Andando avanti..

di budinss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cena ***
Capitolo 2: *** Capitolo2: Due prole con papà ***
Capitolo 3: *** Capitolo3: Paura ***
Capitolo 4: *** Capitolo4: Zafira. ***
Capitolo 5: *** scusate ; D ***
Capitolo 6: *** Visite ***



Capitolo 1
*** Cena ***


.Ecco il primo capitolo, buona lettura ^.^


CAPITOLO 1
Erano le sette passate, io e la zia Alice eravamo nel suo bagno, nel suo immenso e dotatissimo bagno, che ci preparavamo per la cena con il nonno; o meglio, lei preparava me.
Aveva le mani nei miei capelli e armeggiava con i ciuffi da più di dieci minuti. Avevo insistito per convincerla che non erano necessari tutti questi preparativi, dopo tutto dovevo soltanto mangiare una bistecca assieme al nonno Charlie.
La zia però, non voleva cedere. Come mi avevano detto in passato mamma e papà, e come avevo poi appreso io sulla mia pelle, la zia Alice otteneva sempre quello che voleva.
Ogni tanto, mentre la guardavo nello specchio intenta a truccarmi o a pettinarmi (nonostante ormai avessi l'aspetto di una sedicenne) mi chiedevo se, oltre alla sua strabiliante potenzialità nel vedere il futuro, non avesse anche un altro potere, quello che il nonno Carlisle sosteneva avesse Siobhan: far andare le cose secondo la sua volontà. Il nonno mi aveva spesso parlato dei suoi altri amici vampiri, nelle lunghe serate nel salotto oppure prima di addormentarmi, nella mia stanza. Tra tutti quella che mi era più simpatica, questo perchè l'avevo conosciuta, era Zafira, una donna che aveva la potenzialità di far vedere le cose volute da lei.
Ricordo quando, in un tempo passato che ormai sembrava appartenere ad un'altra vita, mi aveva mostrato i bellissimi paesaggi del sud America, terre a lei molto care e familiari. Avevamo promesso, prima che lei se ne andasse, di farle visita qualche volta. Io impazzivo all'idea, non vedevo l'ora di rivedere quella donna tanto gentile, ma ogni volta che progettavamo il viaggio c'era un imprevisto.
Mentre vagavo con la mente, ricordando quelle bellissime composizioni di alberi e mare, cominciavo a preoccuparmi per l'esito di quell'acconciatura. Non ero la mamma, lei odiava letteralmente finire tra le mani della zia e, ogni volta che le toccava, si lamentava senza sosta. Io mi divertivo: erano molto amiche, nonstante fossero diversissime. Pensai che fossero così legate perchè assieme ne avevano passate tante. La mamma ne aveva passate tante per riuscire a stare con papà. Quando ero piccola, ogni tanto, prima di addormentarmi invece di leggermi le fiabe che ormai sapevo a memoria e mi annoiavano, mi accontentava raccontandomi di lei e papà, della loro storia d'amore intensa e difficile.
Stentavo a credere che ne avessero passate tante, ma poi ricordavo quanto testarda e coraggiosa fosse la mamma. Se la si conosceva, era facile convincersi che tutto quello fosse vero.
Ammiravo mia mamma per tutta la sua forza di volontà, e le volevo bene più di chiunque altro. Una volta mi aveva raccontata dell'idea che papà si era fatto di sè stesso, mentre parlava le sue labbra si piegavano in un leggero sorriso. Era evidente che non condivideva i suoi pendieri, come nemmeno io. Non era possible che delle persone buone e gentili come loro non avessero un'anima. Era impensabile pensare che, una personalità misericordiosa come quella del nonno Carlisle dovesse finire tra le fiamme. E assieme a lui tutti gli altri, mamma, papà, la zia Alice, la zia Rosalie, lo zio Jasper e lo zio Emmett. No, non poteva essere vero, ne ero fortemente convinta, come lo era anche la mamma.
< Nessie >, la zia Alice interruppe i miei pensieri chiamandomi con il soprannome che mi aveva dato Jake. Jake, il mio Jacob. Pensare a lui non mi rendeva felice, la distanza mi faceva stare male. Mi mancava, tantissimo, nonostante ogni settimana, da quando ci eravamo trasferiti andandocene da Forks, ci vedessimo di nascosto nel bosco.
Però mantenere un segreto era esptremamente difficile, anzi impossibile, in una famiglia come la mia. Con la zia che vedeva ogni nostro incontro e papà che li riviveva attraverso la mia mante, tentare di nascondere loro qualcosa era impensabile. Entrambi sapevano dei miei incontri, ma non diceva nulla perchè sapevano quanto ci tenessi che la mamma lo sapesse da mè.
< Qunado pensi di dirlo a Bella? >. Il suo tono era serio, gli occi fissi nel mio riflesso nello specchio. Con le mani armeggiava ancora nei miei capelli.
< Non lo so zia, ma credo che oggi non sia il momemto migliore >, le dissi ad alta voce . Ero consapevole del fatto che la mamma non si sarebbe opposta ai nostri incontri, voleva bene sia a mè sia  a Jake: si era affezionata al grosso lupo, che aveva voltato le spalle alla sua tribù solo per proteggere me e la mamma allenadosi con i vapiri, nel periodo in cui papà l'aveva lasciata pensando di fare il suo bene.
Ma qualcosa mi fermava dal confessarle tutto. Non era paura, più che altro non la volevo ferire. Ci eravamo già trasferiti a causa mia, non volevo che si preoccupasse ancora di più.
< Prima o poi le dovrai parlare.. non si arrabbierà, ne sono sicura >.
< Lo so, zia.. >
< E allora perchè tieni tutto al suo oscuro? >, mi chiese.
