CONVERSE BORCHIATE, SIGARETTE E GIN SOTTO BRACCIO

di virgily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prefazione ***
Capitolo 2: *** primo capitolo ***
Capitolo 3: *** secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** terzo capitolo ***
Capitolo 5: *** quarto capitolo ***
Capitolo 6: *** quinto capitolo ***
Capitolo 7: *** sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** settimo capitolo ***
Capitolo 9: *** ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** nono capitolo ***
Capitolo 11: *** decimo capitolo ***
Capitolo 12: *** undicesimo capitolo ***
Capitolo 13: *** dodicesimo capitolo ***
Capitolo 14: *** tredicesimo capitolo ***
Capitolo 15: *** quattordicesimo capitolo ***
Capitolo 16: *** quindicesimo capitolo ***
Capitolo 17: *** sedicesimo capitolo ***
Capitolo 18: *** diciasettesimo capitolo ***
Capitolo 19: *** diciottesimo capitolo ***
Capitolo 20: *** diciannovesimo capitolo ***
Capitolo 21: *** ventesimo capitolo ***
Capitolo 22: *** ventunesimo capitolo ***
Capitolo 23: *** ventiduesimo capitolo ***
Capitolo 24: *** ventitreesimo capitolo ***
Capitolo 25: *** ventiquattresimo capitolo ***
Capitolo 26: *** venticinquesimo capitolo ***
Capitolo 27: *** ventiseiesimo capitolo ***
Capitolo 28: *** ventisettesimo capitolo ***
Capitolo 29: *** ventottesimo capitolo ***
Capitolo 30: *** ventinovesimo capitolo ***
Capitolo 31: *** trentesimo capitolo ***
Capitolo 32: *** trentunesimo capitolo ***
Capitolo 33: *** trentaduesimo capitolo ***



Capitolo 1
*** prefazione ***


 

CONVERSE BORCHIATE,SIGARETTA E GIN SOTTO BRACCIO

 

 

Ci sono persone, su questo piccolo mondo blu, che credono di poter ottenere tutto quello che vogliono; Ronnie e’ uno di questi. Con lo sguardo arrogante e il carisma del “Ribelle” tutte le mattine entrava a scuola con la grazia del duro, lanciando occhiolini a destra e a manca a pollastrelle che avrebbero venduto la loro anima, apparentemente pura e innocente, a Satana pur di entrare nelle sue lenzuola bollenti e tentatrici.Tuttavia il bel tenebroso, sebbene si mostrasse piu’ che interessato a tutte quelle giovani ragazze, non aveva mai provato altre sensazioni che lussuria e desiderio; prendendolo come una droga che ogni mezz’ora andava riassunta se ne volevi godere a pieno la sua estasi. Beh, dopotutto come si poteva biasimare un ragazzo, che non avendo mai avuto una vera figura materna, vedeva quelle dolci creature soltanto come futili Barbie da spogliare in continuazione? Il padre per primo gli aveva sempre detto che “le donne sono soltanto degli strumenti da cui trarre piacere. Tutte ti appariranno uguali tranne una, e quell’una sara’ l’unica che rubera’ il tuo cuore”. Cosa pensava Ronald a riguardo? Semplice “io quell’una non l’ho ancora trovata”.

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Capitolo 2
*** primo capitolo ***


Erano le otto di mattina e uscendo dalla doccia il giovane Radke si copriva il corpo pallido e tatuato con un morbido accappatoio bianco, passandosi un asciugamano dello stesso colore sulla folta chioma corvina. Con i capelli ancora umidi comincio’ a vestirsi, indossando una semplice maglietta nera e un paio di jeans, se c’era una cosa certa era che le ragazze non guardavano come era vestito, non ne avevano il tempo perche’ immediatamente tutte si perdevano nei suoi occhi color nocciola, contornati da una spessa riga nera, non che a lui piacesse truccarsi ma almeno quel look gli procurava una buona dose di pupattole. Afferro’ lo zaino semi vuoto e comincio’ a scendere le scale rivestite da moquette rossa osservandosi intorno, constatando che suo padre era gia’ uscito. Osservando una seconda volta l’ora il moro si diresse nella sua modesta cucina e sorseggio’ una tazza di caffe’ con mezzo taost come colazione e usci’. Poteva benissimamente prendere l’autobus ma camminando almeno non ri sarebbe perso la brezza mattutina che gli scompigliava i capelli e i suoni della citta che creava la sua colonna sonora preferita di tutte le mattine. A piedi ci volevano soltanto quindici minuti da casa sua a scuola, e quando giunse vide il suo bel gruppetto di amici che lo aspettavano sulla gratinata dell’infrastruttura e assieme a loro anche un piccolo gruppetto di succulente ragazze, che quando lo videro arrivare, immediatamente esposero i loro bei sorrisetti affabili e vogliosi della sua attenzione

-buon giorno Ronnie- ginguettarono le donzelle all’unisono

-giorno a tutte. Avete sentito la mia mancanza?- domando’ spavaldamente mentre ginceva con i suoi bracci massicci e tatuati sulle spalle delle prime due che gli capitarono a tiro, le quali immediatamente arrossirono onorate della sua maestosa presenza mentre l’ego del ragazzo cresceva a dismisura

-allora Ronald. Pronto per la verifica di biologia?- domando’ ridacchiando Maxie, il suo “compagno di giochi”

-guadami Max, ti sembra che ho la faccia di uno che ha studiato ieri?- domando’ a sua volta il moretto prima di sentire la manina piccola e calda della castana abbracciata sulla sua sinistra poggiarsi sul suo petto

-se vuoi te lo passo io il compito?- chiese la giovane partendo per un viaggetto mentale di sola andata per “fantasylandia” quando Ron le rivolse un solo sguardo

-beh, allora credo proprio che dovro’ ricompensarti a dovere. Non trovi?- sussurro’ il tenebroso cucciandosi appena verso il suo viso, baciandole senducentemente il collo. Senti’ la pelle della ragazza fremere sotto le sue labbra mentre dentro il ragazzo si sentiva realizzato non era neanche entrato in classe che aveva gia’ fatto una bella conquista. Comincio’ ad aprire lentamente gli occhi mentre le sue labbra si fermavano lentamente, e quello che vide lo pietrifico’: con passo sicuro di se e spavaldo una giovane, mai vista nei dintorni, si avvicinava; aveva due gambe lunghissime e slanciate rivestite da un misero leggins blu, un bel seno prosperoso avvolto da una leggera maglietta bianca ricamato con merletto e un viso dai lieamenti delicatissimi e dolci, la pelle candida con due gemme verdi incastonate negli occhi mentre delle onde corvine le incorniciavano tutto quel ben di Dio. Per quanto le ragazze nella sua scuola potessero essere belle, nessuna ai suoi occhi poteva tuttavia competere con lei; continuando a fissalra non si rese conto che ormai stava salendo la medesima scalinata dove stava lui, ma quando vide che quei due occhi tanto belli e ammalianti gli rivolsero lo sguardo si senti’ folgorato. Era strano quello che stava provando, solitamente erano le ragazze a sentire il cuore battere forte, la tremarella e le guance bollenti, non lui

-uno schianto vero?- domando’ Max facendo allontanare le ragazze

-gia’...- rispose ancora imbambolato

-deve essere quella dell’Alaska- affermo’ l’amico guardandole avidamente il didietro mentre entrava all’interno dell’istituto; dal canto suo Ronal se lo guardo’ incuriosito

-dall’Alaska?-

-si, ti ricordi cosa aveva detto Tiffany?- gli domando’ mentre il moro rimuginava nei ricordi “Tiffany?... Ma chi e’ Tiffany?”

-e’ la presidentessa del consiglio studentesco Ronnie. Cazzo te la sei portata a letto l’anno scorso!- affermo’ il giovane Maxie scompigliandogli appena la chioma,

-ahh quella Tiffany! E che aveva detto?- come suo solito il moretto menti’, non si ricordava nulla della fantomatica Tiffany, anche se ci aveva passato una notte

-che si e’ dovuta trasferire parecchie volte..-

- perche’?-

-boh, non ne so molto. Comunque fatto sta che non se ne andra’ via senza che o io o te l’avremmo battezzata. Vero?- domando’  Maxwell con sguardo malizioso

-ovviamente- ridacchio’ Ronald prima di udire la campanella, e cominciare un ennesimo giorno di scuola nella sua vita egocentricamente perfetta.

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Capitolo 3
*** secondo capitolo ***


Era appena cominciata la pausa pranzo e il bel moretto vagava nei meandri dell’istituto alla ricerca della sua bella Armony, che come la campanella aveva trillato era sparita, mescolandosi assieme a tutti gli studenti che vagabondeggiavano per i corridoi. Giunse nei pressi dell’uscita ma di lei nessuna traccia quando si senti’ due mani afferrarlo da dietro abbracciandolo per i fianchi

-dove vai bel tenebroso?- Valary lo aveva trovato prima che potesse uscire nel cortile

-in cortile... Ho anche una certa fretta percio’...-

-chi stai inseguendo con tutta questa foga eh? Non ti fa bene... Rilassati un pochino con me- sussurro’ leccandogli il lodo destro. senza lasciarsi pregare allora il moro si volto’ e la strinse a se afferrando la bionda per i fianchi. Le stampo’ un lieve bacio sulle labbra e afferrandola per mano usciriono in cortile. Direzione? Il capannone degli attrezzi sportivi ribattezzato anche “il nido di Radke”. Camminavano mano per mano sotto gli sguardi di ragazzi e ragazze che li guardarono come se fossero le due icone dell’intero istituto: lui il bello e impossibile mentre lei era la piu’ popolare e anche una formidabile ballerina. Non gli dispiaceva passare la pausa pranzo nel suo “nascondiglio” con la sua Barbie preferita ma purtroppo per la bambolina il ragazzo aveva soltanto una ragazza in testa: la misteriosa nuova arrivata con il nome piu’ buffo che avesse mai sentito ma una bellezza degna di nota. Gli parve di vederla proprio difronte l’entrata al suo piccolo paradiso, poggiata sulla porta di acciaio dipinta di blu con una sigaretta tra le mani e due grandi occhiali da sole che le coprivano gli occhioni verdi. Finalmente l’aveva trovata e non avrebbe perso neanche un misero secondo,

-hey Val, tu intanto aspettami un attimo dentro...- le sussurro’ all’orecchio mordicchiandoglielo appena

-okey, non metterci troppo. Altrimenti faro’ tutto da sola- rispose maliziosa come suo solito prima di entrare nel capannone, fulminando con uno sguardo la mora che senza neanche considerarla continuava a fumare. La ragazza sentiva che gli occhi del moro stessero trapassando perfino gli spessi occhiali da sole mentre avanzava verso di lei, poggiando le mani sulla porta prioprio ai lati del suo viso

-ecco dove sei scappata...- ridacchio’ sorridendole divertito

-mi stavi cercando?- domando’ spavaldamente ciccando al suolo

-ne avevi dubbi?- ridacchio’ avvicinandosi sempre piu’ al suo bel visetto bianco come il latte, ma sfortunatamente per lui Armony abbasso’ lo sguardo, lasciando cosi’ che le sue labbra baciassero la sua guancia, lasciando un’ennesima volta Radke insoddisfatto

-sei un osso duro- affermo’ mentre la ragazza prendeva l’ultima boccata di fumo

-mi sembra di averti avvertito Ron, quelli come te non mi fanno effetto-

-questo perche’ tu te lo sei imposta vero? Se solo ti lasciassi andare, magari... Potresti scoprire che ti piaccio- rispose prendendola in contropiede, accorciando nuovamente le loro distanze

-Ronnie... T-Tu non capisci- sussurro’ la moretta abbassando di colpo lo sguardo mentre sentiva le labbra morbide e calde del compagno di classe che gli sfioravano il collo, procurandole un leggero brivido ma anche una piacevole sensazione. Si senti’ piacevolmente cullata tra le sue braccia possenti e tatuate che erano scese e l’avevano stretta forte, le parve quasi che tutti i suoi problemi e frustrazioni fossero svaniti, ma quello che teneva nascosto nelle interiorita’ piu’ profonde del suo cuore non poteva venir cancellato facilmente. Un brivido le percosse la schiena e senza volerlo entro’ in una piccola visone brutale, ove quel viso e quel sangue sembravano non dargli tregua. Sentendo i singhiozzi della ragazza immediatamente il moro capi’ che c’era qualcosa che non andava

-Armony? Tutto bene?- le domando’ scostandosi appena pr raccoglierle una lacrima che le era sgusciata fuori dagli occhiali, ma la giovane non riusci’ a rispondergli, non gli sembrava vero che la stessa ragazza che fino a cinque minuti prima gli rispondeva a tono e gli metteva le mani a posto adesso singhiozzava come una bimba tra le sue braccia. Tento’ di chiamarla ma lei non ne volle sentire; si stacco da lui e lo fisso’ intensamente un’ultima volta, nascondendo la paura che annegava nelle sue iridi e con un –perdonami, devo andare- corse via. E con un permesso speciale della preside ando’ via. Era strano quello che Ronald sentiva dentro, era strano tutto quello che gli stava succedendo da quando aveva conosciuto lei.

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Capitolo 4
*** terzo capitolo ***


La giovane non appena tornata a casa si era rinchiusa nella sua camera e aveva spento la luce. Stava distesa sul suo letto trattenendo appena il fiato, cercando piu’ che poteva di calmarsi. Non le piaceva la sua nuova citta’... Amava il freddo dell’Alaska, la buona gente che la circondava, i suoi amici. Da quando quel terribile giorno aveva incontrato quell’uomo pero’ tutto nella sua vita era cambiato, cosi’ da ritrovarsi catapultata in un’altra citta’ con un nome differente dal suo. Tutto per rimanere in vita. Quel Ronald poi, con quell’aria da don giovanni del cavolo che continuava a seguirla per tutta la scuola; era snervante ma allo stesso tempo eccitante, si vedeva che non aveva mai ricevuto un rifiuto da parte di una ragazza. Era riuscita a far cadere ai suoi piedi il giovane piu’ desiderato di tutta la scuola “bel colpo ragazza” si disse ripensando a quelle labbra fine e bollenti sulla sua pelle. Oh si quel bacio le era piaciuto anche se non voleva ammetterlo, aveva gia’ parecchi problemi e non poteva permettersi di innanorarsi. Eppure piu’ si convinceva che quel ragazzo non faceva per lei piu’ persisteva a immaginarlo, a vederlo vicino a le che la stringeva in quelle braccia tatuate, forti e massicce. Penso’ svariate volte a cosa sarebbe stato se al posto del collo si fosse lasciata baciare le labbra, gia’ sentiva i brividi al solo pensiero. “chissa’ cosa pensera’ di me adesso...” si domando’ mentre tornava in posizione seduta, non le faceva bene rimanere sempre chiusa in camera a nascondersi. Comincio’ a scendere le scale e afferro’ gli occhiali da sole con la borsa a tracolla

 

-dove vai adesso?- domando’ la madre correndole incontro fino alla porta

 

-a farmi un giro. Mamma mi sento male se rimango sempre a scuola o a casa- rispose la moretta afferrando la tracolla nera e viola a stampa ghepardata

 

- non penserai sul serio che ti lascero’ uscire cosi’ signorinella. Non senza di me... Eppoi non hai mangiato nulla-

 

- primo non ho fame e scondo ho lo spray al peproncino. Quello mi basta e mi avanza grazie...- disse con aria scocciata. Afferro’ la maniglia della porta ma la voce furastica della madre la inchiodo’ sul posto

 

-pensi davvero che un misero spray possa fermarlo? Tesoro lo so che e’ difficile per te, ma finche’ non seranno certi che...-

 

-cosa? Che saro’ sana e salva? Che quello schizzato sia dietro le sbarre? Mamma sono mesi che va avanti questa storia e io non ce la faccio piu’! ora mi ritrovo in questa squallida citta’ e voglio vivermi la mia cazzo di vita okey?- ringhio senza lasciarle neanche il tempo di controbbattere prima di uscire di casa a passo svelto, quasi stesso correndo per scappare via. Fuggire da quella vita che le sembrava passare troppo velocemente.

Senza  neanche rendersene conto Armony era giunta nei pressi della scuola, la quale ormai chiusa, le parve un posto perfetto per tornare immersa nei suoi pensieri; almeno adesso non c’era piu’ nessuno che potesse disturbarla. Proprio il quel momento pero’ qualcuno usci’ dalla uscita anti-incendio dell’istituto, ormai era un’abitudine per Ronald Radke uscire tardi... Dopotutto se la scuola era chiusa poteva benissimamente “giocare” con qualche ragazza carina in aula professori... O perche’ no proprio sulla cattedra. A passo svelto scendeva trascinandosi dietro una delle tante sgallettate che gli battevano i pezzi, ora che era riuscito ad ottenere il suo orgasmo pomeridiano tutto quello che gli interessava era riportarla a casa e non pensarci piu’. Con ampie falcate era finalmente giunto al cortile esterno e la nana castana gli stava letteralmente appiccicata; si sentiva estasiata e onorata di aver finalmente buttato la sua verginita’ con il ragazzo piu’ desiderato da tutta la scuola, e per quanto squallido fosse pensarlo la piccoletta sosteneva che non sarebbe stata come una delle tante. Ronnie invece pensava solo e solamente alla fantomatica donna dei suoi sogni che corre via piangendo, lasiandolo interdetto e insoddisfatto; era quasi riuscito a farla sciogliere tra le sue braccia, e proprio sul piu’ bello gli era sfuggita dalle mani. Quasi incosciamente diede un sguardo generale all’intera scuola, e gli parve un miraggio quello che vide: una dea sotto mentite spoglie mortali che stava beatamente seduta sulla scalinata dell’entrata principale; il tiepido venticello le scostava i capelli corvini; gli occhiali da sole del medesimo colore le oscuravano le iridi verdi e brillanti mentre una sigaretta faceva capolino dalle sue labbra rosee e fine. Non le parve vero, Armony era li e questa volta, cascasse il mondo, non l’avrebbe fatta scappare da nessuna parte. Si fermo’ nel bel mezzo del viale erbato e diede un lieve bacio alla primina

 

-perdonami. Vorrei accompagnarti a casa ma ho scordato una cosa dentro. Tranquilla pero’ al piu’ presto ti richiamero’ per coccolarti ancora okey?- domando’ con voce angelica mentre le accarezzava dolcemente il viso; era impressionante il come riuscisse a sembrare cosi’ maledettamente perfetto difronte alle reagazze e sopratutto il come riuscisse a imbambolarle con una semplice occhiata fugace, un sorrisetto dolciastro e una vocetta apparentemente carezzevole e ammaliante. Incantata allora la castana si allontano’, non prima pero’ di essersi riappropriata per almeno pochi secondi delle sue labbra. “Tsk... priccole troie crescono” penso’ mentre quatto quatto risaliva le scale anti-incedio. Aveva intenzione di fare una bella entrata a effetto, percio’ era meglio non farsi sentire. Veloce come un razzo percorse gli interi corridoi dell’istituto e giunse dinnanzi la finestrella posta nel mezzo della porta d’ingresso: la mora stava di spalle e aveva appena finito la sua sigharetta. Lentamente allora usci’ dall’entrata principale, e approfittando del fatto che Armony stesse ascoltanto della musica, si accovaccio’ dietro di lei, osservandola spersa nei suoi pensieri, elogiandosi del fatto che ancora non si fosse accorta di nulla. Dal canto suo la ragazza si sistemo’ una ciocca di capelli dietro l’orecchio mentre regolava il volume, si sentiva cosi’ bene li... la quiete, il sole che le coccolava le guance. Tutto improvvsamente venne azzerato; tutto quando senti’ una mano sbucare dalle sue spalle e serrarle le labbra. Il respiro si mozzo’ e il cuore quasi esplose nello stesso frangente incui una seconda mano l’afferro’ per la vita e un paglio di labbra le sfioravano l’orecchio; staccandole la cuffietta dell’i-pod con i denti, facendole salire un brivido lungo tutta la colonna vertebrale e una scossa potente al petto

-pensavi di liberarti di me?- una voce profonda e bollente accarezzo’ la sua mente.

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Capitolo 5
*** quarto capitolo ***


Un grido uscii dalle sue labbra fine ma quel palmo di mano che le bloccava la bocca impedi’ che il suono si propagasse; tuttavia non perse le speranze e comincio’ a dimenarsi piu’ che poteva, doveva dirare fuori lo spray al peperoncino se voleva scappare. Muovendosi in tutte le direzioni Armony riusci’ ad infilare la mano nella tracolla e a estrarre la boccetta. Basto’ una capocciata all’indietro per liberarsi e guardarlo in faccia; ma soltanto allora scopri’ che non era in pericolo...che LUI non era riuscito a trovarla ma che era soltanto quello stupido di Radke che le aveva fatto uno scherzo di pessimo gusto, e adesso si stava massaggiando la testa

-tu! S-sei un idiota!-ringhio’ la moretta trattenendo a stento le lacrime per lo spavento

-ah io eh? Ti stavo facendo un semplice scherzo e mi ha tirato una testata! Cazzo fai male!- le rispose a tono il suo compagno di banco sfiorandosi il bernoccolo che gli stava spuntando nel bel mezzo della fronte

-ora dovro’ fare i salti mortali per nasconderlo! E tutto per colpa tua brutta manesca!- mugugno’ facendo salire i sensi di colpa alla ragazza che aveva osato “storpiargli” il viso

-ahh... Che vuoi che ti dica? Se tu non fossi stato cosi’ idiota io non ti avrei picchiato!- e alla sua affermazione si senti’ letteralmente trapassata dallo sguardo gelido del ragazzo, che sotto di lei la guardava quasi in cagnesco

-ookey... Scusami- affermo’ la ragazza sedendosi accanto a lui. Ronnie non le rispose ma comincio’ a fissarla: aveva gli occhi leggermente contornati dalle lacrime anche se voleva nasconderlo con i suoi grandi occhiali e le labbra per quanto sembrassero belle e vellutate tremavano ancora

-ti ho messo davvero tanta paura?- le domando’ quasi dolcemente, quella ragazza lo attirava davvero percio’ doveva andarci con calma

-un po...- la moretta menti’, gia’ si immaginava milioni di domande se avesse risposto che si era spaventata veramente tanto

-scusa- sussurro’ piano il suo compagno, e quella parola quasi non gli parve vera neanche a lui. Ronald non si era mai sognato di chiedere scusa a una ragazza, ma quella Armony... quella maledetta Armony aveva cominciato a dargli alla testa, quasi una droga, eroina che lo faceva svalvolare peggio del suo caro e buon sesso

-g-grazie- gli rispose la mora sorridendogli e quasi si senti’ folgorato; gli aveva sorriso dolcemente e sentiva una strana fitta nel petto e il cuore battergli forte; cosa diavolo stava succedendo a Ronald Radke?

-pero’ non pensare che ti perdoni facilmente...- affermo’ il giovane riaquistando immediatamente la sua virilita’; dopotutto non poteva dargliela vinta

-cosa? Ma ti ho chiesto scusa!- ribatte’ immediatamente

-ti ricordo bellezza che come minimo per tre giorni non potro’ rimorchiare nessuna! Pertanto... dovrai provvedere tu a sazziarmi- affermo’ spavaldamente avvicinandosi alla ragazza, afferrandole il viso per il mento; la giovane lo fisso’ intensamente nelle sue iridi da “cerbiatto tutt’altro che carino e coccoloso” e perse tutte le speranze: Ronnie era e sarebbe rimasto un don giovanni. Era pronta, aveva una bella risposta in mente ma qualcosa la fece distrarre. Non troppo distante dall’istituto vi era un vecchio albero che si affacciava proprio all’entrata alla struttura, e proprio sul suo tronco una figura di nero vestita stava osservando i due con una smorfia mal-contenta. Isolandosi appena Armony mise bene a fuoco: gambe lunghe rivestite da un pantalone nero classico; una manicia sbottonata fino al secondo bottone mostrava dei pettorali bianchi e maestosi e da una frangia mora due iridi castane la stavano penetrando trasmettendole desiderio e odio. Per quanto non volesse crederci la moretta non poteva nascondere il fatto che quel ragazzo lo aveva gia’ visto.

Era da tempo che il misterioso giovane in nero la stava osservando; non era stato difficile per lui riconoscere la sua amata, perche’ nessun’altra poteva eguagliare la sua bellezza, nessun’altra donna poteva minimamente essere comparata a lei inquanto dolcezza. Erano mesi che la seguiva, forse quattro da quando quella notte aveva assaporato la sua docile purezza prima di perderla. E sebbene la sua adorata fosse scappata lui non aveva esitato a cercarla, ad ammirarla da lontano mentre passeggiava tranquillamente, o magari stava assorta nei pensieri. Per lei avrebbe fatto di tutto, aveva persino macchiato le sue mani del sangue di tre inutili donne che le assomigliavano vagamente, e se questo fosse bastato a farla palpitare lo avrebbe fatto ancora, finche’ la ragazza non avrebbe avuto soltanto che lui nella sua giovane mente. Finalmente era giunto in una nuova citta e il piano che aveva organizzato era perfetto: farsi vedere per ricordarle che lei era solo sua per poi sparire per un po... E soltanto in un terzo momento rapirla, strapparla dalle braccia di quella madre che impediva il loro amore. Tuttavia quel pomeriggio c’era quancosa che ando’ storto: Ryan ammiro’ con suo disgusto che un ragazzo della sua stessa eta’ aveva osato toccare la sua candida pelle con le sue mani luride e putride di uno squallido desiderio sessuale. Tuttavia la mora si era accorta della sua presenza, e a giudicare dalla sua espressione totalmente terrorizzata e dolce il suo piano stava cominciando bene. Le fece un sorrisetto divertito e immediatamente la vide sbiacare; la moretta allora si alzo’ dai gradini e cominico’ a correre via, proprio come aveva previsto se non per il fatto che quel guasta festa la stava seguendo a ruota urlando a gran voce un nome che, di certo, non era il suo ma soltanto una squallida copertura che quei babbei della polizia le avevano affibiato.

Dall’altro lato della strada invece il giovane Radke stava inseguendo la sua compagna che improvvisamente era scappata via. Non aveva la piu’ pallida idea di quello che le era successo ma sicuramente qualcosa l’aveva sconvolta. Cosi’ senza darsi tregua correva dietro di lei non curandosi dei passanti e dei taxi che per poco non lo mettevano sotto; no tutto quello di cui aveva bisogno era di lei, di stringerla e capire di cosa, quella celestiale creatura, avesse cosi’ tanta paura.

-Armony!- urlo’ un’ennesima volta il suo nome facendo un’imponente scatto in avanti, riuscendo ad afferrare un lembo della magliettina bianca della giovane. Nel giro di pochi secondi riusci’ ad’afferrarla per i fianchi ma di fermalra sembrava no ci fosse verso. Era agitata, e si dimenava a piu’ non posso tra le sue braccia mentre sentiva le lacrime rigarle il viso; la mora non si sentiva piu’ al sicuro e tutto quello che doveva fare era scappare o perlomeno nascondersi, e sicuramente Radke non la stava aiutando

-lasciami!- con un grido la moretta riuscii a coinvogliare su di lei l’attenzione di tutti e sebbene potessero pensare che la poveretta stesse venedo importunata dal sottoacritto, Ronald la fece piroettare elegantemente prima di stringerla forte tra le sue braccia

-hey... Hey Armony perfavore. Tranquilla- coccolandole i capelli il moro le sussurrava lievemente queste medesime parole al suo orecchio sinistro. Le sfilo’ gli occhiali da sole poggiandoglieli sulla testa quasi fossero una coroncina, cosi’ che potesse asciugarle con i pollici le due lacrimucce che scendevano lente sulle seu gianciotte tiepide ma molto arrossate; il respiro cominciava a tornarle regolare e quelle due irirdi color nocciola brillante la ammaliavano, si sentiva quasi cullata in quella bizarra trappola impnotica in cui il giovane l’aveva fatta cadere

-tutto bene?- le domando’ il ragazzo scrutandole nuovamente il viso: totalmente e incondizionatamente paralizzata dal suo fascino, e sebbene se ne sentisse onorato non aveva tempo per elogiarsi come faceva di consuetudine, voleva capire qualcosa di piu’ su di lei... Qualsiasi cosa che lo portasse a comprendere il perche’ del suo comportamento. Dal canto suo Armony annui’ con il capo e abbassando di colpo lo sguardo, non voleva darglielo a vedere ma sopratutto non voleva ammetterlo a se stessa: la presenza di Radke cominciava a farla palpitare, e i suoi occhi stavano cominciando lentamente a darle assuefazione con una buona dose di effetti collaterali come: farfalle allo stomaco; brividi e tremori. Ovvero i classici sintomi pre-cotta, e di certo non aveva intenzione di innamorarsi di lui, non adesso

-senti... Vuoi venire da me? Io vivo qui vicino. Ti offro qualcosa da bere ti va?- non le parve vero ma fu proprio cosi’: Ronald Radke l’aveva invitata a casa sua, e stranamente non sentiva la malizia nel suo tono di voce, e il desiderio non macchiava i suoi occhi nocciola. Sapeva che probabbilmente non era la cosa piu’ giusta da fare ma la mora decise di accettare l’invito; dopotutto le stava soltanto offrendo da bere, e se avrebbe avuto un secondo fine sapeva come reagire.

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Capitolo 6
*** quinto capitolo ***


Il moro davanti a lei le sorrise e lasciandole una mano sul fianco destro la fiancheggio’ cominciando a passeggiare per il viale urbano come se nulla fosse; soltato il contatto con quella stoffa morbida e ricamata che accoglieva quel fianco pallido ma molto seducente, faceva sentire il giovane un vero e proprio Dio; era riuscito a far venire a casa sua una bellezza nordica mai vista prima, e tutti lo avrebbero invidiato. Contrapposto al suo ego vi era Ronnie, ovvero il ragazzo a cui piace cantare e andare alle feste, il ragazzo che non ha mai avuto bisogno di una madre, il ragazzo che cercava qualcosa di piu’ della classica barbie di lusso... Ma che ancora non era riuscito a trovare. Per lui la vicinanza con quella ragazza lo rendeva particolarmente agitato; sapeva cosa dire ma non sapeva come muoversi, doveva conquistarla... Voleva conquistarla a tutti i costi e per farlo non avrebbe permesso al suo egocentrismo da don giovanni patentato di rovinargli tutto. Anche se faceva finta di nulla Armony sapeva bene di avere una mano sul suo fianco che man mano la stringeva piu’ vicina al corpo asciutto ma ben curato di Radke, e stranamente non gli diede fastidio, tutt’altro le sua attenzioni cominciavano a piacerle parecchio, tanto da farle quasi dimenticare che veniva pedinata da un ragazzo agguerrito e spietato. Si diede uno sguardo intorno e vide che lentamente il suo compagno stava cominciando a rallentare il passo, e proprio nel mezzo delle alte case a schiera che sostavano sulla loro sinistra vi era la meta: casa Radke.

Da gentiluomo il moro la fece entrare nella sua modesta casa interamente arredata secondo i gusti classici e economici del padre: il salottino piccolo e semplice, la cucina rustica... Non era una reggia tuttavia agli occhi della ragazza appariva bellissima; le ricordava molto la sua casetta in Alaska, piccola interamente rivestita in carta da parati azzurrina, il pavimento coperto da una soffice moquett bianca e nell’aria il profumo dolcastro della salsa d’acero

-allora... Cosa posso offrirti? Cola? Acqua? Magari Birra?-

-la birra alle quattro di pomeriggio?- domando’ la ragazza non riuscendo a trattenere un risolino divertito

-beh, io ci ho provato!- ridacchio’ a sua volta il moro scompigliandosi appena la folta chioma corvina e selvaggia

-comunque anche un bicchiere d’acqua mi andrebbe benissimo grazie- rispose inseguito Armony cogliendolo di sorpresa, facendo si che tutto il sistema nervoso del ragazzo si bloccasse di colpo a causa di quel sorriso angelico che si era dipinto sulle sue labbra, mandando cosi’ in tilt il povero Ron. Dando uno scossone alla testa tuttavia riuscii anche lui a uscire dalla trappola mortale di quel bel visetto e corse in cucina. Apri’ l’anta sinistra della gredenza e afferro’ un bicchiere in vetro tinto di blu; successivamente si volto’ in direzione del tavolino che gli stava alle spalle e vi poggio’ il bicchierino, cosi’ da poterci versare il contenuto della bottiglia che sostava sul poggio in legno scuro. Non curane del fatto che avesse dimenticato l’anta aperta, si volto’ di scatto con il bicchiere da offrire in mano, colpendo in pieno lo spigolo con la testa, proprio dove avevea ricevuto una poderosa testata poco prima. Per forza di cose l’acqua contenuta nel bicchiere fece un tuffo direttamente sulla maglietta scura del ragazzo renrendolo bagnato e dolorante che a malapena si reggeva in piedi, mentre a gran voce imprecava. Spaventata per il forte rumore che aveva sentito in cucina e dalle imprecazioni del suo compagno, Armony raggiunse Ron in cucina che con una mano si reggeva la testa e con l’altra il tavolo tentando di non cadere, a terra tante piccole scaglie azzurine con una modesta chiazza d’acqua

-oh cavolo Ron?! Ron tutto okey?- domando’ la ragazza correndogli incorntro chiudendo l’anta maledetta

-no ahhh cazzo! Che botta!- ringhio’ il moro prima di sentire due manine piccole e fredde che gli afferravano dolcemente il viso, e due occhietti verdi e curiosi e gli controllavano il bernoccolo gigantesco che stava spuntando sulla sua fronte

-cacchio ma ci sei andato sparato su quell’anta vero? Dannazzione guarda che ti sei fatto... Ma ce la fai a camminare?- al giovane cominciava a girare alquanto la testa, ma facendo finta di nulla fece un passo avanti, rischiando tuttavia di fare un volo per terra, scivolando sull’acqua che non si era versato addosso. Prontamente allora la giovane lo afferro’ per i fianchi per non farlo cadere, e infine si cinse con un braccio del moro le spalle mentre con il braccio destro circondava i fianchi di Ronnie. Dubitando seriamente del fatto che il ragazzo riuscisse a fare la scale, Armony decise di farlo standere sul divanetto in pelle nero. Lasciandolo li corse in direzione del frigorifero e afferro’ un pacchetto di surgelati, e sedendosi al suo fianco gli poggio’ la scatoletta congelata sulla fronte,

-qual’e’ la tua camera? Vado a prenderti una maglietta pulita...- affermo’ improvvisamente la ragazza, prendendo alla sprovvista il ragazzo che in quel medesimo istante rammento’ di averla lasciata tutta in disordine... e sicuramente non gli avrebbe permesso a LEI di entrarci se era ridotta in quello stato pietoso

-eh?! No-no sto bene- rispose il ragazzo tirnandosi su appena il naso, doveva ammettere che stava gelando ma non poteva farla andare

-ti prenderai un raffreddore se tieni la maglietta bagnata...-  ribatte’ scocciata la moretta, di certo ritrovarsi a fare la baby sitter di Radke non era nei suoi piani

-no problema...- ridacchio’ allora il giovane steso accanto a lei sollevandosi in posizione seduta; passatto il pacchetto di platesse congelate alla ragazza si afferro’ i lembi della maglietta nera e la sfilo’ con meccanicita’, come se in tutta la vita non avesse fatto altro che spogliarsi e rivestirsi davanti a una donna sempre diversa e sempre uguale a tutte le altre. Ai suoi occhi quella pelle cosi’ splendidamente compatta e allegramente colorata la attirava piu’ di quanto potesse immaginare, e quel petto sembrava quasi che la stesse chiamando, che la stesse bramando da tempo

-c-che vorresti fare adesso?- domando’ tartagliando appena cercando il piu’ possibile di rimanere disinvolta, e non sbavare dietro quel capolavoro di massa corporea, mentre tornava a tamponargli il peste sulla fronte

-semplice... Ora io mi metto bello comodo, e tu mi riscalderai- rispose spavaldamente il giovane stendendosi lentamente accanto a lei, tenendosi premuto il pacchetto sul capo mentre apriva il braccio destro per accoglierla sopra di se. Rimasta basita dalla proposta del compagno, Armony fisso’ intensamente il viso del suo bel moretto e per un attimo le parve di vederlo, di riconoscere colui che poco fa la stava spiando davanti la sua scuola;

purtroppo la moretta rivordava bene il suo primo incontro con Ryan:

 “Era un giorno come tanti e stava passeggiando tranquilla per le vie innevate della sua piccola cittadella. Faceva abbastanza freddo e il suo respiro si condensava, si copri’ il naso con la sciarpetta di lana rossa e prosegui’ dritta per il suo piccolo luogo segreto. Non molto distante dal centro vi era un parchetto con un laghetto artificiale che, ormai, era quasi sempre ghiacciato. A nessuno dalle sue parti piaceva quel posto sebbene fosse molto curato, ma per lei era speciale; era l’unico luogo ove poteva starsene sola a pensare mentre si godeva il panorama innevato. Quel pomeriggio pero’ qualcosa ando’ storto, non ebbe il tempo di sedersi sulla solita panchina, alzare lo sguardo e lasciarsi sommergere dai mille pensieri che aveva dentro, dalle mille riflessioni; no quel giorno le toccava la parte da eroina. Proprio lo stesso giorno, alla stessa ora e allo stesso posto un giovane stava tentando di togliersi la vita: aveva soltanto diciasette anni ma nulla per lui aveva un senso. Da quando i suoi genitori erano morti e lui era stato spedito in orfanotrofio tutto sembrva essersi colorato di nero e quello che vedeva era soltanto odio e tristezza. Non si ricordava piu’ il viso dei suoi e neanche il suo nome, o meglio si un nome lo aveva... Ma aveva paura che non fosse il suo. Per questo motivo non appena era riuscito a uscire da quella sotto specie di carcere aveva preso la seria intenzione di compiere il gran passo. Quel parco gli sembro’ perfetto; era tetro e desolato... Gli sembro’ cosi’ dolcemente maliconico che gli piacque molto l’idea di morire li. Senza che nessuno se ne accorgesse, visto che era deserto, allora scavalco’ la recinzione che dava alla riva del laghetto e comincio’ a camminarci sopra, cercando un punto dove il gliaccio fosse meno spesso e tirato fuori un vecchio punteruolo diede un colpo netto, lasciando che la superficie trasparente si crepasse e formasse un’apertura abbastanza ampia per permettergli di tuffarsi. Getto’ l’arma a terra assieme a buona parte delle sue vesti, lasciando che rimanesse con soltanto dei pantaloni scuri e aderenti addosso, cosi’ il freddo lo avrebbe preso prima. Si lascio’ paralizzare per qualche istante dal vento gelido che soffiava forte scompigliandogli la chioma corvina e prese un respiro profondo prima di lanciarsi a capofitto verso il buio totale. Proprio in quel momento pero’ la ragazza stava passeggiando per il lungo viale alberato, e fece giusto in tempo per vederlo piombare nell’acqua congelata. Senza neanche pensarci comincio’ a correre saltando atleticamente la recinzione, e giungendo sul luogo lascio’ a terra il giacchetto con la sciarpa per poi tuffarsi, aveva poco tempo prima che anche lei ci rimanesse secca ma non si diede per vinta; si guardo’ appena intorno e lo vide mentre quasi a peso morto continuava a scendere verso il fondo del lago. Con quel poco di aria che gli rimaneva afferro’ il ragazzo per le spalle e lo trascino’ a galla, giusto in tempo prima che anche lei si congelasse in quella massa liquida. Lo fece sdraiare sulle sue vesti e comincio’ il massaggio cardiaco, soffiandogli nelle labbra affinche’ l’acqua uscisse dai polmoni. Ryan improvvisamente vide la luce, certo di essere finalmente riuscito nel suo intento, e da quello che vedeva doveva perforza ersserci riuscito: un visetto pallido dalle labbra fine e rosee, dei capelli lunghi e corvini che gocciolavano sulla sua pelle e degli occhioni verdi che lo fissavano rassicuranti

-menomale... Sei sveglio finalmente... Non immagini lo spavento che ho preso. Ora pero’ copriamoci l’ambulanza arrivera’ a momenti- affermo’ l’agelo sorridendogli dolcemente mentre afferrava i loro gacchetti per coprire i loro corpi bagnati e infreddoliti

-m-ma d-dove...?-

-shh, stringiti a me e sentirai meno freddo- sussurro’ la mora afferrandolo tra le braccia mentre un giacchetto nero faceva da coperta. Senza fiatare allora immerse il viso nel suo petto e lascio’ che le braccine umide della ragazza gli stringessero le spalle, procurandogli calore con il suo stesso corpo mentre i suoi sensi venivano inebriati da un insolito profumo dolciastro; un misto di vaniglia e arancio lo coccolava assieme al battito del suo cuore che lo ipnotizava quasi fosse una ninna nanna. Non era morto, ma il fatto che una cosi’ bella ragazza lo avesse salvato lo rallegro’, forse non era solo come pensava.

