altezza della sua gola.
Spencer guardò quegli occhi che poco prima erano così teneramente imbarazzati, ora pieni di paura ma anche.. speranza.
-Bene, voi fate come dico e forse non le succede nulla- incominciò Liam
-Ok- esclamò David alzando anche lui le mani in alto -Ma tu non le farai del male-
-Sai che lo farò se non fate esattamente ciò che dico-
April sentì la lama del coltello sfiorarle la pelle del collo e un brivido di paura percorse la sua schiena. In quel momento si impose di scordare tutte le immagini delle vittime di quel caso che, però, continuavano a riaffiorare violentemente nella sua testa.
-Va bene, facciamo come dici tu- disse allora Reid alzando in aria la pistola che teneva ancora in mano
-Oh, ma che tenero!- esclamò Liam con un sorrisetto sulle labbra -Non vuoi che faccia male alla tua bella?-
Reid sospirò lentamente per cercare di rimanere calmo mentre le sue labbra tremavano nella ricerca di qualcosa da dire.
Derek l'osservò per qualche secondo prima di prendere in mano la situazione -Reewell, lasciala andare- disse calmo tirando un'occhiata a David che continuò:
-Noi posiamo le armi a terra ma tu la devi lasciare andare-
-Non credo che siate nella posizione di darmi ordini- disse l'uomo sempre con la sua solita espressione in volto e con la sua solita cadenza nella voce. Non provava nulla, assolutamente nulla. Trascinò April qualche passo avanti così da arrivare all'inizio del vialetto sul quale, poco più in là, erano gli altri.
Aaron non aveva mai staccato gli occhi dal volto di April. Appena aveva capito la situazione aveva afferrato la sua pistola e l'aveva puntata verso quell'uomo, per poi rendersi conto che così facendo stava puntando l'arma anche verso April. In un secondo aveva abbassato la pistola puntando a terra. I suoi occhi erano fermi e più severi del solito, cercava di estraniarsi da quella situazione per riuscire a pensare ad una soluzione a mente lucida ma proprio non ce la faceva: là, con un killer che le puntava un coltello alla gola, c'era April. C'era la piccola April che aveva visto crescere, alla quale aveva risentito esami su esami di giurisprudenza, con la quale si era divertito a cercare regali per Haley, per Jason. Là c'era semplicemente quella ragazza che gli aveva fatto sorridere il cuore anche nei momenti più tristi. Là c'era quella ragazza che, tramite la sua situazione, gli stava facendo intravedere le sue vere emozioni, i suoi sentimenti verso quella collega bruna che tanto lo faceva pensare. Quella collega che..
Scostò lo sguardo. Stoppò i pensieri.
Emily era nascosta nell'oscurità, fra le piante, appena dietro Liam Reewell.

Emily appena aveva visto uscire dalla casa Reewell con April si era fermata e aveva stoppato anche Jennifer appena dietro di lei. Insieme si erano accovacciate dietro un cespuglio, rimanendo in attesa del momento giusto per agire.
Vide Aaron tornare con lo sguardo su Reewell, non doveva fargli capire che aveva due agenti dell'FBI alle spalle.
-Tu hai uno scopo Liam- iniziò, allora, calmo -Tu vuoi far conoscere le tue teorie al mondo-
-Certo! Perché sapete cosa succederà quando il mondo saprà di me, vero? Migliaia di fedeli mi seguiranno nei miei ideali!- si esaltò l'uomo
-Ma se ora la uccidi andrai fuori dai tuoi schemi. Nessuna prova, nessuna sofferenza- continuò Aaron
A quelle parole Liam fece un passo avanti con aria severa -Lei è solamente una pedina da sacrificare-
A quello spostamento Emily fece un cenno a JJ e si alzò in piedi. Aaron era riuscito a far smuovere l'uomo e a portarlo esattamente davanti a dove si trovavano loro. Adesso potevano vederlo chiaramente.
Jennifer deglutì al vedere l'amica con un coltello puntato alla gola ma subito scosse la testa. Doveva rimanere ferma e calma, proprio come per il caso Battle quando aveva ucciso quell'uomo che aveva sparato a Penelope.
Tutto per proteggere la famiglia.
Emily sospirò prima di puntare la pistola verso l'uomo e fare un passo avanti. Non avrebbero dovuto fallire.
-Reewell non c'è sacrificio senza sofferenza!- provò ancora Hotch e stavolta riuscì nel suo intento: l'uomo scostò il coltello dalla gola di April e le fece fare un passo avanti come a mettersela come scudo.
Era quello il momento.
Emily e Jennifer sbucarono da dietro precipitandosi verso Liam che, appena le vide, spinse April verso di loro e si diede alla fuga dalla parte opposta.
In un nano secondo April si ritrovò abbracciata ad Emily mentre sentiva uno sparo provenire dalla sua destra. JJ aveva sparato alle gambe di Reewell, un attimo prima che Morgan comparisse sulla sua traiettoria per seguire l'uomo che, zoppicando, continuava a fuggire.
-April!- esclamò Aaron precipitandosi verso le tre donne.
Emily accarezzò i capelli di April come a farle forza e così lei si scostò dall'amica e sorrise flebilmente -Va tutto bene.. va tutto bene..-

Spencer era rimasto immobile, non sapeva che Emily e JJ fossero rintanate là dietro e così non era riuscito a capire cosa Hotch volesse fare con quelle parole dette con tanta calma a quell'uomo che aveva fra le mani la sua April.
Si riscosse solo nell'attimo in cui sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Si girò e vide Rossi che gli stava sorridendo facendogli un cenno con la testa. Scostò lo sguardo in quella direzione e vide Morgan tornare con uno zoppicante Reewell che digrignava i denti.
Era tutto finito.
-Dovresti andare da lei- gli sussurrò David prima di raggiungere Derek per portare Reewell nell'auto che gli avrebbe condotti alla centrale di polizia.
Spencer rimase ancora qualche secondo immobile prima di fissare lo sguardo su April che stava parlando con Hotchner. Lentamente si avvicinò scoccando un'occhiata al proprio capo che facendo un cenno affermativo con la testa si allontanò con Prentiss e Jareau.
April l'osservò sorridendo timidamente mentre lui si dondolava sulle ginocchia, come indeciso sul da farsi. Poi, improvvisamente, di slanciò l'attirò a sé e l'abbracciò.
April si sentì girare la testa e si afferrò alla schiena di lui contraccambiando quel tenero abbraccio.
Sentiva il suo corpo stretto al suo e come reazione l'abbracciò ancora più forte.
-E' tutto finito, è tutto finito adesso- le sussurrò prima di scoccarle un leggero bacio sulla fronte e sorriderle a fior di labbra.

Erano appena usciti dall'ufficio di polizia salutando l'agente Bertis quando sentirono uno schiamazzo provenire dalla porta laterale dell'edificio.
-Quando ieri sera mi avete portato Reewell e tutto il materiale che la vostra collega ha trovato su internet, ho deciso che sarebbe stato meglio affidare quell'uomo a un carcere lontano da qui- spiegò l'agente Bertis mentre osservava assieme al team un gruppo di uomini e donne che gridava all'ingiustizia: pensavano che Reewell fosse stato incarcerato per le sue idee o forse.. forse solamente erano ammiratori sfrenati, come tanti altri serial killer avevano.
-Come possono fare questo..- mormorò April soffermandosi a guardare quella folla e sentendosi due paia di occhi gelidi puntati addosso.
-La follia dell'uomo sta nell'ammirare la crudeltà altrui- sospirò David poggiando una mano sulla spalla della ragazza e portandola via da quelle urla che invocavano il loro beniamino chiamandolo semplicemente Ree.

Stava sistemando i piatti sporchi nella lavastoviglie mentre aspettava che Sasha passasse da lei a prendere quella commissione che aveva fatto per sua madre.
Aveva messo un po' di musica classica in sottofondo: Mozart, il suo preferito.
Dopo la vicenda di Reewell era arrivato il finesettimana e lei aveva ringraziato il cielo per questo. Aveva bisogno di almeno un giorno di pausa per rilassarsi. Quel caso l'aveva spaventata dall'inizio e alla fine l'aveva davvero terrorizzata quando si era ritrovata nelle mani di quello psicopatico con un coltello puntato alla gola.
Sì, aveva decisamente bisogno di rilassarsi.
Quel pomeriggio si era tuffata nella vasca da bagno ed era rimasta a mollo per quasi un'ora, a farsi cullare dal dolce profumo del bagnoschiuma nuovo che aveva comprato.
Sorrise ricordando di quella pace dei sensi durante la quale si era impedita di pensare a Reewell e.. a Spencer.
Era strano come un caso così terrificante e spaventoso l'avesse, però, anche portata a sentirsi così profondamente bene. Quando Spencer l'aveva baciata aveva avuto l'impressione che tutto il mondo si fermasse per assistere allo sbocciare di quel sentimento così vivo.
Si inumidì le labbra riassaporando il sapore di lui e risentendo il corpo di lui appiccicato al suo di quando l'aveva abbracciata così intensamente.
Un sorriso ancora più smagliante si dipinse sulle sue labbra.
Con Spencer non avevano ancora parlato dell'accaduto ma, sempre più spesso di prima, si ritrovavano ad osservarsi per poi sorridersi impacciati. Sembravano davvero due ragazzini alla prima cotta. Ma forse, forse lo erano.. forse l'amore più sincero partiva proprio da questo.
Spense l'acqua del rubinetto sotto la quale stava sciacquando una padella appena sentì il campanello suonare.
Sempre col sorriso sulle labbra si diresse alla porta d'ingresso del suo appartamento. Finalmente quella peste di Sasha si era deciso a passare da lei.
Velocemente aprì la porta e sorrise a qualcuno che non era decisamente Sasha.
Dove aveva già notato quegli occhi di ghiaccio?!

"Perché tu vali per me quanto la compagnia di tutto il mondo, e come posso pretender d'essere sola, quando tutto il mondo è qui a proteggermi?" Shakespeare.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 011a ***


Untitled Document

CM 011

 

"E' comune defetto degli uomini non fare conto, nella bonaccia, della tempesta" Machiavelli.

Aaron guardò nervosamente l'orologio, avrebbe già dovuto convocare tutti nella sala riunioni da almeno una buona mezzora. Per l'ennesima volta in quei minuti, si voltò ad osservare l'open-space, senza incontrare la persona che stava cercando. Dove diavolo si era cacciata April?
Sospirò soffermandosi sulla figura di Emily intenta a scrivere qualcosa su dei fogli ordinati. Di colpo la vide fermarsi, osservarsi attorno e poi puntare lo sguardo verso il suo ufficio. Beccato.
Non cercò nemmeno di nascondere l'evidenza, le fece un cenno con la testa a indicarle la scrivania di Johnson.
Emily guardò nella direzione che le aveva indicato Hotch per poi alzare le spalle e scuotere la testa in segno negativo.
Aaron la vide chiamare l'attenzione di Reid e scambiarci due parole ma anche lui scosse la testa.
Dove si era cacciata quella ragazza?
Sicuramente April non era famosa per i suoi anticipi sul lavoro ma un ritardo così non lo aveva davvero mai fatto.
Ticchettò le dita sul tavolo per poi alzarsi, uscire dall'ufficio e poggiarsi alla balaustra appena davanti l'ufficio di Rossi che, al vederlo, smise di correggere una pratica e gli si accostò.
David stava per dire qualcosa quando un ragazzetto entrò di corsa nell'open-space seguito da degli agenti.
-Spencer! Spencer!- gridò il ragazzo mentre i due agenti cercavano di portarlo fuori dicendo che non era niente e che avrebbero sistemato tutto loro.
Al sentire il suo nome Reid si girò ed incontrò quegli occhi, solitamente così furbetti, ora malinconici e terrorizzati.
Anche Aaron al vedere il ragazzo si era irrigidito cercando di capire dove già lo aveva visto.
-E' tutto a posto agenti, lui è con me!- esclamò subito Spencer avvicinandosi al ragazzo che ringhiò un veloce -Ve lo avevo detto!-
David tirò una veloce occhiata al suo capo per poi scendere le scalette assieme a lui e raggiungere i due.
-Cosa significa tutto questo?-
-Non lo so- incominciò Spencer poggiando una mano sulla spalla del ragazzo -Sasha, che ci fai qua?-
Sasha sospirò profondamente prima di bisbigliare -April..-
A quel nome anche Derek ed Emily si avvicinarono al gruppetto -Che è successo?- chiese subito la donna.
-Beh.. ieri sera dovevo andare da lei a prendere una cosa ma.. non l'ho fatto- iniziò il ragazzo
-Quindi?- chiese nervosamente Aaron, ora aveva riconosciuto quel ragazzo. April aveva una fotografia con lui nel salotto.
-Quindi sono andato stamani e.. e.. ho trovato tutto il salotto messo a soqquadro.. con questo bigliettino vicino ad un portatile.. che non è di April-
Spencer afferrò subito il biglietto e lesse quelle due parole con un'angoscia sempre maggiore addosso.
-Provate a fermarmi, adesso- lesse Morgan dopo aver strappato il biglietto dalle mani dell'amico
-E'.. è la scrittura di April..- bisbigliò Sasha.

Reid salì i gradini delle scale di quel palazzo a due a due mentre Hotch cercava di stargli dietro. Arrivati davanti all'appartamento di Johnson, Aaron tirò fuori la chiave che gli aveva dato Sasha che stava arrivando con l'ascensore assieme al resto del gruppo.
Quando aprirono la porta dell'appartamento notarono un caos disordinato che avvolgeva l'ingresso e il salotto sotto i loro occhi.
Spencer respirò profondamente cercando di darsi una calmata e vide anche Hotch fare altrettanto.
Alla loro sinistra il cucinotto sembrava ordinato ma Emily subito notò come la lavastoviglie fosse lasciata aperta con una pentola ancora nell'acquaio: quello non era un comportamento da donna, da April.
Alla loro destra la piccola sala da pranzo era decisamente in ordine, solo un computer portatile dominava la stanza dal centro della tavola tonda di legno.
-L'hai trovato lì il biglietto?- chiese David al ragazzo che annuì -Hai toccato altro?-
-No, no.. sono subito corso da voi-
-Ok, ok Sasha..- incominciò Spencer avvicinandosi al ragazzino decisamente scosso e poggiandogli le mani sulle spalle -Adesso vai a casa, ci pensiamo noi-
-La troverete, vero?- domandò Sasha tirando su col naso.
A quella domanda gli tremarono le labbra. Lui doveva ritrovarla, doveva farlo! -Sì.. sì la troverò. Sta' tranquillo-
-Adesso vai a casa- sorrise Emily al ragazzo -E semmai April dovesse tornare, avvisaci-
-Dite che.. potrebbe essersene andata da sola?-
-Beh.. può darsi- tagliò corto Prentiss continuando a sorridere.
Era solo un ragazzo, non poteva metterlo davanti a una verità più grande di lui.

Hotchner avanzò nel salotto notando come quel disordine doveva essere stato creato da una lotta. Una goccia di sudore imperlò la sua fronte ma subito la scacciò con un gesto veloce della mano. Doveva rimanere calmo. Doveva rimanere lucido.
-La camera e il bagno sono a posto.. ordinati- esclamò Emily rientrata nel salotto
-Deve aver lottato qua nel salotto..-incominciò Aaron -..poi, poi deve essere successo qualcosa..-
-Questo- disse David indicando dei frammenti di quello che doveva essere un vaso.
Prentiss si avvicinò e scosse la testa -La tazza che usava come portaoggetti..- bisbigliò -La ricordo perché l'ho presa in giro un'intera serata per quella tazza con la stampa di Pater Pan-
-L'adorava- mormorò Hotch prima di raggiungere Morgan che si era appena messo i guanti bianchi per aprire il portatile lasciato in bella vista sul tavolo della sala pranzo.
Derek si posizionò davanti al computer e l'aprì notando come non fosse spento ma in stand-by.
-Wow- esclamò appena lo schermo si accese, facendo vedere una e-mail lasciata aperta sul desktop.
-Cos'è?-
-C'è scritto solamente "Guardami" e un indirizzo internet-
-Cliccaci- disse subito Spencer lasciando un poco perplessi gli altri.
Morgan esitò un attimo ma infine cliccò e subito si aprì una sorta di conversazione internet, con una webcam che si stava caricando.
Restarono tutti col fiato sospeso finché l'immagine della webcam non divenne nitida, lasciando intravedere un piccolo letto con adagiata sopra un'April dalla maglietta mezza lacerata.

Jennifer stava in piedi con le braccia incrociate e ticchettando nervosamente col piede.
-Mi stai mettendo ansia!- esclamò esasperata Penelope girando la sua sedia a rotelle verso la ragazza che stava immobile davanti alla porta del suo ufficio.
-Quanto ci mettono ad arrivare?-
-Tra poco saranno qui. E sistemeremo tutto- disse Garcia mormorando quell'ultima frase. Aveva una gran paura addosso ma voleva rimanere lucida o non ce l'avrebbe nemmeno fatta a vedere le immagini proiettate da quella webcam sul computer che gli altri le stavano portando.
-Oh, finalmente!- esclamò JJ afferrando il portatile, sul quale la scientifica non aveva rivelato impronte, e poggiandolo sulla scrivania di Penelope che subito lo aveva aperto per poi sobbalzare al vedere April riversa sul letto.
-Trova di chi è quell'indirizzo- disse Hotch appena entrato nell'ufficio della collega.
-Ci sto già provando- mormorò Penelope battendo velocemente i tasti sul portatile e poi sul suo computer. -L'indirizzo IP non è fisso.. Sembra che si reindirizzi su un diverso IP ogni poco e che rimbalzi su server non americani..-
A quella notizia Spencer, appena arrivato in quell'ufficio assieme a tutto il resto del team, sospirò. Era certo che sarebbe stato così ma in fondo al cuore aveva avuto ancora la speranza di trovare subito chi aveva fatto questo ad April, alla sua April.
Un silenzio tombale avvolgeva quella stanza, solo il rumore delle dita di Penelope su quei tasti scandiva il tempo che passava furioso.
-Guardami. Sentimi.-
-Oh.. cos'è?- chiese subito Morgan dopo che una voce metallica aveva invaso prepotentemente quel silenzio.
-Ho attivato un microfono- disse Garcia voltandosi verso il resto della squadra.
-Sei riuscita a trovare il microfono e non..-
-Sono riuscita a trovare quello che lui ha voluto che trovassi- si difese subito Penelope, senza lasciar finire la frase ad Aaron.
-Magnifico!- borbottò Emily -Siamo nelle mani di questo.. questo..- cercò la parola giusta da dire ma le venne in aiuto Jennifer che esclamò a denti stretti -Questo bastardo-
Tutti si girarono verso la bella ragazza bionda, non l'avevano mai sentita dire una cosa del genere ma stavolta era davvero l'unica parola appropriata.

April sentì una strana sensazione di gelo invaderle il corpo. Tremò.
Una fitta acuta le invadeva la testa ad ogni suo movimento. Lentamente si portò una mano alla testa e sentì le sue dita bagnarsi di una sostanza corposa.
Doveva aprire gli occhi. Doveva capire cos'era successo.
Con grande fatica aprì gli occhi smuovendo le palpebre più volte finché non riuscì a mettere a fuoco la stanza che la circondava.
Si tirò a sedere sul letto per poi abbandonare lo sguardo sulla sua mano e le sue dita rosse. Sangue.
-Ah..- biascicò constatando di avere un piccolo taglio che partiva da un lato della fronte e scendeva fin giù superando l'orecchio.
-April!-
Si portò nuovamente la mano alla testa come infastidita da quel rumore.
-April!-
Si guardò attorno muovendosi lentamente.
-April!-
Quella era la voce di Aaron. Ne era certa. Ma ora dov'era lui?
-April!-
-Aaron..- mormorò poggiando i piedi sul pavimento e sentendo un gelo maggiore pervaderle il corpo. Si guardò e scoprì di non avere le scarpe, la sua maglia era strappata in più punti mentre i pantaloni da ginnastica che portava erano bucati all'altezza del ginocchio.
Un flash. Un momento e ricordò tutto della sera precedente.
Si guardò ancora attorno. Era in una piccola stanza, seduta sul letto posizionato al centro della camera. Tutto intorno era vuoto. Nessun mobile, nessun oggetto.
-April! April mi senti?-
-Sì, sì.. Aaron, dove sono?- esclamò April alzando lo sguardo in cerca della provenienza di quella voce e notò come davanti a lei, in alto sopra una porta, una webcam, un microfono e delle casse fossero posizionati con i cavi che davano all'esterno della stanza.
-Non lo so, April..- Sentì la voce di Aaron tremante -Ti hanno rapita-
Al sentire quelle parole chiuse gli occhi e respirò profondamente. Doveva riprendere possesso di se stessa. Doveva scordarsi del dolore lancinante che sentiva alla testa.
-April, andrà tutto bene.. ti tireremo fuori- sentì la voce di Emily e scosse la testa. No, non voleva.
-Ti riporteremo a casa- la voce di Spencer le arrivò come un lamento alle sue orecchie. No, no, no! Non voleva!
-Ma ci devi aiutare..- la voce di David. No, non voleva!
-Hai visto chi ti ha portata lì?- la voce di Derek. No, non voleva!
-No.. no..- biascicò scuotendo la testa -Non voglio mi vediate così! No.. no, non voglio!-
-April, ti prego!- esclamò Aaron nervoso
-No Aaron, no! Per favore..!-

-Non possiamo farlo!- esclamò Spencer contrariato. Lui doveva sapere, lui doveva vedere! Lui doveva vederla.
-Lo so- borbottò Hotch ancora titubante -Ma per ora è meglio così-
-Va bene- acconsentì David, cercando di capire quello che doveva provare April -Per ora bastate tu e Garcia a controllare quel video-
-Ma.. no- provò ancora Spencer ma appena vide i colleghi uscire dall'ufficio di Penelope si arrese. Sospirò sulla porta della stanza, prima di lanciare un'occhiata al proprio capo -Mi dirai tutto, però- disse deglutendo a fatica.
A quelle parole Aaron fissò lo sguardo negli occhi preoccupati di Spencer. Sembrava un cucciolo terrorizzato con però una voglia matta di ritrovare ciò che gli era stato portato via.
Fece un cenno con la testa in segno affermativo. Almeno quello glielo doveva.
Appena Reid fu uscito da quella stanza Hotch si avvicinò alla porta e la chiuse alle sue spalle. Guardò Garcia che non riusciva a nascondere la sua preoccupazione e continuava ad osservare quel portatile con l'immagine di April riflessa sopra.
Sospirò. Dovevano tirarla fuori di lì. Dovevano farlo.
Tirò fuori il proprio cellulare dalla tasca della giacca e scorse la rubrica fermandosi alla lettera G. Avrebbe dovuto avvertirlo? Avrebbe dovuto farlo? Si rigirò quell'oggetto fra le mani per qualche attimo prima di riporlo nella tasca. Ora avrebbe dovuto solo pensare ad April.
-Penelope, accendi il microfono-
Garcia sussultò. Era strano sentirsi chiamare col proprio nome dal proprio capo, soprattutto se il capo era Hotch. Gli tirò una fuggevole occhiata, quella situazione doveva fargli veramente male. Ormai tutti si erano accorti come April fosse importante per lui, come lei gli ricordasse bei momenti passati. Ormai tutti si erano accorti come April avesse identificato in lui quella figura che era fuggita dalla sua vita quando Jason aveva deciso di riprendere in mano le redini della propria.. di vita.
-E' acceso- sussurrò Penelope prima di cliccare su un'icona sul portatile.
-April, ascolta. Siamo solo Garcia ed io- Vide la ragazza sospirare e sussurrare un "grazie" sulle labbra. -Devi cercare di dirmi tutto il possibile su ciò che ricordi dell'altra sera-
-Ok..- biascicò April scostandosi una ciocca di capelli dal volto -Non era molto che avevo finito di cenare. Ho aperto la porta credendo che fosse Sasha invece mi sono ritrovata davanti un uomo..-
-Riesci a descrivercelo?-
April scosse la testa sorridendo nervosamente -Servirebbe dirvi: non molto alto, moro e dagli occhi chiari?!-
-No..- mormorò Aaron
-Ecco..- continuò la ragazza -Mi ha aggredita. Io ho cercato di difendermi.. ho cercato..-
-Sta tranquilla April, sta tranquilla- intervenne Penelope con voce rotta.
La vide scuotere la testa in segno affermativo, come per calmarsi.
-Ti ha fatto scrivere un biglietto, ricordi?-
-Sì.. sì..-
-April, avevi mai visto quell'uomo?-
Sospirò portando una mano alla fronte -Non lo so-

Morgan ticchettava nervosamente con le dita sul tavolo della sala riunioni. Avevano deciso di riunirsi in quella stanza per cercare di fare il punto della situazione ma, a dire il vero, non avevano proprio nulla in mano.
Erano tutti decisamente nervosi e preoccupati e il silenzio invadeva quella stanza come mai aveva fatto prima. Si sentivano impotenti e incapaci di fare qualsiasi cosa. Speravano che Hotchner ricavasse qualcosa dalle parole di April per riuscire almeno a capirci qualcosa su tutta questa situazione. Ma quello che speravano più di ogni altra cosa era che l's.i. non si presentasse in quella stanza da April e che non le facesse assolutamente del male.
Per ora quella era l'unica cosa che potevano fare. Sperare.
-Ok- sbuffò Emily scavallando le gambe e mettendosi comoda sulla sedia nella quale era seduta ormai da qualche minuto. -L's.i. ha preso April ed ha fatto in modo che trovassimo il portatile con un collegamento a lei-
-Tutto questo non ha senso..- scosse la testa Reid
-Ce l'ha se l's.i. è collegato ad April ed a noi- disse David incrociando le braccia al petto -E' l'unico modo che ci può portare a questa situazione-
-Quindi è qualcuno che già conosciamo- esclamò JJ poggiando la schiena al muro.
-Può darsi- continuò Morgan -Ma potrebbe anche essere qualcuno che April ha fatto andare in prigione prima che venisse a lavorare al Bureau-
-Avrebbe meno senso senza un collegamento anche con noi, ma meglio non escludere niente- disse Emily tirando un'occhiata a Spencer che non aveva più detto una parola di ragionamento con loro.
Per lei era difficile affrontare quella situazione, il legame che aveva instaurato con April si era decisamente approfondito ed erano diventate ottime amiche. Per lei come per il resto della squadra, ma per Spencer la cosa doveva essere ancora più complicata. Spencer doveva avere dentro di sé un rigirio di emozioni che dovevano dannargli l'animo.
Emily pensò se quella situazione di April fosse accaduta ad Aaron, ed un brivido le percorse la schiena. Non lo avrebbe sopportato. Probabilmente l'unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata quella di urlare e dimenarsi, prima di poter riprendere il controllo di se stessa ed affrontare chi avesse fatto del male a quell'uomo che ormai non riusciva nemmeno più a negare a se stessa che significasse qualcosa di veramente importante.
Sì, Spencer doveva stare proprio così.
Allungò una mano fino a sfiorare quella del ragazzo che, come risvegliato da un torpore, scosse la testa e strizzò gli occhi. Doveva andare avanti. E doveva farlo per April.
Si schiarì la voce tossicchiando prima di parlare -Dobbiamo ritirare fuori tutti i dossier dei casi che abbiamo seguito-

April si era alzata in piedi e stava battendo tutte le pareti che la circondavano per riuscire a capire dove fosse finita ma non riusciva proprio a trovare nessun particolare che potesse aiutarla.
Sapeva che Aaron e Penelope la stavano osservando e questo la confortava un po', la faceva sentire meno sola e abbandonata. Cercava di non pensare alla quiete di quel momento perché sapeva benissimo che prima o poi chi le aveva fatto questo sarebbe spuntato da quella porta che la divideva da tutto e tutti.
Il letto era bloccato al pavimento e non poteva spostarlo fino al muro sotto quella stretta e lunga finestrella che vedeva in alto, quasi attaccata all'angolo del soffitto. Nonostante tutto montò in piedi sul duro materasso e cercò di allungarsi per vedere al di là di quei vetri spessi.
Era intenta a cercare di capire cosa si nascondesse fuori da quella stanza che non si accorse del rumore che proveniva dalla porta, solo quando questa fu aperta e richiusa spostò lo sguardo verso quell'uomo che era appena entrato.
Rimase immobile a guardarlo mentre sentiva ogni parte del suo corpo tesa e tremante.
Lui, appena entrato, si era girato verso di lei ed era rimasto ad osservare ogni sua mossa ma April lo aveva sorpreso rimanendo completamente immobile. Restò qualche attimo fermo poi, come stufato di aspettare, si mosse repentinamente verso di lei afferrandola per un braccio e facendola cadere rovinosamente a terra.
April gridò sentendo il suo corpo sbattere contro il gelido pavimento e subito si rannicchiò fra il muro e il letto. Continuando a respirare nervosamente.
Vide un ghigno comparire sulle labbra dell'uomo prima che questo le afferrasse nuovamente il polso. Cercò di divincolarsi ma non riusciva a reggersi in piedi e così fu facile per lui ammanettarle il braccio destro alla ringhiera in ferro battuto del letto.
Penelope era rimasta immobile con le mani portate alla bocca mentre Aaron si era sporto verso lo schermo del portatile chiudendo la mano in un pugno. Era rimasto in silenzio e non aveva detto nulla. Si sentiva dannatamente impotente. Sapeva che avrebbe dovuto provare a parlare con l's.i. ma non aveva basi su di lui, non poteva sapere quali parole sarebbero state efficaci su di lui e quali invece avrebbero provocato la sua ira. Così aveva preferito rimanere in silenzio. E sentirsi impotente di fronte alla vista del trattamento riservato a quella ragazza a cui era così profondamente legato.
April cercò di darsi una calmata provando a respirare normalmente ma sentiva i battiti del suo cuore accelerati a mille. Deglutì prima di mormorare -Perché sono qui?-
L'uomo, tornato con le spalle alla porta, la guardò inclinando la testa. Sapeva di non aver mai girato la testa alla webcam che lo stava riprendendo ma sapeva anche che, se voleva che il suo piano riuscisse, doveva farsi identificare da quegli uomini che lo stavano osservando con tanto odio.
-Perché..- iniziò lentamente -..tu.. sei.. la sua.. ultima.. serva-
Aveva pronunciato quella frase calcando ogni parola e questo aveva provocato in April una crescente tensione che si stava trasformando in vivida e reale paura. Continuò a guardare quell'uomo respirando profondamente mentre gocce di sudore freddo avevano cominciato a imperlarle la fronte.
Al sentire quella frase il volto di Aaron si accigliò ancora di più e un lampo di vivida e reale paura attraversò i suoi occhi quando vide l'uomo girarsi e puntare il suo sguardo verso la webcam.

Appena Garcia gli aveva stampato il dossier che le aveva chiesto, si era precipitato in sala riunioni trovando tutti gli altri intenti a discutere sulla situazione.
Osservò ad uno ad uno quei volti che si erano zittiti nell'attimo in cui era entrato in quella stanza, poi aveva gettato il dossier sul tavolo mormorando a denti stretti -Liam Reewell-
-Come?- chiese Spencer confuso -Lo abbiamo arrestato la settimana scorsa-
-Lo so- disse serio Aaron -Ma lui aveva la sua setta di persone che lo ammiravano e seguivano-
-Non riesco a seguirti..- sussurrò Emily con un filo di voce.
-Sebastian Jenkins-
A quel nome Morgan scattò in piedi lasciando che la sedia sulla quale era seduto precipitasse a terra. Non poteva crederci. Non lui. Non quel ragazzo che sembrava così sottomesso a Reewell. Non poteva essere davvero lui quello che aveva escogitato tutto questo.
-Dobbiamo sapere il più possibile su quest'uomo- continuò Hotch -Garcia sta cercando se ha degli immobili qua in Virginia o se ha usato la carta di credito per pagare un posto dove può tenere April. Dobbiamo sapere tutto su di lui-
-Hotch, noi gli abbiamo parlato- disse Derek duro
-Lo so- biascicò a denti stretti Aaron. Loro lo avevano conosciuto e non avevano capito quanto quell'uomo fosse legato a Reewell, quanto fosse così soggiogato da lui da arrivare a rapire l'ultima persona che il suo mentore aveva minacciato.
-Vuole uno scambio?- chiese Emily visivamente più nervosa da quando Hotch aveva rivelato quella notizia.
-Per ora non ha fatto richieste-
Spencer scosse la testa. Le immagini di tutte le vittime di Reewell avevano iniziato a soffocargli la mente. Quei corpi straziati che aveva visto di persona non volevano uscirgli dal cervello. Scosse la testa. Non doveva pensare a questo ma doveva fare il possibile perché questo non accadesse! -Come fai a sapere che è lui?- chiese prima che il suo volto sbiancasse -E' entrato in quella stanza.. ha fatto qualcosa ad April?!-
-Sta calmo Reid!- esclamò subito Aaron -E' entrato nella stanza ma è subito uscito dopo averla ammanettata al letto..- disse evitando di spiegare ogni particolare.
-Ammanettata..- borbottò JJ portandosi le mani alla nuca -Senza via d'uscita..-
-Stiamo calmi, dobbiamo ragionare- intervenne David, cercando di reprimere dentro di sé la voglia di ribaltare tutto e tutti pur di far qualcosa.
-Forse Jenkins si sente sperso perché non ha più il suo mentore accanto e così.. ha ripreso l'ultima vittima che Reewell aveva minacciato-
-Come nel caso Garing-Frost-
-Frost ha cercato di reinventarsi e diventare Garing, dite sta succedendo questo a Jenkins?- ipotizzò Prentiss
-No, non credo. Reewell è ancora vivo, potrebbe.. riaverlo- finì David
-Se fosse così..- iniziò Spencer togliendosi una ciocca di capelli davanti agli occhi -..potrebbe non voler far del male ad April-
-Speriamo- mormorò Jennifer sospirando prima che un urlo provenisse dall'ufficio di Garcia.
Si guardarono tutti tremanti prima di correre da Penelope.
Spencer aveva il cuore in gola e appena vide l'immagine di April distesa sul letto con un pezzo di legno fra le caviglie e Jenkis che la smanettava, ebbe una terribile sensazione.
Appena l'uomo si spostò e uscì dalla stanza riuscì a vedere April singhiozzare mentre cercava di frenare le lacrime che le uscivano copiose dagli occhi.
-Cosa.. è successo..?- mormorò titubante con le labbra che sembravano non voler smettere di tremare.
-Le.. le ha..- incominciò Penelope che teneva ancora le mani sulle guancie dallo spavento. Deglutì cercando di riacquistare forza per parlare -Le ha spezzato.. il piede destro- *
A quelle parole Morgan tirò un pugno nel muro. Dovevano cominciare a fare qualcosa, non potevano rimanere lì inermi a guardare mentre quell'uomo distruggeva a poco a poco la loro collega. La loro amica. Semplicemente la loro April.

