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Rinuncia: Evidentemente le cose che riconoscete,
non sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è mio sono alcuni caratteri scelti e manierismi così
come la trama della storia.
cap.1
Prologo – Perdendo così molto, ma
guadagnando molto di più
Era passato un mese dalla Battaglia Finale, e Harry Potter era vivo, ma
solo considerando che respirava. Il suo cuore e la sua
mente, erano altrove. Harry sedeva alla base del lago di Hogwarts, guardando i
suoi compagni di scuola celebrare la fine del Dio Scuro.
Harry non aveva voglia di celebrare; sì, aveva sconfitto il peggior Dio
Scuro in un secolo, ma quello che gli era costato, era molto. Non c’era nessuno
da cui tornare, alla fine della giornata, nessuno a cui parlare senza che
avesse chiesto il suo autografo.
Hermione era stata assassinata. In un’incursione, a
Hogsmeade, un mese prima della Battaglia Finale. Lucius Malfoy l’uccise, mentre costrinse Ron a guardare la sua morte
dolorosa. Usò maledizioni oscure multiple, per poi, alla fine, usare
l’imperdonabile. Iniziò con la Maledizione Imperiosa, costringendola ad
uccidere Neville con un coltello. Poi, usò parecchie volte la maledizione Cruciatus, ridendo, mentre lei sputava i suoi polmoni dalle
grida, finché non la finì con la Maledizione Mortale.
Ron fu rinchiuso al San Mungo, indefinitamente,
perché impazzì dopo tale vista. Non disse più una parola dopo ciò. Era in custodia con i Longbottom, dove Harry andava a
visitarlo spesso, con speranza, ma andandosene con sempre meno di essa.
Remus era stato ucciso da un amico lupo mannaro, all’inizio del suo
settimo anno. Remus aveva rifiutato di congiungere il gruppo di lupi mannari
che si era unito a Voldemort, essendo catturato ed assassinato prima che
potesse essere liberato. Il lupo mannaro colpevole, fu ucciso poco dopo, da un
Harry furioso.
Dumbledore sopravvisse fino alla Battaglia Finale, dove gli fu teso un
agguato, ed assassinato da non meno di trenta mangiamorte. Harry non poté
salvarlo, perché impegnato con Voldemort in un intenso duello. Dumbledore morì
con onore, guardando fisso in volto i mangiamorte, con qualcosa di simile ad
eccitamento, sul suo viso. Harry ricordò le sue ultime parole, quando lo vide
precipitare, ‘No, Harry, non sono preoccupato. Come ti
dissi, la morte è solo la prossima grande avventura,’”
poi, si incamminarono verso il campo di battaglia, come molti altri, che
seguirono i loro grandi leader.
Amelia Bone era divenuta Direttrice dopo che
Dumbledore e McGonagall, furono assassinati. Snape
diventò Deputato Headmaster in luogo di McGonagall. I
Weasley avevano sofferto delle perdite di Bill e Percy, come del sig. Weasley.
La persona che stava facendolo desiderare di esser morto, era la sua
amata, Ginny Weasley. Durante il settimo anno, era caduta prigioniera di
Teodoro Nott, poco prima della Battaglia Finale.
Harry tentò di liberarla, dal Feudo di Riddle, dove era contenuta, ma già era morta a causa della tortura e degli stupri. Harry pianse
per giorni, biasimandosi per non essere arrivato a tempo. L’unica persona che
non aveva mai oscillato nel suo amore per lui, era scivolata attraverso la sua
presa, nelle mani della morte. Harry non si perdonerebbe mai,
per non esser riuscito a salvarla, come lei aveva fatto innumerevoli
volte.
Harry scosse la testa, per liberarla da tali pensieri; guardò la scuola,
da cui si sentiva sempre più lontano, con occhi tristi. Non riusciva a
desiderare di lasciare l’unica casa che mai aveva conosciuto. Era cambiato
così, da quel piccolo ragazzo denutrito che era stato nel suo primo anno.
Durante l’estate del quinto anno, Harry aveva fatto il voto di non
permettere più a nessuna delle persone da lui amate, di morire. Spese l’intera
estate, esercitandosi e leggendo tutti i suoi libri scolastici, più e più
volte. Quando l’anno scolastico ricominciò, Harry richiese un incontro con
Dumbledore, dicendo che aveva bisogno di
addestramento. Dopo alcune negoziazioni, Dumbledore, si dichiarò d’accordo.
I seguenti due anni di vita scolastica, li spese lavorando duramente, ed
avendo lezioni con Dumbledore in una stanza speciale, accanto al suo ufficio.
Durante quel tempo, scoprirono ‘il potere che il Dio
Scuro non conosce’. Harry era il primo, in trecento
anni, per essere un Dio degli Elementi-multipli della
natura. Harry era in grado di controllare tutti e quattro gli elementi, che a
loro volta, controllavano gli altri due, ombra e luce.
Harry poteva creare il fuoco con un secco colpo del suo
polso, e poteva manipolare l’acqua in una creatura che attaccava al suo
comando; fare apparire rupi e barriere dal nulla, creare il vento per un
tornado; cambiare il giorno con la notte e usare tutto ciò per creare l’ultima
tempesta. Harry sconfisse Voldemort usando i suoi poteri di elementale uniti, costringendo tale potere dentro uno
scioccato Voldemort, che esplose letteralmente, a pezzi.
Harry passò due settimane nell’ala dell’ospedale, recuperando
dall’esaurimento magico. Poi, passò un’altra settimana riguadagnando il suo
sonno, sotto l’occhio vigile di Poppy, come insisté che la chiamasse.
Ora, era una settimana, da quando fu rilasciato
dall’ospedale, e se si sentì normale, internamente, era vuoto.
Harry sembrava, ad un primo sguardo, normale. I suoi capelli neri e
lunghi, erano legati alla base del collo da un nastro verde. Il suo corpo era
intonato e muscolare, coperto da abiti da battaglia verdi, di pelle di dragone.
Portava stivali, sempre di pelle di dragone, verdi, come verde
era il mantello, sempre di pelle di dragone. Con l’andare del tempo, Harry
aveva cominciato ad assomigliare più a sua madre, con le sue
caratteristiche angolari. i suoi occhi erano
penetranti, sembrando guardare direttamente dentro l’anima di chi li
incontrava. Harry sembrava l’epitome del Redentore, salvo che lei l’osservava
da vicino. Allora, si sarebbe visto il dolore nei suoi occhi ripieni di
tristezza.
Harry guardò il lago, simile a vetro, per poi alzare lo sguardo vuoto al
cielo. Creò un cuscino con un pensiero, e vi posò la testa. Per un poco, guardò
le stelle, in particolare la stella Sirius, la stella
del cane.
Nel momento in cui si addormentò, mormorò delle parole. Parole che lo trasporterebbero in un’altra avventura.
“Perché io? Dio, mi hai dato un destino che io
non ho mai voluto. Perché io?” Si chiese, non
osservando che, Sirius scintillò per alcuni secondi, in cielo. Se alcuno guardasse verso il lago, in quel momento, vedrebbe
una luce dorata ricoprire Harry Potter, per scomparire un attimo dopo, quando
Harry riapre gli occhi.
Rinuncia: Evidentemente le cose che riconoscete, non
sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è
mia, sono alcuni caratteri scelti e manierismi, così
come la trama della storia.
cap.2: Dove
sono?
Un piccolo
ragazzo, con capelli neri disordinati, ed un’espressione tesa sul volto, posava
sulla terra, nel medio di una piccola valle. Sembrava, stesse dormendo, ma se
ci si avvicinava, ci si accorgerebbe che stava
svegliandosi. Occhi sbatterono, rivelando penetranti smeraldi, intenti a
fissare confusamente i suoi dintorni.
Si poteva affermare
che Harry Potter non sapesse dove si trovava e come, si fosse trovato lì, ma quella, era l’ultima delle sue
preoccupazioni. Abbassò lo sguardo, notando che sembrava molto più vicino alla
terra, più di quanto era supposto essere. Harry cercò la bacchetta che,
normalmente, fuoriusciva dai suoi pantaloni, ora gonfi. Ma
non trovò nulla...
Per la verità, non è che importò, se aveva o no la sua bacchetta, ma ora,
si sentiva come se parte di lui, fosse dispersa. Harry, scosse la testa, come
per liberarla dai pensieri, e con una piccola onda della sua mano, uno specchio
apparve.
Si guardò, e
prese tutto il suo autocontrollo, per non bestemmiare peggio che un vecchio
marinaio. Nello specchio, non vide l’uomo che era prima di addormentarsi, ma
una versione di se stesso all’età d’undici anni. L’unica cosa diversa era che sembrava
che la malnutrizione avuta dal Dursley, non c’era. Harry
fece una smorfia alla sua altezza e alla mancanza di muscoli, quando tolse i
suoi vestiti per contrarli. Rimessosi i vestiti, ora adeguati alla sua nuova
taglia, iniziò a cercare qualche segnale di dove si
trovasse. Su di una gran collina, poteva vedere quello che sembrava essere un grande castello.
“Indovino, che
dovrei cominciare da lì, e scoprire dove, per l’inferno, sono finito,” mormorò tra se, iniziando a camminare verso la collina. Nel
frattempo, iniziò a pensare a che genere d’incantesimo avrebbe potuto cambiarlo
in una più giovane versione di se stesso, anche se certamente, non una delle
peggiori. “Può essere uno scherzo,” mormorò tra se, arrivando
in cima, trovando una prima occhiata al grande castello.
In realtà, non
era un castello, ma una gran magione in pietra bianca. Più piccolo di Hogwarts,
ma piuttosto grande. Aveva un campo da quidditch, a
conferma che era una famiglia di maghi. Ma non era
quello, che lo fece sbalordire...una grande P con un Gryffin
e una Phoenix, si trovavano nell’emblema posto sul cancello...Lo stemma dei
Potter.
Harry aveva
sempre saputo di avere, da qualche parte, una casa ancestrale.
Il suo sogno, era stato quello di trasferirvisi dopo la fine della guerra, ma
non ne conobbe mai l’ubicazione. Harry dovette ammettere che sembrava
molto bella e maestosa. N’aprì i cancelli, magicamente, col codice... ‘Io, Potter, sono un Potter fino alla morte e oltre,’” per
poi camminare oltre, lungo il percorso che conduceva a due grandi porte di
vetro. Cercò un campanello, ma come si avvicinò per suonare, la porta si aprì,
rivelando una piccola bambina. Non doveva avere più di tre anni, con capelli di
media lunghezza, rossi e piccoli occhi color nocciola. Harry si sorprese quando, strillando, gli saltò tra le braccia.
“Harry è a casa,
Harry è a casa!” Esclamò, staccandosi e scomparendo.
Harry tentò di capire se avesse mai incontrato prima la bambina energica, ma
non ne ricavò nulla. Fu tratto fuori dei suoi pensieri quando, un uomo alto con
capelli neri e disordinati, occhi nocciola e occhiali, si mostrò a lui, salutandolo
con un gran sorriso sulla bella faccia.
Harry era fermo
lì, guardando questo strano uomo, pensando a quanto somigliava a suo padre.
“Sei lì,
figliolo! Ti consiglierei di nasconderti. Tua madre è furiosa con te per esser
uscito la notte scorsa,” rise lui, battendo Harry
sulla spalla. Harry continuò a fissarlo, lo sguardo confuso che si trasformava
in uno sguardo criminale.
“Fred, Giorgio.
Non so come ci siete riusciti, ma questa volta siete andati troppo oltre!” Gridò,
sventolando le braccia, come per dare più efficacia all’asserzione. L’uomo lo
guardò curiosamente, non capendo di che cosa stesse
parlando Harry.
“Va tutto bene,
Harry? Chi sono Fred e Giorgio? Chiese, guardando
curiosamente a suo figlio.
“Chi è?” Ringhiò
furioso, Harry, che rivolse lo sguardo duro all’uomo.
“Tuo padre. Sei
sicuro che sia tutto ok?” Chiese
l’uomo, controllando la fronte di Harry. Si fermo all’occhiata criminale che
gli fu spedita da Harry.
“Intendevo il
suo nome.” Chiese Harry, tentando di tenere le emozioni in controllo.
“James Potter,” disse lentamente, James, come se stesse parlando con un
bambino di tre anni. L’occhiataccia di Harry s’intensificò, ma prima che
potesse rispondere, una donna dai capelli rossi, furiosa, si affacciò alla
porta.
“Harry James
Potter! Non so chi tu pensi d’essere, ma voglio sapere dove sei stato stanotte,
e voglio saperlo ora!” Gridò la donna, il piede che
colpisce, impazientemente, il pavimento. Harry, non rispose subito, guardando
la magione curiosamente. C’erano ritratti appesi sul muro, ma quello che lo
colpì, era un gran ritratto di lui con la donna dai capelli rossi e l’uomo che
teneva accanto a se un bambino che dimostrava sette anni, la bambina che aveva
aperto la porta ed un bambino ai primi passi. Harry si volse nuovamente alla donna
dai capelli rossi, con un’occhiata sconvolta.
“Lei non vuole
saperlo, anche perchè neppure io lo so,” mormorò
Harry, prima di precipitare a terra, svenuto.
Rinuncia:
Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è mio
sono alcuni caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
cap.3 Impostori
Lentamente, Harry, si risvegliò, notando che non era più sul pavimento,
ma su di un morbido divano. Non riusciva a ricordarsi dove si trovava, e non
poteva riconoscere le voci che sentiva. Decise di ascoltarle, mantenendo gli
occhi chiusi, per non far loro capire che era conscio.
“James, che cosa è successo? E’ meglio che non si tratti di una birichinata,
perché non è divertente!” Rampognò una voce, che
sembrava appartenere ad una donna di mezza età.
“Non ho fatto nulla, stavo andando a vedere alla porta a vedere chi era,
quando Cyzelena mi è corsa in contro, dicendo che Harry era tornato a casa,” iniziò la voce
maschile, che doveva trattarsi di James. “Poi, un attimo dopo, Harry sta
lanciandomi occhiatacce, chiedendomi chi ero!” Disse James, incredulo, gettando
le mani per aria. Poi, continuò. “Anche se lui non fosse mio figlio, tutti sanno
chi sono,” sospirò James, guardando nuovamente al
figlio, apparentemente addormentato.
“Non è che avete preparato tutto come l’ultima
volta?” Chiese, scomodamente, la donna che stava guardando nuovamente al
figlio.
“Non ti farei mai una cosa simile, Lily,” disse
James, mentre un’espressione dolorosa comparve per un attimo sul suo viso. Lily
accettò la sua rassicurazione con un cenno del capo, ma continuò a guardare il
figlio, pensierosamente.
Harry si alzò a sedere, mentre i recenti ricordi
tornarono lui. La camminata fino al feudo dei Potter; l’incontro
con i due, che sembravano i suddetti Potter, e la piccola bambina, che presunse
essere Cyzelena; le grida contro gli impostori, per
poi svenire; la situazione, provocò in lui un gemito.
Appena il gemito lasciò le sue labbra, l’impostore
che sembrava Lily, gli si avvicinò, controllandolo con alcuni incantesimi salutari.
Harry si ritirò, quando la donna mise una mano sulla fronte, prima di accennare
col capo ed avanzare di nuovo. Harry, aprì lentamente gli occhi, per abituarli
alla brillante luce presente nella stanza. Entrambi gli impostori erano in
piedi, di fronte a lui, con espressioni preoccupate riconoscibili sui loro
volti.
“Va tutto bene?” Chiese piano lei, con
preoccupazione, come se temesse che morisse da un momento all’altro.
“Ci hai dato un bello spavento, amico,” ridacchiò James, per chiudere immediatamente la bocca all’occhiata
che gli diede sua moglie.
“Perché siete ancora qui,
voi due?” Chiese Harry, sfolgorando verso loro.
“Ragazzo, non ti permetto di parlarci in questo
modo,” gli disse lei, aguzzando il suo dito al suo
petto.
Harry guardò in giù, al dito, per poi guardare nuovamente
ai due impostori. Fissò l’uomo, prima, e silenziosamente, tentò di controllarlo
per la presenza d’alcuni incantesimi o pozioni, ma sorprendentemente, non trovò nulla. Si girò verso la donna, facendo la stessa cosa,
non trovando nulla. “Scusami, uhm, mamma,” mormorò
Harry, cercando di non far vedere il suo imbarazzo. Non sapeva chi fossero
queste persone, ma avrebbe giocato lungo. Per alcuni
giorni, li osserverebbe, e poi li porterà al Ministero, dove il ministro potrà
trattare personalmente con loro.
“Bene, caro. Te la senti di venire stasera con noi?”
Gli chiese Lily, mentre gli si avvicinò, dandogli un grande
abbraccio. Harry si ritirò, al contatto, ma non disse nulla, mentre lei gli
accarezzò il capo.
“Devo aver dimenticato dove andiamo.” Disse Harry,
mentre si alzava dal divano in cui era seduto.”
“Andiamo a cena con Sirius, Remus e Pietro,” rispose James, sorridendo brillantemente al suo quasi
nuovamente, normale, figlio.
