Quando
Cassandra si svegliò era già giorno, anche se una
pallida falce di luna
continuava a sogghignare in un angolo di cielo.
Lasciò
il
letto ai gatti, e raccolse e indossò le prime cose che
trovò sul pavimento, tanto
tutti i suoi vestiti erano neri e non rischiava di sbagliare
abbinamento. La
marmellata di cianuro era finita, quindi non sapendo con cosa fare
colazione si
limitò a sgranocchiare una galletta uscendo.
Ne
prese
un’altra quando tornò indietro perché
aveva dimenticato la borsa e le scarpe.
Nessuno
era
mai stato così incauto da concederle una patente, quindi
andava a piedi o in
metropolitana. Non le dispiaceva, perché in entrambi i casi
aveva modo di
osservare la gente, un passatempo fantastico anche se non privo di
rischi:
l’altro giorno, troppo concentrata sugli stivali borchiati di
un ragazzino dai
capelli azzurri, aveva mancato la sua fermata ed era arrivata in
ritardo a
lezione.
Mentre
correva
verso il portone dell’università, pensava a tutte
le cose che avrebbe dovuto
fare oggi: scegliere fra la spesa e l’affitto (non era sicura
di quale avrebbe
comportato conseguenze peggiori se ignorato), fare dell’altra
marmellata,
finire le tavole da consegnare al professor Van Gogh e leggere i
quattro libri che
avrebbe dovuto restituire alla biblioteca degli studenti la settimana
prima.
Al
portone ci
arrivò prima la sua borsa di lei, perché si era
inciampata sui gradini ed era
caduta. Aggiunse alla lista: comprare cerotti e ricucire le calze.
La
mattinata
fortunatamente era delle più leggere: aveva solo tre
lezioni, un’ora buca e poi
un’altra lezione. Nella pausa si rifugiò in un
angolo del cortile a fumare una
sigaretta al cioccolato e approfittarne per andare avanti di qualche
pagina nel
“Manuale del Perfetto Necrofilo” di T.D. Sotterro,
ma Stella la raggiunse
sventando i suoi piani.
-
Non ti sei
pettinata stamattina. – disse vedendola.
-
Avrei
voluto, ma ho perso il pettine mentre mi sistemavo ieri e non riesco
più a
trovarlo.
-
Faccio io.
– Stella si sedette dietro di lei e cominciò a
sgarbugliarle i capelli con una
spazzolina argentata prontamente estratta dalla borsa.
-
Interessante il libro?
-
No, è una
vera noia, ma devo fare un tema sui possibili usi di un cadavere, e la
necrofilia mi sembrava un buon approfondimento. Però
continuo a non avere abbastanza
idee per scrivere qualcosa di davvero interessante.
-
Magari
potresti andare a dissotterrare qualcuno.
-
Lascia
perdere, l’ultima volta che l’ho fatto ci ho messo
giorni a far venire via la
terra da sotto le unghie, e per di più il guardiano del
cimitero mi ha scoperta
e ha voluto a tutti i costi offrirmi il tè, così
mi è anche toccato stare ore a
sentirlo blaterare.
-
Pover’uomo,
non parla mai con nessuno.
-
Per forza,
nessuno ha la pazienza di starlo ad ascoltare…
Stella
le
rubò un tiro dalla sigaretta senza smettere di armeggiare
con la spazzola. –
Comunque sono contenta di non fare il tuo stesso corso, seguite delle
strane
lezioni voi di Arte.
Era
quello
che pensavano molti – tutti, a dire il vero – gli
altri studenti dell’università:
la sezione Arte era vista come un posto a parte, oscuro e misterioso,
popolato
da professori svitati e pazzi armati di matite e cartelletta da
disegno. E,
in effetti, non andavano poi troppo lontano dall’effettivo
stato delle cose.
-
Hai trovato
il pettine? – chiese Cassandra saltando a priori il capitolo
su come agire nel
caso in cui i vermi avessero già divorato tutte le parti
molli del caro estinto.
