You can't Handle the Truth di Liy (/viewuser.php?uid=15817)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nessun problema ***
Capitolo 2: *** Il fiore del male ***
Capitolo 3: *** Tela ***
Capitolo 4: *** Ametista ***
Capitolo 1 *** Nessun problema ***
Titolo: Nessun
pericolo
Personaggi: Ange,
Amakusa.
Pairing: Sligh
onesided-Ange/Amakusa.
Rating: Verde.
Genere: Introspettivo,
slice of life.
Avvertimenti: One-shot.
Note: AmaAnge.
Sì. Scritta solo per la mia Micchi - sennò non
avrei mai scritto su questo pairing! Comunque...! Prima One-shot della
raccolta. La prossima sarà una BatoBea. Se avete
suggerimenti o richieste per le successive, ditelo pure nei commenti...!
Disclaimer: Umineko
non mi appartiene, altrimenti Bernkastel morirebbe di una morte lenta e
crudele.
Nessun
pericolo
Ange
era sempre stata riluttante a fidarsi
delle persone.
Trovava
difficile riporre la sua fiducia in
chiunque; aveva paura che qualcuno la potesse tradire.
Dopo
la morte della sua famiglia, dopo che
sua madre, suo padre e il suo fratellone se ne erano andati si era
chiusa in se
stessa. Forse era per quello che non aveva mai dato un'occasione a sua
zia Eva
di spiegarle perché ce l'avesse così tanto con
lei, perché sembrasse odiarla.
Eppure, Ange aveva chiesto tante volte alla zia cosa fosse accaduto a
Rokkenjima durante quei due giorni in cui la sua famiglia le era stata
portata
via – e le aveva dato dell'assassina, perché Ange
allora era sicura che fosse
lei la colpevole dietro quella strage. Ed Eva non aveva mai risposto;
si era portata
la verità con se, anche nella tomba.
Lei
non avrebbe mai saputo. Nessuno le
avrebbe mai rivelato la verità riguardo l'accaduto.
Era
– di nuovo – rimasta sola con se stessa
come unica compagnia – dentro di se sapeva che Maria,
Sakutaro e le Sette Sorelle
erano solo frutto della sua immaginazione... ma già una
volta le aveva negate e
non sarebbe successo ancora: la solitudine che aveva provato dopo
quell'accaduto l'aveva segnata troppo.
Così,
quando venne a sapere che Okonogi
aveva “assoldato” Amakusa Juuza come sua guardia
del corpo durante la sua
ricerca sulla verità degli omicidi di Rokkenjima, Ange non
poté fare a meno di
sbuffare e sentirsi un po' – ma proprio poco –
contenta, un'improvvisa
leggerezza che si faceva strada nel suo petto.
Le
affiorò un sorriso – impercettibile –
sulle labbra, quando lo vide.
Avrebbe
avuto qualcuno accanto durante quel
suo lungo viaggio, non era sola.
Anche
se... quell'uomo era irritante,
fastidioso. E non si faceva mai gli affari suoi.
Non
sopportava i suoi modi di fare: era
troppo invasivo – ed Ange aveva creato attorno a se delle
barriere che non
gradiva che la gente attraversasse. Tuttavia, lui era una delle poche
persone –
se non l'unica – che fosse stato in grado di avvicinarla a se.
Per
quanto fosse infantile e sciocco...
lui, semplicemente, era stato in grado – sin da quando era
piccola – di starle
accanto e di farle compagnia. L'aveva fatta sentire al sicuro
così tante volte;
l'aveva fatta sentire non sola così tante volte...
Finché
le fosse stato accanto, Ange era
sicura che la sua vita non sarebbe mai incorsa in nessun—
“Amakusa.”
“...
Nh?”
Un'auto
davanti alla loro sterzò
improvvisamente, velocemente. Un'altra suonò il clacson e
l'autista si sporse
dal finestrino, gesticolando e urlando mentre passava accanto a loro.
