Alles Verloren

di LaTuM
(/viewuser.php?uid=30326)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Alles Verloren - Capitolo 1

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

Alles Verloren

 

Capitolo 1

 

 

L’aria sapeva di pioggia.

Era da un paio d’ore che Harry girovagava per il parco del castello, il campo da Quidditch era una delle poche cose che non erano andate distrutte durante la battaglia finale svoltasi oramai già da un mese.

Della capanna dove per anni aveva vissuto Hagrid non erano neanche più rimaste le macerie… solo il terreno portava ancora chiari i segni del fuoco che l’aveva consumato.

Harry sospirò e si mise il cappuccio della felpa in testa un attimo prima che l’acqua iniziasse a cadere: un inglese sapeva sempre riconoscere l’esatto momento in cui sarebbe cominciato a piovere.

Faceva effetto essere lì e ricordarsi quando, anni prima, il Mezzogigante stava cercando di allevare in segreto un cucciolo di drago. O quando lui e Ron dovettero addentrarsi nella Foresta Proibita alla ricerca di Aragog. O ancora quando lui ed Hermione avevano liberato Fierobecco prima che venisse giustiziato. Sembravano passati decenni, invece era trascorso solo qualche anno. L’avere una vita imprevedibile come la sua l’aveva spinto a vivere sempre molto intensamente ogni attimo - bello o brutto che fosse - perché in cuor suo c’era sempre la consapevolezza che avrebbe potuto benissimo essere l’ultimo.

“Credo sia meglio tornare al castello” disse la voce della sua migliore amica, cogliendolo vagamente di sorpresa.

La pioggia non ci riusciva, le persone sì.

“Non credo di averne molta voglia” rispose lui pulendosi gli occhiali con una manica.

“Neanche se ti dicessi che gli elfi domestici hanno preparato il pasticcio di rognone per cena?” provò a tentarlo Hermione avvicinandosi e coprendolo con un ombrello.

“Questo potrebbe anche farmi cambiare idea…”

La ragazza sospirò ma non si mosse e rimase con Harry a guardare lo spazio dove un tempo c’era stata la capanna di Hagrid.

“Manca a tutti noi, ma sono sicuro che al momento stare in Francia gli farà solo bene” commentò lei dopo poco.

“Magari gli insegneranno a cucinare… o ad evitare di mettere quegli orridi fiori arancioni sulle giacche marroni. Non ho mai avuto il coraggio di dirgli che la sua cucina mi ha sempre fatto-”

“-ribrezzo” concluse per lui Hermione, ricordando con orrore quella volta che al quarto anno aveva trovato un artiglio nello stufato che il Mezzogigante gli aveva offerto.

“Già…”

Dopo tutti gli anni trascorsi insieme, Harry aveva capito che Hermione era lì per chiedergli qualcosa d’importante e che se non lo aveva ancora fatto era perché aveva avvertito quanto fosse malinconico quel momento.

“Harry posso…?”

“Ho parlato con Silente prima di venire qua” disse lui, anticipando persino la domanda dell’amica. Sapeva perfettamente cosa volesse chiedergli ragazza.

“E…?”

“Ha detto che devo portare Malfoy a Grimmauld Place.”

“Io volevo sapere cosa ti aveva detto riguardo a- No, aspetta, credo di aver sentito male.”

“Hai sentito e compreso benissimo invece” asserì il ragazzo serio.

“Ma… Harry! Non puoi! Non nelle tue condizioni!” berciò Hermione guardando esterrefatta l’amico.

Il moro sbuffò.

“Silente diceva sempre che bisognava fidarsi di Piton perché lui aveva fiducia in lui. Cos’abbiamo scoperto? Che Piton è sempre stato dalla nostra parte.”

“E’ vero, ma Harry… Silente ora è un ritratto. Quanto possono sapere ed essere affidabili dei colori ad olio stregati?”

“Molto più di quello che possiamo immaginare” rispose Harry continuando imperterrito a guardare dritto davanti a sé. In tutto quel tempo non aveva rivolto un solo sguardo ad Hermione.

“Non credo che via il che sia saggio da parte tua correre un simile rischio” gli fece presente la ragazza, ma dal tono che aveva usato, Harry aveva già compreso che si era già messa il cuore in pace e che le sue proteste erano puramente finalizzate al non smentire il suo ruolo di Grillo Parlante.

“L’hanno assolto.”

“Sì lo so” rispose Hermione “C’ero anch’io e, come te, ho testimoniato in suo favore. Solo che…”

“Sei preoccupata per me. E lo è anche Ron. Ma tra qualche giorno sarà il momento di tornare a casa e voi dovete recuperare tutto il tempo che avete perso litigando. E stanne certa, non voglio essere presente” ridacchiò Harry, chiaramente allusivo.

“Smettila di fare il cretino” lo rimproverò Hermione senza riuscire a nascondere un sorriso “Te la caverai?” gli domandò poi, palesemente ancora in ansia.

“Kreacher ha gentilmente accettato di lavorare per me: ha già ripulito completamente Grimmauld Place, o almeno una buona parte. E la bacchetta di Malfoy ora è in mia custodia.”

“Può procurarsene facilmente un’altra.”

Harry sospirò, conscio che la ragazza avesse perfettamente ragione.

“Lo so, ma non posso pensarci” rispose lui “Ora rientriamo. Inizia a far freddo e, sì, non posso resistere al pasticcio di rognone!” ammise lui avvolgendole un braccio intorno alle spalle della ragazza via della ragazza e facendo ritorno verso il portone del castello.

 

Harry sapeva che il suo tempo ad Hogwarts oramai era quasi finito.

 

**

 

“Cosa diavolo vuoi da me, Potter?!” fu la prima cosa che disse Draco Malfoy, non appena mise piede nell’ufficio della Preside, dove Harry gli aveva dato appuntamento.

“Dobbiamo discutere di affari importanti” rispose prontamente il moro, facendogli nel frattempo cenno di accomodarsi “Posso offrirti una tazza di the?”

“Che generi di affari Potter? Pensi sia in debito con te perché mi hai salvato la vita e il culo al processo?”

Harry alzò perplesso un sopracciglio.

“Non per fare il pignolo Malfoy, ma in effetti sei in debito con me. Comunque non sono qui per recriminarti nulla. Non m’interessa del debito di vita, consideralo già saldato con quello che ha fatto tua madre per me.”

“Non funziona in questo modo, Potter. Dopo sette anni nel Mondo Magico sei ancora così stupido da pensare che possa avere lo stesso valore?!”

“Lo so perfettamente che non ha lo stesso valore… Puoi sederti Malfoy? Mi stai facendo venire il torcicollo.”

“Oh, scusa Potter se la mia presenza ti causa fastidio, ma ti ricordo che sei stato tu a farmi chiamare” lo prese in giro il biondo, che però si accomodò ugualmente sulla sedia offertagli da Harry “Mi spieghi per quale ragione avresti avuto l’ufficio della Preside tutto per te?” domandò poi il biondo curioso.

Harry accennò un vago sorriso.

“Le ho semplicemente detto che avevo bisogno di parlarti in privato e lei mi ha gentilmente offerto il suo ufficio. Sicuro di non gradire una tazza di the?”

Draco sbuffò, ma accettò di buon grado la tazza che Harry gli stava offrendo.

“La circostanza comunque non ha modificato la domanda che ti ho fatto prima: cosa diavolo vuoi da me, Potter?”

Harry bevve un lieve sorso di the prima che Malfoy, che ancora non aveva osato avvicinare la tazza alle labbra, lo imitasse.

“Dopo il tuo processo ti è stato concesso di rientrare ad Hogwarts fino a che il Ministero non avesse trovato un posto in cui farti andare durante la chiusura della scuola…”

“Potter, per quanto assurdo ti possa sembrare, c’ero anch’io e – ancor più sbalorditivo – conosco l’inglese! Quindi so perfettamente quali sono le mie condizioni di… libertà vigilata.”

“Penso che la definizione sia la più appropriata. Comunque, ho avanzato una proposta e il Ministero l’ha approvata.”

Il biondo lo guardo perplesso e con stizza.

“Tu. Hai. Avanzato. Una. Proposta.” disse atono.

“Ehm… già. Non che sia tutta farina del mio sacco. Ho avuto qualcuno che mi ha consigliato…” spiegò il moro mentre entrambi lanciavano un veloce sguardo al ritratto di Silente momentaneamente – e non del tutto casualmente – vuoto.

“Che diavoleria si è inventato quel vecchio pazzo stavolta?”

Harry bevve un altro sorso di the, cercando di scegliere le parole più adatte.

“Ho bisogno di un coinquilino, Malfoy” rispose il moro, mettendogli la convivenza forzata sotto un’altra luce.

Come aveva previsto però il Serpeverde non poté fare a meno di trattenere una risata.

“Coinquilino?! E avresti pensato a me?!” lo prese in giro velenosamente il ragazzo “L’ultimo scontro con Voldemort ti ha rincretinito più di quanto già non lo fossi!”

Harry s’impose di non dare peso alle parole del biondo: non sarebbe stata una scelta saggia.

“Allora?”

“Allora cosa?!”

“Sì o no?”

“Ma certo che no, Potter! Sei completamente impazzito! Non ci vengo a vivere con te!”

Harry alzò le spalle rassegnato: lui ci aveva provato a giocarsela da Grifondoro.

“Mettiamola così: tuo padre è ad Azkaban, tua madre si è esiliata in Francia di sua spontanea volontà e il tuo Manor è stato confiscato dal Ministero, così come la maggior parte delle tue ricchezze. Per non menzionare il fatto che ti è stata sottratta la bacchetta e non puoi avvalerti dell’uso della magia. A questo punto – Malfoy - quali altre opzioni hai?” gli domandò il biondo con un ghigno saccente dipinto sul viso.

Il biondo sembrò colto alla sprovvista; non che non avesse mai pensato a quello che era successo e a quello che aveva perso – che gli era stato interdetto – ma trovarsi un elenco stilato così crudelmente da un Grifondoro era stato un duro colpo per il suo orgoglio Serpeverde e per la sua consapevolezza.

Draco aprì la bocca e fece comunque per ribattere come sua abitudine, ma non gli venne in mente nessuna risposta valida.

“Una fetta di torta al limone?” offrì Harry, cercando di spezzare il silenzio in cui era caduto l’ufficio. Il ragazzo aveva intimato a tutti i presidi dei ritratti di non scocciare, non intervenire o non disturbare mentre avrebbe parlato con Draco e nessuno di loro aveva osato contraddire gli ordini e le richieste dell’Eroe del Mondo Magico. Harry ringraziò il fatto che il ritratto di Piton non fosse ancora stato ultimato.

“E’ stato il vecchio a suggerirtelo?” domandò Draco in tono lugubre, ignorando il piattino con la fetta di torta che Harry gli stava porgendo.

Il moro abbassò il braccio e si grattò distrattamente la testa.

“Qualcosa del genere, unita alle sue lezioni sul saper distinguere i nemici dagli amici e dare a chi davvero la merita una seconda possibilità. E sinceramente non so esattamente chi dei due debba dare un’altra possibilità a chi.”

“Sei patetico” sentenziò Malfoy guadandolo di sbieco.

“Può darsi. Anzi, ai tuoi occhi non sono altro che un patetico Grifondoro, ma tu per me sei un viscido Serpeverde, quindi siamo pari.”

“La pianti di dire idiozie, Potter?!”

“Sei tu che hai cominciato.”

Draco alzò gli occhi al cielo.

“Comunque la mia risposta è e rimane un no” fece il biondo.

“E come io ti ho già fatto notare, Draco, non hai altre opzioni. O vieni a Grimmauld Place, l’antico palazzo della famiglia Black, o ti ritrovi ad Azkaban. Al momento non hai i soldi per mantenerti e – fidati – in questo momento nessuno ti darebbe un lavoro.”

“E chi ti dice che io abbia voglia di lavorare?!”

“A maggior ragione. Io i soldi per mantenerci li ho. Ho un elfo domestico e una casa ora abbastanza pulita e ospitale, sicuramente più a misura di mago.”

Draco storse le labbra, conscio di non avere effettivamente molte altre vie d’uscita se non accettare l’offerta di Harry.

“Eviterò di chiederti perché sei in possesso dell’antica casa della famiglia Black” fece Malfoy, scocciato.

“Sirius. Me l’ha lasciata lui nel testamento, e con la casa anche Kreacher, uno degli elfi più viscidi che abbia mai incontrato, ma ora sembra odiarmi vagamente meno. Diventerete sicuramente grandi amici, ma se anche dovessi dargli dei vestiti Malfoy, non potresti liberarlo.”

“Perché dovrei farlo?”

“Perché tu rimani comunque un Serpeverde.”

“E voi Grifondoro non vi fidate a prescindere?”

“Sì, ma in questi anni credo di aver imparato qualcosa, nel bene o nel male.”

Draco sospirò.

“Quando posso raggiungerti nella topaia dove andremo a vivere?”

Harry sorrise.

“Tra una settimana. Ti farò pervenire una passaporta.”

“Bene.”

“Ok…”

“Scordati che ti chiami per nome, comunque. Tu per me rimani sempre il patetico Potter.”

“Non avevo dubbi Malfoy” rispose Harry alzandosi e porgendo la mano a Draco, come un bambinetto biondo e impertinente aveva già fatto sette anni prima “Prendila come se fosse un accordo di vagamente pacifica convivenza.”

“Vagamente…?” domandò il biondo perplesso guardandolo scettico.

“Beh, siamo pur sempre Potter e Malfoy.”

Il biondo alzò gli occhi al cielo ma accettò la mano che il Grifondoro gli stava porgendo.

 

E comunque, non aveva altra scelta.

 

**

 

“Amico, sei davvero sicuro di quello che stai facendo?” gli domandò Ron mentre Harry impacchettava non molto meticolosamente e sue cose recuperate insieme ad Arthur a Privet Drive.

“Assolutamente no” rispose il moro, incerto sul come incastrare tutti i suoi effetti nel baule scolastico. Non che fossero molti, ma in sette anni aveva messo da parte una buona collezione di libri, vestiti e oggetti di più o meno vaga utilità. Possedeva ancora certe vecchie uniformi che si era dovuto far confezionare ogni anno. Un po’ perché cresceva e un po’ perché solitamente ne distruggeva una all’anno.

Mise da parte quella del primo anno, piccola e un po’ sbiadita con addosso un vago odore di naftalina, le altre invece le consegnò ad Hermione perché andasse a venderle, anzi, regalarle, al negozio degli accessori scolastici di seconda mano di Diagon Alley.

“Evita di menzionare che sono appartenute a me. Alla gente non servono reliquie di Harry Potter.”

“Sarò discreta” lo rassicurò la ragazza.

“E mia sorella?” domandò Ron scrutando Harry, come in qualche modo fosse compito suo prendersi cura di lei.

