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di EstrellaLunar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Saluti ***
Capitolo 3: *** 2. Un tuffo nel passato ***
Capitolo 4: *** 3. Nuovi respiri ***
Capitolo 5: *** 4. Scorbutiche conoscenza. ***
Capitolo 6: *** 5. Nuova vita ***
Capitolo 7: *** 6. Campagne e spiagge. ***
Capitolo 8: *** 7. Il vaso di Pandora ***
Capitolo 9: *** 8. Partenze e quadri ***
Capitolo 10: *** 9. New York, New York ***
Capitolo 11: *** 10. Marla ***
Capitolo 12: *** 11. Parigi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Lauren mi guardava con gli occhioni spalancati come al suo solito. Mi fissava le labbra come se da un momento all'altro potesse mangiarsele. Distolsi lo sguardo da lei e mi allontanai un po'. Ero stufo di come mi guardavano le donne, ok mi faceva piacere all'inizio ma adesso mi sembrava di dover continuamente mantenere uno standard che mi imponevano ogni giorno. Volevo smettere di essere famoso, sì come se fosse stato possibile. Ero all'apice del successo e la cosa non era poi così brutta a ben pensarci, però era pesante. Troppo pesante. Soprattutto perché mi consideravano un sex simbol e io, bè io non mi ero mai sentito tale durante la mia giovinezza, non in confronto ai grandi attori del cinema di metà secolo scorso.
Arrivai alla mia Bmw e guidai svelto fino a casa, avevo voglia di dipingere. Quella era una delle poche cose che mi faceva stare bene, forse l'unica. Non c'era nessuna donna che mi faceva sentire appagato come quando, esausto e macchiato di colore, riguardavo il mio quadro finito; non c'era nessun cibo, nessuna musica, nessuna macchina o moto e nemmeno dirigere un corto mi faceva sentire così bene, nemmeno recitare alle volte bastava.
Mi spogliai di fretta e indossai una vecchia camicia macchiata di pittura ad olio e andai nella stanza bianca, con le lenzuola sparse a coprire parti di muro, presi i colori e tirai fuori dallo stanzino una tela bianca, che appoggiai al cavalletto davanti alla grande porta finestra che dava sul giardino. Misi su un cd di musica classica e incominciai a guardare la tela.. mi avvicinai a lei, la sfiorai come se fosse una bella donna, subito brividi di piacere mi percorsero la schiena e poi non pensai più, presi il rosso e cominciai a tracciare linee, curve, rientranze, mi abbandonai completamente alla pittura. Due ore dopo ero seduto sulla poltrona, un poco più lucido e rilassato, sorseggiavo un bicchiere di Chianti. Osservai la mia opera. Avevo bisogno di un viaggio. Lo percepivo dai colori forti con cui avevo dipinto, dalle linee che solcavano la tela come urli disperati di aiuto. Era un paesaggio. Mi avvicinai un po' di più e frugai nella mia memoria.. ma certo era un paesaggio toscano, c'ero stato una volta, da ragazzino con mio fratello Tom per vedere le terre del mio bisnonno. Dovevo tornare là. Forse avrei trovato qualcosa, forse mi sarei sentito di nuovo me stesso. Dopotutto ogni tanto Los Angeles ti obbligava a fare una pausa.


FEDE'S CORNER:

allora... non mi ero mai cimentata su fanfiction su attori e non so come ma oggi mi è venuta questa pazza idea e ho dato libero sfogo all'immaginazione. Molte informazioni su James sono puro frutto della mia immaginazione. Sentitevi liberi di commentare e dire la vostra... se qualcuno non dovesse averlo presente(anche se mi sembra molto improbabile potete ammirarlo in tutta la sua bellezza qui: http://www.youtube.com/watch?v=7WTFO7trdLw

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Capitolo 2
*** 1. Saluti ***


1.Saluti

-Parto per un po'...-
-..e dove vai?- la voce di Christine era tesa, quasi nervosa.
-In Italia..- risposi tranquillo.
-Ah... e per quanto tempo?-
-Non ne ho la più pallida idea..-
-è per lavoro?- chiese speranzosa.
-No..-
Potei immaginare chiaramente e senza sforzo la sua espressione incazzata sul volto e infatti non udii nessuna risposta.
-Sentiti libera di uscire con chi vuoi..- aggiunsi.
La sentii fare un verso seccato e dopo uno sbuffo disse ironica: -Buon viaggio James, non sprecare cartoline o soldi per telefonate.. sarebbe tempo perso..- e attaccò.
Cosa pensava di ottenere da me? Eravamo stati insieme un paio di volte, sì cene divertenti, una bella ragazza, sesso soddisfacente, ma... era solo una come le altre; non le avevo promesso niente. Cosa si aspettava, diavolo?
Cercai di non pensarci e chiusi la valigia, avevo ancora un paio di amici e colleghi da chiamare.

Un'ora dopo mi aspettava l'incontro più difficile, quello con il mio agente.
-Avanti..-
-Ciao Jordan...-
-Oh... caro... accomodati... proprio te cercavo.. ci sono un paio di contratti a cui dovresti dare un'occhiata..-
-Ehm... c'è un piccolo contrattempo...-
Jordan alzò lo sguardo dalla scrivania preoccupato:-Che cosa è successo?-
Sbuffai: -Niente di grave.. almeno per me...-
-Spara Franco..- quando mi chiamava per cognome era sull'orlo di insultarmi, lo conoscevo.
-Parto..-
-Ah.. ok ,che colpo mi hai fatto venire, ma sì tranquillo vai pure.. tanto questi film andranno in produzione verso l'autunno!-
Strinsi la pelle nera e lucida della poltrona e buttai fuori tutto d'un fiato le parole:-Non so se sarò a casa per questo autunno..-
-Perché?- Jordan non capiva.
-Ho intenzione di andare in Italia per un po'...-
-Offerte di cui non sono a conoscenza?-
-No... è solo che ho bisogno di staccare.. tutto qui!-
-Non mi piace, non mi piace per niente...- incominciava a camminare avanti e indietro per la stanza, accarezzandosi i baffi.
-Lo so... se vuoi lasciarmi ti capisco, se non vuoi aspettarmi non è un problema..-
-Per me sì che è un problema.. non capisci quanti soldi ti, anzi ci potremmo fare con questi film?!- e mi sbatté i copioni sotto il naso.-
-Non penso sarei in grado di affrontare nuovi impegni senza questo viaggio.. devo ritrovare me stesso..-
-Oh diavolo Franco, smettiamola con queste cazzate buddiste..-
-Mi dispiace Jordan, ma questa è la mia decisione e visto che non penso che a te vada bene.. la nostra collaborazione finisce qui..-
-Peggio per te James... di bellocci a Los Angeles ne trovo quanti ne voglio..-
-In bocca al lupo allora..- gli dissi prima di chiudermi la porta del suo ufficio alle mie spalle. Anche se non lo davo a vedere ci ero rimasto male, Jordan era stato un carissimo collaboratore ed era anche grazie a lui se adesso potevo permettermi un anno di vacanza senza problemi, ma non ce la facevo più a sopportare la plastica di Los Angeles.
-Ommioddio!!- ecco proprio parlando di plastica una ragazza con due tette da far invidia a una mongolfiera e un bocca gonfia peggio che un dirigibile mi premette le mani sul petto: -ma tu sei James Franco.!!!- un paio di ragazze in bikini che pattinavano per il viale la sentirono e si voltarono subito.
-Ehm sì..- ammisi controvoglia.
-Ahhhhh...- cazzo, gli urletti adolescenziali erano uno dei miei incubi peggiori, a volte mi svegliavo nel cuore della notte spaventato e sudato per colpa loro.
Le ragazze si spintonavano per baciarmi e abbracciarmi e io cercai di divincolarmi, anche se erano peggio di piovre: avevano mille tentacoli. Dopo un paio di autografi e fotografie riuscii a scappare e corsi alla macchina chiudendomi dentro. Appoggiai le mani sul volante e cercai di riprendere fiato.
Los Angeles non mi sarebbe mancata per niente, ora ne ero certo.

Prima di arrivare in Italia avevo promesso ai miei genitori di passare qualche giorno da loro, visto che non sapevo per quanto tempo non li avrei rivisti. I miei abitavano sempre a Palo Alto, in California, nella casa dove ero cresciuto e mio fratello David abitava ancora con loro. Tom invece si era trasferito a New York. Sarebbe stato un viaggio di 6 ore, decisi di guidare di notte così avrei fatto prima e avrei trovato meno traffico. Arrivai a casa dei miei all'alba e parcheggiai nel vialetto. Le luci in casa erano ancora spente e non mi andava di svegliare nessuno così decisi di passeggiare per il quartiere. Ogni angolo era un tuffo al cuore ed era bellissimo ritrovare quei ricordi estremamente felici e sereni della mia infanzia. Mi avvicinai al vecchio bar di Boe, era ancora lo stesso, notai con estremo piacere. Il locale era quasi deserto, a parte un anziano mattiniero che leggeva il giornale e un camionista che sorseggiava una tazza di caffè. Mi sedetti a un tavolino defilato vicino alla finestra.
-Non ci posso credere... James?-
Mi voltai di scatto, temendo l'assalto dell'ennesima fan isterica, ma era solo la cameriera.
-Ehm... sì..- dissi abbozzando un sorriso.
-Ma non ti ricordi di me?- la guardai meglio, era una bella ragazza. Avrà avuto la mia età o forse qualche anno in meno. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, bassina.
-No...-risposi imbarazzato.
Lei mi fissò delusa con la caraffa del caffè a mezz'aria...-Dai... sezionavamo le rane insieme..- e sfoderò un sorriso molto tenero, fu quello a farmi riaffiorare i ricordi.
-Nicole??-
-Sì...!- esclamò lei soddisfatta. Mi alzai in piedi e l'abbracciai: -Oddio, quanto tempo è passato.. sei cambiata tantissimo..- la Nicole che ricordavo io era una paffuta e brufolosa ragazzina delle medie, con per di più l'apparecchio ai denti.
-Bè... grazie..- disse allontanandosi: -anche tu di cambiamenti ne hai fatti parecchi eh... dovrei urlare... ho abbracciato James Franco!!-
Io le sorrisi arrossendo e lei continuò: -Allora che ci fai qui? Sei venuto a trovare i tuoi?-
-Già proprio così...-
-Quanto ti fermi?- disse versandomi il caffè.
-Non lo so... dipende..-
-Capito... ti posso portare qualcosa?-
-No, grazie va bene così..-
-Ci si vede allora..- disse prima di sparire in cucina.


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Capitolo 3
*** 2. Un tuffo nel passato ***


2.Un tuffo nel passato.

-Tesoro...-mia madre mi abbracciò stretto, non era mai cambiata la sua stretta da quando ero nato, sempre dolce e soffocante.
-Ciao mamma.. ma quello è tutto per me?- dissi osservando preoccupato la quantità di frittelle e altre delizie che avrebbero potuto sfamare almeno una cinquantina di persone.
-No, tranquillo.. oggi faccio volontariato alla mensa dei poveri giù a Stanford.. anzi ora devo scappare, ci vediamo stasera.-
-Ok... a più tardi.. -presi due frittelle e con una tazza di caffè mi intrufolai nella stanza di mio fratello.
-Svegliaaaaaaaaaaa...-urlai sbattendo la porta.
Mio fratello mi tirò il cuscino:-Vaffanculo...-
-è un piacere anche per me rivederti fratello..-
-Fottiti...-disse afferrando la tazza e una frittella e chiudendosi nel bagno.
Deluso per la sua accoglienza me ne tornai in sala e accesi il televisore. Sopra la mensola c'erano i DVD di tutti i film a cui avevo partecipato e più in alto quelli che avevo girato io stesso. Mi avevano sempre sostenuto tutti nella mia carriera e mio padre era stato il mio fan numero uno fin dall'inizio.
-Figliolo...eccoti!- disse arrivando ad abbracciarmi.
-Papà... come stai?-
-Bene, bene..non mi posso ancora lamentare..ma allora dimmi..-disse sedendosi al tavolo della cucina: -Questa storia dell'Italia?-
-Avevo voglia di vedere la terra di nonno..-
-Questo mi fa piacere..ma perché? Tu stai bene?-
Ero un libro aperto per lui, più che per mia madre.
-Non lo so papà.. è per quello che voglio partire.. questa vita mi sta stretta..-
-Allora non ti basterà l'Italia... pensaci...gira tutta l'Europa.. tempo e mezzi non ti mancano adesso.. sei fortunato..approfittane!-
-Lo farò papà. Grazie.-

