Insonnia

di Lerax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

 

Solo nei film dopo mesi e mesi che non chiudi occhio diventi un omicida psicopatico o il capo tosto di un'organizzazione terroristica e un gruppo clandestino di combattimenti.
Nella realtà invece, assomigli più ad uno zombie a base di banana ammaccata.
Non ricordo l'ultima volta che ho dormito per più di mezz'ora. Non ricordo più nemmeno cosa si provi a dormire.
Con l'insonnia tutto sembra un sogno assurdo, solo che, beh, è talmente assurdo che non lo capisci. Il mondo è lontano lontano lontano.
Lontano è l'odore di patatine fritte che invade la sala friggitura, lontano è il tuo riflesso allo specchio mentre ti lavi i denti, lontano è il tuo medico che ti dice "prendi la valeriana e fai più moto. E smetti di fumare". Ogni scusa è buona per ordinare di smettere di fumare. E dopo la terza volta che torni dal medico per lamentarti dei nuovi sonniferi che non funzionano più, ti arrendi.
In una galassia lontana, lontana...ci sei tu. Tu e la tua faccia da zombie, talmente spaventoso che il tuo capo ti ha tolto dalla cassa e ti ha relegato al reparto friggitura perché i clienti si spaventano a vedere uno così malaticcio che maneggia i loro panini pieni di colesterolo. A parte la sera di Halloween che sei perfetto anche senza trucco.
Ecco dove ti porta l'insonnia nella realtà.
Non so come sia cominciata. Forse è un problema psicologico come dice il mio dottore salutista che non mi prescrive farmaci veri, forse è perché hai trentanni e lavori part time da MacDonald e ceni sempre da solo perché metà delle volte il tuo gatto ti da buca. Vivere alla giornata è il mio motto, cosa farò oggi? Mangerò un Filet-O-Fish, un MacChicken, Happy Meal o magari una Caesar Salad con pollo alla piastra o croccante? Non decido mai niente prima, nemmeno il cibo.
Con l'insonnia la vita è una tortura, ma anche senza la vita lo è. Ogni secondo ti addormenteresti o butteresti la faccia nell'olio bollente per sentirti finalmente sveglio.
Quando non lavoro, guido. Guidare mi rilassa, perdo la concezione del tempo, guidando mi avvicino al dormire più di qualsiasi altra attività negli ultimi mesi. Ogni notte macino chilometri su chilometri, il mio stipendio viene diluito in benzina invece che in sonniferi.
Incredibile quanti incontri si facciano di notte. Innanzitutto animali, di ogni taglia e specie e forma. Ricci, scoiattoli, tassi, volpi, cani, gatti, rospi. A volte mi tagliano la strada, altre mi salutano da sotto le ruote. Con l'insonnia i tuoi riflessi non sono un granché.
Poi si incontrano molte altre macchine, solitamente i passeggeri sono a coppie. Una volta sono fermo a fumare una sigaretta e una macchina si avvicina. Un tipo sporge dal finestrino e mi chiede se ho da accendere. Ha due occhi talmente rossi che ti chiedi tra quanto esploderanno. Dopo avermi reso l'accendino, domanda se voglio fare una cosa a tre: io, lui e il suo amico. Rifiuto educatamente, date all'AIDS o qualsiasi altra malattia venerea un corpo e un paio di mani per grattarsi e ottenere questi due individui.
Non decido mai niente prima, semplicemente entro in macchina e parto. Né la destinazione né il percorso del viaggio. Ad ogni metro mi allontano da me stesso e mi avvicino al nirvana. Quante cazzate può dire una persona prima di essere definito illuminato o pazzo? Molte, se non hai nessuno ad ascoltarti.
Sono tre giorni che la macchina è stata pensionata dallo sfasciacarrozze. Con l'insonnia i tuoi riflessi non sono un granché e finisci in un fosso in un attacco di narcolessia. Non si può dire che non me l'aspettassi e anche da svariato tempo, ma non ero pronto ad abbandonare il mio anestetico.
Quando non guido, annichilisco. Di fronte alla tv, guardando televendite notturne, scompaio.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 

Due miliardi quattrocentoquarantotto milioni trecentoventi mila sono i secondi del tuo orologio dalla nascita alla morte se vivi in un paese occidentale. Di questi solo una manciata si possono considerare secondi di vita. I rimanenti sono pura forza di inerzia.

