La Ragazza Delle Macchinette

di Scarcy90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi Piacerebbe Capire Che Vuole Sta Sciroccata ***
Capitolo 2: *** Adesso Mi Tocca Anche Ascoltare La Ramanzina Di Una Mocciosa ***
Capitolo 3: *** Odio Vedermi Sbattuta In Faccia La Verità! ***



Capitolo 1
*** Mi Piacerebbe Capire Che Vuole Sta Sciroccata ***






La Ragazza Delle Macchinette- Capitolo 1 (new)

La Ragazza Delle Macchinette
 
Prologo
 Una sconosciuta, ecco cos’era. Davvero avevamo frequentato per quasi cinque anni la stessa scuola? Non avevo mai notato quella ragazza, eppure sin dal nostro primo incontro capii che doveva essere speciale. C’era qualcosa nel suo sguardo che mi attraeva e m’incuriosiva.
 Per la mia mente lei era sempre stata una perfetta estranea ma il mio cuore aveva riconosciuto il suo e sentivo che niente mi avrebbe più separato da lei.
 La odiavo, perché mi rendeva troppo fragile. La ammiravo per la sua grinta. La detestavo perché durante i nostri litigi riusciva ad avere sempre la meglio. E l’amavo… Dio, se l’amavo…









Massimiliano, o “Massi” come amava farsi chiamare,
era l’unico e viziatissimo figlio di Lucifero
Il Figlio Della Prof- Capitolo 1
 