Dopo aver dormicchiato nel pomeriggio decisi di telefonare ai vecchi amici che erano rimasti a vivere a Palo Alto. Erano tutti contentissimi del mio arrivo e organizzammo di vederci per una birretta al solito pub.
Michael era rimasto lo stesso scansafatiche di sempre, Paul si era sposato e la sua bellissima Cindy aspettava una coppia di gemelli, Katrice lavorava nel suo negozio di parrucchiera e David aveva aperto due filiali della sua officina.
-Ragazzi vi trovo benissimo... a parte te..-dissi strizzando la testa di Michael sotto il braccio.
-Oh scemo...lasciami..-
La serata scorse tra una risata e l'altra, tra mille aneddoti andati a ripescare dalla nostra gioventù. Ero felice di vederli realizzati, anche se non si erano trasferiti avevano trovato la serenità, una cosa che io anche se ricco sfondato e all'apice del successo, non riuscivo a trovare. Ognuno di loro aveva trovato un posto fisso dove stare, un lavoro soddisfacente e delle persone con le quali condividere tutto questo. Io invece all'età di trent'anni mi ritrovavo a girare per gli stati uniti, con un sacco di flirt alle spalle e senza alcuna certezza sul futuro.
David uscì fuori con me a fumare una sigaretta.
-Allora Hollywood... che combini?-mi chiese.
-Le solite cose... sai..-
-No, non posso immaginare di baciare una come Sienne Miller...- disse guardandomi torvo.
-Oh, smettila Dave... quella è una storia montata, è una collega,niente di più... ve lo dico sempre di non badare ai giornali..-
Rise, ma tornò presto serio: -Eddie..- era strano sentirmi chiamare così, Edward era il mio secondo nome e lo usavano solo loro..-lo vedo che non sei sereno... ma non capisco perchè?! Non ti manca niente..-
-Mi manca tutto invece..-
-Non hai ancora trovato la persona giusta eh?-
-E chissà se la troverò...-
-Vedrai che questo viaggio ti aprirà nuovi orizzonti.. ne sono sicuro..-
-Speriamo...-
-Torno dentro..-
-Ok...arrivo subito.. l'ultimo tiro..-
Mi appoggiai al palo della luce e tirai le ultime boccate di tabacco, gustandolo fino alla fine.
-Una persecuzione...- disse una voce femminile dietro di me. Mi voltai verso il locale e vidi Nicole che si infilava la giacca con la sigaretta fra le labbra.
-Ehehehehe...- risi io.
-Hai da accendere?- disse lei avvicinandosi.
-Ecco qui...- estrassi l'accendino dal giubbotto di jeans.
Mi sorrise da dietro la fiamma gialla.
-Non mi piacciono le ragazze che fumano..- dissi senza motivo.
-Quanto hai detto che ti fermi?- chiese lei guardando la strada, come se non avesse sentito la mia frase precedente.
-Perché?- chiesi sorpreso.
-Mi chiedevo se questo fine settimana ci saresti per farti offrire...-
-Una cena?- la interruppi all'improvviso.
-No...ahahahaha- e si mise a ridere incredula:-un biglietto per andare a vedere i
Knights, ci gioca mio fratello..-
-Ah...- risposi lasciando trasparire la mia delusione:-ok..perché no..-
-Sembri deluso? Eppure ti piaceva il football da piccolo..- il suo sguardo era incuriosito.
-Sì, sì... no sono entusiasta.. davvero!- le mie doti recitative dovevano pure servire a qualcosa, o no?
-Non fare l'attore con me Franco..- scherzò lei e si allontanò verso la strada deserta.

Tornai dentro, stranito.

Il mattino dopo mi svegliai presto e accompagnai mio fratello al lavoro, poi decisi di aiutare mio padre a tagliare la legna che c'era in giardino. Verso l'una stravolto mi ero trascinato sotto la doccia e uscendo dal bagno vidi il mio telefono vibrare e illuminarsi sul letto, ma arrivai tardi per rispondere. C'era una chiamata di Marla. Probabilmente aveva scoperto che stavo partendo e voleva cercare di trattenermi a sé. Ma io non la volevo nemmeno sentire quindi spensi il telefono e tornai in sala da pranzo, dove mia madre aveva cucinato dei maccheroni al formaggio. Erano meno di 48 ore che mi ero allontanato da Los Angeles e già mi sentivo meglio, non riuscivo nemmeno a immaginare come mi sarei potuto sentire meglio stando in Italia, lontano da tutto.

Nel pomeriggio mi misi a disegnare nel giardino dietro casa, con un semplice carboncino visto che non mi ero portato tele e colori dietro. Come sempre lasciai libera l'immaginazione e persi ogni contatto con la realtà. Una mano sulla spalla però mi catapultò fuori dalla mia trance artistica.
-Mica sarò io?- chiese avvicinando il suo viso alla mia guancia.
Mi voltati di scatto, Nicole mi era pericolosamente vicina. Guardai il foglio e in effetti aveva disegnato il volto di una donna, che le assomigliava tremendamente.
-Era una sorpresa..-mentii portandomelo al petto per coprirlo:-volevo dartelo Domenica..-
-A proposito-mi interruppe lei:-ho deciso che non resisto fino ad allora.. che ne dici di una cena stasera?-
Come poteva non accettare? Sì, ero stanco di vedere quello sguardo provocante e voglioso negli occhi delle donne, ma Nicole era una vecchia amica. E poi era solo una cena. Odio quando mento anche a me stesso.
-Ok..-
-Passo a prenderti alle 8.. a stasera..-e si allontanò trotterellando.

Alle 8 e dieci finalmente suonò al campanello. Entrò come se fosse a casa sua e salutò mia madre sulla porta.
La seguì fuori. Aveva un vecchio fuoristrada, mastodontico e per niente femminile.
-Lavoro anche come guardaboschi sai...- stavo per ridere quando mi resi conto dal suo sguardo che non stava mentendo.
-Non l'avrei mai detto...-
-Sono cambiata dalle medie mio caro..- disse avviando il motore.
Cenammo in un ristorantino a Stanford e dopo camminammo un po' per le vie della cittadina, dove un gruppo di ragazzine mi riconobbe e mi pregò di fare una foto con loro.
-Dev'essere bello essere così amati..- mi disse mentre tornavamo verso l'auto.
-Non mi ci riesco ad abituare in realtà..-
-Non faccio fatica a crederti...-

Mezz'ora dopo eravamo arrivati a casa mia. Mi girai verso di lei.
-Grazie per la bella serata Nicole... è stato divertente.-
-Grazie a te..- rispose lei:-è stato bello scoprire che in fondo sei rimasto lo stesso..-
Non sapevo come salutarla. Dopotutto dopo qualche giorno sarei ripartito e non dovevo permettermi legami qui, a Palo Alto poi e con una cameriera. Ok, no non voleva essere un commento superficiale è solo che non era il caso. Ma prima che potessi prendere una decisione lei mi stava già baciando e le sue mani erano già sopra i bottoni della mia camicia.
-Niki...-dissi scansandomi:-cosa fai?-
-Dai James... pensavo di piacerti un po'..non sono una gnoccona di Hollywood ma..- e si rilanciò sul mio collo.
-Non ho detto che non mi piaci...ma che senso avrebbe... io parto Lunedì...-
-Per me potresti partire anche domani..-
Anche se la parte meno nobile di me mi implorava di lasciarmi andare, trovai il coraggio di dire:-Nicole... no!-
Lei si allontanò seccata: -Oh, ok va bene.. ciao buona notte.- disse rimettendo le mani sul volante. Io rimasi seduto a fissarla.
-Scendi... cosa aspetti?- disse con tono duro.
-Buona notte..- sussurrai incredulo.

Ok, basta. Non ne voglio più sapere di donne almeno per un anno. O sono tutte pazze e ninfomani o sono lagne depresse e intoccabili. Una via di mezzo no?” Pensai fra me e me e rientrai in casa turbato.

Fede's corner:
Grazie a
 VesiSchwartz per la tua recensione, no io non dipingo, ma ho letto che James lo fa quindi ho semplicemente trasposto nella pittura quello che per me è la scrittura.. =) spero che continuerai a seguire questa storia.. 
Grazie naturalmente a barbydowney, la mia cara Ba che mi sostiene in tutte le mie storie.. dopotutto è anche per merito tuo che sono qui... =)
Grazie anche a tutti coloro che sono arrivati a leggere questo capitolo!!
Un bacione, Fede!

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Capitolo 4
*** 3. Nuovi respiri ***


3.Nuovi respiri.

Alla fine, come mi aspettavo, l'appuntamento di Domenica con Nicole saltò. Avevo provato a chiamarla il giorno dopo, ma mi aveva detto che preferiva non vedersi perché si era fatta una figura del cazzo, “inutile insistere” disse nervosa e mi aveva augurato buon viaggio. Che palle, perché le donne sono così? Mi chiedevo se erano solo le americane a essere così pazze, ma probabilmente era un morbo comune a tutte le nazioni.
Lunedì arrivò in fretta e mi feci accompagnare all'aeroporto da mio fratello.
-Se vuoi farti qualche mese a Los Angeles vai pure David.. ho lasciato una tua foto al custode quindi non ti sguinzaglierà i cani se arrivi lì...-scherzai.
-Grazie James, ma...-
-Puoi portarti anche Julia..- lo interruppi ammiccante.
-Come hai fatto...?-
-Quella ragazza ti mangia con gli occhi.. è molto bella comunque.. complimenti!-
-Ahahahhaha.. Ok, allora mi sa che approfitterò della tua offerta...-
-Ah.. prenditi cura di lei, mi raccomando- aggiunsi accarezzando il cruscotto della mia amata Bmw-e anche delle sue sorelline che troverai in garage.-
Sì, ho un debole per auto e moto, ma ditemi quale uomo non ce l'ha?

Salutai mio fratello e mi allontanai con le mie due valigie. Non sapevo quanto sarei stato in giro e proprio per questo non avevo tantissimi bagagli, sapevo che avrei comprato molte cose sul posto. Non avevo prenotato nessun albergo perché sarei stato nella vecchia tenuta di mio nonno a Casole d'Elsa, in Toscana. Avevo telefonato al guardiano la settimana prima e sinceramente non mi sarei mai aspettato una tale contentezza da parte sua, probabilmente l'arrivo di un personaggio famoso e per di più americano avrebbe fatto impazzire il paesino e per questo lo avevo pregato e scongiurato di non dire niente. Il viaggio che stavo per fare mi serviva proprio per allontanarmi dai ritmi stressanti di Hollywood e delle persone che ci vivono. So di non avere un lavoro faticoso in confronto a persone che sgobbano dal mattino alle cinque per comprare un pezzo di pane per sfamare la famiglia e sono grato a Dio per questo, ma è innegabile che lo standard che ti impone Hollywood non è da niente. Dopotutto quanti miei colleghi hanno problemi di droga? Di sesso? Di alcool? Con la giustizia? Tutti devono trovare un modo per sfogarsi, io ho deciso per una scelta “sana”. Stacco. Parto. Forse è anche troppo dura, ma per fortuna non devo dare conto a nessuno. Quindi arrivederci California...
Mi appoggiai allo schienale del sedile e, ironia della sorte, dal mio Ipod uscì la voce di Bruce...
I'm a long gone Daddy in the U.S.A.Born in the U.S.A.I'm a cool rocking Daddy in the U.S.A.Born in the U.S.A.” tranquilla America, non ti avrei mai dimenticata. Forse. Sorrisi fra me.

Il viaggio mi sembrò infinito: furono più di 18 ore di supplizio. Dovetti fare scalo a Londra e una volta arrivato a Milano presi il treno per Firenze, là per fortuna mi aspettava il guardiano della tenuta. Scesi stravolto dal treno e lo vidi sbracciarsi verso di me. Era un uomo sulla cinquantina, di media statura, con la pancia e i baffi, mi sembrava il ritratto della figura di pizzaiolo che si trovava fuori a quasi tutti i ristoranti italiani in America. Mi sentì catapultato in un altro universo all'istante.
-Buongiorno..- biascicai in un italiano un po' forzato.
-Buongiorno signor Franco. sono molto felice di vederla. mi dia pure le valigie. spero che abbia fatta un buon viaggio...- mi rispose in un inglese stentato, seppur corretto. Gli sorrisi e gli porsi una valigia.
Il viaggio in macchina durò un'altra oretta, durante la quale Francesco, così si chiamava, mi raccontò di trovarsi molto bene nella tenuta del mio bisnonno. Viveva lì da ormai vent'anni con sua moglie e i suoi due figli. Portavano avanti l'attività del vigneto e produceva ancora l'olio di oliva. Chissà se avrei imparato qualcosa di questi antichi mestieri. Lo smog di Los Angeles era solo un ricordo lontano e fastidioso.
Arrivati alla tenuta mi stupii della sua vastità: 300 ettari di terreni con la cascina vi si stagliava nel mezzo, antica e accogliente, immersa nella natura e nella pace. Mi sembrò di respirare per la prima volta, l'aria era quasi troppo pulita e fresca che mi sembrò di sentire i polmoni scoppiare. Francesco mi accompagnò nella parte padronale della tenuta, anche se vivevano lì da vent'anni loro avevano deciso di vivere nella parte che anticamente era destinata alla servitù. Gli chiesi come mai e lui mi rispose che l'altra parte era troppo grande per loro quattro e non volevano rischiare di poter perdere la loro casa un giorno.
Nonostante quella parte di casa fosse disabitata da molti anni era facile notare quanto sua moglie, Anna, l'aveva resa accogliente portando tende, lenzuola, tappeti e fiori freschi negli ultimi giorni. Erano delle persone così gentili delle quali avrei voluto saper subito di più, ma avevo solo voglia di farmi una doccia e dormire quindi mi scusai e gli dissi che dal giorno dopo sarei stato felice di conoscerli meglio.
-A domani, signor Franco.-
-Chiamami James per favore...-
-Va bene James e bentornato a casa.- mi rispose sorridente.
Mi spogliai ed entrai in doccia. Mi sentivo così stranamente bene, a parte la stanchezza, ero a mio agio in quei luoghi, anche se ero solo, senza nessuno che conoscevo, mi sembrava di essere davvero tornato a casa.