“Ehm… credo che tra me e Ginny le cose siano vagamente complicate” ammise Harry grattandosi la nuca e gettando lo Spioscopio regalatogli dal rosso dentro al baule.

“In che senso?”

“Non ha preso molto bene il fatto che l’abbia dovuta trascurare quando avrebbe avuto bisogno del mio sostegno. Soprattutto per affrontare… beh…”

“Sì, ho capito” sussurrò Ron, ancora troppo sensibile per quanto riguardava l’argomento morte di Fred.

“Penso che Dean la stia consolando adeguatamente” confessò Hermione sotto gli sguardi allibiti dei due amici.

“D-dean? Dean chi?” domandò Ron, ottuso come suo solito.

“Dean Thomas, quello con cui hai condiviso queste stanze per sei anni.”

Il rosso aprì e richiuse la bocca senza però emettere alcun suono.

Harry evitò di commentare acidamente che la rossa aveva trovato in fretta come e con chi consolarsi. Non gliene faceva una colpa, però. Lui sapeva di aver avuto le sue e l’aveva persa per il suo complesso dell’eroe: lui doveva aiutare gli innocenti e non aveva avuto tempo per lei.

“Hey, tutto bene?” chiese Hermione notando lo sguardo assente dell’amico.

Harry strinse le labbra ma poi si limitò ad alzare le spalle ad annuire.

“Ha fatto bene. Come dice Malfoy, soffro del complesso dell’eroe.”

“Questo è innegabile” borbottò Ron afferrando una bacchetta di liquirizia “Non hai ancora detto però perché l’hai fatto Harry. Lo so, hai appena detto che soffri del complesso dell’eroe ma ancora non capisco perché proprio Malfoy!”

Harry sospirò pesantemente e si sedette sul letto.

“E’ rimasto solo, senza nulla. I genitori sono spariti, Narcissa è scappata per dare un futuro a suo figlio, Lucius... beh, è ad Azkaban come ha sempre meritato. Anche se senza Dissennatori, non augurerei mai a Draco di andarci. I suoi amici sono spariti: Blaise è andato in Francia a sua volta, la Parkinson, da quel che ho capito, si è persa nelle campagne del Magdeburgo mentre i Bulstrode e i Greengrass sono fuggiti in America. Non essendo però coinvolti direttamente in attività sospette, il Ministero li ha dovuti lasciare andare e concentrarsi sui casi più urgenti.”

“Tiger è morto e Goyle è ad Azkaban anche lui” aggiunse Hermione.

“In questo momento io e Malfoy abbiamo più cose in comune di quanto avrei mai potuto sospettare.”

“Con la differenza che però noi siamo ancora qui” gli fece notare Ron.

“Lo so, ma voi due adesso avrete davanti una vita bellissima e finalmente insieme. Non voglio fare da terzo incomodo!” ridacchiò Harry ricevendo un amichevole e docile pugno sulla spalla da parte di Hermione.

“Io mi fido di Silente” si limitò a dire Harry e i suoi due amici non poterono fare altro che annuire.

 

Fino a quel momento il vecchio preside non aveva mai sbagliato.

 

Note dell’autrice:

*emozione a mille*

Ce. L’ho. Fatta.

Il 9 novembre (data che in qualche modo ha sempre un ruolo importante quando si tratta di pubblicazione/ideazione delle mie storie) Alles Verloren è finalmente online doo che l'avevo promessa alla conclusione di The Disappeared.

Alles ha iniziato a vedere luce su internet. Questa è la mia seconda longfic seria del fandom di Harry Potter, plottata ad Hamburg nell’agosto 2009 e conclusa nell’ottobre 2010. Più precisamente questo capitolo è stato scritto il 7 marzo 2010, dopo essere rimasta bloccata per mesi e averlo abbozzato cinque volte, ogni volta in modo diverso. Quel giorno invece stavo guardando un documentario sulla Scozia e ad un certo punto ho avuto la prima frase. Da quella sono riuscita ad aggirare lo scoglio del primo capitolo. Mi ci è voluto comunque un sacco di tempo per scriverla e la cosa è abbastanza strana perché, normalmente, le mie storie si scrivono piuttosto velocemente. Questa no, ma non importa. Alla fine ce l’ho fatta a finirla, smettendo anche così di ammorbare chi mi stava attorno XD

Il titolo della storia è in tedesco e viene dall’omonima canzone del rapper Bushido… il significato magari ve lo dirò più avanti XD

Intanto ringrazio tantissimo Meg per la sua infinita pazienza e per essersi presa la briga di betare questa storia. Grazie mille cara <3 Come farei senza di te?! <3

 

Al prossimo capitolo =)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Alles Verloren - Capitolo 2

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

Alles Verloren

 

Capitolo 2

 

“Sei in ritardo Malfoy” disse Harry vedendo il Serpeverde atterrare più o meno scompostamente nel salotto di Grimmauld Place.

Draco grugnì qualcosa d’incomprensibile, lamentandosi per lo scomodo e poco pratico viaggio a cui il ragazzo l’aveva costretto.

“Sei tu che hai riempito il baule più di quanto avresti dovuto” disse Harry.

“Spero vivamente che tu abbia la cortesia di sistemare i miei effetti perché io, sprovvisto di bacchetta, non posso fare nulla” sibilò acido il biondo guardando attentamente fuori dalla finestra.

“Kreacher se ne occuperà con piacere” rispose Harry prima di chiamare l’elfo e affidargli lavoro mente lui avrebbe fatto fare al suo ospite – oramai coinquilino - il giro della casa.

“Sbaglio o mi avevi invitato per l’ora del the?” domandò il Serpeverde con un tono quasi vicino a quello del rimprovero per la sua mancanza di educazione.

“Giusto” ammise Harry, ricordandosi dell’invito che aveva allegato alla Passaporta che gli aveva spedito “La cucina è da questa parte.”

Draco seguì il Grifondoro entrando in una vecchia cucina che per anni era stata il regno di un elfo domestico. Harry, senza farsi grossi problemi, afferrò un bollitore da una credenza e, dopo averlo riempito d’acqua, lo mise sul fornello.

“Visto che ora sei il mio coinquilino-”

“Ti prego, non dirlo. È già abbastanza orrido che ora sia costretto a vivere qua, senza che tu necessariamente provveda di ricordarmelo ogni volta.”

“Sempre meglio mettere le cose in chiaro. In quella credenza dietro di te, comunque, ci sono le stoviglie: prendi il servizio da tè in ceramica verde.”

“Non ce lo serve il tuo elfo?”

“No, Malfoy” rispose Harry accendendo un fiammifero che generò la fiamma del fornello “Lui prepara se glielo chiedo io. Se non gli do indicazioni è perché ho voglia di cucinare io… di tanto in tanto è una cosa che non mi dispiace fare. L’ho fatto per anni e non sono poi così male come cuoco. Se invece tu dovessi aver fame, scendi in cucina e ti prepari quello che vuoi. Kreacher non è ai tuoi ordini e gli è stato imposto il divieto di obbedire a qualunque tuo ordine o richiesta. Precauzioni che sono stato costretto a prendere contro la mia volontà, ma-“

“Sono un inaffidabile Mangiamorte” sibilò Malfoy con una punta di rancore per la scarsa fiducia nei suoi confronti, ma Harry non se ne preoccupò. Aveva avuto tutte le ragioni per impartire quegli ordini a Kreacher.

“Comunque dicevo… ah sì! Questa è una cucina disegnata su standard magici e – anche se probabilmente non hai mai visto le cucine di casa tua – penso che sarai in grado di capire da te dove e come trovare quello che ti serve.”

“Devo ricordarti che non mi è permesso usare la magia?” gli fece notare velenoso il biondo.

Harry si voltò verso di lui e gli rivolse uno sguardo assolutamente vuoto.

“Non sarà un problema Malfoy, imparerai” gli fece presente il ragazzo aprendo un cassetto ed estraendo una scatola in cui erano contenute bustine di diverse varietà di the.

“Servit-… Tutto bene Malfoy?” domandò Harry, notando che il biondo continuava ad avere lo sguardo puntato sulla finestra.

“Sto aspettando che arrivi il mio gufo. Non mi fido di quel barbagianni mercenario che è venuto a prenderlo” rispose lui.

“Quel barbagianni mercenario, come l’hai definito tu, si chiama Oz e - per tua informazione - è mio.”

“Tuo?”

“Mio.”

“...”

“Qualche problema?”

“Non avevi una civetta delle nevi?” domandò perplesso il biondo.

“Morta” rispose Harry cercando di non fare caso a quella stretta al cuore che sentiva ogni volta che ripensava ad Edvige “Oz è stato un regalo di Ron ed Hermione.”

Draco si astenne da fare qualunque commento ma non poté fare a meno di rivolgere uno sguardo perplesso al moro.

“Sanno che non mi piace comunicare via camino e vivendo qui da solo, poteva essermi utile.”

“E l’hai chiamato Oz?”

“Come il mago… l’hai mai letto il libro?”

“Non leggo libri Babbani.”

Harry alzò le spalle e versò l’acqua nella teiera dopo che Draco ebbe aggiunto due bustine di Prince of Wales.

“Come mai non hai il the in foglie?” chiese il biondo mentre entrambi aspettavano che l’infuso si scurisse sufficientemente.

Harry storse il naso.

“Al terzo anno la Cooman non aveva fatto altro che predire la mia morte, iniziando proprio dalle foglie di the. Da quel momento ho sempre preferito le bustine” ammise Harry facendo sorridere malignamente il Serpeverde.

“Non è mai stata un granché come veggente” constatò il biondo “Tu sei ancora qua.”

“Purtroppo, vero?”

“Assolutamente sì. Toglie le bustine, il the è pronto e – ospite pezzente – offrimi almeno dei pasticcini!”

Harry sospirò ma, scuotendo la testa, andò a prendere dei pasticcini che Kreacher aveva preparato in mattinata.

 

Sarebbe stata una lunga e difficile convivenza.

 

**

 

“I piani superiori sono ancora in fase di lavorazione, ma per adesso due sono più che sufficienti. Kreacher è molto lento però alla fine qualcosa sono riuscito ad ottenerla… I corridoi ora sono presentabili, ma dovevi vederli anni fa! Pieni di teste di elfo mozzate!” spiegò Harry girandosi verso il biondo, cercando di capire se quanto gli aveva detto avesse suscitato una qualche reazione. Neanche lui era felice di dover avere il Serpeverde tra i piedi ma, come aveva detto ai suoi amici, lui si fidava di Silente. Aveva provato a fare buon viso a cattivo gioco, ma tutto ciò che ottenne fu una rispostaccia da parte di Draco che gli fece notare quanto fosse ignorante sulle tradizioni dei maghi Purosangue e quanto non fosse degno di essere in possesso di uno dei più antichi palazzi della famiglia Black.

“Sei noioso Malfoy, i tuoi atteggiamenti da tiranno viziato non impressionano più nessuno… Da questa parte comunque. Ti faccio vedere la tua stanza.”

Malfoy sbuffò ma seguì l’altro ragazzo su per le scale. Soffermandosi ogni due scalini ad osservare i ritratti appesi alle pareti, quando arrivò in cima trovò che Harry lo stava aspettando sulla soglia di una porta ancora chiusa.

“Non ti meriti questa casa Potter” borbottò il ragazzo senza che l’altro stesse neanche ad ascoltarlo.

“Immagino che Kreacher abbia preso alla lettera l’ordine di mettere a posto i tuoi bagagli” constatò Harry notando che i vestiti di Draco erano già stati appesi (l’armadio lasciato aperto in modo che il biondo potesse verificare la correttezza dell’esecuzione dell’ordine) mentre su un trespolo si era accomodato un elegantissimo gufo reale dall’aria vagamente assonnata.

“Sarpedon, sei arrivato finalmente” mormorò Draco avvicinandosi al gufo che aprì di scatto gli occhi.

“E’ il tuo?”

“Ovvio che è mio, Potter.”

“Voglio dire, è quello che vedevo sempre portarti i dolci di tua madre quando eri a scuola?”

“Spesso. La nostra famiglia ha sempre usato gufi reali” spiegò il biondo, afferrando da una piccola cassettina che fuori usciva dal trespolo un biscotto da dare al gufo.

“Come hai detto che si chiama?”

“Sarpedon… è il nome del figlio di Europa e Zeus. Fratello di Minosse e Radamanto.”

“Dovevo immaginarlo…” mormorò Harry.

“Cosa?” gli domandò scocciato il biondo.

“Che voi Malfoy non potevate usare altro che altisonanti nomi mitologici” lo prese in giro il moro “Ti lascio a contemplare la tua stanza. Se hai bisogno di me, io dormo in quella in fondo al corridoio, il tuo bagno invece è dietro la porta che ti trovi esattamente di fronte quando esci. Kreacher serve la cena in cucina alle sei e mezza” concluse Harry osservando per alcuni secondi il Serpeverde che non gli stava prestando la minima attenzione.

Il ragazzo sospirò ed uscì dalla camera socchiudendo la porta.

Capiva che Malfoy non era molto incline al fare conversazione. Era del tutto normale, fino ad un paio di mesi prima erano stati nemici giurati, e ora si ritrovavano a dover convivere – forzatamente – sotto lo stesso tetto. Neanche Harry si sentiva completamente a suo agio: non aveva mai avuto una casa che potesse realmente definire sua e ora si ritrovava a dover condividere uno spazio così intimo come quello casalingo con la sua nemesi scolastica. Per quanto sapesse – o almeno così aveva supposto – che Malfoy in fondo si era sempre comportato in quel modo perché non aveva avuto altra scelta o mezzi per confrontarsi con una realtà diversa rispetto a quella in cui era cresciuto.

Nonostante tutto, per quanto orribile fosse stata per Harry la famiglia Malfoy, il ragazzo non poteva fare a meno d’invidiare Draco. Lui, in fondo, una famiglia – per quanto pessima – l’aveva comunque avuta.

 

Entrò nella sua stanza e chiuse la porta a chiave. Aveva bisogno di starsene un po’ in pace e, per quanto fosse stupido quel gesto, sentiva che la serratura creava una sorta di barriera tra il suo spazio vitale e la realtà in cui si era ritrovato catapultato all’improvviso.

Kreacher aveva pulito e riordinato la camera come era previsto che facesse due volte a settimana. Col fatto che ci fosse qualcuno a cui sarebbe spettato riordinare le sue cose, Harry aveva imparato ad essere più ordinato e, in fondo, in quella stanza oltre dormire, e talvolta leggere, non faceva altro.

Si avvicinò al letto sfiorando la calda coperta di lana, uno dei tanti recenti acquisti che aveva fatto: i soldi non gli mancavano, ragion per cui aveva deciso di destinare parte dei risparmi della camera blindata che Sirius gli aveva lasciato all’acquisto di nuova mobilia per la casa.

