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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Saluti ***
Capitolo 3: *** 2. Un tuffo nel passato ***
Capitolo 4: *** 3. Nuovi respiri ***
Capitolo 5: *** 4. Scorbutiche conoscenza. ***
Capitolo 6: *** 5. Nuova vita ***
Capitolo 7: *** 6. Campagne e spiagge. ***
Capitolo 8: *** 7. Il vaso di Pandora ***
Capitolo 9: *** 8. Partenze e quadri ***
Capitolo 10: *** 9. New York, New York ***
Capitolo 11: *** 10. Marla ***
Capitolo 12: *** 11. Parigi ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Lauren
mi guardava con gli occhioni spalancati come al suo solito. Mi
fissava le labbra come se da un momento all'altro potesse
mangiarsele. Distolsi lo sguardo da lei e mi allontanai un po'. Ero
stufo di come mi guardavano le donne, ok mi faceva piacere all'inizio
ma adesso mi sembrava di dover continuamente mantenere uno standard
che mi imponevano ogni giorno. Volevo smettere di essere famoso,
sì
come se fosse stato possibile. Ero all'apice del successo e la cosa
non era poi così brutta a ben pensarci, però era
pesante. Troppo
pesante. Soprattutto perché mi consideravano un sex simbol e
io, bè
io non mi ero mai sentito tale durante la mia giovinezza, non in
confronto ai grandi attori del cinema di metà secolo scorso.
Arrivai
alla mia Bmw e guidai svelto fino a casa, avevo voglia di dipingere.
Quella era una delle poche cose che mi faceva stare bene, forse
l'unica. Non c'era nessuna donna che mi faceva sentire appagato come
quando, esausto e macchiato di colore, riguardavo il mio quadro finito;
non c'era nessun cibo, nessuna musica, nessuna macchina o moto e
nemmeno dirigere un corto mi faceva sentire così bene,
nemmeno
recitare alle volte bastava.
Mi
spogliai di fretta e indossai una vecchia camicia macchiata di
pittura ad olio e andai nella stanza bianca, con le lenzuola sparse a
coprire parti di muro, presi i colori e tirai fuori dallo stanzino
una tela bianca, che appoggiai al cavalletto davanti alla grande
porta finestra che dava sul giardino. Misi su un cd di musica classica e
incominciai a guardare la tela.. mi avvicinai a lei, la sfiorai come
se fosse una bella donna, subito brividi di piacere mi percorsero la
schiena e poi non pensai più, presi il rosso e cominciai a
tracciare
linee, curve, rientranze, mi abbandonai completamente alla pittura. Due ore dopo
ero seduto sulla poltrona, un poco più lucido e rilassato,
sorseggiavo un bicchiere di Chianti. Osservai la mia opera. Avevo
bisogno di un viaggio. Lo percepivo dai colori forti con cui avevo
dipinto, dalle linee che solcavano la tela come urli disperati di
aiuto. Era un paesaggio. Mi avvicinai un po' di più e frugai
nella
mia memoria.. ma certo era un paesaggio toscano, c'ero stato una
volta, da ragazzino con mio fratello Tom per vedere le terre del mio bisnonno. Dovevo tornare
là. Forse
avrei trovato qualcosa, forse mi sarei sentito di nuovo me stesso.
Dopotutto ogni tanto Los Angeles ti obbligava a fare una pausa.
FEDE'S
CORNER:
allora...
non mi ero mai
cimentata su
fanfiction su attori e non so come ma oggi mi è venuta
questa pazza
idea e ho dato libero sfogo all'immaginazione. Molte
informazioni su James sono puro frutto della mia immaginazione.
Sentitevi
liberi di
commentare e dire la vostra... se qualcuno non dovesse averlo presente(anche se mi sembra molto improbabile potete ammirarlo in tutta la sua bellezza qui: http://www.youtube.com/watch?v=7WTFO7trdLw
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Capitolo 2 *** 1. Saluti ***
1.Saluti
-Parto
per un po'...-
-..e
dove vai?- la voce di Christine era tesa, quasi nervosa.
-In
Italia..- risposi tranquillo.
-Ah...
e per quanto tempo?-
-Non
ne ho la più pallida idea..-
-è
per lavoro?- chiese speranzosa.
-No..-
Potei
immaginare chiaramente e senza sforzo la sua espressione incazzata
sul volto e infatti non udii nessuna risposta.
-Sentiti
libera di uscire con chi vuoi..- aggiunsi.
La
sentii fare un verso seccato e dopo uno sbuffo disse ironica: -Buon
viaggio James, non sprecare cartoline o soldi per telefonate..
sarebbe tempo perso..- e attaccò.
Cosa
pensava di ottenere da me? Eravamo stati insieme un paio di volte,
sì
cene divertenti, una bella ragazza, sesso soddisfacente, ma... era
solo una come le altre; non le avevo promesso niente. Cosa si
aspettava, diavolo?
Cercai
di non pensarci e chiusi la valigia, avevo ancora un paio di amici e
colleghi da chiamare.
Un'ora
dopo mi aspettava l'incontro più difficile, quello con il
mio
agente.
-Avanti..-
-Ciao
Jordan...-
-Oh...
caro... accomodati... proprio te cercavo.. ci sono un paio di
contratti a cui dovresti dare un'occhiata..-
-Ehm...
c'è un piccolo contrattempo...-
Jordan
alzò lo sguardo dalla scrivania preoccupato:-Che cosa
è successo?-
Sbuffai:
-Niente di grave.. almeno per me...-
-Spara
Franco..- quando mi chiamava per cognome era sull'orlo di insultarmi,
lo conoscevo.
-Parto..-
-Ah..
ok ,che colpo mi hai fatto venire, ma sì tranquillo vai
pure.. tanto
questi film andranno in produzione verso l'autunno!-
Strinsi
la pelle nera e lucida della poltrona e buttai fuori tutto d'un fiato
le parole:-Non so se sarò a casa per questo autunno..-
-Perché?-
Jordan non capiva.
-Ho
intenzione di andare in Italia per un po'...-
-Offerte
di cui non sono a conoscenza?-
-No...
è solo che ho bisogno di staccare.. tutto qui!-
-Non
mi piace, non mi piace per niente...- incominciava a camminare avanti
e indietro per la stanza, accarezzandosi i baffi.
-Lo
so... se vuoi lasciarmi ti capisco, se non vuoi aspettarmi non
è un
problema..-
-Per
me sì che è un problema.. non capisci quanti
soldi ti, anzi ci
potremmo fare con questi film?!- e mi sbatté i copioni sotto
il
naso.-
-Non
penso sarei in grado di affrontare nuovi impegni senza questo
viaggio.. devo ritrovare me stesso..-
-Oh
diavolo Franco, smettiamola con queste cazzate buddiste..-
-Mi
dispiace Jordan, ma questa è la mia decisione e visto che
non penso
che a te vada bene.. la nostra collaborazione finisce qui..-
-Peggio
per te James... di bellocci a Los Angeles ne trovo quanti ne
voglio..-
-In
bocca al lupo allora..- gli dissi prima di chiudermi la porta del suo
ufficio alle mie spalle. Anche se non lo davo a vedere ci ero rimasto
male, Jordan era stato un carissimo collaboratore ed era anche grazie
a lui se adesso potevo permettermi un anno di vacanza senza problemi,
ma non ce la facevo più a sopportare la plastica di Los
Angeles.
-Ommioddio!!-
ecco proprio parlando di plastica una ragazza con due tette da far
invidia a una mongolfiera e un bocca gonfia peggio che un dirigibile
mi premette le mani sul petto: -ma tu sei James Franco.!!!- un paio
di ragazze in bikini che pattinavano per il viale la sentirono e si
voltarono subito.
-Ehm
sì..- ammisi controvoglia.
-Ahhhhh...-
cazzo, gli urletti adolescenziali erano uno dei miei incubi peggiori,
a volte mi svegliavo nel cuore della notte spaventato e sudato per
colpa loro.
Le
ragazze si spintonavano per baciarmi e abbracciarmi e io cercai di
divincolarmi, anche se erano peggio di piovre: avevano mille
tentacoli. Dopo un paio di autografi e fotografie riuscii a scappare
e corsi alla macchina chiudendomi dentro. Appoggiai le mani sul
volante e cercai di riprendere fiato.
Los
Angeles non mi sarebbe mancata per niente, ora ne ero certo.
Prima
di arrivare in Italia avevo promesso ai miei genitori di passare
qualche giorno da loro, visto che non sapevo per quanto tempo non li
avrei rivisti. I miei abitavano sempre a Palo Alto, in California,
nella casa dove ero cresciuto e mio fratello David abitava ancora con
loro. Tom invece si era trasferito a New York. Sarebbe stato un
viaggio di 6 ore, decisi di guidare di notte così avrei
fatto prima
e avrei trovato meno traffico. Arrivai a casa dei miei all'alba e
parcheggiai nel vialetto. Le luci in casa erano ancora spente e non
mi andava di svegliare nessuno così decisi di passeggiare
per il
quartiere. Ogni angolo era un tuffo al cuore ed era bellissimo
ritrovare quei ricordi estremamente felici e sereni della mia
infanzia. Mi avvicinai al vecchio bar di Boe, era ancora lo stesso,
notai con estremo piacere. Il locale era quasi deserto, a parte un
anziano mattiniero che leggeva il giornale e un camionista che
sorseggiava una tazza di caffè. Mi sedetti a un tavolino
defilato
vicino alla finestra.
-Non
ci posso credere... James?-
Mi
voltai di scatto, temendo l'assalto dell'ennesima fan isterica, ma
era solo la cameriera.
-Ehm...
sì..- dissi abbozzando un sorriso.
-Ma
non ti ricordi di me?- la guardai meglio, era una bella ragazza.
Avrà
avuto la mia età o forse qualche anno in meno. Aveva i
capelli
biondi e gli occhi azzurri, bassina.
-No...-risposi
imbarazzato.
Lei
mi fissò delusa con la caraffa del caffè a
mezz'aria...-Dai...
sezionavamo le rane insieme..- e sfoderò un sorriso molto
tenero, fu
quello a farmi riaffiorare i ricordi.
-Nicole??-
-Sì...!-
esclamò lei soddisfatta. Mi alzai in piedi e l'abbracciai:
-Oddio,
quanto tempo è passato.. sei cambiata tantissimo..- la
Nicole che
ricordavo io era una paffuta e brufolosa ragazzina delle medie, con
per di più l'apparecchio ai denti.
-Bè...
grazie..- disse allontanandosi: -anche tu di cambiamenti ne hai fatti
parecchi eh... dovrei urlare... ho abbracciato James Franco!!-
Io
le sorrisi arrossendo e lei continuò: -Allora che ci fai
qui? Sei
venuto a trovare i tuoi?-
-Già
proprio così...-
-Quanto
ti fermi?- disse versandomi il caffè.
-Non
lo so... dipende..-
-Capito...
ti posso portare qualcosa?-
-No,
grazie va bene così..-
-Ci
si vede allora..- disse prima di sparire in cucina.
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Capitolo 3 *** 2. Un tuffo nel passato ***
2.Un
tuffo nel passato.
-Tesoro...-mia
madre mi abbracciò stretto, non era mai cambiata la sua
stretta da
quando ero nato, sempre dolce e soffocante.
-Ciao
mamma.. ma quello è tutto per me?- dissi osservando
preoccupato la
quantità di frittelle e altre delizie che avrebbero potuto
sfamare
almeno una cinquantina di persone.
-No,
tranquillo.. oggi faccio volontariato alla mensa dei poveri
giù a
Stanford.. anzi ora devo scappare, ci vediamo stasera.-
-Ok...
a più tardi.. -presi due frittelle e con una tazza di
caffè mi
intrufolai nella stanza di mio fratello.
-Svegliaaaaaaaaaaa...-urlai
sbattendo la porta.
Mio
fratello mi tirò il cuscino:-Vaffanculo...-
-è
un piacere anche per me rivederti fratello..-
-Fottiti...-disse
afferrando la tazza e una frittella e chiudendosi nel bagno.
Deluso
per la sua accoglienza me ne tornai in sala e accesi il televisore.
Sopra la mensola c'erano i DVD di tutti i film a cui avevo
partecipato e più in alto quelli che avevo girato io stesso.
Mi
avevano sempre sostenuto tutti nella mia carriera e mio padre era
stato il mio fan numero uno fin dall'inizio.
-Figliolo...eccoti!-
disse arrivando ad abbracciarmi.
-Papà...
come stai?-
-Bene,
bene..non mi posso ancora lamentare..ma allora dimmi..-disse
sedendosi al tavolo della cucina: -Questa storia dell'Italia?-
-Avevo
voglia di vedere la terra di nonno..-
-Questo
mi fa piacere..ma perché? Tu stai bene?-
Ero
un libro aperto per lui, più che per mia madre.
-Non
lo so papà.. è per quello che voglio partire..
questa vita mi sta
stretta..-
-Allora
non ti basterà l'Italia... pensaci...gira tutta l'Europa..
tempo e
mezzi non ti mancano adesso.. sei fortunato..approfittane!-
-Lo
farò papà. Grazie.-
Dopo
aver dormicchiato nel pomeriggio decisi di telefonare ai vecchi amici
che erano rimasti a vivere a Palo Alto. Erano tutti contentissimi del
mio arrivo e organizzammo di vederci per una birretta al solito pub.
Michael
era rimasto lo stesso scansafatiche di sempre, Paul si era sposato e
la sua bellissima Cindy aspettava una coppia di gemelli, Katrice
lavorava nel suo negozio di parrucchiera e David aveva aperto due
filiali della sua officina.
-Ragazzi vi trovo benissimo... a parte te..-dissi strizzando la testa
di
Michael sotto il braccio.
