the hard life of an infiltrate di Miroku90 (/viewuser.php?uid=61116)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il vino. ***
Capitolo 2: *** Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi assiste. ***
Capitolo 3: *** Detesto le sparatorie. Soprattutto quando ti coinvolgono in prima persona. ***
Capitolo 1 *** Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il vino. ***
La storia che avete davanti ha come
protagonista una specie di agente segreto americano: Shikamaru Nara.
Il giovane agente dovrà ritornare nel
suo paese di origine per indagare su uno strano caso dove vede Temari
a capo di un gang di malavitosi giapponesi.
Dovrà lavorare come infiltrato e
numerosi pericoli attenderanno il giovane. Ma anche numerose
conoscenze non sempre piacevole.
Questo primo capitolo è una premessa.
Sono i pensieri dell'agente nel suo bar di fiducia mentre si gusta
del buon vino italiano, due giorni prima di partire e ritornare
(ancora una volta) a casa.
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The
hard life of an infiltratE
Capitolo 1:
Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il
vino.
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Guardai per l'ennesima volta il
bicchiere semivuoto di Chianti che avevo davanti. Il bar di Charlie
è
famoso per la sua cantina rifornita e in questo momento mi serviva
assolutamente il dolce sapore del vino rosso, una specialità
italiana per giunta, sulle mie labbra screpolate.
Mi persi per un attimo nel luccichio
color rubino della bevanda, messo in risalto dalle luci soffuse del
bar.
Come amavo quel posto. Il gestore, un
tipo riservato e di una certa età, conquistò
subito la mia gola
servendomi fin dal primo giorno specialità provenienti da
tutto il
mondo.
Il vermiglio e secco Bordeaux dalla
Francia.
Vini tedeschi dai nomi impronunciabili
ma dagli aromi intensi. (Adoro il Kabinett o come si chiama).
Ma soprattutto rimasi affascinato dalla
qualità con cui gli italiani fabbricavano quel nettare dai
vari
colori. Rosso, bianco, rosato... Ce n'era per tutti i gusti e
ogniqualvolta staccavo da lavoro, il buon caro vecchio Charlie mi
faceva trovare i prodotti tipici di quelle zone dove il sole illumina
le vigne tutto l'anno.
Pensai che almeno una volta nella mia
vita, prima di morire (e con il lavoro che faccio è molto
probabile)
mi sarebbe piaciuto fare una visita di piacere a quei luoghi
così
lontani.
Magari gustando le specialità locali
come: i pici al cacio e pepe, formaggio intinto di squisite
marmellate caserecce, lasagne bolognesi fatte da donne che
tramandavano oralmente le loro ricette segrete, la bistecca alla
fiorentina alta almeno due dita e tante altre pietanze che al sol
pensarci mi viene l'acquolina in bocca.
Ma qui, a New York, è impossibile
pensare di gustare cibi preziosi come quelli. I ristoranti italiani
ci sono anche qui ma molto spesso il cuoco proviene da qualsiasi zona
di questo mondo tranne, ovviamente, l'Italia. Non mi stupisco che un
cittadino su tre è obeso da queste parti dove l'hamburger e
l'hot-dog sono considerati i piatti tradizionali.
Non sapevo il perché stavo cominciando
a pensare a tutte queste cose legata alla cucina però mi
stava
aiutando a dimenticare il motivo per cui avevo cercato rifugio al
bar.
Guardai ancora il bicchiere di vetro
che avevo davanti. Con un rapido gesto lo presi e buttai giù
il
delizioso contenuto e chiesi a Charlie di portarmene un altro. Un
altro goccio di toscano non mi avrebbe fatto di certo che bene e poi
stavo proprio male.
O almeno, mi faceva male ricordare quei
posti da dov'ero scappato quindici anni fa.
Pensavo di aver messo una bella croce
sul Giappone ma a quanto pare m'ero sbagliato. E di grosso.
Charlie fece in fretta a riempire il
mio bicchiere.
E io feci in fretta a scordare la mia
terra d'origine: Il Giappone.
Con i suoi tetti a pagoda, i suoi
samurai che ormai esistevano solo nei musei o in qualche parco a tema
e la sua popolazione intenta a vagabondare qua e di là
sempre con i
soliti abiti di un triste grigio.
Almeno qui in America le persone si
vestivano come gli pareva a loro, per Dio !
Cominciai a cercare nelle tasche dei
miei jeans quel dannato pacchetto di sigarette che avevo appena
comprato al tabacchino all'angolo.
Non si poteva fumare nei locali ma
l'ora era tarda e sfidavo io che qualcuno mi rompesse le scatole per
una sigaretta. Se comunque qualcuno l'avesse fatto non avrei esitato
a buttarlo in galera con una qualsiasi scusa. Sono troppo incavolato
e il sapore della nicotina, unito a quello dell'alcool, non poteva
farmi che bene.
Charlie mi guardò impassibile mentre
spolverava, con un vecchio straccio, un boccale di birra vuota. Mi
sorrise a modo suo, ovvero i contorni della sua bocca si piegarono
leggermente verso l'alto.
Come adoravo quel gestore, anche se
ormai mi vedeva tutti i giorni (o meglio, tutte le notti) non mi
aveva mai chiesto niente e non mi aveva mai buttato fuori dal locale
anche se cominciavo a fumare una decina di sigarette una dietro
l'altra.
Mi sarebbe mancato.
Ma d'altronde al lavoro non si può
dire di no, o meglio: si potrebbe dire di no peccato che un
collaboratore dei servizi segreti americani non può
rifiutarsi se un
superiore gli affida qualche compito. In teoria potrebbe ma poi
verrebbe licenziato. E io non volevo perdere un lavoro che mi
affascinava visto che trovavo interessante indagare sui presunti
colpevoli e la soddisfazione quando metti un bastardo (da quello che
aveva rubato a quello che aveva violentato una donna) dietro le
sbarre era immensa. Quasi al pari di quell'ottimo vino che stavo
continuando a bere a piccoli gocci.
Eppure proprio a causa di questo lavoro
che mi ritrovavo in questa situazione scomoda.
Sarei dovuto ritornare in Giappone,
lavorare sotto copertura e smascherare la terribile organizzazione
che si celava dietro ad una banda di malavitosi.
Il classico caso, peccato che sarei
dovuto partire e andarmene lontano per finirlo.
Guardai l'orologio. Segnava le due e
mezzo. Tra poco me ne sarei andato e tra due giorni me ne sarei
andato veramente, per un lungo periodo lontano da qui.
Mi mancherà questo vino. Mi mancherà
dannatamente anche Charlie. Ma un uomo certe volte non può
dire di
no, soprattutto se ha un superiore alto due metri e qualcosa e con un
fisico da lottatore di Wrestling.
Alle tre ho pagato quello che avevo
consumato, lasciato una lauta mancia al gestore, e me ne sono tornato
a casa.
