Dèi ed altri Dèi

di Lord_Envy
(/viewuser.php?uid=110598)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Divinità ***
Capitolo 2: *** Wasser ***
Capitolo 3: *** Brand ***
Capitolo 4: *** Jord ***
Capitolo 5: *** Luft ***
Capitolo 6: *** Imparare... ***
Capitolo 7: *** Spiegare ***
Capitolo 8: *** Comprendere ***
Capitolo 9: *** Controllare ***
Capitolo 10: *** E' solo Acqua ***
Capitolo 11: *** Accendino e sigarette ***
Capitolo 12: *** Impossibile ***
Capitolo 13: *** Oggigiorno ***
Capitolo 14: *** Appuntamento con... l'ignoto ***
Capitolo 15: *** Gioco Pirotecnico Acquatico ***
Capitolo 16: *** Sassi a mezz'aria ***
Capitolo 17: *** Inanis ***
Capitolo 18: *** Divinità ***
Capitolo 19: *** Ice Queen ***
Capitolo 20: *** Missione 1-Facile come bere un bicchier d'acqua ***
Capitolo 21: *** Sette Litri ***
Capitolo 22: *** Cenere alla cenere ***
Capitolo 23: *** Missione 2- Ferro e Fuoco ***
Capitolo 24: *** Viene da chiedersi per cosa ci stia preparando ***
Capitolo 25: *** Poison Ivy ***
Capitolo 26: *** Missione 3-Terra propria e opera propria sono il miglior stato ***
Capitolo 27: *** Mi odi anche tu? ***
Capitolo 28: *** Fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 29: *** Missione 4-Fouettés en tournant ***
Capitolo 30: *** Delucidazioni al cioccolato ***
Capitolo 31: *** Grigio pomeriggio di Novembre ***
Capitolo 32: *** Suspense ***
Capitolo 33: *** 3. Come l'acqua congelata ***
Capitolo 34: *** 2. Poteri al plastico ***
Capitolo 35: *** 4. Logaritmi in base piante con indice a terra ***
Capitolo 36: *** 1. Sereno variabile ***
Capitolo 37: *** Salvataggio a catena ***
Capitolo 38: *** I.V. (Ignari Visturs) ***
Capitolo 39: *** Ah, però ***
Capitolo 40: *** Happy Ending ***



Capitolo 1
*** Divinità ***


Divinità


Non è facile sentirsi diversi, figuriamoci sentirselo confermare.
Non è facile accettare che esista la magia, figuriamoci accettare che la si può controllare.
Non è facile sapere che si ha grandi potenzialità, figuriamoci sapere che si è una divinità.

* * * * * * *

In principio molti dèi governavano il mondo. Certo, non erano un surrogato di perfezione e misericordia, ma se decidevano di aiutare qualcuno, si impegnavano fino in fondo.
Amavano gli esseri umani anche se guardavano con invidia alcuni loro aspetti che non potevano possedere; e proprio questa invidia porterà loro ad una decisione importante:
avrebbero dato vita ad una nuova generazione di semi-déi che possedevano poteri ma rimanevano mortali così da poter donare ai loro 'successori' la forza di un dio e l'umanità dell'uomo.
Ora, gli dèi presto si stufarono il ruolo da genitore che avrebbero dovevuto ricoprire e scelsero di mandare i semi-dèi sulla terra dove sarebbero cresciuti e avrebbero governato con giustizia. Purtroppo, vivere in un ambiente dove non si credeva alla 'magia' o dove spesso essa veniva associata ad un altro tipo di divinità ben peggiore, significava per i  semi-dèi una vita assai difficile, se non impossibile. Alla dine decisero che sarebbe stato meglio nascondere il loro potere fino a quando le generazioni future non si dimenticarono di possederne uno.

* * * * * * *

Led si sedette di fronte al tavolo di legno che ospitava sulla superficie una bottiglia ancora sigillata piena di acqua. La fissò e per un attimo le parve che la bottiglia stesse ricambiando lo sguardo. Scosse lievemente la testa facendo ondulare i lunghi capelli biondi e avvicinò lentamente l'indice della mano destra alla superficie vitrea della bottiglia.
Poggiò il dito e subitò notò che qualcosa si stava espandendo nell'acqua, era come se una macchia solida e trasparente minacciava la purezza del liquido. Con l'indice che premeva sulla bottiglia, Led continuava a guardare affascinata quella reazione fino a quando la bottiglia non esplose.
Dell'acqua non c'era alcuna traccia poichè era stata trasformata in una sostanza solida simile al vetro. Led ritrasse il dito e sorrise all'idea di poter congelare.

 * * * * * * *

Ash camminava nervosamente per la stanza. Si sentiva confuso e non voleva scoppiare a piangere anche se il nodo alla gola era insopportabile.
L'istinto lo portò ad avvicinare il pollice destro alla bocca così da poter mordicchiare l'unghia già malridotta, ma si bloccò a guardare disgustato le proprie mani. Si specchiò e vide i suoi occhi neri affiancati da venuzze rossastre a causa delle lacrime che volevano uscire, ma lui non voleva, si riteneva abbastanza forte da sopportare ogni cosa, ma quella 'cosa' andava ben oltre la sua immaginazione.
Respirò profondamente e spalancò il palmo della mano che avvicinò allo specchio così da poter trovare un pò di conforto nella propria immagine. Purtroppo notò subito quella macchia nera che ad alta velocità ricoprì tutta la superficie riflettente la quale, dopo poco, cadde a terra in una nuvola di cenere.

* * * * * * *

Silva amava fare yoga in giardino, era sempre stata una ragazza tranquilla e razionale che raramente andava in escandescenza, ma quegli ulitimi avvenimenti l'avevano alquanto turbata. Si sedette sul tappeto viola e iniziò a meditare. Di solito la posizione del loto l'aiutava a chiarirsi le idee, ma ora, per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare una spigazione.
Si arrese, quel giorno non riusciva più a concentrarsi. Aprì gli occhi verdi e appoggiò il mento sulle mani come una bambina capricciosa. Sbuffò e quasi non notò che i fiori del giardino si voltavano verso il suo respiro. Alla fine la sua attenzione fu catturata da una pianta morta, secca e violacea. Si avvicinò, creò un ventaglio con il movimento della sua mano e subito la pianta riacquistò un colore verde acceso.

* * * * * * *

Torm era seduto su una comoda sedia a dondolo. Poche cose gli piacevano e guardare l'orizzonte dal terrazzo della sua villa era una di queste.
Con le cuffie nelle orecchie che tuonavano canzoni rock e metal, Torm cercava di purificare dalla sua mente l'immagine di quello che  era successo giorni prima.
Con una mano si accarezzava i capelli neri come fosse un procedimento di consolazione fai-da-te.
Il suo momento di pace su interrotto quando vide sullo schermo del cellulare una chiamata da parte della sua 'quasi ex' ragazza. Prese il cellullare, lo fissò con sguardo impassibile e lo lanciò contro il pavimento provocando un suono così forte da costringerlo a tapparsi le orecchie. Poco dopo notò nubi nere che coprivano il cielo che fino a poco tempo fa era stato sereno.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Wasser ***


Wasser


Wasser era bello. Il più bello dell'istituto. Altro, biondo con occhi di una tonalità a metà fra il verde e il blu e un fisico da nuotatore.
Caratterialmente non era un granché: era narcisista ed egocentrico, ma alle ragazze (e ad alcuni ragazzi) della sua scuola non importava il suo modo di comportarsi, li interessav solo il suo fisico, il suo corpo. Così alla fine Wasser si ritrovò a curare più l'aspetto esteriore che quello interiore.
Praticava nuoto da quando era piccolo ed era sempre stato il più bravo e il più veloce; seminava i suoi coetanei, manteneva una discreta distanza dagli avversari e stabiliva un nuovo record ad ogni gara.
Ogni martedì e giovedì, Wasser andava in piscina, nuotava per 50 minuti abbondanti, si cambiava evitando di farsi subito la doccia perchè andorava sentire il profumo di cloro sulla pelle. Dopo arrivava a casa, si chiudeva a chiave in bagno e si faceva una doccia che durava minimo tre quarti d'ora facendogli acquistare il soprannome di 'Desertificatore Planetare'.
Non era mai stato fidanzato, non seriamente almeno. Lui cercava un tipo di ragazza che non si trova facilmente in giro, una che dia filo da torcere, che possa essere difficile da conquistare, una con cui fare 'sesso mentale'.
A scuola, la sua fama si 'figo' era alimentata dal fatto che non si impegnasse negli studi, faceva il minimo indispesabile che qualche volta si rivelava non sufficiente. Aveva un rapporto distaccato con i professori, della serie 'tu non pensi a me e io non penso a te', anche se ultimamente il professore di chimica gli sembrava strano.
Il giorno della sua interrogazione, a Wasser fu chiesto di parlare dei tre stati della materia.
'Parlami dello stato liquido' sentenziò subito il professore.
'Bene... prendendo come esempio un liquido qualunque si può notar...'
'Alt! Come esempio voglio che usi l'acqua!'
'Va bene...- disse Wasser-... allora nell'acqua la struttura molecolar...'
'Alt! Dimmi quali sono le caratteristiche dell'acqua?' chiese il professore.
'Scusi???' domandò Wasser ruotando la testa a tre quarti in modo che un orecchio fosse più vicino al suo interlocutore.
'Le caratteristiche dell'acqua! Elencale...' concluse l'insegante ruotando la mano.
'Ah.. Ok... Bè... é... Trasparente?' La classe scoppiò a ridere e Wasser fulminò tutti con lo sguardo.
'Esatto... e cos'altro?' insistette.
'Mmh... è insapore, incolore e inodore?'
'Sì, ma voglio che tu mi dica una caratteristica fondamentale...'
'é dissetante?' altra risata collettiva.
'Oltre...'
'Può evaporare?' domandò Wasser in preda al panico poiché stava finendo le risposte.
'Credimi, il vapore è l'ultimo dei tuoi problemi!'
'Problemi? Che problemi?' era ufficiale, Wasser era in tilt.
'Avanti voglio un'ultima cartteristica!'
'Non ha forma!' rispose
'Esatto!!! E cosa può toglierle questa capacità?'
'Il freddo' rispose dopo un minuto di attesa.
'Giusto, il freddo solidifica l'acqua rendendola vulnerabile' disse il professore scandendo ogni sillaba così che si assicurasse che Wasser intuisse un eventuale riferimento che, ovviamente, non poteva ancora cogliere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Brand ***


Brand



Brand era la solita ragazza ribelle. Non studiava mai, tornava a 'casa' tardi, fumava e beveva.
Frequentava il quarto anno nello stesso liceo di Wasser, ma in sezioni diverse, lei faceva il linguistico (mentre Wasser quello socio-psicologico).
Aveva gli occhi di un colore molto strano: erano marroni ma potevano cambiare di gradazione avvicinandosi ad un marroncino indefinibile fino a toccare punte color rosso mattone. Anche il suo carattere, come gli occhi, cambiava spesso di gradazione. Con gli amici era protettiva e simpaticissima, con gli estranei si dimostrava forte e autoritaria, a 'casa' era semplicemente intollerante e intollerabile.
Un pomeriggio, mentre ascoltava musica che è difficile da classificare, un mix di gothic e heavy metal, Brand ripensava al motivo per cui si ritrovava a casa di un'estranea.
Si sedette sul tavolo della sua vera madre e la mente fu travolta da immagini di ricordi vincolati ad una giorno in particolare.
Era il 22 dicembre di dieci anni fa e Brand stava allestendo l'albero di Natale con i suoi genitori. Poteva giurare di star trascorrendo il giorno più bello della sua vita prima che un bambino più grande di qualche anno potesse dirle che Babbo Natale non esisteva.
Lo shock fu talmente grande che il corpicino di Brand fu riempito presto di rabbia che si tradusse in odio verso tutti i grandi, i suoi genitori compresi.
Tornata a casa, guardò l'albero con odio e subito le tristi luci di cui era adornato andarono in corto circuito e presero fuoco. Ad alimentare il dramma fu anche la decisione del padre di Brand di comprare un albero di natale sintetico il quale prese fuoco con una facilità commovente. Le fiamme che danzavano allegre iniziarono con stesso sentimento a 'saltare' verso quadri e tappezzeria. Naturalmente la vernice dei quadri era fortemente infiammabile, così il tessuto dei vari tappeti e divani. Non contento, il fuoco balzò verso la televisione che, scoppiando lanciò piccoli proiettili di plastica infuocata che andarono a finire sopra i mobili.
Inutile il tentativo dei genitori di spegnere il fuoco, inutile persino il tentativo di salvarsi.
I genitori di Brad morirono per intossicamente, lei si salvò perchè il fuoco non si avvicinò minimamente alla porta della sua cameretta.
Ora, bisogna precisare che Brad non si comportava da cattiva ragazza perché si sentiva in colpa, bensì perché non le piaceva essere sballottolata da una casa all'altra.
Nella sua lunga lista di famiglie aveva incontrato spacciatori, testimoni di geova, perfettini, fanatici e pezzi di ghiaccio con due occhi e un naso.
Invece, la casa in cui viveva ora le piaceva, grande, spaziosa e accogliente. Abitava da sola con una donna giovane di circa 30 anni la quale aveva deciso di prenderla in affidamente perché 'le infondeva simpatia' e tutto sommato si trovava bene con lei, era premurosa e dolce, ma non di quel dolce malato, un dolce quasi materno.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Jord ***


Jord


Jord soffriva terribilmente di vertigini. Odiava sia viaggiare con l'aereo, sia salire su una torre altissima, sia guardare fuori dal balcone. Si sentiva al sicuro solo se aveva i piedi ben saldi per terra.
A scuola lo prendevano in giro per questo. Veramente lo prendevano in giro per tutto. Era uno che preferiva passare il pomeriggio con la testa sui libri di greco e di latino piuttosto che fra le nuvole.
Usciva raramente di sabato sera, il suo migliore amico lo pregava di andare fuori anche solo per una passeggiata rilassante, ma Jord preferiva in compagnia di un bel libro, almeno quello non poteva prenderlo in giro.
Aveva i capelli ricci e neri e due occhiali che nascondevano al mondo i suoi occhioni color nocciola. Era magrolino da far pena. Aveva provato ad andare in palestra, ma proprio non gli riusciva di fare sforzi fisici.
I genitori erano disperati, perciò lo 'invitarono' ad andare da uno psicologo per capire perché era così chiuso, ma il 'dottore' non riuscì a comprendere quale fosse il problema quindi sentenziò schizofrenia alla cieca.
Di manicomi non ce n'erano quindi i genitori non poterono far altro che assecondare tutto quello che desiderava o esprimeva Jord il quale, quasi subito, si sentì preso per i fondelli.
All'iniziò si divertì a dare corda ai genitori, ma alla fine li trovò semplicemente patetici. A scuola veniva preso in giro, a casa pure, non aveva altro luogo in cui rifugiarsi se non il mondo dei libri.
Aveva una biblioteca preferita. Una ampia e che odorava di carta. Ogni pomeriggio, dopo aver passato quattro ore sui libri, andava lì e si leggeva qualche classico della letteratura estera ( i suoi connazionali non lo convincevano molto).
'Che libro vuoi oggi?' chiese l'anziano venditore appena lo vide entrare.
'Qualcosa di violento...' rispose Jord dopo averci pensato su.
Il vecchio l'accompagnò verso l'ala riservata agli orrori e poi lo prese per il polso e disse
'Non ti pare sia meglio se leggi per terra?'.
Jord rimase senzaa parole e si lasciò trascinare dal vecchio che lo condusse fino al cortile della biblioteca.
'Siediti.'. disse gentilemente e Jord ubbidì.
Ancora titubante dall'avvenimento, prese il libro e iniziò a leggerlo. Ci mise 1 ora per finire un libro di 20 capitoli.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Luft ***


Luft

Luft parlava davvero tanto. Una volta che iniziava a discutere di un argomento che le piaceva, non si fermava più. A volte sembrava maleducata per questo, ma era nella sua natura.
E' il classico tipo di ragazza che quando vedi pensi 'questa è pazza'.
Frequentava il liceo scientifico e ben conosceva Brand, Wasser e Jord anche se con loro non aveva mai scambiato una parola, le piaceva semplicemente parlare di tutti.
Era molto dinamica e vivace, appena poteva dava sfoggio delle sue abilità canore e spesso aveva provato a trasformare la propria vita in un musical.
Studiava danza, canto e musica fin da quando era piccolina e ora, anche se le rubavano molto tempo ed energie, si sentiva felice e completa.
A scuola se la cavava bene, l'unico scoglio insormontabile era il latino il quale non le piaceva proprio. Aveva anche avuto una vita sentimentale soddisfacente: 4 ragazzi negli ultimi 3 anni e l'attuale sprizzava amore da tutti i pori. Era comprensivo e sorrideva con una tenereza tale da farle sciogliere i suoi occhi grigi.
Purtroppo, Luft era anche molto ingenua. Memorabili sono stati gli avvenimenti in cui è stata sfruttata ripetutamente da un paio di persone che perdonava con troppa facilità. Non le riusciva proprio di essere cattiva.
Un'altra cosa che la caratterizzava (e la divertiva) è il fatto che fin da piccola si era accorta di avere un respiro potente: ogni volta che sternutiva, spostava un foglio almeno di 50 centimentri, mentre cantava riusciva a tenere una nota per lungo tempo, e quando parlava erano poche le volte in cui prendeva fiato.
Luft aveva anche la lacrima facile. Se vedeva un film come Titanic o come Alla ricerca di Nemo, iniziava a piangere e non la smetteva più. Pianse anche per un film horror quando l'assassino psicopatico raccontò la sua storia di esclusione sociale.
Al contrario di Jord, lei amava salire sui tetti, sugli aerei o sulle torri alte, amava correre e sentire il vento che le accareccava il viso e la pelle e amava di più sentire il respiro caldo del suo ragazzo sul suo collo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Imparare... ***


Imparare...

Led si trovava in palestra. Raccolse i suoi biondi capelli in una coda alta e si diresse verso la sala pesi. Era bella e lo sapeva, era antipatica e ne andava fiera.
Quel giorno era di turno Korban il quale aveva una cotta per Led, e lei lo sapeva.
Si avvicinò per darle il buongiorno ma la bionda rispose alzando un sopracciglio e allungando la punta destra delle labbra lasciando Korban a bocca asciutta.
Iniziò a prendere un bastone per fare qualche esercizio per la schiena e subito si ricordò di mettere i guanti, non voleva rompere nulla quel giorno.
Dopo un'ora abbondante di esercizi Led, come suo solito, andò vicino ad uno specchio tutto pieno di goccioline a causa della diversa temperatura fra la superficie fredda del vetro e l'aria calda della palestra. Si tolse un guanto poggiò la mano sullo specchio. Subito un rumore sinistro si diffuse per la sala e il vetro fu ricoperto da uno strato di ghiaccio che si andava via via fortificando fino a creare una crepa che divideva a metà la figura riflessa di Led.

* * * * * *

Ash ormai indossava i guanti 24 ore su 24. Li metteva prima di mangiare, prima di dormire, prima di lavarsi, prima di andare a scuola o prima di studiare.
Da quando aveva scoperto che le sue mani erano letali la sua vita era cambiata. Non osava accarezzare né sfiorare né afferrare nulla a meno che non avesse degli involucri sulle mani.
A casa sua (dove era rimasto solo perché i genitori erano in viaggio) l'aspirapolvere era piena di cenere e aveva dovuto attingere ai suoi risparmi per sostituire oggetti che aveva 'polverizzato'.
Era sempre terrorizzato a morte e non riusciva a dormire bene da almeno 2 settimane, ma ora stava imparando a condividere con la sua anomalia.
Anzi, un giorno, era persino riuscito a sfruttare il suo 'potere'.
Era rimasto bloccato nella porta del bagno di un ristorante e la serratura non si decideva a cedere. Alla fine, si tolse un guanto e toccando lievemente la levetta arrugginita la carbonizzò sicchè lui potè uscire vittorioso da quella gabbia di plexiglass.

* * * * * * *

Quando Silva decise di utilizzare il suo potere, lo fece esclusivamente per scopo personale.
Alcune persone si prefiggono l'obiettivo di usare le proprie capacità per aiutare gli altri, e Silva si prefisse la stessa cosa. Peccato che non la mantenne.
Un pò per pigrizia, un pò per mancanza di idee, Silva non sapeva come poter aiutare le persone facendo sbocciare fiori o guarendo qualche pianta.
Allora decise di usare le proprie capacità solo raramente, ma le occasioni si presentavano numerose e tentatrici: a tutti può venire voglia di un buon frutto estivo durante l'inverno e viceversa.
Questi velleitari propositi si dissolsero quando il professore di biologia assegnò alla sua classe il compito di coltivare delle piante in uno spazio ridotto, compito che Silva si dimenticò di fare. Il giorno stesso della 'resa dei conti', Silva prese in prestito un boccaccio dalla cucina della madre, lo riempì di terra e poggiando l'indice della mano sinistra affrettò di poche ore lo sviluppo di una rigogliosa foresta di dimenrsioni ridotte. Il voto finale fu 9.

* * * * * *

Torm aveva ormai imparato a convivere con la sua stranezza, e sapeva che, per l'incolumità altrui, doveva imparare a controllarsi.
Dire che stava diventando metereopatico era un eufemismo. Quando era nervoso c'erano i tuoni, quando era triste pioveva, quando era allegro il sole splendeva, quando era preoccupato e in dubbio il cielo era adornato di nubi.
Ogni sentimento sembrava derivare dalle variazioni metereologiche che la città subiva in troppo poco tempo, ma presto capì che era lui a condizionare il tempo in un area limitata.
In quanto svogliato e demotivato, Torm usò i suoi poteri solo per creare tempeste che gli impedissero di andare a scuola, almeno così si esercitava a controllarsi.
Poteva controllare tutti i fattori del meteo: pioggia, neve, tuoni, fulmini.. tranne una cosa. Non riusciva a controllare il vento.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Spiegare ***


Spiegare

Il giorno seguente, Wasser, Brand, Jord e Luft si ritrovarono in un'aula della scuola per pura 'coincidenza'.
'Ehilà, Aquila!' Disse Wasser appena vide Jord seduto su un banco.
'Wasser...' rispose lui senza distogliere lo sguardo dalla pagina di un libro.
'Come mai qui? Hai deciso di rimanere a scuola più del dovuto?' chiese Wasser mentre afferrava una sedia e si sedeva alla 'Basic Instinct'.
'Il professor Fos mi ha detto che doveva cosegnarmi qualcosa. Tu?' domandò più x cortesia che per interesse.
'Ho fatto schifo ad un interrogazione e ha detto che voleva parlarmi.' concluse.
Seguirono minuti di silenziorotti dal rumore delle pagine sfogliate da Jord fino a quando non arrivò Brand. Spalancò la porta e guardò i due ragazzi con aria interrogativa.
Abbozzò un salve che fu solo contraccambiato da un'occhiolino di Wasser e si mise a sedere sul banco e prima di infilarsi le cuffie chiese come mai Wasser e Jord stessero li.
'Interrogazione schifosa!' sintetizzò il primo.
'Il prof mi deve dare una cosa... Tu?' rispose Jord controvoglia. Odiava essere disturbato.
'Mi hanno sorpresa a fumare nel bagno delle ragazze.' concluse Brand con tono lievemente orgoglioso.
'Ottimo... Comunque, io sono Wasser, ma probabilmente mi conosci già- disse Wasser sorridendo e mostrando i denti bianchi- e lui è Aquila!' disse indicando Jord che non si mosse nemmeno di un millimetro.
'Bene... io sono Brand'.
'E io sono Luft!' urlò la ragazza che entrò in aula con un passo di danza esagerato. Wasser e Brand la guardarono inorriditi scambiandosi, per la prima volta, uno sguardo telepatico.
Per i minuti che seguirono nessuno dei quattro parlò anche se Luft iniziò a canticchiare facendo irritare lievemente Jord. Passarono dieci minuti e Brand si alzò, pronta per andarsene: stava aspettando da troppo tempo.
Luft e Wasser la convinsero a rimanere un altro pò e proprio quando Brand stava per iniziare un imprecazione, Arrivò il professore Fos.
'Salve! Scusate il ritardo' disse il professore che appena entrò si sedette al suo solito posto.
Seguirono lunghi secondi di silenzio, poi il professore si alzò il piedi e si schiarì la voce.
'Allora... come va?' domandò e subito si pentì perchè capì che non era quello il modo migliore per iniziare quel discorso.
I ragazzi non gli risposero, allora il professore continuò:
'Bene... devo affrontare un discorso che forse vi sembrerà assurdo...'
'Più assurdo della materia che insegna?' sentenzionò Wasser che provocò un sorriso alle ragazze.
'Decisamente...' rispose il professore.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Comprendere ***


Comprendere


'Noi saremmo cosa?' sbottò Brand che si aggrappò al banco per non perdere l'equilibrio.
'Divinità' ripetè il professor Fos subito seguito da una grassa e forzata risata di Wasser.
Luft si era alzata in piedi e con le mani salde alla superficie del banco mentre Jord era tornato a leggere il suo libro.
'Lo sapevo!' intervenne Luft e tutti, compreso Jord, si girarono a guardarla manco fosse uscita da circo o, peggio, dal senato.
'Cosa sapevi?' chiese Wasser con lo stesso tono che hanno le maestre delle elementari quando spiegano ad un bambino che due più due fa quattro.
'Mi sono sempre sentita strana...'
'Come darti torto' sputò Brand
'intendo diversa, speciale!' continuò Luft dopo aver guardato male la ragazza.
'Ecco, e tu, Wasser, non ti senti speciale?' chiese il professore indicandolo con leggerezza.
'Cosa? io? si, mi sento speciale ma entro un certo limite!' spiegò il ragazzo mentre cercava di cercare le parole giuste.
'Si sente speciale solo perché è narcisista!' intervenne Jord.
'Taci, Aquila!' disse minacciosamente il nuotatore e subito tornò a scandagliare il povero bagaglio culturale di sua proprietà per trovare la parola giusta.
'Jord, sai perché soffri di vertigini?' chiese il professore quasi per difendere Wasser. Jord fece di no con la testa.
'Perchè tu hai il dono della Terra! Se ti allontani dal tuo elemento ti senti spaesato e debole, mentre quando hai i piedi ben saldi per terra, sei pieno di energie e di potenzialità. Dimmi se sbaglio, dimmi se quando stai per terra ti senti più potente!'.
'E' una teoria infondata! Se fosse così ogni persona che soffre di vertigini può comandare la terra!'
'Ma tu non sei ogni persona. E tu, Luft, non trovi strano il fatto che respiri poco e parli tanto? E' perchè comandi l'Aria e il Vento!'.
'Lo sapevo!' Urlò la ragazza e subito prese a saltellare per la stanza.
'La smetta!' disse Brand che prese la borsa in mano e con passo pesante si avvicinava alla porta.
'Brand... Non trovi strano il modo in cui sono morti i tuoi genitori?'.
Silenzio.
Wasser, Luft, Jord o qualsiasi altro ragazzo non aveva la minima idea che Brand fosse stata adottata; perciò la loro reazione fu di più totale shock quando il professore formulò la domanda.
Brand abbassò lo sguardo e uscì dall'aula sbattendo la porta così forte che tremarono i vetri.
Rimasero ad ascoltare i passi di Brand che andavano a diminuire d'intensità, dopo di che anche i due ragazzi si alzarono e uscirono dall'aula senza dire nulla.
Rimasero solo Luft e il professore.
'Allora, vuoi sapere di più? chiese il professore. Luft rispose con un sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Controllare ***


Controllare


Led era impegnata a farsi una treccia con i suoi capelli lisci e biondi, stava guardando nervosamente l'orologio che segnava le 2 e 35 del mattino. Aveva deciso di mettere alla prova il suo potere perciò, quale luogo migliore di una gioielleria? Ormai era brava a controllare le sue capacità; si vestì di nero e camminò per strada con lo sguardo basso. Arrivò di fronte alla saracinesca e salendo lungo un palo segnaletico allungò la mano e congelò la videocamera facendo attenzione a non esser ripresa. Il passaggio successivo fu quello di congelare l'allarme che andò in frantumi, la saracinesca che spezzò con un calcio e le vetrine che crollarono a pezzi sotto il suo tocco.
Adorava i gioielli.

