La Fonte dei Desideri

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Cercasi valenti guerrieri ***
Capitolo 2: *** 2 - Nerima ***
Capitolo 3: *** 3 - Destinazione : Sengoku Jidai ***
Capitolo 4: *** 4 - Non allontanarmi ***
Capitolo 5: *** 5 - La sfida di Miroku ***
Capitolo 6: *** 6 - Lo spirito e la forza ***
Capitolo 7: *** 7 - Notte a Ovest, notte a Est ***
Capitolo 8: *** 8 - Gioco sporco ***
Capitolo 9: *** 9 - In pena per Mousse ***
Capitolo 10: *** 10 - L'ultimo scontro ***
Capitolo 11: *** 11- Una sporca guerra ***
Capitolo 12: *** 12 - Agguato ***
Capitolo 13: *** 13 - Il segreto dell'odio ***
Capitolo 14: *** 14 - Il piano di Sesshomaru ***
Capitolo 15: *** 15- Liberare le ragazze ***
Capitolo 16: *** 16 - La vendetta ***
Capitolo 17: *** Epilogo - A presto ***



Capitolo 1
*** 1 - Cercasi valenti guerrieri ***


Il sole stava tramontando sui meravigliosi giardini del Palazzo del Signore dell’Ovest.
Inuyasha strinse appena gli occhi ambrati, accecato ma incantato dalla soffusa nebbia autunnale che si stava alzando dal terreno umido, colorando di un sorprendente arancio la terra che un tempo era di suo padre. La terra che ora era di suo fratello e di cui lui, benché non pensasse più alla cosa da molto tempo, era il Principe.
Il suo viso si addolcì, mentre vagava con lo sguardo sulla natura rigogliosa, ancora nel pieno della sua ricchezza estiva, sulle mura in lontananza, sul cielo stesso che nel suo splendore sembrava fare indissolubilmente parte del castello.
Nulla era cambiato dalla sua infanzia. Quel luogo aveva la stessa immortale bellezza di un demone. Sentendo montare in lui una malinconia non desiderata, Inuyasha chiuse gli occhi e strinse il pugno poggiato sul corrimano della terrazza a cui era affacciato, quindi voltò le spalle a quel meraviglioso spettacolo e rientrò nella stanza dove gli altri sedevano, in silenzio.
La penombra, per un istante, lo accecò, ma i suoi sensi gli permisero ugualmente di individuare Kagome, inginocchiata a terra un po’ più a destra della porta con il piccolo Shippo in grembo. Le sorrise e vide lei rispondere al suo gesto con un affetto così palese che sentì il proprio cuore scaldarsi più che alla vista indiscutibilmente suggestiva di poco prima. Le si avvicinò.
«Soluzioni?» le mormorò all’orecchio, sedendosi accanto a lei in uno svolazzo delle larghe maniche del suo abito rosso. Kagome scosse il capo, con un lampo di preoccupazione negli occhi. Inuyasha annuì, sospirando con aria seccata.
I visi di coloro che occupavano la stanza non avevano un’espressione poi molto diversa. Sango e Miroku, seduti l’uno accanto all’altro non molto distanti da Kagome, erano silenziosi e persi nei loro pensieri. Inuyasha notò con un guizzo lieve di un angolo della bocca che i due si tenevano per mano. Inconsciamente, cercavano l’appoggio dell’altro nelle proprie riflessioni. Inuyasha faticò a trattenere il proprio sorriso nel pensare a quanto fossero diventati l’uno la forza dell’altro.
Poteva capirli benissimo. Kagome era la sua forza.
Purtroppo, sembrava che non fosse loro concessa che una breve parentesi di pace. Una guerra si stava profilando all’orizzonte. Solo che questa non era alla portata degli esseri umani. Questa era una guerra tra demoni, e mezzi demoni ed esseri umani servivano solo a fare numero. Una guerra totale stava per scoppiare per la semplice invidia di un Signore dei Demoni.
Il Signore dell’Est, colui il quale aveva già scatenato in passato una battaglia che aveva visto la morte del grande Inuken, padre di Sesshomaru e Inuyasha, agognava il possesso delle terre dell’Ovest. La morte di Inuken non aveva fatto differenza, poiché il suo sangue continuava a governare nella persona di Sesshomaru. Il Signore dell’Est aveva deciso di annientare definitivamente il sangue della potente famiglia di Inuken. Aveva tentato di uccidere Sesshomaru, fallendo, ma nel contempo aveva radunato un esercito spaventoso, che ormai era quasi pronto a marciare contro il Signore dell’Ovest.
Inuyasha guardò suo fratello, il demone sanguinario dalle sembianze così simili alle sue ma dall’animo così diverso. Seduto con la schiena contro il muro e un braccio appoggiato con grazia su un ginocchio, Sesshomaru osservava le mappe che aveva di fronte con occhi che sembravano perforare la carta.
Non aveva alcun timore del Signore dell’Est, ma numerosi accadimenti gli avevano instillato un profondo disagio al pensiero di coinvolgere gli esseri umani in quel massacro. Monaci e sacerdotesse avrebbero rallentato i movimenti dei demoni, ma perfino per loro, e tanto più per i guerrieri, lo scontro si sarebbe risolto in una strage inutile.
L’esercito dell’Ovest era pronto ad agire in qualsiasi momento, ma una risoluzione per quanto concerneva gli umani non era ancora stata trovata. Il Signore dell’Est aveva dovuto fare ben poco per convincerli a scendere in campo contro Sesshomaru. Dopotutto, era riconosciuta universalmente la crudeltà sanguinaria del Signore dell'Ovest e debellare i demoni malvagi era compito di tutti gli uomini di fede e degli eroi di ogni terra.
Sesshomaru, però, era cambiato. Non molto, né in maniera significativa agli occhi di qualcuno che non lo conoscesse da una vita come Inuyasha, ma era cambiato. Inizialmente, il miracolo aveva fatto capolino grazie a una bambina umana di nome Rin, che ora viveva all’interno del castello come sua protetta. Ma era stata un’altra donna a cambiare radicalmente Sesshomaru, facendogli riscoprire quel cuore che giaceva sotto il ghiaccio con cui l’aveva ricoperto.
Inuyasha guardò l’ultima occupante della stanza, che sedeva composta tra le pieghe della sua veste ricca ma non opulenta, in un continuo alternarsi di azzurro e oro. La ragazza era pallida e seria, mentre fissava a sua volta la mappa con gli occhi azzurri illuminati da pupille dorate, che tradivano la sua natura demoniaca. Onde di capelli d’oro le incorniciavano il viso e le scendevano lungo la schiena. Anna, la creatura nata dalla fusione di un essere umano e di un inu-yokai, era stata l’agente scatenante del cambiamento che aveva portato Sesshomaru a detestare il pensiero di uccidere degli umani e, indirettamente, era il motivo per cui Inuyasha si trovava laggiù, invischiato a sua volta nella guerra come alleato di un fratello con cui aveva creduto di non poter condividere nulla se non l’odio reciproco.
Anna e Sesshomaru erano distanti l’uno dall’altro, ma Inuyasha riusciva a sentire il potente legame che li univa. Sesshomaru la amava come mai aveva amato. Incapace di comprendere ciò che provava per lei, il demone l’aveva quasi persa, spingendola a un gesto che le aveva valso la sete di vendetta della Grande Famiglia degli Inu-yokai. Quando si era reso conto di amarla, l’aveva cercata disperatamente e allora Inuyasha aveva fatto in modo di riunirli. Anna era stata uccisa dai sicari dell’Est, ponendosi come scudo di fronte a Sesshomaru, il vero obiettivo. La sua morte aveva gettato Sesshomaru in uno stato di prostrazione tale che se Inuyasha non gli avesse ricordato la Tenseiga che portava al fianco, a quell’ora la bella e potente ragazza che era con loro nella stanza sarebbe stata solo un triste ricordo.
Questo avvenimento aveva unito i due in un modo che Inuyasha poteva solo paragonare al suo amore per Kagome. Indirettamente, la presenza di Anna aveva fatto in modo che i due fratelli deponessero almeno temporaneamente le armi. Per questo, ora Inuyasha e gli altri si stavano preparando a combattere per difendere le Terre dell’Ovest. Sesshomaru aveva anche convinto la Grande Famiglia a perdonare Anna, riportando tutti gli alleati dalla sua parte per tempo.
«Qualche idea?» chiese Anna, con la sua voce musicale, distogliendolo dai suoi ricordi degli ultimi mesi. Scosse il capo, imitato dagli altri. Sesshomaru sospirò con aria seccata.
«E’ l’unico problema rimasto.- disse, freddo- Possibile che non si possa fare a meno di trovarci davanti i loro maledetti musi umani?»
Il silenzio che accolse le sue parole fu eloquente, ma Sesshomaru non vi badò, ben poco interessato alla loro opinione.
«Senti, qui il problema è generato dalla tua pessima condotta, se vogliamo usare un eufemismo.- disse Inuyasha, sbuffando- Gli umani non rinunceranno a combattere. Il solo pensiero di sconfiggere il sanguinario Sesshomaru li riempie di ardore.»
«Non ti ho chiamato per fare del sarcasmo, Inuyasha.- replicò Sesshomaru, gelido- Se è il massimo che sai dare, puoi anche andartene.»
Inuyasha fece una smorfia, quindi disse: «Feh!» e girò la testa da un’altra parte con aria arrogante, incrociando le braccia sul petto.
«Se avessimo molti guerrieri a disposizione, io proporrei una sfida.» disse Miroku, riflettendo.  Tutti si voltarono verso di lui. Sesshomaru gli lanciò un’occhiata indagatrice, senza voltare il capo.
«Spiegati.» disse. Il monaco non poté non percepire la nota di comando nella voce dello yokai, ma ormai vi era così avvezzo che non gli fece alcun effetto.
«Se potessimo cambiare in qualche modo la loro visione del Signore dell’Ovest, ritengo che gli esseri umani sarebbero meno convinti di voler combattere.- spiegò Miroku, parlando direttamente a Sesshomaru- Se avessimo dei validi guerrieri, dicevo, potremmo proporre loro una sfida. Un certo numero di nostri guerrieri e monaci, contro un uguale numero dei loro, nell’interesse di impedire un inutile massacro. Questo sarebbe un gesto magnanimo e porrebbe in cattiva luce l’eccessiva sete di vendetta del Signore dell’Est.»
«Ma è un’ottima proposta!» disse Kagome, sorpresa dall’acutezza dell’amico.
«E la posta?» chiese Sango. Miroku fece un sorrisetto.
«In caso di loro vittoria, acquisirebbero un vantaggio psicologico su di noi.- finì- Ma se fossimo noi a vincere, gli esseri umani dovranno ritirarsi dalla battaglia senza fare storie.»
«Sarebbe un ottimo piano, ma…» disse Anna, parlando lentamente.
«Non abbiamo alcun guerriero umano.» disse Sesshomaru, secco.
«Appunto.» sospirò Anna, nel silenzio che seguì la puntualizzazione del demone.
«Non si potrebbe trovarne qualcuno in questa terra?» chiese Shippo.
«Non lascerei combattere nessuno che non sia in grado di sconfiggere almeno un hanyo.» disse Sesshomaru, lapidario.
«Mi dispiace ammetterlo, ma Sesshomaru ha ragione.- disse Inuyasha, con una smorfia- I nostri avversari potrebbero essere forti. Non credo che possano giungere al livello di Miroku e Sango, ma è meglio non sottovalutarli troppo.»
«Ehi! Mi escludi a priori?» gli sibilò Kagome in un orecchio, corrucciata. Inuyasha sviò il suo sguardo. Avevano già discusso sull’argomento. Kagome insisteva per fare la sua parte, ormai sufficientemente allenata a utilizzare i suoi poteri di miko, ma Inuyasha aveva il terrore di saperla coinvolta in un’altra battaglia. Preferì sorvolare, per il momento.
Sesshomaru si alzò da terra, catturando sui suoi capelli d’argento l’ultimo riflesso rosso del sole, la cui luce ormai morente arrivava dalla porta aperta.
«Vedo che non stiamo risolvendo nulla.- disse il demone- Andate a riposare. Ne riparleremo domattina.»
Di comune accordo, il gruppetto si divise, raggiungendo le camere loro assegnate per consumare la cena e prendersi un po’ di riposo.
«L’idea di Miroku è buona.» mormorò Inuyasha, camminando a fianco a Kagome, pochi passi dietro alla coppia di amici.
«Già. Peccato che nessuno di noi conosca guerrieri adatti a sostenere la sfida.» annuì la ragazza, sospirando. Davanti a loro, Sango diede un lieve bacio sulla guancia a Miroku, pizzicò crudelmente una sua mano invasiva, quindi si ritirò in camera con un saluto veloce a Inuyasha. Kagome la seguì, insieme a Shippo, dopo aver baciato Inuyasha e aver sorriso a Miroku. La porta si chiuse dietro di lei. I due giovani osservarono la porta chiusa con aria mortalmente depressa, quindi si incamminarono di nuovo con una smorfia.
La camera loro assegnata era più avanti. Molto più avanti.

***

«L’idea di Miroku è ottima.» mormorò Anna.
Sesshomaru si riscosse da un principio di assopimento e abbassò lo sguardo sulla testa dorata che gli riposava sul petto. Anna alzò i suoi occhi color del cielo per guardarlo.
«Cosa dicevi?» chiese Sesshomaru, accarezzandole la spalla nuda. Lei sorrise e gli si accoccolò meglio contro. Sesshomaru sentì il desiderio da poco soddisfatto riempirlo di nuovo. La vicinanza di Anna  era un continuo alimentare un fuoco che era nato da poco e non sembrava avere intenzione di estinguersi.
«Dicevo che l’idea di Miroku è ottima.- ripeté lei, riportandolo nuovamente nel mondo reale- Non abbiamo davvero nessuna possibilità di trovare guerrieri adatti a questa sfida?»
«Non che io sappia.» disse lo yokai, corrugando la fronte. Anna gli spianò le sopracciglia aggrottate con dita gentili.
«Non preoccuparti. Troveremo una soluzione.» mormorò. Lui sorrise e lei riappoggiò il capo sul suo petto. Poco dopo, erano entrambi addormentati.
Sesshomaru si svegliò di nuovo dopo quelli che gli sembrarono pochi minuti, avvertendo che qualcosa non andava. Aprì gli occhi di scatto, comprendendo che Anna non era più accanto a lui. Si sollevò a sedere con gesto fulmineo ma vide la ragazza girare intorno per la stanza, mordicchiandosi una ciocca di capelli, vestita solo di una corta vestaglia da camera.
«Anna?» la chiamò, sconcertato. Lei si volse verso di lui con il trionfo negli occhi.
«Ce l’ho.- disse, sorridendo con aria feroce- Sesshomaru, ho la soluzione!»
«Hai…- mormorò Sesshomaru, poi la stessa luce sinistra si accese negli occhi di lui- Di che si tratta?» chiese. Lei sorrise ancora, poi saltò sul futon, cogliendolo di sorpresa con un bacio sulle labbra.
«Te lo dirò solo se avrò le informazioni che mi servono.- disse, raggiante- Fammi gli auguri!»
Afferrando la sua veste, Anna balzò fuori dalla finestra, atterrando sulla terrazza sottostante con grazia e correndo verso la stanza delle ragazze. Sesshomaru rimase dov’era, stupefatto, poi fece un sorriso freddo. Inuyasha fece irruzione nella sua camera in quel momento.
«Sesshomaru! Che significa?!- chiese il giovane demone- Anna ha letteralmente caricato Kagome su Kirara! Se ne sono andate in un lampo! Che diavolo sta succedendo?!»
Sesshoumaru lo guardò con freddezza, quindi fece un sorriso ironico.
«Pare che Anna abbia trovato una soluzione.» disse, alzandosi dal letto e vestendosi.
«Una soluzione?!- chiese Inuyasha, sbalordito- Ma…che c’entra Kagome?»
«Non ne ho idea.- rispose Sesshomaru, seccato- Te lo dirà lei, quando tornerà.»
«Ma cosa possiamo fare noi, nel frattempo?» chiese ancora Inuyasha, perplesso.
«Aspettare, Inuyasha.- disse Sesshomaru, guardando la notte fuori dalla finestra- E fidarci di lei.»

***

Kagome e Anna ricomparvero al castello una settimana dopo. Inuyasha andò subito loro incontro e Kagome lo abbracciò stretto, sorridendo.
«Kagome, cosa…» cominciò a chiedere Inuyasha.
«Anna ha fatto centro.» fu la risposta di Kagome, che lo trascinò dietro ad Anna, la quale si fermò solo una volta giunta nella Grande Sala, dove gli altri erano tutti riuniti. La demone scambiò un sorriso malizioso con Sesshomaru, quindi gli ficcò in mano quello che parve a tutti un pezzo di carta. Sesshomaru abbassò lo sguardo. Gli apparve una breve fila di nomi.
“Ranma Saotome
Akane Tendo
Ryoga Hibiki
Shan Pu
Mousse
Ukyo Kuonji”
Sollevò lo sguardo su Anna.
«Ebbene?» chiese.
«Questi umani hanno combattuto e sconfitto esseri paragonabili ad hanyo.» disse Anna, con aria decisa. Sesshomaru corrugò la fronte.
«Come lo sai?» chiese. Il sorriso di Anna si accentuò.
«Come sapevo di voi. Ho letto la loro storia.» disse la inu-yokai.
«Cosa?!» chiese Inuyasha, sbalordito. Anna annuì.
«Un’altra storia della stessa autrice. Così, mi sono detta: perché non dovrebbero esistere anche loro in questo mondo in cui sono stata catapultata?» disse Anna.
«E…esistono?» chiese Sango, incerta.
«Sì.- disse Kagome, eccitata- Abbiamo fatto delle ricerche e li abbiamo trovati tutti.»
Ci fu un istante di silenzio. La plausibilità del piano di Miroku era sempre più vicina.
«Allora, qual è la prossima mossa?» chiese Inuyasha, ancora perplesso. Anna si voltò verso di loro, sorridendo.
«Preparatevi.- disse- Si va a Nerima, nella Tokyo del futuro.»

***

Anna scese le scale con tutta la grazia della sua natura di inu-yokai, evitando con successo di fare qualsiasi rumore. Camminò lungo l’ingresso, quindi si infilò le scarpe, aprì la porta scorrevole e uscì all’esterno, richiudendola dietro di sé.
Il grande cortile del tempio Higurashi si stendeva di fronte a lei, accarezzato dalla luce dell’alba. L’umidità della notte aveva imperlato le fronde degli alberi e l’erba, e ora tutto brillava come se fosse stato cosparso di minuscole gemme. L’aria del mattino era fredda, ma Anna non aveva alcun problema nel sopportare le temperature più rigide. Si guardò attorno, con un velo di malinconia sul volto pallido. Camminò fino a fermarsi all’entrata dell’Hokora, la cui porta era rimasta aperta.
La sera prima, lei e gli altri avevano lasciato la Sengoku Jidai. Era ormai deciso che il piano avrebbe seguito le direttive di Miroku e Anna aveva ritenuto che la collaborazione di tutti avrebbe reso più veloce la ricerca dei combattenti che avevano scelto. Sapeva che quei ragazzi avevano la brutta abitudine di sparire improvvisamente per i luoghi più impensati e non voleva perdere tempo. Sesshomaru non li aveva seguiti. Il suo compito era quello di inoltrare la sfida, in maniera da preparare il terreno a coloro che sarebbero presto arrivati a Palazzo.
Anna entrò nell’Hokora, avanzando finché poté guardare nel buio pozzo da cui erano venuti. Si appoggiò al bordo, chinando la testa, e una pioggia di capelli d’oro le ricadde dalle spalle. Sesshomaru già le mancava. Era preoccupata. Dopo quell’incidente al villaggio di Inuyasha, Anna aveva il terrore di distogliere lo sguardo da lui. Sapeva benissimo quanto lui fosse potente, ma le trappole potevano uccidere chiunque. Lei ne era un esempio e solo gli dei sapevano che aveva utilizzato tutto il suo potere per permettere a entrambi di uscirne illesi…fallendo.
«Abbi cura di te.- mormorò al pozzo buio- Tornerò presto.»
Le stesse parole che gli aveva rivolto nel momento dei saluti, ma lui non aveva risposto. Ad Anna non era piaciuto il suo sguardo freddo. Non le era sfuggito che avesse evitato di guardarla negli occhi.
Anna sospirò e si staccò dal bordo del pozzo, corrugando la fronte. Passò una mano sui vestiti che portava, una maglietta nera un po’ stravagante e degli shorts di jeans. Erano vestiti di Kagome, presi in prestito. Con quei vestiti addosso, si sentiva più umana di quanto si fosse mai sentita da mesi. Il mondo di Kagome era identico al suo e Sesshomaru lo sapeva. Anna comprese in quell’istante che Sesshomaru aveva il timore che lei, una volta tornata in un mondo così simile a quello in cui era nata, non intendesse tornare.
«Sesshomaru no baka.» mormorò, in tono malinconico. Aveva scelto di non tornare mai più a casa, per restare accanto a Sesshomaru. Lei lo amava e nulla le avrebbe fatto mai cambiare idea.
«Perché gli dai dello stupido?» chiese una voce assonnata alle sue spalle. Anna si voltò, riconoscendo la voce e il profumo di Kagome. La giovane era ancora in pigiama e si stropicciava gli occhi assonnati, tenendosi una coperta sulle spalle per proteggersi dall’umidità del mattino.
«Buongiorno, Kagome.- la salutò, con un sorriso- Cosa ci fai fuori a quest’ora?»
«Questo dovrei chiedertelo io.- rimbeccò Kagome, sorridendo a sua volta- Mi sono affacciata alla finestra e ti ho vista entrare nell’Hokora. Ti manca Sesshomaru?»
Anna fece un sorriso di commiserazione, annuendo.
«Patetico, eh?» chiese, uscendo. Kagome scosse la testa.
«No davvero. Ti capisco benissimo.» disse, rammentando quanto le mancasse Inuyasha nei periodi in cui era costretta a tornare a casa per studiare…o perché avevano litigato furiosamente per qualche sciocchezza. Anna sorrise.
«Sì, lo so.- mormorò, quindi si riscosse- Come l’ha presa la tua famiglia, questa nostra intrusione?»
Kagome scoppiò a ridere. La sera precedente si era presentata in casa con una intera comitiva di ospiti non attesi.
«Non preoccuparti, la mamma è felice che io abbia così tanti amici.- disse Kagome, allegra, stringendosi meglio la coperta addosso- Aveva solo il timore di non riuscire a trovare futon per tutti. Per quanto riguarda il nonno e Sota, direi che ormai si sono abituati ad avere gente strana in casa.»
Anna sorrise, divertita. Quel luogo e quella famiglia erano incantevoli. Si sentiva a casa. Le pareva perfino di avvertire l’odore di Sesshomaru aleggiare nell’aria. Si rese conto che esso proveniva dal Goshinboku.
«Lo sai?- mormorò Anna, sorpresa- Il Goshinboku conserva ancora l’odore di Inuyasha.»
«Dici davvero?» chiese Kagome, sbalordita. Anna annuì.
«Non vorrei sbagliarmi, ma sento anche quello di Sesshomaru…» mormorò, troppo piano perché Kagome potesse sentirla. Corrugò la fronte. Perché Sesshomaru era legato al Goshinboku? Si ripromise di chiederglielo. Kagome si avvicinò all’albero e ne accarezzò la corteccia. D’un tratto il suo viso divenne triste.
«Sai? Io…non gliel’ho ancora detto.» sospirò. Anna la guardò interrogativamente, poi capì. Kagome non aveva ancora fatto cenno alla sua famiglia del suo cambiamento. Kagome era un essere umano immortale. Presto o tardi, avrebbe lasciato questo tempo e questa casa per vivere insieme a Inuyasha nella Sengoku Jidai.
«Non sono cose semplici da dirsi.- disse Anna, passandole un braccio attorno alle spalle per darle conforto- Ma sono certa che capiranno. Ti vogliono bene e sperano che tu sia felice, Kagome. Prima o poi arriverà il momento giusto per dirglielo.»
Kagome guardò la ragazza e notò il lampo di tristezza nei suoi occhi color del cielo. Anna non aveva avuto possibilità di dire addio alla sua famiglia. Kagome la abbracciò.
«Grazie, Anna.» disse, con un sorriso luminoso, dopodiché rabbrividì e diede in un poderoso starnuto.
«Fila dentro a vestirti.- la sgridò Anna- Non sei un demone. Ti prenderai un raffreddore.»
Kagome annuì, ridacchiando, e corse verso casa, sulla cui soglia incontrò Inuyasha, già sveglio. Gli si gettò tra le braccia.
«Buongiorno.» disse lui, affondando il viso nei suoi capelli neri.
«Buongiorno a te.» lo salutò lei, guardandolo con gioia negli occhi violetti. Quella mattina, come sempre da quando frequentava la sua casa, Inuyasha aveva preso sembianze umane e si era vestito come tale. Kagome non poté che constatare per l’ennesima volta quanto Inuyasha fosse bello. Lo baciò sulla bocca, quindi disse: «Vado dentro a vestirmi. Tu parla con Anna. Mi sembra un po’ giù.»
«Anna? Dov’è?» chiese Inuyasha, semiaccecato dalla luce del mattino. Kagome approfittò della sua distrazione per sgusciargli via dalle braccia e scappare all’interno, ridendo. Inuyasha la seguì con lo sguardo, scuotendo la testa, quindi volse di nuovo gli occhi sul cortile, individuando l’aura di luce dei capelli di Anna in mezzo a tutto quel brillare. Si mise in moto per raggiungerla.
Inuyasha corrugò le sopracciglia, mentre si avvicinava. Anna sembrava davvero in un altro mondo, tanto che non pareva neppure avere avvertito la sua presenza, distrazione inusuale per lei. Le sembrava strana in quegli abiti moderni, eppure sentiva che lei era perfettamente a suo agio. Le preoccupazioni di Sesshomaru non erano infondate, alla fine dei conti.
Prima che lasciassero il Palazzo, suo fratello l’aveva preso in disparte.
«Veglia su di lei.- gli aveva ordinato- Non lasciare che qualcuno le si avvicini, in quel mondo per esseri umani.»
«Cos’è, hai paura che non torni più?» aveva detto lui, sarcastico, infastidito dal tono di comando. Il lampo d’ira terribile che era passato negli occhi di Sesshomaru gli aveva ucciso il senso dell’umorismo.
«Se accadesse, Inuyasha, sappi che ti riterrò responsabile.» aveva risposto Sesshomaru, voltandogli le spalle e lasciandolo solo. Inuyasha aveva compreso che Sesshomaru temeva di non occupare un posto davvero importante nel cuore di lei. Temeva che Anna avrebbe preferito la sua vecchia vita a lui. Inuyasha, però, non credeva possibile una cosa del genere. L’espressione malinconica che le vedeva sul viso in quel momento sembrava dargli ragione.
«Feh! Che razza di faccia hai, stamattina?» chiese, brusco. Anna tornò con i piedi per terra.
«Bel buongiorno, Inuyasha.» disse, sorridendo ironicamente, prima di volgere lo sguardo su di lui. Anna spalancò gli occhi per la sorpresa. Inuyasha era nella sua forma umana!
Il ragazzo la osservava con aria divertita con occhi violetti. I suoi lunghi capelli neri erano legati in una folta coda bassa e indossava una camicia kaki col collo alto su pantaloni neri. Se Anna l’avesse incontrato per strada, senza l’ausilio del suo fiuto probabilmente gli sarebbe passata accanto senza riconoscerlo.
«I…Inuyasha?! Ma che…come fai a…» balbettò.
«A sembrare un umano?- chiese Inuyasha, a sua volta sorpreso- Che razza di domanda è? E’ un potere che abbiamo tutti.»
«Che cosa?- disse Anna, socchiudendo pericolosamente gli occhi- Spiegati.»
«I demoni hanno tre forme.- spiegò Inuyasha, a disagio- Quella originale, che nel nostro caso è canina, quella demoniaca in forma umana e quella umana. Sesshomaru non te l’ha detto?»
«No.» fu la laconica risposta di Anna.
«Non mi sorprende.» borbottò Inuyasha, ripensando all’ultima discussione avuta col fratello. Si sentì stringere le braccia in una morsa e davanti al suo viso comparve quello di Anna. Gli occhi le luccicavano pericolosamente.
«Insegnami.» disse, con un sorriso che mostrò le sue piccole zanne candide.
«Cosa?!» chiese Inuyasha, cercando di tirarsi indietro.
«Dai, insegnami!- lo pregò Anna, in una perfetta imitazione di ragazzina viziata- Insegnami, dai, Inuyasha, insegnami, ti prego, insegnami, Inu-chan!»
«Sesshomaru mi ucciderà…» sospirò Inuyasha, abbassando la testa come di fronte al fato.

***

Kagome scese nella sala da pranzo, dove Sango e Miroku erano seduti al tavolo, insieme a Sota e il nonno. La madre di Kagome stava servendo loro la colazione e la accolse con un sorriso.
«Vieni, Kagome, mangia.- le disse, e lei sedette accanto agli amici- Dove sono Inuyasha e la tua nuova amica? E’ pronto anche per loro.»
«Arriveranno, mamma, sentiranno subito l’odore di cibo.» scherzò la ragazza, afferrando la tazza di riso e le bacchette e augurando a tutti buon appetito. Dopo qualche istante di silenzio, commentò: «Sai, Miroku, ti stanno bene i vestiti di Inuyasha.»
Miroku, che indossava con una naturalezza invidiabile jeans, una maglietta blu e una felpa grigia con cappuccio, rispose al complimento con un sorriso.
«Ti ringrazio, Kagome-sama. Ma come trovare parole per descrivere lo spettacolo che le vesti del tuo mondo mi stanno offrendo?» disse, lanciando un’occhiata a Sango, che indossava un abito giallo di Kagome. Sango arrossì fino alla radice dei capelli, soffocandosi col riso, e la madre di Kagome sorrise.
«Che gentiluomo! Sei fortunata, Sango.» commentò. Miroku sorrise con aria angelica e Kagome sospirò. Se sua madre avesse viaggiato con loro anche solo per un giorno, probabilmente la sua opinione sarebbe un tantino cambiata.
«Cambiando argomento, dove sono Inuyasha e Anna?» chiese Miroku, intercettando l’occhiata assassina di Sango.
«Fuori, al Goshinboku.- disse Kagome- Ho chiesto a Inuyasha di parlare un po’ con Anna, mi sembrava giù di morale.»
«E’ probabile, visto che Sesshomaru non ha voluto venire con noi.» disse Sango. Sospirò, poggiando la ciotola sul tavolo. Senza l’Hiraikotsu sulla schiena si sentiva nuda. Non capiva come Kagome potesse fidarsi ad andare in giro con simili vestiti. Lanciò un’occhiata a Miroku e arrossì. Vestito così, era ancora più bello. In quel momento, si udì un suono di passi di corsa provenire dal corridoio, quindi la porta scorrevole venne aperta di scatto.
«Scusate il ritardo!» annunciò Inuyasha, entrando e sedendosi accanto a Kagome. Dietro di lui, una ragazza si fermò sull’entrata, con un grande sorriso sulle labbra e le guance rosse.
«Chi…» cominciò a chiedere il nonno di Kagome, osservando quella giovane sconosciuta.
«E’ Anna.- biascicò Inuyasha, seccato, con la bocca piena di riso- E tu entra, maledetta! Se resti lì senza spiegarti, qui non mangia più nessuno.»
Davanti alla bocca spalancata dei presenti, Anna rise e si sedette, prendendo una ciotola senza perdere il sorriso.
«A…Anna?- chiese Miroku, perplesso- Che ti è successo?!»
Al tavolo con loro, era seduta una ragazza dai capelli castani, appena screziati d’oro. Gli occhi erano tra il blu e il grigio e li squadravano con aria estremamente divertita. Anna era in tutto e per tutto indistinguibile da un essere umano. Il suo viso aveva assunto tratti più rotondi e gli occhi erano meno allungati. La fiamma sulla sua fronte era sparita. A ben guardarla, però, si poteva avvertire la potente energia che dormiva all’interno di quel corpo così umano.
«Indovino: gliel’hai insegnato tu?» chiese Kagome, cominciando a sorridere. Inuyasha borbottò un sì e Anna rise di nuovo, soddisfatta del risultato.
«Ero così prima di conoscere Sesshomaru.» annunciò, prima di iniziare a mangiare. Il resto della colazione si svolse tra chiacchiere leggere, nonostante tutti loro si distraessero spesso per osservare il cambiamento di Anna. Quando il cibo finì, Anna si alzò in piedi, facendo loro un perentorio cenno del capo.
«Grazie per il cibo.» dissero educatamente Miroku e Sango, mentre lasciavano la sala da pranzo per dirigersi verso la camera di Kagome. Lì, ognuno si sedette dove capitava. Kagome chiuse la porta alle sue spalle e si sedette sul letto, accanto a Sango.
«Il treno parte alle 10.15. Non abbiamo molto tempo.» li avvertì, sollevando dal copriletto il foglio con gli orari dei treni per Nerima. Anna, in piedi accanto alla finestra, annuì.
«Ripassiamo velocemente la tabella di marcia.- disse, e nei suoi occhi passò un lampo che tradì la sua natura- I nostri obiettivi sono sei. Come ci dividiamo?»
Sango prese la parola.
«Io e Miroku cercheremo Ukyo Kuonji e Ryoga Hibiki. La ragazza si trova al ristorante Ucchan.» disse, seria. Anna annuì.
«Hai la cartina?» chiese a Miroku. Il giovane annuì, battendo una mano sulla tasca dei pantaloni. Ad Anna non piaceva sapere quei due in giro per la città, ma era la sola cosa da fare e della freddezza di Miroku ci si poteva fidare.
«Ukyo Kuonji sarà al ristorante dopo la fine della scuola. E’ facilmente riconoscibile dalla spatola da combattimento che porta sulla schiena.- ripeté loro Anna- Ryoga Hibiki è un problema, potremmo doverlo aspettare per giorni, se non è dalla famiglia Tendo. Ha uno scarso senso dell’orientamento…per non dire che non ne ha proprio. Vi ho dato gli identikit che ho fatto, ma rammentate che si trasforma in un porcellino nero con una fascia al collo.»
Sango e Miroku annuirono. Lo sguardo di Anna si appuntò su Kagome.
«Io andrò al Furinkan e aspetterò Akane Tendo e Ranma Saotome all’uscita, insieme a Inuyasha.» disse lei.
«Di norma, i due tornano a casa insieme.- disse Anna- Ma non è detto. Nel caso fossero divisi, Inuyasha si prenderà il compito di cercarlo. Ricorda che può essere sotto forma di ragazza. In quel caso, la riconoscerai per i capelli rossi e il codino, nonché per i vestiti alla cinese.»
Inuyasha sbuffò, ma annuì.
«Io andrò al Neko Hanten per Shan-pu e Mousse. Ci incontreremo là per discutere del resto. Qualche domanda?» chiese Anna.
«Una.- disse Inuyasha- Non ci hai detto come faremo a convincerli a combattere.»
«E’ vero, Anna. Come hai intenzione di convincerli?» chiese Sango, incuriosita. Anna fece un breve sorriso.
«Quasi tutti loro sono caduti nelle fonti maledette in Cina. Per un motivo o per l’altro, non riescono mai ad utilizzarle per tornare normali, così offrirò loro un bagno speciale. C’è una fonte particolare, nel retro del Palazzo. Questa fonte esaudisce i desideri, se sono piccoli e se coinvolgono solo la persona che li esprime. Credete che la possibilità di tornare normali non li convincerà a seguirci?»
«Hai una mente assolutamente contorta.» disse Inuyasha, dopo un istante di silenzio. Anna rise.
«Coraggio, prendete le vostre cose. Partiamo subito.» li spronò. Si voltò verso la finestra, mentre gli altri si alzavano.
“Preparati, Ranma Saotome.- pensò, con un sorriso freddo- Stai per ricevere l’offerta migliore della tua vita.”

***

Ranma starnutì violentemente, richiamando l’attenzione della classe.
«Saotome! Non disturbare la mia lezione!!» gridò la prof. Hinako. Ranma si soffiò il naso, seccato, evitando di guardare Akane, che si era girata verso di lui.
Non sapeva perché, ma sentiva che qualcuno stava parlando di lui. Senza prestare attenzione alla voce acuta della prof., Ranma guardò fuori dalla finestra, quasi aspettandosi di vedere comparire questo qualcuno.
Altrove, una piccola comitiva di cinque persone si recò alla stazione per prendere il treno che le avrebbe condotte dritte da lui.

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Capitolo 2
*** 2 - Nerima ***


Author's note: Grazie per l'accoglienza al seguito di Cuore di Demone! Non voglio farvi aspettare troppo, andiamo a incontrare Ranma e compagnia!!

«Ehi, Ranma!»
«Uh?» fece lui, voltandosi a metà al suono della voce, con le mani ficcate in tasca. Vide Akane correre verso di lui, la gonna celeste della divisa svolazzante attorno alle gambe.
«Dove scappi?- chiese lei, raggiungendolo- Non dovevamo tornare a casa insieme?» Appuntò sul viso del ragazzo i suoi grandi occhi scuri, ansimando per la corsa. Ranma distolse velocemente lo sguardo, schiarendosi la gola.
Ultimamente, non riusciva a guardare Akane negli occhi senza sentirsi le farfalle nello stomaco. Scosse la testa con violenza, come a voler anche solo scacciare il pensiero.
«Ranma.» lo chiamò di nuovo lei. Ranma si voltò, stando ben attento a mostrare un volto indifferente. Sorrise con aria interrogativa, sollecitando Akane ad andare avanti. La ragazza si oscurò in volto e il sorriso di Ranma si accorciò di qualche millimetro.
«Insomma, si può sapere che cos’hai, oggi?» sbottò Akane, lasciandolo sorpreso.
«C…chi? Io?- chiese, imbarazzato, scoccando occhiate a destra e a manca nel notare che tutti nel cortile li stavano fissando con aria condiscendente- N…niente! Cosa dovrei avere? E abbassa quella voce, per favore…»
«Abbassare…- disse Akane, sorprendendosi per poi diventare ancora più nera- Abbassare la voce?! Ti ho chiesto cos’hai, brutto stupido, perché sono preoccupata per te! Ma ora non ha più importanza.»
Ciò detto, Akane lo lasciò dov’era, basito, e prese a camminare verso l’uscita con passo sostenuto, la testa abbassata e i pugni serrati. Akane era preoccupata per lui?! Ranma sentì le guance andargli in fiamme e il cuore iniziare a battere a mille.
In effetti, era tutta la mattina che aveva un’aria svagata. Si sentiva osservato; per meglio dire, sentiva l’attenzione di qualcuno incentrata su di lui e questo lo innervosiva parecchio. Era stato stranamente taciturno e non aveva nemmeno attaccato briga con Kuno, che l’aveva sfidato prima di entrare a scuola…Sì, a voler ben guardare, se Akane avesse voluto scegliere un giorno per preoccuparsi per lui, quello era l’ideale.
“Ma preoccupata perché, poi?- pensò, contrariato- E perché si è arrabbiata? Le ho solo chiesto di abbassare la voce! Non è affatto carina.”
«Ehi, Akane!» la richiamò con tono arrogante, camminando velocemente verso di lei. Lei non rispose. «Ehi! Insomma, aspettami!» disse Ranma, balzando di fronte a lei e bloccandole il passo. Gli occhi di Akane gli fecero venire in mente il cielo durante la tempesta. Si impettì, incrociando le braccia sul petto e voltando il capo da un’altra parte. «Mi dispiace di averti fatto preoccupare.» disse tutto d’un fiato, con un tono che non era adatto a una vera e propria dichiarazione di scuse. Akane gli lanciò un’occhiata sospettosa e lui ebbe almeno la decenza di arrossire un po’. La ragazza scosse il capo, lasciando dissipare la tensione e decidendo di sorvolare sui soliti comportamenti di Ranma.
«Sono solo un po’ teso. Ho una strana sensazione.- ricominciò a parlare il ragazzo, attirando la sua attenzione- Quindi non c’era motivo di preoccuparsi e mettersi a strillare in mezzo al cortile. Ci stavano guardando tutti.»
Ranma comprese immediatamente di essere caduto dalla padella alla brace. Akane aveva il capo chino e un’aura estremamente minacciosa si propagava dalla sua persona.
«Mi dispiace tanto…» ringhiò, prima di fissarlo con occhi di fuoco e centrarlo in pieno con un pugno poderoso. «…di averti fatto VERGOGNARE!! Idiota!!!»
«Non sei carina! Per niente!!» si udì replicare Ranma, mentre spariva in lontananza, ormai distante grazie al colpo tremendo di Akane.
La ragazza fissò il proprio pugno ancora stretto con viso triste, dopodiché riprese a camminare lentamente verso l’uscita della scuola. Ranma era uno stupido. Lei era davvero preoccupata. Possibile che riuscisse a trasformarla nella donna più violenta del Giappone ogni volta che apriva bocca? Sembrava lo facesse apposta, a farla arrabbiare!
Akane sospirò e i suoi occhi si incupirono. Era passato più di un anno dalla battaglia contro Safulan, in Cina. Più di un anno dal loro mancato matrimonio, da quella sorta di dichiarazione d’amore mai veramente espressa. Ormai erano quasi all’ultimo anno di Liceo. Le cose erano cambiate…eppure erano sempre le stesse. Sempre, maledettamente le stesse. Le solite ragazze che giravano attorno a lui, le magagne familiari, gli stessi problemi col preside, e Happosai, e i vecchi amici/nemici che ogni tanto tornavano a sfidare Ranma. Anche tra loro due, le cose erano immutate. Akane non riusciva ancora a credere di poter soffrire così tanto per quel ragazzo che un giorno aveva trovato nel bagno, scambiandolo per un maniaco pervertito.
«Stupido Ranma.- mormorò, sentendo montare in sé una gran voglia di piangere- Non capisci niente.»
«Scusami…»
Akane tornò a fatica con i piedi per terra, sentendo una  voce di ragazza chiamarla. Si voltò, un po’ seccata per l’interruzione, e si trovo di fronte il sorriso radioso di una liceale che reputò poco più giovane di lei. Era una bella ragazza dai capelli neri, alle cui spalle, con fare protettivo, stava uno strano ragazzo dai lunghissimi capelli corvini. I suoi occhi erano coperti da un paio di occhiali scuri. Akane sentì provenire da lui un’energia combattiva molto forte, ma il sorriso della ragazza le comunicò che non era necessario mettersi in guardia.
«Scusa, sei tu Akane Tendo?» chiese la ragazza. Akane annuì, perplessa. Il sorriso dell’altra ragazza si accentuò. «Oh, per fortuna! Io sono Higurashi Kagome, Tendo-san. Ho telefonato a casa tua non molti giorni fa, ti ricordi?»
«Higurashi?- mormorò Akane, corrugando la fronte- Ma certo, Higurashi! Mi ricordo di te.»
Le due si strinsero la mano. Akane osservò con maggiore curiosità la coppia. Quella ragazza, Kagome, le aveva telefonato all’incirca una settimana prima, alternandosi alla cornetta con un’altra ragazza chiamata Anna e facendole delle strane domande sugli abitanti della sua casa e su alcuni loro…beh, diciamo amici. Non si aspettava di vederla comparire davanti al Furinkan.
«Lui è Inuyasha.- Kagome la presentò al giovane dai capelli lunghi, che fece un cenno col capo- Sono venuta ad aspettarti perché ti devo parlare di una cosa molto importante, Tendo-san. Riguarda le domande che ti ho fatto al telefono.»
«Chiamami Akane.- disse lei, un po’ confusa- Una cosa importante? Di che si tratta?»
«Beh, è una storia lunga.- rise Kagome- Non c’è anche Ranma-kun? Almeno la racconteremo una volta sola.»
«No, Ranma…- Akane fece una smorfia- sta tornando a casa da solo.»
Si stupì di sentire il ragazzo chiamato Inuyasha imprecare.
«Ecco, così mi tocca anche andarlo a cercare!» sbottò il giovane. Il lieve tocco di Kagome bastò a farlo calmare. Akane non poté trattenere un sorriso. Quei due erano una bella coppia.
«Su, Inuyasha. La strada la sai. Anna non vorrà aspettare a lungo.» lo blandì la giovane dai capelli lunghi e Inuyasha annuì.
«Va bene, vado.» borbottò, prima di allontanarsi a grandi balzi, utilizzando i muri e i tetti delle case vicine come appoggio. Akane lo guardò allontanarsi con occhi spalancati.
«Il tuo ragazzo è un esperto di arti marziali?» chiese a Kagome, che arrossì e si strinse nelle spalle.
«Non proprio.- rispose, sorridendo e guardandolo allontanarsi con adorazione evidente- Ma è un grande guerriero. Mi ha sempre protetta.»
Akane corrugò le sopracciglia.
«Sai?- mormorò, così piano che Kagome faticò a sentire le sue parole- Forse non è stato un bene mandare lui alla ricerca di Ranma.»
«Uh? Perché?» chiese Kagome, perplessa. Akane fece un sorrisetto ironico.
«Ranma vive per le sfide. Se incontra qualcuno abbastanza forte, non è contento finché non si batte con lui. E finché non vince, naturalmente.» rispose.
«Sembra che tu mi stia descrivendo Inuyasha.» disse Kagome. Le due ragazze si guardarono con una punta di preoccupazione negli occhi, poi Kagome sorrise e fece un gesto vago con la mano. «Oh, non preoccuparti! Inuyasha non toccherà Ranma, altrimenti Anna gli farà passare un brutto quarto d’ora.» cercò di rassicurarla. Akane scosse il capo, sospirando.
“Già, ma chi fermerà Ranma?” non poté non pensare.

***

Sango si strinse al braccio di Miroku, impaurita dalla folla. Il mondo di Kagome era troppo per lei. Troppo caos, troppa gente tutta insieme, e quelle spaventose cose che si muovevano così velocemente!
Il treno le era piaciuto, forse perché si sentiva al sicuro in compagnia degli altri, ma le strade erano una cosa impossibile. Sicuramente non si sarebbe sentita così a disagio se avesse avuto il suo Hiraikotsu sulla schiena, ma Kagome aveva detto che la gente avrebbe potuto trovarlo strano e crearle dei problemi. Si oscurò in volto al pensiero che la ragazza che stavano cercando poteva invece permettersi di girare indisturbata con una spatola gigantesca. Che differenza c’era tra una spatola e un boomerang d’osso?!
Sentì una mano calda carezzarle la schiena e alzò il viso a incontrare lo sguardo rassicurante di Miroku. Il monaco sembrava in tutto e per tutto a suo agio mentre si muoveva fra quella gente afflitta da una fretta indiavolata. Come sempre, il suo spirito di adattamento gli aveva permesso di amalgamarsi immediatamente a uno stile di vita diverso.
Miroku la teneva stretta a sé mentre nell’altra mano teneva aperta la mappa di quel luogo chiamato Nerima, ingegnandosi per trovare quel dannato ristorante Ucchan. Stava addirittura chiedendole che tipo di okonomiyaki volesse una volta arrivati! Miroku era incredibile…
«Meno male che ci sei tu.» mormorò Sango, accostandosi ancora di più a lui. Miroku le lanciò un’occhiata sorpresa, che si addolcì immediatamente.
«Ce la stiamo cavando benissimo, Sango. Kagome-sama sarebbe fiera di noi!» aggiunse, ottenendo finalmente un sorriso da lei. Spostò di nuovo la sua attenzione sulla mappa. «Dunque, qui dovremmo girare a destra…» borbottò, prima che Sango lo tirasse per il cappuccio della maglia. Alzò lo sguardo, seguendo il dito di Sango, che indicava l’altro lato della strada. Un ragazzo con una fascia sulla fronte, l’aria stravolta e un enorme zaino sulle spalle arrancava sul marciapiede.
«Non è…» disse Sango.
«Mi sa di sì.» disse Miroku, estraendo subito dalla tasca l’identikit fatto da Anna. Corrispondeva perfettamente. Miroku alzò la testa con aria trionfante, col nome del ragazzo già pronto sulla punta della lingua, quando udì un boato. Guardò dall’altra parte della strada, ma il ragazzo non c’era più. Un grosso buco spiccava sul muro di cinta di una delle case, nel cui giardino era perfettamente visibile una voragine.
«Dov’è…?» mormorò, sbalordito.
«Non ci crederai, ma ha spaccato il muro con un colpo e ha cominciato ad andare sottoterra.» rispose Sango, attonita. I due si guardarono per un attimo, quindi Miroku tornò a guardare la mappa, schiarendosi la voce.
«Dunque, per il ristorante Ucchan…»

***

Ranma aveva sul volto un’espressione peggio che scura, mentre camminava verso casa, in equilibrio sulla grata che dava sul canale accanto alla strada.
Si stava maledicendo fin da quando aveva visto quell’espressione irata e ferita sul volto di Akane. Riusciva sempre a dire la cosa sbagliata. Ora sarebbe stato costretto a chiederle scusa, una delle cose di cui Ranma aveva più paura al mondo. Chissà perché, quando prendeva questo genere di decisione, e nessuno sapeva quanto fegato gli ci volesse per prenderla, accadeva sempre qualcosa che lo allontanava da Akane ancora di più. Interveniva qualcuno, oppure uno dei due diceva qualcosa che feriva l’altro…e la spirale di litigi non finiva mai.
Eppure, Ranma teneva a lei come nient’altro in tutta la sua vita. Quante volte, in quell’anno, si era svegliato nel bel mezzo della notte, trattenendo un grido e con la faccia bagnata di lacrime, perché l’aveva rivista morire, là, in Cina?
«Se le vuoi così bene, perché non sei capace di dirglielo senza tanti giri di parole?» ringhiò, dandosi un pugno in testa per la frustrazione. Ah, non era così facile…non lo era proprio. Dopotutto, Akane aveva accettato di sposarlo solo per fargli un favore, no? Si accucciò su se stesso, ormai depresso.
«Se solo non fossi così maledettamente stupido!» gridò, scendendo dalla grata con un balzo e sferrando un pugno a un palo della luce, che si incrinò in mille crepe.
«Credevo che in questo vostro mondo non fosse permesso prendere a pugni le cose.»
Una voce a metà tra il divertito e lo strafottente gli giunse alle orecchie e Ranma si voltò di scatto, sulla difensiva. In piedi sulla grata, di fronte a lui, c’era un ragazzo più o meno della sua stessa età. Lo osservava con un sorrisetto da dietro un paio di occhiali scuri, le braccia conserte in un gesto di sfrontata confidenza.
«Chi sei tu?» chiese Ranma, scuro in volto. Quel ragazzo gli era arrivato alle spalle senza che ne avvertisse la presenza. Doveva essere in gamba. Ranma sentiva di trovarsi di fronte a un avversario coi fiocchi.
«Tu sei Ranma Saotome.» disse quello, in un tono che non sembrava una domanda. Ranma si sorprese, senza per questo perdere in concentrazione. Il ragazzo sulla grata, che, notò Ranma in quel momento, aveva capelli neri di una lunghezza spropositata, si levò gli occhiali da sole, rivelando due occhi purpurei, ed estrasse un foglio dalla tasca, scorrendolo con lo sguardo con aria annoiata. «Sei tu, giusto?- chiese, senza accennare a rispondere alla domanda di Ranma- Quello che si trasforma in femmina, no?»
«Ehi!- esclamò Ranma, saltando a sua volta sulla grata- E tu che ne sai?»
«E’ una lunga storia.- disse il ragazzo, rimettendo il foglio spiegazzato nella tasca dei pantaloni- Ora basta chiacchiere e seguimi. Ci sono cose più importanti di cui parlare.»
«Io non vengo da nessuna parte.- replicò Ranma, che iniziava a seccarsi…e a provare non poca curiosità- Si può sapere chi diavolo sei?!»
«Io sono Inuyasha.- disse quello, arrogante- E tu verrai con me, moccioso. Non ho tempo da perdere .»
Gli occhi di Ranma si spalancarono di colpo nel sentirsi dare del moccioso da quel ragazzo che dimostrava esattamente la sua età.
«Chi sei tu per dirmi cosa devo o non devo fare?- disse Ranma, schioccando minacciosamente le nocche- Ti avverto, non è giornata…»
«E chi se ne frega?- replicò Inuyasha, seccato, dandogli le spalle- Sai quanto mi sto divertendo a girare come uno scemo in questa cosa frastornante che chiamate città per cercare una femminuccia come te…»
«Non darmi della femminuccia!!» gridò Ranma, perdendo completamente la pazienza. Tirò un pugno che avrebbe frantumato un muro contro il ragazzo dai capelli lunghi, il quale si voltò a metà e intercettò il pugno, stringendoglielo in una morsa.
«Non male, ningen.- disse Inuyasha, spingendo via il braccio di Ranma e aprendo e chiudendo la mano semi-intorpidita- Forse Anna ha visto giusto.»
Ningen?! Ranma era completamente basito. Non solo quel tipo aveva parato senza difficoltà un pugno potentissimo, ma lo chiamava anche in quel modo assurdo?
«Come hai fatto a intercettare il mio pugno? Chi sei veramente?» chiese rabbuiandosi. Inuyasha fece un sorrisetto.
«Potrai vincere i deboli ningen, moccioso, ma non potrai mai vincere me. Quindi piantiamola con questa storia e vieni con me.» sentenziò.
«Io non perdo mai.» disse Ranma, riprendendo la posizione da combattimento. Inuyasha sentì tutti i buoni propositi andare a farsi benedire. Era stato sfidato. Non poteva assolutamente tirarsi indietro. Avrebbe dato a quel Ranma una bella lezione, tanto per fargli capire com’era l’andazzo nella Sengoku Jidai.
«Perderai adesso.» disse, attendendo con ansia il suo primo colpo.

***

«Buongiorno.»
Obaba si voltò verso l’entrata del ristorante, mentre Shan Pu rispondeva al saluto e prendeva un vassoio per andare a servire la nuova cliente. Strinse gli occhi. Una gaijin. La ragazza che stava ordinando dei nikuman era sicuramente una straniera. Capelli chiari, occhi altrettanto chiari. Eppure non era certo quello ciò che le aveva fatto venire un brivido al suo ingresso.
La osservò, mentre Shan Pu le passava accanto con un’occhiata incuriosita per andare in cucina. Sembrava una giovane perfettamente normale. Si guardava attorno, con un leggero sorriso sulle labbra. Pareva apprezzare il piccolo ristorante. Era la sola cliente, al momento, e nella sala regnava il silenzio. Ma dentro di lei era nascosto qualcosa. Obaba lo avvertiva, sebbene fosse tenuto sotto controllo. Un potere enorme, un’energia interna di proporzioni inimmaginabili. Gli rammentava il popolo del Regno Selvatico e quello del monte Hooh. Allo stesso tempo, l’aura energetica di quelle popolazioni non era nemmeno la metà di quella che riposava nel corpo di quella gaijin.
“Un demone?!- si chiese, stringendo gli occhi- Possibile? E’ quasi un secolo che non si mischiano più agli esseri umani!”
Shan Pu uscì in quel momento dalla cucina, seguita a ruota da Mousse, che stringeva tra le mani un mazzo di rose.
«Ti prego, Shan Pu…» disse, supplichevole.
«Basta, Mousse! Abbiamo clienti!» replicò la ragazza, trattenendosi dal dare il vassoio con i nikuman in testa a Mousse. Il bastone di Obaba sbarrò loro il passo.
«Voi ragazzi restate qui.» disse la vecchia, saltellando fino ad approssimarsi alla ragazza. Questa le rivolse un sorriso cortese.
«Chi sei?» chiese Obaba.
«Il mio nome è Anna.» rispose lei, sempre sorridendo.
«Non tergiversare.- tagliò corto la vecchia- Sei un demone. Riconosco la tua aura.»
Anna spalancò gli occhi, quindi rise, annuendo.
«Sì, è vero. Sono un demone.- ammise- E’ un problema?»
«Dipende.- disse Obaba, sempre scura in volto- Che cosa vuoi?»
«I vostri nikuman.- scherzò Anna, poi puntò un dito su Mousse e Shan Pu- E ho bisogno di parlare con loro.»

***

«Mmh…la vostra cucina è eccellente, signorina.» disse Miroku, inghiottendo anche l’ultimo boccone dell’okonomiyaki ai gamberetti che aveva ordinato. Sango gli lanciò un’occhiata tagliente, ma la ragazza dietro al banco sorrise.
«Grazie.» rispose Ukyo, osservando la coppia con un po’ di perplessità. Quei due erano entrambi così educati da sembrare stessero recitando. Konatsu entrò in quel momento, pulendo il pavimento con l’aria di essere al settimo cielo.
«Buongiorno, signori clienti.» salutò, quasi cinguettando, mentre Ukyo si chiedeva quando avrebbe cominciato a smettere col travestimento da donna. Miroku rabbrividì e Sango lo guardò con curiosità.
«Che hai?» chiese, sottovoce.
«Quello è un maschio, per il Buddha!» mormorò Miroku, distogliendo lo sguardo.
«Un maschio?! Ma stai scherzando?» chiese Sango, stupita. Ai suoi occhi, quella cameriera era più femminile di lei.
«Non sottovalutare il mio istinto per le donne.» disse Miroku, portandosi una mano alla fronte con aria oltraggiata. Deciso a cambiare argomento, Miroku riportò la sua attenzione sulla padrona del ristorante e sfoderò il suo sorriso migliore. «Ci chiedevamo, signorina, se avreste il tempo di seguirci in un luogo non molto lontano.- disse, attirando l’attenzione di Ukyo- C’è una persona che ha forte desiderio di vedervi e ha per voi una proposta interessante.»
«Cosa?- chiese Ukyo, sospettosa- Dove dovremmo andare?»
«No, signorina Ukyo!- disse Konatsu, con le lacrime agli occhi, frapponendosi improvvisamente tra lei e Miroku, che quasi saltò in braccio a Sango per il disgusto- Non potete andare ad un appuntamento così, di punto in bianco! Non è giusto!» Il kunoichi si coprì gli occhi con le maniche del kimono, nascondendo le lacrime nella perfetta parodia di una moglie tradita. Ukyo gli affibbiò una spatolata in testa.
«Dicevate?» chiese a Miroku e Sango, che erano in pieno deja-vu. Con le dovute differenze, quante volte la tajiya aveva rifilato l’Hiraikotsu in testa al povero monaco? Sango fu la prima a riprendersi.
«Ehm…dunque…» iniziò, prima di venire interrotta da una voce rombante.
«Dove accidenti sono?!?» urlò un ragazzo con uno zaino in spalla, aprendo con foga la porta scorrevole. Tutti i presenti si immobilizzarono.
«Buongiorno, Ryoga.» disse Ukyo, osservando il giovane con aria critica.
«Ah…sei tu, Ukyo.» disse Ryoga, sorpreso.
Sango e Miroku si scambiarono un’occhiata eloquente. Ma in quale manicomio li aveva mandati, quell’incosciente di Anna?

***

Ranma e Inuyasha si fronteggiavano, immobili e silenziosi.
«Preparati.- disse Ranma- Pagherai per tutto quello che mi è capitato oggi.»
«Vedrai.- replicò Inuyasha, sorridendo con arroganza- Ti farò assaggiare la sconfitta, moccioso.»
In un lampo, i due si gettarono l’uno contro l’altro.
«Inuyasha!»
«Ranma!»
Le due voci femminili spezzarono la concentrazione di entrambi. Aspettandosi un osuwari, Inuyasha incassò la testa fra le spalle, preparandosi al colpo, e in questo modo perse l’equilibrio, cadendo dalla grata e impattando contro il suolo. Ranma, vedendo Akane e un’altra ragazza alle spalle del tipo che l’aveva sfidato, e venendo a mancare improvvisamente quest’ultimo, perse a sua volta concentrazione ed equilibrio, cadendo dritto nel canale sotto di loro. Riemerse sputando acqua.
«Akane!- gridò, togliendosi dagli occhi la frangia rossa- Non potevi aspettare un momento migliore? Maledizione!»
«Un’altra parola e ti lascio lì.» lo minacciò Akane, che gli stava tendendo un bastone per aiutarlo a risalire. Ranma si tappò la bocca e si arrampicò su per il muro, saltando poi dall’altra parte della grata. I vestiti larghi grondavano acqua.
«Quando ti sfidano non capisci più niente!»
Ranma incassò la testa fra le spalle, ma poi si accorse che il rimprovero non era rivolto a lui. La ragazza che era insieme ad Akane stava riprendendo per bene il suo avversario, il quale si stava alzando da terra evitando di guardarla negli occhi. Non che lui stesse facendo qualcosa di diverso di fronte alle occhiate cupe di Akane…
«Ha cominciato lui…- borbottò Inuyasha, indicando Ranma e facendo una faccia stranita-…beh, lei. Quel che diavolo è.» E ridacchiò, nonostante lo sguardo di fuoco della ragazza dai capelli lunghi. Ranma strinse denti e pugni.
«Posso batterti anche sotto forma di ragazza!» disse, scalciando via le scarpe larghe e mettendosi in posizione da combattimento.
«Ora basta, Ranma!- lo riprese Akane, dandogli un doloroso strattone al codino- Questi due sono qui per farti una proposta, quindi basta fare il bambino.»
«Per favore, Ranma-kun.- di intromise l’altra ragazza, che sembrava adorabile- E’ una cosa importante. Seguici al Neko Hanten, vuoi?»
«Al Neko Hanten?» chiese, perplesso. La ragazza annuì.
«Riguarda un combattimento.- spiegò- E un desiderio.»
Le parole magiche. A Ranma iniziarono a brillare gli occhi e Akane sospirò.
«Ok, verrò.- disse, raccogliendo le scarpe e togliendosi di dosso la giacca fradicia- Bastava che quel ‘capelli lunghi’ facesse meno l’arrogante e tutto questo non sarebbe successo.»
«Ah, adesso la colpa è mia?- disse Inuyasha, quasi ringhiando- Sei tu quello che si scalda facilmente, testa rossa.»
«Ti batto quando vuoi, fighetto.» sibilò Ranma, stringendo percettibilmente gli occhi blu.
«Una sola mossa e sei morto, finocchio.» minacciò Inuyasha, iniziando a venire avanti. Kagome lo intercettò e iniziò a trascinarlo verso il Neko Hanten, tenendolo a braccetto. Inuyasha lanciò a Ranma un’ultima occhiata di fuoco, quindi seguì Kagome senza fare storie.
«Andiamo?» chiese Akane. Ranma annuì, senza lasciare con gli occhi quello strano tipo.
«Sì. Ho bisogno di acqua calda.- disse, serio- Quello non è tipo che io possa battere in questa forma.»
Akane gli lanciò un’occhiata sbalordita e Ranma sviò il suo sguardo, scuro in volto. C’era qualcosa di non umano negli occhi di quel ragazzo. Qualcosa che, per un istante, gli aveva fatto venire i brividi. Poco dopo, Ranma entrò nel Neko Hanten con l’aria scura e imbronciata, dietro a quello strano tipo dai capelli lunghi e alla ragazza carina.
«Siamo arrivati.» annunciò l’amica di Akane.
«Ehi, vecchia! Dammi dell’acqua calda.- disse subito Ranma, seccato- Sono…»
Smise di parlare, stupefatto, quando vide il capannello di persone che sembravano attenderli all’interno del ristorante. A parte, ovviamente, la vecchiaccia, Shan Pu e Mousse, erano presenti anche Ryoga, Ukyo e Konatsu. Con loro c’erano tre persone mai viste prima. Una ragazza con i capelli scuri legati in una coda sedeva vicino a Ukyo. Accanto a lei c’era un giovane che teneva con confidenza un braccio sullo schienale della sedia. Era un tipo dagli occhi acuti e maliziosi, con i capelli legati in un corto codino. Vicino alla vecchia Obaba, invece, c’era una ragazza dai capelli chiari che non era giapponese. Sembrava che la loro entrata avesse interrotto una conversazione già avviata.
«Ryoga?- chiese Ranma, stordito- Ucchan? Ma che sta succedendo qui? Che ci fate…»
«Ah…Akane!- disse Ryoga, illuminandosi in volto e ignorando completamente Ranma- Che coincidenza trovarti qui!»
«Ma se sapevi che ci sarebbe stata…» borbottò Ukyo, seduta lì vicino.
«Ranma, amore!» cinguettò Shan Pu, saltando addosso a Ranma per buttargli le braccia al collo. Akane atterrò il povero Ranma con una gomitata in faccia per sottrarlo a Shan Pu.
«Non vi vergognate? Siete entrambe donne!» disse, seccata. Shan Pu la guardò con stizza, prima che Mousse le arrivasse alle spalle, poggiandole la guancia sul capo.
«Dove corri, Shan Pu?- disse, supplichevole- Non allontanarti da me!» Un pugno dritto in faccia gli fece passare i bollenti spiriti. Ranma si massaggiò il viso con una smorfia, notando con un certo rammarico che Akane gli aveva voltato le spalle ed era andata a sedersi accanto a Ryoga, il quale aveva un sorriso che gli andava da una parte all’altra della faccia.
«Io non ho fatto niente, maledizione…» borbottò. Gli arrivò sulla testa una cascata di acqua calda.
«Ecco, amore.» disse Shan Pu, sorridendo e abbracciando il nuovamente maschio Ranma.
«No, Shan Pu, aspett…» tentò di fermarla lui, prima che la sedia lo centrasse di nuovo in faccia.
«E dicevi che non stavi facendo niente!» ringhiò Akane, ancora in posizione di lancio. La ragazza con i capelli chiari non poté più trattenersi e scoppiò a ridere. Ranma si tolse la sedia dalla faccia con aria scura e Akane arrossì, guardandosi i piedi.
«Siete fenomenali.- disse la ragazza coi capelli chiari, coprendosi la bocca con la mano per soffocare le risa- Peggio di quello che credevo!»
Gli altri sconosciuti li stavano fissando con gli occhi fuori dalle orbite. Il giovane col codino scosse il capo, portandosi una mano alla fronte.
«E io che pensavo male della nostra epoca.- mormorò- Quando una dolce fanciulla diventa un uomo ed è circondata da altre bellissime ragazze significa che qualcosa è marcio alla radice!»
«Piantala di dire idiozie.» lo sgridò la ragazza con la coda, dandogli una gomitata che nulla aveva da invidiare a quelle di Akane. Il ragazzo coi capelli lunghi si sedette tra la straniera e la sua ragazza, incrociando le braccia.
«Feh! Che perdente!- disse, sarcastico- Si fa picchiare dalla donna che ama.»
Ranma e Akane diventarono paonazzi.
«Io non sono un perdente!» gridò Ranma, stizzito.
«Noi non ci amiamo affatto!» disse Akane nello stesso momento.
Il cuore di Ranma precipitò nei bassifondi. Calò un silenzio imbarazzato. Kagome si circondò di un’aura talmente scura che Inuyasha si alzò in piedi, sulla difensiva.
«Inuyashaaaaaaaaaaaaaaa……….» disse la ragazza, minacciosa.
«C…cosa?!- chiese Inuyasha- Non…non tiriamola per le lunghe. Ora sto zitto e parlerà Anna, va bene?»
Kagome annuì, ma era evidente che era ancora arrabbiata. Inuyasha si risedette con una certa cautela.
«Lo stesso discorso vale per te, fighetto.» disse Ranma, acchiappando una sedia e incrociando le braccia sul petto. I ragazzi i cui nomi erano ancora sconosciuti fecero una fatica del diavolo a trattenere una risata, mentre Inuyasha ringhiava minacciosamente.
«Inuyasha…- mormorò la ragazza coi capelli scuri- sarebbe un…»
«Il re degli zotici…un fighetto!» disse il ragazzo, con le labbra che gli tremavano per lo sforzo di non ridere.
«Kami-sama, non ho più niente da sentire…» borbottò la straniera, scuotendo il capo.
«Oi! Che volete dire, dannati?!» chiese Inuyasha, sul punto di scoppiare, piantando un piede sul tavolo e alzando minacciosamente la mano ad artiglio. Ranma trovò strana la mossa, ma l’atteggiamento, dovette ammetterlo, gli ricordava i loro soliti litigi. La ragazza straniera gli fece cenno di calmarsi, quindi spostò i suoi occhi chiari su Ranma.
«Perdonate la confusione. Vi stiamo facendo perdere tempo.- si scusò, con un bel sorriso- Come stavo dicendo ai vostri amici, il mio nome è Anna. Loro sono Kagome, Inuyasha, Miroku e Sango. Siamo venuti da molto lontano per parlare con voi.»
«Parlare?- chiese Ranma, sarcastico- Credevo foste venuti qui per combattere.»
Anna lanciò un’occhiata inceneritrice a Inuyasha, che voltò il capo dall’altra parte, altezzoso.
«Avete lottato, vero? Avrei dovuto immaginarlo.» disse la ragazza. Ranma sentì provenire da lei una forte autorità e un’aura combattiva non indifferente.
«Li abbiamo fermati prima che iniziassero.» disse Kagome, con un altro sguardo di rimprovero a Inuyasha, che si intristì. Ranma avrebbe giurato che somigliava a un cane con le orecchie abbassate. Il paragone lo fece sorridere.
«Kagome ha detto che siamo qui per un combattimento e un desiderio.» disse Akane. Anna la guardò e annuì, ringraziandola con un sorriso per aver riportato la conversazione sul tema principale.
«E’ così, infatti.- disse, guardando i presenti, che si fecero attenti tutt’a un tratto- Siamo qui per proporvi un combattimento. Il premio per la vittoria è un desiderio.»
«Qualunque tipo di desiderio?» chiese Ryoga, attento.
«Non proprio, ma ci arriveremo.» disse Anna.
«Che desiderio vorresti esprimere, P-chan?» chiese Ranma, malizioso.
«Chi sarebbe P-chan?!» sbraitò Ryoga, lanciando a Ranma il proprio ombrello. Il ragazzo, però, schivò come se niente fosse.
«Beh, sei…» iniziò a dire la ragazza che si chiamava Sango. Miroku le tappò la bocca, ridendo nervosamente. Ranma vide che faceva un cenno leggero col capo in direzione di Akane e negli occhi di Sango passò un lampo. Quando il giovane le tolse la mano dalla bocca, si limitò a sorridere e non finì la frase.
“Lo sanno.- pensarono Ranma e Ryoga, scambiandosi un’occhiata- Ma chi diavolo è questa gente?”
«Di che combattimento state parlando?» chiese Ukyo, tornando all’argomento principale.
«Di un combattimento di importanza rilevante per noi.- disse Miroku- Un combattimento che avrebbe il merito di ridurre l’entità del massacro che si prospetta.»
«Massacro?!» mormorò Akane, trattenendo il fiato.
«Ehi! Di cosa stai parlando?!» chiese Ranma, sbalordito.
«Non ci sarà nessun massacro, Ranma.- disse Anna- Non qui, perlomeno. Il massacro si svolgerà nel luogo da cui proveniamo. Anzi, a dire la verità si è già svolto.»
«Già svolto?!- chiese Mousse, intervenendo per la prima volta- Tu parli in modo incomprensibile! Cosa significa che si è già svolto?»
Kagome alzò gli occhi sui presenti, seria.
«Noi veniamo dalla Sengoku Jidai.» disse.
«Eh?!» gridarono tutti, spalancando la bocca per la sorpresa.
«Mi rendo conto che siete sorpresi.- mormorò Kagome- Ma vi prego di credermi! Io sono nata a Tokyo, in quest’epoca. Vivo in un tempio shintoista, ma da due anni a questa parte vado e vengo dalla Sengoku Jidai, dove ho incontrato tutti loro.» Nel silenzio attonito generale, Kagome raccontò a grandi linee la sua avventura nella Sengoku Jidai, parlando della Shikon no Tama, di Naraku, e della grande ricerca che li aveva tenuti impegnati per più di un anno.
«Ne ho viste e sentite di cose strane, nella mia lunga vita.- mormorò alla fine la vecchia Obaba- Questa non è più sorprendente di altre, ma è comunque stupefacente.»
«Credi che sia vera questa storia, nonna?» chiese Shan Pu, sospettosa.
«Lo è, ve lo giuro.» disse Kagome. I suoi occhi erano così limpidi e sinceri che nessuno riuscì a obiettare.
«Tu…sei un demone?» chiese Konatsu, nervoso e scuro in volto, a Inuyasha.
«Feh! Cosa credevi, che fossi un debole ningen?» chiese Inuyasha, stanco di tutta quella storia.
«Ecco cosa aveva di strano.» mormorò Ranma, studiando il ragazzo con intensità.
«Ecco perché non ti conviene lottare contro di me, idiota!- lo redarguì Inuyasha- Potrei ucciderti e non ne vale la pena, per uno stupido litigio nato dal niente.»
«Scusalo se è così permaloso.» disse Kagome, sorridendo a Ranma e abbassando di forza la testa di Inuyasha.
«Stavo per dire la stessa cosa di Ranma.» disse Akane.
«Oi!!» obiettarono i due, all’unisono. Anna sorrise.
«Anche io sono una yokai. Sono un’anima umana in un corpo di demone. Vivo col fratello di Inuyasha.» spiegò.
«Ma non era uno yokai cattivo?- chiese Ukyo, perplessa- Mi sono persa…»
«Certo che lo è.» sbuffò Inuyasha.
«E’ molto cambiato, da quando Anna è andata a stare con lui.- spiegò Sango, ignorando il demone- Ed è anche a causa sua se siamo qui. Il massacro che sta per avvenire lo coinvolge direttamente.»
«Dovremmo combattere contro di lui?» chiese Mousse.
«No, non contro di lui, bensì al suo fianco.- disse Miroku- Il Signore dell’Est sta per attaccare noi che parteggiamo per l’Ovest. Ha già cercato di uccidere Sesshomaru più di una volta, riuscendo quasi a portare via la vita ad Anna. E’ per chiedervi di combattere al suo fianco che siamo venuti qui.»
«Ma come potremmo combattere contro degli yokai?- chiese Akane, corrugando le sopracciglia- Siamo tutti combattenti, ma non credo che…»
«Contro dei demoni sareste uccisi.- la interruppe Inuyasha, scuro in volto- Nessuno vi chiede questo. Voi combatterete contro gli umani.»
«Gli umani?!» chiese Ryoga, perplesso.
«Molti uomini hanno deciso di combattere per il Signore dell’Est. Guerrieri e monaci si sono schierati al suo fianco.- spiegò Anna- Sesshomaru, per rispetto verso la mia natura originaria, vorrebbe lasciare gli umani fuori dal conflitto. Miroku ha pensato di proporre una sfida. Alcuni nostri campioni contro altrettanti dei loro. Se vinceremo, gli umani dovranno abbandonare il campo.»
«Ed evitare di farsi massacrare per niente, oltre che di piantare rogne.» aggiunse Inuyasha.
«Ma noi cosa c’entriamo?- chiese Shan Pu, tamburellando le dita sul tavolo- Perché non avete cercato guerrieri nella vostra epoca?»
«Non affideremmo questo compito a nessun umano che non potesse sconfiggere perlomeno un hanyo.» disse Sango.
«Io, Sango e Kagome-sama siamo in gradi di batterci, ma siamo solo in tre. Non conosciamo altri in grado di sopravvivere a uno scontro contro un hanyo.» disse Miroku.
«Ho pensato io a voi.- confessò Anna- Conoscevo i vostri nomi e le vostre imprese, quand’ero un’umana. Kagome mi ha aiutata a trovarvi.»
«Come…» cominciò a chiedere Ranma, perplesso. Anna scosse la testa.
«Il come non ha importanza.- disse- Voi avete combattuto contro il popolo del Regno Selvatico e contro quello del monte Hooh. Conoscete tutti tecniche particolari che nessun avversario si aspetterebbe mai. Siete in grado di combattere senza farvi sorprendere troppo dal vostro avversario, perché siete coinvolti voi stessi nella stranezza delle maledizioni di Jusenkyo. Voi siete i combattenti ideali per questa sfida dall’importanza decisiva.» Alzò lo sguardo a guardare i suoi interlocutori. «Vi offro in cambio la possibilità di fare un bagno nella Fonte dei Desideri del Palazzo di Sesshomaru. Non può soddisfare grandi aspirazioni nè realizzare desideri che coinvolgano altri, ma potrebbe ovviare alla vostra condizione e fare più felici coloro che non sono afflitti dalla maledizione. Per questo, vi chiedo di accettare la mia offerta e di seguirci nella Sengoku Jidai.»
«Realizza i desideri…» mormorò Ukyo, con un lampo avido negli occhi. Konatsu la guardò con adorazione.
“Potrei tornare normale e conquistare Shan Pu.” pensò Mousse, scioccato.
“Smetterei di essere gatta e il mio amore non avrebbe più paura di me!” pensò Shan Pu, con un’espressione felice e soddisfatta.
“Non mi trasformerei più in porcellino…” pensò Ryoga, quasi piangendo di gioia per l’aspettativa. Già si immaginava di stringere Akane tra le braccia come un uomo perfettamente normale.
Ranma stava ardendo, fissando i propri pugni chiusi col cuore che gli martellava nelle orecchie. Aveva rinunciato a tornare uomo per diverso tempo, ma ora gli si presentava davanti agli occhi un’occasione d’oro.
“Sarei finalmente uomo 24 ore su 24.- pensò, mentre un sorriso trionfante gli compariva sul volto- Niente più Kuno ad assillarmi con le sue avance, niente più imprevisti durante i combattimenti, niente più acqua calda ogni volta che una vecchia sciagurata mi centra innaffiando la strada mentre vado a scuola, niente più mani invadenti del vecchiaccio Happosai da cui difendermi!” E non era tutto. Gli si proponeva un combattimento contro i personaggi più forti del Giappone! Gente tanto forte da far paura ai mezzi demoni!
«Ranma…» mormorò Akane, intristendosi. Le bastava guardarlo in faccia per sapere cosa avrebbe deciso di fare.
«Accetto!!» disse lui, alzandosi dalla sedia, in coro con tutti gli altri. Afferrò una mano di Anna e una di Inuyasha. «Un’offerta che non si può rifiutare! Vincerò, ve lo prometto!- esclamò, entusiasta, con gli occhi che gli luccicavano- Grazie, grazie, grazie, potrò tornare maschio, grazie, grazie…»
Anna sorrise, imbarazzata, e Inuyasha fece una smorfia, cercando di liberare la mano dalla morsa di un Ranma pieno di gratitudine e spirito combattivo.
«Ho capito! Vedi di mollarmi!» ringhiò, seccato. Anna scambiò con Miroku un’occhiata d’intesa. Il piano aveva funzionato alla perfezione.
«Allora accettate tutti?» chiese la ragazza, senza nascondere il suo sorriso di trionfo.
«Sì.- disse Akane- A quanto pare, accettiamo tutti.»
L’impeto di Ranma si dissipò. Inuyasha sentì la stretta del ragazzo farsi inesistente, vide il suo viso euforico diventare improvvisamente serio e profondo.
«Tu non vieni.» disse Ranma. Cadde il silenzio.
«Cosa?» chiese Akane, perplessa. Ranma si voltò verso di lei e l’espressione scura che gli lesse sul viso la fece arretrare di un passo.
«Mi hai sentito benissimo.- disse Ranma- Questa volta, tu non verrai.»

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Capitolo 3
*** 3 - Destinazione : Sengoku Jidai ***


Author's note: Ranma sta per combinare un guaio dei suoi, ma niente può ostacolare il piano di Miroku e Anna! Sesshomaru saprà gestire tutti questi ningen in arrivo nella Sengoku Jidai?...mah...

Ranma non abbassò i suoi occhi grigi di fronte allo stupore ferito di Akane, nè abbandonò la sua espressione cupa e decisa.
«E’ meglio se stai a casa, Akane.- disse Shan Pu, incrociando le braccia sul petto- Il mio consorte ha ragione, non sei abbastanza forte per batterti con esseri del genere. Ci faresti fare brutta figura.»
Il cuore di Akane si strinse fino a diventare un piccolo nocciolo pulsante di dolore.
«Ma…perché?!- gridò, facendo un passo avanti verso Ranma- Perché mi dici questo?! Credi forse che io non sia in grado di combattere? Mi ritieni così debole?»
«Tu non verrai!! Vuoi che si ripeta il disastro che hai combinato in Cina?!» gridò Ranma, stringendo i pugni. Il solo pensiero di cosa sarebbe potuto accaderle…no, non l’avrebbe mai più coinvolta in un’altra battaglia.
«Ranma! Non osare gridare in quel modo con Akane!» disse Ryoga, minaccioso. Akane rimase in silenzio, chinando il capo, il corpo fremente di tensione.
«Allora è così.- mormorò, con un sussurro appena percettibile- Non hai alcuna fiducia in me, ti do solo fastidio.»
«Eh?» chiese Ranma, cadendo dalle nuvole.
Akane strinse i denti. Una lacrima le scese sul volto.
«Ti do solo fastidio.» ripeté. Anna si coprì gli occhi con una mano, mentre gli altri si scambiavano occhiate incerte. Ranma aveva fatto la frittata.
«No, Akane…non piangere!» disse Ranma, spaventato alla vista delle sue lacrime. Voleva proteggerla, non farla piangere, maledizione!! Era sempre un disastro con le parole! «Dai…Akane, basta, su…- disse, avvicinandosi a lei ed esibendo un sorriso nervoso e impacciato- Non hai capito. Quello che intendevo dire era…»
«Ho capito benissimo quello che volevi dire, brutto bastardo!!» gridò Akane, alzando gli occhi su di lui con tale rabbia che Ranma si trovò completamente impreparato a quello che seguì. Si rese conto che ormai il danno era irreparabile solo quando si trovò pesto e dolorante, sotto i resti di un tavolo, tre sedie e un vaso cinese. «Ti odio, Ranma!» gridò Akane, correndo fuori dal Neko Hanten. Ranma, sdraiato per terra in preda ad atroci dolori, poté solo allungare una mano verso di lei prima di perdere i sensi. Nel ristorante scese il silenzio.
«C’è da dire che quella ragazza sa il fatto suo.» mormorò Miroku, stupefatto. Inuyasha si avvicinò a Ranma e lo sollevò da terra per la treccia.
«E’ ancora vivo. Ne ha di resistenza!- disse, osservando con aria stupita la faccia pesta del povero Ranma- E quella ragazza è molto forte. Dovrebbe imparare a dosare le parole, se vuole vivere a lungo.»
«Ranma…maledetto! Ha fatto piangere la mia Akane.- mormorò Ryoga, stringendo il pugno con aria tremendamente afflitta- La pagherà cara!»
«Cercate di non uccidervi tra di voi prima del combattimento. Ricordate che vi ho ingaggiati.» ricordò loro Anna, lanciando un’occhiata impietosita a Ranma. Scosse la testa. Avrebbe dovuto impegnarsi per sanare la frattura tra lui e Akane prima della partenza. Le dispiaceva per i buoni propositi malamente espressi di Ranma, ma lei aveva bisogno anche di Akane.
«Allora? Che si fa?» chiese Inuyasha, lasciando andare Ranma.
«Ai len…» gemette Shan Pu, avvicinandosi al giovane svenuto. Una grossa spatola le sbarrò il passo.
«Non approfittartene, Shan Pu.» disse Ukyo, con un sorriso forzato. Le due si misero a litigare, coinvolgendo anche Mousse e Konatsu.
«Obaba, di’ loro che li aspetto a casa dei Tendo domattina. Non credo siano dell’umore giusto per darmi retta, ora.» disse Anna alla vecchia, che annuì. Anna si voltò verso Inuyasha. «Ti dispiace prendere Ranma? Andiamo a casa di Akane.»
Inuyasha borbottò qualcosa, ma non replicò, caricandosi Ranma in spalla.
«Vi dispiace se vengo anch’io?» chiese Ryoga, afferrando il suo zaino.
«Tutt’altro.» disse Anna.
«Anzi, meglio così.- disse Miroku- Almeno non dovremo cercarti per tutta la prossima settimana.»
«Cosa intendi dire, tu?!» chiese Ryoga, minaccioso.
«Via, via! Non è proprio il caso di litigare.» disse Kagome, cercando di mettere pace con un sorriso. Con un cenno di saluto che solo Obaba vide, Anna uscì dal Neko Hanten, seguita dai suoi amici.

