Overleven

di __Di
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1--Koude Dag ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2--Een Beker Melk ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3--Gevaar Magie ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4--Verschrikkelijke Nieuws ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5--Te Vel Te Snel ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6--Het land van herkmst ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7--Verschillende Richtingen ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8--De Eerste Kus ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9--Laatste Hoop ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10--Een Beetje Geluk ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11--Goede Jongen ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1--Koude Dag ***


Salve a tutti,
sì, mi ero un po' ripromesso di smetterla di stuprare bellamente i manga che hanno un bel pezzetto del mio cuore, ma a quanto pare a parecchi di voi piacciono le violenze gratuite alle belle storie che sarebbe più comodo restassero tali e non venissero scarnificate da autori sadici e pazzoidi.
Peccato che io, oltre alla mia seria dipendenza da manga, che presto o tardi mi costringerà a trasferirmi in mansarda senza riscaldamento ma con impudenti spifferi che provengono da ogni dove, perché minacciosamente mi cacceranno via dal mio bellissimo studiolo da lettura, sono anche un insano pazzoide lunatico e piuttosto sadico.
Beh, insomma se sono in questa sezione nuovamente la mia follia si abbatterà su forse una delle migliori opere delle quattro pazzoidi — perché qui in patto di follia siamo a livelli allucinanti, eh— denominate CLAMP, e parla uno che ha la prima edizione di X1999 in lingua originale e in italiano! — sì, sono un tipo un po' originale, non c'è che dire—
Beh, ovviamente parliamo di Tsubasa Reservoir Chronicle, anche perché non credo mi vedrete mai stuprare Wish o RGVeda, mi spiace, avete sbagliato persona!
Beh, comunque avrete sicuramente notato dagli avvertimenti che la storia non è che sia molto ma molto allegra e trotterellante, oserei piuttosto dire che non pensavo di accanirmi così tanto su questi poveretti, che tra l'altro non ho neppure ben compreso chi avrà più problemi... bah...
Ma comunque, gente, non disperate, se il mio umore dovesse cambiare, allora anche l'esito potrebbe cambiare.
Neanche a dirlo, ovviamente, è una Shaoran-Sakura! No un attimo, riponete quei forconi, stavo scherzando!
È una Kurogane/Fay, tranquilli!

Vi chiederete sicuramente che razza di elucubrazioni mentali volete che ci siano dietro tutta questa mia introduzione? Soffriranno e pure parecchio, temo.
Ah! Ultima cosa, poi vi lascio, stavolta è una storia a capitoli! La mia prima storia a capitoli per l'esattezza in lingua italiana.

Mah, okay ho finito! Non mi resta che lasciarvi a briglia sciolta al primo capitolo e il titolo ve lo spiegherò con molta calma.

Disclaimer: Io non posseggo alcun personaggio di questa storia che invece appartiene interamente a quel gruppo (di pazze sclerotiche) denominato CLAMP.
















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Capitolo Uno-Koude Dag
















«Kuro-buh!» urlò il mago biondo con un vago intento suicida a prima mattina, nella minuscola stanzetta che divideva col giapponese, Mokona e Shaoran.
Teoricamente gli altri due erano abbastanza lontani e relativamente svegli per non essere colpiti dall'uragano biondo e urlante, ma non escluderei il fatto che tale grido non avesse svegliato il vicinato.
«Che diavolo ti salta in mente, idiota?!» ringhiò il ninja evidentemente scocciato e un po' troppo assonnato ma non abbastanza per non sguainare la sua adorata spada e agitarla contro il naso dell'altro.
«Ti sveglio! È una bella giornata, oggi potremmo uscire un po' a fare una passeggiata, no?» cinguettò Fay e ci mancò poco che piroettasse in giro, e lui era decisamente il tipo da farlo, detto tra noi.
Kurogane ovviamente digrignò i denti e brontolò qualcosa che, per non turbare nessuno, definirò solo piuttosto sconnesso e ben poco educato. Okay, va bene, se volete proprio saperlo lo riporterò! «Ma come diavolo fai ad essere così maledettamente pedante?».
«Anni di esercizio, mio caro Kuro-myu! Sono così petulante solo per te!» replicò l'altro zompettando qui e là intorno al letto del moro che non sembrava proprio granché propenso ad alzarsi.
«Ah, grazie quanta premura!» ringhiò il giapponese con tanto di smorfia di sufficienza.
Fay però non smise di girare attorno al letto. «Prego, mio adorato Kuro-po!».
«Ero sarcastico, idiota!» brontolò di nuovo.
«Accidenti! Tu sarcastico? Dove sono gli altri in momenti simili?!» ridacchiò il biondo sedendosi sul letto del ninja con le gambe accavallate.
Kurogane brontolò qualcos'altro, ma sibilandolo a denti stretti in maniera impercettibile.
«Su Kuro-koi, perché non ti alzi da quel letto e non andiamo a farci una passeggiata?» e, non contento di averlo svegliato urlandogli nell'orecchio quasi come a volergli far prendere un infarto, continuò. «Su, laviamo via questa faccia truce!» e cominciò a punzecchiargli le guance con le dita affusolate.
«No!» ringhiò. «E lasciami la faccia, dannato!».
«Nemmeno se prometto di essere una brava mogliettina?» cantilenò insieme a un altro mucchio di promesse che sarebbe troppo lungo mettersi ad enumerare.
Al ché il povero Kurogane, all'ennesima promessa allucinante, dovette desistere e recedere dai propri propositi. «Basta che la smetti di sciorinare tutte queste idiozie!».
«Ma non sono idiozie, Kuro-run!» continuò quello con un sorriso, sincero, a ottantanove denti.
«Maledizione io mi chiamo Kurogane.» brontolò di nuovo tirandosi su a sedere. «Ku-ro-ga-ne!».
Fay cominciò a battere le mani con una faccia onestamente fiera e divertita insieme. «Che bravo, il mio Kuro-fou, sa sillabare il suo nome! Così rendi fiera la mammina Fay!».
«Maledetto idiota, cosa dici?!» brontolò. «Se vogliamo andare a fare una passeggiata, tu devi decisamente smetterla con queste cavolate!».
«Uh, adesso siamo un noi! Che bello!» ridacchiò il biondo avvinghiandosi in stile polipo al braccio del povero giapponese ancora intontito e assonnato.


Appena Kurogane fu minimamente più presentabile per quella dimensione, avendo quindi chiuso a chiave in bagno il mago che sicuramente, almeno secondo lui, si sarebbe messo a fare commenti su questo e su quello, ovviamente minando alla sanità del povero ninja, i due uscirono come due perfette persone normali che, del tutto normalmente, non hanno una fissa dimora, anzi, viaggiano nelle varie dimensioni!

Inutile dire che per Kurogane quella mezza giornata fuori, fu più che una tortura, un martirio!
In primo luogo, l'abito che Fay aveva scelto per lui il giorno prima aveva il colletto di pelo e a lui il colletto di pelo urtava il sistema nervoso, e poi i guanti erano troppo spessi e pure quelli erano pieni di pelo di qualche strano animale che puzzava di cane bagnato, per di più, visto che alle volte lì il vento era molto forte bisognava indossare un cappello che per lo meno prevenisse l'insorgere di un pesante mal di testa, e cosa aveva scelto quel maledetto idiota? Giustamente un colbacco che gli faceva prudere la cute.
Il tutto quindi sottoponeva il povero Kurogane — per non parlare della sua pazienza!— a una specie di tortura cinese.

Quando quel martirio lo stancò del tutto, dissipandogli quel po' di pazienza — che già era mooolto poca— che gli era rimasta e la venuzza pulsante sulla sua fronte era arrivata ormai al sovraccarico, decise che era ora di smetterla.
«Voglio andare a casa, questa giornata fa schifo, fa freddo e tra un po' verrà pure a piovere!» brontolò.
«Sempre a lamentarti tu, eh, Kuro-papà?» cinguettò Fay che, in tutto lo splendore del suo cappottone bianco e blu sembrava uscito da una rivista di moda.
«Perché, mi daresti torto? Se qui non c'è nemmeno una piuma perché non ripartiamo subito?» continuò quell'altro lamentandosi.
«È la decima volta che me lo chiedi ed è la decima volta che rispondo! Shaoran pretende di portare a Sakura dei souvenir da tutti i mondi che visitiamo, inoltre noi non stiamo mica cercando le piume, ma stiamo semplicemente accompagnando Shaoran nel suo viaggio.» sussurrò il mago con calma, con lo stesso tono di voce giulivo che continuava ad usare, anche se era effettivamente la decima volta che rispondeva alla stessa domanda, con le stesse parole —oltre ovviamente al numero di risposta— e non sembrava dargli granché fastidio.
«E perché siamo usciti anche noi? Francamente io stavo meglio sotto le coperte!» brontolò il moro storcendo il naso all'ennesima folata di vento.
«Perché ingrigirai a forza di startene chiuso a casa a dormire.» replicò l'altro fischiettando un motivetto che aveva tutta l'aria di essere natalizio.
«Ma rischierò di congelare così!» brontolò ancora.
Il mago sorrise interrompendo quella fastidiosa musichetta. «Ah, ma stamattina ci siamo svegliati maluccio?».
«Sei un idiota!» replicò Kurogane urlando, facendo girare parecchia gente che camminava per strada. E ora anche l'arteria giugulare cominciava a pulsare insistentemente. «Vorrei vedere te se domattina ti sveglio urlandoti nell'orecchio un nomignolo idiota!».
«A me farebbe molto piacere, Kuro-sama!» canticchiò il biondo ridendosela.
Il ninja digrignò i denti e storse di nuovo il naso. «Solo perché tu sei strano non vuol dire che a me una cosa del genere dovrebbe piacere, eh!» replicò.
«Pensavo... Ti va di cucinare con me una bella zuppa per stasera?! Andiamo a fare spese al mercato!» decise Fay tirando su l’indice della mano destra e poi avvinghiandosi di nuovo al braccio del povero giapponese trascinandolo per una viuzza, mentre quello ovviamente continuava a lamentarsi.
«Non mi hai ascoltato per niente, eh?!» ringhiò il moro.

Fay si sistemò meglio il ridicolo cappello bianco di pelo coi paraorecchie e, sopra la testa, degli inserti a forma di orecchie da gatto, legato sotto il mento da un nodo che terminava in due pon-pon. Quando Kurogane l‘aveva visto, aveva pregato che non avesse trovato un maledetto cappello con le orecchie da cane, erano finite le scorte nel magazzino, per sua fortuna!

«Una bella zuppa calda così almeno il mio caro Kuro-bau non si lamenterà per il freddo!» disse cominciando a miagolare e a strofinare la testa contro il braccio del compagno di viaggio.
La venuzza pulsante sulla fronte era di nuovo gonfia. «Quando dai nell‘occhio da uno a dieci?!».
«Ti è mai passato per la testa che potresti essere tu con la tua faccia truce a dare nell‘occhio, Kuro-pon?» sorrise. «Guardati intorno, la gente ride, no? Se anche tu sorridessi non faresti un soldo di danno, lo sai?».

Prima ancora che il moro potesse rispondere, si trovò davanti al groviglio di genti e bancarelle che popolavano la piazza del mercato.
«Uh! Ho proprio voglia di una zuppa!» cantilenò il mago trascinando il povero ninja da un banco all’altro.
«Senti, idiota...» lo chiamò Kurogane tirandolo indietro in mezzo a quella gente proprio mentre il biondo era tutto preso ad agguantare un’enorme zucca.
«Che c‘è Kuro-pin?!» mugugnò Fay tuffandosi a pioggia nuovamente sulla bancarella.
«Ma possiamo pagarla questa roba?» ringhiò.
Il biondo aveva già passato due banconote al mercante ricevendo in cambio due buste piene di ortaggi. «Certo, Kuro-un! Ovviamente!» sorrise appioppando letteralmente le buste di carta in braccio al giapponese. «Grazie, Cagnone!».
«Tsk, chi ti ha detto che le porterò io?» ruggì l’altro.
«Beh, perché sei una persona gentile!» miagolò di nuovo Fay. «Inoltre, perché io devo scegliere la carne per lo stufato!».
«Secondo te non ne sarei capace?» brontolò il ninja punto nel vivo da tale commento.
«Ma no! Certo che no! Io credo nelle capacità del mio adorato Kuro-wan nello scegliere la carne, che dici?! Il mio Kuro-pu è bravissimo!» cominciò a canzonare camminando sulle punte dei piedi e le mani giunte al petto e gl’occhietti trasognati rivolti verso un nuvolone nero e minaccioso che si stava per abbattere sulla piccola cittadina montana. «Vuoi aiutarmi a scegliere la carne?».
«No, lascio che la scelga tu se la smetti di chiamarmi in modi assurdi e di fare così tanto baccano!» brontolò il moro.


Inutile dire che ovviamente Fay continuò a comportarsi così tutto il tempo, anzi rincarò la dose di idiozie, come le chiamava il giapponese, finché poi, dopo averlo trascinato in sei macellerie e in quattro forni, alla fine, non tornarono in quella stanza in cui alloggiavano.

Shaoran e Mokona erano ovviamente tornati e stavano giocando a carte in tranquillità sul letto del mago, anche perché se avessero osato sedersi sul letto di Kurogane probabilmente, per l’umore che aveva in quel momento, avrebbe fatto ingoiare a loro tutte le centootto carte che erano sparse ovunque.

«Uh, Kuroppi perché non giochi con loro? Fai il bravo paparino!» fischiettò il biondo mentre controllava la cottura dello stufato, girando e rimestando le verdure e la carne nel pentolone.
«Tu cucina e zitto!» ringhiò il ninja ben poco amichevolmente, con di nuovo la venuzza pulsante sulla fronte, presto o tardi avrebbe rischiato un aneurisma, altrochè! In fondo Kurogane stava sul suo letto a cercare di farsi passare il prurito dato dal pelo dei guanti, del colletto della giacca e del colbacco, per non parlare del fischio nelle orecchie che aveva dalla mattina visto che quell’idiota gli aveva trapanato un timpano con la sua vocina troppo esuberante.
Però Fay, si avvinghiò nuovamente al braccio del moro sfregandovi contro la guancia. «Oh, perché tratti così la tua mogliettina?!».
Alché, com‘era piuttosto presumibile dati gli avvenimenti della giornata, Kurogane grugnì un qualcosa davvero molto simile a un “crepa dannato” e sguainò la sua adorata Ginryu, e prese a rincorrere Fay per tutta la stanza.
«Ma Kuro-pii! Non si fa così!» continuava a cinguettare il biondo che piroettava agilmente intorno, schivando bellamente gli affondi del ninja.
Intanto in tutto questo Shaoran e Mokona avevano cominciato una nuova partita curandosi ben poco del giapponese che minacciava di morte il mago che invece se la rideva, erano troppo abituati a scene simili, presumibilmente.
«Crepa, idiota!» urlò definitivamente Kurogane agitando la sua adorata spada per aria con tanto di smorfia agghiacciante sul viso, insomma sì, più truce del solito.
Fay continuava a ridere invece, incurante del pericolo che stava affrontando. «Kuroppi, capisco che ti piace giocare con me, però fammi un attimo finire di cucinare! Riprendiamo dopo, intesi?» cinguettò tranquillo fermandosi accanto ai fornelli.
Però il ninja non ripose l’arma, anzi restò in posizione col braccio alzato e la lama puntata minacciosamente sopra la testa del biondino.
«Shaoran, cosa hai preso poi a Sakura?» domandò Fay mentre fischiettava allegramente di nuovo il suo motivetto in stile natalizio, cosa che, in appena un minuto avrebbe fatto scattare al massimo l’ira omicida di Kurogane.
Il ninja agitò nuovamente la spada, con aria decisamente minacciosa sopra la testa.
«Una di quelle palle con la neve dentro... C‘è il campanile di questa città... È carino.» annuì il ragazzo calando un tris di donne.
«Bene, sicuramente le piacerà!» continuò a dire il mago girando su se stesso con tra le mani la pentola piena di stufato bollente.
Qualcosa non andò come previsto, Kurogane in effetti era a meno di mezzo passo dal mago, e per poco non rischiò di restare ustionato dallo stufato.
«Dai, Kuroppi, spostati... Che è pronto...» canticchiò Fay.
«Uh! La cena!» zompettò Mokona lanciando in aria le carte e ovviamente finendo sulla testa del ninja.
Inutile dire che, ovviamente, questo non poteva che essere l‘ennesimo affondo alla pazienza del giapponese. «Polpettina!» ruggì digrignando i denti.
«Su, riponi la tua Ginryu, e siediti a tavola...» continuò a dire la polpettina bianca mentre gli tirava i capelli, visto e considerato che il moro era lì che, giustamente, si agitava.
Grugnendo ancora, a denti stretti, Kurogane poggiò con cura la sua spada sul letto e si sedette lì, perché sì, pretendere che ci fosse anche un tavolo lì dentro con delle sedie, magari, era davvero esagerato.
Mangiarono in silenzio, in effetti non era così pessima quella sbobba che aveva preparato il mago.


A una cert’ora Shaoran e Mokona s’addormentarono subito, mentre Fay lavava le ultime scodelle e la pentola.
Kurogane, come di consueto, aveva lucidato la spada e l’aveva riposta con cura nel fodero, e ora fissava il biondo asciugare i piatti con un enorme punto interrogativo al posto della faccia.
«Che c‘è, Kuro-myu?» bisbigliò Fay chinando la testa di lato.
«Io e te dovremmo fare un discorsetto...» sibilò l’altro tornando nella sua espressione impassibile.
«Oh, ma io sono stanco, Kuro-fou... Non so te, ma...» replicò il biondo sempre a voce bassa. «E poi loro due dormono...».
«Ci sediamo qui fuori e parliamo.» brontolò.
Fay poggiò sul lavandino tutte le stoviglie e recuperò la sua giacca. «Va bene, così lasciamo dormire loro due. Copriti bene, Kuro-bo, non vorrei che ti prendessi un brutto raffreddore!».
«Tsk!» ringhiò il giapponese prendendo quella dannata giacca col colletto di pelo.

Uscirono nel giro di pochi minuti, il tempo di lasciare la stanza in ordine e di coprirsi in maniera decente per il clima rigido che avrebbe fatto gelare i peli del naso a chiunque.
Camminarono in silenzio per un po’, percorrendo la strada che avevano percorso in mattinata.
«Che dovevi dirmi, Kuro-pon?» domandò Fay rompendo il silenzio.
Kurogane, che in realtà aveva rimuginato un po‘ su queste parole, cercò di usare il tono più freddo e serio che potesse trovare. «Ho notato che hai un atteggiamento strano tutte le volte che finiamo in un posto simile a questo...».
«Mh, e con questo?» anche il tono del mago divenne decisamente diverso, gelido, quanto l’aria che pungeva loro il viso, inoltre, la sua espressione si contrasse  per un momento, ma le sue labbra, quasi subito, si curvarono in un sorriso.
«Pensavo... Ti ricordano quel posto, vero?» domandò.
«Non capisco dove tu voglia andare a parare, Kuro-pin.» replicò fermandosi e girando i tacchi. «Ho sonno, vorrei andare a letto, ora».
Kurogane lo afferrò per il cinto scapolare e lo trattenne. «Gradirei parlarne».
«Guarda che non è necessario, Kuro-wanko, e poi... Domani ripartiamo, magari faremmo bene a riposare... Chissà dove ci troveremo!» gli rivolse il peggior sorriso falso che potesse ostentare.
«Quanto mi può dare sui nervi, secondo te?» brontolò ancora il moro.
«Beh, ti ho sempre dato sui nervi, no?» sorrise l’altro.
Il giapponese lo guardò torvo. «Questa dannata situazione! E anche tu mi dai fastidio, ovviamente, ma soprattutto la situazione! Tu non puoi avere questa faccia quando ci troviamo in posti simili a questo».
«Ma che dici, Kuro-mui? Io sto sorridendo, anche tu dovresti sorridere!» canzonò il mago sfoderando un altro sorriso falso quanto una banconota da sette dollari.
Kurogane grugnì di nuovo, ma stavolta non disse niente di comprensibile.
Lasciò semplicemente il braccio del biondo e ripresero a camminare verso casa.


















Una piccola nota a piè pagina: due o tre precisazioni, non me ne vogliate.

I generi: ho un canovaccio molto vago che mi indica come si svolgerà la storia, possibile anche che cambino;
Per quanto riguarda invece gli avvertimenti: ho inserito sia Shounen-ai che Yaoi, ma mi spiace se volete una storia a luci rosse non la troverete qui, potete tranquillamente leggere e chiudere la storia senza commentare, mica me la prendo xD! E ovviamente non mi sentivo di mettere qualcosa di più per ora perché come ho detto due righe fa, vi avvertirò sicuramente se le cose dovessero cambiare!
Per il rating: suppongo che resterà arancione, come ho detto non prevedo scene a luci rosse o troppo cruente, tranquilli.

Vi ringrazio di aver prestato attenzione, e ovviamente di aver letto fin qui.
Non mi resta che augurarvi buonanotte.

D.


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Capitolo 2
*** Capitolo 2--Een Beker Melk ***

















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Capitolo Due-Een Beker Melk
















«Kuro-rii!».
Da un po’ di mattine, esattamente undici Mokona ne aveva tenuto il conto, Fay aveva preso a svegliare Kurogane urlandogli nell’orecchio un nomignolo per giorno, inventandone anche di nuovi e rivangando alcuni di quelli che, durante il viaggio, aveva coniato.
E ovviamente il ninja non è che ne fosse felice, insomma non poteva certo accettare di svegliarsi tutte le mattine con quell’altro pazzo che gli urlava nelle orecchie un nomignolo che gli faceva perdere credibilità, per non parlare della virilità...
«Kuro-rii!» stava urlando per la quinta volta il mago con tanto di megafono arrangiato con un foglio di carta che sarebbe servito a impacchettare il souvenir che Shaoran quel giorno sarebbe andato a cercare per il nuovo regno nel quale s’erano stabiliti la sera prima.
Il moro afferrò il guanciale e ci affondò la faccia, coprendosi completamente le orecchie e gli occhi, perché l‘altro, oltre ad urlare apriva pure le tende!
«Kuro-rii!» cinguettò per l’ultima volta Fay prima di sedersi di peso sopra il ventre del giapponese con tanto di gambe accavallate e tazza di tè in mano.
Ecco, quello fu l’esatto momento nel quale Kurogane impugnò la sua Ginryu e l’agitò alla cieca per aria, perché ancora aveva il cuscino a coprirgli il viso, in preda a un qualche raptus omicida. In effetti ci aveva messo anche troppo a svegliarsi male: normalmente, già alla seconda chiamata con un nomignolo a caso, si sarebbe alzato, brandendo la katana e rincorrendo Fay in giro per la stanza, come al solito. Tutto nella norma.
«Levati di mezzo!» ringhiò Kurogane spingendo via il biondo con una bella manata.
Inutile dire che, dal canto suo, il mago era riuscito a schivare l’affilato filo della spada, in maniera molto elegante, senza versare neppure una goccia di tè.
Il giapponese, soddisfatto di essersi meritato altri due minuti a letto, si sistemò su un fianco risistemando il guanciale sotto la testa, cercando di riprendere sonno.
Proprio per essere onesti, era proprio lì lì per riaddormentarsi quando qualcuno, gli afferrò le guance e le tirò come a volergli strappare via la pelle.
Il moro spalancò gli occhi nello stesso istante in cui le dita di Fay avevano raggiunto la sua faccia, il problema era che quell’idiota aveva aperto la finestra e c’era una luce talmente forte da abbacinarlo, e ci volle qualche secondo perché i suoi occhi si abituassero.
Ciò che vide fu la faccia del mago fin troppo giulivo e sveglio per essere normale. Ma chi aveva detto che Fay era normale? «Ben svegliato, Kuro-rii! Oggi ho deciso che ti chiamerò tutto il giorno così!».
Sarà stata la faccia, sarà stato il tono con cui gli aveva decisamente canticchiato quel buongiorno, sarà che non sopportava i giorni in cui Fay lo chiamava con un solo nomignolo, perché ciò implicava che l’avrebbe urlato per almeno dodici ore complessive, ma Kurogane pregò che un fulmine dall’alto dei cieli lo cogliesse proprio ora e lo facesse dormire per sempre. «Ma tu vivi solo per darmi fastidio?» biascicò afferrando nuovamente il cuscino e spiaccicandoselo letteralmente sulla faccia.
«Dai, Kuro-rii, non vuoi fare colazione?» sussurrò Fay alzando la voce intenzionalmente di uno o due semitoni imitando una voce femminile. «Te l‘ha preparata amorevolmente la tua adorata mogliettina Fay!».
Kurogane, da dodici giorni a questa parte, aveva cominciato a capire come farlo smettere uscendone pressoché illeso, assecondarlo alle volte aiutava. «Va bene, ho capito, mi dai due minuti?» domandò sbadigliando.
«Bene! Kuro-rii! Ti aspetto in cucina.» annuì il biondo alzandosi in piedi, perché ovviamente era in ginocchio coi gomiti poggiati sul letto per punzecchiare le guance al povero ninja.
Una volta finalmente solo. Kurogane si rotolò tra le coperte a malincuore per un’ultima volta prima di alzarsi.
Si risistemò, indossò gli abiti idonei a quel luogo che avevano provveduto a sgraffignare da un’asta fallimentare, e raggiunse l’eccentrico biondo in cucina.
«Ti ho preparato una torta, Kuro-rii! Una bella torta! E una bella tazza di latte non fa mai male!» sorrise il biondo.
A una prima occhiata sembrava essersi impegnato molto, aveva ancora il grembiule, sì perché lo indossava, sporco di uova e farina.
Certo, Kurogane lo notò eh, però poi rielaborò le informazioni in altri termini, in fondo s’era appena svegliato e con orrore realizzò una cosa terribile: lo attendeva una tazza di latte.
Si sedette su una sedia e accolse il mento sul palmo della mano e incominciò a rimuginare quasi subito su come comportarsi. Se ipoteticamente avesse detto al biondo che non poteva bere latte perché gli suscitava leggeri spasmi addominali (sì okay, il ninja avrebbe detto, testualmente un bel “Mi vomiterei pure gli occhi”) quell’altro avrebbe indagato più a fondo, magari l’avrebbe riempito di scherzi e, timore dei timori, avrebbe fatto la figura del debole!
Fay era ancora accanto ai fornelli mentre Mokona e Shaoran presero posto.
Kurogane allungò la mano e afferrò la povera polpettina bianca per quella che per qualunque animale si potrebbe definire collottola.
«Di’ un po‘, mica hai detto all‘idiota che io non posso bere latte?» bisbigliò a voce talmente bassa che anche la stessa polpettina ci mise un po’ a capire cosa le si stesse dicendo.
«No, Kurogane non gli ho detto niente! Sarebbe ora che lo dicessi...» gli fece notare sbuffando.
La faccia del ninja si contorse in una smorfia truce. «E ammettere la mia debolezza?! MAI!» brontolò rimettendola sul tavolo.
«Kuro-rii ma dove vai?!» cinguettò Fay nel vedere il moro scattare in piedi e avviarsi verso la porta.
«Esco, non ho fame.» ringhiò di nuovo.
«Ma Kuro-rii! Non è giusto, ti ho preparato una colazione da vero gourmet, da brava mogliettina!» continuò fingendo un piagnucolamento degno di una squallida operetta teatrale. 
«Taci! Vado a farmi una passeggiata!» ringhiò mentre stava seduto ad infilarsi le scarpe.
Fay ovviamente, chiunque se lo sarebbe aspettato in effetti, l’aveva seguito armato di cucchiaio e fetta di torta. «Assaggiala, almeno!».
«No!» replicò.
«E se te lo chiedessi per favore?» domandò.
«Nemmeno! Ora fammi andare a fare una passeggiata!» brontolò di nuovo.
«Vengo con te!» cinguettò di nuovo Fay sorridendo.
Kurogane arricciò il naso e lo fulminò con un‘occhiataccia torva. «No».
«Oh.» l‘espressione del mago cambiò per un istante soltanto, divenne improvvisamente triste per poi diventare nuovamente radiosa. «Okay».
Inutile dire che Kurogane notò anche questo, ma se ne curò ben poco per una volta, voleva comunque evitare di fargli scoprire che non poteva digerire il latte, per cui appena il mago gli rivolse quel sorriso falso, si sentì anche abbastanza sollevato e decise che era bene fingere di non essersene accorto.
Uscì di casa tranquillamente, anche con un‘espressione più che serena, vittoriosa, con un sorrisetto strano a curvargli le labbra.

Invece Fay, che da quella mattina si era premurato di preparare manicaretti davvero prelibati, ostentava un sorrisone finto quanto una bistecca di plastica, mentre versava nelle tazze dei presenti del latte.
Poi si sedette sulla sedia lasciata dal ninja e cominciò a tagliare la torta.
«Non te la prendere Fay, vedila così: c‘è più torta per noi!» sogghignò Mokona. «Noi sicuramente l‘apprezzeremo!».
Mugugnò Shaoran afferrando il piatto con la sua porzione di torta. «Su, evidentemente Kurogane s‘è svegliato male...».
Fay sfoderò un sorriso meno falso del previsto. «Ma certo! Kuro-rii è sempre così, ci ho fatto il callo, ormai! Piuttosto, Shaoran, che ne dici di andare a cercare un souvenir per Sakura oggi?».
«Così ripartiamo presto!» annuì il ragazzo trangugiando in tutta fretta la torta tra un sorso e l’altro di latte.
«Chissà che cose interessanti troveremo qui!» mugugnò Mokona vuotando il secondo piatto di torta.
«Uh, idea! Finito di mangiare, usciamo! Potremmo anche cenare fuori!» canticchiò Fay.
Ma quasi subito Shaoran lo riportò alla realtà con un tono lapidario. «Con quali soldi?».
«Ah, già... Abbiamo solo i soldi necessari per pagare questo posto e il regalo per Sakura...» bofonchiò Mokona aggredendo la sua quarta fetta di torta.
«Già, è vero! Beh vorrà dire che dovremo sfamarci col latte e le altre tre torte che ho preparato...» evinse il mago. «Su, intanto finiamo di mangiare!».

Nel contempo, Kurogane stava fieramente camminando per le stradottole battute a ciottoli bianchi del ridente paesino.
In effetti, non era proprio il tipo da farsi logorare dai sensi di colpa per aver bistrattato il biondino, però un pochino, giusto un po’, gli dispiaceva.
Fay si era impegnato molto per preparare la colazione a tutti, e l’aveva sempre fatto, di contro però c’era il fatto che aveva attentato alla sua vita con una tazza di latte e l’aveva pure svegliato! Beh, in realtà lo svegliava da un po’ di tempo così, quindi non era una cosa poi così gra....
Ma che diavolo andava a pensare?!
Sì che era grave! Non era mica tanto normale che uno si mettesse a urlare con un megafono in giro per la stanza un nomignolo del cavolo per svegliarlo!
Il suo stomaco si oppose a questo pensiero. In effetti l’odorino fragrante di torta gli aveva messo un po’ d’acquolina in bocca, però chissà quant’era dolce! Per carità!
Bah! Non era proprio ora di farsi prendere da questi ripensamenti! In fondo quello lì era un idiota, e sicuramente avrebbe attentato alla sua vita altre volte con quelle maledette tazze di latte, per non parlare del fatto che avrebbe cucinato sicuramente anche per cena.

Poco più lontano da casa, in un piccolo negozietto sulla terza strada, ben nascosto nel mercato, Shaoran stava cercando un regalo per Sakura.
«Che ne dici di questo Mokona?» indicò il ragazzo con un libretto scritto fitto fitto, inutile dire che era in una lingua sconosciuta (ma questi sono dettagli) su certe dissertazioni in ambito di flora e fauna della regione nella quale si trovavano.
La polpettina bianca non ne sembrò molto convinta, si tuffò, piuttosto, in un cesto stracolmo di peluche. «Qui c'è qualcosa di carino!».
«Fay, tu che ne pensi del libro? È carino, no?» continuò Shaoran sfogliando con cura il volume.
Il mago si sporse oltre la spalla del ragazzo e cercò di informarsi meglio. «La biblioteca del regno di Clow è molto fornita... Io punterei su qualcosa di più divertente, inoltre... Tu ci capisci qualcosa di quello che c'è scritto qui?» sorrise.
«Ah, già, la lingua! È che mi pareva carino, ben impaginato e con i disegni... Però l'ostacolo della lingua non l'avevo nemmeno calcolato!1» mugugnò. «Forse Mokona ha ragione meglio un animaletto di stoffa!».
«Sì! Anche io ne voglio uno!» gioì Mokona sbucando fuori dal cesto perfettamente mimetizzata tra tutti gli orsetti e i cagnetti di pezza.
«Costano anche poco, magari ne prendo uno a Kuro-rii!» mugugnò Fay afferrando il pupazzo nero di un cane. «Ci somiglia! Ha anche il grugno truce!».
Mentre Fay era impegnato a rimirarsi il suo cagnone di peluche, e Shaoran era tutto preso a dallo scegliere un animaletto per Sakura, Mokona venne afferrata per le orecchie da una bambina.
«Mamma, voglio questo!».
«Ehi! Mokona è vera! È carina eh, ma è vera!» urlicchiò la polpettina dimenandosi.
Il che ovviamente provocò una reazione di sgomento misto a terrore, tra i presenti.
A quanto pare, quello non era proprio un paese dov'era permesso usare la magia o girare con strani pseudoanimali parlanti.
Ma fortunatamente Fay afferrò Mokona e sorrise largamente. «Oh, hai visto il mio trucchetto?» domandò facendo un occhiolino alla bambina. «Sono un bravo ventriloquo, eh?» sorrise lanciando uno sguardo d'intesa al ragazzo che impugnava ora una specie di orsetto giallo con tanto di ali2.
In tutta fretta pagarono e uscirono dal negozio.
«Valga per il futuro: dobbiamo prima controllare se sia permesso o meno usare la magia!» cinguettò Fay, divertito, ridendosela di gusto, mentre si fiondava letteralmente in mezzo alla gente che aggrediva il pescivendolo dall’altra parte della strada.

Intanto, altrove, sempre in quello stesso paese, Kurogane e la sua ombra nera, vagavano senza mèta in giro per le strade bianche.
Cercava di capire cosa si dicessero le persone e di leggere le insegne ma era alquanto inutile, lui lì non ci capiva niente, forse conveniva davvero andare in giro con quel mago, seppure ad una certa distanza da Mokona, da quando aveva vagamente ripreso ad usare i suoi poteri, si capivano(!), il che era anche abbastanza strano.
In effetti, l’idea di girare i tacchi e tornare sui propri passi non sarebbe stata proprio così pessima, insomma, aveva ancora la possibilità di tornare indietro senza che nessuno si accorgesse che s’era perso, anche perché ammettere una cosa del genere era quasi peggio di sbandierare ai quattro venti di non poter bere il latte.
Così decise di girarsi e tornare indietro, in fondo aveva camminato in linea retta per tutta la mattina, poteva tranquillamente raggiungere gli altri, che magari erano ancora fuori casa.

Dopo una rapida incursione al mercato, rapida soprattutto perché lasciare a briglia sciolta Fay con un po’ di soldi sarebbe stato decisamente deleterio per le finanze del gruppo, stavano già tornando a casa.
«Uh, chissà se Kuro-rii è tornato a casa!» mugugnò Fay, tradendo una mezza angoscia nella voce, soprattutto per il fatto che, oltre ad essere decisamente maldestro, in certi momenti, il ninja poteva non capire quello che la gente diceva, il che contribuiva ad annerire ancora di più il suo umore, rendendolo particolarmente scortese.
«Ma sicuramente sarà lì ad aspettarci!» farfugliò Shaoran.
Mokona annuì da dentro la busta di carta che il biondo teneva in braccio, stava lì dentro insieme ai pupazzi che avevano comprato poco prima. «Con la sua solita faccia truce e la venuzza pulsante!».
«Già! Oppure nella migliore delle ipotesi potrebbe essersi perso, questa città è un groviglio di strade!» congetturò il ragazzo mentre continuava a guardarsi intorno per orientarsi un minimo anche lui.
«Nah, non preoccuparti per il paparino, tutti i ninja hanno un buon senso dell'orientamento, lui è il miglior ninja del Giappone, quindi il suo senso dell'orientamento è pressoché ottimo!» sorrise il mago esprimendo un perfetto sillogismo. «Quando arriviamo a casa chi mi dà una mano a cucinare?».
Proprio mentre diceva così notarono un’ombra enorme e nera camminare strascinando i piedi, con le mani in tasca e mezzo gobbo, okay, sì era decisamente il giapponese.

«Dove diavolo sono?!» imprecò Kurogane nel suo dialetto, seriamente irritato nel vedere una statua di un uomo a cavallo, che in mattinata, quand'era uscito, non aveva mica incontrato! Eppure era strano, aveva percorso la strada all’indietro senza mai svoltare, seguendo i profili delle casupole di pietra come aveva fatto la mattina. Che strano!
Mentre rimuginava anche su questo sentì qualcuno parlare e capì cosa stessero dicendo.
Se ora capiva le persone intorno a lui, se riusciva ad intendere cosa dicevano, ciò implicava, quindi, che la polpettina era nelle vicinanze, e quindi, in fondo, era sulla strada giusta!
Poi sentì una risatina fastidiosa, il che implicava che oltre alla polpettina, c'era pure quell'idiota lì da qualche parte.
Argh! I suoi piani stavano andando in fumo, era necessario che lui, l’idiota, per intenderci, fosse lontano per fare in modo di eliminare tutto il latte che c'era in giro in quell'alloggio in subaffitto che avevano trovato.

«Oh, ma quello non è Kuro-rii?» cantilenò il solito idiota alle sue spalle. «Kuro-rii? Kuro-rii!» urlava.
La venuzza pulsante sulla fronte di Kurogane cominciò a pulsare minacciando di esplodere da un momento all'altro.
Allora decise di non rispondere, per calmare la vena che sembrava scoppiare avrebbe fatto bene ad evitare l'inutile idiota biondo per almeno le due ore successive. Anche perché su, diamine, era davvero fuori luogo urlare uno dei tanti nomignoli che gli affibbiava in mezzo alla strada a squarciagola!
Ma Fay era di tutt'altro avviso e lo raggiunse con poche ampie gambate -ben diverse dai suoi normali passettini misurati- e si aggrappò al suo collo come un koala, badando bene a stringere le gambe snelle ai fianchi, strappando al povero ninja un sospiro soffocato.
«Dannato idiota!» brontolò il moro cercando di scrollarselo di dosso, ma con scarso successo.
«Uh, visto Shaoran? Kuro-rii ha un ottimo senso dell'orientamento!» cinguettò il mago ridendosela, reggendosi, ora con un solo braccio, il sinistro, attorno al collo di Kurogane, mentre la mano destra, aperta, picchiettava amichevolmente tra i capelli neri. «Te l'avevo detto! Che bravo, Kuro-rii!».
Inutile dire che Kurogane e la sua venuzza pulsante non sopportarono granché quello che si può definire un pat-pat fa parte dell'idiota biondo. Anzi a dirla tutta il ninja era pronto a buttarsi a terra di schiena pur di allontanarlo, ma, considerando i riflessi dell'idiota, così schifosamente pronti, si sarebbe solamente preso uno strappo muscolare, per non parlare di qualche livido.
«Sai, Kuro-rii, ti ho preso una cosetta! Però te la regalo solo se fai il bravo!» continuò quell'altro senza valutare il pericolo che stava correndo.
«Tienitela!» ringhiò.
«Uh, Kuro-rii, come siamo scontrosi!» commentò il mago continuando a sorridere e canticchiare tranquillo.
Da un po' di tempo, anche se non gli piaceva farlo, il ninja aveva capito che, per scrollarselo di dosso e togliere definitivamente il problema koala o in generale il problema mago biondo idiota, bastava essere gentile e chiedere le cose per favore.
«Saresti così gentile da scendere dalle mie spalle e smettere di farmi questi strani agguati, idiota?» certo, poteva evitarsi l'ultimo epiteto ma, giuro, l'aveva detto in modo gentile eh!
Ed evidentemente Fay l'aveva inteso, tanto che lo sciolse da quella specie di abbraccio indesiderato e poco condiviso, e zompò giù.
Gli rivolse uno strano sorriso divertito e alquanto fastidioso e poi recuperò la busta di carta che aveva preventivamente lasciato a Shaoran, quella piena di pupazzi. Ci rovistò un momento dentro e ne tirò fuori un cagnone nero di stoffa.
L'espressione che il ninja gli rivolse non fu proprio una delle migliori. «Che diavolo è questo?».
«Un peluche di un cagnone nero! Ti somiglia! Ha pure i sopracciglioni!» certo è anche vero che pure Fay non è che si impegnasse così tanto a fargli piacere il suo regalo. Il paragone con le sopracciglia poteva anche evitarlo.
Kurogane digrignò i denti. «E che dovrei farci con questo coso?».
«Ci si dorme insieme!» urlicchiò Mokona zompando fuori dalla busta.
Shaoran non disse niente, ma stava decisamente pensando un "Ma ti pare che un uomo fatto come Kurogane dorma con un peluche?!", ma se lo tenne per sé, soprattutto per vedere la reazione del ninja, che sarebbe stata una bella esperienza da raccontare a Sakura.
Ma Kurogane reagì complessivamente bene. «Che diavolo ti salta in mente, idiota?!» ruggì ma almeno non prese a rincorrerlo in giro con la sua adorata katana sguainata, agitandola minacciosamente per aria.
«Ma guardalo, è carino!» replicò Fay sfoderando l'occhiatina sbrilluccicosa, e anche abbastanza abbacinante, prima di descrivere le mirabolanti qualità che il ninja e il peluche avevano presumibilmente in comune.
Ma prima ancora che quello cominciasse ad enumerare qualunque cosa, il ninja lo zittì. «Se ti piace tanto tienitelo tu!».
Queste parole stizzirono alquanto il mago che s'incupì di botto. «Okay, allora lo tengo io! Così mi ricorderò di te quando questo viaggio sarà finito.» borbottò sfoderando un sorriso falso, anzi, più falso di tutti altri sorrisi falsi sommati insieme.
In effetti il giapponese aveva usato ben poco tatto, sebbene si fosse prefisso di trattare bene il mago solo per farlo smettere in fretta, e ora aveva colto l’espressione cupa e la falsità di quel sorriso che contribuivano a renderlo terribilmente infastidito. Afferrò il peluche dalle mani del biondo e sbuffò. «Sì, è carino.» mugugnò a mezza bocca.
«Uh? Ti piace! Ero sicuro ti sarebbe piaciuto! Ti somiglia!» cantilenò di nuovo il mago con un risolino smagliante meno finto del solito a incurvargli le labbra. «Devi avere fame, Kuro-rii...» rimuginò con una faccia falsamente corrucciata. «Non hai mangiato stamattina, mi aiuti a cucinare?».
«Tsk...» sospirò. «Se poi mi lasci in pace sì».
«Uh, così ci metteremo meno tempo del previsto! Fantastico!» fischiettò di nuovo Fay. «Ah! A proposito, sapete una cosa? Stasera ci sarà una gara di fuochi d‘artificio! Aiutandomi ceniamo presto e andiamo a vedere i fuochi!».
«Davvero?!» bofonchiò Mokona sbucando fuori da dietro il collo della giacca di Kurogane, senza che lui si fosse accorto di niente.
«Ma non sarebbe meglio partire il prima possibile?» borbottò Kurogane.
«Ma sono bellissimi i fuochi!» chiosò Shaoran.
«Su, Kuro-rii! Fa‘ contenti i tuoi bambini!» cinguettò di nuovo Fay.
«Sììì! Paparino, facci contenti!» replicò anche la polpettina urlando letteralmente con la sua vocina nelle orecchie del ninja che scattò ad afferrarla in fretta. «Mettimi giù! Mettimi giùùùù!».
Il giapponese ringhiò digrignando i denti e fiammeggiando d’ira, fulminando la piccola palletta bianca.
«Dai, che sarà divertente, partiremo alla fine dello spettacolo» decise il mago.
«Prima!» ringhiò il moro.
«A metà?» provò mediare la polpettina.
Anche Shaoran cercò di convincerlo. «Dai, in fondo piacciono anche a te, Kurogane».
«Tsk!» sibilò di nuovo. «Però dobbiamo partire a metà dello gara».
«Va bene!» assentì Fay.
Mokona riuscì a liberarsi dalle grinfie del ninja e si posò sulla sua testa. «Dì un po‘, Kurogane,» cominciò a dire a voce bassa. «Questa è tutto un piano per evitare il latte?».
Il volto del giapponese divenne decisamente scarlatto, quella dannata polpettina leggeva la mente! Era proprio nei suoi piani, dovendo ripartire in serata, non potevano fare colazione e tutto quel latte sarebbe rimasto lì a marcire. Era decisamente perfetto! Ma Kurogane, il suo progetto lo tenne per sé, di certo non poteva andare a declamarlo ai quattro venti, no?
Però mica sapeva che comunque quell’idiota aveva già predisposto per la cena delle tazze di latte razionate a testa perché buttarlo è un peccato, e Mokona non glielo disse.
Per niente scema la polpettina.


















Prima delle note dell'autore due note a margine inerenti al testo:

1. Io continuo a sostenere che Sakura guardi solo le figure dei libri, quindi in realtà Shaoran rispecchia questa mia mentalità *occribbio dimenticativene!!!*
2. Sì, è proprio lui, Kero-chan!


Ora ecco le note a margine dell'autore xD (e già sono un uomo xD)

Vi ringrazio di aver commentato il primo capitolo, sono molto lieto vi sia piaciuto.

Vitani, grazie xD stai cominciando a seguirmi assiduamente, caspita! *si sente osservato* soprattutto perché vivi vicino Pisa, eh, mi sono trasferito proprio da poco a Pisa nel quartiere San Martino che forza! Ci sei pure tu! Che studi di bello? Grazie ancora della recensione!

Shyray, come ho detto nella mia mail che ti ho mandato, grazie mille di avermi mostrato l'errore, l'ho corretto subito! E poi ti ringrazio ovviamente di aver letto e recensito!

Julia_Urahara, grazie di aver recensito xD mi dispiace fartelo presente xD ma sono un ometto in tutto e per tutto eh xD fa niente non me la prendo v__v (forse) xD, comunque grazie mille di aver letto e recensito.

yua, beh ovviamente le tue recensioni sono enormi anche per capitoli come il primo, ben poco utile al fine della storia in sé e per sé, ma sono comunque ben lieto che tu abbia letto e recensito (come hai fatto con le altre storie insomma xD) Grazie mille.

Beh, vi è piaciuto il capitolo? Tranquilli smetterò di fare capitoli così tranquilli (anche voi lettori che non recensite) dal prossimo, mi scuso soprattutto per il ritardo, e spero di aggiornare presto.

Altra cosa, non so se avete notato ma la storia fa riferimento a un "capitolo" extra di Tsubasa che le CLAMP, o meglio la Star Comics, ha inserito nella "guida ai personaggi nr. 2" beh, se non ce l'avete ancora, filate a comprarla è___é è un ordine v___v.

Arrivederci e se volete commentate, sennò mi basta anche che vi siate fermati a leggere.

D.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3--Gevaar Magie ***

















Overleven
















Capitolo Tre-Gevaar Magie
















Fay stava accucciato a terra in un'altra delle sue posizioni strane, con le ginocchia al petto e le braccia in avanti, ma il naso, e tutta la faccia ovviamente, erano rivoluti all'insù, verso il cielo in attesa dei fuochi d'artificio che non accennavano ad iniziare ad esplodere.
Quella, e Kurogane gliel'aveva fatto notare non una, non due, ma ben sette volte, non era affatto una seratina calda, anzi, probabilmente, neppure gli abiti che indossavano a Celes sarebbero stati abbastanza per proteggerli da tutto quel freddo. Il pomeriggio aveva lasciato lentamente il posto alla sera, in un passaggio graduale, scandito dal progressivo abbassarsi della luce e dall’allungarsi delle ombre e un lieve raffreddamento dell‘aria. La neve, che si vociferava sarebbe arrivata entro il tramonto, non cadde, ma le nubi continuarono ad accumularsi a oriente.
Il ninja, stava seduto a gambe incrociate avvolto nel suo mantello oltre che stretto nel cappotto, e ovviamente Mokona giovava di questa bella cappa di calore. Anche Shaoran era bello bardato come se si prospettasse un'altra era glaciale e stava pure lui seduto a terra con le ginocchia al petto, il più possibile vicino al fuoco che un altro gruppo di spettatori aveva acceso.
Il grosso della gente si era accalcata sui pendii brulli che scendevano fino al canale. I fuochi artificiali partivano da lì, dalla riva dove c’era un molo lungo e stretto.
Attraverso il pendio era stata stesa una corda che avrebbe impedito agli spettatori di raggiungere l’area pericolosa, e lungo di essa, ogni sette otto piedi c’era un volontario con una torcia e, insieme a tutti gli altri, sorvegliava il perimetro.
Gli spettatori stavano lì seduti su coperte stese a terra o seggiole di legno, ridevano e scherzavano in attesa che lo spettacolo cominciasse. I bambini correvano ovunque con piccole girandole di fuoco, lasciando dietro di sé una scia luminosa di scintille. Di tanto in tanto un petardo esplodeva in mezzo agli alberi, facendo sobbalzare e brontolare gli anziani.
A poco a poco, mano a mano che si faceva più buio le ombre si addensavano e le sagome degli alberi e delle persone diventavano sempre più indistinte.
L’aria fredda pungeva il naso e, Kurogane l’avrebbe giurato, raggelava persino i capelli!
Inutile dire che grugniva, non gli andava affatto bene stare lì fuori ad aspettare che quei dannati mastri focai cominciassero la loro gara, almeno potevano guardarli al calduccio, davanti a una bella tazza di saké fumante oppure anche il latte gli sarebbe andato bene. Ma quell’idiota aveva tanto insistito, non dava nemmeno a vedere di avere un minimo di freddo, dannato!

Dopo più di un‘ora - sì, aveva resistito fino ad un‘ora! - Kurogane grugnì digrignando i denti come al suo solito. «Sarebbe ora di ripartire! Qui non sembra abbiano intenzione di cominciare e si gela!» argomentò.
Il mago ci pensò su e, sospirando, ma senza darlo a vedere, comprese che il giapponese non aveva affatto torto, meglio ripartire piuttosto che morire assiderati lì. «Bisogna trovare un posto appartato e andare via, ha ragione Kuro-rii».
«Ma Fay, ci tenevi così tanto a vedere i fuochi d'artificio!» bofonchiò Mokona, detto tra noi, non era solo il mago a voler vedere i fuochi, ma anche la polpettina.
Il biondo balzò in piedi. «Beh, sarà per un'altra volta!» sorrise porgendo la mano a Kurogane. «Su, andiamo, Kuro-rii!».
«Potremmo tornare a casa, bere qualcosa di caldo e guardarli da lì, se ci tieni così tanto.» grugnì il ninja.
«Non preoccuparti, Kuro-rii, possiamo ripartire.» sorrise il biondo stiracchiando il suo corpo allampanato in una strana e quanto mai innaturale posizione della schiena.
Non è che Kurogane si preoccupasse, o per lo meno, non è che lo avrebbe ammesso facilmente, era, piuttosto, che gli dava fastidio la sola idea che il mingherlino biondiccio potesse rinfacciargli qualche cosa, e poi sì, non voleva vedere un'altra volta il suo volto abbuiarsi.
Ma comunque non avrebbe insistito oltre, insomma, dopo averlo detto una volta, prese più che per buono, per assodato, che all'idiota interessasse solo farlo congelare lì fuori.
Shaoran balzò in piedi come una molla alle parole di Fay, l'idea di un bel bicchiere o tazza con qualunque liquido caldo a ribollire lì dentro non era proprio niente male.

Una volta tornati a casa, e ancora non si sentivano i fuochi piroettare in cielo, o la polvere da sparo invadere e inumidire l'aria con quell'odore acre, si sedettero tutti attorno al tavolo sgangherato sul quale c'erano ancora dei residui della cena.
Il profumo di saké tiepido si gonfiò nella stanza, prima ancora di sbuffare fiaccamente nei bicchierini di porcellana scadente che si portavano appresso dal paese sereno e caldo nel quale erano stati tempo addietro. Troppo tempo, pensava Kurogane mentre sorseggiava in silenzio la sua buona dose di caldo alcool di riso.
«Potremmo partire direttamente da qui, senza nemmeno cercare un posto appartato...» bofonchiò Shaoran.
«Non è un'idea così malvagia...» convenne Mokona annuendo.
«Sì, andiamocene da questo postaccio!» brontolò il moro per poi riempirsi di nuovo la gola di liquore e tutto dava a vedere che avrebbe continuato finché il saké non fosse completamente finito, solo per non farlo bere alla polpettina.

In fretta, effettivamente in assoluta lentezza, ma in fretta rispetto ai tempi soliti che ci mettevano a ripartire, recuperarono una sacca piena di chincaglierie destinate a Sakura che si trascinavano dietro da circa tredici dimensioni, e si prepararono a sbrigare le manovre di rito.
Ma appena un solo e unico briciolo di magia, un granello, saettò fuori dal corpo morbido e tondeggiante di Mokona, in quell'esatto momento la finestra saletta dove si trovarono si infranse.
Avvenne tutto all’improvviso, senza un vero motivo apparente.
Qualcosa aveva attraversato il vetro rompendolo e in meno di un secondo un lampo accecante avvolse ogni cosa, in una luce bianca, e sembrò che un gigante avesse sferrato un pugno al centro della stanza rivoltando tutto.