Rimpiangendo, per un attimo, il forte
odore di Hot Dog provenire da una bancherella vicina.
Due giorni dopo.
Sono all'areoporto di New York e già
sto pensando di scappare e andarmene in Italia con il primo volo
disponibile.
Peccato che non posso.
Il giorno prima mi è arrivato il
fascicolo contenente tutte le informazioni che dovevo sapere sul
caso.
Mi devo infiltrare in una banda di
teppisti locali molto violenta, indagare sul presunto commercio di
materiali radioattivi, arrestare i colpevoli (con l'aiuto della
polizia giapponese) e alla fine potrò tornare in America
alla mia
solita vita.
Nonché facessi qualcosa di diverso qui
però mi chiedevo come fosse possibile che una banda di
teppistelli
potesse avere agganci con il commercio di scorie nucleari, uranio
radioattivo e altra robaccia. Materiale che, sinceramente, preferirei
osservare da molto lontano. Di un centinaio di chilometri, intendo.
Poi trovavo alquanto curioso sapere che
tutta l'organizzazione di teppisti aveva come capo una donna. O una
scocciatura, come le chiamo io.
Il suo nome, da fonti provenienti dai
servizi segreti giapponesi, era Temari.
Dalle foto sembra una bella ragazza:
bionda, dagli occhi di un bellissimo color smeraldo eppure dietro a
quell'angelico faccino si nascondeva una banda criminale che aveva
compiuto numerosi omicidi nelle prefetture di Tokyo.
Rabbrividì. Il sol sapere che una
ragazza era capace di cose del genere mi rendeva alquanto
impreparato. Però sì sa, la vita è
strana a volte.
E' strano anche che non ti servano del
vino pregiato nei bar dell'areoporto. Ma tuttavia questo non mi
sorprese molto. D'altronde non ce lo vedrei bene un pilota ubriaco
alla guida di un aereo con quattrocento persone a bordo. Sarebbe
divertente, ma solo se assistessi la scena a terra.
E a terra non ci poteva rimanere.
-Si presentino le persone per il volo
778H, destinazione: Giappone, al gate numero 20. Ripeto: si
presentino le persone per il volo 778H, destinazione: Giappone, al
gate numero 20. Grazie-
La voce femminile, proveniente
dall'altoparlante, mi comunicò che era giunto il momento di
dire
addio all'America. O per meglio dire: un arrivederci. Spero.
Non rientra nei miei progetti morire
nella mia patria e penso non lo sarà mai.
Quasi mi venne la voglia di andare a
mangiare un Hot-Dog al chiosco lì vicino prima di dirigermi
al gate
dove mi sarei imbarcato. Non sono un sentimentale ma allo stomaco non
si comanda. O forse voglio rivalutare la cucina americana. Non
saprei, comunque l'hot-dog che presi faceva davvero schifo.
-Che giornata di
merda- Esclamai ad alta voce mentre porgevo il biglietto allo Stuart.
-Proprio una giornata di merda-
Poi presi il mio
volo e mi preparai a ritornare in Giappone dopo un lungo periodo di
assenza.
Menomale che un
senso di nausea mi permise di non pensare troppo al paese che
m'avrebbe rivisto dopo tutti questi anni.
Odio volare. Le
Hostess non ti portano mai del Bordeaux o del Chianti se ti senti
poco bene.
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Riuscirà Shikamaru
Nara ad arrivare in Giappone, arrestare i colpevoli e ritornare a
casa ?
Beh, per saperlo (e
mi dispiace) dovrete continuare a leggere questa storia.
Comunque, per chi
non avesse capito bene o per chi nutra ancora qualche dubbi:
Shikamaru è un
consulente esterno, collaboratore dei servizi segreti americani. Per
ordine dei suoi superiori deve recarsi in Giappone e lavorare sotto
copertura ad un indagine che vede coinvolto un traffico di merci
radioattive. Il capo dell'organizzazione dove deve infiltrarsi ha
come capo una ragazza: Temari.
La trama promette
bene, no ? ; ) O almeno spero.
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Capitolo 2 *** Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi assiste. ***
Ed ecco a voi il capitolo number two.
Da inglish boi che sono potrei
augurarmi che sia di vostro gradimento scrivendo in inglese. Ma visto
che non vorrei avere problemi con Scotland Yard è meglio che
lasci
perdere (xD).
Ringrazio:
Shige
Per il commento sul primo capitolo. :)
Ricordo che accetto di tutto: critiche,
suggerimenti, numeri di cellulari di avvenenti fanciulle etc. etc.
(non m'interessano quelli degli avvenenti maschietti v_v'').
Ciappalà !
The
hard life of an infiltratE
Capitolo 2:
Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi
assiste.
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Ritornare in patria non fu così male
dopotutto.
Forse perché quando lasciai il
Giappone ero ancora un bambino e i bambini si sa, riescono a vedere
cose che un adulto non può. O forse perché
sentivo ancora ancora lo
stomaco ingarbugliato. O forse perché, a discapito di quanto
io
dica, sono sotto sotto un sentimentale. Comunque, qualunque fosse la
motivazione, non mi fece così male rivedere i contorni
moderni e
così diversi da quelli occidentali della grande metropoli
che le
persone chiamavano Tokyo.
Il mio sguardo vagò smarrito nei
grandi centri commerciali dell'aeroporto, catturato da quel gioco di
luci e colori che la pubblicità era maestra nell'utilizzare
per
poter estorcere denaro a qualunque fosse poco attento al suo
portafoglio.
Vidi anche uno spettacolo che in
America non si poteva di certo vedere tutti giorni: uno stuolo di
ragazzini e ragazzine in perfetta divisa scolastica che si
divertivano a scherzare o a chiacchierare tra di loro.
Gonne corte, gonne lunghe. Chissà
perché il mio sguardo cadde proprio sugli indumenti, che
lasciavano
poco all'immaginazione, usati dalle ragazze. Forse perché fa
parte
nella triste natura di ogni uomo o forse perché era da tanto
tempo
che non avevo una donna. E quindi era da tanto tempo che non facevo
del sano sesso.
Ma con il lavoro che faccio sfido io a
trovare una giovane disposta a vedere il suo fidanzato rincasare ad
ora tarda (e non solo per il lavoro ma anche per le lunghe soste che
facevo da Charlie). Però, devo ammettere che il fascino
dell'agente
in borghese ce l'ho sempre avuto ma di scappatelle da una botta e via
non ne voglio sapere. Ideali per appagare il mio istinto sessuale ma
non per cercare un anima gemella. E chissà se l'avessi mai
trovata
io un anima gemella visto che avevo sempre considerato le donne, in
generale, più come una scocciatura che come un piacere.
Ero ancora con la mente a vagare verso
quei pensieri, che non c'entravano niente con ciò che avevo
attorno
(ma l'aria di casa si sa... Quando ti penetra nelle ossa ti fa
pensare a cosa che non avresti mai pensato in ambienti come quelli)
quando vidi un ragazzo, pressapoco della mia stessa età,
venire
verso di me.