Con l'insonnia hai la fastidiosa tendenza di tornare ad essere un adolescente depresso. Tutto ti annoia, niente ha più importanza e passi il tempo a pensare a quanto faccia schifo la vita.

Il mio capo a fine turno mi chiama e dice “ormai hai trentanni”. Oh. Ha in mano un cartello, nero su bianco, leggo all'incontrario “cercasi personale massimo 28 anni”. Lo fisso senza dire niente. Avanti, licenziami pure dopo quasi sette anni. Dopo che mi hai invitato alle feste di compleanno di tua moglie. Come un cucciolo regalato a Natale ed abbandonato in estate.

Inizia a spararmi un discorso ripetuto altre decine di volte e imparato a memoria, ma lo blocco. Non ho voglia di sentir parlare di dinamicità, giovinezza, l'immagine dell'azienda, nuove opportunità, sentirmi dire che bisogna lasciar spazio ai più giovani e sono un tipo in gamba, mi sta facendo un favore e troverò un lavoro migliore, sarà un nuovo inizio e altre cazzate. Proprio non ne ho voglia.

Ok, va bene, dico. Butto la mia maglietta arancione e il berretto blu con la grande M dorata sul balcone ed esco. La mia auto è ormai stata trasformata in lattine di cola. Alla fermata dell'autobus fumo una sigaretta dopo l'altra. Va tutto magnificamente. Vedo il mio capo appendere l'annuncio sulla porta. Non mi fa alcun effetto. Un pezzo di nastro adesivo sopra, un pezzo di nastro adesivo sotto. Sento il rumore degli strappi come se fossero a cinque centimetri e non a quindici metri.

Senza auto, senza lavoro, senza risparmi, senza sonno. Cosa rimane della mia vita? Cosa rimane di me?

I fanalini dell'autobus si avvicinano e si ingrandiscono e il mezzo è di fronte a me con le porte spalancate. Mi invitano a entrare, come le gambe di una donna. Entra e ti sentirai bene. Entra e dimentica tutti i tuoi problemi. Allontanati metro dopo metro, spinta dopo spinta. Ma è tutta un illusione e l'esperienza di viaggiare in autobus è solo una brutta copia del guidare un'auto, come confrontare una bambola gonfiabile ad una donna vera.

L'autista mi guarda come dire, sei sicuro? Le porte si chiudono e l'autobus riparte. I fanalini si allontanano e rimpiccioliscono e il mezzo scompare dopo una curva.

Guardo il cielo, rossastro a causa della luce dei lampioni e sento i secondi della mia vita scorrere. Devo riflettere su cosa fare della mia vita, del un miliardo cinquecentoquarantadue milioni duecento quaranta mila secondi che mi rimane. Se solo potessi giocare questi numeri alla lotteria e vincere il jackpot. Potrei comprarmi la vita di qualcun altro, di qualcuno felice magari.

Semplicemente rimango alla fermata e passano uno due tre autobus. A fumare e a riflettere, su cosa, non lo so.

Quando anche l'ultimo bus notturno passa, inizio ad avviarmi verso casa. Per buttarmi su un letto nel quale non dormirò, per aprire un frigo vuoto, per sentire i litigi dei vicini di casa.

Ad ogni passo sento la rabbia crescere ed ogni passo si fa più pesante. Le strade sono deserte. Mi inoltro nei vicoli più bui. Ad ogni rumore, spero che qualcuno mi stia seguendo. Che qualcuno mi stia tendendo un agguato e salti fuori all'improvviso per derubarmi. Esci! Non ho niente da perdere. Accoltellarmi e lasciami agonizzante sul marciapiede e non avrò più da pensare ai secondi che mi restano. Disteso per terra mentre la vita mi scorre pian piano dalle ferite, in attesa di morire e non avrò più da preoccuparmi.

Ma nonostante l'alto numero di crimini annunciati nei giornali, non incontro nessuno durante il tragitto. Non è la mia serata fortunata.