Il mattino dopo mi svegliai con il canto del gallo, dopotutto fra il fuso orario e la stanchezza ero andato a dormire alle 8 e mezza e ora l'orologio sul comodino segnava le cinque e dieci. Avevo una fame pazzesca, così scesi in cucina convinto di non trovare niente, invece i miei ospiti erano stati così gentili da aver anche riempito il frigorifero. Incredibile. Mi versai una tazzona di latte e cornflakes, poi mi fermai a guardare la caffettiera e il pacco di caffè. Non sapevo cosa ne potevo fare, rimpiansi il mio bollitore e per evitare danni decisi che avrei aspettato che qualcuno mi insegnasse prima di usare quell'aggeggio.
Dopo colazione uscì nella veranda e rimasi incantato a guardare il sole sorgere sull'orizzonte, alla fine di quel prato verde e sterminato che c'era di fronte a me.
La voglia di dipingere era tanta, ma non avevo niente con me a parte il quaderno degli schizzi quindi decisi di sfogare la mia energia creativa in un altro modo:con una corsa. Mi misi la tuta e incominciai a correre costeggiando il recinto che delineava le terre del mio bisnonno. Mi sentivo così leggero e spensierato e ancora mi stupivo a ogni nuova boccata d'aria che facevo entrare nel mio corpo. Era una sensazione meravigliosa.

Dopo un'oretta tornai dentro e mi feci un'altra doccia.
Si erano ormai fatte le sette, quindi pensavo che avrei potuto vedere se Francesco era già sveglio, dopotutto il giorno prima mi aveva detto che iniziava a lavorare presto al mattino. Lo trovai infatti nel cortile che mi veniva incontro.
-Stavo per venire a vedere come stavi. Mia moglie chiedeva se vuoi fare colazione con noi..-
-Sì... non ho ancora capito come si prepara il caffè..-
Rise e mi fece cenno di seguirlo. La loro casa era semplicemente bellissima, sembrava una di quelle foto scattate nei bed and breakfast che sponsorizzavano viaggi in Italia. Era piena di oggetti, colorata, calda.
-Devo imparare l'italiano...-dissi sedendomi a tavola davanti a un piatto di frittelle.
-Lo imparerai pian piano, scusaci invece per il nostro inglese..- mi disse Anna che stava mettendo la caffettiera sul fuoco, più tardi avrei dovuto chiederle dove bisognava mettere il caffè...
-Siete molto bravi invece..- dissi sorridendo.
-Merito anche di nostra figlia, che ci tiene allenati..- mi disse Francesco.
Entrò in quel momento in sala da pranzo un ragazzo alto, con i capelli scuri e abbastanza muscoloso. Indossava una tuta da meccanico.
-Buongiorno a tutti..- disse in italiano, poi venne verso di me e mi tese la mano:-piacere, sono Lorenzo..-
-Piacere mio..- dissi alzandomi.
-Io vado a lavoro...- disse in inglese. Mi spiaceva che questa famiglia si era ritrovata a parlare una lingua, magari un po' ostica, solo a causa mia.
Finalmente il caffè era pronto e mi godetti quella tazzina fino all'ultima goccia.
-Questo è caffè..!- esclamai alla fine. A molti miei conoscenti non piaceva l'espresso, ma io dalla prima volta che l'avevo provato seduto sulle ginocchia del mio bisnonno venticinque anni prima avevo capito che il caffè vero era solo questo. Dopotutto le mie origini italiane non si potevano cancellare.
-Allora oggi ti va di vedere un po' il frantoio e i vigneti?- mi chiese Francesco.
-Certamente...- risposi entusiasta e lo seguii fuori nel cortile.

Fede's corner:
Ammetto che questo capitolo non mi entusisma, ma non ero nemmeno in grado di riscriverlo quindi spero non sia troppo ostico da leggere.. cmq Grazie a tutti quelli che sonoa rrivati a leggere fin qui! 
Per Pepesale: sono contenta che ti piaccia questa storia, spero che posso continuare così! sì cmq la Marla è proprio lei..  =)

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Capitolo 5
*** 4. Scorbutiche conoscenza. ***


4. Scorbutiche conoscenze.

La mattinata era trascorsa in un baleno, mi ero ritrovato a imbottigliare alcune bottiglie di vino e avevo persino guidato un trattore, mi sembrava di recitare in un film d'altri tempi. L'ora di pranzo arrivò in fretta e anche il mio stomaco sembrò accorgersene. Non vedevo l'ora di gustare il mio primo pranzo italiano. Entrammo in sala e trovai la tavola già apparecchiata di tutto punto, c'erano 4 posti pronti. Anna arrivò con una teglia di lasagne fumanti, il mio sorriso si spalancò e mi venne l'acquolina in bocca: era un tripudio di bontà sia per l'olfatto che la vista.
-Siete troppo gentili con me...- dissi sorridente.
-
Lo penso anche io...- una voce mai udita prima arrivò alle mie orecchie, anche se non capii nulla di quello che avesse detto.
-
Martina smettila!- la intimò Anna. Dalla cucina con in mano la brocca dell'acqua entrò una ragazza. Assomigliava molto a Lorenzo e anche a sua madre. Non era altissima, aveva i capelli lunghi e mossi,scuri ma con dei riflessi ramati, gli occhi sorprendentemente verdi e un fisico prosperoso, che però portava con leggerezza e mostrava disinvolta dentro a un paio di jeans stretti e una camicia verde stretta in vita da una cintura.
Posò la brocca e si sedette senza degnarmi di uno sguardo.
-Piacere di conoscerti...- dissi tendendole la mano.
Lei alzò lo sguardo scocciato, anche se non bastava per oscurare la bellezza dei suoi occhi.
-Piacere...- disse facendo un sorriso finto.
-Potresti fare l'attrice... ci hai mai pensato?- dissi scherzando. Anna e Francesco mi seguirono nella risata spontanea che mi uscì. Lei non rispose e incominciò a tagliare e impiattare le lasagne. Il pranzo proseguì senza che lei proferisse una parola verso di me, ogni tanto apriva bocca solo per suggerire i vocaboli in inglese che mancavano ai suoi genitori. Finito di mangiare incominciò a spreparare.
-Posso darti una mano?- chiesi afferrando il piatto.
Anna mi disse che non era necessario, ma io insistetti. Seguì Martina fino alla cucina.
-Quanti anni hai?- le chiesi mentre poggiavo i piatti nel lavandino.
-23- rispose piatta.
-Studi?- chiesi cercando di guardarla in faccia, ma lei non mi calcolava e aveva incominciato a lavare i piatti.
-Sì...-
-Che cosa?- insistetti prendendole un piatto dalle mani e incominciando ad asciugarlo.
-Non c'è bisogno che tu lo faccia...-
-Allora...cosa studi?- ripetei la domanda ignorandola.
-Lingue...- si fermò, ma la sua naturale loquacità non poteva più essere repressa e così continuò:-se tutto va bene mi dovrei laureare in autunno...-
-Verrò sicuramente a vederti...- dissi scherzando.
-Ma per quanto tempo hai intenzione di rimanere?- mi chiese torva.
-Non lo so... non ho nessuna scadenza da rispettare...-
-Che fortuna..- disse fingendo gioia.
-Davvero... dovresti venire a Hollywood quando io ci tornerò.. qualche ruolo te lo potrebbero offrire...sei portata per la recitazione...- continuai ridendo.
Lei sbuffò e continuò a lavare i piatti in silenzio.
Dopo aver finito uscì svelta dalla cucina e si diresse su per le scale.
-Scusala... ha un carattere brutto!- Anna sembrava imbarazzata.
-Non fa niente... solo non capisco perché ce l'abbia con me..-
-Ha paura che porterai casini. Sai... fotografi... fans...-
-Starò attento ve lo prometto! non voglio recarvi fastidio, già state facendo troppo per me...-
-Ma questa è casa tua dopotutto... noi siamo ospiti...-
-No... questa ormai è anche casa vostra!- le sorrisi.

Nel pomeriggio mi dedicai a disfare le valigie e mettere in ordine alcune faccende. Accesi il computer e mandai alcune e-mail ai miei amici. Ne trovai però anche una di Marla.

James,

parti e non mi saluti nemmeno? Che storia è questa? Cavolo.. non stiamo più insieme ma almeno un minimo!

Non avevo nessuna voglia di risponderle e nemmeno di continuare a leggere le sue lagne, così cancellai il messaggio e uscii in giardino. Il sole stava tramontando e aveva fatto assumere un bellissimo colore arancio al cielo. Avevo voglia di vedere il paese... Decisi di chiedere a Lorenzo se era disposto a venire in città con me quella sera.
Mi diressi verso la loro casa e incredibilmente trovai il ragazzo che spaccava la legna fuori nel cortile.
-Ciao... ehm... avrei un favore da chiederti...-
Lui mi guardò stranito e annuì.
-Vorrei vedere la città e...-
-Non c'è molto da vedere: noi di solito quando usciamo andiamo verso la costa.. Ma se vuoi fare un giro stasera non c'è problema!-
-Ok...-
-Ah James... quasi dimenticavo... prendilo come un regalo di benvenuto...-
Lo guardai interrogativo.
-Seguimi...-
Lo seguì verso il garage. Mi mostrò una vespa rossa fiammante. Era bellissima.
-è per me?- chiesi senza fiato e incredulo.
-Sì... ho pensato che non avresti avuto nessun mezzo qui... naturalmente se ti serve la macchina te la posso prestare.. ma non potevi stare in Italia senza una vespa..-
-Ma...-
-Tranquillo.non ho speso quasi niente... la volevano gettare, ma io con i motori ci so fare!- disse sfregandosi una mano sul petto.
-
Grazie Lorenzo!!- dissi dandogli una pacca sulla spalla.
-Dai stasera la provi!-
-Va bene!- risposi esaltato.

Quando entrammo in casa per la cena vidi che la tavola era apparecchiata sempre per quattro.
Martina arrivò in sala di corsa. Aveva un vestito corto e i tacchi alti.
-
Io vado a cena..- disse baciando la guancia di sua madre.
-
Torna presto..-
-
Torno come al solito...- disse con la faccia angelica. Dovevo imparare assolutamente l'italiano, era orribile non capire quello che la gente diceva.
-
Vieni a Volterra?- chiese a suo fratello.
-Ehm... penso di sì... viene anche James.-
-Uhhh... non vedo l'ora...-
Non avevo capito tutto del loro dialogo e la bloccai per il braccio prima di farla uscire.
-Posso chiederti un favore?- lei guardò prima me e poi la mia mano sul suo braccio e lo tolse di scatto dalla mia presa, nervosa.
-Cosa?-
-Saresti disposta a insegnarmi l'italiano?-
-Se paghi bene...- disse seria.
Sua madre la rimbrottò.
-No, no... è giusto. Certo che ti pago...-
-Allora ok... ci si vede a Volterra!- disse uscendo.
-Mia sorella...- disse Lorenzo alzando gli occhi al cielo.

Tua sorella...” pensò la mia mente stranita.

Note: le parti di dialogo in corsivo sono frasi dette in italiano, mentre gli altri dialoghi avvengono in inglese. so che è un po' confusionario, ma non sapevo come altro rendere la cosa.

Grazie a tutti quelli che leggono questa storia!!! scusate se ci ho messo tanto a postare il nuovo capitolo, ma ho poca ispirazione al momento!

Per Pepesale: ci hai visto lungo sulla figlia dei toscani... ahahahah! sembrerà banale lo so... ma che ci posso fare?! per i puntini... mea culpa! mi rendo conto che ne uso troppi, soprattutto nei dialoghi ed è per questo che a volte ne faccio solo due, ora cercherò di starci più attenta! promesso!