 Capitolo 1: Mi Piacerebbe Capire Che Vuole Sta Sciroccata
 
 -Perfetto come al solito, Draco. Ora puoi anche tornare a posto.-
 Sarebbe stato impossibile che un professore pronunciasse parole diverse da quelle dopo una delle mie interrogazioni.
 Il figlio di una professoressa non si può permettere di prendere una sola insufficienza, soprattutto se la propria madre insegna nella sua stessa scuola. Conoscevo mia madre. Lei mi diceva sempre che dovevo far finta che non fosse nel mio stesso edificio, dovevo vivere il mio percorso scolastico senza sentirmi condizionato dalla sua presenza, ma non era una cosa semplice da fare. Sapevo che lei chiedeva in continuazione ai miei professori quale fosse la mia media e conoscevo molto bene la sua espressione quando non era soddisfatta di me.
 Lei non parlava ma io capivo lo stesso.
 Perciò fin da bambino avevo imparato a non presentarmi mai impreparato ad un’interrogazione, anche se non ottenevo un otto o un nove cercavo di non scendere mai sotto la sufficienza.
 Negli ultimi anni i professori erano sempre soddisfatti di me e mia madre fingeva di non intromettersi nella mia vita, anche se io sapevo perfettamente che mi teneva costantemente sotto controllo.
 Non conoscevo mia madre come professoressa, per me era una madre che pretendeva molto ma che sapeva essere adorabile se si era alzata dalla parte giusta del letto.
 Sentendo le voci che giravano all’interno della scuola, non era difficile pensare che anche la professoressa Claudia D’Arcangelo fosse un po’ come mia madre. Se la si beccava in un giorno giusto le si poteva anche chiedere di non interrogare, altrimenti era molto meglio affrontare l’interrogazione senza provare a replicare e prendersi il voto che lei riteneva più opportuno.
 Il professor Caputo, il mio professore di italiano, mi rimandò al posto anche quel giorno con il suo solito sorriso soddisfatto, lo stesso che vedevo giorno dopo giorno sui volti della maggior parte dei miei insegnanti.
 -Anche questa volta hai meritato un nove, Draco. Continua così.-
 Ritornai a posto e mi sedetti con calma.
 -Sei sempre il solito-, mi sussurrò il mio compagno di banco trattenendo a stento una risata.
 Marco Iovine. Ormai non ricordavo neanche più quando era cominciata la nostra amicizia. Mia madre mi aveva raccontato di come Marco ed io ci eravamo conosciuti, ma avevamo solo due anni quindi io non potevo ricordarlo. A quanto sembrava era stato un incontro piuttosto casuale avvenuto tra i nostri genitori. Un giorno d’estate le nostre famiglie si erano ritrovate ad essere vicine d’ombrellone e mia madre aveva ovviamente- come sempre, lo faceva con ogni donna più o meno della sua età- attaccato bottone con la madre di Marco. Nel frattempo Marco ed io stavamo giocando con la sabbia fino a quando non avevamo cominciato a litigare come due pazzi.
 Da quel giorno non avevo più rivisto Marco, almeno fino a quando le nostre madri non avevano deciso, per pura coincidenza, di iscriverci allo stesso asilo.
 La nostra amicizia era cresciuta molto lentamente, e nel giro di un anno eravamo diventati praticamente inseparabili. Due piccole pesti brave solo a far danni.
 -Lascialo in pace, Marco-, disse una voce dietro di me.
 Sorrisi nel sentirla.
 Era Sabrina De Giorgi la nostra unica amica che non avesse voglia di strapparci i vestiti con la sola forza del pensiero.
 Era entrata nelle nostre vite quando avevamo all’incirca sei anni. Si era trasferita a Lecce da un paese di provincia dove aveva vissuto con i genitori a casa dei nonni. Era diventata la mia vicina di casa e in più una mia cara amica. La gelosia di Marco non poteva sopportare una cosa del genere e quindi aveva dato subito del filo da torcere alla povera Sabrina che aveva sempre sopportato le frecciatine di Marco.
 Ad un certo punto, senza rendermene conto, dovevo anche essermi preso una mezza cotta per Sabrina, ma era stata solo una cosa passeggera e piuttosto infantile. E per fortuna, visto che alla superiori Sabrina e Marco avevano deciso di abbassare le armi e di diventare una coppia.
 La loro era stata una storia bellissima, intensa e vissuta appieno, ma il loro istinto li aveva portati a capire che quella che era nata come un’amicizia alla fine sarebbe tornata ad essere tale, perciò troncarono, decidendo di restare amici per tutta la vita, o almeno fino a quando non si fossero uccisi a vicenda.
 -Ma non vedi che sta diventando un vero secchione?- chiese Marco scocciato. 
 -Il fatto che stia studiando sodo non significa che Massi sia un secchione! Almeno prende più di qualche sei stentato come fai tu, razza di somaro!- esclamò Sabrina a bassa voce.
 Marco stava per rispondere ma proprio in quel momento suonò la campanella della ricreazione.
 Come ogni giorno, Marco ed io ci fiondammo fuori dall’aula pronti a farci vedere da quanti più soggetti di sesso femminile fosse possibile. Non che avessimo bisogno di andarci a cercare delle ragazze, venivano da sole senza che noi le incoraggiassimo in alcun modo.
 Tra noi due era sempre stato Marco quello che era riuscito ad attirare più ragazze, con i suoi seducenti occhi azzurri- che a me ricordavano tanto quelli di un pesce lesso- e i suoi meravigliosi- sì, come no!- capelli scuri. Non avevo mai capito che ci trovassero le ragazze in un tipo come lui, ma essere suo amico aveva diversi vantaggi. Uno dei miei preferiti era la popolarità. Fin da bambino avevo sempre amato essere al centro dell’attenzione, probabilmente era mania di protagonismo, ma a me piaceva che si parlasse di me e che la gente si voltasse a guardarmi quando passavo per strada o per i corridoi della scuola. Era una sensazione unica sapere che tutti gli occhi erano puntati su di me. Forse potrei apparire un tantino egocentrico… Be’ non me ne importa nulla!
 -Ciao Massi!-
 -Oddio, quello è Marco Iovine!-
 -Quanto sono belli!-
 -Potrebbero fare i modelli!-
 -Ma da quale gene della D’Arcangelo è uscito quel capolavoro?!-
 I commenti delle ragazze che ci vedevano durante il momento della ricreazione era sempre su questi toni. Erano ammaliate dalla nostra presenza e dai nostri atteggiamenti. Le ragazze si professavano costantemente le più intelligenti e le più furbe ma poi bastava un ragazzo con un bel viso e un bel fisico per farle capitolare.
 Dubitavo che nell’intero complesso del Liceo Classico Virgilio ci fosse un solo essere di sesso femminile che non desiderasse parlare con me e Marco. Noi eravamo il sogno proibito di ogni ragazza e ci piaceva esserlo.
 -Oggi non ho proprio voglia di avere a che fare con questo branco di galline starnazzanti-, mormorò Marco con aria afflitta mentre ci dirigevamo verso le macchinette.
 -Come mai? In genere ti piace parlare con le ragazze-, risposi sorpreso.
 -Non pensi mai che tutte queste oche ci vengono dietro solo perché siamo popolari? A volte penso che sarebbe molto meglio trovare una ragazza che mi odia e provare a farla innamorare di me, almeno sarei certo che i suoi sentimenti sono sinceri e non dettati dal fatto che tutte le sue amiche hanno una mia foto sotto i loro cuscini.-
 -Sinceramente credo che far innamorare una ragazza che mi odia sarebbe troppo faticoso, con tutte quelle che cadono ai miei piedi con solo un mio sguardo perché dovrei complicarmi con qualche pazza che non è già cotta di me?-
 Era la verità. Non avevo né il tempo né tanto meno la voglia di impantanarmi in una storia seria, e quindi complicata, a soli diciott’anni. Meglio divertirsi finché ce n’era la possibilità.
 Agli occhi della gente, tra me e Marco, il bravo ragazzo sembravo io, forse perché i miei voti erano sempre alti. In realtà era Marco quello che poteva essere il tipo da fidanzata fissa, domeniche a pranzo dei genitori di lei, anello di fidanzamento e matrimonio.
 Non che io fossi una specie di pericolo pubblico però odiavo impegnarmi troppo con una ragazza e fare troppo lo sdolcinato. Non erano cose da me!
 -Vorrei solo qualcuno da poter amare sul serio-, concluse Marco quando ormai eravamo davanti alle macchinette.
 -L’amore è complicato e non segue mai i nostri desideri e le nostre aspettative. Penso sia molto meglio evitare accuratamente d’innamorarsi.- Forse la mia era un’idea un po’ troppo cinica ma era sincera e ponderata.
 -Scusate, ragazzi-, disse una voce femminile alle nostre spalle.
 Marco ed io ci voltammo trovandoci davanti tre mocciose che potevano essere al massimo del secondo anno. Mi scocciava dover parlare con delle ragazzine ma non sarebbe stato da me cacciarle via in malo modo, come invece avrei voluto fare.
 -Dite-, cominciai con un sorriso.
 -Ci stavamo solo chiedendo…-, cominciò una di loro, quella che poteva essere la più carina del gruppo, -… Ecco, abbiamo sentito dire che voi siete amici fin dall’asilo, e che siete stati sempre inseparabili. Volevamo solo chiedervi se è vero?-
 Ah, che dolci ed innocenti ragazzine! Stavano usando l’approccio del sentito dire. Non erano le prime a provarci ma era sempre divertente trovarsi davanti a ragazze che usavano atteggiamenti più maturi per riuscire a conquistare me o Marco.
 -Sì, è vero-, rispose Marco sorridendo.
 Mi lanciò un’occhiata d’intesa. Eravamo appena entrati in modalità “rimorchio”. Non lo facevamo spesso con ragazze più piccole di noi ma quelle tre erano davvero carine.
 Come al solito assumemmo un’aria decisa e ci poggiammo alle macchinette per ostentare una posizione più attraente.
 Non potevo metterci la mano sul fuoco ma mi era sembrato che le ragazze sospirassero vedendo il nostro cambiamento.
 -Massi ed io siamo diventati amici durante il periodo dell’asilo-, continuò Marco facendo l’occhiolino in direzione della ragazza che poco prima ci aveva rivolto la domanda. –Eravamo inseparabili.-
 -Ed avevate già tutto questo fascino?- chiese la seconda ragazza, un po’ più alta rispetto alle altre e di certo molto più sfrontata.
 Le riservai un sorriso conturbante, ma proprio mentre stavo per risponderle accadde qualcosa d’inaspettato.
 Un leggero colpo di tosse attirò la mia attenzione per un istante ma decisi di non dare peso a quel rumore. Riprovai a rispondere alla domanda di quella ragazza ma qualcos’altro mi costrinse ad alzare lo sguardo.
 -Scusate-, disse una voce piuttosto scocciata.
 Era una ragazza. Di certo anche lei doveva essere all’ultimo anno come noi ma aveva un viso serio e deciso che la faceva apparire addirittura più matura della sua età. I capelli castani le ricadevano sulle spalle in fluidi boccoli appena accentuati e il suo viso non troppo piccolo era di una forma un po’ paffuta ma molto attraente. Sarebbe potuta essere una ragazza bellissima se solo i suoi profondi occhi castani non continuassero a scrutarmi in modo così severo.
 -Serve qualcosa?- chiese Marco senza accennare ad abbandonare la modalità “rimorchio”.
 Lo sguardo di quella strana ragazza si fece ancora più penetrante.
 -Sì, fino a prova contraria i distributori servono a prelevare cibo e bevande. Non mi sembrava che servissero anche come salotto.-
 Ci lanciò un’altra occhiata dura e penetrante. Doveva essere proprio incavolata nera, nessuna ragazza mi aveva mai rivolto sguardi di quel genere. Ero abituato davvero a tutto ma non all’odio.
 Sembrava che Marco si fosse imbambolato a fissarla. Non ne capì subito il motivo ma non mi ci volle troppo ad arrivare ad una conclusione di certo esatta: quella ragazza lo aveva colpito e anche parecchio.
 In effetti era bella, anche se la sua era una bellezza del tutto ordinaria. Niente splendenti occhi color del cielo o setosi capelli biondi. Niente che potesse distinguerla dal resto della marmaglia femminile diffusa sul pianeta. L’unica cosa che la rendeva diversa ai miei occhi, e sicuramente anche a quelli di Marco, era il fatto che non nascondesse di detestarci. Si vedeva a chilometri di distanza che non le stavamo simpatici e la cosa m’incuriosiva parecchio, ma mai quanto potesse interessare a Marco. Lui amava le sfide, e quindi tendeva a prendersi cotte per ragazze che non lo consideravano cercando di farle innamorare di lui. Era accaduto solo una volta con Sabrina e alla fine erano rimasti amici, forse non gli conveniva provarci una seconda volta.
 -Hai ragione-, disse Marco con il suo solito sguardo da angioletto che di solito riservava alle ragazze che gli piacevano sul serio. –Ci spostiamo subito.-
 Forse non avevo sentito bene? Aveva usato il plurale, per caso?
 “Ci spostiamo subito”. Da quando in qua esaudivo i desideri di una stupida ragazzina che giocava a fare l’adulta? Non gliel’avrei data vinta così facilmente!
 -Aspetta, Marco.-
 Le riservai uno sguardo pieno di sicurezza e continuai fissandola negli occhi.
 -Scusa, tesoro. Ma questo è un paese libero, perciò io e il mio amico abbiamo il diritto di stare dove ci pare e piace!.-
 Notai immediatamente che gli occhi di lei si stavano stringendo in una smorfia di stizza. Sembrava che non fosse per niente influenzata dal mio fascino e tantomeno da quello di Marco. Non sapevo cosa mi stesse spingendo a farlo ma in quel momento far arrabbiare quella sciroccata era diventato il mio gioco preferito.
 Si vedeva che stava per esplodere, e io avevo il detonatore per innescare quell’ordigno colmo di ira.
 -E’ vero, però io ho bisogno di una bottiglietta d’acqua. Basta che uno di voi due tolga il suo regale fondoschiena di lì, così io prendo la mia acqua e sparisco di qui in meno di un secondo. Non mi sembra di chiedervi chissà che cosa.-
 La sua voce era più calma rispetto a poco prima, forse si era trattenuta apposta dallo sbraitarmi contro, ma la mia risposta fu molto più decisa e perfida della sua.
 -No!-
 Fregata! A quella piccola ed innocua parola il suo viso di era gonfiato di rabbia e il suo sguardo avrebbe potuto anche uccidermi. L’avevo davvero fatta imbestialire, e la cosa mi piaceva.
 -Come, scusa?- il suo tono era gentile, però si sentiva che era solo una copertura per evitare di mettersi ad urlarmi contro.
 -Ho detto di no!- Incrociai le braccia con fare deciso e la fissai, la stavo sfidando. –Non ci spostiamo.-
 -Massi, smettila di fare l’idiota-, disse Marco. Come al solito il suo gene da “principe azzurro pronto a salvare una fanciulla in pericolo” aveva preso il sopravvento su di lui. –Falle prendere l’acqua.-
 Mi voltai per rispondere a Marco, ma quella ragazza fu più veloce di me.
 -Dai retta al tuo amico Massi.-
 Come mi aveva chiamato? Il tono che aveva usato per pronunciare il mio nome... Ci aveva messo tanto sarcasmo da poter riempire il Gran Kanyon, ed era una cosa che non potevo sopportare. Probabilmente se non fosse stata una ragazza le avrei tirato un pugno.
 La ragazzina aveva raccolto il mio guanto di sfida e non sarei stato io a perdere.
 -Non ho alcuna intenzione di spostarmi-, risposi anche a costo di sembrare un bambino stupido e cocciuto.
 -Massi, adesso basta fare l’imbecille.- Marco tentò ancora una volta di farmi ragionare ma io non avrei ceduto. Non volevo dare soddisfazione a quella ragazzina idiota e impertinente!
 Proprio in quel momento la campanella suonò. Lanciai uno sguardo tagliente in direzione di quella tizia ma lei si era voltata all’improvviso facendo qualche passo deciso verso le scale. La mia reazione fu immediata.
 -Vai già via?- chiesi con tono compiaciuto.
 Si era fermata solo per un istante che forse avevo colto solo io e ricominciò a camminare in direzione delle scale. Non mi conosceva, non ero il tipo che si arrendeva così facilmente.
 Aveva appena salito il primo gradino quando dissi: -Non mi hai sentito per caso? Sei una che molla facilmente.-
 Avevamo aperto una sfida e adesso lei non poteva andarsene via in quel modo.
 Nel sentire quelle mie parole la ragazza si bloccò e lentamente si voltò verso di me.
 I suoi occhi castani erano puntati dritti nei miei e per un attimo avvertì come uno strano brivido lungo la schiena, anche se non sapevo da cosa fosse stato causato.
 -Sai Marco-, disse con un sorriso, - è inutile che continui a ripetere al tuo amico di non fare l’imbecille, si sa che difficilmente un essere umano riesce ad andare contro la sua natura.-
 Non potevo crederci! Aveva vinto lei. Le sue parole mi avevano trovato talmente impreparato che non avevo idea sul modo in cui poter ribattere.
 Lei mi sorrise soddisfatta.
 -Rifletti un po’ su questa mia pillola di saggezza, caro Massi.- Detto questo si voltò con i lunghi capelli che le danzavano sulle spalle mentre la mia mente era come annebbiata da quello che era appena accaduto.
 Nessuna ragazza mi aveva mai trattato in quel modo e non sapevo come ma prima o poi avrei ottenuto la mia rivincita. Non potevo permettere che lei si sentisse superiore a me solo perché era riuscita a lasciarmi di stucco con le sue parole acide.
 -Quella ragazza è stata davvero maleducata.-
 Mi voltai verso una delle ragazzine con cui io e Marco stavamo parlando fino a pochi minuti prima. All’improvviso non m’interessava più di tanto rimorchiare una di loro. La rabbia che quella strana sciroccata mi aveva fatto esplodere dentro era troppo intensa perché potessi pensare ad altro e fingermi dolce con delle mocciose.
 -Torniamo in classe-, dissi a Marco.
 -Tu vai avanti, io devo fare una cosa-, rispose lui tirando fuori qualche monetina dalla tasca. Le inserì nella macchinetta e premette il pulsante per la bottiglietta d’acqua.
 -Non vorrai mica…-, mormorai incredulo.
 Prese la bottiglietta d’acqua caduta nel contenitore e si voltò verso le ragazze.
 -Scusatemi ma ora Massi ed io dobbiamo andare, e anche voi dovreste tornare in classe.-
 Loro ci guardarono un po’ deluse e annuendo andarono via.
 -Marco non puoi farlo!- esclamai appena rimanemmo da soli.
 -Lo sto già facendo-, rispose lui sorridendo come un ebete.
 Ormai era andato.
 -Quella ragazza è fuori di testa, non ci starà mai-, era la verità, Marco avrebbe potuto provare di tutto ma quella tipa non era alla sua portata, non era per niente adatta per lui. Di certo era troppo impegnativa per il mio amico.
 -Mi piace, e non la tratterò male come hai fatto tu. Le ragazza vanno corteggiate non prese a frecciatine-, rispose con sguardo di rimprovero.
 -Perché mai avrei dovuto corteggiarla?- chiesi incredulo.
 Marco mi rivolse uno sguardo strano.
 -Non dirmi che quella ragazza non ha colpito anche te. Non sono molte quelle che ci trattano come degli stupidi, e lei è fantastica. Non ho intenzione di lasciarmela sfuggire!-
 Aggrottai la fronte scocciato.
 -Fai quello che ti pare-, risposi voltandomi per tornare in classe. –Ma quella tizia è completamente fuori di testa e tu con le ragazze come lei non ci sai fare. Avrai solo problemi.-
 Non attesi la sua risposta e voltai l’angolo per tornare in classe.
 Pensandoci Marco aveva ragione. Quella ragazza mi aveva colpito ma questo non significava che io ci dovessi provare con lei. Era complicata sia da capire che da trattare e io non avevo alcuna voglia di affondare in una situazione così difficile.
 Se Marco ci teneva tanto a portarle la sua bottiglietta d’acqua e a fare la parte dell’eroe che aveva sconfitto il mostro cattivo, erano solo affari suoi. Sinceramente avrei preferito non rivedere mai più quella pazza. Era bella, ma non aveva niente per cui valesse la pena di perdere tempo a corteggiarla. Era tutta di Marco se proprio la voleva così tanto.
 Tornai lentamente in classe e vidi, senza alcuna sorpresa, che era vuota. Avevamo educazione fisica e il professor Serrano doveva essere già arrivato. In genere anche se Marco ed io non eravamo in classe al suo arrivo non diceva nulla: forse eravamo un tantino favoriti con Serrano. Probabilmente perché eravamo i migliori in educazione fisica e grazie a noi, l’anno precedente, la squadra di calcio e la squadra di pallavolo della nostra classe avevano vinto il campionato scolastico.
 Mi diressi verso il mio banco e presi i miei Reyban nuovi di zecca e gli indossai.
 Lo sguardo mi cadde sui Reyban identici ai miei che stavano sul banco di Marco. In quel momento l’idiota del mio amico stava facendo la figura dello stupido e probabilmente stava mettendo in tremendo imbarazzo quella fusa di testa. Stranamente a quel pensiero un sorriso mi si allargò traditore sulle labbra: mi piaceva l’idea che quella ragazza antipatica fosse infastidita da qualcuno che non le piaceva. Se lo meritava!
 Presi gli occhiali di Marco e mi diressi verso le scale.
 Avevo sceso quasi tutti i gradini quando udì due voci conosciute.
 -Giovanni, come è andato Massi?- chiese la voce femminile mentre sentii che la macchinetta stava riempiendo un piccolo bicchierino di plastica di caffè.
 -Puoi stare tranquilla, Claudia. Tuo figlio non ha alcun tipo di problema, né con me né con altri suoi professori. Oggi gli ho messo un meritatissimo nove. Il suo percorso scolastico è davvero lodevole.-
 Un altro bicchierino si stava riempiendo.
 -Sono contenta di sentirtelo dire. Cerco sempre di non fargli pressioni ma non riesco a starmene in un angolo senza sapere tutto quello che combina.-
 -E’ del tutto normale. Diventa difficile essere razionali quando ci sono di mezzo i propri figli, sono certo che Massimiliano non direbbe nulla se sapesse che t’informi sul suo andamento scolastico.-
 Questo era da vedere! Odiavo quando mia madre s’intrometteva nella mia vita. Avrebbe potuto chiederlo a me come era andata l’interrogazione, ma lei si fidava più delle parole dei suoi colleghi. Quando faceva così la odiavo!
 -Spero che sia così-, rispose lei.
 -Adesso dobbiamo tornare in classe, prima che i ragazzi decidano di buttare giù l’edificio.-
 -Devo andare in seconda liceo ora-, rispose mia madre sbuffando. –Quella classe è impossibile, non studiano mai. I sette sul mio registro si contano sulle dita di una mano.-
 Il professor Caputo fece un risatina divertita e sentii il rumore dei due bicchieri di plastica che erano stati buttati nel cestino dell’immondizia.
 I passi di mia madre erano chiari e decisi mentre si allontanavano da me.
 Scesi gli ultimi due gradini e sospirai.
 Sarei mai stato libero? Mia madre avrebbe mai smesso d’intromettersi nella mia vita?
 Troppe domande, poche risposte.
 Non sopportavo l’idea dell’ignoto e ancora meno riuscivo a concepire il fatto che mia madre avrebbe sempre saputo tutto di me, addirittura prima ancora che lo sapessi io.
 Insomma, non ero più un bambino! Avrebbe anche potuto lasciarmi vivere la mia vita in pace!
 -Ehi, amico!-
 Sussultai nel sentire quell’esclamazione dietro di me.
 -Marco!- dissi voltandomi. –Mi hai fatto prendere un colpo, accidenti a te!-
 -Scusa-, rispose scendendo il gradino che ci separava. –Te ne stavi imbambolato a fissare il vuoto. E’ successo qualcosa?-
 Alzai le spalle.
 -Mia madre ha attivato il suo sensore da CIA, niente di nuovo.-
 -Ha chiesto a Caputo della tua interrogazione?- domandò mettendomi una mano sulla spalla.
 Annuì con un gesto stanco.
 Non volevo più parlare di mia madre, era meglio cambiare argomento.
 Mi voltai verso Marco.
 -Vedo che sei ancora tutto intero, è andata bene?-
 In realtà non m’interessava un fico secco di come quella ragazza avesse reagito nel vedersi arrivare in classe un Marco Iovine sorridente e con una bottiglietta d’acqua in mano, neanche fosse un anello di fidanzamento. Però volevo parlare di qualcosa che non riguardasse mia madre o il mio andamento scolastico.
 -Benissimo!- esclamò Marco entusiasta.
 -Davvero?- non credevo che quella ragazza avrebbe ceduto così facilmente.
 -Credo che abbia cercato di liquidarmi in tutti i modi, ma alla fine è stata la professoressa a cacciarmi via minacciandomi con un invito in un party nell’ufficio della Preside-, rispose lui con un sorriso.
 Era questa l’idea che aveva di “benissimo”?! Come avevo immaginato la sciroccata non voleva avere nulla a che fare con lui. Avrebbe fatto meglio ad arrendersi subito e a metterci un bella pietra sopra, anzi un macigno.
 -So cosa stai pensando: secondo te non ho speranze.-
 -In effetti…-
 -Non ho voglia di arrendermi-, continuò lui sempre sorridendo mentre ci avviavamo verso il cortile. –Lei mi piace, mi piace molto.-
 -La cosa proprio non m’interessa.- Non volevo più sentir parlare di quella ragazza, il solo ricordarla mi faceva uscire fuori dai gangheri.
 -Lo sai, abbiamo parlato anche di te durante il nostro breve ma intenso incontro-, disse poi Marco guardandomi con un ghigno.
 -Ah, sì?- chiesi con tono disinteressato.
 -Più che altro è stata lei a parlare, credo che abbia detto che sei un egocentrico, megalomane, narcisista… O qualcosa del genere.-
 Mi bloccai di scatto mentre la rabbia mi saliva alla testa facendomi annebbiandomi la mente.
 -Cosa ha dettto?! Ma come si permette quella mocciosa?! Chi diavolo si crede di essere?!-
 -Calmati, non credo che abbia detto niente di male, dopotutto tu sei un po’ di tutte queste cose messe insieme, più altri aspetti più positivi.-
 -Se questo è il tuo modo per farmi passare la rabbia, ti comunico che non funziona!-
 Lo fulminai con lo sguardo e mi diressi a passi svelti verso il cortile.
 La nostra scuola non aveva una palestra, o meglio ce l’aveva, ma in quel momento ospitava una classe- fine che avevano fatto anche il laboratorio di scienze e la sala video- perciò a volte capitava che dovessimo dividere il cortile con altre classi.
 Sfortunatamente a noi era capitata una classe del quinto ginnasio composta per tre quarti da ragazze. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano a parte…
 -O mio Dio! Eccoli!-
 -Sono Marco e Massi!-
 -Quanto sono belli!-
 Attraversai il cortile sentendo una marea di urletti di quel genere, e la mia testa minacciò seriamente di scoppiare. In genere tutte quelle attenzioni mi facevano piacere ma adesso proprio non le sopportavo quelle ochette starnazzanti.
 Marco camminava al mio fianco e lanciava sorrisi al gruppo di ragazze.
 -Draco. Iovine. Dove eravate finiti?- chiese Serrano alzandosi dalla panchina dove era seduto.
 -Scusi, professore-, iniziai cercando di ritrovare un po’ di calma. –Iovine non si stava sentendo bene e allora siamo rimasti in bagno. Sa, ieri ha mangiato pesante, e oggi non riesce a stare lontano dal water, ha l’intestino delicato.-
 Guardai Marco con un sorriso compiaciuto. Sapevo che avrebbe voluto uccidermi ma quella piccola rivincita mi aveva fatto ritrovare il buonumore.
 -Capisco-, disse Serrano annuendo. –Se non te la senti di prendere parte alla partita, Iovine, puoi restare seduto qui.-
 -No-, rispose subito Marco. –Adesso sto meglio, posso giocare.-
 Mi lanciò un’occhiata raggelante e io gli sorrisi.
 Giocammo una partita contro la classe che divideva il cortile con noi. Non era facile concentrarsi con tutte quelle ragazzine che gridavano il nostro nome ma alla fine l’ora finì.
 Al termine di quella pesante giornata scolastica stavo di nuovo davanti alle macchinette per prendermi qualcosa da mangiare prima di tornare a casa, quando vidi Marco venire nella mia direzione con un sorriso enorme stampato in faccia.
 -Che ti è successo?- gli chiesi mentre addentavo il mio Twix.
 -Lei… Lei è… meravigliosa…-, mormorò sorridendo ancora di più.
 -Per Lei intendi la sciroccata di stamattina?- alzai un sopracciglio continuando a masticare.
 Lui annuì senza smettere di sorridere.
 -Le hai parlato di nuovo?-
 Non m’interessava sapere quelle cose ma le domande uscivano fuori prima che io potessi fermarle.
 -Sì, l’ho incontrata nel parcheggio degli scooter. Ha voluto per forza restituirmi i soldi dell’acqua.-
 Ci avrei scommesso che lo avrebbe fatto! Figuriamoci se avrebbe mai accettato di farsi offrire qualcosa da Marco Iovine.
 -Se non ho capito male ti ha liquidato di nuovo. Allora mi spieghi perché sei così contento?- chiesi piuttosto confuso. La ragazza stava cercando di fargli capire in mille modi che non era interessata ma Marco era davvero cocciuto. Conoscendolo avrebbe insistito anche a vita, ma sentivo che lei non avrebbe mai ceduto.
 Non era adatta ad un tipo come Marco.
 -Sono contento perché ho scoperto come si chiama…-, disse con aria sognante.
 -Wow-, mormorai ironico. –Che bel traguardo, adesso conosci il nome della ragazza che ti manderà a quel paese in mille lingue diverse. Sei grande Marco!-
 -Che c’è? Ti scoccia che io ci stia provando con lei?- chiese lui con un sorriso di sghembo.
 -Più che altro vorrei evitare che il mio migliore amico si ritrovi con le chiappe per terra cercando di farsi una tizia che non se lo fila. Quella lì non è alla tua portata, trovate una che si possa innamorare di te senza che rischi di essere ucciso.-
 -Mi dispiace ma io voglio lei-, rispose Marco deciso.
 -Fa come ti pare, io sono stanco e me ne torno a casa-, dissi gettando la carta del Twix nel cestino e dirigendomi verso l’uscita.
 -Non puoi andartene, hai dimenticato che dobbiamo fare una cosa prima?- mi chiese con tono di supplica.
 Conoscevo quel tono, lo usava solo quando voleva convincermi a fare qualcosa che non volevo, e ultimamente lo usava solo in un’occasione.
 -Va bene, ma questa è l’ultima volta che vengo con te. Odio spiare Camilla, è una cosa che detesto profondamente.-
 Lui annuì rincuorato, mentre ci dirigevamo verso gli scooter.