“Siamo
nella corsia opposta.”
—pericolo.
O
quasi.
Era
in momenti come quello che Ange si
trovava costretta a chiedersi cosa le fosse passato per la testa quando
si era
detta che avendo Amakusa accanto sarebbe stata meglio, sarebbe tutto
filato
liscio, senza intoppi e senza alcun problema.
Lui
l'avrebbe protetta: era la sua guardia
del corpo, infondo – anche se a volte le pareva fosse... di
più.
(Ange
non sapeva ancora però che sarebbe
morta e che sarebbe stato lui ad ucciderla)
E
mentre l'auto sfrecciava nella strada
gremita di gente, Bernkastel guardava la scena dall'alto, divertita.
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Capitolo 2 *** Il fiore del male ***
Titolo: Il
fiore del male
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: Battler/Beatrice.
Rating: Verde.
Genere: Introspettivo,
drammatico.
Avvertimenti:
One-shot.
Note: Non
so da dove venga il titolo. E' messo piuttosto a caso, ma mi piaceva e
quindi...! BAH!
Grazie
ad entrambe le mie commentatrici per i commenti nella scorsa shot!
<3 Ed eccovi qui la one-shot BatoBea!
Ah,
ho deciso come strutturare questa raccolta: una one-shot AmaAnge
ambientata in ep4, una BatoBea ambientata in ep4, una AmaAnge in ep6 e
una BatoBea in ep6 - o anche post ep6 questa, devo ancora decidere...
Disclaimer: Umineko
non è mio, ma del signor Ryukishi-troll-07.
Il
fiore del male
La
pioggia cadeva copiosa nel giardino di
rose, bagnando i due avversari.
Sentivano
entrambi l'acqua che appesantiva
i loro abiti, che si insidiava dentro di loro, fino al midollo osseo.
Eppure,
non le davano molto peso. Facevano
finta di nulla, troppo impegnati a ferirsi l'un l'altra per prestare
troppa
attenzione ad una cosa così ridicola.
“Allora,
Battleeer~?”
Beato
lo incalzava a rispondere ogni volta
che lui smetteva di parlare, un ghigno sempre ben stampato in volto
– anche se
serviva solo a mascherare la tristezza che provava dentro... cosa che
Battler
non avrebbe mai potuto notare in quel momento, accecato com'era dalla
rabbia.
Rosso
e blu che fluttuavano nell'aria e
colpivano duramente l'avversario, smorzandogli il respiro.
E
nonostante tutto proseguiva imperterrito
il loro duello, elegante e spietato, avvolto da
petali rossi che
volteggiavano e gocce di sangue che tingevano il terreno. Un colpo
dietro
l'altro, quasi incuranti del dolore che esso avrebbe procurato e
insofferenti –
solo all'apparenza – nel riceverlo. Toni pacati, espressioni
dure ed allegre
nel vedere l'altro soffrire.
Due
masochisti, che si provocavano dolore a
vicenda.
Due
avversari, che danzavano insieme
schivando i colpi dell'altro con ragionamenti contorti e trucchi.
Anche
se Battler – e non lo avrebbe mai
ammesso – ogni volta che vedeva Beatrice contrarre il volto
in una smorfia di
dolore e premere con la mancina sulle ferite, si sentiva in colpa.
Più volte
aveva pensato di fermarsi, di porre fine a quello scontro (inutile)...
ma poi
alla mente riaffioravano le ultime parole che Ange gli aveva detto,
mentre
digrignava i denti per non urlare di dolore. E no, non poteva
permettersi di
lasciar sfuggire la strega dorata.
Beatrice
per lui era stata come fumo fra le
dita sin dall'inizio: la sentiva, la vedeva, ma non riusciva ad
afferrarla, a
stringerla per strangolarla. Ma ora non poteva permettere che quel fumo
si
diradasse, spazzato via dalla sua ingenuità e
bontà d'animo: doveva
sconfiggerla una volta per tutte; era per il bene della sua famiglia.
