the hard life of an infiltrate

di Miroku90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il vino. ***
Capitolo 2: *** Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi assiste. ***
Capitolo 3: *** Detesto le sparatorie. Soprattutto quando ti coinvolgono in prima persona. ***



Capitolo 1
*** Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il vino. ***


La storia che avete davanti ha come protagonista una specie di agente segreto americano: Shikamaru Nara.
Il giovane agente dovrà ritornare nel suo paese di origine per indagare su uno strano caso dove vede Temari a capo di un gang di malavitosi giapponesi.
Dovrà lavorare come infiltrato e numerosi pericoli attenderanno il giovane. Ma anche numerose conoscenze non sempre piacevole.
Questo primo capitolo è una premessa. Sono i pensieri dell'agente nel suo bar di fiducia mentre si gusta del buon vino italiano, due giorni prima di partire e ritornare (ancora una volta) a casa.
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The hard life of an infiltratE
Capitolo 1: Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il vino.
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Guardai per l'ennesima volta il bicchiere semivuoto di Chianti che avevo davanti. Il bar di Charlie è famoso per la sua cantina rifornita e in questo momento mi serviva assolutamente il dolce sapore del vino rosso, una specialità italiana per giunta, sulle mie labbra screpolate.
Mi persi per un attimo nel luccichio color rubino della bevanda, messo in risalto dalle luci soffuse del bar.
Come amavo quel posto. Il gestore, un tipo riservato e di una certa età, conquistò subito la mia gola servendomi fin dal primo giorno specialità provenienti da tutto il mondo.
Il vermiglio e secco Bordeaux dalla Francia.
Vini tedeschi dai nomi impronunciabili ma dagli aromi intensi. (Adoro il Kabinett o come si chiama).
Ma soprattutto rimasi affascinato dalla qualità con cui gli italiani fabbricavano quel nettare dai vari colori. Rosso, bianco, rosato... Ce n'era per tutti i gusti e ogniqualvolta staccavo da lavoro, il buon caro vecchio Charlie mi faceva trovare i prodotti tipici di quelle zone dove il sole illumina le vigne tutto l'anno.
Pensai che almeno una volta nella mia vita, prima di morire (e con il lavoro che faccio è molto probabile) mi sarebbe piaciuto fare una visita di piacere a quei luoghi così lontani.
Magari gustando le specialità locali come: i pici al cacio e pepe, formaggio intinto di squisite marmellate caserecce, lasagne bolognesi fatte da donne che tramandavano oralmente le loro ricette segrete, la bistecca alla fiorentina alta almeno due dita e tante altre pietanze che al sol pensarci mi viene l'acquolina in bocca.
Ma qui, a New York, è impossibile pensare di gustare cibi preziosi come quelli. I ristoranti italiani ci sono anche qui ma molto spesso il cuoco proviene da qualsiasi zona di questo mondo tranne, ovviamente, l'Italia. Non mi stupisco che un cittadino su tre è obeso da queste parti dove l'hamburger e l'hot-dog sono considerati i piatti tradizionali.
Non sapevo il perché stavo cominciando a pensare a tutte queste cose legata alla cucina però mi stava aiutando a dimenticare il motivo per cui avevo cercato rifugio al bar.
Guardai ancora il bicchiere di vetro che avevo davanti. Con un rapido gesto lo presi e buttai giù il delizioso contenuto e chiesi a Charlie di portarmene un altro. Un altro goccio di toscano non mi avrebbe fatto di certo che bene e poi stavo proprio male.
O almeno, mi faceva male ricordare quei posti da dov'ero scappato quindici anni fa.
Pensavo di aver messo una bella croce sul Giappone ma a quanto pare m'ero sbagliato. E di grosso.
Charlie fece in fretta a riempire il mio bicchiere.
E io feci in fretta a scordare la mia terra d'origine: Il Giappone.
Con i suoi tetti a pagoda, i suoi samurai che ormai esistevano solo nei musei o in qualche parco a tema e la sua popolazione intenta a vagabondare qua e di là sempre con i soliti abiti di un triste grigio.
Almeno qui in America le persone si vestivano come gli pareva a loro, per Dio !
Cominciai a cercare nelle tasche dei miei jeans quel dannato pacchetto di sigarette che avevo appena comprato al tabacchino all'angolo.
Non si poteva fumare nei locali ma l'ora era tarda e sfidavo io che qualcuno mi rompesse le scatole per una sigaretta. Se comunque qualcuno l'avesse fatto non avrei esitato a buttarlo in galera con una qualsiasi scusa. Sono troppo incavolato e il sapore della nicotina, unito a quello dell'alcool, non poteva farmi che bene.
Charlie mi guardò impassibile mentre spolverava, con un vecchio straccio, un boccale di birra vuota. Mi sorrise a modo suo, ovvero i contorni della sua bocca si piegarono leggermente verso l'alto.
Come adoravo quel gestore, anche se ormai mi vedeva tutti i giorni (o meglio, tutte le notti) non mi aveva mai chiesto niente e non mi aveva mai buttato fuori dal locale anche se cominciavo a fumare una decina di sigarette una dietro l'altra.
Mi sarebbe mancato.
Ma d'altronde al lavoro non si può dire di no, o meglio: si potrebbe dire di no peccato che un collaboratore dei servizi segreti americani non può rifiutarsi se un superiore gli affida qualche compito. In teoria potrebbe ma poi verrebbe licenziato. E io non volevo perdere un lavoro che mi affascinava visto che trovavo interessante indagare sui presunti colpevoli e la soddisfazione quando metti un bastardo (da quello che aveva rubato a quello che aveva violentato una donna) dietro le sbarre era immensa. Quasi al pari di quell'ottimo vino che stavo continuando a bere a piccoli gocci.
Eppure proprio a causa di questo lavoro che mi ritrovavo in questa situazione scomoda.
Sarei dovuto ritornare in Giappone, lavorare sotto copertura e smascherare la terribile organizzazione che si celava dietro ad una banda di malavitosi.
Il classico caso, peccato che sarei dovuto partire e andarmene lontano per finirlo.
Guardai l'orologio. Segnava le due e mezzo. Tra poco me ne sarei andato e tra due giorni me ne sarei andato veramente, per un lungo periodo lontano da qui.
Mi mancherà questo vino. Mi mancherà dannatamente anche Charlie. Ma un uomo certe volte non può dire di no, soprattutto se ha un superiore alto due metri e qualcosa e con un fisico da lottatore di Wrestling.
Alle tre ho pagato quello che avevo consumato, lasciato una lauta mancia al gestore, e me ne sono tornato a casa.
Rimpiangendo, per un attimo, il forte odore di Hot Dog provenire da una bancherella vicina.