-Oh
scemo...lasciami..-
La
serata scorse tra una risata e l'altra, tra mille aneddoti andati a
ripescare dalla nostra gioventù. Ero felice di vederli
realizzati,
anche se non si erano trasferiti avevano trovato la
serenità, una
cosa che io anche se ricco sfondato e all'apice del successo, non
riuscivo a trovare. Ognuno di loro aveva trovato un posto fisso dove
stare, un lavoro soddisfacente e delle persone con le quali
condividere tutto questo. Io invece all'età di trent'anni mi
ritrovavo a girare per gli stati uniti, con un sacco di flirt alle
spalle e senza alcuna certezza sul futuro.
David
uscì fuori con me a fumare una sigaretta.
-Allora
Hollywood... che combini?-mi chiese.
-Le
solite cose... sai..-
-No,
non posso immaginare di baciare una come Sienne Miller...- disse
guardandomi torvo.
-Oh,
smettila Dave... quella è una storia montata, è
una collega,niente
di più... ve lo dico sempre di non badare ai giornali..-
Rise,
ma tornò presto serio: -Eddie..- era strano sentirmi
chiamare così,
Edward era il mio secondo nome e lo usavano solo loro..-lo vedo che
non sei sereno... ma non capisco perchè?! Non ti manca
niente..-
-Mi
manca tutto invece..-
-Non
hai ancora trovato la persona giusta eh?-
-E
chissà se la troverò...-
-Vedrai
che questo viaggio ti aprirà nuovi orizzonti.. ne sono
sicuro..-
-Speriamo...-
-Torno
dentro..-
-Ok...arrivo
subito.. l'ultimo tiro..-
Mi
appoggiai al palo della luce e tirai le ultime boccate di tabacco,
gustandolo fino alla fine.
-Una
persecuzione...- disse una voce femminile dietro di me. Mi voltai
verso il locale e vidi Nicole che si infilava la giacca con la
sigaretta fra le labbra.
-Ehehehehe...-
risi io.
-Hai
da accendere?- disse lei avvicinandosi.
-Ecco
qui...- estrassi l'accendino dal giubbotto di jeans.
Mi
sorrise da dietro la fiamma gialla.
-Non
mi piacciono le ragazze che fumano..- dissi senza motivo.
-Quanto
hai detto che ti fermi?- chiese lei guardando la strada, come se non
avesse sentito la mia frase precedente.
-Perché?-
chiesi sorpreso.
-Mi
chiedevo se questo fine settimana ci saresti per farti offrire...-
-Una
cena?- la interruppi all'improvviso.
-No...ahahahaha-
e si mise a ridere incredula:-un biglietto per andare a vedere i
Knights,
ci gioca mio fratello..-
-Ah...-
risposi lasciando trasparire la mia delusione:-ok..perché
no..-
-Sembri
deluso? Eppure ti piaceva il football da piccolo..- il suo sguardo
era incuriosito.
-Sì,
sì... no sono entusiasta.. davvero!- le mie doti recitative
dovevano
pure servire a qualcosa, o no?
-Non
fare l'attore con me Franco..- scherzò lei e si
allontanò verso la
strada deserta.
Tornai
dentro, stranito.
Il
mattino dopo mi svegliai presto e accompagnai mio fratello al lavoro,
poi decisi di aiutare mio padre a tagliare la legna che c'era in
giardino. Verso l'una stravolto mi ero trascinato sotto la doccia e
uscendo dal bagno vidi il mio telefono vibrare e illuminarsi sul
letto, ma arrivai tardi per rispondere. C'era una chiamata di Marla.
Probabilmente aveva scoperto che stavo partendo e voleva cercare di
trattenermi a sé. Ma io non la volevo nemmeno sentire quindi
spensi
il telefono e tornai in sala da pranzo, dove mia madre aveva cucinato
dei maccheroni al formaggio. Erano meno di 48 ore che mi ero
allontanato da Los Angeles e già mi sentivo meglio, non
riuscivo
nemmeno a immaginare come mi sarei potuto sentire meglio stando in
Italia, lontano da tutto.
Nel
pomeriggio mi misi a disegnare nel giardino dietro casa, con un
semplice carboncino visto che non mi ero portato tele e colori
dietro. Come sempre lasciai libera l'immaginazione e persi ogni
contatto con la realtà. Una mano sulla spalla
però mi catapultò
fuori dalla mia trance artistica.
-Mica
sarò io?- chiese avvicinando il suo viso alla mia guancia.
Mi
voltati di scatto, Nicole mi era pericolosamente vicina. Guardai il
foglio e in effetti aveva disegnato il volto di una donna, che le
assomigliava tremendamente.
-Era
una sorpresa..-mentii portandomelo al petto per coprirlo:-volevo
dartelo Domenica..-
-A
proposito-mi interruppe lei:-ho deciso che non resisto fino ad
allora.. che ne dici di una cena stasera?-
Come
poteva non accettare? Sì, ero stanco di vedere quello
sguardo
provocante e voglioso negli occhi delle donne, ma Nicole era una
vecchia amica. E poi era solo una cena. Odio quando mento anche a me
stesso.
-Ok..-
-Passo
a prenderti alle 8.. a stasera..-e si allontanò
trotterellando.
Alle
8 e dieci finalmente suonò al campanello. Entrò
come se fosse a
casa sua e salutò mia madre sulla porta.
La
seguì fuori. Aveva un vecchio fuoristrada, mastodontico e
per niente
femminile.
-Lavoro
anche come guardaboschi sai...- stavo per ridere quando mi resi conto
dal suo sguardo che non stava mentendo.
-Non
l'avrei mai detto...-
-Sono
cambiata dalle medie mio caro..- disse avviando il motore.
Cenammo
in un ristorantino a Stanford e dopo camminammo un po' per le vie
della cittadina, dove un gruppo di ragazzine mi riconobbe e mi
pregò
di fare una foto con loro.
-Dev'essere
bello essere così amati..- mi disse mentre tornavamo verso
l'auto.
-Non
mi ci riesco ad abituare in realtà..-
-Non
faccio fatica a crederti...-
Mezz'ora
dopo eravamo arrivati a casa mia. Mi girai verso di lei.
-Grazie
per la bella serata Nicole... è stato divertente.-
-Grazie
a te..- rispose lei:-è stato bello scoprire che in fondo sei
rimasto
lo stesso..-
Non
sapevo come salutarla. Dopotutto dopo qualche giorno sarei ripartito
e non dovevo permettermi legami qui, a Palo Alto poi e con una
cameriera. Ok, no non voleva essere un commento superficiale
è solo
che non era il caso. Ma prima che potessi prendere una decisione lei
mi stava già baciando e le sue mani erano già
sopra i bottoni della
mia camicia.
-Niki...-dissi
scansandomi:-cosa fai?-
-Dai
James... pensavo di piacerti un po'..non sono una gnoccona di
Hollywood ma..- e si rilanciò sul mio collo.
-Non
ho detto che non mi piaci...ma che senso avrebbe... io parto
Lunedì...-
-Per
me potresti partire anche domani..-
Anche
se la parte meno nobile di me mi implorava di lasciarmi andare,
trovai il coraggio di dire:-Nicole... no!-
Lei
si allontanò seccata: -Oh, ok va bene.. ciao buona notte.-
disse
rimettendo le mani sul volante. Io rimasi seduto a fissarla.
-Scendi...
cosa aspetti?- disse con tono duro.
-Buona
notte..- sussurrai incredulo.
“Ok,
basta. Non ne voglio più sapere di donne almeno per un anno.
O sono
tutte pazze e ninfomani o sono lagne depresse e intoccabili. Una via
di mezzo no?” Pensai fra me e me e rientrai in casa turbato.
Fede's
corner:
Grazie a VesiSchwartz
per la tua recensione, no io non dipingo, ma ho letto che James
lo fa quindi ho semplicemente trasposto nella pittura quello che per me
è la scrittura.. =) spero che continuerai a seguire questa
storia..
Grazie naturalmente a barbydowney, la mia cara Ba che mi sostiene in tutte le mie storie.. dopotutto è anche per merito tuo che sono qui... =)
Grazie anche a tutti coloro che sono arrivati a leggere questo
capitolo!!
Un bacione, Fede!
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Capitolo 4 *** 3. Nuovi respiri ***
3.Nuovi
respiri.
Alla
fine, come mi aspettavo, l'appuntamento di Domenica con Nicole
saltò.
Avevo provato a chiamarla il giorno dopo, ma mi aveva detto che
preferiva non vedersi perché si era fatta una figura del
cazzo,
“inutile insistere” disse nervosa e mi aveva
augurato buon
viaggio. Che palle, perché le donne sono così? Mi
chiedevo se erano
solo le americane a essere così pazze, ma probabilmente era
un morbo
comune a tutte le nazioni.
Lunedì
arrivò in fretta e mi feci accompagnare all'aeroporto da mio
fratello.
-Se
vuoi farti qualche mese a Los Angeles vai pure David.. ho lasciato
una tua foto al custode quindi non ti sguinzaglierà i cani
se arrivi
lì...-scherzai.
-Grazie
James, ma...-
-Puoi
portarti anche Julia..- lo interruppi ammiccante.
-Come
hai fatto...?-
-Quella
ragazza ti mangia con gli occhi.. è molto bella comunque..
complimenti!-
-Ahahahhaha..
Ok, allora mi sa che approfitterò della tua offerta...-
-Ah..
prenditi cura di lei, mi raccomando- aggiunsi accarezzando il
cruscotto della mia amata Bmw-e anche delle sue sorelline che
troverai in garage.-
Sì,
ho un debole per auto e moto, ma ditemi quale uomo non ce l'ha?
Salutai
mio fratello e mi allontanai con le mie due valigie. Non sapevo
quanto sarei stato in giro e proprio per questo non avevo tantissimi
bagagli, sapevo che avrei comprato molte cose sul posto. Non avevo
prenotato nessun albergo perché sarei stato nella vecchia
tenuta di
mio nonno a Casole d'Elsa, in Toscana. Avevo telefonato al guardiano
la settimana prima e sinceramente non mi sarei mai aspettato una tale
contentezza da parte sua, probabilmente l'arrivo di un personaggio
famoso e per di più americano avrebbe fatto impazzire il
paesino e
per questo lo avevo pregato e scongiurato di non dire niente. Il
viaggio che stavo per fare mi serviva proprio per allontanarmi dai
ritmi stressanti di Hollywood e delle persone che ci vivono. So di
non avere un lavoro faticoso in confronto a persone che sgobbano dal
mattino alle cinque per comprare un pezzo di pane per sfamare la
famiglia e sono grato a Dio per questo, ma è innegabile che
lo
standard che ti impone Hollywood non è da niente. Dopotutto
quanti
miei colleghi hanno problemi di droga? Di sesso? Di alcool? Con la
giustizia? Tutti devono trovare un modo per sfogarsi, io ho deciso
per una scelta “sana”. Stacco. Parto. Forse
è anche troppo dura,
ma per fortuna non devo dare conto a nessuno. Quindi arrivederci
California...
Mi
appoggiai allo schienale del sedile e, ironia della sorte, dal mio
Ipod uscì la voce di Bruce... “I'm
a long gone Daddy in the U.S.A.Born in the U.S.A.I'm a cool rocking
Daddy in the U.S.A.Born in the U.S.A.”
tranquilla America, non ti avrei mai dimenticata. Forse. Sorrisi fra
me.
Il
viaggio mi sembrò infinito: furono più di 18 ore
di supplizio.
Dovetti fare scalo a Londra e una volta arrivato a Milano presi il
treno per Firenze, là per fortuna mi aspettava il guardiano
della
tenuta. Scesi stravolto dal treno e lo vidi sbracciarsi verso di me.
Era un uomo sulla cinquantina, di media statura, con la pancia e i
baffi, mi sembrava il ritratto della figura di pizzaiolo che si
trovava fuori a quasi tutti i ristoranti italiani in America. Mi
sentì catapultato in un altro universo all'istante.
-Buongiorno..-
biascicai in un italiano un po' forzato.
-Buongiorno
signor Franco. sono molto felice di vederla. mi dia pure le valigie.
spero che abbia fatta un buon viaggio...- mi rispose in un inglese
stentato, seppur corretto. Gli sorrisi e gli porsi una valigia.
Il
viaggio in macchina durò un'altra oretta, durante la quale
Francesco, così si chiamava, mi raccontò di
trovarsi molto bene
nella tenuta del mio bisnonno. Viveva lì da ormai vent'anni
con sua
moglie e i suoi due figli. Portavano avanti l'attività del
vigneto e
produceva ancora l'olio di oliva. Chissà se avrei imparato
qualcosa
di questi antichi mestieri. Lo smog di Los Angeles era solo un
ricordo lontano e fastidioso.
Arrivati
alla tenuta mi stupii della sua vastità: 300 ettari di
terreni con
la cascina vi si stagliava nel mezzo, antica e accogliente, immersa
nella natura e nella pace. Mi sembrò di respirare per la
prima
volta, l'aria era quasi troppo pulita e fresca che mi sembrò
di
sentire i polmoni scoppiare. Francesco mi accompagnò nella
parte
padronale della tenuta, anche se vivevano lì da vent'anni
loro
avevano deciso di vivere nella parte che anticamente era destinata
alla servitù. Gli chiesi come mai e lui mi rispose che
l'altra parte
era troppo grande per loro quattro e non volevano rischiare di poter
perdere la loro casa un giorno.
Nonostante
quella parte di casa fosse disabitata da molti anni era facile notare
quanto sua moglie, Anna,
l'aveva resa accogliente portando tende, lenzuola, tappeti e fiori
freschi negli ultimi giorni. Erano delle persone così
gentili delle quali avrei voluto
saper subito di più, ma avevo solo voglia di farmi una
doccia e
dormire quindi mi scusai e gli dissi che dal giorno dopo sarei stato
felice di conoscerli meglio.
