OnTheMouthOfHell di Imaginary82 (/viewuser.php?uid=69860)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...for as long as we both shall...dead. ***
Capitolo 2: *** Rain And Memories ***
Capitolo 3: *** Weeping In The Silence ***
Capitolo 4: *** A Moment To Suffer ***
Capitolo 5: *** Candle's Flame ***
Capitolo 6: *** Hope Has A Name: Alice ***
Capitolo 7: *** Fly Me Away/Fly Me To Her ***
Capitolo 8: *** Unforgivable Sinner ***
Capitolo 9: *** Dear Edward ***
Capitolo 10: *** Cold Like The Death, Red Like The Hell ***
Capitolo 11: *** The deception of love ***
Capitolo 1 *** ...for as long as we both shall...dead. ***
Capitolo uno
Abbastanza in
trepidazione posto questo primo capitolo...l'ansia c'è ed
è tanta. L'idea è nata da un sogno...si lo so, non
è nuova, ma è la verità. Un intreccio tra due
romanzi che amo: Twilight e Jane Eyre. Non so cosa ne uscirà, ma
ringrazio fin da ora chi dedicherà un po' del suo tempo a
leggere.
Alla prima persona che mi ha incoraggiata a scrivere, Silvia,
una fantastica amica, una dolce sorellina...
...una futura speciale mamma.
A Tony, l'altra metà del mio cuore, il completamento della mia anima.
A Micht, che è sempre pronto a leggere e a notare ogni mia svista
sulla saga...la mia enciclopedia vivente su Twilight.
A Juls, Marcy, Momo e Ale...ragazze, siete fantastiche.
CAPITOLO UNO
Nel momento in cui il buio si è abbattuto su di me e le
tenebre hanno preso dimora nella mia anima…ammesso che io ne
avessi ancora una…la mente, costretta nella morsa della sete,
riusciva a formulare un unico pensiero, si aggrappava ad un’unica
speranza.
Avevo visto un angelo tramutarsi in demone, il suo volto, contemplato
solo da lontano come un’opera d’arte, un quadro dalle tinte
più tenui e delicate, una melodia dalle note gentili, si era
deformato in una smorfia mostruosa, gli occhi, lambiti dalle fiamme del
desiderio, si posarono su di me come quelli di una bestia affamata
davanti la sua preda.
Non avevo via di scampo…
Il verdetto era stato pronunciato: la mia vita per un titolo…questa era la mia sorte.
Perché, in quel momento, stretto nella morsa d’acciaio di
quelle che credevo le calde e morbide mani di mia moglie, avevo
compreso il sopraggiungere della fine e, con rassegnazione, mi
abbandonai ad essa…
…e fu l’inferno…
L’oscurità che mi aveva avvolto, le tenebre, che dalle sue
labbra, un tempo così invitanti, così ambite, si erano
insinuate in ogni fibra del mio essere, tramutate nella più
folle delle torture.
All’inizio fu solo caldo…che
aumentava…divampava…un fuoco che cresceva a dismisura,
più forte di qualsiasi sensazione che avessi mai provato in vita
mia.
Muoversi era impensabile, nessuno degli arti che un tempo mi
appartenevano, sembrava riconoscere la mia autorità, la mia
stessa mente non riusciva a formulare un ordine…c’era solo
fuoco, tormento, bruciore.
Avrei voluto urlare, chiamare qualcuno che ponesse fine a quell’interminabile rogo che mi avvolgeva da dentro.
…nessun suono usciva dalla mia bocca…
*…se non potevo urlare, come potevo implorare di uccidermi?...
Potevo solo stare
lì…attendere…sopportare…patire…l’unico
pensiero era la fine…prima o poi…speravo quanto
prima…tutto sarebbe finito…
Passarono ore o giorni o forse di più, ma improvvisamente mi
accorsi di un cambiamento…l’incendio non si era spento, ma
il mio corpo provava a domarlo…finché cominciò
lentamente a scemare, le fiamme si ritraevano…potevo pensare
nitidamente e percepire ogni minima parte di me.
Sentivo…suoni…rumori…alcuni sconosciuti, altri familiari eppure così nuovi nella loro chiarezza.
…un fruscio…
…passi…leggeri…rapidi…
…un peso sul giaciglio della mia agonia…
…una voce…
“Edward…tesoro…”
…mia moglie…la sua voce…
E in quel momento la percepii…confortevole…leggera…dolce…
…l’assenza di dolore…
Aprii piano gli occhi, intimorito dalla realtà che mi avrebbe accolto…
…inferno o paradiso?