“Si, credo che verrò,”
disse Harry, goffamente, costringendo un sorriso sul suo viso al sentire il
nome di Pietro e contenere le lacrime che minacciavano di scorrere, al nome di
Sirius e Remus, ma spinse i ricordi in dietro.
“Bene, ma non pensare di scamparla, quando
ritorneremo a casa, avremo un discorso, su dove eri stamattina,” disse Lily, dandogli un’occhiata di disapprovazione.
“Va bene,” e tra se, continuò,
non vedeva l’ora. Dopo di questo, altri pensieri si accalcarono nella sua
mente, sempre più velocemente. ‘Pietro non è morto?
Come ha fatto Sirius, ad uscire dal velo? Remus, pensavo...oh no! Perché stavano facendomi questo?’ Si chiedeva, senza posa, quando
si accorse dell’uscita della donna dalla stanza.
“Devo badare a Zykye,
assicurati di esser pronto per le sei,” disse Lily,
abbastanza forte perché la sentisse mentre lasciava la stanza. Harry accennò
col capo, indovinando che Zykye era il bambino ai
primi passi nel ritratto.
“Bene, devo occuparmi d’alcune carte che devono
essere firmate, nel mio ufficio, così ti vedrò alle sei,
ragazzo,” disse James, lasciando la stanza con un piccolo sorriso che
onorava la sua faccia.
“Certo papà, sicuro, uhm, ci vediamo,” disse Harry, goffamente, guardando la stanza, e con un
sospiro, disse tra se. “Se posso trovare dov’é,”
sedendosi di nuovo sul divano.
Rinuncia: Evidentemente le cose che
riconoscete, non sono le mie o io sarei ricco! Bene
l'unica cosa che è mio sono alcuni caratteri scelti e
manierismi così come la trama della storia.
cap.4-Trebel e Cena
Harry si sedette di nuovo sul
divano, ripensando all’accaduto. Gli sembrò che fossero passati solo alcuni
minuti, ma in realtà erano ore. Harry alzò lo sguardo puntato sui suoi piedi,
quando avvertì un suono quasi impercettibile. Un piccolo elfo domestico, si
trovava in piedi davanti a lui, in un abito di cotone bianco con l’emblema dei
Potter. La testa era inarcata in rispetto, chiedendo silenziosamente il
permesso per parlare. Harry guardò il piccolo elfo, curiosamente, prima che il
capire si fece strada nella sua mente, ed accennò col
capo la sua accettazione.
“Trebel pensa che Harry Master
dovrebbe andare a prepararsi per la cena da sig. Black.”
Strillò Trebel. Il viso di Harry assunse un’occhiata pensierosa.
“Che ore
sono Trebel?” Chiese piano Harry, fissando l’elfo sorpreso.
“Manca un quarto d’ora alle sei, Master.” Rispose Trebel appena Harry finì. Harry
accennò col capo assentemente, alzandosi poi dal divano.
“Sembra che abbia dimenticato
dove si trova la mia stanza, mi mostreresti la via?” Chiese cortesemente Harry,
porgendo la mano all’elfo impaurito.
“E’ troppo onore, Master,
prendere la sua mano,” rispose Trebel, che quando si
accorse di ciò che aveva appena detto, spalancò gli occhi per la paura. Harry
ignorò quello che aveva detto, continuando a mantenere la mano tesa verso il
piccolo essere, caparbiamente.
“Trebel, se per favore mi
accompagnassi...” Disse pazientemente Harry. Trebel
alzò lentamente la sua mano, congiungendola a quella più grande di Harry. Con
un grande e rassicurante sorriso, Harry accennò col capo a Trebel di muoversi.
Un poco vacillante Trebel si avviò, conducendolo ad una grande scalinata che
salirono insieme. Harry osservò come Trebel continuasse
a guardarlo cautamente.
“E’ permesso a Trebel fare una
domanda?” Chiese quietamente il piccolo folletto, aspettando una risposta.
“Certo, sentiti libero di
chiedermi qualsiasi cosa Trebel.” Disse fiduciosamente
Harry, sorridendo di nuovo. Il piccolo folletto domestico
pareva stesse dibattendo se davvero fare la domanda, anche se aveva
avuto il permesso del suo Master. La curiosità vinse ed il piccolo folletto
prese un gran respiro.
“Master,
Trebel stava chiedendosi perché Harry Master sta agendo così diverso?” Chiese
timidamente Trebel a Harry, così piano che il ragazzo dovette tendere verso la
piccola creatura, per riuscire a capirlo.
“Diverso come?” Chiese Harry,
mentre giungevano in cima alla scala. Harry stava memorizzando la direzione
presa da Trebel.
“Non posso dirlo, Master si
arrabbierà e griderà al povero Trebel.” Rispose il
folletto, per poi tapparsi rapidamente la bocca e spalancare gli occhi con
paura. “Trebel non avrebbe dovuto dirlo, Trebel cattivo cattivo folletto domestico.” Strillò paurosamente
Trebel, avviando a colpire la testa su una tavola vicina. Per qualche secondo,
Harry rimase immobile, poi si avvicinò al folletto isterico, allontanandolo
dalla tavola.
Harry trattenne il folletto,
mormorando parole calmanti. Trebel soffiò il naso nel fazzoletto offertogli da
Harry silenziosamente. Harry rimise giù il folletto, riafferrandone la mano,
lasciando che finisse di calmarsi.
“Trebel, ordino che non ti
colpisca in mia presenza.” Disse Harry serio, dando al
piccolo folletto un’occhiata severa all’inizio delle proteste della creatura.
“Sono spiacente, Master, ma
dovevo castigarmi per parlar male del mio Master.” Fu
la malinconica risposta di Trebel, iniziando ancora una volta a piangere. Harry
aspettò calmo che Trebel si ricomponesse nuovamente, mentre continuavano a
percorrere un lungo corridoio. Si fermarono davanti ad una grande
porta di legno.
“Questa è la sua stanza Harry Master. Se Harry Master mi scusa, Trebel deve andare e
castigarsi.” Disse deciso il folletto domestico.
“Oh no Trebel.” Fu la risposta di
Harry, carpendo fermamente la mano del piccolo folletto. “Vuoi venire dentro?”
Chiese Harry. Il folletto si voltò fissandolo, addirittura, ancora più
paurosamente. Harry lo guardò e sospirando, tirò il piccolo folletto riluttante
nella sua stanza.
Harry rimase stupito dalla
bellezza pura e semplice della stanza. Un grande, enorme letto in acero luccicante,
troneggiava maestosamente nel fondo della stanza. Un gran
divano, in seta nera, con grandi e morbidosi cuscini bianchi. Due
comodini, su entrambi i lati del letto. Un grande armadio intonato con uno specchio
appeso sul muro sinistro. Un molle tappeto nero che gli massaggiò i piedi come entrò nella stanza. Articoli per birichinate erano
allineati ai muri, grazie a fascini che li trattenevano li, ed una porta che probabilmente
conduceva ad un bagno. C’era un’altra porta, che sembrava essere un armadio.
Harry fece cenno a Trebel di seguirlo, quando andò a sedersi sul letto.
“Vieni e siediti, Trebel.
Parliamo.” Gli disse Harry, accarezzando il lenzuolo vicino a se. Trebel poteva
solo accennare, mentre restava lì in piedi, impaurito per trovarsi nella stanza
del Master. Cosa che era considerato
un gran privilegio. Ridacchiando, Harry si alzò, e preso il piccolo
folletto, lo fece sedere sul letto.
“Ora che siamo comodi, perché non
mi spieghi quello che vuoi dire con diverso, Trebel?” Chiese calmo Harry, prima
di aggiungere, “Ed io t’impedisco di mentire. Voglio
che tu sia onesto e non puoi danneggiarti in qualsiasi modo.”
Finì, gesticolando verso Trebel per iniziare a parlare.
“Bene Harry Master.”
Avviò quietamente Trebel quasi sottovoce ma ancora
abbastanza perchè Harry Potesse sentirlo.
“Solo Harry Trebel, solo Harry.”
Mormorò lui, scuotendo pensieroso il capo. Harry diede a Trebel un’altra
occhiata austera ai nuovi commenti di protesta.
“Bene H-Harry,
lei sta agendo molto diversamente dal solito. Abitualmente lei è m-molto
cattivo.” Disse il folletto, incerto alla reazione di Harry. “Solitamente, lei
colpisce il povero Trebel e poi ride, e grida agli altri Master, quando le è
conveniente.” Finì Trebel, scuotendo al pronunciare
tali parole.
“Mi comporto davvero così?”
Chiese Harry, che non si aspettava realmente una risposta. Iniziava a sentirsi
realmente preoccupato. ‘Non c’è modo che un folletto domestico
accettasse di partecipare in una birichinata.’Fu il suo pensiero silenzioso.
“Harry Master
è arrabbiato?” Chiese paurosamente il folletto. Perso nei suoi pensieri, Harry
scosse semplicemente il capo. Uscì dai suoi pensieri quando
fissò assentemente un grande orologio.
“No, non sono arrabbiato. Ma lo
saranno mamma e papà se non sarò pronto in cinque minuti.”
Fu la risposta di Harry, saltando giù dal letto e correndo all’armadio. Alla
vista dell’impressionante numero d’abiti presente in lui, lo bloccò sul posto.
L’armadio era enorme, ed era pieno fino all’orlo d’abiti.
“Se
Trebel può, Master, potrei suggerire l’abbigliamento.” Disse Trebel,
avvicinandosi al ragazzo. Disperato, accettò l’aiuto dell’ora energico
folletto.
Con uno
schiocco delle dita di Trebel, gli abiti apparirono, per poi posarsi sul letto.
Harry corse al letto, guardandoli. Rimase sorpreso della scelta di Trebel;
sembrava qualcosa che porterebbe normalmente. Un paio di
jeans scuri e una camicia con un paio di belle scarpe da sera. Rapidamente
si vestì, dimenticandosi della presenza di Trebel, per poi dirigersi al bagno
per cercare di dare una parvenza di ordine ai propri
capelli. Spazzolandoli, notò che non erano, molto lunghi, solamente poco oltre
le sue orecchie. Uscì dal bagno per poi dirigersi alla porta. Dopo un secondo,
rientrò.
“Grazie Trebel, di tutto.” Disse
Harry, sinceramente, abbracciando il folletto sorpreso prima di correre di
nuovo fuori della porta. Se
fosse rimasto alcuni altri secondi, avrebbe sentito le parole bisbigliate di
Trebel.
“Davvero, giovane Master, posso
sentire che lei non è quello che sembra.”Disse a bassa voce Trebel, poi schioccando le dita, svanì
dalla stanza.
Lasciata la stanza, corse verso
la sala. Scesa la scala, si trovò nella sala d’ingresso dove la sua famiglia stava aspettandolo.
“Sei qui, finalmente. E’ quasi
ora di andare via.” Disse Lily, sistemando il bambino ai primi passi. Harry notò
che il bambino aveva capelli neri e occhi color nocciola. “Deve essere Zykye.”
Pensò.
“Stai molto bene, figliolo, ma
dove sono i tuoi occhiali?” Chiese James, curioso, tenendo Cyzelena per mano.
Harry notò che non aveva gli occhiali, ma che poteva vedere perfettamente.
“Uhmm,
vedi papà, credo di non averne più bisogno.” Rispose
zoppamente Harry alle occhiate diffidenti dei suoi genitori, ma cercando di
ridere.
“Certo, sarà meglio andare.
Zykye, alzati.” Disse Lily, mettendo dolcemente in giù il piccolo bambino. James
si avvicinò con Cyzelena in rimorchio, estraendo un pezzo di carta.
“Toccate la carta, useremo un
portkey per giungere a Grimmauld Place.” Disse James,
mentre tutta la sua famiglia allungò un dito sopra di esso.
Harry tese al sentire la parola Grimmauld Place, ma non ebbe tempo per ritrarre
il dito, sentendo immediatamente la famigliare tirata all’ombellico.
La prossima cosa che conosceva,
era che stava sbarcando sul pavimento duro, gli occhi chiusi. Harry li aprì,
lentamente, alzandosi dal pavimento. Osservò i dintorni, notando che questo non
era il Grimmauld Place che conosceva. Ricordava, al contrario, una vera casa.
Al sentire delle voci, si voltò.
Alla vista di Sirius e Remus,
trattenne il respiro. I due si stavano avvicinando alla sua famiglia, entrambi
con grandi sorrisi sui visi. Harry, per primo, guardò Sirius. Sembrava così
molto più giovane della persona che era nei suoi ricordi; e gli occhi, non
erano infestati dagli spettri d’Azkaban. Un brillante scintillio di danno, era
invece in loro, mentre i suoi capelli neri, incorniciavano il viso. Poi, si
volse verso Remus; questo non era il suo Remus. Questo Remus aveva capelli
dorati con poco grigio e poche rughe di preoccupazione,
sul suo viso. I suoi grandi occhi color ambra non mostravano
disperazione e crepacuore, ma solo felicità.
Fu allora che si accorse di un
altro uomo, eretto vicino Sirius. Era leggermente
sovrappeso, con capelli castani. Un sorriso sul viso, guardando ai suoi unici
amici. “Pettigrew, che cosa ci fa lui qui!” Gridò, cercando istintivamente alla
sua bacchetta, per accorgersi che non c’era. ‘Non c’è
problema, lo farò nel modo dei muggle.” Si disse, sorridendo ferocemente. Si
fiondò verso il piccolo uomo. Colpì ovunque le sue mani potessero giungere.
Calciò dappertutto le sue gambe arrivarono, sorridendo ai gemiti che
provenivano dall’uomo frignante. Improvvisamente sentì due forti braccia che
l’avvolsero, tirandolo via dal ratto. Harry guardò il colpevole con un’occhiata
alienata negli occhi, ma gli permise di farlo con un sospiro. Sirius lo mise dolcemente
a terra, mentre Remus aiutò Peter a rialzarsi dal pavimento.
“Harry James Potter, che cosa
significa tutto questo!” Esclamò Lily, arrivando accanto a Harry in un attimo.
Harry guardò negli occhi di sua madre, e si accovacciò alla vista della furia
contenuta in loro. Voldemort era pauroso, ma una madre furiosa era qualcosa di
molto più spaventoso!
“E’ stato un attacco di panico.”
Disse zoppamente Harry, non riuscendo a pensare ad una migliore scusa. Lily gli
diede un’occhiataccia, ma accettò la scusa. Poi si
diresse verso di James, intento a ridere. James gli fece l’occhiolino, prima di
seguire Sirius alla sala da pranzo dove era pronta la cena.
Remus tornò un momento dopo,
seguito da un Pettigrew impaurito di Harry. Tutti si sedettero all’apparire del
cibo sulla tavola. Harry era tra una donna alta, che non aveva notato prima, e
sua madre.
“Harry, caro, puoi passarmi il burro?”
Chiese la donna, cortesemente, mentre lei passava le patate a James. Harry
accennò col capo assentemente, passando il burro ed ascoltando la conversazione
quieta che sua madre stava avendo con la donna.
“Roma, non puoi essere seria,
abbiamo già abbastanza pazienti così com’è ora.” Disse
incredulamente Lily, scuotendo la testa.
“Lo so, ma hanno insistito che li
prendessimo.” Fu la risposta della donna chiamata Roma,
che concordando con l’amica, scosse la testa anche lei. Harry volse lo sguardo
verso suo James, intento a conversare piano con Sirius ed un ragazzo di
approssimativamente 9 anni.
“Figliolo, quando andrai a
Hogwarts, devi continuare il lavoro di famiglia,
diventando un padrone nelle birichinate.” Stava dicendo Sirius al ragazzo, che
accennava col capo energicamente. Harry stava sentendosi più confuso ogni
momento. ‘Sirius non ha mai avuto un figlio.’ Fu il suo
pensiero.
“Si, tu e Harry sarete i nuovi
Marauder, portando rovina e devastazione nella scuola.”
Aggiunse James, gettando un pugno in aria.
“Oh no, non lo saranno!”
Esclamarono in unisono, scuotendo la testa, le donne.
“Il mio Harry non prenderà parte
nelle vostre fantasie su birichinate.” Fu
l’affermazione caparbia di Lily, scuotendo un dito ai due uomini.
“Neanche il mio Jake, Sirius, così è meglio che fermi immediatamente questa
sciocchezza, o stasera dormirai sul divano.” Dichiarò
seriamente Roma, fissando un Sirius che mormorava.
“Ti auguro un buon sonno sul tuo
divano, Sirius, mentre io dormirò in un conforte—”
Iniziò James, ma fu prontamente interrotto da Lily.
“Oh no, James. Se non la pianti
immediatamente con queste ridicole fantasie, anche tu dormirai sul divano.” Ridacchiò Lily, sorridendo perfidamente ad un Sirius
ghignante.
“Che
cosa ridi, tu sei messo come me!” Esclamò James ridendo ad un Sirius con una
faccia solenne.