-ti senti un pochino piu’ al caldo adesso?- domando’ la ragazza scostandogli appena i capelli per osservargli il viso: pelle nordica, labbra vellutate e fine, capelli corvini e due occhi color nocciola spaventosamente docili e vulnerabili

-s-si...- rispose Ryan lasciando che quel petto cosi’ caldo tornasse a coccolargli il viso, nello stesso momento incui finalmente giunsero dei medici che li portarono via.”

 

Si senti’ improvvisamente chiamare piu’ volte, e quando torno’ con i piedi per terra si rese conto che come suo solito era partita in uno dei suoi soliti flash back che spesso e volentieri la intimorivano

-Armony sei sicura di stare bene? Sei impallidita di colpo...- affermo’ il giovane Ronnie sfiorandole appena una guancia facendola soprridere appena, sembrava strano ammetterlo ma quando Radke ci s’impegnava sapeva diventare davvero dolce

-nulla...- sussurro’ la ragazza afferrando la mano grande e tatuata del moro nelle sue piccole e affusolte

-dai, spostati un po senno’ non entro- rispose abbozzando un sorriso mentre si stendeva appena al fianco di Ronald lasciandolo sorpreso, il ragazzo dubitava fortemente che la giovane accettasse la sua proposta, ma cio’ non gli diede fastidio, tutt’altro

-eccoti qui... Finalmente tra le mie braccia- ridacchio’ divertito mentre la penetrava con i suoi occhi ammalianti e tantatori, quelli con cui ogni donna cadeva nel suo fitto tranello di seduzione e trasgressione

-non ti smetisci mai vero?- rispose con tono seccato e divertito allo stesso tempo mentre delicatamente scostava una ciocca di capelli dal suo bel viso

-avrei dovuto?- domando’ avvicinandosi pericolosamente al volto della giovane

-beh, speravo che la botta in testa ti facesse diventare normale e non piu’ il “deviato” che sei- ridacchio’ spavaldamente scostandosi appena da quella vicinanza spaventosa

-ah... Deviato eh? Reputati fortunata perche’ sono al momento invalido... Pero’ sappi che questa me la lego al dito- rispose facendo una faccia fintamente minacciosa mentre lasciava andare il pesce ormai quasi scongelato sul terreno, cosi’ da potersi avvinghiare con ambedue le braccia al corpo della sua ospite, poggiandosi con il viso sul seno della giovane che stranamente lo accolse. Sara’ dovuta alla prosperita’ della sua amica o forse dal fatto che non era mai stato in quella posizione, ma fatto sta che Ronnie non si era mai sentito cosi’ bene: un piacevole calore coccolava la sua guancia, sentiva un profumo dolcissimo invadergli e percuotergli i sensi eppoi... Era cosi’ morbido e accogliente; come se non bastasse sentiva delle dita sottili inoltrarsi nella sua fitta chioma e accarezzargli dolcemente la testa mandandolo in trance per minuti interminabili.

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Capitolo 7
*** sesto capitolo ***


Con la testa poggiata sul poggiabraccio del divano,la mora dal canto suo osservava come il suo Deviato si stava addormentando sopra di lei,e quell’espressione cosi’ tenera e bambinesca l’addolciva.  Certo Ronald non era uno dei soggetti che era solita frequentare ma sicuramente poteva dire che infondo... Molto infondo, era un bravo ragazzo sofferente di uno scarzo controllo dell’astinenza da sesso. Sospirando appena anche la ragazza si adagio’ piu’ comodamente sul bracciolo, e le sue palpebre cominciarono a farsi pesanti e stanche, tanto che alla fine anche lei dovette cedere, e lasciarsi andare al mondo dei sogni, continuando a coccolare teneramente il moro che giaceva tra le sue braccia. Tutto attorno a loro comincio’ a sembrare quasi surreale; nessuna malizia, nessuna lussuria, era soltanto un piacevole momento di coccole tra due “amici” se cosi’ si potevano definire. Il padre di Ronnie, appena tornato dal lavoro spero’ vivamente che la casa fosse tutta in ordine, e che suo figlio non avesse portato un’ennesima ragazza ; non che gli desse fastidio che il suo bambino era cosi’ ambito, ma che perlomeno finiti i giochi che mettessero apposto, e non che come al solito toccasse a lui rassettare casa.  Infilata la chiave nella serratura, l’uomo entro’ quatto quatto e si meraviglio' di quello che vide : tutto era stranamente al suo posto, ma nulla poteva essere comparato a quello che provo’ quando li vide; distesi l’uno sull’altra in un dolce abbraccio, quasi se quella ragazza che mai aveva visto prima stesse cullando un Ronald tornato bambino, pronto per farsi colmare quel vuoto materno che tanto lo frustrava. Automaticamente un dolce sorriso si sollevo’ sulle labbra dell’uomo, il quale immediatmente corse nella sua camera da letto in tinta gillina, afferro’ una vecchia coperta di lana e scese frettolosamente le scale, cercando il piu’ possibile di non svegliare i due piccioncini. Si avvicino’ lentamente al divano e adagio’ la coperta sui loro corpicini stretti stretti, coprendo per bene le spalle nude del suo Ron; il fatto che indossasse ancora i pantaloni mentre la giovane era ancora interamente vestita lo rallegro’ molto; il suo piu’ grande desiderio era di vederlo accanto a una bella donna, colei che lo amava davvero, colei che lo avrebbe reso finalmente felice. Un lieve mugugno rieccheggio’ per l’intero salotto cogliendo alla sprovvista il signore, il quale immediatamente si accosto’ alla giovane che si era svegliata storidita e impacciata alla vista di quell’uomo che non aveva mai visto prima

 

-oh no tranquilla cara, dormi pure... io sono il papa’ di Ronald. Come ti chiami?- le domando’ sorridendole amorevolmente, scurtandole il viso per poi rimanere compiaciuto dalla bellezza di quelle iridi verdi e profonde

 

-Armony...- sussurro’ la moretta stentando a tenere gli occhi aperti, si era addormentata profondamente e ancora aveva i sintomi della steanchezza sul volto

 

-riposati pure Armony. Dovete essere stanchi- rispose sorridendole un’ennesima volta, osservandola mentre teneramente tornava a dormire, stringendosi un pelino piu’ vicina al suo amato figlio. Li guardo’ con sguardo compiacuto: le gambe intrecciate, l’abbraccio dolce e sinuoso allo stesso tempo; a suo parere sembravano appena usciti da una favola.

 

Erano passate un paio di orette buone e il signor Radke aveva raggiunto la sua stanza al piano superiore per lasciarli soli; e senza lamentarsi come faceva di consuetudine, il moro riapri’ lentamente gli occhi, gustandosi a peino la dolce visione di quella speldida creatura distesa sotto di lui, la quale teneramente dormiva bella come un angelo svenuto su una nuvola. Si chiese come mai la coperta di suo padre li stesse avvolgendo, cosi’ che fossero costretti a stare vicini; ne afferro’ un lembo e copri’ le sue spalle, lasciando che la sua testa si accostasse al suo petto, decisamente piu’ comodo di quel rigino poggiabraccio. Nell’imensita’ di quell’inusuale silenzio che li aveva rinchiusi in un piccolo mondo apparte, Ron riusciva ad udire il lieve suono di un cuoricino che batteva lento e rilassato, dei gracili respiri che deliziavano i suoi sensi mentre una manina piccola e tiepida si poggiava incosciamente sulla sua pelle. La osservo’ appena prima di passarle lentamente, quasi si sentisse timoroso e incerto sulla sua gamba, sfiorandogli suavemente la coscia e il fianco prima di tornare al suo petto, afferrando quella mano nella sua. Era cosi’ soffice e vellutata; se la porto’ al viso e il suo dolce profumo gli fece venire la voglia di assaggiarla, di provare che sapore avesse quella pelle tanto bianca e candida. Fece si’ allora che le sue labbra si poggiassero lievemente sul palmo della mano, cosi’ che un lieve bacio rimanesse impresso, portanto cosi’ un forte e ma pur sempre dolce brivido che concese alla fanciulla un risveglio assai gradevole e allo stesso tempo inconsueto. Aprii’ appena gli occhi e le iridi color nocciola brillante del moro al suo fianco la stavano guardando dolcemente, quasi come se stesse osservando qualcosa di prezioso e straordinariamente prezioso

 

-R-Ron... Scusa m-mi sono addormentata- sussurro’ sbadigliando appena, prima di poggiare lo sguardo sulle loro dita intrecciate tra loro, e il petto nudo e bollente del ragazzo che le stava letteralmente appiccicato.

 

-figurati, anche io stavo dormendo...- rispose con voce flebile, quasi non volesse farsi sentire neanche dalle pareti; immergendosi nelle iridi verdissime  e brillanti della sua compagna, sebbene avesse ancora gli occhi marcati dalla stanchezza. Scivolo’ ondeggiando appena con lo sguardo scrutandole le labbra, il collo per poi ritornare agli occhi, ormai unico centro del suo piccolo universo perversamente addolcito

 

-hem... e-ecco, credo che tuo padre sia tornato sai?- domando’ la moretta abbassando di botto lo sguardo, lasciando che il povero Radke rimanesse un’ennesima volta insoddisfatto persino dai suoi begli occhioni

 

-e allora?- ridacchio’ a sua volta il ragazzo abbandonando la mano della donna sul suo corpo, cosi’ che potesse sfiorarle il viso delicatamente con le punta delle dita; scostarle i capelli e disegnargli il contorno della bocca

 

-n-non vorrei disturbare... devo tornare a casa. Mia madre stara’ in pensiero per me. Che ore sono?- domando’ nuovamente con occhi spersi nel vuoto di quel tuffo a bomba che aveva effettuato, dritta dritta nelle iridi di Ron che non osava riponderle, aveva paura che cosi’ facendo quel maico contatto si spezzasse una volta ancora, e non lo avrebbe permesso

 

-sono quasi le sette cara- una voce squillante ma allo stesso tempo profonda e roca si levo’ da un punto non ancora definito del salotto, bloccando quello che Ronald aveva tentato con tutto se stesso di mantenere saldo. A passetti svelti e quasi impercettibili suo padre era appena giunto nel bel mezzo del salone, esponendo un immenso sorriso che immediatamente riuscii a mettere in imbarazzo il “Dio del corteggiamento”

 

-avete dormito bene? Posso invitarti a cena Armony?- solo al sentire il suo nome suoave uscire dalla sua bocca il ragazzo non pote’ ch sentirsi spaesato

 

-oh no, la ringrazio molto signor Radke... ma mia made gia’ non era daccordo al fatto che uscissi. Figuriamoci a stare a cena fuori!- rispose la moretta sorridendogli dolcemente, mandando completamente in tilt tutto il sistema nervoso del suo compagno steso al suo fianco, il qualche si era talmente martellato la testa con domande del genere : “perche’ mio padre sa il suo nome? Ma sopratutto perche’ e’ cosi’ in confidenza con lei?”; che non riusciva neanche piu’ a seguire il discorso che intanto i due stavano continuando, ma a giudirare dalla risata del padre doveva essere qualcoa di divertente

 

-okey. Sara’ per la prossima volta allora. Ma suvvia Ronald alzati e accompagnala! E vestiti per l’amor del cielo che fa freddo!-. senza neanche rispondergli allora il ragazzo ubbidi’ e correndo come un razzo al piano superiore si vesti’ alla buona. Certo non voleva apparrire in disordine difronte alla sua bella tenebrosa, tuttavia non voleva che passasse troppo tempo al piano inferiore con il padre. Scese lentamente le scale e vide con suo stupore che la Armony ci sapesse ben fare con suo padre; non si sforzava come facevano le altre per mostrarsi affasciante... no le bastava assere semplicemente se stessa per lasciare imbambolato perfino Mr. Radke.

 

-beh? Ti sei incantato Ron? Su dai altrimenti fara’ tardi!- lo rimprovero’ scherzosamente il padre dandogli una pacca sulla spalla mentre risaliva le scale,

 

-e miraccomando. E’ una brava ragazza Ronnie- gli sussurro’ riuscendo a non farsi sentire dalla giovane, che con altri pensieri per la testa, non aveva dato peso a quello che aveva detto; stava ancora ripensando al suo Radke, ai loro corpi cosi’ vicini, ai loro continui scambi di sguardi... e al suo improvviso crollo emotivo che la rendeva timida e schifosamente insicura. Fulminando il suo genitore con lo sguardo il moretto scese le scale e uscii di fretta con la sua compagna di banco. Sapeva gia’ di suo che Armony era diversa... e non c’era bisogno che cme suo solito si mettesse in mezzo. Stavano passeggiando per i viali bui e umidicci della citta, per arrivare dalle villette residenziali dell’altro lato della scuola; stavano a circa una ventina di centimetri di distanza e non osavano parlarsi, non tanto perche’ non volessero farlo, soltanto perche’ avevano altri curiosi pensieri per la testa che gli impedivano di interloquire l’una con l’altra. Uscendo dalla sua psiche la giovane diede un lieve sguardo di sottecchi al moro, che continuava a camminare maestoso e superbo, eregendo uno sguardo fiero ma tuttavia spesso abbastanza da nascodere quello che in realta’ sentiva dentro, quello che non voleva che nessuno vedesse, particolarmente lei

 

-tutto bene?- chiese spezzando finalmente quel silenzio che man mano stava uccidendo ambedue con la sua quiete suicida

 

-si... si tutto apposto- rispose vagamente sorridendole, cercando il piu’ possibile di rassicurarla, di sicuro farla preoccupare non era nei suoi piani; gia’ aveva abbastanza oscuri problemi per conto suo... ci mancava solo che ci si mettesse anche lui

 

-o-okey...- affermo’ abbassando lo sguardo, osservandosi le scarpe nere che portava ai piedi: stivaletti in pelle neri con tantissimi laccetti scuri. Non aveva la piu’ pallida di cosa dire, si sentiva spaesata e a ogni passo che faceva in avanti sentiva il cuore batterle forte, un po per la vicinanza di Radke al suo fianco, un po perche’ era gia’ buio, faceva freddo e il respiro si condensava... e per di piu’ si sentiva maledettamente osservata e l’angoscia cresceva in lei man mano che si avvicinava al luogo ove doveva essere al “sicuro”. La moretta si diede qualche sguardo intorno: i vicoletti abbandonati e poco illuminati erano davvero inquetanti per i suoi gusti, avrebbero potuto rapirla e stuprarla senza che nessuno se ne accorgesse, neanche se avesse gridato piu’ forte che poteva, perche’ LUI avrebbe trovato un modo per farla tacere, LUI l’avrebbe strappata dal mondo, trascinandola via con se nell’oscurita’ della notte. Una mano calda e avvolgente afferro’ improvvisamente la sua facendola sobbalzare appena, ma non poteva avere paura, dopo lo scherzetto di quel pomeriggio non aveva piu’ paura di Ron

 

-addesso sei tu che sembri strana...- affermo’ sorridendole dolcemente, in un modo cosi’ stranamente realistico che quasi si senti’ sciogliere per la prima volta, come se uno stano calore stesse fuoriuscendo dal suo cuoricino ignettandosi direttamente nelle vene

 

-niente... sono soltanto pensierosa. Tutto qui- rispose abbozzando un sorriso, continuando a camminare al suo fianco, tenendo le dita intrecciate a quelle del moro che senza togliergli gli occhi dosso sentiva una maledetta voglia di stringerla, assaporare il suo odore e gustare le sue labbra. Doveva ammettere che anche il “Ronnie” perverso aveva delle idee per niente male: voleva prenderla di sorpresa e farla sua, percepire il suo respiro e fremere al tepore della sua pelle mentre lentamente la spogliava. Giunsero finalmente nei pressi di una piccola casetta bianca con un grande tetto verde: era a due piani e la porta era di legno scuro. Si fermarono davanti il modesto giardino fiorente di margherite e viole e senza dirsi niente si misero l’uno davanti all’altra, cominciando a fissarsi come se fosse l’ultima volta che si fossero rivisti

 

-beh... allora grazie- affermo’ la moretta sorridendogli appena con un lieve imbarazzo

 

-hem... prego. A-allora... ciao-

 

-ciao- rispose Armony voltandosi di scatto, incamminandosi lentamente verso casa, “non girarti... non girarti...” penso’ mentre aveva una maledetta voglia di voltarsi e guardarlo, proprio come le scenette dei film. Piu’ si diceva di non farlo, piu’ il desiderio cresceva in lei, tante’ che alla fine si volto’; era a pochi metri di distanza e si stava avviando verso casa con le mani nelle tasche. Era certa che quello che volesse fare era sbagliato, inprudente e probabbilmente “suicida” ma valeva la pena di tentare:

 

-Ronnie!- grido’ quel poco che bastava per farlo voltare. Non sapev perche’ si sentisse chiamare ma appena giro’ i tacchi non ebbe neanche il tempo di occorgersi che Armony si era stretta a lui, lo stava abbracciando avvolgendogli le braccia attorno il collo, e nascondeva il viso nella folta chioma di Radke, il qauale incuriosito, divertito e felice allo stesso tempo

 

-hey? Che c’e’? ti sei appena resa conto che non puoi vivere senza di me?- ridacchio’ spavaldamente adagianco con malizia cortese le mani sui suoi fianchi, inoltrandole appena sotto la magliettina bianca; gesto che provoco’ dei forti brividi per la pelle pallida e candida della giovane

 

-egocentrico come pochi vero?- domando’ soffiandogli appena sulle labbra, avvicinandosi per la rpima volta di sua iniziativa al moro

 

-ti dispiace?-

 

-a dire il vero... NO- rispose avvicinandosi ancora, tanto da poter sfiorare le labbra carnose e vellutate di Ronnie, pregustandosi l’ebrezza e l’uforia di quel bacio che si preannunciava bollente e privo di regole. Ron dal canto suo provava gli stessi medesimi sentimenti, era quello che per tuto il giorno aveva desiderato, e sapeva che dopo di esso non ne avrebbe fatto piu’ a meno.

 

“driiin, driiin”

Un rumore fastidioso e squillante fece si’ che purtroppo i due si dovvettero staccare di colpo, e imprecando a tutto spiano il povero Ronald afferro’ il cellulare dalla tasca; non si degno’ neanche di leggere chi fosse... ma una cosa era certa: chiunque fosse stato l’avrebbe pagata.

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Capitolo 8
*** settimo capitolo ***


 

-chi sei?- domando’ serioso e freddo, guardandosi la mora difronte a lui che era scoppiata a ridere, era piu’ forte di lei ma la situazione, il momento cult e la telefonata avevano reso il tutto piu’ desiderato che mai e divertente

 

-oh Ron ti disturbo?- la voce del suo migliore amico, sebbene sapeva che non avrebbe mai disturbato, in quel preciso frangente si... aveva portato alquanto fastidio

 

-dimmi Max. Ma fai alla svelta...- rispose dando le spalle alla sua compagna, quasi volesse nacordersi; e in parte era cosi’. Sapeva che in un modo o nell’altro sarebbero finiti a parlare di porcate, e di certo non era molto “fine” farlo davanti una ragazza

 

-ohhh ho capito stallone! Allora? Con chi sei? Approposito e quella bimbetta di oggi pomeriggio? te la sei fatta?- le mille domande di Green andavano cosi’ veloci che il moretto stentava a credere che avesse ancora fiato

 

-quella l’ho accantonata... adesso comunque sto fuori quindi, se non ti diaspiace dirmi cosa mi devi dire-

 

-eh no no caro Radke... prima mi dici con chi sei e poi ti rispondo!- ridacchio’ sommessamente il castano dall’altro capo del telefono, facendosi persino sentire da Armony, la quale fece finta di nulla; anche se dentro voleva quasi quasi strappargli quel cellulare dall’orecchio e rispondere a quel nanetto “sta con me problemi?”; non per nulla, ma anche se non volesse ammetterlo anche lei moriva dalla voglia di riprendere da dove avevano cominciato

 

-hmm... Alaska- sussurro’ il piu’ lievemente possibile. Il giovane Maxwell aveva capito al volo il linguaggio in codice dell’amico; dopotutto lo conosceva da tutta una vita. Non poteva credere pero’ che il suo amico fosse riuscito a uscire con la nuova arrivata; era sicuro che il suo amico aveva un cosi’ detto “talento naturale” nella sottile arte del corteggiamento, a differnza di lui che era molto piu’ rude e diretto... ma stavolta il suo best aveva di gran lunga superato se stesso

 

-Ronald Joseph Radke... tu sei un dio- affermo’ scandendo bene parola per parola, lasciando che dalle labbra del moro trapelasse un lieve risolino

 

-sei sempre il solito Green. Comuqnue... che e’ successo?-

 

-nulla. Volevo solo dirti che noi domani organizziamo una festa. tu ci sarai non e’ vero?-

 

-ovvio che si- comincio’ tornando a guardare la sua tenebrosa amica scrutandola un’ennesima volta mentre a braccia conserte e suardo dolce lo guardava, aspettando che avesse finito. fu in quel preciso momento che gli venne un lampo di genio: l'avrebbe invitata alla festa, e li magari avrebbero continuato quello che stava per nascere tra loro

 

-perfetto. Domani a scuola ti dico i dettagli. Oh miraccomando eh! Mi devi raccontare tutto!- ridacchio’ il giovane facendo scoppiare in un riso piu’ completo il giovane Ron

 

-sei peggio di una puttana pettegola Max!-

 

-ahaha grazie eh! Dai ciao stallone- ridacchio' infine il piu' piccolo attaccando finalmente quel dannato telefono che aveva tenuto il moro dalla sua amante. 

 Sbuffando attacco’ il cellulare e torno’ all’attacco afferrandola moretta per i fianchi; portandola a se con fare voglioso

 

-scusa se ci ho messo tanto...-

 

-non importa- rispose la ragazza abbracciandolo a sua volta; legandogli le braccia attorno al collo, poggiando il mento sulle sue spalle, assaporando il dolce odore dei suoi capelli; non facendo caso all’ombra curiosa che si era formata proprio dall’altro lato della strada: la forma allungata, simile a quella di un uomo dalle gambe lunghe e la corporatura fina. Si allungo’ appena piu’ vicina tra le braccia del suo Ronald, quasi volesse sporgersi e vedere chi diavolo fosse quella strana ombra, quell’oscura presenza che sembrava gia’ da prima seguirla di soppiatto. Mise bene a fuoco e senza proferire parola rimase improvvisamente quasi senza fiato; brillavano nel buio maestosi e sublimi, di un nocciola profondo e intenso... quegli stessi occhi che quello stesso pomeriggio l’avevano fatto palpitare il cuore all’impazzata; gli stessi occhi che le incutevano terrore e angoscia. Lui era li, ed era tornato per lei ancora una volta.

Dal canto suo Ronnie stava inoltrando le mani tra le onde corvine della bella nordica. Non c’era bisogno ce si parlassero, perche’ quel calore descriveva tutto quello che non riuscivano a dirsi. Tuttavia un cuoricino palpitante e turbolento stava pulsando forte e imponente sul suo petto, e le braccia della ragazza cominciavano a stringerlo, forte... molto forte e forse anche troppo forte. I suoi respiri cominciarono una volta ancora a crescere e i singhiozzi aumentavano man mano la loro intensita’. Immediatamente percepi’ che in lei c’era nuovamente qualcos ache non andava, qualcosa che la terrorizzasse... e il pensiero principale di Ron era di scoprire cosa fosse

 

-Armony? Hey piccola?-

-a-andiamo dentro Ron... vieni!- senza neanche guardarlo in viso la moretta lo afferro’ per mano, comiciando a trascinarlo via con se’ fino l’interno della casa. Ronald non aveva la piu’ pallida idea del perche’ si stesse comportando cosi’; onestamente neanche il “visitatore” della ragazza non lo aveva capito... tuttavia ne rimase sconvolto e deluso; ma soprattutto adirato: nessuno poteva abbracciare la sua donna, nessuno poteva tenerla per mano... e tanto meno poteva entrare nella sua dimora.

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Capitolo 9
*** ottavo capitolo ***


 

Ryan rimase impalato su quel marciapiede per minuti interminabili forse anche delle ore, oramai era riuscito a perdere totalmente la cognizione del tempo; non ci credeva ancora. La sua amata aveva portato un’altro uomo nella sua casa, e per di piu’ mano nella mano! Se stava cercando un modo per farlo innervosire... beh lo aveva trovato. Fece per andarsene ma quando vide la luce della camera della sua donzella immediatamente si blocco’, nascondendosi nel buio, intento ad’osservarla avvolto tra le tenebre piu’ uscure del suo cuore.

Non appena erano entrati in casa, ad accoglierli vi era una donna alta dai capelli scuri... e gli occhi che ardevano d’ira, e gia’ dal suono dei passi pesani e imponenti si poteva capire che stava sul sentiero di guerra

-disgraziata! Dove sei stata mi hai fatto prendere un colpo!- affermo’ istericamente, elettrizzando al massimo i suoi capelli che sembrarono rizzarsi di colpo. Dal canto suo la ragazza non rispose e fece entrare il suo compagno, che quando venne visto dalla madre, quest’ultima immediatamente fece brillare i suoi occhioni azzurri e sulle sue labbra si stampo’ un sorriso a trentadue denti. Non tanto perche’ il giovane Radke fosse un bel ragazzo... ma soltanto per il fatto che la sua bambina avesse un “accompagnatore” che non l’avrebbe lasciata sola, di notte con uno schizzato che la seguiva

-oh cielo per fortuna non eri sola! Perdonami caro io sono Viky, la mamma di J hem... Armony. Oddio scusami ma sono cosi’ emozionata che la mia piccola porti un ragazzo a casa...- comincio’ la donna allungando le mani su quelle del ragazzo afferrandogliele dolcemente in segno di riconoscenza

-d-di nulla signora- rispose spaesato il povero Ron, non facendo caso all’errore o forse alla omissione che la donna gli aveva fatto con la frase precedente; non era mai stato presentato alla madre di una delle sue pupe, e doveva ammettere che sebbene fosse imbarazzante non era male avere tutte quelle attenzioni; sopratutto perche’ Armony non era come le sue “bamboline”

-mamma per favore!- sbuffo’ la ragazza avvicinandosi al divano nel salottino adiacente all’entrata, poggiando la borsa sulla poltrona

-oh tesoro suvvia! Allora giovanotto come ti chiami?- domando’ la donna afferrandolo di sorpresa sotto braccio, accompagnandolo nel salone ove la ragazza si era gia’ adagiata sul divano, e osservava divertita il moretto in difficolta’. Era cosi’ tenereamente impacciato, cosi’ dolcemente coccoloso! Quasi da farle venire voglia di mangiargli via di baci quelle guance leggermente tinte di rosso, come due mele mature e profumate

-Ronnie- rispose finalmente liberandosi dalla presa della donna, sedendosi vicino alla sua moretta, tuttavia non osava avvicinarsi piu’ del dovuto; gia’ s’immaginava la scenata della madre con manie “iper comprensive” che li avrebbe disgustosamente viziati e cullati fino al loro matrimonio

-rimani a cena? e’ raro che abbiamo ospiti...- alla domanda della donna immediatamente la moretta si volto’ di scatto guardando il giovane al suo fianco, attendendo impazientemente una sua risposta

-okey... chiamo un secondo mio padre allora- rispose spavaldamente Radke alzandosi in piedi afferrando il cellulare; non poteva perdere un’occasione del genere per rimanere altro tempo con la sua Armony. Il tempo di qualche passo e arrivo’ all’entrata lasciando che le due cominciassero a spettegolare in santa pace mentre lui avvertiva il suo genitore:

-Ron? Qualcosa che non va?- il tono del signor Radke immediatamente aparve preoccupato e angosciato, oh beh non si poteva nascondere che in fondo lui fosse un padre apprensivo

-no nulla pa! Senti ti volevo solo dire che la mamma di Armony  e’ stata cosi’ gentile da invitarmi a cena- ridacchio’ guardandosi i piedi, quasi stesse parlando per la prima volta con la sua prima ragazza, e tutto questo solo perche’ era maledettamente eccitato dal fatto che sarebbe stato altro tempo con la morettina dagli occhioni verde smerando

-oh. Perfetto! Credo che non debba ricordarti allora che non puoi comportanti come a casa tua...- immediatamente dalle labbra di Ronald sguscio’ fuori uno sbuffo straziato e asfissiato, pronto per la “breve lezione di buone maniere” di Mr. Radke

-si papa’...-

-si papa’ un corno! Ronnald sei a casa di una ragazza! Percio’ niente rutti, niente parolaccie e sopratutto se ti offrono alcolici di’ di no! Manca solo che ti ubriachi a casa sua!-

-si, si papa’ si ciao ciao!- scocciato alla fine non pote’ far altro che attaccare, sapeva gia’ di suo quello che doveva fare, e il tono puntiglioso e pignolo del padre non contribuiva a farlo sentire meglio; non sarebbe stato facile nascondere la sua rozzezza, ma doveva pur farlo dopo tutto. Dal canto loro le due more stavano ancora in salotto e lo attendevano impazientemente

-e’ molto carino...- affermo’ la maggiore scrutandolo da lontano, sussurrandogli maliziosamente alle orecchie della figlia, la quale era bella che partita per un viaggetto mentale, un ennesimo trip a ritroso, sognandosi le loro labbra che si erano appena sfiorate dolcemente, e i loro respire che entravano nelle bocche di l’un l’altra, quasi volessero nutrirsi a vicenda

-gia’...- “e me ne sono accorta solo ora” penso’ Armony osservandolo avanzare verso di lei con passo sicuro di se’ e superbo, immaginandolo avvolto da una luce particolare, che lo rendeva straordinariamente dolce e tentatore allo stesso tempo

-mio padre vi ringrazia molto- affermo’ folgorando con lo sguardo la piu’ giovane, che ricambio’ subito quello scambio di sguardi cosi’ intensi e favolosamente proibiti; cosi’ follemente teneri e vogliosi. La madre li guardo’ un’aultima volta prima di dirigersi veso la cucina dicendo

-io vado a cucinare. Armony da brava fai fare un giro della casa al tuo compagno- ridacchio’ lanciandole un’occhiolino di soppiatto, il quale tuttavia venne percepito dallo steso Radke che pur facendo finta di nulla era ben consapevole che sua madre non sarebbe stata poi cosi’ contraria a una loro relazione. Come un baleno pero’ i pensieri di quest’ultimo si bloccarono; non voleva credere a quello che aveva pensato: “RELAZIONE”. Si fece quasi paura da solo, lui che pensava a una storia seria... doveva per forza avere la febbre.

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Capitolo 10
*** nono capitolo ***


 

Limitandosi solamente nel seguire la ragazza, Ron teneva lo sguardo basso, sommerso nella sua miriade di pensieri che continuavano a tormentarlo: “cazzo sono Ronald Radke! Non posso innamorarmi!” si disse entrando all’interno di una piccola cameretta: le pareti tenebrosamente buie pur essendo in tinta rosa pallido; le tendine floreali incorniciavano la finestra che si affacciava sulla via del suo quartiere; il letto in ferro battuto a due piazze era rivestito di un copriletto candido e cuscini in tinta decoati con merlettini vari. Era una cameretta pienamente femminile, eppure gli parve che mancasse qualcosa; si mise a guardarla affondo e nel cogliere che soltanto un lato del letto fosse appena disfatto, venne colto improvvisamente da una strana sensazione di solitudine. Era come se quell’angolino vuoto e perfettamente in ordine del suo giaciglio stesse a simboleggiare una forte paura della compagnia, quasi una folle fobia. La ragazza si era seduta appena dal suo lato del materasso e osservo’ curiosa l’espressione imbambolata e distratta del moro

-tutto bene?- domando’ picchiettando con la mano il copriletto, indicandogli che era ben invitato a sedersi accanto a lei

-si, si scusami. Stavo pensando...- affermo’ poggiandosi al suo fianco; penetrandola una volta ancora con le sue iridi color nocciola brillante, sperando di riuscire a scorgere qualcosa in piu’ su di lei, che tutti i suoi pensiero lo avvolgessero e l’aiutassero a capire perche’ qella Armony era cosi’ maledettamente invitante

-a cosa stavi pensando?-

-a nulla di particolare- affermo’ schietto senza lasciar trapelare alcuna emozione dal suo viso. Tuttavia i suoi tentativi risultarono vani contro di lei, la quale aveva immediatamente capito che in verita’ c’era ben altro, qualcosa che lo turbava... e che al 95% era per causa sua.

-Ronnie. C’e’ qualcosa che ti sconforta? Lo vedo dal tuo sguardo- rispose la moretta sorridendogli appena, sfiorandogli dolcemente una guancia con un lieve tocco delle punte delle dita. Un brivido caldo lo accolse facendogli quasi girare la testa per quanto fosse maledettamente piacevole e dolcemente provocante.

-lo vuoi davvero sapere?- le domando’ abbassando di qualche tono la voce, rendendola roca e ammaliante. Si avvicino’ ancora di un poco alla ragazza, la quale non si scompose neanche un po, anzi ricambio’ con foga lo sguardo di sfida e provocazione che il moro aveva cominciato a lanciargli

-s-si- sussurro’ avviciandosi a sua volta al suo corpo che gia’ da tempo desiderava maniacalmente di tenerla ancora stretta al suo petto

-a te. Al fatto che vorrei sapere tutto sul tuo conto...- affermo’ spavaldamente il giovane Ron cambiando traiettoria di colpo, sfiorandole il lobo sinistro con le labbra, cogliendola di sorpresa non solo per il gesto pungente e intrigante, ma anche per le sue parole. Immediatamente i battiti cardiaci della mora accellerarono di colpo, e l’angoscia torno’ a invaderle l’anima con ribbaltamenti vari di budella e nausea agitata

-non ti piacerebbe... fidati- rispose abbassando di colpo lo sguardo, distaccandosi appena dal suo corpo prima di dirigersi lentamente verso la finestra. Non poteva rivelargli tutto. Non era ancora pronta a condividere con lui quello che ormai da mesi la tormentava, e non era disposto a perderlo per l’errore della sua vita. Dal canto suo Ronnie avanzo’ a passo veloce verso di lei, giungendole alle spalle. La ragazza aveva lo sguardo perso nel vuoto, rivolto al buio della notte che aveva avvolto quella stradina, e non poteva immaginare che invece stava fissando una determinata oscurita’ che come un’ombra la seguiva ovunque lei andasse, che conosceva meglio di nessun’altro ogni sua debolezza, ogni sua piccola paura.

Il cuore di Ryan batteva forte, il suo sangue ribolliva di ira funesta e spietata. La sua bella appariva come una dea, affaciata alla finestra in attesta del suo oscuro Romeo, ma le manacce di quell’intruso si erano poggiate sulle sue spalle, e la vicinanza di quelle labbra sporche di lussuria cnto l’orecchio della sua amata non gli piacevano affatto, anzi le interpretava come uno squallido tentativo di macchiare anche la sua candida innocenza; ma non ci sarebbe riuscito... non fino a quando lui avrebbe vegliato su di lei.

