Dove sei?

di MaTiSsE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Disorder ***
Capitolo 2: *** Fuori e Dentro di Me part. 1 ***
Capitolo 3: *** Fuori e Dentro di Me part.2 ***
Capitolo 4: *** Il passato che bussa alla mia porta ***
Capitolo 5: *** Persuasione ***
Capitolo 6: *** Perché sono un assassino ***
Capitolo 7: *** I miei errori sono stati fatti per te ***
Capitolo 8: *** Dolori immensi ed immenso amore ***
Capitolo 9: *** La vita ti spara alle spalle ***
Capitolo 10: *** Forks ***
Capitolo 11: *** Strani giorni ***
Capitolo 12: *** Odore di vampiro ***
Capitolo 13: *** La radura ***
Capitolo 14: *** L'orrore nei tuoi occhi ***
Capitolo 15: *** Rivelazioni ***
Capitolo 16: *** Vite incomprensibili ***
Capitolo 17: *** Regalo di Natale ***
Capitolo 18: *** Amori eterni, amori a prima vista, pt. 1 ***
Capitolo 19: *** Amori eterni, amori a prima vista, pt. 2 ***
Capitolo 20: *** Luna ***
Capitolo 21: *** Ovunque sei ***
Capitolo 22: *** Lasciami entrare ***
Capitolo 23: *** I morsi della fame ***
Capitolo 24: *** Come in sogno ***
Capitolo 25: *** Perdonami, Bella ***
Capitolo 26: *** Il confine sottile tra amore ed errore ***



Capitolo 1
*** Prologo - Disorder ***


prologo where are you? Ciao a tutte/i!
La mia vena creativa ultimamente sta attraversando un periodo splendido....Meno male!
Rieccomi con una nuova fanfic, spero sia di vostro gradimento!

MaTiSsE!



PROLOGO
(POV EDWARD)




Ho sete.
Ho sete, maledizione!
La gola brucia come se fosse appena scoppiato un incendio al suo interno.

Continuo a battere il pugno sul muro spoglio ed umido che mi trovo davanti, scheggiandone un mattone.

Che pensi, imbecille?
Anche se farai a pezzi il mondo avrai comunque  questa cazzo di sete assurda.
E' inutile che sprechi le forze, idiota.

Sono completamente pazzo.
Parlo a me stesso come se avessi a che fare con un estraneo.
Mi guardo la mano. Bianca.
Come quella di un morto.
Ho impresso tanta forza in quel colpo che una crepa mi attraversa ora il palmo.
Neanche il tempo di rendermene conto che già si è rimarginata.

Annaspando mi guardo intorno confuso.
Sono nascosto in un vicolo. Uno stretto, lugubre vicolo cieco.

Merda.

Che schifo di vita è questa?
Io....io non vivevo così, prima.
La ricordo così vagamente la mia esistenza precedente, è vero. Ma posso giurarci, era splendida.
Non come adesso.
Avevo dei genitori. Erano affettuosi.
Ma non so più bene, ora, che sapore abbia l'amore di una mamma.
Avevo degli amici, certo.
Ma non so più ora cosa significhi ridere insieme a loro.
Coloro che mi hanno creato non sono stati degli "amici". Hanno rubato la mia anima ed i miei giorni felici.
Dopo mi hanno lasciato da solo, in questo vicolo buio.
E poi...
Poi avevo lei.
Il suo viso nebuloso si fa strada nei miei ricordi.
Doveva essere bellissima. E dolce. E mi amava.
Come io amavo lei.
Se la vedessi adesso, cosa le accadrebbe? Cosa potrei farle?
E se lei vedesse me, ora, cosa penserebbe?

Sento un topo squittire poco distante da me.
La mia mano si fionda ad afferrarlo prima ancora che la mente abbia formulato il pensiero di catturarlo.
Lo addento al collo.
Non con desiderio, ma con rabbia.
E mi fa schifo quel sapore dolciastro da animale di fogna.
Si porta dietro una puzza tremenda.
Mi servono pochi secondi, per un essere tanto minuscolo.
Lancio la sua carcassa svuotata lontano da me, con tutto lo sdegno che mi è possibile.
Poi pulisco gli angoli della bocca.
Lecco la macchia di sangue che resta appiccicata sul dorso. Rosso smorto.
Bel colore per essere il sangue di un topo.
La mia sete è solo vagamente attenuata. La sento ancora bruciare in un angolo del palato.

Fai schifo, idiota.

Sete. Sete. Sete.
Mi servirebbero altri mille di quei topi ripugnanti prima di trovare davvero un po' di sollievo.
Ma probabilmente, prima di arrivare a finirli, vomiterei tutto quel sangue disgustoso.
So cosa potrebbe aiutarmi realmente.

Sangue umano.

L'ho fatto in passato. Ho ucciso degli esseri umani.
Niente di più dolce del loro sangue ha attraversato la mia lingua Il mio palato. La mia gola.
Ma non lo farò più.
Ho giurato su quanto avevo di più caro nella mia vita precedente che mai, mai più ucciderò degli innocenti.
Sento ancora i loro pensieri nella mia testa.
Le invocazioni d'aiuto che hanno mentalmente pronunciato prima che la loro succulenta carne finisse sotto i mie canini aguzzi.

"Pietà! Abbi pietà, ti prego! Ho tutta la vita davanti..."

Nessuno di loro è mai riuscito a concludere una frase.
Li ho fatti tutti fuori prima.
Ma quelle parole risuonano ancora a testimonianza della mia infamia.
Di una colpa atroce di cui mi sono macchiato. Una colpa che penderà sempre in bilico sul mio capo.

Anche io avevo tutta una vita davanti.
Avevo solo diciassette anni quando....mi hanno trasformato in un mostro.
Ed ora cosa ne farò di questa esistenza infernale?
Cosa ne farò dell'essere ignobile che sono diventato?

Ho ancora sete. Porca puttana, ho sete!
Ho sete!
Sto impazzendo. La testa mi scoppia.
La gola brucia.

Trovati un modo per morire, idiota!

Trovalo, Edward!


"L'ho trovato Carlisle! Fa' presto, è qui!"

In procinto di lanciarmi con la testa nel muro, nella speranza di ricavarne un sollievo o nell'illusione di procurarmi la morte come un comune essere umano, una voce melodiosa ha catturato la mia attenzione.
Non si tratta di comuni mortali.
Quell'odore.
Sento il loro odore nell'aria.
Un basso ringhio sale dal petto, fuoriesce incontrollato dalle labbra.

"Sei certa sia lui, Alice?"
"Sì Carlisle. E' proprio lui, il vampiro della mia visione."

Alzo gli occhi e me la trovo davanti.
Una piccola, buffa ragazza. Se la sete mi consentisse maggiore lucidità potrei dire che sia splendida.

Fa qualche passo verso di me, cautamente.
Indietreggio e continuo a ringhiare.

"Alice, attenta!" - L'avverte l'uomo che le sta accanto. Bello come un dio anche lui, composto ed elegante.
"Tranquillo Carlisle. Andrà tutto bene, l'ho visto."

Che significa "L'ho visto" ?
 Continuo a ringhiare, più sommessamente ora.

Si avvicina ancora un po', sentò il picchiettare dei suoi tacchi rossi sulla strada.
Comincia a piovere.
Rivoli di acqua scendono dalle grondaie, scorrono tra i miei capelli ramati, lavano il mio viso.
Vorrei poter bene quell'acqua e sentire lo stesso piacere di un tempo.
La piccoletta, Alice mi pare si chiami, si ferma a pochi centimetri da me.
La guardo spaventato, sconcertato e rabbioso allo stesso tempo.
Le mostro i denti.

"Shh, tranquillo. Sta tranquillo. Vogliamo solo aiutarti...."
"Chi siete voi? Chi cazzo siete?!" - Urlo.
"Stai calmo, non ti agitare. Noi siamo diversi, non siamo come loro..."
"Che ne sapete di loro?"
"Sappiamo più di quanto tu possa immaginare" - Risponde l'altro, quello più maturo, mi pare. Carlisle.
"Tranquillo. Siamo qui per aiutarti, davvero."

La guardo negli occhi.
Assurdo.
Mi pare stia dicendo la verità. Mi sembra sincera. Com'è possibile?

Che cavolo te ne importa, Edward?
Cos'altro hai da perdere?
Niente. Mal che vada ti ammazzeranno, non è quel che volevi?

Decido di fidarmi e smetto di ringhiare.

La piccoletta mi sorride.

"Così va bene, bravo. Ciao Edward. Io sono Alice. E lui è Carlisle, mio padre."

La guardo sconcertato e titubante, ancora una volta. Suo padre?

"Ti andrebbe....di parlare un po' con noi?"




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Capitolo 2
*** Fuori e Dentro di Me part. 1 ***


nuovissima


CAPITOLO 1
Fuori e Dentro di Me -Parte I-
(POV BELLA)







"...I'd give my all to have
Just one more night with you
I'd risk my life to feel
Your body next to mine
'cause I can't go on
Living in the memory of our song
I'd give my all for your love tonight..."

"...Darei tutto quello che ho per avere
ancora solo una notte con te
rischierei la mia vita per sentire
il tuo corpo vicino al mio
perchi non posso andare avanti
vivendo nel ricordo della nostra canzone
darei tutto quello che ho per il tuo amore stanotte..."

My All - Mariah Carey





"Bella?"

Ripiegai l'ultima camicia, infilandola con poco impegno in valigia.

"Sei pronta?"

Annuii senza una parola.

"Bella, va tutto bene?"

Di solito papà non era un tipo noioso o invadente. Ma quello era pur sempre un giorno importante per me ed il mio silenzio non l'aiutava a comprendere le emozioni che mi si agitavano dentro.
Avevo troppi pensieri in testa in realtà ma nulla che coincidesse con quel che credeva mio padre. La mia preoccupazione non era quella di aver fatto la scelta sbagliata in campo universitario, davvero.  
Non mi interessava di aver conseguito un eccellente curriculum scolastico risultando fra i cinque studenti più meritevoli della Forks High School.
Non consideravo troppo l'idea di essere stata accettata in uno dei più prestigiosi college americani. La domanda, in ogni caso, l'aveva compilata mia madre al posto mio.
No, non m'importava francamente del consenso ottenuto da Dartmouth. Tanto ci avevo rinunciato, prediligendo, viceversa, il corso di laurea in Biologia offerto dall'Università dell' Alaska. Mio padre, preoccupato che tale rifiuto fosse dipeso dall'ammontare annuo delle onerose tasse universitarie, benchè in parte ridotte dalla borsa di studio con cui avevano premiato il mio impegno, si era proposto - o devo dire imposto? - per provvedere totalmente ai miei bisogni. Ma ancora una volta gli avevo risposto di no, in maniera decisa, moderando poi il tutto con un serafico "In Alaska hanno il miglior corso di scienze che puoi trovare, papà". E dovevo essere apparsa decisamente più categorica di lui se, a quell'ennesima negazione, aveva fatto mestamente spallucce senza aggiungere altra parola.
Non volevo frequentare un'università privata per figli di ricconi o cervelloni. Avevo il mio piccolo mondo e volevo conservarlo anche nella nebulosa dimensione del college. Dartmouth era davvero troppo per me.
E poi, dall'Alaska Southeast non era stato richiesto un documento, scritto di proprio pugno dal preside della mia scuola superiore,  in cui si spiegava perchè, nonostante gli ottimi voti, avessi conseguito il diploma con un anno di ritardo.  Lì, nessuno si curava dei miei problemi personali ed andava bene così.


Sospirai.

"Sì papà, va tutto bene."
"Sei emozionata?" - mi chiese con occhi luccicanti.
"Un po'" - Mentii.
"E...?"
"E niente, papà!" - Sbottai improvvisamente arrabbiata. Sapevo dove volesse andare a parare ma io non avevo intenzione di parlarne. No, davvero. Non ora.

"Scusami tesoro..."

Lo guardai e scorsi un lampo di profondo dolore in quegli occhi scuri, così simili ai miei.
Mi si strinse il cuore all'istante.

"Papà mi dispiace. Scusami. Sono...sono una pessima figlia!"

Lo abbracciai con ardore. Davvero,  sapevo di aver sbagliato. Ero stata una stupida.

"Bambina, tu sei la figlia migliore che potesse capitarmi. Scusami tu, avrei dovuto saperlo che non ti andava di parlarne..."
"Papà è soltanto che....che oggi....non avrei dovuto partire da sola....Avremmo dovuto andare via insieme...Io e lui....Ed invece..."
"Bella..."
"Lui non c'è, papà! Edward non c'è da due anni ed io non so dov'è!"

La stretta, forte e decisa, intorno alla mia vita divenne il mezzo attraverso il quale papà mi dava coraggio e conforto. Ma non avrei mai avuto abbastanza forza per sopportare il succedersi delle ore e dei giorni, benchè tutti coloro che mi avevano circondato, in quei due anni, si fossero convinti della mia straordinaria energia e del coraggio innegabile con cui avevo superato la tragedia.
Tutti tranne i miei genitori, s'intende.
Per loro bastava guardarmi per comprendere al volo quei finti sorrisi che accompagnavano i miei "sto bene".
Per comprendere quegli occhi spenti che cercavano qualcosa che non c'era più.
Per loro non era necessario parlarmi per conoscere le urla di dolore che si trinceravano dietro ai miei silenzi, nei pomeriggi bui di novembre, quando mi rintanavo nella mia stanza lontano dagli altri.
Perchè io ero un tipo che soffriva in silenzio, ma non per loro.

"Ovunque sia adesso, Edward  vorrebbe soltanto che la sua meravigliosa ragazza  si godesse il futuro grandioso che l'aspetta. Ed anche se non è con te fisicamente, il suo cuore e la sua mente non ti abbandoneranno mai. Voglio che te lo ricordi."

Annuii asciugandomi le lacrime.

"E vorrei anche che la mia splendida bambina sapesse che la amo da impazzire. Ti voglio bene Bells, così come te ne vuole tua madre. Siamo orgogliosi di te, della forza che mostri ogni giorno di più. Siamo orgogliosi della persona che sei e di ciò che diventerai. Non siamo stati i migliori genitori che tu potessi avere, ti abbiamo costretto troppo presto a scegliere tra noi due. E mi dispiace pensare che la nostra separazione ti abbia in parte sottratto il supporto che meritavi. Ma sappi che noi ci saremo sempre per te, anche se non viviamo sotto lo stesso tetto. Ora più che mai, perchè sarai lontana da noi."

La voce gli si incrinò pesantemente. Ma io non volevo che quel giorno mio padre piangesse di dolore, rimurginando su colpe e responsabilità inesistenti. Volevo quel giorno - il giorno della nostra separazione, di nuovo - papà fosse contento e soddisfatto. Volevo che, se proprio doveva piangere, le sue fossero lacrime di gioia.

"Non dire scemenze. Siete stati i genitori migliori del mondo. La vostra separazione non ha influito certo sul vostro amore verso di me o sulla mia stima nei vostri confronti. Ti voglio bene papà, ne voglio a mamma e so quanto abbiate sofferto con me in questi due anni. Grazie di tutto."
"Non devi ringraziarci e lo sai. Sei sangue del mio sangue Bells, ogni cosa pur di strapparti un sorriso."
E gli sorrisi allora, realmente. Perchè se lo meritava. E perchè me lo sentivo dal cuore.
"Ed ora basta piangere papà." - "Faremo tardi!" - Esclamai d'un tratto asciugandomi le ultime lascrime ed afferrando la valigia.
"Oh sì, già. Dai a me. Dobbiamo muoverci. Il volo per Juneau ti aspetta, Bells!"


*****


Io ed Edward ci fidanzammo alla tenera età di quattordici anni.
Eravamo coetanei.
Lui era il primo ed unico figlio del signor e della signora Masen e da suo padre aveva ereditato il nome, oltre che due magnifici occhi verdi.
I capelli ramati invece costituivano la trasposizione genetica della chioma materna.
Elisabeth impazziva per suo figlio. Glielo leggevo negli occhi ogni volta che andavo a casa loro, in teoria per studiare, in pratica per stargli appiccicata tutto il pomeriggio riempiendone le belle labbra di baci.
Era innamorata di Edward e per riflesso amava anche me perchè lo rendevo felice.
Mi diceva sempre che Edward non avrebbe mai potuto trovare una ragazza più carina ed assennata e non le dispiaceva che il nostro legame fosse nato in maniera così prematura.
"Non c'è niente di meglio che poter crescere assieme" - Esclamava sorridendo.

Mi ero imbattuta in lui per caso, durante una gita scolastica che riuniva tutti i ragazzi al primo anno della Forks High School. Ho ancora davanti agli occhi quell'immagine, come se l'avessi vissuta soltanto poche ore prima: Edward seduto in disparte, sulle scale che, dall'esterno, conducono ancora oggi alla palestra. I capelli ramati un po' lunghi, lo sguardo assente. Prestava attenzione soltanto alla musica che confluiva nelle sue orecchie attraverso le cuffiette dell' i- Pod.
Più tardi scoprii che quella che stava ascoltando non era una comune canzone. No, era musica classica.
Clair de Lune, Debussy.
Perchè il mio Edward era un'anima antica ed a quattordici anni amava cose che gli altri adolescenti avrebbero semplicemente disprezzato, senza una valida ragione.
Non l'avevo mai visto prima di allora e la mia faccia assunse probabilmente un'espressione sconcertata e decisamente buffa.
Fu amore a prima vista. Il classico colpo di fulmine, per intenderci, anche se io non ne parlerei mai in termini così riduttivi.
Il commento più eloquente alla mia faccia stralunata, venne dalla mia amica Jessica Stanley:

"Ehi Angela! Guarda Bella! S'è imbambolata a guardare quel tipo laggiù...Bella! Ehi, Bella, mi ascolti?!"
"Che c'è Jes?" - Avevo mormorato senza staccare gli occhi da lui.
"Ah, ma allora ci sei!" - Ed aveva cominciato a ridere senza ritegno. Le avrei mollato un pugno nello stomaco: aveva rovinato il mio personale momento di contemplazione.

Ma tant'è, non conclusi nulla. Non in quel frangente perlomeno.
Benchè Angela mi avesse incoraggiata a raggiungerlo con una qualsiasi scusa, certo non me la sentii di fare un passo azzardato. Che dirgli?
"Ehi ciao! Senti, mi chiamo Isabella Swan, Bella per gli amici. Ti ho visto prima per caso, ti va se usciamo insieme?"
Certo, con la mia proverbiale "disinvoltura" avrei come minimo preso a balbettare vergognosamente.
Tuttavia il caso mi fu di aiuto, successivamente. Il caso o la mia sbadataggine, non lo so.

Ho sempre avuto uno scarso senso dell'equilibrio; durante la visita all'Olympic National Park, tanto per cambiare, inciampai rovinosamente su di uno spuntone di radice che fuoriusciva dal terreno. Prima di stramazzare al suolo in maniera ridicola, due braccia d'adolescente mi tirarono su. E quando mi voltai per ringraziare il mio sconosciuto salvatore, non senza vergognarmi tremendamente per l'incidente, mi persi in quei meravigliosi occhi color smeraldo.
I suoi occhi. Quelli di Edward.

"Stai bene?" - Mi chiese preoccupato. Non risposi. Il mio cervello era troppo impegnato ad assorbire e metabolizzare la sua voce melodiosa per fornire un'adeguata risposta di senso compiuto. Continuai a guardarlo scioccamente e quando mi resi consapevole della mia stupidità sentii le guance imporporarsi.

"Ti sei fatta male? Dimmi, ti prego!"
"No...no sto bene. Mille grazie."

Ed allora il suo sguardo colmo d'ansia si sciolse, regalandomi il più luminoso dei sorrisi.

"Meno male! Mi hai fatto preoccupare! Fortuna che sei così esile, non sarei riuscito a reggerti, altrimenti! Come ti chiami?"
"I..Isa...Isabella Swan."
"Isabella...."
"Bella basta..."
"Ok Bella. Io sono Edward Masen. Piacere di conoscerti."

Solo allora mi resi conto di essere ancora tra le sue braccia. Qualche risolino solitario e molti occhi indiscreti accompagnarono la nostra scenetta.

"Il piacere è tutto mio....Edward..."

Angela e Jessica ci passarono accanto con finta indifferenza. Ma da lontano udii bene le parole pronunciate da Jes:

"Te lo dico io, Angela. Quei due finiranno insieme!"


***


Jessica non si è mai distinta per intelligenza o perspicacia.
Epuure quella volta c'aveva visto giusto.
A due mesi esatti dal nostro primo incontro io ed Edward ci scambiammo il nostro primo bacio.
Aveva tutta la purezza dei nostri quattordici, mista ad una passione che sarebbe durata una vita intera. Se la vita stessa, poi, non avesse finito col separarci.
Accadde in quella che sarebbe diventata la "nostra" radura, uno spiazzo fiorito nel cuore dei boschi di Forks.
In quei sessanta giorni di conoscenza che erano trascorsi dalla gita, avevamo finito con l'incontrarci sempre più spesso. Inizialmente per caso: dopo compresi che la fortuna c'entrava poco.
Fu Angela a farmi notare per la prima volta come Edward mi seguisse in continuazione con lo sguardo, come mi cercasse appena la campanella suonava la fine dell'ora. Lo ritrovavo puntualmente fuori la porta della mia aula; qualunque fosse la lezione che dovevo seguire, Edward sapeva sempre dove rintracciarmi.
Non mi capacitavo di come un essere splendido come lui avesse potuto trovare attraente una nanerottola imbranata come me...Io che mi ero fatta conoscere per essere quasi finita al suolo durante il nostro primo incontro! Eppure quelle quattro chiacchiere che avevamo scambiato in seguito alla mia caduta si erano prontamente tramutate in un colloquio fitto durato per l'intera lunghezza del tragitto e, per chissà quale volotà divina, al termine della visita Edward mi aveva salutata con un bacio sulla guancia. Qualcosa di me doveva averlo colpito subito. Tutt'oggi non so bene cosa.

"Sei così carina, Bells. E così dolce. E' ovvio che tu gli piaccia!" - Non faceva che ripetermi Angela.
Non le ho mai creduto.

Ricordo ancora perfettamente quella sensazione dolcissima che mi prendeva ogni volta che i miei occhi di adolescente incrociavano quelli di Edward, anche per caso, anche senza volerlo; le chiamano "farfalle nello stomaco". Beh, a me sembrava proprio che fosse così. Ancora oggi se penso a lui, avverto la medesima emozione.
Sentivo le guance avvampare quando la sua mano toccava la mia, nei corridoi di scuola.
Il sangue mi scorreva più forte nelle vene se ci scoprivamo d'improvviso vicini nell'ascoltare una canzone.
Il cuore mi arrivava in gola se, alzando la cornetta del telefono, ascoltavo la sua bella voce dall'altra parte del ricevitore.
"Ciao, mia Bella" - Diceva dolce.

E poi, un giorno accadde.
Una domenica mattina. Un inizio di  maggio, qualche anno prima. Edward mi aveva portato alla radura, il suo rifugio personale.
Voleva rendermi partecipe di quel segreto. A me che in due mesi soltanto ero diventata la persona più cara della sua esistenza.
Ed in quel caldo, straordinario sole di mezzogiorno - il bel tempo è una specie di evento miracoloso, per Forks - aveva sfiorato leggermente le mie labbra.
Con gentilezza ed in maniera del tutto naturale. Come se l'avesse sempre saputo che quel bacio era un suo diritto.
Un diritto che non gli avrei mai negato.

Quello stesso giorno, quel giorno che sancì difatti ufficialmente il nostro legame, gli diedi in regalo un piccolo campanellino.
"Perchè?" - Mi chiese lui ridendo.
"Perchè tu riesci sempre a trovarmi, ovunque io sia. Non so come fai, davvero! Io non ci riesco mai. Ma siccome non voglio esserti da meno, ti regalo questo campanellino. Suonalo ogni volta che vorrai vedermi, ed io saprò sempre come trovare la strada per esserti vicina!"
"Allora dovrò suonarlo in continuazione, mia Bella! Perchè io ti vorrei sempre accanto, in ogni istante!"


Quel campanellino ci ha accompagnato in tanti momenti della nostra breve ma felice vita insieme.
Lo portava attaccato alle chiavi di casa e si divertiva a suonarlo di continuo.
Ha affrontato con noi le corse spericolate per i sentieri del bosco di Forks, quando giravamo in due sulla stessa bici ridendo come pazzi.
Ci stava accanto, poggiato sul tavolo della mia cucina, mentre cercavamo di studiare, distraendoci in continuazione.
Trillava all'improvviso quando Edward, dandomi un bacio, scattava intimorito all'arrivo di papà.
Ed ancora ha vissuto con noi i compleanni, le delusioni a scuola, la patente, le uscite con gli amici.
Persino la nostra splendida prima volta, a sedici anni.
Quando mi rigirai nel letto, ancora frastornata per tutte le emozioni vissute, lo ritrovai sul comodino della camera di Edward.
Ricordo perfettamente la sensazione del braccio di Edward che mi cingeva la vita da dietro.

"Cosa guardi, amore?"
"Il campanellino. Lo porti sempre con te."
"Come potrei liberarmi di una cosa che ti appartiene? Sarebbe come liberarmi di te. Piuttosto preferirei morire."



Quelle parole risuonano ancora nella mia testa, eppure sono passati ben tre anni da allora.
Darei di tutto per sentirgliele dire di nuovo, per sentire la sua voce. Ma so che non accadrà.

Vorrei strapparmi i ricordi dalla mente, spezzare tutte quelle connessioni neuronali che portano ad Edward. E non perchè non lo ami tutt'altro. Soltanto per non sentire più dolore perchè certe volte è insostenibile.
Certe volte è impossibile sorreggere il peso della sua assenza.
Un'assenza "ingiustificata".
Perchè Edward non è morto.
Non per me, almeno. Fino a quando non avrò una prova certa, per me lui sarà sempre vivo, da qualche parte.
Edward è scomparso.
In una notte ancora calda di metà settembre lui è svanito nel nulla.



Angolo dell'autrice:

Carissimi!
Anzitutto grazie a quanti hanno recensito, a chi segue, ricorda e preferisce la mia fanfic! Mi ha fatto enormemente piacere il vostro consenso e spero che continuerete a supportarmi!
Detto questo, qualche delucidazione al capitolo. L'ho postato subito, a poche ore dal prologo, perchè difatti la stesura era già quasi completata e mi scocciava farvi attendere inutilmente! Tuttavia si tratta di una "parte prima"...Tutte le sensazioni di Bella, il dolore che si agita dentro di lei, ed il racconto dei suoi ricordi con Edward era troppo lungo e non potevo esaurirlo in un solo capitolo....Ma neanche volevo stancarvi o appesantirvi troppo per cui...ho preferito tagliare. Il prossimo capitolo vedrà concludersi il monologo interiore di Bella ed entrerà successivamente nel vivo della storia!
Dunque, la mia Bella si è diplomata, come avrete letto, ed è "pronta (più o meno) per seguire i corsi all'università dell'Alaska...A tal proposito, ho scritto che Bella raggiungerà il college con l'aereo. Risulta piuttosto difficile, per una persona che neanche con la fantasia è stata mai in quei posti, conoscere le connessioni logistiche e le distanze (soprattutto temporali) tra Juneau, in Alaska e Forks....Giacchè nella vera saga i nostri eroi sono soliti partire sempre dall'aeroporto di Seattle, ho pensato bene che anche la mia, di Bella, potesse fare lo stesso, atterrando direttamente al Juneau International Airport...Questo tanto per la cronaca e per essere precisi! ;)
Penso avrete fatto caso a quante piccole frasi del film compaiano in questo capitolo...Per esempio, anche la mia Isabella dice: "Hanno il miglior corso di scienze che puoi trovare!", come in Eclipse. Solo che in questo caso si rivolge a suo padre ed in un contesto del tutto differente!
L'ultima parte, quella sul campanellino, l'ho totalmente presa e riadattata da un piccolo racconto di Banana Yoshimoto, scrittrice che amo e stimo. Se non erro il titolo era "Moonlight Shadow" o qualcosa del genere...in ogni caso compariva alla fine del libro Kitchen, che adoro! Non so se qualcuna tra voi l'abbia letto, in caso contrario ve lo consiglio caldamente!
Mi sembra per ora di aver detto tutto...Ah, un'ultima cosa! La canzone che ho scritto all'inizio del capitolo la stavo ascoltando mentre ero all'opera...Se la tenete in sottofondo leggendo l'ultima parte fa un brutto effetto, davvero! :(

Lasciatemi i vostri pareri se vi va...Le recensioni mi aiutano a capire se il lavoro è fatto bene, se è sbagliato, se vi piace....E sono sempre un impulso per continuare!
Grazie a tutte/i!
MaTiSsE!

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Capitolo 3
*** Fuori e Dentro di Me part.2 ***


nuovissima2
CAPITOLO 2
Fuori e Dentro di Me - Parte 2 -
(POV BELLA/ALICE)









POV BELLA


Guardai distrattamente l'orologio.
Le undici del mattino. Ancora poco più di un'ora e sarei arrivata a Juneau.

Nelle quasi quattro ore trascorse in quell'aereo non mi ero curata di nessuno, troppo immersa nei miei ricordi.
Di colpo mi assalì la paura dell'ignoto, dei giorni che avrei vissuto in Alaska.
Nuove conoscenze ed esperienze.
Forse anche nuove amicizie.

Da un lato quest'aria di novità non mi dispiaceva, pensavo avrebbe fatto bene al mio cuore ed al mio spirito avere a che fare con qualcosa che non mi ricordasse incessantemente Edward.
D'altro canto, tuttavia, rifiutavo l'idea di vivere un'esistenza in cui lui non era contemplato e mi attaccavo a tutti i ricordi che possedevo per non tagliarlo fuori dalla persona che sarei diventata.

Sospirando, tirai fuori dalla borsa il mio diario.
Il nostro diario.
Una semplice agenda dalla copertina a scacchi bianchi e neri, su cui avevamo scritto per due anni, incessantemente, i nostri desideri, i pensieri sul nostro rapporto, su noi stessi, sul mondo di fuori.
Qua e là comparivano frasi tratte dalle nostre canzoni preferite, dai film visti insieme.
Un omino buffo occhieggiava da una pagina del mese di febbraio. Edward era bravo anche in disegno.
Carezzai una pagina scritta da lui.
Aveva una mano gentile, non calcava mai sul foglio, al contrario di me.
Vedere la sua bella calligrafia mi testimoniava che lui c'era stato davvero, che aveva vissuto giorni felici assieme a me.
Edward non era stato solo un fantastico sogno, una meravigliosa fantasia prodotta dalla mia mente per sopperire alla solitudine.
No. Edward era esistito realmente ed era stato mio.


Nessuno al mondo ti amerà come ti amo io


Glielo scrissi io, il 20 di giugno. Il giorno del suo compleanno. Il diciassettesimo, per la precisione.
L'ultimo di Edward trascorso insieme a me.

"Sono più grande di te Swan. Un po' di rispetto!"
Esclamò ridendo quel giorno, vittima del mio ennesimo agguato. Adoravo fargli il solletico, rideva sempre fino alle lacrime.
"La solita storia, Masen! Più grande, tsk! Ci dividono soltanto 90 giorni...anche di meno, a dirla tutta!"
Approfittando di un momento di distrazione, rovesciò le parti e mi ritrovai io preda delle sue braccia, distesa sull'erba umida della nostra radura.
"Ti dirò io....non ci divide proprio nulla, mia Bella. Ti amo."


Poi, il 13 Settembre, anch'io festeggiai il mio diciassettesimo compleanno.
La mamma di Edward aveva organizzato un party tutto per me e benchè non amassi troppo questi esempi di "mondanità provinciale", mi divertii da morire.
Ricordo ancora la grande villa dei Masen addobbata a festa, le lanterne distribuite lungo tutto il viale che dal giardino conduceva alla porta d'ingresso e le lampade sparse per la casa: illuminavano ogni angolo con la loro calda luce arancione.
Edward mi accolse all'entrata con una manciata di coriandoli, tanto per prendermi un po' in giro, sotto lo sguardo compiaciuto dei suoi genitori.
Sento ancora nella mia testa, distintamente, la musica, le risate dei miei compagni di scuola, le chiacchiere di Angela e Jessica. Rivivo ogni istante i momenti più divertenti della festa, il ballo improvvisato da Mike in salotto, le barzellette raccontate da Ben, il ragazzo di Angela. Rivedo Edward piegato in due dal troppo ridere. Io ridevo con lui, felice della gioia che gli illuminava gli occhi verdi, meravigliosi.
Nel diario conservo ancora la nostra foto insieme, scattata quella sera davanti ad una gigantesca torta al cioccolato.
Opera di Elisabeth.
"Buon compleanno bimba mia" - Mi aveva detto dolcemente. E davvero ero un po' la sua bambina perchè Elisabeth, conscia della mia condizione di unica figlia di due genitori separati, cercava sempre di non farmi sentire troppo la mancanza della mamma, così lontana a Jacksonville.
"Buon compleanno, amore mio" - Aveva infine sussurato il mio Edward, prima di darmi un casto bacio sulle labbra davanti a quella torta.
"Esprimi un desiderio Bella!"
Seguii il consiglio di Angela e, soffiando sulle mie diciassette candeline, chiesi a Dio, o a chi per Lui, di farmi vivere per sempre così. Di farmi stare con Edward per sempre.
Era questo il mio desiderio più grande. Ma non funzionò.

Da allora non ne ho espressi più.

Edward mi riaccompagnò a casa quella sera con la sua auto.
Una Volvo.
Nel salutarmi mi diede un ultimo, appassionato bacio.
"Ti amo così tanto, amore. Crescere insieme a te, vedere crescere il nostro amore con noi, è stato uno dei regali più belli che la vita potesse farmi."
"Potresti stancarti di me, un giorno o l'altro Edward..."
"Non accadrà. Mai, mettitelo bene in testa. E tu non dovrai mai stancarti di me. Non potrai, io te lo impedirò!"
"Dittatore!" - L'avevo apostrofato allora io, ridendo.
"Certo, non lo sai? Sono il più pericoloso dittatore di tutti i tempi!" - Aveva infine esclamato, facendo un vocione buffo da superuomo.
"Ti amo, mio splendido dittatore. Ti amo da impazzire e grazie a te, per avermi scelta."

L'avevo salutato agitando la mano tante volte, dal portico di casa mia, mentre la Volvo si allontanava lungo la strada buia.
Le braccia erano stracariche di regali. Papà mi venne in soccorso.
"Cavolo, ti trattano bene i Masen!"
"Puoi dirlo forte, papà!"
"Sei felice Bella?"
"Non sai neanche quanto..."


Mi addormentai cullata dal dolce ricordo della nostra serata, il cuore traboccante di amore, di una gioia immensa.

Due ore più tardi il mio cellulare aveva preso a squillare.
La telefonata arrivava da casa di Edward.
Intontita per il sonno - erano pur sempre le due del mattino - mormorai a malapena uno strascicato "Pronto?"

"Pronto, Bella?"
"Elisabeth...Che succede?" - Scattai all'istante.
Mi rispose con una risatina.
"Ti ho colta nel sonno, eh piccola? Scusami! Niente di preoccupante comunque, solo ti dispiacerebbe svegliare quel dormiglione di mio figlio e dirgli di tornare a casa? Non mi risponde al cellulare ed io sono un po' stanca di aspettarlo."

Cercai all'istante di mettere insieme le parole di Elisabeth, di focalizzarle con precisione.
Credeva che Edward si fosse fermato a casa mia, addormentandosi come spesso accadeva.
Certo, spesso.
Ma non quel giorno.
Edward era andato via da molto, ormai.
Lo stomaco mi si strinse in una morsa ed un nausentante senso di paura risalì dai visceri sino alla punta delle dita. La mano divenne ghicciata all'istante.
"E..Elisabeth, controlla bene. Edward starà dormendo nella sua stanza a quest'ora."
"Bella, io sono  nella sua stanza adesso."
Sentii come se qualcuno mi avesse schiaffeggiato in pieno viso, più e più volte.
"Bella, Edward non è con te?!"
La voce di Elisabeth dall'altro lato assunse d'improvviso un tono allarmato.
"No Elisabeth, non c'è. Edward è andato via. Più di due ore fa." - Mormorai lentamente.


****


Forks venne tappezzata di volantini con la foto segnaletica di Edward, così come tutte le città limitrofe.
Il suo viso ritagliato da un'immagine originale di maggiori dimensioni. Un'immagine in cui c'ero anche io.
Vedevo i suoi occhi verdi ovunque mi girassi.
I manifesti erano attaccati dappertutto, sui pali della luce, i tronchi degli alberi, affissi alle cabine telefoniche.
Mio padre - che a Forks è il capo della polizia - si diede da fare in ogni modo umanamente possibile. Lavorò sodo, spesso anche la notte; tutto, pur di ritrovare il ragazzo di sua figlia, quel giovane cui si era inevitabilmente legato anche lui in tre anni di conoscenza.

Ed io...Beh, io praticamente non servivo più a nulla.
Allorchè si era fatta strada, nella mia mente, la consapevolezza che Edward quella notte fosse davvero scomparso, avevo perso qualsiasi forma di energia. Non reagivo, semplicemente.
Fissavo il vuoto per ore, riscuotendomi soltanto al suono di un telefono o del campanello.
Speravo sempre che quel suono portasse sue notizie.

Non è mai accaduto.

Renèe, mia madre, venne a trovarci da Jacksonville assieme a Phil, il suo nuovo marito. Appresa la notizia si era precipitata per consolarmi ed abbracciarmi come farebbe un qualsiasi genitore. 
Aveva conosciuto Edward un fine settimana in cui avevamo deciso di andarla a trovare insieme nell'assolata Florida. Gli aveva voluto bene sin dal primo istante. Non che fosse difficile affezionarsi rapidamente ad un tipo come lui, ma Renèe, in più, gli era grata per tutto quanto pensava Edward facesse per me. Infatti era solita ripetermi: "Edward è la tua medicina, sorridi soltanto con lui."
Tuttavia, neanche l'abbraccio della mamma riuscì ad infondermi quel calore necessario per sciogliere, anche solo un pochino, il ghiaccio intorno al mio cuore, il freddo che mi portavo dentro.
Continuavo a trincerarmi nel dubbio e nel dolore.
Ciò che mi faceva più male, al di là della sua sparizione in sè per sè, era l'impossibilità di sapere cosa gli fosse accaduto realmente. Se qualcuno l'avesse ferito, derubato, rapito, se avesse sofferto. Non potevo sopportarlo, avevo la continua sensazione di morire dentro.

La notte svegliavo i miei genitori con urla strazianti.
Papà aveva deciso di ospitare sia Renèe che Phil nella nostra piccola casetta, offrendo loro la propria camera, pur di lasciare la mamma quanto più possibile accanto a me. Lui si sarebbe arrangiato diversamente, sul divano.
Cosicchè, di notte, finivano sempre con l'accorrere tutti e tre nella mia piccola stanza male illuminata.
Nel mio incubo ricorrente trovavo e perdevo Edward all'infinito, sino a vederlo scomparire del tutto nel buio. Ed allora urlavo, urlavo il suo nome, cercavo la sua mano nella notte.
Ma trovavo quella di Charlie, mio padre.
O quella della mamma in lacrime.

Non era mai la mano di Edward.

E più angosciosi e crudeli ancora erano i sogni in cui Edward mormorava dolcemente al mio orecchio "Amore, sono tornato".
La prima volta che la mia mente partorì quest'ignobile scherzo, aprii immediatamente gli occhi e, correndo al piano di sotto, urlai ai miei genitori:

"Edward è qui, è ritornato!"

Ma, spalancando la porta d'ingresso senza trovare nessuno in attesa, mi accasciai su me stessa.
Piansi calde lacrime nel momento in cui capii che si era trattato solo di uno schifoso sogno.
Non so chi mi prese in braccio riportandomi di sopra, ero nuovamente in uno stato catatonico. Forse mio padre. Forse Phil.
Mi parve che mamma continuasse a piangere dietro di me cantilenando il mio nome.

In tutte le successive volte il cui l' Edward fasullo tornò nei miei sogni, mi limitati a svegliarmi, rannicchiandomi nel letto.

Da allora ho dormito sempre di meno.
Ogni volta che chiudo gli occhi lo rivedo e non so dire più, sinceramente, se sia un male o un bene.
Incontro di nuovo il suo viso, nella mia fantasia. Ne sono felice.
Ma tanto nessuno dei miei sogni gli renderà giustizia, per quanto era bello e gentile.
Ed allora un dolore atroce mi prende alla bocca dello stomaco. Meglio stare svegli. Così attenuo quel vuoto incolmabile e graffiante che mi riempie il petto rimurginando sulla sua assenza.

Ad oggi dormo poco più di quattro ore a notte. Ormai mi sono abituata a questo nuovo ritmo.
La notte studio soprattutto, ecco perchè sono risultata prima nell'elenco dei cinque migliori studenti della Forks High School.
Tuttavia, per conseguire il diploma ho impiegato dodici mesi in più, rispetto ai miei compagni di scuola.
Per più di un anno infatti, non riuscii a studiare. A concentrarmi. Mi era impossibile, era troppo grande il dolore di aprire quei libri sapendo che non lui non sedeva accanto a me, dandomi una mano con la trigonometria come spesso accadeva.
Partecipai alla cerimonia di consegna di Jessica ed Angela, salutandole da lontano. Erano belle e raggianti nella loro tonaca gialla, così piene di vita, così emozionate per il futuro! Quel che io non riuscivo più ad essere. Quel che anch'io, avrei dovuto essere.
Il giorno del loro diploma fu un pungo in pieno stomaco per me. Considerai per tutto il tempo l'assenza di Edward. La mia assenza. Quello avrebbe dovuto essere anche il nostro giorno. Ma non fu così.
E quando Jes ed Angela si allontanarono nel lontano, favoloso mondo dell'università, mi decisi anche io a riprendere i libri in mano, sotto lo sguardo incoraggiante e gioioso dei miei cari.

Il giorno del mio diploma mamma e papà hanno pianto come fontane. Persino Phil era commosso.
E la mia dolce Elisabeth che mi guardava dal lato sinistro del palco.
Lei, l'unica persona, a questo mondo, che possa comprendere a 360 gradi il dolore della mia perdita. Perchè è anche la sua.
Perchè per me è scomparso un fidanzato, un fratello, il migliore amico.
Per lei un figlio. L'unico.
E poichè sentiva come se anch'io, in minima parte, fossi sua figlia o forse perchè vedeva in me il suo Edward dei giorni felici, non mi ha mai fatto mancare la sua affettuosa presenza.

Qualche giorno fa, prima di partire per Juneau mi ha telefonato:
"Ehi piccola! Mi raccomando, fatti valere!"
"Lo farò, Elisabeth, puoi contarci."
"Lo so. Mi fido di te. Ti voglio bene, bambina".



"Signorina"
"Uh?" - Mi scossi leggermente. Mi parve che qualcuno mi svegliasse bruscamente. Ero totalmente intontita.
Una bionda hostess mi guardò accigliata.
"Signorina, la prego di allacciare la cintura di sicurezza come tutti gli altri passeggeri. Fra poco arriveremo a Juneau"
"Oh....oh ma certo! Mi...mi scusi, la prego, ero....sovrappensiero. Non me ne ero resa conto."
Annuì di nuovo tranquilla e si allontanò in tutta fretta.
Riposi rapida il diario in borsa ed allacciai la cintura come mi era stato detto di fare.
Respirai infine profondamente.

Una nuova vita stava infine per cominciare.
La mia nuova vita senza Edward.

Mi sentii di nuovo crollare all'istante.



***



Preferii far ricorso ad un taxi, una volta sbarcata in terra di Alaska.
Mi seccava avvisare per il servizio di accompagnamento offerto dall'università, tanto più che il campus di Juneau, dovrei avrei alloggiato, distava soltanto una manciata di minuti dall'aeroporto. La corsa in taxi non mi costò troppo.
L'impiegata della segreteria studenti - una donna minuta e dall'aria poco cordiale - mi fornì rapidamente i documenti e le informazioni necessarie alla mia vita nel campus: era senz'altro abituata a ripetere ogni anno le medesime parole giacchè le cantilenava come un disco incagliato. Mi venne sonno.
"Il suo alloggio si trova nell'ala ovest del campus, signorina Swan." - Mi comunicò mostrandomi l'itinerario su di una cartina - "Non è eccessivamente lontano da qui. In ogni caso desidera che chiami la nostra guida per accompagnarla?"
"Oh no, grazie. Non c'è bisogno, davvero. Me la caverò alla grande."
"Come preferisce, signorina. Buona permanenza e buono studio."
"La ringrazio."
Mi allontanai a grandi passi dalla segreteria. Ero già sufficientemente nervosa, quell'impiegata non aveva di certo migliorato il mio umore.
Mi ricordai solo allora del cellulare ancora spento in borsa.
"Oddio, papà sarà in pensiero!"
Attesi pazientemente che quel vecchio telefono riprendesse vita, con la sua proverbiale lentezza, maledicendomi per non averne acquistato uno nuovo prima di partire. Infine composi il numero di casa.
Al primo squillo rispose la voce ansiosa di mio padre.
"Bella?!"
"Avrei potuto non essere io, ti pare?"
"Ma certo, certo che eri tu! Ero preoccupato, perchè non ti sei fatta viva prima?"

Da quando era scomparso Edward, mio padre viveva nel costante timore che anch'io potessi svanire nel nulla. Mi riempiva di telefonate. Perdermi di vista per dieci minuti equivaleva, per lui, ad un infarto sicuro.

"Scusami papà, ho avuto un mucchio di cose da fare. Comunque è tutto ok, sul serio..."
"Bene. Come ti trovi?"
"E' un po' presto per dirlo!" - Risi - "Sono qui da meno di un'ora ed ancora non ho visto l'alloggio."
Si lasciò andare ad una risata liberatoria, anche lui.
"Sicuro piccola! Scusami, ti sto mettendo fretta. Fa' le tue cose con calma, dai un'occhiata alla tua stanza e poi richiamami, ok?"
"Va bene pà, grazie. Puoi avvisare tu la mamma?"
"Ma certo! A dopo, tesoro!"


Riagganciai avvertendo nello stomaco una spiacevole fitta. Cercai di distrarmi incamminandomi prontamente verso la zona del campus dov'era localizzato il mio alloggio, ma l'escamotage servì a ben poco.
Gli occhi pizzicarono più forte ed una lacrima silenziosa scivolò lungo la guancia, asciugata dal vento.
Seppi all'istante cosa mi aveva addolorato.
La voce di papà dall'altro lato del ricevitore, quella dolce nostalgia, il sapore di casa che si portava dietro.
L'idea di essere così lontana dalla mia famiglia, dai luoghi in cui ero cresciuta con lui.
Con Edward.


Per quanto avessi potuto sentirmi sola in quei due lunghi anni di straziante dolore, niente valeva la sensazione di solitudine, reale ed intensa, che avvertivo ora nel mio cuore.




POV ALICE

"Edward. E' qui, è arrivata!" - Esclamai d'improvviso, mentre i miei occhi riprendevano vita, subito dopo l'ultima visione che aveva raggiunto la mia mente.
Jasper si allarmò, immaginando chissà quale catastrofe.
"Chi sta arrivando, Alice?! Di chi parli?"
Non mi diede il tempo di rispondere. Si avventò su di me.
"No! Non è possibile!"
"Edward, calmati per piacere!" - Lo reguardì Rose dall'altro angolo della stanza.
"Ehi fratellino, tranquillo!" - Emmett gli fu accanto in un istante, trattenendolo nel suo solido abbraccio. - "Alice non c'entra niente, è solo una visione..."
"Lascialo stare, Emmett...Non mi farà nulla." - Mormorai io dolcemente.

Avevo imparato ormai a riconoscere le reazioni di Edward ed il suo modo di fare. Benchè si trattasse dell'ultimo arrivato in famiglia, del mio fratello più giovane, mi ci ero paradossalmente affezionata quasi più che agli altri. E sapevo che il mio amore era ricambiato. Ma Edward era ancora un animo ribelle, faticava ad accettare la sua nuova natura e le condizioni che essa comportava. E soprattutto non voleva considerare la possibilità che qualcosa, o qualcuno, della sua vita passata potesse far capolino nel presente.
In quei casi manifestava sempre un timore irragionevole ed incontrollabile.

"Io....io non lo permetterò!"
"Edward non puoi cambiare il destino"
"No! Maledizione, no!"
Il tavolo su cui poggiavo il braccio barcollò pesantemente prima di dividersi in due grossi blocchi di legno.
"Edward! Modera la forza!" - Un altro rimbrotto di Rose.
Vidi lo sguardo di Edward mutare all'istante. Chiuse gli occhi e, respirando profondamente, come se ne avesse avuto effettivo bisogno, ridistese le belle labbra in una piega senza espressione.
Il controllo dell'umore di Jasper funzionava bene anche su di lui, per fortuna.
"Si può sapere cos'avrai mai visto Alice? Edward è parecchio turbato"
Edward mi guardò subito, una muta preghiera negli occhi.

"Non dire niente Alice. Ti prego, non dir nulla."

"Devo farlo, Edward. Prima o poi la conosceranno anche loro, è nel tuo destino"


"Ho visto una persona."
"Che genere di persona?" - domandò Rose con estrema curiosità.
"Una ragazza."
"Un'umana? Andiamo Alice, parla! Non farti pregare..."
"Sì Emmett, un'umana."
"Edward, perchè ti turba tanto la visione di Alice? C'entra qualcosa con te questa ragazza?" - Lo sguardo di Jasper era perplesso.

Un silenzio irreale calò sulla stanza.
Edward non rispose, troppo impegnato - suo malgrado - nel contempleare le immagini della mia mente, il bel viso di una ragazza dagli occhi grandi, sinceri, color cioccolato. Le guance sfumate di rosa, il sorriso gentile. La sua mano intrecciata a quella di mio fratello. In un tempo indeterminato, che sapeva di gioia.

Rosalie, esasperata, rivolse a me la medesima domanda di Jasper.
"Allora? Alice, parla!"
"Beh ho visto.....ho visto la fidanzata di Edward. Credo che sia qui, a Juneau. La mia visione era molto nitida."
"La fidanzata di Edward?!" - Esclamò Emmett con un'espressione sconcertata - "Cavolo, pensavo avessi già una ragazza, fratellino!"
"La sua fidanzata umana, Emmett. La ragazza con cui stava prima di essere trasformato, ovviamente."
"Amore, un po' di acume!" - Rosalie non faceva altro che dispensare rimproveri a destra e a manca quel giorno, cominciava ad irritarmi non meno delle buffe considerazioni di Emmett.
"Beh, questa è bella sul serio! Prima Victoria..."

Al suono di quel nome Edward ringhiò.

"Victoria è nulla. E' il nulla per me!"
"Beh, in ogni caso è stata la tua prima compagna!" - Proseguì Emmett senza considerare minimamente la reazione di suo fratello - "Poi Tanya....Adesso ritorna la vecchia fiamma....Cavoli Edward, fai strage di cuori!"
Emmett cominciò a ridere, buscandosi contemporaneamente un pugno nello stomaco da Rose ed una pacca poco amichevole sulla spalla da parte di Jasper. Questa volta ringraziai mentalmente mia sorella per la prontezza e l'efficacia con cui l'aveva riportato all'ordine.
"Smettila Emmett, sto spendendo tutte le mie energie per tenerlo buono...Non mi aiuti!" - Esclamò infine Jasper.
Mia sorella lasciò distrattamente la presa su Emmett e poi, voltandosi verso di me mormorò un apprensivo:
"Sei certa che sia qui?"
"Sì Rose....Al cento per cento" - Confessai.



"Chi è qui? Abbiamo visite?"
La melodiosa voce di Tanya venne ad interrompere i nostri discorsi. Eravamo tanto impegnati nel discutere che nessuno di noi aveva considerato l'avvicinarsi dei suoi passi.

"Tanya!"

Edward mi guardò fugacemente, poi corse a salutare la sua compagna. Per noi non rappresentava una sconosciuta, tutt'altro: Tanya avrebbe potuto ragionevolmente essere definita come una nostra "cugina acquisita", o qualcosa del genere. Eppure la sua presenza, in quell'istante di intima vita familiare, mi irritò notevolmente. Sin dal primo momento in cui la  mente mi aveva restituito l'immagine dolce e bellissima di quella giovane ragazza che aveva amato mio fratello nella vita passata, avevo avvertito per lei un senso di simpatia e solidarietà pressocché istantaneo e forse immotivato. Quasi non tolleravo più altre presenze accanto a lui.

"Allora? Di chi stavate parlando?"
"Nessuno. Nessuno di importante, davvero. Andiamo?"
"Edward! Tanya è appena arrivata e già uscite?"
"Sì Emmett. Abbiamo un mucchio di cose da fare" - Rispose Edward con un tono che non ammetteva repliche. Evidentemente, in quel momento, non desiderava altro che allontanarsi quanto più possibile da noi e dalla verità che rappresentavamo.

Nessuno fece pressione affinchè si trattenessero ancora un po' ma quando fummo certi della loro lontananza un brusio sommesso inondò la stanza. Infine tutti guardarono me.
Accavallai le gambe e con disinvoltura  esclamai un:

"Si arrenderà! Nel futuro di Edward c'è tutt'altro!"

Ricambiai i loro sguardi apprensivi con un sorriso disteso. Sì, avevo proprio ragione.
Avevo appena pronunciato la più sacra delle verità: la verità che conduceva alla felicità per Edward, l'unica cosa che mi stava davvero a cuore.




Angolo dell'autrice:

Buon pomeriggio a tutte le mie lettrici.
Anzitutto grazie perchè il seguito della mia fanfic è notevolmente aumentato. Non ci speravo, davvero! Grazie anche a chi ha inserito la storia nelle preferite, in quelle ricordate ed, ovviamente, grazie a chi ha recensito! Spero di poter contare sempre sul vostro supporto, ricordate che i vostri commenti mi forniscono buona parte di quell'energia necessaria all'elaborazione della mia fanfic....Il resto lo fa l'ispirazione ma se non c'è motivazione, credetemi, è poca cosa! :)
Detto questo, qualche appunto sul capitolo. Penso l'abbiate compreso, si tratta di un capitolo di passaggio, suddiviso in due pov per ovvi motivi. Nella prima parte termina il racconto di Bella, la narrazione degli eventi accaduti e di come questi l'abbiano infine condotta al presente, nel campus di Juneau. Termina anche la descrizione del suo stato d'animo, delle sensazioni spiacevoli e dolorose che hanno accompagnato la perdita di Edward...spero di averle descritte in maniera sufficiente, come desideravo!
Nella seconda parte entra in gioco Alice che (piccolo spoiler) avrà un ruolo fondamentale in questa fanfic. Così si introduce alla storia vera e propria che partirà dal prossimo capitolo. Attenzione, non fatevi ingannare dalle parole di Alice, quelle riferite al "destino" ed al "futuro" di Edward con Bella....non sarà tutto così semplice!
Immagino che vi siate anche chieste cosa c'entrava mai Victoria, in termini di "compagna" per Edward. Probabilmente lo stesso avrete fatto per Tanya....Scoprirete tutto nei prossimi capitoli!:))
Spero di essere stata chiara su tutto...Se avete domande, commenti, critiche (le accetto più che volentieri ^^)....fatevi avanti!
un bacio

MaTiSsE!











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Capitolo 4
*** Il passato che bussa alla mia porta ***


nuovissima3
CAPITOLO 3
Il Passato che Bussa Alla Mia Porta
(POV BELLA)






I corsi avevano preso avvio da più di tre settimane ormai ed io cominciavo ad abituarmi alla mia nuova vita da universitaria, in Alaska.
Il corso di biologia avanzata che avevo seguito al liceo si dimostrò una solida base da cui cominciare cosicché le prime lezioni mi furono di facile comprensione, sorprendentemente. Lo studio non mi parve pesare troppo, almeno per quel primo periodo.
Nonostante la mia proverbiale timidezza ed una ormai consolidata ritrosia verso gli altri, riuscii persino a fare qualche conoscenza. Finii con l'accompagnarmi spesso, in quei primi giorni, con una ragazza di Vancouver, nella contea di Clark, Allison Rogers.
Ally, per gli amici.
Seguiva i corsi con me, era molto preparata. E simpatica, la trovai simpatica sin da subito, con i suoi capelli rossi lunghi ed arruffati, le belle lentiggini spolverate tra il naso e le guance, gli occhioni azzurri grandi, sempre pronti nel captare ogni più piccolo particolare. Sedeva spesso accanto a me e durante le lezioni faceva battutine divertenti sui professori e sugli altri ragazzi del corso, enfatizzandone atteggiamenti e modi di dire in un maniera buffa, senza mai usare toni maleducati o sgraziati.  Il fatto che provenisse anche lei dallo stato di Washington significava molto per me, quasi come se si fosse trattato di un'amica di vecchia data, una presenza familiare. Tant'è che, pur essendomi stato assegnato - miracolosamente - un alloggio singolo, presi sin da subito l'abitudine di invitarla spesso. Ally andava poco d'accordo con la sua coinquilina, il tipico soggetto occhialuto e piuttosto snob. Per cui aveva accettato senza farselo dire due volte. Accadeva spesso, quindi, che la sera studiassimo insieme e finissimo col fare poi tutt'altro, ridendo come matte su qualche fatto accaduto in giornata, su qualche programma stupido alla tv. Possedeva un'irruenza tutt'altro che fastidiosa e da subito imparai ad adorare il suo modo contagioso di ridere.

"Dovresti mangiare di più, Bella! Sei troppo magra.... Ordiniamo una pizza?!" - Esclamò Ally in una delle "nostre" ormai abituali serate.
"Ma no, Ally! Ho mangiato tardi in mensa oggi, non ho fame...Ma se vuoi tu..."
"Se vogliamo ...entrambe Bella, non mangio mai da sola, impara!"
"Quindi pretendi il mio consenso così se siamo in due ti senti meno in colpa con la dieta, vero?!"
"Ma non è questo, Swan! Uff!"

Quando metteva su il suo finto broncio era semplicemente deliziosa.

"Lo so che non è questo, scema!" - Risi tirandole un cuscino morbido. Era tanto disinvolta  che scioglieva anche me. Mostravo una tale confidenza con Ally,  forse neanche con Jes ed Angela mi ero mai comportanta in quel modo.
"No, sul serio. Sei pallida. Non puoi stramazzarmi al suolo Swan, mi servi intera per i prossimi esami. Mangi quanto un passerotto, ma ti pare normale?!"

In realtà ero sempre stata una buona forchetta. Mi piaceva mangiare di tutto, dal dolce al salato e non facevo mai troppi problemi a tavola anche perchè la mia comunque esile costituzione me lo permetteva tranquillamente. Mia madre stessa aveva da sempre invidiato il mio metabolismo accelerato e la capacità, che esso comportava, di mangiare senza ingrassare.
E tuttavia, da quando Edward non c'era più, il mio appetito era calato rovinosamente. Mangiavo tanto quanto mi bastava per reggere le fatiche della giornata.

"E' che....ecco, mangio lo stretto necessario. Non ho mai grande appetito..."
"Beh...beata te!" - sospirò Ally guardandosi molto comicamente la pancia - "Io invece ho sempre fame. Maledetto lardo!"
Fece infine un giro su stessa davanti allo specchio e quando si fermò barcollando - era davvero comica - il suo sguardo cadde inevitabilmente su di una foto appesa sulla scrivania.
Una foto di Edward e me, insieme.

Fischiò.

"Cavoli! E' il tuo ragazzo questo qui?"

Cosa risponderle? M sentii avvampare ma mi limitai a calare gli occhi sul libro, sfogliando frettolosamente il capitolo sul ciclo di Krebs.

"Ehm....già....Senti Ally, dovremmo sbrigarci, siamo in ritardo. Ordina la pizza, così dopo possiamo continuare..."

Tutto. Avrei fatto di tutto, anche mangiare controvoglia, pur di smettere di parlare di lui. Ma Ally non me lo permise.

"Hai buongusto in fatto di giovanotti, signorina! Da quanto tempo state insieme?"

Non risposi. Continuai a sfogliare il libro in maniera agitata.

"Bella?" - Ally si voltò perplessa - "Mi hai sentito?"
"Ehm...no Ally, scusa, controllavo....l'argomento da studiare..."
"Da studiare? Non mi pare che il prof a lezione abbia spiegato sino alla replicazione del Dna. Sei un tantino avanti, Swan..."
"Ah!" - Guardai sconsolata il paragrafo indicatomi da Ally e presi a mangiucchiarmi le unghie.

Si sedette accanto a me, preoccupata.

"Bella, che hai? Vi siete lasciati, è questo che ti fa stare così male?"
"Sì...."
"Mi spiace, davvero. Beh, allora non dovresti tenere la sua foto in camera...Se ti fa soffrire così tanto non lo merita, davvero!"
"Non è questo Ally...." - Mormorai tristemente.
"E cos'è, allora?"
"Ally, Edward non mi ha semplicemente lasciata. Come farebbe un qualsiasi ragazzo stanco della propria fidanzata, intendo...."
"Non ti capisco Bella...Che vuoi dire?"
"...Edward è.... scomparso nel nulla. Sono due anni che non ho più sue notizie..."

Vidi Ally spalancare gli occhi per lo stupore, silenziosa come mai mi era accaduto di vederla in tre settimane di conoscenza.
Partendo da quelle poche parole le narrai del mio triste passato, come se si fosse trattato di un racconto dell'orrore di cui ero - mio malgrado - la sfortunata protagonista.


***


Quel giorno ero sola.
Quel giorno Ally era influenzata: non avrebbe seguito nessuna lezione con me.
Ero già sufficientemente demoralizzata per questo motivo; qualsiasi altro imprevisto mi avrebbe semplicemente abbattuta. Men che meno mi sarei messa a pensare Edward. No, avrei scacciato qualsiasi pensiero si fosse affacciato nella mia mente in riferimento a lui: quel giorno non avrei potuto sopportarlo.

Feci tardi, come non mi accadeva più da tempo.
E nella fretta di raggiungere la lezione scivolai. Riuscii a mantenere un equilibrio precario ed evitai di stramazzare al suolo ma lo stesso non accadde per i miei libri. Rovesciai tutto il contenuto della borsa sul pavimento lucido.
"Merda, merda, merda!" - Imprecai cercando di salvare le mie poche cose prima che la folla di studenti che si accalcava per il corridoio trascinasse via qualcosa.
"Posso darti una mano?" - Chiese una voce melodiosa.
Una mano candida, dalle lunghe dita e le unghie laccate di un color rosso sangue, meraviglioso, raccolse il mio quaderno di appunti. Ed il diario a scacchi bianchi e neri che portavo sempre, inevitabilmente, con me.
Alzai prontamente il viso ed i miei occhi incontrarono quelli dorati - sì, dorati - della più bella creatura che avessi mai visto in vita mia.
Una giovane minuta, dai capelli scuri ed arruffati in maniera deliziosa, vestita in maniera impeccabile. Le labbra vermiglie constrastavano con la pelle diafana che pur tuttavia costituiva un pregio e non un difetto. Il viso era luminoso, le ciglia lunghe, la bocca piena, il sorriso dolce, lo sguardo delicato.
Me ne innamorai all'istante.

"G....grazie....." - Mormorai, metà intimidita, metà sorpresa.
"Oh, di nulla!" - Esclamò infine lei raccogliendole le ultime cose molto velocemente. - "Credo che tutto questo ti appartenga."
"Sì, sì.....grazie.." - Biascicai ancora, incerta.

Si alzò rapidamente, stirando le pieghe del vestito blu con una mano.
Mi rialzai anche io, in maniera notevolmente meno disinvolta. La solita, impacciata Bella!

"Io sono Alice Cullen...Piacere di conoscerti......"
"Oh....Io sono Bella. Isabella Swan, Bella per gli amici..."
"Bella...." - Mormorò lei ripetendo il mio nome, quasi riflettesse su di un pensiero lontano. Poi mi offrì la mano ed io cercai di ricambiare il gesto ma con molta difficoltà, avendo le braccia cariche di libri e fogli sparsi.
Rise.
"Da' qua!" - Ordinò ed infine ripose il tutto con estrema rapidità nella mia borsa. - "Ecco. Ora sei a posto, Bella. Felice di averti conosciuta!"
Mi schioccò un bacio sulla guancia destra.
"Oh, che buon profumo hai!"
Mi rivolse un ultimo sorriso prima di confondersi velocemente tra gli ultimi studenti intenti a raggiungere le proprie lezioni.
Non ebbi neanche il tempo materiale per focalizzare l'intera scena od anche solo per salutarla.
Paralizzata ed incapace di reagire, senza un apparente motivo, mi limitai a pensare che io.... io non usavo profumi.

***

"Bella, che hai? Sei più strana del solito oggi. Guarda che quella ammalata sono io, non tu. Etciùùù!"

Ally se ne stava rannicchiata nel plaid, i capelli più arruffati del solito. Anche influenzata risultava comunque comica. In un'altra occasione avrei riso con lei per l'assurdo modo in cui era conciata. Solo che ero troppo pensierosa per badarle.
Quella ragazza - quella Alice - mi aveva totalmente soggiogata. Non riuscii a comprendere se fosse stata la sua bellezza abbagliante, la sua eleganza o semplicemente quello strano modo di fare, giacchè si era comportata come se mi avesse conosciuta da sempre. Fatto sta che non mi riuscì di togliermela dalla testa per tutta la giornata ed a lezione faticai non poco per trovare la giusta concentrazione.

Un altro starnuto. Ally imprecò contro i suoi deboli anticorpi.

"Bella, cavolo, ascoltami quando ti parlo però!"
"Ally, conosci una certa Alice Cullen?" - Non le badai, ancora una volta, ma non parve prendersela troppo. Ero riuscita ad incuriosirla.
"Alice Cullen, dici? Beh, proprio lei di persona no....Ma i Cullen in generale sono piuttosto famosi qui al campus di Juneau."

Avrei dovuto saperlo che quell'adorabile ficcanaso di Ally avrebbe potuto fornirmi qualche informazione.

"E perchè mai dovrebbero essere famosi?"
"Il dottor Cullen insegna alle lezioni serali del corso laurea di Scienze della salute, ed inoltre esercita l' attività di medico presso il Bartlett Regional Hospital. Sua moglie Esme, invece, ha la cattedra di Progettazione d'interni al corso di Architettura. Hanno....beh, insomma, hanno parecchi figli adottivi e studiano tutti qui, a Juneau, ovviamente. Raccomandati, tsk!"
"Oh!" - Fui semplicemente in grado di esclamare.
"Vivono già da un po' nel campus, in un edificio a parte nell'ala est. Una gran bella casa, ci sono passata l'altro giorno per andare in biblioteca. Scusa, ma come conosci questa Alice?"
"Oh, niente di particolare...Oggi ho fatto cadere i miei libri in corridoio e lei mi ha aiutato a raccattarli. Ma era così bella e gentile...Mi ha affascinato, ecco..."
"Per quel che so io fanno a tutti quest'effetto. Conosco soltanto una di loro, Rosalie. Beh, ti posso assicurare che è davvero una bellezza mozzafiato, così alta, bionda, un portamento da modella..."
"Come la conosci?"
"Una mia amica del liceo segue con lei il corso di Architettura, una volta sono andata a prenderla a lezione e l'ho vista di sfuggita. Si accompagnava con il suo ragazzo, mi pare si chiami Emmett. Ragazzo o fratello acquisito, fa' un po' tu, visto che è stato adottato anche lui dai Cullen..."
"Cioè stanno insieme..."
"Insieme insieme. Non sono sicura che sia legale, vivono tutti sotto lo stesso tetto. Fatto sta che anche la tua amica Alice è fidanzata con un altro fratello adottivo ma non ne conosco il nome...."
"Quindi questi giovani Cullen sono in tutto quattro..."
"Non vorrei sbagliarmi ma credo ce ne sia qualcuno in più...un altro ragazzo credo. Insomma, non ho ancora notizie certe al riguardo.."
"Ma come diamine fai a sapere tutte queste cose?"
"Beh, nel campus sono conosciuti, te l'ho detto, le voci circolano...ed io le capto. Non dormo mica in piedi come te, Bells! Etciùù!".
"No, ma la curiosità uccise il gatto! E poichè sei una gran ficcanaso sei stata punita con un bel raffreddore!"
"Donna ingrata! Senza questa ficcanaso non avresti saputo nulla della tua amichetta! Quindi porta rispetto!" - Esclamò Ally con voce falsamente risentita.
Contraccambiai tirandi fuori dalla borsa un cartoccio pieno di biscotti al cioccolato, i suoi preferiti.
"Questi qui bastano per farmi perdonare?"
"Oddio! Non ci credo! Swan, ti adoro!"
Mi saltò al collo, abbracciandomi con calore.
"Ok Rogers, ok! Ti...voglio bene anche io! Ma non contagiarmi!"

Adoravo quella piccola peste.

***

"Papà, va alla grande. Sul serio."
"Sono contento di sentirtelo dire, Bells. E la tua amica?"
"Ally? Andiamo d'accordissimo, sa farsi voler bene. Alle prossime vacanze te la porto a conoscere"
"Bene. Sono felice di sentirti così serena, piccola. L'università ti fa bene..."
"E' vero papà. Mi sento meglio."

Non stavo mentendo. A distanza di poco più di un mese, la vita in Alaska cominciava a farmi meno paura. Le lezioni erano interessanti, lo studio procedeva bene e poi c'era Ally. La mia fantastica Ally che sapeva farmi ridere e divertire con poco. Ally che voleva distrarmi di continuo dai miei dolori , trascinandomi da un capo all'altro del college, presentandomi mille nuove persone al minuto, ridendo con me di mille sciocchezze. Le ero grata di tutto questo, nessuno, mai nessuno che mi conoscesse da  così poco tempo aveva fatto tutto questo solo per me. A Forks Angela e Jessica mi erano state molto vicine nei momenti bui - almeno sino a quando il mondo dorato dell'università non se le era portate via - ma non con lo stesso entusiamo, con la stessa vitalità. Del resto anche loro avevano conosciuto Edward e condividevano con me una fetta troppo grande del mio dolore per costituire una reale medicina alla ferita che mi portavo dentro.
Edward era sempre nel mio cuore e nella mia mente eppure non incombeva più come uno incubo dolce e spaventoso al contempo. Il suo viso stava pian pian assumendo le fattezze del più candido dei ricordi che custodivo dentro di me. Certo che la notte piangevo ancora se nel sonno lui veniva a farmi visita; il cuore si stringeva ancora in una morsa se una parola, detta ingenuamente, mi ricordava di lui; però mi pareva che ora il dolore potesse essere soltanto un pochino più sopportabile. E benchè mi preoccupassi sempre e comunque della sua sorte senza neppure volerla immaginare, stavo imparando a convivere con la mia tragedia personale. Forse perchè in Alaska quasi nulla mi legava a lui, se non la consapevolezza della sua assenza.

Una cosa era certa, comunque: io avrei amato Edward. L'avrei amato per sempre.

Riagganciai  sorridendo all'idea che finalmente mio padre fosse meno teso e preoccupato per me.

"Ciao Bella!"
Una voce trillante mi riportò bruscamente al presente. Mi voltai di scatto ritrovandomi di fronte quello splendido angelo che portava il nome di Alice Cullen. Era ancora più bella di quanto potessi ricordare dopo il nostro fortuito incontro di qualche giorno prima.

"Ciao...Alice.."
"Come stai?"
"Bene, grazie. E tu?"
"Benissimo! Devi seguire?"
"No...no le lezioni sono terminate per oggi..."
"Perfetto, anche le mie! Ti andrebbe di fare un giro con me?"

Un giro? Non capivo tutto quel desiderio di Alice - una sconosciuta, sostanzialmente - di stare con me; pur tuttavia il suo invito era stato così spontaneo che mi convinse senza alcun dubbio o ripensamento.

"D'accordo..."

Scarpinammo per un po' sino a scorgere, a breve distanza, la riva dell' Auke Lake, il lago su cui affacciava il campus di Juneau. Alle sue spalle le montagne già un po' innevate. Il tempo era uggioso, un po' umido. Gli alberi tutt'intorno emanavano un profumo di legno e muschio selvatico, buonissimo.

"Dunque tu vieni da....?"
"Forks. Washington." - Risposi decisa.
"Oh sì..Forks.."
"La conosci? E' una cittadina minuscola...."
"Sì la conosco. Parte della mia famiglia ha vissuto lì...in passato."
"Ma sul serio?? Non mi ricordo di voi, vivo a Forks da quando ho dodici anni, vi avrei sentito almeno nominare, eppure..."
"Oh, non potresti, sul serio! E' stato molti anni fa..... E comunque la permanenza è durata troppo poco perchè qualcuno se ne ricordi..."
"Uhm..." - Mormorai titubante.
"Ti starai chiedendo perchè questa fastidiosissima sconosciuta ti stia sempre alle calcagna, vero?" - Esclamò d'un tratto ridendo.
"Oh no, no, assolutamente! Non devi pensarlo, sul serio!" - Feci io avvampando ed agitando le mani in maniera caotica.
Rise ancora di più.
"Tranquilla Bella. Anche io lo farei al posto tuo. E' soltanto che mi sei simpatica. Non so, l'altro giorno eri così buffa mentre cercavi di rimettere a posto le tue cose, mi sei sembrata da subito una ragazza deliziosa. Sai, qui a Juneau non abbiamo troppi amici, tutti pensano che siamo dei raccomandati..."

Mi tornarono subito in mente le parole di Ally: "..il dottor Cullen insegna alle lezioni serali del corso laurea di Scienze della salute...Sua moglie Esme, invece, ha la cattedra di Progettazione d'interni al corso di Architettura. Hanno....beh, insomma, hanno parecchi figli adottivi e studiano tutti qui, a Juneau, ovviamente. Raccomandati, tsk!"

"... Beh, se dovessi pensare di volere un amica, quella saresti tu. Hai gli occhi grandi, sono sintomo di lealtà..." - Mi guardò per un istante lunghissimo e quasi mi parve di scorgere sul viso un'espressione a metà tra la sofferenza e l'emozione - "...Io e te diventeremo grandi amiche, Bella. Io.......me lo sento."

La solennità e la convinzione con cui pronunciò quella frase mi lasciarono interdetta ed ancora una volta non seppi reagire. L'irruenza di Alice era del tutto dissimile da quella di Ally. Entrambe si fiondavano nella mia vita nei momenti più inaspettati ma il caos prodotto da Allison, portatore di un'allegria sconfinata e dolcissima, si esauriva nello spazio di poche ore, al massimo una giornata, per poi ritornare in un tempo successivo sotto altra forma. Era un po' come una leggera brezza di primavera che ti accarezza lieve il viso lasciandoti una sensazione di pace e serenità. L'irruenza di Alice invece si imprimeva in ogni singola particella di me stessa, lasciandomi totalmente scombussolata, quasi stordita, tanto era decisa e quasi sacra. Somigliava ad una tormenta di neve o un tornado: al suo passaggio niente sarebbe stato più come prima.

"Alice, io..."
"Adesso devo andare, Bella..." - Mormorò come se avesse captato un richiamo silenzioso nell'aria - "Ci vediamo presto..."

Prima che potessi muovere anche un solo dito per fermarla era sparita dalla mia vista, ad una velocità strabiliante.
Mormorai  uno stentato "wow" e mi convinsi che tale rapidità fosse difatti dovuta allo sport. Magari faceva parte della squadra di atletica leggera dell'università ed io non lo sapevo.
Totalmente intontita faticai anche nel comprendere che, nella mia tasca, il cellulare vibrava in maniera fastidiosa.
Controllai confusa il display.

Allison.

"Ma dove cavolo ti sei cacciata, Swan?!" - Esclamò risentita. - "E' la quinta telefonata che ti faccio, ti sei decisa a rispondere!"
"Sono....al lago..."
"Al lago?! Che diamine ci fai all'Auke Lake?!"
"Ero con...Alice Cullen...Ma è sparita.."
"Ancora questa Alice?! Dai Bella, sono fuori alla tua stanza da un'ora, dobbiamo studiare, l'hai dimenticato? Su, su, muoviti!"

Riagganciai ancora perplessa,decidendomi, infine, a ritornare con passo lento verso il mio alloggio.


***

Temevo onestamente che la mia buona Ally sopportasse poco le veloci quanto destabilizzanti incursioni di Alice Cullen.
Per tutte le volte in cui finii col nominarla, nei giorni successivi all'ultimo incontro, mostrò sempre un notevole risentimento espresso sotto forma di una buffissima smorfia dispettosa.

"Alice, Alice, Alice! Alice di qua, Alice di là! E basta!"
"Sei gelosa, Ally?" - La stuzzicai un giorno mentre eravamo intente al pranzo in mensa. Una folla di studenti ciarlieri si muoveva per l'immensa sala e dovetti alzare notevolmente il tono della voce per farmi sentire, nonostante Ally sedesse a pochissima distanza da me.
"Io? Gelosa di chi? Di quella lì?? Ma fammi il piacere!"

Sì. Era gelosa.

"E' solo, Bella, che ti fa sempre un pessimo effetto! Ti destabilizza ed è un gran guaio perchè di tuo sei già troppo distratta!"
"Da che pulpito! E sentiamo, dove si crea il problema per te se io sono distratta?"
"Dal fatto che studiamo insieme e ti voglio concentrata, sennò non combini niente! E neanch'io....ovvio."
"Ah, è questo il motivo..."
"Sì, questo...Che poi, vorrei dire, che avrà mai questa Alice da rimbecillirti in quel modo proprio non lo so...."
"Mah, non saprei dirti....puoi darmi però direttamente il tuo parere, Alice è giusto là in fondo..."

Avevo scorto da lontano, nell'andirivieni di ragazzi, il viso noto che mi era tanto caro. Era la prima volta che la sua bella testolina faceva capolino in sala mensa, non l'avevo mai vista prima e ne fui felice. Istintavamente, senza motivo apparente e con estrema rapidità, il mio cuore si era riempito di gioa perchè, nonostante non la conoscessi quasi, volevo vederla ancora. In qualche modo mi sentivo legata ad Alice e non sapevo darne spiegazione. Era tutto irragionevole e meraviglioso.

Ally si voltò di scatto, vittima della curiosità, ansiosa di trovare un difetto a quella che considerava ormai, a tutti gli effetti, la sua rivale.

"Chi è?"
"Quella minuta, con i capelli arruffati..."
"Oh....!"

Il commento di Allison fu eloquente. Non le riuscì di trovare niente di sgraziato nel piccolo folletto che si muoveva con eleganza e disinvoltura nella folla di studenti. Impeccabile nel suo abito grigio, sorrideva ad un ragazzo che le camminava di fianco, tenendole la mano.

"Ecco! La tua amica con il suo fidanzato - fratello è qui...Va' a salutarla, su!" - Mugugnò.
"Non andrò a salutarla, è in compagnia e non voglio disturbarla...E comunque non ci sono difetti, non inventarne Ally! E' perfetta!"
"Sarà...." - Mormorò più tranquilla. - "Beh, è con tutta la famiglia, oggi, a quel che vedo..."

Difatti, dietro Alice ed il suo ragazzo, veniva una piccola processione costituita da un ragazzone bruno che teneva per mano una bellezza bionda in tailleur, seguita infine da un'altra splendida ragazza, dalla chioma biondo - rossiccia.
Catturavano l'attenzione generale in maniera scandalosa, tanto erano belli ed innaturali.

Trovarono - probabilmente non a caso - un tavolo libero nell'angolo più lontano della sala mensa, al riparo degli occhi curiosi e sconcertati dei presenti e lì si raccolsero. Alice non lanciò nessuno sguardo nella mia direzione, cosicché non mi riuscì di salutarla, seppur a malincuore. Non sarei mai andata a disturbarla in un momento così intimo di vita familiare, eppure mi dispiaceva non poter scambiare qualche chiacchiera con lei.
Presa nella sua contemplazione non diedi peso al commento di Ally:

"Toh, guarda! Ce n'è un altro...!"
"Uh? Che dici, Ally?"
"Il ragazzo che sta entrando ora, quel tipo con i capelli ramati...Secondo me è un Cullen anche lui, è bello quanto loro!"

Seguii la direzione indicatami dal piccolo indice di Ally.
Così, inizialmente, non notai nessuno di particolarmente interessante.
Questo sino a quando la mia vista non catturò una scia ramata che si muoveva rapida nella sala.

Ed allora accade.
Lo vidi.

Il cuore si fermò nel petto per un istante.
Poi ricominciò a battere come una furia.
Ne sentivo distintamente l'eco nelle orecchie.
Le carotidi dovettero pulsare rapidamente e troppo sangue dalle estremità affluì al mio cervello: mi parve di perdere la vista per un attimo.
Ma quando i miei occhi tornarono a focalizzare il mondo che mi circondava lo ritrovai nuovamente nell'orizzonte che si stendeva davanti a me. Seduto accanto a lei, ad Alice. Vivo e reale.
Non era una fantasia, non un illusione della mia mente.
Lui era lì, nello stesso posto in cui ero io. Nello stesso, meraviglioso tempo.
E si muoveva, parlava, rideva complice con qualcuno che non ero io.
Ma non m'importava di nulla se ciò che i miei occhi vedevano e la mia mente leggeva era la realtà.

Edward era vivo.

Era in quella sala mensa, in quell'istante. Con me.
E quando si voltò nella mia direzione, ritrovai, in quel sorriso che gli illuminava il viso pallido, lo stesso sorriso del mio Edward, del ragazzo che avevo amato in un tempo lontano e vicinissimo al contempo. Il sorriso del ragazzo che amavo ancora.

"Bella, che c'è? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma, sei pallida!"

Piansi, in risposta alla domanda di Allison. Lo sapevo, sentivo le lacrime scivolare veloci sulle guance, ne avvertii il sapore salato sulle labbra.
Ma era un pianto liberatorio per un sogno che si realizzava, dopo mesi di dolore, di angoscia. Dopo due anni in cui il mio corpo e la mia mente avevano vissuto prigionieri di un incubo orrendo, di un tunnel privo di una via d'uscita.
Ecco: rivedevo la luce dopo un tempo infinito di buio e pioggia.

"Bella?! Bella che hai, perchè piangi?? Bella, mi sto preoccupando cazzo, rispondi!"

Non aprii bocca. Non saprei dire quanto tempo fosse passato, avevo perso la cognizione di qualsiasi cosa mi circondasse che non portasse il suo nome.
Mi alzai, dirigendomi spedita verso quel tavolo.
Mi parve di sentire, confusamente, la voce di Ally che mi chiedeva, urlando, dove diamine stessi andando.
Non le diedi peso.
Per quanto potessi muovermi rapida mi parevano sempre troppo lenti e strascicati i miei passi; lo vedevo sempre troppo lontano da me.
Sentivo le gambe tremare; non poggiavo più il peso del mio corpo su dei robusti muscoli ma sulla gelatina.

Alzò lo sguardo verso di me prima ancora che raggiungessi definitivamente il suo tavolo.
Ed incontrai un paio d'occhi di un colore indefinito. Forse color caramello. Non saprei spiegarlo diversamente.
Ma le labbra erano le sue, suo l'ovale del viso, la curva delle guance, la forma del naso.
Perfetto come l'avevo lasciato. Forse anche di più.

Tutti coloro che sedevano accanto a lui mi guardarono in contemporanea.
Sapevo che anche gli occhi dorati di Alice erano puntati su di me, ma non m'interessava parlarle in quel momento.

Avrei voluto pronunciare anche una sola sillaba. Ma la lingua si rifiutava di muoversi, i muscoli della gola erano paralizzati. Il palato era arido.
Faticai non poco affinchè il cervello connettesse con la bocca, prima di sputare una frase di senso compiuto.

"I....tuoi....i tuoi occhi...."
"Prego?"
La sua voce. La sua meravigliosa voce. La stessa che diceva di amarmi, in un tempo lontano. La stessa che mi dava il buongiorno al mattino e la buonanotte la sera, chiamandomi amore.
La sua voce, forse più melodiosa di prima. Ma comunque sua.

Se solo non avessi avvertito quel tono stranamente freddo, quasi tagliente, tutto sarebbe stato perfetto.
Me ne resi consapevole all'istante. Non c'era la sua calda dolcezza di sempre.

"I tuoi...occhi non....s...sono più...verdi...E...Edward..."
"Signorina, lei mi confonde con qualcun altro."

Un tuffo al cuore. L'ennesimo, in pochi minuti, ma stavolta di dolore. Ancora.

Edward non sapeva chi io fossi?
Sentii il mio braccio destro chiudersi in una stretta amichevole. Doveva trattarsi di Allison.

"Scusateci tutti. La mia amica non deve sentirsi troppo bene. Andiamo, Bella?"
"Lasciala pure, cara. Io conosco Bella, non ci sta importunando."

Alice.

"Dunque Bella, tu conosci mio fratello?"

Mi voltai lentamente, stordita, verso di lei.

"Fra...fratello? No, Alice, no, ti sbagli....Lui è figlio unico, come me...."
La ragazza dai capelli biondo rossicci si voltò ridendo in direzione dell'altra bionda, seduta al tavolo. Ma quest'ultima non ricambiò. Anzi, sono certa di averle letto un lampo di irritazione negli occhi.

"Bella, vuoi sederti un attimo al tavolo con noi? Credo che tu sia un po' confusa..."
"NO!" - Urlai. - "Io non sono confusa! Edward, Edward non ti ricordi di me? Dici sul serio?!"
Poggiai le mani sul tavolo protendendo il corpo in avanti, presa da un'irrefrenabile istinto rabbioso.

"Bella, su, andiamo...."
"Lasciami Ally! Non vedi che è lui?? Edward?!"

Vidi Ally socchiudere gli occhi solo per un istante, tanto per accontentarmi nella speranza di calmare la mia furia. Glieli vidi, dopo una frazione di secondo, spalancare per la sorpresa quando si rese conto che avevo ragione.

"Oh Mio Dio....e' vero!"

Mi sentii rinfrancare.

"Edward sono io! Sono Bella! Guardami! Io non posso crederci...tu...tu sei qui, sei vivo! Oh Edward, sono due anni che non ho più notizie di te! Ero disperata, ho desiderato di morire, Edward, e tu invece eri qui! Oh, Signore!"

Urlai cento cose in un secondo. Dietro di me si levò un sommesso brusìo. Certamente la nostra piccola scenetta aveva attirato l'attenzione di molti curiosi, già di per sè interessati alla mera contemplazione della splendida progenie dei Cullen. Ma non m'importava ora il giudizio o le chiacchiere della gente. C'era Edward e solo questo contava.
Ally continuava a stringermi le braccia, ma con meno convinzione e molta più apprensione di prima.
Io non sapevo quanto tempo fosse passato dall'istante in cui l'avevo visto, ma neanche questo mi riguardava. Tutto ciò che aspettavo era la sua risposta.

Non tardò ad arrivare.

"Signorina, mi spiace davvero, ma non so di cosa lei stia parlando. Insisto nel dirle che mi starà scambiando per qualcun altro. Io sono Edward Cullen ed è la prima volta che la vedo..."

Il tono cortese ma distaccato. Il cognome con cui si era presentato, che non era il suo. Quel "lei" usato con tanta disinvoltura nei miei confronti. Il suo sguardo di ghiaccio. E quella mano sinistra di lui che stringeva pubblicamente la mano pallida della giovane biondina che gli stava accanto. Tutto, tutto contribuì a crearmi uno squarcio sanguinante nel petto.
Ritrovare Edward e desiderare di morire, ancora una volta! Mi sembrava tutto un'assurda, insignificante beffa del mio destino.

"No, Edward, no! Non trattarmi così! Sono io, sono la tua Bella, non puoi avermi dimenticato! Tu mi amavi, Edward...!"
"Bella, andiamo, forse ci stiamo sbagliando!" - Mi supplicò Allison.
"Ti prego Bella, siediti e calma...Parliamone, ti va?"
"Non ho niente di cui parlare, niente Alice! Lui è Edward, era il mio fidanzato! Sono due anni che non so più niente di lui!"

Edward. Edward. Edward!

Cominciai a piangere così forte che qualcuno, dai tavoli vicini, fece capolino nella nostra direzione.
Ad ogni mio singhiozzo di dolore vedevo distintamente gli occhi di Edward dilatarsi ed inscurirsi.
La presa di Ally divenne più forte.
Qualcuno dal tavolo si alzò, forse il ragazzone bruno, forse il fidanzato di Alice. Non ricordo.
Vagamente mi arrivò all'orecchio una frase confusa, un "sta male" appena mormorato.
Guardai ancora Edward e dietro il velo di lacrime che mi offuscava la vista incontrai di nuovo uno sguardo duro che non conoscevo.
Mi sentii lacerare.
Ma non durai ancora molto.
Giusto il tempo di sentire Allison urlare il mio nome prima che tutto diventasse buio davanti ai miei occhi.



Angolo dell'autrice:

Buon pomeriggio, carissime lettrici!
Come sempre, voglio anzitutto ringraziare le 20, tra voi, che hanno inserito la mia storia tra le seguite ed ancora chi la "preferisce" e la "ricorda"...Ed un ringraziamento pubblico a vanderbit e blacksea per l'appoggio costante che mi offrono con le proprie recensioni....è davvero importante per me, grazie! :)
Dunque....Ecco uno dei primi capitoli di "svolta" della storia: l'incontro tra Edward e Bella. Come avrete potuto intendere leggendolo, è volutamente "confuso", carico d'ansia, come soltanto un incontro con una persona ormai "perduta" può essere....Immagino che qualcuna tra di voi voglia in questo momento fucilare il nostro Edward per il suo comportamento oltremodo....irritante...Beh, non ne avreste tutti i torti! :)....Aspetto il vostro parere a riguardo....
Quando ho cominciato a scrivere questa fanfic, forse non più di una settimana fa, mi ero ripromessa di non introdurre NESSUN personaggio nuovo....La promessa non è stata mantenuta, sorry! Insomma, Ally voleva proprio che si scrivesse di lei...Però, mi è riuscito di non staccarla troppo dal contesto della saga..Mi spiego: Allison dovrebbe costituire l'equivalente umana, forse un po' più incasinata, della nostra Alice...Foneticamente, anche i loro nomi si somigliano molto tra l'altro, e non a caso....Nell'universo mortale dove Bella vive incontra un'amica sbarazzina, caotica e divertente con cui condividere i propri giorni...Quell'amica che le dà il sostegno necessario per uscire almeno un po' dal baratro di cui è prigioniera...Fin quando, però, l'incontro con Edward non viene a vanificare tutti gli sforzi fatti! A conti fatti, quindi, Allison costituisce l'altra faccia della medaglia chiamata "Alice" e forse anche per questo riesce poco a sopportarla...Spero che questo nuovo personaggio sia di vostro gradimento!
Soltanto per inciso, anche in questo capitolo, compare qualche frase tratta dal film...Immagino l'abbiate già scovata, in ogni caso sto parlando, in particolare, del momento in cui Ally spiega a Bella chi siano i Cullen e quali rapporti intercorrano tra di loro:

"Cioè stanno
insieme..."
"Insieme insieme. Non sono sicura che sia legale.."....
Ah! Quando Alice dice a Bella: "Diventeremo grandi amiche...me lo sento!", anche questa frase è in parte riadattata, non ricordo se dal libro o dal film...in ogni quel "Me lo sento" dovrebbe essere un "L'ho visto!"...Ma ovviamente Alice non può, per adesso, fare certe rivelazioni alla nostra Bella!
Sempre ad onor del vero volevo dirvi che il lago che ho menzionato nel capitolo esiste realmente in prossimità del campus di Juneau, così come esistono i corsi di Biologia, Architettura e Scienze della Salute....sto cercando in tutti i modi di far combaciare quanto più è possibile il mio racconto con la realtà, almeno in termini di ambientazione!
Mi pare avessi da dirvi ancora altre 150 cose....però mi sa che le ho dimenticate! Sono davvero una gran chiacchierona, fra poco finirà che il mio "angolo dell'autrice" sarà più lungo del capitolo stesso! ^^
Vi lascio nella speranza di ricevere tanti commenti sul nostro fatidico incontro!
Un bacio!
MaTiSsE!

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Capitolo 5
*** Persuasione ***


nuovissima4



CAPITOLO 4
Persuasione
(POV BELLA/ALICE)













POV BELLA

La febbre divorò il mio corpo per due giorni.
Nel dormiveglia, soltanto una volta, mi riuscì di udire, in maniera nebulosa, la voce di Ally che diceva:
"Quasi quaranta....Lo shock è stato troppo grande, povera Bella..."

Mi sembrava di tenere la testa in una bolla di sapone, ogni cosa mi giungeva distorta ed alterata. Tutto questo, ovviamente, quando  mi riusciva di captare realmente qualcosa del mondo di fuori.

Per lo più dormivo, non avevo percezione di tempo e spazio.
 
Nei miei sogni agitati riaffiorava sempre il suo viso, il viso di Edward. Quello dei primi tempi dopo la sua scomparsa.
Sognavo di camminare in luoghi deserti, trascinandomi a passo lento tra foreste sconosciute e cimiteri mai visti prima in vita mia, impaurita. Nel buio e nel freddo.
Sentivo l'aria densa ed angosciante del mio incubo sulla pelle; desideravo gridare ma non riuscivo a farlo, non potevo neanche aprire gli occhi.
E poi, d'improvviso, compariva lui.
Bello come un dio, come lo ricordavo io. Anche di più.
Ma con quella nuova espressione di gelo e distacco che non conoscevo dipinta sul volto.
Mi guardava freddamente con i suoi occhi color caramello. Prima che la notte lo inghiottisse di nuovo.

Per due giorni consecutivi queste immagini perseguitarono la mia mente ed il mio sonno.

Al mattino del terzo giorno riaprii lentamente gli occhi. La febbre aveva finalmente lasciato il mio corpo.
Ero totalmente gelata, soprattutto mi parve di aver poggiata sulla fronte una borsa piena di ghiaccio.
Solo dopo un po' mi resi conto che qualcuno teneva la propria mano, fredda e delicata, sulla mia testa.

"Si sta svegliando..."
"Oh Mio Dio! Bella!"
"Sshhhhh! Non urlare...."

Strabuzzai gli occhi più e più volte prima di prendere contatto con la realtà. Girai lentamente il capo ed alla mia sinistra vidi Ally in lacrime, intenta a carezzarmi una mano.

"Oh Bella! Bella! Mi hai fatto preoccupare così tanto!"
"Ally...."

"Bella? Come ti senti?"

La voce melodiosa che amavo. Dall'altro lato del mio piccolo letto Alice se ne stava elegantemente seduta su di uno sgabello scomodo. La mano ancora poggiata sulla mia fronte.
"Alice.....sei...sei gelata..."

Rise.

"Questa è bella! Dovresti sentire te, mia cara. Beh, comunque sia, molto meglio ora che prima...Fino a ieri pomeriggio eri rovente..."
"E' vero, Bella! Hai avuto la febbre così alta...Non sapevo se telefonare a tuo padre oppure no..."
"E l'hai chiamato?!" - Mormorai d'improvviso, scuotendomi.
"No...Alice me l'ha sconsigliato. Ma se avessi continuato ancora con quella febbre assurda puoi giurarci, l'avrei fatto!"
"Meglio così, avrebbe finito col preoccuparsi inutilmente.."

Vidi chiaramente Alice lanciare uno sguardo soddisfatto verso Ally, tipico di chi pensa di stare dalla parte della ragione. Allison ricambiò con un'occhiataccia.

"Sono stata così male?"
"Non sai neanche quanto, Bella...Hai sfiorato i quaranta...Non ho mai visto nessuno nelle tue condizioni. Ti agitavi nel sonno, deliravi. Hai anche urlato, un paio di volte. Non sapevo come comportarmi..."
"Mi dispiace Ally, sul serio. Avrai perso un mucchio di lezioni per colpa mia..."
"Oh, no! Alice mi ha dato il cambio. Ti abbiamo vegliato in due..."

Rivolsi ad Alice uno sguardo adorante, pieno di gratitudine. Ricambiò con un luminoso sorriso.

"Allora grazie mille, ad entrambe..."
"Figurati, Bella!" - Rispose Alice.
"Non c'è di che, Swan...E non farmi mai più uno scherzo del genere!" - La voce di Allison tradiva ancora una notevole preoccupazione. Era incredibile quanto amore provasse per me e con quanta semplicità riuscisse ad esprimerlo. Le strinsi forte la mano.

"Che strano" - Mormorai - "Ho avuto la febbre così alta eppure non mi sento raffreddata neanche un po'..."
"Dubito che l'influenza c'entri qualcosa, Bella" - ringhiò Allison rivolgendo uno sguardo carico di tensione ad Alice - "Non ricordi proprio nulla? Sei svenuta subito dopo aver conosciuro suo fratello e dopo hai avuto la febbre per due giorni. Io questo lo chiamo shock!"

Indicò Alice con un gesto pieno di rancore. Aveva pronunciato quel "suo fratello" quasi si fosse trattato di un boccone disgustoso, da sputare necessariamente.
Al contrario di quanto mi fossi aspettata, tuttavia, Alice accolse con un sorriso la reazione della mia amica e cercò di stemperare l'aria pesante che incombeva nella stanza con una battuta leggera:

"Beh sì, Bella... Effettivamente Edward deve averti fatto una pessima impressione per ridurti così!"

Mi strizzò l'occhio sinistro con fare disinvolto. Allison non apprezzò.

"Alice, devi smetterla! Non è questo il momento di scherzare! E soprattutto, non trattare Bella come una pazza visionaria! Tieni, guarda questa se non ci credi!"

Si diresse rapida verso la scrivania, strappando dal muro la mia foto insieme con Edward. Non avrei potuto prevedere in ogni caso una reazione di simile portata da parte di Ally, per cui rimasi impassibile ed attonita nel letto, troppo confusa e stordita - in parte dalla passata febbre, in parte dal ricordo del mio assurdo incontro - per poter agire in un qualsiasi modo. La vidi poi ritornare verso il letto a passi rapidissimi e ficcare l'immagine direttamente sotto il naso di Alice la quale, tra l'altro, continuava tranquillamente ad accarezzarmi i capelli con fare protettivo.

"Guardalo bene! Questo è il fidanzato di Bella, il ragazzo di cui lei non sa più nulla da due anni! Penso che tu possa ammettere che è la copia esatta di tuo fratello, o no?! Vedi il caso, hanno pure lo stesso nome!"
"Oh!" - Mormorò Alice visibilmente meravigliata, prendendo la foto dalle mani di Allison - "E' incredibile....Una somiglianza straordinaria!"
"Somiglianza?! Tu questa la chiami semplice somiglianza?! Tu stai fuori Alice Cullen, sei pazza!"
"Allison, basta ti prego!" - Temevo che, se non mi fossi riscossa rimproverandola, Ally avrebbe seriamente aggredito la nostra bella ospite. Le leggevo un lampo di irritazione negli occhi, misto ad un evidente senso di rabbia che non immaginavo fosse in grado di sfoderare.
"Allison, scusami. Non volevo farti arrabbiare, davvero. Se però mi lasciassi parlare, potrei farti notare come ci siano dei particolari che non coincidano. Questo ragazzo è identico a mio fratello, e non ci piove...Ma guarda gli occhi! Sono diversi! Dì Bella, ti pare che mio fratello abbia gli occhi verdi?"

No. Non mi sembrava affatto.

"Ed il colore degli occhi ti sembra una prova sufficiente per affermare che non si tratti della stessa persona?! Diamine Alice, esistono le lenti a contatto, se non dovessi saperlo!"

"Basta così!" - Esclamai mettendomi a sedere nel letto. La testa mi girava, dovetti mantenerla con entrambe le mani.
"Ohi, ohi...!"
"Bella! Che hai?!"

Ally mi fu subito accanto ed anche Alice mi diede nuovamente la mano. Gelida.

"Va tutto bene, ragazze, sul serio. Mi sento solo un po' debole, non mangio decentemente da due giorni."
"Ok tesoro, certo...Dovrei prepararti qualcosa" - Confermò Allison.
Non le badai, tuttavia.
"Alice, voglio crederti." - Mormorai voltandomi nella sua direzione e cambiando totalmente discorso. - "Voglio pensare realmente che tuo fratello ed il mio Edward non siano la stessa persona. Ma in cambio, ti chiedo un favore..."
"Tutto ciò che vuoi, Bella" - Mi rispose sorridendo. I suoi occhi dorati si dilatarono all'istante, esprimendo un misto di gioia ed eccitazione.
"Voglio parlare ancora con lui. Anche una volta soltanto. Lasciami parlare con....Edward. Da sola."

Alice annuì. Forse si trattò soltanto di una mia impressione, ma in quello sguardo intenso lessi tante, troppe parole.

"Glielo riferirò, Bella."
"Grazie."

Qualcuno bussò con tocco leggero alla porta.

"E' per me..." - Mormorò Alice.
"Aspetta Alice, non aprire! Sono in uno stato pietoso!" - Esclamai dando un'occhiata fugace alla pallida me stessa dai capelli arruffati che faceva capolino dallo specchio dell'armadio: Ally aveva puntualmente la pessima abitudine di lasciarne l'anta aperta.
"Non dire sciocchezze! Sei splendida! E comunque....si tratterrà soltanto del mio ragazzo." - Rispose lei alzandosi per accogliere il nuovo arrivato.

Il mio ragazzo. Certo. Coraggio Bella, non si tratta di Edward ma di uno sconosciuto qualunque! Puoi sopportarlo?


"Alice..."
"Jasper, ciao...."
Un ragazzo slanciato, dalla chioma bionda e lo sguardo ammaliante, fece capolino dalla porta d'ingresso.
"Salve..."
"Ciao..." - Mormorammo io ed Ally. Mi parve subito parecchio affascinata dal nuovo ospite.
"Perdonatemi l'incursione..."
"Ma no, figurati!"
"Bella, lui è Jasper Hale Cullen. Il mio ragazzo."
"Ciao Jasper..."
"Ciao Bella, piacere di conoscerti. Spero tu stia meglio..."
"Decisamente, grazie...Posso presentarti la mia amica?"
"Certo."

Jasper tese la mano ed un'impacciata Ally ricambiò il gesto.

"Allison Rogers. Ally, per gli amici. Piacere di conoscerti."
Jasper le sorrise gentile. Era incredibilmente bello, me ne rendevo conto soltanto adesso. Ed esercitava anche un notevole fascino con quella sua aria serafica, quasi misteriosa. Si rivolse ad Alice con un tono molto delicato, pregandola di ritornare con lui :
"Alice,sarebbe ora di andare, se ti va. A casa chiedono di te......"

A casa.

Alice annuì decisa.
"Bella..."
"Alice, vai! Vai assolutamente, e non farti problemi. Anzi, grazie per tutto quel che hai fatto in questi due giorni. Vuol dire molto per me...ed anche per Allison"

Ally si voltò a guardarmi con un'espressione enigmatica. Sapevo cosa avrebbe in realtà voluto dire:
"Chi ti ha detto che io sia riconoscente a questa qui?!"
.
Fortunatamente tenne la lingua a freno, in parte, probabilmente, perchè imbarazzata dalla presenza di Jasper; in parte perchè era consapevole del fatto che una risposta acida avrebbe potuto inevitabilmente prolungare il tempo di permanenza di Alice. Certamente questa costituiva l'ultima delle sue intenzioni: difatti non vedeva l'ora di vederla sparire dietro quella porta per potersi finalmente riappropriare della nostra splendida quotidianità.

Con uno sforzo sovrumano, quindi, riuscì a voltarsi in direzione di Alice esclamando, con un fare angelico decisamente poco credibile:
"Certo Alice. Grazie mille. Torna a trovarci quando vuoi."
"Lo farò! buona giornata ragazze....Ah, Bella!"
"Sì?"
"Manterrò la mia promessa. Gli riferirò il tuo messaggio."
"Grazie."
Jasper ci rivolse un'occhiata amichevole, infine si allontanò tenendo Alice per mano.

Appena la porta si richiuse delicatamente alle loro spalle, Ally si posizionò accanto a me sul letto, girando e rigirando la foto di Edward tra le sue mani.

"Non le crederai, vero?"
"In che senso?"
"Non puoi credere alla sua bugia, Bella.. Suo fratello ed il tuo Edward sono la stessa persona!"
"Lo so, Ally...Ne sono consapevole al cento per cento. Ma se per scoprirlo dovrò fingere...Se per arrivare alla verità dovrò accettare l' assurda spiegazione che mi viene propinata, ebbene, lo farò. E comunque sono certa che Alice non c'entri nulla, in tutto questo..."
"Come puoi dirlo? Si ostina a negare l'evidenza!"
"Allison, non capisci? Nega l'evidenza perchè c'è qualcuno che la costringe e quel qualcuno è Edward! Se non mi avesse a cuore neanche un po' certo non avrebbe trascorso due giorni a vegliarmi insieme con te, non credo in tutta onestà che sia stata spinta  dai sensi di colpa! E neanche mi avrebbe concesso un colloquio con Edward. Non darmi della visionaria ma quando la guardo negli occhi leggo tanta sincerità e profondo rammarico. Sono certa che vorrebbe dirmi molto più di quanto possa realmente..."
"Sarà...diamole il beneficio del dubbio. In ogni caso sono felice che tu non creda a quel che ti è stato detto...Ti voglio così, combattiva Swan!"
Risi della foga con cui aveva condito la sua esclamazione.
"Sarei davvero una stupida se accettassi la loro verità, Ally! Pensavo avessi un po' più stima di me!"
"Ne ho Bella, ne ho tantissima. Ma  l'amore può indurre un essere umano a fare cose impensabili. E sciocche. Soprattutto un amore sofferto come il tuo..."
"Non accadrà, sta' tranquilla. se sono sopravvissuta in questi due anni vuol dire che ho ancora un po' di forza..."
"Ne hai tanta, Bella, credimi! Al tuo posto, forse, non sarei stata altrettanto coraggiosa..."

Si zittì di colpo per qualche istante. Poi riprese:
"Pensi di dirlo a tuo padre? Di Edward, intendo..."

Ci pensai qualche secondo.

"No, credo che non lo farò. Se Edward non è tornato a Forks in questi due anni un motivo ci sarà, e spero per lui che sia davvero valido. Se adesso ne parlassi con Charlie metterebbe in subbuglio la famiglia Masen e l'intera cittadinanza. Preferisco prima scoprire la verità e sentire cos'ha da dirmi Edward personalmente..."
"Quindi indagherai da sola....E sia!" - Urlò Allison alzandosi di scatto dal letto ed agitando il pugno in aria - "E se vuoi un aiuto...basta chiedere!"

Risi come una matta.

"Allison calmati! Che ti prende così, dìimprovviso? Se proprio vuoi darmi un mano passami una spazzola che ho i capelli in uno stato pietoso!"
Rise con me e poi corse ad abbracciarmi.
"Swan, devo dirtelo: ti voglio bene, ho avuto tanta paura!"
Ricambiai con calore, cullandola quasi tra le mie braccia. La mia Allison, tanto forte e tanto fragile al contempo! Sembrava una bambina, a volte. Un'adorabile, pestifera, dolcissima bambina.
"Te ne voglio anche io Ally. Tanto. E grazie di tutto...."




POV ALICE

"Che diamine pensi di fare Alice?! La stai uccidendo in questo modo, lo capisci?? La uccidi!"
"Eh no, Edward! Non darmi colpe che non merito! Se c'è qualcuno qui che sta uccidendo Bella, quello sei proprio tu! E' quasi morta per il dolore, dopo averti rivisto!"

Probabilmente la mia fu la più vile tra le azioni che una sorella possa compiere, e pur tuttavia non fui in grado di controllarmi. La rabbia mi aveva inevitabilmente assalita. Cosicché non mi riuscì di tenere a freno i pensieri e la mente divagò alle immagini di Bella semincosciente nel piccolo letto del suo alloggio universitario, delirante e sofferente. La rividi contorcersi tra le lenzuola urlando il suo nome, il nome di mio fratello, mentre la febbre non accennava a diminuire.
Edward ispezionò ognuno di quei ricordi, non tralasciò alcun particolare.
Quando finalmente mi riscossi, decidendo di far tabula rasa di quelle immagini drammatiche, me lo ritrovai esausto come  se avesse combattuto per giorni con un nemico invincibile. Gli occhi, neri come la pece, tradivano un dolore antico ma duraturo. Profonde occhiaie violacee ne contornavano gli occhi. Tremava.
Certo, in casi come questo, la capacità di Edward di  poter leggere nel pensiero altrui non doveva costituire propriamente un "dono".

"Oh Edward, mi dispiace! Perdonami!"

Lo abbracciai d'impeto, cercando di trasmettergli quel calore che il mio corpo non poteva più offrire. Speravo che il pentimento e l'amore racchiusi nel mio cuore morto potessero essere tanto intensi da toccare le corde più nascoste del suo animo.
Ci riuscii.
Edward strinse lentamente le braccia attorno alla mia vita, poggiando la sua bella fronte sulla mia testa bruna.