Harry ridacchiò alle buffonate
dei due, guardando Remus ridere dei suoi due migliori amici. Poi, volse lo
sguardo verso Pettigrew, intento a mangiare. Harry ingoiò la sua rabbia,
continuandosi a ripetere che questo non era il suo Pettigrew, ma un
impostore...o lo era? Scosse la testa, come per liberarlo di tali pensieri e
finì di mangiare.
Il resto della cena andò
piuttosto bene, e presto fu ora per lasciare Grimmauld. Mentre
tutti si scambiavano i saluti, Harry si guardò attorno curiosamente. Ricordi
invasero la sua mente...Sirius che ride mentre cantano
canzoni di Natale durante il suo quinto anno...parlare a Sirius e Remus nel fuoco...Kreacher e quell’orrendo dipinto della madre di Sirius...dove
sono Kreacher e il ritratto?
“Sirius, dov’è il vecchio dipinto
di tua madre?” Chiese, prima di potersi fermare. Sirius sembrò sorpreso ad esser
interpellato dal giovane erede dei Potter. Cosa che Harry
immagazzinò per pensarci su più tardi.
“Ce ne siamo liberati non molto tempo
fa, non ricordi?” Chiese curioso Sirius, fissando malinconicamente Harry. Harry
scosse la sua testa, per poi fare un’ulteriore domanda.
“EKreacher?” chiese un poco assentemente, guardando la
stanza.
“Come conosci Kreacher?”
Chiese Sirius con tono indagatore. Harry guardò nuovamente verso Sirius, un
poco pensieroso, prima di capire di aver fatto un passo falso.
“Non l’hai menzionato prima?”
Mentì Harry, sgridandosi silenziosamente per non pensare prima di parlare.
“No, credo di non averlo fatto.”
Disse Sirius con sospetto, continuando a guardare fissamente il figlioccio.
“E’ ora che andiamo.” Intervenne
James, prima che Harry potesse pensare ad una risposta.
James estrasse lo stesso pezzo di
carta e gesticolò verso loro di afferrarlo. Come Harry avvertì
la familiare tirata dietro all’ombellico, volse un nuovo sguardo agli
occhi blu scuri e diffidenti di Sirius.
Harry sbarcò assentemente nella
magione dei Potter. Incominciò a camminare sui gradini, non curandosi del fatto
che i suoi genitori stessero gridandogli di ritornare. Harry andò nella sua stanza,
dove rapidamente si cambiò in un pigiama nero di seta e si stese sul letto.
Harry ripensò a tutto ciò che era
accaduto quel giorno. “Domani devo svegliarmi presto, e cominciare a cercare
informazioni su questo posto.” Pensò Harry tra se. Non
poteva spiegarlo, ma per un qualche motivo, profondo in se stesso, sapeva che
queste persone non erano impostori e che poteva avere fiducia in loro. il suo ultimo pensiero coerente, prima di precipitare in un
sonno felice, fu: “Come posso avere fiducia in qualcuno quando la mia fiducia è
stata tradita così molte volte?” E poi, si addormentò, non sapendo che qualcuno
aveva sentito quel pensiero e sospirò in accordo a giovane.
Rinuncia:
Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è mio
sono alcuni caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
cap.5-Segreti svelati e ricordando il
passato 1
Harry aprì
lentamente gli occhi, così da poter adattarsi alla luce che entrava da una
finestra vicina. Qualcosa l’aveva svegliato, una voce alta e morbida.
Liberandosi dalla sua sonnolenza, il naso, avvertì un odore dolce, per poi
accorgersi di vapore che si alzava da vicino a lui. Harry si girò, strillando,
in sorpresa, alla vista di un lungo e sottile naso, vicino
alla sua faccia, e due grandi occhi verdi che sbirciavano verso di lui,
pazientemente.
“Trebel, cosa
stai facendo qui? Che ora è?” Chiese Harry, riprendendo a
respirare. Trebel, scusandosi, indicò un orologio sul muro, che sembrava
una ginestra. Erano le undici; per la prima volta in anni, aveva dormito fino a
tardi.
“Trebel stava
solo venendo a svegliare Harry Master, signore. Trebel
ha portato colazione per Harry Master,” disse Trebel
emozionatamente e, addentando le dita, un vassoio apparve. Frittelle con
sciroppo, e uova con toast, erano su di lui. Sull’orlo del vassoio, c’era del
succo di zucca.
“Grazie Trebel,£ disse Harry, sinceramente, e rise quando il suo stomaco
iniziò a brontolare. A quanto pare, sono un poco
affamato, eh?” Disse Harry, ridendo piano.
“Trebel indovina
che Harry Master è, dato che il suo stomaco dice così,”
rispose Trebel, seriamente. “Ha più bisogno dei miei servigi, signore?” Chiese
rapidamente Trebel, quasi rimbalzando sui suoi piedi. “Hai mangiato, Trebel?”
Chiese Harry, mentre si sedeva, così che potesse mangiare comodamente. Trebel
inclinò il capo, confusa, prima di scuotere la testa. “bene, siediti e permettici
di mangiare quest’eccellente pasto,” rise Harry,
mentre faceva un cenno a Trebel.
“Ma signore
Trebel non potrebbe mai mangiare col Padrone, non è corretto,”
mormorò Trebel rapidamente, occhi verdi brillanti che soddisfacevano quelli più
scuri.
“Bene, io
affermo che oggi, quello che io dico è corretto, va bene Trebel?” Chiese Harry,
già sapendo la risposta ma sorridendo lo stesso quando Trebel accennò col capo
felicemente.
“Va bene
signore, ma solo se devo,” mormorò Trebel felice,
lottando per salire sul letto. Harry ridacchiò, per poi afferrare il piccolo
elfo e posarlo a sedere accanto a se.
“Devi,” disse Harry quietamente. “Così, che tipo di cibo ti
piace, Trebel?” Chiese Harry, curioso, dato che non aveva mai chiesto prima ad
un elfo domestico che cosa mangiassero.
“Oh! Noi elfi
domestici mangiamo tutto come lei signore, eccetto che io cerco di star lontano
dai dolci, perchè dà a Trebel il mal di stomaco,”
disse Trebel, mentre schioccò le dita per far apparire un secondo vassoio, con
la sola differenza di un vetro d’acqua invece che succo di zucca.
“Davvero? Alcuna
idea del perché?” Chiese Harry, mentre prendeva un pezzo di frittella con la
forchetta.
“Bene, ho una
teoria, signore...” Disse Trebel. Continuò così per circa una mezz’ora. Furono
fatte domande a cui si diedero risposte, mentre lo stomaco era riempito e
guarito dalla fame.
“Che cosa deve fare oggi Harry master? Chiese Trebel come
finirono e lui bandì via i vassoi sporchi di cibo.
“In realtà, mi
chiedevo se potessi mostrarmi la biblioteca, dato che ho cose di cui occuparmi,” disse Harry, alzandosi dal letto. Raccolse Trebel e lo mise
dolcemente in piedi.
“Certo signore,
Trebel è molto felice di mostragli. E’ solo alcune
sale più giù,” fu la risposta di Trebel, mentre
chiudeva gli occhi. Harry guardò all’elfo incuriosito, ma dopo alcuni casuali
pensieri, venne alla conclusione che doveva vestirsi, dato che era ancora nei
suoi pigiami.
Dall’armadio
prese un paio di jeans scuri ed una camicia nera. Si vestì rapidamente, per poi
porsi un paio di pantofole scure che sembravano molto confortevoli
dato che non aveva voglia di mettersi delle scarpe regolari. Poi, si
diresse al bagno. Usato il lavabo, si guardò nello specchio e si fece beffe del
suo aspetto.
I suoi capelli
erano corti e disordinati come quando era giovane, e dire
che non gli piaceva era una dichiarazione attenuata. Harry tentò di sistemare i
suoi caparbi capelli neri diritti in giù, ma inutilmente. Finalmente, un poco
adirato, si decise di uscire dal bagno.
“Ora puoi
guardare Trebel. Possiamo andare, ora?” Chiese Harry, senza aspettare una
risposta e camminando fuori della stanza per poi aspettare pazientemente il
piccolo folletto.
“C’è qualche
problema, signore?” Chiese Trebel, con la famigliare occhiata impaurita nei
suoi occhi. Harry, sorrise rassicurante al piccolo elfo, che immediatamente
rilassò.
“Sto bene, sono
solo un pò depresso, ma quello è tutto. Ora, possiamo andare?” Chiese Harry, gesticolando
verso Trebel per far strada. Trebel accennò col capo,
e cominciò a camminare verso i gradini per condurre Harry rapidamente alla sua
destinazione. Il silenzio regnava, mentre Trebel lo condusse oltre la sala
d’ingresso e verso due porte doppie di vetro. Harry guardò oltre le porte,
riuscendo a vedere delle mensole e tavole e sorrise all’apparente confortevole
stanza.
“Grazie Trebel,
e se puoi portarmi del pranzo in un paio d’ore, te ne sarei molto grato,” disse Harry, mentre Trebel accennò col capo felicemente
per poi addentare le dita e andare via con uno schiocco. Harry, fece un
profondo respiro, poi entrò nella stanza. Si fermò al centro di essa e guardò i suoi dintorni.
Librerie erano
poste di fronte a lui, con etichette come Fascini
di Difesa o Trasfigurazioni per Duelli.
Harry alzò lo sguardo, accorgendosi che c’era un altro piano, e iniziò a
cercare una scala. Trovatola, sorrise e finì di osservare la stanza. Divani di
cuoio di un rosso scuro, erano negli angoli della stanza, e tavole di legno di
ciliegio posavano nel centro, orgogliosamente. Sedie di color nero, che
parevano molto confortevoli, erano poste sul luogo.
“Bene, è meglio
che incominci, dato che potrei rimanere qui per parecchio,”
mormorò piano, e si mosse verso una libreria con su un’etichetta che diceva Libri Miscellanei su Maledizioni. Harry
cominciò a scegliere libri in maniera casuale, guardando attraverso l’indice
non sapendo, di preciso, cosa cercare.
Un paio d’ore
dopo, non aveva ancora trovato nulla. Aveva guardato attraverso molti libri,
tutti che risultavano irrilevanti. Harry fece un
sospiro, precipitando sopra di uno dei divani rossi. Il suo stomaco iniziò a
far rumore, facendolo pensare a del bel cibo pronto
per esser mangiato. Come da magia, si sentì un piccolo rumore, e Trebel apparve
di fronte a lui, con due vassoi galleggianti di cibo.
“Trebel ha
portato cibo per il signore, e non ha ancora mangiato,”
disse Trebel astutamente, andando vicino ad una tavola e si sedette, posando attentamente
i carrelli. Di malavoglia, Harry si alzò, per arrivare fino alla tavola da cui
proveniva un meraviglioso odore di cibo.
“Così, Harry Master ha trovato ancora qualsiasi cosa?” Chiese Trebel,
rompendo il silenzio tra loro.
“No, non sono
neppure sicuro dove guardare. Ho bisogno dei vecchi numeri del Daily Prophet,” mormorò Harry, più a se stesso che a Trebel. Contrariamente
a quel che pensava, Trebel lo sentì e strillò eccitato, saltando su e giù sulla
sedia. “Se Harry Master mangia tutto il suo cibo, Trebel gli mostrerà dove
Padrone tiene tutti i Daily Prophet,” disse Trebel,
mentre mangiava un pò di patate.
“Davvero? Grazie
Trebel,” esclamò Harry, iniziando a mangiare
rapidamente, ansioso di aver risposte alle sue domande.
“Ma Harry Master
deve mangiare, dato che è così magro,” lo rampognò
Trebel, scossando un dito puntuto e lungo verso Harry, con un’espressione
austera sul viso. Harry accennò col capo, dato che aveva la bocca piena di
cibo; Harry ingoiò e riempì di nuovo la bocca.
I due mangiarono
in silenzio, uno che era felice e l’altro ansioso di dire una parola. Piuttosto
rapidamente, entrambi finirono e Trebel, fece piazza pulita,
prima di saltare dal suo posto e sbarcare pesantemente sul suo sedere, Trebel
rise in imbarazzo, e Harry, lo congiunse presto, un poco più riservato. Harry
porse la mano al piccolo elfo, che con gratitudine l’accettò. “Da questa parte,
signore, dobbiamo salire i gradini,” disse Trebel,
trascinandolo per la mano verso la scala. Salirono con calma la scalinata, in
silenzio. Presto giunsero in cima, e Harry era trascinato verso un grande
schedario di tipo muggle.
“In questo
congegno muggle, ci sono i numeri vecchi del Daily Prophet,”
disse Trebel, gesticolando verso l’armadietto. “Harry Master dovrebbe esser
capace di trovare tutto quello che sta cercando,”
aggiunse Trebel calmo, e addentò le dita sparendo, lasciando Harry con la bocca
aperta.
“Quelli sono un
casino d’anni!” esclamò Harry, guardando all’armadietto. Harry al pensiero rise,
“Bene, a cosa serve la magia,” ed aprì l’armadietto, cominciando ad estrarre il
primo Daily Prophet, di alcuni giorni prima. Il titolo diceva “ ‘LightningStrikers
perdono il Big One!’Bene, se quella è la linea, non deve star
succedendo nulla di cui preoccuparsi,” disse Harry, rimettendo a posto il
giornale. Chiuse l’armadietto ed aprì il secondo cassetto, estraendo il primo
Prophet. Questo era del 1981, e il titolo diceva “Longbottom Manor Attaccata
da Tu-sai-chi.”Harry lo posò, per afferrare rapidamente
il prossimo. Lesse, “Neville Longbottom il-ragazzo-che
–visse!”
Rinuncia:
Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei
ricco! Bene l'unica cosa che è mio sono alcuni
caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
cap.6-Segreti svelati e ricordando il passato 2
Harry non poteva muoversi, era
come se il suo corpo si fosse conficcato sul posto, e tutto il resto girava
attorno a lui. Il tempo aveva smesso di scorrere mentre i suoi occhi fissavano
il titolo, fino a che ebbe bisogno di battere le palpebre. Il giornale scivolò
dalla sua presa, mentre Harry si sedeva lentamente a terra. Harry fissò davanti
a se, i pensieri che andavano a tutta velocità nella sua mente.
Come? Quella era la domanda che
si ripeteva all’infinito nella sua testa. Come poteva Neville essere il Ragazzo-che-Sopravvisse se non
aveva la cicatrice? O l’aveva? Istintivamente Harry
strofinò la mano sulla sua fronte, ma tutto quello che sentì era pelle
perfettamente liscia. Il respiro cominciò a diventare pesante, mentre si alzava
e scongiurava uno specchio. Inorridito Harry fissò la sua fronte, mentre
allontanava le ciocche di capelli. Pelle lievemente abbronzata. La cicatrice
non c’era più.
Improvvisamente si sentì solo,
pazzo come mai prima. Harry non poteva sentire l’altra presenza, o residuo
scuro magico. La cicatrice con la quale era cresciuto, non c’era più, qualcosa
non andava e Harry, comprese che tutto era appena diventato più serio. Ora,
mentre ci pensava, l’ultima cosa che ricordasse, era di star sdraiato giù al
lago, e desiderare di avere una vita diversa, desiderando
che il suo destino cambiasse. Tutto cliccò al suo posto. Questo non era uno
scherzo; il mondo in cui era cresciuto e per cui aveva
sacrificato la sua infanzia, era andato. Il
suo mondo l’aveva lasciato e spedito in un mondo in cui Voldemort non era andato dopo la sua famiglia. Dopo lui.
Bandì via lo specchio, prima di
riprendere nuovamente in mano il giornale che aveva rovinato la sua vita, o non
lo faceva? Potrebbe, forse, avere finalmente la vita normale che ha sempre
voluto? Era di nuovo giovane, non poteva solo sedersi e lasciare che fosse la
vita di qualcun altro che era rovinata? La verità era
che, Harry sapeva benissimo che non poteva, non dopo esser stato allevato come
l’eroe che salvava le persone; poteva provare, ma sapeva che il
Neville nuovo morirebbe a causa della paura causata dalla semplice idea
del compito. Potrebbe permettere di accadere? Ma ora,
Neville aveva la cicatrice, no? Quindi chi era Harry
per dire quello che Neville poteva o non poteva fare?
Tutto quello che poteva fare, era
attendere gli eventi che sapeva accadranno, dato che
sembrava che non molto altro fosse cambiato. Si assicurerebbe di sapere se uno morirà, ma null’altro. Lavorerebbe sodo e cercherà
un lavoro regolare, come una persona regolare.
Nel suo animo sapeva, però, che
non poteva mai essere così normale, così decise che avrebbe
usato cautela e accuratezza nelle sue azioni. Le linee secondarie, lui lavorerà
dietro le linee secondarie, senza permettere a nessuno
di scoprire i suoi piani. La volta precedente aveva perso tutto a causa di
Voldemort, questa volta, sapeva tutto quello che Voldemort farà.
Un riso soffocato echeggiò nella
bocca dell’undicenne, con divertimento. Questa volta, tutto quello che doveva
fare era fare un augurio e potrebbe trovare qualsiasi
cosa che voleva. Ginny non sarebbe morta...Ginny e Dumbledore non moriranno. Harry sorrise mentre una
piccola lacrima scendeva sulla guancia a tale pensiero.