-perche’? perche’ ti chiudi cosi’?- sussurro’ coccolandole la pelle con il caldo respiro che gli sfiorava l’orecchio

-perche’ e’ meglio cosi’ Ron. Meno cose sai di me, meglio e’...- rispose lanciando un ennesimo sguardo “all’ammiratore notturno” che sembrava non avere la benche’ minima intenzione di lasciarla in pace

-comincio a pensare che forse sono io che ti faccio questo effetto, o magari e’ il tuo passato ad allontanarti da me- affermo’ spavaldamente passandole con spudoratezza passionale la punta del naso su tutto il perimetro del suo collo pallido, recandole una dannatamente picevole scarica di brividi. Armony percepi’ immediatamente che “qualcuno” non avrebbe affatto gradito quel gesto, ma non poteva nascondere che le piacesse alquanto la perversione garbata di Radke

-no, tu non c’entri nulla. Ma almeno su una cosa devo darti ragione. E’ il mio passato a perseguitarmi...- comincio’ voltando a tre quarti il capo in sua direzione, fissandolo ditto nei suoi occhioni scuri e profondi

-ma non gli permettero’ che mi allontani a te- disse infine scrutandolo un’ennesima volta, mescolandosi in un tutt’uno di colori e palpitazioni che formarono la colonna sonora di quel breve frangente, quel minuscolo attimo ove tutto intorno sembrava azzerarsi, e lasciare che almeno per quei secondi rimanessero soli in quel silenzio che in realta’ voleva dire tutto e niente.

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Capitolo 11
*** decimo capitolo ***


 

 

 

 

Si guardarono, si studiarono per minuti interminabili. Non avevano la minima intenzione di smettere di fissarsi, attendendo un chissa’ cosa che li distrasse, perche’ in quel preciso momento i loro cervelli erano totalmente occupati da piacevoli e allo stesso tempo folli visioni di baci appasionati, graffi intriganti e perche’ no anche morzi possessivi. Le mani del moro dalle sue spalle cominciarono a scendere lentamente ferso i fianchi, facendo si’ che le maniche a balconcino della camicetta bianca le scoprissero parte del decolte’; si preparo’ cosi’ un ampio terreno dove poteva poggiare le labbra, e lasciarle una sensuale scia di baci tutt’altro che casti e innocenti. Piccolo marchi che deliziavano l’animo oscuro che man mano cominciava a nascere nel profondo del cuore di Armony; piccoli segni, che anche se invisibili, sarebbero rimasti impressi quasi indelebilmente nella sua anima. La giovane diede appena un sospiro d’estasi alle mille sensazioni positive e negative che il ragazzo le stava regalando; tuttavia doveva trovare un modo per tornare lucida una volta ancora, per trovare la forza di non cedere tra le sue braccia, e lasciare che lui faccia di lei cio’ che vuole, che si possedesse del suo corpo e della sua amina davant quella finestra che era riuscita a far accrescere ancora di piu’ l’odio che Ryan provava nei suoi confronti.

-R-Ronnie. B-basta... non ora- sussurro’ sommessamente socchiudendo appena le palpebre quando quelle labbra bollenti e bagnate erano arrivate a succhiarle nell’incavo della clavicola

-e’ piu’ forte di me Armony. Non riesco a fare a meno di toccarti. Di amarti- sussurro’ sulla sua pelle, leccando appena quella piccola macchietta di sangue pisto a forma di cuore che era spuntata sulla spalla bianca e morbida della giovane, compiacendosi di quel lavoretto, quasi come se fosse una piccola chiazza di rosso carmino su di una sensualisima tavola candida. L’ultima parola del moro fu tuttavia qella che riusci’ a cogliere di piu’ la giovane, la quale non pote’ far altro che rimanere paralizzata per una sfilza indefinita di secondi, irrigidita e senza fiato. Quella parola le faceva effetto e terrore. C’era stata una sola persona che “l’amava” nel vero senso della parola, l’amava piu’ di se stesso, piu’ di ogni altra cosa al mondo; e quel qualcuno era ancora in strada. Ma lei aveva paura di quella chimica, di quella ossessiove convulsa incui il cuore fragile di Ryan era caduto, spazzando vua ogni briciolo di buon senso che si ritrovasse nel cervello. Era proprio quella fobia dell’amore che le parole di Radke quasi la stecchirono, non voleva un’altro amor omicida, non voleva spargimenti di sangue o lacrime; eppure piu’ si convincesse che fosse sbagliato, piu’ si sentiva maledettamente affasciata dalla sua voce, dalle sue labbra... dal battito del suo cuore. Pertroppo per Armony la realta’ si era mostrata di dura di quanto non volesse ammettere: anche lei “amava”, o almeno credeva di amare il giovane Ronald

-e lo dici a tutte quelle che ti porti a letto?- domando’ spavaldamente, voleva confonderlo, in un qualche modo allontanare il suo amore cosi’ che la lussuria tornasse a impadronirsi di lui, quella sapeva gestirla ma il vero sentimento no!

-difficile a credere ma...no. non lo ho detto mai a nessuno. Di solito non mi faccio molti scrupoli, se voglio qualcosa... lo ottengo facilmente- affermo’ maliziosamente perverso, scostandole appena una ciocca corvina dietro l’orecchio, prima di lccargli sensualmente il lobo destro

-e cosa ti fa pensare che io non sia come tutte le altre?- chiese immediatamente lanciandogli uno sguardo di sfida provocante e maestoso, quasi cose se non volesse solamente provocarlo, ma anche indurlo verso una “retta via”

-il fatto che provo delle emozioni. Mentre tutte le altre non riescono a trasmettermi nulla. Neanche una scopata di due ore riuscirebbe ad appagare la mia “sete”. Mentre un tuo solo abbraccio riesce a farmi sentire cosi’ vivo. Con te divento davvero me stesso- affermo’ spavaldamente ma allo stesso tempo teneramente mentre faceva piroettare l,a sua compagna, cosi’ da ritrovarsela stretta al petto un’ennessima volta: le sue mani sui fianchi caldi della moretta, mentre le sue manine piccole e affusolata sostavano sul suo petto, e i loro occhi continuavano quel pericoloso scambio equivalente. Ronald si cuccio’ appena verso il suo viso, mentre la donna s’innalzava in punta di piedi. Il respiro dolce e tiepido di Armony accarezzava sensualmente le sue labbra, deliziando in un qualche modo tutto il suo essere, mentre quest’ultima gia’ pregustava quel frutto proibito che sarebbe uscito da quelle labbra carnose e semplicemente irresistibili. Fu proprio quando erano a pochi centimetri che la mora si senti’ mancare, mentre veniva imprigionata in un’ennesima visione, una di quelle che avrebbe preferito cancellare dalla sua memoria per sempre, perche’ sapeva che altrimenti l’avrebbe perseguitata per il resto dei suoi giorno:

“la moretta stava in dormiveglia quella notte; non riusciva a dormire e non capiva il perche’, o meglio non voleva capirlo. Aveva discusso con il ragazzo piu’ dolce che avesse mai conosciuto; con l’uomo a cui aveva salvato la vita, e che gli sarebbe stato debitore per sempre. Senti’ improvvisamente la porta cigolare piano e dei passi pesanti avvicinarsi lentamente verso di lei. Non sapeva chi potesse essere ma si alzo’ di scatto dal giaciglio e accese la luce, prendendo un sospiro di sollievo quando vide il moretto seduto all’angolo del materasso: il piagiama trasandato, gli occhi vivi e brillanti come se si fosse appena svegliato e una rosa stretta tra le mani

-Ryan! M-mi hai spaventata!- sussurro’ poggiandosi sullo schienale in legno del suo lettino, osservandolo mentre impacciatamente si avvicinava verso di lei

-tieni... volevo chiederti scusa. Il mio attacco di gelosia davanti ai tuoi compagni di classe e’ stato davvero di pessimo gusto.- affermo’ porgendole cortesemente il fiore

-di nulla. Davvero. E a me dispiace di averti trattato male.- rispose a sua volta la giovane accarezzandogli dolcemente il viso

-devo confessarti una cosa. Da quando mi hai salvato la vita, io mi sento legato a te. I-io... credo di amarti- sussurro’ tutto d’un fiato provocando un’attacco di vampate di caldo e rossori sul visetto pallido della ragazza, la quale non pote’ che rimanere lusingata delle sue cortesie

-oh... Ryan, ecco io...-

-i-io... ti amo- sussurro’ senza neanche lasciarle finire di parlare. Rimasta completamente di stucco la giovane non pote’ far laltro che tacere, anche quando gentili e timide le labbra del giovane si posarono sulle sue. La moretta senti’ il cuore batterle forte, le farfalle allo stomaco e l’adrenalina nelle vene; non sapeva se quel bacio gli stesse piacendo; ma a giudicare dall’effetto doveva essere proprio cosi’. Senza nanche rendersene conto, si ritrovarno l’uno sopra l’altra, e le coperte erano l’unico ostacolo che impediva ai loro corpi di toccarsi. Le mani di Ryan afferrarono improvvisamente i polsi della donna, bloccandoglieli ai lati della testa mentre scendeva mano mano a baciargli il collo, con labbra decisamente piu’ infuocate di quanto fossero prima; e il suo spirito ardente di passione furiosa cominciava man mano a corroderla. Le dita cominciarono a lasciare i segni sulla sua pelle, e delle macchie viola spuntarono sulla sua spalla mentre i lamenti dolosi sgusciavano dalle labbra fine della mora, la quale cominciava a dimenarsi, chiedendosi perche’ il suo Ryan si stava facendo cosi’ “Manesco”

-s-smettila! R-Ryan mi fai male...- singhiozzo’ mentre una lacrima le rigava lenta il visetto arrossato

-ti amo piccola mia. Ti amo- sussurro’ a sua volta il moro, continuando per tutta la notte a tapparle la bocca con le sue, mentre il suo corpipino cominciava a ricoprirsi di “segni” che anche se col tempo sarebbero passati; mai si sarebbero cancellati dalla sua fragile mente.”

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Capitolo 12
*** undicesimo capitolo ***


 

 

 

 

-Armony? Hey calmati...- sussurro’ il moro cogliendole il viso tra le mani, raccogliendo quelle due piccole gemme che luccicavano da suoi occhioni verdi. Per un’ennesima volta era scoppiata a piangere tra le sue braccia, un’altra volta il suo passato era tornato a impedirle di vivere, e questa volta Radke cominciava a scocciarsi davvero; per quanto si sentisse strano a pensarlo, la mora cominciava a costituire il piccolo centro di quel miserabile universo parallelo dove Ronald stava comiciando ad apprendere la vita del “bravo ragazzo”; e nessuno poteva minimamente azzardarsi a compromettere l’unica persona che riusciva a farlo stare bene. La sorresse tra le sue braccia assaporando il suo dolciastro profumo, rinfrescandosi la pelle accaldata con le lacrime ghiacciate e pure che colavano sul suo collo tatuato; i respiri della giovane cominciarono man mano a tornare regolari e precisi, e le sue manine piccole e biancastre cominciarono a salire man mano sul corpo del ragazzo, accarezzandogli il petto sopra la maglia scura; quasi massaggiandola comincio’ a esercitare lievi pressioni con i polpastrelli.

Era strano ma la presenza di Radke riusciva a farla uscire immediatamente dai flash-back mortali che con il SUO ritorno cominciavano a farsi piu’ vivi e recendi ogni istante che passava. L’angoscia di essere seguita e spiata logorava il suo spirito firbra per fibra, ma le baccia del moro erano cosi’ pronte a proteggerla, ad’avolgerla in quell’ammasso di carne tatuata che non chiedeva altro che un piccolo momento di passione, di pura follia... e forse, anche dell’amore, il vero amore. Si lascio’ cullare nell’immensita’ di quei due buchi neri incastonati sul viso del giovane, e si senti’ piacevolmente trascinata su di un qualcosa di incosistentemente morbido e soffice. Le parve di volare in un cielo limpido e privo di nuvole, di planare nell’azzurro di uno spazio senza barriere; e tutto grazie a quelle due iridi castane. Il cuore di Armony batte’ all’impazzata, ormai non c’era piu’ verso di trattenerlo... neanche lei sapeva darsi un minimo di autocontrollo.  Vorticarono in aria quasi senza peso, non rendendosi conto che ambedue erano stranamente finiti sopra il letto: la ragazza distesa sulla coperta candida con i capelli adagiati disordinatamente sul cuscino; Ron accovacciato su di lei con le labbra dischiuse, il viso vicinissimo a quello della giovane.

-perche’?- sussurro’ la moretta quasi facendosi sgusciare le parole dalle labbra

-cosa?- ridacchio’ il ragazzo sopra di lei strusciandole appena la punta del naso sul suo, facendo sbottare in una tenera risata la sua amica. Non pote’ non rimanere incantato dalla soave melodia che spontaneamente usciva dalla sua bocca genuina e pura

-sei entrato cosi’ prepotentemente nella mia vita. Ma adesso perche’ non riesco a farti uscire?- domando’ facendosi piu’ seriosa fissandolo intensamente negli occhi, quasi volesse una risposta immediata e sensata; anche se nemmeno lei sapeva cosa, di preciso, voleva sentirsi dire

-per lo stesso motivo percui io mi sento bene con te. Nessun’altra era riuscita prima d’ora a tenermi testa, anzi a farmi perdere letteralmente la testa. Ti basta?- rispose Ronald sorridendole dolcemente, gioendo allo sguardo teneramente seducente con cui la donna gli aveva risposto. Colto come messaggio di assenso, Ronald si cuccio’ piu’ delicatamente su di lei, mangiandosi quel bollente brivido che percorreva le loro carni, gustandosi quel gelido fuoco che stava per ardere brillante nell’oscurita’ di quelle vite vuote e imcomplete

-promettimi solo una cosa...- affermo’ la moretta scostandosi appena

-qualsiasi cosa Armony-

-che mi amerai dolcemente- rispose con sguardo supplicante, lasciandosi rigare un’ennesima volta il visetto da una lacima solitaria; si sentiva pronta, finalmente pronta a ricominciare a vivere quella fottuta vita incui si era ritrovata

-ti amero’ come il piu’ prezioso dei doni che Dio potrebbe farmi. Te lo giuro piccola- sussurro’ il moro senza scostarle lo sguardo di dosso. Si fissarono dolcemente intrepidi, come due amanti che si erano appena incontrati per il loro appuntamento segreto, fuggendo dalle realta’ diverse incui erano costretti a convivere. Sebbene il moro si mostrasse il piu’ agguerrito, fu la ragazza ad’avvicinarsi audaciamente al suo viso, baciandogli le labbra con carezzevoli coccole, e succose labbra che sembravano essere appena sbocciate dal piu’ bello dei fiori primaverili.

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Capitolo 13
*** dodicesimo capitolo ***


 

 

 

Il moro teneva gli occhi chiusi e ben serrati, quasi come se non volesse che quell’attimo fuggente e catastroficamente perfetto si perdesse in quel tempo ansioso di andare avanti, avvicinandosi sempre piu’ a un futuro ancora ignoto e imprevedibile. No Ronnie si limitava a godersi il piu’ possibile quel bacio che da sempre aspettava; continuo’ ad amalgamare le sue labbra su quelle di Armony mordicchiandole appena, attendendo che ne fuori uscisse un dolce nettare che non solo avrebbe deliziato le sue papille ma anche il suo intero essere. Coccolo’ la lingua rosea della giovane con la sua, sfiorandola in una ritmica danza; massaggio’ la sua pelle, infiammandola con l’ardore carismatico che usciva da ogni sua fibra corporea. Era caduto in un piacevole sogno, battendo la testa cosi’ forte che ormai quel dolore gli parve piacevole, e non si sarebbe risvegliato facilmente. Dal canto suo, la donna comodamente stesa sotto di lui, lasciava che il suo compagno facesse quel che piu’ desiderava di lei; gli stava donando il tuo cuore e il suo corpo e non se ne vergogna. Per quanto potesse averlo odiato Armony sentiva che Ron non l’avrebbe usata, no lui l’avrebbe amata come meritava: senza malizia, senza ossessione; dopo tutto glielo aveva promesso. Tuttavia il pensiero che un’altro uomo era ancora sulle sue tracce continuava ad aleggiare su di lei, come un oscuro fantasma o una asfissiante nuvola di fantozzi; eppure per la prima volta non si fece rapire dal timore, che spesso e volentieri, in quelle ore si era fatto sentire. Semplicemente sentiva il cuore batterle forte nel petto, ignorando totalmente l’aria appesantita dall’odio profondo che sgorgava nelle vene del giovane fuori dalla finestra. Quais come per rivincita Armony si strinse piu’ vicina al suo amante, immergendo le dita nella sua folta chioma corvina; approfondendo o semplicmente vivendo a 360 gradi quel bacio, simbolo dell’inizio della sua nuova vita accanto a Ronald, accanto a quel ragazzo che pur essendo arrogante, perverso e per certi aspetti anche “malato” era riuscito a conquistarla con un solo sguardo, un solo sorriso avvolto dalla dolcezza di cui soltanto il “vero” Ron era dotato.

Cenarono l’uno accanto all’altra in un silenzio quasi tombale, neanche la madre, sebbene avesse gia’ inteso qualcosa dai loro sguardi fugaci e passionali, era riuscita a fargli spiccicare parola:

-beh, visto e considerato che non avete molta voglia di parlare potrei accendere la televisione che ne dite?- ridacchio’ la donna afferrando il telecomando nero rivestito di gomma, premendo leggermente sul pulsantino rosso per l’accenzione: i programmi non eramo molto interessanti, reality noiosi e privi di senso; concorsi a premio truccati... alla fine l’unico canale che valeva la pena di essere visto fu quello del telegiornale. Tra notizie di alluvioni varie sparse in tutto la nazione; vincite al super enalotto e sparizioni varie improvvisamente una “notizia straordinaria”:

-si avvisa che e’ stata appena ritrovata un’altra ragazza di diciasette anni morta dissanguata nell’appartamento di casa sua. La vittima presenta segni di violenza e pugnalate varie al petto. Jack lo squartatore ha colpito ancora lasciando un’ennesimo messaggio per la sua Juliet “ giochero’ ancora per poco piccola July”. Le autorita’ affermano che non sia un caso che tutte le ragazze abbiano le medisime sembianze: capelli corvini e occhi verdi. In base a queste ipotesi la polizia sta facendo di tutto per trovarli entrambi.-

Uno strano silenzio aleggio’ sulla tavola; la tenione si poteva tagliare con un coltello e l’aria che si stava respirando cominciava a farsi asfissiante

-sicuramente quel ragazzo ha dei problemi mentali- affermo’ la madre di Armony cominciando con sguardo basso a sparecchiare . dal canto suo la moretta non disse nulla, e la aiuto’ a portare i piatti dalla sala da pranzo alla cucina, cosi’ che la maggiore potesse cominciare a lavarli; il tutto sotto gli occhi di Radke che sservava le due come se avessero qualcosa che non andava, come se quel notiziario delle otto e mezzo le avesse toccate nel profondo del loro animo. Osservo’ la sua bella moretta mentre velocemente sfilava anche la tovaglia a scacchi rossa e bianca, e notata la sua difficolta’ nel piegarla in modo ordinato, immediatamente si alzo’ dalla sedia di legno scuro; si avvicino’ lentamente verso di lei e le afferro’ le manine nelle sue grandi e avvolgenti, fissandola intensamente nelle sue irirdi profonde e verdi

-ti aiuto io...- affermo’ dolcemente accarezzandole appena le mlabra con il suo respiro. Ambedue afferrarono un lembo di stoffa, e allontanandosi di qualche centimetro cominciarono a piegare il panneggio morbido e colorato, prima di ritrovarsi nuovamente vicinissimi, petto contro petto con una tovaglia finemente piegata che separava di pochi millimetri i loro corpi. Folgorandosi a vicenda con sguardi teneri e maliziosi allo stesso tempo i due rimasero a guardarsi per secondi interminabili, il tutto sotto gli occhi della madre che non poteva nascondere un risolino divertito; non aveva mai visto la sua bambina cosi’ presa da una ragazzo, e quel Ronnie le dava tanto l’aria del bravo ragazzo.

-io credo che dovrei andare... Mio padre non vuole che ritorni troppo tardi- affermo’ portando il lembo di stoffa ripiegao nella cucina, fiancheggiando la donna che intanto aveva appena finito di lavare le stoviglie

-vuoi che ti accompagnamo con la macchina? E’ buio eppoi sono brutte le strade a quest’ora- disse la donna asciugandosi le mani con il grembiule bianco candido

-si figuri signora! Non si disturbi! Vado a piedi posso badare a me stesso- ridacchio’ il giovane Radke grattandosi appena la testa, era quasi imbarazzanto da tutte quelle attenzioni

-hem... no! Ti portiamo in macchina- ribbatte’ la mora piu’ giovane accostandosi al suo amato, prendendogli dolcemente la mano nella sua

-davvero Armony. Non dovete..-

-ho deciso cosi’. Punto- ridacchio’ a sua volta senza lasciargli neanche il tempo di contraddire. Lo trascino’ nel salotto e assieme attesero’ l’arrivo della madre con in mano un mazzetto sonante di chiavi. Non che non si fidasse di lui, ma Armony sapeva che probabilmente Ryan era ancora li... e se lo avrebbe visto uscire solo da casa sua QUASI sicuramente gli avrebbe fatto del male.

Uscirono mano per mano e mentre proseguivano pe il vialetto la moretta si guardava intorno, per assicurarsi che non si sarebbero provocati spiacevoli inconvenienti e spinse dolcemente il suo Ron all’intenro della vettura, comportandosi quasi come se fosse un body guard. Viky guidava ad andatura stabile mentre i due piccioncini stavano seduti accoccolati l’uno accanto all’altra nei sedili posteriori della macchina

-Max mi ha detto che domani sera c’e’ una festa. Vuoi venire con me?- sussurro’ il moro sfiorandole appena il lobo sinistro con le labbra, accogliendo il suo corpicino tra le sue braccia, poiche’ a causa di un brivido potente la sua schiena si era improvvisamente inarcata verso di lui

-okey... devo portare qualcosa?-

-non lo so. Vediamo domani a scuola?- domando’ nuovamente accarezzandole dolcemente il viso con la punta delle dita

-okey... uh mamma ecco accosta siamo arrivati!- affermo’ la moretta dando un lieve sguardo al finestrino, notando con dispiacere che purtroppo erano giunt dinnanzi alla dimora di Radke

-grazie mille Viky- affermo’ il moro prima di scendere dalla vettura, seguito a ruota dalla ragazza, che lo avrebbe accompagnato fino all’entrata

-di nulla Ronald. Spero di vederti al piu’ presto caro. Buona notte!- ridacchio’ maliziosamente la donna lanciando un’occhiolino tutt’altro che puro e casto alla figlia, che arossendo appena afferro’ il moretto per mano comiciando a camminare con ampie falcate verso la porta d’ingresso. Stavano l’uno davanti all’altra dinnanzi il portone verdognolo e non avevano la minima intenzione di slegare le loro dita ben intrecciate

-e dunque... eccoci qui...- ridacchio’ sommessamente il moro prima che venisse letteralmente travolto da un abbraccio impulsivo della ragazza che lo colse di sorpresa

-devi proprio? Cosa faro’ stanotte senta di te al mio fianco?- sussurro’ stampandogli appena un casto bacio sulle labbra, prima di bascondere il viso nel suo petto caldo e accogliente, e il suo odore estasiava il suo olfatto, rendendosi persino dolcasto al sapore; come se in realta’ se lo stesse gustando

-senza il tuo profumo che mi coccola? Otto ore sono tante- il moro ascolto’ con piacere la sua candida voce che sembrava cullarlo com in na dolce ninna nanna. Senti’ il cuore mancargli qualche battito nello stesso momento incui una formidabile idea gli baleno’ nella psiche. Senza risponderle allora si scosto’ appena dalla sua giovane amante si afferro’ gli angoli della maglietta nera e la sfilo’ agilmente rimanendo con il torno nudo sotto i raggi dei lampioni accesi; facendo vampare non solo la piccola Armony ma anche la madre che stava “osservando”, per non dire spiando, la tenera coppietta

- vieni qui...- sussurro’ attendendo che si avvicinasse appena di un passetto, cosi’ che potesse abilmente infilargliela sopra la camicetta bianca. Terminato il suo lavoro passo’ le mani dietro la nuca della giovane e le sistemo’ la chioma corvina; osservandola in fine mentre adeva letteralmente dentro la sua maglia

-sei bellissima-  affermo’ spavaldamente abbracciandola per i fianchi, poggiando lafronte contro la sua, cosi; che le loro iridi brillani si mescolassero assieme

-ma.. Ronnie la tua maglietta!-

-tienila tu. Usala come pigiama. Cosi’ che la mia essenza ti avvolga in queste lunghe ore che ci separeranno- rispose senza lasciarle finire la frase

-Ron... grazie- sussurro’ sfiorandogli le labbra con le sue,

-no, grazie a te...- disse il giovane Radke afferrandole il visetto pallido e candido tra le mani, portandolo delicatamente verso il suo viso; non smise per neanche un secondo di guardarla, di perdersi all’interno di quel mare verde che lo ammaliava sempre piu’

-d-di cosa?- domando’ con volto incuriosito

-di esistere piccola mia- ridacchio’ divrtito alla sua espressione buffamente curiosa, quasi fanciullesca; le poggio’ le labbra sulle sue, ammorbidendole con le sue, fondendole quasi in un tuttuno di chimica e magia.  

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Capitolo 14
*** tredicesimo capitolo ***


 

Con un –a domani- si salutarono e a passo lento e goffo la moretta torno’ in macchina, sotto le risatine acute e divertite della madre che era veramente sollevata per lo stato della sua piccola; era stufa di vederla sempre spenta, barricata nella sua camera respingendo tutto e tutti coloro che le si avvicinavano. Quando si posiziono’ al posto del passeggero Viky osservo’ di soppiatto la grande maglietta nera che ricopriva il corpicino di Armony e disegnando un sorrisetto beffardo mise in moto. Poggiandosi completamente sul sedile la piccola socchiuse dolcemente gli occhi, lasciando che il calore di quel misero indumento scuro alleviasse i pesi che la sua pelle aveva sopportato. Viaggio’ lontano con la mente, stavolta non all’indietro come era solita fare, quella notte partiva per un futuro piu’ roseo: lei, Ronnie, le loro labbra l’une sulle altre, le loro carni fuse assieme e nessun’altro.  Le sembrava stupidamente puerile immaginarsi vestita da rosso mentre il suo bel moretto la stringeva tra le sue braccia, coccolandosi le notti d’invero sotto un caldo piumone arancione, abbracciati come se non potessero vivere senza l’essenza del proprio compagno. Oppure baciarsi sotto i raggi caldi del sole mentre l’acqua fredda del mare li cullava nella sua massa azzurra e pura. Sognava di percorrere un’ampia navata dal tappeto blu, con addosso un semplice abito bianco non troppo sfarzoso; osservandolo da lontano attavero qul sottile velo candido che le incorniciava il volto, e tra le mani un piccolo mazzo di rose bianche. Si fece paura da sola quando quest’ultimo pensiero le attravero’ la mente... Non riusciva a realizzare il fatto che avesse osato “immaginare” un matrimonio assieme a Radke. La sua razionalita’ immediatamente creo’ una sorta di barriera affinche’ questi pensieri piacevolmente maligni uscissero dalla sua testa... Ma neanche questa tecnica sarebbe riuscita a cancellare l’amore che provava. Armony non aveva mai amato prima, neanche per Ryan, no per lui non aveva mai provato amore. Tuttavia il cielo aveva deciso che quel giovane screanzato di Ronald piombasse sulla sua strada rendendola dolcemente folle e perversamente irresistibile; e a dirla tutta non gli dispiaceva affatto.Riaprii’ gli occhi soltanto quando finalmente senti’ il motore spengersi, e sua madre chiamarla teneramente

-tesoro siamo arivate? Dai corri a letto. Devi essere stanca- le sussurro’ incitandola a scendere dalla vettura il piu’ in fretta possibile, dopotutto faceva freddo alle undici di sera, e di certo non volva che le prendesse qualche malore. Assonnatamente la ragazza cammino’ verso la sua cameretta, salutando appena la sua genitrice. Entrata nella sua stanzetta comincio’ a far vorticare tutti i vestiti a terra, lasciandosi con addosso solamente quella misera maglietta di cotone nera. A piedi nudi saltello’ sulla moquette bianca fino al letto; una volta sotto le coperte si aggomitolo’ su se stessa portandosi le ginocchia al petto, sentiva il profumo di Ronnie entrarle dentro e sforarle l’anima come soltanto la sua presenza riusciva a fare. La annuso’ profondamente, godendo a pieno di quel gustoso odore che le penetrava le narici, stordendola come se avesse appena sniffato una striscia di droga purissima. Sotto quello strano influsso transitivo la moretta cadde in un sonno profondo tra le braccia di morfeo, il quale immediatamente non perse minuto di piu’ e la porto’ sino al grande portone dei sogni... proprio dove il suo dolce Ronald la stava aspettando.

Proprio in quel preciso instante, quando la giovane era piu’ vulnerabile, la finestra si arpi’ silenziosamente, e una forte folata di vento entro’ assieme alla figura nera che nella notte la bramava. Quell’ombra quasi senza peso volteggio’ nei meandri della camera da letto, brandendo una forbice dalle lame taglienti che brillavano sotto la soffusa luce della luna, la quale entrava quieta e curiosa, fingendosi cieca difronte a quello che stava per accadere.

 

Dal canto suo Ronald Radke si infilo’ a sua volta sotto le candide lenzuola che avvolsero il suo corpo semi nudo. Con le mani soto la nuca comincio’ ad osservare il soffito; non riuscivaa dormire, purtroppo dolce visioni avevano la meglio sul suo buon sonno. Quei sorrisi, quelle labbra, quelle lacrime... Ogni misero dettaglio rappresentava quel che piu’ amava della sua Armony, oh solo al pensare il suo nome gia’ sentiva le guance vampargli in un istante. Si passo’ un dito sul contorno delle labbra ancora calde del suo bacio; sorridendo al dolce ricordo ti averla tenuta stretta al suo petto socchiuse gli occhi, la notte sarebbe passata di certo piu’ veloce se avesse dormito almeno un po. Lascio’ andare la testa al cuscino, il corpo al buio e il cuore alla melodia dei respiri della sua bella mora che gli erano rimasti impressi come uno dei suoi nuovi tatuaggi.

 

La notte era veramente passata in un baleno a parer della docile fanciulla; non era neanche riuscita a sognare che la sveglia era suonata; tuttavia la stanchezza non riusci’ a fermarla: si era appena svegliata e cio’ significava che avrebbe a breve riviso il suo Ron! Si mise seduta sul materasso e ancora assonnata lancio’ un lieve sguado al cuscino, notanto con suo stupore due capelli che erano rimasti attaccati alla stoffa. Le parle strano, era troppo giovane per perdere capelli e di certo non era stressata a tal punto a cominciare a farlo! Stropicciandosi gli occhi si avvio’ verso il bagno, coccolando appena i lembi della maglietta che tutta la notte l’aveva stretta quasi come se il suo amante fosse stato con lei per abbracciarla forte a lui. Si lavo’ il viso senza neanche guardarsi allo specchio; preoccupandosi soltanto che il fluido ghiacciato la svegliasse a dovare e rinfrescasse la sua pelle ancora accaldata. Con uno scatto della testa all’indietro fece svolazzare la chioma corvina guardandosi finalmente allo specchio: viso pallidamente bianco latte; occhi verdi e accesi e i capelli scompigliati ma con un qualcosa che neanche la giovane riusci’ a scovare immediatamente. Stranita afferro’ di fretta e furia la spazzola e comincio’ a sistemarsi quando improvvisamente capi’ quello che non era riuscito a cogliere: una delle sue ciocche color pece era stata letteralmente tranciata a meta’ con un taglio netto e preciso. Sconvolta corse in camera cercando qualche indizio che potesse spiegarle il perche’ i quello “scempio” ai suoi adorati capelli, mentre le lacrime continuavano a gocciolare sul suo visetto in preda ad un attacco di panico. Fu proprio allora che scovo’ una omonima bustina che rammentava bene di non aver visto sul suo comodino prima di addormentarsi; si avvicino’ quel tanto che bastava per scorgere una -J- in corsivo color rosso sangue, e gia’ quello riusci’ a farla palpitare di angoscia e paura. Respirando faticosamente allora la afferro’ e ne lesse il contenuto:

 

-mi sono preso la briga di prendermi un ricordino di te amore mio. Giusto per gustarmi il tuo odore prima che finalmente tornerai ad essere mia. Tuo e soltanto tuo. R.-

 

Gia’ sentiva i sintomi pre-svenimento coglierla di sorpresa, tuttavia un urlo le si arrampico’ su per la gola per primo; e senza neanche rendersene conto si ritrovo’ a gridare nel silenzio piu’ assoluto delle sette di mattina, sveglianto persino tutto il vicinato, che tranquillamente dormiva ignorando totalmente l’accaduto.

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Capitolo 15
*** quattordicesimo capitolo ***


 

 

 

Viky immediatamente accorse in aiuto della figlioletta, la quale si era accasciata a terra tenendo tra le mani un cartoccio di carta umidiccia di lacrime; la strinse tra le sue baccia e cerco’ quanto poteva di rassicurarla; gia’ il fatto che non fosse ferita risollevo’ il cuore della madre, la quale si era immaginata il peggio. Daltronde come si poteva biasimare la povera donna? Aveva gia’ sentito altre volte la figlia gridare nel pieno dell’angoscia, e tutto per colpa di quel malato che aveva ospitato a casa tanto tempo fa.

-piccola? Tesoro? Respira bambina mia che e’ successo?!- domando’ la madre con i lacrimoni, asciugando con i pollici le gemme bagnate che colavano sul suo piccolo volto vellutato,

-mi ha tagliato una ciocca di capelli... Stanotte Ryan e’ stato qui mamma e io non me ne sono accorta. P-poteva uccidermi!- singhiozzo’ la moretta nascondendosi nel petto della genitrice, la quale comincio’ apparentemente a coccolarle i capelli, anche se Armony sapeva bene che in realta’ stava guardando la ciocchetta corvina che quel maniaco le aveva tranciato. Sentiva il cuore creparsi un’ennesima volta, e aveva paura... non tanto per il fatto che quello schizzato era entrato furtivamente nella sua camera. No quello che in realta’ le faceva piu’ male erano le parole che stavano per uscire lente ma spavalde dalla bocca della sua mamma:

-ci dobbiamo traferire-.

Proprio come aveva previsto sua madre era nuovamente convinta che scappare fosse il metodo giusto di scampare dall’omicida; di ostacolare il passato. Prendendo un respiro profondo la ragazza si poggio’ con la schiena contro il muro, osservando malinconicamente il soffito: Ronnie Radke, questo era il suo unico pensiero; non gli importava nulla di quel malato psicopatico che bramava il suo “sangue”... Tutto quello che piu’ desiderava era rimanere accanto all’uomo che amava, e non avrebbe permesso a una Squallida imitazione di Jack lo squartatore di portargli via l’unica persona che in diciasette fottuti anni di miserabile vita, passati a scappare come un topo, di portarglielo via. Armony era decisa quanto seria, osservo’ la madre nelle sue profonde iridi verdognole e si mordicchio’ le labbra; era la prima volta che stava per contraddire sua madre, e sentiva il cuore esploderle nel petto

-no. Io non vengo- affermo’ schiettamente la giovane

-c-cosa? Forse non ti rendi conto della gravita’ della situazione...-

-no mamma, sei tu che non ti rendi conto. Che fine farebbe Ron?- domando’ scansando appena la donna che si era accostata a lei cenrcando di protrarla via

-amore mio, so che adesso ti senti legata a lui. Ma devi capire che prima devi pensare a te... e poi agli altri- rispose scostandole una ciocca dietro l’orecchio, ma di starla a sentire non c’era verso, anzi quasi gli diede fastidio quel gesto tipicamente materno. Armony aveva deciso, costi quel che costi sarebbe rimasta... anche se prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con il suo peggiore incubo.

-dovremmo solatanto cambiare casa. E per altro tempo saremo al sicuro mamma. Andra’ tutto bene!- sussurro’ speranzosa la piccola moretta accoccolandosi alla madre sperando che le sue parole carezzevoli potessero servire a qualcosa

-oppure, potrei... No forse e’ meglio di no.- tralascio’ la frase a meta’ cosi’ che un silenzio interrogativo aleggiasse all’interno dell’intera camera. Voleva depistare l’inseguitore e allo stesso tempo rendere la sua bambina felice, e un’idea follemente brillante si schianto' nella sua mente ancora addormentata e angosciata

-cosa? Mamma a questo punto tutto fa brodo...-

-scappa da Ronald- affermo’ seriosamente cogliendola di sorpresa, facendola fremere e allo stesso tempo palpitare dalla emozione che quelle strane parole le avevano creato

-c-come?- domando’ ancora incredula, non aveva assimilanto per bene il significato di quelle 14 lettere

-per qualche giorno io andro’ in albergo. E tu da Ronnie. Che ne so’ digli che parto per lavoro. Quando quel figlio di puttana vedra’ casa vuota sicuramente pensera’ che ce ne siamo andate. Si lo so che forse e’ un piano stupido...- affermo’ abbassando di colpo la sguardo, rienendosi una madre incampace di proteggere la propria figlia. Tuttavia Armony non pote’ che ritenersi onorata di avere una mamma come Viky; quel piano era cosi’ maledettamente perfetto che quasi si stupi' del fatto che non l’avessero accettata nell’esercito; un cervello stratega come il suo avrebbe fatto furore in campo militare. Guizzando come un pesciolino abbraccio’ la sua genitrice piangendo dalla gioia e dalla euforia

-sei un genio. Sei un genio!- cinguetto’ la mora volteggiando per la sua stanza a occhi socciusi: si vedeva tra le braccia tatuate e possenti del suo Radke, avvolta dal cuo carisma del duro, cullata dalla sua dolcezza... incantata dalle sue labbra.