* * * * * *

'Non l'hai fatto apposta' continuava a ripetersi Ash dopo l' 'incidente'.
'Capita a tutti... Cioè, no... però eri mosso da nobili intenzioni!' Ash continuò a correre con passo affrettato sperando che nessuno lo seguisse. Non si sentiva in colpa, ma comunque gli dispiaceva di aver fatto piangere quella bambina.
Lei stava rincorrendo un palloncino semi sgonfio che goffamente svolazzava trascinato dal vento che quel giorno era particolarmente forte.
Ash (che era senza guanti) si allungò per afferrarglielo e appena toccò la triste superficie trasparente si ridusse in un miscuglio pastoto e maleodorante. La bambina scoppiò a piangere mettendo a dura prova le orecchie di Ash che subito si allontanò come fosse colpevole di una rapina.

* * * * * * *

Era da tanto che Silva non usciva con un ragazzo. Era una ragazza timida e non le era mai saltato in mente di andare a chiedere a qualcuno di uscire: semmai fosse successo, sarebbe dovuto accadere come nei film anni 80 dove le favole regnavano.
Si fece una lunga doccia calda per rilassarsi ma non fu abbastanza efficace. Si asciugò i capelli facendo attenzione che nessuna ciocca potesse prendere la nomina di 'ribelle' e si truccò lievemente scegliendo tonalità pastello.
Provò almeno dieci vestiti prima di decidere di indossare il primo che aveva provato. Si legò i capelli e si sedette sul divano facendo attenzione a non sgualcire il vestito.
Il cavaliere non tardò molto ad arrivare e appena lei aprì la porta si trovò un mazzo di fiori davanti. Lui voleva fare il galante, ma ciò che ottenne fu solo ira poiché Silva odiava quando le persone strappavano i fiori. Gli chiuse la porta in faccia e si cambiò, decisa che sarebbe rimasta a casa quella sera.

* * * * * *

Parliamoci chiaro. Torm non voleva distruggere un'intera automobile, ma era capitato. Era nervoso. Aveva deciso di parlar chiaro con la sua ragazza la quale apparteneva più all'intero istituto che a lui. Non l'amava nè l'aveva mai amata, Torm era un duro, l'amore lo lasciava a chi non aveva niente di meglio da fare.
All'inizio la conversazione aveva ancora connotati umani e civili: lui parlava con calma evitando di guardarla con disgusto e lei guardava un punto fisso per evitare di cadere dalle scarpe con il tacco troppo alto. Poi la conversazione divenne discussione e in seguito litigio.
Lei urlava e gesticolava mettendo a dura prova il suo equilibrio, lui iniziava inalare sempre più aria perchè stava innervosendosi. Il cielo si rannuvolò e i tuoni rmbombarono.
Si pentì di aver scelto come luogo della discussione un parcheggio all'aperto e quando urlò
'ZITTA!' un fulmine cadde e colpì la macchina più vicina alla ragazza ormai caduta per lo spavento.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** E' solo Acqua ***


E' solo Acqua


Wasser era ancora sotto shock a causa del discorso che il professore aveva iniziato. Salì sull'autobus pronto per andare a casa, aveva bisogno di farsi una doccia rilassante prima dell'ennesimo appuntamento con l'ennesima ragazza anonima. Si sforzò di ricordarsi il suo nome, ma non ci riuscì. Iniziava per S, era sicuro.
Fuori una tempesta incombeva e subito si ricordò che anche il compito di matematica sarebbe arrivato con altrettanta prepotenza. Doveva chiedere aiuto ma non sapeva a chi rivolgersi. Essere al quinto anno di liceo senza andare bene in matematica non era una gran bella cosa.
Questi pensieri lo accompagnarono fino a casa, poi si tolse la maglietta e aprì l'acqua della doccia per trovare la temperatura giusta, quasi ambiente. Andò allo specchio come per controllare che il suo fisico non avesse ricevuto cambiamenti, ma era ovviamente tutto uguale a quando, poco prima, aveva controllato ancora e ancora e ancora.
Fece per prendere lo spazzolino quando si voltò verso l'acqua che cadeva giù dal telefono della doccia. Wasser non era pazzo, però gli parve per un secondo di sentire un canto che copriva il suono dell'acqua. Squadrò l'acqua che cadeva e non notò nulla di strano, però si avvicinò lo stesso per dare un'occhiata. Mise una mano sotto il getto che ormai aveva raggiunto la temperatura giusta e poi accadde.
L'acqua non cadeva più: si avvicinava alla mano di Wasser senza veramente toccarla e rimaneva sospesa per aria assumendo una vaga forma a V. Naturalmente Wasser rimase a fissare quello spettacolo della natura a gravità 0 e non si accorse che l'acqua era così tanta da poter corprire interamente il soffitto del bagno.
Wasser rimase con la mano spalancata sotto l'acqua sospesa per aria e solo quando sua madre bussò alla porta chiedendogli se andava tutto bene lui la ritrasse facendo cadere quel muro d'acqua lungo tutto il bagno. Ci mise ore ad asciugare tutto, dal pavimento allo specchio alla lavatrice al cellulare che ormai era morto.
Si preparò in fretta perché odiava arrivare in ritardo e anche perché temeva di ripensare a quello che era accaduto in bagno, la fretta non da il tempo di pensare.
Uscì di casa, prese il pullman e maledì il fatto che gli mancavano ancora settimane prima dell'esame della patente, scese una fermata prima per prendere un mazzo di fiori e bussò alla porta di 'S' in perfetto orario.
Peccatto che appena lei vide i fiori gli sbattè la porta in faccia costringendolo a tornare a casa.
Per la strada trovò qualche pozzanghera che pensò bene di evitare perché non voleva che l'esperienza vissuta in bagno si ripetesse un'altra volta. Insomma, è solo acqua.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Accendino e sigarette ***


Accendino e Sigarette


Dire che Brand aveva un diavolo per capello sarebbe stato un eufemismo. Sarebbe più giusto dire che aveva un diavolo per ogni millimetro del suo corpo o che era completamente posseduta da un intera legione demoniaca.
Era arrabbiata perché il professore le aveva fatto quella domanda che non avrebbe mai dovuto fare, mai.
Nessuno sapeva che era i suoi genitori erano morti in un incendio, odiava esternare i suoi sentimenti fatta eccezione di quegli negativi poiché si sentiva più al sicuro se dimostrava agli altri la sua aggressività.
Stava camminando verso il lungomare facendo passi rumorosi e pesanti perché voleva allontare ogni persona nel raggio di mille kilometri. Era furente, voleva stare da sola e come spesso accade in queste occasioni incontrò la sua peggior nemica. Sia chiaro, non che Brand la odiava, ma avrebbe voluto darle fuoco solo un paio di volte.
Si chiamava Gosly ed era la classica adolescente che può essere etichettata tristemente sotto la lettera 'P' di Parera o 'P' di altri aggettivi più coloriti.
Si da il caso che Gosly aveva, secondo il suo punto di vista, una ragione ben chiara per aggredire verbalmente Brand, così andrò sparata dritta al punto.
'Ho saputo che oggi sei stata in classe da sola con Wasser!' disse stridulamente.
'Non eravamo soli, buongiorno anche a te comunque.' e Brand prese a camminare più velocemente perché sperava di seminarla.
'Lo sai che è mio, vero?' urlò in modo talmente imbarazzante che Brand preferì fermarsi e voltarsi.
'Tutto tuo, nessuno te lo tocca'
'Fai meno la spiritosa! Lui è di quinto mentre noi siamo di quarto. Dobbiamo fare attenzione.' disse la Papera portandosi le mani ai fianchi.
'Ai suoi ordini' e andò via senza neanche salutarla.
Almeno Gosly era così patetica da fornire una magra consolazione alla povera ragazza dagli occhi marroncini. Si diresse verso una gioielleria perchè voleva comprare un regalo alla sua tutrice ma vi trovò solo un mucchio disordinato di uomini in divisa che pretendevano di capire cosa fosse successo al negozio, forse un problema con il condizionatore, anche se questo non spiegava l'assenza di qualche gioiello. Vista la scena Brand preferì cambiare zona. Aprì il pacchetto di sigarette e tirò fuori l'accendino, girò la rotella e subito una fiamma troppo grossa uscì dal beccuccio.
Per lo spavento Brand fece cadere l'accendino e si portò una mano al viso per vedere se era ferita, ma si era solo presa uno spavento. Prese il pacchetto di sigarette e lo buttò al cassonetto più vicino.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Impossibile ***



Approfitto di questo capitolo per farvi gli auguri (anche se in ritardo) di Buon Natale e gli auguri (anche se in anticipo) di Capodanno XD

Impossibile


'Andiamo su... E' scientificamente impossibile che io possa comandare la terra. Impossibile.'
'Jordiiiiiiiiiiiiino, è pronta la cena' la voce della madre risuonava prepotentemente dall'altra stanza e Jord ebbe l'istinto di sbatterle la porta in faccia, ma si trattenne.
'Non ho fame!'
'Non mi interessa! Sei così magro che se ti toccano ti spezzi. Se perderai un altro kilo i tuoi professori ti trascineranno in un centro specialistico per anoressici e mi bolleranno a vita come Cattiva Madre, quindi vieni!'.
Controvoglia, Jord si alzò e trascinò i piedi fino a raggiungere il tavolo imbandito con qualche schifezza surgelata ancora fredda.
'Allora, il professore ti ha consegnato quella cosa che ti aveva detto?'
'Eh? Ah, no... Papà dov'è?'
'Farà tardi perchè la sua macchina è stata colpita da un fulmine'
'Impossibile'
'Lo so... ma ci sono altri testimoni' rispose la madre anticipando altre critiche del figlio.
Passarono il resto della cena in silenzio e appena Jord finì la robaccia che aveva nel suo piatto si alzò di scatto dicendo che andava a fare qualche ricerca sul computer.
Non mentì perchè voleva evidentemente cercare qualcosa. Accese l'ultratecnologica macchina e invece di aspettare pazientemente il caricamente, uscì fuori al balcone. La fresca aria di Novembre gli procurò piccoli brividi di piacere e, a causa delle vertigini, decise di sedersi sul pavimento freddo. Non appena il suo corpo ebbe un contatto maggiore con il pavimento, Jord si sentì molto meglio, più potente, più forte.
Ripensò alle parole del professore e subito le scacciò via dalla mente ripetendo ad alta voce qualche declinazione di latino, le ripeteva sempre, anche se era al terzo anno di scuola.
Allungò il braccio coprire maggiormente la superficie del pavimento e, senza accorgersene si ritrovò con il mettere le dita nel terriccio presente in qualche vaso esposto.
Sorrise. Non aveva mai toccato la terra perchè gli sembrava sporca, invece ora appariva morbida, calda e materna. Uscì le mani posizionate in modo tale che il terriccio che aveva raccolto non gli cadesse e la fissò.
Dopo pochi secondi notò un tremolio da parte di qualche sassolino che si iniziava ad elevarsi sempre più in alto fino a quando non toccò la cornicie della porta-finestra. Rimise il terriccio a posto e si pulì le mani sulla felpa. Entrando chiuse la porta e azionò il motore di ricerca del suo computer, scrisse la parola Divinità e cliccò su Cerca.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Oggigiorno ***


Oggigiorno
 

Luft uscì dalla scuola saltellando. Dopo il discorso che aveva avuto con il professore era di un'allegria unica, speciale.
Si sentiva finalmente normale perchè tutte quelle volte che si considerava diversa non si era mai sbagliata, era un Dea.
Doveva festeggiare, ma come? Nell'unico modo che sapeva.
Camminò fino al centro e si accostò al muro, prese l'iPod e selezionò la canzone che le riusciva meglio, poggiò una sola cuffia alle orecchie e si guardò intorno per essere sicura che l'avrebbero notata.
Inspirò e iniziò:

You can like the life you're livin'

you can live the life you like

Subito qualche testa si voltò a vedere da quale parte proveniva quella voce e solo quando alcune persone posarono il proprio sguardo su Luft, lei riprese a cantare:

You can even marry Harry,

And mess around with Ike

Ora l'intera folla la stava guardando: chi con ammirazione, chi con sorpresa e chi con shock. Chiuse brevemente gli occhi e, anche se non ne sentiva il bisogno, ispirò ancora per calmarsi.

And that's good

Mosse qualche passo in avanti per aggraziarsi la folla ma comunque decise di rispettare un minimo di distanza per avere più spazio.

Isn't it grand? isn'it great?

Isn't it swell? Isn't it fun?


Prese le casse dell'iPod e le tenne strette in mano pronta per far partire la base, non poteva mica ballare in silenzio.

But nothing stays in fifty years or so

It's gonna change, you know

But oh, it's heaven

Nowadays.

Attaccò l'iPod alle casse e iniziò a ballare ripetendo in mente i passi che voleva.
''Di spalle, togliti il cappotto, fallo scendere, buttalo (mia madre m'ammazza), ancheggia e muovi le spalle, bene, così, girati, ancheggia, batti le mani sui fianchi, ancheggia ancora, destra a 90, destra a 90, sinistra a 90, sinistra a 90, ondeggia con le braccia e gira la testa insieme, giro a passi lunghi, braccia in giù, braccia in su, sposa braccia e gambe prima a destra poi piccolo affondo, scuoti le spalle, passo indietro ricurva, passo indietro ricurva, schiena dritta, passo indietro ricurva, passo indietro ricurva, schiena dritta, passo indietro ricurva, passo indietro ricurva, schiena dritta, passo indietro ricurva, passo indietro ricurva, schiena dritta, cammina avanti, indietro e fai una hola con le braccia in alto, avanti e fai una hola con le braccia in basso...''
Mentre si ripeteva tutti questi passi in mente e gli eseguiva con grazia con il corpo, si era radunata una folla incredibile attorno a Luft. In contemporanea con i suoi movimenti, si alzò un vento leggero che, facendole muovere i capelli le dava un'aria ultraterrena, quasi divina.
Chi la guardava poteva giurar che stava guardando una creatura mitologica che danzava con eleganza senza commettere una sola imperfezione.
Finì il ballo dopo aver anche usufruito del cappello di un etraneo e di un ombrello spacciandolo per un mitra. Si inchinò e ricevette un applauso che sembrava eterno. 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Appuntamento con... l'ignoto ***


Appuntamento con... l'ignoto


Led era stesa sul letto. Il sole che entrava dalla finestra faceva brillare il suo nuovo anello di zeffiri e diamanti. Si sentiva come una bambina appena scarta i regali di natale, con l'unica differenze che il regalo se l'era procurato da sola in maniera lievemente illegale.
Il suo flusso di pensieri fu interrotto dal telefono che inizò a squillare.
''Led, è per te!'' disse la madre dall'altra stanza.
La ragazza prese il telefono e lo avvicinò all'orecchio.
''Si?''
''Vediamoci in via Allages numero 3 fra due ore.''
''Chi parla?'' chiese con calma la ragazza.
''Lo scoprirai. Vediamoci in...''
Poi la linea cadde. Led scostò il telefono  dopo numerosi 'pronto' e notò che aveva congelato la cornetta. Con sguardo infastidito lasciò cadere il cordless che si frantumò in mille pezzi. Aprì l'armadio e si vestì di celeste, le donava molto quel colore.
Avvisò la madre dell'appuntamento e uscì di casa sicura di sè. Tanto nessuno poteva farle del male.

* * * * * *

Ash ormai si divertiva a trasformare in cenere le cose che non gli sarebbero servite più.
Per esempio, se doveva buttare un pezzo di carta preferiva incenerirlo piuttosto che gettarlo negli appositi contenitori oppure, se doveva buttare un macchinario rotto lo polverizzava con un tocco delle dita.
Ormai inceneriva pure le cose che non appartenevano a lui, ma che trovava comunque inutili.
Fece per indossare i guanti quando il cellulare gli vibrò in tasca. Lo prese e vide il display con su scritto Numero Sconosciuto.
''Pronto?'' disse con naturalezza pensando fossero i suoi genitori dalla svizzera.
''Vediamoci in via Allages numero tre fra due ore.''
"Cosa? Dove? Un momento... chi parla? Pronto? Pronto???''
Ormai il tizio non era più in linea e Ash chiuse la chiamata dopo qualche secondo d'attesa.
Alzò le spalle con disinteresse e decise che avrebbe fatto meglio a dare un'occhiata.

* * * * * *

Silva era quasi sempre impegnata a fare crescere fiori e piante in punti della città dove solitamente c'era solo asfalto e terra secca.
Un giorno ci mise cinque ore a fare nascere una quercia le cui radici spaccarono in due una strada causando un innocente tamponamento fra tre macchine.
Casa sua era molto più simile a una serra che ad un luogo dove poter vivere in civiltà e anche alcuni insetti iniziavano a fare visite indesiderate.
Era impegnata a giocare con un girasole quando ad un certo punto il cellulare iniziò a squillare. Lo prese e rispose senza nemmeno chi fosse l'autore della chiamata.
''Pronto?'' Disse con curiosità.
''Ti aspetto in via Allages numero tre fra due ore.''
''Come scusa?''.
Ma dall'altro capo del telefono si sentiva solo la solitaria ripetizione del suono registrato di una chiamata appena conclusa. Guardò il cellulare ma non poteva richiamare un anonimo quindi decise di prendere un vestito verde, farsi una treccia con i suoi capelli rossi e andare a vedere di chi si trattasse.

* * * * * *

Torm era ancora nervoso per la discussione che aveva avuto con la sua ex ragazza e, purtroppo, il cielo rispecchiava le sue emozioni decorandosi con nuvole grigiastre e rumorose.
Stava diventando più bravo, riusciva a controllare la sua influenza sul meteo meglio delle altre volte in cui aveva quasi ammazzato delle persone.
Prese lo spazzolino e iniziò a lavarsi i denti: aveva un appuntamento riparatore. Sciacquò con il collutorio la bocca e fece appena in tempo a sputare che vide la sua sorellina che gli porgeva la cornetta.
''é per te, fratellone'' disse con gli occhi grandi e marroni da cucciolo di cane.
''Grazie'' rispose Torm sorridendole e subito si portò la cornetta all'orecchio destro.
Con una mano stava controllando che il piercing al sopracciglio stesse nella posizione giusta quando sentì l'invito.
''Ti aspetto in via Allages numero tre fra due ore.''
''Chi parla?'' chiese tenebrosamente ma subito la chiamata fu interrotta.
Chiuse anche lui la chiamata e si armò di giubbotto di pelle e sciarpa pronto per uscire.
''Dove vai?'' chiese la bambina
''A far visita ad un amico!'' rispose Torm e subito uscì la porta.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Gioco Pirotecnico Acquatico ***


Gioco Pirotecnico Acquatico


Il giorno seguente Wasser impiegò mezz'ora per lavarsi in bagno. Ogni volta che apriva il rubinetto del lavandivo lo faceva con la stessa cautela richiesta da un artificiere per disinnescare un ordigno.
Uscì di casa e andò a scuola deciso di volere delle spiegazioni.
''Ok, merito delle spiegazioni!'' sbottò Wasser spalancando la porta dell'ufficio del professor Fos.
''Ieri te le ho offerte e le hai rifiutate'' rispose il professore alzando entrambe le spalle.
''Lasci perdere ieri! Cosa sarei io?''
''Una Divinità.'' rispose riluttante il professore.
''Bene... questo posso accettarlo!'' disse annuendo.
''Davvero?'' chiese il professore quasi incredulo.
''No! Ma ho altra scelta?'' concluse retoricamente Wasser mentre con andatura rassegnata si appoggiava alla scrivania del professore.
Fos fu molto colpito dalla facilità con cui il ragazzo accettò il fatto, quasi ad occhi chiusi, fidandosi e basta.
''Vuoi sapere cosa comandi?''
''Mi lasci indovinare... l'acqua?'' rispose apaticamente.
''Già. Emozionato?''
''Da morire'' rispose Brand la quale appena entrò vide lo sguardo vitreo del ragazzo.
''Che gli ha fatto?'' chiese.
''Io? Niente! Tu, invece? Perchè sei qui?'' sparò il professore.
''Volevo parlarle riguardo quello che ha detto ieri sul fatto...''
''Sul fatto di essere una divinità? Be cara, prima lo accetti meglio è per tutti noi!'' l'anticipò, ma prontamente Brand interruppe il professore stendendo il braccio destro come per voler fermare qualcosa.
''Mi riferisco al'allusione dei miei genitori!''.
''Lascia perdere, Brandy! Prima accetti il fatto che sei una divinità e prima ti ritroverai come me: gaio e sconvolto!'' suggerì Wasser.
''Mi chiamo Brand, e io NON sono una divinità! Sono una ragazza normale che non ha alcuna capacità mentale sviluppata, va bene??'' urlò la ragazza così forte che le vene del collo si gonfiarono e inizò a gesticolare come una piovra per sottolineare l'importanza di ogni frase.
''NON sono una D I V I N I T A'!'' protestò scandendo ogni parola che formava la frase . Per la furia sbattè una mano sulla cattedra piena di fogli i quali, quasi pigramente, presero fuoco.
Brand si lasciò sfuggire un gridolino e indietreggiò per paura insieme a Wasser.
''Wasser, le spegni tu queste fiamme?'' domandò il professore lanciandogli una bottiglia d'acqua da mezzo litro che Wasser prese al volo.
Svitò il tappo e con incertezza disegnò dei cerchi troppo artificiali con l'indice. Non accadde nulla. Diresse uno sguardo rassegnato al professore il quale lo invitò a riprovare.
Si ricordò di quello che era accaduto la sera precedente:capovolse la bottiglia sopra il palmo della mano sinistra. Come la volta precedente l'acqua, invece di cadere e bagnarlo, rimase sospesa per aria disegnando un serpente trasparente senza capo nè coda.
Concentrato ma non troppo, Wasser plasmò la figura con la mente fino a quando non riuscì ad avere una sfera trasparente da mezzo litro.
Si scambiò un sorriso con una Brand ancora sotto shock e rivolgendosi al professore chiese:
''E ora?''
''Ora la lanci verso le fiamme!'' concluse il professore che era orgoglioso dell'alunno.
Wasser strattonò il braccio in quello che voleva essere un invito alla sfera di spegnere le poche fiamme rimaste, ma l'invito fu frainteso poichè la sfera, invece di colpire la cattedra, colpi il muro dietro di essa.
Esplose in un gioco pirotecnico acquatico schizzando  liquido in tutto l'aula spegnendo tuttavia le tristi fiammelle rimaste.
''Ottimo lavoro'' disse il professore togliendosi gli occhiali per levare le gocce sulle lenti.
''Ma ora mettete a posto voi!''.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Sassi a mezz'aria ***


Sassi a mezz'aria


Approfitto di questo capitolo per ringraziare SweetBlueNight la quale con le sue recensioni mi fa sempre sorridere e mi ispira per nuovi capitoli più avventurosi. Grazie 1000! XD

''Jord!" urlò Luft appena vide il ragazzino da lontano. Jord volontariamente non si voltò e decise di accelerare il passo quel tanto da permettergli di non sembrare un fuggitivo ma Luft era abbastanza veloce da raggiungerlo senza difficoltà.
''Ehi, dovresti fare una visita dall'otorino, prima ho urlato il tuo nome e non mi hai sentito'' sorrise Luft che iniziò a saltellare per il corridoio. Vedendo muovere Luft in quel modo bizzarro ma aggraziato, non potè fare a meno di stendere le labbra in un sorriso che nascose subito chinando la testa più del dovuto.
''Dove stai andando?'' chiese la ragazza.
''In classe...'' rispose titubante. Che razza di domande erano?
''Bene, ti accompagno!''
Silenzio. Luft canticchiava e Jord non era tipo con cui era facile discutere, anche se l'offerta, anzi, il comando della ragazza di accompagnarlo lo aveva sorpreso.
''Vuoi vedere una cosa?'' chiese Luft prima che svoltassero e salissero le scale.
Jord annuì allora Luft con disegnò un cerchio nell'aria con il dito e subito una timida brezza li scombinò i capelli.
''Non crederai a quello che ha detto il professore, vero?''
''Certo che ci credo! E ti ho dato una dimostrazione che ha ragione!'' disse Luft incrociando le braccia magre.
''E' solo una coincidenza!" si difese Jord il quale non amava sentirsi attaccato in campo teorico da cose che la scienza non poteva spiegare subito.
''Coincidenza o no, è fantastico, e tu ti stai perdendo un'ottima occasione di sentirti il signore della Terra!" azzardò la ragazza alzando un sopracciglio.
''Questa è la mia classe... devo entrare!''
''Ma manca ancora tanto prima dell'inizio delle lezioni!" protestò Luft ma non continuò poichè vide il professor Fos arrivare dal corridoio.
''Salve prof!" urlò la ragazza che ridusse il viso in una smorfia appena vide il maglione del professore bagnaticcio.
''Che è successo?'' chiese subito dopo.
''Wasser, sta imparando ad usare i suoi poteri!" spiegò il professore.
''Già che c'è, può convincere Jord che anche lui ne è dotato?''
''Certo! Jord, seguimi'' disse dolcemente il professore e volgendo gli occhi al cielo il ragazzo non potè fare a meno di eseguire l'ordine.

Scesero le scale e arrivarono al cortile della scuola dove i ragazzi e i professori parcheggiavano le proprie macchine o moto. Il professore si chinò per raccogliere qualcosa che nascose dietro la schiena quando si voltò per guardare in faccia i due ragazzi.
''Pronto?'' chiese Fos, ma Jord non rispose, allora il professore si limitò ad assumere una strana posizione simile a quella dei lanciatori di baseball.
''Ma che... aspetti!" urlò Luft appena riconobbe il sasso in mano al professore, ma era troppo tardi. Il sasso viaggiò veloce contro la faccia di Jord che per proteggersi portò le mani in avanti, Luft urlò, si piegò e chiuse gli occhi per la paura, ma dopo un pò fu costretta a riaprirli a causa di uno strano silenzio. Non si era sentito nulla, ne un botto, ne un lamento.
Si voltò e vide il sasso sospeso contro il volto di Jord, come se avesse ricevuto l'ordine di fermarsi.
''Convinto?'' chiese il professore.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Inanis ***


Inanis


Led fu la seconda ad arrivare dopo Torm. Si squadrarono dalla testa ai piedi e subito Led raffreddò la mano sinistra, pronta per un eventuale attacco.
Tuttavia non accadde nulla poichè nessuno dei due aveva intenzione di chiedere se erano vittima dello stesso scherzo o se l'altro ne era semplicemente l'artefice. Arrivò anche Ash che si sedette sul marciapiede poggiando il mento sulle mani protette dai guanti. Osservò l'aria minacciosa presente attorno a Torm e Led, ma non si tolse i guanti, non credeva di essere in pericolo.
Cinque minuti dopo arrivò Silva. Aveva evidentemente corso per non arrivare in ritardo all'appuntamento, ma appena arrivò anche l'ultima il portone si aprì e fu tutto buio.