-A
domani, signor Franco.-
-Chiamami
James per favore...-
-Va
bene James e bentornato a casa.- mi rispose sorridente.
Mi
spogliai ed entrai in doccia. Mi sentivo così stranamente
bene, a
parte la stanchezza, ero a mio agio in quei luoghi, anche se ero
solo, senza nessuno che conoscevo, mi sembrava di essere davvero
tornato a casa.
Il
mattino dopo mi svegliai con il canto del gallo, dopotutto fra il
fuso orario e la stanchezza ero andato a dormire alle 8 e mezza e ora
l'orologio sul comodino segnava le cinque e dieci. Avevo una fame
pazzesca, così scesi in cucina convinto di non trovare
niente,
invece i miei ospiti erano stati così gentili da aver anche
riempito
il frigorifero. Incredibile. Mi versai una tazzona di latte e
cornflakes, poi mi fermai a guardare la caffettiera e il pacco di
caffè. Non sapevo cosa ne potevo fare, rimpiansi il mio
bollitore e
per evitare danni decisi che avrei aspettato che qualcuno mi
insegnasse prima di usare quell'aggeggio.
Dopo
colazione uscì nella veranda e rimasi incantato a guardare
il sole
sorgere sull'orizzonte, alla fine di quel prato verde e sterminato
che c'era di fronte a me.
La
voglia di dipingere era tanta, ma non avevo niente con me a parte il
quaderno degli schizzi quindi decisi di sfogare la mia energia
creativa in un altro modo:con una corsa. Mi misi la tuta e
incominciai a correre costeggiando il recinto che delineava le terre
del mio bisnonno. Mi sentivo così leggero e spensierato e
ancora mi
stupivo a ogni nuova boccata d'aria che facevo entrare nel mio corpo.
Era una sensazione meravigliosa.
Dopo
un'oretta tornai dentro e mi feci un'altra doccia.
Si
erano ormai fatte le sette, quindi pensavo che avrei potuto vedere se
Francesco era già sveglio, dopotutto il giorno prima mi
aveva detto
che iniziava a lavorare presto al mattino. Lo trovai infatti nel
cortile che mi veniva incontro.
-Stavo
per venire a vedere come stavi. Mia moglie chiedeva se vuoi fare
colazione con noi..-
-Sì...
non ho ancora capito come si prepara il caffè..-
Rise
e mi fece cenno di seguirlo. La loro casa era semplicemente
bellissima, sembrava una di quelle foto scattate nei bed and
breakfast che sponsorizzavano viaggi in Italia. Era piena di oggetti,
colorata, calda.
-Devo
imparare l'italiano...-dissi sedendomi a tavola davanti a un piatto
di frittelle.
-Lo
imparerai pian piano, scusaci invece per il nostro inglese..- mi
disse Anna che stava mettendo la caffettiera sul fuoco, più
tardi
avrei dovuto chiederle dove bisognava mettere il caffè...
-Siete
molto bravi invece..- dissi sorridendo.
-Merito
anche di nostra figlia, che ci tiene allenati..- mi disse Francesco.
Entrò
in quel momento in sala da pranzo un ragazzo alto, con i capelli
scuri e abbastanza muscoloso. Indossava una tuta da meccanico.
-Buongiorno
a tutti..- disse in italiano, poi venne verso di me e mi tese la
mano:-piacere, sono Lorenzo..-
-Piacere
mio..- dissi alzandomi.
-Io
vado a lavoro...- disse in inglese. Mi spiaceva che questa famiglia
si era ritrovata a parlare una lingua, magari un po' ostica, solo a
causa mia.
Finalmente
il caffè era pronto e mi godetti quella tazzina fino
all'ultima
goccia.
-Questo
è caffè..!- esclamai alla fine. A molti miei
conoscenti non piaceva
l'espresso, ma io dalla prima volta che l'avevo provato seduto sulle
ginocchia del mio bisnonno venticinque anni prima avevo capito che il
caffè vero era solo questo. Dopotutto le mie origini
italiane non si
potevano cancellare.
-Allora
oggi ti va di vedere un po' il frantoio e i vigneti?- mi chiese
Francesco.
-Certamente...-
risposi entusiasta e lo seguii fuori nel cortile.
Fede's corner:
Ammetto che questo capitolo non mi entusisma, ma non ero nemmeno in
grado di riscriverlo quindi spero non sia troppo ostico da leggere..
cmq Grazie a
tutti quelli che sonoa rrivati a leggere fin qui!
Per Pepesale:
sono contenta che ti piaccia questa storia, spero che posso continuare
così! sì cmq la Marla è proprio
lei.. =)
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Capitolo 5 *** 4. Scorbutiche conoscenza. ***
4.
Scorbutiche conoscenze.
La
mattinata
era trascorsa in un baleno, mi ero ritrovato
a imbottigliare alcune bottiglie di vino e avevo persino guidato un
trattore, mi sembrava di recitare in un film d'altri tempi. L'ora
di pranzo arrivò in fretta e anche il mio stomaco
sembrò
accorgersene. Non vedevo l'ora di gustare il mio primo pranzo
italiano. Entrammo in sala e trovai la tavola già
apparecchiata di
tutto punto, c'erano 4 posti pronti. Anna arrivò con una
teglia di
lasagne fumanti, il mio sorriso si spalancò e mi venne
l'acquolina
in bocca: era un tripudio di bontà sia per l'olfatto che la
vista.
-Siete
troppo gentili con me...- dissi sorridente.
-Lo
penso anche io...-
una voce mai udita prima arrivò alle mie orecchie, anche se
non
capii nulla di quello che avesse detto.
-Martina
smettila!- la
intimò Anna. Dalla cucina con in mano la brocca dell'acqua
entrò
una ragazza. Assomigliava molto a Lorenzo e anche a sua madre. Non
era altissima, aveva i capelli lunghi e mossi,scuri ma con dei
riflessi ramati, gli occhi sorprendentemente verdi e un fisico
prosperoso, che però portava con leggerezza e mostrava
disinvolta
dentro a un paio di jeans stretti e una camicia verde stretta in vita
da una cintura.
Posò
la brocca e si sedette senza degnarmi di uno sguardo.
-Piacere
di conoscerti...- dissi tendendole la mano.
Lei
alzò lo sguardo scocciato, anche se non bastava per oscurare
la
bellezza dei suoi occhi.
-Piacere...-
disse facendo un sorriso finto.
-Potresti
fare l'attrice... ci hai mai pensato?- dissi scherzando. Anna e
Francesco mi seguirono nella risata spontanea che mi uscì.
Lei non
rispose e incominciò a tagliare e impiattare le lasagne. Il
pranzo
proseguì senza che lei proferisse una parola verso di me,
ogni tanto
apriva bocca solo per suggerire i vocaboli in inglese che mancavano
ai suoi genitori. Finito di mangiare incominciò a spreparare.
-Posso
darti una mano?- chiesi afferrando il piatto.
Anna
mi disse che non era necessario, ma io insistetti. Seguì
Martina
fino alla cucina.
-Quanti
anni hai?- le chiesi mentre poggiavo i piatti nel lavandino.
-23-
rispose piatta.
-Studi?-
chiesi cercando di guardarla in faccia, ma lei non mi calcolava e
aveva incominciato a lavare i piatti.
-Sì...-
-Che
cosa?- insistetti prendendole un piatto dalle mani e incominciando ad
asciugarlo.
-Non
c'è bisogno che tu lo faccia...-
-Allora...cosa
studi?- ripetei la domanda ignorandola.
-Lingue...-
si fermò, ma la sua naturale loquacità non poteva
più essere
repressa e così continuò:-se tutto va bene mi
dovrei laureare in
autunno...-
-Verrò
sicuramente a vederti...- dissi scherzando.
-Ma
per quanto tempo hai intenzione di rimanere?- mi chiese torva.
-Non
lo so... non ho nessuna scadenza da rispettare...-
-Che
fortuna..- disse fingendo gioia.
-Davvero...
dovresti venire a Hollywood quando io ci tornerò.. qualche
ruolo te
lo potrebbero offrire...sei portata per la recitazione...- continuai
ridendo.
Lei
sbuffò e continuò a lavare i piatti in silenzio.
Dopo
aver finito uscì svelta dalla cucina e si diresse su per le
scale.
-Scusala...
ha un carattere brutto!- Anna sembrava imbarazzata.
-Non
fa niente... solo non capisco perché ce l'abbia con me..-
-Ha
paura che porterai casini. Sai... fotografi... fans...-
-Starò
attento ve lo prometto! non voglio recarvi fastidio, già
state
facendo troppo per me...-
-Ma
questa è casa tua dopotutto... noi siamo ospiti...-
-No...
questa ormai è anche casa vostra!- le sorrisi.
Nel
pomeriggio mi dedicai a disfare le valigie e mettere in ordine alcune
faccende. Accesi il computer e mandai alcune e-mail ai miei amici. Ne
trovai però anche una di Marla.
James,
parti
e non mi saluti nemmeno? Che storia è questa? Cavolo.. non
stiamo
più insieme ma almeno un minimo!
Non
avevo nessuna voglia di risponderle e nemmeno di continuare a leggere
le sue lagne, così cancellai il messaggio e uscii
in giardino. Il
sole stava tramontando e aveva fatto assumere un bellissimo colore
arancio al cielo. Avevo voglia di vedere il paese... Decisi di
chiedere a Lorenzo se era disposto a venire in città con me
quella
sera.
Mi
diressi verso la loro casa e incredibilmente trovai il ragazzo che
spaccava la legna fuori nel cortile.
-Ciao...
ehm... avrei un favore da chiederti...-
Lui
mi guardò stranito e annuì.
-Vorrei
vedere la città e...-
-Non
c'è molto da vedere: noi di solito quando usciamo andiamo
verso la
costa.. Ma se vuoi fare un giro stasera non c'è problema!-
-Ok...-
-Ah
James... quasi dimenticavo... prendilo come un regalo di benvenuto...-
Lo
guardai interrogativo.
-Seguimi...-
Lo
seguì verso il garage. Mi mostrò una vespa rossa
fiammante. Era
bellissima.
-è
per me?- chiesi senza fiato e incredulo.
-Sì...
ho pensato che non avresti avuto nessun mezzo qui... naturalmente se
ti serve la macchina te la posso prestare.. ma non potevi stare in
Italia senza una vespa..-
-Ma...-
-Tranquillo.non
ho speso quasi niente... la volevano gettare, ma io con i motori ci
so fare!- disse sfregandosi una mano sul petto.
-Grazie
Lorenzo!!- dissi
dandogli una pacca sulla spalla.
-Dai
stasera la provi!-
-Va
bene!- risposi esaltato.
Quando
entrammo in casa per la cena vidi che la tavola era apparecchiata
sempre per quattro.
Martina
arrivò in sala di corsa. Aveva un vestito corto e i tacchi
alti.
-Io
vado a cena..-
disse baciando la guancia di sua madre.
-Torna
presto..-
-Torno
come al solito...-
disse con la faccia angelica. Dovevo imparare assolutamente
l'italiano, era orribile non capire quello che la gente diceva.
-Vieni
a Volterra?-
chiese a suo fratello.
-Ehm...
penso di sì... viene anche James.-
-Uhhh...
non vedo l'ora...-
Non
avevo capito tutto del loro dialogo e la bloccai per il braccio prima
di farla uscire.
-Posso
chiederti un favore?- lei guardò prima me e poi la mia mano
sul suo
braccio e lo tolse di scatto dalla mia presa, nervosa.
-Cosa?-
-Saresti
disposta a insegnarmi l'italiano?-
-Se
paghi bene...- disse seria.
Sua
madre la rimbrottò.
-No,
no... è giusto. Certo che ti pago...-
-Allora
ok... ci si vede a Volterra!- disse uscendo.
-Mia
sorella...- disse Lorenzo alzando gli occhi al cielo.
“Tua
sorella...” pensò la mia mente stranita.
Note: le parti di dialogo in corsivo
sono frasi dette in italiano, mentre gli altri dialoghi avvengono in
inglese. so che è un po' confusionario, ma non sapevo come
altro rendere la cosa.
Grazie a tutti
quelli che leggono questa storia!!! scusate se ci ho messo tanto a
postare il nuovo capitolo, ma ho poca ispirazione al momento!
Per Pepesale: ci hai
visto lungo sulla figlia dei toscani... ahahahah! sembrerà
banale lo so... ma che ci posso fare?! per i puntini... mea culpa! mi
rendo conto che ne uso troppi, soprattutto nei dialoghi ed è
per questo che a volte ne faccio solo due, ora cercherò di
starci più attenta! promesso!
Baci,
Fede
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Capitolo 6 *** 5. Nuova vita ***
5.
Nuova vita.
Il
viaggio in Vespa fu uno dei momenti più emozionanti della
mia vita.
Avevo una moto rombante a casa, che correva forte, ma qui si trattava
di un'emozione nuova e completamente diversa. Correvo per le strade
della città sentendomi semplicemente e solamente libero,
libero dai
doveri, dalle oppressioni, dalla notorietà. Respiravo a
pieni
polmoni l'aria fresca di Maggio e mi meravigliavo di quanto potesse
essere scuro e pieno di stelle il cielo. Non ci ero abituato per
niente. Dimenticai dove fossi e mi lasciai guidare da quella frenesia
del vento sulla faccia.
Lorenzo
seduto dietro di me mi riportò alla realtà
stringendomi il
fianco:-James, siamo quasi arrivati..-
Mi
ripresi dal mio sogno ad occhi aperti vedendo il cartello bianco
sulla destra. “Volterra”.