E
quando Beatrice barcollò, quei cunei blu
che la trapassavano da parte a parte ma non la uccidevano, Battler
sentì un
senso di vittoria dentro di se che subito si dissolse e venne
sostituito da un
nodo alla gola alla vista del volto pieno di dolore della donna che
aveva
davanti.
“Fa
male...?”, le chiese con tono pacato,
fissandola mentre afferrava con entrambe le mani uno dei cunei che la
trafiggeva e singhiozzava.
“Maaaaaale?”,
le lacrime agli occhi e il
sorriso in volto, “... No, no, questo fa solo il
solletico” e la strega rise,
ricordandogli come era scomparsa Ange e rinnovando la sua rabbia.
E
mentre veniva colpita da lui, dalle sue
parole e dal suo sguardo impassibile e freddo – gli occhi che
esprimevano solo
odio nei suoi confronti –, Beato per un attimo
sentì il terreno mancarle sotto
i piedi e le tremarono le gambe, minacciando di cedere e di lasciarla
cadere.
Iniziava
a sentire freddo, anche se le
ferite che le aveva inflitto Battler – e che continuava ad
infliggerle –
pulsavano e bruciavano tremendamente. Nonostante tutto, continuava a
reggersi
in piedi, incalzando l'avversario a continuare e fingendo di combattere
per
ottenere una vittoria che aveva sempre saputo non
avrebbe ottenuto. Una
vittoria vuota, se lui non avesse capito la verità che
Beatrice celava dietro
al loro gioco.
Farlo
arrendere per sentirlo dire che le
streghe esistevano... non era mai stato il suo vero obiettivo.
Voleva
solo che capisse, che
ricordasse.
…
Ma Beato sapeva che non avrebbe mai
ricordato, non in tempo. Battler non poteva reggere la
verità.
(Sarebbe
arrivato in ritardo per lei... si
sarebbe accorto di averla persa solo quando ormai lei se n'era andata)
E
così si lasciò colpire, lasciando che i
suoi ragionamenti la trafiggessero e che le sue parole le scivolassero
addosso
come la pioggia e che si infrangessero al suolo sporcando la terra di
sangue.
Infondo,
la sua era stata una battaglia
persa sin dall'inizio...
(…
e lui per lei sarebbe arrivato troppo
tardi).
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Capitolo 3 *** Tela ***
Titolo: Tela
Personaggi: Ange,
Amakusa.
Pairing: Sligh
onesided-Ange/Amakusa.
Rating: Verde.
Genere: Introspettivo,
slice of life.
Avvertimenti: One-shot.
Note: Non
ho abbandonato questa breve raccolta, visto? Eccovi qui questa AmaAnge
che lascia -tanto- desiderare. Non è la mia OTP, che ci
posso fare? Scrivo su di loro solo per amore di Micchi!
<3<3<3
Disclaimer: Umineko
non è mio, sennò... sennò boh. Non so
che dire 'sta volta.
Tela
Le
dita di Ange correvano veloci sull'orlo
della sua gonna, stringendo di volta in volta le bianche pieghe,
nervosa. In
volto non trasmetteva alcuna emozione che potesse tradirla o rivelare
quanto
fosse agitata.
Seduta
in auto nel posto accanto a Juuza,
continuava a fissarsi i piedi, il capo talmente abbassato che quasi il
mento le
toccava il collo. I capelli di tanto in tanto le solleticavano il
volto, ma
cercò di non dar loro troppo peso, impegnata com'era
nell'essere vigile e
pronta a scattare se ce ne fosse stato bisogno.
Prima...
aveva sentito un po' del discorso
di Amakusa al telefono. Non aveva capito tutto, ma aveva carpito dei
dettagli
importanti. Aveva capito chi era il suo assassino nel 1998, su
Rokkenjima.