"Alice...!" - Singhiozzò senza una lacrima - "E' tutto sbagliato..Tutto!"
"Cosa è sbagliato, Edward?"
"Non avrebbe dovuto....Io non avrei dovuto incontrarla di nuovo!"
"Edward, non puoi opporti al destino, lo capisci?"
"Alice!" - Esclamò allora, in maniera concitata- "Alice, non puoi farmi questo discorso! Non puoi parlare seriamente del destino quando in ballo ci siamo noi...Hai dimenticato chi siamo, forse?! Vampiri! Alice, noi siamo dei VAM - PI - RI!"
"So benissimo cosa siamo Edward, sono un vampiro da molto più tempo di te! Non è questo il punto!"
"E quale sarebbe, allora?"
"Edward, da umano o da vampiro, il tuo destino ha un solo nome... quello di Bella! Credi davvero che sia stato un caso ritrovarla qui in Alaska dopo due lunghi anni di assenza? Lei non ti ha mai dimenticata, tiene la vostra foto nel suo alloggio....Ti ama ancora, Edward!"
"E' un fattore del tutto irrilevante, Alice! Irrilevante!"
"Edward....non dire sciocchezze..."
"Alice, ma non capisci allora?" Cosa potrebbe amare di me Bella, ora? Il mostro che sono diventato, l'assassino? Bella ha la sua vita da umana, l'università, le amiche, la sua famiglia....Cosa, cosa potrei offrirle io? Non c'è destino che tenga, Alice, davanti ad una condizione tanto tragica quanto la nostra....Non c'è destino....Bella ha diritto ha proseguire il suo cammino nella maniera più umana possibile, ha diritto alle sue gioie ed ai suoi dolori. Ma non ha l'obbligo di sopportare il peso di questa mia assurda verità, impazzirebbe. Chi sono io ora, Alice, per entrare di nuovo nella sua vita, all'improvviso, e sconvolgerla distruggendo ogni cosa in cui crede? No Alice, non  cercare di convincermi...Ti voglio bene e ti ho sempre dato ascolto in tutto questo periodo....Ma questo  non puoi chiedermelo, non puoi.."

Lo guardai con occhi carichi di tenerezza.
Edward, il più giovane tra tutti i miei fratelli; bello come un dio, apparentamente così forte e deciso!
Dietro la sua corazza dura, dietro quello sguardo glaciale e distante, potevo leggere il tormento del suo cuore. Potevo percepire tutta l'ansiosa confusione nascosta dietro i suoi lunghi monologhi interiori. E, più facilmente, vedevo in maniera distinta il suo lato umano - quello che erroneamente credeva di aver perso per sempre - fare a pugni con il "mostro" che si portava dentro.
E quando dico "mostro" non mi riferisco certo al vampiro in cui è stato mutato, quanto piuttosto alla massa informe e rivoltante di dolorosi, tragici ricordi che si trascina dietro.
Perchè Edward neanche una volta, in un intero anno e mezzo trascorso insieme con noi, era riuscito a mettere in parole il suo vissuto, l'incubo oscuro che l'aveva risucchiato nei primi sei mesi della sua vita da neonato, quel dramma tutto personale costituito dalla non accettazione di se stesso. E nonostante avesse trovato un labile, dolcissimo equilibrio nella nostra famiglia, troppe volte avevo scorto un lampo di rabbia misto ad una sconfinata tristezza nei suoi begli occhi dorati.

"Se tu...." - Mormorai allora dolcemente - "...Se tu non avessi realmente voluto, Edward....Non ci avresti seguiti in mensa, qualche giorno fa...Ci avresti lasciato recitare da soli la nostra parte, senza partecipare a quella che tu stesso hai definito una follia. E tuttavia, sei venuto. Hai addirittura permesso  a Tanya di unirsi a noi! Perchè volevi vederla, Edward....In realtà non aspettavi altro che poter incontrare di nuovo il suo bel viso e  quegli occhi color cioccolata che tanto ti mancavano...Non cercare di mentirmi, diresti una bugia soltanto a te stesso."

Dovevo farlo riflettere. Dovevo costringerlo a vedere la verità.

Gli occhi gli si inscurirono ancora di più e la pupilla si dilatò. Il suo sguardo vitreo fu un colpo al cuore.

"E'...E' perchè sono un egoista....Una stupida creatura egoista, Alice" - Cantilenò - "Volevo ritrovare il suo sguardo innamorato, ancora una volta...Perchè l'avevo quasi dimenticato....Non potevo sopportare di saperla così vicina a me senza avere la possibilità di rivederla anche solo una volta, una soltanto...E' questa la verità, Alice, soltanto questa!"
"Edward!"

Gli carezzai il viso, teneramente.
Sapevo che desiderava piangere. Con tutto se stesso, eppur  non gli era concesso. La nostra è una condizione beffarda e crudele. L'immortalità ci rende creature invincibili  costrette, tuttavia, ad un  inconcepibile limite: la mancata possibilità di versare calde lacrime di dolore.

"Dalle un'unica chance Edward....La merita..."
"Concederle un incontro, Alice? Per raccontarle cosa?"
"Qualsiasi cosa....Inventa una storia, Edward, ma dalle qualcosa in cui credere...Ti prego, non puoi lasciarla così. Sa di averti ritrovato, desidera una spiegazione, una qualunque...e nient'altro. Puoi farlo per lei, Edward? Puoi farlo per Bella?"


Le mani di Edward erano strette in un pugno nodoso ed ostile; le carezzai dolcemente sino a stenderne totalmente il palmo.
"Alice, io..."
"Sshh Edward. Non c'è bisogno che tu dica nulla. So quanto sia difficile per te, ma potrai contare sempre sul mio aiuto. Tutto ciò che Bellla ti chiede è una spiegazione, prima di lasciarti andare di nuovo via, ma a cuor leggero stavolta..."
"Alice..."
"Che c'è, fratellino?"
"In realtà io...Io ho paura..."

Continuai a sfregargli una mano. Lo guardai nuovamente, ritrovando quegli occhi dorati intrisi di tristezza e terrore.

"Di cosa hai paura, fratellino?"
"Di non avere la forza necessaria...."
"Per fare cosa?"
"Per stare lontano da lei...."

Un nuovo stupore s'impadronì del mio cuore. Nessuna parola sembrava sufficiente a dimostrargli il mio amore ed il mio sostegno in quel momento. Mi limitai, piccola com'ero rispetto a lui, a tornare ad avvolgergli le braccia intorno alla vita. Ricambiò con un gesto rapido e spasmodico; sentivo sotto le dita della mia mano i suoi muscoli tesi, contratti dalla rabbia e dal dolore.

"Ti voglio bene Edward. Andrà tutto alla grande. Credimi, ti prego...Sarà tutto perfetto..."




POV BELLA

Un freddo pungente aveva reggiunto la regione. Appena fine ottobre e già congelavo. Le nocche della mani erano screpolate ed indolenzite.
Strofinai più volte la mano destra, la più malconcia tra le due, nel vano tentativo di riprendere la normale circolazione sanguigna e riassaporare un po' di calore.
Non mi riuscì.
Ero stanca di aspettar ma ero consapevole che la colpa fosse soltanto la mia: mi ero presentata con eccessivo anticipo.
Tirai il cellulare dalla tasca dando  nuovamente un'occhiata veloce al display.

"Auke Lake, ore 17. Domani. Alice."

Rilessi il messaggio, due volte. Poi controllai l'ora.

Sedici e cinquanta.
Ancora dieci minuti.
Un altro sguardo al lago.
Poi di nuovo all'ora.
Sedici e cinquantuno.
Nove minuti.
Mi sentii una stupida.

Tremavo come una foglia. Tentai di convincermi che fosse colpa dell'aria fredda. Era la verità soltanto per metà.
Il cuore era in subbuglio. Mi sentivo come una scolaretta tredicenne al suo primo appuntamento.

"E' soltanto Edward, Bella. E' soltanto Edward"

Soltanto?
Sorrisi penosamente di me stessa, dell'inutile tentativo di considerare "normale" una situazione assolutamente imprevedibile, destabilizzante e priva di qualsiasi fondamento logico.
Perchè colui che stavo per incontrare non costituiva una persona qualunque bensì la mia unica ragione di vita da cinque anni a questa parte.
Nulla a questo mondo, neanche la più convincente oratoria di Alice, mi avrebbe indotto a credere di essere nell'errore: lui era Edward. Il mio Edward.
Cambiato certamente, e troppo distante da me. Ma pur sempre lui, il ragazzo che avevo amato.
Il ragazzo che amavo ancora.
La persona per la quale i miei occhi avevano versato lacrime di dolore ogni giorno, per tutti i lunghi giorni degli ultimi due anni appena trascorsi.
E perchè colui che per me aveva rappresentato un libro aperto aveva finito con l'allontanarsi del tutto, cancellando ogni traccia di sè, mi ritrovavo ora a combattere con l'idea di ritrovare, nei miei nuovi giorni, uno sconosciuto per il quale avrei dato via, in ogni caso anche la mia stessa esistenza.
Del mio vecchio Edward conoscevo ogni gesto, ogni emozione, il significato di ogni battito di ciglia. Sapevo perfettamente che detestava la pizza con i funghi, che adorava scrivere lunghe lettere, che si toccava i capelli ridendo quand'era imbarazzato, che storceva il naso comicamente se non gli andava di fare qualcosa, ma sempre senza protestare perchè il suo animo gentile non gli permetteva di offendere od urtare la sensibilità altrui.
E di questo nuovo Edward, invece? Cosa sapevo, io? Niente.
Non ne conoscevo gli atteggiamenti, le idee ed i pensieri.

Ero cresciuta io, era cresciuto anche lui.

Chi era adesso, Edward?
Come c'era finito in Alaska?
Perchè viveva con i Cullen?
E soprattutto...perchè non era tornato da me?
Avrei dovuto odiarlo per essersi tenuto così nascosto, senza un cenno, senza darmi una sola notizia di sè. Se desiderava cambiar vita e non avere più nulla a che fare con me, avrebbe dovuto dirmelo. La verità sarebbe stata dura da accettare, certo, ma sempre meglio del silenzio dietro il quale si era trincerato, sempre meglio del dolore assurdo e soffocante che mi aveva provocato per tutto quel tempo.

Hai idea, Edward, di quanto io abbia sofferto per te?
Hai idea delle notti insonni, degli occhi gonfi?
Delle mie urla strazianti, degli attacchi di panico?
Immagini anche soltanto lontanamente quante volte mio padre abbia accolto tra le sue, grandi e forti, le mie piccole mani? Piangeva anche lui in silenzio quando, guardando i piccoli graffi che mi procuravo sulla pelle, mi pregava di stare tranquilla.
E sai quante ore ho speso nel ricordo di noi, consumando con gli occhi le nostre foto assieme?
Come mi hai ripagato, Edward?
Cercati una buona scusa per giustificare la tua assenza, perchè non ti perdonerò facilmente.

Strinsi le mani in un pugno carico di rabbia e nervosismo. Non comprendevo ancora bene quale, tra le due sensazioni, prevalesse maggiormente.

Le diciassette.

"Dieci minuti e vado via, Edward. Dieci minuti."

Tornai a guardare la riva del lago stagliarsi placida davanti ai miei occhi.
Tutto era immobile, attorno a me: incredibile quanto il paesaggio circostante contrastasse con l'agitazione che mi portavo dentro.
I battiti convulsi del mio cuore riempivano il silenzio della foresta.

E proprio in quel silenzio, udii d'improvviso un suono familiare. Un suono perso da troppo tempo, ormai.

Il trillo di un campanellino.
Il nostro campanellino.

Avrei potuto urlare, agitarmi, correre via a perdifiato, piangere sino a svenire.
Non feci nulla di tutto questo.
Semplicemente non mossi neanche una fibra del mio corpo per una frazione di tempo che mi parve interminabile.

Alla fine udii dei passi leggeri dientro di me.

"Sei venuto." - Mormorai.
"Volevi dirmi qualcosa, Isaella?"

Mi voltai lentamente. Tutti i miei propositi vacillarono incontrando il suo sguardo accigliato e meraviglioso. Dimenticai all'istante il dolore, la rabbia, l'assurda idea di non concedergli il mio perdono.
Percorsi con gli occhi la linea perfetta del suo volto e mi rattristai osservando con quanta energia tenesse le sue belle labbra serrate in una piega ostile.

Io non sono la tua nemica, Edward. Sono io, sono Bella.

"Allora? Cosa vuoi sapere?"

"Vorrei..." - Balbettai. No, non funzionava così. Cercai di calmarmi  emettendo un flebile respiro. Poi ripresi, decisa.
 "....Voglio... soltanto sapere il perchè, Edward. Soltanto il perchè."






Angolo dell'autrice:
Buona sera!! Ho poco tempo oggi....Scusate se vi ho fatto aspettare, ho lavorato molto anche nel fine settimana...per cui, non ho potuto proprio postare prima!
Avrete notato che si tratta di un capitolo di passaggio....Avrei fatto a meno di scriverlo ma era necessario per concatenare gli eventi....Spero in ogni caso sia di vostro gradimento! Grazie sempre e comunque a chi legge, segue, preferisce, ricorda e recensisce la mia fanfic!
A presto
MaTiSsE!










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Capitolo 6
*** Perché sono un assassino ***


nuovissima5

CAPITOLO 5
Perchè Sono Un Assassino
(POV BELLA)









POV BELLA


Il vento di quell'ottobre così innaturalmente freddo soffiava sul mio viso con tutta la sua ostilità.
Lottai per mantenere gli occhi aperti, per evitare di doverli socchiudere anche solo un istante. Perchè avevo paura che l'Edward splendido che mi stava davanti fosse soltanto un'illusione fugace, in grado di svanire da un momento all'altro.
Temevo che riaprendo gli occhi non l'avrei trovato più.
Ed io non volevo perderlo di nuovo.

Avrei dato la mia vita per riempire quello spazio vuoto tra di noi.
Nulla contava più per me, in quell'istante.
Non esistevano la rabbia ed il dolore, il rancore o la nostalgia; non esistevano le guerre, la fame nel mondo, il debito pubblico.
No, niente più esisteva se non io e lui.
Di nuovo insieme.

Il cuore mi suggeriva di corrergli incontro; la mente proiettava già il mio corpo stretto tra le sue forti braccia.

Ma la realtà mi ricordava crudelmente la nostra separazione.
Perchè tra di noi c'era molto più da riempire che uno spazio fisico. C'era una distanza lunga due anni.
Una distanza fatta di dolore, silenzio, di verità nascoste, di spiegazioni mai date.
Una distanza fatta di due percorsi di vita e di crescita differenti, inevitabilmente paralleli.

Tu non mi hai perso, Edward.
Ma io ho perso te. Lo sento, lo vedo da come mi guardi.
Non sei più il mio Edward.

E così, giacché avevo la verità davanti agli occhi,  me ne stetti buona buona ed immobile, a torcermi le povere mani nascoste dietro la schiena.
Nell'attesa di ciò che Edward aveva da dirmi.

"Vorresti sapere...il perchè..."
"Sì....se non è chiedere troppo."
"No...non è troppo..."

Spostò lo sguardo dal mio viso al lago e la piega delle labbra si curvò in una smorfia capricciosa di dolore.
Durò soltanto un istante, tanto quanto mi serviva per illudermi che forse anche lui soffrisse, proprio come me.

"...Ma in realtà...Non c'è molto da dire, Isabella..."

Isabella.
Isabella?

"Perchè sei andato via, Edward?"
Parlai sommessamente, sputando fuori le parole, accartocciandole come si fa con un pezzo di alluminio. Le mie labbra si contorcevano spasmodicamente ad ogni sillaba pronunciata. E poichè la difficoltà fu enorme, pensai che non mi avesse neanche ascoltata.
Mi sbagliavo.

"E' accaduto qualcosa..."
"Quella sera?"
"Sì. Qualcosa di spiacevole."
"Oh!"
Portai una mano alla bocca. Avvertivo il respiro freddo sul palmo aperto.

Edward mi dava le spalle. Cercai di riempirmi gli occhi e la mente con la bella immagine di lui stretto in un lungo cappotto nero.
Mi dava un'idea di solennità tale da incutermi quasi timore.
Il suo silenzio era sacro, la sua bellezza mi parlava di epoche lontane, eterne ed indefinite.
No, davvero. Non era più il mio Edward.

Il mio Edward era una ragazzo diciassettenne, bello e pieno di vita.
Gioioso e talvolta irriverente
, ma alla fin fine sempre gentile e premuroso.
Un adolescente alle porte della maturità, innamorato della propria esistenza, dei propri anni.
Innamorato di me.

La persona che mi stava davanti si trincerava dietro un silenzio ostile.
Un'aura di violento mistero, di angoscia e sacralità avvolgeva la sua figura.
Aveva sempre il suo bellissimo viso da diciassettenne eppure per tutto il resto mi sembrava un uomo finito, un uomo ormai adulto che portava sulle proprie spalle un carico sgradito e rivoltante di dolorose esperienze.
Di quel che era stato, rimaneva ben poco.

Mi sembrava tutto così assurdo.

"E...Edward..."
"Quella sera è accaduto qualcosa che ha stravolto la mia vita, irrimediabilmente..."

Forse digrignò i denti perchè le parole gli uscirono dalla bocca in un suono smorzato ed alterato. Chiuse i pugni in una stretta violenta. Le nocche, già pallide, divennero bianchissime.

"Da quella sera non ho più potuto far ritorno a casa. Non tornerò mai più a Forks, Isabella. E per questo ti prego, in nome dell'amore che ci ha unito, di non farne mai parola con nessuno."

In nome dell'amore che ci ha unito.
Parlare al passato è il modo migliore per sottolineare che quel che è stato non sarà più. Per evidenziare che il nostro legame si era ormai spezzato, senza possibilità di ritorno.
Certo. Il metodo più dolce ed indolore.

"Non sono mai stata una chiacchierona, Edward....dovresti saperlo....Dovresti...conoscermi ed avere...fiducia in me....."

Girò appena la testa, inclinandola sulla destra. Tanto quanto mi bastava per scoprirgli un sorrisino forzato sulle labbra.

"Oh sì, certo...Ti conosco ancora, Bella."
"Perchè...perchè ti sei negato in sala mensa? Pensi che io sia stupida? Non sei cambiato poi molto!"
"Non sono cambiato affatto...Non cambierò mai più..." - Cantilenò quasi a se stesso. Mi parve recitasse una preghiera. - "Speravo potessi crederci. Effettivamente è stato molto stupido da parte mia, ti chiedo perdono."

La gelida formalità del suo discorso faceva male al cuore. Pareva conoscesse perfettamente quali fossero le parole più crudeli da utilizzare e le scegliesse accuratamente per colpirmi.

"Che...ti è successo, Edward? Quella sera..."
Restò in silenzio nella falsa contemplazione del lago, di quelle acque grigie dove si specchiava un cielo nebuloso e gonfio.
"Edward?"
"Non posso... spiegartelo" - biascicò rabbiosamente - "Ma è terribile. E' stato terribile..."
"Edward!"

Avevo percepito una tale agonia nelle sue parole che tutta la freddezza di quella nostra conversazione si dissolse nel mio cuore come neve al sole.
Edward celava un segreto terribile, adesso lo capivo. Mi si riempirono gli occhi di lacrime al pensiero che avesse dovuto sopportarlo da solo.
In due falcate raggiunsi la riva del lago, piazzandomi a mezzo metro da lui.
Le braccia protese. Avrei voluto abbracciarlo, anche solo toccarlo.

"Lasciami stare!"
Mi scansò con un rapido gesto della mano. Non mi persi d'animo.

"Edward perchè non sei più tornato da me? Perchè non me ne hai parlato? Ti avrei aiutato, insieme avremmo trovato una soluzione!"
"Una soluzione!" - Esclamò, ridendo istericamente - "Non c'è alcuna soluzione Isabella, nessuno...NESSUNO può aiutarmi, intendi?!"
"No, non capisco se tu non mi spieghi! Sei così vago Edward, io ho bisogno di sapere...!"
"Perchè?! Non ti basta sapere che sono vivo?!"
"Perchè? E me lo chiedi pure?? L'hai forse dimenticato? Noi stavamo insieme! Io ti amavo, Edward! Io ti amavo e desideravo morire piuttosto che saperti lontano senza una valida ragione!"
"Ma hai continuato a vivere mi pare, ed anche piuttosto bene per quel che posso vedere!"
"Ma che stai dicendo?! Non farmene una colpa, Edward...Ho dovuto, per l'amore che nutro verso miei genitori! Ma questa non è vita, Edward....Sino al giorno in cui ti ho rivisto la mia è stata solo una sopravvivenza, e nient'altro! Ho mangiato, bevuto e dormito per inerzia, senza alcuna gioia, senza entusiasmo! Non era vita la mia...Perchè non lo capisci?! Perchè non mi hai detto nulla?? Eri ferito, hai forse perso la memoria?? Cosa ti vietava di farmi almeno sapere che stavi bene Edward, che cosa!? Dimmelo!"

Urlai. Non avevo mai alzato la voce con Edward.
Ero totalmente sconvolta. Dal mio comportamento, dal suo modo di fare, dagli eventi che mi stavano travolgendo.
Mi mancava l'aria.
Il vento soffiò sul mio viso asciugando due timide lacrime all'angolo dell'occhio.
Tenevo le mani strette in un pugno carico di rabbia, all'altezza del cuore. Cercai di calmarmi, riprendendo il normale ritmo della respirazione.
Il cuore, tuttavia, non voleva saperne di quietarsi e faticai non poco per ritrovare il mio equilibrio.
Le braccia scivolarono infine lungo i fianchi, in un moto di rassegnazione.

Edward, nel frattempo, non si mosse.
Immobile come una bella statua di marmo, guardava indifferente davanti a sè, incurante della mia presenza e della mia reazione poco ortodossa.
Quell'aria di sufficienza mi irritava enormemente. Il sangue ricominciò immediatamente a fluirmi rapido nelle vene e mi inondò le guance.
Edward si volse appena, come se qualcosa l'avesse disturbato.

D'un tratto mi sentii stupida e paradossalmente incapace.
Incapace di parlare con Edward con la stessa disinvoltura di un tempo, incapace di scaldare il suo cuore al tal punto da svelarmi la realtà delle cose. Eppure, qualunque fosse stata la verità che aveva da raccontarmi, l'avrei accettata.
Non cercavo un motivo valido per perdonare la sua assenza, dovevo smettere di mentire a me stessa: non l'avrei mai odiato realmente per avermi abbandonata. Mi bastava la felicità di saperlo ancora in vita per guardare avanti, dimenticando in un istante soltanto tutta la sofferenza patita.
Cercavo, in realtà, soltanto una spiegazione, anche la più stupida ed inverosimile; una spiegazione che mi consentisse di credere ancora in lui, nella persona che era stata ed in quel che era diventato. Del resto non m'importava, era pur sempre Edward: anche così differente da come lo ricordavo io l'avrei comunque accolto tra le mie braccia, nuovamente e senza alcun dubbio.

Ma ero stata un'ingenua. Una stupida ingenua.
Cosa pensavo di ottenere da quel colloquio?
Una spiegazione? Sì, d'accordo. E poi?
Mi illudevo forse che Edward facesse dietro front e tornasse da me implorando per il mio amore?
Certo. Proprio questo. Inutile mentire.
Tuttavia, era stato abbastanza chiaro sin da subito che un simile proposito non rientrava nell'elenco delle sue intenzioni.
Una persona davvero innamorata, anche dopo una separazione lunga due anni, tenta di mostrare apertamente il proprio amore, in qualsiasi modo sia possibile.
Cerca nel vuoto la mano dell'altro.
Cerca con i suoi occhi lo sguardo dell'amato.

Io negli occhi di Edward avevo letto solo distacco. Formalità. Talvolta un lampo rabbioso ed ostile.
Mai amore.

Nell'immensa mortificazione che mi pugnalava l'anima, l'unica cosa che riuscii di fare fu biascicare sommessamente un flebile:
"Va bene così. Ho capito... tutto... Edward..."

Non ne potevo più-
Gli diedi le spalle, allontanandomi infine da lui più in fretta possibile. Non riuscivo più a sopportare la sua muta freddezza, mi lacerava il cuore strappandolo in mille frammenti sanguinanti ed io avevo sofferto già troppo per tollerare altro dolore.

Al dolore fisico si può porre rimedio.
A quello dell'anima no.
Sarei fuggita via, via da Edward, da quell'individuo di ghiaccio che mi sogguardava da lontano con sguardo ostile ed enigmatico.
Avrei viceversa conservato per sempre il ricordo lontano del mio Edward, di quel ragazzo gioioso e bellissimo che in un tempo passato mi sussurrava  "ti amo", abbracciandomi dolcemente tra i fiori profumati della nostra radura, a Forks. Avrei racchiuso nella mia mente la  tenera immagine del suo sorriso luminoso proseguendo il mio cammino da sola, nella consapevolezza della sua ritrovata esistenza e della sua definitiva perdita.

Sì. Avrei fatto esattamente così.

Ma al solito, il destino - e la mia sbadataggine - lavorarono contro di me.

Misi un piede in fallo, correndo sul terreno scosceso che dal lago riconduceva al campus.
La solita sciocca, impacciata Bella!
Prima che le ginocchia impattassero con uno spuntone di roccia che fuoriusciva dal terreno due forti braccia mi trassero in salvo, cingendomi la vita.

In un flashback mi rividi bambina; rivissi quel giorno lontano, all'Olympic National Park, quando, quattordicenne, incontrai per la prima volta i suoi occhi meravigliosi.
Anche allora mi salvarono le sue braccia.

Così cominciò la nostra vita insieme. E così oggi, allo stesso modo, terminava.

Evidentemente le mie rovinose cadute costituivano una specie di segno del destino, un giro di boa oltre il quale la mia esistenza svoltava verso nuove direzioni.

"Non sei cambiata di una virgola, Bella...."

Bella e non più Isabella.
Qualcosa si era mosso nel suo cuore? Certamente il mio si agitava come un saltimbanco.

Non ebbi il coraggio di guardarlo. Non subito almeno. Ma quando mi rigirai lentamente, nella sua stretta, non trovai quei caldi, meravigliosi e familiari occhi verdi ad aspettarmi.
Viceversa, due perle nere, profonde e luminose, ricambiarono intensamente il mio sguardo carico d'ansia.

"Sì, certo....La solita imbranata..."

Sorrise leggermente ma con una punta di reale entusiasmo. Doveva trattarsi di un sogno. Credetti di morire, nel medesimo istante.

"Sei soltanto poco....accorta. Dove pensavi di andare?"
"E' inutile....restare. Ci...siamo detti...tutto, mi pare" - Involontariamente, cominciai a piangere. Detesto questo lato così fragile e piagnulocone del mio carattere. - "...Perlomeno, mi hai detto tutto quel che ti faceva comodo..."
"Non mi fa comodo proprio nulla, Bella." - Il suo sguardo si indurì, nuovamente. Mi parve di aver visto un bel fiore aprirsi leggermente per poi serrarsi nuovamente in una morsa ostile.
"Io ho capito soltanto che ti è accaduto qualcosa di orribile. E null'altro, Edward!"
"Nient'altro posso....posso dirti. Se non che non farò mai più ritorno a Forks."
"Ti costringono loro, non è vero?? I Cullen!"
"Ti stai sbagliando, Bella! I Cullen mi hanno salvato! Senza di loro....." - Non terminò la frase.
"E non vuoi abbandonarli per riconoscenza? Edward, a casa, a Forks, hai due meravigliosi genitori che pregano ogni giorno da due anni a questa parte per vederti tornare! Perchè fai così, Edward? Ci odi tutti a tal punto?!"
"Bella!"

Non ebbi il tempo necessario per razionalizzare la scena.
Vidi semplicemente Edward accasciarsi in ginocchio sul terreno irregolare trascinandomi con sè, in un impeto di fragilità che non aveva ancora mostrato di possedere.
No, non lasciò la presa sul mio corpo.
Mi adagiai in terra lentamente anch'io, con lui.

Non mi sembrava possibile di avere a che fare con lo stesso glaciale individuo di pochi minuti prima. I suoi cambiamenti di umore mi facevano girare la testa.

"Io non vi odio, Bella....Non vi odio...Ma non posso..."
Il leggero movimento prodotto dal cambio di posizione consentì al campanellino di trillare, nuovamente.
Non sapevo dove lo tenesse nascosto eppur ne udii distintamente il suono.

"Lo porti ancora con te...il campanellino..."
"Sempre, Bella....Lo custodirò per tutto il resto dei miei giorni..."
"Edward..?"
"Sì, Bella...."
"Mi vuoi....ancora...un po' di bene? Mi ami, Edward?"

Mi fissò per un istante interminabile. La risposta doveva costargli un notevole sforzo poichè due profonde occhiaie viola vennero d'improvviso a solcargli la base degli occhi neri.
Neri?
Ero certa di averli scoperti di un inaspettato color caramello.
Adesso apparivano più scuri della notte.
Il mio grado di comprensione era sempre più basso.
Il livello d'ansia, vicersa, sempre più elevato.

Edward non mi rispondeva.
Dunque, non mi amava più?

"Bella.....Non è importante."
"Come non è importante, Edward? Per te il nostro amore non ha più alcun valore?"
"Al contrario. E' stata la cosa più preziosa della mia esistenza..."

Mi sfiorò leggero la guancia con la sua mano fredda. Gli lessi negli occhi disperazione e nostalgia.
I ricordi possono far più male di uno schiaffo.

"Dunque...mi vuoi almeno bene?"
"..Sì, Bella. Te ne voglio. Te ne vorrò per l'eternità. Ma l'amore non basta, certe volte..."
"E questa sarebbe...una di quelle volte?"
"Esatto..."
"Perchè Edward? Questa cosa orribile che ti è accaduta non ti consente di tornare ad amarmi? Edward, guardami! Io sono qui, in Alaska, con te! Ci siamo ritrovati a dispetto di ogni previsione ed è incredibile! Questo perchè il è destino che ha scelto per noi, Edward! Il des...."
"BASTA!" - Lasciò la presa sui miei fianchi, tappandosi le orecchie con le mani - "Basta, basta, basta! Non c'è alcun destino, Bella! Non voglio sentirti mai più pronunciare queste parole! Togliti dalla testa la strampalata idea di ritornare con me, se è questo quello a cui stai pensando! Il nostro tempo insieme è finito, Bella, morto e sepolto!"
"Ma io..."
"NO!" - Urlò allora più forte - "Non provocarmi, Bella...non costringermi a dirti di più, te ne prego! Rassegnati...E' finita! Tu non puoi stare...non puoi neanche desiderare di vedermi, hai capito? "
"PERCHE' EDWARD?! PERCHE'??!"

"PERCHE' SONO UN ASSASSINO, BELLA!" - Urlò esasperato.

Assassino.
Un assassino?
Faticai nel mettere insieme i concetti e le parole.

"Che....che vuoi...dire?"

I suoi occhi erano accecati dalla rabbia e dal dolore. Mi costrinse ad alzarmi con uno strattone dal terreno dove ancora me ne stavo in ginocchio.
Non l'avevo mai visto così.

"Dì...La conosci questa qui?!"

Tirò fuori dalla tasca interna del suo cappotto un ritaglio di giornale ripiegato più e più volte. Ficcò quel pezzo di carta tra le mie mani. Tremavo.
"Leggi!" - Ordinò.
Gli ubbidii a fatica, tanto le mani erano scosse da tremiti.
L'intestazione dell'articolo era chiara. Su quel foglio di carta, in caratteri cubitale, un distaccato giornalista annunciava il ritrovamento del cadavere di Marta Robinson, diciottenne  scomparsa un mese prima dalla provincia di Seattle.
Una foto piuttosto nitida stampata sul giornale restituiva l'immagine di una splendida ragazza dai capelli scuri ed il sorriso sincero.
Mi si strinse il cuore.
Ebbi la lucidità di controllare la data posta sull'articolo.
Quasi due anni prima. A tre mesi, a sua volta, dalla scomparsa di Edward da Forks

"No...non capisco..."
"Non capisci?! La vedi questa bella ragazza?? La vedi, Marta?? L'ho uccisa io, con le mie mani! Le stesse mani con cui ti ho stretta pochi minuti fa, Bella!"
"E...Edward io..." - Singhiozzavo.
"Era questa la verità che volevi conoscere! Bene, ti ho accontentata! Ed a dirla tutta, non ho ucciso solo Marta. Ti senti più felice ora, Isabella?? Ti senti...SODDISFATTA?!"

Francamente io mi sentivo solo totalmente stordita.
Non sapevo esattamente che fare o che dire.
Se dunque Edward non mi stava mentendo - e non dubitavo, onestamente, della sua sincerità - mi aveva appena confessato di essere un omicida, una specie di serial killer o qualcosa del genere.
Eppure non avevo paura. Non ancora, perlomeno.
Era lui, era Edward. In ogni caso.
Non mi avrebbe fatto del male.

Ma perchè? Perchè macchiarsi di una simile colpa?

"Edward...perchè...perchè l'hai uccisa?"
"Perchè mi ricordava te."

Una voragine si aprì nel mio petto. Cercai il tronco dell'albero a me più vicino per sostenermi.
Riuscii per miracolo a trattenere un conato di vomito.

"Che significa?"
"Quel che hai sentito....Era bella...Quando l'ho incontrata era già buio, tornava a casa ascoltando musica dal suo iPod. Il suo profumo era dolce, il sorriso luminoso quando si voltò per darmi l'informazione stradale che le avevo chiesto. E' morta tra queste braccia. Ti somigliava tanto..."

Non ressi.
Vomitai anche l'anima correndo a nascondermi dietro il tronco dell'albero cui mi ero poggiata.

"Adesso ti è chiaro perchè non possiamo più stare insieme, Bella? Non reggeresti. Sono contento di averti detto la verità, dopo tutto. Adesso ho avuto la prova che non avresti potuto sopportarla e non ho più niente da rimproverarmi."

Parlava con un tono melenso, lontano, come se avesse appena finito di raccontarmi una bella favola. Non si preoccupò neanche un istante di come mi sentissi. D'improvviso era tornato l'Edward "cattivo".
Io gli davo le spalle, tenendomi in ginocchio ai piedi dell'albero. Poggiavo una spalla sul tronco per sostenermi mentre gli occhi divagavano sull'orizzonte circostante senza vedere nulla.
Ansimavo.

"Non devi più preoccuparmi per me, in ogni caso." - Continuò - "I Cullen mi hanno salvato. Quel che è accaduto appartiene al passato. Sono un nuovo Edward, adesso. Ho trovato una famiglia in grado di amarmi oltre i miei errori. Ed ho trovato anche.....Ho una nuova compagna ora, Bella. Si chiama Tanya. Mi ama nonostante tutto e questo vuol dire molto per me."

La bionda cui stringeva la mano in sala mensa. Ma certo.
Trattenni lo stomaco. Ancora una volta.
Ma non ebbi la forza per rispondergli.

"Ecco, prima ho...sbagliato. Ti ho detto che avrei custodito il campanellino per sempre. Ma alla luce di come si è concluso questo nostro colloquio, forse è meglio restituirtelo. Voltiamo pagina, Bella, ti prego. E' meglio per entrambi, continueremmo soltanto col farci male. Non rendere tutto più difficile. E' finita, conserviamo solo un dolce ricordo di noi e nient'altro..."

Fece per lasciarmi il campanellino sull'erba.

"No...non lo voglio...Puoi te...tenertelo..." - Riuscii a biascicare confusamente.

"Ti supplico. Preferisco così..." - Mormorò d'improvviso più calmo.

Fu un istante. Non ebbi neanche il tempo di guardarlo negli occhi.
Appena compresi le sue intenzioni, raccogliendo quante più forze possibile, mi rigirai nella sua direzione.
Non lo trovai. Era sparito con la stessa rapidità usata da Alice qualche tempo prima.
Setacciai l'orizzonte alla ricerca del sua figura in nero ma non la trovai.
Poco distante da me, poggiato delicatamente sull'erbetta umida, ritrovai il nostro campanellino.

Il mio campanellino, ormai.

Una pioggia sottile cominciò a cadere tutt'intorno.

Con quella pioggia si mischiarono le mie lacrime.




Angolo dell'autrice
Buona pomeriggio ragazze!
Rieccoci qui...Che dirvi? ..Ero troppo ansiosa di farvi leggere dell'incontro tra i nostri due eroi....Per cui ho postato subito!
Una prima parte del mistero è stato svelato...Edward ha ucciso e svela questo retroscena orribile a Bella, omettendo tuttavia il particolare che l'ha indotto ad un omicidio: l'essersi tramtato in un vampiro.
Edward trattiene Bella lontano da sè perchè si sente un mostro e non vuole trascinarla in questa sua nuova, orribile, condizione.
Ed il mistero riguardo la sua relazione con Tanya?
Chi ha trasformato Edward?
Per tutte queste risposte dovrete attendere ancora un po'!
Fatto sta, spero che il capitolo vi sia piaciuto....Grazie sempre a chi segue, legge, recensisce e quant'altro! Attendo con ansia i vostri commenti!
un bacio
MaTiSsE!




























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Capitolo 7
*** I miei errori sono stati fatti per te ***


nuovissima 6



Capitolo 6 
I Miei Errori Sono Stati Fatti Per Te

(POV EDWARD)








Ad un mortale è consentito piangere.
Se ha paura, se prova dolore, se la nostalgia gli attanaglia il cuore, in tutti questi casi un misero essere umano può piangere.

Ad un vampiro questo diritto è negato.

Un mortale può cercare oblio e distrazione nel sonno se i propri giorni sono troppo duri da sopportare.

Un vampiro non può dormire.

Un mortale può chiedere perdono al suo Dio, chiunque Egli sia, per i peccati commessi, anche i peggiori.
Persino se ha ucciso, un essere umano può ancora sperare nella redenzione.

Il vampiro è una creatura dannata.
Un rifiuto della Natura.
Un vampiro non può pregare e non può sperare nel perdono divino.

Semplicemente perchè non sa neppure cosa sia.

Un  essere umano può ricercare la morte.
Se manca il coraggio per continuare a vivere, se l'esistenza è troppo dolorosa, se i rimorsi della propria coscienza non danno tregua, l'uomo comune può alleviare le proprie pene ricorrendo al suicidio.

Un vampiro questo non può farlo.

In quanto vampiro, se potessi, mi sarei già ammazzato da tempo.

Se fossi ancora un semplice mortale neanche mi sfiorerebbe questa idea.

E' l'essermi trasformato in un creatura infernale che mi distrugge e tormenta.


La mia esistenza passata era splendida.
Troppo bella per essere rinnegata.


Non potevo chiedere di più alla vita. La scuola, gli amici, la famiglia.
Tutto, tutto era perfetto.

La mia Bella era perfetta.

Ma che dico?

La mia Bella è ancora perfetta.
Sono io che non vado più bene per lei, ora.
Adesso che tutto, tutto di me è putrefazione e morte, orrore e sangue.
Sono un ammasso rivoltante di carne marcia e disgustosa, di vene ed arterie rinsecchite ed inutili; un corpo disgustoso e sterile che si muove e parla,  fingendosi uomo tra gli uomini.


La mia Bella merita molto di più di un assassino sanguinario con un piede tra i vivi e l'altro nella tomba.


Ho lasciato Bella a piangere da sola poco fa, sotto un albero scosso dal vento.
Mi faccio schifo anche per questo.

Ma vorrei dirlo al mio Dio, quello a cui rivolgevo le mie preghiere qualche anno fa, vorrei confessargli che non erano queste le mie intenzioni.
Non volevo farla soffrire ancora, lo giuro.

Sognavo per lei un futuro roseo e felice, in una bella casa al caldo, noi due insieme.
Un futuro dove ci fosse spazio solo per dolci sorrisi e risate contagiose, per pomeriggi insieme al riparo dalla pioggia, coperti da un plaid caldo, l'uno nelle braccia dell'altra. Un futuro fatto di cioccolate calde, di vecchi film, di torte fatte in casa, di abbracci silenziosi, di notti colme d'amore.

Sogno ancora tutto questo per lei. Ma ciò che la mia fantasia costruisce non potrà più realizzarsi insieme a me.
Uno estraneo qualunque, un giorno, avrà diritto a ciò che più desidero al mondo. A ciò che era mio e che non potrò mai più ottenere.
Forse non si renderà nemmeno conto della sua fortuna.
Ma io sì.
Io, misera creatura infernale, dovrò combattere, ogni istante della mia eterna esistenza, con l'orribile idea che i giorni di Bella, prima o poi,si incastreranno con quelli di uno sconosciuto.
Dovrò ingoiare l'immagine delle sue belle gambe intrecciate a quelle di un altro uomo che non sia io, in un letto dalle candide lenzuola, e considerare comunque che questa sarà la soluzione migliore per lei. Soltanto perchè quello sconosciuto, chiunque egli sia, sarà comunque meno ignobile di me.


Ho lasciato Bella sotto un albero. Da sola.
Piangeva.
Se avessi potuto, se solo avessi potuto, l'avrei accolta dolcemente tra queste braccia sussurrandole di stare tranquilla.

Perchè io l'amo ancora.

Ma le mie braccia, ora, non sono più morbide.
La mia stretta non è più calda.
Sono un gelido blocco di ghiaccio. E devo misurare la forza perchè il mio abbraccio potrebbe finire col soffocarla.
L'ammazzerei in ogni caso.
Per questo sono andato via.
Se ho sbagliato, è stato soltanto per il suo bene.

I miei errori sono stati fatti per lei.

Per te, Isabella.
Per tenerti al sicuro, nonostante tutto.

Perchè non meriti di conoscere l'essere rivoltante che son diventato ora.

Ricordati del tuo Edward, quello che amavi tu.
Fallo tu per tutti e due.





***




L'ultima immagine del me stesso umano mi riporta nell'abitacolo della mia Volvo.
Adoravo quell'auto.
Ero felice quella sera. Davvero felice.
Avevamo festeggiato il diciassettesimo compleanno di Bella, tutti quanti insieme. Mamma aveva organizzato una festa strepitosa. C'erano proprio tutti, anche Jessica, Mike, Angela e Ben. La mia Bella, normalmente, sopportava poco i festeggiamenti in grande stile eppure, quella sera, i suoi occhi mi parlavano di una gioia immensa. Rideva tanto, di quella risata melodiosa ed ingenua che solo lei aveva. Quella risata che adoravo.
Nel ricordo del suo volto luminoso e bellissimo, continuavo a guidare lungo la strada buia, con un sorrisino soddisfatto stampato sulle labbra.
La festa era riuscita alla grande. Bella era felice.
Non potevo chiedere di meglio.

Poi accadde qualcosa di strano.

Stavo cambiando la stazione radiofonica alla ricerca di qualche canzone interessante quando, con la coda dell'occhio, notai una scura figura proprio al centro della carreggiata.
Sterzai bruscamente a destra e poi frenai, pensando che qualche animale selvaggio, forse un lupo, avesse finito con l'addormentarsi lungo la strada.

"Ma che diamine...!"

Uscii immediatamente dall'auto.
Ritrovai un corpo disteso lungo l'asfalto.

"Oddio!"

Mi precipitai in ginocchio accanto al corpo di una ragazza bellissima.
Anche nel buio il suo viso appariva straordinariamente incantevole. Baciati soltanto leggermente da un timido raggio di luna che faceva capolino tra le perenni nubi di Forks, i suoi lineamenti risaltavano luminosi ed argentei.
Il naso era piccolo e dritto, la bocca carnosa, leggermente dischiusa. La chioma rossa le incorniciava il bel viso sotto forma di boccoli disordinati ma graziosi.
Teneva gli occhi chiusi e mi sembrava una bambola di porcella. Bella e gelida, a giudicar dal tocco di quella mano che stringevo convulsamente tra le mie.
Cominciai a sudare freddo, temendo che la ragazza fosse morta a seguito dell'incidente, giacchè il suo petto non seguiva quello che avrebbe dovuto essere il normale ritmo del respiro. Semplicemente giaceva immobile, eppure ero certo di aver agito in tempo. Non potevo averla investita.

"Signorina..." - La chiamai piano.

Nessuna risposta.

"Signorina...? Come si sente?" - Ripetei più agitato.

Fu allora.
Un istante. Accadde tutto in un istante.
Spalancò gli occhi.
Le sue iridi erano rosse. Rosso sangue.


Ebbi la lucidità di indietreggiare cacciando un urlo.
Tuttavia fu più pronta e rapida di me. Mi raggiunse in un attimo stringendo i miei polsi nella sua presa, sino a bloccare la circolazione in quei punti. Mi agitai, cercando di liberarmi. Non mi fu possibile. Era innaturalmente forte per trattarsi di una giovane ragazza.

Scoprì i denti aguzzi in un ghigno compiaciuto. La mia espressione terrorizzata doveva essere fonte di grande soddisfazione per lei.

"Io sto bene, tesoro. Fin troppo. Ma temo di non poter dire lo stesso per te, ora."

Mi rivolse il più agghiacciante e crudele tra i sorrisi prima di addentarmi alla base del collo.
Spalancai a mia volta gli occhi, vittima di un dolore bruciante ed insopportabile che si irradiò rapido sino alle estremità del corpo.

Terminò velocemente la sua opera, lasciandomi poi ricadere senza alcuna premura sull'asfalto, privo di qualsiasi energia, come una carcassa vuota ed inutile.

L'ultima cosa che vidi, prima di scivolare in un limbo di oblio e dolore, furono le sue belle labbra macchiate di sangue tutt'intorno. Il mio sangue che colava dall'angolo della bocca sino al suo collo candido e liscio. Nel buio eccheggiò la sua risata e la sua voce melodiosa, quasi da bambina, mentre mormorava un soddisfatto:

"Ho buon gusto io, nel scegliere le mie vittime."

***

Furono giorni di dolore.

Non avevo cognizione del tempo allora; adesso so che la mia agonia è durata soltanto tre giorni. All'epoca pensavo fosse durata molto di più, mesi interi. Probabilmente l'intensità abnorme di quel dolore alterava qualsiasi forma di percezione, dilatava i tempi rendendoli insostenibili.
Nella sopportazione di quel dolore bruciante ogni secondo equivaleva ad un giorno intero, un giorno ad un mese.
Ogni singola fibra del mio corpo bruciava e pulsava. Mi sentivo, al contempo, simile ad un tizzone ardente ed a una bomba ad orologeria in grado di scoppiare da un momento all'altro.
Mi agitavo, scalciavo, mi rannicchiavo ma nessuna posizione era in grado di alleviare la mia pena.
Ed urlavo, urlai per ore senza fermarmi.
Qualcuno, durante quell'agonia, spostò il mio corpo inerme da qualche altra parte. Un posto più isolato, dove nessuno avrebbe potuto trovarmi od ascoltare le mie strazianti grida di dolore.
Ogni singolo movimento prodotto da quello spostamento, equivaleva ad una lama rovente ficcata con poca premura nella mia carne.
Se possibile, urlai ancora di più.

Voci sconosciute giungevano ogni tanto al mio orecchio. Nonostante il dolore talvolta la mia mente presentava ancora la lucidità necessaria per captarle e cercare di elaborare le informazioni ricevute.

"Quanto si agita il tuo amico, Victoria..."
"E' il veleno, Laurent, dovresti saperlo..."

Il veleno? Che veleno?

"E' insopportabile! Questo qui dovrebbe diventare un feroce vampiro? Ma per piacere, è soltanto un gran rompiballe! Sei la solita stupida, Victoria!"
"Non sarà un semplice vampiro, James. Sarà il mio compagno, quello che tu non sei stato capace di diventare !"
"Ah ah ah, certo! Questa è bella! E chi ti dice che il tuo amichetto sia d'accordo, tesoro? Potrebbe trovarti irritante e sciocca tanto quanto me..."
"Basta, per piacere! State zitti, una buona volta!"

Compagno?
Di chi?
Della rossa?
Vampiro?
Che cazzo blateravano?

Ma il dolore era troppo per badare al resto, così continuai a concentrarmi su me stesso e sulla mia sofferenza, convinto che, appena mi fossi ripreso, avrei sistemato chiunque, tra quegli sconosciuti, avesse tentato di farmi ancora del male.

Povero illuso!

Poi accadde. 
Finalmente, dopo un tempo che mi parve infinito, rapido e strisciante come un serpente, il dolore scomparve dalle dita, dalle braccia, dalle gambe.
Si concentrò nel petto. Sparì anche da lì quando l'eco dell'ultimo battito del  cuore raggiunse il mio orecchio.

"E' finita...."

Non ebbi il coraggio di aprire subito gli occhi, temendo che anche il più piccolo movimento avrebbe potuto rimettere in moto l'intero meccanismo.

"Guardami, Edward..."

"Chi....chi sei?" - Mormorai. Le palpebre ancora abbassate.

"Victoria. Mi chiamo Victoria. Apri gli occhi, è tutto finito."

Non c'era dolore. Era vero.
Avevo soltanto una sete tremenda.
Tutto il bruciore aveva finito col concentrarsi in un unico punto del corpo: la mia gola.
Ansimavo.
Spalancai gli occhi e digrignai i denti.
Davanti a me se ne stava placida la bella Victoria, sogguardandomi con occhi volutamente dolci. Riconoscevo la sua chioma rossa e voluminosa, il sorriso ora tenero, quasi amorevole. Irriconoscibile rispetto a quel che ricordavo io, confusamente.
Dietro di lei si ergevano due bellimbusti impettiti. Uno mi spiava con aria curiosa, l'altro pareva piuttosto seccato.

"Tranquillo, va tutto bene. Benvenuto Edward, benvenuto tra noi. Io sono Victoria, tesoro. Loro due sono Laurent e James."

Li guardavo pieno di sospetto, in attesa di una mossa sbagliata.

"Che mi avete fatto?!" - Urlai infine colto da uno scatto di rabbia inaspettato per loro quanto per me  - "Dove cazzo sono?? Chi siete voi!?"
"Oh no, amore! Va tutto bene, ti prego calmati!"
"Amore?? Io neanche ti conosco!"

Quel tipo biondino - James - cominciò a ridere smodatamente. Mi irritò ancora di più.
La sua risata giungeva al mio orecchio in maniera nitida e fastidiosa. Potevo coglierne ogni variazione di tono. Non avevo mai posseduto un udito tanto sviluppato.

"Lo sapevo! Stupida Victoria, pensavi che quel coglione sarebbe caduto così facilmente ai tuoi piedi?"

La voce di quel James ronzava nella mia testa. L'avevo percepita in maniera distinta, eppure lui non aveva aperto bocca. Fatto sta che la mia rabbia raggiunse vertici altissimi. Non mi controllai.
Decisi di raggiungerlo.
Non ebbi neanche il tempo di formulare tale pensiero che mi ritrovai già in piedi, accanto a lui, con le mie mani sul suo collo.
Una velocità fulminante,

"Che cazzo ridi!"
"Edward, sta' buono! Lo ucciderai!" - Urlò Victoria a sua volta. Si erano precipitati a bloccarmi sia lei che il suo amico Laurent. Erano tanto terrorizzati che per un attimo immaginai di essere molto più forte di loro, per un qualche motivo a me sconosciuto.
Oggi conosco quel motivo: semplicemente ero un Neo-Nato.
Tuttavia, allora, questo particolare mi era ignoto e non riuscivo a spiegarmi la loro ansiosa reazione.
Victoria urlò ancora, sgomenta.
"Ti supplico, Edward, lascialo stare! Ti spiegheremo tutto! Hai sete, caro? Lo so, è difficile. Ti aiuterò io. Ma ti prego, tu lascia James, lascialo stare!"

Certo, Victoria era una vampira coraggiosa. Nonostante fossi un Neo- Nato ed, in quanto tale, molto più forte di lei ed in grado di ucciderla in una frazione di secondo, mi si avvicinò senza alcun dubbio e timore. Ad oggi credo di comprendere che fosse quell'insano amore che provava - prova ancora - per James a muovere i fili di ogni sua azione, anche la più pericolosa. All'epoca non me ne rendevo conto benchè leggessi nella sua mente tutta l'angosciante paura che aveva di perderlo.
Nella fattispecie, il risveglio da vampiro costituiva il momento più abominevole e confusionario della mia nuova vita; e forse perchè più che furioso ero spaventato e necessitavo di rassicurazioni, o forse soltanto perchè Victoria era - è a tutt'oggi - una brava manipolatrice, fatto sta che mi lasciai infine sedurre dalla sua bella voce.

Si accostò al mio orecchio cantilenando il mio nome.

"Edward, Edward...Ti prego, lascia stare James, non intendeva offenderti. Abbi fiducia in me, tesoro mio...Ti aiuterò, sarò per te madre, sorella e compagna. Puoi credermi.....Lo vuoi, Edward? Vuoi fidarti di me? Sei già così importante, per me!"

Fidati di me, Edward.

Le sue parole dolci vorticavano nella mia mente e non comprendevo come questo fosse possibile.
Non sapevo ancora, all'epoca, di essere in grado di leggere nel pensiero.

Assaporai ogni nota di quella voce melodiosa, beandomi della mia nuova capacità di captare ogni più piccolo, meraviglioso suono e nello stesso istante lasciai la presa sul collo di James.
Ne ricordo ancora la smorfia di disgusto e terrore dipinta sul volto.
Quando infine mi voltai incontrai gli occhi rossi di Victoria - i miei stessi occhi rossi - mentre la mia mente divagava ad un'immagine fugace e lontana: il viso di una bella ragazza bruna, il suo sorriso luminoso.

Gli occhi color cioccolata.

Il volto di Bella si sovrappose a quello di Victoria.

Ed allora compresi che fu soltanto il suo ricordo a calmare la rabbia.

***

Così cominciò la nuova mia vita da dannato.
Per il capriccio d'amore e gelosia di una giovane vampira, stanca di essere considerata l'inutile ultima ruota del carro da parte di colui che avrebbe dovuto rappresentare il suo eterno compagno.
Victoria mi aveva usato, letteralmente.
Aveva scelto me, un giovane diciassettenne con una vita propria, con degli amici, una famiglia, una splendida ragazza e mi aveva sottratto tutto questo nel tentativo mal riuscito di produrre un moto di gelosia nell'unica creatura che avesse mai amato: James.

Non c'è nessuno al mondo che io odi più di Victoria.

La consapevolezza delle ragioni che l'avevano indotta a trasformarmi  arrivò rapida; sin dai primi giorni insieme, i suoi pensieri mi giungevano nitidi e contrastanti rispetto alle parole pronunciate dalla sua bocca.
Voleva James, amava James.
L'immagine del vampiro biondo gli riempiva la mente giorno e notte.
Eppure diceva di amarmi. Mi chiedeva di darle fiducia.
L'istinto mi aveva suggerito sin da subito di non renderla partecipe del mio immenso dono: la capacità di leggere nel pensiero altrui. Tutt'oggi non ne è al corrente, benchè, come mia creatrice, pensasse di poter esercitare su di me piuttosto agevolmente la propria  autorità.
Per cui non è mai riuscita a darsi spiegazione del fatto che, in ogni caso, io avessi deciso di non mettermi nelle sue mani.
Mi aveva trasformato egoisticamente per crearsi il compagno ideale, succube e bellissimo, ma il suo piano era fallito miseramente. Avevo scelto di restare e far parte del loro clan semplicemente perchè non sapevo in quale altro posto andare. Non avevo nessuno più al mondo ormai, non ora che il mio mondo era quello dei vampiri.
Ma non siamo mai stati una "famiglia". Nel nostro piccolo clan ognuno pensava per sè, provvedendo egoisticamente ai propri bisogni.
Victoria non è mai stata la mia compagna, benchè più volte si sia illusa e l'abbia colta nel vano tentativo di darmi la mano.
James ha continuato a prenderla in giro giacché io costituivo, per lui, l'ennesimo fallimento della bella rossa.

Detestavo me stesso e mi trinceravo nell'angosciosa consapevolezza di essere un assassino. Un infernale, dannato assassino.
Trascinavo stancamente i miei giorni. Avevo sete, una sete immensa. Avevo cercato di frenarmi più volte ma l'istinto aveva, alla fine, avuto la meglio. Educato da un clan sanguinario di vampiri senza scrupoli, avevo finito col cedere anche io alla nostra natura rabbiosa, dissetandomi col sangue umano.
La mia prima vittima fu un povero barbone che dormiva scomodamente dietro un edificio abbandonato, nella zona industriale di Port Angeles. Forse si era nascosto in quel luogo deserto sperando di trovarvi un posto caldo dove riposare; forse semplicemente desiderava un po' di solitudine. Fatto sta che trovò me, sconvolto dalla fame, dalla rabbia, dall'angoscia.
Lo afferrai rapidamente, strattonandolo per l'orlo della camicia consunta.
Non riuscivo a controllarmi, ero accecato dalla sete.
Il profumo, quel suo profumo da umano, mi stordiva.
L'addentai voracemente al collo, senza curarmi di avere scelto la parte giusta, della sua carne, da attaccare.
Sotto i miei denti i suoi nervi si contrassero, le arterie si spezzarono, una ad una.
Non gli riuscì neanche di pronunciare una sola sillaba, benchè la sua mente invocasse disperatamente aiuto richiamando l'attenzione di tutti gli angeli del Paradiso: bevvi sino alla sua ultima goccia di sangue.
C'era James con me quel giorno. La sua risata demoniaca accolse il mio gesto.

"Il nostro angioletto ha desistito! Ti sei calato finalmente nella parte, eh Edward?"

Per giorni, dopo quell'assassinio, non volli vedere nessuno. Li allontanai tutti. Degli altri tre, sapevo soltanto che si erano sbarazzati del cadavere e nulla di più.
Nascosti nel medesimo edificio abbandonato, di lamiere e ruggine, dove si era consumato il mio personale massacro, mi isolai dal resto della comitiva, carezzando quel povero giaciglio di cartone dove la mia vittima aveva dormito e dove aveva perso la sua - già povera - vita. Cercavo di illudermi, di consolarmi dicendo che tanto non se la passava troppo bene. Che forse, passare a miglior vita era meglio che patire gli stenti e la fame. Mentivo a me stesso per pulirmi una coscienza che non avevo più.
Rifiutai la compagnia di Victoria. Già di per sè  la tolleravo poco giacchè la ritenevo - la ritengo tutt'ora ed a ben ragione - la causa del mio dolore e dell'essere ignobile in cui mi ero trasformato. Ancor meno mi riusciva di sopportarla ora che mi giustificava per quell'orrendo delitto che avevo commesso.

"Edward, è giusto così. Sei un vampiro, non puoi farti divorare dalla sete. Anzi, hai impiegato fin troppo tempo per sfamarti!"
"Sta' zitta, Victoria! Taci, e lasciami solo! Lasciami!"

Victoria parlava con l'animo di un vampiro, considerando gli esseri umani semplicemente come cibo da ingerire. Così come lei James e Laurent.

Io ragionavo ancora da mortale ma avevo gli istinti tipici del predatore.
Era davvero frustrante.

In tutta la mia esistenza di dannato ho collezionato all'incirca otto o nove vittime.
Poche decisamente rispetto agli standard dei miei compagni.
Troppe per me.
Ogni volta che uccidevo qualche altro mortale finivo col fare a pugni con me stesso, preso dallo sconforto, disorientato e confuso. Davo sollievo alla mia sete e finivo col torturarmi la coscienza e lo spirito, quel che immagino, in realtà, di non possedere più.

La mia ultima vittima è stata Marta.
Marta Robinson.

Ci eravamo spostati a Seattle già da un po' di tempo. 
Erano passati quasi quattro mesi dalla mia trasformazione.
Al solito non mi nutrivo da un po'. Talvolta ricorrevo a piccoli animali, topi, gatti. Ma saziavano poco se non nulla la mia sete. I miei escamotage per sfuggire a ciò che mi chiedeva il corpo costituivano il fulcro dell'ilarità e delle prese in giro di James ma sotto questo punto di vista ero piuttosto controllato: ormai preferivo ignorarlo piuttosto che ucciderlo. Anche perchè sapevo che la morte di James avrebbe provocato un dolore immenso in Victoria e, benchè la odiassi, l'ultima delle mie intenzioni era farle del male, in ogni caso.
Anche quella sera mi ero allontanato dal clan e camminavo silenziosamente lungo una strada piuttosto isolata di Seattle. Il cappello ben calcato in testa, i capelli un po' lunghi sulla fronte: i soliti tentativi poco riusciti per nascondere il rosso degli occhi.
Tremavo: la sete, per noi vampiri, somiglia molto a quella che potrebbe essere una crisi di astineanza per un eroinomane. Mi sentivo davvero drogato, sotto questo punto di vista.

D'improvviso nella mia mente udii una vocina dolce canticchiare una canzone d'amore.
Da non troppo lontano, nella direzione opposta alla mia, arrivava una giovane ragazza.
Mi fermai sotto un lampione, nell'attesa del suo arrivo. Una folata di vento mi portò il suo dolce profumo. Mi stordì ed inebriò all'istante. In maniera del tutto incontrollata il veleno fluì autonomamente nella mia bocca, mi lambì il palato.
Non ebbi il tempo materiale per provare disgusto per me stesso: avevo troppa sete.
Mi avvicinai alla ragazza.
Lei continuava a camminare tranquilla, ascoltando musica dall' iPod; i libri sottobraccio, la sciarpa rossa arrotolata intorno al collo.

"Signorina, mi scusi?"

Troppo presa dalla sua musica non badò alla mia voce.
Le toccai leggermente un braccio.

"Sì? Oh, mi scusi, non l'avevo vista! Mi dica..."
"Volevo chiederle la strada...quale fosse la strada per..."

Cercai di combattere con il mio istinto primordiale, con la parte più brutale ed aberrante di me stesso. Ma fu impossibile controllarmi allorchè incontrai quello sguardo dolce e bellissimo.
Uno sguardo che mi parlava di lei, Bella.
Perchè la giovane, sfortunata vittima che aveva incrociato il mio cammino aveva troppo del mio primissimo e mai dimenticato amore: gli occhi color cioccolato, il sorriso dolce, le guance sfumate di rosa, i capelli lunghi e bruni.
E quel profumo irresistibile di fresie.
Desiderai baciarla, intensamente. Perchè in lei, per la prima volta dopo la trasformazione, avevo rivisto la mia Bella nitidamente.
Ma quel desiderio malato di un semplice bacio si trasformò rapido in un istinto omicida.
Afferrai il polso di Marta.
Lei mi guardò con gli occhi sbarrati, lasciando cascare i libri per terra.

"Ma che diavolo sta fac...."

Non finì la frase. Con un gesto violento della mano le volsi rapidamente il capo, bloccandolo su di un lato. Urlò per il dolore che probabilmente accusò ai muscoli del collo ma non si mosse, giacchè la mia semplice presa sul suo polso bastava ad immobilizzarla completamente.
La tenni in quella posizione scomoda per qualche minuto. Il tempo necessario per annusarne completamente il dolce profumo. Le sfregai le labbra fredde lungo tutto il collo. Lei tremava in maniera piuttosto evidente, farfugliando delle mezze preghiere.
Pensava alla mamma che, a casa, preparava una buona torta al cioccolato. Pensava a tutta la famiglia riunita intorno alla tavola per la cena. Pensava che avrebbe dovuto essere lì, piuttosto che in una strada fredda con uno sconosciuto malintenzionato. Lo desiderava ardentemente.

"Che....che cosa vuoi...."
"Te"

Le posai un bacio delicato su quel collo candido, stringendola convulsamente.
Sotto le mie labbra, giusto in quell'istante, un'arteria pulsò più forte.
Il veleno fluì in quantità ancora maggiori, fuoriuscì dalla bocca.
Una nuova folata di vento, il suo profumo più intenso, il sangue caldo che scorreva sotto la pelle,
quegli occhi di Marta così simili a quelli di Bella.

Il desiderio di stringere Bella tra le mie braccia.

Mi bastò un secondo per penetrare la sua fragile carne con i miei canini aguzzi.
Il suo sangue era il più dolce nettare che il mio palato avesse mai potuto gustare. Scendeva leggero lungo la gola, lambendo la lingua delicatamente.
Più bevevo, più ne avevo voglia.
Più la sete si attenuava, più riprendevo coscienza di me stesso.

Marta fu brava, non pianse. Non urlò.
Esalando infine l'ultimo respiro pensò alla sua sorellina più piccola che l'aspettava a casa.
Quella casa dove non avrebbe più fatto ritorno.

La prosciugai letteralmente. Il suo corpo inerme si abbandonò tra le mie mani.
L'abbracciai teneramente; qualcuno, da lontano, ci avrebbe potuto scambiare tranquillamente per due giovani amanti.

La tenni stretta per tanto tempo ancora, dopo averla uccisa.
Avevo ripreso la lucidità e la consapevolezza della nefandezza appena compiuta.
La sete era quasi un ricordo ormai.
L'idea di aver ucciso un innocente, viceversa, era nitida e pressante. Insostenibile.


Se avessi saputo soltanto lontanamente come procurarmi la morte da solo, l'avrei fatto.
Era inconcepibile pensare di essermi assoggettato al mio istinto primordiale di creatura dannata. Avevo appena ucciso una ragazza innocente.
Magari anche lei aveva i suoi amici, la sua bella famiglia, un ragazzo da cui tornare.
Così come un tempo io avevo avuto Bella.
In ogni caso un futuro roseo si stagliava davanti a lei. Un futuro che io avevo cancellato senza ritegno.
Singhiozzai senza lacrime davanti al suo corpo bianco ed immobile.
Infine la portai lontano, in una zona piuttosto isolata, dove tuttavia avrebbero potuto ritrovarla e darle degna sepoltura.
Nella poggiarla delicatamente su di un povero, improvvisato giaciglio di fogli di giornale e pezzi umidi di cartone, notai del legno buttato casualmente in un angolo. Incrociai quegli assi a mo' di croce e questo fu tutto quel che io, in quanto assassino, riuscii a fare, nel mio piccolo, per onorare quel povero cadavere.

Da quel giorno, finì la mia esistenza da omicida.
Presi la mia decisione.
Abbandonai il clan di Victoria, James e Laurent senza alcuna spiegazione. Il loro modo di vivere si scontrava troppo con quelle che erano le mie intenzioni. Necessitavo di un ambiente dove poter educare a miglior condotta il mio istinto animale, piuttosto che supportarlo, per cui considerai come ovvia e necessaria la decisione di andarmene.
Nessuno cercò di fermarmi benchè avessi potuto leggere un lampo di rabbiosa malinconia negli occhi di Victoria: tutto sommato doveva essersi affezionata a me.

Ma non fu tutto subito semplice.
In quell'unico mese vissuto in solitudine fra le strade di Seattle mi crogiolai tra il senso continuo e spossante della sete, i ricordi bellissimi e lontani della mia vita passata, la tristezza e la consapevolezza di essere solo nel mio mondo dannato.

Tutto questo finchè Alice e Carlisle non sono venuti a tirarmi in salvo da quell'inferno.
Ancora oggi, a distanza di un anno e mezzo dal nostro incontro, benedico lo straordinario dono di mia sorella: senza la sua capacità di prevedere il futuro, ad oggi, non avrei ritrovato il calore di una famiglia e quel personalissimo e fugace equilibrio che ancora mi consente di considerare quasi normale la mia insensata esistenza.
E' grazie a loro, inoltre, che ho incontrato Tanya.
Carlisle me la presentò una sera di un anno fa come una specie di cugina o nipote acquisita; ancora non comprendo bene i rapporti di parentela che ci uniscono al clan di Denali.
Conoscevo il motivo di tale presentazione, gliel'avevo letto nel pensiero. Desiderava che anch'io avessi una compagna in grado di alleviare il peso della mia solitudine.
Da allora Tanya risiede stabilmente con noi Cullen. Credo che stia provando in tutti i modi a farmi innamorare di lei allo stesso modo e con la stessa intensità con cui lei tiene a me.
La lascio fare, non so ancora bene per quale motivo. Ma ad oggi non le ho mai dato un bacio nè ho ricambiato l'unico che abbia mai provato a darmi lei di sua spontanea volontà.
Tuttavia è fonte di grande compagnia, per me. Stiamo spesso insieme e le voglio bene.
Ma questo semplice affetto io non lo chiamo Amore.


Di tanto in tanto tiro fuori vecchi articoli di giornale che parlano di Marta.
La rivedo ritratta in quella foto della carta d'identità. Non le rende giustizia: Marta era molto più bella.
Mi si stringe il cuore al suo pensiero, se è cuore quel piccolo sasso che porto nascosto nel petto. Mi darei a testate nel muro se servisse a riparare i miei errori.
Poi ripenso a Bella, a quel destino beffardo - di cui tanto blatera mia sorella - che ha voluto farci incontrare nuovamente.
E penso che mai, mai più io e lei torneremo insieme.

Devi stare lontano da me, Isabella.
Perchè io non sono più il tuo Edward.
Sono morte, adesso. Morte, orrore e disgusto.
E perdonami semmai dovessi farti soffrire ancora con i miei atteggiamenti, con la mia freddezza e con quel distacco che tanto facilmente riesco ad inscenare in tua presenza.
In realtà io ti riempirei la bella testa bruna di baci.
Ma non posso.
Perdonami per tutte le lacrime che hai versato, per quante ne verserai ancora, perdona tutti gli errori che commetterò ancora nei tuoi confronti.
Perdonali perchè sono a fin di bene.

Tutti i miei sbagli saranno fatti per te.
Per proteggerti, amor mio.



Angolo dell'autrice:

Buongiorno a tutte e buona domenica, ragazze!
Eccoci qui...nuovo capitolo, piccola sorpresa...Prima di proseguire nel racconto ho pensato fosse assolutamente necessario un POV EDWARD....Il nostro povero eroe è apparso decisamente cinico e crudele nei primi capitoli di questa fanfic, per cui mi pareva giusto dargli la parola e consentirgli diritto di replica...Come avete potuto leggere....è davvero anche lui una vittima degli eventi e non è per niente distaccato e freddo rispetto a quanto è accaduto!
Spero di avervi fornito la massima parte delle risposte ai vostri quesiti...una parte dei misteri è stata svelata, per tutto quanto deve ancora accadere...dovrete portare un po' di pazienza!;)
Questo capitolo è stato diviso in due parti: la prima, totalmente in corsivo, costituisce  il monologo interiore di Edward alle prese con i propri timori, dolori, i propri dubbi....La seconda parte è un lungo flashback sulla trasformazione e su come gli eventi l'abbiano condotto a casa Cullen...non avrei voluto articolare così la narrazione ma neanche mi andava di fare due capitoli separati....Spero in ogni caso che sia di vostro gradimento!
Confido nei vostri commenti...Non siate pigre e/o timide (giusto per rifarmi alle parole di una mia lettrice di fiducia ^^), ditemi cosa ne pensate...Le vostre parole sono importanti per noi autrici, servono a migliorarci ed a capire se la storia in generale ha un "senso" per voi! :)

Il titolo del capitolo non è inventato....E' la traduzione italiana di una canzone inglese stupenda, "My mistakes were made for you" dei Last Shadows Puppets...vi lascio il link se vi va di ascoltarla:

http://www.youtube.com/watch?v=9cQloro92xA

Grazie mille sempre a chi segue, preferisce, ricorda e recensisce la mia fanfic! :)
Buona domenica ed a presto!
MaTiSsE!






























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Capitolo 8
*** Dolori immensi ed immenso amore ***


nuovissima07

CAPITOLO 7
Dolori Immensi ed Immenso Amore
(POV BELLA)








"Il ciclo di Krebs viene anche definito come ciclo degli acidi....acidi....degli acidi...."
"...Tricarbossilici, Bella. Acidi tricarbossilici. Pensi di farcela a finire di ripetere questo paragrafo entro la mezzanotte? Non dovrebbe essere difficile sai, son cose risapute queste che stiamo studiando!"

Sbuffai, sfilando la matita con cui trattenevo i capelli in una grocchia disordinata sul capo e lanciandola sulla morbida trapunta del letto di Allison. La coinquilina antipatica - Carol mi pare si chiamasse, - era tornata a casa per il fine settimana per cui avevamo una bella stanza doppia a nostra completa disposizione per ben due giorni.

"Scusa Ally."
"Ho capito!" - Esclamò chiudendo il pesante libro di Fondamenti di biologia con un tonfo - "Non è aria! Forza, adesso sputi il rospo Bells."
"Che vuoi dire?" - Mormorai con finta disinvoltura.
"Isabella Swan, mi prendi per una deficiente? Credi davvero che non mi sia accorta di nulla, in tutti questi giorni? Da quando hai incontrato Edward Cullen hai sempre la testa fra le nuvole....E meno male che mi consideri un'amica....Non mi hai detto una sola parola sul questo vostro benedetto colloquio!"

Guardai la mia Allison imbronciata con aria infinitamente triste.
Aveva ragione.
Neanche per un solo istante avevo soddisfatto la sua tenera curiosità riguardo a quello che lei stessa aveva definito come "l' incontro del secolo".
Non un particolare, non una parola.
Mi ero limitata nel risolvere il tutto con uno stentato: "E' tutto a posto Ally, è stato solo un equivoco."
Ma il mio sguardo perso nel vuoto aveva parlato da sè.
Allison non aveva insistito, comprendendo bene, con la sua intelligenza sveglia e sensibile, che avevo molto di più da raccontarle.
Solo che non mi andava.

D'altronde cos'avrei dovuto dirle?
"Sai Ally, il mio fidanzato, il mio Edward, quel ragazzo dolcissimo di cui ti ho tanto parlato, quello che non avrebbe mai fatto del male ad una mosca...Beh sì, proprio lui. Ha ucciso una ragazza. Così, per gioco, soltanto perchè mi somigliava un po'. Almeno questo è quel che mi ha detto."

No, non sarei parsa credibile, anzi: nella migliore delle ipotesi mi avrebbe considerato pazza.
Così, non ce l'avevo fatta a parlarle, a confidarmi.
E forse, tutto sommato, avrei dovuto. Giacchè la realtà, così com'era, non mi pareva per niente semplice da affrontare. Non da sola, almeno.


Dell' incontro con Edward non avevo dimenticato nulla. Tutt'altro.
Nella mia mente vorticavano, ogni istante, le parole con cui  mi aveva trafitto il cuore.

"Sono un assassino, Bella. Ho ucciso una ragazza perchè ti somigliava...Ti somigliava tanto..."

Le avevo ripetute per ore sino a smembrarle e ricompattarle, sino a perderne di vista il reale significato, come se si fosse trattato di semplici suoni privi di un senso od uno scopo. Le avevo io stessa sussurrate nei dormiveglia che precedevano il mio sonno agitato, prima che il buio mi avvolgesse restituendomi l'immagine oscura dell'uomo splendido in cui si era tramutato. Un uomo splendido e crudele, pronto ad uccidere ancora.
Ciò che tormentava maggiormente il mio cuore e la mia mente erano con i suoi occhi, gli occhi di Edward, così carichi di odio.
Non era un caso, infatti, che il momento peggiore si realizzasse quando, in quei sogni angoscianti e carichi di tensione, proprio quegli occhi mutassero il loro colore.
Da caramello a rosso sangue.
Così, senza un reale motivo. Prima che Edward si avventasse su di me con un coltello, pronto ad uccidermi.
Tuttavia, l'incubo riusciva ad interrompersi prima della mia morte; finivo sempre con lo spalancare improvvisamente le palpebre, annaspando nella notte alla ricerca d'aria, riemergendo a fatica nel mondo reale.
E proprio perchè troppe volte avevo finito col svegliarmi urlando, la fronte imperlata di sudore, avevo ridotto ancor di più all'osso le mie ore di sonno.
Non tolleravo i miei incubi, non ora che mi parlavano di sangue. E morte. E crudeltà.

Erano concetti che neanche lontanamente mi riusciva di legare a lui.
Eppure sembrava esser questa adesso la realtà; una nuova realtà con cui mi toccava - mio malgrado - fare i conti.


Mi mancava Edward.
Il mio, Edward.

La verità era una soltanto: dal giorno del nostro incontro si era trasformato in un'ossessione.
Ancora di più rispetto a quanto non fosse stato nei giorni che erano seguiti alla sua scomparsa.
Perchè l'avevo ritrovato ma mai come ora mi era sembrato di perderlo realmente.

La vera scomparsa di Edward è oggi, non la precedente di due anni fa.

All'epoca c'era ancora la speranza di poterlo scoprire un giorno vivo e felice.
Od anche morto, ma prigioniero di un corpo e di una mente che fossero i suoi, quelli che io conoscevo.

Ma alla luce di quanto è accaduto, questa speranza è ormai definitivamente svanita.
Il mio Edward è svanito.

In ogni caso, ho cercato di farmi forza.
Ho pianto per tutta l'angosciosa notte che è seguita al nostro incontro.
Al mattino, tuttavia, mi sono alzata e preparata normalmente.Le vistose occhiaie violacee parlavano da sè dell'agitazione che mi riempiva il petto, ma non ho voluto darvi peso. Ho seguito al solito i miei corsi, studiato con Ally, mangiucchiato qualcosa.
E sempre ho continuato in questo faticoso iter nei giorni a venire.

Ma in ogni cosa c'era lui.
Edward.
Nella matita che spezzavo sottolineando il paragrafo con impeto eccessivo, nei libri rovesciati sul pavimento, nei discorsi che non riuscivo a portare a termine. Nelle telefonate sempre più sporadiche a Charlie. Nelle nostre foto che avevo messo da parte, nascondendole in un cassetto sotto strati di vestiti e cianfrusaglie inutili, insieme al mio povero campanellino.
Quel campanellino che ora lui non voleva più.
C'era lui, soltanto lui, il suo frustrante ricordo, la sua antica risata, la sua mano ghiacciata.
C'era Edward.

E certo tutto questo non era sfuggito alla mia Allison.
Avrei dovuto aspettarmela quella sua reazione, prima o poi. Un banale equivoco non implicava certo la subdola necessità di nascondere qualsiasi dettaglio che potesse parlarmi di lui. Allison l'aveva capito fin troppo bene, da subito.

Perchè continuare a fingere ancora? Non mi fidavo abbastanza della mia amica?

La verità era che non mi fidavo di me stessa.
Perchè parlare ancora di Edward non mi avrebbe resa forte, tutt'altro: avrebbe tristemente lasciato cadere la mia maschera - costruita così difficilmente - di consapevole e fugace sicurezza.
Potevo fingere di star bene sin quando il suo ricordo mentale non si palesava in azioni e parole, nascondendolo in un angolo remoto del cuore. Riuscivo persino a fingere che non si trovasse nel mio stesso luogo e nel mio stesso tempo.
Ma quanto ancora avrei resistito restituendo alla mia quotidianità la sua ritrovata - e certamente alterata - presenza? Avrei finito col cercare spasmodicamente il suo viso tra i mille e più che mi circondavano, avrei voluto vederlo e toccarlo ancora con tutta me stessa, mentre ora, con forza, seppellivo questo desiderio viscerale ed ingannevole sotto strati di terrore e stupida vigliaccheria.

"Bella? Stai bene?"
"Uh?"
"Ti sei imbambolata, gioia...."
"Scusami Ally..."
"Scusami tu, Bells...Ho esagerato. Se non ti va di parlarne lo capisco. Però se hai bisogno sappi che su di me puoi contare..."
"Lo so Ally, grazie...Ma è...E' complicato...Davvero.."
"Posso fare uno sforzo...Abbiamo tempo..." - Rispose sorridendo dolce.

Ricambiai il sorriso con un'occhiata malinconica, lasciandomi cadere sul letto accanto a lei.

"Allison..." - cominciai giocherellando con l'orlo della trapunta. - "Edward...."
"Sì...?"
"Edward Cullen...."
"Ti ascolto Bells.."
"Beh...E'....Edward Masen. Sono davvero la stessa persona."
"Ne ero certa!" - Sbottò lasciando ruzzolare sul pavimento matite e blocchi di appunti. - "Te l'ha confessato, quindi?"
"Già..." - Ripensai a quella sinistra confessione, al suo sguardo di ghiaccio, a quegli insensibili occhi color caramello. Lo stomaco si strinse in una morsa - "Me l'ha rivelato apertamente...Ha confermato quanto fosse inutile proseguire con una farsa poco convincente...."
"E vorrei ben vedere! Mica sei scema, è stato il tuo ragazzo per tre anni! Come ha giustificato la sua assenza, Bella?"
"Oh beh.....! Ally non sono in grado di spiegartelo in maniera approfondita..."
"Non c'è bisogno...Solo quello che vuoi raccontarmi, tesoro..." - Rispose carezzandomi il dorso della mano.
La sua mano era così calda, e morbida!
"Più che altro....Beh, le informazioni certe sono davvero poche. Allison, sembra che siano accadute tante cose...Edward...Edward è cambiato" - Cominciai a torturarmi il labbro inferiore con i denti, in maniera vistosa - "Ha combinato un sacco di guai in questi due anni....Guai grossi....I Cullen l'hanno salvato ma lui non può più fare ritorno a Forks..."

Gli occhi di Allison si dilatarono in un moto di oscura preoccupazione.

"Oh Cielo, Isabella....mi spaventi..."
"Anche io mi sono spaventata...e non poco..."
"E' per questo che non me ne hai parlato prima?"
Annuii.
"Era troppo doloroso..."
"Che intenzioni hai? Lo dirai a tuo padre, alla sua famiglia?"

Scossi la testa.

"Vorrei Ally. Lo vorrei di tutto cuore. Ma non posso. Edward mi ha pregato di non farne parola con nessuno....ed in ogni caso...E' meglio per Elisabeth che non sappia nulla...Sì, è decisamente meglio così..."


Quanto dolore ancora avrebbe dovuto sopportare quella povera madre?
Meglio ritrovare un figlio, scoprendolo un assassino, o crederlo morto ma innocente?
Non ero riuscita a darmi una risposta. Certo che non mi sarei mai consapevolmente incaricata di darle una simile notizia. Perlomeno non ora che dovevo ancora metabolizzare io stessa l'atroce verità.

Nel silenzio angosciante calato nella stanza - la stessa Allison non era stata in grado di aggiungere una sola parola davanti al mio triste racconto, nonostante la sua proverbiale loquacità - udimmo un leggero picchiettare in sottofondo.
Drizzai le orecchie.
Qualcuno bussava alla porta, con un tocco delicatissimo.

"Aspetti qualcuno?" - Domandò Ally perplessa.
"A dir la verità no. Piuttosto tu? Questo è il tuo alloggio..."
Scosse la testa.
"No, figurati...."
"Vabbè, vado io..."

Non mi curai neanche di accertarmi dell'identità del nostro visitatore.
Mi limitai a spalancare la porta, spinta da un moto improvviso ed  indrecifrabile del cuore.
Il mio sesto senso non mi aveva mentito: Alice attendeva al di fuori dell'alloggio.

"Bella! Sapevo di trovarti qui..."
"Alice...ciao..."

Mi riempii gli occhi della sua bella figura. Deliziosa, minuta e delicata come la ricordavo io.
Non l'avevo più rivista dal nostro ultimo colloquio. Non avevo rivisto più nessuno che appartenesse alla famiglia Cullen dopo il mio incontro con Edward. Non si era trattato certamente di un caso: probabilmente lo stesso Edward desiderava limitare al minimo le occasioni di ritrovo tra me ed i membri della sua nuova famiglia.

"Ciao Allison..."
Alice sporse la testolina bruna per salutare la mia amica, agitando la mano.
"Ciao Alice..." - Per la prima volta Ally non ricambiò il gesto gentile di Alice con una smorfia capricciosa. Tutt'altro: tentò un cenno di sorriso tenendo i suoi begli occhi sgranati. Alla luce dell'approssimativo racconto che le avevo esposto, la visita di Alice, in quanto "sorella" di Edward, era fonte di estrema sorpresa tanto per me quanto per lei.

"Vuoi entrare, Alice?"
"In realtà.....Ecco...vorrei parlarti...in privato, se non ti dispiace..."
"Oh! Certo...Allison?"
"Vai Bella, vai....ti...aspetto qui, io..."
"Ok..."
Ringraziai Allison con un sorriso luminoso ed afferrai il cappotto dalla sedia su cui l'avevo adagiato.

"A dopo, Ally"

Prima che la porta si chiudesse delicatamente alle mie spalle, riuscii ad intravedere la mia amica soffiarmi un bacio sulla punta delle dita: il suo modo dolcissimo di starmi accanto. Mi lasciò un'inspiegabile senso di malinconia nel cuore.
Mi avviai lentamente con Alice lungo il corridoio stringendomi nel cappotto.
Non avevo realmente freddo: soltanto voglia di un abbraccio.


***


Ci accomodammo su una panchina presso il piccolo giardino antistante l'alloggio di Allison.
Non mi sfiorò neanche per un momento l'idea di andare all'Auke Lake: portava con sè troppi dolorosi, recenti ricordi. Neanche il più semplice discorso avrebbe potuto prendere forma sulle rive di quel lago; la mia mente avrebbe finito col divagare troppo presto all'immagine di Edward stretto nel suo cappotto nero, sotto un cielo grigio e gonfio. Più gonfio dei miei occhi in lacrime.
In silenzio mi accomodai al mio posto. Tirai fuori dalla borsa un pacchetto di patatine. Me l'aveva portato Allison durante la lezione pomeridiana, preoccupata del fatto che non avessi toccato cibo a pranzo.
Ne sbriciolai accuratamente un paio, distribuendole ad un piccolo gruppo di piccioni riunitosi attorno a me.
Notai con perplessità che neanche uno di quei volatili si avvicinava ad Alice, eppure sembravano davvero affamati e verso di me non mostravano alcun timore.
Feci spallucce, non sapevo davvero darmi una spiegazione.

"Dunque, Alice..." - Cominciai. - "Volevi parlarmi?"
"Bella, so tutto del tuo colloquio con Edward...Mi dispiace tanto..."
"Non sembrava dispiacerti molto quando tentavi di convincermi che non fosse....il mio Edward". - D'improvviso mi sentii fortemente irritata. Sapevo che Alice non aveva alcun dovere nei miei confronti - ci conoscevamo appena - eppure qualcosa mi suggeriva che, con quel suo atteggiamente indecifrabile - avesse finito col tradire la mia fiducia.
Sì, perchè io - inspiegabilmente - mi fidavo di lei.
"Bella scusami! Scusami davvero..." - Mormorò accigliandosi. Mosse impercettibilmente la mano ma i piccioni si spaventarono e finirono col svolazzare pochi metri più in là. - "Sentivo di non avere alcun diritto nel confessarti io una simile verità. Doveva essere Edward, soltanto lui, a farlo...Ma ho impiegato un po' di tempo per convincerlo..."
"Sì, ho visto..."
"Perdonami, Bella. Puoi farlo?" - Coprì il dorso della mia mano con il suo palmo ghiacchiato, così differente dalla stretta calda di Allison, ed io rabbrividii impecettibilmente. Tanto quanto bastava, comunque, per convincerla ad arretrarsi nuovamente. Alzai lo sguardo, mortificata del fatto che avesse male interpretato la mia reazione, e così incontrai i suoi occhi. Quegli occhi  color caramello, ormai tanto familiari. Forse solo leggermente più chiari di quelli di Edward.
Sbattei le palpebre a mia volta prima di fissarla nuovamente, con espressione perplessa.

"Alice..."
"Sì, Bella..."
"Tu ed Edward non siete davvero fratelli. Non c'è alcun legame di parentela tra voi due..."
"E' vero, Bella..."
"Ed allora perchè....perchè avete lo stesso colore di occhi? Che fine hanno fatto gli occhi verdi di Edward, perchè ora sono uguali ai tuoi?"

Il silenzio calò tra di noi per una frazione di secondo. Tanto quanto bastava per farmi intendere che Alice non avrebbe mai voluto rispondere ad una simile domanda.

"Bella....E' complicato..."
"Troppo complicato, Alice...Lo so, è una storia già sentita questa. Però potresti anche solo tentare di spiegarmi... Perchè francamente non ci capisco un granchè."
"Sono cambiate molte cose, Bella...Molte cose in Edward..."
"Che significa? Smetti di essere così vaga anche tu!" - Sbottai - "Che c'entrano i vostri occhi in tutto questo? Alice, perchè Edward ha ucciso una ragazza innocente? Posso capire che diamine gli ha preso?!" - Urlai infine improvvisamente, alzandomi di scatto dalla panchina.

I piccioni volarono via, definitivamente, troppo spaventati anche da me, ormai.

"Bella, per piacere..."
"Per piacere un corno, Alice! Io avevo perso Edward due anni fa...Puff! Svanito nel nulla, senza una spiegazione, senza una sola notizia.." - Sottilineai le mie parole con ampi, esasperati gesti della mano - "...Dopodichè me lo ritrovo qui, dopo due anni, a mille miglia da Forks, a vivere insieme a voi di cui, francamente, non so nulla, mentre a casa ha dei genitori che l'aspettano...Ed in più lo scopro così diverso, cinico, arrogante e....omicida! Edward è un assassino ed io non so ancora il perchè! Debbo accontentarmi delle mezze verità e sono stanca! Il mio cervello sta andando in fiamme Alice, cazzo!"
"Bella...."
"E' decisamente meglio che io vada via di qui, prima che faccia o dica cose di cui potrei pentirmi....Ho sbagliato a seguirti, è questa la verità...Se sei venuta per chiedermi scusa beh...Scuse accettate, Alice! Ma ti prego, lasciami stare ora!"

Mi allontanai trattenendo a stento le lacrime.
Lo sapevo. Avrei parlato di Edward finendo inevitabilmente col piangere.
Non dovevo farlo, ero forte. Non potevo farmi distruggere da qualcuno che neanche per una sola volta, in due lunghi anni, si era curato del mio stato d'animo e del mio dolore; qualcuno che non si era mai chiesto, in tutto quel tempo infinito, come stessi io realmente e quanta forza avessi avuto per non uccidermi in preda all'angoscia.
Non dovevo piangere per quella creatura così spietata in cui si era trasformato, perchè quella creatura non era il mio Edward e non meritava la mia sofferenza.

La dita fredde di Alice sfiorarono il mio polso, racchiudendolo infine in una stretta delicata.

"Isabella, ti prego, ascoltami solo per un attimo. Hai ragione, hai ragione su tutto. Ma ci sono troppe cose da spiegarti e non possiamo dirti tutto in una volta, sarebbe... difficile da comprendere. Tuttavia ti giuro su quanto ho di più caro a questo mondo che verrai a conoscenza di tutto. Tutto. Abbi ancora un altro po' di pazienza, non ti chiedo altro. Ti prego, Bella...
"Perchè dovrei crederti ancora, Alice?"
"Perchè....oh Bella, il perchè non lo so....Ma io ti voglio bene. Inspiegabilmente, lo so, ma mi sento legata a te...E perchè so che anche Edward lo è ancora non permetterò alle vostre strade di dividersi nuovamente...Questo è quanto. Se vuoi credermi ancora io sono qui." - Mormorò infine lasciando la presa sul mio polso e facendo ricadere le braccia lungo i fianchi.

So che Edward lo è ancora....E' ancora legato a te...

La testa mi girava vorticosamente.
Edward legato a me?
E quella bionda? Tanya? Non era nulla per lui?
Che significato avevano ora queste parole?

Decisi che era pressocché inutile continuare a torturare la mia povera testa. In ogni caso era chiaro che nessuna delle mie domande avrebbe trovato risposta, men che meno quest'ultimo quesito. Ormai vivevo in una dimensione paradossale, nebulosa ed irrealistica, tanto valeva farci l'abitudine senza troppe ritrosie. Certe volte avevo l'impressione di trovarmi in una specie di circo degli orrori, piuttosto che al college.

Guardai Alice dritta negli occhi.
Ricambiò con uno sguardo sincero ed un leggero sorriso che le piegava l'angolo della bocca.

"D'accordo Alice." - Sospirai infine, pentita di quella reazione rabbiosa - "Puoi darmi un altro po' di tempo? Ho bisogno di metabolizzarle, certe notizie. Sono ancora un essere umano, io!"

Sussultò inspiegabilmente alle mie parole.
Infine si riscosse sorridendomi apertamente.

"Certo, tutto il tempo che vuoi. E' un tuo diritto. Saprai come trovarmi Bella, quando penserai che sia finalmente giunto il momento di fidarti di me. Io, nel frattempo, ti aspetterò."


***


Nei giorni che seguirono a quel colloquio con Alice mi capitò talvolta di incontrare qualcuno tra i Cullen in giro per il college, vuoi nei giardini, vuoi in corridoio, vuoi in sala mensa. Mai, tuttavia, l'unico Cullen di cui mi importasse realmente.
Ogni qualvolta era presente, Alice mi salutava sempre con grandi cenni della mano, sbracciandosi e sorridendomi e benchè io non avessi ancora preso una decisione definitiva a riguardo del nostro rapporto, finivo sempre col ricambiarla divertita. Ero irrimediabilmente attratta da lei. Generalmente si accompagnava con Jasper, il suo ragazzo. Anche lui mi salutava, normalmente, ma l'atteggiamento era decisamente differente da quello di Alice, cortese ma nettamente più distaccato; si limitava, perlopiù, ad un cenno del capo. Saluto degno di altre epoche, o di altri tipi di educazione, a scelta.
Soltanto una volta mi capitò di incontrarla con la bella biondina che portava il nome di Tanya. Per quell'occasione limitai il nostro incontro, dileguandomi tra la  folla di studenti prima che Alice potesse adocchiarmi. Lo stomaco mi si contorceva in mille spasmi: l'idea di avere a che fare, anche minimamente, con quella ragazza, la consapevolezza che dividesse in suoi giorni con Edward - il mio Edward o chiunque lui fosse diventato - era ancora troppo insopportabile per me.


E poi, un giorno, accadde: rividi anche lui.
Edward.
Nella biblioteca del campus.

Quel giorno eravamo decisamente ansiose, sia io che Allison, trovandoci alla vigilia di una importante prova intercorso. Ci affrettamo per i corridoi dell' Alaska University nel tentativo di recuperare una postazione decente in biblioteca trascinandoci nella corsa Julia, un'amica di Allison con cui, talvolta, scambiavamo appunti e nozioni varie. Giunte a destinazione, ridemmo allegramente di noi stesse per l'inutile agitazione che avevamo finito col trasmetterci l'un l'altra: la biblioteca, infatti, era - stranamente - semivuota.
Semivuota, esatto.
Perchè nell'angolo più nascosto ed isolato della grande sala, un intero tavolo era occupato da sei persone dal viso ormai noto.
Una fra tutte: Edward.
Me ne stetti lì impalata sotto la porta d'ingresso della biblioteca, deglutendo a fatica in un misto di terrore ed incredulità. Era la prima volta che mi riusciva di vederlo, dopo quel nostro terrificante colloquio. E tuttavia ancora mi risuonavano in mente le parole di Alice e la convinzione malcelata che qualcosa di inspiegabile legasse l'Edward crudele a me.

"Bella?"
"Mh..."
"Stai bene?"

Annuii con estrema difficoltà, soppesandoli, nel frattempo, con attenzione. Era la prima volta che mi concedevo il lusso di osservare tanto a lungo gli splendidi membri della famiglia Cullen. Incredibile quanto fossero tutti così inspiegabilmente bellissimi ma soprattutto aggraziati. Mi pareva di veder sedute sei meravigliose statue di cera.

"Non sono sicura che sia tutto ok Bella...Vuoi darmi i tuoi libri, pesano?" - Domandò ancora Allison.

Scossi la testa. Anche Julia mi guardò titubante.

"Bella, andiamocene..."
"No."

Allison mi guardò  ansiosa ma non ricambiai la sua occhiata. Trassi un lungo respiro prima di avviarmi con passo deciso verso il primo posto libero - e comodo - della biblioteca. Udii i suoi assi concitati dietro di me, seguiti a ruota da quelli più delicati di Julia. Ally lasciò infine cadere i libri sul massiccio tavolo in legno con un tonfo, mordendosi il labbro. Era nervosa.

"Ally. Calma. Siamo venute per studiare.....e studieremo"
"Ok."
"Ragazze, francamente non ci capisco nulla...Che problema c'è?"

Un problema enorme, Julia.

Sott'occhio colsi l'espressione tesa di Alice. Anche lei si mordeva il labbro inferiore. Curioso come le mie due amiche - che mal si tolleravano tra loro - sfoggiassero, alla fin fine, gli stessi atteggiamenti.
Ero certa che avrebbe voluto salutarmi. Magari anche correre ad abbracciarmi. Ma c'era Edward e tanto bastava per frenare ogni suo gesto.
Io, dal canto mio, mi sentivo osservata. Nessuno dei Cullen guardava nella mia direzione, se non Alice di nascosto, eppure sentivo gli occhi di tutti loro puntati su di me. Sapevo che, anche se non apertamente, ero il centro del loro pensare, in quel momento.

"Da cosa vogliamo.. cominciare, ragazze?"
"Non so...magari ripassiamo per primo l'ultimo capitolo? Avevo qualche perplessità a riguardo..." - Rispose Julia.
Ally non ci degnò minimamente di attenzione, troppo impegnata nel guardare altrove.
"Allison concentrati per favore..." - Mormorai a fatica.
"No Bella, è che..."
"Cosa?"
"C'è un po' di agitazione al tavolo dei Cullen..."

Davo le spalle a quel tavolo per cui mi risultava piuttosto difficile lanciare un'occhiata nella loro direzione. Tuttavia ruotai leggermente il bacino e con la coda dell'occhio riuscii a cogliere un momento di concitata discussione tra Edward, Alice e la sorella più grande, credo si chiamasse Rosalie: aveva, quest'ultima, uno sguardo tanto severo da incutermi una netta soggezione. Non c'erano troppe parole tra loro, più che altro qualche gesto frettoloso della mano; tuttavia la tensione si leggeva nettamente nel modo in cui Edward ed Alice, soprattutto, si guardavano negli occhi. Sguardi intensi, al limite tra la sofferenza e la rabbia. Pareva quasi che riuscissero a comunicare con la sola forza del pensiero.
Mi sentii improvvisamente confusa e, se possibile, ancor più nervosa.
Scattai nuovamente verso Allison e Julia.

"Co...Continuiamo per piacere..."

Riaprii il libro con mano tremolante.
Allison lasciò cadere la sua agenda personale in terra.
Julia ci sogguardò titubante e fece infine spallucce.
Non riuscivo neanche a voltare pagina. Un senso di nausea si palesò dallo stomaco sino alla gola. Mi sentivo soffocare.

"Io...io non capisco!"

La voce di Edward risuonò chiara e decisa nella sala. L'eco si riprodusse nitido, spezzandosi in mille frammenti nel mio cuore agitato. Qualche altro studente solitario sparso nella stanza alzò lo sguardo dai propri libri. Allison mi fissò sbigottita, Julia guardò Allison ed io....me ne stetti immobile in attesa del destino.
Un tramestìo di sedie mi riscosse dal torpore: Edward aveva lasciato il suo tavolo  e si muoveva a grandi passi verso l'uscita.
Mi passò accanto e nell'aria smossa dal suo passaggio mi arrivò chiaro e deciso il suo splendido profumo.
Mi stordì.
La sua ombra che si allontava rapida  verso luoghi sconosciuti mi spinse ad un improvviso decisione: scattai dalla sedia, presa dall'irrefrenabile impulso di seguirlo.

"Edward! Dove vai?"

Dietro di me il suono di una voce femminile sconosciuta. Mi voltai.
La bionda Tanya se ne stava ferma alle mie spalle; mi trucidò con uno sguardo terrificante, gli occhi scuri puntati dritti nei miei.

"Lascialo stare" - Sibilò con scarsa gentilezza.
"Io...."
"Tanya...andiamo, calmati"

Non so precisamente da dove fossero spuntate Rosalie ed Alice. La velocità fulminante con cui i membri della famiglia Cullen tendevano a spostarsi mi destabilizzava anche in un momento catartico come quello. Le osservai mentre cingevano le spalle di una Tanya tremolante. Con affetto, si sarebbe detto; io tuttavia, leggevo soltanto astio in quel gesto, soprattutto da parte di Alice. Ma probabilmente mi sbagliavo. Da lontano Jasper ed il fratello più grande, il ragazzone di cui mi sfuggiva momentaneamente il nome, se ne stavano tesi ed immobili, in attesa degli eventi.

"Io....non volevo fare nulla di male..."
"Ti - ho - detto" - Ribadì Tanya, la voce quasi metallica - "Che devi lasciarlo perdere...Ti è chiaro?"
"Eh no, cara!" - Sbottò allora Allison, scattando in piedi - "Caso mai lo lasci perdere tu Edward! Non sei in diritto di parlare!"
"Ally!"

Tanya ringhiò letteralmente in direzione di Allison e probabilmente l'avebbre assalita se Alice e Rose non l'avessero tenuta a bada.

"Ehi, ehi...Ok ragazze...Stiamo calme..."
La voce grossa ma gentile del ragazzone bruno arrivò chiara alle mie orecchie. Lui e Jasper ci avevano infine raggiunte.
Il fidanzato di Alice doveva avere un notevole ascendente su Tanya, giacchè la sua sola vicinanza fu in grado di placarla notevolmente. L'espressione tesa di Tanya si rilassò gradualmente e le pupille dilatate ripresero il normale diametro. Ma certo non smise di rivolgermi sguardi terrificanti. La sua reazione era piuttosto semplice da capire. Più comunemente la chiamano gelosia. A me sembrava volesse proprio dirmi "Stai al tuo posto perchè se ti avvicini ad Edward sei morta". Ma in tutta onestà quel che lei mi chiedeva, con le buone o con le cattive maniera, interessava poco. Edward era stato mio e c'era ancora troppo del nostro passato tra di noi, nonostante i cambiamenti e le parole non dette, per lasciarlo andare via senza combattere.

"Bella, Tanya, Allison...Mi spiace, cerchiamo di stare tranquille. Sul serio, non c'è nulla di drammatico..."
"Lo dici tu, Alice.." - Esclamò Allison.
"Noi desideriamo soltanto che la questione possa sistemarsi, definitivamente." -
"Se è davvero questo che vi sta a cuore" - Esclamò ancora Allison, spavalda - "Tenete a bada la vostra amica...Isabella ha tutti i diritti di chiarirsi ancora con Edward."
"Lo penso anch'io" - Rispose Alice a sorpresa. La guardarono tutti in un misto di perplessità e rassegnazione. Tanya digrignò ancora i denti.
"Mi dispiace Tanya. Mi dispiace davvero..." - Fu tutto quel che io riuscii a mormorare. 
Poi persi qualsiasi tipo di resistenza e controllo. Incurante, diedi a tutti loro le spalle ed infine mi allontanai in gran fretta dalla biblioteca. Nella corsa quasi disperata che intrapresi alla ricerca di Edward, l'unica cosa che riuscii ad udire furono le parole ironiche di Allison rivolte a Julia, la quale aveva assistito a bocca aperta a tutta la scena:

"Chiudi la bocca, July. E' tutto ok. Ogni cosa sta semplicemente tornando alla sua esatta collocazione."


***


Nonostante tutto lo conoscevo ancora bene.
Nonostante per mille aspetti non fosse più il mio Edward, sapevo ancora prevedere le sue mosse.
Il vecchio Edward, quand'era triste o arrabbiato, si isolava nei posti che gli stavano più a cuore, quelli che avevano segnato in qualche modo la sua vita, anche in senso negativo.
Ed il nuovo Edward me lo ritrovai seduto lungo le rive dell'Auke Lake, intento a lanciare distrattamente sassolini nell'acqua placida.
Come mi aveva suggerito la mente.
O forse il cuore?
Mi mossi lentamente sul terreno irregolare.
Poi mi adagiai piano accanto a lui, sulle rive di quel lago. Non mi scostò, non si alzò, non andò via.
Tutto sommato desiderava che io lo seguissi.
Continuòa lanciare sassolini, inizialmente in modo rabbioso. Poi sempre più piano. Piccoli cerchi perfetti si allargavano a raggiera sulle acque calme del lago. Li contavo mentalmente nel vano tentativo di darmi ad un'attività che potesse rilassare la mia anima anche solo per un istante.
Non servì a molto.
Allora mi decisi a cantare.
Intonai a bocca chiusa la melodia che Edward amava tanto. Clair de Lune.
Istantaneamente smise di lanciare i sassolini. Guardò davanti a sè per qualche istante, in silenzio. Poi prese a seguirmi, canticchiandola a sua volta.
Mi venne da sorridere.

"Al piano viene molto meglio..."
"Beh, direi di sì..."
"Perchè mi hai seguito?"
"Non c'è un perchè Edward. Si chiama istinto."
"Il tuo istinto dovrebbe suggerirti di starmi lontana..."
"E stando a quel che dici il tuo di istinto dovrebbe mandarmi via...Perchè non l'hai fatto ancora?"

Non rispose. Si limitò a contrarre la mascella.

"Tanya non ha apprezzato il fatto che abbia voluto seguirti...Mi dispiace se litigherai con lei per colpa mia..."
"Tanya.....E' l'ultimo dei miei problemi adesso, Bella...."

Lo guardai perplessa.

"Ma voi state insieme, dovrebbe riguardarti...."

Di nuovo, non rispose.
Rimasi un attimo in silenzio, chiusa in una personale riflessione.
Nella mia corsa frettolosa avevo trascinato con me soltanto la mia borsa.
Ne tirai fuori il diario.

"Edward dì...questo te lo ricordi?"

Sgranò gli occhi.

"Certo...certo che sì, Bella!"

Un sorriso sincero gli illuminò il volto ma si spense troppo presto mentre le sue dita perfette sfogliavano avidamente le pagine della piccola agenda che mi aveva letteralmente strappato di mano. Pagine vissute, piene di ricordi dolcissimi, di particolari che avevano riempito il nostro cuore e le nostre antiche giornate insieme.

"E' stato così tanto tempo fa, Bella..."
"Lo so" - Mormorai a testa bassa.

Si arrestò sulla pagina del 20 di giugno di due anni e mezzo prima. La mia dedica scritta in blu risaltava nitida e dolorosa come un marchio a fuoco:

Nessuno al mondo ti amerà come ti amo io

"Edward...."
"Sì, Bella...."
"Non era una bugia, quella. Nessuno al mondo può amarti più di quanto ti abbia amato io."

Richiuse il diario e si alzò piano.

"Ecco" - Pensai - "L'ho fatto arrabbiare di nuovo!"

Mi restituì il diario e, guardandomi con un'espressione indecifrabile, mormorò le parole più dolci che mai gli avessi sentito pronunciare dal giorno in cui l'avevo ritrovato:

"Lo so, Bella. E per quel che mi riguarda nessuno mai prenderà il tuo posto. Non starò mai più insieme con nessuna come sono stato con te, Bella. Ma io...io non sono più adatto per te. Io sono un mostro, Bella..."
"No, non lo sei.."

Era questa la verità. L'idea sbagliata che mi ero fatta di Edward crollava miseramente davanti al suo sguardo addolorato e forse sincero, per la prima volta dopo tanto tempo.

"Ti prego, lasciami finire. Quel che ti ho raccontato l'altra volta era la verità. Speravo che esporti quella la mia storia così orribile con dei toni tanto aspri potesse indurti ad odiarmi e nonostante tutto mi sono sbagliato perchè tu sei ancora qui. Ma io non lo merito, Bella. Tu sei....sei una splendida creatura, sei così ...candida e e così...bella. Dentro e fuori. Stai lontana da me, ti supplico."
"Edward io...io non capisco tante cose"
"Non posso spiegartele.."
"Dovrei odiarti per questo. Per essertene andato, per non essere tornato, per quel che dici ora e per questi tuoi cambiamenti di umore che mi fanno girare la testa. E c'ho provato, credimi, a detestarti, a non pensare a te, ad avere anche paura di te. Eppure tutti i miei propositi sono miseramente andati persi. Sono giorni interi che mi chiedo cosa ti sia accaduto di così terrificante, perchè tu sia cambiato tanto, perchè tu abbia....ucciso. Ma adesso che ti guardo leggo nei tuoi occhi tanta pena. Ed anche se ho creduto che tu fossi diventato un mostro, davanti a me ora io vedo soltanto il mio Edward di sempre. Angosciato, disperato. Ma sei tu."
"No Bella, ti sbagli....Non sono io...non dipingermi come un eroe, io sono il cattivo. Io sono un assassino"
"E se decidessi nonostante tutto che questo non m'importa, Edward?"
"Oh, t'importerà eccome, Bella! Avrai paura di me, prima o poi, proverai disgusto per quel che sono diventato. Bella, tu ami soltanto...il mio ricordo..."
"Potrei amare anche te, adesso..."

I miei stati d'animo erano - se possibile - ancora più ballerini e volubili del suo umore. Avevo congelato il mio cuore nell'attesa del suo ritorno e così l'avevo lasciato, freddo ed inerme, davanti ad un Edward crudele e terrificante. Eppure mi era bastato così poco per capire che l'amore era ancora tutto lì. Era bastata quella frazione di secondo in cui la maschera di glaciale durezza di Edward era caduta per ricordarmi quanto immenso fosse il mio sentimento per lui. Avrei potuto superare anche la più atroce delle verità perchè l'amore vero è questo. E' irrazionale ed illogico. Non si cura della realtà, di cosa sia giusto e cosa sbagliato. Si cura soltanto della persona amata. E questa persona, per me, era sempre lui, Edward. Nonostante tutto era sempre stato lui.

Mi avvicinai piano al suo viso, carezzandogli incerta la guancia. Temevo di allontanarlo ed invece non si mosse.

"Il tuo buon profumo, Bella..."

Sorrisi.

"Tu...tremi..."
"E' il freddo..." - Mentii soffiando le mie parole sulle sue labbra. Avevo dimenticato il cappotto, questo era vero. Ma non era certo la temperatura di quel freddo novembre a smuovere il mio corpo.
Tutto ciò che desideravo in quel momento erano le sue labbra.
"Ed io non posso neanche pensare di abbracciarti per scaldarti un po', Bella....Non ti scalderò...mai più.."

Mi serrò le spalle con le sue forti mani e mi impedì di avvicinarmi di più al suo bel viso.
Per un attimo soltanto avevo sperato.

Sciocca, illusa Bella!

Piantò i suoi begli occhi nei miei. Color caramello screziato di nero.
Più li guardavo e meno senso riuscivo a trovarci.

"Bella, se davvero mi ami ancora, ti chiedo di fare una cosa per me..."
"Tutto ciò che vuoi..."

Attese un istante, prima di parlare.
Poi riprese:

"Lasciami stare. Non cercarmi più. E se mai ....dovessi essere io a farlo, mandami via. Buttami fuori dalla tua vita e... dal tuo cuore, Bella. Te lo chiedo....per favore."