Sentiva un dolore lancinante circondarle tutto il piede destro, le sembrava di avere il cuore che palpitava proprio lì, come se si fosse mosso ed ora cercasse riparo senza trovarlo.
Le sembrava che tutto intorno a lei fosse gelato, poteva sentire ogni parte del suo corpo fredda e tremante.
Respirò profondamente cercando di non lasciare al dolore di sopraffarla.
Sentiva la testa girarle come se stesse per svenire da un momento all'altro ma si doveva mantenere cosciente. Doveva farcela.
Strinse con una mano lo sporco lenzuolo che era sotto di lei mentre singhiozzava e cercava di reprimere le lacrime che la stavano soffocando.
Doveva resistere.
-April..- sentì la voce di Aaron arrivarle come un lamento
-Va tutto bene.. va tutto bene..- disse fra un sospiro e l'altro, cercando di dimenticare le fitte che sentiva al piede -Va tutto bene..-
-April ti tireremo fuori da lì!- la voce di Aaron ora le pareva più squillante, più dura -Lo faremo April, ti riporteremo a casa!-
Scosse lentamente la testa in segno affermativo mentre le lacrime, ormai, avevano smesso di scendere dai suoi occhi gonfi e rossi.
Sentiva i suoi profondi respiri veloci farsi sempre più lenti, fino a tornare nella normalità.
Doveva farcela. Doveva resistere.
Sapeva che Aaron l'avrebbe portata fuori da lì.

-Ho tutti gli articoli riguardanti Reewell- iniziò JJ.
Dopo quell'episodio si erano tutti riuniti, nuovamente, in sala riunioni con una nuova morsa allo stomaco che sembrava non voler abbandonare nessuno di loro.
-Dopo che è stato trasferito dalla prigione di Ouray, lo hanno seguito anche alcuni suoi ammiratori, andando a seguire il processo e a protestare-
-E' già iniziato il processo?- chiese Aaron stupito, era passato solo qualche giorno dalla cattura di Reewell e nel mezzo c'era stato il finesettimana.
-Solo la prima udienza- continuò Jennifer -Ma pare che siano stati in molti a seguirla, ha così tanti stimatori.. ma come si può!- finì furibonda lasciando cadere il materiale che aveva fra le mani sul tavolo al centro della stanza.
-Io ho fatto una ricerca incrociata fra le persone presenti al processo e i movimenti di immobili in Virginia- iniziò Penelope -Ed ho trovato che la madre di un partecipante al processo ha utilizzato la sua carta di credito per pernottare due giorni fa in un albergo a Washington, prima di svuotare la carta dai suoi contanti-
-Siamo sicuri che c'entri qualcosa?-
-Direi di sì visto che la madre è ricoverata in una clinica per anziani in Colorado-
-E suppongo non le abbiano dato il permesso di uscire e andare in villeggiatura- ironizzò Morgan alzandosi dalla sedia e afferrando il bigliettino che Garcia gli porgeva, con scritto l'indirizzo dell'hotel. Appena lo ebbe letto si bloccò all'istante -E' a due passi da casa di April-
-La stava spiando- sbottò Reid prima di alzarsi nervosamente dalla propria sedia e dirigersi verso l'uscita dell'edificio, seguito a ruota da un'altrettanto nervoso Derek e da Prentiss e Rossi che Hotch aveva mandato come supporto alla squadra scientifica che avrebbe esaminato la stanza occupata da Jenkins in quell'albergo.
Non sarebbe riuscito a stare un attimo di più seduto in quell'ufficio. Si era alzato e velocemente se ne era andato, senza sapere da Hotch se era lui ad avere l'ordine di andare a controllare quell'albergo con Morgan. Non sarebbe davvero riuscito a stare un attimo in più a controllare scartoffie e scartoffiette.
Stava crollando. Lo sapeva, stava crollando. Non sapere dove era tenuta April gli dava sui nervi. Non sapere dove intervenire gli dava sui nervi. In realtà tutta quella situazione lo stava abbattendo pezzo per pezzo.. perché sapeva esattamente che il suo gran cervello, in quel momento, non sarebbe servito ad April per salvarsi. Ma almeno doveva provarci. Doveva farlo. Eppure, più era convinto del suo intento e più si sentiva abbattuto. Più si sentiva un passo, cento passi, indietro a Sebastian Jenkins.

...

 

* citazione bella e buona dal film "Misery"

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 011b ***


Untitled Document

...

Emily e David avevano lasciato i due colleghi a parlare alla reception e velocemente si erano recati nella stanza che aveva occupato Jenkins dove sapevano che la scientifica aveva appena fermato la cameriera dalle sue normali pulizie. La trovarono fuori dalla camera con le braccia conserte al petto che aspettava un qualche ordine.
-Salve, è lei l'inserviente che ha iniziato le pulizie?- chiese comunque Prentiss sorridendo gentile e mostrando il proprio distintivo.
-Sì, sono io. Vi stavo aspettando-
-Grazie- sorrise anche Rossi, per poi iniziare le sue domande -Ha notato qualcosa di particolare entrando nella stanza?-
-Non direi. Beh, tranne che..- incominciò titubante la donna -Tranne il fatto che la camera era stranamente in ordine: il letto era rifatto, gli asciugamani piegati al loro posto..-
-Ma usati?-
-Sì, direi di sì.. ma ogni cosa al suo posto-
-E' ordinato, metodico, calcolatore..- abbozzò Emily tirando un'occhiata al collega, poi tornò ad osservare la donna -Ha per caso pulito qualcosa?-
-No, stavo iniziando a pulire quando gli uomini della scientifica mi hanno fermato-
-Grazie mille Signora, c'è stata molto utile- sorrise David prima di congedare la donna ed entrare nella camera assieme a Prentiss.
-Qualcosa di utile?- chiese la donna ad un uomo che stava prendendo dei residui granulosi da un'impronta lasciata sul parquet vicino all'armadio.
-Può darsi- esclamò l'uomo alzandosi in piedi -Potrebbe trattarsi di un materiale edilizio ma saprò dirvi di più non appena l'avremo analizzato-
-Sì- annuì Emily girandosi verso il proprio collega che stava osservando quel materiale sul pavimento.
-Da un'impronta.. potrebbe aver preso questo materiale dal posto dove tiene prigioniera April!-

Avevano parlato col direttore dell'albergo e i dipendenti in cerca di un qualcosa che nemmeno loro sapevano bene di cosa si trattasse. Speravano in qualche rivelazione del comportamento di Jenkins o magari qualche accenno al dove sarebbe andato dopo il pernottamento in quell'hotel. Ma non avevano avuto risposte a niente. Nessuno aveva notato quell'uomo dagli occhi di ghiaccio.
-Passa inosservato- sbottò Morgan -Non è il tipo di uomo alfa che si fa notare-
-Non è un dominatore come Reewell- continuò Reid
-Ma allora perché.. perché ha fatto del male ad April- disse Derek a denti stretti, mentre un ghigno si formava sul suo viso al ricordo delle urla di dolore di April.
Spencer scosse la testa cercando di estraniarsi dalla situazione per riuscire a pensare a mente lucida. Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
D'improvviso di fermò, girandosi al rallentatore verso Derek che gli stava camminando di fianco. -Reewell zoppicava quando lo abbiamo preso-
-JJ lo aveva colpito al polpaccio- spiegò Morgan intuendo quello che il collega voleva dire.
-Sta facendo ad April quello che pensa che noi abbiamo fatto a Reewell!-
-Se è così la scritta che ci ha lasciato potrebbe riferirsi a lui..- abbozzò pensando al biglietto che aveva portato Sasha.
-Questo significherebbe che Reewell era conscio di farsi prendere da noi, dalla polizia..-
-Provate a fermarmi- ripeté Morgan le parole scritte sul bigliettino
-E prima di essere trasferito Reewell ha invocato la sua folla di adorarlo, ha detto che così tutto sarebbe finito, svanito!-
-Si sta costruendo dei fedeli.. sta plasmando altra gente con tutta l'attenzione mediatica che ha addosso!-
-E Jenkins tiene buoni i primi ammiratori.. con April- finì Spencer con un'espressione di tormento in volto.
A quelle parole Morgan tirò fuori il cellulare componendo il numero di Penelope -Bellezza devi trovarmi se il video di April è anche in rete!-
Reid era rimasto a pensare mentre Morgan spiegava al telefono quello che avevano appena dedotto.
Stavano camminando lentamente e nessuno dei due si era accorto di aver superato il parcheggio del suv nero già di un bel po'. Quando Spencer tirò su lo sguardo incrociò due occhi tristi che lo osservavano dall'altra parte della strada. Si bloccò e facendo un cenno al collega, sempre al cellulare, raggiunse quel ragazzo seduto sui gradini d'ingresso di un piccolo giardinetto.
Aveva poggiato i gomiti sulle gambe ed era rimasto in silenzio. Non sapeva cosa gli avrebbe detto ma sapeva esattamente che la cosa più giusta da fare era quella di raggiungere quel ragazzo e dargli quel minimo di conforto che gli ci voleva prima che loro ritrovassero April, perché loro l'avrebbero ritrovata. Ne era certo. Doveva essere così. Doveva andare così.
-Non.. non dovresti stare qui..- iniziò cauto, biascicando quasi le proprie parole.
-Uhm- sbuffò il ragazzo -Non saprei dove andare, cosa fare..-
Spencer sospirò mordendosi per un attimo il labbro inferiore.
-Lo fa sempre anche lei-
-Cosa?- chiese Reid stranito, tornando a guardare quel ragazzetto che lo guardava con aria abbattuta.
-Di mordersi il labbro inferiore. Lo fa quando è impacciata, quando si sente insicura.. o quando pensa-
-Sì..- distese le labbra Spencer, pensando a tutti quei brevi momenti che le aveva visto quell'espressione in volto.
-La troverete, non è vero?- aveva pronunciato quella domanda con voce rotta, insicuro se fosse davvero la cosa giusta da chiedere oppure no.
-Sasha..- iniziò Spencer sospirando -Non so come andranno le cose.. Ma puoi stare certo che farò di tutto per riportarla a casa-
Sasha mosse la testa in segno affermativo mentre gli occhi gli si erano riempiti di lacrime pronte a sgorgare. Tirò su col naso strofinandoselo col dorso della mano -Sarei dovuto andare da lei ieri sera.. le avevo detto così.. lei aspettava me!-
Adesso proprio non ce l'aveva fatta. Le lacrime erano uscite dai suoi occhi come un fiume in piena.
Spencer lo guardò sentendosi spiazzato, non sapeva cosa fare, come reagire. Sapeva che doveva impedire a quel ragazzo di pensarla a quel modo, lui non aveva colpe del male che era stato fatto ad April!
-No, no Sasha!- lo scosse per le spalle -Non è colpa tua!- esclamò, infine, puntando i suoi occhi in quelli del ragazzo che aveva iniziato a singhiozzare. -Non è colpa tua se sta succedendo questo ad April! Non è colpa tua! E' solamente colpa dell'uomo che l'ha rapita. Capito? Hai capto?!- lo scosse ancora per le spalle.
Sasha si passò un braccio sugli occhi che avevano smesso di lacrimare e mormorò un lieve "sì!".
Spencer continuò a guardare quegli occhi titubanti cercando di fargli capire come lui non dovesse pensare minimanete a questo discorso.
-Sasha..- mormorò infine -La troveremo. Te la riporterò a casa-


IMMAGINE

Penelope digitava parole su parole alla velocità della luce. Era certa che se avesse rintracciato l'url di quel filmato sarebbe riuscita a risalire ad un indirizzo internet. Se Morgan diceva che il video di April poteva essere anche sul web allora probabilmente era così. Lei lo sapeva.
-Bingo!- esclamò infine, attirando l'attenzione di Hotch che era alle sue spalle.
-L'hai trovato?- chiese Aaron avvicinandosi alla collega e constatando con i suoi occhi -Puoi risalire alle persone che sono collegate?-
-No, sono tutti nickname con indirizzi che balzano da un paese all'altro.. proprio come questo video-
-Puoi riuscire a chiuderlo?- provò allora Hotch
-Forse.. ma mi ci vorrà un po' di tempo-
-Tutto quello che ti serve, basta che lo togli da lì!- esclamò Aaron prima che Jennifer aprisse la porta e lo chiamasse nella sala riunioni assieme agli altri.
Appena entrato constatò come tutti fossero rientrati da pochi minuti.
-Ho chiamato il tribunale e hanno deciso di continuare il processo a porte chiuse- iniziò JJ
-Bene, se è la notorietà che vuole.. non la troverà- esclamò David sfogliando i resoconti dell'albergo su Jenkins.
-Sì ma..- iniziò titubante JJ -..il governo del Colorado vuole sapere il perché di tutto questo-
-Hai detto loro del preoccupante aumento di seguaci di Reewell?-
-Sì, ma credono che se l'FBI sta indagando su di lui ci sia sotto qualcosa di più grosso-
-Cerchiamo di tenerceli buoni, non possiamo spargere la notizia che è in libertà il complice di Reewell.. potrebbe suscitare la rabbia di Jenkins..-
-..che potrebbe fare del male ad April- finì Reid la frase di Hotch mentre tutti annuivano tristemente.
-Ragazzi!- esclamò Garcia entrando nella sala -Sono riuscita a togliere il video dalla rete. E questo è il referto della scientifica sul materiale trovato nella camera d'albergo-
-Velocissimi- esclamò stranita Emily -Grazie Penelope- sorrise poi alla collega, afferrando i fogli che le stava porgendo.
Restarono tutti in silenzio col fiato sospeso aspettando che Prentiss finisse di leggere quel referto, sperando che ci fosse per loro qualcosa di utile.
-Allora?!- chiese spazientito Hotch.
-E' un composto di lana di roccia, conglomerati di fibre di amianto, plastica..-
-Cosa potrebbe essere?-
-La scientifica lo identifica come un materiale fonoassorbente..- borbottò Emily continuando a scorrere quel referto.
-Aspetta!- esclamò Morgan battendo il palmo della mano sul tavolo centrale -Un referto simile non era nelle carte sui materiali utilizzati dalla società Green?-
-Reid- disse Hotch facendo un cenno al ragazzo che era davanti al portatile
Spencer si mise subito a cercare i documenti sul caso Harriss e ritrovò lo stesso identico referto su dei materiali usati dalla ditta.
Morgan non aspettò un minuto di più, afferrò il cellulare e compose il numero di Alexis. Aveva decisamente bisogno di lei.

Le sembrava fosse passata un'eternità ma in realtà la luce che proveniva dalla finestrella era ancora abbastanza chiara. Ormai il dolore al piede era passato, solo qualche fitta le ricordava ancora di avere quell'arto.
Cercò di tirarsi a sedere sul letto ma con scarsi risultati. Sospirò passandosi una mano sugli occhi.
-April..-
Al sentire quella voce April si agitò per poi respirare profondamente cercando di darsi una calmata -Spencer..- mormorò lentamente -No.. no, per favore..-
-April..- sussurrò ancora la voce del ragazzo
-No, Spencer.. per favore.. no-
-April non puoi chiedermi di non vedere cosa ti succede..-
-Spencer..- mormorò ancora la ragazza. Sentiva che la voce di lui era tremante ad ogni parola, come se le frasi non volessero uscirgli dalla bocca in maniera lineare. Poteva sentire il suo affanno, la sua preoccupazione, la sua paura.
-Hotch non c'è e nemmeno Garcia. April stiamo cercando di capire dove ti trovi.. il più presto possibile-
A quelle parole April sospirò e cercò nuovamente di tirarsi a sedere e stavolta, con uno sforzo enorme, ci riuscì.
-Spencer.. sento un rumore continuo, tu riesci a sentirlo?-
-No..- mormorò il ragazzo ed April lo sentì sospirare.
Strizzò gli occhi cercando di ricacciare indietro le lacrime. Adesso non doveva pensare a quanto avrebbe voluto essere con Spencer, sentirsi stretta fra le sue braccia e sentirsi baciata dalle sue labbra. Adesso non doveva pensare a quanto era stata stupida a non parlare subito con lui del loro bacio e quindi a baciarlo ancora e ad abbracciarlo ancora. Adesso non doveva pensare che probabilmente non avrebbe mai più rivisto il suo volto. Quel volto.. quegli occhi che l'avevano fatta innamorare.
-Dalla finestra il cielo è grigio, come coperto da una nuvola..-
-Ma qua c'è il sole..-
April lo sentì deglutire a fatica. Sospirò e chiuse gli occhi. Proprio non andava.
-Apr..- lo sentì iniziare il suo nome ma poi si fermò come se il resto di quella parola gli fosse morto in gola. Aprì gli occhi e vide la porta davanti a sé aprirsi e lasciare entrare nella stanza quell'uomo che le aveva fatto del male.
Inconsciamente piegò la gamba sinistra portando il piede vicino al sedere.
Jenkins non disse una parola ma la guardò qualche secondo prima di girarsi verso la porta e puntare il suo sguardo nella webcam.
-Se non potrò vedere.. nemmeno voi potrete-
-No!- urlò Reid -No, non lo fare!-
April sentì la voce di Spencer senza capire a cosa si stesse riferendo ma quando vide l'uomo posare la mano sulla webcam e staccarla dal suo posto sentì il suo cuore mancare di un battito.
Forse.. forse era arrivato il momento?

-Hotch!-
Spencer urlò così forte che non credeva nemmeno di essere stato lui a pronunciare quel nome. Si era alzato in piedi continuando a fissare quello schermo nero come se da un momento all'altro fosse potuto ricomparire il volto di April.
Si maledì pensando a quanto avrebbe voluto essere con April, sentirsi stretto fra le sue braccia e sentirsi baciato dalle sue labbra. Si maledì pensando a quanto era stato stupido a non parlare subito con lei del loro bacio e quindi a baciarla ancora e ad abbracciarla ancora. Si maledì pensando che probabilmente non avrebbe mai più rivisto il suo volto. Quel volto.. quegli occhi che l'avevano fatto innamorare.
-Cosa..- borbottò Penelope entrata nel suo ufficio insieme ad Hotch e ad una spaventata Jareau -Cosa è successo..-
-Jenkins..- cominciò Reid sospirando -Jenkins ha tolto il collegamento..-
-Perché?! Ce l'aveva dato lui!- esclamò furioso Aaron
-Perché abbiamo chiuso le porte al processo Reewell-
-Come?- mormorò JJ
-Sì..- continuò il ragazzo -Jenkins ha detto che se lui non poteva vedere allora.. allora nemmeno noi potevamo-
Aaron respirò profondamente cercando di calmarsi -Ok.. ma almeno possiamo sentirla ancora?-
Penelope scosse la testa continuando a digitare sulla tastiera di quel portatile -Ecco..- biascicò -Ecco, sì..-
-April!- esclamò Aaron mentre Garcia cliccava per attivare il loro microfono -April!-
Spencer deglutì a fatica. Perché non rispondeva? Perché?!

-Ho fatto più in fretta che potevo!- esclamò Alexis entrando nel proprio ufficio nel palazzo della società Green, dove ad aspettarla c'erano Morgan, Prentiss e Rossi. -Questi sono i materiali da noi richiesti..- incominciò mostrando dei fogli ai tre agenti -..mentre questi sono i materiali ordinati da Huberth-
-Corrisponde!- esclamò Emily
-Il composto che aveva ordinato Huberth era molto particolare perché speculava su alcuni materiali per risparmiare-
-Sì. Ma a confronto col materiale che abbiamo trovato nella camera dell'albergo, le percentuali corrispondono- constatò nuovamente Rossi per essere certo.
-Se così fosse..- iniziò Derek puntando lo sguardo in quello di quella ragazza mora che aveva deciso di continuare a frequentare -..il nostro rapitore è stato in un vostro cantiere-
-E ciò vuol dire aver superato la recinzione di uno qualsiasi del nostri edifici indagati-
-Cioè?-
-Dopo aver scoperto la truffa di Harriss, tutti i nostri lavori si sono fermati per un controllo totale-
-Quindi avete dei cantieri chiusi?-
-In quasi tutta la città- mormorò Alexis sospirando
-Diavolo!- esclamò Derek battendo il pugno sulla scrivania
-Puoi procurarci una cartina di questi cantieri?-
-Certo!- esclamò la ragazza andando ad aprire un grande armadio pieno di cartelline e fascicoli -Ecco qua- disse prendendo un grande foglio e distendendolo sulla propria scrivania.
Al vedere quella carta David scosse la testa. Erano troppi. Troppi cantieri.
-Io..- incominciò Alexis notando lo sguardo disperato dei tre agenti -..potessi fare qualsiasi cosa.. io..-
-Non dovresti nemmeno sapere di questa situazione- sbottò a denti stretti Morgan
-Derek! Ho passato le ultime settimane a cercare di sistemare le cose con la società.. ed indovina chi avevo accanto come avvocato!-
A quelle parole il ragazzo sospirò guardando tristemente il volto preoccupato di Alexis. Lui lo sapeva. Lo sapeva ma tutta quella situazione lo innervosiva e lo abbatteva così tanto che non riusciva più a controllare le proprie azioni.

Hotch pigiò sull'acceleratore sorpassando velocemente due auto.
Reid strinse a sé il portatile per non farlo cadere.
Si stavano dirigendo all'indirizzo che avevano sentito pronunciare dalla voce di Jenkins dopo che avevano provato a chiamare April ma senza risultato. Solo la voce di quell'uomo aveva risposto al grido di Aaron ed ora, ora, si stavano dirigendo là col cuore in gola.
Non avevano detto una parola ma ognuno poteva sentire il respiro pesante dell'altro e il proprio cuore palpitare alla velocità della luce.
Hotch sterzò improvvisamente entrando in un parcheggio sotterraneo, alla periferia di Washington.
-Vedi qualcosa?-
-No, no!- esclamò Spencer sempre più allarmato -Eccolo! Il posto 57 blu.. è là!- indicò infine il ragazzo, ricordando ciò che la voce di Jenkins aveva detto.
Aaron accostò la macchina poco prima e scese dall'auto sfoderando la pistola. Si guardò intorno per poi avanzare con Reid al suo fianco.
-C'è.. qualcosa..- mormorò Spencer indicando un oggetto abbandonato al centro di quel posto macchina.
Hotch sospirò prima di avvicinarsi e raccattare il pezzo di giornale aggrovigliato che era a terra mentre Reid controllava che non ci fosse nessuno, ma il posto era silenzioso e deserto.
I due uomini si guardarono preoccupati prima di districare quella carta.
Capelli. Una ciocca di capelli castani.
Spencer sospirò chiudendo gli occhi mentre Aaron si passò una mano sulla fronte come a togliere quel sudore freddo che si sentiva addosso.
-E' una minaccia?- mormorò Reid deglutendo a fatica
Hotch scosse la testa -Non lo so..- disse tornando sui propri passi fino alla macchina e recuperando il portatile. Cliccò sul microfono e provò di nuovo a parlare -Prova ancora a farle del male e giuro che ti uccido!-
-Come, non ti è piaciuto il regalino?!- disse la voce di Jenkins al di là del computer -Qui ce n'è un bel po' di regalini da farti, sai..-
A quelle parole Aaron respirò profondamente mentre sentiva i singhiozzii di April farsi sempre più intensi.
-Tipo, questo..-
-No! Ahhh!-
Ai gridi di April Spencer portò le mani alla nuca, scuotendo la testa e guardando il proprio capo con aria terrorizzata.
Aaron chiuse per un attimo gli occhi prima di esclamare a denti stretti -Falle qualcos'altro e puoi scommettere che il tuo amico Reewell farà una brutta fine!-
Ripartirono dirigendosi lentamente verso gli uffici di Quantico.
Dal computer non proveniva più nessun suono se non dei lievi fruscii.
-Odio non sapere cosa le sta succedendo..- ruppe, infine, il silenzio Spencer.
-Sì..- borbottò Aaron -Dobbiamo capire dove si trova.. è quasi sera, dobbiamo sbrigarci-
-Credo..- iniziò cauto Reid -..che non ci renda molto lucidi il fatto che stia accadendo ad April-
-Spencer- sospirò l'uomo al volante -Ho dovuto sopportare il tuo rapimento.. quello di Emily.. ma ancora non mi sono abituato alla sensazione di vuoto che lascia intorno tutto ciò-
Reid osservò il proprio capo inclinando un poco la testa. Non aveva mai pensato a come si erano sentiti gli altri quando era stato prigioniero di Hanckle. Non l'aveva mai pensato, non si era mai soffermato a capire la sofferenza che quella situazione poteva aver causato negli altri. Un sorriso triste si disegnò sulle sue labbra. Lui era lì anche grazie a tutta la sua squadra. No, non l'avrebbe mai dimenticato, questo non l'avrebbe mai dimenticato.
Sospirò appena prima che un grido provenisse dal portatile oscurato.
-April!- esclamò mentre sentiva il proprio capo accelerare.
-Non ascoltiamo- disse perentorio Hotch deglutendo a fatica -Ma pensiamo-
-Pensiamo..- borbottò Spencer cercando di riflettere e omettendo dalla sua testa i lamenti di April -Hotch, Jenkins deve essere qua vicino.. non può averci messo che una decina di minuti per arrivare al parcheggio e lasciarci il.. il..- smorzò la frase indicando la ciocca di capelli che teneva in mano.
-Giusto, ma siamo in una zona periferica di Washington e..- si zittì sentendo di sottofondo alle urla di April uno strano rumore -Cos'è questo rumore?-
-Non lo so..- ascoltò attentamente
-Sembra una sirena-
Guardò velocemente l'orologio -La chiusura di una fabbrica!-
-Chiama immediatamente Morgan e Garcia!- esclamò Aaron un attimo prima che Spencer componesse il numero di entrambi per mettersi in collegamento con loro contemporaneamente.
-Reid!- esclamò Derek rispondendo al telefono -Il composto che la scientifica ha trovato coincide con il materiale illegale che faceva usare Harriss! Quindi è probabile che Jenkins tenga prigioniera April in un cantiere Green fermo per i controlli.. ma sono troppi!-
-Restringiamo il campo- disse Spencer facendo un cenno al proprio capo che aveva invertito il senso di marcia.
-Dimmi tutto ragazzino!- esclamò Penelope pronta a cercare qualsiasi informazione
-Il luogo deve essere nelle vicinanze del parcheggio dove siamo Hotch ed io-
-Ci sono!- affermò Garcia che aveva aperto la cartina e rintracciato il posto -Ci sono almeno una decina di cantieri fermi-
-Ok, guarda se qualcuno di questi è vicino ad un'acciaieria-
-Come mai?- chiese Morgan
-Abbiamo appena sentito la sirena di una fabbrica.. e le uniche che lavorano fino a così tardi sono proprio le acciaierie che devono fare anche dei turni notturni!-
-Centro!- sorrise il bel ragazzo di colore facendo cenno ai due colleghi di tornare alla macchina per avviarsi verso quel posto.
-Ci sono quasi..- mormorò Penelope appena prima di esclamare il nome del cantiere e il suo indirizzo.
In un attimo sentì riattaccare il telefono da Reid e Morgan.
Forse c'erano. Forse ce l'avevano fatta.
Forse.

Si passò una mano sulla bocca sentendo l'appiccicaticcio di sangue e saliva sfiorarle la guancia. La testa era tornata a farle male e pensò che la ferita che aveva si fosse aperta nuovamente. Portò le dita della mano ai lati della fronte. Non si sbagliava.
Quell'uomo era tornato da lei e l'aveva picchiata mentre la guardava dritta negli occhi. Non aveva voluto abbassare lo sguardo. Aveva notato come quegli occhi gelidi non avessero espressione, come non raccontassero nulla, come non emettessero altra sensazione se non di vuoto.
Sospirò cercando di tornare a sedersi sul letto ma la posizione fetale che aveva assunto sembrava non volerla abbandonare, in qualche modo così si sentiva più protetta.
Il piede le dava ancora qualche fitta e sicuramente non appena lo avesse poggiato a terra per provare a camminare, sarebbe impazzita dal dolore.
Però doveva fare qualcosa, doveva provare ad uscire da quella stanza.
Il collegamento visivo con la squadra se n'era andato e non sapeva se l'audio ci fosse ancora.. era troppo tempo che non sentiva la voce dei suoi colleghi. La voce di Aaron. La voce di Spencer.

Hotch parcheggiò un poco distante dal cantiere per non farsi notare ma appena fermò la macchina vide Reid scendere, impugnare la pistola e dirigersi a tutta velocità verso l'edificio ancora per metà in costruzione.
-Reid!- lo chiamò sottovoce -Reid!-
-Faccio il giro da dietro, tu dal davanti!- lo sentì dire.
Scosse la testa ricordandosi quanto quel ragazzo fosse implicato in quella situazione. Non andava affatto bene che prendesse così delle decisioni. Sospirò afferrando la sua pistola. Anche lui era dannatamente implicato. Caricò l'arma e si diresse a passo svelto verso l'edificio.
Era tempo di salvare April.