Per quanto indebolito, il Mondo Magico non era stato distrutto. La maggior parte delle persone si era semplicemente nascosta. La sconfitta di Voldemort aveva significato poter tornare a vivere.

Harry lanciò uno sguardo veloce all’arredamento della camera: aveva scelto il le stesse cose sia per la sua stanza che per quella di Draco, con la differenza che il suo letto e le sue tende erano rosse e oro. Per il Serpeverde aveva gentilmente scelto l’argento e il verde. Sperò vivamente che il biondo apprezzasse lo sforzo che aveva fatto. Era stato un po’ il suo modo di dire: vengo in pace, o qualcosa del genere.

Sì avvicinò alla finestra dove, lì accanto e con alcuni ganci, aveva appeso la Firebolt. Nonostante tutte le disavventure che lui e quel manico di scopa avevano vissuto (dalle umide e infangate partite di Quidditch allo scappare da un Ungaro Spinato) il legno era ancora bello. L’aveva lucidato solo qualche giorno prima, ma l’operazione era stata abbastanza superflua. Sfiorò la scopa con le dita e noto che un po’ di polvere vi si era depositata sopra, attirata dall’unto del lucido. Avrebbe dovuto spolverarla, ma in quel momento non ne aveva voglia. L’avrebbe fatto il giorno successivo. La cena sarebbe stata servita da lì a mezzora e in quel momento sdraiarsi sul divano a guardare il soffitto – in attesa che Kreacher venisse a chiamarlo – era più allettante.

 

Draco si alzò dal letto constatando che se non altro Potter aveva avuto un minimo di gusto sia nella scelta dell’arredamento (temeva di ritrovarsi in un covo rosso-oro) e del materasso: duro ma con cuscini morbidissimi. Fece schioccare la lingua annotandosi mentalmente che avrebbe dovuto farsi portare dall’elfo una bottiglia di succo di zucca – o anche semplicemente dell’acqua –… sempre che quello avesse risposto alla sua chiamata.

Il biondo si voltò verso l’armadio ancora aperto e decise che fosse il caso di controllare che Kreacher avesse messo tutto bene in ordine. Evidentemente, nonostante l’elfo fosse stato costretto ad obbedire a feccia mezzosangue e filo-Babbana, quello non si era dimenticato i fondamentali dell’obbedienza che un elfo domestico doveva ai suoi padroni. Qualcosa gli diceva che Kreacher sarebbe stato molto più servizievole con lui che con Potter… o almeno lo sperava.

Draco odiava trovarsi in quella situazione e stava cercando di rendersi a Potter il più indifferente possibile. Non detestabile, indifferente.

Non voleva suscitare alcun tipo di sentimento nei confronti del Grifondoro; con l’odio non sarebbero andati da nessuna parte, lui soprattutto. E a lui Potter serviva. Nessuno gli aveva dato una seconda possibilità e siccome era un Serpeverde, Draco sapeva come comportarsi. Il suo obiettivo era ottenere sempre e comunque l’appoggio di Potter senza però perdere la dignità. L’indifferenza avrebbe funzionato, l’odio no.

Si avvicinò agli armadi e vide che i suoi vestiti erano stati sistemati come li avrebbe voluti: la scala cromatica era opposta a quella che lui avrebbe scelto, ma era un particolare trascurabile. Probabilmente neanche se avesse avuto la bacchetta si sarebbe preso il disturbo d’invertirla.

L’unica cosa che mancava all’appello erano i suoi effetti da bagno. Potter gli aveva detto che la toilette era dietro la porta di fronte alla sua stanza. Ovviamente la stanza con il bagno in camera se l’era presa quel pezzente di Potter… si era calato un po’ troppo nel ruolo di padrone di casa a cui certe comodità spettavano di diritto. Soprattutto nel confronto degli ospiti indesiderati.

Sbuffando e imprecando contro l’Eroe del Mondo Magico, Draco si avvicinò alla porta e posò l’orecchio sul legno, sperando di sentire se per caso Potter fosse nei paraggi. Resosi conto dopo qualche minuto delle sua azioni, si diede dell’idiota e aprì di scatto la porta, constatando con piacere che il corridoio era deserto. Questo comunque non gli impedì di rifugiarsi  nel bagno onde evitare di fare spiacevoli incontri.

Nei suoi piani c’era quello d’incontrare Potter il meno possibile. Odiava l’idea di dover essere silenzioso e attento a non fare sgradevoli incontri, lui che per anni si era mosso come e quando voleva per il Manor.

Probabilmente col passare del tempo (quello della cena, che a Draco pareva più che sufficiente) non sarebbero neanche stati costretti a mangiare insieme.

 

Si sarebbe trattato solo di quella sera.

 

**

 

La tavola era stata apparecchiata con lo stesso stile povero e minimalista della Sala Grande di Hogwarts e il cibo era già stato disposto nei piatti quando Draco arrivò.

“Accomodati pure” gli disse il Grifondoro comparendo dietro lo sportello di un oggetto che il moro – nel pomeriggio – gli aveva detto essere chiamato frigorifero e la cui funzione era tenere al fresco il cibo.

“Succo di zucca va bene?” domandò Potter mostrando al ragazzo una caraffa di vetro piena di un liquido arancione.

Draco si limitò ad annuire e si sedette iniziando a mangiare in silenzio.

“Ehm… va bene la tua stanza?” domandò Harry lanciando uno sguardo veloce al suo commensale.

Draco borbottò quello che doveva essere un ‘’ prima di tornare a concentrarsi sulla cena preparata dall’elfo domestico. Per fortuna Potter, in tutta la sua idiozia Grifondoro, non aveva rinunciato – come invece avrebbe voluto la Mezzosangue – alla presenza dell’elfo in casa sua.

“Non ho mai avuto una casa tutta mia e non sapevo quali fossero le tue preferenze. Così ho seguito un po’ il mio gusto.”

“Che è pessimo, Potter, sappilo.”

“Ma almeno hai una casa, una camera tutta tua e un pasto caldo ogni volta che lo desideri. In più ho scelto il verde e l’argento” rispose Harry elencando i fattori positivi della sua permanenza a Grimmauld Place con un sorriso.

Il biondo sbuffò mentre infilzava un pezzo di carne con la forchetta. Lo capiva, lo apprezzava, ma non riusciva proprio a sopportare l’atteggiamento di Potter.

La sua vita era ancora perfetta, se non di più, visto che adesso non c’era più nessun mago oscuro che gli stava dando la caccia. Lui invece, Daco Malfoy, era diventato un relitto per la società, giudicato e mal visto da tutti e, oramai, senza più neanche uno Zellino a sua disposizione, dato che il Ministero aveva confiscato tutti i possedimenti e le ricchezze della sua famiglia.

“Se hai bisogno di qualcosa o desideri fare dei cambiamenti basta che-”

“Solo per sapere Potter… non è che vorrai mangiare sempre insieme a me, o sbaglio? Reputo entrambi maturi a sufficienza da sopportare l’idea di mangiare in solitudine. Il tuo elfo prepara e noi, quando abbiamo fame, mangiamo, no?” propose Draco portandosi finalmente alla bocca il pezzo di polpettone che aveva agitato a mezz’aria fino a quel momento.

Harry guardò il biondo sollevando scettico un sopracciglio dietro il bicchiere di succo di zucca. Non che non si aspettasse una simile richiesta – o proposta, dipendeva da che punto di vista la si voleva interpretare – da parte di Malfoy, ma pensava che avrebbe avuto la decenza di aspettare almeno il giorno successivo.

Il moro posò il bicchiere e guardò fisso negli occhi l’altro ragazzo.

“Io ti avevo detto che cercavo un coinquilino, Malfoy. Non un probabile ex-Mangiamorte mal riuscito che vivesse a mie spese. Ora, siccome il tuo vivere a scrocco è una cosa che non dipende da te e che non è mia intenzione farti pesare – ho sempre considerato schernire le persone per la loro povertà alquanto stupido, tu no – gradirei solo un po’ di compagnia. Non necessariamente durante la giornata, immagino che tu abbia ben altro da fare,” fece il moro alludendo all’assoluta nullafacenza forzata del’altro “Ti chiedo solo di stringere i denti e sforzarti di tirar fuori le tue doti di nobile dell’alta società magica e conversare almeno un minimo con il sottoscritto durante le ore dei pasti. È frustrante mangiare e guardare alternativamente il frigorifero e la credenza” concluse Harry con una smorfia che si dipinse anche sul volto del biondo.

“Guardiamoci in faccia Potter! Tu mi odi però mi hai offerto aiuto. Io ti odio ma ho comunque accettato la tua proposta. Ti sono debitore, ma credo tu possa immaginare quanto poco mi piaccia esserlo, soprattutto nei tuoi confronti. L’unica mia richiesta è se possiamo evitare di costringerci ad andare d’accordo!” chiarì Draco prima d’infilzare un altro pezzo di polpettone.

Harry abbassò gli occhi, sbuffando e scuotendo la testa sconsolato. Sapeva di doverselo aspettare, ma era sempre bello essere smentiti.

“Posso capire che la cosa per te possa essere divertente o che tu non faccia fatica a trovare il lato assurdamente comico della situazione: aiutare Draco Malfoy privo di bacchetta che ammette di aver bisogno della tua carità altrimenti ora sarebbe in giro a vendere…” il biondo esitò per un istante “…lasciamo perdere. L’unica cosa che ti chiedo è di non farmi sentire una merda più di quanto già non sia. Ai vostri occhi, almeno” non mancò di sottolineare il superbo Serpeverde.

Harry si alzò da tavola raccogliendo il piatto ancora mezzo pieno, posate e bicchiere.

“Hai ragione su tutto Malfoy, tranne che sul concetto che fa stare in piedi il tuo discorso.”

Il biondo rivolse al Grifondoro uno sguardo perplesso.

“Io non ti odio.” gli fece presente Harry prima disparire oltre la porta e andare a finire di consumare la sua cena in salotto.

 

Come primo giorno, non era stato un grande inizio.

 

Note dell’autrice:

Ok, il gufo di Draco. Ho messo il nome in inglese, ma la versione italiana è Sarpedonte. Chi mi conosce o sta ridendo o gli sono cascate le braccia, ma mi sembrava il nome più adatto per il gufo di un Serpeverde. Per chi non mi conosce… beh, può capire il perché sono legata al nome Sarpedonte da questa foto XD
Come sempre grazie mille a Meggie per il betaggio <3

Ringraziamenti:

Veive: spero che anche il secondo capitolo sia stato di tuo gradimento =) Ho sistemato le correzioni che non avevo cancellato nel precedente e - mi auguro -di non aver tralasciato nulla in questo =) Grazie mille per aver letto e commentato, spero la storia continui a piacerti ^^

lumamo64: no XD Posso assicurarti che questa storia finirà meglio di The Disappeared, questo è certo XD Vi ho già distrutte con quella, non voglio creare ulteriori danni XD Certo, succederà qualcosa in questi capitoli, ma la conclusione sarà più piacevole =) Spero che questo ti abbia consolata un po' ^^ Grazie per aver letto e commentato <3

sarawinky: Harry e Draco si sono trasferiti a Grimmauld Place, dato che ora Harry ne è il legittimo proprietario =) Ti ringrazio per aver apprezzato le spiegazioni del 'cosa succede dopo'. E' una cosa che mi diverte tantissimo, anche se a volte mi rendo conto che utilizzo sempre un po' le stesse in tutte le storie =) Spero ti piaccia, grazie mille per essere passata di qua =)

E grazie mille alle 11 persone che hanno inserito questa storia tra le seguite!

Alla prossima =)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Alles Verloren - Capitolo 3

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

 

Alles Verloren

Capitolo 3

 

Nonostante fosse provato sia fisicamente che mentalmente, Draco si alzò di buonora la mattina successiva. Quando i suoi occhi focalizzarono la stanza in cui si trovava ebbe bisogno di qualche secondo per ricordarsi che quella era la camera degli ospiti di Grimmauld Place, la casa di Harry Potter.

Il biondo sbuffò, memore di tutto quello che era successo e che si erano detti il giorno precedente, nonostante – per sua fortuna – la conversazione fosse stata molto limitata.

Io non ti odio, gli aveva detto Potter prima di abbandonarlo in cucina. Solo un Grifondoro poteva uscirsene con patetiche frasi di quel genere. Non si dice non ti odio al proprio peggior nemico. Sempre che Potter lo considerasse tale. Per quanto Voldemort fosse stato il vero antagonista del moro, era lui a considerarsi il vero nemico del ragazzo, era lui che lo faceva disperare a scuola, era da lui che doveva sempre guardarsi le spalle.

Forse era lui  a darsi troppa importanza. La verità era che Draco Malfoy era semplicemente una spina nel fianco per Harry Potter, nulla di più.

Con un gesto secco e stizzito il biondo scostò le coperte e scese dal letto, rabbrividendo al contatto con la pietra nuda. Avrebbe dovuto farsi portare un tappeto per evitare un così spiacevole contatto con la realtà.

Si passò una mano sugli occhi e – dall’armadio ancora aperto – tirò fuori un semplice completo nero, sobrio ed elegante ma allo steso tempo comodo. Era stata spesso la sua informale tenuta casalinga quando ancora viveva al Manor e trascorreva giornate tranquille in compagnia di sua madre e, talvolta, anche di suo padre.

Draco prese gli abiti e, accertandosi che non ci fosse nessuno in corridoio, andò velocemente in bagno a cambiarsi.

Si lavò e si vestì con molta calma. Non aveva idea se Potter alle otto di mattina fosse già sveglio o cosa stesse facendo, per cui Draco decise di seguire i propri ritmi, magari decelerandoli di un poco, giusto per.

Tornò nella sua stanza, mise il pigiama su una sedia posta non troppo distante dal letto e, stando bene attento a dipingersi sul volto l’espressione più snob ed austera che possedesse, scese le scale e raggiunse la cucina.

Quando via quando si sorprese nel vedere Potter già seduto a tavola intento a gustarsi uova e pancetta mentre leggeva una pagina del Corriere del Quidditch, lasciando da parte la Gazzetta del Profeta, che probabilmente aveva già sfogliato distrattamente, a giudicare dall’impietoso stato in cui versavano le pagine.

“Buongiorno…” lo salutò Harry prima di riempiersi la bocca di una generosa porzione di uova.

“Non avevi detto che avremmo dovuto mangiare sempre insieme?” gli domandò Draco perplesso, stordito dal profumo invitante della più classica e succulenta colazione inglese.

“Non sapevo a che ora ti saresti svegliato e siccome devo uscire per un po’, avevo optato per lasciarti un post-it” spiegò il ragazzo mostrando al biondo un foglietto giallo pallido.

“Un post-che?”