 

Ore otto e mezzo del mattino; il moro stava seduto sulla gradinata dell’entrata principale all’istituto con le cuffiette nelle orecchie e lo sguardo sperso nel vuoto. Quasi gli parve di aver vissuto un incubo quando quella stessa mattina si era risvegliato solo sotto le lenzuola; per tutta la notte gli parve di averla stretta al suo petto, di averla amata finche’ Morfeo non fosse giunto su di loro. Poi imporvvisamente riconobbe una Galaxy nera entrare nel parcheggio della scuola; Viky era alla guida e la sua bella mora scese abbracciandola forte, brandendo un grande borzone azzurrino mentre in spalla portava la cartella. Senza neanche avvertire il suo Maxwell, il quale stava comodamente steso tra belle pupattole che lo viziavano con carezze e baci intriganti, si sfilo’ le auricolari e comincio’ a camminare in direzione della sua preziosa parte di anima che la sera prima, alle undici in punto, aveva lasciato per una delle sue notti piu’ lunghe della sua vita.

Sciogliendo l’abbraccio la donna piu’ grande sorrise al giovane che era giunto ale spalle della ragazza e lo saluto’ con un bacio sulle guance, come se lo conoscesse da una vita; come se fosse una delle poche persone di cui potesse fidarsi ciecamente

-Ronald... dovrei chiederti un favore caro...- comincio’ la donna cingendo le spalle di sua figlia con un braccio

-mi dica tutto Viky- rispose esponendo un tenero sorriso, che giunse al culmine della dolcezza nello stesso momento incui i suoi grandi occhioni scuri si mescolarono con le grandi iridi verdi della sua anima gemella

-so che sembra sfacciato, ma desidererei che tu ospitassi la mia Armony per qualche settimana. Purtroppo questa mattina mi hanno avvisata di un imminente viaggio per motivi di lavoro. Posso affidarla a te?- la domanda della donna parve musica per le orecchie di Ronnie: lui e lei, per settimane, nella stessa casa... e sicuramente suo padre sarebbe stato daccordo, dopotutto il buon vecchio Mr. Radke era gia’ pazzo di lei:

 

“-dovresti frequentarla piu’ spesso quella Armony. E’ spontanea, e’ semplice... ma sopratutto figlio mio...-

-non e’ una barbie. Lo so- ridacchio’ il moretto prima di entrare in camera sua.”

 

Tornato dal suo breve flash back, il moro annui’ piu’ volte prima di afferrare ambo le mani della donna

-le posso assicurare che andra’ tutto bene. Che il suo soggiorno in casa mia sara’ piacevolissimo.-

-spero sia cosi’ anche per tuo padre-

-mio padre sara’ piu’ che entusiasta... si fidi.- ridacchio’ lasciandosi improvvisamente abbracciare da una Viky sollevata per aver fatto la scelta giusta

-bambina ci vediamo tra qualche settimana allora. Stammi bene- singhiozzo’ baciandole le guance prima di ritornare in macchina, e sparire veloce nel silenzio dei due, che non facevano altro che continuare a guardarsi nell’immensita’ degli specchi delle loro anime.

-mi sei mancata- sussurro’ afferrandola delicatamente per i fianchi, avvicinandosi a lei, quel tanto che bastava per farsi sfiorare dal suo respiro tiepido e dolciastro

- la tua maglietta mia coccolata stanotte sai? Tuttavia non credo che sia lo stesso di quello che mi procura il tuo petto...- ridacchio’ maliziosamente la morette poggiandogli ambo i palmi sui pettorali, percependo direttamente sulla sua pelle i battiti accellerati del cuore di Ron, causati dalla stretta vicinanza con cio’ che riteneva piu’ importante di qualsiasi altra cosa al mondo

-vogliamo provare?- ridacchio’ divertito allora il giovane Ron facendo salire un palmo sulla sua schiena, coperta da un magliettina rossa, avvicinandola man mano al suo corpo massiccio e tatuato. Si sfiorarono appena le punte dei loro nasi, quasi stuzzicandosi a vicenda prima che il bel tenebroso fuse le sue labbra con quelle della novizia, che immediatamente lascio’ andare a terra la valigia per stringersi al collo del suo amato; gustandosi un’ennsima volta quel sapore dolce e suadentemente amaro per cui valeva la pena di rischiare la vita.

 

*Angolino di Virgy*

solitamente non commento il mio operato, o meglio lo faccio di rado...

Beh che dire... l'idea della "fuga" dall'amante mi e' parsa cosi' romanticamente audace che non ho saputo resistere!

A quanto ho potuto constatare invece Ryan non piace, anzi vi sta proprio sullo stomaco; e devo ammettere che sono veramente contenta di cio'.

Volevo cercare di rendere questa figura come il male fatto persona, come una persona che puo', anzi che deve essere odiata e credo di esserci riuscita!

Bene con questo ho finito e voglio ringraziarvi per aver letto fin qui e non esservi annoiati.

Un dolce bacino

-V-  

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Capitolo 16
*** quindicesimo capitolo ***


Senza scambiarsi parole inutili i due si avviarono verso l’entrata mano per mano: Radke trasportava con piacere il bagnaglio della sua bella moretta, la quale si era stretta al suo braccio, fissandolgi la sottile e invisibile linea che disegnava il suo delicato profilo; dalla sua posizione il giovane Green rimase letteralmente a bocca apeta: conosceva Ron meglio di chinque altro, e sapeva che non si sarebbe mai sognato di aiutare una qualsiasi ragazza a portare una borsa... ma sopratutto che non l’avrebbe mai baciata con quella foga, con quella passione. Ma dopo tutto cosa poteva saperne lui dell’amore? Non aveva fatto altro che vivere giorno per giorno don una bella bionda differente... non era ancora stato folgorato dalla sua “anima gemella”. Constatando che mancavano ancora dieci minuti buoni al suonare della campanella il giovane decise di presentare la sua adorata al suo migliore amico, il qualche buffamente li stava fissando con uno strano sguardo da pesce lesso

 

-hey Max! Conosci Armony vero?- ridacchio’ il moretto cingendola per i fianchi con dolcezza e protezione, assumendo uno sguardo di totale adorazione e sottomissione per la sua “nordica”; atteggiamento che Green interpreto’ come del tutto fuori dal normale

 

-hem si... allora tutto bene ragazzi? Ron e’ tutto confermato per stasera?- domando’ il castano cercando di cambiare argomento, avrebbe discusso con il suo best in un’altro luogo, possibilmente senza la presenza della ragazza

 

-cosa c’e’ stasera?- domando’ incuriosita’ la giovane scrutando con i suoi occhietti vispi e brillanti il piu’ piccolo, il quale non pote’ far altro che rimanere per qualche secondo interdetto; non tanto perche’ era rimasto folgorato... soltanto perche’ voleva capire cosa quelle due iridi verdi avessero di cosi’ speciale per far “rintontire” il suo amico

 

-do una festa a casa mia. Tu vieni Mony?- domando’ tirando fuori dalla tasca dei jeans aderenti un omonimo foglietto di carta,

 

-chi sarebbe Mony?- chiese a sua volta il moretto, rimanendo stranito e forse anche un pelino “geloso”

 

-Armony... – rispose ovvio’ il suo compagno chiedendosi disperatamente : “ma cosa cazzo e’ successo al mio migliore amico?!”

 

-ahhh. Comunque Armony sta da me quindi verra’ sicuramente...- affermo’ esponendo un sorriso a trentadue denti quando pronuncio’ la parola “sta da me”. Pur se apparentemente insignificanti quelle tre paroline fecero battere il cuore della mora improvvisamente, forse era stata la frenesia d quel bacio che avevano consumato insieme poco prima, ma doveva ammettere che ancora non aveva immaginato quello che poteva succedere tra loro in quella casa.

 

-stai da lui?- le domando’ improvvisamente Green riuscendo a farsi sentire persino dalle gallinelle che si portava dietro, le quali immediatamente si avvicinarono appena per udire la risposta a quella curiosa domanda. Tutti quegli occhietti che la fissavano invidiosi cominciavano a metterle della leggera soggezione, ma sapeva benissimo che non doveva vergognarsi di nulla, il suo Ronnie non avrebbe permesso a nessuno, tantomeno a quelle sgallettate, di rovinargli la giornata

 

-si, per qualche settimana staro’ a casa di Ronnie- rispose soridendo tranquillamente a quel Maxwell che non voleva credere a quello che aveva appena sentito da quelle labbra fine e rosee. Intuendo che c’era qualcosa che non andava Radke immediatamente afferro’ la mano della sua Armony e con un semplice –ci vediamo dopo- la trascino’ via, nel mezzo dello stupore della sua corte, la quale non poteva far latro nche sussurrarsi parole malevole e incomprensibili... quasi come se non riconoscessero piu’ il loro perverso sovrano.

Dal canto suo il giovane sentiva una strana sensazione di ribrezzo e abiura nei confronti di quelle che erano le sue “pupe”; piu’ le guardava e piu’ le sembravano sciape, sciatte ma sopratutto: facili. Non biasimava invece il suo compagno di avventure... ancora non aveva trovato la sua donnina verde

 

-Ron? Hey Ron!- una vocetta acuta e fastidiosamente zuccherosa li colse alle spalle, purtroppo per la neo-coppietta le sorprese non erano finite. Voltandosi appena Armony immediatamente riconobbe quella bamboletta gonfiabile che il giorno prima aveva visto entrare nel capannone degli attrezzi; la stessa che l’aveva fulminata con uno sguardo mentre fumava ranquillamente, stuzzicandosi con quello che era diventato l’uomo della sua vita

 

-sei passato e neanche mi hai salutata! Mi reputo offesa!- vaneggio’ allungando le braccia legandole attorno al collo del ragazzo; immediatamente il sorriso della mora si spense quando vide i loro visi cosi’ spaventosamente vicini, tuttavia Radke non permise a quelle labbra truccate e sporche di desiderio di toccarlo, di cancellara la pura aura con cui la sua donna lo aveva avvolto

 

-scusa non ti avevo visto Val. Io e Armony adesso andiamo percio’ ci  vediamo in giro- Ronnie era stato di poche parole con la biondona. La stessa Valary rimase basita del suo strano comportamento; li osservo’ andare via mano nella mano come due “fidanzatini” in vista delle nozz che saltellavano qua e la per dolci prati in fiore, e soltanto il pensiero che tutto quel ben di Dio qual’era Radke fosse cosi’ futilmente sprecato con una ragazzina mai vista prima, le faceva venire il volta stomaco

 

-non sono l’unico allora a pensare che sia impazzito tutto di colpo- ridacchio’ Maxwell Green avvicinandola di soppiatto, poggiando le mani sui suoi fianchi che la maglietta rossa lasciava scoperti e il mento sulla sua spalla

 

-ma chi diavolo e’ quella Armony?- domando’ squadrando quella fantomatica ragazza che tanto invidiava; sapeva bene che al bel tenebroso piaceva passare notti con ragazze nuove, ma mai lo aveva visto portarla per mano cosi’ dolcementa, mai lo aveva visto pendere dalle labbra di donne che non fossero lei. Forse provava piu’ della semplice invidia, forse lei la odiava; perche’ se, a suo parere, esisteva una giovane nell’intero istituto che fosse degna di stare con lui... quella ragazza era lei, e non avrebbe permesso alla nuova arrivata di accaparrarsi cio’ che era suo di diritto!

 

-sembra che sia la “ragazza” di Ron; pensa che dorme perfino da lui per qualche settimana...- le sussurro’ leccandole appena il lobo sinistro; Green si sentiva stranamente euforico, amava mettere zizzagna tra le ragazze, perche’ cosi’ poi poteva ammirarle mentre si prendevano a pizze o per capelli, spettacolo che lo intratteneva e lo eccitava allo stesso tempo, sopratutto perche’ spesso e volentieri la vincitrice se la portava a letto...

 

-ma chi? Quella bambinetta? Secondo me neanche sa cosa vuol dire sesso...-

-si-si... tu vantati Val, ma ricordati... Lei sta con Ronald Radke, mentre Tu ci sei solo stata a letto. Fossi in te ci farei un pensierino piccola Valary... Sarebbe un peccato che una bella figura come la tua, venisse sciupata da una bellezza nordica- affermo’ spavaldamente scostandole dolcemente i capelli, cosi’ che potesse bacialre il collo con estrema facilita’ godendo a pieno del tepore e del fremere della pelle della bionda a contatto con le sue labbra. Allontanandosi lentamente dalla sua amichetta di letto, Green comincio’ a cammnare per i corridoi raggiungendo l’aula, osservando da lontanto i due piccioncini che languidamente si guardavano, tenendosi per mano con le dita teneramente intrecciate tra loro, come la fitta trama di un antico tappeto pregiato, fatta per resistere a lungo da qualsiasi intemperia. Ma Maxwell aveva un piano preciso in mente; in quei pochi minuti che aveva visto Ron ridotto in quello stato si sentiva perso, rivoleva il suo amico di giochi perversi... rivoleva il suo compagno di avventure notture... E non si sarebbe arreso davanti al visetto angelico della mora, non avrebbe ceduto al suo sguardo magnetico e tanto meno si sarebbe fatto impabolare dalle sue labbra seducenti.

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Capitolo 17
*** sedicesimo capitolo ***


L’amor cortese venne concepito per la prima volta nelle antiche corti francese attorno al 1200. I cavaglieri, nuova classe sociale che in quel tempo si era venuta a definire, vennero considerati come i padri fodatori della letteratura cortese: poesie, racconti con argomentazione fantastiche ma tutte accumunata da un’unico elemento: l’amore. La donna dunque assunse un ruolo fondamentale per tale periodo, e anche se Ronnie non aveva mai aperto libro e mai studiato nulla su tutto cio’, cominciava ad apprendere che stava vivendo sulla sua pelle una buona parte dei principi dell’amor cortese:

1-la totale sottomissione per la donna amata; e capiva bene che non riusciva a poggiare il suo sguardo totalmente succube su donne che non fossero Armony

2-il culto della donna; e gia’ perche’ quella sublime creatura per lui non poteva essere altro che un angelo inciampato da una nuvola

3-il servizio d’amore; Radke mai avrebbe preteso qualcosa in cambio piu’ di quanto la giovane non gli stesse gia’ dando con il suo solo respirare, con ogni suo sguardo... con ogni suo bacio tiepido e delicato. Era strano ma il moro si senti’ cosi’ immerso in quelle pagine di letteratura che quasi si stupi’ del fatto che stava seguendo la lezione. Diede uno sguardo alla sua destra, osservo’ la sua dolce amante che sottolineava con cura le parole chiave di quella gigantesca pagina del manuale e fu proprio in quel momento che comprese che dopo tutto non era cosi’ difficile distrarsi: sebbene non fosse per cazzeggiare con Green, posizionato proprio al banco davanti al loro, anche la sua bella Armony favoriva una buona dose di relax e riposo; quelle manine cosi’ piccole dalle dita affusolate che brandivano quel evidenziatore verde gia le immaginava sulle sue guance, coccolandogli le goti con dolci e morbide carezze

-tutto bene?- ridacchio’ silenziosamente la moretta volgendogli appena lo sguardo, divertita dalla strana espressione che quel viso tanto bello quanto tentatore aveva assunto: ochi stanchi ma che arrancavano al rimanere svegli soltanto per continauare a guardarla; le labbra semi disciuse come quelle di un bimbo appena addormentato e la espressione dolcemente imbambolata

-si... e’ che, bho rimarrei le ore a guardarti piccola- sussurro’ a sua volta il Radke avvicinandosi appena, fingendosi interessato al resto della lezione, quando sapeva bene che in realta’ era solo una scusa per abbracciare i fianchi della sua moretta portandola a lui; dopotutto il privilegio dell’ultimo banco era proprio quello: facevi quello che volevi senza che nessuno ti rompesse le scatole.Dal canto suo, Green ogni tanto si voltava, e osservava la tenera coppia stringersi di soppiatto; la parte buona di lui infondo infondo li vedeva davvero bene... ma il suo Max aggressivo prevalse sul suo io coccoloso; e anche se nel profondo ignoto del suo cuoricino l’amore riusciva a far breccia... la sua perversione non riusciva ad avere limiti.

 

Terminate le sei ore strettanti e interminabili di inferno i due giovani amanti si ritrovarono nuovamente soli in quella piccola casetta, in quelle pareti che per quelle poche settimane, sarebbe rappresentato il loro piccolo nido d’amore.

-io non so te... ma ho una fame!- ridacchio’ il moro grattandosi impacciatamente la testa mentre cominciava ad avviarsi verlo la cucina; non era mai stato un ottimo cuoco, anzi a dire il vero era gia’ un miracolo se riusciva a mettere una pentola sul fuoco. Facendosi seguire dalla moretta che lo seguiva come la sua ombra, aprii la dispensa e afferro’ il pacchetto di patatine

-hem... scusami pranzi con quelle?- domando’ la giovane osservandolo stranite

-beh... ecco, diciamo che non mi va di cucinare- rispose mascherando un sorrisetto beffardo

-diciamo invece che non sei capace a cucinare?- somando’ sarcasticamente la donna strappandogli il suo amato cibo-spazzatura dalle mani

-m-mha... e ora cosa mangio iu?- domando’ il moretto sporgendo il labbruccio inferiore all’infuori, quasi ridordando un tenero bimbo

-oh cucciolo...- sussulto’ Armony legandogli le braccia al collo, stampando appna un tenero bacio sulle sue dolci labbra mordendole appena senza recargli dolore ma soltanto un piacevole solletico

-cucino io per te- sussurro’ sulla sua pelle passandogli sensualmente le mani sul petto, facendo salire del lievi brividi ammiccanti sulla schiena del moro. Senza rispondere allora Radke si lascio’ andare completamente sulla sedia che fiancheggiava il piccolo tavolo, osservando con cura la sua amante che armeggiava con stoviglie e posate. Afferro’ una matita e la infilo’ in quella folta chioma corvina, cosi’ che rimanessero legati in un forte intreccio; subito dopo si diresse nella dispensa e afferro’ un pacchetto di pasta e comincio’ a cucinare, quasi non rendendosi conto degli sguardi eccigliati e maliziosi del suo compagno: doveva ammettere che vederla con un piccolo grembiulino bianco attorno quei fianchi tanto seducenti e i capelli legati un modo selvaggio la rendevano eccitante; tuttavia era ben consapevole che la carica erotica sprigionata dalla mora era ben diversa a quella che poteva donargli un’altra donna, no quella di Armony era ben diversa... era piu’ completa e “vera”.

-senti ho cucinato un po di piu’ anche per tuo padre...- affermo’ senza distogliere lo sguardo dalla salsa che aveva preparato in pochi minuti; grazie a dio il frigorifero non era vuoto come si pensava

-perfetto! Ne sara’ molto contento- ridacchio’ sollevandosi pesantemente dalla sedia, poggiando il mento sulla spalla della donna che continuava a mescolare con un cucchiaio di leglio il contenuto del pentolino sncora caldo. Gli basto annusare soltanto il dolce profumo della donna mescolato all’odorino invitante che proveniva dal tiepido fumo che gli coccolava le guance per mandarlo in estasi;

-assaggia e dimmi cosa ne pensi...- sussurro’ l’ospite voltandosi appena, porgendogli alle labbra in cucchiaio, imboccandolo con dolcezza mentre osservava con ogli cura quelle due labbra carnose e rosee che accoglievano al loro interno quella salsa che aveva prodotto con tutto il suo amore

-wow...-

-ti piace?- domando’ la moretta sorridendogli dolcemente

-cosa il sugo o la cuoca?- domando’ assumendo un’espressione teneramente beffarda

-ah non lo so... sei tu che devi decidere!- rispose  a sua volta la ragazza spegnendo il fuoco prima di voltarsi, cosi’ che si ritrovasse come nella fosse appiccicata, petto contro petto, con il suo amato Ron, tuffandosi nell’immensita’ oscura e magnetica dei suoi occhi tanto profondi quando dolci

-beh, il sughetto e’ ottimo... ma diciamo che per oggi mi accontento della cuoca- sussurro’ sfiorando la punta del naso contro quelle della ragazza, prima di fondere le labbra contro le sue, amalgamandole con attenzione e dolcezza, curando nei minimi dettagli ogni piccola carezza, ogni respiro. Non sapevano neanche loro il come o il quando ma fatto sta che pochi minuti e si ritrovarono addossati contro il frigorifero: Armony con la schiena appiccicata allo sportello e una gambaa avvinghiata attorno il fianco del moro, il quale continuava a baciarla con foga, accarezzandogli sensualmente il profilo dell’intera coscia. Sfortunatamente pero’, come in ogni momento cult che si rispetti i due appassionati corteggiatori dovettero seperarsi a causa dell’improvvisa comparsa di Mr. Radke, sbucato quasi fosse un fantasma dalla porta d’ingresso

-Armony! Che gioia immensa rivederti cara!- esulto l’uomo allargando le braccia, avvolgendola forte, trattandola con lo stesso calore, con lo stesso affetto che avrebbe provato per una figlia,

-grazie... hem ecco a dire il vero vorrei chiderle un grande favore signore- comincio’ la ragazza abbassando lo sguardo non appena sciolsero l’abbraccio

-qualsiasi cosa...-

-se posso restare per qualche settimana qui. Purtroppo mia madre e’ dovuta partire di corsa per lavoro... e insomma... io ho confidenza soltanto con Ronnie quindi...- la giovane si era concentrata a fissarsi i piedi, cercando di nascondere l’imbarazzo con la sua folta frangia; finquando non senti’ sue mani possenti e calde poggiarsi sulle sue spalle

-sarei onorato di tenerti in casa. Sia io che Ronald lo saremmo- rispose abbracciandola una ennesima volta prima di guardare il piatto ancora fumante di pasta che era rimasto sul bancone

-e quella? Oh Ron di sicuro non e’ opera tua!- ridacchio’ avvicinandosi appena, quel tanto che bastava per rimanere estasiato all’odore che cominciava a provocare un’attacco di “fame vichinga” nei pancini dei due Radke

-oh prego! Servitevi pure! Io vorrei farmi una doccia invece...- ridacchio’ la moretta dirigendosi nel salotto, afferrando la borsa che era rimasta poggiata sul divano di pelle, lo stesso su cui si erano addormentati la prima volta

-piccola aspetta! Ti aiuto- affermo’ il piu’ piccolo soccorrendola

-ah Ronnie? Armony puo’ dormire nella tua camera... cosi’ tu dormi qui nel salotto- disse il piu’ anziano cominciando a versarsi una buona dose del primo piatto

-m-ma i-io non vorrei...-

-non preoccuparti... dai andiamo!- ridacchio’ il tenebroso trascinandola via con se, nella sua culla, nel suo tempio sacro... la sua camera.

Stranamente non era messa poi a soquadro come se la era immaginata: aveva un bel letto grande, una scrivania piena zeppa di cd e fogliettini vari, un armadio e una grande finestra che si affacciava sulla caotica citta’.Poggiando la borsa sul materasso la ragazza si ritrovo’ nuovamente in balia del bel tatuato, il quale cingendola dolcemente le stampo’ un tenero bacio sulla fronte

-vado a mangiare... qualsiasi cosa, chiamami- fu tutto quello che si dissero prima di separarsi per minuti interminabili ce avrebbero fatto accrescere in loro la voglia di stare insieme, vicini vicini per godere l’uno del calore del’altra, dei respiri dei loro sapori. Il pranzo tra i Radke trascorse tranquillo; il piu’ anziano era davvero sollevato: suo figlio forse aveva finalmente trovato “quell’una”, quella famosa creatura a cui sarebbe per sempre rimasto legato e fedele.

-era davvero ottimo- affermo’ cominciando a sparecchiare

-gia’... Armony e’ stata un vero tesoro...- affermo’ il piu’ piccolo sbuffando quasi fosse una quindicenne infatuata

-figlio mio. Spero proprio che questa ragazza di dia cio’ di cui tu hai bisogno. Intendo, spero davvero che ti renda felice...- affermo’ il padre sorridendogli appena prima di cominciare a lavare i piatti

-ne sono sicuro pa... ne sono piu’ che sicuro- rispose a sua volta Ron cominciando a dirigersi nella sua camera. A ogni scalino che percorreva la sua mente viaggiava per dolci e poribite visioni: la sua bella semi-dea avvolta da soffice schiuma che si accarezza dolcemente, senza malizia o lussuria, concendendosi soltanto delle tenere coccole per se stessa e il suo spirito. Senza neanche bussare dunque, apri’ la porta con la mente che continuava a girovagare per il suo subconscio. Fu soltanto quando la vide davanti a lui che non pote’ arrossire, rimanendo in balia dalla perfezione del suo corpo nudo e ancora bagnato, avvolto soltanto da un asciugamano nero strimizito e i boccoli color pece che gocciolavano sulle su spalle percorrendo una sontuosa ed elegante linea lungo tutta la sua schiena pallida e candida.

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Capitolo 18
*** diciasettesimo capitolo ***


 

 

La ragazza quasi si spavento’ quando udi’ la prota aprirsi cosi’ bruscamente, ma non appena vide il faccino teneramente imbambolato del moretto si senti’ subito sollevata e divertita allo stesso tempo

-mi hai messo paura lo sai?-domando’ la morettina continuando ad asciugarsi come nulla fosse, continuando a dargli le spalle lasciando che i capelli venissero asciugati da un secondo telo che la ragazza si era portata appresso

-s-scusa... volevo vedere se andava tutto bene- affermo’ impacciatamente sedendosi all’angolo del letto, dandogli a sua volta le spalle, cosi’ che non la mettesse a disagio mentre finiva di ricomporsi. Non si permise di sbircirare neanche una volta; sarebbe stato troppo facile e lui amava le sfide difficili, cosi’ che potesse confermare il fatto che la parola “impossibile” non facesse parte del suo vocabolario. No lui avrebbe aspettato il piu’ possibile, l’avrebbe vista nella totale perfezione del suo essere soltanto quando sarebbe stato lui l’unico mortaleche avrebbe ricevuto l’onorevole permesso di farla sua; di spgliarla lentamente cosi’ che il freddo non avrebbe turbato la sua pallida pelle, perche’ con i suoi baci e le sue carezze l’vrebbe riscaldata con tutto il tepore del suo amore. Un qualcosa di umido e scuro improvvisamente atterro’ bruscamente sulla sua testa impedendogli la visuale della porta marroncina della sua camera, la quale fino a quel momento era stata la principale fonte dei suoi sguardi. Si sfilo’ lo strano oggetto non ancora identificato dalla folta chioma, che successvamente si venne a scoprire che era proprio l’asciugameno con sui la sua amata si stava asciugando e quasi inconsciamente si diede uno sguardo all’indietro: era proprio dietro di lui e lo stava osservando con la schiena poggiata sulla sua scrivania; i capelli scompigliat e luccicanti le incorniciavano il visetto angelico, mentre un pantaloncino s’intravedeva appena dalla gigantesta maglia nera, la stessa che Lui stesso gli aveva regalato, la copriva quasi fosse un minidress alternativo

-lo sai che ti dona molto?- ridacchio’ Ron gettando a terra il telo facendole cenno di raggiungerlo, richiesta che la piccola Armony non si fece ripetere due volte

-speravo tanto di sentirtelo dire- ridacchio’,e si lancio’ appena tra le sue braccia. Rotolarono appena un paio di volte prima di ritrovarsi abbracciati nel centro del grande letto matrimoniale, baciandosi come mai forse avessero mai fatto. Infilando una mano nella chioma corvina della sua compagna Radke ne approfitto’ per scavalcarla e posizionarsi a cavaccioni su di lei, baciandola con foga mentre le coccolava lentamente la testa. Non riusvia a drescrivere la marea di sensazioni confuse con gli annebbiavano la mente, tutto quello a cui pensava per il momento era coccolare la sua donna, farla sentire speciale... la sua unica ragione di vita. Gli venne un brivido quando senti’ le sue piccole e docili labbra passare dalla sua bocca sul suo collo, non si aspettava una presa di posizione da parte della moretta, e questo contribui’ a farlo stimolare. Incastonata sotto quella massa di tatuaggi Armony stava lavorando per la prima volta sul collo del suo amante, e scopri’ che non era poi cosi’ male; sentire i respiri di Ron che gli accarezzavano le orecchie, assaporare il suo profumo che inebriava la sua fantasia, e gustare quella pelle cosi’ dolce e succosa la rendevano paralizzata in una sorta di trance ipnotico. Sebbene il povero Radke si sentisse ben cullato dalle premure con cui la sua donna lo stesse trattando ci fu qualcosa improvisamente che colse la sua attenzione; era piu’ che sicuro che in un’altro contesto non si sarebbe mai accorti di nulla, e forse proprio perche’ stava cercando di distrarsi dal fatto che si sentiva forse troppi euforico che si accorse del misfatto: una ciocca di capelli piu’ corta. No non si stava sparafleshando tutto, una piccola ciocca dei soffici capelli color pece della sua amina gemella era piu’ corta di almeno una decina di centimentri

-c-che hai fatto?- domando’ con voce affannata, afferrandogliela dolcemente, cogliendola di sopresa mentre scendeva lentamente sulla clavicola

-c-cosa?- chiese a sua volta mascherando la voce, cercando di renderla il piu’ clama possibile, anche se dentro si sentiva morire; cosa gli avrebbe detto? Doveva inventarsi una scusa e alla svelta

-i tuoi capelli... te li hanno tagliati...- affermo’ con un pelino di rabbia nel suo tono, aveva paura di perderla, che sarebbe successo qualcos e sarebbe sparita dalla sua vita

-no! No ma che dici?... stamattina in macchina stavo mangiando una gomma da masticare ma come una deficente mi si e’ attaccata ai capelli. Ho dovuto perforza tagliarli- rispose sfiorandogli il viso una una docile carezza, le tremavano perfino le dita per l’adrenalina che le scorreva nelle vene; non era la prima volta che gli mentiva ma quella volta quasi le veniva la nausea al solo pensiero che gli aveva detto una menzogna cosi’ grossa proprio a lui, l’uomo che finalmente aveva rapito il suo cuore e la sua anima.

-oh... Che stupido! Scusami sono paranoico vero?- sospiro’ abbassando appena lo sguardo “Ronald sei un idiota!” si disse prima di sentire due piccole dita affusolata afferrarlo per il mento, portandolo ad una vicinanza spaventosa con la sua Armony

-e’ anche per questo che mi piaci tanto- rispose la moretta prima di lasciargli un casto bacio impresso sulle sue rosee labbra.

 

Erano passate circa tre ore; Mr. Radke era uscito e il piu’ piccolo aspettava che la sua bella scendesse le scale, proprio come nei film... magari senza il vestito del ballo della scuola, ma per lui sarebbe stata lo stesso bellissima; perche’ attorno a lei c’era la luce, un bagliore di cui non poteva piu’ farne a meno, poiche’ era proprio quella luce ad aver aperto una breccia profoda nel suo cuore e nella sua anima. Poi improvvisamente eccola: altissima sebben indossasse delle converse nere borchiate; un paio di leggins in pelle che le delinavano la sinuosa linea delle gambe; una maglietta candida con qualche teschietto che le calava da una spalla, il capelli legati in una selvaggia coda di cavallo e un trucco be studiato sugli occhi. Infine bradiva una sigaretta con una mano e una bottiglia ancora piena di Gin sotto braccio quasi fosse una pochette. Era la perfetta “ragazza ribelle” che soltanto nei suoi piu’ intimi sogni perversi osava sognare; e vederla a pochi passi da lui stava cotribuendo al collasso cerebrale che era in corso

-come mai questa faccia?- ridacchio’ la moretta scendendo a passo suadente e ammiccante la scalinata di casa, giungendo dinnanzi a lui con fare beffardo e tentatore

-niente... sei una splendida cattiva ragazza- affermo’ soffiandole appena sulle labbra tinte di rosso, poggiando le mani avide sui suoi fianchi per sfrattonarla passionale e dolce allo stesso tempo al suo corpo, lasciando che la ragazza giocasse sensualmente con la sua sciarpa grigia,

-e tu sei molto sexy con la sciarpa-

-davvero?- domando’ divertito alzando un sopracciglio

-si, cosi’ tanto che mi viene voglia di mangiarti di baci!-  ridacchio’ afferando con la mano libera la bottoglia di alcool, cosi’ che potesse legare le braccia attorno al suo amante, scambandocisi un ultimo bacio prima dell’inizio delle “danze” alla Green’s House.

 

*Angolino di Virgy*

Ebbene ecco svelato il mistero del titolo cosi' bizzarro!

Mi e' venuto in mente in uno dei miei sogni durante questa breve estate che gia' e' scappata via: una tenebrosa ma allo stesso tempo affascinante fanciulla che scende una scalinata brandendo dell'alcool e una sigaretta, e ai piedi le converse che la rendono ancora piu' bella e Urban. Forse una cenerentola alternativa non so! Detto questo buona lettura e un bacino a tutti!

-V-

 

 

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Capitolo 19
*** diciottesimo capitolo ***


 

 

 

La cosi’ detta Green House era il tempio per eccelenza delle feste tipicamente liceali. Maxwell il tentatore e sfrontato padrone di casa accoglieva tutte le belle ragazze che sfidavano di rimanere caste in quella oscura dimora. Il party era cominciato da appena un’oretta, e gia’ si stava dando da fare; la moretta che aveva al suo fianco lo stava deliziando con la sua lingua bollente che gocherellava con il suo lobo destro. Non si rammentava del nome, e onestamente non gliene importava poi piu’ di tanto; tutto quello che voleva era rimanere ancora un po’ steso sul divanetto, con la camicia sbottonata completamente cosi’ che mostrasse il suo petto alla ragazza che sembrava impazzire per il suo corpo; e dopo tutto chi poteva mai resistere a una pelle pallida e bollente come la sua, che avrebbe mai osato resistere alle sue iridi cosi’ angelicamente chiare che celavano un fondo di lussuria e desiderio? Una sola era riuscita a contrastare la sua “figura di assoluta perversione”... quell’una era la strana creatura che aveva imbambolato il suo migliore amico, che era riuscita a far innamorare anche Ronal Radke, il suo mentore. Tuttavia aveva pianificao in ogni minimo particolare il suo piano diabolico contro di lei, dopotutto Armony pur se celandosi dietro una maschera da Creatura Celestiale, da Donna Vichinga che sa come metterti i piedi in testa; nel profondo era pur sempre una ragazza e lui era il campione in carica della sublime arte del “spezzare i cuori” di quelle docili e futili bamboline. La musica pulsava alta e risuonava per l’intero isolato; davanti il villino biancastro vi era un fitto via vai di macchine; giocatori di foot-ball; chear leader e altri imbucati a non finire. Ronnie e Armony erano proprio davanti all’entrata, stentavano ancora un po ad entrare; era ufficialmente la prima fesa a cui la mora prendeva parte, la prima volta che finalmente faceva qualcosa da “ragazza normale”, che si vivesse la sua vita godendosi a pieno ogni frutto che la vita gli donava.

Giunto il momento giusto il moretto l’afferro’ saldamente per mano, e sfilando fiero della donna che stava al suo fianco, entro’ all’interno del “tempio di Dioniso”. Non filandosi gli sguardi delle sgallettate che incuriosite e segnate dalla invidia, espose la sua Armony come un gioiello, come la piu’ bella delle sette meraviglie. Proprio in quel momento, una bionda dalle movense sensuali e seducenti si avvio’ a passo svelto e spavaldo verso il divano di pelle dell’immenso salotto oscurato, ove un castano si stava allegramente grogiolando in preliminari poco ortodossi di una delle sue amiche. Diede un leggero colpetto sulla spalla nuda della ragazza e le fece cenno di scendere dal corpo del suo “amico di cattiverie”. Insoddisfatto del dispetto che la biondona gli aveva recato, Green si lascio’ andare piu’ comodamente sul sofa’, allargo’ le braccia lungo la spagliera e con un’unico sguardo le fece intendere che se voleva parlare con lui doveva sedersi sulle sue gambe. Sbuffando scocciatamente Valary si accovacio’ sora di lui e cucciandosi appena sul suo corpo bollente e voglioso di coccole comincio’ a baciargli il collo, prima si scivolare sensualmente sul suo orecchio mordicchiandolo appena

 

-sono arrivati...- gli sussurro’leccandogli il lobo, provocandogli un lieve brivico lungo tutta la colonna vertebrale

 

-bene, sai cosa devi fare no Val?- ridacchio’ il castano afferrandole il viso tra le mani, portandolo ad una pericolosa vicinanza contro il suo

 

-certo... Tu piuttosto perche’ non ti sbrighi?- domando’ sfidandolo con lo sguardo

 

-tutto a suo tempo... tutto a suo tempo- sussurro’ stampandole un bacio furtivo sulle labbra, amalgamandole passionalmente mischiandole alla sua lingua che si adentro’ nella bocca della compagna; gesto che eccito’ e disgusto’ allo stesso tempo la donna che immediatamente si scosto’ da lui

 

-io non sono il tuo giocattolo Green, percio’ vedi di starmi alla larga!- affermo’ la biondona scendendo dalla sue ginocchia, avvicnandosi furtiva al tavolo dei drink, dove aspettava che il suo bel pesciolino Radke abboccasse.

 

I due amanti al contrario si erano buttati nella mischia, ballando apiccicatissimi quasi fossero stati legati assieme, incatenati da un sottilissimo filo invisibile che molto difficilemente di sarebbe spezzato. Alternavano baci teneri a strusciatine suadenti e focose; fissandosi negli occhi con sguardi ardenti e infernali. Non era per colpa dei fumo dell’alcol; quella strana carica che provavano era soltanto frutto dei loro cuori che battevano in sintonia con la musica che li stava guidando il quel gioco d’amore che tanto gli piaceva. Fermandosi un momento dallo sfrenato movimento il moretto decise che forse era meglio andare a prendere qualcosa da bere, e lasciandola all’angolo della pista si diresse verso le bibite, ignaro che qualcuna lo stava proprio attendendo.