Baci,

Fede

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Capitolo 6
*** 5. Nuova vita ***


5. Nuova vita.

Il viaggio in Vespa fu uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Avevo una moto rombante a casa, che correva forte, ma qui si trattava di un'emozione nuova e completamente diversa. Correvo per le strade della città sentendomi semplicemente e solamente libero, libero dai doveri, dalle oppressioni, dalla notorietà. Respiravo a pieni polmoni l'aria fresca di Maggio e mi meravigliavo di quanto potesse essere scuro e pieno di stelle il cielo. Non ci ero abituato per niente. Dimenticai dove fossi e mi lasciai guidare da quella frenesia del vento sulla faccia.
Lorenzo seduto dietro di me mi riportò alla realtà stringendomi il fianco:-James, siamo quasi arrivati..-
Mi ripresi dal mio sogno ad occhi aperti vedendo il cartello bianco sulla destra. “Volterra”.
-Gira a destra... ora svolta a sinistra. Alla fine della strada prendi la seconda uscita... ok, parcheggia pure qua...- obbedii alle sue indicazioni e scesi dalla moto.
-è stato fantastico... davvero grazie per questo gioiellino!-
-Ma se sarai abituato a macchinoni di lusso...- rispose lui.
-Ehm... ma questa è mille volte meglio!-
Incominciammo a girare per la città. Le ragazze mi squadravano dalla testa ai piedi, ma ci ero abituato. Speravo solo che nessuna si mettesse a urlare. Lorenzo incontrò alcuni suoi amici e mi presentò.
-Ciao...- dissero tutti, imbarazzati. Io, anche se difficile da credere, ero più imbarazzato di loro, non conoscevo la loro lingua, ero in contesto completamente nuovo e inoltre ai loro occhi dovevo apparire come uno che se la tirava da morire. Eppure mi ero impegnato a confondermi con la massa. Avevo una t-shirt bianca,la giacca di pelle nera, jeans chiari strappati e le converse con la bandiera americana. In effetti apparivo come il classico ragazzino americano. Ma non ero più un ragazzino e non volevo sembrare americano.
Qualcuno per fortuna mi rivolse la parola, anche se mi parlavano come se fossi una specie di alieno proveniente da un altro paineta e mi chiedevano cose della mia vita che, lo ammetto, sono abbastanza imbarazzanti da raccontare. Le ragazze mi guardavano di nascosto e sorridevano fra loro, ma nessuna aveva avuto il coraggio di avvicinarsi. Che situazione snervante, non vedevo l'ora di tornare sulla Vespa. In gelateria le cose non migliorarono, dato che la cameriera mi riconobbe e mi ritrovai a scattare foto con tutto il personale del locale. Argh. Volevo violentemente scomparire.
Finalmente verso l'una il gruppo si disperse e con Lorenzo ci avviammo verso la moto.
-Chissà che fine ha poi fatto mia sorella...-disse lui sovrappensiero.
-Già.- annuì io, cercando di non far trapelare troppo interesse, non che ne avessi realmente.

Il mattino dopo dormii di più: il gallo non disturbò il mio sonno nemmeno un po'. Avevo bisogno di dipingere. In casa non trovai nessuno. C'era solo un biglietto con scritto: “SIAMO ANDATI IN PAESE, TORNEREMO A PRANZO.”
Più sotto c'era un'altra frase che però era stata cancellata da righe pesanti di penna, mi sforzai di leggerla, ma tutto quello che compresi fu: “...BISOGNO... MARTINA DI SOPRA”. In effetti avevo bisogno, avevo bisogno disperatamente di una tela e dovevo andare a comprarla. Salii piano le scale e sentii la musica arrivare da una stanza in fondo alla camera. I Muse rimbombavano da dietro la porta. Bussai. Nessuna risposta. Bussai più forte, provando a chiamarla: -Martina?!-
Non resistetti e aprii la porta. La camera era vuota, ma dalla porta sulla destra proveniva lo scrosciare dell'acqua. Probabilmente era sotto la doccia.
Non mi sarei mai immaginato così la sua camera: era una specie di rifugio, estremamente accogliente e incredibilmente disordinata. Il letto era bianco, con soffici coperte sopra, sfatto e invitante. I muri dipinti di un tenue verdino, i mobili antichi di un bianco perlato. C'era una grande portafinestra che dava su un terrazzino, su cui notai due grandi vasi di girasoli. La cosa più singolare era la scala a pioli in mezzo alla stanza, decorata da cose di ogni sorta, libri, vestiti, disegni, pezzi di stoffa. La quantità di libri era sorprendente. Mi avvicinai alla scrivania per vedere gli schizzi, ma malauguratamente sentii la porta dietro di me scricchiolare.
-Che cazzo ci fai qui..?- urlò lei.
Mi girai lento, imbarazzato. Aveva i capelli umidi e un asciugamano blu l'avvolgeva fino alle ginocchia.
-Scusami, scusami... ho bisogno di un favore...-
-Esci!- obbedii e andai nel corridoio. Sentii dietro di me la porta sbattere e le imprecazioni in italiano che la musica non riuscì a coprire.
Mi sedetti per terra, aspettando che lei uscisse.
Uscì una ventina di minuti dopo e restò ancora più sorpresa a vedermi lì implorante.
-Mi dispiace...-
-Sì, ok! Che cosa vuoi?- chiese sorpassandomi e scendendo le scale. La seguii.
-Voglio comprare delle cose, mi serve un passaggio.-
-Mio fratello non ti ha dato una vespa?- chiese con la testa dentro al frigorifero.
-Le cose che devo comprare sono ingombranti.-
Si girò e mi guardò. Era strano ritrovarsi a poterla fissare negli occhi, di solito era così sfuggente.
-Che genere di cose sono?-
-Tele, colori... cose per dipingere.-
-Ah...-non poté nascondere la luce che le spuntò negli occhi. L'avevo colpita.-Va bene-continuò-posso darti un passaggio... tanto qui c'è da fare la spesa.-
-Grazie... e per le lezioni... ci hai pensato? Sei sempre d'accordo?-
-Sì ci ho pensato! Ho pensato che visto che sei ricco sfondato per meno di 18€ all'ora non ti insegno nemmeno a fare il caffè...- Come faceva a sapere che non ero in grado di prepararmi il caffè?
-Ok... mi sembra un ottimo prezzo. Facciamo cifra tonda però... 20!-
-
Ricco del cazzo...-
-
Cosa?- immaginavo fosse un insulto.
-Niente... andiamo!- disse afferrando le chiavi della macchina.
Salii sulla Fiat 500 bianca.
-Bella macchina...-
-Già... sto sudando sette camicie per pagarmela!-
-Che lavoro fai?-
-Lavoro? Lavori!... do ripetizioni, ogni tanto lavoro come cameriera in un locale a Volterra e faccio la commessa 3 giorni a settimana in un negozietto a Casole, poi bé d'estate... faccio la receptionist in un albergo a Cecina, sto là praticamente 3 mesi...-
-Quindi tra poco parti?-
-No...fine Giugno, dopo gli esami...-
-Capisco... complimenti!-
-Grazie...- sorrise sincera senza staccare gli occhi dalla strada.
Arrivammo prestissimo in paese, parcheggiò davanti a un colorificio e scendemmo. Mi chiese cosa volessi e chiese lei stessa quelle cose al negoziante.
-Grazie...-
-Se dovessimo aspettar che questi parlino inglese...-
-Grazie comunque.- le sorrisi, ma lei distolse subito lo sguardo. Dopo aver sistemato le tele nei piccoli sedili posteriori e i colori nel baule ripartimmo.
-Ora devo passare al centro commerciale...-
-Ok, non c'è problema!- dissi.
-Perché mi odi così tanto?- non riuscii a trattenere questa domanda.
Rise fra sé. -Io non ti odio,non ti conosco. è solo che voi ricconi mi state sulle scatole... vi comportate come se il mondo fosse ai vostri piedi, in realtà so che è così! Ma è snervante vederlo...-
-Non sono nato in una famiglia ricca, quello che ho me lo sono guadagnato...-
-Credi che se non fossi stato così bello avresti ottenuto comunque tutto questo successo?- tra le righe c'era un complimento, anche se lei non l'avrebbe mai ammesso, io non potei fare a meno di sorridere.
Si girò e mi guardò adirata: -perché sorridi adesso?-
-Hai detto che sono bello...-
-Oddio!!!- sbraitò alzando gli occhi al cielo:-come se non lo sapessi...-

Arrivammo al centro commerciale e mi stupii della differenza con quelli americani, qui tutto sembrava più accogliente, anche un posto freddo come questo era certo più caldo di quelli americano, meno confusionario e c'erano molte meno schifezze da comprare.
Spingevo il carrello mentre lei saltellava da una parte all'altra delle corsie riempiendolo.
-Fatto!- disse indicandomi le casse.
Arrivati al momento di pagare, fui veloce come una saetta e tirai fuori dal portafoglio i soldi dandoli alla cassiera.
-Che cosa fai?- disse lei.
-Niente...- dissi prendendo il resto.
-Dai James non scherzare...mia madre ti ucciderebbe.-
-Sta tranquilla... non glielo diremo...- la tranquillizzai facendole l'occhiolino.

Ringraziamenti:

Per Barbydowney:
eheheheheh sì...mi sto ispirando a me stessa... soprattutto per la scorbuticità di Martina(ahahahha non so come si dice...)
cmq non niente vampiri, è solo che Volterra è la città grande più vicina a Casole.. =)

Grazie a tutte quelle che leggono!!!

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Capitolo 7
*** 6. Campagne e spiagge. ***


6. Campagne e spiagge.

Durante il viaggio di ritorno riuscii a farla sorridere più del solito. Era bella quando rideva, cambiava completamente e la sua risata era buffa, sfrontata, assordante.
Arrivati a casa mi aiutò a portare le tele nel sottotetto sopra la mia camera.
-Sai qui ci venivo sempre a scrivere e disegnare...-
-Disegni?- non ero riuscito a vedere i suoi schizzi in camera.
-Sì... dipingo poco, più che altro schizzi a carboncino, o con la china, non so mi piace il bianco e nero. Le luci e le ombre, invece non mi piace colorare.-
-Io invece riesco a dipingere solo pensando ai colori...-
-De gusti bus...-
-Bé comunque è casa tua, lo sai che puoi venire quando vuoi...-
-Grazie!-
Si girò ed uscì. Io la seguii.
-Posso aiutarti con il pranzo?-
-Va bene...-

A mezzogiorno e mezza arrivarono anche Anna e Francesco e pranzammo tutti insieme, mi sentivo in famiglia. Anche se ero lì da pochi giorni, ero talmente a mio agio che a fine pasto, inopportunamente... mi scappò un rutto! Anna mi guardò sorpresa, mentre Martina scoppiò a ridere. Io mi imbarazzai tantissimo: le guance mi bruciavano come se ci avessi appiccato un fuoco.
-Oddio, scusatemi! Mi dispiace...- tenevo gli occhi bassi, ma poi li sentii tutti unirsi alla risata contagiosa della ragazza e alla fine mi lasciai andare anche io. Francesco disse:-In alcune culture farlo a fine pasto è considerato un complimento per il cuoco... quindi brava Martina!-

Dopo aver aiutato a pulire e spreparare mi congedai per andare a dipingere. La mansarda era perfetta, con grandi finestre, da cui si scorgeva una vista da mozzare il fiato, fatta di prati e colline. Stesi dei teli bianchi che avevo comprato e mi misi a dipingere quello che i miei occhi, ancora increduli, riuscivano a vedere da fuori la finestra. Ben presto mi resi conto che il caldo, che filtrava dal tetto sotto il sole di Maggio era insopportabile, così mi tolsi la camicia e restai con i miei jeans corti, a piedi nudi. Non mi resi conto di quanto tempo fosse passato, anche perché dopo il paesaggio mi misi a dipingere la soffitta e la finestra dando particolare evidenza a una farfalla blu che si era appoggiata su di essa. All'improvviso sentii scricchiolare dietro di me, mi girai di scatto e vidi solo Martina che stava... sembrava stesse scappando. La rincorsi giù per le scale.
-Martina... aspetta!-
Si girò dopo aver fatto un respiro profondo, che sentii distintamente, anche se non riuscì a nascondere quel rossore in viso o a controllare i suoi occhi che cadevano sui miei addominali insistentemente. Sembrò ricordarsi all'improvviso di avere qualcosa in mano: in effetti aveva un vassoio con una tazzina e una zuccheriera.
-Scusa... non volevo disturbarti! Sei lassù da ore... pensavo volessi un caffè... io sto andando a lavorare.-
-Grazie... sei molto gentile!- mi avvicinai a lei e presi il vassoio dalle sue mani, posto nel quale, se fosse rimasto ancora per un po', sarebbe finito in frantumi da quanto le tremavano. Abbassò lo sguardo.
-Va bè... ci si vede!- disse sparendo di corsa.

Alla ragazzina non sto indifferente”, pensai soddisfatto e dopo aver finito il caffè tornai a finire il secondo quadro, anche perché non volevo pensare alle donne. Me lo ero promesso.

Anche quella sera Lorenzo mi chiese se volevo uscire. Era sabato. Ma non so perché mi sentivo stanco, così declinai l'invito preferendo passare la serata in compagnia di Francesco, che davanti a una partita di calcio e un bicchiere di vino rosso mi raccontò un po' di storie interessanti sulla sua terra, su come suo padre aveva conosciuto il mio bisnonno da ragazzo e lo avesse assunto a lavorare in questi vigneti e frantoi. Mi raccontò anche della guerra che aveva fatto suo padre e di come avesse sofferto la fame prima che il mio bisnonno lo raccogliesse letteralmente dalla strada e gli offrisse un lavoro e del pane per sfamarsi. Erano storie affascinanti e anche se spesso Francesco non trovava le parole e si aiutava con gesti o nervoso e seccato si alzava per prendere il dizionario e leggermi la parola corretta, passai una serata piena di calore. Un calore umano, puro, sincero, senza secondi fini, che da molto tempo non provavo. Mi si riempii il cuore a pensare a quante cose stupide io pensavo e di cui mi preoccupavo, quando c'era gente che aveva vissuto la guerra, dopotutto c'era gente che viveva ancora la guerra e per quanta beneficenza io potessi fare, mi sentivo sempre estremamente insignificante e ingrato per tutto quello che mi era stato dato.