Le orecchie di Fay fischiavano impudentemente, tanto da precludergli la possibilità di udire il suo stesso respiro. Tutti i suoni, quei pochi che riusciva a carpire, giungevano ovattati e anche abbastanza ritardati.
Cercò di far giungere la mano al suo volto, ma con scarso successo. Ogni osso sembrava improvvisamente divenuto pesante e molle insieme.
Strinse forte le palpebre prima di aprire gli occhi e inquadrare minimamente la scena.
Era come se in quella stanza fosse scoppiato un devastante fuoco d'artificio, e avesse messo a soqquadro tutto.
Un tubo di rame spezzato gocciava acqua in una piccola pozza, il tavolo era rovesciato e spaccato in due, con tanto di schegge di legno scadente sparse in giro, più o meno ovunque, sarebbe stato anche abbastanza normale trovarsele addosso.
Dopo circa due tentativi di portarsi almeno a pancia in sotto, il mago riuscì a girarsi prono facendo scrocchiare tutte le ossa, dalla più piccola falange del piede, alle vertebre del collo, riacquistando definitivamente la mobilità.
Con le mani, poi, cercò di alzarsi in piedi, nella direzione di un'enorme ombra nera tutta accartocciata poco più in là.
Forse non aveva voce, o non si sentiva per colpa di quel maledetto fischio, eppure provava a chiamare i suoi compagni in quell'orribile marasma nel quale si era trasformato quell'appartamento.
Avanzava strusciando i piedi e le ginocchia a terra, facendo forza sulle mani, ferendosi in profondità con quelle schegge e quei detriti, abbastanza da farle sanguinare.
Finché non raggiunse quello che aveva tutta l'aria di essere il mantellone nero di Kurogane.
«Ngh... Kuro-rii?» sussurrò o più probabilmente urlò visto e considerato che aveva superato il fischio che inibiva il suo udito.
Spostò il mantello con cautela e vide che non doveva preoccuparsi di niente, sembrava abbastanza integro, anche se privo di conoscenza, forse anche lui non riusciva a sentirlo per quel maledetto rumore nelle orecchie che copriva tutto il resto. Posta questa eventualità, decise che era davvero meglio scoterlo con tutte le forze che aveva, ma prima si tirò su a sedere.
Gli sferrò un ceffone che probabilmente aveva fatto più male a lui e alla sua mano ferita più che al ninja che non sembrò molto propenso a svegliarsi, così provò con un ormai collaudato pugno sulla testa.
A quel punto Kurogane gli afferrò il polso poco dopo il colpo e ringhiò qualcosa che solamente chi aveva un buon udito poteva cogliere.
«Non ti sento Kuro-rii, il botto è stato troppo forte!» urlò il biondo.
«Che diavolo è successo?!» brontolò il giapponese digrignando i denti.
«Sei ferito, Kuro-rii?» Fay continuava ad urlare.
«Guarda che ci sento anche se non urli!» gli fece presente a tono.
Il mago inalò a fondo e stavolta riuscì a sentire anche il suo stesso respiro, il fischio era sparito, all'improvviso. «Non mi hai risposto, sei ferito?».
Oltre ad una sommaria aria malconcia, sembrava integro: qualche taglio qui e là ma nulla di profondo, un paio di lividi e un lieve gonfiore sul lato sinistro del labbro, niente di troppo grave. «Tu sanguini, idiota.» replicò.
L'espressione del biondo fu esplicativa di ciò che pensava: gliene fregava meno di niente. «Io l'ho chiesto a te. Sei ferito?».
«Nah, niente di incurabile. Il ragazzo e la polpettina?» fece.
«Riesci a muoverti? Più agilmente di me, almeno...» sussurrò il biondo. «Saranno qui intorno, io non sto usando i miei poteri, quindi, ipoteticamente, Mokona dovrebbe essere nelle vicinanze...».
«Li cerco io.» borbottò il ninja tirandosi su a sedere. «Cosa diavolo è successo, secondo te?».
«Non lo so... Forse c'è un blocco magico, eppure non lo percepisco...» farfugliò il mago.
«Tipo a Lecolt?» bofonchiò Mokona decisamente indenne, apparendo dal nulla, che potremmo identificare come da dentro la cappa indossata da Kurogane.
«Più violento, ma sì.» annuì il biondo.
«Voi due, pensate subito ad un modo per risolvere la cosa, io cerco il ragazzo e ce ne andiamo!» ringhiò il giapponese alzandosi in piedi e battendo rovinosamente la testa contro una trave che sporgeva dal soffitto crollato e costringendolo a ringhiare una specie di imprecazione.
Fay rivolse le sue attenzioni alla polpettina. «Hai presente quello che è successo oggi in quel negozio?».
«Quando la bambina si è spaventata per Mokona?» fece lei.
«Sì, non credo che qui sia proibita la magia, piuttosto è controllata... penso che abbiano sigillato tutto, cioè se qualcuno oltre alle solite persone designate usa un determinato tipo di magia succede qualcosa di simile... Io non mi stupirei se ora ci attaccasse una specie di squadra antimagia...» congetturò il mago. «Venendo qui ho visto dei fuochi accesi con uno schiocco di dita, oppure delle persone slitte che fluttuavano e prima dell'esplosione un lampo d'energia magica...».
«E se usassimo la magia che sfrutta il suono?» domandò la polpettina.
«È più difficile da intercettare... Ma forse basterebbe allontanarsi dal centro abitato... Magari lontano dalla città essendo minori i rischi, il sigillo non si attiva...» ipotizzò. «Preferirei evitare di farvi correre altri rischi tipo questo...» mugugnò mentre guardava Kurogane che ciondolava in giro a cercare Shaoran. «Non sono tutti indistruttibili come te e me, sai?» sorrise.
Mokona non sembrò poi tanto convinta di quanto il biondo stesse dicendo ma lasciò correre.
Kurogane sollevò un pezzo di tavolo e lì sotto trovò Shaoran, incolume e mezzo rintronato.
«Tutto intero ragazzo?» borbottò tirandolo su.
Quell‘altro annuì stropicciandosi gli occhi. «Andiamo via».
Fay si aggrappò allo scheletro che rimaneva della credenza.
«Ce la fai a camminare?» gli domandò il moro.
Il mago si stiracchiò facendo scrocchiare tutte le ossa, di nuovo. «Certo, per chi mi hai preso, Kuro-rii?» sorrise scrollandosi di dosso le schegge di legno e la polvere.

Forse un po' troppo indisturbati si allontanarono -inspiegabilmente- da quel poco che rimaneva della stanza nella quale avevano alloggiato fino ad allora.
Intanto il cielo buio aveva ricominciato a minacciare neve ed il freddo pungente gelava le orecchie.
Kurogane si era nuovamente avvolto nel mantello con la polpettina, ma con la mano destra stringeva l'impugnatura della sua adorata Ginryu e i suoi occhi scarlatti puntavano a destra e a sinistra qualcosa celato nell'ombra.
Aveva la certezza che qualcuno li stesse seguendo, ma chi?
Certo, anche Fay si era accorto che qualcuno, chissà quanto potente o minaccioso, li stava piantonando da più di venti minuti e di un'altra cosa era più che sicuro: si trattava di più di cinque paia di scarpe differenti.
Il ninja affiancò il mago. «Dividiamoci».
«Tu non vedevi l'ora di menare le mani, eh?» sussurrò l'altro senza fermarsi.
Mokona in quel momento sbucò fuori dal mantello nero per nascondersi nel cappuccio di pelo del mago.
«Vi raggiungo fuori dalle porte della città. Polpettina, ti affido l'idiota e il ragazzo. Sei sicuramente più affidabile di questo qui, tu.» brontolò.
«Va bene, paparino!» annuì quella ben mimetizzata tra i peli bianchi.
Proprio in quel momento, mentre Fay e Shaoran continuavano a proseguire nel fitto degli alberi, il giapponese si arrestò sguainando la sua enorme e minacciosa katana.
I nove avversari si mostrarono per ciò che realmente erano. Nove ombre incatramate in un mantello nero di fattura decisamente più scadente rispetto a quello del moro.
In neppure un secondo le loro armi sfavillarono in aria alla luce del primo fuoco artificiale che rischiarò il buio della notte ormai fatta.

Fay aveva continuato a sentire dei passi alle sue spalle che procedevano comunque a una decina di piedi di distanza. E non era il solito passo strascinato di Kurogane: le falcate erano meno ampie e la pianta del piede sembrava più piccola e meno goffa.
«Ci seguono ancora, Fay?» bofonchiò Shaoran.
«Mh, temo di sì.» sospirò. «Questo tizio non sembra voler demordere».
«Ci penso io!» fece il ragazzo, senza nemmeno dare il tempo al mago di rispondere e si voltò verso il buio.
«Shaoran, no. Precediamo il paparino, non è il caso di dividerci ulteriormente.» replicò Mokona.

Kurogane si muoveva come uno spettro, pericoloso e silenzioso.
Il filo lucente e temibile di Ginryu solcava l'aria nera e fredda, affettandola.
Aveva eliminato più della metà dei suoi avversari con una velocità impressionante, aveva migliorato grandemente il suo record, e come al solito, aveva solamente reso inoffensive queste ombre senza ucciderne alcuna.
Ora ne restavano solamente due.
Esplosioni sorde e fischi assordanti accompagnavano la detonazione di un razzo dopo l’altro, lo spettacolo era finalmente entrato nel vivo.
Sollevò l'arma ma una sorta di flash di qualche genere lo accecò. Così agitò la spada ad occhi chiusi.
Per cui non si accorse, se non quando il sangue del suo avversario zampillò sul suo viso, che aveva ucciso.
Nemmeno un istante dopo Ginryu cadde dalle sue mani. Si era indebolito, la maledizione della sua principessa era sciolta 1- anzi non c‘era proprio mai stata -, pertanto doveva esserci una specie di incantesimo su chi uccideva, che lo aveva piegato con una facilità paurosa.
Spalancò gli occhi solo in quel preciso momento, un istante prima che l'ultimo dei suoi avversari fischiasse una specie di olifante dalle minute dimensioni.
Il ninja recuperò in fretta e saldamente l'impugnatura della sua katana e colpì quell'uomo con un decimo della forza che gli restava. Questo bastò ad atterrarlo, disarmandolo.
A quel punto, una volta liberatosi di tutte le minacce immediate, seguì per la strada che aveva lasciato che si snodava nel folto bosco di conifere.

«Cos'era quel suono?» bofonchiò Mokona portandosi sulla spalla di Fay.
«Sembrava un corno da battaglia.» chiosò Shaoran.
Il mago non sembrava ascoltarli semplicemente perché, convulsamente, cercava un punto ben preciso della periferia più remota di quella città dove il sigillo magico non fosse presente o, per lo meno, fosse un po’ più debole.
«Sarà successo qualcosa a Kurogane?» domandò allora il ragazzo.
Fay scosse il capo. «Il tale che ci seguiva è tornato indietro, credo sia perché Kurogane ha sbaragliato gli altri».
«Il paparino è formidabile, Shaoran! Non devi certo preoccuparti per lui.» replicò la polpettina.

Il suono aspro e profondo dell'olifante vibrò nuovamente tra gli aghi di pino.
Kurogane camminava in silenzio facendo il minor rumore possibile, o per lo meno cercando di farlo.
Si accorse quasi subito che qualcosa non andava affatto come nei suoi piani, e se ne accorse proprio quando un fruscio ben diverso da quello del vento ghiacciato aveva curvato i rami degli alberi.
Un altro fruscio, più simile a un fischio si mescolò col boato roco dei fuochi artificiali, titillò il suo udito, provocandogli un leggero brivido.
Era un dardo, vibrato dal folto della foresta, e lo schivò senza alcun problema.
Ecco, aveva compagnia, di nuovo.
«Tsk, vigliacco!» commentò a denti stretti.
Non ebbe nemmeno il tempo di dire così che si ritrovò accerchiato, stavolta da troppi avversari, troppi per una persona normale, mica per un ninja!

«Questo posto non è tanto male.» decise Fay soddisfatto delle pendici di un'inquietante collina coperta di ombre di rachitici alberi ormai secchi, in effetti l‘aria gli pareva più leggera lì, evidentemente era sparita la cappa operata dal sigillo magico. «Voi due restate qui, cerco di recuperare Kuro-rii.» sussurrò.
In effetti la sanità di Kurogane era rimasta un chiodo fisso nella sua testa, il ninja non era certo uno sprovveduto, ma non potevano fidarsi di quei tizi che li seguivano, inoltre non era da Kurogane attardarsi così tanto coi suoi avversari, ragion per cui l'ideale era andargli incontro.

Il possente metallo temprato ed affilato, squarciava l’aria e si librava agilmente a dissolvere gli avversari che però si moltiplicavano ogni volta e raddoppiavano, triplicavano e quelli a terra si rialzavano e tornavano sotto. Inavvertitamente la guancia della sua lama sfibrò il collo di uno di quei guerrieri uccidendolo in pochi secondi.
Nuovamente quella specie di incantesimo sfiancò Kurogane. Ne aveva la certezza, per riuscire a cavarsela contro tutti quegli avversari doveva lasciarli in vita, tramortendoli magari: se c’era un sigillo magico anche sugli omicidi e avesse seguitato ad attaccare mortalmente, avrebbe rischiato di farsi ammazzare.
Abbassò un momento la guardia per poi sferrare un attacco abbastanza potente da spazzare via i suoi avversari.
Kurogane si scagliò contro l’ultimo avversario con un affondo straordinariamente rapido, ma quello si scansò con facilità, e con una bastonata lucente lo colpì ad un fianco.
Il sangue gli montò in gola, ringhiò con voce acuta, lacerante, inarcando il collo, ogni cellula del corpo squassata da un brivido. Mentre veniva ferito, il ninja girò su sé stesso, e con Ginryu sferrò un fendente che quello non fu abbastanza svelto da evitare.
Forse per uno strano sortilegio o per una specie di scudo magico - si ripromise di chiedere delucidazioni al mago - venne scagliato all’indietro e venne gettato in fondo alla radura sbattendo contro un grosso rovo aggrovigliato.
L’urto gli procurò un altro brivido che si propagava ora per tutto il corpo.
Ma il dolore vero arrivò solo dopo.
Aveva battuto la testa con forza, il che ora la faceva pulsare violentemente, oltre a provocargli un certo senso di nausea e disorientamento, c’era anche un ronzio potente che brontolava nei suoi timpani, e somigliava a un ruggito sordo come lo scrosciare di una cascata.
Con quel rumore nelle orecchie non poteva nemmeno percepire se qualcuno fosse o meno nelle vicinanze. Doveva cercare un modo di eliminare ogni pericolo e di portarsi alle porte della città, magari arrivandoci almeno parzialmente incolume.
Riuscì a tirarsi su, scrollando per quanto possibile i rovi rattrappiti dal mantello e dai capelli, pulendosi col dorso della mano inguantata il volto.
Gli ronzavano le orecchie e la testa gli martellava e solo allora, in piedi, cominciò a sentire dolore.
Non capì in che modo, forse era troppo spaesato, ma intorno a lui era come se ci fossero dei fuochi artificiali che esplodevano, razzi che uscivano dai cilindri di lancio e roteavano follemente nell’oscurità mandando scie di scintille verso gli alberi o il fiume. Doveva essere finito in una trappola, l’ennesima di quei maledetti avversari. Ma stranamente non sentiva calore, né l’odore acre della polvere da sparo, era come un altro, ennesimo, sortilegio.
Esplosioni sorde e fischi assordanti accompagnavano la detonazione di un razzo dopo l’altro, nell’abbagliante inferno che si era scatenato lì intorno, Kurogane non riusciva più ad agire lucidamente.
L’ennesimo abbacinante fuoco s’incendiò a meno di due piedi da lui, e fu tanto potente da destabilizzarlo.

Fay si girò di scatto vedendo il buio della foresta rischiararsi alla luce di quelli che avevano tutta l’aria di essere dei fuochi d’artificio, eppure lo spettacolo pirotecnico si teneva più a ovest, non nel fitto degli alberi.
Allungò il passo, sapeva che il giapponese era lì, da qualche parte, proprio da dove lampeggiava quella luce.
Lo sapeva, doveva essere lì.

Quando gli occhi di Kurogane si abituarono al buio profondo che aveva seguito la luce abbagliante dell’ultimo razzo che era rimasto lì, riuscì a distinguere qualcosa in mezzo ai tronchi degli alberi abbattuti.
L’essere che emerse dai resti di una grande quercia era così ripugnante da non poter essere paragonato a nulla di quello che Kurogane aveva visto fino ad allora. Uscì barcollando dal fumo e dalle schegge. Camminava su due gambe, ma stava curvo e aveva la schiena gobba, come se il peso di quelle enormi spalle non gli permettessero di stare dritto. La pelle, che baluginava ogni volta che un razzo rischiarava il cielo, era squamosa e qui e là spuntavano ciuffi di pelo ispido e nero; gli occhi erano gialli, come quelli dei gatti, e il muso era lungo, sottile, privo di connotati apparte gli occhi e la bocca dalla quale guizzava la lingua maligna.
Aguzzando di più la vista, il ninja poté distinguere un essere a cavallo di quella bestia orribile, alta almeno tre metri seppure curva, e impugnava una balestra.
Kurogane si avventò contro la bestia, cercando di trafiggerle il collo. Con molta riluttanza, convenne che non c’era nulla da fare, neppure i suoi attacchi più potenti sarebbero stati in grado di eliminare quella bestia in fretta e, soprattutto, senza procurarsi ferite troppo serie.
Ma poi concentrò tutte le forze che gli restavano nella possente lama temprata della Ginryu, forze che, malgrado tutto, erano molte, e colpì con la più perfetta e potente Hama Ryu-o-jin mai vista, tanto che suo padre in persona sarebbe stato davvero molto fiero di lui.
La bestia inciampò e cadde, giacque a terra, contorcendosi, cercando freneticamente di alzarsi, di liberarsi dalla lama che gli bruciava nel collo.
Mentre Kurogane estrasse la kissaki dal collo della bestia per piantarla in uno degli occhi, qualcosa lo colpì sulla spalla destra, trapassando il muscolo grande pettorale e squarciando l’arteria ascellare piantandosi nella scapola. Un dardo affilato l’aveva colpito e disarmato.
Aprì la bocca per prendere fiato e rivolse gli occhi al cielo, sentì sul suo viso i primi fiocchi di neve, proprio mentre il sangue caldo usciva lentamente, bloccato dalla punta di acciaio spinata.
Crollò in ginocchio, recuperò in fretta la spada e la piantò violentemente nel petto dell’arciere che gli si stava avventando contro con un coltellaccio tra le mani.
Sentì il sangue colargli sul petto dalla ferita, montargli in gola e con fatica riuscì a buttarlo fuori, sfilò Ginryu dal corpo esanime dell’arciere e cercò di tirarsi su.

I botti erano cessati, ora Fay aveva una certa difficoltà ad orientarsi nella foresta buia e fitta, non riusciva a sentire nulla, solo qualche suono ovattato e fruscio indistinto che si poteva facilmente ricondurre al vento.
Continuava a guardarsi intorno, pensando che magari un paio di occhi in più non sarebbero guastati in questa situazione.
Girava la testa in continuazione, aguzzava la vista e cercava, cercava insistentemente il ninja nel fitto della foresta.

Kurogane continuò a strascinare i piedi scivolando ogniqualvolta trovava un po' di neve che, già mezza sciolta, si mescolava alla terra e alle foglie secche, in una strana poltiglia grumosa.
Cercava, con le poche forze che aveva, di raggiungere il resto del gruppo, il più velocemente possibile, muovendosi in maniera tale da non farsi troppo male, del resto le due ferite che si era procurato in quel combattimento dannatamente impari, pulsavano in modo decisamente eccessivo, quasi innaturale.
All'improvviso, proprio a causa di uno di questi pantani di fango gelido, si sbilanciò in avanti, cercò in fretta di ritrovare il baricentro, ma senza successo, crollò a terra, gravando col peso non indifferente sulle ferite, o meglio sui mozziconi di dardo.
Imprecò a denti stretti, mascherando un gemito di stanchezza e dolore.
E la neve continuava a cadere, impigliandosi sui suoi capelli, bagnandogli il viso, impudente.
Con la forza del solo braccio sinistro cercò di rialzarsi, collaborando, per quanto possibile, anche con le ginocchia.
Di certo non sarebbe morto lì, chissà quanto l'avrebbe canzonato quel dannato mago.
Il mago.
Gli sembrava di sentire quella vocina fastidiosa proprio ora, o forse era il rumore di un fiocco di neve che si era infilato proprio nel padiglione auricolare.

Fay camminava in fretta a passi più piccoli del solito, chinato leggermente in avanti e con la testa bassa a guardare in terra.
Prestava attenzione al rumore del buio, ai passi sordi che sperava di sentire avvicinarsi da un momento all'altro. Ogni tanto chiamava il ninja, ma non troppo spesso, soprattutto perché qualcuno poteva trovarlo, sentirlo, attaccarlo.
Poi, avvolto nel buio che ogni tanto veniva rischiarato da un petardo, lo vide.
Una specie di enorme animale ferito che cercava di portarsi sulle zampe, che arrancava ed annaspava.
«Kuro-rii!» guaì abbreviando, stavolta in un rapido scatto, la distanza tra loro. «Kuro-» s'interruppe.
Era proprio come un animale ferito, era ferito, e smaniava, gemeva, non riusciva a tirarsi su.
«Kuro-gane?» sussurrò chinandosi per tirarlo su.

Quando Kurogane sentì qualcuno avvicinarsi di tutta fretta facendo vibrare il terreno morbido sul quale la sua faccia si era rovinosamente posata, aveva impugnato con la poca forza che risiedeva ancora nella mano destra la spada.
Però riconobbe subito la voce del biondo -allora non se l'era sognata! - e lasciò la presa.
«Kurogane?» ripeté Fay una seconda volta. «Non ti posso proprio lasciare solo, sei un vero disastro!» bofonchiò.
«Tsk!» sibilò il ninja cercando in qualche modo di avere una parvenza più vigorosa di quella che al momento mostrava.
Sentì entrambe le mani del mago arrivare alle sue spalle. «Ce la fai a tirarti su?».
Avrebbe voluto rispondere "Certo idiota che credi?" ma in certi momenti l'orgoglio serve solo a pulirsi le scarpe, quindi sbuffò e scosse piano la testa.
«Mi permetti di aiutarti?» domandò l'altro tirandolo su con un movimento stranamente fluido.
Gliel'aveva chiesto solo per cortesia, in effetti sapeva che questo non poteva che essere uno smacco per un ninja, per quella storia dell'onore, del coraggio e del vigore, eppure, non aveva nemmeno atteso una risposta.
«Riesci a camminare, se ti aiuto? Non preoccuparti, non farai la figura del debole se ti appoggi a me per camminare.» aggiunse. «Ti va di rispondermi?».
«Va bene.» accettò il moro, annaspando con le pinne nasali dilatate e la gola riarsa dalla sete.
«Okay, io mi alzo e tu punti i piedi a terra.» sussurrò il biondo passandosi il braccio artificiale del ninja attorno al collo e cingendogli le spalle con entrambe le braccia, sorreggendolo dalla fascia ascellare.
Si tirò su e in quel momento Kurogane piantò i piedi in terra, scivolando ma, sommariamente riuscendo a stare in una posizione vagamente eretta.
«Non siamo tanto lontani, bisogna camminare due miglia, pensi di riuscirci?» domandò Fay.
Kurogane per un momento non rispose.
«Lo so che ce la puoi fare, ma preferirei evitare di trascinarti mezzo dissanguato in giro, quindi ora se vuoi ci fermiamo, e cerco di almeno capire dove sei ferito.» bofonchiò cominciando a perdersi in certi ragionamenti astrusi che al ninja interessavano davvero molto poco, visto e considerato che, soprattutto, non avrebbero certo contribuito a migliorare la sua condizione fisica e mentale.
«Zitto, idio-» farfugliò il moro accasciandosi definitivamente con la testa sulla spalla del mago.
Fay lo scosse per un momento, più volte, preparandosi a schiaffeggiarlo quasi, ma non ci fu verso, aveva semplicemente perso i sensi.


















Prima delle note dell'autore una nota a margine inerente al testo:

1. Mi serviva creare un diversivo che permettesse ai miei adorati cattivoni *blink* di attaccare facilmente Kurogane, insomma è sempre un omone forte e vigoroso, e visto e considerato che la maledizione di Tomoyo non c'è mai stata, soprattutto per il fatto che effettivamente non è una maledizione, ma piuttosto un monito, il sigillo protettivo sugli avversari era la cosa più plausibile, perdonatemi se i passaggi del combattimento non sono proprio molto puntuali, non sono abituato a scrivere combattimenti xD


Okay, passiamo alle note dell'autore. Julia_Urahara, su, in realtà non me la sono mica presa, era per mettere le cose in chiaro, almeno sai che si tratta di un uomo a scrivere queste schifezze qui xD, grazie per aver recensito spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

harinezumi, grazie mille per entrambe le tue recensioni, è stato molto gentile da parte tua e sono lieto che la storia ti piaccia, inoltre grazie mille di avermi fatto notare gli errori e spero che (sicuramente ci saranno anche qui visto e considerato che non è che stia tanto in me in questi giorni xD) continuerai a farmi notare gli orrori/errori che incontrerai in questo e nei prossimi capitoli, ancora ho un po' di problemi con la vostra lingua xD ad esempio punteggiatura ed ausiliari. Comunque grazie mille ancora.

yua, oddio mi si è ammattita una lettrice *scappa*, su sai che io sono un tipo cattivo -anche le mie altre storie dovrebbero averti dato una vaga idea di dove può arrivare la mia malvagità- però sarò ancora più cattivo! perfido! maligno! Mi piace un sacco essere perfido xD. Grazie mille per la tua recensione, mi fanno impazzire le recensioni folli v__v anche più folli di questa xD.

Shyray, beh, oltre a non piacergli non lo può bere proprio xD ed è motivo di scherno da parte di Mokona, è molto divertente quell'omake, se ti capita di avere un po' di tempo leggilo. Sì, è anche vero che le CLAMP non dicono esplicitamente come si svolgono le cose xD ma io sono un tipo un po' puntuale e puntiglioso quindi meglio pararsi la testa e fasciarla bene prima di scrivere scempiaggini, no? xD Grazie mille della recensione.

mago666, purtroppo non posso dirti se Kurogane ha o meno scampato la cena a base di latte, come hai potuto notare la cena è stata allegramente skipata. Però, mi spiace, la storia è divertente fino all'inizio di questo capitolo, non di più xD mi spiace. Ti ringrazio di aver recensito.


Ho tenuto a postare oggi visto e considerato che domani forse sarà una giornata molto lunga per me xD, se non avrete mie notizie nelle prossime settimane (oddio spero di no xD), vorrà dire che la storia resterà incompiuta, purtroppo la mia salute non mi sta aiutando in questo periodo, ma le cose sembrano andare per il meglio.
Inoltre oggi è il giorno in cui si conclude il Lucca Comics & Games, al quale avrei davvero voluto prendere parte ma non c'è stato verso xD quest'ospedale di Ginevra dove mi trovo ora non è poi così male come pensavo, alcuni amici mi hanno inviato foto (orripilanti alcune) della manifestazione e mi dovrò accontentare di questo xD.
Beh, oltre a questa prolissità in conclusione mi scuso se il capitolo è discontinuo xD ma ho scritto la storia in differenti stati umorali e di salute, quindi per favore non me ne vogliate se sto sporcando questa storia xD.
Uh, s'è fatto tardi l'infermiera cattiva tra poco mi passa a bastonare xD buonanotte e buon inizio di novembre, signori e signore, sentitevi liberi di leggere o di chiudere la storia qui se non vi piace, oppure di commentare se volete.

D.


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Capitolo 4
*** Capitolo 4--Verschrikkelijke Nieuws ***


Salve gente!
Come potete vedere sono vivo e vegeto, l'operazione è andata discretamente bene e non sono previste all'orizzonte ricadute. Non volevo certo farvi preoccupare, era solo un modo per farvi presente che la storia si poteva interrompere, ma fortunatamente non è successo.
Prevenendo le eventuali richieste di una certa persona, sì, perché ormai ho una certa conoscenza di qualcuno di voi recensori (mi spiace ma i lettori cattivi che non commentano non li conosco v.v) vi posto qui di seguito, giusto per indugiare oltre, la playlist di questo capitolo. I commenti alle recensioni invece sono a pedice della storia, quindi non preoccupatevi mi ricordo benissimo di voi!
Comunque, non so se conoscete gli Alter Bridge, se non li conoscete filate su youtube e andate a sentirvi il loro ultimo album (AB III), dalla quale ho estratto Wonderful Life , sicuramente l'apprezzerete molto leggendo questo capitolo.
Poi? Beh io direi di fermarmi qui, ah no! La parte più o meno centrale del capitolo è ben esplicata da Intoxicated di Mika, lui è un grandissimo artista, se v'è capitato di vedere un suo concerto, l'avrete sicuramente notato. Un grande show-man, insomma e i suoi testi sono spesso (forse un po' troppo) carichi di una certa malinconia che in questo capitolo non guasta mai.
Mh, poi? Direi che ci andrebbe molto bene in fondo il sound (mooolto allegro! Nah...) di Belief di Gavin De Graw dall'album Chariot. In effetti il testo non è così calzante, ma... Ragionateci un po' e vedete che poi un pochino ci sta.
Ah, non vi ho detto per la parte iniziale, sicuramente Dietro L'Incanto di Ludovico Einaudi e subito dopo, bah, potete prendere un pezzo allegrissimissimo (lo so che non si dice, ma fidatevi di me, non sono mai stato tanto sarcastico!) quale Yashal di Elisa, se non erro viene dall'album Lotus, ma probabilmente sbaglio, oppire un altro pezzo abbastanza lento, io adoro Einaudi, quindi direi che anche Svanire potrebbe andare bene se volete risparmiarvi lacrime col pezzo Elisa xD.
Bene, su vi abbandono, godetevi il capitolo stavolta ho deciso che sarò davvero molto buono e vi dirò anche la traduzione del titolo... Anzi no, ve lo dico alla fine. V.v non sbirciate.
Buona lettura.

 
















Overleven
















Capitolo Quattro-Verschrikkelijke Nieuws
















«Kuro-Kurogane ?» Fay chiamò il ninja balbettando.
Inutile dire che vedere Kurogane privo di sensi, non fece altro che sconvolgere il mago, che ora si lasciava assalire dalle paturnie, per la serie: se non gli avessi dato retta? Se non gli avessi permesso di andare da solo?
Cosa che anche solo la stazza del giapponese avrebbe convinto chiunque a lasciargli affrontare un esercito da diecimila uomini. Non prese neppure lontanamente in considerazione la possibilità che con qualche strano sortilegio l'avessero indebolito, oppure che fosse rimasto vittima di una trappola. Cause peraltro vere oltre che plausibilissime.
«Kurogane?» ripeté passando una mano davanti al suo naso, sentendo che almeno respirava.
Forse, in effetti, era molto meglio che non fosse sveglio, sicuramente si sarebbe opposto al farsi aiutare da lui, per non parlare del dolore o del suo orgoglio che ne sarebbe rimasto ferito più in profondità del suo corpo.
Così decise che era meglio andare.
Con tutta la forza possibile, che non si sa da dove prese, riuscì a sollevare la mole del ninja badando bene a non peggiorare le condizioni della ferita alla spalla che essenzialmente era decisamente grave e buttava una quantità enorme di sangue.
La volto di Kurogane era rincantucciato sotto il collo di Fay, che poteva percepire in quel modo il suo respiro tiepido e spezzato.
Certo, in una situazione differente, Fay avrebbe detto al moro che doveva mettersi a dieta, pesava, e ovviamente Kurogane gli avrebbe risposto ringhiando e ricorrendolo con la spada sguainata.
Era difficile camminare senza vedere nemmeno dove andare, dove mettere i piedi, e poi lui pesava davvero, tra il peso effettivo e gli abiti che indossava probabilmente superava le duecento libbre. Quindi Fay si trascinava arrancando, col mal di schiena che partiva dai reni e arrivava fino all’osso del collo, per non parlare poi delle braccia. Dio, le braccia! Sembrava che qualcuno avesse deciso di strappargli i muscoli filamento per filamento. Ma non poteva lamentarsi, doveva raggiungere gli altri e ripartire, portarlo in posto sicuro e poi, eventualmente avrebbe pensato alle sue braccia.
Il ninja gemette piano, sprofondando di più la faccia nel collo del biondo.
«Non svegliarti, continua a...» cercò di dire, ma doveva risparmiare il fiato anche perché doveva sbrigarsi.
Allungò il passo, doveva fare in fretta, la tempistica era fondamentale, non potendo bloccare in qualche modo la fuoriuscita del sangue, date anche le scarse competenze mediche, bisognava raggiungere gli altri e andare in un luogo più sicuro di quello.
Arrancava, i suoi piedi agili scivolavano nella neve, e più allargava le falcate più il suo baricentro ne risentiva, ma non poteva permettersi soste, né, soprattutto, di cadere. Ci mancavano solo un altro paio di danni e gli avrebbe dovuto dire addio.
Aumentò il ritmo della gambata, ma più i suoi passi diventavano veloci, più si lasciava assalire da dubbi e timori.
Se non si faceva in fretta qualcosa Kurogane sarebbe...
Oh, diavolo! E se fosse morto?
No, non era proprio il momento di rimuginare a quel modo! Kurogane era forte, ce l’avrebbe fatta sicuramente. Anzi, si sarebbe rimesso così tanto in fretta da balzare in piedi e rincorrerlo con Ginryu sguainata per l’ennesima panzana che gli avrebbe sussurrato con un bel sorrisetto divertito dei suoi.
Sì, si sarebbe salvato sicuramente. Era come una montagna lui, forte e possente, anche se adesso non lo sembrava poi tanto.
I piedi di Fay affondavano nel pantano a base di neve e terriccio umido e non facevano altro che peggiorare e rallentare la sua camminata, ora era costretto a strascinare le gambe, strusciando i piedi nel fango che a poco a poco si rimestava sui suoi stivali.
I minuti sembravano trascorrere sempre più lentamente, ma non si concesse pause, doveva solo fare in fretta.
Quando arrivò alla radura dove aveva lasciato Mokona e Shaoran.
Fay traballò un momento. Le gambe cominciavano ad abbandonarlo. Siamo arrivati. Siamo arrivati. Ripeteva a se stesso, anche perché Kurogane non poteva mica rispondere.

Appena Mokona e Shaoran videro, alla luce dei fuochi che tinteggiavano il cielo, il mago mingherlino portare più o meno in braccio l'enorme figura accartocciata del giapponese, corsero ad aiutarlo. In effetti l'aiuto della piccoletta fu pressoché inutile, ma almeno s'era impegnata anche lei.
Ora però si profilava un problema ben più serio: se fosse meglio tentare una sorta di operazione di emergenza oppure puntare sul facile e andarsene in una dimensione sicura almeno un po’ più di quella.
Non ci furono ulteriori tentennamenti -in fondo mica avevano queste grandi competenze mediche quei tre! - e così puntarono sulla seconda e ben più allettante opzione.
Mokona con l'aiuto del biondo diede inizio al trasferimento e in batter d'occhio si ritrovarono al caldo, al buio. Una specie di sala vuota.

Ovviamente il trambusto provocato essenzialmente dal trasferimento, accompagnato da un leggero e abbastanza concitato clamore dato da un certo moccioso che si preoccupava troppo, non fece altro che attirare l'attenzione di chi albergava in quel luogo.
Ma poverino, non era mica solo colpa di Shaoran, in effetti la tachicardia che brontolava nel petto del mago, vuoi per lo stato nel quale riversava pericolosamente Kurogane, vuoi per la situazione dalla quale erano partiti, sarebbe bastato questo tamburellare ad evocare gli sguardi attenti delle guardie. Sì, insomma, Fay s'era concentrato il più possibile per indirizzare lo spostamento in un luogo tranquillo, magari Nihon, e ora si trovavano in un posto che, almeno sotto l'aspetto buio e vuoto, non sembrava poi poco minaccioso e questo di certo non poteva chetarlo. Però la sua priorità maggiore, cosa che gli avrebbe anche fatto vendere l’anima se fosse passato Satana in persona nelle vicinanze, era la sanità del suo compagno. Che ora sorreggeva, tenendolo stretto a sé col suo braccio metallico attorno al collo. Appena aveva raggiunto gli altri, aveva cominciato a premere sulla ferita, e lo faceva ancora, quella ferita alla spalla da cui continuava a uscire copiosamente il sangue.
Quando si cominciarono a sentire i passi di chi popolava il palazzo, Fay strinse di più a sé il ninja, pronto a far scattare un qualunque incanto di difesa dal suo ampio arsenale di incantesimi-inutilizzati.
«Chi c'è?» tuonò qualcuno prima di accendere una specie di lume ad olio.
Aveva gli abiti chiari con dei ghirigori -simili a quelli di Clow, ma nessuno se ne accorse-, doveva essere una guardia o qualcosa di simile. Era alto, intorno ai sei piedi, con le spalle larghe e brandiva una specie di lancia.
Prima di ottenere una risposta si voltò verso un mingherlino che l'aveva seguito. «Va' a chiamare il principe!».
Certo questo avrebbe fatto scattare in piedi chiunque, costringendolo a brandire un'arma quantomeno minacciosa, e così in effetti fece Shaoran, che però non è che sembrasse tanto minaccioso.
«Tsk! Che vuoi fare tu, poppante?» brontolò l'uomo.
«Fermo tu, sennò attirerai l'ira di mia sorella!» ruggì qualcuno alle spalle di quell'uomo.
Propriamente quella voce non lasciava spazio ad ulteriori elucubrazioni mentali, era Touya, soprattutto dal tono vagamente arrogante si poteva capire. Poi magari qualcuno più allenato, tipo sua sorella -ma non ve lo darei per certo-, si sarebbe anche accorto che si trattava del futuro sovrano del regno di Clow semplicemente dal modo in cui camminava.
«Moccioso, sembri abbastanza sano!» bofonchiò Touya in un modo che potrebbe essere definito anche troppo amichevole per uno come lui, gelosissimo di sua sorella.
«Touya!» fece Mokona con una voce pressoché squittente, prendendo l'iniziativa, anche perché se avessero aspettato una reazione da pate di Fay, Kurogane sarebbe morto dissanguato sul pavimento e il sangue si sarebbe pure allegramente rappreso macchiando tutto. «Dovete aiutarci!» zompettò sul palmo del principe che intanto era entrato nella sala facendo spostare quell'energumeno. «Kurogane è...».
Si era interrotta solamente perché una delle centotto abilità che aveva era sentire quanto qualcuno è triste. Ed effettivamente lì qualcuno non solo era triste, più che altro sguazzava in un vero e proprio lago del pianto.
«Tu, chiama Yukito.» ringhiò Touya alla guardia che brandiva la lancia. «Voialtri state bene?».
Fu di nuovo Mokona a rispondere. «Sì, bene».
Sì, cioè più o meno, se bene si intende essere tutti bellamente interi, mettendo da parte gli acciacchi dell'esplosione, e il fatto che Fay era decisamente più catatonico di quanto si sarebbe aspettato chiunque.
Fay? Catatonico? No, un attimo qui ci vuole una mezza spiegazione, mentre aspettiamo Yukito.
In effetti il biondo s'era trascinato Kurogane per quelle che erano più o meno cinque o sei miglia, però non era certo stanchezza la sua.
Sarà mica che il sangue del moro, che gli aveva imbrattato tutti i vestiti, per non parlare delle mani, gli stava dando un certo senso di nausea? O forse anche perché il solo fatto di vedere Kurogane in quello stato vagamente orribile lo rendeva inquieto e probabilmente gli ricordava un po' troppo lo stato in cui riversava dopo la toccata e fuga a Celes? O più semplicemente era perché quello era il sangue di Kurogane?
Mh, si potrebbe supporre che la catatonia in cui si trovava lui fosse una specie di mescolanza di tutti questi fattori. Quindi era anche abbastanza normale che l'unica cosa che era in grado di fare era stringere Kurogane a sé e cercare di pensare al miglior futuro possibile. Ho detto cercare perché mica ci riusciva.
Intanto l'energumeno era già tornato, seguito da una versione del sacerdote del regno di Clow tra l'assonnato e l'allarmato a sua volta accompagnato dalla principessa e altri due loschi figuri un po' troppo in controluce per essere riconosciuti.
Yukito si precipitò quasi subito sul ferito, mentre Sakura si accertava che la sanità di Shaoran e Mokona non fosse poi così compromessa.
Fay sciolse Kurogane da quella specie di abbraccio affidandolo completamente alle cure del sacerdote. E per un momento davanti ai suoi occhi non ci fu più nulla.
Touya fece sollevare il ninja da due uomini del corpo di guardia, mentre Yukito dava indicazioni precise su come non aggravare le sue condizioni.
Fu Sakura poi ad avvicinarsi al biondo. «Fay-san!» sussurrò ridestandolo da una specie di stato di catalessi. «Fay-san, tu stai bene?».
«Vado con Kurogane.» replicò con la voce gelida.
«Fay-san, tranquillo, vedrai che andrà tutto bene.» annuì lei carezzandogli il volto. «Ora ti accompagno in un bagno così ti togli quegli abiti sporchi e ti sistemi un po', non vorrai mica...» s'interruppe.
«Sto bene, Sakura, non ti preoccupare, voglio solo che Kuro... Kuro-sama, stia bene. Soprattutto perché si merita un pugno.» borbottò accennando un sorriso più finto del previsto.
«Fay-san...» ripeté.
Pedante com'era quella ragazzina, bisognava assecondarla il prima possibile. «Se ti fa stare più tranquilla, okay, accompagnami pure in bagno.»  bofonchiò alzandosi in piedi come uno spettro.
Sakura lo prese per mano e lo guidò verso il corridoio.
Lì c'erano i due loschi figuri che avevamo accantonato poco prima. E l'unica davvero contenta di vederli fu la polpettina che corse, o meglio rimbalzò, a salutarli.
«Subaru, Kamui! Ci siete anche voi!» cinguettò felice.
Gli occhi di Fay guizzarono per un momento sui due gemelli, magari potevano aiutare Kurogane!
«Quando siete arrivati?» domandò poi Shaoran raggiungendoli.
«Qualche giorno fa.» rispose cordialmente Subaru.
Sakura però non fece indugiare oltre il mago. «Ci fermiamo dopo a parlare con loro, meglio che ti cambi ora questi abiti sporchi.» sussurrò la ragazza.
Fay, di contro, non disse nulla. Probabilmente non voleva nemmeno fermarsi lì a parlare coi due vampiri, anzi, più precisamente, a lui non interessava altro che andare da Kurogane, e comunque il suo cervello od ogni suo pensiero non sarebbe mai riuscito a divagare, quindi già in partenza il tentativo di Sakura sarebbe apparso più che vano, inutile.
Anche perché il solo pensare a Kurogane ferito gli faceva venire un nodo alla gola, mescolato a una specie di senso di vomito e a una leggerissima tachicardia, quindi su, bisognava essere positivi, non dico proprio ottimisti, ma almeno un po' di positivismo non guasta.
Però se fosse morto? Che avrebbe fatto? Anche perché voleva dirgli tante cose, chiacchierarci, dargli altri mille nomignoli magari... Dio! Se fosse morto avrebbe perso tutto questo! E poi la complicità? Come avrebbe fatto senza di lui? Inoltre...
«Fay-san? Mi ascolti?» domandò la ragazzina facendolo trasalire da quel flusso di coscienza in puro stile Woolf con metà pensiero iniziato e tutto il resto del discorso ridotto a un mozzicone smangiucchiato.
Rivolse un sorrisetto finto e sornione alla ragazza.
«Devi riposare anche tu, intesi?» sussurrò.
Fay sospirò. «Certo, lo farò».
A quel punto Sakura lo spinse in bagno. «Lavati, tra poco ti porto qualcosa da mettere.» sorrise.
Il biondo annuì e si chiuse in bagno.
Non guardò lo specchio mentre lavava convulsamente le mani sotto l'acqua gelida, vedersi addosso tutto quel sangue non suo, non che vedere tutto quel sangue annacquato fosse meglio, però tra le due cose...
Una volta pulite le mani, anche se qualche residuo restava sempre, passò a togliersi quel mucchio di abiti malconci e cercò di darsi una parvenza quantomeno accettabile.
I capelli, malgrado un po' di neve, erano ancora puliti, forse il cappuccio era stato più utile del previsto.
Quindi cercò di ripulire il necessario: magari un paio di lavate di faccia, non guastavano!
A quel punto si stiracchiò quel corpicino mingherlino e stanco, con tutti quei muscoli indolenziti.
Poi Sakura gli passò da una specie di porticina di servizio degli abiti puliti, e lui si sbrigò a vestirsi.
Non diede poi alcuna importanza al fatto che quella casacca e quei pantaloni erano di una stoffa pregiata, color perla, cucita finemente.
Quando uscì Fay sfoggiò l'espressione più falsa in assoluto, ma almeno Sakura smise di rivolgergli quegli sguardi così fastidiosamente preoccupati.
Badò davvero poco agli altri, continuò piuttosto a camminare al fianco della principessa che lo stava guidando nel luogo del palazzo atto agli strampalati esperimenti di Yukito, una specie di ufficio o antro degli orrori.
Si sedettero lì tutti in fila, chi a terra chi su una specie di divano di vimini, ed attesero.

I secondi cominciarono a passare lentamente, divennero minuti e a poco a poco le ore si schiarirono nel tiepido torpore dell’alba.
Fay guardava diritto davanti a sé, sentiva la gente parlare ma era come se i poteri di Mokona fossero completamente disattivati, non capiva quello che diavolo stessero dicendo o meglio non gli interessava, continuava più semplicemente a guardare verso quella porta che sapeva si sarebbe aperta presto molto presto.
Forse per qualunque persona un po' poco attenta (tipo Sakura) oppure per la spiegazione psico-fisiologica quasi del tutto assente o presente in una forma piuttosto confusa, lo stato di pseudocatatonia di Fay poteva semplicemente esplicarsi con la spiegazione banalotta e terra-terra proposta qualche riga più su. Ma non basta, dopo quella bella lavata di faccia la testa di Fay, i neuroni -tutti, dal più infinitesimale dendride all’assone di più grande portata- erano decisamente impazziti nel profilare tutte le peggiori eventualità della faccenda. La catatonia si spiegava facilmente con tutta la confusione di sentimenti che brontolavano dentro di lui, che tamburellavano nel cuore e gorgogliavano alla bocca dello stomaco: una specie di mistura esplosiva di rabbia, affetto e paura.
Ed ecco perché la testolina bionda sembrava, ora come ora, staccata dal corpicino mingherlino del mago. Di per sé sembrava davvero che la mente di Fay si fosse completamente annichilita o, anche meglio, fosse rimasta a godersi lo spettacolo pirotecnico in quel mondo lontano.
Nella sua mente si era formata una di quelle bollicine in cui la memoria racchiude i traumi più seri, e li confina in un angolo remoto e sperduto della memoria. Ma era esplosa. E quella bollicina, tipo un atomo in un acceleratore di particelle subatomico, aveva innescato poi un processo di reazione che l'aveva decisamente annichilito. Così era successo.
E ora si sentiva come se qualcuno avesse deciso arbitrariamente di svuotarlo di tutto quello che aveva dentro e avesse poi sferrato un calcio al suo petto della portata tale da destabilizzarlo e da distruggergli le ossa, ma senza alcuna prova somatica di questo.
Psicologicamente era stato quasi ai livelli di quando l'avevano preso ed imprigionato e aveva visto la morte di suo fratello. In una parola? Devastante.

Quando Yukito uscì dalla stanza in cui s'era rinchiuso con Kurogane, sembrò molto abbattuto.
Teneva lo sguardo basso sulle babbucce di stoffa pregiata che indossava, si trascinò fino al resto della folla.
Quando raggiunse Shaoran e gli altri, Fay scattò in piedi come una molla, ma non fu lui a parlare.
«Come sta?» domandò Mokona traducendo quello che non riusciva a dire il mago.
Yukito scosse il capo. La sua espressione era più che esplicativa di quanto non potessero esserlo delle parole ben congeniate. «È stato avvelenato. La ferita in sé non è poi tanto grave... È solo che qui non c'è alcun tipo di antidoto per quel veleno».
Fu come se non avesse detto nulla. Fay socchiuse gli occhi.
«Che genere di veleno è?» fece Shaoran, in effetti sfruttando un po' delle pseudomemorie immagazzinate dall'altro Shaoran magari poteva conoscere un modo per rintracciare un siero.
Il sacerdote mostrò una sorta di litografia di una pianta e aveva tutta l'aria di essere antichissima.
Fay ignorò completamente qualunque informazione, guardò quella pianta e cominciò ad avvicinarsi alla porta.
«Quanto... Quanto gli resterebbe?» domandò a quel punto Mokona.
Il mago restò impalato lì, davanti alla porta con la mano sulla grossa maniglia d'ottone.
«Io so di persone che hanno sopportato il dolore di questo veleno per qualche mese...» cominciò a dire Yukito. «È un veleno particolare, è praticamente un distillato della linfa vitale di questa pianta... Al contatto col sangue si gonfia e genera spore che divorano il sangue della vittima...».
«Ma non ha in corpo ancora una piccola quantità del tuo sangue, Kamui?» fece la polpettina bianca.
Il vampiro annuì. «Avendo mescolato il mio sangue quella volta, ovviamente una minima quantità dovrebbe essere rimasta... Però...» si fermò.
«Però abbiamo visto anche noi persone divorate da questo veleno... Anche un'esca come lui...» sospirò Subaru concludendo la frase del fratello. «Vivrà di più ma soffrirà anche di più e per più tempo».
«Ma si salverà?» domandò Shaoran.
I due gemelli scuoterono il capo, ma fu Kamui a parlare. «La sua vita si allungherà di qualche mese, sicuramente c'è da qualche parte qualcuno che può salvarlo, ma comunque noi viaggiamo alla cieca, e l'unica che poteva aiutarci era la strega...».
«Sei mesi, forse qualcosa in più... Ma comunque io spererei che finisca presto, soprattutto perché abbiamo visto come si riduce una persona in questo stato e...» scosse la testa Subaru.
Fay dopo aver sentito questo aprì la porta e la chiuse alle sue spalle, senza dire assolutamente niente.
Restò un po' ad occhi chiusi, con le spalle contro l'uscio.
Stava per avere un attacco di panico, la frequenza cardiaca era sconclusionata, impazzita, il fiato gli si spezzava in gola, e sentiva gli occhi in fiamme. Cercò di regolare il suo respiro, di ascoltarlo e calmarsi, soprattutto perché non era proprio il momento di lasciarsi prendere dal panico, o meglio da una crisi di pianto.
Si avvicinò lentamente al giaciglio dove il moro era coricato.
Si soffermò a guardare gli intarsi di marmo e pietra granitica che formavano il pavimento, i ghirigori fantasiosi delle venature grigiastre.
Teneva lo sguardo fisso a terra tanto che si accorse solo quando vide il lenzuolo bianco che penzolava di essere arrivato al letto.
Si sedette lì e attese in silenzio.
Sei mesi? Forse qualche cosa in più, ma avrebbe vissuto atroci sofferenze, e...
Prima ancora che un flusso scoordinato di pensieri cominciasse a invadere la sua mente, un gemito leggero lo fece trasalire.
«Dove siamo?» domandò Kurogane mentre si copriva il volto con la mano di metallo, i lumi ad olio irroravano i muri di troppa luce e abbacinavano i suoi occhi vermigli. La sua voce era debole, flebile, ma non quanto ci si potesse aspettare.
«Ti sei svegliato, eh?» sussurrò Fay più apatico che mai. «Siamo a Clow».
«Il ragazzo e la piccoletta stanno bene?» domandò.
«Stanno bene.» replicò. «Tu come ti senti?».
«Sto bene.» sospirò.
Fay si voltò a incrociare gli occhi vermigli del moro. «Sei sempre il solito, Kurogane.» stavolta toccò a lui sospirare profondamente e poi alzò il viso, distogliendo lo sguardo.
«Mi fa un po' male, okay...» ammise a denti stretti. «Se non mi avessi raggiunto sarei morto di freddo lì...» biascicò il moro fiaccamente spostando la ferraglia dalla sua faccia, i suoi occhi s'erano finalmente abituati alla luce.
Il mago non rispose, prese solo la grossa mano di latta, completamente insensibile, tra le sue, ancora un po' sporche di sangue.
«Dovresti fare qualche battuta idiota, come al tuo solito, no? Oppure rinfacciarmi di essere un debole. In fondo me lo merito.» continuò a dire.
Per un momento, uno solo, lungo appena dieci secondi, Fay pensò che tenendogli stretta quella mano, o magari l'altra, lui non sarebbe mai potuto andare via. Mai.
«Ce l'hai con me?» fece il ninja che aveva decisamente sciolto la lingua. «Perché non ti ho permesso di vedere i fuochi d'artificio? Tanto ci sarà occasione per vederne altri, non mettere il muso, non fare il poppante!».
«No.» sussurrò Fay.
Il moro sbuffò e fece per tirarsi su a sedere, ma le membra erano come quel pezzo di metallo che rimpiazzava il suo braccio, come dei blocchi di ferro, non riusciva a muoversi. «Mpf!».
Una delle mani del mago si poggiò sul petto largo e duro del giapponese.
Fay, non si sa bene in che modo ci riuscì, bisognerebbe chiederlo a lui, puntò i suoi occhi in quelli di Kurogane per qualche secondo che a lui parve più o meno un secolo. «Tu...» cominciò a dire spostando lo sguardo ma puntandolo poi, di nuovo, sul volto del compagno. «Ti hanno avvelenato e...» s'interruppe ancora. Stavolta stava pregando il suo cuore di non smettere di battere alle prossime parole. «E sfortunatamente qui non c'è antidoto congruo alla cura più corretta per te».
«Mh.» sorrise il ninja. «Un bel giro di parole per dire che sto morendo, insomma».
«Sappi che io non ti lascerò morire» replicò il biondo. I suoi occhi erano vuoti, completamente.
Kurogane deglutì per un momento. «Beh... Ti dirò, l'avevo intuito...».
«Certo, perché tu sei geniale, Kuro... Kurogane...» per un momento si poté scorgere oltre a quell'espressione devastata, anche un minimo di seria, serissima, fierezza. E anche la voce ne aveva un po' risentito sull'apertura della frase, ma poi ovviamente la cosa era degenerata.
Le falangi di metallo, che a quanto pare erano l'unica cosa che riusciva a controllare, si serrarono alla mano del mago. «Quanto mi resta?».
Fay socchiuse gli occhi. «Qualche mese... secondo Subaru e Kamui un po' di più...» sospirò stringendo i denti. «Per quello che hai fatto a Tokyo».
«Quindi vivrò un po' di più...» farfugliò il moro con una certa espressione soddisfatta.
«Soffrirai ancora di più.» lo corresse.
La mano di Kurogane si strinse ancora di più a quella magra del biondo, se avesse continuato gliel'avrebbe ridotta in poltiglia. «Vedila così: avrò più tempo per abituarmi all'idea.» lo disse con una tale convinzione, malgrado la voce flebile, che parve quasi che stesse dicendo "avrai più tempo per abituarti all'idea".
«Tu sei sempre ottimista?» bofonchiò Fay. «E comunque non ti lascerò morire, te l'ho detto, e sono molto determinato.» i suoi occhi guizzarono per un momento sfavillando.
Un angolo della bocca di Kurogane si curvò appena, in uno strano sorriso che nessuno gli aveva mai visto fare, o per lo meno non negli ultimi nove-dieci anni. «Portami a Nihon, fatti aiutare dalla polpettina se non riesci a trasportare entrambi, ma portamici.» mormorò.
«Ti porterò a Nihon.» annuì Fay.
«Anche quando sarò già morto, voglio solo essere seppellito nella terra di Suwa, accanto a mia madre...» si fermò e strinse le palpebre.
«Con Ginryu in pugno.» Fay finì la frase.
Il moro annuì. «Con Ginryu, sì».
«Ora riposati, sarai sicuramente stanco. E poi hai parlato anche troppo, no?» sfoderò un mezzo sorriso.
Kurogane sospirò un gemito appena percettibile e cercò di girarsi su un fianco, il sinistro, per dormire.
«Aspetta, ti aiuto, che così va a finire che smuovi tutto il lavoro che ha fatto Yukito!» borbottò l'altro alzandosi dal letto per sollevare il compagno.
Kurogane si aggrappò letteralmente alla maglia leggera di cotone che indossava il biondo. «Devi promettermelo».
«Cosa?» l'espressione interrogativa non era affatto falsa mentre ora sistemava le lenzuola candide e il guanciale morbido.
«Che mi porti a Nihon e che chiederai aiuto alla polpettina...» sorrise. «Però non subito, non posso lasciare i due mocciosi soli con te...».
«Perché io sono un idiota, è vero.» annuì Fay più serio di prima. «Comunque voglio che anche tu mantenga una promessa, anzi due:» replicò.
Il moro annuì.
«Primo: che cercherai di non morire, ti ricordo che devi essere tu a mettere fine alla mia vita...» suonò strana quella richiesta, tanto che Kurogane dalla sua scomoda posizione su un fianco, storse il naso.
«Pensavo avessi smesso di cercare la morte. E poi tu sei sempre stato molto più longevo di me!» biascicò rincantucciandosi sul cuscino.
«Di questa cosa ne riparliamo quando stai bene.» replicò il biondo. «E poi devo farti mantenere la promessa che hai fatto alla tua principessa Tomoyo: quindi tornerai a vivere a Nihon. A vivere, hai capito?».
«D'accordo.» annuì. «Cercherò di vivere».
«Io, dal canto mio invece di prometto due cose: primo, non ti dirò mai che sei un debole, perché è una cosa alla quale non credo affatto, quindi se soffri ti prego di parlarne con me...» mormorò. «Secondo, io ti salverò la vita.» sorrise.
«Ah.» sospirò il giapponese senza dire altro. Suonava come un "questo è un modo per ripagarti per tutte le volte che mi hai aiutato".
«Dovresti dire un qualcosa tipo "Bene! La mia vita è in mano a quel dannato idiota!".» sorrise di nuovo, un sorriso simile al precedente, sicuro e vero.  «Sei d'accordo?».
«No.» ringhiò il moro.
«No?» ripeté Fay.
«Io con gli idioti come te non ci parlo.» brontolò.
Fay con una leggera smorfia tornò a sedersi sul letto. «Non preoccuparti, dormi, l'idiota resta qui con te».
Kurogane mosse la mano e la poggiò vicino a quella di Fay. «Non devi ripagarmi per quello che ho fatto. Ho semplicemente fatto la cosa più normale del mondo. Non ti avrei mai lasciato morire in un modo così barbaro.» sospirò.
«Certo perché io invece voglio farti morire male!» ringhiò. «Guarda che, che tu lo voglia o meno, io troverò un antidoto!».
Era tanto fiammeggiante d'ira da non accorgersi neppure che Kurogane si era appisolato.


