-Gira
a destra... ora svolta a sinistra. Alla fine della strada prendi la
seconda uscita... ok, parcheggia pure qua...- obbedii alle sue
indicazioni e scesi dalla moto.
-è
stato fantastico... davvero grazie per questo gioiellino!-
-Ma
se sarai abituato a macchinoni di lusso...- rispose lui.
-Ehm...
ma questa è mille volte meglio!-
Incominciammo
a girare per la città. Le ragazze mi squadravano dalla testa
ai
piedi, ma ci ero abituato. Speravo solo che nessuna si mettesse a
urlare. Lorenzo incontrò alcuni suoi amici e mi
presentò.
-Ciao...-
dissero tutti, imbarazzati. Io, anche se difficile da credere, ero
più imbarazzato di loro, non conoscevo la loro lingua, ero
in
contesto completamente nuovo e inoltre ai loro occhi dovevo apparire
come uno che se la tirava da morire. Eppure mi ero impegnato a
confondermi con la massa. Avevo una t-shirt bianca,la giacca di pelle
nera, jeans chiari strappati e le converse con la bandiera americana.
In effetti apparivo come il classico ragazzino americano. Ma non ero
più un ragazzino e non volevo sembrare americano.
Qualcuno
per fortuna mi rivolse la parola, anche se mi parlavano come se fossi
una specie di alieno proveniente da un altro paineta e mi chiedevano
cose della mia vita che, lo ammetto, sono abbastanza imbarazzanti da
raccontare. Le ragazze mi guardavano di nascosto e sorridevano fra
loro, ma nessuna aveva avuto il coraggio di avvicinarsi. Che
situazione snervante, non vedevo l'ora di tornare sulla Vespa. In
gelateria le cose non migliorarono, dato che la cameriera mi
riconobbe e mi ritrovai a scattare foto con tutto il personale del
locale. Argh. Volevo violentemente scomparire.
Finalmente
verso l'una il gruppo si disperse e con Lorenzo ci avviammo verso la
moto.
-Chissà
che fine ha poi fatto mia sorella...-disse lui sovrappensiero.
-Già.-
annuì io, cercando di non far trapelare troppo interesse,
non che ne
avessi realmente.
Il
mattino dopo dormii di più: il gallo non disturbò
il mio sonno
nemmeno un po'. Avevo bisogno di dipingere. In casa non trovai
nessuno. C'era solo un biglietto con scritto: “SIAMO ANDATI
IN
PAESE, TORNEREMO A PRANZO.”
Più
sotto c'era un'altra frase che però era stata cancellata da
righe
pesanti di penna, mi sforzai di leggerla, ma tutto quello che
compresi fu: “...BISOGNO... MARTINA DI SOPRA”. In
effetti avevo
bisogno, avevo bisogno disperatamente di una tela e dovevo andare a
comprarla. Salii piano le scale e sentii la musica arrivare da una
stanza in fondo alla camera. I Muse rimbombavano da dietro la porta.
Bussai. Nessuna risposta. Bussai più forte, provando a
chiamarla:
-Martina?!-
Non
resistetti e aprii la porta. La camera era vuota, ma dalla porta
sulla destra proveniva lo scrosciare dell'acqua. Probabilmente era
sotto la doccia.
Non
mi sarei mai immaginato così la sua camera: era una specie
di
rifugio, estremamente accogliente e incredibilmente disordinata. Il
letto era bianco, con soffici coperte sopra, sfatto e invitante. I
muri dipinti di un tenue verdino, i mobili antichi di un bianco
perlato. C'era una grande portafinestra che dava su un terrazzino, su
cui notai due grandi vasi di girasoli. La cosa più singolare
era la
scala a pioli in mezzo alla stanza, decorata da cose di ogni sorta,
libri, vestiti, disegni, pezzi di stoffa. La quantità di
libri era
sorprendente. Mi avvicinai alla scrivania per vedere gli schizzi, ma
malauguratamente sentii la porta dietro di me scricchiolare.
-Che
cazzo ci fai qui..?- urlò lei.
Mi
girai lento, imbarazzato. Aveva i capelli umidi e un asciugamano blu
l'avvolgeva fino alle ginocchia.
-Scusami,
scusami... ho bisogno di un favore...-
-Esci!-
obbedii e andai nel corridoio. Sentii dietro di me la porta sbattere
e le imprecazioni in italiano che la musica non riuscì a
coprire.
Mi
sedetti per terra, aspettando che lei uscisse.
Uscì
una ventina di minuti dopo e restò ancora più
sorpresa a vedermi lì
implorante.
-Mi
dispiace...-
-Sì,
ok! Che cosa vuoi?- chiese sorpassandomi e scendendo le scale. La
seguii.
-Voglio
comprare delle cose, mi serve un passaggio.-
-Mio
fratello non ti ha dato una vespa?- chiese con la testa dentro al
frigorifero.
-Le
cose che devo comprare sono ingombranti.-
Si
girò e mi guardò. Era strano ritrovarsi a poterla
fissare negli
occhi, di solito era così sfuggente.
-Che
genere di cose sono?-
-Tele,
colori... cose per dipingere.-
-Ah...-non
poté nascondere la luce che le spuntò negli
occhi. L'avevo
colpita.-Va bene-continuò-posso darti un passaggio... tanto
qui c'è
da fare la spesa.-
-Grazie...
e per le lezioni... ci hai pensato? Sei sempre d'accordo?-
-Sì
ci ho pensato! Ho pensato che visto che sei ricco sfondato per meno
di 18€ all'ora non ti insegno nemmeno a fare il
caffè...- Come
faceva a sapere che non ero in grado di prepararmi il caffè?
-Ok...
mi sembra un ottimo prezzo. Facciamo cifra tonda però... 20!-
-Ricco
del cazzo...-
-Cosa?-
immaginavo fosse un insulto.
-Niente...
andiamo!- disse afferrando le chiavi della macchina.
Salii
sulla Fiat 500 bianca.
-Bella
macchina...-
-Già...
sto sudando sette camicie per pagarmela!-
-Che
lavoro fai?-
-Lavoro?
Lavori!... do ripetizioni, ogni tanto lavoro come cameriera in un
locale a Volterra e faccio la commessa 3 giorni a settimana in un
negozietto a Casole, poi bé d'estate... faccio la
receptionist in un
albergo a Cecina, sto là praticamente 3 mesi...-
-Quindi
tra poco parti?-
-No...fine
Giugno, dopo gli esami...-
-Capisco...
complimenti!-
-Grazie...-
sorrise sincera senza staccare gli occhi dalla strada.
Arrivammo
prestissimo in paese, parcheggiò davanti a un colorificio e
scendemmo. Mi chiese cosa volessi e chiese lei stessa quelle cose al
negoziante.
-Grazie...-
-Se
dovessimo aspettar che questi parlino inglese...-
-Grazie
comunque.- le sorrisi, ma lei distolse subito lo sguardo. Dopo aver
sistemato le tele nei piccoli sedili posteriori e i colori nel baule
ripartimmo.
-Ora
devo passare al centro commerciale...-
-Ok,
non c'è problema!- dissi.
-Perché
mi odi così tanto?- non riuscii a trattenere questa domanda.
Rise
fra sé. -Io non ti odio,non ti conosco. è solo
che voi ricconi mi
state sulle scatole... vi comportate come se il mondo fosse ai vostri
piedi, in realtà so che è così! Ma
è snervante vederlo...-
-Non
sono nato in una famiglia ricca, quello che ho me lo sono
guadagnato...-
-Credi
che se non fossi stato così bello avresti ottenuto comunque
tutto
questo successo?- tra le righe c'era un complimento, anche se lei non
l'avrebbe mai ammesso, io non potei fare a meno di sorridere.
Si
girò e mi guardò adirata: -perché
sorridi adesso?-
-Hai
detto che sono bello...-
-Oddio!!!-
sbraitò alzando gli occhi al cielo:-come se non lo
sapessi...-
Arrivammo
al centro commerciale e mi stupii della differenza con quelli
americani, qui tutto sembrava più accogliente, anche un
posto freddo
come questo era certo più caldo di quelli americano, meno
confusionario e c'erano molte meno schifezze da comprare.
Spingevo
il carrello mentre lei saltellava da una parte all'altra delle corsie
riempiendolo.
-Fatto!-
disse indicandomi le casse.
Arrivati
al momento di pagare, fui veloce come una saetta e tirai fuori dal
portafoglio i soldi dandoli alla cassiera.
-Che
cosa fai?- disse lei.
-Niente...-
dissi prendendo il resto.
-Dai
James non scherzare...mia madre ti ucciderebbe.-
-Sta
tranquilla... non glielo diremo...- la tranquillizzai facendole l'occhiolino.
Ringraziamenti:
Per Barbydowney:
eheheheheh sì...mi sto ispirando a me stessa... soprattutto
per la scorbuticità di Martina(ahahahha non so come si
dice...)
cmq non niente vampiri, è solo che Volterra è la
città grande più vicina a Casole.. =)
Grazie a tutte
quelle che leggono!!!
|
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Capitolo 7 *** 6. Campagne e spiagge. ***
6. Campagne e spiagge.
Durante
il viaggio di ritorno riuscii a farla sorridere più del
solito. Era
bella quando rideva, cambiava completamente e la sua risata era
buffa, sfrontata, assordante.
Arrivati
a casa mi aiutò a portare le tele nel sottotetto sopra la
mia
camera.
-Sai
qui ci venivo sempre a scrivere e disegnare...-
-Disegni?-
non ero riuscito a vedere i suoi schizzi in camera.
-Sì...
dipingo poco, più che altro schizzi a carboncino, o con la
china,
non so mi piace il bianco e nero. Le luci e le ombre, invece non mi
piace colorare.-
-Io
invece riesco a dipingere solo pensando ai colori...-
-De
gusti bus...-
-Bé
comunque è casa tua, lo sai che puoi venire quando vuoi...-
-Grazie!-
Si
girò ed uscì. Io la seguii.
-Posso
aiutarti con il pranzo?-
-Va
bene...-
A
mezzogiorno e mezza arrivarono anche Anna e Francesco e pranzammo
tutti insieme, mi sentivo in famiglia. Anche se ero lì da
pochi
giorni, ero talmente a mio agio che a fine pasto, inopportunamente...
mi scappò un rutto! Anna mi guardò sorpresa,
mentre Martina scoppiò
a ridere. Io mi imbarazzai tantissimo: le guance mi bruciavano come
se ci avessi appiccato un fuoco.
-Oddio,
scusatemi! Mi dispiace...- tenevo gli occhi bassi,
ma poi li
sentii tutti unirsi alla risata contagiosa della ragazza e alla fine
mi lasciai andare anche io. Francesco disse:-In alcune culture farlo
a fine pasto è considerato un complimento per il cuoco...
quindi
brava Martina!-
Dopo
aver aiutato a pulire e spreparare mi congedai per andare a
dipingere. La mansarda era perfetta, con grandi finestre, da cui si
scorgeva una vista da mozzare il fiato, fatta di prati e colline.
Stesi dei teli bianchi che avevo comprato e mi misi a dipingere
quello che i miei occhi, ancora increduli, riuscivano a vedere da
fuori la finestra. Ben presto mi resi conto che il caldo, che
filtrava dal tetto sotto il sole di Maggio era insopportabile,
così
mi tolsi la camicia e restai con i miei jeans corti, a piedi nudi.
Non mi resi conto di quanto tempo fosse passato, anche
perché dopo
il paesaggio mi misi a dipingere la soffitta e la finestra dando
particolare evidenza a una farfalla blu che si era appoggiata su di
essa. All'improvviso sentii scricchiolare dietro di me, mi girai di
scatto e vidi solo Martina che stava... sembrava stesse scappando. La
rincorsi giù per le scale.
-Martina...
aspetta!-
Si
girò dopo aver fatto un respiro profondo, che sentii
distintamente,
anche se non riuscì a nascondere quel rossore in viso o a
controllare i suoi occhi che cadevano sui miei addominali
insistentemente. Sembrò ricordarsi all'improvviso di avere
qualcosa
in mano: in effetti aveva un vassoio con una tazzina e una
zuccheriera.
-Scusa...
non volevo disturbarti! Sei lassù da ore... pensavo volessi
un
caffè... io sto andando a lavorare.-
-Grazie...
sei molto gentile!- mi avvicinai a lei e presi il vassoio dalle sue
mani, posto nel quale, se fosse rimasto ancora per un po', sarebbe
finito in frantumi da quanto le tremavano. Abbassò lo
sguardo.
-Va
bè... ci si vede!- disse sparendo di corsa.
“Alla
ragazzina non sto indifferente”, pensai soddisfatto e dopo
aver
finito il caffè tornai a finire il secondo quadro, anche
perché non
volevo pensare alle donne. Me lo ero promesso.
Anche
quella sera Lorenzo mi chiese se volevo uscire. Era sabato. Ma non so
perché mi sentivo stanco, così declinai l'invito
preferendo passare
la serata in compagnia di Francesco, che davanti a una partita di
calcio e un bicchiere di vino rosso mi raccontò un po' di
storie
interessanti sulla sua terra, su come suo padre aveva conosciuto il
mio bisnonno da ragazzo e lo avesse assunto a lavorare in questi
vigneti e frantoi. Mi raccontò anche della guerra che aveva
fatto
suo padre e di come avesse sofferto la fame prima che il mio bisnonno
lo raccogliesse letteralmente dalla strada e gli offrisse un lavoro e
del pane per sfamarsi. Erano storie affascinanti e anche se spesso
Francesco non trovava le parole e si aiutava con gesti o nervoso e
seccato si alzava per prendere il dizionario e leggermi la parola
corretta, passai una serata piena di calore. Un calore umano, puro,
sincero, senza secondi fini, che da molto tempo non provavo. Mi si
riempii il cuore a pensare a quante cose stupide io pensavo e di cui
mi preoccupavo, quando c'era gente che aveva vissuto la guerra,
dopotutto c'era gente che viveva ancora la guerra e per quanta
beneficenza io potessi fare, mi sentivo sempre estremamente
insignificante e ingrato per tutto quello che mi era stato dato.
