October and April

di Valaus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Le prime radici di questa storia hanno iniziato a spuntarmi in testa durante un viaggio in treno, mentre ascoltavo "October and April" canzone dei The Rasmus e Annette Olzon che io personalmente trovo stupenda e che, oltre a dare il titolo alla Fict, l'ha in parte ispirata. Perciò, all'inizio di ogni capitolo, ne troverete un breve frammento.
Nel caso vogliate, vi consiglio di ascoltarla :)
Anche perchè, a mio parere, è la colonna sonora ideale di questo racconto.
Spero possa piacervi, buona lettura







1.


“She was like April sky
Sunrise in her eyes”







Assurda.
Non vi è altra parola per definire questa situazione, se non “assurda”.
E odiosa, per giunta.
Come ho potuto essere sciocco fino a questo punto? Lasciarmi catturare così facilmente da un branco di mammolette a malapena in grado di allacciarsi le stringhe delle scarpe da soli. Ammesso che non usino la magia anche per questo.
Dannazione, io sono superiore a loro!
Io non sono uno qualunque.
E se fino a qualche anno fa mi limitavo a pensarlo tra me e me, dimostrandolo col mio atteggiamento da bullo, ora lo so con assoluta certezza.
Non sono uno qualunque, o non mi troverei ad occupare la mia attuale posizione.
Paradossalmente, anche questa stessa cattura lascia trasparire quanto io sia importante.
Voglio dire, sembra quasi che il Ministero abbia dispiegato tutte le sue forze per farmi prigioniero.
Ma se sperano di ottenere qualcosa da tutto questo, si sbagliano di grosso.
Sarò malvagio, subdolo, bugiardo, vendicativo, e tutto quello che vi pare.
Potrò essere anche la peggior feccia che si sia mai vista in questo lurido paese, ma sicuramente non sono un traditore.
Mai e poi mai.

~ω~



Harry James Potter era senza ombra di dubbio il miglior Auror che il Ministero della Magia avesse avuto a propria disposizione da una decina di anni a quella parte.
Era abile sia sul campo di battaglia che fuori, un talento innato con la bacchetta ed un vero asso negli interrogatori. Nessuno sapeva trattare con gli ostaggi o i prigionieri come lui. Forse in parte la sua fama di “Bambino Sopravvissuto” lo aiutava in questo, intimorendo chiunque gli si trovasse davanti. Ma ciò non toglieva le sue incredibili capacità nel riuscire ad estorcere informazioni vitali anche al più ostinato dei Mangiamorte.
Harry James Potter era un Auror con la A maiuscola. Uno che ce l’ha scritto nel sangue.
Spesso, nell’elogiarlo, il comandante Kingsley gli ripeteva che, con tutta probabilità, la “A” del suo DNA stava proprio per “Auror”. Una battuta che aveva ormai stancato il ragazzo, ma che comunque lo riempiva ogni volta d’orgoglio.
Ma c’era molto altro.
Harry James Potter era anche un amico fedele, un collega affidabile, una persona disponibile fino all’inverosimile verso il prossimo. Un paladino della giustizia, ed al tempo stesso una persona meravigliosa, a volte quasi troppo bella per essere vera.
In molti si domandavano se tutta questa sua “perfezione” non fosse solo una maschera, se in realtà lui non fingesse di essere così assolutamente adorabile solo per rispettare l’immagine stereotipata che tutto il Mondo Magico si era fatta di lui.
Ed in parte era così. Aveva soffocato i lati più spigolosi del suo carattere, enfatizzando quelli che invece la gente maggiormente apprezzava in lui. Voleva essere l’eroe che tutto il mondo desiderava. Perché sapeva che, mai come allora, tutti ne avevano bisogno. Un bisogno disperato, forse l’unico sentimento positivo sopravvissuto alla distruzione di quella guerra terribile.
Il mondo aveva bisogno di un eroe positivo, senza macchia e senza paura, che li guidasse verso la luce della rinascita. Ed il mondo aveva deciso che lui doveva essere quell’eroe.
Perciò, non voleva disattendere le loro aspettative.
Harry James Potter era tutto questo.
Ma c’era una cosa che Harry James Potter non sarebbe mai stato in grado di essere.
Un bravo attore.

< Se vai avanti a fissarlo così, gli provocherai una combustione spontanea!> mormorò ironicamente Ron, appoggiando le gambe sul lucido tavolo degli interrogatori. Tentava, per la terza volta di fila, di accendere la sigaretta che teneva tra le labbra con l’accendino Babbano che gli aveva regalato Hermione per Natale. Una lotta, quella tra la testa dura del più giovane maschio Weasley ed i congegni non-magici, che probabilmente si sarebbe risolta nuovamente a favore di quest’ultimi.
Dall’altra parte del tavolo, le labbra del prigioniero si allargarono in un ghigno sprezzante e canzonatorio.
< Lascialo fare, gli piace ciò che vede. Come dargliene torto?> esclamò, con la sua voce strascicata e velenosa.
Gli occhi di Harry si ridussero ad una fessura, per quanto già prima fossero schiacciati dall’espressione truce e minacciosa che esibiva.
Era inutile, di solito riusciva a mantenersi pacato e neutrale durante gli interrogatori. Era quello il suo punto di forza, un’innaturale tranquillità che terrorizzava i prigionieri.
Si sa, non è tanto la tempesta a far paura, quanto l’inverosimile quiete che la precede.
Eppure, quella volta non ci riusciva.
Il ripugnante essere seduto di fronte a lui, del quale si rifiutava anche solo di pensare il nome, gli provocava un’isteria tale che non riusciva a dissimularla minimamente.
Non era mai stato un grande attore, ma quella era sicuramente la sua performance peggiore.
Sbatté violentemente i pugni contro il tavolo, senza riuscire ad evitare di pensare a quanta soddisfazione avrebbe provato se al posto di quella superficie metallica ci fosse stato il brutto muso che stava fissando da più di mezz’ora. Avrebbe voluto cancellargli quel ghigno a suon di bastonate, ma doveva trattenersi.
Le regole degli Auror erano poche ma severe. Un atto del genere gli sarebbe sicuramente costato mesi di sospensione.
< Tappati quel cesso di bocca!> digrignò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo.
Lanciò una fugace occhiata alla sua destra, dove Ron continuava la sua imperterrita lotta contro l’accendino.
Come diamine faceva a restare così calmo? Solo lui moriva dalla voglia di vedere il sangue di quel fottuto bastardo scorrergli tra le mani?
< Cazzo Ron, la vuoi piantare?!> esplose, furibondo.
Il rosso si bloccò, voltandosi a fissarlo. Un sopracciglio s’inarco quasi involontariamente.
< Non è colpa mia se questo affare non funziona come dovrebbe!> disse pacatamente in sua difesa.
Il prigioniero sghignazzò.
< Non prendertela con lui Potter, ormai dovresti essere ben consapevole che il suo quoziente intellettivo è pari a quello di un troll...>
I pugni di Harry si strinsero ancora, al punto che le unghie gli si conficcarono nella carne dei palmi.
< Ah ah ah, molto divertente Malfoy!> gli rispose Ron, sempre serafico.
Al moro bastò che l’amico pronunciasse quel nome, per perdere tutto il proprio autocontrollo. Fu la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Scattò in piedi, così improvvisamente che la propria sedia cadde pesantemente all’indietro, atterrando con un tonfo sul pavimento.
Persino Draco rimase sorpreso da quella reazione, ma nulla nella sua espressione impassibile lo diede a vedere.
Mentre stava per muovere il primo passo che l’avrebbe portato ad avventarsi sul biondo, la voce di Ron lo richiamò, bloccandolo.
< Harry!!> esclamò.
Questa volta il suo tono non era più quello tranquillo e leggero di prima. Era fermo, grave ed autoritario.
L’ex-Serpeverde rimase perplesso nel vedere una simile forma d’imposizione da parte di quello che ricordava ai tempi di Hogwarts come un flaccido ragazzino senza personalità, pura creta da modellare nelle mani di Potter. E, soprattutto, rimase ancora più colpito dal modo in cui quel semplice richiamo fosse bastato per placare lo Sfregiato.
Doveva averne fatti di passi avanti Lenticchia dall’ultima volta che si erano visti!
Harry rimase immobile, in piedi, mentre le mani gli tremavano per la rabbia.
Il rosso riuscì finalmente a creare una lieve fiammella col proprio accendino. Lo portò vicino alla punta della sigaretta, dandole fuoco ed aspirando al tempo stesso, finché non si accese del tutto. Ripose il regalo di Hermione nella tasca dei jeans, prese una profonda boccata di fumo ed afferrò la sigaretta tra l’indice e l’anulare della mano destra, allontanandola dalle proprie labbra.
Con un respiro, lasciò che il fumo gli circolasse nei polmoni per poi soffiarlo fuori dalla bocca, dopodiché tornò a rivolgersi all’amico, fissando intensamente il prigioniero di fronte a sé.
< Cerca di darti una calmata Coso, sai che non puoi reagire così.>
Harry sorrise mentalmente al nomignolo con cui da un po’ di tempo aveva preso a chiamarlo, secondo Hermione solo per darsi ulteriori arie da “figo”. Inspirò ed espirò a fondo.
Era vero, non poteva permettersi certi scatti d’ira. E chi meglio di Ron poteva saperlo. Quel carattere da duro, che un tempo sarebbe parso quasi una nota stonata in lui, era il risultato di innumerevoli punizioni per le sue intemperanze.
Fin da subito era stato uno degli Auror di maggior talento, ma più indisciplinati. Non riusciva a controllarsi, il disprezzo e l’odio che provava verso i Mangiamorte e le loro azioni lo portavano spesso e volentieri a compiere atti non consoni al suo ruolo, col risultato che adesso poteva tranquillamente entrare a far parte di un eventuale libro dei record come “membro dell’esercito con il maggior numero di punizioni inflittegli”. A furia di sospensioni, richiami, pene e quant’altro, era finalmente riuscito ad imporsi un valido autocontrollo.
Efficacissimo. Da un anno a quella parte non era stato più punito in alcun modo. Era diventato un Auror modello.
Harry sospirò, dando tacitamente ragione all’amico.
Il rosso annuì, poi un ghigno di soddisfazione si dipinse sul suo volto.
< Oltretutto, direi che l’abbiamo già abbastanza conciato per le feste prima!> sogghignò.
L’espressione di Draco si rabbuiò di colpo.
Era vero, durante la cattura l’avevano ridotto ad uno straccio. Perdeva ancora sangue dalla testa, le ferite aperte gli pulsavano quasi come se ci avessero buttato del sale sopra, gli dolevano punti del corpo che non sapeva nemmeno di avere e come se non bastasse l’avevano legato come un salame alla sedia e l’avevano rinchiuso in quella stanza afosa e puzzolente da quasi un’ora ormai.
Oltretutto, cominciava a sentirsi provato da quella copiosa emorragia. Si sentiva sempre più debole ed intontito, ma avrebbe preferito morire piuttosto che mostrarsi debole di fronte ai suoi peggiori nemici. Sputò violentemente a terra, sperando che i due Auror non notassero il sangue misto a saliva che aveva appena toccato il pavimento.
< Ci vuole ben altro per uno come me!> sentenziò con tono di superiorità.
Ed effettivamente il Signore Oscuro l’aveva abituato a ferite ben più gravi. Si era trovato in situazioni fisicamente molto più drammatiche.
Ma in quel caso era diverso. Era un prigioniero, nelle mani del nemico.
In poche parole, era fottuto.
La propria capacità di bluffare era l’unica cosa a cui poteva appellarsi al momento.
< Oh, ne sono sicuro Malfoy, ma ho come la sensazione che tra poco comincerai a collaborare!> gli rispose ironico Ron, continuando a fumare.
Il biondo gli rivolse un’occhiata schifata.
< Cos’è, hai intenzione di affumicarmi con quello schifo? O vuoi spegnermela addosso? Credevo che voi santarellini non poteste usare la violenza negli interrogatori!>
< Nel tuo caso non sarebbe violenza. Ti daremmo solo ciò che ti meriti, figlio di puttana>
Draco sussultò. Le corde si tesero ulteriormente contro il suo corpo seminudo, sfregando contro le profonde ferite sul suo petto e provocandogli un muto spasmo di dolore.
Ad Harry, che nel frattempo si era tranquillizzato e nuovamente seduto, parve quasi di sentirlo ringhiare.
< A me fate quello che vi pare, ma lasciate fuori mia madre o vi apro il culo!> borbottò minaccioso.
I due Grifondoro si scambiarono una fugace occhiata complice.
Bingo. Avevano trovato il suo punto debole.
< E come pensi di farlo, sentiamo... non mi pare che legato così tu possa concludere poi molto!> lo rimbeccò Ron.
< A dire il vero, ora come ora alla tua mammina potremmo fare tutto quello che vogliamo, e tu non potresti muovere un dito per difenderla!> rincarò la dose Harry.
< Sai, è buffo Coso, io so persino in quale cella di Azkaban è rinchiusa! Potremmo andare a farle una visitina di cortesia, che ne dici?>
< Non sarebbe una cattiva idea... forse potremmo chiedere a lei quello che vogliamo sapere, sono certo che sarebbe molto più disponibile di quel fetente di suo figlio!>
Ron ridacchiò, crudele.
< Si, ammesso che sia ancora in grado di parlare! Probabilmente i Dissennatori le avranno già mandato in pappa il cervello...>
A quel punto, la rabbia di Draco Malfoy esplose.
Letteralmente.
Il suo urlo riecheggiò assordante in tutta la minuscola stanzetta, ed Harry e Ron assistettero allibiti ad un dispiegamento di magia che mai avevano visto compiere prima di allora.
In un tripudio di bagliori e lampi rossi, disintegrò le corde che lo imprigionavano, trasformandole in polvere che si depositò immediatamente ai suoi piedi. Con un balzo si sollevò in piedi e la potenza di quel suo incantesimo fu tale che persino la sedia su cui era rimasto fino a pochi istanti prima ed il tavolo di acciaio di fronte a lui esplosero in mille pezzi, che sfrecciarono in ogni direzione, scagliati contro le pareti della stanza.
I due Auror deglutirono, sgranando gli occhi dallo stupore.
Quella furia si sarebbe probabilmente riversata contro di loro, se il fisico del giovane non fosse stato tanto provato dalla battaglia che aveva preceduto la sua cattura.
Avvertì un dolore lancinante in tutto il corpo, come se una scarica di 10.000 volts lo avesse folgorato. Ogni ferita, ogni singolo graffio iniziò a bruciare come l’inferno, il sangue riprese a scorrere copioso dal profondo taglio alla tempia sinistra e, lentamente, il suo contatto con la realtà che lo circondava iniziò a venir meno. Gli si appannò la vista, le gambe gli cedettero sotto il peso della stanchezza, del dolore fisico e della confusione mentale, finché non cadde a terra, piegato in due sulle proprie ginocchia.
La testa gli girava al punto tale che non riusciva più a capire dove si trovasse; i colori, le luci e le ombre che vedeva intorno a sé si sovrapponevano, creando una sorta di guazzabuglio incomprensibile, che gli ricordò quegli orribili quadri Babbani di un certo pittore, cubista o qualcosa di simile, che suo padre aveva rubato da una villetta un paio di mesi prima, dopo un raid omicida.
L’eco del suo urlo e della sua magia si erano appena spenti, che lui fece lo stesso.
Scivolò sul pavimento, disteso, perdendo completamente la propria lucidità e precipitando in un sonno affatto dolce.
Harry e Ron rimasero immobili sulle loro sedie per un paio d’istanti, fissando il corpo del biondo sdraiato a terra, svenuto, e respirando quasi affannosamente.
Attesero che i loro battiti cardiaci si regolarizzassero nuovamente poi, sempre immersi nel più totale silenzio, si alzarono lentamente in piedi.
Il rosso si avvicinò al prigioniero, brandendo la propria bacchetta di fronte a sé, guardingo. Il moretto rimase alle sue spalle, osservando la scena.
Vide l’amico inginocchiarsi accanto a Malfoy, stuzzicargli un fianco con la propria bacchetta, poi allungarsi su di lui e posargli due dita sul collo, all’altezza del pomo di Adamo.
Emise un sospiro. Harry non osò domandargli se fosse di sollievo.
< E’ andato...> gli fece, voltandosi verso di lui.
Il ragazzo sgranò gli occhi.
< Vuoi dire che è morto?!> chiese, allarmato.
< No cretino, è solo svenuto! Non vedi che respira ancora?> lo riprese Ron, alzandosi in piedi.
Harry lo raggiunse, parandosi accanto a lui di fronte a quel corpo privo di sensi.
< Credo che dovremmo curarlo, o non arriverà vivo a domani. E Merlino solo sa cosa ci farebbero i pezzi grossi se sapessero che abbiamo lasciato morire un simile prigioniero!>
< Già, troppe informazioni importanti perse...> mormorò il rosso, concordando con l’amico. Si voltò verso di lui, le sopracciglia inarcate e la sua solita aria da spaccone nuovamente sul volto.
< Ammettilo, > lo provocò < ti sei cagato addosso anche tu!>
Harry ricambiò lo sguardo. Nonostante il tono ironico delle parole di Ron, sapeva benissimo quanta verità celassero.
Era così, si erano entrambi cagati addosso. Non letteralmente, per fortuna. Ma, indubbiamente, si erano presi un gran bello spavento.
< Credo che l’abbiamo sottovalutato un po’ troppo...> sentenziò il moretto.
L’amico sospirò, squadrando il biondino a terra.
< Lo credo anch’io... forse ci basiamo troppo sul ricordo che abbiamo di lui ad Hogwarts...>
< Dobbiamo metterci in testa che non è più la stessa persona con cui avevamo a che fare cinque anni fa, Ron. Hai visto anche tu di cosa è capace. E non parlo solo dell’esplosione di prima...>
< Lo so. Forse è il caso che la smettiamo di pensare a lui come il vecchio Malfoy. Consideriamolo per quello che è adesso, o rischieremo di credere sempre di avere ancora a che fare col ragazzino presuntuoso e strafottente che era ai tempi della scuola. Insomma, allora si atteggiava a signore e padrone del mondo intero, ma non valeva una mezza cicca, adesso....>
< Se non valesse niente, non sarebbe chi è.> concluse il moro per lui.
Ron annuì, pensieroso.
Si inginocchiò a terra, afferrando il corpo privo di sensi di Draco e caricandoselo su una spalla.
< Ci penso io a lui, tu occupati di questo macello. Se Kingsley vede come questo qui gli ha ridotto la stanza degli interrogatori, minimo la fa ripagare a noi. E io ci tengo al mio stipendio, Coso!>
Harry ridacchiò.
< Ti pare che me lo dimentichi?>
Estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni, la puntò contro i detriti sparsi per tutta la stanza e mormorò “Reparo”, osservando gli oggetti ricomporsi per magia.
< Ad ogni modo,> aggiunse, mentre Ron stava varcando la soglia < non vorrei essere nei panni del poveretto che dovrà prendersi cura di lui.>
Il rosso si fermò, voltandosi verso l’amico con un’espressione scura in volto.
< Se oliassi un po’ le rotelline del tuo cervello, non ti ci vorrebbe molto per capire a chi toccherà occuparsi di un prigioniero del suo calibro. E forse, allora, vorresti essere al suo posto!> concluse, secco, per poi sbattersi la porta alle spalle.
Harry, perplesso, rimase a fissare il punto precedentemente occupato da Ron. Poi, improvvisamente, capì, e non riuscì a trattenere un’imprecazione.