- - - -

Silva aprì gli occhi per prima. Era caduta, o almeno così sembrava a causa del dolore al palmo della mano. Si alzò da terra ma era tutto buio. Prese il cellulare e una timida luce splendette prima di capire che non c'era nulla da illuminare. Il pavimento era nero, il soffitto era nero, le pareti erano nere. Provò a toccarle, ma non riuscì a raggiungerli. Non era in una stanza.
Panico. Si svegliarono anche Led e Ash il quale si tolse subito i guanti pronto alla difesa. Con il piede Led spostò Torm il quale si svegliò mal volentieri.
''Dove siamo?'' chiese Ash.
''Ah, non chiederlo a me!" disse Led ancora spaventata.
''Chi siete?'' chiese Torm all'improvviso turbato dal fatto che non sentisse i tuoni come al suo solito.
''Certe domande lasciale per dopo! Dobbiamo andare via da qui!'' disse Led senza quasi notare l'avanzato stato di congelamento del proprio cellulare sfruttato per far luce.
Si sentì un rumore, si voltarono.  Luce.

- - - -

''Scusate la maniera barbara!" disse la voce di un uomo.
Cercarono di voltarsi ma il cambiamento di luminosità li fece girare la testa a dal punto che dovettero appoggiarsi a qualcosa. Erano in una casa spaziosa, luminosa e ben arredata.
''Chi è lei?'' chiese Torm e subito ci i tuoni fecero eco.
''Non vi preoccupate. Dobbiamo parlare!" si diresse verso un mobile in legno dove si versò un bicchiere di cognac.
''Riguardo? Dove siamo?'' domandò Silva accorgendosi di non stare più in via Allages.
''In un posto dove potrete allenarvi." rispose sorseggiando la bibita.
''Ma davvero? Mi dispiace, ma non mi piace lo sport!" rispose Led aggressiva.
''Non parlo di sport! Vi ho indicato questa via per mezzo del telefono perchè ero sicuro che sareste venuti. La curiosità e l'eccessiva sicurezza di sè fa male. Comunque, non ho voglia di farvi correre o sbracciare. Vi allenerete ad usare i vostri poteri. Oh, non fate quelle facce e risparmiamoci le frasi del tipo 'di quali poteri sta parlando?'".
''Allenarci per cosa?'' chiese Ash mentre con la mano destra nascosta dietro la schiena afferrava un posacenere e lo inceneriva. 'Ironico' pensò.
''Per diventare più potenti e sconfiggere i nostri avversari!''.
''Nostri???'' da quando siamo accomunati da avversari?'' domandò rabbiosa Led.
''Da quando ho scoperto che ne abbiamo. Sentite, avrei preferito lasciarvi liberi di usare i vostri poteri, ma di questi tempi, soprattutto con questi nemici, dobbiamo essere pronti!".
''Pronti per cosa?'' domandò Torm.
''Tenteranno di rubarvi i poteri, e voglio che siate pronti. Intendiamoci, non preferisco voi agli altri, ma se i nostri avversari ruberanno i vostri poteri diventeranno così forti da essere invincibili!"
''Oh, la prego. Si aspetta che noi crediamo a questa storia?'' disse Silva mentre cercava di accarezzarsi i capelli.
''Dovreste!" tuonò l'uomo e subito Ash approfittò per scaraventagli addosso una nuvola di cenere.
''Andiamo, non ci può vedere!" disse Ash, ma il suo entusiamo fu bloccato quando la cenere fu risucchiata da un buco presente sul palmo della mano sinistra dell'uomo.
''Tutto qui?'' disse sfacciatamente.
Allora Led stese il baccio come per spingere qualcosa. L'uomo ebbe difficoltà di movimento per tratto di tempo così breve che sembrò nullo. Il cognac però si raffreddò completamente.
Fu il turno di SIlva che poggiò i palmi per terra e fece uscire rigogliose piante pronte ad afferrarlo, però anch'esse finirono nel palmo della sua mano.
Dopo un pò si sentirono tuoni e il sole fu oscurano da nuvole nere come il carbone.
''Addio!" disse Torm con aria vittoriosa e un fulmine bucò il tetto e colpì l'uomo in pieno il quale, invece di cadere, portò la mano sinistra sul volto per ripararsi, e anche il fulmine fu risucchiato.
''Se volete sconfiggerli dovete essere più forti di così! Ah, dimenticavo, mi chiamo Inanis''.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Divinità ***


Divini


''Wasser del segno dei Pesci, Dio dell'ovest, dispensatore di sentimenti ed emozioni, tu hai il potere di controllare l'Acqua, di creare maree, maremoti, onde, correnti, flussi, di far nascere fiumi, laghi, sorgenti e fontane in tutti i luoghi, di governare i fluidi del corpo umano e la sua psiche. Controlli un elemento saldo e incontenibile, distruttivo e indispensabile, mutevole e costante, potente e gentile.''

Il professore fece una pausa e passò a Brand.
''Brand del segno del Sagittario, Dea del sud, dispensatrice di volontà ed intuito, tu hai il potere di controllare il Fuoco, di provocare incendi, fiaccole, fiamme, esplosioni, di fondere qualunque cosa, cemento, diamante, acciaio e platino, di governare la mente umana. Controlli un elemento difficile e divoratore, purificatore e plasmatore, affamato e impulsivo, potente e allegro.''

Era il turno di Jord.
''Jord del segno della Vergine, Dio del nord, dispensatore di forza e materialità, tu hai il potere di controllare la Terra, di provocare terremoti, frane, scosse e crepe, di far crescere montagne, pianure, colline, abissi, burroni, di governare il corpo umano. Controlli un elemento concreto e fecondo, generoso e avaro, ricco e testardo, potente e materno''.

Si voltò verso Luft.
''Luft del segno della Bilancia, Dea dell'est, dispensatrice d'intelletto e creatività, tu hai il potere di controllare l'Aria, di creare uragani, trombe d'aria, cicloni, brezze, vento, di lanciare oggetti molto lontano e di abbattere qualsiasi cosa, di governare lo spirito degli uomini.
Controlli un elemento soffice e tagliente, libero e obbediente, vivace e canoro, potente e leggero.''

- - - -

''E ora?'' chiese Wasser.
''E ora niente... vi allenate e imparate ad usarli bene!" disse il professore alzando le spalle.
''Tutto qui?'' chiese Jord interdetto.
''Vi affiderò delle missioni, ma non ora. Pensate a passare del tempo insieme per il momento! Ah, Brand, domani c'è il compito di chimica!" annunciò il professore uscendo dall'aula.
''Cavolo! Me l'ero dimenticato. Be, io vado!" disse mettendosi la giacca.
''Aspetta, vengo con te. Non so se te ne sei mai accorta, ma facciamo un tratto della strada insieme.'' disse timidamente Luft.
''Certo, vieni. Dobbiamo imparare a... conoscerci!". Sorrisero e uscirono.
''Ehi, Aquila!?'' gracchiò Wasser tossendo.
''Cosa vuoi?'' chiese Jord voltandosi con riluttanza verso di lui.
''Come te la cavi in matematica?''
''Abbastanza bene. Perchè?'' chiese, ma quello che ottenne fu solo un sorriso diabolico di Wasser.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Ice Queen ***


Ice Queen


Led era seduta con le gambe incrociate sul pavimento freddo della cameretta.
Non andava matta per gli allenamenti che Inanis le ordinava, ma era per il suo bene, per non perdere il potere e per vincere.
Ormai Led era capace di congelare ogni liquido, oggetto e metallo che capitava fra le sue spietate mani, ma Inanis insisteva nell'allenamento perchè non si è mai abbastanza prudenti nella vita.
Davanti a lei si ergeva solitaria una bottiglia di alcol. Aveva provato a congelarlo, ma l'unica cosa che era riuscita a creare era solo un pò di brina sul vetro che lo conteneva.
La bottiglia rifletteva l'immagine del suo volto e si ricordò di quando, per la prima volta, si rese conto di poter congelare le cose e le persone.

Era Giugno. Faceva molto caldo e lei, detentrice del potere del gelo, non poteva sopportare il calore, perciò spesso e volentieri si sentiva male o sveniva. 'Hai la pressione bassa' le dissero. Cavolate.
Era in macchina con il suo ragazzo. Finestrini chiusi e condizionatore al massimo, si stavano dirigendo ad un appuntamento con altri amici di lui. Non che lei ne fosse contenta, ma lo amava e questo la motivava.
Poi però il condizionatore smise di funzionare e rimasero con i finestrini chiusi come per impedire all'aria fresca di uscire, ma ben presto furono costretti ad abbassarli.
L'impatto fra fresco e caldo fu terribile e Led iniziò a sudare e a respirare affannosamente. Bevve come un cammello, ma questo non l'aiutò più di tanto.
Stava per svenire, lo sentiva. Voleva chiedere aiuto al suo ragazzo ma le forze la stavano abbandonando. Sempre più debole. Vista appannata, fischio alle orecchie, sudore freddo e poi buio.
Si svegliò dopo due ore. Sentiva un bel freschetto che le accarezzava il corpo. Aprì gli occhi e vide che l'interno della macchina aveva cambiato colore. Non era più grigia ma di un bianco tenue misto a celeste.
Il vetro era ricoperto dalla stessa patina bianchiccia. Si sistemò sul sedile ricoperto della stessa coperta fredda e spigolosa e si girò per chiamare il suo ragazzo.
Stava nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato: con le braccia tese sul volante e lo sguardo fisso davanti al vetro, ma era diventato bluastro.
''Frosne?'' lo chiamò, ma lui non si girava.
Lo chiamò un'altro volta ma non reagì. Ora Led iniziava a preoccuparsi. Gli toccò il volto e vide che era freddo e duro. Si portò la mano davanti alla bocca e cercò di incrociare lo sguardo con quello di lui ma i suoi occhi non rispondevano, erano vitrei, fragili, solidi.
Decise di uscire dall'auto per chiedere aiuto, ma erano ancora in movimento.
Frosne era fermo ma la macchina si muoveva. Col piede incollato all'acceleratore e la marcia ingranata, Led sembrava destinata ad una triste fine degna del peggior film drammatico.
Urlò il suo nome,  lo scosse energicamente, ma quello che ottenne fu un grande rumore e il corpo del suo ragazzo che andava a frantumarsi sul sedile del guidatore.
Led urlò dallo shock. Si spinse indietro per istinto e andò a sbattere contro la portella che si sbriciolò minacciandola di farla cadere sull'autostrada. Si aggrappò con le unghie al sedile per evitare di cadere sull'asfalto. Da quella posizione potè notare che anche i pneumatici erano ricoperti da quella sostanza strana ma appena capì cos'era essi iniziarono a sbriciolarsi, così come aveva fatto Frosne poco prima.
Senza pneumatici la macchina si trascinò sull'asfalto e si sbriciolò pezzo per pezzo fino a quando Led non si ritrovò stesa per terra con un pezzo di sedile stretto in mano.
Si alzò scioccata e traballandò andò nel luogo dell'incidente per scoprire, poco dopo, che la macchina e il suo ragazzo erano stati congelati.


Si sentì un rumore provenire da una stanza e subito Inanis accorse a vedere cosa fosse successo. Led era seduta e tranquilla e davanti a lei c'erano frammenti di vetro e un liquido congelato che, appena fu toccato dalla bionda, si sbriciolò come fosse cristallo.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Missione 1-Facile come bere un bicchier d'acqua ***


Missione 1- Facile come bere un bicchier d'Acqua


'Allora, questo è quello che dovete fare: Wasser, Brand, Jord e Luft, non so se ve ne siete accorti, ma avete bisogno di un allenamento per ottenere il massimo controllo dei vostri poteri. Non vi chiuderò in una stanza costringendovi a migliorare, tranquilli. Piuttosto vi farò partire per dei luoghi dove, affrontando determinate cose e problemi, riuscirete a sbloccare il vostro potere al 100%.'


Di Nucleo sguarnite
ne anelano uno,
all'infuori dai lacci
agogna taluno
con fede bloccare.
Non affidarti dei sensi
occhio e orecchio son fallaci.
un veto è intollerabile,
il loro Nucleo si ghiaccerebbe
e la mano da tocco a colpo diverrebbe.

 

Wasser rotolò fra la sabbia per pochi secondi. Si alzò in piedi bracollando, ancora stordito dal vorticoso movimento, e si guardò intorno.
Dove l'aveva spedito quel pazzo? Si girò e rigirò, ma vide solo sabbia, sabbia, sabbia e... acqua! Si avvicinò, si tolse le scarpe e le calze e mise a bagno i piedi. Passare di colpo dall'aria fredda di novembre al caldo torrido di quella spiaggia non era il massimo per nessuno. Si tolse il maglioncino e iniziò a camminare indagando sul luogo. Doveva affrontare qualcosa o qualcuno, ma non sapeva nient'altro.
Dai pantaloni tirò fuori la poesia che gli aveva dato il professore prima di spedirlo li. La lesse e rilesse, ma non ci capiva niente. Era un linguaggio troppo arcaico. Rimise il foglietto in tasca e guardò l'acqua. Riconobbe l'oceano dal colore verdastro e dalle onde più alte di quelle a cui era abituato.
Na na na na na

Wasser si voltò per capire da dove venisse quella voce, ma poi si autoconvinse si esserla immaginata.
Na na na na na

Rimase fermo per cercare di capire da dove venisse quel suono, quel canto che nonostante il ritmo disordinato delle onde trovava una propria argentea armonia.
-In the other room
-in the other room


Riconobbe due voci, ma la sua mente rigettava l'idea che le voci potessero provenire dall'oceano. Tuttavia si avvicinò al mare non curante del fatto che il pantalone si stava bagnando. Quel canto, lo stesso che aveva sentito quando capì sotto la doccia di poter controllare l'Acqua.
-I'm the other girl
-I'm another one of your children


Si bagnò fino al bacino. Quella voce era così bella. Doveva raggiugerla. Si bagnò completamente e iniziò a nuotare a rana per evitare che il rumore dei suoi movimenti potesse sopraffare quel canto.
-It's this other face
- this other name
-I'm the other girl
-want to be in the other room


Le voci si erano moltiplicate, non era più una. Notò anche che il canto aveva un'acustica migliore quando stava sott'acqua allora prese una boccata d'aria e si immerse.
All'inizio non vide molto, ma poco dopo i suoi occhi si abituarono all'acqua garantendogli una visione migliore di quanto potesse credere.
-Your gift receiving through this body of mine
- is alive so alive
-Your gift receiving through this body of mine
- is alive so alive.


Wasser vide qualcosa muoversi poco lontano da lui, allora riemerse nuotando a tutta forza prima di fermarsi perchè aveva sfiorato qualcosa. Ritornò sott'acqua e gli venne un colpo appena vide una dozzina di donne e uomini seminudi che stavano camminando, sorridendo, cantando in acqua.
Una di loro, bruna, occhi verdi e labbra voluttuose, si avvicinò a Wasser e prendendogli il volto fra le mani gli sorrise mostrandogli i denti bianchissimi. Si guardò attorno e notò che erano tutti bellissimi. Donne e uomini, nè troppo giovani o troppo vecchi, dal fisico scultoreo, curato, dai lineamenti regolari e dolci.
Lo raggiunse un altro ragazzo che lo prese per mano e fece qualche segno come per invitarlo a seguirli, ma Wasser aveva bisogno d'aria, allora tentò di tornare su, ma la ragazza lo fermò facendo segno di no con il dito indice invitandolo ad aprire la bocca e respirare.
Wasser, come un burattino, fece quello ordinatogli e sorprendentemente non affogò.
I presenti diedero inizio ad un chiacchericcio misto di preoccupazione e tensione, ma Wasser era troppo contento di quella deformazione del proprio potere da non notare lo sguardo preoccupato che si scambiarono.

Il giovane prese il braccio di Wasser e lo avvolse attorno al suo collo. Senza opporre resistenza, Wasser si lasciò trascinare da quella creatura che , seguendo le altre, andava sempre più a fondo.
I timpani non gli facevano male nonostante l'alta profondità anche se fu costretto a chiudere gli occhi a causa della velocità con cui la creatura si muoveva. Dopo pochi minuti sentì il braccio che veniva spostato, allora aprì gli occhi. Lo spettacolo che si ergeva davanti al ragazzo era di rara bellezza: palazzi fatti di roccia vulcanica, di sabbia, di conchiglie, gemme che emettevano una luce opaca, pesci coloratissimi che giocherellavano nelle correnti, alghe e anemoni che danzavano morbidamente... Era tutto così perfetto!
La ragazza che prima gli sorrise, si avvicinò e lo baciò. Fu un bacio morbido, quasi d'affetto, privo di ogni intenzione sessuale, ma bastò per far girare la testa al povero ragazzo.
Riconobbe le quattro creature donne che cantavano i versi della canzone che poco prima Wasser aveva sentito e subito fu portato nelle stanze della ragazza.
Poteva parlare senza usare la bocca nel modo in cui era abituato. Bastava solo che l'aprisse lievemente modificando ogni tanto l'estensione delle labbra.
'Cosa siete?' domandò.
'Alcuni ci chiamano Sirene, altri Ninfe, ma in realtà siamo Ondine.'  rispose educatamente la ragazza avvicinandosi per baciare di nuovo Wasser, ma lui preferì schivare il colpo. Era bella, ma non gli piacevano le ragazze facili.
'Ti piaccio?' chiese con un tono di voce soffice come zucchero filato mentre accarezzava i capelli biondi di Wasser.
'Sì' rispose meccanicamente, senza pensarci, come obbligato o costretto.
L'Ondina allora iniziò a cantare intonando la canzone che aveva attirato Wasser fin laggiù.
'Hai una voce bellissima' disse mentre accarezzava il drappo bianco e consumato che rivestiva malamente il corpo di lei. Gli sembrò stranamente ruvido e vischioso quando invece sembrava morbido e delicato.
'Ti piacerebbe sentirla per sempre?'
'Per sempre? che intendi?'
'Potresti rimanere qui per l'eternità se solo lo volessi. Tutto quello che devi fare è sposarmi'
Matrimonio? No, era troppo giovane, troppo bello per rimanere per sempre rinchiuso con una donna che aveva conosciuto da poco più di mezz'ora. Tuttavia quel posto era così calmo, tranquillo, pacifico. Gli unici rumori che si sentivano erano il canto delle ondine e le bollicine che ogni tanto salivano in superficie.

Non affidarti dei sensi
occhio e orecchio son fallaci.

I versi gli ritornarono in mente. Fece uscire l'ondina con una scusa e frugò fra i suoi pantaloni alla ricerca del pezzo di carta che il professore gli aveva dato prima delle missione.
Non ci capì di nuovo nulla ma la parte finale sembrava minacciosa. Occhio e orecchio ingannano. Come poteva non fidarsi di quei due sensi? Aveva bisogno di qualcosa di cui fidarsi a prescindere dai sensi, ma cosa?
In quel momento tornò l'ondina con un mazzo di alghe che venne prontamente sbattuto a terra non appena vide che Wasser aveva qualcosa in mano. Con morbida agilità gli strappò il foglio dalle mani e senza neanche leggerlo tutto, iniziò ad urlare così forte, così acutamente che la caverna tremò tutta. Per la furia si avvicinò a Wasser e lo scaraventò violentemente contro la parete di roccia. Svenne.

Si risvegliò incatenato in una specie di relitto di nave. La ragazza stava mormorando qualcosa agitando il pezzo di carta davanti ad una specie di giuria. Nel secondo che anticipò la messa a fuoco degli occhi e l'attivazione dell'udito, Wasser vide e sentì cose che erano totalmente diverse da quello che i sensi gli facevano percepire. I bei volti erano consumati e decadenti, le voci erano pesanti e si trascinavano alcune lettere come le S e le R.
Peccato che questo momento di lucidità durò poco. Appena gli altri si accorsero che era sveglio, l'ondina che l'aveva condotto fin lì gli domandò bruscamente se sapesse il significato di quei versi scritti.
Wasser rispose di no, allora tutti concordarono che era tempo di parafrasare.


Senza cuore,
ne cercano uno,
ignorando i legami
vogliono qualcuno
da sposare.
Non fidarti dei sensi
la vista e l'udito ingannano.
un rifiuto è intollerabile:
il loro cuore si ghiaccerebbe
E la loro mano da carezza a pugno si trasformerebbe

Maledicendosi per non aver intuito tutto prima, Wasser ascoltò per filo e per segno tutta la parafrasi capendo che, quelle creature per avere un cuore, avevano bisogno di sposarsi con un mortale.
Ecco perchè l'ondina gli aveva fatto quella proposta azzardata!
'Alla luce di tutto questo, accetti di sposarmi?' disse velenosamente la ragazza che aveva abbandonato la sua faccetta carina per indossarne una più pericolosa e fredda.
'No' rispose.
Urlò ancora, urlarono tutti così forte che la nave in legno crollò. Wasser, approfittando delle catene che si erano staccate dalla parete, iniziò a nuotare verso l'alto, ma subito dopo fu trattenuto da qualcosa di viscido e ruvido.
Guardò verso il basso e vide le bellissime creature che avevano assunto un aspetto più letale, quasi perfido. Cercò di opporre resistenza, ma alcune ondine iniziarono a cantare. Si tappò le orecchie facendo pressione per evitare di rimanere incantato da quella voce quando ebbe un'idea: aeva bisogno di qualcosa per disilludere occhi e orecchie, una specie di filtro. Si passò una mano sul volto e un pò dell'acqua che lo circondava si aggrumò davanti ai suoi occhi creando una specie di rete che gli permise di rimanere disgustato dalle creature.
Non erano affatto belle. Erano decadenti, scheletriche, mostruose. Fece lo stesso vicino alle orecchie e subito dopo la bella voce delle ondine si trasformò in un lamento senza armonia o intonazione. Erano pessime.
Wasser allora si divincolò dalla presa dell'ondina e iniziò a nuotare il più velocemente possibile, solo che non lo era abbastanza. Loro erano veloci almeno il doppio di lui e soffrivano almeno la metà della fatica. Si fermò a metà della traiettoria poichè circondato dalle creature. Iniziarono ad avvicinarsi sempre di più verso di lui, brandendo tridenti e altre armi che Wasser non aveva mai visto. Che fare?
Avvicinò le mani al petto, si concentrò e appena in tempo riuscì a creare un getto d'acqua così forte da far sbattere cinque ondine contro una parte rocciosa. Allarmate, le altre creature fuggirono allora Wasser approfittò per salire in superficie, si credeva salvo.

Uscì dall'acqua inspirando più ossigeno possibile, non che ne avesse bisogno, ma lo fece per abitudine. Nuotò verso la riva quando dalla superficie uscirono numerosi tentacoli che non promettevano nulla di buono. Wasser si girò e vide un enorme piovra cavalcata da una decina di ondine che gridavano frasi senza senso. La piovra era veloce, ma lui era il dio dell'acqua. Schivò gli attacchi dell'animale sfruttando qualche getto d'acqua e correnti creati da lui stesso, surfò persino senza tavola fra le onde.
Alla fine creò una colonna d'acqua e Wasser salì di quota giusto il tempo per vedere quanta acqua ci fosse e quanto spazio avesse a disposizione.
Rimanendo ancora lassù e concentrandosi con tutte le sue forze, Wasser cercò di fare l'unica cosa che poteva fermare quelle creature. La piovra che stava arrampicandosi sulla colonna ritardò un poco l'attacco, ma alla fine Wasser ci riuscì.
L'acqua vicino al bagnasciuga iniziò a ritirarsi e le poche ondine che intuirono quello che il ragazzo voleva fare, andarono subito a rifugiarsi in acqua.
Si ritirò ancora e ancora. La terra tremò e all'orizzonte comparve un rettangolo schiumoso che avanzava velocemente. La piovra e le ondine che la cavalcavano rimasero pietrificati nel vedere quello che stava arrivando. Un onda di cinquanta metri stava viaggiando velocemente. Era troppo tardi per ripararsi, questo lo sapevano.
Arrivò con uno schianto pazzesco sballottolando le creature acquatiche e spezzando la colonna che Wasser aveva creato facendolo cadere in acqua vittima anch'esso della potenza di ciò che aveva creato.


'Wasser? Wasser?'.
Il ragazzo aprì gli occhi confuso e dolorante. Vide un'ombra che lo proteggeva dal sole cocente e notò con immenso fastidio che aveva i pantaloni bagnati appiccicati alle gambe.
Cercò di alzarsi, ma lo stomaco gli faceva male. L'ombra l'aiutò a tornare in posizone supina dicendogli che sarebbe andato tutto bene.
Poi gli occhi misero a fuoco e vide il professor Fos che sorrideva orgoglioso del suo alunno.
'Complimenti, hai superato il test' disse.
'Vada a fanculo!' rispose aspramente voltandosi dall'altra parte per non vederlo.
Era arrabbiatissimo, imbestialito. Aveva rischiato di morire, si era spaventato come non mai in vita sua e ora non voleva più sentir parlare d'acqua o di divinità.
Il professore non rispose, poggiò una mano sulla spalla del ragazzo il quale, in un batter d'occhio, si ritrovò su un letto.
Dischiuse lentamente gli occhi per il cambio frenetico di locazione e notò che stavano Luft, Brand e Jord che lo guardavano contenti ma spaventati.
'Devo avere un aspetto orribile' disse e risero, ma lui si bloccò poichè lo stomaco gli faceva troppo male. Mandando al diavolo il fatto che si conoscessero da così poco, i tre ragazzi, vedendo il loro amico così malridotto, se ne fregarono del fatto che era bagnato e si infilarono sotto le coperte con lui.
Jord si fece piccolo piccolo alla sua destra e si avvolse un braccio del biondo attorno al petto, a sinistra invece Brand lo abbracciò e gli accarezzò la testa mentre Luft, stese il braccio fino a toccargli la spalla e cantò una ninna nanna.
Così, in quella posizione, si addormentarono tutti e quattro sotto l'occhio orgoglioso del professore.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Sette Litri ***



Ringrazio tutti per le recensioni che state lasciando! Mi fa molto piacere leggerle e mi fa molto piacere che la storia vi stia appassionando così tanto!
Grazie a tutti.
Inoltre, questo capitolo è dedicato a SweetBlueNight... lei sa perchè.