Harry rimase in piedi, comprendendo
che c’era un problema nel suo piano. Lui era debole. Doveva
fare qualcosa per cambiare ciò, perchè forza intendeva potere; anche i suoi
capelli, dovevano cambiare. Aveva capito che se lunghi, diventavano più
maneggevoli, perché più pesanti.
“Tanto vale che inizi,” mormorò Harry a se stesso, prima di uscire dalla stanza e
cercare i suoi genitori. I suoi genitori, una parola che suonava paradisiaca ai suoi orecchi.
Un brillante sorriso comparve sul suo viso, mentre ascoltava il chiacchiericcio
che arrivava dal soggiorno.
Sua mamma era in cucina,
canticchiando una canzone che Harry non conosceva. Stava lavorando a quella che
sembrava una sciarpa a maglia, o almeno, era quello che sembrava. Non si
accorse di Harry che stava osservandola, e continuò a canticchiare
allegramente. Harry sorrise, prima di sedersi accanto a lei, sul divano.
“Ehi, uhm...mamma,” mormorò incertamente Harry, non sapendo che reazione
riceverebbe. Spaventata, Lily saltò, dato che non aveva
sentito entrare nessuno. Sorrise a Harry, un poco
sorpresa, dato che solitamente il ragazzo preferiva andare fuori o
restare in camera sua, durante il giorno.
“Ehi Harry, hai bisogno di
qualcosa?” Gli chiese Lily, con un piccolo sorriso sul viso. Harry scosse la
testa, con chiara confusione sul viso. “Hai fame?” Chiese di
nuovo Lily, ma ancora una volta rimase sorpresa dal gesto negativo del
figlio. “Cosa vuoi, allora?” Chiese confusa Lily,
mentre tentava di pensare a qualcosa che poteva aver dimenticato di fare, ma
Harry non sembrava arrabbiato.
“Voglio solo restare a guardarti,” mormorò Harry con un piccolo sorriso. Non poteva fare a
meno di notare come sua madre sembrava meravigliosa seduta là, con
quell’espressione confusa sul viso. Le sopracciglia di Lily volarono in su al commento del figlio, poi scosse la testa, come per
chiarire i propri pensieri.
“Scusami, cosa hai detto?” Ancora
una volta chiese Lily, alla notizia che il figlio a
cui nemmeno piaceva parlargli, stava dicendogli che desiderava solo restare a
guardarla.
“Voglio guardarti, ma se non vuoi, io—” Avviò Harry, pensosamente. Sua mamma sembrava
così sorpresa, mentre lo osservava, per poi accennare lentamente col capo.
“No no
Harry, puoi guardarmi,” disse lentamente Lily, quasi
stesse parlando con un matto. Il sorriso di Harry crebbe, mentre si sedeva di
nuovo sul divano, incrociando le gambe sotto di se.
“Cosa facciamo
oggi?” Chiese Harry, sorridendo felice a sua madre. Lily alzò lo sguardo dal
lavoro per posarlo su di Harry, prima di scuotere la testa.
“Nulla, stiamo solo a casa, anche
se più tardi, forse verranno Remus e Sirius,” rispose
lei, posando il lavoro a maglia. “Cyzelena intende alimentare il Pegasus e io, ho appena messo Zykye a letto per un pisolino,” continuò Lily mentre si allacciava i capelli in una coda
di cavallo alta. “Rico sarà presto a casa dai Weasley, dato che ha passato là
il fine-settimana,” aggiunse pensierosa, mentre si
sedeva come Harry.
“Oh...si
Rico e Jenny,” fu la goffa risposta di Harry, ricordando nuovamente il dipinto
della sua famiglia. Rico doveva essere il ragazzino sui sette, ma chi era
questa Jenny? Nel suo mondo, l’unica
ragazza Weasley era Ginny.
“Così, cosa vuoi per cena, caro?”
Gli chiese Lily, interrompendo i suoi pensieri. Harry arrossì ad essendo stato
preso fuori guardia, prima di aggrottare le sopracciglia pensierosamente.
“Uhm, qualunque cosa che vuoi tu,” mormorò Harry mentre sentì un pianto provenire dalla
stanza accanto. Harry gettò uno sguardo dietro di se, osservando una porta
aperta per poi girarsi di nuovo verso sua madre, che sembrava preoccupata.
“Vado io?” Chiese improvvisamente Harry, guardando nuovamente la porta, con uno
sguardo bramoso alla porta aperta.
“Se davvero lo vuoi,” rispose Lily, con un piccolo sorriso orgoglioso sul viso,
mentre lo guardava. La faccia di Harry arrossì, l’abbracciò e poi si diresse
verso la porta.
Aprì, entrò e richiuse dietro di se. Harry sorrise alla
vista di una culla nell’angolo della stanza. Stanza che aveva pareti colorate di un blu chiaro, con animali animati che correvano
sul soffitto. Harry si avvicinò alla culla in cui un bambino stava
lamentandosi, e diede un’occhiata a suo fratello.
“Shh
Zykye,” disse a bassa voce Harry, sorridendo
amorosamente al fratello. Il fratello che, non aveva mai avuto nel suo mondo. Lo prese in braccio,
cullandolo protettivamente al petto. La pelle di suo fratello era morbida come
i petali bagnati dalla rugiada mattutina. Zykye sospirò, e lo fissò dalle sue
braccia. Harry lo cullò di nuovo prima di sedersi su di
una sedia a dondolo.
Harry guardò gli occhi del
fratello ancora chiusi, e alcune lacrime scapparono dai
suoi. Tirò su col naso, mentre ripensava a questa vita, la vita
che avrebbe potuto avere, la vita che ora aveva. Aveva una famiglia che l’amava
e tutti erano vivi. Non potè evitare di ridere alla memoria di quando aveva
incontrato Ron e Hermione la prima volta.
Harry non notò né curava del
fatto che qualcuno stava osservandolo, mentre singhiozzava quietamente. Lily
chiuse silenziosamente la porta prima di voltarsi e andare a cercare James, per
parlargli di Harry. Lily non poteva credere che Harry stesse piangendo; non
l’aveva visto piangere da quando era un bambino.
Sembrava così innocente, mentre osservava innocentemente Zykye.
L’Harry che lei aveva allevato
era cattivo e scortese con chiunque s’incontrasse. Per
peggiorare le cose, Albus Dumbledore, era venuto a casa loro all’inizio
dell’anno, annunciando che Harry non poteva andare a Hogwarts. Disse a lei e
James che Harry era un piccolo razzo. Non avevano ancora trovato il coraggio di
dirglielo.
Lily arrivò all’ufficio di James
e bussò quietamente prima di entrare. James era seduto alla sua scrivania,
guardando a del lavoro, ma alla bussata, alzò lo
sguardo. Alla vista della moglie, sorrise, facendogli segno di sedersi. Lily
sorrise, mentre si sedeva vicino al marito.
“E’ su Harry,”
mormorò Lily, aggiustandosi l’abito. James sembrò preoccupato, prima di
togliersi gli occhiali per poi pizzicarsi stancamente il ponte del naso.
“Cosa ha
fatto, questa volta?” Chiese James, rimettendosi i suoi occhiali. Guardò nuovamente
verso Lily, che stava lanciandogli occhiate di disappunto.
“Perchè devi sempre presumere il
peggio?” Chiese retoricamente ancora una volta Lily, sospirando, prima di
inclinarsi nuovamente nella sedia e mettere i piedi nel grembo di James.
“Bene, se non è nulla di male,
allora che c’è?” Chiese curioso James, mentre gli toglieva le scarpe e
cominciava a strofinare i suoi piedi.
“Non ti sembra diverso?” Rispose
Lily, fronte corrugata, mentre si rilassava internamente come lo stress lasciò
i suoi piedi.
“Bene, un po’ più calmo e
cooperativo,” disse assentemente James, con uno
sguardo fisso sulla moglie. “Eccetto quando ha attaccato Pietro,” aggiunse James, con un piccolo riso soffocato
all’immagine di suo figlio che attacca l’amico.
“Quello, James, non era divertente,” lo rampognò Lily, ma nei suoi occhi verdi era presente un
piccolo scintillio. “No, quello che voglio dire io è che non sembra Harry,” disse a bassa voce, con una nota triste in essa. Poi gli
raccontò quello che aveva visto nella stanza di Zykye e sulla conversazione
avuta con Harry prima.
“Forse, è solo cresciuto,
finalmente,” suggerì James, mentre rimetteva le scarpe
a Lily e si alzava. “Vieni, Rico ormai dovrebbe star arrivando,” disse James, iniziando a fargli il solletico senza pietà,
per poi mettersela in spalla.
James la portò nella sala, ancora
ridendo. Finalmente, James fermò a fargli il solletico, rimettendola a terra,
quando giunsero al soggiorno. Harry si era seduto sul divano che leggeva un
libro, quando arrivarono.
“Harry, che ne pensi di una
partita a Quidditch?” Chiese James con un grande
sorriso sul viso. Harry posò il libro prima di
camminare quietamente verso James e guardarlo negli occhi color nocciola.
“Sarebbe grande, papà,” disse Harry, sorridendogli. James sembrò sollevato, ed
afferrata la spalla di Harry, cominciò a camminare, per poi accorgersi che il
figlio non lo seguiva.
“Aspettiamo Rico, così anche lui
potrà giocare,” disse Harry,allo sguardo dubbioso di
suo padre. James e Lily sembrarono sorpresi al
commento, ma non di meno accennarono col capo.
“Arriverà via
Polvere Volante, che ne dici allora di aspettarlo nella stanza di arrivo?” Gli
chiese James, con un braccio su sua moglie e uno su suo figlio, che risero
accettando. Arrivati nella stanza, si sederono in un silenzio comodo, su divani
di cuoio nero davanti al grande focolare di pietra.
Dopo pochi minuti, il fuoco passò da un’arancia scura ad un brillante verde, da
cui uscì un ragazzo alto, di sette anni.
Rico aveva capelli rosso scuro, e
occhi verdi che luccicavano di danno. Era magro, con un gran sorriso sul viso,
mentre era intento a scuotersi la fuliggine dai capelli. Era abbronzato.
“Ti sei divertito con Jenny,
Rico?” Chiese sua madre, mentre si avvicinava per dare al ragazzo un abbraccio.
“Certo mamma,
Jenny ed io abbiamo corso per i prati!” Esclamò emozionatamente Rico, mentre
poggiava una sacca nera da viaggio a terra, e si gettò nelle braccia aperte del
padre.
“Solo te e Jenny, eh?” Lo
stuzzicò James con un sorriso sul viso. Rico arrossì ma
spinse il padre divertito.
“Oh, piantala
papà,” rise Rico. “Dove sono Cyzelena e Zykye?” Chiese
Rico, che doveva ancora accorgersi della presenza di Harry, quietamente in
piedi dietro a lui.
“Conosci Cyzelena, sta correndo
con il Pegasus, e Zykye sta facendo un pisolino,” rispose Lily, con una piccola risata.
“Oh bene, sarà meglio che vada a
vederla,” disse Rico, voltandosi, e bloccandosi al
vedere di trovarsi faccia a faccia con il più vecchio fratello. Paurosamente,
retrocedè, fino ad andare a nascondersi dietro a suo padre. “Oh, non avevo
visto che c’eri anche tu,” disse nervosamente,
sorridendo leggermente al fratello.”Va tutto bene?” Chiese Harry, mentre si avvicinava
lentamente al fratello. Fece per toccarlo, ma prima che ci riuscisse, Rico
saltò nuovamente, come se si fosse bruciato.
“Non ti avvicinare!” Gridò
coraggiosamente, raccogliendo lo zaino. Stava per uscire dalla stanza, quando
si fermò al suono preoccupato della voce di suo fratello.
“Perché?”
Chiese Harry abbattuto, gli occhi sui suoi piedi, non fiducioso d’incontrare
gli occhi del fratello. Aveva paura della risposta che stava per ricevere.
“Perchè la volta scorsa che mi
sei venuto vicino,” disse Rico malinconicamente,
prendendo un alitoprofondo. “Hai
tentato di uccidermi,” finì Rico, guardando ancora una
volta suo fratello, prima di incamminarsi fuori della stanza.
Rinuncia:
Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei
ricco! Bene l'unica cosa che è mio sono alcuni
caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
cap.7: Problemi
Harry fissò in
silenzio la porta che Rico si era chiuso dietro, con calma, allontanandosi…Via
da Harry. Anche se non sapeva cosa era accaduto
precisamente, si sentiva responsabile. Incerto, si morse il labbro, girandosi
poi, verso sua madre e suo padre che stavano
osservandolo malinconicamente. Li guardò, come chiedendo conferma di ciò.
Silenziosamente, girò via, quando ricevette due cenni.
Harry mise le
mani in tasca, prese un profondo respiro, e camminò lentamente fuori della
stanza. Aveva tutta l’intenzione di scoprire ciò che era successo precisamente,
e tentare di risolvere il problema. Harry aprì la porta, camminando lentamente
verso il soggiorno, per pensare in silenzio, per alcuni secondi. Doveva parlare
con Rico, ma non sapeva dove trovarlo. Tutto quello a cui riusciva a pensare
era quella parola, uccidere. La parola che aveva rovinato
la sua vecchia vita, la parola che sperava non la rovinerebbe di nuovo. Per
risolvere il problema, doveva trovare Rico, e per trovarlo,
aveva bisogno di Trebel.
“Trebel,” disse Harry a bassa voce, e pochi istanti dopo, un ‘pop’
annunciò l’arrivo dell’elfo.
“Cosa può fare Trebel, per Harry Master?” Chiese Trebel,
guardando felice al suo padrone.
Harry, guardò
l’elfo domestico, prese un profondo respiro per poi rilasciarlo malinconicamente.
“Ho bisogno che
mi mostri dove trovare la camera da letto di Rico, se puoi,”
rispose Harry, alzandosi. Trebel lo guardò in maniera indagatoria, ottenendo
come risposta, un sorriso silenzioso e triste.
“Trebel non è
sicuro che sia una buona idea, Harry Master,” disse
Trebel, inarcando la testa in vergogna per rifiutare il comando del suo
padrone.
“Lo so, ma ho
bisogno di parlargli Trebel,” disse Harry, sospirando.
Harry, di malavoglia, si risedette, prendendo la testa tra le mani.
“Trebel non
capisce completamente, signore,” mormorò confuso
l’elfo, non sembrando capire le azioni del padrone.
“bene, quello fa
due di noi,” addentò amaramente Harry, gettando
un’occhiataccia all’elfo, che strillò e chiuse gli occhi.
“No Trebel, è
colpa mia, non avrei dovuto perdere il mio temperamento,”
disse miseramente Harry, alzando la testa. “E’ solo che in questi ultimi
giorni, ho avuto molti problemi, ed ora ne ho appena trovato un altro,” mormorò Harry, più a se stesso che a Trebel, che stava
ascoltandolo tristemente.
“Le mostrerò la
stanza di Rico Master, signore,” annunciò
orgogliosamente Trebel, conficcando in fuori il petto con fiducia ritrovata.
Harry sorrise, alzandosi dal divano. Poi, all’improvviso, sollevò l’elfo,
iniziando a rotearlo.
“Grazie, grazie,
grazie,” mormorò Harry. Poi, lo posò a terra.
“Sono qui solo
per servire signore, segua Trebel,” rispose
quietamente Trebel, uscendo dal soggiorno. Harry lo seguì silenziosamente,
pensando alle parole di Trebel. Hermione era nel equanime
nel ritenere ingiusto che gli elfi domestici servissero? O
c’era un’altra ragione sul come e perché erano qui, se non aiutare i maghi?
Harry non lo sapeva, ma voleva trovare la risposta, doveva scoprirlo per
Trebel.
“Trebel sta
chiedendosi, signore se stasera mangerà con la padrona e il padrone e con sig.
Black e sig. Lupin.” Chiese Trebel, mentre salivano le
scale.
“Sai quello che
farò, Trebel,” rispose Harry, con un piccolo sorriso
sul volto ed uno scintillio negli occhi.
“Oh, la padrona
sarà molto eccitata!” Strillò Trebel, come arrivò sul pianerottolo, per poi
aspettarlo.
Harry, lentamente, accennò col capo, prima di mordersi il labbro, nervosamente.
Poi, gli fece una domanda.
“Perché sarebbe eccitata?” Chiese attentamente Harry, quasi
impaurito della risposta. Trebel scosse la testa tristemente, guardando in giù
ai propri piedi.
“Harry Master
non ha cenato con la famiglia fin da quando aveva
sette anni,” rispose Trebel, con un piccolo sguardo verso Harry, che stava
accennando col capo quasi ansiosamente.
“Oh,” mormorò Harry, con un’occhiata colpevole sul viso,
distogliendo lo sguardo da Trebel e sospirando. “Non ero una bella persona,
vero Trebel?” Chiese Harry, sapendo già la risposta, e guardando
vergognosamente al pavimento.