Due giorni dopo.


Sono all'areoporto di New York e già sto pensando di scappare e andarmene in Italia con il primo volo disponibile.
Peccato che non posso.
Il giorno prima mi è arrivato il fascicolo contenente tutte le informazioni che dovevo sapere sul caso.
Mi devo infiltrare in una banda di teppisti locali molto violenta, indagare sul presunto commercio di materiali radioattivi, arrestare i colpevoli (con l'aiuto della polizia giapponese) e alla fine potrò tornare in America alla mia solita vita.
Nonché facessi qualcosa di diverso qui però mi chiedevo come fosse possibile che una banda di teppistelli potesse avere agganci con il commercio di scorie nucleari, uranio radioattivo e altra robaccia. Materiale che, sinceramente, preferirei osservare da molto lontano. Di un centinaio di chilometri, intendo.
Poi trovavo alquanto curioso sapere che tutta l'organizzazione di teppisti aveva come capo una donna. O una scocciatura, come le chiamo io.
Il suo nome, da fonti provenienti dai servizi segreti giapponesi, era Temari.
Dalle foto sembra una bella ragazza: bionda, dagli occhi di un bellissimo color smeraldo eppure dietro a quell'angelico faccino si nascondeva una banda criminale che aveva compiuto numerosi omicidi nelle prefetture di Tokyo.
Rabbrividì. Il sol sapere che una ragazza era capace di cose del genere mi rendeva alquanto impreparato. Però sì sa, la vita è strana a volte.
E' strano anche che non ti servano del vino pregiato nei bar dell'areoporto. Ma tuttavia questo non mi sorprese molto. D'altronde non ce lo vedrei bene un pilota ubriaco alla guida di un aereo con quattrocento persone a bordo. Sarebbe divertente, ma solo se assistessi la scena a terra.
E a terra non ci poteva rimanere.
-Si presentino le persone per il volo 778H, destinazione: Giappone, al gate numero 20. Ripeto: si presentino le persone per il volo 778H, destinazione: Giappone, al gate numero 20. Grazie-
La voce femminile, proveniente dall'altoparlante, mi comunicò che era giunto il momento di dire addio all'America. O per meglio dire: un arrivederci. Spero.
Non rientra nei miei progetti morire nella mia patria e penso non lo sarà mai.
Quasi mi venne la voglia di andare a mangiare un Hot-Dog al chiosco lì vicino prima di dirigermi al gate dove mi sarei imbarcato. Non sono un sentimentale ma allo stomaco non si comanda. O forse voglio rivalutare la cucina americana. Non saprei, comunque l'hot-dog che presi faceva davvero schifo.
-Che giornata di merda- Esclamai ad alta voce mentre porgevo il biglietto allo Stuart. -Proprio una giornata di merda-
Poi presi il mio volo e mi preparai a ritornare in Giappone dopo un lungo periodo di assenza.
Menomale che un senso di nausea mi permise di non pensare troppo al paese che m'avrebbe rivisto dopo tutti questi anni.
Odio volare. Le Hostess non ti portano mai del Bordeaux o del Chianti se ti senti poco bene.


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Riuscirà Shikamaru Nara ad arrivare in Giappone, arrestare i colpevoli e ritornare a casa ?
Beh, per saperlo (e mi dispiace) dovrete continuare a leggere questa storia.
Comunque, per chi non avesse capito bene o per chi nutra ancora qualche dubbi:
Shikamaru è un consulente esterno, collaboratore dei servizi segreti americani. Per ordine dei suoi superiori deve recarsi in Giappone e lavorare sotto copertura ad un indagine che vede coinvolto un traffico di merci radioattive. Il capo dell'organizzazione dove deve infiltrarsi ha come capo una ragazza: Temari.
La trama promette bene, no ? ; ) O almeno spero.

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Capitolo 2
*** Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi assiste. ***


Ed ecco a voi il capitolo number two.
Da inglish boi che sono potrei augurarmi che sia di vostro gradimento scrivendo in inglese. Ma visto che non vorrei avere problemi con Scotland Yard è meglio che lasci perdere (xD).
Ringrazio:
Shige
Per il commento sul primo capitolo. :)
Ricordo che accetto di tutto: critiche, suggerimenti, numeri di cellulari di avvenenti fanciulle etc. etc. (non m'interessano quelli degli avvenenti maschietti v_v'').
Ciappalà !