~ω~


Dovrei fare qualcosa.
Lo so, è il mio lavoro. Dovrei intervenire, curarlo, guarire le sue ferite.
Eppure, sono qui immobile da non so quanto tempo, e mi limito a fissarlo.
Da quando quello sbruffone rosso è entrato qui dentro e l’ha scaraventato sul primo letto a disposizione, blaterando che “adesso toccava a me”, io non ho ancora fatto nulla. Ho solo fissato con disprezzo il suo corpo devastato e seminudo.
Nessuno dei miei colleghi è intervenuto. Sanno tutti che un compito del genere spetta a me.
Ed è vero, è una mia responsabilità.
Dannazione...
Non posso cedere così ai miei sentimenti.
Per quanto male abbia fatto a me, alla mia famiglia, alle persone a me care, e a chiunque altro al mondo, devo fare qualcosa per lui.
Ho fatto un giuramento. Ho giurato che in quanto Medimago avrei curato chiunque ne avesse la necessità, indipendentemente da tutto il resto.
Il mio compito, la mia vocazione, è salvare vite, non giudicare chi merita o meno di sopravvivere.
Vorrei lasciarlo lì, su quel letto, a morire lentamente, come lui ha fatto così tante volte.
Anzi no, sarebbe una morte troppo dolce per chi non ha mai avuto un minimo di pietà nell’infliggerla.
Ho visto le sue vittime. Ne ho curate molte, sperando di poterle salvare.
Lui non le ha solo uccise, no.
Le ha private della dignità, le ha torturate fisicamente e psicologicamente, le ha fatte soffrire e desiderare di morire, piuttosto che patire ancora tutto quel dolore.
Lui è un mostro.
Eppure, io devo salvare questo mostro.
Questi sono i momenti in cui vorrei essere al posto degli Auror.
Loro fanno giustizia, danno ad ognuno ciò che si merita.
Io no.
A me tocca far del bene indistintamente.
Anche a chi meriterebbe solo di essere preso a calci.
Anche ai Mangiamorte.
Anche a Draco Malfoy.

~ω~


Le prime luci di un nuovo mattino filtrarono dalla finestra socchiusa, ed un raggio andò a posarsi sul viso di Draco. Lentamente, i suoi occhi reagirono al calore e alla luce del sole, aprendosi.
Con lo sguardo ancora appannato, si guardò intorno.
Non riconosceva il luogo in cui si trovava. Un’asettica stanza bianca, totalmente vuota fatta eccezione per un tavolo ed una sedia, entrambi bianchi ed appoggiati al muro proprio di fronte a lui. Le persiane della finestra alla sua sinistra lasciavano filtrare il sole, ma ciò non bastava perché riuscisse ad intuire che ore fossero.
Di un orologio, neanche l’ombra.
Continuò a guardarsi intorno.
Bianco, bianco e ancora bianco.
Bianco il letto su cui era sdraiato, bianche le lenzuola che lo coprivano, bianco il comodino vuoto alla sua destra, bianca persino la flebo attaccata al suo braccio.
Ormai la sua vista era tornata chiara e lucida, perciò non era uno scherzo dei suoi occhi. Era davvero tutto così bianco.
Era quasi accecante.
Oltretutto, il bianco era un colore che aveva sempre odiato. Semplicemente perché, a suo parere, non era un colore. Piuttosto, un’assenza di esso.
Improvvisamente, la porta, bianca a sua volta, si aprì. Vide entrare una figura avvolta da un camice bianco, con indosso un paio di scarpe bianche ed occhiali da vista con la montatura bianca.
Avevano proprio una fissa per quello stupido colore!
L’unica cosa che spiccava, in mezzo a tutto quel biancume, erano i capelli del Medimago.
Lunghi boccoli color cioccolato.
Fin troppo familiari perché Draco non se ne ricordasse.
Inarcò le sopracciglia, ancora una volta sorpreso dall’ennesimo scherzo della sorte.
< Di bene in meglio...> mormorò debolmente. Si accorse di non avere ancora le forze per parlare ad un tono di voce più forte e sostenuto, anche se indubbiamente si sentiva molto meglio rispetto alla notte precedente.
Tuttavia, la moretta colse il sussurro.
Si avvicinò al letto con gli occhi fissi sulla sua cartelletta e lo sguardo imperturbabile dietro le lenti, eppure non riuscì ad impedire alle sue labbra di piegarsi in una smorfia.
Malfoy rise tra sé e sé. Era sempre la stessa.
< Vederti è un dispiacere anche per me, Granger!> le disse, mentre lei raggiungeva il suo fianco.
Hermione parve non prestargli attenzione, e si concentrò piuttosto sulla flebo. Picchiettò sul filo per controllare che il liquido scendesse nella giusta dose, dopodiché estrasse la bacchetta dalla tasca e la fece passare sopra il corpo del biondino, in modo da controllare il suo stato di salute.
< Direi che è tutto apposto...> sentenziò infine.
Draco esibì una smorfia di disappunto.
< Certo, come no! Sono in formissima! Attenta perché potrei saltare in piedi e mettermi a correre da un momento all’altro!> esclamò sarcastico.
La ragazza inspirò ed espirò profondamente, trattenendo l’istinto di mandarlo al Diavolo.
< Intendevo dire che la situazione è migliore rispetto all’ultima volta che l’ho visitata. I segni vitali sono regolari, le ferite si stanno rimarginando, sta recuperando le forze ed indubbiamente non è più in pericolo di vita!>
< Non lo sono mai stato...> borbottò lui, risentito.
< Non direi, visto le condizioni in cui l’hanno portata qui ieri sera!>
Il biondino alzò lo sguardo, fissandola.
< Esattamente, dove sarebbe “qui”?!>
Hermione si sistemò gli occhiali sul naso col dito indice.
< Questa è un’informazione che non sono tenuta a rivelarle.> rispose meccanicamente.
< Non intendo dire questo posto, so che è la vostra base segreta o qualcosa del genere e non puoi dirmi dov’è, per chi mi hai preso stupida Mezzosangue?! Mi stavo riferendo a questa odiosa stanza bianca!>
Gli occhi della ragazza si ridussero ad una fessura, non appena si sentì apostrofare con quell’epiteto.
Le sembrava quasi di essere tornata ai tempi di Hogwarts.
Si stava pentendo di averlo curato. Del resto, se n’era pentita fin da subito.
Lo sguardo della moretta non fece altro che divertire il ragazzo, che si lasciò andare in un ghigno canzonatorio.
< E poi cos’è tutta questa formalità? Mi dai addirittura del Lei?> la schernì.
< E’ una procedura standard.> rispose Hermione col suo solito tono meccanico.
< A fanculo la procedura standard. Ci conosciamo da quanto Granger, dodici anni? Dammi del tu allora! Anche perché se ti aspetti che io ti dia del lei, puoi stare fresca!>
L’ex-Grifondoro sospirò.
< Come preferisci... ora, se non ti dispiace, avrei dell’altro da fare.> fece, dandogli le spalle per andarsene.
< Si!> esclamò lui.
La ragazza si voltò nuovamente a fissarlo, perplessa.
< Si cosa?>
< Si mi dispiace! Ti ho fatto una domanda, gradirei una risposta!>
La moretta alzò gli occhi al cielo, emettendo un gemito di esasperazione.
< Quanto mi sei mancato, Malfoy...> si lamentò, sarcasticamente.
< Rispondi!> le intimò lui perentorio, incrociando le braccia al petto.
Lei sospirò, appoggiando la mano libera dalla cartelletta sul fianco ed assumendo la sua classica posa da maestrina.
Una cosa che non aveva perso con gli anni, osservò il ragazzo.
< Ok, che ti trovi nella base segreta dell’Ordine l’hai già capito da solo, e chiaramente è inutile che tu chieda dove si trovi di preciso perché nessuno di noi può e vuole dirtelo. Ad ogni modo, ieri sera versavi in condizioni piuttosto preoccupanti, quindi Ron ti ha portato da me in infermeria, dove ti ho prestato le prime cure, e poi ti ho portato qui per la degenza. Questa stanza è più isolata rispetto alle altre del reparto ed è stata creata apposta per prigionieri come te...>
< Ex-Serpeverdi terribilmente affascinanti?!> ironizzò lui, ridacchiando.
< Piantala, sai benissimo a cosa mi riferisco.> sentenziò lei, grave < Questa stanza è immune alla Magia Nera. Qui non potrai lanciare nessun incantesimo pericoloso o fattura, non potrai cercare di ferire o uccidere nessuno, né di liberarti o scappare. Non potrai Smaterializzarti e nessuno potrà Materializzarsi qui, quindi non sperare in un intervento dei tuoi amichetti Mangiamorte. >
< Insomma sono in gabbia...>
< Esattamente. Abbiamo reputato questo il luogo più sicuro in cui trattenerti durante la guarigione ed anche dopo. Le prigioni vere e proprie sono fin troppo banali per uno come te, correremmo il rischio che in un paio di giorni trovassi il modo e la maniera di evadere. Da qui invece non c’è via di scampo.>
Draco si rabbuiò.
< Evviva evviva.> mormorò mestamente.
C’aveva visto giusto la sera prima.
Era dannatamente fottuto.
Sapeva quello che avrebbero cercato di ottenere da lui e che avrebbero utilizzato ogni mezzo a loro disposizione. E, quel che era peggio, sapeva che una volta che non gli fosse più servito, se ne sarebbero liberati.
Ma non uccidendolo. Oh no, l’avrebbero tenuto in vita eccome!
In compenso, l’avrebbero spedito ad Azkaban come i suoi genitori, dove sarebbe impazzito, marcito e infine morto di stenti.
Aveva visto cosa succedeva a chi veniva rinchiuso lì dentro. Diventavano come delle bambole rotte. Vuoti, pazzi, sporchi, magri fino all’osso. Inutili.
Gente che prima moriva dentro, come persona, e dopo deperiva fuori, come essere umano.
La morte immediata era decisamente un trattamento migliore.
Da quel punto di vista forse Voldemort si dimostrava molto più umano dell’Ordine.
< Inoltre, > proseguì la Granger, distogliendo il Mangiamorte dai suoi pensieri < io sarò l’unica persona che vedrai per tutto questo periodo, salvo qualche eventuale “visita” di Harry e Ron per interrogarti.> Il ragazzo alzò lo sguardo, perplesso, incontrando quello della moretta.
< E perché questa punizione?>
Le labbra di Hermione si contrassero.
< Perché io sono il primario dell’infermeria e quindi oltre ad i casi più gravi mi spettano anche le rogne ed i pezzi grossi. Per il resto, nessun altro è autorizzato ad entrare qui dentro o a venire in contatto con te, quindi per quanto la mia presenza possa risultarti sgradevole, e ti assicuro Malfoy che per me la situazione non è tanto migliore, converrà che ti ci abitui!>
Il ragazzo rimase in silenzio ad osservarla durante il suo accalorato intervento.
Notò come fosse diversa eppure al tempo stesso uguale a quella che ricordava ai tempi di Hogwarts.
Era più donna, più autoritaria, più adulta, più matura. Persino più carina.
No, carina no, una come lei non poteva essere definita a quel modo.
Semplicemente non era più così ripugnante come cinque anni prima.
Eppure, sotto sotto, era sempre la stessa.
Era sempre la Signorina So-tutto-io, quella dall’atteggiamento fiero e superiore, piena d’importanza, seriosa. Quella che si indispettiva ogni volta che si sentiva chiamare “Mezzosangue”, impaziente, per nulla diplomatica e fin troppo trasparente, al punto che le si leggeva in faccia tutto ciò che provava.
Anche in quel caso, gli bastava guardarla per capire che avrebbe desiderato essere da qualunque altra parte piuttosto che lì, e che non vedeva l’ora di andarsene.
Lo leggeva dal suo sguardo spazientito, dal suo piede che tamburellava sul pavimento di marmo, dalle sue labbra corrucciate, dalle sopracciglia piegate verso il basso, dal tic nervoso con cui picchiettava la cartelletta contro la propria coscia destra.
Eppure...
C’era qualcosa.
Qualcosa che non aveva mai visto in lei. O forse non aveva mai notato.
Qualcosa che non c’entrava niente con gli altri motivi per cui sembrava diversa.
Qualcosa che non riusciva ad evitare di guardare.
I suoi occhi.
C’era un che di magnetico in quei due occhi color nocciola. Una luce che non aveva mai visto, non solo in lei, ma in nessun altro.
Sembravano due fari, talmente brillavano. O forse, molto più probabilmente, era solo una sua impressione. Nessuno ha degli occhi così lucenti.
Eppure, a lui sembravano quasi accecanti.
Risplendevano come un fuoco, come una luce potentissima, come un lampo in un cielo scuro, come il sole in una giornata senza nuvole.
Non sapeva dire se fosse a causa di quel discorso concitato, che le aveva leggermente imporporato anche il resto del viso, ma quegli occhi erano la cosa più splendente che avesse mai visto in vita sua, ne era certo.
La lasciò parlare, poi, continuando a fissarla, piegò le labbra in un mezzo sorrisetto.
< Ci proverò...> disse semplicemente in risposta.
I suoi occhi erano ancora fissi in quelli di Hermione. La ragazza aveva sostenuto il suo sguardo per un bel po’, ma ora cominciava a sentirsi profondamente in imbarazzo per quel prolungato contatto visivo.
Fissare così intensamente le persone l’aveva sempre messa a disagio, ma Malfoy era sempre stato il peggiore in questo senso, fin dai tempi della scuola.
Forse perché, tutto sommato, quei suoi occhi dall’indefinibile color grigio-azzurro erano l’unica cosa di lui che le fosse mai piaciuta. Anche se si rifiutava di ammetterlo persino a sé stessa.
Sbatté le palpebre, spostando il proprio sguardo in direzione della finestra.
< Ho soddisfatto tutte le tue curiosità, mi pare, quindi posso anche andarmene adesso.>
Gli diede nuovamente le spalle, dirigendosi a passo sostenuto verso la porta.
Malfoy sogghignò tra sé e sé; era certo che, fissandola a quel modo, l’aveva messa in difficoltà, ed anche se non era nei suoi piani, non poteva negare che la cosa gli procurasse un certo piacere.
La moretta stava quasi per aprire la porta della stanza, quando si sentì richiamare.
< Granger.>
Sospirando, voltò la testa quel tanto che bastava per guardarlo.
< Che c’è ancora?>
< Cosa sono io, una rogna o un pezzo grosso?> domandò sfacciatamente.
Hermione colse il riferimento alla sua frase di qualche istante prima.
< Sfortunatamente, entrambi.> sentenziò aspramente, per poi lasciare la stanza.
Il ragazzo ridacchiò sotto i baffi, scrollando la testa.
Tutto sommato, non era poi così spiacevole: era la seconda volta in quasi due giorni che i suoi vecchi ed odiatissimi compagni di scuola lo definivano, loro malgrado, un pezzo grosso.
Dopotutto lo era. Eccome.
Anche se era ben consapevole delle scocciature che ciò gli avrebbe comportato in quella situazione di prigionia.
Inclinò leggermente la testa, osservando il sole che filtrava dalle persiane della finestra. Ogni traccia di divertimento e sbruffoneria era scomparsa dal suo volto, lasciando spazio ad uno sguardo stanco e pensieroso.
Tornò a rivolgere una rapida occhiata alla stanza, poi di nuovo al raggio di sole e poi ancora alla stanza.
Si stupì non poco di sé stesso, scoprendosi ad ammettere che da quando la Granger se n’era andata, la stanza gli sembrava un po’ più buia di prima.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Wow, sono colpita! O.o
Non mi aspettavo un simile seguito per il primo capitolo, sono lusingata!!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, seguito, messo tra i preferiti, ricordato... anche solo chi ha aperto la pagina per sbaglio e l'ha subito richiusa, grazie di cuore a tutti!
E grazie in particolar modo a chi mi ha recensito: Whitney (sono contenta che tu abbia apprezzato il mio consiglio sulla canzone! Anch'io l'ho trovata fin da subito adattissima a loro, ormai quando la ascolto non riesco a non immaginarmela incentrata su Draco ed Hermione!), stefy89d, Mirya (grazie mille per il suggerimento sul "se stesso", e se noti qualche altro eventuale errore, non farti scrupoli a segnalarmelo!), ross_ana e barbarak. Grazie grazie grazie, davvero!! ;)

Speravo di riuscire a postare questo secondo capitolo un pò prima, ma purtroppo tra l'università ed altri impegni vari il tempo non è decisamente dalla mia parte!
Ad ogni modo, penso di essere stata abbastanza veloce, tutto sommato.
Perciò, sperando che per il prossimo aggiornamento non vi siano intoppi e/o ritardi, vi lascio alla lettura!
















2.

“Child of light, shining star
Fire in her heart”







Respira Hermione, respira.
Ce la puoi fare.
Non è mica nulla di così trascendentale! Si tratta solo di fare il tuo lavoro.
Devi prenderti cura di un paziente.
Un paziente ferito.
Un povero paziente ferito.
Un povero paziente ferito che potrebbe farti fuori nel giro di pochi secondi.
No, non hai nulla da temere, sei al sicuro in quella stanza, la sua magia non funziona quindi non può farti un fico secco.
In teoria...
Potrebbe sempre decidere di strangolarti.
Oh Merlino, potrebbe farlo seriamente!!!
Dannazione, sono protetta dagli incantesimi, ma non dalla violenza fisica!
Per la maledettissima miseriaccia, quello mi ammazza!
Si si, lo so, mi ammazza.
Prima della fine della settimana mi fa fuori.
Settimana?! Prima della fine della GIORNATA!
No... no...
Calma...
Respira a fondo, fai arrivare l’ossigeno al cervello...
Non può farti niente.
E’ un Mangiamorte, è vero. Anzi, è IL Mangiamorte.
Ma non può farti niente.
Pensa positivo, non avere paura.
E’ Malfoy... è lo stesso Malfoy che hai incrociato ogni giorno per sette anni nei corridoi della scuola. La cosa peggiore che ti abbia mai fatto è stata chiamarti Mezzosangue.
Stai tranquilla, andrà tutto bene.
Mal che vada, Harry e Ron vendicheranno la tua morte...
Sai che consolazione!



~ω~





Hermione entrò nella stanza riservata a Draco Malfoy, per la sua quotidiana visita delle sette. Non si stupì di trovarlo nella stessa posizione delle mattine precedenti, sdraiato e col viso rivolto verso la finestra socchiusa.
Tanto meglio, preferiva non incontrare affatto il suo sguardo.
Avanzò col suo solito incedere sicuro e fiero.
Una farsa.
In realtà, era terrorizzata.
Per quanto poco prima di fare il suo ingresso nella stanza avesse tentato una sorta di training autogeno con la speranza di calmare gli incontrollabili battiti del suo cuore spaventato, era servito a ben poco.
Non poteva nasconderlo a se stessa, aveva una paura folle di lui in quel momento.
L’importante era solo non darlo vedere all’ex-Serpeverde.
Ricordava fin troppo bene gli insegnamenti ricevuti all’Accademia di Medicina Magica. Una delle prime regole che le avevano trasmesso era “mai mostrarsi spaventati”. Una sorta di prestito dal mondo animale.
Non c’è cosa peggiore che titubare ed indietreggiare di fronte ad una belva ferita. Ti si pappa in un sol boccone, prima ancora che tu ti renda conto di cosa sta succedendo.
Quando il professor McLandley usò quelle parole, lei e tutti i suoi compagni di corso sorrisero a quel buffo ed insolito paragone.
Ma mai come in quel momento, capiva che l’espressione era decisamente azzeccata.
Si avvicinò al letto con passi lenti ma decisi. Malfoy non parve prestarle la minima attenzione, continuava a fissare i pallidi raggi di sole del primo mattino con uno sguardo indecifrabile.
La ragazza non poté evitare di sentirsi quasi rasserenata da quel pesante silenzio. Indubbiamente, era molto meglio di ciò che era avvenuto nei tre giorni precedenti.