-
Sì, devo
solo riuscire a snodarlo da qui… Hai dei capelli
incredibili, Cassie. Potresti
usarli al posto della borsa.
-
Meglio di
no, già nella borsa non trovo mai niente…
Stella
recuperò il pettine con ancora tutti i denti e
riuscì a quasi a rimettere in
ordine quel cespuglio blu che l’amica aveva in testa prima di
rientrare per il
corso di Scrittura Cuneiforme con gli altri studenti di Lingue.
A
Cassandra
rimanevano ancora una ventina di minuti per leggere prima di tornare in
classe.
Le
lezioni di
criminologia del professor Manson finivano sempre in discussione, non
tanto per
la sua abitudine a identificarsi con i maniaci, quanto
perché nessuno aveva
ancora capito a che diavolo servissero delle ore di criminologia in un
corso di
arte.
Cassandra
comunque fu più che felice quando la lancetta corta
dell’orologio si spostò
sull’1 segnando la fine ufficiale della sua giornata
scolastica. Riordinando la
sua roba scambiò due parole con il vicino di banco riguardo
all’argomento di
oggi – Jack lo Sventratopi, un crudele assassino convinto di
essere un gatto
persiano a pelo lungo – poi varcò
l’uscita in compagnia di Ciel, una compagna
di corso, una ragazza piccina ma di cui non si rischiava di dimenticare
la
presenza.
-
…e quindi
pensavo di chiedere a lui di darmi una mano perché
altrimenti sono rovinata,
sai che nella teoria me la cavo, ma in laboratorio sono proprio negata,
non
vedo l’ora di passare al prossimo anno così almeno
il corso di Disegno dal Vivo
posso abbandonarlo, perché quando c’è
da disegnare cose morte tanto quanto, ma
quelle vive si muovono e santo cielo io mi ci perdo… Tu no?
Cassandra
annuì distrattamente, offrendole una sigaretta che di sicuro
non l’avrebbe
calmata, ma nemmeno nella peggiore delle ipotesi avrebbe potuto
renderla più iperattiva. Ciel però preferiva
mangiarle che fumarle, diceva che
altrimenti il gusto di cioccolato non si sentiva abbastanza.
-
Mi
accompagni a fare la spesa? – le chiese Cassandra. Si era
fatta due conti:
considerando che non pagava l’affitto solo da due mesi, e il
proprietario
dell’appartamento minacciava lo sfratto dal terzo in poi,
aveva scelto di comprare da mangiare. E, per una volta, fare una cena
non a base di scatolette per gatti.
Ciel
rispose entusiasticamente di sì, e senza smettere di
saltellare
la seguì fino al discount di fiducia degli universitari.
Uscirono con due borse
di plastica a testa e si diressero verso casa di Cassandra facendo a
gara a chi
colpiva per sbaglio più bambini di passaggio. Vinse Ciel 24
a 17, ma perse due
punti inciampando nei gatti mentre tentava di andare in cucina.
Cassandra
si mise immediatamente ai fornelli.
-
Ci, passami quel barattolo per favore. No, non quello, quello
vicino a quell'altro. Ecco, quello.
-
Cosa c’è dentro?
-
Erbe aromatiche.
-
Hanno uno strano odore…
-
Me le ha date il guardiano del cimitero, dice che le raccoglie
vicino alla chiesa sconsacrata. Trovo che stiano bene nella marmellata.
– andò
a prendere la cassetta medica e cominciò a fasciarsi il
ginocchio che si era
sbucciata il mattino cadendo, mentre con l’altra mano
rigirava il contenuto del
pentolone e con il piede accarezzava la schiena di un gatto di
passaggio.
In
quel momento un urlo penetrante e disumano le avvertì che
qualcuno
aveva suonato al campanello. Era Viviana.
-
Ciao Cassie, ciao Ciel, ciao gatti. Cos’è questo
buon odore?
-
Sto facendo la marmellata. Vuoi assaggiare?