Sette Litri


Wasser ci mise una settimana intera per riprendersi. La madre era preoccupata, non aveva mai trovato suo figlio in quelle condizioni. Non mangiava nè beveva, dormiva per la maggior parte del tempo e iniziava a sciuparsi.
Lo portò da un medico il quale gli prescrisse un'intera settimana di riposo con l'obbligo di fare almeno un pasto completo a giorno. All'inizio fu difficile spingere giù per l'esofago il cibo, ma dopo poco tempo riuscì a riprendere il ritmo che aveva prima della missione.
Un giorno, mentre poltriva pigramente sul divano, bussarono alla porta. Aprì l'uscio, vide il professor Fos sulla soglia e , per tutta risposta, gli chiuse la porta in faccia.
Il tempo di girarsi per tornare sul divano che Wasser si ritrovò il professore appollaiato sulla poltrona mentre mangiava una mela.
'Che ci fa qui?' chiese incrociando le braccia.
'Niente, volevo vedere come stavi' si giustificò.
'Bene, ma non grazie a lei'
'Ancora mi odi?' chiese il professore.
'No, io non la odio. Io la detesto.' rispose.
'Perchè non ti siedi così parliamo?' propose Fos.
Sebbene riluttante, Wasser accettò l'invito, ma decise di sedersi sulla poltrona, lontano dal professore.
'Allora, cosa ho fatto per meritarmi questo odio?'
Wasser rise, poi aggiunse
'Scherza. vero?' ma il sorriso svanì quando il professore alzò le spalle come per dire no, non scherzo e voglio saperlo davvero.
'Mi ha affidato una missione impossibile! Sono stato ipnotizzato da delle fottuttissime cantanti, mi sono immerso nell'acqua e se non fosse stato per i miei poteri sarei già morto affogato, sono stato baciato da una creatura scheltrica che dopo mi ha anche fatto la richiesta di matrimonio, ho affrontato un esercito di schifosi zombie marini e il loro animaletto domestico più grande di questo palazzo! Ah già, dimenticavo, sono quasi morto a causa di uno tsunami di 50 metri!'' Mentre iniziava l'elenco delle cose che gli erano capitate, Wasser sentì una rabbia che stava allagando una parte del suo io che non aveva ancora riconosciuto.
'Visto, sei bravo!' concluse. Si ruppe un vaso. Anzi, Wasser ruppe il vaso, ma sembrò non accorgersene visto che aveva lo sguardo fisso sul professore.
Distratto dai fiori che si erano sparsi sul tavolo, Fos notò lo sguardo del ragazzo. Era strano, le iridi avevano acquisito un blu molto vivido e la pelle stava luccicando come acqua toccata dal sole.
'Wasser?' chiese il professore come per accertarsi che il suo alunno fosse ancora li, ma il ragazzo allungò il braccio verso il vaso. L'acqua iniziò a galleggiare in aria e il professore non sapeva se guardare lui o il fenomeno a gravità zero.
Con lo sguardo da cane rognoso ancora fisso sul professore, che nel frattempo stava meditando se scappare o meno, Wasser iniziò a muovere il polso. All'inizio Fos non capì cosa stesse accadendo, ma poco dopo intuì: l'acqua nel vaso poteva essere al massimo mezzo litro, troppo poco, allora Wasser ne aumentò il volume.
Un litro.
'Wasser?' chiese ancora.
Il ragazzo si alzò in piedi.
Tre litri.
'Ok, va bene, basta!' disse alzando le mani.
Sette litri. Si fermò e con un gesto delle dita scaraventò il globo d'acqua addosso al professore il quale cadde dalla poltrona e fu sbattuto contro la parete.
'Questo è solo un decimo del dolore che ho provato' disse chinandosi per guardare il professore negli occhi. Poi distolse lo sguardo e tornò il Wasser di sempre senza iridi dilatate o pelle brillante.
'Vada via.' ringhiò il ragazzo e subito dopo il professore svanì.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Cenere alla cenere ***


Mi sono divertito tanto a scrivere questo capitolo! Spero piaccia anche a voi...

Cenere alla cenere


Ash era stanco di allenarsi. La stanza che Inanis gli aveva assegnato era diventata una discarica di cenere e lui iniziava a desiderare un luogo più pulito, senza polvere, cenere o quant'altro.
Il compito riassuntivo era quello di ridurre in cenere un palloncino di lattice. L'aveva già fatto in passato, ma l'aveva solamente fatto scoppiare senza trasformarlo veramente in cenere. La sua missione era incenerire qualcosa che notorialmente non si incenerisce.
Mentre la superficie rossa del palloncino lucido gli restituiva lo sguardo rassegnato e pensoso, tese la mano, ma non toccò propriamente la superficie in lattice. Si fermò piuttosto a pensare di quando, per
la prima volta, accadde...

Successe a Luglio. Un bel giorno temporalesco, il suo cane aveva deciso di aver bisogno di uscire proprio in quel momento così Ash raccolse il collare e prese l'ombrello in mano.
Ash era sempre stato allergico alla polvere, ma stranamente appena Luglio era entrato in vigore, l'allergia e l'asma gli erano passate come per miracolo.
Nonostante fossero le 10 di mattina, il cielo nuvoloso non permetteva al sole di illuminare la strada donando così un'atmosfera di gratuito orrore da addizionare al fatto che per strada non c'era nessuno, neanche un cane. Anzi no, un cane c'era ed anche il suo padrone.
Ora, bisogna sapere che Ash è ricco. Molto ricco. Ricco da fare invidia almeno a dottori e avvocati perciò, anche se ingenuamente, non si negava l'opportunità di andare in giro nel migliore dei modi. Senza fare nomi, le grandi marche adoravano vestirti sopra il gracile e atletico corpo di Ash e lui non negava loro tale opportunità.
Dopo che il suo cagnolone aveva finito di scorazzare libero per tre metri di strada sotto l'occhio vigile del ragazzo, dopo che gli rimise il collare e dopo che iniziarono ad avviarsi verso casa, un uomo sulla quarantina, se vogliamo essere buoni, lo avvicinò con la scusa dell'orario e lo minacciò.
Aveva un coltello con la lama più lunga che Ash avesse mai visto, roba da chiedersi da dove l'avesse tirata fuori, ma il panico non da il tempo di chiedersi bensì di chiedere.
L'uomo voleva i suoi soldi, il cellulare, l'iPod, la collana, l'orologio, la sciarpa e le scarpe. Praticamente tutto. Ash oppose quel minimo di resistenza necessaria per ricevere in cambio due pugni sul volto. Allora il cagnolone, vedendo il padrone in pericolo, balzò addosso al criminale. I cani, come tutti gli animali, ma specialmente i cani, partono all'attacco senza prima valutare se il nemico o l'avversario sia armato o meno quindi si accorse della grossa lama solo quando gli entrò nel corpo.
Ash era a terra. Non vide la scena ma sentì il cane guaire. Si alzò e vide il cane steso per terra e il pelo che da bianco diventava rossastro.
Come aveva fatto il cane poco prima, Ash si lanciò addosso al criminale iniziandolo a prende a pugni. Non aveva mai preso a pugni nessuno, ma quella volta si divertì.
Dopo circa una decina pugni spartiti fra mascella, naso e zigomo sinistro, Ash gli afferrò il collo con le mani, si sedette a cavalcioni sopra il corpo facendo pressione con il suo corpo sulla gabbia toracica per evitare che la situazione potesse ribaltarsi. Strinse le mani attorno al collo e il criminale iniziò ad urlare. Non che ad Ash dispiacesse sentirlo soffrire, ma non credeva di potergli fare così male così facilmente.
Subito notò che c'era qualcosa di granuloso sul collo. Alzò una mano e notò una polvere fragile e grigia che andava espandendosi per tutto il volto e il corpo dell'uomo.
Urlò. Urlò finchè potè. Ash non si mosse disgustato dalla scena fino a quando tutto il corpo divenne una polveriera intrappolata nei vestiti di un uomo di pessimo gusto.
Il calco in cenere cedette sotto il peso di Ash e si alzò subito una nuvoletta di cenere che gli permise di prendere in cane in braccio e di portarlo al pronto soccorso inosservato.

''Inanis, prendi l'aspirapolvere'' urlò Ash.
''Perchè?'' domandò.
''Ci sono riuscito!" rispose.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Missione 2- Ferro e Fuoco ***


Missione 2- Ferro e Fuoco


'Professore, non sono sicura di voler portare a termine la missione. Guardi in che stato è tornato Wasser.' disse Brand dopo che Fos le disse che era il suo di turno.
'Non avrai paura, spero. Wasser è stato solo un pò sfortunato ma alla fine se l'è cavata. Questo è l'importante, giusto?' contestò.
'Si, credo di si' rispose Brand e dopo aver preso il foglietto di carta e uno zaino fu teletrasportata.

Da singolo si intavola
per concludere a nove.
Tossico è nel suo insieme,
dal plasma al fiato,
dalla carne alle ossa.
Non esiste auspicio
per gli inquinati.
Non adottare il ferro
deteriora solo tutto:
cauterizzare è il modo giusto.

Brand aprì gli occhi e rimase sconvolta dal paesaggio. Non sapeva in che luogo esatto della terra si trovasse, ma era tutto così... pacifico.
C'era un lago circondato da una foresta verdissima e profumata. L'aria era pulita, gli uccelli cinguettavano, il cielo era leggermente nuvoloso, cosa poteva esserci di così pericoloso in quel luogo tanto paradisiaco? Si tolse lo zaino dalle spalle e capovolgendolo lo svuotò. Qualcosa di metallico coperto da stracci verdi cadde pesantemente. Bran si chinò e sciogliendo i nodi del tessuto scoprì che c'era una lunga, affilta e tagliente spada.
Se la rigirò fra le mani con spaventato rispetto quando poi sentì qualcosa: il verso di un animale feroce che fendeva l'aria con spietata voracità. Per fortuna sembrava abbastanza lontano da Brand la quale non si fece scoraggiare dai gridi agghiaccianti.
Impugnò la spada e si incamminò verso la sponda più alta del lago per avere più visibilità del luogo.

Dopo una decina di minuti di scarpinata e scivolate (si procurò uno strappo sul jeans) sul muschio, raggiunse la rocciosa sponda del lago e con disperazione osservò l'immensa foresta che si estendeva a perdita d'occhio. Aveva intenzione di tornare a casa il più presto possibile perciò doveva risolvere il problema altrettanto velocemente.
Scese scivolando sul muschio quando una delle sue converse sprofonò nel fango.
'Schifoschifoschifoschifoschifo' disse Brand sentendo il terriccio penetrare nella scarpa fino a raggiungere la calza. Aggrappandosi al ramo di albero tirò il piede fuori dalla buca fangosa, ma proprio in quel momento il terreno friabile e il ramo troppo secco per sorreggere il peso di Brand cedettero facendola cadere di faccia a terra.
Nervosa e disgustata prese a rimuovere tutto il fango presente sui vestiti ottenendo come risultato solo un estensione dell'area di contaminazione. Maledì il professore e se stessa per la sua imbranataggine.

Decise che sarebbe stato meglio se avesse cercato lei il problema, così avrebbe risparmiato tempo ma non energie. Fatto sta che le ci vollero due ore di cammino per trovare qualcosa che, a suo avviso, poteva definirsi 'insolito'. Nel fango ormai secco erano rimaste impresse delle orme gigantesche. Erano circa 10 volte più grande del suo piede ed aveva solo tre dita. Sembrava quella di un dinosauro.
Ora capì. Il ruggito di prima, le orme... il professore l'aveva mandata a uccidere un dinosauro.
Allarmata dalla difficoltà della missione iniziò ad urlare il nome del professore, quasi per evocarlo, ma niente. Era sola e l'unica cosa che poteva fare era affrontare quella creatura.

Seguì le tracce fino ad arrivare in una grotta che prima non aveva notato. Prese il cellulare con la mano libera per fare più luce, ma la grotta era troppo buia. Eccitata all'idea, Brand schioccò le dita ed uscì una fiammella piccola ma abbastanza luminosa da permetterle di vedere la pareti più vicine.
C'era un odore orribile e Brand fu più volte indecisa se continuare o meno, ma alla fine il suo coraggio ebbe la meglio.
Si voltò dopo aver sentito un rumore. Si voltò ancora cercando di capire da dove venisse, poi, a causa della distrazione, la fiamma si spense.
Imprecando contro chiunque, schioccò le dita un altra volta e sentì qualcosa che le accarezzava i capelli. Si girò e vide un occhio gigantesto, giallo e con la pupilla verticale così stretta da sembrare inesistente. Ricordandosi dei vecchi film di Jurassic Park, rimase ferma ad aspettare che quell'enorme bestione se ne andasse.
Notò che il corpo era insolitamente più grande della testa, che il collo era lunghissimo e che aveva delle specie di piccole ali al posto delle orecchie. Non si mosse comunque ne quando l'annusò, ne quando spalacò la bocca, ma quando uscì la lingua per leccarla, Brand non resistette.
Afferrata la spada e con gli occhi chiusi, Brand diede un unico colpo alla creatura la quale iniziò a guaire dal dolore. Per tutta risposa però, Bran ricevette una codata in pieno petto e volò fuori dalla grotta per poi finire a mollo nel lago, svenuta.

Aprì gli occhi quando era già sera. Il petto le faceva male da morire e non vedeva nulla tranne una bellissima luna piena che regnava in cielo affiancata da tante stelle.
Disperata, la prima cosa che cercò fu la spada, ma non la trovò. Tentò di ricordarsi dove fosse finita. Forse in acqua, forse nella grotta, non lo sapeva, ma ora non era tempo di cercarla. Doveva riposarsi ed asciugarsi per poi uccidere la creatura con un colpo solo.
Nuotò fino alla riva e barcollò fino ad arrivare vicino agli alberi. Faceva freddo e lei era bagnata fino al midollo. Senza quasi pensarci, si raggomitolò fra delle verdi foglie d'edera e subito un cerchio di fuoco caldo e accogliente la circondò, pronta per riscaldarla e proteggerla.

Si svegliò che il sole era già alto. Attorno a lei c'erano ancora i resti di un falò che diede quasi per scontato. Doveva tornare alla grotta e sperare che la spada fosse ancora li se no l'alternativa sarebbe stata cercarla nel lago il che complicava le cose.
Trovò quasi subito il sentiero ed entrò nella grotta il più silenziosamente possibile. Voleva solo prendere la spada, uscire e pensare ad un piano per uccidere quella specie di dinosauro.
Camminò a lungo senza trovare la spada fino a quando non sbattè contro qualcosa di squamoso.  Abbassò l'intensità della fiamma per evitare di svegliare la creatura che pigramente riposava e iniziò a cercare la spada la quale giaceva sotto la zampa dell'animale.
Con cautela e silenzio, Brand iniziò a spostare la spada facendola strisciare sul terreno. Più volte dovette fermarsi per evitare che il mostro si svegliasse, ma alla fine riuscì a prenderla. Stava procedendo secondo i suoi piani fino a quando, sbadatamente non cadde a causa di qualcosa di vischioso.
Aumentò la fiamma per scoprire cosa fosse e subito dovette tapparsi la bocca per evitare di urlare. Una lingua stretta, lunga, violacea e biforcuta giaceva sul pavimento affiancata da un enorme pozzanghera di sangue nero.
Uscì dalla grotta e corse il più velocemente possibile, sperando che la creatura dormisse ancora.

Il piano era perfetto, peccato che da sola era difficile da attuare. Ci provò comunque.
Entrò nella grotta, prese dei rami secci e gli lanciò come molotov per poi infuocarli da lontano. L'effetto era spettacolare, peccato che la creatura non gradì e appena Brand si accertò che stava per uscire, iniziò a scappare.
Corse velocemente, ma la creatura nonostante la sua stazza era così agile nei movimenti da costringere Brand a saltare per schivare qualche sua codata o morso.
Alla fine, quando ebbe il tempo e la distanza giusta, poggiò una mano per terra e innalzò delle fiamme talmente alte da superare gli alberi. Il mostro, spaventato dalle fiamme, non attraversò il muro optando per un ritorno alla caverna.
Ma Brand aveva calcolato tutto. Dopo essersi arrampicata su un albero, giocò con il fuoco creando una specie di labirinto incandescente per condurre la creatura proprio dove voleva: Sotto di lei.
Appena verificò che la creatura non poteva effettivamente muoversi a causa delle fiamme, Brand si lanciò in basso brandendo la spada e con agilità mozzò la testa al grande bestione.

La testa rotolò, il corpo cadde a terra senza vita e Brand, nonostante il dolore al gomito causato dall'impatto con le squame, iniziò a ridere. Aveva vinto e ora poteva tornare a casa.
Raccolse la spada tutta contenta quando, ad un certo punto, fu costretta a voltarsi a causa di un disgustoso rumore che proveniva da dietro di lei.
Dal punto in cui il collo terminava in una sanguinolenta poltiglia, Brand vide qualcosa di strano muoversi. All'inizio pensò a qualche animaletto ma poi, di colpo, uscirono due teste di grandezza uguale alla precedente.
''Cazzo, un Idra'' disse ad alta voce e subito andò a nascondersi dietro un albero.
Ora capiva i versi della poesia.
Fece un respiro profondo e raccolse una pietra che lanciò addosso all'animale il quale, voltandosi ruggì sonoramente.
''Ehi!- urlò- sono qui, prendimi''.
Allora iniziò un gioco di inseguimenti fino a quando Brand non si trovò la strada bloccata da una montagna. Si mise la spada fra i denti e provò a scavalcarla, ma non ci riuscì. Era troppo ripida. Aspettò che l'Idra fosse abbastanza vicino per sfruttare il muschio presente a terra. Andando incontro alla creatura, e benedendo tutto quel tempo passato a giocare a calcio, Brand scivolò lungo l'erbetta per poi pugnalare l'animale all'intestino.
Il sangue schizzò dappertutto, qualche goccia le entrò persino in bocca, ma non curante del fatto, sfruttò la spada per salire sul dorso dell'animale e con due colpi secchi gli staccò entrambe le teste. Lanciò la spada e poggiò due mani sulle ferite che subito cicatrizzarono grazie al suo potere di fuoco.

Esausta cadde a terra. Si sentiva male e aveva la vista appannata. Svenne e si risvegliò piena di dolori nello stesso letto in cui Wasser era stato portato una settimana prima.
''Brand stai bene?'' disse il professore.
''No, mi fa male tutto'' si lamentò.
''Hai per caso bevuto il sangue dell'animale?''
''Qualche goccia mi è entrata in bocca, perchè?''
il professore non rispose, ma si rivolse verso Luft e Jord dicendo
''Chiamate Wasser, abbiamo bisogno di lui, Brand è stata avvelenata e solo lui può aiutarla!''

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Viene da chiedersi per cosa ci stia preparando ***



Approfitto di questo capitolo per ringraziare due persone: Sofia_94 per le sue recensioni che si rivelano sempre un ottimo incentivo e DreamNini che mi ha messo un'utile pulce nell'orecchio... Buona lettura :D

Viene da chiedersi per cosa ci sta preparando


Il ragazzo arrivò poco dopo. Luft stava piangendo sul letto mentre Jord contemplava la triste figura di Brand senza muoversi o parlare.
''Che è successo?'' domandò.
''E' stata avvelenata'' disse Luft fra un singhiozzo e l'altro.
Il biondo balzò vicino al letto per vedere meglio Brand e subito gli venne un nodo alla gola. Era pallidissima e le labbra erano violacee. Respirava a fatica e aveva un'espressione di dolore scolpita sul viso.
''Wasser, grazie al cielo'' disse il professore.
''Perchè mi ha chiamato?''
''Tu controlli l'Acqua e i flussi corporei. Concentrati e disintossica Brand.''
Sembrava facile, ma non lo era. Chiuse gli occhi, poggiò una mano sul cuore di Brand che batteva poco, l'altra sul suo stomaco svuotato e iniziò a fare una leggera pressione. Immaginò un liquido nero che veniva spazzato via dalla sua acqua celeste che si diffondeva fra tutte le vene, le arterie e i capillari.

Ci mise mezz'ora, ma alla fine Brand si svegliò. Luft le saltò addosso abbracciandola, Jord le arruffò i capelli e Wasser, esausto, le fece un buffetto sulla guancia.

''Allora? cos'hai affrontato?'' chiese Luft eccitata.
Brand non rispose subito. Ispirò e scoccò un'occhiata d'odio al professore.
''Un' Idra'' rispose tornando solare.
Wasser e Luft rimasero impassibili, troppo imbarazzati per chiederle cosa mai fosse un'idra, si limitarono a dire cose tipo wow e ah,però!.
Per fortuna arrivò Jord in loro soccorso:
''L'idra è un animale della mitologia greca. E' una specie di grande dinosauro con il collo lungo il quale se viene decapitato nasce una testa in più. Ah, dimenticavo, il suo sangue e il suo alito sono estremamente velenosi'' spiegò.
''Non crede che stia esagerando? Mi ha fatto affrontare un esercito di zombie acquatici e a Brand è toccato un dinosauro che sa autorigenerarsi!" protestò Wasser rimanendo calmo ma stingendo i pugni.
''Avete bisogno di allenamento!'' si giustificò.
'' Per affrontare cosa?'' chiese Jord.
'' Lo saprete a tempo debito. Ora, Jord, ti consiglio di rilassarti perchè il prossimo sarai tu'' disse il professore facendogli l'occhiolino.
''Fantastico''.

''Sicura di stare bene?'' disse Luft rivolta a Brand.
''Sì, sono solo molto scossa. Non mi aspettavo una cosa talmente difficile.'' rispose.
''Rassicurante'' ironizzò Jord che sembrava desolato dopo quello che gli aveva detto il professore.
''Tranquillo, Aquila! Sono sicuro che ce la farai'' disse Wasser tirandogli una pacca sulla schiena così forte da farlo barcollare.
''Be, ora andiamo che la signorina ha bisogno di riposo'' ridacchiò Luft prendendo Jord per mano e conducendolo fuori.
''Wasser...'' disse Brand come per trattenerlo dall'uscire.
''Dimmi...'' rispose sedendosi sul letto preoccupato.
''Tranquillo, sto bene. Solo che stavo riflettendo su questi allenamenti: sono troppo difficili e duri. Viene da chiedersi per cosa ci sta preparando''.
''C'ho pensato pure io. Qualsiasi cosa sia deve essere molto difficile. Ora riposati che abbiamo bisogno del tuo fuoco'' rispose facendole l'occhiolino e uscendo dalla stanza.
Brand si addormentò quasi subito.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Poison Ivy ***


Poison Ivy


Silva adorava i suoi lunghi capelli rossicci. Erano di un colore così particolare da provcare l'invidia di molti e poi si intonavano perfettamente ai suoi occhioni verdi e alla pelle chiara, così chiara da sembrare quasi trasparente.
L'obiettivo del suo allenamento era quello di creare piante indipendenti, piante che conservavano memoria di un ordine e prive di sentimento... Degli automi.
La sua stanza era diventata una serra dove il verde delle foglie copriva il bianco delle pareti. C'erano fiori, rami, foglie, erba, legno... Un paradiso terrestre.
Ma Inanis non voleva questo. Voleva piante robotizzare e, preferibilmente, velenose.
Veleno. Questa parola rimbombò nella mente di Silva facendo eco fra le pareti incise del suo inconscio.

Era Agosto. Silva stava dando ripetizioni di latino ad un ragazzo che ne aveva sinceramente bisogno. Lui era bello, lei lo è ancora quindi la chimica entrò in azione.
Faceva caldo e Silva aveva notato già da tempo che più stava al sole e più si sentiva forte, energica, sazia. Non mangiava molto ma non era nemmeno molto magra. Le bastava un bicchiere d'acqua ogni tanto e un bagno di sole. Tuttavia dovette iniziare a mangiare anche perchè i suoi genitori stavano iniziando a preoccuparsi di questa figlia che non mangiava ma stava bene. Tornando al ragazzo, stavano ripetendo la quinta declinazione quando lui, sfiorandole la mano impacciatamente, le chiese di uscire. Accettò senza batter occhio. Anche allora era romantica, ma non poteva immaginare che quella sarebbe stata la sua ultima uscita per tanto tempo con un ragazzo.
Andarono al cinema a vedere un film romantico che non piacque a nessuno dei due. Passarono il tempo a criticarlo e a riderci su facendo attenzione che nessuno spettatore potesse lamentarsi del loro brusio.
Dopo il cinema fu il momento di una cena offerta dal galantuomo. Andava tutto così bene. Cinema, cena, fiori...
Mangiarono, lui più di lei per le ragioni già spiegate. Il cibo era buono, ma l'acqua aveva sempre quel non so che il quale la faceva star bene, perciò bevve molto e mangiò poco.
Falsamente triste del fatto che lei non avesse mangiato tanto e sinceramente sollevato del conto che era stato ridotto, i due uscirono e lui la portò a visitare il boschetto che apparteneva ai suoi genitori.
Con tutte quelle piante Silva si sentiva in paradiso. Era raggiante, sorridente, ambigua e misteriosa. Iniziò ad elencare i nomi in latino delle piante che vedeva approfittandone per interrogare scherzosamente il suo accompagnatore.
Si stendettero sopra il terriccio e guardarono le stelle. Faceva molto caldo e al ragazzo non faceva stare molto bene stare sotto così tanta anidride carbonica emessa in continuazione da un respiro non suo. Iniziò a girargli la testa, niente di preoccupante.
Rimasero li sotto un altro pochino. Poi il telefono di Silva squillò le note di una canzone troppo vecchia per qualsiasi gusto richiamandola alla realtà: era quasi mezzanotte e doveva tornare a casa se no chi li sentiva i suoi?
Fece per alzarsi ma lui la trattenne dolcemente e prendendole il piccolo mento con la mano, guidò le sue labbra verso le sue. Si baciarono. Lei sentì un lieve suono, come quando qualcosa di molto caldo viene raffreddato di colpo e lui spalancò gli occhi.
Sentendo che qualcosa non andava, Silva si staccò immediatamente e vide il ragazzo che iniziava a tossire. Dapprima sorrise perchè credeva che aveva ingoiato male, ma poi, quando si prese il collo fra le mani e cadde a terra, iniziò a spaventarsi.
Dalle labbra partirono delle ramificazioni di venuzze viola e verdi che andavano espandendosi in tutto il corpo. La pelle era diventata perlacea e il ragazzo fu preso da qualche lieve spasmo prima di voltare gli occhi vitrei al cielo stellato.
Chiamò ambulanza, guardia forestale, pompieri, i suoi genitori ma per il giovane non ci fu più nulla da fare. I risultati dell'autopsia dichiararono morte per avvelenamento: un veleno più mortale del cianuro e più doloroso dell'arsenico.
Presi dal panico fu anche analizzata la ragazza ma nel suo stomaco non c'era alcuna traccia del nuovo veleno. Il ristorante fu chiuso.
Passarono altre due settimane e Silva si era ormai ripresa dallo shock. Aveva notato che al posto del sangue aveva una roba verdastra dal profumo inebriante, aveva notato che se voleva strappare un fiore l'unica cosa che otteneva era un miglioramento del vegetale, aveva notato che quando passava, gli alberi si muovevano per lei.

''Prendimi quella penna'' disse Silva dolcemente a un narciso.
Il fiore giallo si mosse emettendo piccoli versi che chiunque avrebbe classificato come disgustori eccetto Silva e obbedì. Prese la penna nel suo Stilo e lo portò alla padrona come un grato serpente domestico.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Missione 3-Terra propria e opera propria sono il miglior stato ***


Missione 3-Terra propria e opera propria sono il miglior stato

''Ti consiglio di indossare una maglia con una trafila fragile'' esordì il professore.
''Perchè? Ha importanza?'' rispose sconsolato Jord.
''Può averne... dipende da te! Buon viaggio!''

Jord aprì gli occhi e si guardò attorno. Era in una specie di deserto roccioso pieno di massi di ogni forma. Jord si piegò e ne prese una manciata ricordandosi che da piccolo ne aveva una collezione vastissima prima che sua madre buttasse via tutto perchè era troppo grande.
Prese il foglietto dalla tasca e lesse.