Sapeva che prima o poi sarebbe successo.
Le ferite che aveva riportato erano troppo gravi e troppo profonde perché gli bastasse una sola notte per rimettersi. Era troppo poco, persino per uno come lui.
Sapeva che da un momento all’altro l’antidolorifico che gli aveva iniettato via flebo avrebbe esaurito i suoi effetti. Sapeva che presto avrebbe iniziato a sentire il dolore. Un dolore atroce, acuto, penetrante, quasi disumano.
Ma non aveva idea che la sua reazione sarebbe stata tanto spropositata.
Soffriva, e anche parecchio, doveva dargliene atto. Ma ciò non giustificava la rabbia e la cattiveria con cui si era scagliato contro di lei. Non giustificava le urla, gli insulti, la distruzione di qualunque oggetto fosse presente nella stanza, che Hermione era stata costretta a riparare più volte per ritrovarlo puntualmente ad ogni nuova visita distrutto un’altra volta.
Non giustificava l’aggressione verbale di cui era stata vittima per tre giorni di fila.
E soprattutto, non giustificava l’aggressione fisica del giorno prima.
Sempre immersa nel silenzio quasi lugubre di quella stanza, sondò il corpo del biondino con la propria bacchetta, per controllare le sue condizioni.
Il suo sguardo si posò quasi involontariamente sul braccio destro del ragazzo, abbandonato sul lenzuolo bianco. Il Marchio Nero troneggiava, maestoso e terrificante, segnando a vita quella pelle emaciata e liscia.
Rabbrividì, al pensiero di ciò che quel tatuaggio significava.
Un lungo brivido le percorse la schiena, quando rifletté su ciò che il giovane che le stava davanti aveva compiuto in nome di quel disegno.
E non poté evitare di sussultare, al ricordo di ciò che era avvenuto la sera prima. Come in un flashback, rivide nella sua testa la scena che aveva vissuto.
Ripensò a Malfoy che, livido e furente, le si avventava contro, ringhiando come un animale; alla violenza con cui l’aveva spinta schiena contro il muro; alla forza con cui la sua mano si era chiusa sul suo collo, mozzandole il fiato. Ricordò l’orrenda sensazione di soffocamento, i suoi piedi che sfioravano il pavimento solo con le punte, le sue deboli mani che cercavano inutilmente di liberarsi da quella stretta. Anche la sera precedente si era soffermata ad osservare quel tatuaggio. Ma da una prospettiva ben diversa.
Se ora era solo il minaccioso monito di ciò che era stato e sarebbe potuto essere se lui non si fosse fermato di colpo, alcune ore prima aveva rappresentato per lei quanto di più prossimo alla morte.
L’aveva visto pulsare sopra le sue vene tese dallo sforzo e dalla rabbia. E poi, aveva visto i suoi occhi.
Quegli occhi che ogni volta la sconcertavano per la loro bellezza, ma che in quel momento, dilatati e lucidi per il dolore e la furia, le avevano solo fatto provare un indicibile terrore.
Era certa che non sarebbe uscita viva da quella stanza.
Sentiva che la sua ora era giunta. Le forze la stavano lentamente abbandonando, facendola scivolare verso un penoso oblio.
Ma poi, fortunatamente, Malfoy era rinsavito.
Si era bloccato di colpo, mollando la presa sul collo della moretta. Debole e provata, lei era crollata a terra, incredula nell’essere ancora viva. Aveva inspirato ed espirato rapidamente, più e più volte, con una foga che forse mai aveva avuto prima. Aria, aveva bisogno solo d’aria, di quell’aria che le era stata negata per lunghi ed interminabili minuti, nemmeno lei sapeva quanti di preciso.
Il ragazzo era rimasto immobile a fissarla, ad occhi sgranati.
Come se avesse realizzato solo in quell’istante ciò che aveva fatto, e ne fosse spaventato a sua volta.
Poi, voltandole le spalle, le aveva intimato di andarsene.
L’aveva sussurrato, in tono più supplicante che minaccioso, ed Hermione non se l’era fatto ripetere due volte.
Non aveva chiuso occhio quella notte, ripensando continuamente a ciò che era successo.
E neanche Draco era riuscito a dormire.
Non era il gesto in sé ad averlo turbato. Aveva fatto ben di peggio in vita sua.
Lo sconcertava il fatto che avesse agito senza alcun controllo né volontà. Era stato schiavo del proprio dolore fisico, ed aveva reagito irrazionalmente.
Si era trasformato in un animale per alcuni minuti. Pochi, brevi minuti, che alla moretta erano quasi costati la vita.
Ma la cosa peggiore per lui era la sensazione viscerale che provava. Quella era ciò che non gli permetteva di dormire.
Era... come definirla?
Una sorta di fitta allo stomaco, una sensazione di disagio, come se il suo intestino si stesse torcendo su se stesso.
Se ne stupiva lui per primo, ma la verità era che si sentiva in colpa.
Era pentito.
Pentito per il male che aveva fatto.
Provava rimorso nei confronti della Granger.
Nei confronti di una Mezzosangue. Della Mezzosangue che più odiava al mondo.
Mai aveva provato nulla di simile.
Aveva torturato, ucciso, distrutto famiglie, inflitto sofferenze fisiche e psicologiche.
E mai, per un solo istante, aveva provato un minimo di compassione per le sue vittime, mai un minimo senso di colpa.
E adesso, per una “banalità” come quella, si sentiva uno schifo.
Che gli succedeva? Forse l’emorragia alla testa l’aveva rincitrullito?
Hermione aveva ormai finito di visitarlo, senza che una sola parola fosse stata pronunciata. Non gli aveva chiesto come si sentiva, non l’aveva salutato, non aveva minimamente accennato all’episodio della notte precedente.
E Draco, a sua volta, era rimasto in un silenzio. Un silenzio di tomba.
La ragazza estrasse una penna dal proprio taschino e la utilizzò per annotare un paio di informazioni sulla cartelletta, dopodiché si voltò, dirigendosi verso la porta.
< Aspetta.> la bloccò il biondino, richiamandola.
La Grifondoro si bloccò di colpo. Si morse il labbro inferiore, deglutendo. Continuò a rivolgergli le spalle, invitandolo a proseguire solo col proprio silenzio.
Non sapeva cosa dire, e anche se avesse voluto, era quasi certa che non sarebbe riuscita a pronunciare una parola.
Il ragazzo rimase muto per qualche secondo. Nemmeno lui sapeva cosa dire.
O meglio, lo sapeva, ma non aveva idea di come farlo.
Alla fine, optò per il metodo più semplice e diretto.
< Mi dispiace...>
Hermione sbatté un paio di volte le palpebre, incredula.
No, non stava sognando. Malfoy aveva veramente detto quelle parole. E le aveva dette a lei.
Si voltò, girando su se stessa con una sorta di mezza piroetta, e rimase attonita a fissarlo mentre lui, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo della ragazza, proseguiva.
< Per quello che è successo ieri sera, intendo... mi dispiace di averti aggredita così...>
La moretta sospirò.
Quelle scuse la gratificavano, doveva ammetterlo. Le veniva quasi da sorridere per la soddisfazione.
Quasi.
< Non importa, non devi scusarti.> gli disse, per nulla sincera. Era quasi una sorta di proforma, la classica risposta alle scuse di qualcuno che ti pesta inavvertitamente un piede. Più una cortesia che altro.
Malfoy inarcò le sopracciglia quasi involontariamente, e le lanciò un’occhiata perplessa. Si sarebbe aspettato fuoco e fiamme da lei, non certo questa banalizzazione di quanto accaduto.
< Non sei il primo Mangiamorte con cui ho a che fare. Ho una certa esperienza ormai. Sono abituata a sentirmi sbraitare contro e quant’altro. E poi mi rendo conto che dev’essere difficile sopportare questa situazione... voglio dire, il dolore, la prigionia e tutto il resto...> proseguì lei.
Lo punse sul vivo, inutile dirlo.
< Ehi ehi, piano! Non generalizziamo a vanvera, per piacere! Io non sono mica paragonabile ad un qualunque Mangiamorte!> rispose Draco concitato, tirandosi su a sedere.
Hermione non riuscì ad evitare un sorrisetto.
Eccolo lì, il vecchio Mister Sono-il-principe-delle-Serpi-e-come-me-non-c’è-nessuno. Le era quasi mancato. Lo credeva morto per sempre, sepolto da quel nuovo lui più spaventoso ed incredibilmente più pericoloso.
Il biondino si accorse di quel ghigno, e rispose contraendo le labbra in una smorfia.
< Ti stai burlando di me Granger?> le domandò, ironico.
La ragazza scosse la testa in senso di diniego, sorridendo.
< Affatto.> si sfilò gli occhiali da vista dal naso, li richiuse e li appese per una delle stanghette al taschino del suo camice. < Constatavo semplicemente che, nonostante gli anni, sottosotto sei sempre lo stesso di Hogwarts.>
Il ragazzo si fece improvvisamente serio.
Hermione si allarmò. Forse aveva detto qualcosa di sbagliato.
Ad ogni modo, cercò di non darglielo a vedere. Si era già mostrata fin troppo debole ai suoi occhi per rincarare ulteriormente la dose.
< Sei la prima che me lo dice...> fece lui, quasi in un sussurro.
La moretta trattenne un respiro.
Forse si stava avventurando in un terreno pericoloso, eppure non riuscì a trattenersi dal rispondergli.
< Perché, gli altri invece che ti dicono?>
Malfoy la fissò intensamente per un paio di secondi, che ad Hermione parvero interminabili.
< Esattamente, tu cosa sai di me?> le chiese poi.
< In che senso?>
< Di quello che sono diventato, delle cose che ho fatto da quando sono entrato a far parte dei Mangiamorte...>
La ragazza scrollò le spalle.
< Beh, a parte quello che ovviamente sa tutta la Comunità Magica...>
< Ovviamente...> sottolineò lui, con un ghigno.
< Non tantissimo a dire il vero.> proseguì lei < Più che altro, ho sentito parecchie storie sul tuo conto, ma non...>
< Che tipo di storie?> la interruppe l’ex-Serpeverde.
Hermione si morse il labbro inferiore, incerta se proseguire o meno.
< Storie su quante persone ho ucciso?> la incalzò lui < Su quelle che ho torturato sia per conto del Signore Oscuro che per mio piacere personale? Storie su come Voldemort mi abbia più volte affidato il compito di scovare ed eliminare i traditori della nostra causa e io l’abbia fatto, anche se alcuni di essi erano miei ex compagni di Casata? Su come abbia fatto fuori persino i miei vecchi “amici” Tiger e Goyle? O ancora, storie su come ho ucciso in tutti questi anni? Sui miei metodi, definiti non ortodossi persino per un Mangiamorte? Su come ho costretto le mie vittime ad implorarmi in ginocchio di ucciderle, pur di far cessare le loro tremende sofferenze? Sul fatto che quasi nessuno è uscito vivo da un combattimento contro di me, e quelli che l’hanno fatto hanno comunque avuto un destino peggiore di chi invece è deceduto? Sono queste le storie che hai sentito?>
Non furono tanto le parole che usò, né le scene che richiamarono alla mente della moretta, quanto il suo tono di voce, così freddo e distaccato, a farla rabbrividire.
Una voce che non tradiva alcuna emozione, così come il suo sguardo, impassibile per tutta la durata di quel macabro monologo. Quasi come se le avesse appena parlato del tempo, o di cosa aveva mangiato per cena la sera precedente.
Aveva pronunciato quelle parole con una tale leggerezza, che davano l’impressione di essere per lui completamente vuote, prive di un qualche significato. Eppure, ciò nonostante, il modo in cui le disse la terrorizzò.
Solo in quel momento comprese ciò che Harry le aveva spesso ripetuto.
Non è urlando che si spaventano le persone. Un urlo può far sussultare perché è improvviso e frastornante, ma annoia subito e da fastidio. Sono le frasi dette sottovoce quelle che incutono vero terrore.
Quello era il metodo di Voldemort. Si rivolgeva alle sue vittime con voce dolce e melliflua, agghiacciandole.
E, a quanto pareva, era anche il metodo di Draco Malfoy.
< Beh... si.> gli rispose, esitante.
Il volto del biondino rimase imperturbabile, i suoi occhi fissi in quelli di Hermione.
< Allora non sono storie...>
Lei lo fissò a sua volta, deglutendo.
Non era certo una novità, sapeva bene con chi aveva a che fare. Lo aveva visto coi suoi occhi, attraverso i corpi devastati che si era ritrovata spesso a tentare di curare ed i cadaveri maciullati che troppe volte avevano varcato la soglia dell’obitorio dell’Ordine. Lo aveva provato sulla sua pelle una manciata di ore prima. Tuttavia, sentire lui stesso che lo ammetteva era un’altra cosa.
< Lo immaginavo... anche se, onestamente, non avevo idea che tu fossi capace di tanto...>
Malfoy annuì.
< Ed ecco la risposta alla tua domanda.>
La ragazza parve non capire.
< Eh?> gli fece, perplessa.
< Mi avevi chiesto cosa mi dicono gli altri...> rispose lui semplicemente, sistemandosi meglio a sedere sul materasso e poggiando la schiena contro il cuscino. < Questo è esattamente ciò che tutti, Mangiamorte e non, mi dicono di solito: “Non avevo idea che tu fossi capace di tanto”. Me lo sono sentito ripetere così spesso in questi ultimi cinque anni che ormai non ci faccio neanche più caso.>
Hermione si avvicinò lentamente al fondo del letto, poi si sedette sul bordo del materasso, poggiando delicatamente la cartellina sulle ginocchia piegate.
Malfoy non poté trattenersi dal guardarla. Un tempo non si sarebbe seduta a quel modo. Avrebbe optato per una posizione ben più comoda e molto meno elegante.
Ora, seduta così compostamente, sembrava davvero una signora a modo.
Faceva la sua figura, dovette ammettere con se stesso.
< Non mi meraviglia che te lo dicano tutti.> riprese improvvisamente lei, distogliendolo da quell’esercizio di osservazione ed analisi < E’ la verità. Credo che quasi nessuno si aspettasse qualcosa del genere da te.>
Draco storse il naso.
< Grazie tante...> mormorò.
< Non sto cercando di sminuirti o cosa. Tutti sapevamo che saresti diventato un Mangiamorte, e tutti sapevamo che saresti stato un valido elemento per l’esercito di Voldemort. Insomma, per quanto spesso a scuola fossi più fumo che effettivo arrosto, era impossibile negare che te la cavassi. Avevi voti altissimi, seguivi un sacco di corsi, riuscivi bene praticamente in tutto...>
Il biondino ridacchiò sotto i baffi.
< Stiamo ancora parlando di me?!> domandò sarcastico, scoccandole un’occhiata.
Hermione inclinò leggermente la testa, sorridendo.
< Beh si, è vero, per certi versi non eri tanto diverso dalla sottoscritta. Forse, eri l’unico degno rivale che avessi a livello scolastico ed intellettuale. E probabilmente, se non ci fossi stata io, il ruolo di primo della classe sarebbe toccato a te.>
< Merlino, allora ringraziamo il Cielo per averti mandata ad Hogwarts!!> esclamò lui, fintamente melodrammatico. < Non si è mai visto un Malfoy secchione sfigato, non sia mai!>
< Uhm, ora sono io che ti ringrazio!> sottolineò Hermione.
< Prego Granger!> replicò il biondo, ridacchiando.
La moretta alzò gli occhi al cielo. Si era sentita apostrofare “secchiona” e “sfigata” tante di quelle volte che ormai aveva perso il conto.
< Il punto è > riprese < che sebbene tutti si immaginassero quale sarebbe stata la tua sorte, nessuno credeva che saresti arrivato a questi livelli. E non perché tu non ne fossi effettivamente in grado, solo che...>
< Non ne davo l’impressione?> concluse Draco per lei.
< Esatto...>
Il ragazzo inarcò le sopracciglia.
< Anche Tom Riddle era, a detta di tutti, uno studente modello ed un bravo ragazzo...> suggerì.
< Appunto, tu non sei mai stato un bravo ragazzo!> replicò lei schietta, sfoggiando un sorriso canzonatorio.
Malfoy rispose a sua volta con la stessa espressione.
Se un tempo avere a che fare con la Grifondoro per più di dieci secondi era per lui quanto di più odioso al mondo, dovette riconoscere che in quel momento invece quegli scambi di battute non gli dispiacevano affatto.
Anzi.
Quando la Granger era lì con lui, riusciva a non sentire più quel senso di oppressione fisica e mentale che l’accompagnava per tutto il resto della giornata. Da un certo punto di vista, si poteva quasi dire che stesse bene in sua presenza.
Quasi, ovviamente.
Il silenzio che calò subito dopo la sua ultima frase fu per Hermione il segnale che la conversazione era terminata.
Si rialzò con l’intenzione di andarsene e, con un rapido gesto della mano, si sistemò i bordi leggermente spiegazzati del camice.
< Comunque dicevo sul serio...>
La voce di Malfoy richiamò la sua attenzione. La moretta risollevò lo sguardo, incontrando quello nuovamente serio del ragazzo.
< Non avevo intenzione di farti del male. E’ stata una reazione eccessiva e spropositata, me ne rendo conto e mi scuso. Ti assicuro che non accadrà più.>
Hermione sbiancò.
Altre scuse. Ben più articolate.
Non si aspettava certo una cosa del genere da lui. Non era psicologicamente pronta a tanto.
Dopo un istante di stupefatto smarrimento, riuscì a riprendere il controllo di sé.
< Lo spero per te, perché se un episodio del genere si dovesse ripetere, ti assicuro che sarà l’ultima cosa che farai nella tua vita.> gli rispose, assumendo quel tono saccente che l’aveva accompagnata per tutta la sua adolescenza.
Il biondino sorrise, ironico.
< Certo...> mormorò, voltandosi a fissare la finestra socchiusa.
La ragazza si diresse verso la porta, pronta a riprendere il suo normale giro di visite agli altri pazienti.
Mentre il rumore dei suoi tacchi rimbombava dal freddo marmo del pavimento alle pareti della stanza, entrambi riflettevano su come quella sua ultima minaccia fosse infondata e per nulla credibile.


~ω~





Ora capisco cosa prova un uccello in gabbia.
Anzi no. Un topo.
Un fottutissimo, lurido topo, rinchiuso in una buia gabbia e lasciato senza né cibo né acqua.
Non che qui mi lascino a morire di stenti. Piuttosto, mi trattano fin troppo bene, tenendo conto del motivo per cui sono qui.
Non so se lo facciano per pietà o per paura.
Forse è più probabile la seconda opzione. Dubito di essere una persona che possa suscitare pietà.
Magari un paio d’anni fa avrei anche potuto esserlo.
Ma ormai...
Con tutto quello che ho fatto, con ciò che sono diventato, credo seriamente di non poter indurre nemmeno un briciolo di compassione nella gente. Nemmeno se mi vedessero agonizzante e moribondo, a piangere tutte le mie lacrime ed implorare il perdono per i miei peccati.
Che sia chiaro, io non ci tengo affatto a suscitare questo tipo di sentimenti!
Io sono nato per incutere terrore, paura, rabbia, risentimento. Non certo compassione o tutte quelle altre stucchevoli emozioni.
Non le faccio provare, e nemmeno lo voglio!
Eppure....
Eppure, quando guardo Lei negli occhi, c’è qualcosa.
Non mi guarda come fanno tutti gli altri.
Anche Lei ha paura spesso, me ne rendo conto. Soprattutto dopo l’altra notte.
Ho notato il suo modo di fare guardingo, o come sussulta ad ogni mio cambio di espressione. Studia ogni mio movimento, per valutarne le conseguenze.
Studia me, come faceva ad Hogwarts con gli Ippogrifi, o tutti quegli altri stupidi animali.
Di solito mi da fastidio essere analizzato a quel modo dalla gente.
Ma non se lo fa Lei.
Si potrebbe quasi dire che mi piaccia...
Non Lei, no!
Il modo in cui mi guarda mi piace... non è lo stesso sguardo di timore misto a disprezzo che mi rivolgono tutti gli altri...
C’è qualcos’altro sotto.
C’è altro persino sotto la sua paura.
Non saprei come definire quel bagliore che le vedo negli occhi.
Non ho idea se si tratti veramente di compassione, o comprensione, tenerezza....
Pietà...
No, questo non mi piace affatto.
Non voglio suscitarle pietà.
A nessuno, ma soprattutto non a Lei.
Anche se, da un certo punto di vista, ultimamente c’è qualcuno che sta iniziando a provare pietà per me.
Io.
Io provo pietà per me stesso.
E non per la condizione di prigionia in cui vivo, o per la degenza, o per il fatto di essere stato soggiogato da Scemo e più Scemo, o peggio per la prolungata assenza dal campo di battaglia.
No, non per questo.
Nemmeno per il fatto che ormai l’unica occupazione delle mie giornate sia fissare una misera finestrella che mi proietta un paesaggio neutro, una campagna verde che probabilmente nemmeno esiste. O, se esiste, io di certo non sono in grado d’identificarla.
No. E’ la mia dipendenza che mi fa provare pietà per me stesso.
Non so se dipendenza sia la parola più calzante per definirla.
Quello che so per certo, è che ormai vivo solo in base a quello.
La mia lucidità mentale persiste solo perché grazie a quello tutto acquista un senso.
Le mie giornate vanno avanti blandamente, in attesa di quello.
Tutto il mio mondo ormai ruota intorno a quello.
Quello.
Il momento in cui Lei fa il suo ingresso.