Ciò che vidi mi sorprese, era come se una spessa coltre di nubi
si fosse diradata davanti ai miei occhi consentendomi di cogliere ogni
cosa nella sua pienezza.
Tutto era così chiaro…limpido…
Quelli che prima erano solo
colori, ora colmavano i miei occhi, suscitando sensazioni inaspettate,
la luce che colpiva ogni cosa, la rivestiva di un aspetto nuovo e
l’aria…non era solo aria…era un tripudio di odori,
di profumi e potevo distinguere ogni singola particella di polvere che
la popolava. Guardai il soffitto e riconobbi la camera matrimoniale che
avevo fatto preparare per lei…il nostro nido
d’amore…palcoscenico della più ignobile
unione…
Il soffitto alto era di un azzurro chiaro, quasi bianco, simile alla
nebbia marina che si alza all’alba, le cornici di gesso, che
terminavano agli angoli con vezzosi motivi floreali, richiamavano il
manto scuro della notte che s’infrangeva contro l’avorio
delle pareti. Riconobbi le tende pesanti alle finestre, che si posavano
sul pavimento in armoniose pieghe e alzando gli occhi, la spalliera del
letto, della più pregiata seta color crema, all’interno di
preziosi intarsi color oro…ogni cosa, nonostante la
familiarità, si arricchiva di particolari che sarei rimasto a
guardare, osservare e annusare per ore…
…il paradiso…
“Edward mi vedete?...Non potete
sapere quanto ho aspettato questo momento…adesso nessuno
potrà dividerci…sarete sempre mio”
Con un movimento inaspettatamente rapido, meravigliato dalla efficace
risposta del mio corpo alle mie intenzioni, mi misi a sedere sul letto
e mi voltai nella sua direzione…
Se ciò che avevo visto fino a quel momento mi era apparso
magnifico, nella sua semplicità, la visione che mi si presentava
davanti era impossibile da definire…
La sua presenza nella stanza annullava tutto il resto…la
fine sottoveste di seta, grezzo lino, se paragonata alla trama della
sua pelle, celava solo in minima parte la sua esile figura. Le gambe,
lunghe e sottili erano di un pallore irreale e rilucevano come una
miriade di piccole stelle, laddove il sole le baciava grato con i suoi
raggi, così come le braccia, su cui poggiava lieve il peso
inconsistente del suo corpo, nell’atto di sporgersi verso di
me…
…il paradiso…
Le spalle delicate erano accarezzate da lunghe onde biondo rame, che
scendevano fino a posarsi morbide sulle lenzuola…allungai la
mano e ne presi una ciocca tra le dita…da esse si diffuse una
sensazione inaspettata in tutto il corpo…era come toccare
l’inconsistenza di una nuvola…
Alzai gli occhi fino a godere della vista del suo ovale…labbra
rosse e sottili, aperte in un sorriso, contornavano una fila di denti
bianchi e regolari…perfetti…il naso era un delizioso
accento che impreziosiva i lineamenti conferendo al volto ulteriore
bellezza…per un attimo ebbi l’irrefrenabile impulso di
allungare la mano per poterla toccare…
…poi mi soffermai su quel sorriso…e non percepii nessuna
dolcezza…e non c’era eleganza in quel corpo, proteso
così impudicamente verso di me, ma era intriso di
lascivia...ogni movimento, seppur impercettibile era carico di
dissolutezza…la mia mente era stata talmente distratta dalla
moltitudine di particolari, che non ero riuscito a cogliere prima
quell’atteggiamento e, soprattutto, non avevo ancora prestato
attenzione ai suoi pensieri…la sua mente, in quel momento,
partoriva immagini di un’oscenità impensabile anche per un
uomo…le sue fantasie sessuali non avevano limiti e attendeva
solo che io mi ridestassi dal torpore del corpo e dal tripudio dei
sensi per poter soddisfare ogni sua voglia più perversa.
Fu allora che realizzai di poter ascoltare la sua mente, che quel
brivido di repulsione che avrei dovuto provare era tale solo nelle
intenzioni…ma rimaneva lì, non avrebbe mai raggiunto lo
strato più superficiale della mia corazza. E la mia agitazione,
il mio sconcerto non erano affatto accompagnati dal ritmo incessante
che avrebbe dovuto avere il mio cuore…
…il cuore…
…prestai attenzione…
…ascoltai…
…nulla…
Quella rivelazione mi bloccò il respiro, aprendo le porte ad una nuova consapevolezza…
…respirare…
…potevo non respirare…non era assolutamente necessario…il mio corpo non necessitava di aria…
Che razza di creatura ero diventata?