“Post-it. Sono foglietti adesivi che principalmente i Babbani usano per lasciarsi i messaggi se non ci sono. Scrivi qualcosa e poi li attacchi al frigorifero. Il più delle volte si staccano, ma solitamente non vanno molto lontano e abbassando lo sguardo li trovi senza troppe difficoltà.”

Draco alzò un sopracciglio chiaramente perplesso.

“Li trovi su quel ripiano accanto alla biro, tutto chiaro?” spiegò Harry.

Il biondo fu tentato di domandargli come avrebbero potuto funzionare delle penne prive di boccette d’inchiostro, ma si trattenne anche perché Potter non gli diede il tempo di parlare e continuò la sua spiegazione.

“Immagino di dover rispondere di sì” rispose lui facendo una smorfia.

Harry sorrise e versò del the in una tazza poco distante da dove sedeva lui.

“Penso sia la risposta corretta”  mormorò Harry facendogli segno di accomodarsi “Dentro queste cose – conosciute come pentole e padelle – c’è la colazione. Serviti tranquillamente. Ti consiglio di provare il pane alla pancetta di Kreacher, è squisito” concluse il ragazzo afferrando una borsa di tela malconcia che era appesa ad una sedia.

“Il frigo è quel coso lì bianco, comunque. Io ora devo uscire, tornerò tra poco” disse Harry raccogliendo le stoviglie e mettendole nel lavandino. A lavarle ci avrebbe pensato Kreacher.

“Dove vai?”

“Commissioni nel mondo Babbano tra cui una piccola spesa alimentare di cose che purtroppo non è possibile reperire a Diagon Alley. Tu hai bisogno di qualcosa?”

“Sai che non ho soldi e non posso permettermi nulla.”

“Vuoi che ti dia una paghetta settimanale per comprarti le tue cosine?” lo schernì Harry prima di vedere l’espressione omicida dipingersi sul volto di Draco “Stavo scherzando, Draco!” lo rimproverò il moro chiamandolo per nome “Sei mio ospite, se ti serve qualcosa basta che tu me lo dica.”

“L’unica cosa di cui avrei bisogno sarebbe tornare a vivere al Manor, ma considerando che tutto ciò non è possibile. No, grazie. Non ho bisogno di nulla.”

“Ok…”

“Ok.”

“Vado, ho poco tempo e molte cose da fare, tornerò per pranzo!”

“E io cosa faccio qua per tutto il tempo?!”

“Innanzitutto colazione” rispose Harry fermandosi sulla porta della cucina “Poi puoi sempre girovagare un po’ per la casa. Diverse stanze sono chiuse a chiave per sicurezza, altre per scelta. Domanda a Kreacher di mostrarti la nuova biblioteca, potresti trovarci qualcosa d’interessante.”

Gli occhi di Draco s’illuminarono.

“Hai libri del nostro mondo?”

Harry scosse la testa.

“Solo Babbani, ma sono sicuro che saprai adattarti. Ti consiglio Il Mago di Oz, sono sicuro che ti piacerà” rispose il moro e, con un cenno della mano, lo salutò e sparì nell’ingresso. Dopo due secondi Draco sentì la porta sbattere, segno che Potter se n’era veramente andato lasciandolo lì con un palmo di naso.

Potter l’aveva lasciato completamente solo senza troppe cerimonie! Come padrone di casa faceva davvero schifo…

Sbuffò per l’ennesima volta in quella mattinata ma decise che poteva anche iniziare a mangiare.

 

***

 

Il biondo chiuse irritato la copia di un noioso romanzo sui vampiri. La letteratura Babbana faceva davvero schifo. E sicuramente era quel romanzo ad essere penoso. I Babbani erano proprio ignoranti quando facevano della magia e delle creature fantastiche l’oggetto dei loro scritti.

Il biondo aveva adocchiato poggiato su tavolino da lettura accanto alla poltrona rossa (quella che aveva scelto lui era verde, probabilmente Potter aveva pensato anche a questo… forse non faceva poi così schifo come ospite) la copia con la copertina sbiadita de ‘Il Mago di Oz’, ma non avrebbe mai dato a Potter la soddisfazione di leggerlo. Il Grifondoro doveva essere molto affezionato a quel libro per ridurlo in quello stato, considerando che le pagine erano tutte spiegazzate, ingiallite e consumate. Doveva essere un patetico libro per bambini Babbani che non si avvicinavano neanche per sbaglio a quella che era la vera magia. C’erano dei disegni sulla copertina, ma Draco non era in grado d distinguerli.

Il biondo buttò distrattamente il libro che stava leggendo sul tavolino da lettura accanto alla sua poltrona e sbadigliò. Non poteva neanche divertirsi a frugare – e magari impossessarsi – delle cose di Potter. Non senza magia, almeno, e le chiavi per chiudere o aprire le teneva nascoste il moro da qualche parte. Non escludeva neppure che le avesse portate con sé, legate a quell’enorme mazzo di chiavi che gli aveva visto mettere nella borsa mentre usciva di casa.

Si alzò e provò a fare un salto in cucina ma il tono ben poco garbato dell’elfo che gli domandava che diavolo ci facesse lì, lo fece desistere dal proseguire la sua ispezione. Tornò in biblioteca e si mise alla ricerca di un qualche titolo interessante, lasciando perdere la patetica lettura sui vampiri su cui si era concentrato poco prima.

Fu una piccola serie composta da tre libri a catturare la sua attenzione e, mettendo un soprammobile al posto dei volumi mancanti, li prese tutti e tre e li portò nella sua stanza.

 

Quando Harry tornò Draco lo stava aspettando in salotto seduto su una delle tante poltrone verdi che Potter aveva sparso per la casa. Inizialmente aveva pensato che si fosse trattato di un caso, ma poi aveva notato che più o meno in ogni stanza – a seconda delle attività che vi svolgevano – c’erano oggetti verdi e rossi. Era un patetico Grifondoro, ma in quelle ore che aveva trascorso da solo aveva avuto tempo di notare queste piccolezze e, stranamente, Draco si era ritrovato ad apprezzarle, anche se non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.

“Kreacher!” chiamò il moro e un sonoro crack annunciò che l’elfo si era spostato dalla cucina all’ingresso.

“Il padrone ha chiamato?”

“Hai già cucinato?”

“Sì, lo stufato è pronto per essere servito, signore” rispose l’elfo e, anche se Draco non poteva vederlo, era certo che la creatura si fosse inchinata davanti al cospetto di Potter.

“Puoi tenerlo da parte per la cena? Ho comprato qualcosa mentre ero fuori…”

“Come vuole il padrone” rispose l’elfo e con un secondo crack tornò in cucina.

Draco sentì i passi del moro avvicinarsi sempre di più a lui, finché non lo vide comparire sull’ingresso con un sorriso soddisfatto dipinto sul viso.

“Fame?” domandò lui.

In verità Draco era vicino all’auto-digestione, ma si limitò a rispondere che sì, quella sarebbe anche potuta essere ora di pranzo.

“Ho comprato il pranzo dal take-away non distante da qui, è ancora caldo e la cola è ancora fresca” disse Harry avvicinandosi al tavolino davanti al camino (al momento spento) e posando un sacchetto di plastica su di esso.

“Cos’è un take-away?”

“Una specie di Paiolo Magico, solo che invece di mangiare lì, compri il cibo e te lo porti a casa. Ci sono cibi per tutti i gusti, ma il mio preferito è il cinese.”

“Cinese?” chiese Draco strabuzzando gli occhi.

“Spaghetti di soia con verdure, riso alla cantonese, pollo alle mandorle o al limone. Immancabili i dolcetti della fortuna” spiegò Harry tirando fuori degli involucri argentati dal sacchetto “Ho preso anche le posate perché non so come te la cavi con le bacchette. Io queste cose preferisco mangiarle così” continuò a dire il moro mostrando a Draco due bastoncini di legno che avevano di tutto, tranne che un’aria vagamente magica.

“E vorresti mangiare qui così, senza nemmeno i piatti?!”

“Sì” rispose Harry inchiodando gli occhi in quelli di Malfoy con uno sguardo che non ammetteva repliche.

“Ok” poté solo dire il biondo accettando sospettoso una cosa rossa che gli porgeva l’altro.

“Questa è Coca-Cola.”

“E cosa sarebbe?”

“Considerala la Burrobirra Babbana…”

Draco non era molto convinto di quello che gli stava offrendo Potter, però dal canto suo sapeva che doveva fare un piccolo sforzo. Quella sarebbe diventata la sua vita e non poteva cambiare le cose. E se significava accettare di buon grado di pranzare con un patetico Grifondoro bevendo e mangiando cibo Babbano cucinato da Babbani… avrebbe fatto lo sforzo.

L’anno appena passato l’aveva costretto a rivedere le sue priorità e le proprie convinzioni, comprendendo che molto di quello che gli era stato insegnato era stato ciò che li aveva visti diventare i perderti di una guerra senza né capo né coda. E ora a lui, sopravvissuto e scagionato, toccava pagarne le conseguenze, abbassando il capo e facendo penitenza, sopportando la convivenza con la sua nemesi. Era bello pensare a Potter come la propria Nemesi, riusciva a dare un’aria più aulica alla loro inimicizia, rendendola meno patetica di quanto in realtà non fosse.

“Hai…” provò a dire Draco “Hai fatto le tue commissioni?”

Harry smise di masticare e lo guardò quasi fosse stato posseduto.

“Sto cercando di fare una vaga conversazione civile, non guardarmi come se mi fossero spuntate corna da alce sulla testa!” lo rimbeccò Draco “Non ho alcun tipo di corna, vero?”

Harry rise e scosse la testa.

“Niente corna e, sì, ho fatto quello che dovevo fare. Certo, spendere soldi non è mai piacevole, ma è una cosa che desideravo da anni!”

“Potter, se volevi essere ambiguo ci sei riuscito benissimo…” sbottò Draco infilzando in bocconcino di pollo. Non che fosse entusiasta dell’idea di dirlo a Potter, ma quello che stava mangiando era abbastanza di suo gusto.

“Al compimento dei diciassette anni* nel mondo Babbano – anche se non sei ufficialmente maggiorenne - puoi guidare un’automobile. Sono sicuro che le hai viste almeno una volta in vita tua, sono quelle scatolette di latta con quattro ruote che vanno in giro per le strade di Londra senza essere trainate da cavalli alcuni. O Thestrals, nel caso delle carrozze di Hogwarts.”

“Sai Potter, per quanto ignorante e tagliato fuori dal mondo Babbano, certe cose credo di conoscerle” disse irritato lui quando in realtà non è che avesse avuto ben chiaro fino a quel momento cosa fossero realmente le autonobili “Quello che non capisco è cosa te ne faccia…”

Harry arricciò le labbra.

“Ehm… andare in giro?”

“Non hai ancora passato l’esame per Smaterializzarti?”

Il moro si morse nervosamente le labbra.

“Non mi piace smaterializzarmi, ho avuto una brutta esperienza – anche se indiretta – quando Ron si è spaccato lo scorso anno.”

“Passaporte?”

“Altra brutta esperienza nel labirinto alla fine del Torneo Tremaghi. La coppa era una Passaporta, Voldemort è risorto e Diggory è morto.”

“Metropolvere?”

“La prima volta che l’ho usata ho sbagliato e sono finito a Nocturne Alley dove c’era tuo padre che stava rivendendo oggetti sospetti da Magie Sinister.”

“Merlino, Potter! Sei assolutamente incapace di viaggiare nel mondo magico!”

“Mi piace volare, ma muoversi per Londra a bordo di un manico di scopa è un po’ scomodo. O metropolitana o automobile, non appena riuscirò a prendere la patente.”

“Cosa te ne fai della patente nel Mondo Magico?”

Il moro sospirò e si curò di non guardare Draco mentre rispondeva.

“Può sempre tornarmi utile.”

“Perché anche se non hai ancora diciotto anni, com-”

“Sai quand’è il mio compleanno?!” domandò Harry basito, lasciando cadere le bacchette nella vaschetta degli spaghetti di soia.

“Tutti sanno quand’è il compleanno di Harry Potter. Ho sentito parlare di te per dieci anni prima di conoscerti.”

Harry scosse la testa, ancora adesso la cosa lo straniva sempre sapere quanto gli altri sapessero di lui, quando lui per quei dieci anni delle sue origini e del suo passato non aveva saputo praticamente nulla. Aprì la confezione con l’altra porzione di pollo, ma constatò con disappunto che questo si era raffreddato.

“Kreacher” chiamò Harry e l’elfo apparve in un istante davanti a lui.

“Padrone…” disse l’elfo con un inchino.

“Puoi riscaldare questo?” gli domandò il moro porgendogli la vaschetta d’alluminio..

L’elfo – con uno schiocco delle dita – fece quanto gli era stato chiesto prima di sparire e tornare ad occuparsi delle sue faccende.

“Perché non l’hai fatto tu?” gli domandò Draco.

“Non avevo a portata di mano la bacchetta” rispose prontamente Harry.

“Potevi andarla a prendere…”

“Se hai un cane non ti riporti il bastone da solo…” mormorò il moro concentrandosi sul pollo finalmente caldo e Draco fece lo stesso con la sua porzione di cibo.**

“Che frase così poco da Grifondoro” lo schernì Draco ed Harry si limitò a scrollare le spalle, indifferente.

 

Al biondo però non sfuggì il lieve sospiro – vagamente affranto - che poco dopo Harry soffocò nella lattina di Cola.

 

***

 

Era un mese che Draco viveva a Grimmauld Place e da quando era arrivato non era uscito di casa neanche una volta. Non che Potter non glielo avesse proposto, ma lui aveva sempre declinato. In realtà avrebbe fortemente voluto uscire, ma temeva il momento in cui avrebbe rimesso piede a Diagon Alley. Quello non era il suo posto, non al momento, almeno. Per quanto fosse stato scagionato da tutte le accuse (e dovere la sua libertà vigilata a Potter era una delle cose che più lo feriva nell’orgoglio) sapeva che di certo il suo nome non avrebbe più avuto alcuna influenza su nessuno. Cosa se ne faceva la gente del nome Malfoy, quando oramai l’unico valore che avevano quelle lettere era stato aver involontariamente prestato ad Harry Potter la bacchetta con cui aveva sconfitto Voldemort. Nulla di più. Il suo biancospino era stato sequestrato, sigillato e consegnato al suo custode. Il Grifondoro non pareva minimamente preoccupato dall’idea che Draco potesse trovare la sua bacchetta: era come un cavaliere senza spada, incapace di difendersi, incapace di attaccare. Il mese del suo processo (Potter aveva insistito affinché lo processassero subito e Draco gliene era stato molto grato) non era stato particolarmente difficile, considerando che l’aveva trascorso nelle sue stanze al Manor e con gli elfi a servirlo, la magia non gli era servita poi così tanto.