***

«Nabiki!»
«Che c’è?» gridò in risposta la ragazza, sbuffando e sgranocchiando una patatina. La voce di Kasumi le giunse dalla cucina.
«Credo ci sia qualcuno alla porta.- le disse la sorella- Potresti andare tu? Io sono occupata in cucina!»
Nabiki sbuffò di nuovo. Posò il manga che stava leggendo e si alzò, andando alla porta con aria infastidita. Giusto quindici minuti prima era tornata a casa sua sorella Akane, attraversando la casa come una furia per rinchiudersi in camera sua, facendo sbattere la porta. Sembrava che Ranma fosse davvero incorreggibile. Per fortuna suo padre e quello scroccone di Saotome erano fuori, altrimenti il ragazzo si sarebbe beccato una sfuriata senza precedenti una volta che fosse tornato. Nabiki, infatti, si era accorta che stavolta Akane stava piangendo. Il clima in casa era quello che era, quindi ci mancava solo l’arrivo di qualche scocciatore.
«Sì, chi è?» chiese, piantandosi davanti all’ingresso con le mani sui fianchi e l’aria indolente. Alzò un sopracciglio alla vista del gruppo che sostava davanti alla loro porta. Cinque tipi sconosciuti, più Ryoga e quelli che sembravano i resti di Ranma.
«Buonasera, Nabiki.» disse Ryoga, alzando una mano in segno di saluto.
«Credo che questo sia vostro.» disse un tipo coi capelli lunghissimi, scaricando Ranma nell’ingresso senza troppe cerimonie.
«Che gli è successo?» chiese Nabiki, osservando con curiosità le contusioni del giovane. «Non ditemelo. Riconosco lo stile di Akane.»
«Chi è, Nabiki?» chiese intanto Kasumi, raggiungendola e asciugandosi le mani nel grembiule. «Oh, Ryoga! Hai riportato Ranma a casa?- chiese, con un sorriso luminoso- E voi, siete amici di Akane, non è vero? Prego, entrate pure!»
«Grazie mille.» disse Anna, prendendo in mano la situazione, mentre Kasumi faceva loro cenno di seguirla in salotto.
«E questo qui?» chiese Inuyasha, indicando Ranma, che non accennava a riprendere i sensi.
«Lasciatelo lì. Se lo merita.» disse Nabiki, con un gesto svogliato. Scambiando un’occhiata con Kagome, Inuyasha scrollò le spalle ed entrò a sua volta in casa Tendo.

***

«Ranma…sei uno stupido!» singhiozzò Akane, la faccia nel cuscino ormai bagnato dalle lacrime. Come si era permesso quell’idiota a trattarla così?! Si vergognava a tal punto di lei? Akane rotolò sulla schiena, guardando il soffitto con espressione profondamente triste.
Aveva creduto che i loro rapporti avrebbero subito una svolta, dopo la battaglia contro Safulan, invece Ranma la faceva sempre stare male. Ma si rendeva conto delle cattiverie che le diceva?! Lei voleva assolutamente andare nella Sengoku Jidai e non perchè la interessasse la sfida. Non le importava nemmeno il desiderio, perché la sola cosa che avrebbe voluto chiedere riguardava Ranma e la ragazza chiamata Anna aveva detto che i desideri venivano esauditi solo se erano formulati su se stessi.
«Io sono veramente stupida.- mormorò, coprendosi gli occhi con le mani- Ranma…Ranma non mi vuole bene per niente.»
«Akane.»
Akane si alzò a sedere sul letto, sentendo qualcuno chiamarla e bussare alla porta. Non riconobbe la voce.
«Chi è?» chiese, sfregandosi gli occhi per far scomparire le lacrime.
«Sono Kagome.- disse la voce- Stai bene, Akane?»
Akane scese immediatamente dal letto e andò ad aprire. Si trovò davanti la faccia preoccupata di Kagome, alle cui spalle stavano Sango e Anna.
«Kagome! Sei venuta fin qui?- disse, poi si rabbuiò- Avete portato Ranma a casa, vero?»
«In realtà sì.» disse Anna. Akane annuì, scura in volto, quindi fece cenno alle ragazze di entrare.
«Ci dispiace aver scatenato tutto questo putiferio.» disse Anna, quando lei richiuse la porta alle sue spalle. Akane fece un sorrisetto ironico.
«Oh, non preoccupatevi.- disse, sedendosi sul letto con disinvoltura- Io e Ranma litighiamo quasi tutti i giorni. Qualsiasi pretesto va bene, per quello stupido.»
«Ehm…io non credo che abbia espresso esattamente quello che pensava.» disse Kagome.
«E’ stato abbastanza chiaro.» disse Akane, gelida. Kagome si zittì, imbarazzata.
«Credo che Kagome-chan volesse dire che il tuo fidanzato ha detto le parole sbagliate per esprimere un concetto diverso.- disse Sango- Credo sia solo preoccupato per te.»
«Preoccupato…per me?!» chiese Akane, con aria sbalordita. Si riprese immediatamente. «Sì, figuriamoci!» disse, cinica.
«Da quel poco che ho visto, Ranma-kun si comporta esattamente come Inuyasha ed è ugualmente impedito con le parole.- continuò a spiegare Sango- Non sai quante volte ho visto scene come quella di oggi, tra Kagome e Inuyasha.»
«Sango-chan!» la rimproverò Kagome, rossa in viso. Anna sorrise e Akane si fece attenta.
«Anche voi litigate così?- chiese, attonita- Eppure mi siete sembrati subito così innamorati! Si sente a distanza il legame che vi lega.»
«Davvero?- chiese Kagome, sorridendo e guardandosi le mani- Beh, è vero che ci vogliamo molto bene, ma forse è proprio per questo che le nostre litigate sono sempre state furiose. Spesso, lui esprimeva la sua gelosia o la sua preoccupazione con parole rudi e io mi arrabbiavo da morire. Stavamo giorni interi senza vederci, perché io tornavo nella mia epoca per far sbollire la rabbia, ma era una tortura. Una volta fu lui stesso a cacciarmi e a farmi tornare a casa, solo perché non voleva che io corressi altri pericoli.»
«Si vede che ti ama davvero.» disse Akane, sorridendo. Kagome era una ragazza fortunata. Kagome annuì.
«Sì, ora lo so. Ripensandoci, mi rendo conto che ha sempre fatto e detto certe cose solo perché mi vuole veramente bene. Ma allora…- sollevò lo sguardo a incontrare quello di Akane- converrai con me che non potevo capirlo. Pensavo mi detestasse e che gli servissi solo per trovare la Shikon no Tama.»
«Mentre noi ce ne eravamo accorti benissimo.» sospirò Sango. Akane rimase in silenzio.
«Quello che stanno cercando di dirti, Akane,- disse Anna- è che probabilmente Ranma si comporta in questo modo perché ti vuole bene. Concordo con te sul fatto che ci sarebbero modi migliori per esprimere la cosa…Forse tu non riesci a vedere bene cosa c’è oltre le sue smargiassate proprio perché sei così coinvolta.»
«Cosa…cosa intendi?- chiese Akane, arrossendo- Io non…» Le occhiate compassionevoli delle tre ragazze la fecero desistere dal terminare la frase. Sospirò, diventando triste. «Io voglio seguirlo.- mormorò- Non gli permetterò di andare da solo.»
«Sono felice di sentirtelo dire.- disse Anna- Comprendo la sua preoccupazione, ma mi sembri in grado di badare a te stessa…soprattutto se deciderai di portarti dietro una certa cosa.»
«Una certa…» cominciò Akane, incerta, poi il suo viso si illuminò.
«L’hai tenuta, no?» chiese Anna, con un sorrisetto. Akane annuì.
«Non è più potente quanto prima,- disse, mormorando quasi temesse di essere udita- ma sarà più che sufficiente. Perfino Ranma è stato battuto, quando la usavo. Non so come fai a sapere che la possiedo, ma è un ottimo suggerimento!»
Le due si scambiarono un sorriso complice. Akane sentì ritornare in sé forza e sicurezza. Quelle tre ragazze l’avevano aiutata più di quanto credessero. Fu allora che Sango diede in un urlo isterico.
«Cos’è questo essere?!» gridò la ragazza, alzandosi in piedi con una palla nera attaccata al petto.
«Bella, bella!» esultò la palla, qualunque cosa fosse, prima che un martello la centrasse in pieno sulla testa.
«Brutto porco! Che ci fai in camera mia?!» gridò Akane, incombendo sopra il vecchio Happosai, mentre Sango si rifugiava tra le braccia di Kagome, rabbrividendo dal disgusto.
«Quello sarebbe un vecchio?!» chiese, stringendosi le braccia al seno.
«Akane, sei crudele.- disse il vecchio Happosai, con gli occhi pieni di lacrime- Inviti queste bellissime e giovani fanciulle e non mi presenti nemmeno?»
«Stai alla larga, vecchio hentai!» gridò Sango. Avesse avuto il suo Hiraikotsu, avrebbe ucciso quel pervertito all’istante! Happosai si alzò in piedi e scosse il dito, con aria pedante.
«Non si fa, non si fa.- disse, con occhioni da cucciolo- Ti perdonerò solo…se mi abbraccerai stretto al tuo petto!!» gridò, saltando con estrema velocità verso le inorridite Sango e Kagome e sottraendosi per un soffio a una seconda martellata da parte di Akane. Un colpo terribile lo costrinse a frenare il suo slancio e a fare una capriola indietro, tornando con i piedi per terra. La ragazza bionda stava protettivamente davanti alle due amiche, mostrandogli il pugno con aria minacciosa.
«E tu chi sei?» chiese Happosai, sospettoso. Quella bella ragazza sembrava un’esperta di arti marziali.
«Hai fatto qualcosa che non dovevi fare.- disse quella, schioccando le nocche- Ora la pagherai.» Un minaccioso lampo dorato passò nei suoi occhi.
«Ma tu…sei un demone?!» chiese Happosai, facendo un passo indietro. Anna fece un sorriso pericoloso, che mise in mostra un paio di zanne che prima non c’erano. Akane si ricordò improvvisamente che quella ragazza carina e gentile in realtà era uno yokai.
«Indovinato, vecchiaccio maniaco!» disse Anna. Happosai si portò le mani alla bocca, scioccato.
«Io…io non credevo…- mormorò-…non credevo che le yokai avessero un seno così grande!!»
«Che cosa??!!!???» gridò Anna, fuori dai gangheri, prima di lanciarsi contro Happosai. Il vecchio evitò il colpo e uscì velocemente dalla finestra.
«Non combatto contro le belle ragazze.» disse, defilandosi.
«Non mi sfuggirai!!» disse Anna, uscendo a sua volta dalla finestra con un balzo. Le tre ragazze rimasero in silenzio, fissando attonite la finestra aperta.
«Anna…- disse Kagome, schiarendosi la voce- è agile anche da umana, non trovate?»
«Ragazze! Tutto bene?- chiese in quel momento Miroku, aprendo la porta di scatto, seguito da Ryoga- Sango, ti ho sentita gridare.»
«Akane, stai bene?!» chiese Ryoga, quasi scavalcando Miroku.
«Arrivate tardi.- disse Kagome- Ci sta pensando Anna, al vecchio maniaco.»
«Vecchio…cosa?!» chiese Miroku, perplesso, levandosi Ryoga di dosso. Scosse il capo. Quel posto era davvero un covo di pazzi…

***

Ranma si arrampicò sul tetto, sospirando con rassegnazione.
Decisamente, quella non era stata la sua giornata. Non solo aveva litigato con Akane e le aveva prese di santa ragione, ma era stato anche inseguito per tutta la casa da un Tendo in armatura tradizionale, grazie a quella linguaccia di Nabiki che aveva fatto la spia.
Si issò sul tetto, ben deciso a passare qualche ora da solo e in tutta tranquillità, finalmente. La casa si era riempita di gente e parlare con Akane era fuori discussione, quindi ne avrebbe approfittato per ragionare sull’unica buona notizia della giornata: la possibilità di tornare definitivamente maschio. La mattina dopo sarebbero partiti, glielo aveva comunicato quel tipo di nome Miroku. Meglio così. Preferiva allontanarsi da Akane, prima di avere occasione di riprendere il discorso. Avrebbe potuto farsi sfuggire di nuovo qualcosa di sbagliato.
«Se solo Akane fosse più carina…» mormorò, cupo in volto. Sapeva che in fondo era solo colpa sua, ma anche Akane avrebbe potuto fare lo sforzo di capire!
«Se solo tu non fossi così scemo.» disse una voce. Ranma alzò lo sguardo, sorpreso. Inuyasha era sdraiato sul tetto, con le mani sotto la testa e le gambe accavallate. Gli lanciò un’occhiata strafottente.
«Ehi.- disse Ranma, minaccioso- Con tutti i posti che avevi, dovevi venire a piazzarti proprio qui?»
«Mi piace stare all’aperto.» fu tutta la risposta di Inuyasha. Ranma si oscurò in volto, ma Inuyasha non continuò a stuzzicarlo, così il ragazzo sospirò e andò a sdraiarsi nei suoi pressi, prendendo inconsciamente la stessa postura.
«Ehi, finocchio.» lo chiamò a un certo punto il ragazzo dai capelli lunghi.
«Io ho un nome.- replicò Ranma, troppo stanco per reagire- Mi chiamo Ranma.»
«Va bene. Ranma, allora.- disse Inuyasha, stringendosi nelle spalle- Hai combinato un disastro con la tua fidanzata. Faresti meglio a chiederle scusa, prima di partire.»
Ranma si corrucciò. Che diavolo ne sapeva quel ragazzo demone?
«Fatti i fatti tuoi.» replicò.
«Sono anche fatti miei, se questo ti impedisce di combattere come si deve.» disse Inuyasha.
«Figuriamoci! Un vero maestro di arti marziali non si fa distrarre dai propri sentimenti.» disse Ranma, con aria arrogante.
«Certo, sarà per questo che invece di schivare i suoi colpi, ti sei fatto picchiare a sangue dalla tua fidanzata!» lo stuzzicò Inuyasha. Ranma arrossì violentemente.
«Quello è un altro discorso.» ringhiò tra i denti.
«Non lo è. Te lo posso assicurare.» rispose Inuyasha. Il tono serio e cupo del demone incuriosì Ranma, che si sollevò sui gomiti per vederlo in faccia.
«Vuoi dire che tu hai problemi a combattere quando c’è la tua ragazza?» chiese, curioso. Inuyasha si alzò subito in piedi, irato, sprigionando un’aura combattiva spaventosa.
«Oi! Come ti permetti?! Io combatto sempre al meglio!» disse.
«Ok, ok…» disse Ranma, alzando le mani in segno di pace. Inuyasha ridivenne serio e abbassò lo sguardo. Ranma vide che cercava di incrociare le braccia come se avesse delle ampie maniche in cui infilarle, quindi Inuyasha si ficcò le mani in tasca con un gesto frustrato.
«Però non posso fare a meno di preoccuparmi per lei, quando combatto. Lei è in parte la mia debolezza…ma è anche la mia forza.» disse. Guardò Ranma. «Tu sai di cosa parlo.»
«Io?- chiese Ranma, estremamente imbarazzato- Nonononononono!!!!!!» negò, sventolando le mani e mettendosi a sedere di scatto. Inuyasha lo afferrò per il colletto e se lo tirò vicino al volto, digrignando i denti.
«Senti, già non è divertente per me parlare di queste cose.- ringhiò- Abbi almeno il coraggio di dire le cose come stanno!»
Lasciò andare Ranma, il quale notò con un sorriso malcelato che anche il giovane dai capelli lunghi era arrossito e a disagio. Annuì in risposta, tornando serio.
«Durante l’ultimo combattimento…lei è quasi morta.- mormorò- Non le permetterò di rischiare ancora la vita.»
Inuyasha lo guardò, poi sospirò.
«Anche Kagome ha rischiato la vita molte volte. E io ho cercato di allontanarla da me ogni volta.- disse- Se ci fossi riuscito, sono sicuro che non sarei riuscito a battere Naraku. Kagome è la mia vita e la mia forza. Capisco la tua apprensione, ma se lei ti vuole bene, allontanandola da te le stai facendo solo del male.» Ranma lo osservò a lungo, pensieroso, tanto che alla fine Inuyasha sbottò, seccato: «L’hai finita di guardarmi, ningen no baka?!»
Ranma sorrise.
«Sai? Sei più buono e intelligente di quello che credevo.» disse.
«C…cosa?!- boccheggiò Inuyasha- Io…buono?! Cosa vorresti dire? Mi stai dando dello stupido?»
Ranma aprì la bocca per replicare, quando una piccola sagoma lo superò, per attaccarglisi poi alla schiena.
«Ehi, che diavolo…» disse.
«Nascondimi, mio discepolo!» disse Happosai, saldamente abbarbicato alla sua maglietta.
«Ehi, cos’è quel coso?» chiese Inuyasha, curioso.
«Vecchiaccio!!!!»
L’urlo terrificante li congelò sul posto, mentre sul tetto balzava una figura femminile i cui capelli biondi scintillavano anche al buio.
«Anna!» esclamò Inuyasha, sorpreso.
«Anna?!» chiese Ranma, sbalordito dal cambiamento.
«Vecchio porco, vieni qui!» disse Anna, furiosa. Happosai si rese conto che Ranma non sarebbe stato un buon diversivo e si defilò di nuovo. Anna superò due stupefatti Ranma e Inuyasha, balzando sul tetto e afferrando il vecchio per la testa.
«Muori, schifoso!» gridò, lanciando Happosai come una palla da baseball e facendolo scomparire nel cielo notturno.
«Ottimo lancio.- si congratulò Inuyasha, ancora sorpreso, mentre Anna ansimava, cercando di riprendere la forma umana- Ma cos’ha lanciato di preciso?» Si voltò verso Ranma e non lo trovò. Si sporse dal tetto e vide una ragazza dai capelli rossi a mollo nello stagno del giardino.
«Ah, sei lì?» chiese.
«Maledizione!» borbottò Ranma, uscendo dall’acqua.
«Ranma!!- gridò Ryoga, correndogli incontro- Devo fartela pagare per oggi!!»
«Lasciami stare!!» gridò Ranma, evitando i colpi.
«Certo che questa è proprio una casa movimentata.» disse Miroku, affacciandosi con le ragazze in giardino.
«Trovate anche voi?» chiese Kasumi, sorridendo.
«Non è un complimento, sorellina.» disse Nabiki, incrociando le braccia con aria rassegnata.
«Ranmaaaaaa………come hai potuto far soffrire la mia bambinaaaaaaaaaaa………..» piangeva intanto Soun, sulla spalla di un panda obeso.
«Per me, può anche ucciderlo.» borbottò Akane, afferrando due pesi e iniziando ad allenarsi.
«Basta! Perché la sfortuna mi perseguita?!» gridò Ranma, tirando una pietra sulla testa di Ryoga.
Inuyasha, ancora sul tetto, si girò a guardare Anna.
«Comincio a credere che la tua idea non sia poi così buona.» disse.
Sotto di loro, continuò a svolgersi il tipico caos giornaliero della famiglia Tendo.

***

«Siete sicuri di aver preso tutto?» chiese Nodoka, apprensiva.
«Stai tranquilla, mamma.- la rassicurò Ranma, aggiustandosi meglio lo zaino in spalla- Non staremo via per molto tempo.» “Almeno spero.” si ritrovò a pensare. In realtà, non aveva la minima idea di quanto tempo avrebbero impiegato per tornare a casa. Sorrise alla madre, che ricambiò. Si guardò attorno. I suoi compagni di viaggio erano tutti lì, davanti alla porta di casa dei Tendo. Era una bella mattina di sole. L’ideale, per partire. Ranma sbuffò, toccandosi il capo dolorante. Era stata una brutta nottata, grazie a quel cretino di Ryoga e alla sua litigata con Akane, e il cicaleccio dei suoi amici non contribuiva a fargli passare il mal di testa. Più che la preparazione a un combattimento, sembrava la riunione precedente una gita scolastica…
«Tutto bene, Ranma?» gli chiese Anna. Ranma annuì, sorridendo e mostrando più entusiasmo di quanto in realtà provasse. Non osava alzare lo sguardo per sbirciare la finestra di Akane…non voleva vederla, o non sarebbe più riuscito a partire.
«Tenete, vi ho preparato dei pranzi da consumare durante il viaggio.» disse Kasumi, avvicinandosi al gruppo con un po’ di involti fra le braccia.
«Kasumi, sei un angelo.» dissero tutti in coro, accettando di buon grado l’offerta.
«C’è del ramen?» chiese Inuyasha, sbirciando all’interno.
«Possibile che ti piaccia solo il ramen istantaneo?!» sbottò Kagome, esasperata. Inuyasha si strinse nelle spalle e non replicò. A Ranma arrivò una sonora pacca sulla spalla, che quasi lo fece ribaltare. Si voltò, stringendo i pugni e digrignando i denti.
«Mi raccomando, figlio mio.- disse Genma, ridendo con le mani sui fianchi- Fai onore alla scuola Saotome! E…» si avvicinò con aria da cospiratore. «…ricordati quella certa cosa che mi hai promesso.»
«Sì, sì…» sbuffò Ranma, decidendo di lasciare perdere e voltando le spalle al rumorosissimo padre. «Allora, andiamo?» disse, ormai desideroso di lasciarsi alle spalle i propri rimorsi.
«Un attimo, Ranma.- disse Sango, che stava provando per gioco la spatola gigante di Ukyo- Manca Akane.»
«Che…? Akane non viene.» replicò Ranma, scuro in volto.
«Questo lo dici tu.»
Ranma si voltò al suono della voce che replicò dalla porta di casa dei Tendo.
«Akane! Sono felice che tu abbia deciso di venire!» disse Anna, facendole un cenno d’intesa. La ragazza ricambiò il gesto, quindi guardò Ranma con aria indifferente.
«A…Akane?!- boccheggiò Ranma- Ma che significa? Quella non è…»
«Questa?» disse la ragazza, indicando ciò che stava indossando, una bella tutina aderente alla cinese. «Credevi davvero che l’avessi buttata?»
«Ma…era rotta!- sbottò Ranma- L’avevo sconfitta!»
«Ha combattuto contro una tuta?!» chiese Kagome, stupita.
«E’ una tuta posseduta dallo spirito della forza.- spiegò Anna- Ha scelto di servire Akane. Era piuttosto danneggiata, così gli ho donato un po’ della mia energia demoniaca. Ora è come nuova.»
«Sei stata tu?- chiese Ranma, voltandosi con aria inviperita verso Anna, che non mostrò di essere molto impressionata- Io non voglio che Akane…» Una violenta secchiata d’acqua gelida lo prese in pieno, tanto che Ryoga e Mousse dovettero saltare via per non essere colpiti dagli schizzi. Fradicio, Ranma si tolse la frangia rossa dagli occhi, atteggiando il faccino a un broncio offeso.
«Finiscila. Non vengo per te.- disse Akane, gettando via il secchio- Ho anch’io un desiderio da esprimere e tu non mi puoi impedire di venire.»
«E invece sì!- esclamò Ranma, quasi disperato- Perché io sono il tuo…» Si bloccò, improvvisamente conscio di quello che stava per dire davanti a tutti quanti. «Ecco…urgh…»
«Il mio?» chiese Akane, incrociando le braccia sul petto e guardandolo con curiosità. Gli occhi di tutti erano puntati su di lui. Ranma arrossì violentemente, tremando per l’ira, poi si voltò, prese lo zaino e si incamminò da solo. «Stupida! Fa’ come ti pare!» strillò, dando un calcio al muro e proseguendo.
«Ehi, femminuccia!» lo chiamò Inuyasha.
«Non mi seccare, ragazzo demone!» gridò Ranma, voltandosi con ira.
«Sai almeno dove dobbiamo andare?» chiese Inuyasha, imperterrito. Ranma si zittì, arrossendo di nuovo, quindi borbottò qualcosa e diede loro le spalle, aspettandoli a una certa distanza con le braccia incrociate sul seno prosperoso. Inuyasha fece un sorrisetto sarcastico.
«Bene, è ora di salutarci.» disse Miroku, osservando su quell’affare chiamato orologio da polso che erano già in ritardo.
«Abbiate cura di voi!» dissero Kasumi e Nodoka.
«Ricordati, Ranma!» disse ancora Genma, sventolando una mano. Nabiki sbuffò e tornò in casa, mentre Soun piangeva perché la sua povera bambina stava per recarsi in un’epoca di demoni e combattimenti mortali. Salutando, i viaggiatori diedero loro le spalle e si incamminarono verso la stazione.
Destinazione: Sengoku Jidai.

***

«Questo tempio Higurashi è piuttosto grosso, non trovate?» disse Ukyo, guardandosi attorno. Erano tutti seduti fuori dall’Hokora, in attesa di Inuyasha, Kagome e i loro amici, che erano rientrati in casa per prendere i propri effetti personali prima di partire.
«Mi chiedo come si possa viaggiare nel tempo attraverso un pozzo.» disse Shan Pu, pensierosa.
«Non preoccuparti, mia dolce Shan Pu. Ci sono sempre io con te.» disse Mousse a una statuetta votiva lì accanto. Shan Pu non diede peso alla cosa.
«Abbiamo visto cose peggiori.» borbottò Ranma, guardando con aria assente le evoluzioni di Konatsu, che si stava divertendo a saltare di albero in albero in puro stile kunoichi. Lanciò un’occhiata ad Akane, che stava per i fatti suoi, poco distante. Sospirò. Aveva del tutto perso quella discussione. Sperava solo che non le accadesse niente di male.
«Ehi, scemo.- lo apostrofò Ryoga, sedendosi vicino a lui e schiacciandogli la testa in una morsa- Dimmi la verità, come hai fatto a convincere quel panda di tuo padre a restare a casa?»
«E’ stato facile.- rispose Ranma, mentre affibbiava a Ryoga un doloroso pugno in faccia- Non gli ho detto della fonte. Almeno, non nei termini in cui ce ne ha parlato Anna. Gli ho detto che per esprimere il desiderio si deve bere l’acqua e che ne avrei portata anche per lui.»
«La condizione ideale per quello scansafatiche.- disse Ryoga, stupito dall’acutezza dell’amico- Può ottenere il desiderio senza muovere un dito.»
«Esatto.» disse Ranma, arrotolando le maniche larghe. Non aveva ancora avuto l’occasione di tornare maschio. «Pensi che Kagome si seccherebbe se le chiedessi dell’acqua calda? Non mi va di andare nella Sengoku Jidai come donna.» borbottò.
«Chiedilo a lei. Sta arrivando.» disse Ryoga.
«Eccoci!» gridò Kagome, correndo verso di loro. Indossava una uniforme scolastica e portava sulle spalle uno zaino spropositato.
«Scusa, ma che ci fai con tutta quella roba?» chiese Ukyo, impressionata.
«Non hai idea delle cose che mancano laggiù.» disse Kagome, scuotendo il capo con aria afflitta. Miroku, Sango e Anna arrivarono subito dopo di lei.
«Un monaco?!- disse Ryoga, indicando Miroku con occhi sgranati- Non ci posso credere.»
«Che il Buddha illumini quella mente ottenebrata.» sospirò Miroku, mentre Sango rideva. Konatsu la osservò con curiosità.
«Siete una ninja anche voi, signorina Sango?» chiese, mentre Ukyo adocchiava il grande boomerang d’osso appeso alla sua schiena.
«Non proprio.- rispose Sango, dando una gomitata a Miroku, che cercava di trascinarla via da quel travestito- Io caccio demoni.»
«Tieni, Ranma.- disse Anna, avvolta in una veste antiquata azzurra e oro- Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere.» Gli porse una teiera colma di acqua calda.
«Grazie, Anna! Tu sì che sei una ragazza carina e gentile.» disse Ranma, versandosi l’acqua sulla testa e lanciando un’occhiata dispettosa ad Akane, che gli fece una smorfia e si voltò dall’altra parte. Anna rise nervosamente, notando l’evidente tensione fra i due.
«E Inuyasha?» chiese Kagome, voltandosi indietro.
«Arriva.- disse Miroku- Non trovava più il kariginu.»
Un paio di minuti dopo, Inuyasha li raggiunse, allacciandosi Tessaiga al fianco.
«Inu…non ci credo!» disse Ranma, a bocca aperta, indicando il ragazzo dai capelli argentati.
«Feh!» disse Inuyasha, senza degnarlo di un’occhiata.
«Non si fatica a credere che tu sia un demone, così.» disse Shan Pu, incuriosita.
«Ma ha gli artigli!» osservò Ryoga, avvicinandosi a Inuyasha, che fece un passo indietro con una smorfia.
«E i capelli bianchi!- disse Mousse, mettendosi gli occhiali- Sicuro di non essere caduto in una delle fonti?»
«Ehi! Basta così!» disse Inuyasha, seccato.
«E hai le orecchie da cane.» disse Ranma, faticando a trattenere una risata. In un istante, i tre ragazzi si ritrovarono con un enorme bernoccolo sulla testa.
«Ho – detto – basta – così.» ringhiò Inuyasha, il pugno ancora alzato.
«E pensare che ti ho chiamato fighetto…» borbottò Ranma.
«Ne vuoi ancora?!» disse Inuyasha, venendo avanti. Kagome da una parte e Anna dall’altra lo fermarono.
«Calma, calma cagnolino!» lo beffeggiò Ranma, facendo una boccaccia.
«Io quello lo ammazzo!» sbraitò Inuyasha, mettendo mano alla Tessaiga. Akane tirò fuori dal nulla un martello e lo usò per colpire Ranma, che cadde a terra.
«Problema risolto.» comunicò, mentre il ragazzo gemeva a terra. Guardò Anna. «E tu?- chiese, perplessa- Come mai sei ancora in forma umana?»
Anna fece un sorriso mesto, lasciando andare Inuyasha mentre Ranma si alzava da terra, lanciando un’occhiata ferita ad Akane.
«Mi godo gli ultimi momenti in questa forma.- rispose- Nella Sengoku Jidai tornerò demone.»
Inuyasha le scoccò un’occhiata. Anna non era così insensibile da farsi vedere da Sesshomaru in quella forma, ma al contempo provava un po’ di nostalgia per la sua natura umana. Sentì un brivido al pensiero di cosa gli avrebbe fatto suo fratello se avesse saputo cosa le aveva insegnato.
«Allora, ningen, partiamo o stiamo qui a gingillarci?» chiese, prendendo Kagome per un braccio e dirigendosi verso l’Hokora senza attendere risposta. Gli altri si affrettarono a prendere gli zaini e a seguire la coppia all’interno del piccolo edificio di legno.
«Così, questo è il pozzo.- disse Ukyo, guardando l’interno buio- Come funziona?»
«Questo pozzo collega le nostre due epoche, ma stranamente funziona solo con Kagome-sama e Inuyasha.- spiegò Miroku- Dovremo andare giù tutti insieme.»
«Ehm…non siamo un po’ troppi?» chiese Mousse, guardandosi attorno. Effettivamente, erano più di dieci.
«Non ci staremo mai tutti.- borbottò Inuyasha- Vorrà dire che faremo due viaggi.»
«Ma no, basterà ammucchiarci un po’ sul fondo del pozzo.- disse Anna, con un sorriso- Da qui ci possiamo lanciare in quattro. Gli altri vadano di sotto.»
Anna e Sango rimasero in cima con Kagome e Inuyasha, gli altri balzarono sul fondo.
«Qui ci siamo. Potete saltare!» gridò Miroku dal basso.
«Ehi, monaco!- gridò Ryoga- Ti informo che sei in piedi sulla mia testa!»
«Oh, Shan Pu, che bello averti così vicina!» esclamò Mousse.
«Chi sarebbe Shan Pu, brutta talpa!» gridò Akane.
«Giù le mani, idiota!» ringhiò Ranma.
«Ai len, sono così emozionata!» cinguettò Shan Pu.
«Non provare ad approfittare del mio Ran-chan, strega!» disse Ukyo.
«No, signorina Ukyo! Non estraete la…- cominciò Konatsu, prima che un suono ovattato e le grida di tre persone diverse echeggiassero nel pozzo- Troppo tardi…»
«Sarà meglio darci una mossa, o non troveremo molto di vivo al nostro arrivo.» borbottò Anna, saltando sul bordo del pozzo. Gli altri la imitarono, quindi saltarono nel vuoto. Il passaggio dimensionale si aprì e, con un coro di grida sorprese, tutto il gruppo lasciò l’epoca moderna per finire in un groviglio di braccia e gambe sul fondo del pozzo nella Sengoku Jidai.
«Appena esco da qui, vi ammazzo.» ringhiò Ryoga, finito sul fondo di terra battuta accanto a Ranma e Mousse. Sopra di loro, erano ammonticchiati tutti gli altri.
«Suvvia, un po’ di pazienza.- disse Miroku, in piedi sopra di loro, aiutando con galanteria le ragazze ad alzarsi- Prima le signore.»
Inuyasha balzò fuori dal pozzo con Kagome in spalla e Anna si arrampicò agilmente, alleggerendo il carico dei tre poveri ragazzi, che finalmente poterono alzarsi, con la schiena rotta.
«Questa è la Sengoku Jidai?- chiese Akane, uscendo dal pozzo e guardandosi intorno- C’è una pace così profonda…» Fece una smorfia quando udì le imprecazioni di Ranma e Ryoga, che stavano litigando per l’uso della scala di corda mentre Inuyasha rideva loro dietro dalla cima del pozzo.
«Trovi?» le disse Kagome, con un sorrisetto imbarazzato.
«Ah, mi sento più a mio agio.» sospirò Sango, stiracchiandosi.
«Kagome! Sango! Siete tornati!!»
Una vocetta fece voltare tutta la compagnia, compresi i contendenti al pozzo. Un bambino dai piedi e la coda di volpe stava correndo loro incontro, insieme a uno strano gatto a due code.
«Shippo-chan!» disse Kagome, mentre il piccolo kitsune le saltava in braccio.
«Kirara!- disse Sango, accarezzando il demone- Ci avete aspettati?»
«Ci sono anch’io!» disse il vecchio Myoga, spuntando dal pelo del demone gatto.
«Sì, vi aspettavamo. Vedo che li avete trovati.- rispose intanto Shippo- Ma che ha quel tipo lì?»
Seguendo l’indicazione, Kagome e Sango si voltarono verso il pozzo. Ranma era fuori per metà e stava artigliando il legno con le unghie, con un’espressione terrorizzata.
«Ga…ga…» sillabava, con una vocetta spaventata.
«Ma che hai?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Oh, no! Me l’ero dimenticato.- borbottò Anna- Ranma ha il terrore dei gatti.»
«Cosa?!» chiese Sango, stupita. Guardò la piccola Kirara, poi guardò ancora Ranma. Inuyasha e Miroku faticarono a non mettersi a ridere.
«Non c’è niente di divertente!» sbraitò Ranma, con voce spezzata. Anna sospirò e gli si avvicinò.
«Vedi, Ranma, Kirara non è propriamente un gatto.- spiegò, cercando di usare un tono calmo e conciliante- E’ un demone. Come vedi, ha due code. Somiglia a un gatto, ma non è un gatto.»
«Ci somiglia troppo per non esserlo…» disse Ranma, poco convinto.
«Puoi trattenere la tua paura, se promettiamo che non ti faremo avvicinare troppo da lei?» chiese Anna. Ranma lanciò un’occhiata sospettosa a Kirara. Gli vennero i brividi e distolse lo sguardo. Anna sospirò.
«E dite che quelli sono forti?- disse Shippo- Io ho i miei dubbi.»
«Che carino! Sei una volpe?» chiese Akane, avvicinandosi.
«Davvero adorabile.- disse Ukyo, sorridendo- Come ti chiami?»
«Guarda quel moccioso.- disse Mousse a Ryoga- Fa il carino solo con le donne.»
«Beato lui.» sospirò Ryoga, vedendo Akane prendere in braccio il piccolo volpino.
«Allora, Ranma?- chiese ancora Anna- Che si fa?»
Ranma rifletté, lanciando un’occhiata bruciante a Inuyasha e Miroku, che stavano ancora ridendo, quindi annuì.
«Ci posso provare.- borbottò- Ma tenetemelo lontano, ok?»
Anna sorrise e gli tese una mano.
«Va bene, Ranma. Faremo il…»
«Noto che ci siete riusciti.»
Una voce fredda venne dal folto dietro di loro, facendo voltare tutti di scatto. Poco distante, era comparso un uomo dai capelli d’argento e gli occhi d’ambra, a braccia conserte. Portava un antico abito nobiliare e aveva una strana stola rosa sopra ad una spalla. La sua bellezza aveva un che di femmineo, ma la sua freddezza testimoniava una pericolosità che andava oltre il visibile. I ragazzi si misero sulla difensiva, avvertendo la forza del nuovo arrivato. Ranma si alzò in piedi, scoccando un’occhiata a Inuyasha, che era tornato serio.
“Come gli somiglia!- pensò- Non sarà…”
«Sesshomaru!» esclamò Anna, fugando ogni dubbio e correndo dallo yokai. Gli buttò le braccia al collo, abbracciandolo. «Siamo tornati!- disse la ragazza, lasciandolo per guardarlo in faccia- Ma cosa ci fai qui? E’ pericolo…» Si fermò quando vide lo sguardo freddo puntato sul suo viso. Con un tuffo al cuore, Anna si rese conto di non avere ancora cambiato forma. Senza permettere al proprio sorriso di cedere, Anna si ritrasformò in demone. «Dicevo, è pericoloso aggirarsi attorno al Goshinboku! Siamo in territorio nemico, lo sai.» lo rimproverò, tentando di non dare peso alla vacuità del suo sguardo…e al fatto che non aveva nemmeno accennato a ricambiare il suo abbraccio.
«Avevo fretta.» disse Sesshomaru, facendo un passo avanti per scrutare le facce dei presenti e liberandosi con un gesto dal suo abbraccio. Ranma si oscurò in volto. Che razza di comportamento aveva con la sua ragazza, quel ghiacciolo? Perché era così arrabbiato, poi? Lanciò un’occhiata a Inuyasha. Il ragazzo demone non aveva un’espressione migliore della sua.
«Sareste voi i combattenti?» chiese Sesshomaru, soppesandoli con uno sguardo sarcastico.
«Ehi! Se hai qualcosa da obiettare, dillo chiaramente.» disse Ranma. L’occhiata che ricevette gli congelò il sudore sul corpo, ma non abbassò lo sguardo.
«Quando si ha necessità di qualcosa, tutto può andare bene.- disse Sesshomaru, gelido, quindi voltò loro le spalle- Seguitemi. Qui vicino ci attendono alcune cavalcature atte a trasportarci celermente al castello.» Superò Anna senza degnarla di un’occhiata. Il volto della demone divenne pallido.
«Il Signore dell’Est ha accettato la proposta?» chiese Miroku, lanciando un’occhiata preoccupata ad Anna, che non sembrò accorgersene.
«Esatto, monaco.- disse Sesshomaru, senza voltarsi- Tra sette giorni inizieranno gli scontri. Ne impiegheremo tre per arrivare a destinazione, quindi muovetevi.»
«Autoritario, il tipo.» borbottò Ryoga, mettendosi lo zaino in spalla.
«E ha anche un ottimo udito.- lo avvisò Miroku- Quindi è consigliabile non fare apprezzamenti.»
Kagome lanciò un’occhiata ad Anna. La yokai era seria, cupa in volto. Sospirò, mentre arrivavano nella radura in cui tre grandi creature alate li stavano aspettando. Sperava solo che Sesshomaru non avesse intenzione di litigare con Anna per un motivo tanto stupido.

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Capitolo 4
*** 4 - Non allontanarmi ***


Author' s note: Dopo essere morta dal ridere nel leggere l'azzeccato riassunto della saga di Ranma fatto da Serin88 (per chi non avesse letto la frase cui faccio riferimento, guardate i commenti dello scorso capitolo!!), ecco qui il risultato del cattivo umore di Sesshomaru! Ah, avviso che ho iniziato a postare anche una AU di Inuyasha intitolata Mahoo no Hanashi. Spero vi piaccia!

«Wow! Ma è meraviglioso!» esclamò Akane, mentre sorvolavano il grande Palazzo del Signore dell’Ovest. Ranma la strinse per la vita, prevenendo il suo tentativo di sporgersi per guardare meglio.
«Cerca di fare attenzione, scema.» borbottò, quando lei si voltò a guardarlo interrogativamente. Akane sorrise e non replicò.
«Se foste venuti un anno fa, non sareste riusciti a vederlo.» li informò Anna, su un altro demone volante.
«Come mai?» chiese Shan Pu, curiosa.
«Lo proteggeva una barriera contro gli umani.- spiegò la yokai- Ora non viene utilizzata.»
Ranma lanciò un’occhiata alla ragazza dai capelli dorati. Benché avesse riconquistato il sorriso e si comportasse con estrema cortesia, Ranma aveva notato che qualcosa aveva guastato i suoi rapporti con il fratello di Inuyasha. I due, in quei tre giorni, non si erano mai guardati in faccia, né si erano scambiati qualcosa in più di due o tre frasi gelide di circostanza. Eppure, Inuyasha e Kagome avevano dato a intendere che quei due si amassero molto. Non capiva cosa avesse reso così intrattabile quell’algido demone dai capelli bianchi. Si accorse che anche Akane stava osservando Anna.
«Non capisco cosa lo abbia fatto arrabbiare con lei.» mormorò la ragazza.
«Non sono fatti nostri, Akane.» disse Ranma. Non che la faccenda non lo incuriosisse, ma aveva altre castagne sul fuoco…come prepararsi al combattimento, ad esempio. Ancora non aveva idea degli avversari con cui avrebbe avuto a che fare.
Atterrarono davanti ad una grande porta, all’interno della cinta di mura più interna. Subito, un piccolo essere somigliante a un rospo corse loro incontro, goffo e impacciato da un lungo bastone.
«Sesshomaru-sama!- gracchiò- Siete tor…»
«Sesshomaru-sama! Anna-nee-chan!!!» Un grido di bimba sommerse la voce del povero rospo, seguita immediatamente dalla bambina stessa, una deliziosa brunetta sui sette anni. La bambina si gettò tra le braccia di Anna, che le accarezzò la testa, per poi aggrapparsi saldamente a una gamba dell’impassibile inu-yokai.
«Perdonate, Anna-sama. Non sono riuscita a trattenerla.» disse una donna, correndo loro incontro.
«Non c’è problema, Rika.» disse Anna, mentre questa si inchinava agli ospiti.
«Jaken.» Il tono freddo di Sesshomaru distrusse completamente l’atmosfera allegra.
«Sì, mio Signore?» chiese il piccolo demone, servile.
«Dai delle stanze a questi umani.» disse lui, prima di entrare nel Palazzo senza attendere nessuno di coloro che lo seguivano. Jaken fece una smorfia ben poco simpatica. Ranma si voltò verso Inuyasha.
«Sicché quello è tuo fratello.- disse, sarcastico- Si spiegano tante cose.»
«Se ci tieni alla pelle, non paragonarmi mai a lui.» disse Inuyasha, scuro in volto. D’un tratto, Anna si incamminò con passi rigidi verso l’interno del Palazzo, senza aspettarli.
«Anna…» cominciò a chiamarla Kagome.
«Rika. Aiuta Jaken.» disse la yokai, gelida quanto colui che era appena entrato nel Palazzo, prima di lasciare il gruppo completamente basito.
Anna era furiosa. Sesshomaru si stava comportando in maniera sciocca e infantile per una cosa così stupida…
«Sesshomaru.» lo chiamò, aprendo di botto la porta che dava a quelle che ormai erano le loro stanze. Lui stava slegando le spade dalla propria cintura e non alzò nemmeno lo sguardo al suo ingresso. Anna digrignò i denti. Si impose di calmarsi e chiuse la porta con garbo dietro di sé. «Sesshomaru, dobbiamo parlare.» disse, controllando il tono di voce.
«Ah, davvero?» chiese lui, indifferente, posando le spade sui loro sostegni.
«Sì, davvero!» sbottò Anna, sbattendo la mano sul tavolo. Lui le lanciò poco più che un’occhiata e la yokai si morse un labbro. «Si può sapere cos’è questo comportamento?- chiese, con voce pericolosamente bassa- Vado via per qualche giorno e al mio ritorno non mi guardi nemmeno in faccia. Sono così terribile a vedersi?»
Sesshomaru fece un piccolo sorrisetto cinico, quindi le diede le spalle.
«Non avevi esattamente quella faccia, quando sei tornata.» disse. Anna spalancò gli occhi chiari.
«E’ per questo?- chiese, aumentando il volume della voce- E’ per questo che mi tratti come un’estranea da tre giorni? E’ per questo che stai mettendo a disagio coloro che dovrebbero combattere per te? Solo perché avevo sembianze umane?!»
«Due giorni là e hai già ripreso le tue rozze abitudini umane.- ironizzò Sesshomaru- Noto che ti trovi a tuo agio in quel mondo di mortali.»
«Cosa?!» boccheggiò Anna. Strinse i pugni, adirata. «Io ho scelto di vivere con te! Come puoi anche solo pensare che…»
«Non negare che eri a tuo agio.- disse Sesshomaru, gelido- Hai nascosto il tuo sangue demoniaco per stare insieme a quella plebaglia. E’ una vergogna, per uno yokai.»
«Io non rinnego le mie origini umane! Piantala con questa gelosia contorta!» gridò Anna, esasperata.
«Fai come ti pare, allora!- le gridò Sesshomaru di rimando, sorprendendola- Torna laggiù, visto che ti piace tanto! Vedi solo di non seccarmi!»
Approfittando dello stato di stupefazione della ragazza, Sesshomaru la superò e uscì dalla stanza, sbattendo la porta.
«Tu, brutto…- boccheggiò Anna, prima di sbattere le mani sul tavolo tanto forte da romperlo in due- Sesshomaru! Non abbiamo ancora finito di parlare!»
Ciò detto si precipitò fuori dalla stanza, senza nemmeno chiudere la porta. Il gruppo di combattenti lasciato a se stesso era appena entrato nel grande atrio quando Sesshomaru lo attraversò, rigido per la furia trattenuta.
«Torna qui, Sesshomaru!» si sentì gridare da un corridoio alla loro sinistra.
«Ma che sta succedendo?» chiese Konatsu, perplesso.
«Stanno…litigando?» disse Kagome, stupita. Sesshomaru si voltò verso di loro, con un’occhiata omicida che fece fare a tutti un passo indietro.
«Tu.- disse l’inu-yokai, puntando il dito su Inuyasha- Vieni con me. Ora.»
«Io?!» chiese Inuyasha, sentendo che il suo cuore mancava un battito. Sapeva che sarebbe successo…In quel momento Anna corse fuori dal corridoio.
«Sesshomaru! Lascia Inuyasha fuori da questa storia!» disse, furiosa. Sesshomaru, per tutta risposta, afferrò Inuyasha per la collottola e se lo trascinò dietro.
«Sesshomaru, fermati!- lo chiamò Anna- Sesshomaru!»
L’inu-yokai trascinò il fratello oltre una porta scura, che poi sbatté in faccia alla ragazza bionda.
«Tu…tu…sei solo uno stupido!! Stupido, stupido, stupidoooo!!» sbottò Anna, afferrando uno dei grandi vasi dell’atrio e fracassandolo contro la porta, prima di voltarsi dalla parte opposta e allontanarsi a grandi balzi.
«Inuyasha!» chiamò Kagome, preoccupata per la sua sorte, correndo verso la porta ingombra di frammenti di porcellana.
«Kagome-chan, non andare!» le disse Sango, ma la ragazza non la ascoltò, seguendo i due inu-yokai. «Meglio fermarla.» disse la giovane, cominciando a correrle dietro, seguita da Shippo e Kirara.
«Giusto. Potrebbe peggiorare le cose.- disse Miroku- Io consolerò il cuore ferito di Anna.»
Sango lo afferrò per la collottola in una perfetta imitazione di Sesshomaru.
«Tu vieni con me.» ordinò, perentoria.
«No, Sango-chan, non intendevo quello che pensi tu, te lo giuro…» si lamentò il monaco, mentre i due scomparivano oltre la porta.
Sui ragazzi provenienti da Nerima scese il silenzio. Akane e Ranma si scambiarono un’occhiata.
«Sai?- mormorò Akane, spazzando con lo sguardo la stanza disastrata- Improvvisamente, mi sembra di non essermi mossa da casa nostra.»

***

«Ahi! Ahia, fai piano Kagome!» si lamentò Inuyasha, ritraendosi dal tocco della ragazza.
Kagome sospirò, preoccupata e ormai stanca delle lamentele del giovane, il quale fissava con aria imbronciata il batuffolo di cotone idrofilo imbevuto d’alcol che lei aveva in mano.
«Ti prego, Inuyasha. Fatti medicare. Ho quasi finito.» disse Kagome, allungando ancora una volta il batuffolo verso il naso graffiato e ancora sporco di sangue di Inuyasha. Lui le bloccò le mani afferrandola per i polsi e scosse la testa.
«Ho detto basta. Ho solo qualche graffio, che sparirà tra mezz’ora.- ribatté il ragazzo- E’ inutile che mi sottoponi alla tortura di quella tua roba disinfettante.»
«Ma io…» tentò di replicare Kagome. L’aria seria negli occhi ambrati di Inuyasha la convinse a desistere. Kagome gettò il cotone nella cassetta del pronto soccorso con un sospiro stanco, mentre Inuyasha si sedeva di nuovo a braccia conserte, pensieroso.
«Inuyasha ha ragione, Kagome. Lascialo stare.» disse Sango, in piedi in un angolo, appoggiata con la schiena alla parete.
«E’ pari all’offrire perle ai porci. Si rimetterà presto.» aggiunse Miroku, seduto accanto a lei, mentre Shippo le lanciava un’occhiata preoccupata, seduto vicino alla porta scorrevole.
Kagome sospirò di nuovo. Inuyasha non aveva nemmeno reagito alla provocazione di Miroku. Trovarsi invischiato in quel litigio fra Anna e Sesshomaru lo aveva reso molto serio e pensieroso.
Kagome aveva provato terrore al pensiero di cosa Sesshomaru intendesse fare al fratello minore quando li aveva visti sparire dietro quella porta. Li aveva inseguiti, ma i due non erano già più all’interno della stanza. Era passata di sala in sala preda di un’ansia crescente, seguita da Sango e Miroku che cercavano in tutti i modi di fermarla, quando finalmente aveva trovato Inuyasha, solo, in una sala mezza distrutta. Il giovane demone aveva il naso pesto e sanguinante e sedeva contro la parete con una strana espressione seria sul viso, la stessa che ancora lo caratterizzava.
Kagome si era precipitata da Inuyasha, chiedendogli cosa Sesshomaru gli avesse fatto, ma lui si era limitato a dire che aveva avuto un diverbio con suo fratello. A prova del fatto che il colpo al naso era stato l’unico accusato durante la litigata, si era subito alzato da terra. Non sembrava provasse dolore in altre parti del corpo e i danni al naso stavano iniziando a regredire, ma quell’espressione così distante e pensierosa metteva Kagome in ansia. Desiderava che Inuyasha condividesse con lei i suoi pensieri.
«Inuyasha…» lo chiamò.
«Mh?» chiese lui, voltandosi verso di lei. A Kagome parve lontanissimo.
«Inuyasha, cos’è successo?- chiese Kagome, torturandosi la gonna della divisa- Cos’è che ha fatto perdere le staffe a Sesshomaru in quel modo?»
Inuyasha alzò un sopracciglio, vagamente sorpreso.
«Non hai capito?- chiese- Non ha gradito che Anna fosse in forma umana, al suo ritorno. Se l’è presa con me perché ero l’unico che le potesse insegnare una cosa del genere. E’ per questo che le ha tenuto il broncio in questi tre giorni. Oggi è esploso.»
«Questo l’ho capito, ma…- disse Kagome, d’impeto, alzandosi sulle ginocchia- perché ti ha picchiato? Perché non vuole che Anna prenda forma umana? Sa bene che Anna lo ama da morire, indipendentemente da…»
«Feh! Quello lì non sa un bel niente!- disse Inuyasha, ritrovando un po’ del suo sarcasmo- E’ più insicuro di quanto si potrebbe sospettare, sull’argomento Anna. Si è sfogato su di me perché ora come ora non la colpirebbe nemmeno se questo gli salvasse la pelle.»
«Non si è sfogato più di tanto, comunque.- osservò Miroku- Se fosse stato il vecchio Sesshomaru, a quest’ora saresti morto o agonizzante.»
«Grazie per la fiducia.- disse Inuyasha, con una smorfia- Comunque è vero. Mi ha dato un pugno e basta. Niente di che.»
«E adesso? Non era proprio il caso che Sesshomaru si comportasse in quel modo di fronte ai nuovi arrivati.» disse Sango, accarezzando il pelo di Kirara.
«Feh! Se si sono spaventati, significa che non sono fatti per stare qui.» disse Inuyasha, voltando nuovamente il capo.
«Non credo si siano impressionati per così poco. Anche a casa loro è presente un’atmosfera…come dire…movimentata.- disse Miroku- Mi pare tuttavia che Sesshomaru si sia comportato in maniera piuttosto strana. Che non ami la natura umana è risaputo, ma questo suo rifiuto di vederla in Anna, che ne è comunque stata parte, mi sembra molto cocciuto da parte sua.»
Inuyasha aggrottò la fronte. Era proprio questo rifiuto totale che non capiva. Sesshomaru amava Anna così com’era, nel suo corpo demoniaco e nella sua anima umana. Cosa gli poteva cambiare, nel vederla umana o demone? Esteticamente non cambiava poi così tanto e la natura del suo corpo non mutava il fatto che dentro fosse sempre la ragazza che Sesshomaru amava. Allora perché era così cocciuto?
Quando era stato trascinato per i corridoi e le stanze, evitando di emettere fiato per non alimentare ulteriormente l’ira di Sesshomaru, aveva creduto di dover passare un brutto quarto d’ora. Sembrava che il fratello volesse assolutamente sfogarsi su di lui.
Quando erano arrivati nella stanza in cui poi Kagome l’aveva trovato, Sesshomaru l’aveva lasciato andare e gli aveva voltato rigidamente le spalle, in silenzio. La tensione che permeava la stanza si era fatta insostenibile per Inuyasha, che alla fine non aveva potuto fare a meno di parlare per primo.
«Senti, stai facendo uno sbaglio.- aveva detto alla schiena del fratello- Vai da Anna e chiedile scu…»
Sesshomaru si era voltato con uno scatto così repentino che Inuyasha l’aveva visto a malapena. Il minimo spostamento che era riuscito a compiere gli aveva permesso di ricevere il pugno che avrebbe dovuto frantumargli il naso solo di striscio. L’impatto lo aveva comunque spedito contro la parete piena di scaffali, facendogli picchiare la schiena contro i legni e i soprammobili ivi allineati. Era rimasto là, col sangue caldo che gli colava sul labbro superiore e i frantumi di porcellana attorno ai piedi, quando Sesshomaru l’aveva afferrato per il colletto, avvicinando la propria faccia a quello che era rimasto della sua.
«Perché gliel’hai insegnato?!- aveva chiesto Sesshomaru, gli occhi rossi di furia- Ti avevo detto chiaramente di stare attento a lei!»
«Lei…mi ha chiesto lei di insegnarglielo.- aveva detto Inuyasha, a fatica, sentendo il sangue intasargli il naso gonfio e pulsante- Ed è stata un’ottima idea, perché con quei suoi capelli biondi e gli occhi da demone che si ritrova sarebbe stata una fonte di curiosità troppo esplicita! La volevi circondata da umani?!»
Sesshomaru aveva fatto una smorfia e Inuyasha ne aveva approfittato per gettarlo contro l’altra parete, liberandosi dalla sua presa.
«Idiota! Non ti rendi conto di quello che hai fatto!» aveva detto Sesshomaru, ma Inuyasha non l’aveva lasciato finire.
«TU vieni a dire una cosa del genere a ME?!- aveva urlato, ormai furioso- Ma hai visto la faccia di Anna in questi giorni? Sei tu che le stai facendo qualcosa! Ripensa un po’ alle tue azioni. Come puoi chiederle di soffocare la parte umana che le è rimasta?! Significa che non la ami veramente!»
«Non t’azzardare mai più a dire una cosa del genere!» aveva detto Sesshomaru, con voce così piena di autorità da zittire Inuyasha. Un breve flash del padre aveva solcato per un attimo la mente del più giovane fra i due fratelli. Sesshomaru aveva stretto i pugni e il suo viso era diventato di pietra.
«Nella tua ignoranza, non hai idea della pericolosità di ciò che le hai insegnato.- aveva mormorato, gelando il sangue nelle vene a Inuyasha- Pericoloso, sì…soprattutto per una come lei.» Inaspettatamente, Sesshomaru si era voltato per andarsene.
«Ehi!- lo aveva richiamato Inuyasha, stupefatto- Cosa vuoi dire? Perché dovrebbe essere pericoloso?»
Sesshomaru si era voltato e gli aveva scoccato un’occhiata d’odio tanto intenso da fargli fare un passo indietro.
«Come osi pormi certe domande?- aveva detto, con un viso terribilmente teso- Tu non c’eri, ma come puoi avere dimenticato…» L’aria stupita di Inuyasha l’aveva bloccato. In un istante, la sua espressione era tornata glaciale. «Capisco. Lei non te lo disse.» aveva mormorato, sarcastico, prima di voltarsi e riprendere a camminare.
«Lei chi?- aveva chiesto Inuyasha, aggressivo- Cosa dovrei sapere?»
Sesshomaru non si era nemmeno voltato, ma aveva aggiunto: «Prega che non accada anche stavolta, o ti giuro che ti ucciderò.»
«Ehi! Spiegati, brutto deficiente!» l’aveva richiamato Inuyasha, correndogli dietro. Sesshomaru gli aveva sbattuto la porta in faccia, colpendolo di nuovo al naso tumefatto. Poco dopo, Kagome e gli altri erano entrati nella stanza e l’avevano portato nella camera che Rika aveva offerto loro per medicarlo.
Inuyasha corrugò la fronte. Sembrava evidente che Sesshomaru aveva un motivo ben preciso riguardo al suo odio verso la natura umana. Doveva essere successo qualcosa di cui lui non era al corrente. Avrebbe voluto saperne di più, ma non credeva che suo fratello avrebbe aggiunto una parola sull’argomento. Soffocò un sospiro seccato. Sesshomaru aveva terrore che accadesse qualcosa ad Anna, questo era palese, ma lo dimostrava sempre nella maniera più sbagliata. Quel litigio non sarebbe certo finito grazie a una capitolazione di Sesshomaru.
«Speriamo che Anna abbia abbastanza pazienza da perdonare quell’idiota…» borbottò. In quel momento, qualcuno fece capolino nella stanza.
«Salve.- disse Ranma, dalla porta- Possiamo entrare?»
«Prego, accomodatevi.» li invitò Kagome, con un sorriso. Ranma, Ryoga e Mousse entrarono nella stanza, chiudendo la porta scorrevole dietro di loro.
«Grazie. Che hai fatto al naso, Inuyasha?» chiese Ranma, sedendosi con agilità, imitato dagli altri.
«Niente di che. Fra poco sarà guarito.» rispose lo yokai, alzando le spalle con un gesto indifferente.
«Vi trovate bene?- chiese Kagome, premurosa- Ci dispiace molto per la scena di prima…»
«Non scusarti per cose di cui non sei responsabile, Kagome.- disse Ranma, con un sorriso- Siamo tutti abituati a scene del genere.»
«Come sta Anna-san?- chiese Ryoga- Sembrava veramente furiosa.»
«Anna è fuori dal castello, a quanto ci hanno detto.- rispose Miroku- Non avete ragione di preoccuparvi. Sono certo che entrambi troveranno modo di spiegarsi.»
«Né Sesshomaru né Anna sono tanto sciocchi da permettere che le loro faccende personali condizionino il combattimento che ci si prospetta. Si sistemerà tutto.» disse Sango, mandando Kirara fuori in giardino per non turbare Ranma.
“O almeno faranno finta che sia tutto sistemato.” pensò Inuyasha, corrugando la fronte.
«Senti, Inuyasha, dove combatteremo esattamente?» chiese Mousse, rivolgendosi a Ryoga, che lo guardò con aria da compatimento.
«Sesshomaru mi ha detto solo che il Signore dell’Est ha già passato il confine. E’ nelle nostre terre, anche se di poco.- rispose Inuyasha, scuro in volto- Mio fratello preferisce combattere su un terreno a lui del tutto conosciuto, prima di sfondare le linee nemiche e iniziare a conquistare l’Est.»
«Allora non intende semplicemente scacciare gli invasori.» mormorò Sango, corrugando la fronte.
«Lui vuole uccidere quel dannato. E lo vorrei anch’io.- disse Inuyasha- E’ naturale che in questo caso l’Est cadrebbe nelle mani della progenie di Inuken. Sarebbe una vendetta coi fiocchi.»
«Come puoi parlare con tutta quella leggerezza di uccidere una persona?» chiese Ryoga, contrariato.
«Senti, bello, quaggiù o si uccide o si viene uccisi.- disse Inuyasha, con una smorfia- Quel bastardo è coinvolto nella morte di mio padre. Gliene devo, di disgrazie, e Sesshomaru non è da meno. Grazie al Signore dell’Est, ancora un po’ finiva ucciso e Anna ci ha rimesso la pelle.»
«Anna…cosa?!» chiese Mousse, stupefatto.
«Ma che dici? Ci prendi in giro?» chiese Ryoga, aggressivo.
«Sesshomaru possiede una spada che è in grado di riportare in vita i morti.- spiegò Kagome, riportando la calma- Era talmente sconvolto, però, che se Inuyasha non gliene avesse suggerito l’uso ora Anna sarebbe solo un ricordo. Sesshomaru ha fatto appena in tempo a salvare la sua anima. Questo ha fatto accrescere a dismisura il suo rancore verso il Signore dell’Est.»
«Ed è questo che vi aspettate da noi?» chiese Ranma. Gli altri gli lanciarono un’occhiata interrogativa. «Volete…che uccidiamo i nostri avversari?» chiese il ragazzo, mortalmente serio.
«Per il Buddha, no!- rispose Miroku, stupefatto- Questa sfida nasce proprio con l’intento di non sprecare vite umane. Dovrete solo sconfiggerli.»
Gli altri tornarono a rilassarsi e Ranma annuì. Per un istante, il pensiero di Akane costretta a uccidere o a essere uccisa gli aveva congelato il cuore.
«State tranquilli, cuori teneri. La guerra, quella vera, la combatteremo noi demoni.» disse Inuyasha, con una nota dura nella voce.
Kagome lo guardò con ansia. Il solo pensiero di Inuyasha in mezzo al massacro che sarebbe seguito le straziava l’anima. Non voleva perderlo. La sua vita, senza Inuyasha, ormai non aveva più alcun senso.

***

Sesshomaru sedeva a gambe incrociate e braccia conserte sul pavimento, accanto alla finestra. I suoi occhi d’ambra erano fissi al cielo notturno, appena punteggiato di stelle. La luna stava sorgendo. L’indomani mattina lui e coloro che erano stati assunti per combattere sarebbero partiti per raggiungere la delegazione dell’Est e dare il via a quella sciocca sfida tra umani. Sesshomaru aveva ancora molte cose su cui riflettere, ma quella notte i suoi pensieri avevano affondato le loro radici in un mare oscuro che era rimasto nascosto e isolato per più di un secolo.
Inuyasha aveva commesso un errore gravissimo nell’insegnare ad Anna come nascondere la propria energia demoniaca e trasformare il proprio corpo, per quanto possibile, in quello di un essere umano. La sua Anna…una donna con un tale spirito di sacrificio, una tale testardaggine, un carattere così fiero…Anna era una donna che lui non poteva controllare come avrebbe voluto. Ciò che Inuyasha aveva fatto poteva presentare dei risvolti che avevano il potere di farlo rabbrividire.
Sia Anna che Inuyasha avevano frainteso il motivo della sua ira. Non era importante. Sesshomaru non aveva alcuna intenzione di spiegarsi. Non dovevano saperne di più. Se la loro conoscenza della trasformazione si fosse fermata lì, probabilmente avrebbe avuto speranza che nessuno dei due potesse mai osare ciò che invece lui aveva fatto…lasciandolo solo.
Sesshomaru si riavviò i capelli mossi dal vento autunnale con un gesto nervoso e seccato. Non gli importava di quel bamboccio di Inuyasha, ma la promessa che Anna gli aveva fatto gli rimbombava nelle orecchie. Quando le aveva salvato la vita e le aveva promesso che mai più avrebbe permesso a qualcuno di farle del male, Anna aveva promesso la stessa cosa. E questo era male, perché Sesshomaru sapeva per esperienza che lei era pronta a sacrificarsi per lui.
La debolezza umana era sempre stata causa di sofferenza per Sesshomaru. Quando l’aveva vista al pozzo, immagine illusoria della ragazza che aveva incontrato una sera nel bosco, era tornato indietro di anni e anni, a una sofferenza che ancora non riusciva a dimenticare, che il rancore non era riuscito a mitigare.
La guerra era vicina. Se lui fosse stato in difficoltà e Anna avesse compreso…
«Sarò forte per entrambi.- mormorò, gelido- Non accadrà più.»
Un rumore lieve gli giunse alle spalle, insieme a un profumo fresco e avvolgente come quello della pioggia sugli alberi. Anna era entrata nella stanza.  Sesshomaru non si voltò. Non aveva intenzione di discutere ancora. Che Anna continuasse a portargli rancore, se credeva. Udì i passi di lei avvicinarsi, quindi la sentì sospirare. Sesshomaru si irrigidì, pronto a rispondere con gelido sarcasmo alle sue domande, invece due braccia calde gli circondarono le spalle. La testa di Anna si appoggiò sulla sua, mischiando all’argento dei capelli del demone il suo oro. Sesshomaru rimase immobile.
«Non dubitare più di me.- mormorò lei, accarezzandogli la testa col suo respiro- Il mondo degli umani, ai miei occhi non vale più nulla, perché tu non ci sei. Il mio posto è accanto a te e solo tu hai il potere di allontanarmi. Perciò, non farlo.»
A quelle parole, Sesshomaru sentì improvvisamente che il gelo di cui si era ammantato si scioglieva sotto il suo tocco caldo e dolce. Le prese una mano e la baciò.
«Ce ne hai messo di tempo a tornare.» disse. La sentì sorridere.
«Anche tu mi sei mancato.» mormorò lei, baciandogli la testa e spedendogli brividi in tutto il corpo. Per tutti i demoni del Giappone, quanto gli era mancata…Rimase in silenzio.
«Vuoi che me ne vada?» chiese lei, facendo per alzarsi. Sesshomaru la afferrò e la costrinse a sederglisi in grembo.
«Mi pareva di aver capito di essere il solo a poterti dire di andare via.» disse, sempre tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé ed evitando i suoi occhi sorpresi. Anna, sorridendo, appoggiò la testa sul suo petto e si strinse a lui. Dopo un istante, le braccia di Sesshomaru la circondarono dolcemente e lo yokai iniziò ad accarezzarle i capelli.
I due rimasero così, vicini e in silenzio, godendosi l’ultima notte tranquilla prima della partenza.

***

Akane non riusciva a dormire.
Si rigirò nel futon, insonne. Dall’esterno provenivano le prime luci dell’alba. Accanto a lei, Shan Pu e Ukyo dormivano pacificamente. Stanca di aspettare inutilmente il sonno, Akane si tolse le coperte di dosso e si alzò. La tutina accorse al cospetto della sua padrona e Akane la indossò. Senza fare rumore, prese con sé le proprie cose e uscì dalla stanza, incamminandosi nel corridoio. Attraversò il quartiere delle donne senza incontrare anima viva, avvolta in un silenzio profondo e quasi irreale. Quando passò davanti alla camera dei ragazzi, si fermò un istante, osservando la porta con viso preoccupato.
Quella mattina sarebbero partiti alla volta del luogo dello scontro. La sfida indetta dal fratello di Inuyasha sarebbe iniziata. Akane abbassò lo sguardo sulle sue scarpette nere, corrugando le sopracciglia. Imponendosi su Ranma, era riuscita a vincere la discussione e a seguirlo nella Sengoku Jidai. Aveva sperato che Ranma ammettesse finalmente che la sua presenza gli faceva perlomeno piacere, o che si scusasse per le parole dure che le aveva detto. Anna aveva detto che erano state dettate dalla preoccupazione per lei…eppure Ranma non aveva tentato nessun tipo di chiarimento. Aveva ripreso a comportarsi normalmente con lei, la qual cosa equivaleva al prenderla in giro e farla arrabbiare ogni due minuti, ma vedeva sempre un ombra nei suoi occhi quando parlava con lei.
Akane era preoccupata. Aveva un brutto presentimento riguardo a tutta la faccenda. Per questo non aveva voluto che lui partisse senza di lei. Forse Ranma aveva ragione, in Cina era stata solo una fonte di guai per lui, ma come poteva pretendere che restasse a casa mentre lui combatteva contro nemici sconosciuti e sicuramente pericolosi? Lei…lei teneva troppo a lui perché potesse lasciarlo solo! Akane alzò la testa di scatto, arrossendo. Lei teneva a lui? Da dove era venuto fuori quel pensiero? Si portò una mano al cuore in tumulto. Sì, lei teneva a lui. Perché, che lo ammettesse o no, lo amava.
«Da morire.» mormorò, sentendo le lacrime pungerle gli occhi.
«Akane?»
Sobbalzando, Akane si voltò col volto in fiamme. Sulla porta aperta per metà c’era Ranma, che la guardava con aria assonnata.
«Akane, cosa ci fai già in piedi? Non riesci a dormire?» chiese Ranma, sbadigliando. Poi, accorgendosi del suo viso rosso, si avvicinò, curioso. «Cosa c’è? Perché sei tutta rossa?» chiese.
«Io…n…niente! Ho fatto un po’ di esercizio e sono accaldata.- mentì Akane, distogliendo lo sguardo- Non ho dormito bene e ho preferito alzarmi, già che ero sveglia.»
«Allora ti faccio compagnia. Ormai sono sveglio anch’io.» disse Ranma, sorridendo ed entrando di nuovo per finire di vestirsi. Akane non replicò, attendendo il ragazzo all’esterno mentre tentava di domare il battito del suo cuore. Sembrava quasi che Ranma avesse avvertito la sua presenza, tanto era stato il tempismo con cui si era affacciato alla porta.
Akane si sarebbe stupita non poco di sapere che le cose stavano più o meno in quel modo. Nemmeno Ranma aveva dormito bene. Ogni volta che si addormentava, sognava Akane colpita a morte da un nemico sconosciuto, quindi quella mattina aveva un’aria piuttosto sconvolta. Si era risvegliato dall’ennesimo incubo un paio di minuti prima, avvertendo la presenza di Akane fuori dalla stanza. Si era dato dell’idiota, voltandosi su un fianco per scacciare la tentazione di aprire la porta per controllare. Immediatamente dopo, si era alzato e con passi furtivi si era recato alla porta, aprendola con cautela. Akane era davvero là, con un’espressione triste sul viso che gli aveva fatto fermare il cuore per un istante.
Ranma si vestì in tutta fretta, quindi uscì dalla camera, stando ben attento a non fare rumore. Non voleva che Ryoga si svegliasse, rovinandogli quel momento con Akane. La ragazza lo attendeva in corridoio. Ranma le sorrise e lei rispose nello stesso modo.
«Andiamo nel giardino ad allenarci?» disse Akane, indicando il giardino interno sotto di loro. Ranma annuì di buon grado. Gli pareva strano camminare con quella tranquillità accanto a lei, senza nessuno che li disturbasse. Casa Tendo era sempre un via vai di ficcanaso e non appena uscivano venivano assaliti da qualcuno dei loro amici/nemici. Quel Palazzo di un epoca lontana sembrò a Ranma un vero e proprio paradiso.
Scesero nel giardino, quindi si misero in posizione di guardia.
«Pronto, Ranma?» chiese Akane, con un sorrisetto.
«Non mi farò battere da quella maledetta tuta.» replicò Ranma.
«Dovrai guardarti anche da me, non solo dalla tuta.» disse Akane, spiccando un veloce balzo verso Ranma, che fece appena in tempo a schivare. Akane poggiò il piede per terra e si diede lo slancio per una capriola all’indietro, che le permise di evitare il calcio di Ranma. Lui tentò di portare a segno un pugno, ma Akane si appoggiò al braccio del ragazzo e fece una ruota in aria, arrivandogli alle spalle e agganciandogli le gambe alla vita. Si inarcò all’indietro, poggiando le palme delle mani per terra e sollevando le gambe per lanciare lontano Ranma. Il ragazzo utilizzò un tronco per evitare di cadere e per darsi lo slancio, quindi tornò ad attaccare Akane.
«Non mi potrai mai battere finché indosso questa!» disse Akane, sorridendo.
«Lo vedremo.» ringhiò Ranma.
I due continuarono con le schermaglie ancora per qualche tempo, quindi, stremati, decisero di riposarsi. Si sedettero sull’erba, detergendosi il sudore dalla fronte e riprendendo fiato.
«Ah, mi sento meglio.» disse Akane, alzando il viso al cielo e sorridendo. La luce del sole fece brillare i suoi occhi e i capelli scuri imperlati di sudore. A Ranma parve davvero bellissima. Akane si girò a guardarlo, sorprendendolo. «Credi ancora che sarò solo una seccatura?» chiese la ragazza, con tono serio.
Ranma abbassò gli occhi sulle sue scarpe.
«Akane, io…non intendevo questo quando…» mormorò, a disagio.
«Eri preoccupato per me?» chiese Akane. Ranma la guardò, scioccato.
«Io…beh…però ora mi sento più sicuro.- borbottò, senza ammettere la cosa esplicitamente ma lasciando intendere ad Akane di aver centrato il punto- Quando indossi la tuta, riesci a mettere in seria difficoltà anche me. Non credo che ti accadrà niente di male.»
Akane sorrise e Ranma la guardò.
«Però, Akane,- aggiunse Ranma con impeto, memore degli incubi che avevano tormentato la sua notte- promettimi che non ti esporrai per me come hai fatto in Cina. Io so badare a me stesso. Se ti dovesse succedere qualcosa…io…» Smise di parlare, arrossendo e corrugando la fronte. Akane lo guardò con sorpresa, quindi il suo viso assunse un’espressione molto dolce. Senza pensare, si avvicinò a Ranma e lo baciò su una guancia. Ranma alzò lo sguardo, stupefatto e incontrò gli occhi scuri di lei, che stava sorridendo mentre un velo di rossore le colorava le guance.
«Grazie, Ranma.» disse Akane. Ranma si perse nei suoi occhi scuri. Quanto era bella…
«Akane, io…» mormorò, avvicinandosi a lei.
«Ecco dove eravate!»
Akane si voltò di scatto, mentre Ranma si congelava sul posto, rendendosi improvvisamente conto di quello che era stato lì lì per fare. Si alzò in piedi, mentre Ryoga, Mousse, Shan Pu, Ukyo e Konatsu entravano nel giardino. Ryoga si precipitò da lui e lo afferrò per il colletto.
«Ranma, cosa stavi facendo con Akane?!» gli chiese con un ringhio basso e minaccioso.
«Ma cosa vuoi che stessi facendo?! Ci stavamo allenando, scemo.- rispose Ranma, borbottando- E mollami, adesso.»
«Siete molto mattinieri, voi due.» disse Shan Pu, con aria indagatrice, lanciando ad Akane un’occhiata fredda. Akane si strinse nelle spalle, senza dare alla ragazza troppa importanza. Non aveva intenzione di sopportare l’ironia di Shan Pu di prima mattina.
«Pare che ci siano ospiti al castello.- disse loro Konatsu, soffocando uno sbadiglio con un gesto molto grazioso- Ho visto molte persone ben vestite nell’atrio. Conversavano con il signor Sesshomaru.»
«Inuyasha mi ha detto che la famiglia inu-yokai sarebbe arrivata prima della nostra partenza.- disse Ranma, liberandosi finalmente dalla stretta di Ryoga- Saranno loro.»
«Li raggiungiamo?» chiese Akane, lanciandogli un’occhiata. Ranma annuì.
«Meglio non farsi aspettare troppo. Non mi va di vedere uno yokai incavolato.» disse Mousse, levandosi gli occhiali per dar loro una pulita.
I ragazzi si incamminarono per raggiungere il grande atrio del Palazzo. Ranma lanciò un’occhiata delusa ad Akane. Grazie all’ambiente silenzioso e privato del giardino stava per fare quello che mai aveva osato, ma quei rompiscatole avevano rovinato tutto proprio nel momento topico. Sospirò. Perlomeno, avevano fatto pace. Un quartetto uscì da uno dei corridoi laterali poco davanti a loro.
«Ehilà! Siete tutti svegli?- chiese Miroku, salutandoli- Abbiamo fatto il giro delle vostre stanze per chiamarvi, ma non vi abbiamo trovati.»
«Tutti svegli e pronti alla battaglia.- disse Ranma, sicuro di sé- E voi?»
«Feh! Che domanda stupida.- commentò Inuyasha- Mi dispiace solo di non poter partecipare. Mi piacerebbe mettere un po’ di strizza a quell’imbecille dell’Est, ma pare che dovrò aspettare la fine di questa dannata sfida.»
«Inuyasha!- lo sgridò Kagome, quel giorno in tenuta da miko- Non essere così aggressivo.» Inuyasha si fece scuro in volto, ma Ranma si accorse che le stringeva la mano. D’un tratto, il ragazzo si ricordò che anche Kagome avrebbe combattuto. Inuyasha era intrattabile per questo motivo. Lo comprendeva benissimo.
«Siamo in partenza.- disse Sango, aggiustandosi sulle spalle l’Hiraikotsu- Sesshomaru e Anna stanno parlando con la famiglia inu-yokai, che ci seguirà all’incontro.»
«E il piccolo Shippo?» chiese Akane.
«Resterà al castello insieme a Rin-chan.- disse Kagome- La piccola è molto preoccupata per Sesshomaru e Anna. La presenza di Shippo la distrarrà un po’.»
Si rimisero in cammino, raggiungendo il grande atrio. La porta d’entrata era aperta e sulla soglia Anna e Sesshomaru stavano discutendo a bassa voce. Nell’atrio non c’era nessun altro. Anna, in una veste bianca e azzurra, si distrasse nel vederli entrare.
«Buongiorno.- li salutò, con un sorriso- Vedo che siete già svegli e pronti a partire.»
Tutti risposero al saluto. Sesshomaru si voltò a metà per guardarli, senza proferire parola. Scambiò un’occhiata veloce con Inuyasha, che annuì, mentre l’espressione dura del suo viso si distendeva un po’.
«Hanno fatto pace.» mormorò a Kagome, che annuì, sorridendo. I due non erano particolarmente vicini né mostravano di essere affettuosi, ma era chiaro che il muro che Sesshomaru aveva eretto in quei giorni era crollato. L’aria che tirava era più distesa. Kagome ne fu sollevata.
«Credevo foste insieme alla Grande Famiglia.» disse Miroku.
«Ci attendono qui fuori.- disse Sesshomaru, splendente in un abito nobiliare bianco e oro- Visto che siete già pronti, partiremo immediatamente.» Scoccò un’occhiata dall’alto in basso ad Inuyasha. «Era pretendere troppo che ti presentassi in condizioni adatte ad un principe inu-yokai.» sentenziò, gelido, nel notare che il fratello indossava il solito abito rosso.
«Puoi scordarti che io mi metta in ghingheri.» disse Inuyasha, seccato.
«Suvvia, non è il caso di litigare.» disse Anna, mettendo fine alla discussione.
«Basta con le chiacchiere. Andiamo.» ordinò Sesshomaru, voltando loro le spalle e uscendo nella luce del mattino. Anna lo seguì velocemente, mentre gli altri ci misero un istante a recepire l’ordine.
«Sesshomaru.- mormorò Anna, attirando la sua attenzione- Non credi che dovremmo lasciare loro il tempo di fare colazione?» Sesshomaru si voltò verso di lei con aria perplessa. «Sono umani. E sono a digiuno.» gli rammentò lei, con un cenno del capo verso coloro che li seguivano. Sesshomaru inarcò appena un sopracciglio, quindi chiamò Jaken.
«Fai portare del cibo.- disse al rospo, che corse ad eseguire l’ordine- Dovranno mangiare in volo. Non ho tempo da perdere.» Dopo questa aggiunta lapidaria, Sesshomaru continuò a camminare verso le bestie volanti che li attendevano nel giardino insieme a tutta la famiglia inu-yokai. Anna sorrise tra sé, poi si voltò per aspettare gli altri.
«Perché ha chiamato Jaken?» chiese Sango, curiosa.
«Porterà un po’ di cibo per il viaggio.- spiegò Anna- Siete digiuni e non mi pare la condizione ideale per affrontare un combattimento.»
«Hai avuto un’ottima idea. Se potessi usare la mia piastra avrei preparato degli okonomiyaki.- disse Ukyo, poi indicò con un cenno del capo il gruppo di yokai poco distante- E quella gente ben vestita chi è?»
«La Grande Famiglia.- rispose Anna- Dobbiamo impressionare un po’ il nemico. Questo è un incontro neutrale, ma meglio non mettersi in condizione di inferiorità. Il Signore dell’Est sarà ben scortato e ha un esercito accampato vicino al luogo della sfida.»
«Che ti hanno detto, quei dannati?» le chiese Inuyasha, a bassa voce, scoccando un’occhiata carica d’odio al gruppo di inu-yokai. Anna fece un breve e cinico sorriso.
«Nulla.- disse- Hanno accettato la mia morte in qualità di espiazione per il delitto di cui mi sono macchiata a Inuzuka. Questa mia seconda vita non ha per loro alcun significato. Mi trattano come un fantasma. Se non ci fosse Sesshomaru, però, sono sicura che cercherebbero di uccidermi di nuovo.»
«Detesto l’idea di averli come alleati.- ringhiò Inuyasha- Finché resteremo nel luogo della sfida, non andare in giro da sola.»
Anna annuì, quindi gli grattò affettuosamente un orecchio.
«Grazie, fratellino.» disse, sorridendo mentre Inuyasha si ritraeva, arrossendo.
«Oi! Sei pazza?!- le disse, lanciando un’occhiata veloce a Sesshomaru- Mi vuoi morto?»
Anna rise.
«Sa benissimo che non deve essere geloso di te.» rise lei, scambiando un’occhiata d’intesa con Kagome.
«Meglio non rischiare.» borbottò Inuyasha, allontanandosi di qualche passo. Ci mancava solo subire una crisi di gelosia di Sesshomaru…Inuyasha aveva visto il fratello preda delle emozioni solo un paio di volte ed era stato capace di fargli congelare il sangue nelle vene.
Jaken tornò, distribuendo il cibo agli umani con aria seccata, quindi si rivolse a Sesshomaru con espressione speranzosa.
«Sesshomaru-sama, questa volta posso…» iniziò a dire.
«Tu resterai qui a badare a Rin.- lo interruppe Sesshomaru, salendo su una creatura e aiutando Anna a fare altrettanto- Se qualcuno si introdurrà nel castello, ti riterrò responsabile. Se accadrà qualcosa a Rin, ti ucciderò.»
Jaken deglutì nervosamente e abbassò lo sguardo.
«Come volete, Sesshomaru-sama.» rispose. Anna lo guardò con qualcosa di simile alla pietà. Si chiese se Sesshomaru avrebbe mai smesso di minacciare la gente di morte a ogni sgarro. Lo yokai non era cambiato poi così tanto nei confronti del prossimo. Ancora si chiedeva come fosse riuscita a raggiungere il suo cuore…
«Pronta?» le chiese lui, cingendole la vita e riportandola sulla terra. Anna annuì, sorridendogli. Sentiva che Sesshomaru mascherava una certa dose di tensione. Dopotutto, quel giorno si sarebbe trovato faccia a faccia col responsabile indiretto della morte di Inuken. Benché non mostrasse alcun sentimento, nemmeno Sesshomaru poteva essere insensibile a una cosa del genere. Gli prese la mano, facendogli sentire il suo totale appoggio. Sesshomaru la strinse con forza, quindi diede un colpo di redini e la creatura si alzò in volo. Inuyasha e gli altri diedero di sprone alle loro cavalcature, seguendo la coppia. Sotto di loro, in una cacofonia di ululati, la Grande Famiglia si trasformò, formando un grande branco.
«Sono…impressionanti.» mormorò Akane, a occhi spalancati.
«Ehi, Inuyasha! Vuoi farmi intendere che anche tu in realtà sei come loro?» chiese Ranma a gran voce, indicando il branco sotto di loro.
«Idiota! Che razza di domande mi fai?!» ringhiò Inuyasha, scoccando un’occhiata preoccupata a Kagome, che però non fece una piega, continuando a tenersi al suo braccio. Forse Anna aveva ragione, si preoccupava inutilmente. Kagome lo amava: se anche si fosse trasformato in inu-yokai, per lei non avrebbe fatto differenza.
“Ma quando era Kikyo mi voleva umano.- pensò, scuro in volto- E’ abituata a vedermi così. Se lei provasse paura di me, non riuscirei a sopportarlo.”
«Inuyasha, andiamo? Gli altri stanno già partendo.» gli disse Kagome. Inuyasha alzò gli occhi di scatto, accorgendosi che Sesshomaru stava iniziando a dirigersi a nord-est.
«Oh…hai ragione.- disse, cercando di relegare quei pensieri nell’inconscio e sorridendole- Meglio sbrigarci.»
Inuyasha diede di sprone alla creatura che cavalcava con Kagome, seguendo le figure chiare di Sesshomaru e Anna. Gli altri procedettero sulla loro scia, mentre sotto di loro gli inu-yokai iniziavano la loro corsa.

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Capitolo 5
*** 5 - La sfida di Miroku ***


Author's note: Almeno per ora, Sesshomaru e Anna hanno fatto pace, quindi occupiamoci d'altro! Che ne dite di fare conoscenza con il nostro nuovo nemico, il Signore dell'Est?...In aggiunta, un avviso per chi bazzica Facebook. Esiste un gruppo chiamato "Le Fanfictions di VaniaMajor" su cui chiacchieriamo delle fics, di Inuyasha e quant'altro. Se passate da quelle parti, mi farà piacere!

