Rumore di Autobus

di flowerburst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritorno ***
Capitolo 3: *** Gerbo ***
Capitolo 4: *** Gasparella ***
Capitolo 5: *** Centoz ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Rumore di autobus che vanno e non tornano tutt’intorno a due figure. Una lei ed un lui a caso.
 
- E’ già passato il 7?
- Il 7?
- Sì, il 7. E’ passato?
- 7A o 7B?
- Come?
- Quale dei due? A o B?
- Ce ne sono due?
- Sì.
- Il bi, è passato il bi?
- Sì, è passato.
- Quando?
- Adesso, mentre parlava con me.
- Cazzo! E l’a?
- Il 7A?
- Sì, il 7 a.
- il 7A non esiste.

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Capitolo 2
*** Ritorno ***


« Poi ho capito che non eravamo tanto a caso lì. Sì, insomma, Sguenda, te devi anche capire che non è che fosse stato proprio una cosa facile arrivarci, lì alla fermata. Immaginati: io che corro come un cretino appena sceso all’aeroporto di Venezia. Cristo il fuggi fuggi che c’era, una marea di gente che non t’immagini, e poi gli inglesi che son scesi assieme a noi dall’aereo che ci dicevano che non si dovrebbero comportare così gli italiani che vanno all’estero, sennò danno un brutto esempio del loro paese, come stavamo facendo noi, scherzavamo. Eh, penso sia stato proprio questo a farli incazzare. Che poi quelli che si lamentavano erano solo due, un tizio che ha dormito per tutta l’ora e mezza del viaggio, e quella che doveva essere sua moglie, una bassa e bionda, con i capelli ricci, ne aveva anche pochi, quindi c’ha avuto anche un bel coraggio a parlare, sì. Che poi tutti ti guardano quando parli e mica guardano solo gli occhi o le labbra, anzi, di solito si guarda uno dall’alto in basso e quindi quei suoi pochi capelli medio corti biondo scuro e pure radi erano lì davanti ai nostri occhi. Figurati! Una zazzera malconcia in mezzo a venti italiani che al massimo avevano diciotto anni e questa qui che parla e parla in inglese dicendoci di stare calmi e di dare il buon esempio. Ma stai nemmeno scherzando? Insomma, dài! Ti pare? Ho anche la voglia di scherzare, di dire “cazzo sono arrivato a casa” dopo un viaggio di chissà quanti giorni, che poi son stati ventitré, in Inghilterra con la gente che quando le passi di fianco non capisce un’acca di quello che dici e quindi ti diverti ancora di più a prenderla in giro. E quindi questa ci dice di dare il buon esempio appena scendiamo dall’aereo. E io avrei avuto anche la voglia di dirle “Inglesina cara, ma te lo sai che sei appena sbarcata in Italia? Abituati, perché qui i tizi son meno calmi di noi.” Ma dimmi te, Sgu. »

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Capitolo 3
*** Gerbo ***


« Comunque ti dicevo, no, non eravamo tanto a caso, io e lei, lì, secondo me. Ma poi, appunto, monti in questo transfer che ti deve portare da Venezia a Vicenza, e quindi tutte le ore di sonno che hai perso la notte prima di partire, perché è d’obbligo fare un po’ di festa con tutti prima di dire addio all’Inghilterra, tu le dovresti recuperare lì, in quel pullman, con le venti persone con cui hai passato le tre settimane circa più belle di quell’anno, ad agosto, al fresco in England, ché là facevano venti gradi quando era caldo, e invece? E invece no! Non dormi, ovvio che non dormi, quando c’è un Gerbo che scassa con le sue congetture per farsi la tizia a cui sta dietro da tutte e tre le settimane e ancora lei gli resiste perché ha il moroso. Un ridere che tu non puoi immaginare Sguenda. No, davvero, figurati che una volta siamo entrati in una tipo pasticceria, ché poi lì hanno dolci anche nei negozi di vestiti, ma questo non c’entra, e le compra un muffin. Arriva alla cassa e la cassiera gli fa “five pounds”. Ti giuro non ho mai riso così tanto vedendo uno sbiancare. Cristo! E comunque quell’altra non gliel’ha data, eh, per inciso. Nemmeno alla fine del viaggio in pullman, che quando siamo smontati e abbiam salutato tutti lui s’è beccato un bacio a stampo. E solo quello. E per fortuna che il moroso dell’altra non s’è fatto vivo subito, perché era venuto a prenderla. Che uomo pirla, Gerbo. Dimmi te, ce n’era una carina, la Giorgina, che ci stava pure con lui, e lui è un cretino perché lei era proprio bellina! Hai presente le tizie basse, capelli marrone scuro lisci e lunghi, occhi da cerbiatta marroni. Dio era carina sul serio. E lui no, correre dietro all’altra che aveva degli occhi acquamarina e solo quello di bello. Bah, Gerbo è simpatico solo finché la sua simpatia non sfocia nella più completa stupidità. Ma va beh, affari loro. Poi la Giorgina s’è trovata Luca quindi meglio ancora. Lui è più intelligente. Suona il flauto traverso, quindi immaginati quanto l’abbiamo preso per il culo, ma dettagli. Io credo che fosse uno di quei tizi che vedono più in là, capisci? Sì, di quelli che sulla musica ci puoi parlare di tutto, ma anche sulla filosofia, sulle cazzate, lui le cose le guarda, mica le vede e basta. Diceva che alla fine puoi essere bravo quanto vuoi, puoi aver studiato e suonato uno strumento per tutti gli anni che vuoi, ma se non ci metti dentro te, le cose, la musica è vuota. Boh, io non ho mai suonato niente quindi Sgué non posso dirti niente, non lo so, magari tu l’avresti pure saputo se avesse ragione o no. Fatto sta che il suo modo di vedere le cose mi piace assai. Peccato si lamenti troppo della vita. Di questo e di quello. E si perde le cose più belle. Anche là in Inghilterra, ha perso tempo a parlare dei troppi soldi e non ha voluto dare i dieci pounds extra per andare a Flamingo Land, il parco divertimenti, con noi, solo perché “erano troppi soldi”. Io dico che se avesse visto che divertimento c’avrebbe guadagnato, a lamentarsi avrebbe perso meno tempo.»