Rieccomi qui gente,
spero vivamente non stiate brandendo un pugnale per colpirmi xD mi manca giusto un altro paio di cicatrici e poi entro nel libro dei Guinness!
Cooomunque, ho tergiversato semplicemente perché vorrei un momento spiegarvi: Kamui e Subaru, mi scuso sono davvero poco presenti in questo capitolo, però... mi servono, mi servono, mi servonooooh! Insomma per giri della trama che vedrete dal prossimo capitolo in poi!
Parlando di cose serie, su non mi vorrete mica morto? xD *della serie scampa a un malaccio e viene ucciso dai lettori, che fine triste!*
Devo commentare le vostre recensioni xD scusate se mi sono fatto attendere xD!

yua, Tu sei folle, cioè la sigla introduttiva di Mimìelanazionaledipallavolo?! cioè tu vuoi far impazzire arcisuperextravelocissimamente la persona con la quale divido il letto? Sì perché questa persona è davvero folle d'amore per questi anime vetusti e coperti di ragnatele (-_-") cooomunque, come puoi vedere mi sono impegnato a rendere la cosa il più verosimile possibile (in realtà in alternativa si sarebbe presentato il caro Sei-kun *corre verso Sei-kun con sguardo adorante e poi fugge spaventato*) insomma Kurogane è un gran ninja il più grande del suo Giappone, sarebbe stato quantomeno idiota farlo quasiammazzare da un mucchio di trucchetti xD! Poi che dire? Il rapporto tra i due si è un po' evoluto rispetto a quanto successo quella volta lì (leggi come Tokyo) xD in realtà io la vedo come una forma di ossequio, non c'è motivo di scherzare e poi evidentemente Fay è in tensione, mica può permettersi st****ate che sennò è la volta buona che Kurogane crepa xD
dei miei bellissimi titoli? beh sono belli, mi piace da impazzire confondere i lettori xD
Beh, ti ringrazio e spero che questo capitolo ti sia piaciuto xD

mago666, fortunatamente mi sono rimesso in fretta! I prossimi capitoli saranno davvero perfidi, mi spiace davvero che abbiate ancora il luccichio negli occhi di chi spera in una felicità continua e duratura, ma in fondo se leggete le Clamp la felicità-coccolosità-ecosettinesimili finisce sistematicamente quando progressivamente si entra nel vivo della trama xD e noi ci stiamo entrando!
Grazie della recensione e spero che il capitolo ti sia piaciuto xD!


harinezumi, Grazie mille (tanto per sicurezza xD) sì sono americano, mi sa che qui ho fatto qualche errorino in più, ci sarà anche qualche "vizio di forma" cioè problemini di formattazione e non solo xD forse passo troppo da una scena all'altra.
Sono contentissimo che la scena di battaglia ti sia piaciuta, e sì la scena finale è volutamente così proprio perché c'è complicità signori e signore, anche se non avranno tutto questo futuro candiderrimo xD Comunque ti ringrazio tantissimo per questa recensione! E spero che anche questo capitolo sia accettabile xD o almeno entro gli standard minimi xD


Avrei altro da dire, gradirei sapere una cosa serissima: visto che (una certa persona che è molto paziente e mi lancia occhiate cattive sicuramente davanti allo schermo del pc lo sa bene) sono una persona molto incostante, lunatica e particolarmente volubile, insomma cambio idea in continuazione quindi volevo farvi presente SIN DA ORA che sì, porterò a termine la storia, ma avrà DUE e dico DUE epiloghi,vorrei sapere da voi se preferite un epilogo contento e coccoloso prima o dopo un epilogo decisamente DEVASTANTE.

Spero non ci siano troppi errori e magari che vi sia anche piaciuto il capitolo, credo di riuscire a postare presto, ma non vi posso dire quando xD
Vi lascio, arrivederci xD

D.


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Capitolo 5
*** Capitolo 5--Te Vel Te Snel ***



Overleven
















Capitolo Cinque-Te Vel Te Snel
















Le dita d’acciaio di Kurogane si serrarono all’improvviso, stringendo con forza la mano -ormai sull’orlo della rottura- di Fay, poi liberandole con un gemito leggerissimo.
Aveva fatto così nelle ultime ore, in preda a un qualche incubo dato dal dolore, ipoteticamente. Stringeva le ventisette ossicine e le rilasciava come se sapesse, nel sonno, che la mano del mago stava per staccarsi dal polso.
Fay però non cercò mai di spostarsi, restava lì, immobile, lasciava che quel grosso pugno di latta si stringesse con più forza al suo palmo, forse non sentiva nulla. Plausibilmente, nulla l’avrebbe scosso fuorché la voce del giapponese che biascicava un qualche insulto.
Si torturava il labbro inferiore coi denti mentre inalava a fondo, aveva lo sguardo vitreo e fisso, rivolto nel vuoto, come a cercare qualcosa senza neppure trovarla.
Ricordava i momenti passati tranquillamente, tra le sue risate e gli attacchi d’ira di Kurogane e cominciava già a rimpiangerli, come se quello non fosse ancora lì seduto.
Qualcosa dentro il mago s’era spezzato, era esploso un cuscinetto di qualcosa, probabilmente rabbia repressa, che ora lo convinceva che tutto ciò che era o sarebbe accaduto non era altro che colpa sua.
Non pensava ad altro, non riusciva nemmeno a pianificare un minimo di progetto per l’immediato futuro si fermava poco oltre l’idea di portarlo a Nihon. Ma anche solo l’idea di lasciarlo lì, così, nel suo Giappone, gli sembrava come un colpo sferrato violentemente al cuore, e gli saliva un senso di nausea che aumentava tanto quanto aumentavano le sue pulsazioni. Poi il respiro gli si fece sempre più smorzato in gola, il diaframma restò immobile senza permettergli di contrarre i polmoni.
Avrebbe gridato molto volentieri, avrebbe voluto piangere, disperarsi e arrabbiarsi con qualunque cosa gli potesse capitare a tiro. Gli occhi ora non erano più vitrei, scrutavano in giro all’erta, come se di lì a poco dovesse arrivare una qualche illuminazione dal cielo.
Stavolta, quando la mano di Kurogane si strinse di più alla sua, si voltò nella direzione del moro, e si coprì il volto con la mano libera, come se si vergognasse di sé, come se il ninja lo giudicasse in qualche modo.
Che pazzo che era, rivolse a sé stesso un mezzo sorrisetto trasognato, mentre il suo respiro tornava alla normalità pensava che l’unica cosa che l’avrebbe fatto sentire meglio sarebbe stato l’assecondare il suo insano desiderio di vendetta.
Vendetta.
Aveva accantonato qualunque altra cosa ora, tutte le speranze stavano già morendo sul nascere e ora pensava solo a un modo per non annegare nella sua tristezza.
Quando si voltò nuovamente verso Kurogane, però, provò un certo sollievo. Era ancora vivo, ancora per un po’.

Un po’, già.
La correzione che Fay aveva fatto riguardo al vivere più a lungo, Kurogane non l’aveva nemmeno lontanamente presa in considerazione, avrebbe avuto solo più tempo per abituarsi all’idea di morire in una maniera decisamente barbara, però in fondo in fondo, checché ne dicesse, si fidava del mago, non solo per le parole che gli aveva detto, ma per qualcos’altro che non era né il luogo né il momento di indagare.
Però la correzione che gli aveva fatto notare, ora gli risuonava lentamente nelle orecchie.
Uno spasmo lo scosse, qualcosa gli si attorcigliò nello stomaco e gli strappò il fiato. Aprì gli occhi e si guardò intorno spaesato. C’era il biondino , seduto che se lo guardava.
Non cercò di dire nulla, cercò di prendere aria, ma questa gli bruciava nelle narici e in gola, gli venne da tossire.
Fay gli alzò la testa con la mano libera, il ché l’aiutò ad inalare a fondo. «Già sveglio, Kurogane?» gli sussurrò. «Che dici se ti metto un altro cuscino sotto la testa?».
Il moro scosse piano la testa e strinse forte forte le palpebre. Un tremore lo scosse e gli rivoltò da capo a fondo lo stomaco. Lasciò la mano al mago e si coprì la bocca col palmo di metallo. Il suo respiro riprese a spezzarsi.
Nuovamente Fay gli sollevò il capo, ma stavolta servì a poco. Kurogane prese a tossire, come se qualcosa gli bruciasse in corpo e non gli permettesse di ventilare.
In effetti era così, o almeno così a lui sembrava. Ogni globulo rosso che stava attraversando il dotto toracico era come incandescente e anche le particelle d’ossigeno che entrava nei polmoni e d’anidride carbonica che attraversava i vasi sanguigni sembravano bollire. Inoltre le vene, le arterie e i linfonodi erano diventati gonfi e pulsavano violentemente.
Appena il mago si accorse che il suo compagno boccheggiava, fu colto dal panico ma non glielo diede a vedere. Gli sollevò di più la testa con entrambe le mani, il che lo aiutò a respirare più facilmente.
La crisi passò inaspettatamente presto, e Fay gli sistemò nuovamente la testa sul cuscino, senza dire niente. Era allarmato, anzi più che altro spaventato. Continuava a ripetersi che non poteva succedere in quel momento era troppo, troppo presto.

«Qui fa... Ta-tanto caldo... per te.» annaspò Kurogane di punto in bianco, senza un vero motivo apparente.
«Ovunque fa caldo per me.» replicò l’idiota sorridendo.
Il moro mugugnò. «Per... Per questo... non dormi?».
«Non riuscirei comunque a dormire, meglio stare un po‘ con te, no?» continuò a dire. «Hai sete?».
L’altro annuì stancamente. La gola in effetti gli raschiava parecchio, parlare gli costava fatica ma non poteva stare zitto, quello lì, l’idiota, se l’avesse visto demoralizzarsi o soffrire si sarebbe defenestrato all’istante molto probabilmente. E quindi se lo guardava con muta desolazione, parlandogli ogni tanto di cose stupide, magari l’avrebbe fatto un po’ svagare e in fondo si sarebbe dimenticato un po’ del dolore. Per lui era seriamente difficile sopportare il vedere quell'idiota così triste, vedere chiaramente il suo cuore già spezzato da anni, sanguinare a quel modo attraverso gli occhi così chiari, lo faceva sentire peggio di quanto non credesse possibile.
«Dovresti... Dovresti... Devi andare... A riposare.» scandì fiaccamente quella specie di ordine socchiudendo gli occhi dopo aver preso una sorsata breve d’acqua.
Il biondo stiracchiò un sorrisetto stentato. «Sta' pure tranquillo, Kurogane, sto bene».
«Quando... la-la smetterai?» biascicò.
«Di fare cosa Kuro-Kurogane?» tentennò.
«Di fare... Così.» replicò. «Io... Vattene per favore».
E poi lasciare il mio adorato Kuro-tan da solo? avrebbe detto il Fay di qualche giorno prima, quasi Kurogane sperò che dicesse così. «No. Voglio restare qui con te».
«Perché?» uscì come un gemito ma in realtà era una domanda.
Il biondo scosse il capo e strinse le palpebre prima di parlare. «Perché ti lascerò a Nihon a soffrire quando andrò a cercare la cura per te, per cui adesso almeno voglio stare con te. E poi tu mi hai tenuto in vita, questo è il minimo che posso fare!».
Fu quello l'esatto momento in cui qualcosa si logorò definitivamente nel petto di Kurogane e no, stavolta più che dolore era davvero rabbia. «Vuoi ripagarmi per quello che ho fatto?» riuscì a dire (più che dire, ringhiare), pensava che tra il dolore e la rabbia sarebbe stato in grado di bofonchiare solo una mezza frase sconnessa. «Tu... Sei... Solamente... Un grandissimo... Idiota.» ventilò tra una parola e l'altra.
«Scusami. Non volevo farti inalberare.» mugugnò Fay abbassando lo sguardo. «Stavolta però facciamo a modo mio.» sussurrò.
«Che c'entra?» ringhiò, cercando invano di raggiungere Ginryu con la mano. «Smettila! Devi capire che io l'ho fatto perché...» le parole gli morirono in bocca, il biondino l'aveva zittito poggiandogli una mano sul petto.
«Non agitarti, dai.» sibilò. «A che pro dovrei perdere tempo a provare dormire, se comunque non ci riuscirei?! A questo punto sto qui con te, almeno ti sto un po' accanto.» sorrise.
«Allora io voglio che tu mi lasci a Nihon.» minacciò il giapponese, ma il suo tono risentì parecchio della stanchezza e del dolore.
«Certo che ti porto a Nihon.» annuì il mago.
«No. Mi ci lasci a morire.» scandì bene ogni singola lettera.
«Ti ho promesso che ti avrei curato e ti curerò.» replicò con una strana smorfia interrogativa.
«Allora riposati un po'. Tanto lo so che non dormirai durante il tuo viaggio. Come se non ti conoscessi io.» Kurogane ebbe la forza di replicare fino a quel punto.
«Ti stai preoccupando per me? Deve essere uno degli effetti del veleno!» ridacchiò il biondo nervosamente. «Devo trovare una cura il prima possibile ne va della tua credibilità!».
La mano di metallo del moro si arrampicò fino al bavero della casacca dell'idiota. «Ti chiedo di fare questo.» sibilò. «Riposati per favore».
Quella cosa ferì Fay al centro del cuore trapassando il ventricolo destro e arrivando fino al sinistro. «Kurogane hai fame?» cercò di cambiare discorso, ma il colpo era stato davvero devastante.
Il moro voltò il capo e sprofondò la guancia sul cuscino. «Quando esci chiudi la porta».
«Tu non hai capito, Kurogane, io non vado da nessuna parte.» replicò il mago.
«Io con gli idioti come te non ci parlo.» ringhiò di nuovo. «E non li voglio nemmeno intorno».
L’idiota non batté ciglio, si alzò semplicemente e lo coprì accuratamente. «Guarda che se pensi di mandarmi via così, ti sbagli di grosso. Sono pedante, io!».
«Per favore.» ripeté stringendo di più le palpebre.
Il biondo restò in piedi, lì accanto. «Tu non capisci...» proferì a mezza bocca, pentendosi praticamente subito di quello che aveva appena detto.
«Ah... Cosa non capisco?» sbuffò Kurogane. A forza di parlare con quello lì gli sarebbe venuto pure il mal di testa.
Quello che Fay voleva dirgli restò annodato alle sue corde vocali, scrollò le spalle nervosamente. «Niente. Ti lascio dormire».
Quando il ninja si costrinse ad aprire gli occhi vide chiaramente la porta chiudersi alle spalle del mago.
Restò a guardare la porta per un po’, sicuramente quell’idiota lì sarebbe tornato, ma qualcosa lo costrinse a distogliere lo sguardo. Qualcosa gli premeva sul petto, come se un gigantesco ippopotamo avesse deciso di sedersi sul suo sterno. Nulla di simile al dolore provato fino and allora, era qualcosa di stupidamente pungente che gli si attorcigliava nello stomaco e gli faceva anche piuttosto male al cuore.
Cercò di ignorarlo il più possibile, come aveva fatto fino ad allora per tutti i dolorini simili, e anche per quanto riguardava gli effetti del veleno. In quei casi, si mordeva la lingua a sangue per non gridare, nascondeva la faccia nel cuscino e stava lì in silenzio, ma stavolta no era solo una specie di brontolio che ogni tanto gli gorgogliava nel torace.

Fay restò con la schiena poggiata contro la porta che aveva appena richiuso alle sue spalle per dieci, quindici minuti, si guardava i la punta delle scarpe cercando di trovare la forza di allontanarsi da quella maledetta porta, ma con scarso, scarsissimo successo.
Certo, non è che preferisse stare lì dentro con una versione moribonda e scontrosa di Kurogane, a crogiolarsi nel suo magico mondo di tristezza e lutti vari, ma, a modo suo, pur non valutando il fatto che non riuscisse neppure a rivolgergli un vero e proprio sorriso falso dei suoi, voleva stare lì. Pensava, credeva, anzi ne aveva la certezza matematica: in quel modo strano, avrebbe tenuto Kurogane ancora un po’ di più con sé.
Certo, il passo falso del “Tu non capisci”, poteva anche allegramente evitarselo. Soprattutto perché era davvero sul filo del rasoio, presto o tardi sarebbe precipitato da una o dall’altra parte e avrebbe finito con l’impelagarsi in una qualche pozzanghera di sentimenti e rimpianti, parole dette e non dette che l’avrebbero fatto affondare lentamente come in un pantano di sabbie mobili. E visto che —diciamolo pure chiaramente— Fay non è che sia mai stato un tipo marcatamente impavido, le sabbie mobili, come gli strafalcioni, li evitava come un celiaco evita il glutine.
Però la voglia di entrare e tornare a sentire quella voce, la voglia di parlargli ancora e dargli un po’ di sostegno, era davvero troppo forte. In più si aggiungeva la totale assenza di un piano d’azione, di idee per un futuro che —sì, insomma non c’è mica bisogno di dirlo— era davvero preferibile condividere con lui, gli rendeva la vita più complicata.
Quando sentì che qualcuno si stava avvicinando cercò un modo per nascondersi, voleva semplicemente evitare di parlare con chiunque, cercò quindi di farsi piccolo piccolo in un angolo accanto ai cardini della porta, ma, a parte il peso inconsistente del suo corpo, era comunque ben visibile.
Fece finta di non accorgersi affatto di Sakura che sopraggiungeva, era troppo impegnato nell’ignorarla che pure quando lei cominciò a parlargli.
«Che fai, Fay-san? Non ti riposi per niente?» domandò Sakura restando a qualche passo da lui.
Il biondo seguitò ad ignorare la ragazzina senza mezzi termini, doveva farlo, non poteva mica crollare. Non s’era ancora messo a piangere e il desiderio di farlo era impellente, premeva con la sua enorme mole sui suoi occhi e gli pungeva addirittura il naso e lo costringeva a mordersi il labbro per non pensarci.
«Fay-san?» ripeté pedante.
A quel punto i suoi occhi azzurri incontrarono quelli della principessa in una strana mistura di ira contro se stesso e contro il resto del mondo, unita ad un pizzico di stanchezza e a una bella spruzzata di angoscia —che non ci sta mai male—.
«Non vuoi riposare un po‘?» continuò a dire lei restando con la spalla poggiata contro lo stipite della porta.
«Non ho sonno.» rispose accennando un sorrisetto di quelli falsi che però non gli riuscì tanto bene. «Non preoccuparti per me Sakura-chan... Sto bene».
«Almeno hai mangiato qualcosa?» fece ancora.
Uno spasmo al ventre lo fece tremare per un istante. «No, non ho appetito». Più che non avere appetito, se avesse ingerito qualcosa, che fosse solida o liquida sicuramente ne avrebbe risentito all’istante.
A quel punto, Sakura gli poggiò una mano sulla spalla e restò in silenzio per un po’ a cercare le parole giuste, senza ovviamente trovarle. «Fay-san, so che tu vuoi molto bene a Kurogane-san... Ma...».
Lo sguardo del mago la fece fermare ancor prima di esporre il suo pensiero.
«Senti, io sono sicura che tu riuscirai ad aiutarlo, per questo converrebbe andare a riposare un po’. Non lo aiuti certo stando qui, a lui mica piace vederti soffrire così tanto. Siamo in tanti qui, potremmo fare dei turni per stare con lui.» continuò a dire.
«Sakura.» sibilò lui con un tono a dir poco gelido, senza badare un minimo alle sue parole. «Gradirei davvero restare qui, al suo fianco».
La principessa ritrasse la mano con una strana smorfia ottusa ad abbuiarle il volto. «Scusami, Fay-san...».
Il biondo scosse il capo e per un momento il suo cervello bacato, da idiota avrebbe precisato Kurogane, rielaborò le parole della mocciosa sotto un’altra ottica: il ninja si era comportato così perché lui era in uno stato più pietoso di quanto non credesse —insomma come se un treno lo avesse acciaccato durante la corsa—. «Perdonami, Sakura-chan... Non so che mi sia preso, non volevo risponderti male.» sospirò riprendendo a torturarsi il labbro coi denti.
«Non preoccuparti, credo sia del tutto normale. In fondo tu tieni davvero molto a lui.» sorrise lei. «Che cosa pensi di fare?».
«Lui vuole tornare a Nihon e io ce lo porterò.» rispose. «E cercherò un modo per salvarlo».
«Promettimi che farai attenzione, Fay-san...» sussurrò Sakura pensierosa.
Le labbra di Fay si curvarono in un mezzo sorrisetto furbo. «Ho troppe promesse da mantenere, Sakura-chan e poi lo sai che non sono un tipo molto attento io».
«Mh...» mugugnò di nuovo la principessa.
«Che ne dici di portare qualcosa da mangiare a Kuro-sama?» le sorrise. «Shaoran ti ha dato i regali che ha preso nei vari paesi che abbiamo visitato? Spero non si siano rotti durante il viaggio... Abbiamo avuto la vita un po‘ complicata in quest‘ultimo periodo.» continuò a dire cominciando a camminare lungo il corridoio.
Sakura si ammutolì all’improvviso. «Fay-san, io sono sicura che riuscirai a curare Kurogane. Per cui, credo che una volta che anche tu ti sarai riposato anche solo un po‘, dovreste partire».
«Non preoccuparti, Sakura-chan! Ce la caveremo benissimo!» sorrise ancora. «Piuttosto devo trovare un modo per non lasciare Shaoran da solo!».
«A quello ci ho pensato già io!» fece Mokona zompettando fisicamente sulla spalla della principessa e accovacciandosi comodamente lì, era decisamente apparsa dal nulla.

La vita deve andare avanti. questo si ripeteva Kurogane e se lo imponeva come un imperativo categorico. Doveva viverla bene, certe cose non fanno altro che fortificare, in fondo o no?
Bisognava essere sereni, affrontare la vita —o la morte— con piede sicuro e cuore fermo, perché la verità, come  la perfezione del resto, si trova sempre nel mezzo.
Quando si accorse che però i suoi ragionamenti cominciavano ad essere fin troppo filosofici capì che era ora di dormire ancora un po'.
Sarebbe stato male, era inutile mentire o fantasticare. L'aveva inteso soprattutto nelle ultime ore, tra gli incubi che l'avevano fatto sudare e il dolore che aveva contorto ogni sua cellula fino ad ora erano più che esplicativi di quello che avrebbe dovuto sopportare nei prossimi giorni.
Ma, più di ogni cosa, sapeva che avrebbe dovuto tenere un alto profilo, non tanto per sé, poco gli importava di sembrare un debole —in effetti era anche abbastanza normale, stava morendo— ma doveva farlo per chi gli stava intorno, soprattutto per un tizio piuttosto idiota che era difficile vder sorridere per davvero ultimamente.
Ai ninja insegnano tante cose. riprese a rimuginare, mentre continuava a sperare che quella porta si spalancasse e arrivasse chiunque a evitargli di pensare così tanto. Peccato che non mi sono mai applicato granché a trovare un buon modo per morire, dignitosamente, magari. Anche perché, normalmente, i ninja muoiono relativamente bene, in battaglia, com'è giusto che sia. Come ha fatto mio padre, proteggendo la sua gente e le persone a cui teneva di più. Ma in effetti anche questo non è un modo così malvagio per...
La porta si aprì interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
«Kuro-baubau ti ho portato la pappa!» cinguettò Fay con un sorriso che aveva tutta l'aria di essere falso.
«Non sono un cane!» scandì il moro, piuttosto contento del "ritorno alle origini" del cretino.
Il mago non disse niente durante il tragitto di sgambettio dalla porta al letto. Ad ogni passo la sua faccia si contraeva in una smorfia sempre più cupa. «Pensavo che bisognerà imboccarti... Me lo permetti, Kurogane?» gli domandò una volta raggiunto il letto.
«Me lo stai domandando?» fece notando con un lieve rigurgito di amarezza che aveva ripreso a chiamarlo come prima.
«Sì. Ne va della tua dignità, no?» sorrise il biondo.
«Senti...» cominciò a dire, ma si interruppe. «Fa' un po' come vuoi!».
A quel punto Fay poggiò il vassoio su una specie di comodino accanto al letto. Sollevò Kurogane e si sedette alle sue spalle, facendogli poggiare la schiena contro il suo petto.
«Cosa diavolo stai...?» ringhiò il ninja.
«Sta' calmo, Kurogane... Per non strozzarti hai bisogno di stare con la schiena un po' rialzata...» replicò. «Sfortunatamente questo letto ha la spalliera troppo bassa... Facciamo in fretta, così ti evito tutto questo imbarazzo.» continuò a dire.
Il moro sbuffò. «Cerca di non sporcarmi tutto!».
«Ci proverò.» ridacchiò Fay recuperando una scodella piena, anzi stracolma osservò agghiacciato il ninja, di quella che sembrava a tutti gli effetti purea di piselli, o peggio di sedano! «Non l'ho cucinata io...» bofonchiò il biondo rassicurandolo a modo suo.
«Ha lo stesso colore del wasabi...» bofonchiò piuttosto inorridito.
«Che sarebbe...» mugugnò come a incitarlo a continuare.
«Una specie di salsa che usiamo in Giappone. Ed è molto piccante.» continuò.
«Dai apri la bocca...» sorrise il mago.
In quella posizione, col capo di Kurogane poggiato sulla spalla, per una volta si sentì dove doveva essere, fondamentalmente quello, malgrado tutto, era un abbraccio e per una volta morte, dolore e simili erano lontani e non era proprio il caso di rovinare l'atmosfera.
E la cosa valeva sia per il mago che per il ninja. 
Il giapponese non l'avrebbe mai ammesso, ma il calore che gli infondeva quell'idiota in certe delle sue assurde dimostrazioni d'affetto era indescrivibile e non avrebbe mai voluto farne a meno... Ma zitti! Non diciamolo a nessuno!
«Com'è?» gli domandò allora Fay, alla quarta cucchiaiata andata a buon fine, alcune infatti avevano scontrato, o il naso o una guancia prima di entrare in bocca, ma il moro non s'era ancora lamentato.
«Fa schifo.» bofonchiò categorico.
L'altro ridacchiò. «Che fai? Borbotti? Preferisci del semolino?».
«Farà schifo anche quello. Non ho molto appetito.» aggiunse.
«Okay, Kurogane...» annuì il mago. «Ma devi tenerti in forze, Yukito dice che anche questo può rallentare il decorso del...» tentennò per un momento.
«Ho capito.» replicò con mansuetudine. «Dammene ancora.» disse anche se il maledetto passato di verdure aveva l'innaturale odore —e sapore— di piede vecchio e gli dava anche un violento bruciore di stomaco.

Quando ebbe mangiato —o meglio ingurgitato— metà di quell'orribile pietanza, lo stomaco del ninja non resse più quella dannata poltiglia e si oppose, muovendo guerra contro il resto del suo organismo. Aveva un dannato brontolio nello stomaco che saliva bollente e gorgogliante nell’esofago e ogni respiro raschiava in gola come se l’aria dovesse scoppiargli in bocca.
«Moko-chan ha avuto un‘ottima idea, sai?» cinguettò Fay, poggiando sul vassoio la scodella. «Hai sete?».
Kurogane si aggrappò a quelle parole come fossero particelle d’ossigeno, si concentrò per non sembrare poi così tanto sconvolto da quel senso di vomito che lo faceva impazzire e non gli permetteva di ventilare.
Il mago pulì accuratamente il volto con un tovagliolo di seta pregiata. «È davvero un ottimo espediente, ti va di sentire?».
Per quanto cercasse di stare in sé, per quanto si avvinghiasse alla voce dell'idiota, il senso di nausea era decisamente più forte di quanto potesse pensare.
«Che ha pensato?» riuscì a biascicare, ignorando il fuoco che gli pervadeva la gola.
«Ha chiesto ai gemelli di partire con lei e Shaoran... È proprio un ottima idea, non pensi?» sorrise. «Tanto Subaru e Kamui dovrebbero continuare a viaggiare, tu staresti tranquillo a Nihon, io cercherei la cura per te... E Shaoran e Mokona non sarebbero soli, no?».
«Mh.» dalla voce del mago, Kurogane poteva ben intendere che era abbastanza convinto di quel piano, anche se lui non era granché entusiasta, bah, forse non gli andava giù di dipendere così tanto da quel cretino lì.
«Solo mh?» mugugnò il biondo ripiegando il fazzoletto. «Un po' più d'entusiasmo proprio no, eh? Non eri tu il più ottimista dei due?».
«È un buon piano.» annuì ben poco convinto, con la voce fiacca.
«Vuoi riposarti un po'? Mi sposto, aspetta...» fece Fay con fare impaziente, cominciando a spostarsi in maniera disorganizzata e abbastanza sconclusionata.
Kurogane gemette piano. «Sto bene così. Resta così, un attimo...» appena si rese conto di quello che aveva appena detto cercò un modo per far suonare la cosa un po’ meno strana soprattutto alle sue orecchie ma prima ancora di riuscire a parlare qualcosa lo fermò.
Sentì quelle braccia esili stringerlo lievemente, il mago era arrivato in suo soccorso. «Stai tanto male, eh?».
«Non ti ho mica chiesto di abbracciarmi... Eri tu che volevi farlo, no?» borbottò e se solo qualcuno con un buon udito fosse stato nelle vicinanze si poteva anche sentire il classico suono delle unghie su un vetro, si stava arrampicando allegramente sugli specchi.
Il biondo ridacchiò. «Stai proprio tanto male».
Il senso di nausea non era sparito, ma era di gran lunga diminuito. Sarà stata la posizione, sarà stato qualcos'altro, magari anche perché quell'orribile sapore di misto di verdure era finalmente svanito. «Scusami per prima.» mormorò poi.
«Per cosa?» sorrise Fay.
Kurogane sbuffò. «Accetta le mie maledette scuse e sta' zitto!» bofonchiò con le guance lievemente imporporate.
Il mago abbassò lo sguardo. «Non voglio le tue scuse, Kurogane. Devi stare molto male».
«Smettila di ripeterlo!» ringhiò, ma tremò quasi subito un gemito.
«Riposati ancora un po' partiremo stasera, che ne dici?» mugugnò.
«Dovresti riposare anche tu...» sussurrò.
La voglia di affondare la mano in quei capelli corvini, di arruffarli e di stringerlo di più a sé quasi spaventò Fay che tentennò un momento prima di rispondere. «Mh, non ho affatto sonno, quindi resterò qui, resto qui finché non ti addormenti».
«Non ho mica bisogno di te per prendere sonno!» brontolò il moro. «E poi non sono stanco!».
«Hai dormito proprio male, invece... Ma comunque hai ragione, non necessiti di me per dormire.» continuò a dire il mago, con un tono strano. «Dai, ti lascio riposare». Fay si mosse lentamente stavolta, per farlo accomodare e quando si alzò cercò di evitare in ogni modo lo sguardo del ninja.
«Cerca di riposare un po'.» mugugnò Kurogane seccamente.
A quel punto il biondo alzò il capo sospirando e lo fissò per un momento. Aveva gli occhi incavati e gonfi, profondamente cerchiati da due occhiaie prominenti, il pallore indicibile che schiariva la pelle olivastra rendendola giallognola quasi e poi le vene del collo si esponevano gonfie e scure, livide.
A quella vista Fay traballò un momento, ma poi riuscì a parlare. «Ngh. Sì, certo».
«Non voglio mica restare intrappolato in un qualche modo del cavolo! Voglio tornarmene a Nihon!» borbottò ancora.
Il mago ostentò una mezza risatina avviandosi verso l‘uscita. «Ho capito, ho capito, me ne vado a dormire».

Fay spinse la porta e la chiuse dolcemente. Si coprì nuovamente il volto con la mano misurando una leggera risata nervosa.
Poi si trascinò a piccoli passi verso la sala  dov'erano Sakura e gli altri.
Mokona si stava letteralmente divorando un mucchio di dolcetti di riso, ma appena lo vide entrare si fermò.
«Fay!» urlicchiò e si catapultò addosso a lui.
«Oh Moko-chan, che mangi di buono?» sorrise.
«Dei dolcetti di riso, pensi che al paparino piacciano?» domandò.
«No, Kurogh... Kuro-sama e tutto quello che c'è di dolce... Nah.» bofonchiò in maniera sconclusionata.
«Quando pensavate di partire?» domandò Subaru mentre si guardava assorto una caraffa piena d'acqua gelida.
«Entro il tramonto, se possibile.» annuì.
Yukito, che si rimirava la pagina di un enorme tomo di incantesimi e strani intrugli alchemici dal nome impronunciabile, alzò lo sguardo. «È possibile partire, certo... Viaggiare da una dimensione all'altra sicuramente lo debiliterà, però se la caverà».
«Magari quel libro mi può anche dire dove posso trovare un antidoto?» fece il biondo restando impalato accanto alla porta.
«Purtroppo no, ma sono stati verificati dei casi in cui l'antidoto ha reso ancora più promettente l'aspettativa di vita del soggetto... Sì insomma, ha allungato la vita di parecchi anni...» annuì il sacerdote mentre cercava una specie di papiro in mezzo a tutte quelle scartoffie che c'erano sul tavolo. «Inoltre ho fatto una copia di quel disegno così potrai mostrarlo nei luoghi che visiterai».
«Molte grazie.» accennò un mezzo sorriso.
«Hai davvero intenzione di fare tutto da solo? Potremmo comunque partire con te...» mugugnò Shaoran tradendo una certa preoccupazione.
«Pensaci, Shaoran-kun,» bofonchiò il mago sfoderando un sorriso decisamente finto. «Tenderò a tornare spesso a Nihon per controllare lo stato in cui si trova... Pertanto...» sospirò.
«Userai tantissima magia, Fay-san! Mokona può aiutarti!» bofonchiò la polpettina.
Il biondo sospirò profondamente. «Non è un problema, in fondo ora non ho smesso di usarla... È diventata ancora più potente...» fece l'occhiolino. «Non preoccupatevi... Inoltre il viaggio di Shaoran dovrà continuare, no? Io lo rallenterei».
«Viaggiare in un posto o in un altro non cambierebbe granché...» gli fece notare il marmocchio.
Sakura gli poggiò una mano sulla spalla. «Temo che abbia deciso, ormai, Shaoran-kun».
Fay gli sorrise. «Lasciami fare in questo modo, soprattutto per Kuro-sama: non credo voglia farsi vedere da un mucchio di gente se sta male...».
«E se anche a te succedesse qualcosa?» bofonchiò Mokona.
Il mago sventolò l'aria con la mano ridacchiando. «Vedrete che non mi accadrà niente e torneremo tutti e due molto presto!» si allungò sul tavolo per recuperare la pergamena che Yukito aveva miracolosamente ritrovato e affidare la polpettina alle cure di Kamui. «Ringrazio entrambi di aver accettato di accompagnare Shaoran e Mokona.» sussurrò.
«Cerca di fare attenzione.» si raccomandò Shaoran.
«Anche voi.» annuì prima di sorridere largamente. «Prima di andare, devo fare un incantesimo per tenerci in contatto.» farfugliò poi tornando serio di botto, agitando il dito davanti al suo naso e, in quel momento, sulla sua mano apparvero quattro piccole sferette di cristallo che poggiò sul tavolo, una la diede a Sakura, una a Shaoran e due le tenne per sé. «Se le agiterete un po' e si illuminano vi permetteranno di comunicare con me. Le vostre,» indicò i due mocciosi. «Faranno una luce rossa se uno dei due la sta usando per parlare con l'altro. Quando io dovrò darvi novità brilleranno in azzurro. Non è un enorme dispendio di energia... Ma usatele con cura.» sorrise.
I due annuirono rimirandosi le piccole sfere incolore.
«Ovviamente se poi Mokona vuole parlare con me, non ci sarà problema... Puoi usare anche tu il tuo potere per contattarmi... di certo quella di Shaoran non dipende solo dal suo potere magico: può usarla chiunque abbia un minimo di potenziale magico.» aggiunse.

Fuori dalla finestra stava già tramontando il sole.
Kurogane se n’era accorto perché le ombre degli oggetti s’erano allungate e s’erano spinte di più contro il muro.
Non aveva preso sonno, ci aveva provato solo per cacciare il dannato mago e costringerlo a riposare, inoltre era difficile dormire, soprattutto perché il senso di nausea era tornato e quell’orribile bruciore di stomaco l’aveva tenuto sveglio graffiandogli in gola. E nemmeno a dire che si poteva rigirare nel letto i dolori erano così forti da non permettergli di cambiare posizione, non gli faceva solo male la spalla, ma tutte le vene del corpo, tutti i singoli globuli rossi, fino a bruciargli i terminali assonici, o almeno lui credeva così.
Però stringeva i denti, digrignandoli e probabilmente sarebbe arrivato a spezzarli se avesse continuato così.
Proprio mentre pensava che presto o tardi sarebbe rimasto senza denti, qualcuno aprì la porta.
«È ora di andare, Kurogane».


















Rieccomi qui gente,
Sono molto molto lieto che comunque non mi abbiate ucciso in questi giorni. A dire la verità volevo mettere un capitolo totalmente inutile tra questo e il precedente solo per farmi odiare un po' di più, ma poi mi sono riveduto, per fortuna xD Comunque mi scuso per l'ennesimo capitolo di intermezzo xD ma non è che fossi così tanto ispirato ultimamente xD quindi è già tanto che sia riuscito a scrivere qualcosa... Comunque avete visto? FINALMENTE mi sono liberato di Shaoran, Mokona (e Sakura) santissimi e sempre provvidenziali Kamui e Subaru, eh?

Direi che passo a commentare le vostre recensioni e poi vi abbandono che è tardino stasera xD!

Ah, prima di tutto, evidentemente non mi sono spiegato adeguatamente xD ci saranno entrambi gli epiloghi (certo, non vi faccio mancare niente io!) volevo semplicemente sapere quale volete che io posti prima? Quello che finisce DECISAMENTE male o quello che finisce PIUTTOSTO bene?

oceanredwhite, fantasia perversa? Oddiobuono! *scappa* No, beh sono molto contento che questo Kuro-moribondo stuzzichi la tua fantasia perversa! Comunque sì, non c'è pace per il povero Fay, ma non è finita non è finita... vedrete *ride sadicamente* come ho già detto due righe fa, io posterò ahivoi, anche l'epilogo cattivissimo, perfiderrimo e decisamente triste, quindi mi sa che ti tocca rivotare xD Per il resto, ti ringrazio per la tua recensione!

Julia_Urahara, intanto ti ringrazio per la recensione, dico anche io che mh è piuttosto strano che quelle pazze non si siano ricordate che esiste anche il veleno e non il cavamento di occhi e i cioncamenti di braccia... bah, che strano, eh? Anche per te e per gli altri xD mi spiace ma saranno postati tutti e due gli epiloghi, quindi xD non so incrocia le dita per una buona risoluzione (più o meno) di entrambi xD.

yua, uno: sono contento che ti sia piaciuto il capitolo! Due: TU. SEI. FOLLE. (l'ho già detto anche l'altra volta ma stavolta di più) a parte la storiella finale che non commenterò come tu non hai commentato il capitolo v__v *cattivo mode: ON*, ma soprattutto perché cavolo Sailor Moon? Diavolo tu mi vuoi morto T^T c'è gente in casa mia che spara le sigle dei cartoni animati nel cuore della notte T^T vuoi farmi morire, eh?! Che poi non è che la mia salute sia così buona, in generale... Coooomunque... le altezze in piedi e i pesi in libbre sono una mia esclusiva prerogativa, tali unità di misura le ho utilizzate anche nelle altre storie che hai recensito, quindi valga anche per le altre v__v detesto il sistema metrico mi sta antipatico, che ci posso fare? Sono pure troppo abituato alle yarde e ai pollici, quindi presto o tardi incontrerete anche loro, come parecchi i personaggi delle CLAMP che sicuramente conoscerete xD v__v mi ero anche detto che non avrei commentato la storiella finale della tua recensione, però lo farò in quattordici parole: Tu mi spaventi seriamente e io non sono poi così tanto cattivo, ma grazie. Per finire, Grazie di aver recensito, ma mi sa che anche questo può essere uno di quei capitoli soggetti ai tuoi commenti folli xD.

harinezumi, Grazie mille per la recensione! davvero Sono contento che il capitolo ti sia piaciuto xD Bah, sinceramente, a me ha un po' stufato l'idea di vedere solo e soltanto Fay mezzo morto/moribondo/smorto (ho reso l'idea?), non che in questa storia sia tutto rose e fiori per lui xD, però su, un po' di novità (perdincibacco!) anche se... insomma su, xD ho fatto anche io crepare Fay brutalmente un altro paio di volte xD. Comunque mi sto rendendo conto che tenere sotto mano Fay è facilissimo per me xD è Kurogane il più difficile da tenere IC .___. com'è possibile, eppure è così dannatamente lampante il suo comportamento .__. *elucubrazioni mentali* comunque... Sì, Fay cercherà in tutti i modi di salvare Kuro-quasicadavere, chissà se ci riuscirà... Comunque sì, normalmente la malattia ti cambia, stare sull'orlo della morte e vederne il volto dovrebbe farti cambiare atteggiamento, quindi probabilmente Kurogane sarà un po' (molto poco voglio sperare) "stravolto " da questa cosa. Ci saranno entrambi gli epiloghi, quindi vedremo se sarà meglio il capitolo che io effettivamente volevo porre a conclusione della storia o quello alternativo... xD voglio che siate felici *sghignazza malefico*

mago666, Grazie della tua recensione :) e prego(?) figurati, insomma a me piace rispondere alle recensioni, ogni tanto devo pure cancellare quello che scrivo xD sennò mi partono spoilers (dannazione a me e alla mia mh? linguaccia? xD) comunque sì bisogna abituarsi, e ormai le CLAMP vi hanno temprato, quello che leggerete qui non sarà tanto terribile, spero xD

Avrei altro da dire, gradirei sapere una cosa serissima: non vi chiedo pronostici, ma voglio sapere quale personaggio dell'intero universo CLAMP vi piace di più xD sono curioso xD nel prossimo capitolo vi dirò chi è il mio personaggio preferito xD

Spero non ci siano troppi errori e magari che vi sia anche piaciuto il capitolo anche a voi, lettori-cattivi-che-non-recensiscono, credo di riuscire a postare presto, ma non vi posso dire quando xD
Vi lascio, arrivederci xD

D.


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Capitolo 6
*** Capitolo 6--Het land van herkmst ***



Overleven
















Capitolo Sei-Het land van herkmst
















Quando Fay aveva aperto la porta, Kurogane era tutto preso dai suoi pensieri tanto che trasalì appena nel vederlo nella stanza.
Aveva cercato di dirgli qualcosa magari opporsi al fatto che quel biondino idiota era pure disposto a prenderselo in spalla per portarlo in un posto più congruo al trasferimento, ma evitò di infierire. Sotto quella scorsa da burbero ninja integerrimo c’era sempre un ninja integerrimo, ma forse un po’ meno burbero, e in fondo conosceva fin troppo bene quel cretino lì, tanto che ormai sapeva quando non era proprio il caso di parlare.
Così era stato zitto anche quando Fay l’aveva sollevato lentamente, con un gesto studiato e misurato, come se uno con quelle braccine così magre potesse far male a uno grande e grosso come lui. Il ninja s'era tenuto per sé praticamente tutto anche il solito borbottio, ma mentre Fay lo sollevava lentamente per stringerlo di più a sé, non fece altro che guardarlo con la solita e collaudata espressione accigliata, come a dirgli di evitare simili sciocchezze, ma senza trovare nel pratico la forza di farlo.
Si lasciò avvolgere dalla magia, stupendosi della decisione dei gesti di quell'idiota, mica come quella volta a Celes, quando più che altro aveva visto rassegnazione e rabbia in quell'occhio azzurro. Ora più che altro sembrava davvero deciso a salvargli la vita.
La luce sprigionata da quell'incantesimo lo abbagliò per un momento e lo costrinse a chiudere gli occhi.

Fay si accorse che il trasferimento era andato a buon fine solo quando l'odore ributtante di riso lesso e verza al vapore gli rivoltò lo stomaco da cima a fondo.
Non aveva mai dubitato tanto dei suoi poteri, normalmente tendeva a dubitare di sé stesso più che dei suoi poteri, però ora, nello stato emotivo in cui si trovava, poteva tranquillamente dubitare di tutto.
Anche perché mica era tanto sicuro che quello fosse proprio il Giappone di Kurogane, era anche vero che da Sorata e Arashi c'era l'odore di verza e riso misti a shoga, quindi poteva anche tranquillamente essere un Giappone che non conoscevano.
«Siamo a Nihon.» biasicò Kurogane sospirando, mentre si riprendeva dal capogiro datogli dall’incantesimo.
«Suona come un'affermazione più che come una domanda.» asserì il mago. «Come fai ad esserne così certo?».
«Conosco il mio Giappone.» mugugnò Kurogane cercando un modo rapido e più o meno indolore di tirarsi in piedi.
«Mi permetti di aiutarti a camminare? Non dovresti affaticarti.» farfugliò il biondo.
Kurogane se lo guardò con fare interrogativo, per la prima volta, complice anche un po' la situazione in cui si trovava, non riuscì a capire cosa significasse l'espressione del compagno. Eppure lui ci riusciva sempre!
«Allora? Mi costringi ad usare le maniere forti?» sussurrò Fay senza muoversi di un millimetro.
«Siamo piuttosto risoluti, eh?» bofonchiò il ninja sospirando ancora. «Dovrei riuscire ad alzarmi».
«Guarda che ti ho già portato in braccio una volta.» gli fece notare.
Il Kurogane di tutti i giorni, quello scontroso, burbero e anche un po' troppo orgoglioso avrebbe avuto a che ridire in merito a tale affermazione, ma quello di quel giorno invece storse appena il naso. «Sei proprio un pazzo!» brontolò. «Io peserò tre o quattro volte il tuo peso, se non di più!» disse in maniera confusa. «E con quelle braccine lì potresti giusto portare in braccio la polpettina!».
«Su sta' buono, Kuro-pon!» sorrise il biondo carezzandogli i capelli piano. «Sono forte, eh! Che ti credi? E poi, cavoli, sono un mago».
L'orgoglio del giapponese dovette cedere di fronte a tanta ostinazione. Ma comunque, provò a tirarsi in piedi, con più che scarso successo.
Fay lo sollevò faticando leggermente, ma abbastanza da far sembrare che quella che lui si ostinava a chiamare colonna vertebrale —anche se in tutta franchezza sembrava un omino bidimensionale, tipo quelli dei disegni antichi— si fosse spezzata in due. «Non sei poi tanto pesante. In effetti ora indossi gli abiti di Clow...» mugugnò.
Tutte le volte in cui a Kurogane era capitato di dover tenere in braccio il mago non aveva fatto tanta fatica: era come portare un sacco pieno d'aria, ma le cose erano decisamente cambiate, del resto, non era lui a portare in braccio quell'idiota mingherlino, ma il contrario e probabilmente per il mago era come sollevare una montagna.

Sebbene le indicazioni di Kurogane fossero chiare e lampanti, si ritrovarono ad attraversare il padiglione di sudovest indisturbati, ma a quanto diceva il moro erano completamente fuori strada.
Certo, per Fay gli alloggi della principessa Tomoyo, potevano essere davvero ovunque, visto che ovviamente quel posto non era altro che un ingarbugliato crocevia di corridoi, legna e intrecci di drappi pregiati, quindi un luogo decisamente monotono dove era piuttosto facile perdersi, e seppure quell’altro obiettava e scalmanava, fondamentalmente il mago non sapeva proprio dove andare a cercare una dannata stanza che vagamente riconducesse un minimo alla famiglia reale.
Per cui Fay, che di certo non è che conoscesse il palazzo come chi ci abitava da sempre, continuò a camminare sotto un porticato che dava su un cortile all’apparenza simile a mille altri cortili, fatta eccezione per la miriade di manichini impagliati piantati a terra, misurando ogni passo, come se non potesse fare gambate più ampie.
«Quindi tu hai intenzione di crepare!» brontolò il ninja appena si rese conto che quel cortile era teatro degli allenamenti della guardia.
«Ti ho detto che non pesi così tanto.» ripeté quell'idiota.
«No, sarò io ad ammazzarti. Stai calpestando la mia dignità, mago cretino!» brontolò ancora il moro.
«Ma di che parli, Kuro-pon?» fece quell'altro ostentando un sorriso sornione.
«Qui c'è gente che conosco.» s'inalberò ancora di più, se avesse continuato così probabilmente sarebbe stato il veleno a levare le tende di sua spontanea volontà, tanto il suo sangue si stava inacidendo.
«Sei ferito, Kurogane, vuoi davvero che ti si riapra la ferita?» rispose Fay calmissimo.
«Ne va della mia dignità.» replicò il moro.
«Cerca di non fare movimenti bruschi e di appoggiarti a me.» sbuffò Fay decisamente troppo accondiscendente.
«Non preoccuparti, idiota.» mormorò Kurogane finalmente in piedi, liberando dal suo peso le braccia troppo magre del biondo. «Tsk!».

Evidentemente senza il peso decisamente eccessivo per le ossicine dell’idiota, malgrado Kurogane faticasse un po’ a camminare, impiegarono poco o niente ad abbandonare la zona.
Ma superato il cortile, Fay cominciò quasi subito a domandare anche se molto meno pedante di sempre, se il moro necessitasse di un qualche aiuto, ma come era piuttosto prevedibile, quell’altro gli ringhiò contro un no abbastanza secco e sgarbato. Di contro, il mago gli sorrise e si morse la lingua per tenere per sé quello che stava pensando.
Ben presto, però, ancor prima di quanto ci si potesse aspettare, le gambe cominciarono ad opporre la dovuta resistenza e Kurogane si ritrovò a boccheggiare, con le spalle contro il muro più vicino.
Quando Fay gli si fece accanto impallidì di botto, non che prima avesse questo gran colorito sano e salubre, ma ancora di più.
«Posso aiutarti?» domandò.
Il ninja si limitò a borbottare e poi gemette piano. «No».
Era ostinato, maledizione, davvero troppo, come se qualcuno dei suoi più-o-meno-compagni di battaglia, potesse dargli dell'incompetente o peggio del debole.
«Stai male non lo vedi?» ringhiò Fay, la sua voce parve ancora più acuta del normale e le parole raschiavano nella sua gola, impudenti. «Se non volevi venire qui, bastava dirlo! Cos'è? Forse pensavi che saremmo rimasti intrappolati da qualche parte, mh?» continuò. «Tu stai male. Stai male. Di certo non è che venendo qui le cose sarebbero andate meglio! Sarebbe stato bello fosse così, ma non è stato così. Ora, maledizione, fatti aiutare, o ti trascino in braccio fino al centro del cortile di prima e ti mollo lì in mezzo, hai capito?».
Ci vollero due minuti interi perché Fay ventilasse, aveva le guance rosse e avrebbe giurato che quel formicolio al petto fosse un principio d'infarto, inoltre stava pure per crollare. Non era mica da lui tutta questa risolutezza!
Kurogane, malgrado l'espressione torva e scura, ne fu piacevolmente sorpreso, ma prima ancora che potesse parlare, si ritrovò a guardare i motivi del doura1 della sua principessa.
«Principessa...» cominciò a dire il mago idiota, che finalmente era riuscito a trovare un colorito più naturale, una buona tonalità latte pallido.
«So già tutto.» sussurrò lei. «La principessa Sakura m'è venuta in sogno stanotte... E mi ha raccontato tutto».
«Pensavo avessi rinunciato ai tuoi poteri...» rammentò Fay.
«Si tratta di un sogno indotto dalla vostra principessa.» sorrise. «I sogni che faccio io sono solo fiorellini e uccellini, adatti per fare da base ai miei abiti...» annuì lei.
Vista la troppa complicità tra quei due, soprattutto perché minava la sanità mentale del povero Kurogane, questo grugnì un gemito profondo e graffiante per farli smettere, ma con scarso successo.
«Lui resterà qui.» spiegò brevemente Fay abbassando lo sguardo. «Lui resterà qui, e io cercherò una cura per lui».
La principessa sembrò sussultare un momento. «Oh, quindi parti da solo...».
«Pensavo che Sakura ti avesse spiegato tutto...» mugugnò il mago intendendo lo sguardo attonito e contrito della giovane: a quanto pareva c’era qualcosa che la turbava, ma decise di soprassedere.
«Sì, Sakura mi ha detto che avresti cercato un modo per aiutarlo, ma... Non pensavo che saresti andato da solo».
Kurogane spostò la schiena dal muro al quale era appoggiato e trascinò i piedi, tornando in una posizione quanto meno accettabile, curvo come al solito, ma almeno stava più o meno in piedi, e cercò di procedere verso un non ben specificato luogo lungo quel corridoio.
«Mi permetti di aiutarti Kuro-pon?» fece l’idiota proponendo un sorrisone strano.
Il moro ringhiò una qualche imprecazione e continuò a spingersi verso quella meta sconosciuta, strusciando la spalla ferita contro il muro e i piedi per terra.
Questo non fece altro che pungere nel vivo Fay. «Pensi di fare una figura migliore se ti trascini in giro come una bestia ferita?» sbraitò all’improvviso, restando due o tre passi dietro il moro che si sentì in dovere di girarsi verso quell'altro. «Dannazione, Kurogane! Credi davvero che qualcuno penserà che non sei un grande guerriero se ti lasci un po’ andare?! Questo ragionamento non mi sembra adatto a te, è una cosa più...» “da me”, avrebbe voluto aggiungerci il mago in preda alla seconda quasi-crisi isterica della giornata. «Tu sei forte, esasperare così questa situazione è pura follia!».
«Sta' zitto tu!» ringhiò a quel punto il ninja tornando sui suoi passi, vanificando l’impegno degli ultimi minuti.
«No. Vuoi proprio che ti dica ciò che penso, Kurogane?» gli domandò il mago curandosi ben poco del fatto che la faccia del moro, contorta in un’espressione poco amichevole, stava a meno di un pollice di distanza dalla sua.
«Oh, sentiamo cosa vuole dire il professor idiota!» grugnì ancora, soffiando con rabbia il fiato contro il naso del biondo.
Ma prima ancora che potesse parlare, Tomoyo che aveva continuato a fissare l'espressione decisamente adirata del giapponese, fermò questa manfrina, prima che sfociasse in tragedia.
«Kurogane!» squittì. «Preferiresti farti accompagnare in stanza da qualcuno della guardia imperiale?».
A quella specie di proposta indecente, che gli fece gelare il sangue nelle vene, Kurogane rispose con una specie di gemito.
«Io riesco a camminare, pezzo di deficiente!» ringhiò più adirato di prima, ci mancava solo che pure Tomoyo desse retta quello lì!
«Va bene.» annuì il biondino senza battere ciglio minimamente. «Tanto non mi avrai più tra i piedi d‘ora in poi, e una volta che ti avrò curato non mi vedrai nemmeno più, per cui permettimi di aiutarti ora».
Kurogane arricciò il naso a tali parole pronunciate con così tanta leggerezza. «Che cosa diavolo stai dicendo adesso?!».
«Niente di così immensamente importante. Ti posso aiutare? Prometto di non farti fare la figura del pappamolle, Kuro-pon!» pigolò il biondino sorridendo, passandogli una delle esili braccia attorno alla vita. «Ti appoggi solamente a me e se hai bisogno ti aiuto».
Tomoyo ignorò tranquillamente i cambiamenti d’umore di Fay e le imprecazioni grugnite da Kurogane e precedette quei due lungo il corridoio, come a mostrare loro il modo per raggiungere una stanza libera nella quale riposare.