Osservandolo saprire in quella bolgia scatenata di ragazzi che si contorcevano e snodavano nella pista, la donna non fece caso all’uomo che si era avvicinato a lei

 

-hey! Mony! Allora? Bella festa vero?- domando’ il padrone di casa avvicinandosi spavaldamente al suo corpo, lasciandole due baci sulle guance mentre avvicinava il piu’ possibile il suo petto nudo contro quello prosperoso e seducente della ragazza

 

-ah, ciao Max... si, bella festa- rispose la moretta distaccandosi da lui, continuando a cercare il vero uomo che lei stava cercando da qualche minuto. Finalmente riusci’ a sgorgere la sua folta chioma mora: stava sorreggendo due bicchieri ma era bloccato da quella Valary che tanto le stava sullo stomaco; se c’era una donna che odiava, beh quella era proprio quella biondona tutte cure che si credeva chissa’ chi

 

-ah vedo che conosci Valary. C’e’ sempre stato molto feeling tra loro... pensa che tutta la scuola dice che prima o poi staranno insieme- affermo’ spavaldamente il castano sfiorandole appena il collo con le labbra, provocandole un forte senso di ribrezzo e ripudio; odiava essere toccata da chi non amava

 

-cosa te lo fa pensare?- domando’ fissando quella spudorata avvicinandosi anche troppo al suo amante

 

-beh, si vede che si desiderano non credi?- ridacchio’ il padrone di casa scostandole appena una ciocca dal viso; e fu proprio con quel gesto che gli venne un’idea maledettamente, disgraziatamente e pericolosamente perfetta... la posta era alta ma per Ronnie avrebbe rischiato e come

 

-scommetto una birra che in meno di due minuti tornera’ da me... non filandosi di pezza la tua cara Valary-

 

-una birra? Interessante... anche se mi intrigherebbe un bacio...- rispose avvicinandosi un’ennesima vlta a lei, tuttavia non riuscendo nel suo intento

 

-una birra basta e avanza Green... e adesso stai a guardare come il mio ragazzo torna dalla sua donna- affermo’ spavalda avviandosi al centro della pista da ballo, ove un piccolo tavolino di legno sostava indiscreto e indisturbato. Prendendo un respiro pronfodo Armony con un balso’ Sali’ si di esso e arricciandosi la maglietta fino a sotto il seno comincio’ a ballare; non era sicura di quello che stava facendo, ma sapeva che almeno avrebbe attirato l’attenzione; la sua attenzione.Sperando che Valary smettesse di trattenerlo con scuse inutili Radke si distolse dal futile discorso, e poggio’ lo sguardo su quello che stava succedendo intorno a lui: una dea danzava su una specie di palchetto in legno, la maglietta annodata e il suo fisico perfettamente superbo che brillava sotto le luci colorate della sala. Quasi mecchanicamente passo’ i due bichieri di soda alla bionda che rimase sorpresa dello strano gesto del suo moro; e non pote’ far altro’ che osservarlo indignata mentre correva verso di lei, verso quella nordica che ancora una volta era riuscita a portarglielo via.

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Capitolo 20
*** diciannovesimo capitolo ***


 

 

 

 

Con uno scatto atletico raggiunse la donna amata, cingendola poderosamente per i fianchi pordandola a se con forza e audacia, cominciando a far scivolare le mani sulla sua schiena nuda, godendo dei mille brividi che sentiva sotto le sue dita bollenti. Legandogli le braccia al collo Armony comincio’ a baciarlo con foga, neanche lei sapeva ne il come, il quando o il perche’... ma quella follia trasgressiva cominiava a piacerle veramente; tanto da cominciare a “immaginarsi” stesa sotto di lui, e tutto quello che avrebbe ricoperto le loro membra crude e infiammate sarebbe stato un misero lenzuolo. Era la prima volta che sognava di fare l’amore con qualcuno... in quei mesi di traslochi improvvisi e fughe non organizzate, la sua povera mente non aveva ne il tempo e ne la voglia di elaborare fatti del genere. Ma Ronald Radke era diverso; lui era l’unico uomo che era riuscito a farla tornare a sognare. Amalgamarono le loro labbra finche’ non rimasero a corto di saliva, tanto che dovettero per forza dividersi, ma tutti e due infondo sapevano che non sarebbe stato cosi’ ancora per molto.

 Dall’altro lato della pista invece una donna e un loro coetaneo li osservavano: lei con odio e l’ira che si arrampicava dalle radici alle punte della sua chioma d’orata; Green invece era stranamente tranquillo. Aveva perso una scommessa con una donna, e sebbene gli dasse fastidio nel profondo sapeva che forse era giusto cosi’... che come il suo amico aveva messo la testa apposto anche lui doveva darsi da fare; ormai stava crescendo e l’etichetta del toyboy cominciava a calzargli male. Forse doveva anche lui trovarsi una ragazza che gli piacesse davvero, una con cui non avrebbe voluto soltanto giocare al “malato e l’infermiera”; ma si sarebbe crogiolato nei piaceri intensi e perpetui che la vita avrebbe donato ad entrabi. E se proprio doveva dirla tutta, una ragazza che gli piaceva c’era: era proprio al suo fianco, rossa dalla rabbia. Non sapeva con certezza come gli fosse successo, ma il suo temperamento di fuoco e la sua gelosia lo faceva letteralmente impazzire, e la scusa di aiutarla con Ron contribuiva al fatto che almeno poteva stargli vicino. Certo non era ortodosso che agliutasse la donna amata nel conquistare un’altro... ma avrebbe fatto di tutto per vederla felice.

-e adesso? Cosa facciamo Max?!- domando’ istericamente fulminandolo con lo sguardo

-ehm... piano B?- domando’ sorridendole, sperando che il suo tentativo di distrarla servisse a qualcosa

-perfetto! E qual’e’ il piano B?-

-beh, ecco... A dire il vero ancora non l’ho elaborato. Ma mi vera’ in mente di sicuro!- ridacchio’ grattandosi la testa, cercando di rimanere calmo mentre Valary esplodeva letteralmente in mille pezzi, come se gli avessero gettato contro una granata

-Green sei inutile!- affermo’ emando perfino fumo dalle orecchie, alzando i tacchi dirigendosi verso l’uscita della sua dimora; lasciandolo interdetto con il cuore frantumato.

-Che puttana! Grr io la odio! Ma non la passera’ liscia... nossignore! Mi dispiace cara Armony, ma Ronald Radke e’ solo mio- affermo’ ad alta voce come per convincere se stessa che non doveva arrendersi, che non poteva farlo. Stava affacciata alla veranda della casa e osservava il vuoto come se potesse darle conforto dalla sfrenata gelosia che stava provando in quel momento. Fu prorio allora che vide qualcuno a lei ancora ignoto avvicinarsi a passo lento e spavaldo: un ragazzo dalle belle fattezze; moro con gli occhi apparentemente innoqui e docili... color cioccolata come quelli del suo amato Ron. Volgendogli uno sguardo ammiccante la bionda si fece avvicinare dal suddetto, e senza neanche finire di studiarlo gli porse la mano

-piacere Valary... non ti ho mai visto- ridacchio’ coprendosi appena le labbra rosee con una mano

-e spero che tu sia l’unica a vedermi- rispose lo straniero bacandogli il palmo dela mano che gli aveva porso lasciandola interdetta

-vedo che ti serve una mano...- affermo’ il tenebroso ragazzo indicandole con lo sguardo la dolce coppietta che adesso si era messa a ballare un soffice lento: stavano appiccicatissimi, sorreggendosi in un tenero abbraccio accompagnato da lievi baci succosi e passionali...

-mi stavi spiando?-

-no, diciamo che ho ascoltato quello che hai detto. E a proposito avrei un piano alquanto interessante...- comincio’ avvicinando le labbra pallide e focose al suo orecchio; sussurrandole suavemente parole incompresibili al nostro udito... ma tuttavia ben accette dalla biondona che immediatamente si senti’ sollevata; qualcuno aveva finalmente preso a cuore la sua questione. Quando il misterioso ragazzo’ si discosto’ da lei Valary lo fisso’ intensamente nelle sue iridi cosi’ scure e profonde che quasi le parve di perdersi nel vuoto... di sentirsi trascinare via verso un’infinito lontano e oscuro

-perche’ vuoi aiutarmi?- gli domando’ permettendosi spavaldamente di legargli le braccia al collo; sebbene il moro disgustasse quel corpo macchiato dalla lussuria, il bel tenebroso fece finta di reggere il gioco e discosto’ una ciocca d’orata dal visetto appena arrossato della giovane sgallettata

-perche’ io amo Armony. E farei qualsiasi cosa per rialverla.- affermo’ discostandosi bruscamente; gli faceva strano chiamare la sua bellissima Ossessione con un nome che non era il suo... ma dopotutto doveva mantenerle la copertura se anche lui voleva rimanere al sicuro. La biondona rimase letteralmente stupita, non poteva credere al fatto che anche quella figura dalla celestiale bellezza era caduto nella rete di quella mangiatrice di uomini dai capelli corvini

-limitati a fare quello che ti ho detto Valary. E un’altra cosa: se dici ancora una volta che la mia adorata Armony e’ una puttana... Me la pagherai cara- rispose con tono stranamente freddo mentre cominciava ad avviarsi. Valary non pote’ che rimanere esterrefatta e allo stesso tempo interdetta

-ma dimmi almeno chi sei!-

-chiamami Ryan se vuoi... ma sarebbe meglio se non mi nominassi affatto-.

 

Erano appena scoccate le due di notte e Ronald sapeva bene che la notte era ancora giovane, ma di certo non avrebbe voluto trascorrerla nella Green House. No lui non vedeva di tornare a casa con la sua bellissima ragazza. Era stranamente agitato; certamente non era la prima volta che avrebbe fatto l’amore con una ragazza, ma la sua Armony ormai rendeva ogni minimo particolare della sua monotona vita un’avventura... una scoperta meravigliosamente ignota. Mano per mano i due piccioncini si avviarono verso la cucina, dove un Maxwell Green tragicamente depresso stava finendo di bere la bottiglia di Gin che la moretta aveva portato

-hey! Nanetto vacci piano...- ridacchio’ Radke dandogli una pacca sulla spalla

-vorrei Ron... vorrei davvero. Andate via?- domando’ con sguardo sperso nel vuoto; palpebre stanche e labbra umidicce di saliva e alcool

-si, siamo alquanto stanchi. Non bere troppo Maxie... stammi bene- lo saluto’ il piu’ alto abbraciandolo fraternamente

-buona notte Max-  fu invece tutto quello che riusci’ a dire la moretta, lasciandogli un casto bacino sulla guancia; gesto che quasi lo fece sciogliere. Forse era l’alcool ma la vedeva cosi’ carina e tenera... cosi’ buona; no Armony non era una nemica... ma una brava ragazza che tutto quello che voleva era sentirsi amata e amare.

 In mezzora i due amanti si ritrovarono nel loro piccolo nido d’amore; M.r Radke dormiva come un sasso e i due avevano tutto il tempo e la calma per coccolarsi sotto le coperte. Entrarono nella camera da letto del moro e senza neanche staccarsi chiusero la porta con movimenti impacciati e molto impulsivi. Probabilmente neanche loro avevano una pallida idea di quello che stavano facendo, ma gli piaceva lo stesso. Volteggiarono infine fino al materasso, dove Ron fece distendere la sua dama al disotto di lui, cullandola tra le sue forti braccia. 

*angolino di Virgy*

in questo capitolo non so come ma mi e' venuto un Maxwell stranamente carino e coccoloso! il che non e' che mi dispiace, qualcuno deve pur stare dalla loro parte no? ahhh detto questo spero' piaccia anche a voi!

un bacino

-V-

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Capitolo 21
*** ventesimo capitolo ***


 

 

 

Le scarpe avevano fatto un brusco volo a terra; beh dopotutto non stavano molto a pensare al “mantenere” la camera intatta. Cominciava a fare davvero caldo, forse era il piumone che che sostava sotto il loro corpi aggrovigliati e ancora vestiti; o forse erano quei baci cosi’ passionali e quasi violenti che contribuivano a tutti quei bollori. Sfilandosi prontamente la maglietta il moro comincio’ a scendere lentamente sul decolte’ della ragazza, che estasiata e provata da quelle sensazioni cosi’ nuove e piacevoli, a malapena riusciva a tenere i nervi ben saldi; la tentazione era forte, troppo forte, ma doveva ben resistere, non voleva far brutta figura, non con lui almeno.

Senti’ i suoi leggins sfilansi veloci e leggeri come una carezza, e le labbra di Ronnie tornare sulle sue. Il cuore palpitava a mille e le sue mani infuocate e diaboliche si stavano intrufolando nella sua maglietta

-A-aspetta...- biascico’ la moretta coprendosi veloce il ventre che il ragazzo sopra di lei aveva cominciato a scoprirle

-tutto bene?- domando’ coccolandole il viso con carezze e bacini, forse doveva immaginarselo che non sarebbe filato tutto liscio

-R-Ron... I-io, ecco. Sono vergine- affermo’ abbassando appena lo sguardo, aveva una cosi’ grande paura... il suo Ronald non era piu’ casto da un bel pezzo, e sicuramente si sarebbe spazientito a stare appresso a lei

-oh, piccola... E che problema c’e’ scusami? Aspettiamo, non ti metto fretta-  ridacchio’ asciugandole la lacrima che era sbucata lieve e dolce sulla sua guacia

-m-ma io mi sento pronta. E’ solo che... non lo so! Mi vergogno- mugugno’ nascondendo il viso nel petto del compagno, il quale immediatamente  la accolse tra le sue possenti braccia tatuate

-io sono qui per prendermi cura di te Armony, non ti farei mai del male chiaro?- affermo’ baciandole la testa. Senza rilazare lo sguardo la moretta annui’ e dopo questa ennesima comferma poteva ritenenrsi ufficilamente pronta, non poteva piu’ aspettare, non voleva. Tutto quello che desiderava era assaggiare il suo amore nella piu’ completa e estasiante forma; nel suo verso piu’ passionale e magicamente proibito. Prendendo un bel respiro finalmente si decise, e senza dire nulla poggio’ le labbra sull’incavo della sua clavicola, baciandolo lentamente; leccandolo appena facendo un via vai tra il collo e la spalla. Non ne era molto sicuro, ma a giudicare dalla reazione la sua bella mora si era finalmente decisa. Piegandosi a sua volta diede un lieve morso al suo lobo destro, facendola letteralmente “tremare” per l’euforia. Con un leggiadro tocco comincio’ a provocare la sua pelle sotto la maglietta, alzandola appena fino al petto; prima che la ragazza stessa, con un poderoso scatto in avanti se la sfilasse personalmente; tornando cosi’ a scambiarsi baci roventi con il suo compagno, che incantato piu’ che mai, non riusciva a comprendere come avesse fatto in passato a compiere gesti tanto sublimi e afrodisiaci con donne che neanche considerava. Sfilatisi gli ultimi indumenti, i due rimasero per interi minuti ad abbracciarsi avvolti soltanto da un lenzuolo e un tombale silezio. Una quiete quasi sacrale che rendeva il loro picolo momento puro e squisitamente intimo; si guardarono negli occhi un’ennesima volta, mescolandosi in vortici di colori e brividi che colpirono le loro carni

-ti accudiro’ come nessun’altro sara’ mai in grado di fare. Faro’ in modo che questo giorno ti rimanga impresso nella mente come il piu’ bello di tutti quei ricordi che ti fanno star male. Ti faro’ assaggiare quella parte del mio cuore che da sempre ho celato perfino a me stesso amore mio- le sussurro’ sfiorandole il viso con soltanto la pura essensa del suo candido respiro, inebriandole la mente come in venticello tiepido della primavera

-e io ti dono tutta me stessa. Da questo momento, Ronald Joseph Radke, io sono soltanto tua- affermo’ con grinta e orgoglio fissandolo maestosamente: era finalmente giunta alla conclusione che lui fosse l’uomo dei suoi sogni, l’uomo che le aveva rubato il cuore per non restituirglielo piu. Parti’ come una lieve scintilla quello che invece si concluse con una vera e propio esplosione di cuori e sentimenti; con ogni cura Radke organizzo’ ogni minimo movimento, ogni piccolo respiro; in un piano ben architettato affinche’ la sua compagna non provasse alcun “dolore”. Con carezze suadenti e dolci coccolo’ la sua mora, baciandola con tenera foga e spudorata delicatezza. Per Armony tutto quello che le stava succedendo era quasi surreale, non voleva neanche crederci: lei e lui, che facevano l’amore per la prima volta... ed era cosi’ “bello”. Mai si era sentita cosi’ felice, cosi’ amata. Nessuno prima d’ora si era preso cura delle sue paure e delle sue incertezze come Ron aveva fatto in quei ultimi giorni; e quella massima volutta’ che stava sgorgando dalle sue vene non poteva far altro che contribuire con la sua pia gaiezza. Quasi inconsciamente si fece scivolare delle leggere lacrime sul viso, lacrime che rinfrescarono le sue goti accaldate e rosee; lacrime che sprigionavano nel loro essere una letizia non umanamente comparabile

-A-Armony? Tesoro ti faccio male?- immediatamente il giovane sopra’ di lei fermo’ quell’andamento lento e piccante, quel sollazzo che alleggeriva i pesi che si portavano sulle loro gracili spalle; dopo tutto se vedeva lacrime sul suo viso oramai le interpretava come segnale “negativo”

-n-no... e’ che io... R-Ronnie io...- singhiozzo’ non riuescendo a tenere a freno quelle goccioline umidicce e salate che annegavano la sua pelle

-cosa? Piccola cosa?- con voce affannata dal movimentato andazzo e dalla agitazione afferro’ agilmente il suo candido visetto tra le mani e ne asciugo’ le tiepide gemme con baci celestiali e magnifici

-ti amo-.    

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Capitolo 22
*** ventunesimo capitolo ***


Con quelle parole Ronald si era addormentato profondamente. Come un bimbo rannicchiato sulla sua compagnia, tenendola stretta a se come se fosse il suo tesoro piu’ grande. Aveva il cuore cosi’ leggero, si sentiva cosi’ pulito dentro, come se la sua anima si fosse risciacquata della lussuria che lo aveva sporchiato e macchiato con il suo veleno nero. Senti’ una mano dolce e premurosa coccolargli la testa, delle dita fine e calde annodargli appena i capelli e una voce teneramente famigliare chiamarlo. Sapeva bene di chi era e quasi non voleva crederci: la donna stava sedut sotto di lui, e lo coccolava come non faceva da anni. La donna del suo passato era tornata per un ignoto motivo, e sebbene non volesse vederla, ma bensi’ respingerla e scacciarla dalla sua vita, una parte profonda del suo cuore non riusciva di fare a meno di stringerla forte e piangere; ripensando al male che quella genitrce gli aveva procurato quel maledetto giorno incui non torno’ a casa a giocare con lui; non gli rimbocco’ le coperte e tantomeno lo bacio’ prima di andare a dormire

-p-perche? Mamma perche’?- singhiozzo’ accarezzandole la pancia avvolta da una soffice tunica candida, quasicose si fosse vestita come un angelo, come se avesse ricevuto la luce divina dopo tutto il male che aveva recato ad ambe due i Radke. Non oso’ alzare lo sguardo, come se rispecchiarsi in quelle iridi scure che da sempre lo avevano fissato con dolcezza e amore  gli facessero paura

-mamma? Ti prego...- ora le sue lacrime macchiavano quella pallida seta che ricopriva il suo grembo, la culla serena in cui aveva trascorso i nove mesi piu’ belli della sua vita. Una luce disturbo’ la sua celestiale visione, uno strano bagliore fece sparire nel silenzio e nel fumo la donna di quel sogno magico e surreale. Risvegliandosi di getto dunque alzo’ il capo facendo vorticare i capelli corvini in aria, gridando come mai aveva fatto prima. Dal canto suo la moretta al suo fianco lo strinse forte: era sudato e piangeva come un bimbo. Mai aveva visto il suo Ron ridotto cosi’; mai aveva pensato di vederlo versare lacrime per il suo passato; lui che era cosi’ forte difronte a lei, lui che non esitava a proteggerla da tutto quello che la sconfortava. E sebbene tutto questo la sconcertasse, poteva ammettere di essere onarata di vederlo fragile e docile, quasi come se la vera essenza del suo essere stesse mano a mano uscendo fuori. Asciugandogli le lacrime con soffici baci lo afferro’ tra le braccia, facendogli poggiare la testa contro il suo petto, cosi’ che ascoltasse la melodia del suo cuore che batteva solanto per lui. Senza dire una parola Radke rimase aggomitolato alla sua amante, le labbra discuse, la manina stretta a pugno poggiata al meno e gli occhi rossi e gonsi socchiusi. Respirava piano, cosi’ che potesse calmarsi e godere dell’odore della pella della sua Armony, della sua ragione di vita

-e’ andata via non e’ vero?- sussurro’ improvvisamente la ragazza aggiustandogli una ciocca dietro l’orecchio

-e-ero troppo piccolo... non ricordo neanche il suo viso. Eppure sembrava cosi’ vera...- un sussulto quasi inesistente trapelo’ dalle sue labbra carnose e rossicce

-mi dispiace molto Ron. Si lo so non sono di aiuto...- comincio’ a donna sfiorandogli appena il viso, e il quel tocco il giovane ci trovo’ il tutto e il niente: non era sua madre quella donna, ma bensi’ la sua dolce meta’ quella con cui aveva consumato una delle notti piu’ belle della sua vita; e la sua vicinanza, il suo calore e il suo tepore gli avevano sprigionato nell’inconscio il ricordo della madre. Perche’ Armony, con la sua dolcezza e le sue movenze tipicamente materne, era riuscita a colmare quella voragine che da anni gli logorava il petto: il vuoto di un amore mai trovato, e il buco lasciato da una madre troppo giovane per badare a lui.

-Armony... Tu sei e sarai sempre di aiuto per me. Solo la tua presenza mi rasserena piccola mia. Mi sento onorato di essere innamorato di te-

-d-davvero?- domando’ osservandolo mentre prendevaposizione su di lei, tenendola stretta al suo petto caldo e ancora nudo

-ti amo piu’ della mia stessa vita Armony. Non dimenticarlo mai.-  

 

*angolino di Virgy*

era molto tempo che volevo scrivere questo pezzo, tuttavia ho paura di non essere riuscita a cogliere nel pieno le emozioni di Ronnie.e per di piu' mi e' venuto spaventosamente corto! T.T credo proprio che sto regredendo! spero comunque ci vi piaccia lo stesso!

rencensite presto un bacino

-V-    

 

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Capitolo 23
*** ventiduesimo capitolo ***


 

“Un calduccio puramente rilassante e benefico coccolo’ le sue spalle nude, mentre la candida e gelida neve non osava inoltrarsi nel guscio incui si era avvolta con le coperte. Era mattino, e fuori nevicava: la tipica giornata da starsene dentro le lenzuola accoccolata al proprio ragazzo con una cioccolata calda. Tuttavia il suo amato Ron non era con lei, e tantomeno si trovava nella loro camera da letto. Ancora assonnata si alzo’ a fatica dal giaciglio, afferrando il telo nero stringendolo attorno al suo corpicino spoglio e infreddolito. L’appartamento era completamente vuoto, e come se non bastasse era andata via la corrente. A passi lenti e incerti la moretta comincio’ a scendere le scale, raggelando ad ogni misero cigolio che proveniva dallo scricchiolare del pavimento. Osservo’ il divano miseramente vuoto e spoglio; sperava di trovarlo li, rannicchiato in posizione fetale nel profondo di un sogno dolcissimo. E invece tutto quello che aveva sotto gli occhi era l’usterita’ di una casa tristemente vuota; neanche Mr. Radke c’era piu’. Aggomitolandosi su se stessa e il lenzuolo la giovane si lascio’ andare sul sofa’, attendendo che fossero tornati; dopo tutto non poteva allarmarsi, al massimo sarebbero andati a fare la spesa e per non svegliarla sono usciti soli.  Eppure qualcosa la sconcertava, un qualche oscuro presagio l’avvertiva di un imminente disastro. Tuttavia reputandolo soltanto un futile pensiero dedito alla sua preoccupazione, diede un bel respiro e lascio’ andare la testa all’indietro, poggiandosi sullo schienale morbido e liscio. Socchiuse gli occhi e immagino’ le labbra succulentemente appetitose del suo bel moretto fondersi sulle sue, mentre con le sua mani dolci e protettive la portava contro il suo petto prestante. Solo il pensiero di quel corpo tanto invitante e pribito, soltanto l’immagine di quel breve momento di passione riusciva a farla fremere. Un suono acuto e fastidioso improvvisamente oso' disturbare con tanta foga i suoi aggrovigliati pensieri. Cosi’ cercando di rendersi il piu’ presentabile possibile, impresa ardua dato che tutto quello che aveva addosso era un telo grande tre o quattro volte lei, si avvio’ all’enrata. Ma la porta sembrava cosi’ spaventosamente maligna: totalmente oscurata se non fossero per gli angoli che brillavano di una fioca luce, e dalla fessura sottilissima posta sul fondo s’intravedeva l’ombra di qualcuno. Degludendo rumorosamente la ragazza continuo’ ad avanzare e afferro’ la maniglia dorata. Un brivido freddo la percosse ma non si diede per vinta e con uno scatto potente apri la porta; pessimo errore, doveva aspettarselo che il suo sesto senso per i pericoli finzionava sempre. Con occhi maliziosi e spavaldi il moretto difronte a lei alzo’ un sopracciglio, osservandole il vestiario non molto ortodosso che portava addosso, prima di scrutarla con quell’ira e quel desiderio che soltanto lui sapeva tramettere

-T-tu...- sussurro’ la poveretta in preda all’ansia, mentre il cuore cominciava a palpitare anche troppo freneticamente

-ciao Armony, ho preferisci che ti chiami con il tuo vero nome?- la sua voce era aguzza come una lama tagliente. Cacciando un grido di terrore non pote’ far altro che chiudergli, o meglio sbattergli, la porta in faccia, cercando di trattenenre il piu’ possibile la voglia di fare pazzie insensate. Poggio’ la fronte sulla superfice lignea a prese un bel respiro: avrebbe chiamato la polizia, spiegato che fuori casa del suo ragazza c’era un pazzo e attendere che tutto fosse finito. Speranzosa di questo suo piccolo ma ben congegnato piano, Armony si volto’ ma del telefono nessuna traccia. Questo perche’ si era ritrovata in un ambiente che non era casa Radke: altissime pareti in pietra con ragnatele e polvere ovunque; nel mezzo dell’enorme navata che la circondava due lunghissime file di banchi, come se si trovasse in un antica chiesa sconsacrata.  Proprio sotto il catino absidale risiedeva l’altare in marmo bianco, e sopra di esso una figura a lei ben nota stava distesa in posizione fetale con la chioma corvina che penzolava dall’angolo dell’enorme tavola bianca.

-Ronnie!- la sua voce risuono’ per l’intera aula con tono turbato e spensierato. Non si era accorta di alcuni particolari, e soltanto quando finalmente pote’ stargli accanto si accorse di quella cruda e spaventosa verita’: una goccia di sangue gli percorreva la mano, e colava su tutta la superficie marmorea, andando a sfociare in una consistente pozza di sangue che quasi le provoco’ un collasso

-R-Ron?- un lieve sussurro sguscio’ tremolante dalle sue labbra che cominciavano a contorcersi e a pizzicarsi con i canini. Titubante che quello che stesse per fare fosse la cosa giusta, la ragazza allungo’ una mano e la pocchio’ sulla spalla rigida e fredda del suo compagno, e mentre una lacrima scoreva lenta spinse appena il suo corpo per ammirare come quel mostro lo avesse mutilato per bene. Una maschera di rosso porpora si posava sul suo viso dolcemente addormentato, e una scritta del medesimo colore si mostrava al disotto del cadavere:

-smettiamola di giocare Juliet-”

 

Erano appena le sei di mattina quando Ronnie si risveglio’; il week-end era passato anche troppo in fretta, tuttavia svegliasi abbracciato a una dea bella come la sua Armony riusciva a rendere piu’ dolce quasiasi cosa “tragicamente noiosa”. Senza svegliarla sguscio’ fuori dalle lenzuola e afferro’ i vestiti puliti; in punta di piedi percorse l’intera camera e, volgendole un’ultimo sguardo di totale adorazione, si diresse nel bagno per una doccia fredda, l’unico modo che riuscisse a svegliarlo per bene. Volse il viso sotto il getto potente dell’acqua congelata e senti’ ogni particella del suo corpo accaldato come riprendere vita. Si passo’ le mani tra i capelli bagnati e scompigliati, rimandando a quando, la sera prima, era stata la stessa moretta ad afferrarli con passione e dolcezza. Dando un leggero scossone alla testa usci’ da quie pensieri tanto stupendi quanto eccitanti. Lasciando la chioma ad una asciugatura naturale comincio’ a vestirsi lentamente, doveva ammettere che era svogliato d andare a scuola, se non fosse stato per la sua ragazza non avrebbe avuto motivo di alzarsi dal giaciglio. Una volta finito il suo “rituale” del risveglio mattutino usci’ dal bagno che non fece neanche in tempo ad’abbracciare la sua amata, che la mora gli si era avventata addosso, quasi in un abbraccio teatralmente sofferente

-hey, tesoro? Buon giorno- ridacchio’ scompigliandole appena i capelli prima di lasciarle in casto bacio sulle labbra: aveva gli occhi gonfi e rossi, il viso stranamente pallido e marcato dallo spavento. Si rese immediatamente conto che nella sua compagna c’era qualcosa che non andava

-Armony?  Hai pianto?-le domando’ afferrandole il voso per il mento, portandolo quasi possessivamente vicino al suo; di certo semprarle ossessionato non era sua intenzione, ma voleva assicurarti in tutto e per tutto che la sua tenera amante stesse bene

-oh si, e’ solo allergia... deve essere la polvere. Tutto qui-  rispose abbassando immediatamente lo sguardo; con una ennesima bugia era riuscita a svicolare dai veri problemi che in realta’ la uccidevano dentro. A cancellare per un attimo il terribile sogno che l'aveva turbata nel profondo.

 

“-limitati a fare quello che ti ho detto Valary. E un’altra cosa: se dici ancora una volta che la mia adorata Armony e’ una puttana... Me la pagherai cara-” la bionda senti’ un brivido percorrerle la schiena mentre ripensava al misterioso Ryan; l’ex ragazzo della sua peggior nemica, il quale l’avrebbe aiutata a riprendersi il cuore del suo amato Radke. Quella sera a casa di Green aveva letto tanta rabbia nei suoi occhi apparentemente innocenti, una strana voglia maniacale di tornare dalla donna che gli appartenenva, e quasi gli fece paura. Tuttavia non pote’ importargli piu’ di tanto che quel ragazzo fosse “anormale”... lei voleva soltanto una persona, e con Ryan o no l’avrebbe ottenuta.

Osservandola dal suo banco il castano sbuffo’ appena, si chiese se per davvero valesse la pena sprecare il suo tempo con Valary; certo era bella, gli faceva battere il cuore ad’ogni bacio o carezza; tuttavia non era certo di voler passare il resto della sua vita a fargli da zerbino. No! Lui era Maxwell Green, allievo e migliore amico di Ronald Radke, mai avrebbe permesso ad una misera “bambina” di rovinargli i piani, e anche se avrebbe dovuto metterci anni lui avrebbe trovato un modo per diementicarla, anche se la gelosia persisteva a logorarlo. Vedere la sua bionda abbracciata ad uno sconosciuto faceva il suo effetto, e di certo non lo avrebbe aiutato nel suo piano di “disintossicazione” da Val. 

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Capitolo 24
*** ventitreesimo capitolo ***


Grazie a Dio esisteva una momentanea distrazione dalla sua “Eroina” bionda: il compito di Matematica... e sapeva bene che ne lui, nel il resto della sua classe avesse studiato, e stavolta una sveltina con una secchioncella non sarebbe bastato; no, in questo caso si doveva ricorrere al “piano B”. Ronald in questo era un maestro, e non appena fece il suo ingresso scortato dalla sua donna, comprese immediatamente che gli toccava una rischiosa missione per il bene della patria (la classe)

-Ron, il compito si trova sulla scrivania presidenziale. Solo tu sei in grado di rubarlo con tanta agilita’...- affermo’ il castano voltandosi di scatto, osservando il suo best che prendeva posizione al banco dietro il suo, scrutandolo con i suoi occhioni verde acqua, sperando che lo aiutasse in quella impresa “odisseica”. Con sguardo d’intesa il moro gli fece un’occhiolino ammiccante, e Armony li appoggio’ esponendogli ad entrambi un dolce sorriso

-hai intenzione di distruggerlo?- domando’ la moretta guardando il suo amato compagno di banco

-no, soltanto “prenderlo in prestito”- ridacchio’ fragorosamente prima di dover tacere di colpo; la professoressa di chimica era entrata e lo aveva fulminato. Ronald aveva sempre conservato un odio profondo per la professoressa, e l’odio era reciproco: la signorina Blundell non aveva mai gradito la presenza di quello sciupafemmine nella sua classe

-Radke, visto che hai tanta voglia di chiaccherare perche’ non vieni alla lavagna, ho giusto una reazione chimica da farti svolgere- la voce stizzita e divertita allo stesso tempo della donna scateno’ nel moro un senso di ripudio e abiura; nessuno era in grado di descrivere l’odio profondo che covava nei suoi confronti. Svogliatamente allora il giovane si alzo’ dal banco, costringendo cosi’ alle sue dita di slegarsi da quelle della sua fidanzata. Avanzando lentamente si volto’ verso il suo migliore amico e in seguito a un

-se saro’ ancora vivo rubero’ quel fottuto compito- si avvio’ verso la gogna, verso la sua fine e l’inpiccagione della sua scarsa media scientifica.

Cosa e’ successo? Beh, un miracolo fece si’ che Ron prendesse la sufficienza a quel compito tanto difficile e ignoto: tutta quella fila di letterine e numeri lo confondevano piu’ di un tiro di fumo, ma grazie a Dio un angioletto era sceso al suo fianco aiutandolo, passaggio per passaggio nella sluzione del quesito. Con grazia e eleganza la bella Armony si era avvicinata alla professoressa, e distraendola con la banalissima scusa del “prof non ho capito un passaggio” era riuscita a suggerirgli per filo e per segno la formula della fotosintesi clorofiliana. Stupita del fatto che fosse riuscito nell’impresa la Blundell gli mise la sua sufficienza meritata, risparmiandosi tuttavia gli elogi; no era troppo orgogliosa per permettersi di mettersi a gridare “ma che bravo! Bla bla bla”. Si limito’ soltanto a fargli un sorriso, sempre se quella smorfia che usci’ fuori dalle sue labbra poteva definirsi sorriso. Tornato a posto Radke attese che la prof cominciasse a spiegare, cosi’ che fosse ben concentrata a non riprenderlo mentre stuzzicava la sua bellissima moretta con carezze ammalianti e seducenti

-sei a conoscenza del fatto che ti sono debitore vero?- sussurro’ cingendole i fianchi con un braccio

-tu non mi devi nulla Ronnie...- ridacchio’ sotto voce, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi neri e profondi. Si sentiva quasi risucchiare da quel vortice oscuro e perverso, e a scuola non le sembrava il caso di “sbavare” per la sua diabolica bellezza

-ma io, mi sento in dovere di fare qualcosa per te Armony... Qualsiasi cosa-  maliziosamente fece scivolare una mano dal banco sino alla sua coscia

-dai, R-Ron siamo in classe- sussulto’ appena cercando di non farsi notare: aveva il sudore freddo e sentiva fremere mentre quella mano calda e vogliosa si agitava sempre piu’ mentre si avvicinava contro di lei

-come desideri, ma a pranzo tu sei soltanto mia. Io e te al capannone, e stavolta non mi scappi intesi?- ridacchio’ ritraendosi immediatamente; le parve strano quando senti’ il desiderio crescere proprio quando il suo amante si era staccato dal suo corpo. Lo fisso’ nella linea sontuosa e prefettamente disegnata del suo pallido profilo, e non riusci’ a mantenere le palpitazioni quando vide quelle due iridi color nocciola ricambiare movenze

-hey piccioncini? Lo so che sn un po rompiballe ma abbiamo un compito da rubare ricodate? Ron e’ ora!- sussurro’ Green voltandosi di ascotto appena la campanella della fin dell’ora era suonata. Mentre Armony rimaneva in classe e Maxwell si occupava di fare il palo; Ronald si avvio’ a passo svelto e leggero per i corridoi che portavano alla presidenza: conosceva bene la vecchia Mary, la preside, e sapeva ormai che tutti i giorni, alla stessa ora, l’anziana signorotta andava a prendersi il caffe’ con le colleghe di geometria analitica e fisica; tempo a disposizione: 15 minuti. Precisi precisi per compiere il furto. Guardandosi bene alle spalle che nessuno lo stesse spiando entro’ nel modesto ufficio. Diede velocemente uno sguardo all’intera sala: pareti giallognole, soffitto candido, tendine di un terribile colore giallo senape, un grande armadio che solitamente conteneva le giacche sfarzosamente orride “DELLA MARY” e la mastodontica scrivania in legno massello finenemente intagliata a mano; ehh gia’, lui ne sapeva qualcosa di quella scrivania, e non solo perche’ passava la maggiorparte delle ore nell’ufficio  della preside. Vide svariati fogli depositati sulla superficie lignea e lucida e immediatamente riconobbe il “Compito”. Silenzioso come il battito d’ali di una libellula si avvicino’ ad essa, e afferro’ il blocchetto di fogli stampati ancora caldo di fotocopiatrice. Lo osservo’ con cura e si senti’ realizzato del suo lavoretto: era stato preciso e anche piu’ svelto del previsto. Tuttavia, sebbene fosse a conoscenza di aver superato se stesso, qualcosa riusci’ a distorglierlo dagli elogi che mentalmente si stava autocommemorando; una cartellina che la preside aveva lasciato distrattamente aperta, la scheda che, come in tutte le scuole, serviva a contenere ogni segno particolare di tutti gli studenti. Riconobbe la persona nella fotografia: lunghi capelli corvini con delle leggerissime onde che incorniciavano il viso bianco latte; due labbra rosee e ben disegnate... due iridi verdi che brillavano perfino all’interno di quella misera figura di carta. Si chiese per quale motivo la preside stesse controllandola cartella della sua Armony, ma sopratutto perche’ era piena zeppa di fogli timbrati dal distretto di polizia. A farlo uscire da quella marea di dubbi che cominciarono a tartassarlo, la voce della preside che parlava a tono con una persona, forse un uomo. Tuttavia non poteva perdere tempo a chiedersi se era un signore oppure no, doveva nascondersi e anche alla svelta. Il primo nascondiglio che gli venne in mente, non che’ anche lunico, fu proprio l’armadio; quello spettrale contenitore che lo accolse al suo interno macabramente arlestito con un cappotto verdognolo e maleodorante. Se c’era una cosa che odiava di piu’ al mondo era quando una donna abusava dello chanel n5. Senti’ la prota spalancarsi e dei passi. Come aveva supposto pochi secondi prima, la preside stava conversando con un uomo di nome Jack, e se non aveva capito male era un agente della FBI:

-come mi avete detto prima al telefono, ho preso visione dei documenti della signorina Summer. E devo confessarle che ancora non ho capito per quale motivo facciate tanta pressione contro di lei. Armomy per quanto ne so e’ una ragazza a modo, studiosa e volenterosa-

-certo certo, ma mi faccia spiegare perche’ vogliamo che la vostra studentessa sia “sorvegliata” il piu’ possibile. La FBI si sta’ occupando di lei da mesi ormai, e sta facendo di tutto per proteggere la sua vera identita’...-

-vera identita?- domando’ con tono sorpreso la donna, lasciando di stucco il moro all’interno dell’armadio; il quale aveva sentito tutti i suoi muscoli irrigidirsi e il cuore cominciare a battere freneticamente

-abbiamo deciso di affidarle il nome di Armony Summer soltanto per una questione di sicurezza-

-in che senso? Non la seguo-

-suppongo che sappiate bene che da qualche tempo uno squilibrato vaga per l’intera nazione uccidendo ragazze di diciasette anni con le stesse fattezze no?-

-beh, si ne ho sentito parlare... e questo cosa centra con Armony?... No aspetti, non mi stara’ dicendo percaso che... Mio Dio....- dal suo tono della voce Ronald aveva capito bene che la sua preside era sbiancata, tuttavia aveva lasciato la frase in sospeso e Radke aveva ambo gli orecchi protesi pronti per ascoltare, perche’ onestamente neanche lui ci stava capendo piu’ nulla: chi era Armony Summer? Chi era in realta’ la ragazza cupa e tenebrosa che aveva rapito il suo cuore appena sbocciato e voglioso di amare?