Il giorno successivo mi svegliò un bussare frenetico proveniente dal piano di sotto. Guardai la sveglia, che segnava le 7 e mezzo. “Ma qui la Domenica non si usa dormire?” Pensai seccato. Scesi le scale sbadigliando e vidi Anna tutta sorridente con una tazza in mano. Le aprii.
-Buongiorno... Oggi abbiamo pensato di portarti al mare! Ti va l'idea?-
La fissai per un po' a bocca aperta. L'idea però, anche se il mio cervello la carburava lentamente, non mi dispiaceva per niente.
-Ok... mi piace!-
-Molto bene, vestiti e vieni a fare colazione!- era raggiante.
In sala da pranzo c'era Francesco che preparava alcuni teli da mare, racchettoni e altre cose.
-Andremo a San Vincenzo, meno di due ore di macchina, ma mare stupendo e poi c'è un ristorante niente male, dove lavora un mio caro amico, che era anche amico di tuo nonno.- ero entusiasta: mio nonno mi raccontava sempre di quando veniva qui a passare le vacanze, poi gli anni e mia nonna avevano cominciato a farsi sentire e non si era più mosso dalla Florida.
Lorenzo arrivò con i pantaloncini del costume e le infradito, ero contento di averle messe anche io. Si diressero tutti fuori e io li seguii. Caricammo gli oggetti nel bagagliaio e Lorenzo mi fece cenno di sedermi dietro. Obbedii e mi sedetti sul sedile posteriore di una macchina strana, mai vista prima, a sei posti, bombata sul davanti. Poi finalmente senti la sua risata mentre spingeva il fratello e si lanciava in macchina.

-Ciao!- mi disse col fiatone. La limpidezza dei suoi occhi verdi e il suo sorriso non poterono che farmi sorridere a mia volta. Indossava una camicia bianca larga, probabilmente di suo fratello e un paio di pantaloncini di jeans appena sopra al ginocchio, ai piedi aveva un paio di sandali alla schiava. Dal collo scoperto, perché portava un'alta coda di cavallo, spuntava il laccetto del costume nero. Salirono anche gli altri e partimmo. Il viaggio durò poco meno di due ore, durante le quali ci ritrovammo tutti insieme a cantare le canzoni che passavano alla radio o a fare giochi stupidi per farmi imparare qualche parola di italiano. Invidiavo quella famiglia, sembravano felici davvero, senza finzione.
Arrivammo in spiaggia verso le 10 e mezza e piazzammo l'ombrellone. Lorenzo prese i racchettoni e me ne lanciò uno.
-Molto bene...- dissi con il mio ridicolo accento.
Quando mi voltai per raccogliere la pallina vidi Martina in costume,un costume intero che mi ricordava molto quelli che vedevo nei film in bianco e nero. Si vedeva che non si sentiva a suo agio, infatti aveva ancora la camicia aperta sopra. Si sedette su una sdraio e incominciò a leggere un libro.
Quando il caldo divenne insopportabile decisi di fare un bagno e la chiamai.
-Mare molto bello...-
Lei sorrise incoraggiante, ma poi disse:-No... acqua troppo fredda!-
Alzai le spalle e mi tuffai, sentendomi il suo sguardo addosso; che infatti sorpresi a sbirciarmi da sopra le pagine del libro, quando riemersi dall'acqua.
A pranzo andammo in quel ristorante di cui aveva parlato Francesco e il proprietario, un certo Alessandro mi abbracciò come se non mi vedesse da secoli e mi chiese di mio nonno. Gli dissi che erano ormai 5 anni che era mancato, il proprietario versò qualche lacrima e iniziò il racconto della sua vita, che ascoltai rapito, come la sera precedente. Nel pomeriggio tornammo in spiaggia.


Note:
Mi sto rendendo conto che sto idealizzando molto James! ma dopotutto è una fanfiction! ^_^

Ringraziamenti:
GRAZIE INFINATAMNTE come sempre a tutte le ragazze che continuano a leggere questi sconquassati capitoli, se un giorno vorrete lasciare la vostra opinione, anche dicendo "mi fa schifo perché..." mi riempireste di gioia, ma bando alle ciance:
Per Pepesale: grazie grazie grazie per le tue lunghissime e bellissime recensioni! mi diapiace che tu sia stata male... spero che ora stiate tutti meglio! Per la scuola ti capisco... tra poco io inizio di nuovo l'università e non so quanto ci metterò poi a postare... -.- mi fa molto piacere che i capitoli ti siano piaciuti! (p.s. mi sto impegnando con i puntini... ma è difficile disintossicarmi! ihhhhhh)
Per barbydowney: anche a me piacciono tantissimo i Muse in this period... <3 come noterai in questo capitolo e soprattutto nel prossimo sto mettendo forse un po' troppo di me in questa Martina... ma dopotutto è una fanfiction e posso fare un po' come mi pare e sognare a occhi aperti che anche a me un giorno capiti un bel James... ahahahahah!! *_* baciiiiii

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Capitolo 8
*** 7. Il vaso di Pandora ***


7. Il vaso di Pandora.

Anna e Francesco si concedettero una romantica passeggiata sul lungo mare, come due adolescenti e Lorenzo mi chiese se volevo andare con lui a prendere una lezione di windsurf nello stabilimento di fianco. “Questo ragazzo non sta mai fermo!” constatai, ma poi vidi Martina infilarsi i jeans e mettere le proprie cose in borsa.
-Tu dove vai?-
-Io?- chiese voltandosi. Annuii.
-Faccio un giro in centro... i negozi...-disse alzando le mani.
-Ti accompagno... se non ti dispiace...- dissi rivolgendomi a suo fratello.
-No no...vai pure! Anzi... mi regali qualche chance con l'istruttrice non venendo. Grazie!- e si allontanò di corsa.
-Perché non sei andato con lui? A me piace stare da sola sai.-
-Ho notato...- mi lasciai sfuggire. Non sorrise come speravo e prese la borsa. Mi infilai pantaloni e maglietta rincorrendola.
-Allora...- Iniziai io a parlare, più o meno dopo dieci minuti di silenzio.-Hai il ragazzo?-
Sbuffò tra se e sé:-No...-
-E come mai?-
-Bé... Guardami!- disse passando le mani sui suoi fianchi.
-Ma cosa dici?-
-Dai smettila con questa sceneggiata! So di non aver un gran fisico, ma dopotutto io mi piaccio anche così... solo che probabilmente ai ragazzi non vado bene. Tutti mi trovano divertente, simpatica... però guai a pensarmi come qualcosa più che un'amica!- aumentò il passo.
-Martina tu sei una bella ragazza... secondo me non è il tuo aspetto che li frena...-
I suoi occhi erano lucidi di rabbia, ma continuai.
-E il tuo modo di porti... la tua costante esigenza di difenderti e attaccarli, quasi una specie di aggressività. Li spaventa, li allontana. Tu non ti fai conoscere per la persona piena di qualità che sei!- le cinsi una mano attorno alle spalle cercando di farla rallentare e per poterla abbracciare. Lei mi scostò. Ma io ci riprovai. La tirai per un braccio e la girai verso di me, stringendola e come previsto scoppiò in lacrime. Era fragile come una farfalla, anche se i suoi modi erano acidi come un limone. Singhiozzava e presto sentii la mia maglietta inumidirsi. Le poggiai la guancia sulla testa e rimasi ancora lì finché i gemiti si spensero e lei tornò a respirare regolarmente. Si allontanò passando una mano sotto gli occhi, cercando di levare il nero del trucco.
-Oddio ti ho sporcato la maglietta...- disse in colpa.
-Non fa niente... ne comperò un'altra...-
-
Fottuto riccone...- disse sottovoce sorridendo.
Capii che era uno dei suoi insulti, ma ci passai sopra.
-Se mi prometti che non piangi più, ne compro una anche a te...-
Mi fece la lingua, come una bambina di cinque anni.
Frugò nella borsa alla ricerca di un fazzoletto e dopo essersi asciugata gli occhi, si voltò e sporgendo la testa verso di me, mi chiese se era ancora macchiata.
Le presi il viso fra le mani e le diedi un bacio sulla fronte. Vidi le sue guance tingersi di un porpora acceso all'istante e si allontanò.
-No sei a posto...-
Ci addentrammo nel paese e incredibilmente, come se con quel pianto avessi aperto il vaso di Pandora, Martina uscì dal suo bozzolo. Mi raccontò delle sue amicizie, quelle di lunga data, quelle che l'avevano delusa, delle sue cotte colossali per alcuni ragazzi, mai ricambiate, degli spasimanti che ogni tanto le rompevano le scatole, ma con i quali lei non riusciva a essere troppo stronza, pensando a quanto male ci stava lei dietro a ogni delusione, mi raccontò della sua famiglia, degli studi, dei milioni di libri che divorava... Era una ragazza incredibile, se solo si fosse lasciata avvicinare da tutti. Se solo non avesse avuto quell'atteggiamento così scontroso all'inizio.

Verso il tramonto tornammo verso la spiaggia, l'aria si era rinfrescata, il clima della Toscana era fantastico. Il giro di shopping ci aveva lasciato con una maglietta nuova per me e un vestito per lei. Poi le avevo regalato un braccialetto etnico, in realtà ne avevo comprato uno uguale anche per me. Probabilmente fu un gesto alquanto infantile e affrettato, ma quando avevo visto quei braccialetti colorati non avevo resistito.
-Dovunque sarò fra anni so che non dimenticherò mai questo posto e nemmeno te... non fraintendere le mie parole... è solo che qui sto così bene!- le dissi porgendoglielo.
-No, tranquillo... ho capito quello che vuoi dire... Grazie... è veramente bellissimo!- mi toccò il braccio in segno d'affetto.

I suoi si stavano rivestendo e Lorenzo arrivò in fretta.
-
Cari miei, stasera non torno con voi!-
-
Perché?- chiese sua madre preoccupata.
-
Bè.. ho conosciuto un po' di ragazzi dello stabilimento, mi hanno invitato a cena e poi a ballare e mi riportano a casa!-
-
Va bene... stai attento!- non avevo capito molto del discorso, poi però Lorenzo si rivolse a me e Martina.
-Venite?-
Lo guardai interrogativo.
-Scusa James... Allora ho conosciuto dei ragazzi e mi hanno invitato a cena con loro e poi si va a una festa in spiaggia .. un modo per tornare a casa lo troviamo!- sorrise.
-Certo nessun problema per me...-
Martina sorrise fra sé.
-Fortuna che mi sono comprata un vestito...-

I ragazzi dello stabilimento sembravano simpatici, anche se non capivo molto di quello che dicevano, ma ridevano spesso, complice anche l'alcool che scorreva a fiumi. Eravamo sulla spiaggia, attorno ad un falò, qualcuno suonava la chitarra e alcune ragazze ballavano, più di una mi aveva esortato a seguirla, ma io avevo declinato l'offerta. “Niente donne”. Ripetevo a me stesso, come se fosse una specie di mantra. Mi misi a osservare le persone in silenzio, cosa che mi piaceva sempre tantissimo fare. Cercai Martina. I miei occhi la trovarono poco dopo, seduta sulla sabbia bianca che rideva con un gruppetto di persone. Avrei voluta raggiungerla, ma non mi alzai. Una decina di minuti dopo fu lei ad alzarsi e a dirigersi verso il cesto dove galleggiavano le birre. La raggiunsi.
-
Bella serata!- dissi alzando la mia birra al cielo.
Rise e annuì.
-Molto bella..-
-Fai una passeggiata con me?-
La vidi tentennare. Non sapevo nemmeno io perché diavolo volessi stare da solo con lei, ma così era. Non controllavo le parole che mi uscivano dalla bocca in sua presenza, ero impulsivo come un ragazzino alle prime armi.
Alzò le spalle e aggiunse sottovoce:- Ok...- prese una birra e si allontanò verso il bagnasciuga.
-Ragazzi simpatici...- come sempre toccava a me iniziare a dire qualcosa.
-Già... è vero!- ritornò ai suoi pensieri, si tolse i sandali e mise i piedi nell'acqua.
-Bellissima questa spiaggia, questo posto!- non rispose, ma anche nel buio potei vedere i suoi denti comparire in un sorriso.
Era così diversa dal pomeriggio! Aveva parlato, riso, corso, saltato... cosa le era successo? Dopo qualche altro passo e sorsata di birra, decisi di chiederglielo.
-James... Io...-rispose,alzando gli occhi verso le stelle.-Ecco io...-
Una voce interruppe le sue difficoltà, era Lorenzo.
-Ragazzi si torna a casa, c'è l'ultimo pullman!-
Martina lo raggiunse e capii che nemmeno quella sera non avrei capito che cosa le frullava in testa.

Fede's corner:
scusate il ritardo, ma è reinziata l'università quindi poco tempo e soprattutto poca ispirazione... questo capitolo è un po' strano, spero di recuperare nel prossimo!
GRAZIE a tutti quelli che seguono e leggono questa storia pazza...
un ringraziamento particolare come sempre per Pepesale e le sue divertentissime recensioni e a barbydowney che ormai vedo tutti i giorni!