Una volta che Kurogane fu finalmente libero da quell’idiota e da quegli stramaledetti abiti appiccicosi di Clow, la situazione sembrò essersi quietata.
Tomoyo aveva fatto accomodare il mago in un’altra stanza e ora si guardava il ninja con un’espressione strana.
«Beh, che vuoi?» brontolò il moro.
«Non ti pare di aver esagerato, prima?» domandò lei con un’espressione che Kurogane conosceva fin troppo bene, era la stessa che gli aveva fatto maledire il giorno in cui l’aveva conosciuta, quella con la quale l’aveva salutato spedendolo dalla strega.
«Lui è un maledetto idiota rompiscatole, e tu cerca di non dargli corda!» ringhiò.
«A me pare che lui voglia solo aiutarti.» rispose lei con un tono fastidiosamente monotono e calmo.
«Chi gliel'ha chiesto?» domandò seccato. «Piuttosto che vivere una lunga vita vorrei morire da guerriero».
«E magari non vorresti che la tua vita dipendesse da lui...» aggiunse lei abbassando la testa. «Forse la verità è che tu hai solo paura».
L'espressione di Kurogane si contorse in una smorfia d'orrore e disgusto. «Che stai dicendo?» sbraitò agitandosi.
«Yoo, sto solo cercando di farti capire che non puoi trattare così le persone che ti stanno intorno...» sussurrò lei con calma.
«Ma dico io! A te che diavolo te ne frega?!» ringhiò ancora.
«Va bene, lasciamo stare...» sorrise. «Noto con piacere che il tuo braccio è nuovo! È così luccicante!» mugugnò poi cercando di cambiare discorso, prendendogli l’ingombrante mano di latta.
«Questa è la seconda volta che lo cambio, quello che hanno portato qui s’è rotto quando abbiamo incontrato quell’uomo... L’altro era d’acciaio coperto di pelle. Inutile dire che il senso del tatto era dieci volte migliorato dal precedente, ma era fragilino anche quello... Questa è una versione aggiornata, sento poco o niente visto che non è coperto di pelle, ma almeno regge i miei movimenti2...» sospirò muovendo piano le dita. Dallo sguardo attonito della sua principessa capì che questa aveva un rospo in gola che non vedeva l'ora di essere libero. «Sciorina qualche perla di saggezza».
«No è che mi pare strano, eppure ti conosco da tanto tempo!» mugugnò come soprappensiero. «Tu sei stato in grado di rinunciare a un braccio per salvare Fay e non provi nemmeno a trattarlo un po' meglio? Hai per caso paura di perdere la scorza da duro, Yoo?».
«Ma che rottura, principessa!» brontolò con un gemito cercando un modo di girarsi su un fianco.
«Non vuoi rispondere?» sogghignò lei, evidentemente —almeno secondo Kurogane— provava un vero e proprio gusto sadico a punzecchiarlo così.
«No.» sibilò lui.
Lei ridacchiò piano. «E se ti ordinassi di rispondermi, Yoo?».
«Ngh!» s’inceppò lui. «Ho sonno».
Tomoyo sospirò e si alzò stancamente. «Uh, va bene, diciamo che ti lascio riposare. Se ti senti poco bene, chiamami io sono qui fuori. Anche solo perché vuoi un altro cuscino, hai capito?».
«Ho capito, ho capito! Cominci a diventare anche più pedante di quell'idiota!» si lamentò biascicando piano poco prima di crollare mezzo addormentato in puro stile Sakura.
Anche se tutto sommato non si era mai lamentato di un letto, men che meno di un futon, visto e considerato che ci aveva dormito fin da piccolo, quel dannato letto gli sembrava scomodo e gli parve di non riuscire a prendere sonno. L’ultima immagine che aveva stampata in testa, come un tatuaggio sulla pelle, era di quando quel mago idiota l’aveva tenuto tra le braccia, con la schiena rialzata, nel regno di Clow, e si maledisse per essersi ricordato di una scena tanto stupida, ma tanto poi s’era addormentato.

Quando Tomoyo uscì dalla stanza in cui riposava Kurogane, spingendo delicatamente la porta scorrevole di carta pecora e legno, si ritrovò di fronte il sorrisone di Fay.
«Oh, pensavo fossi andato a riposare.» sussurrò lei.
«Sai che non attacca affatto la storia di Sakura che ti viene in sogno? Giusto Kuro-pon può crederci... Cos'è l'aiutante della strega ti ha ridato i poteri?» evinse lui in tutta risposta, con un'espressione furba degna di una volpe.
«Non è proprio così... Ho solo fatto uno scambio.» precisò lei, con un sorriso. «Però Sakura mi è venuta davvero in sogno. Qualche giorno fa, prima che il suo sogno si avverasse e questa notte, per dirmi che sareste venuti qui. Però pensavo che lei ti avesse detto di non partire da solo...».
«In realtà, hanno provato a farmi cambiare idea...» annuì lui. «Non posso fare a meno di notare che... Sei preoccupata. Non sarò bravo come Kurogane a notare i cambiamenti d'umore, ma me le stai mostrando fin troppo chiaramente. Cosa hai sognato?» le domandò con un sorriso calmo.
«Lo sai che non posso dirti molto.» sospirò lei.
«Sappi che non mi fermerò. Anche se dovessi rischiare tutto, anche solo per vederlo stare bene per poi chiudere gli occhi e spegnermi. Non mi importa. Per cui io lo salverò, qualunque cosa tu mi dica.» disse d'un fiato, senza nemmeno pesare le parole o pensarle. «Ma se vuoi potrei venire qui ogni tanto una volta ogni due o tre mesi, così almeno tu stai tranquilla».
La principessa scosse il capo pensierosa. «Ti affaticheresti di più a tornare qui. Però sì, vorrei, soprattutto per lui, che tu tornassi qui una volta ogni tanto. E cerca di riposarti ogni tanto...».
«Sissignora.» un sorrisetto sincero gli si dipinse in volto prima che si abbuiasse di nuovo. «Lui sta riposando?».
«Voleva provarci...» mugugnò Tomoyo, intendendo quell'espressione cupa. «Stai già pensando di andare via, vero?».
Fay le sorrise ma non disse nulla.
«Salutalo almeno. So che è un tipo difficile ma—» sussurrò lei abbassando la testa.
«Certo che vado a salutarlo, Tomoyo.» annuì mentre cercava nelle tasche dei pantaloni qualcosa.
Ne estrasse tre fazzoletti bianchi coi cuoricini rosa e celesti, un bottone fucsia, tre forcine per capelli, una quantità indistinta di briciole, e poi in fondo a tutto quel marasma, c’erano anche le due sferette, le compagne di quelle che aveva lasciato a Shaoran e Sakura. «Con queste potremo comunicare anche a distanza, ci vuole un minimo dispendio di energia magica, ma è davvero poca... Io ti informerò sui progressi delle mie ricerche e tu sulla salute di Kuro-pon... Ma, per favore, non gli dire assolutamente che puoi comunicare con me».
Proprio mentre Tomoyo stava per domandargli il perché di tale richiesta, Fay le sorrise e si diresse verso la porta che la principessa aveva chiuso poco prima.
«Ti prego di salutarmi tua sorella, abbi cura di lui.»  le sussurrò prima di immergersi nella stanza.


Ciò che colpì Fay mentre aspettava con calma che Kurogane si svegliasse, fu la calma che trasmetteva quella stanza. A partire dai giochi che la luce dipingeva sul pavimento in legno pregiato, attraversando le tende leggere di un celeste delicato e sgusciando piano tra le foglie del grande ciliegio che campeggiava nel cortile fino all’odore di incenso e menta che bruciava in un angolo talmente remoto del palazzo da non essere così pungente.
A guardare il ninja, quello che ormai cominciava a sentire come una presenza, per quanto ingombrante, necessaria alla sua vita, non riusciva a trovare le parole adeguate a dirgli un arrivederci che almeno vagamente non somigliasse ad un addio. In fondo Tomoyo gli aveva appena detto che da quel suo viaggio non sarebbe tornato intero, per cui, uno sempre con l’animo da perfetto finto ottimista come lui doveva prepararsi al peggio!
Inoltre la sua vita gli aveva proposto modi e modi di morire e non c’era mai riuscito a lasciarci le penne, e ora che doveva salvare la vita a una persona, o meglio a quella persona, doveva crepare?! Nossignore! Stavolta gli avrebbe detto qualcosa del tipo “Riguardati e cerca di non imbronciarti troppo che poi ti vengono le rughe” oppure più semplicemente avrebbe sciorinato il suo sorriso migliore e gli avrebbe mormorato a fior di labbra un “A presto”.

Proprio mentre era in preda a questi viaggi mentali, vide le iridi cremisi di Kurogane restringere la pupilla alla luce del pomeriggio.
«Ben svegliato.» gli sorrise e poi si lasciò prendere la mano, arricciò il naso e strinse le palpebre e in preda a un minimo di sconforto continuò. «Volevo dirti che sto andando via.»
«Ah. Non hai dormito nemmeno un po'.» asserì l’altro come se le due cose fossero strettamente legate.
«Cerca di riposarti Kuro-pon, e non fare andare ai pazzi Tomoyo-hime!» continuò a parlare senza nemmeno badare a quello che stava dicendo il moro. «Noi ci rivedremo presto, quindi non preoccuparti e poi —».
Kurogane fece correre la mano di latta fino a toccare il ginocchio del mago, interrompendo quell'assurdo monologo. «Grazie».
Fay trasalì di botto e lo squadrò allucinato, probabilmente pensò di non aver capito bene tutte quelle lettere. «Cosa?».
«Non farmi ripetere le cose due volte.» replicò il ninja tossicchiando piano. «O forse non riesci a capire quello che dico? Hai bisogno della polpettina?».
«No, c'è la mia magia. Ti capisco benissimo!» annuì l’altro con una faccia decisamente contrita dallo stupore. «Non c'è bisogno che tu mi ringrazi Kuro-gh... Kurogane».
Kurogane gemette appena. «Hai ragione. Non mi aspettavo arrivassimo qui subito. Sei stato bravo».
Fay strinse le palpebre di più. «Oh, devi stare davvero male, Kuro-pon...».
«Avvicinati, per favore, voglio dirti una cosa seriamente... Ma sicuramente non entrerà in quella zucca vuota, per cui... Avvicinati.» biascicò di nuovo.
A quel punto il mago spalancò gli occhi e si inchinò in avanti con la testa.
Le dita di acciaio di Kurogane si aggrapparono come un rampicante alla maglia bianca e celeste del biondo senza il minimo preavviso. «Cerca di tornare, intesi? Con o senza cura, non mi importa.» inalò a fondo come se riuscisse a stento a ventilare, come se l’aria gli bruciasse in gola fino ai polmoni, proprio come qualche ora prima a Clow. «Cerca di fare attenzione. Io non posso aiutarti... Per cui torna intero, hai capito?».
Fu un colpo al cuore. Fay ci mise qualche secondo per riuscire ad interpretare tutto ciò che gli era stato detto. C’era apprensione in quelle parole, ma lui se ne accorse solo dopo. «Sì».
«Bravo.» annuì definitivamente Kurogane mentre si rannicchiava meglio, senza però lasciare la casacca dell’idiota.
«Io dovrei...» cominciò a dire il biondo cercando di uscire da quel pantano di emozioni nel quale si ritrovava a ribollire.
«Ti ricordi...» cominciò a dire Kurogane mentre scioglieva le sue dita d'acciaio dalla seta della maglia del compagno.
«Stai pensando a quella volta che mentre viaggiavamo ci siamo trovati in mezzo all'oceano?3» ridacchiò il mago.
«Allora ti ricordi...» annuì.
«Se è per questo, mi ricordo esattamente tutti i tentativi di ammazzare Mokona che hai messo in atto... Dal farle inghiottire ettolitri d'acqua salata, al tentato annegamento.» replicò. «Sei stupito che me ne ricordi?».
Il moro fece un lieve inchino col capo. «Un po'...».
Fay alzò un sopracciglio. «E perché?».
«Non lo so.» ammise.
Il mago sforzò una risatina e fece per alzarsi. «Io mi ricordo esattamente tutto quello che hai fatto, tutto quello che abbiamo passato insieme. Quindi tu cerca di restare vivo, così avrò altri ricordi da immagazzinare».
«Mh.» mugugnò Kurogane ben poco abbindolato da quelle parole. «Ma se prima hai detto che...».
«Ero arrabbiato, io non sono come te, io dico una serie di cavolate quando sono arrabbiato.» il mago fece appena spallucce e gli sorrise. «Dai ora, fammi andare...».
Le dita del ninja si intrecciarono di nuovo alla casacca di Fay. «Non sei tanto idiota, lo sai?».
«Certo, tu parli così perché stai male.» rispose il mago abbassando lo sguardo, cercando di ignorare completamente lo sguardo scarlatto del ferito lì, davanti a lui.
«Fa' attenzione.» continuò a dire Kurogane, con la voce più flebile di prima. «Ora che fai? Non mi saluti nella tua maniera idiota?».
«Lascia perdere.» rispose. «Tornerò presto, okay? Tanto presto che non ti renderai nemmeno conto della mia assenza.» sorrise alzandosi in piedi.
Fay ebbe il cuore di guardare un’ultima volta Kurogane prima di avviare l’incantesimo di trasferimento. Il moro se lo guardava con una mano sul petto, senza dire niente, tremando piano e annaspando appena, gli occhi vermigli spalancati alla luce di quella potente magia. Con un gemito più forte, che lo costrinse a contorcersi biascicò qualcosa, ma il mago non riuscì a sentire che cosa. E proprio mentre scompariva gli parve che il ninja fosse più pallido di prima.




















1-doura: fodera esterna del kimono femminile.
2-: Sia in Kobato che in xxxHolic pare che Kurogane abbia ottenuto un braccio (coperto di pelle in Kobato), posto questo mi son detto "beh Kurogane non è un tipo delicato con le sue 'attrezzature', per cui sicuramente avrà avuto bisogno di un altro braccio v__v" ed ecco il magico capitolo 192 di xxxHolic venire in mio soccorso v__v (ragionamento impeccabile).
3-: Lievissimo accenno a Kobato, ma in realtà non c'entra niente con l'apparizione del gruppo nel mondo di questa opera CLAMP, per cui spero non lo valutiate granché come uno spoiler!






Rieccomi qui gente,
Vi ringrazio molto di aver recensito e anche di aver pazientato così a lungo.

Ci sono stati innumerevoli problemi per questo capitolo. All'inizio era davvero perfido (roba che trasudava cattiveria e dolore da tutti i pori, come ha detto la persona che l'ha letto, e che mi ha aiutato ad essere leggermente più buono)... poi era davvero troppo buono, io ero di cattivo umore ed è diventato più cattivo di prima, con grida di dolore e pianti in sottofondo v___v e poi eccolo qui, nella sua ultima versione. Non sono molto convinto di quello che ho scritto, ma comunque è andata ormai v__v cercherò di migliorare col prossimo capitolo e spero non faccia poi così tanto schifo a voi miei adorati lettori.

pralinedetective, Uh! Grazie mille! Mi sento davvero onorato a ricevere la tua prima recensione in questo fandom. Sicuramente mi odierai di più visto che ho tardato ad aggiornare, ma va bene uguale v__v incorrerò nelle tue ire funeste brandendo uno sturalavandini! L'idea che mi hai dato sarà ciò che farò: posterò prima l'epilogo cattivo e poi quello piuttosto buono! Aggiudicato! Spero vivamente che non sia uscita pazza, visto il ritardo con cui ho postato, e credo di aver corretto qualche errore di battitura, poi vedremo xD grazie mille per la recensione e spero che questo capitolo ti piaccia!

yua, Allora, la canzone che hai postato è quella della prima serie (credo) di Beyblade. Visto? finalmente mi sono liberato del dannato Shaoran! *O* yeeeeeh aleeeè, stappiamo lo champagne!! Su in realtà hai commentato per davvero il capitolo, e sono molto molto contento ti sia piaciuta la scena in cui Fay imbocca Kuro-pon v__v e poi sì hai il diritto di darmi della persona cattiva, ma in realtà qui è molto peggio. Non penso di far cadere in mano di Kurogane gli occhi di Fay ma ci siamo quasi. L'angst (quello vero) di questa storia è ancora lontano, quindi non cercare di vedere coniglietti saltellanti e felici, perché non li troveresti v__v grazie per aver recensito e scusa se ti liquido con così poco stavolta ma devo commentare le altre due recensioni e poi vorrei postare, visto che comunque mi stavi sul fiato sul collo v__v

oceanredwhite , quindi vi vanno bene entrambi gli epiloghi *ride malefico* molto bene, non vi assicuro di certo che quello che è un po' più contento sia così tanto più-contento, da farvi riporre le armi che sicuramente mi lancerete contro! Sono contento che ti sia piaciuto il capitolo, spero che questo ti piaccia altrettanto! Grazie mille per la recensione!

harinezumi, Come ho detto prima l'angst in questa storia è ancora lontano (magari non tanto, ma piuttosto lontano), quindi su, non preoccuparti v__v! Guarda è davvero difficile fare del male a Kuro-pon, in fondo è il mio personaggio preferito *fa pat a Kuro-pon ringhiante*, ma poi demolire del tutto la sua sicurezza è anche divertente a parer mio! L'epilogo che finisce male FINISCE DAVVERO MALE, cosa che la mia beta reader (che ringrazierò per le idee che mi ha dato nel prossimo capitolo e anche per l'epilogo), è caduta in depressione e mi ha tolto il saluto *si gratta il mento*, comunque non che quello un po' più felice sia così tanto felice, insomma non ci sarà uno spreco di fazzoletti, voglio sperare, ma nemmeno riderete da sbudellarvi .___. *che brutta immagine*.
Lieto che il capitolo ti sia piaciuto, e sono contento che il mio stile sia migliorato! Insieme all'altarino per Subaru e Kamui, direi di cominciare a fare sacrifici per il caro Sei-chan, presto (tre più o meno quattro capitoli) apparirà anche lui *O*! E sono ancora più contento di aver reso quei personaggi già superflui, totalmente lontani dalla storia v__v! Inoltre non pensavo di commuoverti, in realtà temevo di aver scritto una sequela di boiate, ma va benissimo così! Ti ringrazio molto della recensione e, purtroppo non ci sarà la strega che urla "Candid Camera" ma non temere per Kurogane, cambierà un po' i suoi comportamenti, ma di poco! In effetti per me è più gestibile Fay, quindi spero di non rendere troppo OOC Kuro-rin... ma beh, devo postare quindi ti abbandono, ti ringrazio per la recensione e spero che questo capitolo sia ai livelli degli altri, o per lo meno che ti piaccia anche solo un pochettino T^T



Avrei altro da dire, gradirei sapere una cosa serissima: stavolta vi chiedo pronostici, sbizzarritevi *O* perché se non avrò almeno un pronostico serio non posterò v__v 

Spero non ci siano troppi errori e magari che vi sia anche piaciuto il capitolo anche a voi, lettori-cattivi-che-non-recensiscono, su ora sbizzarritevi coi vostri pronostici *O*
Vi lascio, arrivederci xD

D.


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Capitolo 7
*** Capitolo 7--Verschillende Richtingen ***


Overleven
















Capitolo Sette-Verschillende Richtingen
















Era già il trentacinquesimo paese che Fay visitava e stavolta, finalmente aveva deciso di fermarsi lì per un po’.
Per cui era ripartito.
A forza di procedere alla cieca aveva trovato paesi davvero assurdi! Cose che non aveva mai visto, nemmeno lontanamente durante i viaggi con il resto del gruppo. Ad esempio, si era trovato in un mondo fantascientifico in cui torturavano i portatori di magia per alimentare degli alternatori per l’energia elettrica, così se l‘era data a gambe appena aveva scoperto che anche lì nessuno poteva aiutarlo; poi era arrivato in un paese simile al Paese degli Idoli, lì c’era sì una enorme varietà di flora e di fauna, ma nessuno che fosse in grado curare Kurogane. Per non parlare poi, dei tre giorni passati in un paese a forma di gruviera, le cui case costruite da stuzzicadenti nei buchi, e delle barchette di pane che scivolavano lungo dei ruscelli di formaggio fuso, anche lì, dopo aver interrogato abitanti -che erano dei topini e delle mucche-, scoprì che non c'erano piante simili1. Questo paese gli fece ricordare l’avversione di Kurogane nei riguardi del lattosio, anche solo apparendo lì, probabilmente si sarebbe ritrovato riverso a terra in preda a conati di vomito e avrebbe bofonchiato una serie di imprecazioni, e gli venne quasi dasorridere a quel pensiero. Poi era ripartito, nei tre paesi successivi, aveva scoperto che una volta cotte, le foglie di quelle piante, davano origine a zuppe succulente e tisane rifocillanti, ci aveva passato più tempo, visitandoli da cima a fondo, senza fermarsi nemmeno un giorno a riposare, nella speranza che ci fosse qualche esperto erborista che potesse aiutare il ninja, ma con scarso successo.
Poi s’era trasferito ancora. In meno di due giorni aveva scoperto che, nel Regno del Fuoco, dove gli uomini sono molto simili a delle fiaccole, quelle piante velenose non crescevano, ma, in compenso, facevano ottimi stufati, non che avesse la forza o la voglia di mangiare, ma per evitare di svenire per uno shock ipoglicemico ne aveva presa una cucchiaiata.
Senza nemmeno trovare il tempo di dormire aveva continuato a cercare, ed era ripartito. Ed ora, al trentacinquesimo paese visitato, dopo circa trentasei giorni di viaggio —non ne era poi tanto sicuro, visto che aveva perso il conto più di una volta, dato che ogni paese ha una durata differente del giorno— aveva finalmente deciso di fermarsi a riposare, anche perché il suo fisico cominciava a risentire dell’utilizzo di tutta quella magia.
In realtà aveva già deciso di fare una breve pausa, qualunque fosse il prossimo regno che avrebbe incontrato.
Per sua fortuna, era un paesino immerso in una steppa brulla, poche case traballanti esposte ai quattro venti. Faceva freddo, e certo questo era un punto in più a favore di quel posto, lui il caldo proprio non lo sopportava, ma il problema era che nelle vicinanze immediate non c’era nulla che somigliasse alla pianta che cercava.
Prese a cercare un posto dove soggiornare, e proprio mentre percorreva la strada principale, trovò una piccola locanda sgangherata.
«Ehi, mago!» lo chiamò qualcuno, prima che avesse alcuna possibilità di entrare in quello stabile.
Fay trasalì per un momento ma non si girò, sicuramente non poteva essere lui l’unico mago in quel regno, anche se la strada che aveva appena percorso era decisamente deserta.
«Ehi, parlo con te!» ripeté quella voce.
Il che lo costrinse a voltarsi e si ritrovò davanti una vecchia conoscenza. Ci mancava solamente un altro grattacapo a fargli perdere tempo! «Oh, che piacere vederti, Fuuma!» stiracchiò un mezzo sorriso e sfoderò un tono mellifluo e falso.
«Ci ho messo un‘eternità per rintracciarti! Viaggi parecchio ultimamente, eh?» mugugnò l’Hunter abbreviando con un passo la distanza.
«Oh, mi spiace di averti rubato tutto questo tempo, ma non capisco di cosa tu stia parlando, Fuuma.» continuò il biondo, mettendosi sulla difensiva: con uno come quello lì, soprattutto conoscendo i legami di parentela che aveva, c’era tutt’altro che da stare tranquilli.
«Beh, mi hanno detto che hai intrapreso un viaggio per aiutare quel ninja...» spiegò tranquillamente, con il tono pressappoco amichevole che si ritrovava. «E mi hanno chiesto di facilitarti il lavoro, in fondo deve essere sfiancante per te viaggiare alla cieca...».
«Ma non posso mica chiedere alla strega di procurarmi un lavoro simile al tuo, così almeno userei solo una piccola parte della mia magia...» chiosò il mago continuando a squadrare quel tipo per capire cosa avesse in mente.
«Sì, in effetti Yuuko-sama mi ha facilitato la vita, ma come facevo a sapere dove dovevo andare senza questa?» domandò quell’altro tirando fuori dalla tasca interna della giacca una specie di quaderno.
Fay si sporse appena un po‘ per mettere a fuoco cosa fosse. «Che diavolo è?».
«Una guida. Mi hanno detto di fartene avere una simile, magari che recasse un po‘ di informazioni sulla vegetazione dei vari Regni...» spiegò brevemente Fuuma annuendo con fare compiaciuto. «Te ne ho procurata una copia a Lecolt, dovrebbe essere nella tua lingua.» mugugnò passandogli il quaderno.
Il biondo restò per un momento in silenzio, di stucco, non sapeva cosa dire. La situazione per una volta giocava a suo favore, si sarebbe tolto un peso dallo stomaco in più sapendo quale fosse la sua prossima meta, ma ora avanzava un problema più grande, un pagamento. «Che cosa vuoi in cambio?».
«Oh, mi conosci bene, eh?» sorrise l‘Hunter sistemandosi gli occhialini rotondi e oscurati sulla punta del naso. «Ho già avuto il mio pagamento...».
Ecco, un’altra incombenza era stata scartata. «E chi ti avrebbe ricompensato?».
«Sakura. Mi sono trovato di passaggio a Clow per una consegna di pergamene per il sacerdote... E lei mi ha spiegato un po‘ la situazione... Il pagamento è stato lauto, fondamentalmente vi dovevo un minimo di risarcimento per come si è comportato il mio fratellone, ma lei comunque mi ha dato un orologio molto interessante.» spiegò brevemente.
A quel punto il mago azzardò un sorriso un pochettino più sincero. «Mh... Beh, ti ringrazio. Ne farò buon uso».
Prima ancora che finisse di parlare, quel tizio aveva già avviato il trasferimento, ed era sparito più velocemente di quanto potesse pensare, senza nemmeno salutare, ma Fay ci badò davvero poco, spinse la porta di legno malandato della locanda e vi entrò, col morale leggermente più sollevato


Kurogane si svegliò più affaticato del solito. Aveva dormito male ancora una volta, e ora aveva un pesante cerchio che gli stringeva la testa.
Aprì gli occhi fiaccamente e lasciò correre la mano di latta al volto. La mattina diventava sempre più difficile muovere il braccio destro, benché la ferita si fosse asciugata, lasciando il posto a una cicatrice scura e gonfia, tirava ancora troppo, perché riuscisse a muoversi agilmente come un tempo.
Si voltò col capo a sinistra, a quanto pareva, oltre un mucchietto di cuscini che s'erano spostati nell'impeto dell'ennesima notte insonne, non era seduto nessuno. Finalmente Tomoyo aveva capito che non era proprio il caso di salutarlo ogni mattina con uno sguardo triste, sebbene lo trattasse duramente come sempre.
La cosa peggiore di tutta quella situazione, oltre, ovviamente, al fare la figura del perfetto imbecille non riuscendo nemmeno a raggiungere una specie di latrina che non fosse vicino al suo letto, attirando quindi gli sguardi compassionevoli della principessa e le piccate acidule di Amaterasu e Souma, era il non avere alcuna informazione che riguardasse quel mago idiota.
Non era la prima volta che si svegliava sperando che quel biondino fosse in giro per la stanza a fischiettare con una torta in mano, com'era stato nel suo sogno appena due minuti prima. E invece si ritrovava costantemente a constatare che era solo uno stupido maledetto sogno.
E il non poter nemmeno sapere se fosse ancora tutto intero o se si fosse gettato a capofitto nell'ennesima follia rischiando l'osso del collo, come al suo solito, era un qualcosa di profondamente frustrante.
Sentì l'orribile odore di soia e olio di semi mescolarsi nelle sue narici che gli rivoltò completamente lo stomaco. Tanto che riuscì appena in tempo a recuperare una specie di bacinella di ceramica, e poi si lasciò andare a un violento conato di vomito.
Per fortuna che gli avevano lasciato quella cosa nelle vicinanze, che sennò finiva come le ventisei volte precedenti, avevano dovuto spostarlo perché di farlo stare lì in mezzo al suo vomito non se ne parlava proprio.
Non che mangiasse granché, infatti la maggior parte delle volte rimetteva questa sostanza verdastra piuttosto densa, mista ad acqua e a quello che sembrava in tutto e per tutto sangue.
Le prime volte, ovviamente, Tomoyo s'era presa un bell'accidente! Ma dopo un paio di episodi simili ci aveva fatto il callo.
Le cose, come succede il più delle volte, erano peggiorate gradualmente. Prima aveva cominciato ad avere i brividi, a tremare fino a battere i denti, malgrado facesse un caldo bestiale e fosse stretto in dozzine di coperte, poi aveva preso a sudare freddo e sentire come dei millepiedi che gli camminavano per tutte le vene, e in quelle vene, poco dopo, aveva sentito divampare un fuoco che faceva ribollire il sangue.
All'inizio era riuscito a sopportare la maggior parte di questi sintomi, ma quando a tutto questo si erano aggiunti la nausea e il conseguente vomito a base di bile e sangue che trasbordava dalla sua bocca al primo odore leggermente più forte degli altri, le cose erano diventate più ingestibili.
Però c'era una cosa buona in tutto questo: l'idiota non era lì a vederlo morire ogni giorno un po' di più. Non avrebbe sopportatola vista diquegli occhi azzurri e preoccupati fissi su di sé, anche se abituarsi a non vederlo più tanto spesso, a non sentire quella maledetta vocina stritolargli i timpani con l'ennesimo stupido nomignolo, era decisamente deleterio. Ma era sicuramente meglio così, in fondo il mago aveva già sofferto abbastanza, non era il caso di spezzargli ulteriormente quel cuore già ridotto in poltiglia.
La porta della sua stanza si aprì scivolando sul battente immobile di carta pecora e legno.
«Hai smesso di lamentarti, finalmente!» mugugnò Souma che portava tra le mani un vassoio che emanava l'orribile odore di verza bollita. «Hai fame?».
Kurogane alla sola idea di mettere qualcosa in bocca si lasciò prendere dalla nausea ancora una volta e agguantò nuovamente la bacinella.
«Stai di nuovo male, eh?» bofonchiò lasciando il vassoio nelle vicinanze della porta.
«Mh?» mugugnò pulendosi la bocca col dorso della mano.
«Non riusciresti a mangiare proprio niente?» gli domandò ancora.
Il ninja scosse il capo. «Dov'è Tomoyo?».
«L'imperatrice le ha dato qualcosa da fare, so che preferiresti ci fosse lei qui con te...» annuì lei.
«Veramente è meglio così. Almeno si riposa quella testona!» brontolò appena e poi fece per dire dell'altro, ma lei intese ancor prima che potesse parlare.
«Niente notizie... Ma la principessa è speranzosa, le verrà in sogno molto presto, o almeno così dice.» disse, precedendolo.
«Ah, quel mago è potente.» annuì Kurogane stringendo le palpebre e inalando a fondo.
«Capisco che il tuo amico ti manchi parecchio, Kurogane—» cominciò a dire lei.
«Che altro vorresti dire? Se la caverà, e poi mica mi manca quello lì!» ruggì afflosciandosi sul suo futon. «Va' dall'imperatrice, io sto bene. E portati quello schifo! Mi fa venire il voltastomaco!».
Souma sospirò profondamente. «Cerca di riposarti. Sei il miglior ninja del Giappone, sarebbe triste lasciare il titolo a qualcun altro a causa della tua prematura dipartita, non pensi?» gli sorrise.
«Fuori dalla mia stanza. Subito.» sillabò.
La donna si alzò e se ne andò, prendendo con sé il vassoio.
Kurogane restò supino a pensare due minuti prima di cercare un modo di riprendere sonno, ora che il dolore non era così forte.
Se quell'idiota poteva arrivare in sogno alla principessa, poteva anche raggiungere lui! Almeno si sarebbero entrambi un po' rinfrancati nel vedersi reciprocamente più o meno vivi.
Con questo pensiero ancora a ronzargli in testa riuscì ad appisolarsi.


La locanda era meno accogliente di quanto già non sembrasse. Pareva che avessero coperto il pavimento di fango rappreso, piuttosto che con un tappeto, il letto traballava e la coperta infeltrita puzzava di carogna, le finestre erano coperte da uno spesso strato di qualcosa di untuoso e lurido, come se i vetri fossero stati calati in un barile di petrolio. Il lume ad olio, una volta acceso, aveva fatto aleggiare nella stanza uno strano olezzo terrificante, simile a quando si brucia la carne viva. Non era affatto strano che ci fossero stanze libere.
Di certo, Fay, che ora stava seduto nell’angolino meno sporco di quella stanzetta buia e lurida, oltre che umida, a cercare di interpretare quella specie di guida alla botanica intradimensionale, non avrebbe toccato cibo in quel posto lì.
C’era di buono che con quella sorta di cartina -che tra l’altro Fuuma aveva trovato addirittura nella lingua che parlava a Celes-, aveva scoperto una serie di interessanti notizie sui paesi che probabilmente avrebbe visitato nell'immediato futuro, anche se ormai il suo fisico si opponeva sempre di più ai viaggi dimensionali.
All'inizio era stato facile, soprattutto perché pensava a Kurogane e non voleva di certo lasciarlo lì a morire barbaramente, ma poi il dolore aveva cominciato ad essere forte. Di certo non quanto soffriva il giapponese, ovviamente, ma quasi ai livelli di Celes, quando la sua magia si andava esaurendo.
Non procedendo più alla cieca o, per meglio dire, sapendo in linea di massima dove andare, avrebbe risparmiato le energie, magari fermandosi una volta ogni tanto. Per quanto fosse potente, mica sapeva reggere la stanchezza come un certo moro di sua conoscenza.
Era cominciato tutto per caso, durante il trasferimento dopo aver abbandonato un paese abitato da ridicoli pupazzi di pezza, nel quale era stato sì e no quindici ore -visto e considerato che anche la vegetazione era di stoffa-, aveva sentito come un pugno nello stomaco che gli aveva strappato il fiato e aveva trovato una certa difficoltà nel ventilare, si era sentito mancare e con un capogiro era atterrato su una gigantesca foglia obcordata2. Ci era voluto un po’ perché riuscisse a muoversi, data la pesantezza intrascapolare e un formicolio che percorreva tutti gli arti, però con calma aveva aspettato che la cosa passasse da sé, anche perché mica poteva perdere tempo. E dopo aver appurato che in mezzo a quel fitto fogliame non ci fosse qualcuno in grado di aiutarlo, era ripartito e per un po’ non aveva più avuto problemi simili, ma la spossatezza si faceva sentire comunque, un po' di più ogni giorno.

Mentre si stava informando su un mondo che, a quanto diceva la guida botanica per viaggiatori dimensionali, aveva qualche esemplare di quella pianta, la tasca dei pantaloni un po' troppo leggeri che indossava, si illuminò di uno strano sfavillio giallo.
Rovistò lì dentro e, in mezzo a un mucchio di cianfrusaglie, trovò la sferetta che aveva tenuto per sé.
«Fay?» cinguettò una vocina posata ed elegante.
Il mago rabbrividì pericolosamente, come se l'avessero buttato in una vasca stracolma di ghiaccio dopo averlo lasciato per ore seduto su un vulcano. «Oh, Tomoyo-hime!» finse un minimo di titubanza, come se non riuscisse a sentirla bene, per troncare subito la comunicazione, in fondo non aveva buone notizie, e lui non ne voleva di pessime dal fronte giapponese.
«Non mi hai più fatto sapere niente! Sono passati più di due mesi, mi stavo preoccupando...» cominciò a dire e, non ottenendo risposta, continuò. «Mi senti, Fay?».
«Scusami, sono stato molto occupato.» sussurrò con un nodo che gli stringeva forte la gola. «Lui? Come sta?».
«Sta peggiorando, gradualmente, però sta peggiorando. Ma è molto forte, lo sai...» da quello che poteva udire, anche lei faticava a parlare. «Tu piuttosto come stai?».
«Oh, benone! Sono in un mondo fresco e tranquillo... credo che mi riposerò un po' qui, ma ripartirò prestissimo!» pigolò con voce squillante. «A quanto pare ci sono molti luoghi in cui cresce quella pianta maledetta, sicuramente ci sarà qualcuno in grado di curarlo...» questo lo disse in una mistura di rabbia e tristezza. «Dimmi qualcosa di lui, è peggiorato tanto?».
Sentì un sospiro profondo che sarebbe valso come risposta, anche da solo. «Non preoccuparti. Si riprenderà. Più che altro—» si fermò.
Il mago tentennò un istante, uno solo. «Puoi anche essere sincera con me, dimmi la verità, intesi?».
«Mi domando cosa cambierebbe... Cioè, sì...» tartagliò la principessa. «Scusami, ho fatto male a contattarti...».
Fay chiuse di scatto la guida, quasi nervosamente. «Sta tanto male, eh?».
Due sospiri seguirono un lungo silenzio e poi Tomoyo sbuffò. «La notte scorsa... La notte scorsa ha tenuto sveglio tutto il palazzo... Il dolore comincia ad essere davvero, davvero forte, spesso cerca di non urlare, ma quando dorme non si può controllare più di tanto.» sospirò di nuovo. «Certe volte si lascia prendere dai vaneggiamenti e parla in continuazione, ma avviene molto raramente, il più delle volte è lucido...».
Il biondo restò ad ascoltare con il nodo che gli stringeva sempre più forte il collo e una fitta forte che gli stritolava il cuore. «Ah...».
«Ma non preoccuparti, ultimamente sta un po‘ meglio, cioè... , oggi ha anche dormicchiato un po‘... e tu? Tu dormi, Fay?» domandò.
«Oh, sì... Te l‘ho detto, sto bene.» annuì, cercando un modo per cambiare il prima possibile discorso, se anche solo per osmosi quella ragazzina avesse avuto un decimo della capacità osservativa di Kurogane, si sarebbe accorta in meno di due secondi che stava mentendo. «Quindi oggi sta un po‘ meglio?».
«Sì, certo... Oggi è stata una giornata positiva... Muove il braccio destro da un paio di settimane, la mattina è un po’ più faticoso, ma ieri ha anche usato le hashi3 per fare colazione, certo non apprezza affatto l’essere imboccato... Ha chiesto di te—» farfugliò qualcosa di incomprensibile. «Chiede continuamente tue notizie».
Questo non fece altro che fargli stringere di più il nodo del cappio intorno al collo. «Si preoccupa troppo...» commentò il più flemmatico possibile.
«No, è che evidentemente—» s’interruppe subito, sbuffando, magari non sapeva nemmeno che andava dicendo, o forse lo sapeva fin troppo bene.
«Potresti dirgli semplicemente che ci siamo visti in un tuo sogno? Digli anche che sto bene e che non deve preoccuparsi.» rispose Fay cercando di usare un tono il più possibile gioviale.
«Perché non gli parli? Secondo me gli farebbe piacere sentire la tua voce.» chiosò lei. «In fondo—».
Il mago non le permise di andare oltre, la interruppe fremendo, scotendo il capo come se lei potesse vederlo. «No. Non riuscirei a parlargli, o forse non riuscirei a dire altro che sciocchezze, come al solito. Tomoyo, per favore, informami quando passerà un altro mese. Per me è molto difficile calcolare il tempo che... Che ci resta. Per favore digli che io sto bene, intesi? E... e digli che verrò presto a trovarvi.» sfoderò un tono ancora più cordiale.
«Suona proprio come una menzogna.» mormorò Tomoyo, tanto che Fay dovette faticare per udire quelle parole che avrebbe fatto bene a non farlo.
«Tomoyo-hime, prometto che verrò—» avrebbe voluto dire molte altre cose, ma si morse la lingua pur di evitare e all’improvviso, poi si abbandonò a una leggera risata. «Anche perché sicuramente dovrà darmi un pugno».
«Certo. Guarda che glielo dico che vieni qui, eh... Per cui devi venirci per forza!»
«Informami quando sta per passare un altro mese, per me è molto complicato calcolare il tempo... Per cui... Se mi avverti, io entro il prossimo mese sarò a Nihon, mh? Va bene così?» sorrise.
«Riposati, Fay... Mi raccomando.» pigolò la principessa prima di interrompere la comunicazione.
Il mago sospirò e poggiò la testa contro il muro socchiudendo gli occhi e abbandonandosi a una mezza risatina, coprendosi il volto con la mano.
Non aveva più sentito il bisogno che ora gli si stava montando dentro il cuore, voleva sentire la voce di quel ninja tamburellargli i timpani e gli occhi vermigli, severi fissi su di sé come a valutare se fosse o meno malato di mente. Gli mancava anche la sola idea di poter contare su di lui, in viaggio e si sentiva un imbecille, perché non poteva perdere tempo a pensare a queste cose e soprattutto perché lui lì non c’era.
Era talmente stremato dal suo viaggio e da tutto quel flusso di pensieri che presto sarebbe esploso nella sua scatola cranica, si appisolò lì, in terra.


Kurogane, che aveva dormito a lungo quel giorno -più a lungo del previsto, secondo Souma che era passata a fare un controllino-, si era svegliato più scocciato del solito: appena sveglio, si era trovato una specie medico che gli gironzolava intorno, un uomo che aveva l’alito pesante e che parlava insistentemente, con una cadenza flemmatica.
Ovviamente aveva cercato il più possibile di ignorarlo, anche se era difficile da cancellare la presenza di quella persona, oltre che per l’alito e la parlantina, quel tipo continuava a punzecchiargli con le dita l’area cicatriziale che ancora gli doleva parecchio.
Inoltre, mentre il medico era lì presente, gli avevano portato la cena, o almeno qualcosa di vagamente riconducibile a un pasto, e ovviamente, proprio per l’olezzo che quella persona si portava con sé, oltre cheper quel maledetto vaporedella verza bollita,non fece altro che scansare la scodella prima di combattere nuovamente con la nausea.
Cercò di concentrarsi il più possibile per non mostrarsi debole di fronte a quel tale, tanto che si accorse che Tomoyo era entrata nella stanza, solo quando il medico flatulento si allontanò.
«Ciao.» gli sorrise mentre si inginocchiava accanto al letto.
«Ehi» sbuffò cercando di sistemarsi e di avere una parvenza quasi decente, era così sguaiato da farsi schifo da solo in quel momento, inoltre a quanto pareva aveva addosso quell’olezzo insopportabile di cumino, kombu, assafetida e curcuma4.
«Sta‘ buono.» la principessa gli poggiò una mano sul petto. «Sai chi ho visto, mh?».
Kurogane sospirò profondamente, come sollevato. «Hai notizie di lui, quindi... Come sta?».
«Sta bene e dice che verrà a trovarti presto.» annuì rispondendo velocemente.
Il ninja fece una smorfia, non sembrò molto convinto di quella risposta così rapida. «Mh?». assottigliò lo sguardo e strinse i denti per soffocare un gemito. «Tu gli hai detto che sto bene, vero?».
«Sono stata sincera con lui.» replicò.
Vale a dire no. A quel pensiero il moro digrignò i denti.
Ma Tomoyo continuò imperterrita, argomentando tale scelta. «Lui sa che sei forte, ma deve anche sapere come stai».
«Mh. E torna qui per questo? Perché gli hai detto che sto male?!» brontolò sgranando gli occhi. «Non deve venire qui. Non deve vedermi stare male».
Lei sorrise. «Sarebbe venuto comunque qui, un giorno, una volta trovata la cura».
«Contattalo e digli che non voglio vederlo, si affaticherà troppo e voglio evitargli di vedermi stare male. Per cui...» continuò a dire, ma la principessa era decisamente irremovibile.
«Secondo te gli interessa? Non credo possa peggiorare più di così la situazione, anzi vederti gli farebbe tirare un sospiro di sollievo... Più che altro mi domando perché ti sei preoccupato così tanto di ricevere sue notizie se poi non vuoi nemmeno vederlo!» mugugnò.
«Io volevo sapere se fosse ancora tutto intero!» grugnì il moro cercando di girarsi su di un fianco. «E poi, che c‘entra? Lui non deve vedermi stare male. È stupido che tu pensi che la cosa non possa peggiorare! Se mi vedesse stare male—».
«Cosa? Perché non ti ha già visto stare male?!» lo redarguì lei con un tono strano, dispotico quasi quanto quello che sua sorella usava con le sue truppe. «E poi pensi davvero che non ci arrivi da solo?».
«Che rottura!» sbraitò il ninja. «La questione è chiusa. Lui non deve vedermi morire».
Ma Tomoyo non demorse. «Yoo, io davvero non ti capisco. Guarda che non ci vuole molto ad evincere che—» ma, prima ancora di continuare a incalzare l’argomento, si fermò.
L’espressione di Kurogane fu più eloquente di quanto non potesse pensare. «Non pensarci nemmeno».
«Va bene.» sospirò lei. «È solo che—».
Il ninja fece una smorfia, un‘altra. «Cos‘altro? Non voglio che mi veda stare male, devo dirtelo io che a nessuno piace vedere morire una persona?!».
«No, certo, però...» sospirò. «È molto bello quello che stai facendo, sai? Ma devi pensare anche a lui, secondo me vorrebbe vederti, anzi, gli farebbe bene vederti».
«Può essere.» anche perché oltre ad essere imbecille è pure masochista quello lì. «Mh, perché non vai a riposarti un po‘? Sei stata al mio fianco per parecchio, vorrei che tu riprendessi le forze».
«Guarda che non mi scappi, Yoo. Io riuscirò a parlare di questo argomento con te un giorno.» annuì lei, con uno sguardo severo che non le si addiceva affatto.
«Sì, quando sarò morto!» borbottò a denti stretti l’altro. «Va‘ pure a riposarti».
La principessa sbuffò. «D‘accordo, non vuoi che ti ronzi intorno con le mie belle ramanzine...».
«Se dovessi rivederlo, digli che—» si interruppe, strinse le palpebre e sbuffò. «Tanto faresti di testa tua, e lui peggio di te... Lasciamo stare».
«Oh, hai capito come funzionano le cose, allora...» ridacchiò lei. «Cerca di non affaticarti e, per l‘amor del cielo, mangia qualcosa!» si raccomandò alzandosi in piedi.
Kurogane non le rispose -anche perché che cosa poteva dirle?-, piuttosto sprofondò su quel mucchietto di cuscini il capo, fiaccamente, con tutto che s’era svegliato da appena un paio d’ore era nuovamente stanco. E ancor prima di rendersene conto cominciò a rimuginare. E lui non era un tipo che rimuginava così tanto, fondamentalmente cercava di evitare di farsi venire inutilmente mal di testa, soppesava le parole che gli venivano dette e ne buttava circa i due terzi nel dimenticatoio, anche se da quando aveva conosciuto quel biondo imbecille mingherlino, aveva preso ad attaccarsi ad ogni minima parola e a cercare di interpretarne le differenti sfaccettature. Per cui, per questa specie di deformazione, si era perso a spremersi le meningi su quanto gli aveva detto la sua principessa, sui silenzi e sulle espressioni. C’era qualcosa che non gli diceva, e questo lo mandava in bestia.
Si lasciò prendere dal mucchio di pensieri che ora gli vorticava in testa e venne a capo di due ipotesi che plausibilmente non l’avrebbero fatto dormire nelle prossime ore.
Primo: probabilmente quell’imbecille non stava bene e se non era così, presto o tardi lo sarebbe stato, a giudicare di come Tomoyo aveva puntato il discorso verso qualcos’altro.
Secondo: bisognava seriamente evitare di prendere certi argomenti con quella mocciosa, visto e considerato che era un po’ troppo lucida.
E poi in fondo c’era un terzo punto -che non avrebbe mai ammesso, nemmeno con se stesso- voleva proprio rivederlo quell’imbecille!
















1-: No, non chiamate gli psichiatri! Sto bene, è una storia che ho inventato per le mie sorelline, su non è una cattiva idea v__v
2-: Le foglie obcordate, sono quelle che ricordano la forma di un cuore con la punta rivolta verso l'interno.
3-hashi: Sono le bacchette tradizionali giapponesi, quelle in legno decorate.
4-cumino, kombu, assafetida e curcuma: sono rimedi omeopatici contro l'alitosi, il kombu e l'assafetida vengono utilizzati spesso nella medicina orientale, in particolare il kombu è una spezia di origine giapponese.







questo capitolo non mi è piaciuto molto, scriverlo è stata una faticaccia e non mi ricordo nemmeno quel che ho scritto! *sta messo bene*

commento le vostre recensioni e mi vado a rintanare in un angolino in attesa di insulti!


pralinedetective: salve, ti ringrazio per la recensione! Spero di non averti fatto attendere molto, questo capitolo mi piace poco e sicuramente sarà zeppo *zeppo v__v* di errori! Ho modificato il capitolo a seconda di quanto mi avevi fatto notare, e poi mmmh *mugugna*? Ah, sì Kurogane si sfascia le braccia con una facilità improponibile *annuisce*, però tu non hai fatto nemmeno una congettura T^T che cattiveria T^T ma su, sei scusata perché avevi da fare le pulizie xD
Visto? Ho postato prima di sei mesi! Sono stato bravo eh? Grazie mille per la recensione e spero che tutto sommato questo capitolo sia stato quantomeno accettabile.

oceanredwhite: non era un ricatto, è che volevo idee xD cioè, so già come va la storia, ma come avrai notato, Fay visita molti paesi e volevo sfruttare qualche vostra idea per i mondi che avrebbe visitato v___v. Ti ringrazio comunque per i pronostici, potranno sempre servirmi v__v però Fay prostituto lo accantoniamo eh *rabbrividisce* Grazie mille della recensione! Spero che questo capitolo ti risulti accettabile xD

harinezumi: sì è da un po' che non recensico, ho tempi chilometrici v__v in primis ti ringrazio per aver recensito in maniera così puntuale (sia questa che l'altra storia)! Sì, fidati, Kurogane malato è inconcepibile anche per me, ma tranquilla! Ci sono ancora talmente tanti capitoli prima dell'epilogo, quindi non c'è da preoccuparsi! *forse*
La frase di Tomoyo era decisamente necessaria in quel punto, perché sennò mi sarei trovato un'accetta puntata al collo, sicuramente avrei fatto una brutta fine, quella battuta spezza un po' la tensione, in fondo... comunque ho capito quello che volevi dire riguardo la scena e i personaggi, per cui grazie xD! Delle congetture ne avevamo già parlato xD è geniale Seishiro travestito da unicorno xD (anche se sicuramente come tutti i costumi a quattro zampe c'è bisogno anche di un qualcuno che stia dietro...) va beh, comunque no, Seishiro non apparirà in veste di unicorno, ma apparirà comunque xD e NO. Fay non sarà incinto di Kurogane, è folle, oltre che innaturale ed aberrante .___." ma tanto so che non lo dicevi seriamente *la guarda male* vero? xD comunque grazie mille per le congetture e per la recensione! Spero che questo capitolo ti piaccia.

yua: ti stai ostinando a scrivere recensioni folleggianti, eppure hai anche ammesso che il capitolo ti è piaciuto! Tu non sai quanto mi stai facendo felice! Sono proprio lieto che ti sia piaciuto! Ti prego però, ti supplico T^T non mettere la dannata canzoncina di Sailor Moon, quel tipo *indica il coinquilino addormentato* le sa tutte le canzoncine T^T e purtroppo conosce anche la mia password di accesso *dovrò cambiarla v__v*
Sta' pure tranquilla, se vuoi scrivere recensioni folleggianti fa' pure, tanto prima che arriva la parte seria c'è ancora un po' di tempo... oh guarda, ci sono le mie due cavie nella tua recensione *cinguetta*! Kurogane, mio caro, tu non sai come ti ridurrò in futuro... e nemmeno quell'imbecille accanto a te lo sa v___v ma succede, su, cercherò di essere più buono *fa gli occhi dolci e schiva una katana volante*.
Mia cara yua, Sono molto, molto, molto lieto che il capitolo ti sia piaciuto T^T tanto da fartelo scrivere in una recensione T^T grazie, purtroppo già so che questo capitolo non raggiungerà le tue aspettative.

Herit: Grazie di aver letto e recensito tutto *O* anche se sicuramente mi sono trovato una probabile lettrice-potenziale-assassina-autori-che-torturano-personaggi-già-normalmente-torturati, ti ringrazio della multirecensione e sono molto lieto che la scena della battaglia ti sia piaciuta malgrado tutto!
Dal tuo sproloquio-commento ho potuto notare che ovviamente la Sakura che presento è così facilmente odiabile *sbrilluccica* tranquilla, la odierai ancora di più col passare del tempo! Mi piace molto la chiave di lettura che hai dato a determinate scene, io non ci avevo proprio pensato! *sì sono un imbecille v__v* Ti ringrazio ancora molto per tutti i complimenti e per la recensione! Grazie mille. Hai visto che ho postato? beh anche se il capitolo è piuttosto mediocre, l'ho fatto! E soprattutto grazie mille del suggerimento di inserire Fuuma, è stato vitale xD!

MaleficaGgggì: *O* non dovevi *O* anche perché so che ti stai facendo violenza, tu non sei proprio abituata a recensire e poi tutto quello che mi dici riguardo la storia *insulti compresi* hanno contribuito a rendere la storia accettabile! Sono proprio lieto di essermi meritato un simile onore! Grazie mille, per tutto. Purtroppo come tu ben sai, e come ho ripetuto dozzine di volte, questo capitolo non mi fa impazzire, ho aggiunto degli ulteriori scambi di battute rispetto a quel prototipo che hai letto tu, spero sia accettabile, fammi sapere cosa debbo correggere!