***L'Autrice***
 Ed ecco a voi il primo capitolo de "La Ragazza Delle Macchinette". Alcuni di voi lo hanno già letto, visto che lo avevo pubblicato mesi fa ma spero che non vi scocci il fatto che io lo abbia ripubblicato. Per chi invece si trova per la prima volta davanti a questa storia ve lo devo dire... Purtroppo potrò pubblicare al massimo un altro paio di capitoli perchè se vado troppo avanti si scoprirebbe tutta la trama principale de "Il Figlio della Prof". Quindi appena avrò finito di pubblicare tutti i capitoli de "Il Figlio della Prof" continuerò anche con questa, promesso... ^^
 Comunque a parte queste comunicazioni spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come ho detto anche in altre occasioni, non è per niente semplice entrare nella mente di un ragazzo, nella mente di uno come Massi poi è praticamente impossibile però ci ho voluto provare lo stesso e spero che il risultato non sia totalmente da buttare.
 Rubo ancora qualche riga per ricordare a tutti che "Il Figlio della Prof" ha un forum e un gruppo su Facebook, se li vorrete visitare sarò felicissima di accogliervi. Ringrazio per l'aiuto immenso che mi danno con il Forum: Alina, Bec, Bea e Mary... ^^ Vi voglio bene!



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Spero di rivedervi al prossimo capitolo, ma anche nei prossimi capitoli de "Il Figlio della Prof"! xD
Un bacio grandissimo a tutti!


 

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Capitolo 2
*** Adesso Mi Tocca Anche Ascoltare La Ramanzina Di Una Mocciosa ***






La Ragazza Delle Macchinette- Capitolo 2 (new)
La mia giornataccia non era ancora finita,
 anzi avevo la sensazione che fosse appena cominciata.
Il Figlio Della Prof- Capitolo 2
 