Viviana
intinse un biscotto nella poltiglia ribollente. – Hai un
po’
esagerato con qualunque cosa dia quel retrogusto dolciastro.
-
Oh. – per rimediare, Cassandra buttò un altro
po’ di cianuro senza
smettere di mescolare.
-
Hai lezione stasera? – le domandò la sua amica.
-
Sì, un’ora di Estetica della Vita, una di
Laboratorio e poi trenta
secondi per uscire prima che Jekyll cerchi di rifilarmi
un’altra delle sue
tinte per capelli sperimentali.
-
Non gli piacciono i tuoi capelli? – chiese Ciel.
-
Non gli piace il blu. – rispose Cassandra.
-
Bene, dopo allora vieni a cena da me. – disse Viviana.
-
Proprio oggi che ho fatto la spesa?
-
Allora veniamo noi da te.
-
Perfetto.
-
Sbaglio o i tuoi gatti passano attraverso le pareti?
-
Oh, no, quelli sono della vicina. Anche Angie ha lezione stasera,
vero?
L’ora
di Estetica della Vita del professor Lovecraft consisteva nel
disegnare cose vive, e la vera difficoltà del lavoro non era
tanto disegnarle, ma
far sì che cominciassero a muoversi.
Il
professor Van Gogh interruppe la lezione per venire a chiedere i
compiti che in teoria avrebbero dovuto consegnargli il giorno dopo.
Avrebbe
potuto essere un problema, ma ormai tutti se l’aspettavano
– lo faceva ogni
settimana – e si preparavano d’anticipo, e nemmeno
Lovecraft si lamentava più
dell’intrusione.
Ciel
gli chiese dove avesse preso quella meravigliosa giacca azzurra,
ma Van Gogh non la sentì: aveva qualche problema di udito
all’orecchio destro.
A
metà dell’ora dopo, mentre il dottor Jekyll
mescolava colori in una
nuvola di fumo arancione, Cassandra si calò discretamente
dalla finestra e andò
a sedersi sul marciapiede. (Il professore, non trovandola a fine
lezione, tornato
a casa avrebbe spalmato la sua ultima tinta sperimentale su una camicia
prima
di metterla in lavatrice, usandola al posto dello smacchiatore per
sporco
difficile.)
Fuori
era già buio e la luna non si limitava più a
sogghignare:
rideva di gusto fissando le stelle con aria famelica. Avrebbe iniziato
a
mangiarsene qualcuna di lì a un paio di giorni, e tempo due
settimane sarebbe
stata piena.
Cassandra
approfittò dell’attesa per finire il libro e
scriversi
qualche appunto sulle braccia con una penna biro mangiucchiata sul
fondo. Poi
una figura alata la raggiunse e le tese una mano per aiutarla a
rialzarsi.
-
Ciao, Angie.
Angela
era un angelo biondo per definizione più che per
complimento.
A scuola teneva le ali piegate sotto la giacca per essere sicura di non
sbatterle in faccia a nessuno, e anche per evitare che qualche
furbastro che
aveva dimenticato le penne a casa provasse a strapparne una a lei e
usarla per
scrivere.
Insieme
s’incamminano sotto la luce dei lampioni fingendo di non
sentire il rumore di passi che le seguivano nel buio.
-
Secondo te chi sono?
-
Non ne ho idea, però devono avercela con noi.
Cassandra
sbuffò. – Devono essere degli incompetenti: chi si
sognerebbe mai di derubare degli studenti del corso di arte?
-
Io faccio scienze. – obiettò Angela.
-
Che facciamo, li aspettiamo e sentiamo cosa vogliono?
-
Aspettiamoli.
Si
fermarono sotto un lampione e aspettarono. I loro inseguitori
erano due tizi qualunque con dei qualunque coltelli a serramanico in
mano.
Cassandra e Angela gli lasciarono elencare le minacce di rito senza
scomporsi.
-
Finito? – chiese poi l’angelo con aria
evidentemente spazientita.