Il
giorno successivo mi svegliò un bussare frenetico
proveniente dal
piano di sotto. Guardai la sveglia, che segnava le 7 e mezzo.
“Ma
qui la Domenica non si usa dormire?” Pensai seccato. Scesi le
scale
sbadigliando e vidi Anna tutta sorridente con una tazza in mano. Le
aprii.
-Buongiorno...
Oggi abbiamo pensato di portarti al mare! Ti va l'idea?-
La
fissai per un po' a bocca aperta. L'idea però, anche se il
mio
cervello la carburava lentamente, non mi dispiaceva per niente.
-Ok...
mi piace!-
-Molto
bene, vestiti e vieni a fare colazione!- era raggiante.
In
sala da pranzo c'era Francesco che preparava alcuni teli da mare,
racchettoni e altre cose.
-Andremo
a San Vincenzo, meno di due ore di macchina, ma mare stupendo e poi
c'è un ristorante niente male, dove lavora un mio caro
amico, che
era anche amico di tuo nonno.- ero entusiasta: mio nonno mi
raccontava sempre di quando veniva qui a passare le vacanze, poi gli
anni e mia nonna avevano cominciato a farsi sentire e non si era
più
mosso dalla Florida.
Lorenzo
arrivò con i pantaloncini del costume e le infradito, ero
contento
di averle messe anche io. Si diressero tutti fuori e io li seguii.
Caricammo gli oggetti nel bagagliaio e Lorenzo mi fece cenno di
sedermi dietro. Obbedii e mi sedetti sul sedile posteriore di una
macchina strana, mai vista prima, a sei posti, bombata sul davanti.
Poi finalmente senti la sua risata mentre spingeva il fratello e si
lanciava in macchina.
-Ciao!-
mi disse col fiatone. La limpidezza dei suoi occhi verdi e il suo
sorriso non poterono che farmi sorridere a mia volta. Indossava una
camicia bianca larga, probabilmente di suo fratello e un paio di
pantaloncini di jeans appena sopra al ginocchio, ai piedi aveva un
paio di sandali alla schiava. Dal collo scoperto, perché
portava
un'alta coda di cavallo, spuntava il laccetto del costume nero.
Salirono anche gli altri e partimmo. Il viaggio durò poco
meno di
due ore, durante le quali ci ritrovammo tutti insieme a cantare le
canzoni che passavano alla radio o a fare giochi stupidi per farmi
imparare qualche parola di italiano. Invidiavo quella famiglia,
sembravano felici davvero, senza finzione.
Arrivammo
in spiaggia verso le 10 e mezza e piazzammo l'ombrellone. Lorenzo
prese i racchettoni e me ne lanciò uno.
-Molto
bene...- dissi con il mio ridicolo accento.
Quando
mi voltai per raccogliere la pallina vidi Martina in costume,un
costume intero che mi ricordava molto quelli che vedevo nei film in
bianco e nero. Si vedeva che non si sentiva a suo agio, infatti aveva
ancora la camicia aperta sopra. Si sedette su una sdraio e
incominciò
a leggere un libro.
Quando
il caldo divenne insopportabile decisi di fare un bagno e la chiamai.
-Mare
molto bello...-
Lei
sorrise incoraggiante, ma poi disse:-No... acqua troppo fredda!-
Alzai
le spalle e mi tuffai, sentendomi il suo sguardo addosso; che infatti
sorpresi a sbirciarmi da sopra le pagine del libro, quando riemersi
dall'acqua.
A
pranzo andammo in quel ristorante di cui aveva parlato Francesco e il
proprietario, un certo Alessandro mi abbracciò come se non
mi
vedesse da secoli e mi chiese di mio nonno. Gli dissi che erano ormai
5 anni che era mancato, il proprietario versò qualche
lacrima e
iniziò il racconto della sua vita, che ascoltai rapito, come
la sera
precedente. Nel pomeriggio tornammo in spiaggia.
Note:
Mi sto rendendo conto che sto idealizzando molto James! ma dopotutto
è una fanfiction! ^_^
Ringraziamenti:
GRAZIE
INFINATAMNTE come sempre a tutte le ragazze che continuano
a leggere questi sconquassati capitoli, se un giorno vorrete lasciare
la vostra opinione, anche dicendo "mi fa schifo perché..."
mi riempireste di gioia, ma bando alle ciance:
Per Pepesale:
grazie grazie grazie per le tue lunghissime e bellissime recensioni! mi
diapiace che tu sia stata male... spero che ora stiate tutti meglio!
Per la scuola ti capisco... tra poco io inizio di nuovo
l'università e non so quanto ci metterò poi a
postare... -.- mi fa molto piacere che i capitoli ti siano piaciuti!
(p.s. mi sto impegnando con i puntini... ma è difficile
disintossicarmi! ihhhhhh)
Per barbydowney:
anche a me piacciono tantissimo i Muse in this period... <3 come
noterai in questo capitolo e soprattutto nel prossimo sto mettendo
forse un po' troppo di me in questa Martina... ma dopotutto
è una fanfiction e posso fare un po' come mi pare e sognare
a occhi aperti che anche a me un giorno capiti un bel James...
ahahahahah!! *_* baciiiiii
|
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Capitolo 8 *** 7. Il vaso di Pandora ***
7.
Il vaso di Pandora.
Anna
e Francesco si concedettero una romantica passeggiata sul lungo mare,
come due adolescenti e Lorenzo mi chiese se volevo andare con lui a
prendere una lezione di windsurf nello stabilimento di fianco.
“Questo ragazzo non sta mai fermo!” constatai, ma
poi vidi
Martina infilarsi i jeans e mettere le proprie cose in borsa.
-Tu
dove vai?-
-Io?-
chiese voltandosi. Annuii.
-Faccio
un giro in centro... i negozi...-disse alzando le mani.
-Ti
accompagno... se non ti dispiace...- dissi rivolgendomi a suo
fratello.
-No
no...vai pure! Anzi... mi regali qualche chance con l'istruttrice non
venendo. Grazie!- e si allontanò di corsa.
-Perché
non sei andato con lui? A me piace stare da sola sai.-
-Ho
notato...- mi lasciai sfuggire. Non sorrise come speravo e prese la
borsa. Mi infilai pantaloni e maglietta rincorrendola.
-Allora...-
Iniziai io a parlare, più o meno dopo dieci minuti di
silenzio.-Hai
il ragazzo?-
Sbuffò
tra se e sé:-No...-
-E
come mai?-
-Bé...
Guardami!- disse passando le mani sui suoi fianchi.
-Ma
cosa dici?-
-Dai
smettila con questa sceneggiata! So di non aver un gran fisico, ma
dopotutto io mi piaccio anche così... solo che probabilmente
ai
ragazzi non vado bene. Tutti mi trovano divertente, simpatica...
però
guai a pensarmi come qualcosa più che un'amica!-
aumentò il passo.
-Martina
tu sei una bella ragazza... secondo me non è il tuo aspetto
che li
frena...-
I
suoi occhi erano lucidi di rabbia, ma continuai.
-E
il tuo modo di porti... la tua costante esigenza di difenderti e
attaccarli, quasi una specie di aggressività. Li spaventa,
li
allontana. Tu non ti fai conoscere per la persona piena di
qualità
che sei!- le cinsi una mano attorno alle spalle cercando di farla
rallentare e per poterla abbracciare. Lei mi scostò. Ma io
ci
riprovai. La tirai per un braccio e la girai verso di me,
stringendola e come previsto scoppiò in lacrime. Era fragile
come
una farfalla, anche se i suoi modi erano acidi come un limone.
Singhiozzava e presto sentii la mia maglietta inumidirsi. Le poggiai
la guancia sulla testa e rimasi ancora lì finché
i gemiti si
spensero e lei tornò a respirare regolarmente. Si
allontanò
passando una mano sotto gli occhi, cercando di levare il nero del
trucco.
-Oddio
ti ho sporcato la maglietta...- disse in colpa.
-Non
fa niente... ne comperò un'altra...-
-Fottuto
riccone...-
disse sottovoce sorridendo.
Capii
che era uno dei suoi insulti, ma ci passai sopra.
-Se
mi prometti che non piangi più, ne compro una anche a te...-
Mi
fece la lingua, come una bambina di cinque anni.
Frugò
nella borsa alla ricerca di un fazzoletto e dopo essersi asciugata
gli occhi, si voltò e sporgendo la testa verso di me, mi
chiese se
era ancora macchiata.
Le
presi il viso fra le mani e le diedi un bacio sulla fronte. Vidi le
sue guance tingersi di un porpora acceso all'istante e si
allontanò.
-No
sei a posto...-
Ci
addentrammo nel paese e incredibilmente, come se con quel pianto
avessi aperto il vaso di Pandora, Martina uscì dal suo
bozzolo. Mi
raccontò delle sue amicizie, quelle di lunga data, quelle
che
l'avevano delusa, delle sue cotte colossali per alcuni ragazzi, mai
ricambiate, degli spasimanti che ogni tanto le rompevano le scatole,
ma con i quali lei non riusciva a essere troppo stronza, pensando a
quanto male ci stava lei dietro a ogni delusione, mi
raccontò della
sua famiglia, degli studi, dei milioni di libri che divorava... Era
una ragazza incredibile, se solo si fosse lasciata avvicinare da
tutti. Se solo non avesse avuto quell'atteggiamento così
scontroso
all'inizio.
Verso
il tramonto tornammo verso la spiaggia, l'aria si era rinfrescata, il
clima della Toscana era fantastico. Il giro di shopping ci aveva
lasciato con una maglietta nuova per me e un vestito per lei. Poi le
avevo regalato un braccialetto etnico, in realtà ne avevo
comprato
uno uguale anche per me. Probabilmente fu un gesto alquanto infantile
e affrettato, ma quando avevo visto quei braccialetti colorati non
avevo resistito.
-Dovunque
sarò fra anni so che non dimenticherò mai questo
posto e nemmeno
te... non fraintendere le mie parole... è solo che qui sto
così
bene!- le dissi porgendoglielo.
-No,
tranquillo... ho capito quello che vuoi dire... Grazie... è
veramente bellissimo!- mi toccò il braccio in segno
d'affetto.
I
suoi si stavano rivestendo e Lorenzo arrivò in fretta.
-Cari
miei, stasera non torno con voi!-
-Perché?-
chiese sua madre preoccupata.
-Bè..
ho conosciuto un po' di ragazzi dello stabilimento, mi hanno invitato
a cena e poi a ballare e mi riportano a casa!-
-Va
bene... stai attento!-
non avevo capito molto del discorso, poi però Lorenzo si
rivolse a
me e Martina.
-Venite?-
Lo
guardai interrogativo.
-Scusa
James... Allora ho conosciuto dei ragazzi e mi hanno invitato a cena
con loro e poi si va a una festa in spiaggia .. un modo per tornare a
casa lo troviamo!- sorrise.
-Certo
nessun problema per me...-
Martina
sorrise fra sé.
-Fortuna
che mi sono comprata un vestito...-
I
ragazzi dello stabilimento sembravano simpatici, anche se non capivo
molto di quello che dicevano, ma ridevano spesso, complice anche
l'alcool che scorreva a fiumi. Eravamo sulla spiaggia, attorno ad un
falò, qualcuno suonava la chitarra e alcune ragazze
ballavano, più
di una mi aveva esortato a seguirla, ma io avevo declinato l'offerta.
“Niente donne”. Ripetevo a me stesso, come se fosse
una specie di
mantra. Mi misi a osservare le persone in silenzio, cosa che mi
piaceva sempre tantissimo fare. Cercai Martina. I miei occhi la
trovarono poco dopo, seduta sulla sabbia bianca che rideva con un
gruppetto di persone. Avrei voluta raggiungerla, ma non mi alzai. Una
decina di minuti dopo fu lei ad alzarsi e a dirigersi verso il cesto
dove galleggiavano le birre. La raggiunsi.
-Bella
serata!-
dissi alzando la mia birra al cielo.
Rise
e annuì.
-Molto
bella..-
-Fai
una passeggiata con me?-
La
vidi tentennare. Non sapevo nemmeno io perché diavolo
volessi stare
da solo con lei, ma così era. Non controllavo le parole che
mi
uscivano dalla bocca in sua presenza, ero impulsivo come un ragazzino
alle prime armi.
Alzò
le spalle e aggiunse sottovoce:- Ok...- prese una birra e si
allontanò verso il bagnasciuga.
-Ragazzi
simpatici...- come sempre toccava a me iniziare a dire qualcosa.
-Già...
è vero!- ritornò ai suoi pensieri, si tolse i
sandali e mise i
piedi nell'acqua.
-Bellissima
questa spiaggia, questo posto!- non rispose, ma anche nel buio potei
vedere i suoi denti comparire in un sorriso.
Era
così diversa dal pomeriggio! Aveva parlato, riso, corso,
saltato...
cosa le era successo? Dopo qualche altro passo e sorsata di birra,
decisi di chiederglielo.
-James...
Io...-rispose,alzando gli occhi verso le stelle.-Ecco io...-
Una
voce interruppe le sue difficoltà, era Lorenzo.
-Ragazzi
si torna a casa, c'è l'ultimo pullman!-
Martina
lo raggiunse e capii che nemmeno quella sera non avrei capito che
cosa le frullava in testa.
Fede's
corner:
scusate il ritardo, ma è reinziata l'università
quindi poco tempo e soprattutto poca ispirazione... questo capitolo
è un po' strano, spero di recuperare nel prossimo!