“No, signore,
non lo era,” disse a bassa voce Trebel, scuotendo
tristemente la testa, prima di schioccare le dita e scomparire. Harry, al
rumore improvviso, alzò lo sguardo, notando che si trovava in piedi davanti ad
una porta color rosso scuro. Harry, fece un profondo respiro, poi bussò
leggermente alla porta. Una voce avviluppata, fu tutto quello che sentì prima
di sospirare e far scorrere una mano tra i capelli. Chiuse nuovamente gli
occhi, mordendosi il labbro, per poi aprirli nuovamente e accennare col capo.
Harry arrivò con lentezza alla maniglia, girandola, prima di spingerla
dolcemente.
Harry camminò
nella stanza buia, verso il letto dorato. Mobili di mogano scuro erano sparsi
nella stanza, ed un grande acquario babbani era collocato accanto ad un muro.
C’era una porta che dava evidentemente ad un bagno, ed un’altra porta che
introduceva in un armadio. Il tappeto posava attraverso il pavimento di
linoleum dorato davanti ad una grande finestra con una
panca, sul muro posteriore. Harry osservò un piccolo grumo sotto la coperta.
“Rico, posso
parlarti?” Chiese nervosamente Harry, mordendosi il labbro.
Un piccolo
grugnito fu l’unica risposta mentre si avvicinava, per
poi sedersi sul letto. Una volta sedutosi, Harry riprese a parlare.
“Rico, so che
non sono una persona molto buona, né il miglior fratello,”
iniziò Harry triste. “Ma voglio esserlo,” finì con un
bisbiglio. Non aspettandosi realmente una risposta, prese
nuovamente la propria testa tra le mani. Un piccolo rumore provenne dal
grumo, e Harry si volse per vedere Rico che lo guardava con sospetto.
“Lo vuoi
davvero?” Chiese Rico, con un poco di speranza nella sua voce. Harry accennò
col capo, non avendo fiducia nella sua voce, al momento. “Pensavi che fossi
solo un piccolo e patetico fallimento, no?” Chiese Rico, guardando le proprie
mani.
“Non mi sembri
un fallimento. A me sembri il fratello che amo,”
rispose Harry con un piccolo sorriso sul volto. Rico sembrava ancora un poco
incerto, ma accennò col capo, felice, mentre si sedeva a gambe incrociate.
“E’ una burla?”
Chiese Rico, con il sorriso che si affievoliva, fino a trasformarsi in
un’occhiata diffidente. Harry aggrottò le sopracciglia, scuotendo la testa
esitante.
“Uhm…puoi…bene,
volevo sapere se…uhm…puoi dirmi sull’incidente,”
balbettò Harry, guardandolo diritto negli occhi, e osservando che in essi erano
presenti macchie di marrone. Rico distolse lo sguardo quasi immediatamente.
“No,” disse Rico, trovando improvvisamente molto interessante
il tappeto rosso. Harry provò dolore, ma accennò col capo, in accettazione.
“Bene, non devi
rispondermi; volevo solo sapere.” Borbottò Harry, ma
prima che potesse finire, Rico disse qualcosa.
“Vuoi davvero
sapere?” Chiese Rico quietamente, tanto che Harry
doveva avvicinarsi per riuscire a sentire. Harry accennò col capo, calciando
via le scarpe e sedendo sul letto accanto a Rico.
“Tutto è cominciato mentre eravamo fuori,” iniziò rico, con un
profondo sospiro.
//FLASH BACK//
Rico stava
giocando con Jenny, che era venuta a casa sua poco prima. Jenny stava per
compiere otto anni, ed aveva brillanti capelli rossi, con scintillanti occhi
blu. Stavano guardando Cyzelena che giocava col Pegasus, quando Rico sentì una
porta sbattere rumorosamente. Rico e Jenny si voltarono,
osservando Harry.
“Ehi, Rico, stai
nuovamente giocando con la ragazza Weasley?” Chiese Harry disgustato, ghignando
a Jenny che ritornò il gesto. Rico accennò col capo, adiratamente, tentando di
mantenere la calma, sapendo che il fratello stava solo cercando di tormentarlo.
“Che cosa ti ho detto?” Chiese Harry con tono
arrogante nella sua voce.
“Che i Weasley
sono e sempre saranno immondizia,” rispose Rico, con
un piccolo sospiro, girando lo sguardo all’occhiata ferita che Jenny stava
dandogli. Harry sorrise con malignità, volgendo lo sguardo nuovamente alla
ragazza, facendo una piccolo, fredda, risata. “Ma i Weasley sono migliori di te!” Esclamò Rico, mentre le
mani, strette a pugno, scuotevano. Jenny alzò lo sguardo, sorpresa, e
timidamente gli sorrise, ricevendo in ritorno una
strizzatine d’occhi.
“Cosa hai detto?” Fu l’adirata domanda di Harry, mentre
guardò il fratello e percorse i pochi passi che lo dividevano da Rico.
“Mi hai sentito,
o sei sordo?” Chiese sarcasticamente Rico, guardandolo male.
“Razza di
piccolo idiota, pagherai per quello!” Gridò Harry, spingendo rudemente il
ragazzo a terra. Rico comprese che, questa volta, era andato
troppo oltre. Harry l’innalzò facilmente sulla spalla, spingendo poi la bambina
a terra, guardandola piangere con grandi risa.
Harry continuò a
ridere, mentre camminava, fischiettando, mentre Rico protestava di metterlo
giù. Harry ignorò le proteste, continuando a dirigersi verso un grande lago e sorrise malignamente, trasportando il fratello
dalla spalla alle sue braccia, così che potesse vedere quello che stava per accadere.
“Questo, è ciò
che succede quando m’insulti,” disse Harry,
continuando a ridere malevolmente. Rico volse lo sguardo, osservando
paurosamente all’acqua, cominciando nuovamente ad uggiolare.
“No, per favore,
Harry,” implorò il piccolo ragazzo, appendendosi su
Harry per la propria vita. Harry ghignò, disgustato, al comportamento di Rico.
“Tu non sei mio
fratello, ma un’onta al nome dei Potter,” Rispose
Harry a labbra strette. Poi, gettò Rico nel lago, lasciando
che si arrangiasse ad uscirne. Il problema, era che Rico non sapeva
nuotare.
//FLASH BACK//
“Jenny era
andata a cercare mamma, e ti trovò che sedevi sotto un
albero, fischiettando,” disse a bassa voce Rico, un brivido incontrollabile che
gli attraversava il corpo.
“Che cosa è accaduto poi?” Fu l’esitante domanda di Harry,
mentre una lacrima scendeva sulle guance pallide.
“Mamma mi vide
circa dopo un minuto che mi avevi buttato in acqua, stavo ormai rinunciando
alla speranza e iniziando ad affondare,” continuò
Rico, prendendo un profondo respiro, per poi continuare.
“Ci vollero
qualche altro minuto prima che papà potesse prendermi
fuori dall’acqua, e allora ero inconscio, anche se respiravo. Papà mi trasportò
a San Mungo, dove mi rianimarono,” finì Rico, iniziando
a singhiozzare quietamente, per poi posarsi nuovamente contro i cuscini. “Sono
quasi morto, e tu ritornavi al Feudo, fischiettando allegramente e ridendo,” aggiunse Rico, tirando su col naso, coprendosi nuovamente
con la coperta.
Harry fissava
suo fratello, senza parole. Il fratello, che non aveva mai
avuto, e da lui pressoché ucciso. E durante
quel momento, il suo altro se stesso, tutto quello che faceva era ridere e
fischiettare? Era così in questa realtà?
Si stese accanto
a suo fratello, e protettivamente mise il braccio attorno alla vita del più
piccolo ragazzo. Rico, per prima s’irrigidì, per poi rilassarsi
quando Harry iniziò ad accarezzarlo sui capelli rossi.
“Non
preoccuparti, Rico, non voglio tornare ad essere così,”
mormorò Harry, più a se stesso che a Rico addormentato. Harry continuò a
mormorare parole tranquillizzanti, fino ad accorgersi che aveva iniziato a
fischiettare un motivo dolce, che gli sembrava famigliare. Harry ridacchiò,
prima di addormentarsi.
Rinuncia:
Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei
ricco! Bene l'unica cosa che è mio sono alcuni
caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
n.t. per sbaglio, ho postato il cap. 8 con il n.7.
Chiedo scusa per il disguido, e vi invito a leggere il nuovo cap. 7.
cap.8-Cena ed Indovinello
Quando qualcuno lo scosse nella spalla, Harry si
svegliò subito. Per un minuto rimase lì, a ricordare ciò che era successo.
Ricordi di Rico e l’incidente, attraversarono la sua mente, facendo gemere
involontariamente. Il ragazzo mormorò a chi stava scuotendolo di lasciarlo in
pace, ma il disturbo continuò.
“Va bhe, mi alzo,” mormorò Harry, prima di gettare le gambe oltre l’orlo del
letto. Poi, Harry si accorse che Rico non era più accanto a lui, ed era stato Trebel a svegliarlo.
“Harry Master, Trebel stava
venendo solo a risvegliarla per cena con il sig. Black e sig. Lupin,” gli spiegò con un sorriso spettrale sul viso tendente al
marrone.
“Oh, che ora è?” Chiese Harry,
come notò che Rico aveva un orologio nella stanza.
“Pressoché 6:30,
signore e sig. Black e sig. Lupin arriveranno alle 7:00,” disse il piccolo
elfo, poco prima di svanire con un piccolo scatto delle dita.
Harry stette in piedi per un
momento, prima di rimettersi le scarpe. Dopo, rapidamente, lasciò la stanza di
Rico, dirigendosi alla propria per prepararsi per la festa. C’era un problema;
Harry non aveva un indizio su dove andare. Prima era stato così preoccupato che
non aveva prestato minimamente attenzione al percorso fatto da Trebel.
“Uhmm,
Trebel,” chiamò Harry, un poco imbarazzato nel non
ricordare il modo alla propria stanza. L’elfo apparve con un piccolo sorriso e
la piccola testa che scuote. Senza una parola Trebel
prese il braccio sottile di Harry, trasportandolo direttamente nella sua
stanza.
“Grazie Trebel, sei il migliore,” sorrise Harry sinceramente all’elfo, che arrossì prima di
sparire con un altro schiocco. “Vorrei che smettesse di fare così,” mormorò Harry, ed in risposta, poteva giurare di aver
sentito una risata soffocata.
Con un sospiro, iniziò a
scegliere i vestiti appropriati per la cena. Harry camminò nel suo armadio e
guardò verso la sezione delle camicie. Sembrava che il suo vecchio se stesso,
piacessero alquanto i vestiti scuri, ma anche lui era parziale per quelli.
Nero, blu scuro, marrone ed alcune camicie verdi scure con emblemi erano appese
vicino ad alcune magliette.
Harry poi, si girò verso un'altra
parte del suo armadio, riempita con pantaloni. Blu e nero, Kaky, ed un blu strano, quasi verde. Harry sorrise
un poco allo strano colore che lo ricordò, stranamente, del suo vecchio
direttore.
Sotto i vestiti, c’erano scarpe
d’ogni genere. Scarpe da tennis, nere e bianche; scarpe da
sera di vario colore; scarpe da quidditch. C’era anche un paio di pantofole
nere che sembravano non essere mai state usate. Harry scelse una camicia kaki con un piccolo emblema di dragone sul petto a sinistra.
Scelse un paio di scarpe luccicanti, bianche e nere ed uscì dall’armadio per
prepararsi per la sera.
Harry finì di abbottonare la
camicia ed andò verso il cassettone, su cui si trovava una scatola di gioielli
maschili. Esitante, l’aprì, alzando le sopracciglia alla vista della
gioielleria scintillante nella scatola. Orologi d’oro e d’argento, ma fu uno
nero che attrasse la sua attenzione. Lo mise, per poi chiudere la scatola; non
desiderava essere troppo appariscente.
Harry prese un alito profondo
prima di entrare nel bagno, per tentare di governare la massa indisciplinata
dei suoi capelli. Lo specchio mostrava un giovane ragazzo con begli occhi
verdi, che mostravano un qualche genere d’oscurità ignota e capelli neri e
indisciplinati. La sua pelle sembrava un pallido chiaro di luna nell’oscurità.
Non si era ancora abituato
all’intera idea di essere nuovamente giovane,ma presto
l’aggiusterebbe, cominciando da domani. Comunque, per
stasera non ci penserebbe, dato che aveva una cena da frequentare. Spazzolò i
capelli, usando il gel. All’ultimo momento, decise che non gli piacevano, così,
fece scorrere la mano in essi; ancora una volta,
tornarono come prima.
Soddisfatto, spense la luce ed
uscì dal bagno e fuori della stanza. Attraversò l’atrio, senza prestare
attenzione, quando improvvisamente, avvertì un peso sul dietro delle gambe.
Harry si voltò, guardando in giù, per trovare una piccola palla di lanugine
nera. Era un piccolo gatto, conficcatosi fermamente alle sue gambe, in un modo
piuttosto possessivo.
“Trebel!” Gridò Harry, a voce
alta. Trebel apparve immediatamente, con un’espressione preoccupata, che però cambiò quando vide la palla nera. “Che cos’è questa cosa?” Chiese Harry, con voce più calma.
“E’ il suo animale domestico,” spiegò Trebel, con una piccola risata. Quando
però ricevette un’occhiataccia da Harry, si calmò. “Il suo nome è Indovinello,
ed è un piccolo di Nundu; l’ha trovato circa un mese fa nella foresta. Sua
madre l’aveva abbandonato. Sembra come sia diventato alquanto affettuoso verso
di lei. Piuttosto insolito, dato che i nundu, normalmente è aggressivo e
territoriale,” disse Trebel, sparendo nuovamente.
Calmandosi, Harry volse
nuovamente lo sguardo in giù. Non sapeva cosa fare, in una situazione del
genere; l’unico animale domestico che aveva era Hedwig, assassinata durante il
suo sesto anno. Inoltre, Hedwig non era la creatura
più affettuosa, solo un pizzicotto o due d’apprezzamento.
“Uhmm,
indovinello,” disse Harry, schiarendosi la gola e
scuotendo un poco la gamba. La creatura guardò su, staccandosi dalla gamba di
Harry. Ad occhi verdi e scuri come la foresta si fissò in occhi scuri simili a
smeraldi verdi. Harry si curvò in giù, avvolse la
piccola creatura nelle braccia. La creatura non era più grande di una pantofola
e Harry fissò come una lingua, bianca e insolita, leccò affettuosamente la sua
mano.
Con un sorriso lo posò a terra;
Indovinello, un nome che non avrebbe mai scelto, ma che andava più che bene per
il nundu. Doveva informarsi su questa razza, creature magiche
non erano mai state il suo forte. Harry portò il gatto in giù i gradini
e nella cucina, dove sua madre era intenta ad occuparsi della cena con la donna
che aveva conosciuto a GrimmauldPlace.
Se ricordava bene, il suo nome era Roma, e sembrava
essere in amicizia con sua madre.
“Ciao caro, oh vedo che hai
trovato indovinello,” disse Lily con un sorriso teso;
sembrava che il gatto dagli occhi verdi non riscuotesse la sua amicizia. A
questo proposito, Indovinello stava sibilando, sembrava che il sentimento fosse
reciproco.
“Si, penso che abbia fame, così
ho deciso di nutrirlo,” rispose Harry intento a
cercare qualcosa per il gatto sibilante nel frigo.
“La sua bottiglia è nella mensola
inferiore, caro,” gridò Lily andando a preparare la
tavola. Harry guardò al fondo del frigo ed afferrò la grande
bottiglia di latte; quasi subito, un'altra prese il suo posto. Harry lo congedò
come magia e si andò a sedere nel soggiorno. Sua sorella era là, borbottando e
tentando inutilmente di farsi due trecce alla francese.
Harry posò la bottiglia sulla
tavola, posò sul divano Indovinello e poi fece un
gesto alla bambina. L’alzò sul suo grembo e, dopo aver sciolto i tentativi
poveri della bambina, procedette ad allacciare i
capelli in trecce. Lo faceva per Ginny, ma non voleva pensarci adesso.
“Là, fatto Cyzelena,” annunciò Harry, posando la ragazza sul pavimento. Harry
prese di nuovo Indovinello, prese la bottiglia dalla tavola e l’avvicinò al
gatto.
“Grazie Harry!” Esclamò la
bambina, correndo poi a mostrare la sua nuova acconciatura alla madre. Harry
sorrise malinconicamente, lisciando il pelo morbido di Indovinello;
il gatto non sembrava cattivo, dopo tutto. La bottiglia presto finì, e Harry si
ritrovò a pensare a cosa fare. Accarezzò dolcemente Indovinello, tentando di
fargli fare il ruttino come fosse un bambino; sembrò
funzionare, perché ricevette un piccolo rutto.
“Vuoi altro latte?” Chiese Harry
al gatto, che lo fissò innocentemente. Harry prese che come un no e lo mise in
giù sul pavimento. Nel momento in cui stava quasi per
camminare in cucina, suo fratello si avvicinò.