Non ponderarlo come uomo
poichè non lo è.
Derivato da un celestiale sopruso
per la sua fisionomia
 in un groviglio è stato rinchiuso.
Sette fiorenti e sette giovinette,
questo era il trattato
che non fu rispettato.
Mezza bestia, figliastro di un sovrano
ha il capo acuminato ed è perfetto cacciatore.

Rilesse più volte sperando di sbagliarsi, di aver capito male, di aver frainteso tutto ma c'erano alcune parole chiavi che rafforzavano la sua ipotesi a suo discapito.
Sette fiorenti, groviglio, figliastro di un sovrano, mezza bestia.

''Ok, calmati... forse ti sbagli!" disse Jord ad alta voce quasi per convincere più qualcun altro che se stesso.
Iniziò a camminare. Prima fece per andare a sinistra, poi a destra ma alla fine decise di avviarsi di nuovo a sinistra. Ci mise poco a trovare quello che doveva trovare.
Una porta di marmo bianco si estendeva affianco ad una in marmo nera. Ora doveva solo decidere quale fosse quella giusta.

La porta in marmo bianca era più rassicurante e semplice anche se sulle colonne si ergevano due piccoli tori che reggevano il timpano della costruzione.
La seconda invece era decoratissima: dalla superficie alle maniglie alle colonne ai capitelli.
Tirò un respiro e prese una moneta dalla tasca. Non gli andava di ragionare in quel momento. Decise che se fosse uscita testa sarebbe entrato nella porta nera, al contrario, se fosse uscita croce sarebbe entrato nella porta bianca.
Lanciò in aria la moneta, l'afferrò e la sbatte contro il palmo. Uscì Croce.
''Porta bianca allora'' disse fra sè e sè.

Spinse tantissimo, più forte che poteva, ma la porta non si mosse di un millimetro.
Prese allora a scagliare rocce contro la parete in marmo, ma si dimostrava assai resistente.
Alla fine si arrese, spinse un'altra volta e cadde a terra sconfitto.
Iniziò allora a studiare la porta nei minimi dettagli. Era davvero molto semplice: ogni anta era divisa a metà da due figure geometrice, le due maniglie riproducevano due serpente e sul timpano era raffigurata una scena dei miti greci. Jord riconobbe Poseidone dal tridente, ma non capì altro. Era troppo alta e gli occhiali non bastavano ad aiutarlo. Riconobbe solo un re e un bue.
Sconsolato si sedette su una roccia deciso a provare ad aprire la porta nera quando a causa di un improvviso strillo di cornacchia si voltò di scatto e vide una scritta che prima non aveva notato. Si avvicinò e lesse ἕλκω.
Rise per un bel pò e si sentì anche un mezzo idiota, ma alla fine capì cosa doveva fare per aprire quella porta: bastava Tirare.

Quando Jord entrò non si aspettava certo di trovare qualcosa di bello e splendente, ma nemmeno quello che i suoi occhi furono costretti a non vedere.
Era tutto buio. Per la precisione bluastro. C'erano alcune fessure sul tetto da cui entrava qualche timido raggio di sole che di li a poco sarebbe scomparso. Le mura erano ricoperte ovunque da ragnatele, il tetto era onnipresente, con qualche rara eccezione costituita dalle fessure, il pavimento era pura e semplice terra umidiccia e mordiba.
Camminò lungo il corridoio prima di trovarsi di fronte ad un bivio.
Merda! pensò subito. Allora fece per tornare indietro, ma il corridoio che lui credeva rettilineo, era pieno di curve, vicoli ciechi e incroci.
Iniziò ad avere un attacco di ansia. Fece per chiedere aiuto a Fos, ma l'ultima cosa di cui aveva bisogno erano altri problemi provocati dall'eco della sua voce.
Istintivamente cercò di tornare indietro, ma subito si bloccò poichè sapeva che altre mosse avrebbero solo complicato la situazione. Del resto anche rimanere lì sarebbe stato inutile, doveva solo fidarsi della sua memoria anche se li tutto era precisamente uguale.

''Ti consiglio di indossare una maglia con una trafila fragile''
Si tolse il maglioncino e con una pietra creò uno strappo. Prese un lembo di lana e lo legò saldamente ad una roccia. Poi decise di tornare indietro cercando di fare più infretta possibile.
Appena girò la prima curva però fu costretto a bloccarsi. Da lontano provenivano rumori pesanti, come di passi di animale che trascinava qualcosa di pesante.
Non era un uomo perchè si sentivano ogni tanto sbuffi e versi strani.
Il cuore di Jord iniziò a battere freneticamente. Per un attimo ebbe la sensazione che stesse per uscire dalla bocca per poi andare a sbattere contro i muri esplodendo come un palloncino d'acqua.
Tentò di calmarsi ma non ci riusciva. Quella creatura lo stava cercando, QUELLA creatura che tanto aveva temuto e per cui aveva provato pietà ora stava per raggiungerlo e lui non aveva tempo.

Con il maglioncino stretto al petto aumentò il passo. L'unico rumore che si sentiva erano le zampe che sbattendo per terra facevano vibrare il terreno che tanto dava sicurezza al ragazzo. Poi si fermò agghiacciato. Semmai la creatura avesse trovato il filo, seguendolo l'avrebbe trovato più facilmente!
Prese un'altra pietra e recise il filo dannando Fos per il compito che gli era stato assegnato.
Si tolse le scarpe e le abbandonò lì dove abbandonò anche il filo di lana. Si rimise il maglione ma lo copriva solo per metà lasciando tutto l'addome scoperto.
Iniziò a camminare più velocemente senza mai correre. Stancarsi e sudare avrebbero solo peggiorato la situazione, per giunta in quel posto iniziava a mancargli l'aria. L'umidità era a livelli allucinanti e dalle fessure entravano raggi di sole che aumentavano l'effetto serra del luogo.

Ormai non sentiva più nulla. Si inginocchiò e poggiò l'orecchio a terra per assicurarsi che fosse lontano. Infatti non si sentiva più nulla. Sollevato, poggiò la schiena alla parete e iniziò a calmarsi quel tanto che bastava per elaborare un piano.

Era passata ormai mezz'ora e non si sentiva più nulla. Jord non era ancora riuscito ad elaborare un piano poichè l'atmosfera chiusa del labirinto si rifletteva più sulla mente che sul corpo. Si era appena spostato per vedere un sassolino che stava traballando per terra quando il muro su cui si era appoggiato poco prima tremò fragilmente.
Jord indietreggiò il più possibile ma cadde quando il labirinto fu scosso da una seconda botta ancora più forte.
Doveva correre ma non ci riusciva. Aveva i piedi incollati a terra e ogni muscolo del corpo era teso in una perfetta staticità.
Terzo colpo e il muro crollò sotto l'enorme potenza dell'attacco. Dalla penombra si intravedeva la figura di un uomo muscolosissimo e dalle spalle molto larghe, ma non era il corpo quello che Jord notò con terrore. La figura avanzò ancora espirando violentemente e Jord ebbe l'amara certezza. La testa non era quella di un uomo bensì di un toro.
Era rinchiuso del labirinto di Cnosso alla mercé del Minotauro. Per poco non svenne.
Quello che la leggenda si dimenticò di tramandare è che il Minotauro di serviva di armi oltre le corna e i muscoli.

Vedendo un magrolino come Jord, la creatura storse il naso, quasi scontento di quella poca carne che era attaccata alle ossa mediante i tendini. Accontentandosi, sollevò il braccio destro sul quale troneggiava una mazza di ferro spinata pronta a colpire, macellare e bucherellare Jord.
Con violenza estrema si lanciò all'attacco e appena fu abbastanza vicino tentò di colpire il ragazzino con il bastone. Jord rimase immobile per tutto il tragitto con l'eccezione di aprire la mani per coprirsi istintivamente il volto mossa che si rivelò assai utile poichè la mazza non lo colpì anzi rimase sospesa per aria. Nonostante il Minotauro la spingesse con tutta la sua forza verso Jord, la mazza non si muoveva di un millimetro.
'Come con il sasso' disse Jord mentre si guardava le mani come se le avesse viste per la prima volta. 'SASSO!' pensò.
Scivolvò via dalla traiettoria di collisione con l'oggetto contundente e subito la mazza spaccò un paio di rocce invece del corpo del ragazzo. Si vede che al Minotauro piacciono le carni tenere.
Ripresa la mazza la bestia ritentò a colpire Jord il quale si era intelligentemente ficcato dentro un vicolo cieco. Iniziò a correre verso il ragazzo che, in preda ad un panico palesemente artificiale, stese la mano sopra un sasso grande quando la sua testa e lo lanciò contro la creatura la quale, incredula, venne colpita in pieno volto dal mattone.

Approfittando del dolore che la creatura avrebbe dovuto provare, Jord iniziò a correre a perdi fiato. Cercava di uscire, di ritrovare il filo, ma era tutto così dannatamente uguale che Jord iniziò a sentirsi male. Poi vide una luce provenire da un corridoio e, speranzoso, iniziò a seguirla pensando di essere in salvo.
Corse, corse, ma alla fine rimase deluso. Era una specie di camera dove si trovava un fuocherello acceso e tante, ma proprio tante ossa. Non ci mise molto a indovinare che quella fosse la stanza del Minotauro. Purtroppo però, quando si vedono delle ossa, non è come quando accade nei film, dove gli attori, impassibili, le ammirano e le guardano e magari le baciano anche.
Schifato e nauseato a tal punto che ebbe l'imput di vomitare, Jord si appoggiò alla parete dove subito le sue dita trovarono il calco di qualcosa. Schiacciò il naso al muro visto che aveva perduto gli occhiali durante lo scontro del minotauro. Quello che vide era una sconcertante piantina del labirinto fatta davvero molto male, imprecisa, e, sicuramente, incompleta. Scoraggiato Jord uscì dalla camera ma prima che potesse accorgersene sbattè contro il duro corpo maleodorante del Minotauro.

La creatura lo prese per il colletto della maglia e lo scagliò contro una parete in terriccio. Purtroppo, contro ogni previsione del Minotauro, il terriccio, riconoscendo il proprio padrone e detentore, si ammorbidì all'istante garantendo a Jord un impatto morbido e indolore.
Il toro prese la carica e decise che la cosa migliore da fare era incornare la vittima che forse si stava rivelando troppo resistente per i suoi gusti. In preda ad un panico naturale, Jord si spostò appena in tempo per schivare le corna appuntite della bestia conficcate ormai nella parete ancora morbida che prima aveva accolto tanto dolcemente il ragazzo.
Avendo un lampo di genio improvviso, Jord poggiò subito la mano sulla parete in terriccio e senza troppe formalità l'indurì trasformandola in terra e , alla fine, in roccia.
Ora il Minotauro era bloccato, ma il suo lavoro non era ancora finito.

Si sedette per terra a quattro zampe, si concentrò e liberò la mente nonostante i muggiti della bestia. La terra iniziò a tremare. Non era un vero e proprio terremoto perchè tutto quello che stava succedendo era circoscritto nell'area del labirinto e non era la terra che tremava bensì le pareti ed il tetto. Forti corridoi in pietra diventavano friabili biscotti sotto la potenza della scossa che minacciava di ridurre tutto in un cumulo di polvere.
Il Minotauro si dimenava come un pesce fuor d'acqua per cercare di liberare le corna dal muro in pietra, ma la roccia era troppo resistente persino per un colosso come lui.
Si crearono alcune crepe, mattoni iniziarono a cadere, il tetto iniziò a cedere, ma Jord non si smuoveva, era determinato a distruggere quel luogo.
Un macigno cadde pericolosamente vicino sfiorando le dita del ragazzo, ma lui non si mosse. Era determinato a far crollare tutto anche perchè sarebbe stato difficile uscire dal labirinto.
Chiuse gli occhi, corrugò a fronte, strinse i pugni e dopo la bellezza di trenta secondi tutto sparì sotto un manto di polvere e macerie.

Il professor Fos ci mise mezz'ora a trovare il suo alunno. Quando lo recuperò da sotto delle macerie che, sospese in aria, non lo toccavano veramente, era svenuto e ferito in vari punti del corpo. Lo prese in braccio e lo poggiò sul letto dove Brand, Luft e Wasser stavano aspettando pazientemente.
Appena videro il loro amico in quello stato, Brand spalancò gli occhi, Luft aiutò il professore a mettere il suo amico steso sul divano mentre Wasser, incavolato ero, volse gli occhi al cielo e mordendosi le labbra uscì dalla camera sbattendo la porta.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Mi odi anche tu? ***


Mi odi anche tu?

Jord si svegliò in camera sua. Era pulito e le ferite erano guarite anche se era ancora molto stanco e le ossa gli facevano male a causa dell'umidità che avevano assorbito nel labirinto.
Con sua grande sorpresa non fece alcun incubo riguardante quello che era accaduto in quel luogo, a Creta, anche se ne conservava un vivido ricordo.
Non si sarebbe mai scrollato dalla mente l'immagine delle ossa, della creatura, l'odore di chiuso e la sensazione di claustrofobia; ma ora aveva vinto e non aveva più nulla da temere. Era un dio a tutti gli effetti.

Poco dopo arrivò Fos che si sedette cautamente ai piedi del letto.
''Allora... mi odi anche tu?'' chiese il professore e il ragazzo sorrise in risposta.
''So che lo fa per il nostro bene e so che ci servono queste prove'' spiegò.
Il discorso, come ogni dialogo con Jord, si rivelò freddo e imbarazzante così il professore decise di andarsene augurandogli di guarire presto.
''Professore, quasi dimenticavo, devo chiederle un paio di cose...'' disse Jord trattenendolo.
''Ti ascolto.''
''Cosa c'era dietro la porta nera?'' domandò il ragazzo.
''Lo sai cosa c'era'' rispose.
''Il palazzo di Minosse'' sorrise affondando la testa nel cuscino ''cosa sarebe accaduto che avessi aperto per prima la porta del palazzo?''.
''Probabilmente nulla. Ti saresti solo accorto che stavi per affrontare il Minotauro con più anticipo'' disse alzando le spalle ''c'è altro?''.
''Sì... sotto le macerie, come ha fatto a trovarmi?'' chiese dubbioso.
''Ho seguito il filo della tua maglia'' fece l'occhiolino e sparì.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Fulmine a ciel sereno ***


Fulmine a ciel sereno

Torm, a differenza degli altri suoi compagni di ventura, non aveva una camera per allenarsi. Viste la sua capacità di influire sul tempo atmosferico, Inanis pensò bene di farlo esercitare sull'attico dell villa.
Obiettivo del suo allenamento era far cadere il maggior numero di fulmini contemporaneamente su un unico punto. Non era affatto facile per Torm provocare un fulmine, figuriamoci farne cadere almeno 10!
Aveva bisogno di un motivo per innervosirsi perciò si appoggiò alla parete e iniziò a ricordare...

Accadde a Settembre. Nella scuola dove ormai era famoso per le sue imprese da bullo, era arrivato un nuovo tizio grande il doppio di lui e dall'aspetto due volte più minaccioso.
Iniziò così una gara a chi seminava più panico nella scuola e a chi raccoglieva più seguaci. Fatto sta che Torm raccolse più seguaci tra le ragazze solo per il fatto di essere più bello e per avere una costituzione molto meno massiccia. Alle ragazze si unirono anche coloro che, vedendo un pericolo maggiore nel nuovo arrivato, preferivano un buon vecchio Torm che sapeva quando fermarsi.
Ma l'invidia è una brutta bestia, si sa; allora il nuovo arrivato Iniziò a seminare panico fra i seguaci di Torm (mossa giudicata scorretta da tutti) quindi alla fine si decise per uno scontro tête-à-tête dove lo si dava per sconfitto.
Sentendosi tradito da queste scommesse che lo vedevano perdente, Torm iniziò a prendersela con i suoi amici di sempre e con i suoi seguaci i quali, vedendo la sua ira, cambiarono sponda e, da brave pecore quali sono,  preferirono il nuovo arrivato.
Arrivò il giorno della lotta. Le armi erano giudicate troppo pericolose e volgari, perciò si dovevano solamente prendere a calci, pugni, gomitate e ginocchiate.
Neanche iniziò la lotta che subito un professore gli divise, non perchè gli interessasse veramente la salvaguardia degli alunni ma perchè non voleva che qualche genitore esaltato potesse dare la colpa alla scuola.
La lite fu rimandata ancora e ancora e ancora fino a quando non se ne parlò più.
Tornò tutto alla normalità e Torm e il tizio avevano trovato una specie di equilibrio nel maltrattare le persone: ognuno aveva le proprie vittime preferite. Poi c'erano gli 'intoccabili': coloro che non potevano essere tormentate da nessuno dei due, gli 'alleati' che potevano solo essere maltrattati da chi erano ostinati a seguire e sostenere e le 'ragazze del boss' che potevano essere scambiate tranne nel caso in cui uno dei due non fosse stato fidanzato con qualcuna.
Così la scuola tornò al proprio quieto vivere con questi accordi stipulati sicuramente dopo un'endovena di film simili al padrino.
Un giorno, anzi un pomeriggio, Torm stava tornando a casa a piedi quando, ad un certo punto sentì un colpo alla testa. Cadde sulle ginocchia e premette con le mani sulla testa quasi a volerla sorreggere. SI girò e vide la montagna con una mazza che poteva essere di ferro o qualcosa del genere (il materiale la dice lunga su che tipo di persona fosse).
Scontrosamente Torm chiese cosa gli fosse saltato in quella testa vuota che per l'occasione paragonò ad un organo tipicamente maschile, ma ebbe come risposta un calcio in pieno petto. Tossì, si alzò barcollando e si tolse lo zaino dalle spalle pronto ad attaccare.
Dopo qualche scambio di opinioni colorite, il nuovo massiccio arrivato gli disse che aveva saputo che si era divertito con la sua ragazza.
Inutile dire che Torm iniziò a smentire ed inutile dire che quello non lo ascoltò. Preferì passare alle mani così sferrò un pugno che lo sfiorò soltanto, ma approfittò della mano libera per afferrare il colletto della maglia del ragazzo. In quella posizone (che Torm aveva avuto il piacere di studiare nei vari anni della sua vita) il ragazzo più magro si svincolò con molta agilità aggiungendo un calcio sullo stomaco dell'avversario per fare più effetto.
Quasi sorpreso di quello che era accaduto, il nuovo arrivato riprese il tubo di ferro e iniziò a fendere l'aria sperando di colpire Torm in qualche modo. Ma Torm era agile, prerogativa di quelli che, nonostante i muscoli rimangono comunque abbastanza piccoli rispetto a certi bestioni.  
Ma un tubo di ferro, si sa anche se non lo si prova, fa male. Quando lo colpi al polpaccio Torm non potè fare a meno di ricadere sulle ginocchia e di ricevere un altro calcio sullo stomaco. Sopraffatto dal dolore si stendette per strada sperando che il tizio ne approfittasse per andarsene. Si odiò in quel momento, ma non poteva continuare a combattere.
Non contento, però, il colosso alzò il tubo prendendo una posizone simile a quella della costellazione di Orione (cintura compresa) pronto per rifilare il colpo di grazia al ragazzo.
Ma il ferro, si sa anche questo, è conduttore di elettricità e proprio in quel momento, quando Torm provò una forte rabbia verso di lui e gli urlò contro la prima cosa che gli venne in mente-  'Bastardo che aspetti, colpiscimi!'  - un fulmine attraversò il cielo e colpì la montagna in pieno. Chi vide il fulmine da lontano, potè giurare di non aver mai visto un fulmine così. Non perchè era più rumoroso o luminoso, ma perchè durò la bellezza di 40 secondi.

Si udì un rumore pazzesco e Inanis spalancò la porta che dava all'attico. Si mantenne alla cornice della porta per non cadere. Non c'era più il pavimento (quindi anche il tetto della casa) e vide Torm aggrappato ad una sporgenza di un muro rimasto. Inanis gli sorrise e lo aiutò e rientrare in casa.

Gli allenamenti erano completi.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Missione 4-Fouettés en tournant ***


Ringrazio la mia amica Alessia per l'infinita (anzi, abissale) pazienza che ha dimostrato nello spiegarmi un 'movimento' chiave di questo capitolo.

Missione 4-Fouettés en tournant

''Sei pronta?'' chiese il professore alla ragazzina che sussultò appena sentì la sua voce.
''Ha importanza?'' rispose Luft preoccupatissima.
''No!'' e il professore le diede un colpetto sulla scapola e subito fu teletrasportata.

Non pensava davvero di capitare in quel luogo. Forse il professore aveva sbagliato: Wasser, Brand e Jord erano capitati in luoghi dove la natura regnava invece lei era li, sul tetto di un altissimo grattacielo.
Chiamò il professore per dirgli che aveva sbagliato, ma non ottenne ovviamente risposta.
Frugò in tasca e vi trovò un biglietto che recitava:

In trio osteggiano:
strappano e salassano,
abbattono e lacerano.
Dominano l'etere
con piume d'acciaio e
urla d'argento.
Aello, Ocipete e Celeno
sono designate.
celate i bambini e
suicidi fuggite.

Luft aveva solo capito che erano tre non-so-cosa con delle piume, che governano non-so-dove e che erano davvero cattive. Non che avesse bisogno di un poemetto per capire che il professore non si sarebbe rivelato indulgente con lei visti i precedenti, ma una piccola parte di lei continuava a sperare.

 Attese 10 minuti e non accadde nulla. Si mise a giocare con i capelli, a danzare, a disegnare creature immaginare per aria, ma tutto era tranquillo e calmo. Le sarebbe piaciuto rimanere lì per un pò. Era tutto così silenzioso e pacifico.
Il suo cervello fu attraversato da una scossa. C'era troppo silenzio... Come faceva una città a essere silenziosa alle 10 del mattino?
Si affacciò e vide che le strade erano deserte. Macchine abbandonate, fogli di carta che svolazzavano nel vento, buste della spesa lasciate per terra e contenuti delle buste sparsi per marciapiedi. Era terrificante.
Iniziò a mangiarsi le unghie e a guardarsi intorno con aria furtiva, attenta ad ogni piccolo segnale che potesse rivelare la presenza di un nemico. Si diresse verso la porta ma era chiusa. La prese a calci ma non si muoveva, raccolse una specie di palla d'aria e la scaraventò contro di essa, ma resisteva a tutto.
Alla fine si arrese e si sedette per terra nella posizione del loto. Non faceva yoga, ma le piaceva tanto rilassarsi e respisare lentamente. Attivò il diaframma e iniziò a canticchiare una canzone, la prima che le venne in mente.

Making my way downtown
Walking fast
Faces passed
And I'm home bound

Con le dita faceva finta di suonare un pianoforte immaginario che gli occhi chiusi aiutarono  a visualizzare. Un venticello piacevole iniziò a soffiare scompigliandole i capelli neri e lei lo prese come un invito a continuare.

Making my way
Through the crowd
And I need you
And I miss you
And now I wonder....

Ormai si muoveva come fosse davvero una pianista in preda ad un raptus d'arte assoluta.
Dita, mani, polsi, busto e testa mimavano perfettamente quei pianisti che Luft tanto ammirava e amava vedere nei locali dove facevano Jazz. Si sentiva leggera e felice senza alcun vincolo terreno.

If I could fall
Into the sky.

S'interruppe in questo punto. Sentì il bisogno di aprire gli occhi e seguì l'istinto pentendosi subito dopo.
Urlò e si dimenò come una piovra che cerca di scappare da una pozza d'acqua troppo piccola anche se per lei l'aria era abbastanza grande. Stava volando.
Aveva sempre desiderato volare, ma non aveva mai pensato a come potrebbe essere complicato muoversi senza appoggio. A terra cammini perchè è solida, in acqua nuoti perchè è abbastanza liquida da permetterti di sfruttare il corpo, ma se sei sospeso in aria, senza corrente, come ti muovi?

Per fortuna Luft non si scordò di essere la dea dell'aria così sfrutto quel vento che sapeva muovere per cercare di atterrare, anche se non si era mai visto un vento soffiare verso il basso. Era quasi arrivata a metà strada quando l'ombra di un uccello la fece voltare.
All'inizio non capì, pensò che fosse un avvoltoio visti i cerchi che disegnava nell'aria con il suo movimento, ma alla fine, strinse gli occhi per vedere meglio e ne fu terrorizzata.

Senza entrare in un panico esteriore, cercò di aumentare la potenza del vento quel tanto che le bastava per atterrare, ma l'uccello prese a muoversi verso di lei, in picchiata urlando senza troppe cerimonie.
Luft era troppo lenta per quell'enorme rapace che con molta facilità arpionò la ragazzina con i suoi artigli e iniziò a trasportarla come fosse una preda.
In quella posizione, appesa per le braccia e trasportata a grande velocità, risultò difficile per Luft aprire gli occhi o persino dimenarsi per liberare le proprie braccia da quella stretta micidiale.
L'uccello iniziò ad urlare e alla fine si diresse verso l'alto, verso le nuvole anzi, oltre.

Luft si ritrovò quindi sperduta in un luogo che aveva sempre sognato, ma che solo ora iniziava a temere. Sopra di lei il cielo limpido, senza una nuvola, sotto di lei le nuvole.
Benchè l'aria fosse rarefatta, non fu difficile per la ragazzina respirare e solo quando riuscì a ferire l'uccello sulla zampa potè liberarsi dalla presa. Rimase sospesa in aria sperando che la sua capacità di volare non svanisse proprio in quel momento e quando ebbe verificato, iniziò a riflettere. L'uccello era sparito ma lei doveva evidentemente combatterlo quindi era meglio farlo subito. Iniziò a svolazzare qua e la cercando di trovare qualcosa che potesse indicarle la posizione del rapace, ma c'erano solo nuvole e cielo. Nient'altro.
Sbuffò annoiata e si massaggiò il braccio dolorante e notando che la maniche della maglietta erano state ridotte a brandelli.

Mentre immergeva la faccia in una nuvola, l'aria sopra di lei subì un cambiamento e subito alzò lo sguardo per scorgere la causa dello spostamento d'aria. Vide tre ombre proiettate sulle nuvole, ma solo un uccello sopra di lei.
Non sembrava però un uccello: aveva delle piume strane, un becco che sembrava quasi morbido, delle zampe posteriori troppo lunge... Era una donna! Meglio, una donna metà uccello! Sembrava un angelo con le zampe da rapace.
''Arpia'' sussurrò Luft mentre non notava che due ombre si facevano via via più grandi e vicine, come squali che stanno per uscire dall'acqua per aggredire un animale sulla superficie. Infatti le arpie erano tre: Aello, Ocipete e Celeno, ma questo Luft non lo sapeva perciò era rimasta a fissare l'arpia con ammirazione e spavento.
Purtroppo, la sua contemplazione fu interrotta da uno strattonamento talmente violento che la ragazzina urlò dallo spavento e dal dolore. Fu trasportata da due arpie in cielo per un tratto e poi fu lanciata nel bel mezzo del nulla con la speranza che cadesse spalmandosi sull'asfalto, ma Luft riuscì a rimanere sospesa in aria fra le risate acute delle tre creature.