Tutto attorno a lui era silenzioso.
Era riuscito ad entrare nel cantiere da dietro e si stava dirigendo verso la parte ormai terminata dell'edificio. Era certo che Jenkins avesse rinchiuso là la sua April.
Rapidamente attraversò un atrio per poi soffermandosi dietro ad una colonna vicino alle scale.
Restò in ascolto: niente di niente.
Doveva prendere una decisione, doveva capire dove andare, quale zona controllare per prima.
Pensò alla stanza del video e subito si mosse verso le scale che scendevano al piano sotterraneo.
Era buio e i suoi occhi ci misero qualche secondo per abituarsi a vedere in quell'oscurità.
Superò la zona dei garage e si diresse velocemente verso le cantine.
Ne era certo, April era là!
Appena arrivò all'inizio dello stretto corridoio sul quale davano le porte delle varie cantine, deglutì a fatica. Doveva farcela.
Era tutto silenzioso.
Mosse i primi passi incerti per poi velocizzarsi ma restando cauto.
Non doveva vacillare ma men che meno fallire!
Si trovava quasi a metà del corridoio quando sentì un rumore acuto provenire da una porta vicino.
Respirò profondamente prima di aprire quella dannata porta e puntare l'arma davanti a sé, ma quello che trovò fu solo uno stanzino dove era posizionato un logoro tavolinetto e un portatile al quale erano collegati dei fili che provenivano dalla stanza oltre un'altra porta.
Un sorriso tirato si formò sul suo volto. April era là dentro.
Lentamente si avvicinò alla seconda porta per poi aprirla velocemente puntando l'arma.
April trattenne il respiro per qualche attimo prima di capire che la persona che aveva davanti non era il suo rapitore. Socchiuse la bocca iniziando a singhiozzare.
L'aveva trovata. L'aveva trovata. Ce l'aveva fatta.
-Hotch!- urlò, per la seconda volta in quella giornata, con tutto il fato che aveva in corpo.
Abbozzò un sorriso a quella ragazza che se ne stava da una parte del letto con una gamba piegata al petto e l'altra distesa, prima di fare un passo verso di lei per portarla fuori da lì.
Lo vide avvicinarsi e subito puntò l'indice verso di lui gridando ma era troppo tardi. Jenkins aveva raggiunto di soppiatto Reid e gli aveva tirato una botta alle spalle.
-Spencer!- urlò April cercando di alzarsi ma una fitta tremenda al piede la fece ripiombare sul letto.
-Non dovresti essere qui!- esclamò Jenkins tirando fuori dai pantaloni un coltello
Spencer biascicò qualcosa cercando di mettere a fuoco l'uomo che gli stava davanti, in piedi.
-Ok, tu vuoi me.. lascialo stare- incominciò April deglutendo a fatica, prima di notare la pistola di Spencer finita dall'altra parte del letto, proprio vicina a lei.
-No, lui ti ha visto- disse con la stessa intonazione l'uomo, tirando un'occhiata a Reid che si stava rialzando.
-E tu non puoi vedere Reewell, giusto?!-
A quelle parole April si girò verso il ragazzo senza capire. Cosa c'entrava Reewell adesso?! Poi un lampo attraversò la sua mente. Ecco dove aveva visto quell'uomo: fra la folla che esultava per il loro beniamino Ree.
Restò spiazzata senza capire come mai fosse ancora viva. La sua mente aveva iniziato a ricordare tutti quei corpi torturati che aveva visto coi propri occhi. Scosse la testa cercando di mandare via quelle immagini che la tormentavano.
-Tu..- iniziò Jenkins digrignando i denti -Tu non sei nemmeno degno di dire il suo nome!- gridò scagliandosi contro Reid che schivò il colpo facendo cadere il coltello dalla mano dell'uomo. Jenkins lo guardò in cagnesco tornando a colpire Reid con un pugno ben piazzato in faccia.
April sussultò vedendo i due iniziare ad arruffarsi mentre Spencer non stava avendo decisamente la meglio.
Sospirò guardando la pistola a terra, proprio sotto il letto sul quale era seduta. Senza pensarci due volte si spostò facendosi cadere pesantemente a terra e battendo rovinosamente la caviglia del piede rotto. Trattenne il respiro cercando di non gridare, prima di afferrare la pistola e girarsi verso i due.
Jenkins era sopra Reid ed entrambi avevano un braccio allungato verso il coltello.
April si sistemò la pistola in mano e cercò una traiettoria verso il suo rapitore ma era troppo vicino a Spencer! Fu solo quando vide Jenkins afferrare il coltello e alzarsi mettendosi in ginocchio che chiuse gli occhi e sparò.
Sparò.
Le fischiavano tremendamente le orecchie e aveva una paura fottuta a riaprire gli occhi. Lentamente socchiuse le palpebre e vide il corpo di Jenkins rivolto a terra mentre Spencer lo guardava tremante. Le si sbarrò lo sguardo sull'uomo e sul sangue che continuava ad uscire dal suo corpo.
E provò pietà per lui.
Spencer ci mise qualche attimo prima di capire cos'era successo realmente. Lentamente si alzò in piedi strofinandosi le mani ai pantaloni completamente impolverati. Si girò vedendo come April fosse rimasta immobile, con la pistola ancora puntata. Il suo sguardo era fermo, bloccato sulla figura di quell'uomo ormai morto.
Fece un passo verso di lei prima di intravedere Hotch che correva nella loro direzione.
Entrò nella stanza ancora col fiatone. Aveva girato tutto quell'edificio da capo a piedi e finalmente li aveva trovati!
Tirò un'occhiata veloce all'uomo a terra prima di capire cos'era successo. Fece un cenno affermativo verso Spencer e poi si chinò su April che ancora era immobile e sembrava non aver né visto né sentito la presenta di Hotch davanti a lei.
-April..- bisbigliò Aaron facendole abbassare la pistola e togliendogliela dalle mani -April.. sono qui-
La ragazza sembrò destarsi, sembrò guardarlo inclinando la testa da un lato prima che dai suoi occhi uscissero calde lacrime.
-Io.. ho dovuto.. Aaron..- singhiozzò April circondando con le braccia il collo di Aaron che, senza dire una parola, l'abbracciò di slancio accarezzandole i capelli scarruffati.
-Shshh- lo sentì pronunciare Spencer mentre un senso di vuoto gli attanagliava lo stomaco.
Non era riuscito a salvarla.

Si affacciò lentamente al portellone aperto dell'ambulanza dove era stata posizionata la lettiga con April. La barella aveva lo schienale un poco rialzato e così poté vederla con la testa da una parte mentre guardava nel vuoto.
Sospirò portando le mani nelle tasche prima che un'infermiera accorresse da lui con del cotone in mano.
-Le ho detto che deve essere medicato!- esclamò la donna posizionando il cotone impregnato da una sostanza verdastra sulle ferite che Spencer presentava al volto.
Continuò a guardare April che aveva girato la testa ed ora lo stava guardando con un sorriso triste sulle labbra.
-Un attimo.. e sarò subito da lei- mormorò allora Spencer scostandosi dalla donna, salendo sull'ambulanza e accostandosi al fianco della barella.
-Ciao..- sussurrò April alzando una mano verso il ragazzo che subito l'afferrò e la strinse nella sua.
-Mi dispiace April.. mi dispiace di non averti salvata!-
-Spencer.. io sono viva, sono salva- scosse un poco la testa lei, senza capire
-Ho reagito d'impulso e ti ho obbligata ad uccidere quell'uomo..-
A quelle parole April sospirò portando la mano di lui alla sua bocca e baciandola a fior di labbra.
-L'importante è che io sia qui.. qui con te-
Un sorriso dolce si formò sul volto di Spencer che fece scorrere il proprio pollice sulla mano della ragazza, accarezzandola teneramente.
-Adesso va a farti medicare..- continuò April -Ho il privilegio di essere io la causa del tuo volto ridotto così, sai..- ironizzò con un sorrisetto, tirando le labbra ferite.
-Ci vediamo in ospedale- sussurrò Spencer sorridendole prima di scendere dall'ambulanza -Sarò lì-

"Una parola ci libera da tutto il peso e il dolore: quella parola è amore" Sofocle.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 012a ***


Untitled Document

Chiedo davvero perdono per questo lungo periodo intercorso fra l'ultimo capitolo postato e questo di oggi ma i miei impegni mi hanno purtroppo allontanato dalla scrittura. Spero che il seguito di "Will Never Be a Mistake" vi piaccia.
Ho inserito nel framezzo della storia (anche nei capitoli precedenti) dei link a delle immagini che ho fatto personalmente con gli attori di Criminal Minds e alcune persone famose che vedevo appropriate per i personaggi creati da me. Per esempio April ha il volto di Josie Maran. Spero davvero vi possano piacere!
Mi scuso ancora per l'interruzione ed ora a voi il nuovo capitolo..

.

CM 012

"I cuori degli uomini hanno paura di realizzare i sogni più grandi perché pensano di non meritarlo o di non riuscire a raggiungerli" Paulo Coelho

Aprì lentamente le palpebre lasciando che i suoi occhi si abituassero alla leggera penombra della stanza. Aveva la testa pesa e sentiva un leggero fruscio abbracciarle le orecchie.
Mugugnò prima di cercare di tirarsi su e quindi sedersi sul letto sul quale prima era distesa. Sistemò i cuscini dietro la sua testa e finalmente accese la luce.
Ormai non sapeva quanto tempo era stata chiusa in quella stanza, in quell'ospedale. Aveva perso la cognizione dello scorrere lento dei minuti, delle ore, dei giorni.
Lanciò un'occhiata al suo piede ingessato prima che un sorriso triste contornasse le sue labbra.
Non avrebbe mai dimenticato cosa le era accaduto. Non lo avrebbe mai fatto. Non avrebbe potuto.
Sospirò cercando il proprio cellulare lasciato abbandonato sul comodino. Lo afferrò e constatò che era ormai tardo pomeriggio, l'orario delle visite sarebbe arrivato fra una manciata di minuti.
Passò il pollice sul display del telefono prima di riposarlo al suo posto e sospirare nuovamente.
Nessuna chiamata. Nessun messaggio.
Ricordava ancora esattamente le parole di Spencer, prima che la sua figura svanisse dietro le porte chiuse dell'ambulanza.
Ricordava la loro intonazione, così calda, così sussurrata.. come un mormorio lento che le era giunto ad accarezzarle il cuore e che l'aveva liberata da tutta la sofferenza di ciò che aveva passato.
Sarò lì.
Le ricordava, sì. Le ricordava esattamente.
Sospirò poggiando la testa ai cuscini sistemati dietro la sua schiena.
Beh, lui non era lì. O almeno, lei non l'aveva visto. Non lo aveva ancora visto.
Lui non era passato a trovarla.
Né prima, né dopo.
Scosse la testa dandosi della stupida.
Le pareva di essere una bambina alla prima cotta che si sentiva spersa se non vedeva il suo amore.
All'orario di visite, tutte le volte che sentiva le porte dell'ascensore aprirsi, fremeva nella speranza di veder entrare nella stanza lui. Il suo Spencer.
Si maledì mentalmente.
Sapeva che anche quel giorno sarebbe andato così. Avrebbe sussultato tutte le volte che le porte dell'ascensore si fossero aperte. Sì, lo avrebbe fatto. E lo avrebbe fatto inutilmente. Come tutte le altre volte.
Si stava maledicendo per l'ennesima volta quando sentì la porta della sua stanza aprirsi per mostrarle la figura di un uomo alto che le sorrideva.
Abbozzò un sorriso cercando di sembrare il più naturale possibile.
-Tom! Bello vederti, ma non dovevi partire ieri sera?-
-Sì, lo so..- incominciò l'uomo prendendo una sedia e posizionandola di fianco al letto di April -..ma mi sono fatto assegnare un altro caso qua.-
-Ehy.- sussurrò April inclinando un poco la testa -Non importava, davvero.. adesso sto bene.-
-Lo so ma dovrai restare qualche altro giorno in ospedale e così ho pensato di farti compagnia.-
-E' un mese che vivi qui, praticamente. Mi spiace..-
-No, sono felice di farlo.- si difese subito l'uomo -Tutto qua. Davvero.-
-Ok..- mormorò sulle labbra April sorridendo dolcemente.
Era veramente grata a Tom che, da quando aveva saputo del suo rapimento, si era fatto assegnare solamente casi riguardanti Washington così da poter restare nella città e poter andare a visitarla all'ospedale il più spesso possibile. Le faceva piacere avere qualcuno con cui passare il tempo dato che molto spesso il team non poteva andare da lei perché occupato in chissà quale caso, in chissà quale città. Spesso vedeva Penelope che però molte volte doveva fuggire al suo computer a Quantico per aiutare gli altri. E così April era davvero molto grata a Tom di essersi fermato con lei e di averla trattata non come fidanzata ma come amica. Questo era davvero l'importante per lei perché lo sapeva, in quel momento, non aveva proprio spazio nel suo cuore per un'altra persona che non fosse Spencer. Spencer Reid.

Aveva smesso di lavorare ormai da qualche minuto ma ancora continuava ad essere seduto alla sua scrivania e a fissare quella pratica che aveva finito di scrivere.
In quei giorni il lavoro era diventato tutto per lui, non faceva che concentrarsi a più non posso in tutti i nuovi casi che venivano sottoposti al team e a riempire e concludere pratiche di casi ormai vecchi. Si era tuffato nel lavoro per non pensare, per non pensare a lei.
Sospirò mentre le ultime parole che le aveva detto gli rimbombavano in testa.
Sarò lì.
Lui non c'era mai andato. O meglio, lui c'era andato ma i medici lo avevano tenuto lontano così come tutto il resto del team. Alla fine David aveva convinto tutti ad andare a dormire a casa così da poter essere più lucidi il giorno seguente per incontrare April. Allora lui se n'era andato a casa ed era tornato in ospedale la mattina successiva. Aveva deciso di prendere le scale anche se questo gli sarebbe costato quattro piani a piedi, ma quando finì l'ultima rampa e si ritrovò davanti alla stanza assegnata ad April.. beh, in quel momento tutti i suoi progetti e le sue speranze svanirono di colpo.
Sospirò ricordando la vista di April che abbracciava un uomo. Un altro uomo. E non un uomo qualunque. No. Quell'uomo era Tom, il suo ex ragazzo. L'aveva visto abbracciarla e stringerla a sé e in quel preciso istante ricordò di aver provato la sensazione di un pugno dritto allo stomaco. Poi Tom doveva essersi accorto della sua presenza perché gli aveva tirato una veloce occhiata prima di chiudere la porta della stanza e negargli, così, la vista di April. La sua April.
Sospirò sentendo nuovamente quella terribile sensazione allo stomaco.
Perché doveva andare tutto storto? Perché quando partiva in quarta per stare con quella ragazza, per confessarle i suoi sentimenti, c'era sempre qualcosa che andava storto?
Scosse la testa. Doveva convincersi nuovamente di esserle indifferente. Indifferente. In tutti i sensi.
Sì, non avrebbe più dovuto pensare a quella ragazza che gli riempiva il cuore con un solo sorriso. A quella ragazza che lo faceva stare bene con la sua sola presenza. Ad April. April Johnson.

-The al limone o alla pesca?- chiese Emily mostrando le due bottigliette.
-Un del bicchiere di vino?!- provò April mordendosi il labbro inferiore.
-No signorina! Siamo in ospedale, se se ne è dimenticata..-
-No, purtroppo non me ne sono dimenticata.- biascicò April -Alla pesca.-
-Ok.. ecco qui.- le disse porgendole la bottiglietta dal colore più scuro, per poi superare il letto nel quale era April e avvicinarsi alla finestra, sedendosi su un panchetto -Dai che tra pochi giorni potrai essere a casa!-
-Ah, non vedo l'ora!- si eccitò subito April -Casa dolce casa!-
Emily la guardò sorridere felice. Era bello poterla rivedere con le labbra tirate in un sorriso.
Ormai ricordava a memoria tutte le loro serate passate assieme in qualche bel locale a bere del buon vino. Ricordava ogni parola che si erano dette, ogni paura che si erano svelate senza però mai centrare il vero problema.
Ricordava di come April le parlasse di un sentimento che provava per qualcuno di cui, però, non era sicura di doversi innamorare. Ricordava di come i suoi occhi si accendessero ad ogni parola che le diceva. E ancora di più ricordava la sua espressione di quando lei le aveva detto che probabilmente era già innamorata di quell'uomo. Sì, di quell'uomo che Emily sapeva benissimo essere Spencer. Ma April non lo aveva mai confessato.
Sospirò ricordando tutto questo, ma ricordando anche di come lei gli aveva raccontato di un amore che non doveva provare. Di un amore che non era consentito. E ricordava esattamente come April le aveva dato la sua stessa identica risposta.
Probabilmente anche tu sei già innamorata di quell'uomo. L'unica cosa da fare, allora, è quella di lasciarsi andare.
Chissà se April aveva capito che lei stava parlando di quel capo che ben conoscevano, di quel capo che le faceva battere il cuore all'impazzata, di Aaron Hotchner.
-Emily..- mormorò April riportando l'amica alla realtà -..tutto bene?-
-Sì.- sorrise la mora portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio -Pensavo.. pensavo a quante cose ci siamo raccontate senza mai.. mai ammettere realmente quello che dicevamo.-
A quella frase April inclinò la testa come a pensare, continuando a guardare l'amica che aveva preso a sorseggiare il suo the freddo. -Non è mai venuto a trovarmi..- biascicò, allora.
Emily vide come i suoi occhi si fossero offuscati, come avessero acquistato una tristezza che prima nascondevano.
-Quando.. quando ci siamo lasciati la sera in cui sei stata portata qui..- incominciò Emily, senza capire -..ha detto che sarebbe tornato la mattina seguente.-
-Non è venuto quella mattina.. e non lo ha fatto per tutto questo tempo.-
Emily sospirò scuotendo la testa -Mi sembrava che le cose si fossero evolute fra voi..-
-Anch'io lo credevo..- mosse la testa in senso negativo, cercando di capire il comportamento di Spencer.. ma senza alcun risultato.
-Se vuoi posso provare a par..-
Non le fece finire la frase ma puntò il suo sguardo in quello della collega, dicendo un veloce ma perentorio -No.-
-Ok. Sì, è giusto così..- biascicò allora Emily -Ma vedrai che le cose si sistemeranno.-
-Sì..- sussurrò April sorridendo tristemente. Era davvero spossata da quella situazione. Il non riuscire a capire il comportamento di Spencer la innervosiva e abbatteva.
Scosse la testa facendo un respiro a pieni polmoni per cercare di ridarsi un tono. Non era quello il momento di pensarci. -E tu?- chiese allora, tornando ad osservare l'amica, -Pensi di lasciarti andare?-
A quella domanda Emily sbuffò sorridendo -E' più complicato di così.-
-Non è più o meno la stessa situazione? Dai un consiglio a me ma poi.. tu stessa non lo metti in pratica?-
-Beh.. voi non siete entrambi agenti dell'FBI, non dovete seguire lo stesso codice..-
-Emily.- la riprese la ragazza -E' follia non affrontare un sentimento.. non viverlo ma reprimerlo in se stessi.-
-Lo so..- bisbigliò.
Ci fu un attimo di silenzio, April prese un sorso di the alla pesca dalla sua bottiglietta e poi incominciò. Doveva aprirsi completamente se voleva far capire all'amica quello che intendeva.
-Quando ero prigioniera ed ho sentito la voce di Spencer..-
A quel nome Emily alzò la testa ad incontrare lo sguardo di April. Era la prima volta che lo diceva. Era la prima volta che lo diceva a lei. Era la prima volta che confessava tutto. Era la prima volta che lo ammetteva davanti a qualcuno, a lei.
-..beh, ho pensato che non avrei mai più rivisto il suo volto.. che non avrei mai più visto i suoi sorrisi impacciati.. che non avrei mai più baciato le sue labbra.. che non avrei mai più potuto dirgli quanto fosse diventato importante per me.. E l'unica cosa che continuava a passarmi per la testa era il fatto che l'avrei lasciato senza avergli fatto sapere tutto questo-
Emily non disse nulla ma continuò ad osservare l'amica con la sua stessa espressione negli occhi. Amore.


IMMAGINE

Derek si stiracchiò, allontanando un poco la sedia dalla scrivania. Guardò verso la postazione di Emily che era già andata via da un'oretta, per poi soffermarsi sulla figura di Spencer. Se ne stava immobile ad osservare il vuoto della sua scrivania mentre con le mani dava il tormento ad una povera penna.
Sospirò chiudendo il dossier che aveva davanti per poi riporlo in un cassetto. Si guardò attorno constatando che ormai erano rimasti in pochi nell'open-space. Nei propri uffici intravedeva Hotch e Rossi che concludevano il proprio lavoro per quel giorno.
Erano tornati in ufficio quel pomeriggio, un caso a Dallas li aveva trattenuti per ben tre giorni ma alla fine erano riusciti a trovare il loro s.i. senza causare altre vittime. Si erano rimessi subito al lavoro, Hotch aveva mandato a casa solo JJ perché una mamma non poteva stare per troppo tempo senza il suo bambino. Sicuramente Aaron parlava per esperienza personale, doveva mancargli molto il suo Jack.
Lentamente si alzò infilandosi la giacca per poi fare quei due passi che lo dividevano dalla scrivania di Reid. Lo guardò qualche secondo prima di poggiare il palmo delle mani sul tavolo bianco. Fu solo in quel momento che vide il collega destarsi dai propri pensieri.
-Allora..- iniziò sorridente -Io vado a prendere Alexis e poi passiamo a trovare April, vieni con noi?-
-Oh..- biascicò Spencer alzando le sopracciglia -No.. devo finire le pratiche..-
A quelle parole Derek spostò lo sguardo sulla pratica ormai chiusa sulla scrivania per poi tornare a guardare perplesso l'amico. -Sì, certo.- sbottò.
-Ho.. ho da fare..- provò ancora Spencer.
-Quando vorrai darmi una risposta migliore sai dove trovarmi.- esclamò allora Derek guardandolo dritto negli occhi, prima di allontanarsi dalla sua scrivania ed uscire da quegli uffici.
Spencer lo guardò andarsene mentre una strana sensazione di solitudine gli invadeva l'animo.
Diavolo, certo che sarebbe voluto andare con lui! Certo! Ma qualcosa lo tratteneva e lui sapeva esattamente di cosa si trattava: paura. Paura che tutto quello che aveva visto in April fosse stato solo un sogno passeggero.

Aveva aspettato quel giorno a gloria! Finalmente adesso sarebbe potuta uscire dall'ospedale per tornare a casa!
Finì di sistemare le ultime cose nella valigetta prima di prendere le stampelle e avvicinarsi al lavandino posizionato in un angolo della camera, appena prima dell'entrata per il bagno.
Stette in equilibrio sciacquandosi le mani per poi fermarsi a specchiarsi nel piccolo specchio proprio davanti a lei.
Si passò una mano sugli occhi per poi soffermarsi sulla guancia e così sulla cicatrice che partiva da un lato della fronte per scendere giù fin sotto l'orecchio. Sospirò cercando di sorridere alla sua figura riflessa. Non ci riuscì.
-Sei sempre bellissima.-
Non si girò nemmeno verso la voce che aveva sussurrato quella frase. Ormai aveva imparato a conoscerla.
-Il dottore ha detto che non andrà mai via del tutto.-
-E tu non lasciarla scappare.-
A quelle parole sorrise scuotendo la testa prima di girarsi verso quell'uomo che la stava osservando dal fondo della camera.
-Non si vede nemmeno.. e poi ti dà sicuramente un'aria più interessante.-
-Oh!- esclamò April riprendendo le stampelle e raggiungendo l'uomo -Questo non dovevi dirlo, Dave!-
David sorrise accarezzando il volto di April e sistemandole una ciocca di capelli sopra la cicatrice, prima di esclamare -E' meglio se andiamo, Hotch ci sta aspettando giù.-
-Davvero non è voluto salire?- chiese sorpresa la ragazza.
-L'ho convinto io.- disse David afferrando la valigetta di April -Sennò avrebbe sentito per l'ennesima volta il medico se andava tutto bene per poterti dimettere!-
A quella frase April rise di gusto raggiungendo l'ascensore. Quando si girò indietro una strana sensazione invase il suo stomaco. Lasciava quella stanza, lasciava quell'ospedale.. e di Spencer nemmeno l'ombra.

Chiuse il libro che stava leggendo con un movimento brusco. Ormai proprio non ricordava da quant'è che provava a leggere quel dannato libro!
-La montagna incantata..- bisbigliò leggendo il titolo scritto in caratteri grandi sopra la copertina bianca.
Sospirando si alzò dal divano dirigendosi verso il bagno. Aveva proprio bisogno di una svegliata.
Aprì l'acqua del rubinetto e vi passò le mani sotto per poi sciacquarsi il viso.
Si guardò allo specchio, le ciocche davanti dei suoi lunghi capelli gocciolavano di quell'acqua fresca che si era gettato sul volto. Poteva osservare ogni singola goccia che lasciava i suoi capelli per finire dritta sul marmo bianco del lavandino.
Eppure quell'acqua avrebbe dovuto rinvigorirlo, avrebbe dovuto cancellare tutti i suoi pensieri.
Beh, non lo aveva fatto.
Velocemente prese un asciugamano e se lo passò sul volto.
Così non andava.
Tornò in salotto tirando una fugace occhiata all'orologio. A quell'ora April doveva star uscendo dall'ospedale.
Lei se ne stava andando e lui non si era mai presentato al suo letto, non si era mai presentato nemmeno per sentire dalle sue labbra come stava.
Beh, quando gli altri parlavano di April e del fatto che si stesse rimettendo lui drizzava le orecchie per captare ogni singola parola ma continuando a far finta di nulla. Voleva sembrare normale, coerente, disteso.. anche se in realtà dentro si stava tormentando. Non vedere April lo faceva stare male, lo tormentava non poter essere al suo fianco ed assicurarsi di persona che stesse bene. Lo tormentava non poter essere parte del suo recupero.
Scosse la testa soffermandosi alla vetrinetta del mobile di salotto dove teneva i dvd. Velocemente l'aprì e prese uno dei tanti cofanetti simili che si trovava nel ripiano più in basso. Se lo passò un po' fra le mani prima di aprirlo e inserire il dvd nel suo lettore.
Si buttò sul divano accendendo il televisore e trovandosi in compagnia dei suoi cari amici Spock e Kirk. Sarebbero stati loro i suoi compagni di viaggio per quella sera.
Sorrise mentre passava il titolo. Star Trek. Aveva divorato l'intera serie, rifacimenti e quant'altro e ricordava a memoria migliaia di battute.
Sì, era sicuro che quella sarebbe stata la cura giusta per scordarsi momentaneamente di April. Di April e del fatto di non esserla andata a trovare. Di April e del fatto che stava tornando adesso a casa dopo un lungo periodo in ospedale. Di April e di quanto fosse meravigliosa quando gli sorrideva di nascosto a tutti. Di April e di quanto si sentisse scombussolato quando era in sua presenza.. e quando non lo era. Di April e di quanto volesse risentire il suo corpo stretto, abbracciato, avvinghiato, al suo. Di April e di quanto volesse risentire il dolce tocco delle sue labbra morbide. Di April e di quanto..
No.
Si posò l'indice sulle labbra, come a cercare di rivivere quel contatto che era ben impresso nella sua mente.
No.
Schiacciò l'indice come se così facendo riuscisse ad imprimere meglio quella dolce sensazione che aveva provato.
No.
Decisamente la terapia Star Trek non aveva funzionato.

-Aaron casa mia era da quella parte..- mormorò April appena vide che Hotch tirava dritto invece di girare verso la zona dov'era situato il suo appartamento.
-C'è stato un piccolo cambiamento.- disse l'uomo continuando a guidare con calma, ma aspettandosi il putiferio.
-Che cambiamento?!- chiese titubante April lanciando un'occhiata a David, che se ne stava seduto davanti nel posto del passeggero e faceva finta di nulla.
-Abbiamo deciso che per un po' verrai a stare da me.-
-Come?!- esclamò contrariata la ragazza -E poi abbiamo.. chi?-
-Beh..- biascicò Hotch -Noi.. no?- chiese tirando un'occhiata a Rossi.
-Per carità, non mi mettete in mezzo a queste cose!- esclamò subito David portando le mani davanti come a difendersi.
-No, eh! Ma tu potresti difendere una povera ragazza che non può scappare perché azzoppata!- ironizzò April scuotendo la testa per poi allungare una mano verso Aaron e sfiorargli una spalla -Dai.. in fondo non ho nulla.. posso starmene tranquillamente a casa..-
-Sì, a casa mia.- sorrise Aaron sotto gli occhiali scuri che portava.
-Ma non ho la mia roba..- provò ancora April mugugnando.
-Non ti devi preoccupare per questo.- incominciò Hotch accostando la macchina -Garcia è andata a prenderti dei vestiti a casa!- finì scendendo dall'auto.
-Beh.. io allora, fossi in te, mi preoccuperei!- borbottò David lanciando un'occhiata ilare ad April che lo guardò scendere dalla macchina per poi scambiare qualche parola con Hotch, fuori dall'auto, prima di aprirle la portiera per farla scendere. No, così non andava proprio. Voleva avere lei le redini della propria vita!

Alzò lo sguardo e si ritrovò ancora addosso quegli occhi verdi.
Sospirò girandosi, così da non dover rispondere a quello sguardo insistente.
Era entrata in quella piccola libreria per prendersi un momento tutto suo ma se sapeva di andare incontro a un abbordaggio fatto di sguardi, non sarebbe nemmeno passata da quella strada!
Il commesso la stava letteralmente mangiando con gli occhi e per quanto Emily potesse sentirsene onorata, non le piaceva affatto essere guardata a quel modo.
Borbottando afferrò il primo libro che si era ritrovata davanti. Senza nemmeno leggerne il titolo, lo aveva girato per immergersi nelle frasi posteriori della copertina.
Osservò quella carta bianca e lentamente iniziò a leggere quell'unica frase scritta di un carattere particolare.
-L'amore è una forza selvaggia.
Quando tentiamo di conquistarlo, ci distrugge.
Quando tentiamo di imprigionarlo, ci rende schiavi.
Quando tentiamo di capirlo, ci lascia smarriti e confusi.-
Sorrise.
L'autore di quella frase stava per caso vivendo la sua vita?
Girò il libro. "Zahir" di Paulo Coelho.
Sospirò pensando a come, infondo, una frase del genere potesse identificare molte persone.
Pensò a Jennifer e Will che tanto avevano faticato prima di rendere chiara e limpida la loro relazione.
Pensò a Spencer ed April, così intensamente uniti da un sentimento che erano incapaci di viverlo appieno.
Pensò a sé e ad Aaron, smarriti, confusi.. incapaci di lasciarsi andare, incapaci di parlarsi, incapaci di amarsi realmente.
Abbassò lo sguardo sul libro, incerta sul voler sapere di più o no, incerta sul voler andare avanti in quella lettura che le avrebbe aperto il cuore.
Voleva davvero andare avanti?
Sì, lo voleva. E lo voleva con tutta se stessa.

-Non sapevo cosa prendere.. c'erano un sacco di cose belle!- esclamò Penelope entrando nella stanza che Aaron aveva riservato ad April.
-Grazie.- sorrise la ragazza seduta sul letto con la gamba destra distesa.
-Allora, vediamo..- iniziò Garcia poggiando la valigia sulla scrivania sistemata appena sotto la finestra -..ho preso le cose più comode che ho trovato, suppongo tu debba stare parecchio a casa.-
-Ovviamente.. ho un mastino attaccato ai piedi!- borbottò April sospirando
-Non è da tutti.- si fermò allora la donna, soffermandosi a guardare il volto della ragazza davanti a sé.
-Cosa?-
-Avere qualcuno che si prende così cura di te.-
A quelle parole April sorrise dolcemente gettando una lunga occhiata fuori dalla finestra dove poteva intravedere Aaron e David chiacchierare.
-Era molto preoccupato per te.. Beh, tutti lo siamo stati.- disse Penelope incominciando a sistemare la roba della valigia dentro l'armadio a muro.
April continuò a guardare dalla finestra i due uomini. Sì, dovevano essersi presi tutti un grande spavento. Le venne da pensare se anche Spencer fosse stato preoccupato per lei.. e se magari lo era ancora. Probabilmente non l'avrebbe mai saputo.
-Ma comunque sia ora sei qua fra noi! E questa è la conclusione migliore che ci poteva essere!- sorrise, tirando fuori dalla valigia un bel vestito nero.
-E quello?- chiese April perplessa osservando quel vestito elegante un poco scollato.
-Questo dovevo portartelo.. è magnifico!-
-Comodo per stare in casa..-
-Ah, guastafeste!- ironizzò la donna ponendo l'abito nell'armadio -Vedrai che un'occasione per metterlo la troviamo!-
-Sì..- biascicò April -..magari col gesso alla caviglia!-
-No, quando te lo sarai tolto.-
-Quando me lo sarò tolto tornerò a casa..-
-Ah..- incominciò Penelope cauta -..credo che Hotch non la pensi proprio così.-
-Oh.. no..- mormorò April scuotendo la testa sospirando, ma ugualmente un sorrisetto dolce comparve sulle sue labbra.
Perché nonostante tutto lo sapeva, lo sapeva esattamente di essere fortunata ad avere una persona come Aaron accanto a sé.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 012b ***


Untitled Document

 

...