Lo guardai sbigottita senza proferire parola, mentre si inginocchiava davanti a me, singhiozzando senza lacrime. Era irriconoscibile...Dov'era finito l'Edward crudele?
Dunque, la sua maschera aveva finito col frantumarsi in mille pezzi? Era bastato così poco? Anche per lui il dolore era dunque così insopportabile?

Ma certo.Era chiaro.
Era lui, il vero Edward.
Quello che desiderava piangere per me.

Mai come in quell'occasione le parole pronunciate da Alice, "Edward è ancora legato a te" mi risuonarono più sincere e degne di considerazione: nello stesso istante percepii di potermi ancora fidare di lei.

Edward mi amava. Mi amava ancora.
L'avevo capito, finalmente. Era stata tutta una farsa, una bugia.
Mi teneva lontana soltanto per non farmi soffrire ma sfuggiva al reale desiderio del suo cuore.

"Edward..." - Mormorai, piangendo a grandi lacrime. Gli carezzai la testa ramata piena di angoscia. Mi sembrava un fragile, indifeso bambino.
Eppure lui si definiva "mostro."

"Ti prego, Bella...!"

Desiderai letteralmente di morire, perchè, nonostante tutto, sembrava un sacrilegio opporre un rifiuto alla sua richiesta, a quello sguardo così angosciato e sofferente.

Non si trattava di una minaccia, nè di una crudele intimidazione, ma di una supplica.

Tutto ciò che Edward mi chiedeva, per l'amore che ancora provava per me, era in quelle parole con cui mi scongiurava di lasciarlo andare ancora una volta. O di andare via io, per prima, se lui non fosse stato abbastanza forte.

Tutto in quell' accorata preghiera cui non avrei potuto - mio malgrado - sottrarmi.


"D'accordo..." - Mormorai stringendolo un po' di più nella speranza di calmarlo - "Se è davvero questo ciò che vuoi, Edward non posso farci nulla...Se è questo che ti renderà sereno...Io...io....io lo farò."




Angolo dell'autrice:
Buonasera ragazze!
Anzitutto scusatemi, vi ho fatto attendere davvero a lungo....Purtroppo sono divisa fra mill impegni, in primis il lavoro, poi amici, famiglia, ragazzo....Adesso anche il Natale! Potrete capirmi, è davvero difficile star dietro a tutto! :)
Dunque....cambio di rotta in questo capitolo! Edward non si trattiene più, davanti a quel diario, davanti alla loro storia descritta in mille pagine di ricordi,davanti alla sua Bella che, nonostante tutto, insiste e non demorde, alla fine... cede! Via l'Edward cattivo...E tuttavia, nulla è ancora così semplice...Edward vuole ancora tenere lontana Bella, e lo farà, perchè non si crede affatto l'uomo giusto per lei....Voi cosa ne pensate?
Mi scuso con voi per la scena di rabbia tra Tanya, Bella ed Allison...Non mi piacciono questo tipo di eventi però...è anche vero che Tanya si considera, nonostante tutto, la candidata ideale all'amore di Edward e certo il ritorno di Bella un po' di fastidio doveva darle...immagino già quali possano essere i vostri pensieri, visto che mal tollerate la bionda vampira! :D...Beh, in tutta onestà neanche io la sopporto molto! ;)
Il titolo è un riadattamento della canzone di Battisti...immagino l'abbiate già capito da voi, cmq! :)
Grazie mille come sempre a chi segue, preferisce, ricorda e recensisce la fanfic...Su, non siate timide, lasciate un commentino (voi che di solito restate all'ombra ^^)....Fate la felicità di noi scrittrici con le vostre parole! :D
Un bacio a tutte...Spero di postare ancora prima di Natale ma se così non fosse...Buone feste a tutte voi! :)
MaTiSsE!

ps: forse nel prossimo capitolo potrebbero (e sottolineo potrebbero) arrivare i lupi! :)







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Capitolo 9
*** La vita ti spara alle spalle ***


nuovissima8

CAPITOLO 8
La Vita Ti Spara Alle Spalle

(POV BELLA)








Gliel'avevo promesso.
E mantenni la parola data.
Edward non mi incontrò più. Né per caso né per volontà.
Era un sacrificio enorme quello cui mi sottoponevo. Ma l'amore è tale, a volte, proprio perchè ha il coraggio di lasciar andare via l'amato.
E perchè mi aveva supplicato con troppo dolore non avevo potuto negargli il mio consenso.
Forse, per Edward, la sofferenza di saperci separati era maggiormente tollerabile rispetto al dolore provocato dalla mia vicinanza.
Perchè desiderava una vita migliore per me, a suo dire.
Un'esistenza felice, accanto a qualcuno degno della persona che ero.
Francamente io ero giunta nuovamente alla conclusione che, per me, nessuno al mondo era migliore di lui, nonostante tutto. Qualunque fossero stati gli avvenimenti che l'avevano condotto ad una simile trasformazione, qualunque fossero stati gli errori commessi e le colpe che si trascinava dietro, io sapevo di amarlo ancora, soprattutto adesso che la sua maschera era definitivamente caduta. Crudele o fragile che fosse, in ogni caso, era Edward. Questo mi bastava.
Ma se lui pensava di star meglio lontano da me, non potevo costringerlo.
Forse, dovevo soltanto accettarlo.

"In arrivo Swan!"

Pam!
La palla di neve mi centrò giusto dietro la testa. E meno male che le dimensioni non erano eccessive, altrimenti mi sarei fatta male sul serio.
"Allison!"
"Io ti avevo....avvisata!" - Mi rispose ridendo a crepapelle.
"Piccola per di carota che non sei altro, adesso ti faccio vedere io!"
Presi a rincorrerla lungo il prato coperto di neve, fermandomi di tanto in tanto per realizzare qualche piccola palla  da utilizzare, a mia volta, come arma contro di lei.
La risata cristallina di Allison scaldava l'aria gelida di dicembre e mi riempiva il cuore.
Se non avessi avuto lei accanto, in quei lunghi tre mesi in cui la mia vita era stata letteralmente ribaltata e reimpastata dal destino, probabilmente non ce l'avrei fatta, in troppe occasioni. Il suo sorriso, le sue mani calde, i suoi occhi dolci, tutto di lei mi aveva dato conforto e sostegno per rispondere alle avversità ed ai dolori dei miei giorni.
Aveva alzato la voce al posto mio quando le parole mi erano morte in gola, aveva ragionato per me quando non riuscivo a venire a capo dei miei pensieri nebulosi; aveva gioito, pianto, riso con me.
Aveva riso per me, per farmi sorridere a mia volta.
Per quanto poco potesse essere il tempo trascorso insieme sentivo che a nessuna, nessuna delle mie amiche, volevo bene come a lei. Allison sapeva comprendermi senza bisogno di parlare, solo con uno sguardo, ed era proprio nella semplice comprensione di quelle parole non dette che io ritrovavo l'incarnazione della vera amicizia.

La nostra amicizia.

"Allora, Swan? Ti sei già arresa?!" - Urlò poco distante da me, riscuotendomi dai miei pensieri.
"Certo che no, Rogers! Adesso vedrai!"
Impastai in fretta una piccola quantità di neve ricavandone una rozza palla. La lanciai infine verso Allison.
"Colpita!" -
"Ehm....Bella....Direi anche no..." - Mormorò Ally imbarazzata.

Guardai meglio nella sua direzione soltanto per scoprire la mia Allison accucciata in terra, nel tentativo - ben riuscito - di schivare il colpo; dietro di lei Jasper, in tutta la sua bellezza, ripuliva con disinvoltura dal cappotto gli ultimi resti della mia palla di neve.
"Oh Mio Dio Jasper, scusami!" - Esclamai coprendomi la bocca con le mani guantate. Le guance avvamparono all'istante.

Complimenti per la figuraccia di primo mattino, Bells!

"Non c'è problema, Bella. E' un gioco divertente..."
"Sì ma non era te che dovevo centrare..." - Risposi lanciando un'occhiataccia ad Allison. Non ricambiò con il suo solito sguardo divertito, tutt'altro: mi pareva piuttosto incerta. Avrei detto intimidita. Possibile che Jasper le facesse un simile effetto?
Certo, aveva un che di solenne ed austero. A tratti l'avrei definito anche inquietante. Tuttavia io riuscivo a relazionarmi a lui in maniera ancora piuttosto normale e non possedevo nemmeno un quarto della loquacità o del piglio allegro di Ally. Ma forse questo accadeva soltanto grazie a  quel presunto legame di parentela che lo univa ad Edward.

"Non importa comunque Bella, davvero. Non è successo niente di grave."
Gli sorrisi.
"Come stai, Jasper?"
"Bene, grazie."
"Ed Alice? Come sta?"
"E'....è un po' raffreddata. Si scusa di non essersi più fatta viva."
"E' stata lei a mandarti da me?"
"Più o meno..." - Rispose sorridendo e scoprendo una lunga fila di denti bianchissimi. Era davvero bello.
"Puoi dirle che sto bene e che...è tutto ok."
"Sarà fatto. Adesso vado Bella, ho lezione. Buon divertimento!" - Mi fece l'occhiolino ed io ricambiai ridendo.
"Grazie, ma credo che sia finito il divertimento. E' l'ora dei corsi anche per noi...A proposito Ally, andiamo?"
"Uh?"
"Allison? Ci sei?"
"Sì, sì. Certo. Andiamo, come no.."

Jasper la sogguardò divertito.

"Beh...buona giornata allora, Bella. Allison..."
"Ciao Jasper, e grazie!"
"C....ciao, Jasper..."

Lo guardai allontanarsi a passo cadenzato lungo il sentiero che conduceva alle aule a nord del campus. Credo che seguisse Scienze della salute, lo stesso corso dove insegnava suo padre, il dottor Cullen. Il viso di Jasper era così pallido da confondersi con il candore della neve tutt'intorno, ma non si trattava del pallore che ci si aspetta da una persona ammalata o febbricitante. Non avrei saputo spiegarlo diversamente: il colore del suo viso era del tutto simile a quello di una meravigliosa, pallida pietra di valore inestimabile.
E lo stesso era per il viso di Edward, Alice, e degli altri membri della famiglia Cullen.
Incredibile come tendessero tutti a somigliarsi pur non essendo effettivamente uniti da legami di sangue.
Mi girai verso Allison. La trovai persa nella contemplazione di Jasper, ormai lontano.

"Ally?"
"Eh...."
"Tutto bene?"
"Un amore, gioia.."
"E che hai allora?"
Perchè non si scosse le agitai la mano davanti al viso.
"Oh ma ci sei?"
"Certo, certo che ci sono Bells!"
"Ti sei imbambolata a guardare Jasper....Deve piacerti proprio tanto!"
"Ma chi, Jasper?! A me?!? Sei impazzita!" - Scattò con tale agitazione da farmi preoccupare.
"Ehi...scusa! Mi sarò sbagliata...Ho capito male..." - Mormorai. Ovviamente avevo capito benissimo.
"Sì, sì, ovvio...hai frainteso. Jasper non potrebbe.... mai essere il mio tipo!" - Rispose risentita.

Cominciammo ad incamminarci in direzione dell'aula dove si sarebbe tenuto il nostro corso mattutino. Ormai le vacanze natalizie si avvicinavano a grandi passi e le lezioni volgevano quasi al termine. Nei corridoi cominciavano già a circolare le prime congetture sui test di fine semestre, sul grado loro di difficoltà. Gli studenti in generale oscillavano tra la gioia per le feste ormai prossime mista alla deliziosa consapevolezza di ritornare a casa dai propri cari e la tensione per gli esami vicini. Forse avrei dovuto cominciare a farmi trascinare anch'io da quest'ansia universitaria, almeno avrei ripreso il normale contatto con la realtà. Quello che avevo perso a causa di Edward.

"Sentiamo..." - Domandai placida - "Chi sarebbe il tuo tipo ideale, Allison?"
"Oh!" - Esclamò disinvolta - "Un tipo forzuto, capisci....Muscoloso..."
"Palestrato? Ma sei impazzita?!"
"Certo...Magari anche abbronzato. Anzi, meglio ancora: carnagione scura di suo, che le cose naturali sono sempre le migliori! E poi magari capelli neri, anche lunghi..."
"Sì, un indiano in pratica!" - Risposi ridendo.
"Beh, che male ci sarebbe? Sono carini gli indiani....Tu dovresti intendertene, no? Dalle tue parti non c'è una riserva o qualcosa del genere?"
"Sì, sì...La riserva di La Push....Mio padre ha molti amici da quelle parti, nella tribù dei Quileute..."
"Davvero?"
"Già...Il suo amico più fidato, Billy Black, viene spesso a trovarci a casa. Qualche volta ha portato con sè suo figlio più piccolo, Jacob. E' carino ma non avevamo grandi rapporti...Insomma, io ho qualche anno in più, avevo la scuola, le mie amiche..."
"...ed Edward."
"Già..."
"Beh, in ogni caso potrei presentarti qualcuno tra di loro, che ne dici? Quando verrai a trovarmi a Forks!"
"Beh, allora stai sicura che ci vengo a casa tua questo Natale, Swan!"
"Ah, soltanto per questo quindi?? Per gli indiani?! Che pel di carota scema che sei, Ally!"
"Ma non è vero, non è solo questo, sei davvero..."

"Fregata!"

La mia piccola Ally, fintamente risentita, aveva incrociato le braccia sul petto voltandosi di lato mentre mi rispondeva che no, nossignore, non era una pel di carota scema. E peggio per lei, giacché, colta nel suo momento di distrazione, l'avevo centrata giusto sulla guancia con una piccola palla di neve.

"Swan!" - Urlò sbigottita.

Questa volta toccò a me ridere a crepapelle, piegandomi sulle ginocchia.

"Pensavi davvero che non ti colpissi, piccola peste?!"

Prese ad inseguirmi ed io tentai di seminarla improvvisando uno slalom tra la folla di studenti.
Riuscì a raggiungermi ma non ricambiò dispettosamente il mio scherzo. Viceversa, mi abbracciò stretta e con calore.

"A Forks ci vengo Bella. Ci vengo soltanto per te" - Sussurrò.
"Ti voglio bene, Allison Rogers."
"Anch'io te ne voglio Isabella Marie Swan!"

Scoppiammo a ridere entrambe.
Sciolsi l'abbraccio e le tenni la mano, trascinandola con me nel corridoio alla ricerca della nostra aula.
Soltanto per una frazione di secondo alzai lo sguardo, seguendo uno strano istinto interiore.
Confusa tra mille volti di sconosciuti riconobbi il visino da folletto di Alice, i suoi occhi dorati.
Un istante soltanto. Sparì immediatamente dalla mia vista, così com'era venuta, e credetti di aver sognato.
Alice era ammalata, me l'aveva detto Jasper.
Stropicciai gli occhi.

"Tutto bene, Bella?"
"Sì...Sì. Sono soltanto molto stanca, Allison." - Risposi prima di riprendere il cammino, con passo incerto.



****



Non avevo più telefonato ad Elisabeth  dal giorno in cui ero arrivata all'università.
Inizialmente troppo indaffarata nell'orientarmi letterlmente all'interno del college e successivamente tra gli svariati corsi che avrei dovuto seguire avevo finito col trascurare le persone care che avevo lasciato nella piovosa Forks. Successivamente il "ritrovamento" di Edward  aveva dato il colpo di grazia: mi era mancato il coraggio di mantenere i rapporti con quanti l' avessero conosciuto in passato. Avrei dovuto indossare una maschera ogni volta, misurare le parole, impedire al mio interlocutore, chiunque egli fosse, di comprendere che sì, c'era qualcosa di strano in quel college. C'era qualcosa di strano in me.
Perchè Edward era tornato nei miei giorni, diverso, sofferente, portando con sé una verità insopportabile di cui conoscevo soltanto una piccola parte e qualcosa in me era mutato. La meravigliosa certezza di saperlo di nuovo vivo mista alla consapevolezza di averlo comunque lontano, prigioniero della sua colpa non voluta, mi rendeva fragile, malinconica e nonostante tutto piena di voglia di fare. Era una sensazione indecifrabile, impossibile da descrivere.

Ad uno stato d'animo già di per sè così labile si aggiungeva l'ulteriore necessità di non parlare assolutamente della faccenda giacché il silenzio mi era stato imposto proprio dallo stesso Edward e nonostante tutto non mi andava di venir meno ad una richiesta fatta in modo tanto accorato.
Così, l'unica soluzione ovvia era stata quella di limitare quanto più possibile i rapporti con Forks ed in particolar modo con la famiglia Masen.

Quel pomeriggio del 9 Dicembre, Elisabeth provò a chiamarmi.. Non risposi e tuttavia non lo feci di proposito: ero a lezione e non diedi neanche un'occhiata al cellulare.
Successivamente mi inviò un messaggio

"Piccola Isabella, so che stai dando il meglio di te. Brava! Mi manchi molto, quando puoi e se ti va richiamami. Elisabeth."

 Lo lessi e più di una volta ma non mi decisi a richiamare. Mi sentivo troppo debole e confusa, proprio quel giorno. Mi ripromisi di farlo il giorno dopo perchè Elisabeth mancava davvero molto anche a me. Risposi con un messaggio semplice in cui le dicevo che anch'io sentivo la sua mancanza e che mi sarei fatta sentire il prima possibile, appena avessi avuto un attimo libero.


E proprio da quel 9 Dicembre  ho definitivamente imparato che non bisogna mai rimandare al domani. Che non è necessario aspettare per dire "Ti voglio bene": la vita raramente dà un'altra possibilità.


Quella notte mi svegliai colpa da un'ansia improvvisa. Mi mancava il respiro.
Una sensazione non ben definita di angoscia e nausea partiva dallo stomaco.
Diedi un'occhiata rapida alla radiosveglia sul comodino.
Mezzanotte. Dormivo da poco meno di un'ora.
Cercai di calmarmi, di controllare il respiro costringendolo al suo normale ritmo.
Decisi che la musica poteva essere una buona medicina per la mia ansia inutile. Non riuscivo a comprendere il motivo di tanta agitazione né mi andava di cercarlo; del resto avevo accumulato molto stress negli ultimi tempi, questa reazione incontrollata poteva anche avere un senso, dopotutto.

Joy Division, Band of Horses, Interpol.

Li passai tutti, prima di riaddormentarmi.

Mi risvegliò più tardi un tonfo sordo proveniente dall'armadio.
Spalancai gli occhi e faticai qualche istante prima di riprendere coscienza di me stessa.
"Ma che diamine..." - Mormorai mettendomi a sedere nel letto. Decisamente quella non era la notte adatta per dormire in santa pace.

Guardai nuovamente la radiosveglia: le due ed un quarto del mattino.
L' iPod era spento. Forse scarico.
Mi alzai cercando di comprendere la provenienza di quel rumore. Spalancai le ante dell'armadio: uno dei ripiani era sfuggito ai fermi, rovinando miseramente sul fondo con tutto il suo carico di maglioni e camicie.

"Oddio...Ma come cavolo è successo?"

Prima che potessi preoccuparmi seriamente di come rimediare al danno subito udii in sottofondo il suono del mio cellulare: tenevo sempre la suoneria più bassa di notte, ma comunque funzionante.
Un dolore lancinante si propagò lungo tutto l'addome; sembrava che mille spille mi trafiggessero la pancia, irradiandosi poi ai miei poveri fianchi.
Mi piegai dolorante sulle ginocchia.
Il cellulare continuava a squillare e mille atroci ricordi  mi travolsero. Quel suono, ora tanto acuto ed amplificato nelle mie orecchie, si propagava nella notte risvegliando sensazioni lontane e nausenti.
Anche la notte in cui Edward era scomparso quel cellulare aveva squillato.
A fatica lo raggiunsi: l'insistenza era tale da presupporre una risposta.
Guardai il display.

"Papà..." - Mormorai accigliandomi, ancora più turbata se possibile.
"Pronto?!"
"Bella...."

La cara voce del mio papà! Non l'avevo mai percepita più angosciata, forse neanche alla scomparsa di Edward.

"Papà, che è successo?? Sono le due passate, mi hai spaventata!"
"Piccola....io....devo dirtelo...."
"Che cosa, papà?? E'...è accaduto qualcosa alla mamma??" - Il tono della voce era pericolosamente salito in seguito alla realizzazione del possibile pericolo.
"No, no Bella...Alla mamma non...non è accaduto nulla..."
"E cosa allora, papà? Qualcuno si è fatto male, che succede??"

"Elisabeth....."

Quel dolce, meraviglioso nome, rieccheggiò nella mia mente, corroso dal tono sinistro e disperato con cui era stato pronunciato da mio padre.
Cominciai a sudare freddo.

"Cos'è accaduto ad Elisabeth, papà...?"

Attese qualche istante prima di parlare.

"Ha....hanno avuto un incidente stradale, Bella. Lei ed il signor Masen. Due ore fa."

Raggelai. Tutto sommato era davvero accaduto qualcosa alla mia mamma. Perchè Elisabeth era una seconda madre, per me. I Masen erano la famiglia unita e felice che  non avevo avuto da bambina.

"Perdonami. Avrei dovuto aspettare per dirtelo, Bella. Non ce l'ho fatta. Scusami. A volte penso tu sia più forte di me."
"Come stanno ora, papà?" - Mormorai deglutendo a fatica.

Mio padre non rispose.

"Papà, come stanno adesso? Sono in ospedale??"
"Sì..."
"E...??!"
"Non....non ce l'hanno fatta, Bells. Mi hanno appena comunicato la notizia. Torna, ti prego, torna... Dai loro l'ultimo saluto, almeno tu."


***

Quella notte mi sentii sufficientemente maledetta dal destino per piangere.
I miei genitori si erano separati quand'ero praticamente ancora in fasce e per anni, prima di stabilirmi definitivamente a Forks, avevo fatto avanti ed indietro tra mamma e papà. I loro rapporti erano ora cordiali e civili, certo, ma questo non aveva di certo mitigato la mia eterna sensazione di dover scegliere tra loro, perdendo inevitabilmente una parte importante di ciascuno dei due.
Della mia adolescenza il ricordo migliore era legato ad Edward. Eppure la felicità incontrollata e meravigliosa scaturita dal nostro rapporto era stata risucchiata nel giro di pochi minuti perchè ancora una volta la vita aveva deciso al posto mio, costringendomi alla perdita di un'altra persona amata.
E poi di nuovo l'avevo ritrovato e per una beffa crudele era un altro l'individuo che si era palesato al mio cospetto. Non più il mio Edward bensì una creatura sconosciuta, fragile e temibile al contempo, divorata dai sensi di colpa  e dalla rabbia. Una creatura che mi aveva pregato di tenermi lontano da sè quanto più possibile perchè si sentiva un mostro. E forse lo era davvero.
Adesso Elisabeth. L'unica donna al mondo che mi avesse realmente amata e compresa, dopo mia madre. Sì, compresa. Talvolta anche più della stessa Renèe, a dirla tutta.
Elisabeth, che mi aveva coccolata nei momenti tristi e dato amorevoli buffetti sulla testa quando, insieme ad Edward, non avevo voglia di studiare. Elisabeth che mi aiutava a vestirmi per il ballo di fine anno perchè non ero mai capace di sistemarmi in maniera decente. Elisabeth che mi aveva insegnato a cucinare la pasta ai funghi per papà. Elisabeth che mi ascoltava e comprendeva se litigavo con un'amica, se a volte volevo stare da sola, se desideravo una sorella, se papà non mi capiva, se a volte facevo i capricci solo perchè avevo quindici anni ed anch'io volevo la mamma al colloquio con i professori. Qualche volta c'era andata lei nei momenti in cui papà aveva troppo da fare in centrale.

"Sei la figlia che non ho avuto, Bella. Volevo una bambina dopo Edward, ma non è mai arrivata. Ma ora sei qui, anche tu. Siete la cosa migliore che potesse capitarmi, voi due."

Questa frase l'avrei ricordata per tutta l'esistenza.

Ed ora, cosa mi restava?
Quattro tipi di perdite.
Quattro assenze.
Dunque era così che la vita premiava i miei sforzi, le lacrime trattenute, il coraggio di alzarmi ogni mattino sorridendo al nuovo giorno?
Sparandomi alle spalle, letteralmente?
Più reagivo e più mi sembrava di affondare.

Non m'importò di considerare che fossero quasi le tre del mattino. Che fuori fosse buio ed io correvo da sola nel campus.
Che faceva freddo ed avevo indosso soltanto la tuta con cui dormivo.
Non mi interessava disturbare in casa di sconosciuti.

L'unico pensiero che illuminò la mia mente fu Edward.
Doveva sapere.
E poteva capirmi. Era l'unico, dopotutto.
Mi aveva chiesto di stargli lontana ed io l'avevo fatto. Ma non ora.
Non adesso che Elisabeth ed il signor Masen non c'erano più.
Doveva concedermelo, concedermi la sua presenza, un'altra volta.
L'ultima forse, ma doveva, se gli ero ancora tanto cara come aveva detto.
Se gli erano cari i suoi genitori, quelli veri.

Sapevo dove si trovasse la casa dei Cullen; era l'edificio a grandi vetrate che dava verso est, dopo la biblioteca.
La trovai facilmente, benchè leggermente nascosta dai primi alberi del bosco adiacente.
Le tende alle finestre erano tutte tirate eppure mi pareva di intravedere, al di sotto delle stesse, una fioca luce arancione.
Corsi verso la porta d'ingresso e senza ripensamenti diedi due forti colpi sul vetro, senza bussare al campanello.
Mi sentivo troppo sconnessa per usare i metodi convenzionali.

"Apritemi! Per piacere, aprite!" - Singhiozzai

Continuai a picchiare sull'uscio. In ogni colpo buttavo fuori un po' della mia disperazione.
E tuttavia mi sentivo sempre più confusa, divorata da una consapevole sensazione di allontanamento e morte.

"Apritemi, per favore!"

Diedi un ultimo colpo ed infine mi accasciai su me stessa, piangendo senza più freni. Avevo perso le speranze che qualcuno venisse ad aprirmi quand'ecco che la porta girò sui suoi cardini.

"Cara, cosa ci fai lì? Alzati e vieni dentro!"

Riuscii a sollevare a malapena la testa e tra le lacrime che rendevano nebulosa la mia visuale scorsi un viso bellissimo. E dolce. Due grandi occhi sgranati. Color caramello, ovviamente. Una bocca piena e rosata. I capelli voluminosi, caramello anch'essi, acconciati in una coda ordinata su di un lato. Una splendida creatura fasciata in un elegante tailleur grigio.
 
Ero troppo sconvolta e mi ci volle qualche minuto per realizzare che, nel pieno della notte, quella donna fosse vestita di tutto punto.
E tuttavia non feci domande al riguardo. Le abitudini di casa Cullen costituivano l'ultimo dei miei problemi, in quel momento.

Non conoscevo la bella sconosciuta che mi stava aiutando a rialzarmi eppure mi fidai istantaneamente di lei. Mi lasciai trascinare senza oppormi nell'atrio, forse anche troppo distrutta, moralmente e fisicamente, per obiettare. Asciugandomi un poco gli occhi, la riguardai.
Poteva avere al massimo ventisei o ventisette anni ma aveva un'espressione tanto accorata e gentile da trasmettermi un fortissimo senso di maternità.

"Io...Io....mi dispiace, è tardi ma..."
"Io sono Esme Cullen, cara. Tu devi essere Bella..."

Annuii e, nonostante la confusione e l'angoscia, non riuscii a non meravigliarmi del fatto che quella gentile sconosciuta conoscesse il mio nome. Dunque Edward le aveva parlato di me?

"Io sono la mamma di Edward."

Al suono di quella parola così dolce, "mamma", il viso di Elisabeth tornò prepotentemente davanti ai miei occhi e mi sentii nuovamente affranta, forse più di prima. Mi dispiaceva avere pensieri scortesi ma la mamma di Edward era una sola e non si chiamava Esme.

Inciampai nei miei piedi e la signora Cullen mi trattenne per le spalle.

"Carlisle!"
"Sono qui, Esme"

Il dottor Cullen comparve sotto lo stipite della porta che, dall'atrio, conduceva ad un ricco e luminoso salotto. Bello come un dio, un'espressione pacata ed ammaliante.

"Carlisle, è sconvolta!"
"Isabella, giusto?"
"Bella...." - Mormorai.
"Che ti è successo, cara?"
"Io...io cerco Edward. Lo so che è notte fonda, perdonatemi, ma io devo....devo vederlo!"

Nascosi il viso tra le mani perchè nonostante tutto quel momento di dolore era troppo intimo per palesarlo davanti a due estranei in maniera tanto evidente. La lacrime scendevano incontrollate lungo il mio viso ed i singhiozzi mi scuotevano pesantemente le spalle. Le mani così lisce e fredde di Esme Cullen continuarono ad accarezzarmi quasi con amore ed io desiderai soltanto lasciarmi andare a quell'affetto perchè avevo bisogno di un abbraccio gentile.

"Rosalie, prendile una coperta. Trema..."

Rosalie?

Alzai solo di poco il viso per scoprire la bella sorella bionda di Edward, comparsa silenziosamente nell'atrio. Mi osservava senza una parola ma, all'ordine impartitole da Esme, sparì rapida ritornando dopo qualche istante con un caldo plaid multicolore.
Carlisle mi aiutò a sistemarlo sulle spalle e poi mi condussero nel salotto, aiutandomi ad adagiarmi sul morbido divano bianco.
Non feci obiezioni.

"Vuoi dirci cosa ti è accaduto, tesoro?"
"Voglio...vorrei Edward...Ho bisogno di parlare con lui. Per favore, lasciatemi parlare con Edward. Lo so, gli avevo promesso che non l'avrei disturbato mai più e l'ho fatto, c'ho provato , sul serio, ma è accaduta una cosa terribile ed io devo, devo vederlo perchè..."
"Ehi, ehi! Calma Bella, con calma..." - Rispose Carlisle, interrompendo il mio fiume di parole con un sorriso gentile.
"Mi scusi, dottor Cullen..."
"Sei sconvolta, cara..."

Annuii tristemente.

"Edward non è in casa, ora. E' fuori con gli altri."

La voce tagliente di Rosalie arrivò nitida alle mie orecchie. Sollevai il mio sguardo incontrando i suoi occhi dorati, duri e scontrosi, così diversi da quelli di Esme ed Alice. Aveva quell'espressione carica di rabbia e tensione che soltanto sul viso di Edward avevo già letto.

"A quest'ora...Sono...sono passate le tre del mattino..."
"Beh, siamo giovani, capita di uscire e fare così tardi Bella..."
"Rosalie! Smettila!" - Esclamò risentita Esme, lanciandole un'occhiata delusa. Prima che Rose potesse anche solo accennare ad una risposta, tuttavia, l'atmosfera placida e silenziosa di casa Cullen fu bruscamente interrotta da un tonfo proveniente dall'atrio.
Edward era tornato.

"Bella!"- Mi chiamò, urlando il mio nome.

Come faceva già a sapere che mi trovavo lì?
Fece irruzione nel salotto, gli occhi neri, sgranati. Il viso contratto. Alice gli teneva la mano.
Il ragazzone bruno - Emmett mi pare si chiamasse - Jasper e Tanya li seguivano a ruota.

L'espressione di Tanya non era migliore di Edward, con quelle labbra tese in una smorfia risentita.

"Che diamine sei venuta a fare qui?? Ti avevo chiesto di starmi lontana, non ci riesci proprio!?"
"Edward...io..."
"Lasciala parlare, Edward!" - Rispose Esme alzandosi di scatto, con tono severo. Di colpo parve estremamente autoritaria.
"E' sconvolta. Non aggredirla..." - Intervenne Carlisle.

Edward riprese fiato.

"Guardala! Te l'avevo detto che era accaduto qualcosa di tremendo..." - Mormorò Alice tirandolo per il braccio.

Io ormai ci capivo molto poco. Ero circondata da un gruppo di semisconosciuti che sembrava prevedere ogni mio gesto e parola, mentre l'unica persona che realmente conoscessi - e forse neanche questo era più vero - e sui avrei dovuto fare affidamento era totalmente divorata dalla rabbia e dal nervosismo.
Mi girava la testa.

"Bella, ce la fai ancora a parlare?"

Alice si inginocchiò davanti a me, con occhi pieni di preoccupazione.
Annuii.

"E...Edward..." - Mormorai nella sua direzione. Guardava per terra, contratto, i pugni serrati. - "Edward ti prego, ascoltami. E' accaduta una cosa...orribile.."

Ripresi a piangere.
Alice mi carezzava la testa.

"Che. Cosa. E'. Accaduto...Bella..."
"I...i tuoi...i tuoi genitori, Edward!"

Singhiozzavo senza ritegno, mi era impossibile calmarmi.
Me lo ritrovai inginocchiato di fronte a me, il suo viso ad un centimetro dal mio. Alzai lo sguardo incontrando il suo: angosciato, dilaniato, tramortito.

"Che diamine è successo ai miei genitori?!"

Il silenzio calò tutt'intorno. Nessuno fiatò. Persino lo sguardo di Tanya perse la sua espressione carica d'odio.
Carlisle pose le sue mani sulle spalle di Edward. Aveva capito.

"Edward...Mi dispiace.."
"Che cazzo è successo a mamma e papà, Bella??!"
"NON CI SONO PIU' EDWARD! SONO MORTI IN UN INCIDENTE STRADALE MENO DI DUE ORE FA!"

Urlai quella verità esasperata e piena di disperazione, rifugiandomi poi tra le braccia di Alice che mi accolse in gran fretta.
Non guardai Edward. Non ne avevo la forza, non in quel momento. Ma fui costretta ad alzare il viso quando un rumore assordante di vetro andato in frantumi ci risvegliò tutti da quello stato catartico in cui eravamo precipitati: Edward aveva letteralmente spaccato in due il tavolo in cristallo del salotto, sparendo poi verso il corridoio.

"Edward!"

Mi alzai di scatto, come se d'improvviso mi fossero state restituite tutte le forze perse col pianto. Scavalcai i pezzi di cristallo sparsi per il pavimento, scansai tutti i presenti. Neanche degnai di uno sguardo Tanya, non so tutt'oggi se mi mi guardasse con la sua solita aria minacciosa.
Non m'importava.
Soltanto lui contava, adesso. Io e lui, uniti ancora una volta. Nel dolore, purtroppo.
Lo trovai tremante sugli ultimi gradini delle scale che conducevano al piano superiore.

"Edward..."

Continuava a non rispondere. Le spalle sussultavano.
Sfiorai leggera un suo braccio, mi lasciò fare. Gli toccai il viso costringendolo a girarsi verso di me.
Scoprii un volto contratto, gli occhi sgranati, neri come la pece. Lo sguardo vitreo. La labbra  pallide. Singhiozzava senza lacrime.

"Io ...dovevo dirtelo, Edward...Mi dispiace...Mi dispiace così tanto..." - Mormorai.
Piangevo forte e stentavo a tenere gli occhi aperti.
Senza chiedergli il consenso, noncurante del fatto che potesse dargli fastidio, mi lanciai su di lui, circondandogli la vita con le braccia.
Avevo bisogno di un abbraccio e questo era certo, ma sapevo che molto più di me era lui, in quell'istante, a necessitare di sostegno.
Il mio sostegno.
Non mi respinse ma ci impiegò qualche minuto per restituirmi quella stretta.
Dal basso nessuno della famiglia Cullen venne a richiamarci. Neanche Tanya.
Il più profondo dei silenzi si era ormai impadronito dell'intera casa; l'atmosfera così surreale ed angosciante ci avvolgeva tutti, perfettamente.

"Torna a Forks. Torna a Forks con me, Edward..."
"Non posso" - Sussurrò, sospirando al mio orecchio.
"Sono i tuoi genitori....Vieni a salutarli per l'ultima volta e...Resta...con me. Per piacere..."

Nella sua risposta silenziosa lessi troppe parole. Nessuna di queste mi piacque realmente.

"Edward..."
"Bella, non posso..Non posso tornare a Forks."
"Per favore...Fallo per Elisabeth...Ti amava così tanto, Edward! Sarebbe morta per te..."

Lentamente percepii la sua testa scuotersi da destra a sinistra.
Era un no.

Mi staccai da lui, pervasa da una sensazione disgustosa e devastante di risentimento e dolore.

"Va bene Edward. Avevo inteso male. Pensavo che t'interessasse...Non importa."

Asciugai le lacrime. Infine gli diedi le spalle scendendo le scale.

Dalla porta del salotto intravidi lo sguardo preoccupato di Alice ed Esme. Poco più in là gli occhi socchiusi di Rosalie mi sogguardavano sospetti.Emmett le cingeva amorevolmente le spalle.
Avrei desiderato anch'io un po' di amore disinteressato ed ingenuo come quello.

"Bella, dove vai?" - Domandò Alice.
"Dove vuoi che vada a quest'ora del mattino? Torno al mio alloggio, vado a preparare la valigia. A casa hanno bisogno di me."
"Ti accompagnamo io e Jasper."
"Non ce n'è bisogno"

"Tu non capisci! Io...io..." - Urlò Edward dall'alto.
La voce dilaniata, il tono acuto. Era angoscia la sua? Dolore? Preoccupazione?
Faticavo ad interpretarlo. E forse non volevo neanche comprendere, in quel momento.

"Non c'è niente da capire, Edward....ho sbagliato io, ancora una volta. Perdonatemi tutti" - Mormorai freddamente, rivolta all'intera famiglia ormai riunita nell'atrio - "Perdonate quest'incursione notturna...Benchè nessuno di voi stesse dormendo" - Bisbigliai quasi sogguardandoli perplessa - "E' stato certamente fuori luogo da parte mia presentarmi a quest'ora in casa vostra. Ero sconvolta e lo sono tutt'ora. Ma almeno questo mio gesto scortese mi è servito per comprendere che devo fare forza soltanto su me stessa. Grazie per la vostra disponibilità."

Aprii la porta d'ingresso e con altrettanta velocità la rinchiusi alle mie spalle, prima che qualcuno - trai membri di quell'assurda famiglia, Alice in primis - potesse fermarmi.
Non volevo più ascoltare la voce di Edward nè quella di nessun altro.
Il dolore immenso per la perdita della mia cara Elisabeth e del signor Masen veniva mitigato da quell'indescrivibile delusione che mi aveva riempito il cuore dopo aver ascoltato le parole di Edward.
Quale insormontabile ostacolo poteva impedire ad un figlio di venire a dare l'ultimo, estremo saluto ai propri genitori?
Non gli bastava averli ingannati per due anni, tacendo sulla propria sorte?
Dunque, chi era Edward?
Oscillava di continuo tra la sua parte buona e quel lato cattivo, cinico ed egoista che mi induceva a pentirmi, ancora una volta, della fiducia che continuavo a concedergli. E di quell'amore irrazionale che, inevitabilmente, continuavo a provare per lui.
Mi sentii una sciocca, illusa ragazzina.

Mi incamminai stancamente verso il mio alloggio, incrociando le braccia sul petto.
Speravo di darmi un po' di calore.

La testa mi girava.
I signori Masen mi avevano appena abbandonata, nel più tragico dei modi.
Edward continuava a deludermi.
Mi aveva abbandonata anche lui e non riuscivo a comprendere realmente da quanto tempo non fosse più legato indissolubilmente a me.

E poi in Alaska faceva freddo. Tanto freddo. Troppo.

Il capogiro insisteva.
Avevo la nausea.
Mettevo un piede davanti all'altro meccanicamente. Non sentivo neanche più le gambe o le braccia. Mi pareva di muovermi col corpo di un'altra persona. Un corpo di cui avessi soltanto un lievissimo quanto inutile controllo.

Edward.
Elisabeth.
Charlie.
Forks.

La testa faticava a contenere quella folla tumultuosa di pensieri.
La vista era annebbiata.
Lo stomaco contratto.
Ed avevo freddo.


Prima che stramazzassi al suolo due forti braccia riuscirono a sorreggermi.

"Bella..."

La voce di Edward frammentata in mille suoni confusi giunse infine al mio orecchio. Mi riempì il cuore nonostante tutto ed ebbi voglia di piangere ancora.

Come aveva fatto a raggiungermi tanto velocemente?
Quanto tempo avevo camminato?

Avevo perso la percezione del mondo di fuori, in ogni sua forma.


"Bella...torno a Forks. Torno a Forks insieme a te." - Mormorò.

Quelle parole tanto dolci, quella certezza così cara al mio cuore.
Chiusi infine gli occhi e piansi tra le sue braccia.




Angolo dell'autrice:
Ragazze, buon pomeriggio....:)
Non uccidetemi, lo so che non potevo scrivervi nulla di più triste...Insomma, i signori Masen ci lasciano...Benchè non siano mai comparsi in "carne ed ossa" in questa fanfic rivestivano comunque un ruolo importante, soprattutto Elisabeth...In seguito alla loro morte torniamo, tuttavia, a legarci un po' a quella che è la storia originale (in cui Edward non ha più i genitori, essendo questi morti molti anni prima)....Da adesso in poi il mio Edward diventerà un Cullen a tutti gli effetti, avendo perso i suoi ultimi legami familiari...Spero di non avervi trasmesso troppa malinconia! :(
La parte finale è volutamente confusa e nebulosa...Questo è comunque un POV Bella e devo interpretare un pochino gli eventi in base a come li percepisce la nostra protagonista...e capirete bene che non è proprio nel pieno delle sue forze...
Per i lupi, come avrete potuto intendere, bisogna aspettare ancora un po'...Il tempo di tornare a Forks, insomma! Non ce l'ho fatta ad inserirli già da questo capitolo perchè voglio seguire un giusto ordine cronologico...però ho già fatto loro un breve cenno, giusto per non farli spuntare dal nulla, ecco! :)
Il prossimo aggiornamento sarà un po' più in là...Da oggi fino al 26 non mi riuscirà di scrivere nulla avendo tutti i parenti a casa....Perdonatemi! Per cui ora vi lascio augurandovi Buone Feste...Che sia uno splendido Natale per voi e per le vostre famiglie!
Se vi va commentate...Mi fareste un bellissimo regalo natalizio! :)
Grazie come sempre a voi tutte che seguite, preferite, ricordate e...commentate!
un bacio
MaTiSsE!


ps: l'episodio in cui, al momento della morte di Elisabeth, il ripiano dell'armadio casca provocando un forte rumore, l'ho "rubato" da "Va' dove ti porta il cuore"....Se qualcuno tra voi l'ha letto saprà a cosa mi riferisco...E' molto caro per me quel libro!:)


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Capitolo 10
*** Forks ***


nuovissima9
CAPITOLO 9
Forks

(POV EDWARD /BELLA)








POV EDWARD


"Sei sveglia?"

Bella si voltò verso di me sgranando i grandi occhi scuri. Sembrava piuttosto confusa come se si fosse svegliata improvvisamente da un lungo, angosciante sonno. La mia presenza certo non l'aiutava a riprendere il contatto con la realtà.

"Sì..Sono sveglia."
"Hai fame?"

Fece segno di no con la testa prima di voltarsi nuovamente verso l'oblò.
Non mi rivolse ancora la parola.

Sapevo perchè: era arrabbiata.

Non aveva torto.

Benchè alla fine mi fossi deciso a tornare a Forks, trascinando con me Alice, sapevo di averla fatta soffrire profondamente. I miei sbalzi d'umore risultavano insopportabili per me stesso, figuriamoci per chi mi stava intorno. Soltanto una amore devoto come quello che Bella provava ancora - inspiegabilmente - nei miei confronti giustificava la sua infinita pazienza. Eppur tuttavia qualche volta doveva perdere anche lei la calma; non mi meravigliavo ora del fatto che fosse tanto irritata da non volermi parlare.
L'aereo sarebbe atterrato a Seattle entro un'ora al massimo. Giunti in aeroporto le nostre strade si sarebbero temporaneamente divise: Bella sarebbe tornata a Forks in auto, con suo padre Charlie mentre io ed Alice ci saremmo arrangiati diversamente, magari noleggiando una di quelle costosissime ed appariscenti auto che Alice amava tanto e che, a dirla tutta, non dispiacevano neanche a me.
L'idea della separazione si era necessaria per impedire, in primis, che a Charlie venisse un infarto nell'incontrarmi nuovamente vivo ed in salute dopo così tanto tempo; ed in secondo luogo per evitare che, nella piccola comunità di Forks, si sollevasse un polverone a seguito dell'improvviso ritorno del giovane Edward Masen, creduto ormai morto dopo due anni di assenza dalla cittadina. Non mi andava di attirare la curiosità degli estranei e neanche avrei potuto, a dirla tutta. In ogni caso, con Bella, ci saremmo ritrovati una volta giunti a destinazione e - molto probabilmente - in occasione della cerimonia funebre dei miei genitori cui io e mia sorella avremmo assistito furtivamente. Nel frattempo io ed Alice avremmo soggiornato in quella che era stata l'antica dimora dei Cullen, nella zona ovest della cittadina ed in prossimità della foresta: con qualche giorno di ritardo anche il resto della famiglia sarebbe approdata a Forks. Onestamente non vedevo l'ora di riaverli vicino, mi sentivo troppo vulnerabile lontano da loro, soprattutto da Carlisle ed Esme.
Soltanto Tanya sarebbe rimasta in Alaska.
Aveva palesemente dichiarato di preferire la compagnia dei suoi cari a Denali: la sua presenza a Forks le sembrava fuori luogo ed inopportuna.
Non l'avevo contraddetta.


Guardai ancora una volta Bella, la testolina bruna rivolta dall'altro lato. Respirava appena.
Alice mi toccò una mano.

"Tutto bene?"

Lessi quella domanda così carica di tensione e preoccupazione nella sua mente. Le risposi con un cenno del capo, abbozzando un sorriso mal riuscito.
In realtà andava tutto uno schifo.

Avevo perso qualsiasi legame di sangue con il mondo umano. I miei veri genitori, coloro che mi tenevano ancora - seppur idealmente - ancorato alla realtà avevano lasciato questo mondo da quasi un giorno, ormai. Non potevo sentirmi più dilaniato e confuso. Sebbene la mia nuova natura mi avesse imposto di recidere tutti i vincoli con la mia precedente vita, ciò non implicava che nei ricordi e nel mio cuore avessi ancora profondamente impressa l'immagine della mia buona mamma Elisabeth e di quell'uomo, apparentemente burbero ma in realtà gentile, che era mio padre, Edward senior.
E nonostante ormai chiamassi "mamma" la mia bellissima Esme, ad oggi mi sentivo davvero un orfano.
La lontananza non uccide l'amore, se questo è amore vero. E nonostante il destino avesse deciso diversamente, obbligandomi a stare lontano da coloro che avevano reso speciale la mia precedente esistenza, di certo io amavo ancora i miei genitori umani.
Come amavo Bella, del resto.

"Come sta Bella?"

"Non lo so" - Bisbigliai in risposta alla domanda mentale di Alice.

Potevo leggere nel pensiero di chiunque. Eppure, l'unica persona che per me contasse realmente costituiva la mia muta mentale.
Avrei desiderato così intensamente leggere le sue emozioni, i nostri ricordi tra noi due - quelli che la mia nuova natura cercava costantemente di cancellare dalla mia mente - i suoi pensieri e riflessioni sul nostro esserci ritrovati. Ma niente. La sua mente restava chiusa e per me si trattava di una dannazione quasi superiore all'idea di essermi trasformato in un vampiro.
E tuttavia riuscivo ancora, seppur con minore frequenza rispetto al passato, ad interpretare i suoi gesti nervosi, le espressioni perplesse, le sensazioni contrastanti celate dietro mille silenzi e sguardi intensi. E non era difficile adesso comprendere quanto fosse arrabbiata con me.

Come darle torto?

L'avevo accolta nel peggiore dei modi, urlandole contro la mia rabbia, la mia frustrazione e tutto il terrore che mi aveva colto nel momento in cui la mente di Alice mi aveva rimandato la sua immagine in lacrime, all'ingresso di casa Cullen.


"Bella sta andando a casa nostra Edward! Cerca te, è accaduto qualcosa!"


"Qualcosa" di non ben definito giacché la visione si era interrotta bruscamente con la fotografia mentale di Isabella accasciata fuori alla porta d'ingresso, disperata e sconvolta: non conosco a tutt'oggi il perchè la previsione di Alice non avesse individuato la morte dei miei genitori umani come causa del suo dolore.

Eravamo a caccia, quella notte e tuttavia costrinsi l'intero gruppo a far dietro front, dirigendoci nuovamente - ed in tutta fretta- verso la nostra dimora.
Divorato al contempo dal terrore furioso ed irrazionale di ciò che poteva essere accaduto a Bella e dalla rabbia convulsa di non riuscire, in alcun modo, a tenerla lontano da me, avevo corso più rapido di tutti schivando facilmente tutti gli ostacoli che si erano presentati sul mio cammino.
Alice mi seguiva, tenendo il passo quasi a fatica paradossalmente, tanto forsennata era la mia corsa.
Ed una volta giunto a casa avevo appreso la terribile notizia che Bella aveva da darmi: la morte dei miei veri genitori.

Mi vergogno.
Mi vergogno profondamente.
Ho umiliato e mortificato la mia Bella, riducendo quel suo puro, meraviglioso cuore già in frantumi ad una poltiglia informe, con la mia rabbia incontrollabile, con quel dolore soffocante ed irrazionale che mi spinge ad essere violento e temibile anche quando non lo voglio.
Le ho urlato contro come se fosse stata lei la causa di tutti i miei mali.
Come se fosse stata la carnefice e non la vittima.
La mia vittima.
Sono un mostro. La parte oscura di me, per quanti sforzi io faccia, me lo ricorda di continuo.
Ed anche il destino gioca a mio sfavore, riservandomi puntualmente e senza compassione alcuna, situazioni ed eventi il cui il me stesso crudele e violento riemerge facilmente, senza nessuna catena che possa bloccarlo.
Non sono ancora in grado di controllarmi: difficilmente riesco a trattenere la rabbia e la sofferenza.
E questo è soltanto il minore dei mali.
Più difficile ancora, infatti, è tenere a bada il mio istinto omicida quando Bella è accanto a me. Benchè bere sangue umano non sia mai stata la  mia attività prediletta e sia rovinosamente caduta in fondo alla lista delle mie priorità da quando un'innocente è morta per mano mia, il profumo inebriante di Isabella risveglia in me istinti predatori che pensavo, scioccamente, di aver ormai seppellito. Il disgusto che provo verso me stesso in cui momenti è pari soltanto al profondo desiderio di morire definitivamente, che mi porto dietro da due anni, ormai, e che la presenza dei Cullen aveva mitigato temporaneamente.
Quando quel disgusto mi prende la rabbia è tanto soffocante e violenta che finisco sempre col riversarla su coloro che amo profondamente; Alice, di norma, o la stessa Isabella.
E sempre più mi convinco, in quei momenti, di non meritare il loro amore.

"Edward....se Bella dorme dovresti svegliarla....A breve arriveremo a Seattle."

La voce chiara di mia sorella venne a risvegliarmi da quel turbinio vittimistico e doloroso di pensieri.
Le risposi facendo cenno di no con la testa.

"E' già sveglia.."

Alice sogguardò mestamente la figurina immobile che mi stava di fianco prima di rivolgermi un'occhiata carica di malinconia e dispiacere.
Poi allacciò la cintura di sicurezza, anticipando di una frazione di secondo la vocina metallica che, dall'altoparlante,  pregava i signori passeggeri di prepararsi all'atterraggio.

Eravamo quasi giunti a Seattle ormai e poche ore mi separavano ancora dalla mia cittadina di origine, Forks.

Forks.
Mi venne da sorridere piano, scuotendo la testa. Bella finse indifferenza, in realtà si era leggermente voltata verso di me e mi guardava con la coda dell' occhio.

Forks.
Pensavo che mai più, nella mia eterna esistenza, avrei potuto farvi ritorno.
Non immaginavo che la mia piccola, provinciale cittadina di tremila abitanti potesse celare segreti inanerrabili. L'idea che potesse essere legata al mondo paranormale costituiva l'ultimo dei miei pensieri, da umano. Per me e Bella Forks non rappresentava certo il centro del mondo, tutt'altro: ci stava piuttosto stretta e più volte avevamo fantasticato sulle possibili, future mete dei nostri spostamenti.
Sognavamo una casa altrove.
Eppure, in questi due anni di lontananza, mi è mancata davvero, come può mancare l'affetto ed il calore di una famiglia ad un bambino che viva nell'ambiente gelido di un orfanotrofio. E benchè la famiglia Cullen avesse in parte reintegrato quel mio bisogno di amore che mi aveva divorato dall'interno durante la permanenza con il clan di Victoria sapevo che tutto ciò che mi era caro e necessario si trovava in quel posticino isolato a mille miglia da Juneau.

Scoprire che il ritorno a Forks mi era negato da cause oscure ed insormontabili aveva costituito un vero trauma.

Ricordo ancora oggi l'espressione solenne con cui Carlisle, una sera di un anno prima, aveva affrontato la questione:

"Edward" - Aveva cominciato, scandendo bene ogni parola - "Noi Cullen ci teniamo lontani da Forks e cerchiamo di trattenere - se possibile -i nostri simili che tentino di avvicinarsi al territorio. E' il patto che ce lo impone."

Il patto di "non - ritorno" ossia l'accordo stipulato tra la mia famiglia ed i membri più anziani della tribù dei Quileute.

I Quileute rappresentano, apparentemente, una semplice comunità di  indiani, nativi del territorio, abitanti della riserva di La Push, fortemente legati alle proprie tradizioni.

Niente di più, niente di meno.

Di fatti si tratta di un'antica stirpe di licantropi, da sempre nemici naturali dei vampiri.
Giacché la natura sovrannaturale si manifesta, nei più giovani, soltanto in presenza di esseri della mia specie, i più anziani della tribù avevano tentato qualsiasi strada per evitare che il gene della licantropia dominasse nelle nuove generazioni.
E quando, cinquant'anni prima, mia sorella Rosalie fu letteralmente sequestrata dalla tribù dei come pretesto per ottenere un incontro più ravvicinato con la famiglia Cullen - all'epoca il mio clan risiedeva stabilmente nella zona di Forks - furono proprio i vecchi capi a proporre l'accordo.
La liberazione di Rose in cambio dell'allontanamento permanente dei Cullen dalla cittadina.
All'epoca la mia famiglia costituiva l'unico gruppo di vampiri presente in prossimità dei confini della riserva e pertanto i soli in grado di attivare nuovamente il gene tra i più giovani all' interno della tribù. Il loro allontanamento avrebbe consentito alle nuove generazioni di vivere la propria vita in maniera serena, senza la trascendenza sovrannaturale che i vecchi avevano dovuto trascinarsi dietro a partire dall'adolescenza.
Carlisle accettò di buon grado l'accordo e non soltanto per garantire la liberazione di Rose: sebbene secondo una modalità differente rispetto alla tradizione, anche lui era un padre - si sentiva tale a tutti gli effetti - e forse, per tutti noi, avrebbe desiderato un'esistenza diversa; in primis la stessa Rose rappresentava il suo principale punto debole vista l'angoscia e la rabbia con la quale mia sorella ancora viveva la sua condizione di vampiro. Poichè quindi comprendeva fin troppo bene le ragioni dei capi tribù, stipulò il patto impegnandosi, non solo, a non far più ritorno a Forks con tutto il resto della famiglia, ma anche ad organizzare ronde periodiche per evitare l'avvicinamento di altri vampiri nella zona.
Fu proprio grazie ad una di quelle ronde, durante la ricerca del clan di Victoria, che i Cullen giunsero sino a Seattle dove la visione di Alice consentì il mio ritrovamento.

L'idea di non poter far mai più ritorno nella mia cittadina di origine aveva costituito da subito uno dei punti fermi della mia convivenza con i Cullen e tutto sommato l'avevo considerata una rinuncia fattibile giacché in ogni caso, per il bene di Isabella e della mia famiglia, era meglio che mi tenessi lontano dai luoghi cari della mia vita passata.
E così, quando Bella si è precipitata a casa Cullen supplicandomi in lacrime di far ritorno a Forks con lei per dare l'estremo saluto ai miei genitori, avevo negato più volte, memore del promessa fatta a Carlisle, spezzandole ulteriormente il suo cuore martoriato.
Finché lo stesso Carlisle non mi aveva infine mostrato, nei suoi pensieri, una verità che nessuno di noi aveva difatti considerato: il clan di Victoria aveva girato per settimane tra Forks ed i territori adiacenti due anni prima. Io stesso ero stato una loro vittima. Benché nessuno tra i membri dei Quileute avesse tentato in qualche modo di ricontattarci, probabilmente il gene si era attivato ed il patto era già stato infranto.

"Torniamo a Forks, Edward. Chiederò una proroga sul patto ai capi tribù. Dovranno capire."

E così ora mi ritrovavo su quell'aereo, destinazione Seattle.
Certo, avevo infine acconsentito ad un ritorno nella mia primitiva cittadina, ma ciò non toglie che Bella si fosse comunque sentita tradita e fortemente delusa dal mio comportamento.
Come spiegarglielo?
Che dirle? 

Non poterle confessare a pieno la verità della mia natura e delle mie intenzioni costituiva l'ennesimo dolore che mi portavo dietro.

A volte mi sembra di impazzire, letteralmente.

"Siamo arrivati" - Mormorò mia sorella scuotendomi ancora una volta, mentre l'aereo planava dolcemente sulla pista di atterraggio.

Mi voltai verso Bella: guardava imbambolata un punto incerto verso l' infinito.
Pallida e smagrita, i capelli in disordine, gli occhi gonfi.
Il mio cuore immobile si strinse in una morsa di dolore alla vista della sua figura martoriata.
I mie ricordi umani mi restituivano una florida e sorridente ragazzina nel pieno dell'adolescenza, non quella giovane donna intristita dalla vita e dalle brutture del mondo.
Alzai piano una mano e tentai di carezzarle un braccio, in un gesto di amore disperato.
Si voltò di scatto a guardarmi, gli occhi carichi di risentimento. Poi bloccò la mia mano con forza: la lasciai fare, sapevo che avesse tutte le ragioni del mondo per riservarmi quel tipo di trattamento.

"Scusami, Bella."
"I tuoi cambiamenti di umore e le tue carinerie sono l'ultima cosa che mi interessa, ora come ora."
"Lo so."
"Non è questo il momento di parlarne Edward, ma presto o tardi voglio avere delle spiegazioni. Le esigo."

Deglutii a fatica, riflettendo mentalmente su quali sciocche scuse addurre nell'istante in cui si fosse presentato il momento della verità.

"Bella, siamo arrivati a Seattle." - Intervenne mia sorella con la sua voce cristallina.
"Vedo, Alice."
"Tuo padre verrà a prenderti, quindi?"
"Sì, verrà Charlie."
"Noi ci lasceremo...tra poco. Lo sai, vero? Non usciremo insieme dal'aeroporto."
"Non è un problema"
"Bene."

"Bella?" - Mormorai incerto.
"Sì, Edward?"
"Ci rivedremo....Ci rivedremo a Forks, te lo prometto."

Mi offrì uno sguardo quasi canzonatorio e certamente privo di alcuna fiducia ma non me ne risentii.
Ero profondamente consapevole della verità delle mie parole e mai come in quel momento in cui ci preparavamo ad uscire dall'aereo rimettendo i peidi sulla terra ferma, mi sentii tanto profondamente invaso da quel dolce desiderio di poterla, a breve, stringere nuovamente tra le mie braccia.



****


POV BELLA


"Ti preghiamo, O Dio Onnipotente, di accogliere nella Tua eterna luce i nostri fratelli Elisabeth ed Edward...."

Le parole del pastore riempivano la mia testa lentamente, confondendosi con mille pensieri, fugaci ricordi, nuovi dolori.
Vestita di nero, il volto coperto dagli occhiali da sole, me ne stavo immobile davanti alle bare dei coniugi Masen, stringendo tra le mani una rosa gialla.
Il colore preferito di Elisabeth.
Papà mi sorreggeva cingendo la vita con un braccio.
Accanto a noi buona parte della piccola comunità di Forks.
P
arenti nessuno giacché gli ultimi familiari rimasti vivevano molto lontano da Forks, forse in Europa, per quel che ricordassi io, ma in compenso c'erano molte persone che avevano conosciuto Elisabeth da ragazza, colleghi di lavoro del signor Masen, semplici conoscenti e gli amici più intimi che avevano condiviso con i Masen - ed anche con me - il dolore, a suo tempo, della scomparsa di Edward. Tutti riuniti in quella nuova, profonda sofferenza, che veniva a riempirci il cuore.

Elisabeth ed Edward non sarebbero tornati, mai più.

Sapevo che poco lontano, nascosti all'ombra di un cipresso o dietro qualche vecchia cripta, se ne stavano anche Edward ed Alice.
In questo modo subdolo e ridicolo Edward assisteva alla cerimonia funebre dei suoi veri genitori.
Avevo perso tutte le parole, ormai, ed esaurito anche le lacrime.
Non avevo più domande e non chiedevo spiegazioni: ero certa di essere giunta al limite.
Tutto ciò che riguardava il "nuovo" Edward era assurdo ed inspiegabile ed ora come ora l'ultimo dei miei problemi era capire le motivazioni di quei suoi atteggiamenti irrazionali.

Sbriciolai i petali gialli della mia rosa; 
nel vento di metà dicembre li lasciai scivolare delicatamente sulle bare lucide, mentre il pastore continuava a cantilenare la sua preghiera e qualcuno, tra i presenti, cominciava a spalare il terreno.
Mi sentivo soffocare.

"Bella..." - Mormorò mio padre.
Non gli risposi.
L'ultima lacrima, all'angolo dell'occhio, rovinò miseramente sul cappotto nero.
"Bella....andiamo a casa, piccola...E' finita"
La mano di papà strinse sull'avambraccio: non ero ancora in grado di scuotermi autonomamente.

Era finita per davvero.

"Charlie..."

Una voce grave e profonda - chiamava mio padre - mi riscosse dai pensieri incerti che avvolgevano nebulosamente la mia mente.
Un uomo dai lunghi capelli scuri ed il cappello ben calcato in testa ci raggiunse rapidamente spingendosi sulla propria sedia a rotelle.
Senza quel particolare probabilmente non l'avrei riconosciuto: si trattava di Billy Black, uno degli amici più fidati di mio padre.

Aveva assistito anche lui alla cerimonia? Non mi sembrava di averlo visto nel cimitero.

"Ehy, Billy, amico...grazie di essere venuto..."
"Figurati...So quanto fossi legato alla famiglia Masen..."

Mio padre annuì mestamente.

"Bella..."
"Ciao...Billy...gra...grazie di esserci..."
"Di nulla, piccola...Mi dispiace così tanto..."

Risposi tirando su col naso.
Non c'era molto da dire ma ancora tante lacrime da asciugare.

"Papà!"

Una voce profonda chiamava Billy.
Alzai gli occhi per incontrare quelli scuri e caldi di un ragazzone dai capelli corti, alto e muscoloso. Indossava una semplice camicia a quadri, benché il freddo cominciasse a farsi sentire.

"Bella...Ti ricordi di Jacob, no? Mio figlio..."

Jacob?

Certo che mi ricordavo di Jacob Black ma il ragazzo di cui avevo memoria io soltanto pochi mesi prima era decisamente più basso  e smilzo. Un tipico adolescente, insomma, non di certo quel gigante che mi si era parato davanti.

"Jake, ciao....sei...sei cresciuto..."

Con la coda dell'occhio colsi mio padre incamminarsi verso l'ingresso del cimitero, seguendo il passo lento della carrozzella cigolante di Billy.

"Già, sono cresciuto..."
"Come...come stai?"
"Io bene, grazie. Mi dispiace per i Masen..."
"Sì...ti ringrazio..."
"Dev'essere dura..."
"Oh...non immagini neanche quanto..."

In tasca il mio cellulare emise un flebile bip.

Scusandomi con Jake diedi una rapida occhiata al display.
Era un messaggio di Alice. Diceva testualmente:

"Stiamo andando a casa. Se ti va raggiungici più tardi. Alice."

Dunque avevano lasciato in gran fretta la cerimonia funebre.
No, decisamente non avevo voglia, per quel giorno, di trascorrere del tempo con loro.

"Scusami, mi cercavano..."
"Ah, certo....Non sei venuta da sola al funerale, vero?"

La domanda aveva un tono inquisitorio, quasi sarcastico.

Rivolsi uno sguardo perplesso a Jake. Era decisamente differente da come lo ricordassi, anche nel modo di fare. Jacob che conoscevo io era un tipo sveglio ma educato e piuttosto tranquillo; la persona che mi stava ora di fronte aveva un atteggiamento sfrontato ed un luccichio quasi canzonatorio negli occhi.
Possibile che tutti, intorno a me, tendessero a cambiare in maniera così radicale?

"Con mio padre...perchè?"
"Soltanto con lui? Lascia che ti dia un consiglio, Bella: controlla meglio le tue frequentazioni. O noi controlleremo te. E sappi che nulla, nulla è come credi. Ci si vede, stammi bene."

Mi piantò in asso, lasciandomi ancora più confusa.

Noi ti controlleremo.
Noi chi?

E per quale motivo, soprattutto, qualcuno desiderava tenermi d'occhio?

Stentavo a muovermi ed a deglutire, tanto ero confusa ed incollerita.
Provai a cercare ancora Jake con lo sguardo, volevo una spiegazione più chiara a quelle sue parole così confuse, ma non lo trovai.
In compenso mi raggiunse la stretta calda di mio padre.

Anche Billy, dunque, era andato via?

"Bella, torniamo a casa."
"Che significa che nulla è come credo, papà?"
"Come scusa?"
"Jacob Black mi ha detto che niente è come sembra, mi ha detto proprio così...c'è qualcosa che non so? Devi dirmi nulla?"
"Jacob, Jacob...Vorrei sapere chi gliel'ha riferito.."
"Di cosa stai parlando? Allora mi nascondi davvero qualcosa?"
"Bella, non avrei voluto..."
"Sputa il rospo, papà..."
"Beh, sì....Abbiamo....Beh, ecco, ieri abbiamo concluso le indagini riguardo all'incidente stradale di cui sono rimasti vittima Elisabeth ed il signor Masen..."
"E...?"
"Bella, non c'erano segni di frenata"

Spalancai gli occhi.
Che significava?

"Che...vuoi....Che vuoi dire, papà?"
"Bella l'incidente non è stato semplicemente causato da una sbandata involontaria. E' stato provocato e desiderato. Alla guida c'era Elisabeth e non ha fatto nulla....nulla per fermare l'auto."

Impietrita me ne stetti a fissare per qualche minuto un punto indefinito tra le tombe ed i salici piangenti mentre le ultime persone che avevano preso parte alla cerimonia ci passavano lentamente accanto, mormorando uno stentato saluto.
La voce di mio padre che mi sussurrava tutto il suo rammarico mi arrivava nebulosa. Non m'interessava da chi fosse partita la notizia, se da lui o da quello sconosciuto indiano di nome Jacob Black.
M'importava un altro concetto, ben più doloroso.
Il concetto della morte di Elisabeth ed Edward.
Perchè chiara, nella mia mente, si era fatta strada la consapevolezza di ciò che rappresentasse, in realtà, quell'incidente.
Un suicidio.
Un tentativo ben riuscito di suicidio.
Ed omicidio, al contempo.
Perchè se alla guida c'era Elisabeth, chi può dire quale fosse stato il reale desiderio del signor Masen?
Magari lui non aveva ancora voglia di morire.
Elisabeth, sua moglie, l'ha trascinato nel baratro in cui lei stessa era precipitata.
E la causa di tanta disperazione era una sola e portava il suo nome: Edward.

Edward.
L'origine del mio dolore.
L'origine della mia confusione.
L'origine di tutti quei punti fermi della mia vita che erano venuti a mancare.
Edward.
La causa dell'angoscia dei suoi genitori.
La causa della loro morte.

Una rabbia incontrollata salì dai visceri contorcendo lo stomaco in mille spasmi.
Raggiunse le mie estremità ed ogni singola particella di me stessa.

Dovevo vedere Edward.
Dovevo buttargli in faccia la verità e tutto il disprezzo che provavo nei suoi confronti.
Perchè, se soltanto per un istante avesse pensato a coloro che lo amavano e che l'avevano a cuore, se soltanto per un istante si fosse fatto vivo anziché continuare a celarsi inutilmente tra mille visi di persone sconosciute a mille miglia da Forks, se soltanto per un istante ci avesse amato ancora realmente, come un tempo,, forse  Elisabeth e suo marito non avrebbero cercato la morte.

Dovevo vedere Edward.

"Papà, dammi le chiavi del pick up..."
"Bella che..."
"Non farmi domande, ti prego...Devo andare"
"Sei troppo agitata per metterti alla guida..."
"Stai tranquillo, non farò sciocchezze e sarò prudente...Ma dammi le chiavi, ti prego...Devo fare una cosa....Urgente"

Riluttante pescò le chiavi dalla tasca interna del giubbotto offrendomele con uno stentato "Sta' attenta".
Le afferrai rapida e dandogli le spalle raggiunsi di corsa il cancello del cimitero, fiondandomi nella strada in gran fretta.
Accecata dalla rabbia scansai i passanti che intralciavano il mio cammino.

Raggiunto il pick up, ne chiusi infine la portiera con violenza ed ingranando la retromarcia esclamai un rabbioso:

"A noi due, Edward Cullen."




Angolo dell'autrice:

Buongiorno a tutte, ragazze, e perdonatemi per il ritardo con cui posto questo capitolo.
Sono stati giorni di trambusto, penso che possiate immaginarlo, per cui non ho avuto neanche il tempo materiale per scriverne un pezzetto...Ho risolto il tutto tra ieri ed oggi, insomma! :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto...E' evidentemente triste ma necessario.
Il nostro Jacob ha fatto capolino nella storia...Un Jacob già bello forzuto e spavaldo giacché, come giustamente suggerito da Carlisle, i vampiri capeggiati da Victoria sono già tornati nel territorio, ergo....il gene si è attivato!
Anche "l'intimidazione" fatta a Bella ("Noi ti controlleremo") deriva dalla consapevolezza della presenza dei Vampiri (i Cullen, in questo caso) e dalla vicinanza stretta di Bella con questi ultimi...L'odore è inconfondibile, si sa!
Ovviamente questo è solo un assaggio, il suo ruolo diventerà sempre più importante.Considerate che gli eventi, da Juneau, si sono spostati nuovamente a Forks...Insomma, ne capiteranno delle belle!

Penso di aver chiarito, in parte, il motivo delle reazioni di Edward del capitolo precedente...In molte, tra di voi, non le avevano gradite a ben ragione...Ma tutto sommato una giustificazione questo povero vampiro ce l'ha! ;)
Bella adesso è ancora più arrabbiata e confusa e, come avrete potuto notare, ha assunto tutt'altro atteggiamento con Edward. Penso che la sua sia una reazione molto umana, chiunque finirebbe con lo spazientirsi al posto suo!
Tanto spazientita che, sul finale, chiama Edward con il suo nuovo cognome, per sottolineare maggiormente il distacco ormai netto rispetto al passato.
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate, anche stavolta, senza essere timida...I vostri commenti sono la linfa vitale di questa fanfiction...A tal proposito colgo l'occasione per ringraziarvi come sempre, voi che seguite, voi che ricordate, preferite e voi che recensite...Oltre le lettrici silenziose che danno solo un'occhiata, ovviamente...Spero che questa occhiata possa sempre trasformarsi in una lettura approfondita!
Probabilmente il nuovo capitolo verrà postato all'anno nuovo per cui vi faccio TANTI E TANTI AUGURI, a tutte voi, PER UN 2011 STREPITOSO!
Baci

MaTiSsE!



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Capitolo 11
*** Strani giorni ***


nuovissima10

CAPITOLO 10
Strani Giorni
(POV Edward/Bella)









POV EDWARD

"E quindi sareste tornati soltanto per il funerale dei Masen?"

"Sì Jacob. Possiamo assicurartelo. Sai bene che non abbiamo mai dato problemi alla vostra tribù, se adesso siamo qui è perchè non potevamo davvero fare altrimenti."

Alice cercava in tutti i modi possibili di giustificare la nostra ritrovata presenza nel territorio di Forks. Ce la stava mettendo davvero tutta, era sincera. Peccato che i pensieri di Jacob Black - per me fin troppo chiari - rimandassero ad altre sensazioni: stava infatti rielaborando tutte le informazioni fornite da Alice in maniera nettamente negativa.
Era decisamente diffidente.
Probabilmente, tuttavia, questo atteggiamento derivava soltanto dalla sua giovane età ed anche dalla mancata conoscenza della mia famiglia; per Jacob noi Cullen eravamo molto peggio che dei semplici sconosciuti.
Eravamo dei vampiri.

Suo padre, Billy, manteneva le distanze ma pareva più accondiscente; i suoi pensieri erano certamente più morbidi rispetto a quelli del figlio. Di tanto in tanto mi lanciava addirittura un'occhiata compassionevole.
Mi conosceva, sapeva che in passato ero stato legato sentimentalmente alla figlia del suo migliore amico. Aveva sostenuto i Swan quand'ero scomparso e nella sua mente rileggevo ricordi tristi di decine di serate trascorse accanto al camino con un Charlie distrutto, mentre Isabella dormiva sul divano dopo aver pianto tutte le sue lacrime.
Scoprire ora il reale motivo della mia prolungata assenza l'aveva destabilizzato: sebbene sapesse fin troppo bene che dei vampiri avevano fatto capolino nella zona di Forks, qualche tempo prima, aveva sperato per mesi, alla luce della mia scomparsa, che non ne fossi rimasto vittima. La speranza era infine crollata miseramente.

"Dunque" - Esclamò ancora Jacob - "Dovremmo fidarci di voi... E cosa sapete dirci invece dei vostri amici succhiasangue?"
"Il clan di Victoria, intendi?" - Domandai.
"Vedo che sai di cosa sto parlando."
"Come non potrei, Jacob. Io stesso sono stato trasformato da lei..."
"Da questa Victoria?" - Intervenne Billy.
"Già, proprio da lei. La vampira rossa."
"Quindi" - Continuò Jacob - "Un innocente è stato trasformato qui, a Forks. E voi Cullen, dov'eravate?" - Sibilò all'indirizzo di Alice - "Il patto prevedeva anche l'obbligo di organizzare ronde periodiche per tenere lontano i succhiasangue come voi!"
"E l'hanno fatto, Jacob!" - Mi intromisi - "Ti prego, non essere così prevenuto...I Cullen hanno fatto di tutto per fermarli, sono stati proprio loro a trovarmi e salvarmi. Senza questa meravigliosa famiglia forse adesso non sarei un vegetariano."
"Pff...Questa è bella!" - Rise - "Siete soltanto dei vampiri, niente di più, niente di meno...Non vedo nessuna meravigliosa famiglia qui in giro..."
"Jacob. Per piacere.." - Mormorò Billy.
"In ogni caso, Jacob..." - Intervenne Alice con tono visibilmente irritato - "Abbiamo fatto tutto quanto era in nostro potere. Purtroppo siamo arrivati troppo tardi. Quando abbiamo raggiunto Seattle il clan di Victoria aveva già fatto un bel po' di danni ed Edward era già stato trasformato da  tempo."
"Vi crediamo. Avete l'aria sincera e devo dire che voi Cullen siete sempre stati molto leali nei nostri confronti" - Dichiarò infine Billy - "Tuttavia c'è ancora  punto non ben definito: abbiamo incontrato Bella Swan al cimitero, portava addosso il vostro odore. Perchè? Vi conosce?"

Annuii.

"Sì. Il destino ha voluto farci incontrare nuovamente al college, in Alaska. Ho cercato in tutti i modi di tenerla lontana, supplicandola e talvolta trattandola davvero in malo modo. Ma non ci sono riuscito."
"Sta' attento, succhiasangue" - Minacciò Jacob  puntando l'indice contro di me - "Se trascinate un'altra innocente nel vostro squallido mondo io vi..."
"Jacob, basta" - Tuonò Billy.

Jake zittì di colpo. L'autorità esercitata da Black senior, sia in termini di padre che di vecchio membro dei Quileute era ancora tangibile, nonostante le difficoltà fisiche.

Soltato un attimo di silenzio, tanto quanto bastava per calmare gli animi. Poi Billy riprese a parlare nella nostra direzione.

"Perdonate mio figlio, è ancora giovane ed ha troppo a cuore il bene della tribù. Avevamo scioccamente sperato di salvaguardare le giovani generazioni dal gene della licantropia ma evidentemente quella dei vampiri è una maledizione che ci portiamo dietro. In ogni caso, Edward, spero ti renderai conto che il bene di Isabella, così come quello di qualsiasi altro individuo in questa comunità, viene prima di ogni altra cosa. Quindi mi auguro che tu voglia proteggerla e tenerla al riparo da ogni eventuale pericolo."

"Certo."

"Cosa sa di voi?" - Domandò nuovamente Jacob, più moderato.
"Nulla" - Intervenne Alice. - "Edward le ha raccontato di aver commesso delitti inanerrabili ma ha taciuto sulla sua nuova condizione. Come spiegargliela. del resto?"
"Quindi non sa che ha a che fare con dei vampiri?"
"Esatto."
"Siete matti. Bella deve stare lontana da voi."
"Troppo tardi" -Rispose Alice. Il suo sguardo improvvisamente lontano parlava chiaramente della visione che le stava riempendo la mente - "Sta venendo qui. E mi sembra piuttosto arrabbiata."
"Bella sta venendo qui..." - Mormorai a mia volta sorpreso.
"Già..."
"Ottimo. Ci mancava solo questa!" - Jacob alzò gli occhi al cielo, rassegnato. - "Ok, Cullen. Noi andiamo via, non possiamo rischiare di farci trovare assieme a voi, Bella si farebbe troppe domande. Comunque, tenete bene a mente quel che ha detto mio padre: deve stare lontana da voi."
"E' la figlia del mio migliore amico, Edward..." - Billy parlò in modo molto sincero ed accorato - "...ed è tutto ciò che Charlie ha sulla faccia di questa Terra. So che per te è difficile staccarti da lei ma ti prego: tienila a distanza, è per il suo bene."
"E' ciò che provo a  fare ogni giorno..."
"Provare non è abbastanza" - Concluse Jacob - "Devi farlo, senza alcun dubbio. Adesso andiamo, papà: dobbiamo fare rapporto al consiglio..."


Guardai mestamente Jacob e suo padre allontanarsi verso l'ingresso,senza attendere che Alice li accompagnasse alla porta  così come prescriveva l'etichetta per una perfetta padrona di casa.

I pensieri del giovane Black erano fin troppo chiari: ci detestava.

Non gl'importava molto di aver infine perso la possibilità di restare un essere umano a tutti gli effetti: tutto sommato la sua natura di licantropo non gli dispiaceva. Ma aveva preso molto sul serio l'idea dell'inimicizia naturale che sussiste - da secoli ormai - tra le creature della sua specie ed i vampiri. Inoltre aveva fortemente a cuore il bene della propria tribù ed avrebbe fatto di tutto pur di difenderla.
Non sarebbe stato facile, per noi tutti, instaurare con lui un rapporto civile. Ma la questione avrebbe dovuto importarci, dato che  Jacob era, nonostante la giovane età, il principale candidato ad assumere il ruolo di alfa - e quindi di capo indiscusso - all'interno del redivivo branco.

Tuttavia, più di Jacob e Billy Black a preoccuparmi, adesso, era Isabella.
Cos'altro era accaduto?
Qual era il motivo della sua rabbia?

"Quanto male me la passo, Alice?"
"..Mmmh...Abbastanza, fratellino."

Sospirai.

"Tra quanto tempo arriverà?"
"Poco. Dieci minuti al massimo"
"Bene."

Difatti, di lì a poco, udimmo il rumore dello sbilenco pick up di Bella, mentre irrompeva furioso nel vialetto di casa Cullen.
I suoi passi sul selciato.
Un prolungato scampanellio.

"Bella. Benvenuta."

Aprii la porta d'ingresso incontrando i suoi occhi irosi e socchiusi. Le labbra erano strette e pallide, il viso tirato. Aveva pianto e non poco. Dopotutto la cerimonia funebre dei miei genitori era terminata da poco e benché non avessi potuto versare una sola lacrima, la compresi totalmente giacché anche il mio cuore era ancora gonfio e dolorante.

Entrò in casa, scansandomi e salutando Alice soltanto con un lieve cenno del capo.
Mia sorella comprese rapidamente l'antifona e ci abbandonò adducendo una scusa piuttosto stupida circa un improvviso quanto ridicolo impegno di cui si era totalmente dimenticata.
Mentre la porta si chiudeva rapida - ne udii distintamente il tonfo proveniente dall'atrio - mi ripromisi di fargliela pagare perchè, proprio nel momento del bisogno, mi lasciava da solo.


Il silenzio fra me ed Isabella durò lo spazio di un secondo.

"Che altro è successo Bella?" - Cominciai io per primo. La tensione era troppa, preferivo arrivare subito al sodo.
"Che. E'. Successo....? HAI ANCHE IL CORAGGIO DI CHIEDERMELO, EDWARD?!"

La voce stridula di Bella in preda alla rabbia costituiva una versa sorpresa per me. Ero abituato a tutt'altri atteggiamenti.
 
"Non capisco di cosa tu stia parlando. Sul serio."
"Il nome Elisabeth ti dice qualcosa?!"
"Bella non devi fraintendere. Il fatto che io non abbia pianto o che abbia mascherato la mia presenza al funerale non significa che io non stia soffrendo. Era mia madre, cazzo! Perchè devi giudicarmi di continuo??"
"GIUDICARTI? IO? Edward CULLEN, ti giudichi da solo, a dirla tutta! E comunque il mio problema non è questo, che tu pianga o meno o preferisca assistere alla cerimonia funebre dei tuoi genitori giocando a nascondino, beh...questi sono solo affari tuoi!"
"Ed allora? Che altro c'è?"
"C'è che dovresti portarteli sulla coscienza"

La guardai per un istante attonito: onestamente il significato delle sue parole mi era del tutto incomprensibile e non poter leggere la verità racchiusa nella sua mente era quantomeno frustrante.

"Non ti capisco, Bella...."
"Ieri sera sono state concluse le indagini riguardo all'incidente. I tuoi genitori si sono suicidati, Edward. Guidava tua madre e non ha provato a frenare neanche un po' quando l'auto ha cominciato a sbandare. Voleva morire, non è stato un caso. Credi di conoscere la causa di questo suicidio? Sei TU Edward!"

Me ne stetti immobile ed intontito per qualche istante, fissando la parete bianca di fronte.

I Cullen amano i colori chiari e luminosi.

Forse Bella mi chiamava ma non mi riuscì di darle perso finché non mi strattonò più forte per la camicia.

"Edward....!"
"Che ...c'è?"
"Che hai?"
"Che ho....tu che ne dici?"
"Adesso non farmi la parte del figlio affranto...Potevi pensarci prima!"

Ero stanco di subire continui rimproveri. Benché provenissero da Bella e benché sapessi che di certo la colpa della morte dei miei genitori era in parte dipendente da me, non potevo in ogni caso sentirmi l'unico carnefice. Se avevo taciuto era stato per il bene delle persone che amavo; se avevo scelto di non fare ritorno era perchè un obbligo antico e  sovrumano, ben più grande di me, me lo impediva. Se per tutti ero scomparso e se i miei genitori - troppo addolorati per la mia perdita - erano morti, la responsabilità non era esclusivamente la mia. La responsabilità dell'immane tragedia che aveva colpito le nostre esistenza era di un'unica, ignobile creatura e questa creatura portava il nome di Victoria.

"Ora basta, Bella! Anche io sono disperato, confuso e nervoso! Non è dipeso da me, non avrei mai voluto farli soffrire tanto....Ti prego, ascoltami!"
"Non ti credo, Edward! Se non è dipeso da te, da cosa allora?? Cos'è successo quel 13 settembre??? Cosa hai fatto per tutto il tempo prima di incontrare i Cullen?? Perchè non ci hai mai dato tue notizie?!"

La voce di Bella si alzò di due ottave prima di incrinarsi pesantemente.
La guardai accasciarsi sul morbido tappeto persiano del salotto in preda ad una crisi di pianto.
Corsi accanto a lei, tentando di misurare la velocità con cui ero solito muovermi, per non dare troppo nell'occhio.
Non servì a nulla.
Le sfiorai delicatamente il viso con una mano e qualcosa scattò nella sua testa.

Mi guardò con i suoi grandi occhi cioccolata sbarrati ed afflitti. Le lacrime continuavano a rigare le guance, arrossandole.

"Edward" - Sussurrò - "Perchè sei così freddo?"

Mi bloccai. Inginocchiato accanto a lei, l'unica cosa sensata che mi riuscì di fare fu quella di ritrarre rapidamente la mano.

"Perchè sei così freddo?" - Ripetè - "E perchè anche Alice lo è?"

Non una parola, non un cenno.
Non riuscii neanche a distogliere lo sguardo da lei. Sorpreso ed ormai disilluso, mi limitai ad aprostrofarmi mentalmente con un "idiota"; davvero credevo di poter sfuggire per sempre alla perspicacia ed alla curiosità di Bella?

Certo che la fortuna non era dalla mia parte.
Anche i miei occhi dovettero infatti scurirsi, preda della confusione, del dolore e della sete che, crudele e spietata, stava pian piano cominciando ad ardere dal profondo la mia povera gola, spinta dal suo delizioso profumo.
Bella mi guardò con più attenzione e lessi un lampo di orrore nel suo sguardo.
Sapevo cosa stava per dirmi.

"I tuoi occhi sono neri, Edward. Cambiano colore, altre volte li hai dorati. Ed anche Alice, ed Esme e Carlisle e tutti gli altri li hanno così. Perchè vi somigliate, se non siete parenti? Cos'altro non mi dici, Edward? Non mi merito questa verità?"

Chiusi quegli occhi traditori.

"Non è questo, Bella....Non è questione di merito..."
"E di cosa, allora??"
"La verità ti ucciderebbe...Non posso dirtela. Non posso."

Mi guardò esterefatta, singhiozzando per un tempo infinitamente lungo prima di rialzarsi, scansando la mano che le avevo offerto, nonostante tutto.
Non mi mossi. Aveva tutte le ragioni per comportarsi in quel modo.
Continuai a darle le spalle mentre scappava via da quella casa.
E quando il tonfo della porta dall'atrio ed il rumore ovattato dei suoi passi sulla strada mi confermarono che era ormai lontana compresi la realtà delle cose.

Bella era scappata. Era scappata da me.


***


POV BELLA


Avevo letteralmente abbandonato il pick up sul ciglio della strada.
Dopo aver lasciato in tutta fretta casa Cullen - o come diamine si chiamasse l'abitazione, saltata fuori dal nulla, dove si erano rifugiati Alice ed Edward - avevo vagato senza meta per più di mezz'ora fin quando le lacrime, troppo copiose, non mi avevano impedito del tutto di guidare ancora.
Ero sfinita, sul serio.
La notizia della morte di Elisabeth e del signor Masen, il ritorno a Forks, la cerimonia funebre, le stranezze di Edward e di quella presunta sorella cui è tanto legato.
E quella verità nascosta, troppo difficile da raccontare, troppo dolorosa da accettare.
Quella verità che non vuole svelarmi e che lo trascina sempre più lontano da me.

Tutto, tutto stava contribuendo ad una mia lenta, inesorabile, morte interiore.

Ero consapevole del fatto che Edward si trascinasse dietro un segreto inanerrabile, qualcosa di assolutamente atroce e sconvolgente; glielo leggevo in ogni piccolo gesto nervoso, nella confusione con cui si guardava attorno alla ricerca dello sguardo confortante di Alice, nella rapidità con cui cambiava umore, nel terrore che di tanto in tanto riempivai suoi grandi occhi. Mi ero rassegnata a questa consapevolezza e combattevo ogni giorno con la sua esistenza perchè era colpa di quella crudele e sconosciuta verità se Edward non era più il mio Edward.
Ma l'idea che l'importanza di quel segreto potesse addirittura superare i legami di sangue, gli amori, le piccole, indispensabili, cose della sua precedente vita, mi spaventava da morire.

Sì, era questo il mio terrore più grande.

Scoprire.

Perchè volevo assolutamente venire a capo di quel dramma ed al contempo preferivo restarne all'oscuro.
Sapevo che Edward aveva commesso un omicidio ma non sapevo il perchè l'avesse fatto.
Ero certa che  il motivo che l'avesse spinto ad una tale nefandezza fosse la causa finale di tutto il nostro dolore e di tutti quei particolari che non riuscivo a mettere insieme, ed ero anche assolutamente convinta che proprio quel motivo fosse addirittura più ributtante dell'assassinio in sè per sè.
E benché tutto fosse nebuloso e confuso, stavo pian pian realizzando che era l'orrore, adesso, a guidare le nostre vite.
L'orrore e quel dolore che ci portavamo dentro.
Quel dolore che mi aveva spinto infine a scappare via da lui.

Vorrei tornare indietro per non conoscerti mai più.


Camminavo senza meta su di un terreno instabile.
Ero finita sulla spiaggia.
A guardarla bene sembrava la spiaggia della riserva, la Push Beach.

Un cielo gonfio e grigiastro incombeva su di me, specchiandosi in un mare altrettanto scuro e minaccioso. Neanche la natura intorno sembrava più felice di quanto fossi io.
Mi strinsi nel cappotto nero e, mordendomi un labbro, asciugai l'ennesima lacrima.
Non ne potevo più di piangere, maledizione!

Diedi un calcio nervoso ad un sasso posto lungo il mio cammino.
Mi feci male e dovetti farne anche al malcapitato che ne intercettò la traiettoria.

"Ehy!"

Alzai lo sguardo rapida.

"Mi scusi, mi spiace tanto!"

Trovai un paio di occhi scuri familiari.
Jacob.

"Jacob! Scusami, davvero! Ti sei fatto male?"

Rispose con un risolino canzonatorio. Sembrava gli avessi appena raccontato una barzelletta molto divertente.

"Ci vuole ben altro per farmi male, Bella."
"Oh, beh..."
"Che ci fai qui?"
"....Passeggiavo..."
"Passeggiata triste, eh?"

Certo. Gli occhi parlavano da sè.

"Più o meno...Tu piuttosto? Come mai sei qui?"
"Qui?! Io ci vivo qui, Bella...Sei nel territorio della riserva, sai..."
"Oh! Hai ragione. Sono davvero fuori dal mondo, scusami..."

Mi sogguardò divertito per qualche istante. Il silenzio calò tra di noi. Ci conoscevamo appena ed ovviamente l'imbarazzo del non ti conosco non so che dirti ci stava tutto.

"Senti, mi spiace..." - Esordì ad un tratto.
"Di cosa?"
"Sono stato un po' scortese prima, al funerale. Scusami. Le cerimonie funebri mi mettono ansia e poi...non sono molto bravo con le parole. Papà me lo dice sempre."

Si toccò i capelli in modo molto buffo, sembrava davvero dispiaciuto.
Il suo sorriso d'un tratto così gentile e luminoso pareva davvero sincero.

"Tranquillo. Non importa."
"Sul serio?"
"Sul serio. Papà mi ha detto tutto."
"Tutto cosa?" - Esclamò sbarrando gli occhi.
"Quel che mi avevi detto, che nulla è come sembra. Beh, alla fine Charlie mi ha svelato la verità. Adesso so che Elisabeth si è suicidata."
"Oh! E...Elisabeth, certo..."

Mi sembrava davvero sorpreso. Forse non si aspettava che Charlie mi raccontasse tutto così in fretta.

"Solo non capisco...Perchè mi hai detto che mi terrete d'occhio? Cos'ho fatto di tanto sbagliato?"
"Niente. Tu proprio niente Bella. Ho dato di matto, davvero, non pensarci neanche più."

Mi strinsi nelle spalle, senza ben comprendere. Non mi interessava in quel momento.

"Mi sembri distrutta..."
"Sei un tipo piuttosto diretto..."
"Te l'avevo detto che non ero bravo con le parole.." - Sorrise ed io ricambiai di rimando.

Benchè fosse praticamente uno sconosciuto mi sentii improvvisamente a mio agio con lui. Da che ero tornata a Forks - circa due giorni prima - l'unica persona che avessi visto sorridere era proprio lui, Jacob. Mi dava una sensazione assolutamente irrazionale di calore mentre tutto intorno a me era morte e sofferenza. Per certi versi mi ricordava la mia cara Allison, così lontana a Juneau!

"Comunque, scherzi a parte...Ti va di fare un giro alla riserva? Almeno ti distrai un po'..è stato un giorno pesante, per te..."

Lo guardai pensierosa.
Che fare?
Andarmene in giro con uno sconosciuto mentre il mio mondo crollava a pezzi o tornare a piangere tutte le mie lacrime nella solitudine della mia piccola camera?

"Ehi...Non ti sto invitando ad uscire solo noi due. Tranquilla, non ti mangio mica!"

Mi venne da ridere.

"No, no, non è per quello! E' che mio padre non sa neanche..."

D'improvviso una lucina si illuminò nella mia testa.

Mio padre.
Mio padre.
Mio.

"Charlie, cazzo!"

Ero andata via chissà quanto tempo prima e neanche mi ero degnata di avvisarlo del mio stato di salute mentale. Eppure sapevo perfettamente quanto fosse preoccupato per me!
Rapidamente cavai di tasca il cellulare. La batteria era quasi scarica ormai, dopo trentasette volte che Charlie aveva provato a chiamarmi.

"Oddio, oddio , oddio!"
"Ehi, calma!"
"No..non posso..Cioè...Jacob devo scappare! Papà è terribilmente in pensiero!"

Jake mi sorrise.

"Ok, ok.Vai, tranquilla. Ci sarà tempo per un giro alla riserva."
"Grazie! E scusami, sul serio!"
"Non c'è problema, Bella"

Nel lasciarmi andare, Jacob mi salutò sfiorando leggermente la mia mano tremolante.
Mi bloccai d'improvviso.
Era rovente.

"Hai la febbre, Jake?"
"Cosa?"
"Hai...hai la febbre, sei bollente..."
"Oh...La controllerò, grazie per l'informazione. Beh, ci si vede..."
"Sì..."

Mi diede infine le spalle, allontanandosi piano e con indifferenza lungo la spiaggia.



Lo sogguardai ancora per un istante infinito, perplessa, prima di decidermi a correre verso il pick up.




Angolo dell'autrice:

Ragazze!
Buon anno a tutte voi, anzitutto!
Le feste sono (finalmente) passate ed io praticamente le ho vissute tutte al lavoro...non è stato proprio fantastico, ecco....Ma fa niente!
Scusatemi per l'assenza...prima ero più veloce nell'aggiornare ma davvero tempo non ne ho avuto!
Comunque volevo ringraziarvi davvero DI CUORE per tutte le recensioni e le belle parole che mi lasciate...Sono aumentate le visite ed anche l'indice di gradimento è lievitato...Ed alle mie lettrici affezionate si sono aggiunte tante nuove fan...Grazie a tutte voi, sul serio, quando ho cominciato a postare non credevo potessi raggiungere tutto questo apprezzamento...Sono davvero felice! :)
Questo è un piccolo (si fa per dire) capitolo di passaggio per "aiutare" Bella a scoprire la verità...Spero che vorrete recensirlo e farmi sapere come sempre cosa ne pensate.
Un bacio a tutte voi e grazie ancora!
MaTiSsE!

 

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Capitolo 12
*** Odore di vampiro ***


nuovissima11
Capitolo 11
Odore di Vampiro
(POV BELLA/ALICE/JACOB)











POV BELLA


"Ehy Swan! La vita qui in Alaska è davvero triste senza di te...Appena tornerò nello stato di Washington (tempo due giorni al massimo) verrò a rompere la noiosissima monotonia di Forks...Preparati, la pace è finita.... uragano Ally in arrivo! Saluti e baci. A."



Lessi e rilessi le due righe che Allison aveva scritto con la sua bella calligrafia su di una cartolina colorata, proveniente direttamente da Juneau. L'avevo ricevuta quel mattino e mi ero persa nel contemplare il bel lago del nostro campus baciato dal primo sole primaverile, i boschi verdi e rigogliosi tutt'intorno. E poi avevo sorriso, più e più volte, perchè in quelle poche parole ritrovavo tutta la sua contagiosa allegria, il suo dirompente entusiasmo e quell'affetto incondizionato che soltanto lei era capace di regalarmi.

Non vedevo l'ora di riabbracciarla.

Fissai la cartolina al muro, scegliendo accuratamente il posto libero più grazioso ed in bella vista tra i poster di vecchi film e le foto del liceo.
Adoravo quella parete della mia camera: un angolo privato pieno di ricordi e piccoli dettagli che appartenevano soltanto a me, alla Bella che ero stata.
Vecchi biglietti del cinema, di qualche film che mi era rimasto particolarmente impresso, si sommavano ai tagliandi del luna park, alle cartoline spedite dai posti lontani visitati dalla mamma ed alla locandina di Shakespeare in love cui ero tanto affezionata, forse l'unico film sentimentale che avesse, in qualche modo, catturato la mia attenzione. Deformazione professionale: io ed Edward amavamo troppo Shakspeare e Romeo e Giulietta era il nostro dramma preferito.
E poi ancora biglietti di auguri, adesivi raccolti qua e là e le foto.

Le mie vecchie foto di scuola.

Io e Jes.
Io ed Angela.
Tutte e tre insieme.

Chissà dov'erano adesso e cosa stavano facendo. Magari sarebbero tornate per le vacanze natalizie e le avrei riviste.
Ma in realtà non ero così certa di aver voglia di incontrarle nuovamente.

E poi le foto di gruppo, anche con Mike e Ben, forse al compleanno di Angela.
Ridevamo, coperti da coriandoli e palloncini. Avevamo quindici anni ed eravamo così felici!
Infine, nascosta dalle altre, una foto con Edward. Io ed Edward, un giorno d'estate, in Florida da mamma.
Baciati dal sole d'agosto, abbronzati e sorridenti, le nostre mani intrecciate, l'oceano sullo sfondo.

Ricordavo perfettamente quella foto.

Mamma e Phil avevano insistito per scattarcela, nonostante io mi trovassi assolutamente orribile dopo un'intera giornata al mare, i capelli in disordine, la pelle arrossata. Poi Edward mi aveva convinto, soggiogandomi con quella sua voce tentatrice e sussurrando piano al mio orecchio quanto fossi bella, più del solito, così naturale e spontanea.
.
"Sei splendida e sei tutta mia, amore."

Fu la nostra ultima estate insieme quella. Il 13 Settembre dello stesso anno lui sparì nel nulla.

Osservai quell'immagine ancora un istante prima di decidermi a staccarla, relegandola sul fondo di un cassetto.

L'ultima foto è quella del mio diploma. Non è stata opera mia ma di Charlie. Se avessi potuto l'avrei bruciata tanto appare triste e sconfortante. Io con indosso una stupidissima tonaca gialla, pallida e smagrita,  ricevo il mio diploma in mezzo a centinaia di sconosciuti. Profonde occhiaie appesantiscono il mio viso. Non mi curo neanche di fingere un sorriso, era tutto troppo doloroso per credere anche solo per un attimo che le cose avrebbero potuto migliorare.

"Uff!"
Ero stanca di pensierosi dolorosi, di ricordi crudeli.
Mi allontanai di scatto da quelle foto improvvisamente insopportabili ed accesi la radio, tanto per distrarmi.
Speravo di rallegrare l'atmosfera così lugubre intorno a me ma come al solito il destino decideva diversamente dalle mie intenzioni: in sottofondo udii le note di una canzone familiare.


Band of Horses.
No one's gonna I love you.


"Nessuno ti amerà come ti amo io. Nessuno, Edward"
"Lo so, mia Bella. E nessuno mai amerà te quanto me, tienilo bene a mente"


Una voce lontana nei miei ricordi.
La voce della persona che mi amava.

"Cazzo!"

Diedi una spinta alla cassa dello stereo a me più vicina, costringendola ad un sonoro ruzzolone prima sullo scaffale sottostante ed infine sul pavimento. Il cavo si staccò violentemente dalla presa.
Incredibile quanta forza fossero in grado di sprigionare le mie mani in preda alla rabbia.
In ogni caso ottenni ciò che desideravo: il silenzio più assoluto.

Attesi qualche istante, comunque, prima di udire i passi di papà lungo le scale.
Lo anticipai, infine, prima che bussasse imbarazzato alla porta.

"Entra, papà."
"Bella...Posso?"
"Certo."
"E' tutto a posto?"
"Sì, sì. Scusami. E' che sono andata a sbattere contro lo stereo e la cassa è caduta. Sono davvero un'imbranata"

Che giustificazione idiota e senza senso!

"Certo, certo. Tranquilla piccola. Ah, Bells..."
"Sì, papà?"
"C'è una visita per te."
"Una visita?"

Non avevo sentito il campanello suonare. Ma forse ero troppo impegnata nello sfasciare la mia camera.

"Una certa Alice. Una ragazza molto carina e gentile. Dice di essere una tua compagna di corso, a Juneau."
"A...Alice?!"
"Sì. La conosci?"

Che diamine ci faceva Alice Cullen a casa mia? Lei ed Edward avevano fatto carte false per non farsi scoprire al funerale dei coniugi Masen, rintanandosi poi in quell'abitazione ai margini del bosco, lontano da occhi indiscreti. Ed adesso Alice si sentiva tanto coraggiosa da addentrarsi nel mondo abitato sino a far capolino addirittura a casa Swan?
Da non credersi.

"Bella, allora? La conosci sul serio questa Alice?"
"Sì, papà. La conosco. E' un'amica del college. Arrivo subito."

Infilai la prima felpa che trovai in giro per la stanza, incurante del fatto che fosse scolorita e stropicciata.
Passai una mano sul viso e mi guardai allo specchio, trovando un paio di occhi spenti ed arrossati. Quel po' di matita nera con cui avevo bistrato leggermente le palpebre era ormai totalmente sciolto e grosse striature scure si spargevano sulla pelle intono all'occhio.
Come diamine m'era venuto in mente di truccarmi? Non lo facevo quasi mai ed a ben vedere adesso ne comprendevo il perchè: non ne ero capace.
Passai l'indice sotto l'occhio tirando via parte del colore sbavato col risultando di ritrovarmi una mano macchiata di nero ed una sottospecie di quadro di Picasso sulla faccia.
Ero semplicemente orribile e considerai che tutto sommato non era cambiato poi molto dalla foto del diploma.

"Oh, al diavolo!"

Legai i capelli ed infine mi decisi ad abbandonare la stanza, scendendo i gradini due alla volta.

La ritrovai seduta di spalle sul divano del salotto, perfetta come soltanto Alice Cullen poteva essere alle dieci e mezza di un sabato mattina.

"Alice.."
"Bella! Buongiorno!"

Mi infilò in mano un pacchetto di carta.

"Cornetti caldi, direttamente dal miglior fornaio di Forks!"
"Ne abbiamo uno solo di fornaio a Forks, Alice."
"Beh, non soltanto è l'unico ma anche il più bravo allora!" - Mi fece l'occhiolino - "Mangia!"

A dirla tutta non avevo per niente fame ma la gentilezza così spontanea con la quale mi porse la colazione mi indusse a staccare almeno un pezzo da uno dei due cornetti infilati nella busta di carta, portandolo delicatamente alla bocca. Era morbido e buono.
Così buono che finii col mangiarlo tutto, pian piano, mentre Alice mi guardava sorniona.

"Hai visto che era il miglior fornaio di Forks?"
"Già" - Risposi sorridendo.
"L'altro è per tuo padre ma se hai ancora fame posso fare un salto a prenderne ancora"
"No, grazie, davvero. Va bene così. Sei stata carina."
"Di niente. Da quanto tempo non mangi qualcosa, Bella? Stai dimagrendo a vista d'occhio"
"Come se prima fossi grassa..."
"Appunto. Fra poco diventerai la donna invisibile."

Non le risposi, limitandomi a guardare verso la finestra.

"Bella, lo so che mio fratello ti sta dando molte preoccupazioni."

Dalla cucina un tramestio di piatti mi fece intendere che papà era interessato al nostro colloquio. Probabilmente la vista di quella graziosa sconosciuta doveva averlo insospettito e non aveva torto.
L'idea di un possibile "fratello di Alice" in grado di causarmi delle sciocche pene d'amore doveva averlo destabilizzato fortemente; se solo avesse saputo di chi stavamo parlando, realmente, non si sarebbe limitato a far cadere un paio di piatti nel lavabo!

"Andiamo fuori" - Sillabai piano ed Alice annuì ridendo.

"Papà, facciamo un giro qui fuori!"
"Arrivederci, signor Swan!"

Charlie si affacciò dalla porta della cucina, confuso ed imbarazzato, tenendo in mano uno strofinaccio tanto per dar prova dell'essere intento alle faccende domestiche. Non gli riusciva davvero di recitare, era un pessimo attore. Ecco da chi avesse preso sua figlia.

"Oh, sì Bella. Mi raccomando, non allontanarti troppo. Arrivederci Alice!"

Alice salutò ancora agitando la mano mentre io richiudevo la porta alle mie spalle.

"Puff! Adesso possiamo parlare..."
"Sembrava interessato."
"Lo era. Crederà che qualche tuo fantomatico fratello mi stia dando filo da torcere in amore. E non immagina neanche lontanamente chi sia"
"Mi spiace tanto, Bella..."

Mi accomodai sui gradini all'ingresso ed Alice seguì il mio esempio stando bene attenta a non sporcarsi.

"Dispiace anche a me, Alice. Sai, ho creduto che io e te potessimo diventare amiche, un po' di tempo fa..."
"E lo possiamo, sul serio! Lo diventeremo!"
"E come faccio ad essere tua amica, Alice, se non mi dici tutta la verità? Tu reggi il gioco di Edward ed io non so neanche che tipo di gioco sia, francamente..."
"Non è un gioco, Isabella. Edward soffre molto."
"Anch'io."
"Lo so."

Per un po' rimanemmo in silenzio, disturbate soltanto di tanto in tanto dal verso di una tortora poco distante.

"Vorrei tanto che tu potessi conoscere tutta la verità, Bella. Sarebbe tutto così diverso e tu potresti finalmente fare la scelta giusta."
"Quale scelta, Alice?"
"Quella di stare con Edward, ovviamente. Sono certa che lo sceglieresti comunque."
"Beh, se è per questo il problema non sussiste. Anche se io conoscessi tutta la verità, come dici tu, e decidessi di voler stare in ogni caso con Edward, dovremmo prima ascoltare il parere dell'interessato. E credimi, non mi è parso molto d'accordo, almeno da quel che ho visto negli ultimi tempi."
"Ti sbagli Bella. Edward sceglierebbe te. Sceglierebbe te, sempre. E se non l'ha fatto finora è stato soltanto per proteggerti."
"Da cosa? O da chi?"
"Da se stesso, suppongo. Sai, mio fratello è un idiota."
"Puoi giurarci!"

Scoppiò in una grossa risata ed io finii col seguirla a ruota.

"E Tanya? Che mi dici di lei? Non è una specie di fidanzata o qualcosa del genere?"
"Pff! Tanya...L'ultimo dei nostri problemi. E' così importante per Edward che ha deciso bene di lasciarla in Alaska. Bella, Tanya è una brava ragazza e vuol bene ad Edward. Nostro padre, Carlisle, aveva scioccamente pensato che potesse aiutarlo a superare la sua solitudine ed il vuoto che si portava dentro. Ma non aveva fatto i conti con il tuo ricordo e dopo con te, in carne ed ossa. Edward non potrebbe mai sostituirti, credimi."

Annuii deglutendo a fatica.
Non ero certa di volerle credere. Se mi fossi affidata totalmente alle sue parole poi avrei sofferto di più, ne ero certa.

"Dov'è adesso?"
"A casa. Il resto della famiglia è arrivata poche ore fa dall' Alaska. Era piuttosto abbattuto ed aveva bisogno di Esme, credo. Ed anche di Carlisle."
"E' una specie di bambino per loro o cosa?"
"Sì, il cocco di casa. Ed il più giovane."
"Beh, non molto più giovane di te.."
"Oh beh...."

Non so perchè ma le venne da ridere.

"Perchè è giù di morale?"
"Beh, a parte per un motivo che porta il nome di Isabella Swan...credo che sia molto sconfortato dalla visita che ha fatto oggi a casa Masen"
"E' stato dai Masen?!"  - Esclamai sorpresa, quasi dimenticando completamente che ormai quella casa era totalmente e tristemente vuota.Un guscio inutile e rinsecchito.
"Già. Stamattina presto ed ovviamente di nascosto. Voleva recuperare qualche cimelio di famiglia, un ricordo dei suoi veri genitori. E' tornato con qualche foto, in una dovevi esserci anche tu. E qualche altro piccolo oggettino. Niente di più, solo l'indispensabile per sentirli ancora vicino. Era veramente triste."
"Mi dispiace."
"Credo che abbia preso qualcosa anche per te ma non so cosa, parlottava tra sè e sè."

Sorrisi piano della sua dolcezza. Avrei voluto che certi gesti premurosi si trasformassero in eventi pubblici nei miei confronti, piuttosto che in casi isolati ed assolutamente privati, giacchè avevo quasi dimenticato quanto potesse essere gentile il mio Edward.

"Sa che sei qui?"
"No...E dovrò star bene attenta a non pensarci, altrimenti mi scoprirà. Non vuole che faccia cose per lui di nascosto."
"Beh, se ci pensi senza aprir bocca non dovrebbe essere un grosso danno almeno che voi due non siate telepatici."
"Oh!"

Alice aprì la bocca e sgranò gli occhi al contempo. Sembrava una bimba pizzicata dalla mamma mentre rubava la marmellata. Davvero non capivo cosa avesse potuto mai dire o fare di tanto stupido e palese nei miei confronti. Francamente continuavo a comprendere meno di zero.

"Be...Bella, io adesso devo andare"
"Cosa...Aspetta Alice! Che ti prende?"
"Niente davvero. Solo che devo proprio andare. Esme...."
"Esme cosa?"
"Nulla, dobbiamo fare delle spese insieme, ecco. Io vado."