''Si può sapere cosa vi ho fatto?'' urlò Luft ma quello che ottenne fu solo un'espressione interrogativa sui volti delle tre arpie: non parlano nessuna lingua, si esprimono mediante canti e urli e questo Luft l'aveva ormai capito.
Ora aveva capito che il suo nemico era un trio di arpie, non era mica stupida anche se quando iniziarono a lanciarle contro piume affilate come lame rimase stupita e ferita fisicamente. Ormai era diventata brava a volare e riusciva a eludere la maggior parte delle piume che le venivano scagliate contro di lei. Poi ebbe un'idea.
Volò a zig zag, facendo curve esagerate e spirali da capogiro fino a quando non fu certa di averle confuse abbastanza e alla fine si fermò e si piazzò davanti a loro rispettando una distanza di qualche metro abbondante. Poi le vide sfoderare le ali e iniziare a scagliare le prime piume. Liberò la mente, cosa che solo a lei riusciva pienamente in pochi secondi, e con le braccia in avanti provocò un vento talmente forte e inaspettato che le piume tornarono indietro e affettarono una delle tre arpie che cadde dalle nuvole senza vita.

Le altre due urlarono, le iridi divennero gialle e le sclerotiche rosse. Si avventarono contro la ragazza che prontamente iniziò a volare nella direzione opposta, anche se volare non è il termine giusto: lei rimaneva sospesa in aria e sfruttava il vento e la corrente per muoversi più o meno velocemente, non sbatteva le ali come facevano quelle due.
'Idea!' disse Luft che con uno sforzo si portò molto avanti rispetto alle arpie e, girandosi verso di loro, provocò altro vento forte che impediva alle creature di avanzare in sua direzione, ma il suo raggio d'azione era ridotto ad una striscia che poteva benissimo essere superata se la ragazzina si fosse distratta un pò.
Aello si tuffò nelle nuvole candide e pacifiche mentre Celeno continuava a distrarre Luft (Ocipete era quella morta).
Essendo fuori dal raggio d'azione della ragazza, Aello si affrettò a volare tra le nuvole superando la posizione della ragazzina per attaccarla da dietro e prenderla alla sprovvista e così fece.
Uscì dalle nuvole e con i suoi artigli afferrò il bacino di Luft e iniziò a volare ancora più in alto dove sperava avesse avuto problemi di respirazione, ma Luft era la dea dell'aria e respirava sempre e comunque.

Arrabbiandosi per questa tecnica di afferrare le vittime e stringere con gli artigli, Luft, che notoriamente era pacifica, avvicinò le mani a coppa e iniziò a stringere più aria possibile mentre Aello la feriva e la portava più in alto, molto più in alto.
Anche se aveva gli occhi chiusi, non fu difficile per Luft vedere un piccolo vortice che si andava formano fra i palmi delle sue mani, era piccolo e carino ma sapeva della sua enorme potenza distruttiva.
Strinse ancora di più le mani, girò il busto verso l'arpia provocandosi più ferite del dovuto e rilasciò il vortice in faccia alla creatura. Quello che accadde fu disgustoso.
Luft aveva compresso un'abbondante quantità d'aria che appena rilasciata viaggiò ad alta velocità verso il volto della creatura che subì tagli profondi su tutto il viso, perse l'uso della vista e l'orecchio sinistro fu tagliato a metà.
Aello fu così costretta a lasciar andare Luft poichè adesso gli artigli le servivano a tenere il volto sanguinante e dolorante.
Ma non era morta e così nemmeno Celeno che comparve dietro di lei, pronta a sferrare piume a tutta forza.

Panico. Cosa poteva fare? C'era una sola soluzione, ma abbastanza pericolosa.
Invece di scappare, si rilassò quanto potè e respirando profondamente mise le mani a croce sul petto. Una leggera brezza iniziò a soffiare sia dalla parte di Aello che era troppo dolorante per curarsene che dalla parte di Celeno la quale iniziava a sospettare qualcosa.
Luft distese un braccio arrotondato verso l'alto mentre l'altro lo posizionò all'altezza del diaframma, le gambe erano una di fronte all'altra con i piedi che vertevano in direzioni diverse,
fece scivolare lievemente la gamba sinistra, e dandosi lo slancio con busto e gamba destra iniziò a girare facendo fouettés en tournant.
Celeno iniziò allora a sparare piume colpendola solo di striscio poichè il vento iniziava ad alzarsi sempre di più. Quando finì il suo terzo giro, il vento divenne più forte, al settimo fra le nuvole iniziava a farsi un buco profondo che andava restringendosi verso la fine, al nono le nuvole iniziarono a essere risucchiate dal vento che aveva preso una forma conica, all'undicesimo c'era un vero e proprio ciclone dal diametro spaventoso e distruttivo.
Aello fu risucchiata subito mentre Celeno oppose un pò di patetica resistenza senza ottenere risultati.

Mentre fuori l'inferno scendeva in cielo per le due arpie, all'interno del vortice una ragazzina era intenta a ballare con il volto ritraente tranquillità e felicità.

Il vortice durò circa 5 minuti, poi Luft smise di fare fouettés en tournant e stanchissima cadde.
Le due arpie erano state spazzate via dal tremendo ciclone che lei stessa aveva generato spendendo troppe energie per il suo corpo e per il suo spirito.
Mentre attraversava le nuvole velocemente, non urlò o pianse. Era tranquilla e felice. Con lo sguardo rivolto verso il cielo, Luft chiuse gli occhi perdendo completamente i sensi, senza fare attenzione al fatto che stava precipitando e che si sarebbe schiantata sull'asfalto.
Era stanca e si addormentò.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Delucidazioni al cioccolato ***


Delucidazioni al cioccolato

Si svegliò due giorni dopo affamatissima. A casa non c'era nessuno allora si fiondò in cucina tracannando acqua e divorando cibo (soprattutto carboidrati).
Stava assalendo un gelato al cioccolato quando suonarono alla porta. Senza togliersi il cioccolato dalle labbra, andò ad aprire con il cucchiaino in bocca e trovò i suoi amici che da uno stato di tensione scoppiarono a ridere appena la videro in quella condizione.
Senza offendersi, Luft li fece accomodare continuando a distruggere ogni forma di cibo come le locuste dell'ottava piaga d'Egitto.
Passarono un pò di tempo ascoltando il racconto della ragazzina e di come aveva sconfitto le tre arpie e di come aveva provocato un ciclone dalle dimensioni epiche, ma poi arrivò il professore che sorrise subito appena vide l'alunna già in piedi e pimpante.
''E ora?'' chiese Wasser.
''Ora cosa?'' chiese Luft facendo rimbalzare il suo sguardo dal ragazzo al professore.
''Ora dovete lottare.'' rispose.
''Mi sembra ovvio'' rispose sarcastico Jord.
''Contro chi?'' domandò Brand falsamente tranquilla.
''Vi spiego. Voi siete degli déi e come ogni dio che si rispetti, siete figli dell'unione di alcune divinità. Quando decisero di procreare erano felici, ma poi furono costretti a mandare la propria prole sulla terra poichè in quanto mortali, non potevano stare nel luogo designato a loro.
In principio gli dèi trasferiti sulla terra erano solo 5, ma poi, passando di generazione in generazione, di figlio in figlio, da cognome a cognome, i poteri con voi si sono divisi. Non dovreste essere in grado di controllare un elemento e basta, ma di poter farne nascere un'altro che, al momento, è custodito da altre 5 persone. Vostro compito è quello di affrontare i vostri rivali per riprendervi ciò che è vostro, impedendo anche di esserne derubati completamente.''
''Cinque? scusi ma siamo quattro!'' disse Wasser.
''Genio, conta bene! Non credi di aver dimenticato qualcuno?'' rispose Jord indicando il professore con lo sguardo facendo sentire il ragazzo un emerito idiota.
''Scusi, chi ci dice che i poteri sono nostri e non loro? Chi ci dice che non siamo noi i ladri?'' domandò Brand.
''Io!" rispose tranquillamente il professore lasciando la ragazza sbigottita.
''Quindi anche i nostri genitori hanno poteri speciali?'' chiese Luft.
''No, tranquilla. I poteri si manifestano una generazione sì e due no.'' spiegò il professore.
''Quindi i nostri bisnonni...'' aggiunse Jord senza completare la frase.
''E quando sarà questa guerra?'' chiese Wasser.
''Fra una settimana''
''Cosa?'' dissero tutti e quattro.
''Io ho il saggio di danza!'' spiegò Luft.
''Io ho l'incontro per l'orientamento universitario'' si giustificò Wasser.
''Io ho una cinquantina di pagine da recuperare'' protestò Jord.
''Io devo andare in gita!'' si lamentò Brand.
''Ma chi se ne frega!!! Preferite fare questo piuttosto quindi PERDERE i vostri poteri o diventare più potenti quindi potendo fare tutto quello che volete?'' Li sgridò il professore. ''Siete liberi di scegliere, ma non potete rinunciare a qualcosa che è vostro di diritto, anche perchè se uno di voi si ritira, gli altri tre perdono automaticamente.'' aggiunse.
I ragazzi si scambiarono sguardi preoccupati e alla fine annuirono disperatamente.
''Dove si terrà la guerra?'' chiese Brand.
''Qui!'' rispose il professore.
''A casa mia?'' domandò Luft urlando scioccata.
''No, in questa città intendevo'' spiegò il professore dopo avera guardata male.
''E tutte le persone che sono qui?'' chiese Wasser ''Non possiamo permettere che si facciano del male a causa nostra. Insomma, siamo divinità o no?''.
Guardarono Wasser scioccati poichè non erano abituati a tanto altruismo e saggezza da parte sua.
''Trovate un modo per farli fuggire'' rispose il professore e andò via scomparendo nel nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Grigio pomeriggio di Novembre ***


Questo capitolo lo dedico a tutti coloro che almeno una volta sono stati bocciati agli esami della patente (come è successo a me oggi!). Siamo forti ragà XD

Grigio pomeriggio di Novembre

La settimana passò come un lampo. I quattro ragazzi passavano le giornate intere a mangiarsi le unghie, torturare i capelli e sfruttare anti-stress per calmarsi, ma non c'era nulla da fare, nulla per poter evitare o tardare. Prima lo accettavano meglio era per tutti, questo lo sapevano, perciò subirono la loro ansia in silenzio.
Wasser aveva smesso di guardarsi allo specchio, facendo preoccupare tutti; Brand evitava litigi e non esprimeva più la sua opinione, facendo preoccupare la sua classe; Jord andò male ad un interrogazione, facendo preoccupare i professori: Luft parlò di meno, facendo preoccupare amici e nemici.
Il giorno arrivò quasi in anticipo e i quattro ragazzi si videro la mattina saltando la scuola, sapendo che il pomeriggio avrebbe assistito alla loro lotta.

La città dove si stava per svolgere una delle battaglie più importanti della storia, era una normale provincia di una normale regione di un normale Stato e proprio questa normalità la rendeva assai nociva.
Unica particolarità era quella che si estendeva in lungo piuttosto che in largo, come una lingua o una striscia (se vogliamo fare un paragone più carino) che partiva da un piccolo golfo, per poi passare ad una sorgente termale, fino a toccare colline e montagne altissime. Era una città abbastanza carina e insignificante, non era stata prescelta da nessuno nè era ambita da qualcuno: la battaglia si sarebbe svolta lì per caso, perchè nessuno aveva mai immaginato che gli dèi caduti in terra avrebbero avuto il potere dimmezzato. Era tutto affidato ad un caso assai strano, ma, tutto sommato, divertente.

I quattro ragazzi stavano camminado per le strade della collina quando Wasser ricordò a tutti che dovevano far evaquare la popolazione.
''Sì, ma come?'' chiese Luft mentre si mordicchiava una ciocca di capelli.
''Lasciate fare a me'' disse Brand mentre si metteva in ginocchio e toccava l'erba secca. Subito una fiamma vivace si mosse serpentina fra la paglia e appena Brand alzò il braccio con vigore, la fiamma divenne un alto muro di fuoco che poteva esser visto anche fuori città.
''Sai, potrei offendermi visto che stai usando il mio elemento come combustibile'' sorrise Jord.
''Ti do una mano'' disse Luft e gesticolandò alzò un secco vento che aumentò la potenza delle fiamme.
''Non è un tantino pericoloso?'' domandò Wasser intimorito dalle fiamme.
''Semmai qualcosa andrà storto, ci sarai tu con la tua acqua a sistemare tutto'' disse Brand prendendogli la guancia fra pollice e medio e scuotendola come facevano le nonne.
Erano così rilassati e allegri, come se si fossero dimenticati che fra poco ci sarebbe stata una grande guerra.
Il piano d'evaquazione andò alla grande, tutti gli abitanti fuggirono dall'enorme incendio che si era divampato sulle colline che aveva protetta la città per tanto tempo.

Stavano camminando per l'asfalto quando otto ragazzi si incontrarono in un grigio pomeriggio di novembre.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Suspense ***


Suspense

lo so, sono una persona orrenda! W la suspense!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


''Respira, RESPIRA!"

''Ti prego, ti prego!''

''Non ci riesco!!!''



Wasser si trovava di fronte una bellissima ragazza dall'espressione fredda e aggressiva. Passarono un pò di tempo a fissarsi prima di staccarsi dal gruppo ed allontanarsi pronti per sfidarsi.
Brand guardò il ragazzino ricciolo che iniziò a togliersi i guanti per poi gettarli a terra, anche loro si allontanarono.
Jord squadrò presuntuosamente la ragazza dai capelli rossi che era intenta a mettersi del lucida labbra e a specchiarsi in un frammento di specchio, si allontanarono anche loro.
Luft guardò intimorita il ragazzo dall'aria burbera che la guardava come un cane guarda una bistecca, ma rimasero fermi perchè lo spazio era più che sufficiente. Era ora della sfida.


''Respira, RESPIRA!"

''Ti prego, ti prego!''

''Non ci riesco!!!''

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** 3. Come l'acqua congelata ***


3. Come l'acqua congelata

''Piacere, Wasser'' disse il ragazzo cercando di rompere il ghiaccio, ma la ragazza lo guardò male alzando il sopracciglio destro in un'espressione saccente.
''Come vuoi. Vediamo che sai fare'' disse il ragazzo creando una sfera d'acqua e lanciandola verso la ragazza.
Senza smontarsi più di tanto, Led allungò il braccio e con una mossa secca congelò la sfera d'acqua e la fece esplodere in mille frammenti.

'Giusto, il freddo solidifica l'acqua rendendola vulnerabile'

Le parole del professore gli tornarono in mente allarmandolo più del dovuto. Il freddo è nemico dell'acqua e quella ragazza era evidentemente la personificazione del gelo. Doveva solo saper giocare le proprie carte sperando di cogliere la ragazza di sorpresa, ma Led era molto intelligente e sapeva pensare anche a mente fredda.
Mentre preparava un'altra sfera d'acqua molto più voluminosa, Led iniziò ad avanzare e ad ogni suo passo congelando quello che era vicino a lei, palazzi compresi.
Disperato Wasser optò per una ritiranta e lasciando cadere l'acqua iniziò a correre allontanandosi dagli altri 3 compagni di squadra.
Approfittando del ghiaccio che si era formato sotto i suoi piedi che aveva ricoperto tutto l'asfalto, led si tolse le scarpe e i calzini e iniziò a pattinare leggiadramente sulla strada refrigerata, diventando tanto veloce da raggiungere Wasser che intanto stava disperatamente cercando una soluzione.

Led stava inseguendo Wasser da un bel pò e lo perse di vista solo una volta a causa di quel labirinto di vicoli e strade in cui si era nascosto. Alla fine lo segui fino ad un vicolo cieco.
Wasser si girò lentamente e ingoiò vistosamente e rumorosamente per la paura.
La ragazza si avvicinò e raccogliendo un pò di aria nel palmo, soffiò con delicatezza sul palmo spargendo sul corpo del ragazzo una polverina argentata.
Il corpo di Wasser iniziò a diventare bluastro e una patina di ghiaccio si stava formando sul suo corpo fino a quando non fu totalmente congelato.
Fermo come una statua di pietra, Led approfittò del momento per sferrare un calcio in pieno petto al ragazzo che andò in frantumi come fosse di porcellana.

Si inginocchiò fra i resti e spalancò le mani, pronta per ricevere ciò che pretendeva ma rimase delusa. Non sentiva nessuna variazione di poteri e guardò stranita i pezzi di copro sparsi per il viale quando qualcosa di molto pesante la colpì in testa.
Alzò lo sguardo e vide Wasser sul tetto di una palazzina di tre piani sorridente e orgoglioso del suo operato.
''Ma come?'' chiese Led mentre si asciugava il sangue che le colava dalla fronte.
''Una copia d'acqua! Ingegnoso, non credi?'' disse facendole l'occhiolino.
Invece di rispondergli guardò in basso per cercare cosa l'avesse colpita, ma trovò solo ghiaccio.
''Vuoi sapere come ti ho colpita? Semplice, quando l'acqua è abbastanza vicina a te si congela... approfittando della tua distrazione ti ho lanciato la sfera che solidificandosi ti ha colpito in testa...''.
''Bravo, bravo! Ma sappi che da ora in poi starò più attenta!'' disse Led mentre sollevò quel che rimaneva della palla d'acqua e la lanciò a grande velocità contro il ragazzo che, preso alla sprovvista, fu colpito in pieno stomaco.
Volò e rotolò per tutto il tetto della palazzina fermandosi giusto in tempo prima di cadere.
Ora Led aveva bisogno di salire sul tetto e senza scoraggiarsi ruppe il ghiaccio sull'asflato e costruì una comoda scala.

Quando arrivò in cima, vide Wasser seduto mentre con il braccio destro di manteneva lo stomaco dolorante. Led sorrise antipaticamente e mise piede sul tetto ma in quel momento fu Wasser a sorridere in modo soddisfatto.
Led provò a muoversi ma non ci riuscì: la maggior parte del tetto era ricoperto d'acqua che lei aveva incosapevolmente congelato appena aveva immerso il piede.
Visibilmente irritata per lo scherzo che Wasser le aveva teso, Led ruppe con non troppa difficoltà il ghiaccio facendone uscire lame triangolari che minacciarono di affettare il ragazzo.

Per fortuna Wasser non era un tipo che calcolava le cose prime di farle quindi, prendendo una piccola rincorsa, saltò al tetto successivo rotolando appena un pò, come aveva visto fare nei film. Tutte le lame si frantumarono contro il bordo del tetto tranne una.
Il ragazzo stava giusto per compiere un altro salto quando sentì un rumore strano, un brivido di freddo e, alla fine, un dolore immenso.
Cadde sulle ginocchia e con la mano sondò la schiena trovando un pezzo di ghiaccio conficcato vicino la scapola sinistra.
Faceva un male cane e non riusciva a toglierla a causa della posizione fuori dalla portata di entrambe le mani. Sempre utilizzando gli scalini, Led passò sullo stesso tetto del ragazzo e, appena lo vide dolorante, decise di vendicarsi della botta alla testa che aveva ricevuto.
Tese la mano e la socchiuse come se stesse girando il pomello di una porta immaginaria. Seguendo il movimento della mano della padrona, il pezzo di ghiaccio si muoveva nella spalla di Wasser lacerando e scavando ancora di più nella carne.

Wasser non era un tipo che urlava dal dolore, ma quella volta non potè farne a meno. Urlò a pieni polmoni, con le lacrime agli occhi, mentre con le mani cercava di togliere quel frammento di ghiaccio dalla sua spalla. Urlò tanto da tossire, urlò tanto da far tremare l'aria intera, urlò tanto perchè soffriva tanto.
Si alzò barcollando e subito Led prese una posizione di difesa, pronta a congelare ogni attacco che le sarebbe arrivato, ma quello che vide fu completamente imprevedibile.
Wasser si avvicinò al bordo e dandole le spalle si laciò dal tetto.

Allarmata e titubante, Led si affacciò e vide che il ragazzo aveva creato una specie di materasso d'acqua dove poter atterrare. Bagnaticcio e con la spalla (il frammento di ghiaccio si era spezzato nella caduta, ma una piccola parte era ancora nella sua carne) e lo stomaco dolorante, Wasser iniziò di nuovo a correre pure sapendo che aveva finito le idee.
Si nascose sotto un portone appena vide Led volare su una tavoletta di ghiaccio brandendo un arco e delle freccie fatti, ovviamente, di ghiaccio.
A quel punto si chinò e poggiò le mani per terra.

Mentre Led scrutava le strade, notò che qualcosa si stava avvicinando ad alta velocità. Strinse gli occhi per vedere meglio e dopo un pò identificò un getto d'acqua minaccioso. Mentre aspettava di averlo abbastanza vicino da poterlo congelare, sentì un altro fischio simile al precedente e girandosi si 180 gradi notò un altro getto alla stessa distanza. Si voltò ancora e ne vide altri due sempre alla stessa velocità e distanza: stavano arrivando quattro sfere d'acqua da quattro angolazioni diverse e perfettamente equidistanti.
Distese le braccia e ne congelò due, fece per cambiare posizione ma era troppo tardi e i due getti, ormai congelati, la colpirono alla schiena e allo stomaco facendola cadere dalla tavoletta gelida.

Si svegliò praticamente subito con il sapore del sangue in bocca e con il braccio sinistro sicuramente fratturato. Provò ad alzarsi ma era troppo debole e dolorante, anche quando vide comparire Wasser in lontananza, non riuscì a convincersi a mettersi in piedi.
Il ragazzo, approfittando della scena creò un onda abbastanza alta, pronta per colpire Led, quasi si fosse dimenticato dei suoi poteri. Infatti, l'onda si congelò e cadde a terra frantumata dal suo stesso peso e Led, sostenendosi ad una colonna di ghiaccio sorrise.
''Che hai da ridere?'' chiese Wasser cupo.
''Non so se prima le hai viste, ma ho ancora alcune frecce da scoccare.'' Così dicendo Led schioccò le dita e Wasser fece appena in tempo a girarsi che la freccia si conficcò nel suo stomaco.
Dolorante e steso a terra, Wasser iniziò a perdere sangue e a sentire freddo, troppo freddo. Fece per palparsi lo stomaco e trovò i vestiti prima bagnati e morbidi ora duri e secchi.
Si guardò le dita e vide anch'esse diventare bluastre come accadde alla pelle della sua copia d'acqua. Mentre nella sua mente elaborava l'idea, il suo corpò fu congelato in quella posizione che riassumeva l'orrore in persona.

Led era felice, aveva vinto per davvero, ma era troppo stanca per approfittarne. Sorrise e cadde a terra svenuta.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** 2. Poteri al plastico ***


Mi sto impegnando per scrivere in fretta così non perdete l'unicità delle azioni. Apprezzate lo sforzo!! XD

2. Poteri al plastico

Brand non aveva la minima intenzione di fare la prima mossa. Quel ragazzo aveva un potere che lei non conosceva e che forse l'avrebbe sconfitta in un batter d'occhio perciò decise di aspettare senza sapere che Ash stava facendo l'identico ragionamento.
Si guardarono, tesi come corde di nylon, pronti a scattare al minimo cenno di movimento da parte dell'avversario, ma Bran aveva un vantaggio: lei poteva dar fuoco alle cose senza toccarle, mentre Ash aveva bisogno di toccarle per attivare il potere e lei poteva provocare il fuoco dal nulla mentre lui non poteva generare cenere.
Così Ash si avvicinò ad un palo della luce e lo toccò.
Brand osservò incuriosita e inorridita appena vide l'ammasso di ferro cadere in una nuvola di polvere grigia e appiccicosa. Questa era la prima mossa.
Brand schioccò le dita da cui uscì una fiamma abbastanza grande che poi lanciò come un dardo addosso al ragazzo il quale appena venne colpito volò in aria per poi sbattere contro una saracinesca provocando un rumore assordante e deformandola un pò.

La ragazza non voleva bruciarlo perchè non la riteneva una morte degna per nessuno, ma appena vide che nemmeno la sua maglietta non presentava la minima traccia di fuoco, tornò a colpirlo incuriosita.
Questa volta però Ash schivò le fiamme anche se i movimenti erano limitati dal dolore alla schiena e alla gamba. Appena Brand si fermò, ne approfittò per allungare la mano verso la cenere e iniziarla a muovere fino a creare un serpente di polvere grigia.

Brand cercò di lanciargli contro fiamme, tentò persino di dargli fuoco direttamente, ma la creatura sembrava ignifuga. Il serpente iniziò a buttarsi di testa contro Brand sbriciolandosi e ricomponendosi ogni volta che il colpo andava a vuoto e si sfracellava contro l'asfalto o qualche muro.
Ricordandosi dell'Idra, Brand allungò il braccio e facendo assumere alla mano la forma di una pistola stilizzata e premendo le falangi sparò un colpo che attraverò il serpente tagliandolo a metà.

Ma come accade a qualche tipo di verme quando viene tagliato in due parti, entrambe le parti prendono vita raddoppiando il problema.
Invece di farsi prendere dal panico, Brand caricò lo stesso colpo di prima indirizzandolo però a tutt'altra parte: invece del serpente colpì Ash sulla scapola facendolo volare di nuovo e facendo cadere la creatura senza controllo in una nuvola di cenere.

''Ora stai esagerando'' disse Ash stringendosi la spalla e controllando che la sua maglia Gucci non si fosse bucata cosa che invece accadde.
Furioso per la sua maglietta rovinata, Ash incenerì la saracinesca poco ortopedica su cui aveva sbattuto prima e creò una specie di turbine che avvolse la ragazza la quale iniziò a tossire a causa dei granelli di cenere che si stavano infilando neglio occhi, nel naso e nella bocca.
Quando il turbine finì, Brand era completamente bianca e impolverata. La cenere decolorava i capelli rossicci e la camicia a quadri rossi, neri e grigi. Dovette sbattere gli occhi più volte prima di poter vedere Ash così vicino che le venne un colpo.

Stava sorridendo maleficamente e Brand abbassò lo sguardo e vide Ash che avvolgeva con le mani un grumo di cenere che nonostante la fragilità non si scomponeva.
Brand diede letteralmente fuoco alla sua mano, ma prima che potesse schiaffeggiare il ragazzo, quest'ultimo liberò la cenere all'altezza dell'addome della ragazza facendola volare per qualche metro per poi cadere pesantemente sull'asfalto strappandosi la camicia e graffiandosi la spalla.
''Questo non dovevi farlo'' sussurrò Brand e poggiò le mani per terra.

''Che vorresti fare?'' disse Ash incrociando le braccia per sottolineare il suo disaccordo.
''Ora lo vedi'' sorrise Brand.
All'inizio il ragazzo non capì, ma quando vide che l'aria iniziava a tremolare e sentì odore di gomma bruciata, e quando cercò di alzare la scarpa per vedere se avesse calpestato qualcosa e notando che la suola si stava staccando come una chewing-gum appiccicata sotto ad un tavolo, capì che Brand stava riscaldando l'asflato.
La puzza del catrame riscaldato gli stava dando alla testa e quasi non notò che stava iniziando a sprofondare nell'asfalto fino a quando non il materiale non arrivò alle caviglie.
''Divertente!'' disse Ash ma adesso aveva bisogno di distrarla, almeno grazie al suo potere era salvo dal fuoco vero e proprio.
Allungò la mano verso quello che era stato il serpente di cenere e lo ricostituì cercando di fare il più in fretta possibile poichè era sommerso fino alle ginocchia.
L'animale si risvegliò e appena Brand lo vide in lontananza rimase attaccata all'asfalto il più al lungo possibile fino a quando non fu costretta ad andarsene a causa del serpente.