«Queste foreste sembrano infinite.»
«Mh?» chiese Ranma, distratto dai suoi pensieri dalla frase di Akane.
«Dicevo che queste foreste sembrano infinite.- ripeté la ragazza, guardando con ammirazione la distesa scura sotto di loro, tra le cui fronde si potevano ogni tanto scorgere le sagome degli inu-yokai in corsa- Sono ore che voliamo e ancora non ho visto un segno di civiltà.»
«Hai ragione. Se fossimo nella nostra epoca avremmo già incontrato almeno una città.» disse Ranma, spazzando l’orizzonte con lo sguardo.
«Non mi pare una cosa così strana, invece.- obiettò Ryoga, che viaggiava con loro- Anche nel Giappone dei giorni nostri esistono foreste tanto vaste da sembrare infinite.»
«Questo solo perché tu ti ci perdi dentro e giri intorno fino allo stremo, P-chan.» disse Ranma, con aria ironica.
«Chi sarebbe P-chan?!» ringhiò Ryoga, afferrando Ranma per il colletto con il viso contratto per l’ira.
«Smettetela! Ci farete ribaltare!- li sgridò Akane, cercando di dividerli- Ranma, smettila di prendere in giro Ryoga! E tu, Ryoga, cerca di perdonarlo.»
«Perdonami, Akane. Non volevo farti spaventare.» disse Ryoga, arrossendo e disegnando circoli col dito sulla spalliera di legno della sorta di biga sulla quale stavano volando. Ranma gonfiò le guance e guardò altrove, offeso. Akane era carina solo con quel cretino di Ryoga. Se solo non fosse intervenuto quella mattina…
«Ranma!»
«Eh? Chi?- esclamò Ranma, voltandosi verso Akane con aria colpevole, rosso fino alla cima dei capelli- Guarda che io non stavo pensando a…»
«Ma cosa stai dicendo?- gli chiese Akane, corrugando la fronte- Volevo solo avvisarti che siamo arrivati.»
«Oh.» mormorò Ranma, imbarazzato. Guardò oltre Akane e quello che vide non gli piacque affatto. C’erano almeno una cinquantina di persone ad attenderli, al centro di una radura non molto vasta. Grazie al cielo, nel luogo dello scontro non sembravano esserci stagni o corsi d’acqua, ma era evidente che la delegazione di Sesshomaru era in netta inferiorità numerica.
«E’ quello il nostro nemico?» chiese ad Inuyasha, la cui creatura volante procedeva di fianco alla loro. Inuyasha non si voltò, annuendo rigidamente.
«Inuyasha…» mormorò Kagome, osservando la sua evidente tensione.
«Oggi, per la prima volta nella mia vita, incontrerò colui che ha ucciso mio padre.- mormorò Inuyasha, senza lasciare le sagome ormai visibili in lontananza con gli occhi ambrati- Non so se sarò in grado di contenere il mio odio verso di lui.»
«Inuyasha!» ansimò Kagome, spaventata dalla sua estrema serietà. Inuyasha abbassò lo sguardo su di lei e sorrise appena.
«Stammi vicina, vuoi?» le chiese, prendendole la mano. Kagome annuì, guardandolo negli occhi e stringendogli a sua volta la mano.
«Dividi il tuo odio con me. In due saremo in grado di controllarlo.» disse, seria e pallida. Inuyasha annuì. Era così simile a Kikyo, con quelle vesti addosso e lo sguardo serio negli occhi…eppure era sempre Kagome. L’energia stessa che lo teneva in vita.
«Sì.» sussurrò, riportando lo sguardo sulla radura piena di gente.
Sesshomaru e Anna guidarono coloro che li seguivano alla radura, atterrando per primi al suo limitare.
“Così, è questo colui che ha osato sfidare Sesshomaru.” pensò Anna scendendo e guardando colui che stava di fronte al gruppo che li attendeva. Il nemico era uno yokai potente. Avvertiva la sua aura nell’aria e non ne era sorpresa. Nessuno avrebbe potuto sostenere il governo dell’Est senza essere almeno potente quanto lei. Il Signore dell’Est aveva le sembianze di un uomo dai capelli biondi legati in un alto codino. Gli occhi erano neri e molto allungati. Il corpo alto e slanciato era avvolto in una ricca e opulenta veste nobiliare. L’apparenza umana, però, non confondeva la percezione di Anna. Il Signore dell’Est era un moko yokai. Una tigre si nascondeva dietro quegli occhi neri e il sorrisetto dipinto sul bel volto che non dimostrava più di trent’anni.
“Quest’uomo ha ucciso Inuken.- pensò Anna, stringendo appena le labbra- Quest’uomo ha fatto uccidere me. Ora si trova davanti a Sesshomaru e ha l’ardire di sorridere! Presto si troverà a dannare il momento stesso in cui ha deciso di sfidare il sangue di Inuken!”
Lanciò una velocissima occhiata a Sesshomaru. L’inu-yokai, con gelida calma, scese dalla sua cavalcatura, degnando appena di un’occhiata il nemico e coloro che lo spalleggiavano. Gli altri atterrarono accanto a loro e gli inu-yokai apparvero dal folto, in una cacofonia di ululati da far gelare il sangue.
«Signore dell’Ovest, figlio di Inuken! Ti do il mio benvenuto.- disse il Signore dell’Est, con un sorriso di scherno- Mi rammarico, però, di essere costretto a dirti che la tua scorta si sta rivelando alquanto rumorosa.»
Sesshomaru alzò una mano all’altezza della spalla. Immediatamente, gli ululati cessarono e il silenzio calò sulla radura. Anna dovette trattenere un sorriso soddisfatto nel vedere il Signore dell’Est sobbalzare leggermente al gesto di Sesshomaru.
“Lo teme! Oh, se lo teme!” pensò, ferocemente divertita.
Sesshomaru abbassò la mano con deliberata calma.
«Non ho bisogno del tuo benvenuto, Soichiro; non quando siamo ancora sul mio territorio.- rispose, gelido- Avrai la possibilità di ripetermelo quando sarò sulla tua terra.»
Il Signore dell’Est fece una smorfia.
«Sei buono a parole. Quanto tuo padre, se ben ricordo.- disse- Fu lui a dirmi che mi avrebbe strappato il cuore dal petto, non è così? O fosti tu? I miei ricordi sono confusi, aiutami a ricordare.»
«Bastardo!» sibilò Inuyasha tra i denti, impallidendo. L’unica reazione di Sesshomaru fu il lieve contrarsi di un sopracciglio.
«Non capisco di cosa stanno parlando.» mormorò Mousse, perplesso.
«Io credo che quel tipo abbia ucciso il padre di Inuyasha e Sesshomaru.» disse Ranma, cupo in volto. Gli altri lo guardarono con sorpresa. Miroku annuì, dando conferma all’intuizione di Ranma.
«Confido che stavolta farai di meglio che fuggire con la coda tra le gambe, Sesshomaru.- continuò Soichiro- Spero riuscirai ad essere divertente quanto lo fu tuo padre.»
Sesshomaru non si mosse di un palmo, diventando se possibile ancora più gelido. Inuyasha, invece, stava ribollendo d’ira. Non capiva a cosa si riferisse quel bastardo, lui non sapeva nulla di come era morto suo padre, ma sentirlo insultare a quel modo era troppo per lui. Un tocco tiepido gli schiarì la vista. Kagome gli prese la mano, guardando con occhi bui la figura di Soichiro. Inuyasha si aggrappò a lei per evitare di scagliarsi contro il loro nemico, mandando tutto all’aria.
«Fui io a promettertelo.» disse Sesshomaru, freddo.
«Cosa?» chiese Soichiro, troppo preso dal proprio autocompiacimento per capire a cosa l’inu-yokai si riferisse.
«Fui io a prometterti che ti avrei strappato il cuore dal petto.- ripeté Sesshomaru, alzando appena una mano artigliata- E lo farò. Mantengo le mie promesse. Se non erro, però, oggi siamo qui per un diverso tipo di scontro.»
Soichiro tentennò, deglutendo nervosamente. La mancanza di reazione in Sesshomaru era più spaventosa che lo scoppio d’ira che si era aspettato.
“Sesshomaru è diventato più forte di come lo ricordavo.” pensò, corrugando la fronte.
Anna guardò Sesshomaru. Sapeva che, in un luogo ben lontano alla vista, le parole del Signore dell’Est avevano suscitato nell’animo dell’inu-yokai echi dolorosi che lei poteva solo immaginare. Più la pena era grande, più il suo bel volto diventava di pietra. A giudicare dalla sua espressione in quel momento, Sesshomaru sarebbe stato ben lieto di pasteggiare col cuore di Soichiro in quello stesso istante. Lei gli avrebbe fatto compagnia volentieri.
«Quasi dimenticavo. La tua sfida.- disse Soichiro, quasi sputando l’ultima parola- Un gesto magnanimo che abbiamo tutti apprezzato.» Fece un gesto verso la folla che gli stava attorno. «Ecco i miei campioni, Sesshomaru. I migliori guerrieri e i più potenti uomini di fede della mia terra.»
«Io ne ho dieci. Bastano e avanzano.» disse Sesshomaru, lapidario.
«Dieci?!» chiese Soichiro, iniziando a ridere. La folla rise con lui.
«Dieci. Non ho tutto questo tempo da perdere in sciocchezze.» ribadì Sesshomaru, facendo cenno agli umani di venire avanti.
«Presentatevi.» mormorò loro Anna, voltandosi appena.
Sango, Miroku e Kagome vennero avanti senza timore, dando il buon esempio agli altri.
«Il mio nome è Sango. Sono l’ultima erede della tribù dei Cacciatori di Demoni.» si presentò la ragazza, spazzando con lo sguardo il folto gruppo di esseri umani.
«Il mio nome è Miroku, e sono un servitore di Buddha.» disse Miroku, con un sorriso cortese, facendo tintinnare il bastone che aveva in mano.
«Io sono Kagome Higurashi.» disse la ragazza, senza aggiungere altro. Le sue vesti da miko e l’arco che aveva in spalla erano eloquenti. Ranma venne avanti, sicuro di sé, ormai eccitato dall’atmosfera combattiva.
«Io sono Ranma Saotome, erede della Scuola di arti marziali indiscriminate Saotome.» si presentò, con un sorriso arrogante.
«Il mio nome è Akane Tendo, erede della Scuola Tendo.» disse Akane, al suo fianco. Ranma ebbe per l’ultima volta l’istinto di zittirla e spingerla via per sottrarla a quel combattimento. Stringendo i denti, si impose di lasciare che quella pagliacciata andasse avanti.
«Io sono Ryoga Hibiki, esperto di arti marziali.»
«Il mio nome è Shan Pu e porto con me la grande arte marziale cinese della famiglia amazzone.» disse Shan Pu, osservando il nemico con un sorrisetto, a braccia conserte.
«Io sono Mousse. La mia abilità con ogni tipo di arma è conosciuta in tutta la Cina.»
«Io sono Ukyo, professionista dell’okonomiyaki.»
«Io sono Konatsu, della famiglia delle kunoichi.» si presentò timidamente Konatsu, guadagnandosi un’occhiata stanca da parte di Ukyo.
«Così questi sono i tuoi campioni?- chiese Soichiro, con un sorriso appena accennato- Molto bene. Converrai che, avendo lanciato tu questa sfida, mi spetta almeno il diritto di lasciare ai miei il piacere di scegliere chi sfidare.»
«Come credi. Non è cosa che mi riguardi.» disse Sesshomaru, gelido.
Il Signore dell’Est si voltò verso i suoi seguaci.
«Ebbene? Chi di voi si offre?- chiese, sarcastico- Come potete notare, la scelta è ridicola.»
«Io.» disse una voce profonda dalle retrovie. I combattenti dell’Est lasciarono passare colui che aveva risposto all’incitamento di Soichiro. Un monaco venne avanti di qualche passo.
«Tenchimaru. Sospettavo di sentire la tua voce prima di quella degli altri.» disse Soichiro, sorridendo. Il monaco, un uomo grande e muscoloso dall’aria scura, non lo guardò neppure, venendo avanti ancora di qualche passo e piazzandosi a una certa distanza dalla fila ordinata degli alleati di Sesshomaru.
«Tu.- disse, puntando un dito forte verso Miroku- Tu sei Miroku, figlio di Kintaro?»
«Ebbene, sì.- disse Miroku, atteggiando il viso a un’espressione sorpresa- Mi rammarico di non ricordare il vostro volto.»
Il monaco sorrise appena, senza per questo migliorare di molto l’espressione del suo viso.
«Eri nulla più che un moccioso, quando tuo padre mi cacciò dal tempio di Mushin.- disse il monaco, con tono da cui traspariva un odio profondo- Ho saputo che la maledizione non gli ha permesso di vivere molto a lungo.»
Miroku corrugò la fronte. Scacciato dal tempio di Mushin?
«Voi siete stato scomunicato?- chiese Miroku, corrugando la fronte- Mi spiego ora il vostro comportamento accidioso.»
Il volto del monaco si contorse in un’espressione di rabbia.
«Io ti sfido, Miroku, figlio di Kintaro.» disse.
«Miroku?» chiese Anna. Il monaco annuì.
«Io accetto. Sono qui per questo.» disse semplicemente.
«E sia!- disse Soichiro, sorridendo con aria sarcastica- Tenchimaru contro il vostro monaco. Chiamo a miei testimoni i miei campioni e le guardie del corpo che mi seguono.»
«Io non ho bisogno di testimoni.» disse Sesshomaru, voltando le spalle al demone, che fece una smorfia irata, prima di allontanarsi come tutti dai due contendenti, i quali si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, al centro della radura.
«Prega per la tua anima, ragazzo.» disse Tenchimaru, stringendo tra le mani un grande rosario di giada.
Miroku strinse saldamente il proprio bastone e gli fece un cenno d’invito.  La sfida era iniziata. Le due fazioni si schierarono l’una di fronte all’altra dando ampio spazio ai due contendenti.
«Miroku…» mormorò Sango, con un lampo di preoccupazione negli occhi. Quel monaco, Tenchimaru, aveva negli occhi uno sguardo strano. “Ha un’espressione che non mi piace affatto.” pensò, stringendo nervosamente la cinghia che le legava l’Hiraikotsu sulla schiena. Una mano le si posò sulla spalla. Si voltò, trovandosi di fronte il viso di Kagome, che le sorrise.
«Stai tranquilla. Miroku è in gamba.» mormorò Kagome e Sango annuì. Non dubitava del valore di Miroku. Era di quel tipo chiamato Tenchimaru che non si fidava. L’astio nella sua voce mentre narrava della sua scomunica era pericoloso…troppo, per una sfida che non aveva come scopo ultimo eliminare fisicamente l’avversario.
Miroku stava intanto studiando lo sfidante. Era un uomo maturo, ben oltre la quarantina a giudicare le rughe che gli segnavano il viso rabbioso. Era grosso e muscoloso, e Miroku poteva quasi avvertire la forza violenta di cui era possessore. Miroku era veloce e i suoi colpi sapevano essere poderosi, quindi se la cosa fosse andata sul corpo a corpo l’esito della sfida poteva rivelarsi incerto.
Per quanto concerneva i poteri spirituali, Miroku non avvertiva quasi nulla provenire dal monaco. Le cose stavano diversamente se spostava la sua attenzione sul gigantesco rosario di giada verde che si rigirava fra le mani.
«Vi disturba se vi chiedo cosa significa quel rosario?- chiese, sempre cortese e con il sorriso sulle labbra- Non posso fare a meno di notare la sua dimensione.»
“E il fatto che somiglia enormemente al rosario assorbi – energia del maestro Mushin.” pensò. Il sorriso che solcò per un istante il volto del monaco gli diede la conferma che cercava. Tenchimaru gestiva una qualche tecnica spirituale utilizzando proprio quel rosario.
«Dovresti averne visto uno simile in mano al vecchio Mushin.- disse il monaco- Potremmo dire che l’ho preso a prestito da lui. Mi ha aiutato a sviluppare la tecnica che mi è costata la scomunica…la tecnica che ora sperimenterai sulla tua pelle, ragazzo.»
«Sarei lieto di farlo, se non avessi in programma di vincere questa sfida.» disse Miroku, scrollando il capo con aria dolente.
«Prima di parlare dovresti pensare alle sciocchezze che dici, ragazzo!» esclamò Tenchimaru, afferrando il rosario e lanciandolo verso Miroku. Il giovane evitò le grosse sfere di giada con un salto, quindi atterrò poco oltre, stupefatto. Il rosario sembrava allungarsi a piacimento! Come aveva potuto arrivare fino a lui restando saldamente nelle mani di Tenchimaru?
«Per quanto trovi tutto questo estremamente interessante, non ho tempo per chiedervi delucidazioni. Ne riparleremo a sfida terminata.» disse Miroku, con un sorriso ben poco adatto a un monaco sul volto. Scattò in una breve corsa, saltando poi contro Tenchimaru, sferrando un colpo ad arco con il proprio shakujo. Tenchimaru sembrò essere colto alla sprovvista dalla velocità di Miroku, ma riuscì a scansare il colpo. Miroku toccò terra vicino a lui e si abbassò di scatto per non prendere in pieno il rosario sacro, diretto a tutta velocità contro la sua testa.
«Mai abbassare la guardia!» L’avviso arrivò in contemporanea col poderoso pugno che colpì Miroku all’addome. Si piegò in due, privo di fiato, ma, se pur indebolito, anche il suo colpo andò a segno. La lama dello shakujo colpì Tenchimaru, sfregiandogli una guancia.
«Piccolo bastardo!» sibilò Tenchimaru, facendo un passo indietro.
«Se avessi abbastanza fiato…vi direi la stessa cosa.» borbottò Miroku, saltando immediatamente indietro per evitare un nuovo attacco portato col rosario di giada.
«In questo momento sono pari.» mormorò Inuyasha, osservando Miroku che continuava a schivare i colpi del rosario.
«Cosa intendi dire?- chiese Ryoga- A me sembra in vantaggio Miroku. Quel Tenchimaru sta sprecando troppe energie, ostinandosi a lanciare quel grosso rosario invece di combattere a mani nude.»
«Quel rosario nasconde qualcosa. E’ l’unico motivo che trovo a giustificazione del suo comportamento.» intervenne Ranma, pensieroso.
«E Miroku deve averlo capito. Guardate come cerca di evitare il contatto in tutti i modi.» disse Inuyasha, scuro in volto. Sango strinse le labbra con forza, facendo un passo avanti.
Miroku si stava stancando di evitare i colpi del grosso rosario. Vedeva grosse perle di sudore luccicare sulla pelle lucida del cranio rasato di Tenchimaru, mentre lanciava le sfere di giada verso di lui con gesti poderosi delle braccia muscolose.
“Ah, maledizione!- pensò, con una smorfia- Questa cosa sta andando troppo per le lunghe. Alla fine dei conti, quel rosario non può certo sottrarmi energia come farebbe a un demone!” Deciso a farla finita, Miroku usò il proprio shakujo per deviare il rosario. Il colpo gli riverberò dolorosamente nelle braccia, ma Miroku non vi badò, pensando invece a utilizzare il momento libero per attaccare a sua volta. Tenchimaru tentò di recuperare la postura adatta a lanciare il rosario, ma Miroku gli fu addosso, colpendolo brutalmente alla faccia ferita col bastone. Colto di sorpresa, Tenchimaru barcollò e Miroku lo colpì in rapida successione al torace e all’addome.
«E con questo chiudiamo la questione, se non vi dispiace.» disse, ansimando appena e centrandolo al petto con un calcio. Tenchimaru fece un volo di qualche metro prima di atterrare dolorosamente a terra, senza fiato. Chiuse gli occhi, il viso atteggiato a una smorfia di dolore, e rimase immobile, col rosario inerte nel palmo della mano.
«Forse avrei dovuto dirvi che non è mia abitudine perdere uno scontro.» disse Miroku, passandosi le dita tra i capelli e riprendendo fiato. Tenchimaru rimase a terra. Miroku attese un istante, poi annuì. Volse lo sguardo sulla fazione dell’Est. Gli occhi scintillanti di Soichiro erano fissi su di lui.
«Direi che il primo punto va alla nostra squadra.» disse Miroku, prima di voltare le spalle ai nemici e incamminarsi verso il gruppo di Sesshomaru.
«E’ finita qui?- chiese Inuyasha, sorpreso- E io che mi aspettavo chissà cosa. Mi sono preoccupato per niente.»
«Io l’avrei fatto fuori in meno di due minuti.» assicurò Ranma, stuzzicando il giovane demone. Ormai rilassati, non si accorsero del lampo di soddisfazione negli occhi di Soichiro nel momento in cui Miroku voltò le spalle a Tenchimaru. Solo Sango intuì che qualcosa non quadrava.
«Miroku, non voltarti!» gli gridò, venendo avanti.
«Cosa?» chiese Miroku, sorpreso per la reazione della ragazza. Un brivido di gelo gli fece accapponare la pelle. Si voltò, sentendo che qualcosa non andava, solo per trovarsi stretto nella morsa del grande rosario di giada.
«Ma che…» sbottò Miroku, sorpreso. Le sfere di giada si strinsero ancora di più attorno al suo corpo, costringendolo a lasciare andare il bastone. Tenchimaru, ancora semisdraiato a terra, ridacchiava.
«Mai dare le spalle al nemico.» disse Tenchimaru, in tono trionfante, alzandosi in piedi e tendendo il rosario. Miroku fece un sorrisetto ironico.
«Lo ammetto, sono stato superficiale.» disse, chinando appena il capo.
«Miroku!» lo chiamò Sango, correndo da lui.
«Non ti immischiare, Sango.- le disse Miroku, bloccandola- Non è ancora il tuo turno.»
«Ma io…» tentò di protestare la ragazza.
«Tu. Torna qui immediatamente.» La voce gelida di Sesshomaru gelò il sangue ai presenti. Sango si voltò verso l’inu-yokai con aria rabbiosa, ma Anna le fece cenno di raggiungerla. Miroku aveva ragione: Sango non poteva intervenire. Sango si voltò ancora una volta verso Miroku, che le sorrise.
«Vai. Credi che basti un uomo del genere per battermi?» le disse. Sango chinò il capo e gli diede le spalle, tornando accanto a Kagome, che la abbracciò senza lasciare con lo sguardo l’amico legato. Tenchimaru fece una breve smorfia di compatimento.
«Credi davvero di poterti liberare dal rosario?- disse, sarcastico- Solo io ho il potere di farlo.»
«Non so cosa credi di poter fare con un affare così ingombrante, ma non credere che essere legato mi sia d’ostacolo, bastardo.» disse Miroku con un sorrisetto, abbandonando definitivamente i modi garbati. Si slanciò contro Tenchimaru, sfruttando le gambe, libere, per tentare di colpirlo. Il monaco diede invece una violenta torsione al rosario, cosicché il balzo di Miroku fu solo un’ulteriore spinta che lo fece impattare al suolo di faccia.
«Maledi…zione…» ringhiò Miroku, facendo leva sulle ginocchia per alzarsi da terra. Una parte della sua mente registrò la tensione ora presente tra i membri della sua fazione. Un piede lo colpì alla spalla, rigettandolo a terra.
«Dicevi?» chiese Tenchimaru, con un sorrisetto sul volto duro. Miroku alzò la faccia dal terreno e sfoggiò un sorriso non meno arrogante.
«Che questo affare non ti servirà a nulla.» ripeté, sarcastico. Agganciò una caviglia del monaco con le gambe e tirò. Tenchimaru cadde, ma non lasciò andare il rosario. Rialzandosi, affibbiò a Miroku un altro calcio sulla spalla. Miroku si morse un labbro per soffocare un grido, mentre rotolava su se stesso un paio di volte. Quel bastardo gli aveva appena lussato l’articolazione.
«Ringraziami ora che puoi farlo, ragazzo, perché stai per avere l’onore di testare sul tuo corpo il grande potere della mia Tecnica di Manipolazione dell’Anima.- sibilò Tenchimaru- Avrei voluto farla assaggiare a tuo padre, ma è morto troppo presto.»
Miroku gli sputò in faccia e tentò di nuovo di colpirlo, ma Tenchimaru, lo sbatté a terra, facendogli nuovamente provare un dolore terribile alla spalla fuori sede. Quando cominciò a recitare il sutra, la vista di Miroku si fece oscura.
«Cosa mi stai facendo?!» chiese Miroku, avvertendo le sue percezioni farsi offuscate.
«Abbandonati…abbandonati…» mormorò nelle sue orecchie la voce di Tenchimaru, con una strana eco.
«Miroku! Kami-sama, cosa gli sta facendo?!» Sentì la voce di Sango allontanarsi da lui.
«Sesshomaru, fa qualcosa!» Questo era…Inuyasha?
«Non possiamo intervenire.» disse Sesshomaru, lapidario. Sentì Soichiro ridere.
«Esatto, mio caro. Sono entrambi monaci. L’uso di poteri spirituali era prevedibile.»
“Gran bella coppia di bastardi…” pensò Miroku, con un ultimo guizzo di ironia.
«Affonda in te…» disse ancora Tenchimaru. E Miroku affondò.

***

«Dove sono?» chiese Miroku. La sua voce echeggiò nel nulla.
Il posto era stravagante, su quello nulla da dire. Il cielo era nero. La terra era rossa. O forse era l’inverso? Se si deconcentrava, gli pareva di poter stare in piedi in entrambe le direzioni.
«Dove sono?» chiese ancora Miroku, più forte. Che diavolo di posto era quello?! Lui aveva qualcosa da fare…qualcosa…qualcosa…
«Non ti ricordi?- disse una voce che gli trasmise un acuto senso di fastidio- Ti aiuto io.»
Non cambiò nulla. Miroku corrugò la fronte.
«Ma che aiuto e aiuto?- borbottò- Almeno di' qualcosa, visto che…ah!!» Un dolore fortissimo gli attraversò una mano. Abbassò lo sguardo, sorpreso, stringendo i denti per il dolore. Un grande foro insanguinato gli bucava il palmo da parte a parte. Poteva vedere la terra oltre lo squarcio, tra lo scorrere del sangue.
«Ma che…» “La maledizione!” Alzò lo sguardo, mentre il suo cuore mancava un battito. Una risata malvagia sembrò fare da contrappunto alle dolorose pulsazioni della ferita. Una sagoma avvolta in una pelle di babbuino volteggiava in aria poco distante.
«Ku ku ku…Senti dolore, Miroku?»
«Na…Naraku!» rantolò Miroku, tenendosi la mano offesa.
«Quella ferita ti ucciderà e si tramanderà di generazione in generazione, uccidendo i tuoi discendenti finché io avrò vita.» mormorò il demone, con voce dura e ironica. Miroku impallidì, sentendo le gambe minacciare di cedere.
«No…- mormorò, quasi senza voce- No, questo…non è successo a me. E’ successo a mio nonno.»
«E’ vero, monaco. Molto perspicace.- rise ancora Naraku, poi gli mostrò il suo volto bello e gelido, crudele- Ma questo non cambia il fatto che la maledizione segue te e i tuoi eredi. E che…il foro del vento è senza protezione.»
«Cosa?!» rantolò Miroku. “Il rosario!” pensò convulsamente. Il rosario che serviva a sigillare il foro del Vento! Perché non lo indossava?! Fu in quell’istante che la tremenda ferita divenne oscura. Un grande potere d’attrazione iniziò a concentrarsi al suo interno.
«No! Oh no!» gridò Miroku, cercando di tenere il polso lontano da sé, mentre la forza d’attrazione iniziava a manifestarsi.
«Che tragedia, non trovi, monaco?- rise Naraku, allontanandosi- Morire come morì tuo padre, ma senza eredi. Non sei curioso di provare l’esperienza, Miroku?»
«No!» gridò Miroku con rabbia alla figura ammantata di bianco, che sparì con un’ultima risata. Abbassò lo sguardo terrorizzato sulla ferita. Il vortice prendeva sempre più forza, sempre di più, di più, di più…”No, c’è qualcosa di strano, qualcosa che non va! Perché non indosso il rosario?! Perché sono qua?!” pensò Miroku, tentando di porre sotto controllo la sua mente terrorizzata. Di colpo tutto il suo corpo fu attratto dal buco nero nella sua mano. Urlò, sentendo il suo corpo contorcersi insieme a tutto ciò che lo circondava. «No! Non voglio morire così!» gridò. Il suo braccio era già per metà scomparso. Il dolore era insopportabile.
«No! No!!» gridò. Avvertì una risata. Naraku?! Naraku lo derideva ancora? Non voleva morire davanti a quel bastardo! «Oh, Buddha, perché?!» singhiozzò, pestando il piede a terra con frustrazione terribile. Aprì gli occhi di scatto. Aveva già compiuto quel gesto…su Naraku? Gli parve che la terribile distorsione del suo corpo si placasse un attimo. Pestò ancora il piede per terra. Sì, significava qualcosa. Vide riapparire parte del suo braccio. Avvertì nell’aria un senso di disappunto. “Com’è possibile?” si chiese. Subito, il vortice riprese a consumarlo. Miroku strinse i denti e pestò ancora il piede per terra, attaccandosi a ogni appiglio per prolungare anche solo di qualche secondo la sua vita.
«Non morirò così facilmente.» ringhiò, mentre perle di sudore gli scorrevano sul volto.
«Se morirai qui, allora io morirò con te!»
La frase lo folgorò.
«C…cosa?» chiese Miroku. Nessuno gli rispose, ma il vortice regredì ancora impercettibilmente. Qualcuno aveva pronunciato quella frase…per lui.
«Ma io non morirò. Non posso! Devo prima sconfiggere Naraku.» disse, confortando qualcuno che non ricordava, annaspando fra una massa di ricordi nebulosi. Ovunque guardasse vedeva Naraku…
«Perché non cerchiamo i frammenti insieme?» chiese qualcuno. Una ragazza dai capelli neri. Miroku si aggrappò a quel ricordo come ad un ramo oltre una scarpata. Era la stessa della prima frase? Non credeva, ma…
«Chi siete?» mormorò, concentrando i propri sforzi nel ricordare. Più sentiva quelle voci, più la morsa del Foro del Vento si allentava. “Io non voglio morire.” pensò, concentrando le sue facoltà. Parti di vita vennero alla luce, sempre più chiare, portando in superficie nomi e visi.
«Io…ho viaggiato. Ho cercato una sfera…la Shikon no Tama…con qualcuno.- disse, acquistando forza a ogni ricordo conquistato- Qualcuno che mi ama per quello che sono. Loro sono la mia famiglia...sono coloro che io amo!»
Pestò di nuovo il piede per terra e alzò gli occhi al cielo, che si era fatto ancora più cupo.
«Sì! Con questo gesto, io ho ucciso Naraku! Ho schiacciato al suolo la sua testa e il mio nemico è morto!» esclamò, mentre tutte le tessere del puzzle tornavano al loro posto. Mesi di viaggio, l’amicizia insperata, la vittoria…l’amore per Sango. «Morto e defunto!» gridò ancora, mentre tutto tornava a occupare il suo posto. «Io ho sconfitto Naraku!- gridò, mentre il suo braccio e la sua mano tornavano sani e integri davanti ai suoi occhi- E la maledizione è sparita!» Volse gli occhi rabbiosi al cielo nero. «Tenchimaru! Bastardo, è questa la tua tecnica?! La scomunica è il meno che ti potesse capitare!» gridò al suo vero avversario.
«La tua forza spirituale non ti salverà comunque, dannato piccolo bastardo.» disse Tenchimaru, in qualche luogo ancora invisibile. Miroku avvertì un dolore terrificante al torace e si inarcò all’indietro, spalancando gli occhi e gridando dal dolore. Il mondo si rovesciò su se stesso. Quando Miroku tornò a vedere, si trovò di fronte la faccia contratta di Tenchimaru, il quale gli stava spezzando la spina dorsale costringendolo tra le sue possenti braccia.

***

«C’è qualcosa che non va.» disse Anna, spezzando il silenzio mortale con cui coloro che stavano attorno a Sesshomaru osservavano lo scontro di volontà che si stava consumando al centro della radura.
Tutti si voltarono verso di lei, tranne Sango, la quale non poté distogliere lo sguardo dalla figura di Miroku, inginocchiato a terra, ancora avvolto nelle fredde spire del rosario. Il suo sguardo era perso nel vuoto, oscuro, privo di quella luce di allegra malizia che lo contraddistingueva. Miroku era pallido, mortalmente pallido. A Sango sembrava si consumasse di secondo in secondo.
«Cosa cosa vuoi dire, Anna?- chiese Kagome, preoccupata, distogliendo Sango dai suoi pensieri- Miroku sta perdendo?»
«Non è solo questo.- mormorò Anna- Sento la sua energia disperdersi. Lo sento sempre più lontano.»
Sango si voltò verso di lei con il viso pallido e duro come il marmo.
«Lo sta uccidendo, vero?» chiese, brutale. Anna annuì, dapprima incerta, poi più sicura.
«Sta facendo…collassare la sua anima. Non saprei come altro spiegarmi.» disse.
Tutti assunsero un’espressione stupefatta e preoccupata.
«Ferma lo scontro, allora.- ringhiò Inuyasha, rivolto a Sesshomaru- Non era previsto che ci fossero dei morti.»
«Non si è parlato di evitare morti negli scontri.» disse Sesshomaru, gelido. Corrugò appena le sopracciglia nel notare la luce di divertimento negli occhi di Soichiro. Gli umani al servizio dell’Est si stavano disinteressando a una battaglia che ritenevano già vinta.
«Cosa intendi dire?! Non hai posto questa condizione?!» esclamò Kagome, basita.
«Se intervenissimo in ogni momento pericoloso, queste sfide non avrebbero motivo di esistere.- disse Sesshomaru, sfidando Soichiro con lo sguardo- Quel Miroku saprà cavarsela da solo.»
«Bastardo insensibile…» ringhiò Inuyasha, decidendo seduta stante di interrompere quello scontro, a costo di regalare un punto al Signore dell’Est. Fu non poco sorpreso quando Sango lo fermò, prendendolo per un braccio.
«Miroku non perderà.- disse, con una luce dura negli occhi- Sesshomaru ha ragione. Aspettiamo ancora un po’.»
Miroku iniziò a gemere, stringendo la mano destra in un pugno ferreo.
«Non morirò…» disse, rauco. Tenchimaru fece una smorfia e strinse con un gesto il rosario attorno alla figura inginocchiata di Miroku.
«Non dovrebbe nemmeno più parlare.» disse. Sentì sulla schiena l’occhiata tagliente del Signore dell’Est. Più di così non poteva fare. L’anima di quel ragazzino era resistente, più di tutte quelle che lui aveva infranto.
«Sta crescendo.» disse Anna, stringendo una spalla di Sango e annusando l’aria d’un tratto carica di tensione. Sentiva l’aura spirituale di Miroku ingigantirsi tanto quanto fino a un momento prima stava disgregandosi. Miroku alzò la testa con uno scatto che mise in evidenza i tendini del suo collo, facendo fare un balzo per la sorpresa a tutti coloro che seguivano il combattimento.
«Tenchimaru! Bastardo, è questa la tua tecnica?! La scomunica è il meno che ti potesse capitare!» gridò Miroku al suo vero avversario, dando l’impressione di parlare da una grande distanza. D’un tratto, le sfere di giada si spaccarono, liberando il prigioniero, che comunque non si mosse.  Sesshomaru si concesse un sorrisetto, mentre un lampo d’ira passava negli occhi di Soichiro. Tenchimaru, il volto sfigurato dalla rabbia, si gettò su Miroku e lo sollevò da terra, prendendolo per la vita.
«La tua forza spirituale non ti salverà comunque, dannato piccolo bastardo.» esclamò, iniziando a stringere Miroku in una morsa mortale. Gridando, Miroku sembrò destarsi dalla trance.
«Kami-sama, vuole ucciderlo davvero!» gridò Akane, impressionata. Tutti videro del sangue sgorgare dalla bocca di Miroku. Il giovane digrignò i denti per il dolore, sentendo le ossa scricchiolare pericolosamente.
«Ho sconfitto Naraku, quindi non mi farò certo uccidere da te!» disse, utilizzando le sue ultime forse per liberarsi le braccia e afferrare con forza il collo del suo avversario, schiacciando la trachea. Tenchimaru boccheggiò, a corto d’aria, intensificando la stretta. Miroku gridò ancora, sentendo qualcosa rompersi definitivamente, ma non mollò la presa. Il dolore divenne insopportabile, mentre il viso sfigurato dall’ira del suo avversario diventava pallido…poi rosso…poi violaceo. Finalmente la stretta si allentò. Tenchimaru cadde all’indietro, trascinando con sé Miroku. I due giacquero a terra, immobili.
«Parità?» chiese Soichiro, con disappunto.
«Miroku!» gridò Sango, precipitandosi dal ragazzo senza considerare la volontà di Sesshomaru. Si avvicinò a Miroku e allungò una mano tremante, chiamandolo. Con movimenti lenti, Miroku si alzò a fatica sul corpo inerte di Tenchimaru.
«Ho…vinto.» disse a fatica, sfoggiando sulla bocca macchiata di sangue il suo solito sorriso confidenziale. Sango scoppiò in lacrime e lo abbracciò, strappandogli un grido di dolore.
«Piano, Sango! Deve avere qualche costola rotta.» disse Ranma, avvicinandosi con Inuyasha per aiutare il monaco ad alzarsi.
«Direi tre.- disse Miroku, tentando senza molto successo di nascondere una smorfia di dolore- E ricordatevi la spalla lussata. Ahi, fate piano.»
Con cautela, Inuyasha e Ranma lo sollevarono da terra, allontanandolo dal corpo privo di sensi di Tenchimaru, che respirava appena tra le gemme infrante del suo rosario. Sango li seguì, aggrappata a un lembo della veste di Miroku mentre le lacrime continuavano a rigarle il volto.
«Si riposerà e si riprenderà presto.» le mormorò Anna. Sango annuì, asciugandosi le lacrime dagli occhi con un gesto deciso.
«Un punto per me, pare.» disse intanto Sesshomaru, senza degnare di un’occhiata il ferito. Soichiro fece una smorfia, quindi annuì, mentre qualcuno portava via Tenchimaru. Sesshomaru lanciò una breve occhiata a Miroku, quindi tornò a guardare Soichiro, che gli voltò le spalle con un gesto seccato.
«Medica le ferite del tuo protetto, giovane Sesshomaru.- disse, scoccandogli un’ultima occhiata assassina- E goditi la prima vittoria. Domani la musica sarà molto diversa.»
Con queste parole, Soichiro e i suoi si ritirarono nella boscaglia per andare a raggiungere il grosso dell’esercito. L’unica risposta di Sesshomaru fu un breve e gelido sorriso.

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Capitolo 6
*** 6 - Lo spirito e la forza ***


Author's note: Miroku ha rischiato molto, ma se l'è cavata. Come andrà agli altri contendenti?

Sesshomaru, seduto con la schiena contro un tronco, osservava con aria assorta il buio della notte, appena rischiarato a qualche distanza dal chiarore di un fuoco acceso attorno a cui stavano gli esseri umani e Anna, che in quel momento stava aiutando la compagna di Inuyasha a trovare delle erbe medicinali adatte a curare le abrasioni e le ferite del monaco.
Il vento fresco dell’autunno gli accarezzò il volto, scostandogli i capelli dalla fronte. La notte era tranquilla. Non sembrava che gli sgherri dell’Est volessero tentare un agguato. Per precauzione, però, l’intera famiglia inu-yokai si stava aggirando nella foresta. Sesshomaru non intendeva perdere uno di quegli umani prima ancora che si fossero resi utili. Un breve sorriso gelido gli increspò le labbra al pensiero  della vittoria di quel pomeriggio.
Quel monaco, Miroku, era stato bravo. Sesshomaru contava sulla sua forza d’animo e aveva avuto ragione. La vista del viso pieno di disappunto di Soichiro era un premio sufficiente per quella giornata. Il disappunto sarebbe cresciuto col progredire della sfida, rendendolo ben più insicuro di quanto ora fosse al pensiero di muovere guerra al grande Sesshomaru. Non che lui avesse comunque intenzione di porre fine alla cosa senza spazzare via Soichiro e la sua plebaglia. L’Est sarebbe diventato suo. Lo considerava un buon indennizzo, insieme al cuore ancora pulsante di Soichiro, in grado forse di scacciare dalla sua mente il ricordo della morte di Inuken una volta per tutte.
Un lieve rumore di passi gli fece alzare lo sguardo. Con un sorriso stanco, Anna camminò verso di lui e gli si sedette accanto, passandogli le braccia attorno alle spalle e affondando il viso nella sua coda morbida.
«Ciao.- mormorò Anna, la voce soffocata dal pelo delicatamente rosato- Sei stanco?»
«Non direi.- rispose Sesshomaru, giocherellando distrattamente con le punte dei capelli di lei- Mi sento anzi abbastanza soddisfatto.»
«Sì, Miroku è stato bravo.» disse Anna, con un sorriso. Un’imprecazione e un suono di risa arrivò alle loro orecchie dal fuoco da campo. «E’ malconcio, ma si riprenderà bene.- continuò Anna- Ha già la forza di scherzare.»
Sesshomaru non disse nulla e Anna, sospirando, si portò alle sue spalle, iniziando a massaggiargli la base del collo.
«Sei teso da morire.- gli sussurrò- Non preoccuparti, andrà tutto bene. Ora che ho visto il nostro nemico, so che possiamo batterlo.»
Sesshomaru sentì tutta la tensione di cui non era nemmeno stato conscio sciogliersi tra le dita di Anna. Chinò il capo, rilassandosi e lasciando che le mani di Anna lavorassero sulle sue spalle.
«Non sono preoccupato.» non poté fare a meno di mormorare. Fu quasi certo di averle strappato un sorriso. «Soichiro morirà e mio padre sarà vendicato.»
«So che ci riuscirai.- mormorò Anna al suo orecchio, facendogli venire un brivido- Io mi fido di te.»
Quelle parole ebbero il potere di riscaldargli il cuore. Sentì le dita di lei fermarsi sulla sua schiena. Si voltò.
«E tu?- chiese Anna, con un sorriso incerto- Ti fidi di me?»
Sesshomaru, per tutta risposta, si voltò e le prese il volto tra le mani, chinando il capo per posarle un bacio sulle labbra. Al primo bacio seguì un secondo e poi un terzo, finché entrambi dimenticarono completamente il suono di risa che proveniva dal fuoco non molto distante.

***

«Sango-chan, daresti un po’ d’acqua a questo povero malato?» gemette Miroku, con aria afflitta e dolorante, tenendosi una mano sulle fasciature che gli circondavano il torace.
«Miroku, hai la bottiglia di Kagome a circa tre centimetri dalla tua mano.» disse Inuyasha, le braccia incrociate e un’espressione disgustata sul volto.
«Guastafeste…» borbottò Miroku, afferrando la bottiglia e bevendo da solo. Sango sorrise e andò a sedersi vicino al monaco ferito, portandogli da mangiare e imboccandolo come un bambino.
«Sembra che la cosa gli faccia piacere.» osservò Inuyasha, con espressione perplessa. Kagome gli sorrise in maniera radiosa e avvicinò alla sua bocca un pezzo del nikuman preparato da Shan Pu.
«Fai ‘ah’, Inuyasha.» disse. Inuyasha arrossì violentemente e si tirò indietro.
«Oi! Kagome, sei impazzita?» chiese. Kagome gonfiò le guance, sbuffando.
«Che c’è da vergognarsi, mi chiedo?» borbottò, arrendendosi.
«Facciamolo anche noi, ai len!» esclamò Shan Pu, inginocchiandosi accanto a Ranma e avvicinandogli al viso un pezzo di nikuman.
«Non cercare di avvelenarlo col tuo cibo da due soldi, Shan Pu.» ringhiò Ukyo, fermandole la mano.
«Che vuoi dire, ragazza – spatola?!» rimbeccò Shan Pu. Le due ragazze si scambiarono un’occhiata inceneritrice, mentre Ranma cercava aiuto in Akane, che però tenne la sua attenzione altrove, palesemente infastidita. Ranma sospirò, cercando di allontanarsi dal raggio d’azione delle due ragazze, ancora impegnate a fissarsi con astio.
«Se solo Akane fosse carina come loro…» disse, accorgendosi di aver parlato a voce alta solo quando il suo zaino lo centrò in testa.
«Mi dispiace tanto di non essere carina.» disse Akane, allontanandosi per andare a sedersi vicino a Kagome. Ryoga si diresse verso Ranma schioccando minacciosamente le nocche, ma Konatsu si avvicinò e lo tirò indietro.
«Coraggio, non è il momento di litigare.» disse.
«Konatsu ha ragione. Piantiamola.» disse Ranma, lanciando un’occhiata ferita ad Akane e venendo fuori da sotto lo zaino. Mousse, ancora in stato d’estasi di fronte al nikuman che Shan Pu gli aveva cucinato con le sue manine, non partecipò alla discussione. Ryoga, soffocando la propria voglia di picchiare l’avversario di sempre, si sedette, appoggiando il mento su una mano.
«Certo che gli avversari che abbiamo di fronte sono piuttosto forti!- osservò- La sfida si fa stimolante.»
«E il mio povero Miroku ha dovuto testarlo in prima persona.» mormorò Sango, accarezzando la testa del monaco con affetto. Miroku sorrise e le accarezzò una guancia.
«Mi sembra giusto, essendo io l’ideatore di questa sfida.» disse.
«Ora però sappiamo di non avere la certezza che uno scontro non finisca in tragedia.- disse Ranma, scuro in volto- Dovremo essere pronti a qualsiasi cosa.»
«Esattamente.» disse Inuyasha. “E questo non mi piace.” pensò. Con un movimento furtivo, strinse la mano di Kagome. Lei gli sorrise, appoggiando il capo sulla sua spalla.
«Ce la faremo tutti quanti.- disse- Me lo sento. Siamo o non siamo i migliori del Giappone?»
«Io non sono mai stato battuto e non comincerò certo ora.» disse Ranma, stringendo i pugni.
«Guarda che Kagome stava scherzando.» commentò Akane, sarcastica.
«Chissà chi sarà sfidato domani.» si domandò Mousse, uscendo finalmente dallo stato di stupefazione e iniziando a mangiare.
«Spero che tocchi a me.- disse Ryoga- Ho proprio voglia di vedere quanto sono forti gli uomini della Sengoku Jidai. Quel Tenchimaru sembrava un elemento interessante.»
«E’ esattamente quello che continuano a ripetermi le mie costole.» ironizzò Miroku, facendoli ridere. In quel momento, Akane si accorse dell’assenza di Anna.
«Dov’è finita Anna?» chiese, guardandosi attorno.
«Oh, sarà da Sesshomaru.- borbottò Inuyasha- Lasciamo la bella coppia in pace.»
Kagome gli diede una gomitata nelle costole mentre gli altri ridevano. Poco dopo, tutti quanti si stesero sul morbido suolo ricoperto d’erba e si presero il meritato riposo, in attesa del secondo giorno di sfida.

***

Quando i due schieramenti si fronteggiarono di nuovo, la mattina seguente, l’aria era plumbea e non solo a causa dell’umore dei presenti. Grosse nuvole scure correvano nel cielo, ammassandosi e promettendo pioggia imminente.
«Influenzi il cielo col tuo umor nero, Soichiro?» chiese Sesshomaru, sardonico. Il Signore dell’Est lo ripagò con un sorrisetto arrogante e un lampo d’ammonimento negli occhi neri.
«Una vittoria in battaglia non basta a decretare le sorti di una guerra, mio caro. Vedremo cosa vorrà il destino.»  disse semplicemente.
«Chi è l’ardito di oggi?» chiese Inuyasha, incrociando le braccia sul petto.
«Toh! Il fratello mezzosangue pare in grado di esprimersi. Questo rappresenta una piacevole scoperta.» ironizzò Soichiro. Inuyasha inarcò un sopracciglio ma non aggiunse altro. «E sia. Basta con le parole e passiamo ai fatti. Quest’oggi hanno fatto a gara per avere il privilegio di sfidare i tuoi…campioni, potremmo dire…in molti. Ho però deciso di terminare le sfide dello spirito prima di passare a quelle meramente fisiche. Vieni avanti, Minako.»
Una donna alta dai lunghi capelli neri raccolti in una treccia lucente venne avanti, mentre il gruppo di guerrieri le faceva spazio. Indossava il tipico abito da miko e dimostrava non più di quarant’anni. Era senza dubbio una donna matura nel pieno del suo potere.
«Il mio nome è Minako.- disse la sacerdotessa con voce calma e posata- E’ mia intenzione sfidare la vostra miko.»
Kagome venne avanti di un passo, fronteggiando l’avversaria. Stupendola, sorrise e le indirizzò un breve inchino.
«Molto piacere! Il mio nome è Kagome Higurashi.» si presentò a sua volta. Minako la osservò con una certa dose di curiosità per un istante, quindi corrugò la fronte.
«Rispondi a questo quesito.- disse- Come può una miko di santificato potere, per quanto giovane, schierarsi tra le file di un così sanguinario nemico degli uomini?»
Il sorriso di Kagome si accentuò, diventando allo stesso tempo più amorevole e malinconico.
«Ciò che guida e sempre guiderà le mie azioni è l’amore che provo per il fratello del demone che è tuo nemico.- disse, guardando la miko con occhi sinceri- Se oggi combattiamo non è perché l’ha voluto Sesshomaru, ma perché il tuo signore ha voluto sfidare l’Ovest.»
«Intento giustificato dagli atti sanguinari del demone, il cui fratello tu…ami.» le ultime parole vennero pronunciate con malcelato disgusto.
«Se questo fosse il tempo e il luogo ti farei capire quanto ti sbagli, ma credo che ora dovremo combattere.» disse Kagome, sospirando. Minako ristette, poi, avvertendo la tensione su entrambi i fronti, annuì. Non era quello il tempo di parlare, anche se quella giovane suscitava in lei molti interrogativi.
«E sia. Svolgiamo dunque il nostro dovere.- disse- Ma preferirei combattere nella foresta. Il nostro potere necessita di concentrazione ed essa ci viene negata dalle aure demoniache che ci circondano.»
«Nella foresta?!» chiese Sango, preoccupata.
«Non mi sembra una buona idea, Minako-sama.- disse uno dei guerrieri- La sfida necessita di testimoni.»
«Sono certa che sia Soichiro-sama che il Signore dell’Ovest saranno in grado di avvertire gli esiti del combattimento grazie al potere sprigionato dalle nostre aure.» ribatté la miko. Soichiro annuì e lanciò un’occhiata a Sesshomaru, che fece un lieve cenno del capo. Minako, soddisfatta, spostò di nuovo lo sguardo su Kagome.
«Per me va bene.» disse lei, sorridendo di nuovo. Minako corrugò la fronte. Quella ragazzina sembrava non rendersi conto della serietà della situazione. O forse era molto sicura di sé? Minako non credeva che una ragazza così giovane potesse tenerle testa, ma…
«Dunque andiamo.» disse, incamminandosi verso la foresta. Kagome, con un cenno di saluto agli amici, si inoltrò nel folto con lei.
«Non m’importa cosa dice Sesshomaru.- mormorò Inuyasha, attirando l’attenzione di Anna- Se quella donna oserà torcere anche un solo capello a Kagome, io interverrò e la ucciderò.» Anna gli strinse il braccio, invitandolo alla calma, mentre avvertiva tutti i muscoli di lui tesi per la preoccupazione.
«Kagome non sarà mai battuta, Inuyasha.- mormorò la yokai- Su questo non ho alcun dubbio. Fidati di lei.»

***

Minako si concentrò, cercando di rendere meno avvertibile la sua aura spirituale. In piedi al centro di un piccolo spiazzo tra gli alberi, cercò di rendersi invisibile agli occhi della mente della giovane miko, che si era allontanata in direzione opposta alla sua.
Il loro combattimento si basava sulla forza dello spirito. Contrariamente alle maniere rudi di Tenchimaru, Minako non aveva alcuna pretesa sulla vita della giovane ragazza. Era però sua intenzione farle comprendere gli sbagli che stava commettendo. Servire quel gelido inu-yokai…essere addirittura innamorata di un demone! Era inconcepibile un comportamento simile in una miko santificata.
L’avrebbe attaccata di sorpresa, aiutata dalla sua tecnica per nascondere la propria presenza, dopodiché avrebbe sigillato i suoi poteri e le avrebbe fatto un lungo discorso su ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Probabilmente sarebbe riuscita a portarla al fianco di Soichiro-sama…
«Minako, eri qui? Perché devo stare nella foresta da sola?- disse una voce, spezzando la sua concentrazione- Non dovevamo combattere?»
Minako aprì gli occhi di scatto, sconvolta. La giovane Kagome era di fronte a lei, l’aria interrogativa sul volto innocente, le mani incrociate dietro la schiena.
«Come…come mi hai trovato?» chiese, con voce troppo stentorea per i suoi gusti.
«Non lo so esattamente. Ho solo avvertito la tua presenza.- rispose Kagome- E’ importante?»
“Ma io avevo nascosto la mia aura!” pensò Minako, sconvolta. Il suo viso serio divenne più scuro. «Pare che non ti si possa ingannare con questo genere di trucchi. Il tuo potenziale è grande, ragazza.- mormorò, facendo due passi indietro- Vorrà dire che passerò direttamente alla seconda fase del mio piano.»
«Cosa?» chiese Kagome, facendo un passo indietro. Con due movimenti veloci delle mani, la miko scagliò qualcosa verso Kagome, che mandò un piccolo strillo, mettendo le mani avanti. Un cerchio di piccoli pugnali circondò Kagome.
«Ora!» esclamò Minako, facendo un gesto con le mani. I pugnali presero a brillare di una potente luce rossa. Minako sorrise, dura. «La tua anima è sigillata e con questo il combattimento è concluso. Ora ascoltami…» disse, prima che la reazione di Kagome la facesse arretrare ancora.
«Ehi! Ma che modi sono?! Mi hai fatta spaventare da morire!- esclamò Kagome, irritata, uscendo con passo deciso dal cerchio di luce, che smise immediatamente di brillare- Non si lanciano i pugnali in quel modo! Qualcuno potrebbe farsi molto male, non ci hai pensato?!»
«Ma che razza di persona sei tu?!- boccheggiò Minako- La tua anima doveva essere sigillata. E poi questo è un combattimento, maledizione!»
«Non ho nessuna intenzione di farti giocare con la mia anima.- disse Kagome, corrugando le sopracciglia- Ho già fatto abbastanza esperienza, grazie.»
“Ma chi è questa ragazzina? Ha un potere enorme!” pensò Minako, sconvolta. Il suo potere spirituale era grandissimo, eppure non metteva in difficoltà quella ragazza che non aveva nemmeno la metà dei suoi anni! Kagome fece un altro passo avanti e Minako reagì d’istinto.
«Non avvicinarti!» le ordinò, creando una barriera attorno a lei. Kagome alzò una mano per toccarla e la barriera si infranse. Ci fu un lampo di serietà pericolosa negli occhi della giovane.
«Trovo che basti così, non credi?» disse, con voce pacata. Minako fece una smorfia irata. Lei era il capo delle miko di Soichiro-sama. Non poteva farsi mettere sotto in quel modo da una ragazzina!
«Non mi farò mai battere da una ragazzina come te.- mormorò, dura- Non mi farò mai battere da una che ha deciso di sporcare la sua anima innamorandosi di un demone!!» Ciò detto invocò la potenza del fuoco e scagliò fiamme contro la ragazza, che ne fu avvolta. Minako si preparò alle grida di dolore di lei, pronta a far finire la lezione prima che diventasse troppo pericolosa. Vide invece la giovane Kagome incorniciata dalle fiamme, ma non ferita da esse. I suoi occhi erano scuri e penetranti e le fecero salire un brivido lungo la schiena.
«Io non mi pentirò mai di amare Inuyasha.- disse Kagome, furiosa- Non ti permetto di esprimere giudizi sulla cosa più bella che mi sia mai capitata!» Kagome attinse alle memorie di Kikyo come da una inesauribile fonte ed eresse una barriera di potere attorno alla miko.
«Lasciami andare!» gridò Minako, spaventata nel constatare di non poter forzare la barriera. Kagome impugnò l’arco e incoccò una freccia.
«Il mio amore per Inuyasha dura nei secoli e io non permetterò che lui sia costretto a uccidere degli esseri umani solo perché voi non volete ascoltare!» La freccia partì verso il suo bersaglio. Minako chiuse gli occhi, aspettando il colpo finale. Qualcosa passò sibilando a pochi centimetri dalla sua guancia. Con un colpo sordo, la freccia si conficcò nel tronco dell’albero alle spalle di Minako. La donna aprì gli occhi, scivolando sulle ginocchia per lo shock.  Kagome non l’aveva uccisa.
La ragazza si inginocchiò di fronte a lei, con viso nuovamente dolce.
«Il combattimento è finito.- disse- Ora vuoi ascoltarmi? Ti racconterò perché sto dalla parte di Sesshomaru, così forse riuscirai a capire perché nessuno di voi dovrebbe combattere questa guerra.»
Minako sentì una risposta pungente salirle alle labbra, ma la respinse. Era abbastanza matura da riconoscere la propria sconfitta e la sincerità che leggeva negli occhi della giovane le diceva che quello che Kagome aveva da dirle poteva essere molto importante.
«Ti ascolterò.» fu ciò che disse.
Kagome sorrise.

***

«Stanno tornando.» annunciò Anna, sentendo avvicinarsi le potenti energie di Kagome e Minako. Pochi istanti dopo, le due uscirono dal folto, raggiungendo i due gruppi in attesa.
«Ebbene?» chiese Soichiro, seccato nel vedere la giovane dai capelli neri ancora in vita.
«Mi dispiace, Soichiro-sama, ma Kagome si è rivelata un’avversaria al di là delle mie forze.- disse Minako, inchinandosi al moko-yokai- Devo riconoscere la mia sconfitta. Ordinerò alle miko di ritirarsi da questo combattimento.»
Soichiro soffocò a stento un gesto di stizza. Non aveva dato eccessiva importanza alla prima sconfitta, ma due…qui si stava esagerando! Gli esseri umani erano solo dei molluschi! Intercettò l’occhiata sardonica di Sesshomaru e contenne la smorfia d’ira che gli era passata sul volto.
Kagome tornò dai suoi amici, subito intercettata da Inuyasha, che le mise un braccio sulle spalle con fare possessivo, mentre Minako si riunì alle file di Soichiro, sbirciando il demone con uno sguardo sospettoso ben diverso da quello di poco prima.
«Sbaglio o quella Minako non sembra più avere troppa fiducia nel suo signore?» mormorò Ranma.
«L’hai notato anche tu, Ran-chan?- chiese Ukyo, guardando Kagome- Ne sai qualcosa, Kagome?»
«Vi dico solo che Minako ha finalmente capito qual è la cosa giusta da fare.» rispose lei, enigmatica, con un sorriso. «Quella donna è una brava persona.»
Soichiro, in difficoltà a causa dell’ira che era montata in lui, voltò rigidamente le spalle a Sesshomaru e iniziò ad allontanarsi.
«Suvvia, Soichiro.- disse Sesshomaru, fermando i suoi passi- Hai collezionato due sconfitte, ma la giornata è ancora lunga e trovo ci sia tempo per una terza.»
«Cane bastardo…- ringhiò Soichiro, voltandosi e mostrando le zanne- Gongola pure sulle prime battute di questa insipida sfida, perché la tua soddisfazione non durerà a lungo!» Puntò un dito sui suoi seguaci. «E’ il tuo turno,  Kentaro!» ringhiò, perentorio. Un giovane di bell’aspetto, dal fisico muscoloso, si fece avanti.
«Il mio nome è Kentaro.- disse, inchinandosi brevemente per poi puntare il suo sguardo fiero sugli avversari- Sono qui per battermi contro Ryoga Hibiki.»
Ryoga aveva capito che sarebbe stato il prescelto per la sfida successiva fin dall’istante in cui quel giovane era uscito dalle file dei guerrieri dell’Est.  Se lo sentiva dentro e aveva ragione.
«Sentito, Ryoga? E’ per te.» gli disse Ranma, dandogli una gomitata nelle costole.
«Non c’è alcun bisogno che tu me lo ripeta, Ranma. Ci sento benissimo.» disse, spingendolo via e mandandolo a gambe all’aria. Fece un passo avanti, allontanandosi dal gruppo dei suoi amici.
«Accetti, Ryoga?» gli chiese Anna.
«Naturalmente.» rispose lui, sicuro di sé, studiando l’avversario.
«Sono lieto di poter combattere con te.- disse Kentaro, afferrando un bastone che qualcuno dietro di lui gli stava porgendo- Penso che potrà essere un bell’incontro.»
Ryoga annuì, con un sorrisetto, quindi si voltò, tendendo la mano, imitando il gesto del suo sfidante.
«E quindi?» chiese Ranma, a braccia conserte, dopo un minuto di attesa imbarazzante. Ryoga si precipitò da Ranma, furioso e imbarazzatissimo, e lo afferrò per il colletto, strozzandolo.
«Dammi il mio ombrello, deficiente! Che figura mi fai fare?!» sibilò, paonazzo.
«Tieni, Ryoga.»
Al suono della dolce voce di Akane, Ryoga si voltò, il volto di nuovo disteso. La sua amata Akane gli stava tendendo il suo ombrello con un sorriso che gli fece fermare il cuore per un istante. Ryoga lasciò Ranma talmente di colpo da farlo quasi cadere all’indietro e si voltò verso Akane, torturandosi le mani e tenendo gli occhi bassi.
«Ah…eh…grazie Akane. Io…non dovevi disturbarti…» balbettò.
«Ma che dici? Ti serve quell’ombrello o no? Hai quasi strozzato il mio ai len per averlo.» disse Shan Pu, con espressione disgustata. Ryoga arrossì ancora di più e prese delicatamente l’ombrello dalle mani di Akane.
«Grazie. Ora vado.» disse. Il sorriso di Akane si accentuò.
«Fatti forza, Ryoga.» disse lei. Immediatamente tutti ebbero una rapida visione di paradiso attorno alla figura di Ryoga, che strinse le palpebre per trattenere le lacrime di commozione. La sua Akane faceva il tifo per lui! Era lì per dargli sostegno!
«Non temere, Akane! Vincerò per te!» disse, prendendole le mani fra le sue. O almeno pensò di farlo, prima di rispondere all’incitamento con un sorriso timidissimo e di trottare allegramente verso il suo avversario in attesa.
«Dici che così andrà bene?» chiese Akane ad Anna, che annuì, sorridendo.
«Credo che non avrebbe potuto succedere nulla che lo mettesse in uno stato d’animo migliore.» assicurò. Sesshomaru la guardò come se fosse un animale strano. Ranma, che aveva osservato tutta la scena fingendo un’indifferenza che era ben lungi dal provare, si avvicinò ad Akane con aria accusatoria.
«Allora tutte quelle moine erano finte?» le chiese, col broncio.
«Moine?! Ma da che parte stavi guardando?- gli chiese Akane, iniziando ad arrabbiarsi- Inoltre spero davvero che Ryoga vinca. Anna mi ha consigliato di farglielo sapere prima dello scontro. Credo che l’appoggio degli amici gli possa fare solo del bene.»
«Non è l’appoggio degli amici, quello che vuole quel maiale.» sibilò Ranma tra i denti.
«Ryoga non è come te!- disse Akane, zittendolo con una martellata in testa- Qui l’unico porco sei tu! Cosa vai a pensare?!»
«Volete fare silenzio? Stanno per cominciare.» li sgridò Inuyasha, riducendoli al silenzio.
I due contendenti si scrutarono, immobili e in perfetto silenzio, per alcuni momenti.
«Credo che tu sia molto forte.- disse infine Kentaro- Sei un maestro di arti marziali?»
«Non posso definirmi tale, ma nel luogo da cui provengo non sono in molti a potersi vantare di avermi battuto.» rispose Ryoga, con un sorrisetto. Sentì Ranma schiarirsi la voce alle sue spalle e fece una smorfia, imponendosi di non voltarsi verso l’unica persona che non era ancora riuscito a battere.
«In tutto l’Hokkaido non ho trovato guerrieri che mi superino in forza. Sarà un piacere per me combattere contro di te.» disse, cortese.
«Vista la tua gentilezza, potrei dire lo stesso.- disse Ryoga, apprezzando la buona creanza del suo nemico- Ma ora iniziamo. Stanno aspettando solo noi.»
«Giusto.» mormorò Kentaro, sorridendo un’ultima volta prima di diventare mortalmente serio. Si piegò sulle ginocchia, stendendo il bastone di fronte a sé, in una posizione di stasi. Ryoga fece lo stesso, flettendo le gambe e alzando l’ombrello sopra la testa, un braccio teso tra sé e l’avversario.
Con un grido di battaglia, entrambi i contendenti si gettarono l’uno contro l’altro.
Ryoga si portò vicinissimo a Kentaro e protese in avanti l’ombrello con un gesto potente e preciso, mirando all’addome del ragazzo. Kentaro saltò, cosicché l’ombrello rosso passò a pochi centimetri dalle suole delle sue scarpe. Calò il bastone sulla testa di Ryoga, che schivò rotolando alla sua destra.
Kentaro toccò di nuovo terra, voltandosi di scatto, mentre Ryoga si rimetteva in piedi con uno scatto di reni e spiccava un balzo, mirando alla testa del suo avversario con la punta bombata dell’ombrello. Kentaro fece una capriola all’indietro, mentre Ryoga colpiva il terreno, aprendo una voragine tra l’erba per la forza del colpo.
«Sei forte.» disse Kentaro, con un breve sorriso, prima di fingere un attacco col bastone. Ryoga fece per schivare, accorgendosi all’ultimo istante che in realtà il ragazzo aveva solo piantato il bastone per terra per darsi la spinta per un calcio volante. Ryoga parò il calcio con entrambe le braccia, digrignando i denti per la forza del colpo, quindi afferrò la caviglia di Kentaro e lo allontanò da sé, mentre colpiva con un calcio il bastone.
Perso il proprio appoggio, Kentaro cadde a terra, ma ne approfittò per tentare un doppio calcio all’addome di Ryoga, che si stava facendo sotto. Ryoga lo subì solo di striscio, avendo la prontezza di lasciare l’ombrello per mettere le mani sui piedi dell’avversario e superarlo con una capriola in aria.
«Quei due non hanno ancora portato a segno un solo colpo.» disse Mousse, osservando la battaglia dietro le lenti dei suoi occhiali.
«Quel Kentaro è forte. Quanto Ryoga, temo.- disse Ukyo, scura in volto- Sarà una lotta lunga.»
Le previsioni di Ukyo si rivelarono quanto mai esatte. I due contendenti continuarono per un pezzo a cercare di colpirsi a vicenda senza mai riuscirci, schivando continuamente e portando attacchi che fallivano inesorabilmente. Le armi vennero abbandonate, poi riprese, poi abbandonate ancora. I volti dei due contendenti stavano mostrando sempre più chiaramente i segni della stanchezza.
Ryoga prese un pugno di striscio sul braccio. Questo bastò a farglielo formicolare come se la circolazione si fosse bloccata, ma a sua volta riuscì a colpire l’avversario con un calcio al fianco. I due si separarono, guatandosi e respirando in rantoli affaticati.
“Kentaro è forte. Forse forte quanto me.- pensò Ryoga, asciugandosi il sudore che gli faceva bruciare gli occhi- Non è certo Ranma, ma mi sembra di combattere contro un altro me stesso.”
Kentaro attaccò, ma Ryoga lo allontanò da sé, ricorrendo poi alle proprie fasce taglienti per aggiudicarsi un attimo di respiro. Lanciò un’occhiata veloce a coloro che stavano guardando il combattimento. Dalla parte dell’Est, il pubblico rumoreggiava. Su quello dell’Ovest, invece, regnava un silenzio di tomba. Per una volta che Akane lo stava guardando e stava dandogli il suo sostegno prezioso, lui non riusciva a portare a termine trionfalmente quel combattimento.
“Se usassi lo Shishi Hoko Dan, Kentaro sarebbe fuori uso con un solo colpo. Magari due, se fossi particolarmente sfortunato. Ma…” Ryoga si morse un labbro, frustrato. Lo Shishi Hoko Dan era un colpo proibito che richiamava la sfortuna. Benché avesse un’enorme potenza distruttiva, per Ryoga era troppo umiliante il pensiero di utilizzare di nuovo quella tecnica di fronte ad Akane. Che razza di uomo era, uno che si lamentava delle sue sfortune e cadeva nella depressione più nera? Perché era questo che il colpo richiedeva. No, una volta era stata sufficiente. Avrebbe sconfitto Kentaro anche senza lo Shishi Hoko Dan e l’avrebbe sconfitto subito! Basta stare a cincischiare!
«Mi dispiace, ma questo combattimento mi ha stancato, Kentaro.- gridò, chiamando a raccolta le sue ultime energie- E’ ora di finirla.»
«Sono d’accordo.» disse Kentaro, partendo all’attacco. Ryoga attese che Kentaro gli arrivasse vicino, prima di colpire il terreno sotto i suoi piedi con un dito.
«Bakusai Tenketsu!» gridò mentre la terra di fronte a lui esplodeva, colpendo uno stupefatto Kentaro e sollevando una nube di polvere.
«Che diavolo…» si sentì esclamare Soichiro, dall’altra parte di quella cortina di terra e sassi.
«Cos’è questa cosa?!» esclamò Inuyasha, stupefatto, mentre tutti si coprivano il volto.
«Questa è la leggendaria tecnica per spaccare le pietre, Bakusai Tenketsu.» disse Shan Pu, per nulla impressionata.
«Ryoga vuole terminare lo scontro senza essere costretto a usare lo Shishi Hoko Dan.» mormorò Ranma, corrugando la fronte.
Ryoga si gettò contro la sagoma confusa di Kentaro, che cercava di proteggersi dal pietrisco.
«Sei mio!» gridò, uscendo dalla nebbia con un balzo e tirando un pugno al plesso solare del giovane. Kentaro, sorpreso e spaventato dal risvolto che il combattimento aveva preso, vedendo Ryoga pararglisi davanti alzò il proprio pugno per riflesso, chiudendo gli occhi e mirando alla cieca.
Entrambi i ragazzi rimasero senza fiato quando i due pugni, tirati con tutta la forza possibile, impattarono contro il torace l’uno dell’altro, togliendo loro la facoltà di respirare. Mentre la visuale si schiariva, Ryoga osservò con occhi stupefatti la sua stessa espressione sul viso di Kentaro, a pochi centimetri dal suo, poi la vista cominciò a oscurarglisi e si sentì cadere.
“Akane, mi dispiace.- pensò, mentre l’oblio lo inglobava nelle sue spire- Ho perso…ho perso davanti a lei….”
Sotto gli occhi attoniti delle due fazioni, Ryoga e Kentaro, che si erano colpiti nello stesso istante e nello stesso punto, caddero a terra, entrambi svenuti.
«Ryoga!» gridò Akane, accorrendo dall’amico. Gli altri la seguirono. Qualche guerriero dell’Est li aiutò a districare i due, in maniera da farli respirare.
«Ryoga! Ehi, Ryoga!» lo chiamò Ranma, dandogli un paio di deboli schiaffi.
«E’ svenuto.» mormorò Konatsu, sbalordito. Kentaro non sembrava stare meglio e non accennava a riprendersi.
Soichiro e Sesshomaru, che non si erano mossi di un millimetro, si scambiarono un’occhiata, gelida da un lato, bruciante d’ira dall’altra.
«Parità.- annunciò Sesshomaru, inespressivo- Il conto torna sempre a mio favore.»
«Bastardo! La fortuna girerà.» sibilò Soichiro.
«Lord, Kentaro ha bisogno di cure.» disse Minako, assistendo il giovane svenuto. Soichiro fece un gesto seccato, quindi tentò di calmarsi. Ordinò con un cenno che Kentaro venisse portato via, quindi i guerrieri dell’Est iniziarono ad allontanarsi. Minako scambiò un’occhiata d’intesa con Kagome, quindi si voltò a sua volta e se ne andò.
«Coraggio. Anche Ryoga ha bisogno di cure.» disse Anna, mentre Ranma prendeva in braccio Ryoga, ancora in stato di incoscienza.

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Capitolo 7
*** 7 - Notte a Ovest, notte a Est ***


«Si sono colpiti a vicenda? Terribile!» mormorò Miroku, quando tornarono al campo per prestare soccorso al giovane svenuto, ascoltando il breve racconto di Sango. Il monaco era ancora impossibilitato a muoversi ed era rimasto in loro attesa fino a quel momento, guardato a  vista da due membri della famiglia inu-yokai.
Ranma stese Ryoga per terra, mentre Sesshomaru faceva cenno ai due inu-yokai di lasciarli.
«Finalmente! Avevo paura che gli venisse appetito.» borbottò Miroku, facendo ridere Sango. Anna li raggiunse portando due otri d’acqua e Kagome mise sul fuoco una pentola, iniziando a preparare la cena.
«Cos’ha il povero Ryoga?» chiese Ukyo, accucciandosi accanto al corpo inerte del ragazzo.
«Si è preso un pugno in un punto vitale. E’ fortunato a essere ancora vivo.- disse Mousse- Come prevedibile, però, Ryoga ha ricambiato il favore.»
«Povero, povero Ryoga…» mormorò Akane, togliendo i capelli dalla fronte del ragazzo. Come in risposta, Ryoga iniziò a mormorare qualcosa nel sonno.
«Si riprenderà presto.» sentenziò Ranma, seccato, alzandosi di scatto e andando ad impattare contro Kagome. L’otre d’acqua gli si rovesciò addosso.
«Toh! Chi si rivede!» sogghignò Inuyasha.
«Così è questa la maledizione?- disse Sesshomaru, fissandolo con aria annoiata- Quale sciocchezza.»
Ranma, trattenendo l’ira, strizzò la camicia che aderiva sui suoi seni prosperosi.
«Era troppo sperare che qui non mi succedesse.» ringhiò.
«Mi spiace, Ranma.» mormorò Kagome, arrossendo.
«Te lo meriti, invece.- disse Akane, immergendo una pezza di stoffa nell’acqua e avvicinandola, grondante, alla fronte di Ryoga- Parlare sempre male di Ryoga a quel modo…»
“Acqua fredda?!” pensò Ranma, una frazione di secondo prima che la pezza toccasse la fronte di Ryoga. In un istante, Ranma si gettò su Akane, chiudendole gli occhi; Kagome afferrò il cucchiaio e lo estrasse, zeppo di acqua bollente, dalla pentola. Anna prese il cucchiaio dalle sue mani e versò tutto il contenuto sul povero porcellino nero che era appena apparso dove un secondo prima riposava Ryoga.
«Lasciami, Ranma! Sei impazzito?!» gridò Akane, forzando le mani di Ranma e tirandogli un pugno in faccia. «Che scherzo scemo! Sei solo geloso! Ti odio!» disse, superando con un passo deciso il corpo addormentato del nuovamente umano Ryoga e inoltrandosi nella foresta.
I presenti rimasero immobili e in silenzio, increduli di essere riusciti a salvare la frittata. Ranma, ancora a terra per il colpo ricevuto, lanciò un’occhiata malevola all’ignaro Ryoga.
“Dovrai ringraziarmi, quando ti sveglierai. Oh, se dovrai ringraziarmi! E quando avrai finito, ti tirerò un pugno su quel tuo naso da maiale." pensò, acido, prima di alzarsi a sedere e gridare alla foresta buia: «Akane, sei una stupida!!!»

***

Anna si avvicinò con passo leggero alla radura rischiarata dal fuoco. Si guardò attorno.
Tutti dormivano, riposandosi dalle fatiche della giornata. Sorrise nel vedere Inuyasha e Kagome dormire abbracciati. Sango e Miroku erano più distanti, ma si tenevano per mano anche nel sonno. Il suo sorriso divenne sarcastico. Finché fossero rimasti in gruppo con gli altri, Anna sapeva di potersi scordare atteggiamenti anche solo vagamente affettuosi da parte di Sesshomaru. La sera prima era stata solo un breve interludio, avvenuto grazie alla lontananza momentanea di qualsiasi intruso sgradito. Desiderava avere la pazienza di attendere che Sesshomaru diventasse meno rigido, ma spesso la sua freddezza in pubblico la feriva.
Un lieve movimento attirò la sua attenzione. Qualcuno non dormiva, al campo. Ranma, di nuovo in forma maschile, era seduto contro un albero, vicino alla figura addormentata di Ryoga, con la testa affondata tra le ginocchia. Anna corrugò la fronte, guardandosi attorno. Akane non era ancora tornata.
Entrò nel cerchio di luce, dirigendosi con movimenti silenziosi verso il ragazzo. Ranma alzò la testa quando Anna fu a pochi passi da lui.
«Non dormi?» gli chiese la yokai. Ranma si strinse nelle spalle.
«Neanche tu, vedo.» rispose.
«Io non ne ho necessità. Tu sì.- obiettò Anna, andando a sedersi accanto a lui- Se sei preoccupato per Akane, potresti andare a cercarla. Non credo che si sia allontanata di molto. Non è una sciocca.»
«E invece è proprio una sciocca! Che vuoi che me ne importi di quel maschiaccio violento e…» iniziò a dire Ranma, scaldandosi e alzando la voce. Anna gli tappò la bocca di scatto, senza pensare a dosare la sua forza. Solo quando constatò che nessuno accennava a svegliarsi, si decise a lasciarlo andare…e si accorse di avergli fatto sbattere la testa contro il duro tronco dell’albero.
«Perdonami, Ranma!- si scusò, mentre lui si massaggiava la testa- Stavi alzando troppo la voce.»
«Certo che anche tu non scherzi, in quanto a violenza…» borbottò Ranma. Anna non poté evitare di sorridere. Ranma sospirò, poi si trincerò nuovamente dietro una faccia scura. «E’ tutta colpa di Ryoga.- borbottò alla fine- Se non lo avessi protetto, non avrei litigato di nuovo con quella scema di Akane. Dannato maiale.»
«Vuoi dire ad Akane come stanno le cose?» chiese Anna, a bruciapelo.
«No.» rispose Ranma, dopo un istante. Anna annuì, quindi si alzò.
«Visto che non vuoi andare tu a cercarla, andrò io. Non mi piace che vada in giro per la foresta da sola.» sospirò, spolverandosi la veste bianca e dirigendosi verso il folto.
«Anna!» Il richiamo pressante indusse la ragazza a voltarsi. Si trattenne dal sorridere quando vide un lampo di intensa preoccupazione negli occhi di Ranma. «Pensi che le possa essere successo qualcosa?» chiese Ranma, febbrile.
«Non so, Ranma.- disse lei, inespressiva- Questa è la Sengoku Jidai. Non siamo a Tokyo.»
Ranma si morse un labbro, indeciso, quindi si alzò con un balzo e superò Anna, correndo nella foresta. Anna sorrise. Sperava che Akane avrebbe apprezzato.
«Se la ama, dovrebbe dirlo chiaramente.»
La voce fredda che provenne dal folto la distrasse. Nel buio, vide appena la sagoma chiara di Sesshomaru. Si mosse per raggiungerlo.
«Gli esseri umani sono degli sciocchi, esseri pavidi senza spina dorsale.» disse ancora Sesshomaru. Anna smise di andargli incontro e sollevò un sopracciglio, sarcastica.
«L’amore fa paura, Sesshomaru.- disse, gelida- C’è chi si nasconde dietro un atteggiamento strafottente, chi dietro un alter ego insospettabile…e chi si nasconde dietro occhi di ghiaccio.» Voltò le spalle al silenzioso demone e si inoltrò a sua volta nella foresta. «E né io né te siamo immuni a questa forma di stupidità.» disse, prima di sparire tra gli alberi.
Sesshomaru la guardò allontanarsi con occhi cupi. Non poteva replicare alla verità e questo lo indisponeva. Sapeva di essere tornato ad essere piuttosto freddo con lei. Le aveva più detto di amarla, in quei mesi? Lei l’aveva fatto spesso, ma lui non era più riuscito a pronunciare quelle parole. Si era detto che era uno sforzo inutile, in quanto dette una volta avevano valenza eterna, ma in realtà forse temeva ancora il potere celato in quelle parole.
“Ma non dovrebbe dubitare di me.- pensò, iniziando ad avvertire un fastidioso disagio nel cuore- Ciò che io dico, è verità. Non sono forse il Signore dei Demoni dell’Ovest?”
«Per due stupide parole, devo sentirmi rimproverare come un ragazzino?» ringhiò, seccato. Voltò le spalle alla direzione in cui Anna si era allontanata e si avviò a sua volta nella foresta, scacciando dalla mente il pensiero irritante di essere in realtà assai simile a quegli esseri umani che tanto denigrava.

