Wanted - dead or alive -

di _4BadGirls_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Presidenza: Ely ***
Capitolo 3: *** Presidenza: Claud ***
Capitolo 4: *** Presidenza: Krissy ***
Capitolo 5: *** Get the pool party started ***
Capitolo 6: *** Presidenza: Asia ***
Capitolo 7: *** Ogni festa ha una fine ***
Capitolo 8: *** Parola d'ordine: Peluche! ***
Capitolo 9: *** No money, no party! ***
Capitolo 10: *** C'è divisa e divisa... eccome se c'è ***
Capitolo 11: *** La Push ... the best of... ***
Capitolo 12: *** Confessioni ***
Capitolo 13: *** Missione quadri e poster ***
Capitolo 14: *** Spin-Off Emmet ***
Capitolo 15: *** E' tutta una questione di gestione... ***



Capitolo 1
*** Intro ***


L’estate era ormai alle porte e già da qualche giorno il termometro sfiorava i 30 gradi.
Gli esperti avevano previsto che quello sarebbe stato un anno eccezionale e, incredibilmente, avevano avuto ragione; perfino a nord del piovoso stato di Washington il sole splendeva ininterrottamente da una settimana, nessuna nuvola era venuta a frapporsi fra i raggi di quella luminosa stella e gli abitanti della zona che così potevano beneficiare, una volta tanto, di un clima caldo e asciutto.
Anche gli studenti dell’Olympia High School si godevano il sole, ancora un paio di settimane e l’anno scolastico sarebbe finito, avrebbero finalmente potuto raggiungere le loro famiglie, andarsene nelle svariate proprietà e residenze estive che ognuno di loro possedeva e non pensare ad altro che a come vivere al massimo ogni giornata di vacanza.
Nonostante la fama di scuola esclusiva ad altissimo livello che l’Olympia HS si era guadagnata a suon di favori economici e pubblicità di convenienza, i genitori pagavano assegni a 5 zeri, due volte l’anno, per tutto ciò che in altre strutture del paese sarebbe stato solo il contorno e che qui, invece, era tutto: dormitori con camere singole enormi, arredate dai migliori designer e altamente personalizzabili, una piscina olimpionica coperta e una all’aperto, spa nel dormitorio femminile, palestra super-accessoriata in quello maschile, campi da tennis e da football, parco immenso, mensa con cucine di tutti i paesi del mondo, feste grandiose tutte le settimane, eventi mondani frequentissimi e una lista d’attesa chilometrica scalabile solo a colpi di guadagni milionari.
Gli studenti, ovviamente figli di famiglie ricchissime di tutti gli Stati Uniti, potevano fare praticamente tutto quello che volevano al suo interno a patto però di mantenere intatte le apparenze. E le B.A.D., nome di un piccolo gruppetto di dee che 4 ragazze formavano, le apparenze le avevano distrutte tutte, in una sola notte, senza troppi sforzi e forse in modo irrimediabile.
Asia, Claudia, Ely e Krissy, non erano certo delle comuni ragazze di 17 anni in quanto, oltre ad una straordinaria bellezza, possedevano menti davvero brillanti, un’astuzia e una determinazione che le avevano portate ad emergere e ad uscire vincitrici da ogni situazione.
Tuttavia questa volta sarebbe stato diverso, nemmeno le loro qualità avrebbero potuto modificare il corso degli eventi a cui la loro ultima bravata le stava conducendo. Nessuna avrebbe potuto indovinare quali enormi cambiamenti si sarebbero verificati nel loro prossimo futuro.


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Siamo 4 ragazze appassionate della Twilight saga che hanno deciso di scrivere una ff a 8 mani.
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Capitolo 2
*** Presidenza: Ely ***


Mentre aspettava nella sala d’attesa della presidenza Ely era totalmente concentrata su una questione della massima importanza: le sue unghie stavano bene con quel nuovo smalto trasparente coi riflessi glitter? Le guardava attentamente con la limetta in mano pronta a rimodellarle per dargli una perfetta forma tondeggiante. Alla fine giunse alla conclusione che meglio di così non potevano venire, diede un ultima occhiata soddisfatta alla sua opera, mise via la limetta e, lanciando una fuggevole occhiata alla segretaria, si accorse che la stava fissando con uno sguardo misto tra la disapprovazione e lo stupore.
Ely si alzò con un movimento fluido e aggraziato facendo svolazzare la corta gonna a pieghe e si avvicinò alla scrivania della segretaria
“Ci vuole ancora molto?” chiese con un lieve sorriso sapendo che questa domanda le avrebbe dato sui nervi
“Signorina Storm ” rispose stizzita “questo non è un parrucchiere ma la presidenza! La preside la riceverà appena è possibile quindi si sieda in maniera composta e attenda!” Una ciocca di capelli sfuggì alla rigida coda della segretaria e le fini sul naso mentre si agitava nel rispondere.
“D’accordo d’accordo non si agiti” rise tra sé e sé, fece per tornare a sedersi ma invece fece un piccolo salto e si sedette sulla scrivania della segretaria, accavallando le gambe e incrociando le braccia “Va bene così?”
La segreteria stava per scoppiare quando la gracchiante voce della preside dall’interfono disse che ora poteva farla entrare.
“Prego, vada pure ora” le disse la donna cercando di calmarsi, ma senza riuscirci del tutto.
“Grazie” rispose educatamente sfoggiando un grosso sorriso e dirigendosi verso l’ufficio chiudendo lentamente la porta dietro di sé.
“Si accomodi signorina Storm”
Ely si sedette composta, l’espressione seria in viso ma gli occhi erano vigili e scrutavano con accesa intensità la donna che sedeva dall’altra parte della scrivania. “Credo che lei sappia perché si trova qui” iniziò la preside, lasciando volutamente la frase in sospeso invitandola a continuare.
“Forse” rispose senza batter ciglio
“Bene allora le rinfrescherò la memoria: corruzione e circuizione del personale della scuola, violazione e uso improprio di spazi privati per non parlare del suo comportamento degli ultimi tempi…”
La preside continuava a parlare, elencando i numerosi episodi che la vedevano implicata, ma Ely non la ascoltava, più, d’altronde aveva sentito questa lagna un‘infinità di volte, la sua mente ora ritornava a qualche giorno prima quando era iniziato tutto…

“Pronto? Terra chiama Cla! Ma che hai che sei così pensierosa?” chiesi a Cla mentre ci godevamo un po’ di sole nel giardino della scuola nella pausa pranzo.
“Bè in realtà ho in mente qualcosa” ” mi disse sorridendo, con gli occhi che le brillavano a tal punto che io capii subito che sarebbe stato qualcosa di pericoloso ma soprattutto di molto, molto interessante. “Sai che ti avevo detto qualche giorno fa che avrei voluto organizzare una mega festa, magari in piscina”
“Si, e allora?”
“Bè non ti avevo specificato quale piscina avevo in mente…” mi osservò con un’aria da furbetta e i miei occhi si illuminarono intuendo cos’aveva in mente
“Qualcosa mi dice che la piscina alla quale stai pensando è in questo edificio”
“Indovinato” sorrise trionfante
“Sei un genio! Si si mi piace come idea!” risposti entusiasta
“C’è solo un problema…”
“Quale?”
“Bisognerebbe prendere in prestito le chiavi il prima possibile… sai per preparare tutto in tempo…” Rispose con aria da innocente e sapevo già dove voleva arrivare.
Avremmo potuto essere telepatiche tanto ci capivamo senza la necessità di parlarci davvero, era come se un filo invisibile legasse le nostre menti.
“Benissimo. Tu lascia fare a me: ci penso io!” le feci l’occhiolino “Ora se vuoi scusarmi, ho un piano da metter in atto”
Il rumore dei tacchi dei sandali risuonava ritmico nel corridoio vuoto. Mi ero attardata a scuola prendendo tempo e aspettando che tutti fossero usciti da quell’edificio per evitare di essere interrotta nella mia "missione". Mi diressi senza esitazione verso la stanza del custode, il signor Fallguy, era un uomo sulla quarantina, forse meno, aveva un bel viso dai lineamenti dolci e profondi occhi azzurri, di certo da giovane doveva essere stato un rubacuori. Era il custode della scuola ormai da 10 anni, svolgeva egregiamente il suo lavoro, non c'era mai niente fuori posto ed era un uomo serio e tutto d'un pezzo.
Tuttavia si sa l'uomo non è fatto di pietra e tutti hanno dei punti deboli, ero sicura di essere un tipo molto persuasivo, in genere non ci voleva molto per ottenere ciò che volevo e questa volta non sarebbe stato diverso, forse un po' più difficile ma la cosa rendeva tutto molto più interessante.
Arrivai davanti alla sua porta e bussai, non ricevendo alcuna risposta aprii da sola, non c'era nessuno lì e mi stavo già innervosendo perché questo significava dover girare per la scuola a cercarlo, ma quel giorno ero fortunata. Sentii infatti un rumore provenire dalla stanza adiacente, quella che veniva usata come ripostiglio e piccolo magazzino. Chiusi la porta dietro di me, assicurandomi di chiuderla a chiave, e mi avvicinai all'altra stanza fino a che non lo vidi intento a cercare qualcosa su uno scaffale nella sua solita tenuta da lavoro.
"Salve Signor Fallguy " dissi piano sorridendo
Lui fece uno scatto voltandosi spaventato "Oh signorina Storm non l'avevo sentita entrare" si ricompose dando una spolverata ai pantaloni "cosa posso fare per lei?"
"Ero venuta a prendere dei gessetti, nell'aula di inglese sono finiti e la professoressa ne voleva anche di colorati" sorridevo candidamente avvicinandomi lentamente a lui.
"Bene glieli prendo subito" mi disse allungando un braccio verso uno scaffale.
"Lasci stare faccio io" e così dicendo appoggiai una mano sul suo petto e mi sporsi verso l'ultimo scaffale aderendo quasi del tutto al suo corpo e mostrando una scollatura che non era certo casta e pura...
Le guance dell’uomo si fecero subito rosse e cercò di distogliere lo sguardo, purtroppo senza successo, cosicché mi ritrovai a fissarlo negli occhi da molto vicino.
"Grazie signor Fallguy " sussurrai con quel sorriso malizioso che non abbandonava mai il mio viso.
"P-prego" deglutì cercando di restare calmo, anche se era difficile visto che dietro di lui c'era il muro e davanti io che gli bloccavo la strada in quello stretto stanzino.
"In realtà avrei bisogno di un altro favore" ero ormai a una manciata di centimetri dal suo viso "ma non so se lei puoi aiutarmi" mi scostai un po' facendo l'espressione più sconsolata e innocente che potessi fare, mentre giocherellavo con uno dei bottoni della sua camicia.
"Ma no mi dica..se posso" il rossore sulle sue guance non accennava a diminuire così continuai.
"Bè avrei bisogno di un grosso favore, dovrei prendere in prestito le chiavi della scuola..." lasciai in sospeso la frase e osservai la sua reazione.
"Cosa? Mi scusi ma non è proprio possibile. Io.." posai un dito sulle sue labbra per interromperlo.
"Lasci che le spieghi, è davvero importante io e le mie amiche dobbiamo riunirci e non c'è posto migliore della scuola"
"Ma la preside… perché non le chiedete.."
"Ah quella noiosa della preside! Dice sempre no a tutto, nemmeno ascolta, è sempre no!" mi avvicinai ancora un po' appiccicandomi del tutto a lui, le mie mani sulle sue spalle "ma tu sei diverso, lo so e sono sicura che puoi farmi questo favore" appoggia le mie labbra sul suo collo e il suo respiro si fece affannoso "per me" altro bacio sul collo "che ne dici?"
"Io..."
"Avanti sarà il nostro piccolo segreto, te lo prometto" gli diedi un altro bacio, questa volta molto vicino alle labbra
"D-d'accordo" disse prendendo il mazzo di chiavi dalla tasca "ma non fate troppo casino ok?" esitante mi porse le chiavi.
"Certo! Non hai niente di cui preoccuparti" sorrisi felice come una bimba che ha appena ricevuto un nuovo gioco "e grazie… vedrai non mi dimenticherò di questo tuo piccolo favore" gli sfiorai la guancia con la mano e uscii facendo ondeggiare i capelli sul suo viso e lasciando una fragranza di vaniglia nella stanza.
Uscendo dalla scuola presi il mio cellulare e composi un numero
“Pronto?”
“Cla sono Ely, fammi i complimenti”
“Complimenti! Ehm per cosa? ”
“Grazie, grazie, bè problema location per la festa risolto…”
“Hai le chiavi?”
“Certo cara! Avevi dubbi??”
“Neanche uno! Ci sentiamo dopo allora, devo organizzare una festa!”


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Capitolo 3
*** Presidenza: Claud ***


Claud aspettava il suo turno, nella silenziosa sala di attesa della presidenza. Avevano fatto entrare Ely già da un pezzo e si stava chiedendo quando tutto questo sarebbe finito, per andarsene da quell’edificio noioso. Stava lì, in piedi, con le spalle appoggiate al muro, le braccia conserte e un piede davanti all’altro.
Sbuffò leggermente guardando l’orologio.
“Signorina Howl, può anche sedersi durante l’attesa” disse la segretaria, posizionata dietro la sua scrivania in legno scuro, senza neanche alzare lo sguardo.
Claud sollevò leggermente gli occhi, tenendo la testa bassa. Alzò un sopracciglio e disse
“No grazie, non vorrei sgualcire la gonnellina nuova.. Poi spero finisca al più presto questa tortura” La segretaria la guardò quasi sorpresa.
“Mi scusi se glielo chiedo, signorina, ma lei non si sente per nulla a disagio per il motivo della sua convocazione?” Claud si scostò dal muro e passandosi delicatamente una mano tra i capelli lisci e sciolti, rispose
“Mi scusi se glielo dico, signora, ma saranno le solite lamentele di sempre”
La segretaria assunse un’espressione quasi scandalizzata e continuò a fissarla con gli occhi sgranati.
Sembrava che i minuti non volessero proprio passare.. proprio oggi che Claud non voleva assolutamente perdere tempo.
Il passare dei secondi era scandito dal ticchettio provocato da un grande orologio rotondo sopra la testa della segretaria. Un rumore quasi ipnotico, sul quale Claud si concentrò pienamente.
Iniziò a muovere leggermente il piede a ritmo e sorrise. Il movimento passò, dal semplice accenno, ad essere più evidente e tutto questo sembrava infastidire la signora intenta a compilare moduli su moduli.
Claud notò immediatamente lo sguardo di disapprovazione sul volto della segretaria e probabilmente, proprio per divertimento, continuò incessante il suo movimento.
Come si divertiva.. Ancora non avevano capito dopo 3 anni in quella scuola, che Claud era fatta così? Più le si diceva di non fare una cosa, più lei la faceva.
Improvvisamente la segretaria sollevò lo sguardo sbattendo la penna sulla scrivania. Claud si fermò guardando altrove, nascondendo un sorriso beffardo sul volto.
“Signorina Howl, non siamo in una sala da ballo! Quindi le chiederei cortesemente di sedersi e aspettare!” La ragazza sbuffò rumorosamente e sedendosi disse
“Noiosa..”
Dopo pochi secondi, sentì il rumore della porta aprirsi. Si voltò di scatto e vide Ely uscire dalla stanza della preside con un sorriso rilassato sul volto, come se tutto quel tempo passato a sentire le lamentele della preside Beechenson, non l’avesse minimamente scalfita.
“Ora può entrare lei, signorina Howl” mi disse indicandomi la porta dell’ufficio.
Prima di entrare andai verso Ely e le stampai un bacio sulla guancia. Lei mi sorrise e disse
“Falle vedere chi sei piccola Claud!”
Infine entrai sorridendo soddisfatta.
Il volto della preside era come al solito serio e cupo. Senza dire nulla mi fece cenno di sedermi e mi sforzai per non opporre resistenza.
“Ora è il suo turno, signorina Howl”. Prese tra le mani un foglio e scuotendo la testa disse
“Proprio lei.. Una famiglia così per bene come la sua.. Non avrei mai immaginato che tutta questa faccenda potesse essere scaturita da una sua idea” Sfortunatamente per la preside quelle parole non provocarono in Claud imbarazzo, ma al contrario, un forte senso di soddisfazione.
“Ammette di essere stata lei a organizzare questa specie di.. festa?” disse la preside con occhi speranzosi.
“Tra i giovani queste feste vengono chiamate “Party”.. ma non mi aspetto che lei lo sappia” disse Claud con una tranquillità disarmante.
Il volto della preside rimase sconcertato.
“Una ragazza così dolce e carina come lei..” ripeté sospirando. Un sorriso segnò nuovamente il volto di Claud, pensando a quei giorni di preparazione.

…“Bisognerebbe prendere in prestito le chiavi il prima possibile… sai per preparare tutto in tempo…” Risposi con aria da innocente ed Ely sapeva già dove volevo arrivare. “Benissimo. Tu lascia fare a me: ci penso io!” mi fece l’occhiolino “Ora se vuoi scusarmi, ho un piano da metter in atto” …
Dopo la mia conversazione con Ely nel giardino della scuola, il primo grande problema era stato risolto: recuperare le chiavi della scuola e di conseguenza, le chiavi della piscina! Ero sicura che Ely sarebbe riuscita con pieno successo nella sua missione, quindi mi dedicai all’organizzazione del party.
Primissima cosa da fare.. avere più invitati possibili. Presi il mio cellulare e scrissi un messaggio da mandare a tutta la rubrica: “Sabato sera, super party alla piscina dell’Olympia high school! Non potete mancare! Vi faremo divertire.. bacio dalle vostre B.A.D.!”
Ormai eravamo più che famose a scuola per le nostre bravate. Ero sicura che tutti avrebbero voluto prendere parte, anche solo per cinque minuti, alla festa organizzata dalle ragazze più celebri della città di Olympia.
La voce si sparse così velocemente, che addirittura degli studenti mi fermarono anche lungo i corridoi per chiedermi disperatamente di poter partecipare alla festa. Matricole, ragazzi decisamente poco celebri e tutto il club della matematica, quasi mi supplicarono. Non me la sentivo di essere così crudele da negargli l’accesso. Quindi decisi di aprire le porte a chiunque volesse venire.
La seconda cosa fondamentale, immancabile in un nostro party, era sicuramente l’alcol. Come ormai tutti sapevano, non eravamo decisamente considerate delle “brave ragazze”.
Passai a rassegna ogni modo per poter recuperare una quantità discreta di alcol. Arrivai alla conclusione che la scelta migliore era fare riferimento alle scorte in cantina di casa Howl. Sicuramente mio padre non si sarebbe mai accorto di qualche bottiglia rubata tra gli innumerevoli scatoloni!
Come diceva sempre mia mamma “Meglio fare una bella scorta.. non sia mai che arrivi qualche ospite e non abbiamo nulla da offrire!”
Parole sante. Iniziai a pensare che le poche bottiglie prese da casa non potessero bastare, quindi, c’era un’ultima soluzione. Sicuramente rischiosa, ma assolutamente indispensabile.
Mi cambiai al volo, con abbigliamenti adatti per il mio intento e mi diressi verso la destinazione: l’Olympia Market. Attraversai le porte scorrevoli ed entrai facendo svolazzare i capelli.
Mi diressi immediatamente verso il reparto degli alcolici e riempii il carrello con numerose bottiglie. Arrivai davanti alla sfilza di casse e scelsi con cura la mia preda. Un commesso giovane, non oltre i 25 anni, stava contando i soldi in cassa. Mi avvicinai con uno dei miei sorrisi migliori.
“Ciao!” dissi cercando di attirare la sua attenzione. Lui sollevò lo sguardo e mi fissò per alcuni secondi. L’abbigliamento aveva fatto il suo dovere: una gonnellina corta nera e un top bianco avevano ipnotizzato il suo sguardo su di me.
“C-ciao..” rispose lui leggermente imbarazzato. Io guardai le numerose bottiglie nel carrello e sbuffando dissi
“Uff.. è davvero necessario mettere tutte le bottiglie sul rullo?” Lui si sollevò per osservare il carrello e con gli occhi sgranati disse
“Prendi tutte quelle bottiglie??”
Era arrivato il momento di agire..
“Perché.. è un problema?” chiesi, posando i gomiti sul carrello, facendo in modo che la mia discreta seconda misura di reggiseno si mostrasse senza vergogna. Lui abbassò lo sguardo e diventò paonazzo
“Scusami.. dovrei chiederti un documento.. sai non possiamo vendere alcolici ai minori”
“Certo.. non c’è problema” dissi fingendo di cercare nella borsetta. “Ops!” dissi posando una mano sulla bocca “Cavoli.. ho lasciato i documenti in macchina”
“Ah.. non potresti andare a prenderli per favore?” chiese lui schiarendosi la voce. Questo ragazzo era più tosto di quanto pensassi.
Questa volta mi voltai verso la sua postazione e con la voce più sensuale e dispiaciuta possibile dissi
“Devo proprio? Ho lasciato la macchina lontana e questi non aiutano” dissi sollevando una gamba e posizionando un piede con tanto di tacchi sul carrello (I miei anni di danza hanno aiutato a sviluppare un’elasticità non indifferente), lasciando trasparire l’intimo sotto la gonna.
Il cassiere rimase a bocca aperta. Posai la gamba a terra e continuai la mia scenetta.
“Come ti chiami?” chiesi arrotolando un ciuffo di capelli attorno al dito
“Ehm.. David” rispose sempre più imbarazzato “Piacere David.. sono Claudia.. Potresti farmi questo favore? Giuro che sono maggiorenne!” risposi mettendo la mano destra sul petto e alzando la sinistra.
David iniziava a cambiare espressione.. stava cedendo. Diedi il colpo decisivo. Poggiai i gomiti davanti alla sua postazione a pochissimi centimetri dal suo volto. Accarezzai il suo mento con il dito indice, giocando con il suo pizzetto corto
“Puoi fare questo favore a una ragazza come me?”. Lui deglutì “Potrei anche ripagarti in qualche modo, se preferisci..” dissi spostando l’indice dal mento alle sue labbra.
Avevo centrato il bersaglio. David sospirò rumorosamente
“Eh va bene.. ma solo questa volta ok?”
Mi risollevai tutta felice e annuì. Fu così gentile, che non mi fece neanche posizionare ogni bottiglia sul rullo ma si alzò lui per registrarle una ad una.
Prima di uscire mi avvicinai a lui e stampandogli un bacio sulla guancia dissi
“Ci si vede ragazzone..”
Uscii dal Market tutta saltellante. Missione decisamente compiuta! La festa era ormai alle porte!


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Capitolo 4
*** Presidenza: Krissy ***