“Tempo per cena Harry,” disse Rico, prima di correre nuovamente verso la sala da
pranzo. Harry scosse la testa e andò verso la cucina. Indovinello lo seguì
stando obbedientemente alla sua sinistra. Il gatto, anche alla sua giovane età,
aveva un’occhiata predatrice ed una passeggiata aggraziata. Era silenzioso, e i
suoi orecchi erano attenti ad ogni rumore.
Nella sala da pranzo, Harry si
fermò ad osservare la tavola. Suo padre era su un lato, intento a ridere a
qualche scherzo di Sirius, che si trovava dall’altra parte. Sua mamma e Roma,
sedevano una accanto all’altra; Rico sedeva davanti
alla sua mamma e seguente a Jack, figlio di Sirius. Cyzelena era vicino James e Zykye era all’altro lato di Sirius. L’unico
posto rimasto era davanti a Remus e vicino a Roma.
Sedutosi, rapidamente, Indovinello saltò sul suo grembo, posandovisi.
“Ah Harry, come va?” Chiese
dolcemente Remus, con un sorriso stanco. Una piena luna, probabilmente, stava
avvicinandosi. Non che doveva esserne a conoscenza,
chiaramente.
“Eccellente, grazie,”rispose Harry, con un cenno mentre metteva un poco di
tutto nel piatto. Per essere onesto, non aveva realmente fame, desiderava solo
una scusa per passare più tempo con la sua famiglia.
“Draco sta venendo domani, caro?”
Chiese Lily, finendo la conversazione con Sirius, che stava sorridendo
notevolmente. Harry, quasi sputò fuori il cibo, al nome del
suo vecchio nemico. Harry non sapeva che cosa dire, così disse la prima cosa che gli venne in mente.
“Chi?” Sfortunatamente, non era
la cosa più intelligente da dire. Lily sembrò pensare che stesse scherzando,
però, perché ridacchiò.
“Più tardi chiamerò Narcissa via
fuoco,” congedò la questione Lily, con un ammicco,
girandosi a parlare di qualcosa nel ministero con Roma.
Era amico con Malfoy. Come poteva
essere possibile, che fosse amico con Malfoy? Bene, bisognava ammettere che erano interessanti, come persone. Malfoy e la sua versione
più vecchia. Comunque, chissà, forse qui malfoy non
era così cattivo, anche se ne dubitava. Finì di mangiare e posò la sua
forchetta; assentemente, cominciò ad accarezzare il mento di Indovinello.
“Così Harry, cosa farai quest’anno, visto che non andrai a Hogwarts?” Chiese
Sirius. James fece uno strano gesto ma sembrò che
Sirius non capisse. Non stava andando a Hogwarts? Dove, allora?
“Non sto andando a Hogwarts?”
Chiese Harry, con voce innocente come il giorno in cui nacque.
“Certo che stai andando, Harry.
Non so di che cosa stia parlando Sirius,” disse James
nervosamente, stropicciando il tovagliolo e sorridendogli ancora più
nervosamente.
“Non serve a nulla mentirgli
James, è ora di dirgli la verità,” parlò a bassa voce
Lily, ma era così silenziosa la stanza,che tutti sentirono perfettamente ciò
che disse.
“Dirmi
che cosa?” Chiese Harry, sfolgorando a suo padre, che tentò di ignorarlo e
iniziò a fischiettare innocentemente.
“Harry, tu sei un piccolo razzo,” disse bruscamente Sirius, Lily gli diede un’occhiataccia,
ma accennò col capo, lentamente, a Harry. Lui non era un piccolo razzo, cioè, non pensava di esserlo e l’affermò ai presenti.
“Non lo sono!” Gridò Harry, con
tono oltraggiato e alzandosi in piedi; azione che sbattè
indovinello addormentato a terra. Un sibilare indignato, fu sentito provenire
da sotto la tavola; Harry raccolse il gattino adirato, calmandolo.
“Harry, non hai mai mostrato
alcun segnale della magia; Albus, un paio di mesi fa, ci ha detto
che tu sei davvero un piccolo razzo,” rispose Lily malinconicamente. Nonostante questo le stesse rompendo il cuore, era la
verità.
“Non sono un razzo, e ve lo
proverò,” disse Harry, mettendo Indovinello sulla
tavola, dove rimase orgogliosamente in piedi, sibilando a tutti gli altri
ospiti. Harry pose la mano verso suo padre, che la fissò confuso. “La tua
bacchetta, per favore,” disse Harry, decidendo di non
rivelare che poteva fare la magia senza usare la bacchetta; non capirebbero.
“Harry, non penso che sia una buon’idea,” intervenne Roma, ma
nessuno l’ascoltò,dato che tutti erano intenti a guardare James che porgeva la
sua bacchetta a suo figlio. Harry prese la bacchetta, ma non avvertì nessun
collegamento con lei. Era qualcosa che si aspettava, dato che lui non era
compatibile con la bacchetta di suo padre.
“WingardiumLeviosa,”
bisbigliò Harry, scegliendo un incantesimo di primo anno, perché uno più alto
li renderebbe più diffidenti di quello che già erano. Harry guardò il calice di
vino librarsi lentamente in aria, ed internamente, si consolò alla sorpresa che
comparve sulle facce dei presenti. “Vi avevo detto che
non ero un piccolo razzo,” disse Harry, voltandosi verso Indovinello per
prenderlo in braccio e uscire dalla sala sa pranzo. Stava per dirigersi alla
sua stanza, ma decise di andare invece in biblioteca ed indagare su
Indovinello, come preferiva.
Harry aprì le porte della
biblioteca ed entrò. Non aveva idea da dove incominciare, per la verità. Posò
il gatto a terra che in ritorno, miagolò malinconicamente.
“Trebel,”
chiamò ancora una volta Harry, anche se si sentiva spiacente per dover sempre
ricorrere all’elfo, ma Indovinello era alquanto difficile da badare.
“Cosa può
fare Trebel per Harry Master?” Chiese Trebel, inarcando sgraziatamente, il naso
appuntito che tocca il pavimento.
“Se hai
tempo, potresti portare del latte per Indovinello? Però,
prima potresti mostrarmi dove sono alcuni libri sui Nundu?” Chiese Harry, con
un piccolo sorriso a Trebel, che accennò col capo e con uno scatto delle dita,
latte apparve in una ciotola per Indovinello. Il piccolo gatto si avvicinò alla
ciotola, cominciando a leccare il latte.
“Mi segua, signore,” disse Trebel, con un gesto della mano per seguirlo. Harry , venne condotto al lato sinistro della biblioteca, sul
primo piano. Harry aspettò che Trebel scegliesse alcuni libri. “Questi
dovrebbero aiutarla; mi chiami se ha bisogno di qualsiasi altro, signore,” aggiunse Trebel, dando i libri a Harry e con uno scatto
delle dita scomparve, lasciando Harry che resta là in piedi, lottando per
tenere i libri.
“Definitivamente, domani inizierò
un allenamento,” disse Harry tra se, camminando
nuovamente verso la tavola. Tutto il latte nella ciotola era sparito, e
Indovinello si era seduto, aspettando il ritorno di Harry. Questi si sedette su una sedia, aspettando che Indovinello saltasse
sul suo grembo, prima di guardare ai titoli dei libri.
Gatti
magici del Mondo Magicodi Linda
Casita. Bene, suonava come quello giusto da cui
incominciare. Sicuramente, in lui troverebbe notizie su
Indovinello.Aprì il libro guardò all’indice. Novizi 1-37, Kneasles37-68, Sfingi 69-94, Nundu 94-124.
Sembrava come se ci fossero solo quattro generi di gatti magici nel mondo magico.
Harry aprì a pag. 95, dove trovò
una pagina di statistiche e un inserto con il ritratto di un Nundu. L’animale
sembrava guardarlo con ferocia dalla pagina. Harry lesse i primi paragrafi con
grande interesse.
Nundu
sono animali che vagano in cerca di prede nelle foreste, di notte. Sono
classificati come creature estremamente pericolose, ma
non illegali a causa del fatto che nessuno in realtà ne ha mai posseduto uno.
Alla nascita hanno la taglia di un boccino, con occhi aperti. Occhi, color verde foresta, che possono vedere tutto e orecchie,
grandi, capaci di avvertire ogni suono. Alla nascita possiedono un folto
e morbido pelo, che cambia come giungono alla maturità. Ci vogliono solo
quattro mesi per giungere a tale fine, dato che il Nundu cresce ad una
percentuale preoccupante. Esperti sul soggetto, dibattono sul motivo per cui questo accada. Alcuni affermano che succeda per il
fatto che sono cacciati dalle altre creature, a causa della loro piccola
taglia. Un piccolo di Nundu beve il latte della madre fino a due mesi, poi sarà
presentato alla carne, di solito cervi maschi e
serpenti.
A
quattro mesi,raggiungono un’altezza di circa 80 cm alla
spalla. Come cresce, cresce anche il temperamento;
nessun Nundu è mai stato addomesticato. Di solito, evita il contatto con
creature umane, ed a causa del suo colore scuro, viene
visto raramente. Del suo modo di vivere, non è conosciuto
molto, dato che non ne sono mai stati catturati. Le pagine seguenti,
sono dedicate alle così chiamate leggende sul Nundu. Per quello che si sa,
nessuno è sopravvissuto ad un incontro con un Nundu.
“Immagina un po’, Indovinello, ho
portato a termine un altro compito impossibile,”
mormorò Harry, irritabilmente, guardando al gatto
addormentato. Harry immaginò che fosse giunto il momento per ritirarsi anche
per lui, dato che cominciava ad avvertire la stanchezza.
Lasciò i libri sulla tavola per
l’indomani, e si alzò dalla sedia. Indovinello in braccio, accurato di non
risvegliarlo, uscì dalla biblioteca. Come si avvicinò ai
gradini, avvertì la presenza di qualcuno dietro di se. Girandosi, vide
che si trattava di Remus,che lo guardava con
un’espressione illeggibile.
“Remus, posso fare qualcosa per
te?” Chiese Harry, dai gradini, mentre sistemava meglio Indovinello.
“Nulla, mi stavo solo preparando
per andare via, buona notte Harry,” disse remus,
allontanandosi dal figlio del suo miglior amico. Harry accennò col capo e salì
il resto dei gradini, dirigendosi alla sua stanza. Era quasi riuscito ad aprire
la porta, quando si sentì chiamare.
“Harry!” Una voce infantile lo
chiamò dalla sala. Indovinello, ora, era sveglio e stava sibilando alla piccola
ragazza che stava rumorosamente correndo verso di
loro.
“Cosa vuoi,
Cyzelena?” Gli chiese Harry; non desiderava essere maleducato, ma non aveva
voglia di parlare con la sua famiglia al momento.
“Io ti credevo, Harry,” disse Cyzelena, giocando con le due trecce che ormai
erano disordinate. Harry sorrise, almeno qualcuno gli
credeva, anche se era solo una bambina di sei anni. “Grazie,” Disse Harry, arruffandogli i capelli, facendoli sembrare
ancora più disordinati di quel che erano. La bambina fece una smorfia, ma rise
accennando col capo. Harry la guardò tornare verso la sala, fino ad
attraversare una porta color azzurro cielo.
Harry aprì la porta, sperando di
non aver altre interruzioni, ma ahimé, tale speranza
non gli venne accordata. Una bussata provenne dalla porta; quasi nello stesso
momento in cui l’aveva chiusa. Tentò di ignorare il bussare,mentre
si tolse le scarpe e posò Indovinello sul letto, ma la bussata continuò.
“Avanti!” Gridò Harry,
esasperato, sedendosi accanto ad Indovinello, che immediatamente saltò sul suo
grembo. James entrò, esitante, nella sua stanza. Si guardò attorno con
curiosità, come se non vi fosse mai stato.
“Ciao Harry, uhm, cosa stai
facendo?” Chiese nervoso James, con un piccolo riso soffocato. James si
avvicinò, poi scongiurò una sedia con la sua bacchetta e vi si sedette,
guardando ansiosamente verso Harry.
“Indovinello ed io stavamo quasi
per andare a letto,” rispose Harry, con uno sbadiglio,
per enfatizzare il fatto che fosse davvero stanco. Fu in quel momento che James
vide il gatto che stava fissandolo quasi predatormernte.
“Oh si, il tuo gatto, bene, come
sta andando?” Chiese, allungando una mano per toccare il gatto. Indovinello
tentò di morderlo, e James ritirò rapidamente la mano.
“E’ un Nundu, papà, e sta andando
benissimo, anche se non credo che gli piaccia nessuno oltre a me.” Disse Harry, accarezzando nuovamente la testa
d’Indovinello. “C’era qualcosa di cui volevi parlarmi, papà?” Chiese, sedendosi
nuovamente contro i cuscini.
“Volevo dirti
che mi spiaceva per non dirti nulla e credere a Dumbledore, ma chi sono io per
non credergli?”Borbottò James, passando una mano tra i suoi capelli
disordinati, come d’abitudine fin da quando era più giovane.
“Oh, va bene, ma saresti dovuto
venire da me papà,” disse Harry, sospirando
pesantemente, e toccandosi il ponte del naso malinconicamente.
“Si, avrei dovuto fare così,
bene, buona notte Harry, domani è la festa di compleanno di Rico,” annunciò James, alzandosi e scomparendo la sedia.
“La festa di compleanno di Rico?”
Chiese Harry. Rico non aveva menzionato nulla su questo prima, o almeno,
pensava che non l’avesse fatto.
Non preoccuparti, tua mamma ha già chiamato via fuoco Narcissa, Draco arriverà
a mezza mattinata,” lo rassicurò James, poi lo salutò con la mano. Stava quasi
per aprire la porta ed uscire quando Harry parlò di nuovo.
“Chi ci sarà?” Harry ora era
pienamente sveglio; probabilmente, potrebbe vedere Ginny, domani!
“Tutto il Weasley, Sirius, Roma,
Pietro e Remus. Dumbledore, e poi Draco,” rispose
James, lisciandosi assentemente il mento. Dumbledore stava venendo; Harry non
sapeva se dovesse esserne felice o essere adirato con l’uomo.
“Oh bene, allora è meglio se dormo,” sbadigliò Harry con un sorriso, nulla potrebbe abbatterlo
al momento. James aprì la porta e uscì, stava quasi per richiudere la porta quando sentì dire qualcosa a harry che quasi provocò
l’arresto del suo cuore. “Ti voglio bene, papà,”
bisbigliò Harry mentre lo vide chiudere la porta, che si fermò, permettendogli
di vedere gli occhi di suo padre riempirsi di lacrime.
Essendo un uomo, James non
permise alle sue lacrime di scorrere, ma rientrato nella stanza, afferrò suo
figlio in un grande abbraccio. Gli pareva che fosse passato dei secoli da quando aveva sentito quelle parole da suo figlio, e la
sensazione che aveva era opprimente al minimo. Tutto quello che poteva fare
Harry era accarezzare la schiena di James, goffamente. In realtà, non era
abituato agli abbracci da parte di alcun famigliare.
Certo, c’era il Weasley, ma nonostante tutto, i loro abbracci
non erano nulla comparati a questo.
“Ti voglio bene anch’io, figliolo,” disse a bassa voce James, come se temesse che suo figlio
ritornasse ad essere freddo e crudele. Poi, James uscì, scendendo alla sala.
Harry chiuse la porta con un
sospiro, e iniziò a cambiarsi per la notte. Posava sul
letto, con Indovinello arricciato ai suoi piedi. Era comodo,
ma preoccupato di ciò che poteva accadere l’indomani.
Draco, per primo, stava arrivando
l’indomani, e apparentemente erano amici. Secondo, ginny stava venendo, e lui,
non l’aveva vista fin dalla sua morte, che lo colpì piuttosto. Tuttavia, doveva
ricordarsi che questa non era la sua Ginny; era ancora una bambina, e non era
innamorata infatuata di lui. Qui, lui non era il Ragazzo-che-Sopravvisse,
era Neville, anche se non sapeva come.
Dumbledore stava per fare una
visita, come bene. Harry amava Dumbledore, e aveva pianto la sua morte, ma non
credeva che potesse accettare nuovamente le sue manipolazioni. Eviterebbe
Dumbledore a tutti i costi, stando attento a quello che avesse fatto.
Indovinello resterebbe con lui, dato che aveva bisogno
di essere addestrato.
Specialmente perché il gatto,
aveva appena fatto la pipì sul suo tappeto. Harry lo pulì affrettatamente,
prima che l’odore potesse giungere al suo naso. Il gatto miagolò piacevolmente,
salì di nuovo sul letto e, rapido, si addormentò. Indubbiamente, era impellente
fargli imparare a chiedere di uscire per eventuali bisogni.
Doveva poi addestrare il suo
corpo infantile, dato l’assoluta mancanza di muscoli. Inizierebbe con una corsa
mattutina o simili. Iniziare a fare alcuni esercizi e
sviluppare la sua capacità di resistenza. Aveva bisogno anche di
sviluppare le sue capacità magiche, perché al momento erano quasi inesistenti.