Alto, biondo, occhi azzurri (e con la
fodera della pistola che s'intravedeva dalla giacca color marrone)...
Aveva tutta l'aria di essere il tipico ragazzo ingenuo e svampito che
muore dopo poco nei lavori sotto copertura.
Il biondo si fermò, mi sorrise e mi
dette una calorosa stretta di mano cominciando a parlarmi in
giapponese. Lingua che non ho mai dimenticato ma che avrei preferito
farlo visto che penso fu l'elemento fondamentale del perché
il mio
capo scelse me per questo lavoro.
-Shikamaru Nara, vero ?- Mi chiese il
ragazzo sempre con quel suo sorriso da perfetto... idiota. Per un
istante pregai Dio. Non volevo che quella tenera creatura fosse il
mio agente di collegamento giapponese. Con me sarebbe durato ancor
meno di due secondi prima di ricevere una pallottola in testa.
-Sì... Lei invece è ?-
-Sono Naruto Uzumaki. Il suo agente di
collegamento della polizia di Tokyo.-
Naturalmente sono ateo. E sfido io a
non esserlo ! Visto che quando preghi un entità superiore
quello ti
dà il ciao ciao o fa finta di non conoscerti.
-Ma comunque, dammi del tu- Mi disse,
alquanto entusiasta.
Dove prendesse tutto quell'entusiasmo
fu per me un mistero. Cosa ci vedeva di entusiasmante di conoscere un
agente proveniente da un altro stato ? Mica sono un personaggio
famoso o il protagonista di un libro.
-Capito... E quindi... Naruto. Saresti
te il mio agente di collegamento ?-
-Ovviamente ! Ma comunque, dammi pure i
bagagli. Com'è andato il viaggio ? Tutto bene, spero.-
Pensai che di sicuro quel ragazzo, che
avevo di fronte e che stava cercando di prendermi i bagagli con
insistenza, dovesse avere origini del Giappone occidentale. Sembrava
davvero il perfetto stereotipo dell'uomo del Kansai. (ovvero:
estroverso e chiassoso)
-Tutto bene. A parte un po' di mal di
stomaco-
-Mi dispiace. Immagino che tu allora
non voli molto-
-A parte quando sono costretto, no-
Costretto era proprio la parola giusta
per spiegare la mia presenza qui.
-Ah... Beh. Dai, non sei felice di
tornare dopo tanto tempo nella tua terra d'origine ?- Mi disse
dandomi una sonora pacca sulla schiena. Quasi caddi in avanti da
quant'era forte.
-Sinceramente non molto-
-Ti ricrederai allora... Ti porto
subito in centrale a spiegarti meglio la situazione-
-Una sosta al primo bar che
incontriamo, no ?-
Provai a chiedergli con tono che sapeva
più di supplica che di semplice richiesta.
-Bar ? E che ci fai al bar ?-
Mi chiese con una faccia che dava
l'idea di come se gli avessi parlato in arabo.
-Bere-
-Bere ?-
Domandò lui fissandomi ancor più con
tono perplesso.
-Lascia perdere-
Mormorai io. Di sicuro quel ragazzino
non era un patito del vino e...
-Ops... Penso di aver rotto una ruota
della tua valigia Shika... Mi dispiace-
Mi disse cercando di riparare al casino
che aveva combinato ma nel farlo fece sbattere la valigia in un altro
spigolo e ruppe anche l'altra povera ruota che fino a qualche secondo
fa era ancora incolume.
-Non ti preoccupare-
… E di sicuro era un imbranato totale
! Ancora non riuscivo a capire come potesse ancora essere vivo con il
lavoro pericoloso che facciamo. Forse era un alieno capace di deviare
la traiettoria dei proiettili con la mente. Oppure era solo
incredibilmente fortunato.
E io, naturalmente, sono
incredibilmente sfortunato.
Prima di entrare dentro l'auto della
polizia, mi osservai attorno.
Grattacieli pieni di scritture
luminose, palazzi futuristici pieni di vetri che riflettevano la
debole luce solare, qualche pagoda rossa di ristoranti tradizionali,
gente che andava e veniva non curandosi affatto di chi gli stava
attorno, traffico pressoché immobile sulla vita principale
(dove il
concerto di clacson si poteva udire anche a centinaia di metri di
distanza)... Insomma... Tokyo non era poi così diversa da
New York
in fondo.
Peccato che qui Charlie non c'è.
E con questo ultimo pensiero entrai
nella volante mentre Naruto continuava a farmi domande a raffica
sempre con il suo sorriso da stolto stampato in viso.
Le cose cominciavano davvero bene.
Pensai ironico.
Quando arrivai alla stazione di polizia
di Tokyo (una delle tante) non rimasi sorpreso dell'innumerevole
traffico di gente in divisa e di manigoldi con le manette ai polsi.
Ero abituato a quell'ambiente e anche
fin troppo bene.
Naruto mi portò subito all'ufficio del
suo supervisore. Lessi la targhetta sulla porta prima di entrare.
Si chiamava Jiraiya. Che nome buffo.
Pensai mentre il biondo apriva la porta e mi annunciava al suo capo.
-Jiraiya è arrivato l'americano !-
Americano ? Pensai storcendo la bocca
mentre entravo anch'io nel piccolo ufficio.
-Perfetto... Piacere di conoscerti
Shikamaru Nara, attendevo il tuo arrivo con ansia-
Un uomo alto più di un metro e novanta
(ma i capi di polizia sono tutti così alti perché
li fabbricano con
lo stampino o perché viene richiesto espressamente nel
curriculum
?), dai capelli bianchi, corporatura robusta e con gli occhi vivaci,
si alzò dalla sedia di pelle nera dov'era seduto fino a poco
fa.
-Piacere di fare la sua conoscenza
direttore Jiraiya-
-Oh ma puoi darmi semplicemente del tu,
caro mio-
Da quanto Tokyo dava del “tu” ai
forestieri ? Che sia una nuova moda ? Mi chiesi dubbioso.
-Spero che il viaggio sia andato a
gonfie vele-
-Non proprio ma non ci sono stati molti
problemi-
-Benissimo... Ma prego accomodati.
Gradisci forse...-
Finalmente si comincia a ragionare.
Pensai ingenuo. Stavo già per chiedere del brunello quando
l'uomo mi
propose una vasta scelta di succhi di frutta e tè orientali.
-No grazie... Sono a posto così-
Risposi in fretta accomodandomi in un
sedia di legno. Mi ero scordato che bere in servizio era proibito dal
regolamento. Purtroppo.
-Comunque... Naruto puoi lasciarci un
attimo soli ?-
-Sì signore ! Buon colloquio Shikamaru
!-
E il biondino si congelò con un altro
dei suoi sorrisi. Stavo quasi per avere la nausea da tutte quelle
manifestazioni di affetto e di buona educazione. Non è che
per caso
era gay il ragazzino ?