The hard life of an infiltratE
Capitolo 2: Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi assiste.
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Ritornare in patria non fu così male dopotutto.
Forse perché quando lasciai il Giappone ero ancora un bambino e i bambini si sa, riescono a vedere cose che un adulto non può. O forse perché sentivo ancora ancora lo stomaco ingarbugliato. O forse perché, a discapito di quanto io dica, sono sotto sotto un sentimentale. Comunque, qualunque fosse la motivazione, non mi fece così male rivedere i contorni moderni e così diversi da quelli occidentali della grande metropoli che le persone chiamavano Tokyo.
Il mio sguardo vagò smarrito nei grandi centri commerciali dell'aeroporto, catturato da quel gioco di luci e colori che la pubblicità era maestra nell'utilizzare per poter estorcere denaro a qualunque fosse poco attento al suo portafoglio.
Vidi anche uno spettacolo che in America non si poteva di certo vedere tutti giorni: uno stuolo di ragazzini e ragazzine in perfetta divisa scolastica che si divertivano a scherzare o a chiacchierare tra di loro.
Gonne corte, gonne lunghe. Chissà perché il mio sguardo cadde proprio sugli indumenti, che lasciavano poco all'immaginazione, usati dalle ragazze. Forse perché fa parte nella triste natura di ogni uomo o forse perché era da tanto tempo che non avevo una donna. E quindi era da tanto tempo che non facevo del sano sesso.
Ma con il lavoro che faccio sfido io a trovare una giovane disposta a vedere il suo fidanzato rincasare ad ora tarda (e non solo per il lavoro ma anche per le lunghe soste che facevo da Charlie). Però, devo ammettere che il fascino dell'agente in borghese ce l'ho sempre avuto ma di scappatelle da una botta e via non ne voglio sapere. Ideali per appagare il mio istinto sessuale ma non per cercare un anima gemella. E chissà se l'avessi mai trovata io un anima gemella visto che avevo sempre considerato le donne, in generale, più come una scocciatura che come un piacere.
Ero ancora con la mente a vagare verso quei pensieri, che non c'entravano niente con ciò che avevo attorno (ma l'aria di casa si sa... Quando ti penetra nelle ossa ti fa pensare a cosa che non avresti mai pensato in ambienti come quelli) quando vidi un ragazzo, pressapoco della mia stessa età, venire verso di me.
Alto, biondo, occhi azzurri (e con la fodera della pistola che s'intravedeva dalla giacca color marrone)... Aveva tutta l'aria di essere il tipico ragazzo ingenuo e svampito che muore dopo poco nei lavori sotto copertura.
Il biondo si fermò, mi sorrise e mi dette una calorosa stretta di mano cominciando a parlarmi in giapponese. Lingua che non ho mai dimenticato ma che avrei preferito farlo visto che penso fu l'elemento fondamentale del perché il mio capo scelse me per questo lavoro.
-Shikamaru Nara, vero ?- Mi chiese il ragazzo sempre con quel suo sorriso da perfetto... idiota. Per un istante pregai Dio. Non volevo che quella tenera creatura fosse il mio agente di collegamento giapponese. Con me sarebbe durato ancor meno di due secondi prima di ricevere una pallottola in testa.
-Sì... Lei invece è ?-
-Sono Naruto Uzumaki. Il suo agente di collegamento della polizia di Tokyo.-
Naturalmente sono ateo. E sfido io a non esserlo ! Visto che quando preghi un entità superiore quello ti dà il ciao ciao o fa finta di non conoscerti.
-Ma comunque, dammi del tu- Mi disse, alquanto entusiasta.
Dove prendesse tutto quell'entusiasmo fu per me un mistero. Cosa ci vedeva di entusiasmante di conoscere un agente proveniente da un altro stato ? Mica sono un personaggio famoso o il protagonista di un libro.
-Capito... E quindi... Naruto. Saresti te il mio agente di collegamento ?-
-Ovviamente ! Ma comunque, dammi pure i bagagli. Com'è andato il viaggio ? Tutto bene, spero.-
Pensai che di sicuro quel ragazzo, che avevo di fronte e che stava cercando di prendermi i bagagli con insistenza, dovesse avere origini del Giappone occidentale. Sembrava davvero il perfetto stereotipo dell'uomo del Kansai. (ovvero: estroverso e chiassoso)
-Tutto bene. A parte un po' di mal di stomaco-
-Mi dispiace. Immagino che tu allora non voli molto-
-A parte quando sono costretto, no-
Costretto era proprio la parola giusta per spiegare la mia presenza qui.
-Ah... Beh. Dai, non sei felice di tornare dopo tanto tempo nella tua terra d'origine ?- Mi disse dandomi una sonora pacca sulla schiena. Quasi caddi in avanti da quant'era forte.
-Sinceramente non molto-
-Ti ricrederai allora... Ti porto subito in centrale a spiegarti meglio la situazione-
-Una sosta al primo bar che incontriamo, no ?-
Provai a chiedergli con tono che sapeva più di supplica che di semplice richiesta.
-Bar ? E che ci fai al bar ?-
Mi chiese con una faccia che dava l'idea di come se gli avessi parlato in arabo.
-Bere-
-Bere ?-
Domandò lui fissandomi ancor più con tono perplesso.
-Lascia perdere-
Mormorai io. Di sicuro quel ragazzino non era un patito del vino e...
-Ops... Penso di aver rotto una ruota della tua valigia Shika... Mi dispiace-
Mi disse cercando di riparare al casino che aveva combinato ma nel farlo fece sbattere la valigia in un altro spigolo e ruppe anche l'altra povera ruota che fino a qualche secondo fa era ancora incolume.
-Non ti preoccupare-
… E di sicuro era un imbranato totale ! Ancora non riuscivo a capire come potesse ancora essere vivo con il lavoro pericoloso che facciamo. Forse era un alieno capace di deviare la traiettoria dei proiettili con la mente. Oppure era solo incredibilmente fortunato.
E io, naturalmente, sono incredibilmente sfortunato.
Prima di entrare dentro l'auto della polizia, mi osservai attorno.
Grattacieli pieni di scritture luminose, palazzi futuristici pieni di vetri che riflettevano la debole luce solare, qualche pagoda rossa di ristoranti tradizionali, gente che andava e veniva non curandosi affatto di chi gli stava attorno, traffico pressoché immobile sulla vita principale (dove il concerto di clacson si poteva udire anche a centinaia di metri di distanza)... Insomma... Tokyo non era poi così diversa da New York in fondo.
Peccato che qui Charlie non c'è.
E con questo ultimo pensiero entrai nella volante mentre Naruto continuava a farmi domande a raffica sempre con il suo sorriso da stolto stampato in viso.
Le cose cominciavano davvero bene. Pensai ironico.