GRAZIE a
tutti quelli che seguono e leggono questa storia pazza...
un ringraziamento particolare come sempre per Pepesale e le sue
divertentissime recensioni e a barbydowney
che ormai vedo tutti i giorni!
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Capitolo 9 *** 8. Partenze e quadri ***
8.
Partenze e quadri.
La
settimana seguente passò lenta. Lorenzo e Marina erano
sempre fuori
casa, a lavoro o all'università. Anna lavorava e io passavo
tutto il
mio tempo nei campi insieme a Francesco. Mi ritrovai quindi al Sabato
successivo con i muscoli doloranti e un'abbronzatura niente male.
Avevo dipinto moltissimo in quei giorni, quasi ogni sera: avevo
prodotto 3 quadri. Nel pomeriggio di Sabato stavo lavando i pennelli
nel lavabo in cortile, visto che avevo dipinto nel prato, quando
Anna, appena tornata dal lavoro, mi venne vicino.
-Ti
prego dimmi che posso comprarti quel bellissimo quadro che hai appena
dipinto! Starebbe così bene nel salotto!-
La
guardai sorpreso: -Comprarlo?-
-Bè...
mica lo posso semplicemente prendere!-
-Certo
che puoi... non scherziamo! Per me sarebbe davvero un onore. I miei
quadri di solito rimangono chiusi nello scantinato...-
-Oh
grazie James!- e rientrò in casa.
Tornai
verso il cavalletto e presi il quadro, ormai asciutto e mi avviai in
casa. Anna mi fece cenno di metterlo al posto di una stampa
impressionista.
Ero
fiero di vedere il mio lavoro apprezzato da qualcuno.
Il
mio Blackberry suonò insistente nella tasca desta dei jeans.
-Scusami...-
dissi uscendo.
Tornato
nel sole caldo, premetti il tasto verde e portai il telefono
all'orecchio.
-Pronto?-
-Franco...-
riconobbi subito la voce di Jordan.
-Jordan!
Che piacere... come stai?-
-Io
bene... tu un po' meno fra poco.-
-Cosa
è successo?-
-Bè...
il contratto che hai firmato con Gucci ti obbliga a venire a fare un
altro spot...-
-Non
esiste!-
-Hai
firmato...-
-Tu
non hai letto bene il contratto allora!-
-Ormai
è fatta... ma cosa ti lamenti? Saranno altri milioni di
dollari per
un paio di giorni di lavoro!-
-Ma
devo venire in America...-
-Ci
vediamo Lunedì a New York. Lo spot lo vogliono girare
lì. Ti ho già
prenotato il volo da Firenze, i dettagli sono in una mail.-
-Fanculo
Jordan!- ma il telefono dall'altro capo della linea era già
muto.
Porca
miseria, non avevo nessuna voglia di fare altre 18 ore di viaggio.
Soprattutto non avevo voglia di tornare in quel mondo, erano meno di
10 giorni che mi stavo godendo quel paradiso e già me lo
volevano
guastare. Incredibile!
Probabilmente
stavo inveendo contro il telefono a voce troppo alta, perché
Anna
uscì di casa preoccupata.
-Cosa
è successo? Qualcosa di grave?-
-Devo
andare a New York!-
-Problemi
familiari?-
-No...-
sbuffai:-lavoro...-
-Ah!
Ma tornerai vero?- la sua speranza in quella domanda mi invase di un
benessere incredibile: mi volevano bene davvero quelle persone.
-Non
lo so!- come non lo sapevo? Io volevo tornare! Non avrei nemmeno voluto
andarmene... perché avevo risposto così?
Anna
era visibilmente delusa:-Allora c'è da organizzare una festa
d'addio!-
-Non
è il caso...-
-è
proprio il caso, invece!- mi zitti lei rientrando in casa.
Ero
scosso, tornai nella mia camera e mi sdraiai sul letto nervoso. Non
volevo andarmene! Non volevo tornare già in America,
conoscendomi
poi mi sarei perso a New York! Mi perdo sempre a New York. Quando ci
vado rimango lì mesi, finché un amico non mi
viene a ripescare. Mi
faccio rapire dalla vita della città che non dorme mai, dai
locali,
spesso mi sono fatto rapire dalle sue ragazze. Io volevo godermi la
Toscana.
Probabilmente
mi ero addormentato perché quando riaprii gli occhi la
sveglia sul
comodino segnava le 18,30. mi alzai e mi diressi in bagno, dopo la
doccia mi diressi fuori. Arrivai in garage e guardai la
“mia”
Vespa. Volevo sentirmi di nuovo felice, così senza pensare
misi in
moto e uscii sgommando dal vialetto. La sensazione di
libertà che
avevo provato la prima volta non era così forte adesso,
purtroppo.
Capii che dovevo partire. Dopotutto era lavoro. Feci inversione e
ritornai alla cascina. Quando entrai in casa la tavola era
apparecchiata in modo più sontuoso e anche i membri della
famiglia
erano vestiti in modo più curato, mi vennero gli occhi
lucidi.
-James,
anche sei stato qui così poco, sappi che ci mancherai... e
se
volessi tornare ti accoglieremmo a braccia aperte!- Anna mi
abbracciò.
Il
loro calore umano mi stupiva sempre, non riuscivo ad abituarmici. Mi
fecero sedere e iniziammo a mangiare. Avevano cucinato di tutto e di
più: stentavo a credere che sarei riuscito ad alzarmi dalla
sedia
prima di qualche giorno. Durante la cena Martina non mi
guardò mai
negli occhi e non partecipò quasi alla conversazione. Verso
le 11,
dopo vari bicchierini di Vin Santo e Cantucci mi alzai e dissi che
sarei andato a dormire, il giorno dopo sarei dovuto partire alle 9.
Francesco si propose per accompagnarmi, ma Lorenzo insistette per
farlo lui. Li salutai e uscì sotto il cielo stellato, dopo
aver
fatto le valigie mi sedetti sulle sdraio nel giardino a fissare le
stelle. Sentii dei passi dietro di me. Nel buio della notte ero
invisibile nel prato. Era Martina, con qualcosa in mano. La vidi
arrivare fino davanti alla portafinestra di casa, far per bussare,
scuotere la testa e re incamminarsi verso casa sua.
-Aspetta...-urlai.
La vidi sobbalzare. Corsi verso di lei. Si era spaventata.
-Oddio...
che spavento!- rise nervosa e agitata.
-Cosa
volevi?-
-Niente...-
-Non
è vero!- mi avvicinai a lei un po' di più.
-Niente!-
abbassò lo sguardo su quello che stringeva fra le mani.
Guardai
anche io. Erano dei disegni, anche se nel buio non capivo cosa
ritraessero.
-Li
guarderai poi...-
-Grazie...-
continuava a rimanere con lo sguardo verso il basso. Istintivamente
cercai di alzarle il viso con la mano. I suoi occhi erano lucidi
sotto le stelle, sembravano piccole lucciole.
Non
resistetti un momento in più. Contro ogni logica e
previsione
premetti le mie labbra sulle sue. Lei era una statua di sale.
Immobile, con le labbra serrate, lasciò cadere il disegno
per terra
e appoggiò le sue mani sul mio petto.
Mi
staccai e la guardai fisso.
-Scusami...-
dissi, ma poi rimasi incredulo dalla sua reazione. Mi strinse il viso
fra le mani e cercò di nuovo la mia bocca e questa volta non
ebbi la
sensazione d baciare una statua di sale, anzi tutt'altro. Le sue mani
giocavano fra i miei capelli e io non potei fare a meno di stringere
i suoi fianchi. Dopo un tempo che mi parve anche troppo breve, si
staccò e mi sussurrò all'orecchio:-Scusami...-
corse via.
Ero
incredulo, non capivo cosa fosse appena successo. Raccolsi da terra i
suoi disegni. Erano paesaggi di mare, di campagna: era la Toscana.
L'ultimo era un mio ritratto, la testa appoggiata su un braccio.
Rientrai in casa e come successo nel pomeriggio ricaddi in un sonno
profondo. La sveglia suonò alle 6. feci una colazione veloce
e
portai tutte le mie valigie fuori nel cortile. Erano tutti pronti per
la mia partenza. Mancava solo Martina. Abbracciai forte Francesco e
Anna, rassicurandoli sul fatto che sarei tornato presto e mentre lo
dicevo, cercavo più che altro di convincere me stesso. Poi
montai
sulla macchina di Lorenzo e partimmo. Proposi al ragazzo di venire in
America, lui rise e disse:
-Magari...ma
non posso proprio lasciare il lavoro adesso!-
-Capisco...
comunque questo è il mio numero e la mia mail: vedi di farti
sentire
spesso!- dissi appoggiando un biglietto sul cruscotto.
-Contaci!-
rispose lui.
Arrivai
all'aeroporto, lo abbracciai e mi diressi verso il check-in. Non
capivo perché in cuor mio speravo ancora che lei spuntasse
da un
momento all'altro. Avevo vissuto troppo dentro i film per capire che
nella vita vera di solito queste cose non succedono. Nella vita vera
non è mai tutto chiaro come il sole, le cose sono confuse,
le
persone non sono chiare, il lieto fine non esiste e se c'è
lascia
sempre qualche vittima lungo il percorso.
Mi
sedetti sul mio sedile e ripresi i disegni di Martina, erano belli,
il suo tocco era profondo, calcato, quasi come se volesse far capire
che ci credeva davvero in quello che disegnava. Quella ragazza mi
sarebbe mancata.
Un
pensiero mi balenò nella testa: facendomi cadere nello
sconforto:
“Non avevo nemmeno il suo numero!”.
Fede's corner:
Ho aggiornato prestissimo perchè ieri mi
è scattata l'ispiration!! =)
GRAZIE a
tutte le lettrici silenziose, spero che la mia storia vi piaccia...
GRAZIE
a barbydowney!
spero che il capitolo sia di suo gradimento visto che c'è un
piccolo colpo di scena... =)
GRAZIE a Pepesale!
molto carina l'immagine dello spupazzamento di James...
ahahahhaah!! anche a me piacerebbe molto! *_*
Vi
lascio il link della pubblicità di Gucci, penso l'abbiate
vista tutte, ma rifarsi gli occhi fa sempre bene: http://www.youtube.com/watch?v=7WTFO7trdLw&translated=1
BACI
PULZELLE!
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Capitolo 10 *** 9. New York, New York ***
9.
New York, New York.
Mi
svegliai fra lenzuola bianche. Il malditesta mi colpì come
una
mannaia. Non ricordavo dove mi trovassi, guardai fuori dalla grande
finestra. L'Empire State Building spiccava in mezzo al cielo
azzurro. Pian piano i rumori del traffico e dell'acqua che scrosciava
nel bagno cominciarono a farsi largo nelle mie orecchie intontite.
Era in una stanza d'albergo. Per terra c'erano un mio completo nero e
un vestito rosso da sera. Cazzo, ero finito a letto con una ragazza.
Non mi ricordavo nemmeno come si chiamasse o che faccia avesse. Mi
alzai di soppiatto e mi avvicinai alla sua borsa posata sulla
poltrona all'ingresso, cercando il portafoglio. Ecco la carta
d'identità. Jade Bodwein. Bionda, carina dalla foto. Sentii
dei
rumori da dietro la porta quindi risaltai sotto le coperte, facendo
finta di dormire.
La
porta si aprii e lei sbuffò rumorosamente.
Incominciò a sbattere
contro tutte le cose che poteva e a camminare pesantemente: capii che
voleva che mi svegliassi, ma non volevo dargliela vinta. La sentii
tirare su la zip del vestito, rimettersi i tacchi e poi sentii che
prendeva qualcosa dalla borsa. Sentii il suo respiro vicino al mio
viso e un bacio premere sulle mie labbra dischiuse. A quel punto fui
costretto a svegliarmi. Aprii gli occhi sbadigliando.
-Buongiorno!-
mi sorrise lei con i suoi riccioli che cadevano sul mio cuscino.
-Ciao
Jade!- dissi. Era visibilmente sorpresa che ricordassi il suo nome.
-Devo
andare...- disse. La fermai per un braccio, così come
richiedevano
le regole. -No, davvero devo andare...- insistette lei, ma si sedette
invece sul letto lasciva. La baciai sulla guancia, mi sembrava di
recitare, probabilmente lo stavo facendo.
-Sì...
capisco! Anche io ho un impegno oggi!-
-Ci
sentiamo presto?- chiese speranzosa.
“Credici!”
pensai tra me.-Sicuro piccola...- e mi allontanai verso il bagno.
Quando
tornai in camera vidi che la cameriera stava rifacendo il letto.
-C'era
questo nel letto...- mi porse un braccialetto colorato. Martina. Il
suo viso comparve nella mia mente come un fulmine a ciel sereno. Era
passato un mese. Avevo scambiato alcune mail con Lorenzo, sul mio
arrivo, sul lavoro, su New York, poi da un paio di settimane gli
impegni non mi avevano più permesso di prendermi il tempo
per
scrivergli, ne tanto meno di chiedergli l'email di sua sorella; ma
dopotutto nemmeno lei mi aveva cercato. Probabilmente non gli
interessavo un granché. O forse aveva paura. La parte
preponderante
di me non diede peso a quella considerazione fugace, ma prese per
buona la prima.
La
cameriera era ancora lì, che mi osservava confusa,
tendendomi il
braccialetto. Lo presi e me lo legai al polso.
Poco
dopo un cameriere bussò alla porta ed entrò con
il servizio in
camera che non ricordavo di aver richiesto. C'era anche una rosa
rossa appoggiata sul vassoio.
-Questa
è da parte della signorina e mi ha pregato di darle
questo.-disse
porgendomi un biglietto scritto sulla carta stampata dell'hotel.