Si alzò di scatto, tenendo la borsetta ben stretta tra le mani.

"Bella, mi faresti un favore?" - Domandò prima di scappare verso un'ignota quanto splendida auto nera parcheggiata sull'altro lato della strada.
"Cosa, Alice?"
"Stai attenta alle persone che frequenti. Ed a coloro che entrano in casa tua. Non sono tutti amici, Isabella."


Sparì dalla mia vista come un fulmine, prima che potessi farle anche solo una domanda.

Ma che diamine, si erano messi tutti quanti d'accordo su questa storia delle mie "cattive frequentazioni"?
Eppure me ne stavo sempre chiusa in casa mentre la mia migliore amica era distante mille miglia, soffocata nel caos del campus di Juneau!


"Oh, mi hanno rotto davvero le scatole tutti!" - Esclamai drizzandomi in piedi.
Non ebbi il tempo di riaprire la porta d'ingresso che il motore di un auto in frenata proprio davanti casa mia mi costrinse a voltarmi.

"Ehi Bella!"

Billy Black. E non era solo.

"Ciao, Bella!"
"Billy, Jake...Ciao....."
"Ci faresti entrare, piccola? Io e Charlie abbiamo una partita in sospeso!"
"Oh...ma certo!" - Mormorai poco convinta. Non ero più in vena di chiacchiere. Tuttavia recitai la mia parte non nonchlance - "Prego...Accomodatevi!"

Alla luce dei fatti dovetti rassegnarmi a seppellire il nervosismo sotto un finto sorriso, per cui, da brava padrona di casa, attesi infine che i miei ospiti si accingessero ad entrare.



***


POV ALICE

"Allons enfants de la patrie...Le jour de gloire est arrivé..."

"Alice, la smetteresti di canticchiare la Marsigliese nella tua testolina, per piacere? Mi stai rendendo nervoso..."
"Perchè? Non ti piace? Io amo la Francia!"
"Vorrei poter dire lo stesso...Non ci sono mai stato..."
"Davvero, tesoro?" - Rispose Esme tralasciando per un attimo la sua pittura ad olio - Potremmo andarci tutti quanti insieme. Magari potremmo trasferirci per un po' nelle campagne intorno Parigi, prossimamente..."
"Certo mamma..." - Acconsentì Edward un po' dubbioso prima di voltarsi nuovamente verso di me - "...Ma il problema in questo momento è un altro...."

Non mi sembrava uno sguardo molto amichevole.

"Ok...passiamo ad altro...Qualcosa di più moderno...Gloria Gaynor?"
"E Gloria Gaynor sarebbe moderna secondo te, amore?" - Esclamò divertito Jazz dall'altro lato della stanza.
"Alice, basta!" - Mugugnò infine Edward - "Che hai combinato?? Ti stai sforzando in tutti i modi di pensare ad altro quindi c'è il trucco...Spara!"
"Sei davvero un uomo di poca fede..Non ho fatto nulla!"
"Alice...."
"Caschi male, sorellina!" - Rise Emmett con la sua bella voce grossa, lasciandosi cadere sul divano del salotto - "C'è toccato un fratello indiscreto. Difficilmente potresti fregarlo!"

Maledizione a me ed alla mia lingua lunga! Anche soltanto mentalmente la mia favella funzionava sempre una meraviglia!

"Ok Edward. Tanto vale farti arrabbiare subito e porre fine a questa fantastica scenetta familiare. Oggi sono stata da Bella."

Esme ripose definitivamente il pennello sulla tavolozza incrostata.
Rose e Jasper finirono con l'interrompere momentaneamente la partita a scacchi.
Carlisle infine comparve sotto l'arcata del salotto, a braccia conserte.

"Perchè sei andata da Bella? Non te l'avevo chiesto."
"Certo che no. Non mi chiederesti mai niente che la riguardi, Edward. E comunque ci sono andata soltanto per sincerarmi del suo stato di salute. Sbaglio e sei stato proprio tu a dirmi che ha lasciato questa casa sconvolta, solo pochi giorni fa?"
"E' così ma ti ho anche detto che sarebbe stato meglio lasciarla in pace perchè la nostra presenza la stava destabilizzando."
"Beh, era stanca e smagrita, in effetti. Ma cavoli, è davvero forte! Ha ancora energia a sufficienza per tutto, credimi...persino ridere. Dovresti essere orgoglioso di lei..."
"E lo sono..."  Sorrise infine. - "E' tutto qui? Devi dirmi altro...?"
"Beh..." - Mormorai. Tanto valeva essere sincera, mi avrebbe scoperta in ogni caso non appena, distratta per un qualsiasi futile motivo, avessi pensato a lei ed al nostro incontro - "Le ho detto...Le ho detto che vorrei davvero tanto che potesse scoprire la verità sul nostro conto. E sappi che ho tutta l'intenzione di aiutarla ad arrivarci!" - Esclamai infine d'un fiato.
"Alice!" - Tuonò Edward e non fu l'unico.

Rosalie mi fulminò con lo sguardo.

"Sei impazzita, Alice?? Che ti prende? Lo sai a cosa andiamo incontro noi vampiri mettendo a parte del nostro segreto un essere umano?? Saremo sottoposti al giudizio dei Volturi e l'umano in questione sarà, nella migliore delle ipotesi, costretto alla trasformazione!"

I Volturi. La nostra casata reale ed i nostri giudici più severi. Così distanti nella loro bella Italia e sempre così pericolosamente vicini.

"Rose, calmati...Sul serio, non sarà un pericolo. Bella diventerà come noi, io l'ho visto. L'ho vista felice, qui, in questa casa, con tutta la famiglia..."
"Alice! Smettila!"

Emmett riuscì a bloccare Edward prima che, con la sua solita furia, distruggesse mezza casa sotto gli occhi sconvolti della povera Esme.
Jasper fu altrettanto pronto ed attuò immediatamente il controllo dell'umore.

"Alice" - La voce di Carlisle era dolce e morbida, come sempre - "Sai che dovresti porre maggiore attenzione su tutto ciò che riguarda Bella. Per Edward è importante. Non riesce ancora a controllarsi quando si tratta di lei e credo che l'ultima cosa che vorrebbe sentirsi dire è che Bella diventerà una vampira..."
"Ma io l'ho visto..."

Edward ringhiò.

"Allora facciamo che certe visioni le tieni per te, ok Alice?"
"Rose, le vedrebbe comunque..."
"Il fatto che tu legga nel pensiero non ci aiuta, Edward..." - Scherzò Jasper tentando di stemperare l'atmosfera, improvvisamente pesante, creatasi tra di noi.
"In ogni caso Edward, preferisci la nostra compagnia o quella dei lupi?"
"Che vuoi dire?!"
"Quando sono andata via da casa di Bella, stavano per arrivare Billy Black e suo figlio. Ho sentito la puzza a distanza e mi sono allontanata prima che potessero trovarmi lì con lei. Tuttavia il mio odore, per loro, parla chiara. Sapranno che sono stata a casa Swan."
"Che vorranno ancora da Isabella?" - Mormorò Esme.
"Tenerla d'occhio. Anzi, tenerci d'occhio." - Precisò Carlisle - "Billy ha parlato chiaro con voi, per quel che ho capito, l'altro giorno. Bella è la figlia del suo migliore amico e noi Cullen dobbiamo stare a debita distanza da lei e da tutti gli altri abitanti di Forks. Questo è quanto."

Il silenzio calò su di noi.
Edward si era ormai totalmente rilassato; le braccia distese lungo i fianchi guardava un punto lontano. I suoi pensieri erano indecifrabili ma certamente collegati a Bella.
Una frazione di secondo dopo fissai Jasper mentre annusava l'aria.

"Jazz, che hai?"
"Non sentite nulla?" - Domandò.
"No" - Emmett era puttosto perplesso - "...Cosa mai dovremmo.....Oh merda!"
"Odore di cane bagnato." - Mormorò Rosalie.
"Maledizione!"

Qualche minuto dopo un forte scampanellio confermò l'efficacia del nostro olfatto, annunciando la presenza di un ospite poco gradito.


Jacob Black.


***


POV JACOB

Quei dannati succhiasangue erano tornati, infrangendo il patto e trascinandosi dietro anche qualche loro amichetto meno pacifico.
Ero al limite dell'isteria.
Mi davano i nervi, letteralmente.
Avrebbero dovuto rispettare le regole del nostro territorio ed invece se ne erano totalmente infischiati usando come pretesto la storia del funerale dei Masen.
Voglio dire: ormai Edward non era più un Masen, è stato trasformato da vampiri nomadi ed adottato dai Cullen, entrando a far parte a tutti gli effetti della loro famiglia. Che bisogno c'era ora di tornare in scena per la cerimonia funebre di qualcuno con cui non hai più nulla a che fare ormai da due anni?
Avrebbe potuto pensarci prima, no?
Ed in ogni caso non aveva più legami di sangue sulla faccia di questa Terra. Poteva starsene tranquillamente in Alaska o dove diamine si era rintanato con il resto del suo clan.

Ed Isabella?
Mio padre aveva chiesto in maniera molto garbata, sia ad Edward che a sua sorella - o chi altri fosse per lui quella nanerottola bruna e chiacchierona - di tenersi a debita distanza sia da Bella che da suo padre, Charlie.
Ed invece ho avvertito il loro disgustoso odore di vampiro nei paraggi di casa Swan a distanza di due chilometri.
Ero furioso.

Avevo fatto pressioni su mio padre affinchè si decisse ad accompagnarmi a casa Swan quella mattina; non ero ancora in uno stato confidenziale tale da potermi permettere delle visite improvvisate ma volevo assolutamente verificare la presenza o meno dei Cullen nella zona.
Ed avevo fatto bene.

Avevamo trovato Bella fuori casa sua.
Sembrava avesse appena terminato un colloquio piuttosto fitto e gravoso, vista l'espressione distrutta con cui ci aveva accolti.
Ovviamente si era trattato di un colloquio con un vampiro ed escludendo a priori la possibilità che questi fosse Edward - giacché se ne stava nascosto onde evitare di essere riconosciuto in giro - avevo presupposto che si potesse soltanto trattare dell'altra, Alice.
Mio padre aveva immediatamente raggiunto Charlie in salotto, pronto a coinvolgerlo nella visione dell'ultima partita di campionato prima delle vacanze natalizie.
Io e Bella invece avevamo finito per rimanercene sotto la porta d'ingresso, indecisi se entrare o meno; ed alla fine avevamo concluso che l'aria fredda di fuori era nettamente più piacevole.

"Questa è la giornata delle visite in giardino" - Aveva mormorato gentilmente, con un sorriso triste sulle labbra.
"Perchè, qualcun altro è venuto a trovarti?"
"Già...un' amica..."

Certo, un'amica. Alice Cullen.

"Una tua amica di Forks?"
"Ah...no, veramente no. Un'amica del college. Si chiama Alice. Alice Cullen."
"Interessante..."
"Senti, Jacob.."
"Dimmi, Bella..."
"Tu per caso conosci la famiglia Cullen? Abitavamo qui molti anni fa per quel che so io ma non li ho mai sentiti neanche nominare..."

Trattenni il fiato per qualche istante fingendo indifferenza.

"No Bella, mi spiace. Non li conosco ma se ti interessa posso chiedere in giro."
"Oh no. Lascia stare...Solo curiosità, davvero"
"Tutto a posto?"
"Sì, sì...Tutto una meraviglia. Tu piuttosto? La scuola? Sei ancora al liceo, giusto?"
"Oh...beh, sì" - Mi venne da ridere - "Sto frequentando il quarto anno alla riserva...E momentaneamente siamo in vacanza!"
"Certo, certo!"
"Sai, io e te da ragazzini facevamo le torte di fango insieme...te le ricordi?"
"Sì! Come no....E' stato durante le vacanze estive che trascorrevo qui a Forks da papà..."
"Già...Poi non ti abbiamo vista più..."
"Sì, per almeno quattro o cinque anni. Poi sono tornata per rimanere 
definitivamente a dodici anni, quando mamma si è trasferita  a Jacksonville con Phil..."
"Ma da allora non ci siamo calcolati poi molto..."
"Beh sì, sai....Ero un tantino più grande e poi c'era..."
"Edward."
"Già...Te lo ricordi?"

Come dimenticare l'irraggiungibile Edward Masen?
Era il mio rivale in amore e neanche lo sapeva. Ho sempre avuto una cotta per Isabella, già da bambino. Il fatto che fosse più grande di me, anche solo di due anni, la rendeva già di per sè una creatura affascinante e meravigliosa. Ed a questo dato di fatto si sommavano poi una dolcezza disarmante ed una bellezza così genuina da renderla praticamente perfetta ai miei occhi.
Peccato che lei non mi avesse mai calcolato, troppo lontana, troppo persa nel suo piccolo mondo fatto di amiche, uscite, giornate di scuola e di lui. Edward.

Ma chissà, magari ora c'era una possibilità per me considerato che Edward, in quanto vampiro, non aveva più molte chances con un' umana.

"Sì, lo ricordo."
"Mh..."


Un bip insistente dalla tasca del jeans. Probabilmente un messaggio.
Maledetto cellulare!


"Guai in vista. Torna alla riserva. Sam"


Sam Uley.
Colui che da molti era difatti considerato come il capo del branco di La Push.
Per me era molto più di questo: lo consideravo una specie di fratello maggiore.
Aveva qualcosa di importante da riferirmi e di fronte ad un ordine tanto perentorio non potevo di certo farlo attendere. Per cui, seppur a malincuore, dovetti porre fine alla chiacchierata.

"Ehm....Bella...Io devo andare. Un impegno urgente. Ti spiacerebbe avvisare mio padre?"
"Certo, certo. Va' pure, ci penso io. Vuoi un passaggio?"
"No tranquilla...E' qui vicino. Ci si vede, ok?"

Avevo piantato in asso Bella nel bel mezzo della conversazione e già questo mi era servito per rendermi sufficientemente nervoso.
L'arrivo, dopo poco, alla riserva non aveva migliorato la situazione.

Sam mi aspettava insieme a tutti i membri della tribù che contavano nella lotta con i vampiri.

"Che succede Sam?"
"C'è odore di vampiro in giro..." - Aveva annunciato Quil sorridendo.
"Dice sul serio? Altri vampiri oltre ai Cullen?"
"Così pare, Jacob. Paul ne ha intercettato la scia olfattiva durante una ronda al confine insieme a Seth"
"Seth? Siete impazziti? E' troppo giovane, non può andare già in pattuglia!"
"Non sono così giovane! Ho già quindici anni!"

Guardai Seth con un'espressione a metà tra l'irritato ed il divertito. Comunque, preferii non insistere: benché non mi trovassi d'accordo con le decisioni prese dal branco, il capo era pur sempre Sam e gli dovevo rispetto ed obbedienza assoluti. Tra l'altro, molto probabilmente, l'idea non era nata da lui: tutti quanti eravamo a conoscenza dell'insistenza esibita di continuo dal piccolo Seth che voleva, difatti, sentirsi parte attiva del gruppo. Di tanto in tanto ci piaceva accontentarlo.

"In ogni caso abbiamo dei succhiasangue in giro per il nostro territorio" - Assentì Paul - "Dobbiamo metterci all'opera"
"Voglio parlare con i Cullen. Devo metterli al corrente. Se i loro amici se ne vanno spassando per Forks è giusto che lo sappiano e si prendano le proprie responsabilità. Hanno già infranto il patto, sono in debito con noi."

Sam aveva annuito, concordando con la mia proposta.
Mi sentivo orgoglioso della fiducia che riponeva nei miei confronti.


"D'accordo. Va' dai Cullen allora e poi ritorna per la ronda."


Non me l'ero fatto ripetere due volte, precipitandomi lungo la strada che dalla riserva conduce rapidamente al territorio dei Cullen.

Ed eccomi ora, di fronte alla porta di questa grande casa: abbandonata per anni nella vegetazione di Forks, tornava ora agli antichi splendori degli anni quaranta, l'ultimo decennio durante il quale i Cullen avevano vissuto normalmente nel nostro territorio.
Il loro disgustoso odore mi dava il voltastomaco ma quanto meno ero consapevole del fatto che, almeno loro, non avrebbero dato filo da torcere. Benchè non li trovassi particolarmente simpatici e benché certamente l'ultima cosa che m'importasse fosse quella di diventare loro amico, non potevo negare che non costituissero, difatti, un pericolo per la comunità.
Aprirono la porta al primo scampanellio.
Il capofamiglia, quel tipo biondino, Carlisle mi pare si chiamasse, mi accolse con un sorriso, nonostante anche il mio, di odore, non dovesse essere particolarmente gradevole per tutti loro.

"Benvenuto, Jacob"

Atteggiamento disarmante, non c'era che dire.
Ma con me non attaccava.


"Bando alle ciance papà Cullen. Dei vostri amici succhiasangue si aggirano al confine. E voi ci aiuterete a scoprire di chi si tratta."



Angolo dell' autrice:

Buon pomeriggio, ragazze!

Volevo farmi perdonare per aver postato con enorme ritardo nei giorni scorsi...Per cui eccomi qui, con un nuovo capitolo a poca distanza da quello precedente....Insomma, è anche un capitolone lunghissimo e se siete arrivate fino alla fine...vuol dire che siete proprio delle fans affezionate...Grazie! :)
Penso che sia un capitolo molto interessante, questo...Anzitutto ho voluto alleggerirlo in taluni punti rispetto a quelli precedenti..Per esempio, nel Pov Alice, vi racconto di brevi stralci di vita familiare in casa Cullen con qualche battutina divertente...Stemperare un po' l'aria non fa male, ho fatto piangere e soffrire tutti un po' troppo! ;)
Inoltre, qualche interessante pettegolezzo: per esempio della cotta che Jacob ha da sempre avuto nei confronti di Bella...Così entriamo già nel vivo dei suoi sentimenti!
A proposito di Jacob e del branco, ragazze, ho un piccolo appunto da fare.
Per quel che ricordi io i membri del branco possono comunicare col pensiero tra di loro solo quando sono in forma di lupo per cui, nel momento in cui Sam avvisa Jake di tornare alla base lo fa con un prosaico messaggino al cellulare, giacché nè l'uno nè l'altro sono in veste di licantropo...Ma se avessi sbagliato (i lupi non sono il mio forte, l'avrete capito...Non li avevo molto in simpatica, ecco -.-'') vi prego di farmelo sapere! :)
Per il resto....chi saranno questi misteriosi vampiri che si aggirano per Forks? Lo scoprirete alla prossima puntata! :)


Vi lascio con il link della canzone che cito ad inizio capitolo, Band of Horses - No one's gonna I love you....
Ascoltatela perchè è meravigliosa, la ascolto mille volte al giorno :)

http://www.youtube.com/watch?v=o7_s9H0BRrU

Grazie come sempre a chi segue, preferisce, ricorda e recensisce la mia fanfic...Siete fantastiche, grazie! E non mancate di lasciarmi un vostro parere anche qui! :)
Un bacio
MaTiSsE!

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Capitolo 13
*** La radura ***


nuovissima12
CAPITOLO 12
La radura

(POV BELLA/EDWARD/BELLA)








POV BELLA


"Uhm..."

Aprii gli occhi strabuzzandoli più volte.prima di riprendere il contatto con la realtà.
Mi stiracchiai: i muscoli erano totalmente indolenziti ed un formicolio percorreva l'intera lunghezza del mio braccio sinistro su cui, durante il sonno, avevo praticamente caricato buona parte del peso del mio corpo.

Diedi un'occhiata rapida alla sveglia.

Le otto del mattino.
Era ancora piuttosto presto ma ero certa di essermi addormentata da molto tempo. Mi sentivo completamente riposata.

"Bells?" - Papà sospinse piano la porta, facendo capolino all'interno della stanza.
Imbracciava il fucile.

"Papà, ciao..."
"Ehi, ti sei svegliata finalmente...Dormi da ieri pomeriggio alle sette..."
"Cavoli..."

Beh, prima o poi avrei dovuto recuperare tutte le ore di sonno perse da oltre due anni, no?

"Perchè hai il fucile, papà? E' successo qualcosa?"
"Beh...sì. Un escursionista è stato trovato morto nei boschi al confine, vado a raggiungere il resto della pattuglia."
"Morto?"
"Sì...Ucciso da un animale, presumibilmente un orso"
"Un orso...Ma non dovrebbero essere già in letargo? E' quasi inverno, ormai!"
"Non so che dirti Bella...Fatto sta che andiamo a dare un'occhiata."
"D'accordo....Sta' attento, mi raccomando."
"Lo farò. Temo però che resterai da sola buona parte della giornata, mi spiace..."
"Non preoccuparti, troverò un modo per tenermi occupata"
"Bene. In ogni caso ho il cellulare con me, quindi se hai bisogno...chiama. Ok?"
"Ok, pa'..."

Charlie richiuse la porta alle sue spalle mentre io mi alzai barcollando.
Mi aggrappai allo stipite dell'armadio prima di cadere.

"Ops!"

Considerai con rammarico e consapevolezza che, fino alla fine dei miei giorni, sarei rimasta la solita, imbranata ragazzina priva di equilibrio di sempre.

"Se dovessi mai rinascere chiederò a Dio un baricentro migliore...!"

Infine mi guardai sconsolata intorno realizzando che non avevo davvero un bel niente da fare. Non era la migliore delle premesse per cominciare la giornata; oziare equivaleva più o meno ad una riflessione continua - anche involontaria - su me stessa, sulla mia vita strampalata, sull' Edward vecchio e su quello nuovo, a tratti ostile, a tratti ancora amorevole. E certo non volevo neanche immaginare quale potesse essere la conclusione per un simile monologo interiore.
Sbuffai girovagando ancora un po' come un ebete per la stanza, tanto per tenermi occupata. Piegai qualche maglione abbandonato in giro senza cura, sistemai un paio di libri sulla scrivania, allineai alcuni vecchi cd. Poi sbarrai la finestra annusando il buon profumo di pino e muschio selvatico, reso più forte ed intenso dall'aria pulita e fresca del primo mattino. Infine mi decisi per una doccia ed uno shampoo veloci.
Esaurite tutte le prime idee che mi erano venute in mente per riempire la mattinata, avevo finito col dare nuovamente uno sguardo all'orologio soltanto per scoprire, con estrema tristezza, che mancavano ancora dieci minuti alle nove.

"Signore..."

Mi venne in mente che forse avrei potuto mettere a frutto il tempo studiando almeno un pochino ma senza Allison mi sembrava di non esserne capace. Ally mi dava sempre l'energia necessaria per affrontare libri ed appunti. Francamente non ero in grado di sfoderare autonomamente la medesima forza e volontà.
Rimurginando su quest'ultimo pensiero me ne stavo seduta in cucina bevendo un thè caldo quando qualcuno bussò forte alla porta.
Uno scampanellio energico e prolungato.
Corsi ad aprire in un misto di ansia e di curiosità.
Chi poteva presentarsi a casa mia ad un'ora tale del giorno?

Edward?

Non l'avevo più rivisto dal giorno del funerale e - ad essere onesta - il desiderio di incontrarlo nuovamente c'era e non potevo nasconderlo.
E tuttavia, quando spalancai la porta senza neanche curarmi di verificare l'identita del mio inatteso visitatore, la gioia non fu meno intensa. Il cuore cominciò a battere all'impazzata quando mi ritrovai davanti la mia bellissima amica dai capelli rossi.

"Allison?? Oh, Ally!"
"In carne ed ossa signorina Swan!"

L'abbracciai con un impeto tale da farla barcollare.

"Ehi....ti sono mancata, vedo!"
"Non sai neanche quanto, piccola peste!"
"Scusami per l'orario, sul serio...Ma ho preferito ripiegare sul treno notturno piuttosto che su quei trabiccoli infernali che si muovono di giorno....Adoro viaggiare di notte...Poi ho preso il primo autobus utile ed eccomi qui! Viaggio piuttosto lungo, devo ammetterlo"
"Tu sei pazza! E' pericoloso fare simili tragitti per una ragazza tutta sola!"
"Tranquilla gioia! Sono viva, vegeta e tutta tua come puoi ben vedere! Allora? Che si fa, Swan? Mi lasci sulla porta?"
"Ma no, Allison! Certo che no....Entra..."

Mi feci da parte per permetterle di entrare e mi resi conto soltanto allora che quella minuta ragazzina si trascinava dietro una bagaglio enorme.

"Ally?" - Feci indicando la sua pesante valigia.
"Uhm...già...SOPRESA SWAN!"
"Cioè?"
"Posso fermarmi da te, vero?"
"Ma certo che puoi, scema! Solo, vorrei capire...Ma non sei passata da casa tua?"
"Oh...sì, sì, certo che ci sono passata. Ma vedi, avevo troppa voglia di tornare da te. Non te la stavi passando un granché quando te ne sei andata e non sono riuscita a resistere dopo quel messaggio in cui mi avevi scritto che eri un po' stanca. Non sei una tipa che si lamenta tu, Bells, se mi hai detto una cosa del genere stavi semplicemente cercando di nascondere il fatto che fossi distrutta. Così....eccomi qua! Cerco di portare un po' di buonumore nella tua vita grigia e monotona!" - Esclamò infine falsando il tono di voce in modo giocoso sulle ultime parole pronunciate.

Avevo le lacrime agli occhi. Nessuno che mi conoscesse - a parte i miei genitori ed il vecchio Edward, s'intende - era mai stato in grado di decifrare i miei gesti silenziosi e quegli stati d'animo così tormentati che mi trascinavo dietro come spettri di una vita non desiderata. Soltanto un affetto come quello che Allison nutriva - ricambiata - nei miei confronti poteva spiegare quell'irrazionale capacità di interpretazione anche delle parole non dette tra noi. Allison aveva la chiave giusta per spalancare la porta del mio cuore, per amarmi e farsi amare come solo una vera amica può fare.

"Ohi...non volevo farti piangere...scusami..."
"Niente scuse, Rogers. Ti voglio bene!"
"Lo so, lo so...Anche io te ne voglio...Però ora non farsi la sentimentale melensa, eh!" - Scherzò facendomi l'occhiolino, tanto per stemperare quell'aria così intensa e coinvolgente che aveva riempito la mia casa vuota. - "Adesso mi aiuteresti con questa valigia abnorme, per piacere?!"
"Oh...ma certo! Dai qui, portiamola su in due, ci dividiamo il peso!"


*

"Beh, si respira aria di festa in casa tua!" - Scherzò Ally riferendosi all'assoluta mancanza di addobbi e decorazioni nonostante l'imminenza delle vacanze natalizie.
"Oh, figurati! Davvero nè io nè papà abbiamo un granché da festeggiare quest'anno, soprattutto dopo quel che è accaduto. Ed in ogni caso sono tre anni ormai che non celebriamo più il Natale, per quel che ci riguarda. Mia mamma mi aveva chiesto di raggiungerla a Jacksonville ma sinceramente preferisco restare qui con Charlie..."
"Certo, lo capisco" - Assentì - "Ed i Cullen, invece, Bella? Sono ancora qui, a Forks?"
"Sì....seppelliti nella loro villona enorme a ridosso della foresta..."
"Ne parli con astio..." - Notò Allison sorseggiando il suo caffè ed alzando un sopracciglio con l'atteggiamento tipico  di una persona che capisca molto più di quanto le si lasci intendere .
"Non è questo..." - Mi lasciai cadere sulla sedia con fare rassegnato - "Piuttosto...non so cosa pensare, sul serio. Non capisco cosa mi nascondano di tanto grave, non capisco gli atteggiamenti di Edward....Davvero, è buio completo. E mi infastidisce non avere un'idea chiara della situazione."
"Soprattutto ti infastidisce non riuscire più a riconoscere il tuo Edward...giusto?"
"Giusto.."
"Da quanto tempo non lo vedi?"
"Dal funerale dei signori Masen...Più di una settimana, ormai."
"Se volessi andarli a trovare ed hai bisogno di compagnia...basta che mi fai sapere!"
"Certo....grazie..Anche se non credo che accadrà, per adesso..."
"Mmh..."
"Allison.." - Un pensiero mi balenò improvviso nella testa - "Non hai avvisato a casa? Nessuno saprà che sei arrivata a Forks sana e salva se non telefoni!"
"Oh....sì, certo...chiamo subito..."

Allison si alzò rapidamente dallo scomodo sgabello su cui - purtroppo - avevo dovuto farla accomodare: la cucina di casa Swan, così come il resto della casa a dir la verità, era piuttosto inospitale, decisamente impreparata nel ricevere visitatori inattesi.
Con fare quasi agitato Ally si allontanò verso l'ingresso - presumibilmente aveva lasciato il cellulare nel giubbotto abbandonato sul divano - e qualcosa, forse un foglio ripiegato, cascò dalla tasca laterale della sua felpa.
Più pronta di lei mi chinai in prossimità del pavimento soltanto per scoprire che ciò che la mia amica aveva perso non era un semplice cartoncino colorato ma una foto.
Non mi riuscì di distinguere nulla se non una massa di capelli biondi giacché Ally, con uno scatto repentino, mi soffiò l'immagine da sotto il naso.

"Ehy! Cosa mi nascondi?"
"Ma niente sciocchina, cosa vuoi che ti nasconda?" - Rispose con fare evasivo - "Sai che sono un'amante delle vecchie Polaroid...Mi piace scattare tante foto in giro, così, senza senso...E questa è una di quelle foto....Una foto....inutile. Adesso lasciami chiamare casa, altrimenti....finiranno col preoccuparsi"

Effettivamente Ally aveva una vera e propria passione maniacale per la fotografia. Fiera proprietaria di una vecchia ma ancora funzionante Polaroid del '94 - giacché disdegnava alla grande le moderne e precisissime fotocamere - scattava spesso foto in giro per il campus. Negli ultimi tempi aveva messo un po' da parte il suo hobby, troppo presa dall'enorme mole di studio cui eravamo state sottoposte, ma evidentemente, con le vacanze natalizie, aveva finito col ritornare alle primitive passioni.
Non le diedi peso, benché avessi trovato particolarmente stravagante la sua reazione, e la lasciai libera di dedicarsi alla sua telefonata. Ormai ero abituata ai buffi atteggiamenti della mia amica.
Quando tornò in cucina era la solita, pimpante Allison di sempre.
Mi saltellò intorno con fare sornione ed io ricambiai con uno sguardo divertito.

"Che hai Ally?"
"Dove andiamo?"
"In che senso?"
"Non vorrai farmi stare chiusa in casa tutto il tempo, vero?"
"In realtà avevo pensato di mettere al frutto il tempo per studiare e..."
"Oh, non rompere Swan!" - Sbottò tirandomi per un braccio - "Fila a vestirti ed usciamo....Voglio godermi la magica Forks quindi...muoviti!"

Sbuffai per scherzo

"Sì, magica.....quasi sovrannaturale! Per favore, non c'è posto più noioso al mondo di Forks, Allison....te ne renderai conto in un attimo!...E se non ti piace, poi non lamentarti!" - Scherzai facendole la linguaccia.



***


POV EDWARD


"Alice, vedi niente?"
"Niente per ora, Edward."
"Cazzo....ci mancavano solo altri vampiri!"
"Edward, figlio mio, sta' calmo...Sono certo che riusciremo a risolvere la questione"
"Sì, Carlisle, ne sono certo anche io. Intanto però un innocente escursionista è morto e non abbiamo potuto far nulla per evitarlo."
"Non si ripeterà, vedrai."
"E se temi per Isabella stai tranquillo....La tengo io sott'occhio!" - Intervenne mia sorella.

Il silenziò calò su di noi finchè i miei due fratelli non ci raggiunsero al termine di una breve perlustrazione nei dintorni.

"La scia scompare nel nulla a pochi chilometri dalla foresta, verso sud" - Ci informò Emmett.
"Si stanno spostando verso l'interno" - La voce di Esme assunse una sfumatura di preoccupazione  - "Non è un fatto positivo.."

Da lontano passi cadenzati di uomini riempivano il silenzio dei boschi intorno: la polizia era alla ricerca del mostruoso animale - probabilmente un orso - che aveva massacrato un povero turista nell'immacolato territorio di Forks.
Fortuna per loro che "l'animale" in questione - o gli animali, molto più presumibilmente - si fossero prontamente allontanati, altrimenti, agenti di sicurezza o meno, nessuno sarebbe stato risparmiato dalla loro furia omicida.
Un vampiro affamato è cento volte più temibile e sanguinario di un vampiro sazio ed ero certo che la sete spingesse in maniera convulsa i nostri nuovi visitatori. 
 

"Il cadavere è stato portato via dalla scientifica un paio d'ore fa...."
"In che condizioni si trovava?"
"Totalmente prosciugato e dilaniato all'altezza delle carotidi.."
"Maledetta bestia....Ti farò fuori con un unico proiettile"

"Avete scoperto l'identità della vittima?"


Tra le numerose voci degli agenti di polizia che arrivavano distintamente al mio orecchio, l'ultima mi colpì come uno schiaffo in pieno viso.
Era il capo Swan.
Quel suo tono preoccupato, ansioso di scoprire la verità e di riuscire, al contempo, a far bene il proprio lavoro mi era così familiare!
Così come quell'incrinatura intrisa di dolore con cui esprimeva tutto il suo rammarico per un povero sconosciuto ucciso in mezzo ai boschi, lontano dalla sua famiglia.

"E se anche Edward fosse morto in questo modo?"

Un pensiero infilato rapidamente tra altri mille che gli affollavano la mente. Un pensiero che andava dritto a me, perchè non ero scivolato via dal suo cuore.


"Sì, aveva un documento con sè. Era un turista europeo. Tedesco credo....Bisognerà avvertire la famiglia..."
"Andiamo, qui non c'è traccia...Torniamo in centrale, potremo studiare meglio il caso capo Swan!"


"Non voglio neanche pensarci....Questo non può essere accaduto ad Edward..."



"Charlie..." -  Mi lascia sfuggire senza pensarci
"Edward...E' tutto a posto?"
"Sì. sì, va tutto...bene."
"Che facciamo, rientriamo?"
"No."
"Edward, la scia si esaurisce...Non si trovano più qui al confine, chiunque essi siano...Torniamo a casa e facciamo il punto della situazione. Ho anche la vaga idea che qualcuno di quei lupastri verrà a trovarci e pretenderà un resoconto dettagliato."
"Andate voi, vi prego. Non voglio inseguire nessuno, ho soltanto bisogno di stare un po' da solo..."

I pensieri di Charlie Swan mi avevano destabilizzato, era innegabile. Necessitavo di tempo per metabolizzarli senza creare nuove preoccupazioni nella mia famiglia.

"Nuovo attacco di depressione, Edward?"
"Rose...Non essere sempre così dura con tuo fratello" - La mia madre adottiva era molto protettiva nei miei confronti e non tollerava nessun tipo di rimbrotto o sgarberia. I suoi pensieri erano sempre molto chiari per me: mi considerava il suo figlio più giovane ed anche il più indifeso, colui che più degli altri soffriva la trasformazione giacché la mia esistenza da umano mi stava ancora placidamente sotto il naso senza che io potessi nuovamente afferrarla. E così la dolce Esme, già di carattere amorevole e protettiva, non perdeva mai occasione per dimostrarmi tutto il viscerale affetto che la legava a me così come ai miei quattro fratelli. Davvero a volte somigliava tantissmo alla mia vera madre e tutto sommato mi sentivo ancora di ringraziare Qualcuno, nell' alto dei cieli, per la misericordia che aveva profuso nel lasciarmi accogliere in famiglia da una donna tanto speciale.

"Stavo semplicemente chiedendo...Non volevo sembrare antipatica..."
"Non lo sei Rose, è tutto ok. E comunque no, non si tratta proprio di un attacco di depressione. E' che a volte....ho bisogno di un po' di tempo per me.."
"Va bene tesoro, ma torna presto."
"D'accordo mamma."
 
"Allora noi andiamo fratellino. Ti aspettiamo a casa"

Strinsi la mano di mia sorella prima di lasciarla con un piccolo bacio sul dorso. Benché i nostri rapporti oscillassero di continuo tra momenti di dolcezza ed altri di rabbia incontrollata - la mia - indotta da quelle assurde ed inconcepibili visioni di Alice a riguardo di una Bella vampira, era comunque innegabile che io l'amassi profondamente e che lei costituisse, per me, la più cara tra i miei quattro fratelli.

"A dopo"

Li guardai allontanarsi rapidi, sfrecciando tra gli alberi che riempivano la visuale.
Nitida mi arrivò la risata di Alice: era incredibile come fosse in grado di preservare la sua capacità di  scherzare e sorridere, nonostante tutto, nonostante il pericolo imminente dei nuovi vampiri.
Mi rintanai sulla cima di un abete cercando nei suoni della natura intorno il motivo che spingesse il mio animo in subbuglio a trovare una piccola parte di quella pace che non aveva più.
Non funzionò.
Il silenzio non mi quietava: mi induceva piuttosto a pensare ancora ed ancora.
Avevo un cuore inutile intrappolato dentro di me: non più in grado di battere era comunque capace di sanguinare e soffrire.
Una tortura straziante e priva di senso.
Mia madre, mio padre, Isabella.
Quante persone avevo perso per sempre?
Certe volte invidiavo Alice: della sua esistenza da umana non aveva alcun ricordo cosicché per lei era semplice essere un vampiro. Era l'unica vita che conoscesse e le piaceva.
Invece io ero sotto assedio: da un lato le memorie dei giorni passati affollavano la mia mente di continuo, senza un attimo di tregua. D'altro canto i ricordi diventavano voce e carne, palesandosi nelle fattezze della mia splendida Bella, nella voce ormai lontana del capo Swan, nei volti e nei gesti di decine di persone conosciute a Forks durante l'adolescenza.
Essere un vampiro e continuare a vivere nel mondo che mi era stato caro non era un affare semplice; ogni giorno combattevo con la paura che un nuovo particolare, una canzone trasmessa alla radio, una parola detta per caso, un suono portato dal vento risvegliassero dentro di me la sofferenza per ciò che non sarebbe mai più stato mio.
Erano emozioni dolorose e difficilmente controllabili, ancora meno ora che la mia nuova natura tendeva ad amplificare ogni parte di me, anche la peggiore.
E tuttavia doveva piacermi molto farmi male giacchè giunsi alla conclusione che c'era un unico posto dove avrei voluto trovarmi in quell'istante.
Paradossalmente l'unico dove avrei potuto trovare un po' di pace.

La radura.
La nostra radura.

Prima ancora che avessi terminato di formulare mentalmente il mio desiderio, il mio corpo si era già messo in moto.
Impiegai una frazione di secondo o forse anche meno per saltare giù dall'albero e cominciare a correre verso l'interno del bosco, veloce, più ancora di quanto mi permettesse la mia condizione perchè spinto da un'ansia irrefrenabile fatta di ricordi ed amore.
La raggiunsi in breve tempo, molto meno di quanto avessi mentalmente calcolato.

La ricordavo calda ed accogliente; la trovai, viceversa, abbandonata, triste e sterile, simile ad un guscio vuoto.
Come il mio animo stanco.
Non c'era traccia di fiori sotto quel cielo grigio; non c'era canto di uccello o profumo di fresie.
Solo sterpaglia rinsecchita nel freddo dicembre di Forks.
E certo avrei dovuto saperlo, conoscere i tempi ed immaginarla ridotta in quello stato pietoso. Ma i miei ricordi rimandavano a scenari più belli, di una radura colorata e luminosa nel raro sole che di tanto in tanto baciava la mia città e così avevo scioccamente pensato di ritrovarla.

Ma tutto sommato non vi badai poi troppo quando il mio cuore si riempì davanti all'immagine mentale della mia Bella sedicenne mentre correva
tra quegli arbusti , spensierata come non le riusciva più di essere, cercando di sfuggirmi.


"Non mi prendi Edward, non mi prendi!"
"Ora vedrai, piccola peste!"
"Aiuto!"


Mi venne da sorridere, poi scossi la testa pensando che anche adesso Bella mi sfuggiva.
E non più per scherzo, purtroppo.

"Un fiore per la mia principessa..."
"Mi vizi troppo Edward Masen..."
"Non ti vizio....ti amo, semplicemente..."
"Mai quanto ti ami io..."
"Ehy, non sfidarmi Swan...."
"Perchè, cosa mi faresti?"
"Ti riempirei di baci fino ad esaurire tutta l'aria a tua disposizione..."
"...Mmh...mi piace questa sfida..."


Ero certo che la mia nuova natura avesse cancellato in massima parte la memoria da umano eppure mi sbagliavo: di continuo, infatti, tornavano alla mente le nostre parole, l'immagine delle nostre mani intrecciate tra i fiori della radura, il sapore di Bella sulle mie labbra.
Ancora non capivo se considerarla o meno una maledizione.

Immerso nei miei ricordi ero tuttavia ancora perfettamente in grado di controllare l'ambiente che mi circondava: la mia condizione di vampiro amplificava tutti i sensi rendendoli reattivi ed efficienti e certo non mi sfuggi lo spostamento d'aria che si verificò alle mie spalle.
Infine un odore familiare giunse alle mie narici, cosicché mi rassegnai a perdere, ormai irrimediabilmente, il mio momento di solitudine.

"Chi c'è?" - Domandai senza voltarmi, attivo e guardingo.
"Guarda chi si rivede. Edward, carissimo..."

Una voce fin troppo conosciuta. Una voce da bimba dispettosa.
I suoi pensieri mi arrivavano chiari, tanto ironici quanto irritanti. Odiosi.
Non era cambiata, in tutto quel tempo.

"Victoria.."

Mi voltai lentamente incontrando gli occhi rossi e spietati dell'unico essere che avrei voluto vedere morto sulla faccia di questa Terra.

Victoria.
Bella come la ricordavo io. Crudele forse ancora di più.
E non era sola.
Con lei c'era il vecchio Laurent, l'unico che avessi realmente tollerato durante la permanenza nel loro clan. Sapeva farsi gli affari suoi e questo era decisamente un punto a suo favore.
Dall'altro lato, poco distante, un'altra giovane vampira mi sogguardava con fare diffidente e divertito al contempo.
Avrà avuto al massimo sedici anni. I capelli erano voluminosi e rossi ma non come quelli di Victoria: il colore era decisamente più tendente al rame che alla tonalità accessa della mia nemica.
Piccola e lentigginosa, appariva meravigliosa e delicata, quasi indifesa. Mi si strinse il cuore nel pensare alla sua innocenza ed all'esistenza ricca di possibilità cui era stata costretta a rinunciare.

"E così siete voi i vampiri ignoti che si aggirano al confine...Avrei dovuto immaginarlo."
"Mi deludi Edward...Davvero non avevi pensato a noi?"
"Siete gli ultimi individui che sperassi di incontrare. Specialmente tu, Victoria. E' ovvio che non abbia pensato a voi."
"Suvvia, non essere crudele Edward. Dopotutto eravamo la tua famiglia."
"Non lo siete mai stati" - Ringhiai - "Vi ho detestati dal primo momento in cui è cominciata questa mia dannata esistenza."
"Il solito melodrammatico...Vedo che non sei cambiato di una virgola da quando ti ho trasformato. Comunque, so che adesso vivi con una bella famigliola..."
"Splendida. Non potresti neanche immaginare quanto. Sono persone meravigliose, lontane anni luce da te.."
"Ingrato..E pensare che grazie a me sarai giovane in eterno..."
"Non era il genere di favore che avrei chiesto..."

Victoria mi sorrise, di quel suo sorriso terrificante e tuttavia meraviglioso.
Trovavo snervante che una creatura tanto spietata dovesse sempre apparire così crudelmente dolce e bellissima.

"Dove l'avete lasciato James?"
"Oh è in giro, tornerà fra poco..."
"E lei?" - Indicai la giovane vampira poco lontano.
"Lei è Keira"
"Molto piacere, Edward."

Quella voce da ragazzina! Mi sentii sprofondare.

"Una nuova vittima, Victoria? Non ti vergogni? Era soltanto una ragazzina!"
"Oh, non era molto più piccola di te quando ti ho trasformato. E' una sedicenne, la mia piccolina..."
"Perchè l'hai fatto?"
"Con te non aveva funzionato....Mi sentivo sola. Così ho pensato che crearmi un'amica con cui divertirmi un po' avrebbe avuto maggiori risultati. Keira l'abbiamo incontrata durante una trasferta dalle parti di Vancouver. "
"Victoria è la mia sorellina." - Cinguettò la ragazzina correndo dalla sua creatrice mentre Victoria le cingeva gentilmente la vita.

Se fossi stato umano avrei vomitato. Non avevo mai ascoltanto niente di più ripugnante e disgustoso.

"Avete ucciso voi quel povero turista?"
"Sì, ovvio. La mia piccolina era affamata, ce lo siamo divise..."

Vidi Laurent rivolgere un'occhiata rassegnata verso le due vampire. Non mi pareva troppo felice del nuovo acquisto.

"Avete scelto il posto sbagliato per la vostra caccia. Qui siamo nel territorio dei Quileute..."
"Chi sono i Quileute, Edward?" - Domandò Laurent notevolemente incuriosito.
"Una tribù di indiani."
"E noi dovremmo avere paura di quattro pellerossa?"
"Sì, se quei pellerossa conservano il gene della licantropia. Fossi in voi non mi metterei contro i lupi, Victoria."

La guardai mentre spalancava gli occhi e digrignava i denti.
La sua amica seguì l'esempio.

"Da dove saltano fuori?"
"Vivono qui da generazioni.."
"Ma noi non li abbiamo mai incontrati..." - Considerò Laurent.
"Evidentemente non avevano ancora intercettato la vostra scia. Siete stati solo fortunati, Laurent."

Victoria si rilassò prima di aprir bocca.
"Sì, davvero fortunati. Almeno nessuno ha ostacolato il nostro operato, vero Keira?"

La ragazzina assentì, totalmente rapita.

"Che significa, Victoria?"
"Andiamo Edward! Credi di essere tornato qui per puro caso? Certo, è stata una faticaccia però..."

Incontrai nei suoi sporchi pensieri l'immagine dei miei genitori naturali, senza comprenderne il motivo. Li rividi impauriti, preda della disperazione. Mia madre piangeva intrappolata nell'abitacolo della Volvo.
Una rabbia incontrollata mosse rapida il mio corpo mentre inchiodavo Victoria ad un albero. Il tronco oscillò pericolosamente.
Keira cercò di difendere la sua creatrice e si avventò su di me con foga. Benchè più forte, giacchè si trattava ancora di una Neo - Nata, era tuttavia impreparata al combattimento. Si avvicinò seguendo la mossa sbagliata e la scaraventai facilmente lontano da me.

"Che cazzo vuoi dire Victoria?!"
"Non essere così sboccat...."

Non le riuscì di terminare la frase: la strattonai all'altezza del collo.
Più in disparte Laurent teneva a freno la piccola Keira mentre digrignavai denti in preda alla collera.

"Parla prima che ti faccia fuori!"
"Ok, ok...."

Le lasciai il collo. Il mio corpo tremava ma avevo ancora abbastanza polso per tenere Victoria sotto controllo.

"Cercavo un buon motivo per farti tornare a Forks. I tuoi genitori erano il motivo. E' stato facile per me e Keira spostare l'auto, lasciandola sbandare. Tua madre e tuo padre non hanno avuto neanche il tempo di realizzare quel che stava accadendo. Nessuno ci ha fermate, Edward. Loro sono morti e tu, da figlio amorevole, hai fatto dietrofront fino a casa così come previsto.....Sono così felice di rivederti adesso, tesoro mio!"

La rabbia, già così intensa, raggiunse livelli altissimi. Non avrei potuto controllarla pur volendo. Victoria aveva ucciso i miei genitori.
Mi aveva sottratto tutto ciò che per me contava: l'amore e l'affetto delle persone che mi circondavano,
la mia adolescenza, la mia stessa esistenza.
E poi aveva distrutto la vita dei miei genitori naturali, senza alcun rispetto.
Meritava di morire. Nient'altro.
Sentivo l'odio strisciare dal centro del mio corpo verso le estremita, attraversando ogni singola fibra.
Persi lucidità.
La vista si offuscò, preda anch'essa della rabbia che mi pulsava dentro.
Tutto ciò che avevo in mente era la sua distruzione.

"Sei morta, Victoria" - Sibilai prima di addentarla al collo.


***


POV BELLA


"E questa è Forks" - Esclamai allargando le braccia. Avevamo fatto l'intero giro della cittadina - impiegandoci pochissimo tempo, a dirla tutta - finendo poi nella piazza principale - Domani ti porterò a dare un'occhiata alla mia scuola superiore. Per oggi è tutto..."
"Mmh...Divertente" - Constatò ironica Allison riempendosi la bocca con le patatine acquistate poco prima al supermercato.
"Te l'avevo detto che non c'era un granché da vedere All...Ma tu non mi credi mai! Avremmo messo decisamente più a frutto il tempo restando a casa a studiare..."
"Oh Swan, per favore! Con una giornata così be..."

Non terminò la frase.
Sapevo cos'avrebbe voluto dire per discolparsi: "Con una giornata così bella non si può rimanere chiusi tra quattro mura".
Ma il tempo riuscì a contraddirla prima che lo facessi io.
Una pioggerellina sottile cominciò a calare su di noi ed a me venne da ridere.

"Swa, non ridere! Mi prendi in giro?"
"No, no per carità..."
"Sì, mi prendi in giro...Per farti perdonare dovrai offrirmi al pranzo..."
"D'accordo rompiscatole..."

Ci avviammo verso la tavola calda dov'eravamo soliti pranzare io e Charlie quando Allison mi costrinse a voltarmi, tirandomi per una manica della camicia.
"Bella...quello lì in fondo non è Jasper Cullen?"
Guardai nella direzione indicata da Allison ritrovando il volto bellissimo di Jasper. Aveva uno sguardo preoccupato.

"Andiamo a parlarci..."
"Allison, non ho nulla da dirgli, davvero..."
"Sarebbe scortese da parte tua andartene senza neanche salutarlo, siete a dieci metri di distanza. Magari può dirti qualcosa di Edward..."
"Ma io non voglio..."

Ciò che potevo desiderare doveva avere poco peso giacchè la mia amica, senza attendere che terminassi la frase, mi trascinò con forza in direzione di Jasper.

"Ciao Jasper!" - Esclamò energica.
"A...Allison, Bella...che piacere!"
"Ciao Jasper...Come stai?"
"Bene, grazie...E voi?"
"Non male!"

Allison mi sembrava più esuberante del solito.

"Non ci vediamo da un po'..." - Constatò Jasper.
"Sì...è stato un periodo difficile...lo sai..."
"Sì, ne sono al corrente..." - Rispose rivolgendomi un'occhiata piena di comprensione.
"Sei solo?"
"Sì. Alice è a casa ed io avevo un po' di cose da sistemare..."
"Ed Edward?" - Esordì Allison interrompendo il suo discorso.
"E'...in giro. Credo fosse un po' giù di morale oggi, ha preferito starsene da solo..."

Le parole mi morirono in gola ed il battito cardiaco accelerò.
Edward soffriva in solitudine.
Mi aveva piantata in asso improvvisamente due anni prima e continuava a tenermi a debita distanza senza un motivo valido. Avrei dovuto odiarlo.
Eppure mi batteva ancora il cuore se il mio pensiero volava verso lui.
Ed ancora era forte, nonostante tutto, il desiderio di avvolgerlo in un abbraccio carico d'amore. Perchè, nonostante tutto, sapevo che aveva bisogno di me.

Allison mi strinse la mano.

"Bella?"
"Uhm..."
"Tutto bene?"
"Sì...sì..."
"Perchè non....raggiungi Edward, Bella?"
"Co...cosa?"

Risposi ad Allison ma in realtà finii con il voltarmi verso Jasper che ricambiò con uno sguardo perplesso.

"Ally, non so neanche dove posso trovarlo!"
"Neanch'io potrei aiutarti, a dirla tutta..." - Confermò Jazz.
"Oh, avanti! Lo conosci Bella...Non c'è nessun posto dove credi di poterlo trovare? Pensaci!"

Sì. Un posto c'era, a dirla tutta.
 
La nostra radura.

Se Edward conservava ancora dentro di sè un minimo della persona meravigliosa che era stata - e dunque esisteva ancora una parte di lui che conoscevo perfettamente - doveva per forza trovarsi lì.
Nell' unico luogo dove avrebbe potuto trovare pace.
La radura, lì dove ancora si conservava il ricordo dei nostri meravigliosi giorni insieme.
Lì, dove io non avevo ancora trovato il coraggio di tornare.

"Allora, Bella?"

LA voce di Allison mi tentava più di quanto non avesse fatto il serpente con Eva, nel giardino dell' Eden.

"E...tu? Se io adesso andassi via cosa faresti tu nel frattempo?"
"Beh, potre stare un po' con Jasper...vero Jasper?"

Allison si voltò piena di entusiamo verso il diretto interessato che mi apparve visibilmente imbarazzato. Evidentemente, tuttavia, neanche lui riusciva a sottrarsi all'irruenza di Allison.

"Beh, io veramente..."
"Siamo d'accordo, allora! Vai Bella ed appena avrai finito chiamami...Io e Jasper magari andiamo a mangiare qualcosa!"
"Va...va bene..Allora...A più tardi ragazzi!"

Tutto sommato non me l'ero fatto ripetere due volte.
Lanciai un'ultima occhiata ad Ally mentre correvo verso il pick up. Mi salutava agitando la mano, accanto ad un Jasper dallo sguardo a metà strada tra l'imbarazzo e la sorpresa.
La scena aveva un gusto quasi surreale e mi venne da sorridere.

"Allison...se qualcosa andrà storto me la pagherai" - Mormorai infine girando la chiave nel cruscotto.



Angolo dell'autrice:
Buonasera ragazze!
Nuovo capitolo, tantissime nuove sorprese....Sperò che le apprezzerete e vorrete lasciarmi un parere al riguardo!:)
Dunque...Allison è tornata alla ribalta per la gioia di molte di voi! Cosa pensate del suo ritorno?
I vampiri ignoti...si sono finalmente scoperti! Il clan di Victoria è tornato con un nuovo elemento: la piccola Keira...Ci riserverà un bel po' di sorprese questo nuovo personaggio, posso preannunciarlo!
Il capitolo termina in un punto saliente...Nella prossima puntata potrete scoprire cosa accadrà ai nostri due protagonisti una volta che Bella giungerà alla radura!
Devo dirvi che tengo davvero tanto a questa fanfiction...Così tanto da averla terminata di scrivere durante la partita del Napoli (sono una tifosa sfegatata, devo confessarlo...)...Pensate un po'! ;)
Grazie a tutte voi che recensite...siete meravigliose...E grazie anche alle lettrici silenziose, a chi preferisce, ricorda e segue, come sempre!
Un bacio
MaTiSsE!

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Capitolo 14
*** L'orrore nei tuoi occhi ***


nuovissima13
CAPITOLO 13
L'orrore Nei Tuoi Occhi


(POV BELLA)




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Parcheggiai l'auto sul ciglio della strada, sistemandola in maniera tale da non creare intralcio alle altre autovetture.
Sempre che qualcuno fosse davvero passato di lì, ovviamente: si trattava di una strada piuttosto isolata.
La radura non era raggiungibile con il pick up nè con qualsiasi altro automezzo, cosicché dovetti ripiegare sulla forza dei miei poveri muscoli per scarpinare lungo il sentiero che conduceva alla mia destinazione.

Mi sentivo piuttosto agitata: il timore di essermi sbagliata - e di non trovare, conseguentemente, Edward nel posto in cui io l'avessi immaginato - si scontrava con l'ansia di rivedere infine il luogo che per troppo tempo aveva costituito il simbolo della nostra storia d'amore.
Probabilmente temevo i ricordi più di quanto non temessi lui ed i suoi sbalzi d'umore.
Arrancando nel sottobosco mi approssimai infine a raggiungere la radura quando udii distintamente delle voci dai toni piuttosto rabbiosi a scarsa distanza da me.
Ad esse fecero seguito dei rumori metallici e stridenti, una vera tortura per il mio povero udito.
Mi coprii le orecchie con le mani considerando che tutto quel frastuono non presagiva a nulla di buono e che tutto sommato sarebbe stato più ragionevole tornare indietro poichè certamente Edward non doveva trovarsi lì, quand'ecco che la mia attenzione venne catturata da un particolare familiare.

Un urlo carico di disperazione. Quella voce cara al mio cuore.

Edward era lì ed era in pericolo.

"Edward!" - Gridai con quanto fiato avevo in corpo correndo a rotta di collo tra i muschi ed i piccoli arbusti selvatici.
Persi più volte l'equilibrio rovinando sull'erba umida che rivestiva rocce e terreno, schiava- come sempre - di quel mio precario equilibrio, reso ancora più fragile dal timore che mi imprigionava il cuore. E tuttavia non vi badai, troppo impegnata, com'ero, nell'accorciare quella distanza infinita tra me e colui che - nonostante tutto - sentivo ancora di amare.

"Edward!" - Urlai ancora una volta giunta alla radura.

Qui, lo spettacolo che si offrì alla mia vista aveva ben poco di comprensibile e razionale: Edward se ne stava in posizione di agguato, il respiro corto, da solo di fronte a tre meravigliosi sconosciuti.
Dei tre - due donne ed un uomo - quest'ultimo appariva il più tranquillo ed anche il più bello in assoluto con quel particolare colorito della pelle, olivastro ma pallido, al contempo.
Le due donne - entrambe dalla folta chioma rossa sebbene secondo due diverse tonalità - viceversa, mi parevano le più astiose; specialmente la più piccola continuava a fissare Edward con occhi carichi d'odio.

Occhi rossi, carichi d'odio.

Rossi?

Perplessa e spaventata, la sogguardai per un istante soltanto, prima di turbarmi ancor di più di quanto già non fossi nel constatare la somiglianza  straordinaria che intercorreva tra quella strana ragazzina e la mia amica Allison.

"Bella! Che diamine ci fai qui?! VA' VIA! CORRI!"
"Edward! Chi sono queste persone?! Che vogliono da te?"
"Bella, non fare domande! CORRI, ti ho detto di correre!"
"No...non posso lasciarti da solo con questa gente Edward!"

"E' vero Edward! Sarebbe scortese lasciar andare via così la tua amica, senza neanche presentarcela!"

La più adulta, tra le due ragazze, mi si palesò davanti con una rapidità tale da togliermi il fiato.
Ero certa che si trovasse dall'altro lato, rispetto al punto in cui ero io: com'era possibile che, in una frazione di secondo, fosse riuscita a raggiungermi trovandosi infine a pochissimi centimetri di distanza da me?

"Spostati, devo andare da Edward..." - Esclamai presa da un impeto irrazionale di coraggio.
"Tu non vai proprio da nessuna parte, ragazzina"

Prima che potessi obiettare, una fitta dolorosa mi costrinse a ripiegarmi sulle mie stesse ginocchia, urlando con quanto fiato avevo in corpo: la rossa stringeva il mio esile polso nella sua mano. Non avevo mai percepito nessun dolore più intenso ed insopportabile, neanche quando - da bambina - mi ero conficcata  per errore la punta di un chiodo nel dito e mia madre mi aveva portato di corsa in ospedale per l'antitetanica. Eppure quella volta avevo pianto così tanto!
Guardai il mio povero polso pallido, segno che in quel punto la circolazione si era ormai completamente arrestata; poi mi rivolsi alla donna che continuava ad osservarmi con un risolino maligno sulle belle labbra carnose.

"Ma co...come è possibile...?"
"Ah, piccola cara! Dunque tu non sai nulla di tutti noi..."
"Co...cosa...?"

"LASCIALA STARE, VICTORIA!"

Edward si avventò sulla rossa, colpendola alle spalle, e quest'ultima reagì scaraventandolo a lunga distanza.
Urlai come una forsennata, in preda alla disperazione: al minimo gli si era spezzato l'osso del collo.
Mi sentii persa.
Non poteva accadere.
Non potevo ammettere di perderlo ora, così, senza un motivo valido, soltanto a causa della furia omicida di una psicopatica dalla forza smisurata.
Non potevo accettare di perderlo, non ora che l'avevo ritrovato.

Piangevo senza freni, torcendomi le mani certa ormai della sua sorte, quando - con uno stupore d'intensità pari soltanto al terrore che mi portavo dentro - vidi Edward rialzarsi, dopo qualche secondo, in perfetto stato e come se nulla di terribile e doloroso gli fosse mai accaduto.
Sarei stramazzata al suolo per lo sconcerto se la gioia di vedere Edward di nuovo tutto intero non mi avesse sostenuta.
Non sentivo neanche più il dolore al polso tanto ero sconvolta, confusa e felice al contempo.

Ma anche queste sensazioni durarono lo spazio di un secondo.
Il tempo di concentrare nuovamente la mia vista sul volto di Edward scoprendolo totalmente trasfigurato.
Gli occhi, più scuri di quanto io stessa potessi ricordare, risaltavano intensamente su di un volto pallido e stravolto; la bocca, viceversa, si apriva in un ghigno d'odio mostrando due lucidi ed aguzzi canini.
L'espressione del suo viso, propria di chi sia pronto ad uccidere, mi lasciò tramortita.

Non era Edward quell'essere pronto ad attaccare: era un demone dell' Inferno.

"Oh Mio Dio..." - Fu tutto ciò che riuscii a bisbigliare prima di cadere sul terreno rinsecchito della radura.

Victoria - così Edward aveva chiamato la donna che mi aveva tenuto prigioniera con la sua forza smisurata - aveva ormai abbandonato la presa sul mio polso ed in un attimo una meravigliosa sensazione di calore aveva attraversato il mio braccio giacché la circolazione aveva ripreso la sua normale attività. Ma il sollievo provocato dal ritrovato fluire del sangue non aveva mitigato il terrore che mi portavo dentro.
Francamente non ero più in grado di comprendere se mi toccasse maggiormente aver paura di quei tre sconosciuti oppure dello stesso Edward.

Accasciata ai piedi di un albero osservai ad occhi sgranati e carichi di orrore il combattimento - assolutamente impari - tra Edward e le sue due nemiche, Victoria e quella sua compagna dai capelli rossi, così simile ad Allison - benché l'espressione terrificante che aveva ora dipinta sul volto annullasse in tutto o in parte tale somiglianza.
Combattimento impari in primis perchè agivano in due contro un'unica persona - o quel che diamine fosse Edward in quel momento; in secondo luogo perchè, soprattutto la più piccola, pareva cento volte più forte della sua stessa amica.
Era in ogni caso incredibile l'agilità e la rapidità con cui tutti e tre tendevano a muoversi: faticavo a seguirli,  impegnata, tra l'altro, a considerare che  tronchi di alberi secolari finivano col barcollare facilmente sotto il loro peso.

Ad un tratto - non so bene come - qualcosa andò storto e da lontano intravidi il viso di Edward - di nuovo il suo - prigioniero tra la stretta di Victoria e quella dell'amica.

"Oh no, no..." - Piagnucolai immaginando il finale di quella scena con una lucidità inaspettata - "No, vi prego, NO! EDWARD, NO!"

Prima che Victoria operasse sulla testa di Edward spezzandone il collo o chissà cos'altro, un gigantesco lupo dal pelo rossiccio comparve d'improvviso tra gli alberi che circondavano la radura, evidentemente pronto ad attaccare le due rosse nemiche.
Un animale dalle dimensioni gigantesche, non ne avevo mai visti di simili in giro.
Il suo ululato spaventoso rieccheggiò nella solitudine della radura.
Totalmente stranita ed in preda al panico cominciai ad urlare senza freni; urlavo perchè temevo per la vita di Edward, perchè temevo Edward, perchè mi spaventavano quelle due sanguinarie ragazze dai capelli rossi e perchè non riuscivo ad immaginare che tipo di reazione avrebbe mai potuto avere una bestia di simili dimensioni in tutto quel frangente.

Fondalmentalmente urlavo perchè mi sembrava tutto un assurdo, inconcepibile incubo.

Tra poco ti sveglierai nel tuo letto Isabella, ed andrà tutto meravigliosamente....Ti sveglierai, ti sveglierai....

Ripetei mentalmente e ad occhi chiusi quelle poche parole, come un mantra, cercando di convincermi della loro assoluta veridicità e quando lentamente riaprii le palpebre, di fronte al medesimo scenario, mi sentii ancora più sconsolata.
Ma no, mi sbagliavo: qualcosa era cambiato.

Edward, non più prigioniero, combatteva ora ad armi pari contro la sola Victoria mentre l'enorme bestia teneva occupata la piccoletta dai capelli rossi, scuotendola ed agguantandola alle spalle. E quando quest'ultima cadde - ancora viva - sotto i colpi del lupo, l'uomo dalla pelle scura - che non aveva difatti partecipato al combattimento - urlò infine incitando a lasciare il campo di battaglia.

"Victoria, basta, scappiamo! Andiamo Victoria! Keira!"

Non ebbi il tempo materiale di poter vedere i tre sottrarsi alla furia del lupo e darsela a gambe per il bosco circostante, né mi riuscì di seguire la strada intrapresa dalla grossa bestia giacché le forti braccia di Edward vennero a cingermi rapidamente la vita prima che potessi concludere qualsiasi osservazione.

"Edward, che..."
"Tieniti forte Bella, per piacere"

In quelle poche parole, benchè totalmente sotto choc, lessi totale disperazione ed una supplica sincera. Per cui, senza farmi pregare, ancorai saldamente le mie braccia intorno al suo collo ed attesi mentre mi sollevava da terra, tenendomi al riparo nella sua forte presa.

"Chiudi gli occhi"
"Perchè?"
"Bella! Ti prego, ascoltami e chiudi gli occhi..."

Compresi che non era il caso di farmi ripetere per due volte lo stesso concetto. Strinsi per bene le palpebre e tutto ciò che riuscii a percepire fu l'aria fredda che soffiava rapida sul mio corpo, sulle mani intrecciate, sul viso scoperto, come se mi fossi affacciata dalla prua di una nave durante una traversata invernale in pieno oceano.

Quando rimisi piede a terra - soltanto pochi secondi dopo, ne ero certa - mi trovavo di nuovo sulla strada asfaltata. A riprova di ciò mi sarei accasciata barcollando sul parabrezza del mio pick up se le braccia di Edward non mi avessero tenuta, ancora una volta.

Come avevamo fatto a raggiungere così rapidamente la strada battuta?


"Edward! Isabella! Grazie al Cielo!"

Una voce familiare raggiunse il mio orecchio.

"Alice!"
"Oh Edward, siete salvi! Ci siamo mossi di casa appena ho visto ma non riuscivo a rintracciarvi! Maledizione, abbiamo rischiato di perdervi...!"
"Ci hanno....salvati..."
"Oh, Edward...!"

Edward accolse l'abbraccio affettuoso di sua sorella, mentre io me ne stetti rigida ed immobile.
Ero totalmente stordita.
Faticai persino a voltarmi nella direzione di Alice quando quest'ultima mi chiamò.Nel rigirarmi mi sorprese la presenza di altri due membri della famiglia Cullen, comparsi dal nulla accanto alla mia automobile.
Rosalie ed Emmett.

Come diamine facevano a sapere dove ci trovavamo?
E come diavolo faceva Alice a sapere cosa mai era accaduto in quella radura isolata se io stessa, che avevo assistito a tutta la scena, non riuscivo a comprenderlo?

"Bella! Bella, come stai?"

Parlava davvero con me? La parole mi arrivavano lentamente, frammentate e fastidiose.
Se qualcuno avesse graffiato con le unghie su di una lavagna il suono mi sarebbe stato molto più gradito.
Vedevo tutto come attraverso un caleidoscopio e si trattava di una sensazione tutt'altro che piacevole.

Ricambiai con uno sguardo inebetito, incapace di rispondere utilizzando la favella.
Avevo perso totalmente il controllo di me stessa, dei miei muscoli, della mia voce, persino dei miei pensieri. Qualsiasi forma di connessione neuronale si era tranciata e francamente avrei faticato persino a sillabare il nome di mia madre, in quell'istante.

"Bella?"
"E' sotto choc, Alice. Ha visto tutto."
"Bingo!" - Esclamò Rosalie alzando gli occhi al cielo. Nonostante fossi totalmente fuori uso mi apparve piuttosto chiaro, anche in quell'istante, di essere decisamente poco simpatica alla bionda sorella di Edward.

"Bella, ti prego...Rispondimi"
"Chi....cosa siete.....?" - Biascicai lentamente, sputando le parole a fatica.
"Bella vieni a casa con noi, ti prego. Ti spiegheremo tutto quel che vuoi sapere...."

Scossi la testa più e più volte.

"No, non voglio venire. Voglio Allison, voglio tornare a casa mia con lei...."

Alice tentò di toccarmi il braccio ma io mi scansai repentinamente, in un misto di disgusto e terrore.
Sospirò tristemente e poi riprese:

"Ti prego Bella. Vieni. Allison è a casa nostra con Jasper, potrai trovarla lì. Dacci la possibilità di spiegarci. Se poi vorrai potrai andare via e non rivederci mai più. Ma ti prego, ora seguici, te lo chiedo in ginocchio..."

Il silenzio calò su di noi.
I quattro membri della famiglia Cullen attendevano una risposta.
Da me.

Alla fin fine, non so cosa mi spinse ad accettare. Forse la veemenza carica di malinconica rassegnazione con cui Alice mi aveva supplicato. Forse il silenzio intriso di dolore di Edward. O forse, più semplicemente, l'idea di ritrovare Allison a casa Cullen, abbracciarla, tornare con lei a casa mia e qui avere finalmente la possibilità di versare tutte le mie lacrime.

Fatto sta che, senza aggiungere altre parole, porsi le chiavi del mio pick up ad Edward, prendendo posizione dall'altro lato rispetto al conducente.
Certo non avevo  la forza di guidare, dopo tutto quanto era accaduto.

Edward assentì silenzioso mentre Alice, quasi sorridente, spingeva Rosalie ed Emmett in lontananza, forse verso la loro auto.
Infine anche lui prese posto, accanto a me, e senza rivolgermi la parola si decise infine a mettere in moto il pick up.


*


Giunti a casa Cullen trovammo Esme e Carlisle ad aspettarci sulla porta.

Ovviamente sapevano tutto anche loro.

Entrai a fatica, malferma sulle gambe, spingendo un piede davanti all'altro in maniera piuttosto strascicata e rifiutando, tuttavia, l'aiuto degli altri.
Nel grande salotto, adagiata sul divano, trovai placidamente distesa la mia Allison, guardata a vista da Jasper a poca distanza da lei.

"Che le avete fatto?!" - Urlai d'improvviso, certa che la mia amica fosse stata vittima di chissà quale inanerrabile mostruosità.
Dopo quel pomeriggio avrei potuto aspettarmi di tutto, da chiunque.
"Bella! Bella, ti prego, calmati! Sta soltanto...dormendo...Puoi verificarlo tu stessa, se vuoi..." - Mi tranquillizzò Alice.

Mi avvicinai lentamente al divano e dovetti riconoscere l'assoluta sincerità di Alice poichè Allison dormiva beata, con un leggero sorrisino stampato sulle belle labbra. Il suo respiro regolare quietò il mio animo.

"Jasper, portala di sopra. E' meglio che non ascolti la nostra conversazione..." - Suggerì Esme, apprensiva. Jasper ubbidì immediatamente, accogliendo facilmente Allison tra le sue braccia.

"Stai tranquilla Bella, non voglio farle del male. Potrai rivederla più tardi, con tutta calma.." - Mi assicurò.
In realtà avrei preferito mille volte tenerla accanto a me: anche sprofondata nel sonno costituiva comunque una fonte di sollievo e sostegno. Tuttavia dovetti convenire che avevamo molto da dirci, tra quelle quattro mura, e forse il discorso che stavamo per intraprendere non era davvero alla portata di Allison.

Attesi che tutti, attorno a me, si fossero accomodati, prima di lasciarmi andare io stessa sul bianco divano su cui era distesa pochi attimi prima la mia amica. Sentivo ancora il suo confortante calore sul cuscino.
Poi li guardai, ad uno ad uno, verificando ancora una volta quanti tratti  li accumunassero, la pelle diafana, gli occhi dorati, la bellezza accecante.
Soffermandomi infine su Edward, mormorai stentatamente un:


"Cosa siete, voi?"


"Bella...." - Cominciò Alice. Sapevo che mi volesse indorare la pillola. Non ne avevo voglia.
"Alice, niente giri di parole. Credo di poter sopportare tutto dopo quel che ho visto oggi alla radura. Quindi vi prego di essere chiari." - La voce era bassa, ma il tono fermo.

"Addirittura? Credi di essere tanto coraggiosa? Credi sul serio di poter sopportare tutto quanto avremo da dirti?" - Fece allora Edward saltando in piedi. Carlisle lo trattenne per un braccio mormorandogli parole che non riuscii a cogliere.
Io deglutii lentamente, preda di una paura improvvisa ma motivata: ricordavo ancora la faccia totalmente stravolta di Edward nella radura, quel ghigno d'odio, quell'espressione omicida. Ed i suoi canini aguzzi.
Non doveva arrabbiarsi. Non volevo rivedere quelle fattezze.

"Non spaventarla Edward..."
"Io...voglio soltanto conoscere la verità. Non puoi più negarmela adesso, Edward. Ho....ho visto troppo."
"Allora..." - Sillabò lentamente - "Comincia tu...Qual è la tua idea?"

Mille pensieri affollarono la mia mente. In realtà non avevo fatto alcun tipo di congettura, non ce n'era stato nè il tempo nè la lucidità. Ma ormai ero a conoscenza del fatto che fenomeni assolutamente inspiegabili sospingessero la vita di Edward e della sua nuova famiglia e tutto ciò che desideravo, ora, era una giustificazione più o meno razionale per continuare a vivere.


"Non ho idee al riguardo, Edward. Ho visto qualcosa di ...strano e...sconvolgente.  Ma non so bene cosa e soprattutto non so come spiegarlo. Sono consapevole anche del fatto che tu non sia più l'Edward di un tempo e che per qualche strana ragione tu sia legato sotto molti punti di vista a tutte queste persone" - Vagai con lo sguardo a tutti i presenti nel salotto - "Ma anche in questo caso non so il perchè e non so esattamente cosa vi unisca davvero. Però credo che ora come ora tu mi debba una spiegazione e non andrò via di qui, giacché mi ci avete praticamente trascinata, fin quando non avrò ricevuto una risposta esauriente a tutte le mie domande."

Vidi Carlisle abbracciare sua moglie, cingendole affettuosamente le spalle con un braccio.
Rosalie strinse gli occhi rabbiosamente, viceversa, volgendo lo sguardo verso la grande vetrata ad est.
Edward serrò infine le labbra in una smorfia piena di rammarico.

Certo che quel che gli avevo chiesto - semplicemente la verità - doveva costar loro davvero molto caro.

"Non avresti mai dovuto trovarti nella radura..."
"Sì ma ci sono andata ed ora non si può tornare indietro nel tempo e rimediare. Edward rispondimi, per piacere."

Seguitò a non guardarmi negli occhi.

"Che cosa siete voi tutti, Edward?"

Non rispose.

"Alice? Vuoi spiegarmelo tu?"
"Bella, è difficile da accettare. Devi fare un grosso sforzo e..."
"Alice, no! Ti scongiuro..."
"Edward" - Intervenne Carlisle - "Temo ormai che Bella abbia visto più di quanto avrebbe dovuto. E' inutile peggiorare la situazione..."
"Bella...Dovrai essere molto forte...e coraggiosa" - Alice quasi non diede peso alla supplica di suo fratello. Mi sembrava quasi sollevata, se non felice, di poter giungere finalmente ad una conclusione rivelandomi la verità.

Annuii.

"Credi al sovrannaturale, Bella?"
"Al sovrannaturale?"
"Sì..."
"Che intendi per sovrannaturale? Fantasmi, demoni, streghe?"
"Anche..."
"Beh... Francamente no....Ma che c'entra tutto questo?"
"E se ti parlassi di....vampiri, Bella? Ci crederesti, in quel caso?"

Guardai Alice tramortita.

"Che significa, Alice?"
"Tu vuoi la verità Bella, ed io te la sto dando." - Inspirò profondamente prima di riprendere a parlare - "Noi. Siamo. Dei. Vampiri. Bella. Tutti noi siamo vampiri."


Vam - pi - ri.
Vampiri.

Vampiri?

Che diamine andava blaterando, le stava dando di volta il cervello?!


Attesi qualche istante prima di parlare, scaricandole addosso tutta l'irritazione che mi procurava la sua evidente presa in giro.

"Oh, andiamo, Alice! Sii seria per favore!"

"Io sono seria, Isabella"

Mi stava stancando.
Fissai i miei occhi in quelli dorati di Alice nella speranza che la mia espressione di rimprovero potesse finalmente costringerla ad assumere un maggior contegno.
Tuttavia, quel che vidi mi turbò molto di più giacchè, forse per la prima volta, incontrai uno sguardo accigliato ed attento, del tutto dissimile da quelli cui Alice mi aveva abituato.

Era sincera, non aveva l'aria scherzosa di sempre.

Un improvviso timore s'impadronì del mio corpo palesandosi sotto forma di una fitta dolorosa allo stomaco.

Perchè d'un tratto non riuscivo a credere che quella che Alice mi stava raccontando non fosse una bugia?

Scattai in piedi.

"No....non dire sciocchezze...!"
"Sciocchezze, Bella?" - Alice mi si accostò mentre un Edward sconvolto e tremante la sogguardava stringendo i pugni in una morsa convulsa.- "Ti darà la prova della mia sincerità, allora. Ti sei mai chiesta perchè i nostri occhi abbiano tutti lo stesso colore dorato? Anche Edward, come ben sai, ha perso il suo bel colore verde smeraldo, quel che ricordi tu. E ti si mai chiesta perchè a volte appaiano invece totalmente scuri?"

Deglutii a fatica.

"Hai mai fatto caso" - Continuò senza darmi tregua ".. al nostro colorito pallido? O alle nostre mani gelide?" - Nel pronunciare queste ultime parole cinse con le dita i miei polsi ed io trasalii, scostandomi. - "Sì, Bella....L'hai notato e più di una volta. Sai che non ti sto mentendo. Ti sei fatta tu stessa tante domande su di noi e più volte, in passato. Io non ti sto mentendo, Isabella." - Ripetè.

"No...Non è possibile..."
"Purtroppo sì, invece. Lo è..." - Mormorò Edward.

Fu allora che la stanza cominciò a girarmi intorno. Vacillai. La presa ora forte di Alice intorno alle mie braccia aiutò il mio corpo a sostenersi.

Alice avrebbe potuto scherzare, ma evidentemente aveva parlato in maniera seria.
Le parole di Edward costituivano ora il colpo di grazia. Lui non avrebbe potuto mai prendersi gioco di me.
Non lui che più di me e troppo spesso, mostrava di soffrire così intensamente.

La spiegazione che Alice mi aveva fornito era assurda e priva di qualsiasi fondamento logico.
Eppure la convinzione con cui aveva pronunciato quelle parole, il gravoso silenzio con cui la famiglia aveva accolto il suo discorso e tutta la sofferenza che leggevo nello sguardo di Edward nel confermarmi che sì, era vero, sua sorella non mi stava mentendo, mi inducevano a dovervi credere per quanto irrazionale ed impossibile apparisse la faccenda.
Oltretutto era innegabile che tutti i membri della famiglia Cullen possedessero dei particolari - certamente eccentrici e rari da riscontrare altrove - che tendevano ad accumunarli. Io stessa avevo riflettuto troppe volte, da sola, sulla pelle liscia e freddissima di Alice quando sfiorava le mie mani o sugli occhi, talvolta scuri, talvolta color caramello, con cui Edward od Esme incrociavano il mio sguardo.
Gli stessi elementi su cui si era soffermata Alice. Quelli che risaltavano di più all'attenzione.

"Siete...Voi dunque siete dei...dei VAMPIRI?" - Esclamai angosciata.
"Sì, Bella. Mi dispiace avertelo confessato in maniera tanto brusca ma al punto in cui siamo arrivati era inevitabile. Hai assistito al combattimento tra Edward e Victoria, li hai visti muoversi con velocità ed agevolmente. Hai visto il loro volto e gli occhi dei nostri nemici. Hai avvertito tu stessa la forza con cui Victoria ha afferrato il tuo polso" - Concluse.

Era vero. Una striatura violacea, a mo' di bracciale, circondava ora il mio polso destro.

"Non ti stiamo mentendo, anche se potrà sembrarti assurdo. Adesso conosci tutta la verità, benché i dettagli ti siano stati risparmiati. Ora puoi decidere di fare ciò che ritieni più giusto per te Bella."
"L'unica cosa che noi tutti vogliamo tu sappia è che non ti faremmo mai del male" - Carlisle aggiunse le sue parole al discorso di Alice, mantenendo la sua aria seria e solenne - " Non ne avremo mai fatto né a te né alle persone che ti sono care. Ti prego, tienilo bene a mente."

Non proferii parola.
Sconvolta, turbata, confusa, terrorizzata, non sarei stata in grado di ascoltare più neanche una sola sillaba.
Sentivo la testa piena come un uovo e dolorante come se mi fossi ubriacata con gli alcolici più scadenti e disgustosi di un bar all'autogrill.

All'ennesimo capogiro barcollai, finendo con l'aggrapparmi al bracciolo del divano.

"Bella...!"
"Sto bene! Sto...benissimo..."

Non avevo bisogno di aiuto. Non avevo bisogno di nulla che provenisse dalla famiglia Cullen.
Tutto ciò che desideravo ora, era semplicemente isolarmi nella mia bolla privata di sofferenza e riflessione, abbandonandoli tutti lì, all'istante: perfino la dolce espressione di Alice od il volto bellissimo di Edward non sarebbero stati in grado di trattenermi.


Volevo scappare, ancora una volta. E dormire, dormire, fingere che nulla fosse reale.
Perchè non era reale.

Con uno scatto repentino, e senza guardare nessuno di loro in volto, afferrai le chiavi del mio pick up dal tavolino di vetro su cui erano adagiate. Sul punto di chiedere di svegliare Allison per riportarla a casa con me, sentii una mano ghiacciata e liscia afferrare il mio braccio destro.

"Bella..."

Edward.

"Che...che c'è...?" - Sussurrai senza guardarlo in volto.
"Non hai nulla da dire? Proprio niente? Non ti abbiamo raccontato una barzelletta Bella, è una questione seria...Possibile che tu non abbia proprio nulla da commentare? Non ti interessa sapere altro?"

Scossi la testa.

"Niente?"
"Niente."
"Bella" - La sua voce, incrinata e dolorosa in quella supplica piena soltanto di rammarico - "Bella, ti prego...Guardami"

Mi voltai lentamente. Ero tanto scossa che persino il collo era tremolante e percorso da brividi, faticavo a controllarlo.

"Era per questo che non volevo che tu venissi a conoscenza del nostro segreto. Perchè l'ultima cosa che desideravo era che tu mi guardassi con quegli occhi pieni di orrore. Ti ho tenuta lontano in tutti i modi, ti ho ferita con le mie parole crudeli, ti ho lasciato piangere per causa mia soltanto perchè tu non sapessi che ero diventato un mostro. E non è servito a niente. A niente."

Strinse più forte la presa intorno al mio braccio e mi guardò con occhi gonfi, senza piangere.
Qualcosa, dentro di me, si spezzò.
Adesso sapevo davvero che sapore avesse quell'insopportabile sensazione di morire dentro eppur tutto ciò che riuscii a fare fu quella di lasciar scivolare via una sola lacrima  lungo la mia guancia sinistra.

"Per favore...Svegliate Allison. Voglio solo.... tornare a casa mia..."

Edward sospirò. Lasciando il mio braccio chiuse gli occhi, annuendo lentamente.

Emmett aveva già fatto la sua comparsa nel salotto, trascinando con sè una Allison intontita e confusa.

"Be...Bella....Dove sono?"
"Va tutto bene, Allison. Potrai continuare a dormire a casa. Va tutto...meravigliosamente."

Accolsi Allison tra le mie braccia, strappandola ad Emmett senza una parola e faticando non poco a raggiungere l'ingresso con il peso del suo corpo poggiato su di me.
Faticava a svegliarsi ed io, purtroppo, non ero nelle migliori condizioni fisiche e mentali per sorreggerla. Ciononostante non accolsi la mano offertami da Esme. Mi mortificai a mia volta di quel rifiuto - Esme era una brava donna - ma era troppo grande lo sconcerto e la paura in quel momento; lei, fortunatamente, comprese con facilità e ricambiò la mia occhiata dolorosa con uno sguardo colmo di sostegno e dolcezza.

"Edward" - Chiamai senza voltarmi.
"Sì...?"
"Credo sia meglio non vederci per un po'. Finchè non avrò....metabolizzato. Non cercarmi, per favore." - Mormorai alla fine, prima di richiudere la porta alle mie spalle.





Angolo dell'autrice:
Ragazze mie belle, buonasera!
Questa volta ho davvero poco da dirvi....Ormai Bella ha scoperto tutta la verità...Come la prenderà?
Continuerà a cercare e vedere Edward?
Cosa ne sarà di loro?
E voi? Cosa ne pensate del capitolo e di tutto quanto è accaduto?
Come sempre, spero vorrete essere così carine da lasciarmi il vostro parere!
Grazie a tutte voi che leggete, seguite, preferite, ricordate e recensite!
Un bacio
Vostra MaTiSsE!



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Capitolo 15
*** Rivelazioni ***


nuovissima14 Ragazze, anzitutto buonasera a tutte voi.
Mi scuso enormemente per il ritardo con cui posto questo capitolo. Non sto neanche a spiegarvi quanto sia stata incasinata; inizialmente mi è mancata un po' di ispirazione, lo ammetto...Successivamente sono stata riempita di impegni ed incarichi per cui....Eccomi qui dopo troppo tempo! Non ho mai voluto postare avvisi a riguardo perchè non volevo illudervi inutilmente di aver aggiornato per cui...mi scuso anche del mio silenzio.
Spero possiate scusarmi. Francamente non sono neanche molto soddisfatta del risultato ma spero l'apprezzerete lo stesso...Spero di rifarmi con i prossimi capitoli.
Vi mando un bacio enorme!
Scusatemi ancora
PS: nei prossimi giorni risponderò alle vostre recensioni...Grazie come sempre per il vostro sostegno, siete dolcissime!
Un bacio

MaTiSsE!






CAPITOLO 14
Rivelazioni

(POV BELLA/ EDWARD)








POV BELLA


"Bella? Bella....!"

Mi svegliai di soprassalto con un urlo.

Affaticata e spaventata da quell' incubo atroce e devastante.

Avvolta nell'oblio del sonno la mia mente traditrice aveva ricostruito l'immagine di Edward, il mio Edward dolce e bellissimo di un tempo,  mentre mi sussurrava deliziose paroline d'amore, disteso accanto a me su di un tappeto di morbidi fiori colorati.
Era primavera e la radura splendeva nel primo sole del mattino.

Percepivo ancora distintamente il suo tocco gentile sulla mia pelle ed il sapore dei suoi baci delicati sulle labbra.

L' avevo osservato amorevolmente mentre nascondeva il viso tra i miei capelli bruni, annusandone il profumo ed io avevo riso, inclinando la testa di lato per meglio accoglierlo nell'incavo del mio collo.

Ero felice.
Il cuore era  colmo di gioia, di amore incondizionato e di ritrovata allegria; pensavo, scioccamente, che potesse non essere in grado, un muscolo tanto piccolo, di contenere nel medesimo istante tutte quelle deliziose e meravigliosamente devastanti sensazioni.

E tuttavia, avrei potuto morire in quel posto ed in quel momento e non mi sarebbe importato finchè Edward era con me.
Avevo tutto, ero felice, non avevo nient'altro da chiedere alla mia vita.

"Ti amo, Edward..." - Avevo mormorato lentamente, sorridendo e cercando piano le sue labbra.

"Ti amo anch' io...." - Aveva risposto lui, in un sussurro. E lì aveva avuto inizio l'orrore giacchè, alzando di nuovo lo sguardo, i miei occhi non avevo incontrato più il viso dolcissimo dell' Edward che amavo bensì quello trasfigurato e repellente di un demone dalle pupille scarlatte ed i denti aguzzi, pronto a colpirmi.

"Bella, mia adorata...Bella...Bella"

L' ultimo ricordo era quello del mio nome ripetuto all'infinito da una voce demoniaca prima di finire dissanguata sul bel prato fiorito della radura.
Con esso si chiudeva il mio incubo.

Ma nella realtà qualcuno chiamava davvero il mio nome: era la povera Allison che si sgolava nel tentativo di svegliarmi.

"Ally!" - Urlai, svegliandomi di soprassalto ed ansimando, finalmente consapevole di essere stata vittima di un incubo insopportabile ed atroce.

La mia amica mi sogguardò sconcertata prima di rivolgermi la parola.

"Mio Dio, Bella....che stavi sognando? Non hai fatto altro che agitarti....E' tutto ok?"
"Sì...sì, tutto ok..." - Mormorai stentata - "Che ore sono?" - Domandai infine realizzando ulteriormente di ritrovarmi al sicuro, nella mia piccola camera di Forks avvolta ormai nella penombra.
"Le sei del pomeriggio....Cavolo, eravamo davvero stanche tutte e due!" - Osservò Allison - "Per quel che mi riguarda, la fatica del viaggio s'è fatta sentire...mi sono addormentata come una neonata, a mezzogiorno e per giunta a casa di Jasper Cullen. Che frana!"

Jasper.
Casa Cullen.

Edward.

La radura.
I vampiri.


VAMPIRI.


Mi venne da vomitare.


"Bella? Ma stai bene?" - Allison mi trattava con estrema delicatezza, non c'era che dire. Dovevo averla impressionata davvero molto.
"Credo di avere un po' di influenza..."

Mentii. Che altro potevo mai fare?

"Oh...! Beh, sarà uno di quei noiosissimi virus intestinali che girano di questi periodi...Hai la nausea?"
"Un po'..."
"Vuoi che ti prepari qualcosa? Una camomilla?"
"No, niente davvero...grazie."

Allison fece spallucce e poi mi sorrise. Amavo il suo sorriso sincero e luminoso: riusciva sempre a restituirmi un po' di pace.

"Allora? Sei riuscita a parlare con Edward?"
"Cosa?"

Mi si bloccò momentaneamente il respiro.
Perchè doveva rivolgermi proprio quella dannata domanda?

"L'hai trovato? Mi sembravi abbastanza sicura di sapere dove scovarlo quando ci hai lasciati..."
"Ah.... Beh, ecco....in realtà no....Ci siamo ritrovati più tardi per caso, dai Cullen...Quando sono venuta a recuperarti in preda al sonno..."
"Non me ne parlare!" - Esclamò allora, nuovamente consapevole - "Che figuraccia, Bells! Addormentarmi sul divano di casa loro....Soltanto Allison Rogers poteva riuscire in una simile impresa!" - Sbuffò assai comicamente sollevando un ricciolo ricaduto sulla guancia sinistra.
"Come ci sei finita a casa Cullen?"
"A dir la verità è stato Jasper ad invitarmi...E' stato molto...carino. E gentile."
"Sì?"
"Già..."

Un rossore diffuso colorò le guance di Allison, accentuandone le piccole lentiggini.

"E dopo ti sei addormentata..." - Constatai.
"Non so come sia potuto accadere, credimi...è stato così.....ridicolo! Ma mi sentivo tanto rilassata ed a mio agio...E poi le palpebre hanno cominciato a farsi pesanti...E mi sono risvegliata praticamente a casa tua. Non ho parole!"

Avrei voluto sorridere dell'espressione buffa e tenerissima di Ally, del suo modo adorabile di rimproverarsi. Ero quasi certa che le piacesse Jasper, benché cercasse di nasconderlo consapevole del fatto che io fossi, in maniera più o meno intensa, legata ad Alice che di Jasper era, ufficialmente, la fidanzata. E tutto sommato in quell'istante non riuscivo ad interessarmi effettivamente a tutto quanto avrebbe voluto raccontarmi, prigioniera com'ero di quell'assurda realtà ben più angosciante e sconvolgente del brutto incubo da cui mi ero risvegliata.

Un sogno, per quanto orribile possa essere, ha sempre un inizio ed una fine.

Quel che stavo vivendo io, viceversa, somigliava molto più verosimilmente ad un buio tunnel senza vie d'uscita.
Mi sentivo come la protagonista di un film horror da quattro soldi e non si trattava di una sensazione piacevole.

Edward, il mio Edward, scomparso due anni prima dalla sua cittadina, sottratto al mio amore ed all'affetto dei suoi cari, era stato trascinato in un baratro sovrannaturale e terrificante, trasformato in un mostro sanguinario senza possibilità di ritorno alcuna.

Chiunque altro, al posto mio, non avrebbe creduto ad una sola parola dello strampalato discorso di Alice. Le sue parole, sommate, sembravano solo le fantasie di un adolescente facilmente impressionabile alle prese con il suo primo film dell'orrore. Eppure, anche  a distanza di qualche ora, non faticavo a crederci.
Troppe cose combaciavano.

In primis la confessione stessa di Edward, qualche mese prima, quando mi aveva rivelato di essersi macchiato di un delitto atroce ed inspiegabile.
Adesso era tutto più semplice e più chiaro: Marta, innocente e bellissima, era morta preda del mostro irrefrenabile che si nascondeva dietro il volto bellissimo di Edward. Lì dove l' istinto omicida aveva prevalso su qualsiasi forma di razionalità.

E poi quel colore di occhi che tutti i membri della famiglia Cullen possedevano pur non essendo realmente imparentati tra loro, e quella loro pelle così liscia e freddissima, come il ghiaccio.
La loro velocità, la loro abominevole, spropositata forza.

E quell'espressione terrificante di Edward mentre combatteva con le sue nemiche.

Lo stomaco si contrasse in un singulto di disgusto.



"Bella?"

Avevo portato una mano alla bocca e l'altra a carezzare la pancia, nell'intento poco riuscito di apportare un minimo di sollievo al mio povero stomaco.

"Bella, ti senti male? Ti accompagno in bagno, vieni..."

Feci segno di no con l'indice.

"No, no Ally. Sul serio. Va...meglio..."
"Sei così pallida...Hai la febbre?"

Pallida.
Come Edward?

Cos'era Edward adesso?

Edward...

Un'idea mi balenò nella mente. 

"A...Ally andresti...A prendermi un po' d'acqua, per piacere?"

Allison era troppo desiderosa di aiutarmi. Non avrebbe certo opposto rifiuto ad una richiesta tanto banale.

"Oh...Ma certo! Aspettami, faccio in un attimo!"

Avevo sete di risposte in realtà.
Per cui, non appena Allison abbandonò la stanza mi fiondai al computer. Sapevo che avrebbe impiegato qualche minuto per tornare perchè mio padre teneva i bicchieri ben nascosti nella credenza, convinto che, con la mia proverbiale goffaggine, li avrei distrutti uno ad uno se non li avesse tenuti sufficientemente al riparo, per cui avevo un po' di tempo a mia disposizione per operare una piccola indagine personale.
Digitai in fretta la parola "vampiro" nel motore di ricerca ed un elenco infinito di possibili siti da cui trarre informazioni si aprì davanti ai miei occhi.

Da sotto avvertivo rumori di piatti e stoviglie, segno che il mio espediente aveva funzionato: Allison faticava a portare a termine il suo compito.

"Swan, ma dove diamine sono i bicchieri?!"

Con gli occhi ben puntati allo schermo, urlai una risposta incerta.

"Non so, cerca in giro!"
"Ok!"


Titubante ed indecisa su quale fosse il sito più affidabile da consultare, alla fin fine ripiegai semplicemente sul primo che mi capitò sotto mano.
Fu, in realtà, una pessima idea.

Tutto ciò che i miei occhi riuscirono a cogliere fu un susseguirsi di parole tetre ed inquietanti come "demoni" o "non - morti", oltre che infinite spiegazioni su particolari risaputi come quelli riguardanti la loro pelle freddissima e l'estrema agilità. Ed ovviamente la capacità - assolutamente necessaria per la loro esistenza - di cibarsi di sangue umano.

Ma fu soprattutto fu quell'idea del "non - morto" che mi colpì al cuore.
Perchè era questa la realtà effettiva delle cose, quella che sino a quell'istante non avevo contemplato: Edward era morto ed al contempo non lo era, non sarebbe morto mai più.

Era stato trasformato in un vampiro, in un qualche modo a me sconosciuto, certamente.

Ma difatti era morto.

La persona con cui avevo parlato, fatto lunghe passeggiate, litigato, urlato, la persona per la quale avevo pianto in tutti quei lunghi quattro mesi in realtà non era una persona.
Non esisteva più su questa Terra in quanto essere umano.
Era una creatura non ben identificata e priva di qualsiasi linfa vitale che non fosse il sangue altrui, che si aggirava indisturbato tra gli altri individui senza essere come loro.
Un uomo morto ed immortale al contempo.


Edward era morto.


Corsi in bagno appena in tempo.
Allison mi ritrovò accovacciata di fianco al water, ansante. Trattenni le lacrime per poco.

"Oddio, Bella!"

Vidi la mia amica corrermi incontro preoccupata, abbandonando il bicchiere d'acqua che le avevo richiesto sul primo scaffale utile.
Si accovacciò accanto a me porgendomi un fazzoletto e tirandomi i lunghi capelli bruni in una crocchia disordinata, tenuta alla buona con una forcina che si ritrovava per caso nella tasca del suo maglione.

"Come ti senti?"
"Meglio..." - Mentii.
"Hai una brutta cera. Adesso misuriamo la febbre, poi chiamo tuo padre e..."
"No Ally, ti prego. Resta, resta tu accanto a me. Ma non chiamare nessuno, ti prego. Papà ha già tanti problemi con il lavoro, non....voglio preoccuparlo ancora di più."

Allison mi guardò sospirando.
"D'accordo. Ma ora lavati i denti e fila subito a letto. Mi occuperò io di te."

Le sorrisi malinconica.

"D'accordo, dottore."

Mi alzai a fatica utilizzando la mano di Allison a mo' di sostegno, dopodiché mi preparai a seguire il suo il consiglio - o piuttosto l'ordine che mi aveva impartito. Mi lavai i denti ed il viso, più e più volte. Non so bene cosa sperassi di fare, forse cancellare le profonde occhiaie violacee che risaltavano sulla mia pelle diafana e spenta, ma fu un tentativo pressocché inutile, difatti: neanche un lungo sonno ristoratore mi avrebbe restituito il mio viso florido e luminoso di un tempo.
Stanca di osservare l' immagine angosciata di me stessa che mi veniva offerta crudelmente allo specchio, quasi meccanicamente, raggiunsi nuovamente Allison in camera mia.

La ritrovai, sorprendentemente, a confabulare con mio padre come due amici di vecchia data.

"Allison! Ti avevo chiesto di non chiamare papà...!" - Esclamai ad alta voce.
"Infatti non mi ha telefonato, Bella. sono tornato ora dal lavoro per conto mio. Non mi hai neanche sentito, ti ho chiamato appena sono rientrato."

Davvero non avevo sentito alcun rumore. Avrebbe potuto entrare chiunque in casa in quel momento, qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere ed io me la sarei lasciata scivolare tranquillamente addosso.
Rabbrividii.

"Scusami..." - Mormorai stentatamente - "Non me ne sono accorta..."
"Non ti preoccupare Bells. Hai la febbre certamente,....La tua amica Allison mi stava dicendo..."
"Oh papà! Ho dimenticato di avvertirti dell'arrivo di Ally!"

Una lucina si accese nella mia mente confusa.

Allison mi guardò sorridendo.

"Oh, non c'è problema. Tuo padre ha capito chi fossi appena mi ha vista. Devi avergli parlato molto di me!"
Annuii sorridendo anche io.

"Sì. Tanto..."

"Ed anche piuttosto bene Allison!" - Confermò papà con quell'aria bonaria che sfoderava sempre in presenza di ospiti graditi - "Tra l'altro " - "Aggiunse - " Il tuo arrivo è tutt'altro che un un problema. Anzi, Allison, se potessi trattenerti per un po' sarebbe fantastico...Temo che avrò molto da fare in questi giorni con il lavoro e Bells starebbe sempre a casa da sola..."

Allison non se lo fece ripetere due volte. Le sue belle labbra carnose si aprirono in un sorriso sincero e luminoso mentre rispondeva a mio padre:

"E' tutto ok, signor Swan. Mi tratterrò quanto volete. Non potrebbe esserci cosa più gradita, davvero."

Anche mio padre sorrise apertamente; dopodiché bofonchiò qualcosa sulla mia salute precaria e sull'ultima partita di campionato, prima delle vacanze natalizie, che non poteva in alcun modo perdere ed alla fine girò sui suoi tacchi socchiudendo la porta alle proprie spalle.
Me ne stetti impalata a guardare nella direzione dalla quale era sparito prima di rendermi conto che stavo in piedi con estrema fatica.
Barcollai ed Allison mi aiuto a sorreggermi.

"Vieni..." - Mi disse sollevando la trapunta colorata e scoprendo un lato del letto - "Vieni a stenderti. Sarò la tua crocerossina fin quando non sarai guarita, Swan!"

Riluttante mi adagiai sul letto; benché avessi tutt'altra intenzione che riposare dovetti convenire che, effettivamente, ero stanca . Tutto sommato provai sollievo nel crogiolarmi tra quelle lenzuola.

"Allison, mi dispiace...."
"Di cosa, Bells?" - Fece lei accomodandosi delicatamente - strano a dirsi - accanto a me.
"Del fatto che tu sia costretta a stare qui, con me, per farmi compagnia manco fossi una bimbetta di tre anni. Non è giusto, ecco. Tu hai la tua famiglia e le tue cose a Vancouver e mio padre invece non ne ha tenuto affatto conto.."
"Oh, Bella!" - Rispose lei agitando una mano  "Per me non è un problema!"
"Per te, forse...Ma i tuoi genitori? Non hai voglia di stare con loro?"

Gli occhi di Allison si incupirono improvvisamente ed un malinconico sorriso le piegò gli angoli della bocca.
La osservai mentre si alzava lentamente dal letto per raggiungere la finestra poco distante.
Dandomi le spalle, attese qualche secondo prima di parlare.

"Ti svelerò un segreto, Swan..."

Mi rizzai a sedere guardando Allison con aria interrogativa e vagamente preoccupata.
Ne avevo abbastanza di segreti per quel giorno ma la sua voce tremolante e quella nota di dolore che in essa avevo percepito mi avevano stretto troppo il cuore per non badare al suo racconto.

"Di cosa stai parlando, Ally?"

"Non c'è nessuno che mi aspetti a casa. Forse soltanto Suor Maria ma sarà comunque troppo impegnata con i bambini piccoli per badare alla mia assenza."

Arrancai sino al bordo del letto.

"Che significa tutto questo, Allison?"
"Che significa?" - Rispose lei voltandosi lentamente verso di me. Per la prima volta da quando la conoscevo le osservavo sul volto un'espressione stanca e sofferente.Qualche lacrime impertinente era rimasta intrappolata tra le sue lunghe ciglia, qualcun'altra scivolava lungo le guance - "Significa che non c'è nessuna mamma e nessun papà, Isabella. Non c'è nessuna casa dove io possa tornare. L'istituto è la mia casa ed io non voglio più rivederlo".


Deglutendo a fatica, guardai Allison per un lunghissimo, interminabile istante, prima di capacitarmi delle sue parole.




POV EDWARD


Avrei dovuto abituarmi a vivere senza di lei.
A questo avrei dovuto rassegnarmi: alla sua assenza.

Nessuno avrebbe potuto sapere, capire. A nessuno sarebbe importato.

Bella era andata via poche ore prima.

Non mi aveva voluto neanche guardare e quando poi l'avevo costretta io stessa a farlo avevo realizzato che sarebbe stato mille volte meglio permetterle di scappare via da me senza rivolgermi neanche uno sguardo.
Era disgustata. E terrorizzata.

Da me.

Mi era bastato un decimo di secondo per decifrarle tutto l'infinito senso di orrore che le allargava le pupille e la costringeva a respirare più forte. Sentivo il suo cuore battere all'impazzata e l'amore non c'entrava nulla con quel moto irrazionale che le pompava più veloce il sangue nel corpo: voleva soltanto fuggire - ed il più velocemente possibile - da me.

Come darle torto, del resto?
Chiunque, al posto suo, anche la donna più innamorata del mondo, sarebbe scappata via a gambe levate dopo una simile rivelazione.
Io non ero nient'altro che un mostro e certo non meritavo la mia Bella splendida e fragile.

Da quando era andata via da casa nostra non avevo fatto altro che rimurginare disperato su tutto quanto era accaduto quella maledettissima mattina, standomene seduto in cima alle scale che dal salotto conducono ai piani superiori, tenendo la testa fra le mani ed i pugni stretti in una morsa dolorosa persino per me che ero un essere privo di qualunque forma di dolore.
Se non quello interiore, s'intende.

Dal basso captavo le voci dei miei familiari intenti ad un'accesa discussione sugli ultimi avvenimenti. Ai pensieri espressi in parole si sommavano quelli apparentemente silenziosi della mente che, purtroppo, mi arrivavano altrettanto chiari e distinti.
I più irritanti erano quelli di mia sorella Rosalie che, sin dal principio di questa storia, aveva espresso il suo più totale disappunto in merito al mio riavvicinamento ad Isabella.
Era certa che, per quanti sforzi potessi tentare di fare per tenerla lontano da me, avrei sempre finito col tornare da lei a causa del mio "sciocco" amore adolescenziale che ancora mi teneva saldamente legato alla mia precedente vita; ed era sempre stata altrettanto certa del fatto che questo mio intestardirmi avrebbe creato null'altro che impicci e problemi, com'era difatti accaduto.

Sentivo la sua voce penetrarmi nelle orecchie, raggiungere la mente e staccare ad una ad una le connessioni neuronali tanto era petulante e fastidiosa. L'avrei uccisa, se non fosse stata mia sorella.

"Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe finita così! Adesso siamo tutti in pericolo, più che mai...Sciocco che non sei altro, Edward!"

Digrignai i denti ed un ringhio sordo si fece strada dal basso sino alle labbra.

"ROSALIE!" - Urlai infine in preda ad una rabbia accecante - "Tieni per te i tuoi pensieri, mi stai dando sui nervi!"

La voce mentale di Rosalie si spense all'istante: mia sorella era fin troppo consapevole del fatto che, qualora mi fossi arrabbiato seriamente, le conseguenze avrebbero potuto essere piuttosto gravi giacchè faticavo ancora parecchio nel controllare me stesso, i miei stati d'animo e le reazioni ad essi conseguenti. Troppi tavoli in vetro ed in legno si erano frantumati sotto i miei colpi e tutto sommato non sarebbe stato carino distruggere altre parti di quel prezioso mobilio tanto caro ad Esme.

Ed Esme...La mia buona mamma! I suoi pensieri costituivano quanto di più dolce ed amorevole un figlio avrebbe potuto aspettarsi da sua madre. E tuttavia non riuscivo ad ascoltare neanche più le sue, di parole.
Mi costringevano ancora di più a guardare ad occhi spalancati la dura realtà che mi si parava davanti ed io non avevo tanta forza per sopportarlo.

Benchè mia madre, apparentemente, fosse coinvolta nella discussione con tutto il resto della famiglia e fosse alla ricerca di una soluzione più o meno intelligente al problema, la sua mente, viceversa, risultava impegnata in tutt'altra conversazione.
Un fitto colloquio con se stessa in cui si chiedeva come avrebbe fatto il suo bambino, il suo figlio più giovane e più fragile ad affrontare una situazione tanto drammatica.
Perdere la propria vita da umano, perdere i propri genitori biologici, perdere anche Bella ora.

Una vera tragedia.

"Basta, basta. Per favore, lasciatemi in pace" -Mormorai tra me e me,  premendo più forte il palmo delle mani sulle orecchie, come se mi fosse servito a scacciare dalla mia testa  quelle voci invadenti e piene di dolore.
Sarebbe stato meglio concentrarmi su mio padre o sulle idee di Emmett e Jasper che si limitavano a fare il punto della situazione a riguardo del ritorno, a Forks, del clan di Victoria piuttosto che confabulare sulla mia vicenda personale di solitudine e disperazione.
E tuttavia non vi riuscii. Tutto ciò che mi ronzava in testa mi riportava esclusivamente a lei, Bella.
Era frustrante.
E doloroso.

Staccai i pugni dalle tempie ed aprii le mani per guardami quei palmi lacerati dalla stretta troppo forte.
Immaginai tra le mie le piccole mani di Isabella, così delicate e soffici, semplici come lei.
Avevo voglia di piangere.
Finchè altre mani, altrettanto delicate ma più curate e smaltate di rosso sangue vennero a riempire quel vuoto.

"Edward?"

La vocina delicata di Alice bussò con un toc toc delicato alla porta della mia mente.
Senza pensare a nulla che non fosse il mio nome.
La guardai dal basso.

"Ehy, fratellino....Posso sedermi accanto a te?"

Annuii senza proferire parola; la mia piccola, deliziosa sorella si accomodò elegantemente accanto a me e trasse un lungo sospiro.

"Giornata lunga..."
"Perchè non sei giù, con tutti gli altri?" - Mormorai io senza badarle.
"Oh!" - Rispose agitando la mano - "Perchè non è importante. Non c'è bisogno di sgolarsi tanto, qualsiasi cosa dovesse accadere lo vedrò prima per cui...nessun problema!"
"E sino ad adesso non hai visto nulla?"
"Nada, fratellino.."

Annuii.

"Come stai?"
"Secondo te?"
"Non essere scontroso Ed....Sono davvero preoccupata per te."

Sospirai.

"Lo so, perdonami. Sono il solito, pessimo fratello..."

Alice mi sorrise, accarezzandomi la spalla.