Erano oramai le 5 di lunedì pomeriggio ed il caldo quasi afoso non accennava a diminuire; nella sala d’attesa adiacente alla presidenza la situazione non era molto più sopportabile che all’esterno ma le sue due occupanti si comportavano in modi ben diversi. Se la non più giovanissima segretaria resisteva stoicamente con tutti i bottoni della casta camicetta allacciati, seduta ben eretta alla sua postazione a svolgere le pratiche quotidiane, l’aria condizionata e l’abito leggero che ben poco lasciava all’immaginazione sembravano non essere affatto sufficienti a colei con cui divideva l’ambiente, una ragazza di circa 17 anni, l’ennesima a dover essere ricevuta dalla preside Beechenson quel giorno.
Ottenendo solo uno sguardo distratto e rassegnato dalla segretaria, la quale quello stesso giorno ne aveva viste di tutti i colori, Krissy aveva appena rovinato un’altra delle lussuosissime brochure abitualmente disposte sul tavolino usandola per farsi aria.
I capelli biondi, lunghi e setosi, leggermente smossi da quel piccolo alito di vento da lei stessa creato, ricadevano morbidamente sulle spalle della ragazza tranne una piccola ciocca con la quale giocava come d’abitudine quando la sua mente vagava libera.
Il vestito bianco a fiori le conferiva quasi un’aria innocente, a cui però nessuno in quell’edificio credeva più, evidenziando al contempo le sue forme femminili: mentre le spalline sottili esaltavano la linea morbida delle spalle, l’orlo della gonna era stato posizionato in modo da lasciare il più possibile le gambe scoperte per trovare sollievo dal caldo.
Pochi e semplici dettagli formavano un insieme spettacolare che, puntualmente, aveva un suo pubblico oltre la parte vetrata che divideva la saletta dall’atrio d’accesso. Da quando era entrata lì dentro, e come accadeva da tutto il pomeriggio, un via vai di ragazzi passava di lì, in maniera più o meno casuale, per poter guardare lei come le altre che l’avevano preceduta.
Una sfilata di studenti che la reginetta della scuola del precedente anno scolastico, pareva non notare, persa nel suo mondo, circondata da una naturale, ma non inconscia, aurea di grazia e bellezza che la rendevano, insieme alla sorella gemella Ely, alle loro inseparabili amiche Claudia e Asia, un quartetto di incomparabile splendore.
La mente di Krissy era occupata da molti pensieri ma non era certo rivolta a preoccupazioni che altri, al posto suo, avrebbero avuto né ad elaborare l’ennesima scusa che le avrebbe consentito di restare in quella scuola. Sapeva che questa volta non avrebbe certo potuto cavarsela a buon mercato, sarebbe stato difficile negare gli ultimi avvenimenti, anche se non del tutto impossibile.
Come diceva sempre sua madre, una delle più famose avvocatesse dello stato, “la verità sta negli occhi di chi guarda, e se per me un assassino è innocente devo solo fare in modo che lo veda così anche la giuria”.
Già, le massime materne, Krissy ed Ely le avevano apprese così bene da trasmetterle con pieno successo anche alle loro comuni amiche. Erano diventate un’altra delle mille cose che le univa in maniera così forte sin dai primi tempi in cui si erano conosciute in quel liceo. Perché allora tentare di rimanere ancora qui?
La fauna maschile dopo un po’ si era rivelata deludente, ben al di sotto delle aspettative, il suo “ragazzo ufficiale” era nettamente non più disponibile, le altre ragazze della scuola avevano sempre ammirato, invidiato e temuto il suo gruppo perciò nessuna esterna ad esso poteva dichiararsi loro amica ed il livello di istruzione era decisamente l’ultimo dei motivi per i quali praticamente ognuno dei circa 200 studenti si erano iscritti lì: gli insegnanti si potevano tranquillamente definire dei falliti mediocri e le materie noiose al punto giusto per favorire il sonno diurno degli alunni.
A niente di tutto ciò stava pensando in quel momento la ragazza, poiché lei una decisione l’aveva già presa e poche cose l’avevano attratta meno di quello che sarebbe successo di lì a poco. Perfino il mobilio che aveva intorno era molto più coinvolgente del colloquio di cui era, almeno apparentemente, in attesa.
-Certo che con tutti i soldi che diamo a questa scuola un investimento in arredi non giurassici potrebbero anche farlo! Queste poltrone sono scomodissime oltre che orrende, quel tappeto avrà l’età di mia nonna e il resto della stanza …. Ugh, incommentabile: dovrebbero distribuire delle bende prima di farci entrare per non vedere. Che razza di tirchi senza un minimo di gusto estetico …-
“Signorina potrebbe togliere i piedi dalla poltrona? Quella vale un sacco di soldi sa?! È un pezzo di antiquariato!” sbottò la segretaria interrompendo le sue valutazioni sull’ambiente.
“Ma sa che è proprio quello che stavo pensando…cos’ha 200 anni questo ammasso informe?” chiese a sua volta la ragazza anche se in realtà la risposta non le interessava davvero.
“Ammasso informe?” ripeté la segretaria con gli occhi quasi fuori dalle orbite per la sorpresa “quella è una Luigi XIV originale!!!” aggiunse credendo di aver segnato il punto decisivo.
“Ah… allora di anni ne ha molti di più... beh è comunque brutta oltre che incredibilmente scomoda!” e così dicendo, Krissy tolse i piedi dalla poltrona che le stava di fronte per spostarli sul tavolino basso lì accanto. Prevenendo la protesta che sapeva sarebbe arrivata, si affrettò a dire
“Questo qui come minimo era di Napoleone in persona ma scommetto che anche lui ci appoggiava i piedi quindi non vedo perché non dovrei farlo io!”
La povera impiegata quasi si strozzò frenando le parole che le stavano per uscire di bocca per poi lasciarsi andare, definitivamente rassegnata, contro lo schienale della sua poltrona. Non avrebbe potuto dire nulla che facesse capire a quella bambina viziata il valore artistico, per non parlare di quello economico, che quegli arredi avevano, né avrebbe avuto senso provarci , pensò sconsolata la donna. Proprio allora, l’interfono la colse di sorpresa facendola sobbalzare e la voce della Beechenson diede il consenso a lasciar passare la studentessa.
“Prego Signorina Storm, ora può entrare …”
“Era ora! Ancora un po’ e sarei diventata vecchia quanto lei aspettando l’invito della vecchia megera! Su non faccia quella faccia… ha già abbastanza rughe senza aggravare la situazione!” e così Krissy, senza degnare di uno sguardo il viso sconvolto della segretaria, aprì la pesante porta intarsiata ed entrò tranquillamente nell’ufficio della preside.
Che sensazione stupenda poter finalmente dire quello che pensava senza dover sempre essere educata, fingere simpatia e di seguire stupide regole che non aveva mai capito né rispettato fino in fondo. La Beechenson, o come l’aveva sempre chiamata all’interno delle B.A.D., la cara vecchia megera, sarebbe stata la prossima a beneficiare della sua nuova libertà espressiva.
“Si sieda signorina Storm. E la prego di ricordarsi che è a scuola, nell’ufficio della preside precisamente, e non perché io abbia piacere di averla qui.” esordì la donna di mezza età che da circa un decennio occupava la massima autorità all’interno dell’istituto. Un ruolo che non impressionava certo me, e il suo tentativo di intimorirmi era servito a ben poco visto che, mentre lei parlava, io pensavo che la menopausa le aveva fatto davvero molto male, rendendola ancora più noiosa della prima volta che la vidi 3 anni fa. Era meglio farle capire dall’inizio che se credeva di spaventarmi non c’era riuscita e quindi, per mettere subito le carte in tavola replicai
“Tranquilla cara! So benissimo dove sono, purtroppo … e per il piacere di avermi in questa stanza … beh, suo figlio l’ha sempre pensata diversamente …” lasciai cadere la frase con leggerezza e rimasi in attesa della sua reazione. Che non poteva non arrivare visto che Matthew O’Brein, diciottenne all’ultimo anno, capitano della squadra di nuoto, 1metro e 90 di muscoli scolpiti dall’acqua e dagli allenamenti quotidiani, biondissimo con gli occhi azzurri, colui che da un paio d’anni credeva di essere l’oggetto esclusivo del mio amore (solo perché gli avevo fatto credere di essere la sua ragazza … ahahah povero ingenuo) era anche, per uno scherzo di cattivo gusto del destino, figlio della preside dell’Olympia High School e di suo marito, ormai ex in quanto aveva pensato bene di liberarsi di suo moglie e scappare con un’allieva a malapena ventenne.
Infatti, non dovetti aspettare molto; dopo qualche istante, necessario a riprendersi dallo stupore del mio non usuale comportamento e a considerare quale poteva essere la migliore interpretazione delle mie parole, la Beechenson divenne improvvisamente cinerea e subito dopo paonazza; se non mi fossi divertita tanto, finalmente decisa a non preoccuparmi affatto delle conseguenze, forse avrei anche potuto temere per la sua salute, forse.
“Cosa … come ti permetti di parlarmi così? Come osi ancora nominarlo? Tu, con me, dopo tutto quello che è successo … io so come sono andate le cose e tu non-” la interruppi per dire
“So benissimo cos’è successo mentre lei sarebbe ancora all’oscuro di tutto se il suo caro bambino non fosse andato a frignare dalla mamma!” e, giusto per togliermi ogni sassolino dalle scarpe, delle meravigliose Prada quel giorno, aggiunsi “Se le cose fossero andate diversamente, lui sarebbe ancora il bel bambinone, ignorante e felice, che è sempre stato. E questa scrivania, ne vedrebbe ancora delle belle” conclusi, sottolineando l’ultima parte passando le dita lungo il profilo del piano e con un dolce sorriso in viso. Mentre io ero al colmo della soddisfazione, la preside tolse istintivamente le mani dal vecchio tavolo di mogano che ci divideva e, incredibilmente,divenne ancora più rossa di prima.
“TU!” urlò facendosi sentire dalla segretaria e probabilmente anche da tutto il piano “Cosa stai dicendo? Non è possibile! Stai mentendo. Come avreste potuto? No, no Matthew non l’avrebbe mai fatto … deve essere una bugia. Ti stai inventando tutto!”
C’era da aspettarselo. Figuriamoci se non avrebbe provato a far ricadere tutta la responsabilità su di me. Ovvio. Non per nulla avevo scommesso i 500$ della settimana con Asia e me li ero sentiti subito in tasca.
“Ma come vecchia mia, vorrebbe dire che Matt non le ha raccontato tutta la verità? Bravo O’Brein, allora non è del tutto stupido come sembra. Sù, sù, non se la prenda, è solo la verità, non stavo certo con lui per il suo cervello o le doti morali.”
“Mio figlio non è stupido! E non mi mentirebbe. Non l’ha mai fatto. Non avrebbe mai osato … lui non si sarebbe mai …”
“Non se la sarebbe mai spassata con me nell’ufficio della sua cara mammina?”
La Beechenson rimase in silenzio, troppo sconvolta per parlare.
Io risi di gusto e poi continuai imperterrita, avevo fatto 30, sarei arrivata anche a 31
“Il suo piccolino non è più tanto piccolo, anzi … direi che almeno in quel campo, potrebbe essere tra i primi della classe senza bisogno dei favoritismi che riceve nelle normali materie solo perché è figlio suo”
No decisamente non stavo ‘ufficialmente’ con lui per il suo quoziente intellettivo.
“Smettila! Basta, queste sono solo malignità, storie che non puoi provare o del tutto inventate da te, che vanno ad aggiungersi a quelle che hai raccontato a tutti in questi anni.”
“Se è più contenta a credere questo, faccia pure. Vorrà dire che quel graffio di 5 centimetri che ha sotto il naso da mesi non l’ha provocato la fibbia dei pantaloni di Matthew ma un folletto d’accordo? Comunque, cosa le ha detto quel santo di suo figlio? Perché è solo grazie a lui che sono qui vero?” quell’idiota si era messo nei casini da solo ma da codardo qual era, uscendo da perdente, aveva sfogato tutta la sua frustrazione sugli altri ed in particolar modo su me, che avevo commesso solo un piccolo errore di valutazione. Ero proprio curiosa di sapere come avesse rigirato i fatti della festa per apparire vittima fino in fondo e solo per il gusto di scoprirlo mi ero presentata a questa farsa del colloquio disciplinare.
“Signorina Storm” disse la vecchia megera con la voce tremante per la rabbia malamente repressa “prima di tutto la smetta di prendersi tanta confidenza”
“Non mi sono presa proprio nulla, è stata lei a darmi del tu. Come vede io non l’ho emulata nella forma ma solo nei contenuti. Facciamo pure come le pare signora preside”
“Allora veniamo al motivo per cui lei è qui...”
“Le corna di suo figlio? Pensavo che almeno per una volta se la sarebbe sbrigata da solo”
“Le ho detto di smetterla di usare quel tono e di parlare di lui. I problemi sono ben altri. Signorina, riguardo alla festa che si è svolta nella piscina coperta, sempre di proprietà dell’Olympia HS, lo scorso sabato sera, le mie fonti mi-” ma non riuscii a trattenermi e la interruppi ancora
“Ah, quindi suo figlio si chiamerebbe ‘Fonte’ di secondo nome? Matthew Fonte O’Brein … uhm, penoso direi, ci credo che non me l’abbia mai detto”
La donna non rispose per non urlarmi di nuovo in faccia, si concentrò sulla respirazione e con passo incerto si avvicinò alla finestra che dal suo ufficio dava direttamente sulla fontana del parco. Sempre dandomi le spalle, riprese facendo finta di non avermi sentito. Forse credeva di scoraggiarmi.
“Come stavo dicendo, le mie fonti-” e di nuovo, proprio come prima, non la feci finire
“Altrimenti note come Matt, capitano della squadra di nuoto di questa scuola … o come cocco di mamma, dipende dai casi …”
“Non c’era solo lui a quella dannatissima festa!” sbottò finalmente la Beechenson voltandosi nuovamente verso di me.
Oooh, era ora che si facesse saltare i punti di quell’inutile e ridicolo lifting! Dio quanto mi stavo divertendo.
Solo alla “dannatissima festa” era stato meglio, almeno finché le cose non sono sfuggite da ogni controllo. Se solo O’Brein avesse fatto quello che gli avevo detto... ma non potei perdermi nei ricordi perché una voce sgradevole mi riportò in presidenza.
“Le ricordo che io sono la sua preside, che lei invece è solo una ragazzina ed è pure nei guai, guai grossi, quindi la smetta di essere strafottente e risponda: è stata lei a forzare la porta per far entrare tutti?”
“No” ed era vero. Non ero stata io né nessun altro, tecnicamente nessuno aveva dovuto forzare la serratura.
“E non ha intenzione di dirmi chi è stato immagino. Non importa, lo so già.”
“Buon per lei. Che fonti informate che ha, la invidio. Prossima domanda?” le chiesi aggiustando la spallina del mio vestito preferito.
“Sta mettendo a dura prova la mia pazienza. La avverto che su tutto quello che sta dicendo non chiuderò un occhio questa volta. Da dove arrivano gli alcolici che abbiamo trovato?”
Uuuh una velata minaccia. Fantastico! Non vedevo l’ora di scoprire fino a quando avrebbe resistito la cara vecchia megera.
“La so, la so: gli alcolici provengono dalle fabbriche che li producono e li imbottigliano! Signora preside però questa era facile. Next one please”
“Mi spiace deluderla ma questo non è un gioco. È ora che lei lo capisca, Storm, che cresca ed impari il rispetto per gli altri”
Questa volta non le risposi. Ero troppo impegnata a sbadigliare. Ma la preside, ancora rivolta verso la finestra, non mi vide e probabilmente fraintese perché una nota di soddisfazione risuonò nella sua voce quando mi pose la successiva domanda.
“È stata lei a sottrarre gli arredi dagli spazi comuni dei dormitori per portarli nel padiglione della piscina?”
“Anche se in effetti una festa senza tavoli, sedie, poltrone e divani non si è mai vista, non credo che gli ospiti avrebbero gradito la novità. Quindi se tutti sono stati comodi è anche merito mio. Ma non posso prendermi tutte le lodi. Non sono Wonder Woman e non avrei potuto spostare tutto da sola. Posso sapere come avrei fatto secondo lei?”
“So perfettamente che si è fatta aiutare. Minacciando e ricattando da quanto mi risulta”
Di nuovo scoppiai a ridere senza potermi trattenere: la variante della storia che si era inventato Matthew, dovevo ammetterlo, era davvero uno spasso. Tuttavia non me la sentivo di lasciare che la poverina vivesse nella menzogna quindi le raccontai la verità
“Ricatto eh? Se lei considera ricatto la promessa di acconsentire ad un certo, come dire, “gioco” che la sua fonte teneva tanto facessimo insieme, allora sì signora, mi dichiaro colpevole.”
La Beechenson rimase come paralizzata, scioccata dalle tante, troppe, verità che stava scoprendo sul suo amato angioletto e dalla mia totale mancanza di pudore e segno di pentimento. Quando si riprese abbastanza per muoversi senza pericolo di cedimenti, tornò a sedersi alla sua poltrona, prese un respiro profondo e, sporgendosi sulla scrivania avendo cura di non sfiorarla nemmeno, fissandomi negli occhi mi fece l’unica domanda che sul serio non mi aspettavo.
“Signorina Storm, dove sono finiti i soldi della seconda rata annuale finora raccolti?”
Credo fece in tempo a cogliere lo stupore nei miei occhi ma fu un attimo.
Io ero una B.A.D., la mia astutissima sorella Ely non aveva scelto a caso quel nome per noi quattro: nessuno poteva coglierci di sorpresa perché, semplicemente, eravamo noi le sorprese, bellissime e diaboliche.
Mi sistemai meglio sulla poltrona, incredibilmente morbida ed accogliente a differenza di quelle della sala d’attesa, e con aria innocente diedi l’unica risposta possibile:
“Non so di cosa parli Signora Preside. Però se mi fa la domanda di riserva magari riesco comunque a vincere il premio in palio” detto questo sorrisi e la vidi finalmente esplodere. Mentre lei faceva la sfuriata che i suoi nervi non erano riusciti ad evitare oltre, io potei perdermi nei miei pensieri e rivivere i miei ricordi della ormai leggendaria serata.

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Capitolo 5
*** Get the pool party started ***


Krissy POV

“Matthew ti va di andare un po’ sul nostro divanetto? Inizio a sentire freddo stando qui coi piedi nell’acqua e tu oramai sembri una prugna. Esci da lì?” il che non era esattamente vero: lui effettivamente iniziava a presentare somiglianze preoccupanti col frutto ma io non avevo freddo, per niente.
Tuttavia l’ora pattuita si stava avvicinando e dovevo mettere in atto il mio piano alternativo per la serata.
“Uffiiiiiiiii Kry, a me piace tanto tanto shtare qui.” protestò con estrema maturità quel tonno del mio ragazzo “E poi io non shembro quella cosha lì ... una prugna. Io shono figo! Vero Jody che shono figo?” domandò alla ragazza dell’ultimo anno, slavata ed intelligente quanto un cigno, che in quel momento passava alle mie spalle e che puntualmente rispose:
“Certo Matt! Sai che l’ho sempre pensato” e gli scoccò un sorriso che mi fece venire la carie all’istante.
Purtroppo non era il momento adatto per rimettere al suo posto quella svenevole di Jody, mi ripromisi che ci avrei pensato dopo, quindi la ignorai del tutto e mi sporsi leggermente in avanti, verso Matthew per parlargli direttamente all’orecchio, assicurandomi tutta la sua attenzione.
“Per favore tesoruccio, esci dalla piscina e vieni con me?” gli sussurrai in un tono che sottintendeva molto. Lui si ritrasse leggermente, appena per avere una buona visuale del mio seno e dimenticandosi in fretta di Jody, della sua autostima e di quanto si stava divertendo a fare il bagnetto, con uno scatto di cui non lo credevo capace avendo in corpo davvero molto alcol, si sedette sul bordo accanto a me.
Ovviamente mancò per miracolo di schiantarsi la faccia contro le piastrelle, però si riprese rapidamente e afferrandomi per le spalle, mi baciò facendomi capire di essere pronto a seguirmi ovunque.
Quando pensai che fosse abbastanza, cioè meno di due secondi dopo, mi staccai e gli offrii al posto delle mie labbra, il bicchiere del mio drink: non volevo che, per colpa di un’impennata non prevista di testosterone, Ely avesse delle difficoltà durante la mia breve assenza.
Avevo faticato molto a convincerla affinché, ad un preciso punto della serata, prendesse il mio posto per un breve periodo, in modo che anchio potessi distrarmi un po’ senza la palla al piede.
Non so come, riuscii a farlo alzare dal bordo e, dondolando paurosamente, perfetto incrocio tra un pinguino ed una matrioska, Matt raggiunse il tavolo dove Claud, superba bar woman improvvisata, stava ancora dispensando alcolici .
Dopo aver fissato il tavolo a lungo, con tanto di dito in bocca come un vero idiota, tentò di prendere una bottiglia di vino bianco ma la mancò un paio di volte così, già abbastanza spazientita, l’afferrai io al suo posto, presi anche lui per un gomito ed insieme andammo nell’angolino che avevo fatto predisporre nella zona adibita a privè, ossia un’area riservata solo alle B.A.D.
I compagni della squadra di nuoto e altri amici sportivi di Matthew avevano fatto i facchini per me tutto il pomeriggio; prendendo in prestito gli arredi dei vari spazi relax nei dormitori, avevo fatto disporre tutto intorno alla vasca cuscini, tappeti, sedie, poltrone e divani di cui avevo tenuto i quattro più ampi per me e le mie amiche.
Erano infatti posizionati su uno dei lati corti della piscina, che così era solo nostro, e grazie ai gazebo prelevati dal parco, alle tende prese qua e là e al mio impeccabile gusto (modestamente) avevo ricreato delle piccole alcove indipendenti e, soprattutto, sottraibili allo sguardo altrui in qualsiasi momento.
Quando arrivammo al nostro spazio, casualmente quello più vicino alla porta che dava sull’atrio di connessione con l’edificio principale, non dovetti nemmeno usare altre “esche” con il poverino perché crollò sul divano da solo, lungo e disteso, con gli occhi già chiusi, mentre io tiravo le tende per avere un po’ di privacy.
Per andarmene via tranquilla, volevo assicurarmi a quale livello di non lucidità lui fosse prima di chiamare Ely.
“Matt?” niente.
“Matt che fai dormi con me accanto?” nessuna risposta.
“MATT!!!”e gli tirai un pugno sulla spalla.
“Eh? Shi pronto chi è? Cosha c’è? Oh ciao amore dov’eri? Mi shei mancata tantisshimo...” e fece come per sollevarsi per baciarmi di nuovo ma svelta lo ributtai giù decisa e risposi
“Veramente finora non mi sono mai allontanata da te”
“E perché anche tu mi ami troppisshimo come me vero?”.
“Sicuro! Comunque, volevo appunto avvisarti che vado un attimo negli spogliatoi a darmi una sistematina...”
“Nuuuuuoooooooo amore mioooo!!! Non lashciarmi da sholo. Rimani qui con me?”
“Ma sei scemo? Ti ho appena detto che devo andar via un attimo!”
“Nooo dai. Ti prego!! E she arrivano i mostri?” si guardò attorno allarmato.
“Li ho già uccisi tutti io, non arriva nessuno.”
“Davvero?! Tutti tuttisshimi? Wow, come shei coraggiosha, come shei brava…”
“Grazie, lo so. Allora hai capito? Io vado”
“Shì però, anche she mi hai shalvato … io non voglio lo stessho rimanere da sholo” e mise il broncio
“Dai non fare quella faccia, torno subito”
“Idea: vengo anchio! Ti faccio da shcorta!”
“oh caz… no Matthew -ormai ringhiavo- non serve, fai la guardia alla bottiglia di vino piuttosto. Te la lascio qui ok? Ecco sì bravo bambino, bevine pure un bel po’ che hai tanta sete, vai. Byeee”
E prima che potesse fare o dire altro, mi diedi alla fuga
Che nervi mi aveva fatto venire!
Non che quando fosse lucido, risultasse anche molto più intelligente di così ma quando faceva il piagnucolone appiccicoso era ancora meno sopportabile del solito. L’unica cosa positiva era che abitualmente si comportava in quella maniera solo quando era veramente ubriaco, il che significava che avrebbe scambiato per me qualsiasi ragazza minimamente somigliante.
Io ed Ely eravamo due gocce d’acqua, perfettamente identiche nell’aspetto dalla nascita, perciò non ci sarebbe stato il pericolo che il mio pseudo - ragazzo sbronzo si accorgesse della mia lontananza.
A quel punto dovevo solo trovare mia sorella.
Dando una rapida occhiata in giro la individuai fra la piccola folla radunata dall’altra parte della vasca: ovviamente si stava scatenando nel ballo, attorniata dall’immancabile stuolo di ragazzi che lei rigirava a suo piacimento.
Avrei giurato di averne visti almeno un paio asciugarsi un rivolo di bava con aria furtiva.
Normale amministrazione con Ely. Intercettando il suo sguardo, le feci il segnale pattuito ma la vidi sbuffare e riprendere come se nulla fosse a ballare, perfettamente a ritmo, sensuale come sempre, stordendo ancor di più i già troppo provati componenti del suo harem personale.
Attesi che finisse la canzone senza preoccuparmi troppo ed infatti, quando ancora il dj più quotato del periodo sfumava le ultime note con una nuova melodia, si decise a muoversi verso una delle due scale che portava negli spogliatoi sotterranei; io raggiunsi l’altra e, dopo essermi assicurata che fossero vuoti, attesi la mia cara gemy.
“Eccoti!” esclamai quando mi venne incontro “allora siamo d’accordo vero? È tutto chiaro?”
“Sì Krissy, ho capito” mi rispose scocciata “Sono più vecchia di te solo di qualche minuto non di decenni. Non sono ancora una vecchia rintronata!”
Povera, aveva ragione a lamentarsi, lo sapevo, con me ci voleva tantissima pazienza e lei, che ne aveva sempre avuta poca, la usava tutta per me da quando eravamo piccole. La abbracciai di slancio per calmarla e anche per ringraziarla di quello che stava per fare, aspettai che ricambiasse il gesto ed aggiunsi
“So che Matthew non ti è mai piaciuto e che è un grande favore quello che ti chiedo ma credimi, fidati, ne varrà la pena perché poi-” non riuscii a finire dato che, per tutta risposta, Ely si era messa a farmi il solletico.
“No ti prego. Ahahah. Daiii basta. Ahahah. Mi si rovina il trucco”
“Ah beh, il trucco no, è sacro. Ok la smetto però tu vedi di ricordarti che mi devi un favore e soprattutto sai benissimo che non è vero che Matt non mi è mai piaciuto, io quello lì non l’ho mai potuto vedere!!”
“Lo so tesora però, anche se la situazione ora è diversa, non è la prima volta che ci scambiamo di posto con dei ragazzi, e perfino lui ha delle qualità … nascoste ma ci sono!”
“Non ho intenzione di provarle te l’ho già detto. Distrarlo e flirtare con lui mentre tu sarai chissà dove è tutto quello che farò.”
“E’ tutto quello che ti chiedo infatti”
“Sì certo, la fai facile tu. Comunque, sopporterò questo supplizio per non più di mezzora sappilo: è una festa e me la voglio godere senza fare la baby sitter tutto il tempo”
Messe in chiaro per l’ennesima volta queste formalità, ci scambiammo i costumi e ci avviammo ognuna alla scala da cui era entrata l’altra; non tutti erano ubriachi come Matthew e non avremmo mai permesso che un’assurdità, come il diverso colore dei bikini, ci facesse scoprire.
Lasciai che uscisse per prima, aspettai qualche secondo, poi uscii a mia volta ed andai direttamente alla porta che mi interessava. Appena la richiusi alle mie spalle, senza nemmeno avere il tempo per girarmi, sentii delle mani scorrere sulla mia pelle e una voce maschile sussurrare, respirando sul mio collo “Era ora!”
“Harry! Mi hai spaventata”
Rise sommessamente senza aggiungere nulla.
“Da quando i cervelloni giocano a nascondino? E cosa ti fa credere di potermi mettere le mani addosso come ti pare?” chiesi al ragazzo che mi stava abbracciando tenendomi le mani sul ventre.
“Direi che quello che stiamo per fare mi dia qualche diritto … non credi?” rispose lui sogghignando, con ancora la testa posata sulla mia spalla “Anzi, sarebbe meglio che ce ne andassimo altrove e realizzassimo la tua idea per occupare il tempo”
“Che non è molto, ma tu questo già lo sai” e per sottolineare il senso delle mie parole, mi sciolsi dal suo abbraccio, mi voltai e guardandolo negli occhi continuai “Forza, andiamo che fra nemmeno mezzora devo essere qui.”
Puntualmente, dopo appena 20 minuti fummo di ritorno e mentre tentavo di respingere un’altra volta i ‘saluti’ di Harry, la porta si aprì e fu il disastro.