“Questo
è il mio numero: 555-387. Hai tempo finché la
rosa non appassisce
per chiamarmi! Jade.” portai la rosa al viso e assaporai il
suo
dolce e inconfondibile profumo, ma non ricordai quello di Jade;
così
buttai la rosa nel cestino di fianco alla porta e mi concentrai sulla
colazione.
Uscii
in strada poco dopo e mi lasciai trasportare dal fiume di persone che
costantemente affollavano quella città. Avevo un cappello da
baseball e gli occhiali da sole calati sul viso: speravo bastasse per
non farmi riconoscere da nessuno.
Central
park riusciva sempre a rapirmi per qualche ora: osservare le persone
camminare mano nella mano, i bambini giocare, gli anziani
chiacchierare, i più temerari correre. Central Park per me
è sempre
stato un mondo a parte, un'altra città nella
città, un quartiere a
sé stante, un'altra realtà. Per fortuna ero
uscito con la mia
tracolla con dentro taccuino e carboncini e così seduto su
una
panchina un po' defilata iniziai a scarabocchiare. Mi vennero in
mente i disegni di Martina, che conservavo in una cartelletta insieme
ad altri documenti di lavoro e i nostri discorsi su quella passione
che condividevamo, cercai di cacciare quei pensieri e mi misi a
osservare le papere che sguazzavano nel laghetto di fronte a me,
cercando di imprimere i loro contorni perfetti su carta.
Quando
tornai in albergo decisi di scrivere una mail a Lorenzo:
“Ciao
Bello!
Come
stai? Io mi sto dando agli stravizi ultimamente. Volevo sapere se
potevi darmi il vostro indirizzo di casa per mandarvi una cartolina.
Come state? I tuoi genitori? Il lavoro? Tua sorella?
Scrivimi
presto e saluti tutti!
Un
abbraccio, James.”
Speravo
mi avrebbe risposto in fretta e intanto mi misi a scrivere un po'.
Un
altro mese a New York passò velocemente fra feste e le Jade
di
turno: quasi sempre modelle incredibili, con una personalità
da far
invidia a quella di una tartaruga, ma che a letto si trasformavano in
pantere arrapate. Dopotutto non volevo niente di più. Non
volevo
mettere in gioco il cuore e nemmeno loro volevano da me qualcosa in
più che il mio corpo muscoloso. Spesso dopo quelle fugaci
avventure
mi ritrovavo nei balconi degli hotel a fumare una sigaretta, fissando
il cielo e mi sentivo assalire da una tristezza incredibile, un senso
di inadeguatezza, una voglia di fuggire da quella vita senza
spessore, ma c'era una forza che mi incatenava a quel suolo
americano, una forza ineluttabile.
Intanto
avevo ricominciato a lavorare con Jordan, che con il suo enorme
entusiasmo (nuovo di zecca), mi aveva fatto firmare contratti
pubblicitari e aveva messo in cantiere un nuovo film: Saremmo partiti
di lì a un mese per la Francia. Non vedevo l'ora. A Parigi
c'ero
stato una volta sola e per troppo poco tempo, invece adesso sembrava
dovessimo stare almeno 6 mesi.
Mentre
stavo piegando le camicie appena ritirate dalla tintoria sentii
bussare alla porta. Eppure avevo messo “Non
disturbare” sulla
porta. Andai ad aprire scocciato pronto per insultare la cameriera di
turno. Aprendo la porta invece ebbi una sorpresa inaspettata.
-Ciao..-
si scostò il ciuffo di capelli castano chiaro e mi
fissò con i suoi
occhioni azzurri.
-Marla?-
ero interdetto.
-Mi
fai entrare?-
Avrei
voluto davvero dire di no e invece mi uscì:-Ok..- e mi
scostai per
farla entrare. Chiusi la porta e rimasi girato compiendo un respiro
profondo.
-Mi
guardi?- subito richiamò la mia attenzione.
Mi
voltai controvoglia e la vidi già seduta sul letto, vicino
alle
camicie. Aveva una camicetta viola e un paio di jeans. Lei,
inguaribile sportiva.
-Allora?-
chiesi scocciato e mi avvicinai al mini bar: -Vuoi qualcosa?-
-Un'acqua
tonica va bene...-
-Bene!-
la stappai e la misi dentro un bicchiere, tagliando anche una fetta
di lime e mettendoci il ghiaccio. Io mi stappai una birra gelata.
Lei
non aveva ancora parlato e prima di farlo diede un lungo sorso dal
bicchiere.
-James...
Avevo bisogno di vederti e tu non hai mai risposto alle mie mail o
chiamate!-
-Marla...
è finita!-
-Che
cazzo centra questo? L'educazione è finita? Il rapporto di
conoscenza fra noi è finito?-
-Non
ho detto questo, ma non ha senso che tu voglia controllare la mia
vita!.-
-Ah...-eccolo
il suo tipico verso seccato, con la bocca aperta e il sospiro
bloccato a metà. Quanto lo odiavo.
-Cosa
c'è quindi di così importante?- mi stavo
spazientendo.
Lei
abbassò gli occhi sul bicchiere. Quando li rialzò
aveva un altro
sguardo, quasi malizioso. Si alzò e mi venne vicino. Io
stavo ancora
in piedi. Prese la mia birra e la posò sul tavolo vicino al
suo
bicchiere e poi passò con le sue dita sulle mie braccia,
dalle mani
fin quasi alle spalle.
-Mi
manchi James...- la sua voce era un sussurro. Si appoggiò al
mio
petto. Alzai gli occhi al cielo. Non doveva fare così. Lo
sapeva che
io non resistevo, non resistevo mai!
Mi
guardò di nuovo e mi spinse verso la poltrona.
No.
No. No. Non dovevo lasciarmi trascinare. Invece lei era forte
così
mi trovai a indietreggiare finché dovetti piegare le gambe e
sentii
la stoffa morbida della poltrona sotto di me. Lei mi venne sopra, a
cavalcioni. E subito puntò lì dove sapeva, dove
doveva puntare per
farmi perdere il controllo della situazione. Si avvicinò al
mio lobo
sinistro e cominciò a leccarlo e mordicchiarlo. Cazzo. Ero
fottuto.
Se fossi rimasti un minuto in più in quella posizione sapevo
che
avrei oltrepassato il punto di non ritorno. Le mie mani erano ancora
avvinghiate ai braccioli e non volevo muoverle, ma lei le prese e le
posizionò sui suoi fianchi che la camicetta aveva scoperto.
Ok perfetto,
avevo passato il punto di non ritorno. Eccomi lì a baciarla
senza
sapere come smettere. Senza avere la forza di smettere. E prima di
perdere ogni controllo con la mia parte razionale mi ritrovai a
pensare “Ma non avevo detto basta donne?"
Fede'corner:
AVVISO
IMPORTANTE PER LE AMANTI DI JAMES: comprate Glamour di
Novembre.. c'è una sua intervistdi e un paio di
foto carinissime con la camicia da boscaiolo... dalla
copertina non era segnalato, quindi potrete immaginare il mio urletto
quando sfogliandolo sovrappensiero ho visto il suo faccione!!!
*_*
Tra l'altro nell'intervista descive la sua donna ideale proprio come
è Martina(nel senso di intelligente, che sappia capire le
continue provocazioni e che abbia le sue stesse passioni)... quindi
sono molto soddisfatta! =P
N.B.
alcune cose che ho scritto, esempio film in Francia, ritorno da Marla,
ecc... sono naturalmente frutto della mia imagination e non hanno
fondamento reale... è solo per ricordarlo! =)
GRAZIE
come sempre alle mie commentatrici di fiducia Pepesale e barbydowney.... che
mi fanno sempre sorridere e non vedo mai l'ora di leggere le loro
recensioni! =)
un GRAZIE
speciale anche a
VasiSchwartz, _Bonnie_
e gy_93...
e un GRAZIE
ancora più affettuoso alle lettrici in incognito! =)
A prestissimo, spero
Fede
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Capitolo 11 *** 10. Marla ***
10.
Marla
Qualche
ora dopo mi aveva convinto a andare a cena con lei, così
verso le 8
mi era passata a prendere. Indossava un vestito leggero e
incredibilmente sexy. Non era da lei. La guardai inebetito. Lei
sorrise compiaciuta e mi prese la mano. Non sapevo che diavolo mi era
preso, ma non riuscivo a uscire da quella situazione. Marla era la
sola donna che potevo dire di aver veramente e incondizionatamente
amato nella mia vita. C'era stato un periodo in cui lei riempiva
completamente le mie giornate, ogni cosa che facevo era per lei, ogni
mia azione era solo fatta in funzione sua. Io vivevo di Marla. Tutti
ci invidiavano, eravamo la tipica coppia che stava bene in ogni
situazione. Lei poi era semplice, senza fronzoli, sportiva, potevo
permettermi di fare qualsiasi cosa con lei. Il problema era che poi
aveva cominciato a parlare di matrimonio. Non che la cosa a me non
andasse, mi sono sempre immaginato accasato verso i 40. voglio dei
figli! Il fatto è che lei aveva preso il mio alzare le
spalle e il
mio “Mmmm...” come una proposta di matrimonio e si
era messa a
organizzarlo, senza chiedermi nulla. Quando avevo visto che la sua
non era semplice curiosità, ma aveva stilato una lista di
invitati
le dissi di fermarsi e tornare indietro. Lei si arrabbiò,
accusandomi di non amarla più. Poco tempo dopo venni a
scoprire che
mi aveva tradito con il gestore di un locale. Fu un colpo durissimo,
anche perché fu lei a lasciarmi incolpandomi di tutto. Per
almeno un
anno non avevamo avuto contatti, poi però avevamo cominciato
a
frequentarci normalmente, come amici. Dopotutto avevo passato quasi 5
anni con lei e sapevo che era una persona speciale.
-Ti
va bene l'italiano?- mi chiese davanti a un'insegna con su scritto
“Bella
Napoli”.
-No!-
risposi di getto: -andiamo al marocchino...- dissi continuando a
camminare.
-Ok...
come vuoi!- fece spallucce.
Entrammo
nel ristorante e la cameriera, che evidentemente in Marocco non ci
aveva mai messo piede, quasi urlò vedendoci e ci
scattò delle foto.
Marla era felice come una bambina in un negozio di caramelle e la
cosa mi stupiva parecchio, ma non ci diedi molto peso, cercando di
sforzarmi a sorridere anche io.
-So
che vai a Parigi fra un mesetto...-
-Mmm
mmmm...- stavo ancora masticando l'agnello.
-Sarai
sorpreso di sapere che verrò con te!- deglutii a fatica e
bevvi un
sorso d'acqua per evitare di strozzarmi.
-Cosa?-
-Bè...
volevo trasferirmi da un po' all'estero e questo artista, bé
regista
alla fine, francese mi ha cercato... non è molto conosciuto,
infatti
il lavoro non sarà nemmeno pagato chissà quanto
però... quando ho
saputo che pure tu andavi lì mi sono detta perché
no?!-
-Quindi
è per questo che sei venuta oggi pomeriggio? Per
riprendermi?-
Non
notò o non volle notare l'amarezza che c'era nella mia
domanda.
-E
ci sono riuscita???- domandò con lo sguardo seducente che
aveva
qualche ora prima.
-Mmmm..-
fu tutto quello che risposi e lei come al suo solito, lo prese come
un sì.
A
fine serata invece di voler tornare in hotel volle fare una
passeggiata e poi andare in un locale dell'Upper East Side,
frequentato da un sacco di personaggi famosi. Io non ero in vena, ma
mi lasciai trascinare. I paparazzi appostati fuori vedendoci arrivare
insieme e per mano incominciarono a scattare a dieci centimetri dal
mio viso foto che evidentemente sarebbero state sulle copertine dei
giornali scandalistici qualche giorno più tardi.
Eccole
lì infatti: Marla stava sorseggiando un cappuccino seduta in
poltrona, in pantaloncini e reggiseno nella mia camera d'albergo. Non
le avevo chiesto di venire a stare un po' da me, semplicemente era
entrata con la sua Louis Vuitton e si era presa la sua parte di letto
con nonchalance. Non vedevo il suo viso nascosto dietro le pagine
patinate di quella rivista, ma vidi chiaramente la nostra foto con la
scritta gigante “Di nuovo insieme?” un istinto
omicida verso i
paparazzi mi percorse la schiena. Mi alzai di scatto e sbattei la
porta del bagno dietro di me con forza. Lei non si fece attendere
molto, due minuti dopo bussò:
-Tesoro,
stai male?- Tesoro?
Aprii
la porta piano e la fulminai con lo sguardo.
-Spiegami
qual è il tuo piano!-
-Il
mio piano?- chiese incredula e spaventata.
-Cos'è?
hai bisogno di tornare in voga per trovare lavoro... mi stai usando?-
-Non
ho bisogno di te per trovare lavoro!- era diventata rossa di rabbia e
premeva la mano sulla porta cercando di aprirla.
-Se
ne sei convinta...- dissi lasciando che spalancasse la porta.
-Sei
un pezzo di merda!- incominciò a colpire con i pugni il mio
addome
nudo. Non faceva davvero male, ma era molto fastidioso.
Iniziò anche
a tirarmi del calci. La bloccai dalle spalle, stringendo forse con
più forza del dovuto.
-Ahia...-
esclamò allontanandosi. Respirava affannosamente e i suoi
occhi
erano gonfi di lacrime. Mi abbracciò stretto, come se stesse
ancora
cercando di farmi del male: -Io ti amo stronzo... mi mancavi e ti
amo!- singhiozzava e tremava.
A
quel punto mi sentii inerme e lei sembrava così fragile e
indifesa,feci l'unica cosa che potevo fare: la abbracciai forte e
staccai il cervello, lasciandomi guidare dalle care e vecchie
abitudini.
