Dolores

di glosoli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nel blu dipinto di blu ***
Capitolo 2: *** Mowgli ***



Capitolo 1
*** Nel blu dipinto di blu ***


- Non riesco ad aprirla, Sofia.
Riccardo si voltò lentamente cercando l'aiuto della figlia, gli occhi azzurri velati dalle lacrime.
Sofia accarezzò la piccola testa di Nina e attraversò il prato fino al limitare dell'alta scogliera.
Nel porgerle l'urna, le mani nodose del padre la sfiorarono delicatamente. I  loro sguardi si incrociarono per qualche secondo, poi volarono verso l'orizzonte.
Una folata di vento si levò dall'oceano grigio pallido che ferocemente batteva contro gli scogli e il freddo di marzo le entrò nelle ossa. Era arrivato il momento.
Sofia aprì la scatoletta di legno intagliato e regalò al vento e alle onde le ceneri di sua madre.
"Sei libera, finalmente". Il pensiero le fece affiorare un sorriso mentre calde lacrime silenziose le rigavano le guance.
Per qualche minuto il piccolo gruppo vestito di nero continuò a fissare l'infinito, poi cominciò ad incamminarsi lentamente lungo lo stretto sentiero battuto, attraverso il mare d'erba.
Sofia aveva sempre amato quel luogo: quando era bambina sua madre Dolores la portava a farci i pic nic almeno una volta ogni estate. Le sembrava di sentire ancora il profumo dell'immancabile empanada di tonno.
Dopo quasi mezz'ora di strada raggiunsero Ovio, 80 anime in tutto, una perla incastonata tra cielo e mare ai piedi dei Picos de Europa. Queste erano le Asturie, la Spagna verde, la terra in cui affondavano le sue radici materne: montagne scoscese e spiagge oceaniche.

La piccola sala era ciò che di più accogliente si potesse immaginare: il pavimento di legno grezzo, il divano in pelle marrone, consumato dal tempo, le tende panna alle finestre... ogni dettaglio dava un tocco di calore all'ambiente.
Mentre gli altri prendevano posto attorno al camino in pietra, tia Erminia e Carmen si trasferirono subito in cucina e misero sul fuoco l'acqua per un the.
Nina corse dal nonno, voleva sedersi assieme a lui sulla sedia a dondolo. Riccardo la accolse tra le braccia e la bambina appoggiò la fronte al suo petto per sentire meglio l'odore di pipa che impregnava i vestiti del vecchio.
- Sono certo che se mamà fosse qui si metterebbe a cantare.
Fu Diego a rompere il silenzio, era la prima volta dopo tanto tempo che Sofia lo sentiva parlare in spagnolo.

Sua fratello si alzò dalla poltrona a quadretti nell'angolo e accese il vecchio giradischi: una musica d'altri tempi invase la stanza.

Penso che un sogno così non ritorni mai più
mi dipingevo le mani e la faccia di blu

Riccardo abbozzò un sorriso, Dolores amava quella canzone.

poi d'improvviso venivo dal vento rapito
e incominciavo a volare nel cielo infinito

Le ultime immagini di sua moglie gli affollarono la mente: Dolores che prepara le tostadas col burro per colazione, avvolta nella sua soffice vestaglia rosa; Dolores che pettina i folti capelli ormai grigi seduta davanti alla specchiera; Dolores che pota le ortensie in giardino...

Volare oh, oh

I presenti, i due José, fratello e nipote di Dolores, la sua amica Rocio, i suoi figli, iniziarono a canticchiare.

cantare oh, oh

Anche tia Ermina e Carmen, affacciate alla porta della cucina, si aggiunsero al coro.

nel blu dipinto di blu
felice di stare lassù

"Perchè hai voluto spiccare il volo, amore mio?" pensò Riccardo "Dolores, Dolores! Quanta sofferenza in un solo nome." 