A Grimmauld Place le cose non erano andate molto diversamente: Kreacher lo serviva e Potter… beh, Potter faceva quello che gli pareva. Facevano colazione, passavano il tempo in biblioteca o nelle loro camere e il pomeriggio Potter usciva. Da quel che aveva capito, tre volte a settimana andava a scuola per imparare a guidare le autonobili, mentre gli altri giorni… gli andava semplicemente di uscire.

Draco apprezzava molto quando il moro tornava a casa con il cibo Babbano che acquistava ai take-away. Ne avevano provati di diversi, da una strana cosa di carne chiamata kebab che però si era rivelata troppo speziata per il suo fine e nobile palato inglese, passando per l’esotico sushi (ma anche lì Draco aveva declinato: il pesce crudo lo disgustava) all’indiano. Ma alla fine il palato del Serpeverde era stato catturato dal cibo cinese che Harry gli aveva portato a casa il suo secondo giorno di permanenza a Grimmauld Place. Quel pranzo aveva in qualche modo sancito una sorta di resa – soprattutto da parte sua – nei confronti del moro.

 

“Posso mandare Sarpedon in Francia con una lettera per mia madre?” chiese Draco un venerdì pomeriggio, giorno in cui solitamente passavano tutto il tempo a casa e di rado Harry usciva.

“Non vedo perché no…” rispose il ragazzo alzando gli occhi dal Times. Una cosa che gli piaceva fare era leggere sia la stampa magica che quella Babbana e – a detta del moro – il Times era l’unico giornale che facesse il suo lavoro e non fosse una semplice raccolta di gossip.

“Sai, complotti da Mangiamorte.”

“Gli Auror francesi sanno perfettamente dove si trova tua madre, intercetteranno sicuramente il tuo gufo e si assicureranno che sia la lettera del figlio a cui manca la sua famiglia. Se così non fosse la lettera sarà opportunamente distrutta” rispose Harry quasi totalmente privo di tono. La guerra l’aveva cambiato e per quanto non avesse perso il suo spirito da buon Grifondoro, la freddezza e l’apatia di certi suoi commenti e risposte riuscivano a terrorizzarlo. Ma in fondo la guerra aveva cambiato anche lui… se gli avessero detto che sarebbe riuscito a convivere – per quanto fosse una convivenza alquanto fredda – con Harry Potter, si sarebbe messo a ridere in faccia a chiunque avesse osato predire qualcosa di così apocalittico per il suo futuro.

“Non ho intenzione di tramare alle tue spalle, voglio soltanto farle sapere che sto bene, più o meno.”

“Deve mancarti molto” constatò il moro.

“Ovviamente. Ma ti posso assicurare che, pur essendo cresciuto con una madre, non ho ricevuto tutte le attenzioni o l’affetto che possono aver ricevuto i Weasley.”

“Che intendi dire?”

“Che noi Malfoy siamo nobili e questo fa sì che dobbiamo rispettare un’etichetta, che ci piaccia o meno.”

“E l’etichetta dice anche che le madri non devo amare i propri figli?”

“Mia madre mi ama a sufficienza, e l’ha anche pienamente dimostrato.”

“Mentire a Voldemort per salvarti è stata un’azione molto Grifondoro…”

“Non insultare mia madre, Potter!”

Harry sbuffò ma sorrise divertito.

“Manda pure il gufo a tua madre.”

“Stasera le scriverò allora” disse Draco mentre Harry annuiva.

“Bene!” fece allora il moro “Direi che allora possiamo uscire!”

“Possiamo?”

“Non ti va di mettere il naso fuori di casa?”

“Non sono il benvenuto…”

“Ma nella Londra Babbana nessuno sa chi sei e ora ti sei fatto una cultura sufficiente per sopportare un giro a Candem e un salutare pranzo da McDonald’s…” disse Harry squadrandolo da capo a piedi “Prima però è meglio se facciamo sistemare da Kreacher alcuni dei miei vestiti, ho idea che – per quanto le stranezze siano ben accette – le vesti da mago siano un po’ eccessive.”

“Non mi metterò i tuoi vestiti Potter!”

“Oh, sì che lo farai” rispose Harry afferrandolo per un braccio e trascinandolo fino in camera sua, dove chiamò Kreacher, affinché l’elfo – una volta individuati dei jeans e una semplice t-shirt – li adattasse a Draco.

“Non sono mai stato bravo con gli incantesimi casalinghi” si giustificò il moro.

L’altro sbuffò mentre l’elfo prendeva le sue misure con la magia. La stanza di Potter era esattamente come aveva immaginato che fosse: identica alla sua, con l’unica differenza che tende, lenzuola, cuscini e poltrone erano rossi, gli inserti dei mobili invece dorati (a differenza dei suoi che erano argento). Quella era indubbiamente la camera di un Grifondoro e la cosa lo fece rabbrividire. A casa sua il rosso e l’oro erano colori che, accostati, erano praticamente proibiti e ritrovarsi circondato da queste tonalità lo mise quasi a disagio.

Con un semplice schiocco di dita, il biondo vide i vestiti di Potter trasformarsi e cambiare dimensione, prima che Kreacher, a seguito di un inchino, si congedasse.

“Perfetti!” gli disse Harry mettendogli tra le braccia un paio di scarpe da tennis, dei jeans blu con un taglio sul ginocchio e una maglietta nera. Con un sorriso d’incoraggiamento gli indicò la porta, invitandolo cortesemente a lasciare la stanza.

“Usciamo tra venti minuti”

 

Draco annuì anche se ai suoi occhi non sfuggì il fatto che la Firebolt del moro fosse attaccata al muro e coperta di polvere.

 

Note dell’autrice:

* In Inghilterra i ragazzi possono guidare dal compimento dei diciassette anni d’età. Fonte Wikipedia.co.uk.

** Questa battuta la pronuncia Arthur nella puntata 1x10 di Merlin 

 
Questo capitolo ha finalmente visto la luce - dopo mesi e mesi di pausa dai primi due - grazie al pensiero del pane alla pancetta. Scritto non so quando, a luglio 2010 probabilmente, a 11 mesi dall’ideazione della storia. Questo mi convince sempre di più che è cosa buona e giusta - almeno per la sottoscritta - avere quasi tutta la storia finita prima di pubblicare, onde evitare blocchi come questi XD

Come al solito un grande grazie a Meg per il betaggio <3

RINGRAZIAMENTI - IMPORTANTE! Le risposte ai bellissimi commenti che mi avete lasciato al capitolo precedente le trovate direttamente nella pagina del commento, grazie alla funzione da poco inserita nel sito e che spero rimanga, data l'immensa comodità anche per poter rispondere velocemente e a mente fresca =)

Grazie mille a tutti quelli che hanno commentato e alle 14 persone che hanno inserito questa storia tra le seguite <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Alles Verloren - Capitolo 4

Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto una settimana di esami/parziali/prove in itinere all'università e ho dovuto rimandare l'aggiornamento.

Per il prossimo non dovrete aspettare a lungo, promesso =)

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

Alles Verloren

 

Capitolo 4

 

“C’è una cosa che non mi spiego” esordì Draco un sabato a mezzogiorno mentre stava pranzando insieme ad Harry in salotto, come facevano da che il Serpeverde era arrivato a Grimmauld Place.

“Cosa?” replicò Harry afferrando una fetta di pizza dal cartone che aveva posato sul tavolo da caffè.

“Come riesci a non essere tempestato da gufi ad ogni ora del giorno e della notte o non passare tutto il tuo tempo al Ministero, assediato dai giornalisti?”

Per un secondo Malfoy giurò di aver visto un lampo di terrore negli occhi di Harry.

Il Grifondoro deglutì e osservò attentamente l’altro ragazzo, quasi stesse cercando le parole giuste da rivolgere al suo interlocutore.

“Ho fatto degli accordi con Kingsley” spiegò “Un pomeriggio alla settimana lo passo al Ministero tra giornalisti e tutto il resto. Il resto del tempo lo posso gestire a modo mio. Kingsley ha anche vietato l’utilizzo di qualunque Incantesimo Tracciante su di me. Non che qualcuno non ci provi, ma non hanno molto successo. Ho imparato a nascondermi.”

“Come avresti fatto?”

Harry alzò le spalle e sorrise.

“Dopo aver passato l’ultimo anno errando per i boschi della Gran Bretagna nascondendomi dai Ghermidori, ho imparato molto da Hermione.”

Draco annuì, per quanto strano gli sembrasse. Non che la cosa lo interessasse realmente (o per lo meno, non più di tanto) però considerando tutto il tempo libero che aveva, gli capitava di ritrovarsi a riflettere sulle cose più assurde.

“E la mia magia?”

“E’ al sicuro anche la tua. Potrebbero incontrarci solo per caso, ma nessun mago potrebbe localizzarci mentre giriamo per la Londra Babbana.”

“Hai protetto anche me dagli Incantesimi traccianti?!” domandò stupito Draco.

“Certo che l’ho fatto! Altrimenti ogni volta che metti il naso fuori di casa troverebbero subito anche me.”

“Credi che siano in molti a volere la mia testa?”

Harry scosse la testa. Sapeva che in fondo il Mondo Magico non poteva avercela troppo con Draco, però aveva preferito che Kingsley proteggesse il biondo. In caso di pericolo, sarebbe stato difficile aiutarlo. Il rischio più grande per Harry era essere inseguito da qualche mago eccessivamente riconoscente (le tracce del male nel Mondo Magico erano quasi del tutto scomparse) e quindi si sarebbe facilmente potuto confondere tra la folla. Ma per Draco sarebbe stato più difficile e siccome – essendo già il Serpeverde un mezzo prigioniero – non voleva che qualcuno disturbasse la quiete delle ore d’aria che riusciva a concedergli.

“Sai Potter, sono indeciso tra il cinese e l’italiano” disse il biondo cambiando discorso e riscuotendo Harry dai suoi pensieri. Il biondo sapeva perfettamente che ricordare l’anno appena trascorso non piaceva né a lui né al Grifondoro. Le domande che avrebbe voluto porgli le avrebbe tenute per sé. Non era necessario discuterne in quel momento, anzi. Forse non sarebbe servito discuterne affatto.

“Io voto per l’italiano,” rispose il moro, “Andiamo, a chi non piace la pizza? Credo che sia la cosa universalmente più amata. I maghi italiani hanno una fortuna non indifferente…”

“Non mi piacciono. I maghi italiani intendo. Troppo confusionari e zoticoni.”

“Hai troppi pregiudizi” lo rimproverò Harry.

“Giusto, voi Grifondoro siete zotici quanto gli italiani.”

“Hey! E voi Serpeverde cosa sareste, sentiamo?! Gli inglesi sono esclusi.”

Draco parve rifletterci mentre masticava lentamente un piccolo morso della sua fetta di pizza chiedendosi intanto da dove fosse nato quello strano gioco, però la cosa sembrava divertente.

“Francesi” asserì il biondo deciso “Nobili, d’elite e un po’ con la puzza sotto al naso.”

“Assolutamente d’accordo. I Corvonero invece? Spagnoli?”

“Sia mai!” replicò Draco “I Corvonero sono i tedeschi. La Germania è la culla della cultura, della musica e della filosofia e per dei cervelloni come i Corvonero non c’è nazione più calzante!”

Harry alzò le spalle. Aveva completamente rimosso tutto ciò che aveva studiato prima di essere ammesso ad Hogwarts. Lui non era come Hermione, le nozioni a lui non necessarie venivano automaticamente eliminate dal suo cervello.

“E i Tassorosso?” domandò il moro osservando l’altro ragazzo.

I due si scrutarono per un istante prima di asserire con un ghigno ‘Gli irlandesi!’*

 

Sì, forse per quanto Draco non amasse dividere la casa con Harry Potter, pian piano stava imparando a farci l’abitudine.

 

***

 

“Venerdì è il mio compleanno” disse Harry una domenica mattina a colazione

“Auguri.”

“Grazie, ma non era questo lo scopo.”

“Non posso farti regali, non ho soldi e mai te ne chiederei per comprarti qualcosa.”

“Squisito come sempre. Ad ogni modo, te lo sto dicendo perché volevo festeggiare invitando a cena da noi Ron ed Hermione.”

“… da noi?” chiese perplesso Draco, inorridendo leggermente per quel pronome.

“Beh, intendevo qui. E siccome qui ci viviamo entrambi… Per te va bene?”

“E’ casa tua, Potter.”

“Nostra, direi.”

Draco storse il naso.

“Ok, è casa mia” si corresse Harry comprendendo da cosa derivasse l’espressione vagamente disgustata del biondo “Però ci vivi anche tu, e se non ti va di vedere i miei amici, posso andare fuori con loro.”

Il Serpeverde scosse la testa.

“Io resterò tranquillo in camera mia, facendo come se non esistessi.”

Harry lo guardò terrorizzato per un istante prima di abbassare lo sguardo.

“Che ti prende, Potter?”

“Harry, il mio nome è Harry razza d’idiota” rispose il moro mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

“Ok, ok… cosa ti prende, Harry?!

“Nient-”

“Non ci provare” sibilò il biondo.

“Quando mio zio aveva ospiti a casa dovevo sempre fingere di non esistere. Non è mai una bella cosa.”

Draco sbuffò.

“Sono io a decidere, falli venire qua” asserì lui stupendosi di se stesso e della sua accondiscendenza.

Harry sorrise sinceramente mimando un grazie con le labbra. Non lo disse, ma Draco lo lesse chiaramente e chinò il capo in segno di gentilezza, come gli era stato insegnato da piccolo.

“Ho voglia di uscire” mormorò poi il moro.

 

E l’altro fu ben felice di seguirlo.

 

 

***

 

Draco non poteva credere alle assurdità che Potter aveva acquistato.

Erano andati in un negozio di elettronica, così l’aveva definito il Grifondoro, ed erano tornati con un sacco di scatole, anche parecchio pesanti.

Il moro aveva giustificato gli acquisti come oggetti utili a combattere la noia, ma Draco non riusciva assolutamente a capirne il funzionamento.

“Non mi hai spiegato a che cosa servono!” piagnucolò il Serpeverde.

Harry rise divertito.

“Non potevo farlo, la gente si sarebbe posta troppe domande.”

“Perché?”

“Perché non crederebbero mai che un ragazzo di diciotto anni ignori l’esistenza di uno stereo” spiegò Harry prendendo uno scatolone che aveva posato in terra.

“Questo è l’ultimo modello. Riesce anche a leggere i CD, dei dischi con su la musica… li avete anche voi nel Mondo Magico, no?”**

Draco annuì.

“Sì, li abbiamo anche noi” mormorò il biondo non capendo perché Harry si fosse in qualche modo escluso con quel ‘voi’.

“Questo fa esattamente la stessa cosa.”