***

Ranma corse nella foresta, guardandosi attorno con aria febbrile.
“Dove sei, Akane?” pensò, pieno d’ansia. Era impossibile che si fosse allontanata più di tanto e altrettanto impossibile che qualche sicario dell’Est potesse tenderle un agguato. La Grande Famiglia degli Inu-yokai pattugliava l’intera zona come una congrega di spettri.
Era proprio di quegli spettri, però, che non si fidava. A parte Inuyasha, che era evidentemente fatto di una pasta diversa, gli altri demoni gli erano sembrati fino a quel momento degli esseri senza cuore. Anche il fratello di Inuyasha era una specie di ghiacciolo. Tutti loro disprezzavano gli esseri umani. E se uno di loro avesse deciso di fare del male ad Akane? Non si sarebbe mai perdonato di avere aspettato tanto per andare a cercarla.
«Akane!» chiamò, senza ricevere risposta. Dannazione, non sapeva nemmeno dove andarla a cercare! Non aveva idea della direzione in cui si era allontanata. Si pentì di non aver richiesto l’aiuto di Anna. Col suo fiuto, lei avrebbe potuto…Si fermò quando vide una sagoma raggomitolata accanto al tronco resinoso di un albero.
«Akane!» ansimò, riconoscendo la ragazza e correndo da lei. Si inginocchiò accanto ad Akane. La ragazza dormiva profondamente, accoccolata accanto all’albero per proteggersi dal freddo. Sembrava una bambina, con le ginocchia ripiegate sul petto e le mani sotto il viso ancora rigato di lacrime. Ranma si intristì, mentre asciugava con una carezza leggera la traccia umida sulla sua pelle candida.
«Avresti dovuto tornare indietro.- sospirò, scuotendo la testa- Sei testarda, Akane. Almeno quanto me.» Sollevò fra le braccia il corpo addormentato della sua fidanzata e si alzò in piedi.
«Ranma…» mormorò Akane nel sonno, circondandogli il collo con le braccia.
«Perdonami.- mormorò Ranma, baciandole con gentilezza la fronte coperta dalla frangia scura- Se trovassi il coraggio di dirti che ti voglio bene, forse non piangeresti più per le stupidaggini che mi escono di bocca.»
Akane, addormentata, non rispose, ma si accoccolò meglio contro il suo petto. Stringendola a sé, tranquillizzato dal sonno quieto di Akane, Ranma si diresse nuovamente verso il campo.
Anna, poco distante, sorrise. Era un peccato che Akane non si fosse svegliata, ma Ranma era sul punto di capitolare. La demone sperava che le cose tra i due si risolvessero prima del loro ritorno nell’epoca moderna. Si tese appena quando udì avvicinarsi uno degli inu-yokai che pattugliavano i dintorni. Si voltò. Avvertiva poco distante la presenza dell’anziano della Famiglia. La sua attenzione era chiaramente incentrata su di lei.
«Rivesto dunque un interesse maggiore dei sicari dell’Est, vecchio?» chiese Anna, a voce alta.
«Dovresti ringraziare il nemico che ti protegge dalla giusta vendetta, ragazza.» disse il demone, venendo avanti. Anna fece un sorriso storto, ma nei suoi occhi brillò chiara una luce demoniaca.
«Come pensavo. Questa pausa nelle ostilità è dovuta alla vostra necessità di trovare un capo in Sesshomaru.- disse, sarcastica- Vi dirò che non mi stupisce.» Anna ripensò per un istante all’avvertimento di Inuyasha. Forse era stata imprudente ad aggirarsi tra i suoi nemici da sola, ma non aveva paura. Sapeva difendersi bene.
«Non sei una stupida e sapevamo che avresti compreso.- commentò l’anziano demone- Combattere contro di noi non sarà una passeggiata, ragazza.»
«Non sono un avversario poi così facile da battere, vecchio.- disse Anna- Il demone che assimilai era potente, nella vostra Famiglia, e ad esso si è aggiunto il mio potere. Il mio tocco può togliervi la vita. Come mi combatterete senza toccarmi?» L’anziano non rispose e Anna si concesse un sorriso freddo. «Non contate sulla mia umana pietà verso la vita altrui. Ho imparato la freddezza di un demone...molto bene.»
«Hai i tuoi sostenitori, ragazza, poiché i giovani credono poco alla tradizione e auspicano che tu dia un erede alla casata.- disse il vecchio, sprezzante- Io e gli altri, però, non avremo pace finché non lascerai questo mondo. Sei una creatura impura e ti sei macchiata di gravi colpe. Tu indebolirai Sesshomaru e questo non è ammissibile.»
«Fate e credete ciò che volete. Non riveste importanza, per me.- disse Anna, lapidaria- Siete comunque abbastanza saggi da non immischiare le vostre vendette personali in questa guerra. Ne riparleremo quando l’Est sarà in mano al Principe dei Demoni.»
«No. Non ne riparleremo affatto.»
La voce glaciale fece voltare di scatto i due inu-yokai, sorprendendoli. Sesshomaru, col volto di pietra, si voltò verso l’anziano, che non poté reprimere un brivido.
«Sesshomaru-sama…» iniziò.
«Non ho bisogno di alleati pronti a pugnalare me o la mia consorte alla schiena.- disse Sesshomaru- Dimmi quindi se devo ucciderti subito o lasciarti vivere per servire il sangue di Inuken.»
«Io…- disse l’anziano, a denti stretti- Seguirò il vostro volere, Sesshomaru-sama. Perdonate le parole di un anziano molto affezionato alle tradizioni.»
«Vattene.» fu il solo commento di Sesshomaru. L’anziano non poté che obbedire all’ordine. Tra i due inu-yokai rimasti scese il silenzio.
«Avresti dovuto dirmelo.» disse Sesshomaru.
«Avresti dovuto accorgertene.» sbuffò Anna di rimando, voltandogli le spalle e allontanandosi. Sesshomaru le si avvicinò con rapidità fulminea e la afferrò per un polso, costringendola a voltarsi.
«Credi che sia uno stupido?- le chiese, con espressione irata- Sapevo che non ti avevano perdonata. Le loro parole sono vuote. Avresti però potuto dirmi che ancora ti minacciavano. Non posso tollerare che tu subisca questo trattamento!»
«E perché? Perché così subisci un affronto indiretto?- ironizzò Anna- E’ inutile che mi chiami consorte. Ai loro occhi sono la tua amante, punto e basta. E forse non sono troppo lontani dalla verità.»
Sesshomaru sollevò una mano, mentre un lampo d’ira gli colorava gli occhi di rosso. Anna chiuse gli occhi, preparandosi allo schiaffo. Invece, sentì le dita di lui afferrarle il mento e costringerla ad alzare il viso.
«Guardami!» le ordinò Sesshomaru. Anna aprì gli occhi a incontrare le sue iridi ambrate. «Chi o cosa credi che io sia?- chiese Sesshomaru, la voce fredda spezzata da qualcosa che bruciava al di sotto- Quale interesse rivestono per me, i soli piaceri della carne? Tu fra tutte dovresti sapere che un intero concubinato ha aspettato i miei favori invano per anni! Tu sei la mia consorte, ho legato il nostro sangue la notte in cui tornammo a casa insieme!»
Anna ricordò d’un tratto che in quella notte di pura felicità, Sesshomaru le aveva d’un tratto morso la spalla, spillando sangue. Arrossendo fino alla radice dei capelli, rammentò di aver fatto lo stesso, mossa dall’istinto.
«Hai fatto…- mormorò Anna, stupefatta- Non me lo hai mai detto! Come diavolo facevo a saperlo?!»
«Speravo lo capissi senza bisogno di tante spiegazioni!- ringhiò Sesshomaru, lasciandola andare di colpo- Credi davvero che l’abbia fatto con ogni mia amante?»
«Io…io non lo sapevo!- replicò Anna, arrabbiata e frustrata da tutta la situazione- Tu non mi dici mai niente! Anche quando siamo soli, faccio una fatica del diavolo a strapparti un sorriso. Tu…tu sei…» D’improvviso, tutta la tensione ruppe gli argini dentro di lei. Anna scoppiò a piangere. «Sei freddo e distante, come se io non ci fossi davvero.- singhiozzò, coprendosi gli occhi con le mani- Non mi parli mai. Non dividi con me i tuoi pensieri e io non so cosa fare! Non voglio che tu cambi, ma…ma…»
Sesshomaru sentì un gran dolore al petto nel vederla piangere. Si avvicinò a lei e la abbracciò, ignorando i suoi pugni rabbiosi per allontanarlo finché non cessarono del tutto.
«So che stai male perché pensi a tuo padre. So anche che in quello che ho fatto a Nerima c’è qualcosa che ti ha fatto male.- singhiozzò Anna, abbracciandolo a sua volta- Ma io non so come aiutarti, perché tu non mi dici niente! Sto accanto a te e tu ricambi i miei baci e le mie carezze, ma mi sembri sempre così lontano! Sei in un posto in cui tu non vuoi che io ti raggiunga.»
«Ti racconterò tutto. Quando la guerra sarà finita e Soichiro sarà morto.- promise Sesshomaru- Non chiedermi altro, è già un grande sforzo per me.»
«Lo so.» mormorò Anna. Sesshomaru le asciugò le lacrime dal viso e la baciò sulle labbra.
«Tu sei la mia sposa. Non dubitarne mai. Sei la Signora dell’Ovest e ciò che è mio è tuo.» mormorò.
«Voglio solo te.» disse Anna, guardandolo negli occhi.
«E mi hai.- mormorò Sesshomaru- Ricorda che ti amo.» Ecco, l’aveva detto. Anna gli si gettò di nuovo tra le braccia e lo baciò con passione. “Forse dovrei davvero dirlo più spesso.” pensò il Signore dei Demoni, ricambiando il bacio e stringendola a sé con tutte le sue forze.

***

Quando Ranma tornò al campo, trovò Inuyasha sveglio, seduto accanto a Kagome, ancora addormentata.
«Sei andato a prendere la tua fidanzata?» chiese Inuyasha. Ranma annuì, arrossendo appena, quindi depose Akane accanto al fuoco e la coprì, premuroso.
«E’ una testarda. Ha preferito dormire al freddo tra gli alberi che tornare qui.» borbottò, andando a sedersi vicino ad Inuyasha.
«Anche Kagome è capace di fare una cosa del genere.- sospirò Inuyasha, rammentando le loro litigate a causa di Koga- Le donne forti sono difficili da controllare.»
«Beh, è più divertente così.» disse Ranma, con un sorrisetto d’intesa. Inuyasha sorrise a sua volta. Un gemito di dolore venne da Ryoga, che sbatté le palpebre e si svegliò.
«Ryoga si è ripreso.- disse Ranma, avvicinandosi all’amico- Come va?»
«Dove sono?- chiese il ragazzo, tentando di alzarsi- Cos’è successo?» Un tremendo dolore al torace gli tolse il fiato e lo costrinse a sdraiarsi nuovamente a terra.
«Vi siete colpiti a vicenda.- spiegò Inuyasha, accovacciato lì accanto- E come vedi siamo al campo. Ormai è notte inoltrata.»
Ryoga impallidì.
«Io…io ho perso?!» chiese, quasi senza voce.
«Non hai sentito Inuyasha? Vi siete colpiti a vicenda.- disse Ranma, costringendolo a calmarsi- Siete svenuti tutti e due. Il combattimento è stato giudicato pari.»
«Pari…- disse Ryoga, con una smorfia- Che cos’ho?»
«Nulla, solo un gran bel livido al petto.- disse Inuyasha- Anche il dolore passerà presto.»
«Bene, perché voglio la rivincita.» disse Ryoga, digrignando i denti. Inuyasha e Ranma si scambiarono un’occhiata.
«Ehm…non so se le due parti saranno d’accordo.- borbottò Ranma- Mi pare che abbiano un po’ di fretta.»
«Non posso lasciare un incontro in sospeso!- esclamò Ryoga, per poi riabbassare la voce- Sono certo che anche Kentaro voglia terminare la nostra sfida. Quel tipo è forte quanto me.»
«Se avessi usato lo Shishi Hoko Dan avresti vinto.» sbuffò Ranma.
«Lo Shi-cosa?» chiese Inuyasha, perplesso.
«E’ una tecnica che usa l’energia spirituale derivata dalla depressione. E’ molto potente ed essendo sfortunatissimo Ryoga ne è un maestro.» Un pugno lo colpì in faccia in pieno.
«Grazie tante per il complimento.» ringhiò Ryoga.
«Ma non eri pesto e dolorante?» mugugnò Ranma, ricambiando con un pugno in testa.
«Pare che voi nascondiate più risorse di quelle di un comune essere umano.- disse Inuyasha, pensieroso- Forse Anna aveva ragione.»
«Naturalmente!» disse Ranma, impettito. Ryoga si intristì. Una percepibile aura scura lo avvolse.
«Visto? Che ti avevo detto?» sussurrò Ranma a Inuyasha, che lo guardò con aria perplessa.
«E ora che c’è?» chiese.
«Akane mi ha visto mentre perdevo lo scontro…» disse Ryoga.
«Ti ripeto che è finito pari.» sbuffò Inuyasha, che stava iniziando a irritarsi. Quel ragazzo se le andava cercando, le sfortune!
«E non è tutto!- lo stuzzicò Ranma- Mentre eri svenuto, Akane ti ha bagnato la fronte con una pezza zuppa d’acqua gelida e ti sei trasformato in P-chan proprio di fronte a lei!»
Ryoga sembrò diventare di pietra.
«Ehi!» lo chiamò Inuyasha, sventolandogli una mano davanti agli occhi. Nessuna reazione. Inuyasha si voltò verso Ranma, che sogghignava. «Forse dovresti aggiungere che tu non le hai permesso di vederlo trasformato.»
«Perché mai? Mi sto solo vendicando.» disse Ranma, incrociando le braccia sul petto con espressione cocciuta. Ryoga sembrò uscire dalla trance e appuntò su Ranma due occhi infuocati.
«Se è vero…allora la mia vita è rovinata!- urlò, quindi, dimentico delle ferite, si alzò in piedi- Muori, Ranma!!»
«Ma che c’entro io?!» chiese Ranma, schivando un primo attacco e saltando di qua e di là. Sotto gli occhi attoniti di Inuyasha, Ryoga prese a inseguire Ranma per tutto il campo, gridandogli il suo odio mentre il povero giovane cercava di evitare gli attacchi, portati con tutta la forza possibile. Il baccano svegliò tutti i presenti, che si trovarono davanti agli occhi il campo messo a soqquadro e Ryoga seduto sulla schiena di Ranma, che chiedeva pietà mentre Ryoga gli forzava le gambe all’indietro.
«Direi che Ryoga si è ripreso piuttosto bene.» commentò Miroku, stupefatto, mentre gli altri cercavano di dividere i due contendenti.
Il sole sorse nel cielo fattosi chiaro, dando inizio a una nuova giornata.

***

Quella fu una notte di pensieri anche nel campo dell’esercito dell’Est.
Nella relativa calma precedente l’alba, Soichiro sedeva su un seggio di legno scolpito, davanti a un grande e rovente fuoco da campo. La calura non lo disturbava, essendo lui in grado di manipolare il fuoco a piacimento. Anzi, il danzare delle fiamme acuiva le sue percezioni e gli permetteva di riflettere più lucidamente. Le sue iridi nere erano fisse sul guizzare del fuoco.
Attorno a lui non c’era quasi nessuno. Gli umani dormivano e i demoni si riposavano, aspettando che quella sciocca sfida terminasse per dare finalmente inizio alla battaglia vera e propria. Solo i demoni di guardia passavano di tanto in tanto nelle vicinanze del loro Signore, senza mai osare disturbarlo. Non che Soichiro facesse caso alla loro presenza. Aveva cose più importanti a cui pensare che gli stupidi insetti alle sue dipendenze.
Sesshomaru, ad esempio.
Il solo pensiero dell’inu-yokai bastò a fargli stringere percettibilmente gli occhi neri. Il giovane Sesshomaru era molto cambiato, dall’ultima volta in cui l’aveva visto. Le potenzialità di cui aveva avuto un assaggio durante la battaglia più soddisfacente della sua vita erano sbocciate. Ormai, il figlio maggiore di Inuken non aveva da invidiare al padre nemmeno l’esperienza.
Soichiro appoggiò il mento sul dorso della mano, scuro in volto. Desiderava l’Ovest fin da quando era salito sul trono dell’Est. Aveva sempre reputato la famiglia inu-yokai una razza indegna e debole, e odiava Inuken per le umiliazioni che aveva sempre ricevuto da lui. Si era scontrato con il Signore dell’Ovest innumerevoli volte, durante l’adolescenza, e ogni volta aveva perso.
Inuken. Quel dannato…Rammentava la sua risata potente, il suo vizio di porgergli la mano per rialzarsi invece di finirlo con un ultimo colpo. Sciocco. Le loro famiglie avevano stipulato una pace che sembrava duratura. Il padre di Soichiro desiderava che gli eredi delle due casate fossero amici.
Amici. Bah! E quell’idiota di Inuken, tutto sorrisi e pacche sulle spalle e avventure da condividere! Disgustoso. Se aveva sempre subito le finte manifestazioni d’amicizia di Inuken era solo per non incorrere nell’ira di suo padre! Un altro sciocco, il cui ricordo fece comparire una smorfia sprezzante sul suo volto. Quanti secoli erano passati da allora? Tanti…tantissimi. Sei o settecento anni, da quando i due avevano perso quasi contemporaneamente i genitori, ritrovandosi d’un tratto Signori dei Demoni.
Soichiro sorrise, cinico. Dal momento in cui si era seduto sul trono di rubino dell’Est, Soichiro aveva messo in chiaro che la pace tra Est e Ovest era rotta. Finalmente aveva abbastanza potere da far pagare a Inuken tutti i torti che aveva sempre subito. Finalmente poteva assoggettare tutti i demoni del Giappone sotto lo stemma della Tigre.
Invece aveva subito una disfatta dopo l’altra e non aveva perso territori e popolo solo perché Inuken aveva già i suoi guai all’interno del proprio dominio. La rabbia di Inuken per il tradimento dell’amico d’infanzia aveva fatto rabbrividire Soichiro, il quale aveva deciso di prendere tempo e fare le cose con calma. Dopotutto, non c’era alcuna fretta. Inuken sarebbe morto comunque per mano sua. Aveva atteso per centinaia d’anni un segnale di indebolimento che non arrivava, allacciando rapporti con gli insetti umani che infestavano le sue terre, convincendoli a porre i loro poteri al suo servizio.
Nel frattempo, quell’idiota di Inuken si era formato una famiglia e aveva avuto un erede. La notizia aveva fatto infuriare Soichiro, ma si era vendicato come si conveniva. Inuken non aveva mai compreso contro chi la moglie avesse lottato prima di morire…
Al pensiero si lasciò scappare un sorriso compiaciuto. Sperava che il moccioso nato da poco fosse troppo debole per sopravvivere senza la madre, ma così non era stato. Poi, poco prima che l’attacco che aveva progettato per secoli fosse pronto, Inuken aveva sposato un’umana e aveva avuto un figlio bastardo. Soichiro l’aveva preso come il segnale che aspettava. Inuken era diventato debole.
E infatti era stato battuto. Le armate di Soichiro non avevano preso l’Ovest, ma almeno il moko-yokai aveva avuto la soddisfazione di vedere Inuken morto. Ricordava ancora l’espressione del giovane Sesshomaru, l’unico a fianco di Inuken nel momento dell’agguato. L’odio, il disgusto per la propria debolezza e per la scelta del padre, la fiamma della vendetta che ardeva nei suoi occhi demoniaci…Allora Sesshomaru aveva quasi duecento anni di meno, e benché di tempra forte non era riuscito a salvare il padre. Stava anzi per soccombere; se era vivo lo doveva a Inuken.
Soichiro sbatté entrambe le mani sui braccioli del suo seggio. Inuken era morto, ma gli aveva lasciato una bella gatta da pelare. Sesshomaru era potente quanto lui e forse più freddo. In più, Sesshomaru lo odiava davvero con tutte le sue forze. Aveva sperato di trovare il proprio avversario indebolito da quest’odio e dal ricordo del fallimento, ma sembrava che i fatti di cui avrebbe dovuto vergognarsi l’avessero invece reso ancora più duro. Soichiro imprecò.
Un altro problema che non aveva previsto era Inuyasha, il bastardo mezzosangue. Le sue fonti gli avevano detto che tra i due fratelli non era mai corso buon sangue, per usare un eufemismo. Soichiro aveva perfino richiesto al giovane hanyo di unirsi a lui nel combattere Sesshomaru, progettando di guidarlo come un fantoccio nelle sue mani. Si era invece trovato di fronte un demone completo, di poco inferiore a Sesshomaru. Non sapeva cos’era successo in quei pochi mesi, ma pareva che i due fratelli avessero trovato un accordo. Sentiva la loro ostilità nei suoi confronti come una cosa unica e compatta. Era come trovarsi davanti a due Inuken in una volta sola.
Soichiro, nervoso, spaccò un bracciolo con un solo movimento e lo gettò nel fuoco, irato, quindi si alzò, iniziando a camminare intorno.
E poi c’era quella strana inu-yokai dai capelli biondi. Da dove era saltata fuori? Soichiro conosceva ogni membro di quella stupida famiglia e non aveva mai sentito parlare della ragazza fino a quell’estate, quando gli era stato riferito che l’agguato a Sesshomaru era stato mandato a monte da una potente demone dai capelli biondi. Ora se la trovava di fronte, a fianco di Sesshomaru. Soichiro non riusciva a capire quale fosse la reale forma di quella donna. Era un demone, ma il suo odore aveva qualcosa di strano. E poi era potente, Soichiro l’aveva avvertito con chiarezza. E c’era odio mortale nei suoi occhi…
Sesshomaru, Inuyasha e quella donna: un trio che lo detestava e che stava radunando le forze per scagliarsi contro di lui. Sesshomaru era un avversario più che temibile già di per sé. Con quei due a fianco, la sua forza sembrava ingigantire. Perfino lui, il Signore dell’Est, si era trovato spiazzato e terrorizzato alla prospettiva di affrontarli, il primo giorno della sfida. Aveva avuto la sensazione di trovarsi di fronte ad un nemico al di là delle sue forze e questo non gli era piaciuto per niente.
Soichiro diede un calcio a ciò che restava della sedia, scagliandola lontano. Non appena quella sfida fosse terminata, avrebbe dovuto eliminare i due ‘vassalli’ di Sesshomaru. Allora il suo nemico gli sarebbe parso nuovamente per quello che era : un indegno e debole inu-yokai.
Già, la sfida. Una grandiosa idiozia degna di un essere umano. A Soichiro non importava un accidente degli esseri umani, ma i loro poteri spirituali potevano servire a tendere trappole ai suoi nemici e preferiva non perdere il loro appoggio, almeno finché non avesse avuto il controllo di tutte le terre e fosse stato in grado di spazzarli via. Non voleva dare nemmeno una piccola soddisfazione a Sesshomaru. Dal giorno dopo, la musica doveva assolutamente cambiare.
Soichiro chiamò con fare perentorio una delle guardie di ronda, che accorse subito dal suo padrone.
«Vai a svegliare le sorelle, Akemi e Mikage.- ordinò- Anche Kei e Jukiyomaru. E’ ora di far loro un discorsino.»
La guardia si allontanò per eseguire l’ordine. Soichiro sorrise, sardonico.
“Presto, Sesshomaru, subirai il primo colpo.- pensò, alzando gli occhi al cielo che si andava facendo più chiaro- E sarà solo il primo di una lunga serie.”

***

Kentaro si svegliò al suono lieve di acqua smossa. Aprì gli occhi, avvertendo un senso di pesantezza sotto lo sterno che gli fece contrarre il viso in una smorfia. La luce calda di un fuoco illuminava appena la notte. Il cielo, sopra di lui, stava iniziando a ingrigirsi. L’alba era vicina.
«Ti sei svegliato?» chiese una voce alla sua destra. Kentaro si voltò. Inginocchiata vicino a lui, c’era la sacerdotessa Minako.
«Miko-sama…» mormorò, cercando di fare mente locale. Perché era lì steso?
«Il vostro incontro è finito pari.- lo avvisò Minako, rispondendo alla sua domanda inespressa e avvicinandogli al volto una ciotola d’acqua- Bevi. Sei rimasto svenuto a lungo.»
Kentaro accettò l’offerta della miko, trangugiando l’acqua in pochi sorsi, quindi si ridistese, sospirando.
«Pari. Ci siamo colpiti a vicenda, non è vero?- chiese- Come sta ora il mio avversario?»
«Non ne avremo notizia fino a domattina, presumo.» rispose Minako, posando la ciotola e poggiando le mani sulle ginocchia. Kentaro annuì.
«Ryoga Hibiki è un combattente forte. E' un ottimo avversario. Sono certo che non gli dispiacerà ripetere l’incontro.» disse. Il sospiro secco di Minako lo fece voltare. «Cos’avete, miko-sama? Mi sembrate contrariata.»
«Lo sono, Kentaro-kun, lo sono.- rispose la miko, aggrottando le sopracciglia- In realtà, non credo che ti sarà permesso ripetere l’incontro.»
«Cosa?!» esclamò Kentaro, stupefatto, alzandosi a sedere di scatto. Una fitta al plesso solare lo costrinse a calmare il proprio ardore, ma non per questo desistette. «Minako-sama, perché mi dite questo? Non è onorevole per me mantenere questo stato di cose!»
«Ne sono conscia, Kentaro-kun, ma ho paura che da domani il procedere di questa sfida subirà qualche cambiamento.» rispose Minako, scura in volto. Kentaro la osservò per un istante, stupito, quindi mormoro: «Cosa intendete?»
Minako rimase in silenzio per qualche minuto, quindi sospirò si nuovo.
«Soichiro-sama ha convocato le Sorelle delle Lame, Jukiyomaru e la giovane Kei, non più di mezz’ora fa.- rispose- Credo abbia delle precise direttive per loro, in quanto si erano offerti di combattere fin da subito.»
«Non vedo cosa possa dire loro che non sia già stato detto. Dovrebbero invece riposare prima del combattimento.» disse Kentaro, oscurandosi in viso a sua volta. Le Sorelle delle Lame non gli piacevano per niente. Erano grandi combattenti, ma non avevano alcun senso dell’onore. Jukiyomaru era un ex-ninja mercenario e la ragazza, Kei, era una tagliaborse più abile della norma. Cosa poteva voler dire loro Soichiro-sama? Forse incitarli a un comportamento adatto alla situazione?
Alzò gli occhi sulla sacerdotessa al suo fianco e la vide immersa in pensieri oscuri.
«Minako-sama, cosa vi turba?- chiese, mettendosi finalmente a sedere- E’ da quando avete parlato con la miko dell’Ovest che avete uno strano sguardo.»
Minako lo guardò intensamente, quindi disse con tono brusco: «Sai mantenere un segreto?»
«Sul mio onore, sì.» mormorò Kentaro. Minako annuì.
«La giovane miko dell’Ovest, Kagome, mi ha messo a parte di rivelazioni che mi hanno scioccata e a cui in un primo momento non ho creduto. Ora…non so.»
«Di che si tratta?» chiese Kentaro, attento.
«Pare che sia stato Soichiro-sama a volere a tutti i costi questa guerra.» disse Minako, appuntando i suoi occhi profondi sul viso del giovane. Kentaro non poté trattenere un’esclamazione sorpresa.
«Ma…Minako-sama, lo sanno tutti che è stato il Signore dell’Ovest a minacciare l’Est…»
Minako lo zittì con un cenno perentorio della mano.
«Questo è ciò che sappiamo noi…per bocca di Soichiro-sama. Puoi dire di avere altra fonte?»
Kentaro rifletté un istante, quindi scosse la testa.
«Secondo le parole di Kagome, sembra che sia sempre stato Soichiro-sama a puntare a Ovest. Pare che abbia già fatto una cosa del genere in passato.» continuò Minako.
«In passato?» chiese Kentaro, corrugando la fronte. Minako annuì.
«Secondo il suo racconto, circa duecento anni fa Soichiro-sama riuscì a uccidere in un vile agguato l’allora Signore dell’Ovest, padre dei due inu-yokai che ora ci troviamo ad affrontare come nemici.- raccontò Minako, con voce sempre più scura- Non essendo riuscito a conquistare l’Ovest allora, sta cercando di farlo adesso. La giovane Kagome mi ha detto di aver assistito in prima persona ad un agguato contro Sesshomaru giusto quest’estate.»
«Un momento, miko-sama…- la fermò Kentaro, cercando di mettere ordine in quello che aveva appena sentito- Mi state dicendo che Soichiro-sama starebbe rischiando le nostre vite per una guerra disonorevole e vile contro innocenti?»
«I demoni non sono mai innocenti.- fu il commento lapidario di Minako- Ma se non badiamo a queste sottigliezze, la risposta è sì, io credo che sia così.»
«Minako-sama, come potete credere alle parole di una ragazzina?!» sbottò Kentaro.
«Se l’avessi guardata negli occhi, le avresti creduto anche tu.- fu la risposta di Minako- Quella ragazza è pura e il suo spirito non ha eguali in questo mondo. Esisteva un tempo una miko di tale purezza, ma ormai ella è morta e io mi arrischierei a dire che la giovane Kagome ne è la reincarnazione. Non posso che credere a uno spirito così illuminato.» I due rimasero in silenzio, poi Minako mormorò. «In più, ricordo bene che quest’estate partirono in segreto molti monaci e non ne vidi tornare che tre. La loro missione non mi fu mai svelata.»
Kentaro si portò una mano alla bocca, sconvolto.
«Starei dunque servendo una causa disonorevole?» sussurrò, la voce incerta.
«Io non lo so.- sospirò Minako, assorta- Aspetterò le sorti di questa battaglia, poi deciderò se sarà il caso o meno di ordinare alle sacerdotesse di lasciare il loro posto in quest’esercito.» Guardò di nuovo Kentaro. «Se le cose stessero così, tu cosa farai?»
«Non lo so.- rispose Kentaro- Non ho giurato fedeltà, ma…»
«C’è chi non si farà tanti scrupoli e rimarrà per denaro.- disse la miko, sprezzante- Cerca di tenere gli occhi aperti insieme a me, Kentaro-kun. Siamo d’accordo?»
«Sì, miko-sama.» rispose Kentaro, deciso.
Il sole sorse sul campo dell’Est.

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Capitolo 8
*** 8 - Gioco sporco ***


Author's note: Soichiro si prepara a combinare qualche guaio? I nostri amici riusciranno ad evitare di farsi male?...

«Siete pronti? E’ ora di andare.» disse Anna, rivolgendosi ai ragazzi, che avevano appena finito di fare colazione.
«Sì!» rispose per tutti Kagome, sorridendo.
Anna sollevò un sopracciglio nel vedere che Ranma e Ryoga stavano ancora perdendo tempo a litigare, ma non proferì parola al riguardo. Quando, poco dopo l’alba, lei e Sesshomaru erano tornati al campo, avevano trovato tutti svegli e intenti a dividere un infuriato Ryoga da Ranma, tra lo sconquasso che i due avevano creato combattendo tutt’attorno. Anna lanciò un’occhiata a Sesshomaru, che li aspettava tra gli alberi, appoggiato a un tronco a braccia conserte. Sesshomaru stava fissando con aria di sufficienza gli umani, reprimendo a stento un sospiro seccato. Iniziava a detestare tutto quel chiasso.
«Lasciami alzare, Sango!»
La voce di Miroku distrasse la inu-yokai, che volse lo sguardo sul monaco. Benché ancora dolorante e col torace fasciato, Miroku stava tentando di alzarsi, scostando le mani di Sango, che cercava in tutti i modi di trattenerlo al suolo.
«Sei debole e ferito!- disse Sango, perentoria- Tu non ti muoverai di qui!»
«Sono stanco di fare l’ammalato.- replicò Miroku- Fammi alzare.»
Sango si guardò attorno, in cerca di aiuto, e intercettò lo sguardo di Anna.
«Anna, digli qualcosa anche tu…» iniziò, prima che Inuyasha marciasse con decisione verso Miroku e lo strappasse dalle mani di Sango, facendolo alzare in piedi con uno strattone. Il monaco trattenne un grido nel sentire le estremità spezzate delle costole sfregare tra loro.
«Inuyasha!» gridò Sango, indignata.
«Fa male, non è vero?- disse Inuyasha, seccato, ignorando Sango e appuntando i suoi occhi d’ambra sul viso pallido di Miroku- Hai le costole spezzate, brutto stupido! Tu non ti muoverai da qui, chiaro?»
«Inuyasha, c’è modo e modo per dire le cose!- lo sgridò Kagome, avvicinandosi e aiutando Miroku a ridistendersi- Non essere così brusco! Miroku è un essere umano!»
«Feh! Per quella testa dura non c’è bisogno di tanti riguardi.» sentenziò Inuyasha, allontanandosi con aria altezzosa.
«Già, perché lui non sa cosa significa starsene qui tutto il giorno con gli occhi famelici di un inu-yokai addosso.- digrignò tra i denti Miroku, arrendendosi- E poi mi perdo tutto lo spettacolo.» Sorrise nel vedere le occhiate di rimprovero delle due ragazze.
Anna scosse la testa e sospirò. Capiva Miroku, ma anche Inuyasha aveva ragione. Il monaco non doveva muoversi ancora per un po’.
«Anna…»
La demone si voltò al suono della voce di Akane.
«Buongiorno Akane.- la salutò, con un sorriso- Cosa posso fare per te?»
«Ascolta…ecco…- mormorò la ragazza, tormentandosi le mani- E’ vero che sei stata tu a riportarmi al campo, stanotte?»
Anna spalancò gli occhi, sorpresa.
«No…chi ti ha detto questa cosa?» chiese Anna, accorgendosi immediatamente di aver fatto una domanda retorica. Lanciò un’occhiata velenosa oltre le spalle di Akane. Ranma, sentendosi osservato, si guardò attorno, certo di essere stato puntato da un nemico. «Lascia stare, so chi te l’ha detto.» disse la yokai, in un tono acido. Ranma si accorse di chi lo stava osservando ed ebbe il buon gusto di arrossire. Anna spostò di nuovo gli occhi sul volto di Akane e si addolcì. «Tu cosa credi?» le chiese, affabile.
«Beh…io ho sognato che Ranma…» Akane si interruppe e arrossì. Aveva sognato di stare tra le braccia di Ranma. Nel sogno, lui le baciava la fronte. Le sue guance andarono a fuoco. «Lascia perdere. Non può essere.» disse, caustica, lanciando un’occhiata venefica a Ranma, che stava cercando inutilmente di scrollarsi Shan Pu di dosso.
«Credi ciò che vuoi, Akane,- disse Anna, con un lampo divertito negli occhi- ma ti assicuro che non sono stata io a venirti a prendere nella foresta.» Con un sorriso sibillino, Anna si allontanò, andando a raggiungere Sesshomaru. Akane si voltò di nuovo verso Ranma. Possibile che…Era nello stile di Ranma ritrattare immediatamente se appena gli scappava una parola gentile nei suoi confronti. Forse era davvero andato a prenderla nella foresta. Il bacio era un sogno, su quello non c’erano dubbi, ma…forse Ranma aveva comunque compiuto un gesto carino. La cosa, comunque, non giustificava il fatto che stesse pomiciando con Shan Pu fin dalle prime ore del mattino.
«Volete finirla, voi due? Siete indecenti!» disse, tirando un calcio volante a Shan Pu, che si scansò appena in tempo, scura in volto.
«Ringrazia che indossi quella tuta, Akane, oppure ti farei pagare l’affronto di avermi separata dal mio ai len.» disse la giovane cinese.
«Visto che ti ritieni tanto forte, Shan Pu, perché non mi attacchi comunque?» la provocò Akane, sarcastica. Ukyo si avvicinò a Ranma, osservando le due contendenti.
«Ran-chan, ma non ti stanchi mai di quelle due?- chiese, per poi rivolgere al ragazzo un sorriso luminoso- Sarebbe ora di mollarle e stare insieme alla tua fidanzata carina, non credi?»
«Ehm…ah ah ah!!» rispose Ranma, ridendo nervosamente sotto le occhiate di odio puro che si scoccarono le tre ragazze. “Prima o poi dovrò risolvere anche questa situazione.” pensò, tremando alla sola idea.
«Datevi una mossa, stupidi ningen!- sbottò Sesshomaru, glaciale, stanco di quelle scene patetiche- Non abbiamo tutta la mattinata da perdere!»
«Kami-sama, quello yokai è proprio nato per comandare…» borbottò Mousse.
«Vengo anch’io! Voglio la rivincita!» disse Ryoga, alzandosi da terra con uno scatto e stringendo il pugno. Sesshomaru non lo degnò di una qualsiasi risposta.
«Oh, signor Ryoga, forse dovrebbe prima riposarsi insieme al signor Miroku! Ha subito un brutto colpo, ieri.» replicò Konatsu, preoccupato.
«Figuriamoci! Mi sono già ripreso.» ribatté Ryoga, afferrando il suo ombrello e appoggiandoselo sulle spalle, pronto a partire.
«Si sa che i maiali sono resistenti…» borbottò Ranma, lanciandogli un’occhiata malefica.
«Vuoi ricominciare, Ranma?!» ruggì Ryoga, avventandosi contro il giovane. Akane si frappose fra i due, calmandoli all’istante con un’occhiata glaciale.
Lasciandosi alle spalle il campo e il povero Miroku, che si era rassegnato a passare un’altra giornata da infermo, il gruppo dell’Ovest partì alla volta della radura degli scontri.

***

Sesshomaru fu il primo ad uscire dal folto e a trovarsi di fronte la faccia sarcastica e sottilmente soddisfatta di Soichiro. Sollevò un sopracciglio. Soichiro non aveva motivo di presentarsi davanti a lui con un’espressione del genere, dopotutto stava perdendo i suoi alleati umani…a meno che non avesse qualcosa in mente.
«Che ha Soichiro?» mormorò Anna, alla sua destra.
«Feh! Sembra sia sicuro di vincere, oggi.» osservò Inuyasha, guardando il moko-yokai con disprezzo. Anche i ragazzi, giunti sul luogo degli scontri dopo i tre inu-yokai, non poterono fare a meno di notare l’aria sardonica del Signore dell’Est.
«Quello ha in mente qualcosa.» mormorò Ranma, corrugando la fronte.
«Credo che Ranma abbia ragione.- sussurrò Ukyo- Altrimenti quell’espressione non si spiega. Ha già perso tre combattenti.»
«Ho paura che chiunque combatterà oggi dovrà stare molto all’erta.» disse Sango, gelida.
«Benvenuti!- disse Soichiro, con un sorrisetto- Passata una buona notte?»
«Non ho intenzione di perdere tempo, Soichiro.- lo interruppe Sesshomaru, caustico- Finiscila con i convenevoli e iniziamo. Non credere che le buone maniere ti salveranno da un’ulteriore sconfitta.»
Soichiro accentuò appena il sorriso. Sesshomaru rimase impassibile. Come pensava: Soichiro aveva in mente qualcosa.
«Mi trovi d’accordo, il tempo è prezioso.- disse infatti Soichiro, soffocando una risata leggera quanto falsa- Per questo ho una proposta da farti. Vediamo di velocizzare gli scontri.»
«Varrebbe a dire?» chiese Inuyasha. Il lampo di furbizia negli occhi di quel moko-yokai non gli piaceva per niente.
«Oh, è molto semplice, giovane Inuyasha. Facciamo combattere i nostri campioni a coppie!- disse Soichiro- Due coppie alla volta. Risparmieremo tempo e finalmente riusciremo ad assistere a combattimenti interessanti.»
Da entrambi i fronti si levarono mormorii di sorpresa.
«Due coppie per volta?» mormorò Akane. Perché non le piaceva questa proposta che sembrava così logica?
«Sarà più difficile controllare quattro combattimenti diversi. Soichiro ha in mente qualche bassezza.» sussurrò Anna, muovendo appena le labbra.
«Non ho intenzione di parlare per i miei campioni. Che decidano loro.» disse Sesshomaru, scoccando un’occhiata alle sue spalle.
«Sesshomaru, non è prudente!» iniziò a protestare Anna.
«Sono stufo quanto Soichiro di questi scontri.- fu la lapidaria risposta di Sesshomaru- Se questi umani non sono in grado di difendersi, tanto peggio.»
Anna si oscurò in volto, seccata. Inuyasha si trovò a rallegrarsi per il fatto che Kagome avesse già sostenuto la sua battaglia. Sperava solo che gli altri avessero il buon senso di rifiutare. Ranma era stuzzicato dall’idea. Combattere in coppia avrebbe velocizzato la cosa, portandolo sempre più vicino alla Fonte dei Desideri, e questa era una tentazione forte. Però non era così sciocco da non rendersi conto che, sotto la facciata gentile, Soichiro stava nascondendo una qualche trappola. Ranma era abbastanza sicuro delle proprie risorse per rischiare, ma il pensiero di mettere Akane in pericolo…
No, quella proposta era da rifiutare. Meglio aspettare qualche giorno in più, ma arrivare alla Fonte in buona salute. Aprì dunque la bocca per esprimere il suo rifiuto quando la voce acuta di Shan Pu lo precedette.
«Io sono d’accordo.- disse la ragazza cinese, con un sorriso ironico- Uno o due avversari non fanno alcuna differenza per me. La stirpe delle Amazzoni non sarà mai battuta.»
«Se Shan Pu combatte, io sarò al suo fianco.» disse Mousse, facendo un passo avanti. Shan Pu allungò un braccio e lo spinse a una distanza di sicurezza, infastidita.
«E io voglio andarmene da qui. La cosa sta andando per le lunghe.- sbuffò Ukyo- Per me va bene. Konatsu, tu che fai?»
«Io sarò sempre con lei, signorina Ukyo.» disse il giovane kunoichi, con un sorriso luminoso.
«Perfetto! Abbiamo già i quattro combattenti di quest’oggi.» disse Soichiro, con un lampo pericoloso negli occhi.
«Stupidi! Non dovevate accettare!» sbottò Sango, sibilando tra i denti.
«Perché mai? E’ un combattimento come tanti altri.» disse Ukyo, preparando la sua spatola gigante.
«Ma non capite che quel tipo ha qualcosa in mente?» disse Akane, scambiando un’occhiata preoccupata con Ranma.
«E allora? Basterà vincere, no?» disse Shan Pu, sicura di sé, afferrando i suoi bastoni bombati e scrutando con aria decisa il gruppo di possibili sfidanti.
«Quella ragazza è troppo sicura di sé.» disse Ryoga, stupefatto.
Sesshomaru guardò Anna e sollevò un sopracciglio di fronte al suo cipiglio scuro.
«Ha dato loro la possibilità di scegliere. Non hai nulla da rimproverarmi.» mormorò. Anna incrociò le braccia sul petto, sbuffando.
«Bah!» fu la sua unica risposta.
«Ed ecco i vostri sfidanti.» disse Soichiro, facendo un gesto verso il gruppo di guerrieri. Tre ragazze e un uomo si fecero avanti.
«Io sono Akemi e questa è mia sorella Mikage.» disse una delle ragazze, vestita di una corta tunica. Lei e la ragazza al suo fianco erano molto simili, entrambe con i capelli lunghi e lisci. Quella che aveva parlato aveva una sciabola legata al fianco. L’altra teneva in mano un bastone con due lame a mezzaluna alle estremità. «Ci chiamano le Sorelle delle Lame.» continuò Akemi, sfoderando la spada con un sogghigno.
«La nostra sfida è per i due cinesi.» mormorò Mikage, con voce appena percettibile.
Shan Pu e Mousse vennero avanti con un sorriso confidenziale.
«Chissà che mi aspettavo.- disse Shan Pu- Sarà un piacere battervi.»
«Non essere così sicura, carina.» ridacchiò Akemi. Le due si scambiarono un’occhiata di odio intenso.
«Io sono Jukiyomaru.- si presentò l’uomo, vestito di nero come un ninja- Sarà mio piacere sfidare la vostra kunoichi.»
«Oh, ma che gentile!» cinguettò Konatsu, venendo avanti.
«Ma Konatsu ha capito cosa deve fare o crede di essere a una festa?» chiese Ryoga, perplesso.
«Io invece sono Kei e pare mi tocchi la ragazza con la spatola.» sospirò una ragazza con una spada lunga e sottile al fianco.
«Ehi! Non sono mica un optional!» disse Ukyo, arrabbiata da tanta sfrontatezza.
«Qui non abbiamo abbastanza spazio, però.» fece notare Mousse. In effetti la radura era stipata.
«Allontanatevi, quindi.- disse Soichiro- Che ogni gruppo scelga il luogo dello scontro.»
«Mi piace sempre meno.» mormorò Inuyasha.
«Dividiamoci.- mormorò Anna- Non lascerò che facciano i loro comodi. Inuyasha, segui Mousse e Shan Pu. Io controllerò Ukyo e Konatsu.»
«Va bene.» annuì Inuyasha. Kagome si affrettò a seguire Inuyasha, mentre i due gruppi di combattenti si allontanavano in direzioni opposte. Un movimento tra le file dell’Est attrasse la sua attenzione. Vide così Minako, con accanto il giovane Kentaro, farle un cenno.
«Attenzione.» sillabarono le labbra della miko, in silenzio. Kagome si voltò per avvertire Anna, ma incrociò lo sguardo gelido di Sesshomaru.
«Qualunque cosa accada, non intervenite.- disse il demone, prima di voltarsi e seguire Anna- Devono cavarsela da soli.»
Kagome richiuse la bocca di scatto, estremamente seccata.
«Ci sono momenti in cui strozzerei tuo fratello.» ringhiò a Inuyasha, che la guardò con stupore.
Soichiro si allontanò a sua volta per assistere allo scontro delle Sorelle delle Lame. Non riusciva a nascondere il proprio sorriso soddisfatto. Quel giorno, la fazione di Sesshomaru avrebbe subito un brutto colpo. L’animo infido dei combattenti che aveva scelto dava la certezza del successo al suo piano. Non vedeva l’ora di vedere scorrere il sangue sulle spade delle Sorelle delle Lame.
Inuyasha e Kagome si fecero largo tra gli alberi, seguendo Shan Pu e Mousse, che camminavano poco distanti dalle Sorelle delle Lame. Alla loro sinistra procedevano Soichiro e una dozzina di guerrieri, tra cui figuravano Minako e Kentaro. Si camminava in silenzio, attendendo di giungere in una radura o in uno spiazzo abbastanza largo da ospitare il combattimento.
«Chissà cosa ha in mente quel dannato felino…» ringhiò Inuyasha, sottovoce. Quasi avesse sentito, Soichiro si girò a metà verso di lui, con un sorrisetto stampato sul volto. Inuyasha gli indirizzò una smorfia di disgusto e Soichiro tornò a guardare di fronte a sé con sarcasmo. Lo considerava una nullità, era evidente. La persona che realmente temeva era Sesshomaru e il fratello minore nato bastardo non doveva apparirgli pericoloso. Soichiro non sapeva quanto si sbagliava, quanto la facciata di hanyo che ancora portava serviva solo a nascondere un potere che ormai aveva poco da invidiare a quello del fratello.
“Sarà mia premura farglielo comprendere.” pensò, con una luce sinistra negli occhi. Abbassò lo sguardo, pronto a dividere questa sua considerazione con Kagome, quando si accorse che la ragazza aveva ancora un’aria scura.
«Ehi, Kagome.- la chiamò, mormorando- Che ti ha detto mio fratello di così grave? Sei ancora arrabbiata?»
Kagome alzò gli occhi ribollenti d’ira sul suo viso, facendogli fare un passo indietro per riflesso.
«Io non sono arrabbiata.- sibilò Kagome- Sono furiosa! Sesshomaru ha ordinato di non intervenire in nessun caso, nemmeno se quelle Sorelle come–si-chiamano commetteranno qualche scorrettezza!»
«Uh…beh…- balbettò Inuyasha, riprendendosi- sai che è un ghiacciolo senza cuore…»
«Lo so. Ma quando lo vedo con Anna me ne dimentico.- sbuffò Kagome- Per fortuna che lui ce lo ricorda costantemente.» Inuyasha nascose a fatica un sorriso.
«Shan Pu e Mousse sono stati imprudenti.» disse Ranma.
«Ah, ci sei anche tu?» chiese Inuyasha, girandosi a metà verso di lui.
«Molto spiritoso, Inuyasha.» rispose il ragazzo, seccato. Lui, Akane e Ryoga avevano deciso di seguire il combattimento dei due ragazzi cinesi.
«Io ho un pessimo presentimento.» mormorò Akane.
«E non sei la sola, Akane.- borbottò Inuyasha- Se quel bastardo di Soichiro è così interessato, significa che il combattimento principale della giornata è proprio questo.»
«Forse Sesshomaru avrebbe dovuto venire con noi.» disse Ranma.
«Guarda che non interverrebbe, quindi non fa alcuna differenza.» gli comunicò Inuyasha, sprezzante.
«Spero solo che quei due se la cavino senza problemi.» disse Ryoga, scuro in volto.
In quel momento il gruppo uscì dal folto, ritrovandosi in un’ampia radura circolare disseminata di massi.
«Direi che questo posto va benissimo.» disse Akemi, con un sorriso, accarezzando l’elsa della sua spada. Shan Pu e Mousse si limitarono ad annuire. Le due fazioni presero posto ai lati della radura, mentre i combattenti si portavano al centro.
Shan Pu sorrideva, sicura di sé. Quella proposta da parte dell’Est arrivava come la ciliegina sulla torta. Lei agognava il desiderio in premio e non vedeva l’ora di tornare completamente ragazza per sedurre Ranma senza impedimenti e strapparlo alle grinfie di quel maschiaccio di Akane. Quelle giornate di attesa per lei erano infinitamente noiose, deprimenti.  Finalmente poteva farsi prendere dall’eccitazione della battaglia! E davanti al suo ai len, poi! Non era importante che quella stupida anatra di Mousse fosse al suo fianco o meno. Lei era in grado di sconfiggere entrambe quelle ragazzette superbe con le sue sole forze. Era o non era una discendente della tribù amazzone? Che le due sorelle sorridessero pure e giocassero con le loro lame. Quel combattimento sarebbe finito prima ancora di cominciare.
“E senza bisogno di questo stupido.” pensò, acida, lanciando un’occhiata a Mousse. Il ragazzo era serio e fissava le nemiche a braccia conserte. Shan Pu, segretamente, aveva sempre pensato che quando aveva quell’espressione sul volto Mousse non era affatto male…peccato che di solito era solo un mascherare il fatto che non ci vedeva un tubo. Sospirando, seccata per quel genere di pensieri, Shan Pu scosse il capo e afferrò più saldamente i bastoni da combattimento. Mousse poteva solo sognarselo il sex-appeal di Ranma!
Mentre Shan Pu era preda di questi pensieri, Mousse si stava concentrando. Contrariamente a quanto gli altri pensavano, Mousse aveva capito perfettamente la situazione, motivo per cui aveva deciso di combattere non appena aveva sentito Shan Pu offrirsi volontaria.
Quello yokai aveva in mente qualcosa e le due sorelle non gli sembravano delle avversarie facili. Shan Pu era sempre stata impulsiva. Spesso, da bambini, lui si cacciava nei guai per seguirla nelle sue peripezie. Crescendo le cose non erano poi cambiate di molto. Forse Shan Pu poteva cavarsela da sola contro quelle due, ma forse no. Mousse non aveva nessuna intenzione di aspettare il risultato senza fare nulla. Se quelle due avevano intenzione di torcere anche un solo capello alla sua amata Shan Pu, avrebbero dovuto passare sul suo cadavere. Anche se, in cuor suo lo sapeva, nemmeno se si fosse rivelato più forte di lei Shan Pu l’avrebbe voluto come marito…
«Mi auguro che siate pronti.- disse Akemi, sguainando la spada- Io e la mia sorellina siamo ansiose di dare un po’ di movimento a questa giornata.»
«Fatti sotto, invece di parlare.» disse Shan Pu, con un sogghigno.
«Come vuoi.» mormorò Akemi, sorridendo con sarcasmo, prima di iniziare a correre verso di lei con la spada pronta all’uso. Nello stesso istante, Mikage si avventò su Mousse.
Fin dal primo attacco, fu evidente che le due Sorelle delle Lame non erano chiamate in quel modo per nulla. L’acciaio sembrava danzare nelle loro mani, mentre si muovevano con estrema agilità, attaccando i due giovani dell’Ovest. Shan Pu parò quattro affondi in rapida successione. Ogni colpo era diretto e preciso.
“Non ho nulla da invidiare loro, né per velocità né per forza.” pensò, seccata. Con un’elegante capriola all’indietro si disimpegnò dagli attacchi di Akemi, per poi lanciarlesi contro con un acuto grido di battaglia. Fece partire molti colpi dei suoi bastoni bombati in rapida successione, mettendo in difficoltà l’avversaria. Il sorriso vittorioso che le era comparso sul volto si spense quando sentì il terreno cederle sotto i piedi. Riuscì a evitare di cadere, ma non poté difendersi dal colpo di lame incrociate che le ferì entrambe le braccia in profondità. Alzò lo sguardo, rabbiosa. Akemi…le aveva infilato la spada sotto i piedi per farle perdere l’equilibrio?! Ma che razza di maniera di combattere era mai quella?
«Ops! Scusa, tesoro.- ridacchiò Akemi, tenendo in mano la sciabola e un lungo pugnale comparso dal nulla, le lame macchiate di sangue- Fatta male?»
«Maledetta…» sibilò Shan Pu, adirata. I tagli sulle braccia sanguinavano copiosamente. Sollevò i bastoni e avvertì fitte lancinanti. Inutile, le ferite le impedivano di usare le armi. A causa di quella distrazione, avrebbe dovuto combattere a mani nude.
«Ti farò pentire di avermi fatto questo!» disse, lasciando cadere a terra i bastoni e avventandosi sulla ragazza.
«E’ solo il principio!» rise Akemi, andandole incontro con le lame alzate.
Mousse stava parando con successo tutti gli attacchi della ragazza chiamata Mikage. Benché abile e veloce, non poteva dirsi un’avversaria più impegnativa di Ranma. D’altro canto, se riusciva a parare tutti gli attacchi, ugualmente non aveva avuto la possibilità di sferrarne nemmeno uno a sua volta.  Mikage sembrava non abbassare mai la guardia. Non faceva la sbruffona come la sorella, anzi metteva a disagio per la totale mancanza d’espressione. Non si capiva se stesse già dando il meglio di sé o meno.
Sentendo un grido, Mousse si distrasse un istante. La vista di Shan Pu con le braccia ferite lo fece sbiancare. Mikage ne approfittò per fargli volar via dalle mani entrambe le sciabole che stava utilizzando. Con un’imprecazione, Mousse si allontanò da lei, abbandonando a malincuore la tentazione di lasciarsi indietro Mikage e accorrere in aiuto di Shan Pu, quindi fece scattare le due lame nascoste all’interno delle sue maniche e attaccò furiosamente con quelle.
“Devo disimpegnarmi alla svelta.- si disse, febbrile- Shan Pu…se combatterà a mani nude non vincerà mai contro la sua avversaria!”
Sulla fazione dell’Ovest regnava un silenzio tombale. L’abilità con cui le Sorelle delle Spade stavano combattendo era indiscutibile, come indiscutibili erano le loro intenzioni.
«Intendono ucciderli.» mormorò Inuyasha, scuro in volto.
«Quel grandissimo bastardo…è contro le regole!» ringhiò Ryoga, irato.
«Se non si sbrigano a disimpegnarsi, finirà male.- disse Ranma, con voce cupa- Le ferite di Shan Pu sanguinano copiosamente.»
«Io ho paura per Mousse.» mormorò Akane. Tutti si voltarono verso di lei.
«Perché dici così, Akane?- chiese Ranma, sorpreso- A me pare che, dei due, sia quello che finora se la sta cavando meglio.»
«Possibile che non capiate?- sbuffò Akane, seccata dalla loro mancanza di sensibilità- Se solo succedesse qualcosa a Shan Pu, Mousse…»
«Oh kami-sama…» disse Ranma, spalancando gli occhi mentre comprendeva cosa Akane stesse intendendo. «Hai ragione. Mousse sarebbe capace di…»
«Oh no!» gridò Kagome, riportando la loro attenzione sulla battaglia. Shan Pu era stata colpita ed ora era semisdraiata per terra, con un fianco sanguinante, ma quello che li spaventò sopra ogni cosa fu vedere Mousse voltarsi verso di lei e impallidire, scattando in suo soccorso dando le spalle a Mikage.
«No!- gridò Ranma- Mousse, non farlo!!»

***

Shan Pu sentì la lama fredda farsi strada nella sua carne, trapassandole il fianco e strappando l’abito cinese fino a metà schiena. Il dolore che la sommerse fu immenso, mentre veniva scaraventata a terra. Gemette, irata con Akemi e con se stessa. Non poteva continuare a combattere a mani nude contro una ragazza così abile armata di spada. Se solo fosse riuscita a toglierle di mano le armi…
«Tu, dannata…» ringhiò, cercando di alzarsi.
«Suvvia, che sgarbata!- ridacchiò Akemi, avvicinandosi- Un punto per l’Est.»
Con un sogghigno, Akemi alzò la spada. Fu allora che Shan Pu udì il grido di Ranma.
«No! Mousse, non farlo!!»
“Mousse?” pensò, sbalordita. Una serie di funi terminanti in piccoli contrappesi sibilò sopra la sua testa, andando a imprigionare le braccia di Akemi. Due funi si strinsero attorno al suo collo.
«Ma che…» sbottò la ragazza, ma la sua voce venne subito strozzata dalla torsione del braccio di Mousse, che stava in piedi poco distante da Shan Pu.
«Come hai osato ferire la mia amata Shan Pu?- gridò Mousse- Sarete anche le Sorelle delle Spade, ma io sono Mousse! Le armi fanno parte del mio corpo!» Con questo strinse ancora di più la presa, mentre il viso di Akemi diventava cianotico.
«Shan Pu! Stai bene?» chiese Mousse, evidentemente preoccupato, spostando i suoi occhi sul volto sudato e sofferente di Shan Pu. Una smorfia d’ira intensa le sfigurò il volto.
«Brutto idiota! Che cosa credi di fare?!- gli urlò contro, cercando di alzarsi- Sei solo uno stupido! Questo è il mio combattimento, bada ai fatti tuoi!»
«Ma Shan Pu…» tentò di obiettare Mousse, timidamente.
«Io non ho bisogno di te!» gridò Shan Pu, desiderosa di ferirlo il più possibile. Ma certo, ora avrebbe esibito il suo faccino ferito, e l’avrebbe finalmente lasciata in pace, a gestire quel combattimento che poteva vincere! E infatti un’espressione attonita e piena di dolore sfigurò il volto di Mousse.
«Mousse!!» gridò Akane, poco distante.
Shan Pu abbassò lo sguardo. L’espressione di dolore era dovuta alla lama lorda di sangue che usciva dal ventre del ragazzo. Con occhi attoniti, incredula, Shan Pu vide Mousse cadere sulle ginocchia, tossendo sangue.
«Non avresti dovuto voltarmi le spalle.» mormorò Mikage, ora visibile dietro di lui, mentre ritirava la spada dalla ferita mortale.
«Mousse…» sussurrò Shan Pu, attonita. La voce non le uscì. Questo…non era possibile. Non era previsto! Mousse rimase in ginocchio per un istante, come incerto sul da farsi, quindi cadde a terra, in una pozza del suo stesso sangue. Una pozza che si stava allargando sempre di più.
Sangue.
Il sangue di Mousse.
«Mousse…» mormorò ancora Shan Pu, ritrovando la voce. Ciò a cui aveva assistito la colpì improvvisamente come una secchiata d’acqua gelida. Mousse era stato colpito a morte perché aveva cercato di salvarla. Il suo stupido, insistente corteggiatore, l’amico d’infanzia. Mousse…era…
«Mousse! - gridò Shan Pu –No!!»

***

«Avremmo dovuto seguire Soichiro.»
«Mh?» chiese Sesshomaru, distratto dalle sue riflessioni. Abbassò lo sguardo sul volto corrucciato di Anna.
«Soichiro è andato dall’altra parte.- ripeté la ragazza, irritata- Non credo proprio che sia un caso.»
«C’è Inuyasha.» disse Sesshomaru, perdendo interesse.
«E da quando ti fidi di tuo fratello?» chiese lei, sarcastica. Sesshomaru non rispose e Anna rinunciò, sbuffando. Sesshomaru aveva portato pazienza fin troppo. Anna sapeva di non poter pretendere altro da lui, che ormai stava solo pensando alla maniera di massacrare Soichiro e i suoi scagnozzi, ma il fatto che fosse già così disinteressato alla vita dei suoi combattenti la irritava da morire.
«Tranquilla, Anna.- le disse Sango, battendole una mano sulla spalla- Sono certa che Kagome-chan e Inuyasha faranno buona guardia.»
«Già, perché tu non sai che ordine ha dato loro una certa persona di mia conoscenza.» ringhiò Anna, arrabbiata. Sesshomaru le scoccò un’occhiata fulminante e Anna voltò il capo, stizzita.
«Io resto della mia idea.- ripeté Anna, imperterrita- Ho paura che di là succederà qualcosa.»
Sbucarono in una vasta radura. Un torrente scorreva poco distante, dividendoli da un’altra sezione di foresta.
«Acqua.- mormorò Sango, sorpresa- Dev’essere un altro ramo del torrente che scorre vicino al nostro campo. Fortuna che Ukyo e Konatsu non hanno problemi.»
«Già. Mousse e Shan Pu dovrebbero essere al sicuro, essendosi allontanati dalla parte opposta.- disse Anna in risposta- Ci mancherebbe che combattessero da anatra e gatto…»
I due schieramenti si posizionarono ai lati della radura, dando ampio spazio ai combattenti. Ukyo e Konatsu si misero di fronte a Kei e Jukiyomaru, poco distanti dal corso d’acqua.
Sesshomaru scoccò un’occhiata alla foresta. Non si era affatto pentito di non aver seguito Soichiro. L’intera foresta era piena delle guardie demoniache del Signore dell’Est. Se Anna si stava preoccupando solo dell’incolumità dei suoi cari umani, Sesshomaru non si era perso l’occhiata d’odio che Soichiro aveva scoccato alla donna bionda. Sapeva che la presenza di Anna aveva disorientato il moko-yokai. Prevedeva che, appena possibile, avrebbe ordinato di farla fuori. La sua presenza al fianco di Anna garantiva che nessuno avrebbe fatto la pazzia di tenderle un agguato. Se per evitare questo doveva sacrificare la vita di un paio di umani, la cosa non toccava minimamente la sua coscienza. Era solo una questione di priorità.
«Cominciano.» disse Sango.
Sesshomaru riportò la sua attenzione sulla radura, ignorando l’ennesima occhiata di rimprovero di Anna.
«Sarà un combattimento noioso.» esordì Kei, sospirando platealmente ed estraendo la sua spada.
«Ehi! Finiscila di offendere!» sbottò Ukyo, seccata. Quella tipa era davvero irritante!
«Non per niente Soichiro-sama ha preferito veder combattere le Sorelle delle Spade.- borbottò Jukiyomaru- Anche se questo è un grave insulto alle mie capacità.»
«Se l’avete finita di parlare tra di voi…» disse Ukyo, appoggiandosi alla spatola in attesa di un qualche sviluppo.
«Va bene, iniziamo.- sospirò il ninja- Almeno combatterò contro una kunoichi.»
«Guarda che Konatsu è un uomo.» lo informò Ukyo, ormai arrabbiata.
«Oh, signorina Ukyoooo!!! – si lamentò Konatsu, arrossendo- Così mi mettete in imbarazzo!!»
«Kami-sama…è più femminile di me…» disse Kei, sbalordita. Jukiyomaru era senza parole.
«Che c’è da essere imbarazzati, scemo?!» ringhiò Ukyo, dando la spatola in testa a Konatsu.
«Ehi, lascialo intero. Vogliamo vedervi combattere!» disse qualcuno dalla parte dell’Est, facendo ridere tutti.
«Ecco, ora ti puoi imbarazzare.» sibilò Ukyo, arrossendo. Lanciò una veloce occhiata ai suoi spettatori. La vista dell’espressione corrucciata di Sesshomaru le mise addosso i brividi.
«Basta, cominciamo!- gridò, avventandosi su Kei- Preparati!»
«Ah! Sarà un piacere!» ghignò Kei, andandole incontro.
«Che schifo, una kunoichi uomo!- disse Jukiyomaru, facendo una smorfia di fronte al faccino innocente di Konatsu- Sparisci dalla mia vista! Hyappatsu Hyakuchu Shuriken!»
Una serie di lame rotanti partì dalle mani del ninja, andando a dirigersi a tutta velocità verso il kunoichi.
«Ah…La tecnica delle mie sorelle!- esclamò Konatsu, con gli occhi brillanti- Quanto tempo che non la vedevo!! Ma non è il momento di stupirsi.»
Konatsu spiccò un balzo, evitando le prime lame.
«La mia versione! Happobijin Shuriken!!» gridò, lanciando a sua volta una serie di lame rotanti. Queste andarono ad impattare contro quelle lanciate da Jukiyomaru, cambiandone la traiettoria. «Difenderò la tecnica delle kunoichi!»
«E chi ci difende da te?!» gridarono all’unisono Kei e Ukyo, che furono costrette a gettarsi per terra per evitare di venire colpite dalle lame rotanti impazzite.
«Oh, perdonatemi, signorina Ukyo!» esclamò Konatsu, giungendo le mani in preghiera in una posa molto femminile. Ukyo, oltremodo seccata, si sollevò a sedere ed estrasse dal nulla una corda di quelli che sembrarono a tutti spaghetti.
«Kinbaku Gomuiri Yakisoba!- gridò, lanciando la corda spessa e lunga contro Kei- Assaggia la mia tecnica infallibile.»
«Mi fai un baffo!- gridò Kei- Ho una spada, ricordi?» Spiccando un balzo, la spadaccina evitò un paio di frustate della corda, quindi, prima che Ukyo potesse ritirarla, la tagliò in due metà.
«Tecnica infallibile un corno!» rise Kei, avvicinandosi e menando un fendente con la spada. Ukyo, digrignando i denti, parò con la grossa spatola.
“Maledizione.- pensò, tentando di non retrocedere di fronte agli attacchi di Kei- Non ho potuto cucinare nemmeno un okonomiyaki! Senza materia prima, le mie tecniche si riducono almeno della metà!”
Le braccia iniziavano a dolerle. Quella Kei menava dei colpi davvero potenti.
“Devo togliermela di dosso…” pensò. Tirò un forte colpo con la spatola, facendo vibrare entrambe le lame per il contraccolpo, quindi si allontanò di qualche passo.
«Assaggia un po’ di tenkasu!!» gridò, lanciando una pastella granulosa contro la spadaccina. Una serie di piccole esplosioni circondarono Kei, che si allontanò di qualche passo, spaventata, cercando di togliersi di dosso i frammenti esplosivi. Jukiyomaru e Konatsu stavano utilizzando l’intera radura per combattere. Si spostavano di qua e di là a grandi balzi, quasi impossibili da seguire per un occhio umano, scontrandosi di tanto in tanto. Jukiyomaru prese il bastone che teneva legato sulla schiena e si avventò su Konatsu, facendolo roteare.
«Fujin Seikyusho!» esclamò Konatsu.
«Oh, kami-sama…- disse Anna, scuotendo il capo- Non ci posso credere…»
Una serie di cartoncini lanciati come lame rotanti si avventarono su Jukiyomaru, ferendolo non gravemente in più punti e riducendo a fettine buona parte del suo bastone.
«Ma…che razza di tecnica è?!» sbottò il ninja. Ora che avevano perso la forza del lancio, quelli che si stavano ammucchiando sull’erba sembravano pezzi di carta.
«Questa è la tecnica delle fatture del Sexy Bar Kunoichi!» esclamò Konatsu con orgoglio, prima di impegnare nuovamente Jukiyomaru nello scontro.
«Non sembrava, ma Konatsu è piuttosto forte!» mormorò Sango, sorpresa.
«Almeno finché non pensi a dove ha preso queste tecniche…» borbottò Anna, sconfortata, raccogliendo da terra una fattura. L’importante era che le tecniche assurde di Konatsu stessero funzionando.
«Che scuola è il Sexy Bar?» le chiese intanto Sango. Anna scosse la testa.
«Questo combattimento è assurdo.» sentenziò Sesshomaru, gelido, ponendo fine alle curiosità di Sango. Ukyo, nel frattempo, era stremata. Non era abituata a combattere così a lungo e quella Kei aveva fiato da vendere.
«Maledetta!- disse tra i denti- Kinbaku Gomuiri Yakisoba!»
«Ancora?! Lo vuoi capire che questa tua tecnica non mi fa né caldo né freddo?!» esclamò Kei, avventandosi contro la corda di spaghetti.
«Ma ti ha distratto quanto basta!» replicò Ukyo, lasciando andare la corda e afferrando l’elsa della katana. Per Kei fu una sorpresa. Ukyo le strappò di mano la spada, soddisfatta.
«E adesso vediamo chi è l’avversario debole e noioso!» esclamò.
«Non dipendo dalla spada! Non sottovalutarmi!» disse Kei, irata, avventandosi a testa bassa contro Ukyo e impattando violentemente contro il suo addome. Senza fiato per il colpo, Ukyo cadde a terra insieme a Kei, perdendo la presa su entrambe le armi.
«Lasciami, strega!» gridò Ukyo, tentando di recuperare la spatola mentre Kei le stava avvinghiata addosso. Kei sorrise con un guizzo maligno negli occhi.
«Puoi scordartelo.» mormorò, estraendo un piccolo pugnale da una manica. Gli occhi di Ukyo si spalancarono per la paura. Non sarebbe riuscita a fermarla!
«Konatsu!!!» gridò.
Il giovane kunoichi si distrasse, evitando per un soffio il colpo di Jukiyomaru.
«Ah! Signorina Ukyo!» gridò, spaventato. In preda a una terribile furia nel vedere Ukyo così minacciata, Konatsu si voltò verso Jukiyomaru, che ancora lo stava attaccando. «Netsu Oshibori Hyappon Randa!» Una pioggia di pezze arrotolate investì Jukiyomaru, che fu costretto a farsi da parte.
«Che roba è?» chiese Sango, stupita.
«Asciugamani bagnati.- spiegò Anna, laconica- Inutile chiedersi da dove diavolo li abbia tirati fuori…»
«Signorina Ukyo!» gridò Konatsu, gettandosi su Kei e afferrandole il polso.
«Lasciam…umgh!» tentò di protestare la spadaccina, prima che Konatsu le premesse sul volto una delle pezze umide.
«Questo è ciò che merita! Come ha potuto pensare di fare del male alla dolce signorina Ukyo?!» disse Konatsu, indignato. Kei iniziò a perdere le forze, soffocata, e Ukyo poté strisciare via dalla presa della spadaccina.
«Vi siete dimenticati che ci sono anch’io!»
La voce di Jukiyomaru fece alzare gli occhi di scatto a Ukyo. Il ninja si stava scagliando contro Konatsu, che aveva entrambe le mani occupate nel tener ferma Kei.
«Ci penso io!- lo rassicurò- Cortina fumogena!»
Estraendo dal vestito un sacchetto di farina, Ukyo lo fece esplodere, riempiendo l’intera radura di una spessa nebbia bianca. Tutti iniziarono a tossire, coprendosi gli occhi.
«Quella pazza…che diavolo ha fatto?!» disse Sesshomaru, coprendosi bocca e naso e stringendo gli occhi per cercare di vedere qualcosa in quella nebbia.
«Niente paura, è farina!» gridò Anna, tossendo.
«Sarà solo farina, ma così non si vede niente! E se…» disse Sango.
«Fatti una dormita!»
La voce di Ukyo precedette di un solo istante il suono di un corpo contro una lamina di metallo. Dopodiché, dall’invisibile luogo dello scontro non provenne più alcun rumore.
«Come sarà finita?» mormorò Sango.
«Aspettiamo un istante. La nebbia si sta diradando.» disse Anna, socchiudendo gli occhi irritati dalla polvere. Ci volle più di un minuto perché la vista si schiarisse abbastanza da mostrare Ukyo e Konatsu ancora in piedi, accanto ai corpi privi di sensi di Jukiyomaru e di Kei.
«Oh, signorina Ukyo!! Ce l’abbiamo fatta!» stava dicendo Konatsu, saltellando per la contentezza, mentre teneva tra le sue le mani della ragazza. Ukyo guardava con aria scura la sua spatola, che ora presentava una grossa conca nel punto in cui aveva impattato con la testa del ninja dell’Est.
«Abbiamo vinto noi, allora.» disse Sango, ancora stupefatta per quello strano combattimento.
«Così pare.» annuì Anna. Sesshomaru sbuffò, mentre tra le file dell’Est i guerrieri rumoreggiavano, andando a recuperare i propri compagni con aria scura.
«Bene, vediamo di muoverci. Voglio raggiungere i due cinesi, se ancora non hanno portato a termine il combattimento.» disse Sesshomaru, stupendo Anna. Sango si affrettò al centro della radura per recuperare i due combattenti.
«Signorina Ukyo, voi mi avete salvato la vita!» stava dicendo Konatsu.
«Ho solo restituito il favore.» borbottò Ukyo in risposta, assicurandosi la spatola sulla schiena.
«Ma voi avete fatto una cosa bellissima per me! Nessuno l’aveva mai fatto prima!- insistette il giovane- Permettetemi di ringraziarvi.»
«L’hai già fatto, no?» disse Ukyo, lanciandogli un’occhiata seccata. Sbiancò quando gli vide tirare fuori il rossetto. «No! Oh, no, non ci provare neanche!!!»
«Kunoichi ninpo, kansha no shirushi!» gridò Konatsu, imbarazzato ma felice, creando una breve cortina fumogena.
«Si può sapere che state facendo?» chiese Sango, quando la cortina si dissipò e vide Konatsu tenuto a distanza con grande fatica da Ukyo, la quale cercava di allontanarsi dal tiro dalle labbra rosso fuoco di Konatsu.
«Signorina Ukyo, non pensate male! E’ solo la tecnica di ringraziamento delle kunoichi!» si lamentava il ragazzo.
«Tiramelo via di dosso!» gridò Ukyo a un’allibita Sango, spingendolo via senza molto successo. Fu in quell’istante che un grido terribile squarciò l’aria, riducendo al silenzio e all’immobilità tutti i presenti.
«Questa…» mormorò Ukyo.
«Questa era Shan Pu.» disse Anna, impallidendo. Si voltò verso Sesshomaru, aggrappandosi al suo braccio. «Sesshomaru, avevo ragione! E’ successo qualcosa di grave!»
«Va bene, andiamo.- ordinò Sesshomaru- Vediamo se possiamo fare ancora qualcosa.»
Lasciandosi alle spalle i guerrieri dell’Est, Sesshomaru e il suo seguito si misero a correre nella direzione da cui il grido era provenuto.
"Spero che non sia successo nulla di grave." pensò Anna, febbrile.
L’odore di sangue che sentiva nell’aria, però, non le diceva nulla di buono.

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Capitolo 9
*** 9 - In pena per Mousse ***


«Mousse! No!!» gridò Shan Pu, inorridita, correndo verso il corpo inerte di Mousse. Il ragazzo giaceva in un lago del suo stesso sangue, ma, contrariamente a quanto Shan Pu pensava, non aveva perso conoscenza. I suoi occhi erano aperti.
«Shan…Pu…- mormorò, con voce flebile- Stai bene?»
Gli occhi di Shan Pu si riempirono di lacrime a dispetto di tutti i suoi tentativi di frenarle. Pur in quelle condizioni, Mousse si stava ancora preoccupando per lei.
«Stupido.- sussurrò, prossima ai singhiozzi- Non avresti dovuto farlo.»
«Va bene così.- mormorò Mousse, poi una luce sinistra gli si accese negli occhi- Non abbassare la guardia.»
Shan Pu alzò gli occhi di scatto. Quasi aveva dimenticato di essere ancora in lotta con le Sorelle delle Spade. Una rabbia immensa la invase. Quelle due streghe avrebbero pagato. Si alzò lentamente in piedi, gli occhi fissi su Mikage. Lei avrebbe pagato per prima. La sua sete di vendetta non le permise nemmeno di rendersi conto di cosa stava succedendo a lato della radura.
Non appena Mousse era stato trafitto, lo shock aveva colpito tutti, da entrambe le parti. Non era previsto che ci fossero dei morti. Ciò che era avvenuto giungeva totalmente inaspettato…per alcuni. Soichiro era molto soddisfatto. Non pochi tra i suoi combattenti stavano traendo baldanza dall’accaduto. Come prevedeva, alla vista del sangue gli umani sarebbero finalmente entrati nell’ottica della battaglia e se ne sarebbero fatti inebriare. In più, poteva vedere il dolore sui volti pallidi dei suoi avversari. Un sorriso maligno gli illuminò il viso alla vista dell’espressione rabbiosa del fratello di Sesshomaru.
“Piaciuta la sorpresa, bamboccio?” pensò. Inalò con piacere l’odore del sangue, gioì del grido di sofferenza della ragazza cinese. Finalmente le cose iniziavano a girare per il verso giusto. Non vide le facce orripilate di Minako e Kentaro e il loro sguardo d’intesa.
“Quel bastardo…- ringhiava intanto Inuyasha, stringendo i pugni fino a ferirsi- Aveva in mente questa cosa sin dal principio!” Era evidente che Soichiro aveva progettato il tutto. Inuyasha sentiva il dolore e la paura degli umani che aveva portato dall’epoca di Kagome come una marea che lo soffocava. “Poteva accadere a Kagome…” pensò, sentendo l’ira raggiungere nuovi livelli. Fece uno sforzo di volontà per non trasformarsi in yokai davanti agli occhi della ragazza.
«Mousse!» mormorò Akane, le mani schiacciate sulla bocca e gli occhi spalancati per l’orrore. Ryoga era basito. Ranma si voltò con rabbia verso Inuyasha.
«Avevi detto che nessuno sarebbe morto!» gridò, rabbioso e frustrato. Prima che potesse mettersi a correre verso la coppia di amici, Kagome afferrò l’arco e incoccò una freccia, puntandola verso Soichiro. Inuyasha la fermò.
«Non venirmi a dire che dobbiamo stare fermi ad aspettare!» gridò Kagome, arrabbiata, mentre le lacrime le scendevano sulle guance. Negli occhi di Inuyasha si accese una luce pericolosa, che ridusse all’immobilità perfino Ranma.
«Ci penso io.» ringhiò Inuyasha, voltandosi verso Soichiro e facendo per spiccare un balzo. Soichiro fece un gesto distratto verso Inuyasha. Un’alta barriera di fiamme circondò il piccolo gruppo.
«Ma che diavolo…?!» sbottò Inuyasha, facendo un passo indietro.
«Resta dove sei, cagnolino.- disse Soichiro, con un sorrisetto- Se mi attaccherai, incenerirò i tuoi preziosi umani. Decidi tu la tua condotta.»
Inuyasha scoprì le zanne, frustrato.
«Dannato bastardo!» ringhiò. Le fiamme scottavano persino lui. Non poteva certo liberare se stesso e Kagome, lasciando gli altri a bruciare!
«Inuyasha!» gridò Kagome, spaventata. Inuyasha se la strinse contro.
«Restiamo vicini!- gridò agli altri- Non avvicinatevi al fuoco!»
«Inuyasha, che facciamo?!» chiese Ryoga.
«Dovranno cavarsela da soli.» disse Inuyasha, tra i denti. “Solo Sesshomaru ci può tirare fuori da questa situazione. Speriamo che gli altri abbiano terminato lo scontro senza danni.” pensò. Fu allora che Shan Pu si avventò contro Mikage.
«Tu…come hai osato ferire Mousse?!» disse Shan Pu, con voce bassa, avvicinandosi un passo per volta a Mikage.
«Credevo di averlo ucciso, veramente.» fu la sua risposta. Guardò il corpo steso a terra, perplessa. «Deve avere una gran forza di volontà.»
«Hai commesso l’errore più grande della tua vita!» gridò Shan Pu, spiccando un balzo e tirando un calcio alla faccia della ragazza. Mikage riuscì a evitarlo, deviando il colpo col suo bastone, ma Shan Pu le diede appena il tempo di trovare una posizione stabile sulle gambe che la tempestò di colpi. Mikage ne parò molti, poi ricevette un colpo alla faccia e uno all’addome che la costrinsero a indietreggiare. In difficoltà, fece roteare il bastone, costringendo Shan Pu ad allontanarsi per evitare di essere affettata dalle lame.
“E’ diversa da prima.- pensò Mikage, perplessa- Akemi l’aveva quasi uccisa senza che lei mostrasse tutta questa forza. Possibile che vedere il ragazzo in fin di vita le abbia dato più determinazione?”
Lanciò un’occhiata alla sorella, che stava ancora cercando di riprendere fiato dopo essere stata quasi strangolata dalle corde del ragazzo cinese.
“Akemi, hai fatto un errore nel non ucciderla subito.” pensò, prima di avventarsi contro Shan Pu con un movimento fluido. La ragazza cinese, però, scomparve da davanti i suoi occhi con un balzo imprevedibile, attaccandola alle spalle e affibbiandole un calcio nella schiena che la fece cadere a terra di faccia. Shan Pu le pestò la mano, facendole mollare la presa sul bastone dalle lame ricurve. Digrignando i denti per il dolore, Mikage estrasse la corta spada con cui aveva trafitto Mousse, ma Shan Pu le diede un violento calcio in faccia, stordendola.
«Akemi!» gridò Mikage, risolvendosi a chiedere aiuto alla sorella.
«Che siate una o due, la pagherete!» gridò Shan Pu, mirando alla testa della ragazza con un pugno poderoso. Mikage fece appena in tempo a scansarsi.
“Questa ragazza vuole rendermi pan per focaccia!- pensò Mikage- Se Akemi non mi aiuta, finirà per uccidermi!”
Akemi era ancora stordita. Lo strangolamento a cui era stata sottoposta le aveva mozzato il fiato e le aveva tolto le energie. Ora che le corde si erano allentate, le macchie nere che le danzavano davanti agli occhi stavano regredendo, così come la sensazione terribile di avere i polmoni in fiamme. Alzò uno sguardo irato sulla ragazza dai capelli purpurei che stava combattendo contro Mikage, mettendola in difficoltà. Quella dannata stava mettendo sotto i piedi sua sorella!
«Akemi!» la chiamò ancora Mikage.
“Va bene, finiamola con questa storia.” pensò Akemi, rabbiosa. Uno dei due cinesi era morto. Era ora che la sua compagna lo raggiungesse. Il tentativo di alzarsi in piedi fu sufficiente a far tendere di nuovo le corde attorno al suo corpo…e alla sua gola. Il fiato di Akemi si strozzò e gli occhi le si spalancarono per la sorpresa quando vide il ragazzo che credeva già morto alzarsi sulle ginocchia, con uno sguardo tormentato negli occhi verdi e il viso cereo.
«Non credere…che sia finita.» disse Mousse, stringendo i denti. Con una rapida torsione dei polsi, le corde si strinsero ancora di più attorno alla vittima. «Non ho nessuna intenzione di morire finché Shan Pu sarà in pericolo!» Raccogliendo tutte le sue forze, Mousse impose una forte spinta alle corde, sollevando Akemi da terra e mandandola a impattare con forza contro Mikage. Lo scontro fu violentissimo. Tutti udirono il sordo cozzare delle due teste. Poi, Akemi e Mikage caddero a terra, prive di sensi.
«E’ finita.» mormorò Akane, mentre le fiamme attorno a loro diminuivano d’intensità a causa della momentanea distrazione di Soichiro. Mentre le fiamme si spegnevano, Mousse cadde di nuovo a terra e rimase immobile.
«Che succede qui?»
La voce gelida che provenne dalla foresta fece voltare tutti. La figura bianca di Sesshomaru si stagliava sullo sfondo scuro. Il suo viso contrariato era volto su Soichiro. In quell’istante, Anna uscì dal folto.
«Mousse!» gridò, correndo sul luogo dello scontro. Si inginocchiò accanto al ragazzo, voltandolo sulla schiena per esaminare la ferita. Fece una smorfia. «Kami-sama…» mormorò. Alzò lo sguardo su Shan Pu. «Cosa è successo?» chiese, mentre Inuyasha e gli altri, finalmente, si liberavano dalla prigionia e Ukyo, Konatsu e Sango li raggiungevano. Shan Pu volse gli occhi ancora pieni d’ira sulle due ragazze svenute.
«L’hanno colpito alle spalle…per uccidere.- disse, a denti stretti- E riceveranno lo stesso trattamento!»
Senza preavviso, Shan Pu afferrò una delle spade che giacevano per terra e si avventò sulle due sorelle svenute.
«No, Shan Pu!» gridò Ranma, bloccandola da dietro e trattenendole le braccia.
«Lasciami!» gridò Shan Pu, sconvolta dall’ira.
«Shan Pu, non ucciderle!» gridò Akane, andando ad aiutare Ranma.
«Non sarai migliore di loro se lo farai.» disse Inuyasha, scuro in volto. Shan Pu lo fulminò con un’occhiata.
«Non meritano di meglio!» gridò. Dovette intervenire anche Ryoga per tenere ferma Shan Pu, che si dimenava come una gatta scatenata. Sesshomaru continuò a fissare Soichiro, finché il moko-yokai non si inchinò appena con un lieve sorriso.
«E sia. Avete vinto anche quest’oggi.- disse, senza perdere il sorriso- Mi ritiro, Sesshomaru. Abbi cura dei tuoi umani. Quelli che rimangono.»
Minako e Kentaro aiutarono a portare via le due sorelle svenute. Entrambi abbassarono gli occhi sotto lo sguardo di Kagome e Inuyasha. Nessuno dei due era fiero dell’alleato per cui aveva scelto di combattere, in quel momento. Presto, i guerrieri dell’Est lasciarono la radura.
Sesshomaru si avvicinò ad Anna, che stava esaminando le condizioni di Mousse.
«Morirà.» sentenziò. L’umano aveva perso troppo sangue.
«Forse no.» mormorò Anna. Impose le mani sulla ferita. Una corrente di luce azzurra si trasferì da lei al corpo di Mousse. Sesshomaru corrugò la fronte.
«L’energia demoniaca è troppo forte per lui.» disse, scuro in volto.
«Gliene darò a piccole dosi.- mormorò Anna, intenta- Se resisterà alla nottata e la ferita si chiuderà, allora potrà sopravvivere.»
«C’è speranza allora?» chiese Ukyo.
«Poca, ma c’è.- annuì Anna, smettendo di trasferire l’energia- Portiamolo al campo. Non deve muoversi per un po’.» Alzò lo sguardo per richiamare i ragazzi. Shan Pu stava ancora lottando per liberarsi.
«Shan Pu, basta!» disse Ranma per l’ennesima volta.
«Hanno ucciso Mousse! Le ucciderò!» gridò Shan Pu.
«Smettila, Shan Pu!- disse Anna in tono autoritario, facendo voltare tutti verso di lei- Mousse è ancora vivo. E continuerà ad esserlo, se la finirai di sbraitare e permetterai agli altri di trasportarlo al campo, invece di sprecare energie a trattenerti.»
«E’ ancora vivo?» chiese Shan Pu, con le lacrime agli occhi.
«So che ti senti in colpa. Non mi è difficile capire che è stato ferito così perché ti ha protetta.- continuò Anna- Se vuoi restituirgli il favore, facilitami il lavoro. Ora stai calma e seguici al campo.»
Shan Pu annuì, improvvisamente docile. Ranma e Ryoga aiutarono a trasportare Mousse. L’intero gruppo si incamminò verso il campo.
«Sai anche tu che molto probabilmente non sopravviverà.» mormorò Sesshomaru. Anna alzò gli occhi su di lui.
«Nel caso, useresti Tenseiga?» chiese, la richiesta ben chiara nei suoi occhi.
Sesshomaru tornò a guardare di fronte a sé e non rispose.