Quando arrivai alla stazione di polizia di Tokyo (una delle tante) non rimasi sorpreso dell'innumerevole traffico di gente in divisa e di manigoldi con le manette ai polsi.
Ero abituato a quell'ambiente e anche fin troppo bene.
Naruto mi portò subito all'ufficio del suo supervisore. Lessi la targhetta sulla porta prima di entrare.
Si chiamava Jiraiya. Che nome buffo. Pensai mentre il biondo apriva la porta e mi annunciava al suo capo.
-Jiraiya è arrivato l'americano !-
Americano ? Pensai storcendo la bocca mentre entravo anch'io nel piccolo ufficio.
-Perfetto... Piacere di conoscerti Shikamaru Nara, attendevo il tuo arrivo con ansia-
Un uomo alto più di un metro e novanta (ma i capi di polizia sono tutti così alti perché li fabbricano con lo stampino o perché viene richiesto espressamente nel curriculum ?), dai capelli bianchi, corporatura robusta e con gli occhi vivaci, si alzò dalla sedia di pelle nera dov'era seduto fino a poco fa.
-Piacere di fare la sua conoscenza direttore Jiraiya-
-Oh ma puoi darmi semplicemente del tu, caro mio-
Da quanto Tokyo dava del “tu” ai forestieri ? Che sia una nuova moda ? Mi chiesi dubbioso.
-Spero che il viaggio sia andato a gonfie vele-
-Non proprio ma non ci sono stati molti problemi-
-Benissimo... Ma prego accomodati. Gradisci forse...-
Finalmente si comincia a ragionare. Pensai ingenuo. Stavo già per chiedere del brunello quando l'uomo mi propose una vasta scelta di succhi di frutta e tè orientali.
-No grazie... Sono a posto così-
Risposi in fretta accomodandomi in un sedia di legno. Mi ero scordato che bere in servizio era proibito dal regolamento. Purtroppo.
-Comunque... Naruto puoi lasciarci un attimo soli ?-
-Sì signore ! Buon colloquio Shikamaru !-
E il biondino si congelò con un altro dei suoi sorrisi. Stavo quasi per avere la nausea da tutte quelle manifestazioni di affetto e di buona educazione. Non è che per caso era gay il ragazzino ?
-Shikamaru... Shikamaru Nara. Collaboratore esterno dell'FBI, tre lauree in: psicologia, economia e diritto. Devo dire che i nostri colleghi d'oltremare ci hanno mandato un elemento assai valido per la nostra indagine-
-Grazie. Comunque non è niente di che. Alcuni miei colleghi hanno molte più lauree ed onorificenze di me-
-Ma non hanno ventisei anni-
Aggiunse lui guardandomi con sguardo furbo.
-Non è niente di che anche questo.-
-Ahaha... Adoro le persone modeste. Comunque Shikamaru penso che la tua agenzia ti abbia già informato, in grandi linee, su cosa devi fare-
Mi limitai ad annuire con la testa. Intanto, il tono della voce del direttore stava diventando più serio e grave.
-Sinceramente, noi abbiamo da tempo una bella gatta da pelare. Un organizzazione di giovani compie omicidi, spaccia droga, fa corse clandestine e si dedica al mercato della prostituzione. E in tutti questi anni non abbiamo mai avuto prove a sufficienza per condannare e sbattere in cella il capo dietro a questi bastardi. Ovvero: Temari.-
Pensai che quella donna doveva essere molto furba per non essere ancora stata presa.
-E, recentemente, un piccolo traffico si è aggiunto al repertorio di quei criminali. Traffico di materiale radioattivo. Le nostri fonti non sono sicuri al cento per cento della validità di questa informazione ma il vostro governo si è subito detto interessato per chiarire questa situazione piuttosto grave-
-E magari per aiutarvi a sbattere dentro Temari, vero ?-
-Vedo che capisci al volo Shikamaru. Beh, già che ci sei un aiuto non ci farà altro che bene. Sai, questa organizzazione avvicina solo persone non tanto vecchie e visto che non posso mandare un agente come Naruto, visto che morirebbe subito, l'FBI ha ben pensato di inviare un valido membro. Idoneo a questo caso e con l'esperienza necessaria per uscire sano e salvo-
-E' quello che mi auguro anch'io-
-Ahaha... Sono sicuro che farai un ottimo lavoro. L'agente Naruto Uzumaki ti darà tutta la collaborazione che cerchi. In poche parole sarà il tuo angelo custode-
Sbiancai. Un pivellino come quello come mio angelo custode ? Ma stava scherzando ?
Comunque forse la mia reazione fu un tantino esagerata visto che l'uomo continuò con il suo discorso e ora il tono della sua voce aveva più qualcosa di simile a quella di un padre che parla del proprio figlio.
-Forse non sembrerà ma Naruto è un ottimo agente di polizia. S'impegna con entusiasmo nel suo lavoro e come te non ha avuto un infanzia proprio facile-
L'uomo fece una piccola pausa, quasi come se titubasse.
-Devi sapere che i suoi genitori erano entrambi dei serial killer. Ma non serial killer qualunque. Avevano compiuto insieme almeno una ventina di omicidi nei lontani anni settanta, ottanta-
Cominciai a seguire la discussione con sguardo interessato. Jiraiya lo notò e continuò il suo racconto.
-Io ero l'ispettore che indagava su questi delitti. E sono stato anche l'assassino dei due genitori di Naruto-
Alcune volte il nostro lavoro è proprio strano e prende trame contorte, mi dissi.
-Non sapevo che quei due fottuti criminali avessero un babè con loro, quella sera. Mi sentivo così frustato e malinconico che decisi di prendermi cura personalmente del bambino che trovai quel lontano settembre in mezzo a tutto quel sangue-
-Lo sa tutto questo Naruto ?-
-Lo sa. E non solo mi ha perdonato ma ha anche cercato di scontare le pene dei suoi genitori lavorando duramente, notte e giorno. Per me è come un figlio oltre che un ottimo agente. Credimi. Quel ragazzo è fenomenale, sorride sempre anche se ha un passato oscuro-
Provai un senso di rimorso nell'aver giudicato così frettolosamente quel ragazzino. Forse col tempo sono diventato più superficiale o forse la mia laurea in psicologia ha bisogno di una rinfrescata.
Comunque, dopo quel discorso (ovviamente riservato) mi chiesi se non c'era altro da aggiungere sul vero motivo della mia visita.
Penso che anche Jiraiya si ricordò che doveva dirmi qualcos'altro visto che cominciò ad arrossire e a grattarsi la testa, leggermente imbarazzato.
-Ops... Mi sono scordato di comunicarti che la tua indagine inizierà stasera. O per meglio dire stanotte. In un locale di proprietà di quella bastarda. Ti scrivo subito l'indirizzo. E naturalmente, ti do carta bianca su come intendi intrufolarti in quella banda di malavitosi-
-Grazie-
L'esperienza mi aveva insegnato che “carta bianca” voleva solo dire una cosa: noi non abbiamo la più pallida idea di come tu possa entrare nelle loro grazie, quindi inventati qualcosa te. (quante frasi si possono risparmiare con due semplici parole.)
Il lavoro si presentava alquanto complicato.
-E... Queste sono le chiavi del tuo appartamento poco lontano dal bar. E' un piccolo monolocale ma ti piacerà-
-Grazie direttore... Cioè volevo dire Jiraiya-
Altra stretta poderosa stretta di mano e poi uscì da quell'ufficio con in mano qualche scartoffia e un mazzo di chiavi nuove.
Subito mi venne incontro il biondino. Ovviamente con il suo solito sorriso.
-Già finito Shikamaru ?-
-Finito-
-Vuoi che ti accompagni a casa ?-
-Perché no... però le valigie le porto io questa volta-
-D'accordo d'accordo-
Mi sorrise il biondo mettendomi una mano sulla spalla e ridacchiando.
Dopotutto quel Naruto non era così male. Peccato però che non fosse appassionato di vini.




Arrivato nel mio monolocale (e qui aggiungerei “squallido” accanto a monolocale) Naruto se ne andò lasciandomi il suo numero e dicendomi di non farmi scrupoli se avevo bisogno di una mano.
Dentro di me sperai di no. L'ultima cosa che volevo ero coinvolgere una figura così importante per il direttore e avere guai con il compito che mi aspettava.
Guardai l'orologio.
Mancavano ancora parecchie ore alla notte e certamente un riposino non m'avrebbe fatto che bene.
Avrei rimesso a posto la mia roba dopo. Ora avevo assolutamente bisogno di dormire.
Fui felici di constatare che almeno il materasso, di quella brutta abitazione, era davvero morbido.