~ω~





Draco non sapeva che ore fossero di preciso, ma a giudicare da come la stanza si stava lentamente rabbuiando, non gli risultava difficile immaginare che fosse ormai tardo pomeriggio. Forse addirittura già sera.
Ciò significava che di lì ad un paio di minuti, Hermione sarebbe arrivata.
Si ritrovò a sorridere tra sé e sé. Il pensiero di lei in quella stanza gli dava immediatamente una sensazione di benessere.
Ancora non si capacitava di tutto ciò.
Passava le sue giornate a fissare la finestra aspettando che lei arrivasse.
Non sapeva se ridere o piangere di quella situazione.
Doveva mordersi la lingua, questo era certo.
Non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura quanto gli piacesse passare quei pochi minuti in presenza della Granger.
Pochi minuti che poi, stranamente, diventavano sempre più di quanto previsto.
Quarti d’ora.
Mezz’ore.
Quella mattina addirittura un’ora intera.
Chissà, magari anche a lei non dispiaceva stare lì con lui.
Altrimenti, quel suo continuo attardarsi non si spiegava.
Il biondino ridacchiò.
Ok, fondamentalmente lei rimaneva sempre di più nella sua stanza perché iniziavano a discutere e a lanciarsi frecciatine.
Però, era anche vero che avrebbe potuto semplicemente mandarlo al Diavolo, voltargli le spalle ed andarsene. Invece no, restava lì a rispondergli. Ed ovviamente, una risposta di lei generava una contro-risposta di lui, e via dicendo.
Ma non solo.
Spesso avevano chiacchierato.
Ebbene si, Draco Malfoy ed Hermione Granger che chiacchieravano.
Non ripescavano certi i “bei vecchi ricordi” di Hogwarts, non parlavano della Guerra né della situazione attuale del Mondo Magico, né si raccontavano rispettivamente dei fatti salienti delle loro vite private. Più che altro, parlavano l’uno dell’altra in relazione a qualcosa che era saltato fuori da una battutina.
Eppure, era quasi come confidarsi. Quasi definibile “una normale conversazione tra adulti”.
E, ascoltandola parlare, il ragazzo si era reso conto di come in tutti quegli anni il suo giudizio sulla moretta fosse stato indubbiamente contaminato dai pregiudizi.
L’aveva sempre creduta una sciacquetta secchiona, una che aveva appreso la teoria sgobbando sui libri ma che in pratica era interessante quanto il fondo vuoto di una tazzina di tè.
Invece si era sbagliato. Ed anche di parecchio.
Al di là delle sue indubbie conoscenze magiche, Hermione era una donna di carattere. Aveva un’opinione praticamente su tutto, sapeva tantissime cose e si interessava di centinaia di argomenti differenti. Non era una bella statuina, aveva un cervello che lavorava ad un ritmo irrefrenabile.
Ed era curiosa come una scimmia. Ciò che non sapeva, pretendeva di conoscerlo immediatamente.
Era quasi intenerito dallo sguardo avido con cui lo fissava ogni volta che le parlava di qualcosa per lei nuovo.
E faceva domande. A non finire.
Domande intelligenti, mirate, curiose. Domande a cui esigeva sempre una risposta.
E non una risposta qualsiasi. Una che la soddisfacesse.
Ascoltava, registrava mentalmente ed imparava.
Riusciva ad imparare persino da uno come lui.
Ora non gli sembrava così strano che fosse diventata una strega dal simile talento, sebbene fosse nata Babbana. E non gli risultava difficile capire come, a soli ventidue anni, rivestisse già una carica di tale importanza.
Era in gamba come pochi.
I suoi pensieri furono interrotti da una fitta perforante al braccio destro.
Sapeva cosa significava.
Strinse con forza un lembo del lenzuolo bianco col pugno, affondando gli incisivi nel labbro inferiore.
L’avambraccio era teso, pulsante. Le vene sembravano quasi tentare di saltare fuori da quello strato protettivo di pelle.
I contorni del Marchio Nero erano diventati rossi.
Bruciavano come l’Inferno. Sembrava quasi che gli stessero perforando tutto il braccio, ossa comprese.
Ma non un solo lamento o un respiro più profondo fuoriuscì dalle labbra di Draco Malfoy.
Si limitò a sopportare, in un silenzio quasi religioso.

Fu così che Hermione lo trovò, quando entrò nella sua stanza qualche minuto dopo.
Seduto a gambe incrociate sul letto, la schiena tesa contro il cuscino, lo sguardo serio e rigido rivolto alla finestra, ed il lenzuolo stretto nel pugno destro.
Capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava.
Gli si avvicinò, cauta. Pronta a reagire in caso di necessità.
< Che c’è che non va?> gli domandò, con voce preoccupata.
Malfoy, senza dire una parola, si voltò a fissarla. Poi, con un’occhiata, ammiccò al proprio braccio.
La moretta seguì il suo sguardo, e vide il tatuaggio fiammeggiare. Temeva che la sua carne iniziasse a bruciare da un momento all’altro. Le sembrava già di vedere il fumo.
< Fa male?> gli chiese, ingenuamente.
Una domanda sciocca, si disse. Pronunciata con lo stesso tono di una bimba di cinque anni ed uscitale altrettanto spontaneamente.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
< Non ne hai idea...> sussurrò a fatica.
Hermione si rese conto, dal tono sofferente della sua voce, di come stesse tentando di sopportare quel dolore, e che parlare non l’avrebbe aiutato.
Si sedette sul bordo del letto, a fianco a lui, in silenzio. In attesa che il Marchio smettesse di bruciare.
Si morse l’angolo destro del labbro inferiore, riflettendo. Poi, bisbigliando a mezza voce, fece comparire dal nulla un cubetto di ghiaccio, e lo premette delicatamente sul tatuaggio.
A quel contatto freddo, Malfoy ebbe un lieve sussulto.
< Va un po’ meglio?> gli domandò innocentemente.
Lui la fissò con un’espressione indecifrabile, annuendo stancamente.
Era stupefatto.
Questo non rientrava decisamente nei suoi compiti di Curatore. Questa non era prassi lavorativa, era gentilezza.
Un gesto disinteressato, fatto solo per dargli sollievo.
E diamine se gliene dava!
Se non fosse stato assolutamente certo che quella davanti a lui in quel momento era Hermione Granger, avrebbe pensato che si trattasse di un angelo. Del suo angelo custode, disceso dal Paradiso apposta per prendersi cura di lui.
Dopo un paio di minuti, il braccio smise improvvisamente di pulsare. A Draco sfuggì un sospiro di sollievo, che fece capire alla ragazza che era tutto finito.
Fece scomparire il cubetto di ghiaccio, ormai quasi del tutto sciolto.
< Ti stava chiamando?> chiese poi al ragazzo, distrattamente.
In realtà, la cosa le interessava parecchio, ma aveva paura che mostrandosi troppo curiosa avrebbe potuto irritarlo. E dopo l’esperienza di qualche sera prima, quello era l’ultimo dei suoi desideri.
Draco scrollò le spalle.
< Non saprei, può darsi... o magari stava semplicemente chiamando a raccolta tutti.>
La moretta lo fissò perplessa.
< Credevo che, nel tuo caso...>
< Il Marchio è uguale per tutti, non conta il ruolo che si ricopre.> tagliò corto lui.
Hermione non riuscì a nascondere una smorfia. Era sempre restio a parlare di ciò che rappresentava tra i Mangiamorte. Ed era strano per Malfoy. Ai tempi di Hogwarts sarebbe corso per i corridoi a vantarsi di una cosa del genere, sciorinando dettagli a destra e a manca.
Ma, dopotutto, non era più quella persona. Doveva cercare di ricordarselo un po’ più spesso.
< Mi togli una curiosità?> esordì improvvisamente lui, distogliendola dai suoi pensieri.
Sorpresa, la moretta annuì, invitandolo a formulare la propria domanda.
< Com’è che sei sempre qui? Voglio dire, va bene che sono un paziente di un certo calibro, ma ormai mi pare di essermi ripreso abbastanza, eppure tu vieni sempre qui almeno due volte al giorno... devo dedurne che ti sei presa una cotta per me, Granger?> concluse, ridacchiando canzonatorio.
Hermione inarcò un sopracciglio.
< Si, nei tuoi sogni...> lo smontò. Si ricacciò gli occhiali indietro sul naso con l’indice, poi proseguì. < Anche se effettivamente ti sei ripreso, non sei ancora guarito del tutto. E’ mio compito tenerti sotto controllo ed accertarmi delle tue condizioni finché non sarai completamente in buona salute.>
Draco inclinò la testa da un lato.
< E... ?!>
< E cosa?> chiese lei, perplessa.
< Il tuo tono lasciava intendere che ci fosse un e...>
La moretta sospirò. Che senso aveva mentirgli?
< E... beh, mi dispiace per te.>
Lo sguardo del biondo s’indurì di colpo, ma lei non se ne accorse.
< Non meriteresti una simile compassione da parte mia, però mi spiace saperti qui tutto solo, senza nulla da fare e nessuno con cui parlare. E dato che io sono l’unica persona che può entrare qua dentro oltre ad Harry e Ron, che non ci tengono per niente a venirti a trovare, mi sento in dovere di passare ogni tanto. Insomma, per tenerti compagnia...>
L’ex-Serpeverde abbassò lo sguardo, mentre i suoi lineamenti si distendevano.
Tutto qui. Nulla di grave. Le faceva tenerezza la sua solitudine.
Per un attimo aveva pensato che fosse impietosita da lui.
Non avrebbe potuto sopportare una cosa del genere.
Tornò a fissarla, esibendo una di quelle sue espressioni di scherno tipiche del vecchio Draco di Hogwarts.
< Tenermi compagnia? Diamine Granger, mi ritieni così disperato da aver bisogno di te per allietare le mie giornate? Ma non farmi ridere!!>
Hermione, stizzita, si alzò di colpo in piedi.
< Beh, per quanto la mia compagnia possa piacerti o meno, è l’unica che tu possa avere qui, perciò ti conviene fartela andare bene!> gli rispose, aspramente.
< Abbiamo una gran bella coda di paglia, vedo!> la canzonò lui.
< Io avrò pure la coda di paglia, ma tu sei un cafone maleducato!>
< Bella scoperta, ci sei arrivata con soli vent’anni di ritardo rispetto al resto del mondo, complimenti!>
< Fottiti!> sbottò la moretta, voltandogli le spalle di colpo e dirigendosi verso la porta a passo spedito, accompagnata dalla risata divertita del biondo.
Si sbatté la porta alle spalle, furibonda.
Lei era gentile con lui e cosa otteneva in cambio? Veniva schernita come quando era una ragazzina.
Dannato Malfoy, mi farà diventare pazza!
Si abbandonò con la schiena contro la porta, cercando di recuperare la calma perduta.
Sobbalzò, quando sentì un rumore sordo alle sue spalle. Il rumore delle nocche di una mano contro il legno della porta.
Aveva bussato. Solo un colpo leggero, ma l’aveva sentito.
Lui era lì, al di là di quella porta. E l’aveva chiamata.
Hermione rimase immobile, in silenzio. Non diede segno di aver sentito quel battito.
Anzi, non diede alcun segno della propria presenza.
Eppure, era certa che lui sapeva che era ancora lì.
Ne ebbe la certezza quando lo sentì parlare.
< Non essere arrabbiata con me, Granger.> la sua voce ovattata le giunse stranamente dolce all’orecchio. < Ho un ruolo da rispettare io. Cosa ti aspetti, che ti ringrazi per la gentilezza? O che ti dica che mi fa piacere che tu venga ogni giorno a tenermi compagnia?>
La moretta rimase in ascolto, stupita della delicatezza con cui il ragazzo si stava rivolgendo a lei. Che fosse il fatto di essere nascosto dietro una porta a permettergli di usare un simile atteggiamento?
< Sai che non posso farlo, non sarebbe da me.> proseguì lui. < Non posso dirti una cosa del genere. Anche se è la verità.>
La Grifondoro sgranò gli occhi, così intensamente che le si riempirono di lacrime dopo pochi secondi.
Ringraziò il fatto che non si trovava dentro quella stanza, di fronte a lui. Sapeva di essere avvampata come mai prima di allora. L’avrebbero sicuramente scambiata per una Mandragora, ne era certa.
Sentiva il cuore pulsarle nel petto. Batteva ad una velocità spropositata. Rischiava seriamente un infarto.
Si, sarebbe morta sul posto.
O chissà, forse era già morta. Dopotutto, in quale strana realtà Draco Malfoy avrebbe potuto dire una cosa simile a lei?
< A domani...> gli sentì sussurrare nuovamente, poi il silenzio.
Non si era mossa di un millimetro, ed il suo battito cardiaco non accennava a decelerare.
Sospirò, coprendosi il volto con le mani. Si sentiva stupida, stupidissima.
Inevitabilmente, lo stesso pensiero di qualche secondo prima la riattraversò. Ma, adesso, aveva un significato del tutto diverso.
Dannato Malfoy, mi farà diventare pazza!

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Capitolo 3
*** 3. ***




3.


“Bright as day, melting snow
Breaking through the chill”






Non mi parla.
Da quando è entrata, non ha detto una sola parola.
A malapena mi degna di qualche sguardo.
E’ sfuggevole, la ragazza.
Diamine, non pensavo che la scenetta di ieri alla porta l’avrebbe messa così in difficoltà!
Forse è un po’ troppo emotiva...
O forse è colpa mia. Modestamente parlando, sono disarmante.
So di esserlo.
Ho sempre avuto questo ascendente sulle donne.
Quelle che non perdono subito la testa per il mio aspetto fisico, soccombono poco dopo ai miei modi.
Sarò anche un Mangiamorte, ma sono pur sempre un Malfoy.
Noi la classe e l’eleganza le abbiamo nel sangue.
Nessuna donna resiste a qualche aggraziata moina.
Soprattutto di questi tempi. La maggior parte degli uomini sono dei grezzi cafoni affamati di sesso.
Vanno poco per il sottile. Ci provano subito, nel modo più viscido ed esplicito possibile.
Perciò è alquanto normale che le gentil donzelle restino affascinate dai miei modi galanti, così inusuali.
A dire il vero, anche le donzelle non “gentil”.
Però credevo che una come Lei sarebbe stata più difficile da conquistare...
Davvero è bastato così poco per mandarla in confusione?
O devo supporre che non sia io il motivo del suo strano atteggiamento di oggi?
Si, probabilmente è così...
Per Merlino Draco, è Hermione Granger!
Ha passato tutta la vita ad odiarti! Cosa credi, che adesso solo perché mostri un minimo di gentilezza nei suoi confronti, lei cada ai tuoi piedi?
Pensi che questo le basti a dimenticare il disprezzo che ha sempre provato nei tuoi confronti?
No, è chiaro che non è così.
E’ carina ed educata con te, ma non per questo adesso le piaci.v Per Lei resterai sempre quello che la sfotteva nei corridoi di scuola. Non sarai mai niente di diverso per Lei.
E’ vero, uno come te non può certo accompagnarsi ad una di quelle squallide ochette che di tanto in tanto ti porti a letto.
La donna di un Malfoy deve essere molto di più.
La donna di Draco Malfoy deve essere decisamente molto di più.
Ma anche se Lei è quel “di più”, non è comunque abbastanza per te.
O forse, tu non sei abbastanza per lei...
Per la miseria, da quando in qua faccio pensieri del genere sulla Granger?
Non sono più in me!!
Questo posto mi sta facendo uscire di senno.
Anzi no, non questo posto.
Lei!