-Shikamaru... Shikamaru Nara.
Collaboratore esterno dell'FBI, tre lauree in: psicologia, economia e
diritto. Devo dire che i nostri colleghi d'oltremare ci hanno mandato
un elemento assai valido per la nostra indagine-
-Grazie. Comunque non è niente di che.
Alcuni miei colleghi hanno molte più lauree ed onorificenze
di me-
-Ma non hanno ventisei anni-
Aggiunse lui guardandomi con sguardo
furbo.
-Non è niente di che anche questo.-
-Ahaha... Adoro le persone modeste.
Comunque Shikamaru penso che la tua agenzia ti abbia già
informato,
in grandi linee, su cosa devi fare-
Mi limitai ad annuire con la testa.
Intanto, il tono della voce del direttore stava diventando
più serio
e grave.
-Sinceramente, noi abbiamo da tempo una
bella gatta da pelare. Un organizzazione di giovani compie omicidi,
spaccia droga, fa corse clandestine e si dedica al mercato della
prostituzione. E in tutti questi anni non abbiamo mai avuto prove a
sufficienza per condannare e sbattere in cella il capo dietro a
questi bastardi. Ovvero: Temari.-
Pensai che quella donna doveva essere
molto furba per non essere ancora stata presa.
-E, recentemente, un piccolo traffico
si è aggiunto al repertorio di quei criminali. Traffico di
materiale
radioattivo. Le nostri fonti non sono sicuri al cento per cento della
validità di questa informazione ma il vostro governo si
è subito
detto interessato per chiarire questa situazione piuttosto grave-
-E magari per aiutarvi a sbattere
dentro Temari, vero ?-
-Vedo che capisci al volo Shikamaru.
Beh, già che ci sei un aiuto non ci farà altro
che bene. Sai,
questa organizzazione avvicina solo persone non tanto vecchie e visto
che non posso mandare un agente come Naruto, visto che morirebbe
subito, l'FBI ha ben pensato di inviare un valido membro. Idoneo a
questo caso e con l'esperienza necessaria per uscire sano e salvo-
-E' quello che mi auguro anch'io-
-Ahaha... Sono sicuro che farai un
ottimo lavoro. L'agente Naruto Uzumaki ti darà tutta la
collaborazione che cerchi. In poche parole sarà il tuo
angelo
custode-
Sbiancai. Un pivellino come quello come
mio angelo custode ? Ma stava scherzando ?
Comunque forse la mia reazione fu un
tantino esagerata visto che l'uomo continuò con il suo
discorso e
ora il tono della sua voce aveva più qualcosa di simile a
quella di
un padre che parla del proprio figlio.
-Forse non sembrerà ma Naruto è un
ottimo agente di polizia. S'impegna con entusiasmo nel suo lavoro e
come te non ha avuto un infanzia proprio facile-
L'uomo fece una piccola pausa, quasi
come se titubasse.
-Devi sapere che i suoi genitori erano
entrambi dei serial killer. Ma non serial killer qualunque. Avevano
compiuto insieme almeno una ventina di omicidi nei lontani anni
settanta, ottanta-
Cominciai a seguire la discussione con
sguardo interessato. Jiraiya lo notò e continuò
il suo racconto.
-Io ero l'ispettore che indagava su
questi delitti. E sono stato anche l'assassino dei due genitori di
Naruto-
Alcune volte il nostro lavoro è
proprio strano e prende trame contorte, mi dissi.
-Non sapevo che quei due fottuti
criminali avessero un babè con loro, quella sera. Mi sentivo
così
frustato e malinconico che decisi di prendermi cura personalmente del
bambino che trovai quel lontano settembre in mezzo a tutto quel
sangue-
-Lo sa tutto questo Naruto ?-
-Lo sa. E non solo mi ha perdonato ma
ha anche cercato di scontare le pene dei suoi genitori lavorando
duramente, notte e giorno. Per me è come un figlio oltre che
un
ottimo agente. Credimi. Quel ragazzo è fenomenale, sorride
sempre
anche se ha un passato oscuro-
Provai un senso di rimorso nell'aver
giudicato così frettolosamente quel ragazzino. Forse col
tempo sono
diventato più superficiale o forse la mia laurea in
psicologia ha
bisogno di una rinfrescata.
Comunque, dopo quel discorso
(ovviamente riservato) mi chiesi se non c'era altro da aggiungere sul
vero motivo della mia visita.
Penso che anche Jiraiya si ricordò che
doveva dirmi qualcos'altro visto che cominciò ad arrossire e
a
grattarsi la testa, leggermente imbarazzato.
-Ops... Mi sono scordato di comunicarti
che la tua indagine inizierà stasera. O per meglio dire
stanotte. In
un locale di proprietà di quella bastarda. Ti scrivo subito
l'indirizzo. E naturalmente, ti do carta bianca su come intendi
intrufolarti in quella banda di malavitosi-
-Grazie-
L'esperienza mi aveva insegnato che
“carta bianca” voleva solo dire una cosa: noi non
abbiamo la più
pallida idea di come tu possa entrare nelle loro grazie, quindi
inventati qualcosa te. (quante frasi si possono risparmiare con due
semplici parole.)
Il lavoro si presentava alquanto
complicato.
-E... Queste sono le chiavi del tuo
appartamento poco lontano dal bar. E' un piccolo monolocale ma ti
piacerà-
-Grazie direttore... Cioè volevo dire
Jiraiya-
Altra stretta poderosa stretta di mano
e poi uscì da quell'ufficio con in mano qualche scartoffia e
un
mazzo di chiavi nuove.
Subito mi venne incontro il biondino.
Ovviamente con il suo solito sorriso.
-Già finito Shikamaru ?-
-Finito-
-Vuoi che ti accompagni a casa ?-
-Perché no... però le valigie le
porto io questa volta-
-D'accordo d'accordo-
Mi sorrise il biondo mettendomi una
mano sulla spalla e ridacchiando.
Dopotutto quel Naruto non era così
male. Peccato però che non fosse appassionato di vini.
Arrivato nel mio monolocale (e qui
aggiungerei “squallido” accanto a monolocale)
Naruto se ne andò
lasciandomi il suo numero e dicendomi di non farmi scrupoli se avevo
bisogno di una mano.
Dentro di me sperai di no. L'ultima
cosa che volevo ero coinvolgere una figura così importante
per il
direttore e avere guai con il compito che mi aspettava.
Guardai l'orologio.
Mancavano ancora parecchie ore alla
notte e certamente un riposino non m'avrebbe fatto che bene.
Avrei rimesso a posto la mia roba dopo.
Ora avevo assolutamente bisogno di dormire.
Fui felici di constatare che almeno il
materasso, di quella brutta abitazione, era davvero morbido.
Dormii fino alle dieci di sera. E se
non avessi messo la sveglia avrei continuato chissà per
quanto.