Quel giorno c'era un gran caos negli uffici dell'Unità Analisi Comportamentale. Erin Strauss aveva fatto mettere a soqquadro tutto per cercare chissà quale prova di negligenza da parte del team. Tutti si erano accorti di quanto quella donna continuasse ad odiare Hotchner ed il suo operato, anche se tutto ciò che quell'uomo faceva ed affrontava era impeccabile.
Dopo il caso del rapimento dell'avvocato Johnson, la Strauss si era convinta che qualcosa fosse andato storto nelle procedure del caso Reewell e così stava cercando di fare chiarezza.. chiarezza su qualcosa che, già di per sé, era limpido e cristallino.
Emily sospirò di sollievo appena vide quella donna tornarsene nel suo ufficio. Come d'automatismo spostò lo sguardo verso il proprio capo che si era rintanato nel suo ufficio e in quel momento stava seduto alla scrivania fissando il vuoto davanti a sé.
Emily sospirò. Sospirò di nuovo ma stavolta non di sollievo. No, stavolta per qualcosa che si sentiva esplodere dentro da quanto non riusciva più a confinarlo nel suo cuore.
Ricordò la conversazione che aveva avuto con April. Tutto quello che si erano dette era vero, era dannatamente vero. Lei la pensava allo stesso modo. Lei era stata quella che aveva detto ad April di buttarsi con Spencer. Lei era la stessa che non si stava lasciando andare con Aaron, col suo Aaron.
-Tutto bene?- si sentì domandare da Spencer, dall'altra parte della sua scrivania.
-Sì, sì.- disse velocemente, troppo velocemente -Solo un po' stressata per tutta la questione Strauss.- continuò allora in cerca di un appiglio sicuro.
-Già..- mormorò Spencer fissando la collega.
-E tu Reid? Tutto bene?-
-Certo!- esclamò velocemente, troppo velocemente.
Emily lo guardò per qualche attimo poi, senza pensarci troppo, gli chiese -Sai come sta April?-
-Ah.. perché dovrei?- domandò impacciato il ragazzo.
La donna lo guardò mentre il suo volto arrossiva. Sapeva benissimo che lui non era mai stato a trovare April ma sapeva anche che lei, agli occhi del ragazzo, non doveva essere a conoscenza di questo piccolo particolare.
-Non so, io è qualche giorno che non vado a trovarla.- inventò.
A quella risposta Spencer fece un cenno affermativo, come a farle intuire che anche lui era da un po' che non la vedeva, per poi chinare la testa e rimettersi a lavorare.
Emily continuò ad osservarlo per qualche minuto. Proprio non riusciva ad intuire il perché quel ragazzo avesse deciso, di punto in bianco, di non vedere più la ragazza di cui era innamorato. Perché Emily lo sapeva benissimo.. quel ragazzo era innamorato follemente di April.
E a quel pensiero il suo sguardo si girò inconsapevolmente verso l'ufficio di Hotch, fino ad incontrare la sagoma del proprio capo che era immerso in chissà quale conversazione al telefono.
Poteva vedere quella schiena dalle spalle larghe, coperta da una semplice giacca nera che lo slanciava ancora di più. Poteva vedere quei capelli neri sempre ben ordinati. Poteva intravedere quella mano forte stringere la cornetta.
Chiuse gli occhi immaginando il volto di quell'uomo che ormai era diventato un pensiero fisso nella sua mente. Immaginò i suoi occhi scuri sempre attenti e caparbi. Immaginò le sue labbra sempre rivolte verso il basso in un'espressione di serietà assoluta. Immaginò, poi, quelle labbra sorridere.. e sorridere a lei.
Un brivido le percorse la schiena e subito riaprì gli occhi per fissare quei pochi righi che aveva scritto sulla pratica sulla quale stava lavorando.
Doveva smetterla si pensare a lui! E soprattutto doveva smetterla di pensare a lui durante il lavoro, quando altre persone potevano vederla!
Lentamente tornò a guardare nell'open-space per poi rifermare lo sguardo su quell'uomo, sempre intento in quella telefonata.
Sentì una morza allo stomaco e un certo fastidio invaderle il corpo. Con chi era al telefono? A chi stava parlando?
Una noia indicibile incominciò a stuzzicarle l'anima e il suo cervello incominciò ad elaborare mille teorie, una più assurda dell'altra, una meno ottimistica dell'altra.
Così non poteva andare avanti.
Era arrivata addirittura ad essere gelosa di ombra? E soprattutto per qualcuno che non le aveva mai rivolto un'attenzione particolare?
Si faceva dannatamente pena.
Scosse la testa cercando di far sparire ogni pensiero, cercando di cancellare la presenza costante e continua di lui nella sua mente. Ma non c'era verso, nessuno poteva portarle via i sentimenti che provava per quell'uomo, i ricordi di qualche attimo passato, di qualche sguardo, di qualche sorriso, di qualche tocco. Il suo tocco.
Sospirò tornando ad osservare quella vetrata che, ormai, era diventata la sua confidente e un nuovo brivido le percorse il corpo.
Aaron aveva attaccato il telefono ed ora stava osservando dalla sua parte, ora stava osservando proprio lei.. e con un volto così radioso che Emily non seppe resistere alla tentazione di sorridergli, di tirare le sue labbra in un sorriso così cristallino da riuscire a strappare a quell'uomo una strana espressione di serenità.
Che quello, appena accennato sulle sue labbra.. fosse un sorriso?

April passava le sue giornate in casa Hotchner spostandosi dalla camera al salotto alla cucina. Si era fatta portare del materiale per poter lavorare a casa ma senza le sue cose non riusciva a combinare più di tanto. Qualche volta usciva a fare qualche passo nel bel quartiere residenziale che la circondava ed ormai era diventata, per le signore più anziane, la novità sulla quale spettegolare.
Ogni volta che usciva di casa sudava sette camicie per portarsi dietro il piede ingessato ma nonostante tutto le piaceva farlo, non sarebbe resistita dei mesi chiusa in una casa per giunta non sua! Ma Aaron era stato perentorio, finché non fosse stato certo che il pericolo era passato, che tutti gli ammiratori di Reewell si erano acquetati.. lei sarebbe stata a casa sua. E senza storie.
Quella sera si era posizionata a sedere in terra nel corridoio del piano superiore, appena sopra le scale. Se ne stava là ad osservare il silenzio e la tristezza di quella villetta.
Quando Aaron rientrò dal lavoro non le chiese nulla ma semplicemente le si sedette accanto, silenzioso. Per lui era stata una giornata pesante quella trascorsa, la Strauss aveva fatto mille storie per delle pratiche non pronte e lui proprio si sentiva il fiato sul collo. Sapeva che quella donna lo controllava a distanza, con sospetto e caparbietà. Non avrebbe dovuto commettere nemmeno un passo falso.
Sospirò spostando lo sguardo ad incontrare gli occhi di April che lo osservava da quando era rientrato.
-Che dici, la cambiamo questa casa Aaron?-
-Decisamente..- borbottò lui.
-Io ti vedrei bene in un appartamento dalle pareti rosa.- disse convinta April mentre l'uomo la guardava esterrefatto.
-Ma smettila!- esclamò Aaron tirandole una pacca sulla gamba distesa a terra.
-Perché?!- ironizzò April facendo spallucce -Almeno è un colore chiaro.-
-April..-
-Ok, la smetto.- disse infine la ragazza afferrando una cartellina che si era portata dietro e che giaceva al suo fianco -Ma tu hai decisamente poco gusto- disse aprendola e facendo intravedere ad Aaron che si trattava della cartellina nella quale lui aveva radunato le foto e le piantine di tutte le possibili case da acquistare.
-Ah sì, eh?-
-La casa che hai visto qua..- incominciò lei mostrandogli le foto di quell'appartamento -..è decisamente bruttina!-
Aaron afferrò subito le immagini e le guardò stranito -Perché? Cos'ha che non va?-
-E' triste!-
-Più triste di questa casa?-
-Beh..- biascicò April -..quasi!-
-Uhm..- mormorò Aaron -Non mi darai tregua, eh?!-
-Ovviamente no, è troppo divertente punzecchiarti!- rise April chiudendo la cartellina e abbandonandola nuovamente al suo fianco.
-Ok signorina, te lo concedo solo perché sei invalida!-
A quella risposta ilare April fece una linguaccia all'uomo che si era appena alzato -Ordini giapponese?-
-Sì, ci sto.- sorrise -Però potrei non darti nemmeno un maki se continui a prendermi in giro!-

IMMAGINE

Si guardò attorno per poi lanciare uno sguardo furtivo all'open-space.
Morgan e Reid erano andati a casa così come Jennifer. Nella stanza accanto poteva sentire Rossi muoversi, probabilmente si sta preparando per uscire.
Sospirò.
Lei, lei era ancora lì.
Tirò un'altra veloce occhiata al di là della vetrata del suo ufficio, ormai era diventata un'abitudine quella di osservarla da lì, in silenzio. Alzava la testa e semplicemente restava a guardarla mentre lei era immersa in chissà quale pratica di chissà quale caso. Poi, a volte, succedeva che lei si destasse dal lavoro e si girasse dalla sua parte ed era allora, quando i loro sguardi si incrociavano, che lui si sentiva spiazzato. Ogni volta. Ogni dannata volta.
Non poteva farne a meno.
Poggiò il palmo delle mani sulla scrivania, come per darsi una calmata. Era un gesto terapeutico, in qualche modo lo faceva rilassare.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
Era davvero giunto al limite. Era conscio di non poter più continuare a quel modo, doveva assolutamente trovare una soluzione a quel problema.
Problema.
In realtà, lui proprio non riusciva a sentirlo tale. Per il suo cuore quello non era affatto un problema anzi, era una gioia continua. Una gioia incrociare quella donna la mattina quando arrivava al lavoro. Una gioia parlarle anche se del lavoro. Una gioia sfiorarla quando doveva passarle qualche pratica. Una gioia incrociare il suo sguardo. Una gioia sorriderle. Una gioia vederla sorridere. Una gioia intensa quando sorrideva a lui, proprio a lui.
-Tutto bene?- chiese la voce di David, appena accostato alla porta d'ingresso del suo ufficio.
-Oh, sì.. sì.- biascicò Aaron cercando di riprendersi dai suoi pensieri e cercando di sembrare il più normale possibile.
A quella risposta David fece qualche passo nella stanza, per poi spostare lo sguardo verso l'open-space.
-Quando hai intenzione di affrontare tutto ciò?- diretto e conciso, come sempre.
-Non capisco di cosa tu stia parlando.- rispose Hotch, anche se sapeva esattamente di non poter sfuggire ad uno dei capostipiti del profiling nell'FBI.
-Lo dico per te, Aaron.-
-Non diventerà un problema, te lo assicuro.-
-Non ho affatto detto questo.- ribadì Rossi mentre vedeva l'altro uomo scuotere la testa in segno negativo. Anche lui, forse, sapeva esattamente che l'unico problema lì, era lui. Lui e la sua dannata coscienza.
-Non so come affrontare la cosa..- si lasciò finalmente andare.
-E tu non lo fare.. lascia che siano le cose a prendere il loro cammino da sole.-
A quella risposta Aaron puntò il suo sguardo in quello dell'amico, che gli stesse dicendo di lasciarsi andare? Di lasciarsi coinvolgere in qualcosa che professionalmente non poteva accadere?
Beh, sì.. lo stava facendo.

Quella casa gli stava diventando stretta.
Beh, in realtà.. quella vita gli stava diventando stretta.
Lavoro, casa. Casa, lavoro.
Era diventata decisamente troppo stretta quella vita per lui, nonostante nulla fosse cambiato da prima se non la presenza di April.
Per un attimo aveva assaggiato la felicità ed ora non riusciva più a farne a meno.
Lasciò che la musica della Creazione di Hayden gli entrasse in testa e gli penetrasse l'animo.
Sentiva di averne bisogno.
Sospirò cercando di concentrarsi sulle note e cercando di scordare ogni altro pensiero ma proprio non ce la faceva, il suo cuore gli ricordava di avere una questione in sospeso, una situazione che lui aveva reso ambigua per il non essere riuscito a ripresentarsi a lei e a parlarle. Ne era consapevole. Ne era consapevole ma proprio non ce l'aveva fatta. Non ce l'aveva fatta e ancora non ce la faceva ad affrontare la situazione, ad affrontare April.. ad affrontare il suo destino.
Sentiva un macigno nello stomaco e tutto gli diceva che quello che aveva vissuto con April era stato solo una sua meravigliosa fantasia, che tutto era finito, che tutto era sparito nell'attimo in cui lei aveva rivisto Tom.
Beh, non era mai stato un ottimista.

Bussò alla sua porta senza pensarci troppo. Aveva deciso che doveva almeno sentire il suono della sua voce.
-Ehy Aaron..- mormorò appena sentì la porta aprirsi. Si aspettava un "avanti", non di vederlo davanti a sé.
Si sentì improvvisamente le mani sudate, da quanto tempo non sentiva il suo nome pronunciato da quella voce? Pronunciato da lei?
Tossicchiò cercando di non far notare la sua agitazione -Sì?!-
-Ahm..- biascicò Emily in cerca di una scusa plausibile per aver bussato al suo ufficio -No è che.. è tardi- borbottò vagando con lo sguardo per quella stanza, e senza mai soffermarsi sulla figura dell'uomo che aveva davanti, -..April ti sta aspettando a casa..-
-Sì, suppongo di sì.- rispose Aaron osservando il suo orologio, effettivamente era veramente tardi.
-Bene, allora..- sorrise forzatamente Emily facendo un passo indietro, non sapeva più cosa dire, non sapeva più cosa fare. O meglio, sapeva esattamente ciò che avrebbe voluto dirgli e fargli, ma la parte ancora lucida del suo cervello stava cercando di frenarla in tutti i modi.
-Come mai tu sei ancora qui?- domandò Aaron andando a prendere le sue cose per poter così uscire.
-Dovevo ultimare delle pratiche.. sai, oggi la Strauss non mi è sembrata molto felice..- disse alzando gli occhi al cielo.
-Cercherà sempre di mettermi i bastoni fra le ruote.- pensò Hotch ad alta voce.
A quelle parole Emily sentì un gran vuoto crearsi nel suo corpo. Aveva collegato quella donna e tutto il suo odio per Hotch al divieto, per gli agenti dell'FBI, di intraprendere relazioni amorose fra loro. Si sentì abbattuta e il sorriso che le si era creato prima sul volto, sparì rapidamente.
Aaron la guardò mentre cambiava espressione, mentre il suo bel sorriso si trasformava in angoscia, e sentì una morsa allo stomaco. Era stato davvero lui a farle sparire quella felicità che le si leggeva in volto?
Sì, era stato lui. E sì, lui probabilmente ne conosceva il motivo. Ma possibile.. possibile che anche lei provasse i suoi stessi sentimenti? Possibile?
-Emily..- mormorò come se quel nome fosse la cosa più preziosa che avesse -Esci anche tu?-
Per un attimo si sentì le gambe molli. Quella voce che pronunciava il suo nome la emozionava come una bambina, e in attimo aveva portato via tutta l'angoscia di prima.
-Sì, scendiamo insieme?- domandò retoricamente.
-Volentieri.-
A quella risposta Emily sorrise abbassando lo sguardo mentre Aaron sospirava. Come gli era uscita quella parola?

Era seduta sul letto con la testa poggiata allo schienale mentre le note della Creazione di Hayden invadevano il salotto, la casa, la sua testa.
Era stata più di un mese in ospedale costretta nel letto per far sì che il suo piede si aggiustasse e anche una volta rientrata a casa il gesso non l'aveva abbandonata anche se ogni tanto poteva fare qualche passo, sempre con mille fatiche e piccoli dolori.
Non ce la faceva più.
Sarebbe davvero impazzita se quel periodo non fosse finito!
Era sempre stata una ragazza vivace super impegnata, certo non disdegnava il giusto riposo ma adesso era davvero troppo! Adesso era arrivata davvero al limite. Non sopportava più il dolce far niente di tutte le giornate. Anche se si era fatta portare del lavoro a casa non riusciva ad impegnare la testa in continuazione su dei fascicoli di carta. Proprio non ce la faceva.
Aveva bisogno di muoversi, di agire.
Sospirò drizzando un poco la schiena e sistemando meglio il piede ingessato.
Aveva bisogno di parlare, di conversare, di scherzare come faceva tutti i giorni al lavoro.
Stare a casa con Aaron le procurava sicuramente più momenti di conversazione che starsene a casa da sola, anche se così Sasha e Eve avevano meno possibilità di andarla a trovare.
Sospirò.
No.
Quello di cui aveva maggiormente bisogno era di vedere Spencer, di parlargli, di chiarire.. di capire il perché del suo comportamento. E se continuava ad avere tutto quel tempo per pensare e scervellarsi, proprio non ce l'avrebbe fatta a rimanere tranquilla e non abbattersi.
Chiuse gli occhi restando in silenzio ad ascoltare quelle calde note che le penetravano l'anima. Lentamente accarezzò quella carta bianca da lettere che teneva in mano. Non importava la rileggesse, sapeva a memoria ogni parola, ogni frase. Sapeva a memoria ogni singola sillaba scritta da suo zio.
Quella era la sua lettera.
Era la lettera che Jason le aveva spedito prima di andarsene, prima di sparire.
Scosse la testa ripensando a come, all'inizio, avesse mentito a Spencer dicendogli che lui era l'unico ad aver ricevuto una lettera da Jason. Aveva mentito perché non poteva rivelare il contenuto della sua lettera, non poteva svelare quelle poche righe che le tormentavano l'anima e che, in quel momento, rimbombavano nella sua testa come mai nessuna musica poteva fare.
In qualche modo Jason se n'era andato e le aveva lasciato scritto, esattamente, cosa sarebbe successo?
Non poteva essere vero, anche per Jason Gideon quella era una missione impossibile.
Ma allora come.. come poteva sapere?
Basta!
Quelle parole non dovevano mischiarsi alla sua vita, ai suoi sentimenti.
Basta!
Doveva farsi una ragione dell'assenza di Spencer.
Basta!
Aprì gli occhi posando la busta sul tavolinetto accanto al divano.
Basta!
Guardò nel vuoto cercando di rimanere lucida ma poi.. poi, una lacrima solcò il suo viso.
Era stata sconfitta.

Hotch era appena rientrato a casa. Quella sera si era dovuto soffermare qualche attimo in più al lavoro. Quella sera aveva parlato con Emily. Sì, quella sera aveva fatto abbastanza tardi.
Lasciò la giacca nell'ingresso constatando che la luce del salotto era accesa ma tutt'intorno c'era silenzio.
Si diresse verso quella luce mentre dalle sue labbra stava per uscire il nome di April ma la voce della ragazza lo anticipò.
-Ha lasciato una lettera anche a me.- titubante, sconvolta.
-Come?- chiese affacciandosi nella sala.
-Jason.. non ha lasciato una lettera soltanto a Spencer. Qualche giorno prima che ci sentissimo, dopo che Jason aveva abbandonato la squadra.. beh, mi è arrivata una sua lettera.- si strinse nella spalle April, accovaccia in un angolo del divano con una gamba portata al petto e l'altra distesa davanti fino a poggiare il gesso del piede sul tavolinetto. I capelli scaruffati le ricadevano sulle gote rigate di lacrime.
-April..- mormorò Aaron superando la porta del salotto e avvicinandosi.
-No.. no.- singhiozzò lei -Mi ha scritto che andava a riprendersi la sua vita perché l'aveva abbandonata per strada, perché aveva smesso di cercare se stesso ed ora aveva bisogno di ritrovarsi.- fece una pausa, si asciugò le lacrime con il dorso della mano -Ha scritto che io dovevo vivere, dovevo tracciare il mio cammino e arrivare dove mi ero prefissata, senza contare la sua figura che tanto era stata ingombrante nella mia vita. Che dovevo andare e vivere e che.. e che se fossi passata in Virginia.. - sospirò prima di continuare -..beh, se fossi passata per Quantico.. probabilmente avrei lasciato la mia vita nella mani di un ragazzetto di nome Spencer Reid..- tirò su col naso poggiandosi una mano sulle labbra -Aaron.. come, come faceva a saperlo?- chiese infine mentre le lacrime cominciarono ad uscirle copiose dagli occhi.
Aaron la guardò turbato. Si conoscevano da così tanto tempo, l'aveva vista crescere e in qualche modo ora che Gideon se n'era andato e lei era arrivata a lui, sentiva di doverle dare conforto, di assumere quella figura che Jason rappresentava per lei. Nello stesso tempo, però, sapeva di non poterlo fare. Lui non avrebbe mai avuto, nella vita di April, la stessa importanza che aveva Jason, anche se ora lui mancava.
Sospirando le si sedette accanto poggiandole una mano sulla spalla.
-Mi dispiace, scusa..- mormorò lei cercando di frenare il pianto -..ma non sapevo con chi.. io non..-
-Sta tranquilla.- le mormorò allora lui, facendola girare verso di sé ed abbracciandola. -Adesso sta tranquilla.-

Spense la luce della stanza. Aveva portato April a letto e l'aveva coccolata per un altro poco aspettando che si calmasse del tutto.
Quella ragazza era diventata veramente importante per lui. L'aveva da sempre considerata una presenza felice nella sua vita e, un po' per prepotenza e un po' per sentimento, si era sempre sentito come un padrino per lei.
Sospirò chiudendo la porta per poi poggiarci la schiena sopra e lasciarsi andare. Si portò una mano alla fronte, rimanendo in quella posizione a pensare.
Come faceva a saperlo?
Quella domanda che April gli aveva posto gli attanagliava i pensieri. Lui non aveva una risposta. Non aveva una risposta plausibile. Non l'aveva ma era sicuro che se avesse potuto chiederlo di persona a Jason.. beh, lui gli avrebbe risposto che non poteva sapere che quei due si sarebbero innamorati, che non poteva saperlo ma.. ma poteva immaginarlo.

"Bisogna avere in sé il caos per generare una stella che danzi" Nietzsche.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 013a ***


Untitled Document

013a

"La condizione dell'uomo é una condizione di guerra di ciascuno contro ogni altro" Hobbes.

Era la prima volta che Hotchner era arrivato per ultimo sul lavoro.
L'avevano notato tutti tanto che Derek gli aveva subito domandato se April stesse bene, pensava che le fosse successo qualcosa e che il ritardo fosse dovuto a quello. Fortunatamente Aaron aveva scosso la testa in segno negativo e velocemente si era diretto nel suo ufficio.
Sì, aveva fatto tutto questo.. ma non prima di avergli tirato un'occhiataccia.
Bevve un sorso del caffè che si era preparato prima di fissare il suo sguardo sulla figura del suo capo che si era subito messo alla scrivania per iniziare a lavorare.
Perché lo aveva guardato in quel modo?
-Beh.- sentì Emily dire, accorgendosi solo dopo che lo stava fissando.. forse anche lei si era accorta dello sguardo che Hotch gli aveva tirato?
-Come?- chiese facendo finta di nulla.
-Credo che comunque andrò a sentire come sta April.-
-Oh, sì.. meglio.- borbottò.
-Vuoi che le dica qualcosa?- domandò Emily guardandolo in un modo strano. Ma ce l'avevano tutti con lui?
-Lascia stare..- intervenne Derek dall'altra parte del piccolo corridoio, seduto davanti alla propria scrivania -..non gli caverai nemmeno una parola di bocca.-
-Perché non ho nulla da dire!- si difese subito Spencer assumendo una vocina stridula e alzandosi in piedi per andare a buttare il cartoccio del caffè.
Emily e Derek si scambiarono uno sguardo eloquente prima che lui esclamasse, allargando le braccia, -Beh, noi ci abbiamo provato!-
Prentiss gli sorrise sospirando, prima di alzarsi mostrando il cellulare, come a dire che andava ugualmente a telefonare ad April.
Morgan guardò la collega uscire dalla stanza per poi rifissare lo sguardo su quel genietto che era appena tornato alla sua scrivania. Scosse la testa osservando come lui si fosse buttato a capofitto nel lavoro, senza aver nemmeno alzato lo sguardo su di lui o Emily.
Pensava davvero di poter nascondere qualcosa a loro? A loro, un gruppo di profiler?

Quella mattina Aaron era rimasto con lei più del solito, aveva addirittura finito tutta la colazione che gli aveva preparato.. non lo faceva quasi mai, spesso si intascava i toast e se li mangiava per strada.
Lo aveva fatto per lei, April ne era convinta.
La sera precedente doveva averlo preoccupato molto. Si era lasciata andare in tutto e per tutto e gli aveva svelato ogni sua preoccupazione, ogni suo timore, ogni sua paura. Si era fatta coccolare come una bambina di cinque anni bisognosa di attenzioni e cure.
Arrossì ripensando a come aveva pianto fra le braccia di quell'uomo che, da quando non c'era più suo zio, era diventato il suo unico punto di riferimento, la sua unica luce saggia che la guidava nelle intemperie. Arrossì pensando a come quello stesso uomo fosse anche il suo capo sul lavoro. Ma era felice, era felice di essersi lasciata andare, di aver sfogato tutto ciò che sentiva dentro. Sì, adesso si sentiva decisamente meglio. E tutto questo era anche grazie ad Aaron.
Sorrise pensando a come quell'uomo cambiasse sul lavoro rispetto a quando si trovava a casa, in borghese. Lei aveva conosciuto proprio quell'Aaron, l'Aaron casalingo, l'Aaron che le insegnava legge, l'Aaron che le sorrideva per una piccola stupidaggine che aveva commesso. Solo dopo aveva imparato a conoscere l'Aaron serio e impeccabile del lavoro, solo dopo aveva conosciuto l'agente speciale supervisore Aaron Hotchner.
Sicuramente Aaron si dimostrava sempre una persona seria e caparbia ma anche gentile e rispettosa, ed i due lati di sé si mescolavano e prendevano il sopravvento rispetto alla situazione che lo circondava.
Sorrise pensando a come fosse fortunata ad essere diventata una persona importante nella vita di quell'uomo.
Si sedette al tavolino dopo aver finito di sparecchiare i piatti della colazione. Respirò profondamente e tirò fuori dalle tasche della vestaglia che indossava la lettera di suo zio.
Aaron le aveva detto di rileggerla, di capirla nel profondo.. perché se c'era una cosa che Jason sapeva fare era capire le persone e se aveva fatto un'affermazione del genere probabilmente aveva le sue ragioni. O, molto semplicemente, conosceva troppo a fondo quei due ragazzi che considerava quasi come figli suoi.

Entrò in quell'ufficio senza bussare e continuando a leggere il dossier di un caso, si accorse della presenza di Spencer solo quando sentì David tossicchiare.
-Scusate.- esclamò Aaron sempre con un'espressione accigliata rivolta verso il ragazzo, poi spostando lo sguardo su Rossi continuò -Ho bisogno di alcune tue firme, David.-
-Nessun problema, stavamo organizzando il discorso per il convegno.- spiegò l'uomo afferrando la cartellina che gli stava porgendo il collega.
-Fra due settimane, la sera?- chiese senza più rivolgere uno sguardo a Reid che se ne stava da una parte, lungo in piedi, con le mani nelle tasche dei pantaloni e dondolando sulle ginocchia.
-Sì, il nostro intervento sarà verso la fine, credo precederà di poco il buffet- sorrise David lanciando un'occhiata prima ad Hotch e poi Spencer. C'era qualcosa che doveva sapere?
-Uhm..- borbottò Aaron -La Strauss vuole che ci vada con almeno un membro della squadra.-
-E chi pensi di portare?-
-In realtà non ho molta scelta.. Morgan ci va come accompagnatore di Alexis Green, Prentiss è lì con la madre, tu e Reid ci siete perché fate parte del convegno..- disse riprendendo la cartellina con i fogli firmati da Rossi, poi continuò -Garcia è fuori città con Kevin e non vorrei disturbare JJ.. meglio se quando può sta a casa con la famiglia.-
-April non si toglie il gesso fra qualche giorno?-
-Sì..- mormorò Aaron -..ma non vorrai farla stare in piedi un'intera serata!-
-Oddio Aaron come sei protettivo a volte!- esclamò David sorridendo ilare -E poi ci saremo noi a sorreggerla, no Spencer?- continuò osservando il genietto che se ne era stato fin'ora in disparte. Non importava essere un profiler per capire che fra quei due era successo qualcosa, e David voleva assolutamente chiarire la questione. E lo sapeva bene, benissimo, la questione era April. Senza ombra di dubbio.
-Oh.. beh.. suppongo di sì..- balbettò Spencer assumendo una buffa espressione.
Hotch tirò un'occhiata a David che gli stava sorridendo. Forse aveva capito. Forse poteva rimediare. Per sé e per April.
-Sì, forse porterò lei.. Ah, Reid.- continuò porgendogli la cartellina che poco prima aveva dato a David -..la potresti portare tu ad April? Ci sono dei fogli che deve firmare anche lei.-
-Ehm, Hotch..- incominciò Spencer fissando quella cartellina nera -..April abita a casa tua.-
-Lo so ma tornerò a casa molto tardi e non so se la trovo ancora sveglia.- sbottò Hotch facendo prendere la cartellina al ragazzo per poi uscire velocemente dall'ufficio del collega. Aveva compiuto la sua missione, ora stava solamente ad April e Spencer.
-Cosa.. gli è preso.- balbettò Reid guardando la porta della stanza di Rossi chiudersi alle spalle del proprio capo.
-Suppongo abbia deciso di dare una svolta- esclamò David guardando il ragazzo e sorridendo, prima di tornare ad osservare i fogli col discorso per il convegno.
Spencer guardò il collega con un'espressione di smarrimento in volto. E adesso come avrebbe fatto? Adesso avrebbe dovuto davvero affrontare April?
Sì, adesso avrebbe dovuto affrontare la propria vita.

Quella giornata lavorativa era davvero volata, quasi non le era sembrato di viverla.
Entrò nell'ascensore rovistando nella borsa in cerca delle chiavi della macchina. Doveva decidersi a ripulire quel bauletto perché era davvero diventata tale dalla quantità di roba che ci aveva infilato dentro! Con un ultimo sforzo tirò fuori le agognate chiavi mentre un sorriso si dipingeva sul suo volto, prima di notare che Jennifer si stava precipitando verso l'ascensore le cui porte si stavano chiudendo. Velocemente pigiò il bottone per far riaprire le porte e far entrare la collega che tirò un sospiro.
-Grazie.-
-Niente.- continuò a sorridere Emily -Ma tu non continui a fare un po' troppo tardi per essere diventata mamma?-
-Lo so ma quando mi trovo davanti alle cartelle di qualche caso così.. così..-
-..terrificante?- provò Prentiss.
-Esatto.- mormorò JJ -Non riesco proprio a lasciare il lavoro a metà..-
-Lo capisco, dobbiamo affrontare cose orribili.-
-Sì, e mi sento molto più al sicuro chiudendo un altro caso che dovendolo lasciare a metà.. così mi sembra di tenere più al sicuro anche Henry.-
Emily sorrise al vedere l'espressione dell'amica nel pronunciare il nome del suo piccolo: gli occhi le si erano illuminati e la voce era diventata un sussurro dolce.
Stava per chiederle del bimbo e di Will quando sentì il cellulare della collega suonare.
Jennifer prontamente lo tirò fuori dalla propria borsa ed Emily pensò a quanto quella ragazza fosse ben organizzata e a quanto un bambino doveva metterti di fronte al tuo giornaliero disordine, così tanto da desiderare un ordine assoluto.
La sentì parlare con serietà e professionalità per poi storcere la bocca appena ebbe riattaccato.
-Qualcosa non va?-
-Hotch mi ha chiesto di portargli.. questi fogli.- disse tirando fuori dalla borsa una cartellina trasparente e mostrandola alla collega.
-Non torna in ufficio?- chiese Emily sorpresa, uscendo dall'ascensore e avviandosi verso la propria auto.
-No, non vuole incontrare Reid, cioè.. gli ha detto di portare delle cose ad April perché lui non poteva.-
-Aspetta..- mormorò la mora cercando di fare mente locale -Che cosa?-
-Lascia stare.. fatto sta che ora si trova in un locale per cenare.-
-Beh..- incominciò cauta Emily, fermandosi visto che era arrivata alla propria macchina, -..se vuoi posso portarglieli io, così tu potrai tornare tranquillamente da Henry e Will.-
-Sul serio?- sorrise Jennifer porgendo subito la cartellina alla collega -Speravo me lo proponessi!-
-Non c'è problema per me.-
-Lo so.- finì JJ con un tono di voce che non piacque proprio ad Emily. Che cosa le era passato per la mente?!

Stava bevendo un martini al bancone del locale, aspettando che Jennifer lo raggiungesse così da poter prendere quella cartellina e poi andare al tavolo a cenare.
Gli era sempre piaciuto quel locale, era tranquillo e poco affollato e così poteva restarsene in pace a far scivolare i propri pensieri sulla sua anima così tormentata in quel periodo.
-Hotch.-
Appena sentì quella voce un sorriso si formò sulle sue labbra. Non poteva farne a meno.
Lentamente si girò ad incontrare quei pozzi neri nei quali, sempre più spesso, si ritrovava immerso a scoprirne le immense profondità.
-Emily, cosa ci fai qui?-
Sorrise a sentire ancora una volta il suo nome pronunciato da quella voce. Sempre più spesso ritrovava il proprio capo a chiamarla per nome. Ne era felice, sorpresa ma felice.
-Ho mandato JJ a casa, so che ti doveva portare questa.- spiegò porgendogli la cartellina.
-Sì, in effetti sì..- riprese il controllo di se stesso, assumendo il suo solito tono di voce pacato e serio -Grazie.-
-Niente.. comunque passavo di qua.- mentì spudoratamente mentre vedeva il proprio capo finire l'ultimo goccio di martini e alzarsi dallo sgabello sul quale era seduto. -Torni a casa?-
-No.- guardò l'orologio Hotch -Non posso rientrare, ho mandato Reid da April.-
-Ti sei convinto, allora?- incalzò Emily. Ricordava perfettamente come Aaron fosse scettico sul rapporto che poteva unire quei due, su tutte le difficoltà a cui aveva pensato e riflettuto. Già, ricordava perfettamente tutto questo e così era curiosa di sapere quel cambiamento di rotta.
Egoisticamente un sorrisetto comparve sulle sue labbra: che lei potesse entrare qualcosa in tutto questo?
A quella domanda Aaron puntò il suo sguardo sulla bella donna che gli stava davanti. Cosa poteva risponderle? Che vedere April affranta e distrutta dalla sua relazione con Spencer l'aveva fatto riflettere? E per riflettere intendeva scervellarsi non solo su quei due ma anche e soprattutto su una certa collega che gli invadeva la mente e il cuore?
-Suppongo che i sentimenti.. quanto più profondi sono, tanto più bisogna viverli.-
Quelle parole le suonarono come una dolce poesia, come una dichiarazione d'amore solo accennata ma condivisa da due paia di occhi che si osservavano muti, riempiendo quei silenzi che solo i loro cuori potevano condividere.