Dieci
giorni dopo eravamo di nuovo ufficialmente insieme. La stampa rosa
aveva scritto diversi articoli su di noi e l'addetto di stampa di
Marla aveva confermato l'inizio di una nuova relazione, al mio invece
avevo detto di non commentare niente e non rispondere a nessuna
domanda. Lei aveva trovato un appartamento a Parigi e l'aveva
già
affittato, perché disse di essere stufa di stare in albergo.
Io come
sempre, avevo annuito, ormai ero diventato un mollusco; ma ogni volta
che provavo a tirare il freno di emergenza su quello che stava
accadendo fra noi ecco le sue crisi isteriche, i pianti, il farsi
piccola piccola e bisognosa di cure e io che mi scioglievo come un
essere senza spina dorsale. Ero patetico.
Inoltre
ogni giorno guardavo se arrivassero mail di Lorenzo o qualche segno
da parte di Martina, ma niente, non mi aveva più risposto da
due
settimane a quella parte. Ero confuso e anche amareggiato da quella
situazione. Mi mancavano molto.
-Non
vedo l'ora di arrivare a Parigi, ma ci pensi io e te nella
città
dell'amore?- Marla fantasticava andando su e giù per la
stanza
spostando roba e ogni tanto spuntava in terrazza, dove io stavo
fumando una sigaretta. Come sempre risposi con il mio solito verso
che ormai era diventato il mio solo e unico modo per esprimermi. Lei
aveva già preparato le valigie e fatto inviare
già un bel po' di
roba al nuovo indirizzo francese. Il nuovo nostro indirizzo. Non
riuscivo ancora a capacitarmi che avremmo vissuto di nuovo insieme,
anche se alla fine lo stavamo facendo da un mese, ma lì
saremmo
stati in una casa. La nostra.
Amavo
Marla? Non appena questa domanda senza risposta si affacciò
nella
mia mente lei arrivò trotterellando e mi
abbracciò, posando un
bacio sulla mia bocca.
-Ti
amo piccolo... la mia vita non è mai stata migliore: sto per
andare
via dalla solita routine, verso un lavoro interessante e con l'uomo
che amo... è meraviglioso.. cosa potrei desiderare di
più?-
Già
cosa si poteva chiedere di più? Come potevo interrompere i
suoi
sogni?
Le
sorrisi benevolo e tornai alla sigaretta. Dopotutto forse era questa
la mia vita, quella che mi era stata destinata... Cosa pretendevo di
potermi aspettare da una ragazzina italiana? Che si struggesse per
me? Per uno che conosceva appena? Dovevo tornare a essere serio.
Sarei andato a Parigi con Marla e avrei costruito lì la mia
nuova
vita. Era così che doveva andare.
Fede's
corner:
Aggiornamento repentino per buona dose di ispirazione, anche se penso
che ora per un po' starò in stand by causa
univeristà... -.-
spero che questo capitolo molto 'mmmmm' vi sia piaciuto...
un immenso GRAZIE
a tutte le lettrici...
baciiii
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Capitolo 12 *** 11. Parigi ***
11.Parigi
Non
era poi così male dopotutto. Marla a Parigi era diventata
più calma
e rilassata, senza gli attacchi di fan isterici o di paparazzi in
cerca di scoop si era rivelata una donna di casa premurosa e attenta:
mi riempiva di attenzioni e ogni sera tornato stanco morto dal set,
trovavo la cena pronta. Il suo progetto cinematografico con l'
“artista” francese sarebbe iniziato solo due mesi
più avanti,
quindi trascorreva le giornate a bearsi delle sue passioni e di me.
La trovavo spesso a scrutarmi mentre leggevo il copione o guardavo un
po' di football in TV e se le chiedevo: -Tutto ok?- lei mi rispondeva
sorridendo: -Non riesco a capacitarmi di quanto tu sia perfetto...-
lo diceva con semplicità, con naturalezza, con estrema
convinzione,
non riuscivo a ridere o a non prenderla sul serio, sorridevo
imbarazzato e basta. Spesso mi trovavo a chiedermi se l'amavo almeno
la metà di quanto facesse lei ma purtroppo quando ci si
chiede se si
ama un persona la risposta è quasi sempre no. L'amore si
sente, non
si comprende.
Di
Lorenzo e di tutta la sua famiglia non avevo più avuto
notizie e la
cosa incominciava a preoccuparmi, avevo cominciato a pensare che
avrebbe potuto essere capitato qualcosa di brutto. Purtroppo oltre
alla mail non avevo altri numeri di telefono e in più il
telefono
con il numero che avevo dato a Lorenzo lo avevo dimenticato in
America, in realtà non lo avevo trovavo più e
alla fine avevo
rinunciato a cercarlo, pensando di averlo dimenticato in palestra o
cose simili.
Sul
set avevo conosciuto dei colleghi fantastici e mi stavo trovando
veramente bene. Il film parlava di problematiche adolescenziali, io
facevo la parte di un giovane supplente di Inglese, un ruolo in cui
stranamente mi sentivo molto a mio agio. Marla veniva spesso a
trovarmi con delle leccornie per tutto lo staff. Tutti aspettavano il
suo arrivo con ansia. Ma avevo come la sensazione che quelle continue
apparizioni fossero un modo subdolo per marcarmi stretto. I miei
colleghi però continuavano a ripetermi che ero fortunato e
cercai di
credere a loro. D'altronde non faceva niente di sbagliato e se
davvero mi stava controllando era brava a non farsi notare,
né a
farmelo pesare e io non avevo niente da nascondere.
L'estate
trascorse quindi così, tra lavoro e Marla e qualche evento
mondano a
cui non partecipavo con immensa gioia in realtà: mi stavo
trasformando in un pantofolaio.
Una
notte mi svegliai di soprassalto, un'autoambulanza stava sfrecciando
in strada. Era settembre, il caldo non era più
insopportabile e anzi
una fresca brezza stava muovendo le tende della camera. Nel
dormiveglia allungai una mano alla ricerca della sagoma calda di
Marla, ma mi scontrai solo con il cuscino gelato e le lenzuola
scomposte. Aprii malvolentieri gli occhi e dopo essermi abituato
all'oscurità distinsi l'esigenza di un bicchiere d'acqua per
rinfrescarmi la gola. Mi alzai scocciato e appena arrivato in
corridoio vidi una luce azzurrina provenire dal salotto al piano di
sotto e sentii il ticchettio dei tasti nel silenzio. Cosa ci faceva a
quell'ora davanti al computer? Scesi in punta di piedi le scale,
intenzionato a farla spaventare con un bacio sul collo. Ma ecco che
quando arrivai alle sue spalle trattenere il respiro divenne un
riflesso spontaneo. Aveva il mio computer sulle ginocchia ed era
nella mia casella di posta. Non ci misi molto a riconoscere
l'indirizzo e-mail di Lorenzo. Marla premette su
“Cancella” ed
eliminò il messaggio prima che riuscissi a leggere qualche
lettera.
Avrei voluto urlare e insultarla, invece sempre senza respirare
indietreggiai e risalii al piano di sopra. Aveva cancellato le e-mail
di Lorenzo, chissà quante ne erano arrivate, magari anche da
parte
di Martina. Ma come si era permessa? Non era nemmeno mia moglie...
Mi
distesi sulle lenzuola ancora leggermente tiepide e con la gola
ancora più secca di prima cercai di respirare profondamente
per
ritrovare una parvenza di calma. Ma era impossibile. Sentii che
saliva le scale. Chiusi gli occhi e mi girai sul fianco. Quando
sentii il suo respiro farsi pesante e regolare mi alzai dal letto,
presi i pantaloni della tuta dalla sedia e mi diressi sotto.
L'orologio segnava le 5.15, non era troppo presto per correre. Con il
cappuccio calato sul viso uscii di casa e corsi veloce in mezzo a una
Parigi ancora addormentata, impedendo al mio cervello di pensare.
Quando
tornai a casa lei mi stava aspettando, seduta sul divano,
evidentemente preoccupata: -Dove sei stato?-
-Non
lo deduci?- chiesi asciugandomi le gocce di sudore con la maglietta.
-A
correre?! Come mai così presto? Mi hai fatto preoccupare..-
-Mph...-
mi allontanai verso il piano di sopra, stufo di vederla. Dopo aver
saputo quello che mi avevo fatto non riuscivo nemmeno a guardarla in
faccia.
Ma
lei mi seguì: -No no... adesso mi spieghi...!-
Non
potevo più trattenermi:-Come hai osato cancellare le e-mail
di
Lorenzo?-
Cambiò
espressione. Prima la vedi arrabbiarsi, di riflesso per essere stata
attaccata, ma poi la rabbia si trasformò in un pianto
convulso: -se
tu le avessi lette non saresti rimasto con me, saresti partito, se li
avessi sentiti al telefono mi avresti lasciato e io non volevo... Io
ho bisogno di te...-
Eccola
lì di nuovo, come una bambina bisognosa di cure che non
riusciva a
stare da sola. Ma io non ero il suo bastone, non ero il suo sostegno,
non doveva aggrapparsi a me, io non ero in grado di sostenerla, non
riuscivo nemmeno a sorreggere bene il mio peso figuriamoci quello ci
un'altra persona.
Voleva
essere abbracciata e rincuorata, le si leggeva a caratteri cubitali
sulla fronte, ma non volevo, non dovevo ricadere fra le sue braccia.
Dovevo prendere in mano la mia vita, che mi era stata portata via da
troppi mesi.
Quand'era
l'ultima volta che mi ricordavo di aver davvero vissuto?
Sì
risaliva a 4 mesi prima, risaliva a quel viaggio in vespa con
Lorenzo. Ora non stavo veramente vivendo. Andai in camera e ficcai le
prime cose che trovai nel borsone della palestra.
-No
ti prego, James... ti prego! Resta... non parlarmi per un mese,
due... ma resta!- mi implorava fra le lacrime.
-Non
posso Mar... io non ti amo! Perdonami se riesci...-
-Io
come faccio? Come faccio a vivere senza di te?-
-Troverai
qualcun altro... te lo prometto!- e senza dilungarmi oltre presi la
via della porta e uscì sotto il sole caldo del mattino,
ancora
sudato e bisognoso di una doccia. Decisi di andare sul set,
lì avevo
un camerino con un bagno e avrei potuto accamparmi sul divano per
qualche giorno. Furono tutti alquanto sorpresi di vedermi arrivare di
Sabato e in quello stato. Dovevo incutere abbastanza paura. Mi
sbrogliai dalle loro domande con un “no comment” e
nessuno voleva
farmi restare in camerino: tutti avevano un posto da offrirmi. Ma io
non volevo stare in casa o in albergo con altre persone quindi
declinai i numerosi inviti.
La
settimana seguente era la penultima di riprese, per fortuna... non ce
la facevo più e l'ultima cosa che volevo era farmi
influenzare sul
lavoro e produrre qualcosa di brutto: ma lo sapevo bene che ero
sottotono e che lo avrebbero notato tutti, mi aspettavano mesi di
critiche aspre, ma dopotutto me lo ero cercato. Quando non giravamo
ero chiuso nel mio camerino davanti allo schermo del PC a cercare le
parole più adatte per scrivere a Lorenzo e spiegargli la
situazione,
ma non ne venivo fuori. Chissà cosa pensavano di me, che ero
il
solito snob che dopo aver smesso di “usarli” si era
dileguato.
Soprattutto chissà cosa pensava Martina. Probabilmente mi
aveva
dimenticato.
Alla
fine riuscii a venirmene fuori con una mail abbastanza decente:
-Lorenzo!
Purtroppo
persone che non avrebbero mai dovuto intrufolarsi nei miei dati mi
cancellavano ogni mail che mi arrivava da parte tua e non ho
più
nemmeno avuto accesso al numero che ti avevo lasciato. Mi spiace
tantissimo! Immagino che avrete pensato che me l'ero svignata... ma
giuro ogni giorno controllavo se mi erano arrivate vostre notizie e
non averne era uno strazio! Se vuoi chiamarmi (e ti prego fallo!)
questo è il mio numero: 546-122.
sono
a Parigi per lavoro, ma mi piacerebbe molto venire a trovarvi!
Sempre
se sono ancora il benvenuto...
un
forte abbraccio.
J.-
Speravo
con tutto il cuore che mi avrebbero creduto. E se non l'avessero
fatto mi sarei presentato alla loro porta con un mazzo di scuse ben
infarcite e li avrei pregati in ginocchio. Provavo una grande
tristezza e mancanza e per persone che conoscevo appena. Guardai il
telefono appoggiato sul tavolino e lo presi. Digitai il numero che
conoscevo a memoria.
-Pronto?-
-Ciao
Tom... hai un po' di tempo per me?-
-Ho
sempre tempo per te fratello...-
Fede's
corner:
Ehm ehm... sorry!!! lo so che sono 3 settimane che non aggiorno ma....
l'ispirazione era scappata via, per fortuna ho superato il blocco anche
grazie a barbydowney.
Cmq spero che questo capitolo vi possa piacere, a me non
particolarmente perchè lo trovo n po' troppo descrittivo...
ma questo è quello che passa in convento nella mia testa
quindi... non vi prometto niente sui tempi del prossimo aggiornamento!!!
GRAZIE a
tutte le lettrici di questa storia che sono arrivate fino a qui... mi
fate molto happy!! =)
GRAZIE
ancora più speciale per la mia fidata lettrice Pepesale... presto
ritroverai Martina tranquilla...
un bacione a tutte quante!
P.S.
riflessione del giorno: avete visto "Mangia Prega Ama"?... questo film
mi ha deluso un sacco(le banalità che metteno sugli italiani
sono sconcertanti!) e anche James mi sembrava un po' sottotono... bah...
a prestissimo, spero! XD
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