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Capitolo 2
*** Mowgli ***


Diego venne alla luce una domenica mattina di fine settembre, una di quelle giornate in cui il cielo è ancora azzurro ma l'aria comincia ad essere un po' più fresca.
Sofia, che all'epoca aveva dieci anni, come d'abitudine appena sveglia corse nella stanza dei suoi per intrufolarsi al caldo tra mamma e papà. Quella mattina, però, il lettone era vuoto, le lenzuola stropicciate.
In casa regnava un silenzio assoluto, poteva sentire soltanto il cuore pulsarle nel petto. Annusò l'aria: nemmeno una traccia di caffè.
Lentamente attraversò il lungo corridoio bianco e per qualche minuto indugiò fissando la pesante porta d'ingresso. Quando si decise ad aprirla si accorse che non aveva le pantofole "Pazienza" pensò e si avventurò saltellando a piedi nudi sul gelido pianerottolo di marmo fino al campanello dell'appartamento accanto. Provò a suonare un paio di volte.
Nonna Nives, occhi blu, capelli bianchi e udito indurito dall'età, venne ad aprire, sul viso un'espressione dolcissima.
- E' nata? E' nata? E' nata?
chiese strillando la bambina.
- Sì, piccola Sofia, finalmente hai un fratellino.
- Un fratellino?!
- Un fratellino!
la nonna sorrise
- Corri a vestirti, dai! Dopo Messa passiamo a trovarlo in ospedale.
Sofia tornò mesta nel suo appartamento. Non ci voleva credere: aveva sempre chiesto una femmina, una sorellina con cui giocare alla maestra e a cui leggere "L'incredibile storia di Lavinia"; non aveva intenzione di condividere la sua stanza con un futuro collezionista di macchinine.
Mentre si vestiva guardava il collage di foto appeso sopra il letto, sulla parete arancione: lei in spalla a papà in montagna, lei vestita da Arlecchino tra i compagni dell'asilo, lei in costume da bagno a Cuevas del Mar... Ripensò a nonna Nives e all'altra che non aveva mai conosciuto, tati Conchita, a tia Maria, che non era veramente sua zia ma una cara amica di mamà che si prendeva cura di lei mentre questa era a lavorare. Anche tia Maria era spagnola e anche lei cucinava le albondigas, le polpette al sugo tanto amate da Sofia. Ovviamente, però, non erano paragonabili a quelle di sua madre. Sentì lo stomaco borbottare. Sofia si chiese come sarebbe stato da quel momento con un personaggio in più nella storia della sua vita.
Si guardò allo specchio e pensò che la nuova gonna scozzese le stesse proprio bene. Diede una spazzolata ai lisci capelli castani e si infilò le scarpette di vernice nera.
Nonna Nives nel frattempo era entrata in casa per controllare che fosse pronta. Con sè aveva un po' di pane e di crema alle nocciole che posò sul tavolo della cucina: nonna era golosa quanto lei, forse anche di più, e le preparava sempre le colazioni più buone.
A Messa Sofia pregò intensamente; sperava che suo fratello, già che era maschio, fosse almeno simpatico e con gli occhi blu come quelli di papà, visto che lei non li aveva avuti in regalo.

La faccia schiacciata contro il vetro, Sofia cercava di indovinare quale fagottino azzurro potesse essere Diego.
- Sofi!
la bambina si sentì chiamare. Riccardo, magro, gambe lunghe, camminava a passo svelto lungo il corridoio nella sua direzione, raggiante di felicità.
- La mia principessa!
esclamò mentre la bambina gli correva in braccio.
- Qual è, papà? Voglio vederlo!
- Eccolo lì, tesoro.
Riccardo le indicò il bambino più rosso e rugoso tra tutti. Sembrava una scimmietta, con gli occhi chiusi, i pugni serrati e una matassa di capelli neri in testa.

Quando entrarono in camera di Dolores, nonna Nives era già lì, seduta accanto al letto, che le teneva la mano.
- Hola mi amor 
Dolores salutò Sofia con un filo di voce.
Sua madre era una donna ancora giovane, sulla trentina. Folti capelli neri le cadevano sulle spalle mossi, ribelli, conferendole un aspetto fiero come solitamente era il suo sguardo scuro e profondo. In quel momento, però, i suoi occhi felici erano così stanchi e il suo aspetto così fragile che Sofia si accontentò di una dolce carezza al posto del forte abbraccio che avrebbe voluto darle.
La camera non odorava di disinfettante come il resto dell'ospedale: vasi di fiori invadevano ogni superficie. Vedendola sorridere tra tutti quei colori Sofia pensò che sua madre fosse incredibilmente bella.
Dopo qualche minuto qualcuno bussò alla porta. Un'infermiera vestita di bianco spinse una piccola culla metallica nella stanza, fino al letto, e porse il piccolo Diego alle braccia tese di Dolores.
Sofia rise, era proprio buffo.
"Macchè Diego, per me sarai Mowgli! E visto che è così, che sei un maschio, altro che alla maestra, giocheremo agli esploratori..." pensò e le si scaldò il cuore all'idea che finalmente avesse un compagno di giochi. 

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