***

«Per il Buddha…e io che credevo di essermela cavata per un pelo.» mormorò Miroku, seduto con la schiena appoggiata ad un tronco. Sango era al suo fianco, la testa su una spalla di lui.  Entrambi stavano osservando il luogo in cui Mousse giaceva, sdraiato sul sacco a pelo di Kagome, mentre Anna gli asciugava la fronte dal sudore e gli medicava la ferita.
«Shan Pu era come impazzita. Voleva uccidere le Sorelle delle Spade, nonostante fossero svenute.» mormorò Sango, ultimando il racconto.
«Azione non onorevole, ma facilmente spiegabile dal dolore.» rispose Miroku.
«Eppure io ero convinta che Shan Pu amasse Ranma. Sembrava che detestasse Mousse.» disse Sango, corrugando la fronte.
Shan Pu era poco distante dal fuoco, gli occhi fissi su Mousse, le ginocchia piegate contro il petto. Anna le aveva impedito di avvicinarsi fintantoché non avesse finito di medicare la ferita, ma la ragazza non lasciava mai Mousse con lo sguardo. Ranma le aveva appena portato da mangiare. Lei non lo aveva degnato nemmeno di un’occhiata. Ranma si sedette accanto ad Akane, sospirando.
«Non mangia. Sono convinto che non dormirà nemmeno finché Mousse non si risveglierà.» disse, scuro in volto. La seconda possibilità aleggiò sul gruppo come un oscuro fantasma. C’erano forti probabilità che Mousse morisse. Lo sapevano tutti.
«E’ così preoccupata!- mormorò Akane- Al solo pensiero che fosse morto, ha perso il controllo.»
«A volte non ti rendi conto di quanto tieni a una persona finché non è troppo tardi.» mormorò Ranma. Guardò Akane. Entrambi arrossirono e distolsero lo sguardo. Impossibile non pensare alla battaglia contro Safulan…
«Vuoi dire che Shan Pu è innamorata di Mousse?» chiese Ukyo, perplessa.
«Forse non ne è consapevole…ma comunque tiene molto a lui.» mormorò Ranma.
«Allora hai perso una fidanzata.» disse Ryoga, tentando di sdrammatizzare.
«Non ho nemmeno voglia di picchiarti.» borbottò Ranma. Ryoga annuì e chiuse gli occhi, sospirando.
«Speriamo che Anna-san riesca a salvarlo.- mormorò- Non riesco nemmeno a pensare che potrebbe…» Strinse i denti. Gli altri rimasero in silenzio. La loro vita era sempre stata costellata da guai più o meno grossi. Intrecci amorosi campati per aria, combattimenti, nemici assurdi, problemi di famiglia…ma la morte non li aveva mai sfiorati.
“La battaglia contro Safulan è stata un avviso che il periodo spensierato stava finendo.- pensò Ranma, coprendosi il volto con le mani- Non saremmo dovuti venire qui.”
«Il morale è basso.» disse Inuyasha, seduto vicino a Kagome, non molto distante da Sesshomaru.
«Era l’intento di Soichiro.- disse Sesshomaru, gli occhi fissi su Anna- Spera che domani nessuno sia in grado di combattere. Se vincesse potrebbe tenersi i suoi monaci.»
«Come hanno potuto fare questo al povero Mousse?- mormorò Kagome, ancora sconvolta- Shan Pu è quasi impazzita.»
«Gli esseri umani sono deboli.» disse Sesshomaru.
«Dici che Anna ce la farà?» chiese Inuyasha, accennando alla demone col capo. Sesshomaru fece un sospiro secco.
«E’ difficile, ma potrebbe farcela.- rispose- Dipende da quanto quel ningen ha voglia di vivere.»
«Domani tocca a Sango, Akane, Ranma e Ryoga.- disse Kagome- Speriamo che riescano a dare il massimo.» Guardò il gruppo di Nerima. I ragazzi sembravano avessero voluto prendere le distanze da loro, i responsabili della loro presenza nella Sengoku Jidai. «Forse non avremmo dovuto coinvolgerli.» mormorò Kagome.
In quel momento, Anna lasciò il capezzale di Mousse e, dopo aver fatto un cenno a Shan Pu, si avvicinò a loro.
«Come sta?» chiese Kagome, preoccupata.
«Molto male. Sinceramente non so se ce la farà.- disse Anna, sedendosi, con voce scura- Tra un’ora o giù di lì gli darò ancora energia. La dissipa velocemente.» Si voltò per osservare Shan Pu al capezzale di Mousse. «Se vivrà, sarà per lei.- mormorò- Spero che avverta il dolore di Shan Pu come lo posso avvertire io. E che decida di tornare da lei.»
Shan Pu, dal canto suo, si sentiva spezzata in due. Guardava il volto sofferente di Mousse e gli passava una pezza sul viso per asciugare il sudore, scostandogli con dita gentili la frangia nera dalla fronte. Allo stesso tempo avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
«Perché hai fatto una sciocchezza simile?» chiese per l’ennesima volta.
Che domande. Per lei, che altro motivo avrebbe dovuto avere? Aveva sempre fatto di tutto per lei…di tutto. Ma lei aveva sconfitto Mousse, da bambina. Secondo le regole del suo villaggio, Mousse era un perdente. Quel Mousse facile da prendere in giro, perché era sbadato, era mezzo cieco, faceva qualsiasi cosa a un suo minimo cenno. Era piacevole avere un servetto a tempo pieno, sapere che c’era qualcuno che smaniava per te, mentre tu fuggivi ridendo e lo umiliavi, e lo torturavi, ben sapendo che avrebbe gettato l’orgoglio e sarebbe tornato da te. Ti dava una sensazione di potere…
Ora, questo la faceva sentire un essere ignobile. Era l’abitudine di una vita che aveva spinto Mousse a commettere quella sciocchezza. Stava perdendo la vita per salvare la sua. Che stupido!
“Perché sto così male?- si chiese Shan Pu, portandosi una mano al cuore- Mousse…mi ha sempre dato fastidio. L’unico che amo è…”
Un’immagine di Ranma le balenò in mente. Si voltò per guardarlo. Era seduto accanto ad Akane e discuteva con lei a bassa voce. Sembravano molto intimi. Non avvertì nessun impulso di gelosia, nessuna necessità di scagliarsi contro Akane per allontanarla dal suo ai len. Shan Pu amava Ranma, perché così diceva la legge. Forse…si era convinta di amarlo? Possibile che non fosse vero amore ma una morbosa fissazione? In quel momento, nulla l’avrebbe allontanata dal capezzale di Mousse, nemmeno Ranma.
Mousse, che le offriva rose almeno due volte al giorno, che la guardava con adorazione da dietro le lenti di quei suoi occhiali…
Mousse, che le perdonava qualsiasi cosa, che aveva abbandonato tutto per seguirla in Giappone…
Mousse, che aveva messo in gioco la sua vita per rimediare alla sua impulsività…
Shan Pu scosse il capo, portandosi le mani alla testa.
«Svegliati presto, stupida papera.- mormorò, con voce tremante- Apri quei tuoi occhi e guardami. Forse allora riuscirò a capire cosa è cambiato in me…e quanto.»
Mousse gemette nel sonno, come avvertendo le sue parole. Sulla guancia di Shan Pu cadde una singola lacrima.

***

L’energia fluiva dalle sue mani al corpo immoto di Mousse. Con un sospiro stanco, Anna scrutò il volto del ragazzo per cercare un segno di ripresa. Nulla. Mousse continuava a restare privo di coscienza. Il suo volto era ancora troppo pallido, la ferita aveva smesso di sanguinare ma non si era ancora chiusa del tutto.
“Maledizione, Mousse!” pensò, intensificando il dosaggio di energia. Mousse fece una smorfia nel sonno e Anna ritornò alla quantità precedente. Non doveva esagerare. L’energia demoniaca non era adatta al corpo umano e se avesse sbagliato avrebbe portato il corpo di Mousse all'autodistruzione, invece che alla rigenerazione. Ma rispondeva alla sua cura drastica così lentamente…
Guardò accanto alla testa di Mousse. Un gattino viola era accoccolato nei suoi pressi, scrutando Anna con occhi luminosi e accusatori. Shan Pu si era trasformata per poter restare accanto a Mousse senza intralciare Anna, che doveva spesso girare attorno al ferito per lavargli la ferita o cambiargli le bende.
«Credi sia colpa mia, Shan Pu?» chiese, a bassa voce. La gatta voltò la testa da un’altra parte. Anna sospirò. Indirettamente, Shan Pu aveva ragione. Eppure tutto quello era stato fatto apposta per salvare tante vite!
Smise di fornire energia al corpo di Mousse, lasciando che assorbisse quella che già gli aveva dato e sollevò il capo, stanca. Attorno a lei, nessuno dormiva. Quella notte non aveva portato riposo al campo e ormai la mattina era prossima. Ranma e i suoi amici erano riuniti in un angolo della radura, lontani da Inuyasha e compagni. Anna si intristì. Né Ranma né gli altri davano loro colpa per l’accaduto, ma allo stesso tempo stavano prendendo inconsciamente le distanze da un mondo che non riuscivano a comprendere e accettare.
“Ho fatto uno sbaglio.” pensò Anna, passandosi una mano sul volto. Era una settimana che non dormiva e utilizzare le sue energie in quel modo la stava spossando, ma non era il momento di sentirsi debole. Soichiro stava perdendo gli scontri, ma stava vincendo sul fronte più importante. Il morale degli umani era peggio che basso. Come avrebbero combattuto quel giorno?
Una mano le si posò su una spalla. Si voltò, certa di trovare Sesshomaru. Vide invece Inuyasha, che fissava Mousse con aria scura.
«Come va?» chiese. Anna scosse il capo.
«Migliora troppo lentamente per i miei gusti.- rispose, in un sussurro appena percettibile- Dovrò stargli accanto tutto il giorno. Non oso allontanarmi.»
«Sei stanca.» disse Inuyasha, con sguardo critico. Anna fece un mezzo sorriso e si strinse nelle spalle. Inuyasha sospirò. «Sesshomaru è andato a controllare che nessuno si sia infiltrato.- disse- Però mi ha mandato a chiederti cosa ti frulla per la testa.»
«Cosa mi…» iniziò Anna, sorpresa, poi sorrise amaramente. «Sesshomaru mi conosce bene, quando vuole.» mormorò. Sospirando, si alzò e prese Inuyasha sottobraccio. «Vieni. Non voglio che gli altri ci sentano.»
Condusse lo yokai fino al limitare della foresta, lontano dagli altri.
«Coraggio, che c’è?- disse Inuyasha, incrociando le braccia sul petto- Fammi indovinare: ti senti in colpa.»
«In parte.» rispose Anna, annuendo. Inuyasha le batté una mano sulla fronte, facendole alzare lo sguardo di colpo.
«Ehi, c’è nessuno in casa?- chiese Inuyasha, con una smorfia- Pensavo avessi del cervello, non che fossi una sciocca ragazzina! Non mi pare che sia stata tua la mano che teneva la spada che ha trafitto Mousse.»
«Non ho detto che ho colpa diretta, ma…» iniziò a replicare Anna, seccata.
«Feh! E’ la stessa cosa.- sentenziò Inuyasha- Se ti senti in colpa, aggravi il clima di depressione che già c’è. Se proprio vuoi fare qualcosa di utile per loro, fai almeno finta di essere su di morale!»
Anna lo fissò con stupore per un istante.
«Inuyasha, mi sorprendi.» disse.
«Non credo di poterlo prendere come un complimento.» disse Inuyasha, con una smorfia. Anna sorrise. «Comunque è stata Kagome a farmi notare che ti sentivi in colpa.- ammise il demone, lanciando un’occhiata a Kagome, che stava parlando con Sango mentre la aiutava a cambiare le fasciature a Miroku- E anche quel cretino di Sesshomaru è preoccupato, anche se non ti dice niente e manda me a fare il suo mestiere.»
Anna sorrise ancora, con una luce dolce negli occhi. Sesshomaru era incorreggibile.
«Inuyasha, vorrei spiegare loro come stanno veramente le cose.» mormorò.
«Cosa intendi?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Qual è il vero obiettivo.- spiegò Anna, spostando lo sguardo sul gruppo di Ranma- Li ho convinti a venire parlando di combattimenti e desideri. Naturalmente non ho detto loro quale peso avrebbe avuto il risultato.»
«Pensi che sia il caso?» chiese Inuyasha, corrugando la fronte.
«A questo punto, direi di sì.- disse Anna- Non possono combattere con quel morale. Siamo a buon punto, il nostro obiettivo è quasi raggiunto. Hai visto le facce di chi è al seguito di Soichiro, no?»
Inuyasha annuì. «In un modo perverso, perfino che Mousse sia stato ferito in quel modo ha giocato a nostro vantaggio.» mormorò.
«Esattamente. E’ crudele, ma è così.- disse Anna- Ora devono saperlo. Devono capire che ormai è quasi fatta. Oggi sarà il loro ultimo sforzo e devono poter combattere con l’animo se non felice almeno sereno.»
«Forse hai ragione.- sospirò Inuyasha- Speriamo solo che capiscano e non si mettano a fare inutili discussioni.»
«Sarei pronta a sorbirmi più di una discussione, se servisse a salvare Mousse e farli ritornare sereni.» disse Anna, con un sorriso amaro. Si incamminò verso il gruppo di Ranma, seguita da Inuyasha. Ranma alzò gli occhi su di lei.
«Come sta?» fu la sua prima domanda.
«La ferita si sta chiudendo. Le speranze aumentano.» rispose Anna. Guardò le loro facce scure, quindi chiese: «Posso sedermi con voi? Dovrei parlarvi.»
Ukyo le fece posto e Anna si sedette. La demone prese un bel respiro.
«Dunque, tanto per cominciare vorrei chiedere scusa a tutti voi per avervi coinvolti in questa storia.» iniziò Anna. Inuyasha brontolò qualcosa e si allontanò.
«Anna, non è colpa tua.- disse Akane- In realtà, non è colpa di nessuno.»
«Abbiamo preso la decisione di venire con voi troppo alla leggera.» disse Ranma, scuro in volto. Scosse il capo. «Non siamo abituati al fatto che il nostro avversario desideri la nostra vita, oltre che la nostra sconfitta. Forse siamo davvero cuori teneri, come ci ha definiti Inuyasha.»
Anna sorrise.
«Se tutti avessero un cuore come il vostro, il mondo sarebbe più pazzo ma probabilmente girerebbe meglio.» disse, strappando loro un sorriso.
«Anna-san, Akane ha ragione. Non dovresti sentirti in colpa.» disse Ryoga, convinto.
«Stai facendo il possibile per Mousse. Cos’altro potremmo chiederti?» disse Ukyo, solidale.
«Vi ringrazio per la vostra fiducia.- mormorò Anna- A questo punto, credo sia ora di dirvi chiaro e tondo come stanno le cose.»
«Cosa intendi dire?» chiese Ukyo.
«Signorina Anna, vi siete dimenticata di dirci qualcosa?» chiese Konatsu, curioso.
«Diciamo che ho omesso un paio di particolari.- ammise Anna- Non volevo che iniziaste a combattere con un piglio differente dal vostro solito.»
«Cosa non ci hai detto?» chiese Ranma, perplesso. Gli si spalancarono gli occhi. «Non mi dire che la Fonte…»
«No, la Fonte esiste e funziona perfettamente.- lo rassicurò Anna- E’ il reale scopo di questi scontri che non vi è stato spiegato esaurientemente.»
«Allora fallo adesso. Siamo ancora in tempo, mi pare.» disse Akane.
«A meno che il saperlo non potesse salvare Mousse.» insinuò Ukyo.
«No, non lo credo.- mormorò Anna, scuotendo il capo- Anzi, probabilmente avrebbe solo peggiorato le cose.» Rimase un attimo in silenzio, poi disse: «Soichiro non rispetterà mai il patto.»
«Cosa?!» chiese Ranma, basito.
«Allora cosa combattiamo a fare?- chiese Ryoga, alzandosi in piedi- Che scherzo è questo?» Shan Pu, accanto a Mousse, mosse le orecchie, in ascolto.
«Nessuno scherzo, Ryoga. Stiamo parlando di Soichiro. Un demone tendenzialmente portato al tradimento e ad attaccare alle spalle.- disse Anna, dura- Sapevamo questo fin dall’inizio.»
«E allora perché questa proposta?- chiese Akane, perplessa- Non riesco a capire.»
«Era necessario, per noi, evitare che gli esseri umani entrassero nello scontro. Sia per motivi personali…- mormorò Anna, sfiorando con un gesto non cosciente la fiamma che aveva sulla fronte- che per motivi pratici. In poche parole, i poteri spirituali possono danneggiare noi demoni…danneggiarci fino alla morte, se abbastanza potenti.»
«Poteri come quelli della signorina Kagome?» chiese Konatsu. Anna annuì.
«E per questo avete scelto di proporre le sfide.- disse Akane, corrugando la fronte- Perché farlo, se sono così inutili?»
«La sfida serviva a prendere tempo, ma principalmente a far capire agli umani che hanno deciso di combattere per Soichiro quanto il loro alleato sia abietto.- spiegò Anna- Io sono un demone, ma sono stata anche un essere umano. Conosco l’animo dei mortali e so che spesso basta poco per far aprire gli occhi a chi non riesce a vedere.» Alzò gli occhi, guardando uno per uno coloro che la circondavano. «Ho scelto voi, col vostro senso dell’onore e lo spirito sereno. Sono stata io a fare la scelta di portarvi qui.- disse- Sapevo che sareste stati leali, che nei momenti di difficoltà avreste mostrato solidarietà e amicizia, che avreste scherzato e preso con simpatia ogni sfida. Mi serviva questo, per far aprire gli occhi agli alleati di Soichiro.»
«Ancora non capisco.- disse Ranma- A cosa siamo serviti, alla fine dei conti?»
«Voi avete vinto tutti gli scontri e questo è importante. Avete dimostrato la vostra forza e il vostro coraggio.- spiegò Anna- Ma al contempo avete dimostrato di essere delle ottime persone. Persone d’onore, capaci di dare anche la vita per i propri compagni. Come Mousse.» Tutti si voltarono verso la figura distesa, immobile. «Non avete visto come, in questi giorni, sia diminuito il numero di coloro che ci accoglievano sbeffeggiandoci, con una smorfia sul viso? Non avete notato quante occhiate di sconcerto e timore siano state lanciate a Soichiro dai suoi stessi alleati?- continuò Anna- Soichiro non se ne è accorto. Lui punta sulla parte gretta dell’animo umano. Non mi stupirà vedere ancora esseri umani come Tenchimaru o le Sorelle delle Spade al suo fianco, quando verrà il momento di dare battaglia, ma…non potrei perdonarmi di dover uccidere persone che sono soltanto state ingannate.»
«Vuoi dire che…stanno cambiando idea?» chiese Ryoga, stupito.
«Credo che Anna abbia ragione.- mormorò Akane- Quando eravamo circondati dal fuoco, ho visto buona parte dei suoi seguaci guardarlo con timore.» Guardò Ranma per avere conferma e il ragazzo annuì.
«Kagome è riuscita a convincere Minako. Forse le miko si asterranno dal combattere.- disse Anna- Per i monaci, abbiamo avuto solo la voce di Tenchimaru, ma possiamo ben sperare. Tra i guerrieri, Kentaro non si piegherà certo ad azioni non onorevoli.»
«Sì, mi è sembrato un tipo a posto.» ammise Ryoga.
«Se loro lasceranno Soichiro, altri li seguiranno. Molte vite saranno salve.» finì Anna, stanca. Sospirò. «E questo è quanto.- disse- Non vi ho mai detto nulla perché volevo che foste voi stessi, fino in fondo. Ora che Mousse è stato ferito e il vostro animo è così tormentato, ho pensato fosse una buona idea farvi capire quanto importante è stato il vostro lavoro. Quanto ancora lo è.»
«In totale, dobbiamo continuare a vincere?» chiese Ranma, dopo un istante di silenzio. Anna alzò lo sguardo su di lui. Il sorriso confidenziale gli era riapparso sul volto e una luce di sfida gli brillava negli occhi. Annuì. «Allora non c’è alcun problema, perché la parola sconfitta non è annoverata nel nostro vocabolario.» sentenziò Ranma, allungando una mano verso Anna. «Un patto è un patto, no?» Anna, sorpresa, ristette, poi gli strinse la mano.
«Sì, lo è.- sussurrò, sorridendo- Grazie, ragazzi.»
«Tu pensa a Mousse, che a quel dannato ci pensiamo noi.» assicurò Ranma.
«Ehi, mi stai imitando?» chiese Inuyasha, truce, comparendo alle sue spalle. Ranma si voltò per replicare, dando il via a una discussione. Anna, sospirando, si alzò e si diresse di nuovo verso Mousse. Inuyasha le fece un cenno d’intesa. La sua idea aveva funzionato: l’atmosfera era di nuovo accettabile.
“Ora deve solo svegliarsi Mousse.- pensò Anna, sorridendo in risposta- E naturalmente devono vincere gli ultimi scontri.”
Si avvicinò a Mousse, lasciandosi alle spalle il chiasso di Inuyasha e Ranma, quando Sesshomaru comparve dal folto, venendo verso di lei.
«Sei tornato?» chiese Anna, avvicinandosi a lui.
«E’ ora di andare.» fu la semplice risposta di Sesshomaru. Anna annuì. Sesshomaru spostò lo sguardo su Mousse. «Come sta?» chiese.
«Migliora, ma troppo lentamente.- disse Anna, sospirando- Oggi dovrò restargli accanto. Non potrò venire con voi.»
Sesshomaru strinse le labbra, contrariato, ma non disse nulla. Spostò invece lo sguardo sugli umani. «Sono pronti?» chiese brusco. Quel cretino di suo fratello stava litigando con quello che sembrava il capo di quel manipolo di ragazzini.
«Sì. Ora sì.» disse Anna, con un dolce sorriso sulle labbra. Nel vedere quel sorriso rivolto agli umani, Sesshomaru si oscurò ulteriormente in volto.
«E’ ora.» sentenziò, allontanandosi.
«Fai attenzione a Soichiro.» gli disse Anna, alle sue spalle. Sesshomaru si voltò, alzando un sopracciglio con aria interrogativa. «Ha usato il fuoco, ieri.- si spiegò Anna- Non so come abbia fatto, ma è molto pericoloso. Stai attento.»
«Quello è il suo potere.- disse Sesshomaru, annoiato- Non lo userà, oggi.»
«Come puoi saperlo?- chiese Anna, corrugando la fronte- Sai che è infido e…»
«Appunto.- la interruppe lui- Non mi attaccherà direttamente, se non vi sarà costretto. Con Inuyasha, naturalmente, non si fa di questi problemi.»
«Non vedo il perché.» disse Anna. Sesshomaru corrugò la fronte, seccato. Odiava dare spiegazioni.
«Nostro padre aveva sviluppato l’immunità al fuoco di Soichiro. Ora, lui crede che anch’io, come suo figlio, sia immune al fuoco. Inuyasha è un figlio bastardo, quindi per lui è meno di niente.» spiegò Sesshomaru.
«Oh…e ne sei davvero immune?» chiese Anna, sorpresa.
«Non ne ho la minima idea.- rispose Sesshomaru, laconico, stupendo Anna- Ma non lo sa nemmeno Soichiro, quindi non lo userà. In più, Tenseiga e Tessaiga fungono da protezione. Ora, se hai finito con le domande, gradirei andare.»
Anna chiuse la bocca, obbedendo senza pensare, mentre Sesshomaru riprendeva a camminare. «E stai attenta.» lo sentì mormorare, prima che si allontanasse troppo. L’inu-yokai fece raggruppare tutti i presenti, quindi ordinò loro di incamminarsi in direzione della radura.
«Tranquilla, Anna! Ti porteremo la vittoria!» Ranma, alzando il pollice al cielo.
«Abbi cura di Mousse!» gridò Akane.
«Finitela e camminate.» fu l’aspro ordine di Sesshomaru, che si inoltrò nel folto senza aspettarli. Uno ad uno, tutti sparirono alla vista di Anna, che rimase al campo con Mousse, Shan Pu, e un convalescente Miroku.
«Ultimo giorno.» disse il monaco.
«Già.» sospirò Anna, tornando al capezzale di Mousse.
«Almeno oggi non dovrò restare in compagnia di un affamato inu-yokai.» scherzò Miroku.
«Ne sei sicuro?» chiese Anna, mostrando le zanne. I due si scambiarono un sorriso.
«Speriamo solo che vincano.» mormorò Miroku.
«Speriamo.» disse Anna, abbassando lo sguardo sul viso di Mousse. Era ancora così pallido…«Coraggio.- mormorò Anna- Anche io ho la mia battaglia da vincere.»
Così dicendo impose le mani sulla ferita di Mousse e iniziò nuovamente a fornirgli energia.

***

Sesshomaru procedeva in testa alla processione che lo seguiva, diretta al luogo degli scontri. Una piccola processione, se confrontata a quella del primo giorno, si trovò a pensare. Volse appena il capo. Gli umani chiacchieravano a bassa voce. Le facce scure della nottata sembravano più distese. Sesshomaru si chiese se Anna avesse spiegato loro come stavano le cose. Molto probabile. Avrebbe dovuto aspettarselo. Se questo serviva a farli combattere al meglio, però, non trovava nulla da ridire. Bastava che la smettessero con quel loro cicaleccio fastidioso.
«Sei parecchio oscuro, stamattina.»
Sesshomaru si voltò verso Inuyasha, corrugando le sopracciglia sottili.
«Vuoi qualcosa in particolare, Inuyasha, o intendi solo seccarmi?» chiese, gelido. Inuyasha si strinse nelle spalle.
«Sei proprio nero!- ironizzò- Non vedo perché. Stiamo vincendo, Anna è riuscita a risollevare il morale dei ningen e Mousse si sta riprendendo. Che c’è che non ti va?» Alzò gli occhi sul viso di suo fratello. Sapeva bene cosa non gli andava: l’ottimo rapporto di Anna con ‘quella plebaglia umana’. Sesshomaru non rispose, limitandosi a fulminarlo con un’occhiata.
«Oggi Soichiro perderà.- fu la sua sola risposta- Allora mi permetterò di essere soddisfatto.»
«A proposito di Soichiro, che diavolo era il fuoco di ieri?- chiese Inuyasha- Non mi avevi menzionato niente del genere.»
«Ha il potere di manipolare il fuoco. Difenditi con Tessaiga.» tagliò corto Sesshomaru, stanco di dare spiegazioni. Inuyasha gli lanciò un’occhiata bruciante.
«Posso difendere anche Kagome, con Tessaiga?» chiese, la voce aspra per la consapevolezza di dover dipendere dalla conoscenza del fratello maggiore. Sesshomaru gli lanciò un’occhiata sardonica.
«Sbaglio, o la tua donna era diventata immortale?» chiese. Inuyasha si oscurò in volto.
«Non ho intenzione di testare la reale natura di questa sua immortalità, grazie.- ringhiò- Se fosse anche solo ferita non me lo perdonerei mai. Perfino Anna è stata…» Si tappò la bocca. Non aveva avuto intenzione di menzionare l’attentato in cui Anna era stata uccisa. Ormai però la frittata era fatta. Vide il volto di Sesshomaru diventare di pietra. «Capisci anche tu che l’immortalità non è una garanzia sufficiente.» finì Inuyasha, schiarendosi la voce. Sesshomaru, inaspettatamente, annuì.
«Sì, proteggerà anche lei.» disse, sorprendendo Inuyasha per la mitezza del tono. In realtà Sesshomaru stava pensando ad Anna. Aveva un pessimo presentimento. La yokai era rimasta al campo, sola, con la compagnia di un convalescente, un ferito e un gatto. In più, stava utilizzando le sue energie per risanare quello stupido ningen. Sembrava fatta apposta per subire un agguato. E Sesshomaru sapeva di non potersi fidare nemmeno della famiglia inu-yokai.
«Inuyasha…» chiamò il fratello, prima di rendersi conto di essere ormai arrivato alla radura. Vedeva già gli occhi neri di Soichiro spazzare il suo seguito alla ricerca di facce disperate…e degli assenti, ovviamente. Inuyasha lo guardò, ma Sesshomaru scosse la testa, riassumendo un’espressione gelida. Non intendeva dare a Soichiro idee che probabilmente non gli erano ancora passate per la testa. Se l’avesse visto preoccupato, non ci avrebbe messo molto a fare due più due.
«Siete in pochi, Sesshomaru.- esordì Soichiro, con un sorrisetto- Perso qualcosa?»
Sesshomaru alzò appena un sopracciglio.
«No, nulla. Se ti riferisci agli assenti, si riuniranno a coloro che mi seguono non appena vinceremo le sfide di oggi.» disse.
«Mi riferivo al morto, Sesshomaru.- disse Soichiro, scuotendo il capo con aria sarcastica- Capisco che la vita di un umano per te non sia nulla, ma ti renderai conto che…»
«Non è morto proprio nessuno!» sbottò Ranma, venendo avanti di un passo. Sesshomaru gli lanciò un’occhiata fulminante, ma il ragazzo non vi badò. Quel demone biondo l’aveva veramente fatto infuriare. «Non fare tanto l’innocente! Se fosse Sesshomaru, il demone sanguinario, saremmo stati noi a ricevere l’ordine di uccidere i tuoi guerrieri, non l’inverso!»
«Di’ a quella boccaccia di stare zitta, Sesshomaru.» sussurrò Soichiro, con un sorriso a denti stretti. Sesshomaru si strinse nelle spalle. Non gli dispiaceva vedere l’arroganza del moko-yokai minata dalla lingua lunga di un semplice ningen.
«E ti dirò di più, Mousse sta guarendo!- continuò Ranma- Presto starà nuovamente bene, alla faccia tua! E oggi subirai l’ultima sconfitta.»
«Mousse è riuscito a vincere nonostante le sue condizioni. Noi non saremo da meno.» disse Ryoga, avanzando a fianco di Ranma.
Kagome scambiò un’occhiata con Inuyasha. Tra le file di Soichiro, erano in molti ormai ad avere sguardi dubbiosi o di aperto sospetto verso il loro alleato. Se Ranma, Ryoga, Akane e Sango avessero vinto anche quel giorno, c’erano forti probabilità che le armate umane non prendessero parte alla guerra.
Soichiro fece una smorfia. Non poteva replicare. Le sue mosse erano state piuttosto evidenti, non poteva negarlo. Non aveva previsto che gli umani avessero abbastanza presenza di spirito da avere energia per combattere, quel giorno, né tantomeno per mettersi a rinfacciargli le sue mosse! Che spudorati!
«Finiscila, ragazzo!- sibilò- Visto che sai parlare tanto bene, vediamo come te la cavi nel combattimento.»
«Non aspetto altro.» disse Ranma, schioccando le nocche. Guardò Ryoga e il ragazzo annuì. «Ok. Noi due facciamo coppia.» sentenziò Ranma, sfidando gli avversari con lo sguardo.
«Spero che Kentaro abbia la mia stessa intenzione.» disse Ryoga. Kentaro venne avanti, sorridendo.
«Non vedevo l’ora di avere la rivincita, in realtà.» disse il giovane.
«Ranma…»
Ranma si voltò al suono della voce di Akane. La ragazza lo guardava con un misto di preoccupazione e delusione. Probabilmente aveva sperato di combattere in coppia con lui. Ranma scosse il capo. Non aveva intenzione di mettere Akane in condizione di rischiare per lui, né viceversa. Quello scontro doveva risolversi senza feriti. Akane sembrò capire, perché annuì e fece un breve sorriso, voltandosi poi verso Sango.
«Spero non ti dispiaccia combattere al mio fianco.» disse.
«Scherzi? Quei due sono troppo chiassosi.» scherzò Sango, con un sorrisetto.
«Molto bene.- disse un giovane uomo, venendo avanti- In questo caso, io sfido la tajiya. Sono Shiro.»
«E io sono Kogaji.- si presentò un ragazzo poco più grande di Ranma e compagni- Combatterò contro la ragazza vestita alla cinese.» Lanciò un’occhiata maliziosa ad Akane, che si oscurò in volto.
Ranma stava ancora fulminando con gli occhi lo sfrontato guerriero, col sottofondo dei ringhi minacciosi di Ryoga, quando si accorse che a Kentaro si era affiancato qualcuno. Si voltò trovandosi di fronte il proprio avversario.
«Il mio nome è Shun.- si presentò l’uomo, che aveva strani capelli bianco azzurri- Sfido Ranma Saotome.»
Ranma sollevò un sopracciglio nel vedere il suo stravagante aspetto fisico, ma niente di più. Da quando era caduto nelle fonti, aveva visto cose più strane. Inuyasha gli si avvicinò.
«E’ un hanyo.» lo avvertì, stupendolo. Vide infatti Kentaro lanciare un’occhiata sospettosa al compagno. «Pensi di farcela?» chiese ancora Inuyasha.
«Naturalmente sì.- disse Ranma, sicuro- Anzi, sarà ancora più interessante combattere contro di lui.»
«Contento tu.» sbuffò Inuyasha, lasciando perdere raccomandazioni e roba simile.
«Ok! Allora andiamo.» sentenziò Ryoga, iniziando a incamminarsi. Ranma lo afferrò per il colletto, strozzandolo.
«Di qua, idiota.- gli ringhiò all’orecchio- Stavi andando verso la radura vicino al fiume. Cos’è, vuoi trasformarti in porcellino?!» Con una risata nervosa, Ranma passò un braccio attorno alle spalle di Ryoga e lo trascinò nella direzione giusta. Kentaro sorrise, divertito e li seguì. Shun fece lo stesso, con un lampo freddo negli occhi. Soichiro li seguì, insieme ad alcuni dei suoi seguaci, e Sesshomaru si incamminò con loro.
«Inuyasha, oggi mi occupo io di Soichiro.- mormorò al fratello, che stava per seguirlo- Vai con le ragazze.»
Inuyasha annuì, lasciando Sesshomaru con Ukyo e Konatsu e portando con sé Kagome, allontanandosi nella direzione opposta insieme a Sango e Akane.
«Avremo fatto bene a lasciare solo Sesshomaru?» chiese Kagome, preoccupata.
«Tranquilla, sa badare a se stesso.» rispose Inuyasha. “Sa che Soichiro non tenterà mosse false con lui intorno. Sotto sotto, nemmeno lui vuole che anche oggi qualcuno venga ferito. Ed è chiaro che l’asso nella manica è quell’hanyo.” pensò, lanciando un’ultima occhiata alle sue spalle.
In effetti, Soichiro stava imprecando mentalmente contro Sesshomaru. Perché quel giorno aveva scelto di seguirlo? Gli avrebbe rovinato gran parte del divertimento. Aveva in progetto di incenerirgli il fratellino a fine sfide, ma pareva che avrebbe dovuto rimandare. Fu in quell’istante che Soichiro si rese conto di un’assenza pesante nel gruppo di Sesshomaru. L’inu-yokai era solo…dov’era la donna bionda? Non si era presentata quella mattina: che fosse rimasta a curare gli umani convalescenti? In quel caso, era sola con due o tre ningen feriti. Un sorriso contorto fece la sua comparsa sul viso di Soichiro.
Chiamò a sé una delle sue guardie demoniache e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio. Qualche istante dopo, la guardia si defilò, non vista. Soichiro sorrise. Visto che Sesshomaru gli avrebbe rovinato la festa sul luogo dello scontro, Soichiro aveva appena deciso di organizzarne un’altra in un luogo diverso, una festa per una sola persona. Bionda, possibilmente.

 

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Capitolo 10
*** 10 - L'ultimo scontro ***


«Ehi, Inuyasha.»
Inuyasha si voltò verso Sango con aria interrogativa.
«Che c’è?» chiese.
«Quel tipo, Shun, è un hanyo, non è vero?» chiese la tajiya. Inuyasha annuì e lei corrugò la fronte. «Allora perché non avete protestato? Non è giusto che Ranma sia costretto a combattere contro qualcuno così superiore a un essere umano.»
«Quello sbruffone ha detto che gli va bene così.- rispose Inuyasha- E poi credo che lo possa battere. Ranma è più abile di un normale essere umano.»
«Piuttosto, Sango, non farlo capire ad Akane. Potrebbe innervosirsi…» iniziò a dire Kagome.
«Non farmi capire cosa?» chiese Akane, che aveva aguzzato le orecchie. Ci fu un istante di silenzio, mentre i tre brancolavano nel buio alla ricerca di una scusa, quindi Kagome sorrise con imbarazzo e indicò Kogaji, che camminava a fianco di Shiro.
«Credo che quel Kogaji ti abbia puntata, Akane.» disse Kagome. Quasi rispondendo alla ragazza, Kogaji si voltò e lanciò un sorriso confidenziale ad Akane. La ragazza si oscurò in volto.
«Sarà meglio che non faccia mosse false, o gli spaccherò il muso con un pugno.» minacciò Akane, alzando la mano stretta a pugno. Sospirò. Possibile che tutti i ragazzi tranne Ranma la trovassero carina? Ranma…chissà come sarebbe andata. Ebbe la tentazione di voltarsi, nonostante sapesse che l’altro gruppo era ormai fuori vista, ma si trattenne. Ora doveva concentrarsi sul suo scontro. Doveva dimostrare a Ranma che era in grado di badare a se stessa. Sbucarono nella radura che era stato teatro dello scontro vinto da Ukyo e Konatsu, il giorno prima. I due schieramenti non persero tempo e lasciarono spazio ai contendenti.
«D’accordo, iniziamo.- esordì Shiro, estraendo due lame ricurve dal corto manico di legno- Sarà un onore combattere contro l’ultima esponente del clan dei Cacciatori.»
Sango sciolse i lacci dell’Hiraikotsu, pronta a dar battaglia. Kogaji si produsse in un breve inchino in direzione di Akane e Sango.
«Sarà un piacere combattere contro due meravigliose fanciulle.- disse, con un sorrisetto- Spero che questa parentesi possa portarci a una conoscenza più approfondita.»
Akane e Sango rimasero a bocca aperta di fronte a tanta sfrontatezza.
«Spiacente, ma sono già occupata.» disse Sango, attaccando Shiro.
«Allora mi concentrerò su questa incantevole creatura.» decise Kogaji, iniziando a correre verso Akane.
«E sarà il tuo errore più grande!» disse Akane, spiccando un alto balzo e puntando con un calcio alla testa del giovane. Kogaji la evitò per un soffio e Akane toccò di nuovo terra, scavando una voragine per la forza del suo colpo. Kogaji lanciò un fischio, ammirato.
«Una donna forte!- disse, con un lampo negli occhi- Mi piace!»
«Ora basta!» gridò Akane, seccata, attaccando di nuovo.
Sango, intanto, stava combattendo colpo su colpo contro Shiro, che usava le due lame come appendici delle sue stesse braccia. Sango parava con Hiraikotsu, deviando i colpi.
«Mi chiedo di cosa sia fatto questo boomerang.» disse Shiro, continuando ad attaccare.
«Osso di demone.- rispose Sango, con un sorrisetto- Mi dispiace, ma non riuscirai mai a scalfirlo con delle semplici lame!» Ciò detto, iniziò a incalzare Shiro, che dovette arretrare.
«Davvero?- chiese Shiro, impressionato- In tal caso, dovrò cambiare tattica.»
Fece una capriola all’indietro, disimpegnandosi, quindi incrociò le braccia e le aprì con un movimento velocissimo. Le due lame presero a roteare nell’aria, passando accanto a Sango senza ferirla. Sango ne approfittò per attaccare, quando sentì un dolore lancinante a entrambe le braccia. Nell’istante in cui le due lame tornarono nelle mani di Shiro, Sango realizzò di avere due ferite profonde appena sotto le spalle. Quelle lame tornavano indietro esattamente come Hiraikotsu, il cui peso ora le spediva fitte lancinanti alle nuove ferite.
«E’ tempo di fare sul serio.» disse Sango, scura in volto.
«Credo anch’io.» ammise Shiro, lanciando di nuovo le lame. Sango spiccò un balzo e lanciò Hiraikotsu.
Akane stava martellando di pugni Kogaji, che tentava disperatamente di difendersi, le braccia incrociate sopra la faccia. Un calcio lo raggiunse al ventre, facendolo cadere a terra.
«Quanta grinta!» mormorò, tossendo e tastandosi il ventre offeso. Sorrise. «Sono sempre più convinto che dovresti essere la mia ragazza.»
«Io ho già un fidanzato.» disse Akane, venendo avanti e scrocchiando le nocche in perfetto stile Ranma. Kogaji rimase sorpreso.
«Davvero? Chi…- iniziò a chiedere, poi ricordò l’occhiata d’astio dello sfidante di Shun- Oh, capisco. Il ragazzo col codino?»
Akane arrossì. Kogaji si alzò da terra a fatica.
«Beh, allora mi dispiace, ma Shun lo ridurrà in poltiglia.- disse, dolente, poi sfoggiò un sorriso luminoso- Così potrai innamorarti di me!»
«Ranma non perderà mai!» sentenziò Akane, decidendo di porre fine agli sproloqui di quel ragazzo all’istante.
«Invece lo farà. Shun è un hanyo.» disse Kogaji, serio. Akane ristette, faticando a recepire il messaggio. Un hanyo?! Ranma stava combattendo contro un essere superiore a un umano? Approfittando del suo stato di shock, Kogaji attaccò.

***

“L’espressione di Soichiro non mi piace.- pensò Sesshomaru, scrutando la faccia del suo nemico- Non mi piace per niente.”
Se fino a poco prima Soichiro sembrava contrariato, in quel momento pareva perfettamente sereno. A parte l’idea di inserire un hanyo nello scontro, qualcos’altro gli stava frullando in testa. Sesshomaru avrebbe voluto spaccargliela per sapere cosa.
«Qualche suggerimento?»
Sesshomaru si voltò verso l’umano che aveva appena osato interpellarlo. Squadrò il ragazzo col codino con sguardo venato di disgusto.
«Dovrei dartene?» chiese, gelido. Ranma si strinse nelle spalle, schioccando le nocche con aria noncurante.
«Non si sa mai. Dopotutto, questo non è il mio campo.- disse- Siccome Inuyasha mi ha detto che quel tipo laggiù è un hanyo…» Indicò Shun con un cenno del capo. Tornò a guardare Sesshomaru. «…magari avevi qualcosa da dirmi.» finì.
Sesshomaru corrugò appena le sopracciglia nel sentire quell’umano dargli del tu.
«Non credo sia necessario dirti di stare attento.- rispose, seccato- Per il resto, arrangiati.»
Ranma inarcò un sopracciglio, ironico, e Sesshomaru gli lanciò un’occhiata ammonitoria che gli fece venire i brividi.
“Ha un bel caratterino, questo Sesshomaru.” pensò, defilandosi e rinunciando a stuzzicarlo. Inuyasha era più comprensibile, almeno per lui. «Va bene, diamoci da fare.» mormorò, raggiungendo Ryoga al centro della radura.
«Questo combattimento sarà decisivo.» disse Kentaro, flettendo le braccia per riscaldare i muscoli.
«Mi dispiace, ma questa volta ti batterò.» disse Ryoga, con sguardo sicuro. Stavolta Akane non era nei paraggi. Avrebbe usato lo Shishi Hoko Dan alla massima potenza e Kentaro avrebbe perso. Non aveva nessuna intenzione di svegliarsi di nuovo dolorante mentre Ranma gli comunicava che non solo aveva conquistato un misero pareggio, ma aveva anche rischiato di farsi scoprire da Akane mentre era incosciente! Questo pensiero lo mise di umor nero e Ryoga vi si aggrappò, alimentandolo dentro di sé per giungere al livello di depressione necessario a sparare uno Shishi Hoko Dan.
Sentendo Ryoga circondarsi di un’aura oscura, Ranma sorrise. Per quanto fosse forte, Kentaro non poteva competere con lo Shishi Hoko Dan di Ryoga. Nemmeno lui, però, era sprovvisto di tecniche che potevano compensare il fatto di essere soltanto un essere umano.
“Se sarà necessario, scatenerò un Hiryu Shotenha.- pensò, prendendo una posizione pronta all’attacco- Farò impressione a entrambi i demoni che stanno usandoci come marionette. Almeno una piccola soddisfazione…Anna mi perdonerà.”
«Pronto a soccombere?» gli chiese Shun, con voce inespressiva e un sorriso fantasma sulle labbra.
«Pensa, stavo per chiederti la stessa cosa.» rispose Ranma, con un sorriso arrogante.
«Sei audace, per essere un umano.- disse Shun, mentre un lampo di divertimento gli passava negli occhi azzurri- Vedremo quanto durerai!» Ciò detto si scagliò contro Ranma, dando inizio alle ostilità.
Kentaro non esitò un istante, correndo incontro a Ryoga e calando il bastone sulla testa del ragazzo. Ryoga si spostò lateralmente, ruotando poi su se stesso per affibbiare un calcio sulla schiena al suo avversario, ancora sbilanciato dal colpo a vuoto. Kentaro, però, si issò in verticale, usando il bastone come pertica, per poi saltare all’indietro, tornando di nuovo coi piedi per terra.
«Abile come sempre, Ryoga Hibiki.» commentò Kentaro.
«Mi sto solo scaldando.» disse Ryoga, avventandosi sul giovane con i pugni chiusi pronti a colpire. Kentaro li schivò entrambi, poi cercò di affondare la testa del bastone nell’addome del ragazzo, che però lo afferrò e lo trattenne.
«Non credere che io sia lo stesso della volta scorsa.» ringhiò Ryoga, spostando violentemente il bastone e tirando un calcio al petto allo stupefatto Kentaro, che cadde poco distante.
“E’ più motivato di me.- pensò Kentaro, con una smorfia di sofferenza- C’è qualcosa che lo spinge, mentre io non sono più nemmeno sicuro della causa per cui sto combattendo.”
«E ora il gran finale.» disse Ryoga, con voce cupa. Kentaro alzò lo sguardo. Ryoga era fermo, con le braccia incrociate sul petto, lo sguardo bruciante. Un’aura oscura e minacciosa si stava propagando dalla sua persona. Kentaro non poté fare a meno di sentire un brivido lungo la schiena.
Ranma, nel mentre, aveva i suoi problemi. Fin dal primo attacco, Shun aveva messo in evidenza che la sua velocità non era umana. Ranma si era trovato a dover schivare calci e pugni a una velocità che lo stava spossando. Era solo grazie al suo intuito perfetto se ancora non aveva preso in pieno uno dei colpi dell’hanyo.
“Maledizione! Sto subendo.- pensò, digrignando i denti di fronte al sorrisetto di Shun- Mi sono stancato di difendermi.” Ranma smise di arretrare, preparandosi al contrattacco. Questo lo costrinse a sopportare due colpi dolorosi, uno alla spalla e uno alla coscia, nonché l’ironia di Shun.
«Già stanco, ragazzino?» chiese questo, continuando a tempestarlo di colpi.
«Ho solo voglia di contrattaccare.- disse Ranma, avventandosi su di lui- Perché, ti dispiace?» Ranma iniziò a far partire migliaia di colpi in rapida sequenza, diretti al volto e al petto di Shun, che rimase interdetto nel trovare tanta velocità in un essere umano.
«Assaggia questa! Tecnica delle castagne!» gridò Ranma, sorridendo di trionfo nel sentire numerosi colpi andare a segno. Shun fece una smorfia, sentendo il dolore dei colpi, poi però sorrise con sarcasmo, appuntando i suoi occhi azzurri sul volto di Ranma.
“Che ha da sorridere?” si chiese il ragazzo, con una smorfia, aumentando quanto più possibile la frequenza dei suoi attacchi. Forse, però, stava esagerando…quasi non si sentiva più le mani…
«Qualche problema, ragazzino?» chiese Shun, sempre sogghignando. Ranma si guardò le mani. Nonostante la velocità, poteva vedere una patina bianca partire dalle sue dita e propagarsi lungo il dorso, verso i polsi. La strana sensazione era dovuta al fatto che le sue mani erano quasi congelate.
«Ma che diavolo…» rantolò Ranma, stupefatto.
«Il mio corpo è gelido come l’inverno. Non puoi toccarmi senza restare congelato.- disse Shun, ridendo- E se non puoi toccarmi…non puoi battermi!»
Con questa frase, Shun colpì duramente Ranma con un calcio al petto, spedendolo a terra. Ranma faticò a riprendere fiato, sentendo una sensazione di gelo farsi strada nei suoi polmoni prima di regredire lentamente.
«Maledizione…» mormorò, alzandosi a sedere con uno sforzo.
«Accetta la tua sconfitta e muori, ragazzino.» disse Shun, venendo avanti.
«Siamo solo al principio, non ti scaldare tanto.- disse Ranma, alzandosi in piedi- Se ho sconfitto la fenice del monte Hooh, potrò sconfiggere anche un ghiacciolo come te.»
“Già, ma come?- si chiese mentalmente- Non posso nemmeno sfiorarlo! Ho ancora le mani fuori uso. Non posso nemmeno usare l’Hiryu Shotenha, quel maledetto non produce energia calda! Cosa posso fare?”
Fu in quell’istante che Kentaro cadde ai suoi piedi, dolorante per il colpo ricevuto. Ranma si voltò. Ryoga stava per sparare lo Shishi Hoko Dan. Gli occhi di Ranma si illuminarono.
“Ma certo!- pensò, ritrovando baldanza- Se funziona, ho ancora la possibilità di batterlo!”
«Allora? Vieni a prendermi o no, pupazzo di neve?» provocò, avvicinandosi ancora di più a Kentaro.
«Tutta questa fretta di morire?» chiese Shun, ignaro, scagliandosi contro Ranma.
“Sparalo forte, Ryoga. Più forte che puoi.- pensò Ranma, preparandosi ad attuare il suo piano- Spero solo di avere ragione…”

***

«Come pensi che andranno le cose?» chiese Miroku, appoggiato con la schiena contro un tronco d’albero.
«Credo che vinceranno.- rispose Anna, cambiando la fasciatura di Mousse con aria assorta- Non ho visto i loro sfidanti, ma quei quattro sono i migliori che abbiamo…insieme a Kagome, ovviamente. Senza offesa, Shan Pu.»
La gatta viola voltò la testa dall’altra parte, seccata. Anna nascose un sorriso. Mousse stava riprendendosi piuttosto bene. La ferita era ancora grave, ma non pareva più mortale e il colorito del ragazzo era sensibilmente migliorato. Shan Pu aveva capito che il peggio era passato e stava riprendendo i suoi soliti atteggiamenti.
«Per farla breve, Miroku, non preoccuparti per Sango. Sa badare a se stessa.» finì Anna.
«Oh, lo so benissimo.- disse il monaco, con un sorriso- Vorrei comunque essere là. Maledette costole…e maledetto Tenchimaru!»
Anna rise e il monaco rise con lei, prima di smettere con una smorfia di dolore.
«Non ti sforzare, non sei ancora guarito.- lo rimproverò Anna, sempre scherzando- Non vorrai che Sango mi…»
D’un tratto, Anna alzò la testa di scatto, gli occhi stretti.
«Anna, cosa…» chiese Miroku, prima di avvertire lui stesso un’aura demoniaca nei dintorni. «Non è un inu-yokai.» sussurrò, cercando con la mano il suo shakujo.
«No, infatti.- rispose Anna, alzandosi dal capezzale di Mousse e facendo qualche passo verso il folto- Quei bastardi hanno fatto passare un sicario.»
Anna acuì tutti i suoi sensi, scrutando la foresta con occhi e orecchie. Qualcosa si stava spostando poco fuori dal loro campo, correndo in circolo attorno ad esso, saltando da un ramo all’altro.
«Cosa aspetti, vieni qui.- mormorò Anna, mentre le zanne e gli artigli le si allungavano- Ho giusto bisogno di nuova energia.»
Il demone uscì dal bosco in quell’istante, investendo Miroku che riuscì a difendersi dal colpo con lo shakujo. Il demone superò di corsa il monaco, il quale rimase steso a terra, dolorante, lanciandosi verso la demone bionda. Anna si avventò contro di lui, ma si rese subito conto di avere donato troppe delle sue energie a Mousse. I suoi movimenti risultavano rallentati.
«Maledetto…non era proprio il momento.» ringhiò Anna. Si sentiva troppo affaticata, mentre schivava i colpi dello yokai, che non aveva mai visto in vita sua, e cercava a sua volta di attaccare. Non era difficile intuire chi l’avesse mandato. ”Se solo riuscissi a toccarlo…” pensò Anna, mostrando le zanne in una smorfia frustrata.
«Anna!» gridò Miroku, cercando di alzarsi per andare ad aiutare l’amica, che pareva in seria difficoltà. Fitte lancinanti alle costole non ancora guarite lo costrinsero a restare a terra. Digrignando i denti per il dolore e la rabbia, Miroku strinse più forte lo shakujo, strisciando sul terreno per raggiungere Anna. Non poteva nemmeno lanciare un esorcismo, perché avrebbe danneggiato anche la ragazza bionda. Dannazione, Soichiro aveva scelto proprio il momento adatto per tendere un agguato! In quel momento, Anna venne raggiunta da un violento colpo al viso e cadde a terra, immobile.
«Anna, no!» gridò Miroku, accentuando i propri sforzi per raggiungerla mentre il demone sconosciuto estraeva un pugnale, avvicinandosi al corpo inerte. Shan Pu si avventò sul viso del demone, graffiando e mordendo. Questo fece una smorfia e, afferrata la gattina, la scagliò lontano, continuando ad avvicinarsi ad Anna senza perdere tempo.
«Non la toccare, maledetto!» gridò Miroku, cercando di ignorare le fitte terribili che gli stavano spaccando il torace in due. Il demone non diede minimamente peso alle parole dell’umano. Afferrò Anna per un braccio, sollevandola a metà. Lei rimase inerte, i capelli davanti al volto. Il demone alzò lo stiletto.
«Anna!» gridò Miroku.
Sotto la cortina di capelli d’oro, due occhi altrettanto dorati si spalancarono di colpo.

***

«Bugiardo!- gridò Akane, evitando il colpo di Kogaji grazie ad un movimento laterale- Tu non conosci Ranma! Lui non perderà mai!»
«Ammiro la tua fiducia, ma non riporrei troppe speranze in quel ragazzino.» ribatté Kogaji, con un sorrisetto. Akane gli si parò di fronte e lo colpì in pieno viso con un pugno, facendolo cadere a terra sulla schiena.
«Non avresti dovuto dire certe cose.» mormorò Akane, gli occhi fiammeggianti d’ira, avvicinandosi al giovane ancora stranito per il colpo ricevuto.
«Akane è furiosa.- disse Inuyasha, stupito- Credo che Kogaji si sia scavato la fossa da solo.»
«E’ il minimo!- disse Kagome, corrucciata- Ha deriso il suo fidanzato. Una ragazza non può sopportare in silenzio una cosa simile.»
Inuyasha la guardò con un certo imbarazzo, ben rammentando le occasioni in cui Kagome si era esposta, anche durante combattimenti piuttosto cruenti, perché irritata dagli epiteti a lui rivolti.
«Ah! Sango!» disse Kagome, spaventata, quando le lame rotanti di Shiro sfiorarono per l’ennesima volta la tajiya. Sango era stanca di giocare con le lame di quell’uomo, ma non riusciva a prevedere la loro rotazione. Se non aveva subito altre ferite era stato solo grazie alla durezza dell’Hiraikotsu.
“Devo fargli smettere di tirare queste dannate lame.” pensò, lanciando Hiraikotsu contro il ragazzo.
«Mossa errata!» esclamò Shiro, con un sorriso, pronto a tirare le lame alla ragazza, che ora non aveva più scudi, spostandosi di lato per evitare il grosso boomerang. Inaspettatamente, l’Hiraikotsu compì una traiettoria bizzarra e cambiò direzione all’ultimo momento, colpendo con precisione i polsi incrociati di Shiro. Con un grido di dolore, l’uomo lasciò andare i manici delle due lame ricurve. Si guardò i polsi, mordendosi un labbro per non gridare di dolore. Le mani penzolavano inerti dalle due articolazioni spezzate.
«Non sei l’unico a utilizzare oggetti rotanti!» disse Sango, avvicinandosi a lui con un movimento fulmineo e puntandogli la spada alla gola. «Ora arrenditi. Non potresti comunque continuare a combattere.»
Con una smorfia, Shun chinò il capo e annuì.
«Va bene. Ammetto la sconfitta.» disse, digrignando i denti per il dolore pulsante che cresceva di secondo in secondo.
«Sango è grande!- disse Kagome, saltellando dalla contentezza- Non avevo dubbi sul fatto che avrebbe vinto!»
«Non sono granché questi avversari.» sbuffò Inuyasha, in realtà sollevato che non si fossero ripetute le slealtà del giorno prima.
Akane era ancora alle prese con Kogaji. La ragazza era peggio che arrabbiata. Quel tipo la stava impegnando fin troppo, in più aveva osato deridere Ranma. Aveva la ferrea intenzione di fargliela pagare. Spiccò un balzo.
«Prendi questo!» gridò, puntando un micidiale calcio volante al ragazzo. Kogaji saltò via appena in tempo, ma Akane, utilizzando tutte le potenzialità della sua tuta magica, lo raggiunse in aria, si agganciò alla sua schiena con le gambe e, immobilizzandogli le braccia, lo costrinse a cadere di faccia sul duro terreno.
«Battuto…da una bella ragazza…» disse Kogaji, lanciando un’ultima occhiata alla sua avversaria prima di perdere i sensi. Ansimando appena, Akane si districò dall’intrico di braccia e gambe del ragazzo.
«Che ti serva di lezione.» disse, allontanandosi di qualche passo.
Inuyasha guardò gli alleati del Signore dell’Ovest, mentre Sango e Akane si avvicinavano a lui e Kagome.
«Penso che le sorti di questa sfida siano chiare, no?» chiese, incrociando le braccia sul petto. Ci furono mormorii e occhiate torve. Minako venne avanti, inducendo al silenzio tutti i guerrieri.
«Mi sembra chiaro che abbiamo perso.- disse la sacerdotessa, scambiando un’occhiata con Kagome- Da parte mia, non posso che arrendermi all’evidenza. Ordinerò alle miko di abbandonare la battaglia.»
«Ma miko-sama…» iniziò ad obiettare uno.
«Non ci sono ma. Abbiamo perso e questo era il prezzo da pagare.- disse Minako, secca- Inoltre, non posso dire di aver approvato la condotta di Soichiro-sama negli ultimi tempi. Le sacerdotesse resteranno fuori dal conflitto. Stasera lo dirò al Signore dell’Est.»
Ci fu un momento di silenzio attonito.
«Effettivamente, Minako-sama ha ragione.» mormorò qualcuno, incerto.
«Era nei patti.» disse un altro.
«Lasciamo che i demoni se la sbrighino da soli.- disse un altro- Tanto, senza le sacerdotesse diventeremmo carne da macello.»
«E poi Soichiro-sama ha giocato sporco…»
«Io ritirerò le mie armate, Minako-sama.»
Inuyasha trattenne un sorriso soddisfatto. Le parole di quella sacerdotessa avevano convinto i restii ad abbandonare la battaglia. Certo, non tutti stavano dando ragione a Minako…Inuyasha poteva vedere le facce sospettose o rabbiose di alcuni guerrieri. Ci sarebbero state armate umane in mezzo all’esercito di Soichiro, ma sarebbero state composte solo degli elementi più infidi. Inoltre, senza l’aiuto dei poteri spirituali, molti altri si sarebbero resi conto della propria impotenza e avrebbero abbandonato Soichiro strada facendo. Alla fine dei conti, il piano di Miroku aveva funzionato alla perfezione. Anna, a sua volta, aveva scelto le persone giuste. Peccato che nessuno dei due fosse lì a vedere i risultati del loro ingegno. Inuyasha guardò Kagome, sorridendo.
«Ce l’abbiamo fatta.» disse.
«Già. Ne sono felice.- disse Kagome, sorridendo a sua volta- Speriamo che Ranma e Ryoga se la stiano cavando altrettanto bene.»
«Sono sicura che…» iniziò Sango, prima che un tremendo boato, accompagnato da una luce fortissima, scuotesse la radura, inducendo tutti a voltarsi verso l’origine del suono.
«Questo era lo Shishi Hoko Dan di Ryoga!» esclamò Akane, preoccupata.
«Quella stupidaggine è così potente?» chiese Inuyasha, sorpreso.
«Se Ryoga ha usato lo Shishi Hoko Dan, credo che almeno il suo combattimento sia già concluso.- disse Akane, tormentandosi le mani- Mi chiedo come se la stia cavando Ranma.»
«Beh, niente ci impedisce di andare a vedere.- sentenziò Inuyasha- Qui abbiamo finito. Vediamo se riusciamo a vedere qualcosa dell’ultimo combattimento di questa sfida.»
Le ragazze annuirono, seguendo Inuyasha nel folto della foresta. Dopo qualche istante, anche quelli che fino a qualche istante prima erano alleati di Soichiro si mossero, recuperando il corpo svenuto di Kogaji e prestando i primi soccorsi a Shiro. Altri, curiosi di vedere il gran finale, si incamminarono verso il luogo dell’ultimo scontro, Minako in testa.

***

“Sparalo più forte che puoi, Ryoga!” pensò Ranma, mentre Shun gli andava incontro. “Se ho ragione, posso vincere.”
«Ranma! Togliti o prendo dentro anche te!» gridò Ryoga.
«Non mi seccare, brutto maiale, altrimenti dirò ad Akane chi è che dorme nel suo letto sotto le spoglie di P-chan.» lo provocò Ranma.
«Bastardo!- ringhiò Ryoga- Ringrazia che ora ho altro da fare!» Le parole di Ranma, però, avevano potenziato la sua aura oscura. Shun si preparò a tirare un calcio al petto di Ranma.
«E sparalo, maledizione!» gridò Ranma, spostandosi di scatto per evitare il colpo.
«Shishi…»
Ranma afferrò la gamba di Shun, ignorando con una smorfia la sensazione di gelo che gli attanagliò nuovamente le mani.
«…Hoko…»
Ranma colpì con un calcio la schiena di Shun, facendogli perdere il fiato e scagliandolo contro Ryoga.
«…Dan!!!!»
Una tremenda colonna di energia si propagò da Ryoga, collassando poi su se stessa, un’enorme sfera di energia pesante che piombò al suolo con un rombo di tuono. Ranma venne scagliato via dalla forza del colpo e cadde malamente, strisciando sul terreno e tenendosi la gamba, mezza congelata al solo contatto con la schiena di Shun. Su entrambi i fronti, tutti cercarono di difendersi dal vento e dai detriti sollevati dall’esplosione.
«Ma che diavolo è questa cosa?!» chiese Soichiro, irato. Come poteva un umano fare una cosa del genere?!
«Che cos’è?» chiese con freddezza Sesshomaru ai due che erano con lui.
«E’ una tecnica di Ryoga che sfrutta l’energia interna.- spiegò Ukyo, mentre tornava la calma- E’ molto potente.»
«Vedo.» mormorò Sesshomaru, con un lampo soddisfatto negli occhi. Entrambi gli avversari giacevano al centro di un grande cratere, privi di sensi. Ryoga, nel mezzo, pareva illeso nonostante avesse preso in pieno il suo stesso colpo. Dall’altra parte della radura, Ranma si alzò, con un sorriso soddisfatto sulla faccia.
«Grazie mille, Ryoga.» disse, zoppicando sulla gamba ancora rigida. Ryoga gli balzò alla gola.
«Bastardo, mi hai fatto arrabbiare perché usassi uno Shishi Hoko Dan più potente!» ringhiò.
«Coraggio, mi hai aiutato a togliere di torno quel seccatore di…» cercò di rabbonirlo Ranma.
«Non hai tolto di torno…proprio nessuno…» gemette qualcuno. Ranma e Ryoga si voltarono verso il cratere. Shun stava cercando di alzarsi, con una smorfia di dolore sul volto. Ranma fece un sorriso strafottente.
«Hai ancora voglia di combattere? Non potrò toccarti, sarai anche un hanyo, ma non sei immune ai colpi energetici, quindi…- disse, prima di spiccare un balzo- torna a dormire! Moko Takabisha!!!» Ranma tirò un pugno contro l’ancora instabile Shun, il quale venne colpito da una grande massa di energia, che lo scagliò contro un tronco d’albero, sfondandolo. «E finiamola qui.» disse Ranma, soddisfatto, prima di accorgersi delle figure di Inuyasha e Kagome, congelati in una posa rigida a meno di cinquanta centimetri dal tronco sfondato da Shun.
«Brutto idiota! Ci potevi ammazzare!» gli sbraitò contro Inuyasha, appena si riprese dallo spavento.
«Scusa tanto!» disse Ranma, ridendo nervosamente e grattandosi la nuca.
«Ranma! Tutto bene?» chiese Akane, correndo da lui.
«Come sempre!- rispose Ranma, facendole l’occhiolino e alzando il pollice- Cosa credevi?»
Akane sorrise. «Lo sapevo!» disse, poi alzò a sua volta due dita in segno di vittoria.
«E di là come è andata?» chiese Ukyo.
«Naturalmente abbiamo vinto.» disse Sango, con un sorriso.
Soichiro era furente. Aveva perso. Non una o due sfide…aveva perso l’intera serie! Non una stramaledetta vittoria, nonostante avesse cercato di utilizzare i più infidi fra i suoi sottoposti umani. Nemmeno l’hanyo era riuscito a far fuori quegli stupidi insetti! Al solo guardare quel gruppetto di idioti, che lo stava bellamente ignorando, si sentiva bollire il sangue. Incrociò lo sguardo di Sesshomaru.
«Bene.- disse l’inu-yokai, freddo come sempre- Pare che gli umani resteranno fuori dal conflitto.»
Soichiro fece una smorfia, ma venne distratto da un gemito proveniente dal cratere formatosi dopo il colpo di Ryoga. Kentaro, dolorante, si issò faticosamente a sedere.
«Non tutti i miei campioni sono ancora persi, pare.» disse Soichiro, con un sogghigno. Ryoga si oscurò in volto, pronto a continuare lo scontro, ma Kentaro alzò una mano, freddando gli entusiasmi del Signore dell’Est.
«Non posso competere con tanta potenza.- disse il giovane- Mi ritengo sconfitto, Ryoga Hibiki. Come promesso, la mia armata lascerà il conflitto ai demoni.»
«Tu, sciocco…» sibilò Soichiro, prima di mordersi la lingua all’arrivo di Minako, seguita da alcuni guerrieri. Non era ancora tempo di inimicarsi gli umani. Meglio sorvolare. Pensandoci con freddezza non era poi una perdita di vitale importanza. Qualcuno sarebbe sicuramente rimasto e lui aveva tutto il tempo di trovare loro un impiego.
«Cosa mi dici Soichiro?» chiese Sesshomaru, ironico.
«Ebbene, devo ammettere la vittoria della tua fazione.- disse tra i denti Soichiro- Ma io aspetterei a sentirmi soddisfatto, giovane Sesshomaru. La guerra sarà tutta un’altra faccenda.»
«Lo spero, Soichiro. Potrei iniziare ad annoiarmi.» disse Sesshomaru, gelido.
«Sarà mia premura evitarlo.- rispose Soichiro, secco- Ora, se vuoi scusarmi, vorrei evitare ugualmente di vedere la tua faccia finché non sarà il momento di ucciderti.» Ciò detto, fece un gesto perentorio, indicando agli altri di tornare al campo dell’esercito.
«La cosa è reciproca.- disse Sesshomaru- La prossima volta che saremo faccia a faccia, tu morirai.»
Tutti gli esseri umani presenti rabbrividirono a quelle parole. C’era una sicurezza mortale nel tono di voce dell’inu-yokai. Il solo pronunciare quelle parole sembrava segnare la fine della vita del Signore dell’Est. Inuyasha si sentì partecipe del desiderio del fratello. Sperava solo di potergli dare una mano nel momento fatidico.
«Le redini passano ai demoni.- mormorò- Finalmente.»
D’un tratto, Soichiro si voltò di nuovo verso il gruppo.
«Quasi dimenticavo, Sesshomaru.- disse, facendo un sorriso che mise in mostra le piccole zanne e gli fece luccicare gli occhi neri- Salutami la donna bionda.»
Dopo questa ultima frase, Soichiro sparì nel folto insieme al suo seguito.
«La donna…bionda?» mormorò Sango, sorpresa.
«Anna?» chiese Kagome, perplessa.
Tutti si guardarono.
«Non sarà mica successo qualcosa al nostro campo?» mormorò Akane, preoccupata.
«Anna sa badare a se stessa.- sentenziò Sesshomaru, di ghiaccio- Torniamo indietro. Non abbiamo più nulla da fare qui.» Ciò detto, si incamminò senza aspettarli.
«Ma non sei preoccupato?» chiese Kagome, stupefatta.
«Sei freddo come un ghiacciolo, Sesshomaru.» disse Ranma, con una smorfia.
«Forse Soichiro ha mandato…» ipotizzò Konatsu.
«Fate silenzio!» ordinò Sesshomaru, zittendoli di colpo.
«Lo sa anche lui.- mormorò Inuyasha a Kagome, in un sussurro appena percettibile- Ma siamo ancora osservati. Soichiro ci spia dall’altro lato della radura. Non darà mai questa soddisfazione a quel bastardo.»
Kagome si trattenne a stento dal dare un’occhiata. Sapeva che non avrebbe visto nulla, perché Inuyasha aveva avvertito la presenza di Soichiro con l’odorato. Alzò lo sguardo su Sesshomaru. Il demone non era così indifferente come mostrava. La linea della sua schiena era tesa. Solo quando l’odore di Soichiro si perse in lontananza, Sesshomaru scattò in una corsa improvvisa che li lasciò tutti stupefatti.
«Ma che fa?- chiese Ranma, perplesso- Prima non è preoccupato, poi sì…»
«Stupido, Eravamo osservati da Soichiro!- lo riprese Inuyasha, caricandosi Kagome sulla schiena- Datevi una mossa, forse possiamo ancora dar loro una mano.»
Seguendo la sagoma sempre più distante di Sesshomaru, il piccolo gruppo si mise a correre verso l’accampamento.
Sesshomaru spezzò l’ennesimo ramo, fastidioso intralcio sulla sua strada, con un colpo secco delle unghie, mentre correva a tutta velocità verso il campo. Dimentico di coloro che lo seguivano cercando, senza troppo successo, di tenere il suo passo, i suoi pensieri erano concentrati su Anna. Quel maledetto di Soichiro…e quella stupida di Anna! Era palese che il moko-yokai avrebbe notato la sua assenza! Perché diavolo aveva deciso di restare con quegli stupidi umani?! Dannazione…se Soichiro aveva fatto quella battuta, era perché aveva messo in atto qualcosa e sperava che lui trovasse nient’altro che i resti insanguinati di Anna. Sesshomaru imprecò mentalmente.
Forse aveva fatto un errore nel consentirle di stare così vicino a lui. Soichiro poteva aver notato la vera natura della loro relazione, non era tanto sciocco da non aver capito quale fonte di potere era Anna. Dal fatto che era giunta sul luogo dello scontro con lui, che gli stava sempre a fianco, Soichiro aveva sicuramente compreso che per Sesshomaru Anna era più di una semplice sottoposta.
Maledetto bastardo…se avesse trovato anche solo un graffio sulla pelle di Anna, l’ora della sua morte sarebbe stata anticipata e non di poco. Al diavolo la guerra e il tentativo di Anna di non farlo apparire così crudele e sanguinario. Lui era crudele e sanguinario! Sbucò nella radura come un lampo bianco, avvertendo immediatamente l’odore di morte.
«Anna!» chiamò, mentre una fitta sgradita gli stringeva lo stomaco. Si bloccò di colpo.
Davanti a lui, Anna lo guardava con aria stupita, inginocchiata accanto al monaco, che lo fissava con la stessa espressione perplessa. Sesshomaru notò con sollievo che la ragazza sembrava illesa, poi si oscurò in volto quando si avvide che Anna era vicina a Miroku, con le mani poggiate sul torso nudo del ragazzo.
«Sesshomaru!- disse Anna, sorridendo e alzandosi in piedi- Avete concluso? Com’è andata?»
Sesshomaru non le rispose, annusando l’aria.
«C’è un morto, qui.» disse, gelido. Anna annuì.
«Un regalino di Soichiro.- ammise la ragazza, indicando la foresta- Il corpo è laggiù. Quello che ne resta, almeno.»
«Bene.» disse Sesshomaru, avviandosi verso la direzione indicatagli.
«Eri preoccupato per me?» gli chiese Anna, saltellandogli accanto come una ragazzina, arrossendo appena e sorridendo in modo molto dolce. Sesshomaru la superò senza guardarla, né degnarla di una risposta. Anna perse immediatamente il sorriso. «Mi pare evidente che ora non lo sei più.» disse tra i denti, conscia che lui l’avrebbe sentita, voltandogli le spalle. Fu in quel momento che Inuyasha e Kagome sbucarono dalla foresta.
«Anna, Miroku!- disse Kagome, scendendo immediatamente dalla schiena di Inuyasha- State tutti bene?»
«Ehilà, Kagome-sama!- disse Miroku, sorridendo e facendo un cenno di saluto- Siete tutti di corsa, noto. E’ successo qualcosa?»
«Questo dovresti dircelo tu!» disse Inuyasha, spazzando con lo sguardo il campo. Sentiva odore di morte, ma sembrava che nessuno dei presenti fosse ferito. Anna si stava avvicinando a loro, Miroku era vispo come sempre e Shan Pu, nuovamente in forma umana, dormiva vicino a un Mousse dal colorito più sano che gli avesse visto dal giorno prima.
«Dov’è Sesshomaru?» chiese ad Anna. Lei fece un gesto brusco verso la foresta alle sue spalle e Inuyasha intuì che i due avevano appena avuto una discussione. Scuotendo la testa, si allontanò nella direzione indicatagli da Anna.
«E’ andato tutto bene?» chiese Anna a Kagome, ritrovando il sorriso e inginocchiandosi di nuovo accanto a Miroku. Kagome la guardò con aria perplessa.
«Questa domanda dovremmo fartela noi, non credi?- chiese- Non siete stati attaccati?»
«Sì, è vero, ma…» iniziò Anna, prima che Ranma e gli altri, senza fiato, irrompessero nella radura.
«Miroku!» gridò Sango, preoccupata, correndo dal monaco.
«Sto bene, Sango.- la rassicurò subito lui, sorridendo- Non è successo niente.»
«Il niente ti ha fatto incrinare di nuovo una costola.- lo rimproverò Anna, tastandogli il petto e strappandogli una smorfia- Sango, vuoi bendarlo tu?»
La ragazza annuì, mentre gli altri si guardavano attorno, perplessi.
«Siete stati attaccati davvero?» chiese Ranma. Sembrava non ci fossero segni di colluttazione. Miroku annuì, mentre Anna si alzava per andare a controllare le condizioni di Shan Pu, ancora svenuta dopo essere stata scaraventata contro un albero mentre era in forma felina.
«Un demone mandato da Soichiro ha attaccato il nostro campo.- spiegò Miroku a tutti- Abbiamo il sospetto che gli inu-yokai lo abbiano fatto passare apposta. In ogni caso, sono stato colpito di striscio, poi il demone si è concentrato su Anna. Vi confesso che mi sono spaventato.»
«Perché?» chiese Konatsu, curioso.
«Anna era indebolita dalle cure prestate al vostro amico Mousse e combatteva molto più goffamente del solito.- spiegò Miroku, abbassando la voce- E’ stata colpita e sembrava svenuta. Ho cercato di trascinarmi fino a lei per aiutarla e come risultato mi sono incrinato di nuovo una costola.» Fece una smorfia, mentre Sango gli circondava il torace con la benda. «In realtà, Anna era sveglia e pronta ad assorbire l’energia del demone non appena l’avesse sfiorata.»
«Quindi il demone è morto?» chiese Kagome. Miroku annuì.
«Anna ha un potere che è quasi spaventoso.- disse- Sono lieto di averla come alleata e non come nemica.» Il sorrisetto che gli comparve sul volto tolse serietà alla frase appena pronunciata.
«Sciocco…» brontolò Sango, scuotendo il capo.
«E voi?- chiese il monaco- Cosa mi raccontate?»
«Abbiamo vinto tutti gli scontri.- lo informò Ryoga- Soichiro è stato sconfitto su tutta la linea.»
«Dannazione, avrei voluto esserci!» disse Miroku, mettendo il broncio.
«Avresti dovuto vedere che roba! Un combattimento non male.- disse Ranma- Pensa che il mio avversario era un hanyo!»
«Un hanyo?! Racconta!» lo esortò Miroku.
«Miroku, vuoi star fermo?» lo sgridò Sango, mentre Ranma si metteva a raccontare, spalleggiato da Ryoga. La ragazza scambiò un’occhiata rassegnata con Kagome e Akane.
«Gli uomini sono sempre uguali, in qualunque epoca…» borbottò la tajiya, scuotendo il capo.
Inuyasha, nel mentre, aveva raggiunto Sesshomaru. Il demone era immobile e scrutava qualcosa che puzzava di morte e giaceva dietro un grosso cespuglio. Inuyasha gli si affiancò e diede un’occhiata oltre la grossa pianta. Una sorta di mummia rinsecchita, vestita di un’armatura rossa che Inuyasha riconobbe per quella delle guardie del corpo di Soichiro, era deposta tra l’erba, con un pugnale appoggiato sul petto.
«Anna?» chiese Inuyasha, guardando Sesshomaru. L’inu-yokai annuì e Inuyasha emise un breve fischio. «Però!- mormorò, colpito- Esattamente ciò che si meritava.» Sesshomaru non disse nulla. «Pensi che la Famiglia l’abbia fatto passare?» chiese ancora Inuyasha. Sesshomaru annuì.
«Se non mi servissero, entro stasera io, tu e lei rimarremmo gli unici inu-yokai dell'Ovest.» disse Sesshomaru, con un lampo di fredda ira negli occhi. Inuyasha trattenne un brivido, poi si rese conto che suo fratello l’aveva compreso nella lista degli inu-yokai. Stupefacente!
«Hai litigato con Anna?» gli chiese, ricordando il motivo per cui l’aveva seguito. Sesshomaru volse gli occhi ambrati su di lui.
«Inuyasha…» iniziò a dire, in tono insolitamente mite. Inuyasha spalancò gli occhi. Cos’era, la giornata della fratellanza? Poi, con uno scatto fulmineo, Sesshomaru gli affibbiò un pugno in testa, facendolo cadere sulle ginocchia. «Non sono fatti che ti riguardano, imbecille!» disse Sesshomaru, gelido, dandogli le spalle e incamminandosi di nuovo verso il campo.
«Bru…brutto idiota!- sbraitò Inuyasha, alzandosi immediatamente in piedi, con le mani sulla testa dolorante- Ti ho solo fatto una domanda!» Imprecò, massaggiandosi il capo con una smorfia. Diede un’ultima occhiata alla mummia incartapecorita, poi tornò al campo, giusto in tempo per vedere Sesshomaru, in apparenza freddo e indifferente, fare una carezza leggera ad Anna mentre le passava vicino. Anna, accanto a una Shan Pu ancora stordita, seguì Sesshomaru con lo sguardo, mentre un sorriso rassegnato le compariva sulle labbra. Kagome si avvicinò a Inuyasha.
«Tutto bene?» gli chiese, vedendolo massaggiarsi il capo.
«Non ho capito bene perché deve picchiarmi ogni volta che ha litigato con Anna.- ringhiò Inuyasha- Sarà meglio che d’ora in avanti mi faccia i fatti miei.»
Kagome non poté trattenere un sorriso. Le piaceva quando Inuyasha era così premuroso. Anche se borbottava, sembrava non sopportare che Anna e suo fratello maggiore fossero in rotta. Inuyasha sospirò.
«Coraggio, qui abbiamo finito.- disse a Kagome- Vediamo di sbaraccare. C’è una guerra da cominciare.»

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Capitolo 11
*** 11- Una sporca guerra ***


Author's note: Ora che le sfide sono finite, Ranma e gli altri potranno tornare a casa...oppure no? La guerra si scatena e Soichiro non smette di tramare nefandezze...