Le
parve improbabile – credette di aver
sentito male – all'inizio, ma si ricredette quando vide
improvvisamente i pezzi
del puzzle accostarsi ed incastrarsi così facilmente nella
sua mente. E ormai,
ora che era seduta inevitabilmente accanto a lui,
non aveva più alcun
dubbio: sarebbe morta ancora e lui si sarebbe macchiato per una seconda
volta –
o chissà quante altre in altri frammenti – la mani
con il suo sangue.
Sentiva
quasi il suo fiato sul collo, anche
se sapeva perfettamente che era impegnato a guardare la strada.
“...
Qualcosa non va...?”
Ange
sentì distrattamente le sue parole,
concentrata com'era a cercare di rimanere in vita, di non morire per
una volta
prima di scoprire la verità.
“Eh?”
Uno
sciocco sorriso increspò le labbra di
Amakusa, gli occhi sempre fissi sulla strada.
“Va
tutto bene? Sei silenziosa... più del
solito, almeno.”
“Sì,
va tutto bene...”
Era
strana come situazione. Ange era sempre
stata diffidente nei riguardi delle altre persone... eppure, per
qualche
motivo, non si sarebbe mai immaginata che la sua guardia del corpo, che
Amakusa
la tradisse in quel modo. Si aspettava che Okonogi
prima o poi l'avesse
abbandonata a se stessa... ma mai che avrebbe commissionato il suo
omicidio
attraverso Amakusa, la persona – in carne ed ossa - che
più di ogni altra le
era stata accanto sin dalla morte della sua famiglia.
Non
poteva credere che Juuza era colui che
avrebbe posto la parola fine al suo viaggio e alla sua vita.
La
sua mente iniziò a macchinare piani e
diverse situazioni in cui avrebbe potuto scappare, convincere Amakusa a
non
ucciderla o ad ucciderlo per salvarsi.
E,
per la prima volta in vita sua, sentì un
forte impulso in lei che le urlava di sopravvivere e di non lasciarsi
sopraffare da un fato che altri avevano deciso per lei.
Lasciò
andare l'orlo della gonna e,
lentamente e con quanta più disinvoltura potesse mostrare,
accavallò le gambe e
incrociò le braccia, fissando il paesaggio urbano che
scorreva veloce fuori dal
suo finestrino.
Amakusa
aveva tante armi con sé, si disse.
Sarebbe bastato rubargliene una al momento giusto e, nel migliore dei
casi,
avrebbe potuto usarla per fuggire... nel peggiore, gli avrebbe sparato.
Avrebbe
sparato per uccidere, però, non per ferirlo.
Sentì
un senso di vuoto improvviso in lei,
ma non riuscì ad allontanare il pensiero della
sopravvivenza. Voleva vivere.
Non voleva uccidere Amakusa... ma voleva vivere e se fosse stato
necessario,
l'avrebbe fatto: avrebbe premuto il grilletto e posto fine alla vita di
quell'uomo che aveva creduto fidato.
“Niijima
è proprio laggiù, Milady!”
Il
sorriso sulle labbra dell'uomo s'allargò
ed Ange sentì qualcosa crollare dentro di sé.
“Sì,
la fine del mio viaggio.”
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Capitolo 4 *** Ametista ***
Titolo: Ametista
Personaggi: Battler,
Beatrice
Pairing: Battler/Beatrice.
Rating: Verde.
Genere: Fluff.
Avvertimenti: One-shot.
Note: E
dopo eoni... ecco la one-shot che conclude questa raccolta.
Sì, lo so, fa cagare. Ma oh, accontentatevi. Prima o poi
finirò anche la long-fic che ho in ballo da una vita su
Umineko (quella Au-scolastica, avete ancora presente...?), lo prometto.
(Potrei chiamarmi Battler di secondo nome)
Disclaimer: Quest'opera
non mi appartiene per niente, esattamente come le altre millanta che
seguo.
Ametista
Beatrice
trovò Battler addormentato sul divano quel giorno.
Aveva
il mantello addosso a mo' di coperta e russava sonoramente, parlando
nel sonno
di tanto in tanto.