~ω~





Se uno sguardo avesse il potere di uccidere, Hermione Granger sarebbe morta all’istante, vittima dell’intensità con cui Draco Malfoy la osservava da ormai dieci minuti.
Non era una delle tipiche occhiatacce alla “odio te e tutto quello che rappresenti e se avessi una bacchetta in mano in questo momento la userei per seviziarti e poi ucciderti” che il ragazzo riservava alla maggior parte delle persone. No, da quelle ormai la moretta stava iniziando ad essere esentata.
Si stava limitando a guardarla. Intensamente, quello si, ma senza nessuno scopo malvagio.
Più che altro, era curioso.
Gli era apparsa distratta ed assente sin da quando aveva messo piede nella sua stanza, un paio di minuti prima. E lui la osservava, con la speranza di comprendere quale fosse il motivo di un simile atteggiamento, così poco consono ad una come lei.
Non ricordava di averla mai vista così, nemmeno ai tempi di Hogwarts. Aveva sempre preso alla lettera quello stupido motto di Malocchio Moody, “vigilanza costante”. Soprattutto quando c’era lui nei paraggi.
La fissava, in attesa che lei avvertisse quello sguardo su di sé e si decidesse, finalmente, a degnarlo di un minimo di attenzioni.
Niente.
Hermione continuava beatamente ad ignorarlo, scorrendo con gli occhi la cartella clinica del ragazzo senza realmente leggerla.
Draco continuava a chiedersi se non fosse ancora arrabbiata con lui dopo il vivace “scambio di battute” del giorno prima. O se, piuttosto, fosse imbarazzata per ciò che le aveva detto attraverso la porta. Nemmeno lui sapeva spiegarsi il perché di quel suo gesto.
Forse non vi era una vera motivazione logica dietro.
Semplicemente, quando le aveva visto varcare la porta a quel modo, aveva seguito l’istinto.
Era ancora stranito dal fatto che il suo istinto gli avesse suggerito di ammettere alla Granger che adorava la sua compagnia. Non propriamente in questi termini, ma il senso era quello.
Ma, ancora di più, era sorpreso dal comportamento della moretta.
No, non sorpreso.
Piuttosto infastidito.
Non era abituato ad un simile deliberato disinteresse nei suoi confronti.
E, soprattutto, per colpa di quello sguardo insolitamente spento, la sua stanza non era luminosa come al solito. Non lo sopportava.
Era il caso di darle una smossa.
< Granger!> esordì improvvisamente, mentre lei rileggeva per la terza volta la stessa riga sulla sua cartelletta.
La ragazza alzò lo sguardo stupita. Un’espressione che lasciava intendere come il richiamo del biondo l’avesse risvegliata da una sorta di trance.
Lui esibì un ghigno.
< Beh, dottorino dei miei stivali? Mi sembri un po’ distratta oggi...>
< Sono solo un po’ sovrappensiero> rispose lei atona, ignorando la provocazione.
Malfoy ghignò.
< Cielo Granger, non dirmi che la mia scenetta di ieri ti ha sconvolta a tal punto!>
Hermione sbatté un paio di volte le palpebre.
< Eh?>
< Hai capito benissimo... avevo sentito parlare di transfert*, ma credevo che riguardasse solo il paziente nei confronti del medico, non viceversa...>
La moretta scosse la testa, cercando di schiarirsi le idee.
< Malfoy, che caspita stai dicendo?!>
Il ragazzo scoppiò a ridere.
Sentendosi schernire a quel modo, Hermione riacquistò di colpo la sua solita lucidità. E comprese immediatamente le allusioni del biondo.
Spalancò la bocca con un’espressione inorridita.
< Tu sei pazzo!!> esclamò.
Una vocina dentro di sé protestò contro la mancata veridicità di quella frase, ma Hermione la zittì brutalmente.
Draco inarcò un sopracciglio.
< Beh, non avrebbe avuto lo stesso effetto. Così era molto più... romantico!> rispose, scandendo l’ultima parola con una smorfia di ironico disgusto.
< Oh, piantala...>
< Allora, se non è per quello, come mai hai la testa tra le nuvole oggi?> domandò lui, irriverente.
La moretta sospirò.
< Credi davvero di essere così importante da avere qualcosa a che fare con tutto questo?> replicò lei stancamente. Ogni traccia d’indignazione o rabbia era scomparsa di colpo dal suo viso, lasciandosi dietro una traccia di malinconia.
Non gli piaceva quella faccia.
Voleva rivedere quella luce che emanavano di solito i suoi occhi.
Voleva che la sua stanza fosse nuovamente luminosa.
< Sono il tuo “paziente speciale”, no?!> fece, sarcastico.
Hermione lo fissò, non riuscendo a trattenere un sorrisetto.
< Ti piacerebbe...>
Il ragazzo sorrise a sua volta.
La moretta si tolse gli occhiali, massaggiandosi con pollice ed indice il punto in cui erano stati appoggiati fino a quel momento. Chiuse gli occhi, ed emise un lungo sospiro.
< Ieri sera è morto un Auror.> esordì poi, gravemente.
Draco scrollò le spalle.
< E questo è grave?!> chiese, serio.
La moretta gli lanciò un’occhiataccia. Lui rispose con una seconda scrollata di spalle.
< Sono pur sempre un Mangiamorte, Granger!>
< E lui era pur sempre una persona!>
< Anche quelli che sono morti prima di lui, da entrambe le fazioni. E’ il prezzo da pagare per la guerra.>
Hermione sospirò nuovamente.
< Lo so...>
Si lasciò cadere sul materasso, sedendosi stancamente sul fondo del letto.
Non l’aveva mai vista così provata. La guerra era una costante delle loro vite da cinque anni a quella parte, con tutto il peso che essa comportava. Quelli come loro avevano imparato a conviverci, e a non farsi schiacciare. Eppure, la morte di quel ragazzo sembrava averle assestato un duro colpo, ed aver fatto vacillare tutta la sicurezza che esibiva di solito.
< Lo conoscevi?> le chiese, con un tono insolitamente comprensivo.
La moretta inclinò la testa di lato.
< Di vista...>
Draco aggrottò la fronte.
< E ti sconvolge così tanto la morte di uno che conoscevi a malapena?>
Hermione alzò lo sguardo, fissandolo eloquentemente.
< Era compagno di squadra di Ron ed Harry.>
Malfoy intuì dove voleva andare a parare, ma la lasciò proseguire comunque.
< Avevano ricevuto una segnalazione su attività sospette nella zona di Kensington Garden, e sono andati in ricognizione. Ad un certo punto hanno deciso di dividersi per controllare più aree contemporaneamente. Quando è rimasto da solo, l’hanno attaccato. Erano in cinque, lui non ha avuto scampo. Aveva appena diciotto anni...>
< Non è il primo ragazzino che muore. E non sarà l’ultimo, lo sai...>
< Certo che lo so!> rispose lei, con improvvisa veemenza < Cosa credi? Neanche t’immagini quanti ne ho visti, quanti ne ho curati, quanti mi sono morti tra le braccia... alcuni anche più giovani di lui...>
< Perciò, non è lui in sé il problema...> dedusse il biondino.
Hermione si passò una mano tra i capelli, mordendosi l’angolo sinistro del labbro inferiore.
< No, suppongo di no...>
< Lasciami indovinare... Sfregiato e Lenticchia?!>
La moretta annuì. Draco alzò gli occhi al cielo, scrollando la testa.
< Sei così prevedibile...>
< Sarebbe potuto toccare a loro! Quei Mangiamorte avrebbero potuto decidere di attaccare Harry al posto di quel ragazzo, o Ron! Ora potrei ritrovarmi a piangere la morte di uno di loro! Tu non capisci cosa significhi... io sto qui ogni giorno, a curare malati e salvare feriti, ma non posso fare nulla di oggettivo per impedire che la gente muoia. Che i miei amici muoiano! Vivo ogni giorno col terrore di vederli entrare dalla porta dell’infermeria sdraiati su una barella!> chiuse gli occhi, ricacciando indietro una lacrima < Lo so che è egoistico, so che dovrei temere per la sorte di tutti, ma non è così... io ho paura per loro. Solo per loro. E pensare che stavolta ci sono andati così vicini...>
S’interruppe, con un groppo in gola. Abbassò la testa, fissando il lenzuolo bianco su cui era seduta con un’espressione contrita e mille spaventosi pensieri sulla sorte dei suoi due migliori amici che le vorticavano nel cervello.
Il biondino sospirò, poi scivolò in avanti sul materasso, avvicinandosi a lei. Le posò delicatamente un dito sotto il mento, costringendola a risollevare lo sguardo fino ad incontrare il proprio.
Hermione sbatté le palpebre. Quel gesto del ragazzo le provocò un lieve sussulto al petto, come se le avesse dato la scossa. Trattenne il fiato, sperando con tutto il suo cuore di non arrossire.
< Ascoltami bene Granger, perché te lo dirò una ed una sola volta, e se mai ne farai parola con qualcuno, negherò spudoratamente di aver anche solo pensato una cosa simile.> le disse.
La sua voce, così bassa, calda e sensuale, e quegl’occhi di ghiaccio che la fissavano con una simile intensità a pochi centimetri di distanza, la paralizzarono. Si limitò ad annuire timidamente col capo, incapace di emettere alcun suono.
A dire il vero, nemmeno ci provò. Temeva che se avesse aperto bocca, si sarebbe ritrovata a fare le fusa come un gatto. Indubbiamente, la cosa peggiore che potesse fare al cospetto di Draco Malfoy.
< Potter e Weasley non ci sono andati vicini. Neanche lontanamente. Non ho idea di chi fosse l’Auror che è stato assassinato, né quali fossero le sue capacità, ma di questo ne sono certo. Loro due non avrebbero alcuna difficoltà nel fronteggiare cinque Mangiamorte, e indubbiamente ne uscirebbero indenni. Ma, a parte questo, nessun comune Mangiamorte sano di mente andrebbe ad attaccare proprio loro. Insomma... mi duole ammetterlo, ma sono in gamba. E il fatto che siano stati in grado di catturarmi dovrebbe esserne una prova anche per te. Con questo non voglio dire che non hai nulla di cui temere. Tutti dobbiamo avere paura, perché nessuno di noi è immortale o invincibile. Lo stesso Signore Oscuro ne ha. Tuttavia, i tuoi amici sono perfettamente in grado di badare a loro stessi nel migliore dei modi, e tu dovresti smetterla di vivere col terrore di una loro improvvisa dipartita perché non succederà. A meno che non decidano di andare ad affrontare Voldemort disarmati. O > un ghigno gli si dipinse sul volto < che qualcuno mi restituisca la mia bacchetta e li chiuda in una stanza assieme a me. Ho un paio di conticini in sospeso con quei due...>
Hermione non poté fare a meno di sorridere.
Probabilmente, era sempre stata conscia di tutto ciò. Eppure, le parole del ragazzo le infusero una sensazione di sicurezza e sollievo, come se avesse compreso la veridicità delle sue argomentazioni solo grazie a quel discorso.
< Non sarebbero mai così stupidi da affrontare Voldemort disarmati. E la seconda opzione è assolutamente improbabile.>
< In questo caso, non hai alcun motivo di preoccuparti.>
Lentamente, Draco interruppe quel contatto tra loro, ritraendo la mano.
La moretta si sorprese a desiderare che non l’avesse fatto.
Scacciò immediatamente quel pensiero inopportuno e continuò a sorridere come prima, augurandosi che quei suoi conflitti interiori non trasparissero dal suo sguardo.
Il ragazzo appoggiò la schiena contro il cuscino, incrociando le braccia al petto.
< Hai intenzione di continuare a sorridere come un’idiota ancora per molto?> le fece poi, inarcando un sopracciglio.
Il sorriso di Hermione si allargò ulteriormente. Stavolta, era palesemente irrisorio.
< Speravo che, tra simili, ti saresti sentito più a tuo agio.>
< Touché, Mezzosangue!> ridacchiò.
< Questo ed altro per il mio “paziente speciale”!> replicò lei, per poi ridere a sua volta.
Il biondo la osservò ridere, incapace di dare un nome a quella strana sensazione di calore che la risata della “sua” Guaritrice provocò in lui.
Mentre lei, finalmente sollevata, riprese a dedicarsi alle sue solite mansioni, Draco si diede una rapida occhiata intorno.
Sorrise tra sé e sé.
Finalmente, la sua stanza era di nuovo luminosa.


~ω~





Dopotutto, non è poi così male...
Ovvio, è sempre lo stesso malvagio, crudele e spietato Mangiamorte che ha spezzato innumerevoli vite e seminato panico e terrore per tutta l’Inghilterra, ma tutto sommato non è la persona orribile che credevo.
O forse lo è, e sta solo fingendo di non esserlo.
Non so.
Sono confusa...
Si può odiare una persona, ma al tempo stesso trovarla piacevole?
Perché io lo odio, sia chiaro.
Odio quelli come Lui, odio ciò che Lui rappresenta, odio il motivo per cui combatte, odio ciò che ha fatto e...
... ed odio il fatto che, quando sono in quella stanza assieme a Lui, mi dimentico di odiarlo.
Per alcuni istanti quasi mi dimentico chi ho di fronte.
E non va bene.
Devo sempre tenerlo presente.
Lui è “L’Angelo della Morte”. E’ quello il soprannome che gli hanno affibbiato.
Penso che, dal canto suo, ne vada anche piuttosto fiero.
Ed effettivamente, gli rende giustizia.
Perché diamine, ammettiamolo, è veramente bello come un angelo!
E’ incredibilmente bello.
Bello di una bellezza quasi accecante.
E’ assurdo come dietro tanta meraviglia possa nascondersi un’anima così nera.
Ironia. Uno scherzo della natura, quasi.
Penso che un soprannome più efficace non ci sia...
E dire che io non sono mai nemmeno stata schiava della bellezza!
Voglio dire, non mi è mai interessata. Ne sono sempre stata immune.
Anzi, sono sempre andata orgogliosa di come i miei occhi fossero assolutamente indifferenti al fascino di un bel faccino. Le persone mi hanno sempre conquistato per la loro bellezza interiore, mai per quella esteriore.
Eppure...
Eppure quando mi soffermo a guardarlo, mi sento una patetica dodicenne in piena crisi ormonale.
Mi sciolgo di fronte a quei suoi occhi. La sua voce mi provoca i brividi.
E non di paura.
Quando ieri mi ha sfiorato il viso in quel modo, ero in sua completa balia. Avrebbe potuto fare di me ciò che voleva in quel momento, io non avrei avuto la forza di reagire.
E non ho smesso di pensarci per un solo secondo.
Mi sono addormentata col pensiero della sua pelle sulla mia.
Mi vergogno ad ammetterlo, ma ieri sera, nel mio letto, ho ripensato al dito di Malfoy che mi sfiorava la pelle del viso, mi sollevava la testa e mi portava ad incontrare il suo sguardo.
I suoi occhi...
Ieri sera, nel mio letto, ci ho ripensato.
Ed ho tremato.
Ho tremato di piacere.
Orrore! Che mi sta succedendo?
Sono succube del fascino di Malfoy?
Sono così sciocca ed infantile da lasciarmi incantare da Lui?
Merlino, lo sapevo! Sapevo che avrei dovuto rifiutare questo compito!
Sono una cretina.
C.R.E.T.I.N.A.
Hermione Granger la cretina patentata.
La schiava dell’ormone, ecco cosa sono!
Ma, sarà solo quello? Sarà solo una questione di attrazione fisica?
O... c’è altro?
Merlino, ti prego, fa che NON ci sia altro!



~ω~





< Per la miseria!> borbottò stupefatto Draco quando vide entrare la moretta nella sua stanza.
Fu più forte di lui, non riuscì a trattenersi.
Fortunatamente, Hermione non lo sentì.
< Una visita veloce Malfoy, ho un impegno più tardi!> gli fece, avvicinandosi al suo letto a passo svelto. Evitava accuratamente di incrociare il suo sguardo. Il biondo suppose che fosse estremamente imbarazzata a mostrarsi così proprio di fronte a lui.
< Me l’ero immaginato...> replicò lui, con un ghigno.
La squadrò da capo a piedi.
Era semplicemente... wow.
Si, non c’erano parole più efficaci per descriverla quel giorno, se non wow.
Ok, era più di un mese che non vedeva una donna, lei esclusa. Ma era abbastanza sicuro che non fosse per quello che la trovava così particolarmente bella quella sera.
In un'altra occasione avrebbe pensato che il suo giudizio in proposito era inficiato da un lungo periodo di lontananza dall’universo femminile, ma non in quel caso.
Non con una simile Granger di fronte agli occhi.
I lunghi boccoli che sfoggiava solitamente erano stati domati e trasformati in morbide ciocche liscissime, gli occhiali da vista scomparsi per lasciare il posto ad un leggero ma accurato make up.
Ai piedi portava un paio di decolté nere, vagamente simili alle sue solite scarpe per la forma, ma con un elegante tacco a spillo al posto del solito tacchetto squadrato.
E poi, sotto il camice...
Malfoy deglutì, fissando nuovamente il corpo di Hermione Granger fasciato in un tubino nero semplice, raffinato, eppure tremendamente sexy. Nessuna generosa scollatura in vista né una gonna troppo corta, una simile volgarità non faceva parte della moretta.
Il vestito le copriva il petto, lasciando intravedere solo un minimo accenno di quella che Draco, con suo sommo gaudio, riconobbe come la fossetta tra i due seni. All’altra estremità, la stoffa raggiungeva quasi il ginocchio.
Elegante, sobrio. E dannatamente sensuale.
Quando Hermione si avvicinò a lui, per i soliti esami di routine, avvertì immediatamente un delicato profumo di lavanda farsi spazio fino a raggiungere il suo olfatto.
Sentì il proprio stomaco intirizzirsi, e pregò con tutto se stesso che il suo corpo non si lasciasse andare a reazioni esagerate ed imbarazzanti.
Fortunatamente per lui, il suo autocontrollo non lo tradì.
Cercando di non lasciar trasparire alcuna di quelle emozioni dal proprio viso, la fissò col suo solito ghigno.
< Notte di follie?>
La ragazza sorrise, imbarazzata.
< Niente di che, è solo un noioso party...>
< E tu ti agghindi sempre così per partecipare a dei noiosi party?> insinuò lui, provocatorio.
L’ex-Grifondoro ripose la bacchetta nella tasca del camice.
< Non è nulla di eccezionale, è solo un vestito...> mormorò, abbassando lo sguardo per osservarsi a sua volta.
Draco avrebbe voluto precisare che non era il vestito in sé il punto della questione, ma si morse la lingua.
< Beh, è piuttosto elegante come vestito...> buttò lì, tentando di suonare casuale.
Hermione scrollò le spalle.
< C’è il Ministro.> spiegò, semplicemente.
Il biondo inarcò un sopracciglio.
< Com’è che voi trovate sempre il modo di organizzare delle feste, anche con una guerra in corso?>
La smorfia che comparve sul viso di lei gli fece comprendere come condividesse le sue stesse perplessità.
< Pare che il Ministro e tutti i suoi collaboratori ritengano eventi di questo genere il modo migliore per tranquillizzare la popolazione. Francamente non so come l’idea di dipendenti del Ministero, Auror, Medimaghi e nomi grossi della società che si riuniscono in pompa magna per un ignaro motivo possa sedare il panico e la paura delle conseguenze della guerra, ma non sono nella posizione di oppormi. Devo limitarmi a partecipare.>
< E tirarti a lucido.> aggiunse lui, ironico.
< E tirarmi a lucido.> confermò lei, annuendo.
Si dondolò sulle punte, mordicchiandosi l’interno della guancia destra. Si era accorta degli sguardi di Malfoy. Se la stava praticamente mangiando con gli occhi.
Da una parte si sentiva estremamente a disagio, imbarazzata. Infastidita quasi.
Quasi.
Da un’altra parte però, quegli sguardi la lusingavano.
Non solo.
Non sapeva bene spiegare ciò che sentiva in quell’istante.
Era la stessa cosa che aveva provato la prima volta che era stata avvicinata da Viktor Krum, durante il suo quarto anno ad Hogwarts. Quando quel famosissimo giocatore di Quidditch dal fascino esotico aveva iniziato a corteggiarla, con i suoi modi impacciati eppure così diretti, aveva sentito un gorgoglio allo stomaco ed un calore alle guance.
Sensazioni simili a quelle che aveva avvertito quando McLaggen al sesto anno le aveva spedito un bigliettino durante l’ora di Incantesimi, decantando la perfezione dei suoi lineamenti e la bellezza del suo sorriso.
Sensazioni così preoccupantemente, terribilmente, spaventosamente simili a quelle che le provocava in quel momento lo sguardo di quell’ex-Serpeverde sfacciato, irriverente, maligno ed incredibilmente sexy. Doveva andarsene da lì. Alla svelta.
< E’ il caso che vada, non vorrei fare tardi.> mormorò a mò di saluto, allontanandosi e dirigendosi verso la porta.
Non così in fretta.
Era rimasto rinchiuso lì dentro troppo a lungo, per permettere ad una ragazza sensualmente fasciata in un vestitino nero di fuggirsene così velocemente.
Le ruote del suo cervello girarono vorticosamente, in cerca di una buona scusa per trattenerla.
Quella che gli sopraggiunse era, indubbiamente, la migliore.
< Aaaaaah!> gridò all’improvviso, piegandosi su se stesso e stringendosi le braccia allo stomaco.
Non appena Hermione lo sentì contorcersi dal dolore, si bloccò di colpo, per poi tornare rapidamente sui suoi passi, allarmata.
Lo raggiunse in un batter d’occhio, mentre lui continuava la sua scenetta.
< Che hai?> gli domandò lei, preoccupata.
< Non lo so... aaaaaaah, però fa male!!>
Si, decisamente un grande attore. Si sarebbe dato un premio da solo, se ne avesse avuto la possibilità.
< Diamine Malfoy, descrivimi i sintomi, sennò non so che fare!>
< Che ne so Granger, fa solo male.... aaaaaaaaaah aaaaaaaaaah!!!!>
Ridacchiò silenziosamente sotto i baffi.
Era un genio.
Hermione, nel tentativo di visitarlo, salì in ginocchio sul letto, sistemandosi di fronte a lui. Gli posò le mani sulle braccia.
< Malfoy, calmati adesso. Respira e dimmi cosa senti. Cerca di descrivermelo, per piacere.>
Draco emise un ulteriore gemito di dolore, e la moretta si piegò ancora di più, cercando di incontrare il suo sguardo.
< Malfoy!> lo richiamò, dolcemente.
Il biondino avvertì una nota di panico nella voce della moretta, e decise che era il caso di assecondarla almeno un po’.
< Io... non lo so... fitte, dolore acuto, come se mi si contorcessero le budella...>
< Che altro?>
< Fa un male cane... e brucia...> arrancò lui, fingendo inesistenti spasmi di dolore.
Hermione gli sollevò i capelli dal viso con la mano destra, per poi posarla delicatamente sulla sua fronte, saggiando la sua temperatura corporea.
Il ragazzo, sorpreso da quel gesto, sollevò lo sguardo di fronte a sé.
E si ritrovò davanti agli occhi la scollatura del vestito di Hermione.
Sgranò gli occhi. Stavolta sentiva davvero le budella che si contorcevano.
Ma il dolore non c’entrava affatto.
Di fronte a quello spettacolo, si dimenticò di continuare la sua recita. Smise di dimenarsi e lamentarsi, imbambolato a fissare quella vista parziale dei seni della moretta.
Lei si accorse di quell’improvviso cambiamento. Perplessa, abbassò lo sguardo.
< Malfoy!!!> esclamò inorridita, allontanandosi di colpo da lui e coprendosi il petto con le braccia.
Il ragazzo esibì il suo solito ghigno.
< Non è colpa mia, sei tu che me le hai sventolate davanti!>
< Ma quale sventolare?! Sei un porco, ecco cosa sei!!>
Draco ridacchiò, divertito. In tutta risposta, la moretta inarcò un sopracciglio.
< Com’è che non ti lamenti più?>
Lui alzò le spalle, arrendendosi al fatto di essere stato scoperto.
< Molto sleale da parte tua... non dovresti scherzare così sulla tua salute, o corri il rischio che quando starai male davvero io non ti crederò e ti ignorerò!>
< Sappiamo entrambi che non lo farai.> constatò lui, eloquentemente.
Le labbra della ragazza si strinsero in una smorfia, mentre le sfuggiva un sospiro.
Odiava ammetterlo, ma aveva ragione.
< Sai Granger,> fece di colpo lui, fissandola < non sei poi così ripugnante!>
Hermione spalancò occhi e bocca. Rimase in silenzio per un paio di secondi, ammutolita da quella frase.
< Merlino, tu si che sai fare i complimenti!> replicò poi, sarcastica < Hai seguito qualche corso specializzato, o è una tua dote naturale?>
< Bastava un semplice “grazie”!> sghignazzò lui.
< Hai ragione... grazie Malfoy.> disse, alzandosi dal letto.
Draco, interdetto, aggrottò le sopracciglia, osservandola mentre si risistemava i capelli.
< Grazie per essere così incredibilmente idiota. Rapportarmi con te mi fa sempre sentire ancora più intelligente di quanto già non sia> aggiunse, con un sorrisetto canzonatorio.
Il biondo la fissò ad occhi sgranati per qualche istante. Poi, scoppiò a ridere.
Hermione sentì il proprio cuore balzarle in gola con un salto degno di un campione olimpionico.
Non era una delle sue solite risatine. Era una risata vera e propria.
Una risata di puro divertimento. Libera, spontanea. Come mai gliene aveva sentite fare.
La ragazza arrossì al pensiero di come trovasse estremamente sexy anche il suo modo di ridere.
Contagiata da Draco, iniziò lentamente a ridere a sua volta, fino ad esplodere in una risata altrettanto liberatoria quanto quella del biondino.
E, mentre rideva, continuò a sentire lo stomaco gorgogliarle, come se uno stormo impazzito di farfalle vi ci stesse svolazzando dentro.
< Probabilmente hai seguito il mio stesso corso specializzato, Granger!> le fece lui, cercando di soffocare le risate.
Fu sorpreso, una volta che Hermione se ne fu andata dalla stanza, di scoprire come quello scoppio incontrollabile di risa non avesse affatto placato le sensazioni che lei gli aveva provocato quella sera.
E non riuscì a trattenere un’imprecazione, quando si accorse che le sue speranze nel proprio autocontrollo erano state mal riposte, e che il suo corpo si era effettivamente lasciato andare alle temute reazioni esagerate ed imbarazzanti alla vista di quella versione sexy della moretta.
Dannata Granger tirata a lucido!