-si, stiamo nascondendo Juliet Hanroe da mesi oramai, e abbiamo dovuta farla trasferire svariate volte nel corso di questo lungo periodo. In ogni nuova citta’ ci occupavamo che procurarle un nome differente e documenti. In questa occasione Armony Summer-

-mi sta dicendo quindi che quella povera ragazza rischia la vita ogni singolo giorno della sua vita? M-mi sta dicendo davvero questo signor Jack? Santo cielo e pensate adesso di dirmelo!- sebbene Mary stesse cominciando ad andare letteralmente fuori di matto, Ronald non gli dava piu’ peso, era diventato cerebralmente vegetale quando “Juliet Hanroe” entro’ nella sua testa come il “vero nome” della donna che lui amava, o meglio, che lui pensava di amare. Chi gli assicurava che non gli stesse mentendo, che in realta’ non provasse nulla per lui, ma soltanto disperazione perche’ in questi mesi che si era trasferita di citta’ in citta non aveva avuto modo di “divertirsi con qualcuno”? chi gli diceva che in realta’ non gli avesse mentito anche sul fatto della verginita’? nessuno. Eppure una parte del suo cuore comincio’ a viaggiare a ritroso nel tempo: ora capiva perche’ aveva sempre paura di guardasi intorno, come se si sentisse spiata; ora sapeva cosa provava quando gli fece lo scherzo sulle scale; soltanto adesso comprendeva il significato delle sue parole: “E’ il mio passato a perseguitarmi...”.

 

*Angolino di Virgy*

Non ci ho dormito una notte per immaginarmi la scena nei minimi dettagli, per vivere istante per istante l'episodio come se fossi io rinchiusa in quell'armadio... e spero mi sia venuta bene. Ronnie scopre la dura verita'... ehhh ma non e' questo l'importante, quello che veramente conta e': e adesso... Cosa succedera'?!?! Uh-Uh

recensite presto!

un kiss

-V-

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Capitolo 25
*** ventiquattresimo capitolo ***


 

 

Con un freddo saluto l’uomo e la preside si salutano; quasi comes e non si sarebbero mai piu’ rivisti, o se si fossero mai rivisti sarebbe stato soltanto in un spiacevole evento

-miraccomando signora Mary. Tenetela d’occhio-

-certamente... prego venga signore la accompagno all’uscita...- sussurro’ con voce flebile e spenta; e non aveva tutti i torti. Attese con il cuore in gola che i due uscissero e prendendo un respiro profondo usci’ dal suo nascondiglio. Il moro aveva lo sguardo sperso nel vuoto mentre camminava a passo lento per i corridoi. Fu in quel preciso frangente che la campanella suono’ indicando l’ora di pranzo. Venne sommerso da una valanga di alunni che correvano qua e la per l’istitoto, ma delle loro spinte e gomitate non gliene importava molto... anzi a dire il vero non gli interessava proprio di nulla. Tutto quello che sapeva era che per prima cosa avrebbe affidato il compito rubato al suo migliore amico e soltanto dopo avrebbe parlato con Armony/Juliet. Avevano appuntamento davanti al capannone quindi ne avrebbe approfittato per chiederle tutti quegli interrogativi che gli erano sorti nella testa. Scoprire se quello che li stava unendo era amore o soltanto compassione; capire se anche lui a aquesto punto era davvero innamorato da lei o soltanto infatuato. Il castano stava poggiato sulla porta della loro classe, e quando vide il suo compare giungere dinnanzi a lui con viso smorto e depresso immediatamente capi’ che c’era qualcosa che non andava:

-non ci sei riuscito? Ti hanno beccato?- domando’ poggiandogli una mano sulla spalla, cercando per quanto poteva di rassicurarlo

-no, no tranquillo... tutto liscio come l’olio. Armony?- domando’ fissandolo negli occhi: iridi nere e spente... quasi come se fossero in un certo senso “morte”, o soltanto tremendamente tristi

-credo al capannone. Non avevate appuntamento li?- domando’ a sua volta il piu’ piccolo osservandolo incuriosito; che fosse successo qualcosa con lei?

-okey... ci vediamo dopo allora Max- rispose abbasando di colpo lo sguardo, avviandosi tristemente come era arrivato, vero il luogo ove molto probbabilmente sarebbe sentimentalmente morto.

 

La moretta stava sgusciando tra la bolgia di studenti che allegramente zompettavano come conigli nella radura. Era agitata e felice allo stesso tempo: lei e il suo Ron. Soli. Nel capannone. Si forse le faceva schifo l’ultima parte: dopo tutto Ronnie aveva scopato con, com’e’ che si chiamava? Valary? Vabbe’ aveva trascorso momenti perversi con quella rifattona in quel posto. Tuttavia le prime due opzioni compenzavano benissimo l’ultima. Era finalmente giunta verso l’uscita quando si senti’ tirare la felpa. Scocciatamente sbuffo’ ma quando s’incrocio’ con la preside immediatamente si ricompose

-signorina Summer va di fretta o posso disturbarla?- domando’ la donna con voce bassa, quasi un triste sussurro

-certamente...-

-bene, venga nel mio ufficio per favore...- affermo’ cingendola per le spalle, trascinandola nella stanzetta: “credo proprio che Ronnie dovra’ aspettare un po” penso’ prima che la porta scura si chiuse dietro di lei.

 

Finalmente era arrivato a destinazione, ma la mora non si era presentata. Si senti’ stranamente preoccupato... dopo la scioccante notizia cominciava a venir mangiato dall’ansia che qualcuno potrebbe essere arrivato prima di lui e averla fatta a fette prima che potessero dirsi addio. Non era sicuro se in realta’ voleva lasciarla o solamente parlarci. Non aveva dei veri motiviper interropere quella splendida relazione, ma quei dubbi lo tartassavano cosi’ malignamente che dubitava sarebbe riuscito a convivere con lidea che: 1 la sua Armony non era Armony 2 in qualsiasi momento sarebbe morta 3 forse veniva usato da quella come rimpiazzo. Si appoggio’ con la schiena sulla superficie bluastra della parete in metallo... e accendendosi una sigaretta osservo’ quei due fianchi sensualmente scoperti della bionda che da tempo gli sbavava dietro. Per qualche micro-secondo si chiese perche’ tra lui e Valary non avesse mai funzionato; in fondo non aveva nulla che non andava: era bella; simpatica; perversa al punto giusto. Ma mai in grado di farlo palpitare. Che fosse quell’insignificante dettaglio a farlo allontanare a lei?

-tutto solo?- domando’ sostandosi proprio dinnanzi a lui, mettendosi quasi in posa; cosi’ che il moro potesse osservala nel suo trionfo di perversione

-gia’... – rispose prendnedo un’ennesima boccata di fumo prima di sofiarlgliela sul viso; osservandola socchiudere elegantemente le palpebre

-Armony?- domando’ facendolo fremere

-la stavo giusto aspettando...- rispose buttando il mozziccone a terra

-uhh, si fa attendere la ragazza...- ridacchio’ scialba la donna legando le bracci attorno al ragazzo che stranamente si fece cingere

-cosa saresti venuta a fare di preciso?- domando’ asservandola beffardo mentre si avvicinava sempre di piu’ a lui; il Ronnie di un tempo stava resuscitando dalla sua tetra tomba, squartando il Ronald che con pazienza e seudore della fronte la moretta era riuscita a far venire fuori dal suo oscuro guscio di trasgressione

-che c’e’? ti da fastidio il fatto che cerco di dimostrati che mi manchi da morire?- domando’ Val strusciando la punta del naso contro quella del moro, il quale senti’ un piacevole brivido caldo pecorrergli la schiena, e non solo quella; segno che era tornato... che il “dio del sesso” era tornato alla riscossa

-lo vuoi proprio sapere? No non mi dispiace affatto...-

 

Dopo una buona ventina di minuti Mary si era decisa di lasciar abdare la sua alunna; Armony era sconcertata. Adesso anche la preside sapeva della sua triste storia, ora altri due occhi si posavano su di lei, spiandola in ogni dove. L’unico motivo che riusciva a non farla esplodere era il fatto che il suo fidanzato la stesse aspettando per farla sua; per farla vivere un piccolo sogno. Corse con foga nel cortile, ma di quella stupenda chioma mora nessuna traccia. Stranita del fatto che ancora non si trovasse al luogo nel loro appuntamento amoroso; la ragazza si avvicino’ sul posto, poggiandosi sulla porta, guardandosi a destra e a sinistra sperando in un casuale ritardo.

-ahhh. Si! Si cosi’!- un gemito stridulo e godurioso provenne dalle sue spalle. Forse qualcuno aveva occupato il loro posto prima di loro, si disse ridacchiando appena prima di strozzarsi con la sua stessa risata:

-Ron, si... Si Ronnie si!- quella stessa voce che poco prima l’aveva tanto fatta divertire adesso le incuteva paura; aveva pronunciato quel nome, il SUO nome. “no, non e’ grave... ci sara’ nell’istituto qualcun’altro che si chiami Ronald no?” si domando’ mentre sentiva il sudore freddo bagnarle la schiena, e il respiro farsi sempre piu’ pesante. Tuttavia nulla riusciva a tranquillizzarla, nemmeno sperare che non fosse il suo ragazzo li dentro.

-cazzo Ronnie ancora! Ancora!- adesso era veramente troppo, la mora doveva vedere chi ci fosse li dentro... non poteva resistere secondo di piu’ nell’ascoltare quella voce gridare di piacere il suo nome. Quasi tremando si volto’ di scatto e apri’ la porta con violenza, facendola sbattere contro il muro interno; cosi’ che la luce potesse mettere in evidenza la intrepida scena di passione che si stava consumando proprio alle sue spalle: una chioma corvina che si mescolava a una bionda. Un corpo sensualmente pallido e tatuato che s’impadroniva di quella che tanto aveva fatto per ottenenre il suo momento di golria, e c’era pure riuscita.

Senti’ un capogiro e un groppone crescerle in gola. Quasi se si stesse soffocando con i singhiozzi, che arrampicandosi alla sua trachea accompagnavano i gemiti che, senza essersi accorti della sua presenza, continuavano ad andare avanti. Riaprendo appena gli occhi Ronnie osservo’ il viso arrossato della sua amante stranamente illuminato, come se qualcuno avesse acceso la luce, o peggio ancora, avesse aperto la porta. Sentento il cuore battere freneticamente si volto’; ma non vide piu’ nessuno, se non una chioma corvina che brillando sotto la luce del sole si allontanava ondeggiando a destra e sinistra, fuggendo disperatamente verso l’istituto. Improvvisamente la razzionalita’ torno’ nella sua mente, scacciando via ogni oscuro pensiero. E soltanto quando prese coscienza di quello che aveva fatto senti’ il suo organo principale fermarsi del tutto. Aveva abusato di una qualunque soltanto per liberarsi dalla frustrazione... e Armony/Juliet aveva visto tutto.   

 

*Angolino di Virgy*

ufficilamente odio questo capitolo, ehhh ma questo lavoraccio sporco doveva pur essere svolto, prima o poi. spero solo che vi piaccia (e per piacere intendo che faccia ribrezzo anche a voi) XD

recensite presto

un kiss

-V-

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Capitolo 26
*** venticinquesimo capitolo ***


 

 

Il mondo le era improvvisamente caduto addosso; e lei era stata cosi’ ingenua da non prevederlo. Era stata cosi’ sciocca di vendere la sua razionalita’ a quel diavolo ingannatore che tutto quello che voleva era soltanto appagare una lurida volutta’ corporale. Sentiva l’adrenalina scorrere veloce nelle vene, e il cuore batterle cosi’ forte che tutto intorno sembrava essere rallentato. Non bado’ alle ragazze che spintono’ nel disperato tentativo di raggiungere la segreteria, forse cinque... Ma non gliene importo’. Con le lacrime che continuavano a scendere dalle sue candide iridi verdi comincio’ a scribacchiare su una richiesta di uscita anticipata. La mano le tremava ma la firma rimase tuttavia immacolatamente fine e precisa. Proprio in quel istante Mary usci’ dal suo ufficio e la vide: pallida come un lenzuolo e gli occhi ignettati di sange e lacrime; brutto segno

-cara? Tutto bene?-

-d-devo uscire... L-La prego...-

-e’ urgente? Oh ma cosa dico certo che e’ urgente, altrimenti non eri ridotta in questo stato. Ma non preferisci magari bere un the’ prima? Misurati la pressione? Sembri uno straccio...- sussurro’ asciugandole le lacrime con il lieve tatto di un fazzolettino in morbido cotone rosso. Le parve quasi come una tenera carezza, quella stoffa cosi’ dolcemente profumata quasi riusci’ ad alleviarle la ferita nel petto... ma nulla poteva tuttavia rimarginarla del tutto; neanche la tenerezza del mondo messa insieme

-grazie. Ma preferisco andare- rispose sorridendole, rassicurando la donna con quel gesto tatralmente fasullo

-bene. Rimettiti presto- affermo’ mettendo una sigla sul foglietto prima di lasciarla proseguire per a sua folle corsa. Mancavano pochi minuti alla fine della pausa pranzo e avrebbe gradito sparire prima che fossero rientrati in classe; che LUI fosse tornato. Era finalmente arrivata in classe, ma con la sua irrefrenabile foga non riusci’ a fermarsi in tempo per non tramortire il castano, il quale stava appena uscendo per andarsi a godere quei pochi isanti che gli rimanevano di pausa. Il Green si ritrovo’ spaesato quando si ritrovo’ una moretta piangente proprio tra le mani; sopratutto perche’ quella non era una ragazza a caso ma “LA” ragazza del suo migliore amico, o almeno cosi’ pensava

-A-Armony?- domando’ sorreggendola mentre bracollava per la forte botta subita contro il suo corpo prestante, sebbene fosse piccolino

-l-lasciami Max... l-lasciami!-

-ma che hai? Che e’ successo? Dov’e’ Ronnie?- soltanto l’udire quel nome tanto sublime quanto velenoso senti’ tutto il suo corpo irrigidiersi e i singhiozzi crescere a dismisura...

-avevi ragione sul suo conto. Sei contento?- rispose asciugandosi velocemente le ultime goccioline che le rigavano il visetto. Lasciandolo interdetto la donna sguscio’ dalla presa dell’amico e giunse al suo banco: verdognolo e pieno di scritte “ti amo” che durante la lezione letteratura il moro scarabbocchiato. Raccolse il suo zaino e infilo’ il permesso nel registro di classe; tutto sotto gli occhi di un Green che ancora stentava a credere a quello che la ragazza gli aveva detto. Cio’ significava soltanto una cosa... il suo migliore amico era tornato, spezzando un ennesimo cuore; ma forse questa volta gli sarebbe costato caro.

 

Bestemmiando come pochi il moro si era rivestito alla buona e si era affacciato alla porta dello stanzino; la osservo’ correre via fino ad inoltrarsi nel fitto intrecci di corridoi che la scuola gli proponeva. Il suo momento di pazzia era finito, e ci aveva soltanto sprecato tempo. Una mano s’infilo’ nei dintorni della sua maglietta ma soltanto quel tocco cominciava a fargli ribrezzo

-beh, prima o poi doveva scoprirlo no?- sussurro’ la ragazza cercando in tutti i modi di cogliere quell’attenzione che oramai non si sarebbe piu’ poggiata su di lei...

-scoprire cosa? Che mi piace sbatterti e sentirti agitare come una puttana?- rispose malevolo staccandosi a forza le sue luride manacce di dosso

-R-Ronnie? Perche’ mi tratti cosi’?- domando’ sconcertata, cadendo dalle nuvole, come se ancora non avesse capito che lui non aveva occhi per lei... ne li aveva mai avuti

-come dovrei trattare la mia bamboletta? Oh scusa... ti sto ferendo vero? Beh indovina un po? Non me ne frega un cazzo- rispose cominciando ad avviarsi a passo svelto e grandi falcate verso l’entrata

-tanto oramai il danno lo hai fatto Radke! E che tu lo voglia o no adesso ti odiera’ per sempre!- gli grido’ dietro cogliendo per una buona vlta la sua attenzione con una frase sensata: lei lo avrebbe odiato... ODIATO! Ma sebbene tutto fosse andato in frantumi dentro di lui sentiva qualcosa, quella forza che gli diceva di raggiungerla e spiegarle... implorando il perdono

-fatti fottere troia!- rispose ridacchiando appena, mascherando in quella stessa risata schizzofrenica tutta l’ansia che lo stava sovraccaricando. Era appena suonata la campanella e come una mandria inbufalita di tori tutti i suoi compagni stavano cercando di ritornare in classe, sebbene l’impresa si mostrasse ardua e piena di peripezzie. Come suo solito pero’ era in ritardo; non amava quel caos e avrebbe atteso un po, cosi’ che una volta arrivato l’avrebbe affrontata in classe, in una miriade di sussurri che gli avrebbero fatto male... accrescendo tutto il fuoco che ardeva nel suo petto. Appena la situazione si stabilizzo’ si avvicino’ alla porta chiusa della sua aula; ma cera qualcosa che lo paralizzo’ come se non era quello il suo scopo. Sentiva dei passi allontanarsi lentamente: dei tacchettini che risuonavano per l’intero corridoio. Forse era destino, ma fatto sta che decise di voltarsi, e scopri’ che la sua presunzione era giusta, non doveva rientrare in classe per vederla... perche’ la sua amata stava giusto andando via, ma dove?

-Armony!- quella voce calda e avolgente la fece fremere nel bel mezzo dell’uscio. Sapeva bene di chi era quella voce ma decise di non fermarsi, e tantomeno dargli retta, qualsiasi scusa si fosse inventato

-aspetta ti prego. Armony!- le grido’ cominciando a correrle incontro. Sentendosi inseguita allora la moretta non pote’ far altro che cominciare a correre nuovamente avviandosi all’esterno, verso il parcheggio... Ma neanche questo sembrava bastare per toglierselo di mezzo

-fermati!- con un poderoso scatto in avanti il moretto oramai gli stava alle costole e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Legandole le braccia ai fianchi Ronald cerco’ di bloccarla ma era quasi impossibile, si dimenava e piageva come la prima volta che erano stati cosi’ “abbracciati”

-Juliet basta! Ascoltami Juliet... Jul...- uno schiocco potente rimbombo’ per i dintorni del viale. Con tutta la forza che aveva la ragazza gli aveva tirato uno schiaffo sulla guancia sinistra; ancora aveva il fiatone sia per la corsa che a cui si era sottoposta, si per il cuore che ormai non aveva piu’ verso di fermarsi

-c-come mi hai chiamata?- sussurro’ con voce quasi strozzata. Doveva ammettere che aveva la gola piuttosto secca e raggrinsita, ma il principale punto della questione era “come fa a sapere il suo vero nome?”

-come cazzo mi hai chiamata rispondimi!- con voce piu’ alta e sforzata tuttavia scandi’ bene quelle stesse parole che le laceravano le membra

-e-ecco. Ho sentito la preside parlare con l’ FBI. E ho letto la tua scheda.- senza osare guardarle negli occhi il moro abbasso lo sguardo, allentando la presa che aveva fatto sul suo corpo. Osservo’ con cura il segno delle dita sulla sua guancia e respiro’ affondo... analizzando con cura tutte le parole che quel giovane dinnanzi a lei gli avvea detto con tanta tristezza e colpevolezza nel tono fiacco e spento della voce

-oh. Ora capisco. E fammi indovinare, hai scoperto che la tipetta che ti porti a letto e’ inseguita da un ragazzo che suppone con tanta foga di essere il suo unico e onnipotente fidanzato. Che quest’ultimo uccide tutte le ragazze non vergini che le assomigliano e le lascia messaggini macabri, e visto che non ci vuoi rimettere le penne sei tornato dalla bambolona tinta. Beh non fa una piega..- con voce beffarda e sarcastica comincio’ a punzecchiare con parole amare il moro che, questa volta tuttavia decise di guardarle il viso: scrutare il sorrisetto sadico dipinto sulle sue labbra vellutate e gioire del fatto che sebbene potesse sembrare infuriata in realta’ nasocndeva la tristezza nella opaca brillantezza delle sue iridi

-no,  Valary e’ stato uno sbaglio. Non ho idea di cosa mi sia preso piccola...- affermo’ sfiorandole appena una mano, sperando che quel breve contatto riuscisse a tremetterle tutto il suo pentimento e disperazione. Perche’ senza di lei si sentiva perso, senza il suo docile calore il suo cuore incapace di amare tornava a gelare. Qualche micro-secondo in quella piccola morza basto’ a farla sciogliere, a farla palpitare... Come poteva lei cancellare cosi’ il suo amore per lui? Ma se c’era un difetto in Juliet Hanroe era quello di scordare difficilemente tutto il male che le veniva inferto con tanta spregiudicatezza e infamia. Quella stessa mano con cui si stava fondendo le sue dita qualche minuto prima stava toccando e violando il corpo di una donna oggetto; di una peccaminosa succube. Con ripudio allora sciolse anche quel poco che riusciva a mantenerli intatti come una cosa sola, e si retrasse con violenza dal suo corpo

-mi dispiace. Non posso perdonarti. Andrei contro tutto quello incui credo. Contro il mio concetto d’amore che sembra essere troppo infantile per i tuoi gusti-

-no, no ti scongiuro...- una lacrima era persino scesa sulla sua guancia, rigandola completamente, carcando sottilmente tutto il profilo di quel viso perfettamente malato che tanto aveva amato e odiato

-prendo le mie cose e mi trovero’ un albergo. Dici tu a tuo padre che mi dispiace vero?- disse svelta voltandosi di scatto, continuando a camminare dritta verso la strada; pregando se stessa di avere la forza di non scoppiare nuovamente a piangere e tornare indietro. Fu cosi’ che la vide allontanarsi, e probabbilmente sarebbe stata anche l’ultima volta che l’avrebbe vista in vita sua. Si perche’ data la sua situazione critica chi gli assicurava che non gli sarebbe successo niente? Chi gli diceva che senza di lui al suo fianco a sostenerla e proteggerla sarebbe rimasta al sicuro ma sopratutto “in vita”?

-Juliet! Aspetta Juliet!- affermo’ fermandosi appena, voleva prendere un bel respiro prima di sbandierare al mondo interno e a se stesso i suoi veri sentimenti

-Juliet io ti amo!!!-

Un sighiozzo le mori’ in gola. E assieme a quello anche al vomito di parole che volevano insistentemente uscire fuori “ti amo anche io, piu’ della mia vita, piu’ della mia insignificante e fottuta vita”. Ma non pronuncio’ neanche meta’ di quella confessione tanto dolce quanto sofferta. Forse era meglio cosi’; se si fossero separati sarebbe stato meglio per lui, per tornare a vivere in modo normale e non piu’ accanto alla “voglia del mostro”. Si diede un forte mozico alle labbra perche’ quello che stava per rispondergli le faceva troppo male, perche’ sapeva che sicuramente lo avrebbe ferito, ma se voleva aiutarlo a rimanere in salvo era l’ultimo sforzo che gli doveva

-Tsk... E dire che con te ci sono pure venuta a letto...-

Ufficilamente il cuore di Radke era morto. Si era spezzato in pezzi tanto piccoli che neanche se ci avesse impiegato anni sarebbe riuscito a ricomporre. Questa era la punizione che doveva subire per averla tradita, per aver deluso la sua unica ragione di vita; quell’una che, a differenza di tutte le altre che gli apparivano uguali, era riuscita a rubargli il cuore. Abbasso lo sguardo e tento’ di tornare dentro; in classe fingendo che nulla fosse successo, che mai Armony Summer fosse entrata nella sua vita, rendendola per quanto fosse stato breve, piu’ dolce.

Poi un rombo potente; una sgommata probabilmente... e un grido; quel grido che tento aveva pregato di non sentire mai in vita sua. Immediatamente, con il cuore in gola e la mente al suo dolce angelo, si volto’ di scatto facendo ondeggiare la chioma corvina in quella folle corsa da cui dipendeva adesso non piu’ la sua relazione, ma la vita della donna amata.

Stava priva di sensi e con gli arti a penzoloni; due braccia forti e prestanti la tenevano saldamente mentre con i suoi occhi ambrati la fissava mentre teneramente “dormiva” tra le sue braccia. Era stato velocissimo e sebbene la donna avesse gridato nessuno si era accorto del fatto che era riuscito a metterla KO. Si fece aprire lo sportello posteriore della Galaxy nera da uno delle sue guardie del corpo; gli basto il tempo di stenderla comodamente prima di sentire quel ficcanaso gridare il suo nome. Non fu difficile per Ryan riconoscerlo, dopo tutto come poteva dimenticare il viso del suo piu’ acerrimo nemico? Facendo cenno al collaboratore di chiudere lo sportello si volto’ con viso spavaldo e provocatore, osservando il moro dinnanzi a lui che immediatamente  lo fulmino’ con lo sguardo

-oh ma tu sei Ronnie! Piacere di conoscerti!- ridacchio’ sorridendogli sadicamente

-cosa le hai fatto?- domando’ immediatamente senza lasciar trapelare troppe emozioni

-nulla, si e’ addormentata come una bimba. Ahh, com’e’ bella la mia Juliet...- sussurro’ volgendo uno sguardo incanto verso la mora che giaceva sui sedili posteriore della autovettura, ancora priva di sensi

-lei non e’ tua!- affermo’ stringendo i pugni

-a davvero? E chi me lo dice? Tu?-  domando’ spavaldo avvicinandosi al ragazzo che fremeva dalla voglia di mettere le mani addosso a quel maniaco schizzato

-avanti... tirami un pugno...- ridacchio’ porgendogli la guacia. Provocandolo per bene. Rosso dalla rabbia allora carico’ il suo destro che sapeva fare miracoli. Tuttavia neanche lui seppe il come e neanche il perche’; ma fsatto sta che circa pochi secondi dopo, Ronnie si ritrovo’ con le ginocchia a terra che si reggeva la bocca dello stomaco, quel gancio non solo era stato cosi’ veloce da non averlo visto, ma aveva una forza sovraumana. Il rapitore lo afferro’ pr la chioma costringendolo a sollevare il viso: ansimava per il dolore e gli occhi erano semi-sbarrati

-ora mi dispiace ma dobbiamo andare. Sai c’e’ una chiesetta molto bella in periferia, e le nostre nozze sono tra poche ore e sai come sono le spose no? Devono essere perfette- sussurro’ al suo orecchio scatenando in lui un’ennesimo fuoco che non vedeva l’ora di disintegrarlo; ma le sue condizioni precarie impedivano movimenti fluidi e potenti. Sbattendolo contro il suolo il ragazzo tenebroso gli assesto’ un calcio nello stesso punto, provocando una fuori-uscita violenta di liquido rosso dalle labbra del povero studente che rimase a terra con lo sguardo sperso, in preda ad un vero e proprio svenimento

-e ringrazia dio che non ti abbia ammazzato. Pivellino- furono le sue ultime parole prima di uride la macchina mettersi in moto, e uno sportello chiudersi violentemente. E poi fu il buio.

 

 *Angolino di Virgy*

ahahahah scommetto che la mia cara Anzu stara' pensando "Ryan ti ammazzo con le mie maniiiii" o comunque qualcosa di molto simile ma piu' violento! e devo ammettere che non avrebbe tutti i torti! anche io lo odio con tutte le mi forze (il che non e' normale visto e considerato che Ryan e' creazione mia!). ahhh sclero time! ma tralasciando questo momento di follia, niente paura la vendetta di Radke arrivera' molto presto!

baci

-V-

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Capitolo 27
*** ventiseiesimo capitolo ***


 

-porca puttana! Ron svegliati dai! Cazzo Ronnie lo so che sei vivo apri gli occhi pezzo di un fedicente!- ancora intontito e stordito il moro spalanco’ lentamente le palpebre: due iridi color verde acqua lo stavano fissando rassicurati di vederlo sveglio

-o dio santo! Che cazzo ti e’ venuto in mente? No anzi spiegami cosa diamine e’ successo? Chi ti ha ridotto cosi’?- le domande del castano volavano a raffica, troppo veloci per essere comprese dal “ferito”, il qule aveva tutt’altro nella testa che rispondergli

-J-Juliet...- sussurro’ tossendo appena, sollevandosi lentamente dal giaciglio candido incui si trovava: il letto della infermeria

-hmm? E adesso chi e’ Juliet?-  domando’ aiutandolo a mettersi seduto, sorreggendolo per le spalle

-Armony- rispose abbassando di colpo lo sguardo; solo il pensiero che la sua amata giaceva da qualche parte assieme a quel viscido pazzo, gli faceva venire i brividi

-eh? Ron potresti essere piu’ chiaro per favore? Non ti seguo...-

-Armony non e’ il vero nome della ragazza che conosciamo- sussurro’ aggrappandosi alla felpa grigia dell’amico, facendogli cenno di sedersi accanto a lui, e cosi’ il castano fece

-adesso ti spiego tutto...- biascico’ piano nel tentativo di non farsi sentire da nessuno; il suo piano era quello di ritrovare la ragazza senza coinvolere la polizia, sicuramente quel malato mentale si sarebbe alterato, e avrebbe compromesso la vita della giovane.

-cioe’ no frena frena! La nostra Mony in realta’ si chiama Juliet? Ed e’ la stessa Juliet di cui si parla tanto in televisione?!- affermo’ sbiancando, spalancando le palpebre quasi come se i bulbi oculari volessero uscirgli dalle orbite

-si Green, e se non mi sbrigo a raggiungere la mia Juliet probabilmente la perdero’ per sempre...- affermo’ cercando di alzarsi dal letto, ma fu proprio in quel momento che il piu’ piccolo lo afferro’ per un gomito

-no Radke, tu non vai da nessuna parte. Non senza di me-

-grazie Maxie, sei un amico- sussurro’ lasciandosi scorrere una lacrima prima di stringerlo forte, di abbracciarlo come si fa solo con un fratello.

 

Con respiro affannato la donna comincio’ a riprendere i sensi; sentita l’aria attorno a lei rarefattae pesante, faticava a prendere aria. Cerco’ di sollevarsi dallo strano giaciglio merlettato incui si trovava, ma i movimenti le erano impediti da delle catene che le legavano i polsi alla testiera del letto in ferro battuto. Soltanto quando senti’ un leive freddolino accarezzarle le spalle si rese conto di non indossare piu’ i suoi vestiti; alzo’ appena il collo per osservare il sontuoso abito bianco che brillava sotto la fioca luce del tramonto che filtrava dalle tapparelle in legno marcio delle finestre. Non aveva la piu’ pallida idea di dove si trovasse, ma sicuramente sapeva che era per opera di Ryan; rammentava bene il suo viso che dal nulla era sbucato assieme ad una macchina, e salutandola maliziosamente le aveva tappato il naso e la bocca con un fazzoletto bagnato di chissa’ quale porcheria cercava di drogarla. Era riuscita a cacciare un grido di terrore, ma dubitava di essere sentita da qualcuno, e in particolare da “lui”. A farla uscire da quei ricordi confusi e indefiniti un mugugno sottile e colse la sua attenzione; incuriosita da quel tenero e impaurito gesto la ragazza volto’ il capo, osservando la ragazzina che giaceva proprio accanto a lei: doveva avere sedici anni, era abbastanza pallida e aveva gli occhietti verdi, molto simili ai suoi ma di una sfumatura leggermente piu’ scura, i capelli corvini erano disordinatamente adagiati sul cuscino e il terrore si dipingeva sul suo volto.

-chi sei?- le domando’  la ragazza vestita di bianco

-A-Amelie. Fai anche tu la damigella per quel tale?- le domando’ con voce strozzata, probabilmente era parecchio tempo che non beveva, e doveva avere molta sete

-purtroppo no. Ho paura di essere la sposa- affermo’ la piu’ grande facendole cenno di ammirare la gonna candida che per quanto fosse pomposa occupava l’intero materasso, ricoprendo perfino le gambe della piu’ giovane che ne indossava uno piu’ semplice del color porpora. Le due ragazze rimasero in silenzio per qualche minuto, come se stessero analizzando la situazione, cercando un modo palese che le aiutasse ad all’evitare la tensione

-ti chiami Juliet v-vero?- domando’ prendendola in contropiede

-si, come sai il mio nome?- le chiese incuriosita, cercando per quanto poteva, di voltarsi verso di lei, cosi’ che potessero guardarsi negli occhi, e cercare di rassicurarsi con uno scambio di sguardi disperatamente necessario

-lui mi parla sempre di te...- sussurro’ a mezza voce sbattendo stancamente le palpebre. Le parole della giovane la lasciarono totalmente sconvolta; quella ragazza era ridotta a uno straccio e dubitava seriamente che si trovasse li da poco come lei

-quanto tempo e’ che sei rinchiusa qui?-

-non ricordo. Credo qualche giorno. Sai qui dentro e’ difficile concepire il tempo, non fai altro che guardare il soffitto; dormire; pregare che al suo ritorno ti faccia bere. Insomma non ho il tempo per pensare alle ore che ho trascorso- rispose osservando malinconicamente verso il cielo; osservando a suo malgrado un polveroso e decadente soffitto

- Ryan ti ha fatto del male?- disse July continuando con il suo interrogatorio

-no, quando gli ho detto che ero vergine mi ha sorriso. Aveva una espressione cosi’ angelica mentre mi addormentava con un fazzoletto scuro intinto di non so cosa. Mi sono risvegliata qui e ogni tanto veniva a torvarmi. Per parlare di te. Per avvertirmi che sarei stata la tua damigella. Sei proprio come lui ti ha descritta. Sara’ che sei vestita di bianco latte ma sembri tanto un angelo- affermo’ sorridendole, scorgendo un lieve bagliore che proveniva dalle iridi della compagna di “cella”

-magari fossi un angelo. Tutto quello che sono riuscita a fare e’ stato scappare e mentire- affermo’ la piu’ grande volgendo anche quest’ultima uno sguardo verso l’alto, cercando di distruggere con il potere della immaginazione quella parete tetra e triste, per annegre nell’azzurro tint di aracio che avvolgeva il tramonto ormai arrivato al suo culmine. Le venne quasi un coccolone quando rivide quelle due iridi castane nella sua mente, quando gusto’ per un’ultima volta quella labbra seducentemente perfetta, quando si lascio’ sciogliere nel alore della sua carne tatuata a massiccia. Juliet accenno’ un lieve sorriso mentre una lacrima percorreva una scia invisibile che partiva dal taglio dei suoi occhi, quasi come se quella oscura malinconia riuscisse ad’alleviare il pensiero che tra qualche ora avrebbe perso la liberta’ e l’amore. Sbuffo’ un’ultima volta e torno’ a guardare la sua giovane amica, la quale era rimasta a fissarla in totale contemplazione, adorando quella figura di bellezza disperatamente triste

-dimmi Amelie, ti sei mai innamorata?-

-no, non ho ancora trovato il mio principe azzurro. E ho paura di non trovarlo mai...- rispose dipingendo un amaro sorriso sulle sue labbra rosse come quelle di una fragola matura, alludendo al fatto che se non fosse scappata di li probabilemente non avrebbe mai neanche rivisto la sua famiglia

-lo pensavo anche io durante questi mesi di latitanza...-

-poi?-

- e poi finalmente l’ho trovato. L’ho conosciuto nel modo piu’ umile e semplice con cui si possa incontrare qualcuno. Forse e’ stata proprio quella casualita’ e quella scioltezza a legarci assieme. Ma adesso e’ tutto finito. Ho cacciato il suo amore via dal mio cuore, dubito che si ricordera’ di me- rispose con una strana luce nello sguardo. Sebbene si trovasse in condizioni sfavorevoli sapeva che il ricodo di Ronald Radke sarebbe rimasto nel profondo piu’ intimo del suo cuore; anche quando avrebbe detto “si” a quel uomo che tanto aveva fatto del male, e soltanto con il suo sacrificio avrebbe smacchiato la sua anima corrotta e malvagia. Le due vennero colte di sorpresa dalla figura di nero vestita che era piombata rumorosamente nella stanza: indossando abiti classici e eleganti l’assassino si mostro’ ai loro occhi nel suo massimo splendore malevolo. Sorrise ad ambedue ma soltanto ad una concese il privilegio di avvicinarsi; soltanto alla donna amata che attendeva da giorni e giorni di agonia e solitudine

-vedo con piacere che stai facendo amicizia...- ridacchio’ sfiorandole dolcemente il viso, assaporando i brividi e i tremori che provenivano dalla sua pallida pelle

-l-lascia andare Amelie. Ryan lei non c’entra in questa storia...- sussurro’ la moretta cercando di non mantenere il contatto visino con i suoi occhi, che con desiderio e cupidigia la osservavano

-non posso piccola mia. Ci serve un secondo testimone e lei e’ perfetta. Eppoi Amelie e’ contenta di starti accanto. Vero?-

-s-si... c-certo- balbetto appena cercando il piu’ possibile di nasocndere il viso quando quei due fari castani si poggiarono su di lei

-almeno liberaci. Deve avere molta sete- affermo’ la ragazza cercando di far tornare la sua attenzione su di se, sapeva bene che la piu’ piccola era a disagio in sua presenza, lo notava dalla sua espressione terrorizzata, e avrebbe fatto di tutto per non averglielo fatto pesare. Vide il viso dell’ospide cucciarsi verso il suo e baciarle lievemente la fronte, per poi soffiare sulle sue labbra

-ogni tuo desiderio e’ un’ordine mia cara- sussurro’ sfiorando appena le sue labbra contro quelle della ragazza prima di chiamare a grande voce qualcuno. Con austerita’ un uomo, quello che lo aveva agliutato a rapirla, entro’ osservando con i maggiori riguardi il ragazzo seduto all’angolo del grande letto

-George perfavore liberi la damigella e la faccia mangiare. Miraccomando voglio che per le nozze abbia un bel colore e non questo pallore da cadavere-

-certamente signorino Ryan- affermo’ quella sottospecie di maggiordomo che immediatamente aiuto’ la piu’ piccola a reggersi in piedi, sostenendola per i fianchi. Riusci’ a leggere un lieve “grazie” che s’intrufolo’ nelle sue piccole labbra e la mora le sorrise. Attendendo che fossero usciti dalla camera da letto, il moro sciolse anche le pesanti catene che imprigionavano la ragazza al letto, scoprendo i solchi rossi che erano rimassi impressi sulla sua pelle bianca candiada

-vieni, vieni da me...- le sussurro’ avvolgendola con le sue possenti braccia, portandola sempre piu’ al suo petto mentre la conduceva con i piedi per terra, sorreggendola delicatamente quasi fosse un prezioso tesoro

-sei bellissima...- soffio’ sul suo orecchio baciandole appena la tempia

-in teoria lo sposo non dovrebbe vedere la sposa-

-lo so, ma sono mesi che non ti stringo a me, che non assaporo il tuo dolce odore. Non potevo piu' resistere. Ma pensando ad altro. Vieni amore mio. Guardiamo insieme il tramonto. Sta diventando notte e tra poco saremo una cosa sola- ridacchio’ gioisamente il raqgazzo accompagnandola alla finestra impolverata e rigata da sottilissimi tagli. Non oso’ rispondere a quella affermazione, perche’ sapeva bene in cuor suo che, anche se si sarebbe “ufficialmente” legata a lui, mai gli avrebbe donato il cuore; poiche’ il suo organo ormai non risiedeva piu’ nel suo petto, ma in quello di qualc’un altro. In quello del suo vero amore.