Dormii fino alle dieci di sera. E se non avessi messo la sveglia avrei continuato chissà per quanto.
Comunque mi sentivo alquanto meglio. La nausea era scomparsa peccato che avevo una gran fame.
Era giunto il momento di andare a fare una visitina a quel posto, pensai entusiasta.
Indossai la felpa, a collo alto, nera come l'oscurità che vedevo la finestra e mettendomi la giacca marrone scuro uscì fuori dal mio appartamento.

E' affascinante come la notte riesca a cambiare il volto di una città.
Le luci dei grattacieli, delle case fino ad arrivare alle luci provenienti dall'insegne dei locali, creano un atmosfera davvero spettacolare in una metropoli come Tokyo.
E' paradossale ma finché uno guarda con lo sguardo basso non si accorge che si è fatto tardi eppure ,appena alzi lo sguardo, ti accorgi subito che le stelle ormai infestano il cielo notturno.
Non era molto freddo. Benché fosse quasi notte, si stava bene nei vicoli e nelle strade dove la gente continuava ad affluire come un esercito che non dorme mai. Ma che sa solo marciare.
Perso in quei pensieri, arrivai di fronte alla mia destinazione.
Dal di fuori sembrava più un bordello o un locale notturno che un bar.
E anche il nome del luogo dava l'impressione che quello non fosse proprio un bar. Wet Dream. (sogno bagnato, n.me) Diceva l'enorme insegna, che s'illuminava ad intermittenza.
E davanti a quel posto poco raccomandabile c'era un enorme fila che iniziava da due uomini corpulenti, vestiti di smoking nero, che ispezionava e catalogava minuziosamente la gente che voleva entrare.
Mi misi in fila anch'io. Purtroppo il mio stomaco avrebbe dovuto aspettare un altro po per sfamarsi.


Un ora dopo.


Stavo cominciando ad averne abbastanza. Il mio stomaco stava brontolando ed io ero ancora fermo in fila. Un dannato ragazzino voleva fare il grosso (e farsi macho davanti alla sua ragazza) e quindi aveva cercato di attaccar briga con uno dei due buttafuori. Non finì bene... Per lui intendo. Venne pestato davanti a tutti e poi buttato tra i cassonetti dell'immondizia con la sua donna che gridava e piangeva.
L'imprevisto non durò molto... peccato che era già il quinto ragazzino che cercava: di farsi bello e forte, di entrare a tutti i costi oppure era semplicemente il tipico ubriaco proveniente da un pub qui vicino.
In poche parole, la fila procedeva lenta. Almeno i due buttafuori si divertivano. Il mio stomaco un po' meno e anche il mio pacchetto di sigarette piangeva visto che ogni pochino ne fumavo una cercando di passare il tempo.
Per mia fortuna (e finalmente) la coppietta che avevo di fronte si volatizzò via quando il ragazzo scoprì di aver dimenticato le prevendite per entrare. La sua donna non fu altrettanto felice e rincorse il suo amato per svariati metri martellandogli la borsetta, di Gucci, in testa.
-Salve- Esclamai una volta davanti alle due montagne che mi scrutavano con fare sospetto.
-'Sera. Ha il biglietto ?-
Mi domandò finalmente uno dei due buttafuori.
-Eccolo qui-
Gli dissi io mostrandogli un quadratino di carta color arancione con sopra una donna in bikini che ammiccava.
-Dobbiamo controllarla-
E senza nemmeno chiedermi “perfavore” i due cominciarono ad ispezionarmi da capo a piede. Controllandomi le tasche della giacca, quelle dei jeans e persino i calzini.
Manco stessi per entrare in un raduno di terroristi. O almeno speravo che non fosse così.
I due finalmente mi diedero l'ok e io potei entrare dentro al locale.
Un po' però mi dispiaceva per quella coppietta... Ma il ragazzo doveva imparare che mai si tengono delle prevendite nella tasca posteriore dei jeans. Mai. Perché c'è sempre qualche furfante che te le potrebbe rubare senza che te n'accorgi.
Però, a parte tutto, non mi dispiaceva così tanto. D'altronde se non era per quell'ingenuo io non sarei nemmeno potuto entrare... E poi mi ritrovavo con una prevendita in più nelle tasche. Vuoi mettere il guadagno ?