 
Capitolo 2: Adesso Mi Tocca Anche Ascoltare La Ramanzina Di Una Mocciosa

 
 Se c’era una cosa che proprio non sopportavo di quel deficiente di Marco era la sua perenne preoccupazione per la sorella.
 Tra Marco e Camilla c’erano appena quattro anni di differenza ma lui l’aveva sempre trattata come una bambina, nonostante lei fosse una ragazza piuttosto indipendente che riusciva sempre a cavarsela da sola. Anche per me era come la sorella che non avevo mai avuto ma, a differenza del mio amico, capivo che a volte aveva bisogno di avere più spazio, come qualsiasi quindicenne di questo mondo. Un concetto che Marco stentava a capire, un po’ perché aveva la mania di proteggerla e un po’ perché fin da quando Camilla era nata i loro genitori l’avevano affidata alle cure di Marco, facendogli promettere di non perderla mai di vista e di aiutarla nel momento del bisogno. Loro non stavano molto a casa per colpa della professione che esercitavano. La madre di Marco era un cardiochirurgo mentre suo padre era un avvocato, quindi Marco si era sempre preoccupato di sua sorella. Per lei aveva imparato a cucinare e a cantare la ninnananna. Camilla adorava suo fratello ma da quando la controllava in modo così opprimente stava iniziando a pensare che gli mancasse qualche rotella. Non potevo di certo biasimarla…
C’erano stati talmente tanti episodi di Marco che pedinava Camilla che ormai avevo perso completamente il conto. La cosa preoccupante era che l’aveva sempre pedinata, o comunque seguita, fin da quando la sorella aveva imparato a camminare.
 Da un paio d’anni aveva cominciato anche ad uscire con dei ragazzini. A quanto diceva lei, e io le credevo, erano solo amici, ma da allora Marco era diventato ancora più ossessivo nel volerla controllare. Così da quando Camilla aveva iniziato a frequentare le superiori, un anno prima, quasi ogni giorno Marco mi trascinava davanti al Liceo Scientifico De Giorgi per controllare la sorella.
 Quanto lo odiavo! Se avessi potuto lo avrei preso a pugni, forse avrebbe riacquistato un po’ di buon senso con una dose massima di violenza!
 Dubitavo che al mondo esistesse un’altra persona che controllasse la sorella o il fratello quanto e come faceva Marco.
 Come ogni volta parcheggiammo gli scooter dietro l’edificio del De Giorgi e tornammo verso il cancello principale nascondendoci dietro ad un enorme albero da dove Camilla non avrebbe potuto vederci.
 -Marco, se mi chiederai un’altra volta di fare una cosa del genere preparati la tomba perché ti farò fuori-, sibilai minaccioso.
 -Ho capito, ho capito…-, rispose lui distratto mentre il suo sguardo era puntato verso il cancello.
Ormai mancavano pochi secondi al suono della campanella.
 Diversa gente, probabilmente venuta a prendere i propri figli, si fermava a fissarci come se fossimo dei molestatori.
 Avrei voluto uccidere Marco in quello stesso istante ma suonò la campanella e i ragazzi cominciarono ad uscire da scuola creando una vera e propria marea umana.
 -Eccola-, bisbigliò Marco con voce decisa.
 In effetti individuai subito Camilla in mezzo alla folla di ragazzi che stava uscendo dall’edificio. Era una ragazza di altezza media con capelli biondi lunghi fino alle spalle. Lei e Marco si somigliavano poco o niente, sia caratterialmente che fisicamente, ma i loro occhi erano della stessa identica tonalità azzurro cielo. Ereditati dalla madre.
 -Togliamoci di qui-, mormorò Marco vedendo che Camilla stava venendo nella nostra direzione.
 Proprio mentre ci stavamo spostando verso il muretto in modo da andare dietro l’edificio, notai uno scooter passare non troppo lontano da noi. Non sapevo perché ma la ragazza che era alla guida mi aveva attirato. Aveva il casco e non mi sembrava di conoscerla ma avevo sentito il bisogno di guardarla.
 -Sbrigati-, m’intimò Marco tirandomi dietro al muro.
 Dimenticai quella ragazza sullo scooter nel momento stesso in cui l’avevo vista, ero troppo impegnato ad odiare Marco per poter pensare ad altro.
 -Hai visto?- mi chiese lui incrociando le braccia mentre io salivo sul mio scooter.
 Lo guardai confuso.
 -Visto cosa?-
 -Come cosa?! Quel moccioso che camminava affianco a Camilla, quello che aveva due chili di gel tra i capelli!-
 Oh certo, come se ci fosse stato un solo moccioso pieno di gel che cammina accanto a Camilla. Almeno tre quarti dei ragazzi che erano usciti dal De Giorgi corrispondevano a quella descrizione, e io non avevo di certo notato proprio a quello che stava accanto a Camilla, sempre se fosse esistito questo fantomatico ragazzo.
 -Marco, quando si esce in ottocento da un cancello non tanto grande può succedere che si cammini praticamente appiccicati. Questo non vuol dire che devi far fuori tutti quelli che camminano a meno di due metri di distanza da Camilla-, dissi infilandomi il casco.
 -Fidati, il moccioso che ho visto io non le stava semplicemente camminando accanto. La guardava in un modo che non potrei mai fraintendere. Se mi capita tra le mani lo prendo a pugni fino a quando non avrà compiuto diciott’anni.-
 -Esagerato…-, mormorai mettendo in moto.
 -Andiamo a casa mia?- chiese lui accendendo lo scooter e infilandosi il casco.
 Annuii. In genere nei giorni in cui mia madre doveva rimanere a scuola anche il pomeriggio mi autoinvitavo a casa di Marco per pranzo.
 Stavamo per partire quando lo scooter di Marco emise uno strano rumore. Mi voltai a guardarlo e vidi del fumo scuro e denso uscire dal tubo di scappamento. Poi si sentì un rumore piuttosto inquietante e lo scooter si spense.
 -Ma che diavolo…?- si chiese Marco smontando dallo scooter e cercando di rimetterlo in moto, senza avere alcun successo.
 Mi tolsi il casco e osservai il mio amico cercare in tutti i modi di rianimare il suo destriero ma non ci fu proprio verso. Non c’era neanche un piccolo borbottio che potesse dare una qualche speranza che si decidesse a rimettersi in moto.
 -Secondo me è andato-, dissi con tono di comprensione.
 -Non dire così-, esclamò Marco provando ancora una volta a farlo partire.
 -Guarda che è andato sul serio-, continuai notando che era inutile provare ancora.
 Marco tentò ancora una volta e poi diede un calcio alla ruota stizzito.
 -Accidenti a questo trabiccolo!-
 In effetti non era la prima volta che succedeva una cosa del genere, quello scooter era famoso per i suoi capricci.
 -Possiamo portarlo al meccanico qui vicino-, proposi rimettendomi il casco. –Vado ad avvisarlo tu intanto comincia ad incamminarti, ti aspetto lì.-
 -Okay-, rispose Marco sbuffando. Odiava dover stare senza scooter e non potevo di certo biasimarlo, dopotutto erano i nostri mezzi di trasporto.
 Arrivato dal meccanico lo avvisai dell’arrivo del mio amico e quello si organizzò subito per accogliere il suo nuovo “paziente”.
 -Non è la prima volta che succede una cosa del genere-, spiegai all’uomo magro, alto e sporco di olio per motori che mi stava davanti nella sua tuta blu scura.
 -Quindi ha provato a metterlo in moto e si è spento?- chiese lui cercando di capire.
 -Proprio così.-
 -Be’ potrebbe essere qualsiasi cosa ma vedrò di capire meglio appena avrò lo scooter sotto mano.-
 Dieci minuti dopo Marco arrivò spingendo stancamente il suo scooter.
 L’uomo con la tuta blu lo prese in consegna e ci disse di ripassare il giorno dopo. Avrebbe dato una controllata e ci avrebbe fatto sapere.
 Ringraziammo e ci dirigemmo fuori dall’officina. Marco sbuffava ad ogni passo, era davvero seccato e non potevo di certo biasimarlo.
 -In compenso, tolto quel cavolo di scooter, oggi è stata una giornata davvero interessante-, disse con un sorriso enorme che avrebbe fatto impallidire Eddie Murphie.
 -A cosa ti riferisci?- chiesi montando sul mio scooter e prendendo il casco.
 -A lei ovviamente… -, rispose lui con aria sognante.
 -Lei…?- mormorai stranito, poi all’improvviso capii. –Marco, non dirmi che stai ancora pensando a quella pazza isterica delle macchinette?-
 -Certo-, annuì lui convinto. –Come si può dimenticare una ragazza simile, vorrei proprio riuscire ad avere il suo numero.-
 Scossi la testa incredulo.
 -Smettila di sognare-, lo rimproverai mettendo in moto. –Quella non è alla tua portata, rischieresti solo di fare la figura dell’idiota.-
 Lui mi guardò per un istante poi un sorrisetto gli si dipinse sulla faccia mentre il mio sopracciglio si alzò istantaneamente sorpreso da quella sua espressione.
 -Magari non è alla mia portata ma alla tua sì, eh Massi-, disse ammiccando. –Ammettilo che quella ragazza ha affascinato anche te.-
 Per un attimo, ma solo per un istante, gli occhi di quella ragazza mi tornarono in mente, prepotenti e nitidi come se l’avessi avuta davanti in quel preciso momento. Erano occhi diversi, erano occhi che sentivo di voler conoscere meglio, ma non per questo quella tizia mi aveva affascinato. Più che altro, lei e il suo caratteraccio, mi avevano decisamente fatto girare le scatole. Piccola impertinente!
 -Non dire stupidaggini, razza d’idiota. Solo a te potrebbe piacere una fuori di testa come quella-, risposi con un tono piuttosto convincente.
 Marco mi fissò ancora per qualche istante e alla fine si arrese.
 -Se lo dici tu. Per me lei è una ragazza davvero fantastica, varrebbe anche la pena di fare lo sciopero della fame se questo servisse a convincerla ad accettare un mio invito-, disse infilandosi il casco e salendo dietro di me.
 Più lui diceva sciocchezze del genere e più io continuavo a pensare che per una così non avrei sprecato neanche un secondo della mia vita. Non aveva proprio senso perdere tempo con lei, avevo decine di ragazze ad aspettarmi e di certo non avrei mollato tutto solo per seguire una che probabilmente mi odiava già a morte.
 Troppi rischi e poche certezze per i miei gusti.
 Meglio che fosse Marco quello a darsi da fare per nulla, io me ne sarei stato in un angolino a guardare mentre la pazza isterica gli dava una sonora batosta. Una di quelle che il mio amico non avrebbe dimenticato troppo facilmente. L’idea mi piaceva parecchio, lo dovevo ammettere.
 Il traffico di Lecce a quell’ora di punta mi sfiancava. Auto, scooter, autobus… La gente si riversava sulle strade con qualsiasi mezzo per prendere i bambini che uscivano da scuola, per tornare a casa o semplicemente per mangiare da qualche parte durante la pausa pranzo dall’ufficio.
 Marco ed io vivevamo in una zona residenziale, e le nostre case non erano troppo lontane l’una dall’altra.
 Quando finalmente riuscii a divincolarmi dalle code e ad allontanarmi dal traffico mi sentii decisamente meglio, anche se avevo come una strana sensazione che m’impediva di essere del tutto tranquillo. Era davvero strana, come di qualcosa che avevo dimenticato e che cercava in ogni modo di tornarmi in mente senza che io glielo permettessi. Era una sensazione di attesa e di ricerca. In effetti, non capivo neanche io cosa fosse ma sapevo che prima o poi avrei trovato il modo per appagare quel senso di aspettativa…
 Senza neanche rendermene conto ero arrivato davanti a casa di Marco e proprio in quel momento stava arrivando anche Camilla che tornava a casa con l’autobus.
 -Avete fatto tardi-, disse lei una volta che ci raggiunse. –Che fine ha fatto il tuo scooter?-
 Marco scese dal mio scooter e si tolse il casco.
 -Non lo immagini? La stessa fine che fa una volta a settimana da due mesi a questa parte…-, disse parecchio irritato.
 -Ti ha lasciato di nuovo a piedi?- chiese lei con l’ombra di un sorriso divertito sulle labbra, ma per fortuna lo notai solo io. Senza farmi vedere da Marco ricambiai in pieno quel sorrisetto. Cam era davvero una forte, molto più sveglia e disincantata del fratello. Se non l’avessi considerata una sorellina, o addirittura una bambina, ci avrei anche potuto fare un pensierino, ma ogni volta che la guardavo mi tornavano in mente i nostri momenti passati, quando lei aveva ancora pannolino e ciuccio e allora ogni fantasia su di lei si spegnava immediatamente. Lei era Cam… Solo questo.
 Anche se ero certo che una volta, da bambina, lei si fosse presa una cotta per me.
 Più che una certezza era stata una sensazione. Marco ed io avevamo appena tredici anni e Camilla ne aveva solo nove. Era San Valentino e a scuola le avevano fatto scrivere un bigliettino da dare al bambino che le piaceva. Tutte le sue amiche lo avevano dato ai bambini della loro classe ma lei lo aveva conservato e quel pomeriggio lo aveva dato a me presentandolo come un regalo che voleva dare al suo “secondo fratello”. Nonostante avessi avuto solo tredici anni avevo capito che quella lettera con su scritto “Ti voglio un mondo di bene” sia in italiano che in inglese, non era solo il regalo di una sorella. Lo sguardo di Cam mentre mi aveva dato quel piccolo pensierino era inequivocabile: le sue guance erano rosse d’imbarazzo… Imbarazzo? Camilla Iovine non era tipo da imbarazzarsi o da arrossire. Camilla Iovine era forte e determinata, niente avrebbe mai potuto farla arrossire, tranne una lettera di San Valentino donata al ragazzo che le piaceva… In quel caso ero io quel ragazzo, ero io la causa del suo imbarazzo.
 Non occorre dire che anche Marco aveva capito il vero significato del gesto di Camilla e la cosa non gli era piaciuta per niente. Non tardò a farmelo notare ed io non esitai a spiegargli la mia posizione al riguardo. In genere Marco riusciva a capire sempre quando mentivo e quella volta colse al volo quanto le mie parole fossero sincere.
 Neanche un anno dopo, cominciai ad uscire seriamente con delle ragazze e pian piano vidi che lo sguardo di Camilla tornava ad essere quello di sempre. Lo stesso sguardo che rivolgeva a Marco, quindi capii: la sua era stata solo una cotta passeggera di quelle durante le quali si scrive il nome del ragazzo in questione sul diario, se ne parla un po’ con le amiche, si fantastica un po’ su di lui ma niente di più… Niente di abbastanza duraturo, fortunatamente. Finì tutto lì per la mia serenità ma soprattutto per quella di Marco, che di certo non avrebbe mai permesso che la sua sorellina uscisse con me. Pensandoci mi veniva seriamente da ridere come un pazzo.
 -Quel catorcio!- imprecò Marco stizzito mentre entravamo in casa. –Devo dirlo a mamma.-
 -Cosa mi devi dire?- chiese una voce femminile proveniente dalla cucina.
 Marco, io e Camilla ci guardammo. Erano anni che la madre di Marco non tornava a casa per l’ora di pranzo, in genere per lei era più comodo restare in ospedale.
 -Mamma?- chiese Marco esitante.
 Ci dirigemmo con calma in cucina ancora piuttosto increduli e ci trovammo davanti ad una scena più unica che rara: Mariangela Buttazzo era in cucina- e questo già era incredibile- intenta a controllare qualcosa nel forno.
 -Salve ragazzi-, disse chiudendo il forno e sorridendoci.
 -Mamma-, cominciò Camilla esitante. –Che ci fai qui?-
 Mariangela sorrise.
 -Avevo un po’ di tempo libero e ho pensato di tornare a casa per prepararvi il pranzo. Sono anche passata in cartoleria, è finalmente arrivato il libro di inglese che ti mancava-, disse rivolta a Camilla.
 -Era ora-, esclamò Camilla togliendosi lo zaino e andando a vedere il libro poggiato sul tavolo della sala da pranzo. –La professoressa non la finiva di fare storie per il fatto che fossi l’unica a non avere il libro, non ne potevo proprio più.-
 -Mamma-, cominciò Marco posando a terra zaino e casco. –Lo scooter mi ha lasciato di nuovo per strada, mi sa che è arrivato il momento di cambiarlo.-
 Sapevo che quella frase era costata al mio amico almeno una mezz’ora buona di yoga interiore per trovare la forza di pronunciarla. Nonostante i genitori di Marco guadagnassero il triplo dei miei avevano sempre cercato di non viziare i loro figli. Lo scooter di Massi era di seconda mano e per averlo, due anni prima, aveva dovuto mantenere una media piuttosto alta in tutte le materie. Per lui era stato davvero uno sforzo enorme ma alla fine ce l’aveva fatta. Adesso era di fronte a sua madre chiedendole uno scooter nuovo e sapendo perfettamente che per ottenerlo lei gli avrebbe di certo chiesto qualcosa in cambio, un qualcosa che a lui non sarebbe andato a genio.
 -Sai tesoro, in cartoleria ho trovato una cosa molto interessante.-
 Marco ed io ci lanciammo un’occhiata veloce. Conoscevamo sua madre e quello sguardo non poteva voler dire nulla di buono.
 Lei prese la borsa e ne tirò fuori un volantino.
 
 Ripetizioni di matematica, fisica, chimica e biologia. Si accettano allievi a partire da scuole medie inferiori fino a scuole medie superiori. Chiamare il numero…
 