"Non sei per niente un pessimo fratello. Io ti trovo adorabile. Quando poi ti arrabbi fai quelle facce buffe....sei così divertente!"
"Oh, smettila di prendermi in giro!" - Ma finalmente stavo sorridendo anche io.

"Bella non tornerà più. E' vero Alice?" - Chiesi improvvisamente.
"Non lo so, Edward. Per adesso non riesco a vedere nulla. Ma non angosciarti. Anche senza visioni sono comunque certa che Bella stia pensando a te e che ti voglia bene. Quindi cerca di stare tranquillo..."
"Certo. Starà pensando a me. Bisogna vedere in che termini però....Hai sentito anche tu cos'ha detto uscendo da questa casa.."
"Mio Dio, Edward...Le abbiamo dato una notizia assurda ed inaccettabile! Qualsiasi essere umano avrebbe reagito come lei, è piuttosto logico...Dalle solo un pochino di tempo e vedrai che tutto si risolverà..."

Non credevo onestamente neanche ad una sola delle parole di mia sorella e tuttavia mi aggrappai ad esse perchè costituivano l'unico conforto per il mio povero cuore martoriato. Come un bambino che, desideroso di essere rassicurato, creda a qualsiasi stupida favola gli racconti la sua mamma, anche io volevo sforzarmi, tutto sommato, di considerare veritiere le ipotesi di Alice soltanto perchè mi davano quel minimo di forza necessaria per risollevarmi e ricominciare.

E forse avrei impiegato davvero tutte le mie energie per cercare di rimettermi anche un minimo in carreggiata, se un particolare odore, sgradevole di per sè e per le conseguenze che comportava, non avesse richiamato l'attenzione mia e di Alice.

"Lupi..." - Aveva mormorato placidamente mia sorella - "Avremmo dovuto aspettarcelo..."

Rosalie aveva già spalancato la porta prima ancora che i nostri ospiti avessero avuto il tempo necessario per annunciarsi.
La sentimmo ringhiare dal basso ed Alice mi guardò divertita, nonostante tutto, prima di volare anche lei al piano di sotto nel tentativo di calmarla.

"Vado prima che li faccia fuori tutti!" - Esclamò sorridendo.

Scesi anch'io le scale, piano - anche più lentamente che per un essere umano - e sulla porta ritrovai Jacob Black con un compagno sconosciuto.

"Benvenuti" - Esordì Carlisle. Benchè trovassi mio padre sempre molto garbato e diplomatico ed apprezzassi enormemente tali virtù, talvolta avrei preferito scoprirlo un tantino più combattivo. Soprattutto contro chi si presentava a casa nostra senza preavviso, sfoderando un' aria minacciosa di rimprovero e disappunto.
Ciononostante dovevo dargli ragione ancora una volta: mostrare apertamente l'astio che avvertivamo naturalmente verso i licantropi non avrebbe fatto altro che peggiorare la nostra già precaria convivenza; già Rosalie non si sforzava neanche minimamente di risultare garbata, se anche Carlisle, Esme od Emmett avessero assunto lo stesso atteggiamento probabilmente la nostra antipatia reciproca sarebbe immediatamente sfociata in una lite furiosa.
Oltretutto c'era da constatare che Jacob Black aveva salvato la mia vita e quella di Isabella soltanto alcune ore prima quando, alla radura, cercavamo di sfuggire alla furia omicida  di Victoria e della sua amica Keira.

Guardai Jacob per un lungo istante e tuttavia faticai non poco nel riconoscere in quel forzuto ragazzone, il lupo rossiccio che era giunto in nostro soccorso: davanti ai miei occhi Jake era ancora il ragazzino Quileute che suo padre Billy trascinava, di tanto in tanto, a casa Swan. Soltanto un po' più cresciuto.

"Avete combinato un grosso guaio" - Esordì Jake senza rispondere al saluto di mio padre - "Soprattutto tu, Cullen." - Mi indicò.
"Lo so Jake e mi dispiace."
"Non abbiamo bisogno del vostro dispiacere o delle vostre scuse...!"

L'amico di Jake, più grande e più alto, gli pose la mano destra in petto, per calmarne i toni e l'atteggiamento. Jacob inspirò profondamente e non aggiunse altro.

"Salve. Io sono Sam Uley" - Si presentò - "Io sono... sono l'alfa."

Il capo del branco. Ci guardammo tutti in volto, silenziosamente.

"Jacob ci ha raccontato tutto quanto è accaduto questa mattina. Fortunatamente era di ronda in zona ed è riuscito a portare soccorso. State tutti bene?"

Annuimmo.

"Edward?"
 
Si voltò improvvisamente verso di me, rivolgendosi col tono tipico di un vecchio amico. Eppure, sino a cinque minuti prima ignoravo persino la sua esistenza.
Lo guardai sbigottito prima di rispondere.

"Sto bene. A proposito, grazie Jacob."

Mi rispose con un grugnito.

"Ed Isabella Swan? Sta bene?" - 
"E' scioccata ed intontita certamente" - Rispose mia madre - "Ma fisicamente stava bene quando ha lasciato la nostra casa..."
"Sicchè" - S'intromise Jacob nuovamente  - "Adesso sa tutto di voi, suppongo..."
"Siamo stati costretti a dirglielo..Ha assistito al combattimento nella radura, ha visto bene in faccia Victoria, la sua compagna...e me, ovviamente" - Sospirai.
"Benissimo! Magari le avete raccontato anche di noi!"
"Jacob" - Il tono di mio padre assunse un'accezione solenne e seria. Non c'era vibrazione in quella voce: Carlisle era fermo ed impassibile, quasi irritato - per una volta - dalle illazioni di Jake. - "Non ci saremmo mai arrogati un simile diritto. Tutto ciò che si siamo limitati a fare è stato mettere Isabella a parte del nostro segreto. In parte perchè era giusto, dopo l'orribile scena cui è stata costretta ad assistere nella radura. Ed in parte perchè le spetta, essendo stata legata ad Edward, in passato. E probabilmente anche adesso, almeno sentimentalmente. Il vostro segreto resterà tale, non avremmo alcun interesse a divulgarlo in giro."

Jacob - probabilmente colto di sorpresa dal discorso di Carlisle - non abbozzò neanche una parvenza di risposta. Deglutì pesantemente ed infine si voltò, dandoci le spalle.

Da breve distanza mi giungevano i pensieri di Rosalie: erano piuttosto chiari e quando mi voltai per guardarla scoprii, sulle sue labbra, un sorrisetto eloquente. Era piuttosto compiaciuta dalla reazione di Carlisle e pensava che, sebbene con modi educati e civili, nostro padre avesse lasciato intendere ai lupi chi comandava, effettivamente. In realtà neanche Rose digeriva a sufficienza l'idea che Bella adesso fosse più o meno a conoscenza del nostro terribile segreto ma se questo era il prezzo da pagare per evidenziare la nostra supremazia rispetto al branco, beh....l'avrebbe accettato.

Di parte sua Sam lasciò correre la piccola discussione, decisamente più preoccupato dall'idea di Victoria e di un vampiro neonato in giro per la regione.

 "Il problema è un altro adesso, signori. Dei pericolosi vampiri si aggirano per i dintorni di Forks. Edward, avrai constatato tu stesso quanto sia stato difficile metterli fuori gioco. La nostra priorità ora, per il bene comune, è quella di stanarli ed ucciderli. Se avete un'informazione, anche la più piccola, che possa essere considerata utile allo scopo, vi prego di fornircela. E' necessaria per me, per Jacob e per tutto il branco."

Guardai Sam con estremo rispetto. I suoi pensieri erano chiari, limpidi e sinceri.
Nulla gli stava più a cuore della salvezza della propria tribù e dell'intera comunità di Forks.
Era buono e forte, sano di mente e di cuore.

Guardai Carlisle: mio padre ricambiò lo sguardo ed infine annuì.

"Lo faremo, Sam. Edward?"

Feci un passo in avanti ed invitando i nostri ospiti a farsi strada verso il salotto mi preparai a raccontar loro tutto quanto sapevo a riguardo del clan di Victoria.



POV BELLA


"Sono stata mandata in istituto all'età di sette anni" - Cominciò Allison in un sospiro. Se ne stava seduta sul mio letto, giocando nervosamente con un lembo della trapunta, mentre io la guardavo ad occhi spalancati. Il suo bel viso, appena illuminato dalla fioca luce dell'abat - jour, appariva improvvisamente pallido e sofferente, come se l'idea di scavare nel proprio passato riaprisse improvvisamente e senza soluzione alcuna profonde ferite nel suo animo. Le costava molto, lo sentivo eppure sembrava del tutto convinta  di volerlo fare.

"Mia madre era una specie di alcolizzata o qualcosa del genere. Si chiama o si chiamava Annie, non so se sia ancora viva, non ho mai chiesto niente di lei e non m'interessa cercarla. L'ho rimossa dalla mia memoria o almeno cerco continuamente di farlo, sebbene a volte ancora la sogni e questa cosa non mi piace. Mio padre ci aveva abbandonate quando Annie rimase incinta di mia sorella più piccola: non gli andava a genio di sobbarcarsi due marmocchie anziché una soltanto. Anzi, per dirla tutta, io ero già di troppo. Pensa che ricordo ancora perfettamente le urla e gli oggetti che volavano in quella catapecchia decrepita dove abitavamo, quando litigavano. Delle litigate tremende, non puoi capire. Descriverle è ben diverso che viverle."

Allison strinse più forte la trapunta, mordendosi il labbro inferiore.
A me, viceversa, lo stomaco si strinse in una morsa.
Eravamo quasi arrivate alla mezzanotte di quella lunga, lunghissima giornata, e le rivelazioni non erano ancora terminate. Partendo da quanto era accaduto con Edward quel mattino arrivando sino alle confessioni di Ally, in tarda serata, sentivo la testa piena come un uovo, dolente come dopo un incidente. Ed il cuore, dal canto suo, non era certamente più in forma: già fortemente ferito dalla mancanza di Edward, e, successivamente, da quel suo ritorno irrazionale corroso da motivazioni terrificanti ed inaccettabili adesso lo sentivo sgretolarsi sotto il peso delle parole di Allison.
Voleva apparirmi distaccata, come se il passato fosse solo un ricordo lontano e non una lama ancora rovente sulla pelle. Ma non riusciva a convincermi. Non se all'angolo del suo occhio scorgevo il luccichio di una lacrima impertinente; non se le sue labbra si facevano livide e serrate nello sforzo di parlare.

"Un giorno mamma svenne. Forse aveva bevuto troppo o aveva preso qualche sedativo, non so. Ma la ricordo perfettamente, accasciata sul pavimento del bagno Ero una piccola studentessa della seconda classe elementare, all'epoca: la scuola era distante da casa ma ero già abituata ad andarci da sola. Vedevo le mamme delle mie compagne di classe che aspettavano le proprie bimbe all'ingresso mentre per me non c'era mai nessuno. Ma cercavo di non badarci più di tanto, piccola com'ero: mi credevo spavalda ed a sette anni ero già convinta di essere autonoma ed autosufficiente. L'indipendenza era la maschera che mi ero creata per sentirmi forte."

Mi venne da piangere, immaginando una piccola Allison dalle trecce rosse e la guance paffute aggirarsi perplessa tra le strade di Vancouver, scansando le auto in corsa lungo la strada con la sua pesante cartella in spalla.
La mia Allison piccola, coraggiosa ed infinitamente sola.

"...E poi, quando aprii la porta di casa, al ritorno da scuola, quel giorno...trovai la mia sorellina di appena tre anni che piangeva sensa sosta nel suo box, in un angolo della cucina mentre mamma si godeva il freddo delle mattonelle del pavimento in bagno. Non accennava a muoversi ed io, spaventata, corsi a chiamare la nostra vicina di casa."

Si fermò, improvvisamente, arsa dal dolore atroce che quei ricordi si trascinavano dietro.
Posi la mia mano sul dorso della sua, carezzandola.
Sapevo perchè Allison stava facendo tutto questo, confessarsi e parlare benchè fosse difficile: non l'aveva mai fatto con nessuno realmente, ed ora aveva bisogno di essere ascoltata.
Fui onorata di considerare che il bene e la stima che provava nei miei confronti fosse tanto grande da averla indotta a scegliere me come sua unica confidente.

"Cos'è accaduto dopo, Ally?"
"Oh....fu tutto così rapido...In ospedale curarono Annie e credo che l'abbiano rimessa in sesto...Ma io non l'ho più vista. Un'assistente sociale, chiamata dagli stessi medici che avevano curato mia madre, si presentò in ospedale quel giorno stesso e prelevò me e mia sorella. Ricordo ancora la scusa con la quale mi indusse a seguirla: una bella torta al cioccolato, calda e buona. Ed io acconsentii ad andare con lei soltanto per quel motivo: perchè nessuno mi aveva mai preparato una torta."

Lasciai scivolare le lacrime lungo le guance, seguendo a ruota il pianto silenzioso e composto della mia amica.

"Poi da lì, giudici, tribunali....Sai come funzionano queste cose, no? A mia madre fu tolta la nostra custodia, ovviamente, ed io e mia sorella finimmo in orfanotrofio. Con la differenza che lei è stata affidata e poi adottata poco tempo dopo da una famiglia volenterosa che andava alla ricerca di una bimba piccola."

"E tu? Non potevano adottare anche te?"

Sorrise mestamente.

"Pare di no. Avevano già dei figli maschi più grandi e desideravano soltanto una bimba piccola. Una seconda di quasi otto anni sarebbe risultata di troppo cosicché io rimasi in orfanotrofio. E benchè alle visite domenicali tutte le perfette famiglie americane che giungevano in istituto mi trovassero sempre tanto carina e graziosa, nessuno mai ha fatto richiestra per adottarmi. In principio perchè ero troppo silenziosa, successivamente perchè troppo ciarliera e disordinata. Fatto sta che ho visto uscire tanti amici da quell'istituto mentre io sono rimasta sempre lì ad osservarli in silenzio mentre se ne andavano mano nella mano con la nuova mamma ed il nuovo papà.Alla fine mi sono rassegnata."

Continuai a piangere senza ritegno.
Allison, viceversa, si asciugò le lacrime e mi sorrise. Nel momento stesso in cui il suo racconto era terminato aveva ripreso l'espressione sbarazzina di sempre, benché continuassi a scorgere un velo di malinconica rassegnazione nei suoi occhi.

"Oh, basta Swan! non piangere più per me. Tutto sommato sono stata felice. Le suore mi volevano bene, soprattutto Suor Maria mi coccolava sempre e mi regalava i dolcetti per Natale. Quando ho vinto la borsa di studio per l'Alaska hanno esultato tutte di gioia dicendo che ero l'orgoglio dell'istituto. Per cui, per piacere, smettila con quella faccia triste. Tanto più che ho bisogno di te e devi essere lucida!"

Mi asciugai le lacrime anche io e la guardai ad occhi spalancati.
A cosa mai potevo servirle io, disorientata e confuda com'ero?

"Cosa...Che dovrei fare, Ally?"

"Aiutarmi a cercare mia sorella. La famiglia che la prese in affido e successivamente l'adottò si trasferì a New York per un periodo di tempo, per motivi di lavoro, ma adesso pare che sia tornata dalle parti di Vancouver o addirittura a Seattle, non sono stati molto precisi in orfanotrofio quando ho chiesto informazioni. Vorrei semplicemente ritrovarli e poter riabbracciare mia sorella. Vorresti darmi una mano nelle indagini?"

Sorrise strizzando l'occhio.

"Ma certo, Ally! E' ovvio. Ti aiuterò, non c'è neanche bisogno di ripeterlo"

Mi sentivo finalmente felice e con uno scopo. Aiutare Allison nella sua personale ricerca mi avrebbe anche consentito di ritornare con i piedi per terra, regalandomi quel tempo necessario per metabolizzare quanto di tragico ed inconcepibile avevo appreso da Edward e dalla sua famiglia. E poi sapere di poterle essere utile in un qualsiasi modo era per me un'esauribile fonte di gioia: avrei fatto di tutto per farla sorridere sinceramente. La vita era stata poco clemente sia con me che con Ally, per un motivo o per un altro ma ero certa che lei meritasse più di me un briciolo di felicità.
Perchè era una persona migliore.
Perchè non si perdeva mai d'animo, era coraggiosa, paziente ed ottimista.
E perchè, in fondo, i miei anni di gioia io li avevo già vissuti: adesso toccava alla mia amica essere felice.

"Cominciamo da una cosa semplice, allora, ti va? Come si chiama tua sorella?"
"Oh sì, questo è semplice!" - Rise lei. - "Il cognome della famiglia è Sanders, finalmente sono riuscita a strappare quest'informazione a Suor Pauline. Ormai è vecchia, poveretta, non ne può più di far la lotta con me!" - Sorrise. - "Comunque spero che abbia mantenuto anche il cognome Rogers. E di nome beh, si chiama Keira."

Keira.
Keira.

Keira?


Non si chiamava forse Keira anche quella piccola vampira famelica e sanguinaria che combatteva contro Edward nella radura?
Ma certo! Ricordavo le parole urlate dal suo compagno dalla pelle olivastra:

"Victoria, basta, scappiamo! Andiamo Victoria! Keira!"

E non ero stata io stessa a considerare la straordinaria somiglianza che intercorreva tra la suddetta vampira e la mia amica dai capelli rossi?


Mi si gelò il sangue nelle vene e dovetti impallidire giacché Allison mi guardò con estrema preoccupazione.

"Oddio, Bella! Stai di nuovo male?? Sei diventata pallida così di colpo!"

Deglutii a fatica cercando di mascherare inutilmente lo sconcerto ed il dolore.

"Sto...Sto bene. Benissimo. Che dicevi di tua sorella?" - Balbettai.

Già. Cosa mi dicevi di tua sorella, mia piccola Allison?
Perchè io, in realtà, qualcosa da raccontarti a suo riguardo ce l'avrei.
Ma non so bene da dove cominciare per spiegarti che Keira....che la tua amata Keira si è trasformata in un mostro.

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Capitolo 16
*** Vite incomprensibili ***


nuoissima 15
CAPITOLO 15
Vite Incomprensibili
(POV BELLA)






"Ok...chiamo"

"Beh, magari più tardi..."
"No, ora ci provo. Coraggio, Bella!"

Sbuffando lanciai il cellulare sul letto, accasciandomi sul pavimento, senza concludere nulla.
Da almeno mezz'ora oscillavo incerta e confusa tra il desiderio di telefonare ad Alice ed il rifiuto netto ad eseguire una simile operazione.
Ogni qualvolta mi trovassi sul punto di digitare il suo numero mi frenavo irrimediabilmente, colta da un'illuminazione improvvisa come quella di dover subito lavare i piatti della cena o stendere il bucato ad asciugare. Come se non ci fosse stato più tempo a disposizione per svolgere quelle semplici mansioni.
In realtà andavo soltanto alla ricerca di una qualsiasi, futile motivazione per sfuggire a ciò che il cuore mi chiedeva.

Desideravo parlare con Alice nella speranza di poter carpire qualche informazione utile riguardo Keira, la giovane vampira dai capelli rossi che avevo tristemente scoperto essere la sorellina biologica della mia Allison.
Soltanto Alice avrebbe potuto aiutarmi vista la sua...natura.
Certo, anche Edward mi avrebbe offerto il suo sostegno senza dubbio alcuno. Ma non mi sentivo ancora pronta a sufficienza per poterlo affrontare dopo tutto quanto era accaduto.

Con Alice era diverso Più semplice.

Benché non fossi venuta immediatamente a conoscenza della sua condizione e di chi fosse realmente, tutto sommato tra me e lei non c'era un passato. Non avevamo ricordi comuni, una vita precedente vissuta assieme: l'avevo difatti conosciuta così, come Alice già vampira con i suoi chissà quanti anni da immortale addosso. E benchè fosse difatti difficile credere davvero a quel mondo assurdo ed irrazionale di cui faceva parte onestamente mi risultava quasi "più facile" capacitarmi di ciò che era realmente.

Con Edward, viceversa, era tutto più complicato.
Io avevo i miei ricordi con lui, le nostre memorie insieme; avevo conosciuto ed amato un ragazzo che non era più e che tuttavia si ostinava a starmi davanti come se non fosse mai andato via.
L'avevo conosciuto da "umano", una creatura fatta di carne e sangue come me ed ora quest'immagine del passato non faceva altro che cozzare continuamente nel mio cervello con la nuova realtà che faticavo a digerire.
Come potevo sovrapporre a ciò che era diventato adesso l'immagine passata del mio Edward, se non sapevo quanto il suo passato contasse effettivamente ora, in questo nuovo individuo che cercava di infilarsi continuamente nella mia vita sfuggendone al contempo e lasciandomi stordita e titubante come dopo un brutto incidente?
Avevo paura di scoprirlo nelle sue nuove vesti, di toccarne le mani e carezzarne il volto.
Avevo adesso timore dei suoi occhi dorati perchè era troppo doloroso il ricordo di quel riflesso verde smeraldo appartenuto al passato; diffidente verso quel suo abbraccio ora gelido, quanto tempo ci avrei impiegato prima di riguardarlo senza remore e interrogativi, occhi negli occhi, fiduciosa e tranquilla?


Forse avrei potuto semplicemente cancellare tutto e ricominciare daccapo.
Perchè più di tutto era quel continuo paragone tra ricordo e realtà - straziante realtà - a sconvolgermi.
Oppure era l'idea di quell'Edward non - morto a perseguitarmi realmente?
In quel caso che soluzione avrei potuto trovare per dare un po' di pace alla mia povera anima?

Non ero in grado di darmi una risposta. E tutto sommato dovetti convenire che cancellare con un colpo di spugna quel che era stato era pressocché impossibile, a meno che qualche anima pia non avesse deciso di lobotomizzarmi. Come idea avrebbe potuto funzionare dopotutto, giacché non ero più certa, alla luce degli ultimi eventi e delle spiacevoli notizie ricevute, di voler essere ancora così consapevole di me stessa e della realtà circostante.

Sospirando nuovamente arrancai sul bordo del letto, allugando la mano per riappropriarmi del cellulare.
Avrei dovuto fare quella telefonata e quello era difatti il momento propizio poiché Allison si era allontanata momentaneamente di casa per comprare le uova di cui eravamo rimasti sprovvisti.

Sì, uova.

Diceva che ero pallida, smagrita ed indebolita e certamente le proteine dell'albume mi avrebbero aiutata a rimettermi in forze.
Quantomeno era questa la convinzione che suor Maria le aveva inculcato quando, da bambina, si rifiutava di mangiare le uova all'occhio di bue per colazione. Finchè la buona suora, per l'appunto, non l'aveva indotta a credere che, per crescere e diventare forte, fosse assolutamente necessario mangiarle. Se non l'avesse fatto sarebbe infatti rimasta una bimbetta alta un metro e poco più, debole e triste. Fortemente impressionata da quanto appreso, da allora la piccola Ally dai capelli rossi non aveva più fatto storie durante la colazione, finendo sempre il suo pasto prima di tutte le altre bambine.
Allison probabilmente doveva crederci ancora a questa storia se il primo rimedio  che le era saltato in mente quella mattina per poter contrastare il mio pallore e l'assoluta mancanza di energie erano state le uova.

Adorabile, piccola Allison! Con tutto ciò che aveva da pensare si preoccupava sempre prima di me!

Riguardai il telefono ancora titubante e perplessa su ciò che mi apprestavo a fare quando il display si illuminò.
La scritta che lampeggiava a caratteri improvvisamente enormi era inequivocabile ed inquietante.

"Alice Cullen".

Leggevo distintamente il suo nome sotto la voce "chiamata in entrata" e non riuscivo a capacitarmi di come avesse potuto anticipare la mia mossa.

Come poteva sapere che fossi sul punto di telefonarle?
Forse era in grado di leggermi nel pensiero?
O si trattava di una semplice casualità?

Ancora riluttante faticai non poco nel rispondere.

"P...pronto?"
"Finalmente Bella! Mi sono decisa io prima di te, spero che non ti dispiaccia!"
"Alice...?"
"Certo che sono Alice...Bella, sveglia! Cosa volevi dirmi?"

Ero visibilmente interdetta. Dunque non si trattava di un semplice caso del destino: Alica sapeva realmente che fossi sul punto di chiamarla.

Come diamine aveva fatto?

"Come...lo ....sapevi?!"
"Oh, Bella!" - La sentii ridere dall'altro capo del telefono - "E' una storia lunga...E fa parte del pacchetto! Un giorno ti spiegherò. Allora, che succede?"
"Avrei bisogno di ....vederti, se puoi."
"Certo che sì! Adesso? Vengo subito a casa tua!
"No, no! Frena, frena, frena! Ci vediamo fra mezz'ora esatta alla Forks High School. Devo inventarmi una scusa plausibile per uscire senza Allison. Quindi aspettami lì. Siamo d'accordo?"
"D'accordo. A dopo" - Rispose Alice prima di riagganciare. In realtà non era per niente soddisfatta dell'appuntamento, lo sentivo dal tono della sua voce: avevo appena frenato, in maniera piuttosto brusca e poco gradevole, tutto il suo entusiasmo.
Avrei dovuto farmi perdonare.

Un tantino più sollevata dalla facilità con la quale ero riuscita a comunicare con Alice, infilai rapida il cellulare in borsa assieme alle chiavi di casa pronta a darmi alla fuga per raggungere il liceo prima che Allison rincasasse.
Non feci in tempo.
Dal basso sentii la sua voce urlare il mio nome.

"Bella?? Bella, sono tornata!"

Mi affacciai alla ringhiera delle scale sorridendo comunque.

"Ehi! Già di ritorno?"
"Già...Ti ho comprato le uova e....un sacco di altre cose!"
"Ossia?" - Domandai perplessa. Aveva soltanto un piccolo pacchetto in mano, contenente - probabilmente - le sue fenomenali uova. Dov'era tutto il resto della spesa?
"Ossia" - Rispose una voce maschile - "Tutto l'occorrente per preparare decine di dolci. Potreste aprire una pasticceria!"
"Jacob!" - Sorisi sorpresa.
"Ciao Bella.."

Scesi in fretta le scale, aiutando Jake a liberarsi dalle voluminose buste di cui aveva cariche le braccia.

"Ciao! Mi fa piacere vederti!"
"Anche a me...Avevo deciso di passare da casa tua per vedere come te la cavavi già qualche giorno fa ma...ho avuto un po' da fare. Oggi però sono libero per cui...eccomi qui!"
"Già...ed è stato così carino da aiutarmi non appena mi ha trovato qui fuori piena di pacchetti!" - cinguettò Allison dalla cucina.
"Allora, non c'è bisogno di presentazioni tra voi due!" - Considerai.
"No, direi di no" - Rispose Jake, incurvando le labbra in un luminoso sorriso. Mi piaceva come sorrideva: trasmetteva un senso di immenso calore e di serenità. Ne avevo realmente bisogno.
"Ally, ti dispiacerebbe dirmi cosa mai dovremmo farci con ....quattro chili di farina?" - Balbettai sistemando le buste della spesa che avevo sottratto a Jake sul tavolo della cucina ed estraendone parte del contenuto.
"Dolci! O magari posso preparare anche qualcosa di salato, se preferisci.. Bella, fra due giorni è Natale, bisogna prepararsi, fare i biscotti o tutte quelle altre cose buone che si cucinano in una tipica famiglia americana durante le feste! No?"

Guardai Allison scioccata prima di voltarmi verso Jacob. Che intanto se la rideva beato.

"E'...fantastica, sul serio!" - Esclamò ridendo a crepapelle.
"...E poi .." - Continuò Ally incurante delle nostre osservazioni - "...Dovremmo addobbare anche un po' la casa!"
"No." - Risposi perentoria.

Il mio cuore era troppo ferito per poter festeggiare. Mi mancava Elisabeth, mi mancava Edward ma non riuscivo ad accettarlo, ero preoccupata per Allison e sua sorella. Non avevo nè l'energia nè la voglia necessaria per godermi lo spirito del Natale.

"Niente addobbi...E' per Elisabeth, non mi va..."
"Oh..." - Fece Allison arrossendo - "Scusami, l'avevo scordato..."
"Non importa, sul serio. Anzi scusami, sono stata sgarbata...." - Commentai. Vittima del mio dolore ormai non riuscivo più neanche a controllare i miei atteggiamenti o il tono della mia voce.
"Non devi scusarti di nulla, hai tutte le ragioni di questo mondo per ...essere triste."

Jacob ci guardò di sott'occhio. Ebbi come l'impressione che si sentisse fuori posto.

"Beh adesso basta tristezza però. Bella, Jake...Perchè non andate a farvi un giro mentre io sistemo la spesa?" - Propose Allison. Forse pensava che stare un po' con un mio amico potesse giovare al mio umore. In realtà non poteva sapere che Jake per me fosse poco più che uno sconosciuto.

"Oh...a dire il vero io avrei un...appuntamento.." - Mormorai a mezza voce. Ormai ero costretta a dire la verità. O, quantomeno, una parte di essa.

Jacob si voltò, improvvisamente scosso, nella mia direzione. Gli occhi guardinghi, le labbra serrate.
Lo guardai di rimando piuttosto sorpresa.

"Appuntamento?"
"Sì con....quella mia amica del college Allison. Hai presente Alice, no?"
"Oh...sì, sì, certo..." - Allison sgranò gli occhi emozionata. Probabilmente pregustava un mio eventuale riavvicinamento ad Edward. - ".....Beh, magari Jake potrebbe accompagnarti...Ti dispiacerebbe Jacob? Ultimamente Bella non mi sembra in gran forma, è meglio che non si metta alla guida."
"Non c'è problema. L'accompagno io."

La voce di Jake mi apparve d'un tratto cupa. E fastidiosa. Non comprendevo il suo cambiamento d'umore così repentino e per un attimo mi ricordò Edward. Si comportava come se sapesse esattamente chi fosse Alice Cullen e non riuscisse francamente a digerirla. Di colpo mi irritai anch'io.

"Sul serio, non ce n'è bisogno. Ho voglia di uscire." - Sbottai. Ma Allison mi guardò perplessa ed anche Jake, nonostante i pugni stretti, mi apparve dispiaciuto. Respirai prima di riprendere a parlare: volevo addolcire i toni. - " ...Però Jake, tu potresti restare qui con Allison nel frattempo...Non credo di metterci molto e potreste aspettarmi per cenare insieme, se ti va..."

Il viso di Allison si illuminò immediatamente. Doveva piacerle l'idea di una cenetta in compagnia. Per cui non mi spaventai particolarmente quando la sentii rispondere allegra, anticipando qualsiasi perplessità di Jacob.

"Perfetto! Allora Jake dovrai darmi una mano in cucina, ho intenzione di fare le cose in grande!" 
"Ma..."

Davanti all'entusiasmo di Allison non c'era obiezione che tenesse: la vidi tirare Jacob molto comicamente per un braccio, costringendolo ad avvicinarsi ai fornelli, senza curarsi di ciò che lui desiderava. Incredibile con quanta rapidità riuscisse a stringere anche con gli sconosciuti, trattandoli come se fossero dei vecchi amici! La invidiavo, io non avevo la stessa capacità.
Jacob non mi parve irritato dal comportamento di Ally - era evidente la sua buona fede - e tuttavia non risultava neanche troppo felice di doversene restare in casa, come se gli recasse fastidio l'idea di non potermi seguire.
Cercai di non badarci, mi sembrava tutto troppo strano.
Ed io non avevo bisogno di altre stranezze, francamente.

"Allora a dopo!"
Esclamai dando loro le spalle e raggiungendo a grande velocità la porta d'ingresso. Quasi temevo - inspiegabilmente - che Jacob potesse correre a fermarmi.
Come mi venivano in mente certe idee?




Il tragitto in auto sino alla mia destinazione fu quasi piacevole: la Forks High School non distava troppo da casa mia, per cui la raggiunsi in fretta e facilmente.
Avevo scelto un territorio neutrale per il colloquio con Alice eppure, appena giunta, mi resi conto che per me significava molto più di quanto ricordassi io stessa.
Addentrandomi nel cortile ormai vuoto  il mio cuore sussultò.
Quante ore avevamo speso in quel posto, io ed il mio Edward?
Ovunque mi girassi vedevo quel ragazzino quindicenne, dai luminosi occhi verdi, osservarmi sorridendo.
Ovunque mi girassi vedevo la me stessa bambina di qualche anno prima raggiungerlo correndo, tuffandomi tra le sue braccia felice ed appagata.
C'era tutto e tutto mancava: il posto dove parcheggiava la sua Volvo, la panchina dove ci accomodavamo durante la pausa, quell'ingresso della palestra dove l'avevo incontrato per la prima volta.
Ma non c'era più Edward.
E non c'eravamo più noi due, insieme.

Una lacrima scivolò silenziosa lungo la guancia.
L'asciugai in fretta.

"Bella?"

Sussultando, mi voltai di scatto.

"Alice!"
"Perdonami...Non volevo spaventarti. Eri sovrappensiero?"
"Sì..." - Assentii calando lo sguardo.

Poi tornai ad osservarla, ritrovando la Alice bellissima che conoscevo io. Per un attimo dimenticai che non fosse umana come me, benché la sua eterea bellezza tendesse a ricordarmelo ogni istante.
La vidi storcere il naso un po' comicamente. Poi mi sorrise, avvicinandosi lentamente.

"Posso?"

Pietrificata annuii lentamente.
Alice prese la mia mano sinistra tra le sue, carezzandola.

"Mi sei mancata tanto, Bella! Non c'è bisogno che tu mi risponda, volevo solo che lo sapessi!"

Le sorrisi timidamente.

"Andiamo su quella panchina, Alice? Vorrei parlarti..."
"D'accordo"

Ci accomodammo a ridosso del parcheggio, sotto un albero quasi del tutto spoglio.
Il vento soffiava forte ed alzai il bavero della giacca per proteggermi.

"Allora, di cosa volevi parlarmi?"
" Beh, ecco..." - Cominciai - "Si tratta di Allison.."
"La tua amica?" - Domandò perplessa.
"Già....Beh...Hai..Hai presente quella ....vampira" - Faticai non poco nel pronunciare quella parola - "...Keira, quella più giovane che ha combattuto contro Edward nella radura?"
"Certo...Edward me ne ha parlato. Ma che c'entra con Allison?"
"E' sua sorella." - Risposi lapidaria.
"Oddio...No..." - Mormorò - "Questa non ci voleva...!" - La vidi portarsi una mano alla bocca, seriamente sconvolta - "...Ci risulterà decisamente più difficile farla fuori adesso...Come se non bastassero i problemi che già abbiamo! Ma ne sei certa?"
"Si, Alice. Allison mi ha raccontato di essere stata separata da sua sorella a sette anni, quando è stata spedita in un orfanotrofio. Sa di per certo che Keira dovrebbe vivere tra Vancouver e Seattle con la nuova famiglia adesso. Quando mi ha rivelato il suo nome stava per prendermi un colpo. E poi tu non l'hai vista in faccia Keira ma io sì e ti assicuro che la somiglianza con Allison era impressionante."
"Oh..." - Mormorò Alice - "Un bel guai, un bel guaio..." - Cantilenò guardandosi la punta della scarpa con aria assorta.
"Cosa sapete di questa Keira, Alice?"
"Niente di che, a dirla tutta. Edward..." - Al suono del suo nome trasalii - "...ha saputo soltanto dirmi che si trattava di una ragazza molto giovane, sedici anni al massimo, rossa di capelli, molto aggressiva e totalmente succube di Victoria. Pare che quest'ultima l'abbia scovata dalle parti di Vancouver e se questo fosse vero allora non ci sarebbero altri dubbi sulla sua parentela con Ally. Il vero problema adesso è che Keira è una Neo - Nata, Bella..."
"E cosa comporterebbe questo?" - Domandai senza ben comprendere il significato delle sue parole.
"E' nettamente più forte di noi, Bella, avendo ancora il suo sangue umano in circolo. E per questo sarà più difficile contrastarla. Certo, noi siamo in maggioranza e alla fin fine dovremmo essere in grado di abbatterla ma considera che dobbiamo già avere a che fare con quella sanguinolenta psicopatica di Victoria e con il suo amico dalla pelle olivastra. La presenza di una nuova vampira assetata di sangue non ci è di aiuto, per dirla tutta..."
"Ma voi non dovrete abbatterla!" - Urlai scattando in piedi - "Quella ragazza è la sorella di Allison e lei non aspetta altro che riabbracciarla. Non potete ucciderla, morirebbe anche lei per il dolore!"
"Tu non capisci, Bella. Allison morirebbe comunque se le capitasse di incontrare Keira! Il suo sangue sarebbe un richiamo troppo forte e finirebbe dissanguata. Keira non è lucida adesso, l'unica cosa che le importi realmente è il sangue ed il massacro. Probabilmente, ora come ora, ignorerà l'esistenza di sua sorella ed anche se riuscisse a ricordarla non gliene importerebbe un bel niente. Allison non riceverà mai più l'abbraccio di sua sorella, Bella..."

Mi si gelò il sangue nelle vene. Tutto ciò che Alice mi stava dicendo non faceva altro che annientare i miei sensi e rendermi simile ad un vegetale.
Probabilmente la mia amica dovette rendersene conto; forse impallidii troppo giacchè mi guardò con occhio comprensivo stringendo il mio palmo nel suo.
La lasciai fare.

"Mi spiace Bella. Immagino quanto tu sia scossa."
"Non puoi neanche sapere quanto..." - Mormorai.
"Non sei l'unica...Anche se immagino che per te sia ancora più difficile, se possibile..."

Sapevo a chi si stesse riferendo, nel suo discorso, oltre a me. Edward, ovviamente.

"Co...come sta, lui?" - Domandai istintivamente ma piano, quasi vergognosa. Tutto sommato desideravo che Alice non cogliesse la mia domanda ma naturalmente non accadde. L'udito infallibile doveva essere parte della loro natura.

"Non se la passa un granchè..." - Rispose. E benchè non mi avesse raccontato nulla di buono un leggerissimo sorrisetto le incurvò gli angoli della bocca. Evidentemente era felice che mi preoccupassi ancora di suo fratello.

"E' a casa, adesso?"
"A dirla tutta non saprei risponderti. Ultimamente sta sempre meno con noi e parla pochissimo. Se ne va sempre per conto suo in giro per la foresta e non hai idea di quanto Esme si preoccupi per lui. Teme sempre che possa incontrare di nuovo il clan di Victoria e soccombere sotto la loro forza, anche perchè è troppo debole psicologicamente per reagire a qualsiasi cosa. Se mia madre non fosse un vampiro ti assicuro che a quest'ora sarebbe già morta d'infarto."

Sospirai triste.

"E tu non lo segui?"
"C'ho provato Bella. Ma avere a che fare con Edward non è facile. Non ho idea di quale fosse il carattere dell'Edward che conoscevi tu ma ti assicuro che quello nuovo con cui abbiamo a che fare noi è davvero complicato. Irascibile, solitario e complessato. E quando ti dice che devi andare via usa un tono tanto perentorio che, ti assicuro, non puoi fare altro che assecondarlo."

Piegai le labbra in una smorfia.

"L'Edward di un tempo era così solare...E felice..."
"Certo. Ma l'Edward di un tempo non faceva a cazzotti tutto il giorno con se stesso, Bella. Hai pensato a quanto sia difficile per lui avervi tutti qui, a portata di mano, i suoi vecchi amici, le sue precedenti abitudini, la sua vita di un tempo... te, soprattutto, e non poter far più parte di tutto questo? E' un po' come avere una fame incredibile, ritrovarsi un bel piatto di pasta davanti agli occhi e non poterlo neanche toccare. Ed a tutto questo devi sommare il particolare più importante: Edward si detesta. Si sente un mostro. E' tormentato notte e giorno dai suoi rimorsi e dal timore di sbagliare. E' tormentato dal tuo ricordo, dalla tua presenza  e dall'idea di farti soffrire. Odia se stesso, odia Victoria e probabilmente, se non avesse incontrato noi, avrebbe trovato già da un pezzo il modo per uccidersi."

Sussultai.
Benchè fossi decisamente consapevole del fatto che Edward fosse morto, almeno in parte, le ultime parole pronunciate da Alice a riguardo di un suo possibile suicidio mi  avevano destabilizzato totalmente.
In ogni caso non potevo concepire un mondo senza di lui.
Anche quando era scomparso nel nulla avevo continuato, nella mia mente, ad immaginarlo vivo da qualche parte. L'idea che non potesse più parlare, muoversi, ridere di quella risata bellissima che aveva soltanto lui costituiva per me un qualcosa di assolutamente irrazionale ed inaccettabile.
Inoltre, la nuova consapevolezza di tutta quella sofferenza che si portava dentro era un ennesimo colpo al cuore per me. Adesso tutto combaciava: i suoi silenzi, i pugni stretti, quegli improvvisi sbalzi d'umore e gli spasmodici tentativi di tenermi lontana da lui senza mai riuscirci in concreto.
Soffriva troppo per accettarsi.
Gli mancava ciò che era stato, gli mancavo io. Ed odiava se stesso.

Odiare.
Dopo tutto questo immenso dolore che avvertii nel cuore, un interrogativo fece capolino nella mia testa. Guardai perplessa Alice.
Le sue ultime parole risuonavano improvvisamente fastidiose nel mio cervello.

"Edward odia Victoria..."

"Un momento, Alice...Perchè mai Edward dovrebbe detestare così tanto Victoria?"
"Perchè è stata lei a trasformarlo, Bella..."

La risposta arrivò lapidaria, investendomi completamente.
Mi sentii soffocare tanto era difficile da comprendere.

Dunque era colpa di quella psicopatica se io avevo perso il mio Edward?
Se entrambi ci ritrovavamo a soffrire così intensamente?
Poteva starne certa, Victoria: nessuno al mondo adesso, neanche lo stesso Edward, l'avrebbe odiata o ne avrebbe desiderato la morte quanto me.
Non ora che avevo scoperto tutta la verità.

Strinsi i pugni. Avevo gli occhi gonfi.

"Bella, non piangere" - Fece Alice carezzandomi la guancia - "Si sistemerà tutto. Io lo vedo."

Mi asciugai quelle lacrime impertinenti col dorso della mano.

"Che significa che lo vedi, Alice?"

Mi regalò uno dei suoi sorrisetti sbarazzini, rendendo l'aria tra noi più leggera.

"Te l'ho detto, fa parte del pacchetto. Io vedo nel futuro."

Sgranai gli occhi.

"CHE COSA??"
"Già. E a dirla tutta ti avevo vista arrivare prima ancora che potessi incontrare nuovamente Edward, a Juneau." - Sembrava piuttosto soddisfatta e compiaciuta.
"Com'è possibile?"
"Oh!" - Fece lei. "Non saprei spiegartelo concretamente... Ma ad alcuni di noi, talvolta, viene concesso un dono una volta trasformati. Io prevedo il futuro per esempio, Jasper può controllare gli stati d'animo e..."
"Edward?" - La anticipai.
"Lui è in grado di leggere nella mente delle altre persone. Tranne che nella tua. E lo trova piuttosto frustrante."

Sobbalzai.
Avevo la bocca aperta per lo stupore e neanche mi curavo di muovere i muscoli facciali per richiuderla.

"Bella, potresti ingoiare una mosca, sta' attenta..." - Scherzò Alice.

La guardai assorta. Quel che mi aveva raccontato aveva dello strabiliante. Non riuscivo a credere alle sue parole...Edward poteva leggere nella mente delle persone! Era sconcertante! Ma perchè, nonostante il dono, io per lui ero muta?
Cominciai a preoccuparmi.

"C'è qualcosa di sbagliato in me?" - Mormorai allora.

Alice rise.

"Bella...Io ti dico che Edward può leggere nelle menti altrui e tu ti chiedi se c'è qualcosa di sbagliato in te? Guarda che siamo noi quelli strani, non tu!"

Arrossii.

"Beh, sì....Ecco..è un fatto davvero...davvero straordinario..."
"Certo.."


Ebbi un'illuminazione improvvisa.

"Ecco come hai fatto ad anticipare la mia telefonata! L'avevi già vista, sapevi che desideravo chiamarti! E' così?"
"Perspicace..." - Sorrise - "Anche se mi apparivi piuttosto nebulosa. E confusa. Allora ho capito che eri indecisa e ti ho preceduta!"
"E' incredibile..." - Mormorai.
"Per lo stesso motivo hai trovato Allison addormentata a casa nostra, la scorsa volta. Jasper ha controllato il suo umore in maniera intensa fino a farla sentire così rilassata che le è venuto sonno."
"Così abbiamo potuto ...discutere più agevolmente.."
"Esatto."

Mi allontanai dalla panchina di qualche passo, lentamente.
Cominciavo a comprendere molte cose, per quanto incredibili potessero apparirmi.
Diedi un piccolo calcio ad un sassolino.
Una foglia ingiallita volò nel vento, sfiorando il mio viso.
Anche i miei capelli scuri si contorcevano nell'aria fredda; li bloccai con la mano ma continuarono a solleticarmi la pelle.
Constatai così quanti piccoli particolari intorno a me mi aiutassero a mantenere il contatto con la realtà.

E poi realizzai che dietro di me, seduta sulla panchina, c'era l'emblema del sovrannaturale: Alice, la mia amica vampira, sorella acquisita del mio ex fidanzato - anch'esso vampiro - entrambi in grado di sfoggiare degli straordinari talenti.
Ce n'era abbastanza per impazzire.

"Bella?"

Mi voltai lentamente sospinta da quella melodiosa vocina.

"Dimmi, Alice."
"Credi che prima o poi potrai tornare a parlare con Edward? Sarebbe così felice di potersi chiarire con te..."

La guardai malinconica. Poi presi fiato.

"Sì, Alice." - Risposi d'un tratto sicura- "Credo che prima o poi potrò farlo..."

Mi ricambiò con un sorriso gioioso.



*

"Sono tornata!" - Urlai richiudendo la porta d'ingresso alle mie spalle.
"Bella! Finalmente!" - Allison mi corse incontro, fasciata in un grembiulone enorme e scolorito. Non sapevo neanche da dove l'avesse pescato, non ricordavo di averlo mai indossato. Forse si trattava d un vecchio retaggio di quasi vent'anni prima, quando mamma viveva ancora con papà.

Un buonissimo profumo di torta alle mele si spandeva per la casa. Annusai l'aria e sorrisi. Nonostante tutto mi sentivo più rilassata dopo il colloquio con Alice e quell'atmosfera così familiare che avevo ritrovato a casa non poteva fare altro che migliorare il mio umore.

"Ti sei data da fare, eh?" - Convenni ridendo: aveva la faccia impiastricciata di farina e crema.
"Direi proprio di sì! Sono certa che a tuo padre piacerà tantissimo il mio dolce ed anche a te...Ha un bell'aspetto! Quindi sarai costretta a mangiarne almeno tre fette, dopo cena!"
"Sei la solita esagerata, Allison!" - Continuai a ridere. Mi veniva stranamente più semplice. - "Dov'è Jacob?"
"In cucina, vieni."

Raggiunsi la cucina trovando Jacob seduto al tavolo. La sedia era troppo piccola e scomoda per un ragazzone grande e grosso come lui.
Incredibile quanto fosse cresciuto in così pochi mesi.

Aveva uno sguardo torvo e storse il naso quando lo raggiunsi.
Il suo gesto mi ricordò molto quello di Alice.
Che avessi qualche strano odore addosso senza rendermene conto?

"Jacob?"
"Bentornata" - Mi parve quasi che ringhiasse.
"Va tutto bene?"
"Benissimo."
 Lo guardai perplessa ma non aggiunsi altro, fingendo indifferenza.

"Jacob ha cercato di aiutarmi. Ma ha combinato solo disastri!" - cinguettò Allison.
"In realtà mi hai costretto..."
"Oh beh, te ne stavi con quel muso lungo...Dovevo costringerti!"

Alzai gli occhi al cielo davanti all'esuberanza di Allison. Jacob grugnì o almeno così mi parve.

"Io vado a lavarmi il viso. Ho farina ovunque" - Annunciò Ally d'improvviso, cosicchè mi ritrovai da sola con Jacob. Non era esattamente quel che desideravo in quel momento ma tant'è. Trassi un lungo respiro e presi coraggio prima di parlare.

"Sei nervoso Jacob?" - Domandai.
"Si nota molto?"
"Beh, sì. Non ci vuole molto per capirlo, anche un cieco se ne accorgerebbe"

Mi guardò per un lunghissimo istante stringendo i pugni prima di saltare dalla sedia.
Lo sgabello si ribaltò, rovinando sul pavimento con un tonfo assordante.

"Stasera non resto per cena Bella. Scusami. Devo tornare alla riserva."
Lo guardai sbigottita e tutto sommato dispiaciuta. Mi piaceva l'idea della nostra cena tra amici.

"Ma è successo qualcosa di cui non vuoi parlarmi, Jake? Ho fatto qualcosa di sbagliato?"

Lo vidi allontanarsi verso la porta, dandomi le spalle.
Lo seguii a ruota.

"Ti prego, dimmelo! Davvero non capisco!"

Si voltò di scatto prima che potessi fermarlo.

"Bella, perdonami. Lo so che per te il mio comportamento è totalmente assurdo. Tu non c'entri niente davvero, non hai fatto nulla. E' soltanto che ...io...vorrei soltanto che tu fossi al sicuro. Anche se non ci conosciamo da troppo tempo per me è importante sapere che stai bene, sana e salva."
"Ma io sto bene, Jacob. Perchè pensi certe cose?"
"Ti sbagli Bella....Non starai bene finchè...."
"Finchè?" - Incalzai.

Sbottò improvviso.

"Finchè frequenterai certa gente."

Mi tremavano le mani, le gambe, le spalle.
Mi girai di scatto.

"Di chi....stai parlando? Non capisco" - Mentii.
"Lo sai bene. I Cullen."

Sgranai gli occhi in preda al terrore.
Come diamine faceva Jacob a conoscere i Cullen?
Realizzai una grande verità: probabilmente non sapevo tutto.
Cos'altro mi era stato nascosto?

"Tu....come...."
"Come conosco i Cullen? Non è importante questo particolare. Ma so perfettamente chi sono. Sono pericolosi Bella. Per piacere, tieniti lontana da loro, sono davvero preoccupato per te."

Mi si avvicinò e, costringendomi a voltarmi, prese le mie mani tra le sue, caldissime e grandi.

Mi guardava con occhi gonfi.
Non riuscivo a capire se avesse dovuto di più sorprendermi la sua conoscenza della mia famiglia di vampiri o la reazione incomprensibile che mi stava mostrando in quel momento. Ignoravo che si sentisse così legato a me.
Decisi, tuttavia, che il primo dubbio fosse anche il più importante.

Quanto sapeva realmente Jake dei Cullen?

"Jacob, io..."

"Ora devo andare, Bella.  Per piacere, tieni bene a mente le mie parole. Tornerò."

Non ebbi neanche il tempo di realizzare la sua assenza. Quando mi resi conto che aveva abbandonato la mia casa avevo già sentito il tonfo della porta d'ingresso ed i suoi passi rumorosi e rapidi risuonare sul selciato.

Allison comparve pochi secondi dopo con il suo bel viso pulito e luminoso. Aveva tolto il grembiule, tenendolo ripiegato con cura sul braccio destro.

"Bella?" - Esclamò allarmata.

Sentivo le guance in fiamme.

"E' accaduto qualcosa? Hai litigato con Jacob? Sembri così scossa!"

Effettivamente continuavo a tremare senza controllo.
Faticai a muovermi per voltarmi nella sua direzione e guardarla.
E faticai non poco anche nel far funzionare la favella.

"Allison....Io non lo so...."
"Non sai cosa, Bella?"
"Non so....cosa sia accaduto."

Mi guardò spaventata.

"Io...." - Continuai - ".Non so più niente della mia vita, Allison." - Risposi inginocchiandomi sul pavimento e rassegnandomi a veder svanire lentamente la bella sensazione di tranquillità che aveva pervaso il mio cuore solo poco tempo prima.


Angolo dell'autrice:

Buonasera ragazze!
Questa volta ho cercato di essere più puntuale....:)
Ovviamente spero che anche questo capitolo vi piacerà esattamente quanto il precedente..Ma se così non fosse beh...Le critiche sono sempre bene accette, purchè costruttive! :)
Grazie come sempre per i vostri commenti, siete carinissime e sempre molto attente e presenti!
Adesso provvederò a rispondere alle vostre precedenti recensioni...Vi auguro la buonanotte o il buongiorno a seconda di quando leggerete il capitolo! :)
Un bacio
MaTiSsE!



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Capitolo 17
*** Regalo di Natale ***


nuovissima 16
CAPITOLO 16
Regalo di Natale
(POV BELLA)






La casa profumava di arrosto con patate quel giorno: Allison si era impegnata con tutta se stessa per prepararci un eccellente pranzo di Natale.

Fuori, il giardino e la foresta tutt'intorno erano illuminati da un timido sole: i suoi raggi scialbi e biancastri si spandevano e ritiravano ad intervalli regolari, ogni qualvolta le perenni nubi di Forks tornavano ad intrappolarli dietro la loro spessa coltre. Ma tutto sommato, si trattava già di una vittoria, per la nostra piovosa cittadina, avere un tiepidissimo sole nel giorno di Natale.

Sorrisi guardando al di fuori della finestra mentre la mia mamma mi teneva occupata al telefono.

"Tesoro mio, auguri. Anche da parte di Phil, ovviamente."
"Buon Natale anche a voi, mamma. Dov'è Phil adesso?"
"Fuori ad allenarsi. Nonostante sia il 25  di Dicembre qui a Jacksonville c'è un sole meraviglioso e ne ha voluto approfittare..." - Mi stuzzicò.
"Ad onor del vero anche qui oggi c'è un po' di sole..." - Risposi con aria di finta sufficienza.

Ridacchiò.

"Certo. Durerà lo spazio di un secondo. Dimmi, non si stanno già avvicinando dei temibilissimi nuvoloni portatori di tempesta?"

Diedi un'altra occhiata veloce al cielo.
Si, le nuvole cominciavano decisamente ad ispessirsi.

"Ok, non è il massimo. Ma sempre meglio del solito.." - Ammisi.

Udii nuovamente la dolce risata di mamma dall'altro capo del telefono e mi parve quasi riuscisse a riempire quell'enome distanza che ci teneva separate.

"Avresti potuto venire a trovarci per queste vacanze, Bells. A gennaio tornerai a Juneau, chissà quando ti rivedrò!" - Constatò infine con rammarico.
"Oh, mamma!"

Quel suo tono di voce  addolorato, per quanto cercasse di mascherarlo, mi faceva sentire terribilmente in colpa: ovviamente, sapevo quanto fosse stato grande il suo desiderio di riabbracciarmi, soprattutto adesso che ero al college, lontana non soltanto da lei ma anche da Charlie; il fatto che fossi rimasta a casa, a Forks, per Natale appariva quasi come un mio personale rifiuto a soddisfare tale desiderio.
Conoscevo perfettamente quale fosse la più grande paura di mia madre: giacché la mia attuale vita a Juneau le appariva totalmente estranea, temeva che, presto o tardi io stessa avrei potuto tramutarmi in una sconosciuta per lei. E per questo avrebbe desiderato che ogni mio momento libero fosse stato speso in sua compagnia. Non potevo biasimarla perchè io stessa avvertivo forte la mancanza di mia madre; soprattutto dopo la scomparsa di Elisabeth, l'assenza di Renèe si era fatta più marcata così come il desiderio di potermi stringere nuovamente tra due dolcissime, solide braccia femminili annusando il familiare profumo che solo una mamma può avere.
Ma non me l'ero sentita di lasciare Forks; non ora che i signori Masen erano morti, non ora che Edward era tornato, non ora che....ero a conoscenza della verità.
Sarebbe stato come fuggire via, far finta che fosse tutto un incubo dal quale è più facile scappare. Ma per quanto possa essere piacevole io non desideravo una via di fuga: cercavo soltanto un appiglio per riconquistare la mia vita e ciò che era mio.

E così, ancora una volta, mi ero trovata di fronte ad una scelta e la vittima delle mie decisioni, questa volta, era stata Renèe.

"Mamma....La prossima volta verrò in Florida...Te lo prometto..." - Pigolai.
"La prossima volta quando? Per le vacanze pasquali?"

Mi sembrava di vedere le sue belle labbra modellarsi in un musetto imbronciato.

"Con tutto quanto è accaduto ultimamente mamma, non me la sentivo di lasciare Forks. Dopo la morte di Elisabeth e del signor Masen l'ultima cosa che mi sia passata per la mente era andarmene..Sai che avrei dovuto lasciare papà da solo...E' molto triste e sovraccarico di lavoro ultimamente, non volevo infierire. E poi c'è la questione Allison...Non avrei mai potuto piantarla in asso e scappare a Jacksonville..."
"Oh, avanti! Non incolpare Allison...Sai che avresti potuto tranquillamente portarla qui con te, sarei stata felice di conoscerla!"

Attese qualche istante prima di parlare ancora.

"...Ma se la metti sulla questione "Charlie"....Allora ti comprendo totalmente. Non fa niente Bella, è giusto così e lo capisco, sul serio. Ora smettila con quel faccino da bimba mortificata e fammi un bel sorriso..."
"Non ho la faccina da bimba mortificata..."
"Oh sì che ce l'hai tesoro. Anche se non posso vederti, sono tua madre e ti conosco...Coraggio, sorriso!"

Qualcosa mi si bloccò in gola.
Pensai che dovesse essere quello il più bel regalo di Natale per me: la voce di mia madre che mi incoraggiava ad essere serena, se non proprio felice.
Sentivo correre nelle mie vene quel calore che soltanto l'amore di un genitore può donare, anche a chilometri di distanza ed amai ancor di più quella mia deliziosa mammina che alternava momenti di euforia quasi infantile ad altri di estrema serietà.

"Bella? Ehy..."
"Ci sono mamma. Sto sorridendo" - Mentii. O forse non proprio perchè, tra qualche lacrima impertinente, gli angoli della mia bocca si curvarono davvero leggermente all'insù.
"Sì. Ti credo, sciocchina! Ascoltami..."

Restai in attesa delle parole di mia madre. In cambiò mi restituì un urletto.

"Mamma?! Che succede?!"
"Oh, Bella!"
"Mamma! Che c'è?? Parla!" - Alla luce dei nuovi avvenimenti bastava un nonnulla per farmi sobbalzare ed il tono così preoccupato di Renèe non presagiva nulla di buono.
"Tesoro, sono un impiastro! C'è puzza di bruciato per tutta la cucina, il pranzo sarà immangiabile!"

Tutta l'angoscia provata in pochi secondo si sciolse, come neve al sole, in una risata liberatoria.
Renèe. Non sarebbe mai cambiata di una virgola e questo nuovo, piccolo incidente domestico me lo testimoniava ulteriormente: sarebbe per sempre rimasta la solita pasticciona, la mia tenera, incostante, svampita mamma.

La mamma che non avrei sostituito mai.

"Vai mamma, non preoccuparti! Vai a controllare prima che Phil resti digiuno del tutto...Ci sentiamo dopo!"

Riagganciai ancora sorridendo e scuotendo la testa.
Nello stesso istante mio padre fece il suo ingresso in cucina, lasciando il cinturone sul ripiano del lavabo.

"Che c'è di buffo, Bells?"
"La mamma....Credo che abbia bruciato il pranzo del Natale..." - Commentai ridacchiando.

Mio padre mi guardò con espressione a metà tra il perplesso ed il divertito.

"Non cambierà mai..." - Concluse infine con un sorrisetto, scuotendo la testa.

Di rimando, lo osservai qualche istante, teneramente: era innegabile come il suo sguardo lontano mi parlasse ancora di quell'affetto incondizionato che lo legava a mia madre, nonostante fosse finita da anni. Nonostante lei, adesso, amasse un altro.
Ero certa che Charlie avrebbe amato Renèe per tutto il resto della sua vita senza chiedere nulla in cambio, felice semplicemente di saperla felice.
Per molti versi papà, con la sua aria burbera e quel proverbiale pragmatismo, incarnava, per me, l'emblema del vero amore, sempre pronto al sacrificio ed all'abnegazione fine a se stessa.

Prima che potessi teneramente ribattere alle sue parole, Ally approdò in cucina trafelata.


"Che le prende?" - Mormorò mio padre osservandola perplesso mentre si affannava tra piatti e stoviglie varie.

Feci spallucce.
Ormai Allison era irrefrenabile: travolta da quello spirito natalizio - totalmente assente nella piccola famiglia Swan e probabilmente ereditato nell'istituto in cui era cresciuta - non faceva altro, da diversi giorni, che cucinare, impacchettare regali e decorare, in quei limiti del possibile da me istituiti,  la casa.
Tutto questo soltanto per rendere più serene e piacevoli le nostre vacanze natalizie.
Era disarmante la premura che aveva nei nostri confronti, quel desiderio spasmodico di offrirci il suo piccolo contributo di felicità dopo tanto dolore.

La guardammo mentre si agitava davanti ai fornelli. Infine si chinò estraendo dal forno diversi piatti di portata.
Mi venne da sorridere.

"E' il nostro piccolo folletto del Natale, Allison, papà. Ecco cosa le prende..."

"Allora!" - Esclamò d'un tratto rivolgendosi verso di noi - "E' ora di pranzo....Se vorrete seguirmi in salotto, è tutto pronto!"

Questa volta toccò a mio padre fare spallucce mentre io lo osservavo perplessa: non avevamo nessun tavolo in salotto, eravamo soliti consumare i nostri pasti in cucina. Dove avremmo pranzato?

"L'hai detto tu che era il nostro folletto del Natale, no? Io le ho dato solo un piccolo contributo..."

Seguiii Allison e mio padre con curiosità e, nel salotto, scoprii una piccola tavola imbandita, proprio a ridosso della finestra.
Era curata in ogni dettaglio, i particolari scelti con gusto ed eleganza benché si trattasse semplicemente degli abituali oggetti che eravamo soliti utilizzare per il pranzo: le nostre comuni posate, i tovaglioli in cotone. Ma tutto era disposto in maniera così originale, variando i colori ed alternando l'occorrente per il pranzo con fiori, piccole pigne e ramoscelli di agrifoglio, che per un attimo mi parve quasi di trovarmi in un elegante ristorante.

"Beh, è stata brava non è vero? Pensa che il tavolo è quello pieghevole che teniamo per il giardino...Non si direbbe neanche!" - Approvò mio padre, lisciandosi i baffi.

Stupita, guardai Allison che mi ricambiò arrossendo.

"Oh, Ally! Ma è fantastico!"

Corsi ad abbracciarla.

"Sì, lo so Swan. sono stata brava!" - Scherzò mostrandomi la linguaccia. Era il suo modo per sdrammatizzare un momento troppo intenso: non amava sentirsi protagonista. - "....Beh, scherzi a parte...E' l'unico modo che ho trovato per sdebitarmi. Ecco....Credo che questo possa essere considerato, a pieno titolo, il più bel Natale che io abbia mai vissuto. In questa piccola casa sono stata accolta con gioia ed amore e per la prima volta mi sono sentita in famiglia, tra le braccia di qualcuno che non fossero le mie buone suore. Ti voglio bene Bella e voglio bene anche a lei, Charlie!" - Mio padre arrossì vistosamente - "E questo e tutto quel che posso fare per ringraziarvi di avermi voluta con voi quest'anno."

Papà tossì nervosamente, visibilmente commosso. Battè la mano sulla spalla di Allison e borbottò piuttosto comicamente uno stentato "Certo, certo piccola...Il piacere è tutto nostro.."

Non era abituato a manifestazioni d'affetto tanto plateali. Io stessa le rifuggivo con ritrosia, avendo completamente acquisito da mio padre questo tratto caratteriale. Eppure Allison era tanto spontanea e sincera che, più che imbarazzo, era soltanto in grado di suscitare in noi profonda commozione.
Ormai era parte della famiglia e l'amavamo proprio perchè rappresentava quel lato socievole, brillante ed allegro che nè io nè Charlie riuscivamo ad esternare.

"Ti voglio bene, Allison. E non aggiungo altro."
"Anche io Bella." - Mi sorrise. - "Ed adesso, vorremmo sederci a tavola prima che il pranzo si freddi e tutti i miei sforzi si rendano vani?"

Stava sdrammatizzando. Ancora una volta.

Ci accomodammo al tavolo. Papà già si sfregava le mani, pregustando il pranzetto di Allison. Nonostante non me la cavassi male in cucina, la mia amica mi batteva indiscutibilmente e Charlie mostrava apertamente tutto il suo apprezzamento.

"Beh, buon appetito e buon Natale ragazze mie!"
"Buon Natale!" - Esclamò Allison allegramente.

Mangiammo per un po' in silenzio. Vista la foga con cui mio padre si era lanciato sul cibo, mi sfuggì un risolino.

"Allison, credi che avanzerà qualcosa per domani? Papà sta decisamente apprezzando le tue doti culinarie!"

Ally accompagnò la mia constatazione con una risata.

"Al massimo preparo qualcos'altro! Non c'è problema!"
"Oh no, non ce ne sarà bisogno." - Intervenne Charlie. - "Domani si pranza da Sue!"
"Cosa?"
"Sì, siamo stati invitati alla riserva. Ovviamente l'invito è esteso anche ad Allison"

Osservai, con la coda dell'occhio, Allison ringraziare sorridendo.

Da parte mia mi sentivo piuttosto ansiosa.
Benchè volessi bene da molti anni  a Billy ed avessi ormai cominciato a legare con Jacob, il nostro ultimo incontro si era concluso in maniera piuttosto pasticciata e confusa: la concreta possibilità di rivederlo in tempi tanto recenti mi provocava un inspiegabile senso di agitazione.
Certo non avevo scordato il suo strano avvertimento circa le mie frequentazioni con la famiglia Cullen, benché avessi cercato in tutti i modi di non pensarci. Dopo tutto quanto era accaduto negli ultimi tempi ne avevo abbastanza di situazioni paradossali e segreti inconfessabili: sobbarcarmi adesso anche l'idea che Jake potesse essere o meno implicato in tutta questa assurda faccenda mi provocava irrimediabilmente l'orticaria.

Probabilmente l'espressione del mio viso si modellò sulla base dei miei pensieri giacchè Charlie mi guardò piuttosto preoccupato.

"Bells, è tutto ok?"
"Uh?"
"E' vero" - Ammise Allison - "Hai una faccia strana. Che ti prende?"
"Oh...niente...Ero...sovrappensiero.."
"Non ti fa piacere andare alla riserva? Billy ci tiene così tanto!"
"Ma no...no, che ti viene da pensare pà..."
"Non devi sentirti in soggezione. Lo so che sei una tipa timida e di poche parole ma puoi stare tranquilla, verrà anche Allison con noi quindi...Nessun problema!"
"Sì, sì...certo..." - Convenni titubante.

"A tal proposito...." - Intervenne Ally.
"Cosa?"
"Volevo dirvi che....Ecco, mi tratterrò a casa vostra ancora solo qualche giorno..."

Ecco. Come rovinare uno splendido pranzo del Natale.

Sgranai gli occhi.

"Che significa Allison?!"
"Oh, Swan....non cominciare ad agitarti pronunciando il mio nome per intero!" - Rise - "Stavo solo pensando di tornare un po' all'istituto. Ieri ho chiamato Suor Maria per farle gli auguri ed era davvero dispiaciuta del fatto che non fossi passata a trovarli. Dice che i bambini mi aspettano e che Suor Jane è terribilmente depressa e non riesce più a sopportarla! Ecco...Sarei davvero un'ingrata se non passassi nemmeno per un saluto..."

"Oh...!" - Mi calmai, respirando in maniera leggermente più placida. Il discorso di Allison era giusto, ovviamente. - "Beh, se la metti così.....D'accordo. Ma cerca di tornare presto.."
"E' ovvio Swan! Verrò a prenderti ed insieme fuggiremo a Juneau! Sai che felicità, a gennaio abbiamo gli esami!"

Venne da ridere anche a me. L'immediato futuro descritto da Allison, così "umano" e reale era un'isola felice, un porto sicuro in cui approdare sfuggendo a quell' immenso oceano di follia in cui ero rimasta intrappolata negli ultimi tempi.

"Beh...Mi mancherai Ally. In ogni caso."
"Sarò via per così poco tempo che non avrai nemmeno il tempo di renderti conto della mia assenza!" - Rispose facendomi l'occhiolino.

Avrei voluto dirle che non era vero ma preferii non ribattere.
Non poteva sapere, Allison, quanto fosse diventata importante per me. E quanto le fossi indiscutibilmente legata.
Ero certa che avrei sentito la sua mancanza in ogni istante in cui non fosse stata con me: la sua contagiosa risata, l'allegria con la quale era in grado di affrontare ogni situazione, anche la più improbabile, l'energia che era in grado di trasmettermi anche solo stringendomi la mano erano ormai diventate delle costanti della mia giornata. Ally era per me un sostegno continuo e l'idea che potesse allontanarsi anche solo per qualche giorno mi agitava terribilmente.

Ma forse avrei dovuto cominciare a preoccuparmi di più dell'evidente dipendenza che mi legava alla mia amica dalla chioma rossa. Non potevo certo costringerla a restarmi attaccata soltanto perchè l'idea di averla  distante mi provocava ansia.
Avrei dovuto cominciare a camminare sulle mie gambe.

Eppure mi sembrava la cosa più difficile del mondo.

Sospirai, infilando con la forchetta un pezzo di pollo.

Qualcuno strinse la mano che tenevo poggiata sul ginocchio.
Allison.

"Ehy Swan" - Sussurrò. - "Sta' tranquilla...Tornerò presto, davvero. Soltanto per te."

La guardai sorridendo.
"Ti credo Ally. Resto qui ad aspettarti ma sappi che sarà dura trascinarmi a dare gli esami. Sono totalmente impreparata."
"Ti sbagli! Siamo due geni io te, capisci? Ce la caveremo alla grande, sbaraglieremo la concorrenza! Aspettami e vedrai, si tratterrà solo di qualche giorno.."

Annuii, cercando di sorriderle.

"Soltanto di qualche giorno" - Mormorai poco convinta, a mia volta.




*




Quella notte mi svegliai di soprassalto: un inspiegabile senso di soffocamento mi impediva di riempire i polmoni d'aria, come se la presenza di un enorme masso all'altezza del petto vietasse alla mia cassa toracica di espandersi a sufficienza.

Cercai, scartando tra i miei pensieri, il motivo di tutta quell'ansia.
Una vocina mi sospirò all'orecchio, improvvisa.

"Edward."

Sgranai gli occhi, sbattendo le palpebre più volte.
Deglutii a fatica.

Decisamente sorpresa vagai con lo sguardo all'orologio.

Le tre del mattino.

"Grandioso" - Mormorai.

A pancia in su e con le mani intrecciate un po' comicamente sul ventre, tornai a guardarmi intorno spazientita.
Dapprima soppesai con lo sguardo la figura di Allison che mi dormiva di fianco beatamente, dandomi le spalle. Sembrava una statua.
Poi analizzai con precisione le piccole macchie di muffa del soffitto: la più buffa  e meglio definita aveva la forma di un coniglio accucciato.

Gravitare l'attenzione altrove nella speranza di conciliare il sonno servì a ben poco: continuai a respirare a fatica. Era snervante.

Il nome di Edward insisteva nel risuonarmi prepotentemente in testa ed io tentavo, stupidamente, di afferrare in ogni angolo di me stessa il coraggio per non pensarci.
Non funzionò.

Diedi di nuovo uno sguardo alla sveglia.
Le tre ed un quarto.

Sbuffai nuovamente  ed afferrando il guanciale, mi voltai di scatto, abbracciandolo.

"Dormi Isabella. DORMI." - Ordinai a me stessa.
Fu buffo constatare quanta poca autorità avessi persino su di me: cercai infatti di richiudere nuovamente gli occhi ma le palpebre si rifiutarono piuttosto comicamente di rispondere al mio volere.

Per mezz'ora mi girai e rigirai nel letto, maledicendo ogni volta le lenzuola  che, stropicciate, si avvolgevano intorno alle mie gambe.
In realtà avrei dovuto semplicemente maledire la mia stessa inquietudine che non mi permetteva di riposare nonché quel nome che continuava a risuonare in ogni angolino della mia mente.

Quel nome così caro, così amato.

Sospirando, mi decisi ad alzarmi, scostando piano la coperta per non disturbare Allison. Avevo già fatto abbastanza casino ed era quasi un miracolo che non si fosse svegliata anche lei.
Poggiai delicatamente i piedi nudi sul pavimento; il freddo del legno risalì rapido sino alle caviglie e più su, attraversando la colonna vertebrale. Si trattò,  comunque, di una sensazione piacevole.

Passeggiai piano, girando intorno al letto e raggiungendo la finestra.

A piccoli passi la mia ansia cominciava a trovare il suo perchè: mi sembrava di farmi strada in un banco di nebbia.

Tutto sommato, non avrebbe dovuto essere difficile ammetterlo: era tornato il Natale ed avrebbe potuto essere speciale, quell'anno, perchè anche Edward era tornato.
Ma null'altro si era accompagnato a quella ritrovata presenza se non un atroce dolore.
Perchè Edward non era più lui, non del tutto almeno, e soprattutto non era con me.

Il Natale per noi due aveva sempre costituito una festività speciale ed importante; una festività che sapeva di calore e di famiglia e che, sin dall'inizio della nostra storia, avevamo condiviso come la più dolce delle prime esperienze assieme.
Ricordavo ancora perfettamente tutti i preparativi in casa Masen, soltanto qualche anno prima: Elisabeth, per esempio, che spennellava col tuorlo d'uovo i suoi buonissimi biscotti al burro sul ripiano della cucina, il pomeriggio della Vigilia. Edward ne rubacchiava sempre una manciata per dare a me l'onore del primo assaggio ed io li accettavo volentieri, ridendo con gioia.
Allo stesso modo avevo ancora nitida davanti agli occhi l'immagine della me stessa quindicenne intenta a preparare pacchetti colorati avvolgendo il nastro decorativo intorno al dito per arricchirlo delle volute desiderate mentre Edward mi guardava con i suoi occhi carichi d'amore, interrompendo il mio lavoro, di tanto in tanto, con soffici baci sui capelli, le guance, le labbra.
Come se fosse ieri rammentavo le corse ed i ruzzoloni nella neve la mattina di Natale, la risata di Elisabeth che ci chiamava dal portico, l'impazienza di scartare i regali, lo sguardo divertito di mio padre e del signor Masen mentre ci osservavano in attesa, seduti davanti al camino,  la gioia di scoprire, in quei pacchetti, il dono tanto desiderato.

Come avrei potuto dimenticare così facilmente quella fetta tanto gioiosa della mia adolescenza?
Come avrei potuto fare a meno di Edward, nonostante tutto?

Avrei dovuto smetterla di raccontarmi bugie. In questa notte nessuna menzogna sarebbe stata in grado di ingannarmi.

Non riuscivo a credere nemmeno più io stessa a tutte quelle false motivazioni con cui mi convincevo che Edward doveva stare lontano da me.
Non riuscivo ad accettare che in quella notte di felicità ed impazienza non avessi diritto anche io ad un briciolo della mia precedente serenità; non riuscivo a credere che in quella notte di struggente ricordo lui non fosse con me.
Non era Natale, senza Edward. Così come gli altri giorni dell'anno che perdevano di significato con la sua assenza.
I lunedì, il giorno del Ringraziamento, i compleanni, le domeniche pomeriggio.
Ed il Natale.
Che valore avevano quei giorni senza di lui? Sembravano più che altro un susseguirsi di ore vuote ed inutili.
Eppure il destino era stato tanto clemente da restituirmelo. Edward era da qualche parte vicino a me e, nonostante questo, così lontano dal mio abbraccio. Perchè?

La risposta non era difficile. Poichè la causa di quella separazione, tutt'ora in atto, adesso era una sola: me stessa.

Ero stata io a decidere, fermamente, di non volerlo accogliere nuovamente nella mia esistenza.
Perchè dunque continuavo a permettergli di tenermi a distanza se, in definitiva, lo desideravo così tanto?



"Se un giorno dovessi lasciarmi, Edward, dopo di te non ci sarà mai nessuno in grado di farmi innamorare di nuovo..."


Glielo avevo confessato un pomeriggio di tre anni prima. Improvvisamente. Probabilmente ero anche arrossita nel dichiararmi così spudoratamente ma non mi importava. Tra noi due non erano mai esistite stupide tattiche di seduzione o stratagemmi ridicoli per aumentare l'interesse reciproco. Senza alcun timore avevamo sempre confessato apertamente i nostri sentimenti ottenendo in cambio, l'uno dall'altra, soltanto un grande amore e totale abnegazione.

Di tutta risposta, mi aveva sorriso.

"Dopo di me non potrebbe esserci nessun altro perchè io sono l'unico per te e tu sei la sola per cui darei la vita. Non ti lascerò mai."

Mi sentii di colpo una stupida.


"Non ti lascerò mai."


La verità di quella rivelazione mi colpì come uno schiaffo in pieno viso.
Il ricordo di quelle parole sussurrate soltanto qualche anno prima mi bruciò l'anima.

Chi aveva abbandonato chi?

Edward si era allontanato contro il suo volere. E per il mio bene aveva continuato a starmi lontano.
Ma io, invece? Nella realtà delle cose, non ero stata forse io a decidere adesso di lasciarlo andare?

Di cosa avevo paura?
Del vampiro che era diventato?
Dell'assurdità di tutta quella situazione?

Edward era cambiato sotto molti aspetti, su questo non c'erano dubbi. Ma in quante occasioni avevo riconosciuto, nella piega delle sue labbra, quella smorfia che mi era familiare? Quante volte, in quel tocco gelido, avevo percepito, nonostante tutto, il calore di un'antica, dolcissima stretta? Ed in quanti momenti, in quegli occhi spauriti color miele, avevo riconosciuto il bagliore amorevole del mio Edward lontano?

Troppe volte, nell'Edward vampiro, chiuso, timoroso, diffidente, avevo scorto la tenerezza devastante dell'Edward umano.

Dunque, dovevo ammetterlo che ero io ed io soltanto a tenerlo lontano.
Erano i miei dubbi, le mie paure, la convinzione che tutto fosse finito, che niente sarebbe più stato come prima.

Ora tutto risultava più chiaro ed anche alla luce delle ultime parole che Alice mi aveva rivolto giusto qualche giorno prima, quella notte pensai onestamente che, tra i due, il mostro vero fossi soltanto io.

"Hai mai pensato a quanto sia difficile per lui, Bella?", mi aveva quasi rimproverato.
Ed aveva ragione. Io, con la mia sciocca testolina, non ero riuscita ad afferrarlo prima, troppo impegnata nel contorcermi tra il mio egoismo ed il risentimento.

Per Edward era tutto più complicato e difficile poichè doveva metabolizzare ed accettare se stesso, in primis, e di riflesso la sua nuova vita, quegli istinti che detestava, i suoi rimorsi e l'idea di convivere con tutto ciò che di continuo lo ancorava alla precedente esistenza. Me compresa.
Mentre io dovevo "accettare" soltanto lui, il nuovo Edward che si sforzava e sacrificava, giorno dopo giorno, per non essere troppo diverso dal ricordo che serbavo io.

E come l'avevo ripagato io, di tutta risposta?

Mostrandogli apertamente tutto il mio disprezzo.
Avvisandolo con poca delicatezza del fatto che avrei impiegato molto, troppo tempo prima di desiderare nuovamente di rivederlo.



Che stupida!
Una stupida, mostruosa, deplorevole egoista! Ecco cos'ero, realmente.


Poggiai una mano sul vetro freddo.
Tremai guardando il  paesaggio di fuori.
Era notte tarda ed ormai le luci delle case tutte intorno erano spente, anche quelle dove i festeggiamenti si erano protratti più a lungo del necessario.
C'eravamo soltanto io ed il buio della notte. E quel desiderio spasmodico delle sue braccia, delle sue mani.
Del suo viso liscio e perfetto.

"Dove sei..."

Sentivo dietro di me il respiro regolare di Allison totalmente preda tra le mani di Morfeo e la invidiai profondamente: da troppo tempo non dormivo con altrettanto trasporto.

"Dove sei, questa sera Edward...."

Un gufo emise il suo verso inquietante spiccando il volo improvvisamente dal ramo da un albero posto a pochi metri alla mia finestra.
Un numero spropositato di foglie precipitò sul terreno a seguito di quella fuga ed io sobbalzai.

"Sono troppo agitata..." - Constatai in un sospiro.

Mortificata e malinconica, decisi infine a rimettermi a letto, pronta a combattere per il resto della notte con il fantasma dell'insonnia e del rimorso.
Fin quando un piccolo particolare colpì la mia attenzione costringendomi a tornare sui miei passi.

Giù, ai margini della foresta, poggiata al medesimo tronco da cui si era levato il gufo, se ne stava in paziente attesa una figurina nera.
Immobile come una statua, silenziosa ed imperturbabile.

La mia debole vista umana non mi consentiva di mettere a fuoco il viso del mio ospite notturno ma ebbi pochi dubbi.
Il cuore mi forniva già da sè tutte quelle risposte che gli  occhi ignoravano.

Afferrai confusamente la prima felpa che trovai tastando sulla poltrona, senza curarmi neanche se fosse di proprietà mia o di Allison, e a piedi scalzi percorsi rapida le scale sino a raggiungere l'ingresso, stando bene attenta a non inciampare o causare eccessivo trambusto.
L'idea di spalancare la porta d'entrata e non trovarlo si fece strada in me come il più atroce degli incubi: avevo già sperimentato quella sensazione, nei primi tempi della sua scomparsa, quando nei miei sogni carichi d'orrore la sua immagine fasulla si divertiva a prendersi gioco di me, inventandosi un ritorno inesistente mentre lui era a marcire ed a soffrire chissà dove e chissà con chi.
Non era certa che il cuore avrebbe resistito ancora, se si fosse trattato nuovamente di un atroce scherzo partorito dalla mia fantasia. Ma, in fin dei conti, volevo tentare il tutto per tutto e mi arrischiai.

Questa volta avrebbe potuto essere quella giusta.
Avrebbe dovuto, anzi.

Paralizzata davanti alla porta d'ingresso faticai nel tastare la maniglia con la mia mano tremolante ed allo stesso modo faticai nel sospingerla verso il basso.
La porta scattò con un clic e si mosse leggermente sui suoi cardini.

Se fosse stato davvero lì fuorì il suo udito infallibile gli aveva già rivelato la mia presenza.
Magari era anche scappato via e non l'avrei trovato ad aspettarmi in comunque dei casi.

Diedi una spinta cauta al legno e la porta infine si spalancò totalmente, cigolando appena.
Una fredda folata di vento m'investì completamente.
Tossii: era stata una pessima idea presentarmi mezza nuda al cospetto del temibile inverno di Forks.

Presi coraggio e guardai di nuovo fuori.
Il vento rendeva la visuale molto più nitida, quasi cristallina.
E nello scintillio della notte di fuori, lui non c'era.
Guardai prima a destra, poi a sinistra.
Infine davanti a me.

"Provaci, Bella..."

Mi riempii per bene i polmoni d'aria prima di inoltrarmi a passo svelto nella boscaglia intorno casa.
Avevo lasciato la porta d'ingresso aperta e non me ne curai.

Poggiai la mano al tronco di un albero, cercando sostegno.
Infine, aguzzai vista ed udito nell'attesa.

Non un respiro.
Non un rumore, neanche il più lieve.
Anche la natura intorno a me aveva smesso di lamentarsi.

Sospirai.
Non c'era, dunque.

D'accordo.
Avrei retto il contraccolpo del cuore, non avrei pianto, non avrei urlato. Non l'avrei fatto, anche se il dolore di saperlo lontano mi avesse annientata.

Che sciocca, stupida illusa ero stata!



"Prenderai freddo, Bella...."

Così, improvviso come un fulmine nel bel mezzo di un cielo sereno.
La sua voce melodiosa attraversò il mio cervello come una scarica elettrica. Ruotai su me stessa di scatto ed il suo volto comparve a pochissimi centimetri dal mio.

Mi sentii bollire, letteralmente. Non c'era freddo, vento o buio ma una caldissima giornata di sole rovente intorno a me.

"Edward..." - Sussurrai.
"Sì, sono io. Mi avevi visto, no?"

Annuii.

"Pensavo saresti andato via..."
"Oh..." - Mormorò. Non potevo distinguerne precisamente le fattezze, ancora avvolte nel buio, ma ero certa che avesse sorriso - "Volevo farlo, davvero. Ma sono diventato una creatura troppo egoista e così non ce l'ho fatta a scappare da te. E' Natale  o sbaglio?"
"Sì, lo è..." - mormorai in un soffio.
"Era da tanto che non lo passavo con te Bella..."

Il cuore perse un battito.
Allora lo ricordava anche lui?
Anche per Edward era tutto così vivo nei ricordi? Quel sapore dolce che avevano i nostri Natale insieme continuava a martellarlo esattamente come faceva con me?

Sentii i miei piedi alzarsi da terra.
Istintivamente passai un braccio intorno al suo collo e poggiai timidamente la mano libera sul suo petto.
L'intero peso del mio corpo gravitava sulle sue braccia e non parve lamentarsene.

Rabbrividì ed io con lui.

"Non dovresti andartene in giro così...Prenderai un malanno.."
"Non...non è importante ora...E poi mi piace camminare a piedi nudi..."
"Lo so ...Per certi versi non sei cambiata affatto, in questi due anni..."
"Le abitudini sono dure a morire..." - Mormorai aprendo le labbra in un risolino leggero. 

Non aggiunse altro ma ero certa che mi stesse osservando.

Niente, niente di quel momento che stavamo vivendo assieme, niente di quella notte buia aveva senso.
Il mio cervello razionale e problematico neanche per un istante - incredibilmente - aveva tentato di prendere la parola . Evitando in ogni caso di ascoltarlo, qualora avesse deciso che era arrivato il momento di frenare i miei deboli impulsi di essere umano, dimenticai  gli ultimi quattro, orribili mesi vissuti nel terrore, sommersa da interrogativi improbabili e risposte insopportabili. Dimenticai di colpo la paura, la rabbia, le lacrime e quegli occhi di Edward che avevo visto scintillare di odio e tormento.
Dimenticai le urla, i litigi, i silenzi sospesi e quell' orribile verità che mi aveva raccontato.
La metabolizzai all'istante come la più semplice delle nozioni da imparare e mi preoccupai soltanto di accoccolarmi sul suo petto ghiacciato ascoltando il battito convulso del mio cuore.

"Sciocco che non sei altro..." - mormorai sottovoce.
"Con chi ce l'hai, Bella?"
"Con il mio cuore...E'...è un traditore."
"Oh. Interessante." - Mormorò compiaciuto - "... Lo sto ascoltando, in effetti è piuttosto agitato..."
"Il tuo non lo è?" - Domandai timida alzando gli occhi verso il suo volto nel medesimo istante in cui un raggio lunare, sfuggito alla trappola delle perenni nubi di Forks, ne baciava il contorno.

Ritrovarlo così bello e di nuovo mio mi costrinse ad un sussulto.
Ancor più la risposta che venne dalle sue labbra piene e carnose.

"Io non ho più un cuore, Bella...Quantomeno, non ho più un cuore che batte.."
"Io invece dico di sì..."

Sapevo che mi stava fissando con sorpresa.

"D'improvviso pensi di potermi accettare di nuovo? Con tutte le complicazioni del caso? Pensavo non volessi più vedermi..." - Sussurrò
"Non ho mai detto che non avrei più voluto vederti...Era soltanto..."
"Difficile per te...Lo capisco" - Sospirò chinando il capo.
"Edward....Mi sei.....mi sei mancato." - Confessai in un soffio, tracciando il contorno della guancia con un dito.

Mi sentivo improvvisamente audace.

Non rispose.
Non subito, almeno.

"Mi sei mancata anche tu..." - Mormorò infine, così piano che pensai non desiderasse essere ascoltato realmente.

Prima che potessi dire una sola parola continuò.

"Non sai per quanto tempo ti ho aspettata, Isabella. Non sai per quanto ho desiderato saperti di nuovo fra queste braccia, per quanto fredde esse potessero essere..."

Ero certa che avrebbe desiderato piangere. Esattamente come stavo facendo io in quel momento.

"...Non ti chiedo di fingere che nulla sia cambiato. Sarebbe impossibile, lo è anche per me. Ma se credi di avere tanta forza per accettarmi, anche non subito, io sarò qui ad aspettarti per l'Eternità. La mia vita immortale è tutto ciò che mi resta adesso, ma non è nulla ed ha poco significato senza il calore di una famiglia e l'amore della persona che ami. E tu per me sei famiglia ed amore. Sai di casa, di dolcezza, di giornate di sole. Quel che eri prima per me, sei adesso. Anzi, forse ora vali anche di più, se possibile..."
"Io non ti ho mai perso, Edward..." - Constatai.
"No. E mai mi perderai se avrai il coraggio di volermi anche così, come sono adesso...Anche ora che le braccia con cui ti stringo sono più fredde di questa gelida notte...Non dovrei neanche chiedertelo, è terribilmente egoista da parte mia costringerti a vivere con me questa mia terribile esistenza. Ma io ti voglio ancora, Bella. Non ho mai smesso di volerti con me."


Di colpo tutti i pezzi della mia vita cominciavano a rimettersi insieme. Non c'era nulla di assurdo o sbagliato, tutto tornava ad avere senso.
Tutto tornava al proprio posto, nella sua esatta collocazione, in quella notte magica in cui Edward era di nuovo con me.
Perchè era di nuovo il mio Edward a parlarmi.
Con amore e trasporto.

Per quanto avesse sperato di tenermi all'oscuro dalla verità per tutto quel tempo e per quanto avesse sofferto di fronte alla mia reazione, ero certa che adesso, finalmente, riuscisse a sentirsi sollevato. Non più prigioniero di menzogne e sotterfugi, poteva ora condividere con me ogni singola sfaccettatura della sua nuova esistenza e sperare nuovamente di essere accettato e compreso per ciò che realmente era diventato.

Perchè se gli avessi sussurrato "ti amo", in quella notte, nessuna dichiarazione d'amore sarebbe stata più veritiera e ponderata.
Avrebbe significato che il mio amore era tanto grande da superare il limite imposto dal terrore, dallo sconcerto, dalla sorpresa, dall'irrazionale.
L'avrei amato molto pù di prima, molto più di quanto sia lecito per un essere umano.
Ed Edward avrebbe trovato una motivazione valida per andare avanti.


"Perdonami, Edward. Non sono stata abbastanza forte per tutto questo..."

Pose il suo dito gelido e liscio come il marmo sulle mie labbra dischiuse.

"Perdonarti di cosa, Bella? Dovresti perdonarmi tu per averti abbandonato..."
"No, Edward! Non è dipeso da te...Alice mi ha raccontato di Victoria, adesso so tutto....Sei una vittima quanto e forse più di me...Scusami tu per non averlo capito prima..."

D'improvviso irruppe in una risata.

"Smetteremo mai di scusarci l'uno con l'altra?"

Arrossii chinando la testa e poggiandola delicatamente sul suo petto.
Non mi ero mai sentita tanto protetta, al sicuro ed al caldo, paradossalmente.
Sapevo perchè: Edward era tutto ciò di cui avevo bisogno.

"Credo di no....Sai di buono, Edward..." - Mormorai premendo le labbra sul suo collo freddo.
"Anche tu. Posso assicurartelo" - Scherzò. Sentii i suoi muscoli contrarsi e compresi che stava sorridendo.

Sorrisi di rimando.
Il vento tornò a soffiare tra le fronde degli alberi intorno al noi. Il suo fischio acuto si insinuò nel silenzio della notte ed io rabbrividii.
Forse per il freddo.
Forse per l'emozione.

Edward mi strinse di più a sè.

"Non posso scaldarti, Bella. Dovresti tornare in casa..."
"Non voglio lasciarti...Ho tante cose da chiederti.."
"Credo che adesso ci sia tutto il tempo per stare insieme e parlare. Avrai tutte le risposte che vuoi ma domani, Isabella. Domani sarò qui solo per te. Ed anche nei giorni a venire, per tutto il tempo che vorrai. Avremo tutto il tempo del mondo."

Tutto il tempo del mondo.

Lo guardai con occhi speranzosi nel medesimo istante in cui un nuovo raggio di luna mi regalava, illuminandolo, una fetta visibile del suo bel viso.
Lentamente, si avviò verso casa, tenedomi ancora in braccio.

Quasi in trance poggiai infine i piedi in terra soltanto quando raggiungemmo nuovamente l'ingresso di casa.
Fu Edward a sciogliere la presa delle mie mani sulla sua camicia: francamente non mi ero neanche resa conto dell'energia con la quale continuavo ad afferrarlo.

La sua mano strinse infine, delicatamente, il mio polso, sollevando il braccio. Quando mi lasciò, sulla mia pelle candida brillava un ciondolo a forma di cuore. Penzolava da una corta catenella in argento e luccicava in maniera impressionante.

"Era di mamma, Bella..." - Sussurrò.
"Lo ricordo bene..." - Mormorai a mia volta, con occhi luccicanti. Elisabeth indossava sempre quel bracciale. Era, verosimilmente, il preferito tra tutti i suoi gioielli. Vederlo al mio polso mi procurò una fitta al cuore: il dolore per la sua perdita era ancora troppo grande.
"Vorrebbe certamente che fosse tuo, adesso. Ti amava, indiscutibilmente."
"Ed io amavo lei..."
"Lo so...E comunque, vorrei che lo tenessi tu anche per un altro motivo."
 
Lo guardai perplessa.

"Mi somiglia." - Continuò, ridendo. - "È freddo e duro. E, se esposto alla luce, irradia arcobaleni."

L'ultimo punto mi parve piuttosto oscuro e dovette rendersene conto.

"Oh, lo capirai presto. Appena splenderà il sole."
"In ogni caso, hai dimenticato la similitudine principale." - Intervenni.
"Ossia?"
"E' bellissimo. Come te. Lo sei sempre stato ma devo ammetterlo...L'immortalità ti dona."
"Sciocca che non sei altro!" - Rise, baciandomi la fronte ed il cuore sussultò ancora.
"Scusami. Non dovrei farti agitare tanto.."
"Non compiacertene troppo, Cullen!" - Scherzai.
"Questo è il mio regalo di Natale per te, Bella." - Continuò senza badare al mio gioco - "..Anzi, il regalo mio e di mia madre. E dopo questa notte così inaspettata, e così meravigliosa, credo ancora di più che sia tuo diritto averlo. Hai il mio cuore, l'hai sempre avuto. E forse, adesso, anche tu lo desideri."

Annuii appena.

"Buon Natale, Isabella."
"Buon Natale, Edward."
"Tornerò, domani."
"Ti aspetterò. Come la volpe con il principe" - Risposi sorridendo. Il Piccolo principe di Saint Exupery era il nostro libro preferito.

Una lieve carezza percorse la curva delle mie guance mentre Edward si volatilizzava nel nulla.
Nel vento, udii distintamente il suo "Ti amo."

Forse aveva deciso di scappare prima che potessi rispondere alla sua dichiarazione.
Probabilmente aveva paura, nonostante tutto, della mia reazione.

"Sciocco che non sei altro" - Mormorai richiudendo la porta alle mie spalle - "Avresti potuto aspettare la mia risposta...Ti amo anche io."





Angolo dell'autrice.

Vi ho fatto attendere molto anche stavolta ma spero mi perdonerete. Sono stata colta da una totale e dico TOTALE mancanza di ispirazione. Alla fine, quel che mi è riuscito di tirare fuori è soltanto questo...Non è molto, francamente, ho fatto di meglio, ma con tutta la buona volontà non mi è riuscito di scrivere altro...Insomma, spero apprezzerete comunque questo inaspettato riavvicinamento tra Edward e Bella...Come avrete capito questo capito si discosta un attimo dagli eventi ed ha come unico tema il "ritrovamento" tra i nostri due protagonisti...Bella finalmente ha riflettuto e d'improvviso ha capito di non riuscire più, realmente, a stare lontana da Edward...E questo è il risultato...Mi auguro che vi piaccia un pochino!
Sto per uscire, dopo risponderò a tutte le vostre precedenti recensioni....Grazie mille, siete fantastiche, non mi abbandonate mai....il vostro entusiasmo è commovente! Grazie a voi tutte, anche a chi si limita soltanto a leggere...Spero continuerete a seguirmi!
Vi auguro una buona serata

MaTiSsE!



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Capitolo 18
*** Amori eterni, amori a prima vista, pt. 1 ***


nuovissima 18
CAPITOLO 17

Amori Eterni, Amori a Prima Vista - Parte I -
(POV BELLA)











"Charlie! Amico mio!"

Billy ci raggiunse rapidamente sulla porta d'ingresso; il cigolare della carrozzella era decisamente pronunciato, vista la velocità con la quale si era mosso per venirci incontro. Sembrava davvero felice di accoglierci in casa sua: persino Charlie non vi si recava troppo spesso e per Billy, probabilmente, la nostra presenza alla riserva doveva rappresentare un vero e proprio evento.

"Bella! Benvenuta!"
"Grazie Billy..." - Risposi sorridendo, porgendogli la mano. - "Conosci la mia amica Allison?"
"Non di persona, ovviamente...Ma Charlie mi ha parlato molto bene di te!"

Anche Allison sorrise, dandogli la mano a sua volta.

"Ti ha parlato bene di Ally o dei suoi pranzetti?"

Billy irruppe in una risata fragorosa.

"Di entrambi, ovviamente!"

Mio padre grugnì, poco distante, ed io scoppiai a ridere a mia volta.

"Se mangiassi davvero per quanto mi accusate voi dovrei essere obeso! Invece sono in perfetta forma..."

Io e Billy inarcammo contemporaneamente un sopracciglio, visibilmente sorpresi: era buffo ascoltare mio padre darsi delle arie da superuomo, soprattutto in presenza di quell' evidente pancetta che smentiva palesemente la sua affermazione. Ci guardammo con la coda dell' occhio; io riuscii a trattenermi ma Billy non fu altrettanto pronto. Lo sentii sghignazzare senza ritegno mentre mio padre, di rimando, imprecava amichevolmente al suo indirizzo.

"Ma è sempre così tra tutti e due?" - Domandò Allison sbigottita.
"Oh...certe volte è anche peggio!" - Ammisi sospirando divertita. - "Vieni, andiamo...Si stanno incamminando verso casa di Sue!"

Difatti, continuando a battibeccare piuttosto comicamente, mio padre e Billy si erano approssimati in direzione della casa dei Clearwater dimenticandosi completamente della nostra presenza. Li seguimmo tenendoci dietro di pochi passi e camminando lentamente. Charlie spingeva la carrozzella borbottando commenti scherzosi all'indirizzo di Billy che rispondeva di rimando, divertito, ed io ed Allison li osservammo con infinita tenerezza. Per quanto potessero essere diretti e piuttosto prosaici nel modo di relazionarsi era innegabile ed assolutamente evidente l'intenso legame di amicizia che li univa. Avevo sempre considerato Billy come l'ancora di salvezza cui mio padre si era aggrappato nei bui mesi successivi alla separazione con Renèe ed, in generale, in tutti quei giorni tristi vissuti da solo, a Forks, prima che l' unica figlia decidesse di approdare nella sua casa spoglia e solitaria. Non mi ero sbagliata. Benché non lo confessasse mai apertamente Charlie mostrava, per il suo amico, gratitudine ed immenso affetto; io stessa non potevo far altro, dentro di me, che ringraziarlo per tutto quanto si fosse prodigato per mio padre nei momenti più difficili della sua esistenza.

"Magari un giorno anche io e te saremo così, Swan..." - Esordì Allison guardandoli - "Saremo vecchie e conciate  da sbattere e tu mi accompagnerai. Sarai il bastone della mia vecchiaia!"
"Ma smettila!" - Le risposi dandole un buffetto sulla spalla e ridendo di cuore: immaginando la scena non si poteva fare altrimenti, era sufficientemente comica.
"Sei felice Swan? E' da stamattina che ti sento canticchiare con un sorrisino ebete stampato in faccia. Se pensavi di sfuggire al mio occhio indagatore ti sbagli di grosso!"

"Oh!"

Mi aveva decisamente colta di sorpresa ed arrossii vistosamente.
Non pensavo che il mio cambiamento di umore potesse risultare tanto esplicito e mi augurai che l'avesse colto soltanto Allison. In effetti mio padre non mi aveva nè osservato in modo particolarmente perplesso o sorpreso, nè mi aveva rivolto domandine imbarazzanti per cui trassi un sospiro, presupponendo che l'unica ad essersene resa conto fosse stata proprio la mia amica. Del resto, mi conosceva piuttosto bene e se a  tale, importante particolare, si sommava una smodata curiosità ed una notevole capacità indagativa era facile comprendere come fosse arrivata tanto rapidamente alla sua conclusione.

In effetti, dalla notte precedente, molte cose erano mutate fuori e dentro di me, in maniera così rapida che stentavo tutt'ora a capacitarmene.
Ad onor del vero, si trattava del  primo cambiamento - in termini esistenziali - che accettassi con gioia da due anni a questa parte.

Io ed Edward ci eravamo riavvicinati. Inaspettatamente, senza alcun preavviso.
Eppure era accaduto.
I dubbi, le complicazioni, le incertezze, i timori, i perchè: nulla era stato più forte di quel sentimento che ci legava ancora indissolubilmente, nonostante il tempo che ci aveva tenuti separati. Come io stessa non avevo mai smesso di credere.

Come in un sogno percepivo ancora sulla pelle il tocco gelido e delicato, al contempo, del suo dito indice mentre percorreva lento la curva della mia guancia sinistra e del collo, sino a raggiungere il solco appena sopra la clavicola.
Rivedevo le sue belle labbra, le stesse che avevo ammirato soltanto qualche ora prima, e le agognavo molto più di quanto fosse lecito.
E risentivo, infine, il suo respiro dolce e delicato sul mio viso.

Se non fosse stato per il piccolo cuore in cristallo che continuava a sussultare, scintillando, sul mio polso destro avrei certamente creduto che tutti gli avvenimenti della notte precedente non fossero stati altro che un sogno. Un meraviglioso sogno.

Pensavo che il mio cuore non sarebbe mai riuscito a contenere tutta quella gioia: era troppo piccolo e fragile per far fronte ad una felicità tanto travolgente. E tutto sommato, non chiedevo altro. Finalmente sentivo che avrei potuto fronteggiare qualsiasi avversità se ogni singola cellula del mio corpo fosse stata pervasa da una tale serenità.
Edward aveva colmato, in pochi istanti, ogni vuoto e lacuna della mia anima ed io mi sentivo piena e felice e soltanto perchè lui c'era.

"Allora, Swan?!" - Esclamò Allison spazientita - "Pensi di riuscire a rispondermi entro la mezzanotte? Quanto c'entra il signor Cullen in tutto questo?"
"Oh..." - Sorrisi - "C'entra fin troppo..."
"Lo sapevo, lo sapevo!" - Urlò Allison battendo le mani e  mettendosi a saltellare come una scimmietta da circo. Mio padre la guardò con la coda dell'occhio, sghignazzando. Ero certa che adorasse la sua travolgente allegria.
"Shhh Allison! Vuoi  far accorrere qui l'intera riserva?!"
"Oh Bella! Avanti! Raccontami, muoio dalla curiosità!"

La mia bocca si aprì in un largo sorriso. Dovevo avere davvero un'espressione deficiente. Se avessi avuto un minimo di lucidità in più, probabilmente, mi sarei presa a schiaffi da sola.
Da quanto ero diventata così romantica?

"Oh, niente di che...Solo che ci siamo risentiti per il Natale...."
"Quando?"
"Ieri notte. Mentre dormivi. Oh, ecco, in realtà...Non ci siamo solo sentiti....E'...è passato da... casa....."

Calcai molto bene sull'ultima parola, e sollevai fiera il braccio: il cuore di cristallo scintillò borioso sotto i raggi del timido sole di Forks.
Non ero mai stata particolarmente amante dei gioielli, preferivo i piccoli anellini o ciondoli da bancarella al lusso di un oggetto acquistato in gioielleria. Ma quel bracciale, per me, era importante e non certamente per il suo valore materiale. Non me ne sarei separata per alcun motivo e l'avrei mostrato sempre apertamente in pubblico senza remore o ripensamenti poichè in quel cuore c'era l'Edward che aveva ricominciato ad amarmi e l' Elisabeth che continuava a farlo, anche se da lontano.

Allison sgranò gli occhi.

"Oddio...Oddio Bella!" - Esclamò abbracciandomi - "E' splendido! Allora siete tornati insieme! Ma è meraviglioso!"

"No, no Ally! Sssssshh!" - Ne frenai l'entusiasmo ponendo un dito sulle sue labbra - "Abbassa la voce, potrebbe sentirti papà....Ti ricordi che non sa nulla di Edward?"

A dir la verità neanche Ally sapeva granchè. Ma lasciai correre. Mi guardai intorno con aria preoccupata, temendo che Charlie avesse captato qualche parola. Del resto era a così pochi passi da noi! Per fortuna però, parve non essersi reso conto di nulla, troppo occupato a discutere con Billy degli eventuali risultati dei Gators nei prossimi incontri e della loro, conseguente, posizione in classifica.

"Scusami Bells!"
"Non importa....Sembra che non se ne sia accorto...E comunque...Non lo so se stiamo insieme...Abbiamo ancora tanto da dirci..." - Mormorai arrossendo, un po' malinconica.

Per quanto avessimo confessato reciprocamente il nostro amore, non ero certa che una tale dichiarazione bastasse a sugellare nuovamente e definitivamente il nostro rapporto.

"Oh andiamo! Sono certa che si risolverà tutto per il meglio! In ogni caso abbiamo già fatto un grosso passo avanti, no?" - Commentò ammiccando al mio indirizzo.
Io annuii, soddisfatta ed ancora leggermente rossa in viso.

"Billy! Pensavo non venissi più! Charlie, bentrovato!"

Una bella voce femminile accolse il nostro arrivo, interrompendo ogni discorso; istintivamente mi voltai nella sua direzione.

Dalla porta d'ingresso Sue Clearwater ci aspettava con impazienza, tendendo le braccia.

Era una bella donna, dalla pelle scura ed i capelli bruni tagliati quasi alla maschietta. Aveva un naso piccolo e labbra carnose.
Più giovane del marito di diversi anni era purtroppo già vedova, giacché Harry Clearwater era morto d'infarto forse meno di un anno prima, lasciando due giovani figli. La maggiore credo avesse soltanto un anno più di me, almeno stando alle parole di mio padre.
Harry era amico di famiglia, ovviamente.

"Sue! Come va?"
"Bene, grazie! Accomodatevi! Capo Swan....questa deve essere la tua Bella? Non la vedevo da così tanti anni!"

Il sorriso di Sue, se possibile, divenne ancora più luminoso. Istintivamente mi proiettai verso di lei, senza timore o imbarazzo, toccando, con la mia, le mani che mi aveva così gentilmente offerto.
Aveva la pelle calda e leggermente ruvida.
Sapeva di mamma, ovviamente.

"Sì, è così. E' la mia Bella, Sue. E' cresciuta, non trovi?"
"Molto. Ed è splendida, ovviamente."

Mi guardò con occhi scintillanti ed io ricambiai piacevolmente sorpresa.

"Ciao Sue."
Mi sorrise.
"Ha preso dalla mamma tanta bellezza, Charlie?"

Charlie mugugnò di rimando alla battuta scherzosa di Sue mentre Billy scoppiava in una fragorosa risata, di nuovo. Dalla confidenza che gli riservavano compresi, con piacere, che mio padre era davvero uno di famiglia, per tutti loro.

"Lei è Allison. La mia più cara amica" - Aggiunsi con sincerità. Ally mi lanciò un'occhiata commossa. Credo fosse ancora molto emozionata per la questione di Edward.
"E' un piacere per me essere qui, signora Clearwater. Grazie per l'ospitalità."
"Il piacere è tutto nostro. Benvenuta, mia cara. Gli amici della famiglia Swan sono nostri amici."

"Attenta a quel che dici, Sue. Non tutti sono amici."

Una voce maschile calda, dal tono ironico.
Jacob spuntò, improvvisamente, da dietro un arbusto. Aveva i jeans impiastricciati di olio per auto, così come le mani che tentava di ripulire con uno straccio sbrindellato.
Non riuscivo a capacitarmi di come diamine riuscisse a starsene tranquillamente a maniche corte in pieno inverno.

Ovviamente le parole appena pronunciate da Jake erano un chiaro riferimento ai Cullen.
Avvampai, forse per l'imbarazzo. Forse per l'irritazione.

Avevo trovato Jacob, sin da subito, un ragazzo estremamente simpatico, cordiale e caloroso. Magari un po' irruento ma tutto sommato piacevole. Eppure, da qualche giorno a questa parte, si era trasformato in una creatura piuttosto irritante. Non riuscivo seriamente a comprendere cosa gli passasse per la testa  ma era certa che il segreto dei Cullen fosse per lui abbastanza chiaro ed allo stesso modo ero convinta che non gradisse affatto la faccenda.

Come fosse  a conoscenza della presenza a Forks della mia famiglia di vampiri e perchè gli risultasse piuttosto chiara la natura del mio legame con loro restava pressocché un mistero. Ma avevo a mia disposizione un intero pranzo per scoprirlo e certo non mi sarei lasciata sfuggire questa occasione.

"Oh, guarda chi è arrivato! Black Junior! Potremmo sistemarci per il pranzo? Come vai conciato?"
"Ho appena finito di lavorare in officina, Sue! E comunque....Tranquilla! Tanto sono bello comunque, no?!" - Scherzò strizzandole l'occhio. Sue e Billy sorrisero placidamente.

"Ehy, Allison!"

"Ciao Jacob.."
"Tutto bene?"
"Alla grande..."

Non so per quale motivo ma mi parve di indovinare che l'idea di salutare Allison prima che me non fosse semplicemente un caso.

"Bella..."