Beh, mi sa che ho detto tutto! Grazie mille ancora, anche a voi lettori-non-recensori, anche se vorrei sapere proprio cosa ne pensate xD!.


D.


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Capitolo 8
*** Capitolo 8--De Eerste Kus ***


Overleven
















Capitolo Otto-De Eerste Kus
















I dolori erano peggiorati esponenzialmente nell'ultimo periodo, ma Kurogane non demordeva affatto: aveva smesso di urlare, molto probabilmente per l'assenza quasi totale della voce, dormiva molto di più, ogni tanto, quando la nausea, la tosse, l'acido e i crampi glielo permettevano, mangiucchiava qualcosa, poco, ma almeno mangiava.
Ormai Souma e Tomoyo si davano il cambio spesso, ad orari prestabiliti, la prima faceva il più delle volte la notte lì accanto al suo letto, mentre Tomoyo passava buona parte della giornata lì con lui. Entrambe erano state onorate solo di un paio di insulti grugniti in un gemito ogni volta che si offrivano di imboccarlo, ma poi ovviamente loro avevano la meglio: del resto anche il ninja riconosceva che, tra la vista annebbiata e la tremarella, e la paresi quasi totale del braccio destro, il cibo che sarebbe arrivato alla sua bocca, sarebbe stato sicuramente in una percentuale troppo bassa da essere definito propriamente pasto.
Il dolore, sperava, sarebbe presto o tardi scomparso, dopo un po' ci si sarebbe abituato, non ci avrebbe più fatto caso, ma si sbagliava. Così si accorse che il suo braccio destro l'aveva abbandonato, si svegliò nel cuore della notte in preda a un incubo strano che per fortuna alcuni processi cerebrali avevano già provveduto a rimuovere, fece per stropicciarsi gli occhi ma il suo braccio di carne decise di disertare l'ordine. Quando il medico con l'alito pesante lo visitò gli disse che il problema poteva essere riconducibile al decorso della malattia. Plausibilmente il suo organismo stava reagendo al veleno eliminando la prima fonte nella quale esso si era annidato. La ferita infatti risultava purulenta e gonfia, come se fosse infetta. E ovviamente ogni volta che quell'essere flatulento cercava di medicarlo, la ferita riaperta durante l'operazione per arginare il danno, che era conseguita alla diagnosi gli pulsava mostruosamente, eppure il suo braccio stava ancora lì fermo.
Tomoyo, così come Souma e la stessa Amaterasu, gli aveva detto che non era poi così grave, aveva comunque l'altro braccio. Inoltre c'erano dozzine e dozzine di ninja con un braccio offeso che riuscivano benissimo a lottare e a cavarsela egregiamente. Kendappa gli aveva perfino elencato una quindicina di nomi di ninja dell'impero precedente che in quanto a forza erano quasi al suo livello, non che la cosa lo facesse stare meglio, anzi, però almeno anche lei ci aveva provato.
Oltretutto, la sua testa era confusamente offuscata da un pensiero fisso, quel mago imbecille, del resto, non era più apparso lì, Tomoyo non gli dava alcuna notizia, e il mese stava già volgendo a termine, e lui cominciava a perdere le speranze, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Però sentiva un peso strano addosso, come se avesse perso tutte le speranze, o peggio, come se gli avessero appena detto che lui non
Nah, non poteva essere morto! Malgrado tutto, quel biondino imbecille, aveva un enorme potenziale, e a quanto pareva era più che deciso ad usarlo. Però, anche se non aveva alcuna intenzione di ammetterlo, la preoccupazione rimaneva. Per questo si era convinto che a nulla giovava chiedere a  Tomoyo sue notizie. Ed erano tre i motivi per cui aveva deciso di non farlo: primo, quella mocciosa era troppo arguta e sicuramente si sarebbe accorta che era più-o-meno in pena per lui; secondo, era deciso a chiedergli di smettere di cercare, pertanto se mai si fosse presentato lì malconcio e pressappoco vivo, si sarebbe sentito spaventosamente in colpa; e il terzo punto era decisamente devastante, quel mago, la sua condotta eccentrica, le sue attenzioni, i suoi sguardi decisamente adoranti, i suoi sorrisi più o meno sinceri e addirittura i nomignoli gli mancavano tanto da non riuscire a respirare a dovere. Non aveva mai provato una cosa del genere e ne ebbe quasi paura all'inizio, ma poi associò la cosa al fatto che, in fondo era davvero poco lucido e gli faceva male più o meno tutto e quindi pure l'inutile esistenza di quel mago e di quell’esondazione di nomignoli gli pareva decisamente vitale.
Il secondo punto era quello che, assieme al dolore,lo teneva sveglio il più delle notti. Era la prima volta che si sentiva così, inerme, probabilmente l'idea che la sua vita dipendesse da qualcuno in un modo simile, oltre a scalfire il suo orgoglio di ninja, lo faceva quasi sentire insicuro. Quasi. Ma il tutto era imputabile tranquillamente al dolore, o almeno di questo era convinto lui, certo non si poteva mica pretendere che lui chiedesse aiuto per quei crampi allo stomaco e per quella strana brachicardia che lo colpiva praticamente tutte le volte che si rendeva conto che un altro giorno era passato e non aveva ancora notizie di quel mago imbecille. In fondo era anche normale che il suo cuore perdesse di un battito, vista la condizione in cui si trovava. Era sempre meno lucido e il più delle volte che stava sveglio faceva dei viaggi mentali non indifferenti, la povera Tomoyo aveva sentito sì e no quindici volte, solo negli ultimi tre giorni, la descrizione dettagliata di quando quel mago aveva mostrato i suoi poteri per la prima volta a Lecolt. E ovviamente aveva anche provato a fargli fare dissertazioni inerenti ad altri paesi, ma era stato pressappoco inutile, visto e considerato che l’argomento preferito di Kurogane-malato-vaneggiante era quel mago. Fortuna che non se n’era uscito con niente di simile quando c’erano Souma o l‘imperatrice, almeno quel po’ di lucidità che latitava tornava in presenza di quelle due, sennò che figura ci avrebbe fatto? Non che se ne rendesse conto più di tanto quando ne parlava con Tomoyo, eh, e lei non è che glielo facesse notare, però aveva intuito da certe frecciatine che lei sapeva e ogni tanto sentiva che stava parlando di lui e quindi un minimo rinsaviva. Ma tanto anche questo era imputabile ai dolori, alla febbre, ai crampi, alla pseudodepressione che avrebbe accusato presto o tardi, al fatto che dovesse pure essere imboccato oltre che praticamente aiutato ad espletare certi bisogni fisiologici, di certo il minore dei mali era parlare a tavoletta di quel tipo che ancora non si faceva vedere.
Inoltre, pensandoci, a forza di starsene a letto gli sarebbero pure venute le piaghe da decubito, per non parlare del fatto che stava cominciando a far freddo quindi avevano deciso di avvolgerlo per bene nelle coperte! Ora sembrava davvero un rotolo di riso stretto in un’alga verde, e non solo perché era pallido pallido e la coperta era verde, ma anche perché era stata Souma in persona a coprirlo a quel modo, quindi anche a volerlo non sarebbe mai riuscito a uscire dal letto. Il che di certo non aiutava granché alla luce del fatto che ogni tanto aveva dei bisogni fisiologici anche lui, o che il più delle volte avrebbe volentieri vomitato per il dolore, ed era successo. E quando queste cose capitavano a letto -perché plausibilmente capitavano a letto- ovviamente lo facevano rotolare di peso fuori dal futon e cambiavano materasso, lenzuola e coperta, Souma poi lo riavvolgeva nella coperta come prima ed erano di nuovo punto a capo.
Pensandoci, anche per questo sarebbe stato meglio se il mago non fosse proprio tornato più e non si fosse più fatto vedere, in fondo, gli avrebbe evitato di vedere un’altra persona—
In fondo era meglio così. Ogni giorno che passava, anche se un pochettino nel profondo del cuore gli mancava, anche se non l’avrebbe mai ammesso a sé stesso -mica era un debole lui!-, ne era sempre più convinto. Farsi vedere così debilitato, inutile e vulnerabile, quasi, era uno smacco al suo onore, oltre che un altro colpo violento al cuore di quell’imbecille.
E se avesse avuto una crisi davanti a lui, se mai si fosse fatto vedere? O, peggio, qualora avesse avuto bisogno di andare al bagno in sua presenza? Che avrebbe fatto? Gli avrebbe detto “Scusami, mago, potresti accompagnarmi al bagno visto che io non riesco nemmeno a muovermi?” oppure “Mi avvicini quella tinozza lì per favore?” a quel punto meglio farla a letto! Ma non si trattava solo del suo orgoglio, che evidentemente sarebbe andato a farsi benedire in situazioni simili, ma anche un po’ dei sentimenti di quel tizio, e proprio non voleva vederlo triste ancora.


Fay si nascose in cima a un albero. Ansimava e malgrado le ferite, era riuscito ad arrampicarsi su quello che aveva tutta l'aria di essere un cipresso. I leoni antropomorfi che lo inseguivano, imbracciavano arco e frecce e queste gliele avevano tirate appresso quando aveva cercato di usare la magia. E ora si ritrovava ad annaspare, con una serie di ferite più o meno gravi e la tachicardia.
Non era certo la prima volta che gli toccava fronteggiare un mucchio di bestie armate, solo che le altre volte non avevano reagito così violentemente subito. Fondamentalmente, non poteva nemmeno pretendere che lo trattassero tutti adeguatamente, in fondo era lui quello che appariva dal nulla e che faceva domande assurde e quindi non si sentiva nemmeno in diritto di poter contrattaccare, per cui scappava. In compenso, era giunto alla conclusione che alcuni paesi in cui cresceva quella pianta, erano abitati quasi interamente da animali, che ovviamente agli esseri umani non è che avrebbero facilitato la vita e condiviso con loro i segreti erboristi, anche se probabilmente quei leoni non sapevano nemmeno che farci con buona parte delle piante con cui vivevano.
Quando era arrivato in quella che aveva tutta l’aria di essere una specie di savana, con delle piccole abitazioni in mezzo a uno spiazzo brullo, a ovest però c’era una specie di foresta molto simile ad altre che aveva incontrato nell’ultimo mese, per cui quelle piante potevano trovarsi lì. Ma la popolazione di quel posto l’aveva guardato sbalordito, e l’aveva subito attaccato, plausibilmente perché non somigliava nemmeno lontanamente a quelle persone lì. Aveva cercato di evitare uno scontro, ma era stato inutile, l’avevano colpito di striscio alla coscia, senza nemmeno dargli il tempo di spiegarsi. Allora lui era corso via, senza nemmeno badare più di tanto al dolore, ma poi l’avevano colpito alla spalla sinistra, e si era veduto costretto ad attaccare con la sua magia per tenerli lontani, senza ammazzarli o cos’altro, solo per avere un minimo di vantaggio su di loro, per trovare un posto tranquillo per avviare di nuovo il trasferimento. E ora cercava di non fare uscire troppo sangue dalla ferita, del resto i leoni, come buona parte degli animali, riconoscevano l'odore del sangue, e anche se quelli erano antropomorfi, la cosa non doveva essere tanto differente.
Si sfilò la freccia dalla spalla con un leggero gemito e la tirò altrove, in mezzo alla foresta, facendo in modo di crearsi un diversivo decente, per avviare il trasferimento prima che fosse troppo tardi. La sua magia lo avvolse e lo risucchiò in breve tempo, avendo finalmente raggiunto almeno la soglia di concentrazione minima per attuare il tutto più velocemente possibile.
Negli ultimi giorni, quando aveva visitato un paese che gli aveva ricordato parecchio Jade, aveva pensato a lungo a Kurogane. Si era ritrovato ad alloggiare in una locanda tenuta da due simpaticissime persone, che avevano chiesto in cambio solo un minimo del suo aiuto. Un certo Saiga, in particolare era spesse volte tagliente, mentre, più raramente, era scorbutico come il ninja, soprattutto quando tornava dal lavoro in miniera affamato, e si sedeva a tavola e trangugiava il suo pasto senza nemmeno alzare gli occhi dalla scodella e guardava di sottecchi ma con una fin troppo eloquente espressione, quello che si occupava tutto solo soletto della cucina, il signor Kakei.
Kurogane era diventato un pensiero fisso, pressante, sempre di più negli ultimi giorni. Certe volte si riscopriva, terrorizzato, a pensare di non ricordare più che faccia avesse, ma poi si dava dell'imbecille, perché lui non sarebbe mai stato in grado di dimenticarsi di quella persona. Gli mancava talmente che ogni tanto aveva pure pensato di tornare a Nihon anche solo per vederlo dormire, ma lui non aveva tempo per sentimentalismi del genere, lui doveva trovare una cura per Kurogane il prima possibile. Ogni tanto, aveva perfino sognato di ritornare lì, di corrergli al collo e di abbracciarlo, alla solita maniera, magari coniando un nuovo nomignolo e raccontandogli quanta gente nuova aveva conosciuto, sentendosi morire praticamente subito perché sicuramente lui non ce l’avrebbe fatta, per quanto fosse determinato, a trovare un modo per riavere il Kurogane di prima— E soprattutto perché quell’assenza gli stava scavando nel profondo e, per quanto sputasse sangue ormai ogni volta che arrivava in un altro mondo, e le gambe non reggevano più il suo peso inconsistente, sapeva che non era abbastanza quello che stava facendo.
Ma non stava pensando a lui quando aveva avviato il trasferimento, per cui, quando si era trovato davanti al castello di Shirasagi, restò sconvolto.
Aveva evitato quel posto come si evitano i lebbrosi. Ogni volta che gli veniva voglia, accampava scuse con se stesso, cercando di darsi una motivazione decente che valesse più di quel "però mi manca" che continuava a ronzargli in testa. E ora non sapeva che fare: non sarebbe riuscito a guardare Kurogane negli occhi, non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli che non aveva ancora trovato la cura per lui, doveva andarsene prima che gli venisse di nuovo voglia di rivederlo.
Ma prima ancora di riuscire ad avviare il trasferimento, il suo organismo rifiutò di muoversi, lo stomaco si attorcigliò e qualcosa raschiò nella sua gola. Eppure non era mica successo niente di simile nel paese dei leoni antropomorfi, ma tanto lui non ci faceva quasi più caso, un mondo sì e uno no si ritrovava piegato in due dal dolore e sputava una quantità così grande di sangue dal portarlo quasi a svenire, il più delle volte, anche perché ora si aggiungevano la tachicardia e le ferite, per cui non era mica facile sopportare lo sfinimento.
Si sentì chiamare da una voce più o meno conosciuta, mentre i suoi occhi si chiudevano.


Kurogane si svegliò e vide Tomoyo nelle immediate vicinanze del suo letto.
Ormai non cercava più nemmeno di sembrare minimamente più composto, tanto come faceva insalamato com'era?
«La febbre è scesa.» gli fece presente sorridendogli. «Beh, è una buona notizia, no?».
«Mh...» mugugnò piano.
«Hai sete? Dovresti bere, mangiare qualcosa e prendere le medicine, che dici?» sorrise.
«Non ho tanta fame...» sbuffò piano, stiracchiandosi appena.
«Kurogane, se Fay dovesse tornare, e dovesse trovarti così, come pensi la prenderebbe?» bofonchiò lei.
Kurogane ormai s'era abituato a ignorare le frasi che cominciavano con "Se Fay..." e non ci faceva quasi più caso, Tomoyo poteva brontolare eventualità anche per altri mille anni, tanto quel mago imbecille non si sarebbe fatto vedere tanto presto.
«Slegami da questa coperta, non la sopporto più.» replicò in tutta risposta.
«Hai sentito il medico che ha detto?» ringhiò la principessa guardandolo storto.
«Sì, ma non mi sento più le gambe!» grugnì il ninja.
Lei sbuffò, ma non si mosse. «La principessa Sakura m'è venuta in sogno stanotte, sai?».
«Oh, come sta?» mugugnò.
«Ti racconto se mangi un po'.» farfugliò lei.
«Che maledetta rompiscatole! Guarda che così non vale!» sbraitò.
«Dai, non agitarti, solo un po' di riso, così magari se prendi le medicine non ti fanno tanto male, no?» sorrise.
«Mh. Va bene.» sospirò.
Proprio mentre la principessa era riuscita a farlo desistere, e si stava già chinando per sollevarlo su un mucchio di cuscini in modo da non farlo strozzare, qualcuno spalancò la porta.
«Tomoyo-hime, dovete venire subito, c'è una persona che—» farfugliò un tale con un kimono tutto sporco.
Kurogane, che non aveva spostato lo sguardo dal  viso della principessa, si rese conto che la sua espressione parve decisamente cambiare, gli sembrò, a dire il vero, che fosse improvvisamente diventata pallida. «Vai pure, dovrei riuscire a prendere due cucchiaiate di riso da solo, eh».
«Mangia qualcosa, mi raccomando!» sussurrò lei alzandosi in piedi, dopo aver allentato appena la coperta, in modo da permettergli di tirarsi su a sedere.


La porta si aprì, scivolando lungo il muro, proprio mentre il medico gli finiva di medicare la ferita alla spalla.
«Fay-san! Sei tornato, sei—» bofonchiò Tomoyo restando immobile proprio sulla porta, con gli occhi strabuzzati e un'espressione strana in viso, eppure quel servitore doveva averla ragguagliata della situazione a dovere, del resto ci aveva messo pure un’eternità a trovarla e a ritornare indietro, per cui avevano chiacchierato a lungo sicuramente. Però, evidentemente, vedere Fay pallido quanto un cencio, con gli occhi cerchiati dalle occhiaie e una espressione fiacca e sommariamente malconcia, per non parlare del sangue che macchiava le bende e i vestiti strappati e sporchi, non è che potesse rinfrancarla più di tanto.
«Che è successo?» domandò muovendo titubante un passo dietro l’altro, fino a raggiungere il futon sul quale quel mago era seduto.
«È meno grave di quanto non sembri, hime-sama.» cinguettò coprendosi la bocca col fazzoletto prima di tossire. «Lui come sta?».
«Non mi hai risposto Fay!» tuonò lei facendo valere un minimo di autorità principesca che aveva.
«Sto bene, è capitato, sono solo delle ferite superficiali, niente di grave.» continuò pulendosi le labbra. «Non so nemmeno perché sono finito qui, dovevo andare da un'altra parte, e invece eccomi qui».
«Saresti andato da qualche altra parte nello stato in cui sei? Ma sei impazzito?» ringhiò lei.
«Te l'ho detto, non è grave... Non devi preoccuparti così tanto, sai?» stiracchiò un sorriso. «C’è di peggio, in fondo, no?».
«Ma Fay-san—» bofonchiò lei, cercando di obiettare, ma con scarso successo.
«Lui come sta?» ripeté tentando di sistemarsi il tessuto di cotone pesante del kimono sulla spalla, in modo da coprire a dovere le fasciature.
«Ti aiuto, aspetta...» mugugnò Tomoyo recuperando l’haori candido e cercando di infilarglielo senza fare movimenti troppo violenti. «Ti fa male?».
Fay tossì di nuovo, continuando a coprirsi la bocca col fazzoletto che sembrava essere stato usato per pulirgli la ferita, per quanto era coperto di sangue. «No, sto bene, non è così grave. E comunque lui non deve saperlo, starò qui solo per poco, mi dispiace, anzi, di aver arrecato tutto questo disturbo».
«Disturbo?» la principessa arricciò il naso e fu quasi tentata di sferrargli un pugno in testa. S’era domandata più di una volta perché Kurogane avesse voglia di picchiarlo tutte le volte che parlava di lui, e ora se ne rendeva conto: quel tipo era davvero un cretino! Ma in fondo in fondo Tomoyo era comunque una principessa, picchiare un tale imbecille non avrebbe reso onore al suo alto lignaggio. Poi sospirò profondamente. «Non lo saprà, tranquillo».
«Sennò si preoccupa.» annuì il mago.
«Dovresti riposarti un po‘, almeno non ti vedrà così smunto. Mangia qualcosa e riposati, okay?» bofonchiò lei. «E, per favore, non farmelo ripetere! Già questo palazzo è pieno di capoccioni, ci manchi solo tu...».
Il biondo ridacchiò: tanto comunque non sarebbe riuscito a dormire, nemmeno un po', avrebbe preferito stare lì accanto, parlargli un po' e ripartire subito. «Dimmi dove si trova, vorrei vederlo, poi mi riposo, te lo assicuro».
«Sai che non ci credo?» replicò la principessa sospirando.
Fay continuò a ridacchiare. «Mi conosci bene, eh?».
«Te l'ho detto, Kurogane parla spesso di te, e si è raccomandato più di una volta di non prenderti tanto sul serio.» annuì.
«Gli ho tolto tutte le speranze, eh?» sospirò.
«Ma lui è un inguaribile ottimista, Fay-san! Però forse a vederti così si preoccuperebbe, come dici tu, per cui sarebbe gentile da parte tua almeno apparire meno fiacco, magari mangiando qualcosa e dormendo un paio d'ore...» continuò lei accompagnandolo in corridoio. «Tanto anche lui dovrebbe mangiare adesso, dormirà dopo pranzo... Per cui—».
«D'accordo.» annuì il mago ostentando un sorriso falso in piena regola, degno dei suoi tempi migliori.
«Ti faccio portare la cena, resta pure qui a riposare.» pigolò lei avviandosi verso la porta.
«Tomoyo, non mi hai risposto.» bofonchiò.
Lei restò bloccata di nuovo, davanti alla porta. «Te ne sei accorto, eh?».
Alle sue spalle, Fay fece un lieve cenno col capo, restando seduto sul futon. «Non devo aspettarmi molto, eh?».
«Sta male. Dall‘ultima volta che ci siamo sentiti è peggiorato molto.» mugugnò lei poggiando la testa contro il tramezzo della porta.
«Beh, questo è normale.» sospirò. «In fondo era abbastanza presumibile, no? Ce lo aspettavamo, no?».
Tomoyo si voltò e gli sorrise, cercando d’imitare degnamente il mago. «Sono sicura che troverai una cura».
«Devo farlo.» annuì l’altro. «Gli devo come minimo questo».
«Se te ne esci con una cosa del genere davanti a lui, morirai, questo lo sai, vero? Per quanto non riesca quasi più a muoversi può sempre incenerirti con lo sguardo.» replicò.
«Non riesce più a muoversi?» ripeté il biondo sgranando gli occhi.
«Te l‘ho detto è peggiorato molto.» gli ricordò la principessa.
Fay balzò in piedi con un gesto decisamente troppo affrettato e fluido, tanto che vacillò per un momento per poi ritrovare il suo baricentro traballando. «Ma non mi hai detto in che termini è peggiorato! Io credevo potesse ancora prendermi a pugni!».
«Con la sinistra dovrebbe ancora riuscirci...» fu come se volesse rassicurarlo. «Per favore, ora sdraiati».
«Non riesce a muovere l‘altro braccio?» mugugnò Fay eseguendo l‘ordine.
«Beh, è quello che è stato ferito, praticamente il suo organismo sta cercando di confinare il danno, stando a quel che dice il medico.» scosse piano il capo lei aiutandolo a coprirsi. «Però ciò non toglie che il dolore sia molto forte e generalmente diffuso in tutto il corpo...».
«Sta molto male? Mangia almeno qualcosa?» incalzò ancora.
«Te l‘ho detto anche l‘altra volta, detesta essere imboccato, piuttosto preferisce digiunare, ma sia io che Souma siamo molto più testarde di lui, per cui mangia qualcosa... Quando il senso di vomito glielo permette. Tipo stamattina sembrava non avere nausee o quant‘altro, per cui dovresti vederlo un po‘ più in forze.» replicò. «Certo volte il dolore è talmente forte—».
Ma proprio mentre stava continuando a sferrare colpi pressanti e duraturi al cuore del mago, qualcuno la interruppe, aprendo la porta con impudente veemenza. «Principessa!» si trattava di un altro servitore.
«Oggi non posso finire un discorso, mi interrompono sempre!» sbuffò. «Tu riposati. Ti accompagno da lui tra un po‘.» sorrise raggiungendo chi l’aveva appena interrotta e chiudendosi la porta alle spalle.
Fay restò a pancia all’aria a guardare le trame lignee del soffitto intrecciarsi.
Si stava immaginando una storia dietro ogni singola venatura che graffiava ogni lastra di legno, cercando di non pensare più di tanto a quello che gli aveva detto Tomoyo. Anche mentre la principessa parlava, infatti, aveva cercato in tutti i modi di concentrarsi su certi disegni del proprio kimono che indossava, su come gli cadesse addosso il cotone pesante e quanto fosse difficile indossare in fretta quel genere di abiti, tentando soprattutto di non accorgersi più di tanto di quella mano nera che gli teneva tra le dita il cuore e minacciava di stringerlo sempre di più.
Ma ora era da solo, e le venature del legno non potevano tenerlo impegnato più di tanto. Lui stava male. Stava male abbastanza da non riuscire a muoversi, tanto da non opporsi molto alle attenzioni della sua principessa e di chi altro. E ora non sapeva nemmeno che fare, cosa avrebbe fatto lui? Sarebbe andato lì e gli avrebbe mostrato il solito sorriso sornione o l’ennesima faccia accorata? Che avrebbe potuto dirgli? Qualcosa di simile a uno “Scusami se non mi sono fatto vedere fino ad oggi, ma stavo cercando una cura per te che tra l’altro non ho ancora trovato” oppure “Sono così contento di vederti ancora vivo, ti trovo anche meglio di quanto mi aspettassi!”, a quel punto era meglio evitare proprio di passare nella sua stanza e andarsene.
Però.
Però era anche vero che non era nemmeno certo di riuscire ad vederlo vivo ancora un’altra volta, anche se i suoi momenti passati con lui erano più che sufficienti a farlo vivere almeno con un ricordo di un Kurogane sano per almeno altri cento anni -come se avesse avuto la forza o il coraggio di vivere oltre-, per cui doveva almeno impegnarsi a salutarlo a dovere, anche perché mica era detto che il ninja sarebbe spirato prima di lui.
All’improvviso si ritrovò seduto, col cuore che batteva a mille e il sangue che gli ribolliva in gola, come se stesse di nuovo avendo un attacco, eppure non stava usando alcun tipo di magia oltre a quella quasi del tutto automatica che usava per tradurre gli idiomi locali. Tossì un paio di volte e si coprì in automatico la bocca col fazzoletto ormai logoro di sangue. Di buono c’era che ora sapeva cosa dirgli, con una faccia da finto imbronciato, magari: “Non vale, Kuro-tan, avevi detto che mi avresti ammazzato tu—”. Ricacciò indietro quel pensiero, se a Kurogane restava un minimo di forza, l’avrebbe usata contro di lui se mai gli avesse detto qualcosa di simile!
Si picchiò la fronte con la mano e si accucciò con la testa tra le braccia incrociate sulle ginocchia. E restò seduto lì con gli occhi fissi sulla porta e un mucchio di pensieri a ronzargli per la testa. Doveva sbrigarsi, perdere tempo a riposare era totalmente inutile -anche perché non sarebbe riuscito a dormire- e doveva trovare una cura per Kurogane, poco importava se il suo corpo aveva deciso di abituarsi sempre più lentamente agli sbalzi di potenziale magico, doveva farlo e basta.


Kurogane era ancora tutto intento a cercare di prendere una cucchiaiata di riso, senza riuscire a portare alla bocca quel maledetto arnese, Tomoyo doveva dargli una mano e aiutarlo anche a ripulirsi visto che più della metà del riso era addosso a lui e sul suo letto, ora.
Chissà che cosa era successo, quel servitore aveva una faccia così strana, e sembrava anche avesse addosso l’odore di sangue. Che vi fosse stato un attacco da parte di qualche nemico dell’impero? Ma perché bisognava chiamare la Tsukuyomi, tanto fondamentalmente lei era piuttosto inutile senza poteri no? E se invece fosse successo qualcosa a quel tizio? Se invece fosse tornato?
Si agitò di botto e cominciò a smaniare, bisognava avere notizie il prima possibile da quella mocciosa!
Ed ebbe modo di farla richiamare anche piuttosto in fretta. Un altro servitore, si capiva dagli indumenti non troppo pretenziosi, aveva aperto la porta e gli aveva portato da bere.
«Dov‘è la principessa? Vorrei parlarle, valla a chiamare.» bofonchiò.
«Sissignore.» annuì quell’altro senza nemmeno alzare gli occhi verso i suoi.
Era una possibilità talmente recondita che quel mago imbecille fosse tornato, che non ci pensò più di tanto, del resto, se Tomoyo fosse arrivata lì in poco tempo la cosa non poteva essere grave, magari sua sorella l’aveva chiamata per una qualche consulenza che al momento sfuggiva al suo ragionamento geniale.
E la principessa non si fece attendere più di tanto.
Quando quella entrò, Kurogane era tutto intento ad allungarsi verso la caraffa d’acqua che quel servitore imbecille aveva messo troppo lontana dal suo letto, e ovviamente non è che fosse così presentabile di suo, col kimono tutto slacciato, i capelli disastrati in testa e il riso praticamente ovunque. «Yoo?».
«Ho sete, potresti aiutarmi?» bofonchiò lui cercando di reggersi sul palmo d’acciaio.
«Siediti, dai...» sorrise lei inginocchiandosi accanto al letto e porgendogli un gotto pieno a metà d’acqua. «Hai mangiato qualcosa?».
«Che è successo? Perché ti ha chiamato quel tizio?» domandò cercando di far arrivare il bicchiere alla bocca, ma la mano artificiale gli tremava da morire.
Le dita di Tomoyo raggiunsero la sua mano e lo aiutarono a prendere poche sorsate d’acqua. «Niente di speciale... Piuttosto, pensavo, che ne dici se ti rendi un po‘ più presentabile? Sai non sarebbe male se per una volta mia sorella o Souma vedessero il miglior ninja del Giappone in uno stato semidecente, sai?».
«Mi hanno già visto stare male...» replicò Kurogane stringendo il pugno sinistro con tutte le forze che poteva.
Lei ridacchiò, poggiandogli una mano sulla spalla. «Sì, ma con il kimono aperto a quel modo sembri un ubriacone, per non parlare del riso che hai addosso, chiamo qualcuno per farti fare delle spugnature, così ti metti un kimono pulito, che ne pensi?».
«Stai dicendo che puzzo, per caso?» borbottò. «Puoi anche dirlo più schiettamente!».
«Non tutti non hanno peli sulla lingua come te, Yoo!» gli fece notare. «Comunque dai, uno yukata pulito e magari più pesante di questo che indossi e una bella lavatina ti faranno sentire meglio, no? Così poi dormi serenamente...».
«Uffa! Quanto puoi essere pedante!» brontolò di nuovo lui.
Lei ridacchiò, decisamente soddisfatta e si avviò verso la porta. «Bravo, vado a chiamarti qualcuno, intanto riposati...».
«Tsk!» sibilò digrignando i denti.
Proprio poco prima di chiudere il battente scorrevole dell’uscio, la sua principessa gli rivolse un sorrisetto strano, quasi malizioso. «Ehi, Yoo, è tornato».
Kurogane restò con gli occhi amaranto sgranati. Doveva aver sentito male, era per lui tutto questo clamore? Dov’era e come stava? Doveva necessariamente apparire presentabile, quel tizio mica doveva preoccuparsi per lui!
Per cui fu più mansueto del solito quando uno stuolo di servitori prese a occuparsi di lui, come se non gli pesasse affatto che quelli gli risistemassero il letto, gli lavassero la schiena e lo rivestissero. La sua dignità era stata calpestata così tante volte ultimamente che quasi non si rese conto del bruciore intenso al petto e alla gola, probabilmente imputabile agli oli da bagno e all’odore delle lenzuola fresche di candeggio, e nemmeno si accorse quasi di lottare con tutte le forze per non cadere addormentato come una principessa di sua conoscenza, ma non ci riuscì.


Fay aveva dormito sì e no due ore, con tutti quei pensieri per la testa
Si alzò in piedi, si mosse rapidamente verso la porta, che aprì senza una minima esitazione. Percorse all’inizio in fretta uno dei decisamente troppi corridoi senza nemmeno sapere dove stesse andando e poi un altro e un altro ancora, seguitando a camminare finché non udì qualcosa.
Tese di più l’orecchio in direzione sud-est, intuendo che cosa fosse quel rumore che aveva catturato la sua attenzione: un grido forte, rauco e strozzato in gola.
Il suo cuore impazzì di nuovo, stavolta però non era il principio di un’altra crisi: quella voce era la sua, Kurogane stava gridando dal dolore, e ora era insicuro sul da farsi, e nemmeno si accorse che stava già camminando, lungo un altro, ennesimo, corridoio.
Arrivò davanti a una porta che riconobbe essere quella della stanza in cui aveva lasciato il moro, prima di partire -non che le altre porte fossero differenti l’una dall’altra-, ma lui sapeva che Kurogane si trovava lì.
Spinse il pannello senza troppi complimenti e varcò la soglia, tenendo gli occhi bassi, fissi sui suoi tabi bianchi.
Il ninja era contorto in maniera innaturale sul materasso, con la testa tirata indietro oltre i cuscini, innumerevoli, la schiena curva, le grosse dita di latta aggrappate al tessuto verde della coperta, pronto, probabilmente a lanciare un altro grido.
«Kuro... Kurogane?» bofonchiò Fay senza davvero voler dire niente.
Il moro tossicchiò piano e parve quasi tornare in una posizione minimamente rilassata, ma dormiva ancora.
La principessa gli lanciò un’occhiataccia, ma non disse più di tanto, si fece semplicemente da parte e gli lasciò il posto, con un’espressione più che eloquente sul volto, come a dirgli che era del tutto normale, che non doveva stare tanto in pena stavolta.
Fay si inginocchiò accanto al letto di Kurogane e gli prese la mano, stringendo forte le palpebre, senza voler dire o fare niente. Tomoyo era uscita senza proferir parola e ora non aveva nient’altro da fare che evitare quel contatto visivo socchiudendo gli occhi con tutte le forze che aveva e cercando di ignorare quel peso stretto attorno al collo che gli permetteva a stento di respirare. Ma poi bastò un battito di ciglia per rendersi conto che era tutto finito, quella persona che aveva davanti non era più il ninja che conosceva lui. Era pallido, cereo quasi, sudato, sciupato, aveva un colorito giallo livido, gli occhi incavati e le labbra screpolate e bluastre. Bene, non poteva nemmeno dirgli che lo trovava meglio di quanto credesse, perché la sua testa non era mai arrivata a immaginarsi il moro ridotto in quello stato, però i capelli erano rimasti più o meno gli stessi, forse un po' più lunghi, ma sempre neri erano.
Kurogane tossicchiò piano e strinse le dita di latta attorno alla manina ossuta del mago, gemette appena e inalò a fondo, c’era un odore strano, familiare che però non aveva sentito negli ultimi mesi, tanto che non gli diede il voltastomaco. A quel punto spalancò gli occhi cremisi e incontrò subito quelli azzurro intenso del mago.
Gli occhi cremisi del ninja incontrarono quelli azzurro intenso del mago. «No». Sembrava lui, anzi era lui, era quel mago! Non l’avrebbe mai ammesso, ma i suoi sogni, quei pochi che riusciva a ricordarsi e che non somigliavano tanto a degli incubi e i suoi ricordi non gli rendevano giustizia, in quel kimono celestino sbiadito stava d’incanto anche se sembrava piuttosto sciupato anche lui.
«No?» Fay, non sapendo che fare, gli propinò un sorriso ostentato e falso. «Ben svegliato, Kuro—Kurogane!».
«Sei davvero tu?» biascicò. Allora non se l‘era sognato, Tomoyo aveva davvero detto che era tornato! «Allora è proprio vero».
«Mi aspettavi, eh?» sospirò l'imbecille. «Non l'ho ancora trovata però».
«Sembri molto stanco.» farfugliò appena, battendo le palpebre due volte. «Perché non stai riposando?».
Fay stiracchiò un sorriso sincero. «Sto bene, volevo vederti, tutto qui... Come stai?».
«Sto bene.» l'espressione che lo shinobi gli riservò lo fece tornare indietro di mesi, ma non è che lo fece sentire meglio.
Provò a inghiottire in tutti i modi il grosso nodo alla gola che non accennava a lasciarlo in pace. «Sei sempre il solito, eh?»
«Anche tu. Non devi sorridermi così, lo sai? Preferirei vedere la tua vera faccia, almeno stavolta.» replicò il moro.
«Kurogane che stai dicendo? Questa è la mia faccia, lo sai.» continuò a sorridere.
«Quell'espressione... Non mentirmi.» ringhiò.
Qualcosa tremò sul volto del mago. «La verità è che non voglio farti vedere quello che provo, non ti farebbe bene, meglio un sorriso no?» replicò.
«Meglio un sorriso sincero, magari.» replicò. «Guarda che lo sappiamo bene entrambi che sto male».
Fay socchiuse gli occhi. «Sai? Mi ha contattato Mokona, qualche giorno fa e, non so in che modo, mi ha restituito questo...» mugugnò facendo apparire un pupazzo nero e peloso a forma di cane. «Almeno ti ricorderai di pensare alla tua mogliettina, ogni tanto».
«Io penso sempre a te.» bofonchiò Kurogane come soprappensiero.
«Oh. È molto... È molto romantico, Kuro-koi!» sorrise.
Tale espressione a Kurogane parve fin troppo sincera, tanto che sentì di dover ringhiare qualcosa di rude, giusto per fargli presente che non voleva intendere ciò che pensava quella sua testa bacata di mago. «Certo che no! Ogni giorno ho una gran voglia di prenderti a pugni!».
«Te lo metto accanto a letto, che dici? Ha proprio gli occhioni rossi e i sopracciglioni come te!» continuò a dire.
«Tienilo tu. Sei tu quello che deve pensare a me, del resto secondo il tuo gusto quel coso mi assomiglia, e poi tu sei quello che crede a certe smancerie!» bofonchiò.
Le dita di Fay incontrarono il lieve tepore della pelle di Kurogane. «Io la troverò».
«Io so che lo farai. Anche se sei decisamente sfortunato e impacciato in certe situazioni...» tossicchiò.
Fay si apprestò ad aiutarlo, spostandosi in fretta, lo sollevò per la schiena e lo aiutò a ventilare, poggiandosi la sua testa sulle gambe. «Respira, tranquillo. Tu non parli così tanto, per cui è anche abbastanza normale avere scompensi simili...» ridacchiò piano, tirandogli indietro i capelli delicatamente con le dita, scoprendogli il viso.
«Dovresti riposare, sai?» bofonchiò il moro abbandonandosi ad un leggero gemito in quella posizione. «Idiota come sei, di certo non avrai mangiato né dormito!».
«Non sono stanco.» ripeté il mago. «Wow, Kuro-koi, non ti opponi nemmeno un pochettino a questa cosa che ho fatto? In fondo siamo in una posizione sconveniente, entrambi».
Gli occhi scarlatti del giapponese fissarono il mago dal basso, come a fargli presente che doveva smetterla con questi del tutto vani tentativi di evitare di parlare seriamente con lui. «Tu dormi qui stanotte».
Il volto di Fay si contrasse in una smorfia strana, sbigottita per un solo secondo. «Cosa? Questo sarebbe più sconveniente di—».
«Tu dormi qua, tu dormi con me, stanotte. Non saresti in grado di dormire senza che nessuno supervisioni il tuo sonno. Per cui è necessario che io ti controlli.» replicò con una facilità tale da sembrare che stesse chiedendo da bere o che gli stesse parlando del tempo.
Quanto era schietto quel Kurogane! Ne era da sempre rimasto affascinato. «Non posso farlo, devo ripartire... E poi ho dormito, puoi chiedere anche a Tomoyo... E poi, in realtà volevo solo salutarti».
Il ninja sospirò e socchiuse gli occhi. «Mi saluterai come l‘altra volta? O farai come al solito, una delle tue assurde dimostrazioni d‘affetto?».
Il biondo non rispose, si trattenne con tutta la forza che gli restava dal fare qualcosa che sicuramente avrebbe rimpianto in futuro, così come s’era trattenuto l’ultima volta che l’aveva visto dal saltargli al collo per salutarlo. «Tanto non sarebbe un addio, non devo nemmeno impegnarmi più di tanto.» gli sorrise, poi.
«Ti ho detto di smetterla.» ringhiò Kurogane senza nemmeno badare al fatto che ad agitarsi così ne avrebbe sicuramente risentito. «Evidentemente sei troppo stanco per cui, per favore, fai come ti dico almeno stavolta... Sdraiati qui, riposati un po‘. Quando starai meglio potrai ripartire».
«Io ti ho detto che non abbiamo tanto tempo.» brontolò l’idiota continuando a restare in quella posizione.
L‘espressione del moro era dura, seria, severa, peggio del solito. «Tu non mi lasceresti mai morire, questo lo so. Ma non puoi nemmeno logorarti così. Come pensi che mi senta io?».
Fay poggiò la fronte contro quella di Kurogane, senza pensarci. «Io so come ti senti. Ci sono passato anche io, ricordi?».
«Ma io non ti ho lasciato solo.» chiosò il giapponese stringendo le palpebre.
Il mago ridacchiò e gli accarezzò i capelli. «Oh, è questo?».
«No! Zitto, imbecille, e prendimi dell‘acqua!» brontolò.
«D‘accordo, Kuro-chan!» pigolò con fare condiscendente gli sollevò piano la testa e gliela sistemò su uno dei tanti cuscini.
A quel punto Kurogane lo agguantò per l’orlo del kimono e lo tirò a sé, facendogli perdere l’equilibrio, ragionevolmente e facendolo sbattere con la faccia contro il pavimento.
«Che fai, Kurogane?!» sbraitò il mago.
«Ora stai qui e dormi.» ringhiò l’altro facendogli posto sul futon.
«Ma—» cercò di obiettare inutilmente, si accucciò lì accanto, in un angolino remoto del materasso, ma comunque anche da lì sentiva il calore che emanava quel corpo grande e forte. «D'accordo, però tu ora devi essere sincero».
«Senti chi parla!» brontolò fiaccamente.
«Ti fa tanto male, vero? Ti ho sentito urlare dal dolore... E Tomoyo-hime dice che non riesci a muovere il braccio...» sospirò.
«Mh, sì fa male. Non sto malissimo sempre, e non urlo tanto spesso... Non doveva succedere oggi, non dovevi sentirmi.» ammise. «Ora dimmi di te».
Fay gli sorrise, sinceramente, stavolta. «Non devi preoccuparti, per me. Ho incontrato tante persone strane...».
L'espressione dello shinobi sembrò leggermente rilassarsi per poi contrarsi di nuovo. «Stai usando tantissima magia, non è che ti finisce?».
«La mia magia non finirà tanto facilmente... Anzi, aumenta ogni volta che la uso, Kuro-myu, non preoccuparti.» continuò a dire.
«Non mi sto preoccupando per te.» mentì. «Stai facendo del tuo meglio, lo so, ma non vorrei vederti ridotto un mucchietto d'ossa».
«Parli te che mi facevi bere il tuo sangue!» brontolò.
«È normale! Io ho scelto di tenerti in vita, dovevo tenerti in vita in qualche modo!» sbraitò.
«Non agitarti tanto, Kurogane.» bofonchiò Fay poggiandogli una mano sulla spalla sinistra.
«Pensavo avessi capito le mie intenzioni quella volta, e che più o meno mi avessi perdonato!» continuò a borbottare quell'altro.
«Perché, c'era bisogno di perdonarti? Ti sei tagliato un braccio per portarmi con te, questo è folle! Quello che sto facendo io è il minimo... non ti ho mai ringraziato abbastanza e in fondo io non sto rischiando niente.» replicò.
L'espressione di Kurogane si fece ancora più seria. «Però io non ti ho lasciato solo. Tu non stavi fermo in un maledetto letto mentre io cercavo un modo per salvarti!» era già la seconda volta che lo diceva e ora stava cercando un modo per rimangiarsi tutto.
Ma il sorriso di Fay in quel momento si eclissò. «Ho sonno, Kurogane».
«Io non intendevo dire ciò che pensi...» bofonchiò il ninja.
«Cosa credi che stia pensando?» domandò il biondino.
«Sicuramente a qualche assurda smanceria!» annuì convinto.
«Veramente pensavo a—» “a te” si fermò di botto. «Kurogane, volevi che dormissi, ora lasciamelo fare» lo disse con un tono calmo e tranquillo, ma si voltò di fianco, come a voler evitare di guardarlo in faccia.
«Ehi guarda che io non intendevo dire niente di—» fece per dire, ma quell'altro lo interruppe.
«Lo so, Kurogane, non preoccuparti.» replicò.
«Perché mi chiami Kurogane, allora?» bofonchiò come se non riuscisse a fermarsi. «Ti ho ferito in qualche modo?».
«Niente di tutto questo. Perché dici così?» domandò il mago idiota girandosi nuovamente a pancia all'aria. Stava sorridendo.
Questo rinfrancò appena l'ego del giapponese, per una volta sembrava sincero. «Niente, mi pareva... Dai, dormi».
«Pensi che a me piaccia viaggiare da solo, sapendo che tu ogni giorno stai peggio?» replicò. «E comunque tu non sei mica solo, c'è Tomoyo ad esempio, qui sei in mezzo alla tua gente».
«Io non sto dicendo questo.» sibilò.
«Stai facendo dei ragionamenti troppo arcani rispetto al solito "attacco-e-poi-penso"...» gli fece notare l'idiota lì accanto.
«Io sto dicendo che non ti ho mollato da qualche parte e non sono andato tanto lontano a cercare un modo per farti stare bene.» sintetizzò.
«Certo, del resto sei tu che mi hai fatto stare bene.» annuì Fay, accorgendosi solo dopo di quello che aveva detto, coprendosi le labbra con un dito. «Purtroppo però io non sono in grado di farti stare bene».
«Ngh, comunque... Io non ho fatto questi enormi sacrifici per farti stare meglio.» mormorò Kurogane a voce bassa.
«Ma perché tu sei un tipo impulsivo e non ci hai proprio pensato.» replicò l'imbecille girandosi sul fianco destro stavolta, a guardarlo. «E comunque non vorrei fartelo notare ancora, ma ti sei tagliato un braccio per me. E questo è un sacrificio enorme! Oltre al fatto  che mi hai dato il tuo sangue...».
«Ma io volevo tenerti in vita! E comunque il mio discorso era volto ad altro. Tu eri al mio fianco, maledizione, io vedevo se stavi male, mi sono beccato tutte le tue occhiataccie! Sotto questo punto di vista è meglio così, tu non mi hai visto stare male, ma tu viaggi tantissimo e ti stancherai tantissimo.» si fermò e prese fiato. Aspettò per qualche secondo una risposta che non arrivò per cui cercò di incalzare. «Mi capisci, idiota?».
Quando voltò lo sguardo verso di lui, si accorse che il biondo era con gli occhi socchiusi e il suo respiro era regolare. Chissà da quanto tempo s’era addormentato, e lui aveva blaterato a lungo cercando di spiegarsi aprendo il suo cuore a quell’imbecille, senza che lui ascoltasse nemmeno una parola. Beh, in fondo, meglio così, almeno non avrebbe fatto la figura del debole.
Senza nemmeno accorgersene, la sua spalla sinistra fece un lieve movimento involontario e si ritrovò di fianco a guardarlo. Si rese conto di non essersi mai soffermato più di tanto a guardarlo dormire, in fondo che bisogno aveva? Del resto, quel tizio e le sue opprimenti dimostrazioni d’affetto lo avevano disturbato per così tanto tempo da diventare quasi una sottospecie di consuetudine, e quindi ora che quelle dimostrazioni d’affetto erano sparite del tutto dal suo mondo, probabilmente si sentiva in dovere di fare qualcosa di decisamente stupido e stucchevole, ma tanto quello lì dormiva, ed era talmente stanco che sicuramente non si sarebbe nemmeno accorto se avessero cominciato a dar fiato ai cannoni in quella stessa stanza. Con sua immensa sorpresa il suo braccio destro sembrò nuovamente sensibile, quel tanto che bastava a raggiungere la coperta verde per condividerla, ora, con lui.
Appena le sue dita lasciarono la coperta e si poggiarono fiaccamente all’altezza della spalla di Fay, questi gemette piano. A quel punto, Kurogane spostò appena il colletto bordato del kimono celeste che quel biondino indossava, era tutto fasciato, era ferito, maledizione!
Però non riuscì a ritrarre la mano indietro, e probabilmente nemmeno volle farlo, la lasciò scivolare fino alla terza vertebra toracica e rimase col braccio così, intorno a quelle spallucce gracili. E se lo guardò sentendosi la faccia in fiamme, ma senza capirne il motivo. Dopo un po’ sentì le palpebre pesargli sempre di più, finché non gli si chiusero e si appisolò.


Fu Fay il primo a svegliarsi, con il sole del mattino che filtrava dalla trama di cartapecora delle imposte scorrevoli.
Prima ancora di aprire gli occhi sentì un lieve peso sulle spalle e un soffio tiepido a increspargli i capelli. Quando batté le palpebre e i suoi occhi si abituarono alla luce, si rese conto che Kurogane era lì accanto, vicinissimo, che quasi lo abbracciava, che gli respirava addosso.
Impallidì all’improvviso. Aveva sentito qualcosa la sera precedente, mentre stava crollando addormentato, aveva percepito un minimo di risentimento nelle parole del ninja, ma aveva cercato in tutti i modi di rimuoverne il ricordo in automatica e c’era riuscito!
Sì guardò quell’espressione tranquilla e pacifica per qualche secondo, prima che il nodo alla gola cominciasse a stringere di nuovo. Così spostò delicatamente quel braccio grande e forte, tutto sommato, che gli pesava sulle spalle e lo sistemò sul suo cuscino. Poi si mosse lentamente, sgusciando fuori dal letto silenziosamente.
Però, sentì il bisogno di svegliarlo, d’accordo che era affetto da una grave e rara forma di vigliaccheria cronica, ma quella persona, quel burbero ninja dormiente, era importante per lui e doveva salutarlo adeguatamente, almeno per questa volta.
Le sue dita sfiorarono quel viso caldo e pallido, senza fare troppa pressione, anche se presumibilmente la voglia di stiracchiargli la faccia come al solito c’era sempre, però si chinò senza nemmeno accorgersene, abbreviando la distanza tra quel volto e il suo.
Fu come se per un momento tutto ciò che stava succedendo fosse stato cancellato, come se sotto di lui non ci fosse più il pavimento, come se le pareti girassero lì. I suoi pensieri cominciarono a rimbombargli in testa e all’improvviso si fermarono di colpo, per poi ricominciare a girare, un’altra volta, senza avere un senso compiuto o una logica. E si ritrovò a sfiorare appena quelle labbra con le sue, senza nemmeno rendersene conto.
Si staccò da Kurogane con una lievissima tachicardia e con il volto in fiamme, coprendosi la bocca con le dita e quasi non si accorse che quegli occhi vermigli lo stavano scrutando.
«Cos'era quello?» biascicò una voce assonnata e stupefatta.
«Ti-Ti salutavo... Io eh— Non era niente.» sbuffò scotendo il capo e mosse in fretta e furia le labbra per far avviare l’incantesimo.
«Ehi, aspetta—» Kurogane fece per afferrarlo ma sparì all‘improvviso senza nemmeno dargli il tempo di ricambiare o di sbraitare.
E lo guardò svanire avvolto da quella magia luminescente senza riuscire a fare nulla, cercò anche di alzarsi per agguantarlo e dirgli di restare, ma non ci riuscì, si limitò a guardarlo sparire.

 













 







Salve, salvino!

Allora, permettetemi di dire due o tre cosettine, pensavo di scrivere un paio di cose a commentare questo capitolo, ma visto che mi fanno pressioni, posterò così e tanti saluti. Volevo dirvi però comunque un paio di cose: tipo, questo capitolo è venuto davvero molto lungo e temo di aver ripetuto a lungo i concetti, spero di non avervi disturbato più di tanto, volevo anche spezzarlo, per far gravare gli errori che sicuramente saranno da qualche parte in entrambi, di modo che fosse tutto più omogeneo, però poverini non si vedevano da troppo (un capitolo T^T) è quindi è più che giusto che siano così. Spero che la scena del bacio non vi abbia fatto storcere più di tanto il naso, non sapevo come metterla in modo da renderla accettabile e da non far uscire i personaggi troppo malconci xD e poi è pur vero che questa è la seconda volta che butto giù questo capitolo, perché mi pareva che Kurogane fosse troppo apatico, ed è uscito davvero parecchio depresso, ma ci va bene uguale, no? xD Boh, me ne vado nell'angolino dopo aver commentato le vostre recensioni, aspettando una serie di insulti maleficherrimi per questo capitolo =_= "


oceanredwhite: Salve, ti ringrazio per la recensione! Sono molto lieto che Kurogane ti sia risultato coccoloso, e che abbia receduto dai propositi di far prostituire il povero Fay *fa pat al povero Fay*. Spero che il capitolo ti sia piaciuto!

Herit: Salve! Hai visto signorina che ho postato? Tutto sommato sono un bravo ragazzo anche se mi dimentico di recensire e di postare e anche se cancello i capitoli a cavolo di cane v__v questo capitolo è decisamente lungo (mi scuso per l'altro troppo breve xD) sono contento che ti sia piaciuto e mi scuso per la mancanza di certi spazi, ma il dannato programma, come ti ho già detto, ha deciso di fare di testa sua e inghiottirli T^T ti ringrazio moltissimo stavolta il commento alla recensione sarà breve perché voglio postare e andarmene a letto v__v pardon, grazie per avermi aiutato a far chiarezza nella mia testolina bacata!

yua : Salve anche a te! Visto che mi hai permesso di rispondere "alla carlona" alla tua recensione, ti ringrazierò soprattutto perché la recensione è geniale, lunga e molto precisa xD sono cattivo e mi scuso per questo (in realtà ci gode in fondo in fondo) comunque ti ringrazierò mille volte! E mi scuso anche per la mancanza di spai e per le innumerevoli ripetizioni che sicuramente avrai trovato! Spero che anche questo capitolo ti piaccia!

pralinedetective: Salve, anche per te questa volta il commento sarà breve! dapprima grazie per la recensione, spero vivamente che tu abbia "awweggiato" anche stavolta in certi punti, spero che anche questa volta mi farai notare gli errori visto e considerato che sicuramente ne troverai anche qui. Spero che anche a te il capitolo piaccia!

harinezumi: Ed eccola, lei! Intanto grazie per aver recensito anche l'altra storia *W* spero che questo capitolo ti piaccia xD Comunque l'idea di Fuuma me l'ha data Herit, quindi ringraziamola xD, probabilmente però -mi sento di dire- Kurogane così tanto depresso e demotivato sicuramente sforerà nell'ooc se non oggi domani v__v spero che tu non storca più di tanto il naso *W* scusa per la risposta breverrima, ma ho sonno xD e devo ancora incorsivare le parti in corsivo =_= "

Beh, mi sa che ho detto tutto! Grazie mille ancora, soprattutto a MaleficaGgggì che ha avuto il buon cuore di sopportarmi anche questa volta! Anche a voi lettori-non-recensori, anche se vorrei sapere proprio cosa ne pensate xD!.


D.