 -Ripetizioni di matematica?!- chiese Marco a dir poco sconvolto.
 Sua madre sorrise sbattendo un paio di volte le palpebre.
 -Se vuoi uno scooter nuovo dovrai frequentare queste lezioni e passare da un sei ad un sette in matematica altrimenti puoi cominciare a riempire il modulo per l’abbonamento dell’autobus.-
 Marco fissò sua madre con sguardo di sfida. Non era la prima volta che assistevo a quella scena, succedeva piuttosto spesso ma il risultato era sempre lo stesso…
 -E va bene…-, mormorò Marco in tono di resa.
 Mariangela Iovine non perdeva mai, e Camilla era la degna figlia di sua madre.
 -Bene, chiamo subito l’insegnante.-
 Mariangela afferrò il telefono e dopo aver composto velocemente il numero stampato sul volantino si portò il ricevitore all’orecchio. 
 Dopo diversi secondi, in cui sapevo che Marco stava pregando perché il telefono continuasse a squillare a vuoto, qualcuno rispose, per la somma gioia di Mariangela.
 In quel momento Marco si voltò facendomi dei gesti, implorandomi di aiutarlo in qualche modo. Ma io che potevo fare? Non era nelle mie possibilità riuscire a fermare sua madre.
 Gli feci segno di smetterla e tornai ad ascoltare Mariangela ma la prima parte della conversazione mi era sfuggita.
 -Salve sono Mariangela Buttazzo la chiamavo per sapere se è lei che dà ripetizioni di matematica.-
 Un’altra risposta affermativa e io non vedevo più alcuna via d’uscita per Marco.
 -Oh, bene-, rispose Mariangela sollevata. –Volevo sapere se è possibile per lei dare ripetizioni a mio figlio.-
 Lanciai un veloce sguardo a Marco e notai il suo sopracciglio sollevarsi, la sua solita reazione quando si trovava davanti ad una situazione che non gli piaceva per nulla.
 La ragazza dall’altra parte doveva aver chiesto a Mariangela che classe frequentasse Marco visto che lei rispose: -Il quinto superiore.-
 Dall’altra parte doveva esserci stata una risposta non proprio positiva perché Mariangela si lasciò andare ad un’espressione piuttosto sconsolata. Notai subito il sogghigno soddisfatto e speranzoso che si stava facendo lentamente largo sul viso di Marco. Camilla stava assistendo a tutta la scena con volto impassibile, sfogliando ogni tanto il suo libro di inglese.
 -Oh-, disse ad un certo punto Mariangela piuttosto rattristata. Poi il suo sguardo si riaccese, cosa che a Marco non sfuggì.
 -Credo di sì-, rispose lei con un sorriso.
 A quel punto ero curioso anch’io di capire cosa stesse succedendo, e soprattutto volevo capire se per la prima volta Marco avrebbe battuto sua madre.
 Il sorriso che pochi istanti dopo troneggiò sul volto di Mariangela mi fece capire che anche questa volta, come ogni volta, l’avrebbe spuntata lei. Anche Marco doveva averlo capito perché si rabbuiò, sbuffando come una locomotiva.
  -Lo farebbe davvero signorina? Sa, sto impazzendo, mio figlio non riesce a capire niente di matematica. Ho provato anche dei professori universitari ma non funziona nulla. Siccome quest’anno ha gli esami non voglio rischiare che venga bocciato, anche se riesce a raggiungere la sufficienza.-
 Marco lanciò uno sguardo di fuoco dritto negli occhi di sua madre, ma lei alzò le spalle divertita e lo ignorò.
 -E’ esattamente quello che ho pensato io-, disse la signora felice. –Le va bene se mio figlio si fa trovare a casa sua per le quattro?-
 Mi voltai subito verso Marco e lo vidi socchiudere gli occhi irritato. La situazione stava per precipitare, sua madre lo stava facendo nero: ormai quella donna aveva vinto su tutta la linea.
 Mariangela continuò palesemente ad ignorare le occhiatacce del figlio e guardò il volantino poggiato sul tavolo della cucina davanti a lei.
  -Era scritto sul volantino che ho trovato in cartoleria-, continuò con il suo sorriso soddisfatto.
  -La ringrazio ancora-, chiuse la chiamata e si voltò verso di noi.
 Marco ed io non pronunciammo una parola, ci limitammo a guardare Mariangela e la sua espressione di puro godimento genitoriale… Qualsiasi ragazzo o bambino odiava quell’espressione di superiorità che assumevano i genitori quando sapevano di aver vinto. E noi figli, che non potevamo fare nulla per contrastare il loro volere, ci limitavamo a contraddirli fino alla morte. I ruoli e le reazioni erano le stesse da secoli e non sarebbe stato di certo Marco la prima eccezione.
 -La signorina è stata davvero molto disponibile-, cominciò Mariangela tutta contenta mentre riponeva il cordless sulla sua base. –Mi ha spiegato che anche lei frequenta l’ultimo anno delle superiori quindi è possibile che non ti possa essere d’aiuto perché magari fate un programma troppo simile, ma è disposta a parlare con te per vedere se può fare qualcosa. Alle quattro devi essere da lei.-
 Marco socchiuse di nuovo gli occhi pieni d’odio.
 -Non fare quella faccia. L’indirizzo è qui-, prese il volantino e lo sventagliò davanti agli occhi di Marco. –Non è molto lontano da qui. Con il tuo scooter ci dovresti mettere al massimo venti minuti… Ops, dimenticavo che il tuo scooter è morto lasciandoti senza mezzo di locomozione.-
 Ci mancò poco che Marco non cominciasse a sputare fiamme mentre sua madre se la rideva contenta e divertita.
 -Be’ ti potrebbe dare un passaggio Massi, vero?-
 Ma perché dovevo essere messo in mezzo anch’io in quella specie di faida madre-figlio? Io non volevo avere niente a che fare con le loro discussioni ma come al solito, in un modo o nell’altro, quei due riuscivano sempre a strascinarmi dentro al vortice dei loro litigi.
 A quel punto lanciai uno sguardo a Marco e uno a sua madre. Avevo due scelte: dire tranquillamente di sì dando la mia disponibilità e rischiando che Marco mi facesse una testa così, o inventarmi un impegno urgente e togliermi da quella posizione spinosa una volta per tutte.
 Per fortuna fu lo stesso Marco ad aiutarmi.
 -Se non hai impegni potresti accompagnarmi da questa tizia?- mi chiese facendomi capire che era davvero inutile insistere.
 -Certo-, risposi tranquillo.
 Probabilmente anch’io al suo posto avrei fatto la stessa cosa. I suoi non gli avrebbero comprato uno scooter nuovo se la sua media in matematica non si fosse alzata. Marco stava alla matematica come un gallo potrebbe stare agli abissi marini. Da solo non sarebbe stato in grado di migliorare i suoi voti quindi tanto valeva farsi aiutare dalla ragazza delle ripetizioni.
 -Grazie mille, Massi-, esordì Mariangela sorridendomi contenta. –Andate a lavarvi tutti e tre le mani, tra cinque minuti si mangia.-
 -E cosa hai cucinato?- chiese Camilla aggrottando la fronte.
 -Pollo al forno con patate-, disse sua madre con una nota d’orgoglio piuttosto evidente.
 Marco, io e Camilla ci guardammo per un attimo infinito. La mamma di Marco era un ottimo cardiochirurgo, probabilmente il migliore di tutta la Puglia, ma le sue abilità in sala operatoria non potevano essere paragonate a quelle culinarie. L’ultima volta che aveva preparato il pollo al forno con le patate era stata una tragedia. Patate crude e salate, pollo dal sapore orribile- aveva scambiato il sale con lo zucchero- e praticamente al sangue- e per fare un pollo arrosto “al sangue” ce ne vuole d’impegno. Con un solo boccone Marco era stato male per due giorni mentre io e Cam ce l’eravamo cavata con un paio d’ore trascorse tra crampi e dolori allo stomaco.
 Perciò, in genere, era la nonna di Marco che cucinava dato che abitava proprio di fronte a loro.
 -State tranquilli-, intervenne Mariangela che evidentemente aveva notato le nostre facce sconsolate, per non dire disperate. –Ho preso il pollo in rosticceria e le patate le aveva preparate la nonna, io ho dovuto solo unire il tutto e mettere a scaldare. Le vostre vite sono salve.-
 -Dio sia ringraziato!- sospirò Camilla sollevata.
 -Non fare la melodrammatica, Cam. Non cucino così male-, rispose Mariangela risentita.
 -Mamma-, cominciò Camilla. –Se invece di fare il chirurgo tu avessi deciso di diventare una cuoca come minimo avresti fatto fuori mezza Lecce. Sei un pericolo pubblico se ti metti ai fornelli.-
 Mariangela si voltò verso me e Marco ma nessuno dei due se la sentì di smentire le parole di Camilla. Aveva detto la verità, anzi io ero convinto che avrebbe fatto fuori l’intera città con provincia annessa.
 -E’ bello vedere che i miei figli si fidano così tanto di me.-
 -Non è che non ti vogliamo bene-, disse Camilla, -ma ci teniamo alle nostre vite.-
 -Vostro padre non si è mai lamentato della mia cucina-, incrociò le braccia scocciata, come una bambina capricciosa.
 -Le uniche volte che hai cucinato per papà sono state secoli fa quando lui stava cercando di conquistarti. Anche se li avessi rifilato una bistecca cruda ti avrebbe detto che avevi delle doti culinarie da vera chef, quindi il suo giudizio non vale-, Camilla concluse così la sua breve arringa.
 -Io avrei fame-, intervenni per cercare di far sbloccare quella situazione e per far slittare l’attenzione su un argomento che non comprendesse l’incapacità in cucina di Mariangela.
 -Hai ragione, Massi-, disse lei con voce premurosa, proprio come se si stesse rivolgendo ad uno dei suoi figli. –Andate a lavarvi le mani così possiamo mangiare.-
 Pochi minuti dopo eravamo seduti a tavola a gustarci un ottimo pollo arrosto con patate. Non c’erano proprio dubbi sul fatto che neanche una molecola di quella pietanza fosse stata cucinata da Mariangela.
 Quando finimmo di pranzare erano appena le tre perciò Marco ed io decidemmo di fare una partita alla Play prima di affrontare lo scoglio di andare da quella ragazza.
 Eravamo nella sua camera e come al solito gli stavo facendo vedere i sorci verdi, quando ad un certo punto Camilla entrò- la porta era aperta- e si mise a fissarci con sguardo contrariato.
 Marco inizialmente cercò di ignorarla ma quando la sua squadra prese un gol perché era distratto bloccò il gioco e si voltò verso la sorella.
 -Ti serve qualcosa?- chiese scocciato.
 Lei lo fulminò con lo sguardo e sapevo che quella sua reazione non avrebbe portato a nulla di buono.
 -Sì, mi serve che mio fratello la smetta di seguirmi ovunque io vada, ti basta come risposta pezzo d’idiota?- incrociò le braccia con fare calmo, il che voleva dire che era incavolata nera.
 Cavolo! Ci aveva scoperto, questa Marco me l’avrebbe pagata cara. Stavo facendo la figura del deficiente davanti a una ragazzina e in più sentivo che stava anche per arrivare la ramanzina… Me l’avrebbe pagata eccome quel citrullo del mio migliore amico…
 -Io seguire te? E perché mai dovrei fare una cosa del genere? Ho di meglio da fare che seguire quella stupida di mia sorella-, disse lui ignorandola e sbloccando il gioco tornando a fissare lo schermo del televisore.
 Cercai di fare buon viso a cattivo gioco e tornai anch’io a concentrarmi sulla partita.
 A quel punto Camilla doveva essersi imbestialita sul serio perché si parò davanti allo schermo e ci fulminò entrambi con uno sguardo così simile a quello di sua madre che per un attimo mi lasciò letteralmente senza parole.
 -Potresti toglierti dalle scatole…?- cominciò Marco provando a guardare lo schermo spostandosi a destra e a sinistra.
 -Prima dai un’occhiata a questo.-
 Prese il cellulare e gli mostrò un sms che riuscii a vedere anch’io. Era di una certa Alessandra.
 
 Oddio, Cam… Non puoi capire! Ho visto tuo fratello davanti a scuola. Era insieme a quell’altro strafico di Massimiliano Draco. Sono riuscita anche a fare una foto…
 
 Ci avevano proprio sgamati alla grande. Camilla ci mostrò l’mms con molta calma, ma sapevo che stava cercando di trattenersi con tutte le sue forze dal farci fuori. La foto ritraeva me e Marco proprio dietro l’albero mentre lui aveva gli occhi puntati in direzione di sua sorella. Non era stata scattata troppo lontana dal punto in cui eravamo quindi era una foto nitida che non poteva essere equivocata.
 -E non è finita…-, annunciò Camilla aprendo un secondo sms.
 
 Ma mi spieghi come fai a vivere con quello schianto di Marco senza provare a saltargli addosso?! Io pagherei per poter vivere sotto il suo stesso tetto, con quell’altro figo di Massimiliano Draco che gira per casa. Tuo fratello e il suo amico sono troppo boni!
 
 Marco si voltò a guardarmi sapendo che anch’io in quel momento avrei voluto ucciderlo. Il mio desiderio era molto più intenso rispetto a quello di Camilla.
 -Tolto il fatto che odio sentire le mie amiche che parlano costantemente di voi due e dei vostri fondoschiena, lo sai che la devi smettere di seguirmi. Non sono più una bambina e ho diritto ad avere anch’io una vita che sia mia. Quando te lo metterai in quella testaccia di granito?!-
 Era davvero arrabbiata e sentivo che bastava davvero poco prima che si mettesse definitivamente ad urlare. Quando mi accorsi che Marco stava per risponderle lo anticipai dandogli una gomitata nel fianco e parlando al suo posto.
 -Perdonaci Camilla, sta’ sicura che non accadrà più. Controllerò io tuo fratello, non ti seguirà mai più-, lo dissi con voce talmente convincente che Camilla sembrò subito rilassarsi un po’.
 -Sarà meglio, non ne posso più di ritrovarmi sempre voi due tra i piedi.-
 -Sta’ tranquilla-, rincarai io mentre avvertivo lo sguardo di Marco puntato su di me. Avrebbe fatto meglio a non replicare altrimenti lo avrei gonfiato di botte seduta stante.
 -Lo voglio sentire anche da lui-, continuò Camilla fissando il fratello ed incrociando le braccia con un cipiglio serio.
 Marco guardò prima me e il mio sguardo di fuoco e poi Camilla e i suoi occhi fulminanti… Non aveva molta scelta.
 -Va bene, ti giuro che non ti seguirò più-, disse arrendendosi.
 Camilla lo guardò per qualche attimo ancora un po’ sospettosa poi con un sorriso si diresse verso la porta.
 -E’ sempre un piacere fare affari con te, fratellone-, ed uscì dalla stanza portandosi via anche l’ultima traccia del buonumore- già quasi inesistente- di Marco.
 Tra la storia delle ripetizioni e sua sorella che lo aveva sgamato durante la sua attività di “Bodyguard/spionaggio” Marco era davvero depresso. Neanche la partita alla Play riuscì a farlo sentire meglio.
 Prima che ce ne accorgessimo eravamo già davanti alla casa della ragazza delle ripetizioni.
 Marco si tolse il casco e suonò il campanello.
 -Chi è?- disse una voce metallica dal citofono.
 -Sono qui per le ripetizioni-, rispose Marco con lo sguardo di un condannato a morte pronto per dirigersi verso il patibolo e di conseguenza verso un destino inevitabile.
 -Sali.-
 Quella voce era piuttosto seria e categorica, avevo come la sensazione di averla già sentita. Un brivido mi percorse l’intera schiena, all’idea di cosa avremmo trovato una volta di sopra. Una ragazza di diciott’anni che dava ripetizione di matematica e di tutte le materie scientifiche esistenti…? Come minimo doveva essere una cozza occhialuta, con tanto di apparecchio e brufoli annessi. Se poi avesse avuto anche capelli ricci costretti in delle assurde trecce sarebbe stata proprio l’apoteosi… Un altro brivido mi attraversò la schiena. Non potevo proprio pensarci. Bleah!
 Marco cominciò a salire le scale mentre io parcheggiavo lo scooter di fronte alla casa. Non avrebbe dato fastidio là quindi mi tolsi il casco e anch’io varcai la soglia di quella casa. Salii tranquillamente la prima rampa di scale e appena mi voltai vidi la sagoma di Marco in cima all’altra rampa. Se ne stava fermo, immobile con un idiota… Era proprio fuori.
 Continuai a salire i gradini.
 -Marco, ho parcheggiato lo scooter qua di fronte. Credi che…-
 Alzai lo sguardo e fu come se un fulmine mi avesse colpito proprio al centro della fronte.
 Sapevo di aver già sentito quella voce metallica, sapevo che il suono categorico della ragazza delle ripetizioni non mi era nuovo, sapevo che la sensazione provata poco prima nel sentirla parlare l’avevo già sperimentata. Ma mai avrei immaginato di essermi sbagliato così tanto sul corpo al quale apparteneva quella voce. E quel corpo adesso era proprio di fronte a me, nascosto alla mia vista solo da un sottile asciugamano rosa, mentre degli occhi castani, profondi e anche un po’ increduli mi scrutavano con terrore e rabbia.