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Capitolo 4
*** Gasparella ***


« Poi però che facevano più casino erano la Centoz e la Gasparella. Che poi di cognome non mi ricordo mai se faccia davvero Gasparella o Gasparini, insomma, non importa, è una con una matassa di ricci biondi lunghi fino ai fianchi, una cosa incredibile, peccato per il naso, sennò per il fisico e tutto il resto giuro che è veramente bella. Un po’ troppo superficiale, forse. Sì, ogni volta che passavamo per Oxford Street commentava le vetrine e il modo in cui erano disposti gli accessori, e i modelli che avevano scelto, e i capelli. Poi io di moda non ci ho mai capito tanto, ma secondo me nella sua superficialità lei vedeva le cose dove dovevano andare, no? Lei diceva che non potevi mettere un colore così a caso assieme ad un altro, oddio, lo potevi anche fare, per carità, solo che la gente se ne rendeva conto. Cioè dovevi metterci del tuo anche lì, doveva avere un suo perché l’arancione in mezzo al viola. Poteva anche non c’entrare nulla, ma aveva un perché. Lei è proprio attaccata a questi suoi perché. “Non c’entra che gli altri sappiano quale sia il motivo, l’importante è che lo sappia lo stilista.” Sì, beh, questo non lo so, come non so per Luca cosa sia la musica, boh, insomma, io vivo le cose per come me le raccontano, se non le conosco. Fatto sta che ragione o no avesse la Gasparella o Gasparini come vuoi chiamarla, io adesso le vetrine le guardo in un altro modo. Basta un niente, eh, a volte, per farti cambiare il punto di vista, pure sulle vetrine. Guarda te. »

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Capitolo 5
*** Centoz ***


« Però non t’ho ancora parlato della Centoz. Insomma, sì, lei che in ‘sto transfer faceva un casino assurdo con la Gasparella e la Cesca. Sembrava che avessero dormito per anni e che si fossero svegliate solo in quel momento. Le risate che ci siamo fatti insieme! Pauroso. Insomma, qui e là a scrivere sulle cartoline i numeri di cellulare, gli indirizzi e già a pianificare la prossima pizza insieme. La Centoz poi è una delle persone più strambe che io abbia mai conosciuto. Lei a differenza di Luca non si lamentava mai, ma proprio mai mai. Anzi, quando la vedevi un attimo giù e le chiedevi “come va?” lei ti sparava una delle prime cavolate che le veniva in mente con una voce stranissima e una faccia da cretina che tu a rimanere serio non ce la potevi fare. Oppure ti diceva che aveva freddo. E che stava male perché aveva freddo. Mah, come facesse ad averne io me lo domando ancora. No, davvero, Sgué. Aveva sempre di tutto addosso. Maglioni, sciarpe, stivali.  Magari anche questo tu l’avresti saputo, l’avresti capito, tu, questo suo modo di essere, di fare, di dire. La Centoz poi è tutta un programma, davvero, una delle persone più assurde che abbia mai visto. Sì, perché lei ha fatto un casino esagerato al ritorno, nel pullman, e poi, gli ultimi 10 minuti prima di arrivare a Vicenza, è rimasta muta. E’ rimasta seduta su uno dei primi sedili, dove di solito non si siede mai nessuno. E io sono andato là, sono andato piano da lei, camminavo lungo l’autobus con calma mentre ridevo per una battuta di Gerbo, e mi sono seduto vicino a lei. Guardava fuori dalla finestra, guardava l’estate italiana fuori dai finestrini passarle davanti senza quasi salutarla. Si mangiava le unghie. Aveva uno di quegli sguardi persi, hai presente, Sgu? Di quelli che avevi tu davanti alla finestra ogni tanto, in cucina. E allora io “ehi, Centoz, come va?” e per la prima volta lei non ha detto “ho freddo”. No. S’è girata piano, a guardarmi, con una grazia infinita, giuro, era di una calma fuori che potevi addormentarti se la guardavi troppo. E quindi mi sorride con questa tranquillità fuori dall’immaginabile e dice “tra poco vedo mio papà”.  E allora forse boh, io dico che quella ha un modo strano di avere freddo. Però giuro che quando non ne aveva era una delle persone più simpatiche del mondo. E poi era bellissima. Alta, bionda, occhi scuri, di quelli che non hanno una fine, e le labbra sottili. Bellissima. Davvero.
La Gobbo una volta mi ha detto che fino alla terza superiore la Cetoz era grassa. Era una ragazza grassa. Ma poi scusa, è anche normale avere qualche chilo in più a quest’età, no? Lei comunque per me sarebbe rimasta bella anche da grassa, una personalità come la sa ed un visto così, puoi metterci tutto il grasso che vuoi, rimangono belli sempre. Poi, te lo ripeto, Sgù, lei c’erano volte che aveva freddo, però poi le passava, e rideva ancora. Però quegli ultimi dieci minuti di pullman li ha passato solo sorridendo con calma. “Tra poco vedo mio papà”, e due secondi dopo guardava il finestrino. “Certo che fa freddo, eh”. E io ho detto “ah, non lo so, Centoz, sono ventisette gradi fuori dal pullman”. »
 

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