Come la mamma, mentire non era il mio forte, così optai per la verità. < Perchè semplicemente non voglio che si preoccupi >.
La zia aAlice sospirò, io assieme a lei.
< Ma che ore sono? >, chiesi improvvisamente. Dovevamo scendere alle sette e mezza, non voleva far aspettare il nonno Charlie. Come diceva papà, far attendere le persone era sgarbato. E poi morivo dalla voglia di rivederlo. Nel mese passato non lo avevo visto nemmeno una volta, con il lavoro raggiungerci gli era difficile.
< Non ti preoccupare, abbiamo ancora dieci minuti. ecco.. ho finito! cosa ne pensi? >. Alzai lo sguardo per vedere il mio riflesso nello specchio. I miei boccoli rossicci erano raccolti in un'elegante chignon del quale non riuscivo a trovale nè il punto d'inizio nè la fine. I capelli raccolti mettevano in mostra la mia pelle chiara e liscia, in contrasto con i grandi occhi color cioccolato.
< Zia, sei bravissima! >, esclamai. Sul suo viso si aprì un grande sorriso, eco del mio.
< Beh, faccio il possibile >. Scendemmo le scale lentamente mentre mettevo a poto la spallina dell'elegante vestito azzurro che mi aveva infilato la zia.
Il nonno non era ancora arrivato. Mamma è papà erano accanto alla grande vetrata, osservavano il cielo trapunto di stelle. Inizialmente non si voltarono, ma poi la mamma si girò a guardarmi.
< Sei bellissima, tesoro >, mormorò vedendomi. Mentre lei parlava, papà acconsentiva.
Erano tenerrissimi, abbracciati in quel modo. < Il nonno sta rrivando e Esme sta mettendo in tavola a bistecca. Mangi con lui? >, mi chiese.
Loro non toccavano cibo umano, mentre io, se costretta, lo facevo. Annuii, mangiare da solo avrebbe messo il nonno a disagio. Ormai non faceva nemmeno tante domande sulle stranezze della nostra famiglia. Era consapevole che in noi c'era qualcosa di diverso, ma questo non lo aveva ostacolato. Voleva comunque bene a me e alla mamma, si stava facendo piacere persino papà pur di rimanerci accanto. Sentii la portiera di un'auto sbattersi e gli andai in contro verso la porta. Appena mi vide sul suo viso si allargò un sorriso che ricambiai volentieri.
Lo abbracciai. Ci sedemmo a tavola e cominciammo a chiacchierare. Mi fece mille domande, la scuola, le amiche e, purtroppo, mi chiese anche dei ragazzi. Arrossii violentemente: non era il caso che sapesse di quello che provavo per Jake. Non ancora, almeno.
La cena passò in un batter d'occhio, e troppo presto il nonno dovette andarsene. Lo salutai a malincuore, cosciente che per la prossima visita avrei dovuto aspettare un bel pezzo. A consolarmi però c'era l'incontro dell'indomani con Jake.
Andammo via dalla casa dei nonni subito dopo la fine della cena. Era una serata bellissima, in cielo non c'era una nuvola e soffiava un leggero venticello. Non c'erano zanzare, anche se l'unica ad avere problemi con loro ero io: a mamma e a papà non si avvicinava alcun animale. Così decidemmo di fare a piedi in breve tratto che ci separava dalla nostra casetta. A malincuore avevamo lasciato quella a Forks, ma i nonni aveva subito provveduto a costruirne un'altra. Bella come l'altra.
Mamma è papà correvano troppo veloci per me e io ero stanchissima.
Era stata una giornata lunga, che si sarebbe conclusa con una bella dormita nel mio lettuccio comodo. Insomma, questo solo per me: i miei genitori non drmivano, ero l'unica che aveva bisogno di almeno 8 ore di sonno, a parte ovviamente il nonno e Jake.
Salii in groppa a papà. Mi piaceva quando correva con me attaccata alla schiena: il brivido che provava quando raggiungeva velocità inimmaginate mi faceva sentire bene. Provavo le stesse emozioni che provava lui.
 Un'altra cosa che adoravo erano i suoi movimenti aggraziati, ma anche improvvisi: schivava gli alberi a meno di un centimetro. Non avevo paura, mi fidavo ciecamente del mio papà. Gli stavo aggrappata con una presa che avrebbe strangolato chiunque, gli occhi spalancati.
Quando però mi faceva scendere perdevo spesso l'equilibrio. Questo lo divertiva perchè, a quanto pare, erano le stesse reazioni che aveva la mamma quando ancora era umana.
Ero un corpo caldo e più fragile di lui, aggrappato alla sua schiena. In quel momento mi considerava più umana di sempre, gli piaceva. Farlo felice era una cosa che rendeva anche me serena, perciò non gli negavo quei momenti che divertivano entrambi. Troppo presto arrivammo davanti alla porticina di legno della nostra casa.
Ancora con me in groppa, papà si diresse verso la mia stanza e mi posò sul letto, per poi uscire e andare in cucina.
La nostra cucinetta era uguale a quella del nonno Charlie, solo un po' più nuova. La sera, mentre aspettavano che mi infilassi il piagiama per darmi la buona notte come a una bambina piccola, andavano sempre lì. Papà si sedeva sulla sedia accanto alla finestra e mamma in braccio a lui.
Era un modo come un altro per rivivere i momenti passati e faceva sentire felice la mamma.
Dopo dieci minuti, il tempo necessario perchè mi cambiassi e lavassi i denti, li vidi entrare dalla porta. Mi accucciai tra le coperte e, uno alla volta, mi diedero un bacio. Erano cose che si facevano ai bambini piccoli ma mi faceva piacere che mi trattassero ancora in quel modo.
Dopo papà andò in salotto e si sedette al piano. Mi addormentai sulle note della ninna nanna che aveva composto per la mamma.