***L'Autrice***
 Ed eccomi qui con il secondo capitolo, ve l'avevo detto che non vi sareste liberate di me anche se Il Figlio Della Prof è ormai concluso. Spero davvero che vi sia piaciuto perchè non è stato semplice da scrivere, forse è stato quello che mi ha creato più problemi in assoluto. Come sapete non mi risulta semplice immedesimarmi in Massi (anche se ce la sto mettendo tutta) e in questo capitolo non è stato per niente semplice riuscire a vederla come lui... Non ci posso fare nulla, non sono un ragazzo e non essendo un'esperta del genere maschile posso solo immaginare come Massi si comporterebbe in una situazione come quella che ho descritto nel capitolo.
 Comunque questo è l'ultimo capitolo che avevo già pubblicato, quindi da il prossimo in poi sarà tutto indito... xD Chi ha scoperto le vicende di Massi e Vale in questa mia seconda ondata di pubblicazioni non si sentirà più in soggezione al pensiero che le altre sapevano già tutto... xD
 Volevo solo spendere qualche altra parola per tutte le persone che hanno seguito Il Figlio Della Prof e che adesso sono in attesa di Verso La Maturità (che comincerò a pubblicare dal 19 febbraio). Vi ringrazio sempre ma non credo che sia mai abbastanza perciò lo farò in ogni occasione... Grazie per avermi seguita e un grazie ancora più caloroso se lo state facendo ancora, cercherò di non deludervi con questo POV... *-*



Comunque vi ricordo che potete trovare molto altro riguardo "Il Figlio Della Prof" in questi siti:

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Capitolo 3
*** Odio Vedermi Sbattuta In Faccia La Verità! ***






La Ragazza Delle Macchinette- Capitolo 3
Quando non faceva il cafone,
Massimiliano Draco risultava morbosamente affascinante
Il Figlio Della Prof- Capitolo 3
 

 
 Capitolo 3: Odio Vedermi Sbattuta In Faccia La Verità!