Alzai nuovamente lo sguardo e finalmente incontrai il suo…i suoi
occhi, perfetti nella forma, circondati da ciglia lunghe e folte,
avevano un colore di per sé infernale…due profonde pozze
infuocate…non avevo mai visto iridi di quel colore, inquietante,
un rosso vivo, per quanto l’aggettivo stridesse
nell’accostamento con quell’essere…occhi smaniosi,
sinistri, malvagi…e allora mi resi conto che lei…mia
moglie…era il mostro…
Dopo un attimo di esitazione, di innaturale immobilità, il mio
corpo ebbe una reazione, che stupì me per primo. In un attimo mi
ritrovai rannicchiato contro il muro, che avevo raggiunto
fulmineamente, ancor prima di partorirne l’intenzione, con uno
scatto subitaneo avevo raddrizzato la schiena e fendendo l’aria
attorno a me mi ero ritratto da lei assumendo inconsapevolmente una
posizione d’attacco…un ringhio mostruoso, più
simile ad un sibilo, uscì dalle mie labbra e sentii la bocca
riempirsi di fiele.
…l’inferno…
“Edward tesoro…mi rendo conto che la situazione
potrà sembrarvi strana, ma vi assicuro che è tutto
normale, voi state bene e, se vi lascerete condurre da me, potremo
stare insieme per l’eternità”.
“State lontana da me, non vi avvicinate” urlai.
Come se non mi avesse affatto ascoltato, con un balzo felino mi
raggiunse, si avvicinò lentamente, con movenze sinuose, e fece
aderire il suo corpo al mio…era un essere disgustoso, ma sapevo
di non poterla avversare, la forza di cui mi aveva dato prova era
qualcosa di incontrastabile.
Il suo viso a pochi millimetri dal mio, gli occhi nei miei, le labbra che emanavano un respiro dolorosamente dolce e invitante.
Ondate di veleno…impulsi ignobili e devastanti…mi aveva
reso come lei…e non potevo che provare repulsione anche per me
stesso.
“Non è stato facile” disse carezzandomi un fianco
“per un attimo avrei voluto continuare” la mano risaliva sul mio petto, lenta,
“il vostro sangue aveva un sapore delizioso, mai sentito prima, avrei voluto berne ancora e ancora”
Pronunciava quelle parole con la voce rotta dal desiderio, stuzzicando
con le mani punti che non credevo nemmeno di avere, il suo fiato, corto
e ansante, mi riempiva le narici e scendeva giù nel mio corpo
tramutandosi in calore, un calore che mi bruciava in gola come un
attizzatoio rovente.
“Ma se non mi fossi fermata, non sareste qui…con me”
Se avessi dato voce al mio istinto, avrei lasciato che la sua bramosia
mi avvolgesse, mi sarei abbandonato a quegli atti di truce impudicizia
che tanto vividamente la sua mente mi mostrava.
“Prendetemi Edward…qui…ora”
Ma diedi voce alla ragione, non potevo affidarmi a lei…non dopo quello che aveva fatto…
Sfiduciato, con tutta la forza che credevo non avere, poggiai le mani
sul suo petto per allontanarla da me. Ciò che accadde mi
lasciò sbalordito…la forza che riuscii ad imprimere in
quel gesto fece compiere al mostro un volo che gli fece attraversare a
mezz’aria tutta la stanza, ma prima di raggiungere la parete
opposta, con la leggerezza di una libellula, compì una sorta di
capriola e si rimise perfettamente ritta sulle gambe. Non mi guardava
più con desiderio…dai suoi occhi furia…una furia
violenta…ero riuscito non solo a rifiutarla, ma anche a
respingerla.
“Credete di essere migliore di
me eh? Prima o poi mi supplicherete di spiegarvi. Quando la sete
brucerà in ogni fibra del vostro essere…quando vi
ritroverete sporco del sangue di un’ignara vittima, allora
desidererete il mio aiuto”
“Io non sono come voi. Smettetela!”. In quel momento
il bruciore era insopportabile…un dolore secco che come una
morsa mi attanagliava la gola.