Comunque mi sentivo alquanto meglio. La
nausea era scomparsa peccato che avevo una gran fame.
Era giunto il momento di andare a fare
una visitina a quel posto, pensai entusiasta.
Indossai la felpa, a collo alto, nera
come l'oscurità che vedevo la finestra e mettendomi la
giacca
marrone scuro uscì fuori dal mio appartamento.
E' affascinante come la notte riesca a
cambiare il volto di una città.
Le luci dei grattacieli, delle case
fino ad arrivare alle luci provenienti dall'insegne dei locali,
creano un atmosfera davvero spettacolare in una metropoli come Tokyo.
E' paradossale ma finché uno guarda
con lo sguardo basso non si accorge che si è fatto tardi
eppure
,appena alzi lo sguardo, ti accorgi subito che le stelle ormai
infestano il cielo notturno.
Non era molto freddo. Benché fosse
quasi notte, si stava bene nei vicoli e nelle strade dove la gente
continuava ad affluire come un esercito che non dorme mai. Ma che sa
solo marciare.
Perso in quei pensieri, arrivai di
fronte alla mia destinazione.
Dal di fuori sembrava più un bordello
o un locale notturno che un bar.
E anche il nome del luogo dava
l'impressione che quello non fosse proprio un bar. Wet Dream. (sogno
bagnato, n.me) Diceva l'enorme insegna, che s'illuminava ad
intermittenza.
E davanti a quel posto poco
raccomandabile c'era un enorme fila che iniziava da due uomini
corpulenti, vestiti di smoking nero, che ispezionava e catalogava
minuziosamente la gente che voleva entrare.
Mi misi in fila anch'io. Purtroppo il
mio stomaco avrebbe dovuto aspettare un altro po per sfamarsi.
Un ora dopo.
Stavo cominciando ad averne abbastanza.
Il mio stomaco stava brontolando ed io ero ancora fermo in fila. Un
dannato ragazzino voleva fare il grosso (e farsi macho davanti alla
sua ragazza) e quindi aveva cercato di attaccar briga con uno dei due
buttafuori. Non finì bene... Per lui intendo. Venne pestato
davanti
a tutti e poi buttato tra i cassonetti dell'immondizia con la sua
donna che gridava e piangeva.
L'imprevisto non durò molto... peccato
che era già il quinto ragazzino che cercava: di farsi bello
e forte,
di entrare a tutti i costi oppure era semplicemente il tipico ubriaco
proveniente da un pub qui vicino.
In poche parole, la fila procedeva
lenta. Almeno i due buttafuori si divertivano. Il mio stomaco un po'
meno e anche il mio pacchetto di sigarette piangeva visto che ogni
pochino ne fumavo una cercando di passare il tempo.
Per mia fortuna (e finalmente) la
coppietta che avevo di fronte si volatizzò via quando il
ragazzo
scoprì di aver dimenticato le prevendite per entrare. La sua
donna
non fu altrettanto felice e rincorse il suo amato per svariati metri
martellandogli la borsetta, di Gucci, in testa.
-Salve- Esclamai una volta davanti alle
due montagne che mi scrutavano con fare sospetto.
-'Sera. Ha il biglietto ?-
Mi domandò finalmente uno dei due
buttafuori.
-Eccolo qui-
Gli dissi io mostrandogli un quadratino
di carta color arancione con sopra una donna in bikini che ammiccava.
-Dobbiamo controllarla-
E senza nemmeno chiedermi “perfavore”
i due cominciarono ad ispezionarmi da capo a piede. Controllandomi le
tasche della giacca, quelle dei jeans e persino i calzini.
Manco stessi per entrare in un raduno
di terroristi. O almeno speravo che non fosse così.
I due finalmente mi diedero l'ok e io
potei entrare dentro al locale.
Un po' però mi dispiaceva per quella
coppietta... Ma il ragazzo doveva imparare che mai si tengono delle
prevendite nella tasca posteriore dei jeans. Mai. Perché
c'è sempre
qualche furfante che te le potrebbe rubare senza che te n'accorgi.
Però, a parte tutto, non mi dispiaceva
così tanto. D'altronde se non era per quell'ingenuo io non
sarei
nemmeno potuto entrare... E poi mi ritrovavo con una prevendita in
più nelle tasche. Vuoi mettere il guadagno ?
La prima cosa che notai, una volta
dentro. E che certamente quello non era un bar.
La seconda cosa che notai: sembrava più
un luogo dove i giovani venivano per divertirsi.
E per divertirsi non intendo solo:
ballare, baciarsi, chiacchierare (e forse anche scopare visto che il
locale sembrava suddiviso in più livelli) ma anche farsi di
droga.
Sembrava di essere ad un rave party.
Peccato che l'atmosfera era così
talmente elaborata e ben fatta che non dava assolutamente
l'impressione di un rave party.
Luci che si spegnevano e che si
accendevano in continuazione (dai colori diversi ma che ti facevano
venire un bel mal di testa se le fissavi troppo a lungo), pareti
colme di quadri futuristici o astratti, un enorme pista da ballo dove
un altrettanto grande palla (stile anni '60) emetteva luci e suoni,
e, al lato destro, un lunghissimo balcone dove si potevano gustare
gli alcolici e qualche snack (era così lungo che pareva una
pista di
atterraggio per aerei) e poi, in un angolino, altri due tizi
corpulenti e alti che delimitavano l'accesso ai piani superiori.
La gente che c'era dentro era tutta
giovane. Le ragazze portavano provocanti minigonne e i maschietti
lasciavano il loro petto muscoloso in bella vista in attesa di
qualcuna da rimorchiare.
Davvero un bel bar. Pensai ironico. E
mi sedetti su una poltroncina, di plastica dura e senza schienale,
che dava su quella lunghissima pista di atterraggio per boing. Ovvero
sul balcone del barista dove i cocktail venivano sfornati e lanciati
ad una velocità pazzesca.
Non persi tempo e cominciai ad
assecondare il mio stomaco, prendendo un abbondante porzione di
salatini.
Il barista che avevo di fronte cominciò
a guardarmi con aria a metà tra l'incuriosito e il sospetto.
Lo guardai anch'io.
Grasso (e parecchio) e dalle grandi
gote. Sembrava più un pagliaccio o un gestore di un
ristorante che
un barista. Però anche se la sua stazza era notevole,
riuscì a
shekerare e a preparare una serie di complicati cocktail uno dietro
l'altro con grazia e velocità incredibili.
Dovetti ammettere che era bravo e per
questo gli feci i complimenti in un timido applauso di circostanza.
Lui mi fissò, ancora più incuriosito
e cominciò a parlarmi.