Ranma camminava senza meta nei corridoi luminosi e ampi, le mani in tasca e un’aria soddisfatta sul viso. Erano tornati da poco al castello, solo qualche ora. Gettando uno sguardo oltre la balconata alla sua destra, poteva vedere i carri volanti su cui erano arrivati, ancora in giardino visto che vi era troppa agitazione per pensare a spostarli da lì. L’intera servitù si era mobilitata per rispondere agli ordini di Sesshomaru e Anna. Erano state nuovamente preparate le camere per gli ospiti, Mousse era stato trasportato con ogni cura in una stanza privata per poter riposare con tranquillità e chi non era altrimenti occupato si era precipitato a preparare ai ragazzi un pranzo degno di questo nome.
Sesshomaru e Anna erano subito scomparsi, lasciandoli soli. Ranma non faticava a comprenderne il motivo. Mentre si avvicinavano al castello, tutti avevano potuto avvertire l’enorme aura malvagia che impregnava la zona. L’esercito dell’Ovest era accampato nelle vicinanze del castello, pronto a partire. Da quel poco che Inuyasha si era fatto scappare, sembrava che i demoni sarebbero partiti molto presto. Forse addirittura l’indomani. Ranma sospirò, fermandosi un istante per contemplare la splendida vista del giardino. L’autunno aveva tinto tutto di rosso e d’oro. Era già diverso tempo che erano lontani da casa, ma presto sarebbero tornati, liberi dalla maledizione di Jusenkyo. Ranma non poté trattenere un piccolo sorriso di trionfo.
«Ranma!»
La voce di Akane lo fece voltare. Spalancò gli occhi nel vedere la ragazza corrergli incontro con un bel sorriso, indossando un kimono molto grazioso, i capelli raccolti ai lati della testa con piccoli fermagli a forma di farfalla.
«Akane…ma cosa…» balbettò, confuso nel vederla così felice…e così carina, accidenti! Akane rise.
«Come mi sta? Me l’ha prestato Kagome!» disse, piroettando davanti al giovane, che si ritrovò improvvisamente con la gola secca e il cuore in tumulto.
«Ti…ehm, ti sta bene.» rispose. Akane gli regalò un sorriso così luminoso che Ranma temette di restare accecato.
«Davvero, Ranma?» gli chiese, con gli occhi che le brillavano.
«Sì.- continuò Ranma, senza davvero pensare a quello che diceva, troppo preso nello scrutarla- Sembri quasi una ragazza, vestita così.» Si morse la lingua. Maledizione! Possibile che dalla sua bocca uscissero solo frasi del genere?! Vide la luce negli occhi di Akane spegnersi, sostituita dalla rabbia e da un’aria ferita.
«Il giorno che imparerai a fare un complimento, Ranma, il Giappone si inabisserà.» commentò la ragazza, caustica, dandogli le spalle. «Stasera festeggiamo. Potrai bearti della vista delle tue altre fidanzate in kimono. Loro, almeno, sono ragazze femminili.»
«Aspetta, Akane!- la richiamò Ranma, deciso ad evitare la litigata- E’ vero che Shan Pu è più seducente e Ukyo sa cucinare…» Akane si voltò verso di lui, inviperita, e cercò di colpirlo con un pugno.
«Idiota!» gridò, nera di rabbia. Non aveva però calcolato di non avere indosso la tuta della forza. Ranma le afferrò il pugno e ne approfittò per avvicinarsi a lei.
«Però io credo che tu sia molto più graziosa!» esclamò, tutto d’un fiato. Akane si pietrificò e Ranma divenne rosso come un peperone. Gli occhi di Akane iniziarono a luccicare e un lieve rossore le comparve sulle guance.
«Da…davvero, Ranma?» chiese la ragazza, sorpresa. Ranma arrossì, se possibile, ancora di più. E le teneva ancora la mano! Accidenti, aveva perso l’occasione per lasciarla andare!
«Ecco…io…» balbettò, prima di perdere la battaglia con la propria razionalità e annegare negli occhi scuri di Akane. Non si accorse nemmeno di stare avvicinandosi sempre più al viso dell’incredula ragazza.
«No, non andare! Lasciali stare!»
«Perché, Shippo-chan?»
Ranma e Akane divennero due ghiaccioli. Si voltarono con movimenti rigidi. Dietro un angolo, Shippo stava trattenendo una bambina di circa otto anni.
«Ciao!» salutò la bimba, liberandosi e correndo dai due imbarazzatissimi ragazzi con un gran sorriso. Ranma e Akane si scostarono immediatamente l’uno dall’altro.
«Cia…ciao!» salutò Akane, tentando di placare il suo cuore in tumulto. Se non si era sbagliata, Ranma aveva appena tentato…di baciarla?! Le guance le andarono in fiamme di nuovo. «Tu sei Rin-chan, non è vero?» chiese, tentando di pensare ad altro.
«Sì! E lui è Shippo-chan!» disse la bimba, raggiante. Shippo venne avanti con aria contrita. «Voi siete gli amici di Anna-nee-chan, vero?»
«Sì, io sono Akane e lui è Ranma.» si presentò Akane, facendo poi un gesto verso Ranma ma senza trovarlo. Si guardò attorno. Ranma sembrava scomparso.
«Mi dispiace.- disse Shippo, contrito- Ho tentato di dire a Rin-chan di fermarsi, ma…»
«Oh, ma non è successo niente!» tentò di sdrammatizzare Akane, arrossendo e facendo grandi gesti con le mani.
«Perché Rin-chan avrebbe dovuto fermarsi?- chiese la bimba, piccata- Rin-chan vuole conoscere gli amici di Anna-nee-chan!»
«A due fidanzati bisogna dare un po’ di intimità, Rin-chan.- spiegò Shippo, con l’aria dell’adulto condiscendente- I fidanzati, ogni tanto, hanno bisogno di stare soli.» Inuyasha glielo aveva inculcato a suon di pugni in testa! Rin gonfiò le guance, indispettita. Akane rimase senza parole. Certo, non poteva dire che Ranma non fosse il suo fidanzato, però…
«Piuttosto, abbiamo una cosa da dirti!- ricordò d’un tratto Shippo, battendosi il pugno sul palmo- Il tuo amico cinese si è appena svegliato. Stanno andando tutti da lui.»
Ranma, nel frattempo, era in giardino, con le mani sulla testa e un’aura oscura attorno alla sua persona.
“Cos’ho fatto…- pensò- Akane mi ucciderà…” Ma che diavolo gli aveva preso?! Cercare di baciarla?! Akane gli avrebbe dato di sicuro del pervertito e lo avrebbe spedito sulla Luna con un pugno. Per allontanarsi, era balzato direttamente nel giardino sottostante. Che vergogna…
Con un sospiro sconsolato, Ranma si sedette sull’erba, le mani abbandonate in grembo. Non sapeva se fosse l’aria della Sengoku Jidai, ma quella era già la seconda volta che tentava di baciare Akane, da quando erano lì. Forse perché lei era così carina…Ranma sospirò di nuovo, estremamente giù di morale. Forse sarebbe stato meglio se fosse riuscito a baciarla e si fosse preso un pugno. Un bacio lo valeva tutto e poi avrebbe finalmente capito se aveva speranza o meno.
«Ma a che cosa sto pensando?!» gridò ad alta voce, passandosi le mani sulla testa con furia.
«Ma ti sei rincretinito o cosa?!» gli chiese una voce alle sue spalle. Mogio, Ranma si voltò verso il suo interlocutore, i capelli sparati in ogni direzione. Inuyasha fece un passo indietro. «Urgh! Sembri un fantasma.- disse, con una smorfia- Che diavolo ti è successo?»
«Stavo per fare una cosa idiota.- disse Ranma, sempre depresso- Non mi puoi capire.»
«Prova a parlare, prima di sputare sentenze.- disse Inuyasha, sardonico- Avanti, che è successo?»
«Stavo per…argh, non sono fatti tuoi!» sbottò Ranma, ritrovando il cattivo umore e quindi la reattività. Inuyasha sbuffò e scrollò le spalle.
«Fai come ti pare.- disse, con una smorfia- Comunque Mousse si è appena svegliato. Vieni?»
Ranma, sorpreso, annuì e si alzò, seguendo il demone dalle orecchie canine all’interno del Palazzo. I due arrivarono nella stanza di Mousse in contemporanea con Ukyo, Konatsu e Sango. Gli altri erano già dentro. Ranma entrò nella stanza affollata, sviando lo sguardo di Akane e concentrandosi su Mousse, che in quel momento era seduto sul letto con espressione confusa.
«Mousse! Sei sveglio!» esclamò Ranma, avvicinandosi al letto. Mousse lo guardò e gli si illuminarono gli occhi.
«Shan Pu!» gridò, abbracciandolo.
«Sono felice che tu stia meglio, Mousse.» disse Ranma, dando un pugno non troppo violento in testa al ragazzo per farlo staccare. Guardandosi intorno, Ranma si rese conto che Shan Pu non era nella stanza. Mousse cercò a tentoni un paio di occhiali e Ryoga glieli passò.
«Oh, Ranma.- disse Mousse, inforcando gli occhiali- Ma dove siamo? Dov’è Shan Pu?»
«Stai tranquillo, Mousse. Shan Pu sta bene.- disse Kagome, sorridendo- Ora siamo al castello, le sfide sono finite.»
«Abbiamo vinto?» chiese Mousse, corrugando la fronte nel tentativo di digerire il fatto che era rimasto privo di sensi per diversi giorni.
«Certo che sì!- disse Ranma, a braccia conserte- Tutte le sfide. I nostri nemici se ne sono andati con la coda tra le gambe.»
Mousse rifletté per un istante, poi si guardò l’addome, passandovi sopra una mano. Una lunga cicatrice appena visibile lo segnava.
«Io sono stato colpito!- mormorò, ricordando- Dovrei essere morto.»
«Anna-san ti ha guarito. Te la sei vista brutta, però.» disse Ryoga. Mousse annuì.
«Sì, credevo proprio che sarei morto. Avete detto che Shan Pu sta bene?» chiese ancora Mousse, preoccupato.
«Stai tranquillo, aveva solo ferite lievi.» disse Ukyo.
«Era così preoccupata per te, Mousse.- disse Akane, ricordando l’espressione sconvolta di Shan Pu- Sembrava come impazzita.»
Mousse non disse nulla, ma fu evidente a tutti che sul suo viso si stavano alternando preoccupazione e piacere. Non capitava spesso che Shan Pu si preoccupasse per lui.
«Già, ma Mousse ha ragione. Adesso dov’è?» disse Ranma, guardandosi di nuovo attorno.
«Era qui fino a pochi istanti prima che il signor Mousse si svegliasse.- disse Konatsu- L’ho vista scendere in giardino.»
«E nessuno è andato a chiamarla?» chiese Ryoga, alzandosi.
«Siamo andati noi, ma…- disse Shippo, attirando l’attenzione degli altri- non è voluta venire.»
«Che significa?» chiese Inuyasha, corrugando la fronte.
«Ha detto…beh…che voleva parlargli poi, in privato.» disse il piccolo kitsune. Gli altri si scambiarono occhiate perplesse.
«Shan Pu vuole parlarmi…in privato?» mormorò Mousse, con fare sognante, prima di alzarsi dal letto sulle gambe barcollanti.
«Ehi, dove vai?!» cercò di fermarlo Ryoga.
«Idiota, sei mezzo nudo e debolissimo.- disse Ranma, prendendolo per un braccio- Cadrai dalle scale e ti beccherai un raffreddore.»
Mousse trovò abbastanza forza per rifilare un pugno sul naso a Ranma.
«Non mi intralciare, Ranma!- disse, procedendo a passi barcollanti- Vado dalla mia adorata Shan Pu. Non seguitemi…e non vi azzardate a spiare!» E a piedi nudi, con indosso solo i calzoni, Mousse uscì dalla stanza.
«Ma non sai nemmeno dov’è!» gli gridò dietro Sango.
«Lasciatelo andare, tanto non vi darebbe retta comunque.» disse Akane, sorridendo.
«Però io sono curioso.- disse Ranma, con un sorrisetto furbo- Vado a dare un’occhiata.»
«Ha chiesto di non spiare!» disse Akane, indignata.
«La cosa si fa interessante.» disse Inuyasha, seguendo Ranma. Ryoga, Ukyo e Konatsu lo seguirono a ruota.
«Ma insomma!» gridarono Akane, Kagome e Sango. Rimaste sole nella stanza, le tre ragazze si guardarono.
«Beh…» cominciò Akane.
«Se vanno tutti…» continuò Kagome.
«Shippo-chan, resta con Rin-chan.» disse Sango. Le tre ragazze lasciarono soli i due perplessi bambini e corsero a loro volta in giardino, cercando un nascondiglio da cui seguire la conversazione ‘privata’ di Mousse e Shan Pu.
Nel frattempo Mousse avanzava barcollando, appoggiandosi ai muri per non perdere l’equilibrio. Era debole e gli girava maledettamente la testa, confondendogli ancora di più la vista già scarsa, ma l’emozione che le parole di Akane Tendo gli avevano instillato in corpo lo facevano avanzare a dispetto di tutto.
“Shan Pu era preoccupatissima. Sembrava come impazzita.”
“Lo sapevo. Sapevo che doveva volermi almeno un po’ di bene.- pensò Mousse, con un sorriso che gli andava da una parte all’altra della faccia, beatamente ignaro della folla che lo stava seguendo- Forse ha finalmente compreso che sono più forte di Ranma Saotome! Forse ha capito che solo l’unico ad amarla con tutto il cuore!” A un incrocio tra i corridoi si fermò un istante, incerto. Vedeva una macchia scura a sinistra e una verde a destra. “Verde…il giardino!” pensò, dirigendosi con sicurezza verso destra, dove sicuramente la sua dolce Shan Pu lo stava aspettando.
«Attento!» gli gridò qualcuno alle sue spalle. Con un secondo di ritardo, Mousse si ricordò che le camere dal letto erano al secondo piano. Impattò contro la bassa ringhiera e cadde a testa in giù nel giardino sottostante. Qualcuno gridò sopra di lui. Tutti accorsero alla ringhiera della balconata, guardando in basso con occhi sbarrati dallo stupore.
«Oh kami-sama…» mormorò Kagome.
«E’ ancora vivo. Che resistenza!» commentò Inuyasha.
«Zitti! Ci sentirà.» disse Ukyo.
«Tutti giù! Arriva Shan Pu!» sibilò Ranma. Tutti si sdraiarono per terra, gli occhi curiosi fissi sulla scena sottostante.
«Ahi.- gemette Mousse, mettendosi a sedere- Maledetti occhi…»
«Mousse!»
Alzò lo sguardo di colpo. Davanti a lui, a una certa distanza, qualcuno era in piedi. Non poteva sbagliarsi, quella era proprio Shan Pu!
«Shan Pu…- mormorò, alzandosi in piedi a fatica- Shan Pu!» Si gettò a braccia aperte incontro alla ragazza. «Mia dolce Shan Pu!» gridò, pronto a stringere la ragazza tra le braccia. All’ultimo momento, però, lei si spostò e Mousse cadde di nuovo a terra, di faccia. Alzando il capo verso la ragazza, gli occhi verdi lacrimanti dal dolore morale e fisico, Mousse si lamentò: «Ma…Shan Pu, perché ti sei sposta…»
«Mousse, sei sveglio! Stai bene?» gli chiese lei, in tono premuroso, inginocchiandosi accanto a lui. Mousse, sorpreso dal quel cambio di atteggiamento, annuì senza parlare.
«Oh, meno male!- disse Shan Pu, facendogli un bellissimo sorriso- Questa volta ho avuto davvero paura che tu morissi! Avevo tante cose da dirti…»
Mousse rimase senza parole. Shan Pu…la sua bellissima e dolce Shan Pu lo stava trattando con una gentilezza mai vista e i suoi occhi erano così caldi mentre lo guardava…
«Sono qui, Shan Pu.- disse, ritrovando la voce e mettendosi in ginocchio davanti a lei- Ora puoi dirmi tutto ciò che vuoi!» “Finalmente è il mio momento!” pensò, commosso fino alle lacrime.
«Bene.» disse Shan Pu, sempre sorridendo. Inspirò profondamente, quindi…«Idiota! Cretino! Cosa credevi di fare, brutto imbecille?!» gridò con quanto fiato aveva in corpo, sbilanciando Mousse, che cadde a sedere, sbalordito. Non era certo quello che credeva di sentirsi dire! «Come hai osato metterti in mezzo?!» continuò Shan Pu, furiosa. Gli tirò uno schiaffo. «Questo è per esserti messo in mezzo la prima volta.- nel mentre gli tirò un secondo ceffone- E questo per la seconda. E questo per avermi fatto preoccupare, brutto scemo!!!»
Ciò detto, Shan Pu si alzò in piedi, dando le spalle a Mousse, che si sentiva la faccia grossa il doppio e l’animo ferito. Così era questo che doveva dirgli? Oh, che bel risveglio…Ma, un momento: aveva detto che si era preoccupata? Mousse alzò lo sguardo su Shan Pu.
«Spero che tu ti renda conto degli sbagli che hai fatto.» disse ancora Shan Pu. La sua voce dura, però, era incrinata da qualcosa di inusuale…pianto? Mousse era senza parole.
«Shan Pu…io non volevo farti preoccupare.» sussurrò. Shan Pu respirò ancora profondamente, poi si voltò. Sul suo volto e nei suoi occhi non c’era traccia di lacrime.
«Ora ascolta.- disse, dura- Non credere che per il fatto che mi hai salvato la vita deciderò di lasciare Ranma e mettermi con una talpa come te.» Un pugnale fatto di parole colpì Mousse al cuore. Evviva la realtà…«Per costringermi a fare ciò…» Mousse prestò immediatamente attenzione. «…dovrai prima battermi. Poi, potrei forse pensarci. E sottolineo forse.»
Shan Pu osservò gli occhi di Mousse ingrandirsi a dismisura per la sorpresa. Fece fatica a trattenere un sorriso. Era stupita lei stessa della proposta che gli aveva appena fatto, ma…beh, non aveva intenzione di ritrattare.
«Io…tu…» balbettò Mousse, incapace di credere alle proprie orecchie, mentre il cuore gli andava a mille. Shan Pu fece un gesto secco.
«Ne riparleremo quando sarai un uomo normale e torneremo a casa.- disse, chiudendo la questione- Ora vai a renderti presentabile. Ci vediamo a cena con gli altri.»
Ciò detto, si incamminò verso l’interno del Palazzo, lasciando un Mousse paralizzato e senza parole dietro di sé. Gli spettatori non paganti al piano superiore si scambiarono un’occhiata, sbalorditi.
«Wow! Questo da Shan Pu non me lo sarei mai aspettato.» commentò Ryoga, stupito, lanciando un’occhiata timida ad Akane. Ah, se fosse successo a lui…
«Sono felice per Mousse.» disse Akane, sorridendo.
«Era ora, che diavolo!» borbottò Ranma.
«Hai perso una fidanzata, Ran-chan.- lo stuzzicò Ukyo- E’ ora che tu faccia una scelta.»
Akane si rabbuiò e Konatsu si intristì.
«Che diavolo ci fate lì?» chiese qualcuno alle loro spalle. Voltandosi, videro Anna fissarli con sbalordimento. In effetti, facevano spettacolo, sdraiati davanti alla ringhiera. Inuyasha fu il primo ad alzarsi, sbandierando un’aria indifferente.
«Feh!» esclamò, prendendo le distanze dagli altri e allontanandosi verso le stanze di Sesshomaru.
«Anna, ti sei persa una scena fantastica.- disse Kagome, alzandosi- Shan Pu ha detto a Mousse che se la batterà diventerà la sua fidanzata…più o meno.»
Anna alzò un sopracciglio, sorpresa.
«Quindi eravate qui a spiare.» ne dedusse. Gli altri si alzarono, esibendo sorrisetti imbarazzati. Anna si avvicinò alla ringhiera e guardò giù. Un sorriso le curvò le labbra. «Va bene, recuperate il miracolato, fate alzare Miroku dal letto e preparatevi. Tra poco si cena.»
Scuotendo il capo e sorridendo, Anna si allontanò nella direzione da cui era venuta.

***

La cena fu abbondante e apprezzata da tutti. Si chiacchierò principalmente delle sfide appena sostenute, nonostante Mousse si limitasse a sedere con gli occhi persi nel nulla cosmico della quasi raggiunta felicità e Sesshomaru non partecipasse alle conversazioni. Quando Shippo portò fuori dalla sala una Rin che cascava dal sonno, si cominciò a parlare dell’argomento principale.
«Vi siamo grati per quanto avete fatto.- disse Anna ai ragazzi seduti alla tavola- Ci avete aiutati molto.»
«Di nulla. Ci avete chiamati per questo.- disse Ranma, sorridendo- Piuttosto, cosa mi dici della Fonte? Quando potremo andarci?»
Anna scambiò un’occhiata con Sesshomaru.
«Dovrete aspettare ancora un po’, temo.» disse la ragazza.
«Perché?» chiese Ryoga, allarmato. Anna sospirò.
«La Fonte si trova appena dietro le mura del castello. Non è consigliabile, per nessuno di voi, uscire dal castello finché non avrete una scorta adatta.- disse Anna, corrugando la fronte- Sono spiacente, ma dovrete attendere che io, Sesshomaru o Inuyasha torniamo dalla guerra e vi facciamo da scorta.»
«Ma…- disse Ryoga, perplesso- non potreste accompagnarci stasera?»
«No, Ryoga. Stanotte partiremo.- disse Anna, scuotendo il capo- Soichiro è già sul nostro territorio. Non abbiamo tempo da perdere.»
Gli interessati si oscurarono in viso, ma mai quanto Kagome, seduta accanto a Inuyasha. Akane provò una fitta di pena per la ragazza. La capiva bene.
«Tanto più che non potete ancora tornare a casa. Il pozzo è nel territorio dell’Est.- disse Sesshomaru, brusco- Quando avremo preso quella parte di territorio, uno di noi tornerà per farvi esprimere il desiderio e per condurvi al pozzo. Fino ad allora, resterete qui. E basta con le discussioni.»
Ranma gli lanciò un’occhiata inviperita. Odiava i modi di quel demone.
«Ci salutiamo per un po’ di tempo, allora.- disse Anna, mentre tutti si alzavano da tavola- Mi raccomando, non uscite dal castello. Per il resto, siete liberi di fare ciò che volete.»
I  ragazzi salutarono Anna e Inuyasha, mentre Sesshomaru usciva dalla stanza senza classificare nessuno, poi uscirono, lasciando Miroku, Sango e Kagome con loro. Ranma era scuro in volto, mentre camminava. Non pensava di dover aspettare ancora per esprimere il desiderio, né aveva calcolato che il solo mezzo per ricondurli a casa era ancora in territorio nemico.
«Maledizione!- borbottò- Speriamo che Inuyasha e gli altri si sbrighino.» Rendendosi conto che stava sperando in una guerra sanguinosa in cui i suoi nuovi amici avrebbero potuto perdere la vita, divenne ancora più di cattivo umore. Kagome aveva una faccia così triste, quella sera…un po’ come quella di Akane, quando lui partiva e non sapeva quando sarebbe tornato. Fermò i suoi passi, mentre il cuore gli si imbizzarriva un istante. Un momento: forse voleva dire che Akane, per lui, provava quello che Kagome provava per Inuyasha?
Cercò Akane con lo sguardo, ma la ragazza doveva essersi già allontanata. Vide invece Konatsu parlottare con Ukyo. La ragazza rispose al giovane kunoichi con un gesto distratto e si allontanò, lasciando il ragazzo, intristito, dietro di sé. Konatsu sospirò, poi incontrò gli occhi di Ranma e arrossì.
«La signorina Ukyo non mi considera per niente.- si sfogò, poi sembrò ripensarci- Oh, non intendevo che dovrebbe…non avrei mai l’ardire di pretendere che…» Sospirò di nuovo. «E’ che lei è così bella e dolce…- mormorò- Cosa posso fare?»
«Credo che se tu fossi un po’ più maschile…» disse Ranma, squadrando con scetticismo il giovane, avvolto in un kimono femminile e coi capelli lunghi acconciati in una coda.
«Maschile? Oh…» sussurrò Konatsu, sorpreso. Si allontanò, con un’espressione riflessiva sul volto. Ranma scosse il capo. Ognuno aveva le sue grane. Sperava che il tempo che sarebbero stati costretti a passare laggiù lo avrebbe aiutato a sciogliere i nodi dei suoi pensieri su Akane.

***

«E’ ora.» mormorò Anna a Inuyasha, che annuì.
Il piccolo gruppo era riunito davanti alla Prima Porta, da cui Inuyasha, Sesshomaru e Anna stavano per uscire, pronti a condurre in guerra l’enorme esercito che attendeva all’esterno. Inuyasha si voltò verso Kagome con la morte nel cuore. La ragazza gli sorrise, ma Inuyasha capì che sotto quel sorriso la ragazza stava male da morire.
«Tornerò presto.» mormorò, carezzandole la guancia.
«Lo so.- rispose lei, poggiando la sua mano su quella di lui- Non correre rischi inutili e non litigare con tuo fratello.»
«Sarà difficile.» disse Inuyasha, con un sorriso. Guardò Miroku e Sango. «Ve la affido, non fatele accadere niente.»
«Tranquillo, Inuyasha.» disse Miroku, serio.
«Avremo cura di tutto. Voi state attenti.» disse Sango, i grandi occhi scuri profondi e seri. Inuyasha annuì.
«Allora, avete fini…» iniziò a dire Sesshomaru, seccato da tutte quelle smancerie, ma un tocco lieve sulle labbra lo indusse a zittirsi. Guardò Anna e la vide scuotere il capo, prima di stringergli la mano per un attimo. Sesshomaru decise di avere pazienza…ancora per qualche minuto.
«Va bene, andiamo.- disse Inuyasha, recependo il messaggio- Ci vediamo, Kagome.»
«A presto.» disse lei, alzando la mano e sorridendo, mentre la grande porta si apriva. Anna la superò facendo loro un cenno di saluto, seguendo Sesshomaru. Subito oltre, entrambi si trasformarono in due enormi cani, l’uno bianco come la luna, l’altro dorato come il sole. Inuyasha sorrise a Kagome prima di voltarle le spalle. Sulla soglia, si bloccò, quindi fece un rapido dietro-front e afferrò Kagome per le spalle, baciandola con ardore e stupendo tutti i presenti.
«Torno presto.» mormorò con voce roca quando si staccò da lei, quindi corse fuori dalle mura del castello e saltò in groppa ad Anna. Sesshomaru emise un ululato da far gelare il sangue, al cui suono tutti i demoni in attesa risposero mettendosi in marcia.  Inuyasha si impose di non guardarsi più indietro, stringendo i denti. Il grande cane dorato si affiancò a quello bianco e si mise in marcia.
«Non dovrai portarmi a lungo.- disse Inuyasha ad Anna- Quando ci saremo allontanati abbastanza, mi trasformerò.» Avvertì che il cane dorato l’aveva capito più che bene. “Tornerò presto, Kagome.” pensò.
Il sorriso di Kagome si sgretolò non appena i demoni iniziarono la loro marcia.
«So che tornerà.- disse a Sango e Miroku, mentre grosse lacrime le rigavano il volto- Volevo…che mi vedesse sorridere, ma ora…mi fa tanto male qui.» Si strinse le mani sul petto.
«Oh, Kagome-chan…» mormorò Sango, abbracciandola. Kagome cedette, scossa dai singhiozzi.
«Andrà tutto bene, Kagome-sama.- disse Miroku, impietosito- Andrà tutto bene.» Lo disse, anche se un brutto presentimento lo aveva colto tutto ad un tratto. Lo disse, perché improvvisamente ne avevano tutti bisogno. Davanti a loro, i grandi battenti della Prima Porta si chiusero.

***

-Cara Kagome,
come stai? Qui stiamo tutti bene.-
Inuyasha osservò con sguardo critico le due frasi che aveva appena scritto, mordicchiando il manico del pennello che aveva in mano. Come inizio poteva andare. E adesso?
«Che cosa le scrivo?- borbottò, tormentando il pennello- ‘La guerra va bene’? No, frase stupida. ‘Torno presto’? Gliel’ho già detto.» Rimase a guardare il foglio con occhi assassini, mordicchiando il pennello tra i denti, quindi si ficcò le mani in testa, scompigliandosi i capelli. «Argh! Com’è difficile!!» ringhiò ad alta voce.
«Inuyasha! Hai finito di fare chiasso?!»
Inuyasha si voltò con aria cupa verso suo fratello, che era seduto sull’erba, poco distante dal fuoco acceso. Solo loro e Anna, che in quel momento stava sopraggiungendo, attirata dall’esclamazione di Sesshomaru, occupavano la piccola radura. Un po' di intimità concessa ai generali dell’armata. Il resto dell'esercito era accampato appena dietro la piccola macchia di alberi che circondava la radura.
«Si può sapere cos’avete?» chiese Anna, perplessa, camminando verso Sesshomaru con in mano una ciotola di zuppa per lei e una per Inuyasha.
«Quell’idiota continua a borbottare.- disse Sesshomaru, con una smorfia- Si può sapere che diavolo stai facendo?»
«Sto scrivendo una lettera.» disse Inuyasha, seccato. Sia Sesshomaru che Anna rimasero ammutoliti. La ragazza, addirittura, smise di camminare.
«Vuoi dire che sai scrivere, Inuyasha?- chiese Sesshomaru, ironico- La notizia ha dello scioccante.»
«Solo per te, che sei un dannato bastardo.- ringhiò Inuyasha- Vero, Anna?» Si voltò verso la ragazza e la vide riprendersi a fatica da quella che sembrava…sorpresa!
«Ehm…uh…davvero sai scrivere?» iniziò Anna. Inuyasha strabuzzò gli occhi e Anna arrossì. «Non intendevo offenderti, Inuyasha!» si affrettò a dire, mentre Inuyasha abbassava il capo, sconsolato, e Sesshomaru si concedeva un sorrisetto sarcastico.
«Sono circondato da gente priva di tatto.» commentò Inuyasha, scuotendo la testa. Anna rise, imbarazzata per la gaffe, e si affrettò a inginocchiarsi accanto a lui e a porgergli la tazza di zuppa.
«Scrivi a Kagome, Inuyasha?» gli chiese, sbirciando il foglio di pergamena.
«Non so cosa scrivere.» borbottò Inuyasha, sorbendo la zuppa. Sesshomaru, che come al solito non mangiava, sbuffò con tono sarcastico e Inuyasha gli lanciò un’occhiata tetra.
«Beh, dille come procedono i combattimenti, no?» propose Anna, iniziando a sua volta a mangiare.
«Giusto.- disse Inuyasha, trangugiando gli ultimi sorsi e afferrando di nuovo il pennello e il foglio- Allora…» Inuyasha si bloccò, avvertendo su di sé lo sguardo di Anna. Si voltò verso di lei con aria di rimprovero e la ragazza si alzò, con un sorrisetto, andando a sedersi accanto a Sesshomaru. Soddisfatto, Inuyasha riprese a scrivere.
- Quando riceverai questa lettera, Anna sarà tornata al castello. Da questo potrai capire che stiamo davvero tutti bene e che non ti sto mentendo. Stiamo vincendo la guerra…o perlomeno, abbiamo cacciato Soichiro e tutta la sua marmaglia dal nostro territorio. Siamo ormai al villaggio della vecchia Kaede, che ti manda a salutare. Gli abitanti stanno tutti bene, sono fuggiti prima che cominciassero gli scontri.-
Inuyasha alzò un attimo gli occhi, riflettendo, poi ricominciò.
- Abbiamo già decimato le fila di Soichiro. C’era ancora qualche umano, nei primi scontri, ma ormai non se ne vedono più. Hanno mantenuto il patto. Anche i demoni di Soichiro sono più deboli di quanto pensassimo. Una vera delusione. Ne ho fatti fuori un sacco, avrei voluto che potessi vedermi. Io e Tessaiga siamo scatenati!-
Inuyasha sospirò. In realtà, le cose non stavano filando proprio così lisce. In quelle due settimane di scontri furiosi, c’erano stati moltissimi morti da entrambe le parti. Inuyasha aveva ucciso moltissimi demoni nella sua esistenza, poiché questo gli garantiva la sopravvivenza, ma non aveva mai partecipato a guerre. Lui era un solitario, non aveva patria, non aveva fazione almeno finché non era stato accettato nuovamente all’interno del castello di famiglia. Inuyasha aveva scoperto che la guerra lo disgustava e lo riempiva di orrore. Un conto era uccidere qualcuno dopo una battaglia leale, un altro era passare come la falce della morte in mezzo a demoni di cui non avrebbe mai incrociato lo sguardo, dilaniando, uccidendo e trafiggendo con la spada. O tu, o loro. Questa era la legge in guerra e Inuyasha aveva dovuto impararla fin dal primo giorno. Niente pietà, niente pensieri. Se volevi dei rimorsi, meglio pensarci a fine giornata, una volta che il silenzio fosse caduto sul campo di battaglia. E cadeva sempre, lugubre e orrendo, corredato dall’odore del sangue e della morte.
Inuyasha ricominciò a mordicchiare il pennello. Da quando si erano lasciati alle spalle il castello, aveva assunto il suo aspetto demoniaco. Doveva essere sempre pronto a dare il massimo e non era il caso di farsi dei problemi. Aveva combattuto sotto quelle sembianze, utilizzando Tessaiga per uccidere, ma una volta si era anche trasformato in un grande cane d’argento con gli occhi purpurei, più o meno della stessa dimensione del cane dorato in cui Anna si trasformava. I tre inu-yokai erano il punto di riferimento di tutto l’esercito dell’Ovest.
Ripensando ai morti, Inuyasha fece una smorfia. No, non avrebbe affatto voluto che Kagome vedesse quanto era bravo.
- Siamo tutti tranquilli e le cose non potrebbero procedere meglio.-
“E poi cos’altro?” pensò, continuando a mordicchiare il pennello. Il legno si spezzò, facendogli mordere la lingua. «Ahia!» esclamò.
«Inuyasha! Il pennello è di legno, non di ferro!- lo sgridò Anna, mentre Sesshomaru tratteneva un sorriso di scherno- Con le zanne che ti ritrovi, avresti dovuto sapere che si sarebbe spezzato.»
«Sì, sì, va bene…» borbottò Inuyasha, sputando frammenti di legno con aria disgustata. Anna si alzò e sbirciò da sopra la spalla di Inuyasha. Guardò il ragazzo con aria critica.
«E speri che creda a queste menzogne?- gli chiese- Kagome non è mica stupida!»
«Fatti i fatti tuoi!» sbottò Inuyasha, seccato.
«Se le dipingi la guerra di rosa, Kagome non crederà ad una parola. Va bene indorare la pillola, ma non esagerare.» gli consigliò Anna, scuotendo la testa.
«Dici?» chiese Inuyasha, dopo aver riflettuto per un istante. Anna sorrise e annuì. Inuyasha recuperò ciò che restava del pennello e depennò l’ultima frase.
- Corriamo un po’ di rischi e lo spettacolo non è dei migliori, ma almeno continuiamo a vincere. Soichiro non partecipa mai alle battaglie, credo abbia paura che Sesshomaru mantenga la promessa che gli ha fatto. In quanto a me, non appena vedrò la sua faccia cercherò in tutti i modi di spedirlo all’inferno.-
Guardò Anna per chiederle un parere e lei annuì, per poi alzarsi e allontanarsi.
- Sesshomaru sta usando Tenseiga in maniera magistrale, anche se non mi piace doverlo ammettere. Ogni volta che un combattimento finisce, lui gira per il campo di battaglia, resuscitando tutti quelli che può. Così, il nostro esercito è sempre al completo. Credo che Soichiro sia abbastanza confuso e questo mi fa più che piacere. Ho scoperto con un po’ di sconcerto che Anna non è meno sanguinaria di Sesshomaru. Vederla in battaglia fa paura. Riduce tutti a mucchietti di ossa e pelle incartapecorita. Ogni tanto deve sparare qualche colpo energetico per liberarsi, altrimenti scoppierebbe da tanta energia riesce ad assorbire in una sola battaglia. Siamo una squadra imbattibile e su questo non scherzo. Anche se andare d’accordo con quel dannato di mio fratello è un’impresa.-
«Inuyasha, tra poco vado.- gli disse Anna- Hai quasi finito?»
«Se è riuscito a scrivere più di due parole, dovrò per forza stupirmi.» disse Sesshomaru, alzandosi in piedi. Inuyasha gli fece una smorfia.
«Ah ah. Molto divertente.- disse, caustico- Ho quasi finito, Anna. Solo un istante.»
- Come ti dicevo, siamo al villaggio di Kaede, quindi Ranma e gli altri possono usare il pozzo per tornare a casa. Non dico che siamo al sicuro, ma quasi. Anna partirà tra pochi minuti per far loro esprimere il desiderio.
Ci vedremo presto, perché sarò il prossimo ad avere la libera uscita (per usare le parole di Anna). Aspettami! Ricordati che ti amo (questa parte non leggerla ad alta voce!!!) e che mi manchi da impazzire. Salutami gli altri. Dai un pugno in testa a Shippo per i commenti che sicuramente avrà fatto mentre leggevi questa lettera, di’ a Miroku di togliersi quel sorriso sornione dalla faccia (Sango, dagli l’Hiraikotsu in testa!) o glielo tolgo io appena arrivo, con le cattive. Spero che la Fonte faccia un pasticcio con i desideri di Ranma, ah ah ah!!! Per il resto, beh…inventa tu saluti per tutti. Ho dato fondo alle mie risorse, il mio pennello si è rotto e Anna ha fretta.
A presto.
Inuyasha-
«Fatto!» gridò Inuyasha, alzandosi in piedi e sventolando il foglio per far asciugare l’inchiostro.
«Hai finito? Posso leggere?» chiese Anna.
«Te la leggerà Kagome.» borbottò Inuyasha, arrotolando velocemente il foglio e sigillandolo. C’erano parti personali che era meglio non fossero divulgate.
«Allora vai e torni, sono stato chiaro? Non stare più del necessario.» disse Sesshomaru ad Anna, ignorando Inuyasha. Anna sorrise.
«Stai tranquillo. Non dovrei metterci più di dieci giorni. Più che altro, non esponetevi troppo, mentre sto via.» lo stuzzicò la ragazza.
«Fila.» disse Sesshomaru, corrugando la fronte e affibbiandole una spinta alla schiena.
«Salutami Kagome.» disse Inuyasha, dandole la lettera.
«Non l’hai già salutata a sufficienza qui dentro?» chiese Anna, sollevando un sopracciglio.
«E’ già tanto se ha scritto il nome della ragazza.» continuò a ironizzare Sesshomaru. Inuyasha ringhiò.
«Mi posso fidare a lasciarvi oppure no?» chiese Anna, spazientita, mettendosi le mani sui fianchi. Entrambi assunsero un’aria contrita che d’un tratto li fece apparire molto simili, poi Sesshomaru indossò nuovamente una maschera gelida e Inuyasha incrociò le braccia sul petto, facendo il sostenuto. Anna sospirò. «Va bene, vado. Ci vediamo presto. Non ammazzatevi in mia assenza.»
Fece un cenno e si voltò.
«Fai attenzione.» mormorò Sesshomaru.
«Corri dritta a casa.» rincarò Inuyasha.
Anna, nascondendo un sorriso, si mise a correre, aggirando l’esercito per raggiungere il castello del Signore dell’Ovest. Inuyasha e Sesshomaru rimasero nella radura.
«Pensi che incontrerà problemi?» chiese Inuyasha, preoccupato.
«Sa badare a se stessa.» disse Sesshomaru.
I due si scambiarono un’occhiata. Immediatamente, Sesshomaru voltò le spalle a Inuyasha, il quale si incamminò in direzione opposta, esclamando : «Feh!» Senza la presenza mediatrice di Anna, non aveva proprio nessuna intenzione di stare vicino a quel ghiacciolo ambulante di suo fratello! Nessuno dei due si accorse del passero appollaiato su uno dei rami più alti.

***

«Allora?» chiese Soichiro, seduto mollemente su un seggio di legno, le iridi nere puntate sul suo sottoposto. Questo, un demone dai tratti affilati che portava due corvi sulle spalle, guardava nel vuoto con aria distante. Altri uccelli zampettavano attorno alle sue gambe incrociate, senza alcun timore. Il demone alzò lo sguardo sul suo padrone.
«La donna è andata, mio Signore.- mormorò, con voce musicale- Il mio piccolo amico l’ha vista partire giusto in questo momento.»
Soichiro sorrise appena.
«Bene. Le nostre informazioni erano esatte.» Si volse verso una delle sue guardie. «Chiamami subito Tenchimaru.» ordinò. La guardia si affrettò ad eseguire l’ordine. Soichiro tornò a guardare di fronte a sé, corrugando la fronte.
Niente, in quella maledetta guerra, stava andando secondo i suoi piani. Gli umani avevano abbandonato lo scontro e questo gli aveva impedito di sfruttare i loro poteri spirituali contro le armate di Sesshomaru…armate più che pronte a combattere, se si pensava che Sesshomaru aveva più o meno abbandonato a se stesso il suo regno per moltissimo tempo.
Soichiro strinse le labbra. Le armate non lo avevano spaventato. Anche i demoni muoiono e il suo esercito era più potente e addestrato. Naturalmente, non aveva fatto i conti con i tre trascinatori dell’esercito dell’Ovest. Quei tre maledetti cagnacci! Tre. E già questo aveva costituito una sorpresa. Sesshomaru era spaventoso quanto lo era stato suo padre, ma a questo si era preparato. Quale sorpresa quando, nel primo giorno di scontri, aveva visto un grande cane dorato al suo fianco! Un’immagine della donna bionda gli aveva attraversato la mente. Infatti quella era la ‘consorte’ di Sesshomaru, che a quanto pareva poteva uccidere col solo tocco. Soichiro fece una smorfia. Quella maledetta! Era un vero peccato che non fosse morta per mano del sicario che le aveva mandato.
E poi Inuyasha. Il mezzosangue, che d’un tratto aveva mostrato di essere un purosangue in grado di uccidere centinaia di demoni per volta, grazie a una spada portentosa e quanto mai potente. Per non parlare del fatto che i morti da parte dell’Ovest ricomparivano in ottima salute nel combattimento successivo! Soichiro aveva cominciato a provare un’ira terribile, nonché una piccola dose di paura. Nulla stava andando secondo i suoi piani.
Poi, fortunatamente, si era ricordato dell’abilità di quello scheletrino buono a nulla che ora gli sedeva vicino. Gli occorreva una spia, quello era chiaro. Se avesse carpito i segreti di Sesshomaru, avrebbe potuto trovare il modo di fermarlo e vincerlo. E chi mai avrebbe sospettato di un semplice uccellino?
Le cose che aveva scoperto lo avevano aiutato a formulare un piano che aveva dell’interessante. Ad esempio, dalle conversazione dei due fratelli era emerso che la spada di Inuyasha era nient’altro che una zanna di Inuken: ecco spiegato il suo potere. Il passero aveva dato conferma alle intuizioni di Soichiro, confermandogli che la donna, Anna, era la consorte di Sesshomaru. Un motivo in più per ucciderla. Inuyasha, invece, pareva legato sentimentalmente alla giovane miko che aveva partecipato agli scontri, la quale, in quel momento, si trovava al castello di Sesshomaru. Soichiro era rimasto soddisfatto dalla scoperta. Poi, il piccolo passero aveva scoperto l’ultimo segreto. Era Sesshomaru a resuscitare i suoi morti, con una spada dall’enorme potere che era in grado di ridare la vita.
Soichiro era giunto a poche, ma decisive, conclusioni. Voleva quelle spade. Naturalmente nessuno dei due fratelli gliel’avrebbe mai ceduta con le buone, quindi perché non utilizzare il ricatto? Gli servivano le due donne, Anna e la miko. Entrambe sarebbero morte, alla fine, ma perché farlo sapere ai diretti interessati?
L’occasione si era appena presentata. Anna si stava recando al castello. Sembrava dovesse scortare gli umani che avevano combattuto per l’Ovest in un qualche luogo, prima di mandarli a casa. Lei sarebbe stata sola e vulnerabile. Kagome, la miko, sarebbe stata con lei. Era ora di attuare il suo piano. Un monaco grosso e muscoloso si avvicinò.
«Tenchimaru.- mormorò Soichiro- Hai acquisito il sigillo?»
Tenchimaru annuì e Soichiro sorrise.
«Allora andate. Sapete dove attenderle.- disse- Prendi con te i demoni più veloci. Non fallire.»
«Non fallirò, Soichiro-sama.» promise il monaco scomunicato, allontanandosi. Soichiro si concesse un altro sorriso predatorio. Presto, molto presto Sesshomaru sarebbe stato costretto a capitolare.

***

In un luogo non molto lontano, una miko che pregava, invocando le visioni nel fuoco, vide qualcosa di terribile.
«Kami-sama…- mormorò, sconvolta- Se questo si avvererà, sono spacciati!»
Si precipitò fuori dal piccolo tempio, individuando subito il giovane dai capelli neri che si riposava vicino a un fuoco da campo, conversando con la vecchia miko Kaede, sorella minore della venerabile Kikyo.
«Minako-sama! Avete qualche problema?- chiese Kentaro, sorpreso- Sembrate sconvolta.»
Quando avevano comunicato a Soichiro di aver intenzione di tener fede al patto, l’ira del demone era stata terribile e questo aveva convinto quasi tutti ad abbandonare in fretta e furia l’esercito dell’Est. Molti erano tornati a casa, ma Minako e Kentaro avevano deciso di difendere gli esseri umani dalla guerra che li avrebbe spazzati via senza nemmeno accorgersi della loro esistenza. Le miko e gli uomini di Kentaro seguivano gli scontri, offrendo protezione alle popolazioni in fuga. Da quando si erano stabiliti laggiù, nelle vicinanze del villaggio che aveva offerto i natali alla leggendaria Kikyo, sembrava che tutto procedesse a favore dell’Ovest. Arrivavano spesso notizie raccapriccianti, ma Minako-sama aveva sempre accolto tutto con stoica freddezza. Ora, sembrava aver visto un fantasma.
«Kentaro, prendi un cavallo. Vai due miglia a sud dell’albero Goshinboku, vi troverai i fratelli inu-yokai.» disse la miko.
«E’ successo qualcosa a Inuyasha, Minako?» chiese Kaede, preoccupata.
«Non ancora. E il pericolo immediato non è per lui, ma per le due donne dei generali dell’Ovest.» disse Minako. Kentaro si alzò immediatamente. Soichiro aveva forse in mente un’altra azione disonorevole?!
«Kagome e Anna?» chiese Kaede, preoccupata.
«Qualcuno ha rubato il Sigillo della Vita.- spiegò Minako- Se usato da mani malvagie, può uccidere. Bisogna avvertire i due fratelli di non lasciare sole le loro donne. Se riusciranno a ucciderle, l’Est sconfiggerà l’Ovest e la mia visione era orrenda.»
Kentaro non se lo fece ripetere due volte. Prese un cavallo e si allontanò al galoppo.
«Speriamo che faccia in tempo.» mormorò Kaede.
«Preghiamo insieme, Kaede-sama.» disse Minako. Le due si recarono al tempio.

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Capitolo 12
*** 12 - Agguato ***


Author's note: Quale piano malvagio avrà ordito Soichiro? Povere Anna e Kagome, non sanno cosa le attende! Prima di lasciarvi al capitolo, rispondo a una domanda: la canzone che Anna cantava quando Sesshomaru è andato a prenderla la prima volta è la musica senza parole della colonna sonora dell'anime di Inuyasha, quella che di solito viene suonata con il flauto. Quando canta la ninna nanna a Rin, invece, Anna canta "She moved through the fair", una canzone popolare che vi consiglio di ascoltare! E' bellissima!

«Sento odore di umano.» disse Sesshomaru. Inuyasha annuì.
«E’ su un cavallo.» aggiunse. Guardò il cielo. Il nuovo giorno era appena cominciato. Chi era il pazzo che si aggirava in mezzo a due eserciti di demoni? Sospirò, sconsolato. Anna doveva essere già a metà strada per il castello. Quanto avrebbe voluto vedere Kagome invece che quella brutta faccia di Sesshomaru!
«Vai a vedere chi è.- ordinò Sesshomaru- Se è un seccatore, uccidilo.»
Inuyasha sbuffò, ma lasciò la radura e si appostò su un ramo, in attesa. Chi diavolo veniva a rompere? Un pazzo o una spia? Presto vide il cavallo, completo di cavaliere, giungere al galoppo. Inuyasha spiccò un balzo e atterrò davanti al cavallo, che scartò. Il cavaliere fece fatica a trattenerlo.
«Chi diavolo sei, uomo?» ringhiò Inuyasha, pronto a dilaniarlo. Allo stesso tempo, era curioso.
«Inuyasha?- chiese Kentaro, fermando il cavallo- Voi siete Inuyasha-sama?» Gli pareva lui, ma dov’erano finite le orecchie da cane? E cos’erano quei segni rossi sulla sua faccia? Vide il demone assumere un’aria perplessa.
«Sì, sono Inuyasha. Ma tu chi…- iniziò, prima di riconoscere il giovane guerriero- Tu sei il tipo che ha combattuto contro Ryoga!»
«Sì, sono proprio Kentaro.» confermò il giovane, scendendo di sella con un agile balzo.
«Beh? Che diavolo vuoi?» chiese Inuyasha, corrugando la fronte e incrociando le braccia.
«Inuyasha-sama, dove sono la giovane miko e la demone bionda?» chiese Kentaro, sorprendendolo. Inuyasha ristette.
«Che te ne importa?- chiese- E che razza di domanda è?»
«Sono con voi? Vi prego, ditemi di sì!» incalzò Kentaro. Inuyasha corrugò la fronte.
«Ma si può sapere che diavolo te ne frega, moccioso?» sbottò.
«Sono in pericolo!- quasi gridò Kentaro- Non allontanatevi da loro. Minako-sama ha visto…»
Inuyasha lo afferrò per la collottola.
«Cosa dici?! Perché dovrebbero essere in pericolo?» ringhiò Inuyasha, quasi strozzando il giovane.
«Soichiro…sama…» rispose Kentaro, con voce strozzata. Inuyasha impallidì impercettibilmente.
«Vieni con me.» disse, trascinandoselo dietro. Inuyasha portò Kentaro fino alla radura, quindi lo gettò davanti a Sesshomaru, che inarcò un sopracciglio.
«Ebbene?» chiese. Kentaro rabbrividì. Quel demone doveva essere davvero terribile.
«Dice che Anna e Kagome sono in pericolo. Pare c’entri Soichiro.» disse Inuyasha, scuro in volto. Sesshomaru fu lesto ad afferrare Kentaro per il collo.
“Ma è un vizio di famiglia?” pensò Kentaro, mezzo soffocato.
«In pericolo, dici?- mormorò Sesshomaru, gelido- Sanno entrambe badare a loro stesse. Chi ti manda, Soichiro?»
Kentaro scosse il capo.
«Ho lasciato la sua disonorevole causa.- rispose, con voce rauca- Ora proteggo gli esseri umani, insieme a Minako-sama. Siamo al villaggio di Kaede-sama.»
Sesshomaru strinse appena gli occhi ambrati e Inuyasha impallidì.
«Sesshomaru…ho visto gente nuova dalla vecchia Kaede.- disse- Ho paura che questo tizio stia dicendo la verità.» Sesshomaru lo guardò, quindi fece cenno al ragazzo di andare avanti.
«Minako-sama ha avuto una visione. Ha detto che Soichiro attenterà alle vite delle due giovani e che se riuscirà ad ucciderle l’Ovest verrà sconfitto dall’Est, con conseguenze disastrose per tutti.- raccontò in fretta e furia- Sono venuto per avvisarvi, ve lo giuro.»
«E come vorrebbe ucciderle?» disse Sesshomaru. L’espressione seria e appassionata di quell’umano iniziava a farlo preoccupare.
«Io non lo so.- rispose Kentaro- Però Minako-sama ha parlato di un sigillo…il Sigillo della Vita!»
Sesshomaru si alzò in piedi, lasciando andare di scatto Kentaro.
«Inuyasha, vai a dire all’esercito di non muoversi fino al nostro ritorno.- disse, con voce atona- Dobbiamo partire subito. Non ci metteremo meno di due giorni, anche utilizzando tutta la nostra energia.»
«Vuoi dire che…» mormorò Inuyasha. L’occhiata che gli lanciò suo fratello fu sufficiente. Inuyasha si voltò e corse via per eseguire l’ordine.
“Se Sesshomaru è così preoccupato…maledizione! Speriamo di arrivare in tempo!- pensò, mordendosi un labbro per la frustrazione- Kagome! Anna! Non andate alla Fonte!”

***

«Mi sto annoiando da morire.» disse Ranma, sbadigliando.
«Ti sembrano cose da dire mentre stai combattendo con me?!» ringhiò Ryoga, cercando di colpirlo. Ranma sviò con aria annoiata e mandò l’amico a gambe all’aria.
«Non posso farci niente. Troppi agi, in questo posto.» sentenziò, sedendosi a gambe incrociate sulla schiena di Ryoga.
«Ranma! Ryoga! Venite a fare merenda!» gridò Akane, seduta sotto un grande albero poco distante insieme a tutti gli altri.
«Vedi, che ti dicevo?» sospirò Ranma. Ryoga si alzò di scatto, facendolo cadere, e trotterellò da Akane. «Stupido maiale…» borbottò Ranma, seguendolo con meno zelo, le mani in tasca. Raggiunse gli altri e si sedette, afferrando subito una polpetta di riso.
«Sei di cattivo umore, Ranma?» chiese Miroku, ormai completamente guarito.
«E’ così dal giorno in cui Inuyasha e gli altri sono partiti.- disse Shippo, mangiando un biscotto- Forse perché io e Rin-chan l’abbiamo interrotto quando…» Improvvisamente, la bocca di Shippo fu piena di biscotti di riso. Sango ridacchiò.
«Sei davvero molto simile a Inuyasha.» disse, aiutando il povero Shippo a ingoiare quella mole di cibo. Poi, come rendendosi conto di quanto aveva detto, si voltò verso Kagome, preoccupata. La ragazza sorrise.
«E’ inutile evitare di nominare Inuyasha, Sango. Io sto bene.» disse.
«Sei sicura? Sono due settimane che non abbiamo notizie.» disse Ranma.
«Potevi anche evitare di sottolinearlo.» lo riprese Akane, corrugando la fronte.
«Io trovo sia un buon segno.» disse Miroku, prendendo una pesca dal ben di dio che gli stava davanti. Tutti lo guardarono, stupefatti.
«Come fai a dire una cosa del genere?» chiese Ryoga.
«Se i nostri amici avessero perso gli scontri, adesso saremmo circondati dall’esercito dell’Est.- disse Miroku con tutta calma- Visto che non vedo demoni assetati di sangue fuori dalle mura, ne deduco che l’Ovest ha vinto i primi scontri e ha ricacciato Soichiro fuori dal confine. Se fossero più vicini ci avrebbero mandato dei messaggi.»
«Come ragionamento non è male.» commentò Mousse, sorpreso.
«Naturalmente.» disse Miroku, altezzoso.
«Credo che Miroku abbia ragione.- disse Akane- Inoltre, non credo che un esercito combatta bene senza i suoi generali. Se stanno collezionando solo vittorie, è probabile che Inuyasha, Anna e Sesshomaru stiano bene.»
«Sì, Inuyasha sta bene.» disse Kagome. Si toccò il cuore. «Me lo sento qui.»
«Questo significa che presto potremo tornare a casa.- disse Shan Pu- Se non ricordo male, il pozzo era poco oltre il confine, giusto?»
Sango, Miroku e Kagome annuirono.
«Mi manca il mio ristorante.- sospirò Ukyo- Non vedo l’ora di tornare a casa.»
«Ma quello non è il signor Jaken?» chiese Konatsu, indicando una figurina in lontananza. Aguzzando lo sguardo, tutti poterono vedere il piccolo rospo correre a perdifiato verso le mura.
«Che ha?- chiese Shippo- Forse sono in arrivo notizie!»
Sentirono in maniera confusa una delle guardie gridare qualcosa a Jaken, che si bloccò e iniziò a tornare indietro, mogio.
«O forse no.» sbuffò Ranma. D’un tratto, il portone del castello si aprì e una trafelata Rin corse fuori dal castello, seguita da Rika e Misao, le sue tutrici.
«Si può sapere cosa sta succedendo?- chiese Kagome, spaventata- Misao! Cosa accade?»
Misao, che teneva in braccio il suo bambino, si fermò, lasciando a Rika il compito di correre dietro a Rin.
«Pare che alla Prima Porta sia appena arrivata…» iniziò a rispondere la kitsune.
«Anna-nee-chan!!» gridò Rin, con voce così acuta da spaccare i timpani a tutti nel raggio di mezzo miglio. Tutti si voltarono di nuovo verso la bambina, che tendeva le braccia al cielo. Con agilità, una demone dai capelli dorati, vestita di azzurro, saltò dalla cima delle mura nel giardino, accogliendo Rin fra le braccia e facendola girare per aria.
«Rin-chan! Mi sei mancata!» disse, abbracciandola e sorridendo.
«Anna!» gridò Kagome, correndole incontro. Presto tutti la imitarono.
«Ciao, ragazzi!- li salutò lei- Sono venuta a tener fede ad una promessa!»

***

«Ah…ci voleva proprio.» sospirò Anna, sedendosi tra i morbidi cuscini con aria estasiata. Misao le si avvicinò con una tazza di tè freddo. «Grazie Misao.» mormorò Anna, sorridendo, mentre Rin si dava da fare, offrendo a tutti dei dolcetti.
«Che notizie ci porti, Anna?» chiese Sango.
«Inuyasha sta bene?» chiese Kagome.
Anna sorrise, sorbendo il suo tè.
«Non dovete preoccuparvi. Tutto procede come previsto.- disse, appoggiando la tazza sul pavimento- Abbiamo guadagnato un’ampia fascia di territorio oltre il confine. Il villaggio di Kaede è ormai sotto il nostro controllo.»
«Gli umani che abbiamo battuto?» chiese Ranma.
«Si sono ritirati, come da accordi presi. Direi che non potremmo sperare in nulla di meglio.» disse Anna, mettendo mano a un rotolo di carta che era infilato nella sua cintura. «Tieni, Kagome. Inuyasha ti ha scritto una lettera.» disse, lanciando il rotolo a Kagome.
«Cosa?!» disse Shippo, a bocca aperta.
«Inuyasha sa scrivere? La cosa ha dell’incredibile…» iniziò Miroku, prima che Sango lo zittisse. La ragazza scoccò un’occhiata a Kagome e arrossì.
«Lascia stare, Sango.- disse Kagome, sorridendo e svolgendo la lettera- Mi viene da sorridere al pensiero della reazione di Inuyasha alle parole di Miroku.»
«Io l’ho vista direttamente. Sesshomaru l’ha schernito non poco.- disse Anna, riprendendo a bere- Leggi ad alta voce. Non so che c’è scritto, ma credo che mi farà risparmiare un po’ di fiato.»
«Va bene, come vuoi.» disse Kagome. Si schiarì la voce, mentre tutti facevano silenzio.
«Cara Kagome, come stai?» iniziò a leggere la ragazza.
«Oh, che fantasia.» interruppe Ranma.
«Zitto tu, che non sei certo meglio di Inuyasha.» ringhiò Akane, zittendolo. Le due ragazze si scambiarono un’occhiata complice e Kagome continuò.
«Qui stiamo tutti bene. Quando riceverai questa lettera, Anna sarà tornata al castello. Da questo potrai capire che stiamo davvero tutti bene e che non ti sto mentendo. Stiamo vincendo la guerra, o perlomeno abbiamo cacciato Soichiro e tutta la sua marmaglia dal nostro territorio. Siamo ormai al villaggio della vecchia Kaede, che ti manda a salutare. Gli abitanti stanno tutti bene, sono fuggiti prima che cominciassero gli scontri.»
«Questo mi rasserena. Ero preoccupata per Kaede-sama.» disse Sango.
«E questo ci rassicura anche del fatto che il pozzo è stato recuperato.» disse Ukyo, con un sorriso.
«Non credo che Anna sia qui per un viaggio di piacere, ragazza- spatola.» commentò Shan Pu, sarcastica. Ukyo le affibbiò un’occhiata acida.
«Volete far continuare Kagome-chan?- chiese Shippo- Io sono curioso di sentire cosa è riuscito a scrivere Inuyasha!» Kagome gli sorrise e riprese a leggere.
«Abbiamo già decimato le fila di Soichiro. C’era ancora qualche umano, nei primi scontri, ma ormai non se ne vedono più. Hanno mantenuto il patto. Anche i demoni di Soichiro sono più deboli di quanto pensassimo. Una vera delusione. Ne ho fatti fuori un sacco, avrei voluto che potessi vedermi. Io e Tessaiga siamo scatenati! Corriamo un po’ di rischi e lo spettacolo non è dei migliori, ma almeno continuiamo a vincere. Soichiro non partecipa mai alle battaglie, credo abbia paura che Sesshomaru mantenga la promessa che gli ha fatto. In quanto a me, non appena vedrò la sua faccia cercherò in tutti i modi di spedirlo all’inferno.» Kagome alzò gli occhi su Anna. «Allora Soichiro è ancora vivo?» chiese. Anna annuì.
«Non si è mai visto sul campo di battaglia.- disse, sospirando e corrugando la fronte- Non so da dove diriga le sue armate, ma non si fa mai vedere. Per Sesshomaru e Inuyasha le battaglie che abbiamo sostenuto non sono altro che l’antipasto in attesa della portata principale.»
«E per te?» chiese Ryoga, corrugando la fronte.
«Diciamo che avrò incubi da qui all’infinito.- disse Anna, con un sorriso mesto- Ma sto facendo la cosa giusta.» Fece cenno a Kagome di continuare.
«Sesshomaru sta usando Tenseiga in maniera magistrale, anche se non mi piace doverlo ammettere. Ogni volta che un combattimento finisce, lui gira per il campo di battaglia, resuscitando tutti quelli che può. Così, il nostro esercito è sempre al completo.»
«Questa è tattica!» disse Miroku, con gli occhi che gli brillavano. Sango gli affibbiò un’occhiataccia. Anna sorrise con sarcasmo e Kagome continuò a leggere.
«Credo che Soichiro sia abbastanza confuso e questo mi fa più che piacere. Ho scoperto con un po’ di sconcerto che Anna non è…» Kagome si bloccò, arrossendo.
«Che c’è, Kagome?» chiese Shippo.
«Ehm…» disse la ragazza, non sapendo più che pesci pigliare.
«Vai avanti Kagome.- le disse Anna- Leggi tutto. Voglio proprio sentire.»
Kagome arrossì di nuovo e mandò un accidente a Inuyasha, ma riprese a leggere.
«Ho scoperto con un po’ di sconcerto che Anna non è meno sanguinaria di Sesshomaru. Vederla in battaglia fa paura. Sia come cane dorato che come ragazza minuscola, riduce tutti a mucchietti di ossa e pelle incartapecorita. Ogni tanto deve sparare qualche colpo energetico per liberarsi, altrimenti scoppierebbe da tanta energia riesce ad assorbire in una sola battaglia. Siamo una squadra imbattibile e su questo non scherzo. Anche se andare d’accordo con quel dannato di mio fratello è un’impresa.»
«Ora capisco perché non mi ha fatto leggere la lettera mentre ero al campo.» disse Anna, ridendo e scuotendo la testa. «Così farei paura?» Rise ancora, con una mano davanti alla bocca come una bambina.
«Per Inuyasha è un complimento…» tentò di giustificarlo Kagome.
«Tranquilla, non mi sono offesa!.- la rassicurò Anna, sempre ridendo- Ormai conosco Inuyasha piuttosto bene.»
«Finisci di leggere, Kagome.» la esortò Ranma.
«Come ti dicevo, siamo al villaggio di Kaede, quindi Ranma e gli altri possono usare il pozzo per tornare a casa. Non dico che siamo al sicuro, ma quasi. Anna partirà tra pochi minuti per far loro esprimere il desiderio. Ci vedremo presto, perché sarò il prossimo ad avere la libera uscita (per usare le parole di Anna). Aspettami! Ricordati che…» Kagome si fermò, mentre gli occhi le luccicavano pericolosamente, poi riprese. «Salutami gli altri. Dai un pugno in testa a Shippo per i commenti che sicuramente avrà fatto mentre leggevi questa lettera…»
«Ehi! Non è giusto!» protestò Shippo.
«…di’ a Miroku di togliersi quel sorriso sornione dalla faccia (Sango, dagli l’Hiraikotsu in testa!) o glielo tolgo io appena arrivo, con le cattive.»
«Ah, che bella l’amicizia.» fu il commento di Miroku, che aveva esattamente quel genere di sorriso sul volto. Non era difficile indovinare cosa Kagome avesse volutamente evitato di leggere.
«Spero che la Fonte faccia un pasticcio con i desideri di Ranma, ah ah ah!!! Per il resto, beh…inventa tu saluti per tutti. Ho dato fondo alle mie risorse, il mio pennello si è rotto e Anna ha fretta. A presto. Inuyasha.» Kagome si strinse al petto la lettera, sorridendo.
«Se ha ancora tutta quella voglia di scherzare, significa che sta benissimo.» ringhiò Ranma, che non aveva gradito molto l’augurio di Inuyasha.
«Sei più tranquilla, ora?» chiese Anna. Kagome annuì. «Bene, allora possiamo darci da fare.»
«Darci da fare?» chiese Sango, corrugando la fronte. Anna sorrise.
«C’è un bagno che vi attende, no? O forse avete cambiato idea?» disse, ridendo di fronte alle espressioni di gioia pura che comparvero sui volti dei presenti.
«Vuoi dire che andiamo alla Fonte?» chiese Ranma, alzandosi in piedi con foga.
«Quanto ho aspettato questo giorno!» disse Ryoga, commosso.
«Esattamente. Prima andiamo alla Fonte, poi partiamo. Se avete afferrato ciò che ha detto Inuyasha, ci siamo riappropriati del pozzo. Potete tornare a casa.» sottolineò Anna.
«Yay!!!!!» gridò San Pu, esaltata, saltellando e battendo le mani.
«Coraggio, andate a prendere l’occorrente per il bagno.- disse Anna, alzandosi dai cuscini- La fonte è calda, potremo approfittarne per rilassarci un po’. Mi sembrate tutti sovreccitati.»
In un istante, la stanza fu vuota. Anna scosse il capo sorridendo.
«Li avete resi felici, Anna-sama. Vi hanno aspettata con ansia, in queste ultime settimane.» disse Rika, raccogliendo le tazze e il piatto dei biscotti.
«Sto solo dando loro ciò che si sono guadagnati.» disse la demone, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra mentre un’aria scura le adombrava il viso. Un tocco lieve sul fianco le fece abbassare lo sguardo. «Cosa c’è, Rin-chan?» chiese, sorridendo.
«Nee-chan, quando tornerà Sesshomaru-sama?» chiese la bimba, con una luce preoccupata negli occhi. Anna accarezzò la testa della bimba.
«Spero presto, Rin-chan, ma non devi preoccuparti per lui. Sesshomaru e Inuyasha non saranno mai battuti.- disse- Ora va a giocare con Shuei e Shippo-chan.» Rin annuì e si allontanò con i due kitsune. Anna sospirò.
«Ha sempre incubi.- la avvertì Rika- Credo sappia cosa state facendo al confine.»
«Rin-chan è una bambina sveglia.- ammise Anna- Rika, Misao, cercate di rassicurarla, sempre. Se le cose continueranno a procedere in questo modo, presto potremo riprendere una vita normale.» Si oscurò in volto, uscendo dalla stanza. In realtà, non riusciva a essere tranquilla quando era distante da Sesshomaru e da qualche istante un brutto presentimento le stava attanagliando il cuore.
“Sesshomaru, bada a te stesso, mentre sono via.” pensò, dirigendosi verso l’uscita del castello. Cosa poteva essere successo per darle quel senso di ansia? O cosa stava per succedere?
«Siamo qui, Anna.»
Anna si voltò verso la voce di Akane, ferma davanti all’ingresso insieme a tutti gli altri. Sorrise, nascondendo i propri pensieri.
«Allora, siete tutti pronti?- chiese- Si va ad esprimere dei desideri!»
Le grida di giubilo che scaturirono dai presenti non lasciarono spazio al dubbio. Il gruppo uscì dall’ingresso del castello e si avviò verso le Porte.

***

Inuyasha correva a una pazzesca velocità accanto al fratello maggiore, lasciando dietro di sé boschi, fiumi e un buon numero di esseri terrorizzati dal passaggio dei due inu-yokai. Erano già due giorni che correva senza sosta, sempre più teso e preoccupato. Il silenzio in cui si era avvolto Sesshomaru lo riempiva di tensione, che ormai stava diventando insostenibile. Anna doveva essere già a Palazzo, ma loro, anche a quella velocità, non sarebbero riusciti a raggiungerlo prima di sera. Quale terribile pericolo poteva incombere su di lei e su Kagome? Anna era sempre stata in grado di sconfiggere i sicari di Soichiro…tranne quando si era sacrificata per salvare Sesshomaru. E che diavolo era un Sigillo della Vita? Se Sesshomaru era così preoccupato, cosa era stato preparato per nuocere alla sua Kagome? Al solo pensiero, Inuyasha si sentiva rabbrividire.
«Ehi.» disse, senza rallentare il passo. Sesshomaru non gli rispose. «Ehi, Sesshomaru. Cosa credi che abbia preparato quel dannato di Soichiro?» Di nuovo, Sesshomaru non gli rispose. Inuyasha digrignò i denti. «Dannazione, Sesshomaru! Cosa può accadere a Kagome? Che cosa diavolo è un Sigillo della Vita?! Ho il diritto di saperlo!»
Sesshomaru gli lanciò una breve occhiata.
«Hai cercato la Shikon no Tama per anni e non sai cos’è un Sigillo della Vita?» chiese, caustico. Inuyasha si sorprese.
«Cosa c’entra la Sfera?» chiese, perplesso. Sesshomaru tornò a guardare di fronte a sé, quindi riprese a parlare.
«Penso tu sappia come è stata creata la Sfera.» disse. Inuyasha annuì.
«Sì, fu creata dall’unione dello spirito della sacerdotessa Midoriko con quello dei demoni che si erano alleati per distruggerla.- disse Inuyasha, ancora perplesso- L’ho saputo nel villaggio dei Cacciatori di Demoni. Ma tu come conosci questa storia?»
«Tutti i demoni sanno della Sfera. Conoscevo la sua origine e il suo utilizzo prima ancora che tu nascessi. E proprio tu, che la cercavi con tanto impegno, ne ignoravi completamente le caratteristiche.- disse Sesshomaru, sarcastico- Inizialmente lo trovavo piuttosto divertente.»
«Risparmiati il sarcasmo.- disse Inuyasha, con una smorfia- A questo punto, mi sorprende che tu non l’abbia voluta per te.» Una smorfia d’ira solcò per un istante il volto immobile di Sesshomaru.
«Non ho mai avuto bisogno del potere di un oggetto del genere per essere il più forte.- disse, lapidario- Inoltre, non intendo avere a che fare con qualsiasi cosa sia derivata da Midoriko.»
Inuyasha guardò il fratello con stupore e perplessità.
«Perché odi Midoriko?» chiese.
«I Sigilli della Vita furono creati da lei, quando ancora era in vita.» disse Sesshomaru, sviando la domanda. Inuyasha spalancò gli occhi. Ecco dunque il collegamento con la Sfera!
«E cosa sono esattamente?» chiese, curioso.
«Sono appunto sigilli sacri, di incredibile potere. Midoriko ne creò tre, da donare ai grandi templi degli uomini nelle regioni più turbolente.- spiegò Sesshomaru, di malavoglia- Se usati contro un demone, prosciugavano immediatamente tutta la sua energia vitale. Un po’ quello che fa Anna in combattimento. Se si è colpiti da un Sigillo, non si ha speranza di cavarsela. Si muore in un istante.»
«Allora Kagome…» iniziò a dire Inuyasha, impallidendo.
«Ma mi ascolti o no?!- lo zittì Sesshomaru, stizzito- I Sigilli colpiscono i demoni. I demoni, chiaro? E’ Anna a essere in pericolo, idiota!»
Inuyasha si zittì immediatamente, vedendo un lampo rosso passare negli occhi del fratello e cogliendo una nota di pena profonda celata dall’ira. Il cuore di Inuyasha prese a battere furiosamente. In effetti, il ragionamento di Sesshomaru era sensato. Kagome non poteva essere danneggiata da un potere sacro…un potere sacro che, però, era scatenato da esseri umani! Kagome poteva distruggere i demoni, come Kikyo prima di lei, ma contro gli uomini non era che una ragazza indifesa! Se ad Anna fosse successo qualcosa, Kagome sarebbe stata inerme.
«Maledizione….» mormorò, sconvolto.
«Se hai capito, vedi di stare zitto e correre.» disse Sesshomaru, caustico. Imprecò mentalmente. Che crudele ironia, avere di nuovo a che fare con un Sigillo della Vita! L’incubo principale della sua infanzia era tornato a trovarlo, minando di nuovo la vita di qualcuno che amava.
“Non ti permetterò di farlo, Soichiro.- pensò, stringendo i pugni fino a ferirsi i palmi- Non questa volta.”
Come avrebbe potuto dimenticare la visione di ciò che quel sigillo maledetto era in grado di fare? Ricordava ancora, benché all’epoca fosse solo un moccioso, il corpo rinsecchito, così magro da parere uno scheletro ricoperto di pelle, i folti capelli mossi dal vento, come dotati di una vita fittizia e orribile. E le orbite vuote sotto la fronte segnata dal Sigillo…le orbite che un tempo avevano ospitato occhi maliziosi e divertenti.
“Corriamo, mio piccolo?” Quante volte glielo aveva proposto? Poche…troppo poche. Aveva visto, prima che suo padre gli coprisse gli occhi e lo portasse via. Aveva visto e aveva compreso. Sesshomaru strinse i denti, furioso. Non l’avrebbe permesso. Anna non avrebbe fatto la fine di sua madre.

***

Il nutrito gruppo di ragazzi procedeva chiacchierando, camminando rasente il grande muro di cinta in direzione del retro del Palazzo. La sera stava calando e il cielo era dipinto di colori accesi che stavano vertendo con rapidità al blu della notte.
«Non posso crederci, sai?» disse Ranma a bassa voce, attirando l’attenzione di Akane. La ragazza lanciò un’occhiata alla faccia tesa ed eccitata di Ranma e sorrise.
«Sono felice per te, Ranma.» disse, facendolo arrossire.
«E tu? Cosa chiederai, Akane?» chiese il ragazzo, d’un tratto curioso. Akane fece un sorriso misterioso e non rispose. «Dai, dimmelo!» la incitò Ranma. Akane non rispose. Ranma iniziò a punzecchiarla, continuando a cantilenare: «Dimmelo, dimmelo, dai dimmelo….» Alla fine, Akane perse la pazienza e gli diede un pugno nello stomaco per farlo stare zitto.
«Lo scoprirai quando l’avrò espresso.» disse la ragazza. Ranma si stupì, tenendosi una mano sullo stomaco offeso.
«Akane, non dirmi che…che vuoi chiedere…» disse. Akane lo guardò storto, mentre Ranma sussurrava nel suo orecchio il resto della frase. «Vuoi chiedere un seno più grosso?»
«Ranma, sei un cretino!» strillò Akane, indignata.
«Ranma, cosa hai fatto ad Akane?!» ruggì Ryoga, afferrando Ranma per la testa.
«E tu cosa chiederai, P-chan?» chiese Ranma, mellifluo. Ryoga impallidì.
«Chi sarebbe P-chan?!» sibilò tra i denti, stringendo la testa di Ranma in una morsa.
«Finitela! Vi farete male!» disse Kagome, preoccupata.
«Stai tranquilla, sono scene comuni, queste.» disse Akane, offesa.
«Piantatela con questo chiasso, o giuro che vi faccio tornare indietro.» disse Anna, in testa alla fila, con tono glaciale. Il silenzio scese immediatamente sul gruppo. Anna si voltò e sorrise con malizia, dando meno peso al tono appena usato. Gli altri azzardarono qualche risatina. Non era sembrato che Anna stesse scherzando, un minuto prima.
«Anna deve avere ben altri pensieri per la testa che i nostri desideri.» disse Mousse. Ukyo annuì, tamburellando le unghie sul manico della sua spatola.
«Cerchiamo di non esagerare come al nostro solito. Mi riferisco soprattutto a certa gente.» disse, lanciando un’occhiata venefica a Ryoga, che fece un passo indietro, allarmato.
«Per un istante, mi è sembrata identica a Sesshomaru.» mormorò Sango.
«Vivendo insieme, si tende ad assomigliare al consorte.» scherzò Miroku.
«Se devo diventare una maniaca pervertita, faccio a meno di sposarti.» disse la ragazza, guardando storto il monaco.
«Come puoi dirmi questo?!» piagnucolò Miroku, con occhi luccicanti di lacrime e le mani giunte. Kagome nascose un sorriso, scambiando un’occhiata d’intesa con Sango.
«Capisco bene Anna. E’ agitata quanto me, se non di più.- disse la ragazza, tornando seria- Lei ha visto ciò che Inuyasha e Sesshomaru stanno affrontando. Quando ha detto che sarà perseguitata dagli incubi non stava scherzando.» Giunse le mani sul petto. «Come vorrei poter desiderare la fine di queste battaglie…» mormorò.
«Stai tranquilla, Kagome.- disse Sango, posando una mano sulla spalla dell’amica- Inuyasha non è tipo da farsi sconfiggere così facilmente.»
Kagome annuì, sorridendo. In quel momento, Anna smise di camminare e si voltò, costringendoli a fermarsi.
«Molto bene, ci siamo quasi.- annunciò- I ragazzi resteranno qui, mentre le ragazze verranno con me.»
«Cosa? Perché?» chiese Ranma, perplesso.
«Per alcuni ottimi motivi, Ranma, il primo dei quali è che nella Fonte bisogna entrare svestiti, dopo essersi purificati sotto la cascata fredda che vi sta accanto.» Anna si mise le mani sui fianchi e si piegò con aria sarcastica verso i ragazzi. «Qualcuno ha qualcosa da obiettare se vi divido in due gruppi?»
«No!» fu la risposta unisona di tutti i ragazzi, sotto gli sguardi inceneritori delle ragazze. Ryoga rabbrividì al solo pensiero della cascata fredda. Se Anna non si fosse ricordata di quel particolare, Akane l’avrebbe visto trasformarsi proprio pochi attimi prima di poter risolvere il suo problema! Ranma e Mousse, naturalmente, non avevano nessuna intenzione di farsi dare dei pervertiti, cosa che accadeva già abbastanza spesso. Stranamente, Konatsu si era ricordato di appartenere al genere maschile. L’unico a non aver risposto era Miroku.
«Miroku?- chiese Anna, alzando un sopracciglio- Non mi pare di averti sentito rispondere.»
«Uh? Dici a me?- disse il monaco, sorridendo- Pensavo l’avessi chiesto solo a loro.»
Anna scosse il capo, divertita, quindi fece cenno a Miroku di avvicinarsi.
«Tanto non potrai allontanarti comunque per spiare le ragazze.- gli disse, causandogli una piccola crisi di depressione- Ti affido i ragazzi. Stai attento che non succeda nulla fino al mio ritorno.»
Miroku tornò immediatamente serio.
«Perché dici così?» chiese.
«Ho un brutto presentimento.- disse Anna, corrugando la fronte- Non ti sembra tutto troppo tranquillo?»
Miroku alzò lo sguardo al cielo. In effetti c’era una quiete profonda.
«E’ vero. Però non avverto aure demoniache.» mormorò, evitando di farsi sentire dagli altri, che erano ormai euforici.
«Nemmeno io. Né demoniache, né umane.- ammise Anna- E’ proprio questo vuoto totale che mi suona strano.» Scosse il capo, inondandosi le spalle di capelli dorati. «Può essere solo tensione accumulata, la mia, ma stai all’occhio. Non si sa mai.»
Miroku annuì e Anna si allontanò, chiamando le ragazze con un battito di mani.
«Allora, possiamo andare.» disse, sorridendo.
«Risolto il problema?» chiese Sango, accennando a Miroku con la testa.
«Sarei un problema?!» chiese Miroku, offeso.
«Se vedo uno solo di voi sbirciare le ragazze, gli tolgo tutta l’energia che ha in corpo.» minacciò Anna, mentre il gruppetto iniziava ad incamminarsi.
«Anna!» sbottò Kagome.
«Anna, che cosa orribile!» disse Shan Pu.
«Se lo farai con un bacio, sopporterò qualsiasi punizione!» disse Miroku, con aria ispirata. L’Hiraikotsu lo centrò in mezzo alla fronte, facendolo cadere lungo disteso per terra.
«Porco!» sbottò Sango, allontanandosi a grandi passi.
«Wow…- commentò Anna- E poi quella violenta sarei io.»
Le ragazze si allontanarono, incamminandosi nel folto di una boscaglia. Sango ancora fumava di rabbia, mentre le altre non sapevano se sorridere o restare serie per simpatia.
«Dai, Sango, lo sai che Miroku è fatto così.» disse Kagome, cercando di imbonire l’amica.
«Riesce sempre a dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato.- ringhiò Sango- E a fare la figura dell’idiota.»
«Andiamo, Sango, sai benissimo che ormai Miroku è stato soggiogato.- disse Anna, scherzando- Non guarda più una donna, da quando è con te.»
«Ma fa il pappagallo con tutte.» borbottò Sango.
«Veramente parla sempre di te.» disse Akane. Sango le lanciò un’occhiata.
«Ah sì?» chiese, sempre scura in volto.
«Stai tranquilla, Miroku scherza sempre ma vuole bene solo a te, Sango.» disse Kagome, sorridendo.
«Su con la vita, Sango. Non ti devi preoccupare.» disse Ukyo. Sango sbuffò.
«Lo so. Ma non posso fare a meno di arrabbiarmi.» disse, per poi scuotere il capo e sorridere.
«Ecco, brava. Ritrova il buonumore.» disse Akane, sorridendo a sua volta.
«Quando l’avrai legato col matrimonio, non dovrai più preoccuparti di nulla.» disse Shan Pu. Akane e Ukyo la guardarono con astio, ben sapendo a quale matrimonio la ragazza si stesse riferendo.
«Ma non avevi deciso di stare con Mousse?» chiese Ukyo, acida.
«Ah! Ragazza- spatola, come hai osato spiare?!» strillò Shan Pu, adirata. Le due iniziarono a litigare e le altre si misero d’impegno per farle smettere.
Anna rimase indifferente al diverbio. L’aria attorno a loro era pesante. Troppo silenzio, in una foresta che era sempre stata così piena di vita. Eppure non avvertiva la presenza né di umani né di demoni…
“Forse c’è una barriera.” pensò, corrugando appena le sopracciglia bionde. Arricciò le labbra, annusando l’aria. “Non mi piace.” In lontananza, le giunse il fioco chiarore della cascata. Ormai erano arrivate. “Cosa faccio? Se li faccio tornare indietro ci rimarranno male…ma potremmo essere attaccati, se proseguiamo.” Forse il suo desiderio di ultimare in fretta i suoi doveri per tornare da Sesshomaru la stava inducendo a commettere uno sbaglio grossolano.
«Maledizione.» sibilò.
«Anna? Cosa c’è che non va?» chiese Kagome, rendendosi conto che l’amica era in tensione. Anna si fermò.
«Ragazze, c’è qualcosa che non mi quadra. Credo sia meglio tornare dagli altri.» disse la demone, scandagliando i dintorni con occhi duri.
«Io non avverto nessuna aura demoniaca.» disse Kagome, mentre tutte si mettevano in allerta.
«No, infatti. Ho paura che ci sia una qualche barriera. Non avverto assolutamente nulla.- spiegò Anna- Coraggio, torniamo indietro.»
«A un passo dalla meta…» sbuffò Shan Pu.
«Anna, chi vuoi che ci attacchi qui?» disse Ukyo, contrariata.
«Meglio essere prudenti.» disse Anna, facendo loro cenno di tornare sui loro passi.
«Ottima idea.» disse una voce dall’alto.
«Cosa…?!» sbottò la demone, mentre tutte alzavano il capo. Una grande quantità di reti di fune partirono dall’alto degli alberi, cadendo sulle ragazze e stringendole fino a impedire loro i movimenti.
Anna saltò via, facendo a brandelli la corda con le unghie. Caduta improvvisamente la barriera di quiete, la ragazza si rese conto che l’intera zona era piena di demoni e uomini. Monaci. L’avevano infinocchiata per bene.
«Bastardi.» ringhiò Anna, balzando via mentre un demone la attaccava, le orecchie ferite dalle grida delle altre ragazze. Saltò su un ramo e spezzò una delle corde, facendo cadere a terra Sango e Shan Pu, che iniziarono a liberarsi dalla rete.
«Tenete stretta la miko.» disse una voce, vicino alla cascata. Anna guardò in quella direzione. Un monaco dalla figura grossa e muscolosa osservava la scena con aria divertita.
«Tu…Tenchimaru?!» sibilò Anna, atteggiando il volto a una smorfia. Il monaco scomunicato sorrise. «Si vede che ti va di morire, insetto.» ringhiò Anna, lanciandosi contro il monaco. A un gesto del monaco, un buon numero di demoni le sbarrarono la strada, impegnandola in combattimento. Anna colpì con furia, cercando di farsi strada verso il monaco scomunicato. Come diavolo aveva fatto Soichiro a sapere della Fonte? E perché stava rapendo le ragazze? Gettò un’occhiata dietro di sé. Anche se Shan Pu e Sango stavano cercando di liberare le altre, era evidente che presto sarebbero state sopraffatte. Infatti, entrambe furono costrette a terra da due demoni, che le tennero ferme, il viso contro il terreno.
«Voi monaci prendete la miko. E’ meglio che i demoni non la tocchino, pare sia piuttosto potente.» ordinò Tenchimaru.
«Lasciatemi!» strillò Kagome, scalciando. Anna vide rosso. Chi era quel dannato per complicarle così la vita? Non aveva portato le ragazze fin nella Sengoku Jidai per farle finire sotto le zampe di Soichiro! Con un solo gesto, Anna uccise i tre demoni con cui stava combattendo.
«Tu.- disse, nell’improvviso silenzio seguito al suo gesto violento, indicando Tenchimaru- Tu, maledetto. Come osi?»
Tenchimaru sembrò nervoso e incerto per un istante. In quel momento, Anna stava facendo rabbrividire uomini e demoni. L’aura di potere e d’ira che si sprigionava dalla sua persona era grandissima.
«Tenchimaru-sama…» squittì uno dei monaci. Anna si voltò verso di lui e il monaco perse la parola, impallidendo. Il volto della demone esprimeva una furia terribile. I suoi occhi erano diventati dorati e la sclera era blu.
«Torcete alle ragazze un solo capello e striscerete all’inferno prima ancora di aver compreso di essere morti.» disse Anna, con voce gelida e inumana. Le ragazze in questione non erano meno pallide dei loro aguzzini. Anna era davvero spaventosa.
«Eh…non sei nella posizione di dire una cosa simile, demone.» disse Tenchimaru, frugando nella propria veste.
«Solo un istante, ragazze…- disse Anna, con un sorriso gelido, prima di scagliarsi contro Tenchimaru- …e sarà tutto finito!»
«Non sai quanto è vero!» gridò Tenchimaru, affrettandosi ad estrarre qualcosa dal suo petto. Kagome rabbrividì. Sentiva un enorme potere, non dissimile a quello della Shikon no Tama!
«Anna, fai attenzione!» gridò, contorcendosi tra le braccia del monaco che la teneva ferma.
Anna non capì cosa Tenchimaru avesse estratto. Sentì le proprie unghie affondare nelle spalle del monaco e sorrise di crudele trionfo. Si preparò ad azzannarlo quando qualcosa di bruciante le si posò sul petto, tra i seni.
«Cosa…» mormorò. Improvvisamente, come un fiume, l’energia del suo corpo fluì via da lei, lasciandola sempre più debole e confusa. Vide il viso sofferente di Tenchimaru tendersi in un sorriso trionfante.
«Crepa, dannata!» rise il monaco.
«Anna!» gridò Kagome.
«Io…- sussurrò Anna, aggrappandosi al monaco- non morirò…mai…»
Ma la vita le stava sfuggendo, lo sentiva. In un improvviso deja-vu, vide se stessa, umana, rifiutarsi di morire mentre un demone le portava via la vita. Quale ironia che ora fosse opera di un uomo!
“Gli ho promesso di non morire. Devo resistere!- pensò- Sesshomaru, dammi la forza…”
«Anna, no!» gridò Sango, dietro di lei.
La vista le si stava oscurando. Anna digrignò i denti. Il suo corpo reagì alla perdita di energia cercandone di nuova.
«Dovrebbe essere già morta.- disse Tenchimaru- Che sta cercando di…» La voce gli si spezzò in un rantolo quando le dita di Anna gli si serrarono attorno alle spalle, risucchiando via la sua energia vitale a una velocità spaventosa. Una cacofonia di grida inorridite si levò quando Tenchimaru, urlando, si rinsecchì su se stesso e si disfece in polvere.
“Tienimi in vita…tienimi in vita…” pensò Anna, mentre cadeva in ginocchio. Ma l’energia, non appena entrata, usciva. “Cosa mi hai fatto?! Maledetto…che tu sia maledetto…” pensò, mentre cadeva a terra.
«Anna!» gridarono Kagome e Sango.
Anna tentò di girarsi, ma non riuscì a far altro che sdraiarsi sulla schiena. L’energia se ne andava, la vista le si oscurava.
«Cosa facciamo? Tenchimaru è morto!» chiese uno dei monaci.
«Portiamo via le ragazze. Tanto la demone è spacciata.» disse uno dei demoni.
Qualcuno acconsentì. Anna avvertì appena i tentativi di resistenza delle ragazze. Li sentì correre via con i loro ostaggi.
«Ranma!!» gridò Akane, in un ultima, disperata, richiesta di aiuto.
“Ragazze, perdonatemi…” pensò Anna, respirando appena. Un vortice oscuro la stava risucchiando…la portava via…..“Sesshomaru….- pensò, mentre una lacrima le scendeva sulla guancia già fredda- Perdonami.” Per un istante, lo vide. Stava correndo…correva da lei. Poi, il buio la inghiottì.
«Perdonami…»

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Capitolo 13
*** 13 - Il segreto dell'odio ***


«Mannaggia, che botta.- sospirò Miroku, massaggiandosi la fronte e sedendosi con gli altri vicino al fuoco che avevano acceso- La mia dolce Sango non perde mai la mano.»
«Si vede che vuoi morire giovane.- disse Mousse, con una smorfia- Come hai potuto dire una cosa del genere in sua presenza?»
«Quella? Oh, ma io scherzavo.- disse Miroku, sorridendo- Ho intenzione di far sì che la nostra vita coniugale sia sempre allegra.»
«Avrai una vita coniugale brevissima, se continuerai così.» disse Ryoga, scuotendo il capo.
«Tanto più che non credo Sesshomaru apprezzerebbe lo scherzo.» aggiunse Ranma, alzando un sopracciglio.
«E chi apre bocca in sua presenza?- disse Miroku- Non ho intenzione di finire dilaniato, grazie. Scherzo con Anna solo quando non c’è.»
«Quel demone è molto diverso da Inuyasha. Preferisco uno che si fa prendere dalla rabbia che un ghiacciolo. Quasi non riesco a credere che siano fratelli.» continuò Ranma.
«Io non parlerei male di lui, Anna ha un udito fino.- disse Miroku, con un sorrisetto- Se ci tieni a esprimere quel desiderio, è meglio che non fiati sull’argomento.»
Ranma si guardò attorno con nervosismo e gli altri risero.
«Oh, non vedo l’ora di esprimere il desiderio!» cinguettò Konatsu, emozionato.
«Tu?!- chiese Mousse, stupito- E cosa avrai mai da chiedere? Non hai la maledizione su di te.»
«Ho intenzione di…- Konatsu arrossì- di diventare più maschile.»
Il silenzio accolse questa frase, nonché alcune paia di occhi sbarrati.
«Prego?» chiese Ryoga, perplesso.
«Beh…- balbettò Konatsu, agitato- Io sono stato allevato da sole donne e sicuramente questo mi ha un pochino influenzato. C’è una persona che non mi considera, così…anche se non oserei mai sperare…vorrei diventare più maschile per lei.»
Ranma rise e diede una pacca sulla schiena al ragazzo.
«Hai ascoltato il mio consiglio, eh? Vedrai che Ukyo si accorgerà di te. Ti aiuteremo noi.» disse. Il viso di Konatsu divenne rosso fiamma.
«Nononono!!!- gridò, scuotendo il capo e tempestando Ranma di pugni al petto- Come avete potuto dire ad alta voce una cosa simile, signor Ranma! Oh, kami-sama, che vergogna!»
Ranma e gli altri si scambiarono un’occhiata rassegnata.
«Eh, sì. Credo proprio che questo caso disperato necessiti un desiderio.» borbottò Miroku.
Un merlo cantò, facendoli sobbalzare.
«Che spavento!- disse Ranma- E’ stato come uno sparo, rispetto al silenzio di prima!»
Miroku alzò la testa. Ora poteva sentire il frusciare delle fronde e i suoni della foresta. Corrugò la fronte. Allora cosa significava il silenzio assoluto di prima? Gli altri, ignari del turbamento del monaco, continuarono a chiacchierare.
«Ma non ti dispiace perdere una fidanzata, Ranma?» disse Ryoga, sarcastico.
«Almeno la mia vita diventerebbe più semplice.» disse Ranma, tranquillo, mentre Konatsu tentava ancora di riprendersi dalla vergogna.
«Ma sei un disgraziato!- sbottò Mousse- Hai tre fidanzate e non t’importa di nessuna!»
«Questo non è vero!» replicò Ranma con veemenza. Si guadagnò occhiate omicide da parte di Ryoga, Mousse e Konatsu.
«Allora qual è quella che ami?» chiesero in coro, minacciosi.
«Eh? Uh…io…» balbettò Ranma, nervoso, strisciando all’indietro mentre gli altri lo incalzavano.
«Ranma!!»
La voce echeggiò nella foresta, piena di paura e angoscia. Ranma si impietrì, riconoscendola.
«A…Akane!» gridò, alzandosi in piedi. Nessuna risposta giunse e sulla foresta ricadde il silenzio. «Akane, rispondimi!» gridò ancora Ranma, spaventato. Miroku afferrò il suo shakujo e si alzò in piedi.
«Corriamo! Dev’essere successo qualcosa!» disse, facendo loro un cenno. Non fu necessario che lo ripetesse. I ragazzi si misero a correre nella direzione da cui era venuto il grido. Konatsu ebbe anche la presenza di spirito di afferrare un ramo infuocato per fare luce.
«Akane! Ti prego, rispondimi!» gridò ancora Ranma. C’era così tanta paura nel grido di Akane…cosa poteva esserle successo?!
«Anna!» gridò Miroku, ben sapendo che la demone sarebbe stata la prima a sentire le loro grida di richiamo, posto che fosse ancora alla Fonte. Imprecò fra i denti. L’illusione di silenzio era davvero parte di una barriera? Cosa poteva essere accaduto alle ragazze, in quel caso?
«Cosa può essere successo?» chiese Ryoga, spaventato e pallido.
«Cosa vuoi che ne sappia?!» lo aggredì Ranma, agitato fino all’inverosimile.
«Fate silenzio e correte!» disse Mousse.
Sbucarono nella radura all’improvviso. Miroku si fermò di colpo, stendendo accanto a sé il bastone e costringendo tutti a fermarsi. La radura era vuota. L’erba era schiacciata, come se fosse stata pestata da molti piedi. Frammenti di corda e una rete parzialmente distrutta giacevano sotto un albero. L’Hiraikotsu di Sango, bianco nella poca luce rimasta, era l’unica cosa loro familiare che restava.
«Sango…- sussurrò Miroku, sconvolto- Sango!»
Nessuno gli rispose. Gli altri scostarono il suo bastone e entrarono nella radura, chiamando le ragazze con crescente angoscia.
«Cos’è successo qui? Dove sono tutte quante?» chiese Ryoga, guardandosi in giro con frenesia.
«C’è stato un combattimento.- disse Mousse- Guarda in che condizioni è il terreno.»
«Ma dov’è Anna? Aveva detto che le avrebbe protette!» disse Ranma, tra i denti. Akane…il solo pensiero che le fosse successo qualcosa gli lacerava il cuore. Miroku si abbassò a sfiorare l’Hiraikotsu, come attendendo una visione di ciò che era accaduto.
«Devono averle portate via.- disse, da labbra che parevano aver perso sensibilità- La rete serviva per catturarle, ma hanno fatto resistenza. In definitiva, però, devono aver raggiunto il loro scopo.»
«Sicuro che non le abbiano…» disse Ryoga, stringendo i pugni e rifiutandosi di finire la frase.
«No, non le hanno uccise.- disse Miroku, alzandosi in piedi- In quel caso, non si sarebbero disturbati a far scomparire i cadaveri. Le reti testimoniano un tentativo riuscito di rapimento.»
«E Anna dov’era in tutto questo?!» sbottò Ranma, adirato con se stesso per non essere stato al fianco di Akane per proteggerla.
«E’ questo che mi preoccupa.» mormorò il monaco.
Konatsu gridò, attirando la loro attenzione. Il giovane kunoichi si era avvicinato alla Fonte e ora stava indicando loro qualcosa con viso dal pallore mortale.
«Ho trovato qualcosa.- disse, con voce tremante- Venite…venite qui.»
I ragazzi accorsero immediatamente. Con orrore, nell’alone di luce della torcia videro tre corpi di demone giacere sull’erba, in una pozza di sangue.
«E’…disgustoso.» disse Ryoga, con una mano davanti alla bocca.
«Vedete? Hanno fatto resistenza.- disse Miroku, corrugando la fronte- Questo è da imputare ad Anna. Allora, per Buddha, dov’è?!»
«Credi che stia inseguendo i rapitori?» chiese Mousse.
«Pensi che sia stata trattenuta da questi?- disse il monaco- Può darsi. Ho bisogno di più elementi. Konatsu, fai luce anche là avanti. Voglio proprio vedere se questi demoni portavano la divisa dell’Est.»
Konatsu fece come gli era stato chiesto e subito i corpi dei demoni furono ben visibili. Fu qualcos’altro, però, ad attirare la loro attenzione. Un piede che calzava una scarpetta dorata…e l’orlo di una veste azzurra.
«Oh, no!» rantolò Miroku, strappando la torcia di mano a Konatsu e correndo avanti.
«Cosa c’è, Miroku?- chiese Ranma, spaventato dal tono del monaco- Cosa…»
Si zittì e rimase privo di fiato, come gli altri, quando la luce della torcia illuminò la forma di Anna, che giaceva a terra, sdraiata come se stesse dormendo. Miroku si inginocchiò accanto alla ragazza.
«Anna!» la chiamò, allungando una mano per scuoterla. “Fai che sia viva, ti prego!” pensò, addolorato. Era sul punto di sfiorarla, quando sentì la propria anima risucchiata verso la ragazza. Si fece indietro di scatto, sbalordito. «Ma cosa…» mormorò.  Fu allora che si accorse che la pelle di Anna appariva tanto bianca da riflettere la luce della torcia. Le sue labbra erano livide e ombre scure erano comparse sotto gli occhi. Il petto di Anna non si sollevava al ritmo della respirazione.
«E’…è morta?» chiese Ryoga, scioccato.
«Non lo so.- scattò Miroku, teso- Lo sembra, ma…ha appena cercato di risucchiare la mia energia.»
«Che vuoi dire?» chiese Mousse.
«Che in lei ancora qualcosa funziona.- disse Miroku, tornando ad avvicinarsi alla demone- Non so se questo significhi che è ancora viva.» Il monaco esaminò ancora la figura inerte di Anna. Si accorse allora del pezzo di carta che le era stato appoggiato tra i seni.
«Un sigillo? Non sarà…?!» disse, sbalordito. «Per la misericordia di Buddha!»
«Cosa? Cosa c’è?» chiese Konatsu, sull’orlo delle lacrime.
«Questo è un Sigillo della Vita. Uno dei due rimasti.- disse Miroku- Anna avrebbe dovuto morire al solo contatto. Invece è in uno stato di stasi.»
«Stasi?!» chiese Mousse. Miroku illuminò l’erba accanto al corpo di Anna. Si stava seccando e il terreno aveva un aspetto poco sano.
«Anna è un demone che assorbe energia. Il Sigillo la disperde, uccide i demoni sottraendo loro l’energia vitale.- spiegò Miroku- Il suo corpo sta cercando energia per restare in stato vegetativo, in attesa che il sigillo venga tolto. Se fosse caduta su un pavimento di marmo, sarebbe già morta. Qui, invece, assorbe energia dal terreno.»
«Puoi aiutarla?» chiese Ryoga.
«Non lo so.- disse Miroku, pallido- E’ facile lanciare il Sigillo, ma non è previsto che venga tolto. Di norma, dovrebbe staccarsi da solo alla morte del demone, il che di solito avviene pochi secondi dopo l’applicazione.» Sospirando, si alzò. «Tenterò, ma devo fortificare il mio potere per non permettere ad Anna di risucchiarmi. Dovrò passare una nottata a meditare.»
«A meditare?! E le ragazze?!» chiese Mousse, sconvolto.
«Solo Anna sa cos’è successo. Se lei si riprende, potremo agire prima che Soichiro metta in atto il ricatto che sicuramente ha in testa.- disse Miroku, sospirando- Più di così non posso fare. Se solo ci fosse Kagome-sama…» Fece una smorfia, poi si diresse verso la cascata, lanciando a Ranma la torcia. «Qualcuno vada a Palazzo e faccia mandare un messaggio a Inuyasha e Sesshomaru. Devono essere avvisati.» disse, iniziando a spogliarsi.
Ranma annuì e iniziò a correre verso il Palazzo.
“Akane, abbi pazienza. Verremo a salvarti.” pensò, stringendo i denti.
Il viso pallido di Anna gli balenò nella mente. Ranma scosse il capo. Se anche ad Akane fosse successa una cosa del genere…no, non voleva pensarci! Akane sarebbe stata salva, a costo di combattere contro un intero esercito di demoni per liberarla!