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Capitolo 6
*** Presidenza: Asia ***


Asia POV

"Dannazione!!! Ieri è uscito il nuovo modello di Yamaha ed io ancora non l’ho acquistato! … E quel pivello pensava davvero di battermi solo perché cavalcava una moto più potente ... "
Asia sorrise soddisfatta da dietro la visiera scura del pesante casco al pensiero della gara appena vinta: una sfida preparata per settimane, su un nuovo circuito, un avversario avvincente e soprattutto una vittoria schiacciante e, non da ultimo, un assegno con tanti, tanti, zeri in tasca.
Non che i soldi per lei fossero mai stati un problema, o perlomeno qualcosa più di un lontano pensiero, vagamente fastidioso, in vita sua: figlia amatissima, nonché unica erede del potente impero industriale dei King.
Stavolta avrebbe potuto “mettere a posto le cose” senza nemmeno preoccuparsi di falsificare la firma del padre. E poi, una volta liberatasi di quella sciocca formalità con la preside, ad aspettarla ci sarebbe stata una fantastica seratina con il tipetto appena battuto.
"Sarà pure un perdente, ma quel metro e novanta di corpo scolpito e bronzeo doveva pur avere una qualche qualità... magari non così nascosta..." pensò infine mentre faceva lo slalom tra due auto, inseriva la quarta, sfiorava appena il custode che si accingeva ad accompagnare le sue tre amiche che l’avevano preceduta in quella giornata.
Ebbe il tempo di fare l’occhiolino alla sue B.A.D. e vederle scuotere, divertite, la testa prima di salire l’ampia rampa di scale, attraversare il lungo corridoio del primo piano, arrivare all’ufficio che le interessava, entrarci e frenare sterzando a meno di un metro dalla scrivania dell’abbottonatissima segretaria.
Il viso della donna, già fortemente provata, passò tutte la tonalità dal bianco al rosso in rapida successione, immobile, gli occhi sbarrati, la bocca leggermente aperta, incapace di emettere un qualsiasi suono per lo shock.
Asia, noncurante, scese leggiadra dalla possente Honda, sfilò il casco, tirò indietro i capelli e, sbuffando, abbassò ancora un po’ la zip che teneva chiusa l’intera tuta da motociclista, lasciando così intravedere, molto più del dovuto, il suo generoso decolté. “Uff, è proprio una giornataccia: con quella stupida ghiaia del viale mi si sono impolverati gli stivali di pelle.. gli dia una pulitina lei cortesemente” fece posizionandone la punta proprio sotto il naso della segretaria.
La bocca della donna si spalancò involontariamente e la mascella quasi toccò la scrivania:
“lei... lei... lei” continuava a ripetere senza riuscire ad articolare altro e limitandosi ad indicarla convulsamente.
“Suvvia, gliel’ho anche chiesto gentilmente, non si lamenti”
“Lei non può!!!” esplose la donna, le mani sul tavolo, il viso ormai paonazzo.
“Non posso cosa?” rispose l’altra accendendosi una sigaretta.
“Entrare con la moto, essere... mezza nuda, farsi pulire le scarpe da me!!! e... lei ora sta anche fumando!?” Elencò tutto d’un fiato con la voce che saliva di un’ottava ad ogni parola.
“L’ultima era una domanda?! E c’è una sequenza precisa in cui non fare tutte queste cose?” ribatté impassibile la ragazza.
“Lei è entrata con la moto in un edificio scolastico!”
“Lo so, pensi che ho anche rischiato di danneggiare gli ammortizzatori sulle scale, ma tanto domani ne acquisterò una nuova, non si preoccupi” sorrise angelica.
La donna sbatté le palpebre incredula: “Signorina lei è...” Asia era stufa di quel frignare, non poteva portare oltre quella recita perché se c’era una cosa che le faceva montare subito i nervi erano proprio le persone che si lagnavano di continuo:
“Io? Io so esattamente chi sono, forse è lei che lo dimentica, io sono Asia King e c’è un’unica semplice regola da ricordare quando si ha a che fare con me: sono io a decidere, io decido se ed io decido cosa, chiaro?” sibilò micidiale allungandosi all’orecchio della giovane donna. Questa annuì appena e di sottecchi fece cenno al custode di intervenire, affinché l’aiutasse ad uscire dalla scomoda situazione in cui si era cacciata.
Mossa sbagliata.
Fu un attimo, Asia captò gli intenti dell’ometto grassoccio e lo fulminò con lo sguardo, lentamente gli si avvicinò, lo superava di parecchio in altezza e lo sguardo di lui si perse nella generosa scollatura, delicatamente gli afferrò il mento tra le dita, gli sollevò il volto e aumentando la stretta lo costrinse a voltarsi verso la finestra:
“Vede il ragazzo che cammina leggendo, a pochi passi dal portone d’ingresso?” la voce glaciale, ma gentile e quindi ancora più pericolosa “Si chiama Eric” continuò “e, per quanto ne so, neanche sa leggere. Appartiene alla mia banda.”
L’uomo cercò i suoi occhi, ma lei gli voltò la testa poco più in là e puntando l’indice aggiunse:
“Vede quel ragazzone di colore che si intrattiene con la ragazzina lì all’angolo? Sono gemelli, campioni di arti marziali. Poi, l’uomo che spazza il cortile? Beh, non credo lo ricordi tra i suoi colleghi di lavoro, non indovina il perché? Lo chiamiamo “sessantacinque”… è il numero di persone a cui ha spezzato le dita, ma potrebbe diventare sessantasei” l’uomo deglutì rumorosamente, dandole la certezza che avesse finalmente capito il senso di tutte quelle presentazioni.
“E vede il riflesso che lì ad ovest produce il sole?” riprese Asia “Si è chiesto cosa c’è laggiù? No vero?! Non si preoccupi, glielo dico io: sono sei motociclisti il cui hobby è il sollevamento pesi. Perché non prova ad indovinare dove i loro dodici occhi sono puntati in questo momento?” sorrise diabolica mentre in contemporanea l’uomo impallidì
“Esatto, proprio qui. Vuole che continui ancora? No, non credo lei sia stupido a tal punto, quindi provi solo a sfiorarmi o parlare con un tono di voce che non mi è congeniale e...” lasciò cadere la frase, il che rese la minaccia, se possibile, ancor più spaventosa.
“Anzi, sa cosa facciamo? Ora lei mi porta una Coca, zero ovviamente” riprese morbida, rilassata come se avesse appena raccontato una storiella a dei bambini “mentre io mi metto comoda, per quanto sia possibile, su questa pessima seduta Luigi XIV che Krissy, conoscendola, avrà già insultato a sufficienza, e mi riprendo dalle mie fatiche” affermò accomodandosi.
“Ma...” intervenne timidamente la segretaria “veramente la Preside l’attende già da mezz’ora.”
“Solo mezz’ora?!... Mmm male, sto diventando puntuale” rispose Asia, fissandola a mo’ di sfida, al che la poveretta si immerse silenziosa nella ricerca frenetica di un documento, probabilmente mai smarrito.
“Allora? La mia Coca?” chiese poi al custode, il tono già vagamente spazientito.
“Arriva!”
E mentre la sorseggiava rilassata, alla ragazza parve di rivedere il suo primo incontro con quella stessa segretaria impaurita e con la preside che ignara l’attendeva a pochi metri di distanza.
L’intera vicenda risaliva ad alcuni mesi prima, quando entrambe si erano recate nella sua villa per il colloquio di ammissione all’Olympia High School. Nient’altro che una formalità, ma architettata in maniera teatrale: lei, troppo cagionevole per recarsi a scuola, aveva chiesto che il tutto si svolgesse tra le sue mura domestiche e, dietro una “generosa offerta” aveva ricevuto le sue esaminatrici a casa.
La sua domestica le aveva accompagnate nel salone e qui le due si trovarono di fronte una perfetta giovane dama d’altri tempi, una figura angelica vestita con abiti effimeri e di gran classe, con i lunghi capelli corvini sparsi sulle spalle, il corpo esile e gli occhi profondi e scuri, che si stava esibendo al piano con una composizione di Tiersen, ultimata la quale aveva affrontato l’intero colloquio in un francese perfetto.
Il tutto fu cosi incantevole e fiabesco che le due si sarebbero dovute vergognare di spillare soldi a quella brava gente, se solo avessero avuto dignità. Non poté trattenere un sorriso al ricordo delle risate che si era poi fatta con le inseparabili amiche: Ely, Krissy e Claud che avevano assistito di nascosto all’intera farsa.
Ed ora, seduta li c’era una bellezza altrettanto sconvolgente, ma fatta di tutt’altra pasta: fasciata da un’aderentissima tuta di pelle, perfettamente in equilibrio sui tacchi vertiginosi, sigaretta tra le dita e modi di un capo banda dei peggiori ghetti cittadini.
Asia sospirò annoiata, alzandosi lisciò tra pollice ed indice un pezzo di carta che veloce infilò nella scollatura e, ravvivandosi i cappelli con entrambe le mani, sentenziò:
“annunci pure alla Preside che desidero parlarle, grazie”

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Capitolo 7
*** Ogni festa ha una fine ***


Asia POV

“Signorina King, prego” mi disse la donna accompagnando le parole con un gesto della mano affinché mi accomodassi.
“Preside Beechenson” risposi con lo stesso tono senza però prendere posto, avrei deciso io se e quando farlo, come sempre.
“Ci vediamo spesso di recente” il contenuto avrebbe potuto esserlo ma il tono, non era affatto amichevole.
“Troppo spesso in effetti” -non lo sarei stata neanche io- “Concordo” aggiunsi.
“Temo sarà l’unica cosa su cui concorderemo oggi”
“A mia memoria gli accordi tra me e lei sono sempre stati fruttuosi per entrambe” feci accomodandomi con grazia sulla comodissima poltrona posta di fronte alla sua scrivania.
“Se non sbaglio la settimana scorsa era qui perché la sua amica Ely doveva incontrare quel giovane attore, come si chiamava? “T” qualcosa … Sì, Taylor …. Taylor Lautner! Il quale però doveva arrivare qui per forza in aereo, a causa di non si sa quali problemi di tempistica per il rientro, e quindi ho dovuto lasciare che si attrezzasse il parco della mia scuola perché potesse atterrare col suo piccolo aereo privato”
“12.000 dollari se ben ricordo... miei, di questo sono sicura...”
“Il mese scorso, la bruna...” continuò fingendo di non avermi sentita.
“Claud! Si chiama Claud” la interruppi tagliente.
“Mmm, sì esatto” -mi guardò leggermente intimorita ma senza perdersi del tutto d’animo- “doveva esercitarsi per un saggio di danza e nessuno studente ha potuto usare la palestra dell’ala ovest per tre settimane!”
“Tanto sarebbe stato inutile...” risposi quasi annoiata.
“Che cosa?”
“Che quelle altre oche si esercitassero in danza: la grazia di Claud è impareggiabile e poi lei non aveva un saggio, ma IL saggio di chiusura dell’accademia...”
“Non fa differenza, è stata comunque privilegiata”.
“Per 2.500 dollari a settimana... direi che anche lei è una privilegiata...”
“Ed il mese prima ancora...”
“Beh” -l’interruppi di nuovo e sorrisi al ricordo della sfilata di moda - “Krissy doveva scegliere l’abito per il ballo di primavera della scuola, e doveva vedere i vestiti, arrivati appositamente dalle passerelle della settimana della moda italiana, indossati da modelle nostre amiche per poi provare quelli che preferiva. Dove avrebbe dovuto farlo se non nella sala in cui il ballo si sarebbe poi svolto... non trova? E comunque, se ben ricordo, quel sabato e quella domenica di cui parla hanno misteriosamente portato nelle cassa della scuola ben 4.000 dollari... sempre miei...”
“Io non le ho mai chiesto da dove arrivassero quei soldi …”
“Forse perché le interessava molto di più dove sarebbero andati a finire.”
“Ma come si permette?! Con questo cosa vorrebbe dire?”
“Nulla, stia calma o le salteranno i punti del lifting. Vuol solo dire che amo fare regali alle mie amiche e che indirettamente ne faccio molti anche a lei, quindi dovrebbe essere più gentile con me” la mia voce era ben oltre l’arrogante ormai, quella donna era davvero irritante.
“Lei e le sue amiche questa volta avete superato ogni limite!” batté il pugno sul tavolo facendo tremare quello che vi era posato sopra.
No. Non era così che avrebbe dovuto reagire, quell’atteggiamento non mi piaceva e soprattutto non era da lei ...doveva esserci qualcosa sotto, qualcosa che mi sfuggiva... ma cosa?
Decisi di passare all’attacco costringendola a scoprire le proprie carte.
“I fatti li conosciamo entrambe e credo lei abbia già stressato all’inverosimile le altre facendoglieli ricostruire, quindi non le farò perdere tempo e soprattutto non ne perderò io. Come ha già avuto modo di constatare da che ci conosciamo, il pragmatismo è la mia dote migliore, perciò facciamola breve:
1) 5’000 dollari per l’uso dei locali dell’Olympia , che lei stessa ci aveva precedentemente concesso per la sera della festa, come risulta da questo contratto” - sfilai il pezzo di carta dalla tuta- “su cui mi farà la gentilezza di apporre la sua sottoscrizione;
2) 5’000 dollari per la manutenzione della piscina, mi creda l’acqua va cambiata se non vuole che tutti i suoi allievi risultino positivi alla prova palloncino;
3) 2’000 dollari per dare una rinfrescatina alle pareti... ne avrebbero da raccontare...
4) 6’000 dollari per l’impresa di pulizie;
5) 8’000 per dimenticare alcolici ed imbucati;
6) 4’000 dollari per la vetrata andata in frantumi anche se, mi creda, non ne varrebbe neanche un terzo, ma voglio essere generosa...sono grata a quella vetrata”
Un ghigno malefico mi comparve in viso al pensiero del tizio che vi avevo praticamente scaraventato dentro...quel viscido, verme strisciante, indegno, scarafag...
“Lei sta dimenticando qualcosa” la voce infuriata della preside interruppe la serie di improperi appena iniziata nella mia mente.
“Sono certa di no” il mio tono non ammetteva repliche, o almeno così credevo.
“Glielo assicuro” ribadì lei.
La guardai interrogativa, qualcosa mi sfuggiva, ed ero sempre più convinta che oramai non stessimo più parlando solo della festa.
“Mi dica” assunsi un’aria circospetta assottigliando gli occhi e, per la prima volta da che la conoscevo, le concessi la mia più totale attenzione.
La preside aprì allora il primo cassetto alla sua destra della scrivania, con gesti eccessivamente lenti per evitare che notassi il tremore delle mani, ne estrasse quelle che identificai come lastre e me le allungò in modo che potessi metterle in controluce rispetto alla finestra poco distante da noi.
“Cosa vede?” mi chiese a denti stretti. Con una smorfia feci finta di studiare i fogli impressionati, giusto per assecondarla un minimo, poi ritrovando il buonumore aggiunsi:
“So che lei ha gran stima di me, ma aspettiamo qualche altro anno per la laurea in medicina” sorrisi restituendogliele.
“Il nome Matthew le dice qualcosa?”
“Assolutamente no, ma non ci rimanga male, ho un vero e proprio problema nel ricordare i nomi”
“1 metro e 90 di ragazzo, biondissimo con gli occhi azzurri, capitano della squadra di nuoto, studente modello...” continuò ma il mio sguardo vagava nel vuoto, in compagnia del mio cervello “... naso rotto...” aggiunse in tono più amaro.
“Naso rotto!” Ecco aveva toccato il tasto giusto... “Deve espellerlo!!!” Tuonai istintivamente, poi ripresi il controllo di me e finalmente i miei neuroni mi fornirono una serie di immagini abbinabili al soggetto che la Beechenson mi aveva suggerito; mentre mi scorrevano davanti agli occhi non potei trattenermi dall’esprimere la mia opinione su di lui: “verme” ringhiai.
Il ricordo di quel viscido mi investì con una violenza tale da farmi tremare di rabbia, e rividi la sequenza di eventi, svoltisi con estrema rapidità, come se fossero al rallentatore:
… io che spalanco la porta della piscina oltrepassandola ridendo insieme ad Eric …
… lo sguardo divertito di Krissy intenta a liberarsi di quel coso occhialuto …
… i versi di sorpresa alle mie spalle, uno alto e preoccupato, di Ely, l’altro più simile al grugnito di un animale che non capisce cosa sta succedendo attorno a lui …
… l’improvvisa quanto improbabile scintilla di comprensione negli occhi del ragazzotto biondo quando, dopo aver fissato stupito Ely che gli stava accanto e la gemella di lei poco distante, realizzò di essere stato preso in giro davanti all’intera scuola …
… i lineamenti di lui completamente distorti dalla rabbia mentre si scaglia sul cervellone e colei che doveva essere la sua ragazza …
… il gemito di dolore di Krissy che batte malamente la testa per terra …
… la mia amica in terra e sua sorella preoccupatissima in lacrime …
Non rammentavo nemmeno di aver preso la mira nè l’esatta traiettoria compiuta dal mio braccio, ma ho ancora ben presente il suono delle nocche della mia mano che colpiscono il naso di quel Matthew rompendoglielo.
L’alcol che quell’idiota si era scolato aveva fatto il resto: aveva perso l’equilibrio, incespicato per qualche metro tentando di non cadere a terra, finendo invece per schiantarsi con tutto il suo considerevole peso contro la vetrata più grande del corridoio, facendola andare in mille pezzi, e cappottandosi sull’erba all’esterno.
“Quel Matthew... si, ora ricordo...Krissy quella sera l’aveva chiamato totano... no... pera...mmm... no... prugna, ecco si, prugna! Ma lei a volte è troppo gentile. Quello è semplicemente un maiale” -sentenziai infine- “e spero di avergli fatto davvero male”.
“…” la preside sembrava esser sul punto di soffocare “Signorina King, sappia che ci sarà una denuncia a suo carico” riprese con fatica e controllando a stento la voce.
“Lasci fare... quale giudice condannerebbe una ragazza esile e delicata come me per lesioni ad un colosso di 1 e 90, capitano della squadra di nuoto? Non si preoccupi, lui non sarà stupido a tal punto da confessare una simile figuraccia o i genitori tanto incoscienti da sporgere denuncia”
“Il genitore” mi corresse, come se la precisazione potesse interessarmi
“Non lo farà, stia certa” continuai rilassandomi e tornando ad appoggiarmi allo schienale della poltrona.
“L’ho già fatto”
“Come l’ha già … LEI?” Ero incredula, stavolta ero stata davvero presa in contropiede.
“Dannazione! ... ecco quale Matthew intendevano ... l’avevo detto io di chiamare i ragazzi con i numeri: l’1, il 2, il 3 ... così si che si ricordano ... e poi il nome Matthew, come distinguerlo? è così simile a Marcus, Morgan, Manuel, Miguel ... troppi ... dannazione ...” sbiascicai le parole cosi velocemente da non essere certa che mi avesse sentita. Feci un profondo respiro e ripresi in mano la situazione.
“Bene, ora la questione è semplice: se io affondo, lui affonda con me. Suo figlio era ubriaco fradicio e non avrebbe dovuto essendo un atleta. Lei signora sa benissimo che questo potrebbe rovinarlo, se si venisse a sapere, e mi creda, visto il cervello che si ritrova meglio che punti sui muscoli... dopotutto” -aggiunsi crudele- “il naso aquilino ereditato da lei non gli donava affatto, la prenda come un’occasione per sfruttare i miracoli della chirurgia estetica! Anzi guardi, se mi dà carta e penna le lascio subito il numero di un ottimo chirurgo estetico che credo potrebbe aiutare anche lei con le sue nuove rughe d’espressione, l’ultima iniezione di botox, a quanto vedo, non ha dato grandi risultati...offro io, ovviamente”
Il volto della donna era ormai paonazzo, incredula e infuriata scattò in piedi, io imitai istintivamente il suo gesto, mi sporsi sulla scrivania invadendo il suo spazio ed impedendole di sovrastarmi fisicamente per sottintendere la sua ridicola autorità.
Lei fuori da quel posto non contava nulla, io ero Asia King ovunque.
Ci guardammo a lungo in cagnesco misurandoci in quella tacita prova di forza.
Sembrava dovessimo rimanere così per molto ed invece, all’improvviso lei, con una strana luce di sadica determinazione che non le avevo mai visto negli occhi, sibilò
“Stavolta non ve la caverete a buon mercato”
“30’000 dollari non li chiamerei buon mercato” replicai sfacciata.
“Non. Stavolta” scandì furente.
“E così Cuore di mamma batte verdoni eh?!” risposi ironica e noncurante, ma consapevole di quanto quell’affermazione fosse vera.
Girai i tacchi perché era chiaro che in quel caso non voleva i soldi, ma la guerra.
Bene. L’avrebbe avuta. Mi avviai alla porta ancheggiando e lasciando ondeggiare ad ogni passo i miei lunghi capelli corvini.
“Vi spedirò nel peggior college dell’Alaska, in mezzo ai pinguini” mi urlò dietro.
Per quanto odiassi il freddo, non diedi modo di mostrarle il mio disappunto ma anzi, mi voltai sorridendole senza neanche degnarmi di rispondere ad una minaccia tanto assurda.
Un attimo di indecisione e, di nuovo, il volto della Beechenson si illuminò di soddisfazione, ancor più di prima
“uhm no, ho cambiato idea ... chissenefrega dei pinguini! Farò di meglio con voi quattro: vi spedirò tra i lupi”
Dovevo ammetterlo, questa affermazione aveva più senso.
“E chi ha paura del lupo cattivo?” cinguettai prima di chiudermi la porta alle spalle.

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Capitolo 8
*** Parola d'ordine: Peluche! ***


Ely, Krissy e Claud si dirigevano per la seconda volta in due giorni in presidenza, non che fossero particolarmente preoccupate per le loro sorti, erano convinte che anche questa volta se la sarebbero cavata con poco e le loro vite sarebbero trascorse tranquille e felici come sempre. Ovviamente non potevano sapere che di lì a poco le loro vite sarebbero cambiate radicalmente.
Entrando nella sala d’attesa oltrepassarono la scrivania della segretaria che teneva la testa ben bassa per non incrociare lo sguardo di nessuna delle ragazze, mentre sui volti delle B.A.D. comparivano dei sorrisini divertiti vedendo che c’erano ancora i segni delle sgommate della moto di Asia sul pavimento della sala.
La loro amica centaura le aveva incredibilmente precedute e si ritrovarono lì, questa volta tutte insieme, riunite nell’ufficio della preside, per sentire la sentenza della Beechenson, anche se ovviamente il loro interesse nel sentire quello che aveva da dire quella megera era pari a zero. Come per confermare quell’assenza di interesse Asia e Kris si sedettero comode sulle due poltroncine di bizzarra fattura mentre Claud e Ely si sistemarono con la solita grazia sui braccioli, accavallando con cura le gambe.
“Signorine Storm, signorina Howl e signorina King …” iniziò la preside con fare sconsolato
“Già i nostri nomi lo so che sono belli ma li conosciamo …” rispose con un sorrisetto Asia.
“Vedo che quello che avete fatto e le mie parole nei vari colloqui individuali non sono servite a niente! Innanzitutto non siamo qui per prendere un tè quindi state in piedi e portate un po’ di rispetto a me che sono la preside!” Nonostante la Beechenson si fosse ripromessa di non agitarsi durante quel colloquio, era pressoché impossibile per lei mantenere fede al proprio proposito al cospetto delle B.A.D. poiché quelle quattro, anche con un solo gesto o una piccola frase, la facevano uscire di testa.
“Io sono più comoda seduta” mormorò Krissy “Non è molto carino far stare in piedi le persone che invita qui, e poi le poltrone, anche se raccapriccianti, che ci starebbero a fare?”
“In piedi ho detto!” gracchiò la donna stizzita.
Le ragazze sbuffarono e si allinearono davanti alla scrivania come dei bravi soldatini.
“Bene così?!” chiese Ely con un’espressione mista tra divertimento e innocenza.
“Ora silenzio e nessuna parli se non interpellata!” sbottò la preside per poi riprendere “Voi proprio non capite la gravità della situazione … il rispetto che voi … perché infatti …”
Il noioso discorso alle orecchie delle B.A.D. era diventato più che altro un bla bla continuo, come una sorta di fastidioso sottofondo ai loro pensieri poiché com’era logico le loro menti erano altrove.

Nel frattempo nella mente di Asia.....
Asia POV:
“Dannata Beechenson!!! Ma guarda te se posso stare qui a perdere minuti preziosi per ascoltare di nuovo questa lagna! Che donna noiosa! Spero che si muova … io devo assolutamente andare a casa a cambiarmi gli stivali, non è di certo elegante andare in giro con le scarpe infangate, anche se questo tappetino sotto i miei piedi potrebbe aiutarmi nel mio intento …”e iniziai a spostare il peso del corpo da un piede all’altro strusciando la punta delle scarpe sul pregiatissimo tappeto persiano “Diamine così non va: questo stupido affare è troppo morbido, però almeno i colori orrendi col fango sono un po’ migliorati … penso di averle fatto un favore in fin dei conti”


“Signorina King cosa sta facendo?” la stridula voce della preside la fece riemergere dai suoi pensieri.
“Niente niente” rispose lei alzando le spalle come se niente fosse, mentre la preside le lanciava un’occhiataccia decisamente poco convinta e riprendeva, purtroppo, la sua predica con immutato fervore.
“Stavo dicendo che qui non si tratta solo di rispetto nei miei confronti, ma nell’istituzione che è la scuola perché vedete …” e ancora fiumi di parole che alle orecchie delle ragazze suonavano tutte uguali.

Infatti mentre Ely si guardava intorno intanto nella sua mente …
Ely POV:
“Ahhh che noia … avrei bisogno di aria e non della polvere centenaria rinchiusa in questo ufficio! Oltretutto fuori è veramente una splendida giornata … bella, calda e soleggiata quanto questo studio è brutto! Certo non ci vuole un genio per notarlo, la preside oltre ad avere un pessimo gusto nel vestire (vogliamo parlare di quel golfino verde acido infeltrito e quella gonna fatta di un materiale indecifrabile? Ha anche avuto un pessimo gusto nell’arredarlo! Cos’è questo colore tipo piccione morente?E questi mobili che sembrano venire direttamente dall’impero romano? Ma su un po’ di colore! Di certo un bel fucsia alle pareti sarebbe stato meglio e magari qualche cuscino colorato e brillantinoso! Si Si decisamente meglio … .a proposito di brillantini chissà se in centro c’è ancora quel vestitino sbarluccicoso che ho visto l’altro giorno …”


“… sono questi i valori che dovreste avere, lei non crede signorina Ely Storm?” la preside la riportò alla realtà notando il suo sguardo perso nel vuoto.
“Ah ehm si certo … come dice lei” rispose Ely senza prestarle la minima attenzione. La sua gemella intanto tratteneva a stento una risatina vedendo come la sua sorellona ignorava del tutto la preside, cosa che d’altro canto stava ovviamente facendo anche lei.
“C’è qualcosa che la diverte signorina Storm?” disse acida la preside rivolta a Krissy.
“In realtà sì. Se devo proprio dire la verità è tutta questa farsa. Vuole ripeterci questa ramanzina all’infinito? Stiamo invecchiando in questo posto!” rispose sarcastica la ragazza
“Voi starete qui fino a che lo dico io!” tuonò la preside che stava prendendo in faccia un colore tendente al rosso pomodoro. Krissy sbuffò e si rituffò nei suoi pensieri.

Krissy POV:
Dannata megera! Scommetto che ci prova un gusto infinito a tenerci rinchiuse qui!!! Se lei non ha niente di interessante da fare nella sua vita non è mica colpa nostra! Perché questa ramanzina non la fa anche al suo caro bambino? Ah già perché è un’idiota col quoziente di intelligenza di un tubero che, come minimo, adesso sarà spaparanzato a guardarsi il suo programma preferito: i Teletubbies … che nervi, se poi penso che poi mi toccherà prepararmi di corsa per recuperare questa perdita di tempo … e si sa che lo stress non fa bene alla pelle uffa! Io e la gemy avremmo un appuntamento con due baldi giovani che avevamo adocchiato alla festa … va bè che mi faccio sempre aspettare, ci mancherebbe, però dovrei prima sistemarmi meglio i capelli e magari comprarmi qualcosa di nuovo …”


I pensieri di Krissy vennero bruscamente interrotti da un suono acuto e fastidioso, quello del telefono della preside.
“No. Ora sono molto occupata. Le ho detto di non passarmi telefonate signorina, e quando la chiamo mi porti quei moduli di cui le parlavo” rispose in fretta e furia la preside “Dov’ero rimasta? Ah si! Dunque … forse, data la vostra giovane età date tutto per scontato ma poi vi pentirete…”
Anche Cla aveva certo di meglio da fare che stare ad ascoltare quell’inutile cicaleccio, ed infatti si stava rimirando le unghie, fresche di manicure con un nuovo smalto luccicante…

Claud POV:
Questo smalto non mi convince, forse non avrei dovuto cambiare centro estetico. Quella ragazza poi mi sembrava alquanto inesperta. Ed ho anche il sospetto che mi abbia messo il primo smalto che le è capitato, non quello che pubblicizzavano sull’ultimo numero di Vogue America. Crede forse di saperne più lei di Anna Wintour? O peggio, di potermi fregare così!? Ovviamente non sapeva con chi aveva a che fare! … ah che situazione!!! Devo assolutamente chiedere un parere alle altre, se solo la Beechenson tagliasse corto … certo che è proprio vero che è un problema degli anziani ripetersi all’infinito, poverina ormai non sa più cosa dire …”


“Signorina Howl a quanto pare è più interessata a guardarsi le unghie che a starmi a sentire?” disse la preside sempre più seccata e stizzita, ormai tutta la sua compostezza residua stava andando a farsi friggere.
“In effetti si, ha proprio ragione quindi se non le dispiace..” e Claud si volse allora verso le sue B.A.D. , porgendo loro le sue delicate manine per porre il fondamentale quesito ed, ignorando totalmente la preside come se non fosse nemmeno lì, finalmente chiese “Vi piace il mio smalto? No perché non ne sono convinta, me l’ha messo un’incompetente al nuovo centro estetico”
“Io trovo sia carino” disse Ely “probabilmente è questa luce smorta di questo ufficio che lo fa sembrare più brutto”
“Probabilmente ha ragione la gemy come sem-” iniziò Krissy mentre Asia liquidava il tutto con un assenso del capo.
“ADESSO BASTA!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola la preside “Non avete ascoltato una sola parola!” Il silenzio calò nell’ufficio ma solo per qualche istante, fu Krissy a romperlo.
“Ma preside così ci offende! Certo che la stavamo ascoltando ci ha preso per delle maleducate?”
“Appunto!” la spalleggiò Asia “ E poi non dovrebbe agitarsi così … alla sua età” scuotendo con fare serio la testa e suscitando le risatine delle altre amiche.
“SILENZIO!” e tirò su il telefono per chiamare la segretaria “Signorina mi porti quei moduli, in fretta!”
Le quattro ragazze, come in ogni situazione, erano a loro agio anche in questo caso, tanto erano più che sicure che anche questa volta tutta la faccenda sarebbe esplosa presto in una bolla di sapone.