Momentaneamente non avevo voglia di cominciare alcuna conversazione: il suo modo di fare mi aveva giù sufficientemente urtato i nervi. Gli lanciai un'occhiata che avrebbe dovuto essere di saluto, e viceversa risultò piuttosto irritata, prima di infilarmi in casa Clearwater quasi di sguincio, appiattendomi tra la parete d'ingresso e mio padre.

Sentii gli occhi di Allison puntati addosso e palesemente anche quelli di Jake. Poco male: avrebbe afferrato molto più velocemente il mio disappunto.
Mi sentivo piuttosto fiera della mia uscita indisponente ma nel fare il mio ingresso, rapida ed accigliata, in casa, mi scontrai letteralmente  con una specie di statua di marmo impalata al centro del salottino.
Inutile dire che mi vergognai profondamente, maledicendo la mia solita, proverbiale capacità di collezionare figuracce.

"Ahi..." - Mormorai strofinando il palmo della mano sul naso. Dietro di me udii la risata soffocata di Allison ed un risolino decisamente più esplicito.

Jacob.

"Sta' attenta" - La voce, femminile risuonò chiara e decisa. Astiosa.
Alzai gli occhi ed incontrai quelli scuri, grandi ed irrimediabilmente duri di una giovane ragazza, poco più grande di me.

Identica a Sue.

"Bella, ti presento mia figlia Leah. Leah, lei è Isabella, la figlia di Charlie."
"C...Ciao Leah.."

Dire che semplicemente non avesse ricambiato il mio saluto era poco. Mi aveva letteralmente incenerita con lo sguardo. Non tentò neanche di pormi la mano o qualsiasi altra forma di presentazione. Si limitò piuttosto nel rivolgermi un'ennesima occhiata di sdegno e sufficienza prima di scansarmi, allontanandosi rapida.
Sue scosse la testa.

"Leah è un tipo particolare. Scusala, Bella..."
"Oh...non...non c'è problema..." - Risposi fingendo noncuranza. In realtà ero profondamente turbata.
"Non far caso a mia sorella. E' piuttosto scorbutica! Ciao, io sono Seth!" - Una vocina da ragazzino mi colse di sorpresa. E così mi ritrovai davanti il giovane, allampanato Seth Clearwater.
Carino, dal viso simpatico e gioviale, mi tendeva la mano con garbo. Poteva avere al massimo quindici anni e dall'espressione del suo viso era piuttosto chiaro che si trattasse di un tipetto sveglio.

"Ciao Seth! Io sono Bella e lei è la mia amica Allison!"
"Ciao anche a te, Allison! Benvenute, accomodatevi. Mamma fra poco servirà il pranzo per mezza riserva!"

Anche Sue rise.

"A proposito. Dov'è il resto della ciurma? Mi pare strano che non si siano ancora fiondati in cucina..."
"Arriveranno tra poco Sue. Sta' tranquilla. Fossi in te non sarei così ansiosa di trovarmeli tra i piedi"

Trovai che l'occhiata con cui la moglie di Harry ricambiò le parole di Jacob fosse piuttosto eloquente. Sì, quello era l'aggettivo adatto. Anche se, francamente, stentavo a comprendere cosa avesse mai voluto dirgli.

"Beh, allora io finisco di apparecchiare la tavola. Ok?"
"L'aiuto, Sue"

Allison, da sempre perfetta donna di casa, si lanciò immediatamente all'assalto della cucina assieme alla signora Clearwater e poichè Seth pareva piuttosto d'improvviso impegnato con mio padre e Billy nell'organizzare una battuta di pesca, mi parve chiaro che la restante parte di tempo che ci divideva dal pranzo l'avrei impegnata assieme a Jacob Black.
Sbuffai.

"Ti secca stare da sola con me, Bella?" - Rise Jacob sotto i baffi, fingendo di ripulirsi il jeans.

"No."
"No?"
"No."
"Strano. Si direbbe il contrario."
"Mh."
"Ti va di fare un giro per la riserva?"

Incrociando le braccia al petto lo guardai con la coda dell'occhio. Forse camminare mi avrebbe aiutato a sciogliere la tensione.

"D'accordo."



*



Fuori casa Clearwater le nuvole ricominciavano ad addensarsi ma non c'era ancora minaccia di pioggia.
Gli alberi intorno la riserva schermavano la luce e tuttavia passeggiare sul terreno umido aveva il suo lato gradevole: l'odore di muschio selvatico arrivava forte alle narici, impregnava l'aria e riempiva i polmoni.
Mi piaceva.

Continuavo a tenere le braccia conserte e neanche me ne resi conto.

"Sei arrabbiata?"
"Uh?" - Feci svogliatamente. Ero sovrappensiero.
"Si capisce da come tieni le braccia sul petto. Sei sulla difensiva."

Perspicace.
Oh, avanti! Era inutile girarci attorno per cui sbottai:

"Che ne sai tu dei Cullen?! Che significa quello che hai detto l'altra volta?"
"Ah" - Rispose continuandomi a camminare di fianco, lentamente - "E' quello il problema. Siamo già a questo punto.."
"Quale punto?"
"Al punto che se ti toccano i Cullen ti irriti. Bene."

Mordeva il labbro inferiore, nervoso.

"Qual è il problema? Perchè non ti piacciono i Cullen? E soprattutto, come li conosci? Non li ha praticamente visti ancora nessuno in città!"
"Non dovrebbero neanche starci qui in città, Bella! Vuoi sapere come li conosco?"

Lo guardai perplessa, annuendo.

"Conosci le leggende della tribù Quileute?"

Leggende Quileute? Cosa c'entravano adesso con i Cullen?
Si aspettava forse che credessi a quattro stupide, antiche storielle?

"Senti Jacob, se stai cercando di..."
"Shhhh! Per piacere, ascolta!"- Mi intimò - "I Cullen erano menzionati già nei vecchi racconti tramandati dai miei avi!"

Lo guardai con la stessa espressione con la quale si può guardare un pazzo.
Ma lui non mi badò.

"Il mio bisnonno, Ephraim Black.." - Continuò, noncurante - "..stipulò con la famiglia Cullen un patto che prevedeva il loro definitivo allontanamento da Forks. E sto parlando di molti anni fa. Neanche tuo padre era nato, all'epoca."

Mi bloccai. Le gambe non rispondevano al volere della mente.
Non riuscivo a fare neanche un piccolo passettino in avanti.
Jake sembrava cos' irrimediabilmente sicuro. E risoluto. Istintivamente cominciai a credergli.

Lo guardai con occhi sgranati.

"Tu..."
"Bella, io so tutto dei Cullen. TUTTO." - Marcò molto l'ultima parola. - "Il mio bisnonno chiamava i Cullen e tutti quelli della loro razza i "freddi". Non dovrei neanche parlartene, queste sono faccende che riguardano esclusivamente la nostra tribù, ma Charlie è un amico di famiglia e tu sei sua figlia. Noi Quileute abbiamo il dovere di proteggere il nostro territorio e le persone che ne fanno parte. Ed io ho a cuore la tua salvaguardia. E' assolutamente necessario che tu conosca il pericolo cui stai andando così felicemente incontro."
"Ma loro sono pacifici, Jake! Non farebbero mai del male a nessuno..." - Esclamai apertamente.
"E' vero. Devo ammetterlo, seppur a malincuore. I Cullen sono succhiasangue innocui. Molto più pericolosi sono viceversa i loro amici che vanno in giro per Forks e dintorni seminando vittime come se nulla fosse."
"Tu ...tu dunque sai anche..."
"Sì Bella. In quanto custodi del territorio noi Quileute siamo a conoscenza di tutto, come ti ho già detto prima." - Mi rimproverò. - "In ogni caso, veglieremo su di te. E su ogni buon cittadino di Forks che possa ritrovarsi nella trappola di quei dannati succhiasangue..."
"Ma non potete!" - Sbraitai. - "Non ce la farete mai! Sono troppo forti ...e veloci! Io...io li ho visti!"

Mi sorrise, sornione ed eloquente, senza guardarmi negli occhi.

"Sottovaluti le nostre capacità. O semplicemente non le conosci. Noi Quileute possiamo molto più di quanto tu creda."

Il senso delle sue parole mi sfuggì. Come molte altre cose negli ultimi tempi.
Probabilmente stavo guardando Jake a bocca aperta e neanche me ne resi conto, giacché egli stesso, molto comicamente, pose una mano sotto il mio mento costringendo la mascella ad un movimento di chiusura.
Deglutii.

Il vento si alzò più forte intorno a noi. Dalla notte precedente non aveva accennato minimamente a calmarsi.
Mi strinsi nella giacca e Jacob mi guardò.

"Rientriamo Bella. Comincia a fare davvero freddo, non possiamo stare qui fuori. E scommetto che sarà tutto pronto, ormai è ora di pranzo."

"Ma io..."
"Vorresti saperne di più, me ne rendo conto. Ma non posso, Isabella. Mi sono già sbottonato troppo. Ti prego soltanto di far tesoro di quel che ti ho raccontato e stare attenta per il futuro. Non chiedermi altro, non posso accennarti di più."


Annuii senza parlare. Ero ancora troppo sconvolta per articolare lucidamente frasi di senso compiuto o per insistere apertamente tanto più che la risolutezza con la quale Jake aveva parlato aveva decisamente chiarito il concetto di "non chiedermelo mai più".

In definitiva, mi sentivo come l'ultima stupida a cui avevano deciso di raccontare il bel segreto.


Jacob mi sospinse meccanicamente verso casa Clearwater tenendo entrambe le mani sulle mie spalle. Irradiavano un calore quasi sovrumano, estremamente piacevole.
Io, dal canto mio, mi muovevo soltanto perchè sospinta da lui. Difficilmente sarei riuscita a far qualcosa di mia spontanea volontà, in quel momento.

Prima che rientrassimo, tuttavia, Jake si fermò di colpo, bloccando anche me.

"Bella. Volevo dirti che....Beh, ecco...Sappi che Edward non è più quello di un tempo."

Edward? Come poteva adesso sapere anche di Edward?

"Non è più la stessa persona che ricordi tu. Di prego di tenerlo bene a mente." - Sospirò infine prima che io potessi aprir bocca, scomparendo  dietro la porta d'ingresso.


*

Rientrai in casa di Sue ancora frastornata.
E la mia confusione non migliorò di certo davanti ad una ciurma di ragazzoni enormi, chiassosi e dai caratteristici tratti indiani, ammassati direttamente tra il divano del salotto e le sedie in prossimità del tavolo da pranzo.
Mio padre e Billy si trastullavano tranquillamente in mezzo alla comitiva e non sembravano assolutamente a disagio.

Gli amici diJacob - perchè tali dovevano essere - erano piuttosto ciarlieri, sorridenti e confusionari: si lanciavano addosso pallottole di carta e sbraitavano per la fame. Mi parvero simpatici, nonostante tutto.

Il più alto e ben messo, probabilmente anche il più adulto tra loro, era l'unico ad avere uno sguardo più serio e decisamente imponente. Mi metteva soggezione.
Se ne stava seduto sul bracciolo della poltrona, cingendo per la vita una ragazza minuta, almeno rispetto alla sua stazza, dai lunghi capelli neri e la pelle ramata.
Presubilmente doveva trattarsi della sua fidanzata.
Vista di profilo, appariva bellissima con quelle labbra carnose appena dischiuse e le lunghe ciglia scure leggermente abbassate.
Ma quando si voltò nella nostra direzione, per darci il benvenuto, rabbrividii: metà del suo bel volto era orribilmente sfregiato da tre lunghe cicatrici oblique che si stagliavano dalla fronte al collo delicato.

"Sam! Emily! Ci siete anche voi!" - Esclamò Jacob alle mie spalle, sorridendo. Non pareva impressionato.
"Ehy, Jake. Ciao" - La ragazza, Emily, abbracciò Jacob con trasporto. Sembrava volergli davvero bene.
"Non speravo di vedervi qui..."
"Sue ha insistito...E poi ci faceva davvero piacere..."
"Avete fatto bene..."

Un grugnito ci raggiunse dalla porta.
Leah.
In tutta onestà sembrava che non gradisse la presenza di nessuno di noi.

"Bella?  Vieni qui."
"Uh...?"

Mi mossi lentamente. Le immagini dei presenti, nella stanza, mi scorrevano davanti confusamente, a scatti, tanto ero frastornata. Faticavo nel mettere insieme i miei pensieri e ciò che la mente catturava dal mondo di fuori.

Jacob mi tese la mano, aiutandomi a muovere più facilmente.

"Bella, ti presento Sam Uley. E' come un fratello per me..."

"Piacere Sam.."
"Ciao, Bella."

"...Mentre lei" - Continuò Jake - "E' Emily Young. Emily è cugina di Leah e Seth."
"Oh...Salve, Emily." - Mormorai evitando di prestare troppa attenzione alle sue cicatrici. Non volevo certo metterla in imbarazzo.
"Ciao Bella, benvenuta alla riserva. E' un piacere per tutti noi fare la conoscenza della figlia del capo Swan"

Le sue belle labbra carnose si aprirono in un sorriso così sincero e luminoso che fu impossibile non concentrarmi su di esso totalmente. Le ferite passarono in secondo piano.
Emily, così gentile e solare, somigliava molto più a Sue di quanto non fosse per Leah che se ne stava ancora, scontrosa e solitaria, in un angolo della casa, presso la finestra, guardando fuori con sguardo accigliato. Non riuscivo a comprendere cosa la irritasse ma era evidente che la compagnia di qualcuno tra noi (e presumibilmente in questo "qualcuno" ero compresa anch'io, visto il benevenuto che mi aveva riservato) le provocasse irrimediabilmente disagio e tensione.

Benché mi dispiacesse pensarlo decisi che avrei tenuto Leah Clearwater sufficientemente a distanza per il resto del pranzo.

Dalla cucina udimmo un frastuono di pentole e stoviglie.

Allison fece finalmente il suo ingresso in salotto recando tra le mani il primo piatto di portata. Avevo uno sguardo tanto fiero che sembrava quasi mostrasse un trofeo piuttosto che un vassoio ricolmo di cibo. Era piuttosto comica. Dietro di lei veniva Sue, sorridendo.

"Questa ragazza è un portento in cucina, Bella!"

Sorrisi anch'io, in procinto di risponderle orgogliosa, quando un fastidioso rumore di vetro in frantumi mi costrinse a guardarmi dietro.

Uno dei ragazzoni di cui ancora ignoravo il nome, aveva lasciato cadere in terra il bicchiere dal quale stava bevendo la sua Coca Cola.
Il liquido si allargò sul tappeto in una macchia scura, difficile da ripulire.
Ma non parve curarsene particolarmente.
Mentre i presenti lo guardavano perplessi, lui se ne stava fermo ed impalato, a bocca aperta, fissando un punto di fronte a sè.

Non comprendevo sinceramente il perchè di tanta sorpresa: non c'era nulla di strano in quella stanza.
Seguendo però, con lo sguardo, la direzione puntata dal ragazzone, scoprii divertita che conduceva direttamente a quella porzione del salotto dove si affaccendava Allison, incurante del trambusto che aveva provocato.

"Un colpo di fulmine con i fiocchi" - Pensai sorridendo.

Non avevo mai visto nessuno guardare con altrettanto trasporto una persona. Forse soltanto Edward nei momenti migliori del nostro amore.

Alle mie spalle sentii Jacob ridacchiare.

"Ok Sam. E' andato pure Embry, adesso sì che siamo a posto!"





Angolo dell'autrice:

Buondì mie giovani e splendide lettrici!
Come va?
Dunque.....Ecco qui il nuovo capitolo....Sdoppiato perchè è piuttosto lungo e non mi andava di mettere tutto in un'unica sezione...Come avrete potuto leggere, abbiamo un bel po' di notiziuole..Partendo dalla semi - verità che Jacob rifila a Bella arrivando fino all'imprinting di Embry con Allison (ed a dir la verità, Allison non c'ha capito niente! Manco se n'è accorta! XD).
Perchè proprio Embry, direte voi...A dir la verità sono stata combattuta per molto tempo fra Paul (sì, lo so che Paul ha l'imprinting con Rachel, la sorella di Jake, ma volevo dare un po' di pepe alla storia ^^) e proprio Embry che mi pare sia l'unico, forse, a non subire imprinting nella storia originale...Alla fine ho optato per quest'ultimo perchè preferivo non mettere troppa carne a cuocere, giacchè, prossimamente, scoprirete che che il nostro giovane indiano dovrà già vedersela con un altro pretendente...In tre erano davvero troppi, bastano due rivali in amore per Allison quindi, vada per Embry Call! ;)
Che altro dirvi? Spero ovviamente che il capitolo vi sia piaciuto....Benchè non ci sia molta azione qualche colpo di scena c'è per cui...Confido nel vostro gradimento!
Grazie mille per le scorse recensioni....Erano commoventi! Tra poco, tra l'altro, passerò a rispondervi... Non immaginavo vi sarebbe piaciuto tanto il "ritrovamento" tra Edward e Bella, mi avete colta di sorpresa! Ovviamente i guai non sono finiti qui, Victoria tornerà, Keira pure, con i lupi la situazione non sarà per niente facile però...Per adesso sono uniti di nuovo! Tra l'altro vi posso annunciare altri dolcissimi incontri tra i due, a breve!
Ringraziandovi ancora, mando un bacio a tutte voi!

MaTiSsE!





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Capitolo 19
*** Amori eterni, amori a prima vista, pt. 2 ***


nuovissima 19
CAPITOLO 18
Amori Eterni, Amori A Prima Vista - Parte II -












Si trattò del pranzo più imbarazzante cui avessi mai preso parte.
Partendo dal presupposto che i membri della riserva mi erano tutti più o meno sconosciuti - e già di per sè questo sarebbe bastato a farmi stare sulla difensiva per buona parte della giornata - c'era anche da dire che nessuno, a parte forse Sue ed Emily, aveva cercato di mettermi a mio agio.

Per tutto il tempo del pranzo mi ero sentita addosso lo sguardo irato e diffidente di Leah Clearwater e nell'unica occasione in cui avevo avuto il coraggio di alzare gli occhi a mia volta, incontrando i suoi, mi ero sentiva letteralmente avvampare.
Non saprei definirlo altrimenti: Leah aveva l'aria di chi mi avrebbe uccisa più che volentieri.
Non era per niente una sensazione piacevole, ovviamente.

Dall'altro capo della tavola, anche Jacob mi lanciava occhiatine continue: talvolta ridacchiando, preda di chissà quali buffi pensieri, altre volte contemplandomi in silenzio, con profonda serietà.
Le sue attenzioni mi erano meno sgradite di quelle di Leah ma in ogni caso mi mettevano in profondo imbarazzo.

"Perchè non ti occupi della tua amica invece di badare a me, dannazione..." - Bofonchiai tra me e me. Mi sentivo troppo osservata e francamente la situazione cominciava a seccarmi a sufficienza.

Allison, poveretta, non se la cavava meglio della sottoscritta.
Dal primo istante, infatti, in cui Embry Call aveva incontrato la mia buffa amica dai capelli rossi non le aveva più tolto gli occhi di dosso.
 
Ogni qualvolta lo osservassi, lo scoprivo a  guardarla insistentemente ed indiscutibilmente rapito, come se il mondo intorno a lui non avesse più senso.

Come se il mondo intorno a lui fosse soltanto Allison, e nient'altro.

La fiamma di amore e passione che gli leggevo negli occhi era tanto intensa ed audace da spaventarmi.

"Mio Dio, ma non è che questo qui è una specie di maniaco?"

Cominciavo a preoccuparmi per l'incolumità della mia amica: non era sana tutta quella morbosa, improvvisa insistenza con cui Embry la osservava da lontano. Cielo, si conoscevano da poco più di due ore!
Certo, a sua discolpa c'era da dire che non aveva alzato un solo dito per toccarla, neanche aveva provato a presentarsi o a parlarci.
Ma il suo atteggiamento, in ogni caso, non mi convinceva.

Allison tentava di badarci poco. Sapevo che si sentisse in imbarazzo più di quanto non volesse mostrare: lo percepivo dalla sfumatura rossa delle guance, da quel modo rapido con cui muoveva le mani, dall'insistenza con cui si toccava i capelli, portandoseli di lato. In ogni caso tentava di sembrare quanto più normale ed a suo agio possibile, forse per non mettere, a sua volta, in imbarazzo i presenti, ma era piuttosto chiaro che avesse percepito il particolare interesse che quello strampalato ragazzo indiano mostrava senza ritegno nei suoi confronti.

La parte peggiore - o forse la più comica - dell'intero pranzo fu quando Charlie, ringraziando tutti i presenti per l'ottimo cibo offerto, invitò a me ed Allison a prepararci per tornare a casa.

"Domani Allison deve partire. Torna a Vancouver ed avrà ancora molte cose da sistemare prima di andare via..." - Tentò di spiegare per non risultare scortese nell'alzarsi di tavola così improvvisamente.


Il concetto di "partenza", tuttavia, doveva risultare quantomeno poco accetto all'interno della tribù Quileute giacché un mormorio sommesso si alzò nel medesimo istante in cui mio padre annunciava l'imminente allontanamento di Ally da Forks.
Mi pareva che tutti i chiassosi presenti, fatta eccezione per Sam ed Emily che avevano di per sè mantenuto la propria serietà e compostezza e per Leah che non avrebbe sorriso o chiacchierato neanche a peso d'oro, fossero decisamente sconvolti. Al minimo sorpresi.

Fortunatamente Sue era una donna assennata e riportò immediatamente tutti all'ordine.

Tuttavia una reazione mi preoccupò inevitabilmente: quella del povero Embry che, bianco come un cencio, si alzò rapido, come colpito da una scossa elettrica molto forte, per poi riaccasciarsi piuttosto comicamente sulla propria sedia.

"Pa...partenza....Come, partenza?" - Mormorò perplesso. L'amico che gli stava di fianco, mi pare si chiamasse Paul, tentò di consolarlo battendogli la mano sulla spalla.


Mi voltai in direzione di Allison, guardandola ad occhi sgranati.
Mi rispose scuotendo la testa.

"Non chiedermi niente Bella...Ne capisco quanto te!" - Sussurrò.

"Se avessi saputo cosa ci aspettava col cavolo che seguivo mio padre qui oggi, Ally... Tranquilla, adesso ci volatilizziamo." - Convenni.

"Ehm....papà?" - Richiamai mio padre tirandolo per un lembo del maglione.
"Sì?"
"Andiamo? Ally ha davvero molto da fare."
"Sì, sì...certo piccola. E' ora. Beh..." - Si rivolse a Billy Black - "Allora amico, ci si vede...Dobbiamo proprio andare, adesso."
"Aspetta. Vi accompagno alla porta."

A breve distanza da noi, qualcuno traeva un sospiro di sollievo.
Mi voltai per incontrare gli occhi di Leah. Era decisamente felice di saperci in procinto di andar via da casa sua.

"Sue, grazie mille per il pranzo. Eccellente come sempre." - Esclamò mio padre, nel frattempo.
"Grazie a te Charlie per essere venuto. E' stato un piacere avervi ospiti in casa mia. E scusate i ragazzi, sono ancora giovani e molto irruenti."

Sue mi rivolse un'occhiata eloquente ed io ricambiai accennando un sorriso.


"Ci si vede Bella. Allison, spero tornerai presto a Forks." - Jacob ci raggiunse, rivolgendo un sorriso luminoso sia ad Ally che a me. Sembrava aver dimenticato tutto ciò che mi aveva raccontato in mattinata e la reazione di disappunto e sconcerto che ne era scaturita. Mi sforzai di ricambiare il saluto; fortunatamente Allison fu più pronta e decisamente più cordiale di me.
"Faremo del nostro meglio, Jake." - Gli strizzò l'occhio, sorridente - "Grazie mille per tutto."

Ancora salutavamo Billy sulla porta, ormai in procinto di avviarci verso l'auto, quando udimmo dei passi concitati alle nostre spalle: qualcuno ci stava raggiungendo correndo veloce sul terreno ormai impregnato di pioggia.

Embry.

Ci raggiunse in poche falcate. Ci voltammo di scatto, consci della presenza di qualcuno alle nostre spalle, ed Allison si bloccò trovandosi il ragazzo ad un palmo dal suo viso.

"Io...."
"Ti prego, non dire nulla. Io sono Embry, Allison. Embry Call." - Sillabò sforzandosi di mantenere un piglio sicuro. Ovviamente non gli riuscì, era piuttosto evidente che gli costasse una notevole fatica parlare con lei.- "Non ho avuto modo di presentarmi sinora e mi dispiace molto perchè avrei desiderato parlarti un po' prima. Probabilmente mi prenderai per pazzo ma dovevo dirtelo....Ecco...io spero che...spero davvero di cuore che tornerai  ...qui. Presto."

Era evidente che volesse dire "spero che tornerai da me il prima possibile".

Allison, d'improvviso, ricambiò intensamente il suo sguardo, l'azzurro dei suoi occhi perso nel caldo color cioccolata degli occhi di Embry. Sembrava quasi che lo vedesse realmente per la prima volta soltanto ora.

Io e mio padre ci scambiammo un'occhiata perplessa.
Charlie balbettò anche qualcosa di poco comprensibile prima di fare spallucce.

In tutta onestà, si trattava della scena più surreale cui mi fosse mai capitato di assistere. E, nonostante tutto, non mi veniva certo da ridere. Tutto ciò che stava accadendo aveva un tono infinitamente dolce e così carico di sentimento che, a dirla tutta, mi venivano le lacrime agli occhi.

Ally trasse un lungo sospiro prima di parlare.

"Tornerò. Non aver dubbi. Tornerò il prima possibile, Embry." - Assentì dolcemente.

Embry le sorrise, allora.
E quel sorriso era tanto caldo e luminoso che avrebbe sciolto anche il cuore più duro e crudele.


*

Per tutto il resto della giornata, Allison non nominò mai Embry, non accennò a quello strano colloquio fuori casa Clearwater nè ad alcun particolare che riguardasse il nostro pranzo di Santo Stefano o la riserva dei Quileute in generale. Compresi l'antifona e non feci domande. Generalmente Ally era un tipo ciarliero e per niente riservato. Se le avesse fatto piacere discutere degli eventi strampalati di cui si era resa protagonista, suo malgrado, l'avrebbe fatto da sola. Ma se non aveva provveduto autonomamente a parlarne ciò voleva dire che c'era qualcosa che la turbava e preferiva metabolizzarla da sola prima di esternarla.

La lasciai fare: anche io, al posto suo, sarei stata profondamente turbata.

Mi limitai ad osservare la maschera imperturbabile di distacco e falsa serenità che aveva indossato. Ripiegava maglioni e camicie, infilando tutto in valigia con calma e compostezza, mantenendo un leggerissimo sorriso sulle labbra e muovendosi lentamente e sapevo che in realtà sentiva di sprofondare.
Non era la Ally di sempre: Allison Rogers che conoscevo io avrebbe messo tutto a soqquadro, preparando la valigia più disordinata mai vista prima e riempendomi la testa di chiacchiere e battute scherzose.
La conoscevo fin troppo bene per non comprendere qualche fosse il problema: alla perplessità per gli eventi inspiegabili che le erano toccati al mattino si accompagnava anche la malinconica di lasciare Forks e casa mia. Sapevo che, per molti versi, considerava me e mio padre come la sua nuova, particolarissima "famiglia" benché il termine potesse risultare improprio dopo così pochi mesi di conoscenza. Eppure si trattava dello stesso sentimento che sia io che Charlie nutrivamo nei suoi confronti: era impossibile non volerle bene e non legarsi a lei, seppur in così poco tempo.


Il mattino dopo, di buon'ora, mio padre accompagnò Ally a prendere l'autobus che l'avrebbe condotta sino ad Aberdeen. Da lì, il primo treno utile l'avrebbe portata nei pressi di Vancouver, di nuovo in quell'istituto che odiava. Di nuovo lontana da me.
Mi aveva praticamente costretta, con modi poco gentile, a non unirmi a loro per la partenza giacché questo avrebbe significato un'alzataccia,  intorno alle cinque del mattino. Avevo faticato non poco nel perorare la mia causa, gracchiando con voce sommessa tutto il mio disappunto: volevo essere l'ultima a salutarla, prima che lasciasse Forks. Ma si mostrò irremovibile.

"Non se ne fa nulla, Swan. Sono decisamente più contenta se resti a casa a dormire. Ti ho vista passare troppe notti insonni ed adesso che finalmente sei più serena voglio che tu ti goda il meritato riposo." - Poi aveva aggiunto, sorridendo:
"Tornerò presto. Sta' tranquilla."

Alla fine, mi ero arresa. Il suo sorriso disarmante mi aveva spiazzata e, paradossalmente, quasi soggiogata al suo volere.
Sapevo inoltre che, se avessi realmente puntato la sveglia a quell'ora, si sarebbe arrabbiata e non potevo permetterlo. Per cui mandai giù il mio disappunto con notevole sforzo e tentai di non mostrarle quanto fossi triste per la sua partenza. Già non era di buon umore di per sè, non potevo mettermici certo anche io a rincarare la dose.

Il mattino della partenza di Allison mi svegliai comunque molto presto. 
Ne fui conscia anche senza guardare l'orologio perchè in sottofondo sentivo cantare il gallo della signora Carson: la nostra vicina aveva un passione smodata per animali da pollaio che faticavo onestamente a comprendere.
La stanza era avvolta nella penombra. Nonostante la consapevolezza che Allison fosse andata via riuscivo a non sentirmi malinconica, al contrario: una profonda sensazione di serenità mi attraversava da parte a parte.
Sorrisi leggermente stiracchiandomi e poi mi bloccai quando mi resi conto che nel letto, con me, c'era qualcun altro. E non poteva trattarsi di Allison. Ne ero certa perchè avvertivo un peso sospingere l'altro lato del materasso verso il basso.
Mi venne la pelle d'oca quando avvertii una piacevole sensazione di freddo sprigionarsi dal collo sino all'avambraccio.

"Buongiorno, tesoro."

Edward.

Sorrisi apertamente prima di rigirarmi tra quelle braccia fredde che mi cingevano la vita. Incontrai il miracolo del suo volto bellissimo e mi sentii la donna più fortunata e felice a questo mondo. Non c'erano più dubbi, timori o paure ma soltanto due meravigliosi occhi color oro in cui specchiarsi.

"Ehi....ciao..."
"Ti ho spaventata?"

Scossi la testa.

"Stai scherzando? Non potevi darmi buongiorno migliore."
"Addirittura?" - Alzò un sopracciglio.

"Come hai fatto ad entrare?"
"Dalla finestra. Ovviamente."
"Finestra?" - Mi drizzai a sedere, senza sciogliermi dalla sua presa.
"Sì. E' semplice. Basta saltare." - Strizzò l'occhio e poi mi rivolse quel sorriso sghembo che mi era tanto familiare. Rivederlo, dopo anni, mi strinse il cuore in una morsa di gioia e struggente malinconia.
"Oh, Edward!" - Lo abbracciai d'impeto, dimenticando che, adesso, si trattasse di un vampiro.

Ricambiò lentamente il mio gesto e poi mi scostò un poco.

"Ehm...Bella..."
"Scusami, scusami! Immagino che sia difficile per te sopportare il mio odore, adesso..."
"Beh, sarei bugiardo se ti dicessi di no..." - Mormorò ad occhi chiusi. - "Ma in compenso posso assicurarti che hai il più buon profumo del mondo..." - Confessò. Quando riaprì gli occhi le pupille dorate erano screziate di nero. Le pagliuzze, tuttavia, andavano diradandosi e scomparendo di minuto in minuto.

Cominciavo a comprendere un po' meglio le dinamiche della sua nuova natura di vampiro. I suoi occhi dovevano cambiare di colore quando aveva fame o, perlomeno, quando veniva tentato dall'odore del sangue.
Deglutii.
Sembrò non badare al mio silenzio. I miei pensieri, del resto, restavano per lui oscuri, come mi aveva confessato la stessa Alice. Sotto un certo punto di vista lo considerai un bene, preferivo non scoprisse che diversi aspetti della nuova creatura in cui si era trasformato ancora mi impressionassero così facilmente.

"Ho aspettato che tuo padre ed Allison uscissero di casa. Così la tua amica è andata via?"
Già..." - Risposi quasi sussurrando. Abbassai gli occhi sulle lenzuola, improvvisamente triste.
"Ehy, Bella..." - Mi alzò il mento con due dita, molto dolcemente.- "Non essere malinconica. La rivedrai presto, ne sono certo."

Assentii.

"Che ore sono?"
"Manca un quarto d'ora alle sette."
"Ed il gallo qui fuori canta ancora?" - Esclamai in risposta al "chicchiricchì " assordante che veniva dall'esterno - "E' detestabile!"
"Beh sì...Mi dispiace, non vado a caccia di galli...Altrimenti avrei risolto il tuo problema piuttosto facilmente!" - Scherzò.

Sbuffai, agguantando il cuscino e ficcandoci la testa sotto.
Edward rise di gusto, scostandolo.

"Signorina Swan? E' permesso?"
"Sì..." - Mormorai felice. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito.
"Adesso che sei da sola passerò più spesso a trovarti. Ti spiace?"
"Assolutamente no..."
"Bene..." - Sfiorò la mia guancia con il suo dito gelido ed io mi sentii avvampare. Non poteva essere il 28 di Dicembre. Avevo troppo caldo.

"Bella. Calmati per piacere. Il cuore sta per scoppiarti.."
"Certo...Non è sano per le mie carotidi."
"Nè per la mia sanità mentale..."
"Ops!"

Attesi qualche istante di silenzio prima di parlare.

"Come mai qui, Edward?"
"Volevo rivederti...Ieri non ne abbiamo avuto la possibilità..."
"Sì. Siamo stati invitati per pranzo alla riserva. Sono amici di mio padre e non potevamo rifiutarci..." - Avvertii i muscoli del suo braccio contrarsi sotto le mie mani.
"Edward? Calma....Posso assicurarti che non provo molta simpatia nei loro confronti. Non sarai geloso?" - Lo stuzzicai.
"Stupidina!" - Rispose ridendo, toccandomi la fronte con l'indice.
"I Quileute sanno tutto di voi." - Commentai improvvisamente, lapidaria.

Si irrigidì nuovamente.

"Come lo sai?"
"Me l'ha detto Jacob, il figlio di Billy Black. Te lo ricordi?"
"Fin troppo bene." - Serrò le mascelle - "Cosa ti ha detto, di preciso?"
"Che il  nome Cullen compariva già nelle antiche leggende Quileute  e che il suo bisnonno scacciò la tua famiglia da Forks molti anni fa. Più o meno era questo il succo del suo discorso."
"E ti ha detto altro?"
"Soltanto che ha cuore la mia incolumità e che preferirebbe sapermi lontana da voi. Perchè, avrebbe dovuto riferirmi altro?"
"No, nulla. Piuttosto avrebbe dovuto farsi gli affari suoi."
"Edward, lascia stare. Non arrabbiarti. Ovviamente le sue parole non contano nulla per me."
"Non è questo, Bella. Mi infastidisce che uno sconosciuto qualunque si intrometta, senza che gli venga chiesto, nel rapporto tra me e la mia ragazza..."

Sussultai al suono dolcissimo di quelle parole.

Ragazza. La sua ragazza.

"La tua...."
"Ragazza, già. O preferisci fidanzata? Pensavo fosse troppo serio ed ufficiale per te..."
"Ra...ragazza va benissimo..." - Mormorai.
"Beh, pensavo che l'avessi capito....Adesso che le cose stanno cominciando ad ingranare nuovamente tra noi, non ho alcun motivo valido per non considerarti di nuovo la mia ragazza....Per me non è mai cambiato nulla, Bella. Quel che è accaduto è stata solo un'interruzione involontaria ma io ti amo quanto e più di prima e se tu vuoi..."
"Sì..." - Sussurrai prima che finisse di parlare. Gli occhi mi luccicavano.
"Oh bene...." - Mormorò compiaciuto - "In tal caso...Vorrei fare una cosa, se me lo consenti..."

Annuii.
Puoi fare tutto quel che ti pare con me, Edward Cullen.

"Però non devi muoverti...."

Mi bloccai. E non certo perchè me l'aveva imposto. Più che altro si trattò di un moto incontrollato del corpo quando mi resi conto di quel che Edward voleva fare.

Baciarmi.

Vidi il suo volto avvicinarsi lentamente al mio. Così lentamente che mi parve di assistere alla scena di un film mandata a rallentatore.
Piano, la mano che teneva poggiata sul mio braccio risalì lungo la spalla ed il collo, sino alla mia guancia ormai bollente per la gioia e l'imbarazzo.

Le sue labbra si fecero più vicine.
Fremetti.

"Ferma....Non ti muovere...."

Gli diedi ascolto. Chiusi gli occhi e dopo un istante avvertii, sulle labbra, il sapore meraviglioso di quella bocca carnosa. Liscia e di ghiaccio.
Avvampai.
Il cuore perse un battito ed un fiume di sangue si riversò dalle estremità alla testa. Avevo il capogiro.

I ricordi dei nostri baci passati erano fotografie sfocate di momenti lontani al confronto di quel nuovo bacio di cui mi stava facendo dono.
Improvvisamente non badai più al suo avvertimento, ormai troppo presa da della foga del momento: mi strinsi a lui, contornandone il viso con le mie mani. Di rimando, mi abbracciò più forte, senza farmi male.
Percepii la meravigliosa sensazione delle sue labbra lisce sulle quali si modellava la mia bocca e di quella lingua che, timida, si muoveva cercando la mia e credetti di impazzire.

Ero certa che avrei potuto perdere i sensi da un momento all'altro per l'emozione.
Ma Edward non me lo consentì.

Soltanto pochi istanti ancora e si staccò da me, ansante.
Come se l'ossigeno fosse stato realmente necessario per lui.

"Bella...dovremmo...fermarci...Sì, dovremmo..."

Frastornata, alzai a stento il mio sguardo su di lui.
Dovevo essere rossa come un peperone. Ne ero quasi certa. Beh, non m'interessava.
"Edward..."

Nei suoi occhi, di nuovo quelle pagliuzze nere ormai familiari. Adesso era tutto chiaro.
Gli sorrisi, per non metterlo in imbarazzo, e gli carezzai una guancia.

"Ti faccio venire fame, signor Cullen?"
"Scusami..."
"Non c'è nulla di cui scusarti..."
"Ti amo, Isabella Swan. Mia piccola, fragile Isabella. Anche se sono un mostro, ormai, il mio amore per te è immutato.."
"Non sei affatto un mostro. E ti amo anche io, Edward Cullen.."

Mi sorrise di rimando. Gli occhi di nuovo color dell'oro fuso.

"Sta tornando Charlie. Devo andare."

Nel vialetto in fondo a casa, un rumore d'auto familiare.
Era vero: mio padre stava per rincasare.

Edward si alzò dal letto, riluttante nell'abbandonarmi e stringendomi la mano possessivo prima di avviarsi alla finestra.
Neanche io avrei voluto vederlo andar via ma il dolce ricordo di quel bacio mi avrebbe aiutato a sopportare più facilmente il tempo che mi divideva dal nostro prossimo incontro.

"Edward?" - Lo richiamai, prima di vederlo balzare dalla finestra.
"Sì?" - Mi guardò, perplesso.
"Se volessi mangiarmi comunque....puoi farlo tranquillamente!" - Esclamai ridendo e sperando cogliesse la battuta.
"Stupida che sei!" - Rispose a sua volta, ma rideva anche lui.

Dopo un istante, non c'era più.

Mi rigirai nel letto, coprendomi la testa con la trapunta, imbarazzata.
Nel buio ripensai al bacio di poco prima ed avvampai nuovamente mentre sulle labbra si stagliava un sorrisino compiaciuto che sarebbe scomparso soltanto con molta insistenza.



*


Nel pomeriggio di quel 28 Dicembre mi decisi finalmente a studiare.
A Gennaio avrei dovuto dare i primi esami e, francamente, mi sentivo del tutto impreparata. Totalmente immersa nel sovrannaturale ed, adesso, anche nella mia ritrovata storia d'amore, avevo finito col trascurare i miei doveri di studentessa.
Ma, tutto sommato, non mi chiesi dove fosse finita la Bella "prima della classe"; il  lontano periodo in cui una me stessa  in cui non mi riconoscevo più  era impegnata in una "full - immersion" nello studio si accompagnava al triste ricordo dei giorni bui in cui Edward era lontano da me.
Era una cosa cui non volevo pensare mai più. L'incubo era finito, sostanzialmente.
E forse, con esso, si era annientata anche quel lato studioso di me.

Ridacchiai, facendomi la linguaccia allo specchio.
Quel giorno mi trovavo indiscutibilmente più carina. Forse perchè ero così sorridente, forse perchè avevo un bel colorito rosato o perchè la gioia fa bene al cuore, all'anima ed anche all'aspetto esteriore. Fatto sta che avevo anche trovato il tempo per attorcigliarmi i capelli in una'acconciatura strampalata salvo poi constatare che la mia solita pettinatura - capelli sciolti sulle spalle, semplicemente, e vagamente arruffati - mi donasse decisamente di più.
Fortuna che quel giorno papà fosse impegnato con il lavoro, altrimenti mi avrebbe lanciato troppe occhiate indagatrici e non ero certa di avere capacità recitative tali da permettermi di sottrarmi con nonchalance al fuoco delle sue domande impertinenti.
Ovviamente non avrei dovuto mostrarmi così felice il giorno della partenza da Forks della mia più cara amica.

Mi sistemai alla mia scrivania, cercando di organizzare più rapidamente possibile gli appunti che avevo raccolto a lezione.
Di tanto in tanto controllavo il cellulare nella speranza che Allison si decidesse a darmi sue notizie ma, puntualmente, restavo delusa. Nessun messaggio, nessuna telefonata.
Tuttavia, mi diedi del tempo prima di cercarla a mia volta. Considerata l'ora improbabile in cui si era svegliata era ovviamente possibile che si fosse addormentata in treno. Ed, ovviamente, una volta giunta a destinazione, avrebbe avuto bisogno di qualche minuto per sistemarsi, prima di farsi viva.

Feci spallucce e tornai ai miei compiti.

"Oh cavolo! Nessuno appunto sul tredicesimo capitolo!" - Ricordai, con disappunto, che il giorno in cui, a lezione, il professore Morrison aveva dato spiegazioni a riguardo della trascrizione del DNA, io me ne ero rimasta placidamente chiusa in camera mia, isolata nel dolore per la rinnovata perdita di Edward. All'epoca ero all'oscuro di molte cose.

"Forse Allison mi ha lasciato qualche riassunto sull'argomento..." - Mormorai speranzosa, alzandomi e dirigendomi verso l'armadio dove tenevo, al riparo dalla mia sbadataggine, una cartellina in cui Allison aveva conservato una serie di fogli fotocopiati: si trattava di appunti scarabocchiati cui non avevo dato ancora neanche un'occhiata.

"Dove diamine....ah, eccola!" - Esclamai appena notai la cartellina rossa nel cumulo di vestiti che inondava disordinatamente il mio guardaroba. La tirai con forza, liberandola dal caos di maglioni e camicie che la sovrastava, ma dovetti metterci troppo impeto giacchè, con la cartellina, trascinai fuori  una una quantità spropositata di abiti ed una serie di altri fogli, ficcati chissà quando e chissà da chi, giusto sotto la pila informe e traballante di t - shirts.

Qualcuno di quei fogli mi svolazzò intorno prima di adagiarsi lentamente sul parquet.

Diedi un'occhiata confusa al pavimento, e poi mi inginocchiai io stessa per comprendere di cosa si trattasse realmente.

Spalancai la bocca in un moto di sorpresa.

Foto.
Erano semplici foto.

Allison, ovviamente. Soltanto lei aveva questa passione. Forse le aveva conservate nel mio armadio durante la permanenza a casa, dimenticandole poi nel momento di ripartire per Vancouver.

Ne pescai una, a caso, guardandola con attenzione, curiosa.

Una massa di capelli biondi.
Un profilo noto stagliato su un fondo nebuloso.
Quegli occhi color oro.

"Jasper ..." - Mormorai.

Era indiscutibile. Quella polaroid ritraeva il fratello adottivo di Edward.

Una data in calce.

"Juneau, 24 Settembre."

Repentina, raccolsi le altre foto sparpagliate sul pavimento.
Il soggetto era lo stesso per tutte: Jasper Cullen.

Jasper confuso nella folla di studenti del college.
Jasper a mensa, insieme ai suoi fratelli. Di lato si poteva anche notare, vagamente, il volto di Edward.
Jasper che passeggiava vago, nel giardino antistante la biblioteca.

Non erano tutte polaroid. Certe fotografie erano stampate su carta semplice ed ingrandite a tal punto che potevo facilemente riconoscere i pixel che costituivano l'immagine.

D'improvviso, ricordai. Un nostro colloquio di qualche tempo prima.



"Ehy! Cosa mi nascondi?"
"Ma niente sciocchina, cosa vuoi che ti nasconda? Sai che sono un'amante delle vecchie Polaroid...Mi piace scattare tante foto in giro, così, senza senso...E questa è una di quelle foto....Una foto....inutile."




"Adesso capisco..." - Sussurrai. - "E' letteralmente ossessionata da Jasper. Ma perchè non me l'ha mai detto?"

Ero realmente turbata. E confusa. Se Allison si sentiva tanto attratta da Jasper da finire col fotografarlo in ogni momento possibile della sua giornata, senza farsi mai scoprire, perchè non mi aveva mai accennato nulla? Come aveva potuto essere così scaltra da non far trapelare mai nessun cedimento o indizio?
Mi ripeteva all'infinito che ero la sua migliore amica. Dunque, perchè non mi aveva ritenuta degna di una tale confidenza?

Non poteva temere il mio giudizio. Non l'avrei mai accusata di nulla.

Eppure aveva lasciato tutte le foto a casa mia. Possibile che, ossessionata com'era, se ne fosse realmente dimenticata?

E Jasper, in tutto questo caos, era a conoscenza della cotta di Allison nei suoi confronti?

Seriamente, avevo mille domande cui mi risultava impossibile trovare risposta.
Mi sentii quasi tradita da Ally.

Voltai la foto che avevo in mano sul retro: in fondo alla pagina Allison aveva lasciato un appunto.

"Jasper non mangia. Mai."

Rabbrividii, sgranando gli occhi.
Che significava?
L'aveva pedinato?
Conosceva le sue abitudini? Dunque anche quelle di Edward?

D'improvviso mi sentii angosciata. Ansiosa.
Di scatto, scandagliai tutte le foto che avevo intorno a me alla ricerca di altre informazioni.

Su di una foto in cui Jazz se ne stava placidamente mano nella mano con Alice, nel cortile antistante l'edificio di Scienze della Salute, Allison aveva annotato semplicemente:

"Jasper non esce mai se c'è il sole..."


"Oh. Mio. Dio." - Sussurrai angosciata. Mi mancava l'aria.

Allison sapeva tutto. E se non sapeva, propriamente, aveva comunque compreso molte cose.

Ma fu l'ultima frase che riuscii a cogliere a raggelarmi totalmente il sangue nelle vene.

Scarabocchiata su di un foglio bianco, senza immagini, se ne stava placido ed orribile, il versetto di un vecchio romanzo.

"Tua madre ti raccomanda di riguardarti dall'assassino." - Carmilla, Joseph Sheridan Le Fanu, 1872.

Conoscevo quel racconto. Si trattava di un romanzo sui vampiri.

"Oh no. Mio Dio, NO!"

Lasciai ricadere in terra tutte le foto e, incurante di calpestarle, mi fiondai al cellulare.
Composi tremolante il numero di Allison.

"Devo parlarci. Devo parlare con te, Ally...rispondimi!"

La mia richiesta non fu esaudita.
Il cellulare di Allison risultava spento.
E così fu per tutto il resto della serata.









Angolo dell'autrice.

Buon pomeriggio, ragazze!
Come andiamo?

Dunque dunque....Lo scorso capitolo non deve esservi affatto piaciuto....:(...Fatta eccezione, infatti, per le tre lettrici che mi hanno confermato il loro gradimento, nessun altro mi ha espresso il proprio parere.
Temo che la storia cominci ad annoiarvi e mi dispiace molto :(
Purtroppo non posso cambiare radicamelmente l'assetto della storia poichè ho già tutta la trama più o meno delineata in mente però....Se credete ci sia qualche cosa che va modificata, qualche parte che non vi ritorna o non vi piace, vi prego di dirmelo...Almeno posso farmi un'idea più chiara! :)
Aspetto fiduciosa i vostri consigli....Sapete quanto sia importante, per ogni scrittrice di fanfiction, il sostegno dei propri lettori :)
In ogni caso, ringrazio sempre chiunque legga, recensisca, preferisca, ricordi e segua la mia storia...Siete tutte meravigliose! :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...

Un bacio

MaTiSsE! :)

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Capitolo 20
*** Luna ***


nuovissima 20

CAPITOLO 19
Luna
(POV EDWARD/ ALLISON)













"...E vedo te,
io e te,
niente conta in fondo..."


- Luna, Verdena (2004) -






POV EDWARD


"Bella sta per chiamarti..." - Aveva sussurrato d'improvviso mia sorella - "...C'è qualcosa che non va, Edward....E' preoccupata..."


In casa eravamo solo noi due ed i nostri genitori
quella sera.
Il resto della famiglia si era dato alla caccia.


Esme alzò lentamente il capo  dal suo perfetto lavoro di ricamo - un puttino delicato che ammiccava da un tripudio di nuvole in filo e cotone - con espressione turbata.
Io stesso guardai Alice perplesso, prima di fiondarmi al cellulare, anticipando il gesto di Isabella.

Risposi al primo squillo, trafelato. Se il mio cuore fosse stato vivo, per lo spavento, avrebbe battuto furioso nel petto.

"Bella!"
"E...Edward! Come facevi a sapere che ti....Oh, lascia perdere...Alice.."
"Sì, Alice. Dice che sei turbata. E' accaduto qualcosa?"
"Potresti venire a casa? Non preoccuparti per Charlie, non c'è. Dopo il lavoro sarebbe passato da Billy, alla riserva."
"D'accordo. Sarò da te in due minuti."

Riagganciai in tutta fretta ed indugiai per un istante soltanto sul modo che mi avrebbe consentito di recarmi più rapidamente possibile da Bella. Alla fine decisi che le mie gambe, da sole, sarebbero state più che sufficienti.

"Edward?" - Chiamò Alice prima mi precipitassi fuori casa. Udii la sua vocina ovattata nella mia mente e mi fermai soltanto un istante .

- Non so nulla, Alice. Ti avviserò più tardi!" - Urlai prima di sparire, confondendomi nel buio della foresta.

Giunsi a casa Swan entro pochi minuti e neanche per un istante mi sfiorò l'idea di utilizzare la porta d'ingresso come un comune mortale. Balzai direttamente alla finestra della camera di Bella e lo spettacolo che si offrì alla mia vista mi costrinse ad un sussulto.
Isabella se ne stava mestamente accasciata sul pavimento, nel mezzo della stanza, circondata da una serie di fotografie e fogli  bianchi sparpagliati confusamente sul parquet. Poco distante da lei  il suo cellulare giaceva orribilmente martoriato come se Isabella l'avesse scaraventato lontano in un momento di pazzia.

"Bella! Che succede?!" - Esclamai precipitandomi nella sua direzione. Non c'era niente che desiderassi di più al mondo, in quel momento, che stringerla tra le mie braccia. L'idea che potesse sentirsi triste o preoccupata per un qualsiasi motivo a me sconosciuto mi faceva impazzire, letteralmente. Certe volte non poter leggere nalla sua mente era molto più che frustrante.

Mi accomodai anch' io in terra, accanto a lei. Quasi a sorpresa mi lanciò le braccia al collo, arrancando sulle mie spalle con fatica, come se si fosse trovata a scalare una montagna dalle ripide pareti. L'aiutai facilmente. Si posizionò infine sulle mie gambe, poggiando la testolina bruna nell'incavo del collo.

Quando si  decise a guardarmi negli occhi, sussultai alla vista di quelle palpebre così gonfie, di quelle labbra piegate in una smorfia di angoscia e risentimento.

"Allison...." - Mormorò semplicemente.
"Che significa Allison, Bella? Dio Mio, parla ti prego...Sto impazzendo!"

Non rispose. Si limitò ad indicare il caos di foto sul pavimento.

"Guarda...."

Seguii con lo sguardo il suo dito indice e per un attimo la mia attenzione gravitò altrove, a quel polpastrello delicato, all'unghia così teneramente mangiucchiata. Me la immaginavo mentre, fino a poco prima del mio arrivo, si torturava le mani, preoccupata. Ansiosa.

Nonostante il momento di caos, mi sentii sollevato di fronte alla consapevolezza che pressocché nulla fosse andato perso della Bella che avevo lasciato quasi due anni prima. Era ancora la mia tenerissima piccola donna che si mangiucchiava le unghie se veniva sopraffatta dall'asia o dalla paura.
La mia piccola donna, ancora così in bilico tra le sue mostruose paure e quell' inspiegabile, ammirevole voglia di reagire.

M'investì una voglia insostenibile di cullarla dolcemente tra le mie braccia fino a farla sorridere di nuovo, felice soltanto di essere insieme a me; mi ritrovai, pertando, ad abbracciarla con nuovo impeto, lasciandole un bacio sulla guancia. Mi guardò sorpresa per un istante finché - finalmente - non notai un guizzo divertito, un lampo di fugace gioia nei suoi occhi.

"Edward....guarda, per favore..." - Mi ammonì allora, con un leggerissimo risolino sulle labbra.
Annuii questa volta e mi ritrovai, di nuovo, a contemplare le foto riversate disordinatamente sul parquet . Fu allora che mi resi conto che tutte quelle immagini ritraevano, inspiegabilmente,  mio fratello Jasper in diversi momenti della sua teatrale vita da umano.


"Che significa, Bella?" - Spalancai la bocca per la sorpresa.
"Le ha scattate Allison. Tutte quante."
"Sì, ma perchè?"

Fece spallucce.

"Credo sia innamorata di lui. Ma non è questo che mi preoccupa."

Continuai a guardare turbato Isabella mentre raccoglieva una foto a caso dal mucchio intorno a noi.

"..Piuttosto è quello che c'è scritto a terrorizzarmi.."

Terrorizzarmi?


"Edward, leggi qui..." -  La voce di nuovo leggermente incrinata.

Indicò una macchia d'inchiostro in calce ad una delle foto di Jasper.
Anche da lontano la mia vista catturò facilmente le curve delicate di una bella grafia femminile.
Allison, certamente. La calligrafia di Isabella era curata anch'essa ma decisamente meno svolazzante, più pratica ed incisiva.

"Jasper non mangia. Mai."

Aggrottai le sopracciglia. Di tutta risposta Bella indicò un'altra annotazione di Allison.

"Jasper non esce mai se c'è il sole..."


Non era l'ultima.


"Gli occhi di Jasper sono dorati. Gli occhi di tutti i Cullen sono color oro."


"Non comprendo, Isabella....Stai cercando di dirmi che Allison sa tutto di noi?"

"Temo di sì, Edward..." - Mormorò in un sospiro. - "E non so ancora come questo sia possibile. Hai mai letto il romanzo Carmilla?"
"Si tratta di un vecchio libro sui vampiri, se non erro..."
"Esatto..." - Mi sventolò davanti agli occhi un semplice foglio bianco, privo di immagini. Battendo con l'indice al centro indicò un verso scritto in corsivo. Una frase estratta dal romanzo.

"Tua madre ti raccomanda di riguardarti dall'assassino"

"E sarei io l'assassino?"
"Oh Edward! Non lo so..."
"Non avrebbe tutti i torti..." - Mugugnai stringendo i pugni. La scarsa opinione che avevo di me stesso non andava migliorando di fronte ad avvenimenti del genere. Era in casi come questo che il viso di Marta tornava istantaneamente a tormentarmi e puntualmente non riuscivo a scacciarlo: mi pareva di commettere un' ulteriore blasfemia nei suoi confronti nel tentare di cancellare, di strappare via il suo ricordo da me.
Come se potessi, poi.

"Smettila..." - Bella mi scosse dai miei pensieri, il suo tono di voce non  meno cupo del mio. Borbottò qualche rimprovero a mezza voce prima di appropriarsi del mio braccio stringendoselo intorno alla vita. L'assecondai volentieri.

"Ti sta avvertendo, Bella. Vuole metterti in guardia da noi." - Commentai, ad un certo punto - "Non so come abbia fatto, sul serio, non mi sono mai concentrato troppo sui pensieri di Allison per darti una risposta certa ma è evidente che abbia scoperto la verità sul nostro conto e voglia renderti partecipe. Forse teme per la tua incolumità."
"Ma non è possibile! Mi ha sempre incoraggiata a cercarti e chiarirmi con te!" - Protestò - " E pur ammettendo che si tratti di un avvertimento...perchè sparire così? Il suo telefono è sempre spento, non riesco a rintracciarla. Non conosco neppure il nome dell' istituto di suore dov'è cresciuta, a Vancouver e francamente comincio a credere che neanche ci sia andata sul serio."

Soppesai le sue ultime parole.

"Lo credo anche io, Bella."

Attese qualche istante, prima di parlare. Aveva il respiro corto.
Infine sbottò:

"Mi ha mentito, Edward. Per tutto questo tempo mi ha raccontato solo un mucchio di bugie. Ed io che credevo così ciecamente in lei..."

Due lacrime silenziose solcarono le guance di Isabella. Le scacciò via con un gesto rabbioso ma inutilmente giacchè altre piccole perle d'acqua salata tornarono a scivolare lungo la sua pelle delicata.
Arrossì immediatamente, come vergognandosi di quella debolezza così umana.
Io, invece, la invidiai profondamente: avrei desiderato così tanto avere ancora la possibilità di piangere se qualcosa, intorno a me, mi faceva dispiacere.

Dover trattenere tutto dentro è troppo faticoso, a volte, persino per un vampiro.

Raccolsi una lacrima con il polpastrello. Poi, come preso da un istinto inspiegabile, portai l'indice alla bocca e la saggiai.

Deliziosa. Come lei.

Bella mi guardò perplessa da dietro il fitto velo di lacrime che le scendeva nebuloso sulle belle iridi color cioccolata.
Le sorrisi, come se nulla fosse.
Poi, ne cinsi l'ovale con entrambe le mani, lasciandole un bacio sulla fronte.

"Bella. Io sono certo che Allison non ti abbia mentito. Ti vuole bene davvero. I suoi pensieri a tuo riguardo erano puri e le si leggeva negli occhi l'amore che provava nei tuoi confronti. Non so cosa sia successo, come sia arrivata alla verità e cosa voglia nasconderti. Ma stai pur certa che giungeremo ad  una conclusione. Io ti aiuterò, se me lo permetti. Vuoi, Isabella?"

Annuì piano.
 
Addolorata.
Emozionata.

Non mi persi d'animo. Mi avvicinai di più al suo viso, socchiudendo gli occhi. Fece lo stesso.

"Non temere. Risolveremo tutto. Scopriremo la verità su Allison. Distruggeremo il clan di Victoria. Risolveremo tutto" - Ripetei, come seguendo un mantra - "Andrà tutto bene...Siamo io e te. Nient'altro conta. Solo io e te..."

Il suo cuoricino da uccellino battè più forte, tenero ed irregolare. Neanche si curò delle mie parole. Non considerò il totale egoismo con il quale le stavo sussurrando all'orecchio che non m'importava del mondo intero finché lei era con me.
Era vero. La mia famiglia, la sua famiglia, i sotterfugi di Allison, il college, i membri della riserva, il clan di Victoria...cosa m'interessava di tutto questo, se in quel momento potevo stringerla tra le mie braccia e sentirla solo mia? Mia e di nessun altro.

Al diavolo tutto il resto!

Per un attimo mi cullai nella dolce illusione che anche per lei null'altro contasse oltre che noi e forse in parte era anche vero: in quel momento rappresentavo - paradossalmente - il suo unico sostegno, la sua ultima, piccola, isola felice dopo tutto il dolore che le avevo provocato.

Sentivo le sue vene pulsare sotto le mie dita gelide, ed il calore della sua carne inondarmi il viso, scaldandolo.

Fremevo. Nient'altro contava poichè lei era viva, tra le mie braccia.

Avrei trovato un rimedio a tutto.

L'avrei protetta dalle insidie del mondo, dalla brutture degli umani, dalla crudeltà dei mie simili, da me stesso.
Se era l'abbraccio di sua madre che agognava, l'avrei trascinata dalla Florida sino a Forks soltanto per lei.
Se era la compagnia della sua amica che desiderava, avrei trovato Allison sino in capo al mondo e l'avrei costretta ad essere sincera ed a chiedere perdono finchè non avessi visto di nuovo spuntare il sorriso sulle labbra di Isabella.
E fino a quel momento sarei bastato io, ed io soltanto, a renderla felice.
E serena.


Beandomi di quella consapevolezza, posai un casto bacio sulle sua labbra umide di pianto e l'abbracciai più forte.

"Non piangere, non essere triste, Isabella. Tutto andrà bene finchè saremo insieme." - Mormorai infine.



*



POV ALLISON


"...I've got to think so selfishly,
'cause you're the face inside of me..." *



Pensare egoisticamente.

Agire orribilmente.

Delle due opzioni non me ne ero lasciata sfuggire una.
Mi sentivo uno straccio.

Spensi l' iPod con un gesto rapido. Decisamente Secretly era l'ultima canzone che sarebbe dovuta capitare nella mia playlist.

Il tuo viso dentro di me..

Il volto di Bella nei miei ricordi, in quegli incubi frammentati che avevano popolato il mio sonno incostante e per nulla riposante.
Mi aveva perseguitata muovendosi su fondali nebulosi, urlandomi con quanto fiato avesse in corpo di tornare da lei, di dirle la verità.
Ed anche se era solo un parto crudele della mia mente colpevole, quella Isabella aveva comunque ragione.


Passai una mano sul viso stanco. Faticai nel riconoscere me stessa in quel riflesso che una pallido luce artificiale aveva disegnato sul vetro dell' autobus in corsa. Il viso pressocché esangue, le labbra tirate. Gli occhi cerchiati di scuro.

"Maledizione, sono un mostro..."

Non avevo nulla della Allison che piaceva a Bella, in quel momento.
E non avevo nulla della Allison che piaceva a me stessa.

Stanca, spossata e per nulla incline al dialogo o alla battuta scherzosa, mi ero isolata per tutto il tempo del viaggio, evitando di rivolgere la parola a chiunque e rintanandomi in un piccolo angolino silenzioso di quell'autobus che mi aveva condotta ad Aberdeen.
Giunta alla prima destinazione, trascinandomi dietro un pesante bagaglio, avevo finito con l'arrancare su di un secondo autobus che mi avrebbe trasportata sino a Tacoma.

Decisamente un tragitto differente da quello che conduceva sino a Vancouver.

Sospirai mentre il conducente sballottava l'autobus con fare annoiato.

Mi chiesi cosa pensasse Isabella, a quell'ora, di me.
Se avesse già scoperto qualcosa.

Certo, doveva quantomeno essersi chiesta dove fossi finita e perchè non mi fossi degnata di farle neanche una telefonata.
Magari si era anche preoccupata per me.

Per me che nulla meritavo da lei.

Non di certo il suo amore, forse neanche la sua commiserazione.


Mi ero volatilizzata nel nulla recitando una parte più o meno credibile e l'unica cosa che mi fossi degnata di fare nei suoi confronti era stato lasciarle qualche misero indizio. Qualche piccola traccia che le consentisse di imboccare la giusta via verso la verità.


I Cullen erano dei vampiri.


Per quanto assurda ed incredibile avesse potuto risuonare quell'idea alle mie orecchie, si trattava di un dato reale, oggettivo.
Io stessa, osservandoli, avevo tratto tutti gli elementi necessari per confermare quanto appreso.

Non mi era stata detta una bugia.

E poichè Isabella era quanto di più caro avessi al mondo, era mio dovere metterla in guardia.
Allontanarla da coloro che avrebbero potuto farle dal male ed a cui si mostrava tanto paradossalmente legata.

Così com'era giusto.
Così come mi era stato chiesto.

Ma Bella era sempre così felice ed innamorata, dopotutto, quando mi parlava di Edward. Ed anche quando aveva sofferto per lui era chiaro che tutto il dolore che le leggevo negli occhi fosse semplicemente il riflesso nefasto di un amore struggente. Irrazionale.

Chi ero io per tenerla lontana da Edward, l'amore di una vita?

Dopotutto non avevo fatto nulla per tenerla al riparo dalle sue braccia. Mi ero limitata a metterla in guardia con qualche stupido indizio soltanto ora che il più era stato fatto. 
Perchè Bella era tornata da lui, inaspettatamente.
E per quanto avessi potuto spaventarla con le mie mezze frasi lasciate in giro per casa ero certa che non avrebbe desistito.
Bella era una ragazza coraggiosa.
Ed innamorata.

"Spero solo che non ti faccia mai del male..." - Mormorai tra me e me.

In realtà speravo anche che il lassismo con cui avevo portato a termine il mio compito non mi avrebbe procurato dei guai. Tutto sommato avevo obbedito agli ordini, benchè il risultato di tale manovra mi fosse temporaneamente sconosciuto.

Bella avrebbe dovuto spaventarsi e fuggire a gambe levate da Edward e dai Cullen in generale.
Almeno stando ai piani.
Non ero certa, tuttavia, che il piano avrebbe seguito tale linea di percorso. Io avevo fatto la mia parte benché fossi consapevole che avrei potuto prodigarmi molto di più: il semplice tentativo di spaventarla sarebbe servito a ben poco.
E, tuttavia, mi sentivo in colpa e senza cuore nell'aver mentito a Bella. Ero convinta di averla ingannata.

L'unica cosa che era stata in grado di risollevarmi, di tanto in tanto, erano le sue parole quando mi diceva:

"Edward non è più adatto a Bella. La sua natura potrebbe costringerlo a farle del male. La tua amica è solo una fragile umana, vuoi davvero esporla ad un simile rischio?"

No. Non lo volevo. Volevo la mia Bella sana e salva. Volevo vederla vivere felicemente la sua esistenza umana. Eppure sapevo che quell'esistenza non sarebbe mai stata completa e perfetta senza Edward Cullen.

Sospirai.

Rinunciare all'amore, per volontà propria od a causa di eventi esterni, è difficile.
Talvolta straziante.

Diedi uno sguardo al mondo buio al di fuori del finestrino: erano molte ore che viaggiavo, ero stanca. Nervosa. 
Una luna insolitamente bianca e luminosa brillava nel cielo nero sopra di me. Chissà cosa, di quella luna, mi rammentò Jasper.

Jasper Hale Cullen.

Mi sentivo una sciocca ragazzina preda della sua prima cotta adolescenziale.
E forse ero sul serio una sciocca ragazzina.

Jasper non era nulla, nulla per me. Raramente avevo potuto scambiare qualche parola con lui, neanche doveva aver mai pensato a me come un uomo può pensare ad una donna, troppo innamorato com'era della sua Alice. Perfetta, eterea, deliziosa Alice.
Non avevo chances.

Eppure, inspiegabilmente, il mio cuore aveva cominciato a battere per lui. Per lui, il cui cuore non batteva più da troppo tempo.
Era accaduto un giorno lontano di qualche mese prima, mentre me ne stavo seduta sulle rive del lago, a Juneau. Piangevo sommessamente pensando ai miseri resti della mia famiglia, ad Annie, a Keira. Ed a mio padre, Jackson, che forse vegetava ancora da qualche parte, nel mondo.
Isabella non era con me, non ricordo il motivo. Forse non c'era ancora l'abitudine di condividere assieme tutto il nostro tempo libero.
Quel giorno il vento spirava forte e già un tantino freddo; una folata più consistente delle altre trascinò lontano i miei quaderni ed una serie di fogli sparsi, compresa la foto mia e di Keira che una vicina di casa ci aveva così gentilmente scattato da piccine.
Mi alzai di scatto, fregandomene degli appunti universitari: tutto ciò che importava era in quella foto.
Ma non fui abbastanza pronta: la guardai volare lontano da me mentre perdevo l'equilibrio, inciampando su di un sasso.

"Maledizione!" - Gridai accasciata in terra, battendo il pugno sul terreno sconnesso.

"Questa deve essere tua..."

Fu allora che udii per la prima volta la voce suadente di Jasper.
Quando alzai gli occhi incontrai il suo sguardo dolce mentre mi porgeva la foto che avevo tentato inutilmente di recuperare con le mie sole forze e mi persi nel colore di iridi più strano che avessi mai visto.

Dorato.
Color oro sul pallido candore di una pelle liscia e perfetta.

Il volto più bello che avessi mai visto, incorniciato da boccoli biondi da arcangelo.
Un arcangelo fasciato in un lungo cappotto nero, le mani in tasca.

Sembrava un quadro surrealista.

"Sì...sì, è mia....grazie..."
"Non c'è di che...." - Rispose con un sorriso leggero, riprendendo il suo cammino.

"Oh!" - Aggiunse - "Non sprecare i tuoi occhi così belli per piangere. E' un vero peccato.."

I miei occhi così...belli?


Il  cuore aveva accelerato i battiti in risposta a quella visione ed alle sue parole, eppure non mi ero mai sentita tanto tranquilla in vita mia. D'improvviso l'idea dei miei genitori e di mia sorella era scomparsa ed i miei pensieri si erano fatti quieti e dolciastri.

Non feci in tempo a scambiare altre chiacchiere con lo sconosciuto.
Quando mi voltai nella sua direzione era scomparso.

Ma il suo volto mi era rimasto impresso nel cuore e nella mente e così, da quel giorno, cominciai ad andarmene in giro per il campus con la mia vecchia Polaroid - un regalo di seconda mano delle mie buone suore per i miei quindici anni - nel tentativo di trovarlo e scattargli, di nascosto, qualche foto da tenere per me sola. Qualche foto che che potesse rendere giustizia alla sua bellezza.

Non mi riuscì mai: nessuna immagine equiparava il suo volto così spietatamente perfetto.

Soltanto dopo un po' di tempo scoprii, travolta dalle vicissitudini esistenziali di Isabella, che Jasper Cullen era il fratello di Edward nonchè il fidanzato di Alice, amica più o meno importante della stessa Bella.

Sospirai di nuovo.

Nessun amore platonico è stato tanto forte quanto il mio.
Il mio nei confronti di un vampiro.

Assurdo!

O forse no, mi sbagliavo.
Avevo conosciuto un altro amore del tutto irrazionale: quello che Embry Call mi aveva mostrato soltanto il giorno prima, riservandomi, inaspettatamente, un posto importante nel suo cuore.

Sorrisi al suo ricordo, materializzando, davanti ai miei, gli occhi color cioccolata di Embry.
Mi si strinse il cuore.
Lo conoscevo appena eppure avevo provato un'istintiva tenerezza nei suoi confronti; in lui avevo letto la stessa dolce malinconia che sentivo dentro di me all'idea di quell'amore non corrisposto che riempiva i miei giorni.
E così gli avevo mentito.
Anche a lui, come ad Isabella.

"Tornerò presto" avevo sussurrato al suo indirizzo ma sapevo che non era vero.

Mi venne da piangere.
Fortunatamente, un trillo estremamente tecnologico mi bloccò prima che potessi lasciarmi andare ad un mare di lacrime.
Qualcuno mi stava cercando.
Un qualcuno di conosciuto, giacchè l'unica persona a possedere proprio quel numero fosse lei soltanto.
Del resto l' iPhone era stato un suo regalo o, per meglio dire, l' unico strumento attraverso il quale mantenere i contatti con me. Per quanto mi riguardava non ne avrei mai acquistato uno.

"Pronto?" - Mormorai con poca voglia.
"Dove ti trovi?"
"Sono quasi arrivata..."
"D'accordo. Mi troverai alla stazione degli autobus di Tacoma, allora. A fra poco..."
"Aspetta!"
"Sì?"
"Mi....mi aiuterai, non è così? Ho fatto quel che mi hai chiesto, ho avvisato Isabella del pericolo. Adesso devi aiutarmi a trovare Keira."
"Ne parleremo da vicino, Allison."
"NO!" - Urlai. Un passeggero mi guardò con occhio irritato. - "Non voglio indecisioni. Me l'hai promesso. Ho fatto quel che potevo. Adesso devi aiutarmi, Tanya."
"Ti ho già detto che ne parleremo da vicino. Voglio prima verificare che Bella ed Edward non abbiano più alcun tipo di rapporto. Comunque, cerca di stare tranquilla. Troveremo una soluzione."


Riagganciò prima che potessi dirle altro.
Ed allora, non ci furono più freni. Piansi sino all'ultima delle mie lacrime.


*Secretly, Skunk Anansie.





Angolo dell'autrice.

Buon pomeriggio, ragazze mie! :)
Eccoci per il nostro consueto appuntamento. Ho cercato di essere quanto più rapida possibile, in accordo con i miei svariati impegni e l'altra fanfic che sto scrivendo (una vecchia storia collocata nella sezione "Originali" che una mia amica qui su Efp mi sta spronando a continuare ^^)...Vorrei avere più tempo a mia disposizione anche perchè ho in mente una storia sulla serie tv "Il diario del vampiro" che desidererei mettere in "parole"...Chissà se ne avrò mai la possibilità! :(
Spero che il capitolo vi sia piaciuto...E' la prima volta che inserisco un POV  Allison ma questa volta mi è parso assolutamente necessario....Troppi dubbi cominciavano a circolare sul suo conto e bisognava chiarirne almeno qualcuno :)...Dunque, come avrete capito, Allison è una specie di pedina nelle mani di Tanya. Quest'ultima spera che, utilizzando Ally per spaventare Bella a riguardo della vera natura dei Cullen possa, sostanzialmente, riprendersi ciò che crede le spetti di diritto: Edward. In cambio, aiuterà Allison a ritrovare sua sorella Keira.
Lo so, Allison potrà avervi deluso ma considerate che, per quanto possa amare la nostra Isabella, Keira è l'unico legame che possiede con la sua famiglia d'origine e, pertanto, agisce esclusivamente in sua funzione. Spero possiate perdonarla :)
Diversamente accadrà, viceversa, con Tanya. Quanto la odiate da 1 a 1O? ;)

Per quanto riguarda il titolo del capitolo, come avrete avuto occasione di leggere, è anche il titolo di una canzone dei Verdena (il mio gruppo italiano preferito, in ASSOLUTO...Se non lo conoscete ve lo consiglio vivamente)....Apparentemente non c'entra nulla con quanto scritto ma, se leggerete attentamente la strofa che ne ho riportato, ritroverete un netto collegamento con le parole che Edward rivolge ad Isabella nel suo POV :)


Prima di lasciarvi, vorrei ringraziarvi per tutti i commenti al precedente capitolo...Cercherò di rispondervi il prima possibile! Volevo anche specificarvi che il mio non voleva essere un rimprovero, tutt'altro...Ero soltanto molto preoccupata per il calo di recensioni ma mi avete risollevata un po'....Grazie! :)
Come sempre, grazie mille a chi segue, ricorda, preferisce e recensisce la mia fanfic...Se vorrete lasciarvi un parere a riguardo di questo nuovo capitolo sarà estremamente gradito!
Un bacio a tutte voi!
MaTiSsE!

ps: perdonate eventuali errori nel capitolo, non ho tempo per rileggerlo! :(

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Capitolo 21
*** Ovunque sei ***


nuovissima 21
CAPITOLO 20
Ovunque Sei


(POV BELLA/ ALLISON)











POV BELLA


Desideri del thè, cara? Oppure caffè?"
"Nulla, Esme....Grazie."
"Oh...Ne sei sicura?"

Studiai con attenzione il bel volto di Esme Cullen, quei suoi tratti tanto gradevoli alla vista, quell'espressione così dolce ed amichevole. Speranzosa, oserei dire, mentre mi offriva da bere.
E mi parve una vera offesa rifilarle un secco "no".

"Ehm...ok...vada per il caffè..."
"Perfetto!" - Annuì compiaciuta.

Edward, accanto a me, rise di gusto.

"Trovi sia impossibile rifiutarle qualcosa, è vero?"

Lo guardai sorridendo imbarazzata.

"Più o meno..."
"Lo so. E' lo stesso effetto che fa a me ogni volta....Esme è davvero la mamma perfetta..."


Toccò il dorso della mano di sua madre e la bella vampira ricambiò con uno sguardo colmo d'amore. Si trattava di una scena estremamente dolce e per un breve momento mi parve davvero che Edward ed Esme fossero madre e figlio tanto marcati ed evidenti erano la complicità e l'affetto tra loro. A dirla tutta, mi si strinse il cuore ritrovando, in quell'immagine così intrisa d'amore, lo stesso sentimento e la medesima devozione che aveva unito Edward alla sua prima madre. La mia dolce Elisabeth.

"Avanti, Edward! Non mettermi in imbarazzo!" - Esme ammonì suo figlio, scuotendomi dai miei tristi pensieri, ma ancora rideva versandomi il caffè in una piccola tazza di finissima porcellana bianca.
La osservai attentamente: bordata d'oro, luccicava boriosa sotto la luce artificiale del salotto; sul davanti vi era dipinta, con estrema maestria, una scenetta di vita campestre.

"Porcellana del XVIII secolo. Apparteneva alla collezione privata della regina Maria Carolina."  - Chiarì Carlisle quasi leggendomi nel pensiero. Evidentemente avevo sogguardato quella tazzina con troppa curiosità ma era piuttosto chiaro che si trattasse di un pezzo molto antico e di notevole valore. Era impossibile non ammirarla.

"Ma...Maria Carolina?" - Balbettai - "La..."
"Regina di Napoli, consorte di Francesco IV di Borbone e sorella della più sfortunata Maria Antonietta di Francia. Sì, proprio lei." - Annuì ridacchiando. Con molta probabilità l'espressione dipinta sul mio volto doveva essere fonte di una notevole ilarità giacchè, a breve distanza da me, udii chiaramente anche la risata di Edward ed Alice. Più uno scampanellio melodioso che una risata vera e propria, a dirla tutta.

"E' un po' troppo per te, Bella?" - Suggerì Edward prendendomi in giro.
"Beh no...non è questo...Ecco...a ...a dir la verità...Oh, per piacere, riprendetevi questa tazza! Ho troppo paura di farla cadere, imbranata come sono! Non ci sarebbe un....bicchiere di plastica, per esempio?"

Esme proruppe in una risata altrettanto fragorosa e tuttavia mi venne in soccorso rapidamente, protendendosi verso di me. Afferrò la tazzina dalle mie mani tremolanti ed immediatamente la sostituì con un bicchiere decisamente più prosaico e meno fragile.

"Scusatemi ma...francamente sono un impiastro! E non mi sembrava il caso di esibire le mie doti di distruttrice così platealmente."
"Perdonami tu, mia cara. Non volevo metterti in imbarazzo..."

"Esme ha questa fissa della perfetta padrona di casa, Bella! Non farci caso!" - Scherzò Alice facendo l'occhiolino a Carlisle.
"Oh sì! Forse ho davvero esagerato..."

Edward riprese a ridere allegramente. Era un piacere per il cuore rivederlo seduto accanto a me, felice, spensierato, come tanti anni prima.
Gli sorrisi, poggiando la mano sul suo ginocchio, prima di voltarmi di nuovo verso Esme.

Il cuore ebbe un sussulto quando percepii la mano di Edward ricambiare la mia stretta.

"E...Esme, non hai esagerato...E' un servizio molto bello...Solo che.."
"Che?" - Fece Alice.
"Ecco... non capisco...Come fate ad averlo voi?"

"Domandalo a Carlisle..." - Gracchiò Esme, un vago accenno di disappunto le vibrava nella voce.

Lanciai un'occhiata interrogativa ad Edward che mi rispose sorridendo e facendo spallucce.

"Umane o vampire, voi donne siete tutte uguali!...Tanto per intenderci...mia madre è gelosa!"
"Non è questione di gelosia, Edward..."
"All'epoca non eri neanche nata, mia cara...." - Intervenne Carlisle, bisbigliando sornione.

Dal canto mio li osservai divertita e sorpresa: della famiglia Cullen, sinora, avevo quasi sempre afferratto soltanto il loro lato "vampiresco". Certo, in linea di massima mi erano toccati esclusivamente gli aspetti positivi della loro particolare natura, ma in ogni caso non avevo mai potuto constatare quanto, per molti versi, somigliassero ad una vera, normale famiglia di umani. Si amavano, indiscutibilmente, scherzavano tra loro, si prendevano in giro. Probabilmente litigavano anche. Questo lato di loro mi era stato nascosto; francamente lo trovai adorabile.

"Nata o non nata era innegabile che ti piacessero le attenzioni della regina..."
"Maria Carolina trovava estremamente affascinante mio padre, all'epoca, Bella...Tanto da insistere per regalargli uno dei pezzi più preziosi della sua collezione...La famiglia Cullen si trascina questo cimelio da secoli..."

Mi cascò la mascella.

"Cioè...Lei...Tu...Carlisle, sei stato alla corte del re di...Napoli?"
"Sì...Beh, è' stato tanto tempo fa, Bella.."
"Millesettecentoottanta. Giusto, Carlisle?"
"Giusto, figliolo." - Il dottor Cullen sorrise, compiaciuto. - "All'epoca vivevo ancora in Italia, cercando di convincere i Volturi a piegarsi allo stile di vita "vegetariano". Ma non ci fu verso di far cambiare loro idea. Comunque, Carolina era una donna deliziosa, checché se ne dica..."

Esme colpì Carlisle all'addome, con una gomitata. Alice rise.

"I Volturi?" - Mormorai io, dal canto mio. Qualcos'altro aveva catturato la mia attenzione. - "Chi sarebbero?"
"In teoria si tratta della nostra casata reale. In teoria perchè hanno deciso da soli di attribuirsi tale status. Vivono a Volterra, in Italia. Grandi estimatori delle arti e delle scienze, agiscono anche da giudici, preoccupandosi che la legge venga rispettata." - Spiegò Alice con estrema serietà.
"Quale legge?"
"La più importante: impedire che gli umani vengano a conoscenza del nostro mondo."

Mi si bloccò il respiro.

"Desumo....desumo quindi che sia voi che io abbiamo infranto la legge..."
"Press'a poco" - Rispose Alice con un sorriso. - "Ma non preoccuparti. Non lo scopriranno."

Annuii poco convinta.

"Perchè.... non vivi più con loro, Carlisle?"
"Perchè non riuscivo ad accettare il loro stile di vita. Ai Volturi piace cibarsi di sangue umano, la mia idea di nutrirci esclusivamente di sangue animale era per loro inconcepibile."
"Noi ci consideriamo vegetariani, Bella..." - Intervenne Edward cingendomi le spalle con un braccio. Annuii.
"... Cosicchè" - Continuò Carlisle - "... dopo un po' decisi di abbandonarli. Un vero peccato. Sono avidi di potere e spesso senza scrupoli, ma posseggono menti eccelse. La loro adesione a questo nuovo stile di vita avrebbe significato molto per il nostro mondo.."
"Non pensiamoci più Carlisle..." - Mormorò dolcemente Esme all'indirizzo di suo marito che strofinava il mento tra pollice ed indice, pensieroso.

"Già....non pensiamoci più. Anche perchè abbiamo qualcos'altro cui pensare. Giusto Bella?"
"Sì, Alice..."
"Quando vi ho visti arrivare qui in gran fretta mi sono preoccupata. Voglio dire, siamo felicissimi di averti qui, in casa Cullen...Ma è piuttosto tardi per un'umana e presumo non si tratti soltanto di una visita di cortesia...E' così?"
"Presumi bene, Alice. Abbiamo un problema..."
"Victoria? Non devi preoccuparti per quello. Teniamo costantemente d'occhio lei ed il suo clan...Non saranno un pericolo ancora per molto...E per quanto riguarda Keira..."
"Appunto...Keira...Ed Allison..."
"Non capisco. Cosa c'entra la tua amica adesso?"

Abbassai lo sguardo, visibilmente turbata. Edward mi tolse dall'imbarazzo, prendendo la parola: sapeva certamente quanta fatica mi costasse dover in primis ammettere a me stessa, ed in seguito confessare a terze persone che la mia migliore amica mi avesse, sotto un certo punto di vista, tradito.

"Allison è partita stamattina presto. Apparentemente per tornare a Vancouver. In realtà è sparita, non è rintracciabile da quasi venti ore ormai. Ma in compenso ha lasciato degli scritti in giro per casa di Bella dove fa intendere piuttosto esplicitamente di essere a conoscenza del nostro segreto."

"Oh no...questa non ci voleva..." - Mormorò Esme sedendosi accanto a noi, sul divano.

Alice mi guardò perplessa ma evitai il suo sguardo. Mi costava fatica anche rivelarle l'assurda ed immotivata infatuazione di Allison nei confronti di Jasper, il suo fidanzato. Evidentemente Edward doveva essere del mio stesso avviso giacché non proferì parola a riguardo.

"E' difficile per un'umana arrivare ad una simile conclusione. Cerchiamo sempre di dare quanto meno possibile nell'occhio ed Allison non ci ha frequentato a tal punto da scoprirci.."
"In realtà credo vi abbia...spiato.." - Suggerii.
"Certo, ma è stata aiutata da qualcuno. Non si spiega altrimenti. Non voglio sottovalutare l'intelligenza della tua amica, Bella, ma è davvero impossibile che abbia fatto tutto da sola.." - Intervenne Carlisle.
"Quindi. Chi potrebbe averla indirizzata? Victoria forse? Del resto sua sorella Keira è parte del suo clan, adesso. Magari ha scoperto anche dell'esistenza di Allison e vuole trascinarla con sè.."

Un fremito mi percorse la schiena: non potevo neanche lontanamente pensare di veder trasformare la mia Allison nella stessa creatura folle e sanguinaria in cui si era mutata Keira. Avevo un'altra immagine di lei, così dolce, buona e solare e tale immagine non si sposava affatto con aggettivi disgustosi come "crudele" oppure "omicida".
Edward comprese il mio turbamento, abbracciandomi più forte.

"Lo escludo" - La voce di Carlisle mi apparve piuttosto sicura. - "Victoria l'avrebbe uccisa. Ne sono certo. Si è creata una nuova amica e lì finisce il suo gioco, non ha certo bisogno di formare un esercito. E' opera di qualcun altro. Ne sono convinto."

Il silenzio calò su di noi soltanto un istante. Pochi minuti dopo, infatti, dei passi concitati provenienti dall'ingresso mi indussero a voltarmi in direzione della porta, sussultando. Fortunatamente avevo già provveduto a farmi sostituire la tazzina in porcellana, altrimenti l'avrei mandata certamente in frantumi. Ero troppo tesa.

"Stai calma, mia cara" - Mi tranquillizzò Esme, carezzandomi la spalla. - "Sono soltanto gli altri di ritorno dalla caccia..."
"Sì, ma c'è qualcosa che non va.." - Aggiunse Edward alzandosi di scatto dal divano. Lo seguii con lo sguardo, preoccupata.

Dalla porta del salotto vidi sbucare la testa bionda di Jasper ed istintivamente arrossii al pensiero della mia Allison infatuata di una creatura così distante, assolutamente eterea, assolutamente differente da lei. Non riuscivo a trovare nessuna affinità tra l'amica solare, disordinata e confusionaria che avevo conosciuto io e quel giovane così perso in un passato chissà quanto lontano. Molto più di Edward, Jasper mi appariva chiaramente come una creatura della notte. Ma forse questo accadeva perchè Edward costituiva comunque una presenza intima, familiare ed amorevole, seppur diversa, per certi versi, rispetto al passato  mentre suo fratello rappresentava poco più che uno sconosciuto per me.

Cercai di non pensarci oltre. Non sarei stata comunque in grado di fornire una risposta adeguata al riguardo.

"Un'altra vittima?"
"Sì, al confine." - Assentì Jasper. Dietro di lui venivano, a testa bassa, il ragazzone di nome Emmett e la bionda Rosalie. Trasalii alla sua vista: sapevo di non esserle simpatica.

Scattai in piedi.

"Che succede Edward?"
"Il clan di Victoria, Carlisle. Continua a fare strage di turisti. Dobbiamo fermarli prima che la situazione degeneri. Non possiamo permettere che uccidano altri innocenti."

Un groppo salì alla gola, stringendola.
Non mi ero mai sentita così vulnerabile. O forse sì. Certo che in quel momento mi mancava decisamente la lucidità necessaria per ricordare di aver vissuto tempi peggiori; quando si è costretti ad affrontare situazioni spiacevoli quelle passate, al confronto, sembrano bazzecole.

"Bella, sta' tranquilla. Risolveremo tutto."

Alice mi strinse tra le braccia, prima che potessi cedere sotto il peso di mille preoccupazioni. Sentivo le gambe tremolanti come gelatina. Soltanto l'idea di poter rivedere il bel viso di Edward stretto tra le mani crudeli e sanguinolente di quelle vampire psicotiche mi dava il  capogiro.

"Come....farete? Sembrano così forti!"
"Ce la caveremo!" - Mi fece l'occhiolino.

"Non siamo certo dei novellini. Non ci coglieranno di sorpresa. E siamo in sette, quindi in maggioranza." - La voce di Rosalie giunse splendida e scontrosa, come sempre. - "Li faremo fuori tutti."
"E' così, mia cara. Quindi non preoccuparti, andrà tutto bene."

Annuii, ancora poco convinta.

"Edward, ma tu..."

Lo afferrai per la manica della camicia.
Volevo intendere: "...Ma tu sei convinto di essere in grado di lottare contro di loro?", però non me la sentivo di esporre così apertamente le mie preoccupazioni. Tuttavia Edward fu in grado di anticiparmi, benchè non potesse leggermi direttamente nel pensiero. Probabilmente non ne aveva neanche bisogno, mi conosceva fin troppo bene.

"Non c'è problema, amore. Sono due anni ormai che mi alleno con Jasper, so cavarmela."


Amore.


Mi sorrise, di quel suo sorriso sghembo, adorabile. Mi sentii confortata all'istante.

"D'accordo."

"Cioè, fatemi capire..." - Esclamò qualcuno a poca distanza da me. Un vocione simpatico, dal piglio sicuro. - "Il nostro fratellino non è più single e nessuno mi dice niente?"

Emmett.

"Emm, che c'entra adesso..."
"Eh no fratellino! C'entra sempre! Queste sono cose serie, cavolo!"
"Emmett per piacere..."
"Cioè, tornerai ad avere una vita..."
"EMMETT! Mio Signore, sta' zitto per una buona volta!" - Tuonò infine Edward, visibilmente irritato.

Dietro di lui, Rose scuoteva la testa, decisamente imbarazzata, mentre Alice ed Esme se la ridevano beatamente a poca distanza da me.

Poichè avevo compreso fin troppo bene cosa volesse insinuare Emmett con quella sua frase non completata, desiderai di sprofondare per chilometri sotto terra. Era un argomento piuttosto imbarazzante, a dirla tutta; considerando che l'idea di un nuovo approccio fisico con Edward non mi avesse ancora neanche sfiorata nel privato, affrontarla così pubblicamente non aiutava certo la parte timida ed impacciata di me a defilarsi con tranquillità.

E tutto sommato non riuscii ad arrabbiarmi con quel ragazzone bruno. Piuttosto mi persi nel guardare quelle straordinarie fossette che gli si erano disegnate agli angoli della bocca mentre rideva di noi  e sorrisi di rimando, sorpresa che un vampiro potesse apparirmi tanto umano. Tanto giocherellone e spensierato, quasi infantile. Questi non sono, di norma, aggettivi attribuibili ad una creatura tanto leggendaria. Spostando lo sguardo su Edward, poi, incontrai un'espressione indecifrabile, a metà tra l'incollerito e l'imbarazzato. Anche lui, come me. E fu allora che scoppiai anche io in una grossa risata, piegandomi addirittura sulle ginocchia.

Quel ragazzone era riuscito a farmi passare la paura, l'ansia, i brutti presentimenti, i dispiaceri. Tutto in un solo istante.

Edward si voltò, lentamente, nella mia direzione, agitando un pugno in aria e guardandomi sconcertato.

"Bella, che...?"

Ma non risposi, continuando a ridere fino alle lacrime.

"Credo che Bella trovi Emmett molto simpatico!" - Esclamò Alice di tutta risposta.

Ed allora percepii due grandi braccia cingermi la vita. Mi aggrappai alle spalle di Emmett, ancora ridendo, mentre mi costringeva ad una capriola in aria.

"Emmett! Emmett mettimi giù! Ho le vertigini!" - Ma ancora ridevo.
"La mia sorellina! Sei davvero simpatica! Ed allegra! Meno male, così Edward smetterà di avere sempre quel muso lungo!"

Quando mi poggiò in terra, faticai non poco nel trovare di nuovo l'equilibrio. Edward mi fu accanto in un attimo; alzando gli occhi su di lui incontrai uno sguardo dolcissimo, di nuovo calmo. Ritrovai il sorriso che amavo e mi aggrappai a lui con più foga.

Avrei superato qualsiasi cosa, con lui accanto.

Dopodiché, abbracciai con lo sguardo tutti i presenti, come già avevo fatto una volta, in passato. Quel giorno in cui Alice mi aveva confessato che la sua era una famiglia un po' speciale. Una famiglia di vampiri.
Molte cose erano cambiate, da allora. E gli occhi con cui li osservavo adesso non erano più quelli di un tempo. Per fortuna. Osservai a lungo e con attenzione il viso così dolce di Esme, l'espressione divertita di Alice, il sorriso sincero di Emmett, lo sguardo bonario di Jasper e Carlisle. E mi sentii a casa, straordinariamente, nonostante non si trattasse propriamente di una casa normale.

Unica nota stonata restava la bella Rosalie che, ferma e rigida in un angolo del grande salotto, stentava persino ad alzare il suo sguardo su di me.

Chissà perchè mi odia tanto.

"Edward, perchè non accompagni Bella a casa, adesso? Gli umani a quest'ora dormono e temo che anche la nostra bella ospite sia molto stanca...Non è così, tesoro?"
"Sì, Esme."
"Bene. Andate allora. E Bella, stai tranquilla..."
"Penseremo a tutto noi! Allison compresa!" - Alice terminò la frase di Esme mentre Jasper le si avvicinava guardandola perplesso. Io non ressi di più il discorso giacché sentire il nome della mia amica pronunciato dalla sua "rivale" in amore mi procurava un senso di malessere.

Salutai tutti agitando la mano.

Fuori, all'ingresso, Edward - che non aveva smesso per un attimo di tenermi la mano - si voltò protendendo le braccia verso di me.

"Allora? Pronti per tornare a casa?"
"Prontissimi."

Gli saltai in spalla, in maniera non propriamente disinvolta.

"Tieniti forte scimmietta!"
"Preferirei koala..."
"Non ti piacciono le scimmie?" - Mi rispose quasi serio.
"Sì. Ma i koala mi piacciono di più..."
"Siamo diventate puntigliose...."
"...Affatto. E comunque, se penso di spaventarmi con questi sui avvertimenti sappi che caschi male. Ormai mi sono abituata alla tua velocità inaudita..." - Risposi fintamente risentita.

Le mie ultime parole famose.
Edward mi guardò con il suo sorrisetto sghembo, una strana luce di sfida negli occhi.

"Ne sei certa....scimmietta?"

Conscia di ciò che mi attendeva, strinsi più forte la presa intorno alle sue spalle.

"S...Sì...Vai!"

Esaudì immediatamente il mio desiderio.
Partì in gran fretta e ridendo smodatamente giacché le mie arie da eroina coraggiosa durarono lo spazio di un secondo: iniziai ad urlare come una forsennata, infatti, appena cominciò la nostra folle corsa per i boschi di Forks.





POV ALLISON


"Ti piace sul serio quella roba che stai mangiando?"

Diedi un morso rapido al panino caldo che la cameriera mi aveva servito da poco.
Hamburger, insalata, patatine. E maionese, ovviamente.

Una cena ipocalorica, tanto per intenderci. Ma avevo una fame incontrollabile, mi importava davvero meno di zero delle calorie e dei grassi animali, in quel momento. Non riempivo il mio stomaco con qualcosa di decente da almeno dieci ore e, benché il nervosismo non avesse contribuito molto ad aumentare il mio appetito, il mio corpo aveva cominciato a reclamare autonomamente un pasto caldo. I borbottii poco invitanti del mio apparato intestinale si erano spenti in un batter d'occhio appena inghiottito il primo boccone.

"Sì, mi piace davvero Tanya. Ma potrebbe piacermi di più se non mi sentissi costantemente osservata."
"Oh! Scusa..." - Fece lei ritraendosi appena.

Certo, per una vampira l'alimentazione umana doveva costituire qualcosa di assolutamente disgustoso, nella migliore delle ipotesi. E come tutte le cose disgustose doveva essere certamente anche una notevole fonte di curiosità.
Decisi di non prendermela più di tanto.

"Scusami tu. Quando ho fame divento suscettibile..."
"E' anche colpa mia .." - Sorrise - "Ti guardavo con troppa insistenza, dev'essere fastidioso."

La osservai, occhieggiando bonaria, tanto per farle capire che era tutto ok.
Era bella Tanya. Con quei capelli così lunghi, così mossi, biondo - rossicci. Un colore indefinibile e delizioso.
Ed ancora, quella curva così perfetta del viso, l'ovale morbido, le labbra piene atteggiate in una perenne smorfia di dolcissimo disappunto.
L'avrei anche trovata gradevole se il pensiero costante di lei che tentava di sottrarre il ragazzo alla mia migliore amica non me l'avesse resa, a prescindere, intollerabile. Ma tant'è, in fondo la stavo aiutando in quest'impresa ingloriosa ed avevo ben poco da far polemica.

Infilzai una foglia d'insalata sfuggita al panino, addentandola più con nervosismo che con gusto.

Un gruppetto rumoroso di ragazzini ci passò accanto schiamazzando. Più distanti da noi un papà cercava di convincere la sua bambina a lasciar mangiare in pace la mamma. Ma la piccina non voleva saperne. Strillava e strepitava protendendo le braccine verso la donna che, rassegnata, continuava ad imboccarsi con una mano e carezzare la figlioletta con l'altra.
Mi si strinse il cuore a quella scena: mia madre non mi aveva mai coccolata, neanche sfiorata con le dita.
Benchè portassi il suo cognome, e non quello di mio padre, benché fossi nata dalle sue viscere, ero stata nulla per lei.

D'improvviso quello scadente pub nel centro di Tacoma divenne insopportabile.

"Va tutto bene? Hai una faccia strana, Allison."
"Sono stanca..." - Mentii.

Tanya assentì.

"Lo capisco. Appena avrai finito di porterò in albergo, così potrai riposarti."
"Quali sono i piani, Tanya?" - Sbottai d' un tratto. Mi guardò un tantino sorpresa.
"Oh...beh. Come ti ho già detto ho tutta intenzione di sincerarmi prima dello stato delle cose..."
"E se non fossero andate come previsto, Tanya? Come intendi comportarti? Io ho fatto tutto quanto mi avevi chiesto..."
"Lo so, lo so. Certo non ho intenzione di punirti nel caso il piano fallisca miseramente. Vorrei soltanto fare il punto della situazione, tutto qui.."
"Ricordati che io mi sono già sacrificata troppo per la tua assurda causa. Capisco che l'amore che ti lega ad Edward sia importante per te ma io ho....tradito la persona cui voglio più bene a questo mondo..."
"Più di Keira?"

Mi bloccai di botto, rischiando di morire soffocata dal boccone andato di traverso.

"Coff! Coff....Questo è un colpo basso, Tanya!"

Rise della mia faccia stravolta.

"Scusami. Non era mia intenzione farti soffocare!"

Bevvi un lungo sorso d'acqua prima di tornare a parlare.

"Keira è mia sorella. Sorella, capisci? E' un concetto importante per me. E' tutto ciò che mi rimane di una famiglia disastrata. E so che tu sei in grado di trovarla. Hai sensi più sviluppati, puoi carpire informazioni più rapidamente di me e di chiunque altro. Sappi che, se non fosse stato per questo piccolo particolare, non avresti mai ricevuto il mio aiuto."

"Apprezzo la tua schiettezza. E comunque ti capisco. Anche io ho delle sorelle che amo infinitamente."

Cercai di figurare, davanti ai miei occhi, le bellissime sorelle di Tanya. Perchè doveva essere obbligatoriamente bellissime, come lei.
Non le conoscevo. Tanya era l'unica, del suo clan ad aver frequentato il college a Juneau. Il resto della sua famiglia se ne era rimasto placidamente a Denali, nella propria residenza, senza instaurare alcun tipo di contatto con noi miseri umani.
L'idea di sorella, nel frattempo, mi indusse ad un ulteriore riflessione. Più che altro ad un ricordo doloroso. Quello della mia piccola Keira che, a tre anni, mangiava la minestrina standosene seduta gioiosamente in braccio a me. Che di anni ne avevo solo quattro in più a lei.
Mi si strinse il cuore, di nuovo.

"Allison..." - Mormorò improvvisamente Tanya, con tono solenne - "...voglio che tu sappia, in ogni caso, che quel che stai facendo non è assolutamente crudele o ingiusto, nei confronti di Bella. E' vero, ho i miei interessi in questa faccenda. Voglio Edward, lo amo. Ed anche se finora non mi ha mai ricambiata, io ho fiducia in un nostro futuro insieme. Tu sai quanto possa essere assolutamente totalizzante l'amore, come sentimento..."

Deglutii a fatica. Se si riferiva al mio platonico amore per Jasper...Beh, sì. Sapevo quanto potesse essere assolutamente difficile da gestire. Ed irrazionale. E scorretto, nei confronti di Alice. Ma non riuscivo a sopprimerlo.

"....Ma sappi" - Continuò - "...che Bella è in continuo pericolo, nel nostro mondo. E' una fragile umana, il suo sangue è dolce e può richiamare molti della mia specie che non vivano da vegetariani. Edward passerebbe la sua eternità a proteggerla dal pericolo e Bella non farebbe altro che scappare. Da quel che ho potuto scoprire, a Forks, ultimamente, si è insediato un clan piuttosto sanguinolento e ti assicuro che la continua vicinanza di Isabella ai Cullen potrebbe causarle più facilmente un incontro con gente poco gradita..."

"Un attimo! Che stai dicendo? Isabella potrebbe essere in pericolo?!"
"Non necessariamente. Ma considera che, andandosene liberamente in giro con Edward, è decisamente più facile che possa incontrare altri vampiri, nomadi, per esempio. Oppure i membri di questo nuovo clan. Pare si tratti di individui piuttosto cruenti. Perchè deve rischiare la sua vita quando potrebbe tranquillamente godersi la sua semplice esistenza da umana? Ragiona..."

Cominciai a sudare freddo. Io me ne ero beatamente infischiata di tutto, lasciando Forks in gran fretta. Ed alla fine venivo a scoprire che la mia più cara amica, che da quel luogo non si era smossa, poteva essere in pericolo.

"Quanti sono questi vampiri, Tanya?"
"Oh, non lo so! Ho ascoltato di sfuggita una conversazione tra mia sorella Kate e Carlisle. Sappiamo che c'è in giro un clan pericoloso ma ignoriamo il numero dei componenti o le loro identità. I Cullen si sono limitati a chiederci aiuto nel caso la situazione dovesse degenerare, ma sono fiduciosa...E dovresti esserlo anche tu."

Feci una smorfia di disappunto.

"...E la faccenda è, in ogni caso, molto più complicata. Dovrei parlarti dei Volturi, per esempio. Ma adesso non ne ho voglia. Senza contare che Edward avrà diciotto anni per l' Eternità. Cosa farà Bella? Invecchierà e morirà accanto ad un giovane bellissimo e perfetto? Dirà che si tratta di suo nipote, quando sarà ormai anziana? Non sono compatibili, Allison. Non più. Quindi, per piacere, cerca di non darti troppe colpe. Anche io, al posto tuo, avrei agito allo stesso modo."

Chi o cosa fossero i Volturi adesso, proprio non m'importava. Avevo il cervello in fiamme ed anche l'effetto benefico del panino aveva cominciato a venire meno.
Più ascoltavo le parole di Tanya, più mi convincevo di essermi comportata a dovere, più mi rendevo consapevole che tutto, tutto fosse sbagliato.

Avevo tradito Bella? O la stavo aiutando?
E questi nuovi vampiri che si aggiravano per Forks? Avrebbero costituito davvero un pericolo per la mia amica?

"Tanya, sono stanca. andiamo in albergo, per piacere." - Mormorai infine, esausta.
"Ti accompagno immediatamente."
"E tu? Non hai bisogno di...."
"...Riposare? Io?"
"Oh, giusto. Tu non dormi mai."
"Ne approfitterò per andare a caccia. E domani vedremo di combinare qualcosa per tua sorella, magari ci sposteremo a Seattle."

Annuii.

Tanya pagò rapidamente il conto. Uscendo dal pub mi scontrai con una cameriera persa nei suoi pensieri. Non molto giovane, trascurata ma bella e dai grandi occhi azzurri, biascicò le sue scuse timidamente mentre recuperava il blocco delle prenotazioni caduto sul pavimento.

"Non importa, si figuri..." - Le risposi rapida. Nello stesso istante il mio occhio cadde sul cartellino che teneva appuntato al petto.

"Annie",diceva. Doveva chiamarsi così.
Deglutii a fatica con una strana sensazione di ansia nello stomaco, prima che Tanya mi trascinasse via da quel luogo così insolito.



*


Poco più di un'ora dopo mi ritrovai nel letto inospitale di un alberghetto carino e curato nel centro di Tacoma.
Tanya aveva pensato proprio a tutto e certo non potevo lamentarmi della mia sistemazione, ma il letto di casa Swan, così piccolo ed oltretutto diviso con Bella mi era parso per molti versi molto più confortevole. Forse perchè l'avevo condiviso con la mia migliore amica, spendendo tante notti nel confidarci i nostri pensieri e le preoccupazioni del nostro cuore e dormendo abbracciate. Forse perchè aveva colmato il vuoto della mia anima il calore sincero di quel suo abbraccio notturno. Non avrei saputo dirlo. Fatto sta che, adesso, in quel letto più grande, ero sola. Ed avevo freddo.

Sola di nuovo. Nulla era cambiato. Quantomeno, all'istituto, Suor Maria la notte passava in dormitorio a controllarci e mi lasciava sempre una carezza.

Invece ora non c'era più nessuno.

Mi girai e rigirati più volte, ritrovandomi intrappolata nelle lenzuola troppo fredde.
Mi angosciava il ricordo degli occhi azzurri di quella cameriera e non avrei saputo spiegarmi il perchè. Forse era quel nome stampato sul cartellino a costringermi ad un continuo sussulto. Annie era un nome molto comune per tutti; per me era solo il nome di mia madre.
Sospirai, focalizzando la mia attenzione su qualcos'altro nell'attesa che il sonno venisse a donarmi un po' di ristoro. Ero stremata e tuttavia faticavo a scivolare tra le braccia di Morfeo.
Chiudendo le palpebre per l'ennesima volta, mi ritrovai davanti il volto dolcissimo di Bella. Quei suoi occhi così scuri, così luminosi persino nel grigiore di un giorno qualunque, a Forks.

E se qualcuno le avesse fatto davvero del male?
E se questi temibili vampiri di cui Tanya mi aveva parlato si fossero materializzati scegliendo proprio Bella come nuova vittima del loro appetito?
Forse Edward avrebbe potuto salvarla. Ma se, dopotutto, le sciocche insinuazioni che le avevo ficcato in testa avessero sortito l'effetto sperato da Tanya, cosa sarebbe accaduto?

"Magari Bella a quest'ora ha già litigato con Edward....Ed è...è sola. Se qualcuno la trovasse?"

Sentii il cuore spiccare un salto. Dal petto direttamente in gola. Le pulsazioni delle carotidi si fecero pressanti, rapide ed il sangue fluì al cervello provocandomi un capogiro. D'improvviso mi parve tutto più chiaro; d'improvviso immaginai la mia Bella in pericolo e pensai che la colpa fosse stata soltanto mia.

"L'ho lasciata da sola...L'ho lasciata..."

Che fare adesso?
Come rimediare?

Allontanai le lenzuola, volando letteralmente giù dal letto.
Mi mossi rapida per la stanza, senza combinare nulla di serio. Erano le quattro del mattino. Mi sedetti di nuovo sul letto, poi mi rialzai, aprii le ante dell'armadio, le richiusi con un calcio. Infine, mi fiondai alla valigia, tentata di accendere quel maledetto cellulare e sentire la voce di Bella, finalmente.

Ma erano le quattro del mattino. Magari a quell'ora se la stava soltanto dormendo beatamente mentre io ero preda dei miei scrupoli da traditrice.
Sbuffai, indecisa sul da farsi.

"Oh avanti! Io ho cominciato questo casino ed io lo risolverò! Al diavolo Tanya e tutto il resto!" - Sbottai infilando di nuovo in valigia le poche cose che avevo tirato fuori.

Sapevo cosa dovevo fare. Tornare a Forks.
Certo, era tutto assolutamente stupido e folle. Ero venuta via da quel posto neanche un giorno prima. Ma non sapevo nulla di questo nuovo clan di vampiri ed ignoravo quanto l'esistenza di Bella potesse essere in pericolo. Non sapevo cos'avrei fatto esattamente ma qualcosa mi sarei inventata.

Anzi...

"Andiamo Ally. Sai a chi chiedere aiuto." - Pronunciai solennemente e decisamente convinta mentre, arrancando col borsone da viaggio, mi defilavo infine silenziosamente da quella stanza d'albergo.



POV BELLA

"Edward...." - Borbottai piano, riemergendo da un sonno spezzettato e poco riposante.
"Sono qui" - Rispose immediatamente.

Riaprii a fatica gli occhi, tastando con le mani il suo petto liscio e freddissimo. Allungai le braccia, circondandogli la vita e lui strinse maggiormente la presa su di me.