…la sete…
Se soddisfarla avrebbe voluto dire macchiarmi del sangue di un
innocente, allora avrei preferito sopportare quell’arsura atroce
per…
…per quanto? Cosa sarebbe successo? E se non fossi riuscito a
dominarmi? Se alla fine avessi ceduto? A lei…a me stesso…
Mi voltai, dandole le spalle e mi scontrai con quella che solo
successivamente capii essere la mia immagine riflessa nello
specchio…un’immagine estranea…l’immagine di
un mostro…lo stesso insano pallore…occhiaie marchiate che
rendevano ancora più spaventoso il colore rosso vermiglio dei
miei occhi…un rosso cupo…rosso sangue…
…sangue…
Un pensiero insostenibile, un desiderio irrinunciabile…
Non potevo cedere…non volevo cedere…
Non avrei ceduto
Non avrei ceduto
Non avrei ceduto
Mi rannicchiai in un angolo, cercando di ignorare tutto: lei, che
furiosa lasciava la stanza, la luce oramai flebile che entrava dalle
finestre, la mia nudità, la mia frustrazione, i rumori, gli
odori, i pensieri che mi arrivavano molteplici e confusi, chissà
di chi, chissà da dove e la sete…quel rogo indomito che
imperversava dentro di me…
Svuotata la mente dal troppo che mi circondava, riuscii a formulare un unico pensiero, una speranza a cui aggrapparmi:
Non avrei ceduto, non sarei stato un mostro.
*frase tratta da Breaking Dawn, cap. 19
Ringrazio
ancora chiunque abbia avuto il fegato di arrivare fin qui. Vorrei
consigliare qualcosa da leggere, storie meravigliose, di persone
meravigliose:
la FF e le OS di Silvietta
la FF e la OS di Juls/Gnuoba
le FF e la OS di Mirya
la FF di Alessia/Eclipse85
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Capitolo 2 *** Rain And Memories ***
Ringrazio tutti coloro che
hanno letto lo scorso capitolo, chi lo ha commentato, chi è
solo passato per dare un'occhiata.
CAPITOLO DUE
Con la mamma adoravamo stare lì, sedute sui morbidi cuscini
dalle tinte tenui, che aveva scelto e collocato personalmente sul vano
della finestra più grande nel salone.
Avvolte in grandi scialli, ce ne stavamo scompostamente abbandonate a
guardare la pioggia…
…la pioggia…
…era una costante a Wickham, il piccolo paese in cui
vivevamo,
così come in tutta la contea e quel grigiore, in quel
momento,
non faceva che aumentare il mio dolore, la mia angoscia, il senso di
incompletezza che permeava la casa nelle ultime settimane.
Eveva il dono di privare di tristezza ogni cosa su cui posasse il suo
sguardo, anche le lacrime del cielo: guardava fuori, con quella sua
espressione curiosa, e mi faceva notare come tutto cambiasse aspetto
colpito dalle innumerevoli gocce, come i colori diventassero
più
scuri e soffusi e l’aria si facesse più densa e
odorosa.
Mi aveva insegnato ad osservare il cielo e a coglierne i
mutamenti…da quella finestra tutto sembrava più
interessante, tra le sue braccia tutto diventava magico.
Il vuoto che aveva lasciato in quelle stanze e nei nostri cuori era
incolmabile e si faceva ogni giorno più difficile da
tollerare.
La mamma si occupava quotidianamente della mia istruzione, rendendo
piacevole ogni argomento, dalla grammatica all’aritmetica, mi
aveva fatta appassionare alla storia e alla letteratura, che amava, e
riusciva ad attirare la mia attenzione anche con la geografia, materia
che io, invece, detestavo. Mi era impossibile memorizzare tutti quei
nomi: contee, città, fiumi, laghi…erano cose
paradossalmente così astratte, che si affollavano nella mia
mente, creando una gran confusione. Non che non mi piacesse sapere di
posti nuovi, anzi…la mia curiosità andava al di
là
dei libri, avrei voluto vedere con i miei occhi quei luoghi, conoscerli
davvero, apprendere nuove lingue, conoscere nuove culture, nuove
tradizioni…
…viaggiare…
…era stato il sogno della mamma, sin da bambina, la sua
intenzione, contrariamente a quanto avrebbe voluto per lei la nonna,
era quella di accompagnare nonno Henry nei suoi viaggi
d’affari
non appena avesse raggiunto l’età giusta; lui era
un
commerciante di vini e questa sua attività lo costringeva a
viaggiare di frequente.