Si voltarono all’unisono verso la porta della presidenza dopo aver sentito un timido bussare seguendo con lo sguardo la segretaria che entrò sempre con la testa bassa e tesa come una corda di violino, manco dovesse entrare in una gabbia di leoni invece che in un semplice studio. La segretaria si mosse in fretta e appoggiò velocemente, quasi lanciandoli, i moduli sulla scrivania mentre le B.A.D. la osservavano con un sorrisino furbetto, sapendo di averla condannata ad anni di analisi. D’altro canto se lei fosse stata più gentile con loro invece di essere così acida magari anche loro sarebbero state meno cattivelle con lei….(molto MAGARI e molto SAREBBERO).
“Signorina ma le sembra questo il modo di darmi i moduli?” sbuffò la preside già oltremodo scocciata dalla situazione. La segretaria bloccata dalla vergogna cercò di replicare “Mi scusi signora Preside io…” ma la voce era talmente debole e impercettibile che la frase sembrò solo un lieve bisbiglio.
La preside le lanciò un’occhiata di rimprovero e mentre la segretaria si voltava per uscire in fretta da quella situazione e la preside apriva bocca per ricominciare il suo sermone una voce ruppe il silenzio.
“Suvvia preside non sia così dura con lei!” osservò Ely calcando sul tono decisamente ironico della frase “Non è colpa sua se la sua coordinazione motoria lascia a desiderare”
Questo ovviamente non fece che aumentare il rossore già abbastanza evidente sul volto della donna che ora era ammutolita. Probabilmente se fosse stata più veloce di riflessi sarebbe già uscita dalla stanza e avrebbe evitato che le B.A.D potessero formulare altre ideuzze per metterla in imbarazzo, ma purtroppo per lei la prontezza di riflessi non era proprio il suo forte. Quindi la mente di Krissy ebbe il tempo per elaborare uno scherzetto degno del nome che portava il suo gruppo.
“Ma signorina!” urlò scandalizzata Krissy, e il suo sgomento era tanto reale che anche le sue amiche ebbero un sussulto e la scena sembrò pietrificarsi mentre la segretaria fissava Krissy con uno sguardo di terrore misto a incomprensione. “Ma le sembra il caso di andare in giro con le calze così smagliate?? Ma su non mi dirà che non può permettersi un paio di collant in più?”
Poi la B.A.D. si bloccò di colpo sembrando incerta squadrando una segretaria sempre più perplessa che ora si girava e si guardava le gambe cercando il punto in cui le calze erano smagliate.
“No un secondo” mormorò infine Krissy chinandosi leggermente a osservare la segretaria, manco stesse osservando una nuova specie di animale “No scusi errore mio, non sono smagliature” e sul volto della segretaria sembrò passare un’ombra di sollievo…ma per poco “In realtà” continuo Krissy “Sono smagliature della cellulite, ancora una volta la luce di questo ufficio da dei problemi!”
Questo commento ebbe decisamente l’effetto sperato, suscitando da un lato l’ilarità delle B.A.D. che scoppiarono in una risata fragorosa e dall’altro una segretaria sgomenta e rossa come un peperone sull’orlo di una crisi di nervi che ebbe stranamente la forza di schizzare fuori dall’ufficio.
“Forse erano meglio delle calze smagliate” sghignazzò Cla tra una risata e l’altra.
Le risate all’improvviso vennero interrotte da un forte rumore…come se qualcosa di pesante si fosse abbattuto sulla scrivania…
Infatti era proprio così! La preside al limite della sopportazione, col fiatone, i capelli una volta serrati in un’acconciatura perfetta ora disordinati ai lati della testa, aveva sbattuto sulla scrivania una pesante statuetta del David di Michelangelo…
Le B.A.D. rimasero sconcertate e allibite, non sia aspettavano certo una reazione aggressiva da parte della preside, lei era una più passiva che attiva e non perdeva mai la calma in questo modo, di certo questo era un lato della megera che non avevano mai visto.
“Non voglio più sentir volare una mosca adesso…” ma non fece in tempo a finire la frase che la statuetta che poco prima si era abbattuta sul ripiano in noce della scrivania ora si stava rompendo davanti agli occhi increduli della preside e delle B.A.D.!
Il silenziò calò ancora una volta nell’ufficio, ma anche questa volta non durò molto! La scena era troppo comica perché le ragazze potessero trattenersi e una ad una iniziarono a ridacchiare per poi contagiarsi a vicenda e finire in una fragorosa risata.
La preside non sapeva più che dire rimaneva lì impassibile come in trance.
“Signora preside non ci aveva detto di possedere una forza tanto straordinaria da distruggere una statuetta di marmo?” disse Asia tra una risata e l’altra
"Ah era di marmo?! Beh, non è una gran perdita: il marmo è sopravvalutato! Sarà pure figo ma è freddo, bianco e alla fine si rompe..." sentenziò Krissy con un sorriso furbetto stampato sulle labbra e lanciando occhiatine d’intesa alle amiche che annuiscono convinte.
“Nella nuova scuola non credo che avrete tutta questa voglia di ridere!” sentenziò la preside e di certo questa frase fece effetto incuriosendo le B.A.D.
“Un espulsione? Ah bene quindi una vacanza! Però preside glielo devo dire che poca fantasia…” ma Ely non fece in tempo a finire la frase che la preside la zittì.
“Nessuna espulsione! Voi ragazze dovete imparare la disciplina e l’educazione! Siete troppo abituate a vivere in un mondo dorato, un espulsione sarebbe inutile, ma spostarvi in un’altra scuola potrebbe servirvi …e la riserva è il luogo migliore per mettervi in riga, anche se ho i miei dubbi sul vostro recupero!” la preside sogghignò appoggiandosi allo schienale della sedia soddisfatta di ciò che aveva appena detto.
“La rise-cosa??” domandò Ely
“Semplicemente il resto dell’anno lo passerete nella scuola della riserva di La Push nello stato di Washington, questi sono i moduli di trasferimento è già tutto pronto” e senza perdere la sua compostezza la preside sorrideva compiaciuta mentre consegnava i fogli.
Le B.A.D. ora erano confuse, ma di che diavolo stava parlando la preside?
“E… ehm di preciso quando dovremmo andare in questa riserva Peluche??” chiese ancora confusa Claud
“Ora fuori dal mio ufficio la discussione è chiusa! Per il resto dell’anno non sarete più un mio problema!!” tuonò infine la preside facendo visibilmente capire che la conversazione era finita.
Ancora stranite dalla situazione le ragazze uscirono dallo studio con espressioni interrogative sui volti.
“Ma cos’ho detto di sbagliato?” chiese Claud

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Capitolo 9
*** No money, no party! ***


Claud POV

La vecchia megera della Beechenson aveva dato la sua sentenza: Ely, Krissy, Asia e Claud dovevano immediatamente e irrimediabilmente lasciare l’Olympia High School per trasferirsi in un luogo a loro ignoto, di cui solo il nome faceva già ridere.
Riserva di La Push.
Una riserva.. non poteva di certo essere considerata il posto ideale per le quattro ragazze che non si facevano mai mancar nulla, per nessuna ragione al mondo.

“Per il loro comportamento sconsiderato, le loro attività illegali e distruttive; per l’ inevitabile tendenza a eludere e umiliare le regole fondamentali che presiedono da anni alla base istruttiva dell’Olympia High School ed infine per la loro testardaggine a non voler, in alcun modo, migliorare il loro comportamento scolastico, le signorine qui citate: Ely Storm, Krissy Storm, Claud Howl e Asia King sono costrette ad abbandonare questa sede scolastica per trasferirsi in una scuola maggiormente congrua al loro riadattamento comportamentale. In accordo con il preside della scuola della riserva di La Push, le ragazze finiranno il loro anno scolastico in tale sede prestabilita, senza alcuna possibilità di obbiezioni.”

Questo il contenuto della lettera allegata ai moduli di ritiro dall’Olympia High School, che era stata consegnata a ciascuna delle ragazze dalla preside, insieme al suo sorriso sgradevole dai denti irregolari e giallognoli.
Dopo un iniziale momento di sgomento e agitazione, la calma era tornata prepotente sui volti e nell’animo delle quattro ragazze, le quali non avevano alcun dubbio sul loro successo anche in quel paese sconosciuto e fuori dal mondo sociale.
Una cosa era scontata: avrebbero chiesto talmente tanti soldi ai loro genitori da vivere da regine anche in un luogo squallido come quello, in cui d’altronde non ne sarebbero serviti poi così tanti per riuscirvi!
Erano talmente serene che, uscite dalla scuola, le amiche decisero di darsi allo shopping per “festeggiare” la sconfitta dell’OHS, di certo sarebbe stato da sciocche tornare a casa con la coda tra le gambe!
Proprio così: nonostante fossero stare buttate letteralmente fuori dalla scuola, la loro era stata una vittoria.
Meglio uscirne a testa alta piuttosto che sottomettersi e accettare le catene.
Alla fine tutti gli sforzi della cara Beechenson si trasformarono in 4 vestiti eleganti, 3 paia di scarpe, 2 occhiali da sole griffati, 4 smalti fashion e 4 coppe gelato multi frutti. Niente male vero?
“Ely il vestito che hai comprato è assolutamente fantastico! Dovrai prestarmelo!” disse Claud mentre uscivano dall’ennesimo negozio di atelier famosi.
“Certo tesoro! Spero non sia troppo per quegli antenati nella riserva.. non ho di certo intenzione di andare in giro con addosso degli stracci!” rispose lei scostandosi delicatamente i capelli dal volto.
La loro risata all’unisono fu interrotta dallo squillo del cellulare di Krissy.
“Nuovo messaggio! Speriamo non sia quell’idiota di Eric, dopo un semplice saluto pensa di avermi conquistata! Puah” disse selezionando la cartella dei messaggi ricevuti dal suo palmare da 900$. Continuavano a camminare felici, quando improvvisamente Krissy si bloccò, con una faccia a dir poco scocciata.
“Cosa c’è gemy?” le chiese Ely, incrociando le braccia e battendo il piede a terra impaziente
“Signorine Storm, voi e le vostre amichette siete pregate di recarvi immediatamente a casa! Niente obbiezioni e muoversi!” lesse Kris cercando di imitare la voce della madre e poi continuò “Dittatrice-Storm ci vuole tutte a casa”
Effettivamente non sapevano se prendere questa notizia come positiva o negativa. Non era di certo la prima volta che si facevano riunioni tra famiglie ma questa volta c’era di mezzo un’espulsione dalla scuola. Mah, poco male, un altro giro di shopping avrebbe risolto ogni noia!
Si avviarono lentamente a casa, anche solo per fare un dispetto al tono categorico della Mamma-dittatrice di Ely e Kris, quando arrivarono attesero ancora qualche minuto e, prima di entrare, spiarono dalla vetrata che dava sul giardino.
Li videro tutti riuniti nell'enorme salotto.
I proprietari di casa, ancora imbalsamati nei loro abiti da lavoro, si guardavano ansiosamente attorno.
Mamma Storm, avvocato affermato nella città di Olympia e dintorni, era ancora una bellissima donna nonostante i suoi 40 anni, con tutte le forme ancora al posto giusto evidenziate da corti tailleur che portava orgogliosamente ogni giorno nei tribunali. Con i suoi capelli color paglia elegantemente raccolti dietro la nuca e gli occhialini squadrati tempestati di diamanti , era evidentemente irritata dal loro ritardo, tanto che alle B.A.D. scappò una risata di soddisfazione.
Papà Storm era un classico uomo di mezza età, con sotto al naso piccoli baffi sale e pepe, come i capelli, e una pancia pronunciata che aspettava solo di essere liberata dalla stretta della cintura. Al fianco di wonder-woman appariva naturalmente goffo e come al suo solito cercava invano di calmare la consorte, con l’unico risultato di prendersi qualche insulto gridato a pochi centimetri dal viso. Povero uomo.
I genitori di Claud erano seduti composti sul divano. Due figure snelle, leggermente snob e morigerati.
Il padre, Mr. Howl, era più che rispettato nell’ambito politico, ma soprattutto più che osservato ed apprezzato dalle zitelle, sia giovani che datate della città, con i suoi capelli nero corvino perfettamente laccati e la sua corporatura forte coperta da eleganti tait di marca.
Mamma Howl, casalinga perfetta, accarezzava con una mano i suoi capelli lisci e scuri come il cioccolato fondente mentre aggiustava con l’altra il vestitino leggero che le copriva castamente le gambe fin sotto le ginocchia. Entrambi sembravano più ponderati, anche se in realtà sotto quella maschera di cera nascondevano un enorme terrore per l’idea che i vicini si sarebbero fatti della situazione. Entrambi discendenti da agiatissime famiglie, da generazioni residenti a Olympia, erano fermamente convinti che una buona immagine nel vicinato fosse fondamentale per una corretta convivenza e l’affermazione dello status sociale raggiunto. In poche parole, come diceva Papà Howl, “Meglio far capire subito chi comanda nel quartiere. Nessuno ha mai messo i piedi in testa agli irreprensibili Howl”
E per finire i genitori di Asia, due dolcissime persone dal viso angelico e paffuto.
La madre, una signora piccina quanto esile dai capelli soffici e rossicci, teneva impaurita le mani conserte sul ventre mentre si guardava attorno, probabilmente spaventata dall’atmosfera rabbiosa che aleggiava per tutta la stanza.
Mentre il signor King, con enormi baffi a manubrio e la testa completamente rasata, proteggeva dall’alto del suo metro e novanta la moglie tenendola dolcemente per le spalle. Erano entrambi quasi in lacrime, sconvolti per l’accaduto e tremendamente preoccupati che questa brutta esperienza potesse aver traumatizzato la loro piccola Asiuccia.
“Sempre carini e coccolosi!” esordì Asia guardando ancora dalla finestra disgustata “...che nausea...”
Stancatesi del loro stesso gioco e gravate dal peso degli ultimi acquisti fatti, tutte cose assolutamente necessarie, le ragazze decisero che era arrivato il momento di entrare in casa Storm, pronte a tutto pur di restare unite come sempre.
Il tempo di vederle entrare e Mamma King si staccò dal marito per fiondarsi dalla figlia e con fare apprensivo la abbracciò chiedendole "Tesoro come stai?", mentre il marito le guardava carico di amore.
Era assurdo pensare che fosse figlia loro.
La madre di Krissy e Ely fulminò con lo sguardo i due responsabili del tenero quadretto e il Signor King tentò di calmare la situazione giustificandosi "Sono giovani, dobbiamo essere noi ad andare incontro a loro...o le perderemo"disse commosso.
Un moto di rabbia invase improvvisamente Asia, si scrollò la madre di dosso, dedicò una smorfia disgusta al padre urlando scocciata "Zitti voi! Pinguini di Madagascar!"
Si sentì Krissy sghignazzare, divertita alle sue spalle e poi più nulla, solo la voce urlante di Mamma Storm che perforò i timpani a tutti i presenti “Ma stiamo scherzando?! Qui stiamo parlando di grave oltraggio ad un istituto scolastico!”
“Per non parlare della pessima immagine che daremo a tutto il vicinato” aggiunse a ruota il padre di Claud ancora seduto sul divano, immobile come una statua.
La Signora Storm sembrava quasi compiaciuta di questa risposta e con un sorriso soddisfatto continuò
“Per fortuna che lei signor Howl è d’accordo con me, dobbiamo tenere il pugno d’acciaio con queste ragazze o non si piegheranno mai alle nostre regole!”
Improvvisamente ci fu una risata generale tra le quattro ragazze che guardavano sconsolate i genitori
“Non credo sarà mai possibile! Vi conviene rassegnarvi e trovarvi un hobby che vi dia maggiori soddisfazioni del riporre speranze in noi” rispose con un residuo di risata Krissy, spalleggiata dalle sue tre compagne di avventure. Questa frase bastò per scatenare l’ira di Mamma-dittatrice: iniziò a blaterare con un tonno di voce altissimo, rischiando inoltre di farsi saltare ogni bottone della giacca aderente a furia di agitarsi!
Nessuna delle ragazze in questione sembrava particolarmente scossa da quell’ennesima ramanzina tanto che, mentre Ely si guardava le unghie, Krissy scrutava da lontano i sacchetti con le recenti spese pensando a quale vestito avrebbe indossato prima, Asia guardava fuori dalla finestra sbuffando ogni 2 minuti per non essere riuscita a pulire ancora gli stivali dal fango e Claud giocherellava con una ciocca dei suoi nerissimi capelli.
Qualcuna però era seriamente interessata a quello che stava succedendo in quella stanza: praticamente appiccicata alla finestra c’era una delle “regine del pettegolezzo” del quartiere. La signora Boyle se ne stava lì, con entrambe le mani attaccate al vetro, nella speranza di cogliere qualche gossip succulento da spiattellare a mezzo mondo.
Nessuno sembrava accorgersi della sua presenza, finché Asia non ne vide la sagoma in controluce e, dal momento che la cattiveria è donna, di certo un comportamento simile non poteva essere tollerato. La ragazza si avvicinò alla finestra, ben attenta a non farsi notare, per poi scostare rapidissima la tendina che copriva il volto della signora Boyle ed esclamare all’improvviso un sonoro “BUUU!”
La pettegola fece un salto in aria di circa mezzo metro e scappò via correndo. Questo spavento le avrebbe sicuramente fatto passare la voglia di parlare di loro. I genitori rimasero attoniti e calò il silenzio nella stanza
“Preferivate che la lasciassi lì ad ascoltare i nos.. vostri discorsi??” disse Asia accendendosi una sigaretta senza ritegno.
“Signorinella, in questa casa non si fuma!” urlò Mamma Storm sbattendo un piede a terra
Asia con un sorriso furbo e allo stesso tempo spietato, mantenendo lo sguardo fisso negli occhi della padrona di casa, domandò “Ely, Kris.. questo tappeto a voi piace?” indicando il costosissimo tappeto che copriva il parquet scuro del salotto.
“Neanche più di tanto.. l’ha scelto mamma” rispose Ely strafottente mentre la sorella annuì con sufficienza.
“Perfetto” sentenziò Asia buttando la sigaretta accesa sul tappeto e spegnendola con la pressione della punta del piede.
Questo gesto fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“La preside Beechenson ha ragione.. non avete speranze di cambiamento” disse sconsolata la mamma di Claud scuotendo la testa “Credevo di aver cresciuto una ragazza a modo, gentile e educata..”
Si fermò di colpo notando con disprezzo che Claud non stava seguendo nemmeno una parola del discorso, poichè canticchiava una delle sue canzoni preferite, muovendosi a tempo e con grazia.
“Claudia Howl?! Mi stai ascoltando??”
“Eh? Cosa? Hai parlato?” chiese guardando i volti sconcertati degli altri genitori.
Da quel momento, nessuno riuscì a fermare l’inevitabile.
“Signorine, da oggi avete finito di fare sempre e solo quello che volete!” urlò nuovamente la mamma di Ely e Krissy. Per una volta cercarono di fare le ‘brave’ e non replicarono, sperando anche che così lo strazio finisse presto .
“Noi genitori abbiamo raggiunto un accordo. Ci avete messo con le spalle al muro e non possiamo fare altrimenti” Le B.A.D. erano totalmente annoiate quando sentirono la frase più brutta di tutta la loro vita
“Ad ognuna di voi verrà bloccato il conto in banca, non avrete più la possibilità di prendere soldi quando vi pare e piace. Dovrete chiedere a noi, preventivamente, il permesso di spenderli e solo se noi lo riterremo opportuno vi verranno dati. Niente più danni con i NOSTRI soldi e niente più shopping inutile. Dovrete imparare a cavarvela da sole, responsabilizzandovi”
Fu come una pugnalata allo stomaco.
“Spero tu stia scherzando mamma!” disse Ely presa da un leggero attacco d’ansia “Sai benissimo che io ho determinati problemi.. e nonostante questo vuoi tagliarci i fondi?! Sei una madre snaturata! Non ti interessa nulla se starò male per questo!?” aveva quasi le lacrime a gli occhi quando la madre di Asia intervenne preoccupata
“Oh povero tesoro, che problemi hai? Posso darti io qualche soldo se hai bisogno di medicine..”
A Krissy sfuggì una lieve risata, ancora prima di sentire la risposta della gemella. La conosceva bene oramai.
“Io soffro di forti attacchi di..” tutti pendevano dalle labbra di Ely, tra la preoccupazione e l’agitazione .
“..Attacchi di panico da NON-shopping!!! Ho necessariamente bisogno di comprare almeno una cosa al giorno!! Ok.. potrei anche fare un’eccezione, sforzandomi con tutta me stessa.. facciamo ALMENO 3 cose a settimana! E sto già esagerando!” Tutte le ragazze risero apertamente, senza più esitazioni.
“Ora smettetela!” urlò nuovamente la principale interlocutrice genitoriale della giornata. La voce di Mamma Storm suonava ormai molto fastidiosa alle orecchie di tutti.
“Ripeto, neanche l’ombra di un dollaro sfiorerà le vostre dita, senza il nostro consenso!”
Questa sì che era un punizione per le B.A.D., maledettamente dolorosa per giunta anche non potevano permettersi di dimostrarlo ma, a spezzare la corazza d’acciaio che si erano prontamente create Asia, Ely e Kris, fu il leggero singhiozzo di sorpresa e sconforto di Claud che si portò subito le mani alla bocca con aria colpevole. Era stato più forte di lei: niente più vestiti di danza nuovi, niente più cd all’ultimo grido, niente più shopping selvaggio! Era troppo ed avrebbe ceduto in un vero e proprio pianto, probabilmente, se Krissy non le avesse tirato una leggera gomitata riportandola all’ordine.
“Mai farci sottomettere piccola Claud, fidati di me” disse facendole l’occhiolino.
Era incredibile come soltanto una frase potesse rinforzare il loro rapporto. Claud si ricompose portando le braccia dietro la schiena e facendo un profondo sospiro.
“Gemy, mi devi proprio spiegare come fai ad essere così tranquilla! A me viene l’ansia solo a pensarci!” disse Ely sventolandosi drammaticamente una mano di fronte al viso mentre Krissy , a ben guardare in effetti, sembrava l’unica che non avesse fatto una piega a quella minacciosa e orribile condizione. Non riuscivano proprio a capirla. Se ne rimaneva lì, con le braccia conserte, il peso spostato su un fianco, con il viso rilassato e un leggero sorriso che piegava appena le estremità delle sue labbra rosse.
“Non so cosa dirvi ragazze, magari cavarcela da sole ci farà bene”
Nessuna di loro, nessuno dei genitori in verità, poteva credere alle proprie orecchie.
“Che cooooosa???” Ely non riusciva a credere che qualcuna con il suo stesso dna potesse dire una frase del genere.
“Stai impazzendo? L’idea ti ha già dato alla testa??” intervenne Asia guardandola sbigottita
Nessuna risposta, Krissy si limitò a sorridere. Claud fu l’unica che non disse nulla alla sua amica, conoscendola bene avrebbe giurato che qualcosa di estremamente furbo e geniale frullava nel cervello iper-attivo della Bad.
“Per i vicini sarete in viaggio premio per un Tour in Europa. Nessuno saprà di questo ‘piccolo inconveniente’ e nessuno riuscirà a scalfire la nostra immagine che VOI stavate sgretolando fino alle briciole!” disse risoluto il padre di Claud.
I genitori di Asia, completamente in disaccordo con gli altri si avvicinarono alla loro figliola abbracciandola.
“Piccola Asiuccia, tranquilla noi non ce l’abbiamo con te! Sappiamo che sei solo una vittima di questa situazione”
Asia esplose di rabbia nuovamente. “Ma la volete finire?! Faccio gare clandestine di moto, fumo, bevo, ho mille tatuaggi, ho praticamente distrutto la vetrata di un edificio scolastico, ho corrotto ogni possibile lavoratore della scuola, dando fior di migliaia di dollari per farmi fare dei ‘favori’ e ancora siete qui a proteggermi?? Stupidi idioti!”
I genitori King si azzittirono, ciò nonostante non cambiarono la loro idea. Quella famiglia era davvero assurda.
“Tuttavia non siamo così maligni da mandarvi allo sbaraglio nella riserva. Abbiamo già provveduto a procurarvi una sistemazione adeguata per tutta la durata del vostro soggiorno” concluse Mamma Storm frugando in una grande borsa.
Il capo dei ‘boia’ tirò fuori dalla borsa 4 depliant. L’idea di un albergo super lusso sfiorò la mente delle ragazze.
Uno spiraglio di luce si aprì negli occhi delle B.A.D. Forse avrebbero finalmente avuto il tanto sospirato idromassaggio in camera? Magari un attico nella zona più In?? O addirittura una casa con piscina?
Purtroppo per loro, niente di tutto ciò.
“Questo è il posto dove alloggerete” disse la madre delle gemelle porgendo a tutte i libretti informativi. Dall’iniziale euforia, il mondo cadde addosso alle ragazze lasciandole completamente disarmate di fronte ad una notizia del genere. Nemmeno nei loro sogni peggiori avrebbero immaginato tanto.
“La residenza delle suore benedettine ‘Ostello della preghiera’, situata nell’estrema periferia della città, vi aspetta con le sue piccole ed essenziali camere singole, ovviamente dotate di tutto il necessario: branda a ribalta, crocifisso e bibbia per ogni vostro momento privato con il signore.
Le nostre 3 parole d’ordine sono: castità, obbedienza e preghiera, per un soggiorno religioso in pace con il mondo….”
Questa era una cosa ASSURDA!
Le quattro B.A.D. in un ostello benedettino?!
Castita?! Obbedienza?! Preghiera?! Non sapevano neanche quale fosse la peggiore delle tre!
Voltarono il depliant e sul retro trovarono i volti sorridenti di 3 suore con i loro soliti vestiti da pinguino e sullo sfondo una foto dell’ostello. La scritta “Benvenuti dal Signore”, incisa in una tavola di legno posta proprio sopra la porta principale, inquietò le ragazze che rimasero, per la prima volta nella loro vita, senza parole.