"Certo che dormi pochissimo, Bella..."

Assentii con un versetto incomprensibile.

"Da molto tempo..." - Biascicai.
"Immagino che un po' sia stata colpa mia...Prima eri un vero e proprio ghiro..."
"No.....è un'abitudine ormai.." - Mentii per non farlo sentire responsabile. Ovviamente era dall'epoca della sua scomparsa che non mi riusciva più di riposare a dovere ma certo non gliel'avrei confessato con il risultato esclusivo di farlo sentire una specie di carnefice.

Mi costrinsi ad aprire totalmente gli occhi ritrovando il miracolo del suo volto meraviglioso e pensai che non potesse esserci buongiorno migliore.

"La mia Bella....Buondì..."
"Buongiorno...Sei stato qui tutta la notte?"
"Tutta la notte, che paroloni! Hai dormito così poco....Al massimo cinque ore...Sono le otto, adesso, e Charlie è già fuori."
"E' passato di qui?"
"Sì..." - Rispose sorridendo - "Mi sono nascosto bene però, non mi ha visto...Tranquilla!"

Risi anch'io, ormai completamente sveglia. Poi, pensandoci, mi rabbuiai nuovamente.

"E' per quei turisti vero?"
"Già....Credo sia stato chiamato d'urgenza e non è l'unico. Poichè è accaduto al confine sono state coinvolte anche autorità non locali. Sono tutti preoccupati per questo fantomatico animale che si aggira nei boschi ammazzando gente."

Sospirai, preoccupata.

"Bella..." - Mormorò Edward, carezzandomi il viso - "Andrà tutto bene. Stai tranquilla...."
"E per Allison? Che cosa faremo?"
"Pian piano troveremo una soluzione per tutto. Non crucciarti, ti prego..."
"Non hai detto nulla ad Alice...Di quel che prova Allison per Jasper, intendo..."

Sospirò anche lui.

"Sarebbe inutile, Bella. Un pensiero in più per il quale non c'è soluzione. Al di là del fatto che potrebbe scatenare la gelosia di Alice, deconcentrandola" - Quasi rise - "...comunque non ne ricaveremmo un bel niente. Contro l'amore, seppur platonico, non si può combattere."
"E' vero..." - Confermai.

Reclinai la testa sulla spalla di Edward, accucciandomi di nuovo contro di lui.

"Oggi sarai con me tutto il giorno?" - Mormorai.
"Sì, se lo vuoi..." - Mi rispose scostando una ciocca bruna dal viso.
"Certo che lo voglio...Ma deve far piacere anche a te...."
"Sciocchina!" - Rise -  "Secondo te non sono assolutamente felice di poter trascorrere del tempo con te? Abbiamo così tanto da recuperare! Anche se..."
"Anche se...?"
"...Anche se certe volte mi pare che nulla si sia interrotto. Come se non fossimo mai stati distanti per ben due anni. Ogni volta che guardo i tuoi occhi vedo i nostri pomeriggi lontani e li rivivo come se fosse ieri, nonostante la mia natura avrebbe dovuto cancellare già da un pezzo questo tipo di ricordi. Ma evidentemente il nostro legame è molto più forte di tutto..."

Lo abbracciai stretto.

"E' vero. Come se non ci fosse mai stata alcuna pausa..." - Mormorai, disegnando un cerchio sulla sua pelle liscissima e fredda. Non ricordavo più il dolore e la mancanza, non ricordavo neanche di aver pianto per lui.  - "Ma non durerà per sempre, immagino...."
"Che intendi?"
"Non potrai stare sempre con me..."
"Oh...beh, di tanto in tanto dovrò lasciarti....Abbiamo quattro pericolosi vampiri da neutralizzare e c'è bisogno del mio aiuto...Ma stai tranquilla, me la caverò alla grande e tornerò sempre da te. Magari nel frattempo potrei lasciarti nelle mani di Alice...Mia sorella ha una smodata passione per lo shopping e potresti farle compagnia!"

Feci una smorfia di disappunto piuttosto comica.

"No, lo shopping no!"

Mi rivolse il suo sorriso sghembo.

"Stai cercando di sembrare rilassata. Ma non lo sei. Che c'è ancora, amore?"

Lo guardai con la coda dell'occhio, sospirando. Decisamente mi conosceva fin troppo bene.

"No, infatti. Non sono tranquilla. Pensavo......Sarete costretti ad uccidere anche Keira, appena avrete catturato il clan di Victoria, Edward?"
"Non lo so, Bella.....e' difficile dirti come andranno le cose, come abbiamo intenzione di gestirle....Keira è una neonata totalmente fuori controllo e piuttosto violenta. Ovviamente, semmai si mostrasse disposta al dialogo, potremmo pensarci...E risparmiarla. A dirla tutta neanche a noi fa troppo piacere uccidere nostri simili, Isabella, se possibile evitiamo...Specie in una situazione triste come questa. Keira è la sorella di Allison ed immagino quanto potrebbe essere traumatico per lei scoprirla morta..."

Sospirai, di nuovo, quando Edwad pronunciò il nome della mia amica.

"Edward...."
"Sì?"
"Dove.....Dove sarà adesso Allison?" - Sussurrai stringendomi al suo petto. Avevo bisogno del suo conforto. Soltanto Edward era in grado di donarmi quella sicurezza che non avvertivo più intorno a me.
"Non lo so, amore. Ma la troveremo. Te lo prometto."

Annuii poggiando la testa nell'incavo del suo collo, beandomi di quella sensazione di freschezza che mi inondava il viso.
Volevo credergli, anche se non fosse stata la verità. Volevo credere, assolutamente, che avrei un giorno rivisto il bel viso della mia amica dai capelli rossi.

"Ovunque sei, Allison sappi che...un giorno riuscirò a riabbracciarti." - Promisi infine a me stessa.





Angolo dell'autrice.

Buon pomeriggio, ragazze mie! Eccoci qui con un nuovo capitolo...Francamente non ne sono affatto convinta, non mi piace granché, fors perchè si tratta di un capitolo di transizione, benché piuttosto lungo...Comunque, spero vi sia piaciuto....Non volevo lasciarvi per troppo tempo senza aggiornamenti! A tal proposito vi avviso che il nuovo capitolo verrà pubblicato fra non meno di dieci giorni, forse anche qualcosina in più....Martedì mattina parto per Londra, sto via una settimana (beate vacanze!) per cui non avrò modo di continuare... Ma al mio ritorno tornerò ad aggiornare, quindi non abbiate timore! :)

Allora...come avrete letto c'è una piccola novità...Allison fa già dietro front! E detto così, può significare tutto e niente...A chi andrà a chiedere aiuto? E cosa troverà tornando a Forks? Avrete anche capito che il clan di Victoria sta per tornare...Beh, credo che lo incontreremo nuovamente molto presto quindi tenetevi pronte! :)

Nel lasciarvi vi ringrazio ancora una volta per tutte le vostre belle parole! Grazie a chi legge, segue, preferisce, ricorda e recensisce...Cercherò di rispondervi in serata perchè fra poco torno in farmacia (benedetto turno della domenica :-S)....
Credo di aver detto tutto! Vi saluto con un bacio enorme!

MaTiSsE!

ps: scusate eventuali errori, non ho avuto tempo per rileggere!










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Capitolo 22
*** Lasciami entrare ***


nuov23
CAPITOLO 21
Lasciami Entrare
(POV EMBRY/VICTORIA/BELLA)








POV EMBRY


"Ehy fratello...Che hai? Sei distratto.." - La voce di Paul mi vorticò in testa, il suo eco ridondante ed amplificato. Non mi era mai parsa tanto fastidiosa.

Ero nervoso e non avevo voglia di condividere i miei pensieri con nessuno, quel giorno. Per questo avevo cacciato ben bene il viso di Allison nei cassetti della mia memoria. Non volevo ricordarlo per niente al mondo nè mostrarlo a terzi. Pensare a lei mi avrebbe inevitabilmente rammentato la sua assenza e - soprattutto - la sua lontananza, come se questa non mi pesasse già di per sè, senza badarci volontariamente.

Allison era distante. Troppo dolorosamente distante da me.
Chissà dove, chissà con chi.

Il mio amore non ricambiato si divertiva a tormentarmi e distruggermi dall'interno ormai da giorni ed a  volte pensavo francamente di non reggere ad un tale macigno sul cuore. Tanto pesante quanto incomprensibile per un qualsiasi altro comune mortale. Come avrei mai potuto spiegare a delle persone "normali" la mia assoluta impossibilità di vivere senza una persona  vista un'unica volta in tutta la mia esistenza? Io stesso faticavo a capacitarmene.


Maledetto imprintig!


"Allora, Embry?" - Continuò ad insistere Paul.

"Niente..Non ho niente." - Risposi allora vago.

"Niente un corno. Ti si legge in faccia..."

"Ah sì? E cosa leggeresti mai, fammi capire? Sono un ammasso di peli, momentaneamente, dubito di essere espressivo in un qualsiasi modo..."

"Al diavolo! Non andare tanto per il sottile....Sai a cosa mi riferisco. E per quella Allison, è vero?"


"Quella Allison" aveva un che di dispregiativo ed irritante.
Emisi un ringhio stizzoso. Non mi andava di raccontare i fatti miei. Neanche ad un fratello e specie se esordiva in maniera così poco simpatica.


"D'accordo ho capito. Ti lascio da solo."

"Siamo di ronda....Dove vuoi andartene, scemo?"

"Cavolo, volevo solo essere gentile. Fa' un po' come ti pare..."


Lo guardai attentamente mentre si allontanava con fare stizzoso, il pelo leggermente irto nella zona del collo. Paul era un tipo notoriamente collerico ed un po' irascibile, ma buono e dal cuore grande. Se aveva insistito non era certo per prendermi in giro o semplicemente per il gusto di farsi i fatti miei. Era preoccupato per me, lo erano tutti.

Rilassai i miei muscoli tesi. Infine, infilai la coda tra le gambe in un moto di profondo rimorso e mugolai.


"Paul....scusa, fratello. Sono un po' nervoso. Non volevo fare l'antipatico..."


Si arrestò un attimo. Poi, la sua coda  ondeggiò comicamente mentre faceva dietro - front.


"Ok, ok....è tranquillo, lo capisco. Ma dovresti startene più calmo, sai?"

"Non è facile. Non so....dov'è....se...tornerà. E'...complicato..."

"Lo so...Ma vedrai, troveremo una soluzione. E sono certo che Allison tornerà presto..."


Era carino, da parte sua, consolarmi con tanto entusiasmo. Certo, mi stava rifilando delle balle poco credibili soltanto per risollevarmi, ovviamente non doveva crederci lui stesso, ma apprezzai comunque i suoi tentativi. Dal canto mio, cercai di fare spallucce nel mio modo buffo da lupo, con poca convinzione.


"Non lo so, Paul. Ho cattivi presentimenti, Questa storia è cominciata male ed ho come l'impressione che andrà peggio...Sono il primo in assoluto, nel branco, a non vedere ricambiato il proprio imprinting...E se consideri che la donna che amo si è defilata dopo mezz'ora di conoscenza capirai il mio malumore...."

"Sei troppo pessimista fratello. Se comincerai a pensar bene tutto migliorerà, fidati! Si dice: aiutati che il Ciel t'aiuta!"
- Mi ripose Paul con un guaito, cattiva copia di una risata umana. Ed infine mi toccò la zampa posteriore con la sua bella coda dal pelo lungo. Un colpo forte ma non doloroso, quella che per gli esseri umani dovrebbe essere una pacca amichevole. Mi indusse a ridere, a mia volta ed il mio ululato sordo si diffuse, amplificato, tra i pini della foresta.

Da quando in quando conosceva i vecchi proverbi?


"Quando avrete finito di scambiarvi confidenze e pareri amorosi vi spiacerebbe tornare alla riserva? Sam ha trovato qualcosa..."

La voce di Jacob si insinuò prepotentemente nei nostri pensieri, interrompendo di botto il colloquio mentale che stavo affrontando con Paul. Mi sorpresi senza irritarmi: Jake era un tipo pratico a voler esser buoni, brusco a voler essere cattivi, ma comunque sempre molto attento ai bisogni di tutti coloro che gli erano cari, compresi noi membri del branco. E sin da subito aveva affrontato con me la triste esperienza del mio imprinting, trovando sempre il tempo necessario per
una chiacchierata e per sollevarmi un po' di morale. Per cui mi parve non poco strana questa sua uscita priva di qualsiasi tatto.
Conoscevo, del resto, quel tono di voce "alla Black": fermo, autoritario. Ma preoccupato, innegabilmente. Di certo qualcosa doveva averlo turbato profondamente per indurlo ad inserirsi in maniera tanto improvvisa e poco garbata nella nostra conversazione.

Mi voltai a guardare Paul che comprese immediatamente il mio segnale. Avevamo la medesima urgenza.

Dev'essere accaduto qualcosa di grave.

Ci precipitammo in direzione della riserva senza nemmeno pensarci. Ogni forma di colloquio venne abolita all'istante; l'unica cosa che mi parve utile fare fu correre il più repentinamente possibile verso casa.
Non ci impiegammo poi molto: le nostre grandi zampe da lupo ci permettevano di coprire grandi spazi in pochi minuti.
In prossimità della riserva riprendemmo le nostre sembianze umane: non tutti avrebbero infatti gradito o, quantomeno compreso, la presenza di due enormi lupi dal pelo lungo in giro tra le abitazioni private.

"Alla grande. Siamo conciati come mamma ci ha fatto e non possiamo neache passare per casa. Che si fa?"
"Tranquillo Embry. Leah ha provveduto, come sempre, a lasciarci qualcosa per coprirci nel vecchio capanno al confine. Eccolo, lo vedo già da qui. Entriamo, indossiamo un jeans e corriamo di nuovo da Sam e Jake."

Sospirai rincuorato. Non amavo andarmene in giro nudo.

Una volta pronti, ci addentrammo maggiormente nella riserva, a piedi nudi. Incontrammo ben presto Jacob: era in nostra attesa.

"Ce l'avete fatta..."
"Eravamo piuttosto lontani da qui, Jake. Che succede?"
"Non lo so di preciso, ero di ronda dall'altra parte della zona. Pare che Sam abbia trovato qualcosa, ci ha chiesto di farci trovare da Emily appena possibile."


Benché la destinazione apparisse alquanto singolare per tutti quanti noi, annuimmo contemporaneamente, io e Paul, e senza farcelo ripetere due volte partimmo in quarta verso casa Young. Anche con le nostre sembianze umane riuscivamo a muoverci piuttosto velocemente.

Sam ci accolse sulla porta, lo sguardo turbato e tuttavia soddisfatto.
Un luccicchio negli occhi che non riuscivo a decifrare.

"Che succede Sam?"
"Tranquilli ragazzi. Ho trovato...qualcosa nella foresta. Qualcuno, più che altro."

"Uno dei succhiasangue del clan della rossa?" - Esclamò interrogativo Jake.

Sam scosse la testa.

"No, niente di tutto questo. E' un semplice essere umano."
"Ed allora perchè tutta questa fretta Sam?" - L'aria corrucciata ed infastidita di Paul era più che evidente.
"Potrete vederlo da voi."

La testolina nera di Emily fece capolino dalla porta d'ingresso.

"Non fate baccano, per piacere. E' stanca. E provata."

Stanca.

Quindi si trattava di una donna.
Bella, forse?


"Embry? Puoi entrare un attimo?"


Io?
Che c'entravo io con Bella?


"Che..."
"Oh avanti, non farti pregare!"

Emily mi afferrò per il polso. La sua stretta era fin troppo delicata e mi venne da sorridere perchè cercava, a modo suo, di non fare del male proprio a me che faticavo davvero a percepire il dolore; e tuttavia aveva un che di incisivo e convincente cosicché entrai nella sua casa profumata di viole senza obiettare ulteriormente. Jacob e Paul mi seguirono con il loro sguardo sorpreso, poco convinto mentre Sam accennò soltanto ad un sorrisino leggero che scomparve rapido, così com'era venuto. Non l'avevo mai visto sorridere molto da che avessi memoria, soprattutto con me che costituivo il punto debole del branco. Il figlio del peccato, secondo molti.


"Che diamine sta succedendo?


"Ecco, Embry. Guarda tu stesso!" - Esclamò infine Emily, quasi rispondendo al mio interrogativo mentale. A volte mi pareva potesse leggere nel pensiero di tutti noi e non comprendevo come questo fosse possibile.
Mi voltai leggermente, con fare annoiato.

Ed il mio cuore, nel medesimo istante, perse un battito.
Le gambe faticarono a sostenermi, grande e grosso com'ero: mi parevano di gelatina.

Lì, stesa sul divano di casa Young, innocente e bellissima, se ne stava la mia Allison dai capelli rossi.

"A...Ally...." - Balbettai.
"Proprio lei, Embry."

Emily lasciò immediatamente la presa sul mio braccio ed io mi fiondai al divano senza attendere alcun tipo di commento o spiegazione.
Non m'importava di nulla, delle parole degli altri, di ciò che pensavano, del tempo di fuori, degli imminenti pericoli.

Soltanto la mia Allison contava. Soltanto il mio amore per lei.
Mi pareva quasi un sogno rivederla dopo così poco tempo. Ero certo di averla avuta a persa per sempre nello stesso momento. Ed invece era di nuovo lì con me. Si trattava di un miracolo, certamente e tanta era l'emozione che le mani cominciarono a tremare senza alcun ritegno.

La guardai attentamente: il viso era pallido e vagamente contratto, in alcuni punti sporco di terra. Le palpebre, dal colore lilla, ricadevano grinzose sui suoi begli occhi blu.
Scostai una ciocca rossa dal suo viso, senza vergogna o timidezza, scoprendo svariate cicatrici tra la testa ed il collo. Infine percorsi interamente il suo corpo con lo sguardo: lividi e gonfiori erano sparsi un po' ovunque, senza seguire una mappa precisa.

Raggelai.

"Che diamine....Perchè??"

"Non lo sappiamo Jacob. E' ferita, evidentemente, ma non riusciamo a comprendere come si sia procurata queste cicatrici...."
"Temi che un vampiro l'abbia colpita, Sam?"

Fece spallucce.

"Un vampiro l'avrebbe uccisa..." - Considerò pensieroso Jake. - "Specie se si tratta di quei vampiri psicopatici che fanno capo alla rossa. Fanno paura persino ai Cullen e questo per me è dire tutto. Decisamente non avrebbe avuto cuore di lasciarla viva..."

Gli diedi ragione.

"Ed inoltre..." - Continuò Sam - "..ci sorprende anche il fatto di averla ritrovata nella foresta di Forks. Per quel che ne sapevamo noi era partita per tornare a Vancouver."

Allison si agitò nel sonno, mugolando un nome distorto e muovendosi di scatto.

"....Be....Bella...."

"Sta chiamando Bella..." - Osservai accantucciandomi accanto a lei. Aveva la fronte madida di sudore.

"E' decisamente provata Embry. E priva di sensi, credo abbia la febbre alta. Dovremmo portarla di sopra, in un letto caldo, e curarla." - Il tono di voce di Emily era decisamente materno. Eppure Allison non doveva essere molto più piccola di lei.
"...E dovremmo anche chiamare Bella ed informarla che Allison è qui. Qualcosa mi dice che lo ignori."

Annuii. Ero più che convinto che Jake avesse ragione benché mi fosse rimasta decisamente poca lucidità per dividere ciò che era vero e giusto da ciò che non lo era. Tutto ciò che contava ora era lì, accanto a me, nella mia Allison priva di coscienza e di salute.

"D'accordo" - Esclamò allora Sam - "Spostati Embry, porto Ally di sopra.."
"NO! No, no, no...ci penso io, Sam! Ci...ci penso... io...."
"D'accordo...." - Sam alzò le mani, quasi divertito - "Fa' pure, è giusto così."
"Portala nella mia camera, Embry...Così potrò prendermi cura di lei più facilmente..." - Suggerì Emily.

Annuii senza guardare ed infine accolsi amorevolmente Allison tra le braccia; lei si accoccolò sul mio petto inconsapevole, la testa che le ciondolava ad ogni passo.

Non m'importò di udire la risatina amichevole di Jacob e Paul in sottofondo, nè di avvertire gli occhi amorevoli di Emily puntati su di me. In una qualsiasi altra occasione sarei sbiancato per la vergogna e la consapevolezza di essere l'oggetto delle prese in giro dei miei compagni; ma quell'istante era troppo importante per me. Stavo cullando tra le mie braccia la cosa più preziosa della mia esistenza, l'oggetto del mio imprinting, la mia bellissima Allison. Cos'altro poteva contare per me, in un momento del genere?

Salii delicatamente i gradini che conducevano al piano di sopra: cercavo di muovermi più dolcemente possibile per evitare scossoni al corpo già provato della mia Allison. Infine l'adagiai su di un comodo letto dalle lenzuola fresche di bucato e la trapunta rosa.

"Allison..." - Mormorai scoprendole la fronte e carezzandola col pollice. - "Sei così bella..."

Così bella anche senza un filo di trucco e la faccia sfatta, i capelli in disordine e quei tagli sparsi ovunque.

Continuai ad osservarla, sfiorandole delicatamente il viso.

"La mia bambolina..."
"Bella...."

Udii la sua voce, più alta di una tonalità, risuonare nella stanza.
Allison aprì gli occhi, poco. Scorsi l'azzurro delle sue iridi e mi sentii mancare.

"Allison...Sei sveglia?"

La sentii sussultare, il respiro accelerato. Improvvisamente, alzò di scatto la testa con occhi sgranati, tremante.
Faticò a trovare il mio sguardo e quando finalmente lo incrociò parve ancora più disorientata e confusa.

"Io....Tu....Dove....Dove sono? E... lei?"" - Biascicò convulsamente.


Lei. Ossia? Bella?


"Sono Embry, Allison. Ti ricordi di me?" - Cercavo di essere quanto più dolce possibile, per non spaventarla. Mi sembrava quasi....terrorizzata.

Annuì.

"Il mio amico Sam ti ha trovato nella foresta. Hai la febbre alta e sei ferita. Ricordi cosa ti è accaduto?"

Mi osservò soltanto per pochi istanti, come se stesse organizzando e formulando, nella sua testa, una risposta di senso compiuto.
Infine, scosse impercettibilmente la testa.

"Ho....ho sete..."

La febbre la stava letteralmente bruciando dall'interno. Afferrai un bicchiere dal comodino riempendolo con l'acqua della brocca che Emily teneva per la notte.

"Tieni."

L'afferrò voracemente bevendo tutto in un sorso solo, mentre le tenevo amorevolmente la testa con la mano. Gliene riempii un altro e lo svuotò con altrettanta rapidità. Quando infine parve soddisfatta si riaccasciò sul cuscino, esausta.

"Allison? Davvero non ricordi nulla?"
"Bella....come sta?" - Mormorò di tutta risposta. Sembrava non aver ascoltato minimamente la mia domanda o, quantomeno, pareva non interessata a rispondermi.
"Sta....sta bene. Perchè?"

Sospirò quasi confortata.

"Appena starai meglio potrai vederla."
"Oh sì...Sì Embry....te ne prego."

Sussultai al suono del mio nome pronunciato dalla sua voce. Forse arrossii, non lo so. Avrei fatto di tutto per vederla felice. Soprattutto adesso che era di nuovo mia, di nuovo accanto a me. Se voleva vedere Bella l'avrei portata di peso sino a casa di Emily. Se mi avesse chiesto la luna le avrei portato anche quella.

"Ho...freddo....Sono una noia, lo so...ma..."

Beh. Voleva soltanto essere scaldata.

"Questa è facile.." - Il sorrisino stampato sulle mie labbra la costrinse a guardarmi con i suoi grandi occhi, per metà spauriti, per metà sorpresi. Forse avrebbe accennato qualche parola ma non le consenti di parlare ulteriormente. Mi sedetti timidamente accanto a lei, sul letto, cingendole le spalle. Sapevo che la mia pelle era rovente, l'avrei scaldata abbastanza.

"Come sei...caldo, Embry.."

Sorrisi.

"Sei esausta, Allison..."

"Sì....vede?"

"Un po'.... Dormi...Dormi ancora, resterò qui a scaldarti, non preoccuparti..."

Mugulò un qualcosa che avrebbe dovuto essere un "ok" o qualcosa di simile. Era davvero distrutta e tremava; fortunatamente, prima che potesse rendersene conto, si era già addormentata di nuovo. Tra le mie braccia stavolta. Il suo respiro accelerato era chiaramente sintomo di una temperatura elevata; avremmo dovuto procurarci qualcosa per farle scendere la febbre, del paracetamolo o un'aspirina.

La strinsi di più tra le mie braccia; era così piccola, così fragile e delicata! Le sue braccia sottili, martoriate da lividi e croste, mi stringevano il cuore in una morsa.

"Mia piccola Allison" - Mormorai - "Qualsiasi cosa ti sia accaduta, giuro che non si verificherà più. Ti proteggerò io" - Sospirai infine e mi parve che un leggero sorriso aleggiasse sulle sue labbra. Ma doveva soltanto trattarsi dell'illusione di un povero innamorato.





POV VICTORIA


"Il tuo amichetto si è trovato un'amorevole famigliola di rompicoglioni, Victoria!" - Esclamò James esasperato. Da giorni, ormai, faticavamo a nutrirci in maniera adeguata. I Cullen erano sulle nostre tracce, quel branco di cani gli dava man forte e le occasioni per agguantare un umano dal sangue caldo si facevano sempre più ridotte. Eravamo in quattro ed una di noi era una Neo - Nata dall'appetito vorace: la situazione si era fatta notevolmente complicata.

"Ma del resto.." - Continuò - "E' sempre stato un tipo noioso..E pesante. Si è scelto la comitiva adeguata..."

Laurent gli lanciò un'occhiata in tralice mentre si divertiva, per quanto possibile, ad intagliare un pezzo di legno.

"Più che altro, Vic....Vorrei capire perchè diamine ci ostiniamo a restare qui. Stiamo facendo quel che volevi, ti abbiamo accontentato. Hai creato un'altra bocca da sfamare e passi..." - Keira si sentì ovviamente chiamata in causa e voltò leggermente il capo in direzione di James, risentita - "...stiamo qui da settimane a pedinare Edward...E passi anche questo. Ma capirai che la storia si è fatta complicata ed io francamente mi sono rotto le scatole. Ho fame e non ho di certo voglia di morire per la seconda volta. Dobbiamo andarcene."

Sfoderai il mio tono più suadente nella speranza di convincerlo. Essere una brava manipolatrice, del resto, era il mio miglior talento, benché con un tipo sveglio e d'esperienza come James mi risultasse non poco difficile metterlo in atto.

"James..." - Cominciai - "Ti chiedo solo di avere un altro po' di pazienza....Come puoi sopportare un simile affronto? Edward ci ha piantati in asso senza una parola dopo che l'avevamo accolto nel nostro clan! Dovresti essere furibondo quanto me!"
"Furibondo? Forse non hai capito che non me ne frega niente del tuo amichetto! La verità è ti innervosisce questa storia soltanto perchè Edward l'hai creato tu, non ti piace l'idea di essere stata scaricata e vuoi fargliela pagare. La tua solita sete di vendetta, Victoria...Credi davvero che non ti conosca, piccola canaglia?"
"Beh? Mi pare ti piacesse, una volta, che fossi così vendicativa..." - Mi avvicinai, abbracciandolo da dietro.
"Effettivamente" - Rispose sorridendo - "...Mi piace ancora molto..."

"Potreste smetterla con queste smancerie, per piacere?" - Laurent non andava tanto per il sottile quando era nervoso. Ed in quel momento lo era: il nostro "teatrino" non era certo di suo gusto. - "Vendetta o meno hai una settimana di tempo, Victoria, per portare a termine il tuo piano. Qualunque esso sia. Dopodiché, ed almeno per quanto mi riguarda, questa storia avrà fine. A costo di muovermi da nomade solitario."

Sbuffai, infastidita.

"Ok, d'accordo. Una settimana ancora e poi basta. Sono certa che qualcosa trattenga ancora Edward qui e non è soltanto il desiderio di farci fuori. Devo soltanto scoprire di cosa si tratta. A partire da oggi cercherò di intercettare e seguire la sua scia...Sono certa che mi porterà novità interessanti..."

James annuì, meditabondo. Infine alzò gli occhi sull'unica, tra noi, che non aveva proferito parola.

Keira.

"Tu, piuttosto...Come hai fatto a lasciarti scappare quella ragazza, nella foresta? Era da sola, diamine! Rendevi di più appena trasformata, stai cominciando a perdere colpi, Keira!"

Keira digrignò i denti: non aveva simpatia per James.

"Non ero da sola, stupido! La polizia era vicina..."
"E ti lasci intimorire da quattro deficienti in divisa? Per piacere!"
"Lasciami finire! La scia di quei cani era nell'aria...Non potevo ucciderla, non era il momento adatto..."
"Pff! Sei una principiante! Avresti potuto ucciderla in pochi istanti e tutti noi ne avremmo beneficiato...Ti lasci ancora spaventare con poco..."
"Lasciala stare, James. E' giovane ed ancora inesperta ma ha ottime potenzialità. Migliorerà con il tempo..."

Abbracciai la mia piccola vampira e lei mi sorrise docilmente, di rimando. Voleva bene solo a me ed io la ricambiavo apertamente, poiché era stata l'unica ad avermi mostrato senza ritrosie il suo sincero affetto. Adoravo quando, di notte, si sedeva accanto a me arrotolando i miei capelli intorno alle sue dita da pianista. Diceva che quel mio colore - molto, molto simile al suo - le ricordava qualcosa di imprecisato, un guizzo nella sua memoria di umana che non riusciva a mettere a fuoco. Qualcosa di "familiare" asseriva e davvero in quei momenti, sia che ci trovassimo nel bel mezzo della foresta di Forks,  sia che ci trovassimo a vagabondare per strada, anche a me sembrava di stare a casa.

"Sarai più brava in futuro, tesoro? Non lascerai scappare più nessuno, vero?"

Il sorriso si spense sulle sue labbra. Non sapevo il perchè ma l'espressione del suo viso era decisamente più cupa eppure mi rispose cordialmente come sempre. Ormai stava cominciando a frenare la parte più violenta ed incontrollata di sè.

"Non accadrà più Victoria."
"Non devi temere niente, tesoro. Noi siamo i predatori più pericolosi al mondo, non può accaderci nulla."

Annuì nuovamente.

"Bene. Ed ora, mio piccolo tesoro, ti voglio concentrata..."

Mi guardò interrogativa.

"Ho un po' di lavoro per te oggi. Mi aiuterai a scoprire perchè Edward si ostina a restarsene in questa cittadina sperduta....Intesi?"

Mi osservò, concentrata, di nuovo quel lampo di sfida e crudeltà che mi era familiare, nei suoi occhi rossi. Odiava Edward Cullen, a prescindere, poichè Edward aveva fatto del male a me.

"Sì, Victoria. Ti aiuterò."
"Brava, tesoro."

La guardai con aria soddisfatta,  noncurante dell'espressione scettica di Laurent sullo sfondo: sapevo che avrei potuto contare su di lei. La mia piccola, ubbidiente Keira non mi avrebbe mai tradita.




POV BELLA


"La persona chiamata non è raggiungibile...."


Sospirai, lanciando il telefono sul tavolo.
Erano quasi dieci giorni che non avevo più notizie di Allison. Quasi dieci giorni che mi ostinavo stupidamente a digitare il suo numero di cellulare, soltanto per ascoltare quella fastidiosa vocina metallica preregistrata che mi informava che la mia amica non era disposta ad alcuna conversazione.

"Sarà meglio che prepari la cena.." - Borbottai tra me e me, dando un'occhiata all'orologio.

Quasi le sette. Papà non rincasava mai così tardi dal lavoro. Almeno in passato, s'intende.

Da quando, tuttavia, il clan di Victoria aveva scambiato le foreste intorno a Forks per una specie di tavola calda, molte cose erano cambiate: Charlie era continuamente fuori per lavoro, alla ricerca del fantomatico animale che faceva strage tra i malcapitati turisti, Edward passava sempre meno tempo con me, troppo impegnato ad aiutare la sua famiglia a stanare i propri nemici ed io......Io me ne stavo forzatamente buona e tranquilla ad attendere il corso degli eventi, con la preoccupazione, in aggiunta, della sorte di Allison. E della sorte della nostra amicizia.

Perchè l'amavo profondamente ed era una cara amica per me, ma mi aveva mentito. E ne ignoravo il motivo.
Continuavo a ripetermi che, presto o tardi, Allison mi avrebbe fornito una buona giustificazione per tutto e questo sarebbe bastato per reinsaldare il nostro legame. Perchè ci volevamo bene sul serio, nessun equivoco al mondo avrebbe messo in dubbio il nostro amore.
Ma talvolta mi pareva che le mie fossero soltanto parole al vento, un tentativo mal riuscito di autoconvincermi che tutto stava comunque andando alla grande.

Se soltanto avessi potuto rivedere i suoi grandi occhi azzurri, avrei potuto comprendere tutto immediatamente, avrei potuto percepire la sua sincerità e forse quell'enorme macigno che mi portavo sul cuore si sarebbe sciolto come neve al sole.

Forse.

Sbuffai di nuovo tirando fuori pentole e stoviglie. E, contemporaneamente, mi maledissi: che diamine avrei cucinato per mio padre quella sera?
Non avevo alcuna idea e, momentaneamente, non avevo voglia di spremere le meningi per partorirne una buona.

"Oh cacchio...!"

Il display del cellulare si illuminò: ne colsi la lucina con la coda dell'occhio ed il mio cuore impazzì.


Allison! Sarà Allison che avrà ascoltato i miei messaggi in segreteria! Finalmente!


Ma mi sbagliavo. Si trattava di un messaggio di Edward.

"Amore, sarò da te stanotte ma non aspettarmi in piedi. Non so per che ora riuscirò a sbrigarmi. Ma mi troverai lì al tuo risveglio quindi stai tranquilla. Ti amo."

Ancora più sconfortata mi rincatucciai in un angolino della cucina, tamburellando con le dita sul tavolo.

"Alla grande. Ci mancava solo questa. Adesso sì che mi è passata totalmente la voglia di cucinare!"

Soffrivo di quel tipo di ansia che coinvolge tutti gli organi e tutti i sensi senza risparmiarne uno: avevo lo stomaco in subbuglio, le mani tremolanti, il fiato corto. E mi doleva notevolmente la testa. Avevo pensato troppo ai problemi miei ritrovandomi con un pugno di mosche giacché - da misera, limitata umana - non avevo soluzione alcuna da porvi;analogamente mi ero crucciata e tormentata nel tentativo di capire dove si fosse rintanata Ally e quando avrebbero attaccato i nostri nemici. Non sapevo più da che parte guardare, ovunque mi girassi c'erano guai grossi quanto una casa, bugie, tradimenti, pianti, sofferenza. Tutto ciò che mi restava era Edward e non c'era da pensare che ne fossi felice: tutta la mia serenità, ormai, dipendeva  da lui e non andava bene. Non potevo basare me stessa, la mia vita e la mia persona, sull'esistenza di qualcun altro, per quanto amato e caro fosse: le dipendenze morbose come la mia facevano male alla testa ed al cuore e tuttavia non riuscivo a liberarmene.
Ed allora ecco che, già triste per la mancanza della mia amica, mi sentivo ancor più triste e malinconica nel pensare che troppe ore ancora mi separavano dall'abbraccio di Edward.
Ma forse ero troppo severa con me stessa: chi altri, al posto mio, si sarebbe comportato diversamente? Chiunque, in un tale marasma, si sarebbe aggrappato alla sua unica fonte di felicità.

"Coraggio Bella. Le cose si sistemeranno..."

Uno scampanellio energico mi risvegliò dalle mie riflessioni. Che mio padre fosse finalmente rincasato?

Corsi alla porta e l'aprii senza neanche sincerarmi prima della natura del mio ospite. Mi ritrovai di fronte un ragazzone grande e grosso, dall'aria familiare.

Embry Call.

"Embry....ciao." - Non ero molto brava a nascondere la mia sorpresa. L'unico membro della tribù dei Quileute che avesse mai pernottato a casa mia era Jake. Embry lo conoscevo a malapena, era impossibile non mostrarmi stupita dalla sua visita. Oltretutto ero una pessima attrice quindi mascherare le emozioni mi riusciva davvero malissimo.

Alzò la mano in segno di saluto, imbarazzato.

"Ciao, Bella....Scusa la visita improvvisa..."
"Oh no, non c'è problema sul serio...Accomodati.."

Mi spostai per consentirgli di entrare. Ma non accettò l'invito.

"No, scusami. Sono davvero di fretta."
"Oh...ok..."
"Senti, lo so che ti sembrerà strano vederti a casa tua ma...ecco, in realtà...Riguarda Allison..."

Allison?
In un attimo solo nella mia mente vorticarono mille interrogativi senza risposta.

Perchè Embry veniva a parlarmi di Allison, dopo giorni di silenzio da parte della stessa? Cosa ne sapeva lui?

"Embry io..."
"Ti prego di ascoltarmi, Bella. Allison è alla riserva, da noi...Già da qualche giorno ormai..."

A stento riuscii a mantenermi in piedi.

Alla riserva?
E non mi aveva detto nulla? Proprio a me che la cercavo come una disperata, senza darmi pace, dedicandole i miei sogni la notte, i miei pensieri di giorno? A me che, nonostante tutto, l'aspettavo ancora a braccia aperte pronta a darle quel calore di sorella che le era stato negato?

Strinse le mani così forte che le unghie mi si conficcarono nel palmo, lasciandovi un segno dolente.

"....Allison non è stata molto bene, Isabella. Ha avuto la febbre alta. Sam l'ha trovata priva di sensi nella foresta, in condizioni pietose.."
"Che cosa?! Stai scherzando??"
"Ti pare che possa scherzare su di un fatto così serio? Ho molto a cuore la..salute di Allison." - Sillabò infine tremolante, con la medesima intensità d'espressione che gli avevo letto in volto al pranzo di Santo Stefano, alla riserva.

Diedi un morso alla lingua e se avessi potuto mi sarei volentieri presa a schiaffi da sola. Che stupida! Avevo immediatamente malpensato di Allison senza neanche aspettare quel che Embry aveva da dirmi. In condizioni pietose, aveva detto. Il che  risultava decisamente poco incoraggiante. Mi venne istintivamente mal di stomaco.

"Che significa in condizioni pietose, Embry? Come sta adesso? Dov'è? Io...io devo vederla! Devo parlarle!"
"Sta' calma Bella! E' a casa di Emily, la ragazza di Sam, ora..."
"Come puoi chiedermi di stare calma?? Sbuchi dal nulla e vieni a dirmi che la mia migliore amica sta male! E' ovvio che reagisca così....Devo vederla...Subito! Ha bisogno di me, certamente...!"
"E la vedrai, Isabella! Sono qui apposta per questo...."

Lo guardai interrogativa.

"Finalmente oggi pare essersi ripresa un poco. La febbre è calata e mi sembra più sveglia. Ha chiesto insistentemente di te, per questo sono qui. Vuole vederti a parlarti. Ti andrebbe di raggiungerci alla riserva?"
"Andrebbe? Ma ti pare! Vengo subito!"

Probabilmente, se mi fossi guardata allo specchio, avrei riso di me stessa: dovevo avere gli occhi lucidi, quelli tipici di un innamorato. Forse gli stessi con cui guardavo Edward. E gli stessi che aveva Embry quando pronunciava il nome di Allison. Ma non m'importava: tutto ciò che contava era sapere che, di lì a poco, avrei riabbracciato la mia amica, percepito nuovamente il suo calore, la morbidezza delle sue braccia intorno alla mia vita.

Ed avremmo parlato e forse sistemato e fugato ogni dubbio tra noi.
Sì, adesso ne ero certa.

"Vengo con te, Embry!" - Ripetei urlando, alla ricerca di una felpa e del cellulare che giaceva ancora sul tavolo della cucina. E proprio nel recarmi in cucina diedi un'occhiata di sfuggita all'orologio: le sette ed un quarto, ormai. Mi ricordai che papà sarebbe tornato di lì a poco e non era giusto lasciarlo a digiuno o costringerlo a prepararsi, da solo, un pasto frugale e magari anche bruciacchiato.

Sospirai, costringendomi a frenare l'entusiasmo.

"Embry?" - Feci capolino dalla cucina per fargli arrivare meglio la mia voce, giacché si ostinava ancora ad aspettarmi fuori la porta d'ingresso.
"Sì, Bella?"
"Va' pure, se vuoi....Devo prima preparare la cena per mio padre...Vi raggiungerò entro un'ora al massimo."
"Ne sei certa?"
"Sì...Vai, non preoccuparti. Allison ha bisogno di...te, credo. Cucino qualcosa e poi sarò da voi. Conosco la strada, col pick up non dovrei metterci troppo..."
"Ok...Allora io....Vado...Ci vediamo dopo?" - Era piuttosto chiara l'urgenza che aveva di tornare da Allison. Un colpo di fulmine in grande stile, ovviamente.
"Sì, sì...Tranquillo...Dì ad Allison di aspettarmi, sarò da voi tra poco."

Udii il rumore della porta mentre cigolava sui suoi cardini; Embry non se l'era fatto ripetere due volte: era subito andato via in gran fretta, avendo l'accortenza di richiudere la porta alle proprie spalle.
D'altronde, l'urgenza non era soltanto la sua: io stessa avevo cominciato ad armeggiare con pentole e mestoli, tagliando una quantità spropositata di patate con quanta più rapidità mi fosse possibile e cercando di cucinare qualcosa di davvero appetibile per il mio papà. D'improvviso m'era tornata la voglia di rimettermi ai fornelli; dopotutto Charlie sarebbe tornato stanco dal lavoro ed avrebbe cenato da solo: meritava, quantomeno, un pasto gustoso. Dal canto mio, gli avrei lasciato un biglietto approssimativo in cui riferivo brevemente la situazione di Allison e, successivamente, sarei partita in direzione della riserva trascorrendo lì parte della mia serata. Ovviamente avrei dovuto avvisare anche Edward della mia assenza, magari sarebbe potuto passare a prendermi lui di ritorno dalla ronda.

Oh sì. Ne ero certa. Le cose avrebbero davvero potuto cominciare a migliorare.

Canticchiai a mezza bocca mentre il profumo di carne e patate al forno si spandeva per la cucina.

Le otto di sera. Ormai era tardi e papà non era ancora tornato.

Terminai di cucinare lasciando tutto in caldo per Charlie. Infine, afferrai rapida una penna e scrissi un breve messaggio, un post - it da lasciare attaccato al frigo.

"Papà, è tornata Ally. E' alla riserva, non sta molto bene. Ti spiegherò tutto quando torno, è complicato. In ogni caso sta' tranquillo, farò un po' tardi. Bells."

Sorridendo, mi preparai a lasciare il mio biglietto sulla parete liscia a biancastra del nostro vecchio frigorifero, quando udii nuovamente bussare alla porta di casa.

"Finalmente! Papà è tornato!"

Volai letteralmente fino all'ingresso. Ero felice di rivedere il volto stanco ma dall'espressione sempre dolce e così buona di mio padre. Ero felice di riabbracciarlo, felice di mettermi poi alla guida del mio pick up ascoltando musica mentre la strada mi portava da Ally. Felice di poter posare nuovamente il capo sulla spalla di Edward di lì a poche ore. Felice della mia vita, in poche parole.

Tutto, tutto si sarebbe sistemato.

Aprii di scatto la porta, al solito senza fare domande, ma trillando di gioia.


"Papà! Bentornato!"


Ma dall'altro lato della porta non c'era mio padre.


"Buonasera, mia cara. Mi lasceresti entrare, per favore?"







Angolo dell'autrice:

Buon pomeriggio, mie carissime lettrici! Rieccomi qui per il consueto aggiornamento di "Dove sei?"...Dunque, anzitutto volevo scusarmi per avervi fatto attendere così tanto...come già sapete, sono stata fuori Napoli per una settimana ed al mio ritorno il lavoro mi attendeva per cui ho impiegato più del previsto per scrivere questo capitolo. Spero mi perdonerete!
Londra è stupenda, ovviamente...a quasi due settimane dal ritorno non riesco a togliermela dalla testa! Mi manca tantissimo :(...Sapete qual è stata la prima cosa che ho fatto appena scesa dall'aereo, a Stansted? Comprare il Vanity Fair UK con Rob in copertina, che qui in Italia non l'ho trovato...Aahahhahahaha xDD...Ormai il mio ragazzo ha perso le speranze con me...e francamente le ho perse anche io! XD
Ah! Ho fatto acquisti ai grandi magazzini Harrods....E vi stupirete di sapere che cd e libri costano molto meno lì che qui! Insomma, l'ultimo cd dei Green Day ed il primo dei Band of Horses (INSIEME) costavano soltanto 10 sterline...Qui mi avrebbero fatto la solita rapina! :-S...Ho comprato anche Twilight in inglese, così imparo anche qualche vocabolo in più...E sono molto contenta perchè sinora ho capito tutto! ;D

Tornando a noi....Nuovo capitoletto ricco di sorprese...Su, su, fatemi sapere cosa ne pensate, lasciatemi i vostri pareri e commenti! Sono curiosa di conoscere i vostri pensieri riguardo a questa storia, se vi piace come si stanno svolgendo gli eventi, chi o cosa non sopportate, quali sono le vostre supposizioni per il futuro! Attendo paziente, non deludetemi...Nel frattempo ringrazio sempre di cuore chi legge, segue, ricorda, preferisce e recensisce...Vi voglio bene ragazze! :)
Ah! Una noticina! Avete presente quando, nel capitolo, definisco Embry "il figlio del peccato"? Ecco, forse non tutte lo ricorderete, comunque nella saga orginale Embry è l'unico punto di "discordia" nel branco giacchè non si conosce l'identità di suo padre...Pare infatti che Embry possa essere fratellastro di Sam, Jake o Quil, se ricordate!
Detto questo, vi lascio con un bacio! :)
MaTiSsE!


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Capitolo 23
*** I morsi della fame ***


22
CAPITOLO 22
I Morsi Della Fame
(POV ALLISON/BELLA/EMBRY)



POV ALLISON






Hai un buon profumo.

Anche tu, tesoro mio.

Ed i capelli del mio stesso colore. Mi dispiacerà ucciderti, un po' mi somigli.

Non farlo, potresti pentirtene.

Ma non ti farò male, promesso.

Amore, mi fa già male il cuore, non potresti farmi di peggio.

Non sentirai nulla.

Ti sbagli. Sento molto più di quanto tu possa credere.

Nulla. Te lo prometto, tesoro mio.

Tesoro mio. Mio. Mio. Mio. Me lo ricordo ancora il tuo sorriso di bimba, sai?

Ma sei così carina. Potrei trasformarti...Solo che temo di non riuscire a fermarmi.

Ed io temo che non riuscirò a fermare le mie lacrime, Keira.

Perchè piangi? Non aver paura. Ti ho detto che non ti farò del male.

Te l'ho detto. Non ho paura dei tuoi denti aguzzi.

Potrei salvarti. Stai tranquilla.

Provo solo pena per te, sorella mia. Ti ho amata così tanto!

Sì, potrei farlo.

Ti ho amata così tanto, Keira!



Mi risvegliai urlando.
Come sempre, un attimo prima che i bei canini aguzzi della mia carnefice mi penetrassero la pelle candida alla base del collo.
Lo stesso sogno. Le stesse lacrime. Ogni notte da dieci notti, ormai.

Nel mio delirio cozzai contro qualcosa di rovente. Un blocco di marmo che mi stava di fianco nel letto.
Embry.

"Ally! Di nuovo lo stesso incubo?"

Udire la sua voce mi indusse ad un ragionevole moto di calma: ritrovai il contatto con la realtà istantaneamente, tranquillizzandomi. Cercai la sua mano a tentoni, nel buio della stanza. Fu più pronto di me: comprese immediatamente le mie intenzioni, intrappolando bonariamente la mia piccola mano nel suo palmo bollente.

"Sì, Embry."
"Sta' calma. Va tutto bene, ci sono io con te. E' stato solo un brutto sogno."

Sorrisi, malinconica.
Certo, un brutto sogno.
Un brutto sogno, specchio di una realtà ancora peggiore, se possibile.

Perchè quell'impertinente vampira che tornava a torturarmi tutte le notti era mia sorella. Keira. La sorellina che andavo disperatamente cercando in giro per gli States, la stessa per la quale avevo praticamente sacrificato la mia amicizia con Bella.
Ancora faticavo a crederci o forse semplicemente non mi andava di farlo; la verità mi era saltata agli occhi d'improvviso, dal nulla, in un freddo giorno di gennaio, al crepuscolo.

Finalmente ero riuscita, con non pochi ostacoli, a ritornare a Forks. Ero fuggita da Tacoma, diverse notti prima, e con i pochi risparmi che mi erano rimasti mi ero nuovamente immischiata nel caotico mondo dei mezzi pubblici per tornare da Bella e metterla al riparo dai pericoli che si aggiravano nella sua piccola cittadina. L'avrei salvata e l'avrei condotta di nuovo da Edward, chiedendole perdono per aver tentato di strapparla via dal suo unico amore. Certo, l'avrei fatto, e forse Isabella mi avrebbe perdonato perchè era una creatura deliziosa ed infinitamente buona. Poco m'importava di Tanya: se pure fosse riuscita a mettersi sulle mie tracce, le avrei detto la verità. Poteva anche uccidermi, se lo desiderava. Non m'importava: soltanto Bella era meritevole della mia dedizione incondizionata. Qualunque cosa fosse accaduta, io avrei scelto sempre lei. Forse anche a discapito di Keira, arrivata a questo punto.

L'autobus che mi aveva condotta al Forks era stato costretto ad un cambio di percorso, poichè la strada percorsa abitualmente risultava disagiata dalla pioggia che, continua ed insistente come soltanto a Forks può essere, si abbatteva da giorni sulla cittadina. Tale cambio di rotta mi aveva indotto a scendere alla prima fermata che mi era parsa più familiare e - pertanto - più vicina a casa di Bella.
Ovviamente mi ero sbagliata: non conoscevo affatto quella zona di Forks. Mi ero persa dopo appena cinque minuti di cammino. E pioveva, ovviamente. Ed era quasi buio.

Ancora adesso maledico mentalmente mio padre. Era un tipo coraggioso lui, lo ricordo bene. Mi rimbomba ancora nella testa la sua voce mentre parlava con Annie, tanti anni prima. Quando litigavano e lui diceva: "Non ho paura di nulla, io". E lo maledico perchè mi ha trasmesso il suo sangue freddo.
Se fossi stata un po' più scaltra, un po' più intelligente, avrei riacceso quel maledetto cellulare che ancora se ne stava inerme ed inutile nella mia borsa a tracolla, avrei chiamato rinforzi - magari la stessa Bella - ed avrei biascicato un sincero: "Ehy, sono nei guai, non so dove andare. Piove e non si vede un  tubo. Mi daresti una mano?"
Ed invece avevo preferito fare la tipa forte, camminando senza una traiettoria precisa tra il fogliame ed i tronchi della foresta di Forks, con le cuffiette nelle orecchie ed i Muse ad alto volume, ripetendomi che prima o poi da qualche parte sarei sbucata. Finché anche la batteria dell'iPod non si era scaricata ed io ero rimasta con un palmo di naso, i capelli grondanti acqua, il giubbotto appiccicato addosso.
Ed anche in quel momento non propriamente simpatico, con i gufi che mi assordavano con il loro inquietante lamento, l'unica preoccupazione che mi avesse investito era stata la mia salute.

"Prenderò un malanno".

Fino a che un furscìo di foglie poco distante da me non mi indusse a voltarmi. E fu allora che la vidi.

Bella come nessuna creatura che avessi mai incontrato. Persino più di Alice e Rose, le sorelline eteree e leggiadre di Edward. Persino più di Isabella.
Se ne stava quieta ed immobile come una statua di cera. Un'eleganza d'altri tempi mentre reggeva disinvolta la lunga gonna nera con le sue lunghe dita da pianista.
I capelli, rossi e boccolosi, le arrivavano alla vita e si muovevano delicati nel vento.
Il volto era pallido, di un bianco quasi mortuario e di nuovo mi venne in mente Edward e la sua famiglia di vampiri: si trattava certamente del medesimo colorito.
Ed allora, rabbrividendo, compresi: anche quella fanciulla meravigliosa, quella ragazzina dai tratti angelici era una di loro. Era un vampiro.

"Io....mi sono...persa...Ma stavo....stavo andando, comunque..." - Mormorai a mezza bocca.

La giovane non mi rivolse parola. Continuò a fissarmi, semplicemente, con i suoi occhi scuri.

Arretrai lentamente, muovendomi come un'aragosta e giacché non mostrò alcun interesse nei miei confronti, con il cuore a mille, sospirai quasi di sollievo pensando che, dopotutto, non dovevo esseree risultata troppo interessante per lei. Mi avrebbe lasciata andare senza storie, ne ero certa. Meno male.

Ma, ovviamente, avevo cantato vittoria troppo in fretta: giunta in prossimità della fine della foresta, le avevo dato le spalle, cominciando a correre. Speravo di seminarla: dopotutto non si era mossa di un passo. Ma avevo dimenticato di avere a che fare con un vampiro: nel medesimo istante in cui misi un piede in fallo, qualcuno mi tirò per un braccio strappandomi un grido di dolore.
Mi strinse tra le sue braccia, mentre ancora le davo le spalle: la sofferenza fisica fu pressocché insostenibile. Mi chiesi, in tutto quel marasma, come fosse possibile che non avessi ancora perso i sensi per il dolore. Con uno strattone improvviso, infine, la "creatura" mi costrinse a voltarmi, tra le sue braccia.
Strizzai le palpebre, terrorizzata, e quando riaprii gli occhi mi sentii morire, ancora di più se possibile.
Le mie iridi azzurre avevano incontrato quelle innaturalmente rosse della vampira che mi stava di fronte; eppure, a parte il colore così singolare, nessuno sguardo, fatta eccezione per quello di Bella, mi era mai parso tanto caldo e familiare. Non considerai il lampo di crudele voracità con il quale mi scrutò, sorridendo: mi parve comunque bellissima. Una creatura spaventosa ma, paradossalmente, da proteggere.

"Hai un ottimo profumo, tesoro..." - Sibilò con voce melodiosa. - "Sta' tranquilla, sarò veloce" - Commentò infine serafica, mostrandomi i denti.

Non le risposi. Sapevo cosa sarebbe accaduto di lì a poco: mi avrebbe trafitta con i suoi canini aguzzi, la mia carne si sarebbe lacerata facilmente sotto la sua presa ed ogni singola goccia del mio sangue sarebbe fluita via, assieme alla mia vita. Avrei dovuto dire addio alle mie giornate tranquille, alla faccia buona e dolcissima delle mie suore all'istituto, agli studi, all'erba tagliata di nuovo del campus a Juneau, alla mia Polaroid, al raggio di sole che mi inondava il viso nei giorni d'estate. Ed a Bella, prima ancora di averle chiesto perdono. Sarei stata soltanto un'altra vittima, l'ennesima ammonticchiata su un cumulo di altri innocenti morti senza una valida ragione e null'altro sarebbe rimasto di me se non il ricordo nelle persone che mi avevano conosciuto, da Suor Maria ad Isabella.
Eppure, in quel momento, non tremai di fronte alla consapevolezza della mia fine.

Tremai, viceversa, di fronte al ritratto di mia madre.
 
Perchè, nella creatura sanguinaria, riconobbi quel labbro carnoso che troppe volte avevo visto tremare per la rabbia ed il pianto dopo i litigi con papà.
In lei riscoprii quelle lunghe ciglia che si allungavano sulle iridi chiare di Annie, quando teneva gli occhi chiusi e, bevendo e barcollando, cercava di ricordarsi come si cucinava la pasta al sugo. Tanto poi restavamo sempre digiune.
E ritrovai quella spolverata familiare di lentiggini, sotto l'incarnato pallido, tra il naso e le guance, la stessa che possedevo anche io.
In lei, quella vampira famelica che mi guardava come fossi un succulento bocconcino, ritrovai mia madre. E me stessa. E le generazioni malate che ci avevano plasmato.

"Keira..." - Mormorai allora, lentamente. E lei, soltanto per un attimo, vacillò. La presa sulle mie braccia perse di forza ed intensità. Compresi che avevo ragione. Quella creatura spaventosa era davvero mia sorella o, quantomeno, ciò che restava di lei.

"Come conosci il mio nome?" - Sibilò con astio.
"Non conosco solo il tuo nome. Conosco te."
"Che significa?"
"Ti tenevo in braccio, da bambina. E guarda ora cosa sei diventata..."

Ed allora mi guardò con un'intensità tale da stordirmi. La pupilla si allargò e poi restrinse ed il colore rosso delle sue iridi divenne più scuro e spaventoso. Tremai ma non di paura: soltanto per il dispiacere di sapere che non avrei mai, mai conosciuto mia sorella. Non quel che era stata in realtà, almeno.
Avevo una sola possibilità e l'avevo persa nel peggiore dei modi.

"Io non...non ti conosco, invece! Smettila di mentirmi, questo non ti salverà!"
"Ma io non ti sto mentendo. E se vuoi uccidermi, fallo pure. Per quel che serve vivere....Ormai non ho più nulla." - Erano sincere le mie parole: per cosa valeva combattere ancora se anche quel piccolo pezzetto di famiglia era svanito nel nulla? 

Ficcò le sue unghie nella mia carne, lasciando lunghi graffi sulle mie braccia. E per quanto dolore avvertissi, non mi mossi nè urlai, certa che quel gesto non fosse dettato dalla rabbia ma da una sofferenza istantanea e profonda, da una muta consapevolezza di sè, dal risveglio di una parte prigioniera e nascosta.

"Io non mi ricordo di te..."
"Pensaci bene, ti prego..."
"Mi somigli..."
"E..? Nient'altro?"
"Io...."

Attesi.

"Io avevo una....sorella...Un tempo. Ma non parlo di Victoria. Un'altra sorella..." - Parlava piano e lentamente, come se i ricordi faticassero a riemergere. Come se le costasse uno sforzo immane tirare fuori le immagini ed i suoni dal cassetto della propria memoria. Evidentemente la natura di vampiro aboliva tutto ciò che era stato l'essere umano.

Annuii.

"Sono io, Keira. Ti ho riconosciuta subito."

Mi fissò con uno sguardo vitreo, spaventoso. La bocca spalancata in una smorfia di dolore e disgusto.

"Sì...ricordo i tuoi capelli e questo profumo di fiori. Mi ricordo.."

Sorrisi. Forse non tutto era andato perduto?


"Il...tuo...Il tuo profumo è...insostenibile! Devo ucciderti...Devo farlo...! Io ho...ho fame!" - Gridò, improvvisamente.

Un guizzo nella mia mente. Una violenza per l'anima.
Keira e la sua voce di bambina quando mi diceva la stessa cosa, tanti anni prima, tirandomi le trecce.

"Sorellina, ho fame! C'è qualcosa da mangiare per me?"

Aveva tre anni all'epoca. Ed io sette e cucinavo per lei. In una casa buia. Mentre Annie dormiva sul divano.

Le lacrime scesero copiose lungo le guance.

Keira digrignò i denti.
"Non devi piangere! Tu...Io devo ucciderti, capisci! Devo!"
"Non piango per questo. Tutto sommato morire per mano tua non mi dispiacerebbe. E non dico bugie. Piango perchè....oh, Keira, io ricordo così tanto! Vorrei che potessi farlo anche tu! Eri la mia bambina....Cucinavo per te ed ora..."

Mi strinse di nuovo, con più forza. Questa volta urlai. Dopotutto ero solo una fragile umana.
Poi mi scaraventò, lontano.
Andai a sbattere con la spalla contro un tronco: la maglia si lacerò nell'impatto e la testa urtò per rimbalzo contro un tronco.

"Ahi, ahi.." - Mi lamentai massaggiando lentamente una tempia.

Quando riaprii gli occhi per inquadrare Keira, la trovai eretta, a diversi metri da me, mentre fremeva. Forse per rabbia, forse per il dolore.

"Va' via!"
"Keira..."
"Ti ho detto di andartene. Te lo ordino!" - Urlò, guardandomi soltanto per un attimo. Una fiamma mai vista ne illuminava gli occhi rossi.

Compresi l'antifona. Keira non poteva, non voleva uccidermi. Ma il mio profumo la tentava crudelmente ed aveva troppa fame. Mi stava ordinando di fuggire prima che il suo appetito incontrollato avesse la meglio. Avrei dovuto ascoltarla: dopotutto, mi stava soltanto mettendo al riparo da se stessa.
Ferita e dolorante, mi alzai a stento, poggiandomi al tronco.

La osservai ancora un po'.

"Allora? Vuoi andartene!?"

Conoscevo il perchè di quel tono astioso: trattare le persone in malo modo generalmente le allontana.

Annuii.

"Addio, Keira." - Sussurrai.

Stentatamente, misi un piede davanti all'altro. Mi guardavo la punta delle Converse soltanto per distrarmi ed evitare di guardarmi dietro. Mi tenevo il braccio ferito con l'altra mano ed intanto mi allontanavo da Keira. Da mia sorella. Ad ogni passo se ne andava via un pezzo di me stessa.
Keira non mi seguì.

Raggiunsi la strada battuta, l'attraversai e finii dall'altra parte del bosco.
Continuai a camminare per ore, mischiando le mie lacrime alla pioggia. Ma nè fisicamente nè emotivamente mi riuscì di resistere oltre: mi accasciai, alla fine, disperata, urlando il nome di mia sorella morta, ai piedi di un grosso abete; il dolore delle ferite era forte ma più forte era il dolore del cuore. Me ne stavo lì, in ginocchio sotto un albero, mentre grondavo acqua dai capelli. Cercavo calore stringendomi nei miei vestiti bagnati ed ebbi pietà per me stessa.  Poi, spossata e tramortita, sentii le palpebre farsi pesanti finchè il sonno, forse anche la febbre, non mi costrinsero ad addormentarmi su di un giaciglio di foglie umide e vischiose.


Al mio risveglio ero in un letto caldo, con Embry al mio fianco a scaldarmi.


Ed anche ora sentivo il suo braccio rovente attorno alla mia vita.

"Allison? Ti sei imbambolata....è tutto ok?"
"Sì, sì....che ore sono?"
"Manca un quarto alle sette....Del pomeriggio."
"Cosa? E' tutto buio, pensavo fosse notte fonda!"
"Ho chiuso le finestre per farti riposare meglio appena mi sono resa conto che ti eri addormentata! Adesso le riapro!" - Rispose con un sorrisetto imbarazzato.

Sorrisi a mia volta.

"Grazie Embry. Sei sempre molto carino."
"Non...non c'è di che..Senti, Ally...Ce la faresti a stare un po' da sola per...diciamo mezz'ora?"

Lo guardai perplessa.

"Certo....Ma è successo qualcosa?"
"Proprio nulla...Devo soltanto fare una cosa, ma tornerò presto..."

Annuii cercando di sembrare quanto più convincente possibile. In realtà ero terrorizzata all'idea di stare da sola e chiedevo sempre la compagnia di Embry, al massimo di Emily. Avevo scoperto che i ragazzi della riserva erano persone gentili, divertenti e disponibili, diversamente dalla prima idea che mi ero fatta. Apprezzavo la loro compagnia e la gentilezza che avevano mostrato nei miei confronti: non mi avevano abbandonato un solo istante, preoccupandosi della mia salute fisica e mentale, benché fossi praticamente una sconosciuta per tutti loro, ed offrendomi una chiacchiera allegra in qualsiasi momento. Embry, in particolare, non mi abbandonava mai e già dopo pochi giorni trovavo la sua compagnia praticamente indispensabile. Mi offriva tutto se stesso senza chiedermi niente in cambio, esattamente come aveva fatto Isabella prima di lui, ed io non sapevo a chi rendere grazie di tanta bontà e dedizione.

A volte poi, credevo che Embry potesse leggermi nella mente tanto era rapido e pronto nel cogliere ogni mio pensiero e stato d'animo senza ch'io aprissi bocca. Forse la mia espressione mi tradiva troppo facilmente ma in realtà l'unico ad afferrarmi era esclusivamente Embry. Doveva possedere una stranissima, inspiegabile connessione con me.

Mi guardò rapido in volto, infatti, sorridendo.

"Ehy...non ci impiegherò tanto..Torno subito, te lo prometto. Che ne dici di mangiare qualcosa mentre mi aspetti? Emily è uscita con Sam ma ha preparato tante cose buone, sono in frigo."

Effettivamente un po' lo stomaco mi brontolava.

"D'accordo.."
"Bene. Dunque, io vado..."
"Ok....allora....Ti aspetto qui. Al massimo in giro per casa, più di questo non posso mi sa...!" - Strizzai l'occhio.

Annuì sorridendo. Dopodiché fece per uscire dalla stanza ma qualcosa lo trattenne.
Si fermò sotto la porta, esitante.

"Embry? Qualcosa non va?"

Qualche passo indietro, incerto.

Poi corse d'impeto verso di me e, delicatamente, mi schioccò un baciò sulla fronte.
Prima che potessi reagire - fare o dire alcunché - era sparito dietro la porta.

Cercai di ridere - sorridere quantomeno - ma quel che mi uscì fuori fu, più che altro, un gridolino strozzato e divertito.
Ero disorientata.

"Oh Embry!" - Fu tutto ciò che riuscii a sussurrare.



POV BELLA

Quei capelli così rossi, così luminosi. La stessa chioma di Allison.
Ma il visetto era un po' più magro e gli occhi, color cremisi, decisamente più maliziosi di quelli della mia amica. Contornati da lunghe ciglia le regalavano uno sguardo da felino.





Il labbro inferiore, più carnoso e pieno, protendeva maggiormente verso l' esterno rispetto a quello superiore, conferendole  un'aria regale ed altera, quasi di sfida. Aveva proprio l'espressione di chi dice: "Ehy, io sono meglio di te e posso dimostrartelo".
Mi sarei persa volentieri nella contemplazione di cotanta bellezza se l' idea della sanguinaria Keira che se ne stava immobile ed in attesa sotto la porta d'ingresso di casa mia non mi avesse letteralmente terrorizzata.

"E'. Arrivata. La. Mia. Ora." - Sillabai mentalmente.

Arretrai, appiattendomi contro la prima parete utile. Come se fosse servito a qualcosa.

"Sta' calma, mia cara. Non ho intenzione di ucciderti. Benchè...." - Mormorò arrotolando una ciocca di capelli intorno al dito ed annusando l'aria. Il suono della sua voce risultava essere perfino più melodioso e gradevole all'udito della voce di Alice.
"Be - benché...?"
"Benchè tu abbia un profumo davvero delizioso. Il tuo sangue dev'essere terribilmente dolce." - Passò la lingua sul labbro superiore,  come a sottolineare maggiormente il suo apprezzamento e l'evidente appetito. Erano gesti questi, per me, sostanzialmente sconosciuti: la mia famiglia di vampiri mi aveva abituato a tutt'altri modi di fare. Cominciai a sudare freddo: avevo davvero paura.

"Smettila di tremare, ti dico. E sganciati da quella parete, mi sembri una salamandra!" - Aveva un tono che non ammetteva repliche.
"Non è divertente, Keira..."
"Non per te, forse. Per me lo è. E molto."
"Tra poco Edward sarà qui. E probabilmente anche Alice, o Emmett. Ti conviene dirmi subito cosa vuoi prima che ti facciano fuori!"

Non riuscii a spiegarmi nemmeno io stessa da dove mi proveniva tutto quel coraggio improvviso.
Forse era il terrore a farmi parlare con tanta convinzione.
Tuttavia, non dovetti impressionarla molto. Forse il mio tono di voce non doveva essere risultato, in ogni caso, autoritario come l'avevo immaginato io. O forse - semplicemente - Keira aveva ben appreso la lezione della sua creatrice, Victoria. Fatto sta che m'inchiodò con due parole.

"Stai cercando di spaventarmi? Saresti già bella e stecchita all'arrivo del tuo Edward, se decidessi di farti fuori!"

Deglutii a fatica, lentamente.

"Co - cosa vuoi?"
"Soltanto fare due chiacchiere. Mi lascerai entrare?"
"Puoi farlo tu stessa..."
"Mi piace essere invitata. Sono una creatura educata."

La guardai in un misto di sorpresa e disgusto. Infine acconsentii sempre senza staccarmi dalla parete.

"Vieni dentro."

I suoi occhi scintillarono di gioia. Sembrava una bimbetta cui avessero regalato una caramella.

"Grazie. Molto gentile!"

Mi sorrise impertinente: davvero era poco più che una ragazzina.
Una vita spezzata. Mi si strinse il cuore.

Entro delicatamente, quansi danzando e richiudendo la porta alle sue spalle. Davvero molto educata.
Si guardò intorno con fare curioso, scrutando ogni angolo, le foto alle pareti, i ninnoli sugli scaffali. Teneva le braccia dietro la schiena ed appariva seriamente come una bambina desiderosa di fare domande e ricevere risposte.
Si diresse in cucina e passò accanto al frigo. Si soffermò solo un istante sul post - it che avevo lasciato a mio padre e poi mi guardò.

"Bells?"

Annuii.

"Bella. Cioè, Isabella."
"E' così che ti chiami quindi. Bene."

Si guardò ancora intorno. Inizialmente non compresi il perchè. Poi capii: dalla finestra aperta, una brezza leggera veniva a scompigliarmi i capelli. Il mio profumo era nell' aria e Keira stava tentando di non respirare e di trovarsi qualcos'altro da fare per distrarsi e non attaccarmi. Forse era vero che non desiderava uccidermi.
Considerai che il suo autocontrollo era disarmante. Aveva fatto passi da gigante dall'ultima volta in cui l'avevo vista, nella radura: all'epoca mi pareva, piuttosto, una folle preda di un attacco di isteria.
Adesso, benchè ancora evidentemente preda di un vorace appetito, quantomeno mi pareva più posata e certamente in grado di contenersi.

Tuttavia mi chiesi fino a che punto tale autocontrollo avesse potuto reggere. Avevo ben poco di che gioire, ero comunque intrappolata in casa con un vampiro sanguinario: un qualsiasi passo falso avrebbe potuto decretare la mia morte.

Percepii il mio cuore battere furioso nel petto, per la paura. Il sangue fluì più velocemente e Keira dovette percepirne il profumo poichè si voltò nella mia direzione con occhi più scuri.

"Ecco. Questo è un passo falso. Sta' buona, Bella...." - Mormorai a me stessa con aria di rimprovero.

"Keira....? Cosa....cosa vuoi da me?"

Mi osservò attenta, un lampo - di dolore? - le attraversò le iridi scure.

"Mia sorella." - cinguettò con tono falsamente dolce.

Mi cascarono le braccia.

"Che...? Co...come..."
"Come so di mia sorella? Ah, la ricordo e basta. Ma non il suo nome. Come si chiama?"

"Vuoi ucciderla?" - Domandai improvvisamente, con tono allarmato. Che razza di domanda era quella?
"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, Bella. E comunque no, se avessi voluto l'avrei già fatto. Non voglio ucciderla. Dimmi il suo nome."

Se avessi voluto l'avrei già fatto. Dovetti frenare un moto di disgusto, un singulto improvviso alla bocca dello stomaco di fronte a tale affermazione. Dunque, Keira l'aveva già incontrata?

"Allora?"
"Allison. Si chiama...Allison."
"Allison...." - Ripetè piano, come a volerselo imprimere bene nella mente.

Sfiorò con le sue dita delicate il tavolo e le sedie, muovendosi piano, quasi sovrappensiero. Qualcosa sembrava tormentarla e non era il mio odore.

Fremetti.

"L'ho vista..." - Mi sussurrò. Sembrava una confessione, la sua.
"Come?"
"L'ho vista. Ho parlato con lei. Ha un buon profumo."
"Tu...Tu cosa?! Dove? E come sta?! Tu l'hai...l'hai..." - Faticavo a formulare e pronunciare parole di senso compiuto.
"Uccisa? No, te l'ho detto. Ho capito chi fosse, l'ho capito subito." - Si portò una mano al cuore, stringendosela a pugno. Ero basita. Certi suoi atteggiamenti erano così umani che faticavo a credere si trattasse della stessa folle vampira che avevo incontrato in passato.

Deglutii.

"Il suo profumo è così...intenso...Ne ho catturato una scia leggerissima e portava qua...Così come a questa casa porta anche l'odore di Edward Cullen. Che c'entri tu, con tutti loro?"
"Tua sorella è una mia amica...Una persona importante. Ed Edward....Edward è....il mio fidanzato."

Mi morsi la lingua. Perchè mai le stavo raccontando così tanti particolari della mia vita?

La vidi sgranare gli occhi alla parola "fidanzato". Ma non aggiunse altri commenti.  Piuttosto, si riferì nuovamente ad Allison.

"Parlami di lei" - Mi disse.

Ed il mio cuore si sciolse, così come la paura di avere davanti una vampira rabbiosa. Dimenticai le ultime bugie e narrai soltanto di una Allison dolce, della persona che amavo io e che, sapevo, mi amava a sua volta.

"Tua sorella è...una persona gentile. E piena d'amore, benché non ne abbia ricevuto abbastanza. Non quanto meritasse, almeno. Una persona che sa darti il suo cuore e non chiede nulla in cambio. Dolce e bella, dentro e fuori."
"Ne parli come se l'amassi...Come se fosse TUA sorella." - Mi rispose con astio.
"Perchè è come se lo fosse per davvero." - Mi giustificai - "Anche se la conosco da così poco, con nessun'altra persona, al di fuori di Edward, ho condiviso tante esperienze, tante gioie e dolori. Allison c'è sempre stata per me e la amo, la amo profondamente."

Keira poggiò una mano sullo stipite della porta, quasi per reggersi ed io raggelai per l'incredibile somiglianza che c'era tra lei ed Allison, nei gesti, nelle mani piccole e delicate, nella stanchezza di certi movimenti.
Un po' del legno si sgretolò sotto le sue mani. Era nervosa? Cominciavo a temere maggiormente per la mia vita.

"Keira" - Mormorai allora, con tutto il coraggio che mi era rimasto - "Cosa....vuoi ancora, da me? Dimmi la verità."

Si voltò, inchiodandomi con i suoi occhi rossi. Addolorati, certamente.

"Isabella....Oh, Isabella" - Sussurrò dunque, con lentezza.



POV EMBRY


Tornai in tutta fretta a casa. Non volevo lasciare Allison troppo tempo da sola, sapevo che la solitudine era l'ultima cosa di cui avesse bisogno negli ultimi tempi. La spaventava. Talvolta la osservavo, riconoscevo i suoi occhi sgranati ed intimoriti mentre se andava per casa, alla ricerca di qualcuno di noi, se non trovava nessuno accanto a lei al risveglio. Generalmente chiedeva di Emily. O di me. E quando mi rendevo conto che l'oggetto delle sue ricerche ero io, il cuore prendeva a battermi a mille. Perdevo la cognizione del tempo, dello spazio, la consapevolezza di me stesso.

Cos'altro poteva valere, più di Allison? Poco importava che non ricambiasse il mio amore: tutto ciò che desideravo era soltanto il suo bene, ed il suo sorriso sincero e luminoso. Avrei fatto di tutto per vederlo fiorire nuovamente sulle sue labbra.
Compreso chiedere a Bella di passare a trovarla, alla riserva.

Ero certo che Ally sarebbe scoppiata di gioia, alla vista della sua migliore amica. E chi se ne fregava  se a Bella Swan piacevano i vampiri. A me piaceva Allison. Anzi, l'amavo. Sì, avrei davvero fatto qualsiasi cosa per vederla serena, di nuovo.

"Allison?" - Chiamai a gran voce, appena rientrato in casa.

Non rispose.
Mi accolse, viceversa, un silenzio surreale.

"Ally? Sono io, Embry. Hai visto? Sono stato veloce come promesso!"

Un tramestio di piatti e stoviglie mi colse di sorpresa.
Poi ricordai: Allison aveva fame.

Mi avviai sorridendo verso la cucina, domandandomi, tuttavia, perchè non avesse risposto alla mia chiamata. Ma compresi una volta giunto a destinazione.

La trovai in prossimità dei fornelli: singhiozzava. Tutt'intorno a lei piatti ormai semivuoti di sandwiches, patatine ed hamburger. E muffins, tanti muffins al cioccolato come dessert, mezzi sbocconcellati e sbriciolati.
Dalla padella che teneva in mano, tuttavia, compresi che desiderasse mangiare ancora. Mi sembrava pronta ad un nuovo round, benché nel precedente fosse già arrivata al dolce, e stavolta avrebbe assuto lei il ruolo di cuoca.

"Ma che..."

Sussultai. Poi compresi l'antifona: fame nervosa.

Allison alzò gli occhi su di me e pianse ancora di più, accasciandosi lungo il frigo. Si portò le mani al viso ed un singulto mi scosse da dentro.

"Oh Embry! Scusa! Scusami con Emily, sono...sono tremenda! Ma avevo fame e ....non sono riuscita a fermarmi! Era tutto così buono!" - Singhiozzò.

"Allison! Va tutto bene, non c'è alcun problema! Ad Emily farà piacere sapere che tutto fosse di tuo gradimento!"

Mi precipitai accanto a lei, tenendole le mani. Tremavano.

"E la cena per stasera? Emily dovrà cucinare di nuovo oppure potrei fare io, non sono una cattiva cuoca, ho già preso la padella e..."

Straparlava.

"Ehy, ehy, ehy. Tranquilla! Emily cena fuori con Sam, stasera. Siamo solo io e te e per me bastano anche due uova strapazzate. E so prepararmele da me."

Era vero. Quella sera Emily era fuori casa. La serata era tutta per noi e benché, di lì a poco, Bella Swan ci avrebbe raggiunti, contavo ancora di poter ritagliare uno spazio piccolo piccolo con la sola Allison.
Le sorrisi e lei tirò su col naso.

"Sicuro?"
"Sicurissimo!"

Mi sorrise di rimando, forzatamente.

"Grazie, Embry."

La guardai preoccupato. Cosa poteva spaventarla così tanto? Lo sapevo: la sua salute mentale era allo stremo.

"Allison....Ti andrebbe...ecco...di raccontarmi cosa ti è accaduto nella foresta?" - Ero certo che tutto dipendesse dalla disavventura di cui era rimasta vittima nei boschi. Ne ero davvero convinto.

Sgranò gli occhi, di rimando al tono pseudoserio della mia voce. Come volevasi dimostrare, c'avevo visto giusto. Tuttavia non acconsentì.

"Non è accaduto nulla di rilevante. Sono solo....caduta...e pioveva, pioveva forte..E mi è venuta la febbre."
"D'accordo.." - La voce mi uscì ancora più dolce, se possibile - "Facciamo così: quando e se avrai voglia, quando penserai di poterti fidare totalmente di me, io sarò qui ad ascoltarti, anche fra dieci anni. Lo so che non mi stai dicendo la verità ma è giusto che tu abbia i tuoi tempi ed i tuoi spazi."

Mi sorrise dolce mentre le asciugavo una lacrima silenziosa lungo la guancia.

"Ma io mi fido di te, Embry..." - Avvampai - "..E' che si tratta di una questione...Molto più grande di...noi."

Annuii, ovviamente poco convinto. Le questioni "più grandi di noi" potevano soltanto riguardare i vampiri, ne ero certo, benché non riuscissi a spiegarmi il miracolo per cui nessuno di loro avesse ucciso la mia Allison. Ringraziai mentalmente Dio e chi, per Lui, avesse deciso di salvarla.
Comunque, mi venne da sorridere: se soltanto Allison avesse saputo realmente chi io fossi, tante cose sarebbero state diverse. O forse no?

"...Posso dirti che...c'entra mia sorella...Ecco... Credo che non sia più possibile  ricostituire ciò che era rimasto della mia famiglia e questa cosa mi...uccide. Sì, è così."

Il suo tentativo di aprirsi, seppur poco, mi strinse il cuore e, in un moto improvviso e piuttosto timido di consolazione, le passai un braccio lungo le spalle, aiutandola a rialzarsi.
Non capivo esattamente le dinamiche del suo dramma personale ma ero conscio della sofferenza che le riempiva il cuore.

"Asciugati le lacrime, Ally. Andrà tutto bene, vedrai. E sorridi...Ho una bella notizia per te."

Mi guardò con i suoi grandi occhi azzurri. Un po' entusiasmati, un po' sorpresi.

"Che sorpresa?"
"Oh, ne sarai felice, ne sono certo. Beh, tra poco saremo in tre..."
"In tre?"
"Non vuoi vedere la tua amica Bella?"
"Be - Bella?" - Arrossì, vistosamente. Ma era felice, lo sentivo. - "Oh, sì! Sì, certo che lo voglio! E' per questo che sei uscito prima? Per avvisarla che sono qui?"

Annuii.

"Sì, esattamente. Pensavo di farti cosa gradita."
"Ed è così. Oh, Embry! Embry! Sono così felice!"

Mi buttò le braccia al collo ed io avvampai come un ragazzino alla prima cotta. Timidamente, poggiai le mani sulla sua schiena morbida e sorrisi, estasiato.

"Grazie, grazie, grazie!"
"Non devi ringraziarmi, Allison. L'ho fatto con piacere e non mi è costato nulla. Per me....è importante vederti sorridere."

Si staccò da me, piano, inchiodandomi con le sue iridi chiare.

"Perchè fai tutto questo per me, Embry? Voglio dire, è stupendo...Ma sono soltanto una sconosciuta, per te..."

Trovai il coraggio di carezzarle i capelli, scostando una ciocca che le copriva il volto.

"Oh, Allison...Se solo potessi immaginare quanto ti sbagli...Tu per me sei...sei..."

Coraggio idiota! Parla! Non perderti quest'occasione, potrebbe non tornare mai più!

"...Sei molto....importante."

Allison mi guardò con occhi luccicanti ed me parve di toccare il Cielo con un dito.

Quanto può cambiare una persona per amore? 

Presi il coraggio a quattro mani e mi decisi ad avvicinarmi al suo volto. Non volevo spingermi chissà quanto oltre, semplicemente lasciarle un bacio tra le labbra e la sua guancia soffice.
Ero pronto ad un rifiuto. Ero pronto anche a ricevere un sonoro ceffone durante il cammino che portava al suo viso. Ma non accadde.
Restò ferma, il respiro accelerato, le palpebre semichiuse e non potei fare a meno di riflettere su quanto fosse bella. Bella come soltanto lei poteva essere.

Quanto tempo era passato? Pochi secondi certamente. Mai nessun percorso, tuttavia, mi parve più lungo, faticoso ed infinitamente dolce di quello che conduceva alla pelle pallida e meravigliosa di Allison.

"Kwop kilawtley, Allison.."

Così vicino a lei, ebbi anche la sensazione che si fosse leggermente voltata per meglio accogliere quel mio piccolo bacio. Il cuore mi batteva ad una forza sovrumana e mai, mai nella mia vita, ero stato pervaso da una simile sensazione di gioia e piacere. Se avessi potuto avrei protratto quell'istante per un tempo infinito ma il destino non era d'accordo con me. Uno scampanellio piuttosto pronunciato, infatti, venne ad interrompere il nostro meraviglioso, magico momento a due prima che potesse concludersi da solo.

Maledizione!

Allison si riscosse, come se avesse appena ripreso coscienza da uno stato di trance, e mi guardò con occhi imbarazzati, ancora tra le mie braccia.

"Fo...forse dovresti...vedere chi è..." - Mormorò in risposta al suono insistente del campanello.
"Sì..." - Grugnii.
"Potrebbe essere Bella..."

Annuii. A malincuore lasciai la presa sul suo corpo e mi avviai lentamente alla porta.

"Embry...?" - Mi richiamò prima che potessi uscire dalla cucina.
"Sì?"
"Poi mi dirai cosa significavano quelle parole..." - Sussurrò con un sorriso.






Buongiorno, a tutte voi..
Voglio essere sincera, ragzze: mi è costato molto scrivere questo capitolo. E non perchè non avessi idea di ciò che desideravo raccontarvi, tutt'altro. Solo che sono mancati gli stimoli necessari per mettere in parole le mie idee.
Mi spiego meglio: questa storia, ogni volta che pubblico un nuovo capitolo, riceve centanaia di visite e letture. Tuttavia, le recensioni si riducono sempre a pochi commenti, addirittura l'ultimo ne ha ricevute appena quattro (a proposito, grazie alle mie fedelissime)...E, dopodichè, mi trovo a leggere di fanfic scritte male ed in maniera piuttosto elementare, soltanto per scoprire che - viceversa - pullulano di commenti e pareri.
Ora, io non voglio costringere nessuno a spendere parte del proprio tempo per "accontentarmi" ma comprenderete che si tratta di una situazione sicuramente poco felice ed entusiasmante. A parte il parere delle mie - ribadisco - fedelissime lettrici che ringrazio, cosa pensino tutte le altre persone resta per me un mistero. Cosa pensate di questa fanfic? La trovate ormai noiosa? I personaggi hanno una buona caratterizzazione? C'è qualcosa che detestate?
E' vero che si scrive in primis per se stessi, ma il riscontro con il pubblico è importante. Mi starebbe più che bene anche un parere negativo, ma non il silenzio. E' svilente.
Con questo, chiedo perdono a quante di voi mi hanno sempre supportata, ma temo che non sarà altrettanto rapido il prossimo aggiornamento. Momentaneamente mi manca l'entusiasmo. Magari si tratta di una fase passeggera e prima o poi riprenderò l'ispirazione; ma davvero, ora come ora, sono piuttosto demotivata.
Scusatemi sul serio, ma spero comprenderete che per un'autrice (benché non m reputi chissà quanto brava) le recensioni sono davvero importanti.

Un bacio a tutte voi
MaTiSsE.

Ps: L'ultima scena, ovviamente, è una rivisitazione di New Moon, quando Jake sussurra a Bella di amarla, in Quileute, un attimo prima che chiami Edward. Mi piaceva l'idea di potervela riproporla con altri personaggi. Dimenticavo: ho aggiunto 2 foto: nel mio immaginario rappresentano bene l'idea di Allison e Keira, l'avrete capito. Spero che rispecchino anche la vostra idea. Un bacio ancora!

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Capitolo 24
*** Come in sogno ***


nuov23
CAPITOLO 23
Come In Sogno
(POV ALLISON/BELLA)











POV ALLISON



"Vampiro ad ore dodici." - Grugnì Jake dall'altro lato della porta d'ingresso. Avrei riconosciuto la sua voce a decine di metri di distanza: era forte, scontrosa ed ironica. La adoravo.
Probabilmente Embry si aspettava che non l'avessi seguito ed ammonì l'amico con un sonoro "Shhhhhhh" per evitare che ulteriori brandelli della loro conversazione potessero sopraggiungere alle mie orecchie. Ma in realtà il danno era fatto, sempre che di danno si potesse parlare giacchè mi muovevo nel mondo dei vampiri con inusuale disinvoltura, ormai.
Ma, ovviamente, fu molto più sorprendente per me scoprire che Embry e Jake parlassero con così tanta tranquillità di questo tipo di creature. Cominciavo a temere davvero che l'unica ad ignorare l'esistenza di un mondo così oscuro fosse soltanto la mia povera Isabella.
Mi acquattai un po' comicamente dietro la porta della cucina, tentando di origliare quanto più possibile. In effetti non era il massimo dell'educazione.

"Che ti prende? Allison è sveglia?"
"Sì! Ed è in cucina per cui cerca di non essere così esplicito!"
"Vorrei accontentarti...Ma con questo qui come la mettiamo?"

Udii un tonfo sordo seguito da uno scalpiccio caotico ed un silenzio prolungato.
Avrei pagato oro pur di conoscere l'identità dell'ospite indesiderato. Dunque un vampiro aveva fatto capolino nella riserva indiana ed adesso se ne stava placidamente in casa assieme ad Embry, Jacob e...me. Si trattava di uno di loro? Uno di quei personaggi scomodi e crudeli che facevano capo a Victoria, la vampira di cui mi aveva parlato Tanya? Quanto eravamo in pericolo? Sarebbero stati in grado di fronteggiarlo, Embry e gli altri?

Seminascosta dal legno della porta, in una posizione scomoda, in una casa che non era la mia - come se ne avessi mai avuta una, poi - alla presenza di potenziale mostro in grado di farci fuori tutti in una frazione di secondo, mi sentii d'improvviso sopraffatta da mille emozioni.
Ansia, terrore, angoscia.
E sconcerto.
Perchè faticavo a ritrovare il contatto con la realtà, a stabilire i limiti e le posizioni.

Sino a pochi mesi prima l'incubo più grande che avessi vissuto e che la mia mente avesse mai potuto elaborare era stata la mancanza di una famiglia. L'assenza di una madre e del suo abbraccio protettivo.
Invece,  in così poco tempo avevo scoperto che oltre il mio orizzonte limitato sussisteva una realtà sconfinata ed inverosimile. Un universo inimmaginabile fatto di mostri e paure ben più grandi e difficili da combattere di quella di un padre violento o di un istituto di suore anonime.

Eppure, in tutto quel  frangente, il dolore più grande che mi avesse colpito al cuore, paradossalmente, era stata la consapevolezza della mancata verità.
Perchè Embry sapeva - era chiaro - ma non aveva aperto bocca a riguardo. Nessun dubbio, nessuna incertezza, non una parola era mai sfuggita alle sue labbra. Nessuno tradimento, neanche inconsapevole.
Eppure mi aveva detto e ripetuto cento volte quanto fossi importante per lui.

Oh, avanti Allison! Cosa mai avrebbe dovuto raccontarti? Che se la fa con i vampiri? Neanche tu gli hai detto un bel niente di ciò che ti riguarda!

L'altra metà di me stessa - quella più razionale, meno impulsiva - mi bacchettò astiosa ed a ben ragione. Perchè mai, dopotutto, Embry avrebbe dovuto rivelarmi particolari tanto inquietanti e pericolosi della sua esistenza ed, in generale, della cittadina in cui era nato, se io stessa, per prima, non ero stata disposta ad aprirmi totalmente con lui? Dopotutto eravamo ancora estranei l'uno per l'altra.
Eppure non ruscii a non sentirmi orribilmente, tristemente, scioccamente...tradita.


"Che ci fa lui...qui?!"

La voce di Embry mi riscosse sgarbata dal vortice di pensieri che m'affollava la mente. Era più alta di una tonalità o, comunque, più alta di quanto avrebbe dovuto essere la voce di una persona che tentava di non farsi udire da terzi. Evidentemente l'ospite che Jake aveva portato con sè doveva costituire davvero una sorpresa. Sgradita, s'intende.

"Non c'è niente da spiegare!" - Jake stava rispondendo ad una giustificazione che le mie orecchie non avevano potuto afferrare ed intendere. Il vampiro inatteso cercava di motivare la sua presenza alla riserva con scarsi risultati - "... Non dovresti essere qui e basta! Hai violato il patto...Tu e la tua famiglia di succhiasang..."
"Jacob!"

Embry. Ancora una volta era accorso prontamente a zittire il suo amico per evitare che potessi ascoltare brandelli esaustivi ed inquietanti del loro battibecco. Me lo immaginavo mentre, ad occhi spalancati, faceva mille gesti per intimare silenzio, voltando di tanto in tanto il capo nella mia direzione. Mi venne da sorridere.

"In ogni caso, è escluso. Il Consiglio tutto non potrà transigere. E' una violazione bella e buona questa, Cullen."

Cullen?
Sgranai gli occhi. Dunque uno dei fratelli di Edward era giunto a casa di Sam ed Emily. Perchè lo trattavano con tanto astio? I Cullen erano tipi a posto, per quanto ne sapessi io.
Ma non fu certo questo particolare a destabilizzarmi maggiormente, quanto il suono della voce - meravigliosa ed armonica -  che sopraggunse alle mie orecchie.


"Dammi la possibilità di spiegarmi, Jacob, si tratta di una questione di vita o di morte..."


Jasper.

Jasper Cullen.

Jasper.


Non mi riuscì di trattenermi oltre. Scattai senza remore dalla mia scomoda posizione raggiungendo in un balzo l'ingresso.
Sotto la porta d'ingresso se ne stava Jazz, mal trattenuto da Jacob. Embry copriva solo in parte la visuale.

"Jasper!" - La voce mi uscì in maniera incontrollata, una specie di urletto a metà tra l'ansia e la felicità - "Jasper...!"

Gli corsi incontro. Letteralmente. Dimenticando di essere in casa di Emily, dimenticando il tono astioso che Jacob aveva usato poco prima contro di lui, dimenticando i dubbi e l'ansia. Dimenticando Embry.

"Allison....sei qui...?" - Mormorò in un soffio. Quel volto pallido che avevo soltanto osato sognare, quei capelli bronzei e morbidissimi. Ero così bello da far male. Nessuna immagine della mia mente gli aveva reso realmente giustizia.
"Sono qui.." - Risposi a mia volta, in un soffio, credendo di leggere nei suoi occhi un cenno d'intesa, un lampo di misurato ma sincero brio. Forse era felice di rivedermi proprio come lo ero io.
O forse no?


"A...Allison...Tu dovresti...Tu...."
"Io ero in cucina, Embry. Ed ho....ascoltato tutto."

Sollevai il mio sguardo da quello di Embry perchè mi costava troppa fatica sostenerlo. Sapevo che mi stava guardando con terrore, con sorpresa. Aveva assunto, con quegli occhioni sgranati ed il labbro inferiore tremolante, l'aria di qualcuno che sia costretto, suo malgrado, a perdere ogni speranza. Sapevo che l'origine di tale costrizione ero io e non mi piaceva l'idea di sobbarcarmi anche questa colpa. Preferii rivolgermi a Jake. Rispondere per le rime alla sua faccia rabbiosa mi parve una sfida eccitante, un diversivo quantomeno piacevole.
Avevo bisogno di sfogarmi.

"Jacob, smettila di trattenere Jasper così per le braccia, per favore..."
"Ally, ti voglio bene. Sei una brava ragazza ed una buona amica. Ma lasciati dire che la questione non ti riguarda. Jasper Cullen non dovrebbe trovarsi qui e questo è quanto."
"Se mi lasciassi parlare Black..." - Sibilò Jazz con malcelata rabbia.
"Non c'è niente da dire..."
"Sì, invece!" - Sbottai - "E' un quarto d'ora che tenta di spiegarsi e non gliene date possibilità...Che diamine! Conoscete l'educazione? Siamo in un paese democratico!"

Jacob grugnì letteralmente prima di scaraventare - o, quantomeno, tentare di scaraventare - Jasper all'interno della casa. Un qualunque, misero essere umano, sarebbe al minimo  finito a faccia in giù sulle assi di legno del pavimento di casa Young. Jacob aveva una forza invidiabile, era risaputo. Viceversa Jasper appena si mosse, perlopiù di sua spontanea volontà. E ciononostante mi parve tirasse un sospiro di sollievo.

"Ci mancava solo la paladina della giustizia dei..."
"Dei vampiri, Jacob? Puoi dirlo ad alta voce, non mi racconti nulla di nuovo."

Nel medesimo istante in cui le parole sfuggirono alle labbra, diedi letteralmente un morso alla mia lingua impertinente.

Accidenti! Mai una volta che riuscissi a stare zitta!

Con la coda dell'occhio colsi lo sguardo sorpreso e certamente confuso che Embry e Jake si scambiarono. Jasper, viceversa, mi parve più rilassato.

Alla grande, Ally. Sei davvero un genio.

"Che...Che diamine stai..."
"Ok. Il danno è fatto. Jacob per piacere, chiudi quella porta e parliamone.."

Il moto di rassegnazione con cui Jake ubbidì alle mie parole mi fece quasi tenerezza. Sospirai preparandomi al peggio.

"Come lo so? Beh...è una storia lunga. E neanche troppo recente. E se ne sto parlando con tanta disinvoltura è soltanto perchè mi pare di capire che non sia un gran segreto neanche per voi. Mi sto sbagliando?"

Embry scosse la testa come in risposta al mio quesito. Ma in maniera impercettibile e guardando altrove, come se fosse assente. Lontano in una dimensione fatta di dispiacere e timore.

"D'accordo Cullen: hai un minuto esatto di tempo per sputare fuori il rospo, non un secondo in più. Che diamine ci fai qui?!" - Esclamò Jacob alla fine, rassegnato. Evidentemente la mia intromissione aveva quantomeno dato i suoi frutti; Jake voleva chiudere la faccenda e voleva farlo al più presto possibile.
"Bella è in pericolo." - Spiegò Jasper immediatamente, come per accorciare i tempi - "Sono venuto qui al confine nella speranza di trovare Sam e potergli chiedere aiuto. Ma tu mi hai scovato per primo ed hai frainteso tutto. E per la cronaca, Jacob, io non avevo ancora varcato il limite. Sei stato tu a trascinarmi all'interno della riserva."
"Ho tutto il dovere di farlo quando mi ritrovo un vampiro in casa mia. Tu qui non devi neanche accostarci!"
"Basta!" - Sbottai irata, un'altra volta. Le mani mi tremavano e non sapevo se più per la rabbia o per lo spavento che la parola "pericolo", accostata al nome di Isabella, mi aveva provocato. - "Non ne posso più di queste stupide chiacchiere! Jacob hai ascoltato bene? Bella è nei guai! E tu stai qui ad accusare Jasper di non so cosa! Che diavolo sta succedendo?!"

Tremavo al pensiero che qualcuno potesse torcere anche solo un capello alla mia amica. Le parole di Jasper mi avevano colpita come un pugnale al cuore. Faticai a ritrovare calma e lucidità: tutti quei timori che avevo soltanto osato disegnare, per giorni, in maniera sfocata nella mia testa, apparivano ora improvvisamente ed orribilmente reali. Amplificati e concreti, prendevano forma secondo la più drammatica delle possibilità.
Se fosse accaduto qualcosa di terribile a Bella non sarei mai riuscita a perdonarmi. C'era qualcosa di inspiegabile che mi spingeva a sentirmi colpevole. Forse la consapevolezza di averla tradita, in qualche modo, forse l'idea di essermi allontanata senza un motivo valido, fatto sta che la stima per me stessa ed il mio senso di ragionevolezza avevano subito un notevole tracollo in pochi attimi. Mi detestavo.

"Allison....Edward ed Alice saranno già da lei, a quest'ora...Calmati, te ne prego..."

Edward. Per un attimo soltanto il mio cuore ebbe un sussulto di gioia. Dunque, tra loro non era finita. Non ancora almeno. Tesi le labbra in un sorriso stentato.

"Chi è stato? Victoria?" - La voce di Jake giunse forte, allarmata: aveva assunto, d'un tratto, un tono completamente differente. Teso, preoccupato. E circospetto: nonostante tutto non gli andava di parlare davanti a me, era evidente.

"No, Jacob. L'altra... vampira.."

Bam. Un colpo ben centrato.
Mia sorella - la mia sorella di sangue - stava tentanto di uccidere, molto probabilmente, la mia migliore amica.

Un inusuale desiderio di morte si fece strada dentro di me.
Avrei preferito morire piuttosto che sapere mia sorella colpevole di un omicidio.
Avrei preferito morire piuttosto che sapere Bella in pericolo per colpa sua.

Repressi un singhiozzo a fatica mentre cercavo un appiglio cui sostenermi. Tutto ciò che trovai fu lo schienale di una delle sedie della cucina. Mi appoggiai scaricando parte del peso del corpo, esausta. A conti fatti avrei perso presto i sensi, era ovvio. Ed allora una mano calda - rovente, a dirla tutta - mi carezzò un fianco, imbarazzata. Come se fosse un gesto sbagliatissimo eppure necessario. Voltai appena il mio viso per incontrare quello di Embry. Ed ancora una volta non mi riuscì di reggere il suo sguardo, nonostante la meravigliosa dolcezza di quel gesto così premuroso che mi stava riservando. Non vi riuscii, non con Jasper a pochi passi. Accennai un sorriso e mi voltai dall'altro lato sentendomi un'ingrata.

"Sono venuto qui per chiedere il vostro aiuto. La situazione è più seria del previsto. Si....sono spinti persino in casa di Bella.."

Jake annuì.

"Sì, è chiaro. Ma ci sono dei limiti, li conosci." - Si giustificò più morbido.

"Cos'altro avrei dovuto fare, Jacob? E' una faccenda complicata.."
"Ok. Andiamo a casa Swan, allora. Potrebbero avere bisogno del nostro aiuto..."
"Soprattutto per il dopo, Jake...Dobbiamo rafforzare la sorveglianza."

Jacob annuì. Io li guardavo - prima l'uno poi l'altro, in sequenza - cercando una spiegazione valida, un motivazione, un perchè. Vero che Jacob, Embry, Sam e tutti gli altri della riserva erano dei ragazzoni grandi e grossi, dotati certamente di una forza smisurata, ma di qui a combattere contro dei vampiri sanguinari ce ne passava eccome. Non avrebbero mai potuto fronteggiarli, ovviamente: uno scontro tra loro ed il clan di Victoria sarebbe stato assolutamente impari, come mettere in competizione un esercito dotato di mitra e cannoni contro un altro armato con solo sassi e fionde. Come potevano dunque i Cullen permettere che i ragazzi della tribù si assumessero il compito - infimo e pericoloso - di controllare il territorio ed eventualmente combattere nel qual caso fossero incappati in uno vampiro crudele e senza scrupoli?

"Ma no....No! Jasper, loro non possono combattere contro...Oh no, ti prego! Morirebbero di certo, non possiamo permetterlo!"

Jacob sorrise, ironico. Come se avessi raccontato una barzelletta così stupida da far tenerezza.

"Tranquilla Allison. Non c'è pericolo, sul serio. Non fare quella faccina da cucciolo abbandonato, va tutto alla grande."
"Ma..."
"Niente ma. Piuttosto, potrebbe andar meglio se ci sbrigassimo. Non voglio che accada nulla di male a Bella. Embry, resta qui con Allison mentre noi..."

Sfiorai la pelle calda di Jake con le dita, prima di intrappolare il suo polso nel palmo della mia mano. Le sue ossa erano tanto grandi da non consentirmi di racchiuderne l'intera circonferenza.

"No, Jacob. non puoi lasciarmi qui. Io devo...devo vedere Bella!"
"Non puoi venire con noi. Sarebbe troppo pericoloso."
"Jake, ascoltami! Io....non posso sopportarlo! Ho bisogno di sapere...di vederla!"
"E la vedrai..." - Jacob mi cinse le spalle con affetto e premura ed, al contempo, con estrema fermezza. - "Ti giuro che te la riporteremo sana e salva. Ma devi promettermi che avrai la pazienza di aspettarci qui. Assieme ad Embry. Portarti con noi sarebbe soltanto un passo falso e ci rallenterebbe troppo. Sii comprensiva Allison, te ne prego."

Mio malgrado dovetti accettare la proposta di Jacob. Aveva ragione, era innegabile: sarei stata d'intralcio. Benchè avesse cercato di dirmelo nel modo più gentile possibile, era questa la verità ed avrei dovuto ingoiarla diligentemente. Non sarei stata di alcun aiuto anzi: avrei quasi potuto mettere ancora di più in pericolo la vita di Bella. Cosicchè annuii con malcelato dispiacere, osservando infine con occhi spenti Jacob e Jasper allontanarsi da noi.
Proprio a Jazz riservai l'ultimo sguardo. Non sapevo quale fosse il significato di quel mio incollare i miei occhi ai suoi, si era trattato di un moto del tutto inconsapevole ed autonomo del mio corpo. Ma sapevo di certo che le sue iridi d'oro mi avevano ricambiato con dolcezza, come a volermi dire:
 "Tranquilla, Bella sarà salva. E ti spiegheremo tante cose ma per adesso sta' calma".

E sì dunque, sarei stata buon e tranquilla per lui, perchè me l'aveva chiesto. Ne ero convinta, il mio cuore lo avvertiva.


Quando udii il tonfo della porta all'ingresso e fui certa che erano ormai lontani, solo allora mi ricordai di Embry.
Mi voltai verso di lui lentamente, incontrando il suo sguardo disperato.

Disperato, sì. Era il termine più corretto.

"Io...." - Aprii la bocca soltanto un attimo, accompagnando quella mezza parola con un ampio gesto della mano. Non conclusi nulla: non riuscivo a terminare - neanche a cominciare, ad esser sinceri - un discorso con Embry. Non se mi guardava con quegli occhi così caldi. Così infinitamente tristi.

E così me ne andai. Senza un perchè risalii in camera di Emily, richiudendo la porta alle mie spalle.

Non mi ero mai sentita tanto vile in tutta la ma vita.




POV BELLA


"Isabella...." - Mormorò ancora Keira.

Mi appiattii ancora di più alla parete della cucina. Benchè Keira avesse ammesso di non avere intenzioni omicide nei miei confronti stentavo in ogni caso a fidarmi di lei. Quel suo tono di voce così orribilmente suadente suonava comunque come una minaccia alle mie orecchie.

"Cosa vuoi?"

Mi guardò con i suoi occhi color del rubino, così rossi e scintillanti da essere in grado di ammaliare piuttosto che intimorire. Mi parve di scorgervi un lampo di tacito dolore ma non ebbi il tempo necessario per trarre le mie conclusioni, poiché, con un sospiro, Keira riprese il filo del discorso.

"Devi aiutarmi."
"Io? E cosa potrei mai fare io per te?"
"Voglio indietro mia sorella Allison. Tu puoi aiutarmi."

Qualcosa si sciolse dentro di me. Un moto di paura ed angoscia si materializzò nel battito non sincronizzato del mio cuore. Non comprendevo le parole di Keira e più non capivo e più avevo paura.

"Io..."
"Bella....Io lo ricordo. Da umana c'era un vuoto. Quel vuoto era Allison, adesso lo so. L'ho cercata senza mai trovarla. Ma adesso è qui ed io la rivoglio. E c'è un solo modo per far sì che ciò accada..."
"Qua...quale sarebbe?"
"Trasformarla."


Trasformarla? In un vampiro? Ma che...che diamine si era messa in testa?!


"Tu sei pazza! Non accadrà! Non te lo permetterò!" - Blaterai sconnessa, la voce di un'ottava più alta del normale.

Mi fu accanto in un istante, stringendo il mio braccio in una morsa tanto serrata da bloccare completamente la circolazione sanguigna. Annaspai mentre quella sensazione orribile e disgustosa di gelo si spandeva con rapidità lungo la pelle del braccio: Victoria mi aveva trattenuta nello stesso modo soltanto pochi mesi prima ed il trauma era ancora vivo dentro di me.

"Tu non sei nessuno, NESSUNO per dirmi cosa posso o non posso fare. Ed Allison è MIA sorella, tienilo bene a mente, stupida, piccola umana!"

Specchiai i miei occhi bruni nei suoi cremisi, trovandoli ancora più rossi e più crudeli. Rabbrividii e - miracolosamente - parve calmarsi un pochino.

"Rivoglio mia sorella, e poichè la possibilità di vivere la nostra esistenza umana insieme ci è stata preclusa, desidero adesso trascorrere almeno la mia eternità con lei. E' l'ultima chance che mi rimane e non la sprecherò. Ma per far sì che ciò accada è necessario che Allison sia esattamente uguale a me. E per questo deve trasformarsi in un vampiro."

"Io...Io non posso trasformarla..." - Balbettai a voce bassa, frastornata - "...Perchè, quindi, lo dici a me?"

Sospirò.

"E' vero, tu non puoi farci nulla....Ma il tuo Edward sì. Lui e la sua famigliola felice di vampiri possono accontentarmi..."
"Perchè non lo fai tu stessa?" - Sbottai.
"Perchè non avrei la forza di fermarmi. Loro sì. Io finirei con l'ucciderla. E, ne sono certa, anche Victoria la farebbe fuori: Allison ha un profumo meraviglioso, ti tenta indiscutibilmente. E' difficile resistervi, per quelli come noi. Ma i Cullen no. I Cullen ci riuscirebbero, per quel che ne so. -Sputò quasi con rabbia.


"E credi davvero che ti faremmo un simile favore?"

Un tonfo sordo, uno scalpiccio improvviso a così pochi metri di distanza da me.

E poi lui, finalmente.
Edward.
La sua voce, così familiare. E così gelida, al tempo stesso, mentre si rivolgeva alla crudele vampira.
Sospirai di sollievo: finalmente era venuto a tirarmi fuori dai guai. Dietro la figura di Keira, che ancora mi teneva stretta, scorsi le sue belle fattezze ed istintivamente mi sentii meglio: sapevo che, di lì a poco, tutto sarebbe finito.
Keira, dal canto suo, colta di sorpresa dall'incursione inaspettata, digrignò rapida i denti mentre scioglieva la presa su di me. Si lanciò dall'altro lato della stanza appiattendosi lungo la parete con una rapidità sconcertante, sinuosa e strisciante. Tremai di sorpresa e disgusto: non ero avvezza a simili gesti, a certe movenze. I miei vampiri mi avevano abituato a tutt'altro e trovarmi faccia a faccia con la loro reale natura mi destabilizzava sempre un po'.

Le ginocchia mi tremarono vergognosamente, come fossero di gelatina, e caddi su me stessa mentre gli occhi faticavano a seguire il mio Edward che attaccava la sua nemica.

"Bella! Bella, come stai?"
"A...Alice, ci sei anche tu!....Io....Oh, maledizione!"

Al solito, il mio corpo mi aveva disubbidito, mostrandosi debole e vile. Detestavo i cali di pressione che generalmente seguivano ai grossi spaventi: mi facevano sentire una specie di menomata.

"Bella, allora?"
"Sto bene, sto bene...Come avete fatto a sapere di Keira?"
"Ovviamente ti ho vista...Abbiamo fatto il prima possibile. Per fortuna sei sana e salva..."