La prima cosa che notai, una volta dentro. E che certamente quello non era un bar.
La seconda cosa che notai: sembrava più un luogo dove i giovani venivano per divertirsi.
E per divertirsi non intendo solo: ballare, baciarsi, chiacchierare (e forse anche scopare visto che il locale sembrava suddiviso in più livelli) ma anche farsi di droga.
Sembrava di essere ad un rave party.
Peccato che l'atmosfera era così talmente elaborata e ben fatta che non dava assolutamente l'impressione di un rave party.
Luci che si spegnevano e che si accendevano in continuazione (dai colori diversi ma che ti facevano venire un bel mal di testa se le fissavi troppo a lungo), pareti colme di quadri futuristici o astratti, un enorme pista da ballo dove un altrettanto grande palla (stile anni '60) emetteva luci e suoni, e, al lato destro, un lunghissimo balcone dove si potevano gustare gli alcolici e qualche snack (era così lungo che pareva una pista di atterraggio per aerei) e poi, in un angolino, altri due tizi corpulenti e alti che delimitavano l'accesso ai piani superiori.
La gente che c'era dentro era tutta giovane. Le ragazze portavano provocanti minigonne e i maschietti lasciavano il loro petto muscoloso in bella vista in attesa di qualcuna da rimorchiare.
Davvero un bel bar. Pensai ironico. E mi sedetti su una poltroncina, di plastica dura e senza schienale, che dava su quella lunghissima pista di atterraggio per boing. Ovvero sul balcone del barista dove i cocktail venivano sfornati e lanciati ad una velocità pazzesca.
Non persi tempo e cominciai ad assecondare il mio stomaco, prendendo un abbondante porzione di salatini.
Il barista che avevo di fronte cominciò a guardarmi con aria a metà tra l'incuriosito e il sospetto.
Lo guardai anch'io.
Grasso (e parecchio) e dalle grandi gote. Sembrava più un pagliaccio o un gestore di un ristorante che un barista. Però anche se la sua stazza era notevole, riuscì a shekerare e a preparare una serie di complicati cocktail uno dietro l'altro con grazia e velocità incredibili.
Dovetti ammettere che era bravo e per questo gli feci i complimenti in un timido applauso di circostanza.
Lui mi fissò, ancora più incuriosito e cominciò a parlarmi.
-Piaciuto lo spettacolo forestiero ?-
-Davvero bello. Conosco poche persone capace di fare un capiroska alla menta mettendo gli ingredienti nel posto giusto e al momento giusto-
Anche se la mia passione era il vino, non disdegnavo anche gli altri alcolici. Nonché fossi un alcolizzato solo che se rischi la vita ogni giorno ti serve un anestetico per addormentarti e per continuare il solito tran tran quotidiano.
E poi volevo vedere se il “ciccione abboccava” alla mia esca. Di sicuro erano poche le persone che gli parlavano così. E, per mia fortuna (il che era strano), feci bingo.
-Abbiamo un intenditore qui. In effetti il trucco è conoscere bene il momento quando devi macinare la menta e aggiungere il ghiaccio e l'alcool. La velocità l'impari con l'esperienza. Anche te fai il mio stesso lavoro ?-
-Naaa... Sono solo un buongustaio di alcool. Specialmente di vini-
-Brunello di Montalcino ?-
Mi chiese stuzzicando il mio palato.
-Se me lo servi subito ti pago almeno il doppio di quello che vale-
Dissi ridacchiando e lui prese una bottiglia nascosta da sotto il balcone e la versò su un bel bicchiere di cristallo. In pochi secondi avevo il mio buon brunello davanti agli occhi. Finalmente le cose si stavano mettendo nel verso giusto.
-Il primo giro te l'offro io. E' raro trovare persone amanti della buona cucina italiana-
-Bhè, menomale che ho trovato te, allora.-
Gli risposi ricambiando il suo sorriso e buttando giù il dolce aroma del rosso italiano.
-Ci voleva proprio-
Esclamai alla fine, davvero soddisfatto.
-Comunque, non ti ho mai visto qui. Cosa ci fa da queste parti una persona che assomiglia ad un allenatore di calcio ?-
Probabilmente oltre che alla passione per la buona cucina italiana quel ragazzo condivideva anche l'amore per il loro sport nazionale.
Ma non ero un patito del gioco del calcio. Però il commento mi fece ridere lo stesso.
-Sono qui alla ricerca di affari-
Altra esca che ti lancio cicciotello mio, dai abbocca anche a questa. Pensai dentro di me.
(E' curioso infatti vedere come le persone si facciano meno sospettose e più loquaci quando ti dimostri un appassionato dei loro stessi interessi. Così puoi subito cercare di venire a capo del vero motivo della chiacchierata.)
-Affari ? Legati al vino o ai liquori ?-
Mi chiese lui incuriosito.
-Altri affari. Però è meglio che non ti dica niente. Non è un commercio sicuro quello che faccio io-
-Parli come un mafioso italiano-
Ironizzò lui ridacchiando.
Forse non gli avevo ancora dato una buona impressione al ragazzone. O forse non sapeva niente di quel posto e cosa e chi c'era dietro.
Ma i miei dubbi scemarono quando mi tese una mano verse di me e cominciò a sorridermi.
-Comunque, piacere, mi chiamo Choji Akimichi e sono il capo barista di questo posto-
-Piacere Choji. Io invece sono Shikamaru Nara-
Risposi io, stringendogli la mano.
Forse c'ero quasi. Mi dissi contento. Si sta fidando di me. Ormai manca poco. Ancora qualche buona battuta o le parole giuste e sono sicuro che abboccherà sicuramente.
Continuai a sorridergli, ingenuo.
Ingenuo perché fino allora era filato tutto liscio come l'olio.
E si sa che io sono davvero sfortunato. La dea bendata della fortuna non esitò a voltarmi le spalle quando sentì il rumore di alcuni spari provenire da fuori del locale.




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Uno dei capitoli più lungo che abbia mai scritto. E non solo sono contento per il capitolo in sé ma anche perché ho trovato la canzone adatta per quando il nostro giovane eroe arriverà al cospetto di Temari. (il testo della canzone stessa sembra essere stato scritto apposta per questo genere di FF.)
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto. Fletto i muscoli e sono nel vuoto ! :D
E commentate please :D Non siate timidi :3
Non ve magno mica x)

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Capitolo 3
*** Detesto le sparatorie. Soprattutto quando ti coinvolgono in prima persona. ***