“Come può funzionare in una casa piena di magia?” chiese Draco.

“Diciamo che mi sono fatto aiutare dal signor Weasley ad installare alcuni collegamenti elettrici che mi permettono di far funzionare questi cosi. Deve anche aver fatto un qualche incantesimo per non fare entrare in conflitto le due fonti d’energia.”

“Ingegnoso. Non pensavo che il capo dei pezz- il signor Weasley” si corresse Draco venendo fulminato dallo sguardo del Grifondoro “fosse così sveglio.”

“Ti stupiresti di quanto” rispose Harry acidamente.

Passarono il resto del pomeriggio e della serata – interrotti solo dalla cena – a sistemare i vari oggetti che erano entrati a far parte dell’arredamento di Grimmauld Place. Nonostante la diffidenza iniziale, Draco apprezzò lo stereo, ma quello che lo stupì e colpì maggiormente fu il televisore. L’idea che qualcuno potesse raccontare storie, parlare e fare cose strane che esattamente non capiva cosa fossero, come insegnare a cucinare, avevano il loro fascino.

Harry aveva voluto piazzare lo stereo nella sua stanza per fargli compagnia, mentre il televisore e il videoregistratore erano stati messi in salotto, dopo aver rimosso il ripiano di una libreria mezza vuota si era rivelata perfetta per ospitare i due oggetti.

Il moro aveva mostrato a Draco come si poteva utilizzare il tutto per dargli un qualcosa che gli facesse compagnia quando lui non c’era o aveva voglia di fare altro. Gli fece presente che al momento le videocassette in suo possesso erano poche – e composte solo da due cartoni animati (delle storie raccontate senza persone ma con dei disegni) di Walt Disney – ma che avrebbe provveduto a comprarne delle altre.

Notarono che ogni tanto l’immagine tendeva a saltare o ad accartocciarsi su se stessa, ma la cosa era facilmente imputabile all’energia magica presente in casa.

“Grazie Potter” mormorò Malfoy quando decisero che avevano giocato a sufficienza con il televisore.

“Di nulla. Ah! Ho una cosa per te” disse il moro prima di congedarsi.

“E sarebbe?” chiese il Serpeverde tradendo una curiosità non indifferente dai suoi occhi.

Harry sorrise e gli allungò un sacchetto di HMV.***

Draco aprì velocemente il sacchetto e scartò l’involucro che conteneva la sorpresa di Harry. Quando il libro – di bella edizione, con la copertina rigida e i colori vivaci – fecero la comparsa davanti ai suoi occhi, lui non poté trattenersi dal fare una smorfia.

“Non lo leggerò mai Potter” sibilò il biondo.

“Invece so che lo farai” ghignò Harry salutandolo e lasciandolo lì Draco con la sua copia personale – fresca di stampa – de ‘Il mago di Oz’.

 

***

 

Quando Draco si svegliò quel venerdì mattina, Harry non era in casa. Scese a far colazione e mentre prendeva il latte vide un post-it firmato dal ragazzo che lo avvisava che sarebbe tornato entro l’una. Il biondo controllò l’orologio (semplice e Babbano munito di sole tre lancette) appeso su una parete e constatò che erano solo le nove. Evidentemente quella giornata sarebbe stato destinato a passarla da solo. Odiava rimanere da solo in casa, ma aveva imparato a chiudersi in camera sua mentre Oz ogni tanto si fiondava in cucina gracchiando fastidiosamente nella speranza che Harry prendesse la lettera che l’animale aveva in consegna. E quel giorno sarebbe stato peggio. Non aveva idea di quanti gufi potessero trovarlo, ma erano comunque troppi probabilmente, e il ragazzo non aveva voglia di fare colazione circondato da uccellacci del malaugurio. Così, dopo aver recuperato un vassoio, vi posò sopra una teiera, una tazza, il bricco per il latte e un piattino con quattro piccoli muffin che aveva preparato Kreacher durante la notte.

Salì fino alla sua stanza e posò il tutto sulla scrivania guardandosi intorno e rendendosi conto che non aveva la benché minima idea di cosa fare. Notò con disappunto che la saga dei libri dei draghi – che per altro non è che avesse amato poi così tanto – l’aveva già riportata in biblioteca e che l’unico volume disponibile era quella maledetta copia del libro così tanto amato da Potter. Storse il naso ma decise di provare. Non si fidava minimamente del gusto del Grifondoro, ma il fatto che il protagonista – almeno all’apparenza - fosse un mago – lo convinse a provare. E i titoli della biblioteca di Potter facevano schifo, quindi quella pareva l’alternativa migliore. Così, tra una tazza di the velata di latte e un muffin, Draco iniziò a percorrere il sentiero di mattoni gialli senza riuscire a staccare gli occhi da quelle pagine, deciso a non far sapere nulla ad Harry. Si sarebbe morso la lingua piuttosto che ammettere che alla fine aveva ceduto.

Fu solo all’una – e quando Draco era oramai ad un terzo del libro – che il Grifondoro fece ritorno a casa chiamando il suo coinquilino in salotto.

Il biondo sbuffò e, prendendo il vassoio su cui c’erano oramai solamente le stoviglie da lui usate per fare colazione, scese al piano inferiore. Con calma mise gli oggetti nel lavandino (ovviamente li avrebbe lavati Kreacher, lui non si sarebbe mai abbassato a tanto, anzi!, aveva già fatto fin troppo per una persona del suo rango) e raggiunse Harry in salotto.

“Che vuoi Potter?”

“Ce l’ho fatta!” disse l’altro mettendogli sotto il naso una tessera rosa con la sua faccia sopra.

“Cosa sarebbe?”

“La patente! Ora posso tranquillamente guidare un’automobile!”

“Quand’è che te l’hanno data?”

“Questa mattina ho fatto l’esame. Avevo superato lo scritto la settimana scorsa e adesso sono finalmente abilitato alla guida.”

“Ma non hai l’autonobile” constatò Draco con un ghigno.

“Ancora per poco! Il signor Fitch, il proprietario di quel negozio di alimentari che ogni tanto ai visto all’angolo della via dove viviamo, sapeva che volevo prendere la patente e mi ha detto che se fossi stato interessato, era disposto a vendermi la sua vecchia utilitaria per cinquecento sterline più le duecentocinquanta per il trapasso di proprietà. Siccome è un po’ difficile spiegare alla motorizzazione – il luogo in cui vengono registrate le proprietà automobilistiche – perché non ci sia traccia della mia casa, gli ho detto che l’avrei pagato mille sterline per tenerla intestata a sé. Ovviamente poi pagherò io l’assicurazione o le multe che spero di non prendere” disse Harry quasi tutto d’un fiato, ricordandosi molto Hermione quando doveva ripetere una lezione.

“Molto Serpeverde da parte tua, Potter” constatò Draco.

“Grazie per il complimento.”

“Lo era!”

Harry gli sorrise.

“Lo so.”

 

***

 

Draco non era del tutto certo di voler sapere quello che accadde in cucina nelle ore pomeridiane.

Potter sembrava essere stato colpito da un Incantesimo Rallegrante: forse era stato l’entusiasmo per poter finalmente guidare, o forse semplicemente per il fatto che fosse il suo compleanno, ma tutta quella felicità tendeva a dargli sui nervi.

Draco cercò d’ignorare la voce fastidiosa del Grifondoro che canticchiava motivetti palesemente Babbani e a lui ovviamente sconosciuti.

L’odore di cibo che pian piano raggiungeva il piano superiore gli metteva sempre di più l’acquolina in bocca ma, deciso a mostrarsi freddo ed impassibile, ignorò i morsi della fame e proseguì la lettura di quel libro che – seppur con suo grande rammarico – l’aveva conquistato.

C’era qualcosa d’indescrivibile nel leggere un libro per bambini capace di affascinare anche le persona più scettiche come lui. Non riusciva a capacitarsi di come una bambina col suo cane, un omino di latta, un leone fifone – e qui non poteva fare a meno di ridere per le somiglianze con Paciock – e uno spaventapasseri apparentemente idiota fossero riusciti a trasportarlo ed appassionarlo a un qualcosa che aveva così tanto disprezzato e che avrebbe continuato a disprezzare, se la noia non avesse avuto la meglio su di lui.

Nel momento in cui il mago imbroglione riuscì a lasciare il paese a bordo della sua mongolfiera, qualcuno bussò alla porta. Il biondo nascose velocemente il libro sotto il cuscino e sdraiandosi con l’aria di uno che aveva passato con gioia il pomeriggio a non far nulla, diede il permesso a Potter o Kreacher di entrare, strascicando se possibile ancor di più la sua voce.

La chioma incolta del Grifondoro fece la sua comparsa e Draco notò che reggeva tra le mani un vassoio.

“Ti ho portato la cena” disse Harry posando il tutto sulla scrivania “Tra dieci minuti arriveranno Ron ed Hermione e ho pensato – visto che non vuoi mangiare con noi – che la cena in camera ti avrebbe fatto piacere.”

“E’ bello vederti nei panni di un elfo domestico, Potter” lo schernì Draco alzandosi dal letto e avvicinandosi al moro “Avresti fatto carriera.”

L’occhiata di Harry fu abbastanza eloquente e il profumo troppo invitante perché Draco perdesse altro tempo ad insultare il ragazzo.

“Cos’è?” si ritrovò invece a domandare il biondo indicando il piatto coperto da uno spesso coperchio.

“Steak pie con patate. Dolci non ne ho fatti perché la torta la porterà Hermione” spiegò il moro rabbrividendo all’idea “Ma siccome la conosco ho fatto preparare a Kreacher dei biscotti d’emergenza. C’è un incantesimo riscaldante sulle pietanze, potrai mangiarle quando vorrai. E il succo di zucca invece è freddo” concluse Harry arricciando le labbra.

Draco annuì e prima che Harry se ne andasse mormorò un flebile grazie che però il moro riuscì comunque ad udire e questo, con un sorriso, si chiuse la porta alle spalle lasciando il Serpeverde da solo con i suoi pensieri. E un libro da finire.

 

***

 

I Babbani facevano veramente ridere quando nei loro racconti descrivevano la magia, si ritrovò a pensare Draco finendo di masticare un biscotto mentre terminava l’ultima pagina de Il Mago di Oz.

Non poteva certo dire che il libro gli fosse piaciuto; sicuramente era avvincente e ben scritto, ma l’unica cosa che aveva guadagnato da esso era sentirsi ribollire il sangue nelle vene e la sua magia implorare di uscire. Leggere di quel patetico mago – così rinominato per puro diletto – del tutto privo di magia l’aveva frustrato. Lui in quel momento era un mago pieno di magia repressa ma non aveva modo di utilizzarla. La sua bacchetta era nelle mani di Potter e non aveva idea di dove il ragazzo la custodisse. Non poteva fare nulla per cercarla perché era solo attraverso di lei che la sua magia poteva venir sprigionata.

Posò il libro sulla scrivania – controllando che i segni della lettura non fossero troppo visibili – e bevve l’ultimo sorso di the che aveva nella tazza. La teiera era piuttosto grande e sarebbe riuscito a farsela bastare per il resto della serata.

Dal piano inferiore provenivano le risate, le voci e gli schiamazzi del magnifico trio, ma il biondo stava facendo di tutto per ignorare la loro presenza. Concentrarsi sulla lettura era stato d’aiuto, ma a libro ultimato le alternative erano poche. Così decise che, anche se erano solo le dieci e un quarto di sera, sarebbe andato a dormire nella speranza che il giorno successivo arrivasse velocemente, senza Donnole e Mezzosangue tra i piedi.

Si alzò dalla sedia stiracchiandosi leggermente ed uscì dalla stanza, raggiungendo il bagno, uscendone solo una mezzora dopo.

“Hai fatto qualche incantesimo?”

Draco venne colpito dalla voce di Weasley che celava un vago timore. La risposa di Potter non gli pervenne, ma il commento della Granger fu sufficiente.

“Dovresti farlo amico. In fondo è Malfoy, è vincolato a te. Non direbbe nulla a nessuno.”

“Ho detto di no!”

Questa volta la risposta di Harry giunse forte e chiara alle orecchie del Serpeverde che sentì salire un moto di rabbia improvviso.

I Grifondoro erano più viscidi dei Serpeverde. Il fatto che lui fosse vincolato a Potter in qualche modo avrebbe giustificato la sua impossibilità di svelare al Mondo Magico eventuali incantesimi che il moro avrebbe fatto su di lui? Se l’avesse costretto a stringere un Voto Infrangibile nessuno sarebbe venuto a conoscenza della loro meschinità. Potter non voleva fare nulla, ma questo lo fece sentire anche più debole perché lui sarebbe stato totalmente incapace di difendersi da qualunque attacco, se non sperando in qualche scatto di magia involontaria. E questo Draco non poteva accettarlo.

Tornò in camera infuriato sbattendo la porta, non curandosi del fatto che il magnifico trio potesse farsi qualche domanda. I due pezzenti sapevano perfettamente che lui viveva lì.

A quel punto i suoi buoni propositi di abbandonarsi al sonno scemarono. La rabbia di sicuro non gli avrebbe permesso di dormire.

 

Gliel’avrebbe fatta pagare a Potter.

Non appena Weasley e la Granger se ne fossero andati, però.

Lui era da solo. E senza bacchetta.

 

 

***

 

“Lo fai perché sei in Grifondoro, vero?” domandò Draco raggiungendo Harry in salotto dove stava radunando i bicchieri e i piatti che avevano usato lui, Ron ed Hermione durante le ore passate a chiacchierare davanti al fuoco freddo evocato dalla ragazza. Data la stagione, accendere il camino non era necessario, ma ai tre era sempre piaciuto chiacchierare davanti al fuoco e così, per restare fedeli alla tradizione, Hermione aveva mormorato un semplice incantesimo e un fuoco freddo, che non necessitava di nulla per ardere, era sgorgato dalla sua bacchetta.

“Cosa?” chiese il moro smettendo di canticchiare un motivetto sconosciuto.

“Ho sentito quello che hai detto ai tuoi amici.”

Harry smise di raccogliere gli oggetti e si voltò verso Draco.

“Cosa vorresti dire?”

“Sei tu che mi devi delle spiegazioni Potter. Ho sentito per caso quello che stavate dicendo. Non hai ancora fatto un incantesimo da che io sono arrivato. Non ti ho mai visto con la bacchetta in mano! Mi credi tanto cretino?!”

Il Grifondoro deglutì spaventato.

“Pensi che non possa sopportare l’idea di Harry Potter che usi la magia quando il povero Draco Malfoy è segregato in questa casa senza la sua bacchetta che è custodita nelle stanze dell’Eroe del Mondo Magico! Pensi che leggere quel tuo maledetto libro in cui un mago riesce a fare tutto senza avere un briciolo di magia mi consoli?!”