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Capitolo 9
*** 8. Partenze e quadri ***


8. Partenze e quadri.

La settimana seguente passò lenta. Lorenzo e Marina erano sempre fuori casa, a lavoro o all'università. Anna lavorava e io passavo tutto il mio tempo nei campi insieme a Francesco. Mi ritrovai quindi al Sabato successivo con i muscoli doloranti e un'abbronzatura niente male. Avevo dipinto moltissimo in quei giorni, quasi ogni sera: avevo prodotto 3 quadri. Nel pomeriggio di Sabato stavo lavando i pennelli nel lavabo in cortile, visto che avevo dipinto nel prato, quando Anna, appena tornata dal lavoro, mi venne vicino.
-Ti prego dimmi che posso comprarti quel bellissimo quadro che hai appena dipinto! Starebbe così bene nel salotto!-
La guardai sorpreso: -Comprarlo?-
-Bè... mica lo posso semplicemente prendere!-
-Certo che puoi... non scherziamo! Per me sarebbe davvero un onore. I miei quadri di solito rimangono chiusi nello scantinato...-
-Oh grazie James!- e rientrò in casa.
Tornai verso il cavalletto e presi il quadro, ormai asciutto e mi avviai in casa. Anna mi fece cenno di metterlo al posto di una stampa impressionista.
Ero fiero di vedere il mio lavoro apprezzato da qualcuno.
Il mio Blackberry suonò insistente nella tasca desta dei jeans.
-
Scusami...- dissi uscendo.
Tornato nel sole caldo, premetti il tasto verde e portai il telefono all'orecchio.
-Pronto?-
-Franco...- riconobbi subito la voce di Jordan.
-Jordan! Che piacere... come stai?-
-Io bene... tu un po' meno fra poco.-
-Cosa è successo?-
-Bè... il contratto che hai firmato con Gucci ti obbliga a venire a fare un altro spot...-
-Non esiste!-
-Hai firmato...-
-Tu non hai letto bene il contratto allora!-
-Ormai è fatta... ma cosa ti lamenti? Saranno altri milioni di dollari per un paio di giorni di lavoro!-
-Ma devo venire in America...-
-Ci vediamo Lunedì a New York. Lo spot lo vogliono girare lì. Ti ho già prenotato il volo da Firenze, i dettagli sono in una mail.-
-Fanculo Jordan!- ma il telefono dall'altro capo della linea era già muto.
Porca miseria, non avevo nessuna voglia di fare altre 18 ore di viaggio. Soprattutto non avevo voglia di tornare in quel mondo, erano meno di 10 giorni che mi stavo godendo quel paradiso e già me lo volevano guastare. Incredibile!
Probabilmente stavo inveendo contro il telefono a voce troppo alta, perché Anna uscì di casa preoccupata.
-Cosa è successo? Qualcosa di grave?-
-Devo andare a New York!-
-Problemi familiari?-
-No...- sbuffai:-lavoro...-
-Ah! Ma tornerai vero?- la sua speranza in quella domanda mi invase di un benessere incredibile: mi volevano bene davvero quelle persone.
-Non lo so!- come non lo sapevo? Io volevo tornare! Non avrei nemmeno voluto andarmene... perché avevo risposto così?
Anna era visibilmente delusa:-Allora c'è da organizzare una festa d'addio!-
-Non è il caso...-
-è proprio il caso, invece!- mi zitti lei rientrando in casa.
Ero scosso, tornai nella mia camera e mi sdraiai sul letto nervoso. Non volevo andarmene! Non volevo tornare già in America, conoscendomi poi mi sarei perso a New York! Mi perdo sempre a New York. Quando ci vado rimango lì mesi, finché un amico non mi viene a ripescare. Mi faccio rapire dalla vita della città che non dorme mai, dai locali, spesso mi sono fatto rapire dalle sue ragazze. Io volevo godermi la Toscana.
Probabilmente mi ero addormentato perché quando riaprii gli occhi la sveglia sul comodino segnava le 18,30. mi alzai e mi diressi in bagno, dopo la doccia mi diressi fuori. Arrivai in garage e guardai la “mia” Vespa. Volevo sentirmi di nuovo felice, così senza pensare misi in moto e uscii sgommando dal vialetto. La sensazione di libertà che avevo provato la prima volta non era così forte adesso, purtroppo. Capii che dovevo partire. Dopotutto era lavoro. Feci inversione e ritornai alla cascina. Quando entrai in casa la tavola era apparecchiata in modo più sontuoso e anche i membri della famiglia erano vestiti in modo più curato, mi vennero gli occhi lucidi.
-James, anche sei stato qui così poco, sappi che ci mancherai... e se volessi tornare ti accoglieremmo a braccia aperte!- Anna mi abbracciò.
Il loro calore umano mi stupiva sempre, non riuscivo ad abituarmici. Mi fecero sedere e iniziammo a mangiare. Avevano cucinato di tutto e di più: stentavo a credere che sarei riuscito ad alzarmi dalla sedia prima di qualche giorno. Durante la cena Martina non mi guardò mai negli occhi e non partecipò quasi alla conversazione. Verso le 11, dopo vari bicchierini di Vin Santo e Cantucci mi alzai e dissi che sarei andato a dormire, il giorno dopo sarei dovuto partire alle 9. Francesco si propose per accompagnarmi, ma Lorenzo insistette per farlo lui. Li salutai e uscì sotto il cielo stellato, dopo aver fatto le valigie mi sedetti sulle sdraio nel giardino a fissare le stelle. Sentii dei passi dietro di me. Nel buio della notte ero invisibile nel prato. Era Martina, con qualcosa in mano. La vidi arrivare fino davanti alla portafinestra di casa, far per bussare, scuotere la testa e re incamminarsi verso casa sua.
-Aspetta...-urlai. La vidi sobbalzare. Corsi verso di lei. Si era spaventata.
-Oddio... che spavento!- rise nervosa e agitata.
-Cosa volevi?-
-Niente...-
-Non è vero!- mi avvicinai a lei un po' di più.
-Niente!- abbassò lo sguardo su quello che stringeva fra le mani. Guardai anche io. Erano dei disegni, anche se nel buio non capivo cosa ritraessero.
-Li guarderai poi...-
-Grazie...- continuava a rimanere con lo sguardo verso il basso. Istintivamente cercai di alzarle il viso con la mano. I suoi occhi erano lucidi sotto le stelle, sembravano piccole lucciole.
Non resistetti un momento in più. Contro ogni logica e previsione premetti le mie labbra sulle sue. Lei era una statua di sale. Immobile, con le labbra serrate, lasciò cadere il disegno per terra e appoggiò le sue mani sul mio petto.
Mi staccai e la guardai fisso.
-
Scusami...- dissi, ma poi rimasi incredulo dalla sua reazione. Mi strinse il viso fra le mani e cercò di nuovo la mia bocca e questa volta non ebbi la sensazione d baciare una statua di sale, anzi tutt'altro. Le sue mani giocavano fra i miei capelli e io non potei fare a meno di stringere i suoi fianchi. Dopo un tempo che mi parve anche troppo breve, si staccò e mi sussurrò all'orecchio:-Scusami...- corse via.
Ero incredulo, non capivo cosa fosse appena successo. Raccolsi da terra i suoi disegni. Erano paesaggi di mare, di campagna: era la Toscana. L'ultimo era un mio ritratto, la testa appoggiata su un braccio. Rientrai in casa e come successo nel pomeriggio ricaddi in un sonno profondo. La sveglia suonò alle 6. feci una colazione veloce e portai tutte le mie valigie fuori nel cortile. Erano tutti pronti per la mia partenza. Mancava solo Martina. Abbracciai forte Francesco e Anna, rassicurandoli sul fatto che sarei tornato presto e mentre lo dicevo, cercavo più che altro di convincere me stesso. Poi montai sulla macchina di Lorenzo e partimmo. Proposi al ragazzo di venire in America, lui rise e disse:
-Magari...ma non posso proprio lasciare il lavoro adesso!-
-Capisco... comunque questo è il mio numero e la mia mail: vedi di farti sentire spesso!- dissi appoggiando un biglietto sul cruscotto.
-Contaci!- rispose lui.
Arrivai all'aeroporto, lo abbracciai e mi diressi verso il check-in. Non capivo perché in cuor mio speravo ancora che lei spuntasse da un momento all'altro. Avevo vissuto troppo dentro i film per capire che nella vita vera di solito queste cose non succedono. Nella vita vera non è mai tutto chiaro come il sole, le cose sono confuse, le persone non sono chiare, il lieto fine non esiste e se c'è lascia sempre qualche vittima lungo il percorso.
Mi sedetti sul mio sedile e ripresi i disegni di Martina, erano belli, il suo tocco era profondo, calcato, quasi come se volesse far capire che ci credeva davvero in quello che disegnava. Quella ragazza mi sarebbe mancata.
Un pensiero mi balenò nella testa: facendomi cadere nello sconforto: “Non avevo nemmeno il suo numero!”.

Fede's corner:

Ho aggiornato prestissimo perchè ieri mi è scattata l'ispiration!! =) 
GRAZIE a tutte le lettrici silenziose, spero che la mia storia vi piaccia...
GRAZIE  a barbydowney! spero che il capitolo sia di suo gradimento visto che c'è un piccolo colpo di scena... =)
GRAZIE a Pepesale!  molto carina l'immagine dello spupazzamento di James... ahahahhaah!! anche a me piacerebbe molto! *_*

Vi lascio il link della pubblicità di Gucci, penso l'abbiate vista tutte, ma rifarsi gli occhi fa sempre bene: http://www.youtube.com/watch?v=7WTFO7trdLw&translated=1

BACI PULZELLE!

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Capitolo 10
*** 9. New York, New York ***


9. New York, New York.

Mi svegliai fra lenzuola bianche. Il malditesta mi colpì come una mannaia. Non ricordavo dove mi trovassi, guardai fuori dalla grande finestra. L'Empire State Building spiccava in mezzo al cielo azzurro. Pian piano i rumori del traffico e dell'acqua che scrosciava nel bagno cominciarono a farsi largo nelle mie orecchie intontite. Era in una stanza d'albergo. Per terra c'erano un mio completo nero e un vestito rosso da sera. Cazzo, ero finito a letto con una ragazza. Non mi ricordavo nemmeno come si chiamasse o che faccia avesse. Mi alzai di soppiatto e mi avvicinai alla sua borsa posata sulla poltrona all'ingresso, cercando il portafoglio. Ecco la carta d'identità. Jade Bodwein. Bionda, carina dalla foto. Sentii dei rumori da dietro la porta quindi risaltai sotto le coperte, facendo finta di dormire.
La porta si aprii e lei sbuffò rumorosamente. Incominciò a sbattere contro tutte le cose che poteva e a camminare pesantemente: capii che voleva che mi svegliassi, ma non volevo dargliela vinta. La sentii tirare su la zip del vestito, rimettersi i tacchi e poi sentii che prendeva qualcosa dalla borsa. Sentii il suo respiro vicino al mio viso e un bacio premere sulle mie labbra dischiuse. A quel punto fui costretto a svegliarmi. Aprii gli occhi sbadigliando.
-Buongiorno!- mi sorrise lei con i suoi riccioli che cadevano sul mio cuscino.
-Ciao Jade!- dissi. Era visibilmente sorpresa che ricordassi il suo nome.
-Devo andare...- disse. La fermai per un braccio, così come richiedevano le regole. -No, davvero devo andare...- insistette lei, ma si sedette invece sul letto lasciva. La baciai sulla guancia, mi sembrava di recitare, probabilmente lo stavo facendo.
-Sì... capisco! Anche io ho un impegno oggi!-
-Ci sentiamo presto?- chiese speranzosa.

Credici!” pensai tra me.-Sicuro piccola...- e mi allontanai verso il bagno.

Quando tornai in camera vidi che la cameriera stava rifacendo il letto.
-C'era questo nel letto...- mi porse un braccialetto colorato. Martina. Il suo viso comparve nella mia mente come un fulmine a ciel sereno. Era passato un mese. Avevo scambiato alcune mail con Lorenzo, sul mio arrivo, sul lavoro, su New York, poi da un paio di settimane gli impegni non mi avevano più permesso di prendermi il tempo per scrivergli, ne tanto meno di chiedergli l'email di sua sorella; ma dopotutto nemmeno lei mi aveva cercato. Probabilmente non gli interessavo un granché. O forse aveva paura. La parte preponderante di me non diede peso a quella considerazione fugace, ma prese per buona la prima.
La cameriera era ancora lì, che mi osservava confusa, tendendomi il braccialetto. Lo presi e me lo legai al polso.
Poco dopo un cameriere bussò alla porta ed entrò con il servizio in camera che non ricordavo di aver richiesto. C'era anche una rosa rossa appoggiata sul vassoio.
-Questa è da parte della signorina e mi ha pregato di darle questo.-disse porgendomi un biglietto scritto sulla carta stampata dell'hotel.