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Capitolo 2
*** Capitolo2: Due prole con papà ***


CAPITOLO2: Due parole con papà


Eravamo ormai agli inizi settembre. Le giornate proseguivano tranquille, come sempre. Ancora poco e avrei dovuto cominciare a frequentare quell'edificio odiato da tutti: la scuola. Mi sarei dovuta preparare: era un bel cambiamento.
Tutti erano iper protettivi e non mi lasciavono in pace un solo momento; tutti tranne mamma e papà. Non era difficile indovinare perchè papà non lo facesse, riguardo alla mamma intuivo fosse perchè capiva meglio di chiunque altro quanto fosse imbarazzante e fastidioso essere al centro dell'attenzione. La peggiore di tutti, come sempre, era la zia Alice. Non mi lasciava in pace un solo momento, insistendo sul fatto che dovevamo fare dei preparativi. I suoi preparativi non riguardavano il mio comportamento, come quelli del nonno Carlisle e di nonna Esme, ma il mio nuovo guardaroba. In altre parole mi asfissiava. I momenti in cui non riuscire a vedere il mio futuro erano per lei causa di frustrazione erano lontani, davvero.
Nonostrante questa sua particolare insistenza, ero davvero felice che più che mia zia, fosse mia amica; a lei potevo confidare tutto, tutto cià che alla mamma non raccontavo perchè avevo paura di farla soffrire, oppure cose che lei non avrebbe capito.
Mamma, papà e la zia Alice avrebbero frequentato il terzo anno, la zia Rosalie, Emmet e Jasper il quarto, mentre a me sarebbe toccato la parte della più giovane, al secondo. Mamma sarebbe stata mia sorella. Mi divertiva vederla in quella maniera.
< Hai fame? >, mi chiese papà verso le sette, distraendomi dai miei pensieri. < Vuoi che ti prepari qualcosa? >. Lo guarda e capii immediatamente, come migliaia di volte prima, il perchè mia mamma si innamorò di lui. Era incredibilmente bello, certo, ma anche infinitamente premuroso e dolce, gentile e romantico, spesso eccessivamente protettivo; tra tutte le sue qualità, probabilmente, quella chi mi piaceva di più era proprio questa sua iperprotettività. Mi piaceva sapere che era pronto a proteggermi, dietro alle mie spalle, non avrebbe permesso che mi succedesse niente. Papà mi faceva da padre, fratello maggiore e in molti casi da diario. Lo vedevo proprio come il mio principe azzurro, solo con qualche qualità in più.
< Un po'.. >, gli risposi qualche secondo dopo, accorgendomi del leggero languorino che sentivo. Papà, nonostante non si nutrisse di cibo umano, era un cuoco esperto. < Grazie a "La Prova Del Cuoco" >, mi rispose quando, tempo prima, gli chiesi dove aveva imparato a cucinare. La frase era accompagnata da un sorriso sghembo che gli illuminava gli occhi, quello che tanto piaceva alla mamma.
< Cosa vorresti? >, lo sentii domandare.
< mmm.. ho voglia di qualcosa di dolce >, risposi.
< Le crepe al cioccolato? >, mi anticipò, capendo sin dall'inizio di cosa avevo voglia. Sorrisi involontariamente, mi conosceva troppo bene.
Papà andò in cucina, seguito da me. La mamma non era in casa, non sapevo dove si trovasse. Intuivo che fosse stata trascinata dalla zia Alice da qualche parte, visto che mancava pure lei. Oppure erano in un una delle loro " spedizioni ", assieme alla nonna Esme, a ristrutturare un'altra casupola abbandonata. < Gli ammobiliali sono un buon investimento nel tempo >, disse papà tanto tempo prima alla mamma.
< Amore, volevo parlarti.. >, mi disse papà mentre metteva in padella l'impasto per le crepe. Sapevo cosa mi voleva dire, non era l'unico a conoscere i pensieri dell'altro.
< Lo so, papà, ma non so cosa dirle, come dirglielo >, risposi prima che potesse parlare. Lui si girò verso di me, guardandomi negli occhi.
< Lo sai, vero, che Bella non si arrabbierà? Non devi fare tutti questi sforzi per trovare le parole, qualsiasi cosa tu le direai la accetterà, come la abbiamo accettata tuti noi. Poi, Nessie, nessuno di noi ti può dire niente, men che meno io e la mamma, dopo la nostra storia. >, mi fece notare. Fece girare la crepe e me la passò; io ci spalmai sopra la nutella.
< E amore, lo sapevamo sin dal momento in cui sei nata, sin da quanto Jacob ti ha vista per la prima volta, che la tua vita avrebbre preso questa piega. Non ci siamo opposti allora e non ci opporremmo nemmeno adesso, renditi conto di questo. Non ci siamo trasferiti per dividervi, lo abbiamo fatto per necessità. Senza contare il rapporto che tua madre ha con lui, gli vuole davvero bene, e quanto ne voglia a te >. Girò anche l'ultima crepe e si siedette accanto a me. Mi spostai e mi accucciai fra le sue braccia fredde e forti; Papà mi strinse forte a sè.
< Qualsiasi cosa succeda, noi saremo sempre con te, non dimenticarlo. Stasera, quando torna, parlale. Ti sentirai molto meglio, potrai condividere la tua gioia assieme a lei. E anche lei sarà felice di sapere che finalmente Jacob ha smesso di soffrire a causa sua >.
Lì, seduta fra le sue braccia, sebrava tutto più seplice.
<  Fai sembrare tutta questa storia un niente.. >, mormorai mentre posavo le gambe sull'altra sedia.
< Ed è così, Nessie. Ti preoccupi troppo, assomigli a tua madre.  Ascoltami, almeno una volta, non stai facendo niente di sbagliato, Bella non ha motivo per arrabbiarsi o per preoccuparsi. Lei è la prima che non mi ha ascoltata quando le ho detto che i licantropi non sono affidabili, e ha deciso di rischiare >.
< Ma papà, è proprio questo il punto. Lei ha rischiato, ma sapeva che fossero pericolosi. Non voglio farla stare in pensiero inutilmente >
< Infatti. Lei non ha mai considerato Jacob pericoloso, si è sempre fidata di lui. Ha messo la sua vita nelle sue mani. Sa che non ti farà mai del male >.
Non mi era molto facile cedere, tranquillizzarmi, ma credevo alle parole di papà.
< Grazie.. >, gli dissi.
< Adesso però mangia >. Mi avvicinò il piatto con le mie crepe e posò il mento sulla mia testa. Cominciai a mangiucchiare il mio dolce, gustandomi la dolcezza della nutella.
Appena finito, andai in salotto e mi sedette sul divano. Accesi la televisione alla ricerca di un programma interessante ma, come al solito, non c'era niente di importante. Le parole di papà mi avevano convinta a parlare alla mamma quella sera stessa.
A quel punto arrivò lo zio Emmett, che si unì a me a fare zapping.
< Perchè questo musone? Hai scoperto dove hanno intenzione di portarti Rosalie e Alice il fine settimana? >, mi disse spettinandomi i capelli. Mi girai a guardarlo incuriosita.
< Cosa intendi dire? >, gli chiesi spaesata.
< Em, non sai proprio tenere la bocca chiusa >, urlò papà dalla cucina.
< Oddio, mi fate preoccupare.. >, mormorai.
< Non è niente di chè amore, le solite idee di Alice.. >, disse papà alzando gli occhi al cielo, mentre ci raggiungeva.
< Infatti. Non farti troppe menate, mostriciattolo >, concordò lo zio Emmett dando un colpetto sulla spalla di papà.
< Ti spiace smettere di chiamarla mostriciattolo? >, chiese papà.
A quel punto smisi di ascoltarli, già sapendo come sarebbe andata a finire: i loro giochi avrebbero distrutto qualcosa; a quel punto sarebbe arrivato il nonno Carlisle seguito dalla nonna Esme che li avrebbe sgridati. Così mi alzai e salii nella vecchia stanza di papà.
< Amore, davvero, non è niente >, disse papà mentre salivo le scale.
Mi sdraiai sul divanetto e feci partire il cd nell'impianto. Con sottofondo le note dei notturni di Chopin, cominciai a pensare a cosa dire a mamma e finii per addormentarmi.


Spero tanta che vi sia piaciuto ^.^

 

 XXXFrAnCy94XXX, graaaazie : D Sapere che la leggi mi fa sentire megio, e aniasolary ti ringrazio tanto per il sostegno.

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Capitolo 3
*** Capitolo3: Paura ***