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Capitolo 10
*** C'è divisa e divisa... eccome se c'è ***


Krissy POV

Non bastavano i soldi contati, il trasferimento obbligatorio e la residenza prestabilita, macchè: pure il trasporto dovevano organizzarci quei despoti riuniti. Se un autobus può essere definito trasporto organizzato.
I nostri genitori avevano giudicato che lasciarci le nostre auto, o moto nel caso di Asia, sarebbe stato troppo semplice e così, probabilmente in preda ad un momentaneo congelamento dei loro cervelli, ci avevano mandato dalle monache con un normalissimo autobus di linea.
Peccato che quelli non accettassero i cani e Asia si era rifiutata categoricamente di lasciare il suo adorato Darko , un magnifico husky siberiano; a risolvere tutto ci avevano pensato i suoi adoranti genitori ovviamente che, stando attenti a non farsi scoprire dalle altre famiglie, ci avevano per lo meno noleggiato un’apposita navetta in cui era consentito anche il trasporto di animali, oltre che delle nostre ingombranti e numerose valigie, 16 in tutto... strano perché tutte e 4 ci eravamo impegnate a portare solo l’indispensabile, lasciando nelle nostre abitali case i capi più vecchi e quasi fuori moda... mah, misteri dell’universo!
“Signorine, tra pochi istanti sarete arrivate. L’ingresso nella proprietà dell’ostello benedettino è proprio oltre quella curva. Vi consiglio di indossare la giacche perché qui, essendo più a nord, la temperatura è leggermente inferiore rispetto a quella di Olympia” ci avvisò, molto gentilmente, il driver sperando forse di rimediare una mancia extra.
“Wow, di bene in meglio” commentò laconica Ely, seduta nel posto accanto al guidatore.
Aveva il broncio dalla fine della discussione con i nostri genitori e sentendosi tradita da me, che avevo osato non contestare più vivacemente la loro decisione, mi rivolgeva a stento la parola.
Neanche a me faceva piacere finire in quello che credevo sarebbe stato un inferno: ovvio che avrei preferito andare nella soleggiata California del sud o nella vivacissima New York piuttosto che qui, disperse nel nulla della penisola e circondate dai boschi, ma sicuramente non volevo nemmeno più avere Dittatrice-Storm sempre addosso, né stare nella nostra ormai ex-scuola dove mi stavo annoiando già da tempo.
Un cambiamento ci voleva proprio.
Eppure sembrava che solo io la pensassi così: la gemy era di malumore, Claud, seduta con me nella fila centrale, aveva guardato fuori dal finestrino tutto il viaggio col suo iPod nelle orecchie, e Asia, seduta dietro di noi con Darko , si era limitata a sussurrargli qualche parola per tenerlo tranquillo e a sfogliare riviste di motociclette.
Per ingannare il tempo durante il viaggio, io tenevo in mano il depliant che mamma ci aveva gentilmente fornito, per abituarmi alla vista di ciò che avremmo avuto fra poco davanti a noi, speravo che così sarebbe stato meno duro l’impatto.
A furia di fissare quella foto l’avevo ormai imparata a memoria e, quando l’autista ci annunciò di essere giunti a destinazione, io alzai gli occhi dal foglio e cercai di focalizzare l’esterno del veicolo ma ebbi un’allucinazione.
Di fronte a me 3 suore, anzianotte e sorridenti.
Nell’immagine fra le mie mani 3 suore, anzianotte e sorridenti.
Davanti all’ingresso una alta, una bassa con gli occhiali e una decisamente in sovrappeso.
Sul depliant una alta, una bassa con gli occhiali e una decisamente in sovrappeso.
Non aveva senso che fossero perfettamente identiche, posizionate esattamente nello stesso modo con la medesima espressione. A meno che non le avessero imbalsamate e messe lì al posto dei fenicotteri rosa o dei nani da giardino. Io avrei preferito i fenicotteri: molto più simpatici.
“Benvenute anime pure. Qui troverete la pace che serve al vostro spirito” sentenziò la più alta.
“Veramente di solito a me serve dello spirito per trovare pace” ribatté Asia, la prima a scendere trascinata da Darko , fingendo di bere da un bicchiere immaginario e voltandosi verso l’interno del minivan ammiccando. “Inoltre, io e la purezza abbiamo litigato ai tempi dell’asilo…”
Iniziavamo bene. Qualcosa mi suggeriva che saremmo rimaste in quel postaccio ancor meno del previsto.
Mentre il driver scaricava tutte le 16 essenziali valige , scendemmo anche io, Claud e Ely, la quale però si mise subito a girovagare cercando più campo per il cellulare.. chissà con chi doveva parlare con tanta urgenza.

“Allora angioletti avete fatto buon viaggio da Olympia?” chiese Puffa Quattrocchi.
Ovviamente nessuna rispose e quella lo prese per un sì, vai a capire perché.
A rispondermi fu la terza facendosi avanti per spiegarci che avevano già parlato con le nostre famiglie, concordando tutto con loro. Non fece in tempo a finire che la spilungona, probabilmente avente seri problemi di comunicazione, aggiunse: “La donna non è nata dal cervello per essere superiore all’uomo. Non è nata da sotto i suoi piedi per esserne calpestata. Ma è nata da una costola per essere alla pari…..”
Non so se aveva intenzione di continuare per molto, il dettaglio non era rilevante dato che noi non avevamo comunque intenzione di ascoltarla. Scoppiamo a ridere sentendo una simile idiozia e, senza riuscire a smettere, Claud tentò di spiegare loro il nostro credo personale: “Vede cara Sorella Proverbia, lei non è aggiornata: la donna E’ superiore!”
“Sagge parole bad-ballerina” la sostenne Asia “è un dato di fatto che la donna sia superiore. Non a caso i ragazzi sono sempre stati tutti ai nostri piedi”
“Ehm ehm” tossì nervosamente la monaca in miniatura “nessuna creatura sta ai piedi di una altra, è scritto in vari passi delle sacre scritture. Comunque avremmo modo di parlarne in futuro quando ve le faremo studiare a memoria. Ora piuttosto, se volete seguirci, andremo a procurarvi dei vestiti più adatti.. ”
“Ehm ehm” la interruppi imitandola. Queste tre evidentemente non ne sapevano nulla di moda e dovevano essere avvisate che un cambio di look non era minimamente in discussione. “I nostri vestiti vanno benissimo così, non ce ne servono altri. Ci bastano quelli nei nostri bagagli.. o avete le anteprime della prossima stagione di D&G?”
Secondo il mio istinto era il turno della cicciottella e, guarda caso, fu proprio lei a chiarire che
“Mi spiace, non conosciamo il signor Diengi.. Ebbene, delle nostre consorelle sono bravissime a cucire e tutte le nostre ospiti vestono una divisa.. Ecco, guardate laggiù ci sono delle vostre future camerate” e indicò un gruppetto, che illusoriamente avrebbero dovuto dividere la stanza con noi.
ahahah le B.A.D. in una camerata con altre tizie sconosciute! Era una bella barzelletta, dovevo ricordarmela!
Le ragazzine erano vestite ..uhm.. no, erano addobbate con camicione sformate, gonnelloni quadrettati con cui si sarebbe potuto allestire il tendone di un circo e gilerini, o almeno credo lo fossero nell’idea di base, infeltriti e grigi come tutto il resto dei capi.
Asia Cla ed io ci scambiammo sguardi allibiti quanto schifati e, prima che potessimo esprimere a parole il nostro sdegno, Ely riapparve migliorando nettamente la nostra giornata.
“Baddine mie, preparatevi: ho chiamato dei taxi, cinque, uno per noi, gli altri per le valigie. Sono già debitamente istruiti e in dirittura di arrivo. Sorelle Pinguine, il piacere è stato tutto vostro, a mai più rivederci e tanti saluti al Capo: mi raccomando non metteteci una buona parola per noi.”
Questa si che era la mia gemy!
Le feci un ampio sorriso orgoglioso e finalmente lei lo ricambiò con identico calore.
“Come i taxi stanno arrivando? E ai vostri genitori non pensate?” di nuovo la monaca rotondetta..
“Oh per carità! Siete uscite dall’ovetto Kinder?!” questo passarsi la parola incessante mi stava facendo innervosire “Comunque certo che ci pensiamo ai nostri vecchi: vedrà che non rimarranno delusi. Sarebbe stata la prima volta che eseguivamo un loro ordine e non credo avrebbero tutti retto all’emozione.”
Nel mentre arrivarono le auto, i taxisti caricarono le nostre cose sulle 4 vetture di coda, evidentemente seguendo le istruzioni di Ely, e noi a bordo dell’auto di testa, con Darko scodinzolante nel bagagliaio predisposto, ci dirigemmo verso la fantomatica High School of La Push.

“Ha capito bene?” Ely stava sventolando un biglietto da 100$ sotto il naso del nostro taxista “se lei e i suoi colleghi ci aspettate qui, giusto il tempo di stracciare qualche scartoffia, ognuno di voi riceverà una di queste oltre ai soldi della corsa. Siamo d’accordo?”
“Certo signorina” rispose l’uomo, deglutendo rumorosamente con gli occhi scuri fissi sui soldi.
C’era mai stato qualcuno in grado di dire no a mia sorella? Ci sarebbe mai stato?
E così alla fine, o all’inizio a seconda delle interpretazioni, eccoci lì, davanti ad un semplicissimo edificio a due piani, in mattoni rossi con infissi bianchi (beh, un tempo quello doveva essere il loro colore), con vetri di vari tipi a seconda della disponibilità di fondi scolastici al momento della riparazione, e un cartello a qualche metro da noi che informava ‘La Push High School – Home of the Wolves” con tanto di lupo ululante stilizzato. Asia vi si fermò davanti un attimo con aria pensosa per poi dire, tra sé e sé più che a qualcuna di noi “Ecco cosa intendeva quella megera della Beechenson. E io che mi immaginavo chissà cosa. Pfff”
“Ragazze, qui dice che dobbiamo andare in segreteria.. ci sono delle pratiche che richiedono un autografo, così saranno poi faxate ai rompi dell’Olympia HS. Le vogliono come conferma del nostro arrivo. Dite che non si fidano più di noi? Sono un po’ esagerati.” Ci avvisò Claud, facendoci anche partecipi delle sue riflessioni.
“Sono sempre stati esageratamente noiosi e di vedute ristrette” le risposi “beh, ormai è acqua passata. Andiamo in quel cavolo di ufficio ora.”
“Perché tu gemy sai già dov’è? Hai cercato la mappa dell’edificio su Google stanotte?!?”
“Ovvio che no! Stavo andando a chiedere a quell’ammasso di armadi semovibili lì avanti..”
“Scusa? Intendi dei ragazzi?? Quali? Dove?” perfetto, la mia sorellona aveva già attivato al modalità di caccia.
“Quei tipi là! Sono uno più alto della’altro..cosa gli daranno mai da mangiare..” mormorai indicando un nutrito gruppetto di ragazzoni, tutti voltati di spalle (e che spalle!) ed ancora ignari della nostra presenza.
“Beh, tanto vale provare” convenne fiduciosa Claud.
“Ma sì, diamo una possibilità a questi locali. Magari tra tutti, ce n’è almeno uno con un cervello, modello base ovvio, che sappia darci un’indicazione tanto semplice” aggiunse Asia.
“Bene, mi sacrifico per la causa e vado volontaria in missione” non fece in tempo a dirlo che Ely era già a metà della distanza tra noi e loro. Arrivata a solo qualche passo, si schiarì la voce per richiamare l’attenzione ma i ragazzi continuarono a parlottare fitto. Strano.
La mia gemella fece anche gli ultimi centimetri che li separavano, e tamburellò sul braccio del più alto: nemmeno col tacco 12 sarebbe riuscita ad arrivargli alla spalla.
Il gruppo continuò a rimanere compatto e racchiuso su sé stesso, mentre quello finalmente si girò e.. “WOW” esclamammo in coro io, Cla ed Asia.
La gemy invece, per la prima volta nella sua vita, non riuscì ad avere la prima parola, come riusciva ad ottenere sempre anche l’ultima, davanti ad un ragazzo.
Vidi lui inclinare la testa leggermente in avanti e muovere le labbra.
Cosa avrei dato per essere al posto di mia sorella e veder quel movimento da vicino..
Per fortuna la gemy si riscosse e si scambiarono qualche parola, poi mentre lui tornava nel suo branco di amici, lei con anomale movenze di un automa si rigirò e tornò da noi, senza pararle mi prese per mano e fece cenno di seguirla. Quello non doveva essere un comune ragazzo per ridurre Ely così.
Non so come fece, ma lei ci condusse esattamente davanti all’ingresso della segreteria, di nuovo senza una parola bussò ed entrò.
Ci accolse una donnetta piccola ed esile, con la pelle bronzea e grinzosa, i capelli totalmente bianchi raccolti in una lunga treccia che portata in avanti ed un sorriso a dir poco radioso. Normalmente mi sarei presa gioco di una donnina simile, e così le altre, ma la sincerità di quel sorriso ci fece capire che a lei non avremmo mai fatto nulla. “Oooh siete arrivate dunque. Bene, tesorini, dovete scusarmi ma io sono un po’ sorda quindi dovrete parlare a voce un po’ più alta con me. Allora siete pronte per firmare?”
Cla divenne naturalmente la nostra portavoce e le rispose alzando il suo normale tono “No signora. Noi non firmiamo nulla. Noi ce ne andiamo subito. Ok?” e, per facilitare maggiormente la comprensione della vecchina, fece no con la testa e mimò con le dita di una mano delle gambe che se ne vanno.
L’anziana donna si illuminò ancora di più, si voltò rapidissima per afferrare qualcosa dietro di lei e sfrecciò letteralmente fuori dalla porta.
Mi era sparita da davanti in un momento “B.A.D. ma dov’è andata la nonna?”
Ero sconvolta. Mi ero sbagliata di grosso giudicandola come una anziana, dolce, fragile e rintronata vecchina..
“Ma.. una … lei non dovrebbe potersi muovere così!” obbiettò Cla ancora con la mano sospesa in aria.
Ely non disse nulla, anzi probabilmente non si era accorta di niente visti gli occhi sognanti che aveva, io ero ufficialmente preoccupata per lei, Asia fortunatamente fu pratica come sempre e prese in mano la situazione:
“Andiamo” ci disse e si mosse lei stessa per prima sulle orme della segretaria, la quale quando uscimmo dall’ufficio era già alla fine del lungo corridoio e ci faceva segno di seguirla.
Mezzora dopo avevamo ufficialmente battuto ogni record di visita lampo di una scuola.
La solo apparentemente friabile vecchina avrebbe potuto andare alle olimpiadi tanto in fretta ci aveva portato in giro per la costruzione che, esattamente come appariva da fuori, era decisamente modesta e necessitante di qualche intervento di manutenzione urgente
“Non rimarremo qui un minuto di più oltre a quelli necessari a far capire alla prozia americana di Bolt che ce ne andiamo. Ok?” chiesi, ancora affannata per lo sforzo del tour, ad Asia e come prevedevo, lei altrettanto provata alzò solo un sopracciglio come a dire se ci fosse anche bisogno di chiederlo, mi voltai per avere conferma anche a Cla, l’unica che aveva retto senza problemi il folle ritmo grazie a tutti gli allenamenti che svolgeva, ma non era più al mio fianco come un attimo prima: lei ed Ely stavano fissando, entrambe ugualmente rapite, qualcosa fuori dalla finestra.
Incuriosita mi avvicinai, sentii Asia seguirmi, e raggiungemmo quello squarcio sul mondo che aveva incantato le nostre due amiche.
Incantato era la parola giusta.
La finestra dava sul cortile della scuola, dove c’era n campo da basket e dove era la momento in corso una partita tra la squadra dei ragazzi con la maglietta bianca, che metteva in risalto ancora di più lo splendido colore del loro incarnato scuro, contro quella dei senza maglietta. La squadra a petto nudo era composta dal ragazzo alto, con cui aveva parlato prima Ely, e dai suoi amici, facilmente distinguibili per le mirabili corporature, perfettamente definite ed ugualmente attraenti.
Ora capivo quello che aveva provato la sorellona nel più recente arco di tempo: non c’erano parole.

“Bambine, ora che avete visto la nostra bella scuola, potete firmare i documenti per cortesia?”
“Certo! Firmiamo tutto quello che vuole!” rispondemmo subito tutte e quattro, voltandoci nostro malgrado verso la segretaria ed afferrando ognuna una penna di quelle che l’anziana ci porgeva.
“Eeeeh,sapevo di dover insistere piccole mie: immaginavo che la scuola vi sarebbe piaciuta!”
“Già, è proprio la scuola che fa per noi!” le risposi entusiasta e con voce squillante.
“Bene, molto bene, sono proprio contenta. Allora tornate lunedì prossimo, così avrete un po’ di tempo per sistemarvi mentre io sistemo tutti questi fogliacci prima di iniziare le lezioni”
“Lunedì prossimo?!?” urlò Ely interrompendo improvvisamente il mutismo in cui era caduta per ragioni a quel punto totalmente comprensibili e condivisibili. Se ci avevano fatto quell’effetto vederli giocare da lontano, chissà quale shock doveva esser stato ritrovarsene uno a pochi centimetri dal viso.
“Sì esatto, lunedì di settimana prossima.. C’è qualche problema care?”
“Noi vogliamo iniziare subito!” parlammo ancora come una sola persona.
“Oooh che brave studentesse siete! Non mi sbaglio mai io sulle persone. Beh, però oggi ormai si è fatto tardi, fra poco andranno tutti a casa e il preside non c’è... inizierete domattina alle 8 d’accordo?!”
“Perfetto!” di nuovo un’opinione corale.
Rinfrancate dall’idea di cosa ci attendeva il giorno seguente, anzi da chi, uscimmo dalla scuola e risalimmo sul taxi, che ovviamente ci aveva atteso, esattamente come gli altri coi nostri bagagli, per dirigerci al motel che avevamo visto arrivando in stati d’animo completamente opposti solo qualche ora prima.

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Capitolo 11
*** La Push ... the best of... ***