Gli
inseguitori sembravano aspettarsi una reazione un tantino
diversa. – Con chi credete di avere a che fare, ragazzine?!
-
E che diavolo ne possiamo sapere? – sbottò
Cassandra – Ci seguite
al buio, passate un quarto d’ora a parlare a vanvera, noi vi
stiamo anche a
sentire e poi avete ancora da lamentarvi! Te l’avevo detto
che erano degli
incompetenti. Andiamo, dai.
Gli
inseguitori non erano d’accordo a vederle andare via
così e
provarono a fermarle, ma non fu una grande idea.
La
gonna lunga di Angela nascondeva egregiamente un paio di anfibi
con suola chiodata, uno dei quali colpì allo stomaco
l’uomo più vicino. Nella
sottospecie di colluttazione che seguì, l’angelo
non ci mise più di dieci
secondi ad atterrarlo e strappargli il coltello di mano. Poi si
voltò pronta a
difendere l’amica, ma non sembrava essercene bisogno.
Seguì
un momento di silenzio in cui Angela guardò la ragazza
grattarsi la nuca imbarazzata, in piedi davanti al cadavere sgozzato
del
secondo uomo.
-
Con…una penna?
-
Sì, e si è anche rotta la punta.
La
bionda intimò all’aggressore sopravvissuto di
sparire, e lui
obbedì terrorizzato.
-
Questi li tengo, possono tornarmi utili a lezione. – disse
poi raccogliendo
i coltelli. – Di lui però che ne facciamo?
Cassandra
stava scrutando la propria maglia schizzata di sangue
chiedendosi se sarebbe venuta pulita. – Non ne ho idea. Ma
qualunque cosa sia
facciamola in fretta e poi andiamo a casa, altrimenti non ceniamo
più.
Spostarono
il cadavere lontano dal marciapiede e ripresero a
camminare pulendosi il sangue dalle unghie.
-
Sii sincera – disse Angela – provano a derubarvi
spesso voi del
corso di arte, vero?
-
Ogni tanto.
Entrando
in casa, trovarono Stella e Viviana che già armeggiavano in
cucina.
-
Siete in ritardo! – le rimproverarono.
-
Scusa, ho ucciso uno che voleva derubarci e abbiamo dovuto
nascondere il cadavere.
Stella
ridacchiò. – Carina questa. Comunque, a tavola,
che è pronto! Ho
preparato del risotto. Ho visto che avevi delle erbe aromatiche della
chiesa
sconsacrata e ne ho messe un po’, spero vi piacciano.
Cassandra
era stupita. – Le conosci?
-
Certo, le prendo sempre, ci puoi fare una tisana spettacolare. Lo
sapevi che vanno raccolte solo nelle notti di luna piena? Altrimenti
non sono
ancora velenose e non sanno di niente. Deve avermelo detto il guardiano
del
cimitero…oppure Lissy, una mia compagna appassionata di
queste cose, pensate
che l’anno scorso ha fatto il tema finale del corso di
Swahili sulle proprietà
delle erbe… Dice che vuole fare la farmacista, e nessuno
riesce a capire perché
si sia iscritta a lingue. I gatti della vicina mangiano con noi?
-
Non credo che possano, passerebbero attraverso il piatto.
Quanto
a quelli di Cassandra, erano già seduti a tavola a fissare
la
pentola fumante. Spazzolarono tutto il riso che Stella gli mise nel
piatto, e
chiesero anche il bis.
Le
tre ragazze si fermarono a dormire da Cassandra. Angela
dormì sul
pavimento, così aveva abbastanza spazio per stendere lei
ali. Tanto, disse, con
tutti i vestiti sparsi per terra non le serviva neanche un materasso.
Passarono
un po’ di tempo raccontandosi storie dell’orrore,
ma Stella
era talmente brava che finì per spaventarsi da sola, e ci
volle mezz’ora per
calmarla e convincerla che nessuno cadavere putrescente era nascosto
sotto il
letto. Semplicemente perché con il disordine che
c’era, non avrebbe avuto
abbastanza posto.
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