Con grande sorpresa del Serpeverde, il moro iniziò a ridere. Una risata nervosa che non aveva nulla di realmente divertito.

“Tu-tu sei davvero un idiota Malfoy!” balbettò il ragazzo non riuscendo a frenare quel riso isterico.

“Sei un codardo Potter! Potrei benissimo difendermi anche se mi attaccassi.”

“E come?! Con una bacchetta del ristorante cinese?!”****

Draco, a quelle parole, reagì d’istinto e afferrò Harry per la maglia e lo spinse a terra, iniziando a colpirlo in malo modo mentre questo reagiva con altrettanta feroce incoerenza.

Era una rabbia repressa, un odio fino a quel momento taciuto e che entrambi avevano cercato di soffocare e che prendeva il sopravvento sulla loro ragione. Le braccia si muovevano scompostamente, colpendo a caso il corpo dell’altro, spesso fallendo, incontrando o l’aria o il tappeto. Con un colpo di bacino Harry ribaltò le posizioni, trovandosi al di sopra di Draco con le mani strette attorno al suo collo.

“Non provocarmi Malfoy” disse il moro senza riuscire a celare la rabbia e l’amarezza dietro i suoi occhi.

“Allora fa qualcosa! Cruciami! Impastoiami! Schiantami!”

“Vorrei tanto Malfoy! Tu non hai idea di quanto vorrei schiantarti in questo momento!” sibilò Harry a pochi centimetri dal volto del biondo “Ma non posso…”.

E Draco, in quell’istante, capì.

Gli occhi di Harry, la luce oramai spenta di quello sguardo gli disse tutto ciò che l’altro non gli aveva mai rivelato in quei due mesi.

Capì perché il manico di scopa del Grifondoro era appeso alla parete e perché il ragazzo avesse voluto tanto un mezzo di locomozione Babbano. Comprese la ragione dell’affidare a Kreacher ogni compito e qualunque attività potesse richiedere l’uso della magia.

E capì perché Harry si fosse così tanto affezionato a ‘Il Mago di Oz’,  quel libro che raccontava di come un mago senza magia fosse riuscito a stregare un’intera città.

Draco afferrò i polsi del moro, riuscendo così a bloccarlo. Lo fissò negli occhi per un lungo istante prima di trovare le parole giuste per porgli l’unica domanda che avrebbe spiegato tutto.

 

“Com’è successo Potter? Com’è che hai perso la tua magia?”

 

Note dell’autrice:

 * La battuta sull’Irlanda è un po’ cattiva, ma essendo sia Harry che Draco inglesi, mi sembrava appropriata.

** Tenendo conto che teoricamente la vicenda è ambientata nel 1998… io ricordo che in quegli anni andavo ancora di walkman e cassette XD

*** Negozio di libri e cd. Un po’ la Feltrinelli&Ricordi della Gran Bretagna.

**** Questa battuta fa il verso alla storia fluff, non-sense, Harry/Draco – Wands in Disguise - che scrissi con l’intenzione poi di ricavarci una trama seria, che era appunto quella di questa storia ^^

Spero che l’ultima frase sia riuscito nell’intento di sorprendervi, rivelando il perché Harry non fa ma mai magie o trova metodi alternative per fare le cose. E inoltre quella frase vi rivela anche il significato del titolo della storia. Alles Verloren – che si traduce con tutto perduto – altro non  che la scomparsa magia di Harry. Ulteriori spiegazioni ve le darà il diretto interessato nel prossimo capitolo ^^

Ovviamente, come sempre, grazie mille a Meg per il betaggio <3

 Vi ricordo che le risposte ai bellissimi commenti che mi avete lasciato le trovate direttamente nella pagina delle recensioni =)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Alles Verloren - Capitolo 5

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

Alles Verloren

 

Capitolo 5

 

Con un gesto secco e rapido Harry si liberò dalla presa del biondo. Scese dal corpo di Draco e si sedette sul pavimento, appoggiando la schiena alla poltrona che aveva dietro di sé.

Il biondo si alzò da terra, rimanendo però seduto a gambe incrociate davanti all’oramai inerme Eroe del Mondo Magico.

Il Grifondoro chiuse gli occhi evitando di guardare l’altro, senza che però questo gli impedisse di sentire lo sguardo indagatore di Draco su di sé.

“E’ così, Potter, non è vero?” domandò cautamente il Serpeverde ed Harry fu costretto ad aprire gli occhi e a guardarlo.

I loro occhi rimasero incatenati per qualche secondo prima che Harry abbassasse il capo e annuisse.

“Com’è successo? Chi-”

“Era scritto nella profezia” rispose il moro togliendosi gli occhiali e pulendo le lenti con il lembo della maglietta che indossava “Quella che tuo padre cercò di rubarmi prima di venire arrestato alla fine del nostro quinto anno.”

Draco si sarebbe sentito in dovere di ribattere, rinfacciargli quanto le sue azioni gli avessero rovinato la vita, ma in quel momento sapeva di dover stare zitto ad ascoltare e basta.

“Voldemort aveva scelto me come suo nemico e così io ero destinato ad affrontarlo, uscendone o vincitore o morto.”

“Penso non ci sia bisogno di spiegarmi come sia andata a finire” disse Draco cercando di spezzare la tensione.

“Già. E così è andata. Ero il Prescelto per affrontare Voldemort e l’ho fatto. Peccato solo che c’era una sorta di clausola nella profezia che non riguardava un dopo.”

Draco arricciò le labbra mentre Harry si stropicciava stancamente gli occhi.

“Temo di non aver capito.”

Harry inforcò nuovamente gli occhiali e guardò il biondo, sperando nel fatto che proferire ad alta voce quella scomoda verità l’avrebbe (forse) fatta sembrare meno cruda e pesante di quanto in realtà non fosse.

“E’ come se io fossi nato per questo! Solo per questo! Come se l’unica ragione per cui ero un mago fosse… distruggere Voldemort! Lui è morto e dopo quell’Expelliarmus ho fatto solo un altro incantesimo. Un Reparo sulla mia vecchia bacchetta. Da quel momento in poi non ho più sentito la magia” spiegò velocemente Harry. Vista da quella prospettiva e con quelle poche parole era ancora peggio.

“E Silente?” domandò cauto il biondo.

“Ne capisce quanto me, ovvero nulla.”

“Tu non hai mai capito nulla, Potter” lo prese in giro il Serpeverde con un ghigno che però non parve risollevare di molto l’umore dell’altro.

“Stavolta ancor meno del solito. Ho sconfitto Voldemort e all’improvviso mi sono ritrovato ad essere un Babbano, bell’affare, eh?” concluse il ragazzo con uno sbuffo.

Draco sentiva che Harry stava cercando di fare ironia e dimostrarsi comunque oramai abituato alla cosa, ma il biondo sapeva che quella era una facciata. Non era mai stato bravo a capire le persone, concentrato com’era solo su se stesso, ma Harry Potter era sempre stato la sua nemesi, sapeva come scalfirlo, ferirlo ed umiliarlo. Conosceva ogni suo punto debole. Forse, fossero stati ancora ad Hogwarts e nulla fosse cambiato, lo avrebbe deriso davanti a tutti, ma ad Harry doveva la vita. E la libertà. E per quanto lui fosse la più maligna e velenosa tra le Serpi, vi era un codice che anche i cattivi erano tenuti a rispettare.

E dopo aver convissuto per due mesi con Potter, aveva quasi avuto l’impressione di essere stato contaminato da qualche virus del senso dell’onore dell’orrenda casata rosso-oro.

“Significa che dentro di te non c’è più traccia di magia?”

Harry emise uno sbuffo divertito che cerava di mascherare la sua frustrazione.

“Neanche una briciola…”

Draco scosse la testa ancora incredulo.

“Io continuo a non capire, Potter.”

“Nessuno lo capisce. Ne ho parlato con il ritratto di Silente molte volte. Era presente nel momento in cui la mia magia è venuta a meno.”

“Chi altro lo sa?” chiese il biondo.

“Pochi: Silente, la McGrannit, Kingsley e, naturalmente-”

“-gli altri due membri del Magico Trio” concluse per lui Draco vedendo l’altro annuire.

“E Kreacher” si sentì in dovere di aggiungere il moro.

“E’ per questo che l’hai voluto accanto a te?”

“E’ sotto giuramento e per questo non potrà mai tradirmi o rivelare ad altri il mio… piccolo problema. E sicuramente avere con me qualcuno che può fare magie mi è d’aiuto. Semplicemente sono tornato ad essere ciò che ero prima che Hagrid venisse a prendermi dai Dursley.”

“Sì… ho letto l’edizione speciale de La Gazzetta del Profeta che riportava l’intera biografia riassunta del grande Harry Potter.”

Il Grifondoro sospirò.

“Il loro Eroe del Mondo Magico che da mesi non è e non sarà mai più in grado di trasformare uno stuzzicadente in uno spillo. Anche se, effettivamente, non sono mai stato un asso in Trasfigurazione.”

“Nemmeno in Pozioni.”

“Quelle sarebbero le uniche cose che sarei in grado di fare, ma se non voglio far saltare in aria qualcosa, meglio evitare.”

“E’ per questo che non riescono a trovarti?” chiese Draco osservando attentamente il moro “Il Mondo Magico, intendo. So che Grimmauld Place è sotto Incato Fidelius, ma tu?”.

“Gli Incantesimi Traccianti non hanno alcun effetto. Non avendo più la magia non c’è nulla nella mia persona che possa essere tracciato. Con i Babbani infatti non funzionano.”

Il Serpeverde guardò attentamente il ragazzo che aveva di fronte e rimase spiazzato dal comprendere che ora il grande Harry Poter, Eroe del Mondo Magico, altro non era che un semplice Babbano.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti finché il ragazzo non capì che probabilmente Harry in quel momento aveva bisogno di restare solo. Confidare a qualcuno che non faceva parte della sua stretta cerchia di amici il suo segreto, che se svelato avrebbe compromesso la sua influenza nei processi e – per vie traverse – anche la sua protezione, non doveva essere di certo stata una cosa facile.

“Io vado a dormire” fece il biondo alzandosi e avviandosi verso l’uscita, ottenendo come una risposta un indecifrabile mugugno da parte dell’altro.

Un tempo ne avrebbe riso, sfruttando l’occasione per deriderlo ed umiliarlo, ma ora… qualcosa nel suo carattere si era spezzato e avere davanti ai suoi occhi le debolezze così palesi di quel ragazzo che tanto aveva odiato ai tempi della scuola l’aveva portato a riflettere e vedere le cose sotto una luce diversa. Era convinto che il Grifondoro fosse riuscito a trasmettergli quell’orrenda cosa chiamata ‘buoni sentimenti’ per osmosi. Se non fosse stato che Harry faceva schifo in pozioni, avrebbe detto di aver bevuto un infuso di patetismo del buon Grifondoro aggiunto giorno per giorno al the che beveva a colazione.

“Potter?”

Il moro non rispose ma alzò lo sguardo verso il biondo fermo sull’uscio della porta.

“Mi dispiace” mormorò Draco. C’erano altre domande che voleva fare, altre cose che voleva sapere, ma non era quello il giorno. Forse domani.

 

“Anche a me…”

 

 

***

 

Passarono due giorni senza che né Harry né Draco tornassero nuovamente sull’argomento ‘perdita della magia’. Un po’ anche perché il signor Fitch aveva consegnato ad Harry la sua prima autonobile e il Grifondoro aveva passato fuori di casa quasi l’intero weekend con la scusa di voler provare l’auto e godersi finalmente la patente. Non che non avesse offerto a Draco di andare a fare un giro insieme per la città, ma il biondo tendeva a diffidare dalle cose troppo Babbane. Televisore e stereo esclusi, ovviamente.

Tutto sembrava essere tornato alla normalità, a prima che Draco scoprisse che l’altro era rimasto senza magia. Fu solo quando lunedì il Grifondoro accennò al biondo di dirgli se avesse avuto bisogno di qualcosa dal Mondo Magico, dato nel pomeriggio sarebbe dovuto andare a Diagon Alley, che al biondo vennero in mente le mille domande che si era tenuto per sé durante quei due giorni.

“Come ci riesci?”

“A far cosa?” chiese Harry perplesso imburrando una fetta di pane.

“Ad andare a Diagon Alley. Voglio dire… il muro.”

“Ci sono anche i camini che ti portano direttamente lì, anche se ammetto che la Metropolvere non è il mio modo preferito di viaggiare. Preferisco passare dal Paiolo Magico, ma non è un problema. Voglio dire, i mattoni riconoscono il cuore della bacchetta.”

“Vuoi dire che un Babbano qualunque in possesso di una bacchetta magica potrebbe entrare nel nostro mondo?”

“E’ quello che faccio io ogni volta, Malfoy. Anche se non ci vado poi così spesso. Non da solo almeno, potrebbe essere rischioso.”

"Cosa intendi?"

"Che è meglio non si sappia in giro e Kingsley ci tiene a tenermi al sicuro" rispose Harry facendogli intendere, con un gesto della mano, che non era una cosa importante.

“Ma scusa" proseguì Draco, tornando al discorso precedente "A rigor di logica non dovresti vederlo il Paiolo Magico, o sbaglio?” chiese mentre aggiungeva un velo di latte alla sua tazza di the.

Harry storse le labbra riflettendo su quanto il Serpeverde gli aveva appena detto. Era vero, se lui fosse diventato un Babbano non avrebbe neanche potuto vederlo il Paiolo Magico. Ma per la stessa logica allora anche Gazza non avrebbe potuto lavorare ad Hogwarts. Ne aveva discusso ampiamente con Ron ed Hermione ma prendere in considerazione l’ipotesi l’aveva sempre demoralizzato. Detta dal Serpeverde quella teoria però pareva davvero l’unica possibile.

“Probabilmente sono diventato un Magonò, più che un Babbano.”

“Come Gazza?”

“Immagino di sì. Io vedo la magia, vedo i luoghi, posso viaggiare con la Metropolvere – e i Babbani non possono farlo – riesco ad accedere a molti luoghi protetti da incantesimi Respingi Babbani. Non posso volare, questo no.”

“Hai un futuro come custode ad Hogwarts!” lo prese malignamente in giro il Serpeverde, pentendosi immediatamente di quanto detto.

“Meglio che niente” borbottò il moro.

“E la mia bacchetta Potter?” domandò l’altro per cambiare discorso mentre aggiungeva un cucchiaino di zucchero al suo the, iniziando a mescolare la calda bevanda.

“La tua bacchetta ce l’ho io.”

“Questo lo so.”

“Te la ridarò quando starai per tornare ad Hogwarts.”

Draco a quella frase – se possibile - impallidì ancor di più.

“In che senso ‘tornerò ad Hogwarts’… cosa significa?” fece il biondo posando il cucchiaino.