IMMAGINE

Era tardi, molto tardi.. e lui non sapeva davvero come comportarsi.
Era quasi mezz'ora che si trovava davanti alla porta di casa Hotchner, fermo, immobile, col cuore che gli palpitava in gola.
E se lei non avesse voluto vederlo? E se lei non avesse voluto parlargli?
Se era arrabbiata con lui?
Sospirò cercando di darsi forza. Era la quarta volta che lo faceva, che ci provava.. ma niente. Era ancora là, in piedi, con quella cartellina nera in mano.
Sentì un tuono in lontananza ma non ci fece caso, era troppo concentrato sui suoi pensieri. Così concentrato che non sentì nemmeno la serratura sbloccarsi e la porta, davanti alla quale si trovava, aprirsi.
Rimase con la bocca semiaperta e la cartellina in mano a svolazzare a mezz'aria.
-Credo che tra poco inizi a piovere.- mormorò April senza distogliere lo sguardo da quegli occhi da cucciolo che la guardavano fra il terrorizzato, il felice e il dolce. -Vuoi entrare.. Spencer?- balbettò, deglutendo a fatica.
Spencer continuò a guardarla con un miscuglio di sentimenti in corpo. Lei era lì, davanti a lui, che gli stava chiedendo di entrare. Nessuna lite, nessun urlo, nessuna arrabbiatura. Lei era lì e lo stava guardando con la stessa intensità che stava provando lui.
-Spencer..- provò ancora April, spostandosi di lato così da fargli posto per passare -..per favore, entra.-
Quelle parole furono come un comando per lui, si destò e con un sorriso imbarazzato entrò chiudendo la porta alle proprie spalle.
April gli fece strada fino al salotto e lì subito si sedette sul divano, portando il gesso del piede a poggiarsi sul tavolinetto davanti.
Spencer restò a guardarla mentre si sistemava prima di tossicchiare come a schiarirsi la voce -Hotch mi.. mi ha chiesto di portarti questa.- disse mostrando la cartellina.
-Hotch?- chiese alzando le sopracciglia mentre un sorrisetto le coloriva le labbra -Appoggiala pure sul tavolo, grazie.-
-Sì..- borbottò lui lasciando la cartellina, per poi puntare nuovamente il suo sguardo su April -Come.. come va?-
A quella domanda April sospirò chiudendo gli occhi, si stiracchiò il collo e si sistemò una coperta di cotone sulle gambe poi, aprendo le palpebre ma restando con lo sguardo basso su quella coperta azzurra disse, decisa, -Spencer, perché non ti fermi un po' qua con me?-
Spencer rimase, per la seconda volta in cinque minuti, con la bocca semiaperta. Questo non se lo aspettava.
Un sorrisino illuminò il suo volto. Quella ragazza riusciva a sorprenderlo sempre, era ogni volta una tappa nuova da scoprire, un'emozione diversa da provare. Fece qualche passo fino a raggiungere il divano, si tolse sciarpa e tracolla poggiandola in terra lì vicino e si sedette accanto ad April che era rimasta a fissare le mille sfumature di quella coperta.
Era sicura di star commettendo un errore. Lui era lì perché ce lo aveva mandato Hotch, non di sua volontà! E se, in realtà, non avesse voluto affatto vederla?
Sospirò lanciando una furtiva occhiata a quel ragazzo che le si era appena accostato. Ed ora?

Se ci pensava non riusciva nemmeno a ricordare come fosse finita a sedere a quel tavolo con davanti l'uomo di cui era innamorata. Perché ormai non poteva far altro che ammetterlo. Lei, Emily Prentiss, si era dannatamente e fottutamente innamorata di Aaron Hotchner.
Ricordava solamente che lui gli aveva detto di non poter tornare a casa per cena, che lei aveva dichiarato di non aver assolutamente nulla da fare e che, una parola tira l'altra, si erano ritrovati a cenare insieme in quell'elegante locale di Washington.
All'inizio si erano trovati un poco imbarazzati, consci che quella era la prima volta che rimanevano da soli extra-lavoro. La prima volta che cenavano insieme da soli. La prima volta che avevano un appuntamento. Perché, in fondo, di questo si trattava.. no?
Avevano subito sbloccato il ghiaccio ordinato qualcosa di semplice e leggero, da lì in poi la situazione era andata decisamente a migliorare. Si erano sciolti e avevano iniziato a parlare del più e del meno. Si ritrovavano spesso a guardarsi e allora a sorridersi imbarazzati. Così avevano iniziato a ridere e scherzare.
Si trovavano bene insieme, avevano una sintonia che là, fuori dal lavoro, si ampliava per scintillare di ebbrezza che gli faceva sentire la mente libera e leggera, come sospesa nell'aria.
-Sì, credo sia proprio un bambino adorabile.- sorrise Emily dopo che Aaron aveva appena finito di raccontarle un aneddoto carino sul suo Jack.
Era strano come si era ritrovato a parlarle della sua vita con una tranquillità e una serenità che credeva di aver perduto. Non pensava davvero di poter lasciarsi andare a quel modo con una persona, con una donna, con una collega.. con Emily. Davvero credeva che non sarebbe mai riuscito ad aprirsi così tanto, fino ad arrivare al punto di raccontare qualcosa di sé e della sua vita.
-E' un bambino tenero, prima era molto più vivace.. ora si sta un po' intimidendo.-
-Come il padre?- chiese Emily col sorriso sulle labbra.
-Forse.- prese un sorso di vino Aaron.
Già, forse. E già.. forse avevano bevuto un po' troppo per essere due colleghi a cena fuori.. per la prima volta.
-Ti manca molto, non è vero?-
-Sì. Vederlo ogni due finesettimana non è proprio il massimo ma è l'unico compromesso che Haley ha voluto accettare.-
-Mi dispiace.- sorrise tristemente Emily.
-Ma ormai Jack è l'unica cosa che mi manca.. sai che sto cercando un nuovo appartamento?-
-Sì, April mi ha accennato qualcosa..- mormorò lei ricordandosi della telefonata dell'amica nella quale prendeva spudoratamente in giro il poco gusto di Aaron nell'arredamento.
-E suppongo ti abbia anche detto che ho dei gusti orribile in fatto di arredamento..-
-Ah..- biascicò Emily. Decisamente presa alla sprovvista. -..beh, forse.-
Aaron sorrise distogliendo lo sguardo da quella donna che lo affascinava tanto -Magari riserbo gusti migliori per altro.-
Disse quella frase con tanta naturalezza che Emily si scoprì a pensare senza complicazioni che quelle parole fossero riservate a lei.
Lo disse e non si accorse di non aver minimamente pensato a qualcun'altra se non a lei.
Lo pensò e non si accorse di non aver minimamente calcolato che lui potesse non riferirsi a lei.

Terrore. Sì, esattamente terrore. Questa era la sensazione che si stava spargendo per il suo corpo.
Era stata una stupida! Una stupida! Come le era venuto in mente di far restare Spencer lì con lei? Cosa credeva di fare?
Stupida! Stupida! Stupida!
-April mi dispiace..- mormorò Spencer vedendo che lei non era intenzionata né a parlare né tantomeno a guardarlo.
Era terrorizzato. Decisamente terrorizzato. Terrorizzato che lei fosse arrabbiata con lui. Terrorizzato di averla delusa. Terrorizzato di perderla.
Si stava torturando le mani mentre si scervellava per riuscire a trovare qualcosa da dirle, qualcosa di sensato, qualcosa che lo potesse far perdonare, qualcosa che la facesse sorridere, qualcosa che la facesse stare bene.. non ci riusciva. Le uniche parole che gli venivano in mente erano quelle, e le ripeté -Mi dispace..-
Prima che potesse dire altro lei sbottò, di getto, -Facciamo il gioco del non so.- girandosi e guardandolo negli occhi.
Terrore.
Era terrore quello che vedeva nei suoi occhi?
Un'altra cosa stupida. Stupida! Si maledì ma continuò a guardarlo, a guardare quell'espressione da cucciolo.
Terrore.
Era terrore quello che vedeva nei suoi occhi?
Forse poteva farcela.
Sorrise scuotendo la testa. Non aveva mai fatto una cosa simile prima d'ora, sapeva che era molto in uso nei campus universitari per conoscere meglio le persone con cui si andava a vivere, ma lui davvero non aveva mai partecipato. Sapeva esattamente che farlo con April sarebbe risultato estremamente diverso che con chiunque altro. Sapeva che quel gioco voleva dire mostrare una parte di se stessi. Beh.. se non si mentiva. Ma lui non voleva mentire, non voleva assolutamente farlo con April.
-Vita.- disse infine proponendo un argomento del gioco.
April sorrise al vedere come lui avesse accettato quell'esprimere se stessi nella maniera più semplice e genuina che ci fosse: la sincerità. Ora doveva calmarsi. Lui aveva accettato, il primo passo era fatto. Non sapeva perché gli era venuto in mente quel gioco, non lo sapeva. Sentiva soltanto di voler sapere e allora gli aveva proposto il tutto in forma di gioco, ricordandosi dei tempi universitari. Ma sapeva esattamente che questo con Spencer non sarebbe stato affatto un gioco.
Adesso era in ballo.. doveva ballare.
-Rapito, picchiato e drogato.. la prima volta che ho rischiato la vita.- iniziò il ragazzo con aria triste, ricordandosi di quei momenti.
-Un.. s.i.?- chiese titubante lei.
Reid scosse la testa in segno affermativo. Aveva voluto affrontare quell'argomento per primo perché nonostante fosse un particolare della sua vita molto importante, non era il maggiore, non era quello che gli faceva più male raccontare. -Ma credo di aver corso un rischio maggiore per un attacco biologico.-
-Come?- chiese April spaventata.
-Non dovrei dirtelo, è stato tenuto tutto all'oscuro..- borbottò portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio -Ma è stato.. pesante. Sapere di star morendo senza poter veramente fare qualcosa..- deglutì mentre April lo guardava in silenzio. Poi quella frase, quella inaspettata frase che uscì dalla sua bocca come un segreto così caro da dover essere sussurrato con delicatezza. -Ho anche lasciato un messaggio per mia madre..-
A quelle parole April abbassò lo sguardo per poi muovere la sua mano verso di quella di Spencer e stringergliela delicatamente.
Sentì quel calore improvviso invadergli il cuore e capì che una reazione del genere non poteva che averla per qualcuno per il quale provava un sentimento profondo e radicato nell'animo. Fece scorrere il proprio pollice su quella mano dalla pelle bianca e sorrise mentre le guardava intrecciarsi con una naturalezza che credeva sconosciuta.
-Credo tu conosca già il caso peggiore in cui ho rischiato la vita..- abbozzò April constatando che era il suo turno -E devo ammettere che ho avuto più minacce in questo anno che lavoro per il Bureau che in tutto il resto della mia vita- si morse il labbro inferiore -Per il resto sono stata coinvolta in una rapina in banca.. vita avventurosa la mia!- ironizzò sorridendo dolcemente al ragazzo che la guardava con lo stesso sorrisetto sulle labbra.
Quel salotto sembra immerso in una magia nuova che ancora non aveva potuto conoscere appieno. I momenti di silenzio erano correlati da grandi e timidi sorrisi che si univano a sguardi furtivi e carezze in quelle due mani che continuava la loro lenta danza che parlava più apertamente delle loro bocche.
-Famiglia.- esclamò April per poi sospirare e cominciare lentamente -I miei sono morti in un incidente stradale quando era molto piccola, ricordo poco di loro.. Beh, sono cresciuta con mio zio, credo tu lo conosca.- ammiccò con un sorrisetto -Quando ero piccola il Bureau era una bocciolo che doveva ancora sbocciare, Jason aveva molto più tempo da dedicarmi.-
Ad ogni parola Spencer sentiva come quella curiosità, che aveva da sempre avuto da quando aveva scoperto che April era la nipote di Gideon, sparisse a poco a poco, come se, alla fine, non fosse poi così importante per lui sapere quelle cose. Quelle cose di un uomo che per lui era stato un punto focale, una bussola da seguire con attenzione.
-Quando dovette tornare ad insegnare i nostri rapporti si erano già un poco deteriorati. Io avevo scelto legge quando lui mi aveva faticosamente proiettato tutta la vita verso la conoscenza di psicologia.. credo sia stata dura per lui accettarlo. Fu quando tornò nel team che i nostri rapporti ripresero.. Aaron era diventato il nostro mediatore.- sorrise ricordando quei giorni -Poi non ce ne fu più bisogno. Infine quando trovai il lavoro a New York, riuscivamo a far coincidere bene i nostri orari e a vederci veramente molto più di prima, e lo facevamo entrambi felici e consenzienti- si strinse nelle spalle sospirando -Mi ha allevato lui.. come non ha potuto fare con suo figlio.-
Spencer la guardò mordicchiarsi il labbro. Jason era stato decisamente importante per lei. Jason era praticamente suo padre. Le strinse la mano sorridendole quando lei alzò lo sguardo ad incontrare i suoi occhi.
Si stavano dicendo tutto. In quel momento non erano importanti domande, gesti o quant'altro. In quel momento erano importanti le parole. Le loro parole. Le loro emozioni.
-Mio padre ci ha lasciati quando ero piccolo.. ma per quanto ora sappia che lui mi ha sempre voluto bene, che mi ha protetto, che mi ha seguito da lontano.. tutte le mie attenzioni e premure non possono che andare a mia madre- deglutì a fatica. Questo era davvero difficile per lui. -Non ho mai avuto molti amici e così sono cresciuto praticamente solo con lei che peggiorava ogni giorno che passava. Sono dovuto diventare grande in fretta, ho dovuto soccorrerla nel bisogno.. ma per quanto abbia fatto nulla sarà mai paragonabile a tutto l'amore, l'affetto, la dedizione, che mia madre mi ha dedicato. Ha vissuto per me, per farmi diventare quello che sono.-
-Credo che abbia fatto un ottimo lavoro.- sussurrò April senza alzare lo sguardo dalle loro mani fuse.
-Amore.- esclamò allora Spencer cambiando argomento. Voleva fuggire da quel discorso per lui così toccante e delicato e allora lo aveva fatto proponendo ciò che di April gli faceva più paura in quel momento.. voleva saper di Tom. Lui aveva bisogno di saperlo. Poi penso a sé. Biascicò incerto senza sapere realmente cosa dire, poi finalmente trovò -Beh.. credo che un'attrice abbia avuto una cotta per me.-
-Un'attrice?!- esclamò April mentre un sorrisetto furbo le si formava sulle labbra
-Sì beh.. le ho salvato la vita, credo che questo abbia influito su di lei nel vedermi..-
-Perché non semplicemente te stesso, Spencer?- domandò retoricamente April.
A quella frase Reid sorrise ricordando come Derek gli avesse detto la stesso cosa, anche se con parole diverse. Perché non si sarebbe potuta innamorare semplicemente di lui?
La guardò negli occhi. Era davvero questo quello che lei intendeva? Si morse le guancie mentre un dolce pensiero si insinuava nella sua testa.
-Credo che il mio ultimo ragazzo tu l'abbia conosciuto.- incominciò April vedendo che Spencer aveva finito il suo discorso.
-Tom Orson.- disse Spencer. Ecco, questo decisamente lo interessava.
-Esatto. E' stata una storia strana.. che è cominciata già finita.- mormorò serrando le labbra -Beh, per il resto storie molto scombussolate..-
Aveva già finito? Gli diceva così poco di Tom? Forse, allora, non era così importante per lei.. sorrise. Sorrise mentre lei continuava il suo discorso -.. Ricordo quando all'università un ragazzo molto carino mi invitò alla serata più importante di tutto il campus.. beh, per poi svelare pubblicamente come lui e un'altra ragazza avessero sopportato di andare a quella festa divisi ma che, alla fine, come nelle favole, si fossero rincontrati magicamente! Eh..- sospirò facendo spallucce.
-Questo direi che va nell'argomento "Imbarazzo".- ironizzò Spencer.
-Sì, direi anch'io..- biascicò April -E' stato così.. deludente. Poi davanti a tutti!-
A quelle parole Spencer sorrise a labbra strette. Doveva farlo, doveva dirlo -Davanti a tutti..- borbottò abbassando lo sguardo -Davanti a tutti lasciato nudo legato al palo della porta da calcio.-
-Oh..- mormorò lei guardandolo senza capire.
-Alexia Hisben era la ragazza più bella della scuola, aveva detto di volermi vedere dietro l'impianto sportivo.. beh, quando l'ho raggiunta non c'era solo lei ma tutta la squadra di football.-
April l'ascoltò con la pelle d'oca per poi sospirare e stringere di più quella mano che non accennava a staccarsi dalla sua.
Spencer alzò lo sguardo fino ad incontrare il dolce sorriso di quella ragazza che gli stava facendo battere il cuore a più non posso.
-Sono un po' stanca.. ti dispiace se..-
-Oh certo!- esclamò subito Spencer stringendo la mano di lei prima di lasciare la presa ed alzarsi in piedi -Scusa, io.. io vado.-
-No.- lo fermò la voce di April prima che lui afferrasse la sua tracolla abbandonata ai piedi del divano -Resta..-
Spencer la guardò muovendo la bocca come per dire qualcosa ma prima di farlo respirò profondamente -Mia madre mi leggeva sempre dei libri prima di addormentarmi-
-Potresti farlo per me?- sorrise lei andando verso l'angolo del divano e coprendosi meglio con la leggera coperta che aveva sulle gambe. -Beh, sempre che la tua voce non vada veloce come i tuoi occhi che scorrono sulle parole.- ironizzò.
-Credo di potercela fare.- esclamò allora lui sedendosi nuovamente sul divano e afferrando quel libro che aveva notato essere abbandonato sul tavolinetto davanti al divano.
Ian McEwan, Espiazione.

Aveva appena addentato il toast e stava per uscire di casa quando sentì dei passi pesanti scendere le scale. Tornò indietro e constatò che April stava scendendo e gli stava andando incontro.
-Già sveglia?-
-Già a casa?- ironizzò lei, riferendosi al fatto che non era tornato a cena quella sera.
-April sono in ritardo, devo andare..- tentò lui di uscire da quella conversazione.
-Non sei mai in ritardo, capo!- sorrise arrivandogli, finalmente, davanti.
-Ok, cosa c'è?-
-E me lo chiedi?- sbottò la ragazza guardando quell'uomo dal solito sguardo fisso e fermo -Perché tu, ovviamente, non sai chi è venuto a casa qui.. ieri sera.-
-Dovrei?- esclamò Hotch facendo finta di nulla e continuando ad osservare quella ragazza dallo sguardo ironico.
-Stai scordando la cartellina..-pronunciò allora April allungando una mano verso quella cartellina nera lasciata su un mobiletto all'ingresso -..con i fogli che ti dovevo firmare urgentemente..-
-Ahm..- continuò a guardarla negli occhi Aaron, afferrando quella cartellina -Certo, la stavo per prendere.-
-Ovviamente..- mormorò April sorridendo -Buon lavoro.. capo!-
A quel saluto Aaron sospirò scuotendo la testa. Quella ragazza a volte era impossibile!
Tornò nell'ingresso e aprì la porta di casa per poi, nuovamente, tornare sui suoi passi -Ah, signorina!-
A quella chiamata April si girò verso l'uomo con aria sorpresa. Adesso voleva dirle qualcosa?
-C'è un invito sul tavolo di cucina, è una serata dove dobbiamo andare.-
-Che vuol dire.. dobbiamo andare?- chiese titubante.
-Che sarai la mia accompagnatrice, la Strauss vuole che ci andiamo.-
-Certo, ora è colpa della Strauss..- sospirò lei scuotendo la testa.
-April?- disse Hotch guardandola seriamente.
-Sì?!-
-Tu verrai a quella festa!-
-Oh, non..- tentò di lamentarsi lei ma Aaron non le lasciò finire la frase che si era già precipitato fuori casa gridando, prima di chiudere la porta, -Buona giornata avvocato!-
April restò immobile sbattendo le sopracciglia. Dove sarebbe dovuta andare?!
Lentamente si diresse in cucina constatando che sul tavolo era abbandonata una grande busta bianca.
La osservò per qualche istante come aspettandosi che si muovesse da un momento all’altro poi, rapidamente, la prese e l’aprì notando come quella scrittura nera fosse così forbita anche visivamente.
Tutto quello non le piaceva affatto, una serata di gala proprio non le andava in quel momento.
Sospirò constatando che era richiesto abito da sera ma soprattutto sospirò vedendo che il penultimo intervento sarebbe stato fatto dall’Agente Rossi assieme al Dottor Reid.
Questo voleva dire che ci sarebbe stato anche Spencer.
La scorsa sera l’avevano passata a conoscersi, senza mai menzionare ciò che era accaduto fra di loro: il loro primo bacio, il rapimento di lei, l’angoscia di lui e il non vedersi fino a quella sera.
In quella serata di gala si sarebbero sicuramente rivisti ma non era certo il posto adatto dove chiarirsi. Cosa avrebbe dovuto fare? Doveva andare da lui prima di quella serata? Doveva chiarirsi con lui prima di rivedersi in un contesto che coinvolgeva un sacco di altre persone?
Proprio non lo sapeva.
Alla fine Spencer si era presentato da lei solo perché Hotch glielo aveva imposto, forse lui non voleva nemmeno rivederla, forse lui non voleva chiarire, forse lui voleva solamente scodarsi quello che era successo fra loro. Forse lui reputava che tutto quello che era accaduto era uno sbaglio.
Uno sbaglio.
Quella parola le risuonò nella testa all’infinito.
No, Spencer non poteva pensare una cosa del genere. Alla fine anche se da lei lo aveva mandato Hotch, era rimasto fino a tardi, aveva acconsentito a fare quello stupido gioco con lei, era stato sincero.. o almeno era quello che le era sembrato.
Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia accanto al tavolo, posando una mano sulla fronte.
Doveva smetterla di pensare troppo, non le faceva sicuramente bene!

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** 013b ***


Untitled Document

 

...

JJ sorrise aprendo la porta dell’ufficio di Aaron che si era appena destato dal proprio lavoro.
-Io allora vado a casa.. sicuro che per la serata del convegno non hai bisogno di me?-
-No, è tutto sistemato. Ho sentito April.-
-Come sta? So che le hanno tolto il gesso.-
-Sì, qualche giorno fa. Noi eravamo a Los Angeles.-
-Ricordo- mormorò Jennifer mentre le veniva in  mente tutto quel caso orribile che avevano affrontato là.
-JJ..- cominciò Aaron con una sorta di sorriso tirato sul viso -..salutami Harry e stagli vicino il più possibile quando puoi.-
A quelle parole Jennifer si sorprese, non se le aspettava dal suo capo. Sorrise dolcemente guardando quell’uomo e vedendo nei suoi occhi il riflesso di un padre innamorato dal proprio bambino.
-Ci vediamo lunedì allora.-
-Sì, saluta Will e non pensare al lavoro!-
-Ok, ci proverò.- esclamò lei uscendo da quell’ufficio e lasciando il proprio capo ad osservare dolcemente la foto di Jack mentre un sorriso vero si impadroniva delle sue labbra illuminando quel volto solitamente così serio.

Si svegliò di soprassalto balzando a sedere sul letto.
Le ci volle un attimo per capire che era nella sua stanza a casa di Aaron.
Cercò di respirare ritmicamente per riprendere il controllo di se stessa mentre si passava una mano sulla fronte imperlata di sudore.
Da quando era stata rapita almeno una notte a settimana aveva degli incubi ricorrenti che terminavano sempre nello stesso modo: un uomo riverso nel proprio sangue, morto.
Si districò i capelli mentre i suoi occhi si socchiudevano stanchi.
Sapeva benissimo che quell'uomo che vedeva in sogno non era un uomo qualunque ma era Sebastian Jenkins.
Sebastian Jenkins.
Il suo rapitore.
Il suo torturatore.
L'uomo che aveva ucciso.
Riusciva a ricordare ogni singolo istante passato assieme a quell'uomo ma soprattutto riusciva a ricordare perfettamente il suono sordo della pallottola che usciva dalla canna della pistola per centrare la carne viva e vibrante di Jenkins.
Non aveva mai sparato prima di allora. In realtà.. non aveva mai toccato una pistola.
Sospirò.
Sapeva di aver fatto la cosa giusta. Sapeva che se non avesse sparato quell'uomo avrebbe fatto del male a Spencer e poi a lei. Lo sapeva benissimo. Lo sapeva ma questo non le impediva di sognarsi quel corpo inerte, abbandonato a se stesso.. ormai morto.
Credeva che quegli incubi sarebbero passati col tempo ma più andava avanti e più sentiva una morsa allo stomaco che le attanagliava l'anima.
Aveva ucciso un uomo.
Lei aveva ucciso un uomo.
Per quanto quell'uomo fosse meschino, brutale.. per quanto l'avesse picchiata, torturata.. per quanto meritasse di morire.. lei si sentiva in colpa.
Pietà.
Era stata questa la sensazione che aveva provato lì per lì, vedendo quel corpo morto, ormai senza vita.
E adesso? Adesso cosa provava?
Non lo sapeva. Il suo corpo era avvolto da un misto di sensazioni scombussolate, contrastanti.. ingannevoli.
Tornò a distendersi sul letto, lasciando che la sua nuca si poggiasse delicatamente sul morbido cuscino.
Forse anche tutto quello sarebbe passato.
Forse avrebbe dovuto solo aspettare.
Forse avrebbe dovuto solo parlarne.
Forse avrebbe dovuto solo aspettare la persona giusta che la facesse sentire bene.
Forse.
Forse.

 

-Reid.- chiamò David guardando il ragazzo sprofondato nella poltrona di pelle marrone che faceva da arredamento a quella stanzetta dov'erano chiusi a riguardare le ultime cose per il discorso del convegno. Lo vide mordersi il labbro inferiore e continuare a fissare il foglio della loro relazione lasciato abbandonato sulle sue gambe. Quel ragazzo decisamente non stava leggendo quella cosa. Cosa gli passava per la testa?
-Reid!- provò ancora, stavolta con un tono di voce più alto, tanto che fece sobbalzare il giovane ragazzo.
-Scusami, stavo pensando.-
-E non alla conferenza.-
-Stavo pen.. come?- si riscosse Spencer fissando i suoi occhi sulla figura di David che si era appollaiato sulla bella scrivania di legno appena davanti alla poltrona.
-Non stavi leggendo il discorso della conferenza e decisamente non ci stavi nemmeno pensando.-
-Ho una memoria eidetica.- ribatté.
-Sì, certo..- mormorò David scendendo dalla scrivania e posandovi sopra il suo foglio della conferenza.
Al vederlo Spencer sospirò portandosi una mano alla tempia.
-Tu lo farai, vero?-
-Dipende a cosa ti riferisci. Di sicuro non ti lascerò nuovamente raccontare qualche barzelletta!-
Reid scosse la testa mentre vedeva Rossi sogghignare. Quell'uomo aveva decisamente capito a cosa si riferisse.. perché continuare a torturarlo a quel modo? Perché fargli dire quello che lui aveva già capito? Perché farglielo ammettere?
-Tu mi lascerai solo con lei, non è vero?- sospirò.
A quella domanda Rossi si fermò, dandogli le spalle, proprio davanti alla porta che li divideva dalla grande stanza nella quale si sarebbe tenuta la conferenza.
-Perché non sei mai stato a trovarla, Spencer?-
Reid inclinò un sopracciglio, come diavolo faceva a saperlo? Scosse la testa farfugliando qualcosa.
-Perché?- chiese ancora Rossi girandosi verso il ragazzo e puntando i suoi occhi penetranti in quelli spauriti di lui.
-Tom, il suo ex, era con lei all'ospedale.. mi ha chiuso la porta in faccia.. credevo che lei volesse stare con lui.-
-Stupidaggini.-
-Come?-
-Prova a darmi la risposta giusta, Spencer!- batté il pugno sulla scrivania scuotendo la testa.
Sospirò facendo un giro su se stesso e portando la mani alla testa.
-Solo allora, magari, ti lascerò fare l'esatto opposto di quello che vuoi veramente.. prima tenterò di farti cambiare percorso.-

-Finalmente sei pronta!- esclamò la bella donna castana ad Emily che era appena uscita dalla propria camera con addosso un bel vestito porpora.
-Siamo in anticipo di quasi un'ora, mamma!-
-Emily.- esclamò la donna afferrando i propri occhiali -Sono un'ambasciatrice, una figura di spicco.. odio essere in ritardo.-
-Sì, certo.- roteò gli occhi Emily sospirando prima di andare verso il divano per recuperare la propria borsetta.
Era sempre stato burrascoso il rapporto con sua madre e rivederla così all'improvviso la faceva catapultare nuovamente all'età di sedici anni e a tutti i problemi che aveva dovuto affrontare.
Quando la settimana scorsa aveva ricevuto la telefonata dall'ambasciatrice si era sentita onorata per il fatto che avesse scelto lei come accompagnatrice poi aveva ripensato all'ultima volta che si erano viste, a quel caso che avevano affrontato insieme.. e allora si era sentita un po' di più sua figlia.
Non si vedevano spesso ma negli ultimi tempi avevano iniziato a riallacciare un po' di più i loro rapporti e a coltivarli.. beh, almeno per telefono.
Ritrovarsela davanti però faceva un altro effetto.
Doveva ammetterlo, sua madre non sarebbe mai cambiata, non avrebbe mai abbandonato il suo sarcasmo, la sua determinazione e la sua alta opinione di se stessa. Beh, quest'ultima almeno in presenza degli altri. Non poteva mai farsi vedere vacillante. Nemmeno un attimo.
Sospirò vedendo come la madre teneva la porta del suo appartamento spalancata, aspettandola sull'entrata.
Scosse la testa sorridendo prima di arrivare da lei, chiudere la porta a chiave e avviarsi a quella serata di gala.
No, non sarebbe mai cambiata.

Non sapeva davvero da dove iniziare ad elencare tutte le cose negative che quella serata poteva portarle così decise, semplicemente, di non pensarci. Già, di non pensarci e così di non stressare Aaron per il fatto di averla costretta a indossare delle scarpe con un poco di tacco che le stavano facendo sputare anche l'anima e, essenzialmente, per averla costretta ad andare a quella serata.
Si sentiva fuori posto. Non era affatto abituata a serate mondane!
No, non lo era proprio. La cosa più vicina a quella serata alla quale aveva partecipato era stato sicuramente il ballo del college. Decisamente.
E decisamente stava meglio senza dover elargire sorrisi a destra e a manca senza nemmeno sapere a chi stava realmente sbattendo le palpebre in un'espressione fra l'idiota, il dolce e il rassegnato.
-Una volta eri più brava a fingere.- le sussurrò Aaron.
-Perché adesso non mi sto impegnando.- ammiccò April assumendo un'aria leggera e felice.
-Guarda che il bello deve arrivare, siamo appena arrivati.-
-Lo so.. ed è questo che mi spaventa.- sospirò puntando gli occhi in quelli di Aaron che la stava guardando con fare ilare.
-Ma dai! Sei anche stupenda stasera!- esclamò l'uomo guardandola mentre si sistemava il vestito nero lungo con un grande scollo sulla schiena e un bel punto di seno.
-Oh certo!- sbottò April sorridendo però all'uomo che le stava davanti. -Andiamo a prendere da bere che è meglio.-
Aaron la guardò allontanarsi e dirigersi verso il bancone del bar sistemato in fondo ad un'enorme sala dal pavimento a mosaico. Era davvero diventata una bella donna. Sicuramente non era una di quelle ragazze perfette che ti giravi ad osservare anche se sapevi che il loro quoziente intellettivo non superava la cifra unica, ma era decisamente una donna affascinante e i sorrisi che regalava la facevano apparire come una delle persone più gradevoli che conoscesse. E lui aveva conosciuto moltissime belle donne.
April rientrava in quella rara categoria di donne che lui stimava davvero.
L'osservò ancora per qualche secondo prima di tornare al suo fianco ed afferrare il bicchiere di spumante che lei gli stava porgendo.
-Tu non mi lascerai sola un attimo, capito?-
A quelle parole Hotch scosse la testa increspando le labbra in un sorriso -Paura dei pescecani che ci saranno stasera?-
-Non mi ci far pensare.- sospirò April.
-Non sei mai stata il tipo da farsi impressionare.-
-Uhm.- sbuffò lei alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto -Diciamo che non sono nella condizione migliore.-
Aaron fissò gli occhi su quella figuretta che stava osservando un punto imprecisato del pavimento e sentì una strana sensazione di dolcezza pervadergli il corpo. Quella ragazza lo aveva colpito più a fondo di quanto credesse, lui ci teneva veramente. Non gli importava più di poter sembrare un rimpiazzo, non gli importava più di nessun Gideon. Lui voleva semplicemente bene a quella ragazza come lei ne voleva a lui. Tutto qui, nella sua semplicità.
Sospirò portando una mano sulla spalla della giovane donna che gli stava di fianco -Probabilmente dovresti risolvere.. l'intoppo.-
A quelle parole April si girò verso di lui con aria sorpresa. Credeva che Aaron fosse contrario ai sentimenti che lei provava verso Spencer. Ne era certa ma.. ma mai si era sbagliata così tanto. Quello che vedeva adesso negli occhi di quell'uomo era tutta la comprensione di qualcuno che provava la stessa cosa. La stessa identica cosa.
-Se io risolvo il mio..- incominciò titubante -..tu risolverai il tuo?-
Era una promessa quello che gli stava chiedendo.
La promessa che non si sarebbe opposto ai suoi sentimenti.
-Credo che dovrei farlo.-
Al sentire quella frase appena sussurrata April sorrise. Forse si erano davvero decisi ad affrontare le loro vite? I loro cuori?