*Il concetto di "Transfert" si ritrova in psicanalisi in Jung ed in Freud (personalmente, le mie limitate conoscenze al riguardo si rifanno proprio a quest'ultimo). Detto in parole povere, il transfert rappresenta l'idealizzazione che spesso un paziente fa del proprio psicoterapeuta, rivestendolo di una carica di onnipotenza e superiorità che lo porta spesso ad innamorarsene o, per lo meno, a credere di esserne innamorato.
In questo caso, Hermione chiaramente NON è la psicoterapeuta di Draco, anche se per certi versi è come se lo fosse ^__^ , però mi piaceva far usare al biondino questo termine.



Ringrazio ancora infinitamente tutti coloro che hanno deciso di prestare anche solo una minima occhiata a questa storia, ed in particolare, ovviamente, chi l'ha inserita tra i preferiti o tra le storie seguite.
Ma soprattutto, grazie a chi ha speso un minutino del suo tempo per recensire!!

ross_ana: Grazie mille per i complimenti, sei gentilissima! Credo che tu ne abbia già avuto ulteriore conferma con questo capitolo, ma ti assicuro che il cuore di Hermione continuerà a battere per il nostro caro Mangiamorte... che forse si sta ammorbidendo, ma sottosotto resta sempre il vecchio Malfoy, non dimenticarlo! ;)


Whitney: Sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto così tanto, spero che anche questo sia stato di tuo gradimento! :) Hai ragione, effettivamente gestire questi due non è affatto semplice, soprattutto perchè da una parte vorrei restare abbastanza fedele ai personaggi della Rowling ma, dall'altra, il modo in cui lei li ha sviluppati non mi soddisfa del tutto (per me Draco/Hermione è l'unico pairing degno di nota, così è e così sarà sempre! u.u ), e quindi ci metto un pò del mio! Ad ogni modo, mi fa enormemente piacere che apprezzi il risultato! La scena della porta non so nemmeno io dove mi sia saltata fuori, non era per nulla programmata... è nata così, un raptus di follia! Comunque io, al posto di Hermione, la porta la riaprivo IMMEDIATAMENTE!!! xD


barbarak: Grazie anche a te, e non solo per i complimenti! ;) Come vedi ho seguito il tuo suggerimento, hai fatto bene a farmelo notare. La scena dell'aggressione di Draco ho deciso di svilupparla solo attraverso quella sorta di flashback di Hermione perchè, francamente, preferivo che lei ci riflettesse a mente lucida. Non so, mi ispirava di più così! :P Spesso le mie scelte in fatto di narrazione sono dettate più dall'ispirazione del momento che da una sorta di schemino prestabilito.
Ad ogni modo, grazie ancora! Un bacio!


Aspetto le vostre recensioni anche su questo nuovo capitolo!
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** 4. ***




4.


"He was like frozen sky
In October night"






Sta tramando qualcosa.
Ne sono certo.
E’ l’unico modo in cui riesco a spiegarmi le continue fitte al braccio.
Anche se, francamente, non capisco cosa.
Ormai dovrebbero avergli riferito della mia cattura. O, comunque, avrebbe dovuto intuirla.
Non è così ingenuo da pensare che mi sia deliberatamente preso una “pausa di riflessione” e che per questo mi diverta ad ignorare i suoi richiami. E sa benissimo che io non sono così stupido da tradirlo.
A prescindere dal fatto che nessuno crederebbe ad una mia conversione. Saranno solo degli sciocchi bifolchi, insensati idealisti, masochisti a tempo libero ed oltretutto Babbanofili, o peggio Mezzosangue, ma non sono così idioti.
Sarebbe più probabile assistere ad una risurrezione di Silente, piuttosto che vedere me passare dalla parte dei “buoni”. Non c’è nulla di buono in me, sia ringraziato il Cielo.
O meglio, non c’era. Fino ad ora.
Ancora mi viene da ridere a pensare che la Granger mi sta lentamente tirando fuori una sorta di bontà che non sospettavo minimamente di avere.
Una bontà che mostro solo a Lei ed uso solo con Lei.
Sto cominciando a pensare di averla sempre sottovalutata, in tutti questi anni.
Cioè, è ovvio che l’abbia sottovalutata, dato che la reputavo una patetica secchiona buona a nulla, incapace di destreggiarsi nella vita senza l’ausilio di un libro, allegramente plasmata ad uso e consumo di Potter e compagnia bella e dunque affatto in grado di possedere personalità propria. E per giunta, orrida come il peccato.
Chiaramente l’avevo sottovalutata, visto che adesso mi ritrovo ogni giorno ad interagire con una giovane donna forte, intelligente, acuta ed arguta, ricca d’ingegno, con mille abilità e capacità, indipendente, autosufficiente, coraggiosa, idealista. E bella, per la miseria. Bella da mozzare il fiato.
Specie quando indossa abiti come quello dell’altro giorno.
Diamine, sono notti che continuo a sognarla con quella mise.
Anche se i miei brevi sogni si concedono ripetute “licenze poetiche”, per così dire.
Perché, ovviamente, i miei sogni sono tutt’altro che casti.
Ovviamente, Lei risulta ben più disinibita di quanto non sia in realtà.
Ovviamente, io non devo usare alcuna scusa per trattenerla nella mia stanza.
Ovviamente, non indossa quegli abiti per una stupida festa.
No, ovviamente li indossa per me.
Ed ovviamente, ci mette anche poco a toglierseli di dosso.
La personificazione assoluta dello stereotipo della crocerossina.
Eppure, nemmeno cotanta Granger riesce a distogliermi da un altro tipo di pensieri.
Sono preoccupato.
Onestamente preoccupato.
So benissimo che Voldemort non si rassegnerà facilmente a sapermi nelle mani dell’Ordine.
Forse lo farebbe se si trattasse di un altro Mangiamorte, ma non nel mio caso.
Farà qualcosa, lo sento.
Ma non so cosa.
E mi preoccupa....
Che poi non capisco perché!
Perché dovrei essere preoccupato?
Voglio dire, se decidesse di agire, andrebbe tutto a mio vantaggio! Troverebbe il modo di farmi uscire da questa topaia e restituirmi bacchetta, libertà e dignità tutto in un colpo!
Sarebbe solo un bene.
Perché quindi sono così angosciato all’idea del Mio Signore che trama nell’ombra per ottenere la mia liberazione?
C’è qualcosa che mi sfugge.
Comincio a non capirmi più.
Il che potrebbe essere un grave segno di precoce demenza senile, o il chiaro risultato di questa frustrante prigionia. Mi hanno chiuso qui dentro, ed io sono impazzito.
Sebbene mi senta assolutamente lucido. Forse persino più di quanto sia stato negli ultimi anni.
Merlino, odio questa sensazione!
Mi sento impotente. E stupido.
E prigioniero. E stupido.
E pazzo. E stupido.
E frustrato. E stupido.
E stanco. E stupido.
Ed isterico. E stupido.
Ed incazzato nero, per colpa di tutte queste sensazioni e del poco sonno che mi causano. E stupido.
Ed eccitato, ogni volta che penso a Lei. E stupido.
E furibondo, perché dovrei disprezzarla.
E stupido, perché continuo ancora a pensare di doverlo fare, e ad illudermi di esserne in grado.



~ω~





Hermione Granger, rallegrata dal bel sole primaverile che l’aveva accolta quella mattina al suo risveglio, entrò nella “camera speciale” canticchiando tra sé e sé un’allegra canzoncina babbana che conosceva da quando era piccola.
Primo grosso errore.
Draco Malfoy stava in piedi di fronte alla finestra, appoggiato al vetro con la spalla sinistra, le braccia incrociate sul petto nudo. Non appena sentì la voce della moretta, serrò forte la mascella, mantenendo lo sguardo fisso sul paesaggio fittizio che gli si presentava davanti agli occhi.
Draco dormiens numquam titilandus, così recitava il motto di Hogwarts.
Avrebbero dovuto modificarlo in Draco iratus numquam titilandus.
L’ex-Grifondoro gli lanciò un’occhiata perplessa. Si sarebbe aspettata quel tipo di atteggiamento da parte del vecchio Malfoy, quello che o la insultava o la ignorava sdegnosamente.
Ma ormai si era abituata al ragazzo chiacchierone e logorroico con cui interagiva da un paio di mesi. Per questo la sorprese vederlo così freddo, così silenzioso.
Forse non si è accorto che sono arrivata, pensò scioccamente.
Scioccamente, perché i sensi fin troppo allenati del Mangiamorte coglievano qualunque minimo spostamento d’aria, figurarsi se poteva non accorgersi dell’ingresso di una persona in una stanza. Per giunta, un ingresso rumoroso e musicale.
Si schiarì la voce con un colpo di tosse, cercando di attirare la sua attenzione.
Nulla, Malfoy continuava a non degnarla di un solo sguardo.
Hermione si morse l’angolo destro delle labbra. Non si spiegava perché, ma la irritava ed intristiva allo stesso tempo quell’atteggiamento nei suoi confronti.
Piuttosto avrebbe preferito sentirsi deridere da lui come suo solito.
< Buongiorno!> insistette, con voce squillante.
Secondo grosso errore.
Se avesse prestato un po’ più di attenzione alla finestra della stanza, ed un po’ meno all’incantevole pezzo di ragazzo che vi sostava davanti, si sarebbe accorta che qualcosa strideva.
Avrebbe notato che il paesaggio fittizio, di solito ampiamente corrispondente a quello che era il clima effettivo del mondo esterno, mostrava un cielo plumbeo, scosso da lampi e fulmini.
E forse, avrebbe capito che non era esattamente una casualità. Avrebbe anche solo sospettato che quei nuvoloni neri potessero avere qualcosa a che fare con il pessimo umore del biondo.
Ma la moretta, ignara di tutto ciò ed ostinata nel suo completo disinteresse verso ciò che stava accadendo al di là di quella finestra, si avvicinò di qualche passo al suo paziente.
Terzo grosso errore.
Malfoy la vide muoversi verso di lui con la coda dell’occhio. La sua posizione non mutò, così come l’espressione cupa e seria del viso, ma i muscoli delle sue braccia incrociate si tesero maggiormente.
< Sei diventato sordo tutto d’un botto?> gli domandò lei ironica, ridacchiando.
Quarto grosso errore.
Si sarebbe aspettata una battutina sarcastica, un commento acido, un ghigno. Anche solo un’alzata di sopracciglia. Comunque, un qualunque tipo di risposta.
Risposta che, invece, non accennò ad arrivare.
Ormai vicina a lui, troppo vicina, iniziò a comprendere che qualcosa non andava quella mattina.
Eccessivamente ingenuo da parte sua. Di solito era ben più perspicace.
Fino a qualche giorno prima, le sarebbe bastato affacciarsi in quella stanza per avvertire subito che Malfoy si era alzato dal letto col piede sbagliato. L’avrebbe capito dall’aria, dalla luce, persino dall’odore del corpo di lui. Di solito era intuitiva come un predatore, fiutava anche il minimo sentore di pericolo.
Ma, ultimamente, il Mangiamorte che le stava a pochi passi di distanza la stava rendendo meno “Hermione Granger”. Più preda che predatore.
Aggrottò le sopracciglia, perplessa. Poi, allungò la mano sinistra, e la posò delicatamente sul braccio del ragazzo.
Un contatto che ormai non era più così strano tra di loro, ma che quella mattina rappresentava quanto di peggio lei potesse fare.
< Malfoy...> lo chiamò, con voce gentile.
Quinto grosso errore.
Il peggiore di tutti.
Sentendo il tocco della ragazza su di sé, Draco si riscosse di colpo.
Si voltò di scatto verso di lei, fissandola con un’espressione minacciosa come forse mai gli aveva visto. Spostò il suo sguardo prima sulla mano che ancora lo sfiorava, poi nuovamente sul viso della moretta.
Hermione si ritrovò a trattenere inconsciamente il respiro. Sentiva come se quegli occhi di ghiaccio l’avessero trapassata da parte a parte. Ne era terrorizzata.
Ma, al tempo stesso, non riusciva a non fissarli a sua volta. Terrorizzata, eppure ipnotizzata.
Non ebbe bisogno di dirle nulla. Le bastò quell’occhiataccia a farle capire cosa volesse comunicarle.
Ritrasse di colpo la mano dal suo braccio, come se si fosse appena scottata.
Dopo che ebbe interrotto quel contatto, Malfoy tornò nuovamente a fissare il paesaggio fuori dalla finestra, senza più degnarla di alcuna attenzione.
Il silenzio teso e pesante di quella stanza gravò con una forza impetuosa sulle spalle della moretta, schiacciandola.
Abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto dirgli mille cose, chiedergli il perché di quell’atteggiamento, se gli fosse successo qualcosa, se stava male o aveva semplicemente le palle girate. Avrebbe voluto mettersi ad urlargli contro, insultandolo in tutti i modi che conosceva, gridargli che non poteva permettersi di trattarla così, che avrebbe dovuto riservare quegli sguardi omicidi per qualcuno che ne era davvero terrorizzato, che se avesse osato squadrarla di nuovo così si sarebbe dovuto aspettare cinque dita stampate sul viso.
Avrebbe voluto tirare fuori tutta la grinta, il coraggio, l’orgoglio e la fermezza che possedeva.
Avrebbe voluto, ma non ne fu capace. Non ne ebbe la forza.
Tutto ciò che riuscì a fare, fu rendersi conto che non sarebbe riuscita a dirgli alcunché, come se quegli occhi freddi e glaciali le avessero risucchiato l’anima e tolto ogni possibilità di imporre la propria volontà.
E, quando la consapevolezza di tutto ciò la raggiunse, la realtà dei fatti la investì come un treno in corsa.
Era cambiata. Irrimediabilmente.
Non era più la stessa Hermione. Non era più la fiera e coraggiosa Grifondoro, la donna capace di tenere testa a chiunque con la propria forza ed integrità.
O almeno, non in sua presenza.
Proprio la stessa persona che, fino a pochi anni prima, le aveva sempre fatto tirare fuori le unghie, ora l’aveva resa innocua e mansueta come un agnellino pronto al macello.
Non riusciva a spiegarsi il perché, ma di fronte a lui era un’altra persona. Una persona debole, succube, arrendevole, inerme. Una persona che lei stessa odiava.
Un tempo sarebbe uscita dai gangheri, avrebbe dato fuori di sé di fronte ad un simile atteggiamento. Ora, riusciva solo ad abbassare la testa e tacere.
Si vergognò improvvisamente di se stessa. Sentì lacrime di rabbia e frustrazione pungerle gli occhi, chiedendo a gran voce di uscire e scivolare sulle sue guance.
Si voltò, dirigendosi a grandi passi verso la porta. L’aveva già umiliata costringendola al silenzio, ma non gli avrebbe permesso di vederla piangere. Non era così debole, non ancora.
Uscì silenziosamente dalla stanza, richiudendosi con delicatezza la porta alle spalle.
Rimasto solo, Draco si voltò lentamente verso l’ingresso della sua camera. Si sarebbe aspettato di sentirla urlare e strepitare come suo solito, di assistere ad un’ennesima manifestazione dell’irritazione di Hermione Granger.
Aveva già messo in preventivo di litigare furiosamente con lei, quel giorno. Il suo silenzio, invece, lo sorprese. Non riuscì a spiegarselo, né gli piacque.
Osservò la porta bianca. Per lo meno, si aspettava di sentirla sbattere, con una forza tale da far tremare tutte le pareti. Invece, nemmeno quello.
La moretta era sgattaiolata via da quella stanza mestamente, avvolta da un silenzio che non le si addiceva.
Per quanto arrabbiato, stanco, nervoso ed irascibile fosse, pieno di pensieri e preoccupazioni, non riuscì a non notare tutto ciò. La reazione di Hermione fu improvvisamente capace di cancellare dalla sua mente quanto l’aveva occupata fino a poco prima.
Fu estremamente turbato dalla sua arrendevolezza. Sospirò, scrollando lentamente la testa.
Lei era una delle cause scatenanti della sua rabbia. Lei, il fatto che non riuscisse a smettere di pensarla, il modo in cui lo elettrizzava, come si ritrovava a girovagare per la propria stanza alla ricerca del suo profumo, i propri sogni popolati quasi esclusivamente dalla sua presenza.
Tutto ciò lo rendeva estremamente furioso. Per questo aveva deciso di darci un taglio. Per questo, quella mattina, aveva progettato di riservarle un’accoglienza fredda e disinteressata. Per questo l’aveva trattata come se lo infastidisse, come se non la volesse intorno.
Eppure, ora non si sentiva meglio.
Anzi, stava uno schifo. Ripensava alla sua espressione afflitta, al suo silenzio sconsolato, alla desolazione con cui se n’era andata, a quella porta che non era stata in grado di sbattere, all’accenno di lacrime che aveva intravisto nei suoi occhi. Ci ripensava, e sapere che era causa sua gli faceva prudere le mani. Si sarebbe preso a schiaffi da solo.
Sospirò nuovamente, tornando a fissare la tempesta che infuriava nel paesaggio magico di fronte ai suoi occhi.
La odiava.
Odiava le sensazioni che gli provocava.
Odiava ciò che lo costringeva a fare, in risposta a quelle sensazioni.
Odiava il modo in cui lei reagiva.
E, soprattutto, la odiava perché lo portava ad odiare se stesso, e come la trattava.
Serrò forte la mascella, i muscoli delle braccia talmente in tensione che iniziavano a dolergli. Si allontanò dalla finestra, dandole le spalle ed avanzando di qualche passo verso il letto.
Dopo pochi centimetri, parve ripensarci. Si voltò di colpo e sferrò con forza un pugno contro il muro.
L’intonaco cedette, sgretolandosi e creando un buco nel punto colpito dalla mano del ragazzo.
Draco, immobile, con la mano pulsante di dolore ancora premuta contro il muro, respirava affannosamente, cercando di recuperare una calma che ultimamente non gli apparteneva più. Quando vide dei rivoli di sangue scivolare lentamente lungo la parete bianca, spostò la mano da essa. Rimase per qualche istante ad osservare la piccola voragine che si era formata nel muro, a misura del pugno escoriato e sanguinante che ancora stringeva con forza.
La ferita bruciava come l’inferno, ma decise di non curarsene. Indietreggiò fino a che le sue gambe non toccarono il bordo del letto, poi si lasciò andare, sedendosi pesantemente su di esso.
Posò gli avambracci sulle ginocchia leggermente divaricate, piegando la schiena in avanti e cercando di rallentare il proprio respiro. Lo sguardo si abbandonò sul pavimento bianco, fissando un punto indistinto di esso.
In quel silenzio, interrotto solo dal rumore delle gocce di sangue che toccavano terra, i mille pensieri che aveva scacciato con forza dalla propria mente tornarono a tormentarlo prepotentemente.
Ma, stavolta, decise di non fare nulla per bloccarli.
Non sapeva che, a qualche metro di distanza da lui, Hermione Granger era seduta sul freddo pavimento di marmo dell’infermeria, in una posizione non dissimile dalla sua, altrettanto turbata e sconvolta.