Ringrazio:
Shige
Moko_Chan
Per i loro splendidi commenti !
Vai con il tre ! :D




The hard life of an infiltratE
Capitolo 3: Detesto le sparatorie. Soprattutto quando ti coinvolgono in prima persona.
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Mi girai. Vidi due persone accucciarsi a terra. Le ragazze gridavano. I ragazzi (che fino a poco fa stavano appoggiati alla parete a fare i fichi) fuggivano come bambini davanti all'uomo nero. I due uomini in smoking, davanti alle scale che conducevano al primo piano, fecero in fretta a sfoderare due pistole di grosso calibro.
La situazione stava precipitando.
Ovviamente doveva succedere proprio quando stavo per farmi amico il capo barista di quel locale.
E ovviamente quando stavo degustando dell'ottimo vino rosso italiano.
Ma si sa sono sfortunato.
Di certo non quanto le persone che giacevano sdraiate sul pavimento in mezzo ad una macchia rossa che continuava ad espandersi.
Quelle erano ancora più sfortunate di me, mi dissi mentre m'affrettavo a cercare un riparo.
Riparo che trovai scavalcando il balcone, dove i drink venivano serviti.
Osservai, cauto, la scena che avevo davanti.
Un gruppo di cinque persone, incappucciate o con i passamontagna, sembravano intenzionate a movimentare la serata. E non di poco.
Colpi di pistola e di mitra leggeri echeggiarono per il locale come una lugubre sinfonia.
Le due guardie in smoking cercarono di colpire gli assalitori ma non ebbero molto fortuna.
Una venne colpita in testa, l'altra venne crivellata da svariati colpi nel torace.
Gli schizzi di sangue erano ormai ovunque e la gente, sempre più disperata, cercava una via di fuga che non c'era.
Svariati innocenti vennero colpiti di striscio o presi addirittura in pieno dalle pallottole.
I corpi, senza vita o in preda a spasmi, lastricavano il pavimento come della mattonelle di dubbio gusto.
Una vera e proprio carneficina. Esclamai seccato mentre tiravo fuori la mia magnum.
(I buttafuori sono persone semplici da raggirare. Se ti perquisiscono lo fanno e lo faranno sempre in modo superficiale e senza tenere conto di qualche tasca segreta che puoi aver fatto nella tua felpa.
Tasca dove io, sempre, custodivo una simpatica magnum. Molto adatta per situazioni del genere.)
Choji, che era al riparo accanto a me, mi guardò e poi osservò l'arma che impugnavo.
-Sarà... Ma più ti conosco e più assomigli ad un mafioso italiano-
Mi disse sorridendo.
-Grazie... Noto con piacere che la situazione non ti turba più di tanto-
-Non amo le armi ma non è nemmeno la prima sparatoria che vedo da quando sono qui-
-Capito... Ora se mi permetti-
Con uno scatto mi alzai in piedi. Presi di mira il primo che mi capitò a tiro e feci fuoco.
Non fu impresa facile. Non avevo piena visuale, a causa del fatto che numerose persone continuavano a correre (come se il correre per il locale potesse salvargli la vita) ma feci centro.
Colpii alla spalla uno dei cinque assalitori. Vidi l'uomo cadere al suolo mentre uno spruzzo di sangue colorava la parete lì vicino.
Stavo già per sparare il secondo colpo su uno dei suoi complici ma questi ultimi, furono più veloci di me. E cominciarono a spararmi con tutto l'arsenale che avevano addosso.
Mi abbassai. E per mia fortuna (che cosa rara) feci in fretta.
I colpi presero le bottiglie di alcolici e una pioggia di vetri colorati cominciò a cadere sopra di me e sopra Choji.
-Secondo me non è stata una buona idea-
Disse il ragazzone mettendosi le mani in testa.
-Grazie. Mi sei di molto aiuto-
-Prego-
Accucciato sotto il balcone di un locale notturno in compagnia di un obeso ironico mentre quattro tizi crivellano di proiettili la parete. Ecco la situazione dove mi ero ficcato ! Davvero divertente. Ma non per me.
Dovevo inventarmi qualcosa prima che quei tizi potessero avvicinarsi e ucciderci. Mi dissi.
Così presi una bottiglia di grappa (grappa russa per giunta. Di quelle che se ne bevi un goccio stai male per venti minuti buoni) da sotto il balcone. Tolsi il tappo e immersi un fazzoletto (mai uscire di casa senza fazzoletti, ragazzi. Mai) nel collo del contenitore di vetro. Accesi la “miccia” con il mio accendino e tirai la rudimentale bomba carta verso i quattro assalitori.
-Ma chi sei ? Mc Gyver ?-
Mi chiese il ciccione poco prima di tapparsi le orecchie.
-Deciditi... Mc Gyver o mafioso ?-
Gli chiesi io mentre una piccola esplosione riecheggiò per tutto il locale.
Alzai lo sguardo... Per mia sfortuna la deflagrazione aveva colpito solo uno degli aggressori (e anche tre persone che non c'entravano assolutamente niente) in più quello lì era rimasto solo leggermente ustionato.
-Di solito diluisco quella robaccia russa-
Mi spiegò subito Choji.
-Wow. Potevi anche dirmelo prima-
-E perché ? Così mi sono sbarazzato di quella bottigliaccia che tanto non beve mai nessuno...-
-Dio te ne sarà estremamente riconoscente. Forse per questo avrai un bel posticino in paradiso-
-Eddai non ti preoccupare. Kiba dovrebbe arrivare tra poco-
-Kiba ?-
Chiesi perplesso.
-Chi è Kiba ?-
Proprio mentre facevo quella domanda, altri proiettili presero parte al concerto. Ma non venivano dalle armi di quegli spossati ma bensì da un piccolo gruppetto che entrò nel bar (o locale notturno) armato fino ai denti.
Alzai leggermente il capo per osservare meglio la scena.
A quanto pare erano arrivati i rinforzi. E per nostra fortuna erano i nostri.
Un ragazzo dai capelli scompigliati e con strani segni sulla faccia, sembrava essere il capo del gruppetto che era appena entrato. Anche perché era l'unico ad impugnare un M4 (quella mitragliatrice bella grossa che, teoricamente, è esclusiva dell'esercito).
Non ci mise molto a far fuori gli assalitori. Anche perché i cinque (anche quello che si teneva la spalla a terra non fu risparmiato) non avevano tenuto conto di un possibile arrivo di forze proprio dall'entrata del locale. Grave errore che impararono con la morte.
-Quello è Kiba-
Mi disse Choji indicando proprio quello che avevo identificato come “capo”.
-Io lo chiamerei Rambo-
Ironizzai io.
Un pesante silenzio avvolse il posto. La sparatoria era durata pochi minuti ma il numero di persone che giacevano a terra o quelle ferite di certo non si poteva contare con le dita di una mano (e nemmeno con le dita di un altra mano). L'odore del sangue era impregnato ovunque assieme a quello della polvere da sparo e ora il posto in cui ero sembrava più una macelleria che un locale notturno.
Schizzi rossi sulle pareti, sui quadri, pozzanghere (e non certo di pioggia) sul pavimento, bossoli di munizioni ovunque... Quei cinque avevano combinato davvero un bel casino.
-Ciao Kiba-
Esclamò Choji (sempre al sicuro dietro al balcone) salutando il conoscente con la mano.
-Ciao Cho... Che palle. Uno non può farsi gli affari suoi che subito ti vengono a combinare un casino del genere-
Mormorò lui, abbassando l'arma che aveva.
-Temari s'incazzerà parecchio-
Esclamò Rambo sbuffando.
Bingo. Pensai felice.
-Anche Ino-
Puntualizzò il ciccione sorridendo all'amico.
Chi era Ino ? Mi chiesi perplesso.