Osservarono abbracciati il calare della sera, con i primi raggi della notte che rendevano da quella altura un panorama suggestivo e romantico. In quella chiesa diroccata e antica nessuno li avrebbe mai trovati; nessuno si sarebbe mai accorto della ingiustizia che si stava per compiere.

S. Wiligerm era una antica basilica gotica che sorgeva in una collinetta subito al difuori della vita urbana e caotica, e soltanto poche persone sapevano della sua esistenza. Due di queste persone erano due bambini che da piccoli si divertivano a nascondersi e passarci intere giornate a scoprire tutti i segreti di quel luogo occulto e mistico. Tuttavia quei due ragazzi non si stavano dirigendo li per giocare come ai vecchi tempi, ma bensi’ a salvare la vita a l’unica persona, che per il piu’ grande dei due, rappresentava nel suo essere tutto cio’ per cui valeva la pena trascorrere la vita sulla terra.

Purtroppo per loro due paia di occhi si accorsero della loro presenza: le ridi verdi brillavano curiose e rallegrate, Juliet non riusciva a spiegarselo, pensava che quasi fosse un miraggio ma sapeva bene che era tutto vero... Ronnie e Max si stavano avvicinando. Le iridi castane, al contrario, ardevano di ira funesta, non tanto perche’ il suo nemico era tornato; no lui poteva sistemarlo per bene; piu’ che altro non riusciva a mandare giu’ il fatto che la sua adorata consorte sorrideva alla visione di quell’uomo... di quell’usurpatore. Con rabbia e ferocia la afferro’ per i fianchi sbattendola contro il materasso; facendola gridare non solo per lo spavento provocato, ma anche per il fatto che, immediatamente dopo, le era saltato addosso stringendole le mani attorno al collo e alla mascella, applicandoci una forte, ma moderata allo stesso tempo, pressione:

-non starai percaso pensando a lui vero? Tu devi amare soltanto me! Me- sussurro’ sadicamente baciando le lacrime che sgorgavano come fiumi dai suoi occhioni arrossati

-n-no Ryan. N-non ci penso ma tu lasciami ti prego... n-non respiro- affermo’ prima di riprendere violentemente fiato a polmoni piedi quando finalmente decise di liberarla da quella morsa che poteva rivelarsi fatale. Attendendo qualche minuto che la ragazza si fosse ripresa la fece stendere al suo fianco tenendola stretta, cosi’ che i loro visi fossero molto vicini

-quel pivellino ha proprio deciso di farsi ammazzare. Beh spero solo che non fara' scene patetiche quando lo uccidero davanti a te- sbuffo’ scocciato, come se uccidere e squartare fossero all’ordine del giorno, mentre con tenerezza coccolava la poveretta che non pote’ far altro che nascondersi nel suo petto caldo, soffocando i singhiozzi e le tregiche visioni che cominciavano a logorarla proprio come lei stessa aveva prennunciato.   

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Capitolo 28
*** ventisettesimo capitolo ***


 

 

 

I due prodi erano finalmente giuti alla entrata secondaria della sacrestia: la serratura poteva essere facilmente scassinata, poiche’ la qualita’ della materia si fosse degradata man mano che ella invecchiava. Entrarono silnziosamente e notarono con loro piacere che non era cambiata affato, o forse era meno impolevarta dell’ultima volta che ci erano stati. Quasi in punta di piedi cominciarono a camminare per l’articolato corridoio che man mano di districava in svariati ambienti come la sacrestia e l’ufficio principale; ma non c’era traccia di anima viva

-Ron ma sei sicuro che sia la chiesa giusta?- sussurro’ il castano standogli al suo fianco, guardandosi indietro per verificare che nessuno li stesse seguendo

-certo. Questa e’ l’unica chiesa che si trova in periferia. E poi sono certo che non appena ha visto queso luogo lugubre quel bastardo ha fatto i salti di gioia- rispose a sua volta il moretto prima di fermarsi di botto, facendo cenno al suo compagno di arretrare assieme a lui. Aveva sentito dei rumori sospetti, era meglio celarsi nel buio e atendere.

Si appostarono dietro un’antica immagine sacrale dalle dimensioni mastodontiche e osservarono l’uomo brizzolato che trascinava per un braccio una ragazza di circa la loro eta’: portava un vestitino purpureo dalle spalline calanti. A malapena riusciva a tenersi in piedi e scrutandole il viso si poteva notare i segni del sonno e della fame. Ronald si era appena allarmato; osservandola tanto gli parve di vedere la sua amata, ma era il colore denso delle sue iridi color verde bottiglia che gli avevano fatto perdere le speranze. Dal canto suo invece il piu’ piccolo osservo’ quella pallida creatura arrancare quelche passo, inciampando ovunque mentre quell’uomo persisteva a portarla via con se, all’interno di quella che era la vecchia menza delle suore. Gli sembro’ di averla gia’ vista da qualche parte... ma non ne era sicuro. I due si guardarono negli occhi e decisero di seguirli; forse da quella gracile creatura sarebbero riusciti a estrapolare qusalche informazione in piu’. George la fece sedere su una di quelle poche sedie che ancora si reggevano su quattro gambe e con un vecchio catenaccio saldo’ bene la sua piccola caviglia tra la gamba della sedia e quella del tavolo ligneo proprio dinnanzi a lei; assicurandosi dunque che non si sarebbe potuta liberare. Si avvio’ verso i fornelli e apri’ la dispensa che si trovava proprio al disopra di essi: vi erano svariate vivande che nel corso dei giorni della loro permanenza li dentro avevano acquistato. Prese una barretta di cioccolata al latte, che sicuramente gli avrebbe dato la giusta dose di zuccheri per non collassare durante la cerimonia e gliela porse davanti. Amelie osservo’ quel cioccolato dinnanzi a lei: erano giorni che non mangiava e gia’ poteva sentire il cuo dolce sapore sciogliersi in bocca, ma per qualche istante titubo’. Mangiare dinnanzi a quell’uomo le metteva ansia, sopratutto perche’ sapeva che non sarebbe riuscita a gustarsi il suo pasto senza che quell’essere potesse metterci bocca

-allora bambolina? Non ti decidi ancora a mangiare?- le domando’ sedendosi proprio accanto a lei, osservandola maniacalmente per tutto il perimetro del suo bel visino candido

-mi sembra che il capo sia stato chiaro. Devi mangiare, altrimenti si arrabiera’... e tu sai bene cosa succede se il signorino Ryan si arrabbia vero?- sussurro’ abbassando di qualche tono la sua voce, rendendola roca e desiderosa. Si avvicino’ alla prigoniera e comincio’ a toccarle maliziosamente la chioma corvina, giocandoci appena tentnado il piu’ possibile di stuzzicarla e renderla ancora piu’ vulneraile di quanto non lo fosse gia’

-perde la testa e comincia a giocare con il coltello. E tu non vuoi che il suo coltello ti tagliuzzi fino a cavarti il cuore dal petto non e vero?-

Alle sue parole la moretta rabbrividii. Sapeva che il suo rapitore era olto abile con le lame, e non voleva diventrare oggetto del suo divertimento sanguinolento. Senti’ una lacrima solcarle la guancia e una viscida lingua raccoglierla, lasciandoci una viscosa scia di saliva. Senti’ tutto il suo corpo irrigidirsi di colpo e il battito cardiaco  aumentare spropositatamente mentre con una mano quel servitore le scostava tutti i capelli su un’unica spalla, cosi’ che avesse la piena visione di quel collo che volentieri avrebbe azzannato.

Nascosti dietro la porta che era rinmasta spalancata, i due osservarono disgustati quella patetica scena; Ronald comincio’ a viaggiare in una dimensione parallela, dove la sua Juliet veniva continuamente seviziata da quel maniaco. Senti’ un’arguta ira crescergli nel petto mentre ascolto’ incuriosito i respiri brevi e irregolri del suo compagno crescere improvvisamente, stringendo forte i pugni e i denti: Maxwell aveva lo sguardo fisso su quell’uomo che tantava seducentemente di imboccarla, spaventando la ragazza che non riusciva a trettenere le lacrime e i singhiozzi. Non sapeva ne il come ne il perche’ ma aveva una maledetta voglia di entrare in azione; di prendere quel verme schifoso e conciarlo per le feste. A interropere quei soliloqui improvvisamente una voce fredda e squillante risuono’ per l’intera area facendo rabbrividire tutti, George compreso.

-il capo mi chiama. Quando torno gradirei che avessi mangiato tutto bambolina- ridacchio’ baciandole appena la testa prima di  avviarsi lungo l’uscita sbattendo violentemente la porta. Fu proprio con quel violento gesto che lascio’ agli occhi verdognoli della ragazza quella incredibile e soave vista: due ragazzi che stavano proprio nascosti dove meno si aspettava; uno era moro con due iridi dolcemente castane e brillanti che ardevano di rabbia e vendetta, mentre il castano al suo fianco la fissava intensamente con quelle due iridi chiare che quasi le facevano mancare dei battiti. A passo veloce si avvicinarono a lei; il piu’ alto immediatamente comincio’ ad armeggiare con le catene che la tenevano saldamente legata al tavolo, mentre il castano le aveva afferrato rassicuratamente le mani, continuando a penetrarla con quello sguardo dolce e ammaliante

-ma chi siete voi?- domando’ la morettina senza distogliere lo sguardo dal piu’ bassino, quasi come se le loro iridi fossero incollate assieme e non potessero far altro che guardarsi languidamente

-amici. Vogliamo aiutarvi... come ti chiami?- le domando’ il castano asciugandole lievemente le lacrime dal viso

-Amelie...-

-Amelie sai percaso dove si trova Juliet?- domando’ a sua volta il moro dopo essere riuscito a liberarle la caviglia che aveva cominciato a gonfiarsi

- al piano superiore. Sul campanile c’e’ una camera da letto. E’ li che ci hanno rinchiuse. P-pero credo che Ryan si trovi ancora con lei- affermo’ osservando anche quest’ultimo che tanto le sembro qualcuno, come se gia lo conoscesse

- Maxie tu rimani qui con lei. Nel caso tornasse quel tipo sai cosa devi fare. Io vado da Juliet- affermo’ balzando in piedi avviandosi a passo svelto verso l’uscita

-fai attenzione Ronnie...- gli disse il suo migliore amico. I due ragazzi si fissarono intensamente, sapevano ambedue che la loro missione era pericolosa e c’era un alta probabilita’ che non ne sarebbero usciti sani e salvi. Ma se c’era una cosa che non gli mancava era proprio il coraggio e nel fondo dei loro cuori sapevano che non avrebbero perso.

-sono nato pronto- con quella frase Ronald spari’ dalle loro viste, lasciando i due soli nella oscurita’ di quella tetra menza.

-cosa sono questi segni?- le domando’ passando lievemente le dita sui suoi polsi, sfiorando appena i rigonfiamenti rossastri che spiccavano in quel trionfo di pallore e candore

-l-le catene che mi hanno tenuta segregata qui...- rispose abbassando di colpo lo sguardo. Soltanto il pensiero che per ore interminabili stava stesa, tutta sola, su quel letto la facevano morire, sempre se lei non lo fosse gia’. Il ragazzo diede un’ultimo sguardo a quelle piaghe prima di osservarla in viso; di cercare quelle iridi tanto fragili quanto belle. Le afferro’ il viso per il mento e delicatamente lo porto’ vicino al suo, raccogliendo un’ennesima lacrima con la punta delle dita. Amelie lo fisso’ intensamente, non sapeva bene cosa stesse provando, ma sapeva con certezza che era felice.Senza scambiarsi neanche una parola i due si abbracciarono. Si strinsero cosi’ tanto da fargli mancare il respiro, o forse era soltanto il calore delle loro pelli a farli rimanere senza fiato; fatto sta’ che rimasero per secondi interminabili a coccolarsi in quel legame quasi indissolubile.

-riesci a camminare Amelie?- le domando’ il ragazzo porgendole elegantemente una mano per aiutarla a sollevarsi dala sedia. Compiendo uno sforzo immane per lei la giovine riusci’ a sollevarsi dalla sedia, ma il primo passo e la sua gamba destra; quella che era incatenata, cedette di colpo; facendole fare un volo di sola andata tra le braccia di Green, il quale immediatamente l’accolse a braccia aperte. Si ritrovarono petto contro petto con i loro visi ad una distanza spaventosamente soave l’uno dall’altra: riuscivano perfino a sentire il sapore dei loro respiri entragli tra le labbra e coccolarli. Si sorrisero quasi timidamente, sfiorandosi appena con le lunte dei loro nasi, pregustando il momento incui le loro labbra si sarebbero fuse assieme. Per Maxwell era strano; non sapeva proprio nulla di quella Amelie, eppure se ne sentiva cosi’ attratto, cosi’ affascinato. Solo adesso riusciva a comprendere cosa provava il suo migliroe amico con Mony. Solo adesso comprendeva il vero significao di amore. Erano ad appena pochi millimetri di distanza ma proprio in quel momento la porta si riapri’. Proprio in quel momento Georg vide la sua amata Bambolina tra le braccia di un altro. Tra le braccia di colui che doveva lasciare in vita per il suo capo, per appagare la folle pazzia che cominciava a riappropriarsi del cuore fragile e malvagio del suo signorino. 

 

*Angolino di Virgy*

Non so bene il perche' ma in questo capitolo mi sono voluta dedicare a Maxie. Avevo lasciato un conto in sospeso con lui. lo avevo lasciato con un vuoto incolmabile a causa della biondona "ce l'ho solo io". E da buona fan-autrice non potevo lasciarlo morire nella depressione di un amore impossibile! Cosi' ho pensato a questa soluzione molto valida. Spero piaccia anche a voi! Recensitemi presto!

Un bacio

-V- 

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Capitolo 29
*** ventottesimo capitolo ***


 

Ronnie si era nascosto appena in tempo, prima che l’omone dai capelli brizzolati potesse notarlo in quella mera di oscurita’ che gli giocava a favore. Aspettando qualche secondo in piu’ che quello strano scagnozzo fosse sparito, continuo’ a salire le scale, pregando che non cominciassero a scricchiolare, anche se dubitava fortemente che non fosse successo; dopotutto quella struttura era molto vecchia, non si sarebbe stupito se in un batter d’occhio si fosse ritrovato al piano di sotto seppelito da un cumulo di macerie. Sebbene questo pensiero lo fece rabbrividire svariate volte c’era una sola spiegazione che lo spingeva a proseguire in quel suicidio, e quel motivo era proprio Juliet, o Armony... o come meglio credeva. Perche’ pur se si fosse chiamata Violetta, Agatha o Guendalina... lui l’avrebbe amata con tutto se stesso: corpo e anima. Come diceva Shakespeare “Quella che noi chiamiamo rosa non perderebbe il suo profumo se avesse un altro nome”.

Era giunto al culmine del campanile; faceva abbastanza freddo e dagli spifferi delle tegole entraa un lieve venticello gelato. Dinnanzi a se una porta, la soglia che lo separava dalla sua rosa.

 

Dall’altro lato del passaggio, invece, la giovine stava seduta dinnanzi a uno specchio rotto, la cui crepa lo percorreva disegnado una riga disordinatamente confusa. Piegato dietro di lei stava il suo futuro sposo che l’abbracciava teneramente, lasciandole scie infinite di baci che le percorrevano la spalla, la clavicola e il collo. Non oso’ toccarle le labbra, no quelle se le sarebbe risparmiate per la cerimonia, proprio come il resto del suo corpo e della sua purezza. Juliet guardandosi in quel pallido riflesso cerco’ il piu’ possibile di sorridere, di non farsi vedere in pena con la testa rivolta verso il suo unico e grande amore, il quale stava rischiando la sua vita per lei... lei che gli aveva mentito, che lo aveva ferito con un’arma ancora piu’ mortale di un pugnale: le parole; parole amare, fasulle ma cariche di sprezzo e odio, del finto rancore che provava per il suo Ron.

-vado a vedere come procede disotto mia cara. Non preoccuparti non li uccidero’ subito. Attendero’ la fine delle nozze contenta piccola mia? Mettiti il velo intanto. Tra poco cominciamo- le sussurro’ il ragazzo baciandole un’ennesima volta la guancia prima di andare via. Scendere le scale e lasciarla sola. Senza nessuno in grado di sorreggerla in preda in quello che stava per diventare la sua crisi isterica di depressione e angoscia.

Volgendo appena la testa verso il suo letto osservo’ il piccolo diadema che raccoglieva il candido velo che avrebbe celato le sue lacrime. Senza parlare allora comincio’ ad’acconciarsi i capelli e la coroncina in modo tale di apparire presentabile. Dopotutto era l’ultima volta che lo avrebbe visto, che si sarebbe persa nell’immensita’ dei suoi occhi nocciola. Senti’ una lacrima scorrere veloce sul suo viso ma immediatamente la raccolse cercando di trattenere i forti singhiozzi che le si arrampicavano sulla trachea

-avanti Juliet sforzati di sorridere... e’ i-il tuo matrimonio no? Il giorno piu’ bello e importante della tua vita...- si disse sottovoce guardandosi ancora allo specchio: le iridi verdi contornati da pesani lacrimoni; il volto impallidito e gracile, le labbra secce e senza vita, perche’ senza i Suoi baci quelle labbra non avrebbero mai piu’ riassunto il loro rosa naturale... mai piu’

-m-ma chi voglio prendere in giro?! R-Ron... Oh Ron perdonami. Dovevo allotanarti dalla mia vita quando ancora eri in tempo. Quando ancora non ero stata cosi’ egoista da rubarti il cuore. Ho pensato soltanto a me, a vivermi il mio primo e vero amore, sognando che forse anche per me c’era un piccolo posto su questo mondo morto e vuoto. E guarda adesso dove ci ritroviamo? Nella dimora del demone: io sto per divenire la sua tetra consorte, e tu, stai per dare la tua giovane e ingenua vita per me. Per una donna che neanche meritava di nascere...- fu proprio nel cuore del suo soliloquio tuttavia che la mora si accorse di una presenza. Aveva sentito quei passi veloci giungere dietro di lei e sebbene riuscisse a vedere il suo viso in quel che rimaneva dello specchio, continuava a non crederci. Proprio a pochi passi da lei, il suo Ronald, il suo amore era giunto... Era sano e salvo, anche se ancora per poco, e stava piangendo, per lei

-n-non dirlo mai piu’. Non dire mai piu’ una cosa del genere Juliet- sussurro’ trattenendo appena i singhiozzi. Continuando a dargli le spalle tuttavia la giovane abbasso di colpo lo sguardo, cercando di riunchiudersi dentro la sua impenetrabile corazza di freddezza

-se tu non fossi entrata nella mia vita. Se tu non avessi toccato con mano e purificato il mio cuore, la mia anima a quest’ora sarebbe ancora corrotta e viscida peggio di quel bastardo che dice di amarti. Juliet se tu non fossi mai nata io a quest’ora sarei l’equivalente di un corpo morto, di un sudicio involucro terreno- affermo’ orgoglioso di poter sbandierarle i suoi veri sentimenti, mentre elegantemente s’inginocchiava al suo fianco, afferrandogli le mani nelle sue, baciandole con tutta la dolcezza di cui soltanto lui era in grado di dimostrarle

-a cosa servono ora queste parole? Ryan ti uccidera’ ugualmente. Ronnie fuggi finche’ sei ancora in tempo. Prendi Max e portate in salvo Amelie. Io me la cavero’- rispose senza degnarlo di uno sguardo, sforzandosi con tutte le sue forze di non guardarlo in viso e rendersi conto che stava dicendo un ennesima menzogna

-smettila! Smettila amore mio basta! Lo sappiamo tutti e due che tu non lo ami! Potra’ cavarmi il cuore, gli occhi, sgozzarmi quanto gli pare ma nulla riuscira’ a cancellare il fatto che noi due ci amiamo. E non scappero’ da nessuna parte senza di te e i nostri amici...- un silenzio tombale aleggio’ per l’intero ambiente. Finalmente la moretta si era decisa di guardarlo e non pote’ fare a meno di piangere... perche’ non voleva crederci che proprio lui, il puttaniere della scuola, il ragazzo con cui mai pensava potesse esserci una storia, era li... che le confessava il suo amore e non temeva la morte. Proprio a distubare il loro interminabile scambio di sguardi dolci, rassicuranti, angosciati un battito di mani, quasi un sadico applauso provenne dalle loro spalle; assieme ad esso anche una risata malvagia rieccheggiava per l’intera stanza facendo rabbividire la ragazza, a cui crebbero i battiti cardiaci

-ma che scenetta commovente. Davvero, degna da premio oscar. Ahh Ronnie-Ronnie, certo che sei proprio stupido! Non hai ancora capito che ti stai soltanto facendo del male?- il rapitore era tornato, e a giudicare dall’ombra gigantesca che si portava dietro era pure accompagnato dal suo fido servitore

-no, perche’ non esiste veleno piu’ dolce che l’amore per la mia Juliet. E sapere che vengo ricambiato rende la mia morte ancora piu’ quiete e serena- rispose beffardo Radke sollevandosi di scatto dal terreno

-amore? Tu che non hai esitato a tradirla dici di provare dell’amore per lei. Ma tralasciamo questo, dopotutto cosa possiamo aspettarci dall’uomo giocattolo della scuola? Georg perfavore prendi questo impiastro e portalo nella sala assieme agli altri due. Avevo in mente una cerimonia intima ma credo proprio che ci dovremmo adattare..- ridacchio’ il moretto osservando con quanta poca cura il suo affidabile seguace afferrava saldamente il suo giovane rivale. Attese che quest’ultimi cominciassero a scendere le scale, il moretto si dimenava e scalpitava, gridando il nome della sua Juliet a piu’ non posso. Ryan non riusci’ a farsi scappare un’ennesimo riso, quella scenetta appariva cosi’ pateticamente inantile ai suoi occhi. Prendendo un bel respiro si volse verso la sua sposa e a grandi falcate si avvicino’ a lei, porgendole la mano

-vogliamo andare? – domando’ esponendo un dolce sorriso

-no... Prima mi devi dire cosa hai fatto a Max e a Amelie- rispose freddamente la moretta senza degnarlo di uno sguardo; gesto che lo fece letteralmente impazzire. L’afferro’ per un braccio costringendola ad alzarsi in piedi e le afferro’ con foga il viso per la mandibola

-questa tua arroganza, sebbene sia molto fastidiosa, mi eccita parecchio... se continui cosi’ credo proprio che dovro’ possederti prima del dovuto- le sussurro’ mordicchiandole appena il lobo sinistro, facendola fremere dal disgusto e dal terrore

-comunque non gli ho ancora fatto nulla. Tranquilla-

-l-lasciali andare. Ti prego... Ryan ti scongiuro risparmia loro la vita. Hai ottenuto quello che volevi...- lo imploro’ facendosi nuovamente rigare il volto da una limpida lacrima amara

-certo, hai ragione. Ma io devo avere una garanzia. Dopotutto quel Ronnie e’ stato con te o mi sbaglio?- domando’ sistemandole il diadema nell’ammasso corvino di sinuosi boccoli. Juliet si senti’ mancare, anche questa volta sentiva conati di parole arrampicarsi faticosamente per la sua gola ma cerco’ di soffocarle, sapeva cosa doveva fare, e anche se non era quello che lei voleva, anche se era cosciente che Ronald non l’avrebbe mai perdonata per quello che stava per dire la moretta prese un bel respiro profondo. Alzo’ lo sguardo e lo fece combaciare con quello del suo splendido e diabolico rapitore

-sono io la tua garanzia. Se tu li lascerai andare tutti e tre sani e salvi, io ti sposero’... e stanotte potrai farmi tutto quello che vuoi- alla sua frase il moro sgrano’ gli occhi, quasi non voleva crederci che avesse sentito quelle stesse parole uscire dalla sua bella boccuccia. Si disegno’ un sorrisetto malizioso sulle labbra, le stesse che fece sfiorare contro il suo collo e il suo orecchio

- tutto quello che voglio?-

-s-si... tutto quello che vuoi. stanotte saro' soltanto Tua e di nessun'altro- sussurro’ abbassando di colpo lo sguardo, maledicendosi da sola per quello che aveva appena giurato, un patto che tuttavia avrebbe stretto volentieri pur di preservare l’anima e la vita del suo amato Ronnie Radke.

 

*Angolino di Virgy*

Uff, ci avviciniamo sempre di piu' alla fine... il che mi rende davvero triste perche' mi piace parecchio come mi sta venedo. ahhh riguardo a questo capitolo non so che dire. Penso a Ron e mi viene da piangere cazzarola!!! Devo imparare a mettere meno me stessa in quello che scrivo, finiro' per auto-distruggermi lo so! T.T

spero comunque che vi piaccia e che recensirete al piu' presto

un bacino

-V-

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Capitolo 30
*** ventinovesimo capitolo ***


 

Per quanto si fosse fatto buio la navata centrale era ben illuminata dalla fioca luce della luna pallida e malata che filtrava dal colorato rosone della facciata: due file di un ventina di banchi erano completamente vuote, se non per la prima difronte all’altare, dove due giovani risiedevano con le mani legate assieme. Il castano aveva del sangue che ancora gli colava dall’angolo destro delle labbra e faticava a respirare: il calcio preso sull’addome lo aveva lasciato letteralmente senza fiato. La morettina al suo fianco teneva le sue piccole dita finissime intrecciate alle sue, facendo scorrere lacrime su lacrime che andarono a scioglierle quel poco di trucco che le era rimasto

-n-non piangere Amelie... E’ solo un graffio- sussurro’ il ragazzo tossendo sangue che sputo’ sul pavimento polveroso e lurido

-solo un graffio? M-Max ti stai facendo ammazzare per me! Pretendi che non ci stia male?- singhiozzo’ la piu’ piccola stringendo appena le sue mani prima di nascondersi nell’incavo della sua clavicola. Dal canto suo Green, non potendo strngere quella piccola bambola di porcellana al suo petto, inclino’ appena il capo, quel poco che serviva per permettere alle sue labbra di coccolargli i capelli

-per quello che ne vale... Non mi dispiacerebbe andarmene tra le tue braccia...- biascico’ da un bacio sulla fronte e l’altro, lasciando la giovine del tutto imbambolata. Mai aveva sentito parole cosi’ dolci da un ragazzo; ormai era abituata a credere nello stereotipo del “ragazzo stronzo”; non che Max non lo sembrasse, anzi da subito aveva capito che era un bel “donGiovanni”; ma c’era qualcosa nel suo sguardo... c’era un qualcosa che i suoi occhioni verde acqua celavano: tristezza, malinconia... Vuoto. Si era proprio un vuoto a far soffrire quell’angelica creatura che stava sputando sangue per lei, e a costo della sua vita lei lo avrebbe aiutato, avrebbe colmato quel varco e lo avrebbe fatto suo, lo avrebbe condiviso con il suo fragile cuoricino, il quale da quando quello strano Tipo era entrato in quella logora menza e l’aveva sorretta fra le sue braccia non aveva piu’ smesso di battere forte.

-Amelie... I-Io non so cosa mi stia accadendo. E’ strano pero’...-

-shhh- sussurro’ la piccolina baciandogli appena l’angolo delle labbra

-anche io Max... Anche io- rispose pianissimo, tornando a immergersi nel suo collo, respirando a fondo quel dolce profumo che le provocava un forte brivido. Rimesero per minuti interminabili in silenzio, godendosi soltanto il profumo che proveniva dal loro compagno, l’essensa che avrebbe rappresentato la loro droga.

-Lasciami! Bastardo lasciami!- una voce profonda e roca rieccheggio’ per l’intera sala, facendo sobbalzare i due prigionieri, i quali appena riconobbero quella chioma corvina scapigliata e quelle iridi nocciola rizzarono sull’attenti. Ronald venne deposto proprio accanto al suo migliore amico legato anche lui da un vecchio cordone per le mani. Cosi’ facendo l’uomo brizzolato fece il giro del baco e strappo’ la piccola Amilie dalle braccia del castano, facendo gridare e dimenare per lo spavento. Senza troppi sforzi tuttavia riusci’ a posizionarla proprio accanto ad un povero vecchio, un prete, che era stato rapito anche lui da qualche giorno, e non aveva fatto altro che pregare per la redenzione dei loro peccati. Fu proprio in quel momento che entrarono la “quasi-felice” coppietta: lui con sguardo orgoglio e fiero non aveva paura di mostrare la sua bellissima futura sposa, che con sguardo basso si lasciava trascinare in quella che sarebbe stata la sua tomba. Ryan si avvicino’ alla piu’ giovane e gli raccolse una lacrima, aveva intuita la sua frustrazione da ben tre giorni oramai... E sebbene gli dispiacesse che non avrebbe potuto “tagliuzzarla” proprio come le altre prima di lei, solo il pensiero che avrebbe finalmente realizzato i suoi avidi e lussuriosi sogni con la sua Juliet gli fece toccare il cielo con un dito

-non piangere piccola Amy... Dopo la cerimonia tu e i due impiastri sarete liberi di tornare a casa- ridacchio’ sorridendole dolcemente

-n-non mi faccio prendere in giro cosi’ facilmente Ryan- rispose abbassando di colpo lo sguardo, aveva sfidato apertamente quel pazzoide e adesso temeva la sua reazione manesca. Tuttavia nulla di cio’ succese, anzi, Amelie riusci’ a precepire a piedo la docile carezza che quella mano stava portando sulla sua guancia, alzandogli appena il viso

-oh no mia cara. Diciamo solo che la mia cara Juliet ha trovato un valido compromesso...- rispose sadicamente lanciando un’occhiolino provocatorio al ragazzo seduto sulla panca difronte. Ronald immediatamente rabbrividi’. Una scossa elettrica lo pervase per l’intera colonna vertebrale e senti’ quasi un nodo allo stomaco. Aveva intuito immediatamente a cosa si riferisse, ma non voleva crederci.

-Juliet dimmi che sta mentendo...- la richiesta di quest’ultimo, sebbene non fosse altro che un tiepido sussulto, rieccheggio’ per l’intero ambiente cogliendoli tutti di sorpresa. La mora non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia, sapeva bene a cosa stava andando in contro... e quello era il suo modo di fuggire alla sua delusione, all’ennesimo torto che gli faceva subire

-n-non lo stai facendo davvero...- questa volta Radke aveva usato un tono di voce piu’ spavaldo e adirato, scattando in piedi violentemente tanto da far avanzare appena Ryan, non avrebbe mai permesso quel moccioso di rubargli la moglie

-e’ l’unico modo... L-Lo sai- rispose continuando a non guardarlo, gesto che fece andare letteralmente su tutte le furie il giovane Radke, se cera una cosa che odiava era non riuscire e perdersi nel dolce vuoto delle sue iridi verdi smeraldo

-dio Juliet! Perche’ ti incaponisci cosi’? Perche’ amore mio, perche’ devi farti del male!?- aveva le goti arrossate e bollenti, ma onestamente non gli interessava molto tutto quello a cui pensava adesso era a lei, lei e soltanto lei; al diavolo Ryan, al diavolo la vita, al diavolo tutto! Nulla poteva preoccuparlo se non il suicidio a cui la sua anima gemella andava in contro

-perche’ ti amo!-

Silenzio.

Un tenebroso e cupo silenzio aleggio’ su di loro lasciando tutti i presenti di stucco. Juliet prese un respiro profondo e alzando la testa comincio’ a fissare il suo amato Ronnie, l’uomo per cui aveva accettato di farsi “stuprare” dal suo Jack lo squartatore

-si, io ti amo Ronald Joseph Radke. E non ho paura delle conseguenze. Per te... questo ed altro- 

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Capitolo 31
*** trentesimo capitolo ***


 

 

Silenzio, un secondo silenzio. Ma questo, sebbene fosse piu’ breve di quello precedente era carico di tante emozioni sovrapposte l’una sull’altra:da una parte c’era lo stupore di Amelie, del prete e dello scagnozzo; c’era la commozione di Maxwell, il quale finalmente aveva compreso il isgnificato dell’amore; c’erano Juliet e Ronnie, i quali anche se tacevano in realta’ sapevano bene a quante sdolcinatezze stessero pensado. Infine c’era la rabbia, l’ira che ribolliva nel sangue di Ryan, il cui cuore stava deventando sempre piu’ nero e lacerato come un carboncino. Provenne dal profondo della sua gola e si propago’ per l’intera navata: una risata di gusto, schizzofrenica e lunatica. Tutti i presenti, Georg compreso, lo fissarono straniti e preoccupati: il suo fido servitore sapeva bene che, sebbene si mostrasse cosi’ maniacalmente “allegro” in realta’ stava per scatenare una catastrofe.

-July-July... Sai bene che dopo una tua affermazione del genere dubito che ci sara’ un matrimonio vero?- domando’ sorridendole dolcemente, aggirandola cosi’ da poterle andare alle spalle, e poggiare il palmo sinistro sulla sua spalla mentre si portava la mano destra sulla cintura, sfilando abilmente il suo amato pugnale, quello con cui aveva “giocato” con tutte le sue giovani vittime, quelle con cui anche quella notte avrebbe giocato con qualcuno

-e se noi non ci sposiamo... capirai bene che sara’ molto difficile per me non ammazzarli tutti...- abbassando di qualche tono la voce comincio’ a sfiorare la sua candida e pallisa pelle con la punta del suo cultello, la quale scintillava sotto la malata luna che tutto guardava e tutto taceva. La moretta socchiuse gli occhi, quella lama fredda e tagliente solleticava la sua pelle e la intimoriva, sebbene fosse piu’ che sicura che non le avrebbe fatto nulla. Dal canto loro invece Ronnie e Max ne avevano approfittato per allentare i nodi alle mani, tuttavia avevano ancora stentato a liberarsi del tutto. Qualsiasi movimento brusco e il collo aquilino della sua compagna sarebbe stato troncato. I due si fissarono, capivano benissimo quello che stavano provando e sapevano che tutti e due avrebbero fatto di tutto per salvarle.