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Capitolo 9
*** Capitolo 9--Laatste Hoop ***

















Overleven
















Capitolo Nove-Laatste Hoop
















Kurogane non era certo il tipo a cui piace dipendere da qualcuno per esistere, del resto era un ninja, e tutti i ninja sanno badare a se stessi senza pesare su nessuno.
Era capacissimo di occuparsi di sé, come era aveva saputo badare a quello stupido mago, alla polpetta e a quei due ragazzini.
Ma ora giocavano a ruoli invertiti, ora la sua vita era nelle mani dello stupido mago, e non il contrario. Di certo all'inizio di questa sorta di travagliata avventura non si sarebbe mai aspettato che le cose si potessero rivoltare a quel modo, che ogni tanto a vita ti lascia gabbato e resti in balia di un mucchio di eventi che ti sfuggono di mano, Kurogane non credeva di potersi riscoprire a dipendere da qualcuno. Da qualcuno così, poi, men che meno!
Quel mago aveva destato in lui, fin dall'inizio, un certo interesse, oltre una certa voglia di scannarlo: era sospetto e non ci voleva il fiuto di un segugio per capirlo, ma non avrebbe mai pensato di dover contare su di lui per restare in vita.
Ma in fondo ammetteva che una piccola, minuscola, e quasi completamente insignificante parte di lui, indugiava spesso a pensare a quel mago, e certe volte questa sottospecie di atomo di ego era talmente agguerrita nel sopravvivere da sconfiggere le sue sorelle che non vedevano l'ora di picchiare quell'imbecille che buttava la sua vita anche quando le sue speranze non erano finite. Ed era stata quella parte di lui, che aveva annegato il suo organismo intero in una specie di veleno dolce e più devastante di quello che ora lo stava portando alla morte, a prendere il sopravvento a Tokyo, facendolo conseguentemente sentire uno schifo perché quel mago ingrato lo evitava nemmeno fosse un lebbroso. E sempre quella parte lì, che a quanto pare aveva lasciato affondare le sue sorelle nella sua personalissima smielataggine, l'aveva convinto che l'unica cosa da fare era troncarsi un braccio per portarlo con sé, checché ne dicesse Tomoyo, mica era solo merito suo!
Seppure avesse accettato, a lungo andare, quella fastidiosa parte di lui, di certo non avrebbe mai ammesso spontaneamente che non gli piaceva per niente l'idea di morire senza nemmeno salutarlo. Del resto era stato lui a costringerlo a vivere, con tutto che non voleva ammettere una qual si voglia forma di debolezza, Fay non meritava di essere abbandonato anche da lui.
Aveva cercato di ignorare il più possibile le strane emozioni che lo turbavano, non aveva mai avuto a che fare con sensazioni simili: era palese, preferiva più la fastidiosa irritazione che gli provocava il braccio nuovo impigliato nella sua carne con quei cavi, più che sentire una specie di tifone nello stomaco, che aveva poco a che fare con la nausea e il vomito.
Morire per aver protetto chi amava, come aveva fatto suo padre e una buona manciata dei suoi avi prima di lui, era sempre stata una prospettiva decisamente allettante; essere interrato nella calda terra di Suwa, a giacere accanto ai resti di sua madre, a vegliare su di lei facendo le veci di suo padre, con Ginryu accanto, sarebbe stata una giusta fine per una vita vissuta da guerriero, ma una serie di eventi lo stava portando a rivalutare un pochettino le sue aspettative.
Proprio come per lui era risultato complicato lasciare Nihon e abituarsi a viaggiare in quello strampalato gruppo che più che altro sembrava una famiglia malassortita alla fin fine, ora per lui diventava complicato sapere di dover lasciare tutto questo. Aveva faticato a riabituarsi a Nihon perché non era più quello il posto dove doveva stare ora, non c'entrava solo un fatto di volontà, piuttosto era proprio un problema di  -boh?- bisogno. Era proprio necessità. Essere interrato nella sua terra, ora, non gli bastava più.
Aveva cercato di ignorare quel bacio per quanto fosse umanamente possibile, ma si rese conto che non gli bastava più morire a Nihon. E questa sorta di illuminazione gli arrivò una notte.
Fuori faceva molto freddo e c'era una pioggia fitta e battente che tamburellava sulle lastre di legno del tetto, proprio come quella che per poco non li ustionava a morte a Yama. Lui era riuscito a prendere sonno malgrado avesse dei dolori che non gli facevano neppure chiudere occhio, ma c'era riuscito più per scelta obbligata, per non sentire Tomoyo e Souma compatirlo a morte. Quando si svegliò, in preda a una mezza crisi di dolore, si ritrovò -con un capogiro di orrore- a lasciar correre la mano destra alle proprie labbra e l'altra a cercare qualcuno tra le pieghe della coperta.
Per sua sconfinata fortuna, Tomoyo non era lì, pertanto non poté analizzare la questione sotto un qualche aspetto psicopatologico, infierendo su di lui più di quanto non facesse normalmente a suon di compassione. Lui si tirò a sedere sospirando profondamente.
Per quanto non gli piacesse ammetterlo, -perché fondamentalmente lui era un ninja, mica una bamboletta!- si ritrovò a pensare che per un istante aveva voluto ricambiare quel bacio, se ne avesse avuto modo. Ma per fortuna, tutto sommato nella sfortuna era davvero stato fortunato, Fay era scappato prima del tempo, prima che lui si mostrasse un ridicolo sentimentalone, e in fondo Fay non avrebbe mai saputo che forse qualcosina in fondo in fondo al cuore la provava nei suoi riguardi anche quella parte più integerrima da ninja che si ritrovava.
Ma ovviamente, ora che si stava avviando verso la conclusione peggiore per la vita di un guerriero, le sue priorità stavano cambiando, e pure parecchio! Se all'inizio gli andava pure bene morire nel suo paese, ora non riusciva a togliersi quel sapore amaro e piuttosto fastidioso dalle labbra, come se quel bacio gli avesse praticamente aperto gli occhi e facendolo l'aveva pure lasciato a bocca asciutta, e se quello che probabilmente nella mente del mago era come un bacio del buongiorno, era suonato proprio come un addio, e di certo questo non gli sconfinferava più di tanto.
"Quando una persona del genere ti irrompe così nella vita, non c'è tecnica difensiva che tenga, è naturale cambiare un po', anzi, forse è inevitabile" gli aveva detto la sua fastidiosa padrona, quella ragazzina che parlava come un'ultracentenaria, come una donna dall'aria vissuta, insomma una che ne ha vista di acqua passare lungo un fiume! All'inizio non ci aveva dato tutto questo peso -del resto perché doveva pensarci, quando poteva perfettamente rimuovere il problema prima ancora di assimilare quella stupida frase?- ma ora si rendeva conto che assieme alle sue priorità era cambiato anche lui. E a quanto diceva la sua principessa, evidentemente era un naturale processo biologico, come respirare o defecare -aveva usato proprio questi esempi, facendolo inorridire, aggiungendo anche un "Beh, che pensi? Anche io vado in bagno!"-, e quindi non era proprio colpa sua, erano stati gli eventi a farlo, e la colpa era pure di quello stupido mago!
Morire a Nihon, in un letto, stroncato dopo mesi da un veleno, più che da una ferita su un campo di battaglia, era peggio di quanto avesse immaginato, ma non era peggio di sentirsi davvero poco se stesso.
Era così. Non era tanto il problema che le sue priorità erano completamente sovvertite, ma soprattutto era che il suo corpo stava rispondendo sempre di meno agli stimoli nervosi che impartiva il cervello; che a stento riusciva a gridare perché per fino la voce che graffiava le corde vocali gli faceva male; che doveva avere a che fare con gli sguardi accorati di Tomoyo quando lei cercava di aiutarlo a respirare e l'unica cosa che riusciva a fare era trovare impigliate tra le dita ciocche e ciocche di capelli corvini, che a quanto pare non avevano intenzione di restare sulla sua testa; e la cosa peggiore di tutto questo, anche peggio di non sentirsi più Kurogane, era pensare che se lui non fosse più stato Kurogane, quel Kurogane, allora nemmeno quello stupido mago l'avrebbe più voluto.
La notte in cui elaborò quest'altra bella pensata, si girò e rigirò, per quanto gli fosse possibile, tra le coperte.
Probabilmente Tomoyo -il cui fiuto era degno del miglior segugio di tutte le dimensioni- aveva già intuito qualcosa, aveva cercato di toccare l'argomento un paio di volte, ma con scarsissimi risultati: in tutta risposta le labbra di Kurogane si erano serrate, a trattenere un gemito, e poi le aveva lanciato uno sguardo strano -così l'aveva definito lei, mentre ne parlava con Souma- che ovviamente aveva destato sospetti.
Però in un certo senso era fortunato: per quanto Tomoyo avesse potuto infierire, presto o tardi sarebbe morto e più che ammettere qualcosa, si sarebbe portato quella catasta di confusi ma sdolcinati sentimenti nella tomba. Di contro, era convinto che se la sua principessa avesse saputo, probabilmente oltre a uno sguardo fiero e contento perché in fondo, ma neanche tanto in fondo, a lei questo genere di sdolcinatezze piacevano da morire, gli avrebbe pure sferrato uno scappellotto in testa perché lui non aveva risposto al bacio. Cosa che presupponeva anche un minimo coinvolgimento da parte sua! Inaccettabile davvero, soprattutto perché mica se lo meritava un buffetto lui, che già era stato gabbato da quello stupido mago, questa era un'onta ben più grande di un colpetto sulla nuca, anche perchè mica sarebbe stato il primo schiaffo che Tomoyo -che, di suo, non è che non fosse manesca, anzi!- gli sferrava per redarguirlo.
Inoltre, plausibilmente, non avrebbe nemmeno avuto abbastanza energie per risponderle, un'occhiata era più che sufficiente.
Mentre sciorinava occhiate eloquenti e lo imbottivano di oppioidi e intrugli per non fargli sentire troppo dolore, si rese conto che oramai stava tirando avanti ogni giorno con la voglia di rivedere il mago, ma non per picchiarlo -non solo, almeno-, e ne restò sconvolto, tanto che nemmeno con una doppia dose di etere riusciva a perdere i sensi.
Che quell'imbecille fosse diventato la sua ragione di esistere? Nah, non poteva essere una sdolcinatezza simile! Cavoli, lui era un ninja, mica una bamboletta! Eppure era strano, perché quando si toccava le labbra -era diventata una specie di consuetudine dopo quella notte passata insonne- si sentiva poco poco meglio, e ogni volta che chiudeva gli occhi distingueva chiaramente una massa enorme di capelli biondi.
Probabilmente è morto, pensò l'ennesimo giorno senza notizie. Sapeva bene che quel mago esasperava un fare fin troppo estroverso, quando estroverso non lo era affatto, e di certo se ne sarebbe andato silenziosamente, in punta di piedi, non come gli aveva sconvolto la vita irrompendo con un sorriso falso e con un nomignolo inutile urlato con un tono che di virile non aveva niente.  L'espressione che gli si era dipinta sul volto quel giorno, di certo non era il sorriso della Gioconda di Leonardo da Vinci, per cui Tomoyo e pure Souma erano tornate all'attacco, e per evitare le loro domande si era finto addormentato ed effettivamente si era poi addormentato.
Ma con un peso simile sul cuore fu piuttosto difficile sognare unicorni rosa, farfalline blu e cuoricini dorati -ehm volevo dire scannamenti, omicidi e massacri, ovviamente, che andate a pensare?- invece, con la sua povera testolina malconcia e un pochettino devastata non solo dagli oppiacei ma anche dal fatto che i nocicettori non la smettevano di prendersela coi tre neuroni che avevano stoicamente resistito fino all'ultimo, non sognò affatto, si ritrovò ben presto con gli occhi fissi sul soffitto.
Cavoli! Lui era un ninja, anzi, il ninja più capace del Giappone, era addestrato a dormire anche in piedi se si fosse presentata tale necessità, e ora faticava a dormire?! No, decisamente impensabile, non poteva essere così, eppure per quanto gli fosse possibile, si rigirò alternativamente su un fianco e l’altro senza riuscire ad addormentarsi nuovamente.
Eppure non faceva poi così male, si ritrovò a pensare che si aspettava di peggio: dormiva ogni giorno di meno, i dolori erano tanto forti da tenerlo sveglio ma inghiottiva la pillola, non urlava, probabilmente perchè ora gli mancava anche la voce, però le poche volte che dormiva era un sonno profondo.
Certo, le sue condizioni fisiche erano tutto fuorché migliorate, pertanto Tomoyo, per quanto sadica potesse essere, aveva preso le giuste distanze da lui, aveva smesso di infierire sul suo più che pessimo umore e sulle sue crisi di dolore che avvenivano sempre più spesso.
Da quando aveva ricominciato a muovere il braccio, il suo organismo aveva smesso di lottare contro le tossine. Ora che il suo braccio rispondeva quasi interamente ai comandi dei nervi motori, il resto del suo corpo si era arreso, era completamente paralizzato a letto: per lenire i dolori che lo tenevano sveglio il più delle volte gli facevano inalare estratti di oppio misti ad etere e gocce di cloroformio; quel che mangiava -vale a dire poco più di due cucchiai di riso ogni tre giorni, più un paio di cucchiai di brodo ogni sera-, restava nel suo organismo per poco, pochissimo, vomitava quei due cucchiai di brodo o li espelleva in quella sottospecie di pannolone che gli avevano messo, perché sì, per calpestare ancora di più quel po’ che restava del suo onore, gli avevano pure infilato un maledetto pannolone.
Un pannolone! Ecco, sì, non è che facesse solo male fisicamente, anche perché lui era allenato a ignorare quasi del tutto il dolore, ma era la sua dignità a risentirne di più. Faceva tanto, troppo male, maledizione! Lui non era certo il tipo da lamentarsi inutilmente, anzi, il suo orgoglio lo portava a zittire i gemiti e a ringhiare piuttosto che ammettere di essere debole, anche se il dolore era talmente forte che gli provocava vere e proprie scariche di dolore -a base di scosse e fremiti percorrevano tutto il suo corpo, tanto da confondergli la mente e offuscargli la vista-, c’era dell’altro. La cosa che più lo infastidiva -ed erano parecchie le cose che gli facevano saltare la mosca al naso, un tempo-, era che adesso si sentiva una sottospecie di uomo, un uomo a metà, ed era questo che gli faceva più male. Non era più un ninja perché morire a quel modo non era degno di un ninja, e neppure rivalutare le proprie priorità e sovvertire di sana pianta le tre o quattro consapevolezze che aveva era molto da ninja.
Sapeva perfettamente, forse era la quarta o quinta dozzina di volte che Tomoyo glielo ripeteva, che non era sbagliato cambiare, non era certo un crimine, del resto mica l'aveva scelto lui, però si sentiva comunque un uomo a metà.
E non era solo perché non era più un ninja, a suo personalissimo avviso, piuttosto perché non sapeva più cos'era. Kurogane era stato il ninja più forte del regno del Giappone, molte generazioni l'avrebbero ricordato così, gli aveva detto più volte l'imperatrice, ma oramai lui non era più quel Kurogane. Era solo un altro Kurogane, sembrava più che altro un caso di omonimia, lui era più vecchio, stanco e rammollito che altro. Una vera vergogna, un disonore per suo padre e tutto il resto dei suoi avi. Eppure aveva scelto lui quella fine, aveva scelto lui di proteggere quel mago imbecille, la polpettina e il moccioso,  e non lo rimpiangeva affatto. Che fosse diventato più maturo?
Si rigirò ancora e ancora nel letto, possibile che un maledetto bacio, non richiesto peraltro, lo facesse sentire così? Perché non permetteva di dormire a lui che era programmato a dormire anche su uno sgabello traballante? Perché lo costringeva a rivalutare le tre consapevolezze e mezzo che gli erano rimaste? Era solo un bacio, un bacio vigliacco e inutile! Un bacio che avrebbe necessitato una seria spiegazione. Era del tutto irrilevante, un bacio talmente inutile ed irrilevante da non meritate tutta l'attenzione che aveva avuto, da non meritare di perderci il sonno!
Era uno stupido bacio, stupido quanto quel maledetto mago.
Mentre cercava di prendere sonno, provò a concentrarsi sul suo respiro, trovando un modo più o meno indolore per ventilare, sarebbe riuscito a dormire beatamente.
Si ricordò crudelmente, senza nemmeno soluzione di continuità che aveva passato buona parte di quella maledetta notte a sentire quel mago respirare accanto a lui. Mentre Fay dormiva, il suo sguardo aveva indugiato per ore su quel corpo tanto magro da sembrare così fragile. Non l'avrebbe ammessi neanche sotto tortura, ma sentirlo respirare lì accanto a sé l'aveva fatto sorridere. E non avrebbe neppure mai ammesso che conosceva perfettamente quel suo respiro, due lievi tremiti per prendere l'aria, inalandola poco e poi sospirandola a lungo, il classico respiro di chi nella fase REM ci entra solo quando è completamente devastato dalla stanchezza. E Fay nemmeno così riusciva a dormire, con tutto che era ferito, non dormiva bene.
E anche quella volta, quando l'aveva guardato dormire così vicino a lui, quando si era ritrovato a pensare che era la prima volta dall'inizio di quel viaggio che dormivano tanto vicini, anche quella volta non sembrava dormire bene, profondamente.
Sì, quella era proprio la prima volta che gli dormiva vicino quasi di sua spontanea volontà. Anche quando si trovavano a corto di soldi, accanto a Kurogane dormiva Shaoran, e tra di loro la polpettina, a fianco al moccioso c'era Sakura e poi Fay, in un angolo remoto del letto, il più lontano possibile da Kurogane, come a farlo a posta.
Lui lo riconosceva subito il respiro del mago quando dormiva, anche perché quello di Mokona era pesante, anche se a guardar bene il naso non l'aveva nemmeno, quello del ragazzo era a brevi scatti, come agitato quanto il suo sonno, anche se non si metteva a scalciare come Sakura e ruzzolare tra le lenzuola, e lei respirava e mugugnava rumorosamente, roba che uno che soffriva d'insonnia avrebbe fatto fatica a dormire ancora di più.
A tutto questo aveva pensato mentre quel mago dormiva. Eppure il suo sonno non sembrava così agitato come il suo respiro faceva presagire. In un certo momento gli era balenata nella mente ormai quasi dedita a delirare, l'idea decisamente malsana di essere lui il materasso sul quale quel corpo gracile si accucciava, e magari l'incavo tra la sua spalla e il suo collo poteva fargli da cuscino, come era stato a Tokyo. Poi rinsaviva piano, con calma, era così triste vedere una persona abbracciarsi un cuscino e vi affondava il viso completamente, soprattutto per chi non aveva problemi a dormire.
Aveva finto di addormentarsi quando l'aveva sentito gemere appena e mugugnare: lo faceva sempre prima di svegliarsi.
E poi all'improvviso s'era sentito quelle labbra tiepide sulle sue.
Erano davvero così le sue labbra?
Gli parve un bacio disperato, come un addio e quando aprì gli occhi, quelli di Fay, che erano davvero molto vicini ai suoi, erano gonfi lucidi.
Giunse all’amara conclusione che si trattava di un addio. Un addio muto, anche se doveva essere Kurogane a rispondere di un qualche addio, a rigor di logica, era lui che doveva salutarlo, non quel mago, era stato l’imbecille a fare tutto di testa sua, come al solito. E ora per colpa di quell'imbecille di un capoccione biondo doveva sopportare gli sguardi accorati della sua principessa che non capiva perché era “depresso”, a detta sua, le occhiate di una Souma che a quanto pare la sapeva lunga, e la sua imperatrice che cercava di farlo parlare in qualche modo, ma senza riuscirci.
Sicuramente Tomoyo era arrivata prima di quelle altre due alla fonte di quel malessere, anche perché ultimamente stava facendo troppi discorsi parafilosofici che però non è che lo esortassero più di tanto a parlarne con lei, ma ormai Kurogane si sarebbe portato nella tomba i motivi di quell’espressione più cupa del solito e avrebbe passato anche la pace eterna a girarsi e rigirarsi nella sua bara, a perdere il sonno pure da morto, perché in fondo al cuore sapeva che avrebbe lasciato quel mago a breve.
Si rigirò per l’ennesima volta nel letto, trovandosi prono, intrappolato nella coperta che a forza di girarsi e rigirarsi gli si era attorcigliata intorno, affondò la faccia nel cuscino con un sospiro. Stava esagerando, non poteva perdere il sonno per una cosa del genere, era un bacio inutile: il mago aveva evidentemente travisato la sua richiesta di un saluto vero e proprio, mica gli aveva chiesto “Ohi, prima di andare, mi baceresti?”, lo testimoniava anche il fatto che gli aveva effettivamente fatto un agguato mentre dormiva, e quindi oltre ad essere stato inutile era anche decisamente vile. Però che ci si poteva aspettare da un mago imbecille come quello lì? Del resto non è che fosse un esempio di coraggio e rettitudine morale, anzi più debole di lui giusto un neonato anemico e prematuro. Una cosa del genere non meritava proprio che qualcuno ci perdesse il sonno, men che meno qualcuno come lui!
Si concentrò di nuovo sul suo respiro, cercando di non pensare ad altro fuorché al suo respiro, doveva dormire, almeno così Tomoyo non avrebbe potuto sbuffare una qualche lamentela riguardante il suo viso sbattuto.
Nuovamente però si ritrovò con gli occhi spalancati sul tessuto bianco che costituiva la federa del suo guanciale. Avrebbe lasciato quel mago a breve. Possibile che la sua testa avesse deciso di non dargli pace nemmeno quella notte? Non è che chiedesse tanto, voleva solo dormire, lui! Il suo cervello aveva deciso di rompergli le scatole tutta la notte, come se non gli bastassero i dolori e le perle di saggezza non richieste che sciorinava Tomoyo tutti i santi giorni, ora ci si mettevano anche quei quattro neuroni in croce che gli erano rimasti.
Però, in fondo, era vero e lui lo sapeva bene. Quel mago era il tipo di persona che una volta rimasta sola cerca un modo di crepare, ma senza riuscirci si chiude a riccio e continua ad esistere nei secoli dei secoli.
Che cavolo di situazione!


Avere un altro attacco lì voleva dire morte, non solo per lui, ma soprattutto per Kurogane.
In altre circostanze, se lui fosse morto, il problema non si sarebbe posto, invece non c'era solo la sua vita in ballo, c'era anche la vita di Kurogane. Tutta questa situazione era assurda! Lui che aveva capito solo con molta calma quanto valesse la propria vita, aveva la vita di una persona, anzi, di quella particolare persona, in mano.
Nonostante si fosse impegnato davvero tanto, non sapeva se a Kurogane e anche a lui stesso, di conseguenza, restasse più di qualche giorno. Sarebbe stato davvero patetico se lui fosse stato davvero molto vicino a una cura, se avesse usato tutte le energie a sua disposizione, se avesse sputato copiosamente sangue in ogni mondo o quasi, e poi Tomoyo l'avesse chiamato dicendogli che sarebbe stato carino vederlo al funerale, magari.
Sotto un certo punto di vista aveva salutato Kurogane, gli aveva detto addio a modo suo, con quel bacio, anche se effettivamente avrebbe fatto meglio a non farlo o almeno a dargli modo di rispondere, anche con un insulto andava bene, bastava una risposta, una qualunque. Però, ripensandoci, era meglio non sapere, perché se Kurogane se ne fosse andato prima del tempo allora anche quel poco che sarebbe riuscito a vivere lui, sarebbe stato un’agonia in piena regola.
Prese a rovistare spasmodicamente in una delle tasche del cappotto, a cercare qualcosa.
Nell'ultimo mondo quasi ospitale che aveva incontrato, un erborista di nome Hisui, gli aveva detto che lui era in grado di estrarre un antidoto da quella pianta, ma che nel suo mondo quelle piante non crescevano in quel periodo dell'anno. Per cui il piano era trovare quella pianta e portarla a Hisui. Il tale moro che viveva con l'erborista, che anche a una prima occhiata si capiva benissimo che si trattava di molto più che un coinquilino, gli spiegò come trovare quella pianta, si era anche scritto una specie di appunto, visto che le cose da ricordare erano davvero troppe.
Hisui gli aveva anche dato una medicina in grado di calmare la tosse, solo che una volta presa si sentiva molto debole e tra le altre cose non placava più di tanto l'emottisi, per cui cercava di farne a meno.
In effetti erano stati molto più che amichevoli, Hisui l'aveva raccolto dopo che una crisi l'aveva ridotto allo stremo, e l'aveva imbottito di medicinali per farlo sentire meglio, anche se Kokuyo, quello che coabitava con l'erborista, aveva capito alla primissima occhiata che il suo problema non era curabile con un qualche intruglio medicamentoso, ma almeno con quelle medicine la tosse e il reflusso di sangue che gli invadeva la gola sembravano un po' sopirsi.
Inghiottì due pasticche accompagnandole con una specie di sciroppo con uno strano retrogusto inquietante di eucalipto.
Ci mettevano poco a fermare la tosse, mentre la controindicazione arrivava poco alla volta, per cui, una volta si avesse smesso di tossire, avrebbe potuto cercare la pianta, poi accamparsi e quindi lasciarsi sopraffare dagli effetti collaterali che quello sciroppo e quelle pasticche avevano.
La debolezza, i crampi, il sangue che gli ribolliva in corpo, non erano niente. Aveva cominciato a ignorare quella serie di effetti, aveva provato a convincersi che non erano altro che una serie di illusioni, non erano niente, non esistevano. In effetti ci era quasi riuscito le prime volte, ma quel genere di tecniche motivazionali non erano poi così tanto utili, era molto meglio ripetersi che quei dolori che sentiva lui non erano niente rispetto a quanto potesse soffrire Kurogane.
Sapeva bene che lui gli avrebbe risposto che stava bene, non era il tipo da lamentarsi, nemmeno in punto di morte si lamentava, lui, però l'aveva visto così abbattuto quel giorno. Ma non poteva nemmeno farglielo presente, gli era bastato vederlo così per essere quasi motivato.
Era ripartito pentendosi subito di quello che aveva fatto.
Lui che aveva cercato in tutti i modi di evitare legami con chiunque si mettesse sulla sua strada, e aveva provato a dimenticarsi che tutto sommato il suo cuore batteva malgrado tutto, e che probabilmente avrebbe reagito malissimo se le consuetudini di un tempo fossero state cancellate all'improvviso, era proprio l'ultima persona al mondo che si sarebbe aspettata di fare una tale cavolata.
Eppure non aveva mai negato in alcun modo quella certa attrazione che lo legava profondamente allo shinobi, certo, per lui era una cosa decisamente a senso unico, per quanto fossero eloquenti quegli occhi cremisi quando si posavano su di lui, per quanto gli piacesse credere che un giorno gli avrebbe chiesto di restare con lui a Nihon, ma di certo non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a coprire con la sua bocca quella ferrosa e secca del moro.
Non aveva mai negato a se stesso un'occhiatina languida in più a indulgere su quel bel fondoschiena o su quel viso affilato, ma credeva di avere la forza di tenere questi sentimenti a freno.
Aveva sempre cercato di tenersi lontano dai sentimenti che l'avrebbero logorato, eppure sentiva che la sua vita ora apparteneva a Kurogane. Ma non come presumeva appartenesse a suo fratello, di certo non si sarebbe presto vestito di nero con un coprifronte o avrebbe preso a breve il suo nome, ma anche al costo di sembrare ridicolo, sarebbe stato al suo fianco, prendendo di petto i suoi sentimenti, anche a costo di annichilire.
Ogni secondo che passava lontano da lui, si sentiva morire un po' dentro.
Pensava a Kurogane, a quel bacio col quale aveva sfiorato le sue labbra riarse dal dolore e dalla sete che sembrava proprio un bacio del buongiorno, e al fatto che probabilmente gli aveva fatto più male del buongiorno Kurogane che gli aveva quasi ringhiato contro quando l'aveva tenuto in vita a scapito della sua di vita. Pensava a Kurogane, a quanto gli mancasse sentirlo respirare nel letto vicino al suo, mentre dormiva tranquillo insieme a tutti gli altri e anche a quanto gli avrebbe fatto piacere sentire uno dei suoi scappellotti sulla nuca quando diceva una di quelle cavolate che lo facevano alterare. Pensava a Kurogane, agli altri nomignoli che gli voleva affibbiare, al suono che faceva quando puliva accuratamente la sua spada, la sera. Pensava a Kurogane e al suo profumo, non a quello del suo sangue caldo, ferroso e dolciastro, era proprio il profumo della sua pelle, un odore morbido eppure spigoloso, pungente, caldo e forte, maschio. Pensava a Kurogane, tutto il giorno, pensava al fatto che plausibilmente non avrebbe mai trovato modo di salvarlo e che avrebbe convissuto con quel terribile senso di colpa e di incompletezza per quel poco che restava della sua vita.
Così, quando arrivò in fondo alla lista dei paesi da visitare sulla guida botanica, ormai non sperava più di riavere il Kurogane forte e sano di tanti mesi prima al suo fianco.
Inoltre, anche se avesse viaggiato più a lungo, plausibilmente il suo fisico ne avrebbe risentito ancora di più. Il sangue che sputava ogni volta era sempre di più, ogni cellula del suo corpo bruciava e sembrava che i suoi organi stessero friggendo e diventando più o meno simili a un pezzetto di carbone.
Quando arrivò in quel paese che custodiva la sua ultima speranza, pioveva e c'era un vento talmente forte da non permettergli di tenere gli occhi aperti.
Sentiva il sangue gonfiarglisi in gola e ribollirvi, lo stomaco che gorgogliava e il cuore che rimbombava nella cassa toracica.
Se fosse svenuto lì, se si fosse sentito male lì, plausibilmente avrebbe dovuto convivere solo un paio d'ore col senso di colpa e sarebbe morto di stenti lì, prima di Kurogane.
C'era di buono che probabilmente l'altro non l'avrebbe lasciato solo più di tanto.
Si ritrovò carponi con le mani davanti alla bocca, ma a poco valsero per bloccare l'ingente fuoriuscita di sangue.
Cercò di orientarsi, dagli appunti che aveva, doveva cercare una montagna e salirvi.
Adocchiò una montagna all’estremità opposta della valle, e si incamminò per raggiungerla.

Più camminava, e più gli pareva che il sentiero che aveva preso non sarebbe mai arrivato in cima alla montagna, ma ci girava solo attorno, facendolo restare sempre alla stessa altezza o quasi. Era già la seconda volta che gli pareva di aver incontrato una pietra liscia e lucida, marchiata dall’usura della pioggia e dal muschio. Ed effettivamente era così, stava solamente girando attorno alla montagna, e a lungo andare si sarebbe ritrovato a camminare di nuovo nella valle, in mezzo a quelle che avevano tutta l’aria di essere delle risaie, che aveva abbandonato poco prima.
Decise che ormai doveva arrampicarsi, noncurante del fatto che plausibilmente con quella pioggia e quel vento sarebbe precipitato e si sarebbe allegramente sfracellato al suolo.
L'ultima volta che il signor Kokuyo era andato alla ricerca di quella pianta era finito in un rovo, e il
signor Hisui, che gli aveva raccontato la storia, aveva passato tutta la intera notte a medicargli le ferite, ma si parlava di anni ed anni prima. Si era fatto spiegare da loro in quali luoghi cresceva quella pianta e come l'avrebbe riconosciuta, e si era fatto prestare una corda e uno zaino per recuperarla, un paio di guanti per maneggiarla e una mascherina. Ma quelle erano solamente precauzioni, l’erborista l'aveva rassicurato, quella pianta solo a contatto con i metalli cominciava ad emettere spore nocive, e inalandole non sarebbe di certo morto, e comunque le spore le emetteva spontaneamente solo in periodo di fioritura, quando non era più possibile estrarre l'antidoto. Allora usò la corda per aiutare l’arrampicata, imponendovi un incantesimo in modo tale da farne raddoppiare la lunghezza e da assicurarla a un albero che scorgeva a stento da dove si trovava lui. Non voleva rischiare nell’usare i suoi poteri per facilitarsi la vita, del resto poteva sempre avere un altro sbalzo di energia e precipitare giù.
Prese ad arrampicarsi e cercò di ripetersi di non guardare giù, di fare attenzione a dove metteva i piedi e a cosa si aggrappava, la corda legata al petto e alla vita avrebbe evitato che il burrone che lo attendeva a fauci spalancate sotto di lui, se fosse anche solo scivolato con un piede, lo inghiottisse per sempre. Di certo l’acqua non aiutava granché, la pioggia batteva con insistenza, sembrava che quello dovesse davvero essere l’ultimo giorno sulla terra per lui, anche le calamità naturali ce l’avevano con lui. Per aggrapparsi meglio piantava le unghie nella roccia per evitare che i palmi scivolassero sulla parete umida della rupe scoscesa.

Quando era oramai arrivato in cima al picco, infatti quelle piante crescevano solo in posti chiaramente inospitali, con tutte le mani ferite, arrancò per un momento. Aveva sete, la testa gli girava per lo sforzo e le gambe gli tremavano da impazzire, come se i dischi cartilaginei fossero di burro, stava cominciando a risentire degli effetti dei medicinali di Hisui.
Si aggrappò a un tronco di un albero e inalò a fondo a occhi chiusi. Doveva resistere, vincere la sonnolenza, la sete e la tremarella, era arrivato lassù -anche se non era del tutto certo che avrebbe trovato la pianta., ma non poteva mica morire ora.
Sentì un odore strano, lo stesso odore, gli aveva detto Kokuyo, delle giornate di pioggia quando la terra si inzuppa d'acqua e diventa fango misto a muffa e uovo sodo. Ora, non è che fosse stato fortunatissima tale descrizione, visto che l’odore della terra inzuppata d’acqua era ovviamente dato dalla pioggia che continuava a battere con una certa insistenza, però nell’aria c’era odore di uova sode e muffa. Si doveva far guidare da quell'odore, seguirlo e se avesse trovato una grossa roccia carsica bianca, luccicante, avrebbe trovato quello che cercava.
Si staccò dall'albero e cercò di fare luce su quel sottobosco fitto e buio con un incantesimo.
Quando riuscì a rischiarare la terra su cui camminava, cominciò a seguire le tracce.
Kokuyo gli aveva detto che nelle vicinanze di quella pianta non crescevano altro che licheni, ma le rocce carsiche che ne nascondevano le radici erano bianche. Si guardò attorno, l'olezzo era sempre più forte, ma c'erano ancora dei plantigradi a foglia larga, delle specie di palme da dattero grandi e gonfie, che rimestavano nel buio una strana varietà di resina viola acceso e corrodevano il terreno attorno a loro tanto da non far crescere nemmeno un filo d'erba.
Fece un altra quindicina di passi prima che qualcosa si avventasse sul suo collo, graffiando e mordendo a sangue.
Lasciò correre entrambe le mani a staccare quella cosa mostruosa dal suo collo, non risparmiandosi neppure un gemito di dolore.
Era una sorta di topo dai denti lunghi e neri, col pelo maculato e le orecchie lunghe da coniglio tirate oltre la testa, e in paio d'ali implumi, che parevano fatte d'osso.
Fay gemette con più forza e tartagliò un incantesimo che lasciò lì in terra stecchito il suo piccolo aggressore, non poteva morire proprio ora che era a un passo dalla cura.
Il sangue che gli usciva dal collo era moltissimo, cercava di fermare l'emorragia con le mani umidicce e ferite, sporche di terra e peli di quella bestia, ma gli fregava davvero poco.
Altri due passi, poco oltre una roccia coperta di erbetta bassa e terriccio e le vide.
Sette pietre bianche e porose che luccicavano alla luce del suo incantesimo. Lui vi si avvicinò traballando con le mani che tremavano e gli occhi gonfi.
Si inginocchiò accanto alla pietra più grande e vide come dei piccoli mirtilli tondi, gonfi e lisci. Kokuyo si era raccomandato di prenderne più o meno tre dozzine, poiché da quei frutti, Hisui avrebbe estratto il succo e quindi avrebbe miscelato l'antidoto.
Li sfiorò con cura e li lasciò cadere a due a due nella busta di carta che era ripiegata nella tasca davanti dello zaino. Poi avrebbe dovuto portare con sé la pianta intera, perché dalle radici avrebbe Hisui avrebbe distillato della linfa che avrebbe facilitato la guarigione di Kurogane sfruttando le capacità del sangue che Kamui aveva mescolato col suo.
Avrebbe anche dovuto prendere gli oli che quella pietra bianca trasudava, per fare da base al suo antidoto e per poterlo medicare a regola d'arte, bisognava grattare via un po' di calcare dalla superficie e rovesciare il tutto in una piccola ampolla di vetro che si sperava fosse arrivata indenne fino a lì.
Con una piccola paletta, prese a scavare intorno alla base della pianta, tirandone via anche la terra che nutriva le radici e la infilò nello zaino da cima a fondo. Recuperò quello che gli serviva dalla roccia, grattando via un minimo di calcare dalla parete e ne uscì una sorta di lacrima oleosa e giallognola che scivolò lungo il collo dell’ampolla, e a poco a poco, una goccia dopo l’altra, riempì quasi del tutto il contenitore.
Ripose tutto con cura nello zaino, imponendovi poi un incantesimo di modo che ogni cosa lì dentro non si rovinasse durante il tragitto per allontanarsi da quelle piante, visto che non sapeva come si sarebbero comportate se avesse avviato il trasferimento da lì.
S’incamminò lungo la strada che aveva percorso in precedenza, quando oramai stava albeggiando, e lo fece con calma e perizia, meglio non dover aver a che fare con un altro strano animaletto che desiderava succhiare il suo sangue.
Si calò giù per il burrone con la corda che aveva fissato a un albero col fusto largo e le radici ben piantate nel terreno. Aveva provveduto ad imporre un incantesimo che non facesse spezzare in due la corda prima di arrivare a terra.
Ci aveva messo quasi un giorno per arrivare fino a quel postaccio, la casetta di Hisui e Kokuyo era situata in una depressione sul fianco destro di una montagna e quindi anche per tornare ci avrebbe messo più o meno quell'arco di tempo.
Quando arrivò a terra le gambe gli tremavano, tirò giù la corda con un incantesimo e la portò con sé, doveva pur renderla ai suoi ospiti, no?
Così alzò due dita e avviò finalmente il collegamento per tornare indietro.

Il momento in cui Fay si accasciò a terra, fu lo stesso in cui si rese conto di essere giunto alle pendici della montagna sulla cui depressione occidentale era situato il villaggio di duecento anime dove vivevano Kokuyo e Hisui.
Era arrivato. Doveva sopravvivere solo un altro paio di settimane, non di più. Giusto il tempo di curare Kurogane e riportarlo a Nihon, almeno si sarebbe salvato lui.
Kurogane gli aveva promesso che sarebbe stato lui ad ucciderlo, e sotto un certo punto di vista stava mantenendo la sua promessa, ormai ridotto allo stremo sarebbe morto per averlo salvato.
Doveva solo resistere un altro po', in fondo Kurogane gli aveva dato molto tempo, gli aveva permesso di cercare una cura per mesi interi, sopportando un dolore sempre più forte, aveva riposto le sue ultime speranze in lui che non era altro che un incapace.
Cercò di rimettersi in piedi, le poche forze che gli restavano sarebbero diminuite sempre di più, il sangue avrebbe continuato a sgorgare dal suo collo, e la pianta sarebbe marcita lì, assieme al suo cadavere.
Le sue gambe divennero ancor più simili al burro e le articolazioni si sciolsero sotto il suo esile peso. Eppure c'era arrivato così vicino, gli mancava così poco per salvargli la vita, non poteva cedere adesso. Per quanto Hisui e Kokuyo sembrassero due persone normali, cioè normali prendendo come stereotipo di normalità Tomoyo, perché tra la sua schiera di conoscenze era l'unica persona a sembrare normale, oniromanzia a parte, probabilmente, insieme, quei due erano in grado di viaggiare nelle dimensioni, data l'energia magica che aleggiava intorno a loro, ma non poteva chiedere loro anche questo.
Erano stati molto gentili e non poteva approfittarne. L'avevano accolto in casa loro, l'avevano aiutato, li aveva disturbati abbastanza.
Riuscì a trascinarsi carponi fino al sentiero che portava sulla montagna, e cercò qualcosa su cui appoggiarsi, con cui camminare fino al villaggio.
Trovò un bastone e non si curò di ferirsi le mani con le schegge che ricoprivano l'intero corpo del bastone.
Era successo così anche quella volta, quando era arrivato alle pendici di quella montagna pochi giorni prima, per la prima volta.
Si era sentito male a metà del sentiero ed era ruzzolato di lato finendo in un fitto sottobosco. L'aveva raccattato Hisui, o più plausibilmente Hisui l'aveva trovato e aveva domandato se gentilmente Kokuyo poteva portarlo in spalla, anche se il peso di Fay, che non si poteva propriamente definire peso, non è che avrebbe spezzato la schiena a Hisui. Era stato preso in casa di qualcuno come si fa normalmente coi gattini randagi, e in effetti l'erborista sembrava un po' il tipo di persona che prende gatti randagi in giro giusto per compassione, e Fay ne aveva avuto la riprova una volta sveglio, o meglio quando venne forzatamente svegliato dal vocione del signor Kokuyo che si lamentava del fatto che Hisui non avesse pensato nemmeno un po' alle sue azioni, avesse deciso del tutto arbitrariamente di prendere in casa due miciette che, a quanto pareva, si erano divorate l'ultima scorta di radice di non-so-cosa. Erano dei tipi un po' originali quei due: Kokuyo non sembrava proprio il tipo di persona dal pollice verde, anzi, tutt'altro, sembrava più che altro una specie di malvivente di qualche tipo, plausibilmente, redento; mentre Hisui aveva l'aria di chi ha ormai raggiunto la pace interiore. Erano buffi, non battibeccavano che per delle frivolezze ridicole, ma sembravano entrambi volersi molto bene.
Fay si era ritrovato a pensare, mentre spiegava all'erborista la situazione, che lui con Kurogane non sarebbe mai stato così, o come Yukito e Touya, insomma era inequivocabile che fossero più che amici. Con orrore, si rese conto che non poteva di certo pensare a cose simili in quel momento, in primo luogo perché Kurogane, semmai gli avesse fatto notare una cosa simile, gli avrebbe ringhiato contro una serie non ben definita di insulti e poi perché ormai si era convinto che, quella specie di bacio non era niente, era solo una delle sue tante cavolate, non c'era futuro per loro due.
Arrivò in prossimità di un bivio che conduceva da una parte in paese e dall’altra al bosco, e le sue gambe sembrarono ancora più deboli di prima. Si accasciò per strada, proprio come l'altra volta, ma di certo non era il tipo che a tentare la fortuna due volte ne esce vittorioso anche la seconda volta.era impensabile, se fosse ruzzolato giù per il sottobosco i corvi, le marmotte o che cavolo c'era lì a vivere, avrebbero banchettato con quel po' di carne che c'era attaccata alle sue ossa, ma non ce la faceva proprio più. Era impossibile, era troppo stavolta.
Prima di socchiudere gli occhi gli parve di sentire la voce di Kurogane, di vedere il suo viso alterato a pochi centimetri da lui.
Per un secondo, prima che la sua mente si offuscasse, si ritrovò a pensare che, accidenti, allora era proprio vero che la gente vede la persona più importante quando giunge alla fine della vita.
Eppure, cavoli, c'era arrivato così vicino!


















Mi scuso, scusatemi migliaia e migliaia di volte!
Il capitolo è tremendo, brutto, pesante, insulso e mal reso in italiano. E tra l'altro vi ho fatto penare per averlo, mi odierete, lo so. Ma sentivo il bisogno di indulgere un po' sulla narrazione. Ho esagerato, lo so xD Comunque passo rapidamente ai commenti alle vostre recensioni.



Prima di tutto volevo dirvi, oltre a ringraziarvi, che sono un ragazzo, non una ragazza, è normale cadere in questo tipo di errori, ma comunque volevo farvelo presente.


SakuraX16, grazie, lieto che il capitolo ti piaccia, per cui grazie spero continuerai a seguire la storia ^^

yua, sono contento che ti sia piaciuto, spero di non averli resi troppo assurdamente fuori dal personaggio, anche questa volta xD ti ringrazio molto, hai detto delle cose molto belle, ma davvero anche stavolta devo essere breve che sennò qualcuno (tu) mi uccide se non posto v__v"

Herit, Hericchan *W* ciao *W* ho postato, sei contenta? *fa tanti grattini* comunque probabilmente se avessi diviso il capitolo ci avrei messo di meno a postare xD e così avrei avuto più tempo per rivedere sto capitolo che fa abbastanza pietà, lo so che mi odierai xD e mi dispiace xD però meglio di così non poteva venirmi xD Grazie ancora, Hericchan!

pralinedetective, spero che in tutto questo periodo il mal di denti ti sia passato, e sono lieto che il capitolo ti sia piaciuto, questo temo non incontrerà granché i tuoi gusti, spero mi perdonerai xD Grazie mille!

kiki4ever, lieto che la storia ti piaccia, grazie mille della recensione ho postato un po' tardino, ma spero vada bene ugualmente.


Vado a mettere un elmetto per evitare danni cerebrali gravi dati dalle vostre mazzate xD Grazie di essere arrivati fin qui, spero continuiate a seguirmi ^^
D.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10--Een Beetje Geluk ***


Mi scuso per l’enorme ritardo, so benissimo che siete tutti ansiosissimi (?!) di sapere come andrà a finire questa storia, ma tranquilli, per quanto sembri stia volgendo al termine, non siamo che all’inizio (!!). Insomma mi dispiace per voi, del resto speravate di non avermi più tra i piedi, e invece... Non disperate per le amare sorti dei nostri due eroi (??!) del resto sono grandi grossi e vaccinati e sono passati sotto le mani di quelle quattro pazze abbastanza da far sembrare il sottoscritto un agnellino ancora da svezzare. Comunque state ben tranquilli, avranno anche la loro buona dose di (boh?) diciamo fluff!

In realtà mi sono reso conto di aver perso le capacità di imprimere angst sulle capoccette di questi poveretti, sono troppo rilassato e non riesco a scrivere, mi scuserete.

Beh, senza ulteriori indugi posto v__v a piè di pagina trovate le allegre risposte alle altrettanto allegre recensioni.

Ah, ultima cosa *annuisce con convinzione* questo capitolo lo dedico espressamente a yua ed Herit che hanno compiuto gli anni da poco v__v tipo il mese scorso, ma tanto che differenza fa?

 

 

 

 

 
















Overleven
















Capitolo Dieci-Een Beetje Geluk

















Erano alcune notti che Kurogane trovava grandi difficoltà a prendere sonno.
Avrebbe giurato di aver sentito lo scricchiolio delle sue ossa che a poco a poco si consumavano, tra i suoi lamenti muti. Taceva, sì, una volta aveva per fino gridato, la voce ce l’aveva, magari intrappolata tra le corde vocali, ma non la sprecava più per il dolore. Conservava quel po’ di voce che gli restava per dire qualcosa, un qualcosa che serbava nel suo cuore. Viveva ogni giorno per quello che era, un cumulo di ventiquattro ore a base di dolore e scherno per il suo povero onore, ma sopravviveva. L’incrollabile speranza che gli riempiva il cuore, gli faceva sopportare il dolore che si appesantiva di ora in ora sul suo petto, inaridendo il suo vigore come in una giornata d’arsura, ma ormai non aveva più tempo. Lo sapeva e per questo non dormiva. Non era per il dolore, né per gli strani incubi a base di capelli biondi e baci che lo perseguitavano, che poi alla fin fine non erano incubi ma sogni veri e propri, ma non è che andasse a declamarlo allegramente in giro per il palazzo, soprattutto perché non usciva dal letto da quasi sei mesi ormai, ma era per qualcos’altro.
Per quanto si fosse impegnato a non pensare più a come sarebbe morto, aveva cominciato ad accettare la sua sorte. Da un lato non poteva continuare a sperare, fondamentalmente chi spera muore a stomaco vuoto, ma d’altro canto non poteva nemmeno smettere. Accettare la fine lo stava rendendo la copia sbiadita di quel se stesso che esisteva fino a qualche mese prima. Per lui, che aveva la smania di essere un tipo piuttosto prudente, dote che -se tenuta sotto il debito controllo- salva la pelle al ninja medio, era difficile prendere in considerazione più di un paio di morti che facevano a caso suo, e non è che il tempo gli fosse mancato! Sapeva che non poteva più sperare di morire come i suoi antenati, e sapeva perfettamente che sarebbe morto ben poco dignitosamente in un letto, magari soffocato dal suo stesso vomito, nel sonno. E l‘aveva accettato a viso aperto. Era come se quel veleno oltre al suo sangue avesse divorato anche la sua speranza. E più se ne rendeva conto, più si accorgeva che stava diventando quanto più odiasse al mondo, era diventato lui stesso la persona più odiata nella sua lista nera.
Riprese a sperare quando cominciò a pregare di morire in fretta. Per come sudava, per come il fiato gli si gonfiava in petto minacciando di farlo esplodere, pregò di morire. Per come la testa gli girava e gli pulsava amaramente tanto che faticava a tenere gli occhi aperti e quegli stessi occhi lacrimavano dal dolore ad ogni fitta che lo schiacciava con forza, pregò di morire. Per come lo stomaco si torceva, ribollendo e aggrovigliandosi da cima a fondo, nemmeno avesse mangiato lava a colazione, pregò di morire. Però, la Divinità o forse la Triste Signora, non ebbe pietà di lui, lo fece solo dormire per qualche ora, stroncandolo.
Ma, come se centinaia di migliaia di aghi avessero preso a percuotergli a fondo la carne, come se un brivido gelido gli percorresse la schiena da capo a piedi, una specie di presentimento gli urlò in petto, e si ritrovò sveglio dopo appena due ore di sonno.
Non poteva sperare di morire, non ora, non lui. Cavoli! Non poteva essere davvero diventato ciò che odiava di più, non poteva aver perso le speranze così presto. Aveva ancora tempo, non molto, ma abbastanza per continuare a credere in quel mucchietto d’ossa e capelli biondi.
Chiuse gli occhi e focalizzò l’attenzione sulle macchiette bianche che le sue pupille percepivano al buio. Il suo respiro si regolarizzò, i suoi muscoli si rilassarono. Non c’era più dolore, non c’era più morte in quel momento. Pensò che era giunta la sua ora e che tutto sommato la morte non era poi così male come si aspettava.
Quando aprì gli occhi, però, era mattina. Qualche persona poco sveglia aveva lasciato la finestra aperta e sentiva chiaramente il naso gelato.
«Che cavolo!» sbraitò piano.
«Oh, Yoo, ti sei svegliato! Hai dormito parecchio, sai? C‘era una puzza di chiuso impressionante, e ho pensato: “Fintanto che dorme potrei aprire un po‘...” ma ti sei svegliato...» fece la sua principessa, che evidentemente stava nelle vicinanze della finestra. «E sei anche piuttosto irascibile oggi.» lo disse come se fosse un bene.
«Chiudi la finestra.» sibilò con la voce fioca.
Kurogane sentì chiaramente il battente dello shoji scivolare, fino a chiudersi definitivamente.
Dopo appena un paio di secondi si trovò Tomoyo seduta accanto al suo letto. «Hai fame?».
«No.» rispose brevemente, in modo da non lasciare più di tante opportunità a un eventuale affondo da parte di quell’altra.
La principessa restò in silenzio per un momento. Non sapeva che dirgli. Era preoccupata per lui, l‘aveva fatto vedere altre volte, ma rilanciava sempre con un sorriso, stavolta invece se lo guardava seria. «Vaneggiavi.» gli fece presente dopo un po’, con una sferzata incredibile, senza nemmeno pensare a come indorare la pillola. «Hai sudato parecchio stanotte, ti sei svegliato all‘improvviso e poi sei crollato di nuovo. Hai sognato qualcosa?».
Il ninja fece una smorfia. «Guarda che, tra di noi, l‘oniromante sei tu».
«Oh, oggi siamo proprio di pessimo umore, ti senti meglio per caso?» domandò lei stiracchiando un sorriso.
«Non mi fa più male niente.» disse più a se stesso che a lei. Come a constatare che davvero non sentiva niente. Né dolore, né stanchezza. Proprio niente.
«Non so se sia un bene o un male a dire il vero.» mugugnò la principessa raccogliendosi il mento tra le dita.
«Ho pensato di essere morto. Ma poi hai aperto la finestra e mi si è gelato il naso.» borbottò coprendosi il naso con la ben più gelida mano di metallo.
Lei ci pensò su un secondo, poi gli sorrise. «Oggi sei anche piuttosto loquace...».
Kurogane digrignò i denti. «Vorrei che tu facessi una cosa per me, Tomoyo.» fece, poi, puntando fiaccamente i suoi occhi cremisi in quelli della principessa.

«Si chiama amore, Yoo.» fece poi Tomoyo dopo aver ascoltato quanto avesse da dire il ninja.
Kurogane, avvertito un certo divertimento nell’espressione della sua principessa s’indispettì ancora di più. Eccola là, gabbato da quel cavolo di mago ancora una volta, prima di morire, per giunta.
«Che carino, sei tutto rosso!» continuò a canzonarlo lei.
Il più potente ninja del Regno del Giappone, oltre ad essere costretto a letto da mesi, era pure stato portato a sviare l‘argomento principale, cioè cercare di contattare il dannato biondo rachitico, facendogli ammettere, così una sottospecie di affetto nei riguardi del sopra citato biondo. «Smettila!» ringhiò. Sentiva la faccia in fiamme, addirittura i lobi delle orecchie gli pulsavano come se fossero dei detonatori della sua testa in vena di esplodere.
«Ma è vero, Yoo...» annuì ancora la sua principessa. «Ti manca tanto, eh?» sorrise poi.
«Non fare quella faccia.» bofonchiò lui.
«È vero, scusa.» ridacchiò ancora, coprendosi appena le labbra con la mano, una cosa che gli ricordò con orrore la risata della Strega. «Stai proprio crescendo Kurogane!».
«Che c'entra questo?» ringhiò un’altra volta prima di abbandonarsi a un pesante colpo di tosse. «Non dovresti dirlo con quell'aria compiaciuta, mica sei mia madre!».
«Oh, è proprio amore!» ripeté lei.
L‘espressione di disappunto sul suo volto s‘indurì ancora di più. «Andrai avanti per molto con questa storia?».
«Yoo, dovresti ammetterlo,» seguitò ad incalzarlo. «Non sarai abituato ad amare e farti amare, tu... però è una cosa talmente lampante e non sei certo un rimbambito».
«Ma nemmeno sotto tortura, Tomoyo! E tanto poi sto morendo!» replicò.
«So che ti manca e che vorresti sentirlo, vederlo... Ma devi solo aspettare, ora. Aspettare e sperare che torni tutto intero o quasi, con magari delle buone notizie...» la principessa si strinse nelle spalle. «Non sarà mica chiedere troppo, no?».
A Kurogane l‘espressione che seguì quella frase, non parve tanto convincente. Normalmente Tomoyo sciorinava sorrisi come il riso ai matrimoni, in sacchi da trenta libbre, ma stavolta le sue labbra avevano tremato troppo. Sarà stata la tensione o il momento catartico in cui lui doveva quasi ammettere di aver riposto ben oltre la sua stessa vita nelle mani di quel mago, ma qualcosa la stava turbando. «Che succede, eh?» fece.
«Cosa?» cinguettò lei vibrando gli occhi da un lato all’altro della stanza.
«Hai un‘espressione strana e, alla luce di quel che dici, tu mi conosci bene, ma anche io conosco te da parecchio tempo... Direi che mi stai nascondendo qualcosa.» bofonchiò afflosciandosi come un soufflè uscito male dal forno. «Sto parlando troppo.» annaspò poi.
«Perché non ti riposi un po’? Ne parliamo dopo, che ne dici?» sorrise, salvandosi in calcio d’angolo proprio alla fine del secondo tempo.
Fece una smorfia scocciata, come quella che fanno i bambini la sera di Natale prima di essere presi di peso e intrappolati a letto. «Mh. Comunque non è quello che dici tu».
«Di che parliamo?» fece lei cadendo giù dalle nuvole, Kurogane che desisteva con tale facilità era una rarità da appuntare sul calendario.
«Lascia perdere, fammi dormire, va!» brontolò arrancando per raggiungere una posizione consona al favorire il suo sonno.
«Cercherò di sognarlo, Yoo.» mormorò lei sistemandogli la coperta.