-Piaciuto lo spettacolo forestiero ?-
-Davvero bello. Conosco poche persone
capace di fare un capiroska alla menta mettendo gli ingredienti nel
posto giusto e al momento giusto-
Anche se la mia passione era il vino,
non disdegnavo anche gli altri alcolici. Nonché fossi un
alcolizzato
solo che se rischi la vita ogni giorno ti serve un anestetico per
addormentarti e per continuare il solito tran tran quotidiano.
E poi volevo vedere se il “ciccione
abboccava” alla mia esca. Di sicuro erano poche le persone
che gli
parlavano così. E, per mia fortuna (il che era strano), feci
bingo.
-Abbiamo un intenditore qui. In effetti
il trucco è conoscere bene il momento quando devi macinare
la menta
e aggiungere il ghiaccio e l'alcool. La velocità l'impari
con
l'esperienza. Anche te fai il mio stesso lavoro ?-
-Naaa... Sono solo un buongustaio di
alcool. Specialmente di vini-
-Brunello di Montalcino ?-
Mi chiese stuzzicando il mio palato.
-Se me lo servi subito ti pago almeno
il doppio di quello che vale-
Dissi ridacchiando e lui prese una
bottiglia nascosta da sotto il balcone e la versò su un bel
bicchiere di cristallo. In pochi secondi avevo il mio buon brunello
davanti agli occhi. Finalmente le cose si stavano mettendo nel verso
giusto.
-Il primo giro te l'offro io. E' raro
trovare persone amanti della buona cucina italiana-
-Bhè, menomale che ho trovato te,
allora.-
Gli risposi ricambiando il suo sorriso
e buttando giù il dolce aroma del rosso italiano.
-Ci voleva proprio-
Esclamai alla fine, davvero
soddisfatto.
-Comunque, non ti ho mai visto qui.
Cosa ci fa da queste parti una persona che assomiglia ad un
allenatore di calcio ?-
Probabilmente oltre che alla passione
per la buona cucina italiana quel ragazzo condivideva anche l'amore
per il loro sport nazionale.
Ma non ero un patito del gioco del
calcio. Però il commento mi fece ridere lo stesso.
-Sono qui alla ricerca di affari-
Altra esca che ti lancio cicciotello
mio, dai abbocca anche a questa. Pensai dentro di me.
(E' curioso infatti vedere come le
persone si facciano meno sospettose e più loquaci quando ti
dimostri
un appassionato dei loro stessi interessi. Così puoi subito
cercare
di venire a capo del vero motivo della chiacchierata.)
-Affari ? Legati al vino o ai liquori
?-
Mi chiese lui incuriosito.
-Altri affari. Però è meglio che non
ti dica niente. Non è un commercio sicuro quello che faccio
io-
-Parli come un mafioso italiano-
Ironizzò lui ridacchiando.
Forse non gli avevo ancora dato una
buona impressione al ragazzone. O forse non sapeva niente di quel
posto e cosa e chi c'era dietro.
Ma i miei dubbi scemarono quando mi
tese una mano verse di me e cominciò a sorridermi.
-Comunque, piacere, mi chiamo Choji
Akimichi e sono il capo barista di questo posto-
-Piacere Choji. Io invece sono
Shikamaru Nara-
Risposi io, stringendogli la mano.
Forse c'ero quasi. Mi dissi contento.
Si sta fidando di me. Ormai manca poco. Ancora qualche buona battuta
o le parole giuste e sono sicuro che abboccherà sicuramente.
Continuai a sorridergli, ingenuo.
Ingenuo perché fino allora era filato
tutto liscio come l'olio.
E si sa che io sono davvero sfortunato.
La dea bendata della fortuna non esitò a voltarmi le spalle
quando
sentì il rumore di alcuni spari
provenire da fuori del
locale.
----------------------------
Uno dei capitoli più lungo che abbia
mai scritto. E non solo sono contento per il capitolo in sé
ma anche
perché ho trovato la canzone adatta per quando il nostro
giovane
eroe arriverà al cospetto di Temari. (il testo della canzone
stessa
sembra essere stato scritto apposta per questo genere di FF.)
Sperando che il capitolo vi sia
piaciuto. Fletto i muscoli e sono nel vuoto ! :D
E commentate please :D Non siate timidi
:3
Non ve magno mica x)
|
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Capitolo 3 *** Detesto le sparatorie. Soprattutto quando ti coinvolgono in prima persona. ***
Ringrazio:
Shige
Moko_Chan
Per i loro splendidi commenti !
Vai con il tre ! :D
The
hard life of an infiltratE
Capitolo 3:
Detesto le sparatorie. Soprattutto quando ti coinvolgono in
prima
persona.
--------------------------------------------------------------------------------
Mi girai. Vidi due persone accucciarsi
a terra. Le ragazze gridavano. I ragazzi (che fino a poco fa stavano
appoggiati alla parete a fare i fichi) fuggivano come bambini davanti
all'uomo nero. I due uomini in smoking, davanti alle scale che
conducevano al primo piano, fecero in fretta a sfoderare due pistole
di grosso calibro.
La situazione stava precipitando.
Ovviamente doveva succedere proprio
quando stavo per farmi amico il capo barista di quel locale.
E ovviamente quando stavo degustando
dell'ottimo vino rosso italiano.
Ma si sa sono sfortunato.
Di certo non quanto le persone che
giacevano sdraiate sul pavimento in mezzo ad una macchia rossa che
continuava ad espandersi.
Quelle erano ancora più sfortunate di
me, mi dissi mentre m'affrettavo a cercare un riparo.
Riparo che trovai scavalcando il
balcone, dove i drink venivano serviti.
Osservai, cauto, la scena che avevo
davanti.
Un gruppo di cinque persone,
incappucciate o con i passamontagna, sembravano intenzionate a
movimentare la serata. E non di poco.
Colpi di pistola e di mitra leggeri
echeggiarono per il locale come una lugubre sinfonia.
Le due guardie in smoking cercarono di
colpire gli assalitori ma non ebbero molto fortuna.
Una venne colpita in testa, l'altra
venne crivellata da svariati colpi nel torace.
Gli schizzi di sangue erano ormai
ovunque e la gente, sempre più disperata, cercava una via di
fuga
che non c'era.
Svariati innocenti vennero colpiti di
striscio o presi addirittura in pieno dalle pallottole.
I corpi, senza vita o in preda a
spasmi, lastricavano il pavimento come della mattonelle di dubbio
gusto.
Una vera e proprio carneficina.
Esclamai seccato mentre tiravo fuori la mia magnum.
(I buttafuori sono persone semplici da
raggirare. Se ti perquisiscono lo fanno e lo faranno sempre in modo
superficiale e senza tenere conto di qualche tasca segreta che puoi
aver fatto nella tua felpa.
Tasca dove io, sempre, custodivo una
simpatica magnum. Molto adatta per situazioni del genere.)
Choji, che era al riparo accanto a me,
mi guardò e poi osservò l'arma che impugnavo.
-Sarà... Ma più ti conosco e più
assomigli ad un mafioso italiano-
Mi disse sorridendo.