-se tu lo desideri io ti sposero’. E faro’ come ti ho promesso poco fa...- rispose a voce quasi strozzata la giovane sposa, tremando appena al contatto piu’ marcato di quel pugnaletto sulla sua guancia

-Oh piccola. E’ per questo che ti amo infinitamente. Sei cosi’ buona, altruista... Coraggiosa...- comincio’ il moretto leccandole appena la minuscola gocciolina purpurea che aveva cominciato a colarle sul viso, non era sua intenzione ferirla, ma subito dopo comprese che quel gesto poteva far innervosire parecchio lo spettatore geloso che fremeva dalla voglia di riscattarsi, di riprendersi la sua fidanzata e di fargliela pagare per tutto il dolore che le aveva recato

-ma la cosa che adoro di piu’: e’ la tua espressione ingenuamente spaventata che mi eccita da morire-  ridacchio’ facendo scivolare la sua mano tenebrosamente vogliosa e desiderosa sul seno.

E adesso era veramente troppo. Ronald aveva sopportato a malapena quella viscida lingua che raccoglieva il suo tiepido sangue, e di certo non sarebbe riuscito a trattenersi dopo quel gesto assolutamente molesto.

-porco...- la sua voce profonda e seria rieccheggio’ entrando come un sibilo fastidioso nell’orecchio del rapitore

-hai detto qualcosa moscerino?- domando’ quest’ultimo guardandolo beffardo, vederlo li inpiedi con le mani legate e lo sguardo ardente riusciva a dirvertilo parecchio, non immaginava che quello sciocco facesse sul serio

-si, che sei un viscido porco. Un vero uomo non si permetterebbe mai di toccare in questo modo volgare e indegno la sua amata...-

-o magari sei soltanto invidioso. Tu vorresti essere al mio posto, poterla guardare e godere del fatto che ogni tuo piccolo “tocco” la faccia fremere- un brivido percosse la schiena della moretta quando il ragazzo applico’ una forte pressione sul suo petto, facendola mugugnare appena. La sua vocetta tremlante e i suoi occhioni contornati di lacrime furono la goccia che fece traboccare in vaso: ringhiando allora sfilo’ definitivamente quel vecchio cordaccio putrido e si sgranchi’ le nocche e il collo, stavola faceva sul serio, stavolta lo avrebbe ammazzato per tanto affronto. Ryan rimase stupito, sebbene quel nodo era molto stretto il suo rivale era riuscito a disintegrarlo in quattro secondi, ma cio’ non lo scompose piu’ di tanto

-R-Ronnie... Non f-fare cazzate. Ti prego- singhiozzo’ appena la sposina abbassando di colpo il capo quando quella stessa mano che poco prima la stava palpando con tanta foga e presunzione adesso le aveva afferrato saldamente la chioma

-No piccola, saresti capace di perdere la tua dignita’ per me. Adesso tocca a me fare qualcosa per te... avanti Ryan, dimostrami che sei un uomo...- affermo’ spavando e orgoglioso di mostrasi nelle vesti dell’uomo che non ha paura di morire per amore. Il secondo non riusci’ a trattenere una risata, quel Radke appariva cosi’ patetico ai suoi occhi, tuttavia quel giorno si sentiva molto magnanimo; gli avrebbe dato una lezione, lo avrebbe fatto fuori... Cosi’ che Juliet fosse finalmente sua, sua e di nessun’altro

-Gerog porta le ragazze di sopra, di certo non sopporteranno il troppo sangue...- rispose lasciando la sua giovane moglie alle cure del suo seguace, che ben contento di rimanere chiuso con due bellissime e giovanissime fanciulle l’accolse tra le braccia assieme alla sua paurosa compagna. Amelie sapeva bene cosa sarebbe potuto succedere se sarebbe rimasta sola con lui. A invadere i suoi oscuri pensieri pero’, una voce... Un’angelica voce entro’ carezzevole e dolce nelle sue orecchie

-No! Tu con la mia Amelie non vai da nessuna parte...- 

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Capitolo 32
*** trentunesimo capitolo ***


 

-Come desideri pivellino- con un calcio potente l’uomo aveva aperto una botola sotterranea; con un urlo straziato le due giovani vi finirono dentro, svanendo nel buio.

Quello era il posto migliore, li sotto le due non avrebbero avuto la possibilita’ di vedere, di guardare lacrimanti come quei quattro si stessero facendo del male, come stessero spargendo il loro sangue sul pavimento. Si ritrovarono stese su una superfice ruvida e umidiccia, l’una accanto all’altra proprio come quando si erano conosciute; sole in una cripta lugubre e spettrale che le accolse nel piu’ tombale silenzio. La luce che proveniva dal piano superiore entrava indisturbata ad illuminare i loro corpi privi di sensi, i loro capelli scopigliati e quel poco di sangue che si era seccato sulla guancia della piu’ grande. A vegliare su di loro, il prete era sceso sotto ordine di Ryan, “perche’ niente e nessuno doveva recare danno alla sua sposa”.

Guardandole dall’alto della fessura l’uomo rimase quasi incananto; sebbene il contesto non fosse dei migliori, involontariamente cadendo le due giovani avevano assunto una posizione quasi surreale e magica, un’angelica visione che soltanto alle schiere celesti era consentita:

probabilmente mentre venivano rapite dalla notte, Juliet aveva stretto al suo petto la piu’ piccola perche’ quelle due stavano abbracciate; il capo di Amelie adagiato dolcemente sul seno della sua compagna che pur avendo perso i sensi continuava a sorreggerla, in un qualche modo proteggendola con le sue gracili braccia. Un gridolino sordo interruppe il suo celestiale viaggio, costringendolo a voltare il capo verso quello che invece si stava consumando nel bel mezzo della cappela: i quattro avevano cominciato gia da un bel pezzo a darsele di santa ragione; tutto era partito proprio quando gli occhi spenti ma infuocati allo stesso tempo di Ronnie videro la chioma della sua fidanzata svanire nel nulla, nel vuoto piu’ assoluto di quella strana botola. Era scattato in avanti, e cogliendolo di sorpresa, colpi’ in pieno di vlto di Ryan che rimanse imbambolato per quanche microsecondo, prima di contrattaccare. Avevano deciso di combattere a mani nude, ad armi pari, come dei veri uomini, ma se e’ vero che “in amore e guerra tutto e’ lecito” quei ragazzi, specialmente i “cattivi” della situazione, avrebbero usufruito per adoperare qualcuno dei loro giochetti bassi e sporchi. Una lotta all’ultimo sangue che si preannunciava carico di passione e sentimento.

Sul lato destro della sala Ronald stava incassando bene i pugni sull’addome proferiti dal moro, e sebbene avesse appena cominciato a sputare sangue, questa volta non gliela avrebbe data vinta molto facilmente, questa volta avrebbe mostrato il lato manesco di Radke, quello per cui era meglio non farlo arrabbiare. Sul lato sinistro invece Green era scivolato a terra. La polvere gli entro’ in bocca, ma quel saporaccio non era che zucchero in confronto al sapore dell’aria che avrebbe consumato in assensa della sua Amelie. Gli faceva un’effetto mai provato prima: “la SUA Amelie”. Eppure suonava cosi’ bene, quasi una ninna nanna nella sua testa. Si asciugo’ la lieve lacrima di liquido purpureo dal labbro e ridacchiando appena si rialzo’

-tze’... E’ tutto qui quello che sai fare? Sei un po deboluccio...- lo provoco’ il castano facendo uscire il fumo dalle orecchie dell’uomo brizzolato. Se quel nanetto voleva morire, Georg lo avrebbe accontentato volentieri prima di fare sua la giovane dalle vesti porpora. Non porovava nulla per lei, soltanto una forte, fortissima attrazione fisica, e la sua ossessione maniacale doveva essere appagata

-eccoti servito bamboccio!- affermo’ pronamente afferrandolo per il collo, sbattendogli le spalle contro la costolonatura antica della struttura. Quel contatto tutt’altro che leggiadro gli fece male, ma non lo feri’ quanto le parole che uscirono dalla bocca di quell’uomo malato:

-e quando avro’ finito con te... mi occupero’ della bambolina. Pensa che bello, il dolce brillare delle sue lacrime mentre ridurro’ a brandelli il suo vestito... e il suono soave delle sue grida mentre mi impossessero’ del suo bellissimo corpo-

-tu...- un ringhio’ si arrampico’ rude e maestoso per la gola del piu’ piccolo mentre il suo viso assumeva un’espressione puramente “cattiva”, non banalmente maligna o perfida... no la sua era veramente CATTIVA

-tu sei un povero malato di mente. Ma stai tranquillo che dopo che ti avro’ finito finisci dritto dritto al manicomio bastardo...- affermo’ sorridendogli beffardo, facendo saltare i nervi del piu’ vecchio

-e come pensi di farlo pivellino? Ti ho chiuso- rispose premendolo ancora piu’ forte contro il muro, non calcolando in fatto che, stentendo il braccio verso l’alto, Max era riuscito a tirargli un bel gancio, un pugno potente che lo prese dritto dritto sulla mascella. Un colpo che facendolo vomitare sangue lo stese. Con gli occhi ignettati di liquido nero, di veleno forse, quel veleno che si era formato durante tutto l’odio accumulato nelle parole amare del suo avversario, il castano non ebbe pieta’ e continuo’ ad infierire, tirandogli ripetutti calci sulla bocca dello stomaco. Si voleva ucciderlo, farlo fuori, eliminarlo dalla faccia della terra. Qualcosa lo fermo’. Il suo buon senso, perche’ se lo avrebbe fatto anche lui si sarebbe abbassato ai livelli di Georg, e mai si sarebbe macchiato di tanta infamia. Afferro’ lo stesso corpdone con cui era stato legato e immobilizzo’ l’umo cosi’ che non potesse piu’ fare nulla. Adesso rimaneva soltanto Ryan, e sebbene era rimasto solo sembrava non voler cedere.

Con la testa che girava a mille Juliet si risveglio’ da quel sonno che con tanta foga si era impadronito di lei. Si guardo’ attorno, e non vide altro che ragantele e il corpo di Amelie che giaceva su di lei

-signorina siamo qui sopra!- una voce sconosciuta al suo orecchio ma molto rassicurante. Sollevo’ il capo e vide il pastore che le tendeva una mano dal’alto del buco incui quell’uomo, il maggiordono di Ryan, le aveva gettate, non curante della bella botta che avrebbero preso. Adagiando dolcemente il corpo della moretta ancora priva di sensi la sposina si allungo’ e afferro’ saldamente le mani del prete che la agiuto’ a uscire. Non appena riusci’ a poggiare i piedi sul pavimento stabile, comincio’ a guardarsi intorno alla grande navata, alla perpetua ricerca di quegli occhi tanto belli e dolci, di quei due buchi neri che la trascinavano verso il porto lontano della sua felicita’. Non fece in tempo a vederlo prendere a pugni il secondo moretto che qualcuno l’abbraccio’ da dietro. No non in modo volgare e molesto, ma in modo dolce e quasi fraterno. Si volto’ appena e vide Maxwell stringerla forte, proteggendola manco fosse sua sorella

- Mony... oh...hmm Juliet tutto bene?- domando’ scrutandola in viso

-oh Max. Si sto bene e tu?- rispose la ragazza abbracciandolo a sua volta

-staro’ bene soltanto quando Amelie sara’ al sicuro...- rispose folgorandola con le ardenti fiamme della passione che bruciavano nelle sue iridi verdi

-e’ qui sotto. Non dovrebbe aver nessun graffio ma meglio che scendi a controllare...- rispose la ragazza indicandogli la sua dolce amica che ancora giaceva sul pavimento rurale della viscida cripta. Con foga allora il castano si precipito’ all’interno della botola: con tenerezza la sollevo’ appena tenendola tra le braccia, custodendola come il suo tesoro piu’ prezioso, baciandola castamente sulle sue piccole labbra rosate. Fu proprio quel sublime e puro gesto che i suoi occhietti magicamente si riaprirono lentamente, gustandosi poco a poco la celestiale visione di quel ragazzo trasandato e mal ridotto che non aveva occhi che per lei, per una sconosciuta che tuttavia aveva l’impressione di conoscere da sempre...

-M-Max...- con un sorriso la moretta pronuncio’ il suo nome, e mai con tatnta dolcezza e con tanta grazia il castano lo aveva mai udito

-come stai Amelie? Ti fa male qualcosa?- domando’ premuroso avvolgendola ancora di piu’ con le sue possenti braccia

-sono tutta intera... Credo. M-Max?-

-si?- domando’ il ragazzo sperdendosi nel vuoto delle sue iridi

-grazie- singhiozzo’ appenalasciandosi rigare il volto da dolcissime lacrime

-vieni qui...- sussurro’ appena cogliendole il volto con dolcezza tra le sue mani, asciugandole le gemme con dolcissimi baci prima di poggiare le sue labbra, finalmente smacchiate dalla lussuria e dal desiderio, su quelle della piu’ piccola, che estasiata dal loro sublime sapore le accolse come il piu’ grande dei dono che potesse ricevere in tutta la sua vita.

 

I respiri brevi e intermittenti dei due mori invece facevano da sottofondo per l’intera area... erano stremati ma nessuno dei due avrebbe ceduto, non prima di aver visto l’altro cadere a terra e non rialzarsi piu’.

-sei un osso duro Ronnie...- affermo’ sputando un’ennesima chiazza di sangue a terra

-anche tu...- rispose il moretto asciugandosi il sudore freddo che tempestava la sua fronte

-se non fossi mio rivale forse potremmo essere amici- disse il rapitore prima di farsi fulminare dal suo avversario

-mai! Non oserei mai fare quello che stai facendo alla mia Juliet- rispose Radke avanzando prontamente, pronto per un’a;tro dei suoi pugni micidiali, che tuttavia venne parato dalle stesse mani che lo spinsero con le spalle al muro

-tu non puoi neanche immaginare quello che provo. Il desiderio di avere una ragazza, la donna che e’ il tuo mondo, colei che ti ha strappato dalla morte...-

-e tu non sai cosa vuol dire riscoprire se stessi con l’armonia e la magia sprigionata da un unico bacio...- i due si guardarono nella profondita’ piu’ estrema dei loro sguardi, quasi arrivando a studiarsi nel remoto, nel nocciolo dei loro stesso essere

-comunque sia. Non posso lasciarti in vita. Il cuore di Juliet e la sua purezza devono essere miei. Miei e di nessun’altro- fu proprio con quella frase che Radke rinsani’... Come poteva pretendere dalla sua bella una cosa che ormai non le apparteneva piu’? si era rischioso ma oramai disprezzava il pericolo e la paura di morire non faceva piu’ parte di lui

-e dimmi Ryan, come farai ad avere la sua verginita’ se sei arrivato tardi?- domando’ sorridendogli beffardo

-cosa intendi dire?- domando’ il secondo fissandolo interdetto e scocciato

-voglio dire che Juliet ama me. e posso provartelo con il fatto che noi due abbiamo fatto l’amore. Che abbiamo condiviso la completezza di quello che sgorga dai nostri cuori...- le parole che parvero talmenti sublimi e inebrianti che fecero commuovere Juliet tuttavia apparvero amare e riluttanti per l’orecchio di Ryan. La sua amata era un’essere delle alte sfere, mai si sarebbe concessa a uno come lui!

-Tu! Tu menti! La mia Juliet e’ pura e casta. E’ un’angelo sotto mentite spoglie mortali...-

-anche gli angeli prima o poi si innamorano- gli rispose sfidandolo con lo sguardo prima di sentirsi nuovamente sbattere contro la parete dietro di lui

-no, tu l’avrei sicuramente sedotta e ingannata. Non c’e’ altra soluzione: tu hai abusato di lei! Confessa bastardo- con un ruggito potente il moretto si allontano’ dalla sua futura vittima, aveva l’adrenalima a mille e doveva concedersi almeno il tempo di respirare. Subito dopo aver preso un bel respiro tuttavia Ryan si volto’ di scatto brandendo il cuo caro amico coltello, pronto a farlo fuori, a cancellare un’ennesimo scarto sulla faccia della terra. Tuttavia i suoi muscoli e il suo respirono si mozzarono di colpo, priprio quando i suoi occhi si poggiarono si du lei, la sua sposa, la sua Juliet che come uno scudo si era parata davanti al suo acerrimo nemico

-p-per uccidere lui... P-prima dovrai passare sul mio cadavere...-

Alle sue parole Ryan non riusci’ a fare altro che rimanere allibito. Perche’ la sua amata lo stava proteggendo? Perche’ continuava a farsi del male e illudersi che quel viscido mortale fosse degno di lei

-spostati Juliet. Lui non ti merita...-

-no Ryan. Io lo amo. Lo amo con tutto il mio cuore. E gli concedero’ tutta me stessa tutte le volte che lui vorra’...- nemmeno Ronnie poteva credere alle sue parole, ma nulla lo trattenne da afferrarla per i fianchi e stringere la sua schiena contro il suo petto, baciandogli una guancia fiero di quel legame indissolubile che in quel momento li stava unendo ancora di piu’. Il moro li guardo’ piu’ e piu’ volte... si chiese se quello fosse l’amore, donare la propria vita a qualcun’altro e non chiuderlo a chiave e tenerlo nascosto da tutti. Una lacrima bagno’ il suo volto, e un rossore per la prima volta illumino’ il suo pallido viso. Non aveva altra scelta... Doveva farsi da parte... E doveva fare quello che avrebbe dovuto fare tanto tempo fa, quando la sua bellissima Juliet non faceva parte della sua vita. Senza dire nulla e tantomeno richiedere attenzioni cambio’ traiettoria con il pugnale e si trafisse il petto, un colpo dritto al cuore che immediatamente lo fece battere, si per la prima volta anche lui lo senti’ battere con chiarezza... Si anche lui aveva un cuore. Si lascio’ cadere a terra mentre sentiva una voce celestiale gridare il suo nome. Vedeva tutto sfocato e sebbene non volsse crederci lei era dinuovo li... vestita di bianco che piangeva, si piangeva per lui. Sebbene non provasse nulla per quel ragazzo Juliet era pur sempre una persona che respira, vive e soffre, e anche se Ryan voleva farle del male non avrebbe permesso che morisse, perche’ anche all’essere piu’ immondo che possa esistere sulla faccia della terra e’ concesso il privilegio di vivere

-no! Ryan! No ti prego... e’ vero non ti amo ma anche tu troverai l’amore... Non morire... C’e’ posto anche per te! P-perfavore!- sussurro’ la ragazza non riuscendo piu’ a vedere nulla a causa delle mille lacrime che le appannavano la vista. Ronnie non apprezzo’ molto la loro vicinanza, ma soltanto il fatto che la sua bellissima fidanzata aveva un cuore straordinariamente grande e limpido. Ci voleva coraggio per piangere un mostro come Ryan, e la sua July era molto coraggiosa. Si lascio’ andare strusciando la schiena contro il muro per sedersi e riprendersi dopo la lunga battaglia... e si, aveva ufficialmente vinto. Il parroco lo fiancheggio’ e comincio’ ad agliutarlo, a medicargli le lesioni piu’ gravi prima dell’arrivo della polizia, ma tutto quel dolore oramai non lo entiva neanche piu’, perche’ finalmente aveva tutto quello di cui aveva bisogno, finalmente Juliet era tornata nella sua vita. Si chino’ di lato, giusto per guardarla mentre incitava il ragazzo a non addormentarsi, a non mollare, a non morire prima che potesse salvarsi. Sentendosi osservata allora la moretta lo guardo’ seduto con espressione angelicamente rilassata e felice, gioiosamente felice. Per la prima volta Ronald rivide il sorriso della sua donna, quel sorriso che era riuscito a farlo innamorare completamente di lei.

Fu proprio in quel frangente, in quel piccolo microsecondo ove tutto sembrava perfetto, ove il paradiso sembrava aver preso residenza in quella sala che improvvisamente Ryan si riprese, e Ronald vide tutto. Si, lo vide tirarsi in piedi di scatto, sfilarsi con un grido straziante il pugnale dal petto, e senza che potesse fare nulla, il moro trafisse senza pieta’ la ragazza la suo fianco. La veste candida e angelica si macchio’ di rosso, e tutto attorno sembro’ perdere colore. Gridando come mai aveva fatto Radke scatto’ in piedi afferrandola appena in tempo, prima che potesse cadere a terra; sfilo’ delicatamente l’arma e la getto’ via, lonano da loro. Stesa tra le sue braccia la moretta comincio’ a resprare faticosamente gridando e lamentandosi per il forte bruciore che le invadeva il petto; grazie a dio aveva mancato il cuore...

-s-se io muoio... Lei viene con me...- sussurro’ ridendo di gusto alla espressione totalmente disperata e angosciosa del suo avversario. Ronald le udi’ bene, gli entrarono fastidiose nelle orecchie assieme ai lamenti del suo piccolo amore che man mano gli stava macchiando le mani e i vestiti del sangue che non smetteva di fuori uscire dalla profonda ferita all’addome. Tuttavia non gli rispose, come prima cosa strappo’ un lembo della gonna del vestito da sposa e la fascio stretta, tentando di fermare quella tremenda fuori uscita. Soltanto dopo si degno’ di raggungerlo mentre esalava gli ultimi respiri steso al suolo. Con rabbia e collera lo fisso dall’alto, mai aveva provato tanto odio. Decise di non infierire sulla sua morte, tuttavia si cuccio’ su di lui e gli afferro’ con cattiveria il viso, portandolo dinnanzi al suo che ardeva

-brucia all’inferno bastardo...- sussurro’ in cagnesco prima di lasciarlo andare e tornare verso la sua fidanzata, stesa anche lei al suolo con viso pallido e occhi stanchi

-c-contaci R-Radke... portero’ i tuoi saluti a Satana verme...-

E furono con queste parole che si spense. Fu proprio con quella promessa che Ryan mori’ nel piu’ totale silenzio.

 

*Angolino di Virgy*

Solamente di due cose sono fiera:

-il bacio di Max e Amelie

-il fatto che, finalmente, quel bastardo di Ryan e' UFFICIALMENTE MORTOOO (ahah gia' vedo la mia Anzu zompettare per la gioia)

Riguardo a Ron... non so, sono un po titubante, la scelta della pugnalata a tradimento lo confesso e' una bella bastardata da parte mia... ma dovevo fare qualcosa! perdonatemi se non vi piace! T.T

recensite presto e fatemi sapere se cio' vi aggrada!

un bacino!


PS: ringrazio Hysteria; Bubu; e Guillotine per aver recensito le mie precedenti fiction! 

-V-

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Capitolo 33
*** trentaduesimo capitolo ***


 

Ronnie ricordo’ di aver pianto tanto. E pioggia cadeva tutto attorno. OH! Con quanta pena e con quanta tristezza la mirava tra le sue braccia: lo sguardo sperso nel vuoto, i repiri lenti e pesanti... Il viso pallido e il corpo freddo. Certo aveva smesso di sanguinare, ma le sue condizioni precarie facevano pensare al peggio. Tuttavia non gli rimaneva altro da fare che aspettare, soffrendo nel peggiore dei modi... perche’ nulla poteva contro “colei che se ti vuole ti ottiene”; e quella “persona” voleva la sua Juliet, la bramava con tutte le sue forze. Gli altri tre superstiti rimasero a guardare ipassibili quella scena di compianto: lei morente tra le sue braccia, e gocce scintillanti che gli percorrevano il viso. Non osaro avvicinarsi, attorno a loro, pur essendo invisibile, vi si era eretta una cupula invisibile, perche’ nessuno doveva interferire nel loro addio

-R-Ron...- sussurro’ la moretta guardandosi spaesata attorno; la fitta era cosi’ atroce e arguta che perfino la sua affabile vista ne risenti’

-sono qui July. Accanto a te amore mio...- singhiozzo’ l’amante in un primo momento, pregando che quelle sierene che aveva sentito provenire al difuori della struttura fossero il tanto aspettato segnale che la polizia fosse giunta. A giudicare dal loro suono ripetitivo e frastornante doveva essere proprio cosi’

-e’ arrivata la polizia. Rimani sveglia ancora un pochino okey?- le domando’ scostandole dolcemente una ciocca ribelle dal viso, liberandole la chioma dal velo ormai ridotto in brandelli come il resto del suo bell’abito

-t-tu rimani c-con me v-vero?- rispose la ragazza fissandolo nel calore del suo sguardo bagnato e sofferente

-certo piccola mia...- affermo’ immediatamente il moro, dipendingendo automaticamente un sorriso quando la sua compagna gli mostro appena il suo. Veloci e prestanti le forze dell’ordine piombarono sfoderando le pistole, pronti a far fuoco contro un nemico che oramai non c’era piu’.

Subito dietro di loro uno squadrone di medici irruppe dirigendosi in diversi ambienti: per aiutare Max e Amelie ancora dentro il pozzo; per medicare le caviglie del povero vecchio, per constatare la morte effettiva di Ryan. Soltanto alla fine giunsero sulla docile coppietta; Ronnie immediatamente oppose resistenza su quelli che volevano portargliela via senza neanche fargli dare un bacio, ma non appena senti’ la sua piccola manina tiepida sulla sua guancia si rassicuro’ perche’ tutto sarebbe andato bene; si questa volta si sarebbe risolto tutto. Per non perdere tempo uno di loro la sollevo’ di peso, strappandola dalle braccia del giovane innamorato che, piangendo, grido’ il suo nome svariate volte. Sebbene la giovane non avesse la forza per ricambiare, udi’ bene la sua voce tremante e profonda; gli sembro un sussurro, un dolce sibilo che il suo angelo custone le proferiva; il tenero richiamo di un uomo follemente innamorato... quello del suo Amore.

 

Quasi di soprassalto Juliet si risveglio’ con il ticchettio fastidioso dell’elettro-cardiogramma; immersa nelle lenzuola candide e profumate di un luogo che non le apparteneva: le pareti erano troppo bianche e tutto intorno le sapeva di sterile, di poco vissuto. Cerco’ di sollevarsi dal giaciglio ma una fitta le impedi’ i movimenti. Si scruto’ appena sotto il colletto del “pigiama” che le avevano infilato in un momento di incoscienza: una fasciatura stretta e morbida allo stesso tempo le occupava da sotto il seno fino ai fianchi. Sul braccio sinistro una flebo, e il solo pensiero che quel tubicino serviva per far scorriere chissa’ quale sostanza nelle sue vene rabbrividi’. Era da sola in na camera di ospedale... Ronnie era sparito. Diede uno sguardo alla finestra e noto con suo piacere che fosse mattino, chissa’ per quanto aveva dormito. Udi’ con ciarezza la porta aprirsi ma soltanto nel riflessio del finestrone accanto a lei riusci’ a scorgere un uomo di bianco vetito con tre penne infilate nel camice e una cartellina giallognola tra le mani

-buon giorno signorina Hanroe. Dormito bene?- domando’ l’uomo sulla quarantina d’anni: aveva gli occhi di un bellissimo colore blu e i capelli oridinatamente gellati all’indietro

-hem, si... credo- rispose vagamente cominciando a fissarsi le punte dei piedini nascosti sotto le coperte grigiastre

-ci sono delle persone che muoiono dalla voglia di vederti lo sai?- ridacchio’ infine cogliendo la sua attenzione. Immediatamente i suoi occhi tornarno a brillare e a irradiare una particolare luce che soltanto il suo pigmento verde era in grado di generare; nella testa non aveva altro che quel viso; quel corpo tatuato e asciutto, quelle labbra seducenti e quegli occhi dolcemente tentatori e diabolicamente teneri. Non appena il medico’ usci’ il suo cuore comincio’ a battere a mille, senti’ il suono dei passi... si mise perfino a contarli, ma quando vide Max e Amelie abbasso’ di qualche tono la sua euforia; non che non ne fosse contenta... ma vedere Ronald era decisamente il modo piu’ stupefacente per vedere il paradiso in terra

-ragazzi!- esulto’ la moretta compiacendosi del fatto che, i due, si stessero tenendo per mano

-Mony! Come stai?- le domando’ il castano sporgendosi apena per poterle baciare la guancia

-hmm seduta!- ridacchio’ la ragazza prima di rivolgere lo sguardo alla piu’ piccola

-e tu Amelie?-

-io sto bene. Grazie a Max...-

-esagerata... non ho fatto nulla!- ridacchio’ il ragazzo arrossendo appena

-gia’... infatti sono cose di tutti i giorni: farsi mal menare da un pazzoide e gettarsi in una botola per riprendere una ragazza conosciuta da appena due ore- rispose Juliet prima di guardarli estasiata dalla grazia con cui Maxie cingeva la sua piccola

-e non mi dispiacerebbe rifarlo. Per te...- sussurro’ baciandole appena le labbra, facendo prendere un bel coccolone alla “ferita” che, fissandoli incantata, viaggio’ nei meandri piu’ remoti della sua mente, sognandosi il suo bellissimo Ronnie prederla di sorpresa e baciarla per ore, e ore e ore infinite

-bhe, Mony noi adesso andiamo. Ci hanno fatto promettere che ci avremmo messo poco. Ci vediamo presto!-

Detto questo la tenera coppia usci’ cedendo il posto a i due che non avrebbe mai creduto di vedere insieme: Viky, sua madre, entro’ tempestivamente, seguita a ruota dal signor Radke che goffamente teneva in mano un mazzo di fiori: rose bianche dal cuore appena rosato. Rimase appena stranita, ma subito dopo allargo’ le braccia e accolse la sua genitrice in lacrime; dolci gemme di gioia mischiate a quelle della disperazione: dopo tutto come si poteva biasimare una madre che scopre improvvisamente che sua figlia era stata rapita e pugnalata?

-p-piccolina stai bene? Dio sono stata cosi’ in pensiero. Ti fa male la ferita?- domando’ cominciando a parlare a raffica, quasi non riuscisse piu’ a prendere fiato;

-si, si mamma sto bene- rispose la moretta lasciando che la sua mamma si sedesse ai piedi del suo letto. Accolse tra le sue braccia anche il padre del suo fidanzato, l’unica figura maschile "paterna" che le fu vicina in quello che rappresento’ il periodo “oscuro” della sua vita fino ad ora

-riprendidi presto cara...- le sussurro’ l’uomo baciandole teneramente la fronte. Per qualche istante la ragazza si senti’ arrossire; non sapeva bene il perche’ ma quel contatto cosi’ caldo e morbido la fece sentire protetta. Al sicuro. Salutandola calorosamente anche loro spariro. Rimaneva soltanto una persona, se lo sentiva... percepiva la sua presenza cristallina dietro la porta, che respirava profondamente prima di entrare. Entro’ velocemente chiudendo la porta e si volto’ guardandola intensamente, rimanendo immobile difronte all’entrata chiusa.

Si sorrisero e a grandi falcate il moro la raggiunse, cogliendo le sue manine piccole e affusolate nelle sue grandi e tatuate. Fecero combaciare le loro fronti e a sua volta anche gli sguardi, mescolandoli in quella sostanza, in quella occhiata fondamentale da cui tutto ebbe inizio. Si baciarono subito dopo. Si aggrovigliarono sul lettino e la povera flebo fuoriusci’ dalla sua vena zampillando liquido trasparente sul pavimento; ma questo lieve dettaglio non li scombussolo’ piu’ di tanto. No, loro avevano ben altro a cui pensare.

 

Passarono i giorni da quando la sua amata July usci’ dall’ospedale. “Ci sono due cose che voglio fare quando usciro’ di qui” la frase seria della sua fidanzata gli rimbombo’ in testa come un martello. Anche quando stava con la schiena poggiata contro il cancello in ferro battuto scuro, l’entrata al cimitero. Ancora non riusciva a spiegarsi il motivo percui si trovasse li; poteva andare in qualsiasi altro luogo, pure in capo al mondo se necessario, ma mai si sarebbe aspettato di ritrovarsi li: ad’osservare da lontano la sua ragazza porgere omaggio al suo avversario deceduto, al suo rapitore. Ci voleva fegato per compiere un’atto del genere; altre persone avrebbero preferito ballare il tip-tap o addirittura sputarci sulla tomba di colui che voleva farli fuori. Juliet, invece, rimaneva immobile a fissare la lapide marmorea. Piangeva, perche’ sapeva che se non si fosse fatto corrompere dalla gelosia e dall’ossessione a quest’ora Ryan sarebbe vivo e sereno.

-spero almeno che adesso tu sia felice...- affermo’ la moretta asciugandosi velocemente le lacrime prima di tornare dal suo ragazzo, dipingendo un dolce sorriso sulle labbra. Era ben consapevole dello sforzo che egli stava compiendo per rimanere calmo in quella situazione, e non pote’ non prenderne atto. Uscirono da quel “giardino del sonno perenne” e cominciarono a camminare mano per mano, in silenzio. Casa di Ronnie non era poi tanto distante. Decisero allora di entrare e chiudersi in camera, coccolandosi sul letto come mai avevano fatto prima; Ronald le bacio’ svariate volte le labbra, sorridendole ogniqualvolta che i loro sgardi s’incrociavano

-grazie Ron. Deve essere stata una tortura portarmi li oggi...- sussurro’ abbassando improvvisamente lo sguardo, cominciando a disegnare invisibili cerchi sul petto nudo del suo ragazzo

-non piu’ di tanto. Piuttosto sono stato tutto il tempo a pensare...- rispose coccolandogli appena la folta chioma corvina

-a cosa?-

-ho riflettuto bene sulla mia vita. Sul fatto che forse Dio non e’ poi cosi’ cattivo...-

-che intendi dire?- domando’ la moretta incuriosita e sordita della sua espressione

-dico che sei il piu’ grande di tutti i doni che lui potesse farmi. Indifferentemente dal fatto che tu ti chiami Armony o Juliet. Sei un qualcosa di magico e prezioso, e che quindi devo preservare; perche’ io non voglio rischiare di perderti ancora amore mio...- gli occhi del moro brilavano di una limpida luce, quella che veniva rispecchiata dal suo cuore finalmente purificato. Tuttavia quel bagliore si spense non appena vide una lieve lacrima rigare il viso della sua bella, la quale pur piangendo, non riusciva a fare altro che sorridergli, stringerlo forte al suo petto e sussurrargli –ti amo- a raffica

-piccola? Hey tesoro...- affermo’ asciugandole le lacrime con dolcissimi baci che rimassero impessi sulla sua candida pelle per piccoli secondi

-e’ la cosa piu’ bella che tu mi potessi dire...-

-fidati, ne abbiamo di tempo per dirci sdolcinatezze- ridacchio’ Radke tornando a baciarle le labbra. Le succhio’ appena, godendone tutto il loro sapore dolce e bagnato; sfilandole con delicatezza la maglietta, l’unico mezzo che gli impedi’ la vista della cicatrice sull’addome. Si staccarono, e poggiando il capo sulla mano puntanta con il gomito sul cuscino, comincio’ ad accarezzare la sua pelle con la punta delle dita: il contorno del reggiseno in raso e pizzo nero, il profilo della pancia e la cicatrice bianca cadaverica . Rimase in quest’ultimo punto per svariati minuti, alternando sguardi rivolti verso essa e gli occhi della sua donna

-beh, una cosa l’hai fatta. Qual’era la seconda cosa che volevi fare?- le domando’ continuando a passare la mano su tutto il suo torace

-hem... a dire il vero: l’ho gia fatto- ridacchio’ la moretta cercando di nascondere un sorrisetto vergognosamente divertito mentre il suo fidanzato spalancava le labbra in una gigantesca “O”

-no... Cioe’. Tu l’hai fatto senza di me?- domando’ innervosito Radke facendole appena il solletico. Continuarono per minuti interminabili la loro breve lotta; la quale termino’ con una presa di possesso da parte della donna, che scavalcandolo si posiziono’ proprio sopra di lui, baciandolo voracemente, mordendogli e tirandogli il labbro inferiore, quasi lo volesse strappare dalla sua carne e mangiarlo via con il suo stesso bacio

-l’ho fatto senza di te, perche’ e’ una sorpresa per TE!- sussurro’ maliziosamente la ragazza scendendogli velocemente dal suo inguine e dal suo letto. Si mise in posa volgendogli le spalle e slaccio’ via il suo reggiseno, gettandolo al suolo; lasciando cosi’ che fossero soltanto i suoi folti capelli corvini a coprirgli tutta la schiena bianca come il latte. Il moro immediatamente si alzo’ a sua volta dal suo giaciglio e la raggiunse, abbracciandola sensualmente per i fianchi, prima di far salire quelle stesse mani che prima le stavano massaggiando la vita sul suo seno, coprendolo e sfiorandolo con le dita

-beh, devo ammettere che e’ una bella sorpresa...- sussurro’ leccandole il lobo sinistro

-scemo. Non e’ questa!- ridacchio’ la sua ragazza portandosi le mani sul capo, afferrandosi i capelli. Dopo aver preso un bel respiro divise la sua intera chioma in due ciocche principali e se le sposto’ lungo le clavicole e il petto. Aveva compiuto questo gesto soltanto per mostrargli la fantomatica “sorpresa” che gli aveva fatto. Ronnie inizialmente sgrano' gli occhi; era basito, stupito ma contento allo stesso tempo: contornata a una scia di stelle una scritta fina ed elegante era tatuata sulla spalla destra della sua bellissima fidanzata: “ARMONY”. Non disse nulla, perche’ tutto quello che avrebbe potuto pronunciare avrebbe sminuito cio’ che in realta’ si sentiva dentro. Sorrise. Lentamente si cuccio’ e bacio’ castamente quel tatuaggio incui vi erano impressi piu’ ricordi di una misera fotografia, quel simbolo che li avrebbe legati per sempre.

 

Certe persone, in questo piccolo mondo blu, credono di poter avere tutto quello che vogliono. Beh, Ronnie non e’ piu’ uno di loro... Perche' Lui ha gia’ tutto quello che desidera.

 

 

*Angolino di Virgy*

Dio non fatemelo dire: e' finita. Cazzo e' finitaaaaaaaaaaaa T.T 

E dire che mi ero affezionata, andare a dormire e pensare "e adesso cosa gli faccio fare?"

Beh, vorra' dire che dovro' rimboccarmi le maniche, perche' tornero' presto!

Ringrazio sopratutto Anzu, (si proprio tu!), perche'... ecco... Mi e' sembrato che la stessimo vivendo assieme questa lunga avventura ,di quanto? 33 capitoli?

Un bacio a tutti voi che avete letto fino alla fine! 

Dolce notte

-V-


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