 
 In quel momento nella mia mente poche cose erano veramente chiare e messe a fuoco: ragazza, mezza nuda e asciugamano. Anche se quella davanti a me era la rompiscatole delle macchinette che Marco idolatrava come una dea e che io non sopportavo, restava comunque uno schianto di donna appena uscito dalla doccia, e io ero pur sempre un adolescente preda degli ormoni.
 Non potei fare a meno di fissare il suo corpo. Ero consapevole del fatto che lei si sarebbe accorta del mio sguardo ai raggi X ma proprio non riuscivo a fermarmi.
 I miei occhi partirono dal basso analizzando le sue gambe, lunghe e piuttosto slanciate, finché non incontrarono la stoffa rosa dell’asciugamano che cominciava a coprirla da metà coscia. Risalii lentamente e notai i suoi fianchi stretti in quel tessuto inutile che li fasciava alla perfezione, mentre sulle sue braccia nude scorrevano delle goccioline d’acqua che rendevano la sua pelle quasi luminosa. Le spalle erano ricoperte dai lunghi capelli scuri bagnati e gocciolanti e il suo viso, sempre imbronciato, mi fissava con un misto di sorpresa e irritazione. Sembrava un vulcano pronto ad esplodere da un momento all’altro e dovevo ammettere che l’idea di vederla sbraitare mi attirava e mi eccitava. Quella ragazza riusciva a farmi un effetto davvero inspiegabile.
 Incontrai i suoi occhi scuri e mi fu quasi impossibile riuscire ad assumere un’aria diversa dallo scocciato. Volevo farla arrabbiare, volevo vedere le sue sopracciglia corrucciarsi e renderla ancora più bella. Perché era inutile negarlo: quella ragazza era davvero bella.
 Probabilmente mi stava antipatica, o forse la odiavo, però non potevo fare a meno di vederla incavolata. Era qualcosa che mi attirava e mi faceva sentire stranamente bene.
 -Ci si rivede.-
 Era stato Marco a parlare con uno dei suoi sorrisi più dolci e che io trovavo letteralmente da vomito. Senza contare che dubitavo che lei sarebbe stata contenta di quel suo sorriso così mieloso.
 -Che ci fate qui?- la sua acidità mi aveva appena dato ragione.
 -Te l’ho detto: ripetizioni.-
 -Tu sei il ragazzo a cui dovrei dare ripetizioni di matematica?-
 Sembrava parecchio sorpresa. Forse non credeva che Marco Iovine, il ragazzo più famoso della scuola, potesse avere qualche problema nello studio. Si vedeva che proprio non lo conosceva. Marco aveva e creava problemi in continuazione, gli piaceva sguazzare nei guai. Solo il fatto che volesse conquistare quella ragazza così acida e difficile ne era una prova.
 Mi sentii in dovere di intervenire, giusto per farla arrabbiare ancora un po’.
 -La domanda è un’altra.-
 Lei mi rivolse uno sguardo talmente duro che per poco non decisi di azzittirmi.
 -E cioè?- ribatté lei sollevando un sopracciglio.
 Era così allentante farla arrabbiare, non potei davvero fermarmi.
 -Tu dovresti essere quella che darà ripetizioni di matematica?- misi volutamente una nota ironica in quella frase.
 -Sì. Qualche problema in proposito?-
 Alzai anch’io un sopracciglio e la fissai dritta negli occhi.
 -Mi chiedevo semplicemente come un asino potesse insegnare la matematica.-
 -Se fossi in te, Draco, mi chiederei come fa un asino come me ad avere più cervello di te.-
 Incrociò le braccia, sicuramente era incavolata nera. La rabbia era però riuscita a farle dimenticare che indossava solo un sottile asciugamano ed io non potei fare a meno di notare come quell’inutile pezzo di stoffa stesse cominciando a scivolare lungo quel corpo così invitante.
 Non potei davvero resistere dallo stuzzicarla.
 -Tu accogli sempre gli ospiti vestita così?- le chiesi indicando il suo corpo con lo sguardo. –Oppure volevi riservare un trattamento speciale al tuo nuovo allievo? In fondo ci sono un mucchio di insegnanti che lo fanno.-
 Vidi nel suo sguardo una voglia matta di strangolarmi e di rispondere in modo molto poco educato.
 -Se avessi saputo che avrei incontrato voi due mi sarei vestita da suora, ma purtroppo avete deciso di farmi questa “gradita” sorpresa, e dire che speravo di trovarmi davanti qualcuno che somigliasse a Brad Pitt o a Johnny Depp…-
 Stavo per ribattere a tono come mio solito quando mi trovavo davanti a quella ragazza ma Marco decise di intervenire bloccando sul nascere la mia risposta.
 -Ti è andata decisamente meglio. Comunque sono venuto qua per parlare davvero delle ripetizioni. Ti dispiace se entriamo, Vale?-
 Spalancai gli occhi quasi incredulo.
 -Vale?!- esclamò lei con molto disappunto, praticamente per poco non aveva sbranato Marco.
 -Vale?- chiesi cercando di trattenere una risata ma senza riuscirci.
 -Che c’è? Che ho detto?-. “Marco, amico mio, hai detto quello che basta per farmi ottenere il mio scopo: farla incavolare di brutto” pensai con un sorriso mentale a trentadue denti.
 -Che razza di nome-, a quel punto scoppia veramente a ridere come un pazzo.
 Vidi lo sguardo di quella ragazza scrutarmi per poi trapassarmi con un odio quasi palpabile.
 -Che ti prende?- mi chiese scocciata.
 In tutta risposta io non riuscivo a smettere di ridere, e alla fine non sapevo neanche io il perché.
 -Vale…?- chiesi ancora mentre quella ragazza mi incendiava con il suo sguardo.
 -Sì, mi chiamo Valeria Ferrari e allora? E’ un nome italiano come qualsiasi altro.-
 -Lo so perfettamente, è solo che… Che credi essere la regina della Giustizia, e confesso che per te mi sarei aspettato un nome più altisonante tipo Mariagrazia Sangirolamo o Carlotta Maria Anna Ambrogiani, questi sarebbero stati dei nomi adatti a te.-
 Sapevo di averla fatta infuriare sul serio. Lo capii osservando come il suo sopracciglio destro si fosse sollevato in modo quasi inverosimile.
 -Ma pensa al tuo di nome!- sbottò furiosa. –Almeno il mio nome non sembra appena uscito da un libro della Rowling, ti mancano solo i capelli biondo platino, Draco.-
 Okay, questa battuta me l’avevano rifilata tante di quelle volte che ormai non avrei più dovuto farci caso; eppure sentire quelle parole pronunciate da lei mi irritò più del solito.
 -La volete finire voi due?- con il suo tono tranquillo Marco stava cercando di calmare la ragazza. –Vale che tu ci creda o no, siamo venuti in pace e disarmati…-
 Ma perché parlava al plurale? Io ero armato eccome! Avevo una quantità industriale di odio da riversale addosso.
 -Io non direi-, e infatti anche lei lo sapeva che le mie intenzioni non era proprio buone visto il modo duro con cui mi guardava.
 -Ti giuro che lo terrò a bada io, ma adesso potremmo sederci e parlare del mio problema? So che potrebbe sembrarti melodrammatico ma sono davvero disperato.-
 Marco era impazzito. Non riuscivo a capire se fosse così gentile con quella tizia solo per le ripetizioni o perché gli piaceva davvero. Una cosa era certa: se non l’avesse convinta a parlare delle ripetizioni sua madre lo avrebbe ucciso.
 Forse avevo esagerato un po’ mettendolo in quella situazione, dopotutto non era affar mio se lui e la racchia avrebbero studiato insieme.
 Però se per caso mi avesse attaccato con qualche frecciatina non mi sarei di certo risparmiato, ne andava del mio orgoglio e del mio amor proprio. Marco era mio amico ma non avrei trattato bene quella lì solo per fare un piacere a lui.
 -Va bene-, disse lei spostandosi dalla porta. –Entrate pure.-
 -Grazie-, rispose Marco con quella sua voce mielosa e con un sorriso talmente brillante da far impallidire una stella.
 Alzai un sopracciglio per quella sua reazione da schifo ma non dissi nulla. Volevo soltanto che quel momento passasse il più in fretta possibile altrimenti avrei davvero rischiato di fare quella ragazza a pezzi.
 Ci accompagnò in sala da pranzo. Non era male come stanza: mobili color ciliegio in stile moderno e un enorme tappeto poco prima del tavolo davano un’aria molto calda a tutto l’ambiente.
 -Mi perdonerete-, quel tono gentile che Ferrari aveva usato era quanto di più falso avessi mai sentito. –Andrei a vestirmi, se non avete nulla in contrario.-
 -Un paio di argomenti contrari li avrei-, mi aveva servito quella provocazione su un piatto d’argento, non avrei mai potuto ignorarla. Rincarai quella risposta accompagnandola ad un sorriso pieno di sicurezza.
 Ci mancò poco che Ferrari non mi saltasse addosso per azzannarmi, dal suo sguardo si capiva benissimo che avrebbe voluto uccidermi.
 -Massi-, mi rimproverò Marco, -cerca di darti una calmata.-
 -Ok, ok…-, che rottura! Neanche le avessi ordinato di spogliarsi! Era solo una risposta come un’altra.
 -Va’ pure a vestirti, Vale-, disse Marco in tono gentile. Tutta quella sua dolcezza stava davvero rischiando di farmi incazzare. Non lo sopportavo quando faceva così.
 Alzai gli occhi e scossi la testa: stavo veramente cominciando a stancarmi di quella situazione. Per quanto guardare quella ragazza mezza nuda fosse un bel modo di passare il pomeriggio, cominciavo a credere che sarebbe stato meglio se me ne fossi andato immediatamente da quella casa. Ma non potevo farlo visto che ero il mezzo di trasporto del caro Iovine.
 -Tutto bene?- chiese ad un certo punto Marco rivolto a Ferrari. Adesso che lo notavo se ne stava ferma in mezzo alla stanza a fissarci. Non aveva detto che doveva andare a vestirsi?
 La ragazza prese un profondo respiro e poi sbottò: -Mentre sono di là, cercate di non toccare niente, di non rompere niente, di non spostare niente, e soprattutto state lontani dalla cucina e dal frigorifero.-
 Restai un attimino sconvolto da tutti quegli avvertimenti, neanche fossimo dei teppisti.
 -Possiamo respirare almeno?- chiesi incrociando le braccia.
 -Non troppo e solo se è necessario. Riducete il numero delle ispirazioni al minimo indispensabile.-
 La guardai quasi sconvolto mentre si voltava e si dirigeva verso le camere. Vidi l’orlo dell’asciugamano sparire dietro la porta e il mio cervello partì in quarta cominciando a coniare nuovi insulti da rivolgere a quella tizia idiota.
 Mi voltai verso Marco che era ancora intento a fissare il punto in cui Ferrari era sparita pochi istanti prima. Sembrava quasi che avesse intenzione di ergere un altare in quel punto esatto.
 -Ti prego, dimmi che non fai sul serio con quella lì. E’ completamente fuori di testa-, dissi con un misto di esasperazione e speranza nella voce. Non volevo che il mio amico si intestardisse per una tipa come quella.
 -Mi piace, mi piace davvero tanto-, mormorò Marco con aria sognante. –E’ forte, molto più di quanto pensassi.-
 -Forte?- chiesi scettico. –Quella ragazza è una mina vagante, rischia di far esplodere mezzo mondo e tu ci andrai di mezzo.-
 -Tranquillo, lo troverò un modo per gestirla. Secondo me è molto dolce in fondo-, ci mancava poco che dopo quelle parole i suoi occhi si trasformassero in due cuoricini palpitanti. Che schifo!
 -Vorrai dire molto in fondo… Se proprio vuoi, ti procuro una pala così cominci a scavare? Guarda che quella lì non sa neanche cosa sia la dolcezza-, di questo ne ero assolutamente certo. Era l’acidità fatta persona.
 -Non chiamarla “quella lì”, ha un nome-, disse Marco guardandomi con aria stizzita.
 -Porca miseria, sei proprio cotto-, risposi esasperato.
 -Non posso farci nulla, quella ragazza è sconvolgente. Ha attirato totalmente la mia attenzione-, ribatté Marco con un altro sorriso ebete.
 Non poteva essere che Valeria Ferrari fosse riuscita ad attrarre così tanto Marco nel giro di poche ore. Possibile che avesse ragione lui e che quella ragazza possedesse qualcosa di speciale che io non riuscivo a vedere?
 Ripensai per un attimo a tutte le brevi conversazioni che avevo con lei ma la sola cosa evidente era la sua assoluta acidità. Marco si stava sbagliando di grosso!
 Pochi minuti dopo Ferrari tornò e ci sedemmo tranquillamente al tavolo. Aveva tirato su i capelli in una coda seria, e non aveva neanche un filo di trucco. Non le importava un fino secco di apparire affascinante per noi due.
 Lei si sedette di fronte e me e io continuavo a fissarla negli occhi, ero curioso di capire cosa ci trovasse Marco in lei. Sostenne il mio sguardo senza imbarazzarsi o cedere, da quel punto di vista dovevo ammettere che era davvero molto determinata. In genere tutte le altre ragazze avevano sempre ceduto a uno sguardo come il mio.
 Ferrari si voltò verso Marco e cominciò a parlare.
 -So che abbiamo stabilito una sorta di tregua, ma non posso fare a meno di chiedermi perché ti sei fatto accompagnare da questo… cioè… dal tuo amico.-
 -Preferisci che vi lasci soli?- chiese con un ghigno, di certo a Marco non sarebbe dispiaciuto.
 -Non era questo che intendevo-, rispose lei scocciata. –Però le ripetizioni sono di Marco, tu che diavolo c’entri? Non credo che lui abbia bisogno di una guardia del corpo, e credo ancor meno che un tipo come te sarebbe in grado di assolvere un compito del genere.-
 Le lanciai uno sguardo di fuoco. Come si permetteva di fare certe insinuazioni senza neanche conoscermi? Altro che forte, era solo una maleducata.
 -Il mio scooter è dal meccanico-, cercò di spiegarle Marco, mettendoci anche troppa gentilezza per quanto mi riguardava. –Ho chiesto a Massi di accompagnarmi, è per questo che è qui.-
 Continuavo a pensare che fosse stato troppo gentile perciò mi sentii in dovere di dire qualcosa.
 -Ti basta come risposta Sherlock Holmes?-
 Lei socchiuse gli occhi arrabbiata ma non me ne fregava un cavolo. Aveva cominciato lei ad offendere ed io c’ero andato anche troppo leggero.
 Non parlò, evidentemente aveva capito che era meglio non rispondere alla mia frecciatina perché non le avrei reso vita facile.
 -Lo so che probabilmente ti infurierai-, cominciò Marco. –Ma sono davvero curioso di sapere che ci facevi con indosso un asciugamano.-
 Quella risposta interessava un pochino anche me se dovevo essere del tutto sincero.
 -Hai ragione, sto per infuriarmi-, e si vedeva proprio che era incavolata, per poco non ci aveva incenerito con gli occhi.
 -E’ solo una domanda-, dissi io sorridendo sornione. –Non mi sembra tanto difficile rispondere, a meno che in questo preciso istante non ci sia qualcuno che sta uscendo da questa casa di soppiatto dopo essere stato nel tuo letto.-
 Non ero riuscito a resistere, quella frecciatina era d’obbligo in una situazione del genere. Volevo farla arrabbiare ancora di più, non sapevo perché ma vederla infuriata mi piaceva parecchio.
 Lei alzò gli occhi al cielo esasperata.
 -Non c’è nessun ragazzo, se è questo che volevi sapere, tantomeno nel mio letto.-
 Non risposi. Stranamente sentire quelle parole mi aveva dato un senso di sollievo che non riuscivo a spiegarmi. Marco, dal canto suo, sorrise soddisfatto da quell’informazione.
 -Ho passato le ultime due ore a preparare un dolce. Quando ho finito ero impresentabile, perciò mi sono fatta una doccia confidando che il ragazzo che stavo aspettando fosse un ritardatario.-
 Rimasi un attimo basito per quella frase e anche Marco si rese conto di quanto fosse comica quella situazione visto che mi lanciò un’occhiata veloce, che ovviamente non sfuggì alla vipera.
 -Che ho detto?- chiese sorpresa.
 -Niente-, cominciò Marco imbarazzato. –Ecco… In effetti ci hai azzeccato.-
 -Ma se siete arrivati in anticipo-, ribatté lei risentita.
 Sì, eravamo arrivati in anticipo ma non per merito di Marco, quello era in grado di fare più ritardo di un treno bloccato dalla neve.
 -E’ vero, ma è Massi quello puntuale, per quanto mi riguarda invece sono perennemente in ritardo, è più forte di me-, il tono di Marco era sempre più imbarazzato.
 Ferrari sembrò parecchio sorpresa da quello che Marco le aveva detto e sinceramente non riuscivo a capirne il perché.
 I suoi occhi scuri e caldi incontrarono i miei e per un attimo mi sentii smarrito, come se in realtà non fossi davvero in quella stanza. Mi fissava con odio, ma questa volta non avevo detto nulla, perché ce l’aveva con me? Quella ragazza era davvero strana.
 A quel punto non ne potei più, meglio dire qualcosa che mi avrebbe reso abbastanza colpevole da meritare quello sguardo pieno d’odio.
 -Se avessi saputo chi avrei incontrato venendo qua me la sarei presa con molta più calma-, incrociai le braccia stizzito. –Anzi magari mi sarei dato malato, almeno avrei avuto una scusa plausibile per evitare questo incontro.-
 -Magari lo avessi fatto-, quella ragazza cominciava a darmi davvero sui nervi.
 -Quindi avresti preferito non vedermi affatto?- Non sapevo perché le avevo fatto quella domanda, ma stranamente speravo in una risposta totalmente diversa da quella che invece lei mi diede.
 -Senti, non credo sia un mistero quello che provo nei tuoi confronti, Draco-, il suo sguardo era tremendamente deciso. –Non mi sei affatto simpatico…-
 Alzai un sopracciglio divertito, anche se in realtà non mi sentivo per nulla in vena di divertirmi.
 -Ma no, e io che pensavo fosse solo passione e desiderio nascosto. Avevo il terrore che potessi saltarmi addosso da un momento all’altro, ora mi sento più tranquillo.-
 Le sorrisi con più decisione, per confermare quanto le sue parole mi fossero indifferenti. Non riuscivo ad ammettere con me stesso che non volevo l’odio di quella ragazza. Non la sopportavo e mi faceva incazzare anche solo guardandomi ma non volevo che mi odiasse. Non sapevo perché e non ci tenevo a scoprirlo.
 Ma quello che uscì dalla mia bocca fu totalmente diverso dai miei pensieri.
 -Ti assicuro che neanche tu mi vai a genio, Ferrari.- La mia voce era molto più aspra di quanto avessi voluto ma era stata lei a provocare, io mi ero limitato a rispondere.
 -Non le piace essere chiamata per cognome-, era stato Marco a parlare.
 Mi voltai verso di lui e poi tornando a guardare quella ragazza che fissava Marco con sguardo omicida mi lasciai andare ad un ghigno. La fissai negli occhi con decisione, volevo che si infastidisse al punto da odiarmi sul serio.
 -Preferisci che ti chiami Vale?- mi sembrava una domanda più che legittima visto che non voleva essere chiamata per cognome. Forse però il mio tono divertito non le era piaciuto per niente.
 -Perché cercare un modo con cui mi puoi chiamare quando io e te non parleremo mai più per tutto il resto delle nostre vite?-
 -Mai mettere limiti al destino, mia cara.- E no, non l’avrei lasciata in pace tanto facilmente dopo tutto quello che aveva avuto il coraggio di dirmi. Doveva pagare.
 I nostri occhi non si staccarono neanche per un secondo, cercando in tutti i modi di vincere quella battaglia silenziosa che si stava tenendo tra noi.
 -Quando voi due avrete finito di sembrare una coppia di innamorati a cui piace punzecchiarsi, io avrei ancora da risolvere un problema con la matematica.-
 Spalancai un attimo gli occhi sorpreso per quella affermazione. La voce di Marco era risultata piuttosto infastidita mentre Ferrari sembrava averlo sentito a malapena visto che i suoi occhi continuavano a restare ancorati ai miei. Non potei farne a meno, il suo sguardo così caldo mi fece uno strano effetto, qualcosa che non mi sarei aspettato. Le mie guance si tinsero di un tenue rosso e quando non riuscii più a sostenere il suo sguardo fui costretto a distoglierlo fissandolo sul cesto di frutta che si trovava al centro del tavolo.
 Non la vedevo ma sapevo che Ferrari non poteva credere ai suoi occhi. Io per primo non avevo idea del perché il mio corpo avesse reagito così al suo sguardo.
 -Cos’hai detto?- chiese poi con tono distratto a Marco.
 -Ho detto che sembrate una coppia di innamorati a cui piace punzecchiarsi.-
 La cosa faceva davvero venir voglia di ridere e lo avrei fatto se non fossi rimasto così stupito dalla mia reazione.
 -Io e quest’individuo innamorati?- ovviamente Ferrari non aveva avuto nessuna difficoltà a scoppiare a ridere. Prendersi gioco di me era davvero facile per lei. –Marco dì la verità, quante canne ti sei fumato prima di venire qua?-
 -Più che di canne parlerei di cannoni-, dissi rivolgendomi a Marco con una voglia inesprimibile di farlo fuori. Aveva capito che quella ragazza aveva uno strano effetto su di me e non aveva perso tempo nel cercare di farlo notare anche a lei. –Per la prima volta mi trovo d’accordo con te Ferrari. Marco deve avere qualche rotella fuori posto se pensa una cosa del genere.-
 -Stavo solo constatando un fatto-, rispose lui con calma. –Da come vi stavate guardando c’era poco da fraintendere.-
 -Invece mi sa che hai frainteso tutto-, esclamò lei continuando a ridere. –Per quanto mi riguarda stavo cercando di appiccare fuoco alla testa del tuo amico con la forza del pensiero.-
 -Anche io stavo facendo una cosa del genere.- Non era proprio la verità, in quel momento stavo pensando a tutto tranne a quello ma Ferrari scatenava in me un’irritazione così profonda che non potei fare a meno di rispondere a tono.
 -Stavi sperando che prendessi fuoco?- la sua voce lasciava trapelare tutta la rabbia che stava provando.
 -Sì, lo ammetto.- Volevo che si arrabbiasse ancora di più, sempre di più.
 -Come ti sei permesso?-
 -Parli proprio tu-, cominciavo ad arrabbiarmi sul serio anch’io. –Sei stata tu a tirare fuori questa storia di bruciare le teste.-
 -Stavo scherzando, idiota!- si alzò in piedi e batté un pugno sul tavolo. Potevo quasi respirare il suo odio.
 -Io no-, ribattei alzandomi e fronteggiandola.
 I nostri volti ormai erano vicini e i nostri occhi continuavano a fissarsi con quello che potei definire solo come odio.
 -La volete finire?- Marco cercò di farci abbassare i toni ma anche lui si era alzato per poterci affrontare.
 Ferrari socchiuse gli occhi risentita e si rimise a sedere.
 Osservai ogni sua mossa mentre anche Marco si sedeva.
 Avrei voluto farlo anch’io ma le fiamme di irritazione che mi divampavano dentro non me lo permisero. Quando ero con lei perdevo letteralmente il controllo, l’avrei uccisa di sicuro prima o poi, non ne potevo più delle sue frasi sconclusionate del cazzo!
 Non bastava mia madre o tutte le ragazzine che mi venivano dietro a rendermi la vita impossibile, adesso ci si metteva anche questa stupida sconosciuta che sparlava a sproposito!
 Era davvero troppo e la mia sopportazione aveva un limite.
 Ma perché cavolo la mia vita aveva incrociato quella di Ferrari? Stavo tanto bene prima di quella maledetta mattina!
 -Massi siediti-, avvertii la nota di irritazione nella voce di Marco anche se stava cercando di mantenersi calmo.
 Alzai gli occhi al cielo esasperato e sbuffando mi sedetti.
 -Ora possiamo parlare delle ripetizioni?- chiese Marco, e stavolta non riuscì a nascondere la sua irritazione.
 Ferrari si voltò a guardarlo. Era evidente che aveva deciso di ignorare la mia presenza. E no, dolcezza, Massimiliano Draco non è un tipo che si può ignorare!
 -Scommetto che la tua torta fa schifo.-
 Era la prima frase che mi era venuta in mente ma aveva avuto l’effetto desiderato visto che lei s’irrigidì e poi si voltò a guardarmi irritata.
 -Puoi pensare quello che ti pare, tanto non avrai mai occasione per sperimentare sul campo quello che hai detto.-
 -Vuoi dire che non offriresti un pezzo della tua brodaglia… cioè del tuo capolavoro ai tuoi graditi ospiti?-
 Vidi la sua fronte corrucciarsi lievemente per cercare di trattenere la rabbia.
 -Intanto solo Marco è un mio ospite, tu sei solo… sei solo…-
 -Sono solo?- adesso volevo proprio sentire cosa aveva da dire su di me visto che si credeva di essere la persona più giusta del mondo. Sorrisi soddisfatto all’idea di un suo sfogo.
 -Tu non sei nessuno.-
 Spalancai gli occhi, ero rimasto parecchio stupito per quella affermazione così forte.
 -Credi di essere l’individuo perfetto che ogni ragazzo vorrebbe avere come amico e che ogni ragazza desidererebbe come fidanzato ma non hai capito un fico secco di quello che ti accade intorno. Le ragazze ti vengono dietro semplicemente perché sperano di incontrare Marco, e poi voglio dire, ma non vi accorgete che il fatto che tutte le ragazze vi muoiano dietro è qualcosa di squallido? Dicono di amarvi e di avervi sempre sognato ma non vi conoscono affatto, se fossi al vostro posto le manderei tutte a quel paese. Tornando a te, sappi che i ragazzi, tutti tranne Marco credo, vogliono esserti amici solo perché sei il figlio della professoressa D’Arcangelo, anche se non hanno ancora capito che essere amici di suo figlio non significa essere raccomandati, visto che lei apprezza solo chi le conviene e non chi le viene imposto. Possibile che tu non ti sia mai accorto che stranamente tutti quelli che ti stanno più intorno sono nelle classi di tua madre?-
 Quella ragazza aveva davvero passato il segno. Non poteva sbraitarmi contro tutte quelle stronzate senza neanche conoscermi.
 -Un’ultima cosa e chiudo qui il discorso… Draco non credere di essere il ragazzo più simpatico che esista sulla faccia della Terra, non hai idea di quanti doppiogiochisti ti stiano intorno. Davanti ti dicono una cosa, ma appena ne hanno l’occasione ti criticano e ti deridono.-
 La fissai allibito mentre cercavo con tutte le forze un modo per non mandarla platealmente a fanculo! Pensava che non sapessi già di mio tutte quello cose? Non ero stupido, sapevo perfettamente che molti ragazzi mi erano amici solo per via di mia madre e io ero il primo ad odiare le ragazze che mi venivano dietro, anche se a volte non era male uscire con qualcuna di loro.
 Quella vipera non mi conosceva e non aveva nessun diritto per farmi una ramanzina come quella. Ero arrabbiato all’idea che lei pensasse questo di me ed ero deluso dal fatto che una come lei si fermasse solo alle apparenze senza neanche cercare di capire se i suoi pensieri avessero un fondamento o fossero dettati solo dall’odio che provava nei miei confronti.
 La guardai, e sinceramente non avevo idea di cosa trasparisse dal mio sguardo in quel momento.
 -Avete intenzione di restare imbambolati come due statue per tutto il resto del pomeriggio?-
 La sua voce era calma, quasi esitante. Aveva notato che il suo sproloquio aveva creato un’aria davvero pesante, quasi irrespirabile. Cosa si aspettava? Che accettassi tutti quegli insulti senza sentirmi neanche un po’ incazzato?
 Avrei voluto urlarle contro, dirle che non me ne fregava un cazzo di quello che pensava di me e che non poteva permettersi di parlarmi così, non a me.
 Eppure non lo feci.
 Abbassai lo sguardo e senza che me ne accorgessi un sorriso amaro prese possesso del mio viso. Sapevo che aveva ragione ma odiavo quando la gente mi sbatteva in faccia la verità, e la gente non lo faceva mai. Ma lei sì, lei lo aveva appena fatto.
 Dovevo dire qualcosa, l’aria stava diventando davvero irrespirabile.
 -Allora-, stavo cercando un insulto adatto a zittirla per sempre ma non ne trovai. –Questo schifo di torta si può vedere?-
 Avevo deciso di cambiare argomento, di fingere di non aver ascoltato le sue parole. Forse sarebbe stato più logico risponderle a tono o mandarla a quel paese, ma davvero non ce l’avevo fatta. Non con lei, le sue parole mi avevano totalmente bloccato.
 -Draco…-
 No! Non doveva neanche provare a consolarmi! Non volevo la sua compassione e se solo ci avesse provato mi sarei alzato e me ne sarei andato immediatamente da quella casa!
 Le sue parole mi aveva già ferito abbastanza, non potevo anche permettere che provasse pena nei miei confronti.
 Accidenti! Ero pur sempre Massimiliano Draco, non le avrei permesso di fare la crocerossina con me. Non lei! Non con me!
 Con la coda dell’occhio vidi Marco fare di no con la testa in direzione di Ferrari. Speravo che seguisse il suggerimento del mio amico, lui mi conosceva e sapeva che stavo per esplodere.
 -Sei proprio sicuro di voler rischiare?- mi chiese lei con un sorriso ironico.
 La fissai per un attimo, incerto su come rispondere poi sollevai un sopracciglio e con sicurezza dissi: -Al massimo mi pagherai i danni, Ferrari.-
 Lei si alzò e dopo avermi riservato una linguaccia che per poco non mi fece scoppiare a ridere, si diresse con calma verso il frigorifero.
 -Non che lo speri-, disse aprendo lo sportello e cominciando a cercare la torta. –Ma quando avrai assaggiato questo manicaretto tutti gli altri dolci ti sembreranno senza sapore. Chi mi conosce dice che sono un genio della pasticceria.-
 -Che modestia-, rispose Marco con una strana ammirazione nella voce.
 -Non è un mio parere.- Posò la torta sul tavolo e iniziò a tagliarla.
 Quando mi porse la mia fetta mi sentii ad un tratto molto poco invogliato ad assaggiarla. L’aspetto non era male ma c’era sempre la possibilità che fosse uno schifo.
 -Prima tu-, dissi rivolto a Marco. –Le stai più simpatico non cercherebbe di avvelenarti.-
 -Come sei spiritoso-, sbottò lei risentita.
 Marco fece un sorriso e poi si portò subito alla bocca un cucchiaino colmo di Torta Mimosa. Subito notai con quanta soddisfazione si stesse godendo quel piccolo pezzo di dolce.
 -Quindi?- chiesi indeciso su cosa fare. Tenevo il cucchiaino sospeso a mezz’aria come se stessi aspettando la sentenza di un giudice che avrebbe potuto decretare la mia morte o la mia assoluzione.
 -Non ci sono parole-, rispose Marco con aria sognante mandando giù il boccone. –L’unico modo per capire è assaggiarla.-
 Ferrari lo guardava confusa.
 -Spero che questo non sia il tuo modo per vendicarti di quando mi hai prestato la PSP e te l’ho riportata dopo tre mesi-, mormorai dubbioso. Affondai il cucchiaino nel mio pezzo di dolce e ne presi la dose più piccola che potei.
 -Conosco altri modi per vendicarmi.- Non sapevo se fidarmi o no delle sue parole visto che le accompagnava ad un’aria davvero divertita. –Assaggia e alla fine mi ringrazierai.-
 Portai il cucchiaino agli occhi osservandolo con indecisione. Non era da me comportarmi in quel modo ma dopo quello che Ferrari mi aveva detto, mi risultava davvero difficile riuscire a fidarmi di quel suo dannatissimo dolce. Una ragazza del genere non poteva essere poi così brava in cucina, e non riuscivo a fidarmi di lei.
 Probabilmente mi stavo comportando davvero come un bambino agli occhi di quella ragazza: fare tante storie solo per assaggiare uno stupido dolce non era esattamente uno dei comportamenti a cui avevo abituato me stesso e chi mi conosceva.
 L’unica giustificazione che potei trovare era che quella ragazza mi indispettiva: qualsiasi cosa potesse mandarla in confusione e metterla in crisi mi esaltava.
 Non riuscivo a spiegarmi come mai mi interessasse così tanto farla arrabbiare o cedere, ma sapevo che il mio atteggiamento la stava irritando moltissimo.
 Alzai gli occhi e i nostri sguardi si incontrarono. Ebbi una strana sensazione, come se quegli occhi mi stessero scrutando fin dentro l’anima. Erano così scuri eppure, allo stesso tempo, erano luminosi e arguti, non avevo mai visto una luce del genere negli occhi di qualcuno.
 Di certo non potevo negare che quegli stessero cominciando ad avere un certo ascendente su di me. Ero convinto che fosse tutta colpa del fatto che erano così belli, molto più belli di quanto avessi mai notato prima.
 All’improvviso mi resi conto di quanto guardare quella ragazza negli occhi e farla irritare mi divertisse. Mi sentivo davvero come un bambino in un parco giochi, felice e spensierato, nonostante l’acidume con cui Ferrari mi rispondeva.
 Alla fine decisi di portare a termine quella strana scenetta comica che si era venuta a creare e assaggiai quel piccolo pezzo di torta. Senza volerlo i miei occhi si chiusero e assaporai completamente il dolce. Era buono, era tremendamente buono. Non avrei neanche potuto trovare le parole per descriverlo. Quella ragazza così acida e scorbutica non poteva essere in grado di cucinare qualcosa di così paradisiaco.
 -Allora-, sentii mormorare come in lontananza quelle parole. A quanto sembrava Ferrari era ansiosa di ricevere la mia risposta. –Non hai niente da dire?-
 Aprii lentamente gli occhi e subito incontrai il suo sguardo: mi sorpresi nel notare quanto sembrasse diversa. Era come se la mia risposta la interessasse più del dovuto.
 -Qualcosa da dire l’avrei…-, cominciai cercando le parole giuste per continuare.
 Forse avrei dovuto nascondere la mia soddisfazione e cimentarmi in una delle mie frecciatine ma davvero non ne trovai il coraggio. Non avrei mai potuto mentire riguardo quel dolce, non potevo proprio. Ero certo che lei sarebbe riuscita a rispondermi a tono se l’avessi offesa ma in quel momento non avevo voglia di deriderla. Non ne avevo motivo.
 -…ma non trovo le parole per esprimermi.- Optai per la verità, probabilmente era la mossa migliore. –Credo che la mia capacità di ragionare sia stata annullata da questa torta meravigliosa.- Meglio dare il merito di tutto alla torta e non soffermarsi su altre sensazioni che stavo provando.
 Vidi la sorpresa dipingersi sul volto di Ferrari, neanche lei si aspettava quella frase e il fatto di averla stupita così tanto mi riempiva di soddisfazione. Alla fine sapevo riconoscere quando qualcuno meritava un complimento e quella torta poteva essere descritta solo con belle parole.
 Lanciai una veloce occhiata a Marco e non potei fare a meno di notare una nota di disappunto nei suoi occhi. Che gli era preso? Avevo pure fatto dei complimenti alla torta della sua “amata” non capivo perché adesso si fosse rabbuiato.
 Anche Ferrari lo stava guardando e mi accorsi che sembrava sorpresa almeno quanto me.
 Io quello proprio non lo capivo: non era mai contento! Adesso stava facendo l’offeso senza neanche un motivo… Perché non c’era alcun motivo per prendersela.
 -Possiamo parlare delle ripetizioni ora?- chiese lui cercando di essere gentile, ma io colsi subito quella nota stonata nel tono della sua voce.
 -Certo-, rispose Ferrari con calma. Era tornata in possesso di tutta la sua sicurezza.
 Per i minuti successivi quei due furono completamente assorbiti dall’argomento ripetizioni. Marco era assolutamente negato per la matematica e quella ragazza se ne stava lentamente rendendo conto.
 Visto che non ero per niente interessato ne approfittai per prendere d’assalto quella meraviglia di torta che aspettava solo che io la divorassi. Per non sembrare troppo ingordo inventai un calo di zuccheri ma quando Ferrari mi fulminò notando che avevo mangiato metà della torta decisi di fermarmi perché oltre all’indigestione stavo anche rischiando che lei mi trucidasse.
 Marco si era accorto che Ferrari stava iniziando ad irritarsi seriamente perché proprio in quel momento decise che l’incontro era finito e che era meglio andare a casa.
  Non sapevo perché ma l’idea di tornare a casa non mi allettava più di tanto, forse volevo ancora un po’ di quella torta.
 Ferrari invece era sollevata che andassimo via, si vedeva lontano un chilometro.
 Uscimmo da casa sua prima che me ne rendessi conto e pochi secondi dopo eravamo davanti al mio scooter pronti per tornare a casa di Marco.
 -Smettila-, mi disse a un certo punto Marco. Stavo per infilarmi il casco ma a quelle parole mi bloccai.
 -Come scusa?- chiesi sorpreso.
 -Smettila di fingere-, continuò lui guardandomi seriamente.
 Ma si era completamente rincitrullito?! Di fingere? Fingere cosa?
 -Fai finta di niente? O forse neanche tu lo hai ancora capito-, il suo sguardo era sempre più serio.
 -Marco… Tu non stai per niente bene. Stai dicendo una marea di cazzate.-
 -Dirò anche una marea di cazzate ma almeno so riconoscere i miei sentimenti-, detto questo si infilò il casco e si sedette sullo scooter in attesa che anch’io mi decidessi a salire.
 Sapevo che era inutile parlare, Marco non mi avrebbe dato altre spiegazioni.
 Che andasse al diavolo! Lì l’unico fuori di testa era lui. Speravo che facesse in fretta pace con il cervello!