Mamma mi raccontava spesso di come rimanesse ore ad ascoltare i
racconti di suo padre, fremente all’idea che presto anche lei
avrebbe potuto vedere con i suoi occhi tutte quelle meraviglie.
Nell’Aprile del 1826, a 17 anni, aveva conosciuto
papà e
diceva sempre che era stata la cosa più bella della sua
vita,
nonostante ciò, ai miei occhi, avesse posto fine ai suoi
sogni
di bambina e, quando le chiedevo se fosse triste per non aver
più visitato quei luoghi, lei mi rispondeva:
“Sposare tuo padre è stato l’inizio del
viaggio
più bello che avessi mai potuto intraprendere, ogni giorno
mi
conduce in posti inesplorati della mia anima e mi ha permesso di
raggiungere la meta più ambita: avere te!”
I suoi occhi si spalancavano luminosi quando mi raccontava di quei
giorni, della corte timida e impacciata di papà, di come
fosse
attraente con la divisa e l’elmetto, i baffi e i favoriti
sempre
curati. Nonno Henry voleva un gran bene a sua figlia e avrebbe fatto di
tutto per vederla felice, anche acconsentire ad un’unione che
di
conveniente aveva ben poco. Quando Charlie Swan, capo del dipartimento
di polizia di Wickham, si presentò davanti a lui, fintamente
sicuro e risoluto, per chiedere la mano di Renée, il nonno
non
poté fare a meno di acconsentire, gli sguardi che il giovane
rivolgeva a sua figlia erano pieni d’amore e di adorazioni e
non
poteva desiderare di meglio per lei, essendo stato costretto, anni
addietro, ad un matrimonio di mero interesse, che gli aveva donato come
unica gioia i suoi figli: il timido e introverso John e la dolce ed
esuberante Renée.
Il nonno sapeva bene che un uomo come l’ispettore Swan,
così calmo e pacato, sarebbe riuscito a calmare senza
opprimere
il carattere fin troppo estroverso di sua figlia, l’avrebbe
amata
e rispettata, come pochi uomini avrebbero saputo fare.
La decisione destò non poco disappunto in sua moglie, che
avrebbe voluto vedere Renée sposata ad un ricco possidente,
ad
un ufficiale dell’esercito o ad un Lord. La mamma mi aveva
raccontato più volte, sotto mia esortazione, il monologo di
nonna Blanche, dopo che nonno Henry l’aveva messa al corrente
della notizia.
“ Non dimenticate che lei è una Dwyer e che nelle
sue vene
scorre anche il sangue dei Clarke. Come avete potuto benedire una tale
unione?
Come può una tragedia del genere rendervi così
compiaciuto?
Se vostro padre fosse vivo…oh
misericordia…
Sicuramente si è rivoltato nella tomba solo sentendo il nome
Swan!
Una Dwyer…mia figlia…con una squattrinata guardia
di paese…
Che diranno i Mallory? E gli Stanley?
Sapete chi ha chiesto la mano della signorina Jessica dopo che vostra
figlia ci ha umiliati mostrandosi al braccio della plebe di Wickham?
Ebbene sì…Sir Michael Newton! E Lauren non ha
invitato
Renée al suo ballo di debutto, per non essere costretta ad
invitare anche quell’individuo!
…oh cielo…hai rovinato nostra
figlia…l’unica
amica che le è rimasta è la figlia del reverendo
Stanley,
la signorina Angela, ma sono sicura che le stia vicino più
per
compassione che per amicizia.
…che sciagura…oh…i miei poveri
nervi…Bessie!...i
sali…presto…”
La mamma aveva ascoltato gli sproloqui non troppo celati della nonna
quella sera e, se possibile, amò ancora di più
suo padre,
che, nonostante le parole velenose della moglie, si beava al pensiero
della vita che avrebbe condotto sua figlia. La partenza per Madeira era
imminente e inevitabile, i suoi affari vacillavano ultimamente e la sua
presenza sul posto era necessaria. Aveva predisposto tutto: la casa
sarebbe andata a Charlie e Renée e avrebbe lasciato le terre
e
le scuderie a John, era riuscito a ricavare anche una rendita mensile
per i suoi figli, in modo che non avrebbero avuto problemi e che le
loro vite non sarebbero state condizionate, in alcun modo,
dall’andamento dei suoi affari.