Fu così che la trovò Ron, quando passò a trovarla qualche minuto più tardi.
Accovacciata contro il muro del corridoio, le ginocchia strette al petto ed il viso affondato tra le braccia. Fragile e ferita, come poche volte in vita sua l’aveva vista.
< Mione...> la chiamò dolcemente, inginocchiandosi accanto a lei.
Sapeva che la guerra e tutti i suoi orrori stavano pericolosamente minando l’autocontrollo della sua migliore amica. Spesso l’aveva scoperta a piangere, spesso aveva assistito ai suoi sfoghi, spesso l’aveva consolata tra le sue braccia.
Eppure, quel giorno, non riusciva a comprendere il motivo del suo abbattimento.
Era una giornata eccezionale, la primavera era appena iniziata nel migliore dei modi e l’assenza di Draco Malfoy aveva indebolito non poco le linee nemiche, al punto che l’Ordine si era assicurato la vittoria nelle ultime due battaglie, nonché la cattura di un gran numero di Mangiamorte.
Le cose sembravano volgere a loro favore in quel momento, nessuno di loro era più stato ferito né aveva rischiato la vita, cosa che ormai accadeva fin troppo di frequente.
Insomma, era in assoluto il periodo meno drammatico da che era scoppiato quell’assurdo conflitto. Perciò, si aspettava di trovare un’Hermione raggiante e positiva, non affranta ed in lacrime.
< Che succede?> le domandò, sedendosi accanto a lei e passandole un braccio intorno alle spalle, con fare fraterno.
La moretta sollevò il viso, poggiando il mento sulle ginocchia. Tirò su col naso, voltandosi a fissarlo.
< Se te lo dico mi prendi per scema...> gli mormorò.
< Sei probabilmente l’ultima persona al mondo a cui potrei mai dare della scema. Avanti, spara!>
Si morse il labbro inferiore, indecisa sul da farsi.
< Malfoy.> disse semplicemente, infine.
L’espressione di Ron si rabbuiò di colpo. Serrò forte le mani a pugno, poi fece per alzarsi in piedi e dirigersi verso la stanza del ragazzo, ma l’amica lo trattenne per un braccio.
< Ron, stai buono...>
< Che ti ha fatto quel pezzo d’idiota?> fece lui, rabbioso < Dimmelo, poi vado là dentro e gli spezzo il collo con le mie stesse mani!!>
< Weasley siediti, non mi ha fatto niente!> rispose la ragazza, severamente.
Il rosso inarcò un sopracciglio, perplesso.
< Sicura?>
Hermione annuì, tirandolo per la manica. Lui si sedette di nuovo, più calmo.
< Potrei prescriverti qualcosa per questi tuoi sbalzi d’umore improvvisi, sai?> disse lei, ridacchiando.
< Senti, io ti trovo seduta per terra in lacrime, tu mi dici che è colpa di Malfoy e poi pretendi che non mi incazzi?! Dovresti conoscermi meglio di così, Mione!>
< Non ho detto che è colpa sua.>
< Hai fatto il suo nome...> sottolineò il ragazzo.
< Beh si, c’entra lui, ma non è esattamente colpa sua... insomma, non è che mi abbia propriamente fatto qualcosa...>
Ron sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
< Dimmi quello che è successo e basta. Giuro che non ti prenderò in giro né ti darò della scema. E non gli metterò le mani addosso!> aggiunse poi, notando il sopracciglio inarcato della moretta.
Hermione rimase in silenzio per qualche istante. Voleva parlare con Ron, era il suo migliore amico e in tutti quegli anni aveva imparato che sfogarsi con lui era quanto di meglio per risolvere i suoi conflitti interni.
Da quando avevano lasciato Hogwarts ed erano entrati entrambi a far parte del sadico gioco della guerra, il ragazzo era cresciuto e maturato con una rapidità inaudita. Non era più il ragazzino dei tempi della scuola, ed il suo rapporto con lei non era più fatto di litigate e bronci un giorno sì e l’altro pure. Avevano finalmente compreso di non essere fatti per stare insieme, nonostante le pressioni di Harry e di tutti i loro conoscenti vertessero in quella direzione, e questa consapevolezza aveva alleggerito la tensione che per sette anni li aveva accompagnati, consentendo finalmente loro di vivere la loro amicizia a pieno, senza vincoli.
Ron era per lei il fratello che non aveva mai avuto, e probabilmente se non fosse stato per lui il peso della guerra l’avrebbe già schiacciata irrimediabilmente da molti anni.
Tuttavia, nonostante il suo desiderio di aprirsi a lui, non era così semplice.
Dopotutto, che avrebbe potuto dirgli? Che piangeva perché Malfoy era stato freddo con lei? Perché si aspettava che invece fosse socievole e paradossalmente quasi “gentile” come era stato negli ultimi tempi? Che bramava la sua attenzione ed il suo affetto?
Sì, affetto, l’aveva detto.
Sospirò profondamente. Era il suo migliore amico, ma questa non era una motivazione valida per provocargli un attacco cardiaco a soli ventidue anni.
< Posso provare ad indovinare?> esordì inaspettatamente lui.
La ragazza si voltò, sorpresa. Annuì, con un’espressione curiosa.
Ron portò le braccia dietro la testa e si appoggiò al muro, stendendo le gambe sul pavimento.
< Vediamo... Malfoy si è svegliato di cattivo umore, ti ha trattata male...> le lanciò un’occhiata, scrutandole il viso < anzi no, non ti ha trattata male... ti ha ignorata, non ti ha rivolto la parola e si è limitato a lanciarti sguardi biechi da Mangiamorte incazzato. E tu ci sei rimasta male. Non sei riuscita a rispondergli come avresti voluto, non hai cominciato a bacchettarlo come avresti fatto con me, se mi fossi comportato così. E poi te ne sei andata a testa bassa e con la coda tra le gambe giusto per non scoppiargli a piangere in faccia.>
Si voltò nuovamente verso di lei, osservando la sua espressione stupefatta con una smorfietta.
< Ho indovinato?>
Hermione sbatté le palpebre un paio di volte. Non riusciva a crederci.
< Da quando conosci la Legilimanzia?> gli chiese, sorpresa.
Ron ridacchiò, scrollando la testa.
< Non la conosco, ma non mi serve con te Mione. Mi basta guardarti negli occhi, te le leggo in faccia le cose. Sei come un libro aperto per me.>
La moretta si morse un labbro. Odiava essere prevedibile, ma esserlo anche in qualcosa di assolutamente imprevedibile da parte sua era ridicolo.
Doveva cominciare a prestare più attenzione anche alle sue espressioni, in presenza di Ron. Non che le dispiacesse il modo in cui lui la comprendeva, anzi era indice di estrema complicità ed affetto. Ma che i suoi sentimenti fossero così alla mercé del rosso la irritava.
< Quindi suppongo di averci preso...> commentò lui.
Hermione inarcò le sopracciglia.
< Assurdo, ma è così...>
< Assurdo che ci abbia preso o assurdo ciò che è successo?>
La ragazza parve rifletterci un po’ su.
< Entrambe.> concluse infine, con un sorriso accennato.
Ron ridacchiò nuovamente. Le passò il braccio destro intorno alle spalle, attirandola più vicina a sé.
< Ascoltami Herm, seriamente... stai attenta, ok?> sussurrò, serio.
< A cosa?>
< Non fare la finta tonta, lo sai meglio di me. Cosa pensi, che non mi sia accorto di come non ti lamenti più di Malfoy? O del fatto che vai sempre nella sua stanza? Sei professionale nel tuo lavoro, ma questo si chiama eccesso, non zelo.>
Si voltò verso di lei, guardandola fisso negli occhi, con tenerezza ed apprensione.
< Tu sai meglio di me quello che ti sta succedendo. E non voglio metterci bocca, sei fin troppo in gamba e sai badare benissimo a te stessa. Ma ti voglio bene, ed ho paura che in questo caso rischi un po’ troppo di perdere il contatto con la realtà. Perciò fai come credi, come reputi giusto, ma stai sempre attenta. Me lo prometti?>
Hermione sospirò. Allora era vero, si stava effettivamente lasciando plasmare da Malfoy, se persino Ron se n’era accorto.
< Non so perché mi comporto così... io non sono questa persona, lo sai...>
< Lo so, ma non puoi pensare di avere un comportamento univoco per ogni situazione della tua vita.>
La moretta aggrottò le sopracciglia.
< Che vuoi dire?>
Con la mano libera, il rosso le spostò un boccolo dietro l’orecchio, accarezzandole delicatamente il volto.
< Prendi noi due. Quando eravamo ad Hogwarts, tutti pensavano che saremmo finiti insieme. Sembrava che fosse inevitabile, ed abbiamo finito per cominciare a pensarlo anche noi. E il nostro rapporto ha iniziato a complicarsi. Ti ricordi le liti, le crisi, i periodi passati senza rivolgerci la parola? Poi siamo cresciuti, e abbiamo capito che non potevamo lasciarci condizionare la vita da ciò che gli altri pensavano di noi o volevano per noi. Abbiamo capito che il nostro era un rapporto diverso, che l’amore che ci unisce non è quello che tutti si aspettavano, è un amore fraterno, da migliori amici. E quindi le cose sono cambiate. Migliorate, se me lo concedi.>
< Si ok, ma questo che c’entra?>
< C’entra Hermione, perché tu con me ad Hogwarts eri una persona, ed ora ne sei un’altra. E viceversa io con te. Una persona difficilmente resta sempre la stessa, ma piuttosto si adatta a chi si trova di fronte, e al tipo di rapporto che la unisce a quest’ultimo. Perciò...>
< Perciò se io sono un’altra persona con Malfoy adesso, è perché il nostro rapporto è cambiato?>
< Esattamente.> assentì Ron.
< E questo cosa significa?>
Il ragazzo scrollò le spalle.
< Non lo so!> ammise, sorridendo sornione.
La moretta sbuffò, divertita.
< Tutti questi gran discorsi e giri di parole, e poi in sostanza non c’è niente sotto!>
< Beh che pretendi, sei tu quella intelligente, non io!!> ridacchiò lui.
Hermione, contagiata, rise a sua volta. Poi posò la testa sulla spalla dell’amico, accoccolandosi teneramente.
< Grazie, mi ci voleva.>
< Dovere.> replicò lui, accarezzandole i boccoli castani. < Però voglio che mi prometti lo stesso che farai attenzione con Malfoy. Anche se potrà sembrarti cambiato, più gentile, persino più umano, non dimenticarti mai chi è. Non abbassare la guardia, ok?>
< Si papà!> annuì lei, con un ghigno.
Ron le diede un buffetto sulla testa.
< Scema!>
< Avevi detto che ero l’ultima persona al mondo a cui avresti mai dato della scema!>
< Ho detto che probabilmente eri l’ultima persona al mondo! E poi, quando uno se lo merita, se lo merita!>
< Giusto, allora... scemo!> gli fece, per poi schioccargli un bacio sulla guancia.


~ω~





Ron ha ragione, devo stare attenta.
Non posso essere così debole, non con Lui...
O, almeno, non devo mostrarmi tale.
Non devo abbassare la guardia. Non devo dimenticare chi è.
Anche se ultimamente si sta mostrando diverso dal Malfoy che conoscevo prima, non posso dimenticare che resta comunque un Mangiamorte.
E’ il nemico, e al nemico non va mai scoperto il fianco.
Devo mostrarmi forte con lui, un episodio come quello di ieri non deve mai più accadere!
Anche a costo di comportarmi diversamente da come vorrei, anche a costo di fingere.
Che poi non capisco...
Non riesco a capire cosa gli sia preso ieri.
Anzi, a dire il vero non capisco nemmeno cosa sia preso a me!
Ho avuto a che fare con parecchi Mangiamorte, e tutti loro mi hanno guardata con espressioni cattive e minacciose. Eppure non mi sono mai lasciata intimidire, non ho mai perso la mia fermezza di fronte a loro, anche se sotto sotto avevo paura.
Perché con Lui si?
Che ha Lui di speciale?
Niente, dannazione! Per me è un Mangiamorte come tutti gli altri!
Anche se effettivamente non lo è... però deve esserlo!
E’ un Mangiamorte come tanti, per giunta disarmato, impotente e prigioniero.
Insomma, che motivo ho di avere paura di uno così?
Ammesso che di paura si tratti...
E mi spaventa il fatto che so bene che non si tratta solo di quello.
I suoi occhi ieri mi terrorizzavano. E’ vero.
Ma mi affascinavano, anche.
Ero incatenata al suolo dal suo sguardo, paralizzata. Ma non come la sarei stata se mi fossi ritrovata di fronte a Colui-che-non-deve-essere-nominato.
Non era solo paura. Anzi, non la era per la maggior parte.
Era...
Cos’era?
Merlino, perché Malfoy è tornato a complicare la mia esistenza?
Vivevo così bene senza di lui! Ero felice, per quanto la guerra lo consenta.
Stavo bene con me stessa e con gli altri, la mia salute mentale non era a rischio, odiavo tutti i Mangiamorte indistintamente, non mi lasciavo distrarre dal mio lavoro da niente e nessuno, non avevo dubbi su chi fossi o cosa provassi, non passavo notti insonni a domandarmi cosa diavolo mi stesse passando per la testa, non avevo paura ad addormentarmi perché rischiavo di abbandonarmi a sogni contorti ed imbarazzanti su un essere orribile e crudele.
Ero Hermione Granger. La Guaritrice forte, sicura di sé, temeraria, caparbia, integerrima, brillante, seria e professionale.
E ora? Ora cosa sono?
Sono sempre Hermione Granger, sono sempre una Guaritrice. Ma non sono più forte, se non riesco a rispondere alla cattiveria di Malfoy. Non sono più sicura di me, se mi guardo davanti allo specchio e non so chi sto guardando. Non sono più temeraria, se non ho il coraggio di reggere il suo sguardo. Non sono più caparbia, integerrima, brillante, seria, professionale. Non sono più niente.
Non con Lui.
Con Lui sono qualcosa che nemmeno io capisco. Sono qualcosa che non mi piace.
Sono qualcosa che non mi spiego e che non accetto.
Ma che non riesco ad evitare.
Oh Cielo, mi piacerebbe così tanto avere uno specchio parlante, come la Matrigna di Biancaneve! Magari lui saprebbe dirmi cosa mi sta succedendo, e cosa dovrei fare.
Uff...
Dannato Mangiamorte, sia maledetto il giorno in cui Harry e Ron ti hanno catturato!
E’ mai possibile? Possibile che una persona possa mandarti così in confusione ed in crisi semplicemente guardandoti storto?
Da quando Lui ha questo potere su di te?
Da quando?
Da quando?! E te lo chiedi pure Hermione?
Da sempre....
Gli sguardi torvi di Malfoy ti hanno sempre fatto male, ne hai sempre sofferto.
Ma mai così. Mai con così tanta intensità. Mai al punto di piangere. Mai ti hanno tolto ogni capacità fisica e verbale di reagire.
Mai.
Ti sei rammollita, ammettilo.
Lui ti ha rammollita.
“Non dimenticarti mai chi è..”.
Stai tranquillo Ron, non me lo dimentico di certo.
Non mi dimentico che Lui è l’Angelo della Morte, il Mangiamorte per eccellenza, il più terribile di tutti.
Non è questo il punto.
Il problema è...
Chi è Lui per Me?