Capitolo 3: Lacrime e Dolore


< Amore, amore svegliati >, mi sentii chiamare dalla mamma con un tono estremamente dolce. Con difficoltà riuscii ad aprire gli occhi, rendendomi conto di essermi addormentata in una posizione poco raccomandata: ero scivoltata, con mezza gamba a terra e il braccio sotto alla testa. Mi alzai e mi stiracchiai, sentendo un leggero dolore alle ossa, postumo di quel sonno inquieto.
Avevo fatto un incubo, uno di quelli che non mi terrorizzava da tantissimo tempo. Come altre volte in passato davanti a me c'erano una serie di vampiri coperti da dei mantelli scuri; io ero in groppa a Jake, la mamma accanto a me mi guardava preoccupata. An un certo punto i Volturi si girarono, Aro si  separava dal gruppo e si avvicinava a noi, pronto a dare il verdetto. Solo che nel sogno, a differenza di quello che successe un tempo che mi sembrava appartenere ad un'altra vita, la zia Alice non arrivava.
< Amore, tranquillizzati, non è successo niente >, mi disse la mamma, avvicinandosi di più e togliendomi i capelli dal viso. La guardai, lei fissava me.
< Cos'è successo? Dov'è Edward? >, mi chiese, sicura che conoscessi la risposta. Sbattei le palpebre confusa.
< Non lo so.. mi sono addormentata dopo che papà mi ha preparato le crepe >, borbottai, cercando nella memoria un qualsiasi accenno ad un possibile allontanamento di papà. Sentii nascermi una strana ansia dentro. Mi alzai di colpo per scendere in cucina, ma sentii un leggero capogiro e ricaddi sul divanetto. Con più calma di prima andai in cucina, poi in salotto, nella stanza della zia Alice e poi in quella della zia Rosalie. Ma niente, papà non c'era. Cominciai ad allarmarmi: papà non se ne sarebbe mai andato senza avvisare.
La mamma nel frattempo aveva fatto il giro dei dintorni ed era tornata a casa.
Ci guardammo confuse, senza capire quelle che stava succedendo. Stavo cominciando ad avere paura.
< Mamma..>, mormorai. < Mamma, papà dov'è? > le chiesi implorante. Rimanemmo a fissarci per qualche secondo, immobili. Non ero capace di muovermi. Più i secondi passavano, più la mia ansia saliva.
Andai a sedermi sul divano seguita dalla mamma. Mi accucciai fra le sue braccia sperando che la mancanza di papà fosse una cosa casuale: era semplicemente uscito un attimo. Forse con lo zio Emmett o lo zio Jasper, oppure era andato da nonno Carlisle all'ospedale; ma non era una cosa da lui sparire in questo modo, nemmeno per pochi minuti.
La mamma prese il cellulare dalla  tasca e compose il numero talmente velocemente che non riuscii nemmeno a seguire le sue dita sulla tastiera.
Uno squillo, due squilli, tre squilli.. nessuno rispose.
< Mamma, ma la zia Alice? >, le chiesi improvvisamente. Lei doveva sapere dove fosse papà.
< Non lo so, è sparita anche lei.. >, mormorò. Nonostante cercasse di nasconderlo, nel suo tono sentivo un leggero accenno di isteria mischiata ad ansia, ferocemente soppressa.
< Non eri assieme a lei? >. Mi fece cenno di no con lo sguardo. A quel punto provò a chiamare la zia Alice ma.. nemmeno lei rispose.
< Ma.. magari sono tutti a casa nostra > azzardai, sapendo già che non era possibile.
< No, sono passata poco fa >.
Dov'era papà? Dov'era? In casa non c'era, avevo controllato. Nei dintorni nemmeno. Biglietti non ne aveva lasciati, messaggi nemmeno. Assieme a lui però sembrava fossero spariti tutti.
Non potevano essersene andati tutti. Perchè avrebbero dovuto farlo? Questa era casa loro, qui c'erano tutte le loro cose.
No, non se n'erano andati, continuavo a ripetermi senza sosta. Mi portai le ginocchia al petto e mi strinsi forte per cercare di non sbriciolarmi, cosciente che di lì a poco sarebbe arrivata la consapevolezza che era successo qualcosa, qualcosa di temuto da quel giorno nella radura.
Erano arrivati, nonostante non ci fossero segni del loro passaggio, ero sicura fossero stati loro. Li avevano catturati, non nel vero senso della parola. Gli avevano detto di seguirli e tutti, papà, la zia Alice, lo zio Emmett, la zia Rosalie, lo zio Jasper, il nonno Carlisle, la nonna Esme, li avevano seguiti senza ribellarsi.
Erano arrivati improvvisamente, senza alcun preavviso per non far capire alla zia Alice le loro intenzioni e avevano spazzato via la mia felicità.
Erano arrivati e si erano portati via tutti, egoisticamente, senza pensare a nessun altro se non a loro e alla loro esigenza di conoscere e di conquistare.
Vidi nuovamente una schiera di mantelle nere che si avvicinavano muovendosi assieme. Come degli scacchi: prima c'erano i Pedoni, i vampiri da loro considerati meno importanti, le cui vite si potevano sacrificare per fare nuove conquiste che costituivano la maggior parte del corpo di guardia. Poi, ai lati, c'erano le Torri, Demetri e Felix. I due gemelli, Alec e Jane,  erano i Cavalli, i più vicini al Re dopo gli alfieri, Caius e Marcus. Ovviamente il Re era Aro, il vampiro millenario curioso e assetato di conoscenza e potere. Era lui il vero capo dei volturi, anche se le decisioni erano prese in comune ai suoi fratelli.
Sentii il brivido al solo pensiero che le persone più importanti al mondo per me, che papà fossero assieme a loro. Non volevo che quei mostri assetati di sangue umano e privi di coscienza si avvicinassero alla mia famiglia, ma non avevo potuto fare niente per tenrli lontani da ciò che avevo di più caro.
Cominciai a tremare violentemente, nonostante non sentissi freddo, e mi raggomitolai stringendomi più forte fra le braccia della mamma.
Mi accorsi però che non ero in braccio alla mamma, sotto di me c'era solo il tessuto color panna del divano.
< Mamma?! >, la chiamai allarmata, ma nessuno mi rispose. Mi alzai di scatto e salii di corsa in camera di papà. Inciampai sulle scale, caddi, mi rialzai e arrivai zoppicante vicino all'impianto stereo. Mi guardai attorno: non c'era più niente al di fuori dell'impianto che si illuminò. Tremando chiacciai play e partì una canzone che conoscevo benissimo. Con il solo suono del piano, le note continuavano in'un'armonia perfetta,  pian piano diventavano più flebili, fino a scomparire. Era la ninna nanna che papà aveva composto per la mamma, quella che mi canticchiava ogni sera prima che mi addormentassi.
Mi lasciai cadere di peso a terra, portando le ginocchia al petto e appoggiandoci la testa, nella speranza che tenendo tutto attaccato non mi sarei spezzata. Il dolore che provai fu insopportabile, mi sembrò che ogni parte di me si fosse separata dal resto. Niente stava più insieme, ero convinta che se avessi smesso di stringere avrei perso brandelli di me, mi sarei spezzata in mille pezzi.
Mi sembrò che fossero passate delle ore quando sentii dei movimenti al piano di sotto.
Mi feci forza e mi alzai, scendendo più alla svelta possibile le scale. Rimasi di stucco quando, vicino al portone, vidi Jacob. Aveva un'espressione allarmata, contorta dalla preoccupazione. Era in una posizione di difesa e mi fissava con uno sguardo vuoto.
Mi precipitai verso di lui, lanciandomi fra le sue braccia. Ma, quando sentii il contatto con la sua pelle, percepii che si era irrigidito.
< Jake.. Jake >, mormravo in continuazione ma lui non si muoveva, nè mi rispondeva.
A quel punto lo sentii che avvicinava le mani alle mie braccia e mi allontanava da lui.
<  Jacob.. >, lo implorai. < Dove stai andando? Non mi lasciare, resta qui. No, torna.. >, ma lui non mi dava retta. Cominciò a camminare verso la vetrata posteriore del salotto. Tentai di seguirlo, cosciente che se lo avessi lasciato andarsene avrei perso l'ultimo brandello che mi era rimasto. Ma lui non rallentava, io non riuscivo a muovermi. Quando non vidi più nemmeno la sua ombra perdetti tutte le forze. Le ginocchia erano molli, incapaci di tenermi in piedi. In meno di un secondo mi ritrovai a terra, sul pavimento freddo.
Era l'inizio della mia fine. L'inizio di una lenta decadenza che sapevo mi avrebbe portato al consumo totale. Sperai solamente che tutto quel dolore finisse presto, che la fine arrivasse in fretta.
< Renesmee, amore, svegliati >, sentii in lontananza qualcuno che mi chiamava.
< Nessie, sveglia. Amore, apri gli occhi >. La mamma mi squoteva velocemente tentando di svegliarmi.
< Renesmee >, mi chiamò papà. Tentai di aprire gli occhi per sfuggire a quel vuoto che mi perseguitava. Riuscii ad aprirli, ma la vista era annebbiata dalle lacrime che mi scendevano senza sosta.
< Calmati, amore. è stato solo un incubo, niente è vero, un solo incubo >, disse papà mentre mi accarezzava dolcemente il viso e mi asciugava le lacrime.
< Nessie, è stato solo un sogno. Non verranno mai, noi non ti lasceremo mai >.
Non riuscivo a far smettere le lacrime di scendere. Mi rigavano le guance, avevo gli occhi lucidi e  gonfi. Mi alzai e andai in braccio a papà. Lui mi strinse forte. La mamma si avvicinò ancora di più accarezzandomi i capelli.
Fra le loro braccia mi calmai, i singhiozzi diminuirono e le lacrime smisero di scendere. Raggiunsi la calma solo dopo parecchi minuti, e guardai mamma e papà, entrambi con degli sguardi preoccupati.