Era abituato ad ignorare nonna Blanche, i suoi discorsi erano sempre
mirati ad ottenere qualcosa, si lamentava costantemente, affermava di
essere circondata da incapaci e che lo stile di vita che era costretta
a condurre non fosse assolutamente all’altezza della sua
posizione.
Ricordo interi pomeriggi passati a ridere, mentre mamma leggeva stralci
di un diario, che aveva rinvenuto dopo la partenza dei suoi genitori,
in un vecchio baule; leggeva quelle pagine in parte divertita, in parte
dispiaciuta per la nonna…
…nella sua limitatezza di vedute, la sua condizione doveva
apparirle davvero misera, nonostante possedesse più della
maggior parte delle famiglie di Wickham messe insieme.
“…Lady
Mallory è
stata così gentile da invitarmi per un the. Ho ricevuto il
suo
biglietto ieri, nel pomeriggio, sicuramente suo marito è
tornato
dalla Cina, perché una carta del genere non si è
mai
vista nella contea del Tyne and Wear e probabilmente in tutta
l’Inghilterra: la busta è di uno splendido rosa
corallo,
che fa da sfondo ad un’intricata fantasia floreale dorata e
in
rilievo…è un piacere far scorrere quelle trame
sotto le
dita…all’interno, il biglietto sottile, quasi
trasparente,
è di un elegante color fiori di melo, l’unica nota
stonata
è l’indelicata e sgraziata grafia di Evelyn.
E’
oltraggioso che lei possa godere di una simile rarità,
mentre io
sia costretta a risponderle con della volgare carta bambagina che Henry
ha portato dal suo ultimo viaggio…da una strana
città
chiamata Amalfi. Che rabbia…lui e il suo vino…che
lo
porta sempre in posti insignificanti!
Ho chiesto a Bessie di
preparare
l’abito di organza color rubino scuro e mi sono fatta
acconciare
i capelli all’ultima moda di Londra. Lei è molto
brava con
quell’arnese che Henry ha portato da Parigi e ha creato dei
riccioli favolosi che incorniciavano perfettamente il mio viso.
Ero fiera del mio
aspetto, ma,
entrata a Mallory House, quando ho visto Evelyn, mi si è
raggelato il sangue nelle vene”
…le smorfie che mamma faceva durante la lettura erano
superbe…doveva aver passato tanto tempo ad osservare la
nonna e
le sue “crisi di nervi”…la supplicavo di
continuare
a leggere, nonostante conoscessi quelle pagine ormai a
memoria…
…”…l’insulsa
figura di Lady Mallory era adornata del più bel vestito che
avessi mai visto, sicuramente lo aveva commissionato ad una sarta di
Gateshead, perché il taglio era molto simile agli abiti che
sfoggia mia cugina Bertha.
A prima vista il tessuto
sembrava
seta, ma, come ha prontamente precisato quell’arpia, si
trattava
di China Jacquard, di un superbo blu reale, su cui erano state
intessute a fili d’oro meravigliose libellule, talmente belle
che
non sembravano ricamate, sembrava che si fossero posate per diletto su
di lei. Una fantasia del genere addosso a lei è uno spreco e
se
ha indossato un abito del genere per un semplice the, cosa
avrà
in serbo per il prossimo ballo?
E’ stato un
lungo
pomeriggio…le nostre porcellane Worcester sembrano dozzinali
ceramiche in confronto al servizio Wedgwood che non ha esitato a
mostrarmi, dicendo che un servizio di quel genere è da
considerarsi una sorta di investimento, qualora si aspirasse ad avere
determinate frequentazioni e si volesse aprire le porte a nuovi ospiti.
Rientrata in casa, per
concludere la
giornata, ho discusso con Henry, anzi, sono stata bellamente ignorata,
come al solito. Egli non riesce proprio a comprendere determinate
necessità e crede che i miei siano solo capricci. Se fosse
stato
per lui, i nostri figli sarebbero cresciuti frequentando quella sudicia
scuola di paese e non ci sarebbe il bisogno di partecipare agli eventi
mondani. Per fortuna che riesco a mantenere i rapporti con alcune delle
migliori famiglie della contea, nonostante la sua continua assenza e il
suo disinteresse.
La mia Renée
sta crescendo e
devo fare in modo che le passi quell’assurdo interesse che
nutre
nei confronti dei racconti del padre. Devo riuscire ad assicurarmi per
lei una vita migliore di quella che il destino ha riservato a
me”.