Non sapeva esattamente come mai si sentisse così dannatamente agitata. Lo era stata per tutto il giorno, era stata di una sbadataggine irreale che proprio non le donava.
E tutto per quella sera. Sì, questo lo sapeva bene. Sapeva che la causa di tutto era quella stupida serata alla quale doveva forzatamente partecipare per colpa di sua madre.
Sospirò sistemandosi il vestito rosso, prima di notare l'occhiataccia che l'ambasciatrice le stava rivolgendo. Sorrise forzatamente al gruppetto di persone che la madre le aveva presentato e che si stavano dilungando su discorsi economici di cui proprio non le interessava nulla.
In fondo alla sala intravide la figura di Morgan che stava ridendo felice assieme ad Alexis ed altre persone. Almeno lui si stava divertendo!
Tirò le labbra ancora di più dischiudendo la bocca al pensare a come il collega si fosse lasciato coinvolgere in una relazione un poco più stabile rispetto al suo solito. Con Alexis Derek aveva trovato una stabilità che gli stava riempiendo le giornate di nuovi sorrisi.
Ed Emily lo invidiava. Ma non per l'affetto che provava verso quella ragazza, bensì per il modo così naturale col quale si era lasciato andare, col quale aveva deciso di avventurarsi in una relazione che stava procedendo a piccoli passi verso un futuro che si prospettava radioso.
Lui si era lasciato coinvolgere.
Lui non aveva rinnegato i propri sentimenti.
Lui aveva agguantato il suo treno e stava correndo a testa alta verso la sua vita.
-Oh, Emily per queste cose è magnifica!- esclamò l'ambasciatrice, destandola dai propri pensieri.
Puntò il suo sguardo in quello della madre mentre faceva un cenno negativo con la testa. Non sapeva assolutamente di cosa stavano parlando. Non aveva ascoltato nulla e, sinceramente, non era nemmeno intenzionata a farlo.
-Magnifica.- mormorò una voce da dietro che la costrinse a girarsi e, appena lo fece, i suoi occhi brillarono di nuova luce.
Il suo principe azzurro era arrivato a salvarla dai brutali mostri!
A quel pensiero Emily sorrise e abbassando lo sguardo ringraziò.
Ringraziò. E tutti pensarono che fosse riferito al complimento. Solo due persone aveva davvero capito. La principessa stava ringraziando il suo bel principe di averla tratta in salvo.
-Vogliate scusarmi..- disse prima che qualcuno tornasse sull'ignoto argomento precedente e, prendendo a braccetto il proprio capo, si diresse nel punto più lontano da dove si trovava sua madre assieme a tutti i suoi noiosissimi amici.
-Sembrava tu ti stessi divertendo.- disse Aaron non appena raggiunsero dei divanetti.
-Sbaglio o era ironia, quella?- esclamò Emily sorridendo.
Ne era sempre più convinta. Aaron Hotchner si stava pian piano sciogliendo.

Vagò con lo sguardo per la stanza che si stava riempiendo di gente ben vestita coi bicchieri colmi di prosecco.
Vagò con lo sguardo per la stanza, inconsapevolmente in cerca di due paia di occhi da cucciolo.
Quando se ne accorse fermò immediatamente la corsa folle delle sue pupille e, sospirando, chiuse le palpebre cercando di riprendere possesso della sua persona, cercando nuovamente la supremazia del cervello e non quella del cuore.
Respirò profondamente per darsi coraggio prima di aprire gli occhi e ritrovarsi davanti, in lontananza, l’immagine nitida di quegli occhi castagna che la stavano osservando silenziosi.
Appena la vide girarsi verso di lui, assunse quella sua buffa espressione data da un goffo sorriso sincero e dalle guance colorite di un lieve rossore.
Sapeva esattamente che non sarebbe più riuscito a staccarle gli occhi di dosso. Era come una calamita per lui.
E le parole di Rossi continuavano a rimbombargli nella testa.
Stupidaggini! Prova a darmi la risposta giusta, Spencer! Solo allora, magari, ti lascerò fare l'esatto opposto di quello che vuoi veramente.. prima tenterò di farti cambiare percorso.
Lui sapeva quale era la risposta giusta? Lui la sapeva? Il suo cervello in quel momento, per la prima volta si ritrovava senza una spiegazione ovvia, senza un responso. Lui non conosceva la risposta a quella domanda. O meglio.. il suo cervello non la conosceva ma il suo cuore aveva già da tempo trovato la soluzione a quel quesito.
-La sciuperai a forza di fissarla a quel modo!- esclamò una voce ilare da dietro il ragazzo che subito si girò incontrando il bel sorriso del collega di colore.
-Ehm.- si schiarì la voce Spencer prima di abbozzare un timido: -Fissare chi?-
A quelle parole Derek scosse la testa rassegnato. Non c’era niente da fare, quando ci si metteva quel ragazzo era più duro di un mulo!
Cercò qualcosa di sensato da dirgli, qualcosa che gli facesse capire cosa si stava perdendo a comportarsi in quel modo stupido, ma le parole gli morirono in gola e il sopraggiungere di Alexis lo fece desistere dal parlare con l’amico di quell’argomento così delicato.
-Ciao Spencer!- sorrise Alexis prendendo a braccetto il suo cavaliere –Ho sentito la relazione tua e di Rossi, siete stati davvero magnifici.. mi ha sempre affascinato la psicologia!-
-Grazie.- disse subito Reid, felice che l’arrivo della ragazza avesse spezzato qualsiasi intenzione dell’amico che continuava, però, a guardarlo serio in volto.
-In queste cose è bravissimo.- intervenne Derek calcando le prime parole. In qualche modo doveva fargli capire che sotto l’aspetto di vita vera, la sua vita, stava sbagliando.. e lo stava facendo di grosso!
Alexis vagò con lo sguardo da uno all'altro mentre i due si stavano osservando senza dire parola, non sopportava di essere trattata come una di troppo ma soprattutto non sopportava due persone che avevano tante cose da urlarsi in faccia ma che non lo facevano.
-Credo che qualcuno mi debba portare un drink!- esclamò posando una mano sull'avambraccio di Derek che subito le sorrise portando una mano alla fronte.
-Certo capo!- esclamò dirigendosi verso il bancone degli alcolici.
-Siete molto carini assieme.- borbottò Spencer mentre una strana tristezza aveva invaso il suo animo. Non era affatto abituato a quei discorsi tanto duri con Derek ma soprattutto non era abituato ad ignorarlo. Forse la sua mente sapeva esattamente che quello che l'amico gli stava dicendo era giusto.. ma adesso, proprio, non riusciva a capacitarsene.
-Carini è quasi un'offesa.- ironizzò Alexis, osservando meglio il dottore che si ritrovava davanti.
Dopo il caso in cui era stata coinvolta la sua società, le era capitato di dover passare molto tempo assieme all'avvocato Johnson e così, una cosa tira l'altra, aveva imparato a conoscerla semplicemente come April. Avevano iniziato a parlare di loro stesse, a svelarsi e a ritrovarsi amiche. Solo per questo, adesso, poteva dire di vedere sotto un'altra ottica quel ragazzo che le stava davanti guardandola con una buffa aria imbronciata.
Respirò profondamente prima di portare l'indice sul mento di Spencer e mormorare -Carini direi che sareste tu e.. la ragazza che mi sta alle spalle, non è vero?-

Guardò dritta davanti a sé e vide due occhi impauriti fissarla. Inclinò la testa ed osservò quella scenetta con aria stralunata. Cosa diamine stava facendo Alexis? Perché, anche se con i capelli lisciati, poteva giurare che la ragazza che si trovava davanti a Spencer fosse proprio Alexis.
-Non chiederlo a me.- sentì esclamare Derek mentre le si affiancava con due bicchieri di spumante in mano.
-Cosa?- domandò distogliendo lo sguardo e facendo miseramente finta di non essere interessata a quel certo dottore che si ritrovava troppo spesso ad osservare.
-Prima o poi mi dovrete spiegare tutti con chi credete di parlare..- scosse la testa sospirando.
A quella frase April si girò ridacchiando -Con un bravissimo profiler che sa esattamente il perché delle nostre finte risposte.-
-Quindi lo sapete anche voi di star commettendo sbagli su sbagli.- esclamò con quel tono di voce misto fra l'ironico e il serio. L'avevano buttata sullo scherzo ma sapevano benissimo che quella era conversazione molto seria.
April stette qualche secondo in silenzio con la faccia di una che sta pensando alla cosa giusta da dire poi, portando una mano ad afferrare uno dei due bicchiere di spumante di lui, disse: -Beh, mi piacciono le cose complicate!-
Derek scosse la testa sorridendo, mentre la guardava allontanarsi verso una stanzetta laterale. Quella ragazza sapeva esattamente cosa stava facendo, sbagli e non. Lo sapeva ma andava dritta verso il suo futuro cercando di limitare i danni. E col suo bicchiere di spumante in mano.

Non capiva come potevano essere arrivati a quel punto. Loro due, da soli, a chiacchiere delle proprie vite e dei propri interessi.
Era una magia che si stava ripetendo per la seconda volta dopo quella sera a cena insieme.
-Immagino sia difficile ripartire da capo ogni volta.- disse Aaron più riferito alla loro situazione che a quella fra Emily e sua madre di cui stavano parlando.
-Vedendoci molto poco e non essendo mai state in buoni rapporti.. credo sia normale.- alzò le spalle la donna per poi poggiarsi meglio sullo schienale del divanetto dalla federa blu sul quale erano seduti ormai da un bel po' di tempo.
-Spero che non diventi così fra me e mio figlio.-
-Oh, non hai di che preoccuparti. Sei un padre fantastico.-
-Che pensa troppo al lavoro.- si rimproverò da solo.
Emily lo guardò qualche attimo prima di rispondere, -Lo fai per lui. Per rendere questo mondo un posto migliore dove lui possa vivere.-
Alzò lo sguardo sulla figura di quella donna che riusciva a capirlo più di quanto sua moglie era riuscita a fare in tanti anni di matrimonio. Si sorprese a paragonare le due ma approfondendo l'argomento arrivò alla conclusione che Haley ed Emily non avevano proprio nulla in comune. Erano due caratteri diversi e due bellezze diverse. Ed Emily riusciva ad incastrarsi nella sua personalità molto meglio rispetto ad Haley.
Sospirò. Non sapeva perché quei ragionamenti assalivano il suo cervello proprio in quel momento, quando poteva sfruttarlo al massimo per stare assieme alla donna che riusciva a regalargli sorrisi sconosciuti. Beh, forse anche lui si era stufato di alludere a qualcosa che poteva esserci ma che, in affettivo, non c'era. Doveva proprio darsi una svegliata e far diventare realtà quello che la sua immaginazione sognava da tempo.
Emly accavallò le gambe notando come lui si fosse estraniato nel proprio mondo. Avrebbe pagato oro per sapere almeno qual'era l'argomento dei pensieri dell'uomo che le stava davanti. Avrebbe davvero pagato oro.
-Beh.- interruppe il silenzio che si era creato fra loro -Devi sempre dirmi qual'era l'argomento di cui stavano discutendo gli amici di mia madre prima che tu intervenissi a salvarmi dalle loro grinfie.- scherzò.
-Non capisco di cosa stai parlando.- fece finta di niente lui, mentre il suo sguardo si spostava dal pavimento di cotto agli occhi color pece di Emily.
-Ohh, Aaron Hotchner!- esclamò la donna contrariata -Necessito di sapere per quale motivo sarei meravigliosa!- disse con finto tono autoritario.
E a quel punto, a quelle parole, a quel comportamento solare, a quella bellezza acqua e sapone, Aaron non seppe proprio resistere.
-A far sentire bene le persone.- sussurrò lasciando che i suoi occhi fossero così catturati dallo sguardo di lei che si animava di un sorriso delicato che aveva tutta l'aria di provenire dal cuore. Come le semplici e chiare parole che lui le aveva dedicato.

Sentì una morsa allo stomaco appena intravide quel vestito nero che cadeva a pennello su quel corpo che ormai credeva di conoscere a memoria. La presa si irrigidì appena la vide portare il bicchiere di spumante a sfiorarle la bocca e inumidirle le labbra.
Distolse lo sguardo mentre un brivido gli percorreva la schiena.
Respirò profondamente cercando di riprendere il controllo di se stesso. Da quando il suo cervello perdeva la padronanza di se stesso? Da quando era scavalcato da qualcosa che decisamente non riusciva a dominare? Da qualcosa di tremendamente affascinante?
Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di decidersi a colmare quella breve distanza che lo divideva dall'oggetto dei suoi desideri.
-Bello, non trovi?- disse cercando di non balbettare e fissando il suo sguardo sul quadro appeso alla parete che la ragazza stava osservando da qualche minuto.
-Adoro le tele che rappresentano l'infuriarsi delle onde del mare.- mormorò April senza girarsi ma continuando ad osservare quella tempera bluastra.
Poteva riconoscere quella voce fra mille, avrebbe sempre saputo a chi apparteneva.
Continuarono a stare in quella posizione per qualche attimo, come se quel quadro li potesse svelare il mistero delle loro vite e della loro incapacità ad amarsi davvero.
Potevano sentire il proprio profumo, i propri respiri e il calore della loro pelle senza nemmeno sfiorarsi, solo standosi vicino e immaginandosi in peripezia fra quelle onde. Insieme.
Fu quando April abbassò il braccio col suo bicchiere di spumante che i loro corpi si sfiorarono davvero, portandoli velocemente alla realtà di una stanza immersa di persone che cercavano di scavalcarsi a vicenda mostrandosi migliori degli altri.
Si girarono l'uno di fronte all'altra mentre i loro occhi si decisero ad incontrarsi e fondersi in una danza sconosciuta di cui tutti gli altri erano ignari. Solo loro due ne conoscevano i passi.
-Come va il piede?- ruppe il silenzio Spencer.
-Meglio..- balbettò April bevendo un altro sorso del suo spumante ormai sciapito -..con questi tacchetti cerco di non pensare al dolore.-
-Vuoi sederti?- le chiese mentre la sua mano si posava, automaticamente, sulla sua schiena come per incoraggiarla a camminare in direzione di un piccolo divanetto lasciato libero.
Spencer sorrise mentre sentiva la seta leggera del vestito di lei premere sul suo palmo.
Non avrebbe mai scordato la sensazione che quella sera gli lasciò addosso.
April lasciò che la mano di lui facesse pressione sulla sua carne prima di muovere il primo passo per andare a sedersi.
Non avrebbe mai scordato la sensazione che quella sera le lasciò addosso.

IMMAGINE

"L'amore è come un'alga sulla superficie di uno stagno: anche se la scosti nulla le impedirà di tornare a galla" Anonimo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** 014a ***


Documento senza titolo

Salve a tutti! Solo una piccola nota... mi scuso con tutti voi che avete seguito la mia storia, che avete commentato (<3), che avete letto... perché sono stata davvero troppo tempo senza pubblicare ma non riuscivo più a scrivere nonostante sapessi benissimo cosa dovevo fare e come si dovesse concludere la storia. Per questo vi chiedo davvero scusa! Ora vi lascio agli ultimi capitoli della mia piccola storia a cui sono tanto affezionata *-*



CM 014

 

"Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare" Seneca.

Scese a passi svelti nell'open-space e salutò con un cenno della testa i propri colleghi avvicinandosi alle loro scrivanie. Non fece in tempo a guardare l'orologio che sentì le porte dell'ascensore aprirsi e subito alzò la testa e si diresse verso quella ragazza che aveva appena messo piede nella sede operativa dell'FBI.
-April, tutto ok?- chiese avvicinandosi alla ragazza e afferrando la sua valigetta dove teneva tutti i fogli del proprio lavoro.
-Aaron..- sospirò lei raggiungendo la propria scrivania e sorridendo agli altri colleghi -Sono due giorni che non vivo più da te e in questi due giorni ti ho sempre avuto tra i piedi a casa mia, quindi.. sto decisamente come ieri. Bene, grazie.-
A quelle parole Aaron le tirò un'occhiataccia -Avvocato Johnson, credo che lei si stia prendendo un po' troppe libertà!- ironizzò.
-E tu continui ad essere fin troppo protettivo.- giunse dalle loro spalle la voce di David.
-Ok, mi arrendo! Ma..-
-..ma oggi è un giorno speciale!- prese la parola Emily vedendo il proprio capo in una dura lotta fra l'Aaron professionale lavorativo e l'Aaron spensierato casalingo.
-April è tornata a lavorare sul campo!- esclamò Jennifer sorridendo alla ragazza e abbracciandola.
-Siamo contenti di riaverti fra noi.- le sorrise Derek.
-Grazie! Ma ora vediamo di cominciare a lavorare o mi farete arrossire!- borbottò April già abbastanza emozionata per l'affetto che i suoi colleghi nonché amici le mostravano sempre. Tirò un veloce sguardo a Spencer che se ne era sempre stato seduto alla sua scrivania osservando la scena in silenzio e uno strano senso di benessere le invase il corpo.
Perché diavolo non riusciva ad essere arrabbiata con quel ragazzo? Eppure lui non si era fatto più sentire se non qualche giorno addietro e anche se poi era stato molto carino con lei.. doveva pur sempre farsi perdonare tutto quel lungo periodo nel quale l'aveva lasciata a se stessa a pensare a quello che era accaduto prima del suo rapimento. In realtà, a pensarci bene, non che poi avessero messo in chiaro le cose.. anzi, la situazione continuava ad oscillare nel surreale. Cosa rappresentavano, davvero, l'uno per l'altra?
-Ehi voi, per quanto volete bighellonare ancora?!- la voce di Penelope la risvegliò dai suoi pensieri, velocemente salutò la collega e con gli altri si avviò nella sala riunioni.
Avevano un nuovo caso di cui occuparsi.
-Ho caricato tutto come mi hai detto.- informò Penelope JJ che aveva appena acceso lo schermo del televisore.
-Benissimo, grazie.- disse Jennifer prima di iniziare ad illustrare il caso -Non ci muoviamo, siamo a Washington. Quattro vittime e due ritrovate stamani in due posti diversi, uccise a distanza di qualche ora.-
-Due uomini e due donne?- chiese Emily osservando le immagini sullo schermo mentre accanto a lei April prendeva appunti.
-Sì. Marito e moglie dirigenti di un'azienda familiare e due colleghi che lavoravano in uno studio privato.-
-Che genere di studio?- domandò Hotch cercando nel dossier.
-Un grande studio medico che oltre ai normali medici di famiglia possiede anche una parte dedicata a terapeuti specifici. Le due vittime appartenevano a questo ramo.-
-Uccise con uno sparo alla nuca quando le vittime erano in ginocchio.. sa tanto di bande.- esclamò Morgan.
-I terapeutici potrebbero entrarci ma per l'azienda familiare.. beh, se avessero avuto merce di contrabbando..- pensò ad alta voce Reid.
-Dobbiamo capire qualcosa di più. Prentiss con me nel luogo dell'omicidio di Mel Caraway. Rossi, Morgan e Reid all'omicidio di Broke Finnigan. Penelope cerca di scoprire più cose possibili sull'azienda dei Cohen. Johnson e Jereau al distretto di polizia.- finì Hotchner chiudendo la cartellina e alzandosi dalla sedia per dirigersi, seguito dal resto del team, ai doveri del proprio lavoro.

Era dannatamente nervoso. E non poteva fare a meno di roteare gli occhi su ogni singolo componente della squadra. Tutti tranne lei. Era il suo modo per non concentrarsi sulle sensazioni che quel giovane avvocato emanava su di lui.
Di nuovo sul campo. Di nuovo al suo fianco per affrontare un nuovo serial killer.
E lui non poteva che preoccuparsi.
Ogni particella del suo corpo si sarebbe schiacciata su di lei per proteggerla da qualsiasi cosa, ma sapeva esattamente di aver perso il diritto per tutto ciò nel momento stesso che aveva deciso di non andarla più a trovare durante quel lungo periodo di degenza all'ospedale e poi a casa Hotchner.
Hotch, già.. c'era voluto addirittura lui perché si decidesse ad andare da lei, a parlarle.. anche se di ben altre cose.
Si sentiva stupido.
Dannatamente stupido.
Come aveva fatto a perderla così? Cosa gli aveva detto la sua testa quando lo sguardo di Tom Orson gli aveva riso negli occhi? Cosa aveva pensato il suo cervello quando la figura di April era stata cancellata dalla sua vista dalla porta che si chiudeva velocemente grazie alle mani di quell'astuto avvocato? Cosa?
Spencer non riusciva a darsi una risposta.
Reid non riusciva a darsi una risposta.
Né il ragazzo né il genio riuscivano davvero a capirsi fino in fondo.
Sospirò mentre saliva in macchina con Morgan e Rossi.
Sapeva che non poteva nascondere nulla a quei due e così non si arrischiava nemmeno a provarci. Cercava solamente di vivere quei momenti il più concentrato possibile sul caso ma il volto di April dominava la sua testa e lui proprio non riusciva a smettere di pensarla. E forse, forse nemmeno lo voleva.
-Broke Finnigan è sulla quarantina, è figlia di un primario, benestante.- sentì la voce di David arrivare alle sue orecchie dai sedili davanti.
-Niente che coincida con la Signora Cohen.-
-A parte l'età.- intervenne Reid cercando di concentrarsi sul discorso -In più ho notato che entrambe sono more con occhi scuri.-
-Potrebbe essere una coincidenza come un fatto portante.-
-Gli uomini però sono completamente diversi anche fisicamente. Non hanno nulla in comune.- precisò Derek.
-Già..- biascicò Spencer poggiando una mano al finestrino dell'auto e lasciando che il suo sguardo vagasse sulla strada che scorreva veloce sotto i suoi occhi.
Sarebbe venuto a capo di tutto quello. In qualsiasi modo.. ma ci sarebbe riuscito.

Proprio non capiva perché Aaron l'aveva mandata al distretto di polizia, sarebbero potuti andare dopo tutti insieme. Continuava a pensare che fosse per il fatto che quello era il suo primo giorno di lavoro dopo il caso Jenkins.
Sospirò lanciando uno sguardo furtivo alla ragazza che la stava aspettando all'entrata del distretto. Menomale che Jennifer era con lei, così non si sarebbe sentita completamente tagliata fuori dagli schemi.
-E' solo routine.- le sorrise la bionda appena varcarono la soglia.
-E Hotch vuole solo tenermi a bada ancora per un po'.-
-Ok, touche!- esclamò Jennifer alzando le braccia come in segno di resa -Forse è vero però possiamo rimediare trovando qualche informazione sul caso. Sai che anch'io ho bisogno di te, non solo loro.-
-Sì, scusami JJ.- scosse la testa April -E' che devo un po' ritrovare i ritmi del lavoro e credo.. abituarmi di più a seguire te invece che il resto del team.-
-Tranquilla, ci divertiremo da pazze!- le fece la linguaccia JJ mentre salivano le scale, prima di ricomporsi e assumere quell'atteggiamento fiero e professionale che la contraddistingueva da sempre nel lavoro.
Appena giunsero nell'open office del distretto di polizia, un alto giovane dal portamento sicuro le raggiunse tendendo la mano -Voi dovete essere dell'FBI, sono il detective Paul Tennison!- esclamò con un sorriso sornione osservando le due ragazze.
-Molto piacere, April Johnson e lei è l'agente Jereau.- rispose l'avvocato lanciando un'occhiata eloquente alla collega.
-Il piacere è tutto mio.- sussurrò il detective senza lasciare la presa sulla mano di April ma, anzi, stringendola e tirandola verso il proprio ufficio. -Sono davvero felice che siate qui, questo caso ci ha scombussolato già abbastanza!-
-Quattro morti sono abbastanza!- esclamò April divincolandosi e staccandosi dalla presa del detective mentre Jennifer tratteneva a stento le risa.
-Lo so, per questo vi abbiamo chiamato.- sembrò tornare serio l'uomo.
-Abbiamo bisogno di uno spazio dove sistemarci per poter analizzare accuratamente il caso.-
-Il mio ufficio.- allargò le braccia Tennison come a mostrare quello spazio, per poi concludere ammiccando: -Fate come foste a casa vostra.-

-Il cadavere è stato trovato stamani ma il medico legale ha detto che molto probabilmente l'uomo è stato ucciso tra l'una e le due di notte.- disse il detective Laurence, un buffo ometto sulla sessantina vestito con impermeabile e cappello.
-Un colpo di pistola alla testa e nessuno ha sentito nulla, probabilmente ha usato un silenziatore.- notò Prentiss guardando dalla finestra gli edifici vicini.
-Sì, anche per le altre vittime è stato così. Un colpo alla testa e nessuno ha visto o sentito nulla.- confermò Laurence.
-Il Signor Caraway dirigeva il settore delle medicine complementari dello studio, giusto?- chiese Hotchner mentre osservava delle carte sulla scrivania.
-Esattamente.- rispose il detective -Ah, abbiamo lasciato tutto come lo abbiamo trovato... è passata solo la scientifica.-
-Che non ha trovato niente fuoriposto.- concluse Emily ricordando il fascicolo sul caso che aveva dato JJ.
-Precisamente.- entrò nella stanza una donna dai capelli raccolti in un elegante chignon -Sono Emma Defrange, il direttore di tutto lo studio medico.- si presentò.
-Buongiorno.- fece un cenno del capo Aaron -Possiamo avere tutti i lavori del signor Caraway?-
-Beh, le cartelle mediche sono personali ma potete prendere i fascicoli che Caraway compilava ogni sera e portava a casa con sé.-
-Sì, materiale sulle giornate lavorative.- spiegò il detective indicando una pila di fogli già raccolti in un angolo della scrivania.
-Signora Defrange, in qualche modo Caraway o Broke Finnigan o la studio stesso, hanno subito delle minacce?- chiese allora Emily cambiando strada e lanciando un'occhiata eloquente al proprio capo.
-No, non che io sappia...- sospirò la donna.
-E... una qualche connessione con le bande della zona?-
-Bande?- chiese perplessa Emma -E' un rinomato studio medico quello che gestisco, tutti i miei medici sono qualificati e scelti da un'ampia concorrenza... come può essere collegato a qualcosa di così bassa levatura!- strillò.
-Era una domanda plausibile.- intervenne Hotch decisamente scocciato dal comportamento della donna -Due dei suoi medici sono stati uccisi come in un'esecuzione.-
-Oh...- rabbrividì lei posando una mano sulla bocca. -Mi dispiace ma, davvero, non so come possono entrarci Mel e Broke con la malavita.-

April aveva appena finito di attaccare tutte le cose utili per l'indagine sulla lavagna quando si sentì due paia di occhi puntati addosso. Si girò di scatto e incrociò lo sguardo dell'ispettore Tennison che la squadrò da capo a piedi per poi sorriderle sornione.
Sorrise forzatamente e si rigirò verso la lavagna. Non sopportava quel genere di uomini, quelli che ti fissavano come a volerti mangiare, che ti facevano battutine ironiche per niente pertinenti e che, ad ogni occasione, non facevano che sfiorarti.
Si sistemò la gonna e si abbottonò un bottone in più della camicetta lilla che portava. Non voleva proprio aver fastidi, almeno non il primo giorno di ritorno al lavoro e quindi il primo giorno nuovamente a stretto contatto con Spencer.
Sospirò pensando a come quel ragazzo le avesse timidamente sorriso quando era arrivata in ufficio quella mattina, come avesse cercato di evitare il suo sguardo, come, in realtà, avesse tentato di evitare qualsiasi contatto con lei. Così proprio non andava. Dovevano smettere di fare gli adolescenti, erano grandi e vaccinati! Dovevano affrontare la situazione, dovevano parlarsi e non dirsi semplicemente mezza parola sussurrata e legata a qualche strano e dannatamente invitante gioco di sguardi.
-Sembra agitata avvocato..- si sentì mormorare all'orecchio da una voce che non le piaceva nemmeno un po'.
Si girò quasi al rallentatore scostandosi da quell'uomo che per lei le si era avvicinato decisamente troppo.
-Abbiamo uno strano caso da seguire se non se lo ricorda, detective.- disse pungente mentre, sempre lentamente, si spostava a sedere alla scrivania davanti a Jennifer che le aveva lanciato uno sguardo ironico e che se la stava ridendo sotto i baffi.
-Decisamente strano!- esclamò la voce di Rossi appena entrato nell'ufficio con gli altri due colleghi.
-Che avete scoperto?- chiese subito April scostandosi una ciocca di capelli da davanti gli occhi.
-Broke Finnigan abita esattamente dall'altra parte della città rispetto a Mel Caraway ma entrambi in zone periferiche.-
-Poca luce, poca gente.. un bersaglio perfetto per non farsi notare.- concluse Derek.
-E questo a cosa ci porta?- chiese Jennifer non riuscendo ad intuire l'utilità di tutto questo.
-Beh, possiamo scartare la pista delle bande.. è poco probabile che due di queste si siano spinte in punti diversi dal loro territorio.- spiegò Spencer.
-Nel senso che se fossero state loro avrebbero ucciso nel loro raggio d'azione?- chiese l'avvocato.
-Esattamente, però controllerei ugualmente il quartiere di dov'è la clinica che è lo stesso dell'azienda dei Cohen.- finì David scuotendo la testa.
-Perfetto!- esclamò April alzandosi dalla sedia e afferrando la sua borsa.
-Non crederà di andare a parlare con una banda di quartiere, vero?- iniziò subito il detective parandolesi davanti -Chissà cosa potrebbero fare ad un avvocato del genere!- la squadrò nuovamente poggiandole una mano sul fianco come a fermarla.
Sul volto di April comparve un ghigno di irritazione, non si sarebbe abituata ad essere trattata così nemmeno col proprio ragazzo, figuriamoci con un cascamorto del genere!
-Mi scusi..- lo superò liberandosi dalla sua presa -Devo fare il mio lavoro.- disse tirandogli un'occhiataccia mentre vedeva David raggiungerla sulla soglia dell'ufficio e dire agli altri che sarebbero andati a parlare col capobanda.
Prima di uscire sentì uno sguardo leggero posato sul suo volto e non poté fare a meno di sorridere a quei due occhi che la osservavano irritati.

David arrivò alla macchina alla quale April si era poggiata per aspettarlo. Aveva lui le chiavi.
-Un flirth alla luce del sole!- ironizzò tirandole un buffetto sulla guancia.
-Non è affatto divertente, Dave.-
-Per me decisamente sì.- sorrise l'uomo con aria furba -Non avevo ancora mai conosciuto un detective così spudorato.-
-Puoi spuntare una casella della tua lista di persone strane.- disse April facendo con le mani il gesto delle due virgolette. Avrebbe voluto chiamare quel poliziotto con un aggettivo decisamente diverso, decisamente più offensivo.
-Già fatto, cara! Comunque è uno spasso.. per poco non scoppiavamo a ridere con Derek. Non so come JJ abbia fatto a resistere a lungo!-
-Oh, era anche meglio prima senza di voi.. si è decisamente sdato! Purtroppo per me ha notato quasi subito la fede di Jennifer.-
-Tutto tuo allora!- esclamò divertito David facendo il giro dell'auto per raggiungere la portiera del guidatore.
-Senta Mister Allegria, apra la macchina che è meglio!- sorrise April scuotendo la testa mentre l'uomo faceva scattare la serratura del suv nero.

Erano appena rientrati in auto ma il silenzio che si era creato fra di loro era presente da quando Aaron aveva ripreso la signora Defrange sulla domanda che le aveva posto Emily.
Non sapeva esattamente come si sentiva, non riusciva a trovare una sensazione uguale per tutto il suo corpo. Era arrabbiata per il fatto che Aaron l'avesse, in qualche modo, difesa dalle urla di quella donna ma, d'altro canto, sapeva anche che lui non lo aveva fatto per se stesso né tantomeno per toglierla da un impiccio. L'aveva fatto semplicemente per lei, per darle ragione su una domanda lecita anche se detta troppo freddamente, forse.
L'agente Hotchner non voleva affatto proteggerla, non voleva affatto insegnarle il suo lavoro, voleva semplicemente rafforzarla. Sì, di questo ne era certa. Ma nonostante tutto sentiva che il suo ego aveva aggiunto una macchietta su se stesso che proprio non le piaceva. Lo sapeva, a volte era proprio permalosa e con quell'uomo lo stava diventando anche troppo.
-Non volevo intromettermi.- incominciò Aaron come se le avesse letto nella mente.
-Oh, non fa niente.- rispose subito lei. Troppo in fretta perché un esperto profiler sperasse che andasse tutto bene.
-Emily.- calcò quel nome come qualcosa di prezioso, come qualcosa di cui non voleva privarsi, -Mi è semplicemente venuto naturale rispondere alla signora Defrange. Lo sai, odio quel genere di comportamenti.-
-Lo so benissimo, Aaron.- disse Emily calcando allo stesso modo il nome di lui, -Come so benissimo che il mio carattere non mi permette debolezze su questioni anche stupide come queste.-
Come disse quelle parole un sorrisetto comparve sulle sue labbra: un pensiero aveva invaso la sua mente e non sembrava volersene andare. Si era immaginata al fianco di quell'uomo a battibeccare su questioni assurde mentre sorseggiavano una limonata. Si era immaginata insieme a quell'uomo come una coppia che litiga col sorriso sulle labbra per poi fare pace nel migliore dei modi.
-Scusami.- continuò Emily cercando di ricomporsi dato che lo aveva visto girarsi sorpreso dalla sua parte nonostante stesse guidando, -Stavo semplicemente pensando all'assurdità delle mie parole... ma credo che ogni tanto ci voglia per tornare in equilibrio con se stessi.-
-Con se stessi e distanti dall'atroce mondo che ci circonda ogni giorno.- finì Aaron pigiando sull'acceleratore. Non sapeva esattamente perché quella donna prima lo avesse imbeccato per poi sogghignare con uno dei più bei sorrisi che avesse mai visto. Ma in quel momento, in quel preciso istante, si era immaginato con lei ad un bar a sorseggiare limonata. Come una normale, normalissima coppia.