Questo capitolo l'ho scritto ieri sera perchè non riuscivo a prendere sonno. In pratica è il sogno di Renesmee, il suo incubo peggiore a dire la verità. Ho cercato di immaginare di cosa avesse più paura, ciù che la spaventasse di più. Anche se il rapporto che ha con i vari Cullen è un po' diverso da quello che descrive la Meyer. Io mi sono sempre immaginata un filo che legasse lei e Edward, che Renesmee lo considerasse di più, che gli volesse molto più bene di quanto non pensi la Meyer, perciò ho costruito questo rapporto molto intenso tra padre e figlia, che poi in questo capitolo, più in quello precedente, venisse fuori.
Spero vi sia piaciuto, aspetto le recensioni ^.^

aniasolary: grazie ^.^ sono passata, hai visto?? Sei davvero brava, complimenti.
xxxFrAnCy94xxx Quindi non ti ho delusa? ti piace davvero?

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Capitolo 4
*** Capitolo4: Zafira. ***


Capitolo4 Zafira.

Papà cominciò a cullarmi dolcemente, accarezzadomi  al guancia. La mamma invece tentva di tranquillizzarmi con dolci parole.
< Amore, basta, calmati. Siamo qui, e qui resteremo. Nessuno ha intenzione di andarsene >, mi ripeteva. Per quanto tentassi di convincermi, non riuscivo a smettere di singhiozzare.
Era stato un sogno talmente realistico! Non riuscivo a liberarmi della sensazione di smarrimento e di abbandono, riuscivo ancora a sentire il dolore provocatimi da quell'illusione di solitudine. Era stato troppo, troppo reale.
Dopo tutte le notti insonni dei giorni precendeti alla fatidica giornata nella radura, ero riuscita a calmarmi e a fare sogni tranquilli, senza paura di rimanere da sola. Fino a questo momento. E, cosa che lo rendeva ancora più spaventoso, era il suo verismo.
< Nessie, su, smetti d singiozzare >, disse ad un certo punto papà, allontanando la mia testa dal suo petto per potermi guardare negli occhi.
Tentai in tutti i modi di ricacciare la nuova serie di lacrime, ma fu inutile. Non ci riuscivo, non riuscivo a scacciare l'immagine di me sola, nella casa deserta, abbandonata da tutti.
< Sei peggio di tua madre da umana.. >, mormorò fra sè, alzando gli occhi al cielo.
Quel suo gesto talmente faciliare e confortante riuscì a calmare leggermente l'afflusso di lacrime che mi rigavano le guance incotrollate, finchè, piano  piano, diventarono quasi inesistenti.
< Ribadisco, molto peggio >, ripetè papà quando ormai mi fui calmata.
Rimasi lì per molto tempo, anche se ormai le lacrime avevano smesso di scendere da un pezzo, godendomi quel momento intimo e dolce.
< Va meglio? >, mi chiese poi la mamma. Feci cenno di sì con la testa, esitante, e mi alzai lentamente, liberandomi dalle braccia di papà. Lui mi sorrise gentilmente, aiutandomi, evitandomi di cadere. Si alzarono anche loro e scendemmo in salotto.
Vidi la zia Alice che ripuliva un davanzale perfettamente ordinato, in mancanza di qualcosa di più interessante da fare. La zia Rosalie era assieme alla nonna Esme in cucina, a chiacchierare. Lo zio Emmett e lo zio Jasper invece erano seduti sul divano, inteti a commentare una partita di baseball della quale la zia Alice gli aveva già detto la conclusione.
Vederli tutti lì, tranne il nonno Carlisle che era ancora in ospedale, mi sollevò, facendo scomparire anche l'ultimo dubbio che mi era rimasto.
Si girarono tutti a guardarmi arrossire, sorridendomi. Erano tutti incredibilmente belli.
Ogi volta che li guardavo, tutti, mi chiedevo se li meritassi. Erano tutto ciò che una qualsiasi persona avrebbe potuto volere, iente di meno che perfetti. Guardandoli, preoccupati per me, sentii la consapevolezza che, meritati o meno, erano tutti lì per me pronti a farmi felice.
Non riuscii a trattenere un sorriso che mi attraversò tutti il viso, illuminandomi gli occhi.
Papà andò a sedersi su una delle sedie vicino al tavolino, guardando la zia Alice. Lei, che ormai conosceva il sogificato di ogni sguardo di papà, prese posto sulla sedia di fronte a lui, fissando il re sul tavolo.
Vedere giocare papà e la zia Alice a scacchi era una cosa non poco interessante, o almeno per me. Si fissavano per decine di minuti, senza muovere un muscolo: la zia Alice prevedeva le mosse di papà, e lui le leggeva nella sua testa. Erano bizzarri mentre si fissavano con quello sguardo cocetrato, intenti in quella specie di conversazione che solamente solo riuscivano a capire.
Dopo circa un quarto d'ora, papà mosse tirò via il re della zia, soddisfatto di quella vincita a me insìcomprensibile.
Lo zio Emmett si alzò dal divano per dare un pugno sulla schiena di papà, che sottintendeva il "bravo, ma sappiami che hai barato". A quel punto decisi di voler giocare anche io.