Potrebbe volerci un certo tempo,
prima che riacquistasse le sue normali capacità, ma lavorerebbe duramente,
velocemente come meglio poteva. Certamente, tutti gli
eventi accaduti nei suoi anni, accadrebbero anche qui. Non era sicuro se
Neville potesse affrontare ciò che doveva accadere, ma doveva
ancora incontrare il ragazzo, così non poteva esserne sicuro.
Aveva molto di cui occuparsi nei
mesi prima dell’inizio della scuola ma, ehi, lui era
Harry Potter. Finché il Mondo magico affermava che
poteva farlo, lui poteva, no?
Rinuncia: Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è mio
sono alcuni caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
cap.9-L’inizio di un giorno molto lungo
Capelli rossi e occhi blu
riempivano i suoi sogni, ma ne fu presto allontanato
da una cosa bagnata sulla sua faccia. Faceva il solletico, qualunque cosa era,
ed assomigliava a carta smerigliata. Subcoscientemente s’inclinò al tocco, che
però si fermò. Aprendo gli occhi, Harry vide altri occhi
verdi quasi identici, eccetto che questi erano un verde scuro.
Harry gemette e spinse il gatto
via da lui, asciugandosi il viso allo stesso tempo. Indovinello saltò dal
letto, aspettando impazientemente sul pavimento. Harry guardò all’orologio
magico nella stanza e si accorse che erano le sei di mattina. Sbadigliando, si
tese, per poi allontanare il lenzuolo.
Scendendo dal letto, si diresse
alla doccia, aprendola in modo che l’acqua raggiungesse la temperatura giusta,
nel frattempo, si alleviò. Indovinello tentò di seguirlo,ma
Harry gli chiuse la porta in faccia. Rapidamente, Harry fece la doccia, e con
un asciugamano alla vita, uscì dal bagno.
“Indovinello!” Gridò Harry, come
vide il gatto che stava facendo pipì sul suo cassettone. Il gatto lo guardò,
innocentemente, e finiti i suoi affari s’arricciò alla
fine del letto. Harry scosse la testa, mormorando su gatti neri ed alienati con
occhi verdi ed orribili.
Harry si diresse all’armadio,
afferrando un paio di pantaloncini ed una semplice camicia bianca. Con una
cattiva smorfia sul viso, uscì dall’armadio. Indovinelli aprì,
pigramente gli occhi, guardando il muoversi di Harry nella stanza. Il piccolo
gatto rilasciò un grande sbadiglio, rivelando due file luccicanti d’appuntiti
dentini.
“Indovinello, odio dirtelo, ma
non starai sul mio letto se odorerai in quel modo,”
Disse Harry al piccolo nundu, che
sembrò accoccolarsi ancora più profondamente nel suo letto. Con un sorriso,
Harry si avvicinò al gatto, prendendolo facilmente per la collottola.
Camminando verso il bagno, aprì ancora una volta l’acqua, ma
questa volta, dal basso verso l’alto.
Indovinello guardò curiosamente
l’acqua che si alzò fino ad una trentina di cm, prima che la chiuse. Alzando
Indovinello lo posò nella vasca, un sorriso sul viso. Harry si assicurò che
l’acqua non fosse né calda né fredda, una temperatura giusta.
“Questo, Indovinello, viene chiamato bagno, qualcosa di cui hai un estremo
bisogno,” disse Harry al gatto, guardandolo per la sua eventuale reazione
all’acqua. Indovinello, tuttavia, sembrava godere immensamente del nuovo
incontro. Almeno, a giudicare da come saltava su e giù nell’acqua, spruzzando
con successo Harry.
Harry fece una smorfia al gatto,
mentre lo frenava di nuovo dal saltare con un’occhiata severa. Indovinello,
sembrava morire dalla voglia di saltare nuovamente, ma il desiderio di
accomodare il suo padrone, vinse.
Prendendo dello shampoo, insaponò
il gatto, fino a farlo sembrare un barboncino elettrificato; cosa che gli
provocò un grande piacere, nel farlo. Harry risciaquò
il piccolo nundu e poi lo lasciò giocare per qualche minuto. Ritornando con un
asciugamano fresco e le scarpe da tennis allacciate
ermeticamente ai piedi, Harry prese il gatto dalla vasca ormai quasi vuota.
Dopo aver asciugato a terra con l’aiuto di qualche asciugamano, Harry lasciò il
bagno.
Un rapido fascino asciugante si
prese cura del gatto bagnato. Harry aveva bisogno di fare la sua corsa di
fronte agli altri che si svegliavano, e quello voleva dire
che doveva andare via ora. Camminando fuori della stanza, prese avviso che
Indovinello lo stava seguendo.
“Indovinello, non puoi venire con
me,” disse Harry, sentendosi il cattivo della
situazione, nell’impedire al gatto di seguirlo. Harry iniziò a camminare di nuovo ma Indovinello, lo seguì caparbiamente, questa volta
al suo fianco. “E va bene, ma niente inseguimento del pegasus o ritorni a casa,” disse austeramente Harry, agitando il dito al nundu che
lo guardo beffardamente.
Harry scese quietamente i
gradini, ma quando Indovinello iniziò a ringhiare al suono di uno sciacquone,
lo raccolse e corse silenziosamente il resto dei gradini, fino ad uscire dalla
porta posteriore. Harry non era mai stato nel cortile posteriore prima, ed era sorpreso dalla bellezza che circondava il luogo antico.
C’era una piccola collina con
fiori bianchi che ancora fiorivano dalla primavera, ed il sole stava sorgendo
dalla parte posteriore della collina. Le prime righe di luce bagnavano la collina.
In distanza, vide il pegasus con cui Cyzelena era sempre intenta a giocare.
Stava pascolando; Harry poteva vedere anche il volo mattutino di qualche
uccello. La foresta cingeva i lati del luogo, fino a congiungersi oltre il
pegasus. Un albero solitario stava in piedi, orgogliosamente, sulla collina e,
in giù sull’altro lato, Harry poteva vedere l’orlo del lago in cui l’altro
Harry aveva gettato Rico.
Indovinello stava diventando
impaziente, Harry posò a terra il nundu che si dimenava. Guardandosi attorno,
Harry pensò che il luogo in cui si trovava era più che adeguato per cominciare
a correre. Harry decise di correre lungo il perimetro della foresta tante volte
quanto poteva. La qual cosa, risultò essere più di
quel che poteva assumere nella prima prova. A circa tre quarti del percorso
deciso, Harry stava ansando per il respiro, e dolore, stava pugnalando il suo
addome. Harry si fermo ed andò a bere vicino al lago
un poco d’acqua.
Curvandosi in giù, usando le mani
come una coppa, portò l’acqua alla bocca. Dopo le prime sorsate, alzò la testa,
ascoltando. C’era qualcosa in distanza, che sembrava stranamente familiare.
Guardando attentamente, vide il pegasus che ancora pascolava e alcuni cervi maschi vicino alla foresta, che stavano guardandolo quasi
ansiosamente. Nuovamente, un rumore giunse alle sue orecchie, e avvertì
qualcosa che si strofinava contro la sua gamba.
Istintivamente, fece un sospiro
all’innocente occhiata sul muso di Indovinello.
Lanciando un’occhiataccia al gatto, si curvò nuovamente in giù, ma una nuova
sensazione allarmata, lo fece drizzare immediatamente. Questa volta, analizzò
la foresta e notò che non c’erano più i cervi maschi, e poteva vedere un
cespuglio all’orlo della foresta che stava muovendosi.
Guardando di nuovo Indovinello
che stava bevendo l’acqua, notò che le sue orecchie si drizzarono, ma il gatto
sembrò ignorare il suono o, realmente, Indovinello non se ne curava.
Nuovamente, diresse l’attenzione verso il cespuglio che, seppur lentamente, stava ancora muovendosi. Decidendo che era solo, iniziò a
dirigersi quietamente verso il cespuglio in movimento.
Camminando a carponi
lungo l’erba, si avvicinò al cespuglio. Non sembrava che ci fosse qualcosa di
minaccioso o pericoloso, ma Harry era curioso del
fatto che sembrava qualcosa di familiare. Arrivando piuttosto vicino al
cespuglio in oggetto, Harry si fermò in ascolto, cercando di dedurre di che
cosa si trattasse.
“Si, vieni più vicino, creatura umana, voglio solo assaggiare la tua
carne,” sentì chiaramente provenire dal cespuglio
Harry, che guardò come un serpente scivolò fuori fino a giungere nell’erba ai suoi
piedi. Harry guardò il serpente avvicinarsi e cominciare ad ondeggiare, pronto
a colpire. Improvvisamente, Harry si ricordò che lui era in grado di capire il
serpente.
“Aspetta!” Sibilò rumorosamente Harry al serpente, che sembrò
gelarsi di fronte al suo viso. Le squame nere del serpente, si contrapponevano
all’erba verde. Indovinello si situò dietro le gambe del ragazzo.
“Tu parli, creatura umana?” Fischiò il serpente, che non si aspettava
realmente una risposta, mentre occhieggiava attentamente Indovinello,
riconoscendo precisamente quello che era l’animale detto.
“Si, ma non capisco come mi sia possibile…”Disse
Harry, pizzicando il ponte del naso con un sospiro di confusione. Il serpente
però, non sembrava realmente ascoltandolo, perché Indovinello stava guardandolo
predatormente.
“Ora devo lasciarti, parlatore umano, ma ci rincontreremo,”fischiò
saggiamente il serpente, scivolando di nuovo nella foresta, i suoi occhi scuri
che guardano ancora Indovinello, per assicurarsi che non lo stesse seguendo.
“Aspetta, qual è il tuo nome?” Gridò Harry al serpente che si
ritirava, facendolo voltarsi.
“Satire,” fischiò nuovamente il serpente,
e con quello scomparve nella foresta e fuori della vista di Harry. Girandosi di
nuovo verso il piccolo nundu, ancora intento ad osservare il punto in cui era
scomparso il serpente, raccolse il piccolo gatto nelle sue braccia, lo riportò
verso il lago.
Bevve alcuni altri sorsi d’acqua,
sciacquandosi la bocca. Sentendosi rinfrescato, aspettò che Indovinello finisse
la sua seconda bevuta. Guardando all’orologio, vide che erano le 7:24, aveva ancora un paio d’ore prima che gli altri si
svegliassero. Guardando di nuovo a Indovinello, notò
che il gatto lo stava guardando preoccupato.
Gli venne in mente che non aveva
ancora nutrito Indovinello, che probabilmente aveva fame. Dato che non aveva
voglia di tornare a casa, fece la prima cosa che gli venne in mente, anche se
si sentì male nel farlo.
“Trebel,”
chiamò Harry, guardando verso casa ed avvertendo immediatamente il rumore
familiare dell’apparizione di Trebel. Questi sembrava piuttosto felice di
vederlo.
“Come può aiutare il padrone
Trebel?” Chiese Trebel con un brillante sorriso sulla faccia, un poco tirato da
una parte, che fece ridacchiare Harry.
“Mi chiedevo se potevi prendere
Indovinello con te e dargli da mangiare, per favore?” Chiese Harry,
un’espressione implorante sul viso. “Sarebbe un onore per Trebel, signore,” rispose Trebel con un piccolo, poi s’inchinò a
raccogliere il piccolo gatto riluttante, ma la cui fame annullò qualsiasi
velleità contraria. Solo per questa volta. Harry sorrise al vedere i due
scomparire con uno schiocco di dita, poi ancora una volta guardò all’orizzonte.
Harry cominciò nuovamente a
correre, pensando alla sua nuova vita. Dovette fermarsi ancora a riprendere
fiato, ma riuscì a finire il giro. Definitivamente, il suo corpo non era in una
qualsiasi forma fisica. Prendendo alcuni respiri più profondi prima di
incamminarsi verso casa. Harry venne assalito
dall’odore della colazione proveniente dalla cucina, e fece fatica a resistere
alla spinta di andare immediatamente in cucina a mangiare, dirigendosi invece
su per i gradini.
Harry era fradicio di sudore.
Entrando nella sua stanza si chiuse dietro la porta, consapevole del fatto che
sua sorella dormiva vicino a lui. Di nuovo si diresse alla doccia. Una volta
finita la doccia, uscì dal bagno, odorando molto meglio che all’entrata.
Ancora una volta, si diresse al
suo armadio, per scegliere un paio di jeans, una bella camicia dal colletto
bianco ed un paio di boxer freschi e si vestì
rapidamente. Sbadigliando estesamente, uscì dall’armadio, e dopo pochi passi, fu colpito a piena forza allo stomaco da qualcosa con
artigli acuti.
“Indovinello, fa piacere anche a
me di rivederti, ma potresti staccarti?” Chiese Harry, con un sorriso teso sul
viso, mentre guardava al nundu accusatore. Il gatto
allentò lentamente la presa su Harry, cosa per cui il
ragazzo era molto grato. Drizzando di nuovo i suoi jeans, raccolse Indovinello
ed andò in bagno per sistemare i suoi capelli.
Messo Indovinello nel lavandino,
Harry pettinò i capelli e, soddisfatto con la confusione, afferrò Indovinello
per poi incamminarsi di nuovo fuori della stanza. Prima di uscire, afferrò un
bracciale d’oro dalla sua scatola e si chiuse dietro la porta. Appena uscito, fu colpito ancora una volta a piena forza.
Questa volta, però, il dolore fu doppio.
“Oh! Harry Master,
Trebel è spiacente. Trebel stava solo cercando Indovinello che è scappato a
cercare Harry Master e Trebel…” L’elfo domestico strascinò
via mormorando, mentre colpendo molte volte la propria testa prima che Harry
riuscisse a capire quello che la creatura aveva detto.
“Trebel, fermati, ti assicuro che
sto bene. Ora, perché non ti prendi il giorno libero?”
Suggerì Harry con un sorriso all’elfo che sembrava esser inorridito.
“Ma io
non posso, Harry Master. Non ho diritto a farlo,”
strillò Trebel, scuotendo ripetutamente la testa.
“”Puoi e
lo godrai, o io sarò molto, molto infelice con te,” disse Harry con un’occhiata
austera sul viso.
“Se Master desidera che Trebel lo
faccia, Trebel farà così,” disse Trebel, con un
piccolo sorriso che camminava a carponi sulla sua faccia verdastra.
“Lo desiderò Trebel, dopotutto lo
meriti,” disse pensosamente Harry, mentre posava Indovinello
sul pavimento. “Come sembro?” Chiese Harry con un rossore, mentre girava su se
stesso.
“Impressionante, signore,” rispose Trebel con un cenno entusiasta che fece agitare
le sue orecchie di nuovo avanti e indietro.
“Grazie Trebel, neppure tu sembri
stracciato,” disse Harry, drizzando la veste di
Trebel. L’elfo domestico sorrise mentre si allontanava da Harry per prendersi
il giorno libero.
Harry, per un minuto, rimase
fermo con un sorriso sciocco sul viso, prima di scendere i gradini e dirigersi
in cucina con Indovinello che lo seguiva. Ci fu un uggiolare proveniente
dall’altra stanza e prima che sua madre potesse lasciare la preparazione della
colazione, lui grido. “Ci vado io, mamma!” Forte
abbastanza che la madre potesse sentirlo. Sua madre non rispose, ma sapeva che
aveva sentito, e andò alla stanza di Zykye. “Non piangere, Zykye, il grande fratello è qui per fare tutto quello che fa una
mamma,” disse ridacchiando Harry, ripensando all’ultima parte, dato che lui non
aveva mai trattato prima con bambini piccoli.
Rinuncia: Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è mia sono
alcuni caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.
cap.10- L’inizio
di un giorno molto lungo 2°parte
Guardando in giù nel lettino,
Harry, sorrise alla vista del suo piccolo fratello, i cui capelli, stavano
creando l’idea di un’aureola scura circa la sua testa, come un alone. Suo
fratello sembrò esser benedetto con il tipo di capelli di loro
madre, perché i capelli neri di Zykye posavano vicino alla testa.
Prendendo il bambino e cullandolo nelle sue braccia, Harry iniziò a cantare
dolcemente per lui. Era una ninnananna che ricordava vagamente da quando era piccolo.
Guardando la stanza, Harry,
chiazzò Indovinello, che sembrava stesse guardando con gelosia
Zykye. Harry fece un risolino soffocato e chiuse più vicino il bambino al
petto, riuscendo a far sibilare minacciosamente il gatto. Scuotendo la testa
verso l’animale, guardò di nuovo in giù a suo fratello, ora sveglio. Occhi di un scuro nocciola, alzarono verso di lui, curiosamente,
mentre il piccolo faceva un enorme sbadiglio.
Harry non aveva ancora visto
molto di Zykye; la maggior parte del tempo, il bambino era impegnato in un
pisolino. Il bambino non sembrava più vecchio di 4, e
sembrava alquanto calmo mentre fissava Harry. Occhi marroni
e curiosi guardavano la stanza; Il bambino sembrava ancora mezzo addormentato
come guardò al gatto ancora intento a sibilare.