-Ah già... C'è anche quella scalmanata... Che rottura di coglioni. Proprio non ho voglia di sorbirmi la sgridata di quelle due esaltate. Ma... lui chi è ?-
Chiese ad un certo punto il ragazzo indicandomi con il giocattolone che aveva.
-E' uno nuovo. Ne ha steso uno.-
-Ma qui, i clienti, non dovrebbero entrare disarmati ?-
-In teoria... Menomale che lui non lo ha fatto. Si è anche divertito a fare esplodere una bottiglia di grappa russa. Quindi ha fatto proprio un bel lavoro.-
-Lo prenderò come un grazie.-
Mormorai io, prendendo una sigaretta.
-Ah beh... Se le cose stanno così penso che sia tutto ok-
Esclamò Kivra (o come cavolo si chiamava Rambo) abbassando l'arma del tutto.
-TUTTO OK UN CAZZO !-
Gridò, all'improvviso, una voce femminile dalle scale.
Tutti e tre ci girammo verso la figura che aveva parlato.
Lunghi capelli biondi, seno abbondante (messe in risalto da un provocante corpetto nero di pelle), sinuose gambe (messe in risalto dalla minigonna), un faccino angelico anche se contorto in una smorfia di disapprovazione. Purtroppo non era Temari. Gli occhi erano di un intenso color mare e non verdi. Però restava comunque una gran bella figliola.
E anche parecchio incavolata.
La osservai scendere elegantemente le scale e dirigersi a grandi passi verso di noi. Non curandosi affatto del sangue che calpestava o dei mugoli di dolore dei feriti.
-Ciao Ino, vuoi qualcosa da bere ?-
Gli chiese il ciccione mostrando un grande sorriso.
-Fottiti te-
Fu la risposta della bionda.
-Ohi ohi-
Commentò Rambo vedendosi la ragazza di fronte a lui. Il ragazzo cercò di aprire bocca per dire chissà quale parola ma la bionda fu veloce a dargli una bella gomitata allo stomaco. E anche parecchio forte.
-DOVE CAZZO TI ERI CACCIATO TE ?-
-Dio che dolore...-
Altra gomitata. Ancora più forte della precedente.
-'orca troia... E-Ero qui vicino a sorvegliare con i ragazzi la strada-
Tentò di spiegare il ragazzo dai capelli scompigliati tenendosi la pancia.
-Invece di sorvegliare questo posto eh ? Ma che bella pensata Kiba ! Sei davvero un idiota !-
Ennesima gomitata. Che fece accasciare al suolo il giovane che imprecava e bestemmiava per il dolore.
-E comunque... CHI CAZZO SEI TE ?-
Mi chiese la bionda indicandomi.
-Il piacere è tutto mio.-
Dissi ironico schivando un cazzotto.
-E' uno straniero che ci ha aiutato quando quei cinque bastardi sono entrati dall'ingresso.-
Cominciò a spiegare Choji.
-E perché è armato ?-
-Ah boh. Questo glielo devi chiedere a lui.-
-Sono un trafficante di armi in cerca di qualche acquirente.-
Spiegai io, evitando il secondo cazzotto.
-Allora c'avevo quasi preso quando ti avevo dato del mafioso italiano.-
-Ci sei andato vicino.-
-Zitti voi due !-
Intimò la bionda cominciando a squadrarmi da capo a piede.
-L'aria del poliziotto non ce l'hai. Bene. Per te intendo.-
Forse sbagliavo quando mi credevo uno che avesse l'aria da agente in borghese. E forse Choji aveva ragione.
-Comunque voglio che tu venga nel mio ufficio. Choji, Kiba e gli altri... Sistemate il locale e buttate nei fiumi i corpi della gente morta. La pagheranno cara questi stronzi nell'aver osato combinare un casino del genere nel mio locale.-
-Agli ordini !-
Esclamò il ciccione con un sorrisone stampato in faccia. Che aveva da sorridere... Boh. Kiba invece abbozzò un semplice: sissignora mentre cercava di rialzarsi aiutato dai suoi compagni.
La bionda fece cenno di seguirmi e io non persi tempo.
Almeno non tutto il male viene per nuocere. La sparatoria si era rivelata un bella occasione per farmi amici questi tizi. Pensai mentre salivo le scale.
Il primo piano del Wet Dream era in realtà, un monolocale molto piccolo a cui si accedeva da una piccola porticina di ferro.
Nella stanzina c'era una scrivania, un computer, tanti documenti sparsi qua e là e un paio di sedie.
La bionda fece in fretta a sedersi e ad accavallare le gambe sulla scrivania.
-Bene. E quindi tu saresti un trafficante d'armi ?-
-Almeno così dicono.-
Dissi io sedendomi su una sedia di plastica. Le gambe della bionda erano davvero belle. Pensai in un secondo momento.
-E chi lo dice ?-
-Qualche banda locale americana.-
-Americana ?-
-Sono nato in Giappone ma ho vissuto in America per buoni quindici anni.-
-E come mai sei ritornato qui ?-
-Per ampliare il mio commercio. Troppa concorrenza negli states e quindi non è più facile come una volta fare buoni affari.-
-Da come parli sembri un veterano del mestiere.-
-Naaaa... Sono un semplice libero professionista. Se così si vuole dire.-
-Come ti chiami ?-
-Shikamaru. Shikamaru Nara.-
La ragazza appena saputo il mio nome, cominciò a smanettare sulla tastiera del PC. Evidentemente era alla ricerca di qualche informazione su di me. Pensai tranquillo.
-Qui dice che sei implicato in numerose risse, sparatorie e altri fatti... Sospettato anche nel commercio di armi, droga e tante altre belle cosette. Sembri davvero una persona pulita.-
Come sempre i ragazzi del reparto informatico americano fanno sempre un buon lavoro quando ti devi infiltrare in un organizzazione.
Era divertente, però, come m'aveva chiamato: persona pulita. Come se fossi un prete o un onesto cittadino.
-Se ti chiedessi di procurarmi qualche giocattolino ?-
-Dipende da che giocattoli vuoi.-
-Giocattoli grossi e piccoli. E anche qualche gavettone già che ci siamo.-
-Te dimmi cosa vuoi e io te la farò avere in una settimana al massimo.-
Il trucco nel commercio è quello di sembrare sempre sicuro e affidabile. Rispondere veloce e preciso, senza dare troppi dettagli e senza mai “forse”. E' la prima regola che t'insegnano ad economia. E se sei al cospetto di delinquenti devi stare anche attento a non fare troppe domande.
-Uhhmmm... Ci potrei stare Shikamaru. Devo però sentire cosa dice capo.-
-Te fammi sapere. Tornerò.-
Gli dissi stando ben attento a chiederle a quale persona si riferisse. Anche perché lo sapevo già.
-Ok. Allora ti aspetto domani pomeriggio. Qui, al Wet Dream. Se vuoi puoi anche divertirti un po'.-
Stai cercando di farmi cadere in trappola, biondina ? Pensai divertito.
-Preferisco di no quando devo lavorare.-
-Mmhhh... Bravo. Saggia decisione. Comunque, puoi andare. Ci si vede domani. E non portare la pistola.-
-Chiedere ad un mercante d'armi di non portare la pistola. Cos'è una battuta ?-
-E' un ordine.-
Precisò lei ridacchiando.
-Farò come dici allora.-
Gli risposi ridendo. Di sicuro la ragazza aveva già capito che me la sarei portata lo stesso ma dovevo apparirli un tipo “tosto” e sempre previdente.
Così mi diressi all'uscita del monolocale, salutai Choji e Kiba e alla fine me ne ritornai a casa.
Prima però mi fermai ad un chioschetto del ramen.
Dopo tutta quel casino avevo una fame da lupi.
Poi sentii il rumore delle volanti della polizia sfrecciare veloci sulla strada.
Mi chiesi come Ino (si chiamava così la bellona ?) avrebbe spiegato tutto quel macello all'autorità.
Forse dopo avrei chiamato Naruto... O forse anche domani mattina.
Ora avevo cose più importanti a cui pensare: sfamare lo stomaco !





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Su non siate timidi... Commentate ! :D

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