Corse, saltò, schivò, ma alcune volte la cenere la fece cadere o la colpì comunque fino a quando non trovò un portone aperto e vi si rifugiò chiudendosi la porta alle spalle.
Con molt cautela si tolse la camicetta rimanendo con una canotta (non poteva sentire freddo), e alzò i pantaloncini per controllare le ginocchia sbucciate.
Si sedette sugli scalini che davano al portone e si divertì a vedere come il serpente tentava di entrare dentro distruggendosi ogni volta che sbatteva contro il vetro.
Sapeva che non poteva rimanere lì per sempre perciò decise che era il momento di attuare un piano e le venne subito in mente.

Ash vide la creatura sbattere contro il portone e le tolse subito la vita vista la sua mole ingombrante. Incenerì il portone facendone orbitare i suoi resti polverosi e incenerì ogni porta di ogni appartamento per cercare la sua rivale.
Entrò in 5 appartamenti prima di incenerire la porta giusta. Trovò Brand seduta su una specie di tavolo tutta sorridente e tranquilla.
''Non ti sei impegnata molto per nasconderti'' disse mentre si avvicinava alla ragazza.
''Chi ha mai detto che voglio scappare?'' rispose prontamente Brand.
Prima che potesse risponderle, Ash fu distratto da un odore penetrante che gli torturò il naso. Cercando di identificarlo, lo ispirò un altro pò di volte prima di girarsi con gli occhi congelati verso Brand.
''Non vorrai mica...'' disse cautamente.
''Bon voyage'' disse Brand e schioccando le dita provocò un esplosione talmente forte che l'intero terzo piano del palazzo saltò in aria rivesandosi per la strada. Per fortuna il palazzo non crollò, ma i due ragazzi si trovarono per strada come il resto della mobilia e la maggior parte delle pareti.

Ash si risvegliò con un pezzo di legno conficcato nel fianco. Si guardò le mani e vide che erano integre: il suo potere l'aveva protetto ancora dallo scoppio, ma non dai detriti.
Cercò di togliere il paletto di legno, ma gli faceva troppo male e impressione. Fece per incenerirlo ma non voleva infezioni in quel momento, allora decise di alzarsi e andare via, ma riuscì solo a gattonare per un tratto breve.
Si fermò e vide un'ombra dietro di lui: era Brand. Stava bene nonostante qualche graffio sugli arti e aveva l'aria di chi stava per vincere, ma anche Ash aveva un piano B.

Si distese completamente fra un pezzo di poltrona e una televisione fusa e iniziò a gesticolare freneticamente. Brand si girò e vide uno sciame di cenere avanzare: era grandissimo e copriva quasi un'isolato intero.
''Ti piace? E' il risultato del tuo incendio sulla collina''. Dicendo ciò abbassò il braccio e la cenere sprofondò creando un vortice soffocante attorno a Brand.
Cercava di scacciare i granelli, ma erano troppo sottili e le toglievano l'ossigeno necessario per bruciare e respirare. Si dimenò, scalciò, schiaffeggiò il vuoto, ma nulla poteva fermare quella prigione senza ossigeno. Soffocò.
Cadde a terra senza respiro così come Ash perse i sensi a causa del paletto nel fianco.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** 4. Logaritmi in base piante con indice a terra ***


Niente è più Musa di un sabato sera passato a casa perchè fuori il diluvio universale sta avendo luogo. (notare il titolo orrendo).

4. Logaritmi in base piante con indice a terra

Silva osservò il ragazzino che le stava davanti. Capì subito che si trattava di uno dei soliti secchioni tutto cervello e niente cuore e come prima cosa decise di far pressione proprio su questa mancanza.
Sciolse la treccia lasciando i capelli rossicci liberi di muoversi al vento e slacciò i primi due bottoni della camicetta celeste che aveva indossato.
Iniziò a muoversi ancheggiando verso Jord il quale sembrava imbarazzato dalla voluttà con cui la ragazza si muoveva, iniziò ad arrossire senza però distaccare lo sguardo perchè sapeva che una distrazione l'avrebbe pagata cara.

Silva si avvicinò tenendo sempre una distanza di sicurezza poichè nemmeno a lei andava di rischiare. Ondeggiò con la testa sicura di sè anche se era molto ansiosa e poggiò una mano per terra.
Jord indietreggiò appena vide l'asfalto spaccarsi per lasciar uscire una pianticella dall'arbusto verde intenso e dalle foglie piccole e tenere che decoravano lo stelo lungo e sottile che si arrampicava sulla gamba destra di Silva per poi passare ai fianchi e al braccio sinistro.
Silva accarezzò la punta della pianta con un lieve tocco delle dita e subito ne scaturì un fiore strano, metà fra narciso e orchidea di un colore giallo acceso. La ragazza continuò a coccolarlo manco fosse un animale domestico e Jord rabbrividì per quella cosa priva di sanità mentale a cui stava assistendo.
La ragazza sorrise al fiore e il fiore contraccambiò scuotendo un pò i petali. Jord approfittò per sedersi anche lui sulle ginocchia, ma Silva lo interruppe.
''Ah-ha! Fossi in te non mi muoverei'' disse.
''Perché?'' domandò Jord.
''Ho fatto nascere una pianta alle tue spalle che non appena ti vedrà muovere ti afferrerà con le sue liane e ti masticherà lentamente'' rispose sorridendo.
''Come faccio a sapere che stai dicendo la verità?''
''Non puoi...'' la ragazza alzò le bianche spalle e tornò a coccolare il suo fiorellino.

''Per fortuna non mi servono le mani per fare alcune cose'' disse Jord dopo un momento di pausa.
''Che intendi?'' chiese Silva evidentemente allarmata dall'affermazione, ma Jord non rispose, si volto a guardare il palazzo alla sua destra il quale iniziò a tremare.
''Cosa stai facendo?'' disse la ragazza che si alzò in piedi pronta a scappare.
''Ah-ha! fossi in te non mi muoverei'' la canzonò Jord e la ragazza obbedì cercando di rilassarsi. Il pallazzo tremò ancora fino a quando una decina di mattoni non ne furono estratti; I pezzi di terra iniziarono a volteggiare come elettroni attorno ai due ragazzi e al fiore che sembrava assorbire la preoccupazione della ragazza per osmosi.
''Non vorrai mica colpire una ragazza'' disse Silva sorridendo nervosamente.
''Non vorrei esserne costretto'' rispose ma poi i mattoni si fermarono di colpo e con un battito di ciglio Jord gli spedì in direzione opposta: non verso Silva bensì dietro di sè.
Dopo un pò, quando ascoltò il tonfo di mattoni e di vetri rotti disse
''Bluffatrice'' le ringhiò contro poichè i pezzi del palazzo non colpirono nessuna pianta alle sue spalle.
''Era per rendere le cose più divertenti'' disse e mosse alcune dita della mano verso l'alto come invito ad alzarsi.
Jord non capì a chi si stesse riferendo fino a quando ai lati dei suoi piedi non sbucarono tantissimi steli e arbusti che non gli diedero nemmeno il tempo di scappare che subito lo afferrarono per i piedi scalando il suo corpo e avvolgendolo e stringendolo.

 Le gambe premevano una contro l'altra a causa della forza con cui stavano tirando le piante e le sue braccia iniziavano a fargli male, tuttavia le piante non l'avvolsero completamente, solo in alcuni punti: piedi, ginocchia, polsi, braccia e mani; tutto il resto era libero.
Numerosi e inutili furono i tentativi di Jord di liberarsi, ma le piante erano molto resistenti e quando era nervoso non riusciva a pensare bene.
''Se la smetti di muoverti prometto di ucciderti velocemente'' disse Silva accentuando i suoi discorsi con movimenti eccessivamente vezzosi.
''Ti piacerebbe!" disse Jord con quel poco fiato che gli rimaneva in corpo: le piante ora stringevano anche il petto.
''Come vuoi'' concluse Silva volgendo gli occhi al cielo ''Ma non urlare perchè mi urteresti il sistema nervoso''.

Jord non sapeva cosa avesse intenzione di fare ma aveva capito che la situazione era critica e che doveva liberarsi il prima possibile. Per fortuna aveva già capito cosa doveva fare, aveva solo bisogno di concentrazione e la voce di Silva non era d'aiuto.
La ragazza gli camminò intorno accarezzando gli steli senza fiori e poi si rivolse direttamente al ragazzo:
''Non credo che il tuo gracile corpo potrà resistere a quello che sto per farti'' rise alzando le spalle per l'ennesima volta, ma Jord non rispose: chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi.
Stava quasi riuscendo nel suo intendo quando una puntura lo distrasse.
Aprì gli occhi e vide un rivolo di sangue sgorgare dal braccio, guardò meglio e vide una spina non troppo grande conficcata nella carne; notò anche che le piante avevano smesso di muoversi e stringerlo, era come se avessero raggiunto un punto di non ritorno, pronte a fare qualcosa.
Un'altra puntura, questa volta vicino al ginocchio sinistro, ma questa era abbastanza grande da bucare il pantalone, sentì il sangue caldo scendere sul polpaccio e si morse il labbro per il dolore.
''Adoro le piante con le spine: Sono quelle che mi rispecchiano meglio! Belle e aggressive, sanno come difendersi e affascinare.'' Rise facendo le spallucce e facendo crescere poche ma grandi e lunghe spine lungo lo stelo del fiore giallo che ancora l'avvolgeva gentilmente.
''Sai- continuò - che mi piace contare? 1 centimetro...'' e subito sulle piante che avvolgevano Jord apparvero piccole ma laceranti spine che entrarono nel corpo di uno Jord dolorante.
''2 centimetri'' le spine si allungarono. Jord aveva bisogno di conentrazione chiuse gli occhi.
''3 centimetri'' iniziarono a sgorgare rivoli di sangue.
''4 centimetri'' la terra iniziò a tremare lievemente.
''5 centimetri'' ma le spine non riuscirono a raggiungere la lunghezza ordinatali poiché l'asfalto, per ordine di Jord si rischiuse di colpo affettando la base delle piante le quali caddero a terra senza vita.

''Che hai fatto!" urlò Silva piegandosi a raccogliere i resti delle piante.
Jord cade a terra dolorante controllando le copiose macchie di sangue che andavano macchiando il maglioncino arancione che stava indossando e il jeans blu scuro che ormai diventava viola.
Nonostante il dolore capì che quello era il momento giusto per attaccare e sbattendo una mano contro l'asfalto, Silva iniziò a sprofondare rapidamente.
Non lasciandosi prendere dal panico, portò una mano a portata di bocca e soffiò sul palmo spargendo una polverina dorata sul palazzo più vicino a lei. Subito robuste piante con altrettanto forti radici nacquero dal condominio e avvolsero il braccio  della padrona che ormai era immersa fino al seno, ma appena gli steli iniziarono a tirare, Jord risolidificò l'asfalto lasciandola lì, immobile.

''Aiutami, non riesco... a... resp...irare!'' disse Silva iniziando a fare respiri sempre più corti e rumorosi. Jord non avrebbe voluto che finisse così, ma se ora era tutto insanguinato non era certo colpa sua bensì di quella ragazza antipatica e artificiale.
Ma prima che Jord potesse cantar vittoria, ecco che un enorme pianta, dapprima verde per poi diventare un solido tronco marrone, sgorgò dall'esatto punto in cui Silva era bloccata resituendole la libertà.

L'enorme albero prese a muoversi verso Jord il quale, senza muoversi di un millimetro, gli fece crollare addosso un palazzo con una tale facilità che si sorprese lui stesso.
Silva fece in tempo a saltare giù dalla creatura prima che i detriti del palazzo la colpissero, sorte che toccò comunque all'albero il quale, se così si può dire, morì per contusione celebrale.
Jord ora stava in piedi davanti ad una Silva spettinata ma ancora sana. Mentre lui era pieno di buchi a causa delle spine, lei se l'era cavata con un grosso spavento e nient'altro. Prese un mattone grosso e lo scagliò in direzione di Silva la quale lo schivò grazie al sacrificio del fiorellino giallo che ancora le stava ancorato al corpo.
La creaturina giaceva inerme sotto il mattone, spappolata e con due petali staccati. Silva la prese fra le mani, ma era troppo tardi. Il suo amichetto era morto sacrificandosi per lei.
''Come hai osato?'' ringhiò Silva.
''Se ti può consolare il mio bersaglio eri tu, non lui!" rispose Jord scagliandole addosso un mattone più piccolo che, colpendola al polpaccio, la fece cadere di faccia a terra.
Approfittando della situazione e dell'isteria, Silva riavvolse Jord con fini tronchi di piante ruvidi ma senza spine e, questa volta, li fece nascere da vari punti (strada, marciapiede, macchina, palazzi, tetti) sicchè semmai avesse voluto tagliarli, il prigioniero ci avrebbe messo più tempo.

La ragazza si avvicinò sorridente e prese il mento di Jord fra le mani il quale era troppo visibilmente concentrato per ribellarsi al gesto. Silva avvicinò le sue labbra a quelle di Jord e sugellò l'odio con un bacio velenoso.
Sentì lo stesso rumore di quando baciò quell'altro ragazzo ad Agosto, come di ferro bollente improvvisamente raffreddato. Jord roteò gli occhi all'indietro e subito Silva iniziò a festeggiare capendo solo troppo tardi che un palazzo le stava crollando addosso.

Le piante sparirono lasciando Jord in preda al dolore del veleno, Silva fu sommersa dalle macerie.

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** 1. Sereno variabile ***


1. Sereno variabile

Torm iniziò a ricoprire il cielo con livide nubi rumorose che non promettevano nulla di buono.
Luft ammirò lo straordinario spettacolo metereologico: non aveva mai visto un temporale avvicinarsi così velocemente, e non ci mise molto a capire che era opera del ragazzo che stava di fronte a lei con i pugni chiusi stretti ai fianchi.

La risposta di Luft non di fece attendere: alzò morbidamente le braccia in terza posizone e subito un vento forte ed improvviso iniziò a soffiare in direzione di Torm il quale perse momentaneamente l'equilibrio.
Luft non pensò ad inondare anche il cielo del suo vento, si accontentò di mettere in difficoltà Torm il quale per resistere al potente muro d'aria camminava con il busto decisamente sbilanciato davanti fino a quando non cadde di faccia a terra poichè la ragazzina interruppe tutto.

''Non è divertente'' disse rialzandosi furioso più per la risatina di Luft che per altro. Alzò il braccio al cielo e iniziò a chiudere il palmo molto lentamente, come se avesse una palla di gomma invisibile fra le dita che non riusciva a schiacciare.
Subito le nuvole iniziarono a contrarsi e dopo qualche tuono anticipatorio, il diluvio universale si riversò sulla via.
''Puoi farlo smettere?'' disse Luft evidentemente scocciata ma ottenne come risposta solo un aumento del getto di pioggia.
L'hai voluto tu pensò la ragazzina e subito mise le mani a coppa per riservare a Torm lo stesso trattamento che ferì un'arpia settimane prima. Si concentrò e riuscì a raccogliere abbastanza aria da avere difficoltà ad avvicinare i palmi.
Se si avvicinava sicuramente lui si sarebbe insospettito e non l'avrebbe mica fatta attaccare in pace, così liberò il getto di colpo e Torm ne fu investito.

Ci fu un fischio pazzesco prodotto dal vento. Torm volò e andò a sbattere contro quelle poche cabine stile inglese della città rompendone i vetri mentre Luft, che non aveva calcolato un eventuale rinculo (non tanto eventuale), andò a finire contro una vetrina di un negozio che vendeva cosmetici sfasciandola e graffiandosi la schiena.
Si rialzò con non troppa fatica e uscì dal negozio guardandosi attorno con aria circospetta.
Vide Torm in lontananza con la maglietta nera a brandelli. Se la strappò di dosso con furia e Luft fu, per un piccolissimo istante, eccitata dal vedere i suoi muscoli imbrattati di sangue e polvere.

La pioggia si era interrotta da quando Torm era stato sbattuto e ferito ma le strade erano comunque allagate così come i due ragazzi erano completamente bagnati.
Il ragazzo si controllò il busto pieno di ferite, ne contò 4, e respirando come un toro guardò in direzione della ragazza che ora si stava togliendo i pezzi di vetro dai vestiti con nonchalance.
Rialzò il braccio verso il cielo e le nuvole iniziarono a diventare più scure. chicchi di grandine grandi quanto delle uova iniziarono a cadere.

Luft portò le braccia in quinta posizione e subito del vento le fece scudo contro la minacciosa grandine che non accennava a finire. Aveva bisogno di distrare di nuovo Torm per poi fare il fouettès en tournant e concludere questa brutta battaglia in fretta.
Portò le braccia in seconda posizione e facendo scivolare leggermente indietro la gamba sinistra, posa che sembrava più di kung fu che di danza, tirò una specie di lancia di vento che colpì Torm vicino alla clavicola sinistra facendolo cadere a terra dopo una breve piroetta.
Si ferì gli avambracci e il livello della sua rabbia aumentò riflesso dal rumore dei tuoni sopra le loro teste.

Luft approfittò del momento di distrazione per mettersi sulle punte e interpretare un entrechat che le permise di rimanere sospesa in aria. Continuando a fare pliés per salire in alto, Luft si fermò quando era abbastanza in alto da superare alcuni tetti e iniziò a fare un fouettés en tournant dopo l'altro.

Torm intuì il pericolo e alzandosi da terra massaggiandosi la clavicosa con la mano opposta, rialzò il braccio al cielo.
Ormai il ciclone era quasi completo e stava assorbendo antenne dei palazzi e nuvole, senza contare che Torm dovette aggrapparsi ad un palo della luce per evitare di essere risucchiato dalla tromba d'aria, ma le mancava ancora qualche mossa per poter dire di aver finito la sua opera.
Quando mancava davvero poco, ecco che un fulmine scatenato da Torm cadde e colpì il tornado provocando una devastazione totale.

Accadde una cosa difficilmente concepibile mediante ragionamenti razionali e dipendenti da materie scientifiche: Luft fu sfiorata dal fulmine il quale, infrangendosi contro la parete di vento la ruppe provocando una dispersione dell'aria che prima era concentrata dando così il via ad una specie di bomba d'aria.
Luft fu catapultata oltre due isolati, ma non cadde poichè aveva ancora abbastanza energie da poter evitare uno schianto sull'asfalto librandosi in aria, Torm invece venne sbattuto contro un portone che andò distrutto a causa dell'impatto.
Per adesso Luft era in vantaggio poiché Torm stava soffrendo come un cane a causa delle ferite e dello schianto con il portone, ma Torm non aveva la minima intenzione di arrendersi.
Alzandosi con una forza che si convinse di avere, ma che in realtà non possedeva più visto il dolore lancinante, porse un braccio in cielo e tornò a piovere.
Luft si riparò sotto un balcone per evitare di bagnarsi ancora. Era stanca ma non aveva intenzione di abbandonare tutto ora, soprattutto perché il suo avversario era sanguinolento e dolorante mentre leri era solo stanca e un pò scossa a causa del fulmine.
Il suo pensiero volò ad i suoi amici, a Wasser, Brand e Jord. Chissà come stavano... se erano ancora vivi... Scacciò il pensiero pessimista dalla testa a suon di calci astrali quando fu distratta da dei passi che si avvicinavano.
Si affacciò e vide Torm che barcollava nella pioggia in cerca della sua preda.
Le fece pena e allora decise di uscire allo scoperto e di affrontarlo il prima possibile senza fargli troppo male.

''Non credi di aver allagato troppo le strade?'' chiese Luft saltellando fra le pozzanghere con le mani dietro la schiena, ma Torm non rispose. Si limitò a guardare il cielo, a sbattere gli occhi e a far cadere un fulmine.
Sanno tutti che l'acqua è un conduttore di elettricità così Luft, che aveva un piede immerso nell'acqua, evitò il fulmine, ma la scossa la prese comunque.
Cadde a terra in preda a piccoli spasmi e svenne.

Torm, barcollando, si sedette a cavalcioni sopra di lei e chiuse le mani intorno al lungo ed elegante collo di Luft. Ignaro della deformazione del potere della ragazzina, che le permetteva di vivere anche senza respirare, Torm iniziò a stringere la sua gola.
Luft riprese i sensi, ma senza aprire gli occhi capì quello che stava succedendo poichè sentiva il peso di Torm e le sue mani bagnate che le stringevano il collo cosa che le procurava solo fastidio e dolore.
Continuando a fare finta di essere svenuta, Luft iniziò a levitare, cosa che il peso di Torm non rese affatto facile ma neanche impossibile.
Purtroppo Torm si accorse troppo tardi che non era più saldo a terra e rimase fermo stringendo ancora di più le gambe attorno al bacino di Luft, ancorandosi al suo corpo.
La ragazzina aprì gli occhi e gli sorrise mostrandogli i denti. Torm, sempre respirando come un toro, disse:
''Scendi o ti faccio colpire da un fulmine''.
''Se il fulmine colpisce me, colpisce anche te'' gongolò Luft.
''Non se mi allontano'' rispose Torm avvicinandosi al volto della ragazza.
''Sì se ti impedisco di allontanarmi'' rispose Luft.
I loro volti erano così vicini, Luft avrebbe voluto che lui prendesse l'iniziativa di baciarla, ma lei era fidanzata e non avrebbe mai voluto tradire il suo ragazzo, daltronde Torm era così bello ai suoi occhi.
Torm avrebbe voluto baciarla, ma non voleva affezionarsi alla sua nemica, alla presunta ladra dei suoi poteri, perciò indietreggiò leggermente con il corpo, per allontanarsi da quella tentatrice posizione, ma facendo ciò perse l'equilibrio.

Luft si girò prona a causa dell'aumento di peso alla parte sinistra del corpo. Così facendo potè però afferrare al volo Torm che stava per cadere sull'asfalto.
Dall'altezza in cui si trovavano non sarebbe mica sopravvissuto e Luft ebbe l'istinto di salvarlo, non perché lo trovava bello, ma perchè era un essere umano, un ragazzo come lei.
Lo aveva preso per l'avambraccio con entrambe le mani, ma con tutti quella massa muscolosa, Luft non avrebbe retto molto a lungo.
Ficcò le sue unghie nella pelle del ragazzo poichè la pioggia l'aveva reso scivoloso, ma non aveva la minima intenzione di lasciarlo cadere.
''Che fai?'' chiese Torm.
''Evito che tu ti spappoli contro il cemento'' rispose Luft con affanno.
Creò un venticello che l'aiutò ad avvicinarsi al tetto del palazzo più vicino, peccato che era troppo stanca.

Non riuscì a mettere piede al tetto che iniziarono entrambi a cadere. Luft riuscì a reggersi con la mano destra al tetto conficcata sulla cornice del tetto, mentre con la sinistra teneva stretto Torm.
Le forze la stavano abbandonando e le braccia erano in preda a crampi per via dello sforzo a cui erano sottoposte, ma poi, si sentì di nuovo leggera. Guardò in basso e vide che Torm non era più appeso alla sua mano.
Si aprì la porta del terrazzo ed una mano raccolse quella di Luft la quale fu aiutata a salire sul tetto. Stanchissima, si poggiò sulle spalle muscolose dello sconosciuto che solo grazie alle ferite sule torso potè identificare.
''Torm... ma come?'' domandò la ragazza.
''Ho rotto una finestra e sono entrato'' disse sorridendo e poggiando Luft per terra ''Ora, scusami'' aggiunse tristemente.
''Per cosa?'' domandò Luft sena forze.
''Per quello che sto per farti'' e Luft vide delle lacrime scendere dal bel viso del ragazzo.

Torm alzò una mano al cielo, e subito le nubi iniziarono a diventare più scure e rumorose. Luft stava per essere colpita da un fulmine e non aveva le forze per fare nulla. Nulla.
Ma poi... idea!

Luft vide la scena al rallentatore.
Il fulmine stava arrivando e proprio al momento giusto, Luft lanciò in aria il suo orologio di metallo.
Attirato dal metallo, il fulmine colpì l'orologio che, diventando rovente, constrinse il fulmine a cercare un'altra fonte di metallo che trovò nel piercing sul sopracciglio di Torm.
Il ragazzo fu investito dalla sua stessa forza e il tetto cedette facendo cadere entrambi in un abisso mobiliare nero come il catrame.   

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Salvataggio a catena ***


So' Fort xD

Salvataggio a catena

''Respira, RESPIRA!"
''Ti prego, ti prego!''
''Non ci riesco!!!''

'Luft! '
La ragazzina aprì gli occhi. Stava bene, non aveva nè ferite nè lividi.
'Luft!' insistette quella voce.
Si guardò attorno, ma era immersa in un grigio totale, costante e impenetrabile.
'Luft!!' il tono della voce si stava facendo implorante, ma Luft non aveva voce per rispondere.
'Vai e salva Brand!' disse e subito Luft si svegliò.


La ragazzina si trovava dentro un appartamento di lusso. Il tetto era sfondato e lei stava sopra un tavolo circondata da macerie e acqua di pioggia. Si alzò con difficoltà e scese le scale zoppicando (l'ascensore si era rotto).
Sì ricordò del sogno che aveva fatto e della lotta a cui aveva partecipato. Doveva salvare Brand, ma come? dov'era?
Camminò per le vie della città quando sentì una forte esplosione e vide un intero appartamento prendere fuoco e riversarsi per la strada. Non era molto lontano da lì ma in quelle condizioni ci avrebbe messo almeno dieci minuti a raggiungere il luogo dell'incidente sperando che si trattasse effettivamente di Brand.
Vide della cenere che stava attraversando il cielo per poi abbassarsi e tuffarsi nella strada.
Luft si affrettò più che potè prima di vedere il corpo privo di sensi della sua amica ricoperto di cenere.

'Brand!'

'Brand!' Gridò Luft appena la vide in quello stato

La ragazza sbattè le palpebre. Si controllò le ferite e notò che erano guarite.

Luft si avvicinò e sussultò alla vista delle ferite alla spalla e al ginocchio dell'amica.

Si guardò attorno ma era immersa in un rosso totale, costante e impenetrabile.
'Brand!' la voce si faceva più preoccupata.


'Brand!' disse Luft con più forza, come se chiamarla avrebbe risolto la situazione. Prese la testa della sua amica fra le mani e la scosse un pò sperando di svegliarla, ma nulla.
Luft iniziò a piangere. Qualcosa non tornava. Come poteva aiutare Brand se non stava reagendo, se non stava aprendo gli occhi, se non stava... respirando!
Capì.
Ecco come poteva salvare la sua amica. Con una mano aprì la bocca di Brand mentre con l'altra le tappò il naso. Ispirò profondamente e, poggiando le sue labbra contro quelle dell'amica, rilasciò l'aria.
''respira, respira, respira!'' supplicò Luft.

'Brand, vai e salva Wasser'.

Brand aprì polmoni e occhi contemporaneamente, ispirò più aria possibile e iniziò a muovere petto e diaframma contemporaneamente per incamerarne ancora di più.
Mise a fuoco e vide Luft che le sorrideva con le lacrime agli occhi.
''G-Grazie'' disse tossendo e mettendosi seduta.
''Non c'è di che'' rispose Luft mentre l'aiutava.
''ora però dobbiamo andare... devo salvare Wasser'' spiegò e così facendo si mise in piedi appoggiandosi a Luft.
''Dove può stare?'' chiese la ragazzina, ma Brand non rispose.
Camminarono ancora un pò prima di trovare il loro amico.
Luft scattò per raggiungerlo ignorando le fitte di dolore alla gamba, mentre Brand rimase ferma e shockata nel vederlo.
Era di un colore così innaturale, sembrava così fragile, così spaventato, così in preda al dolore. Brand si mise in ginocchio vicino a lui.