Il suono del cellulare di Jennifer rimbombò in quell'ufficio che era rimasto silenzioso dopo che April ed David se ne erano andati. Ognuno si era concentrato sul caso, JJ e Morgan per non ridere, Spencer per non pensare.
-Pronto Garcia, ti metto in vivavoce.- rispose la bionda mettendo il telefono al centro del tavolo sul quale stavano lavorando.
-Tesori miei, ho fatto ricerche incrociate sulle vittime.- esordì Penelope con la sua solita voce squillante.
-Hai trovato qualche legame?-
-Forse. La Signora Cohen si faceva prescrivere diversi farmaci omeopatici da Broke Finnigan, si incontravano quasi regolarmente ogni due mesi.-
-Questo potrebbe riaprire la pista delle bande.. se non crediamo al semplice incontro medico-paziente.- osservò Spencer.
-I farmaci sono sempre stati ritirati dalla Signora Coeh tranne l'ultima volta, perché è stata uccisa la sera dello stesso giorno dell'incontro con Broke Finnigan.- continuò Garcia.
-E sull'azienda Cohen hai trovato qualcosa di interessante?-
-A dire la verità nulla, tutto lisco come l'olio.. nessun fatto negativo.-
-Potrebbero aver aperto un'attività nuova che non è andata giù al traffico di farmaci che passa per la via delle bande.- ipotizzò Jennifer scuotendo la testa.
-O potrebbe anche essere un'intera bufala.. dobbiamo andare all'azienda Cohen e vedere di scoprire qualcosa.- concluse Morgan, salutando poi Garcia e alzandosi battendo una mano sulla spalla del collega. -Andiamo, occupiamocene noi.-
Reid scosse la testa e controvoglia si alzò e seguì l'amico verso l'uscita dell'edificio. Non aveva punta voglia di concentrarsi su quel caso, ci aveva provato.. aveva davvero voluto non pensare ad altro che a quel caso ma proprio non ce la faceva, non era un diversivo così potente da far scordare alla sua mente quel dannato nome: April Johnson.
Sospirò rigirandosi le chiavi della macchina fra le mani.
-Ehy ragazzino, che pensieri hai?- gli chiese Derek vedendolo così distante da tutto il loro lavoro.
Spencer mugugnò qualcosa scuotendo la testa poi, improvvisamente, si fermò.
-Secondo te perché se ne è andata?- chiese riferendosi al comportamento di April di prima. Non aveva bisogno di specificarlo, sapeva benissimo che Derek lo avrebbe capito.
A quella domanda il bel ragazzo di colore sorrise afferrando le chiavi dalle mani dell'amico -Eppure dovresti fare il profiler.-
Reid lo guardò scuotendo la testa senza capire mentre Morgan sospirava avviandosi all'auto.
-Tu sei convinto che tutte le donne che ti hanno cercato lo hanno fatto perché in qualche modo gli hai salvato la vita, vero?-
-Beh.- abbozzò Spencer -Non è così?- chiese poggiando una mano al suv nero parcheggiato in una strada laterale.
Derek sorrise scuotendo la testa -Anche se fosse.. non mi sembra che il tuo rapporto con April sia cambiato dal caso Jenkins.- disse togliendosi gli occhiali da sole e puntando i suoi occhi scuri in quelli del ragazzo che, deglutendo, cambiò subito traiettoria al suo sguardo.
Morgan aspettò qualche lungo secondo senza fiatare ma restando immobile a guardare le varie espressioni che nascevano sul volto del giovane collega. Timore.
Poi velocemente sbatté una mano sul cofano della macchina e fece per raggiungere la portiera del guidatore ma fu solo allora che la voce di Spencer lo fermò. -Ci siamo baciati.-
Derek si girò quasi a rallentatore a fissare nuovamente l'amico che stavolta resse il suo sguardo -Ed è stato prima del caso Jenkins.. Prima che voi arrivaste alla casa a Thistledown.-
Continuò a guardarlo mordicchiarsi il labbro, sorrise. Quel ragazzo era un genio ma nella vita di tutti i giorni era davvero una frana. -Beh e dopo tutta la storia vi siete chiariti?-
Fu a quel punto che Spencer nuovamente distolse il suo sguardo da quello del collega -In realtà io.. non sono mai andato a trovarla in ospedale.-
-Fammi capire, tu non sei mai stato a trovarla?- gli chiese Derek sorpreso.
-Sì, cioè.. sono andato là ma c'era Tom con lei e così me ne sono andato.-
-Quindi questa è la prima volta che la rivedi dopo il caso Jenkins?-
-No..- biascicò Reid -Sono andato a casa di Hotchner una sera che lui mi aveva praticamente detto che non ci sarebbe stato.. abbiamo semplicemente chiacchierato ignorando tutto il resto.-
-Oh.- esclamò Derek alzando le sopracciglia in un'espressione fra il disperato e lo sconfortato -Te l'ho già detto che sei un caso disperato?-
-Più o meno ogni volta che parliamo di ragazze.-
-Bene.. ma stavolta credo che tu debba proprio rimediare!-
-Credo proprio di volerlo..- sussurrò Spencer alzando lo sguardo verso l'amico.
Sì, stavolta ne era davvero convinto.
Lui voleva quella donna.
Con tutto se stesso.

IMMAGINE

Appena Dave parcheggiò una strana sensazione invase il suo corpo. Quel locale disastrato che avevano davanti proprio non le ispirava nulla di buono.
Deglutì a fatica maledicendosi per essere scappata così tanto velocemente dal distretto di polizia.
Meglio uno stupido detective che una mandria di uomini violenti ed ubriachi.
Aprì lentamente la portiera cercando di farsi forza. Sapeva esattamente che qualche tempo prima quel posto non le avrebbe fatto né caldo né freddo, ma adesso... adesso che aveva provato davvero la paura, la voglia di vivere nonostante la prigionia... soltanto adesso poteva dire davvero cosa in realtà, nel suo animo, la spaventava e la riconduceva a quei giorni di sofferenza.
E fu in quel momento che due occhi da cucciolo le vennero in mente e la fecero tranquillizzare.
Si maledì.
Perché?! Perché doveva essere un ragazzo, un uomo, la cura per i suoi mali?
No, proprio non lo tollerava.
-Da spaventati a furiosi... i tuoi occhi mi suggeriscono che la tua testa ha fatto un viaggio mentale.- esclamò David raggiungendola e aiutandola a scendere di macchina.
-Un viaggio che decisamente non doveva fare.- disse acida April chiudendo l'auto e avviandosi verso quel bar malfamato.
David la guardò scuotendo la testa, quella ragazza doveva proprio imparare ad esternare le sue emozioni e non a trascinarle dentro di sé in un abisso senza fine... o prima o poi sarebbe scoppiata.
-April!- la chiamò prima di raggiungerla e posare una mano sulla maniglia della porta del locale, -Stai dietro a me. Sono io quello grande.- scherzò.
A quelle parole sorrise all'uomo che le stava davanti e che le infondeva sicurezza ad ogni suo gesto.
Forse, in quel momento, aveva proprio bisogno di una figura come David al suo fianco. E per questo, non avrebbe mai smesso di ringraziarlo.

L'azienda Cohen si estendeva sul terreno di una piccola villa e da lì vendeva prodotti genuini raccolti con le proprie mani sotto il sole spendente, come diceva lo slogan della ditta che Spencer si era soffermato a leggere.
-Una casa-azienda.- esclamò Derek osservando i due ingressi collegati per l'abitazione e per il negozio.
-Forse in questo modo i dipendenti potevano anche avere accesso all'abitazione dei Cohen?-
-Non esattamente.- rispose una voce da dentro la villetta, prima che sulla soglia della porta del negozio apparisse una giovane donna in tailleur e ballerine.
Strano accostamento pensò subito Spencer mentre col collega saliva gli ultimi gradini che li separavano dall'ingresso.
-Agente Morgan e agente Reid.- presentò Derek -Siamo qua per la morte dei coniugi Cohen.-
-Sì..- mormorò la ragazza abbassando la testa, -Sono la nipote, Dora. Vivevo con loro e lavoravo nell'azienda.-
-Da molto?-
-Beh, da qualche anno ormai...-
-Mi spiace per la sua perdita.- mormorò Spencer.
La ragazza lo guardò ricambiando il suo sguardo tenero, -Oh, vorrete controllare i registri e tutto, suppongo...-
-Grazie mille. Sapete se i Signori Cohen potevano avere nemici? Lamentele e quant'altro?-
-No, no..- rispose subito la ragazza -Questa era una piccola azienda, in realtà non stava nemmeno andando molto bene.-
-Davvero?-
-Sì, gli introiti erano sempre meno e con l'arrivo dell'inverno i nonni erano davvero molto preoccupati.-
-Avevano solo questa attività?-
-In che senso?!- esclamò subito Dora, -Non penserete mica che possano aver avuto attività illegali!-
-No, no... non intendevamo questo.- si affrettò a dire Spencer lanciando un'occhiataccia al collega, -E' che abbiamo avuto altre due morti che possono essere collegati ai suoi parenti e stiamo battendo anche questa pista, tutto qua.-
-Certo, scusate...- singhiozzò lei, -Sono molto scossa e devo tenere sotto controllo l'attività tutta da sola. Sono un po'...-
-Non si preoccupi, andrà tutto bene e noi troveremo l'assassino.-
-Grazie.- sorrise Dora a quel ragazzo che le aveva sfiorato un braccio mentre Derek lo guardava stupito e con una voglia matta di prenderlo a ceffoni.

...

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** 014b ***


Documento senza titolo

Volevo ringraziarvi davvero tantissimo! Nonostante tutto il tempo che vi ho fatto aspettare, siete tornati a leggere e commentarmi... sappiate che io vi adoro *-*
Grazie, grazie, grazie! Sono felicissima che questa mia piccola storia vi piaccia :)

 

 

...

Appena Hotchner era entrato nel distretto di polizia e non vi aveva trovato April era andato su tutte le furie e se non fosse stato per Emily avrebbe chiamato David urlando di tornare immediatamente lì da loro. Non riusciva a non essere apprensivo.. eppure non lo era mai stato, ma quella ragazza lo faceva uscire di sennò già prima del rapimento, figuriamoci ora che sapeva cosa voleva dire provare paura di non rivederla mai più. April era entrata nella sua vita come un fulmine a ciel sereno e gli aveva rischiarato quei giorni bui che tante volte lo avevano abbandonato all'ombra della sua casa vuota. April gli aveva mostrato com'era possibile vivere una vita felice nonostante quel lavoro terrificante, nonostante Haley. E gli aveva mostrato tutto ciò col sorriso sulle labbra e con Jack sulle gambe mentre giocavano e ridevano spensierati.
A quel pensiero le sue labbra si incresparono di un sorriso che la donna al suo fianco notò immediatamente. Come poteva, lei, non vedere un simile evento? Una simile perla in mezzo a tanta serietà, a quel cipiglio che solo Aaron riusciva a rendere così dannatamente sexy.
Emily scosse la testa cercando di mandar via quel pensiero. Non le ci voleva proprio che si mettesse a pensare a lui, al suo capo, in quel modo.. e per giunta sul lavoro! No, proprio non le ci voleva. Sospirando girò lo sguardo a fissare il tabellone delle prove che Jennifer aveva minuziosamente preparato. Adesso doveva concentrarsi sul caso, dovevano tirare le fila di tutto quello e riuscire a trovare quell'assassino.
Perché uccideva con un colpo alla testa? Perché sceglieva quelle vittime? Perché colpiva sempre a coppia?
Interrogativi a cui dovevano rispondere se volevano arrivare fino in fondo a quel caso.

Erano appena entrati e subito l'aria nel locale si era fatta pesante.
April sentì su di sé gli occhi di tutti i presenti: una decina di bell'imbusti puzzolenti di fumo e birra.
-Solo qualche domanda.- esordì David mostrando il distintivo.
-Non ci piacciono le domande.- sbuffò un omone seduto al bancone del bar.
-La cosa importante è che a me piacciano le risposte. Le vostre risposte.-
-Signor FBI, che genere di domande?- chiese sprezzante un ragazzetto vicino allo squallido biliardo che dominava su quello spazio angusto.
-Un giro di farmaci.. ne sapete qualcosa?- domandò allora David puntando gli occhi, uno alla volta, su tutti i presenti.
-Beh amico.. a me cosa ne va?-
A quelle parole April storse il naso. Classico, a risposta denaro.
-Cosa non ti va.- esclamò posizionandosi al fianco del collega -Una denuncia per possesso.. di quella cosa bianca che hai sul naso. Una denuncia per quella bisca che si sta tenendo dietro quella porta.- disse indicando una porta rovinata dalla quale provenivano schiamazzi, -Una denuncia per alcolici a minorenni.- finì indicando una ragazzetta, che non poteva che avere sui sedici anni, seduta accanto all'uomo al bar.
-Uh, la ragazza abbaia!- rise il tizio vicino al biliardo.
-E la ragazza ti spedisce dritto in tribunale se non collabori.- tagliò corto David tirando un'occhiata vincente ad April che aveva incrociato le braccia al petto ed era pronta per rispondere ad ogni parola che sarebbe uscita da quelle teste calde.

-Beh?!- esclamò Derek non appena Dora aveva lasciato la stanza nella quale gli aveva ospitati, per andare a prendere i registi dell'attività dei nonni.
-Che cosa?-
-Fai il cascamorto ora?-
-Ma cosa.. cosa dici!- si difese subito Spencer diventando rosso in volto.
-Prima ti struggi per April e poi arrivi qui e ti comporti così?-
-Sto solo facendo il mio lavoro, rassicuravo una parente delle vittime.- precisò.
-Sì..- biascicò Derek guardandosi attorno, -E stavi constatando se comportandoti similmente al detective Tennison, avresti fatto scappare una donna a gambe levate.. come ha fatto April.-
-No. Non è affatto così.. non potrei mai pensare ad una cosa del genere.-
-Reid?!- domandò a cantilena l'altro -Non cercare di negarlo..- ironizzò guardandolo divertito, -Non funziona con me.. te lo assicuro, sei un libro aperto!-
-Un libro che leggi male, allora.- lo rimbeccò Spencer tirandogli un'occhiata allegra.
Era proprio vero, quel ragazzo riusciva a capirlo più di qualsiasi altro collega, più di qualsiasi amico. Era davvero come il fratello maggiore che non aveva mai avuto.
Col suo comportamento con Dora voleva davvero fare un paragone con April.. per riuscire a capire il suo comportamento ma, allo stesso tempo, per capire anche il suo stesso atteggiamento, i suoi stessi sentimenti. Ormai sapeva di tenere a quella ragazza, ma quanto? Quello ancora non riusciva a capirlo, a distinguerlo.. anche se il suo cuore glielo stava scrivendo a caratteri cubitali.. parole che il suo cervello, ancora, si rifiutava di leggere. Perché.. perché lo sapeva, se lo avessero fatto se lo sarebbero ricordato in eterno.
Memoria eidetica la sua.

-Nessun nuovo traffico di farmaci.- informò David gli altri.
Non erano tornati da molto ma già il detective Tennison si stava impegnando per ricevere le attenzioni di una sempre più spazientita April.
Emily le si era seduta accanto dopo che lei l'aveva praticamente supplicata con lo sguardo, ed ora se la stava decisamente ridendo sotto i baffi mentre cercava disperatamente di concentrarsi sul caso.
-Questo esclude il coinvolgimento di una guerra fra bande.- continuò Aaron il discorso di David.
-E ci fa tornare da capo. Non abbiamo uno straccio di profilo!- esclamò Derek battendo una mano sul tavolo e facendo sussultare April che era ancora troppo intenta a stare alla larga da Tennison per ascoltare.
-Allora torniamo all’inizio.- intervenne JJ –Quattro vittime, due donne e due uomini completamente differenti…-
-Non proprio…- la fermò Spencer -…entrambe le donne avevano capelli ed occhi scuri oltre alla simile età, come i due uomini.-
-Un corrispettivo?- chiese Tennison senza capire dove tutto quel discorso poteva portare, prima di uscire dalla sala e dirigersi verso un suo poliziotto che lo stava chiamando.
A quel movimento tutta la squadra si girò e aspettò che il detective rientrasse nell’ufficio per dare la brutta notizia: un altro morto.
Hotch si alzò immediatamente ed insieme a Rossi e Morgan si fece dare l’indirizzo per raggiungere il posto. Johnson scattò in piedi e fece per uscire dalla stanza ma all’ingresso si trovò costretta dal corpo del detective che se ne stava fermo sulla porta a guardarla con aria sorniona.
Fu un attimo, un riflesso incondizionato.
Reid gli si parò davanti e come guidato da una forza che credeva di non avere, puntò gli occhi sulla sua figura.. solo una cosa voleva dimostrare: quella era la sua donna.
April si sentì dannatamente strana, non riusciva a capire bene cosa stesse succedendo.. era come se il tempo si fosse fermato. Sentì solo un calore improvviso mentre la mano di Spencer le sfiorava il braccio e andava a circondarle la schiena.
Sentì ogni singola parte del suo corpo svegliarsi sotto quel tocco delicato che mostrava come quel ragazzo che in quel momento sembrava così impavido, in realtà non lo fosse affatto. Un cavaliere troppo gracile ma che difendeva con orgoglio i suoi ideali, i suoi valori, il suo amore. E lei si sentiva protetta.
-Voglio analizzare la documentazione…- disse a stento prima di incrociare lo sguardo del collega che, con una lieve pressione della mano, la fece avanzare e superare la porta, assieme a lui.
Prentiss si girò con sguardo ironico verso Jennifer che si era portata una mano alla bocca per non far vedere le sue labbra tirate in un sorriso.
-C’è qualcosa che non va?!- chiese perplesso Tennison girandosi verso le due donne che subito fecero spallucce e si posizionarono entrambe alla scrivania aspettando i documenti da analizzare che avrebbe portato April.

Arrivò alla scrivania del comandante e, sorridendo all’uomo anziano, afferrò la documentazione del caso. Prima di girarsi verso il ragazzo che ancora teneva una mano premuta bassa sulla sua schiena, sospirò. Non sapeva bene come comportarsi ma sapeva altrettanto bene che tutti i suoi dubbi stavano affliggendo anche quegli occhi da cucciolo che si apprestava a scrutare.
La vide girarsi e come al rallentatore incontrò quello sguardo che l’aveva fatto innamorare. Sorrise timidamente. Il ragazzo temerario di poc’anzi se ne era già andato e aveva lasciato spazio al consueto, impacciato e geniale, Spencer Reid.
-La parte del bullo non ti si addice.- scherzò April sorridendogli prima di alzarsi sulle punte dei piedi e scoccargli un bacio sulla guancia… sulla punta delle labbra visto il suo movimento inconscio della testa verso di lei.
Si staccò da lui posandogli una mano sul petto, quel contatto la fece arrossire come una bambina ma subito, scrollando la testa, cercò di riprendersi mentre Spencer se ne era rimasto immobile a guardarla. Il suo cuore aveva perso un battito, poi un altro… fino a quando non si era fermato; l’aria si era fermata, il tempo si era immobilizzato. Tutto era immobile, solo i capelli di April dondolavano incorniciandole quel viso che mai avrebbe smesso di guardare.
Sì, ne era certo.
Quello era l’unico sorriso a cui voleva rivolgere i suoi sguardi.

Morgan dette un ultimo sguardo alla scena del delitto prima di uscire da quella villetta e afferrare il telefono componendo il numero di Penelope.
-Dolcezza dimmi che hai qualcosa per me!- esclamò con voce afflitta, sentiva davvero di non avere nulla per le mani.
-Come sempre zuccherino!- raggiò, invece, Garcia –Ho fatto una ricerca incrociata fra i pazienti dello studio medico e i clienti dell’azienda Cohen.-
-E…?- domandò incuriosito Derek.
-E sono venuti fuori alcuni nomi. Allora ho confrontato gli orari di visita alla clinica, appena prima e dopo la Signora Cohen ed è risultato sempre lo stesso nome.-
-Uno stesso nome che era uscito anche nella ricerca incrociata!-
-Esatto! Può essere una coincidenza ma Broke Finnigan aveva in cura la Signora Cohen da due anni ed in più il nostro nome, Darius Campingall,ha smesso di andare in cura la settimana prima dell’omicidio dei Cohen.-
-Può avere un senso… mandami l’indirizzo, andremo a controllare.- chiuse la comunicazione Derek, dirigendosi verso i due colleghi che erano appena usciti dalla villetta dell’omicidio.
-La scena è pulita e completamente identica alle altre.-
-Sta giustiziando queste persone, ci siamo arrivati... adesso dobbiamo capire il perché.- disse Rossi portandosi una mano al pizzetto, pensando.
-Garcia può aver trovato dei collegamenti.- esordì Morgan, -Un appiglio debole ma è tutto quello che abbiamo.-

Jennifer attaccò il telefono e riferì agli altri dove stavano andando i colleghi.
Al sentire il nome di quell’uomo Spencer si animò e subito strappò dei fogli dalle mani di Emily e si mise a cercare uno punto ben preciso che ricordava perfettamente.
-Campingall!- esclamò trionfante, -E’ nominato anche nei fascicoli di Carawey...-
-In base a cosa?- chiese April sporgendosi verso di lui, sfiorandogli un braccio.
-Una rissa, pare che abbia picchiato un suo paziente.-
-Ha cercato il contatto diretto?- chiese perplessa Emily.
-Da una rissa all’omicidio, può essere!- esclamò il detective sorridendo.
-Non per il nostro killer.- intervenne Jennifer.
-Cerca di dominare l’altro tramite una pistola, una minaccia… non ricerca il contatto diretto.- spiegò Reid posando il fascicolo sul tavolo.
-Questo potrebbe dire che ha una qualche malformazione, qualcosa che gli impedisce di sovrastare gli altri se non attraverso il controllo di un’arma.-
-Esatto. Il nostro uomo è metodico, fa delle sue uccisioni delle esecuzioni.- continuò Prentiss, -E lo fa per un motivo specifico… qualcosa sul lavoro o in famiglia ha fatto scattare l’odio verso queste vittime, ma cosa?-
Il suono del telefono risvegliò tutti in un baleno, subito April afferrò il proprio cellulare e mise il vivavoce. Era Garcia.
-Che sono una maga già lo sapevate ma adesso mi sono proprio superata! Ho controllato Campingall e sostanzialmente non ho trovato nulla se non che ha lavorato per qualche mese alla Clinic Industration, un’azienda pubblicitaria che ha lavorato per i Cohen che manda i propri dipendenti alla nostra clinica medica!-
-Ti adoro Penelope!- esclamò Jennifer battendo le mani, -Adesso abbiamo il materiale giusto su cui lavorare!-

Quello che Hotchner, Rossi e Morgan si trovarono davanti, era un uomo fondamentalmente depresso, privo di qualsiasi spirito d’iniziativa, anche nella propria vita.
-Quindi ha abbandonato la clinica per divergenze col Dottor Carawey?- chiese David lanciando uno sguardo a Derek che stava osservando la stanza nella quale erano riuniti.
-Se le vuole chiamare così…- bofonchiò Darius accendendosi una sigaretta.
-Per quale motivo era in cura?- chiese Aaron incrociando le braccia al petto.
-Mio fratello voleva che ci andassi.- disse soltanto, poggiando la testa allo schienale del divano nel quale era seduto.
-Ha mai parlato con la Signora Cohen?-
-Certo che sì! Una donna socievole e decisamente troppo chiacchierona.-
-Le dava fastidio?-
-Parlava decisamente troppo, ecco tutto.-
I tre agenti si lanciarono degli sguardi perplessi, quello non poteva essere il loro uomo… nulla coincideva con ciò che avevano appreso sull’assassino.
-E ha notato qualcos’altro nel suo comportamento?- provò ancora David.
Darius sembrò pensarci su qualche attimo poi scrollò le spalle, -Niente di speciale, una donna semplice, senza pretese.-
-Sappiamo che ha scatenato una rissa…-
-Oh, per un banale pugno!- esclamò l’uomo scuotendo la testa, -Mi creda, niente di speciale… poi poliziotti ingigantite sempre tutto.-
A quella parole Aaron scambiò uno sguardo con i colleghi. Ok, quella non era decisamente la loro pista, Darius non poteva aver nulla a che fare con gli omicidi, non aveva assolutamente nulla del loro profilo.

April sospirò mentre guardava la strada scorrere lenta al di là del finestrino della macchina. Ancora non aveva capito com’era finita in auto con Spencer, da sola. Da soli. Ricordava solamente Emily che diceva di andare a controllare questa società e Jennifer che annuiva proponendo che lei avrebbe rivisto tutte le cartelle. E poi solamente la mora che portava via quell’amato detective… e soli, soli nella stanza lei e Spencer, a guardarsi per poi sorridersi ed avviarsi alla macchina.
Ed ora c’erano soltanto loro. Loro due e basta.
Si passò una mano fra i capelli lanciando uno sguardo al ragazzo. In realtà, non sapeva bene cosa dire ma sapeva che doveva dire qualcosa, qualsiasi cosa… quella cosa. Già, ma quale?
-Sei più silenzioso del solito…- riuscì solamente a pronunciare, per poi maledirsi l’attimo dopo.
-No!- si affrettò a rispondere Spencer, -Solo molto concentrato sul caso… ancora non riusciamo a smuovere la matassa.-
-Già…- biasciò April osservandolo mentre lui non aveva smesso di guadare la strada e stringere i pugni al volante. Già.
Già.
Poggiò la testa al sedile, chiudendo gli occhi e respirando profondamente mentre mormorava, inconsciamente: -Volevo solo un po’ di attenzione…-
A quelle parole Spencer deglutì a fatica. Non ne capiva bene il senso… o forse l’aveva intuito subito, ma non voleva darci peso. Forse era tutto un suo fraintendimento.
-Come?- chiese soltanto.
Al sentire la sua voce April aprì immediatamente gli occhi. Adesso parlava anche ad alta voce senza accorgersene?! Si maledì nuovamente mentre cercava qualcosa da dire ma la sua mente non riusciva a trovare decisamente nulla se non una verità che faceva male.
Forse, era meglio tacere.

David stava per aprire la porta di casa Campingall quando questa venne aperta dall’esterno mostrando un ometto tarchiato che sembrava la brutta copia di Darius.
-Buongiorno.- salutò l’uomo un poco spiazzato, notando subito le pistole dei tre uomini, -Tutto bene?-
-Lei è…?- chiese Derek, superando la porta d’ingresso.
-Il fratello di Darius.- disse l’uomo indicando il parente, -Felis.-
-Buongiorno, stavamo solo facendo qualche domanda.- lo rassicurò Aaron, mentre usciva insieme ai colleghi da quella casa.
-Lei conosceva i dottori che avevano in cura suo fratello?-
-Oh, molto superficialmente… li ho solo intravisti quando portavo Darius alla clinica… perché, è successo qualcosa?-
-Sono stati assassinati.- rispose David mentre osservava il volto dell’uomo riempirsi di stupore. Non doveva saperne nulla.
-Mi… mi dispiace. Ma mio fratello non c’entra nulla!- si affrettò a dire.
-Lei ha notato qualcosa di strano?- puntò ancora Derek.
-No, assolutamente no…- scosse la testa l’uomo, lanciando un’occhiata al parente. –Niente che non fosse già accaduto.-
-La prego di tenerci informato se ricorderà qualcosa, lei o suo fratello.- tagliò corto Aaron. Quei due non sembrano aver nulla da dire di utile e lui, adesso, era troppo preso da tutto il resto per starci troppo a ragionare sopra. Aveva due donne a cui badare ed ancora non capiva come avrebbe fatto funzionare le cose… o semplicemente se l’avrebbe fatte andare avanti.

Scesero di macchina dirigendosi a passo svelto verso la Clinic Industration dove avrebbero chiesto tutte le informazioni possibili: sulla clinica, su Campingall, sui Cohen.
Spencer lanciò uno sguardo a quella ragazza che gli camminava a fianco, con passo incerto. Il piede doveva farle ancora molto male ma stava facendo di tutto per non farlo notare. E poi c’era stata quella frase… si stava ancora tormentando sul suo significato e quando pensava alla soluzione più ovvia, il sorrisetto dell’avvocato Orson gli tornava sempre alla mente, misto insieme al volto arrogante del detective Tennison.
Senza pensarci due volte afferrò il suo braccio, tirandola verso l’ufficio della segretaria con cui avrebbero parlato, e cercando di sorreggerla un poco per distoglierla dal dolore al piede.
April si fece trascinare da suo gesto, appoggiandosi al suo braccio, senza capire bene cosa stessero facendo. Appena sentì la presa sciogliersi, alzò la testa a sorridere al ragazzo con la testa china e le gote un poco colorite di rosso.
Forse, quella, era la sua risposta.
Non credeva che tutte quelle mezze frasi, quei mezzi gesti e quei sorrisi le fossero mancati così tanto… non ci aveva voluto credere fino a quel giorno quando le aveva ritrovate e si era riempita l’animo di loro. Era arrivata a tanto? A sperare anche solo in una piccola carezza?
Si morse il labbro inferiore.
Quel ragazzo le riempiva la vita… adesso lo sapeva. Adesso lo capiva.

-Se l’unico collegamento che abbiamo è questo Campingall… deve per forza dirci qualcosa.- scosse la testa Derek, appena tornato in ufficio e aggiornato sui fatti e dal colloquio che Reid e Johnson avevano avuto alla Clinc Industration.
Niente di niente, nessuna informazione utile, nessun aggancio, nessun collegamento. Solo quel Campingall che si riscontrava ogni volta.
-Sì ma voi l’avete conosciuto… non c’è niente che possa far intendere che sia il nostri s.i.!- esclamò Emily mentre scostava lo sguardo da Aaron che sembrava essersi incantato sulla sua figura.
No, stava solo pensando, ragionando e cercando di capire… e non del caso, non di Campingall.
April allungò una mano verso di lui per farlo riscuotere dai suoi pensieri.
Non erano decisamente concentrati.
Si maledì da solo, non era mai stato così assente su un caso come per quello… ma c’era qualcosa che lo bloccava, sentiva di essere arrivato al capolinea, di essere giunto alla stazione giusta. Di doversi fermare… fermare e vivere.
-Dobbiamo rifare il punto, c’è qualcosa che ci sfugge.- mormorò a denti stretti, più a se stesso che ai colleghi.
-L’ultimo omicidio… se va a coppia stasera dovrebbe essercene un altro.- cominciò David.
-Una donna… e se questo non ci inganna, deve avere a che vedere con la Sgnora Cohen e con Broke Finnigan. Deve…- si fermò d’un tratto Spencer, come se gli si fosse accesa la lampadina -…e se fossero le vittime, la loro somiglianza, il fattore di stress del nostro killer?-
Un sorrisetto comparve sulle labbra di April, -Per questo Hotch ha chiesto a Garcia di controllare ogni persona influente nella vita di Campingall.-
-Non esattamente.- intervenne subito l’uomo, -O almeno, di entrambi i Campingall.-
-Entrambi?- chiese perplessa Jennifer, senza riuscire a seguire il filo. Da dove spuntava un altro Campingall?!
-Uscendo abbiamo incontrato il fratello di Darius…- incominciò Rossi pensando, -E c’era una sola macchina nel vialetto!- esclamò.
-E Felis ha detto di aver accompagnato Darius alla clinica.- continuò Morgan, -Potrebbe averlo fatto anche per gli altri lavori… e potrebbe quindi aver visto o addirittura parlato con le vittime.-
-Ma sembrava sorpreso quando ha saputo degli omicidi.- analizzò David.
-Sorpreso… perché sono stati collegati al fratello.- annuì con la testa Aaron poco prima che il telefono gli squillasse. Garcia. Garcia che aveva trovato qualcosa, Garcia che gli stava mandando le foto dei superiori di Felis, impiegato in un’azienda che non apprezzava il suo talento ma che lo faceva continuare a lavorare su cose futili e banali.
Adesso avevano ogni elemento, ogni singolo collegamento. Adesso, però, sapevano di aver messo pressione al loro killer che non ci avrebbe pensato due volte ad attuare i suoi piani con chi, davvero, secondo lui, sprecava la sua vita.