Povera nonna…chissà quanto avesse sofferto nel
veder
crescere una figlia così diversa da ciò che
avrebbe
voluto. Era riuscita a far sposare zio John con la figlia di sua cugina
Bertha, Diana, una donna fredda e calcolatrice, che mostrava tutto
fuorché amore, nei confronti del povero marito.
Il fratello della mamma era una persona mite, pacata, avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di compiacere sua madre, anche sposare una donna
verso la quale sapeva di non poter provare alcun trasporto e,
nonostante ciò, renderla felice in tutti i modi possibili.
Quando, con mamma e papà, ci recavamo a Gateshead, ci
accoglieva
un ambiente freddo e deprimente, zia Diana era sempre impeccabile
nell’aspetto, era un’ospite perfetta, ma nei suoi
modi non
v’era traccia d’affetto, anzi…si poneva
con
superiorità nei confronti miei e della mamma, rendendo
legittimo
lo stesso tipo di comportamento da parte delle figlie Georgiana ed
Eliza, e i suoi occhi urlavano disprezzo quando si posavano su
papà, soprattutto quando lui e la mamma si scambiavano
quegli
sguardi colmi d’adorazione.
Gli zii non si erano mai concessi in pubblico effusioni di alcun tipo e
dubito che ne avessero in privato e questo, nonostante la mia tenera
età, mi appariva assai strano…ero abituata a
vedere mia
madre correre incontro a papà ogni giorno, al ritorno dal
lavoro, li vedevo abbracciarsi e baciarsi ad ogni occasione, era
normale vederla sfilargli i pesanti stivali o massaggiargli le spalle
per sciogliere i muscoli dalla tensione che il suo lavoro gli creava.
Avevamo un’unica domestica, che faceva a tutti gli effetti
parte
della famiglia. La mamma si occupava delle faccende più
“leggere” e si dilettava in cucina nella
preparazione di
squisiti dolci, mentre Kitty si occupava instancabilmente del resto.
Capitava spesso, entrando in cucina, di vederla con le braccia immerse
nell’impasto fino ai gomiti, i ciuffi di capelli, sfuggiti
alle
forcine, sulla fronte e sbuffi di farina sulle guance.
Nel vederla, bellissima, colpita dai deboli raggi di sole che raramente
allietavano il cielo della contea, papà restava a guardarla
estasiato e quando lei se ne accorgeva, si raddrizzava, scostandosi i
capelli dalla fronte con il dorso della mano ancora imbrattata,
imbiancandosi ancora di più il viso, allora si guardava le
mani
e si metteva a ridere, di quella risata limpida e cristallina che
riempiva la casa e scaldava il cuore mio e di papà.
Si amavano…di un amore evidente ma discreto, profondo e
disinteressato…li univa una complicità assoluta e
la
completa condivisione della vita…papà sembrava
nutrirsi
di lei, della sua gioia, della sua vitalità…
Quando scoprirono di aspettare un figlio, l’idillio fu
completo.
Purtroppo l’attesa non fu facile, mamma passò gli
ultimi
tre mesi a letto e impiegava il tempo, nel suo scorrere lento,
nell’occupazione che più la gratificava:
leggere…
…leggeva per me, ad alta voce, mentre accarezzava la pancia
che
avvolgeva la mia
vita.
Mi ha letto molte cose in quei giorni ed era convinta che io
apprezzassi particolarmente Shakespeare, perché quando
pronunciava i suoi versi sembrava che io facessi delle vere e proprie
capriole.
Leggeva “Sogno di una notte di mezza estate”, un
pomeriggio
e, mentre declamava le parole di Ermia, per la prima volta,
sentì quel piccolo colpo.
“Se mai dunque i fedeli innamorati soffrono, è per
decreto
del destino: impariamo perciò a portar pazienza in
quest'avversità che ci è toccata, ed è
croce
usuale, pertinente all'amor come i sogni, ed i sospiri, ed i pensieri e
i desideri, e i pianti: corteo dell'infelice tenerezza”.
Era un passaggio che la emozionava molto, mi disse, e sentirmi proprio
in quel punto fu troppo per lei…il libro le cadde dalle
mani,
che andarono a finire automaticamente sulla pancia e dai suoi occhi
cominciarono a scorrere copiose ma dolci
lacrime…papà la
trovò in quello stato al suo ritorno e la mamma spesso lo
punzecchiava per la reazione eccessiva che ebbe:
“Renée, tesoro, cos’hai?”