Asia POV

Il viaggio proseguì lento e silenzioso.
Ognuna di noi stava elaborando la propria personale strategia quando l’auto frenò di colpo, sollevando una nuvola di polvere, e la ghiaia stridette sotto le ruote. Poco dopo l’autista, cortese, ci aprì le portiere ed io scesi stiracchiandomi e, guardando in volto le mie amiche, ci vidi il mio stesso entusiasmo:
“La cosa sta prendendo una piega interessante” affermai tirando su le braccia, ma l’euforia collettiva si spense appena i nostri occhi si posarono sulla costruzione che si erigeva alla fine del vialetto ghiaioso, nient’altro che un ingrandimento dei parallelepipedi col tetto spiovente che gli indigeni si ostinavano a definire abitazione: il nostro motel!
Mentre mi perdevo in queste osservazioni sentii il driver, che teneva ancora spalancata da portiera, gridare allarmato: “TERREMOTO!!!” per poi, nello stesso istante, buttarsi a peso morto al suolo.
Solo dopo qualche secondo si accorse, scrutandoci i piedi da sotto la macchina, della nostra immobilità e si sollevò lentamente reggendosi all’auto, con il naso appiattito contro la carrozzeria finché, all’altezza del finestrino non incrociò lo sguardo inferocito di Darko che gli ringhiò violentemente contro scoprendo i suoi terribili canini e facendolo sobbalzare e finire, nuovamente a terra, ma stavolta a gambe all’aria.
“Macché!!! Quale terremoto?!?” lo riprese Claud “è solo Darko che si è un po’innervosito” aggiunse, tornando con lo sguardo alla macchina violentemente scossa dai movimenti del cane che cercava di uscirne, ringhiando furiosamente e facendo pressione con le possenti zampe contro il vetro.
“Ma cosa lo disturba tanto?”fece Krissy poco distante.
“E c’è anche da chiederlo Gemy??? Guarda dove siamo finite... gli animali le avvertono prima certe catastrofi, come le alluvioni, i terremoti, i maremoti, gli uragani e finire a La Push a quanto pa...”
“Gatti!” mi limitai a dire.
“Gatti?” ripeté Ely poco convinta.
“Eh già...” aggiunsi seguendo con lo sguardo le traiettoria del suo puntare frenetico verso il vialetto poco distante “guardate lì in fondo” indicai.
Così poterono scorgere anche loro, a pochi metri da noi, proprio lungo il viale che avevamo appena percorso in taxi, quattro ragazze che passeggiavano con a seguito una bella gatta fulva e grassoccia seguita da tre gattini zampettanti che giocavano a mordicchiare la coda di quella che immaginai essere la loro mamma.
La gatta, accortasi del pericolo si era immobilizzata ed aveva appiattito le orecchie ed arruffato il pelo pronta a difendere la prole... in tutta onestà non sarebbe servito a molto contro Darko, ma di fegato ne aveva quella piccina e mi venne spontaneo sorridere.
Le ragazze si accorsero che le osservavamo e subito dopo, credo, capirono il pericolo che correvano i loro animali perché vidi, una di loro, davvero giovanissima, chinarsi a prendere in braccio due dei cuccioli, il terzo però le sfuggì e mentre faceva per seguirlo, una folata di vento le fece sfuggire i fogli che stingeva tra le mani.
“Oh no...” fecero in coro, affrettandosi a riprenderli. Qualcuno si fermò a pochi passi da noi e Claud si chinò con grazia a raccoglierli:
“Grazie mille” sorrise timida per poi allungarle la mano “sono Alejandra, ma puoi chiamarmi AleT!”
“Figurati” fu il suo turno di sorridere “io sono Claud e loro Ely, Krissy ed Asia” aggiunse indicandoci.
“Sono tuoi?” le chiesi indicando gli spartiti che cercava di non spiegazzare ulteriormente.
“Si, di tanto in tanto suono il piano nella parrocchia adiacente l’ostello benedettino che è poco lontano... Dovreste averlo visto arrivando... - poi aggiunse con aria sconsolata - è l’unico pianoforte decente qui a la Push”
Le B.A.D. mi guardarono allusive e sconvolte: avrei potuto essere al suo posto se fossimo rimaste dalle pinguine!!!!
“Povera – risposi istintivamente capendo quanto dovesse costarle la sua passione, chissà se la costringevano ad indossare quegli orrendi vestiti mentre era li, pensai poi aggiunsi:
“Anch'io adoro il piano, spero di poterti ascoltare presto”
“Ma certo, al ballo della scuola sicuramente”
Vedendo che era sicuro avvicinarsi, le altre sue amiche la raggiunsero in un baleno.
“Da pure a me” fece una dai lunghi capelli castani prendendole dalle mani gli spartiti ed infilandoli nella sua ampia borsa di pelle con tracolla, dipinta sicuramente a mano con una splendida stella dai colori freddi in netto contrasto col lupo grigio campeggiante al centro poi rivolta a noi “Piacere di conoscervi, io sono Anya” aggiunse squillante “voi siete le nuove arrivate, vero?”
“Eh già...in persona” rispose cordiale Krissy.
“Vi ho incrociate oggi a scuola, eravate con la nostra super segretaria, io sono Federica..o FediJ, come volete voi!” fece allegra allungandoci la mano ed accorgendosi solo quando ormai era a mezz’aria di stingere in essa un quaderno rosso con su scritto in una bella grafia elegante “Son of the Sun”,.
A quel punto, incerta per un attimo sul se passarlo o meno nell’altra mano, concluse che la soluzione migliore sarebbe stato un abbraccio, e cosi fece con tutte e quattro come se ci conoscesse da sempre.
“Salve! Io invece sono Clabby, piacere!” e, bella e sorridente ci porse la mano, facendo così tintinnare uno splendido braccialetto di legno ornato di mille pendenti .
“Che bello!” fece Ely notandolo subito ed afferrando il polso della ragazza per osservarlo meglio
“.. <>..” lesse lenta l’incisione che recava e vide arrossire impercettibilmente la ragazza “è davvero meraviglioso” concluse.
Clabby sorrise imbarazzata “Grazie, qui sono tutti bravissimi ad intagliare il legno, avrete modo di vedere molti pezzi unici”
“Wow” concluse Ely, pensando a quanti pezzi unici avrebbe potuto comprare tanto per iniziare.
“Bè, ancora benvenute, spero che vi troverete bene in questo piccolo paradiso” fece Anya.
Su quanto fosse davvero paradisiaco quel posto per noi, avremmo avuto molto da dire ma quelle ragazze erano troppo gentili per una rispostaccia Bad Style così ci limitammo ad annuire educatamente.
“Ci rivedremo a scuola” trillò Federica.
“Ma certo, e molto presto!!” le rispose Krissy.
“A presto, ciao” conclusero Clabby ed AleT
“Ciao” rispondemmo guardandole allontanarsi.
Sorridevamo ancora felici per quel piacevole incontro quando lo sguardo mi cadde nuovamente sul motel ed il fastidio mi invase di nuovo, fugata la possibilità di far danni a persone o animali, aprii il portellone del bagagliaio lasciando scendere Darko che si poté finalmente dare una bella scrollata e cominciò ad annusare l’aria a destra e a manca.
Ely lo guardò intenerita e gli passò leggera la mano sul pelo rossiccio “Beato te” sospirò rivolgendosi al mio cagnolone “almeno ora tu sei nel tuo habitat naturale... noi invece... diventeremo sempre più povere, dovrò indossare miei abiti almeno tre volte prima di poterli buttare via, finiremo a coltivare la terra per poter mangiare e Claud si tingerà i capelli castano per ambientarsi meglio!”
“Io non mi tingerò i capelli!!!!” sbottò Claud, poi, quasi in preda al panico: “non me li dovrò tingere, vero Krissy?”
“No, tranquilla, non te li tingerai e non mangeremo i frutti della terra” rispose lei avviandosi verso la costruzione “sono convinta che in fin dei conti quest’esperienza ci farà bene” aggiunse voltandosi e sorridendo, cercando una qualche approvazione nei nostri visi impietriti, che non trovò perché per la seconda volta, in poche ore con il suo assurdo modo di fare ci lasciò senza parole.
Facemmo per seguirla, ma la voce stridula del taxista ci scosse dallo stato confusionale che quell’affermazione ci aveva provocato.
“Signorine, le valigie?” Il tono interrogativo, ma velato dal panico di chi trema all’idea di dover trasportare sedici mostri di quelle dimensioni.
Puntai felina verso di lui e con fare casuale poggiai morbida una mano sul suo petto e mi sporsi oltre la sua spalla a guardare le valigie che giacevano scomposte fuori dagli altri taxi, i cui drivers appena ricevute i loro compensi, si stavano già defilando; mi scostai un po’ i capelli portandoli di lato e mi voltai nella sua direzione, il mio viso a pochi centimetri dal suo: “Mmm lei è così muscoloso...ce le porta su lei, vero?”
Soffiai, facendo scivolare la mano fino alla sua cintura. Il ragazzo deglutì vistosamente e il suo volto si aprì in un sorriso ebete
“C...certo, posso fare altro?” riprese con voce impastata, gli sorrisi morbida e all’istante nella mia mente prese forma una chilometrica lista di cosucce che avrebbe potuto fare per noi: scorazzarci in giro, portarci la colazione, occuparsi di Darko mentre ero a scuola, passare a ritir... quando i miei pensieri vennero bruscamente interrotti:
“Tao!! Io sono Claire, tome ti tiami tuuu?”
Una bimbetta di non più di tre anni era sbucata dal viale per correre ad attaccarsi, sorridente, alle gambe di Ely.
“Ciao piccola” rispose piegandosi verso di lei “io sono Ely” e le sorrise di rimando.
“Ecco fatto! Ora sì che siamo la famiglia del Mulino Bianco!” riprese Krissy, passando però teneramente una mano tra i capelli della piccina mentre la superava per raggiungere la reception del motel.
“Tane!!! Taneeeeeeee!!!” Urlò di nuovo entusiasta la bambina indicando Darko che seguiva guardingo tutte le mosse dal tassista, ancora incerto su quale valigia portare su per prima.
“Sarà meglio entrare” mi spintonò Claud, sicuramente temendo che lui una volta resosi conto del peso di ognuna, avrebbe rivalutato i suoi propositi di fedeltà eterna.
Da vicino, il motel era, se possibile, ancora peggio di come appariva dalla strada: interamente in legno e mattoni, avrebbe potuto essere del tutto accettabile solo per un cieco dato che non sarebbe stato costretto a sorbirsi quei colori alterati dalle intemperie o a provare la sensazione di diruto che dà il legno quando la pioggia lo inspessisce, passi anche sulle finestre orribilmente decorate da tende di improbabili tonalità, ma ciò che oltre ogni altra cosa mi colpì furono le dimensioni estremamente ridotte dell’insieme.
L’osservai a lungo e Krissy, ci girò perfino intorno muovendosi ora più vicina, ora più distante ed infine sentenziò “Non più di 200 metri quadri per piano” la voce fredda, chirurgica.
Rabbrividii, ne sono certa, afferrai la borsa e mi concessi un’ultima illusione:
“Ely ti prego, dimmi che non è stato Eric a consigliarti questo posto”
Ely esitò: “Bè, si ... posso anche dirtelo... se vuoi... ma poi non potrei informarti che non verrà a trovarti per un po’, anche lui è sotto la stretta sorveglianza di mamma Storm!”
“Cosa???” Quasi urlai, allarmata.
“Eh si, pare che l’isolamento rientri nella terapia prescelta dai nostri per accelerare la redenzione” concluse ridacchiando “ed ovviamente supervisore per la buona riuscita dell’intera missione, si è auto-nominata mamma Storm” sbuffò.
La rabbia mi invase, composi velocissima il numero, non mi preoccupai neanche di dirgli “ciao”: “Dove diavolo mi hai spedita???” tuonai “Sei o non sei un agente di viaggi???!!!??? Dannazione io sono As...”
“Io tono Tailor Moon!!!!!!!” Mi interruppe la bimbetta che saltellando disegnò per aria un mezzo cerchio con la sua manina.
Ely era piegata in due dal ridere, io mi limitai chiudere la conversazione al cellulare.
“Tio!!! Tio!!! Sono aivate!!! Tono aivate deje signoine!!!”
“SONO LORO! SONO LORO! FERMATELE!!! SARANNO LA NOSTRA ROVINA!” sentimmo pronunciare ad una certa distanza, senza però individuare la fonte.
“Quando si dice avere una fama che ti precede” sibilò Claud , ravvivandosi i capelli e afferrandone una ciocca di cui osservava l’estremità, come a cercare doppie punte e come se ciò fosse possibile.
Solo quando coprimmo anche gli ultimi metri che ci separavano dall’ingresso del motel, vedemmo un vecchietto seduto a lato della porta d’ingresso, intento a riscaldarsi al pallido sole che la giornata concedeva, lo stesso che quando ci avvicinammo ulteriormente ci puntò dritto il suo bastone contro.
Krissy che ci precedeva lo schivò e fece per entrare, ma lui imperterrito glielo ripuntò in faccia
“Ehi nonno, allontana immediatamente quel coso dalla mia Gemy!!!” gli urlò scocciata Ely ed allungò il passo per raggiungerla.
“Vi ho riconosciute. State lontane!” fece minaccioso
Fin qui si spinge la nostra fama? Su su, chi di voi tre è stata?” aggiunsi divertita “meglio confessare ora che siamo qui... quale cuore bronzeo avete spezzato?”
“Noi nessuno, qui è un po’ ... ehmmm... retrò per i nostri gusti, piuttosto... non è che tu hai spezzato qualche gamba quaggiù?” insinuò Claud.
“Me ne ricorderei” sorrisi sorniona “beh, direi che con questa il tempo delle confessioni si è ufficialmente chiuso! Entriamo!” aggiunsi per poi pensare tra me e me: chissà se funziona così anche in chiesa e dopo quanto tempo va ripetuta la procedura.. Certo potrei sempre tornare indietro e chiedere a una suor pinguina qualsiasi... Mmm
“State lontane o vi colpisco” fece sempre più testardamente il vecchietto, agitando ancora più minaccioso il bastone “correte!!! CORRETE QUI!!! sono loro!!! Le ragazze della profezia, sono loro!!!”
Claud scavalcò leggiadra il bastone come se stesse eseguendo un esercizio di danza e si ritrovò nella hall del motel, si voltò divertita a farci una linguaccia, prima di sparire nella penombra.
“Ma brava cavalletta...” la punzecchiò Ely “ora va a chiamare qualcuno che ci faccia entrare in fretta prima che io chiami il 911”
E mentre Calud rispose con una linguaccia, il vecchietto continuò a sbarrarci il passo, facendo svolazzare con il perpetuo agitarsi i suoi lunghi capelli bianchi ed aspirando lunghe boccate da una pipa dalla forma curiosa.
“Secondo me è erba quella che fuma” ipotizzai.
“Mmm, non lo escluderei”convenne Ely “Guarda che quella roba ti manda in pappa il cervello”proseguì allungando la mano “perché non me la...” il bastone fendette l’aria a pochi millimetri dalle sue dita costringendola a ritirarle.
“Non mi porterete via il mio amuleto!!! Con questo starò al sicuro dalla vostra potenza e dalla vostra seduzione”
“Ma anche senza, fidati” lo rimbeccai
“SARETE LA ROVINA DEGLI UOMINI DI LA PUSH!!! Andate via!!! Viaaaa!!!”
Finalmente intervenne una donna a calmarlo:
“Papà, lasciale passare sono solo delle ragazze”
“Noooooo! Sono il male! Sono arrivate!”
“La settimana scorsa il male erano quattro galline e quella prima delle api, per non parlare poi di quando si convinse fossero le formiche, quella si che fu una dura battaglia... scusatelo per favore”
Spiegò la donna rivolgendosi a noi imbarazzata per il comportamento paterno.
Li sorpassammo che ancora ci inveiva contro mentre lei tentava invano di farlo ragionare .
All’interno trovammo ad attenderci dietro il bancone un uomo smilzo e dagli improponibili baffi, loquace quanto un muto, il quale ci fece segno di seguirlo lungo la scala a chiocciola che portava al piano superiore, e a circa metà del percorso qualcosa richiamò la nostra attenzione
“Signorine???!!!!” La voce del panico il persona “SIGNORINEEEE!!!!”
Era il driver a chiamarci, disperato e terrorizzato ogni secondo di più
“Il caneeeeeeee!!!
Cuccia!
Stai giù cane!
Via!!! va via!!!
Signorineeeeeeeeeee!!!
AIUTOOOOOOOOOO!!!
Salvatemi!!!
Il caneeeeeeeeeee!!!!!!!!!!
Cuccia cane, cucciaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!”
Krissy mi fece segno, allarmata, mi sporsi dal ballatoio che dava sul parcheggio e sull’ingresso e vidi il taxista, rifugiatosi sul tetto della sua auto, in posizione fetale, perfettamente immobile a parte la bocca con Darko che gli ringhiava contro incessantemente attendendo un suo piccolo movimento improvviso, pronto a farlo in poltiglia.
“Forse dovresti intervenire” mi consigliò, visibilmente preoccupata per Darko.
“Forse” aggiunsi “ma è troppo divertente” e noncurante raggiunsi Ely e Claud, mentre lei si trattenne ancora lì ad assistere, cosi fummo le prime a raggiungere la nostra camera e soprattutto a vedere la parete che sovrastava i letti addobbata da una -devo ammetterlo- pessima stampa de La notte stellata di Van Gogh.
“Oh no!” facemmo in tre, all’unisono, ancora sulla porta. Il proprietario ci guardò perplesse senza capire il perché della nostra esclamazione.
Quello che sarebbe successo di li a poco, in realtà l’avevamo già visto accadere altre decine di volte, ma aveva un ché di scenico che colpiva sempre.
Ed infatti, come da copione Krissy raggiungendoci lanciò un’occhiata fugace alla stanza, si immobilizzò un attimo sullo stipite, poi felina saltò sul letto e con un gesto solo strappò via la stampa dalla parete, portandosi dietro anche il chiodo su cui era appesa.
Il viso del proprietario sbiancato completamente, la fissava in attesa di una spiegazione
“Non posso dormire sotto un falso” si giustificò con voce angelica “vede, l’arte...”
Continuammo con lei “... è un’amante gelosa!” si voltò a guardarci e poi scoppiammo in una fragorosa risata.
L’uomo decisamente infastidito, ma non abbastanza per esprimersi in qualche modo, uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Non si allontanò neanche di un passo che Claud sconsolata commentò “Ma è una camera bruttissima!!!”
“Ed è minuscola!” aggiunsi.
“E non c’è niente, neanche una cosa, nella mia valigia che si intoni con questa stanza, e neppure nelle vostre!!!” aggiunse Ely, con la voce salita di qualche ottava, sedendosi sul bordo del letto.
“Io non vedo nulla di bello da stamattina” piagnucolò Claud “... ed era la mia cameretta... a casa mia, con il mio letto, il mio divano, il mio impianto hi-fi, il mio...”
“...tranne quei ragazzi “ l’interruppi correggendola.
“Vero! Tranne i ragazzi a scuola” mi appoggiò Krissy “concentriamoci su di loro” concluse sorridendo e con gli occhi luminosi, anche se quella scintilla si spense in fretta mettendosi ad osservare la stanza.
Una cosa era certa: non saremmo potute rimanere lì a lungo. Krissy sarebbe arrivata a graffiare via la pittura dalle pareti pur di migliorare i colori della stanza ed Ely si sarebbe fatta un vestito con le tende pur di sentirsi in linea con lo stile di quegli ambienti e Claud... ma... dov’era finita Claud?
Non ebbi il tempo di tradurre quel pensiero che la sentii tuonare:
“NOOOOOOOO!!!!!!!! La cucina è chiusa, ci aspettavano nel pomeriggio, come faremo ora???”
Bè, Claud avrebbe di certo fatto arrivare in breve tempo, scopo assunzione istantanea, un cuoco francese che le cucinasse le sue delizie, riflettei certa di non essere troppo lontana dalle sue intenzioni.
“Ci sarà almeno un ristorante, no? Niente panico” fece Krissy.
Troppo tardi, Claud in preda all’ansia era già con la testa affondata nel suo zaino alla disperata ricerca di qualcosa da sgranocchiare.
“Bè, usciamo” proposi “ne approfitterò per acquistare i nuovi stivali di Chanel che fanno pendant con la mia moto.” E poi, si sa, Cenerentola è la prova vivente che un paio di scarpe può cambiarti la vita.
“Scarpe?!?” per un istante il volto di Ely si illuminò, poi guardò frenetica l’orologio “sono già 11 ore e 37 minuti che non acquisto nulla, sento che sto per avere una crisi d’astinenza da shopping” respirò a fondo per calmarsi e aggiunse “Devo comprare... SUBITO …” fece estraendo una rivista dalla sua maxi bag... questa!!!” e indicò trionfante una splendida borsa di Chanel total black di vernice.
“Wow Gemy, ma è bellissima!” ammise Krissy
“Eh si, è la Chanel Coco Cabas... ed ho almeno tre vestiti con cui si abbina perfettamente” aggiunse con voce squillante.
“Eccola all’attacco la Bad da shopping ossessivo- compulsivo” conclusi ridendo di gusto.
“Che aspettiamo?” concluse Claud “non vorrete mica saltare il pranzo?”
Dopo un rapido cambio d’abito, uscimmo ed informammo i gestori che ci saremmo trattenute giù in città fino a pomeriggio inoltrato, loro insistettero a lungo perché andassimo con loro fino al centro, approfittando del fatto che avrebbero usato la macchina più ampia per fare provviste, ma fummo ben attente a defilarci adducendo la necessità di passeggiare un po’ dopo un viaggio tanto fiaccante.
In realtà proprio non avremmo potuto sopportare un’altra dose di tutta quella dolcezza, io personalmente ne ero nauseata.
Così si limitarono ad indicarci il sentiero da prendere, che percorremmo in breve tempo e con tutta la grazia che si può avere con un tacco 12. Al termine di esso, le case cominciarono a farsi più frequenti anche se la sensazione generale che si aveva del posto era di precarietà, come se la natura non fosse stata del tutto domata dall’opera dell’uomo e fosse lì pronta a prevalere alla prima occasione: le strade erano sì ampie ma non asfaltate, le case basse e dalle tonalità della terra su cui poggiavano, i negozietti che si rincorrevano su entrambi i lati delle vie incorniciati dalla vegetazione a poca distanza, fitta, prepotente, ed alberi dai tronchi spropositati campeggiavano in ogni spazio che avrebbe potuto essere semplicemente sgombro.
Per un attimo ebbi la netta sensazione di essere ritornata ai primi giorni all’Olympia High School.
Oltre ovviamente al nostro indiscutibile stile ed a ciò che indossavamo, la carnagione diafana in contrasto con la loro bronzea, le nostre forme più spigolose ed i diversi tratti somatici fungevano da insegna luminosa dritta sulle nostre teste, così tutti gli occhi erano puntati su di noi: quelli maschili scrutatori, vogliosi e quelli femminili attenti, invidiosi, preoccupati.
Ma eravamo abituate a tutto ciò e quindi non ci scompose il gruppo di uomini che si voltò annuendo al nostro passaggio, né i bambini che correvano di angolo in angolo delle strade per poterci incrociare, né tantomeno il classico gruppetto di ochette gelose.
Si sa, le cagnette gelose del proprio osso sono un po’ ovunque e tutto ciò non faceva che alimentare la nostra competitività tanto che ancheggiavamo più del dovuto, ravvivavamo spesso i capelli, dispensavamo sorrisi, cose tipiche dell’universo femminile insomma, ma che se fatte dalle B.A.D. potevano far tremare il cuore dei poveri uomini.
“Ma si può sapere cosa state facendo voi due?” Esordì d’improvviso Claud rivolta alle Gemy che, rimaste indietro confabulando, distanziavamo di qualche metro. Ely ci raggiunse quasi correndo, quanto era leggiadra su quei tacchi assurdi?
“Krissy sta tracciando una mappa delle strade che percorriamo corredata dei relativi negozi ed io annoto le scarpe più adatte da indossare a seconda del luogo, così saremo sempre perfette, non vorremo mica sfigurare?”
L’organizzazione mentale delle sorelle Storm era per me l’ottava meraviglia del mondo.
“Ely” la ripresi con voce stanca “non riusciremmo a sfigurare neanche se lo volessimo con tutte le nostre forze ed il massimo impegno! Ti sei guardata intorno?” Istintivamente alzò la testa
“Ehi, ma qui ci siamo già passate”
“Due volte per l’esattezza” rispose Krissy.
“Vuol dire che è tutto? Il centro è questo?”
“No, questo è tutto e basta!”
Il silenzio piombò pesante come un macigno, non avevamo impiegato più di un’ora per vedere l’intera città, eravamo ufficialmente a Lilliput!
“Bene, direi che è il caso di andare a pranzo, in fondo siamo qui per questo” affermai, imponendomi con la voce più squillante che potevo “illuminaci Krissy!” conclusi
“Il ristorante più carino è...” diede uno sguardo veloce alla sua agenda “tra la quarta e la quinta!”
“Evvaiiiii!!!” ovviamente era Claud!
Giunti a destinazioni mi assicurai che Darko fosse bel legato all’esterno del locale, lo coccolammo tutte prima di entrare, sperando fosse più clemente durante l’attesa.
Il posto aveva un’aria accogliente, l’esterno era completamente in legno di una bella tonalità scura, mentre all’interno predominavano le tonalità di rosso, i tavolini erano sobriamente apparecchiati, ne scegliemmo uno posto di fronte all’ampia vetrata che affacciava sulla strada di modo che potessi tenere sotto controllo il cane, la prima pietanza, come sempre, fu la sua: una fantastica bistecca da fare invidia a qualsiasi altro Cucciolo, di qualsiasi altra specie, in qualsiasi altro posto.
La proprietaria, innegabilmente grassoccia, si avvicinò al nostro tavolo ed iniziò suadente ad elencare tutte le pietanze disponibili (all’accenno di ogni proposta il volto di Claud era illuminato dalla felicità) e quando ebbe finito si passò veloce le mani sul grembiule a righe rosse e bianche ed afferrò decisa penna e taccuino.
Fu la volta di Claud di parlare, la quale decisa elencò tutto d’un fiato: “Allora... porti: una porzione di risotto ai funghi porcini, gnocchi con sugo e besciamella, crépes ripiene di mousse di formaggio, crostini ricoperti di funghi e fontina, prosciutto, carpaccio di pesce spada, tagliata di carne alla brace con carciofi fritti, soufflé di formaggio fresco, un’insalata mista, patate arrosto, verdurine gratinate, macedonia di frutti esotici con gelato al cioccolato ed una mousse di fragole con panna.”
Man mano che l’elenco si allungava sentivo crescere il numero di occhi puntati su di noi..
“Mousse di fra-go-le” ripeté in ultimo la donna finendo di annotare, fece un sospiro soddisfatto e il suo viso pieno si aprì in un altro generoso sorriso, si voltò ma mentre fece per allontanarsi venne fermata
“Ehm... veramente quelle cose sono per me” trillò Claud senza la minima vergogna, mentre
noi altre abbassammo veloci la testa e scivolammo lungo le sedie quasi a voler sparire “anche le mie amiche dovrebbero ordinare ora!”
E sentii perfettamente ed all’unisono tutte le sedie e gli sgabelli ruotare impercettibilmente nella nostra direzione per guardarci.
La donna ci osservò interrogativa soppesandoci, con in volto un’espressione incerta tra la felicità pensando all’incasso (probabilmente equivalente a quello di una settimana) ed il sospetto di uno scherzo, ma l’assoluta compostezza di Claud la convinse in un lampo della bontà della sua affermazione.
“Tre porzioni di gnocchi e tagliata, grazie” fu Ely, lapidaria, a toglierci da quella scomoda situazione.
“Certo che nutrire Claud ci manderà in rovina” osservai sconsolata.
“Non stavolta..” sussurrò Krissy mentre riprendeva posto accanto alla gemella.
La guardammo interrogativa
“Vedete il tipo laggiù” fece indicando col mento un ragazzo adagiato in una posa statuaria alla cassa alto, capelli corti e neri, bronzeo, muscoli perfettamente definiti...
“Ma è bellissimo” fu il commento unanime.
“Già, ma il suo bel visino e il corpo spettacolare non l’ha reso più furbo: ha scommesso che Claud non riuscirà a mangiare tutto quello che ha ordinato quindi, praticamente, ci ha offerto il pranzo!”
“Ben fatto Baddina” approvai, allungandole il cinque e finalmente mi rilassai.
-Din din-
...
-Din din-
...
-Din din-
...
“Ma si può saper con chi messaggi di continuo?” chiese Krissy con finto, ma non troppo, tono inquisitore “cosa ci nascondi tu, col corpo di una ballerina e lo stomaco di un elefante???” aggiunse ridendo.
“Mmm” Claud deglutì un altro boccone prima di rispondere “ho una bellissima sorpresa per voi... vi ricordate di Christopher?”
“Il ballerino?”
“Ma no, dai, quello alto, moro...”
“Il dottore..?”
“No, quello era Cohen, parlo di quello che mi aspettava sempre all’uscita della scuola di danza...”
“Ci sono: è l’imprenditore!”
“Ma nooooo!!!”
“Lo dicevo io che dovevamo usare i numeri...”
“Era un mio ammiratore” precisò, teneramente imbarazzata.
“Lo sono tutti Claud, quindi questo non vale come dettaglio” rispondevamo a turno, incapaci di focalizzare il soggetto maschile che a lei pareva tanto ovvio.
“Ma si, Asia, tu l’hai conosciuto...”
“Quello con l’Honda?”
“No aveva la Porche...”finalmente arrivò un dettaglio degno di nota, da lì fu più semplice...
“Quello che ti portava i fiori ad ogni prima?”
“Si”
“E la colazione di mattina?”
“E che al tuo compleanno ti ha regalato una Birkin?”
“Si”
“E che ci ha offerto quella meravigliosa crociera l’anno scorso?”
“Si”
“E che tu non ti filavi neanche di striscio?!”
“Esatto!!!” concluse finalmente soddisfatta.
“Allora???” chiedemmo in coro, provate dalla caccia all’uomo.
“Ha trovato il modo di recuperare le nostre macchine e la tuo moto ovviamente Asia...”
“E come?”
“Bè, pare che i despoti non siano poi tanto furbi: tutti i nostri mezzi di trasporto sono stati trasferiti nell’ampio garage di casa King e...”
“Lasciami indovinare...” l’interruppi “mia madre si è fatta impietosire e gli ha permesso di portarcele” conclusi con disgusto.
“Ma è una bella notizia, no?”
“Certo che lo è!!! È che sono così abituata a contraddirla...” e finalmente ridemmo di gusto. La cameriera ci raggiunse discreta e con l’ombra di un sorriso sul volto ambrato.
“Come procediamo?” chiese cordiale.
“Siamo a posto così” disse precipitosamente Ely, temendo forse una qualche aggiunta sfiziosa di Cla.
“Posso portare il conto, allora?” riprese.
“Lo porti a quel ragazzo laggiù” sentenziò Krissy divertita e soddisfatta.
“Lui?” fece l’altra interrogativa cercando di accertarsi di aver individuato correttamente la persona indicata.
“Non ho idea di chi sia quel bonaz..ehm..ragazzo , ma stia certa, pagherà lui”
La cameriera si allontanò dirigendosi verso il ragazzo, li vidi parlottare un po’, il ragazzo si passò la mano tra i capelli, quasi a volerli accarezzare per poi fermarla sulla nuca, si voltò verso di noi, bello come un dio greco e Krissy, disinibita, gli fece innocentemente l’occhiolino sorridendo e rivolta a noi
“Immagino stia pensando a come possa entrare tanto cibo in un corpo così esile”
Claud si accarezzò la pancia soddisfatta, poi disse stiracchiandosi “Bè, direi che l’ora di Chanel è giunta, in fondo siamo qui anche per questo, no?”
“Già, i magnifici overkness bicolor di Chanel... si possono fare follie per scarpe del genere”
“Andiamo allora, il negozio di scarpe è proprio qui all’angolo” ovviamente era Krissy, già con il notes in mano anche se io non l’avevo vista recuperarlo dalla sua incredibilmente capiente pochette.
L’impatto con la vetrina del negozio non fu dei migliori, già dall’esterno non mi sembrava affatto fornito di quanto desideravo.
“Sicura che sia un negozio di scarpe?”
“Mmm..” rapido scorrere di fogli “di scarpe, sì..”
“Dici che hanno ciò che vuoi?”
“Se il principio è meritocratico...no! Loro non si meritano Chanel” conclusi spietatamente.
“Contieniti! Sii gentile!” mi urlò dietro Claud mentre mi accingevo ad entrare.
Tieniti sul vago, tieniti sul vago continuavo a ripetermi “Trattate Chanel?” fu quanto di più incolore la mia mente riuscì a partorire.
La donna mi guardò prima perplessa poi senza chiedere una qualche spiegazione, compassionevole, mi poggiò gentile una mano sulla spalle e disse “Cara, questo non è il negozio giusto” e così mi accompagnò alla porta e messasi sull’uscio indicò “Devi solo attraversare la strada, è proprio lì di fronte, dì pure che ti ho mandato io...”
“Certo, Anna Wintour!” esclamai, tanto istintivamente da non potermi trattenere, e subito sul suo volto comparve un’espressione dubbiosa, poi decise fosse un complimento e si aprì in un bel sorriso schietto, indicò ancora una volta il negozio che secondo lei era la mia vera meta e finalmente mi lasciò andare.
Raggiunsi a passi svelti le B.A.D.
“Pare si debba andare lì”dissi, apprestandomi al contempo ad attraversare la strada.
Il secondo negozio ci lasciò, se possibile, ancor più confuse del precedente, dato che sulla porta a vetri campeggiava la scritta ricamata “Quil’sweety”
“Ormai siamo qui” notò Krissy dinnanzi alla mia indecisione “tanto vale entrare”
Legai svelta Darko ad un paletto posto vicino all’ingresso e ci accingemmo ad entrare, la porta si aprii e, intanto che sulle nostre teste tintinnarono decine di campanellini che scendevano disordinati da un meraviglioso intaglio in legno a forma di lupo poggiato sullo stipite, subito ci invase un profumo dolcissimo di zucchero e cioccolato.
“Wow” fece bassissima Claud, con gli occhi chiusi per meglio assaporare quel profumo.
“Taoooooo” ci accolse la voce ormai familiare di Claire che sedeva sul bancone, le gambette ciondolanti e le mani ricolme di caramelle colorate, vedendoci si fece mettere giù dalla commessa e mi corse incontro porgendomi le braccia per farsi sollevare.
“Oh no, no” alzai le mani e indietreggiai istintivamente “su, và dalla mamma, piccola”
Ma lei corse da Ely, aggrappandosi di nuovo alle sue gambe, l’adorava ormai e, me ne rendevo conto, non poteva essere diverso; subito lei la sollevò per metterla a sedere sul davanzale della finestra che dava sulla strada, così che potesse vedere Darko.
“Tane!!! Tane!!!” urlò felice la bimba appena lo scorse. Mi schiarii la voce “Trattate Chanel? Mi manda la signora del negozio dall’altra parte della strada”
L’avevo detto davvero??? Possibile che avessi davvero detto che mi mandava quella tipa... il panico da bambino- bavoso-che-vuole-abbracciarti fà brutti scherzi.
La donna mi guardò stranita, poi lanciò una lunga occhiata alle mie amiche, raggiunse ed aprì la porta che ancora una volta tintinnò, con un gesto della mano chiamò la sua collega che, c’era da immaginarselo, non ci aveva perse d’occhio.
Infatti, quella ci raggiunse quasi correndo “Dice che vuole Chanel, e che l’hai mandata tu” parlavano di me come se non ci fossi o non potessi sentirle, stavo per intervenire, ma l’altra rise fragorosamente aggiungendo “Non vedi che sono straniere? Vuole dire CARAMELLE!!!”
Lo stupore mi impietrì.
“No sai dire caamelle??” mi chiese ansiosa la piccola Claire.
Ely e Claud scoppiarono in una risata incontenibile, Krissy invece, più vicina a me, si irrigidì certa della reazione imminente e spiacevole che ne sarebbe venuta.
Feci un passo furioso nella loro direzione quando Claire urlò fortissimo:
“Tane! Tane torre via!!! Torre!!!”
Ci misi un attimo a capire: Darko doveva essere riuscito a liberarsi ed ora correva libero e pericoloso per le vie della città. In un lampo fui sulla maniglia che tirai con forza, prima di precipitarmi fuori due cose attraversarono la mia mente: la prima fu il pensiero che quelle donne si erano salvate dalla mia ira grazie al mio cane e la seconda fu la voce di Claud che tutta entusiasta diceva: “sì sì, esatto voleva proprio dire CARAMELLE! Allora, da brava, mi dia... “e potei solo immaginare l’elenco infinito che ne seguì perché non avevo tempo: dovevo riprendere il mio cane.