-Grazie... Noto con piacere che la
situazione non ti turba più di tanto-
-Non amo le armi ma non è nemmeno la
prima sparatoria che vedo da quando sono qui-
-Capito... Ora se mi permetti-
Con uno scatto mi alzai in piedi. Presi
di mira il primo che mi capitò a tiro e feci fuoco.
Non fu impresa facile. Non avevo piena
visuale, a causa del fatto che numerose persone continuavano a
correre (come se il correre per il locale potesse salvargli la vita)
ma feci centro.
Colpii alla spalla uno dei cinque
assalitori. Vidi l'uomo cadere al suolo mentre uno spruzzo di sangue
colorava la parete lì vicino.
Stavo già per sparare il secondo colpo
su uno dei suoi complici ma questi ultimi, furono più veloci
di me.
E cominciarono a spararmi con tutto l'arsenale che avevano addosso.
Mi abbassai. E per mia fortuna (che
cosa rara) feci in fretta.
I colpi presero le bottiglie di
alcolici e una pioggia di vetri colorati cominciò a cadere
sopra di
me e sopra Choji.
-Secondo me non è stata una buona
idea-
Disse il ragazzone mettendosi le mani
in testa.
-Grazie. Mi sei di molto aiuto-
-Prego-
Accucciato sotto il balcone di un
locale notturno in compagnia di un obeso ironico mentre quattro tizi
crivellano di proiettili la parete. Ecco la situazione dove mi ero
ficcato ! Davvero divertente. Ma non per me.
Dovevo inventarmi qualcosa prima che
quei tizi potessero avvicinarsi e ucciderci. Mi dissi.
Così presi una bottiglia di grappa
(grappa russa per giunta. Di quelle che se ne bevi un goccio stai
male per venti minuti buoni) da sotto il balcone. Tolsi il tappo e
immersi un fazzoletto (mai uscire di casa senza fazzoletti, ragazzi.
Mai) nel collo del contenitore di vetro. Accesi la
“miccia” con
il mio accendino e tirai la rudimentale bomba carta verso i quattro
assalitori.
-Ma chi sei ? Mc Gyver ?-
Mi chiese il ciccione poco prima di
tapparsi le orecchie.
-Deciditi... Mc Gyver o mafioso ?-
Gli chiesi io mentre una piccola
esplosione riecheggiò per tutto il locale.
Alzai lo sguardo... Per mia sfortuna la
deflagrazione aveva colpito solo uno degli aggressori (e anche tre
persone che non c'entravano assolutamente niente) in più
quello lì
era rimasto solo leggermente ustionato.
-Di solito diluisco quella robaccia
russa-
Mi spiegò subito Choji.
-Wow. Potevi anche dirmelo prima-
-E perché ? Così mi sono sbarazzato
di quella bottigliaccia che tanto non beve mai nessuno...-
-Dio te ne sarà estremamente
riconoscente. Forse per questo avrai un bel posticino in paradiso-
-Eddai non ti preoccupare. Kiba
dovrebbe arrivare tra poco-
-Kiba ?-
Chiesi perplesso.
-Chi è Kiba ?-
Proprio mentre facevo quella domanda,
altri proiettili presero parte al concerto. Ma non venivano dalle
armi di quegli spossati ma bensì da un piccolo gruppetto che
entrò
nel bar (o locale notturno) armato fino ai denti.
Alzai leggermente il capo per osservare
meglio la scena.
A quanto pare erano arrivati i
rinforzi. E per nostra fortuna erano i nostri.
Un ragazzo dai capelli scompigliati e
con strani segni sulla faccia, sembrava essere il capo del gruppetto
che era appena entrato. Anche perché era l'unico ad
impugnare un M4
(quella mitragliatrice bella grossa che, teoricamente, è
esclusiva
dell'esercito).
Non ci mise molto a far fuori gli
assalitori. Anche perché i cinque (anche quello che si
teneva la
spalla a terra non fu risparmiato) non avevano tenuto conto di un
possibile arrivo di forze proprio dall'entrata del locale. Grave
errore che impararono con la morte.
-Quello è Kiba-
Mi disse Choji indicando proprio quello
che avevo identificato come “capo”.
-Io lo chiamerei Rambo-
Ironizzai io.
Un pesante silenzio avvolse il posto.
La sparatoria era durata pochi minuti ma il numero di persone che
giacevano a terra o quelle ferite di certo non si poteva contare con
le dita di una mano (e nemmeno con le dita di un altra mano). L'odore
del sangue era impregnato ovunque assieme a quello della polvere da
sparo e ora il posto in cui ero sembrava più una macelleria
che un
locale notturno.
Schizzi rossi sulle pareti, sui quadri,
pozzanghere (e non certo di pioggia) sul pavimento, bossoli di
munizioni ovunque... Quei cinque avevano combinato davvero un bel
casino.
-Ciao Kiba-
Esclamò Choji (sempre al sicuro dietro
al balcone) salutando il conoscente con la mano.
-Ciao Cho... Che palle. Uno non può
farsi gli affari suoi che subito ti vengono a combinare un casino del
genere-
Mormorò lui, abbassando l'arma che
aveva.
-Temari s'incazzerà parecchio-
Esclamò Rambo sbuffando.
Bingo. Pensai felice.
-Anche Ino-
Puntualizzò il ciccione sorridendo
all'amico.
Chi era Ino ? Mi chiesi perplesso.
-Ah già... C'è anche quella
scalmanata... Che rottura di coglioni. Proprio non ho voglia di
sorbirmi la sgridata di quelle due esaltate. Ma... lui chi è
?-
Chiese ad un certo punto il ragazzo
indicandomi con il giocattolone che aveva.
-E' uno nuovo. Ne ha steso uno.-
-Ma qui, i clienti, non dovrebbero
entrare disarmati ?-
-In teoria... Menomale che lui non lo
ha fatto. Si è anche divertito a fare esplodere una
bottiglia di
grappa russa. Quindi ha fatto proprio un bel lavoro.-
-Lo prenderò come un grazie.-
Mormorai io, prendendo una sigaretta.
-Ah beh... Se le cose stanno così
penso che sia tutto ok-
Esclamò Kivra (o come cavolo si
chiamava Rambo) abbassando l'arma del tutto.
-TUTTO OK UN CAZZO !-
Gridò, all'improvviso, una voce
femminile dalle scale.
Tutti e tre ci girammo verso la figura
che aveva parlato.
Lunghi capelli biondi, seno abbondante
(messe in risalto da un provocante corpetto nero di pelle), sinuose
gambe (messe in risalto dalla minigonna), un faccino angelico anche
se contorto in una smorfia di disapprovazione. Purtroppo non era
Temari. Gli occhi erano di un intenso color mare e non verdi.
Però
restava comunque una gran bella figliola.
E anche parecchio incavolata.