“Dov’è
la mamma?” Chiese Zykye in una vocetta guardando di nuovo Harry, facendolo
quasi saltare dal rumore improvviso, ma continuò a tenerlo e rispose alla
domanda.
“Sta cucinando la colazione, hai
fame?” Chiese Harry alzando le sopracciglia, preoccupato per il fratello.
“Cosa sta
cucinando?” Chiese al ragazzo, districandosi da Harry, che era riluttante per lasciarlo
andare.
“Andiamo a vedere?” Disse Harry,
alzandosi da dove si era seduto e afferrata la mano del bambino. Comprese che
il bambino era poi molto più grande di come sembrava
nel ritratto; ma perché, allora, continuava a dormire nel lettino?
“Vieni, Indovinello,” chiamò Harry, prendendo pietà del gatto geloso e lo tirò
su in braccio. Il gatto sembrò aggrapparsi a Harry come se n’andasse la sua
vita, e Indovinello si accoccolò nelle sue braccia.
Camminando nella cucina Harry,
sorrise, alla vista di sua madre seduta alla tavola, ondeggiando la sua
bacchetta indietro e avanti pigramente. Alla vista dei suoi due ragazzi, sorrise
in ritorno; sorriso che divenne un poco teso alla vista d’Indovinello, che
sembrò sfolgorare alla signora.
“Ah, Harry. Sei
sveglio, e anche Zykye. Se solo si potesse trovare gli
altri svegli. Sembrano avere il gene di vostro padre, quando arriva il
momento di svegliarsi,” rise Lily, come iniziò a
preparare i piatti per i suoi bambini. Ancora, preferiva fare qualcosa nella
vecchia maniera dei muggle.
“Niente uova, mamma!” Gridò
Zykye, mentre si sedeva a tavola. Anche Harry sedette,
con Indovinello ancora una volta nel suo grembo.
“lo so caro, e
nessuna frittella per te, Harry, giusto?” Chiese Lily, mettendo in giù
due piatti di fronte ai ragazzi. Harry sembrò sconcertato a Lily, che diventò
confusa al modo in cui Harry stava guardandola. “Qualcosa non va, caro?”
L’incitò Lily, preoccupazione presente nella voce.
“Se non ti spiace, mamma, mi
piacerebbe avere qualche frittella,” disse Harry
mentre si chiedeva come al suo altro stesso non potessero piacere le frittelle.
Harry si chiese se sembrasse maleducato, ma davvero desiderava qualche
frittella; quella corsa l’aveva lasciato alquanto affamato.
“Non mi
dispiace affatto, caro, sai quando ero giovane, odiavo le cipolle; ma
ora li amo!” Disse Lily, ridendo alla memoria di sua madre che chiede perché
lei stava mangiandone una cruda.
“Sei ancora giovane, mamma,” disse Zykye piacevolmente dal suo posto, ricevendo un sorriso
e un arruffata di capelli da sua mamma.
Harry, avuta le sue frittelle,
mangiò in fretta, guardando suo padre che entrava
stancamente in cucina. L’uomo, sedendo alla tavola, non disse una parola,
ricevendo poi il DailyProphet
da Lily. Lentamente, le figure di suo fratello e sorella, entrarono a fatica in
cucina, ricevendo la loro parte di cibo. Non piacendo il silenzio anormale a
tavola, Harry tentò di avviare una conversazione.
“Così, Rico, sei eccitato per la
tua festa?” Chiese Harry, alzando della salsiccia alla bocca. Tutti smisero di
mangiare, ed il giornale si abbassò, come tutti guardarono Harry, con sopracciglia
alzate.
“Dovrebbe essere bella,” rispose Rico, dopo averlo fissato per un minuto.
“Dopotutto, otto anni è una bella età per avere, o
così mi ha detto Jenny,” aggiunse Rico come sua madre si sedette a tavola per
mangiare anche lei.
“Così, ho sentito che ti piace
questa Jenny, è vero?” Chiese Harry, causando un argomento tra i presenti. Uno
che fece arrossire notevolmente Rico, provocando lo stuzzicare crudele di
James.
Colazione presto finì, con alcune
risate, e Lily pulì i piatti magicamente con una spazzata della sua bacchetta.
Poi ordinò che Rico, Cyzelena e Zykye andassero a vestirsi, dato che erano ancora nei loro pigiami. James doveva andare a
raccogliere gli ultimi regali da casa di remus, dove li aveva nascosti. Lily
era ancora seduta alla tavola di cucina che guarda un articolo circa San Mungo, insieme a Harry.
“Mamma, perché nel quadro
dell’ingresso principale tutti sembriamo così…giovani?” Chiese Harry, come se
non riuscisse a trovare la parola adatta da usare. Sua madre alzò lo sguardo
dal giornale, per poi riabbassare gli occhi e dare la risposta.
“Continuo a dire a tuo padre che
abbiamo bisogno di farne uno nuovo, ma lui insiste a dire
che tutti noi sembriamo gli stessi di due anni e mezzo fa,” mormorò Lily,
scuotendo la testa alla caparbietà del marito, ma ora, almeno aveva qualcuno
che la pensava come lei.
“Oh, così, quand’è che Zykye
troverà un letto normale?” Chiese Harry, tentando di nascondere la vera
domanda, perché Zykye sta
ancora dormendo in un lettino per bambini? Questa volta, Lily lo guardò con
un’espressione confusa sul viso, prima che venne a realizzare qualcosa.
“Non hai ancora visto la stanza
nuova di Zykye? Indovino di no. E’ caparbio come suo
padre, e ogni volta che gli dico di non appisolarsi nel suo vecchio letto,
getta un capriccio!” Esclamò Lily con esasperazione
che traspare chiaramente da lei, mentre si alzava gesticolando per seguirla.
Uscendo dalla cucina e passato il
salotto e la biblioteca, giunsero ad una porta che non aveva notato prima.
Ancora con Indovinello in braccio, Harry aspettò sua madre aprire la porta di
mogano scuro. Entrando, guardò la stanza che sembrava assomigliare a suo fratello
e sorrise. I muri erano adornati con un oceano
animato, ed il sole che posava sulla cima del letto, di mogano scuro, con un
cassettone intonato. Cuscini neri adornavano il letto e due comodini su
entrambi i lati. Un baule pieno di giocattoli riempito all’orlo con palle ed
autocarri, si trovava da un lato. Alcuni orsi erano seduti su una cassapanca
scura, ed una porta che, evidentemente, conduceva al bagno, era sulla destra;
un armadio a muro, si trovava sulla sinistra. Era una bella stanza grande, non
come la sua, ma era perfetta per il bambino di quattro anni.
“Non è meravigliosa? Tuo padre la
finita una settimana fa.” Lily rimase sorpresa al cenno del figlio. Harry stava
quasi per rispondere, quando un forte ding fece
vibrare la stanza.
“Oh, qualcuno deve esser arrivato
via Polvere Volante, probabilmente Draco e Narcissa,”
con una carezza alla spalla di Harry, la donna uscì dalla stanza. Con un’ultima
occhiata alla stanza, Harry seguì sua madre.
Congiungendola in cucina, la
seguì alla stanza in cui si trovava il Focolare. Era ancora risonante, ma
nessuno aveva ancora accettato la chiamata. Aspettò pazientemente che sua madre
spingesse un bottone prossimo al grande focolare.
Appena
spinto il bottone, due persone uscirono con grazia dal focolare. Una donna alta
e bionda con occhi blu e ghiacciati ed un ragazzo con capelli color platino e freddi occhi grigi. I due portavano la stessa
espressione, un ghigno alla polvere che era posata sui
loro vestiti. Con un’altra spinta del bottone, la polvere venne
magicamente risucchiata via dagli abiti dei Malfoy.
Narcissa portava un bel vestito
estivo con un soprabito color d’argento aperto, che delineava
la sua alta figura. Draco, portava dei jeans e una
t-shirt che aveva l’emblema dei Malfoy su di essa. Due spade diritte che si
connettevano con una grande M nel medio, e serpenti che scivolavano sullo
sfondo.
“Narcissa, Draco, come gentile di
voi venire. Gli altri ospiti ci raggiungeranno fra l’ora,”
disse Lily con un sorriso sul viso, mentre introduceva la sig.ra Malfoy nel
soggiorno, così che potessero parlare mentre godevano di tè e biscotti.
Ciò lasciò i due ragazzi da soli,
nella stanza d’arrivo, uno che fissa l’altro. Gli
occhi di Draco, scintillanti, si posarono su Indovinello, ormai perfettamente
sveglio grazie al suono che era arrivato dal focolare. Harry fece un gesto con
la mano verso Draco, per seguirlo, nel salottino.
Il salottino conteneva due divani
e una poltrona color rosso Gryffindor. Una tavola era
in mezzo ai due divani, ed un focolare al lato della tavola. Il
dipinto di una donna che sorrise ai due mentre entrarono, era sul camino.
Harry, velocemente si portò alla fine di un divano, e mise i piedi in cima alla
tavola, mentre accarezzava la pelliccia d’Indovinello. Draco lo guardò, per poi
guardare Indovinello per un momento. Poi si sedette
sull’altro divano.
“Harry, è questo il diavolo di
cui mi hai parlato nelle lettere?” Chiese Draco, con un sorriso furbo rivolto a Indovinello, che sembrò ignorare il ragazzo biondo.
“Chiaramente, a proposito, l’ho
chiamato Indovinello,” rispose Harry, con un sorriso
furbo di suo proprio, mentre continuava a lisciare Indovinello che,
naturalmente, amava l’attenzione addizionale.
“Indovinello? Uno sporco nome
muggle, se vuoi il mio parere,” rimarcò Draco con un sospiro,
come se il tema l’annoiasse.
“Bene, io non lo penso; così, sei
eccitato su andare a Hogwarts?” Chiese Harry che voleva sapere precisamente
cosa aveva sentito quando andò per la prima volta là
Draco.
“Con Dumbledore che guarda ogni
nostra mossa, dubito molto, ma mia madre non mi permette di frequentare Durmstrang,” disse Draco, con un
cipiglio sul volto, mentre chiudeva gli occhi e si stendeva sul divano.
“Dumbledore frequenterà la festa,
oggi,” annunciò Harry, divertito come ancora una volta
sorrise furbescamente al ragazzo che però fallì l’espressione.
“Lo so, madre me ne aveva parlato,” commentò Draco tendendosi e aprendo
pigramente gli occhi ad un Harry divertito. “Per cosa stai sorridendo in quella
maniera?” Chiese Draco, piuttosto interessato.
“Nulla Draco. Così, come sta tuo
padre?” Chiese Harry, avido di qualsiasi informazione sulla persona nominata.
“Oh, ha appena fatto un generoso
contributo a Hogwarts, sai come è fatto,” rispose
Draco, alzando gli occhi al cielo. Harry sorrise, nulla cambiava.
“Bridgette sembra essere molto felice che sto andando
a Hogwarts, ma sai com’è lei,” aggiunse Draco,
scuotendo il capo.
“Bridgette?”
Chiese un Harry confuso; non conosceva nessuno con quel nome. Si sentì strano,
mentre alzava un sopracciglio in maniera indagatoria verso Draco, che rispose
con riso soffocato.
“Amico, so che hai tentato di
dimenticare che io ho anche una sorella, dopo quello
che è accaduto, ma era molto tempo fa, cerca di lasciarlo alle spalle!” Disse
Draco, scuotendo la testa alla sorpresa del ragazzo, che dovette controllarsi
attentamente per evitare che le sopracciglia sparassero alla cima, all’ultima
asserzione.
Malfoy aveva una sorella? Perché non aveva una sorella nel suo mondo? Harry si sentiva
realmente confuso, c’era una Ginny, ma c’era anche una Jenny.
In più, due Malfoy, di cui uno era il suo migliore amico, e l’altro aveva fatto
qualcosa a lui. La vita, poteva mai essere normale per lui?
Harry stava quasi per rispondere quando la porta alla stanza si aprì dolcemente,
ed un uomo camminò dentro. Capelli bianchi e lunghi adornavano il capo
dell’uomo, ed una barba intonata, poteva esser piegata
nella sua cintura. Occhi blu e chiari, che brillavano come un fiocco di neve
nuovo, ed un paio d’occhiali a mezzaluna, sedevano su di un naso storto. Albus
Dumbledore guardava precisamente come Harry lo ricordava prima che sia assassinato.
“Ah, sei là, Harry, e c’è anche
il giovane Malfoy; non ho ancora avuto il piacere di ringraziare suo padre per
la donazione alla scuola,” disse il vecchio
Dumbledore, nella sua voce saggia. Il vecchio uomo camminò verso di loro, per
poi sedersi con grazia nella poltrona, ma senza inclinarsi.
“Professor Dumbledore, che cosa
possiamo fare per lei?” Chiese Harry, rimuovendo i piedi dalla tavola.
“Quello deve essere Indovinello,
i nundu sono creature così belle,” rimarcò Dumbledore,
con il suo scintillio più brillante che mai. “Hagrid sarebbe felicissimo di
incontrare tale bella e rara creatura,” aggiunse
Dumbledore con un riso soffocato al pensiero. Harry accennò col capo al
commento, ammettendo che non aveva neppure pensato a
Hagrid da quando era venuto qui. Sarebbe bello, andare a trovare il vecchio
uomo.
“Professore, ha bisogno di
qualcosa?” Chiese Draco, mentre diventava impaziente all’intromissione nella
loro conversazione.
“Ah si, ahimè, stavo chiedendomi
se potessi avere un momento privato col sig. Potter?” Suggerì Dumbledore con un
sorriso delicato all’erede dei malfoy. Draco sembrò anche più importunato al
commento nondimeno accennò col capo, sua madre era qui, e gli si aveva insegnato a rispettare tutti i maghi influenti alla
festa.
Il momento in cui Draco chiuse la
porta, un silenzio incomodo riempì la stanza. Dumbledore guardò Harry, che stava
guardando Indovinello ed era consapevole del suo
sguardo. Sentendo un sospiro, alzò lo sguardo per incontrare brillanti occhi
blu, in cui era presente potere e saggezza, che riempì l’anima di Harry con
immagini della sua morte.
“Harry, il mio ragazzo, ho
sentito che hai avuto una cena interessante, ieri,”
avviò Dumbledore mentre si alzava per portarsi vicino al focolare in cui
bruciavano alcune fiamme tremolanti. “I tuoi genitori erano piuttosto
preoccupati sull’incidente, prendendo in considerazione che solo alcune
settimane fa li avevo informati che tu non eri capace di fare la magia,” disse il vecchio mago, lisciandosi la barba
malinconicamente. Harry non sapeva come rispondere a tale commento, così rimase
quieto, ascoltando Dumbledore.
“Era un vero colpo per me, quando
sentii tale asserzione; per prima né credei né misi in dubbio. Quando giunsi alla conclusione che eri un piccolo razzo, lo pensavo
molto probabile, dato che qualche volta quando due persone magiche potenti
hanno un bambino, c’è una possibilità del 50% che il primo nato sia non
magico,” finì Dumbledore con un sospiro ed un lungo sguardo verso detto Potter
che sembrava esser impassibile.
“Professore,”
avviò harry dopo un minuto, “le assicuro che sono capace di far magia,” fu la
semplice risposta di Harry. Dumbledore accennò col caposubcoscientemente all’assicurazione,
ma sembrava ancora un po’ incerto.
“Era come se non potevo dubitare
di ciò, ma la prova dava come risultato che in te non vi era una goccia di
magia,” mormorò Dumbledore, con un suggerimento
d’impazienza verso di lui. “Ho sempre pensato che tu o saresti stato potente o
non magico a tutti,” sospirò Dumbledore, mentre iniziò
a camminare avanti e indietro d’innanzi a Harry, che ora era anche lui in
piedi, sembrando piuttosto piccolo accanto all’alto Direttore.
“Signore, non dovrebbe
preoccuparsi di problemi così insignificanti,” disse
Harry, ridendo leggermente. “Venga, andiamo a goderci la festa di Rico?”
Suggerì Harry con un sorriso spettrale sul viso, mentre osservava il suo vecchio
mentore.
Dumbledore fermò il suo camminare
e guardò al ragazzo. Harry fu indebolito da quegli occhi blu, che anche se brillavano, ancora guardavano come se potessero
vedere oltre la sua maschera. Il prossimo momento sentì il suono proveniente
dal focolare, ed il Professore era accanto a lui, guardando in giù.
“Quello, proverà essere una
delizia,” rispose Dumbledore con un arruffata ai
capelli disordinati di Harry. “A proposito, gradiresti una caramella al
limone?” Chiese Dumbledore, tirando fuori una borsa di dolci muggle familiari
dall’interno dei suoi abiti.
Harry sorrise per poi ridacchiare
leggermente all’uomo e cominciò ad allontanarsi quietamente.,
lasciando dietro a se un vecchio uomo confuso. Harry venne ad una conclusione:
nessuna questione che mondo in cui ti trovi, qualcosa come le caramelle al limoni e ghigni malevoli, non cambiano mai.