***

Ryoga fu il solo a vedere l’alba, quando arrivò. Il silenzio profondo in cui il gruppetto era rimasto aveva fatto cedere al sonno sia Mousse che Konatsu. Miroku era sotto la cascata gelida, a torso nudo. Aveva gli occhi chiusi e non aveva mosso un muscolo per tutta la notte.
Ryoga si passò una mano sul viso, sospirando. Lui non riusciva a dormire. Pensava ad Akane, nelle mani di quei maledetti mostri. Pensava ad Anna, che era stata così gentile con loro e che adesso era tecnicamente morta. Guardò il corpo poco distante e strinse i denti. Non era giusto. Niente, niente era andato per il verso giusto! Guardò la Fonte con un’occhiata intrisa d’odio. Se solo non avessero accettato di andare nella Sengoku Jidai…Ma era inutile piangere sul latte versato. C’erano già abbastanza motivi per versare lacrime.
Un fruscio lo fece voltare. Ranma, con il viso pallido e tirato, si avvicinò e gli si sedette accanto, appoggiando a terra una scarsella.
«Ho portato da mangiare. Siamo digiuni da ieri.» disse il ragazzo. Ryoga annuì, senza peraltro accennare ad aprire la sacca. Ranma guardò intensamente la figura immobile di Anna, quindi spostò lo sguardo su Miroku. «A che punto è?» sussurrò.
«Non lo so.- disse Ryoga, scrollando il capo- Non si è più mosso.»
Ranma annuì, giungendo le mani e appoggiandole alla bocca con aria scura e pensierosa.
«Se solo non le avessi permesso di seguirmi…» mormorò. Ryoga si voltò di nuovo verso di lui, corrugando la fronte. «E’ colpa mia. La metto sempre in pericolo.- continuò Ranma, mettendosi le mani tra i capelli e chinando il capo- Sarebbe stato meglio se non mi avesse mai incontrato.»
«Lo penso anch’io.» disse Ryoga. Ranma lo guardò con aria addolorata. «Ma non credo che lei sia della stessa idea.» Ranma spalancò gli occhi, sbalordito. Ryoga fece un sorriso di autocommiserazione. «Credi che non me ne sia accorto?- continuò Ryoga- Chi chiama, Akane, quando è in pericolo? Qual è il primo nome a cui pensa?»
Ranma arrossì. Era vero, semplice ma vero. Akane chiamava sempre il suo nome. Non vi aveva mai fatto caso, ma era così.
«Ryoga…» mormorò.
«Stai zitto, Ranma. Non mi consolare.- disse Ryoga, secco, con voce in cui vibrava una nota di pianto- Più sarò depresso, meglio combatterò per salvarla. Questa è l’unica cosa importante, ora.»
«Ryoga…- disse ancora Ranma, sorridendo con mestizia- Sei un amico.»
«Non credere che non ti ucciderò quando torneremo a casa.» disse Ryoga, voltandosi dall’altra parte.
«Come vuoi.» disse Ranma, sorridendo.
In quel momento, Miroku aprì gli occhi e uscì con movimenti lenti dal getto d’acqua della cascata.
«Miroku!» chiamò Ranma, alzandosi in piedi.
«Miroku, sei pronto?» chiese Ryoga. La sua voce svegliò gli altri. Il monaco annuì.
«Non posso che sperare sia sufficiente.- mormorò, poi guardò Ranma- Hai mandato un messaggero?» Ranma annuì e Miroku guardò Anna.
«Bene. Ora state zitti e non avvicinatevi.- disse- Tenterò di togliere quel sigillo.»
Miroku si lasciò gli altri alle spalle e si incamminò verso la demone. Vi si inginocchiò accanto e subito notò che la terra era diventata cenerina tutto attorno. L’erba si era seccata in un’area più vasta. Spostò lo sguardo sul viso di lei. Sembrava quasi trasparente. Miroku corrugò la fronte. L’energia vegetale era debole e non sarebbe bastata a tenerla in quello stato ancora per molto. Doveva togliere il Sigillo della Vita. Di nuovo, si rammaricò dell’assenza di Kagome. Lei ce l’avrebbe sicuramente fatta.
Chiudendo gli occhi, Miroku giunse le mani e iniziò a intonare una preghiera lunga e complicata, circondandosi di una barriera spirituale. Grazie ad essa, Anna non sarebbe riuscita ad assorbire la sua energia vitale. Non restava ora che testarne l’efficacia…e rimuovere il sigillo. Miroku aprì gli occhi, mantenendo la concentrazione al massimo, quindi allungò un braccio, protendendolo sopra il petto di Anna. Sentì l’immensa fame di energia spingere contro la sua barriera, ma non riuscire a penetrarla. Si lasciò scappare un piccolo sorriso.
«Abbi pazienza ancora qualche istante, Anna.» mormorò. Protese le dita, sfiorando il Sigillo…e una grande luce rosata esplose dal pezzo di carta, scagliando uno sbalordito Miroku lontano, spezzando la sua concentrazione e mandandolo lungo disteso.
«Miroku-sama!» gridò Konatsu.
«Miroku, cos’è successo?» chiese Ranma, aiutando il monaco ad alzarsi.
«Il Sigillo mi ha respinto.- disse Miroku, stringendo a pugno la mano offesa- Non vuole lasciarla andare.» Miroku imprecò, calando il pugno a terra. «Non sono in grado di salvarla.» disse tra i denti.
«Ma…ma allora cosa possiamo…» disse Mousse.
«Ci serve Kagome-sama.- disse Miroku, alzandosi in piedi con l’aiuto di Ranma- Lei sarà in grado di toglierlo. Il Sigillo deriva dalla stessa fonte di potere della Shikon no Tama.»
«Ma Kagome è stata rapita con le altre.» disse Ryoga.
«Ne consegue che dobbiamo ulteriormente sbrigarci a salvarle, o Anna morirà.» disse Miroku, lapidario.
«Ma non sappiamo nemmeno da che parte si sono diretti!» disse Konatsu.
«Il confine!- disse Ranma- Non potrebbero…»
«Miroku!»
La voce proveniente dall’alto fece alzare loro la testa di scatto. Un grosso essere volante a due teste stava sopraggiungendo. Sopra di esso vi erano due figure i cui capelli rilucevano d’argento.
«Inuyasha!» gridò Miroku.
«Ma quello è il messaggero che ho mandato!- disse Ranma- Come hanno fatto ad arrivare così presto?!»
Inuyasha e Sesshomaru balzarono dal volatile demoniaco e andarono loro incontro.
«Miroku, è vero che sono state rapite?- chiese subito Inuyasha, correndo dall’amico- In che direzione si sono allontanati quei bastardi?»
«Inuyasha…» iniziò Miroku.
«Hanno portato via anche Anna?» chiese Sesshomaru, corrugando appena le sopracciglia.
«No, Anna…» Miroku fece una smorfia. Sesshomaru e Inuyasha impallidirono.
«Dov’è?» chiese Sesshomaru, con voce atona.
“Lo sa.” pensò Ranma, addolorato. Miroku fece un cenno a Sesshomaru. Il cuore sembrò fermarsi nel petto del demone, alla vista del corpo sdraiato a terra. Il Sigillo era ben visibile sul suo petto.
«Non può essere!» disse Inuyasha, stringendo i pugni.
«Sesshomaru, non è ancora morta.- disse Miroku, in fretta- E’ in stato di stasi. Estrae energia dalla terra.»
Sesshomaru sembrò non averlo sentito. Si incamminò con passi rigidi verso Anna, fermandosi una volta arrivatole a fianco. Lì rimase immobile, a fissarla.
«Hai detto che non è morta, Miroku?» chiese Inuyasha, febbrile.
«No, ma non ci sono molte speranze.- disse il monaco- Ho tentato di rimuovere il Sigillo, ma non ne sono in grado. Kagome-sama potrebbe…»
«Lo farà lei. Partiamo subito.- lo interruppe Inuyasha- Sono certo che siano in viaggio verso il confine.»
«Ma non sappiamo dove sono. Non li raggiungeremo mai in tempo, è già passata mezza giornata.- disse Miroku- E in ogni caso, entro stasera Anna avrà ridotto a cenere tutta la radura. Non credo che la sua area di influenza possa espandersi più di così.»
«Vuoi dire che stasera…morirà?» chiese Ryoga. Miroku annuì.
«Con la sola energia vegetale, sì.- disse, sospirando- Vado a parlare a Sesshomaru. Voi restate qui.»
Miroku si allontanò e si diresse verso Sesshomaru.
«Siamo arrivati tardi.- mormorò Inuyasha, prima di tirare un pugno frustrato a un tronco- Maledizione!»
«Sapevate quello che stava succedendo?» chiese Mousse, sorpreso. Inuyasha annuì, passandosi una mano sul volto.
«E’ venuto da noi Kentaro, l’avversario di Ryoga. Ci ha detto di stare attenti alle nostre donne, le sacerdotesse avevano avuto un presagio.» Imprecò. «Se solo torceranno un capello a Kagome, appenderò le loro budella ai rami degli alberi!»
«Le hanno rapite tutte. Proviamo la stessa cosa.» disse Ranma, sentendo di approvare l’idea di Inuyasha.
«Che diavolo avrà in mente Soichiro?» ringhiò Inuyasha.
«Miroku pensa che potrebbe volervi ricattare in qualche modo.» disse Ryoga, scuro in volto.
«Feh! Le nostre vite in cambio delle loro. Potrei metterci la mano sul fuoco.» disse Inuyasha. Si sedette a terra, coprendosi il volto con le mani. «Kagome…speravo fosse al sicuro, qui.» Alzò lo sguardo. Miroku stava ancora parlando con Sesshomaru, che ora mostrava di ascoltare e interveniva ogni tanto. Inuyasha fece una smorfia. «Non oso pensare a cosa farà Sesshomaru se Anna dovesse morire.» disse.
«Ma…Sesshomaru!» sbottò in quel momento Miroku, attirando la loro attenzione.
«Sei in grado di farlo o no, monaco?» chiese Sesshomaru, gelido. Dopo un istante, Miroku annuì.
«Benissimo, allora questa sarà la nostra linea di condotta.- disse Sesshomaru, allontanandosi da Anna- Torniamo al castello. Resteremo in attesa dell’inevitabile richiesta di Soichiro.»
«Cosa?!- chiese Inuyasha, alzandosi in piedi di scatto- In attesa?»
«Sapendo in quali circostanze le ragazze ci verranno offerte in scambio, potremo decidere la condotta migliore per salvarle.- disse Sesshomaru, lapidario- A meno che non preferiate mettere in pericolo le loro vite.»
«Ma anche Anna…» iniziò Inuyasha, poi si morse il labbro. Anna aveva bisogno di Kagome per sopravvivere. Capì che anche Sesshomaru era divorato dalla fretta, ma che preferiva avere la certezza di avere Kagome viva piuttosto che giocarsi tutto con un solo colpo avventato. Strinse i pugni. Capiva, ma non poteva fare a meno di sentirsi male per la propria impotenza.
«Visto che hai capito, andiamo.» ripeté Sesshomaru, ricominciando a incamminarsi.
«E la lasci qui?» chiese Ranma, sbalordito. Sesshomaru si voltò a metà verso di lui senza rispondere. «La lasci qui sola?» chiese ancora Ranma.
«In questo stato, nessuno le si potrà avvicinare senza morire.- disse Sesshomaru- Direi che non ho ragione di preoccuparmi di questo.»
Ranma rimase a bocca aperta. Se ad Akane fosse successa una cosa del genere, lui ne sarebbe rimasto distrutto. E mai, mai e poi mai l’avrebbe lasciata sola nella foresta!
«Sei davvero un ghiacciolo senza cuore!» sbottò. Inuyasha gli afferrò una spalla.
«Piantala.- disse, piano- Non sai quello che prova.»
Ranma strinse le labbra. Forse non lo sapeva, ma non avrebbe mai approvato quella condotta così fredda. Avrebbe scommesso che Sesshomaru non avrebbe versato nemmeno una lacrima, se Anna fosse morta. Inuyasha guardò Miroku, che sembrava avere un’aria frastornata. Si chiese cosa il fratello avesse inteso con ‘quella linea di condotta’.
«Ehi, Miroku. Di che cosa hai parlato con Sesshomaru?» chiese.
«Ha un’idea per prolungare la vita di Anna, ma…« disse Miroku, quindi sospirò e scosse la testa. «Forse dovresti parlarne con lui.» disse. Inuyasha annuì, lanciando un’ultima occhiata alla figura inerte di Anna.
Il gruppo si incamminò verso il castello, lasciandosi la demone alle spalle.
Un cespuglio iniziò a seccarsi.

***

Era quasi il tramonto, ormai, e ancora non erano giunte notizie da Soichiro.
Inuyasha, nervoso, camminava in tondo per la stanza, cercando di sfogarsi. Era preoccupato per Kagome e l’essere impossibilitato a fare qualcosa per lei lo stava facendo impazzire. L’intero Palazzo era permeato dal nervosismo. Quello degli umani, che erano nelle sue stesse condizioni, e quello dei demoni, che ormai sapevano ciò che era accaduto ad Anna. Shippo era in uno stato d’agitazione tale che Rin aveva subodorato qualcosa, ma le sue tutrici erano riuscite a coprire l’assenza di Anna con una scusa. Inuyasha imprecò. Che razza di situazione! Sesshomaru si era ritirato nelle sue stanze da quando erano rientrati. Ancora non gli aveva chiesto cosa avesse intenzione di fare.
«Beh, direi che è ora.» disse ad alta voce, uscendo dalla propria stanza e dirigendosi a grandi passi verso le stanze del fratello. Giunto alla porta, e scacciato a pedate un petulante Jaken, Inuyasha bussò con forza.
«Sesshomaru!- chiamò- Sesshomaru, aprimi, dobbiamo parlare.» Dall’interno non giunse risposta. «Ehi! Voglio sapere che cosa hai in mente.- disse ancora Inuyasha- E’ qualcosa di pericoloso, vero? Hai un piano, lo so. Sputa il rospo.» Di nuovo, non venne una voce. «Ehi! Non ti fa bene per niente startene lì da solo!» sbottò Inuyasha, dando un calcio alla porta, ma non osando sfondarla. Si sedette per terra, dando la schiena alla porta e mettendosi a braccia conserte con espressione cocciuta. «Tanto non me ne vado finché non mi fai entrare.» disse.
«Allora entra.» disse una voce alle sue spalle. Inuyasha si voltò di scatto. La porta era socchiusa e la sagoma di suo fratello si intravedeva appena nell’ombra che regnava all’interno. «Forse è ora di dirti alcune cose.» disse Sesshomaru, ritirandosi nell’ombra.
Inuyasha, dopo un istante di sorpresa, si alzò ed entrò nella stanza semibuia, chiudendo la porta dietro di sé. Sesshomaru gli fece cenno di sedersi, mentre lui, a sua volta, si metteva a sedere accanto alla finestra. Inuyasha osservò il fratello, cercando di capire cosa non andasse. C’era un’aria strana attorno a lui, ben diversa dal solito gelo. Sesshomaru era vestito solo del suo ricco abito bianco. L’armatura giaceva ammonticchiata in un angolo. La sua morbida coda gli pendeva dalla spalla e i capelli erano scompigliati, come se vi avesse passato le mani molte volte.
Inuyasha deglutì nervosamente. Disordine. Ecco cosa c’era di strano nella figura di Sesshomaru. Fin dalla prima volta che l’aveva visto, Sesshomaru era sempre stato impeccabile, perfetto, una statua vivente di incredibile bellezza e perfezione, nonché di freddezza. Una sola volta l’aveva visto in uno stato simile: la notte in cui, dopo la morte del padre, l’aveva assalito, in quella casupola montana, per strappargli Tessaiga. Anche allora il suo volto era sconvolto e il suo aspetto scarmigliato gli aveva dato l’aspetto di qualcuno che aveva appena ceduto alla pazzia. Sesshomaru sembrava stare in equilibrio sull’orlo del baratro. Ranma aveva accusato Sesshomaru di non provare nulla. Ah! Solo perché Sesshomaru non mostrava i propri sentimenti, questo non significava che non ne provasse.
“Ma che diavolo faccio? Lo giustifico?!- pensò Inuyasha, seccato- Mi sto ammorbidendo troppo.” Si sedette di peso, sbuffando. Guardò di nuovo il fratello. Inutile, vederlo in quello stato gli dava proprio fastidio. Si accorse che stava guardando con aria assente la foresta sul retro del Palazzo.
«Anna sarà al sicuro, come hai detto tu.- disse Inuyasha- Non preoccuparti di questo.»
«Pensavo…- mormorò Sesshomaru, senza voltarsi- pensavo di mandare qualche servo in perlustrazione. Potrebbero esserci spie nella foresta.»
Inuyasha impallidì, comprendendo cosa Sesshomaru intendesse.
«Non te lo permetterebbe mai. Li conosce tutti, uno per uno.- disse, sentendo la gola secca- Ti porterebbe rancore, se le facessi una cosa del genere.»
Sesshomaru finalmente si voltò. L’inespressività del suo volto fece venire i brividi a Inuyasha.
«Lo so benissimo, altrimenti ne avrei già mandati almeno una ventina.» disse il demone, secco. I due rimasero per un momento in silenzio.
«Cos’hai intenzione di fare, Sesshomaru?» chiese Inuyasha, cupo. Sesshomaru impiegò qualche attimo per rispondere.
«L’energia vegetale è debole. Quella animale è migliore, ma di poco.- mormorò Sesshomaru, riportando lo sguardo fuori dalla finestra- Per resistere a lungo ha bisogno di energia umana o demoniaca.»
«Ma Anna…» iniziò a ribattere Inuyasha.
«Non accetterebbe sacrifici, lo so. Con chi credi di parlare?!» ringhiò Sesshomaru, voltandosi con un lampo pericoloso negli occhi. Inuyasha si zittì. In effetti, era inutile spiegare l’animo di Anna a Sesshomaru. Era lui che la amava, dopotutto.
«Le darò la mia.» disse Sesshomaru.
Inuyasha rimase basito, tanto che credette di aver capito male.
«Co…cosa?!» chiese, tentando di dare un senso alla frase che aveva appena sentito. Eppure non c’era possibilità di errore: Sesshomaru aveva proprio detto che le avrebbe dato la sua! «Cioè tu vorresti…- balbettò Inuyasha, prima di alzarsi in piedi con foga- Ma sei scemo?! Come credi che si sentirà al risveglio, sapendo che tu non ci sei più? Idiota! Lei ti ama, sarebbe capace di uccidersi per seguirti!»
«Non ho alcuna intenzione di morire.- disse Sesshomaru, fulminandolo con lo sguardo- Se hai finito di saltare alle conclusioni e di sbraitare, Inuyasha, forse potrò spiegarti cosa ho intenzione di fare.»
Inuyasha rimase zitto, sorpreso, poi borbottò qualcosa e si sedette di nuovo. Dovette ammettere con se stesso di aver sudato freddo al pensiero che Sesshomaru si suicidasse per offrire una speranza di vita ad Anna.
«Esiste una tecnica particolare.- disse Sesshomaru, parlando con lo sguardo fisso nel nulla- Essa permette ai demoni di separarsi dalla loro energia demoniaca. Di solito si usa per guarire qualcuno.»
«Come fa Anna?» chiese Inuyasha. Il cuore gli mancò un battito. Gli ritornò alla mente una discussione incomprensibile avuta col fratello, al loro ritorno da Nerima. Sesshomaru gli aveva quasi spaccato il naso, furioso perché Inuyasha aveva insegnato ad Anna a mascherarsi da umana, e aveva fatto strani riferimenti a qualcosa che Anna ‘non doveva scoprire’. Che c’entrasse…
«In maniera più drastica.- disse Sesshomaru, fulminandolo con un’occhiata per l’interruzione- E’ lo stesso procedimento che ti permette di assumere un aspetto umano. Invece di nascondere l’energia all’interno, però, la incanali verso l’esterno.»
«Allora era questo?» chiese Inuyasha, sbalordito. Sesshomaru alzò un sopracciglio con fare interrogativo. «Era questo che non volevi imparasse?- continuò Inuyasha- Mi riferisco ad Anna. Eri infuriato quando l’hai vista con l’aspetto umano. Avevi paura che imparasse questa tecnica?»
Sesshomaru, dopo un istante, annuì.
«Converrai con me che Anna è proprio il tipo da sacrificarsi per salvare qualcuno.» disse, con una nota di acrimonia nella voce. Inuyasha annuì. In effetti, Anna aveva usato una versione più rudimentale di quella tecnica su Mousse. E ora, invece, era Sesshomaru a farlo. Da quando Anna era entrata nelle loro vite, stava succedendo l’incredibile.
«Allora ti rimane un po’ di energia per sopravvivere.» disse Inuyasha, cercando di scoprirne di più. Sesshomaru annuì.
«La mia energia è la più potente, nell’Ovest.- continuò Sesshomaru, abbassando il tono di voce- Il monaco sta preparando un vaso sacro, in cui verseremo la mia energia. Il suo compito sarà fornirla ad Anna a piccole dosi, abbastanza da tenerla in vita finché non avremo liberato la tua donna.»
“Ecco spiegato perché Miroku è scomparso.” pensò Inuyasha. Doveva essere in preghiera, in quel momento. «Ma come farai a combattere Soichiro da umano?» chiese d’improvviso.
«Non sarò completamente umano. Sai anche tu che il mascheramento non è perfetto. Parte della mia forza rimarrà.- disse Sesshomaru, secco- Io sono Sesshomaru. In qualunque forma, sarò in grado di uccidere il mio nemico.»
Inuyasha si fece scappare un mezzo sorriso. Alcuni lati di Sesshomaru non sarebbero mai cambiati, qualsiasi cosa fosse successa.
«E per quanto riguarda il piano?»chiese.
«Non ho un piano.» disse Sesshomaru. Inuyasha strabuzzò gli occhi.
«Cosa?!» chiese, urlando.
«Inventerò qualcosa quando saprò dove e quando avverrà l’inevitabile scambio.- disse Sesshomaru, seccato- Stai tranquillo, tengo quanto te a far sì che la vita di Kagome sia salva.»
Inuyasha si zittì. Non c’era alcun dubbio che Sesshomaru non si sarebbe risparmiato, nemmeno se fosse stato costretto a combattere in forma umana. Ne andava della vita di Anna. Si alzò da terra con un sospiro, quindi si sedette di fronte al fratello, infilando le mani nelle maniche e guardando a sua volta fuori dalla finestra. Anna era là, in mezzo alla foresta. Il giorno sarebbe finito da lì a un paio d’ore e ancora non era giunta nessuna notizia da Soichiro. Inuyasha trattenne un altro sospiro, restio a spezzare il silenzio in cui suo fratello si era nuovamente trincerato.
Lo guardò. Il suo viso fine sembrava quasi invecchiato, mentre guardava fuori dalla finestra, benché nei suoi occhi non si potesse leggere alcuna espressione precisa. Inuyasha chinò il capo, corrugando le sopracciglia. Se gli avessero detto che un giorno si sarebbe preoccupato per suo fratello, avrebbe riso di gusto, per poi picchiare il malcapitato che si era fatto sfuggire una simile profezia. Invece eccolo lì, a condividere la sofferenza di Sesshomaru. E tutto grazie a Kagome e Anna, che ora erano in grave pericolo.
“L’amore per loro è stato il nostro punto d’incontro, dopo anni d’odio.- pensò- Ha dell’incredibile.”
«Così, lo ignori davvero.»
Inuyasha alzò la testa di scatto. Sesshomaru lo guardava, il viso appoggiato al dorso di una mano.
«Co…cosa?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Come è morto nostro padre.- disse Sesshomaru, con voce bassa e quasi distratta- Non ho notato alcun lampo di riconoscimento nei tuoi occhi. Non fingevi, quando mi hai detto di non saperne niente.»
Inuyasha arrossì.
«Feh!- esclamò, voltandosi con rabbia- No, non ne so niente! Sei tu che hai passato una vita con lui. Io ho pochissimi ricordi di nostro padre.» Strinse le labbra. «Pochissimi.» disse ancora.
«Tu gli somigli molto, Inuyasha.» disse Sesshomaru, sorprendendolo. «I suoi modi di fare erano spesso rudi, come i tuoi.- continuò il demone, osservando il fratello minore con occhi vacui- Anche fisicamente, gli somigli più di me. Forse per questo eri il figlio preferito.» Sesshomaru fece un sorrisetto e Inuyasha impallidì. Il figlio preferito: una volta Sesshomaru l’aveva chiamato così, usando tutto il disprezzo possibile, mentre litigava con il padre. Inuyasha li aveva sentiti da dietro una porta chiusa. Ricordava di essere rimasto ferito dal tono del fratello maggiore. Allora lo considerava un vero fratello…
«E’ per questo che mi odi?- chiese- Per questo…e per Tessaiga?»
Sesshomaru lo scrutò per un attimo, quindi sorrise di nuovo, gelido.
«Ci sono molti motivi per cui ti odio, Inuyasha.» disse, voltandosi di nuovo verso la finestra. Inuyasha lo fissò, stringendo le labbra.  Aveva sempre voluto sapere, nel profondo. Non aveva mai chiesto nulla e mai l’avrebbe fatto, ma nella parte della sua anima che era ancora affezionata ai ricordi dell’infanzia si chiedeva cos’era successo per passare dal paradiso di una famiglia unita all’inferno che era stato. L’unica persona ancora esistente che sapeva tutto era Sesshomaru…e lui non avrebbe mai parlato. Lo odiava ancora, nonostante riuscissero a tenere un comportamento civile.
Inuyasha strinse i pugni. Anche lui odiava Sesshomaru, ma…lo rendeva così sereno vederlo con Anna, sapere che il suo cuore si stava scaldando. In quel momento, la sua pena era raddoppiata al pensiero di quello che doveva provare Sesshomaru. Era vero odio, o si era solo abituato all’idea di odiare Sesshomaru? E non poteva essere lo stesso per lui?
“No. Sesshomaru non odia invano.- si disse, facendo una smorfia- Non con quella intensità.”
«Non so perché ho tutta questa voglia di parlare.- mormorò Sesshomaru, facendolo ritornare con i piedi per terra- Forse sto solo cercando di non pensare.» Sesshomaru si passò una mano sul viso, chiudendo gli occhi. «Se vuoi, risponderò alla tua domanda. Dopotutto, dobbiamo aspettare. E, per una volta, non mi va di farlo in silenzio.»
Lanciò un’occhiata a Inuyasha. Lui, sbalordito, annuì. Sesshomaru lo scrutò ancora per un istante, quindi tornò a guardare fuori dalla finestra.
«In principio, non ti odiavo.- disse, pensieroso- Anzi, a dire il vero non me ne importava un accidente di te.» Sesshomaru corrugò la fronte. «Era tua madre, quella che odiavo. E nostro padre, naturalmente.»
«Mia madre?» chiese Inuyasha, sulla difensiva.
«Già. L’umana.» Sesshomaru si oscurò in volto al ricordo, senza badare al fatto che Inuyasha aveva stretto i pugni. Era sicuro di volersi gettare nei ricordi per non pensare al presente? Sesshomaru se lo chiese, prima di scrollare le spalle e continuare la sua storia. «Non m’importava che nostro padre avesse deciso di riprendere moglie. Erano secoli che era solo e potevo capire che volesse una donna accanto. Tutto mi sarei aspettato, però, tranne che vederlo tornare a casa con una ragazza umana.»
Sesshomaru alzò lo sguardo su Inuyasha, che aveva le labbra talmente strette da essere bianche. «Oh, certo, era molto bella.- disse Sesshomaru, con un sorrisetto distante- Bella e gentile. Ma era umana e io non potevo tollerare una cosa simile.» Sesshomaru scosse il capo. Quanto l’avevano cambiato Anna e Rin? Se ne rendeva conto ora che si rituffava nello scomodo passato. «Litigai furiosamente con nostro padre.- continuò a raccontare, ignorando l’ira negli occhi di Inuyasha- Lui, naturalmente, non voleva demordere. Era testardo e aveva abbastanza potere da fare sempre e comunque quello che voleva. Così, me ne andai di casa. Giurai che non vi avrei rimesso piede finché quella sgualdrina umana avesse infestato questi corridoi.»
«Non parlare così di mia madre.» sibilò Inuyasha, vedendo rosso.
«Ti sto solo dicendo quello che feci.- ribatté Sesshomaru, gelido- Posso continuare o mi fermo qui?»
Inuyasha ebbe la tentazione di saltargli al collo, ma si trattenne. Aveva sempre sentito Sesshomaru insultare sua madre, quindi non faticava a credere che avesse fatto un giuramento del genere. Meglio darsi una calmata e ascoltare. Gli fece cenno di andare avanti.
«Rimasi fuori casa per cinque anni.- continuò Sesshomaru- In quel periodo, mi arrivavano notizie tramite Jaken, che era il mio servitore personale anche all’epoca. Immagina il mio shock quando venni a sapere che il mio stupidissimo padre aveva appena avuto un figlio dalla sua donna umana.» Sesshomaru fece un sorrisetto. Oh sì, ricordava molto bene l’ondata di astio che gli era salita in corpo nel sapere che suo padre aveva avuto un altro figlio. «Un hanyo.- disse- Un essere bandito da entrambe le razze fin dalla nascita. Mio padre doveva essere impazzito.» Fece una breve risata senza traccia di divertimento. «Pensandoci, negli anni successivi, mi resi conto che le cose dovevano essere aggiustate dall’interno. Finché avessi continuato a vivere fuori dal Palazzo, non ci sarebbe stata speranza di riportare mio padre alla ragione. Dopo qualche incertezza, decisi di tornare. All’epoca, tu avevi circa cinque anni ed eri un moccioso dalle orecchie grandi e il sorriso ebete.»
«Ricordo il giorno in cui tornasti.» disse Inuyasha, cupo. I due fratelli si guardarono. Sesshomaru ricordò quel moccioso dai capelli d’argento che era corso nell’atrio, chiamando il padre. Ricordò il piccolo sussulto di riconoscimento e fastidio nel rendersi conto della somiglianza che intercorreva fra loro, il sorriso sincero e luminoso, un po’ sdentato, che il piccolo Inuyasha gli aveva rivolto, quando suo padre glielo aveva presentato. E Inuyasha ricordò il viso in apparenza cordiale di Sesshomaru e la gioia alla scoperta di avere un fratello maggiore. Una bella fregatura.
«Eri proprio un moccioso.- disse Sesshomaru, con un sorrisetto- Eri anche meno pericoloso, per me, di quello che pensavo. Mi disinteressai di te non appena ti conobbi.»
Inuyasha corrugò la fronte. I comportamenti gentili di Sesshomaru erano allora una prova di indifferenza, esattamente come pensava.
«Mi reinsediai in casa. Giocavo con te, trattavo bene tua madre e nostro padre sembrava contento.- continuò a raccontare Sesshomaru- Intanto lavoravo nell’ombra per allontanare quei due, ma nostro padre aveva in lei una fiducia di ferro.» Fece una smorfia. «Forse mi sarei anche arreso, alla fine, se non fosse venuta fuori la questione delle eredità.»
Inuyasha mosse le orecchie. Tessaiga e Tenseiga. Era da lì che Sesshomaru aveva iniziato a odiarlo.
«Nostro padre aveva l’abitudine di andare a meditare, una volta l’anno, sulla tomba di nostro nonno.- disse Sesshomaru, ormai completamente immerso nei ricordi- L’anno in cui tu compisti sette anni, nostro padre tornò dal suo viaggio prima del previsto, per poi ripartire immediatamente. A me e a tua madre disse solo che andava da Totosai.»
«Andò a farsi fare le spade?» chiese Inuyasha, attento. Sesshomaru annuì.
«Esatto, ma questo lo sapemmo solo al suo ritorno. Era la prima volta che non si confidava con tua madre e non le raccontava tutto. La cosa mi avrebbe anche fatto piacere, se non avessi compreso che nostro padre sapeva qualcosa di veramente importante e che non aveva nessuna intenzione di mettermene a parte. Nessuno ha mai saputo cosa avesse visto durante la sua meditazione.- disse Sesshomaru, corrugando la fronte- Quando tornò dal viaggio, mi accorsi che aveva con sé due spade, non più la sola Tessaiga. Iniziò a fare preparativi di guerra, a richiamare l’esercito e ad organizzare il Palazzo alla resistenza. Non avevamo ricevuto nessuna sfida, quindi chiesi a nostro padre se fosse impazzito. Lui mi disse che l’Est ci avrebbe presto attaccati. Mi disse anche…» Sesshomaru fece una smorfia. Ricordando ora quel colloquio, gli sembrava evidente che Inuken sapeva che sarebbe morto. Era inutile rimpiangere di non aver letto tra le righe durante quella furiosa litigata, ma non poteva fare a meno di sentirsi profondamente stupido. «Mi disse che aveva preparato le nostre eredità.- continuò, con voce amara- Mi fece vedere le due spade. Inutile dire che il mio interesse era tutto per Tessaiga.» Fece un sorriso storto e guardò Inuyasha. «Non apprezzai il fatto che nostro padre intendesse invece darmi Tenseiga.»
Inuyasha annuì.
«Sentii la vostra conversazione.- disse- E ricordo bene l’odio con cui mi guardasti quando uscisti da quella stanza. Fu la prima di una lunga serie, ma me la ricordo molto bene, quell’occhiata.»
«Sì, ti avrei ucciso volentieri, quella sera.- ammise Sesshomaru, annuendo- Ma era nei miei piani sottrarre la spada durante la notte. Inutile dire che quando mi introdussi nella stanza, ore dopo, Tessaiga non c’era più. Nostro padre l’aveva fatta sparire. Quando gli chiesi dove fosse, mi diede lo stupido indovinello che, quasi un secolo dopo, mi ha portato alla perla nera nel tuo occhio.»
«La perla?- chiese Inuyasha, portandosi d’istinto una mano all’occhio- Vuoi dire che…papà aveva già pensato alla sua tomba? Io non ricordo che mi abbia messo questa perla nell’occhio.»
«Ovvio, altrimenti sarei venuto a saperlo io.- disse Sesshomaru, con una smorfia- Deve avertelo fatto dimenticare con l’ipnosi. Tua madre era brava in queste cose. E nostro padre sapeva di dover morire.»
«Sapeva…» rantolò Inuyasha.
«Come sapeva che Soichiro era vicino.» disse Sesshomaru. Parlare di Soichiro gli fece venire in mente il viso pallido di Anna, ma si costrinse a continuare a raccontare, cancellando il nuovo dolore con quello vecchio. «Non feci in tempo nemmeno a discutere con nostro padre di Tessaiga. Dovemmo partire in fretta e furia, perché l’esercito dell’Est aveva varcato i confini. Combattemmo una guerra ben più terribile di quella odierna, allora. Solo per recuperare il confine, ci mettemmo un anno.»
Sesshomaru si passò una mano sul volto.
«Fu dura. Durante uno scontro particolarmente cruento, nostro padre e io fummo feriti gravemente e, insieme a pochi altri, venimmo separati dal grosso dell’esercito.» Sesshomaru fece un gesto vago. «Naturalmente era tutto programmato. Soichiro aveva pronto per noi un bell’agguato. Ci colsero di sorpresa, uccisero i demoni che erano con noi e…» Strinse le labbra. «Fu lì che nostro padre trovò la morte.» disse.
«Ma…il vecchio Myoga mi ha detto che nostro padre morì per le ferite riportate nello scontro contro Ryukotsusei!» disse Inuyasha, sorpreso.
«No, non esattamente, anche se Ryukotsusei era tra gli scagnozzi di Soichiro.- disse Sesshomaru, guardando fuori dalla finestra- Morì a causa della tecnica che userò stasera. Se non l'avesse usata, sarebbe riuscito a sopravvivere.»
«Co…» balbettò Inuyasha, sorpreso. Suo padre…era morto dopo essersi trasformato in essere umano per salvare la vita di qualcuno? Non c’era da stupirsi se Sesshomaru si era fatto venire quella crisi d’ira al pensiero che Anna imparasse quella tecnica! «E…chi? Per chi l’ha usata?» chiese, sentendo il sangue pulsargli dolorosamente nelle tempie. Suo padre era morto con un gesto generoso. Sesshomaru rimase in silenzio, fissando Inuyasha con i suoi occhi d’ambra. Inuyasha impallidì.
«Tu…?» chiese, in un sussurro.

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Capitolo 14
*** 14 - Il piano di Sesshomaru ***


Author's note: Ciao a tutti! Volevo avvisarvi che sulla pagina facebook "Le fanfiction di VaniaMajor" ho aperto una discussione sulle sigle di Inuyasha. Qual è la vostra sigla preferita e perchè? Se vi va di partecipare, scrivendo la vostra opinione o mandando video, vi aspetto!


Il silenzio cadde nella stanza. Inuyasha era scioccato. Suo padre era morto per salvare la vita a Sesshomaru?
«Tu?!» ripeté di nuovo, incredulo.
«Non ero ancora forte quanto lui.- mormorò Sesshomaru, con voce priva d’espressione- Soichiro stesso mi ferì in modo grave. Sommato alle ferite che già avevo, questo mi portò a un passo dalla morte.» Sesshomaru tirò un pugno al pavimento. «Quello stupido.- sibilò, mentre un lampo d’ira gli passava negli occhi- Era già ferito a sua volta. Non avrebbe dovuto fare una sciocchezza simile! Ma pensava solo alla sua donna e a quel dannato moccioso dalle orecchie pelose, così commise quell’idiozia.»
«Cosa vuoi dire?- chiese Inuyasha, confuso- Cosa c’entravamo io e la…»
«Tu e tua madre?- chiese Sesshomaru, acido- Eravate il centro del suo mondo. Mi disse che non sarebbe sopravvissuto comunque, anche le sue ferite erano gravissime. Ne convenni. Eravamo entrambi troppo gravi per sopravvivere, ma lui...lui avrebbe potuto farcela. Possedeva una forza incredibile. Invece,nostro padre decise di darmi la sua energia, per permettere almeno a me di continuare a vivere. Che imbecille…»
Inuyasha, con un ringhio, si alzò da terra di scatto e afferrò Sesshomaru per il vestito, scuotendolo.
«Piantala di insultarlo!- gli gridò in faccia- Lui ti ha salvato la vita! Ti voleva bene! E tu lo ripaghi dandogli dell’imbecille?!»
«Idiota! Voleva che io vivessi per avere cura di voi due. Di voi due, capisci?!» Sesshomaru si levò di dosso Inuyasha con un gesto secco, guardandolo con astio. «Sapeva che non sarebbe andato lontano. Io ero solo la persona più forte nelle vicinanze a cui affidare questo compito.»
«Non è vero!- sbraitò Inuyasha- Se non gli fosse importato nulla di te, avrebbe cercato di farcela con le sue forze. E non ti avrebbe mandato Anna, né ti avrebbe ricordato Tenseiga al momento opportuno!» Negli occhi di Sesshomaru passò un lampo rosso e Inuyasha strinse i denti. «Picchiami, se ti va. Sfogati, visto che mi odi da allora e che ora sei pieno di rabbia.- disse, stringendo i pugni- Ma non osare mai più parlare in quel modo di nostro padre!»
Sesshomaru rimase immobile, fronteggiando lo sguardo fiammeggiante di Inuyasha.
«Siediti. Non ho intenzione di sprecare le mie energie con te.- disse Sesshomaru, gelido- Se non vuoi finire di ascoltare la storia, te ne puoi anche andare.»
Inuyasha rimase in piedi, facendo una smorfia.
«No. Ormai voglio sentire il finale.» disse, amaro. Sesshomaru guardò per riflesso fuori dalla finestra, prima di ricominciare a parlare.
«Non ero in grado di protestare. Faticavo persino a parlare, tanto per farti capire come ero ridotto. Mi diede la sua energia e, anche se non guarii del tutto, non ero più in pericolo di vita.- disse- Mi portò in spalla, fuggendo, poi mi caricò su un demone volante sopravvissuto, mentre lui rimase, in forma umana, a tener testa agli ultimi due scagnozzi di Soichiro. Si trasformò di nuovo in demone dando fondo alle sue ultime energie, fu un suicidio. Anche così ci misero molto ad ucciderlo, venni poi a sapere.»
«Fuggisti?» chiese Inuyasha.
«Non potevo ancora muovermi e le mie proteste restarono inascoltate.- disse Sesshomaru- Credi che sia una cosa di cui vado fiero?!» Scoccò un’occhiata densa d’odio a Inuyasha, che scosse il capo. Non era affatto strano che Sesshomaru l’avesse odiato intensamente, da lì in avanti. Senso di colpa, rancore…tutto aveva concorso a farli diventare due nemici.
Sesshomaru corrugò la fronte. Non avrebbe mai dimenticato le proprie proteste, la sensazione di impotenza nel sentire che il corpo non gli rispondeva, mentre suo padre lo caricava sul demone e gli dava le sue ultime raccomandazioni. Quante volte gli aveva ripetuto di badare a quei due maledetti, mentre lui continuava a gridare: «Padre, morirai! Lasciami combattere per te!» Quante volte aveva maledetto il proprio fallimento? Era stato ferito, aveva fallito. Meritava di morire. Suo padre non aveva alcun diritto di decidere anche per lui! Poi, il demone si era alzato in volo e lui aveva visto suo padre, con i capelli neri e gli abiti insanguinati, voltarsi per combattere contro gli scagnozzi di Soichiro. L’ultima immagine che aveva di Inuken era di spalle, pronto alla lotta.
Aveva visto Soichiro, prima di allontanarsi dal luogo dello scontro. Osservava la scena dalla cima di una rupe. Era stato allora, quando aveva incrociato lo sguardo di quegli occhi neri, che aveva giurato al moko-yokai che un giorno gli avrebbe strappato il cuore dal petto...perché quel poco che lui aveva posseduto, da quel momento in avanti non sarebbe esistito mai più. Mai più. D’altronde, non c’era più nulla per cui valesse la pena provare qualcosa.
«Ero vivo, in un modo o nell’altro.- mormorò, non più conscio di stare parlando con Inuyasha- Non mi importava né di te né di tua madre. L’unica cosa che volevo era Tessaiga, con cui avrei potuto uccidere Soichiro e sterminare tutti i demoni dell’Est.» Strinse le labbra, infastidito. «Venni a cercarti a Palazzo, deciso a strapparti Tessaiga a costo di ucciderti, ma scoprii che la Famiglia aveva fatto in fretta a credermi morto, a scacciarvi e a mettere sul trono un inu-yokai fantoccio.- continuò Sesshomaru- Lo uccisi e li cacciai, quindi ti cercai. Ci vollero mesi, ma alla fine ti trovai in montagna. Lì scoprii che tu non sapevi nulla di Tessaiga. Tua madre non mi permise di torturarti per sapere la verità.»
«Ricordo anche questo.» disse Inuyasha, con voce atona. Ecco spiegato lo stato in cui si era presentato Sesshomaru, quella notte di tanti anni prima. Quale dolore aveva provato Sesshomaru nell’assistere, impotente, al sacrificio del padre? Conoscendo la natura di Sesshomaru, non era affatto strano che avesse maturato quell’odio profondo per lui.
«Però tu non uccidesti mia madre.» disse Inuyasha. Sesshomaru non rispose. «E non uccidesti nemmeno me. Avresti potuto farlo.» aggiunse.
Sesshomaru rimase in silenzio.
«Non uccisi tua madre come ultimo segno di rispetto verso nostro padre.- disse infine, con voce atona- Era una ningen, sapevo che sarebbe morta presto di malattia o di vecchiaia. Non avevo che da aspettare. In quanto a te…ti ho tenuto sulla corda, sperando di carpirti il segreto del nascondiglio di Tessaiga.»
«Ah, già…- mormorò Inuyasha-  Dimenticavo Tessaiga.»
Sesshomaru rimase in silenzio. La narrazione era finita. Inuyasha appoggiò la schiena al muro, cercando di digerire le notizie appena apprese.
«Eppure,- mormorò, dopo qualche istante di riflessione- se tu non mi avessi spinto a combattere e a diventare forte fin dall’infanzia, probabilmente sarei morto presto. In qualche modo, hai adempiuto alla promessa fatta a nostro padre.»
Sesshomaru fece un sorriso storto.
«Pensala come ti pare, Inuyasha.- disse- Fai pure il sentimentale, ma ti assicuro che non mi sono mai risparmiato durante i nostri scontri.»
«Feh! Nemmeno io.» disse Inuyasha. “Almeno a livello conscio.- pensò- Le parole di Totosai non mi si sono più cancellate dalla mente. Forse anche tu mi hai sempre risparmiato, fratello.” «E voglio sottolineare il fatto che ti ho sempre battuto.» continuò.
«Eri sempre a un passo dalla morte, quando ti lasciavo. Non dire fesserie.» ribatté Sesshomaru.
«Ti ho quasi ammazzato, con Tessaiga.» replicò Inuyasha.
«Quasi, appunto. Non sai fare bene nemmeno quello.» disse Sesshomaru, gelido.
«Brutto figlio di…» disse Inuyasha, boccheggiando. «Sei sempre bravo a rivoltare la frittata, eh?»
«Di cosa stai parlando?» chiese Sesshomaru, inarcando un sopracciglio. Inuyasha continuò a replicare, ottenendo sempre risposte brevi e sarcastiche. Era la solita tiritera di sempre…eppure era diverso. Parlando, si stavano aiutando a vicenda a non pensare.
“Siamo dello stesso sangue, Sesshomaru.- pensò Inuyasha- Per quanto odio ci sia sempre stato tra di noi, Kagome e Anna l’hanno trasformato in qualcosa con cui possiamo convivere.”

***

Ranma corse a rotta di collo per i corridoi, senza badare ai servitori affranti che si erano riuniti in piccoli capannelli, parlando della tragedia che era avvenuta. Il cuore gli batteva a mille e il sangue gli pulsava nelle vene. Era pieno di rabbia e spirito combattivo. Finalmente aveva finito di starsene lì con le mani in mano. Finalmente poteva sbattere sul muso di Sesshomaru la richiesta di Soichiro e costringerlo a darsi una mossa! Già, la richiesta di riscatto. Era appena arrivata. Ranma non aveva idea se Sesshomaru l’avrebbe accettata o meno e in tutta sincerità non gliene importava un fico secco. Lui voleva solo andare a salvare Akane.
“Se le hanno fatto anche un solo graffio, li ucciderò tutti.- pensò, rabbioso- Altro che cuore tenero!” Akane…Non appena pensava al suo viso, al suo sorriso, gli si stringeva il cuore e sentiva il bisogno di piangere. Akane in quel momento era sola con i suoi rapitori, in un’epoca sconosciuta e ostile, e tutto perché lui aveva avuto la brillante idea di accettare la proposta di Anna! Lui e la sua maledetta frenesia di liberarsi della maledizione!
“Non è nemmeno colpa di Anna. E’ tutta colpa mia!- pensò, stringendo le palpebre- Mi trasformerei in ragazza per il resto della mia vita se potessi riportarla a casa sana e salva!”
Era ormai vicino agli appartamenti di Sesshomaru. Sentiva i due fratelli discutere.
«Inuyasha!» gridò Ranma, aprendo la porta di scatto. Due paia di identici occhi ambrati si voltarono verso di lui, attenti e duri come pietre preziose. Ranma non poté fare a meno di rabbrividire sotto quegli sguardi. Sembrava volessero strappargli le informazioni dalla mente e Ranma non era nemmeno sicuro che non ne fossero in grado.
«Cosa?» chiese Inuyasha, teso come una corda di violino. Ranma alzò il foglio di pergamena che teneva stretto in mano.
«E’ arrivata la richiesta di riscatto.» disse Ranma, scuro in volto.
«Cosa dice?» chiese Sesshomaru, alzandosi in piedi con movimenti lenti e pieni di forza trattenuta.
«Vuole le vostre spade.- disse Ranma- Tra tre giorni, al villaggio di Edo. Se non saremo là, ucciderà le ragazze.»
Inuyasha e Sesshomaru si scambiarono un’occhiata.
«E’ il mio villaggio.» disse Inuyasha, sorpreso.
«Lo so.- disse Sesshomaru, poi si rivolse a Ranma- Vai a chiamare il monaco. Sistemerò le cose per Anna, poi vi spiegherò il piano.»
Ranma annuì e corse via, deciso a perdere meno tempo possibile. Inuyasha guardò suo fratello.
«Hai già un piano?» chiese Inuyasha, stupito.
«Naturalmente.» disse Sesshomaru, voltandosi per andare a prendere la sua armatura e le spade. Inuyasha non trovò nulla da ridire.
«Mi sorprende che voglia solo le nostre spade.- disse- In realtà, mi sorprende che sappia delle nostre spade.»
«Doveva avere una spia nel nostro campo, altrimenti non si spiega nemmeno l’agguato di ieri.- disse Sesshomaru- Approfittando dell’occasione, tenterà di ucciderci. E ucciderà le ragazze.»
«Credi che non lo sappia?» disse Inuyasha, con voce amara.
«Allora non fare considerazioni sciocche.» sentenziò Sesshomaru. In quell’istante, Miroku e Ranma comparvero sulla soglia.
«Sei pronto, monaco?» chiese Sesshomaru.
«Sì.- rispose Miroku, che teneva in mano un grosso vaso- Ne sei certo?»
Sesshomaru non lo degnò di una risposta. Si avvicinò a Inuyasha e gli riempì le braccia della sua armatura.
«Fuori di qui.- gli ordinò- Poi ti darò anche il vestito.»
«Ma…cosa dovrei farmene?- chiese Inuyasha, sbalordito- Sesshomaru, cosa…»
«Te lo spiego dopo. Sparisci.» gli ordinò Sesshomaru, spingendolo con violenza fuori dalla porta e sbattendo la stessa in faccia a Ranma. Il ragazzo si voltò verso lo sbalordito Inuyasha.
«Cos’ha in mente?- chiese, perplesso- Cosa deve fare Miroku?»
«Non ho capito bene, ma penso che lo scopriremo presto.» borbottò Inuyasha, sedendosi in corridoio e guardando con occhi scuri l’armatura del fratello. Che diavolo di piano aveva in mente Sesshomaru? Per qualche minuto, dalla stanza provenne solo silenzio. Poi la penombra serotina fu rischiarata da un lampo di luce bianca molto intenso.
«Cos’è successo?» chiese Ranma.
La porta si aprì e Miroku scivolò fuori dalla stanza semibuia. Era molto pallido e aveva in mano un grande vaso su cui era posato un sigillo sacro.
«Miroku…» disse Ranma.
«Miroku, com’è andata?» chiese Inuyasha, preoccupato.
«Tutto bene, sembra.- disse il monaco- Vai da lui, Inuyasha. Ha un piano in mente ed è meglio che non perdiate tempo.»
«Sì.» disse Inuyasha, facendo per entrare. Miroku lo trattenne per una manica.
«Noi ci salutiamo qui, Inuyasha. Vado nella foresta a occuparmi di Anna.- disse, serio- Riportami Sango. E fate in fretta.» Strinse la presa sul tessuto rosso. Inuyasha gli coprì la mano con la sua e annuì, deciso, quindi Miroku lo lasciò e Inuyasha entrò nella stanza. Il monaco si voltò verso Ranma.
«Ti conviene aspettarli con gli altri. Non ci metteranno molto.» disse. Sorrise. «Buona fortuna.»
«Anche a te, Miroku.» disse Ranma, annuendo. Il monaco si allontanò. Ranma, dopo qualche istante di incertezza, si incamminò a sua volta, andando a raggiungere gli altri. Si voltò ancora una volta quando sentì Inuyasha gridare: «Cosa dovrei fare, io?!», poi scosse il capo e si avviò verso la sala del trono, dove erano tutti riuniti.
«Ranma! Cos’ha detto Sesshomaru?» chiese Ryoga, alzandosi in piedi, non appena il ragazzo entrò nella stanza.
«Ancora non so nulla.- sbuffò Ranma, sedendosi- Pare che abbia un piano. Miroku se ne è appena andato. Si stava portando dietro un grosso vaso e penso ci abbiano messo dentro qualcosa che servirà ad aiutare Anna a resistere.»
«Qualcosa?- chiese Mousse- Che vuoi dire?»
«Non lo so, roba demoniaca che non capisco.- sbuffò Ranma, sulle spine- Comunque, Sesshomaru e Inuyasha ci raggiungeranno presto. Hanno fretta quanto noi.»
Il piccolo gruppo rimase in silenzio, in attesa, finché non si udì un rumore di passi. Una sagoma bianca si stagliò sulla porta.
«Sesshomaru!» disse Ryoga, andandogli incontro.
«Allora, che cosa dobbiamo fare?» chiese Mousse, alzandosi.
«Bene, dovrebbe reggere l’inganno, visto che voi idioti non vi rendete nemmeno conto della differenza.» disse Sesshomaru, con voce gelida.
«L’inganno?» chiese Ranma, stringendo gli occhi.
«Sono io, scemi.- disse il demone, indicandosi il viso- Va bene che sono vestito come lui, ma non abbiamo ancora la stessa faccia.»
«I…Inuyasha?!» sbottarono tutti, riconoscendolo.
Inuyasha era quasi irriconoscibile. Le orecchie canine erano sparite e il viso era segnato da linee rosse che lo rendevano più affilato, conferendogli maggiore somiglianza col fratello. I capelli erano più fini e la frangia era stata divisa a metà, come quella di Sesshomaru. L’abito e la stola rosata che gli poggiava sulla spalla avevano contribuito a far reggere l’inganno. A guardarli bene, i due erano molto diversi, ma il travestimento avrebbe ingannato chiunque per qualche minuto.
«E’ dura assomigliargli.- disse Inuyasha, seccato- Questa stola finta mi casca a ogni movimento e non sono abituato a stare nella sua posa rigida e altera. Spero di mantenere la calma, davanti a Soichiro.»
«Ma perché ti sei travestito?- chiese Ranma, sbalordito- Sesshomaru…»
«Non posso certo farmi vedere così.» disse una voce fredda alle spalle di Inuyasha.
Sotto gli occhi attoniti di tutti, Sesshomaru entrò nella stanza. Indossava con aria schifata il vestito rosso di Inuyasha, ma quella era la caratteristica meno sorprendente. Il demone non era più un demone. O almeno, sembrava in tutto e per tutto un essere umano. I lunghi capelli erano diventati di un nero corvino e gli occhi d’ambra erano stati sostituiti da due iridi blu intenso. Niente più zanne, niente  artigli. Solo il portamento e l’espressione gelida erano rimasti come in origine.
«Se…Sesshomaru?!- sbottò Ryoga- Ma che significa?»
«L’ultima cosa che mi aspettavo di vedere nella vita, era il tuo aspetto da umano.» disse Ranma, stupefatto.
«Fai silenzio.» disse Sesshomaru, gelido.
«Perdonatemi, Sesshomaru-sama, ma non sarebbe conveniente utilizzare tutte le nostre energie per salvare la signorina Ukyo e le altre ragazze?- chiese Konatsu- Perché vi siete trasformato in un essere umano?»
«Ha dato la sua energia demoniaca a Miroku. Lui la fornirà ad Anna per farla resistere fino all’arrivo di Kagome.» spiegò Inuyasha.
«Inuyasha mi sostituirà.- disse Sesshomaru, allacciandosi al fianco le spade- Voi andrete con lui.»
«Volete dar loro le spade? O li attacchiamo e basta?- chiese Ryoga- E come la giustifichiamo l’assenza di ‘Inuyasha’?»
«Entrambe le cose. E per quanto riguarda quel particolare, Inuyasha sa cosa dire.- disse Sesshomaru, stringendo l’ultimo nodo e fissando gli occhi chiari sui presenti- Ora fate silenzio e statemi ad ascoltare.»
Sesshomaru iniziò a spiegare il suo piano.

***

Shippo, seduto sulla groppa di Kirara, alzò lo sguardo al cielo. Tre carri si erano appena alzati in volo, dirigendosi verso il confine. Una figura bianca conduceva il gruppo.
«Inuyasha.- mormorò Shippo- Com’è strano vederlo così…»
Un’altra figura, vestita di rosso, si avvicinò al demone gatto e le salì in groppa, davanti a Shippo. Kirara mugolò.
«Non fa piacere nemmeno a me, gatto.- disse l’uomo, gelido- Cerca di sopportare e io farò altrettanto.»
Shippo alzò lo sguardo con cautela sulla schiena coperta da una lunga criniera di capelli neri. Sesshomaru si volse verso di lui, facendogli fare un balzo.
«Kitsune, sei pronto?» chiese Sesshomaru, stringendo appena gli occhi.
«S…sì!» esclamò Shippo, imponendosi di farsi forza e aggrappandosi al pelo di Kirara.
«Allora andiamo.- disse Sesshomaru, dando di sprone a Kirara- Non ti risparmiare.»
Kirara partì a tutta velocità. Shippo strinse i denti. Avevano tre giorni per arrivare al villaggio e questo significava viaggiare con un ritmo massacrante per tutti. Ma Kagome era in pericolo...e Anna stava morendo. Per non parlare di Sango e di tutte quelle ragazze così gentili. Il suo compito era importante, nel piano di Sesshomaru. Anche se era solo un piccolo kitsune e se avrebbe dovuto sopportare la vicinanza di Sesshomaru, Shippo non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro.
“Non temere, Kagome! – pensò Shippo, guardando verso Inuyasha per farsi forza- Stiamo venendo a salvarvi!”
Kirara entrò nella foresta e le chiome degli alberi celarono agli occhi di Shippo la figura bianca di Inuyasha.

***

Il demone dalla chioma bionda camminava tra le case, osservando con aria disgustata il prodotto della mano umana.
“Che insulso villaggio.- pensò, infastidito- Lo farò radere al suolo, prima di andarmene.”
Un sorriso gli increspò le labbra al pensiero. Un bel falò era quello che ci voleva per completare la bellissima, tanto agognata giornata che gli si profilava di fronte. Soichiro sorrise di nuovo, con un lampo predatorio negli occhi neri e fletté le dita, pensando alla magnifica sensazione del sangue di Sesshomaru sulla sua mano. Era già stato sul punto di ucciderlo una volta, ma a causa di Inuken la cosa era sfumata. Era ora di rimediare all’inconveniente. Senza contare che presto avrebbe messo le mani sui due artigli di Inuken.
Soichiro non era tanto stupido da non rendersi conto che Inuken era stato sempre molto più potente di lui. Se era riuscito a ucciderlo, era stato solo a causa di alcune coincidenze fortunate e un buon numero di tiri bassi, non ultimo l’agguato. Avere a fianco parte del potere di Inuken lo avrebbe reso pressoché invincibile. Demoni e uomini sarebbero stati alla sua mercé. Terre che mai aveva pensato di poter invadere sarebbero cadute ai suoi piedi. Sarebbe diventato un essere superiore, capace di dare sia la vita che la morte.
Rise con voce roca, scuotendo la testa. Inutile esaltarsi a quel modo. Doveva procedere un passo alla volta. Prima avrebbe conquistato il Giappone, poi…chissà. E tutto grazie alle donzelle che in quel momento erano tenute prigioniere in una casa poco distante. Dagli strepiti e le grida acute che sentiva, le ragazze stavano dando del filo da torcere alle guardie che aveva messo all’interno. Umani. Sapevano di essere deboli, ma non potevano fare a meno di strepitare e dimenarsi, come tanti topolini.
«Fastidiose.- disse, avviandosi verso la casupola- Esattamente come i loro compagni.»
Soichiro camminò con decisione fino alla casa e scostò la tenda con un gesto secco, facendo bloccare di colpo i movimenti all’interno. Corrugò la fronte alla vista che gli si presentò. Le cinque ragazze erano sul punto di liberarsi dai legacci. Alcune avevano già i piedi liberi e stavano dando parecchi problemi ai tre demoni e al guerriero umano presenti nella casa, i quali, avendo l’ordine di non nuocere alle ragazze fino al momento dello scambio, non sapevano più che pesci pigliare.
La ragazza cinese dai capelli lunghi era seduta sulla schiena di uno dei demoni e gli stava torcendo il collo all’indietro usando le mani ancora legate. La cacciatrice e la ragazza che aveva sconfitto Kei stavano lottando contro un altro demone. Il guerriero teneva la miko sollevata da terra, ma si tamponava il naso sanguinante. La ragazza dai capelli corti, invece, era seduta a terra, ma il demone che le stava davanti aveva il segno evidente di una morsicatura sulla mano.
«Non riuscite nemmeno a tenere a bada un gruppo di ragazzine?» chiese Soichiro, sarcastico, entrando nella casa. I demoni si affrettarono a scrollarsi di dosso le ragazze, facendole cadere per terra, e il guerriero fece lo stesso.
«Maledetto!- gridò Kagome, furiosa- Come hai osato farci…»
«Rapire?- finì per lei Soichiro- Mi servite, dolci ragazze. Ho uno scambio da fare.»
«Cosa?!» sbottò Sango.
«Trama quello che vuoi, tanto Inuyasha ci salverà!» disse Kagome. Soichiro si mise a ridere.
«Quel tuo patetico cagnolino? Mi occuperò anche di lui, è chiaro.- sogghignò- Ma il mio obiettivo principale è Sesshomaru, devo ammetterlo.»
«Sesshomaru e Anna ti faranno vedere i sorci verdi.» disse Sango, con una smorfia disgustata. Soichiro rise ancora più forte.
«Oh, per la carità! La vostra cara Anna è morta e Sesshomaru sarà sconvolto.- ghignò, apprezzando l’improvviso pallore che salì sui volti delle ragazze- Non prevedo difficoltà.»
«Anna…morta?» chiese Akane, scioccata.
«No! Stai mentendo!» gridò Kagome, furiosa.
«Andiamo, miko.- disse Soichiro, accucciandosi di fronte a lei e guardandola negli occhi- Non essere infantile. Hai sentito che potere ha agito su di lei, non è così? Sai anche tu che non può essere sopravvissuta.»
Kagome sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Era vero, lo sapeva anche lei. Ma non poteva accettare che Anna fosse morta, non poteva! Si morse un labbro e guardò altrove per non permettere a Soichiro di vedere le sue lacrime.
«Kagome…- chiese Shan Pu- sta dicendo la verità?»
«Naturalmente. La verità, in questo caso, è più divertente della menzogna.- disse Soichiro, alzandosi in piedi- Ora state buone e zitte, finché i due fratellini non verranno a consegnare le loro spade.»
«Le…spade?» chiese Sango, stupita. Incrociò lo sguardo di Kagome.
«Esatto.- disse Soichiro, distratto, facendo gesto alle guardie di uscire- Voi, fuori. Tanto non siete nemmeno in grado di badare a cinque ragazzine.» Shan Pu, Akane e Ukyo si scambiarono un’occhiata eloquente, ma a Soichiro non sfuggì. «Non gioite di questa mia scelta.- disse, con un sorriso predatorio- Slegatevi pure, se lo desiderate, ma non riuscirete a fuggire comunque. Nel villaggio ci sono trenta dei miei demoni. Non avete nessuna possibilità di sopravvivere, fuori da questa casa.»
«Maledetto…» sibilò Shan Pu, irata.
Con una risata, Soichiro uscì, lasciando sole le ragazze.
«Cosa facciamo?» chiese Ukyo in un sussurro, quando il demone si fu allontanato.
«Soichiro ha ragione, non possiamo uscire.- disse Sango, scuotendo la testa- Dobbiamo aspettare che arrivino Inuyasha e gli altri.»
«Povera Anna!- disse Akane, appoggiando la fronte sulle ginocchia- Non riesco a credere che…»
Le ragazze rimasero un attimo in silenzio, ricordando la morte di Tenchimaru e il modo in cui Anna era crollata a terra, come se la vita la stesse abbandonando…cosa che in effetti aveva fatto.
«Sesshomaru sarà distrutto.- disse Kagome, asciugandosi gli occhi- Sono sicura che lui e Inuyasha verranno qui per uccidere Soichiro. Ha poco da stare allegro, quel maledetto.»
«A che spade si riferiva Soichiro?» chiese Ukyo, liberandosi dai legacci.
«Tessaiga e Tenseiga, le spade di Inuyasha e Sesshomaru.» disse Sango.
«Avrà una bella sorpresa, quando si accorgerà di non poterle nemmeno toccare.» disse Kagome, sprezzante.
«Cosa vuoi dire?» chiese Akane, sorpresa.
«Le spade hanno un kekkai di protezione. Solo il proprietario e gli esseri umani possono toccarle. Sono precluse agli altri demoni.- spiegò Kagome- Inuyasha e Sesshomaru verranno di certo, ma per uccidere Soichiro!»
«Ci saranno anche Ranma e gli altri.» disse Akane, mentre Ukyo la aiutava a slegarsi.
«Non credo che li lasceranno venire.» disse Kagome. Akane fece un sorriso.
«Tu non conosci Ranma.- disse- Non si farà mai lasciare indietro, sapendo che siamo in pericolo.»
«Allora ascoltate. Dobbiamo dar loro una mano, quanto più possibile.- disse Sango- State pronte a combattere alla minima distrazione delle guardie. Li aiuteremo a vincere, d’accordo? E vendicheremo Anna.»
Le ragazze annuirono, poi, in silenzio, si misero in attesa dei loro salvatori.

***

La sera stava calando sul villaggio di Edo.
Soichiro attendeva alle porte dell’agglomerato, mentre dietro di lui una trentina fra demoni e guerrieri umani restavano in silenzio, immobili, attendendo un ordine. Perfino gli ostaggi, che in quel momento erano trattenuti nella ferrea presa delle loro guardie, non emettevano un fiato, attendendo in silenzio l’arrivo di Inuyasha e Sesshomaru. Soichiro si stava spazientendo. Il terzo giorno era quasi finito e ancora non c’era traccia dei due fratelli inu-yokai. Possibile che avessero lasciato le ragazze al loro destino? Soichiro corrugò la fronte. No, non era possibile. Inuyasha sembrava un sentimentale e aveva mostrato sempre un intenso legame con la miko umana. Lui non l’avrebbe mai abbandonata nelle mani del suo peggior nemico.
Un sorrisetto nacque sul suo volto, per poi morire subito. A meno che Sesshomaru non si fosse messo in mezzo. Soichiro si oscurò in volto. Era possibile che avesse fatto male i suoi calcoli. Dopotutto stava trattando con Sesshomaru…E se la perdita della demone bionda non avesse intaccato la sua freddezza? In quel caso, era facile che l’inu-yokai avesse impedito al fratello di gettarsi in pasto alla tigre e di consegnargli la spada. Era da Sesshomaru lasciare che quelle ragazze, che per lui erano meno di niente, fossero uccise.
«Dannazione…» sibilò Soichiro, con una smorfia. Non ci aveva pensato. Tutto quel parlare di salvare gli umani e via dicendo non era da Sesshomaru. Di sicuro era un’idea della demone bionda, ma era logico che, una volta morta lei, il cuore di Sesshomaru sarebbe diventato ancora più duro. Si era fatto assuefare dalle chiacchiere di quella Anna, come se non avesse mai affrontato Sesshomaru. Imprecò ancora a mezza voce.
«Padrone…» disse un demone.
«Che c’è?» chiese Soichiro, voltandosi come una vipera.
«Credo che stiano arrivando.» disse quello, dopo un attimo di sconcerto per la reazione.
Dalla mente di Soichiro tutte le congetture scomparvero, lasciando il posto a una nuova, fremente impazienza, mentre alzava lo sguardo, seguendo l’indicazione del suo sottoposto. Tre carri volanti, che apparivano infuocati alla luce del sole morente, stavano sorvolando la foresta, dirigendosi verso di loro. Soichiro sorrise. Dopotutto, pareva che le cose stessero girando ugualmente a suo favore. Si voltò verso le ragazze, sempre sorridendo.
«I vostri cavalieri stanno arrivando.- disse, sarcastico- Fate una mossa o un gesto in più e vi faccio decapitare davanti ai loro occhi, chiaro?»
Nessuna di loro rispose, ma Soichiro, con aria sprezzante, se ne disinteressò, riportando il proprio sguardo sui carri volanti. Questi atterrarono di fronte a loro, a breve distanza dal gruppo nemico. Alcune sagome scesero con movimenti circospetti. Tra tutte, spiccava la figura bianca di Sesshomaru, il cui viso era oscurato dalle prime ombre della sera.
«Benvenuti, miei cari.- disse Soichiro, facendo un regale cenno d’invito- Lieto di vedere che il cuore ha vinto sulla ragione, mio caro Sesshomaru.»
«Finiscila con le chiacchiere.- disse lui, secco, mentre gli umani gli si mettevano ai lati come una guardia d’onore- Non parlare di cose che non conosci e passiamo al sodo.»
Soichiro rise, senza accorgersi che, dietro di lui, Kagome era impallidita e aveva trattenuto un sobbalzo. Sango, che si era accorta immediatamente dell’assenza di Miroku e di Inuyasha, guardò Kagome e la vide fissare Sesshomaru con la bocca aperta. Le colpì il piede con tocco leggero e Kagome si voltò verso di lei, incrociando il suo sguardo interrogativo.
«Inuyasha.» sillabarono appena le labbra di Kagome. Sango, stupita, riportò la sua attenzione su Sesshomaru. In effetti, a ben guardarlo, sembrava strano…meno algido. Anche la sua voce era un po’ più rude del solito.
“Kami-sama, è davvero Inuyasha!” pensò Sango, riconoscendo Tessaiga al suo fianco. Ma allora dov’era Sesshomaru? E perché quella messinscena?
«Noto la mancanza di tuo fratello Inuyasha.- disse intanto Soichiro, contrariato- Questo non era nei patti.»
Il finto Sesshomaru fece una breve, gelida risata. Sango quasi rabbrividì. Inuyasha stava recitando piuttosto bene!
«Andiamo, Soichiro, utilizza il cervello.- disse, sprezzante- Hai rapito la miko. Non ricordi che mio fratello è un hanyo? Come credi abbia fatto, finora, a utilizzare il suo sangue demoniaco, se non con l’aiuto della miko umana?»
Soichiro strinse le labbra. In effetti, Inuyasha gli era sembrato uno yokai in tutto e per tutto durante le battaglie che avevano sostenuto. Eppure sapeva che era un hanyo…
«E quindi dov’è?» chiese. Possibile che la miko controllasse il suo sangue?
«Non lo so.- disse Sesshomaru, scrollando le spalle- Ha ceduto al sangue demoniaco, quando non ha trovato la sua umana al castello. E’ fuggito da qualche parte. Se vuoi la sua spada, temo che dovrai cercartela da solo.»
Soichiro fece una smorfia, infastidito, poi si voltò verso la miko, fulminandola con gli occhi come se quella falla nel piano fosse tutta colpa sua. La ragazza aveva il capo chino e tremava. Sembrava estremamente preoccupata…dunque Sesshomaru non aveva mentito.
«Va bene, procediamo.- disse Soichiro- La tua spada per la vita delle ragazze.»
Sesshomaru sciolse i lacci che tenevano il fodero appeso alla vita e sollevò la spada.
«Eccola.» disse, secco.
«Vieni più avanti e appoggiala per terra.» disse Soichiro, leccandosi le labbra. Sembrò che gli umani avessero qualcosa da ridire, ma Sesshomaru non vi badò, avanzando di qualche passo e appoggiando la spada sul terreno, prima di indietreggiare di nuovo.
«Ora controllerò la spada.- disse Soichiro, venendo avanti- Poi vi riconsegnerò le ragazze.»
“Così potrete morire insieme.” pensò, ridendo tra sé. Allungò la mano verso la spada…e un kekkai di terribile potenza lo colpì, mandandolo a sedere per terra, tenendosi la mano intorpidita. «Ma che dia…» sbottò.
«Tu non sei degno di toccare quella spada.» disse una voce potente, alle loro spalle. Il sangue si congelò nelle vene di Soichiro, fermandogli i battiti. Un ruggito scosse l’aria e un grande demone gatto atterrò con un balzo fra Soichiro e la spada. Soichiro alzò gli occhi con tremenda lentezza, mentre attorno a lui si levavano esclamazioni di meraviglia e paura. In groppa al demone gatto, stava un inu-yokai dall’aspetto regale. Capelli d’argento…occhi d’ambra…una lunga stola rossa sulla spalla.
«Inu…ken…» disse Soichiro, la voce bloccata nella gola secca come un deserto.
«Padre.» mormorò con reverenza Sesshomaru, poco distante.
«Come osi toccare la mia zanna?- disse Inuken, guardando Soichiro con occhi terribili- Ti pentirai delle tue malefatte.»
«No…tu…sei morto.- disse Soichiro, frastornato, senza rendersi conto che ‘Sesshomaru’ aveva ripreso possesso della spada- Tu sei morto! Io stesso ho assistito alla tua morte!»
«Questo non mi impedirà di ucciderti, Soichiro!» disse Inuken, con voce terribile. Soichiro guardò in volto il suo antico nemico con occhi pieni di terrore, mentre le guardie si disinteressavano agli ostaggi per dare una mano al loro signore. Fu allora che il moko-yokai si accorse che gli occhi di Inuken erano diventati due grottesche sfere bianche dallo sguardo strabico.
«Non ce la faccio più!!!» esclamò Inuken con una vocetta assurda.
«Cosa?!» disse Soichiro, senza voce. Ma che diavolo stava succedendo? In quell’istante, un grido giunse alle sue spalle, seguito da un gorgoglio e dal grido delle ragazze. Voltandosi rigidamente, Soichiro vide una figura vestita di rosso tagliare la gola di netto ai demoni, per poi afferrare saldamente la miko per la vita e balzare sulla groppa del demone gatto.
«Inuyasha?» chiese Soichiro, non sapendo più da che parte guardare. No…quello era un essere umano!
«Corri!» disse l’uomo, mentre Inuken scompariva in una nuvola di fumo, sostituito da quello che pareva a tutti gli effetti un piccolo di kitsune. Basito, Soichiro si vide passare il demone accanto. L’uomo sulla groppa si girò a guardarlo con odio per un istante, mostrandogli un volto bellissimo in cui spiccavano due occhi blu intenso. Lunghi capelli neri gli svolazzavano dietro le spalle.
«Per i demoni…- mormorò Soichiro- Quello è…Sesshomaru?!» Sesshomaru umano? Ma allora chi diavolo c’era sotto quell’abito bianco?
«Correte! Qui ci pensiamo noi!» disse il finto Sesshomaru, sguainando la spada. Soichiro riconobbe finalmente Inuyasha sotto le spoglie del fratello maggiore.
“Maledetti…- pensò, mentre la furia gli faceva bollire il sangue- Maledetti, mi hanno giocato per bene.” Si alzò in piedi con uno scatto. Evitò Inuyasha, che si stava avventando su di lui, e si mise a correre dietro il demone gatto. Non gli importava affatto della lotta che si stava svolgendo alle sue spalle. Sesshomaru…quel dannato si era preso gioco di lui! Non capiva perché avesse salvato solo la miko, né perché avesse quell’aspetto umano, ma quel che era certo era che Soichiro aveva tutta l’intenzione di approfittarne. Sesshomaru sarebbe morto come era morto Inuken e stavolta avrebbe avuto il piacere di dargli personalmente il colpo di grazia. Con un potente ruggito, Soichiro si trasformò in un’enorme tigre gialla.
Inuyasha, vedendo la trasformazione, imprecò. Non poteva seguire Sesshomaru e Kagome. Le altre ragazze erano ancora in pericolo e non poteva lasciare Ranma e gli altri a combattere da soli contro dei demoni. Imprecando, Inuyasha strinse con forza l’elsa di Tessaiga e diede le spalle alla tigre, lanciandosi nella mischia. Sperava solo che Sesshomaru fosse in grado di contrastare il moko-yokai.
Distolse con uno sforzo di volontà lo sguardo dalle sagome sempre più lontane di Kirara e di Soichiro, che si stavano allontanando verso il Goshinboku. Sembrava che Soichiro stesse guadagnando terreno, ma Inuyasha non poteva andare ad aiutare Sesshomaru. Non avrebbe nemmeno dovuto indugiare in quel modo. C’erano ancora quattro ragazze in balia dei demoni.
“Sesshomaru, proteggi Kagome.” pensò, stringendo i denti e sfoderando Tessaiga.
«Inuyasha!» gridò Mousse, richiamandolo.
I demoni non si erano fatti spaventare dal fatto che il loro capo si era allontanato. Uccidere qualche umano poteva essere un divertimento adatto a dimenticare quella insulsa giornata d’attesa. Si stavano quindi riversando sui poveri giovani, mentre coloro che avevano in consegna le ragazze si stavano allontanando, trascinandole via nonostante i loro sforzi per liberarsi.
«Akane!!» gridò Ranma, scorgendo la figura della fidanzata tra quella folla.
«Ranma!» rispose lei, contorcendosi tra le braccia del suo aguzzino senza successo. Ranma, irato, spiccò un balzo, tentando di saltare la folla di demoni che stava convergendo su di loro per concentrarsi sull’inseguimento del bastardo che gli stava portando via Akane, ma un colpo lo raggiunse al fianco, sbattendolo per terra.
«Ranma, attento!» gridò Ryoga, tirando un calcio in testa a un demone che stava per fare della faccia di Ranma una frittella. Con una smorfia di dolore, Ranma si alzò da terra con una capriola.
«Maledetti, stanno portando via le ragazze!» sibilò, stringendo i pugni. Due demoni lo attaccarono, separandolo da Ryoga e costringendolo a difendersi. Imprecò. C’erano troppi, troppi avversari! Di quel passo, Akane e le altre chissà dove sarebbero state portate! «Sono troppi!» gridò, saltando sulle spalle di un demone e circondandogli il collo con le gambe, costringendolo a rovinare per terra. «Inuyasha! Cosa facciamo?!» chiese, saltando via e centrando la faccia di un guerriero con un doppio calcio.
«Inuyasha! Ci stanno portando via le ragazze!» disse Mousse, utilizzando al meglio le sue innumerevoli corde nascoste. Catturò due demoni e li fece cozzare duramente al suolo. Un normale essere umano sarebbe rimasto a terra, privo di sensi, ma quei dannati demoni avevano una resistenza fuori dal comune. Mousse imprecò, accorgendosi di non aver sortito effetto, e si apprestò a sollevare di peso i due per farli roteare.
«Attento, signor Mousse!» gridò Konatsu, anch’egli preso dal combattimento. Mousse si abbassò per evitare una zampata che gli passò, sibilando, a pochi centimetri dalla testa. Nel mentre, i due demoni si liberarono, strappando le corde e rendendole inutilizzabili. Mousse imprecò, abbandonando funi e contrappesi a terra.
«Bisogna disimpegnarsi.- disse Ryoga- Qualche idea?»
«Cercate di andarvene da qui.- disse Inuyasha, che in quel momento stava combattendo a suon di pugni- Non posso usare Tessaiga con voi di mezzo! Pensate alle ragazze!»
«Ma Inuyasha…» iniziò Ranma.
«Io posso farli fuori tutti in un colpo solo!- lo interruppe Inuyasha, rabbioso- Mi siete d’ostacolo e basta. Pensate a salvare le ragazze, vi ho detto!»
«Va bene, allora.- disse Mousse, avvicinando le braccia al petto- Pronti alla diversione, ragazzi!»
«Grazie, Inuyasha.» disse Ranma. I due si scambiarono un’occhiata e Inuyasha annuì.
«Via da qui!» gridò Mousse, lanciando una gran quantità di petardi e bombette. Una lunga serie di esplosioni, seguita da una considerevole fumina, gettò nella confusione i demoni. Ranma, Ryoga, Mousse e Konatsu si lanciarono in corsa attraverso il gruppo dei nemici, nascosti dal fumo, facendosi largo a gomitate. Inuyasha, tossendo e coprendosi il naso, vide balenare un paio di volte la luce dello Shishi Hoko Dan di Ryoga e sentì Konatsu gridare il nome di qualche assurdo colpo, prima di sentire i loro odori allontanarsi definitivamente verso la foresta. Quando il fumo iniziò a diradarsi, Inuyasha si trovò, da solo, ad affrontare almeno una ventina di demoni. Questi, rabbiosi per essersi fatti scappare gli esseri umani, conversero su Inuyasha. Lui sorrise, sarcastico.
«Ora inizia il divertimento.- disse, alzando la Tessaiga- Sono certo che Kaede mi perdonerà se danneggerò qualche casa, ma ho fretta di tornare da Kagome.» Il sorriso si trasformò in un ringhio, mentre alzava la spada in un arco scintillante.
«Kaze no Kizu!»