Quando Fay aprì gli occhi, gli parve di essere stato calpestato ripetutamente da un cavallo imbizzarrito. Le ossa gli dolevano, le tempie gli pulsavano e avrebbe giurato di sentire il sangue che gli rimbombava nelle vene. Aveva intuito dall’odore di una zaffata inquietante di stramba mistura di erbe che si trovava nella casa di Hisui e Kokuyo. Quei due stavano sempre a rimestare delle cavolo di pozioni, roba da far impallidire le streghe spaventevoli delle fiabe per bambini. Ma chi era lui per giudicare? Se non altro loro si erano resi utili in qualche modo mica come quei leoni antropomorfi!
Sospirò profondamente, mentre cercava di portarsi a sedere.
Nella penombra della stanza si rese conto che poco più in là, sul divanetto scomodo che era stato il suo letto poco tempo prima, Hisui sedeva addormentato, mentre Kokuyo stava steso con la testa poggiata sulle sue gambe, con le due gatte che gli dormivano raggomitolate sulla pancia.
Cercò di alzarsi, stava occupando il loro letto, li stava costringendo a dormire sul divano, in uno spazio esiguo per due persone. Non che quel letto dove dormiva lui fosse di molto più grande, ma sotto un certo punto di vista era almeno più comodo del divanetto.
Dopo qualche minuto che se ne stava sveglio e cercava di alzarsi, si rese più o meno conto di essere vivo. Allora forse per Kurogane c'era una qualche speranza, ancora.
Sì, in effetti doveva essere proprio grato a quella casa piena di erbe essiccate e strani vasetti pieni di pozioni altrettanto strane, alcune di colori decisamente poco invitanti e altre di tinte decisamente troppo accese, quasi fluorescenti, e soprattutto doveva essere grato a quei due gentili ospiti che l’avevano aiutato e soprattutto s’erano presi in casa anche quella catasta di problemi che si portava appresso nel suo bel baule.
Mentre ragionava sul come sdebitarsi con quei due gentilissimi signori, sentì una specie di trillo, che per il suo mal di testa era decisamente assordante. Hisui si mosse leggermente in avanti, lasciando che le mani carezzassero delicatamente il volto di Kokuyo che, mugugnando, sollevò appena il capo permettendogli così di alzarsi in piedi. L’erborista filò subito nell'altra stanza, senza nemmeno guardarlo e, dopo qualche minuto, rientrò con tra le mani una specie di panno appallottolato.
Si avvicinò al letto e accese il lume ad olio accanto alla testiera. Abbacinando, seppure con una luce decisamente flebile, Fay coi suoi occhi decisamente troppo sensibili al momento.
«Oh,» fece poi, appena si rese conto che era sveglio. «Bentornato tra noi.» gli sorrise largamente.
A quelle parole, Kokuyo scattò in piedi, facendo ruzzolare le due gatte per terra. Una atterrò correttamente, ma l'altra le piombò addosso ancora mezza rintronata dal sonno.
«S'è svegliato?» bofonchiò il moro raggiungendo l'erborista, che sfoggiava ancora quel sorrisetto serafico. «Come ti senti?» fece poi guardandolo con un’espressione strana sul viso, gli occhi severi e le sopracciglia aggrottate. Il classico sguardo brevettato alla Kurogane arrabbiato, pensò Fay, ricordandosi poi del ruzzolone che aveva fatto giù per la montagna, che plausibilmente aveva mandato al diavolo tutto il suo duro lavoro a base di sangue e sudore per la cura del suo Kurogane. Poi rettificò di nuovo il pensiero, era la cura di Kurogane, non del suo Kurogane, che cavolo di cose gli saltavano in mente? Fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola, sentì solo l’aria graffiargli la trachea.
«Forse ha bisogno di bere un po’, poverino, Kokuyo...» disse subito l’altro, e senza nemmeno finire la frase, il moro era già di ritorno con un bel bicchiere stracolmo d’acqua.
Al contatto con il bicchiere, le dita di Fay slittarono un momento, per quanto il vetro fosse freddo, le sue mani lo percepivano tiepido, dovevano decisamente essere gelide e soprattutto intorpidite, quasi quanto il suo corpo. Anche le labbra erano intorpidite e sembravano parecchio screpolate, tanto che anche il contatto minimo con l’acqua gli diede fastidio. «Grazie per l‘aiuto...» riuscì ad articolare. «E scusatemi tanto per il disturbo».
Sul volto del moro si profilò nuovamente l’espressione alla Kurogane arrabbiato. «Ma che disturbo e disturbo!» brontolò.
Hisui fece una smorfia decisamente troppo seria, visto il largo sorriso che stava stampato sul suo volto ventiquattrore al giorno. «Però, ti avevo avvertito, dovevi tornare integro, invece eri più morto che vivo!».
«Scusatemi, davvero!» ripeté lui.
«Perché non vai a preparare qualcosa da mangiare per il ragazzo?» bisbigliò Kokuyo chinandosi in avanti col capo, poco sopra la testa dell'erborista.
Fay fece per replicare, ma vi riuscì a stento. A onor del vero uscì appena un mezzo gemito dalla sua bocca, ma il suo stomaco brontolò più forte.
Hisui riprese a sorridere e piroettò letteralmente -roba che fece impallidire per fino Fay- verso la cucina, doveva essere di buonumore. «Devi proprio mangiare, direi...».
Kokuyo, dopo aver seguito con la coda dell’occhio l’erborista sparire dietro la tenda della cucina, fissò il mago e restò in piedi accanto al letto. «Sai che non puoi andare avanti così, vero?» sibilò a denti stretti.
«Non so di cosa tu stia parlando, Kokuyo-san.» rispose Fay, candidamente.
«Sai benissimo di che parlo invece. Continuando a usare la magia, tu¾» la sua voce venne coperta dal rombo secco e profondo di un tuono.
«Come hai detto, scusa?» Fay ebbe tutto il tempo per scegliere il suo sorriso migliore. «So perfettamente che se continuo così non esisterò più molto presto... Ma, beh, ve l'ho già detto, no? Non mi è mai importato vivere, per cui se dovessi morire dopo tutto questo non farebbe molta differenza.» rispose.
«Lui vale più della tua vita, quindi.» evinse.
«Qualunque cosa vale più della mia vita. Lui vale più di ogni altra cosa.» non si accorse neppure della facilità con cui quelle parole gli uscissero dalla bocca e quando se ne accorse sussultò appena.
Kokuyo fece una strana smorfia, molto simile a quella che faceva Kurogane quando qualcosa non lo aggradava. «Non succederྻ venne interrotto da un altro tuono. «Cavoli, non ne posso proprio più. Tutte le volte che sto cercando di fare un discorso serio, vengo interrotto!» brontolò.
«Interrotto da chi?» fece Fay, vistosamente confuso.
«Effettivamente¾» fece per dire, ma entrò Hisui.
«Lui ha la convinzione che qualunque cosa voglia interrompere il suo discorso. Che sia qualche umano, qualche evento atmosferico o similiari...» sorrise l'erborista poggiando una scodella di zuppa sul comodino accanto al letto.
«Anche tu mi interrompi!» gli fece notare il moro.
L'altro ridacchiò. «Io non rientro nella categoria umani?» sorrise poi, ma era un sorriso diverso dagli altri, strano, quasi malizioso.
«Tu? Ma non farmi ridere! E comunque non è una convinzione, è la verità, prova a dirgli tu quello che penso io.» bofonchiò l‘altro facendo una smorfia.
Hisui ricambiò la smorfia con un occhiolino e rilanciò con un sorrisino. «Dovrei sapere che pensi?».
Fay che in tutto questo ci stava capendo sì e no poco o niente, semplicemente perché il suo cervello era occupato da ben altri pensieri per rendersi conto che quello era un vivace scambio di battute tipico di due persone che condividono il letto, e ora che aveva raggiunto una posizione seduta, seppure a fatica e aveva recuperato la scodella di zuppa, poteva almeno depennare dalla lista delle cose da fare la voce “non morire di fame”.
«Devi riposare molto, questo vuole dirti Kokuyo, in sintesi usare tutta questa magia ti sta debilitando, ma non è che tu la stia finendo, anzi. È talmente tanta che il tuo corpo fatica a sopportarla. La tua magia ha bisogno di energie per permettere al tuo corpo di adattarsi, anche se di suo...» fece Hisui sedendosi sul letto.
Il moro sospirò. «È come una precauzione, la magia è così tanta che brucia il tuo corpo, perché tu non mangi abbastanza, sennò metabolizzerebbe quello.» spiegò brevemente.
Fay inghiottì una cucchiaiata di zuppa. «E basterebbe questo?».
«Teoricamente basterebbe, ma in pratica no.» Kokuyo annuì ripetutamente ad occhi chiusi. «La situazione attuale è piuttosto differente».
«Semplicemente, il tuo corpo è stato duramente prosciugato dalla magia, tu sei di quella classe di maghi che più usano la magia, più diventano potenti e la tua longevità è collegata a questo... Me l'hai spiegato tu, no?» Hisui attese che il mago annuisse.
«Però, normalmente, l'aumento di magia è graduale più o meno. Però spostarsi fra le dimensioni è più dispendioso, e tu hai visitato moltissime dimensioni in poco tempo e¾» continuò Kokuyo.
«Visto che avevamo un pomeriggio libero abbiamo fatto un attimo una media, siamo intorno alle venti dimensioni per quindici giorni.» aggiunse l'erborista. «Calcolando i giorni valutandone anche in quel caso la media delle ore che li compongono, dato che ogni dimensione ha un concetto di tempo differente».
«Lo vedi che mi interrompi?!» brontolò il moro.
Hisui ridacchiò e gli accarezzò appena il braccio con la mano. «Scusami, non ci pensavo!» sorrise, poi, sventolando l'aria con la mano. «Comunque sta di fatto che la tua magia è cresciuta troppo e che ora devi riposare parecchio e usarla in piccole dosi».
«Non potrei ora.» bisbigliò Fay a se stesso più che a loro.
«L'antidoto è pronto.» lo informò l'erborista.
E il mago si rese conto che non se n’era preoccupato nemmeno per un secondo dopo il suo risveglio.
«Cosa?» gli uscì come un gemito. Voleva effettivamente dire che nella sua vita per adesso era entrata una buona dose di fortuna, e ne aveva particolarmente bisogno in questo momento. C’era speranza nella sua vita per la prima volta, e non era affatto una brutta cosa la speranza.
«L‘antidoto è pronto.» ripeté Hisui, col medesimo tono di un istante prima.
«Pensavo che con quella caduta...» scosse il capo il mago come a parlare con se stesso più che con loro.
«Sei caduto discretamente bene, ti abbiamo trovato praticamente subito...» gli spiegò il moro. «Avevi solo le labbra un po’ blu, poteva andarti peggio...» aggiunse.
Fay trasalì appena e sorrise, ignorando bellamente quello che gli stavano dicendo. «Quindi è pronto...».
«Sì, è pronto, ma dobbiamo cercare un modo poco rischioso per mandarti indietro.» fece Hisui.
«Siamo già d'accordo con la principessa del regno del Giappone per rimandarti indietro da noi.» bofonchiò Kokuyo.
«Avete parlato con Tomoyo?» farfugliò Fay. Troppe informazioni, in troppo poco tempo.
«Poche ore fa si è illuminata la tua tasca, non sapevamo che fosse e, mentre dormivi, abbiamo un po' rovistato...».
«Non usare il plurale che sei tu l‘impiccione tra noi!» brontolò il moro.
«Sì, ma chi è stato a dirmi di controllare?» gli fece notare allora.
Kokuyo rivolse gli occhi al cielo sospirando. «Ma guarda te che cosa mi tocca sentire!».
«Inoltre, tu conoscevi il trucchetto per attivarle però, eh!» replicò Hisui agitando l’indice destro per aria. «Comunque abbiamo trovato una sferetta luminosa... e lei ci ha parlato... Domandava se stessi bene, le abbiamo detto che stavi riposando e che ti avremmo mandato lì il più presto possibile...» riassunse Hisui.
«Poi le abbiamo detto che non potrai portare con te l'antidoto, perché deperisce facilmente quando si passa attraverso il piano astrale infradimensionale, e che lei deve mandarti indietro da noi assieme al tuo amico» aggiunse il moro.
«Questa parte Kokuyo l'ha più o meno ringhiata...» sospirò l'altro scotendo il capo.
«Beh bisognava essere piuttosto diretti, no?» replicò. «Non tutti sono bravi a parole come te, Hisui».
L’altro si abbandonò a una risatina. «Sì, ma tra dire le cose in maniera diretta, come dici tu, e ringhiarle c‘è una bella differenza!».
«Tsk!» sbuffò Kokuyo. «Non è per questo, forse, che ti piaccio?».
L’erborista non rispose, piuttosto gli fece l’occhiolino. «Comunque lei ha detto che devi tornare presto».
«Sì, il tuo amico vuole vederti.» annuì il moro.
Fay sospirò appena nel sorridere. «Ah».
Kokuyo si passò una mano tra i capelli. «Non preoccuparti, ti faremo partire subito».
«Vi ringrazio, ma non vorrei arrecarvi troppo disturbo.» sospirò poi.
«Guarda che se continui Kokuyo ti prenderà a pugni...» bofonchiò Hisui stentando un sorriso decisamente poco amichevole.
Il moro annuì nuovamente con gli occhi chiusi e le braccia conserte. «Dal momento che l'antidoto è pronto, dovremmo farlo partire, piuttosto che minacciarlo.» bofonchiò chinandosi verso l'erborista. «Sennò finisce che non facciamo in tempo».
Quello annuì. «Puoi stare in quel regno anche un giorno. Qui dove ci troviamo noi le giornate sono davvero molto lunghe, una volta la strega ci disse che contano all'incirca trentasei ora del luogo che lei chiamava Hashin...».
«Vuol dire che puoi riposare anche un giorno intero. Non c'è fretta, capito?» aggiunse Kokuyo, che aveva notato la faccia parecchio confusa del mago.
«Non credo sia così necessario...» obiettò Fay.
«Ah, ma allora tu vuoi essere picchiato. Guarda che bastava dirlo!» brontolò il moro.
Hisui fulminò entrambi con lo sguardo, ma poi sorrise largamente. «Fay, possiamo capire perfettamente quello che provi. Ma pensa per un momento a quello che potrebbe provare il tuo amico».
«Se tu fossi nei suoi panni, come ti sentiresti?» farfugliò Kokuyo per facilitare la cosa, anche perché aveva un po' capito che non si riusciva a fare un discorso di livello medio con quel tipo, figurarsi a fargli capire quelle cose!
«Ci sono stato nei suoi panni.» bofonchiò Fay.
«Ah, quindi capisci che non sarebbe carino salvargli la vita e morire, vero?» sorrise l'erborista, ma il suo tono era serio e severo, anche un po’ acido probabilmente. «D'accordo, morire per la persona che ami è un modo decente per lasciare questo mondo, ma devi pensare anche a quello che provano le persone attorno a te. Mi hai detto che, oltre a questo Kurogane, sei affezionato a dei ragazzi. Non puoi andartene, è troppo presto.» continuò a sorridere, e la sua si addolcì appena, gradualmente. «È questo ciò che voleva dirti Kokuyo prima. Come può vivere bene una persona che sa di aver causato la morte di un'altra persona?».
«Sono stato anche in quei panni, veramente...» mormorò Fay.
«Ancora meglio!» brontolò Kokuyo senza nemmeno ponderare un pochettino alle parole da usare. «Voglio dire,» si corresse poi. «Non hai mai pensato che, nell'eventualità in cui il tuo amico dovesse sopravviverti, si sentirebbe un cane per aver provocato la tua morte?».
«Ma teoricamente non sarebbe lui il mio assassino materiale e poi non è tipo da sensi di colpa, lui!» ridacchiò Fay.
Kokuyo, decisamente demoralizzato, mentre si ripeteva tra sé e sé che non poteva essere così cretino, che non era naturale, sospirò profondamente.
«Mi sa che ti conviene smetterla di pensare a queste cose, e anche di dirle, che sennò qui finisce in tragedia.» sorrise Hisui.
Il moro sogghignò sornione. «Mi dipingi come un assassino, te ne rendi conto?».
«Certo, sei carino vestito tutto di nero con un coltello in bocca.» annuì l’erborista.
«Quando mai mi sono vestito tutto di nero con un coltello in bocca?» bofonchiò.
«Nelle mie fantasie, che razza di domande!» ridacchiò Hisui.
Kokuyo si voltò verso Fay che era tutto intento ad evitare il contatto visivo. «Direi che ti facciamo partire, eh?».


Aveva finto di dormire per tutto il tempo, in fondo non era difficile, aveva imparato dal migliore. Voleva troncare il discorso del “si chiama amore, Yoo” prima che il mondo stesso gli crollasse addosso.
A che gli serviva l’amore? Lui era un ninja non una bambola di porcellana tirata fuori giusto per la Hina Matsuri! L’amore era un accessorio per quelli che avevano tempo da buttare per rimirare le foglie degli aceri colorarsi d’autunno.
Ma ciò non toglieva che sentisse un peso strambo sul cuore non indifferente. Era come se centinaia di migliaia di aghi gli entrassero nella carne, come se un brivido gelido gli percorresse la schiena da capo a piedi, una specie di presentimento gli urlava in petto. Ma tanto stava solo male, mica era l’assenza del mago a scavargli dentro, portandosi via un pezzettino di lui ogni ora. O forse no?
Quando Tomoyo si congedò, tirò un sospiro di sollievo e si riportò a pancia all’aria.
La prima cosa che si ritrovò a pensare fu che era buffo, lo conosceva da un po’ ormai, e ancora non aveva ben inteso se bisognasse chiamarlo Fay o Yui, l’aveva sempre chiamato mago o idiota, mentre quell’idiota rachitico aveva dato libero fondo al suo magico repertorio di nomignoli. Forse, se fosse venuto a trovarlo, con o senza una cura, avrebbe fatto bene a salutarlo chiamandolo per nome, o forse gli avrebbe spezzato il cuore proprio alla fine della sua vita.
Che cavolo andava a pensare?
Scosse la testa due volte, sentiva ancora i lobi delle orecchie pulsare, bollenti. Aveva avuto tanto di quel tempo per pensare, e ora se ne usciva solo con certe cose tanto stupide? No, lui era un cavolo di ninja, mica una maledetta bambola!
Però non poté far altro che continuare su quella via.
Tra i tanti pensieri che gli vorticavano per la testa ne era apparso uno che era stato fisso lì per un bel po’ ma che non aveva mai voluto esternare: non voleva lasciarlo solo. Ogni giorno sopravviveva quelle ventiquattro ore pensando al mago, catalizzando tutte le forze che aveva nello sperare e così passava quei millequattrocentoquaranta minuti che lo dividevano dal giorno successivo e ora si ritrovava a pensare, con la mente completamente vuota un’assurdità simile. Doveva stare davvero parecchio male.
Gli era capitato una sola volta di pensare che una volta finito il viaggio probabilmente non avrebbero avuto più modo di vedersi, probabilmente nessuno di loro avrebbe saputo della morte dell‘altro. Ma ora il gioco era cambiato e le carte in tavola erano girate. Se fosse guarito, dal momento che aveva ripreso a sperare e quindi bisognava pianificare il futuro, che cosa avrebbero fatto? Come avrebbero deciso di comportarsi?
Quel bacio lasciava una porta aperta che lui non avrebbe mai imboccato prima. Però sotto questa chiave di lettura, quel bacio che aveva aperto delle strade nuove e l’aveva lasciato con quell’impudente amaro in bocca e con una serie di domande insolute, sembrava davvero la risposta. In fondo anche se a lui non serviva l’amore, quel mago evidentemente ne aveva bisogno.
Per quanto si sforzasse a pensare, a sperare, ogni giorno che sopravviveva, non poteva immaginare, quel giorno in più che guadagnava nel suo futuro, senza quel mago al suo fianco. Era strano, gli piaceva l’idea che quell’idiota di mago gli gironzolasse intorno con le sue strane moine non richieste, certo non lo andava a declamare in giro, però gli piaceva e se questo gli permetteva di vivere ancora un giorno, non era affatto male come situazione, anzi, era davvero allettante.


Fay si ritrovò nella sala del trono del castello di Shirasagi che era ancora notte fonda. Se avesse girato in quella specie di labirinto di corridoi, senza meta, probabilmente l’antidoto sarebbe deperito e lui sarebbe morto di stenti in un angolo del palazzo. Sentì le ginocchia molli come burro, ma non si sentì debole, aveva solo il corpo ancora intorpidito, e di certo smaterializzarsi da una dimensione all’altra non è che l’avesse aiutato granché.
Cominciò a guardarsi intorno, non poteva perdere troppo tempo, ma prima ancora di cercare un modo per far luce sulla faccenda, del resto da che mondo è mondo si spengono le luci quando è buio, qualcuno aprì la porta alle sue spalle, facendo entrare una buona quantità di luce, evidentemente nel corridoio c’era ancora movimento.
«Sei già qui, Fay-san!» fece la vocina amichevole e decisamente inconfondibile della principessa Tomoyo.
Il mago si voltò in direzione della luce che trapelava dalla porta aperta. «Tomoyo-hime! C‘è ancora tempo, vero?».
«Lui sta dormendo...» annuì lei, trattenendo un mezzo sospiro. «Tu come stai piuttosto? Quei due signori mi hanno detto che stavi poco bene...».
«Ero solo molto stanco, Hime...» sorrise candidamente agitando l‘aria di fronte al suo naso con la mano. «Ma ora sto benone, e quindi beh, appena potrà partire, lo porto con me, e raggiungiamo il signor Hisui e il signor Kokuyo, per curarlo...».
Ricambiò il sorriso. «Vuoi vederlo?» poi si avvicinò a lui appena, aguzzando la vista e poi fece una smorfia di disappunto. «Non farti vedere che hai il collo ferito o lo farai preoccupare...».
«Gli hai detto che ho trovato una cura?» fece, ignorandola.
«Dormiva, come avrei potuto?» sorrise. «Fay-san, davvero, non fargli vedere che sei ferito...».
«Mi hanno medicato e comunque non è una ferita così grave, tranquilla, Tomoyo-hime...» replicò sospirando. «Per favore, ora, guidami dove sta lui io qui dentro mi perdo!».
Lei annuì. «Sei sicuro di stare bene?».
Il mago sospirò nel fare un cenno affermativo con la testa. «Sì, sono solo un po‘ indolenzito».
«Io sto parlando del problema dato dalla tua magia, Fay-san.» replicò lei.
«Oh, quello è sottocontrollo, ora! Pensiamo a Kuro-bau, oggi, mh?» le sorrise di nuovo, facendole l’occhiolino.


Kurogane era rimasto a pancia all’aria a pensare, crogiolandosi allegramente in quei pensieri che aveva evitato come il diavolo di norma evita l’acqua santa. A che gli servivano quegli inutili pensieri che non gli permettevano di dormire?
Sbuffò fiaccamente e si coprì il viso con entrambe le mani. Appena Tomoyo fosse tornata nella sua stanza, le avrebbe chiesto da bere.
Ma quando il furuda decorato coi motivi floreali scivolò lungo l’altro battente, gli mancò quasi il fiato. Restò con le labbra strette e non riuscì a dire niente.
Alle spalle di Tomoyo, c’era il mago, l’inutile idiota biondo, in un inquietante vestito color avorio sfavillante, con tanto di riportini ocra.
«Sei sveglio, eh?» gli sorrise Tomoyo, facendo strada all’idiota.
Kurogane la degnò di uno sguardo buttato lì per caso. «Hime, ci lasceresti soli?».
Nemmeno il tempo di finire di parlare, che si ritrovò il mago addosso, con entrambe le sue braccia attorno al collo e la sua faccia affondata sotto il suo collo. «Hyuuuuuuu~» urlicchiò piano stringendosi a lui. «Ti sono mancato, Kuro-bau?».
Il giapponese fece una piccola smorfia che Tomoyo colse subito, poco prima di uscire. «Trattalo bene, Yoo».
Fay nascose meglio la faccia nel collo di Kurogane. «Ti sono mancato, Kuro-bau?» ripeté.
«Come puoi mancarmi tu, ridicolo imbecille?» brontolò mentre lasciava scivolare piano uno ed un solo dito di sfuggita su quel cavolo di vestito che gli stava fottutamente bene.
«Devo dirti una cosa, Kuro-bau.» farfugliò sciogliendolo dal suo abbraccio e tirandosi su a sedere.
Kurogane si guardò il biondino in silenzio. Sembrava dimagrito, come se uno così magro potesse diventare ancora più magro, aveva una specie di benda bianca attorno al collo, e una sommaria aria malconcia, con tanto di capelli più lunghi e volto scavato. «Anche io, veramente.» replicò poi, dopo aver valutato la situazione.
«Ah, okay, prego...» gli sorrise.
«Chi deve morire, eh? Mi fai parlare per primo!» bofonchiò poi il ninja abbassando lo sguardo.
«Beh, Kuro-bau, non è che tu stia poi così bene...» gli fece notare. «I malaticci prima!».
«Vorrei che tu smettessi di cercare.» mormorò. «Ti sei impegnato tanto, lo so... Ma io non ho più tempo.» scosse piano il capo. «Io so che ti sei impegnato tanto, credimi.» ripeté, con la voce ferma, seppur flebile. «Per favore, smetti di cercare, perché non puoi andare avanti così».
Fay gli sorrise sincero, senza spostare gli occhi dai suoi. «Oh, Kurogane, io avrei già smesso di cercare, se per te va bene¾».
«Molto bene.» annuì con una faccia seria.
Il mago ridusse la distanza tra i loro volti, non si era mai avvicinato così tanto, quando parlavano seriamente, certo, era successo solo un paio di volte di parlargli seriamente. «Sei così tenero quando sei lento ad arrivare alle cose!» gli sorrise, tenendogli la testa tra le dita solo un secondo di più, spostandosi poi, per tornare seduto. «Io avrei trovato una cura».
Kurogane restò sbalordito, con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, senza nemmeno riuscire a parlargli. Perché non gliel’aveva detto subito? E poi perché sentiva di nuovo i lobi delle orecchie pulsare così tanto?!
«Ho trovato una cura per te, sei contento? Però bisognerebbe partire presto, prestissimo!» ripeté Fay.
Il ninja se lo fissava con un'espressione che, avrebbe giurato, era decisamente la più ebete del mondo. «Ce l'hai fatta, ce l’hai fatta.» annuì due volte, ignorando i lobi delle orecchie bollenti.
Con un capogiro di terrore, Fay si riscoprì a constatare che gli occhi di Kurogane erano assolutamente diversi da come li aveva visti appena un secondo prima, e soprattutto da come se li ricordava. Eppure aveva retto il confronto visivo con quelle iridi cremisi fino alla fine.
«Aspettare un giorno non mi ucciderà, tu devi riposare.» bofonchiò allungando la mano destra verso quelle che sembravano proprio bende. «Sei ferito, eh?».
Inutile dire che il mago non sembrava affatto interessato da quelle parole, guardava semplicemente le labbra di Kurogane assorto in un certo pensiero che era diventato un po' troppo ricorrente. Ma quando le dita ruvide del moro si posarono nelle immediate vicinanze della ferita lungo il collo, spostò gli occhi a leggere l'espressione dura dell'altro. «Non è così grave, Kuro-bau!» sorrise.
«Ti fa male?» domandò.
A quelle parole Fay non poté più reggere lo sguardo e si scaraventò contro Kurogane, un’altra volta, abbracciandolo forte. «Oh! Che dolce il mio Kuro-bau! Si preoccupa per la sua adorata mogliettina!».
L'altro strinse le labbra e le palpebre e combatté mentalmente con la voglia di abbracciarsi quel cretino. Ma poi non poté fare nulla, fu come se il suo braccio avesse deciso di muoversi da solo e si poggiò pesantemente sulle spalle dell'idiota. Semplicemente perché temeva di vederlo volare via di lì a poco, per quanto era magro!
Sì come no!
avrebbe detto Tomoyo poco convinta.
Ma comunque quell'idiota lì era dimagrito, ora, malgrado il voluminoso abito che portava, poteva sentire le ossa sporgere.
«Che fai, Kuro-bau, mi abbracci?» fece Fay tartagliando quasi con la voce.
«Sta’ zitto e cerca di dormire un po’. Tanto lo so che non hai dormito per niente in questi giorni!» brontolò.
«Ma se dormo così sembriamo due fidanzati!» cercò di obiettare il biondo.
Kurogane sospirò. «Perché non chiudi la bocca invece di dire sciocchezze?». Con quelle parole lo fece scivolare tranquillamente al suo fianco.
«Come stai?» gli domandò Fay poggiando la testa su uno dei cuscini.
«Sto bene.» annuì. «Tu piuttosto sembri davvero molto stanco».
Il biondino gli sorrise. «Tranquillo, Kuro-bau, sto benone!».
«Ovviamente non avrai nemmeno mangiato, cretino che non sei altro!» borbottò.
«Ma sì che ho mangiato!» ridacchiò.
«Certo, e io ti credo!» brontolò ancora sistemandosi su un fianco, per guardarselo.
«Sono stato in tanti posti.» biascicò il biondo.
«Dai, riposati, mi racconterai con calma» sorrise.
«Pensavo di essere arrivato tardi, lo sai?» farfugliò l'idiota mentre cercava di sistemarsi una posizione un po' più comoda.
«Ce l‘hai fatta.» ripeté.
«Ammettilo che non ci pensavi nemmeno che sarei riuscito a salvarti!» ridacchiò. «Ultimamente nemmeno io ci credevo granché!».
«Io l'ho sempre saputo.» poi sospirò. «Ho vacillato un attimo... A dire la verità».
Fay alzò la testa e se lo guardò tra l'assonnato e il serio. «Oh, allora ti fidi di me!» gli sorrise poi.
«Certo maledetto imbecille!» mugugnò a denti stretti.
«Ci sono molti posti molto belli, sai, Kuro-bau?» mugugnò Fay a voce bassa, accartocciandosi lì accanto. «Se avrò modo di farlo, vorrei tornare in alcuni...».
Il moro annuì, sospirando. «Dormi ora, mh?».
«Ho dormito parecchio...» continuò a dire.
Kurogane si allungò per afferrare la coperta e sistemargliela addosso. «Ciò non toglie che tu sia stanco... Chi te l‘ha dato questo vestito?».
«Il signor Hisui... Ha preparato l‘antidoto per te.» rispose quasi in automatica, mentre chiudeva gli occhi.
Il ninja non disse altro, aspettò di sentirlo prendere un lungo respiro e poi buttare fuori l’aria in due sospiri smorzati.

Kurogane quasi non si accorse, o forse non si volle accorgere, che le sue dita stavano scivolando lungo la guancia del mago, ma il sorriso ebete che aveva sul volto la diceva lunga.
Tanto che nemmeno si accorse che Tomoyo era allegramente entrata e si era accomodata accanto al suo letto. «Hai visto, Yoo?».
«Che sorrisone compiaciuto...» mormorò il moro spostando la testa impercettibilmente più vicina a quella di Fay. «Lo sapevi, eh?».
«Beh...» la principessa fece spallucce.
«Mi hai fatto fare una figura che...» cominciò a dire.
Lei fece una smorfia. «Mica gli avrai detto di smettere di cercare?».
«Beh, sai sto morendo! E poi ti sembra che la sua salute sia tanto migliore della mia?» replicò. «Se me l‘avessi detto avrei finto un minimo di sorpresa...».
«Certo, certo... Tu che fai l‘attore, ma quando mai!» ridacchiò lei. «Comunque, che gli hai risposto quando ti ha domandato se ti è mancato?».
«Che ovviamente non mi è mancato.» brontolò.
«Mh, forse non sei così tanto pessimo come attore...» borbottò lei. «Perché non gli hai detto la verità?».
Kurogane fece orecchie da mercante. «Quale verità?».
«Yoo, potrei ordinarti di dirgli la verità...» gli fece lei con un ghigno inquietante.
«Ma non capisco che cosa vorresti che facessi!» replicò il moro paonazzo in volto.
«Digli che ti è mancato, perché tu non menti e questa è la verità...» annuì la sua principessa.
«No.» rispose categorico.
«Perché no? In fondo anche l‘altra volta eri sul punto di dirgli che ti è mancato...» gli rammentò con tanto di sorrisetto.
«Perché l‘altra volta era diverso! Stavolta sono più lucido e la volta prima ancora non mi aveva nemmeno salutato! Invece la volta scorsa mi ha baciato!» ringhiò d’un fiato, senza nemmeno rendersi conto che con quelle tre frasi confuse aveva buttato all’aria quei mesi in cui si era tanto impegnato a mantenere il segreto.
«Cos¾?» Tomoyo restò interdetta per un momento. Probabilmente pensava che uno come Fay non si sarebbe mai sognato nemmeno tra dieci milioni di anni di fare una cosa del genere.
I lobi delle orecchie di Kurogane, ora, erano di un viola acceso, proprio come certe cerase al massimo fiorire della maturità.
«E tu avrai ricambiato, spero!» fece lei.
«Chi ti dice che avrei voluto ricambiare?» ringhiò il ninja.
«Quindi no, era abbastanza chiaro...» annuì lei ad occhi chiusi, incrociando le braccia. «I tuoi atteggiamenti... E poi beh eri davvero depresso quando è ripartito...».
Kurogane pensò che la testa gli stesse per esplodere per l‘imbarazzo. Si morse la lingua e restò in silenzio.
«Yoo, perché non gli hai detto che ti è mancato?» tornò al discorso principale.
«E ammettere di essere debole? Certo! Come no!» ringhiò il moro agitandosi.
«Primo: sta' calmo... Secondo: non è che se ammetti una cosa simile sei debole, anzi, sarebbe una prova di coraggio da parte tua... Inoltre, pensaci: tutto ciò che hai fatto, tutto, era mosso dai sentimenti che nutri per lui, o sbaglio?» sorrise. «Permettimi di analizzare la situazione».
«Ancora con questa storia?» brontolò.
«Sono una tua amica, no? Ti conosco piuttosto bene, inoltre mi dispiace vederti così.» sospirò profondamente.
«Mai!» si oppose ancora.
«Sono la tua principessa, ricordi?» lei ammiccò con una faccina sorniona. «Quindi anche se ti opponi potrei anche dirti quello che penso...».
Il moro restò in silenzio per due minuti netti. La principessa, infatti, ebbe modo di contare fino a centoventi. «Anche se gli dicessi qualcosa, fuggirebbe, lui scappa sempre!» borbottò poi. «E come se non bastasse è un infelice cronico! A lui piace stare male, altrochè!».
«E questo non ti farebbe arrabbiare?» domandò con un sorrisetto strano lei.
«Che rottura, principessa!» brontolò. «Vuoi saperlo davvero? Cos'è tutto questo sadismo nei confronti della mia dignità? Vuoi sentirmelo dire? Almeno così la smetti?» ruggì paonazzo.
Quella ridacchiò divertita. «Abbassa la voce, sennò lo svegli!» continuò a dire.
«Tsk!» sibilò di nuovo. «Ci manca solo questo... Così addio dignità!».
«Comunque sì, voglio che tu lo dica chiaro e tondo.» annuì.
Fay sbuffò un sospiro, affondando meglio il volto nel cuscino.
Kurogane strinse le palpebre. «Mi trovo bene con lui, okay?».
Lei sorrise, e provò ad incalzarlo. «Solo questo? Potrei ordinartelo, Yoo...».
«Ordinarmi cosa?» domandò lui, ancora più rosso di prima.
«Di dirmi proprio tutto quello che provi per lui...» sorrise.
Il ninja spostò lo sguardo, puntando gli occhi alle spalle della sua principessa. «Non lo so, Tomoyo».
«Oh, allora è proprio amore, Yoo!» proferì con fare solenne, annuendo ben due volte, con un sorrisone strano che la fecero somigliare ancora una volta alla Strega.
«Ancora con questa storia? Perché non te ne vai a letto, invece di dire cavolate? È ancora notte fonda!» sbraitò un’ultima volta.
Lei sogghignando, si alzò e raggiunse la porta. «Riposati anche tu».
«Mh.» mugolò lui mentre il furuda si chiudeva.
Kurogane poi, cercò di assumere una buona posizione, per prendere sonno. Sentiva il cuore tamburellare con forza nella sua cassa toracica, ma non era una sensazione dolorosa, anzi, era piuttosto piacevole.
Anche se Tomoyo aveva provato ad estorcergli una qualche confessione, era una cosa che bisognava vedere in futuro, loro due, senza interferenze altrui. Però, forse, gli andava bene anche solo stargli accanto, senza avere ulteriori intenzioni.
Si concentrò sui battiti del suo cuore, sul rumore leggero che faceva il respiro di Fay contro il cuscino, e strinse appena le palpebre prima di riuscire ad addormentarsi.


















Ehilà! Benvenuti!

Qui è mattina presto, sono tipo le otto, ma per forza di cose devo postare oggi senza nemmeno farmi betare il capitolo *presumibilmente la mia beta vuole la mia testa, visto che tutte le volte che posto faccio così, oppure le chiedo di correggere e io poi rimuovo il capitolo completamente e lo riscrivo da capo...*, tra poche ore parto v__v e quindi vi abbandono allegramente con un allegro capitolo poco pesante come quell'altro.

Non dirò che questo capitolo non mi ha fatto impazzire più di tanto, è una menzogna, l'ho scritto dieci volte e i personaggi sfiorano l'ooc, se proprio non vogliamo dire che lo sono quasi del tutto! Ma visto che una gentilissima ragazza mi ha detto che se denigro un'altra volta questa storia sarà molto acida nel recensire, allora è meglio non rendersi conto delle mille migliorie che si potevano apportare a questo capitolo.

Vi ringrazio di aver seguito la storia fin qui e spero vivamente che continuerete a farlo.





yua, ehilà! Auguri in ritardo! E ciao anche a te, Hisui, hai visto? Oggi hai anche parlato! *parla con Hisui e ignora yua* No, va beh, yua le tue recensioni anche se folli, sono adorabili! In effetti sono più folli del solito, ma posso capire, hai passato taaaante ore sul treno e... beh, mi dispiace che il capitolo ti sia risultato pesante, anche questo capitolo è lungo ma non ho perso troppo tempo coi dettagli, visto che tu e Tomoyo avete avuto a che ridire v__v per cui, stavolta sono stato bravo v__v anche se il capitolo o forse più che altro le mie capacità non sono state questo granché questa volta, spero di rifarmi in futuro. Grazie mille per la recensione! Adios!

harinezumi, *commento alla recensione del capitolo otto* Ciao, Harichan *W*! In primis mi sento di dire che non potevo non descriverlo così il povero Kuro-rin, in fondo è divertente sgretolare con un martello pneumatico le sue allegre certezze, purtroppo in questo capitolo hai avuto modo di notare che è quasi troppo vitale per i miei gusti v__v, ma tanto c'è tempo per ridurlo di nuovo uno straccio! v__v *medita piani omicidi nei riguardi di Kuro-wanko* In effetti anche lì abbiamo allegramente sfiorato l'ooc, però in fondo l'ho quasi ammazzato, chiunque sul letto di morte rivaluta le proprie prospettive e le proprie priorità <= se lo ripete solo per convincersi di non aver stuprato il povero personaggio. Per il bacio, beh... Anche secondo Tomoyo è strano che quel vile comportamento di Fay fosse proprio nato dalla mente a base di quattro neuroni rinsecoliti e malconci di Fay, però... Beh, io volevo spezzare il capitolo, così da metterlo un capitolo dopo, ma stava bene lì. E non sai che ne verrà fuori in futuro... *risata malefica*
*commento alla recensione del capitolo nove* Rieccoti! *^* Hai visto? In questo capitolo ci sono Hisui e Kokuyo, spero di averli resi quasi decentemente, e non disperare, appariranno anche Saiga e Kakei tra due capitoli e mezzo, gli antesignani Fay e Kurogane, allegramente tralasciati in Tsubasa solo per non avvalorare la tesi che oltre a cavamenti di occhi, troncamenti di arti e donazioni più o meno frequenti di sangue, tra quei due c'è ben altro. Sì è stata una faticaccia mostruosa scrivere quel capitolo, ma che potevo fare? Ogni volta che parlavano quei due pretendevano di incontrarsi! Inoltre sforavano proprio dal loro stesso personaggio, quindi meglio farli patire in silenzio v__v è stata una sfida eh, la mia beta mi ha odiato v__v tutte le idee che c'erano in quel capitolo sono state un po' glissate in questo, in modo da arricchire un po'. Per nostra immensa fortuna spero non ci saranno capitoli così pesanti in futuro <= che sennò finisce che istigo al suicidio e io pure non sopravvivrò più di tanto xD Sono contento che entrambi i capitoli ti siano piaciuti, e spero che questo non ti faccia storcere troppo il naso! Grazie mille dei complimenti! E soprattutto, oltre a starmi bene, scrivi qualcos'altro su questo fandom, per favore v__v che ci sono poche storie belle adesso T^T e non bilanciano le tante storie brutte T^T

kiki4ever, intanto ti ringrazio per la recensione! Comunque ti consiglio di pazientare ancora un po' con le preoccupazioni, anche se Fay è malconcio, la storia è ancora parecchio lunga, per nostra (s)fortuna v__v. Grazie ancora ^^


Grazie di essere arrivati fin qui, spero continuiate a seguirmi ^^
D.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11--Goede Jongen ***


Dio mio.

Sono tipo due o tre anni che non aggiorno questa storia ed è un qualcosa di imperdonabile. Merito tutte le maledizioni che mi avete mandato, merito anche che i miei lettori non mi seguano più, sì, sono un po' una merdina secca spiaccicata sul marciapiede. Merito anche di essere pestato. Scusatemi, scusatemi tanto.

Non starò qui ad accampare scuse che non sussistono, del resto ho pubblicato altre cose e nel mentre il mio stile è cambiato e anche per questo mi scuso: c'è una netta differenza tra questo capitolo e i precedenti, sono pure passati più di due anni.

Sono molto contento di aver pubblicato questo capitolo, però, che è stato un po' cambiato in corsa e per il quale certo non vale tutta l'attesa che avete dovuto sopportare. Ma spero vivamente di tornare in carreggiata.

Vi ringrazio ancora molto del vostro supporto e ringrazierò chiunque continui a seguirmi.

Grazie della pazienza e buon 2014 a tutti.

 

 

 

 
















Overleven
















Capitolo Undici- Goede Jongen

















«Kurogane?» sussurrò con un filo di voce, allungandosi piano per carezzargli il viso con la punta delle dita. «Dovremmo partire, sai?» bisbigliò.
Il ninja aprì gli occhi, stancamente e lo fissò fiacco. «Mh.» mugugnò stiracchiandosi piano.
Fay continuò a guardarsi in silenzio Kurogane, che con quella smorfia strana sembrava proprio un bambino appena svegliato, senza nemmeno accorgersi di che cavolo di faccia gli stesse proponendo di rimando.
Il moro restò immobile con tanto di bocca semiaperta e gli occhi fissi su di lui. L’idiota sorrideva, in un modo talmente strano da sembrare quasi stralunato, anzi era proprio un bel sorriso quello. «Mh.» mugugnò di nuovo.
«Dai, riesci ad alzarti, Kurogh... Kuro-tan?» gli sorrise, scivolando fuori dal piumone e alzandosi in piedi.
Il ninja sospirò. «Dubito fortemente di riuscire ad alzarmi, sai?». Non era affatto arrabbiato, anche se evidentemente quella era una stupidissima domanda.
«Ti posso aiutare io?» domandò Fay, goffamente e con gli occhi bassi, per non incontrare quelli vermigli di Kurogane.
«Secondo te come possiamo andare via sennò, mh?» brontolò poco convinto.
Il mago ridacchiò chinandosi e accogliendolo tra le braccia, delicatamente. «Prometto solennemente di non raccontare a nessuno che mi hai permesso di abbracciarti, mh?».
Proprio in quel momento, mentre Kurogane gli si stringeva con le braccia attorno alle spalle, la porta si aprì scivolando lungo la parete. Tomoyo era lì.
«Il nostro passaggio è arrivato, Kuro-tan.» gli bisbigliò Fay tirandosi su.
Il ninja ruotò gli occhi verso la sua principessa. «Viene anche lei con noi?».
Quell’idiota scosse il capo. «No, semplicemente aiuterà il nostro trasferimento».
Kurogane non domandò niente, non aveva la forza di capire le stranezze che si celavano dietro la magia.
«Fai attenzione, Fay-san.» mormorò lei avvicinandosi a loro, e poi diede un leggero scappellotto dietro al collo del moro. «E tu non farlo ammattire, eh!» si raccomandò.
«Sei tu quello che fa ammattire me e a detta sua devi stare attento!» brontolò Kurogane, con uno strano tono, quasi divertito.
Il mago sorrise. «Evidentemente devo fare attenzione alle tue reazioni, Kuro-tan».
Tomoyo li guardò come chi la sapeva lunga. «Su, rapidi! Partite!».
Poi, assieme a Tomoyo, Fay cominciò a pronunciare l’incantesimo, stringendo di più il ninja a sé.
Una luce abbacinò gli occhi cremisi di Kurogane, che si sentì inghiottito e sperduto. Tanto che, istintivamente -avrebbe giurato lui-, si aggrappò di più alla veste avorio dell’idiota.
Kurogane sentì solo la mano fredda e ossuta dell’idiota spingergli la testa contro qualcosa di altrettanto freddo e rachitico. Mugugnò fiaccamente, ma non aprì gli occhi. Sentì la voce fastidiosa dell’idiota recitare un incantesimo. Quella vocina si mescolava a quella della sua principessa, stavano andando via.
Una luce, con tutto che aveva gli occhi socchiusi, lo abbacinò. Il che lo costrinse a serrare le palpebre, poi.
Si sentì risucchiare in un vortice, sentì i suoi organi opporsi, brontolare e sentì il bisogno di stringersi di più all’idiota, solo per una questione di istinto. Come no.
In fine un sobbalzo, che gli fece rivoltare lo stomaco da capo a piedi, e la luce sparì. Se ne rese conto perché le palpebre non gli dolevano più.

Avrebbe tirato un sospiro di sollievo se non fosse che le sue narici vennero invase da un tremendo olezzo. Il suo stomaco ne risentì nuovamente. Fece in modo di concentrarsi sul suo respiro, cercando di sopportare la nausea che cominciava ad affliggerlo. Ma con scarso successo.
Sentì due file di passi differenti e si convinse che doveva aprire gli occhi, chissà dove cavolo erano finiti! Quel mago era pure troppo impegnato a tenerlo stretto a sé per riuscire a difendersi.
«Siete già arrivati!» cinguettò qualcuno, con la voce veramente poco virile. «Kokuyo, che ne dici di aiutarlo?».
Kurogane si sentì sballottare, stava passando dalle braccia del mago a quelle di qualcun altro. Istintivamente il suo braccio mancino scattò al suo fianco, cercando la spada. Quello scellerato del mago poteva anche fidarsi di quei tizi appena conosciuti, ma lui, neanche per sogno! Mica era un credulone, lui! E poi quella puzza sembrava quella di una montagna di cadaveri bruciacchiati e in via di putrefazione. Spalancò gli occhi e si ritrovò tra le braccia di un tale dall’espressione poco rassicurante, con i capelli sparati per aria peggio dei suoi e un occhio di un colore scuro e uno di un altro, c’era poca luce ma fu quello che riuscì a vedere. Malgrado quella che doveva essere la sua espressione standard, come un po’ per Kurogane il sopracciglio aggrottato e l’aria lievemente scocciata, quello lo sistemò tranquillamente su un lettuccio contro una parete di legno, senza fiatare. Roba che, da quanto distava da lui quel viso affilato, avrebbe potuto attentare tranquillamente alla sua vita e riuscire anche nell’intento senza troppi sforzi.
«Il tuo amico si è svegliato.» bofonchiò quello una volta guardatolo in faccia. «E ha pure una brutta cera».
«Vorrei vedere te!» brontolò Kurogane inacidito.
«Oh, Kuro-rin sii gentile, loro sono i signori di cui ti dicevo, ti aiuteranno.» cinguettò l’idiota entrando, con quella selva di capelli biondi, nel suo campo visivo.
«Che caratterino...» commentò quello di prima.
«Kokuyo.» lo richiamò il tale dalla voce davvero poco virile.
«Kurogane,» lo chiamò il mago, pronunciando il suo nome vero, senza neanche una sbavatura. «Loro sono Hisui e Kokuyo, i signori che ci aiuteranno. Per favore, sii gentile.» ripeté  l’idiota, stavolta con un tono strano. «Per favore, mh?».
Era senza parole, Kurogane, che già non era un tipo particolarmente loquace, stavolta aveva perso pure le due o tre parole che gli erano rimaste nel suo bel magazzino verbale. Del resto, l’idiota aveva ragione, quei due lo stavano aiutando e lui si comportava pure così. Inoltre, l’espressione del mago era talmente strana da sembrare quasi che lo implorasse, e il tono che aveva usato non è che avesse lasciato spazio ad altre idee. «Tsk!» sbuffò poi, cercando il più possibile di inalare con la bocca, un’altra zaffata di quell’olezzo terribile l’avrebbe fatto crepare, altro che veleno.
«Ma che bravo cucciolone che sei! Sei diventato davvero ubbidiente!» gnaulò l’idiota, carezzandogli il capo, per giunta, neanche fosse per davvero un cane!
«Io sono Hisui.» fece il tipo con la voce poco virile, accendendo poi un lume ad olio, mostrandosi per quello che era, una sorta di serafico, elegante e particolarmente effeminato individuo. «Mentre lui è Kokuyo.» indicò il tale coi capelli sparati per aria. Che compensava proprio l'esistenza ben poco virile di quel biondo che l'aveva appena presentato.
«Hisui tratterà il veleno, sei in buone mani.» fece quell'omone, prima di voltarsi verso il mago. «Hai riposato?».
Troppo vicino. pensò Kurogane, quell'uomo era decisamente troppo vicino al mago. E quasi si stupì di pensare tutto questo. Quasi si stupì di quel pensiero. Ma poi inghiottì il rospo.
«Sì, un po'.» ammise, senza neanche una piccola menzogna. E questo fece alterare ancora di più il ninja: a lui mentiva senza pudore alcuno, mentre a quel tizio no. Eh, no, mica andava bene così. «Quanto ci metterà a fare effetto l'antidoto?» gli sentì dire.
«Dipende...» fu il tale di nome Hisui a rispondere. «Kokuyo, perché non accompagni Fay qui fuori? Magari potete andare alla locanda a prendere qualcosa di caldo da bere».
«No, per favore, fatemi restare qui.» pigolò l'idiota. «Non mandatemi via».
«Ohi, non scappo mica. Ti pare che sia in grado di andar via con le mie gambe?» mugugnò Kurogane. E certo quel tipo effeminato non sarebbe stato in grado di sollevare uno come lui, che, pure deperito, era comunque robusto.
Fay socchiuse gli occhi. «Sto qui fuori, chiamami, va bene?».
«Sono in buone mani, no? Tranquillo.» ripeté.
Kokuyo accompagnò fuori il mago, solo nella stanza accanto, poteva ancora vederlo oltre una tenda a fiorellini semitrasparente. Sì, certamente il tale coi capelli sparati in aria aveva lasciato arredare la casa a quello decisamente effeminato. Pure con gli occhi stanchi e la vista annebbiata, il ninja poteva distinguere delle tende merlettate verdi e gialle e delle chincaglierie in porcellana lavorata sulle mensole più vicine a lui. Se mai avesse avuto modo di mettere su una casa, non avrebbe permesso a nessuno di infilarci ammennicoli di quel genere.
«Cos'è, potrei spaventarlo?» domandò, dopo un po', distogliendo lo sguardo da quelle cianfrusaglie e puntandole sul loro degno possessore. «Quante probabilità ci sono che io mi riprenda, mh? Zero? Meno di zero?».
«Mh, no, è che sei ridotto male.» rispose quel tale. «Sembra davvero che ti abbiano assalito una mandria di bufali».
Kurogane si mosse appena, per sistemarsi un po' meglio sul letto. «Allora come mai l'avete fatto uscire? Lo sa che sono ridotto male, no?».
«Non sei per niente restio, da come ti ha descritto, sembravi decisamente una sorta di orso.» annuì.
Socchiuse gli occhi. «Non credo di avere tempo di... essere restio, come dici tu».
Quello mosse piano il capo. «Giustamente».
«Quante probabilità ho che mi riprenda?» domandò debolmente. «Se dovessi morire vorrei almeno... Ah, niente!».
«Non ti credere che ti lasceremo morire così. Sarebbe un peccato, no?» sussurrò lui. «Si è impegnato così tanto per tenerti in vita».
«Sì. È stato bravo.» sussurrò. «Perché l'avete fatto uscire, allora?».
«Tu vorresti vedere la persona che ami morire di dolore?» rispose con calma. «Perché quando ti darò l'antidoto tu praticamente urlerai dal dolore, vuoi davvero che veda questo? Pensavo di mandarlo in campeggio con Kokuyo».
«Non basterebbe dargli un sonnifero?» sussurrò. «Tanto deve riposare, ha davvero l'aria stanca».
Quello lì sorrise e si sedette sul letto accanto a lui. «Mh... potrebbe essere un'idea, in effetti».
«Sì, lui ha solo bisogno di riposare.» mormorò. «Quando me lo dai questo antidoto?» domandò poi.
«Cinque minuti. Tu intanto rilassati.» annuì Hisui avviandosi dove il mago e quell'altro stavano parlando.
«Facile rilassarsi quando mi hai detto che urlerò dal dolore...» borbottò.
«... Ah, non hai tutti i torti.» ammise.
Tutti il mago li andava a trovare. Tutti i pazzi li trovava lui, forse perché di suo il mago tanto sano non era. Tra pazzi ci si intende. Però, però lui non poteva non essere grato e non ritenersi fortunato: se il mago non si fosse prodigato per lui, se non avesse fatto tutto questo, non avrebbe avuto altre speranze.
«Non riesci a muovere il braccio che ti hanno ferito, eh?» domandò poi il tizio effeminato, com'è che si chiamava? Ah, Hisui.
«Come hai fatto a...?» bofonchiò.
«Sono un bravo erborista,» rispose. «E poi è uno degli effetti del veleno, a lungo andare. Poca gente è arrivata a questo stadio.» farfugliò. «Non posso assicurarti che funzionerà come prima, però hai l'altro, no?».
«Potrebbe non importarmi avere un braccio completamente sano. E l'altro me lo sono tagliato, quindi...» mugugnò fiaccamente.
«L'hai fatto per una buona causa.» replicò quello con aria furbetta.
Quanto, di preciso, il mago aveva raccontato? Quanto era sceso nei dettagli? Il mago. Fay, Yui o come accidenti si chiamava. Kurogane si riscoprì a fissarlo senza neanche un briciolo di esitazione. A lungo, così a lungo che un senso di pace lo avvolse. Sentì che tutto sarebbe andato bene, tutto. Come se un cosino del genere, che attirava sfortuna, potesse essere la sua fortezza.
Kurogane sospirò ancora, di nuovo, affaticato.
E, forse perché s'era sentito quegli occhi infuocati addosso, anche il mago si voltò a guardarlo e gli regalò un sorrisino. Un sorriso diverso dagli altri, dai soliti altri. Diverso da quelli che regalava all'inizio del viaggio, un sorriso sincero. I suoi sorrisi erano bugie, e questo era fragile come le menzogne che menava al vento quel mago sciocco, ma era di una fragilità diversa, un sorriso che non permetteva a nessuno di entrare, sì, ma sincero. Fragile, ma felice.
Probabilmente è stanco. pensò.
Kurogane si rilassò del tutto. Era fiero del mago come nessun altro al mondo, era stato un eroe, era stato un guerriero, aveva combattuto la morte imminente, la sua morte imminente, come un guerriero. Sì, malgrado quelle spallucce esili, ora ancor più esili per quanto era sciupato, era un guerriero. Un eroe.
«Pronto?» domandò Hisui.
Il ninja trasalì neanche si era accorto che fosse lì. «Dovrò berlo?».
«Per carità! Ha un sapore orribile! Te lo inietterò.» annuì mostrandogli una siringa d'acciaio con un ago lungo tre pollici e spesso, decisamente spesso, come uno stiletto. Ma forse Kurogane aveva le proporzioni un po' sballate dalla vista annebbiata.
«Lui non deve vedere che sto male.» ribadì.
«Faremo di tutto per non farglielo vedere.» sorrise, calmo. «Tu sta' tranquillo».
«Quanto durerà?» domandò.
Il biondo chinò la testa di lato, come se il peso della bizzarra acconciatura sghemba che aveva gli stesse torcendo il collo. «Cosa?».
«Questo... per quanto tempo mi farà male?» chiese, confuso.
Lui gli fece girare la testa di lato, verso destra e cominciò a massaggiargli il collo con un batuffolo di cotone. «Dipende da te. Sei in uno stato pessimo, sembreresti anemico e probabilmente perderai i sensi subito. Ma farà male. Anche quando perderai i sensi il dolore si scaricherà in tutto il corpo, irradierà tutti i nervi e ti si gonfierà nelle vene... sarà un dolore incosciente e assurdo, atroce. Ma poi all'improvviso sparirà, forse gradualmente, forse tutto insieme. Varia da persona a persona».
«Stai parlando di giorni, eh?» sorrise.
«Minimo cinque.» annuì.
«Cinque giorni sono un sacco di tempo. Non è che morirò prima?» farfugliò.
Lui sorrise. «Non succederà: una volta che entra in circolo questo antidoto rigenera i tessuti e ricrea tutto quello che hai perso in questo periodo... starai bene, anche se per un po' dovrai riabituarti a camminare e a muoverti. Tutto quello che hai perso dal giorno in cui sei rimasto ferito ad oggi tornerà come prima,» si fermò, come per correggersi. «Tranne il braccio, forse quello ci metterà più tempo a rimettersi. Però sarà come un colpo di spugna».
«Lo spero bene.» ammise. «Come dici tu, sarebbe un peccato morire stupidamente proprio ora che lui ha trovato una cura».
«Stupidamente?» mugugnò.
«Tipo mi si ferma il cuore mentre grido dal dolore.» rispose. «Ne morirebbe anche lui».
«Già,» ammise Hisui. «Sembra proprio il tipo di persona...».
«Sì, è un po' stupido.» mormorò per poi sospirare a lungo. «Sono pronto.» disse con aria fatalista.
«Hai l'aria triste, come chi si avvia verso il patibolo.» mugugnò. «Ti assicuro che vivrai, non ti basta?».
«Lui...» cominciò a dire.
«Lo faremo riposare, tranquillo. E, no, non vedrà niente di tutto questo.» annuì.
Kurogane girò appena gli occhi verso di lui. «Come hai...».
«Come faccio a dire che volevi dirmi questo?» disse ancora, interrompendolo. «Semplice: hai l'aria di chi si preoccupa da morire per la persona che ama. Esistono persone così. Tu sei molto simile a lui».
«Lui? Il mago, dici?» domandò.
«Parlavo di Kokuyo, ma sì, anche.» annuì. «Anche simile a me, se è per questo».
«Comunque io non...» farfugliò, ma la puntura nel collo lo interruppe. Sentì chiaramente un liquido caldo spandersi per i suoi tessuti e strappargli il respiro. Gli aveva appena iniettato l'antidoto a tradimento nel bel mezzo di un discorso. Non avrebbe potuto difendersi. pensò.
«Vuoi forse negare i tuoi sentimenti?» mormorò.
Sospirò piano.
«Sei tutto rosso.» mugulò.
«Non posso neanche dire niente, ormai mi hai fatto 'sta puntura. Puoi tacere, grazie.» ringhiò. «Ho pure il fiato corto!».
«Va bene, avrai diritto di replica tra un po' di tempo, quando ti sentirai un po' meglio, che ne dici?» sorrise. «Pensa a qualcosa di buono, ti aiuterà».
«Ehi, erborista.» sibilò. «Se non vuole dormire, dì al tuo energumeno che gli do il permesso di dargli un pugno».
«Addirittura?» sbuffò.
«Sì.» annuì. «È testardo, eh».
«Sarà fatto.» disse. «Ora sta' tranquillo».
Kurogane si sistemò con la testa dritta sul cuscino. Non sembrava soffrire tanto, c'era solo qualcosa caldo che gli percorreva le vene, niente di più. Probabilmente neanche farà effetto. pensò.
Ma prima ancora di decidere come avrebbe salutato per sempre il mago, prima di decidere se l'avrebbe fatto oppure no, una fitta allucinante si irradiò dalla spalla fino alla punta dei piedi.
Aveva sofferto tanto in quei mesi in cui era stato a Nihon, ma mai niente di simile. Un gemito soffocato gli uscì dai denti.
Per un po' la sensazione fu costante. Il dolore era forte, ma stabile, non pulsava a più riprese. Era una lunga fitta che si protraeva e gli percorreva ogni cellula del suo corpo. Sentì chiaramente, o almeno pensò di sentire che il fegato gli si stava spappolando, che i reni erano costellati di aghi, che i polmoni ad ogni respiro si facevano sempre più piccoli. Sentì il suo stomaco tramutarsi in vetro e tagliare ogni cosa lì intorno.
Ma forse era tutto nella sua testa. Era già tutto arrivato alla sua testa. Giurò di sentire il cervello scappargli fuori dalle orecchie e poi tornare dentro a più riprese.
Se uno per curarsi doveva soffrire tanto, allora forse era meglio morire. Sì, sperò di morire.
Però poi nella sua testa  o proprio davanti agli occhi apparve il mago. E il dolore sparì di botto, come sparì l'atroce speranza di morire in fretta.
Pensa a qualcosa di buono. si ripeté.