Papà lesse nella mia mente le mie intenzioni, e rimise al suo posto l'unica pedica spostata, indicandomi il posto vuoto lasciato dalla zia.
Mi sorrise mentre mi sedevo.
< Buona fortuna amore >. Era il miglior padre del mondo, ma quando si trattava di scacchi o di qualsiasi altra competizione, diventavamo due persone che non si conoscevano.
Guardai la mamma, che alzò gli occhi al cielo, ma nel frattempo estese il suo scudo, di cui ormai aveva il pieno controllo, anche su di me, così che papà non riuscisse a leggermi nel pensiero.
Lo zio Emmett, intuito quello che era successo, si avvocinò a noi con un gigno sul viso, non intenzionato a perdere la passibilità di prendere in giro papà in caso di una potenziale perdita.
< Vediamo se riesci a vincere anche senza barare >, gli disse.
Papà alzò gli occhi al cielo e oi comincimmo a giocare.
Concludemmo tre partite, due delle quali furono vinte da lui, con sottofondo lo zio Emmett che imprecava. L'ultima però riuscii a vincerla io.
Lo zio Emmett a quel punto mi fece anzare dalla sedia  e mi spettinò tutti i capelli.
< Ma che brava, piccolo mostriciattolo! >, esclamò, indicandomi con il dito a papà.
< Se avevi itenzione di continuare a barare, ti è andata male. A quanto pare è più intelligente del grande saputello barone >, gignò, cercando di far innervosire papà. Comnciai a ridere, come ogni volta, dimenticando del tutto il sogno.
< Ma certo che lo è >, disse papà, a dispetto di quello che si aspettava lo zio Emmett. Non trovando altro modo per attaccare briga, che non coinvolgesse insulti o prese in giro a me o mamma, tornò ad sedersi accanto allo zio Jasper, tentando di convincere lui ad uscire per cobattere. Lo zio Jasper, come al solito, non rinuciò all'occasione, così comparvero entrabi dalla grande vetrata sul letto.
Papà si avvicinò a me e a mamma, ridendo per l'accaduto.
< Cosa ne dici di andare a mangiare da Mc Donald, Nessie? >, disse improvvisamente papà.
Lo guardai confusa, on capendo da dove avesse tirato fuori quest'idea. Non gli andava che io mangiassi tutte quelle schifezze, nonostante non avessero il minimo effetto sul mio organismo.
< Ehm.. sì >, mormorai. Non avevo intenzione di perdermi quell'occasione davvero rara.
< Sìsìsì >, disse la zia Alice, saltellando felice verso di noi. < Andiamo di sopra >, esclamò.
La mamma, che intanto mi si era avvicinata, mi guardò con sguardo esasperato, contenta che la zia avesse spostato da sua ossessione da lei a me. Io alzai gli occhi al cielo e lei si mise a ridere.
< Non pensare di averla scampata, tu. >, disse la zia Alice metre mi trascinava su per le scale. < Ti ho lasciato un vestito sul tuo letto, infilatelo, altrimenti vengo io e ti obbligo >.
Mi fece indossare un paio di jeans blu scuro, una camicetta bianca con il colletto ricamato con dei tenerissimi pallini, e sopra un golfino dello stesso colore dei pantaloni, che teneva estremamete caldo. Dopo che mi fui rifiutata di mettere le scarpe scelte da lei, ovviamente con dei tacchi improponibili, mi infilai le mie all stars, felice di averla avuta vinta.
Quando scesi mamma a papà mi aspettavano vicino alla porta, la mamma con un bellissimo vestito fino al ginocchio rosa pallido e papà vestito allo stesso modo di primo. Non si immaginava nemmeno quanto fosse fortunato a non dover subire la zia Alice!
Sorrise, legedo quello che pensavo.
< Pronta? >, mi chiese.
< Certo! >, eclamai. Andammo con l'auto di papà.
Arrivati, ordinammo e andammo a sederci ad un tavolo. Come al solito, tutti ci fissavano, sbalorditi dalla bellezza dei miei genitori, e la cassiera, sfacciatamente, ci provò con papà.
Lui, ormai abituato a questo tipo di attenzioni, fece finta di niente, dando un veloce bacio alla mamma, per far capire a quella che ormai mi stava antipatica, di non avere alcuna speranza. Quanto era educato! Io gliene avrei dette quattro!
Mangiai 2 hamburgher, una porzione di patatine, una coca grande e un grullato gigante sotto gli occhi strabiliati di tutti, arrivando a fine cena che avevo lo stomaco pieno.
Non  mi piaceva il cibo umano, prefirivo di gran lung la caccia, ma chi può resistere a Mc Donald's?
Quando arrivammo a casa, trovammo la zia Alice sorridente che ci attendeva sulla soglia della porta.
< Andremo a trovare Zafira e le sue sorelle >, esclamò entusiasta.
Appena sentii queste parole mi lanciai al collo di mamma e papà, abbracciandoli con tutta la forza che avevo, felice che finalmente avessero deciso di esaudire questo mio desiderio.