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Capitolo 15
*** 15- Liberare le ragazze ***


Ranma uscì dalla nube di fumo, correndo verso la foresta. Ryoga comparve dopo un istante al suo fianco. Gli altri non erano in vista.
«Dove sono Mousse e Konatsu?» chiese Ranma.
«Saranno ancora là dentro. Inutile aspettarli, ce la faranno.- disse Ryoga- Da che parte si sono allontanati quei bastardi?»
«Va’ a saperlo.» disse Ranma, con una smorfia. Mentre correvano, si mise a osservare il terreno. Si fermò con un’imprecazione.
«Cosa c’è?» chiese Ryoga, spaventato.
«Si sono divisi.- disse Ranma, indicando l’erba- Guarda in che condizioni pietose è il terreno.»
«Ranma! Ryoga! Dove sono le ragazze?»
I due si voltarono verso Mousse, che correva verso di loro, seguito da Konatsu.
«Pare che si siano inoltrati nella foresta e si siano divisi.» li informò Ryoga mentre i due li raggiungevano, ansimando per la corsa.
«Cosa?!» chiese Mousse, preoccupato, facendo saettare lo sguardo tra le orme confuse come cercando un segno del passaggio di Shan Pu.
«Dividiamoci anche noi.- disse Ranma, deciso- Che ognuno di noi segua una traccia. Non stiamo qui a perdere tempo!»
«Akane, sto arrivando!» gridò Ryoga, lasciandosi indietro gli altri e mettendosi a seguire una delle piste.
«Va bene, Ranma.- disse Mousse, iniziando a sua volta a correre- Ma se trovi Shan Pu, chiamami. Non osare toccarla!»
«Buona fortuna, signor Ranma!» gridò Konatsu, iniziando a balzare di ramo in ramo, seguendo la propria pista dall’alto. Ranma iniziò a correre a sua volta, sperando ardentemente di essere sulle tracce di Akane.
“Li farò pentire di averla toccata con le loro dannate mani.- pensò- Akane, resisti! Sto arrivando!”
Dietro di lui si sollevò un grande vento e un boato. Inuyasha aveva colpito.
Intanto Ryoga correva, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Aver visto Akane strapazzata e trascinata via da uno di quei dannatissimi demoni lo aveva riempito di un’apprensione insostenibile. Voleva vedere Akane! Voleva vederla, essere sicuro che stesse bene, che non fosse ferita! Se l’avevano fatta piangere li avrebbe picchiati fino a farli sanguinare e se l’avevano ferita li avrebbe uccisi!
“Perché hai voluto seguirci, Akane?- pensò, digrignando i denti- Perché non sei rimasta a casa?”
Era sciocco chiederselo. Per Ranma. Sempre e solo per Ranma. Perché Akane voleva tanto bene a quell’idiota, che non si rendeva nemmeno conto della fortuna che aveva ad averla a fianco? Ryoga si asciugò con rabbia le lacrime che minacciavano di offuscargli la vista. Se solo fosse riuscito a confessarle il proprio amore…Ma no. Era inutile continuare a illudersi, Akane amava Ranma, ormai era palese. Una breve immagine di Akari, la dolce ragazza che gli aveva rivelato di amarlo nonostante la sua maledizione, gli passò per la mente.
“Che egoista.- si disse- Come posso pensare ad Akari quando ancora smanio per Akane? Akari perdonami…non so se e quando sarò pronto a corrisponderti con tutto il cuore.” Il suo volto assunse un’espressione decisa. «Basta! Ora devo solo trovare Akane.» disse ad alta voce, imponendosi di smettere quei ragionamenti. Abbassò lo sguardo sul terreno…e si accorse di aver perso la traccia che stava seguendo.
«Eh?» disse, fermandosi di scatto. Rimase a guardare il terreno con aria imbambolata, come aspettandosi che la traccia ricomparisse, poi studiò la foresta attorno a sé.
«Mi…mi sono perso.» disse, attonito. «Argh! No, mi sono perso! - gridò, arruffandosi i capelli con le mani- Idiota, idiota di un Ryoga Hibiki! Akane, dove sei?!»
Come in risposta, un grido femminile provenne dalla sua destra. Ryoga si alzò in piedi di scatto, attento.
«Akane! Sto arrivando!» gridò, correndo nella direzione da cui era provenuto il grido. Tra gli alberi, vide la figura di un demone in armatura rossa che cercava di tenere ferma a terra una ragazza che si dimenava.
«Lasciala stare, maledetto bastardo!» gridò, sbucando come una furia dagli alberi e centrando il demone con un calcio volante che lo allontanò dalla ragazza. «Akane?!» ansimò Ryoga, inginocchiandosi immediatamente accanto alla ragazza.
«Ryoga, sei tu?» chiese lei, alzandosi a sedere. Ryoga si trovò davanti il volto pieno di lividi di Sango.
«Sa…Sango!- disse- Allora dov’è Akane?»
«Attento!» gridò Sango. Ryoga si spostò appena in tempo per evitare l’attacco del demone.
«Sei solo uno stupido essere umano.- rise quello, continuando ad attaccarlo- Cosa credi di fare?»
Ryoga schivò gli attacchi con facilità. Quel demone era forte, ma la velocità a cui l’aveva abituato Ranma era superiore.
«Non ho tempo da perdere con uno come te! Io devo salvare Akane!- disse, incrociando le braccia sul petto- Shishi Hoko Dan!»
Il demone, stupefatto, venne colpito in pieno dal colpo energetico.
«Shishi Hoko Dan! Shishi Hoko Dan! Shishi Hoko Dan!»
Ryoga sparò numerosi colpi uno dietro l’altro, aiutato dalla propria disperazione, e il demone, alla fine, cadde in ginocchio, faticando a restare cosciente. Ryoga riprese fiato per sparare un ultimo colpo, quando la testa del demone si staccò di netto e cadde a terra. Il corpo la seguì a breve. Ryoga osservò, stupefatto, Sango, la quale era in piedi con una katana insanguinata in mano.
«Gli è caduta.- spiegò Sango, scura in volto- Se avessi avuto il mio Hiraikotsu, l’avrei ucciso molto prima.»
«Ti ha fatto qualcosa?» chiese Ryoga, preoccupato nel vedere i lividi sul suo volto.
«Mi ha solo picchiata per farmi stare ferma.- disse Sango, scuotendo il capo- Grazie di tutto, Ryoga.»
«Di nulla.- rispose lui, frettoloso- Sai dove hanno portato Akane?»
«No, ci hanno divise.» rispose Sango. Ryoga si morse un labbro, frustrato. «Ryoga, perché Miroku non c’è? Dove hanno portato Kagome-chan?- chiese Sango, apprensiva- E Anna…Anna è davvero…»
«Sango, io devo cercare Akane.- disse Ryoga- Se verrai con me ti racconterò tutto, ma, ti prego,  muoviamoci.»
Sango annuì, stringendo con fermezza la katana.
«Va bene, andiamo. Potrei esserti d’aiuto.» disse. I due si incamminarono nella foresta.

***

«Signorina Ukyo!» gridò Konatsu, mentre saltava da un ramo all’altro. Il cuore gli si era fatto minuscolo, in petto, al pensiero di quello che i demoni potevano aver fatto alla sua graziosa padroncina.
“Se solo avesse con sé la sua spatola...- pensò, stringendo le labbra e trattenendo le lacrime- Sono così inutile! Se non riuscirò a salvarla, non me lo perdonerò mai.”
«Signorina Ukyo!» gridò ancora, con la voce spezzata dall’angoscia. D’improvviso, vide due movimenti nel bosco. Un lampo di bianco…il nastro per capelli di Ukyo! «Signorina Ukyo!- gridò ancora- Resistete, sto arrivando!»
«Konatsu!» gridò Ukyo. Si udì un tonfo, un grido soffocato e quindi altri rumori di colluttazione, mentre la vegetazione nascondeva la ragazza e il suo rapitore alla vista. Konatsu scese a terra, mentre gli occhi gli brillavano del sacro fuoco dell’ira. Cosa stava facendo quel demone alla sua adorata Ukyo?!
«Ukyo, arrivo!» gridò, dimentico del suo solito atteggiamento delicato. Ukyo sbucò in quell’istante dai cespugli, gettandoglisi praticamente tra le braccia nell’impeto della corsa. Subito dietro di lei veniva il demone, una delle guardie del corpo di Soichiro, con la spada sguainata. Ukyo teneva in mano un grosso ramo d’albero spezzato a metà. L’aveva evidentemente usato contro il suo rapitore, ma un demone non era tipo da soccombere a un colpo del genere.
«Konatsu, siete venuti…» iniziò a dire Ukyo. Konatsu la interruppe, scagliandola senza troppe cerimonie alle sue spalle per sottrarla al pericolo incombente.
«Nasconditi! Qui ci penso io!» le ingiunse, con un sorriso in cui si poteva leggere tutto il suo sollievo nel vederla sana e salva. Konatsu non badò all’espressione sorpresa di Ukyo e lanciò una pezza bagnata in faccia al demone, che ristette, soffocato. Questo diede tempo a Konatsu di estrarre la spada  e scagliarsi contro il suo nemico. Il demone si levò la pezza dalla faccia e parò con facilità l’affondo di Konatsu, scagliandolo con un solo colpo contro un tronco d’albero.
«Konatsu!» gridò Ukyo.
“E’…forte.- pensò Konatsu, riprendendo fiato- Dovrò puntare sulla mia velocità.”
Con un sorriso confidenziale, il demone si gettò contro Konatsu, pronto a tagliarlo in due con la spada, ma il giovane kunoichi spiccò un balzo, spostandosi su un ramo d’albero sopra di lui.
«Ti farò assaggiare l’abilità delle kunoichi.» disse Konatsu, iniziando a saltare in maniera imprevedibile da un ramo all’altro. «Happobijin Shuriken!» gridò, bersagliando il demone di coltelli da lancio. Ukyo era stupefatta. Il docile, quasi imbarazzante Konatsu si era trasformato in un guerriero coi fiocchi. Stava mettendo in seria difficoltà un demone…anzi, l’aveva già ferito in più punti! Konatsu non amava combattere sul serio e le sue tecniche assurde lo dimostravano, ma in questo caso sembrava disposto a uccidere pur di salvarle la vita.
“Devo aiutarlo.- pensò Ukyo- Ma come? Non ho nulla con me! Sono così inutile senza i miei attrezzi per l’okonomiyaki?”
Il demone si stava stancando di giocare con quell’insulso essere umano. Decise di concentrarsi su di lui, ignorando le lame che gli sfrecciavano attorno. Tre o quattro di esse lo colpirono, affondandogli nella carne delle braccia e delle gambe, ma lui non si mosse finché l’umano non gli sfrecciò a fianco.
«Eccoti!» gridò, affondando la katana con tutte le sue forze.
Konatsu sentì la lama farsi strada nella carne e perse slancio, cadendo a terra e rotolando sulle foglie secche per un tratto, mentre una lancia di dolore gli offuscava la mente.
«Urgh…» gemette, cercando di alzarsi a sedere. Sembrava che il demone, il quale si stava ora accingendo a finire il lavoro iniziato, avesse tentato di tagliarlo in due. Per fortuna, invece del fianco morbido aveva preso l’anca e la spada si era fermata a contatto con l’osso. Il bacino, però, in quel momento gli stava facendo vedere le stelle. Doveva avere l’articolazione incrinata, se non spezzata. Alzarsi era fuori discussione.
“Maledizione…” pensò, vedendo il demone che si avvicinava. Afferrò di nascosto una grossa lama ricurva. «Ukyo, scappa!- gridò, preparandosi a uccidere il demone nel momento in cui avrebbe calato la spada su di lui- Raggiungi il signor Ranma e gli altri!»
«Non ti lascio da solo!» gridò Ukyo, afferrando un grosso masso e scagliandolo con precisione contro la testa del demone, che, sorpreso, cadde in ginocchio a poca distanza da Konatsu.
“Perfetto!” pensò il kunoichi, allungando il braccio con una smorfia di dolore e affondando la lama nel collo del demone. Con una smorfia, Konatsu vide il demone boccheggiare, mentre un torrente di sangue scuro gli scaturiva dalla gola, sporcando la mano e parte del braccio di Konatsu. Dopo alcuni, interminabili istanti, il demone cadde a terra, morto, strappando dalle mani di Konatsu la lama.
«Konatsu!» gridò Ukyo, raggiungendo l’amico. Il ragazzo si appoggiò con la schiena a un tronco, con una smorfia di dolore. Ukyo gli si inginocchiò a fianco, esaminando la ferita con dita tremanti. «Konatsu, stai bene? Kami-sama, guarda cosa ti ha fatto…»
«State bene, signorina Ukyo?» chiese Konatsu, interrompendola. Ukyo annuì e Konatsu sfoggiò un sorriso brillante. «Meno male.» sospirò, detergendosi il sudore dal viso. «Grazie per il vostro aiuto.» Ukyo scosse il capo.
«Cosa dici?! Mi hai salvata tu, Konatsu!» disse. Konatsu arrossì e inaspettatamente, Ukyo sentì le proprie guance farsi calde. Konatsu era stato…beh, fantastico! L’aveva protetta. Si era comportato come un uomo, una volta tanto. Vedendo che tentava di alzarsi, lo fermò. «Cosa credi di fare?!- lo sgridò- Torna a sedere! Non puoi muoverti, con una ferita del genere!»
Konatsu obbedì per riflesso, arrossendo ancora, poi tentò di recuperare un po’ di contegno.
«Ecco…allora potreste lasciarmi qui e andare a cercare il signor Ranma…» propose.
«No.- sbottò Ukyo- Qui da solo non ti lascio!»
«Oh…» mormorò Konatsu, arrossendo ancora di più. Ukyo sorrise con tenerezza. Ecco il Konatsu che conosceva. Si sedette accanto a lui.
«Li aspetteremo qui. Quando Ranma avrà salvato Akane, ci verrà a cercare.» disse. Cogliendo la nota di tristezza nella voce di Ukyo, Konatsu la guardò, con un groppo in gola.
«Non siate triste, signorina Ukyo. So che avreste preferito il signor Ranma, ma…» mormorò. Ukyo gli sorrise.
«Chiamami solo Ukyo, Konatsu.- gli disse- Di questo ‘signorina’ ne ho avuto abbastanza.»
Konatsu osservò attonito il viso sorridente della ragazza che, nel profondo del cuore, amava, poi sorrise.
«Sì.» disse, annuendo. Il sorriso di lei gli scaldava il cuore. Se avesse dovuto accontentarsi anche solo di quello per il resto della sua vita, sarebbe stato comunque un onore.

***

Mousse non dovette cercare a lungo. La voce acuta di Shan Pu lo trovò prima che lui trovasse la ragazza.
«Aya! Giù le zampe, maledetto!!» la sentì strillare, non molto distante.
«Shan Pu, sto arrivando!» gridò Mousse, correndo più in fretta. Sbucò in una minuscola radura e si bloccò alla vista che gli si stava mostrando. Shan Pu era seduta sulla schiena di un demone, martellandogli la testa con un sasso piuttosto grosso mentre quello cercava di difendersi tenendosi il capo con le mani. Akane Tendo osservava la scena con espressione attonita, la stessa che in quel momento Mousse si sentiva sul viso.
«Mousse?» disse Akane, scorgendolo.
«Mousse!» esclamò Shan Pu, smettendo momentaneamente di massacrare il proprio rapitore.
«Shan Pu!- disse Mousse, mettendosi gli occhiali per essere certo di non aver frainteso tutta la scena- Cosa stai facendo, se non sono indiscreto?»
«Cosa credi che stia facendo?!- sbottò Shan Pu, seccata- Mi sto liberando da sola, visto che voi ci avete messo una vita a venirmi a salvare! Non sono certo inferiore ad Akane!»
Mousse guardò Akane e lei fece spallucce.
«Sono riuscita a stordire il demone che mi teneva.- spiegò la ragazza- Quando ho sentito Shan Pu, sono venuta ad aiutarla, ma pare che non abbia bisogno di me.»
«Puoi scommetterci!» sentenziò Shan Pu. Il demone approfittò della sua distrazione per alzarsi in piedi di scatto, facendola cadere a terra. «Aya!»
«Mi hai stancato, ragazzina!» ringhiò il demone, avventandosi su di lei come un gatto rabbioso. Shan Pu si disimpegnò con un’elegante capriola all’indietro e il demone impattò di faccia contro un enorme martello di legno che era comparso tra le mani di un prontissimo Mousse. Akane si fece avanti per aiutare i due, ma Shan Pu la fece desistere con un’occhiata.
«Stai indietro, potresti farti male.» disse, prima di lanciarsi con un acuto grido di battaglia contro il demone.
«Shan Pu, ti aiuto!» disse Mousse, avventandosi contro il nemico con quelli che sembravano tanto due falcetti in mano. Akane, basita, rimase a osservare i due darle di santa ragione al demone, che non sembrava poi tanto forte. Mousse e Shan Pu sembravano addirittura divertirsi! Akane scosse la testa, sedendosi per terra contro un tronco d’albero. Inutile intervenire senza il loro permesso.
Akane sospirò. Ranma…chissà dov’era. Forse la stava cercando, come Mousse aveva cercato Shan Pu. Era lieta di essere stata in grado di liberarsi da sola, ma allo stesso tempo desiderava che Ranma si battesse per lei con lo stesso impeto con cui Mousse lo faceva per Shan Pu.
«Ranma…» mormorò Akane, persa nei suoi pensieri, prima che una presa rude la afferrasse per un braccio e la trascinasse di peso nel folto. Tentò di gridare, ma una mano le calò sulla bocca, impedendole di emettere fiato. Alzò lo sguardo atterrito sul demone che aveva tramortito poco prima.
«Sei stata furba, tesorino, ma non abbastanza.- disse il demone, sogghignando- Ora io e te passeremo ancora un po’ di tempo insieme, che ne dici?»
Akane si dimenò, ma il demone, avendo imparato la lezione, la tenne con durezza, affondandole le dita nella carne mentre la caricava in spalla e la portava via. Akane lanciò un’occhiata disperata a Shan Pu e Mousse, ma i due erano troppo presi dal loro combattimento per accorgersi di lei.
“Ranma!” gridò nella propria mente, mentre il demone si inoltrava nel folto a grande velocità.
Non trascorsero che pochi minuti dalla sua scomparsa che Ranma sbucò nella piccola radura, attirato dal suono di voci.
«Akane!» gridò, fermando i propri passi. Mousse e Shan Pu, in piedi accanto al corpo inerte del demone, si voltarono verso di lui.
«Ai len!» gridò Shan Pu, gioiosa. Mousse si oscurò in volto, ma Ranma non vi badò.
«Mousse, hai trovato Akane?» chiese.
«Sì, è qui con noi.- disse Mousse, voltandosi- Akane, è arrivato Ra…» Si guardò attorno. La ragazza non si vedeva da nessuna parte. «Ma dov’è finita?» chiese.
«Akane!» chiamò Ranma, febbrile.
«Era seduta lì fino a un momento fa.» disse Shan Pu, perplessa, indicando un tronco d’albero. Ranma vi si avvicinò di corsa e si accorse subito dei rami spezzati nei cespugli lì attorno.
«Qualcuno l’ha portata via.» disse.
«Aveva tramortito il demone che l’aveva rapita.- disse Mousse- Possibile che sia venuto a riprenderla?»
«Possibile che non vi siate accorti di niente?!- sbottò Ranma, prima di riprendere il controllo- Lasciate stare, il danno è fatto. Vado a salvarla. Voi cercate di radunare gli altri e poi raggiungetemi!» Detto ciò, Ranma riprese a correre senza voltarsi indietro. «Akane!»
Ranma corse nella foresta, dimentico dei rami che gli sferzavano il volto e anche della propria stanchezza. Maledizione! Akane era riuscita a liberarsi da sola, per essere poi nuovamente catturata. Che dannata sfortuna! Quel demone doveva essere incattivito, sapeva bene che Akane non ci andava leggera quando decideva di tramortire qualcuno, e ora chissà cosa stava per farle!
«Akane!» gridò ancora. Sbucò in una radura piuttosto vasta. Il demone lo attendeva dall’altra parte, tenendo Akane per la gola. «A…Akane!» disse Ranma, facendo un altro passo avanti.
«Ran…» iniziò a dire Akane, ma il demone aumentò la stretta, soffocando sul nascere la voce della ragazza.
«Hai intenzione di immischiarti, ragazzino?- disse il demone, sprezzante- Ho ancora un po’ da fare, qui, quindi se ci tieni alla pelle fai dietro-front e cercati qualcos’altro da fare.»
Ranma non udì nemmeno le parole del demone. Fissava, scioccato, la sua fidanzata. Il volto di Akane era pallido e i suoi occhi erano lucidi. Gli occhi della ragazza più maschiaccio di tutto il Giappone, gli occhi che non mostravano mai la paura, in quel momento erano terrorizzati. Akane era piena di ferite. Non sembravano profonde, ma la ricoprivano un po’ ovunque, come si poteva intravedere tra i vestiti strappati in più punti e macchiati di sangue. Due graffi le segnavano anche le guance, in un’imitazione dei marchi demoniaci di Inuyasha. Sembravano fatti con lunghe lame…ma con cosa fossero stati fatti era la cosa meno importante.
Akane era stata ferita. Era stata spaventata. Era stata toccata da quell’essere infame che non faceva che blaterargli di andarsene. Negli occhi di Ranma iniziò a bruciare un’ira che aveva sperimentato solo contro Safulan, un altro che aveva avuto la folle idea di attentare alla vita di Akane. Il suo corpo iniziò a tremare, mentre stringeva i pugni fino a ferirsi i palmi.
«Tu.- disse, con voce terribile, spostando il suo sguardo sul demone- Come hai osato?»
«Mi rendo conto che hai intenzione di seccarmi fino all’ultimo.» disse il demone, con una smorfia. Fletté le dita e le sue unghie si trasformarono in lunghissimi artigli.
«Allontanati…da lei.» disse Ranma, che faceva persino fatica a parlare. Il demone rise.
«Altrimenti cosa mi fai?» rise il demone, passando le lunghe appendici sulla guancia di Akane e tracciando altri quattro graffi paralleli sulla sua pelle bianca. Akane si morse un labbro per non gridare.
«Bastardo!» gridò Ranma, lanciandosi contro il demone. Questo colpì Akane per farla scostare e si preparò a trafiggere Ranma con i suoi artigli.
«Ranma!» gridò Akane, vedendo che il ragazzo era proprio sulla traiettoria degli artigli micidiali. Ranma ruotò su se stesso, schivando il colpo e, portandosi a fianco del demone, lo colpì duramente alla nuca con una gomitata. Il demone cadde, pancia a terra.
«Come hai osato toccare Akane?!» ringhiò Ranma, fuori di sé, tornando ad attaccare. Il demone si mosse appena in tempo per evitare il pugno di Ranma, che colpì il terreno. Un veloce colpo di mano del demone e sul petto di Ranma si aprirono quattro ferite sanguinanti.
«Ranma! No!» gridò Akane, spaventata. Ranma si tirò in piedi con una smorfia, pronto a lanciarsi di nuovo contro il suo avversario.
«Coraggio! Voglio proprio vedere quanto tempo ci metterò a ridurti in poltiglia.» sogghignò il demone, facendogli un cenno d’invito.
«Ranma, ricorda che è un demone! Non puoi batterlo con la forza!» disse Akane.
«Tu stai zitta, donna.- ordinò il demone, leccandosi le labbra- Con te, finirò dopo.»
«Non te ne darò mai la possibilità!» gridò Ranma, attaccando.
Mentre tempestava il suo avversario di colpi e ne schivava altrettanti, Ranma si sforzò di pensare. Akane aveva ragione, quello che stava combattendo era un demone. Benché in grado di tenergli testa, non poteva vincere un simile avversario coi soli pugni. Bastava vedere come già lui si sentisse esausto, mentre il demone appariva fresco come una rosa. No, occorreva uno dei suoi colpi speciali. Sembrava fosse ora di usare l’Hiryu Shotenha.
«Te la sei cercata, bastardo.» disse, con un sorrisetto, iniziando la sequenza di passi che avrebbe portato il demone al centro della spirale, verso la sua fine.
Akane osservava la scena con le mani schiacciate sulla bocca per la paura. I tagli le bruciavano, ma la spiacevole sensazione era relegata in un angolo della sua mente, perché tutto il resto era occupato da ciò che si stava svolgendo sotto i suoi occhi. Ranma riusciva sempre a schivare i colpi per un soffio. Non sembrava avere il totale controllo della situazione e ogni volta rischiava di essere colpito.
“Oh, Ranma…è colpa mia se sei in questa situazione.- pensò, mentre le lacrime le pungevano gli occhi- E non posso fare nulla per aiutarti.”
In più, c’era qualcos’altro che non andava, Akane lo sentiva. Ranma stava trascinando il demone ignaro nell’Hiryu Shotenha, ma c’era qualcosa di strano. Era come se…come se ci fossero due spiriti combattivi all’interno della spirale!
«Che…Ranma?!» mormorò Akane. Ranma non era freddo! Occorreva il cuore di ghiaccio per l’Hiryu Shotenha! «Ranma, cosa fai?!» gridò Akane.

***

Quando l’uomo vestito come Inuyasha la afferrò e la caricò di peso su Kirara, Kagome non seppe per che cosa essere più sorpresa. Inuyasha travestito da Sesshomaru, Shippo che fingeva di essere il padre dei fratelli inu-yokai…e ora un uomo travestito da Inuyasha che la portava via?! Kagome si aggrappò al pelo di Kirara, col cuore in gola, mentre l’uomo sollecitava il demone gatto al galoppo. Il suono di quella voce le gelò il sangue nelle vene. Si voltò.
«Se…Sesshomaru?!- sbottò, basita- Kami-sama, cosa ti è successo?!» Sesshomaru non rispose, mentre dietro di loro si levava una cacofonia di grida e commenti.
«Kagome-chan!» gridò Shippo, aggrappandosi alla ragazza per restare in sella.
«Shippo-chan!- disse Kagome, faticando a distogliere lo sguardo dal volto umano di Sesshomaru- Si può sapere cosa sta succedendo?»
«Siamo venuti a salvarti!- esclamò Shippo, fiero del proprio lavoro- Ora Inuyasha e gli altri libereranno Sango e le altre ragazze.»
«Ma…che ci faceva, Inuyasha, vestito come Sesshomaru?! E perché tu hai un aspetto così umano?» chiese ancora Kagome. Gli occhi gelidi di Sesshomaru si posarono su di lei. Erano blu. Kagome non riusciva a capacitarsene.
«Devi aiutare Anna.» disse.
«Non è morta?!- lo interruppe Kagome, aggrappandosi al tessuto rosso- Come sta? Posso fare qualcosa?»
«Se stai zitta due secondi ti spiegherò.- disse Sesshomaru, caustico- Non abbiamo molto tempo.» Lanciò una breve occhiata dietro di sé. Kagome seguì il suo sguardo e con orrore vide che una grande tigre gialla li stava seguendo. Soichiro, senza alcun dubbio. Shippo iniziò a tremare, aggrappato a lei. «Anna non è morta.- riprese a parlare Sesshomaru, dal cui tono traspariva una fretta estrema- Le è stato posto il Sigillo della Vita, che però non è stato in grado di prosciugare le sue energie, viste le capacità proprie di Anna. Le ho donato la mia energia demoniaca per resistere, ma ha bisogno che tu tolga quel Sigillo in tempo, altrimenti non ce la farà. Il monaco si sta occupando di lei, ma non ne avrà per molto.»
«Devi tornare al castello al più presto, Kagome.- disse Shippo- E’ per questo che abbiamo dato la precedenza alla tua liberazione.»
«Ho capito.- annuì Kagome- Ma come facciamo con Soichiro?»
«A lui ci penso io.» disse Sesshomaru, balzando di sella.
«Cosa?- chiese Kagome, sbalordita- Kirara, fermati!»
Il demone gatto obbedì alla ragazza. Kagome scese dalla sua groppa e corse verso Sesshomaru.
«Sesshomaru, cosa vuoi fare in queste condizioni?- disse, preoccupata- Tu non puoi…»
«Rimonta in sella, stupida donna!- sbottò Sesshomaru- Io sono Sesshomaru. So badare a me stesso e non ho bisogno della tua stupida preoccupazione. Se proprio vuoi fare qualcosa, monta su quel dannato gatto e corri più veloce che puoi. Non ti perdonerò, se Anna dovesse morire per la tua esitazione!»
Kagome impallidì, colpita dalla veemenza di quelle parole. Lanciò un’ultima occhiata al nemico in avvicinamento, quindi annuì e corse di nuovo da Kirara.
«Fai attenzione.- lo ammonì, seria, prima di incitare Kirara- Forza, al castello!»
Sesshomaru guardò il terzetto sparire nel folto, quindi si lasciò sfuggire un sospiro. La parte più importante del piano era andata in porto. Anna poteva essere salvata. Ora restava solo la vendetta…una vendetta che lo vedeva partire svantaggiato, ma che non l’avrebbe certo fatto desistere per questo. Sguainò Tokijin, avvertendo la tentazione della spada di ribellarsi al proprio padrone, ma la rimise ai suoi ordini con uno sforzo di volontà. Dopotutto, qualsiasi forma avesse, lui era sempre Sesshomaru, Signore delle Terre dell’Ovest. La grande tigre gialla si fermò a pochi passi da lui, incombendo sulla sua persona. Eppure, Sesshomaru continuava a sentirsi molto più grande del mostro che gli stava di fronte.
«Idiota. Hai tentato di salvarla dandole la tua energia?» chiese Soichiro, con un ruggito. La sua risata fu rombante. «Morirai così come morì tuo padre.»
«Ti insegnerò che un demone resta sempre un demone, qualunque forma abbia.» disse Sesshomaru, gelido, senza muovere un muscolo. «E poi ti strapperò il cuore.»
«Eri più debole di me e lo sei ancora.- sogghignò Soichiro- Questa volta, Sesshomaru, io ti ucciderò.»
La tigre si scagliò contro Sesshomaru. L'uomo dai capelli neri sollevò la spada.

***

Ranma, mentre accompagnava il demone nella spirale, non faceva che pensare al viso ferito di Akane, ai suoi occhi scuri ingranditi per la paura. Il fuoco dell’ira gli bruciava dentro, mentre schivava i colpi e tesseva la sua danza mortale.
“Ora vedrai. Vedrai, dannato bastardo, cosa succede a toccare la fidanzata di Ranma Saotome.- pensava, soffocando il desiderio di colpirlo e basta- Ti concerò così male che non potrai mai più rialzarti da terra.”
«Ranma! Il cuore di ghiaccio!» gridò Akane, facendosi strada tra i suoi pensieri sanguinari. Il cuore…oh, cavoli! Ranma si rese conto in quel momento di essersi comportato come uno sciocco inesperto. La sua ira aveva rovinato più di metà della spirale! Come aveva potuto distrarsi al punto da non pensare a raffreddare la propria aura?! Distratto, sbagliò uno dei passi della spirale, interrompendo la danza perfetta.
«Sei mio!» esclamò il demone, colpendolo con un pugno alla spalla. Ranma sentì l’osso scricchiolare, quindi un terribile dolore, mentre volava via per la forza del colpo e andava ad atterrare duramente vicino ad Akane.
«Ranma! Cosa ti ha fatto?» chiese Akane, preoccupata, avvicinandoglisi. Ranma si mise a sedere con una smorfia, fissando con odio il demone, le cui unghie erano sporche di sangue. «Ranma…» gemette Akane, vedendo che Ranma teneva il braccio destro pressoché inerte. Sulla sua spalla, il sangue stava uscendo abbondantemente da una ferita, inzuppando la casacca rossa del ragazzo.
«Akane, tu stai bene?» chiese Ranma, fissando le sue iridi grigie in quelle scure della ragazza.
«Co…dovrei chiedertelo io, stupido!- sbottò Akane, sul punto di piangere- Da quando in qua perdi il controllo in questo modo? Perché non eri concentrato?!»
Ranma assunse un’espressione così seria e preoccupata che Akane sentì le parole di protesta morirle in gola. Il ragazzo alzò una mano per sfiorarle il volto, seguendo col dito i segni rossi sulle sue guance.
«Ranma, tu…eri preoccupato così tanto per me?» sussurrò Akane. Ranma abbassò la mano.
«Fidati di me. Io lo sconfiggerò.» disse soltanto, serio.
«Ti arrendi, sciocco?» disse il demone, con un ghigno. Akane vide Ranma alzarsi da terra con espressione seria e decisa, nonostante il braccio destro inutilizzabile.
«Io ti sconfiggerò.- disse- E per farlo mi basterà il pugno sinistro.»
Il demone rise.
«Hai molta fiducia in te, ragazzino!» lo prese in giro, prima di riprendere ad attaccarlo. Stavolta, Ranma era al massimo della concentrazione. La sua vita e quella di Akane dipendevano dall’esito di quello scontro. Se fosse riuscito a schivare tutti i colpi e a mantenere il cuore di ghiaccio, avrebbe potuto sparare l’Hiryu Shotenha e per il demone sarebbe stata la fine. La sua danza fu perfetta. Schivò ogni colpo, portando l’ignaro demone sempre più vicino al centro. A un passo dal centro della spirale, Ranma lanciò un’occhiata ad Akane. La ragazza si aggrappò con fermezza a un albero, conscia di ciò che si sarebbe scatenato di lì a pochi secondi. Ranma compì l’ultimo passo. La danza finì.
«Sei morto, moccioso!» urlò il demone, puntando dritto alla faccia del ragazzo.
«Hiryu…- disse Ranma, preparandosi a scagliare il colpo- Shotenha!!»
Ranma alzò il pugno sinistro al cielo con tutta la sua forza, scagliando una lancia fredda nel mezzo della spirale d’aria calda. Ranma vide di fronte a sé la faccia sorpresa del demone, prima che un tremendo tornado si formasse attorno ai due, trascinando il demone, urlante, con sé. Ranma, stringendo i denti, rimase dov’era, mentre il tornado prendeva forza e si allontanava da lui, squassando la foresta. Quando il vento si calmò, Ranma, spossato, cadde in ginocchio.
«A…Akane?» chiamò, guardandosi intorno. La ragazza, sconvolta e piena di foglie nei capelli e nel vestito, corse da lui sulle gambe malferme. Cadde in ginocchio di fronte a lui. Ranma sorrise, alzando due dita in segno di vittoria con aria stanca. «Ho vinto, hai visto?» disse. Akane lo colse di sorpresa abbracciandolo. «Akane…» mormorò Ranma, mentre il cuore gli mancava un battito nel sentire la ragazza singhiozzare.
«Ranma…ho avuto paura.- singhiozzò Akane, la faccia nascosta nel suo petto- Perdonami! Avevi ragione, ti causo solo dei guai. Per colpa mia, tu…» Akane si interruppe quando le braccia di Ranma la strinsero con forza.
«No! Non è vero.- disse il ragazzo, con voce rauca- Sono felice che tu mi stia vicino. Al solo pensiero di quello che avrebbe potuto farti, io…io…»
«Ranma…» mormorò Akane, arrossendo. Ranma la fece scostare un poco per poterla guardare in faccia. Akane si accorse che anche Ranma era arrossito.
«Akane, io sono uno stupido.- disse il ragazzo, togliendole con delicatezza le foglie dai capelli- E’ già la seconda volta che rischio di perderti, senza averti detto che io…io…»
Akane osservò Ranma continuare a ripetere la stessa sillaba, diventando sempre più rosso e nervoso. Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime. Conosceva Ranma da abbastanza tempo da leggere tra i suoi balbettii e stavolta non si sbagliava.
Ranma era frustrato. Per una volta che era deciso a dirle che l’amava, la sua timidezza stava rovinando di nuovo tutto quanto. Riprese fiato, deciso a provare per l’ennesima volta, quando sentì un dito delicato posarglisi sulle labbra. Guardò Akane. Il suo sorriso dolce gli fece fermare il cuore.
«Anch’io, Ranma.» disse lei. Rise piano. «E stavolta non osare ritrattare, scemo.» disse, con un tono davvero molto dolce. Gli occhi di Ranma si illuminarono.
«Akane…» mormorò, carezzandole una guancia e avvicinando il suo viso al suo. Akane chiuse gli occhi…
«Eccovi!»
Con un balzo da record, Ranma e Akane si separarono, mentre tutti i loro amici entravano nella radura. Ranma si morse un labbro, un po’ per il dolore alla spalla dovuto al movimento brusco, un po’ per la frustrazione. Possibile che non riuscisse mai a baciarla? E sì che si erano appena dichiarati…più o meno…..
«Che diavolo stavate facendo?» ringhiò Ryoga, guardando Ranma con occhi assassini.
«Abbiamo visto l’Hiryu Shotenha e abbiamo pensato che foste qui.» disse Mousse.
«Ran-chan, ma tu sei ferito!» esclamò Ukyo.
«Non è nulla. Una frattura, o giù di lì.- tagliò corto Ranma, offrendo ad Akane una mano per alzarsi- Siete tutte salve, vedo.»
«Konatsu, ti sei fatto male?» chiese Akane, riprendendosi dall’imbarazzo. Il kunoichi si appoggiava a Ryoga e Mousse.
«E’ stato ferito mentre cercava di salvarmi.» spiegò Ukyo, lanciando al ragazzo un’occhiata affettuosa che nessuno mancò di notare.
«E Inuyasha?» chiese Sango, guardandosi intorno.
«Non si è più visto. Credo che sia andato ad aiutare Sesshomaru.» disse Ranma.
«Torniamo ai carri.- propose Shan Pu- Inuyasha ci raggiungerà lì, sempre che non ci stia già aspettando.»
«Giusto.» disse Mousse. Il gruppo si incamminò verso il villaggio. Ranma e Akane si scambiarono un’occhiata rassegnata, quindi seguirono gli amici. Non viste, le loro mani scivolarono l’una nell’altra.

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Capitolo 16
*** 16 - La vendetta ***


Author's note: Siamo all'ultimo capitolo! Non lasciateci perchè a seguire ci sarà l'epilogo. Leggeteli entrambi tutti d'un fiato, ci vediamo dopo la parola fine!!

Soichiro si scagliò contro Sesshomaru, il quale fece compiere alla spada un arco che costrinse la tigre a parare con i propri artigli. Il contraccolpo fece tremare le braccia di Sesshomaru, che storse la bocca in una smorfia. Quel corpo quasi umano era davvero debole! Scattò all’indietro, disimpegnandosi, mentre Soichiro gli ruggiva in faccia.
«Quella spada non è male.- disse, leccando la piccola ferita che la pressione del colpo gli aveva inferto sulla zampa- Non buona quanto quella di tuo fratello, ma non male.»
«Basta con le chiacchiere.» disse Sesshomaru, socchiudendo appena gli occhi e saltando contro il suo avversario. Evitò due zampate, gli saltò sul dorso e affondò la spada nella sua schiena. Ruggendo, Soichiro si rotolò per terra e Sesshomaru fu costretto a estrarre la spada e saltare via. Imprecò. Se fosse stato nel pieno delle sue forze, con un colpo del genere avrebbe tagliato a metà la spina dorsale di quel dannato; invece, gli aveva fatto un taglietto da nulla.
«Sei debole, Sesshomaru!» disse Soichiro, avventandosi sull’inu-yokai.
Sesshomaru si trovò a combattere la battaglia più difficile della sua vita. Il corpo non gli rispondeva come avrebbe voluto. Saltando, non raggiungeva le solite altezze; correndo, era meno scattante. La violenza dei suoi colpi, benché superiore a quella di un mero umano, non era paragonabile a quella che esercitava di solito. Si stava limitando a scansare i colpi del suo avversario, piuttosto che respingerli e attaccarlo a sua volta. Strinse le labbra per la frustrazione. Una volta in più, fu lieto di essere nato demone e non umano. Ora, però, la condizione in cui si era messo volontariamente rischiava di fargli passare davvero un brutto quarto d’ora.
«Ma guardati, Sesshomaru.- disse Soichiro, disgustato, mentre sferrava un’altra zampata- Sei patetico! Mi fa quasi ribrezzo ucciderti, non c’è gusto.»
«Non ti lamentare.- disse Sesshomaru- Non mi pare ti abbia mai disgustato schiacciare gli esseri più deboli o utilizzare vili mezzucci.»
«Se proprio ci tieni, sarò lieto di farti fuori.- ringhiò il moko-yokai- Te ne devo una, Sesshomaru. Sulla tua vita c’è un’ipoteca che dura da più di un secolo!»
«Io non sono mio padre!» sbottò Sesshomaru.
«Ma morirai come lui!» ruggì Soichiro, scagliandosi contro Sesshomaru. L’inu-yokai, dimentico dei propri limiti, si preparò a tagliare in due la bocca di quel dannato insolente. Impreparato al peso e alla potenza della tigre, venne invece scagliato all’indietro e andò ad impattare violentemente con la schiena contro un albero.
«Uh…» gemette Sesshomaru, cercando di farsi strada tra le confuse sensazioni che il suo corpo indebolito gli lanciava, prima che una lancia di dolore gli trafiggesse il petto, poco sopra il cuore. Davanti a lui, a poca distanza, il muso della tigre era distorto in un sorriso crudele. Un artiglio del moko-yokai era conficcato nel suo petto e lo inchiodava all’albero. Il contraccolpo gli fece perdere la presa sulla spada, che ricadde contro il tronco. Sesshomaru avvertì un odio indescrivibile montare dentro di lui, mentre il sangue fluiva dalla ferita. Soichiro era stato in grado di ferirlo…di nuovo?! E lui era stato tanto stupido da offrirgliene la possibilità su un piatto d’argento!
“Vorresti dire che ti penti di aver tentato di salvare Anna con la tua energia?” chiese una vocetta nella sua testa.
“No.- si rispose- Ma per avere osato toccarmi un’altra volta, io lo ucciderò.”
«Allora, hai qualcosa da dirmi, Sesshomaru?» chiese Soichiro, beffardo. Rise e il suo alito caldo investì il viso di Sesshomaru, che fece una smorfia. Il moko-yokai roteò l’artiglio nella ferita. «Avevo sentito dire che questo braccio ti era stato tagliato, ma vedo che hai saputo rimediare.- disse Soichiro, fingendo di riflettere- Sono proprio curioso di vedere come appari con un braccio solo.»
Soichiro spinse in alto l’artiglio, tagliando altra carne. Sesshomaru strinse le labbra, impallidendo, per evitare di lanciare un grido. Il dolore era tremendo. Raramente nella sua vita aveva sperimentato un dolore simile.
“E’ questo che provano gli umani?” si chiese. Quel maledetto corpo si stava indebolendo velocemente, a causa della perdita di sangue. In caso contrario, avrebbe strappato a Soichiro quella dannata zampa e gliela avrebbe fatta ingoiare. Soichiro rise.
«E’ un piacere torturarti, mio caro amico.- disse, spingendo ancora di qualche centimetro l’artiglio- Fu a causa tua se non potei avere il piacere di sferrare l’ultimo colpo al tuo paparino. Quel dannato era ancora abbastanza forte da sopraffarmi, vista la ferita che mi avevi inferto.»
Quando Soichiro aveva combattuto contro Sesshomaru, all’epoca, era sì riuscito a ridurlo in fin di vita, ma aveva a sua volta riportato ferite gravissime, che lo avevano costretto a seguire la morte di Inuken da un posto sicuro. Al ricordo, Sesshomaru fece un sorriso cinico. Soichiro ringhiò e rigirò l’artiglio nella ferita, facendolo impallidire ancora di più.
«Ridi, ridi pure, piccolo bastardo.- sibilò- Ma ora ho io la situazione in pugno. La tua vita è mia. Devo solo decidere se torturarti o ammazzarti subito.» Sfoderò le zanne in un sorriso contorto. «Coraggio, pregami, Sesshomaru.- tubò- Pregami di darti una morte rapida. Lo farò, se me lo chiederai con le parole giuste.»
Sesshomaru fece un sorriso freddo, nonostante l’aspetto sconvolto, e non rispose. Soichiro alzò l’altra zampa e la passò lentamente sul torace di Sesshomaru. Tre scie di dolore riempirono il mondo di Sesshomaru, che perse il fiato. Le ferite si aprirono, sotto l’haori squarciato, sanguinando copiosamente. Sesshomaru strinse i denti. Le ferite erano profonde, ma non mortali. Quel bastardo aveva intenzione di farlo morire dissanguato.
«Allora? Chiedimelo!- ruggì Soichiro, perdendo la pazienza- Io sono più potente di te, stupido inu-yokai. Invoca la mia pietà!»
«Io…» iniziò a dire Sesshomaru. Tossì e uno spruzzo di sangue gli uscì dalla bocca. Scosse la testa. «Io sono Sesshomaru, figlio di Inuken, Signore…- tossì ancora, ma la sua voce non cedette- delle Terre dell’Ovest, e non ho bisogno della pietà di nessuno!»
Il muso di Soichiro si sfigurò per l’ira.
«E allora muori!» ruggì, pronto a staccargli la testa con una zampata.
«Sesshomaru!»
Al suono della voce di Inuyasha, Soichiro si voltò, sorpreso. Sesshomaru, con un gelido brillio negli occhi, afferrò con la mano destra l’elsa di Tokijin e sferrò un colpo alla zampa che lo inchiodava all’albero. Forse fu la disperazione, ma stavolta il colpo fu così potente da recidere quasi completamente la zampa dal corpo. Soichiro si staccò da lui, ruggendo di dolore, mentre Inuyasha alzava Tessaiga per colpirlo. Sesshomaru cadde in ginocchio, mentre la vista gli si offuscava. Inuyasha lasciò perdere Soichiro e si avvicinò a lui.
«Sesshomaru!- ansimò- Come ti ha conciato?!» Guardò il fratello. L’erba attorno a lui era rossa di sangue e così le radici dell’albero a cui era stato inchiodato. «Hai inzuppato le radici del Goshinboku col tuo sangue.- disse, allungando una mano per portargli soccorso- Quanto ne hai…»
Sesshomaru scacciò la mano del fratello con un gesto secco, facendo leva su Tokijin per alzarsi in piedi.
«Non seccarmi.- disse, gelido nonostante il dolore- Ho un moko-yokai da uccidere.»
«Ma non puoi farcela, in queste condizioni!» sbottò Inuyasha.
«Stai zitto!» gli ingiunse Sesshomaru, con ira. Sui piedi malfermi, si avviò verso la tigre, che lo fissò con occhi rossi d’ira e di dolore. Inuyasha, imprecando, gettò a terra la stola finta, che lo intralciava nei movimenti e si lanciò a sua volta verso la tigre, deciso ad aiutare il fratello. Soichiro aprì la bocca e sparò una palla di fuoco contro i due fratelli. Entrambi alzarono le spade paterne e si fecero scudo con esse, neutralizzando il fuoco.
«Crepa, bastardo!» ringhiò Inuyasha, utilizzando il Kaze no Kizu. Sesshomaru barcollò appena per lo spostamento d’aria, mentre Soichiro cercava di neutralizzare il colpo con il suo fuoco. Purtroppo per lui, non fu sufficiente. Il colpo di Inuyasha lo raggiunse, ferendolo gravemente in molti punti. La tigre, ruggendo, cadde a terra di schiena, contorcendosi. In un istante, svanì, lasciando il posto a un uomo dai capelli biondi ricoperto del proprio sangue. Inuyasha si fece avanti per finirlo, ma Sesshomaru lo fermò, prendendolo saldamente per una manica.
«No.- disse- Lui è mio.»
Inuyasha, vedendo qualcosa di terribile bruciare negli occhi del fratello, si fece da parte. In fondo, Sesshomaru desiderava quella vendetta da molto tempo. Lui aveva già dato il suo contributo. Sesshomaru si diresse verso Soichiro, che si contorceva a terra, mugolando di dolore e rabbia. Sesshomaru sentiva che le forze lo stavano abbandonando, ma aveva ancora tempo di ammazzare con le sue mani il moko-yokai. Oh sì…aveva una promessa da mantenere. La sua mano lasciò la presa sulla spada, che cadde a terra. Sesshomaru si fermò vicino a Soichiro. Questo aprì gli occhi e se lo vide di fronte. Il suo volto era una maschera d’odio orribile.
«Tu…voi…bastardi, figli di…» biascicò il moko-yokai, tenendosi le ferite terribili. Sesshomaru si inginocchiò accanto a Soichiro.
«Figli di Inuken.- mormorò Sesshomaru, con voce gelida- Figli di Inuken, Soichiro. Non dimenticarlo mai.»
Soichiro impallidì e allungò l’unico arto sano per tentare di strangolare Sesshomaru. Lui alzò una mano sul petto del suo nemico…il demone che aveva ucciso sua madre, suo padre e, forse, la donna che amava. La calò con rapidità, utilizzando tutta la forza che gli era rimasta. Soichiro gridò quando la mano gli affondò nel petto. Sesshomaru, col sudore che gli imperlava la fronte per lo sforzo, strappò il cuore pulsante di Soichiro e lo tenne davanti al viso dell’ancora cosciente demone.
«Non dimenticarlo mai.» ribadì di nuovo, prima di stringere il pugno e ridurre il cuore dell’odiato nemico a una poltiglia. Soichiro gridò…e quella fu l’ultima cosa che fece. Inuyasha, sconvolto per quella vista orrenda, rimase immobile, ancora incredulo che Soichiro fosse morto. Sesshomaru si voltò verso di lui, il volto pallido, e sembrò mormorare qualcosa.
«Ses…» iniziò Inuyasha, facendo per andargli incontro. Sesshomaru chiuse gli occhi e cadde sull’erba. «Sesshomaru!» gridò Inuyasha, spaventato, correndo dal fratello. Lo prese tra le braccia. Sesshomaru aveva il volto cereo e sudato. I capelli lunghi gli si erano appiccicati alle ferite, da cui ancora sgorgava sangue. Inuyasha non aveva mai visto suo fratello conciato a quel modo.
«Sesshomaru…non morire.- mormorò, cercando di farlo riprendere- Non ci provare neanche! Hai appena abbattuto Soichiro, giusto? Sei o non sei il solito Sesshomaru?!»
«Stai zitto, dannato.» ringhiò Sesshomaru, senza aprire gli occhi. Inuyasha non poté trattenere un tremante sospiro di sollievo.
«Allora sei vivo.» disse.
«Credi davvero che muoia così facilmente?- disse Sesshomaru, con una smorfia, tentando di alzarsi- Non mi toccare e fatti i fatti tuoi.» Cercò di alzarsi in piedi e subito ricadde. Inuyasha fu lesto a prenderlo in braccio.
«Feh! Non sei nella posizione di dirmi una cosa simile.- lo riprese Inuyasha, burbero- Ora stai zitto. Quelle ferite sono da bendare.»
«Fammi raccogliere Tokijin. Devo andare…devo vedere se…» mormorò Sesshomaru, che ormai non aveva più forze nemmeno per protestare.
«Vedrai che Kagome ce la farà.- disse Inuyasha, comprendendo- Ma non servirà a molto, se tu mi muori lungo la strada.»
Sesshomaru non rispose. Inuyasha gli permise di raccogliere la spada, poi lo portò via da quel luogo. Sesshomaru chiuse gli occhi, spossato. Sentì che il fratello lo portava giù dalla collina.
“Salvato da Inuyasha. E quasi ammazzato all’albero a cui lui stesso è rimasto inchiodato per cinquant’anni. E’ il colmo.” non poté fare a meno di pensare. Il volto di Anna gli balenò nella mente. Si rese conto di essere sul punto di perdere conoscenza. Si morse con forza un labbro e il dolore lo riportò alla realtà. “Ce la farò. Devo sapere che Anna sta bene. Devo vederla…ancora una volta.”
Stringendo i denti mentre sentiva le grida preoccupate degli umani che l’avevano accompagnato, Sesshomaru si preparò a resistere. Lo aspettavano tre giorni di volo, prima di raggiungere il castello.

***

Inuyasha osservava con aria cupa il fratello, che era disteso sul fondo del carro volante.
Sesshomaru era ancora in forma umana. Le poche energie che gli erano rimaste si stavano dissipando velocemente a causa delle ferite, che non gli permettevano di riaccumularne abbastanza per tornare alla sua forma originale, cosa che avrebbe innescato l’auto-guarigione in tutto il suo corpo. Benché non fossero a rischio d’infezione, le ferite erano profonde e il demone aveva perso moltissimo sangue. Il braccio sinistro era ancora attaccato al resto del corpo per miracolo. L’intera parte superiore del corpo di Sesshomaru era coperta di bende macchiate di sangue. Il suo volto era cereo e ombre gli erano comparse sotto gli occhi. Erano tre giorni che Sesshomaru vagava nella semi incoscienza e Inuyasha cominciava a essere davvero preoccupato. Non aveva mai visto Sesshomaru in quello stato. Un normale essere umano sarebbe morto dopo pochi minuti. Sesshomaru doveva aver dato ad Anna tutta l’energia di cui aveva potuto fare a meno, per essere ridotto in quel modo.
Sospirando, Inuyasha prese una pezza di stoffa e la avvicinò alla fronte di Sesshomaru, intenzionato ad asciugargli la fronte imperlata di sudore. Sesshomaru allontanò la sua mano con uno schiaffo improvviso, aprendo appena gli occhi blu e fulminandolo con un’occhiata, prima di tornare immobile, ansimando.
«Bah, fai come ti pare.» brontolò Inuyasha, gettando la pezza in un angolo con fare rabbioso. Erano tre giorni che viaggiavano. Presto avrebbero raggiunto il castello e tutti avrebbero potuto ricevere le cure adeguate. Inuyasha si alzò in piedi e scambiò un’occhiata con gli altri occupanti dei carri volanti. Ranma aveva un braccio legato sommariamente al collo. Akane era coperta di tagli che si stavano rimarginando. Konatsu non poteva ancora camminare ed era parso chiaro che la sua guarigione sarebbe stata una cosa lunga. I lividi sul volto di Sango stavano scomparendo.
«Come sta?» chiese Sango, alludendo a Sesshomaru.
Inuyasha scosse la testa.
«Male. Ma è testardo e non si lascia curare.- disse fra i denti- Speriamo di arrivare presto.»
«Kirara e Kagome saranno già arrivate.» disse Sango. Si incupì in volto. «Inuyasha, credi che…»
«Lo sapremo presto.» la interruppe Inuyasha, lanciando un’occhiata veloce a Sesshomaru. Non voleva pensare a cosa sarebbe successo se Kagome non fosse riuscita a salvare Anna. Volarono ancora per qualche ora, poi, finalmente, Ranma avvistò il castello.
«Ragazzi, ci siamo.» disse. Scambiò un’occhiata con Akane. Avevano atteso e allo stesso tempo temuto quel momento fin da quando erano partiti da Edo. E se Kagome non ce l’avesse fatta? Se Anna fosse morta davvero? Non potevano pensarci. Vedere Sesshomaru ridursi in quelle condizioni per lei aveva mitigato non poco la brutta opinione che Ranma si era fatto del demone. Akane gli strinse la mano.
«Speriamo che sia andato tutto bene.» mormorò. Ranma annuì. Non potevano che sperare. I carri si abbassarono di quota, avvicinandosi alla prima muraglia. Inuyasha si tese. Non vedeva nessuno sulle mura: perché?
«Inuyasha, è normale che non ci siano guardie?» chiese Ryoga, dando voce ai suoi pensieri.
«Certo che no.- disse, scrutando le mura- Che diavolo significa?»
Una mano afferrò il bordo del carro, facendo sobbalzare Inuyasha. Sesshomaru, con una smorfia sul viso, si issò in piedi.
«E’ successo qualcosa.- disse, mormorando- Non lascerebbero mai il loro posto per futili motivi.» Scambiò un’occhiata con Inuyasha. «Sbrighiamoci.» disse.
Inuyasha aumentò la velocità quanto più possibile e gli altri fecero lo stesso. Non videro guardie né alla seconda, né alla terza cerchia di mura. Quando atterrarono nel terzo giardino, Sesshomaru fu il primo a scendere, barcollando.
«Sesshomaru…» cercò di aiutarlo Inuyasha.
«Non mi toccare!» gli ingiunse Sesshomaru, dirigendosi verso l’entrata del castello. Gli altri lo seguirono, presi da un brutto presentimento.
Sesshomaru aprì la porta appoggiandovisi contro. Barcollò e quasi cadde. Inuyasha e Ranma lo afferrarono per i gomiti, aiutandolo a restare in piedi, ma lui li scacciò. Perché non c’era nessuno? Dov’erano finiti tutti quanti? Sentiva delle voci schiamazzare nella sala del trono, ma non capiva se di gioia o di cordoglio.
“Non può essere morta.- pensò, avanzando come in un brutto incubo- Non può…non può!”
«Anna!- gridò, dirigendosi verso le loro stanze- Anna, rispondimi! Jaken! Tutti quanti, maledizione, dove siete?!»
«Sesshomaru!»
Miroku si stagliò sulla soglia degli appartamenti dell’inu-yokai.
«Miroku! Oh, kami-sama!» gemette Sango, andandogli incontro. Il monaco era notevolmente dimagrito ed era molto pallido.
«Sango!- disse il monaco, abbracciandola- Grazie a Buddha sei salva! Ma chi ti ha fatto questi lividi?»
Sango fece per parlare, ma Sesshomaru la scostò bruscamente e afferrò il monaco per il colletto.
«Anna…dov’è?!» chiese, fissando Miroku quasi avesse voluto strappargli le informazioni dal cervello.
«Lei è…» iniziò a rispondere Miroku.
«Sesshomaru! Oh santo cielo!»
Al suono di quella voce, tutti guardarono oltre alle spalle di Miroku. Sesshomaru lasciò il monaco così bruscamente da farlo barcollare. Sulla soglia, stava Anna. La yokai si appoggiava a Kagome e il suo viso era scavato come dopo una lunga malattia, ma era sana. Viva.
«Sesshomaru…- disse, con voce tremante, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime- Kagome mi ha raccontato, ma non credevo…sei pieno di ferite! Ma cos’è successo?!»
Si scostò da Kagome, avvicinandosi con passo malfermo a Sesshomaru. Gli toccò il viso.
«Sei viva?» mormorò Sesshomaru.
«Sì. Sì…- disse lei, piangendo- Grazie a te.»
Sesshomaru la strinse a sè con tale sollievo e affetto che tutti si commossero.
«E’ finito tutto bene.- disse Kagome, andando ad abbracciarsi a Inuyasha- Per fortuna.»
«Sei viva…» disse ancora Sesshomaru, accarezzando il viso di Anna. Con questo, dolore e debolezza ebbero infine la meglio su di lui e cadde a terra, privo di sensi.

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Capitolo 17
*** Epilogo - A presto ***


Sesshomaru aprì gli occhi a fatica, infastidito dalla luce intensa. Fece una smorfia, alzando il braccio per schermarsi gli occhi.
«Sei sveglio?» chiese una voce dolce alla sua sinistra. Sesshomaru aprì completamente gli occhi e si voltò. Anna lo stava guardando con aria amorevole, seduta sul letto accanto a lui. La luce faceva brillare i suoi capelli come una corona d’oro.
«Anna…» mormorò Sesshomaru.
«In carne e ossa.- scherzò lei, poi tornò seria- Come ti senti?»
«Mmh…» mugolò Sesshomaru, rammentandosi di essere ricoperto di ferite. Fletté il braccio sinistro e lo trovò solo un po’ indolenzito. Si scoprì il torace e vide tre graffi paralleli semi rimarginati. Si guardò le mani. Gli artigli stavano cominciando ad allungarsi.
«Che aspetto ho?» chiese, pigramente.
«Sei bellissimo come sempre.- scherzò lei, giocando coi suoi capelli- Hai ancora i capelli neri, ma sono ricomparsi i tuoi magnifici occhi d’ambra. Anche se blu non erano male…» Si interruppe quando Sesshomaru le sfiorò il viso.
«Ho creduto di vederti morire un’altra volta.» disse l’inu-yokai. Anna pose una mano su quella di lui.
«Sono stata sciocca. Perdonami.- mormorò, seria- Kagome mi ha raccontato cosa hai fatto per me. Se penso che sei quasi morto per…»
Sesshomaru le chiuse la bocca, baciandole le labbra.
«Va bene così.- disse, sospirando, una volta che si furono staccati- Siamo entrambi vivi, quindi non parliamone più.»
Anna annuì, con gli occhi che le luccicavano, e sorrise.
«Da quant’è che sono in questo letto?» chiese Sesshomaru, con una smorfia, tirandosi a sedere a fatica.
«Quattro giorni. Eri molto grave.- disse Anna- Miroku, Kagome e Sango mi hanno aiutata a curarti.»
«Quattro giorni…che ne è dell’esercito?» chiese Sesshomaru, corrugando la fronte.
«Le truppe dell’Est sono allo sbando.- disse Anna, con un sorriso- Inuyasha dirige il nostro esercito da qui. Devo dire che mi ha sorpreso la sua abilità.» Rise quando Sesshomaru sbuffò, poi tornò seria. «Mi ha detto come hai ucciso Soichiro.» disse. Sesshomaru la guardò e le vide brillare negli occhi uno sguardo deciso. «Avrei voluto esserci.» disse lei. Sesshomaru si lasciò sfuggire un sorrisetto.
«E’ una questione chiusa, ormai.- disse- Ho la vaga sensazione che d’ora in avanti dovremo occuparci di un territorio ben più vasto del solo Ovest.»
Anna annuì, sorridendo.
«Oggi, Ranma e gli altri torneranno a casa.» lo avvisò.
«Ah, sì?- disse Sesshomaru, inarcando un sopracciglio- Bene. Un po’ di pace, finalmente. Suppongo li avrai portati alla Fonte.»
«Non di persona, ma è tutto risolto.» ammise Anna, ridendo.
Il giorno dopo il suo risveglio, e dopo essersi occupati delle ferite di tutti a suon di energia demoniaca, Anna aveva dato disposizione perché i ragazzi venissero scortati alla Fonte. Konatsu vi era stato trasportato con una sorta di barella, perché non poteva appoggiare il peso sull’osso incrinato. Quando erano venuti a chiamarla dal capezzale di Sesshomaru, quella sera, erano così raggianti che tutti i sensi di colpa di Anna avevano infine potuto acquietarsi. La maledizione di Jusenkyo era scomparsa. Ukyo aveva annunciato di aver desiderato la ricchezza per il suo ristorante e questo li aveva fatti ridere. Akane aveva confidato in gran segreto ad Anna, Kagome e Sango di aver desiderato di essere abile in cucina. Aveva intenzione di fare una sorpresa a Ranma, una volta tornati a casa. Konatsu si era lamentato con Anna.
«Ho desiderato di essere più maschile, ma non vedo differenza.» aveva mormorato, scoraggiato.
«Sei già un uomo, Konatsu.- lo aveva tirato su lei- L’hai dimostrato salvando Ukyo, no? Mi ha raccontato che sei stato molto coraggioso.» Konatsu aveva sorriso, ma non era arrossito. Forse il desiderio non era andato del tutto sprecato.
Da allora, Ranma, Ryoga e Mousse continuavano ad andare in giro per il castello con sorrisi ebeti stampati sulla faccia, spruzzandosi di acqua fredda ogni cinque minuti per accertarsi di essere tornati normali. Shan Pu aveva preso la cosa con molta più classe. Comunque, quel pomeriggio sarebbero partiti. Era ora che tornassero a casa e che riprendessero la loro vita. Anna sospirò. Le sarebbero mancati.
«Ma ho sempre te accanto.» disse ad alta voce, abbracciando Sesshomaru, il quale la guardò come se fosse impazzita. Sospirando, Sesshomaru la abbracciò a sua volta.

***

«Spero che questo non sia un addio.» disse Anna, in piedi di fronte alla Prima Porta insieme a Sesshomaru, che si appoggiava a lei con tanta noncuranza da non dare quasi nell’occhio.
«Diciamo un arrivederci, ma la prossima volta che ci vedremo sarà meglio che sia a Nerima.» disse Ranma, con un sorrisetto.
I ragazzi erano pronti a partire. Quattro creature alate erano state preparate per scortarli al pozzo. Inuyasha e Kagome li avrebbero accompagnati, insieme a Sango e Miroku, che volevano aiutare la vecchia Kaede a riparare i danni al villaggio, risalenti a un combattimento che sarebbe rimasto nella storia dei demoni del Giappone.
«Allora, buon viaggio.» disse Anna, sorridendo con calore. Tutti le sorrisero di rimando, salendo in groppa alle creature.
«Che scocciatura, questi saluti.» borbottò Inuyasha.
«Inuyasha, non essere maleducato!» lo sgridò Kagome.
«Anna, sarai la benvenuta a casa mia!- disse Akane, che in quei giorni era raggiante- Naturalmente insieme a Sesshomaru.»
«Non metterò mai piede in una casa di ningen.» sentenziò Sesshomaru, gelido. Anna lo guardò storto.
«Non è cambiato di una virgola.» disse Ryoga.
«Va bene, fai come ti pare.- disse Ranma- Vorrà dire che verrà solo Anna.»
«Scordatelo.» disse Sesshomaru, fulminandolo con lo sguardo. A Ranma vennero i brividi e alzò le mani in segno di resa, ridendo nervosamente.
«Vedrò cosa potrò fare.» disse Anna, stringendosi nelle spalle con un sorriso di scuse.
«Coraggio, andiamo.» disse Inuyasha, dando di sprone all’animale. Le bestie si levarono in volo, facendo un paio di ampi cerchi sopra la coppia di demoni.
«Fate buon viaggio!» augurò ancora Anna, alzando una mano per salutare. Sesshomaru si limitò a un breve cenno col capo. I ragazzi sventolarono le mani finché i due non scomparvero in lontananza.
«Finalmente…» mormorò Ranma. Si voltò per scambiare un sorriso con Akane. «Finalmente si torna a casa.»
Tre giorni dopo, il gruppo era riunito davanti al pozzo. Miroku e Sango li avevano già lasciati e si erano diretti verso il luogo in cui si nascondevano ancora gli abitanti del villaggio di Edo, assieme a Minako e Kentaro.
«Inuyasha, è stato un piacere.- disse Ranma, stringendo la mano di Inuyasha- Spero che un giorno potrò combattere contro di te. Ha l’aria di essere un’esperienza interessante.»
«E sarebbe l’ultima della tua vita.- disse Inuyasha, con un ghigno, stringendogli la mano più del dovuto- Non c’è trucchetto che tenga, con me.»
«Finitela voi due.- li sgridò Akane- Che razza di saluti sono?»
Tutti risero.
«Coraggio, entrate nel pozzo.- disse Kagome, sorridendo- Vi aiuteremo a tornare a Tokyo.»
«Tu non torni a casa, Kagome?» chiese Ukyo, mentre gli altri iniziavano a scendere. La ragazza scosse la testa.
«Non finché Inuyasha avrà da combattere. I miei sono abituati a non vedermi tornare per lunghi periodi.» spiegò, lanciando un’occhiata amorevole a Inuyasha. In pochi minuti, tutti furono sul fondo del pozzo.
«Ecco, mi mancava la sensazione di essere pigiato in mezzo a voi tutti.» sbuffò Ryoga.
«Attento a quel gomito, maiale.» borbottò Ranma.
«Maiale a chi?!» ringhiò il ragazzo, prendendo Ranma per il bavero e schiacciando allo stesso tempo Konatsu e Ukyo contro la parete di terra.
«E stai attento, idiota!» sbottò la ragazza.
Kagome e Inuyasha, in piedi sull’orlo del pozzo, si guardarono con aria divertita.
«E’ stato un piacere conoscervi, ragazzi.» disse Kagome, ridendo.
«Ci vediamo!» disse Inuyasha, prendendo Kagome per mano e saltando nel pozzo insieme a lei. Il passaggio dimensionale si aprì. Lanciando grida di sorpresa, i sette ragazzi caddero nel vuoto, scomparendo dalla Sengoku Jidai. Per un istante, il pozzo fu vuoto. Poi, una ragazza e un demone dai capelli argentati comparvero al suo interno.
«Pensi che siamo stati troppo bruschi?» chiese Kagome, sorridendo.
«Feh! Stavano ammazzandosi tra di loro.- sbuffò Inuyasha- Che gente pazza…»
Kagome rise.
«Pazzi, ma simpatici. Non siamo forse un po’ pazzi anche noi?» disse. Inuyasha la guardò. Sotto il suo sguardo amorevole arrossì, poi, brontolando qualcosa, la prese in braccio e saltò oltre il bordo del pozzo tornando all’esterno.
«Eccoci qui.- sospirò, rimettendola a terra- Ora che vuoi fare? Torniamo al castello, o raggiungiamo Miro…»
Kagome lo zittì con un bacio.
«Voglio stare da sola con te.- disse, con un sorriso che gli fece fermare i battiti del cuore- Dici che si può fare?»
Inuyasha sorrise. Le prese la mano.
«Sì. Direi che si può fare.» mormorò, prima di baciarla a sua volta.

***

Una mano apparve oltre il bordo dell’Hokora, aggrappandosi al legno. Presto fu seguita da un braccio e una faccia.
«Ahia…- disse Ranma, issandosi fuori dal pozzo- Che modo di viaggiare…Sono distrutto.»
«Siamo tornati.» mormorò Akane, dopo che Ranma l’ebbe aiutata a uscire dal pozzo. I due uscirono nel grande cortile del Tempio Higurashi, presto seguiti dagli altri.
«Ukyo, la tua spatola continua a far danni.» si lamentò Shan Pu, toccandosi la schiena offesa con aria astiosa.
«Ah sì? Beh, non è che il tuo peso sia leggiadro, cara Shan Pu.» rimbeccò la ragazza. Tra le due sprizzarono scintille, mentre Ranma e Ryoga andavano a salutare la famiglia di Kagome. Non trovarono nessuno in casa.
«Lasciamo un biglietto.» propose Mousse.
Così fecero, quindi si recarono alla stazione, pronti a tornare a casa.
«Kami-sama…- mormorò Akane, guardandosi attorno- Le nostre strade trafficate mi sembrano quasi irreali, dopo tutto questo tempo nella Sengoku Jidai.»
«E’ vero. C’è un sacco di gente in più e anche molto rumore.- disse Mousse, riflettendo- A ben pensarci, a parte i combattimenti, la vita laggiù non era poi così male.»
«Non scherziamo! E il mio ristorante dove lo mettiamo?» disse Ukyo.
«Ehi, abbassate la voce. Ci stanno guardando tutti.» disse Konatsu.
«Non è per il volume della voce, Konatsu.» disse Shan Pu, sospirando.
Facevano spettacolo, in effetti, tutti scarmigliati e con i segni dei loro combattimenti sul corpo. I ragazzi si guardarono tra loro, poi scoppiarono a ridere. Ranma guardò Akane e il suo sorriso divenne più luminoso. Che la loro relazione fosse cambiata, ai loro occhi era evidente, ma nessuno pareva essersene ancora accorto, il che probabilmente era una fortuna. Ranma ora aveva tutto. Aveva la ragazza che amava e un corpo di nuovo sano e normale. Non poteva desiderare altro. Era felice. Non gli importava nemmeno di dover ricominciare con la scuola e il solito tran tran di ogni giorno. Non gli importava delle angherie di Happosai, né di Kuno né di Kodachi. Da quel momento in poi, le cose sarebbero andate sempre per il meglio.
Il treno li portò a Nerima, in un’atmosfera gaia da gita scolastica. Mousse passò il viaggio in uno stato di semi estasi, vista la disponibilità di Shan Pu nei suoi confronti. Sembrava che la ragazza non avesse intenzione di rimangiarsi la parola, anche se era ben lungi dall’apparire una ragazza innamorata. Konatsu era al settimo cielo. Ukyo si preoccupava sempre che stesse comodo e che non sforzasse la gamba ferita. Agli altri sembrava un po’ una bambina che curasse un uccellino ferito, ma come inizio non era male.
Ryoga era in uno stato di rassegnata malinconia. Lui aveva capito molto bene gli ultimi sviluppi tra Ranma e Akane, e aveva deciso di arrendersi da vero uomo. Non avrebbe fatto scenate. Prima o poi, l’immagine di Akane sarebbe svanita dal suo cuore e Akari avrebbe preso il suo posto. Dopotutto, ora era un uomo normale, privo di difetti. Cinque minuti dopo questa considerazione, si trovò a inseguire Ranma per tutto il treno, deciso a sfogare il proprio malumore su di lui. In un modo o nell’altro, il gruppo raggiunse finalmente casa Tendo.
«Come ti giustificherai, adesso, con tuo padre?» chiese Ryoga, guardando Ranma.
«Gli dirò che un demone si è scolato la bottiglia d’acqua della Fonte.» ridacchiò Ranma, aprendo il portone dei Tendo. Kasumi era davanti alla soglia a spazzare le foglie.
«Ah…Akane! Ranma!» esclamò, lasciando cadere la scopa per la sorpresa.
«Kasumi!» gridò Akane, lanciandosi tra le braccia della sorella maggiore. «Siamo tornati!»
«Akane! Figlia mia!» gridò Soun Tendo, accorrendo al suono della voce della figlia più piccola. Il telefono in casa squillò, ma tutti i presenti lo ignorarono, visto che anche Genma e Nodoka uscirono precipitosamente.
«Ranma! Sei tornato!» gridò Nodoka, abbracciando il figlio con le lacrime agli occhi.
«Sono guarito, sai mamma?» disse Ranma, con un sorriso smagliante.
«Non vi pare che si dia troppe arie?» borbottò Mousse.
«In effetti…» disse Ryoga, con una smorfia. Genma strappò Ranma dalle braccia della madre.
«Sei davvero guarito?» chiese, lavando il figlio con l’acqua di un secchio comparso da nulla.
«Sì, papà, come puoi vedere.» rispose Ranma, rifilando al genitore un pugno in faccia. Genma si riprese all’istante.
«Oh, figlio caro! Dammi l’acqua magica allora, presto!» disse, saltellando per la contentezza.
«Ecco, vedi, papà…- disse Ranma, ridendo nervosamente- a questo proposito devo dirti che…»
«Ranma!»
Tutti si voltarono al suono della voce di Happosai, che fissava Ranma con occhi di brace.
«Co…cosa…» balbettò Ranma.
«Come hai potuto tornare normale?!- sbottò il vecchio, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia- Non te lo perdonerò mai!»
«Ebbene sì, sono guarito.- disse Ranma, impettito- Ora non potrai più palparmi il…»
«Prendi questo!» gridò Happosai, lanciandogli un secchio d’acqua.
«E cosa vuoi che mi faccia?» chiese Ranma, ridendo. L’acqua prese in pieno Ranma, Ryoga e Mousse, mentre gli altri fecero in tempo a scansarsi. La risata di Ranma si spense di botto. Abbassò lo sguardo su di sé. La sua casacca grondante era tesa su quelli che sembravano proprio seni. Seni!
«Che…che cosa mi hai…» balbettò, attonito, fissando Happosai che saltellava. La sua voce era dannatamente femminile.
«Piaciuta? Me la sono fatta arrivare dalla Cina!» rise il vecchio, prima di puntare il dito su di lui. «Non voglio che tu resti uomo, non c’è divertimento!- disse, quindi lanciò un’occhiata languida dietro a Ranma- E ora ho altre due fanciulle a cui dedicarmi!»
Ranma si voltò lentamente, seguendo lo sguardo di Happosai. Dietro di lui, due belle ragazze, una coi capelli lisci e neri, l’altra con una bandana in testa, si stavano osservando, tremando dalla rabbia.
«Ryo..Ryoga?- balbettò Ranma, incredulo- Mousse?»
«Ehi, ha telefonato…oh, Akane, sei tornata?» Nabiki si stagliò sulla soglia, senza badare alle facce pallide e sconvolte di tutti i presenti. «Ranma! Ma non dovevi essere guarito? E quelle due ragazze chi sono?»
«Nabiki, non è il momento.» disse Akane, con voce tremante.
«Mh? Perché?» chiese lei, perplessa.
«Tu…» boccheggiò Ryoga, osservando il proprio corpo femminile con le lacrime agli occhi. Alzò lo sguardo su Happosai. «Io ti ammazzo!!»
Si gettò sul vecchiaccio, che schivò.
«Maledetto! Ora come farò a sposare Shan Pu?!» pianse Mousse, affibbiando una martellata in faccia ad Happosai.
«Bastardo! Ero appena guarito!» gridò Ranma, centrando la testa del vecchio con un doppio calcio volante.
Si accanirono sul vecchio, mentre Soun piangeva disperato.
«Era appena guarito…maledetto maestro!» singhiozzava.
«Come hai potuto fare una cosa simile?» gridò Shan Pu, indignata, gettandosi nella mischia.
«Dannato! Il mio Ran-chan!» disse Ukyo, afferrando la spatola.
«Fermi! Fermi tutti!» gridò d’un tratto Ranma, con aria allucinata. Tutti si bloccarono e il corpo inerte di Happosai fu ben visibile sul selciato.
«Che c’è, Ranma? Fammi almeno sfogare!- disse Ryoga, stringendo il pugno e piangendo- Non potrò mai cancellare l’ignominia di essere stato visto da Akane in queste condizioni.»
«Inutile perdere tempo qui. Torniamo al Tempio Higurashi e costringiamo Inuyasha a riportarci alla Fonte!» disse Ranma. A Mousse e Ryoga brillarono gli occhi.
«Cosa stiamo aspettando?» sbottò Mousse.
«E’ sicuramente più comodo che andare in Cina!» approvò Ryoga.
Le tre ‘ragazze’ voltarono le spalle alla folla attonita e corsero fuori dal portone di casa dei Tendo. Il silenzio calò sul cortile.
«Ma…non possono usare il pozzo da soli.» disse Akane, scambiando un’occhiata significativa con Shan Pu e Ukyo.
«E Kagome ha detto che non sarebbe tornata tanto presto.» ricordò Shan Pu. Le tre ragazze rimasero a guardarsi, in silenzio, poi scapparono anche loro in strada, gridando il nome dei tre ragazzi.
«E in tutto questo, io sono rimasto a bocca asciutta.» borbottò Genma, rientrando in casa.
Il sole calò sulle strade di Nerima.

FINE

Author's note: Così finisce la Fonte dei Desideri!....non è vero, stavo scherzando. XD La storia di Sesshomaru e Anna non finisce qui, no no! Prestissimo posterò il primo capitolo del seguito, intitolato Gli Echi della Memoria. Chi invece vuole sapere cosa ne sarà di Ranma e compagnia, non dovrà far altro che leggere Kami no Te no Ken, pubblicata in contemporanea agli Echi su questi schermi.
Un grazie immenso a tutti coloro che hanno letto questa fanfiction, ai nuovi arrivati come a chi ha avuto il coraggio di rileggerla dopo tanto tempo. Grazie per i vostri commenti, per il vostro tempo, per la vostra amicizia. Vi auguro un Buon Natale! Fate i bravi, o alla Befana passo a darvi il carbone! A presto!!!

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