Nel momento successivo, che forse fu dopo un'ora, non seppe dirlo con certezza, pensò che avrebbe preferito vivere anche soffrendo così terribilmente pur di non renderlo infelice.
Al dolore che era tornato ad essere forte appena il mago sparì dalla sua vista, seguì poi un periodo di estrema calma. Come se fosse stato trascinato in un limbo. Aveva le membra così pesanti che non riusciva neanche a pensare di muoversi, neanche era certo di respirare, era come se qualcuno gli avesse inchiodato le palpebre con forza: più tentava di aprirle, più si abbassavano. Ma aveva bisogno del mago, aveva bisogno di vederlo o almeno di sentire che c'era.
Poi sentì la sua voce lontana, così lontana da sembrare un ricordo, un rigurgito del passato.
«Kuro-rin?» lo chiamava.
Ebbe la chiara sensazione che gli stesse tenendo la mano, la mano sua, quella vera e non quella di latta che non sentiva niente. E, anche se quella mano lo teneva lì, si rese conto di essere già lontano, già oltre quel filo tra la vita e la morte su cui camminava da mesi.
Si sentì cadere, come quando si cade all'inizio dei sogni, ma lui stava cadendo in un pozzo profondo e antico quanto il mondo. Vide gli spiriti, quegli spiriti che tornano per il bon nei paesi natali a far visita alle persone che hanno amato o a infestare i cimiteri, che lo trascinavano giù. Urlò, gridò, ma dalla sua gola non uscì parola alcuna. Chiamò il mago col suo nome, con quello con cui nessuno l'aveva chiamato per anni. Ma non sentì alcuna risposta. Così chiamò più forte, ma la voce non uscì e le anime dei defunti lo spingevano ancora più giù. Vide il buio annichilire piano quell'ultima luce lì sopra il pozzo.
Poi gli uscì fuori un lungo respiro, come se fosse il lungo e antico respiro del tempo, e tutto perse di consistenza. Gli spiriti l'abbandonarono in fondo al pozzo e un calore strano l'avvolse, come se le porte degli inferi lo stessero accogliendo. Un altro lungo respiro, l'ultimo respiro che veniva dal cuore antico del mondo.
Pensa a qualcosa di buono, al mago. Al mago. si disse ancora.
E niente più.


Fay era lì, accanto a Kurogane che gli teneva la mano. Non aveva chiuso occhio, neanche per un istante. Neanche per battere le palpebre, tra un po'.
Giorni. Da giorni era lì, senza muoversi, sembrava un'esile statua, un manichino immobile accanto a un corpo morto.  Stava lì, muto, che aspettava.
Kurogane aveva la mano fredda. Più fredda delle sue, che normalmente erano ghiacciate.
Sembrava un morto. Se non avesse visto il suo petto alzarsi e riabbassarsi più volte piano piano e faticosamente, non ne avrebbe avuto dubbi.
Era ancora vivo. Lo constatava continuamente, con gli occhi velati. Li abbassava e osservava le pinne nasali del ninja muoversi appena.
Non aveva parlato più. Tanto che Hisui si era domandato più volte se fosse uscito del tutto di testa. Avevano anche provato a farlo dormire, ma non c'era stato verso. Era come se fosse in qualche modo refrattario a ogni tipo di sonnifero e, oltretutto, non ne voleva sapere di mangiare.
Kurogane, dal canto suo, aveva sofferto solo per la prima parte del primo giorno di trattamento e poi, quando aveva tirato un lungo respiro, come se fosse il suo ultimo respiro, tutto il dolore di colpo sembrò sparire. Ed era strano, in effetti: il dolore non sparisce mica così, non durante un trattamento che sulla carta è doloroso e sfiancante.
L'unica cosa che era rimasta congrua alla sofferenza che aveva provato fino a poco prima dell'iniezione dell'antidoto era l'affanno. Aveva un respiro debole e roco che gli graffiava continuamente la gola, dalla sua bocca aperta usciva un suono sordo come strozzato ogni volta che esalava, ma era solo questo. In effetti, ogni tanto gli scappava un leggero gemito, ma nulla di lontanamente riconducibile agli altri avvelenati.
«Soffre molto.» disse a Kokuyo che stava lì, in un angolo della stanza.
Fu un qualcosa di tanto improvviso che nessuno dei due ospiti fu certo di aver sentito bene.
A quelle parole, Kokuyo ghignò. «È forte, però. La gente che abbiamo visto ridotta in quello stato impazziva dal dolore... Lui, dopo il primo giorno, ha smesso di gridare».
«Kokuyo!» lo riprese subito Hisui, che era poco lontano dal letto in cui Kurogane riposava, intento a sistemare dei libri su uno scaffale.
«È giusto che sappia.» mormorò, senza scomporsi neppure. «Neanche i sonniferi hanno fatto effetto, è bene che sappia. Perché tra un po' potrebbe diventare più forte il dolore e lui potrebbe soffrire di più. Deve saperlo. Il tunnel è più stretto e tortuoso quando ormai è vicina l'uscita».
Fay sorrise. «Non dovreste preoccuparvi per me, io vi ho già dato... tanti grattacapi, ecco.» annuì. «Lui è forte, io lo so che se la caverà. Ma certo, anche con tutti i sonniferi del mondo io non dormirò. Mi dispiace».
L'erborista lo guardò confuso.
«Dovresti provare a riposare, però...» sussurrò Kokuyo. «È per il tuo bene che lo diciamo, naturalmente».
Il mago si ammutolì.
«Seriamente, Fay... per lo meno, mangia qualcosa.» mormorò Hisui.
Lui riprese a guardare il viso di Kurogane senza fiatare.
«Senti... almeno prova a stenderti un po' sul letto.» mugugnò.
«Non sto facendo niente.» disse piano. «Sto riposando, non sto usando la magia... sto solo qui con lui. Lui è stato al mio fianco quando... insomma, lui c'è sempre stato per me. Pure col broncio, c'è sempre stato. Sono scappato troppe volte, adesso tocca a me stare qui, adesso devo almeno stare al suo fianco. È il minimo che io possa fare.» sussurrò.
«È perché ti ha chiamato, l'altro giorno? È perché ha usato il tuo nome?» domandò Kokuyo.
Fay lo guardò per un istante e poi abbassò di nuovo lo sguardo.
«Colpito e affondato.» sibilò il moro coprendosi l'occhio più chiaro con la mano.
«Kokuyo!» lo richiamò ancora l'altro, come si fa coi cani testardi, lui lo teneva per bene al guinzaglio.
«Che c'è? È la verità! È perché non ti ha mai chiamato per nome o con quel nome, mh?» replicò.
Fay scrollò le spalle. «Più che altro è che da quando sono qui accanto sembra soffrire di meno, ecco tutto».
«È solo autosuggestione.» mormorò il moro, seccamente.
«Kokuyo.» lo riprese ancora con tono perentorio Hisui.
«Uffa, non posso dire niente!» si lamentò a mezza voce.
L'erborista chinò la testa di lato. «No, devi solo essere più delicato».
«Oh, non tutti siamo in grado di edulcorare le cose come fai tu, eh!» brontolò, appena alterato. «Senti, vogliamo solo il tuo bene... e poi, magari, riposare un po' ti permetterà di essere più in forze quando il dolore sarà più forte.» annuì poi, sempre austero.
Il mago sospirò. «Non credo riuscirei a riposare comunque».
Hisui sospirò e si andò a sedere sul letto, accanto a Kurogane, in maniera da poter guardare in faccia Fay senza dover fare salti mortali. «Lui mi ha chiesto di fare di tutto per farti riposare».
«In che senso?» sussurrò alzando appena lo sguardo.
«Di tutto. Non vuole che tu stia troppo in pena.» disse Kokuyo, alzandosi in piedi.
«Ma...» cominciò a dire.
«Noi non vogliamo costringerti,» lo interruppe subito l'erborista. «L'importante è che un po' ti riposi anche tu, so che è difficile dormire sapendo che lui soffre, ma almeno ti troverà in forze quando si sveglierà».
«Capisco.» annuì il mago a testa bassa. E se non si svegliasse? questa domanda gli girava in testa da giorni ormai. Lui neanche aveva avuto modo di dirgli niente, neppure un saluto. E ogni volta che rimbalzava da una parte all'altra della sua testa, era come se qualcuno stesse lì a piantargli un chiodo nella carne, un chiodo alla volta, con un colpo secco in maniera tale da far male subito tutto insieme.
«È che lui ancora pensa che non si sveglierà. Mica si fida. È semplicemente lo stesso discorso dell'altra volta.» borbottò Kokuyo intendendo quello che il mago andava pensando.
«Davvero?» farfugliò Hisui un po' piccato nell'intimo.
Fay guardò Kokuyo a lungo. «Come... come puoi dire questo?».
«Come posso dire cosa pensi?» sussurrò.
L'erborista sorrise e fece l'occhiolino all'altro che ghignò appena. «Perché siamo speciali».
«Tu pensi questo perché l'altra volta ha smesso di respirare.» bofonchiò Kokuyo, tornando al discorso principale.
Eh, sì, Kurogane proprio poco dopo che l'antidoto prese a girargli in corpo, aveva tirato un lungo respiro e il suo cuore per un istante aveva smesso di battere. Prima, poco prima, aveva chiamato per nome il mago, con la voce soffocata, come a chiamare aiuto.
Un po' era normale che non si fidasse, suvvia.
«Beh... posso capirlo.» disse l'erborista. «Mi sa che puoi capirlo anche tu, Kokuyo, no?».
«Sì.» ammise il moro restando ancora in piedi a braccia conserte dietro il mago. «Però, devi provare a riposare, puoi non fidarti di noi...».
«Non è che non mi fido di voi! Lui è stanco. Lo sarei anche io... voglio dire ha lottato per... per mesi.» sospirò.
«Questo è debilitante, ma anche tu non hai fatto altro per questi mesi, no?» disse Hisui nel chiaro intento di farlo ragionare.
«Proverò a riposare.» sospirò.
«Molto bene, molto bene.» rispose Hisui alzandosi dalla sua seduta. «Devo andare a fare provviste, ti lascio con Kokuyo».
«Chiama se ti serve una mano...» mugugnò il moro accompagnandolo alla porta.
Fay sentì il bisogno di guardare Kurogane ancora di più, più a lungo. Voleva lasciar loro quel po' di intimità che si meritavano, d'altronde era da giorni che stavano lì, che occupavano la loro stanza e che disturbavano la loro quiete.
Ma guardare Kurogane così a lungo, avendo solo pensieri pesanti nella testa, certo non poteva tranquillizzarlo. Aveva il volto scavato, pallido, le labbra bluastre e delle occhiaie così profonde da far invidia a un cadavere. Sì, sembrava proprio un morto. Fortuna che respirava ancora.
«A cosa pensi?» domandò Kokuyo, la voce vibrante e profonda.
«A nulla.» disse.
«Impossibile.» sussurrò quello, piuttosto divertito dalle smorfie che lui faceva.
«Come impossibile?» borbottò.
«Sono abbastanza sicuro che tu stia pensando a qualcosa.» rispose. «Vuoi che indovini?».
In quei giorni, era nata una strana complicità, strana per uno come lui. Sembrava che quelle persone le conoscesse da tempo, da un tempo antico e nascosto. Eppure era certo di non essere mai arrivato in quel mondo, prima. Forse somigliavano a persone già incontrate ma... strano, molto strano. E poi davvero sembravano accorgersi di qualsiasi cosa, di qualsiasi cosa passava nella sua testa. Era quasi inquietante.
«Devi conoscermi bene, eh?».
«È che un po' somigli a Hisui. Sei il tipo di persona che si affeziona facilmente, ma più passa il tempo, più il sentimento diventa sincero.» mugugnò. «Ci stavo pensando anche prima... ho anche pensato di darti un pugno, come ha suggerito l'amico tuo, per farti dormire, ma poi Hisui mi avrebbe ammazzato...».
«Vi ha suggerito di prendermi a pugni?» domandò appena sconcertato.
«Solo per farti perdere i sensi, nulla di più.» disse.
Fay sbuffò con un mezzo sorriso. «Sì, in effetti potrebbe essere un ragionamento da lui...».
«Cosa pensi di fare quando starà meglio?» chiese Kokuyo tornando a sedersi sulla poltrona dov'era prima.
«Penso che riprenderò a viaggiare. Con gli altri.» annuì. «Certo, come hai detto tu non posso esagerare con la mia magia, sennò morirò giovane... diciamo».
Quello incrociò le braccia. «Ma lui non verrà con te, eh?».
Sì, evidentemente sapeva leggere nella testa altrui oppure era decisamente troppo empatico. Aveva intuito al volo che lui non avrebbe permesso a Kurogane di ripartire, di rischiare ancora una volta la vita.
Lo guardò. «La sai davvero troppo lunga, signor Kokuyo».
Quello sogghignò e per un istante sembrò un demone. «Dici?».
«Comunque, lo accompagnerò nel suo mondo, appena starà bene.» sorrise, con uno di quei suoi soliti sorrisi cordiali, di circostanza.
Kokuyo strinse le labbra. «Credi che gli andrà bene?».
«Ha rischiato di morire.» rispose distrattamente. «Dovrà andargli bene, per forza».
«Hai detto tu che è un guerriero.» gli rammentò.
Il mago socchiuse gli occhi. «Sì, è vero».
«I guerrieri sono pronti alla morte.» rispose. «Però, forse, se fossi sincero con lui... magari capirebbe».
«In che senso “sincero”?» domandò.
Kokuyo ghignò ancora. «Oh, andiamo! Sai a cosa mi riferisco».
«Non... avrei niente da dirgli.» sospirò.
«Come niente? Ti sei girato tutte le dimensioni per trovargli una cura...» sussurrò. «Penso sia implicito che tu provi qualcosa per lui, no?».
Fay spostò lo sguardo su Kurogane. Un debole sorriso gli si disegnò sulle labbra e si sentì subito fragile, svuotato e nudo allo stesso tempo, inghiottì quel sorriso e ne sciorinò un altro, uno di quelli che costringeva sul suo volto all'inizio del viaggio. Sì, quel Kokuyo la sapeva fin troppo lunga per i gusti suoi. «Merita qualcosa di meglio».
«Di cosa?» farfugliò.
«Di me, ovviamente.» annuì.
«Come fai a dirlo?» sussurrò.
«Io sono un treno deragliato, signor Kokuyo.» rispose, ma stavolta non riuscì a cancellare quel sorrisetto debole dalle labbra. «Lui deve avere una famiglia... lui la merita una famiglia, merita qualcuno che lo ami e...».
«Perché tu non lo ami?» sussurrò.
«Non... non c'entra questo, che io lo ami o meno non è... non è importante. Vorrà dei figli un giorno.» mugugnò. «E io sono un uomo e non c'è modo di dargli un figlio».
«E con questo? Due uomini possono amarsi molto a lungo, guarda me e Hisui... stiamo insieme da una vita, mh?» replicò. «E poi─» s'interruppe di botto. «Ti va del tè?».
Fay lo guardò con aria contrita. «Come mai hai cambiato discorso?».
«Non lo so, è che sto pensando.» annuì.
«A cosa?» domandò.
«Alla vita, al destino.» rispose.
«Un uomo grande e grosso come te che dice queste cose...» mormorò.
Kokuyo sorrise. «Pensavo anche al tempo».
«Il tempo è inconsistente per chi viaggia da un mondo all'altro.» rispose. «Il tempo è... vario».
Il padrone di casa sorrise. «Già. Ma non è bello stabilirsi in un posto? Pensa a lui, se lo lasciassi nel suo mondo la sua vita avanzerebbe al passo del suo mondo...».
«Com'è giusto che sia...» mormorò. «Come dovrebbero fare tutti».
«Sì, questo è vero. Ma magari lui non vuole questo. L'avventura è il pane di un guerriero.» sussurrò.
«Potrà fare il guerriero anche nel suo mondo. Non incorrerà in pericoli inquietanti, non resterà avvelenato da una pianta assassina introvabile...» replicò alterato. «Il suo mondo lui lo conosce... e i medici lì sanno come occuparsi di lui, solo questo».
«Mh... lo vuoi il tè?» domandò.
«Stavolta non vuoi dirmi quello che pensi?» mugolò il mago.
Scosse il capo. «È che quello che penso è ben diverso da quello che vuoi fare tu. Dovresti dirgli perché pensi queste cose. E, parliamoci chiaro, non è solo per il suo bene. È per proteggere chi ami. E forse per proteggere anche te stesso e il tuo cuore. Ma lui ti chiederà se andrai a trovarlo, e tu non saprai che rispondere.» replicò avviandosi in cucina.
Fay si sentì obbligato a seguirlo.
«E lui somiglia a me, si altererà.» annuì aprendo l'acqua nel rubinetto. «Non vorrà certo lasciarti andare, non vorrà certo restare nel suo paese mentre tu vai in giro, no? E poi, parliamoci chiaro, tu non tornerai a trovarlo».
Colpito e affondato. Meglio cambiare discorso. «Lui ama il suo paese. A lui piace stare lì.» bofonchiò, come ad accampare una scusa. «E poi...» s'interruppe proprio al momento giusto.
«Pensi che lui non provi niente per te?» sussurrò riempiendo una teiera.
«Dovresti smettere di fare questo.» sospirò il mago.
«Tu hai paura di appartenere a lui.» mugugnò.
«Appartenere?» farfugliò.
Kokuyo mise sul piano d'ardesia della stufa la teiera di ceramica blu. «Eh... sì, è il mio... mh, gioco con Hisui? Diciamo.» bofonchiò confusamente. «Quando lo vidi capii che sarebbe stato mio per sempre, così glielo domandai e lui accettò».
Sospirò. «Fu semplice?».
«Beh, abbiamo attraversato i nostri alti e bassi.» sorrise coprendosi l'occhio più chiaro con le dita. «Lui si è tagliato un braccio per te e tu hai rischiato di morire. Tu hai rischiato di restare intrappolato nella tua stessa magia per lui».
Fay chinò la testa di lato. «Che hai fatto all'occhio?».
«Affari miei.» rispose ammiccando.
«Oh, non vale mica così! Tu entri nella mia testa e ti fai i beati affari dei miei pensieri...» mugugnò. «Almeno raccontami un po'... un'informazione per un'altra».
«È l'orecchino che lui porta... il mio occhio è un pegno d'amore per lui. Il mio orecchino lo protegge. Cioè l'orecchino fatto col mio occhio, va beh, è una cosa complicata. Tra la mia gente si usa così.» annuì. «Io e il tuo amico siamo molto simili, ne parlavo giusto ieri con Hisui...».
«Ah.» fece, con aria poco convinta.
«Che c'è?» mugugnò recuperando due tazze col manico a forma di gatto.
Fay scosse il capo. «Nulla, nulla».
«Stai pensando che sono strano. Anzi, per l'esattezza “di gente strana è pieno l'universo!”.» mugugnò.
«No, veramente pensavo che è una cosa tenera. Certo un po' strana, ma...» farfugliò.
«Lui si è tagliato un braccio per te.» replicò Kokuyo.
«Sì, ma è diverso: io il suo braccio non lo porto certo all'orecchio.» mormorò.
«Anche questo è vero.» mugugnò.
La teiera cominciò a fischiare e il padrone di casa la prese senza troppe cerimonie e cominciò a miscelare il tè.
«Yui».
Il mago sentì una voce chiamarlo da lontano, debole e soffocata.
Un brivido tiepido gli si arrampicò lungo la schiena.
No, non di nuovo.

Kurogane aprì gli occhi confuso e leggero insieme. Era strano: non si svegliava così, da mesi e d'altra parte sembrava che si fosse svegliato dopo un sonno lungo mille anni. Tutte le articolazioni sembravano molli, come se fossero state sciolte nel burro, la testa gli girava, gli occhi gli facevano male, però il respiro era leggero, come se avesse inalato menta ed eucalipto cotti nell'acqua bollente.
Sentiva le voci del mago e di quell'altro tale provenire ovattate alle sue orecchie. Così lo chiamò. Ma non ottenne alcuna risposta.
Provò a tirarsi su a sedere, il suo braccio scattò a sorreggerlo. Quello che non riusciva a muovere granché da un po' sembrava tornato come nuovo. Funzionava, magari tirava un po' e le dita gli prudevano, ma funzionava. Si era ripreso. Si era ripreso del tutto.
Con un gesto fluido riuscì a tirarsi in piedi. Chiamò di nuovo il mago che lo ignorò ancora, continuava a parlare con quel Kokuyo.
Mosse un paio di passi. Era strano, non si sentiva così da talmente tanto tempo che era quasi come se il suo stesso corpo non gli appartenesse più.
Il mago era di spalle. Il discorso che stava intrattenendo con Kokuyo contemplava un braccio, un orecchino e un occhio, piuttosto assurdo.
Allora lo chiamò più forte. Da una minima distanza, pure se la teiera aveva cominciato a fischiare, l'avrebbe sentito.
Il mago si voltò di botto, agghiacciato. Beh, in effetti l'aveva chiamato per nome, con quel suo nome che l'idiota stesso disconosceva, proprio lui che non l'aveva mai chiamato per nome.
Sembrò vacillare all'improvviso e poi gli rivolse un'espressione che non gli aveva mai visto prima. Mai.
Il mago stava sorridendo, gli occhi luccicavano, pieni di lacrime. Si sarebbe messo a piangere di lì a poco.
«Ciao.» sussurrò.
«Sei─Sei in piedi!» farfugliò. «Sei in piedi! Sei in piedi!» ripeté poi avvicinandosi.
«Sì, ti avrò chiamato una decina di volte ma non mi hai sentito...» mormorò. «Eri occupato.» grugnì puntando gli occhi su Kokuyo.
«Forse─Forse devi tornare a letto, Kuro-rin.» mugugnò sorridendo.
Gli era un po' mancato il modo assurdo in cui il mago lo chiamava, qualcosa gli tremolò sulle labbra. Tipo un sorriso. In effetti l'aveva chiamato così altre volte, pure durante la malattia, ma mai a cuor leggero, mai così sollevato.
«Sto bene,» rispose con calma. «Tu hai l'aria piuttosto stanca, invece.» brontolò poggiandogli una mano sulla testa.
«Ma no, sto bene anche io.» sussurrò.
Kurogane sbuffò e, un po' a malincuore, scollò gli occhi dall'idiota che aveva decisamente un'aria sbattuta e malconcia e fissò Kokuyo. «Grazie dell'aiuto».
«Figurati, ha fatto tutto lui.» annuì quello dando una pacca sulla spalla al mago.
Kurogane tornò a fissare il mago.
«Che c'è?» domandò.
Lui sorrise appena. «Stai bene?».
«Dovrei essere io a chiederlo a te, Kuro-rin.» sorrise.
«Mi sento solo un po' rimbambito, ma sto bene.» disse.
«È normale.» mormorò Kokuyo. «È normale sentirsi un po' spossati, sei stato a letto due intere settimane».
«Addirittura?» domandò.
Il mago annuì a testa bassa.
«Però tu non hai risposto, mago, sicuro di stare bene?» bofonchiò. No, certo non è che fosse nel pieno delle forze, era palliduccio e malconcio. Ma tanto non aspettava che una bugia.
«Sei sveglio, sei in piedi... non potrei stare meglio!» replicò cinguettando e sorridendo insieme.
Il ninja non disse altro, gli andava bene come bugia, dopotutto. «Avrei bisogno di usare il bagno.» mugugnò.
«Bene, ti accompagno.» annuì il padrone di casa.
Kurogane  arruffò i capelli color del grano del mago. «Sto bene, okay? Vatti a sedere un po', mh? Torno subito da te».
«Sta' tranquillo, ti abbiamo detto che si sarebbe ripreso del tutto.» farfugliò Kokuyo, per poi sorridergli. «Versati un po' di tè, mentre gli mostro dov'è il bagno».
Kurogane seguì il padrone di casa indisturbato, senza che il mago potesse dirgli niente.
«Lui sta bene.» disse, poi, Kokuyo sottovoce come a fargli una confidenza. «È debilitato, ha riposato poco, ma sta bene».
«Non siete riusciti a farlo dormire in due settimane?» brontolò.
«Eh... non ha proprio usato la magia, comunque... quindi la situazione si è un po' stabilizzata.» replicò.
«Ma non è pronto a ripartire.» mugugnò. Tutta questa storia doveva farsela spiegare bene, ma magari dopo aver espletato i suoi bisogni fisiologici.
«Non ancora, cos'è? Hai fretta?» domandò sogghignando.
Lui scosse la testa, fermandosi davanti a una porta di legno con sopra questa piccola insegna merlettata verde con scritto in chiare lettere che si trattava del bagno. Come se uno in casa sua mettesse qualcosa del genere, gente strana. «No, non ho fretta. È solo che ha l'aria stanca e vorrei riposasse, ma non vorrei impormi ancora a casa vostra, del resto siamo ospiti. E tu e il tuo biondino forse vorreste starvene da soli».
«Ah, ma non scherziamo, io e lui abbiamo un sacco di tempo da passare insieme. Se ci importunaste ve l'avrei fatto notare. Sono come te io: prima agisco, poi penso.» replicò.
«L'ha detto anche il tuo amico.» farfugliò, prima di voltarsi a fissare di taglio il mago. Stava in piedi, di spalle, ad armeggiare con la teiera. «Comunque... è stato tanto in pena?» mormorò.
«Secondo te?» sibilò.
«Ovviamente.» annuì. «Non ha lasciato mai il mio capezzale, giusto?» sussurrò.
Lui sorrise, con un ghigno cupo. «L'hai fatto anche tu per lui, no?».
«Che c'entra? Io mica stavo male, io mica avevo viaggiato tanto da solo, mica avevo usato tutta quella magia, mica avevo un taglio sul collo... Lui...» sussurrò guardandolo ancora, ora stava girando il cucchiaino nella tazza.
Sorrise. «Io raggiungerò Hisui tra un po', è andato a fare scorte di erbe e magari gli serve una mano. Vi lascio soli, così voi due parlate un po'... trattalo bene».
«Mh.» mugugnò. «Chissà perché passa questa idea che io sono una specie di persona orribile che bistratta proprio lui...».
«Perché sembri proprio un orso.» annuì. «O uno di quei cani grandi e grossi, neri neri, con l'aria da cane da guardia cattivo».
«Ohi, prova a ripeterlo!» brontolò.
Kokuyo sogghignò divertito. «Non offenderti, lui ha fatto questa tua descrizione con un'aria talmente intenerita in viso».
Tieniti il tuo di biondino. ringhiò piano, senza dire nulla. «Lui dice un sacco di cavolate».
«Puoi andare in bagno. Lo scarico è un po' difettoso... devi girare la manopola accanto al lavandino per scaricare, senso antiorario apri senso orario chiudi.» mormorò telegrafico. «E se vuoi fare anche una doccia, dovrebbero esserci dei miei panni sulla lavasciuga e sullo scaffale accanto alla doccia prendili pure».
Kurogane non sapeva bene cosa avesse detto, troppe informazioni tutte insieme e lui si era appena svegliato da un sonno lungo almeno due settimane, e da uno stato non particolarmente buono lungo mesi. Si infilò di fretta in bagno. Ne aveva visti di bagni strani nel lungo viaggio che avevano fatto, ma non gli interessava ora.
Dopo aver espletato i suoi bisogni fisiologici, come se non ne avesse espletato neanche mezzo nei giorni precedenti, tanto che si domandò come avesse fatto, combatté per un po' con lo scarico e poi si infilò sotto l'acqua della doccia. Una volta uscito e asciugato si guardò appena allo specchio: non era per niente sciupato il suo viso e si vedeva il segno della ferita lungo la spalla destra, ma almeno era una cicatrice asciutta, anche se ben visibile. Poi prese i vestiti di quel Kokuyo e tornò nell'altra stanza.
Il mago stava ancora lì. Da solo, in piedi e con la schiena poggiata contro il muro, una tazza tra le mani. Aveva lo sguardo assente, gli occhi cerchiati e l'aria stanca.
Il ninja si sedette sul letto. «Vieni, siediti, non stare in piedi».
L'idiota eseguì l'ordine, mansueto, si accomodò lì, davanti a lui su quella che aveva l'aria di essere stata la sua seduta per tutti quei giorni.
Kurogane gli poggiò pesantemente la mano sulla testa. «Hai mantenuto la promessa.» disse con calma. «Sei stato bravo».
Lui sorrise, alzando gli occhi verso di lui. «Ce l'ho fatta, sì».
«Sono fiero di te, sei stato bravo.» annuì. «Mi hai salvato la vita.» ripeté.
«Kokuyo è uscito.» disse frettolosamente.
Lui annuì. «Lo so. Me l'ha detto».
«Quando torneranno, potremmo partire, che ne dici? Non li ripagherò mai abbastanza.» sussurrò.
Kurogane strinse le labbra. Quel tipo, anche se con una certa perifrasi, aveva detto che non sarebbe stato in grado di partire o di viaggiare senza rischi, meglio temporeggiare. «Possiamo ripagarli, prima di ripartire, che ne dici?».
«Ma i ragazzi?» cercò di dire.
«Stanno bene, no? Li hai contattati? Contattali. Noi dovremmo ripagare gli erboristi, hai ragione.» rispose. «Riesci a contattare i ragazzi, così diciamo a tutti che stiamo bene?» sussurrò. «Pure Tomoyo, dico».
«Buona idea. E, sì, forse dovremmo provare a ripagarli, almeno in parte.» mugugnò rovistando nelle tasche della veste che gli aveva evidentemente dato quel signor Hisui.
Kurogane sperò che usare solo quel suo modo di comunicare infradimensionale non fosse troppo complicato o dispendioso.
«Ti stanno bene i vestiti di Kokuyo, sembra proprio che tu ti sia ripreso del tutto, Kuro-rin.» farfugliò il mago sorridendo anche se la voce gli tremava.
Il mago attivò la sfera e aspettò che qualcuno rispondesse.
Dalla sfera, si irradiò la proiezione della polpettina che inquadrava il ragazzo.
«Fay-san?» disse il moccioso poco convinto.
«Ciao Shaoran-kun e Moko-chan!» pigolò lui.
«Come stai Fay-san?» domandò la polpettina fuori campo.
«Tutto bene.» annuì.
«E hai notizie di Kurogane -san?» fece il ragazzo.
«Non mi vedono?» bofonchiò il ninja.
Lui sorrise. «Aspetta, forse non vedono neanche me.» mugugnò agitando la sfera. «Ora ci vedete?» domandò.
«Ma paparino!» cinguettò la polpettina saltellando, si vedeva anche lei, ora.
«Ciao.» disse il ninja.
«Wow! Sembri stare bene!» fece il ragazzo.
«È bello vedere che nessuno si fida di te, mago, eh?» disse, divertito.
Fay sorrise. «Tu ti sei fidato».
«Ma io sono io.» replicò poggiandogli di nuovo la mano sulla testa.
«Ci siete riusciti! È fantastico!» farfugliò il ragazzo.
«Voi come ve la cavate, ragazzi?» domandò il ninja.
«Benone.» annuì la polpettina.
«Subaru e Kamui?» chiese il mago.
«Sono compagni di viaggio migliori di noi due, scommetto!» disse Kurogane.
«Tutto bene. Stanno ancora viaggiando con noi, sono andati a far provviste.» mugugnò il ragazzo.
«Due vampiri che fanno provviste.» aggiunse la polpettina. «Tra poco ripartiamo, comunque».
«Appena saremo in grado di raggiungervi... viaggeremo tutti insieme.» farfugliò il ninja. «Fate attenzione!» si raccomandò.
Il mago s'era ammutolito.
«Ciao, e riguardatevi!» replicò Shaoran.
La comunicazione s'interruppe allora.
Kurogane l'osservò in silenzio: il mago sembrava sconvolto, distrutto, come se l'avessero colpito con una freccia infuocata al centro del petto.
Aspettò un po' che reagisse. Ma poi le parole gli sfuggirono dalle labbra. «Che cos'hai?».
«No, niente.» mugugnò.
«Non ti senti bene? Hai usato già la magia, magari la contattiamo un altro giorno Tomoyo, non preoccuparti».
«Non è questo. Volevo dirtelo tra un po'...» mormorò.
«Cosa?» domandò.
Il mago socchiuse gli occhi e si strinse nelle spalle.
Kurogane lo guardò a lungo, in silenzio. Cosa gli prendeva?
«Io─Io ti lascerò a Nihon... Tu non verrai con me e i ragazzi. Resterai a Nihon.» lo disse confusamente, con la voce che tremava, tanto che anche il respiro del ninja stesso sembrava più forte della sua voce.
«Scherzi?».
«No. No.» scosse il capo. «Volevo dirtelo tra un po'. Perché lo so che ti arrabbierai ma... è per il meglio, Kuro-rin».
Kurogane strinse le labbra. «Non puoi decidere per me».
«Hai...» sospirò. «Hai rischiato di morire!» obiettò.
Lui sorrise. Non si era ancora alterato. «Faccio il ninja: rischierei di morire anche stando a Nihon».
«Ma è diverso! Nihon è dove sei nato, conosci qualunque pericolo del tuo mondo... viaggiando rischieresti di nuovo e...» replicò.
Il ninja restò zitto. Stava scappando, di nuovo, come al solito, lo stava lasciando indietro.
Sospirò, scosse ancora il capo e si alzò di botto.
«Mago.» brontolò afferrandogli il polso, il suo braccio era scattato a fermarlo senza che neanche se ne accorgesse.
«Lasciami.» sibilò.
«Ti sei spaventato. Ma abbiamo detto che avremmo continuato a viaggiare.» sussurrò stringendo di più il suo polso. «Non puoi lasciarmi a Nihon».
«Lasciami, Kurogane.» ribadì.
«No. No, finché non ascolti anche me. Lo dico anche per te, non puoi viaggiare da solo.» ringhiò.
Il mago scosse il capo, la testa bassa gli occhi velati dalle lacrime. «Ma non sarò solo. Ci saranno i ragazzi. Tu─Tu sei adulto è─è ora che tu abbia una famiglia».
«Che diavolo c'entra questo adesso?» ringhiò. «E guardami quando dici queste cavolate».
«È che...» sospirò alzò per un secondo lo sguardo ma, pur di non guardare in faccia il ninja furente, tornò a guardarsi la punta delle babbucce che indossava. «Kurogane, io...».
«Zitto! Sta' zitto!» brontolò. «Non puoi decidere per me».
Il mago restò zitto e abbassò di più la testa. Aveva gli occhi sgranati e velati, come se si stesse per mettere a piangere inesorabilmente.
«Io... Mago, scusa.» sospirò lasciandogli il braccio. «Scusa, non volevo alterarmi...» mormorò, cosa del tutto fuori dall'ordinario per uno burbero come lui. «E io lo so che tu ti sei preoccupato, che hai avuto paura... Però...».
Lui sospirò di nuovo. «È per il tuo bene. Perché tu devi vivere...».
«Che ne sai qual è il mio bene?» sbuffò. «E se io volessi viaggiare con te?».
Sorrise. «Vuoi...».
«Sei il mio mago. E io non ti permetterò di viaggiare da solo o coi ragazzi. Non andrai da nessuna parte senza di me.» replicò. «E se vuoi lasciarmi a Nihon, tu resterai a Nihon con me.» ringhiò.
«Il tuo─». Fay non poteva credere alle sue orecchie e si vedeva dalla faccia che aveva fatto.
Kurogane neanche cercò di rimangiarsi quell'aggettivo di possesso, alle volte, sembrava proprio un bambino anche lui e poi ormai gli era sfuggito.
L'idiota scosse il capo, sospirando. «Non puoi dirmi così: io devo stare coi ragazzi».
Il ninja sbuffò. «Sì che posso! Io voglio stare─erh─voglio viaggiare ancora con te.» borbottò correggendosi proprio all'ultimo minuto.
«Ma a Nihon rischieresti ugualmente la vita, se questo è quello che vuoi. Ma lì possono curarti, se restassi ferito.» mormorò. «E poi tu ami il tuo paese».
«Che c'entra? Ho anche io una scala di priorità!» replicò. «E poi non è che ami così tanto farmi quasi ammazzare...».
Lui sospirò. «Il tuo paese è sempre stato in cima a... e comunque è quello che fai spesso, farti quasi ammazzare: e Tokyo, e quella volta a Celes... ora questo.» borbottò, ma evidentemente si ravvide subito, forse ancora gli bruciava quel certo senso di colpa che accompagnava ogni suo respiro.
«Ancora con questa storia?» grugnì il giapponese aggrottando un sopracciglio. «Primo non ho rischiato un bel niente a Tokyo quella volta, tu saresti morto altrimenti... e poi dovresti smetterla di pensare al mio maledetto braccio, anche in quel caso, tu saresti morto altrimenti.» replicò. «E la morte non si può cambiare, lo sai anche te, ma si può evitare di morire in maniera sconsiderata, no?» replicò.
Fay restò un attimo senza parole, poi scosse il capo.
«Che c'è?» domandò il ninja con calma, la voce calda e ferma.
Lui scosse il capo di nuovo. «Va beh, lasciamo perdere. Ne riparleremo».
Kurogane strinse le labbra, in quella classica smorfia da chi non è contento della situazione attuale ma non può fare altro che farsela andare bene. «D'accordo».
Per un istante tutto sembrò pesare addosso alle spalle del mago e il giapponese non seppe bene cosa fare o dire, cosa potesse farlo sentire un po' meglio. Sospirò.
Fay alzò il capo e lo guardò di sfuggita. «Ti senti bene?» domandò accarezzandogli la guancia, piano piano, con le mani fredde. Era un gesto estremamente affettuoso e sincero, non come le carezze che gli dava sulla testa dandogli del cagnolone.
«Sì. E tu?» domandò con calma, cercando ancora il tocco della sua mano. Cosa che non aveva mai fatto fino ad allora. Si riscoprì a pensare che, forse, Tomoyo aveva ragione.
Sospirò. «Sto bene, sì».
«Quel Kokuyo ha detto che non mi hai mai lasciato solo.» mormorò serio. Avrebbe voluto aggiungere altro ma voleva vedere se per una volta quell'idiota sarebbe stato sincero. 
Sorrise. «Non riuscivo a dormire... Volevo solo stare al tuo fianco».
«Dovevi dormire un po'.» sospirò. «Sei stato sciocco: hai l'aria davvero molto stanca».
Sorrise e si stropicciò gli occhi, un gesto che fece notare a Kurogane quanto fossero arrossati. «Volevo solo stare qui accanto a te».
«Sei scemo.» bofonchiò. «Non sarei andato da nessuna parte».
«Sì, ma... Sei stato così tanto male i primi giorni, mi hai chiamato come hai fatto prima e... Mi sono seduto qui. Il tuo cuore non batteva, non respiravi. Sembravi...» si fermò, sembrava davvero sconvolto. «Poi hai ripreso a respirare da solo.» aggiunse. «Ero così spaventato!» mormorò. «Poi... Quando mi sono seduto qui vicino, il dolore sembrava sparito. Stavi bene, pure se non aprivi gli occhi. Ho provato a chiamarti tante volte...».
Ah, allora forse era vero che era morto per qualche istante, aveva in effetti sentito di essere passato dall'altra parte, ma poi il mago l'aveva portato indietro. Non era un'allucinazione: il mago gli aveva in effetti parlato per un po', e non solo nella sua testa. Sorrise, calmo. Fay andava a salvarlo proprio nel momento del bisogno. Come al solito. «Ora sto bene».
Sospirò. «Lo so, ma...».
Fu Kurogane a sfiorargli la guancia, goffamente, stavolta.
«Che c'è?» mormorò Fay con gli occhi sgranati.
«Lo vuoi un abbraccio?» bofonchiò e solo dopo si accorse della cretinata pazzesca che aveva detto. Ma forse poteva farlo un po' rilassare e magari riusciva anche a farlo dormire un po', o a sfogarsi. D'altronde non era la prima volta che lo abbracciava e forse voleva anche lui stringersi quel cosino addosso. Chissà. Comunque, dura ammetterlo, ma Tomoyo aveva ragione.
«Cosa? Questo non è da te, Kuro-rin!» replicò lui.
E, sì, aveva ragione. Ma, ehi, al diavolo. Che problema c'era se lui voleva farlo un po' tranquillizzare. Ghignò. «Vieni qua, forza». In fondo era solo un abbraccio senza pretese
«Perché vuoi abbracciarmi?» farfugliò il mago, che prima sciorinava abbracci a destra e a manca ma dopo quel famoso bacio era cambiato.
Mh, sì, quel bacio. Kurogane sospirò e cacciò indietro quel pensiero. «Perché in realtà lo vuoi. E poi perché così senti il mio cuore, vieni.» disse tranquillo, senza neanche cercare una scusa migliore di quella che si aveva dato al suo orgoglio.
Fay sorrise. «Non credo sia necessario, Kuro-pippi».
«Vieni,» mugugnò. «Lasciati abbracciare e non rompere le scatole.» replicò. «Se ben ti ricordi ti ho portato in braccio parecchie volte, quindi stavolta non dovrebbe essere diverso».
Il mago sospirò.
Kurogane gli prese la tazza dalle mani e la poggiò sul comodino vicino al letto e poi lo tirò a sé, con un gesto poco gentile eppure carico di un qualcosa che non sapeva spiegare. Un qualcosa di naturale, come se fosse la sua stessa indole a spingerlo a stringerselo a sé. Si spinse la testa del mago sotto il collo e lo lasciò stretto tra le sue braccia così, per un po'.

Thump-tha-thump.
Era vivo.
Il cuore di Kurogane batteva. Risuonava lento e leggero come le gocce di una pioggia primaverile.
Non seppe bene quanto restò così, stretto a lui, pure se erano solo le braccia di Kurogane a unire i loro corpi, in silenzio a sentire solo la vita scorrere in ogni sua cellula. E il ninja stava zitto, l'abbracciava e basta. Mentre le spalle e tutti gli arti di Fay erano diventati come di burro, immobili e flosci insieme.
All'improvviso gli venne da piangere, tutto insieme, di botto, come se la fatica, tutto quel tempo passato a saltare da una dimensione all'altra, tutti i pericoli affrontati, tutta la magia utilizzata gli pesassero addosso solo ora, solo adesso, proprio ora che lui stava bene.
Tirò su col naso. Cercando di inghiottire le lacrime e con loro i pensieri che gli si annidavano nella testa. Idiota, era davvero un idiota, come diceva Kurogane, come poteva mettersi a piangere proprio ora? Proprio ora che camminava, che parlava e si muoveva come una persona sana, come se non fosse mai successo niente.
«Sfogati.» sussurrò lui, con la voce roca e tenera insieme. «Sfogati, forza».
Fay scosse il capo. «Sto bene, basta così, puoi lasciarmi ora».
Ma il moro non era proprio dello stesso avviso, si limitò a stringerlo ancora, più forte, tenendogli la mano destra tra i capelli e il braccio di latta a stringergli, ma non troppo, la vita.
«Mi fai piangere così...» mugugnò.
«E piangi, che problema c'è?» replicò. «Hai pianto tante altre volte per cose più stupide, sei proprio scemo, almeno stavolta sarebbero lacrime di gioia».
Si perse un singhiozzo. E poi un altro. Davvero bastava così poco per fargli aprire i rubinetti? Forse sì. «È che...».
«Sei sollevato, sei contento che sto bene. Lo so. Sono contento anche io. E, pensa, è tutto merito tuo. Senza di te, io non sarei qua.» mormorò. «È per questo che dovrei averti sempre intorno. Se mi lasci a Nihon...».
Lui alzò il capo. «Non dire sciocchezze, Kuro-tan».
«Perché no? È vero.» replicò. 
«Guarda che sei tu che mi hai salvato. Non il contrario.» borbottò.
«Oh, non mi dire che ti senti ancora in debito.» sbuffò.
«Può darsi.» mormorò.
Kurogane sbuffò un sospiro. «Ah, potrei arrabbiarmi, lo sai?» mugugnò tirandosi nuovamente la testa del mago sotto il collo. «Io ti ho salvato per lo stesso motivo per cui tu ti sei quasi ammazzato per cercarmi una cura... e sappiamo bene entrambi che non è solo per riconoscenza».
I singhiozzi che scappavano dalle labbra di Fay erano sempre più forti. Quanto ancora avrebbe mentito? «Tu sei importante per me.» disse a voce bassa, tra un singhiozzo e l'altro. Gli era sfuggito dalle labbra e ora non c'era più modo di rimangiarsi nulla.
Kurogane restò in silenzio. C'era solo il rumore del suo cuore e il caldo movimento del suo petto mentre respirava. Intanto Fay singhiozzava, tra le sue braccia. «Guarda che lo so, eh.» sussurrò piano, dopo un po'. «E non ti credere che per me sia diverso».
Fay alzò la testa e lo guardò. «Che ti prende? Sei... sei strano, sei─».
«Ah, non cominciare. Tu ti sei quasi ammazzato per cercare di salvarmi e io sono strano...» borbottò. «Ti sei fatto in quattro per salvarmi, è chiaro che io sia importante per te.» replicò.
«Quindi anche quando ti sei tagliato il braccio...» cominciò a dire. «Ci avevi pensato bene?».
«Che c'entra, potevo lasciarti lì a morire?» domandò.
«Avresti potuto.» mugugnò.
«E tu lo stesso, ma non l'hai fatto.» mormorò. «E sei stato bravo, hai trovato un antidoto per me, e guardami adesso.» annuì. «Sei stato bravo».
«Per fortuna.» mugugnò a fatica, tra un singhiozzo e l'altro. Neanche se ne accorse che tremava.
«Non ci credevi neanche tu, eh?» mugugnò.
Lui scosse piano il capo, le spalle tremavano ad ogni singhiozzo. «Francamente? Pensavo solo a trovarti una cura ma... questo era proprio uno degli ultimi mondi possibili...» sospirò.
Kurogane gli scompigliò ancora i capelli. «Sei stato bravo, davvero.» ripeté. «Devi credere un po' più in te stesso, io non ho mai avuto dubbi».
«Però mi hai detto di smettere di cercare una cura per te.» mormorò.
«Perché ti sei massacrato,» rispose. «Guardati, peserai trenta chili... una folata di vento più forte ti farà volare via...» aggiunse. «Io lo dicevo per il tuo bene».
«E al tuo bene non ci pensi?» bofonchiò.
«Oh, ma senti chi parla!» replicò il ninja.
Gli sfuggì una mezza risata. «Scusami, sì. Comunque, mi sono calmato...» farfugliò continuando a singhiozzare.
«Certo, certo.» mugugnò quell'altro, continuando a tenerlo tra le braccia. «Sei stato bravo, lo sai? Sei stato davvero bravo».
Fay perse un singhiozzo più forte degli altri e finalmente riuscì a muovere le braccia e piano piano si strinse al ninja.
La schiena di Kurogane si irrigidì appena, ma non disse nulla, si limitò ancora ad abbracciarlo.

Non seppe bene quanto tempo stette lì a tenere il mago stretto contro di sé, Kurogane. Si accorse soltanto che, dopo aver pianto tutte le sue energie, lui si era addormentato. Si era finalmente concesso una bella dormita.
Kurogane l'aveva sistemato sul letto con una delicatezza degna di un buon padre di famiglia, gli aveva sistemato il cuscino e l'aveva coperto, rincalzando per bene le lenzuola e la coperta di lana.
«Sei stato bravo,» ripeté ancora una volta, poi, sedendosi lì accanto.
Il mago si mosse piano, lo notò appena, se ne accorse solo perché aveva cercato qualcosa nel letto e alla fine aveva solo trovato modo di appendersi alla sua casacca.
«Idiota.» disse piano, raccogliendo la sua mano e tenendola tra le sue. «Tanto non vado da nessuna parte».


















Ehilà!

Ringrazio chiunque sia arrivato fin qui, mi dispiace di aver pubblicato questo capitolo a così grande distanza dai precedenti, ma spero vivamente di tornare a pubblicare quasi assiduamente (scrivo quasi perché sappiamo tutti che i miei tempi di aggiornamento sono simili ai tempi di percorrenza della Salerno/Reggio Calabria), comunque mi premurerò di rispondere alle recensioni dall'apposito tastino "rispondi alle recensioni", anche perché è passato talmente tanto tempo dall'ultimo aggiornamento che debbo per forza rileggerle e chiedere perdono a tutti i lettori uno per uno.
Grazie ancora dell'attenzione.

D.

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