Qualche
foglio, con scarabocchiati qua e là alcuni appunti, giaceva
a terra in modo
confusionario, come se gli fossero scivolati di mano quando era caduto
addormentato.
“Mu...”,
ponderò un attimo sulla situazione, Beatrice, indecisa se
svegliarlo o
approfittare della situazione per dare un'occhiata a ciò che
stava scrivendo –
e dovette ammettere che entrambe le alternative la allettavano.
Fargli
qualche dispetto per svegliarlo fu un'opzione alla quale
rinunciò
difficilmente, la curiosità che ebbe la meglio su di lei, e
decise di lasciarlo
stare – per qualche minuto soltanto – per una buona
causa – perché lei
doveva assolutamente sapere cosa stava programmando per lei nel
prossimo gioco
quel pervertito di suo marito.
Raccolse
da terra qualche foglio, attenta a non fare troppo rumore, e
corrucciò le
sopracciglia quando constatò che su quelle sudate
carte Battler aveva
solo scarabocchiato con disegnini dalla dubbia morale.
Fu
improvvisamente tentata di svegliarlo a suon di pugni, ma si trattenne.
Sbuffò
sonoramente, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi ed inclinando
la testa
di lato – gli occhi chiusi, per sfuggire in qualche modo da
quella luce che
entrava dalla finestra che sembrava volerla accecare. Le apparve un
sorriso in
volto quando sentì Battler russare.
“Che
idiota...”, si alzò lentamente, sedendosi al suo
fianco ed avvolgendolo in vita
con un braccio mentre si chinava verso il suo capo, prima di
sussurrargli poche
parole nell'orecchio. E fu allora che Battler rise, non riuscendo
più a
trattenersi.
“Allora
non stavi dormendo!”, il pugno lo colpì dritto
alla schiena.
“Ehi!”,
il mantello ormai a terra, Battler scattò in piedi quasi di
riflesso, “non era
il caso di prendermi a pugni!”
“Invece
sì.”
La
strega lo fissava con aria di sfida, malinconica in qualche modo, ma
con una
luce negli occhi che ricordò ad entrambi quei tempi in cui
avevano lottato a
colpi di ragionamenti da un capo all'altro dei tavolo.
“Sei
un bugiardo.”
Battler
temette il peggio a quelle parole. Ormai era cosciente del suo peccato,
sapeva
cosa le aveva fatto per spingerla a diventare ciò che era
ora. Temeva una sua
qualsiasi reazione dopo quelle tre parole.
Tuttavia,
contro ogni sua aspettativa e per sua fortuna – forse, sul
volto di Beatrice
comparve un ghigno.
“...
E i bugiardi meritano d'esser puniti!”
“E-Ehi,
aspetta!”
Allungare
le braccia in avanti per fermarla fu inutile. Beato gli era saltata
addosso in
modo decisamente molto poco aggraziato, la lunga gonna riversa sulle
loro teste
che lasciava scoperte le gambe nude. Battler cercò di farsi
strada
nell'ingombrante tessuto, aggrappandosi ovunque nel tentativo di
sfuggire da
quell'affare. Beatrice però afferrò saldamente i
suoi polsi, chinando il capo
verso quello del ragazzo, invitandolo a far silenzio quando le loro
labbra si
sfiorarono per pochi secondi.
“Beato...”
Aveva
le labbra morbide come sempre, esattamente come la prima volta che
l'aveva
baciata – un po' titubante da una parte, timoroso a fare il
primo passo, e
lieto dall'altra, la gioia che gli faceva tremare le mani per
l'eccitazione.
“Battler,”
lo guardava negli occhi, a pochi centimetri da lui ed i nasi che quasi
si
sfioravano, “non funziona così l'anatomia
femminile” e, togliendo dalla testa
di entrambi la sua gonna, indicò i fogli scarabocchiati che
ancora giacevano ai
loro piedi.
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