 

Al lato opposto del mio condominio, è parcheggiata un auto uguale alla mia. Stesso modello, stesso colore, persino stesse iniziali di targa. E' ancora buio e non c'è nessuno. Solo le luci dei lampioni sono accese. E' un attimo. Sfondo un finestrino con un pugno, il vetro va in mille pezzi che si conficcano nel braccio. Il sangue scorre. L'auto si lamenta come un animale ferito. L'antifurto suona mentre faccio a pezzi gli altri finestrini. Tento di sfondare il parabrezza a calci ma ottengo solo una ragnatela nel vetro. L'antifurto suona disperato e io ascolto impassibile in piedi sul cofano, finché non muore con un singulto. Nessuna luce dalle finestre si è accesa.

Attraverso la strada e apro il portone del condominio, lasciando un impronta della mia mano insanguinata sul pomello. Con le dita viscide segno la parete del corridoio di scie rosse. Qualche pezzo di vetro cade sul pavimento. In ascensore gocciolo, plinc plinc e gocciolo sullo zerbino con la scritta WELCOME del mio appartamento. Briciole di pane per ritrovare la strada. Non penso a niente. Ogni gesto è meccanico, l'acqua fredda scorre sul braccio e il lavandino diventa rosa. Rosa, rosso, rosa, rosso, in sintonia con i battiti del mio cuore. Mi avvolgo le braccia con un asciugamano e improvvisamente mi sento stanchissimo. Pesante. L'asciugamano si tinge di rosso. Vado in salotto e mi butto sul divano, non riuscirei ad arrivare fino al letto. Mi addormento o, forse, svengo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

 

 

Dolore pulsante alle braccia. Le pulsazioni sono accompagnate da suoni sordi. Bang bang bang. Poi mi accorgo che è qualcuno che bussa rabbiosamente sulla porta. Per un riflesso condizionato, cerco di alzarmi ed aprire. Ma il mio corpo si rifiuta e quel che voglio è solo chiudere gli occhi. Bang bang. Vattene. Bang bang. Lasciami in pace. Il bussare si interrompe per poi riprendere più furioso di prima. Il campanello suona impazzito. Per anni sono scattato a questo suono, l'impulso di rispondere è più forte della stanchezza. Mi alzo, ce la faccio. Apro la porta e c'è un uomo sulla soglia. Sembra sorpreso, forse pensava di continuare a bussare per l'eternità.
Beh, dico io. Mi fissa. Fissa la mia faccia devastata, le occhiaie profonde, le guance scavate. Fissa le braccia ferite, sporche di sangue. Mi fissa mentre gli cado tra le braccia. Addormentato o, forse, svenuto.

Ecco i fatti, il tizio a cui ho spaccato la macchina e che quindi voleva spaccarmi la faccia, mi ha salvato la vita. Sarei morto dissanguato se non mi avesse svegliato per spaccarmi la faccia. E' venuto a trovarmi in ospedale. Strana la vita. Si è fermato e mi ha raccontato che anche lui aveva passato un brutto periodo. Aveva tentato il suicidio buttandosi dal balcone, ma come me, era stato salvato e adesso ne era contento. Tutto si era sistemato, i suoi debiti erano stati saldati e la moglie l'aveva perdonato per il tradimento. Mi ha detto di non preoccuparmi per la macchina o la polizia. Avrebbe chiuso un occhio e non mi avrebbe denunciato ne chiesto risarcimenti. Tanto era una vecchia carriola. E mi ha lasciato una scatola di cioccolatini.
Io non volevo i cioccolatini. Non volevo suicidarmi. Non ho tentato di suicidarmi, è stato un incidente. Sì sì sì mi ha detto. Non aver paura di essere sincero con te stesso. E mi ha lasciato la scatola di cioccolatini.
Non so cosa volevo quando ho rotto la macchina. Non so a cosa pensavo. Quando sono tornato a casa, qualcuno aveva cancellato le scie di sangue sulla parere del corridoio. Al loro posto, pittura bianca. In ascensore la vicina della porta accanto mi ha detto buongiorno e ha continuato a fissarmi le bende sul braccio cercando di non farsi vedere. Forse pensa che sia uno psicopatico, è scesa cinque piani prima. Forse ha ragione. Qualcuno ha pulito anche l'ascensore, ma il mio zerbino ha ancora macchi sulla E, sulla O e altre sparse. Lo porto con me nell'appartamento e lo butto nell'immondizia, insieme all'asciugamano intriso di sangue che ancora mi aspetta sul divano. Di solito a quest'ora mi recavo a lavoro. Adesso invece? Ho ventiquattro ore da riempire, a cui seguiranno altre ventiquattro ed altre ventiquattro ancora e ancora e ancora.
Magari dovrei cercare un nuovo lavoro, dare una sistemata alla mia vita, trovarmi una ragazza. Magari comincio domani. Magari.