Questo è il mio numero: 555-387. Hai tempo finché la rosa non appassisce per chiamarmi! Jade.” portai la rosa al viso e assaporai il suo dolce e inconfondibile profumo, ma non ricordai quello di Jade; così buttai la rosa nel cestino di fianco alla porta e mi concentrai sulla colazione.
Uscii in strada poco dopo e mi lasciai trasportare dal fiume di persone che costantemente affollavano quella città. Avevo un cappello da baseball e gli occhiali da sole calati sul viso: speravo bastasse per non farmi riconoscere da nessuno.

Central park riusciva sempre a rapirmi per qualche ora: osservare le persone camminare mano nella mano, i bambini giocare, gli anziani chiacchierare, i più temerari correre. Central Park per me è sempre stato un mondo a parte, un'altra città nella città, un quartiere a sé stante, un'altra realtà. Per fortuna ero uscito con la mia tracolla con dentro taccuino e carboncini e così seduto su una panchina un po' defilata iniziai a scarabocchiare. Mi vennero in mente i disegni di Martina, che conservavo in una cartelletta insieme ad altri documenti di lavoro e i nostri discorsi su quella passione che condividevamo, cercai di cacciare quei pensieri e mi misi a osservare le papere che sguazzavano nel laghetto di fronte a me, cercando di imprimere i loro contorni perfetti su carta.

Quando tornai in albergo decisi di scrivere una mail a Lorenzo:
Ciao Bello!
Come stai? Io mi sto dando agli stravizi ultimamente. Volevo sapere se potevi darmi il vostro indirizzo di casa per mandarvi una cartolina. Come state? I tuoi genitori? Il lavoro? Tua sorella?
Scrivimi presto e saluti tutti!
Un abbraccio, James.”
Speravo mi avrebbe risposto in fretta e intanto mi misi a scrivere un po'.

Un altro mese a New York passò velocemente fra feste e le Jade di turno: quasi sempre modelle incredibili, con una personalità da far invidia a quella di una tartaruga, ma che a letto si trasformavano in pantere arrapate. Dopotutto non volevo niente di più. Non volevo mettere in gioco il cuore e nemmeno loro volevano da me qualcosa in più che il mio corpo muscoloso. Spesso dopo quelle fugaci avventure mi ritrovavo nei balconi degli hotel a fumare una sigaretta, fissando il cielo e mi sentivo assalire da una tristezza incredibile, un senso di inadeguatezza, una voglia di fuggire da quella vita senza spessore, ma c'era una forza che mi incatenava a quel suolo americano, una forza ineluttabile.
Intanto avevo ricominciato a lavorare con Jordan, che con il suo enorme entusiasmo (nuovo di zecca), mi aveva fatto firmare contratti pubblicitari e aveva messo in cantiere un nuovo film: Saremmo partiti di lì a un mese per la Francia. Non vedevo l'ora. A Parigi c'ero stato una volta sola e per troppo poco tempo, invece adesso sembrava dovessimo stare almeno 6 mesi.
Mentre stavo piegando le camicie appena ritirate dalla tintoria sentii bussare alla porta. Eppure avevo messo “Non disturbare” sulla porta. Andai ad aprire scocciato pronto per insultare la cameriera di turno. Aprendo la porta invece ebbi una sorpresa inaspettata.
-Ciao..- si scostò il ciuffo di capelli castano chiaro e mi fissò con i suoi occhioni azzurri.
-Marla?- ero interdetto.
-Mi fai entrare?-
Avrei voluto davvero dire di no e invece mi uscì:-Ok..- e mi scostai per farla entrare. Chiusi la porta e rimasi girato compiendo un respiro profondo.
-Mi guardi?- subito richiamò la mia attenzione.
Mi voltai controvoglia e la vidi già seduta sul letto, vicino alle camicie. Aveva una camicetta viola e un paio di jeans. Lei, inguaribile sportiva.
-Allora?- chiesi scocciato e mi avvicinai al mini bar: -Vuoi qualcosa?-
-Un'acqua tonica va bene...-
-Bene!- la stappai e la misi dentro un bicchiere, tagliando anche una fetta di lime e mettendoci il ghiaccio. Io mi stappai una birra gelata.
Lei non aveva ancora parlato e prima di farlo diede un lungo sorso dal bicchiere.
-James... Avevo bisogno di vederti e tu non hai mai risposto alle mie mail o chiamate!-
-Marla... è finita!-
-Che cazzo centra questo? L'educazione è finita? Il rapporto di conoscenza fra noi è finito?-
-Non ho detto questo, ma non ha senso che tu voglia controllare la mia vita!.-
-Ah...-eccolo il suo tipico verso seccato, con la bocca aperta e il sospiro bloccato a metà. Quanto lo odiavo.
-Cosa c'è quindi di così importante?- mi stavo spazientendo.
Lei abbassò gli occhi sul bicchiere. Quando li rialzò aveva un altro sguardo, quasi malizioso. Si alzò e mi venne vicino. Io stavo ancora in piedi. Prese la mia birra e la posò sul tavolo vicino al suo bicchiere e poi passò con le sue dita sulle mie braccia, dalle mani fin quasi alle spalle.
-Mi manchi James...- la sua voce era un sussurro. Si appoggiò al mio petto. Alzai gli occhi al cielo. Non doveva fare così. Lo sapeva che io non resistevo, non resistevo mai!
Mi guardò di nuovo e mi spinse verso la poltrona.
No. No. No. Non dovevo lasciarmi trascinare. Invece lei era forte così mi trovai a indietreggiare finché dovetti piegare le gambe e sentii la stoffa morbida della poltrona sotto di me. Lei mi venne sopra, a cavalcioni. E subito puntò lì dove sapeva, dove doveva puntare per farmi perdere il controllo della situazione. Si avvicinò al mio lobo sinistro e cominciò a leccarlo e mordicchiarlo. Cazzo. Ero fottuto. Se fossi rimasti un minuto in più in quella posizione sapevo che avrei oltrepassato il punto di non ritorno. Le mie mani erano ancora avvinghiate ai braccioli e non volevo muoverle, ma lei le prese e le posizionò sui suoi fianchi che la camicetta aveva scoperto. Ok perfetto, avevo passato il punto di non ritorno. Eccomi lì a baciarla senza sapere come smettere. Senza avere la forza di smettere. E prima di perdere ogni controllo con la mia parte razionale mi ritrovai a pensare “Ma non avevo detto basta donne?"

Fede'corner:

AVVISO IMPORTANTE PER LE AMANTI DI JAMES:  comprate Glamour di Novembre.. c'è una sua intervistdi e un paio di foto carinissime con la camicia da boscaiolo... dalla copertina non era segnalato, quindi potrete immaginare il mio urletto quando sfogliandolo sovrappensiero ho visto il suo faccione!!! *_* 
Tra l'altro nell'intervista descive la sua donna ideale proprio come è Martina(nel senso di intelligente, che sappia capire le continue provocazioni e che abbia le sue stesse passioni)... quindi sono molto soddisfatta! =P

N.B. alcune cose che ho scritto, esempio film in Francia, ritorno da Marla, ecc... sono naturalmente frutto della mia imagination e non hanno fondamento reale... è solo per ricordarlo! =)

GRAZIE come sempre alle mie commentatrici di fiducia Pepesale e barbydowney.... che mi fanno sempre sorridere e non vedo mai l'ora di leggere le loro recensioni! =)
un GRAZIE speciale anche a VasiSchwartz, _Bonnie_ e gy_93...
e un GRAZIE ancora più affettuoso alle lettrici in incognito! =)

A prestissimo, spero
Fede

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Capitolo 11
*** 10. Marla ***


10. Marla

Qualche ora dopo mi aveva convinto a andare a cena con lei, così verso le 8 mi era passata a prendere. Indossava un vestito leggero e incredibilmente sexy. Non era da lei. La guardai inebetito. Lei sorrise compiaciuta e mi prese la mano. Non sapevo che diavolo mi era preso, ma non riuscivo a uscire da quella situazione. Marla era la sola donna che potevo dire di aver veramente e incondizionatamente amato nella mia vita. C'era stato un periodo in cui lei riempiva completamente le mie giornate, ogni cosa che facevo era per lei, ogni mia azione era solo fatta in funzione sua. Io vivevo di Marla. Tutti ci invidiavano, eravamo la tipica coppia che stava bene in ogni situazione. Lei poi era semplice, senza fronzoli, sportiva, potevo permettermi di fare qualsiasi cosa con lei. Il problema era che poi aveva cominciato a parlare di matrimonio. Non che la cosa a me non andasse, mi sono sempre immaginato accasato verso i 40. voglio dei figli! Il fatto è che lei aveva preso il mio alzare le spalle e il mio “Mmmm...” come una proposta di matrimonio e si era messa a organizzarlo, senza chiedermi nulla. Quando avevo visto che la sua non era semplice curiosità, ma aveva stilato una lista di invitati le dissi di fermarsi e tornare indietro. Lei si arrabbiò, accusandomi di non amarla più. Poco tempo dopo venni a scoprire che mi aveva tradito con il gestore di un locale. Fu un colpo durissimo, anche perché fu lei a lasciarmi incolpandomi di tutto. Per almeno un anno non avevamo avuto contatti, poi però avevamo cominciato a frequentarci normalmente, come amici. Dopotutto avevo passato quasi 5 anni con lei e sapevo che era una persona speciale.

-Ti va bene l'italiano?- mi chiese davanti a un'insegna con su scritto “Bella Napoli”.
-No!- risposi di getto: -andiamo al marocchino...- dissi continuando a camminare.
-Ok... come vuoi!- fece spallucce.
Entrammo nel ristorante e la cameriera, che evidentemente in Marocco non ci aveva mai messo piede, quasi urlò vedendoci e ci scattò delle foto. Marla era felice come una bambina in un negozio di caramelle e la cosa mi stupiva parecchio, ma non ci diedi molto peso, cercando di sforzarmi a sorridere anche io.
-So che vai a Parigi fra un mesetto...-
-Mmm mmmm...- stavo ancora masticando l'agnello.
-Sarai sorpreso di sapere che verrò con te!- deglutii a fatica e bevvi un sorso d'acqua per evitare di strozzarmi.
-Cosa?-
-Bè... volevo trasferirmi da un po' all'estero e questo artista, bé regista alla fine, francese mi ha cercato... non è molto conosciuto, infatti il lavoro non sarà nemmeno pagato chissà quanto però... quando ho saputo che pure tu andavi lì mi sono detta perché no?!-
-Quindi è per questo che sei venuta oggi pomeriggio? Per riprendermi?-
Non notò o non volle notare l'amarezza che c'era nella mia domanda.
-E ci sono riuscita???- domandò con lo sguardo seducente che aveva qualche ora prima.
-Mmmm..- fu tutto quello che risposi e lei come al suo solito, lo prese come un sì.

A fine serata invece di voler tornare in hotel volle fare una passeggiata e poi andare in un locale dell'Upper East Side, frequentato da un sacco di personaggi famosi. Io non ero in vena, ma mi lasciai trascinare. I paparazzi appostati fuori vedendoci arrivare insieme e per mano incominciarono a scattare a dieci centimetri dal mio viso foto che evidentemente sarebbero state sulle copertine dei giornali scandalistici qualche giorno più tardi.

Eccole lì infatti: Marla stava sorseggiando un cappuccino seduta in poltrona, in pantaloncini e reggiseno nella mia camera d'albergo. Non le avevo chiesto di venire a stare un po' da me, semplicemente era entrata con la sua Louis Vuitton e si era presa la sua parte di letto con nonchalance. Non vedevo il suo viso nascosto dietro le pagine patinate di quella rivista, ma vidi chiaramente la nostra foto con la scritta gigante “Di nuovo insieme?” un istinto omicida verso i paparazzi mi percorse la schiena. Mi alzai di scatto e sbattei la porta del bagno dietro di me con forza. Lei non si fece attendere molto, due minuti dopo bussò:
-Tesoro, stai male?- Tesoro?
Aprii la porta piano e la fulminai con lo sguardo.
-Spiegami qual è il tuo piano!-
-Il mio piano?- chiese incredula e spaventata.
-Cos'è? hai bisogno di tornare in voga per trovare lavoro... mi stai usando?-
-Non ho bisogno di te per trovare lavoro!- era diventata rossa di rabbia e premeva la mano sulla porta cercando di aprirla.
-Se ne sei convinta...- dissi lasciando che spalancasse la porta.
-Sei un pezzo di merda!- incominciò a colpire con i pugni il mio addome nudo. Non faceva davvero male, ma era molto fastidioso. Iniziò anche a tirarmi del calci. La bloccai dalle spalle, stringendo forse con più forza del dovuto.
-Ahia...- esclamò allontanandosi. Respirava affannosamente e i suoi occhi erano gonfi di lacrime. Mi abbracciò stretto, come se stesse ancora cercando di farmi del male: -Io ti amo stronzo... mi mancavi e ti amo!- singhiozzava e tremava.
A quel punto mi sentii inerme e lei sembrava così fragile e indifesa,feci l'unica cosa che potevo fare: la abbracciai forte e staccai il cervello, lasciandomi guidare dalle care e vecchie abitudini.