Annuii, senza rispondere. Quando mi voltai dall'altro lato per cercare Edward, lo ritrovai a mascella serrata, l'espressione tesa: aveva agguantato Keira  sul filo del rasoio. Ancora una frazione di secondo e l'avrebbe persa.
Alice mi rivolse un'occhiata comprensiva prima di incamminarsi verso di loro. Bella ed elegante, la invidiai per la compostezza e la disinvoltura con cui si muoveva sui suoi tacchi anche in situazioni estreme come quelle.

"Ti faremo passare la voglia di andartene in giro a spaventare la gente, Keira!" - Sibilò Edward. La voce gli uscì in un rantolo impastato di rabbia ed odio. Stentai a riconoscerlo. - "Ti farò passare la voglia di tornare qui, da Bella!" - Quando la sua mano si strinse sul collo di Keira, quando scorsi la sua bocca spalancarsi nel tentivo di addentarla, provai una fitta al petto.
"No, Edward, no!" - Gridai. - "Non farlo!"


Edward si voltò verso di me, lentamente e con occhi vitrei. Mi raggelò il sangue.

"Edward..." - Mormorò Alice - "...Ricordati chi sei..."

Deglutì, lentamente. Le parole di sua sorella dovevano aver avuto effetto: parve calmarsi un poco, quasi istantaneamente, ed anch'io mi tranquillizzai. Constatai come la presa divenisse vagamente più morbida. La mascella tentò di rilassarsi ed io sospirai di sollievo: non volevo morti in casa mia e non volevo che la morta, in questione, fosse la sorella della mia migliore amica.
Ciò che mi sconvolse, tuttavia, fu constatare l'assoluta freddezza con cui Keira affrontava la situazione. Neanche per un istante mi sembrò spaventata. Forse non le importava di morire per la seconda volta e per mano di Edward. O forse le importava ma aveva troppo orgoglio e tenacia per dimostrarlo. Fatto che che non battè ciglio: se ne stava così immobile da sembrare una statua. Si limitò a digrignare i denti una volta sola dopodiché non ci fu più alcun gesto da parte sua.

"Non mi ha fatto nulla, Edward. Sul serio. Ha resistito: non voleva farmi del male e non ha ceduto. Non ucciderla, ti prego. Sono certa che si possa ancora....salvare."

Ci scambiammo un'occhiata preoccupata, io ed Alice, guardando la mano livida e tremante di Edward mentre scivolava lungo il collo di Keira. Si limitò ad ancorarle un braccio ed Alice, di rimando, si affrettò nel fare lo stesso.
Sospirai di sollievo.

"No, Alice. Non sono "facilmente impressionabile". Cosa avresti fatto se al posto di Bella ci fosse stato Jasper?"

Domandò Edward esasperato, rispondendo al muto - per quel che mi riguardava - pensiero di sua sorella.

"Non volevo irritarti, fratellino. Intendevo solo dire che per te è più facile perdere il controllo, in certe situazioni."
"Non ho neanche voglia di parlarne. Pensiamo a lei, piuttosto..."

Keira neanche si degnò di guardarli. Piuttosto, voltò il capo altrove, verso la finestra. Sembrava davvero interessata al paesaggio di fuori.
Non seppi spiegarmene il motivo ma un moto di tenerezza m'invase il cuore: dopotutto era una vittima anche lei. Come Edward prima di lei, come Allison, come noi tutti.

"Dobbiamo portarla a casa. Carlisle saprà che fare."

Edward annuì con tranquillità ma, dopo un istante, lo osservai mentre si voltava di scatto in direzione dell'ingresso. Alice lo imitò mentre un sibilo ringhioso fuoriuscì dalla bocca di Keira.

"Che vi prende, ragazzi? Sta forse tornando mio padre?"

"No..." - Mormorò Keira prima che Edward ed Alice potessero aprir bocca - "Stanno arrivando i lupi."

"Che?!"
"Ehm....Poi ti spieghiamo tutto, ok Bella? E tu cerca di stare zitta, diamine!"

Un tonfo dall'ingresso ci costrinse ad un sobbalzo. Mi voltai di scatto, correndo verso la porta d'entrata, preoccupata di cos'altro potesse aspettarci, mentre Edward tentava di afferrarmi.

"Aspetta Isab..." - Esclamò agguantandomi. Fu un attimo: Edward allentò la presa su Keira e la vampira ne approfittò, svincolandosi ulteriormente ed assestando un calcio ben piazzato ad Alice per liberarsi anche dalla sua morsa. Dopo un istante non c'era più e, con lei, anche il vetro della finestra, frantumato in mille pezzi.

"Oh cavoli...!"

Incredibile con quanta velocità e con quale destrezza ci avesse fregati tutti. Compresi i miei vampiri. La sua astuzia mi lasciò basita: aveva atteso buona ed in silenzio l'occasione adatta per fuggire finchè la sua costanza non era stata premiata. Probabilmente, se avesse mantenuto un comportamento rabbioso, nessuno di noi avrebbe abbassato la guardia. Nessuno le avrebbe consentito di andarsene lasciandoci con un palmo di naso.
Guardai intontita in direzione di Edward.

"E'...è...."
"Fuggita... Maledizione!" - Urlò sferrando un pugno contro il tavolo. Si spaccò letteralmente in due grossi blocchi.
"Ecco quello che intendevo prima...Sei incontrollabile, Edward!" - Urlò sua sorella, a ben ragione.

A bocca spalancata , raggelando, spostai il mio sguardo da Edward alla finestra che aveva costituito la via di fuga per Keira, più e più volte, quasi comicamente.
Ero totalmente frastornata, in balia degli eventi, incapace di comprendere cosa fare e cosa dire.

Ero certa che quella fosse la mia vita?
Mi sembrava che si trattasse, piuttosto, della scena di un film tragicomico di serie B.

"Bella...Non...spaventarti, ti prego..Edward è solo molto impulsivo.."
"Alice...." -  Mormorai, come svegliandomi da uno stato di trance. Improvvisamente focalizzai il calcio che Keira le aveva sferrato. Mi sentii abbastanza lucida per sincerarmi del suo stato fisico. - "Ti sei fatta...male? Lei...lei ti ha colpita.."
"Sto bene, tranquilla..."


"Allora, che succede qui?!" - Esclamò Jacob - Jacob?! - entrando in cucina con nonchalance. Si toglieva di dosso schegge di legno con una delicatezza impressionante. Probabilmente avrei avuto bisogno del nastro adesivo per tenermi la mascella, di lì a poco: ero troppo sorpresa, troppo sconvolta. Doveva trattarsi di un sogno, certamente. Uno di quei sogni assurdi e privi di alcuna logica  che facevo alle elementari, in cui dei maialini verdi volavano in cielo mentre mia madre cucinava delle torte alla crema. Certamente: una situazione alla Dalì, per intenderci.

Non c'era altra spiegazione.

"Eccolo là, il genio della situazione. Complimenti eroe, Keira è scappata grazie alla tua impagabile entrata in scena!"  - Esclamò Edward, ironico ed incollerito, accompagnando le sue parole con un finto applauso.

Dunque Edward conosceva Jacob? Perchè gli inveiva contro con tale confidenza?

Mi diedi un pizzicotto: non poteva essere tutto vero. Dovevo svegliarmi.

"Ahia!"
"Bella ma sei impazzita?"

Non è un sogno, Isabella.

"Io? Impazzita io, Alice?"

"E' tutto a posto, Bella..."
"Jake" - Spostai lo sguardo verso il mio nuovo interlocutore - "...Che ci fai in casa mia....adesso?"
"Giusto Jacob. Che diamine ci fai qui?!" - Urlò Edward ancora una volta.
"Oh merda, Edward! Sta' zitto! Che altro mi hai tenuto nascosto? Che ne sa lui di Keira?!" -  Irritata d'improvviso dalla consapevolezza che - probabilmente - ignoravo ancora molto della nuova vita di Edward e di parte delle persone che mi ruotavano intorno, ero sbottata priva di controllo in una sequela di esclamazioni e domande piene soltanto di paura e risentimento. Edward mi guardò improvvisamente sorpreso e l'irritazione che gli avevo letto negli occhi si tramutò in ansia, dapprima, e successivamente in dispiacere. Poteva essersi trasformato in un pericoloso vampiro, ma quel che era veramente e ciò che pensava restava sempre è soltanto mio. Solo io lo conoscevo così bene.

"Ragazzi, state calmi, per piacere. E' colpa mia, non prendetevela con Jacob."

La testa bionda e riccioluta di Jasper fece capolino dalla porta della cucina. Portava in mano parti staccate della porta d'ingresso.
Mi portai una mano alla fronte, angosciata. Cos'avrei detto a mio padre? Che un mostro inferocito ed una congrega di vampiri impazziti aveva quasi fatto a pezzi la casa?

"Sono stato io a chiedere aiuto. Temevo per voi tutti, non sapevo se anche Victoria..."
"No, si trattava solo di Keira, Jazz. Mi spiace che tu ti sia preoccupato.." - Mormorò Alice molto dolcemente, portandosi verso di lui.  Edward sospirò.
"Quindi? E' tutto a posto?"
"No, Jake. Per niente. Vuoi dirmi, per piacere, perchè sei qui?"
"Bella, io..."
"Bella, un'altra volta..."
"Edward, non intrometterti. Con te facciamo i conti più tardi. Allora, Jake?"
"Ecco, io..."
"Bella, per piacere..."
"Edward, ti ho chiesto esplicitamente di non intrometterti, per favore!"
"Bella! Sta arrivando tuo padre..! Ascoltami, ti prego!"

Mi zittii di colpo. Ed allora, in un istante, dimenticai la delusione per le verità nascoste di Edward, le domande a riguardo della presenza di  Jacob, il timore per ciò che avrebbe potuto mai farmi Keira.
Compresi immediatamente che, in quel momento, era viceversa fondamentale trovare una valida motivazione che spiegasse a mio padre perchè la porta di casa era stata praticamente abbattuta ed il vetro in cucina frantumato e....

"Oh mio Dio..."

Edward. Chi l'avrebbe spiegato a mio padre che Edward era vivo e vegeto - non nel senso letterale della cosa, ovviamente - e si trovava in casa mia tranquillamente, come se non fosse mai scomparso per ben due anni?
Deglutii.

"Edward..." - Mormorai. - "Va' via. Papà ...papà non sa nulla di te!"

Lo guardai tremante ma Edward non si mosse.

"Edward...!"
"No, Bella. Non me ne andrò."

Sgranai gli occhi. Sul fondo vedevo la figura di Jacob contorcersi, agitando il pugno per aria.

"Vuoi far prendere un colpo al capo Swan, imbecille?!"
"Jake, non intrometterti tu, ora. E tieni i tuoi pensieri per te, per favore. Questa cosa non ti riguarda."
"Edward..." - Biascicai. - "Sei...sei forse ammattito? Papà...la prenderà...Oddio, non voglio neanche pensarci! Tu devi andartene subito!"

Lo afferrai per il braccio ma non accennò neanche lontanamente a muovere un passo. Una statua di marmo sarebbe stata più flessibile e malleabile. Sperperai tutte le mie energie per cercare di smuoverlo ma non servì a nulla: assolutamente rigido ed immobile e tuttavia rilassato, come se non gli costasse alcuno sforzo mantenere quella posizione, mi rivolse uno sguardo sostanzialmente risoluto. Sembrava che ogni cellula del suo corpo volesse dirmi: "Non lo farò, Bella, non mi muoverò di qui."

"Ma perchè...." - Biascicai rassegnata. E questo fu quanto mi riuscì di fare prima che la voce familiare ed allarmata di mio padre, dall'ingresso, mi facesse tremare.

"Bella? Bella!"
"Sì, papà....."

In un soffio. La mia voce se la portò il vento che spirava senza più ostacoli tra le pareti della nostra casa.


Papà ci avrebbe raggiunti entro breve.

Tremai.
Dieci. Nove. Otto. Sette. 


"Sei qui, Isabella?? Che diamine è successo??"

"Sto bene, papà. E' tutto...ok."

"Bella! Raccontami tutto, cos'è accaduto!" - Charlie spuntò sotto la porta della cucina, l'espressione alterata dal terrore. - "Oh...ma sei...in compagnia? Jacob, ci sei anche tu!"
"Sì, capo Swan.."
"E lei...lei la riconosco, è quella tua amica del college.."
"Buonasera, signor Swan...Sono Alice Cullen."
"Alice Cullen...Oh ma sì, certo, certo..."

Mancava poco. Sapevo che Edward era seminascosto da Jasper, l'avrebbe notato per ultimo. E proprio per questo avvertivo ancora di più l'ansia.

Chiusi gli occhi.
Sei. Cinque. Quattro. 



"Mentre loro...Oh io non...non la conosco e neanche lei, quel giovanotto lì dietro...Mi scusi, il suo nome..?"

Deglutii.
Tre. Due. Uno.


"Lei...."

Riaprii gli occhi. Il viso di mio padre assunse un colorito particolare. Prima rosso. Poi viola, quasi bluastro. Pensavo gli mancasse il respiro, sembrava cianotico. Annaspai anch'io.

Stava arrivando, lo sapevo.

"Edward..."

Zero.

"Edward....EDWARD!"
"Papà!"


Gli corsi incontro rapidamente, preoccupata.
Poichè era chiaro: stava per stramazzare al suolo.







Angolo dell'autrice:
Buonasera a voi tutte!
Perdonatemi per l'immenso ritardo nell'aggiornamento ma francamente l'ispirazione ha faticato a farsi viva. Ed a dirla tutta, anche ora non sono per niente soddisfatta del risultato. Però, non volevo lasciarvi in sospeso ancora per tanto tempo, per cui ..Eccomi qui!

Grazie mille per le recensioni al precedente capitolo...Siete state carinissime! Cercherò di rispondervi il prima possibile!
Un bacio

MaTiSsE!











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Capitolo 25
*** Perdonami, Bella ***


nuova 25
CAPITOLO 24
Perdonami, Bella
(POV BELLA)







"Papà!"

Corsi incontro a mio padre prima che stramazzasse al suolo, maledicendo Edward e quel suo immotivato ed inusuale egoismo. Non potevo credere davvero che avesse agito in maniera tanto sconsiderata.
Perchè era rimasto anzichè andar via evitando, in tal modo, un malore certo a mio padre?
Gli premeva così poco la salute di Charlie? Eppure gli aveva sempre voluto bene, gli aveva sempre mostrato - senza indugi - stima ed affetto!
Non potevo crederci, sul serio. E nonostante tutto, in quel momento, l'atteggiamento ingiustificabile del mio fidanzato passava in secondo piano: piuttosto, mio padre aveva bisogno di me. Dovevo anzitutto sincerarmi del suo stato di salute, fisico e mentale, e soltanto dopo pensare al resto.

"Papà..." - Mormorai ancora, rivolgendogli uno sguardo. Jacob era stato più veloce di me, per fortuna. L'aveva già raggiunto e sostenuto. Sì, sostenuto, esattamente: perchè mio padre gli si era letteralmente accasciato sul petto. Da non credersi: l'impertubabile capo Swan travolto, scioccato, forse anche spaventato dalla presenza improvvisa di un ragazzino diciassettenne.

Beh, era anche comprensibile giacchè quel ragazzino era ricomparso nella sua esistenza dopo ben due anni di silenzio.
Inoltre, tale ragazzino - che per troppo tempo Charlie aveva considerato alla stregua di un figlio suo - aveva adesso il volto pallido e gli occhi color oro di un vampiro. Questi particolari non sfuggivano certo all'occhio umano, men che meno all'attenzione di Charlie.
Beh, sì. Si trattava, effettivamente, di una situazione davvero complicata. Fortunatamente mio padre ignorava l'esistenza dei vampiri: un dettaglio in meno da spiegargli.

"Be...Bella....Bella io....ho le allucinazioni..Bella, sto impazzendo...Ma sono troppo giovane, trop..."
"Ssh, papà.Ssh. Sta' calmo. No, non hai le allucinazioni. Jake?"

"Sì, Bella?"
"Aiutami a portare papà sul divano. Per favore."
"Certo."

Gli avevo chiesto aiuto. In realtà se la cavò alla grande da solo. Passò il braccio di mio padre intorno al suo collo ed a piccoli passi lo condusse in salotto. Prima di seguirli, tornai in cucina. Mi avvicinai al lavello e riempii un bicchiere con dell'acqua fresca: pensai potesse servire a Charlie per aiutarlo a riprendersi giusto un pochino. Non proferii parola benchè sapessi di avere gli occhi dei tre fratelli Cullen ben puntati addosso. Alla fine, non mi riuscì di resistere oltre: lanciai anch'io un'occhiata ad Edward prima di uscire: se ne stava immobile e composto in un angolo, affiancato dai Alice e Jasper.
Un groviglio di nodi nello stomaco: mi paralizzai.

"Edward, abbiamo molto di cui discutere."
"Certo. E quando avremo parlato sarai d'accordo con me, Bella. Capirai tante cose. Vai adesso, noi restiamo qui nel frattempo."
"Sarà meglio, Bella" - Concluse Alice - "Quando tuo padre tornerà più lucido, vi raggiungeremo."

Non risposi. Piuttosto m'incamminai in direzione del salotto, a respiro accelerato, meditando.

Beh, meditare. Che parolona! Piuttosto si trattava di imprecazioni sconnesse.


"Che diamine racconto ora a Charlie?! Cazzo!"



*



"Bella! Hai fatto bene a portare dell'acqua! Penso che a tuo padre si sia prosciugata la bocca!" - Approvò Jake.

"Be...Bella?" - Charlie balbettava, visibilmente frastornato.

Allungai il collo per guardarlo e ritrovai un viso tirato, l'espressione scioccata - lo capivo dalla smorfia delle labbra, dalle sopracciglia curvate secondo una linea ambigua e quasi comica. Ricambiò lo sguardo con un occhio solo: l'altro era semichiuso, quasi come se l'avessero pestato.
La mano mi tremava troppo nel porgere quel maledetto bicchiere d'acqua: Jake l'afferrò velocemente, restituendomi un'occhiata calda e piena di comprensione.


"Bella! Era...Era..."


La guardai alzarsi d'improvviso, mettersi seduto sul divano tenendo saldamente il braccio di Jacob mentre biscicava la sua domanda. Mentre tentava di pronunciare il nome di una persona a cui non aveva neanche più il coraggio di pensare.


Era...? Coraggio, papà, puoi farcela...


"Era............Edw-ard?"

Sospirai. Un sospiro lungo e pronunciato prima di annuire impercettibilmente.


"E' Edward, papà."

"E' vivo...? Bella! Edward...è...è vivo?? Tu lo sapevi? E non mi hai detto nulla?? PERCHE'?!"

Un elenco infinito di quesiti E non fu propriamente una domanda, l'ultima. Piuttosto un'accusa impastata di rabbiosa sorpresa, di triste consapevolezza.
Calai lo sguardo con rassegnazione. Un mesto "", atono ed incolore, fu tutto ciò che riuscii a mormorare.

"Sì? Che significa sì? Quindi lo sapevi??"

Annuii ancora, inutilmente. Mi sentivo un'ameba, una specie di vegetale impossibilitato a reagire.


"Bella..."

Charlie mi scosse leggermente.

"Perchè non me l'hai detto?"
"L'ho scoperto da poco anch'io.." - Mentii.
"E perchè non me ne hai parlato subito?"
"Non volevo spaventarti, papà. Sono cambiate tante cose, Edward è cambiato. Non avresti dovuto scoprirlo. Non così, almeno..." - La fatica con la quale montavo le mie scuse era pari soltanto alla grandezza ed alla disonestà di quelle parole, delle menzogne che stavo rifilando a mio padre. Non seppi spiegarmi chi o cosa mi stesse dando tanto coraggio per parlare ancora, nonostante la vergogna e la mortificazione. Chinai il capo ma trattenni le lacrime.


Non si piange Bella... Smetti di fare la principessa sul pisello, per una volta e reagisci!



"Papà..."

Mi guardò con aria trasognata ed incollerita, al contempo.

"Papà, Edward....Aveva perso la memoria. Non ricordava nulla nè di Forks, nè dei suoi genitori. Nè di me."

Mentivo. Frottole. Stavo raccontando un cumulo di bugie. Però ero brava. Non ci avrei mai scommesso.

"...Ci siamo ritrovati al college. Agli inizi è stata dura. Non mi riconosceva. Non voleva saperne di me. Ora è tutto ok. Perdonami se non te l'ho detto prima, so che hai sofferto la sua mancanza quanto me, ma dovevamo prima...parlarne tra di noi. Mi spiace papà, non volevo che lo scoprissi in questo mondo." - Terminai infine tirando il fiato.

Fissai i miei occhi in quelli altrettanto scuri e profondi di mio padre e poi lo vidi sbiancare di nuovo quando Edward - ne udii chiaramente i passi - comparve sotto la porta. Girai di poco il mio viso nella sua direzione: ero arrabbiata, delusa e ferita dal suo comportamento. Eppure, quando incrociai quello sguardo così dolcemente malinconico, le belle labbra carnose, le iridi d'oro che brillavano nella penombra della stanza, non mi sentii neppure in diritto di provare quelle emozioni così negative. Non mi sentii in diritto di voltargli la faccia. Edward era bello come un dio ed io l'amavo. Non potevo fare altro che amarlo.

Morsicchiai il labbro inferiore - Dio, quant'ero stupida! - e casualmente Edward fece lo stesso, rivolgendo anzitutto un'occhiata inspiegabile a Jake. Guardai Jacob ricambiare con rabbia e non capii: c'era qualche discussione silenziosa in corso, tra loro due?


"Edward." - Chiamò Charlie con voce bassa - "Vie...vieni qui..."

Edward ubbidì, incamminandosi lentamente in direzione del divano. Mi carezzò lievemente la guancia - e rabbrividii - prima di chinarsi in terra. Le ginocchia poggiate al pavimento in legno, gli occhi puntati in quelli di mio padre.

La mano di Charlie tremò mentre si tendeva leggermente verso di lui. Arrestrò e poi di nuovo si allungò nella sua direzione.

"Edward...."
"Charlie..Mi spiace. Ho tante cose da spiegarle e lo farò. Ma non mi voglia male, davvero. Sono stato una...vittima degli...eventi."

Guardai mio padre con sconcerto. Sembrava quasi ammaliato dal volto di Edward, da quelle parole pronunciate a voce bassa, con compostezza ed infinita dolcezza. Jacob, che aveva seguito tutta la scena standosene accucciato accanto a lui, parve altrettanto sorpreso: mai nessuno, tra noi, aveva visto il capo Swan tanto arrendevole. Eravamo abituati ad un Charlie risoluto e combattivo, non a quest'uomo così facilmente...impressionabile? Non avrei saputo come definirlo altrimenti.
Sotto la porva comparvero anche le figure di Alice e Jasper. Così eteree, così lontane, non sembravano minimamente sorpresi della piega inaspettata degli eventi. Soltanto per un istante mi rivolsi a loro ed apprezzai il bel profilo di Alice mentre poggiava la testolina bruna sulle spalle del suo amato, sognante. Come se si trovasse su di un belvedere ad apprezzare una notte stellata piuttosto che nel caos di casa mia.


"Edward, figliolo...E' stato difficile..Per noi tutti...E per..per lei..."

Mi indicò con fare incerto.

"Per lei è stato un...incubo. Ho pensato a volte che...che sarebbe morta per il dolore.."

Mi mancò il respiro. Le parole di mio padre costituivano un fulmine a ciel sereno per me. Sapevo di essere stata male, malissimo. Di averla addrittura desiderata la morte, per liberarmi dal peso dell sua assenza, l'assenza di Edward. Ma credevo che la mia disperazione interiore non fosse mai  stata così visibile all'esterno. Pensavo di aver ingannato tutti, tutti quanti, di esserci riuscita.
Ed invece, avevo fallito.

"Lo so. E' stato difficile anche per me. Ma ora sono qui. Ne parleremo. Va tutto bene, Charlie. E' tutto a posto, gliel'assicuro."

Charlie annuì.

"Lasciami...lasciami solo qualche minuto per ....riprendermi...E' stata una...sorpresa. Mi comprenderai..."
"Certo, certo..Ne parleremo con calma. Mi scusi se l'ho spaventata."
"E' tutto a posto. Sì, tutto a posto. Jake, tranquillo, puoi lasciarmi andare. Voglio alzarmi."
"Ma..."
"Non preoccuparti, Jacob. Sto meglio."

Lo guardai alzarsi dal divano: per un attimo mi parve barcollare. Edward ne seguì l'esempio, alzandosi anche lui: pareva riuscissero ad intendersi alla perfezione.

"Io..."
"Charlie non dire nulla....Ti sarà tutto più chiaro.."
"Figliolo..."

Battè la mano più e più volte sulla spalla di Edward, amichevolmente. Una spalla marmorea, dura come la roccia, ma probabilmente il tessuto della camicia a quadri indossata da Edward dovette attutire il colpo. Quella pacca familiare era tutto quanto mio padre riuscisse a fare per dimostrare il suo affetto, la gioia - ancora piena di sorpresa, a tratti sgomento - che gli riempiva il cuore nel rivedere Edward vivo. Perchè Edward era stato molto più, per lui, che il semplice "ragazzo di Bella". L'aveva cresciuto esattamente come aveva cresciuto me; insieme avevano seguito il campionato di baseball nei lunghi pomeriggi invernali, insieme avevano pescato nelle belle e rare giornate di primavera. Ricordo ancora perfettamente, per esempio, le ore spese in auto, noi tre assieme ridendo come matti, quando Edward voleva imparare a guidare e mio padre cercava di dargli lezioni; il signor Masen era sempre molto occupato con il lavoro, cosicché molto spesso Edward preferiva rivolgersi a mio padre per un aiuto, un consiglio od un parere totalmente al "maschile".

Ascoltarlo adesso mentre lo chiamava "figliolo", ancora una volta, mi stringeva il cuore: sapevo che non si trattava di un semplice ed affettuoso appellativo. Per Charlie, Edward era davvero una specie di figlio. Un figlio ritrovato e per questo ancora più amato.



"....Bene" - Ricominciò ad un tratto mio padre, scuotendomi dai miei pensieri - "...Adesso, prima di parlare di te, Edward, vorrei anzitutto sapere una cosa."

Guardai Edward - un risolino leggero gli piegava in su gli angoli della bocca - e dopo mio padre. Jake, di riflesso, guardò me.

"...Una cosa di fondamentale importanza...."
"Cosa, papà?"

"............Che diamine è successo in questa casa?? Perchè la porta d'ingresso...non c'è più?!"


Mi chiesi se la risatina leggera e melodiosa di Alice - in risposta alle parole di Charlie - fosse arrivata nitida e fresca soltanto al mio orecchio.
A me, viceversa, non riuscì di ridere.


*


"E così i ladri hanno distrutto la casa?"
"Sì, papà..."
"Quindi, quando sei tornata era già tutto a soqquadro?"
"Esatto. Ed ho chiamato Edward perchè ero spaventata..Ma non hanno portato via nulla papà, non avranno avuto il tempo materiale per farlo."
"E perchè non hai chiamato me? Sarei corso subito!"
"Papà, sei così impegnato col lavoro, ultimamente...Non volevo darti un'ulteriore preoccupazione..."
"Bells,  non dire sciocchezze! Sono tuo padre, dovevi rivolgerti a me! E comunque, è così strano..E' da anni che non sento parlare di ladruncoli e rapine a Forks. Un caso clamoroso. Si tratterà di gente che proviene da qualche città vicina, forse qualche delinquente da Port Angeles..." - Meditò sfregandosi il mento. Il capo della polizia che era in lui stava tornando alla ribalta. Per fortuna, avrei aggiunto.
"Certo, sarà così, Charlie." - Convenne Edward nel frattempo.
"E quindi tu Edward...con i tuoi........fratelli...." - Biascicò quel "fratelli" con estrema incertezza.
"..Sì. Siamo corsi immediatamente. Mentre Jacob Black..."
"Mi trovavo già qui, Charlie. Ero passato soltanto a salutare Isabella."

Era incredibile come le menzogne, di noi tutti, si fossero incastrate così facilemente. Sembravamo un gruppo di attori ben collaudato, in cui ognuno conosceva perfettamente il copione ed i tempi di battuta di ciascuno. Non un errore, non un'incertezza, una credibilità impressionante.
Ero spaventata da me stessa e dalle persone che mi circondavano, ed al contempo tranquillizzata. Mi sentivo in debito con ognuno di loro poichè ciascuno stava cercando di fare il proprio meglio per salvarmi da una pessima situazione.

In debito con ognuno, meno che con Edward. Il suo egoismo era costato quasi un infarto a mio padre: per quanto potesse essere ora felice di saperlo vivo lo conoscevo, comprendevo perfettamente le sue reazioni. Quel gesto ossessivo con cui si lisciava i baffi, quell'espressione accigliata: Charlie era ancora in evidente imbarazzo. A dirla tutta, l'avrei definito più facilmente "disagio". Come biasimarlo? Chiunque, al posto suo, avrebbe mostrato notevole sconcerto nel ritrovarsi accanto, all'improvviso e senza alcun preavviso, qualcuno per cui si era ormai prospettata la morte da anni.

Mi stava seduto di fianco, Edward, ed ancora non l'avevo guardato una volta. Perchè lo sapevo: se l'avessi fatto non avrei resistito. Tutto, tutto di lui mi avrebbe indotta a desistere, come già era accaduto soltanto pochi minuti prima. Ed invece non avrei dovuto cedere: Edward avrebbe dovuto rispettare la mia richiesta e la preghiera che gli avevo rivolto. Invece mi aveva completamente ignorata. Non andava bene così. Già era difficile sostenere il ruolo di fidanzata, umana e limitata; se adesso tentava anche di far valere a tutti i costi esclusivamente la propria personalità - in un momento assolutamente sbagliato, tra l'altro - quando già ogni dettaglio di lui era per me irraggiungibile il nostro rapporto non avrebbe avuto più alcuna forma di equilibrio.
Dovevo parlargli: avrebbe dovuto comprendere i suoi errori.

"Va bene...Io...credo che chiamerò la centrale. Vorrei capirne di più su questa faccenda...Voi ragazzi...ecco...avete...fame?"
"No capo Swan grazie" - Mormorò dolcemente Alice.
"Stiamo bene così, Charlie" - Continuò Edward - "Non si preoccupi per noi. Piuttosto, pensi alle sue priorità.."

Papà lo guardò intensamente. Faticava ancora a credere all'identità della persona che gli stava di fianco, era evidente. Faticava a guardarlo in volto, ad ascoltarne la voce. Ogni volta che Edward apriva bocca sembrava parlasse un alieno, per Charlie.

"Oh...ok, ok ragazzi. Allora vado. Scusatemi un attimo."
"Papà?"
"Sì, Bells?"
"Sei....sicuro di non voler...ecco...andare in ospedale?"

Jake rise alle mie spalle ed anche Alice.

"Oh Bella, andiamo! Non dire sciocchezze, per favore!"
"D'accordo papà, scusami..A dopo".

Si allontanò verso la cucina e noi tutti tirammo il fiato.

"Com'è ti è venuto di chiedergli quella cosa, Bella?" - Domandò ridendo Alice.
"Ehy...non era una domanda tanto stupida...E' così pallido!"
"Stai calma. Starà benissimo" - Mormorò Jazz.

"Ottimo. Allora Cullen, adesso ti senti un dio o cosa?" - La voce di Jacob arrivò forte, chiara e scontrosa. Di nuovo. La risposta di Edward non si fece attendere.
"Mai quanto te, Jacob. Ringrazia il Cielo che Charlie abbia creduto alla storia dei ladri, altrimenti.."

"Altrimenti niente! Smettetela di litigare ed abbassate la voce.."
"Bella ha ragione" - Intervenne Jasper - "Rischiate di farvi sentire dal capo Swan. Che vi prende, si può sapere? Vi state azzuffando da ore."
"Lo so io che mi prende. E lo sa benissimo anche lui!" - Sbraitò puntando il dito contro Jake. Avrei giurato sentir quest'ultimo ringhiare. Ma evidentemente mi sbagliavo.
"Bene. Io invece non so proprio nulla! E credo di aver diritto a parecchie spiegazioni..."
"Le avrai..." - Commentò Edward.
"Cullen..!"
"Jake! E' inutile che pronunci il mio nome con astio. Io ho qualcosa da spiegare a Bella e tu non sei da meno...Non cercare di tirarti fuori dai guai secondo i tuoi soliti modi subdoli o..."

"Basta!" - L'urlo spazientito di Alice fu una manna dal Cielo. Ero stanca quanto lei di tutte quelle stupide chiacchiere. - "Non ne posso più di voi. Abbiate la bontà di star zitti per dieci minuti. Anche tu fratellino e non ribattere!" - Esclamò infine in direzione di Edward e precedendolo poichè pareva del tutto intenzionato ad aprir nuovamente bocca. - ".. Bella, tesoro, abbi pazienza. Ti daremo tutte le risposte che meriti. Spero tu non sia arrabbiata con noi..."
"Puoi giurarci, Alice. Anche molto. Adesso so che c'è altro che mi avete tenuto nascosto ma non ne conosco il motivo.."
"Lo saprai, lo saprai presto. Ti prego soltanto di avere fiducia in noi. Fra poco capirai tutto. Piuttosto rallegrati: dopo il colpo iniziale mi pare che tuo padre sia stato piuttosto felice di rivedere Edward..."


Annuii. Effettivamente le cose erano andate meglio del previsto.
Al di là della reazione con la quale Charlie aveva accolto il ritorno di Edward, tutto sommato, dopo il primo spavento gli eventi avevano preso una piega inaspettata. Mio padre si era seduto con noi - pretendendo che io ed Edward ci accomodassimo esattamente accanto a lui, con mio enorme disappunto - ed aveva continuato a dispensare pacche affettuose come fossero confetti.
Infine ci aveva ascoltati con occhi attenti, a tratti sgranati, mentre raccontavamo - io ed Edward, alternandoci con puntualità - gli eventi di cui lo stesso Edward era stato protagonista a partire da quella lunga notte del 13 settembre di due anni prima.



Edward - secondo la nostra personalissima versione dei fatti -era rimasto vittima di alcuni malfattori lunga la buia strada che, da casa mia, riportava all'abitazione dei Masen; picchiato a sangue freddo e derubato dei pochi averi che aveva indosso, era stato lasciato a giacere immobile e quasi privo di vita sul ciglio della strada, nel buio e nel freddo della notte.
Al risveglio - miracoloso risveglio - si era trovato a vagare privo di memoria e totalmente dolorante per le strade anonime di una città sconosciuta, forse Seattle. Come ci fosse finito a Seattle lo ignorava. Ad ogni modo un'anima buona l'aveva condotto in ospedale.

Anche cosa fosse accaduto nei lunghi giorni di oblio del suo ricovero Edward proprio non sarebbe stato in grado di raccontarlo. L'unica cosa certa era stata la mano  di Carlisle, in camice bianco da medico, che stringeva la sua, una domenica mattina in cui aveva riaperto definitivamente gli occhi. E giacchè la memoria del suo passato aveva deciso di non tornare mai più a fargli visita, aveva accettato la proposta del dottor Cullen - che tanto aveva preso a cuore quello sfortunato ragazzo - di trasferirsi presso la sua dimora, una volta dimesso dal nosocomio, fino al giorno in cui qualcuno non fosse tornato a reclamarlo.
Perchè qualcuno l'avrebbe cercato, certamente.

Ma questo non era accaduto.

"A nessuno sarebbe mai venuto in mente di cercarmi sino a Seattle..." - Aveva aggiunto Edward con estremo realismo. - "..Cosicchè sono rimasto con i Cullen che mi hanno accolto davvero come se fossi stato un altro figlio. Alice, Jasper ed ancora Emmett e Rose, adesso, sono davvero come fratelli per me."

Charlie aveva annuito, quasi commosso.

"...E con i Cullen mi sono infine trasferito in Alaska, al college. Funzionava tutto alla perfezione, Carlisle ha molte conoscenze e per tutti io sono diventato, senza alcun intoppo, l'ultimo figlio adottivo di casa Cullen. Ma in Alaska ho ritrovato Bella." - Mi guardò con occhi luccicanti pronunciando il mio nome. Arrossii - "I primi tempi tra noi sono stati duri. Non volevo crederle quando mi parlava di Forks, della mia famiglia. Quando mi parlava di ..noi, assieme. Poi la memoria è tornata all'improvviso. Si tratta di un fenomeno comune, Carlisle mi aveva sempre avvisato che sarebbe potuto accadere da un momento all'altro. E da allora è cambiato tutto... infatti...Eccomi qui adesso, Charlie."

"Ma perchè non hai mai provato a risalire alle tue origini, alla tua famiglia?". Domanda lecita.

"Papà, Edward era confuso. Ignorava qualsiasi elemento lo riguardasse..."
"..Non avrebbe saputo neanche da dove cominciare...e noi con lui.." - Aveva concluso Alice.
"Oh...Capisco, capisco..Mi spiace soltanto che tu non abbia potuto....neanche salutare i tuoi genitori, ragazzo.."
"Lo so..." - Aveva mormorato Edward e la voce gli si era realmente incrinata nel dolore di quei genitori ormai deceduti - "...Anche per me è stato un dolore...Tremendo. Ancora insopportabile, per quanto Esme e Carlisle tentino di mitigarlo di continuo. Ed a proposito, spero tu possa...conoscerli un giorno. Sono persone meravigliose, esattamente quanto i miei veri genitori".

Avevo saputo istantaneamente quanto fossero sincere quelle ultime parole.
Edward aveva amato Elisabeth e suo padre. Ed amava indiscutibilmente i coniugi Cullen, benché la sua mente facesse ogni giorno a cazzotti con il ricordo di quei genitori che non c'erano più.

Al momento di silenzio calato su noi tutti, dopo quell'ultima frase, aveva risposto Charlie, cambiando totalmente discorso. Detestava gli argomenti tristi. Non voleva ricordare le persone che non c'erano più: gli faceva troppo male al cuore.

"E perchè i tuoi occhi....?" - Aveva quindi continuato.

Perchè i tuoi occhi non sono più di quel bel verde brillante che ricordo io?

Ecco cosa avrebbe voluto dire realmente.
Abbassai lo sguardo.

"Indosso lenti a contatto speciali, Charlie. Il colpo alla testa ha reso la mia vista molto più sensibile, queste lenti mi aiutano a proteggermi meglio dalla luce.."


Oh certo. Sempre ammettendo che, alla luce, Edward avesse potuto davvero esporsi. Per quel che mi aveva raccontato Alice, i vampiri, al sole, brillano come diamanti. Decisamente avrebbe attirato troppo l'attenzione.

Fatto sta che, alla fine di quel colloquio, Charlie mi parve sollevato. Sicuramente troppi dubbi ancora riempivano la sua mente - Charlie non era un uomo stupido, molte dinamiche del nostro racconto apparivano ancora nebulose ed incerte, troppi "forse" si erano inframmezzati tra le parole che costituivano il nostro racconto e certamente li aveva colti - ma aveva ricevuto una parte delle spiegazioni che il suo cuore e la sua mente cercavano. Dopo il caos iniziale qualche tassello del puzzle cominciava a trovare la sua giusta collocazione. 


"Bella?"
 
La voce di Alice mi risvegliò dal torpore mentale che mi aveva intrappolata.

"A cosa pensi?"
"A tutto ciò che abbiamo raccontato a Charlie.. Spero che funzioni, sul serio..."
"Ho letto nella sua mente" - Spiegò Edward - "Mi è parso ancora un po' confuso ma non sospettoso. Ha creduto davvero a quel che gli abbiamo riferito."
"Bene. Almeno un problema è risolto." - Sospirò Jasper.
"Già. E' andata bene.." - Grugnì Jacob.
"Per piacere, smettiamola. Charlie ci crede, è contento di aver rivisto Edward, noi tutti siamo felicissimi. Adesso vogliamo risolvere tutti gli altri casini, per cortesia? Bella?"
"Che c'è Alice?"
"Bella, tesoro, devi venire a casa con noi. Dobiamo parlarne. Abbiamo tante cose da spiegarti. E non solo noi..." - Esclamò puntando Jake.

Il ragazzo la ricambiò di sbieco e con molta irritazione.

"Prima di parlare di me....e di voi..." - Sibilò - "...Dovreste preoccuparvi di fare fuori i vostri amichetti psicopatici. Se loro se ne vanno in giro in tutta tranquillità, voi chi stavate tenendo d'occhio?!"
"Potremmo rivolgervi la stessa domanda, Jacob.." - Il commento di Jasper fu tagliente ed eloquente. Edward lo guardò con orgoglio. Jake con disprezzo. - "E comunque...Non hai nient'altro da dire a Bella? Ne sei certo?"
"Io...oh, sì! Certo! Bella, ascolta....La tua amica..."

Allison.
Allison, ma certo!

"Ally! Ally è a casa di Emily! Signore, in tutto questo frangente mi è passato totalmente dalla testa!"
"Lo sapevi già?" - Domandò Jacob sorpreso.

Annuii.

"Embry è passato di qui, qualche ora fa...Gli avevo detto che sarei corsa da loro e....Mio Dio, è passato così tanto tempo ed io sono ancora qui! Ally penserà che io non voglia vederla...dobbiamo andarci e subito, anche!"
"Bella..." - Edward mi afferrò un braccio. Mi scostai.
"No, Edward! Questa volta non mi contraddirai! Ho bisogno di vedere Allison e di parlarle....Non puoi negarmelo!"
"Non era mi intenzione, amore. Volevo soltanto...dirti che io non potrò...accompagnarti. Nè io, nè Alice, nè Jasper."

Lo guardai perplessa.

"E perchè mai?"

Chinò il capo. Non prima di aver lanciato un'occhiata significativa a Jacob, tuttavia.
Anch'io mi rivolsi a lui. Lo udii grugnire.

"Pff!" E va bene, succhiasangue!" - Sbottò - "..Ci parlo io con Sam e gli altri. Venite alla riserva, per oggi è tregua! Ci mancava solo questa, adesso!" - Esclamò infine tra sè e sè.

Non capii una sola parola della sua risposta. Ignoravo chi fossero questi "altri" ai quali Jake avrebbe dovuto giustificare la presenza dei Cullen a La Push. Non comprendevo di quale tregua andasse mai blaterando, francamente non ero nemmeno a conoscenza di una "guerra" tra loro. Ma la risata gioiosa di Alice mi aiutò a comprendere che si trattasse, certamente, di un fatto positivo ed anch'io battei le mani, contenta di poter rivedere nuovamente Allison.

Una sola voce stonava nel coro di chi, come me, era felice di poter prendere parte ad un evento tanto gioioso.
Quella di Edward che esclamava: "Ok, ci veniamo alla riserva. Ma, Buon Dio, Jake sta' zitto una buona volta. Non sopporto più questi tuoi stupidi pensieri!"



Non compresi le parole Edward. L'ultima cosa che m'importava, in quel momento, era l'oggetto dei pensieri di Jacob Black.


*


La prima cosa che feci, appena scesa dalla Volvo di Edward, fu constatare quanto poco c'entrasse quell'auto con l' ambiente tutt'intorno. Così selvaggio, così odoroso di muschio ed abeti. Mi guardai attorno e percepii un'aurea di calore ed affetto, come se la Natura avesse voluto accogliere la nuova Bella che tornava per riprendersi un'amica di avui aveva sentivo la mancanza così come si può sentire la mancanza dell'aria che si respira. La punta bianca delle mie Converse di sporcò immediatamente di terra rossa e sorrisi: mi piaceva anche quello. Ma forse ero soltanto felice e qualsiasi cosa mi andava bene.

"Tutto ok?" - Mormorò Edward.

Annuii. Non avevamo fatto grandi discorsi in auto. Non me la sentivo ancora di parlare come se nulla fosse accaduto: anche se con mio padre tutto era andato per il verso giusto, sentivo che Edward aveva volontariamente ignorato la mia volontà. E non mi aveva detto tutto riguardo la sua nuova vita. Non ancora, almeno. Perchè? Per quale motivo? Non ero ancora degna della sua fiducia, delle verità che il suo cuore mi teneva nascoste?

In ogni caso, la fortuna aveva voluto che Alice e Jasper decidessero di unirsi a noi nel viaggio in auto, cosicchè non si erano mai presentate imbarazzanti pause di silenzio o momenti di tensione e nervosismo. Alice aveva ciarlato tutto il tempo distraendoci di continuo e concedendoci, con la sua chiacchiera pronta e le sue osservazioni argute, qualche attimo di ritrovata allegria. A ben pensarci, la scelta di seguirci non doveva essere stata assolutamente casuale. C'era lo zampino della piccola sorellina di Edward in quella decisione: non desiderava altro che evitarci quello che per lei avrebbe costituito un "inutile" litigio: Alice amava Edward e voleva il meglio per lui. Ed anche per me, ne ero certa.

"Eccola qui la tanto temuta riserva dei Quileute! Mi sembra incredibile di trovarmi qui...Di trovarci qui tutti assieme!"
"Perchè mai non avreste potuto?"
"La risposta alla tua domanda rientra in quella categoria di argomenti di cui parleremo a casa, Bella..." - Rispose a sorpresa Jazz, strizzandomi l'occhio. Lo guardai divertita e sorpresa al contempo: di norma non si lasciava andare a certi slanci di simpatia. Non era un tipo particolarmente socievole o disinvolto: forse si comportava così perchè, ormai, mi considerava di famiglia. Ne fui felice e gli sorrisi, nonostante fossi consapevole di dovermi preparare ad un lungo discorso, una volta giunti a casa Cullen.

"Cullen!"

Jacob comparve da dietro una lunga fila di alberi. Aveva rifiutato il passaggio in auto che Edward - seppur con enorme disappunto - gli aveva offerto, declinando l'invito con un eloquente "Io in auto con i succhiasangue non ci vado". Mi ero preoccupata per lui a causa del lungo tragitto che avrebbe dovuto affrontare utilizzando, come unico mezzo di locomozione, le proprie  gambe; tuttavia, una volta giunti a destinazione, lo ritrovai - contro ogni pronostico - fresco come una rosa. Non sembrava affaticato ed il respiro appariva regolare. Come aveva fatto a raggiungere la riserva così in fretta? Difatti ci aveva impiegato il nostro medesimo tempo. Era davvero possibile?

"...Sam sta per raggiungerci." - Spiegò -"Non è affato contento di sapervi qui. In ogni caso sto cercando di mettere a a tacere la situazione e di calmare le acque. Sia ben chiaro: finita la tiritera con Allison andrete via tutti. Meno che Bella, s'intende. Lei può restare."
"Lei non resta qui da sola con te!" - Ringhiò Edward.
"Oh, andiamo Cullen. Non la mangio mica...Dì, Bella...Hai paura di me?" - Domandò sghignazzando. Non gli risposi.
"Jacob, hai dieci secondi di tempo per..."
"Basta!" - Alice era diventata, ufficialmente, la salvatrice dei momenti di astio tra Jake ed Edward. Momenti che ancora faticavo, onestamente, a comprendere - "Va bene così, come ha detto Jacob. Neanche dovremmo trovarci qui. Su, andiamo: sono certa che Bella sia impaziente di rivedere Allison."

Ed era così, infatti. Ero impaziente, tutto il mio corpo fremeva: lo sentivo proiettarsi in avanti prima ancora che la mente formulasse il pensiero di voler raggiungere la casa dove Allison era ospite. Una sensazione indescrivibile: non avevo mai creduto di poter essere così legata a qualcuno che non fosse Renèe, mio padre od Edward.
E tuttavia non dovetti attendere ancora molto: mentre ci incamminavamo verso la nostra destinazione, qualcuno spalancò la porta di casa Young.

Con la coda dell'occhio colsi una figura scura ed imponente sotto l'arcata d'ingresso e riconobbi facilmente il giovane Embry Call mentre se ne stava, a braccia conserte ed espressione tirata, ad attendere il nostro arrivo. Ancora più facilmente riconobbi la cascata di capelli rossi che sventolò alle spalle dello stesso Embry. Sgranai gli occhi sorridendo, il più luminoso dei sorrisi mai comparsi sulle mie labbra: perchè proprio lì, a pochi metri soltanto da me, se ne stava la figurina esile e dolcissima della mia amica Allison.

Bella, più bella di come l'avevo lasciata: gli occhi vivi e lucenti, la massa di capelli color rame raccolta a lato del collo, la pelle candida messa in risalto da un vestitino in lana turchese. La guardai, confusa e felice, mentre si copriva la bocca con una mano tremolante. Ed inspirai il suo profumo di viole - il profumo di mia sorella Ally - quando le sue braccia circondarono le mie spalle. Era stata così rapida nel muoversi che non avevo avuto il tempo materiale per realizzare che avesse abbandonato la sua postazione accanto ad Embry per correre da me.
Affondai il viso in quella cascata di boccoli e sorrisi. Dimenticando le bugie, il senso di vuoto, le ore spese a fare congetture sulla sua persona e su tutto ciò che l'avesse indotta ad allontanarsi da me.

"Bella!" - Singhiozzò - "Bella....Perdonami!" - La sua voce sincera, quella nota incrinata e tremolante. La voce di un'anima pura che chiede perdono. E ne fui certa: mai, mai avrei permesso che Allison si tramutasse in quell'orribile mostro che era Keira. - "Non accadrà ancora. Non accadrà mai più."

"Lo so, Allison" - Fu tutto quello che mormorai, stringendola più forte.




Angolo dell'autrice:

Buongiorno mie care lettrici! Allora...Anzitutto volevo ringraziare come sempre chi legge, segue, preferisce, ricorda e recensisce la mia fanfic...Siete adorabili! Dopo pranzo provvederò a rispondere ai vostri commenti! :)
Detto questo...Qualcuna tra voi potrebbe non digerire questo capitolo..Un primo, piccolo litigio si verifica tra i nostri due eroi...Io la chiamerei più facilmente "incomprensione" ;) e, sinceramente, darei anche ragione a Bella ù__ù ...In ogni caso non preoccupatevi troppo..Non per adesso, almeno. Perchè vorrei anticiparvi che questa storia sarà piuttosto lunga e suddivisibile in due parti...La prima, di queste sezioni, riguarderà la risoluzione del problema "Victoria&Co."..E manca ancora un po', a dirla tutta. Per la seconda parte potreste odiarmi, in seguito, ma vi prego di avere sempre fiducia nella vostra Matisse! ;)

Dunque, Charlie ha finalmente scoperto di Edward ed Allison ritorna nella vita di Bella...cosa accadrà adesso? Sono curiosa di conoscere le vostre congetture, anche riguardo al prossimo colloquio tra Edward, Bella e..Jake. Avete capito perchè Edward era così rabbioso con Jacob? Quali pensieri assai "fastidiosi" avrà mai formulato il nostro lupo? ;)

Detto questo volevo annunciarvi che ho aperto un blog (sì, ce l'ho fatta! ^^). Eccone il link:

http://matisseintheskywithdiamonds.blogspot.com/

Tenetelo d'occhio spesso perchè ho deciso di arricchirlo con spoiler ed anticipazioni di "Dove sei?"...E questo accadrà già per il prossimo capitolo di cui posterò, tra qualche giorno, un assaggio su suddetto blog...Per cui, se siete curiose...Non dimenticate di andare a dargli un'occhiata! ;)

Infine...non sono solita farmi pubblicità, ma volevo segnalarvi una storia che sto pubblicando qui su Efp e che fa parte della sezione "Originali". Eccone il link:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=602495&i=1

Si intitola "L'amore ci farà a pezzi"...Si tratta di una storia cui sono molto legata e mi farebbe piacere se passaste a darle un'occhiata, magari lasciandomi qualche parere! :))

Adesso ho detto davvero tutto.
Vi auguro Buona Domenica...Al prossimo aggiornamento!

MaTiSsE!


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Capitolo 26
*** Il confine sottile tra amore ed errore ***


26
Buonasera a voi tutte!
Perdonate l'immenso ritardo...Non starò qui a spiegarvi tutti i miei casini però...posso dirvi che ho una vita (sia reale che "virtuale") abbastanza impegnata. Se a questo sommate il solito "blocco dello scrittore" che ogni tanto fa capolino...Beh, il risultato è chiaro!
Grazie mille per le recensioni al precedente capitolo..Cercherò di rispondervi il prima possibile! Siete carinissime...:)
Vi lascio alla lettura del nuovo capitolo. In questo caso ad ogni POV corrisponde un sottotitolo che aiuta meglio a comprendere gli avvenimenti narrati... Spero sia di vostro gradimento!
A presto
MaTiSsE!



CAPITOLO 25

Il Confine Sottile Tra Amore Ed Errore
(POV EDWARD/KEIRA/BELLA)














POV EDWARD
PENSIERI


"Ta....Tanya?!" - Al termine del racconto quasi urlai il nome di mia cugina, tenendo le mani serrate in un pugno poco amichevole. Allison, di tutta risposta, mi rivolse uno sguardo perplesso. Forse impaurito. Mi resi immediatamente consapevole della mia reazione esagerata e tentai di ammorbidire quantomeno il tono di voce. Ally ormai conosceva perfettamente la mia vera identità e la portata devastante della nostra natura di predatori: era pressocché ovvio che mostrasse diffidenza nei nostri confronti. Beh, diffidenza era poco. Terrore, probabilmente, rendeva meglio l'idea. Dopotutto era soltanto un essere umano: dovevo controllarmi.

"Sì, Edward. Vostra cugina Tanya mi ha ordinato di far questo. Di lasciar intendere a Bella che...fosse in pericolo...Che voi....voi tutti avreste potuto...."
"Uccidermi." - Terminò Isabella. - "Ma è assurdo! Allison non avresti dovuto assecondarla! Avresti dovuto parlarne con me, per prima! Loro..." - Ci indicò tutti, dal primo all'ultimo. Me compreso. - "Non mi farebbero mai del male. Mai." - Calcò molto sull'ultima parola ed io sospirai di sollievo. Almeno era consapevole del fatto che nessuno di noi si sarebbe mai azzardato a causarle sofferenza, fisica o mentale. Almeno intenzionalmente. Io meno di tutti, anche se non sempre la fortuna era dalla mia.

"Bella, adesso lo so. Perdonami! Credevo che tu fossi in pericolo. Pensavo che tu non sapessi che..."
"Lo so cosa sono, Ally." - Sospirò.
"Ecco....Beh, non credevo ne fossi al corrente. Mi preoccupavo per te. E poi Tanya mi aveva promesso che mi avrebbe aiutato a trovare Keira ed io le ho creduto....Sono stata così sciocca, Bella. Una sciocca!" - Singhiozzò coprendosi il viso con entrambe le mani.

Bella le s' inginocchiò accanto, guardandola con la stessa tenerezza con cui si può guardare un cucciolo. Con la stessa dolcezza con la quale teneva in braccio il bimbo biondo dei nostri vicini quand'ero ancora l'umano Edward Masen.
Non era arrabbiata con Allison. Non lo era mai stata. E non l'avrebbe perdonata perchè, semplicemente, non c'era nulla da perdonare.

Strinse le sue mani attorno a quelle di Allison riempendomi il cuore di una sensazione dolcissima. Per un istante mi parve agire come solo una mamma sa fare. Era cresciuta, era diversa dalla Bella diciottenne che avevo lasciato quella notte a Forks. Potevo leggerlo in ogni gesto, in ogni parola, nel suo sguardo carico di comprensione. Era bellissima in quel momento, più bella del solito.

"Non sei stata sciocca, Allison. Sei stata solo una sorella amorevole. Ed un'adorabile ingenua."
"Quindi...?" - Domandò sorpresa la giovane, alzando il viso per inquadrare la sua interlocutrice - "... Non sei arrabbiata con me? Mi perdoni?"
"Non sono  mai stata arrabbiata con te. Certo che ti perdono, stupidina!"

Come previsto. Mi venne da sorridere.

"Oh Bella! Bella, grazie!!"
"Però...." - La ammonì con tono dolce ma irremovibile - "..Non avresti dovuto  fidarti così facilmente. Tanya ti ha detto tante bugie. Lo vedi? Io sono qui. So tutto. Io amo Edward, tesoro e nulla potrà farmi cambiare idea al riguardo..."

Io amo Edward.

Rabbrividii nell' ascoltare quelle parole. Perchè sapevo che Bella era arrabbiata con me; non potevo darle torto di nulla e per qualche istante avevo immaginato che potesse detestarmi a tal punto da scacciarmi dalla sua vita appena fossimo rimasti da soli. Il silenzio che ci aveva accompagnato nel nostro breve viaggio verso La Push e - soprattutto - la consapevolezza che non mi avesse rivolto neanche un solo sguardo, neppure un'occhiata truce, mi avevano indotto a sprofondare in uno stato di totale disperazione. Il singulto di dolore e rabbia che avevo percepito dentro di me mi aveva sorpreso e quasi mortificato: Bella era l'unica persona al mondo per la quale, a distanza di due anni, riuscissi ancora a provare sensazioni del tutto umane. Era l'unica persona al mondo a rendermi inerme. Debole. Plasmabile, nelle sue mani. Come se non fossi stato invincibile ed immortale. Come se non fossi mai stato un vampiro.

Ed invece, adesso, le sue parole tornavano a darmi nuova speranza.

Certo, sarebbe stato difficile. Avrei dovuto parlarle piano, spiegarle tutto. E se il prezzo da pagare, in cambio, era mettere in pericolo il segreto della tribù beh, andava più che bene. Non me ne importava un bel niente di quel branco di cani bagnati.
Bella avrebe compreso. Avrebbe perdonato. Perchè la mia Isabella era una persona buona e mi amava.

"Come cazzo fai ad essere innamorata di un succhiasangue? Dannazione, Bella!"

Ricominciava. Jake.
I pensieri subdoli ed irritanti di quel cane mi stavano urtando pesantemente i nervi. Non sapevo per quanto ancora avrei resistito poiché la mia pecca più grande restava l'autocontrollo. Era decisamente ancora poco sviluppato. Riuscivo a resistere all'odore del sangue ormai ma non ai miei eccessi d'ira e troppo spesso finivo col prendermela col prezioso mobilio della mia povera Esme.
Jacob Black, quell'insulso e snervante ragazzino indiano, stava mettendo a dura prova la mia pazienza già da diverse ore con i suoi pensieri continui e fastidiosi su Isabella.

Dio, quanto sei bella
Come vorrei poterti stringere...
Io sono perfetto...Perfetto per te..
Con me non dovresti rinunciare a nulla, Isabella. Io non sono come lui.

Li avevo imparati parola per parola. Uno ad uno. E per ogni pensiero sfuggito a quella mente perversa gli avrei tirato un pugno talmente forte da spaccargli la mandibola.
Ci mancava soltanto la sua cotta penosa verso Isabella. Non bastava l'idea di dover ogni giorno convivere in maniera più o meno diplomatica con un branco di lupi pelosi ed arroganti: adesso dovevo anche combattere con l'innamoramento vero o presunto di uno di loro verso la mia ragazza.

Jake avrebbe dovuto metterselo bene in testa: Bella era mia. Lo sarebbe stata per l'Eternità.

Avrei dovuto trattenermi, lo sapevo bene. Ma l'impulso fu più grande. Insostenibile.
Mi voltai appena nella direzione di Jake, emettendo un sibilo acuto e ringhioso. Non ebbe tempo materiale per rispondere alla mia provocazione: Bella ci aveva già fulminati entrambi con uno sguardo solo.

Sorrisi.
Gli era andata bene dopotutto e gli avevo comunque dimostrato che nessuno poteva mettere le mani sull'unica donna della mia vita.

"Sono davvero sorpreso..."

La voce di Jazz ci indusse a voltarci tutti nella sua direzione. Era stato in silenzio sino a quel momento e, considerando la sua scarsa tendenza alla chiacchiera, il suo intervento appariva piuttosto strano.
 
"Da cosa Jazz?"

Sapevo cosa stava per dire.

"Da Tanya, Alice. E' sempre stata così calma, pacata. Così giusta ed assennata. .."
"Effettivamente non è da lei comportarsi in questo modo tanto subdolo. Circuire Allison soltanto per un capriccio, soltanto per..."

"....per amore." - Sussurrò Bella. Ad occhi bassi teneva le mani della sua amica. Un piccolo fremito, il tremolio delle dita: Allison le raccolse nel palmo e nonostante ancora piangesse la vergogna del suo tradimento, la guardò con quegli occhi carichi di comprensione che sapeva riservare solo a lei. - "Tanya è innamorata di te. Ha fatto tutto questo per te, Edward."
"Non m'interessa" - Mi trovai a ribattere. Il mio tono di voce era duro, lo sapevo, ma ovviamente l'irritazione era unicamente rivolta a Tanya. - "Quel che ha commesso non può essere giustificato in alcun modo. Ha agito alle nostre spalle, non posso perdonarla."
"Importa solo questo? Che vi abbia imbrogliato? Davvero, Edward?"

Parlava a voce bassa, composta. Quasi distaccata. Ma continuavo ad osservare quel modo convulso che aveva di stringere la mano di Allison e mi sentivo inerme e disperato. Soffriva. Forse per l' idea che qualcuno potesse amarmi?  Forse per l'idea che qualcuno potesse architettare e giostrare giochetti pur di tenermi nuovamente con sè?
A me sembrava tutto una follia. Francamente faticavo a comprendere l'ossessione di Tanya nei miei confronti e raramente pensavo di meritarmi Bella: dentro di me ero ancora cosciente di essere un mostro.
E tuttavia non potevo assolutamente permettere che Bella si disperasse per causa mia: il mio cuore era suo e suo soltanto, doveva saperlo. Se fossero serviti altri mille anni per convincerla di questa realtà, per livellare le sue paure e quelle dolcissime insicurezze fino a farle sparire del tutto, allora l'avrei fatto: avrei lavorato, parlato, agito fino a sfinirmi, sino al momento in cui non ci sarebbe stato più alcun dubbio su di noi.

"Non capisco Bella. Che vuoi dirmi?"
"Il fatto che Tanya ti ami a tal punto non ti tocca?"
"Certo che mi tocca. Mi irrita. Mi disgusta. Perchè nessuno e sottolineo nessuno.." - L'occhiata a Jacob fu eloquente. Se ne stava in un angolo in disparte, fingendo disinteresse e tuttavia seppi per certo che aveva compreso sin troppo bene l'antifona - "...ha diritto di separarci. Nessuno deve neanche tentare di farlo. Non m'interessa che Tanya sia mia cugina, non m'importa quanto possa amarmi. Ci ha tradito."

Bella non continuò oltre, limitandosi ad una lieve alzata di spalle.
L'avrei scossa, detestavo quel silenzio tra noi. Ma sapevo che in quel momento, se l'avessi anche solo sfiorata, le avrei fatto del male, inevitabilmente.
Odiavo la mia mente stupida che mi permetteva di leggere i pensieri di persone inutili e non quelli della mia Isabella: avrei dato un braccio per conoscerli, in quel momento.

"Edward, non siete da soli. Siamo a La Push, ricordi? Parlerai con Bella quando sarà il momento"

Il pensiero di Alice mi arrivò forte e chiaro, prima che si schiarisse la voce pubblicamente rompendo quella cappa di silenzio ed imbarazzo scesa sulla piccola saletta della casa di Emily Young.

Emily non era con noi: sapevo che si trattasse di una bella giovane dai tratti morbidi ed i capelli scuri e sapevo anche che Sam, l'alfa del branco, aveva lasciato la sua precedente fidanzata - la spigolosa Leah - per Emily che di Leah era la cugina, preso da un vero e proprio raptus d'amore. Non avevo mai compreso questo strano modo di fare che avevano i lupi, quel particolare tipo di colpo di fulmine che loro chiamavano imprinting. Ma sapevo che aveva un potere indescrivibile: chi veniva colpito dall'imprinting non poteva far altro che vivere in funzione dell'oggetto del proprio amore. Immaginavo si trattasse di qualcosa di molto simile al sentimento innaturale e perfetto che mi legava ad Isabella.
Al contrario, Sam ci aveva raggiunti poco dopo il nostro arrivo alla riserva, trascinandosi dietro un ragazzetto simpatico, dal sorrido pronto: Seth Clearwater. Dei tre mi era risultato certamente il più cordiale e gioioso. Sam si era mostrato gentile, a suo modo, ma ovviamente era chiaro che mal tollerasse la nostra incursione: non era prevista alcuna eccezione al patto ed ora avrebbe dovuto trovare delle buone argomentazioni per spiegare la presenza di tre succhiasangue del clan Cullen al Consiglio dell tribù. Aveva aperto la bocca sì e no un paio di volte e meno ancora si era rivolto a Jacob: lo considerava responsabile della nostra presenza a La Push e lo accusava, mentalmente, di essere stato troppo magnanimo nei nostri confronti.
Poco più in là anche il giovane Embry se ne stava in silenzio, a braccia conserte. Evidentemente irritato, mortificato, dispiaciuto. Ma il motivo del suo nervosismo era totalmente differente da quello di Sam: il peso sul suo cuore dipendeva dalla consapevolezza che Allison non ricambiasse il suo amore. La nostra presenza in casa di Emily gli era indifferente, eccezion fatta per Jasper che riteneva colpevole del mancato affetto di Ally nei suoi confronti. Detestava anche l'idea che potesse soltanto aprir bocca.
Mi venne da sorridere: vampiri, licantropi o umani che fossimo, a nessuno veniva risparmiata la più atroce delle sofferenze: quella per amore.

"Bella..." - Mormorò mia sorella alle mie spalle - "Penso che dovremmo..."
"Aspetta!" - L'anticipò Isabella, come riscuotendosi - "Io...non ho ancora finito.."
"Bella...credevo che tu mi avessi...che noi..."
"Allison ti ho perdonata e ci siamo chiarite. Ma ci sono ancora troppe cose di cui discutere...Tu....Tanya ti ha cercata? Sa che sei qui? E tua...tua sorella.."
"...Mia sorella non è più tale, Bella. So cos'è Keira adesso..." - Mormorò piano, chinando la testa. Guardai curioso e dispiaciuto una lacrima scivolarle dalla guancia alla casacca chiara che indossava, macchiandola prima di asciugarsi.
I padroni di casa sussultarono e Jacob, per la prima volta, ci guardò con sgomento.

"Keira...Keira è la sorella di..."

Annuii prima che potesse terminare il suo pensiero.

"...Non importa, comunque. Sul serio. Non l'ho mai avuta realmente e non l'avrò mai più. La bambina che ho cresciuto appartiene ad un'altra epoca.  Non si torna più indietro Bella e le cose non cambiano. E' andata così, non posso far altro che guardare avanti adesso."

Alice represse un singhiozzo sulla spalla di Jasper.  Io ed Isabella sospirammo affranti nello stesso istante.

"...E per quanto riguarda Tanya" - Continuò come se nulla fosse, ma mentiva. Faticava, era evidente - "Per quanto riguarda lei non so nulla. Mi starà cercando, ovviamente..."
"Ci penseremo noi a questo, Allison. Non aver paura. Ok?"

Mi guardò per la prima volta tentando di sorridere ed annuì. Sembrava si fidasse.

"Sono certa di non dovermi preoccupare, Edward. Grazie."

"Bene." - Esclamò Alice battendo le mani - "Adesso che tutto è più o meno chiaro credo sia ora di togliere il disturbo. Vero Edward?"  

Annuii, stringendo i pugni. Dovevamo andare: la riserva restava territorio nemico. Ed anche noi eravamo molto meno che bene accetti.

"Sì, è davvero ora. Bella...?"

Mi guardò smarrita.

"Dobbiamo andare via? E...Ed Allison?" - Indicò la sua amica, confusa - "Come...Io..."
"Beh....Allison potrebbe venire con noi. " - Si affrettò ad aggiungere Alice, per calmarla. Aveva immediatamente percepito l'agitazione di Bella e, pur sapendo che Jazz avrebbe potuto calmarla in un solo istante, si era immediatamente lanciata nella sua opera di salvataggio. Le voleva molto bene, era fuori discussione. - "...Non è più necessario che resti qui a La Push, ormai. Se ti senti bene Allison, puoi tornare a Forks. Vi terremo sotto controllo noi.."
"Perchè succhiasangue? Credi che noi non siamo in grado di difenderla? Di prenderci cura di lei e di Bella?" - Inveì Jacob violentemente. La rabbia che già faticavo a tenere sotto controllo dentro di me montò rapidamente, facendomi scattare.
"Maledizione! Non provare mai più a rivolgerti in questo modo a mia sorella!" - Urlai agitandogli contro la mano

Anche Jasper si era irritato notevolmente per l'uscita infelice di Jake, assumendo una tipica posizione di difesa contro di lui. Entrambi si erano sporti in avanti, tenendo un pugno chiuso davanti a se: Jazz aveva cominciato a ringhiare ed Alice e Bella erano prontamente intervenute per fermare qualsiasi discussione. La più preoccupata era certamente Alice: temeva che Jake, nervoso ed irritato, avesse potuto trasformarsi davanti a Bella ed Allison. Non sarebbe stato un grande spettacolo: avevamo ancora troppe cose di cui discutere con Bella prima di darle una dimostrazione pratica di ciò che ancora le nascondevamo.

"Ok, ok ragazzi, basta. Non importa, sul serio, è tutto tranquillo..."
"Quel che Jacob voleva intendere.." - La voce di Sam ci arrivò calma, quasi distaccata. Con quel suo modo di fare sempre diplomatico ma comunque serio ed autorevole mi ricordava troppo spesso mio padre Carlisle: era davvero un ottimo alfa. - "..E' che Allison è stata con noi sinora. L'abbiamo curata ed accudita ed ormai è diventata quasi di casa. Per.....Emily sarebbe molto triste vederla andar via così...La proteggeremo da chiunque. Sapete che possiamo farlo senza alcun problema." - Sollineò con convinzione. Ma qualcuno non era d'accordo.
"Credo che ad Emily non dispiacerà affatto, Sam..." - Intervenne Embry. Non aveva parlato sino a quell'istante ed il suo discorso destò ovviamente sorpresa. Ma non per me che già conoscevo i suoi pensieri. - "...sapere che Allison si trova con le persone con cui vuole realmente stare."
"Embry non..."
"Ally, non devi darci alcuna spiegazione. E' meglio che tu vada con loro. Sappiamo tutti quanto bene vuoi a Bella, non ci offenderemo."

Embry parlava con calma ma nei suoi occhi chiunque avrebbe potuto leggere la mortificazione di un amante ferito. Credeva che il posto di Allison non fosse con lui nè con nessuno in quella tribù. Credeva che nel cuore di Allison non ci sarebbe mai stato posto per lui ed allora era meglio tenerla lontana. Non voleva più illudersi: avrebbe sofferto troppo nell'averla accanto a sè senza poterla toccare, stringere, baciare. Senza poter vedere ricambiato il suo povero amore.

Forse Bella non intuì tutto il dolore che c'era dietro quelle parole. O forse, in quel momento, non le interessò, troppo felice di potersi "riappropriare" della sua amica. Fatto sta che ignorando - quasi inaspettatamente - l'espressione sgomenta di Allison di fronte alle parole di Embry, la invitò a prepararsi in gran fretta.

"Ally...Ti aiuto a sistemare le tue cose. Andiamo, si torna a casa mia!"
"Bella ma io...non..."
"Avanti! Hai sentito Embry? Non c'è alcun problema, parlerà lui con Emily...Vero?"
"Certo."
"Bene! Grazie mille, Embry. Su Ally, dobbiamo andarcene. Charlie mi aspetta. Sarà così felice di vederti!...Ammesso che sia ancora tutto intero.." - Borbottò quasi comicamente. Alice le cinse le spalle, sorridendo.

"D'accordo...Allora..."
"Dimmi dove sono le tue cose, ti aiuto a prepararle.."
"Non ce n'è bisogno.." - Rispose Embry ancora una volta. Allison lo guardò sgomenta, come se non riuscisse a comprendere il motivo di tutta quell'improvvisa ostilità. Come se lo comprendesse e se ne sentisse responsabile. - "Allison non ha quasi nulla con sè. Ha perso buona parte delle sue cose nel bosco dove Sam l'ha ritrovata. Quel poco che ha adesso gliel'hanno fornito Emily e Leah. Glielo porteremo noi con calma. Andate prima che si faccia buio."

Andate prima che il dolore diventi insopportabile.

Guardai Embry con uno sguardo pieno di comprensione. O forse di compassione. A parte me non avevo mai visto nessun uomo soffrire così tanto per amore. Mi ricambiò rivolgendomi due occhi scuri e gonfi: la luce che vedevo in essi brillare era tanto forte ed intensa da apparirmi assolutamente insostenibile. Assolutamente incomprensibile.
Assolutamente, dolcemente, inequivocabilmente dolorosa.
Ma fu un attimo: il tempo che fu necessario ad Embry per realizzare il mio sguardo su di lui.
Si raggelò immediatamente, riservando a me per primo e, successivamente, ai miei fratelli, un'occhiata piena di aspro e glaciale risentimento. Fu più eloquente il suo comportamto nei confronti di Allison: non la degnò di uno sguardo.

Abbassai per un attimo lo sguardo, costernato. Quando lo rialzai incontrai gli occhi di Isabella.
Felici.
Teneva per mano un'Allison assolutamente confusa, divisa tra la gioia del perdono di Bella e l'inquietudine per il comportamento di Embry.
Ma lei era felice e questo mi bastava.

"Andiamo? Alice e Jazz sono già sulla porta, perchè te ne stai lì impalato?"
"Sì, andiamo."
"Edward?"
"Dimmi..."
"Non credere che sia finita qui." - Bisbigliò - "Dobbiamo parlare ancora, io e te."
"Lo so.." - Mormorai sorridendo. Dopotutto era tenera con quell'atteggiamento da bimba arrabbiata. Non le riusciva serio quanto avrebbe voluto.
"Bene. Beh..." - Si voltò in direzione di Jacob e gli altri. - "Jake....Ragazzi...Grazie...di tutto.."
"Tranquilla Bella. Riguardati. Ed anche tu, Ally. Verremo a trovarvi." - Intimò Jacob con un tono falsamente cordiale.
"Buona serata ragazze. Allison, abbi cura di te."
"Sì, Sam...Ti prego, dai un bacio ad Emily da parte mia."
"Lo farò" - Le sorrise.

La guardai mentre pensava a cosa fare con Embry. Guardavo lo sguardo perplesso di Bella e poi tornavo a quello sgomento di Allison: le avrei dato una spinta per convincerla a correre ed abbracciare quel ragazzone che se ne stava in un angolo.
"E...Embry.....Io volevo..."

Volevo salutarti.
Per bene, Embry, non come si fa con gli estranei.
Ma tu non lo desideri, lo vedo.
Non voglio farti soffrire Embry, mi sento un verme.
Io...io non lo so che devo fare.
Non so che dirti.
Vorrei soltanto non farti male e lo sto facendo.

Dio Santissimo.
Avrei desiderato tapparmi le orecchie e chiudere il cervello. I miei pensieri erano tristi, quelli delle persone che mi circondavano devastanti. Non era decisamente un grande affare il potere datomi in consegna con la nuova vita da immortale!


"Embry io..."
"Ciao, Allison. Ci si vede." - Mugolò l'interessato, scomparendo improvvisamente dietro una porta. I suoi pensieri si allontanarono allo stesso modo.

Guardai Allison. Deglutì, standosene immobile.
E soltanto quando Bella le strattonò leggera una mano rispose con un cenno.

"Andiamo.."

Ringraziai la buona sorte: non vedevo l'ora di andar via da quel posto.





POV KEIRA
PROGETTI PERICOLOSI



Mi avevano detto che sarebbe stato facile.
Che non avrei ricordato, che non avrei sofferto.
Che l'unico dolore sarebbe stato quello della gola che arde per l'eccessiva sete. Ma avrei potuto uccidere  e sbarazzarmi di quel fastidio facilmente.
Mi sarebbe bastato bere del sangue. Succulento, profumato sangue umano.
E non avrei provato rimorsi: della vita delle mie vittime me ne sarei infischiata.

E così era stato, per i primi giorni.
Per il primo mese, forse due.
Magari avrei continuato ancora così, in quel modo brutale, trascinandomi dietro le carcasse inutili di quei fragili umani la cui pelle si era lacerata sotto i miei canini. Oggettivamente non c'avevo badato mai molto: tutto quanto m'interessava era il sapore del loro sangue caldo mentre scivolava nella mia gola.

E non mi aveva toccata quasi per nulla, allo stesso modo, l'idea di essere un'omicida. Sino a quando, tuttavia, non avevo incontrato due occhi azzurri.
Luminosi.
Chiarissimi.

Perchè in quegli occhi avevo ritrovato i miei.
Quelli che mi appartenevano da umana.

Certo, avevo faticato un poco. Non subito mi era riuscito di prendere consapevolezza di me stessa.
Però...
Però, dopo un po', era stato semplice: avevo rivisto me stessa riflessa in uno specchio, nella vecchia casa che era stata anche la mia. In un tempo così lontano da sembrare irreale: un tempo che, nonostante questo, io avevo vissuto, mi era appartenuto.
Ho avvertito quasi subito, come se fosse stato reale, la medesima la brezza di un antico giorno di primavera entrare dalla finestra aperta. Ho visto le tendine in pizzo bianco muoversi leggere trascinate dal vento. Ed ho incontrato il mio viso mentre, intenta nell'intrecciarmi i lunghi capelli, canticchiavo una musichetta non più nota.

Ma quelli che mi ero ritrovata davanti non erano gli occhi miei, quelli dei miei ricordi andati.
Erano gli occhi di mia sorella Allison. E quelli di una donna più adulta - nostra madre - prima di lei. Prima di noi.


Mi avevano detto che non avrei ricordato nulla del mio passato.
Victoria me l'aveva giurato.
Ed allora perchè i ricordi mi stavano tartassando il cervello?
Perchè sentivo un dolore forte all'altezza di quel mio cuore morto? Perchè avvertivo una voragine scavarsi nel petto e divenire sempre più profonda?

Perchè nessuno mi aveva detto che avrei desiderato toccare mia sorella anzichè divorarla?
Perchè nessuno mi aveva detto che avrei fatto di tutto per proteggerla da me stessa? Che avrei sacrificato il mio desiderio sfrenato di assaggiarne il sapore per il suo bene e per la sua sopravvivenza?
Perchè nessuno mi aveva detto che avrei desiderato tornare umana anche un solo istante per poterla riabbracciare?

Ed invece non ho fatto nulla di tutto questo. L'ho anzi scaraventata lontano da me e le ho fatto del male al cuore per non ferirla fisicamente.

Oh, io avrei voluto correrle incontro!

Avrei voluto dirle "Ti ho trovata. Ti ho cercato per così tanto, adesso sei qui con me. E' un sogno.."

Ed invece era un incubo.
Perchè non potevo riabbracciarla: le avrei fatto del male.
Perchè non potevo aspirarne il buon profumo di casa: l'avrei trovata troppo succulenta. L'avrei uccisa.

Non avrei potuto far nulla senza pensare di disintegrarla.

Non era più tempo per noi, era questa la verità.


Con i miei pensieri d'angoscia e dolore nella testa, continuai ad aggirarmi per la foresta senza una metà precisa, come già stavo facendo da diverso tempo.
Quasi barcollavo e mi venne da ridere: un vampiro senza senso dell'equilibrio. Rasentavo il ridicolo.
Ma tutto sommato, c'era poco da lamentarsi delle mie capacità: ero riuscita a sfuggire alla presa di Edward Cullen piuttosto facilmente grazie alla mia rapidità ed ai riflessi pronti che l'immortalità mi aveva donato.
Mi era andata bene; il fuoco negli occhi di Edward non mentiva: mi avrebbe uccisa, ne ero certa.
Non soltanto avevo scatenato la sua irritazione suggerendogli di trasformare mia sorella in un vampiro ma, in primis, avevo messo in pericolo la sua dolce metà spingendomi sino a casa sua.

Idiota.

Non me ne importava un bel niente di quella stupida ragazzina dall'aria spavalda che si tirava dietro: pensava di poter avere a che fare con noi vampiri facilmente e senza alcun problema soltanto perchè se la intendeva con quelli del clan Cullen? Che sciocchezza!
Ma ovviamente questi erano solo affari suoi: benché quell'aria seria e saccente smuovesse i miei nervi con notevole facilità, di Bella non m'interessavo affatto. Salvo che per un aspetto: l'amicizia che la legava a mia sorella.
Forse, per riappropriarmi di Allison avrei potuto far leva sul "buon cuore" di Isabella, convincendola e fornirmi il suo aiuto, benché mi pareva ovvio che non avrebbe ceduto così facilmente alle mie lusinghe.
O forse avrei dovuto servirmene in maniera più "cruenta": avrei potuto rapirla, per esempio, metterne in pericolo la preziosa esistenza. I suoi adorati Cullen sarebbero accorsi in suo aiuto, ovviamente, ed io avrei potuto ricattarli barattando la futura immortalità di mia sorella in cambio della vita della loro adorata mascotte.

In una situazione del genere Edward non me l'avrebbe negato un simile favore.
Non se questo avesse significato avere salva l'esistenza della sua sciocca fidanzatina.

Ed io, viceversa, avrei così ottenuto la possibilità di trascorrere la mia vita immortale  accanto a quella sorella così preziosa, proprio come da sempre avevo sognato quand'ero ancora la semplice Keira Sanders. Con la variante che, adesso, c'era a nostra disposizione un "per sempre" che la nostra limitata esistenza da esseri umani non ci avrebbe mai consentito.

Sorrisi; fuori pioveva e non m'importava.
Tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Avrei ritrovato mia sorella, l'avrei portata da Victoria. Le avrebbe voluto bene anche lei e tutto sarebbe andato alla perfezione: avremmo avuto la nostra famiglia e sarebbe durata per l'Eternità.

Sorrisi, finalmente.

Le gocce di pioggia si muovevano lente lungo le pieghe della mia pelle ma non m'importò. Tutt'altro: la trovai una sensazione dolcissima.
Ero felice: davanti a me si prospettava un futuro radioso ed in quell'istante qualsiasi cosa fosse accaduta l'avrei trovata meravigliosa.


Qualsiasi cosa meno che una: incontrare James.


Me lo ritrovai seduto silenzioso con la schiena poggiata ad un abete.
Ovviamente stava aspettando me: lo compresi dal leggero risolino che gli piegò all'insù gli angoli della bocca allorchè il mio sguardo cadde sulla sua figura immobile.
Non l'avevo mai tollerato troppo e, per me, costituiva l'unica causa di dispiacere dell'essere stata assimilata nel clan di Victoria. Con Laurent le cose andavano più o meno bene, nel senso che nessuno dei due disturbava l'altro; ognuno metteva a frutto il proprio tempo senza badare all'altrui presenza e sostanzialmente non ci davamo alcun fastidio.
Ci eravamo soltanto reciprocamente indifferenti.
Viceversa, James aveva da sempre mostrato profonda intolleranza nei miei confronti. Ogni occasione era buona per rammentare a Victoria quanto fosse stata inutile la mia trasformazione, o quanto irritante o quanto "dispendiosa" giacché, a suo dire, adesso bisognava dividersi necessariamente il sangue delle nostre vittime in quattro e non più tre.

Semplicemente era geloso, era questa la realtà. Considerava Victoria una creatura stupida ed insignificante, ancora troppo capricciosa e troppo bambina nonostante i decenni da immortale che si portava sulle spalle. E tuttavia, nonostante una considerazione così bassa, gli piaceva l'idea che fosse la sua servetta, il suo "cagnolino" ubbidiente: Victoria era troppo innamorata - ovviamente senza essere ricambiata - per potergli negare alcunché.
In tutto questo frangente io, in quanto creazione di Victoria ed in quanto compagna prediletta, costituivo l'ostacolo per eccellenza.  Colei che avrebbe fatto di tutto, per tenerla lontana da lui. Finchè l'Eternità mi avesse sorriso, s'intende.

James alzò gli occhi su di me. Fingeva scarsa concentrazione. In realtà stava analizzando ogni mia mossa.

"T'oh! Guarda chi si vede...La piccola Keira."

Piegai le lebbra in una smorfia.

"Ciao, James."

Restituii il saluto fingendo indifferenza. Non sapevo cosa attendermi ma ero certa che qualcosa stesse bollendo in pentola. Mossi qualche altro passo sul fogliame bagnato, cercando di allontanarmi. Ma lo sapevo: mi avrebbe colpita alle spalle.

"Dove sei stata?" - Domandò improvvisamente, guardandomi dall'alto in basso. Era diffidente ed astioso e tuttavia cercava di non darlo troppo a vedere per non mettermi in allarme.
Eppure lo comprendevo facilmente: dal tono acuto della voce, dalla stretta delle mani chiuse in un pugno ostile, salla sfumatura brillante di quegli occh cremisi. Così penetranti, così rabbiosi.
Lo detestavo.
"In giro, James." - Mentii dandogli le spalle. - "Cosa c'è? E' vietato forse?"
Non mi fu concesso neanche qualche secondo per realizzare, per difendermi. Mi ritrovai con le spalle inchiodate al tronco di un albero vicino, la mano di James stretta attorno al collo.
"Non tentare di fregarmi, bambolina..Non mi sei mai piaciuta. Mai. E non capisco cosa ci trovi di tanto entusiasmante Victoria in te. Ma stai pur certa che farò di tutto per eliminarti in modo rapido ed indolore, mia piccola Keira."

"Stronzo" - Fu tutto ciò che riuscii a mormorare.


"Che succede qui?!"
"Victoria!"

Una voce nota, familiare. Sospirai di sollievo, irrimediabilmente.
Mi era andata bene con Edward ma non ero certa che ce l'avrei fatta anche con James. Non con il morale a terra che mi ritrovavo.

James lasciò istantaneamente la presa su di me, scaraventandomi ad una decina di metri da lui. Vicky mi fu accanto con la sua abituale velocità di vampiro.

"Tutto ok?"

Annuii.

"James! Che diavolo ti prende?!" - Urlò contro il mio aguzzino. Che si difese rapidamente.
"Me lo chiedi pure?? Preoccupa di lei piuttosto che per lei...!" - Sbraitò indicandomi - "La tua amica si porta strani odori addosso....Umani e vampiri...Non ti pare strano? Dove cazzo sei andata, Keira?! Allora?"

Maledetto olfatto dei vampiri!
E maledetto James....L'avrei dato alle fiamme senza rimorsi!

"Keira?" - domandò Victoria guardandomi subito con sorpresa. Era bravo quel coglione nel farle il lavaggio del cervello. "E' ....è vero quel che dice James...? Dove sei stata?"

Mi rivolse un' espressione accorata. I suoi occhi erano grandi e sgranati.
Gli aveva dato subito ascolto? Possibile? Pensava sul serio che avessi potuto tradirla così facilmente?

Strapai un ciuffetto di erba bagnata dal terreno, ringhiando contro quell'ignobile essere che tentava di metterci contro.

No, alla luce di quanto stava accadendo, non me la sentii di raccontarle una bugia. Doveva sapere che le volevo bene, che non volevo giocare contro di lei.
Inoltre, considerai istantaneamente che non tutto il male veniva per nuocere e che, forse, avrei potuto sfruttare la cosa a mio vantaggio.
Dopotutto, per quanto odiassi James, potevo servirmi ancora di lui e dell'intera situazione per giocare le carte a mio favore.

Non avevo forse già pensato di rapire Bella Swan per ottenere, in cambio, la trasformazione di mia sorella Allison?

E dunque, se le avessi spiegato la situazione, avrei potuto convincere Victoria a schierarsi dalla mia parte nella mia personale battaglia; Victoria avrebbe trascinato con sè James e Laurent ed io avrei avuto man forte per attuare il mio piano.

Edward Cullen non avrebbe mai più osato dirmi "no" in un simile contesto. Non avrebbe mai più potuto negarmi alcunché.

Mi decisi, infine.

"A casa di Isabella Swan." - Risposi con determinazione alla domanda di Victoria, lanciando, nel frattempo, un'occhiata gelida a James. Di rimando mi sogguardò sconcertato: non credeva avrei mai sputato fuori il rospo così facilmente. Era certo che nascondessi loro qualcosa e che avrei continuato a farlo a costo della vita. Chissà come riusciva ad interpretarmi così facilmente.

Victoria mi guardò titubante: ovviamente le avevo citato un nome senza alcun significato per lei.

"Chi diavolo sarebbe adesso questa Isabella Swan, Keira?"

Sorrisi.

"La fidanzata di Edward Cullen, vicky. La sua ragazza umana." - Cantilenai innocentemente.

Fissai i miei occhi cremisi in quelli altrettanto rossi di Victoria.
Lei mi ricambiò con un sorriso luminoso, felicemente sorpresa.

"Che notizia....E brava la mia piccola!"

Sorrisi
La sua reazione mi indusse ad un facile ottimismo.
Ne ero certa: il mio piano stava per trasformarsi in realtà.





POV BELLA
BRIVIDI


Allison si era addormentata lungo la strada. Aveva poggiato solo per un momento la testolina rossa sulla mia spalla biascicando un tenero "Sei così comoda, Swan.." e dopo neanche due minuti era finita dritta dritta tra le braccia di Morfeo.

La mia povera, piccola Allison! Dopotutto era ancora convalescente e certamente le emozioni della giornata avevano contribuito non poco a renderla più stanca e provata. Mi accomodai meglio sul sedile di modo che potesse trovarsi in una posizione confortevole ed Alice, di fianco a noi, mi guardò sorridendo.

"Sei molto tenera con lei.." -  Constatò in un sussurro.
"Ha sofferto troppo. Non merita altro dolore."

Annuì e poi tornò a guardare dal finestrino. Nè Edward nè Jasper presero parte alla nostra breve conversazione: al di là del battibecco tra me ed Edward, mi parevano tutti e tre perplessi, sotto molti aspetti turbati. Per quel che avevo potuto afferrare, la loro incursione alla riserva rappresentava un evento del tutto straordinario. La Push costituiva una specie di "luogo tabù" per i Cullen ed, ovviamente, ritrovarcisi di punto in bianco doveva averli inevitabilmente scombussolati.
E, del resto, la sorpresa era reciproca, giacché l'espressione di Sam e di tutti gli altri presenti parlava chiaro: un misto di sconcerto, disgusto, collera e marcato autocontrollo.
Se avessero potuto li avrebbero bastonati, senza alcun motivo apparente.

Edward mi doveva molte spiegazioni, questo era chiaro.
Questo era l'unico punto chiaro.

Quando la Volvo parcheggiò fuori casa mia era già buio: Edward mi aiutò a trascinare Allison fuori dall'abitacolo, portandola dentro in braccio. Mi aspettavo di vedere Alice e Jasper attendere il fratello fuori, in giardino, per poter fare ritorno assieme a casa. Viceversa Alice sfiorò la mia guancia con un soffice bacio - lasciandomi sulla pelle l'ombra rossa delle sue labbra - mentre Jasper accennava un saluto poco più in là-

"Dove andate?"
"Torniamo a casa...Non abbiamo bisogno dell'auto tesoro, ricordi? Siamo molto più veloci." - Scherzò Alice facendomi un'occhiolino.

Annuii ridendo: faticavo ancora a ricordare tutti i fantasmagorici talenti che li caratterizzavano, in primis l'incredibile velocità.

Entrai in casa piano montando e smontando le possibili argomentazioni che avrebbero dovuto spiegare l'improvviso ritorno di Allison a mio padre. Ero preoccupata: due colpi in un giorno solo avrebbero potuto fargli male.
Tuttavia, la fortuna aveva deciso di sorridermi.

Edward mi venne incontro mentre ancora me ne stavo in piedi, incerta, sotto una porta d'ingresso risistemata alla bell'e meglio - probabilmente dallo stesso Charlie - e, quasi leggendomi nel pensiero, sussurrò un: "Stai tranquilla. Tuo padre dorme. Avrai tempo per spiegarti."

Tirai un sospiro di sollievo.

"Povero Charlie, doveva essere distrutto. E' già un miracolo che non gli sia preso un colpo."
"E' vero." - Ammise.
"Ed Allison?"
"Non se n'è neanche accorta di essere arrivata a casa. Continua a dormire. L'ho portata di sopra, nella tua stanza."
"Perfetto. Edward.... Dovremo tenerla al riparo da Tanya. Sono certa che la stia cercando."
"Ovviamente. Ed anche da sua sorella, Bella. Hai sentito anche tu che razza di piani ha in serbo per Ally."
"Mio Dio, non voglio neanche pensarci Edward. Ce la farete? Lo pensi davvero?"
"Certo." - Sorrise. - "Perchè adesso non vai a riposare un po' anche tu? Sarai altrettanto stanca."

Scossi la testa.

"Non mi va di dormire, non ho sonno. Piuttosto, credo che andrò a fare una doccia calda. Ne ho bisogno."
"Bene. Ti aspetto qui, allora. Metterò a posto quel che abbiamo distrutto prima."
"Ok.."

Conoscevo il significato di quel "Ti aspetto qui..".

Ti aspetto qui per parlare.
Per chiarirci, dopo.
Non voglio litigare con te.

Immaginavo perfettamente i pensieri di Edward. Dopotutto erano anche i miei. Benché l'avessi trattato bruscamente solo poche ore prima, neanche io tolleravo l'idea di discutere con lui. Col senno di poi - e placando il mio primo istinto di prenderlo a schiaffi ricordandomi che quella che sarebbe finita col farsi molto male sarei stata esclusivamente io - la rabbia era sbollita ed una nuova razionalità aveva preso il sopravvento.

Edward mi aveva mentito. O meglio, aveva omesso dei particolari importanti.

Ad esempio, perchè Jake era perfettamente a conoscenza del loro segreto?
Perchè la presenza dei Cullen a La Push appariva tanto peccaminosa?
Ed in base a quale criterio i ragazzi della riserva avrebbero potuto tenere sotto controllo il clan di Victoria?

E tuttavia il suo silenzio avrà avuto pure una valida ragione, no?
Valida o irrazionale. Chi poteva dirlo? Dopotutto, da quando si era trasformato in un vampiro, Edward aveva sviluppato un istinto di protezione nei miei confronti troppo spesso esasperato ed esasperante. Si era tenuto lontano da me, in passato, nella convinzione che mi avrebbe inevitabilmente "fatto del male" e così avevamo sofferto entrambi, molto di più e per molto più tempo.
Chissà ora che sciocca convinzione era balenata nella sua testolina per indurlo a non rivelarmi ulteriori particolari della sua nuova, assurda esistenza!

Sospirai.
Al termine di quella doccia mi sentii vagamente rinfrancata. Quantomeno pronta al nostro colloquio.
Pregai mentalmente che nè mio padre nè Allison decidessero di destarsi dal loro sonno ristoratore prima che avessimo finito di spiegarci ed infilai l'accappatoio.

Lo stomaco brontolò. Erano ore che non toccavo nulla.

"Sarà meglio prepararmi del latte caldo. A stomaco pieno si ragiona meglio."

A piedi nudi raggiunsi la cucina. La casa era pressocché al buio ormai - salvo che per qualche fioca luce da abat - jour in un angolo - ed estremamente silenziosa.
Un po' la trovai piacevole, un po' m'inquietò. Dopo tutto quel che era accaduto e che, probabilmente, ancora sarebbe potuto accadere - la solitudine era l'ultima cosa di cui avevo bisogno.

Di Edward nessuna traccia. Feci spallucce ipotizzando si trovasse in qualche angolo della casa a ripristinare i danni.

Versai il latte nel bollitore e feci per scaldarlo quando un trillo familiare mi costrinse a trasalire.
Mi girai di scatto. Edward, alle mie spalle, teneva tra le dita affusolate il nostro campanellino.

"Edward...!" - Esclamai - "Mi hai spaventata da morire!"

Sorrise.

"Scusami...Non era mia intenzione."
"Come hai fatto a trovarlo?"

Il campanellino mi era stato restituito nel corso di una delle tragiche discussioni durante le quali Edward mi aveva intimato di stargli lontano, agli inizi del nostro "ritrovamento". All'epoca - soltanto pochi mesi prima - ignoravo quel che gli era accaduto e ciò in cui si era trasformato. Sapevo di non avere più a che fare con l'Edward di un tempo ma ignoravo la portata di questo cambiamento. E tuttavia, forse non era cambiato poi tanto: il suo cuore era puro e dolce come ricordavo io e come avevo sempre immaginato.

"Te lo chiedi ancora, amore? Posso molte cose, adesso.." - Ammiccò con il suo sorrisetto sghembo: sapeva di prendermi sempre in contropiede quando si comportava in quel modo, maledizione!

Anche quando...anche quando era umano riusciva sempre a fregarmi con quel suo sorriso dolce e malizioso al contempo. Non riuscivo a ricordarmi di nessuna discussione in cui avessi tenuto il broncio ad Edward per più di mezz'ora. Anche perchè raramente litigavamo. 


"Questa si chiama violazione della privacy, Cullen..." - Risposi con tono suadente e di finto rimprovero, riappropriandomi del mio campanellino. Edward sorrise nuovamente. - "Non dovresti frugare tra le mie cose, sai..."
"Questo qui" - Rispose sarcastico - "E' roba mia...Come te, per intenderci..."

Inarcai un sopracciglio.

"Ah sì? E da quando sarei roba tua, sentiamo?"
"Da sempre!" - Esclamò stringendomi tra le braccia e solleticandomi i fianchi nei punti più sensibili. Risi fino alle lacrime: impossibilitata a sfuggire a quella tremenda tortura che era il solletico, incastrata com'ero tra il corpo marmoreo di Edward ed il fornello - attesi paziente che il mio fidanzato eterno diciassettenne si decidesse a lasciarmi libera. Ma in realtà non era quello che desideravo sul serio: avrebbe potuto tenermi tra le sue braccia per tutto il resto della mia esistenza senza permettermi di fuggire ed avrei acconsentito senza alcun dubbio.


Dopo qualche istante che a me parve interminabile e troppo, troppo breve al tempo stesso, Edward si staccò da me. Lo faceva spesso da quando eravamo tornati insieme: ogni contatto appena più profondo tra noi durava lo spazio di un battito di ciglia. Era come se un nuovo imbarazzo fosse calato tra noi, come un muro sottile ma invisibile che Edward, più di me, non riusciva a scavalcare. Ma ovviamente anche questo particolare doveva essere dovuto alla sua nuova natura. Al solito.

"Bella...."
"Sì..?" - Risposi piano, ancora col fiato corto per il troppo ridere.
"Dovremmo parlare...ricordi?"
"Oh...sì. ..Sì, certo. Dobbiamo parlare.."
"Non mi sembri più arrabbiata come prima..Mi sbaglio?"

Era vero.

"No, non sbagli. Direi che la rabbia è sbollita...Forse perchè è passato un pochino di tempo ed ho avuto modo di razionalizzare. O forse perchè sono felice per Allison e mi va tutto bene, ora come ora...Non saprei.."
"E cosa avresti razionalizzato?" - Domandò allontanandosi un pochino e poggiandosi all'isola della cucina, curioso.
"Ho razionalizzato che se non mi hai detto tutto - perchè non me l'hai detto - ci sarà una buona ragione. Non ti sto giustificando ma ormai ho imparato a conoscere certi...nuovi aspetti di te, ecco. Ed immagino che se tu non abbia parlato il motivo è che vuoi proteggermi da qualcosa. Forse non vuoi spaventarmi ulteriormente. Ma credi ancora ch'io sia così facilmente impressionabile dopo tutto quanto ho appreso e vissuto negli ultimi mesi?"
"Non è solo per questo, Bella.." - Volse lo sguardo da me e dopo passò una mano sulla fronte, in un gesto di stanchezza che non poteva appartenergli.
"E' così difficile spiegarti?"
"Sì. Perchè non riguarda soltanto me o me e te insieme. E' vero, volevo proteggerti. Volevo che ti bastasse la nostra verità perchè era già troppo difficile da accettare. Bella, tu sei una ragazza forte e coraggiosa, molto più di quanto io stesso pensassi o ricordassi. Tutto sommato è andata bene. Ma chiunque altro, al posto tuo, avrebbe potuto impazzire..."
"Come hai potuto constatare tu stesso non è accaduto. Certo, non voglio dirti che sia stato facile. Ma l'ho accettato per quanto irrazionale possa apparire. Non mi spavento così facilmente Edward..."
"Già. Sei degna figlia di Charlie Swan.." - Ammise sorridendo. - "...Ma davvero, non è solo per te.."
"C'è dell'altro?"
"Sì.."
"Come fa Jacob Black a sapere di te, Edward? E dei Cullen? E cos'è tutto quell'astio che intercorre tra voi e loro?"
"Si tratta di una questione molto antica, Bella. Qualcosa che è cominciato molti anni prima che Victoria mi trasformasse."

Deglutii.

"Un patto."
"Un patto?"
"Sì. Tra i Cullen ed i vecchi membri della tribù Quileute. Un accordo in base al quale la mia attuale famiglia si sarebbe impegnata non soltanto a non avvicinarsi più alla riserva indiana ma anche ad allontanarsi da Forks, controllando che altri eventuali vampiri facessero lo stesso. Diciamo che i membri della tribù tengono molto alla sicurezza di quello che considerano il loro territorio e tra noi e loro...beh, non corre buon sangue. Siamo ...nemici per natura."
"Non sono normali. E' vero? Jake stesso, ed anche Sam, ha detto che possono controllare la situazione. Che possono fronteggiare Victoria ed il suo clan. Non sono persone comuni come me od Allison. Hanno qualche potere. E' vero?"

Edward mi sorrise, sorpreso.

"Quanto sei perspicace!"
"Credevi non lo fossi? Grazie per la considerazione!"

Edward mi si avvicinò rapidamente, cingendomi tra le sue braccia.

"Avanti! Non essere permalosa! Era un complimento, amore mio...Non tutti l'avrebbero capito così facilmente."
"Comincio a muovermi bene nel tuo mondo da..."
"Film horror!"
"Che stupido sei!"

Mi venne da ridere.

"E quindi...?"
"Quindi....?"
"Quale sarebbe il temibile segreto che nascondono i Quileute?"
"Ah, no tesoro! Adesso vuoi troppo. Non sarò io a rivelartelo. Non posso. Se mai dovesse accadere lo vedrai con i tuoi stessi occhi. Ti basti sapere che sì...sono speciali. E che preferirei ti tenessi lontana da loro."
"Cosa? Edward!" - Lo rimproverai - "Billy Black è un amico intimo di mio padre...Jake è di casa! Non posso allontanarli così, di punto in bianco..!"
"Non m'interessa Bella." - La sua voce assunse un tono perentorio. Non ammetteva repliche. - "Sono pericolosi. Se mai dovessero arrabbiarsi e tu dovessi trovarti in quell'istante con uno soltanto di loro...Non voglio neanche pensarci. Ti prego di tenerli alla larga."

Edward mi abbracciò, poggiando il mento sulla mia testa bruna e sospirando. Io mi accomodai nell'incavo gelido del suo collo ed ispirai quel meraviglioso profumo di fiori e menta che si portava dietro.

"E' solo questo, Cullen..?" - Lo stuzzicai allora, parlando piano. - "Sicuro che non ti dà fastidio null'altro?"

Edward e Jacob si erano ringhiati contro troppe volte per considerare che l'unico problema tra loro fosse il patto tra i Cullen e la tribù o la loro difficile convinvenza. Non ero una stupida: ero certa che Jacob avesse fatto o pensato qualcosa di molto irritante per Edward. E sinora, l'unico argomento in grado di far gioire, arrabbiare, preoccupare oltre ogni razionalità Edward ero solo io.

"Jacob Black, dici? Sì, mi da fastidio. Ti guarda come se fossi un...bocconcino."
"Ma non dovresti essere tu a guardarmi così...?"
"Oddio Bella....smettila!"

Mi venne da ridere ed allacciai le mie braccia intono alla sua vita. Mi prendeva sempre troppo seriamente.

"Ehy....Sto scherzando!"
"Non dovresti su cose come questa...Sai quanto sono suscettibile..."
"Non esserlo. E scusami comunque. Non volevo offenderti."

Lasciai un piccolo bacio sul collo di Edward, per farmi perdonare, e solo allora realizzai di essere sprofondata tra le sue braccia, coperta solo dal mio accappatoio bianco, in una cucina illuminata esclusivamente da una fioca luce in un angolo. Con mio padre ed Ally, per giunta, preda di un sonno tanto pesante che dubitavo avrebbero potuto svegliarsi anche con un bombardamento.
Rabbrividii quasi senza una ragione.

"Hai...freddo...Dovresti coprirti...di più..." - Sussurrò dunque Edward chinando la testa per avvicinarsi al mio viso, alle mie guance. Ma intanto, tremava anche lui. E certamente non per il freddo. Immaginavo avesse realizzato i miei stessi pensieri.

Attesi. Non potevo fare altro. D'improvviso lo scenario intorno a noi aveva assunto una connotazione quasi surreale.
Non mi mossi dunque, cercando di comprendere cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

I contatti fisici tra me ed Edward si erano interrotti più di due anni prima e momenti così intimi non li avevamo mai vissuti da quando eravamo tornati assieme. Certo, avevo dormito tra le sue braccia, l'avevo baciato con passione come ai vecchi tempi ma...non avevo mai percepito malizia nei suoi gesti, nel modo in cui mi carezzava il volto o mi stringeva a sé.
 In quel suo tocco delicato invece, quella sera,  in quel suo parlare piano, lentamente, scandendo con attenzione le parole c'era un che di terribilmente seducente. Quasi provocatorio.
O forse ero io ad immaginarmi tutto questo?
Io che lo desideravo come e più di prima?

Edward era splendido, affascinante. Ed era mio. Ed io l'amavo più di me stessa.
Era lecito desiderarlo sotto ogni punto di vista oppure ero nel torto?

Il cuore mi batteva all'impazzata. Lo sentivo tuonare nel mio petto, salire in gola.

"Dovresti...calmarti, Bella...Il tuo essere così agitata non mi aiuta...Il tuo profumo...."
"Scusami.." - Mormorai appena, chiudendo delicatamente gli occhi.

Edward mi baciò, allora. Prima lentamente, saggiando piano ogni centimetro delle mie labbra. E poi con sempre maggior impeto. Con maggior passione ed energia. Lo strinsi di più tra le mie braccia, ricambiando il bacio; l'accappatoio scivolò, in quel frangente, da un lato, scoprendo la spalla sinistra. Edward poggiò la sua mano fredda sulla mia pelle nuda ed io rabbrividii maggiormente. Il suo palmo era gelido, lo ammetto, ma non era quello il motivo del mio tremore. Era soltanto la disperata voglia che avevo di lui a muovermi e scuotermi. A rendermi così audace da indurmi a poggiare, a mia volta, la mano sotto la sua camicia, scoprendone la pelle marmorea.

"Bella? Bella!"

Una voce dall'alto mi riportò alla realtà.
Spalancai gli occhi e nel medesimo istante mi ritrovai senza le braccia protettive di Edward che mi cingevano i fianchi e le spalle.
Si era allontanato repentinamente con quella velocità tipica dei vampiri che avevo imparato a conoscere.

Avevo il fiato corto, respiravo a fatica. Ed Edward, sorprendentemente, era nelle mie stesse condizioni.

"C...Che..?" - Balbettai appena.
"Tuo....Charlie si è svegliato.." - Biascicò a malapena.
"Io..."
"Io...Io devo andare, Bella..." - Aggiunse subito.
"Ma..."
"E' meglio che non resti qui....Noi....non possiamo...noi non possiamo perdere il controllo così...Io.."
"Edward non hai fatto nulla di male...Io..."
"Devo andare.." - Ripetè perentorio. Respirava ancora a fatica ed io, viceversa, comprendevo molto poco di quanto avesse da dirmi. Avevo cuore e stomaco in subbuglio, la testa nel pallone. - "Tra poco tuo padre scenderà a cercarti. E' meglio che non mi veda qui. E' meglio che si abitui poco alla volta alla mia presenza."

Annuii.

"Io...Ci vediamo presto...Amore."
"Sì..."

Non mi baciò sulla guancia com'era solito fare ma, prima di sparire dalla mia vista, accennò ad un sorriso.

"Il campanellino lo porto con me." - Sussurrò.

Dopo un istante non era più davanti ai miei occhi. Li stropicciai, strabuzzai le palpebre più volte per convincermene. Si era davvero volatilizzato.

"Bella! Sei qui!"

Mi voltai di scatto ritrovando Charlie sotto la porta della cucina.

"Papà! C - ciao..."
"Che ci fai al buio?" - Domandò con sospetto.
"Niente. Io....ero venuta a prepararmi del latte...E comunque...Non sono proprio al buio.."

Charlie borbottò qualcosa d'incomprensibile su quanto potessero essere stravaganti i giovani d'oggi. Poi andò a sedersi al tavolo della cucina, dopo essersi versato del caffè precedentemente preparato da una brocca apposita.

Io tornai al mio latte - ancora non avevo neanche provato a scaldarlo un pochino - sospirando e cercando di calmare il cuore ancora in subbuglio - quando, sotto la porta della cucina, fece il suo ingresso una figurina esile dai capelli rossi.

"Bella?" - Mormorò.

Io e mio padre ci voltammo in contemporanea.

Guardai Allison. Charlie guardò Allison e, dopo un istante, me.

"Signor Swan...buonasera!"

Ero certa che Charlie avrebbe voluto rispondere al saluto: adorava indiscutibilmente Allison. Ma due sorprese in un giorno solo erano troppe. Aveva accompagnato Allison alla stazione degli autobus solo dieci giorni prima. Sapeva che sarebbe tornata soltanto per venire a riprendermi e recarci insieme al college, in Alaska. Ovviamente il suo ritorno sarebbe stato largamente anticipato da una telefonata di preavviso: non si aspettava certo di ritrovarsela di punto in bianco in casa sua una sera di Gennaio.

Guardai i suoi occhi sgranati, la bocca semiaperta sotto i baffi e mi venne da ridere.

"Ops...! Ok papà....C'è un'altra cosa di cui dovrei parlarti..." - Cominciai dunque a spiegargli, piano.





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