 ***L'Autrice***
 E anche questo nuovo capitolo è andato! Uff... è una vera faticaccia scrivere il POV di Massi, ma devo ammettere che quando ho finito il capitolo mi sono sentita davvero soddisfatta per essere arrivata sana e salva fino alla fine... xD Adesso mi aspetta il capitolo 4... AIUTO! *trema all'idea di non riuscire a scrivere neanche un rigo decente*
 Comunque, come avete notato, Vale scatena davvero l'incazzite di Massi, e lui vuole sempre farla arrabbiare... xD Secondo me è amore... u.u e non lo dico tanto per dire... ahahah xD Okay, adesso la smetto di dire stupidaggini... xD
 A parte i nostri cari piccioncini, questo è il mio primo aggiornamento del 2011! E questo mi ricorda che... TANTISSIMI AUGURI A TUTTI! Un nuovo anno è cominciato e io spero che mi porti tante cose belle, il 2010 non è stato male ma spero che il 2011 sia mille volte meglio. xD
 Per il prossimo capitolo, non so ancora quando aggiornerò... Purtroppo devo ancora scriverlo e visto che tra poco ho un esame sono veramente sommersa dalla studio, comunque vi prometto che cercherò di non farvi aspettare troppo... ^^
 Ringrazio tutte le meravigliose persone che hanno lasciato una recensione per i primi due capitoli, e tutti colo che hanno messo questa storia tra i preferiti e le seguite, siete fantastici! Ovviamente ringrazio ogni singolo lettore!




Comunque vi ricordo che potete trovare molto altro riguardo "Il Figlio Della Prof" in questi siti:

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