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Capitolo 12
*** Confessioni ***


Krissy POV

*Un incubo.
Deve essere PER FORZA un incubo!!
Ma ci rendiamo conto di dove siamo finite?
In un posto in cui il palazzo più decente di tutti è una chiesetta mezza diroccata.
E vogliamo parlare del fatto che l'intera planimetria sta su 6 fogli del mio blocco?
No, non vogliamo...mi verrebbe il magone e con gli occhi da panda non è il caso di andare in giro.
SEI FOGLI!!! Come faremo a vivere qui? Chiediamo Chanel e ci danno le caramelle.
Abbiamo caramelle fino al prossimo secolo, anche se probabilmente Claud spazzolerà tutto entro il weekend. Non ce nemmeno un negozio di Valentino o di Miu Miu quindi probabilmente dovremo andare in giro scalze e mezze nude o peggio, indossare ... oddio faccio fatica persino a pensarlo ... capi … no, non è la parola giusta … stracci acquistati nel tristissimo centro commerciale appena fuori dal paese? Orrore!
Fortuna che abbiamo le nostre capientissime valige. Sì, però dove mettiamo i vestiti? Non possono rimanere lì dentro, si rovinerebbero tutti ma nelle stanze del motel ci stiamo a fatica già così...e nemmeno possiamo abitare lì per molto o finchè i nostri genitori non la smetteranno di fare i pagliacci e ci faranno tornare a casa.
Che poi, a casa, avremmo davvero voglia di tornarci ora che possiamo gustarci la libertà più totale?! Bah.*
“Gemyyyyyyyyyy ma perché non mi ascolti mai?” la voce celestiale di Ely mi sfondò il timpano urlandomi praticamente nell’orecchio e ottennendo, con questo metodo delicato, la mia pregiatissima attenzione.
“Eeeeh che esagerata che sei sorellona! Per quell’unica volta in cui mi stavo facendo i fatti miei..” una protesta, più falsa del vero sushi bollito, per la quale mi scoppiarono a ridere in faccia tutte e due le mie amiche.
“Ahahah che bugiarda … comunque ti stavo richiamando dal tuo universo parallelo perché Cla ha avvistato qualcosa degno di nota …” tentò di spiegarmi la mia gemella impaziente. Ma anch’io potevo esserlo e non la feci finire.
“Non ci credo, hai visto uno Starbucks qui?” chiesi direttamente a Claud “Grandissima! Avevo proprio voglia di un mega frappuccino al caramello con una montagna di panna sopra. Yum”
“Uno Starbucks qui? Impossibile, l’avremmo già notato e te lo saresti segnata sul blocco decorandolo con una cornice di cuoricini. Kry torna fra i comuni mortali” doveva essere un rimprovero ma Ely era ancora troppo divertita da prima e non riuscì a sostenere il finto tono burbero fino alla fine come avrebbe dovuto.
“Ragazze qui facciamo notte a prenderla in giro” intervenne allora Claud “che facciamo con Asia? Secondo me conviene aspettarla qui … non sappiamo nemmeno dove sia finita..”
“Beh, non c’è sicuramente il rischio di perdersi qui” riflettei ad alta voce “ però forse è meglio fare come dici, aspettare che torni o che almeno ci faccia sapere”
“Ovviamente sono d’accordo con voi mie tesore, noi siamo sempre telepatiche” concordò Ely pervasa da uno strano entusiasmo. Da quando si era ripresa dallo shock mattutino, era un vulcano di energia ed euforica per tutto.
Perfino con Claire era stata più paziente ed affettuosa del suo solito con gli under-five.
In effetti potevo capirla: quella piccolina era davvero adorabile e nessuna di noi era riuscita a resisterle.
“Ok, allora” dissi estraendo nuovamente il mio notes dalla pochette “dunque, secondo gli appunti, dietro l’angolo c’è una penosa libreria mentre andando a sinistra un triste negozio di giocattoli artigianali. Con quale vogliamo annoiarci prima?”
“Ardua scelta gemy … dove ci sono più possibilità di incrociare i nostri nuovi compagni? Così, per fare amicizia ed ambientarci prima..”
“Mah..a parte che noi non abbiamo mai avuto bisogno di ambientarci da nessuna parte, essendo studenti a logica li troveremmo in libreria, tuttavia essendo maschi il ragionamento cambia quindi direi fra i balocchi”
“Maschi?! Perché pensi che io sia interessata solo alla componente maschile della studentesca?” domandò l'innocenza fatta persona.
“L’hai detto tu Ely” intervenne Cla “menti collegate”
“Per fortuna non gli stomaci…” commentai ammiccando alle due borse di plastica piene di caramelle, cioccolati e dolcetti vari che aveva appena preso.
“Queste?! Perché ti sembrano tante? Io avevo una mezza idea di tornare dentro a prendere qualche biscotto alla cannella in più, e magari anche una altro po’ di quei cioccolatini alla menta e...”
“Gemy. Braccio sinistro. Subito” ordinai ad Ely, mentre io contemporaneamente afferravo Claud per il braccio destro, in modo da trascinarla via di peso da quel Quil’s Sweet-Tentatore.
“Ehi ma che modi!” protesto la nostra ballerina senza fondo “insomma volevo solo non rischiare di rimanere senza.”
“Con la tutta la roba che hai preso ci potrebbe venire la carie a tutte e 4, due volte! Piuttosto, Ely hai deciso dove andare? Libri o trenini?”
“Uhm...” la peste fece anche finta di rifletterci, con tanto di occhi al cielo e dito sul mento. Niente fronte corrucciata però, quella mai: le rughe di espressione non erano nel nostro stile. Dopo una riflessione di circa 2 secondi netti, giunse ad una decisione “sai, prima stavo proprio pensando di prendere un regaluccio a Claire...”
“Tu guarda il caso. E magari sai già anche cosa?” chiesi scettica.
“Certo che sì: visto quanto le piace Darko magari un cane peluche...o magari un lupo...”
“Scusate, ora che avete deciso fra voi, potreste lasciarmi andare?” chiese dolcissima Cla, sbattendo le lunghe ciglia su un paio di occhioni imploranti messi su per l’occasione “Io vi raggiungo subito. Sentendovi parlare di Darko mi sono appena ricordata che gli piacciono tanto le praline al …”
“NO!!!” coro delle sorelle Storm.
“Tu lì non entri più. Ora si va da … com’era il nome Krissy?”
“Simply Sue o qualcosa di simile. E’ proprio di fianco a quella che mi sembrava un' immobiliare. O almeno penso lo sia: l’insegna è in una lingua strana, però lì c’erano foto e modellini..”
Infatti, una volta giunte alla meta trascinandovi una Claud lievemente imbronciata, ci fermammo un attimo a controllare anche quella vetrina scoprendo che era davvero un’agenzia che pubblicizzava delle topaie, definendole indegnamente case, sperando che forse qualcuno si lasciasse convincere e se ne comprasse una.
Stavamo già per passare oltre quando per un attimo pensai di avere le allucinazioni, tornai a guardare quel volantino pieno di foto e mi convinsi di avere sicuramente un qualche gravissimo problema alla vista.
“Ma … ma…” balbettai “BAD! Guardate lì, in basso a destra … cosa vedete?”
Mi voltai verso di loro e le vidi con delle espressioni di sorpresa buffissime, specchi di quella che dovevo avere io stessa fino ad un secondo prima.
Sì perché, nel mezzo della nauseante banalità di casette tutte uguali, in quella squallida vetrina c’era un collage di foto di una casa, ma che dico, di un villone stratosferico ultra lusso.
La descrizione diceva
_ 600mq più 10 ettari di terreno annessi
*il doppio di casa Storm…mi sento QUASI intimidita...*
_ piscina all’aperto e vasca riscaldata nella dependance
*addirittura 2 piscine? Ma chi pensavano ci andasse a vivere, Ariel??*
_ cucina all’americana con isola, zona pranzo connessa al patio con angolo barbeque
*adoriamo il calore del fuoco* _ salotto con sistema home theatre integrato e megaschermo
*e da quanti pollici è quel affare? 800?!? *
_4 camere con bagni privati super-attrezzati
*sì, molto meglio avere un bagno per una, non si sa mai..*
_ stanza guardaroba e stanza per le scarpe
*camere solo per i vestiti e le scarpe? …sono commossa…finalmente qualcuno che capisce le nostre vere necessità!*
_ garage multiplo con tetto terrazzato e mega-vasca yacuzzi
*terrazza con idromassaggio gigante? Fico!*
_ accesso diretto alla spiaggia di First Beach
*chissà se ci vanno bei ragazzi… se vabbè, sogna Krissy, sogna!*
Il tutto a soli …… e mi si annebbiò la vista.
No, di nuovo quei problemi di allucinazioni visive, avrei dovuto farmi visitare da qualcuno in fretta prima di iniziare anche a sentire le voci che mi parlavano dandomi ordini.
Provai a riguardare e sbottai “ QUANTOOOOOOOOOOOO???????????????? Ma si fuma pini interi il proprietario?!?”
Nessuna ebbe il coraggio di rispondermi, probabilmente scioccate ed amareggiate quanto me perché già innamorate di quell’edificio. Era semplicemente perfetto come BAD-quartiere generale in quel luogo infernale dove eravamo finite.
Perfino la location non era tanto male rispetto a tutto il resto però purtroppo chiedevano davvero tanti soldi, troppi rispetto a quello che potevamo mettere insieme aggirando i divieti impostici dai genitori, sfondando i massimali delle varie carte di credito e svuotando i nostri conti.
Beh, non tutti i nostri conti ufficiali.
A quel punto, mentre la delusione ed il fastidio di non avere quello che volevamo, per la prima volta nei nostri 17 anni, era ancora impressa sul volto di Ely e Claud ma non più sul mio.
Anzi, si sarebbe potuto dire che la mia era un’espressione tipica da giocatore di scacchi, concentrata a fare calcoli e studiare le prossime possibili mosse; se mai fosse esistito qualcuno capace di leggere nel pensiero, idea agghiacciante, sarebbe rimasto di marmo per quello che stavo pensando nella mia giovane quanto diabolica mente: *Non possiamo certo farcela scappare per uno stupidissimo problema di soldi! No no no!!! Mi rifiuto di lasciarla a qualche buzzurro di zona. C’è un’unica soluzione: confessare. È arrivato il momento di dire il mio piccolo segreto alle mie adorate. Chissà quanto ci rimarranno male perché ho tenuto tutto nascosto finora, proprio alle mie migliori amiche con cui i segreti non sono mai esistiti. Uddio che cos’è questa indecisione? Coraggio Kry, non sei mica una tonna tu! Parla!!!*
“Ehm… ragazze, noi possiamo permetterci quella casa. Abbiamo quanto basta e anche qualcosina in più in realtà” iniziai incerta.
“Sorellina che stai dicendo? Non avrai intenzione di chiedere soldi a papà vero?” protestò subito Ely.
E Claudia, accanto a lei, assentì col capo ed aggiunse semplicemente “Io non ci torno a casa”
“Macché papino e casetta … vi sembra che potrei anche solo proporre una cosa simile? Figuriamoci! Vi conosco fin troppo bene e non vi farei mai un simile brutto tiro”
“Allora spiegaci! E’ da un po’ che sei strana ed è ora che tu ci chiarisca un paio di cosette.”
“Sì … è vero … dunque, io …”
“Baaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaad” la voce di Asia da qualche punto imprecisato intorno a noi.
Poi un abbaiare festoso ci fece indirizzare nel punto giusto lo sguardo e vedemmo finalmente tornare la nostra amica con il suo stupendo cucciolone al fianco.
Sembrava un po’ sconvolta ma forse era solo per la corsa che Darko doveva averle fatto fare.
“Eccovi! Per fortuna questo simpaticone ha un ottimo fiuto e vi ha trovate subito quando non vi ho più viste al negozio di caramelle. Avete fatto in fretta” constatò, dando anche un’occhiata in tralice agli acquisti di Cla che subito precisò
“Sì guarda, quando sei andata via tu, queste due” indicandoci con una smorfia di reale sconforto “si sono messe ad imitare la loro mamma e da brave apprendiste dittatrici mi hanno concesso solo 15 minuti per scegliere. Ti sembra giusto? È ovvio che ho potuto prendere solo l’indispensabile!”
“E l’indispensabile sarebbero 2 chili di dolci?!”
“Oh no Asiuccia, ti sbagli: sono 3 chili e 850 grammi questi. Sai le borse iniziavano a diventare pesanti e ho dovuto trattenermi”
“Ah!” divertimento e sgomento formavano una strana maschera sul viso di Asia. “e adesso dove andate?”
“Stavamo andando a prendere un regalo a Claire, passando abbiamo visto questo annuncio di una casa fantastica che ovviamente è fuori dal nostro nuovo budget e che invece la gemy sostiene di poter prendere..”
“E con quali soldi scusa?”
“Era quello che stavo per spiegargli prima del tuo ritorno fra noi Asy … ma tu perché hai in mano uno straccio?”
Gesticolando, aveva infatti mosso quello che sembrava essere una specie di orrido canovaccio consunto e che solo a quel punto notai stesse tenendo tra le sue dita, fatto quanto meno curiosose non totalmente inedito.
“Oh nulla, è una lunga storia. Piuttosto non cambiamo argomento: sembra che io sia arrivata giusto in tempo per l’inizio del film e che lei, signorinella, si sia finalmente decisa a giocare il suo solito quinto asso nella manica” accompagnando le parole con il sorriso di chi la sa lunga ed un cenno di incoraggiamento perché proseguissi nella mia spiegazione.
Almeno in parte rincuorata dalla ricomparsa e dalle parole della nostra centaura, ripresi con il mio chiarimento riportandole agli eventi del party in piscina, svelando anche quella piccola parentesi che fino ad allora avevo taciuto.
(…)
“Harry! Mi hai spaventata. Da quando i cervelloni giocano a nascondino? E cosa ti fa credere di potermi mettere le mani addosso come ti pare?” chiesi al ragazzo che mi stava abbracciando tenendomi le mani sul ventre.
“Direi che quello che stiamo per fare mi dia qualche diritto … non credi?” rispose lui sogghignando, con la testa ancora posata sulla mia spalla “Anzi, sarebbe meglio che ce ne andassimo altrove e realizzassimo la tua idea per occupare il tempo”
“Che non è molto, ma tu questo già lo sai” e per sottolineare il senso delle mie parole, mi sciolsi dal suo abbraccio, mi voltai e guardandolo negli occhi continuai “Forza, andiamo che fra nemmeno mezzora devo essere qui.”
“ehi… il tempo sarà anche poco ma non così in fretta bellezza..” mi fermò lui sogghignando troppo arrogantemente. Non capivo. Si stava forse tirando indietro proprio ora? Dopo tutti i pericoli che avevo corso, i sacrifici fatti, i giocattoli elettronici che gli avevo procurato tramite papà, non poteva farlo.
Non a me.
L’espressione sul mio viso doveva essere chiara perché prima che potessi chiedergli spiegazioni, lui stesso precisò intimorito:
“Tranquilla bionda! Io… volevo solo dire che… che non c’è poi tutto da fare perché aspettandoti, mi sono connesso tramite il wifi scolastico al server di controllo e ho già disattivato l’allarme e mandato in loop le telecamere… siamo praticamente invisibili”mi guardò speranzoso.
Io, seppur ammirata per quello che aveva già fatto, non avendo intenzione di perdonargli quel ridicolo scherzo, mi limitai a fargli un sorriso che poteva benissimo essere una smorfia di dolore per una scheggia nel dito e mi avviai senza dire nulla.
Lui raccolse velocemente il suo zaino, mi raggiunse ed insieme percorremmo i corridoi, vuoti e silenziosi come previsto, passammo davanti alla stanza vuota dei vigilantes (i quali, molto professionalmente, erano tutti in piscina a scolarsi i magnifici e micidiali cocktails di Claud) ed in breve arrivammo alle stanze che ci interessavano.
Harry rovistò nella sua borsa per recuperare l’involucro che gli avevo lasciato quella stessa mattina e che conteneva i migliori frutti della mia romanticissima e disinteressata relazione con Matthew: le copie delle chiavi degli uffici di sua madre.
Aprii la porta della sala d’attesa, entrammo, lui la richiuse piano ed oscurò con le tende la parete vetrata ed in contemporanea io feci scattare la doppia serratura dell’ufficio personale della Beechenson.
Quando Harry fu dentro, si mise subito all’opera con il super PC portatile (grazie mille papino!) che si era portato dietro mentre io, indossati i dovuti guanti, aprii anche lo sportello del finto comò dietro al quale era celata la cassaforte elettronica.
Al mio improvvisato collega occorsero solo 3 minuti per bypassare la protezione e trovare la combinazione corretta. Sentire il “clang” di sblocco mi diede un’enorme scarica di adrenalina e la sfruttai per sfogliare rapidamente tra le varie carte e cartelline all’interno; in breve trovai il riferimento al conto on-line della scuola e ai relativi codici di sicurezza per effettuare movimenti di denaro. Dettai tutto ad Harry e, di nuovo, gli bastarono pochi minuti per compiere i suoi trucchetti spostando gli attuali incassi del liceo in 2 conti non rintracciabili, a suo parere (e dopo averlo visto in azione, non potevo avere dubbi che lo fossero sul serio), dividendolo in proporzione ai nostri ruoli: 75% a me e 25% a lui.
Il trasferimento ci mise un po’ a terminare completamente così ne approfittai per rimettere già tutto come l’avevo trovato e controllare che non lasciassimo tracce di alcun tipo per la stanza.
“Kry..” Harry richiamò la mia attenzione.
“Cosa? C’è qualche problema?!?”
“No donna di poca fede! Volevo annunciarti che ho finito e quindi che abbiamo ufficialmente, o quasi, rapinato il nostro liceo!” mi sorrise sincero, pienamente soddisfatto di sé e subito lo imitai provando la stessa cosa: ci eravamo riusciti davvero.
“Se non ci mettessero in galera all’istante, andrei in giro a dire a tutti quanto sei bravo una volta superata la facciata da nerd. Ma dato che non posso, dovrai accontentarti dei miei complimenti. Ed ora, muovi le chiappe ed usciamo da qui”
Lui scoppiò a ridere e fece come gli avevo detto; sapeva che dovevamo andarcene il prima possibile per non rischiare che, in un improvviso quanto improbabile attacco di serietà, le guardie facessero il consueto giro di ronda.
(…)
“… Dopo tornammo alla porta che dava sulla piscina. Ero intenta a spiegargli che dal giorno dopo ci saremmo comportati da sconosciuti, e di non sperare di ottenere altro da me perché non c’erano muffin per nessuno, quando arrivarono Ely con Matt, Asia con Eric e … beh, e sapete anche voi cosa è successo in seguito.”
Terminata la mia rivelazione, smisi di fissare l’orizzonte e volsi lo sguardo da una all’altra cercando di intuire dai visi come l’avevano presa e cosa pensavano di tutto quello che avevo fatto alle loro spalle.
Un brivido di paura mi percorse.
“Oh San Giacomo! Non fate quelle facce vi prego!!! Lo so che ho sbagliato e che avrei dovuto dirvi tutto subito ma non volevo finiste nei guai anche voi se fossi stata scoperta. Per favore ditemi qualcosa anziché guardarmi così!”
Balle di fieno rotolarono fra noi e il silenzio fu interrotto solo dal vento.

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Capitolo 13
*** Missione quadri e poster ***