Tennison le passò accanto picchiandosi una mano sul giubbotto antiproiettile, -Come d’acciaio, non c’è di che preoccuparsi!- esclamò facendole un sorrisetto.
April lo guardò scuotendo la testa in segno affermativo per poi distogliere subito lo sguardo. Aveva sperato che quell’uomo si fosse arreso visto i trascorsi ma forse non era esattamente così.
Si passò una mano fra i capelli per poi veder comparire nel suo campo visivo un bigliettino da visita, il cui nome sopra,  aveva imparato a conoscere fin troppo bene. Si girò nuovamente facendo un sorriso forzato al detective.
-Questo può sempre servirti…-
-Oh, quando sarò in pericolo sarà il primo a cui penserò!- ironizzò afferrando il bigliettino.
-Io avevo più in mente una cena…-
-Io no.- biascicò April alzando lo sguardo su di lui. Non poteva avere più mezze parole, doveva farglielo capire.
-E scommetto che c’entra il biondino…- continuò l’uomo facendo un cenno della testa verso Spencer.
Al vederlo April sorrise dolcemente, scuotendo la testa, -No… no, beh, no.-
-Allora… credo che sia solamente fortunato ad avere le attenzioni di una donna così in gamba.- sorrisi l’uomo prima di lasciare un’April interdetta, soffermatasi troppo ad osservare quel ragazzetto che stava indossando il suo giubbotto antiproiettile.
Si morse il labbro inferiore, lanciando un ultimo sorriso al detective. Non era poi così scontato come si era aspettata. Si scostò dal muro al quale era poggiata e si diresse proprio da quegli occhi da cucciolo che un attimo prima si erano fermati sulla sua figura, per poi sparire nuovamente, persi in chissà quale pensiero.
Gli arrivò davanti, posando una mano sul giubbotto e finendo di stringerglielo in vita, -Così va bene?-
-Sì… sì, grazie.- mormorò Spencer passandosi una mano su quel punto del giubbotto, andando così a sfiorare le dita di April ed intrecciandole con le sue.
-Andrà tutto bene, vero?-
Spencer abbassò lo sguardo, facendo scostare le loro mani dal suo corpo ma tenendole sempre ben intrecciate. Perché gli sembrava che quella domanda si rivolgesse a tutt’altro? E perché le voleva rispondere pensando proprio a tutte queste altre cose e non alla situazione che si era creata per quel caso? Perché?
-Sì, se tu sei qua.-

"Se gli uomini non commettessero talvolta delle sciocchezze, non accadrebbe assolutamente nulla di intelligente" Ludwig Wittgenstein.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** 015 ***


Documento senza titolo

CM 015

 

"L'amore non dà nulla fuorché sé stesso, e non coglie nulla se non da sé stesso. L'amore non possiede, né vorrebbe essere posseduto poiché l'amore basta all'amore" Kahlil Gibran.

Il caso Campingall era stato risolto senza altri cadaveri. Avevano trovato Felis che stava cercando di vendicarsi sui suoi superiori, una donna ed un uomo, che, secondo lui, non gli permettevano di far sbarcare le proprie idee ma che lo costringevano ad un lavoro inutile e semplicistico. La squadra era arrivata appena in tempo per poterlo prendere senza che nessuno si facesse male. E tutto era finito per il meglio… tutto insieme agli sguardi di Emily ed Aaron che erano stati incollati per tutta l’operazione.
Hotchner si era chiuso in ufficio quella mattina, il suo comportamento nel caso Campingall non gli era piaciuto nemmeno un poco ed adesso si stava punendo con fascicoli su fascicoli per riuscire a ritrovare il controllo… ma sapeva benissimo che non avrebbe avuto pace se ogni poco scostava il suo sguardo su quella scrivania dalla quale proveniva una fresca e rosea risata: Emily. Semplicemente Emily. Da quanto tempo erano sparite, piano piano, le formalità fra loro? Da quanto tempo andava avanti quella storia? Quanto?
Si portò una mano al volto, respirando profondamente. Forse era davvero giunto il momento che affrontasse tutto quello… non poteva lasciarlo ancora in sospeso. Il suo cuore chiedeva, strillando, di vivere. Vivere ed amare.

Era immersa nei suoi fascicoli e negli atti dei vari processi che stava seguendo quando, improvvisamente, alzò lo sguardo a sorridere a quegli occhi che la stavano osservando ormai da qualche tempo. Il rapporto con Spencer sembrava fosse ripreso come prima, piano piano… ma come se quel bacio non ci fosse stato. Sì, sicuramente esternavano più del solito il loro affetto in gesti e sguardi, ma tutto finiva lì. Niente di più, niente di meno.
Sbuffò facendo oscillare una ciocca di capelli che aveva davanti al viso mentre riportava l’attenzione sulle sue pratiche, visto che lo sguardo di Spencer si era, nuovamente, perso in ogni angolo dell’ufficio appena lei aveva posato gli occhi su di lui. Decisamente classico.
Stava per riconcentrarsi quando sentì una voce chiamare proprio la sua distrazione. Ed era una voce di donna.
Alzò nuovamente lo sguardo, incontrando anche quello sbalordito di Emily, cosa ci faceva quella ragazza lì? E perché stava chiedendo di Spencer Reid?
Spencer si alzò dalla scrivania senza capire bene cosa stesse succedendo, tirando un’occhiataccia a Derek che lo stava guardando alquanto sconvolto.
-Do…Dora. Cosa ci fai qua?-
La ragazza lo raggiunse sorridendo per poi fermasi davanti a lui e sfiorargli un braccio, -Non ho più avuto modo di vederti dopo il caso… volevo ringraziarti.-
-Oh, sì…- biascicò Spencer mentre il suo volto si era arrossato ed i suoi occhi stavano cercando di evitare la zona appena accanto alla sua sinistra, April.
-Possiamo parlare qua?- chiese la ragazza guardandosi attorno per poi sorridere agli altri.
-Parlare?- balbettò lui.
-Sì, avrei un invito da proporti.-
Al sentire quelle parole April deglutì a fatica, lasciando cadere la penna che aveva tra le mani sulla scrivania, e respirò profondamente. Andava tutto bene. Andava tutto bene. Andava tutto bene… si stava ripetendo mentalmente mentre cercava una qualche valida scappatoia per non parere così palesemente gelosa.
Scrollò la testa respirando a fondo mentre si alzava dalla scrivania e, con un sorriso stampato in faccia, si dirigeva da Penelope, senza sapere bene cosa dirle… ma il caffè l’aveva appena preso e in bagno c’era già stata. Non aveva altre scuse plausibili.
Appena arrivò all’ufficio di Garcia, restò qualche attimo ad osservare la porta chiusa poi, facendosi coraggio, bussò e dopo aver sentito un’allegra voce risponderle, entrò in quel regno che Penelope aveva addobbato e fatto completamente suo.
-Ciao bellezza!- sorrise l’informatica battendo alcuni tasti al computer, -Ti serviva qualcosa?-
-Ah…- biascicò April girandosi indietro e vedendo Spencer allontanarsi con quella ragazza appena arrivata, -In realtà era solo per…-
-…evadere?!- chiese Garcia sorridendole e afferrando uno sgabello e mostrandolo così che lei si potesse accomodare.
-Beh sì, forse…- sospirò April accucciandosi sullo sgabello e puntando lo sguardo a terra.
-Sai, qui siete tutti cervelloni psicologi e quant’altro… ma le risposte che stai cercando tu, non si trovano nei libri.-
-No…- mormorò portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, -Ed io non sono molto brava a sbrogliare la matassa di domanda che ho in testa.-
-Forse perché hai già la risposta, tesoro.- le sorrise ancora una volta Penelope.
April scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore. In realtà, proprio, non lo sapeva.
Penelope la guardò amorosa per poi spostare lo sguardo dietro di lei e sorridere all’uomo che stava arrivando nel suo ufficio con due cappuccini fumanti.
-Vedi, sono sempre i piccoli gesti che ti fanno capire le cose!-
April alzò lo sguardo per poi girarsi e vedere Kevin che stava cercando disperatamente di non perdere nemmeno una goccia del prezioso liquido nero.
-E poi lo senti… qua.- finì Penelope portando una mano sopra il petto di Apri, all’altezza del cuore, -E senza essere un profiler ti dico che è quello che vedo ogni giorno, ogni istante nei tuoi e nei suoi occhi, ma… ma io non sono brava a dare consigli.-
A quelle parole April sorrise dolcemente all’amica, -Penelope, tu sei sempre la migliore!- esclamò alzandosi dalla sedia, regalandole un sincero complimento.
-Appena in tempo!- sorrise la collega, alzandosi e afferrando i caffè che Kevin era riuscito a portare fino al suo studio sani e intatti.
Erano sempre i piccoli gesti, anche i più assurdi… a far afferrare la verità.

Morgan si alzò dalla scrivania lanciando uno sguardo eloquente a Prentiss che, al vederlo, aveva scosso la testa e fatto spallucce. April era tornata e si era immersa nei suoi fascicoli senza più alzare un attimo la testa mentre Spencer ancora non era tornato.
Ticchettò con le dita sui pantaloni per poi andare nella saletta relax, senza dire nulla, senza far alzare lo sguardo a quella ragazza cocciuta che sembrava tutt’altro che contenta.
Entrò nella stanza e si fermò di colpo. Era davvero Spencer Reid quel ragazzo che se ne stava seduto con lo sguardo perso nel vuoto e un caffè ancora da bere davanti?!
Si passò una mano sulla testa per poi afferrare una sedia e sedersi a sua volta. Era pronto per ascoltare… sperava che il ragazzo fosse pronto per parlare.
Spencer scostò un attimo lo sguardo solo per assicurarsi che fosse davvero Derek poi, poi ripiombò nel suo senso di vuoto.
-Le eri sembrato un tipo spavaldo?- incominciò cauto ma senza riuscire a nascondere la propria malizia.
-A quanto pare…- borbottò inumidendosi le labbra, senza cambiare posa.
Derek alzò gli occhi al cielo. Forse non era quello il momento buono? Eppure gli era parso…
-Perché faccio capire a qualcun’altra ciò che vorrei far capire ad una sola ed unica persona?-
Finalmente aveva parlato. Si era deciso. Sì, era quello il momento buono.
Fece scorrere le dita sul tavolo, senza rispondere ma attendendo le sue parole. Ancora.
-Non avrei dovuto comportarmi così con Dora, l’ho mandata via… Io non avrei dovuto, non è da me…-
-...ma?- lo incitò.
-Ma era esattamente quello che volevo fare.- fece una pausa, -Sì, beh, poi… cioè, è anche giusto così, non avrei voluto…-
-Spencer!- lo fermò Derek, -Torna all’argomento principale.-
A quelle parole Reid alzò lo sguardo, lentamente, verso quello dell’amico.
-April.-
-A…April…- balbettò Spencer, respirando a fondo, -April è dove voglio andare.-
Sorrise.
Sorrise.
-April è la tua strada.-

Aveva finito quell’estenuante giornata chiuso nel proprio ufficio, non vi era mai uscito se non per qualche secondo e, soprattutto, senza mai soffermarsi nell’open-space. Mai.
Voleva affrontare il suo tormento ma appena decideva, appena credeva di essere pronto, cambiava idea. Non era paura quello che lo bloccava, non era il coraggio che gli mancava… era la consapevolezza di un futuro d’ostacoli. Era questo quello che voleva offrire alla donna che amava?!
Un leggero ticchettio lo distolse dai propri pensieri, appena in tempo per vedere un sorriso contagioso entrare nel suo ufficio, chiudendo la porta alle sue spalle e fiondandosi sul divanetto davanti alla sua scrivania.
-E’ tardi.-
-Non poi così tanto… manca ancora un po’ all’ora di cena.- replicò lui.
-Però hai da fare stasera.- continuò April, senza guardarlo.
-Uhm, non che ricordi…-
-Appuntamento col destino!- scherzò lei sorridendo per poi puntare il suo sguardo sulla sua figura, -O non te ne saresti stato tutto il giorno chiuso qua a vagare fra il tuo ufficio e quello di Dave!-
Fece per replicare qualcosa ma non aveva poi molto da dire, quella ragazza aveva centrato in pieno il problema e la soluzione.
-E tu farai lo stesso?-
-Puoi essere geloso di qualcosa che non hai?- chiese di rimando April.
-Dipende da quanto lo vuoi e da quanto senti tuo questo qualcosa.-
April arricciò le labbra, poggiando la testa alla pelle scura del divano, -Forse è giunto il momento di andare, allora.-
Aaron sospirò, alzandosi dalla sedia ed andando sul bracciolo del divano, accanto ad April. Un male comune era più facile da sopportare ma loro sembravano parlare della stessa identica cosa senza mai nominarla come se l’altro non ne fosse al corrente anche se, entrambi, erano consci del contrario.
-Andrà tutto bene.-

Raggruppò i fogli dalla scrivania, lanciando un sorriso ai colleghi che, anche loro, si stavano preparando per tornare a casa.
Derek si sarebbe ritrovato con Alexis per cena, era ormai qualche tempo che si frequentavano ed ancora non si erano stufati l’uno dell’altra, ancora non vedevano la fine di quella bella favola nella quale si erano immersi. Ancora si stavano amando.
Jennifer sarebbe tornata a casa dal suo William ed insieme si sarebbero accoccolati con Henry fra le braccia.
Penelope sarebbe uscita con Kevin ed insieme avrebbero fatto mattina presto a parlare e scherzare.
E David, David avrebbe contemplato la sua vita e avrebbe sorriso ad ogni errore, ricordandosi che nulla mai, era stato più importante di quel sentimento che sempre aveva provato nella decisione delle sue scelte.
Poi c’era lei. Lei. Emily. Invischiata in qualcosa che la tormentava e la faceva sussultare, senza volerne scappare ma andare sempre più affondo. Affondo… senza mai affogare ma volendo respirare in due quell’aria.
Lanciò uno sguardo all’ufficio di Hotchner e vide April uscirne con un volto stanco ma con un’espressione nuova negli occhi… le brillavano come non mai. Era la sua convinzione, la convinzione di giocarsi il tutto per tutto. E l’avrebbe fatto, non sarebbe crollata, non doveva crollare. E sicuramente ne sarebbe uscita vincitrice perché dall’altra parte c’ero un Spencer che, timido ed impacciato, aveva però finalmente capito cosa voleva veramente. Adesso se lo sarebbero giocato… il loro destino.
Sorrise mentre salutava e le sue gambe si muovevano da sole verso quell’ufficio buio, mentre le sue dita sfioravano la porta ghiaccia e mentre la sua mano apriva quella maniglia che la divideva dall’uomo di cui era innamorata.
-Volevo salutarti.- disse solo, facendo capolino in quella stanza e in quegli occhi che si erano bloccati sulla sua figura, -Non ci siamo ancora visti oggi, volevo solo salutarti, sto andando a casa.-
-Bene.- sorrise Aaron professionale, -A domani.-
-A domani.- sorrise ancora Emily, pensando a cosa aveva in testa quando le era venuta in mente quell’idea bislacca. Stava per richiudere la porta quando sentì la voce di quell’uomo richiamarla. Subito tornò in quell’ufficio, col sorriso sulle labbra.
-Emily…- aveva iniziato lui, stranito dallo stesso se stesso, -…mi chiedevo se ti andava di cenare assieme.-
Il sorriso di Emily si espanse e contagiò anche Aaron perché le parole che uscirono dalla sua bocca erano parole affermative, a confermare quella volontà di stare assieme. Loro e loro due e basta.

Si era preparato di fretta e furia anche se aveva scelto ogni abbinamento di tessuto e colore con estrema cura. Nemmeno andasse ad una festa. Andava a dare ripetizioni… già, ripetizioni. E lui si preoccupava, per la prima volta in vita sua, di avere il vestito giusto.
Salì di corsa le scale, indugiando su quella porta chiusa appena prima della sua meta. Vi era passato accanto talmente piano e drizzando le orecchie che aveva decisamente intuito che in casa non c’era nessuno. Una smorfia si disegnò sul suo volto ma, cercando di ricomporsi, bussò alla sua porta. La porta giusta.
Dei passi veloci e il portone si aprì, lasciandogli vedere un sorriso che mai avrebbe smetto di amare. Si bloccò di colpo, sfiorando con lo sguardo quel corpo coperto da un semplice vestitino verde che le ricadeva perfetto addosso. Quella ragazza era tutto ciò che aveva sempre desiderato… dall’attimo esatto nel quale i suoi occhi si erano posati sulla sua figura, nell’attimo esatto nel quale la sua voce gli aveva parlato, nell’attimo esatto nel quale i propri pensieri si erano fusi e le loro emozioni si erano avvolte in una danza dai passi sconosciuti.
-Sasha arriva subito.- sorrise April lasciandolo entrare.
-Ok…- biascicò lui ancora un poco confuso. Eppure… eppure non era quello che aveva sperato prima? Il trovala lì, il vederla, il sorriderle.
-Ah…- dondolò su se stessa lei, -…zucchero.- disse indicando la ciotolina che aveva in mano.
-Come?-
-Qua… ero qua per lo zucchero.- precisò lei, abbassando lo sguardo.
-Zucchero.- ripeté lui osservandola, prima di scostarle una ciocca di capelli che le ricadeva sul volto.
April abbozzò un sorriso, per poi guardare nel corridoio della casa, nessuna traccia di Sasha ancora.
-Dora era la nipote dei Cohen, voleva solo ringraziare.- disse veloce lui, senza pensare.
-Come?-
-Era solo… niente.-
A quelle parole April inclinò il volto come ad osservarlo meglio mentre le gote di lui si erano colorite di quel rossore che tanto amava. Sorrise, sorrise senza rispondere. Aveva capito. Aveva perfettamente capito.

Poggiò una mano sul volante, chiudendo gli occhi. Si erano fermati per dover andare al ristorante ma lui non era sceso e aveva lasciato bloccate le sicure della macchina. Emily lo stava osservando senza capire bene cosa stesse succedendo. Era già un mezzo miracolo che lui, lui, le avesse proposto quella cena che adesso non riusciva più a pensare, a ragionare a tutto ciò che poteva passar per la mente di quell’uomo.
-Credo di non essere stato sincero con te.- iniziò, lentamente.
-Aaron, non capisco… mi hai sempre detto tutto.- si poggiò meglio sullo schienale del seggiolino del suv nero.
-No… ti ho lasciato allo scuro della cosa più importante.- continuò, calmo, senza che la sua voce tremasse.
Emily sospirò dandosi della stupida. Non poteva essere quello che pensava.
Lo vide girarsi verso di lei e vide i suoi occhi fermi attraversati da un’emozione che non vi aveva mai visto prima. Deglutì a fatica. Non poteva essere, come era possibile?
-Avrei dovuto dirtelo tempo fa.- disse con voce più tremante. I suoi occhi nei propri gli facevano perdere il controllo, gli facevano perdere la cognizione di essere l’agente Hotchner e lasciavano scoperto solo e solamente Aaron.
Emily abbassò lo sguardo, -Forse non è una cosa da dire…-
-Non ad una collega.- ribatté lui, sospirando.
-Allora forse è meglio tacere tutto?- chiese, tornando però ad osservarlo, a combattere per quello che voleva e che aveva sempre voluto.
-E’ quello che ho cercato di fare in questo tempo.-
-Probabilmente abbiamo fatto la stessa cosa.-
A quelle parole Aaron rimase un attimo interdetto, non se le aspettava, e un sorriso comparve sulle sue labbra. Quel sorriso che, da un bel po’ di tempo, stava riservando solamente a lei.
Al vederlo Emily allungò una mano, inclinandosi verso di lui, e gli sfiorò le labbra, -Dovresti sorridere più spesso.-
-Se tu me lo permetterai, Emily.- le mormorò sul calore dei suoi polpastrelli, prima di annullare la distanza fra di loro e far unire le sue labbra a quelle di lei in un lento e dolce bacio.
Non se lo aspettava. Lasciò che la baciasse e si staccasse da lei in un soffio. Non se lo aspettava.
Alzò lo sguardo su quegli occhi vicini mentre la sua mano già si era andata a nascondere nei capelli di Aaron e l’aveva attirato a sé per far sì che le loro labbra si incontrassero di nuovo. Di nuovo. E di nuovo. In un lento, passionale bacio che non avrebbero mai dimenticato.

Aveva salutato con un sorriso Sasha e poi, una volta chiusa la porta, non aveva fatto più un passo se non girarsi vero l’unica porta che davvero gli interessava, quella di April.
Osservò lo spiraglio di luce venire dal fondo del portone e una leggera musica arrivargli alle orecchie. Mozart. Quello era senz’altro Mozart… d’altronde, il suo preferito.
Si avvicinò di qualche passo per poggiare la mano su quel legno caldo. Era come se riuscisse a sentire il calore di lei, a vedere il suo sorriso e ad emozionarsi.
Sospirò, doveva farlo, doveva riuscire a farlo… andare, parlare e uscire vittorioso da tutto quello. Voleva lei, voleva April, ormai ne era conscio… e tutti i suoi dubbi ora vagavano solo sulla sua figura. Lui, lui come poteva donare amore a quella donna? Ne sarebbe stato in grado? Lui… lui era…
Si stava solo arrovellando il cervello, doveva smetterla.
Aveva la schiena poggiata al muro e gli occhi fissi su quell’ombra al di là della porta. Aveva sentito Sasha salutare e questo poteva dire solo una cosa: Spencer. Spencer fuori dal suo appartamento.
Sospirò cercando di darsi forza, cercando di capire cosa stesse facendo quel ragazzo. La sua mente le stava solo urlando una parola, diretta proprio a lui: Suona, bussa, fa qualcosa!
Si morse il labbro inferiore, in trepidante attesa, senza riuscire a smettere di fissare quel punto del pavimento. Era arrivata proprio a quel passo, ad aspettare un uomo, un ragazzo… a volerlo così tanto da sussultare ad ogni rumore, ad ogni gesto, ad ogni fiato.
E adesso l’unica cosa che voleva era quella… quell’ombra oltre la porta. Quell’ombra che, velocemente, era svanita insieme a dei passi veloci che scendevano le scale.
Lasciò che la testa picchiasse sul muro, chiuse gli occhi. Ancora una volta era lì, sola.

Non era stata una decisione facile la loro ma per quella sera avevano deciso di seguire solamente i loro cuori. Nulla e nessuno avrebbe potuto farli desistere da quel loro intento. Si erano baciati e avevano fatto scorrere il loro amore nello loro anime fuse. Si erano ritrovati con i respiri uniti in un’atmosfera che volevano far diventare reale.
E così avevano deciso di cenare in casa, in tranquillità… a capire, parlare ed amarsi.
Emily aveva aperto la porta del suo appartamento e lui l’aveva trovato nuovo rispetto a quando vi era entrato l’ultima volta, l’aveva trovato diverso perché adesso, adesso, aveva il suo stesso sapore sulle labbra. Adesso aveva addosso quell’odore che tante volte aveva sognato e che, tutte le volte, aveva scacciato via, violentemente, dalla sua testa e dal suo cuore.
Emily lo guardò e gli sembrò quello stesso esatto uomo che le aveva sempre descritto April, quell’uomo di cui si era innamorata… di quei sorrisi a metà lasciati andare e resi meravigliosi dalla sua sola presenza.
Adesso era lì, con lei, nella sua casa, nel suo appartamento, fra le sue cose… e tutto questo non le pareva vero, era come l’inizio di una favola che, però, sapeva essere in salita. Niente castelli e cavalli bianchi ma solo quell’eterno e puro amore che era in loro. Perché adesso lo sapevano, adesso se lo erano detto, adesso se lo erano dimostrato. Adesso avevano amato.

Appena aveva aperto la porta del suo appartamento i suoi occhi si erano sgranati in un'espressione sorpresa. Cosa ci faceva lei là? Là con quell'inquietudine addosso, contorcendosi le mani e mordicchiandosi il labbro inferiore della bocca rosea? Cosa ci faceva là da lui?
Spencer si spostò un poco per farla entrare per poi chudere la porta e raggiungerla nel salotto arredato come fosse una casa di campagna.
April si stava guardando attorno scorgendo quello stile rustico con un sorrisetto sulle labbra ma i suoi occhi continuavano a trasmettere sempre tanta ansia. Appena sentì i passi del ragazzo raggiungerla si girò immediatamente verso di lui puntando per un attimo lo sguardo sulla sua figura per poi vagare nuovamente per quella stanza.
-Ehm..- abbozzò Spencer un po' a disagio. Perché non gli parlava? Perché evitava di guardarlo? -..vuoi qualcosa? Posso offrirti qualcosa..- domandò facendo per girarsi ed andare nel cucinotto ma la voce di April gli arrivò secca e immediata -No!- Si girò ad osservarla mentre incrociava le braccia al petto e fissava il suo sguardo su una parte non bene identificata del parquette.
-Scusami..- mormorò sospirando -Scusami se piombo qua così..-
Spencer continuò ad osservarla senza dire una parola. Non sapeva dove lei volesse arrivare ma sperava ardentemente che fosse lì per un motivo preciso. Lui.
-Sapevo che saresti andato da Sasha l'altro giorno..- incominciò lentamente evitando di guardarlo ma sentendo il suo sguardo su di lei.
La vide mordersi nuovamente il labbro inferiore prima di bersagliarlo con quelle parole dette con tanta fretta -Ne avevo un sacchetto pieno di zucchero, a casa..-
Restò in silenzio, ancora. In silenzio cercava di assimilare quelle parole che gli sembravano così lontane da lui. Quelle parole che gli stavano rivelando un mondo, una coscienza, un'emozione. Restò in silenzio con gli occhi puntati su quella figuretta che gli stava davanti, insicura.. ma nello stesso tempo determinata.
April rimase un attimo ad ascoltare le sue parole rimbombare fra quelle mura. Possibile che non avesse ancora capito? Velocemente spostò lo sguardo ad incrociare gli occhi di Spencer. La fissavano in una maniera che lei non aveva mai notato prima, un brivido le percorse la schiena. Strinse le mani a pugno scuotendo nervosamente la testa poi, sospiarando, si mosse repentinamente -Fa niente Spencer, era meglio che non fossi venuta..- disse girandosi e andando verso la porta di casa.
Fu come un flash. Non poteva lasciarla andare via. Non poteva rinunciare nuovamente. Non ancora una volta.
Velocemente la raggiunse e strattonandola per un braccio la fece girare verso di lui. La borsa che lei teneva in mano cadde pesantemente a terra facendo sobbalzare entrambi.
Spencer allora portò la mano che aveva sul braccio di April a circondarle la mano, non smettendo di guardarla negli occhi.. dove vedeva riflessa la stessa emozione e la stessa paura che si sentiva addosso. Posò l'altra mano sulla schiena di April, avvicinandola ancora di più a sé mentre sentiva la pelle delle sue dita fredde accarezzargli il volto.
Era come se il tempo si fosse fermato, i loro movimenti erano lenti e pacati, segnati da una delicatezza fin'ora repressa.
Spencer si abbassò quel poco da sfiorarle le labbra, sentendo la mano di lei avanzare verso la sua nuca e afferrargli i lunghi capelli. Lo spinse su di lei ad unire le loro labbra e a far parlare solo le loro lingue in uno strano linguaggio che sembravano conoscere solo loro, come se fosse stato custodito per tanto tempo e finalmente svelato.
Si baciarono per un lungo momento con una dolcezza infinita che quando si scostarono un poco l'uno dall'altra si sorrisero a fior di labbra, sentendo ognuno il respiro dell'altro sul proprio volto. Si sorrisero come mai avevano fatto prima e si guardarono nel profondo dell'animo prima di iniziare nuovamente una lenta danza che piano piano si stava trasformando in bruciante passione.

Era accoccolata nel suo abbraccio, con la testa poggiata sulla sua spalla mentre ascoltava le parole uscire dalla sua bocca con una lentezza che non avevano mai avuto prima.
Aveva preso un libro a caso e, sorridendo, aveva notato che era proprio quell’esatto libro che tanto le piaceva, che l’aveva fatta innamorare ed emozionare.
Sempre quel libro… che ripercorreva la loro storia, i loro momenti felici. Ed ora era lì, a farli compagnia.
Non ci aveva pensato due volte e aveva deciso che quello doveva essere il loro libro e così si era messo a leggerlo, ad alta voce, mentre sentiva il calore del corpo di lei stringersi al suo. Aveva portato un braccio dietro la sua schiena e con la mano carezzava e giocava con i capelli di April. Non le era mai sembrata così bella come quella sera, stretta nel suo vestitino verde che gli solleticava il ginocchio e gli sorrideva di un sorriso nuovo, di una luce che si rifletteva nei suoi occhi e andava nel suo profondo… perché provavano lo stesso identico sentimento: amore.
-Tu l'hai saputo prima di me. E' successo qualcosa, non è vero? E tu l'hai capito prima. E' come essere di fronte a una cosa talmente grande che non riesci a vederla. Ancora adesso non sono sicura di riuscirci. Ma almeno so che c'è. (*)- lesse le parole di Cecilia, così sentite, così profonde, così amate verso il suo Robbie.
Quello era il loro legame, il loro fuoco che ardeva e che non avrebbe mai smesso di bruciare.
Quella era la loro storia d’amore.

"Non sarai mai felice se continui a cercare in che cosa consista la felicità. Non vivrai mai se stai cercando il significato della vita" Camus.

IMMAGINE

 

* Frase ripresa dal libro "Espiazione" di Ian McEwan.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Epilogo ***


Documento senza titolo

EPILOGO

Aveva appena lasciato Emily con mille paure. Le stesse paure che ora aleggiavano anche dentro di lui. Quelle paure che pensava di aver perso dopo il matrimonio con Haley, che aveva recupetato con la nascita di Jack e che aveva nuovamente perso e credeva definitivamente chiuso in un cassetto con l'abbandono di Haley. Adesso quelle stesse paure stavano raffiorando nei suoi occhi, nei suoi gesti e in quelli di Emily ma loro avevano scelto per se stessi, avevano scelto di andare avanti, avevano scelto di camminare mano nella mano. Lo sapevano che sarebbe stata dura, che sarebbe stata una strada in salita, piena di buche e crepe. Lo sapevano esattamente che non sarebbe stata una passeggiata ma almeno avevano scelto di vivere.
Avevano deciso di prendersi tutto il tempo possibile, si andare con calma e con i piedi di piombo perché era ben chiaro ad entrambi che non potevano commettere sbagli, che non potevano affrontare il tutto alla leggera perché c'era in gioco la loro vita, tutta la loro vita, ogni cosa e ogni aspetto. Lo sapevano. Se lo volevano veramente sarebbe stato per sempre.
Chiuse la porta di casa ricordando il volto sorridente di Emily che lo salutava. Quel giorno lo avrebbero dedicato a se stessi. Dovevano cominciare così.
Sorrise togliendosi la giacca e fu solo allora che sentì una dolce musica avvolgere la casa. Un buon profumo arrivò alle sue narici e lanciando uno sguardo al mobilino dell'ingresso vide le chiavi di casa che aveva dato ad April. Scuotendo la testa si diresse in cucina dove trovò un giovane avvocato intento a spelare delle carote.
Appena lo vide sulla soglia della stanza April gli sorrise dolce.
La sera prima si erano sentiti, si erano telefonati mentre erano diretti verso la propria agognata metà. Si erano sorrisi e si erano lasciati con la convinzione di vivere, di andare avanti e di superare ogni ostacolo. Si erano semplicemente aperti a loro stessi e ai propri sentimenti.
Aaron la guardò ancora un attimo prima di abbozzare -Come facevi a sapere che sarei tornato?-
A quelle parole April scosse la testa tirandogli una leggera occhiata ironica. -Qualcosa da mio zio devo pur averla presa.-
Al sentirla abbassò lo sguardo. Ora sapeva che doveva farlo. -Più di quel credi..- mormorò ricordando quella telefonata che aveva avuto con Jason, all'insaputa di tutti, quando April era stata rapita. Era stato proprio Jason a chiamarlo. Lui l'aveva saputo, in qualche modo aveva saputo della situazione di sua nipote. In realtà Aaron aveva capito benissimo che Jason sapeva esattamente tutto ciò che era successo e che succedeva alla squadra, al team. Sapeva tutto. Lo aveva capito da quelle poche parole che avevano scambiato..
-Aaron devi diglielo, lo sai?- gli aveva domandato dopo aver parlato del rapimento, dopo aver capito che April sarebbe stata trovata e riportata a casa, in salvo.
-Dire? Cosa?- aveva allora abbozzato lui, consapevole di cosa Jason gli stesse dicendo. C'entrava April. C'entrava Spencer.
-Quello che dovresti dire anche a te stesso- Fu come un lampo. C'entrava lui. C'entrava quella donna così caparbia. Era rimasto in silenzio, in ascolto. Sì, Jason non si era mai slegato completamente da loro. Jason sapeva cosa lei rappresentava per lui. Sospirò e allora Jason parlò, disse quell'unica frase che mai sarebbe stata scontata se unita alla parola di amore. Amore. -Non sarà mai un errore.-
Ad Aaron vennero in mente tutte quelle parole e il tono di voce col quale Jason aveva pronunciato quell'ultima frase, lo stesso col quale April gli aveva parlato. Ed Aaron sapeva esattamente che il sorriso che ora vedeva sulle labbra si quella ragazza era sicuramente lo stesso che aveva avuto Jason quel giorno.
Forse era arrivato il momento di dirglielo. Forse, ora che le cose si stavano sistemando, ora che anche lui stava cercando di riprendere le redini della sua vita, ora che poteva sentirsi in grado di dire quelle parole con la convinzione giusta, dopo la decisione di andare avanti con calma, con serietà, con sentimento assieme ad Emily, soltanto adesso sarebbe stato il momento giusto per pronunciarle.
-April, lo sai vero?-
Lei si girò verso di lui. Aveva ripreso a spelare una carota ma a quella domanda si era fermata e lo aveva guardato un po' perplessa per poi sorridere. Aveva capito cosa voleva dirle, lo aveva capito appena lui aveva portato la sua mano a indicare la parte sinistra del petto. Il cuore.
Aaron restò immobile in quella posizione ad osservarla nel profondo degli occhi poi, sollevando un poco gli angoli delle labbra, sussurrò -Non sarà mai un errore.-

“Se hai amato l’amore non sarà mai un errore." Raf.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=333491