“Charlie…io…”
“Amore, parla…è successo
qualcosa…il bambino…”
“No amore…io…ho
sentito…”
“Hai sentito…cosa hai sentito? Per
l’amor del cielo…”
“Caro…calmati…va tutto
bene…io…lui…”
Si asciugò le lacrime e prese le mani di papà
poggiandosele in grembo, lui assecondò i suoi movimenti,
posandole con gran delicatezza sul pancione, quasi timoroso e impaurito
da quello che sarebbe potuto succedere.
“Santo cielo,
l’ho sentito!” gridò.
“Di’
qualcos’altro…parla” disse la mamma.
“Cosa devo dire?…mio
Dio…Renée…di
nuovo…”
“Al bambino piace il suono della tua voce”
“Dici sul serio? Hey?” sussurrò
picchiettando con
l’indice, sul punto in cui il bambino, io, aveva scalciato
“piccola? Sono papà”…le
lacrime riempirono i
suoi occhi…fu quello, mi disse, il momento in cui
capì
davvero che sarebbe diventato mio padre,
“Piccola? Tesoro…non è detto che sia
femmina”
“Oh sì…ne sono convinto vita mia,
sarà una
piccola stella, avrà i tuoi occhi verdi e i tuoi capelli
d’oro ed io mi incanterò ogni istante guardandovi
e vi
amerò per il resto della mia vita”.
La prima volta che mi raccontarono questa storia, mi rabbuiai e mi
rannicchiai sul tappeto, col viso rivolto al camino,dando le spalle ad
entrambi.
“Bella? Che hai?”
“Niente”
Papà si sedette affianco a me e mi prese il viso tra le mani
“Ma come niente…”
“Allora” dissi tirando su col naso “tu
non mi vuoi bene!”.
“Bells ma che dici? Lo sai che ti adoro…tu e la
mamma siete la luce di questa casa”
“Ma io non ho gli occhi verdi e non ho i capelli come quelli
della mamma…sono brutta” dissi imbronciata.
Papà scoppiò a ridere e la mamma lo
seguì a ruota,
li guardavo incredula…aspettai paziente che mi dessero una
spiegazione, perché davvero non capivo…
“Piccola…”
“Non sono piccola, ho 9 anni!”
“Signorina Isabella…va bene
così?”
“mh…no…Bella
basta…”
“Bella…tu non solo non sei brutta, ma
sei la
creatura più bella che io abbia mai visto, quando ti guardo
non
riesco nemmeno a credere che tu sia mia figlia.
Non hai gli occhi verdi della mamma, ma i tuoi hanno lo stesso taglio
dei suoi, brillano allo stesso modo quando sei felice, e sono di un
profondo color nocciola.” Mi prese tra le braccia e mi fece
sedere sul divano, accanto a lei, poi
s’inginocchiò
davanti a noi, come per ammirarci meglio, insieme.
“La vostra pelle è una distesa di candida seta ed
emana un profumo che ammalierebbe qualsiasi creatura, umana e sovrumana,
se mai esistesse. I tuoi capelli non sono biondi, come
quelli della
mamma, ma sono ugualmente soffici e lucenti e al sole emanano striature
del mogano più acceso. Spero che tu non cresca in fretta
Bells…perché sono un padre e non credo che mi
piacerà vedere gli sguardi che attirerai su di te”.
Non avevo mai sentito papà pronunciare tante parole,
solitamente
era una persona taciturna,silenziosa, ma si lasciò
scivolare quelle parole direttamente dal cuore ed io non le avrei mai
scordate, non avrei mai scordato la sua espressione soddisfatta,
evidentemente meravigliato lui stesso da quello slancio.
Si sedette affianco a me e ci stringemmo tutti e tre in un
abbraccio.
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Silvietta:
tesoro mio...hai visto? Ce l'ho fatta! Non ci posso ancora credere e
non smetterò mai di ringraziarti. La distanza scompare di
fronte
al bene che ti voglio.
Juls:
che bello che hai lasciato un segno anche qui...ti ringrazio, per tutte
le parole belle che dispensi e per quelle ancora più
meravigliose che scrivi.
Fiorella:
grazie mille per il complimento. Mh...scrivere benissimo...diciamo che
io scrivo, poi chissà che ne esce...spero che anche questo
capitolo noioso ti sia piaciuto.
Micht:
grazie grazie grazie....spero per te che abbia solo commentato, senza
rileggere il capitolo per l'ennesima volta...se così non
fosse...mi dispiace...però grazie!!!
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