'Wasser'
Il ragazzo si guardò attorno ma non vide nulla apparte un blu profondo e quieto. Fece per toccarsi lo stomaco ma la ferita non c'era più. Così come quella alla spalla, era sparita.


Brand preferì non toccare direttamente il corpo di Wasser poichè sapeva che era stato reso fragile dal ghiaccio che ricopriva il suo corpo. Squadrando la freccia la cui punta spariva nel suo addome, Brand spalancò i palmi delle mani i quali iniziarono a emettere calore.
''ti prego, ti prego, ti prego'' disse Brand a denti stretti mentre sperava che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Il ghiaccio era molto resistente al fuoco, ma dopo alcuni minuti, riuscì a scioglierlo tutto.

'Salva Jord!' disse la voce.

Wasser aprì gli occhi. Per prima cosa notò i volti delle due ragazze che risero appena lo videro. Luft gli saltò al collo mentre Brand gli baciò la fronte. Come seconda cosa notò una fitta di dolore che partiva dallo stomaco.
Brand e Luft guardarono la freccia e dopo si scambiarono uno sguardo preoccupato. Doveva estrarla.
Prendendo la testa di Wasser fra le mani e poggiandola sul suo grembo, Luft raccolse la mano sinistra di Wasser nella sua così lui avrebbe avuto qualcosa da stringere.
Brand si sedette a cavalcioni sulle gambe di Wasser e impugnò la freccia con fermezza.
''Farò il più in fretta possibile.'' disse cercando di fare un'espressione rassicurante. Iniziò a tirare. Wasser chiuse gli occhi e serrò la bocca mentre il dolore iniziava ad aumentare ancora ed ancora.
Dopo aver estratto la freccia, la cui punta era piccola un paio di centimetri, Brand alzò la maglia del suo amico e poggiò le mani sulla ferita.
''Che vuoi fare?'' chiese Luft.
''Devo cauterizzare'' rispose.
''Cosa? No!'' rispose la ragazzina indignata ''sono cose medioevali!''.
''Hai un'altra soluzione? Non può stare così'' rispose Brand.
''Ok, Fai in fretta che dopo devo salvare Jord'' aggiunse Wasser come per assicurarsi che le ragazze non si fossero scordate di lui.
Brand poggiò un dito sulla ferita e subito Wasser iniziò a inarcare la schiena per il dolore. Non voleva urlare ma incompenso stava stringendo così tanto la mano di Luft che ora lei voleva gridare.
L'operazione durò due minuti al termine del quale non rimase alcuna traccia della ferita.
''Strano'' sussurrò Brand riabbassando la maglia all'amico.
I tre ragazzi si rialzarono, Wasser e Brand furono costretti ad appoggiarsi ad una parete per reggersi.
''Dov'è Jord?'' domandò il ragazzo alle sue amiche le quali non risposero. ''Bene...'' rispose sarcastico, ma in quel momento tutti e tre videro un intero palazzo che crollava riversandosi in un unico punto della strada.
''Trovato'' disse Brand e i tre si avviarono il più velocemente possibile nel luogo in cui Jord era stato avvelenato.

'Jord! Jord!'
il ragazzino si voltò e vide che era sospeso in una specie di etere arancione. Non aveva nè le ferite da spina nè i dolori da veleno. Stava bene.


''Ma che ca...'' disse Wasser appena vide l'aspetto devastato del suo amico. Le labbra erano viola, non livide, le vene erano diventate verdastre e si vedevano attraverso la pelle la quale era diventata bianchissima.
''Che dovrei fare?'' domandò Wasser mettendosi le mani nei capelli.
''Magari è stato avvelenato! Ti ricordi quando accadde con Brand?'' propose Luft evidentemente in ansia.
''Giusto, giusto!" rispose Wasser mentre poneva una mano sul petto e l'altra sullo stomaco dell'amico.
I primi minuti non accadde nulla. Le ragazze non volevano rompere il silenzio perchè non volevano distrarre il loro compagno, ma poco dopo fu lui a parlare.
''Non ci riesco!'' disse con le lacrime agli occhi. ''é più appiccicoso del veleno dell'Idra e sono solo riuscito a purificare qualche capillare.''
''Concentrati'' ordinò Brand ma Wasser era troppo stanco per rispondere.
Si concentrò e riprovò ancora, e ancora e ancora.

'Jord, dovete raggiungermi!'

Jord aprì gli occhi. Il dolore delle ferite inferte dalle spine era niente comparato a quello che il veleno gli ha fatto sopportare. Sorrise ai ragazzi il quali gli risposero altrettanto sorridenti.
''Dobbiamo andare'' disse Jord mettendosi seduto.
''Dove?'' domandò Luft.
''Dal professor Fos''. 

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** I.V. (Ignari Visturs) ***


I.V. (Ignari Virtus)

I quattro ragazzi si ritrovarono di colpo in una villa spettacolare: ampia, spaziosa, luminosa e ben arredata. Si guardarono attorno prima di vedere il professor Fos catapultato contro una parete e un altro uomo saltargli addosso come un gatto selvatico.
''Ehi!'' disse Luft e facendo un ampio gesto con il braccio, scaraventò la losca figura contro la parete opposta.
Wasser e Brand si avvicinarono per aiutare il professore mentre Jord e Luft erano pronti a tenere a bada l'uomo vestito in nero.
''Grazie per essere venuti'' disse il professore aggrappandosi alla mano di Wasser per alzarsi.
''Questo chi è?'' domandò Brand.
''Mmm... credo lo chiamereste il capo dei vostri nemici'' disse il professore alzando le spalle.
''Mi chiamo Inanis.'' disse l'uomo alzandosi in piedi e tornando in posizione d'attacco.
''Ah! Non si muova'' lo ammonì Jord ma Inanis ignorò la minaccia togliendo pezzi di intonaco dalla sua camicia.
''Sentite, è evidente che avete vinto voi contro i miei studenti...'' disse volgendo gli occhi al cielo e gesticolando ''ma io e il vostro professore abbiamo un contro in sospeso!''.
''Ma non è vero!" obiettò Fos. Inanis alzò un sopracciglio in risposa. ''Ok ok, forse hai ragione'' aggiunse alzando le mani come per arrendersi.
''Perchè ci ha chiamati?'' domandò Luft.
''Perchè ho bisogno di un aiuto!'' ammise il professore senza alcun imbarazzo.
''Bella questa! Quando NOI abbiamo avuto bisogno del SUO aiuto lei non si è fatto vivo se non per darci missioni impossibili o per incoraggiarci con stupide cose teoriche e ora LEI vuole il NOSTRO aiuto per sconfiggere qualcosa che deve affrontare SOLO lei? é scorretto''. Si lamentò Wasser sottolineando ogni parola con il dito indice che indicava ripetutamente il professore.
''Come sai che deve affrontarlo solo lui?'' gli sussurrò Luft.
''Ho tirato ad indovinare'' rispose.
''Hai ragione, ma le missioni ve le ho date per allenarvi, non perchè sono cinico. Ah già, dimenticavo, se non lo sconfiggiamo, ruberà tutti i nostri poteri'' concluse con un sorrisetto odioso rivolto verso il ragazzo.
''Scusate... io sono ancora qui'' disse Inanis facendo un gesto di saluto con la mano.
Profondamente seccata da tutta quella storia, Brand schioccò le dita e lanciò contro Inanis una palla di fuoco. Senza troppe mosse, l'uomo spalancò la mano sinistra e subito la fiamma venne risucchiata al suo interno.
''Li hai allenati bene'' ammise Inanis Grattandosi il palmo della mano lievemente arrossato.
Il professor Fos rispose facendo un espressione compiaciuta e scompigliando i capelli a Brand.
''Ok ragazzi, tutti insieme!" urlò il professore, ma nessuno dei suoi alunni si mosse. ''che c'è?'' chiese.
''Siamo stanchi...'' rispose Jord.
''Anch'io... ma se uniamo le forze riusciremo a sconfiggerlo!'' spiegò ma l'incoraggiamento fu nullo.
''Ok, Wasser, ti ricordi quando mi hai lanciato addosso quella palla da 7 litri?'' disse il professore porgendo una mano sulla spalla dell'alunno.
''Come dimenticare...'' sorrise il ragazzo.
''Bene... Quando l'hai fatto, non eri del tutto lucido... quello stato si chiama Ignari Virtus!''
''Forza incosciente?'' interruppe Jord.
''Esatto... dovete abbandonarvi al vostro elemento'' disse il professore sorridente.
''Facile a dirsi'' commentò Luft.
''Ehm professore... Inanis è scappato'' disse Brand indicando il punto vuoto.
''Ok, nessun problema, tanto non può uscire da questa villa. Voi tentate di raggiungere l'I.V. mentre il lo cerco.
''Come facciamo? Ci dia qualche indicazione!" lo implorò Luft, ma non ottenne risposta.
Wasser si sedette per terra poggiando la schiena al muro.
''Che fai?'' domandò Brand.
''Mi abbandono al mio elemento'' rispose facendole l'occhiolino.

Wasser si concentrò e iniziò a ricordare: 'Alt! Come esempio voglio che usi l'acqua!' , il canto che proveniva da sotto la doccia,l' acqua a gravità zero, la prima volta che ha usato il suo potere consciamente nell'ufficio del professore, le ondine, lo tsunami, la sfera da 7 litri, la copia d'acqua, la scheggia di ghiaccio nella spalla, l'attacco a Led da quattro punti differenti, la freccia nell'addome, la pulizia del veleno a Jord e Brand... Tutti questi ricordi si accavallarono nella mente del ragazzo fino a quando non raggiunse un punto di oblio.
Aprì gli occhi e vide che i tre ragazzi lo guardavano come fosse un mostro, non li riconobbe, ma sentì che aveva un legame con loro.
Si guardò le mani e vide che luccicavano, i capelli si agitavano come fossero immersi nell'acqua e le iridi di allargarono diventando di un blu brillante.
Si alzò in piedi e andò a raggiungere il professore Fos senza rispondere ai continui richiami dei suoi amici ormai perplessi di vederlo così.
Impaurita ma decisa, Brand fece la stessa cosa. Si appoggiò alla parete e iniziò a ricordate: la sua tutrice, i genitori, la prima volta che il professore le aveva detto di essere una dea, la porta sbattuta, l'incidente con l'accendino, i fogli bruciati, l'ira, l'idra e il suo veleno, la spada, la grotta, la lingua mozzata, il serpente di cenere, l'asfalto ritrasformato in catrame, le ferite alle ginocchia e alla spalla, l'esplosione, il sogno, l'aria ricevuta da Luft... Brand aprì gli occhi ed andò verso uno specchio. I capelli erano di uno strano colore rossastro così come le iridi erano divenute larghe e sanguigne, stava sudando e la pelle era arrossata. Seguì Wasser senza fiatare e Jord e Luft fecero lo stesso.
Senza chiudere gli occhi Jord guardò un punto fisso e iniziò a richiamare in memoria gli eventi trascorsi: i genitori che credevano fosse troppo introverso, la scuola, 'ehi, aquila!', le vertigini, 'tu hai il dono della Terra! Se ti allontani dal tuo elemento ti senti spaesato e debole', la libreria, il terriccio che fece volare, il sasso che bloccò a mezz'aria, il labirinto, la sua umidità e la sua oscurità, il minotauro, la mazza di ferro bloccata, la maglia sgualcita, il crollo del labirinto, le piante di Silva e  il suo fiorellino giallo, le sabbie mobili il crollo del palazzo, il suo veleno... Gli occhi del ragazzo divennero arancioni e le iridi si allargarono. Da magrolino Jord acquisì più muscoli e ogni passo che faceva provocava crepe al pavimento.
Anche Luft pensò a tutto quello che era successo: Il suo ragazzo, ' comandi l'Aria e il Vento!', You can like the life you're livin', you can live the life you like..., il sasso tirano in faccia a Jord, la ninna nanna cantata a Wasser, if I can fall into the sky, la scoperta di poter volare, le tre arpie, le loro piume, fouettés en tournant, Torm, il suo fisico, il suo piercing, il suo potere, i fulmini, l'orologio... Aprì gli occhi. Aveva stampato in viso un sorriso raccapricciante. Si muoveva morbidamente senza mai toccare terra. I suoi capelli ondeggiavano anche se privi d'aria e i suoi occhi erano di un freddo grigio.
Tutti e quattro erano pronti a combattere per davvero.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Ah, però ***


Ed ecco qui... il penultimo capitolo di questa immensa saga!!! Gustatevelo prima del gran finale <3

Ah, però...

Raggiunsero il professore sul tetto della villa. Inanis era evidentemente spaventato da quello che stava per accadergli poichè una lotta 5 contro uno, per quanto forte potesse mai essere, si sarebbe prospettava alquanto difficile, ma la fortuna non l'aveva ancora abbandonato.
I quattro ragazzi, invece di dirigere i loro volti assassini verso Inanis, iniziarono a squadrare il professore con inconsapevole istinto assassino.
''Ragazzi?'' domandò prima di essere innalzato e sbattuto a terra da una corrente di aria creata da Luft.
Inanis cominciò a ridere. ''Non ti riconoscono'' disse applaudendo ma così facendo richiamò l'attenzione di Jord e Brand che iniziarono ad osservarlo nello stesso modo in cui un leone guarda un pezzo di carne.
Fos cercò di difendersi dagli attacchi di Wasser e Luft mentre Inanis era tentato ad assorbire i colpi degli altri due con evidente difficoltà.
Wasser disegnò un semicerchio con il braccio steso da cui una specie di arco fatto d'acqua prese forma. Con la mano contratta dell'altro braccio, afferrò l'acqua con le unghie delle tre dita più lunghe, la portò indietro e la rilasciò generando tre prioettili che bucarono tutto ciò che trovarono sulla loro traiettoria, Il braccio di Fos compreso.
Brand iniziò a far roteare l'indice della mano destra creando una specie di piccolo anello di fuoco. Lanciandolo in aria, Brand lo allargò con la forza del pensiero facendogli acquistare un diametro notevole. Muovendolo con la mano, lo sistemò all'altezza dei fianchi di Inanis, il quale era occupato ad assorbire la terra di Jord, e poi strinse. Inanis urlò dal dolore poiché mani e braccia erano ancora al bacino da un cerchio di fuoco.
Jord poggiò un ginocchio per terra e spalancò le mani sul suolo. Il tetto iniziò a tremare e una crepa insignificante diventò talmente grande da inghiottire Inanis, ma la cattiveria di Jord non si fermava mica li. Quando Inanis era ancora a mezz'aria, con un altro colpo della mano ricompose il tetto sbattendo le due parti oppose e fratturando così i polpacci e i piedi dell'uomo urlante.
Luft si avvicinò al professor Fos il quale sperava in una ripresa di coscienza della ragazzina, ma tutto quello che ottenne fu un bacio, un casto bacio deciso dalla ragazzina sulle labbra morbide del professore. L'uomo rimase interdetto prima di capire cosa stesse realmente accadendo: grazie al bacio, Luft stava rubando tutta l'aria del professore, lasciandolo senza fiato e ossigeno.
''Ho sbagliato'' pensò amaramente vedendo i quattro ragazzi pronti a uccidere chiunque gli si fosse piazzato sulla strada, magari anche i loro genitori.
Doveva fargli tornare normali, ma come? Aveva poco fiato, ma lo sfruttò come investimento sui ragazzi.
''Danza!'' disse a Luft.
''Aquila!'' proferì verso Jord.
''Genitori!'' sussurrò a Brand.
''Nuoto!'' bisbigliò in direzione di Wasser.

Come svegliati dalle parole, i ragazzi ripresero coscienza di loro stessi e caddero a terra come sacchi vuoti, senza energie o forze. Respiravano affannosamente e non riuscivano a muoversi, ma almeno erano di nuovo loro stessi.
Fos si toccò la ferita provocata da Wasser e subito si richiuse senza lasciar traccia o cicatrice.
Fece due boccate ampie e generose d'ossigeno e poi si rivolse verso l'Inanis intrappolato dal tetto, il cerchio di fuoco era riuscito a risucchiarlo.
Alzando regalmente la mano sinistra, e solo dopo aver ordinato ai ragazzi di chiudere gli occhi, Fos iniziò a concentrarsi. La mano stava diventando via via più luminosa e informe. Le dita erano sparite e la mano era diventata una lampadina di un bianco straziante.
Avrebbe sconfitto Inanis con i suoi poteri. Con la sua Luce.

Portando indietro il gomito, Fos scaraventò un flusso di luce contro l'uomo. Siccome la luce non ha tecnicamente consistenza, fu facile per il nemico assorbirla, mentre fu difficile per Fos lanciargliela contro. Tuttavia cercò di resistere e resistette per qualche minuto approfittando del fatto che Inanis fosse indebolito dagli attacchi degli altri due alunni.
Purtroppo l'esito della battaglia fu pessimisticamente realistico. Fos crollò a terra senza energia così come i suoi alunni non avevano la minima volontà e potere di combattero.
Inanis stava vincendo per il momento, ma la fortuna gira, si sa.
L'uomo fece per allungare la mano sinistra verso i cinque avversari quando, dal tetto, sbucarono tantissime piante che lo avvolsero con tanta velocità che Inanis si accorse troppo tardi quello che stava succedendo.
''Spine'' disse una voce e subito il groviglio di piante si riempì di foglie appuntite che dilaniarono il corpo dell'uomo.
Le piante constrinsero Inanis ad assumere una posa innaturale poichè gli portarono entrambe le braccia dietro la schiena con i palmi delle mani schiacciati sulla spalla, impedendogli così di usare i suoi poteri sulle piante.
Si sentì un battito di mani, e subito i quattro avversari uscirono dalla porta che dava sul tetto.
Silva aveva assunto un'espressione concentrata mentre Led ed Ash si avvicinarono al loro tutore.
''Che volete fare?'' chiese, ma loro non risposero.
Led appoggiò una mano sul polso destro di Inanis e lo congelò con spregevole rapidità. La mano destra dell'uomo cadde a terra sbriciolata.
Ash fece lo stesso: poggio la sua mano sul polso sinistro dell'uomo e gli incenerì la mano senza troppe cerimonie.
Ormai, con le gambe spezzate e bloccate dal tetto, con le spine che stavano dilaniando il suo corpo, e con le mani inesistenti, Inanis capì che era finita. Ma non urlò. La sua parte razionale era rannicchiata in un angolo del inconscio dondolandosi e sperando che tutto si sarebbe risolto il più presto possibile.
''Perchè?'' chiese con un filo di voce, ma i quattro non risposero. Led e Ash si allontanarono lentamente mentre Silva lasciava andare le piante.
Il cielo si rannuvolò, Inanis guardò Torm, Torm ricambiò lo sguardo, e tutto finì con un grande rumore e un grande fulmine che tolse la vita al loro tutore.

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Happy Ending ***


Ed eccolo qui, il tanto atteso capitolo finale. Ringrazio Lady of the Lake, Lordgemone, Potterfan, _Xelix_  per aver seguito la storia; Ringrazio Andy Scofield, piccolascrittrice98 e _stellina99 per aver 'preferito' questa storia; Ringrazio Rodopis, musicislife, Elyssa Flaherty e valeriuccia93 per le recensioni sempre gradite; Ringrazio soprattutto Sofia_94 e SweetBlueNight senza le quali la storia non sarebbe continuata!!! Grazie a tutti!!! Non piangete XD

 

Happy Ending

I ragazzi si svegliarono in una stanza lussuosa, non erano più sul tetto e non erano più molto stanchi come prima.
''Che è successo?'' domandò Wasser alzandosi di botto.
''Calmati...'' lo esortò Luft stringendo il cuscino dolcemente, ma in quel momento entrarono i loro avversari.
Wasser, Jord e Brand acquisirono subito una posizione di difesa, mentre Luft cercava di evitare lo sguardo di Torm.
''Cosa volete?'' domandò Brand.
''Tranquilli, veniamo in pace!'' disse Ash mettendosi nella tipica posizione 'mi arrendo'.
''Credo vogliate delle spiegazioni...'' disse Silva siedendosi vicino Jord.
''Ci puoi scommettere'' le rispose il suo vicino.
''Prima di tutto'' esordì Led ''ci dispiace!'' e mise le mani giunse come segno di dispiacere.
''Ah! bella questa! Prima mi dilani la spalla con un pezzo di ghiaccio e poi mi hai infilzato con una freccia! Brand ha dovuto cauterizzare la ferita!'' urlò Wasser alzandosi la maglia per far vedere la cicatrice, ma non c'era più.
''Ma come?'' disse Luft avvicinandosi all'addome di Wasser.
''Non l'avete capito?'' la interruppe Torm con uno sguardo misto fra odio e pentimento ''Il vostro professore ha i poteri della luce e riesce anche a guarirvi''.
''Ora ho capito'' disse Brand annuendo piano piano e guardando nel vuoto.
''Approposito, perchè avete fatto quello che avete fatto al vostro tutore?'' domandò Jord.
''Bè, noi ci siamo svegliati prima di voi e, grazie a Fos che ci ha teletrasportato qui, abbiamo potuto sentire ciò che Inanis aveva in mente. Stava parlando di una specie di apocalisse per uccidere tutti coloro che non avevano del sangue divino e voleva usare noi 4 per attuare il suo piano. Appena abbiamo saputo, abbiamo deciso di fermarlo. '' spiegò Ash.
''Approposito di professori... Fos? dov'è?'' domandò Jord e Silva gli rispondette indicandogli la stanza accanto.
I quattro si alzarono per andare a raggiungerlo, aprirono una serie di porte prima di trovarlo steso sul letto, molto pallido, ma sorridente come sempre.
''Professore!'' urlacchiò Luft prima di saltare sul materasso facendolo rimbalzare.
''Ehi, calma!" sussurrò il professore sorridendole.
''Come sta?'' domandò Jord chiudendo la porta.
''Bene, ma credo dovremmo salutarci!'' aggiunse alternando alla risposta lunghi silenzi.
''Cosa? No!" rispose quasi istintivamente Brand.
''Ormai non vi servo più a nulla -sorrise- avete imparato tutto quello che potevo insegnarvi, Ignari virtus compreso. Vi ho guidati da quando eravate piccoli, da quando avete capito che eravate speciali e da quando vi siete iscritti a questo liceo. Non posso fare più niente per voi, se non rispedirvi a casa e augurarvi tutto il bene possibile''. E così dicendo battè le mani e tutti e otto i ragazzi vennero  mandati indietro.

La città non portava più i segni della lotta, nè dell'incendio sulla collina. La memoria dei cittadini era stata cambiata così come gli edifici erano stato riaggiustati e le strade riparate.
Era tutto tornato alla normalità tranne per il fatto che 8 ragazzi si ricordavano per filo e per segno cosa fosse accaduto.


Led aspettò la notte per agire. Ricongelò la telecamera e la saracinesca rompendola successivamente con un calcio. Entrò, lasciò sul bancone un sacchetto del pane con dentro tutto il bottino di gioielli che aveva rubato tanto tempo prima.
Prese una penna e un foglietto di carta e scrisse con una calligrafia forzata 'Mi dispiace'.
Uscì dalla gioielleria sorridendo e sentendosi più pulita.

 * * * *

''Pronto? Mamma?''
''Ehi, Ash... Dimmi!" la voce di sua madre, così calda
''Niente è che vorrei raggiungervi!" non si era accorto di quanto fosse difficile affrontare alcune cose senza l'appoggio di qualcuno fino a quel momento
''Sei sicuro? Hai la scuola e poi la svizzera è lontana'' rispose teneramente la madre.
''Mi mancate'' si giustificò il ragazzo.
''Ok, ti prenotiamo il volo!''

* * * *

Silva raccolse un pò di vestiti in una valigia, prese una foto di suo padre e si riempì il portafogli di banconote.
''Pronta per partire?'' domandò il padre eccitato all'idea di fare un viaggio senza prenotazioni con la sua unica figlia, la sua unica famiglia.
''Un attimo, innaffio le piante e vengo'' disse, ma invece di riempirle d'acqua, le accarezzo con tanta dolcezza che tutte le piante della camera fiorirono.
''Arrivo, accendi la macchina!'' urlò Silva mentre accarezzava un fiorellino.

* * * *

''Sicuro di voler cambiare scuola?'' domandò la madre di Torm mentre il ragazzo firmava i verbali per il nulla osta.
''Sì, ho bisogno di cambiar aria, di ricominciare da zero.'' spiegò mentre firmava nella segreteria della sua ormai ex-scuola.
''E hai già pensato dove andrai?'' domandò sua madre.
''Il fratellone viene con me!" miagolò la bambina e subito Torm la prese in braccio e le stampò un bacio sulla guancia.
''Sarò sempre tuo!'' le disse.

* * * *

''Ehi, Wasser! Bentornato!" disse l'allenatore di nuoto appena vide il suo alunno modello con il costume addosso. Il ragazzo sorrise in risposta.
''Fra un pò ci sono le gare, dovremo recuperare le lezioni perse. Sei pronto a tuffarti?'' domandò dandogli una pacca sulla schiena.
''Certamente'' rispose il ragazzo e dopo aver appeso l'accappatoio all'appendiabiti vicino alle panchine, si tuffò dritto come una stecca, gustando ogni centimetro di corpo che d'asciutto veniva bagnato. Mentre si tuffava, sorrise, libero e felice di poter comandare un elemento come quello.  

* * * *

Brand scese dalla fermata dell'autobus con in mano un mazzo di fiori. C'erano dei lilium, degli iris e un paio di dalie. Notoriamente lei odiava regalare i fiori, ma quella volta le sarebbero serviti.
Fece qualche passo in avanti fra l'erbetta verde smeraldo per poi inginocchiarsi davanti a due lapidi. Smistò i fiori fra le due tombe, prese due candele e le accese avvicinando l'indice allo stoppino. Sorrise e qualche lacrima scese sul suo viso sorridente in onore dei suoi due genitori.

* * * *

''Jord, oggi vieni con noi al cinema?'' domandò la madre al proprio figlo.
''Non posso!'' rispose.
''Non mi dire che devi studiare! Stai sui libri da questo pomeriggio!'' lo criticò il padre.
''No, tranquillo. Devo uscire con degli amici.''
Quella frase, così aliena ma così benefica, fu un balsamo per le preoccupazioni dei genitori di Jord il quale fremette un pò alla sua stessa affermazione.
''Va bene, non fare tardi'' disse la madre mentre chiudeva la porta salutando il figlio con la mano.

* * * *

Luft era nel suo camerino a truccarsi. Doveva interpretare il cigno bianco e il tutù vertiginoso le rendeva più difficoltosi i movimenti.
Si stendette il cerone uniformemente sul visto e si disegnò del simboli tribali vicino l'area degli occhi con l'eyeliner.
Mise tutto a posto, salì di corsa le scale, puntò i piedi, alzò la gamba sinistra in un elegante arabesque e poi il sipario si alzò accolta da un fragoroso applauso.

E se avessi intenzione di fare un seguito??? Che ne pensate? Fatemi sapere *_*
Grazie ancora, il vostro Lord_Envy

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=599478