Harry alzò perplesso un sopracciglio.

“Mi sembra abbastanza ovvio.”

“…tornerò?”

Il Grifondoro annuì.

“Tu sì, io no” ammise con un po’ di rammarico.

E Malfoy, in quell’istante, sembrò rendersi conto di cosa volesse dire per Harry aver perso la sua magia. Quella forza fondamentale che fino a quel momento lo aveva tenuto in vita, non tanto a livello fisico, ma quanto moralmente, era venuta a mancare. Non aveva più quella stessa forza che l’aveva sempre spinto ad andare avanti, conscio dei suoi poteri, deciso a sfruttarli in nome del Bene, della Pace, della Luce e di quegli altri perbenismi a cui Draco non si sarebbe mai veramente abituato. L’unica cosa che al momento riusciva a comprendere era che il suo ultimo anno ad Hogwarts l’avrebbe trascorso senza la sua nemesi.

“Perché?”

Il moro gli lanciò un’occhiataccia.

“Lo so il perché! Quello che intendo è che… non puoi, Potter!”

“Sono io che non posso venire con voi. Non voglio che gli altri mi vedano… così. Oltrepasserei la barriera, ma a cosa serve un Magonò ad Hogwarts? E non dire che c’è sempre Gazza, sarei disposto a diventare un eremita piuttosto che vivere il suo destino e rimanere frustrato a vita nel vedere generazioni su generazioni diventare maghi e io rimanere lì, a lavare i pavimenti.”

“Non laveresti mai i pavimenti, sei pur sempre Harry Potter!”

“Harry Potter non serve più a niente, adesso…”

Draco deglutì.

“E io? Cosa farò senza di te, Potter?” chiese il biondo guardando l’altro con uno sguardo carico di malinconia e tristezza.

“Cos’è, una specie di dichiarazione?” provò a scherzarci su Harry versandosi un po’ di the.

“A chi rovinerò la vita se non ci sei tu?!” brontolò il biondo ignorando la provocazione del Grifondoro.

“Sai, non credo mi dispiacerà poi così tanto rimanere qui” ridacchiò Harry portandosi alle labbra la sua tazza.

“Allora ridammi la bacchetta.”

Il moro allontanò la tazza dalle labbra. Sapeva che Draco prima poi glielo avrebbe chiesto - anche se forse ordinato rendeva meglio l’idea.

“Non posso” rispose semplicemente Harry.

“Tu e la tua etica Grifondoro! Credevo avessi imparato a fidarti di me e che avessi capito che in fondo non sono così inaffidabile! Se lo fossi avrei provato a strangolarti nel sonno o avvelenarti la cena, eppure sei ancora qua! Vorrà pur dire qualcosa!”

Harry ridacchiò.

“Solo perché non vuoi sporcarti le mani!” gli fece notare il moro con un sorriso.

“Tzè…”

“Sei ancora sotto esame Malfoy. Ho il compito di controllarti e riferire a Kingsley dei tuoi progressi. Se verrai considerato inoffensivo – perlomeno, in quanto Mangiamorte – allora mi consegneranno la chiave magica con cui hanno chiuso il cassetto in cui custodisco la tua bacchetta.”

“Quanto tempo ho?”

“Per far cosa?”

“Per diventare un bravo ragazzo?”

“Lo sei già.”

Harry arrossì lievemente mentre pronunciava quella frase e affondò il viso nella tazza di the, bevendone l’intero contenuto, in modo da poter accusare la bevanda di avergli imporporato le guance. Draco, dal canto suo, non aveva idea di cosa replicare.

“C’è un’altra cosa che non ho capito Potter…” disse il biondo cambiando discorso, vagamente imbarazzato.

“Tu non hai addosso alcuna protezione contro gli incantesimi Traccianti, giusto?”

“Una cosa lieve, giusto l’essenziale per non far individuare il cuore della mia bacchetta.”

“Ma se io sono ancora un mago e tu no, chi ha protetto me dagli-”

“Lo so che lo sei. La protezione te l’ha fornita Kingsley. Non volevo che uscendo di casa qualcuno ti trovasse. Io posso difendermi scappando: conosco Londra e la metropolitana. So come passare per un Babbano, in fondo è quello che sono tornato ad essere. Ma per te poteva essere un pericolo e io non potevo permettere che – per qualche stupido rancore di guerra – qualcuno ti facesse del male.”

Draco chinò il capo. Più il tempo passava, più si rendeva conto che a Potter doveva praticamente e completamente la sua vita.

“Grazie…” mormorò il biondo, sperando che quella parola non fosse arrivata troppo chiaramente alle orecchie del Grifondoro. Quest’ultimo però sorrise.

“Hai tempo fino al trentuno agosto in mattinata.”

“Per fare cosa?”

Harry ridacchiò alzandosi dal suo posto.

“Per diventare un bravo ragazzo!”

“Non avevi detto che lo ero già?”

“Solo per me. Per convincere gli altri dovrai rigare dritto ancora per un po’.”

 

Draco gli lanciò uno sguardo truce e il moro scoppiò a ridere.

Gli sarebbe mancato. Molto.

Ma Draco aveva un futuro e lui stava facendo di tutto affinché nessuno gli impedisse di viverlo. Non doveva scontare gli errori della sua famiglia. Una famiglia che era disposto a proteggere con tutto se stesso, ma in fondo Harry non aveva fatto la stessa cosa?

Con la differenza che se un Serpeverde aggira l’ostacolo e cerca di nascondersi dal colpo della Falciatrice, un Grifondoro l’affronta di petto.

 

Tra coraggio e pazzia, in fondo non c’era molta differenza.

 

Note dell’autrice:

Nonostante questo sia il capitolo più importante di tutta la storia, mi è uscito breve e coinciso. Oddio, coinciso mica tanto – e meno d’effetto di quanto in realtà sperassi – però c’è e i nodi sono venuti al pettine, con spiegazioni annesse un po’ campate in aria nella speranza di giustificare pienamente alcune attitudini di Harry rimaste invariate nonostante la perdita della magia.

Ci vediamo, penso abbastanza presto con l'epilogo =)

Eh sì, siamo già alla fine, o quasi, ma non disperato, davvero, il finale è comunque un finale felice XD

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Epilogo ***


Alles Verloren - Epilogo

Disclaimer: Tutto appartiene a JKRowling. Io non ci guadagno nulla.

 

Alles Verloren

 

Epilogo

 

1 settembre 1998 – Grimmaud Place

 

“E’ ora di andare” disse Harry alle dieci e venti di mattina dopo che lui e Draco ebbero finito di fare colazione.

Nelle prime due settimane successive alla scoperta della verità sull’Eroe del Mondo Magico, le loro conversazioni spesso sfociavano in litigate, non si parlavano per giorni, poi riprendevano, chiacchieravano e quando il discorso cadeva accidentalmente sulla magia, sulla bacchetta di Draco o il ritorno ad Hogwarts, i loro rapporti peggioravano nuovamente.

Solo negli ultimi quattordici giorni le cose erano migliorate. Certo, talvolta Draco non riusciva a trattenersi dal fare domande riguardo la sua bacchetta, ma dopo che Harry – esasperato dalle sue richieste – gli assicurò per certo che il primo settembre allo scadere delle dieci e mezza – secondo quanto stabilito dal Voto Infrangibile che aveva stretto con Kinsgley – avrebbe potuto restituirgli il mal tolto, il biondo smise di tormentalo.

“Prima…” iniziò a dire Draco venendo però interrotto dall’altro che gli fece segno di seguirlo.

Il biondo annuì e seguì il ragazzo sulle scale che conducevano al piano superiore dove si trovava la camera di Harry. Questo aprì la porta con una semplice chiave di metallo – niente Alohomora – e si diresse verso un vecchio scrittorio di legno massiccio. Con un'altra chiave, molto piccola e comunque dall’aria consunta, aprì il terzo cassetto, rivelando che in esso erano contenute solamente due scatole, esattamente identiche.

Con mano sicura Harry prese quella sulla destra e la consegnò a Draco. Lui l’aprì rivelando il suo biancospino adagiato su uno strato di velluto verde scuro che l’aveva protetta per tutti quei mesi.

Nel momento in cui la prese in mano, Draco sentì il legno scaldarsi e la magia fluire dalle sue mani fino alla bacchetta che, dopo tanto tempo desiderava essere nuovamente utilizzata.

Harry al tempo stesso prese la sua – l’unica differenza era il velluto rosso all’interno della scatola in cui essa era contenuta – e si mise a tracolla una borsa di tela in cui nascose la sua oramai inutile arma.

“E’ ora di andare” disse Harry e Draco non poté fare altro che seguirlo fino in salotto. Davanti al camino attraverso il quale avrebbero raggiunto King’s Cross, c’era già il baule del Serpeverde che Kreacher aveva trasportato di sotto.

 

In meno di due minuti arrivarono in stazione. Nonostante Harry odiasse ammetterlo, non potendo smaterializzarsi, la Metropolvere era il mezzo più veloce per arrivare dove voleva senza perdere un’intera mattinata ad aspettare i - per quanto efficienti - mezzi pubblici londinesi.

“Eccoci” mormorò il moro uscendo dalla piccola saletta che era predisposta per l’arrivo con la Metropolvere. Erano tutti sporchi di fuliggine e solo dopo che furono lontano dagli occhi dei Babbani, Draco ripulì entrambi con un lieve colpo di bacchetta.

“Non ho capito perché non hanno fatto una connessione diretta col binario” constatò Harry ringraziandolo con un cenno del capo.

“Perché è sempre stato così” si limitò a rispondere il biondo osservando la massa di Babbani che andava avanti e indietro correndo perché erano in ritardo. Non c’era da stupirsi che nessuno notasse la presenza di gente strana che spariva dentro una colonna tra due binari.

I due percorsero il breve tratto di strada che li separava dai binari nove e dieci finché Harry non si fermò dietro ad un tabellone che lo celava alla vista di coloro che erano sulla banchina tra i due binari in attesa di oltrepassare la barriera magica.

“Credo tu debba andare” fece Harry controllando l’ora dall’orologio appeso al muro.

“C’è una cosa che non mi hai permesso di chiederti” iniziò a dire Draco, approfittando di quell’ultimo momento in cui avrebbe potuto conversare con Potter.

“Perché allora lo fai adesso?”

“Perché per un anno – e forse per molto di più, magari per sempre – non ci vedremo, quindi esigo una risposta come sorta di addio. O arrivederci.”

Il moro annuì. Sapeva di aver precluso molte conversazioni con il suo atteggiamento, ma parlare del suo futuro senza magia era ancora troppo doloroso per lui.

“E vorresti sapere…?” lo incoraggio, rendendosi conto che la proposta di Draco era anche sì fattibile.

“Cosa farai?”

Harry sospirò. In fondo un po’ se l’era aspettato.

“Ho preso accordi con Kingsley” rispose lui “Siamo riusciti a circoscrivere – non lo so con esattezza perché non mi sono occupato io in prima persona della cosa, probabilmente l’hanno falsificato – il problema del diploma Babbano. Ufficialmente in questo mondo ho finito i miei studi e sono pronto per andare all’università.”

“Lo farai?” gli chiese Draco a bruciapelo, conscio di avere ancora solo pochi minuti a disposizione.

Harry annuì.

“Sì. Andrò a studiare storia alla University College London. Non è lontano da qua, giusto un paio di fermate di metropolitana I soldi per pagarmi gli studi non mi mancano di certo e sono sicuro che – in caso di estremo bisogno – avrò appoggi sufficienti nel Mondo Magico. E poi chissà, potrei andare a fare l’insegnante o magari il semplice commesso in un negozio e durante le pause pranzo starò lì a farmi aria con la mia laurea…”*

“Vale la pena provarci?”

“A far cosa?”

“A vivere nel Mondo Babbano?”

“Non ho molte alternative” gli fece notare Harry.

“Potresti vivere come un re senza alzare un dito per il resto della tua vita” cercò di farlo ragionare Malfoy ma l’altro scosse la testa.

“Non posso farlo, non riuscirei a stare con le mani in mano. Sono sopravvissuto a tutto e devo provarlo a me stesso, anche se non ho più la mia magia ho ancora la mia vita e voglio viverla, provando a godere di quelle cose Babbane che ad Hogwarts mi sono sempre state precluse. Voglio farmi nuovi amici, andare con loro la sera al pub, ubriacarmi fino a non capire più nulla, fumare un pacchetto di sigarette in poche ore… fare la persona normale senza dovermi confrontare con gente intimidita solo dal mio nome. Non mi aspetto che tu capisca questo modo di fare, ma dopotutto non siamo di due casate opposte mica per nulla.”

Draco si ritrovò inaspettatamente a ridere davanti a quell’affermazione.

“E’ davvero ora che tu vada” disse Harry vedendo che l’orologio oramai segnava le undici meno sei minuti.

Draco annuì.

“Divertiti, non fare il fottuto Serpeverde e non prendere di mira gente che non sono io. Sei sempre stato il mio nemico preferito!” lo schernì Harry con un sorriso e porgendogli la mano.

Draco accettò e rivolse all’altro un ghigno come unica risposta.

“E’ stato un piacere Malfoy.”

“Per me no…”

Harry lo guardò male e l’altro sbuffò.

“Potter?” lo chiamò Draco.

“Uhm?”

“Riuscirò a riavere la mia casa?”

“A Grimmauld Place ci sarà sempre un posto per te”  rispose il moro aspettandosi di veder comparire sul volto dell’altro la ben nota smorfia di disgusto che era sempre solito riservargli.

“Buon viaggio!” lo salutò Harry voltandogli le spalle sentendogli sussurrare un debolissimo ‘grazie’ provenire dal biondo.

“Buona fortuna” fece poi il Grifondoro, celando un triste sorriso.

“Anche a te” rispose Draco prima di allontanarsi verso la barriera che divideva il Mondo Babbano da quello della Magia.

 

 

-Fine-

 

Note dell’autrice:

* Questa battuta è di Meg, le è uscita un po’ di tempo fa in occasione del grande evento: il mio ritorno in università XD Il copyright è suo u.u 

No, non è un finale triste! Si salutano e Harry ricorda a Draco che a Gimmauld Place (come nella sua vita XD) ci sarà sempre un posto per Draco. Vi prego, non ditemi che è angst altrimenti... non posso nemmeno darmi all'ippica, visto che do già abbonatemente tutti i giorni!

Per me questo è un finale felice, ecco =)

Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno commentato, le 30 persone che hanno seguito storia, le 7 che l'hanno tra le loro preferite e le 3 che l'hanno aggiunta tra le storie da ricordare =)
Un enorme grazie anche alla mia beta Meg, senza la quale questa storia non sarebbe stata così leggibile XD

Grazie di cuore a tutti quelli che hanno letto questo racconto =)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=596651