Dieci giorni dopo eravamo di nuovo ufficialmente insieme. La stampa rosa aveva scritto diversi articoli su di noi e l'addetto di stampa di Marla aveva confermato l'inizio di una nuova relazione, al mio invece avevo detto di non commentare niente e non rispondere a nessuna domanda. Lei aveva trovato un appartamento a Parigi e l'aveva già affittato, perché disse di essere stufa di stare in albergo. Io come sempre, avevo annuito, ormai ero diventato un mollusco; ma ogni volta che provavo a tirare il freno di emergenza su quello che stava accadendo fra noi ecco le sue crisi isteriche, i pianti, il farsi piccola piccola e bisognosa di cure e io che mi scioglievo come un essere senza spina dorsale. Ero patetico.
Inoltre ogni giorno guardavo se arrivassero mail di Lorenzo o qualche segno da parte di Martina, ma niente, non mi aveva più risposto da due settimane a quella parte. Ero confuso e anche amareggiato da quella situazione. Mi mancavano molto.

-Non vedo l'ora di arrivare a Parigi, ma ci pensi io e te nella città dell'amore?- Marla fantasticava andando su e giù per la stanza spostando roba e ogni tanto spuntava in terrazza, dove io stavo fumando una sigaretta. Come sempre risposi con il mio solito verso che ormai era diventato il mio solo e unico modo per esprimermi. Lei aveva già preparato le valigie e fatto inviare già un bel po' di roba al nuovo indirizzo francese. Il nuovo nostro indirizzo. Non riuscivo ancora a capacitarmi che avremmo vissuto di nuovo insieme, anche se alla fine lo stavamo facendo da un mese, ma lì saremmo stati in una casa. La nostra.
Amavo Marla? Non appena questa domanda senza risposta si affacciò nella mia mente lei arrivò trotterellando e mi abbracciò, posando un bacio sulla mia bocca.
-Ti amo piccolo... la mia vita non è mai stata migliore: sto per andare via dalla solita routine, verso un lavoro interessante e con l'uomo che amo... è meraviglioso.. cosa potrei desiderare di più?-
Già cosa si poteva chiedere di più? Come potevo interrompere i suoi sogni?
Le sorrisi benevolo e tornai alla sigaretta. Dopotutto forse era questa la mia vita, quella che mi era stata destinata... Cosa pretendevo di potermi aspettare da una ragazzina italiana? Che si struggesse per me? Per uno che conosceva appena? Dovevo tornare a essere serio. Sarei andato a Parigi con Marla e avrei costruito lì la mia nuova vita. Era così che doveva andare. 

Fede's corner:
Aggiornamento repentino per buona dose di ispirazione, anche se penso che ora per un po' starò in stand by causa univeristà... -.-
spero che questo capitolo molto 'mmmmm' vi sia piaciuto...
un immenso GRAZIE a tutte le lettrici... 
baciiii

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Capitolo 12
*** 11. Parigi ***


11.Parigi

Non era poi così male dopotutto. Marla a Parigi era diventata più calma e rilassata, senza gli attacchi di fan isterici o di paparazzi in cerca di scoop si era rivelata una donna di casa premurosa e attenta: mi riempiva di attenzioni e ogni sera tornato stanco morto dal set, trovavo la cena pronta. Il suo progetto cinematografico con l' “artista” francese sarebbe iniziato solo due mesi più avanti, quindi trascorreva le giornate a bearsi delle sue passioni e di me. La trovavo spesso a scrutarmi mentre leggevo il copione o guardavo un po' di football in TV e se le chiedevo: -Tutto ok?- lei mi rispondeva sorridendo: -Non riesco a capacitarmi di quanto tu sia perfetto...- lo diceva con semplicità, con naturalezza, con estrema convinzione, non riuscivo a ridere o a non prenderla sul serio, sorridevo imbarazzato e basta. Spesso mi trovavo a chiedermi se l'amavo almeno la metà di quanto facesse lei ma purtroppo quando ci si chiede se si ama un persona la risposta è quasi sempre no. L'amore si sente, non si comprende.

Di Lorenzo e di tutta la sua famiglia non avevo più avuto notizie e la cosa incominciava a preoccuparmi, avevo cominciato a pensare che avrebbe potuto essere capitato qualcosa di brutto. Purtroppo oltre alla mail non avevo altri numeri di telefono e in più il telefono con il numero che avevo dato a Lorenzo lo avevo dimenticato in America, in realtà non lo avevo trovavo più e alla fine avevo rinunciato a cercarlo, pensando di averlo dimenticato in palestra o cose simili.

Sul set avevo conosciuto dei colleghi fantastici e mi stavo trovando veramente bene. Il film parlava di problematiche adolescenziali, io facevo la parte di un giovane supplente di Inglese, un ruolo in cui stranamente mi sentivo molto a mio agio. Marla veniva spesso a trovarmi con delle leccornie per tutto lo staff. Tutti aspettavano il suo arrivo con ansia. Ma avevo come la sensazione che quelle continue apparizioni fossero un modo subdolo per marcarmi stretto. I miei colleghi però continuavano a ripetermi che ero fortunato e cercai di credere a loro. D'altronde non faceva niente di sbagliato e se davvero mi stava controllando era brava a non farsi notare, né a farmelo pesare e io non avevo niente da nascondere.
L'estate trascorse quindi così, tra lavoro e Marla e qualche evento mondano a cui non partecipavo con immensa gioia in realtà: mi stavo trasformando in un pantofolaio.

Una notte mi svegliai di soprassalto, un'autoambulanza stava sfrecciando in strada. Era settembre, il caldo non era più insopportabile e anzi una fresca brezza stava muovendo le tende della camera. Nel dormiveglia allungai una mano alla ricerca della sagoma calda di Marla, ma mi scontrai solo con il cuscino gelato e le lenzuola scomposte. Aprii malvolentieri gli occhi e dopo essermi abituato all'oscurità distinsi l'esigenza di un bicchiere d'acqua per rinfrescarmi la gola. Mi alzai scocciato e appena arrivato in corridoio vidi una luce azzurrina provenire dal salotto al piano di sotto e sentii il ticchettio dei tasti nel silenzio. Cosa ci faceva a quell'ora davanti al computer? Scesi in punta di piedi le scale, intenzionato a farla spaventare con un bacio sul collo. Ma ecco che quando arrivai alle sue spalle trattenere il respiro divenne un riflesso spontaneo. Aveva il mio computer sulle ginocchia ed era nella mia casella di posta. Non ci misi molto a riconoscere l'indirizzo e-mail di Lorenzo. Marla premette su “Cancella” ed eliminò il messaggio prima che riuscissi a leggere qualche lettera. Avrei voluto urlare e insultarla, invece sempre senza respirare indietreggiai e risalii al piano di sopra. Aveva cancellato le e-mail di Lorenzo, chissà quante ne erano arrivate, magari anche da parte di Martina. Ma come si era permessa? Non era nemmeno mia moglie...
Mi distesi sulle lenzuola ancora leggermente tiepide e con la gola ancora più secca di prima cercai di respirare profondamente per ritrovare una parvenza di calma. Ma era impossibile. Sentii che saliva le scale. Chiusi gli occhi e mi girai sul fianco. Quando sentii il suo respiro farsi pesante e regolare mi alzai dal letto, presi i pantaloni della tuta dalla sedia e mi diressi sotto. L'orologio segnava le 5.15, non era troppo presto per correre. Con il cappuccio calato sul viso uscii di casa e corsi veloce in mezzo a una Parigi ancora addormentata, impedendo al mio cervello di pensare.

Quando tornai a casa lei mi stava aspettando, seduta sul divano, evidentemente preoccupata: -Dove sei stato?-
-Non lo deduci?- chiesi asciugandomi le gocce di sudore con la maglietta.
-A correre?! Come mai così presto? Mi hai fatto preoccupare..-
-Mph...- mi allontanai verso il piano di sopra, stufo di vederla. Dopo aver saputo quello che mi avevo fatto non riuscivo nemmeno a guardarla in faccia.
Ma lei mi seguì: -No no... adesso mi spieghi...!-
Non potevo più trattenermi:-Come hai osato cancellare le e-mail di Lorenzo?-
Cambiò espressione. Prima la vedi arrabbiarsi, di riflesso per essere stata attaccata, ma poi la rabbia si trasformò in un pianto convulso: -se tu le avessi lette non saresti rimasto con me, saresti partito, se li avessi sentiti al telefono mi avresti lasciato e io non volevo... Io ho bisogno di te...-
Eccola lì di nuovo, come una bambina bisognosa di cure che non riusciva a stare da sola. Ma io non ero il suo bastone, non ero il suo sostegno, non doveva aggrapparsi a me, io non ero in grado di sostenerla, non riuscivo nemmeno a sorreggere bene il mio peso figuriamoci quello ci un'altra persona.
Voleva essere abbracciata e rincuorata, le si leggeva a caratteri cubitali sulla fronte, ma non volevo, non dovevo ricadere fra le sue braccia. Dovevo prendere in mano la mia vita, che mi era stata portata via da troppi mesi.
Quand'era l'ultima volta che mi ricordavo di aver davvero vissuto?
Sì risaliva a 4 mesi prima, risaliva a quel viaggio in vespa con Lorenzo. Ora non stavo veramente vivendo. Andai in camera e ficcai le prime cose che trovai nel borsone della palestra.
-No ti prego, James... ti prego! Resta... non parlarmi per un mese, due... ma resta!- mi implorava fra le lacrime.
-Non posso Mar... io non ti amo! Perdonami se riesci...-
-Io come faccio? Come faccio a vivere senza di te?-
-Troverai qualcun altro... te lo prometto!- e senza dilungarmi oltre presi la via della porta e uscì sotto il sole caldo del mattino, ancora sudato e bisognoso di una doccia. Decisi di andare sul set, lì avevo un camerino con un bagno e avrei potuto accamparmi sul divano per qualche giorno. Furono tutti alquanto sorpresi di vedermi arrivare di Sabato e in quello stato. Dovevo incutere abbastanza paura. Mi sbrogliai dalle loro domande con un “no comment” e nessuno voleva farmi restare in camerino: tutti avevano un posto da offrirmi. Ma io non volevo stare in casa o in albergo con altre persone quindi declinai i numerosi inviti.

La settimana seguente era la penultima di riprese, per fortuna... non ce la facevo più e l'ultima cosa che volevo era farmi influenzare sul lavoro e produrre qualcosa di brutto: ma lo sapevo bene che ero sottotono e che lo avrebbero notato tutti, mi aspettavano mesi di critiche aspre, ma dopotutto me lo ero cercato. Quando non giravamo ero chiuso nel mio camerino davanti allo schermo del PC a cercare le parole più adatte per scrivere a Lorenzo e spiegargli la situazione, ma non ne venivo fuori. Chissà cosa pensavano di me, che ero il solito snob che dopo aver smesso di “usarli” si era dileguato. Soprattutto chissà cosa pensava Martina. Probabilmente mi aveva dimenticato.
Alla fine riuscii a venirmene fuori con una mail abbastanza decente:

-Lorenzo!
Purtroppo persone che non avrebbero mai dovuto intrufolarsi nei miei dati mi cancellavano ogni mail che mi arrivava da parte tua e non ho più nemmeno avuto accesso al numero che ti avevo lasciato. Mi spiace tantissimo! Immagino che avrete pensato che me l'ero svignata... ma giuro ogni giorno controllavo se mi erano arrivate vostre notizie e non averne era uno strazio! Se vuoi chiamarmi (e ti prego fallo!) questo è il mio numero: 546-122.
sono a Parigi per lavoro, ma mi piacerebbe molto venire a trovarvi!
Sempre se sono ancora il benvenuto...
un forte abbraccio.
J.-

Speravo con tutto il cuore che mi avrebbero creduto. E se non l'avessero fatto mi sarei presentato alla loro porta con un mazzo di scuse ben infarcite e li avrei pregati in ginocchio. Provavo una grande tristezza e mancanza e per persone che conoscevo appena. Guardai il telefono appoggiato sul tavolino e lo presi. Digitai il numero che conoscevo a memoria.
-Pronto?-
-Ciao Tom... hai un po' di tempo per me?-
-Ho sempre tempo per te fratello...-

Fede's corner:
Ehm ehm... sorry!!! lo so che sono 3 settimane che non aggiorno ma.... l'ispirazione era scappata via, per fortuna ho superato il blocco anche grazie a barbydowney. Cmq spero che questo capitolo vi possa piacere, a me non particolarmente perchè lo trovo n po' troppo descrittivo... ma questo è quello che passa in convento nella mia testa quindi... non vi prometto niente sui tempi del prossimo aggiornamento!!!
GRAZIE a tutte le lettrici di questa storia che sono arrivate fino a qui... mi fate molto happy!! =)
GRAZIE ancora più speciale per la mia fidata lettrice Pepesale... presto ritroverai Martina tranquilla...

un bacione a tutte quante!

P.S. riflessione del giorno: avete visto "Mangia Prega Ama"?... questo film mi ha deluso un sacco(le banalità che metteno sugli italiani sono sconcertanti!) e anche James mi sembrava un po' sottotono... bah...

a prestissimo, spero! XD

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