Sono il grande carro nel cielo e qualcuno urla per me.
Per due settimane non ho fatto altro che andare al bar a mangiar panini e stare sul divano con lo sguardo perso. La vita mi ha dato una seconda occasione di cui non so che farmene e questo è il mio modo di protestare, sprecandola. Non che prima fossi messo meglio eh. Se qualcuno me lo chiedesse, direi che sono in pausa di riflessione. E' tutta la vita che sono in pausa di riflessione, nell'attesa che mi capiti qualcosa.
Ne discuto col barista. Sembra interessato, o forse no. Chiedimi se sono felice. Chiedimi se sono triste. La risposta ce l'ho sulla punta della lingua.
Esco la sera tardi e torno a casa verso l'alba. L'istinto della tana, non saprei come altro giustificare la mia permanenza in casa.
Saluto il barista e mi trascino fuori, andatura barcollante da pinguino, come se qualcosa mi schiacciasse. L'insonnia è peggiorata. Il mondo appare ancora più lontano ed ha perso colore, tutto è grigio. Ogni tanto vedo sprazzi di luce, come se qualcuno sparasse fuochi d'artificio. Anche i suoni risultano ovattati e di tanto in tanto c'è qualche esplosione. Bang! E' il tuo cervello che cede. Se mi sentisse il mio dottore, si metterebbe a ridere. Ahahah. Ahah.
Il cielo inizia a sfumare verso la sera e la luna e il sole si fissano indifferenti. La gente invece, mi fissa diffidente. Barba lunga, capelli spettinati, occhiaie profonde, pelle spenta, abiti sporchi, devo avere un aspetto terribile.
Mi avvio verso il parco. Ormai è rimasta poca gente, qualche coppia imboscata e qualcuno con il cane.
Quando si accendono i lampioni, il parco è deserto e ci sono solo io, sdraiato su una panchina a sonnecchiare.
Potrei mollare tutto. La casa, il divano, i parenti, le convenzioni sociali. Mi prendo un cane e giriamo insieme il mondo passando da un rave ad un altro. Del resto, che importa? Del resto lo sto già facendo, mollare; del resto, tanto vale andare fino in fondo.
Mi sento distaccato dal mio corpo. Fluttuo su una superficie invisibile e il mondo gira e gira. Il sole gira. L'universo gira. Tutto gira attorno a me. Non so se sono sveglio o se sto sognando. Potrei anche essere morto senza accorgermene.

Il mio sangue cade goccia e goccia dal mio braccio, arriva sulla punta del mio dito e, dopo un attimo di esitazione, si riversa sulla ghiaia immacolata. Sempre più veloce.
Morte, goccia dopo goccia si avvicina. E' terribile, mi sento morire e impotente. Tento di ricacciare il sangue dentro al mio corpo succhiando dalla ferita sul polso. E' un taglio netto, di chi ha tenta il suicidio immerso in una vasca di acqua calda per far circolare più velocemente il sangue e, quindi, giungere prima alla fine. Il flusso aumenta e mi travolge e tutto si fa rosso. La mia vita finisce sulla ghiaia, filtra negli interstizi tra i sassolini e viene assorbita dalla terra. Prendo una manciata di ghiaia, terra e sangue e tento di recuperare quel che posso. Mastico ed ingoio. I miei denti vanno a pezzi, i sassi graffiano la bocca, il palato, le guance, la gola, non mi restano che le gengive insanguinate. E il sangue continua a colare. E muoio.
E mi risveglio. Era un sogno? Ho dormito? Sono ancora sulla panchina. Con la lingua tasto i denti più volte per accertarmi che sia ancora tutto a posto.
Tutto a posto. E l'incubo continua.




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Grazie mille a chi ha recensito e chi mi ha fatto visita^^
    Certo che il protagonista è una lagna assurda eh? Ma presto gli daremo una svegliata!

 

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