Rieccomi! Non so, davvero, dove sia riuscita a trovare il tempo per scrivere questo cappy,ma ce l'ho fatta! Insomma, fin qui ancora niente problemi, ma, come tipico del Culle, non riescono a stare lontani dai pericoli per molto tempo..
Spero che vi sia piaciuto, aspetto le recensioni ^.^

Aniasolary: Grazie mille per i complimenti ^.^ Continuo a recensionare la stua storia, mi piace troppo.

FrAnCy_CuLlEn: muahahah, allora ho un ruolo importate. A proposito della tua storia, ti invio il capitolo subito, così evito di dimenticarmelo di nuovo. Spero taanto ti sia piaciuto anche questo di capitolo, non sono riuscita a trattenermi dal mettere la smorfiosetta che ci prova con quel graaf figaccione di Ed **

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Capitolo 5
*** scusate ; D ***


Non riesco a postare perchè non mi va la connessione, appena posso torno ; D

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Capitolo 6
*** Visite ***


Rieccomi!

Stava andando tutto alla perfezione. Lunedì avrei duvuto cominciare la scuola nel mio ruolo di alunna del terzo anno, assieme a tutti gli altri, ovviamente. Non potevo nascondere quel filo di ansia che sentivo, soprattutto data dal fatto che non dovessi far leggere a nessuno i miei pensieri, ma ci provavo. Ogni giorno, come al solito, la zia Alice mi assillava dandomi indicazioni di tutti i tipi, utili o meno. Il mio nuovo guardaroba era già completo, pronto per l'uso. Tutti gli abiti, la maggior parte dei queli erano stati disegnati dalle zie, erano dispsti ordinatamente in un armadio grande quanto la mia stanza, inquetante solo da vedere. Insomma, dovevo ammettere che fossero davvero brave a disegnare e a fare tutti quegli abbinamente a me quasi incomprensibili, ma di certo non erano cose da me. Non avevo intenzione di mettermi quella gonna fino al ginocchio color turchese e quella cannottiera rosa pelle che mi scopriva le spalla. Non mi trovavo a mio agio vestita in quel modo, avrei trovato il modo di dire alla mamma di comprarmi qualche paio di jeans e qualche maglietta a maniche corte in cotone, semplici. Nulla in confronto a quelle cose complicate che mi aveva preparato la zia che non riuscivo a definire vestiti.
Il nonno Carlisle, come mi sarei aspettata, mi dava le istruzioni pù utili.
< Ricordati di non rimanere mai immobile, almeno per il primo periodo, quando sarete di certo al centro degli sguardi di tutti. Una caratteristica degli umani è proprio l'immobilità >, mi disse un pomeriggio, quando era a casa. Ero entrata nel suo studio per guardare quel quadro grande quanto mezza parete, messo vicino alla porta, che rappresentava il nonno quando ancora di trovava in Italia e viveva assieme ai Volturi. Non mi ero aspettata di trovarlo nel suo ufficio, passava la maggior parte del suo tempo in ospedale; la sera, tardi, quando tornava, di solito dirmivo già.
Mi ero girata, avevo sospeso la mia ennesima analisi di quel dipinto che mi affascinava sempre, e avevo preso una sedia. Il nonno mi aveva sorriso, e in quei suoi occhi d'oro e caldi avevo rivisto la stessa pazienza e saggezza che ritrovavo spesso in quelli di papà.
< Lo so che l'idea non ti tenta più di tanto, ma devi essere cosciente che per i primi tempi sarete tutti al centro del'attenzione. Per quanto questa scuola sia grande, a differenza di quella di Forks, un arrivo così numeroso non passerà mai inosservato, e a questo bisogna aggiungere anche l'effetto che la nostra specie fa sugli umani >, aggiunse, sorridendo.
I pensieri del nonno non li avevo mai compresi del tutto. Avevo chiesto una volta a papà a cosa pensasse tutte le volte che le sue labbra si curvavano in un sorriso, quando si accigliava, quando fissava un punto inesistgente. Papà mi aveva dato una risposta molto vaga: I pensieri di Carlisle si riflettono sempre in quello che dice, mi aveva detto. Da quel momento avevo prestato molta più attenzione ai suoi gesti, ma ancora rimaneva un grosso punto di domanda.
Feci una smorfia e mi avvicinai a lui. Gli posai la mano sul viso, sulla pelle incredibilmente fredda, ma non si ritrasse al contrasto con la mia mano calda. Gli mostrai un'immagine dei vestiti, solo al loro pensiero mi sentivo imbarazzata. Lui rise.
< Capisco come tu ti senta. C'è stato un periodo in cui Alice faceva anche a me da stilista. Poi si è stufata a causa delle poche sfumature che gli abiti di un dottore, sempre coperti dal camice bianco, possono dare e ha lasciato perdere. Devi capire che tu sei l'unica della quale può ancora approfittare >, disse ridendo tra sè. < Esme e Rosalie non hanno bisogno di lei e tua madre, con mia grande sorpresa, è riuscita a dirle di no. Sei rimasta solo tu. Non so in che modo riusciebbe ad arrivare a sera se non ci fossi tu.. è affezionatissima a te, e non riesce a capire quanto tu ti senta a disagio. E poi, quando si ha a disposizione l'eternità, anche quando la si prende con calma, rimane sempre del tempo che non si sa come impiegare. Tu le riempi la maggior parte del suo tempo, credo che sia grazie a te che Alice e Jasper non sono ancora partiti in uno dei loro soliti viaggi..>. Rimasi stupita delle sue osservazioni. Non l'avevo mai vista da questa prospettiva. Comunciai a chiedermi se anche io, quando avrei esarito tutto ciò che mi era possibile fare, sarei diventata così.
Non avevo ancora tolto la mano dalla guangia del nonno, e lui vide a cosa stavo pensando.
< Non credo >, rispose ai miei pensieri con un sorriso. < Non ti preoccupare, non rischi. Però ti chiedo solo questo sacrificio: cerca di non negare a tua zia questo piacere >. Gli sorrisi, dicendogli che non avevo intenzione di farlo. Per quanto fosse snervante in certi momenti, ne valeva la pena. Sapevo che la zia mi voleva bene ed ero consapevola di quanto facesse per noi; per questo qualche ora di supplizio alla settimana non mi sembrava esagerata.
Mi passò per la testa tutto il tempo perso davanti allo specchio. Quel momenti contavano molto tra le mie ore di sonno. Il nonno rise ancora.
< Ma ti stavo dicendo >, riprese il discorso, < Non devi mai rimanete troppo immobile. Ormai dovresti esserci abituata grazie a Charlie, però ti ricordo che sarai circondata da umani, da sangue umano. Nutro piena fiducia in te, non dubitare di questo, ma nonostante questo non posso non farti presente questo fatto; devi prestare attenzione, Nessie. Oltre tutto, avrei anche una richiesta da farti. Lo so che non ti piace più di tanto, e credimi che non te lo chiederei se non mi sentissi di farlo, però potresti cercare di mangiare qualcosa di quello che danno in mensa? Aiuterebbe molto; lo sai che gli altri non mangiano mai >.
Feci una leggera smorfia pensando all'odore di certi cibi umani e immaginai il divario fra le crepe di papà e il passato che cucinavano le cuoche.
Il nonno rise di nuovo. < Non è tutto così pessimo, non fare del filo d'erba un fascio- certe cuoche sono davvero brave.
Per ora ho finito, se mi dovesse venire qualcos'altro in mente non esiterò a dirtelo, anche se penso che ormai tutti ti abbiano fatto questo discorso >.
Gli sorrisi e osservai ancora i suoi occhi. Ne restavo sempre stupita. Nonostante non dimostrava più di 25 anni, anche quelli li raggiungeva a stento, il suo viso era molto più anziano, più saggio. Le sfumature che trovavo nei suoi occhi erano diverse da quelle che vedevo negli occhi dello zio Emmett o della zia Alice, o di qualunque altro nella casa; lo sguardo di papà era lontanamente simile, ma non riusciva ad eguagliare l'estrema pazienza e benevolenza che rispecchiavano gli occhi del nonno. Riuscivano sempre a sorprendermi, nonostante li incontrassi spesso. Il nonno ricambiò il mio sorriso, leggendo i miei pensieri. Diventai rossa per un momento e tolsi la mano dal suo viso.