La osservai scendere elegantemente le
scale e dirigersi a grandi passi verso di noi. Non curandosi affatto
del sangue che calpestava o dei mugoli di dolore dei feriti.
-Ciao Ino, vuoi qualcosa da bere ?-
Gli chiese il ciccione mostrando un
grande sorriso.
-Fottiti te-
Fu la risposta della bionda.
-Ohi ohi-
Commentò Rambo vedendosi la ragazza di
fronte a lui. Il ragazzo cercò di aprire bocca per dire
chissà
quale parola ma la bionda fu veloce a dargli una bella gomitata allo
stomaco. E anche parecchio forte.
-DOVE CAZZO TI ERI CACCIATO TE ?-
-Dio che dolore...-
Altra gomitata. Ancora più forte della
precedente.
-'orca troia... E-Ero qui vicino a
sorvegliare con i ragazzi la strada-
Tentò di spiegare il ragazzo dai
capelli scompigliati tenendosi la pancia.
-Invece di sorvegliare questo posto eh
? Ma che bella pensata Kiba ! Sei davvero un idiota !-
Ennesima gomitata. Che fece accasciare
al suolo il giovane che imprecava e bestemmiava per il dolore.
-E comunque... CHI CAZZO SEI TE ?-
Mi chiese la bionda indicandomi.
-Il piacere è tutto mio.-
Dissi ironico schivando un cazzotto.
-E' uno straniero che ci ha aiutato
quando quei cinque bastardi sono entrati dall'ingresso.-
Cominciò a spiegare Choji.
-E perché è armato ?-
-Ah boh. Questo glielo devi chiedere a
lui.-
-Sono un trafficante di armi in cerca
di qualche acquirente.-
Spiegai io, evitando il secondo
cazzotto.
-Allora c'avevo quasi preso quando ti
avevo dato del mafioso italiano.-
-Ci sei andato vicino.-
-Zitti voi due !-
Intimò la bionda cominciando a
squadrarmi da capo a piede.
-L'aria del poliziotto non ce l'hai.
Bene. Per te intendo.-
Forse sbagliavo quando mi credevo uno
che avesse l'aria da agente in borghese. E forse Choji aveva ragione.
-Comunque voglio che tu venga nel mio
ufficio. Choji, Kiba e gli altri... Sistemate il locale e buttate nei
fiumi i corpi della gente morta. La pagheranno cara questi stronzi
nell'aver osato combinare un casino del genere nel mio locale.-
-Agli ordini !-
Esclamò il ciccione con un sorrisone
stampato in faccia. Che aveva da sorridere... Boh. Kiba invece
abbozzò un semplice: sissignora mentre cercava di rialzarsi
aiutato
dai suoi compagni.
La bionda fece cenno di seguirmi e io
non persi tempo.
Almeno non tutto il male viene per
nuocere. La sparatoria si era rivelata un bella occasione per farmi
amici questi tizi. Pensai mentre salivo le scale.
Il primo piano del Wet Dream era in
realtà, un monolocale molto piccolo a cui si accedeva da una
piccola
porticina di ferro.
Nella stanzina c'era una scrivania, un
computer, tanti documenti sparsi qua e là e un paio di sedie.
La bionda fece in fretta a sedersi e ad
accavallare le gambe sulla scrivania.
-Bene. E quindi tu saresti un
trafficante d'armi ?-
-Almeno così dicono.-
Dissi io sedendomi su una sedia di
plastica. Le gambe della bionda erano davvero belle. Pensai in un
secondo momento.
-E chi lo dice ?-
-Qualche banda locale americana.-
-Americana ?-
-Sono nato in Giappone ma ho vissuto in
America per buoni quindici anni.-
-E come mai sei ritornato qui ?-
-Per ampliare il mio commercio. Troppa
concorrenza negli states e quindi non è più
facile come una volta
fare buoni affari.-
-Da come parli sembri un veterano del
mestiere.-
-Naaaa... Sono un semplice libero
professionista. Se così si vuole dire.-
-Come ti chiami ?-
-Shikamaru. Shikamaru Nara.-
La ragazza appena saputo il mio nome,
cominciò a smanettare sulla tastiera del PC. Evidentemente
era alla
ricerca di qualche informazione su di me. Pensai tranquillo.
-Qui dice che sei implicato in numerose
risse, sparatorie e altri fatti... Sospettato anche nel commercio di
armi, droga e tante altre belle cosette. Sembri davvero una persona
pulita.-
Come sempre i ragazzi del reparto
informatico americano fanno sempre un buon lavoro quando ti devi
infiltrare in un organizzazione.
Era divertente, però, come m'aveva
chiamato: persona pulita. Come se fossi un prete o un onesto
cittadino.
-Se ti chiedessi di procurarmi qualche
giocattolino ?-
-Dipende da che giocattoli vuoi.-
-Giocattoli grossi e piccoli. E anche
qualche gavettone già che ci siamo.-
-Te dimmi cosa vuoi e io te la farò
avere in una settimana al massimo.-
Il trucco nel commercio è quello di
sembrare sempre sicuro e affidabile. Rispondere veloce e preciso,
senza dare troppi dettagli e senza mai “forse”. E'
la prima
regola che t'insegnano ad economia. E se sei al cospetto di
delinquenti devi stare anche attento a non fare troppe domande.
-Uhhmmm... Ci potrei stare Shikamaru.
Devo però sentire cosa dice capo.-
-Te fammi sapere. Tornerò.-
Gli dissi stando ben attento a
chiederle a quale persona si riferisse. Anche perché lo
sapevo già.
-Ok. Allora ti aspetto domani
pomeriggio. Qui, al Wet Dream. Se vuoi puoi anche divertirti un po'.-
Stai cercando di farmi cadere in
trappola, biondina ? Pensai divertito.
-Preferisco di no quando devo
lavorare.-
-Mmhhh... Bravo. Saggia decisione.
Comunque, puoi andare. Ci si vede domani. E non portare la pistola.-
-Chiedere ad un mercante d'armi di non
portare la pistola. Cos'è una battuta ?-
-E' un ordine.-
Precisò lei ridacchiando.
-Farò come dici allora.-
Gli risposi ridendo. Di sicuro la
ragazza aveva già capito che me la sarei portata lo stesso
ma dovevo
apparirli un tipo “tosto” e sempre previdente.
Così mi diressi all'uscita del
monolocale, salutai Choji e Kiba e alla fine me ne ritornai a casa.
Prima però mi fermai ad un chioschetto
del ramen.
Dopo tutta quel casino avevo una fame
da lupi.
Poi sentii il rumore delle volanti
della polizia sfrecciare veloci sulla strada.
Mi chiesi come Ino (si chiamava così
la bellona ?) avrebbe spiegato tutto quel macello
all'autorità.
Forse dopo avrei chiamato Naruto... O
forse anche domani mattina.
Ora avevo cose più importanti a cui
pensare: sfamare lo stomaco !
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Su non siate timidi... Commentate ! :D
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