Claud POV

La nostra cara ed astuta Krissy aveva appena finito di svelarci il segreto che aveva custodito per molto tempo con tanta diligenza e fermezza. Nessuna aveva avuto ancora il coraggio di replicare in qual si voglia modo, neanche con un sospiro o un sussulto. Per la prima volta nella vita delle B.A.D. erano rimaste davvero disarmate.
Sapevamo che la mente di Krissy era capace di generare una mole di idee illegali inimmaginabile, ma non avremmo mai pensato che potesse arrivare a tanto..
“Oh San Giacomo! Non fate quelle facce vi prego!!! Lo so che ho sbagliato e che avrei dovuto dirvi tutto subito ma non volevo finiste nei guai anche voi se fossi stata scoperta. Per favore ditemi qualcosa anziché guardarmi così!” concluse disperata la nostra cara amica torturandosi nervosamente le mani.
Il silenzio persisteva prepotente, mentre Kry cercava di scrutare una qualsiasi reazione negli occhi miei e delle altre due compagne, probabilmente per capire se sarebbe arrivata la tanto attesa tempesta di paternali, oppure poteva abbassare la modalità “difesa”.
“Ok.. avete ragione ma ora è troppo! O vi decidete a parlarmi o taglio ufficialmente i fondi cibo, benzina e shopping in questo dannato soggiorno!” sbraitò in preda all’angoscia, sventolandosi un po’ di aria fresca sul viso “Tu guarda un po’ cosa mi tocca dire..sembro la mamma..” terminò passandosi il dorso della mano sulla fronte.
Io, Ely ed Asia ci guardammo e con un unico sguardo le nostre menti si collegarono con un invisibile cavo di trasmissione. Mi schiarii la voce e feci qualche passo verso la vetrina dell’agenzia immobiliare.
Erede dalla visione di milioni di film tragici, feci aderire una mano al vetro freddo e abbassai lo sguardo verso l’annuncio della casa dei nostri sogni.
Fu solo in quel momento che iniziai a parlare.
“Noi ti siamo sempre state vicine Krissy.. dal primo giorno che ci siamo conosciute e abbiamo capito di essere inseparabili, niente e nessuno ci ha mai convinte ad allontanarci l’una dalle altre. Abbiamo sempre appoggiato ogni iniziativa dell’altra, buona o cattiva che fosse, anche solo perché l’aveva pensata una delle B.A.D. Puoi capire quanto tutto questo sia per noi un duro colpo da reggere..” continuai imperterrita a tenere il mio tono tragico, chiudendo lentamente la mano a mo di pugno.
“Claud ha ragione gemy.. anche se mi duole molto dirlo” disse Ely avvicinandosi a me con lo stesso sguardo sul volto. – Quando si parla di intesa al primo colpo –
La baddina imputata stava quasi per esplodere. Si vedeva lontano un miglio la sua preoccupazione.
La consapevolezza di aver “tradito” la fiducia delle sue compagne di vita la stava facendo letteralmente impazzire.
“Nonostante tutto questo.. noi ti vogliamo bene Krissy.. e forse potremmo anche perdonarti un giorno” continuai allontanandomi dalla vetrina e andando verso di lei affiancata da Ely ed Asia.
“Ti chiediamo solo un’altra, semplice e sincera spiegazione..”
Krissy annuì silenziosamente. Arrivammo tutte e tre a pochi centimetri dal suo viso, muovendoci in sincrono per incombere tutte insieme su di lei, e prendendo un bel respiro assestai il colpo finale
“Come diavolo hai fatto ad organizzare questo piano spettacolare ed estremamente diabolico senza dirci nemmeno una parola a riguardo?????? Sei davvero una cattiva, cattiva Bad! Lo sai che uno dei patti della nostra amicizia è coinvolgere ognuna di noi in ogni attività legale, e soprattutto ILLEGALE della nostra vita!!!”
Tutte e quattro scoppiammo in una sonora risata e non riuscii a trattenermi nel saltare addosso a Krissy con uno dei miei mitici “abbracci stritolatori”.
“Ok, ok, piccola Claud, ora lasciami o mi ritroverò ad essere raccolta da terra con un cucchiaino!”
Mi scostai ancora ridendo e, tra un abbraccio e l’altro, ritornai allegra verso la foto della casa che entro qualche giorno sarebbe stata ufficialmente nostra.
“Adesso Krissuccia è arrivato il momento di tirare fuori il nostro amato oro verde ed andare a prenderci quello che ci spetta!! Vasca Jacuzzi arriviamoooooooo!!” urlai eseguendo una pirouette in perfetto stile classico, da far invidia persino ad un ètoile della Boston Ballet.
“Come darti torto cara Claud! Su forza Krissy! Chiamiamo questo fortunato architetto al quale faremo guadagnare un’enorme percentuale di vendita!” sentenziò Asia, spostandosi graziosamente i capelli dalle spalle.
La nostra ladra preferita tirò fuori orgogliosa e felice il suo costoso palmare e compose il numero telefonico stampato accanto alla foto della villa. Eravamo tutte in defibrillazione.. ma ci pensate?? Una mega villa tutta nostra, dove poter rilassarci, goderci la meravigliosa vasca Jacuzzi, fare feste e magari portarci anche qualche bel ragazzotto del quartiere! Su quello non potevamo decisamente lamentarci.. avevamo già adocchiato qualche montagna di muscoli bronzei davvero, davvero interessante!
“Buongiorno, parlo con l’agenzia immobiliare che mette in vendita quella meravigliosa villa con accesso diretto alla spiaggia??” disse Krissi con un enorme sorriso sul volto. Nel frattempo io ed Ely eravamo impegnate a saltellare mano nella mano canticchiando allegramente, mentre Asia ammirava ancora sognante le foto che ritraevano le meravigliose stanze della villa.
“Senta noi vorremmo comprarla! E’ inutile che ci giriamo attorno.. abbiamo semplicemente visto le foto e ce ne siano innamorate! Siamo quattro ragazze nuove in città e quella sarebbe proprio la casa adatta a noi! E non le ho detto ancora tutto.. abbiamo tutti i soldi in contanti.. posso letteralmente darle tutta la somma all’istante sull’unghia” concluse scandendo orgogliosamente le ultime parole.
In quel momento calò nuovamente il silenzio.
Il sorriso di Krissi veniva mano a mano a svanire. Prima divenne sorpresa, con la bocca spalancata; poi tramutò in preoccupazione alzando nervosamente il sopracciglio sinistro per culminare in vera e propria rabbia con tanto di sopracciglia aggrottate.
“Scusi?! Lei sta scherzando vero??” esclamò emettendo quasi un ringhio.
La nostra felicità si interruppe in un solo istante, bastarono quelle parole per farci capire che non tutto stava andando come previsto. La villa era ormai impressa nella mia mente e nel mio cuore, ma dopo la reazione di Krissi, ad ogni sua parola ne spariva un elemento.
“Scusi?!”
Jacuzzi sparita;
“Lei”
cucina all’americana sparita
“sta”
zona pranzo con angolo barbeque sparita
“scherzando”
sistema home-theatre e mega schermo spariti
“vero??”
mi sparì anche il pavimento da sotto i piedi lasciandomi con un pugno di terra in mano.
Nessuno poteva credere alle proprie orecchie.
Krissi aveva appena saputo dall’arrogante segretaria dell’architetto, che la NOSTRA meravigliosa dimora era già stata venduta ad una “cara, dolce coppietta di neo-sposini del Kansas”. Testuali parole della, molto probabilmente, sottopagata dipendente.
“Che razza di rammollito quell’architetto! Non ha neanche voluto parlare di persona con una donna del suo stesso mestiere che probabilmente ne saprà molto di più di lui!” intonò indignata Ely, in difesa della sua cara gemella, che ancora tramortita dal secco “No!” della donna alla sua cortese domanda, non riusciva ancora a parlare.
Alla fine gli aveva solamente detto: “Senta signora, so che lei per i miseri 5 o massimo 6$ che prende all’ora non ha alcuna voglia di litigare con me, quindi per cortesia alzi il suo deretano impigrito e mi vada a chiamare quell’incompetente dell’architetto!!” nulla di così eccessivamente cattivo, rispetto alle solite richieste delle B.A.D.
“Quindi?.. quindi.. volete dirmi che quella villa non sarà nostra?!” disse agitata Asia indicando con fermezza la vetrina “Diamine io ho già scelto come decorare con poster di moto e calendari di bei ragazzotti la mia stanza! Non potete dirmi questo!” continuò la bad-centaura cercando disperatamente il nostro appoggio.
“Che poi cosa se ne faranno 2 sole persone di 4 enormi camere da letto?? È tutto sprecato per loro!” sentenziò Ely picchiando dolcemente il suo piedino da fata sul cemento.
“Dice che hanno intenzione di fare molti figli..” Krissi era tornata tra noi, aveva detto finalmente qualche parola, ma cadde nuovamente nel suo silenzio tombale.
“Argh.. io non capirò mai la gente! Come fanno a preferire quei marmocchi rumorosi e fastidiosi, rispetto ad una bella e libera vita da single?! Ma che se ne tornino dalle mucche nel Kansas!!” concluse Asia calciando energicamente, ma con molta grazia, un sassolino.
“Ok.. l’unica soluzione per ora credo sia convincere con le maniere gentili questa coppia neo-condannata del Kansas a cederci la casa! Come ha riferito Krissi loro hanno lasciato solo un misero acconto, noi potremmo risarcirli senza alcun problema e, magari, metterci anche una piccola aggiunta per il disturbo” disse Ely compiaciuta per la sua idea.
“Tesoro sarebbe un grandissimo passo avanti se avessimo il numero della coppia! Ma sicuramente quella frigida segretaria non ce lo darà mai per segreto professionale”
“Hai ragione Asy.. non ci avevo pensato” . Il silenzio tornò a farla da padrone.
Oltre a Krissi, impossibilitata a parlare, anch’io non aveva emesso alcun suono dal momento dell’orribile notizia. Non perché fossi sconcertata o paralizzata dalla mole di cazzate che aveva detto la segretaria, ma semplicemente perché stavo organizzando il piano più ingegnoso e perfido della mia vita.
Beh.. non esageriamo.. diciamo dall’inizio del mio soggiorno a La Push.
“Non preoccupatevi ragazze” dissi infine decisa a porre fine a quel momento di angoscia.
Tutte rivolsero lo sguardo verso di me, curiose, ma anche in un certo senso consapevoli di quello che avrei detto.
“Credo di avere il modo per risolvere questa situazione” sussurrai con il mio miglior sorrisino malefico.
“Che cos’hai intenzione di f...” Asia si interruppe all’istante e sorridendomi continuò “No.. non ho intenzione di chiedertelo. Quando non sei impegnata a mangiare sei capace ti tirar fuori delle idee fenomenali! Si possono contare sulle dita di una mano, dal momento che passi ¾ della giornata a deglutire cibo, ma quelle poche sono buone!” mi sbeffeggiò ridendo di gusto insieme ad Ely
“Ah, ah, ah.. che ridere! Ma quando avrò finito, avrete molto da ringraziarmi, care baddine!!”
Non mi soffermai ad elargire altre sciocchezze, mi avventai sulla vetrina per leggere l’informazione che mi serviva sul foglio dell’annuncio e mi precipitai verso la strada in cerca di un taxi. Le mie care B.A.D., nonostante mi prendessero in giro, sapevano di potersi fidare di me e io di certo non le avrei deluse.
In circa 15 minuti raggiunsi la mia destinazione. Sganciai ben 50$ al taxista, chiedendogli gentilmente di aspettarmi lì davanti fino al mio ritorno e come previsto lui non fece neanche una piega.
L’indirizzo era quello giusto.
L’insegna verde e luminosa dell’agenzia immobiliare, posizionata dall’altra parte della strada, lampeggiava irregolarmente e la vetrina completamente sporca e piena di manate non lasciava di certo intendere che potessero avere in vendita una casa così prestigiosa.
Feci un bel respiro, mi sistemai la gonnellina di jeans, stirai leggermente con le mani la camicetta rosa che aderiva perfettamente al mio corpo, mi accertai che i laccetti alle caviglie dei miei sandali Versace con tacco 11 fossero correttamente agganciati ed entrai.
Ad annunciarmi ci fu un cicalino sulla porta che, ormai quasi completamente scarico, riuscì a riprodurre un suono molto simile ad un lamento. Davvero poco elegante.
Davanti a me, trovai una piccola scrivania in truciolato stracolma di pile di fogli e documenti. Tra gli innumerevoli ostacoli scovai il viso della segretaria che probabilmente aveva parlato con Krissi.
Non mi sorprese che al telefono risultasse così scontrosa.. aveva un’enorme somiglianza con la vecchia megera Beechenson. Per qualche secondo dei brividi percossero la mia schiena al solo pensiero che quella donna orripilante avesse sosia sparse in giro per l’America.
“Posso aiutarla signorina?” chiese con una voce squillante, forse ancor più fastidiosa di quella della vecchia preside.
“Ehm.. si, grazie!” risposi avvicinandomi con il sorriso più innocente che potessi fare “Sarebbe così gentile da chiamarmi l’architetto? È nel suo ufficio al momento?” L’anziana donna si alzò dalla sua poltrona, mi guardò da testa a piedi e disse
“Chi è lei?” Questa risposta valeva 1000 punti.. me la dovevo giocare bene, oppure, addio villa sul mare!
“Io sono.. sono un’amica dell’architetto. Ci siamo sentiti stamani e mi ha chiesto di passare qui da lui per un saluto.. .. Sa cosa intendo!” dissi facendo l’occhiolino maliziosamente.
Rimase qualche secondo in silenzio per poi sbuffare e disse
“Non mi sorprende per nulla che le abbia chiesto di passare per il suo ufficio, nonostante lo avessi pregato più di una volta di sbrigarsi queste sue faccende a casa sua!!” urlò la signora, oltrepassando senza alcun dubbio gli ultra suoni.
“Prego ragazzina, prima porta a destra.. e per cortesia.. poco baccano” disse infine risedendosi sconsolata e ributtando la faccia sulla montagna di documenti.
Quello doveva essere il mio giorno buono! Fortuna che anche in questo paese di ebeti esistono signori bricconcelli!
In quel momento, prima di abbassare la maniglia e vedere in faccia la vittima del mio piano, sperai con tutte le forze che non fosse un vecchio bavoso e obeso. Non dico che volessi trovarmi davanti una statua marmorea, ma per lo meno una figura accettabile.
“B.a.d, amiche mie.. incrociate le dita per me!!”
-Dai Claud.. non ci vorrà molto. Entri, lo convinci, se serve fai qualche moina ed esci con il rogito firmato in mano! E se è brutto.. fai un bel respiro e stringi i denti per il bene tuo e delle tue amiche!-
Mi convinsi finalmente ad abbassare la maniglia della porta, con lo sguardo della vecchia ancora puntato addosso, probabilmente stupita dal mio esitare.
Aprii di botto la porta.
Se l’uomo che dovevo sedurre fosse stato brutto era meglio scoprirlo subito, senza attendere oltre.
Rimasi qualche secondo immobile, non vedendo l’uomo in questione seduto alla sua scrivania a lavorare.
L’unica cosa che riuscii a vedere fu un’enorme poltrona di pelle marrone posizionata proprio davanti a me, rivolta verso un gigantesco televisore che proiettava le immagini di un gioco virtuale.
“Signorina Stevens le avevo detto di non farmi disturbare da nessuno!” disse l’uomo misterioso senza neanche voltare la poltrona verso l’entrata. Quella seduta era talmente grande da non farmi riuscire a scrutare nemmeno un centimetro della figura maschile.
Non dissi nulla e chiusi solamente la porta.
“Cosa c’è di così importante da distrarmi durante l’ultima missione, prima di passare al prossimo livello?” chiese continuando ininterrottamente a giocare. Benissimo.. la voce sembrava abbastanza giovanile e contando il fatto che giocasse ancora ai video-giochi non poteva essere poi così anziano!
-A meno che non sia un quarantenne sfigato!!- pensai spalancando gli occhi.
“Nooooo! Lo sapevo! Ho perso!!!” urlò infine quasi ringhiando.. Ammetto che mi fece quasi paura.
-Perfetto.. è anche sclerotico-
Si voltò di scatto con tutta la poltrona e rimasi quasi fulminata da quella visuale.
Non avrà avuto più di 20 anni.
Capelli biondi rasati e due occhi di uno strano color oro, ma decisamente ipnotici.
Poteva anche essere sfigato e giocare ai video-games, ma.. era una visione celestiale, anche per gli occhi incontentabili di una bad. Mi ricomposi all’istante, pienamente soddisfatta per essermi proposta per questo compito e mi sedetti sulla sua scrivania accavallando vistosamente le gambe.
“Lei, lei chi è?” mi chiese rimettendo al suo posto il joystick.
“Beh.. architetto Cullen” dissi leggendo il cognome sulla targhetta posta sulla scrivania “sicuramente non sono la Signorina Stevens, soprattutto se per Stevens intende quella vecchia decrepita all’entrata!” dissi con un tono di sufficienza giocherellando con i capelli a coda di cavallo.
“Questo è poco ma sicuro” disse alzandosi e avvicinandosi con uno sguardo a dir poco penetrante.
-Ho proprio l’idea che mi divertirò molto con questo ammasso muscoloso..-
“Ma posso sapere cosa vuole da me una bella ragazza come lei?” sussurrò appoggiando le mani sulla scrivania accanto ai miei fianchi. Un brivido mi colse alla sprovvista. Wow.. che effetto.
“Vacci piano PlayBoy.. chi ti dice che sia qui per te? Io voglio solo una casa” dissi spingendolo dal petto. Appena vi posai una mano sopra, sentii distintamente i suoi muscoli sotto le dita. Sicuramente sotto quella camicia bianca a righine azzurre doveva avere un corpo perfettamente scolpito..
-Basta Claud! Concentrati! Devi avere quella casa!-
“Ah.. una casa? E sentiamo.. quale casa vorresti?” disse sedendosi alla scrivania e posando senza ritegno i piedi sul piano per scrivere.
“La villa, davanti a First Beach” risposi risoluta, guardandolo dritto negli occhi.
Scoppiò a ridermi in faccia, ma logicamente, non sapeva chi io fossi.
“Quella è già venduta.. e soprattutto, anche se non lo fosse, non credo che tu abbia tutti quei soldi, bella bambolina!”
-bene.. è sfacciato e provolone.. niente di più facile-
Sorridendo sorniona mi posizionai in ginocchio sulla scrivania e mi avvicinai al suo viso delicata e letale come una pantera.
“E’ proprio quello che ti sto dicendo io.. bel bambolino! Non ti preoccupare dei soldi, te pensa solo a liberarmi quella casa” ordinai mettendo ben in vista il mio decolleté scoperto sapientemente dalla camicetta. Lo sentii deglutire e sorrisi.
“La coppia a cui l’ho venduta ha fatto molti sacrifici per tirar su i soldi..” disse con un tono quasi intristito.
“Non ci credo.. un uomo grande e grosso come te si fa addolcire da una coppietta?? Non pensavo fossi così rammollito..” mi avvicinai a pochi centimetri dalla sua bocca, sfiorando delicatamente le sue labbra con le mie per poi voltarmi di scatto e saltare giù dalla scrivania. Mi sistemai i capelli e slacciando un altro bottone della camicetta dissi
“Quando ti deciderai a fare l’uomo, allora potremmo fare accordi” mi diressi verso la porta, ma dopo neanche 3 secondi mi sentii prendere per il braccio e sbattermi contro ad un muro. Sentii una fitta alla schiena dalla forza con cui mi spinse contro la parete, ma in quel contesto non riuscii a non provare ancora un brivido che nulla aveva a che fare con la paura o il dolore. Cosa aveva di così attraente quel ragazzo da lasciare senza fiato una bad?!
“Tu, ragazzina, non hai la minima idea di quanto io sia uomo..” tuonò orgoglioso.
“Concordo con te se pensi che io sia bella come una quadro rinascimentale o come uno dei poster del tuo video-gioco preferito, ma hai per caso intenzione di appendermi al muro, bell’architetto?” dissi sorridendo, cercando di stuzzicarlo. Mostrò un sorriso mozza-fiato, ma dietro quella bellezza risiedeva un velo di mistero e inquietudine che mi attirò a lui come una calamita.
“Vuoi fare la spiritosa? Da piccola, nessuno ti ha insegnato a non giocare con il fuoco?” Fece aderire il suo corpo al mio e riuscii a fatica a mantenere la concentrazione.
“Il fuoco non mi fa paura.. non pensare che non sappia domarlo..”. Ormai era diventata una guerra e decisi in quel momento di sferrare il mio attacco.
“Io posso darti tutti i soldi..” iniziai posando il mio braccio destro attorno al suo collo
“in contanti” continuai accarezzando la sua testa rasata e avvicinandomi ancora a lui
“sull’unghia..” andai avanti sollevando una gamba e facendola aderire alla sua schiena
“..e magari.. potremmo anche metterci d’accordo, su una ricompensa extra, per la tua gentilezza” conclusi in bellezza portando senza ritegno una mia mano sul suo fondoschiena.
Questa era decisamente la missione più piacevole di tutta la mia vita...
Ancora una volta mi parve di sentire un ringhio provenire dal suo petto ed era così eccitante da lasciarmi senza fiato.
“Brava ragazzina.. sai bene come mettere alla prova un uomo.. vedrò cosa riesco a fare” disse ancora sorridendo e forse pensando già alla sua piacevole ricompensa extra. Si sedette alla scrivania e compose il numero della tenera e dolce coppietta.
“Dirai semplicemente che ti dispiace, ma che hai ricevuto un’offerta che non potevi rifiutare da un’acquirente che era disposto a darti tutto e subito” gli dissi sorridendo e facendo un occhiolino che lasciava intendere tutto.
Iniziò a parlare al telefono, mentre da vera B.A.D. non lo lasciai in pace per un secondo continuando ad accarezzare il suo petto e a sfiorare il suo collo fresco con le labbra. Non si sa mai, avrebbe potuto decidere di cambiare idea all’ultimo secondo.
Invece riattaccò il telefono tra i singhiozzi della neo-sposa .
“Deve significare molto per te questa casa, per farmi fare tutto questo” mi disse bloccando la mia mano che stava lentamente scendendo verso zone proibite.
“Uh.. non immagini quanto..” risposi sorridendo “Bene.. ho avuto quello che volevo.. grazie bell’architetto”. Gli schioccai un bacio sulla guancia e prendendo il rogito firmato saltellai felice verso la porta d’uscita.
“Ehi, ehi! Fermati bambolina! Non avrai mica intenzione di lasciarmi in questo stato?!” mi disse indicandosi le parti basse.
Risi di gusto e riavvicinandomi risposi “Tesoro.. la prima regola per noi donne è: non dare mai tutto e subito ad un uomo! Se proprio mi vuoi.. vieni a cercarmi”
Lo lasciai con le parole spezzate in gola e lanciandogli un bacio al volo uscii dal suo ufficio sorridente.
“Arrivederci signorina Stevens! Mi raccomando, non disturbi per qualche minuto il signor Cullen.. ha bisogno di riprendersi un po’!” dissi sfacciata alla segretaria che con un’aria scandalizzata fece un leggero si con la testa.
Uscii dal negozio e rientrai felice nel mio taxi, pronta per tornare a dare la bella notizia alle mie bad.
Missione: decisamente compiuta.

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Capitolo 14
*** Spin-Off Emmet ***


The First Original BAD-Spin Off:
Da Emmett Cullen a Versione-Migliorata-Di-Sè-Stesso


Tornato dal college, Emmett scopre che Rosalie, ufficialmente impegnata a dare il tormento a TonnaBella, neovampira incredibilmente priva di equilibrio ed incapace di fare qualsiasi cosa senza avere vicino EdduccioSuo, è in realtà scappata con un regista hollywoodiano.
I Cullen, ormai da troppo tempo a Forks, si preparando quindi a trasferirsi altrove trascinandosi dietro pure la Swan, volutasi trasformare per forza essendosi trovata ben 3 capelli bianchi ed una ruga d’espressione.
Il suo neurone è stato riattivato da quell’incredibile shock e ha elaborato un piano infallibile:
dopo aver convinto il polaretto-amoroso-dududu-dàdàdà ad farsi uno spuntino extra per poterla baciare meglio, Bella accetta finalmente l’ennesimo invito di quello sfigato di Mike, provocando così l’ira furibonda di Jessica che le fa accidentalmente lo sgambetto nei pressi di una diga dove si trovano in gita.
Ovviamente, come sperato dal Neurone Solitario al momento dell’ideazione, tutto ciò accade nell’unico metro in cui la recinzione è pericolante e cedevole.
L’immancabile caduta le provoca varie lesioni ed un’emorragia interna gravissima che costringe Edward, tornato su avvertimento tardivo di Alice (stava facendo shopping e non aveva mani libere per telefonargli subito) a salvarla nell’unico modo possibile, ossia trasformandola anche se questo vuol dire sopportarla per molto, moltissimo tempo.
La vampi-Bella, incredibilmente felice di non invecchiare e deteriorarsi per l’avanzare degli anni, è anche peggio della sua versione umana in quanto ha ben due poteri extra: il dubbio mistico, per il quale è indecisa su tutto, e la scoordinazione universale, motivo per cui è costretta ad andare in giro con un girello appositamente progettatole da Esme, realizzato da Jasper e abbellito con pizzi e campanelli da Alice.
Dopo un iniziale periodo di divertimento costante ai danni della Tonna, la simpaticissima e modestissima Rosalie, dall’alto della sua intelligenza realizza che se la ritroverà intorno per sempre, letteralmente, ed opta per la fuga in grande stile.
Minacciando di incendiarle il guardaroba, proibisce ad Alice di rivelare o pensare alla sua decisione e riesce così ad andare in California per sfondare nel cinema con la sua bellezza e le balle al mondo con il resto di sé: ben presto si ritrova oggetto di numerose polemiche e barzellette per le sue pretese assurde quali vivere vicino ad uno zoo, che va spopolandosi senza motivo apparente, e girare film solo in assenza di sole, volendo a tutti i costi mantenere un incarnato niveo e privo di imperfezioni. Tutti i Cullen si guardano bene dall’andare a riprenderla e così il povero vampifigo abbandonato, rimasto solo (e spensieratamente libero) non se la sente di seguire i famigliari rimasti perché dovrebbe passare il resto dell’eternità in mezzo a coppiette da diabete.
Emmett decide quindi di rimanere nella penisola di Olympia sfruttando una delle sue innumerevoli lauree, apre uno studio di architettura a Port Angeles che però fatica ad ingranare grazie alle “raccomandazioni” dei Quileute.

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Capitolo 15
*** E' tutta una questione di gestione... ***


Asia POV

Quando lo individuai Darko era già parecchio distante.
La falcata ampia e pulita, più simile a quella del lupo che di un cane, non dava scampo, né aveva senso chiamarlo: l’obbedienza non era mai stata una sua dote.
Accelerai la mia corsa per quanto i tacchi potevano permettere, ma quanto successe sotto i miei occhi mi impietrì poiché lo vidi distintamente piegarsi sulle zampe posteriori per guadagnare lo slancio maggiore possibile e scagliarsi contro un gruppetto che procedeva malauguratamente nella sua direzione.
Mi portai istintivamente la mano alla gola ed attesi le urla, che però non arrivarono, riuscii a riavermi e mi precipitai in un lampo sul posto.
Sdraiata ancora sotto il suo peso, c’era una ragazza più o meno della mia età, afferrai Darko per il collare senza neanche preoccuparmi di agganciare il guinzaglio e le porsi la mano per aiutarla a rialzarsi.
L’afferrò immediatamente e rimessasi in piedi con rapidità, la lasciò subito andare, ma ebbi il tempo di pensare a quanto fosse incredibilmente calda; ingenuamente in un primo momento immaginai fosse per lo spavento, però quando la guardai negli occhi , con mia grande sorpresa, la vidi sorridere nient’affatto intimorita.
“Stai bene?” La mia voce era scossa ed affannata.
“Si, tutto ok, è solo un cucciolone, non importa!” e gli allungò una mano sulla testa per carezzarlo.
In quel preciso istante capii che sua reazione non aveva scosso solo me perché una voce maschile proruppe sarcastica alle sue spalle “Leah che ride... questa si che è una novità”
“Sta’ zitto Jacob Black o sentiremo te piangere!”fece lei passandosi le mani sul vestito per ripulirlo.
Solo allora focalizzai il gruppetto di ragazzi con cui era e capii che quella veramente sotto shock dovevo essere io per non averli notati subito: altissimi e possenti, la muscolatura delineata ed evidente sotto l’abbigliamento stranamente leggero considerando la temperatura non proprio mite, la carnagione ambrata, i capelli cortissimi, i tratti del viso delicati e decisi insieme, c’era qualcosa nella loro fisicità e nelle loro movenze che li accomunava, che donava loro un’aria quasi sovrannaturale... fu uno di quei semidei a liberarmi dalla trance-da-troppa-perfezione in cui ero caduta.
“Seth moccioso, perché non le dici di darsi una regolata?” tuonò alle loro spalle una voce calda, roca e tanto profonda che mi penetrò fin nelle ossa come una lama “sappiamo tutti che la nostra Lee Lee ha un debole per i lupi” aggiunse inchiodandomi coi suoi occhi color pece e posandole una mano sulla spalla “peccato la cosa non sia reciproca...” concluse in tono pungente.
Quella frase, per me tanto banale e senza senso, scatenò la furia della ragazza: si scrollò con violenza la sua mano di dosso, lo guardò con odio vero e fece mezzo passo nella sua direzione, tremando di rabbia, poi improvvisamente chiuse gli occhi, strinse i pugni e corse via.
Mi voltai un attimo verso di lei, sentendo una singolare empatia per una che in fondo mi era sconosciuta.
“Maleducato” biascicai, istintivamente velenosa, rivolta al tipo che aveva scatenato quella reazione, per poi piegarmi in due a riprendere fiato, era stato tutto talmente veloce.
“Ma dove va’?” riprese quel dio chiamato Jacob
“Sicuramente da Quil, al negozio di caramelle, magari si addolcisce un po’” continuo il guastafeste
“Caramelle??? ma non aveva un negozio di accessori per neonati” riprese qualcuno alle sue spalle
“Si... aveva... Ma, ora Claire è cresciuta... - fece allusivo e pungente. Proprio non li seguivo, possibile che questo Quil cambiasse tipo di negozio a seconda dell’età di Claire??? Lilliput era davvero un posto insolito - Vedrai tra un po’ cambierà di nuovo”
“Giocattoli, scommetto” alzai la testa di scatto a quelle parole, riconoscendo la voce: era il ragazzo che aveva scommesso al ristorante... chissà se stavolta gli sarebbe andata meglio che con Claud, pensai divertita.
“Il bello deve ancora venire... voglio proprio vederlo a vendere reggiseni ed autoreggenti quando Claire avrà 15 anni!!!” concluse il tipo che aveva scatenato quel putiferio.
Cercavo ancora di regolarizzare il respiro quando lo vidi chinarsi su Darko:“Povero cucciolo” riprese, accarezzandogli il collo “deve essere una tragedia avere un proprietario tanto incompetente” poi guardandomi con aria di sfida “non dovrebbero affidare animali del genere a persone incapaci di gestirli”
Quelle parole furono una pugnalata che mi fece drizzare immediatamente la schiena, riguadagnando subito tutta la mia considerevole altezza.
Ma con chi credeva di avere a che fare quello sbruffone? Forse con quel gruppo di ochette che continuava apprensivo, a seguirne ogni movimento da quando mi si era avvicinato? Le guardai con odio per una frazione di secondo e poi sollevai la mano intenzionata a colpirlo ma lui la fermò a mezz’aria tra le sue con un movimento invisibile e, stranamente, delicato che mi sorprese:
“Non provarci Principessa” sibilò “qui sei fuori dal tuo regno!”
“Io so gestire benissimo il mio cane, forse sei tu a non saper gestire il tuo caratteraccio!!!” gli urlai in faccia, riferendomi evidentemente all’episodio di poco prima con la sua amica.
“Dici?” fece lui con un sorriso ironico, sollevando un sopraciglio e indicando con un movimento impercettibile della testa la mia mano ancora imprigionata tra le sue.
La liberai di scatto e la chiusi a pugno, lui sorrise divertito e solo a quel punto lo osservai con maggior attenzione: mi sovrastava incredibilmente in altezza ed era tanto vicino che potevo sentire il suo odore, sapeva di muschio e terra, aveva un che di caldo e rassicurante.
Così dovette pensarla anche Darko che, con un movimento fulmineo - che mi sbilanciò verso quel presuntuoso - sfuggì dalla mia presa e posando le sue zampe infangate sul petto di quel borioso essere.
Essere che, purtroppo per il mio orgoglio ma fortunatamente per la mia stabilità, cogliendo il pericoloso sbilanciamento causatomi dal mio cane, ebbe il tempo di afferrarmi per il gomito e rimettermi in equilibrio prima di affondare entrambe le mani nel pelo fitto e morbido di Darko.
Era incredibile quello che il mio cane stava combinando: non si era mai comportato così con degli estranei, lui di solito li terrorizzava e sbranava, invece ora era fermamente intenzionato a giocare con quei ragazzi.
Sospirai spazientita e, questa volta, assicurai saldamente il guinzaglio al collare per poi tenerlo alla lunghezza minima possibile, onde evitare altri spiacevoli inconvenienti.
“Bene bene” fece coprendo le distanze tra noi "ed ora come la mettiamo con queste?
Mi chiese indicando le macchie di fango che campeggiavano al centro della sua maglietta bianca.
Lo guardai interrogativa e con un sorriso ironico sulle labbra.
“Guarda come ha ridotto i miei vestiti il tuo cane!!!”
“Puah, vestiti...” risi “sei fortunato che non ti abbia sentito Ely” e così dicendo estrassi 10 dollari dal mio portafogli porgendoglieli, certa che ciò l’avrebbe mandato su tutte le furie “con questi la ripago abbondantemente e ti ci compri anche il caffè” aggiunsi “tranquillo, offre Darko...”
I ragazzi alle sue spalle risero divertiti.
“Osso duro questa” commentò uno dai tratti del viso ancora infantili, ma dal corpo divino.
“Scommetto che la spunta” credetti di riconoscere il ragazzo che ci aveva gentilmente offerto il pranzo.
Poi si sentì chiamare “È Sam” sussurrò qualcuno e tutti si allontanarono verso l’origine di quel suono, quasi correndo verso una piazzola distante qualche metro.
Anche il tipo il-mio-ego-è-troppo-superiore-a-tutti fece istintivamente mezzo passo nella loro direzione per poi voltarsi nuovamente verso di me, mi guardò per un istante, poi sorrise ad un pensiero tutto suo
“Eh no Principessa, così è troppo facile... io voglio esattamente questa maglietta...perciò” e così dicendo se la sfilò, lentamente, anzi direi eccessivamente e volutamente a rilento.
Senza potermelo impedire, i miei occhi corsero lungo tutto il suo torace, perfettamente scolpito e delineato, la pelle trasmetteva una sensazione di morbidezza inaudita, quasi a contrastare con l’idea di potenza che il suo corpo emanava e la tentazione di sfiorarla era così forte che..
“perciò... tu ora me la lavi!” sentenziò con estrema arroganza, raggelando i miei recentissimi istinti.
Per non farsi mancare nulla, l’appallottolò veloce e, resa ormai pari pari ad uno straccio, spinse la sua adorata maglietta con violenza tra le mie mani.
Quel gesto mi fece riavere totalmente da quella visione paradisiaca e durante la quale mi ero convinta avesse muscoli di cui ignoravo letteralmente l’esistenza.
“Non preoccuparti” continuò ironico e con una luce di soddisfazione negli occhi “provvederò poi io a recuperarla, resto pur sempre un gentiluomo, in fondo”
“Puoi scordartelo!!!” la strinsi per un attimo tra le mani notando che era innaturalmente calda, per poi lasciarla cadere a terra con sprezzante noncuranza.
Si chinò a raccoglierla con un movimento elegante ma anziché raddrizzarsi del tutto, rimase proteso verso Darko, gli scompigliò le orecchie e massaggiò il collo e poi gli passò veloce due o tre volte la maglia davanti al muso, come a giocarci, lui l’afferrò istintivamente e il ragazzo sorrise soddisfatto, al che con voce bassa e vellutata, quasi volesse convincerlo aggiunse “Bravo cucciolo, ora portala a casa, così la tua mammina potrà lavarmela”
Mi piegai in un lampo, cercando di sfilargliela dalle fauci, tentativo perfettamente inutile, ne ero previdentemente consapevole in quanto Darko non mollava per giorni ciò che reputava suo.
Alzai lo sguardo, furiosa come la ragazza che aveva fatto fuggire prima in preda all’ira, ma lui era già sparito ed aveva raggiunto i suoi amici.
Sentii solo un allegro rumore di zuffa e poi una voce aggiungere divertita “Sam vuole parlarti” e gli altri giù a ridere sguaiati. Sperai ardentemente che quel Sam lo pestasse a sangue.
Guardai ancora una volta, sconsolata Darko e riprovai a prendergli la maglietta con le buone, ma anche quel tentativo fu vano, lui allegro e noncurante, la coda arricciata all’insù e lo sguardo fiero trotterellava col suo trofeo tra le zanne.
“Sei una cane indisciplinato, disubbidiente, capriccioso ed egoista” cantilenai mentre ci accingevamo a tornare delle mie amiche, poi mi scappò da ridere, quelle parole erano esattamente ciò chi i nostri genitori dicevano di noi... delle Bad, già le Bad, cosa avrei raccontato a loro? Sicuramente per ora nulla, ero troppo di cattivo umore.

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