Mi alzai dalla sedia e tornai ad osservare il quadro, curiosa di sapere se anche lì i suoi occhi risultassero allo stesso modo.
< Ancora lì? Ti ha proprio affascinata >, commentò il nonno, alzando gli occhi dal foglio sulla scrivania.
< Non lo so perchè, ma ha un qualcosa di insolito.. >.
< Sì, c'è qualcosa di misterioso, soprattutto >, concordò con me.
Il quadro rappresentava i tre capi dei Volturi, Aro, Caius e Marcus, assieme al nonno Carlisle, nel periodo in cui viveva assieme a loro. Avevano passato circa qualche decennio a cercare di convincere l'uno di convincere l'altro a fare la propria scelta, lui e Aro. Nonostante quei vampiri si cibassero di sangua umano, come la maggior parte dei vampiri, il nonno non aveva mai considerato la loro concezione di vita inferiore, semplicemente non se ne trovava d'accordo. Avevo sempre ammirato il nonno in questo.
< Nonno? >, lo chiamai.
< Sì, Nessie? >, mi rispose lui, alzando la testa dall grande domo che sava studiando.
< Ti voglio bene >, gli dissi.
Non era da me, certo, espormi in questo modo, ma la chiacchierata con lui mi aveva rassicurata più che mai. Per quanto ero coscente che conoscesse i miei sentimenti nei suoi confronti, mi sentii semplicemente di dirglielo. Volevo essere sicura che lo sapesse.
< Anche io, angelo >, mi rispose con il più dolce fra i sorrisi. Ricambiai, felice di averglielo detto, e tornai al quadro.
Dopo una ventina di minuti mi arresi senza capire cosa ci trovassi di così affascinante, e scesi giù. Chiusi piano la porta per non dare fastidio allo nonno e mi lasciai alle spalle lo studio. Anche la mamma stava uscendo dalla stanza, così scendemmo insieme. Tutti erano seduti sul divano, apparentemente guardavano la tv. Appena sentì i nostri passi papà si alzò e ci venne in contro.
< Cosa volete fare? è domenica pomeriggio, volete andare da qualche parte? >, ci chiese.
< Io niente, amore, per me è lo stesso >, disse la mamma. Si girarono entrambi nella mia direzione, aspettando che io dicessi qualcosa. Io non sapevo proprio cosa rispondere. Non mi andava di andare in posti troppo affolloti e il tempo era troppo soleggiato perchè mamma e papà potessero uscire alla luce del sole.
< Non lo so.. il tempo non è favorevole >, mugugnai perchè mi era appena venuta l'idea di andare in spiaggia.
< Troppo rischioso >, disse papà, unendosi ai miei pensieri.
Pian piano mi stava nascendo un'idea e non riuscii a capire dove sarei arrivata finchè non ebbi l'illuminazione.
< Andiamo a Forks! >, esclamai. Tutti si girarono a guardarmi incuriositi. Tutti tranne mamma e papà. Nonostante ancora non le avessi parlato, ero quasi sicura che la mamma sapesse tutto.
Mi fissarono con degli sguardi che lasciavano sottointendere qualcosa e, appena capii cosa fosse quel qualcosa, arrossii.
< è da tanto che non vediamo il nonno. E poi è sempre lui a venire.. >, dissi cercando di scagiornarmi, anche se nessuno se la bevve. Papà guardava la mamma e capii dal modo in cui i suoi occhi si perdevano che lei aveva tolto lo scudo e gli lasciava leggere i suoi pensieri in quel momento. Poi mi guardarono entrambi, indecisi.
< Certo! Andiamo subito! >, squillò la zia Alice, probabilmente dopo aver visto il fine di quella visita. Papà fece una smorfia dopo aver visto anche lui ciò che aveva visto la zia.
Nonostante non fossi veggente, intuivo chiaramente come sarebbe andata a finire la serata: avrei trovato il modo di andare a La Push. Jake mi mancava troppo, non lo vedevo da settimane. Da troppo.
< Se ci tenete così tanto.. >, mormorò papà, evidentemente scontento all'idea di quel viaggio. Mise subito da parte, però, la scontentezza e mi sorrise apertamente, quel sorriso sghembo che mi rassicurava sempre.
< è passato tanto tempo da quando non lo vediamo, chissà se è rimasto lo stesso. Sono davvero curioso di vedere come se la passa. >, commentò guardandomi. < Charlie, ovvimente >, aggiunse con un ghigno.
Per quanto quel comportamente fosse odioso, mi unii a lui in una riasta, mentre mamma faceva finta di non capirci. Era davvero un disastro a fingere!
< Allora è deciso. Voglio venire anche io. Jazz, vieni con noi? >. Lo zio Jasper fece una smorfia. < Per favore >, lo pregò la zia, divertita. Fece segno di sì con la testa, cedendo allo sguardo da folletto della zia. Avvisammo anche anche il nonno, il quale decise di non unirsi a noi. Andammo subito via, contenta di essermi risparmiata la seduta della zia, per evitare di tornare tardi.
Mentre uscivamo, sentii lo zio Jasper sussurrarmi < Calmati, cerca di tranquillizzarti >.
Ero davvero ansiosa. Non sapevo cosa dire alla mamma, quanto lei sapesse. E non parlarle non mi sembrava opportuno. Fui travolta da un'onda di sicurezza e di pacatezza che non veniva da me, ma da quello che in quel momento aveva preso le parti del mio agelo custode. Per quanto non fosse così evidente agli altri, tranne che a papà, lo zio Jasper mi aiutava sempre a sopprimere l'ansia. Il suo affetto nei miei conforti era tutto tranne che evidente, celato da un'apparente indifferenza che sapevo fosse voluta.
Gli diedi un leggero bacio sulla guancia, cercando di non farmi vedere, sapendo che non si sentisse a suo agio con gli sguardi puntati addosso. Erano ormai passati anni e il suo controllo era migliorato, ma nonostante ciò era spesso al centro di attenzioni e preoccupazioni.
Gli misi la mano sulla guancia e gli sussurrai grazie.
Ci dividemmo in due auto e io, come prevedibile che fosse, andai assieme a mamma e a papà- non solo per lasciare un po' di dintimità alla zia Alice e allo zio Jasper, ma anche perchè a mamma e a papà non piaceva che gli stessi lontana.
< Come mai tutta questa nostalgia? Di Forks, intendo > sogghignò papà mentre guidava la sua Volvo. Dire che adoravo quell'auto era dire poco. C'era quancosa, come del quadro del nonno, che mi affascinava.
< Perchè mi è mancata tantissimo. Forks, intendo > gli risposi, decidendo di stare al gioco. La mamma cercava di fingere di non sapere di cosa stessimo parlando, tentando di celare il sorriso che le stava nascendo. Mi sentii sollevata sapendo che ormai aveva capito e che non era nè preoccupapa e nè arrabbiata. Lo aveva saputo sin dall'inizio, dissi tra me e me, riconoscendo le sue improvvise decisioni di uscire, assieme alla zia Alice per negozi per giunta, ogni volta che dovevo vedere Jake. Come avevo fatto a non accorgermene?
< Sono curiosa di vederla. Chissà se è cambiata >, disse papà più a se stesso che a noi.
< Papà, cosa ha visto la zia, prima, quando eravamo a casa? >, gli chiesi, incuriosita senza un motivo preciso.
< Ahh.. >, disse lui cercando di trattenere una risata. Io e mamma lo guardammo, io più curiosa di prima. Capii che anche la mamma se lo era chiesto. < A quanto pare Charlie ha visite.. >, commentò lasciando in sospeso il discorso.
< E, chi sarebbero queste visite? >, gli chiesi, speranzosa che non fosse Jake. Volevo andare io a La Push, mi mancavano la spiaggia, l'intimità della casetta di Billy e quel verde onnipresente.
< I Newton >, sputò papà. Nonostante il divertimento nella sua voce, capivo che la cosa non gli andava a genio, e mi ricordai di Mike Newton. Non lo avevo mai visto prima, la mia curiosità cresceva sempre.
La mamma alzò gli occhi a cielo, ridendo, mentre papà lasciava cadere il discorso.
Arrivammo dal nonno verso le due. La mamma bussò e ci venne ad aprire lui, con la sorpresa dipinta sul viso.

Grazie mille a tutti per avermi aspettata xD Come al solito vi invito ad andare a vedere anche l'altra mia ff, e quella nuova che sto per pubblicare : D

FrAnCy_CuLlEn> Fraaancy, grazie mille, ancora. Spero tante che questo ti piaccia

 aniasolary: grazie miiille davvero, anche a te

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