~ω~





Draco sedeva ai piedi del letto, con la schiena rivolta verso l’ingresso. Piegato su se stesso, stava armeggiando con qualcosa, in posizione di difesa, nel caso qualcuno fosse entrato nella stanza.
Quando sentì la porta alle sue spalle aprirsi, ed un lieve rumore di passi, intuì subito che si trattava di Hermione.
Raddrizzò la schiena, nascondendo l’oggetto delle sue precedenti macchinazioni tra le braccia.
La moretta, decisa ad affrontarlo con rinnovato spirito, si arrestò dopo un paio di passi, rimanendo abbastanza distante da lui. Era convinta che se gli avesse parlato evitando di guardarlo negli occhi, forse avrebbe mantenuto la sua solita fermezza.
Non doveva lasciarsi intimidire. Non doveva mostrarsi debole come il giorno precedente, mai più.
< Oggi pensi di riuscire a comportarti civilmente o me ne devo andare?> gli domandò, secca.
Il biondo voltò leggermente la testa, guardandola di traverso.
< Fai come ti pare.> le rispose, altrettanto aspramente.
Almeno parlava. Buon segno.
Hermione si avvicinò, lo sguardo puntato sulla sua cartelletta.
< Beh, ormai dovresti essere guarito del tutto, comunque è meglio se ti do un’occhiata, giusto per essere sicuri.>
Istintivamente, il ragazzo strinse ancora più forte le braccia al petto. Quando la moretta sollevò gli occhi dalla cartella, notò quella strana posizione. Capì immediatamente che stava cercando di nasconderle qualcosa.
< Che hai lì?> gli chiese, seria.
< Niente...> mormorò lui, distogliendo lo sguardo.
< Malfoy!>
< Fatti i cazzi tuoi Granger!> replicò, sulla difensiva.
< Sono cazzi miei, sei sotto la mia tutela in questo momento!>
< Fanculo!> le ringhiò contro, alzandosi in piedi di scatto ed allontanandosi, con le braccia sempre strette contro il petto.
Hermione non era in vene di sceneggiate quel giorno. Estrasse la bacchetta dalla tasca del camice e la puntò contro la schiena del ragazzo.
< Locomotor mortis.>
Draco si paralizzò di colpo, le gambe immobilizzate. Tentò di muovere qualche passo, inutilmente.
La moretta lo raggiunse, con la bacchetta ancora impugnata fermamente nella mano destra.
< Credevo che in questa stupida stanza non si potessero fare incantesimi!> sibilò lui.
< Tu non puoi, io si. Adesso non costringermi a incantarti di nuovo. Fammi vedere cosa stai nascondendo.>
Il ragazzo sbuffò a denti serrati, poi sciolse la stretta delle braccia sul petto. Hermione notò che nella mano sinistra stringeva brandelli di lenzuolo.
Aggrottò le sopracciglia, perplessa.
< A che ti servono quelli?>
Non ottenne risposta, ma le bastò scrutarlo con più attenzione ed, infine, la notò.
< Che diavolo ti sei fatto?> esclamò, afferrandogli la mano desta, su cui troneggiava una profonda ferita ancora sanguinante.
< Niente!> replicò lui, allontanando stizzito la mano dalla presa della ragazza.
< Oh per piacere, non fare il bambino!>
Malfoy digrignò i denti, poi permise alla moretta di guardare da vicino la ferita. Non sembrava grave, era un’escoriazione abbastanza superficiale, ma pareva si stesse infettando.
Tenendo la mano del ragazzo tra le proprie, puntò la bacchetta sulle sue gambe, annullando l’incantesimo paralizzante. Poi, lo costrinse a seguirla fino al letto, dove lo fece sedere accanto a sé.
Con un altro colpo di bacchetta, fece apparire una serie di strumenti di medicazione, con cui prese subito ad armeggiare.
Il biondino fissava insistentemente il pavimento, evitando lo sguardo di Hermione. Sussultò quando lei gli passò un batuffolo di cotone imbevuto di una qualche sostanza magica sulla ferita.
< Potrebbe bruciare un po’.> gli fece, con un ghigno.
< Potevi dirmelo prima!> rispose lui, stringendo i denti per il dolore.
Dopo che gli ebbe medicato il taglio, lo fasciò con un paio di bende, legandole strette.
Forse fin troppo strette. Il ragazzo non poté non domandarsi se quello non fosse un subdolo modo di vendicarsi per l’episodio del giorno precedente.
Una volta terminato, fece scomparire gli strumenti che aveva appena utilizzato, poi si sfilò gli occhiali da vista dal naso e iniziò a pulirli con l’orlo del proprio camice.
Avvolto da quello strano silenzio, il Mangiamorte rimase a fissarla per qualche istante. Quando finalmente comprese che non avrebbe aperto bocca, fu lui a parlare.
< Non mi chiedi come me lo sono fatto?>
Hermione esibì un sorrisetto ironico.
< Non ci vuole un genio per capirlo.> sollevò lo sguardo, fissandolo eloquentemente < Direi che quel buco sul muro è piuttosto evidente.>
Draco fece una smorfia, voltandosi a fissarlo.
Effettivamente, sarebbe stato impossibile non notarlo. E non fare due più due.
< Sei in vena di chiacchiere oggi, a quanto pare?> proseguì lei, provocatoria.
< Mi pareva solo strano che non mi chiedessi nulla, ficcanaso come sei!>
< Stai continuando a parlare, Malfoy...> sottolineò lei.
Il ragazzo fece schioccare la lingua, seccato.
< Vabbè, anche se fosse? Sei l’unica con cui possa parlare, in questo postaccio.>
< Ieri non eri della stessa opinione.> fece lei, seria.
< Sapevo che l’avresti detto.> dichiarò lui, inarcando un sopracciglio.
< E’ la realtà dei fatti. Eri piuttosto nervosetto, direi...>
La moretta non poté non complimentarsi con se stessa per come riusciva a sostenere la conversazione con lui, quel giorno. Temeva che, dopo quanto successo il giorno precedente, non avrebbe più avuto il coraggio di comportarsi come suo solito di fronte a Malfoy.
Fortunatamente, il fatto che lui non accennasse minimamente alla sua reazione arrendevole la aiutava non poco.
< Beh, avevo i miei buoni motivi per esserlo.> concluse lui, incrociando le braccia al petto.
< Ah-ah> annuì lei, apparentemente disinteressata.
Si alzò in piedi, dirigendosi verso il foro nel muro e lo osservò, valutando quale incantesimo usare per ripararlo.
Il biondo la seguì con lo sguardo.
< Non mi chiedi quali?> la sollecitò poi.
< Quali cosa?> fece lei, continuando a studiare la parete.
Draco sbuffò.
< Quali motivi avevo per essere nervoso!>
Hermione si voltò verso di lui, un sorrisetto sarcastico dipinto in volto.
< Da quando sono diventata la tua confidente?>
< Ma quale confidente!> ribatté lui, arrossendo leggermente < Pensavo solo che me l’avresti chiesto...>
< Ma non l’ho fatto.>
< Appunto!>
< Vuoi che lo faccia?>
< Io non voglio che tu faccia proprio niente Granger!> bugia, sibilò una vocina nella sua testa, immediatamente zittita.
< Ok, se ci tieni tanto... quali motivi?>
< Finiscila!>
< Me l’hai chiesto tu!> fece la moretta, ridacchiando divertita.
< Non t’ho chiesto proprio niente io! E anche se fosse, adesso di certo non te lo dico!>
Hermione sospirò, alzando gli occhi al cielo.
< Oh ti prego Malfoy, non fare il bambino!>
< Fottiti!> sputò fuori lui, imbronciato.
< Avanti dai, dimmi come mai eri nervoso.>
< No!> rispose il ragazzo, corrucciato.
< Vabbè, come ti pare...> fece lei, scrollando la testa.
Si voltò nuovamente verso la parete, mormorò un rapido incantesimo per riparare il muro, poi mosse qualche passo in direzione della porta.
Quando Malfoy comprese che stava per andarsene, interrompendo così la loro conversazione, decise di mandare al diavolo il proprio orgoglio.
< Voldemort.>
Gli bastò pronunciare quel nome, perché la moretta si bloccasse di colpo. Se fino a quel momento avevano giocato, sapeva bene che quando saltava fuori il nome del Mago Oscuro lo scherzo era finito.
Tornò indietro, sedendosi nuovamente sul letto di fronte a lui. Stavolta non c’era sarcasmo o scherno nella sua espressione.
< Di che si tratta esattamente?>
Malfoy, altrettanto serio, scrollò le spalle.
< Non ne ho idea. So solo che il Marchio mi brucia da giorni.>
< Credi che stia tramando qualcosa?> fece lei, grave.
< Può darsi...> sgranò di colpo gli occhi, come se si fosse improvvisamente risvegliato da un incantesimo. < Che cavolo sto facendo, io non dovrei dirti queste cose!>
Hermione scosse lentamente la testa.
< Non sono un Auror.>
< Non importa, fai pur sempre parte dell’Ordine!>
< Sono una Guaritrice, Malfoy.>
< Che c’entra, sei comunque...>
< Ho detto che sono una Guaritrice!> lo interruppe, ribadendo insistentemente il proprio ruolo.
Draco comprese cosa gli stava dicendo. Essendo un Medimago, vigeva il segreto professionale tra medico e paziente. Perciò, qualunque cosa lui le avesse detto, lei non era tenuta a divulgarlo.
< Vale anche per me?> le chiese, perplesso.
< Soprattutto per te.> ammise la moretta < Sarà compito di Harry e Ron convincerti a passare all’Ordine le informazioni che ci servono. Io non posso rivelare nulla, anche se tu mi raccontassi tutti i segreti più intimi di Tu-sai-chi.>
< Perché non sarebbe etico?> avanzò lui, sarcastico.
< Anche. Ma, a parte questo, il nostro giuramento è una particolare variante dell’Incanto Fidelius. Quando lo pronunciamo, automaticamente siamo costretti dalla magia in esso racchiusa a mantenere il segreto professionale. Perciò, puoi fidarti al cento per cento di me.>
Il biondo la squadrò, incerto.
< Chi mi assicura che tu stia dicendo la verità, e che questa non sia solo una balla per convincermi a sputare il rospo?>
< Beh, nessuno. Sta a te decidere se fidarti o meno di me.>
Si fissarono in silenzio per un paio di secondi. Il ragazzo non ebbe neppure il minimo dubbio su quale decisione prendere.
< A parte che, comunque, il rospo l’hai già sputato, in teoria...> aggiunse poi lei, ridacchiando.
< In teoria... non è che ti abbia detto un granché.> replicò lui, con un ghigno. < Anche perché, francamente, non saprei nemmeno io che dirti...>
< Abbi pazienza Malfoy, ma non ci vuole un genio a capirlo!>
Draco le rivolse un’occhiata curiosa.
< Tu-sai-chi si è accorto della tua assenza, e probabilmente si sta attivando al riguardo.> concluse la ragazza, annuendo come a dar ragione a se stessa.
Lui le sorrise.
< Buffo, è la stessa cosa che penso anch’io. Sei perspicace, Granger.>
Hermione si morse il labbro inferiore. Quel sorriso, così spontaneo e quasi innocente, le fece aumentare i battiti cardiaci. Sapeva di essere arrossita, si augurava solo che lui non lo notasse più di tanto.
< Come mai non mi chiami più Mezzosangue?> gli domandò, cercando di distogliere l’attenzione dal colore delle proprie guance.
< Non credevo ti piacesse così tanto...> la canzonò lui.
< Non ho detto questo, ti ho solo chiesto perché non mi ci chiami più.>
Draco alzò gli occhi al cielo, come se stesse pensando a che risposta darle. Poi ridacchiò tra sé.
< Sei la mia Guaritrice, dopotutto ti meriti un minimo di rispetto da parte mia.>
La moretta sgranò gli occhi.
< Stai attento a quello che dici, simili affermazioni potrebbero far collassare l’intero sistema solare e creare un’enorme voragine nera nell’universo!>
Il ragazzo la zittì con un vago gesto della mano, sorridendo ironico.
Hermione rifletté tra sé e sé per un paio di secondi, poi si fece coraggio e riprese a parlare.
< Malfoy?>
< Mh.>
< Posso farti una domanda?>
Il biondino la fissò, cercando di intuire il tenore di quell’interrogazione. Poi annuì.
< Spara...>
L’ex-Grifondoro si sfilò gli occhiali dal naso, richiudendoli ed infilandoseli in tasca. Si lisciò la gonna nera, dopodiché rialzò lo sguardo verso Draco.
< Come sei diventato... insomma... quello che sei?>
Il ragazzo fece spallucce.
< Come tutti, vengo da una famiglia di Mangiamorte quindi era automatico che lo diventassi anch’io, e compiuti sedici anni sono stato marchiato.>
< Non intendevo questo. Volevo dire, come sei diventato il genere di Mangiamorte che sei ora.>
Malfoy inarcò un sopracciglio.
< “L’Angelo della Morte”?> domandò, ironico.
Hermione annuì.
< Se ti può far piacere saperlo, è un soprannome che trovo alquanto ridicolo, e mi piacerebbe fare una bella chiacchierata con chi me l’ha affibbiato...>
< Strano, credevo che uno come te stravedesse per nomignoli come quello!> fece lei, ridacchiando.
< Per piacere! Sarei la barzelletta degli altri Mangiamorte, se non fosse che hanno paura di me...>
La fissò intensamente per qualche secondo, mentre la moretta riavvertiva quella strana sensazione che le provocava sempre il contatto con quegli occhi di ghiaccio. Sgradevole e piacevole al tempo stesso.
< Beh... non lo so. Seriamente.> aggiunse, di fronte all’espressione scettica di lei. < Voglio dire, non ho avuto esattamente un esordio felice come Mangiamorte...>
< Parli della faccenda di Silente?>
Il ragazzo annuì.
< Feci una pessima figura in quel caso. Insomma, non avevo avuto il coraggio di portare a termine la mia prima missione, e mi aveva dovuto spalleggiare Piton perché il piano andasse a buon fine. Voldemort era piuttosto infuriato con me. Per punizione mi spedì in Irlanda, ad affrontare un gruppo di Licantropi che si stava ribellando. Credo che si aspettasse che mi sbranassero vivo. Era una sorta di punizione.>
< Ti aveva mandato con l’intento di farti morire?> domandò lei, scandalizzata.
Il biondino sorrise.
< Non c’è da stupirsi Granger, per lui è ordinaria amministrazione. Se funzioni, bene, ti tiene con sé. Altrimenti, trova il modo e la maniera di liberarsi di te. Il più delle volte lo fa per vie traverse. Non gli piace sporcarsi le mani con gente che reputa indegna.>
Hermione rabbrividì. Non avrebbe mai finito di meravigliarsi di quanto quell’individuo potesse essere inumano e mostruoso.
< Comunque, come puoi ben vedere, mi è andata poi così male...>
< Che successe?> chiese lei, curiosa.
< Non sono mai stato un tipo strategico. L’ho sempre sospettato, ma da quando sono diventato Mangiamorte ne ho avuto la riprova. Non sono fatto per progettare piani e svilupparli, quella è più una cosa da Severus. Io sono un mago d’azione. Quando ho una bacchetta in mano, mi sento pienamente nel mio elemento. Ad Hogwarts era tutto un po’ attutito dal contesto scolastico, ma quando me ne sono tirato fuori ed ho iniziato a combattere seriamente, mi sono reso conto delle mie capacità nella lotta. Ti confesso che me ne sono sorpreso anch’io. Non credevo di essere così. Nessuno lo credeva, nemmeno Voldemort.> sorrise biecamente < Ma dopo che sono tornato dall’Irlanda portandogli la testa del capo dei Licantropi come souvenir, ha capito di essersi sbagliato. Da allora mi ha reintegrato nel suo esercito, e pian pianino mi sono conquistato sempre più meriti. Non che fosse nelle mie intenzioni, l’unica cosa che interessava a me era combattere. Va da sé che, dimostrandomi tanto capace, il Signore Oscuro ha pensato bene di eleggermi suo secondo. La cosa non è andata giù a molti, perché ero troppo giovane e inesperto, a loro dire. Alcuni ancora pensavano a me come al ragazzino tremante che non era riuscito ad uccidere Silente.>
< E adesso hanno cambiato idea?>
Draco ghignò, una strana luce sinistra nei suoi occhi.
< Gliel’ho fatta cambiare io.> poi tornò serio, e proseguì < Da quando ho iniziato a passare di battaglia in battaglia, mi sono scoperto diverso da quello che pensavo. Caratterialmente, ma anche per quello che riguarda la magia. Ammetto che mi reputavo un mago mediocre ai tempi di Hogwarts, anche se non lo davo a vedere. E per certe cose forse sono ancora mediocre... non sono capace di architettare grandi piani, non so curare le ferite bene come te, non riesco nemmeno a far crescere una stupida Mandragora. Ma quando si tratta di distruggere ed uccidere, allora sono praticamente imbattibile! Un po’ di natura, un po’ per esperienza. Ormai sono sei anni che combatto, vorrà pur dire qualcosa...>
< Perciò sei diventato il suo secondo per le tue capacità?>
< Anche. Ma non solo. Ci sono tanti Mangiamorte altrettanto abili in combattimento. Voldemort è rimasto impressionato non solo dalla mia forza, ma soprattutto dal mio modo di affrontare l’avversario. Senza pietà, senza remore, freddo come il ghiaccio e brutalmente letale. Mi ha sempre descritto così. Ed effettivamente ha ragione.> la fissò intensamente < Da quando sono diventato Mangiamorte, sono stato succube dei rimorsi e della titubanza solo per una volta. E mi è quasi costata la vita. Ho imparato in fretta a zittire del tutto quel poco di coscienza che avevo. E questa cosa a lui piace, e molto.>
Scrollò le spalle, alleggerendo la tensione che il suo racconto aveva creato.
< Tutto qui.> concluse poi.
Hermione rimase in silenzio, fissando pensierosa le proprie mani intrecciate e posate sul grembo.
< Se stai per dire qualcosa del tipo “non avrei mai immaginato che uno come te sarebbe diventato così” risparmiatelo, l’ho già sentita!> le fece lui.
L’ex-Grifondoro scosse la testa.
< Non volevo dirlo.>
Draco la squadrò.
< Che c’è Granger? Dopo aver sentito tutto questo, hai ancora più paura di me?>
Gli occhi nocciola di lei tornarono ad incrociare quelli grigi di lui. Quel contatto visivo fece rabbrividire entrambi, ma nessuno dei due lo diede a vedere.
< Affatto.> disse sinceramente lei < Stavo solo pensando che se effettivamente per Voldemort sei così importante, farà di tutto per riaverti con sé.>
Il biondo annuì.
< E’ questo che intendevo quando ho detto che probabilmente sta tramando qualcosa.>
Hermione si alzò in piedi, raggiungendo la finestra.
< Posso essere onesta?>
< Se lo reputi necessario...>
La ragazza si appoggiò al vetro con le spalle, rivolgendo lo sguardo a Draco. Un sorriso dolce le si dipinse sulle labbra.
< Sarai anche un Mangiamorte, il secondo di Voldemort, l’Angelo della Morte, quello che ti pare... ma per me resterai sempre Malfoy il furetto!>
Lui ridacchiò, scrollando la testa. Aveva avvertito una stretta allo stomaco, quando lei gli aveva rivolto quel sorriso e quelle parole, ma stranamente non gli faceva male. Anzi, era una sensazione dannatamente piacevole.
< Come vuoi Granger. Ma quel soprannome lo concedo solo a te, chiaro?> fece lui, sardonico.
La moretta ridacchiò a sua volta, mentre un forte calore si espandeva per tutto il suo corpo, avvolgendola.
Non sapeva di che si trattasse, ma di una cosa era certa.
Con quel calore, i raggi di sole che risplendevano nel paesaggio alle sue spalle non c’entravano assolutamente nulla.








Salve a tutti!! ^^
Lo so, lo so, sono pessima! Avrei voluto pubblicare questo capitolo molto prima, ma devo ammettere che è stato un vero parto! Mi sono bloccata poco dopo l'inizio, senza alcuna idea su come proseguire, in una crisi di mancanza d'ispirazione tremenda! Fortunatamente poi, qualcosa si è sbloccato ma ce n'è voluta!
Ed ammetto di non essere particolarmente soddisfatta di questo capitolo... anche rileggendolo, non mi piace un granché, immaginavo avrebbe preso una forma diversa...
Vabbè, mi auguro che possa piacere a voi!!

Prima di passare a rispondere alle recensioni, alcuni ringraziamenti sono d'obbligo.
Ovviamente grazie a chi ha letto, inserito tra i preferiti e/o i seguiti questa storia e grazie in particolare a clow 4093, edwardebella4life e seven per avermi inserita tra gli autori preferiti... l'ho scoperto solo oggi, e non avete idea del piacere che mi ha fatto, grazie grazie grazie davvero di cuore!! :****

Ma ci tenevo a ringraziare tantissimo anche tutti coloro che hanno letto la one-shot su Draco che ho pubblicato la scorsa settimana, What's in a name?, e soprattutto flopi, clow4093, babyme, frency70 e erigre per le GRADITISSIME recensioni!! ^^

Dopo questa breve parentesi, passo a rispondere alle recensioni!

xxsailorkikaxx: grazie mille, sei gentilissima! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Un bacio

seven: ma graaaaaaaaazie, addirittura super?!? Mi metti in imbarazzo così ** (non è vero, bugiarda!!! Ammettilo che ti piace ahahaha >.<) Sono felice che ti piaccia la storia e soprattutto il rapporto tra Hermione e Draco, e mi fa davvero piacere che tu abbia sottolineato la parte dello scorso capitolo in cui lui ammette i pregi di Ron ed Harry... è una cosa poco da lui, lo ammetto, ma come ho scritto bene o male anche in questo nuovo capitolo, la mia visione di Draco cinque anni dopo la fine di Hogwarts è di una persona non diversa ma più matura, che quindi ha smesso i panni del ragazzino viziato e maligno ed è diventato un uomo. Di conseguenza, per quanto loro due rappresentino il nemico puro per lui, credo che sia un gesto molto adulto riconoscere il valore dei propri avversari. I bambini pensano di essere i migliori e gli altri delle schiappe, gli adulti generalmente (non sempre) danno, come si suol dire, a Cesare ciò che è di Cesare. E, oltretutto, nobilitare il nemico attribiusce anche più importanza alla propria superiorità.
Grazie anche per i commenti agli altri capitoli, che ho letto tutti d'un fiato ma adesso non ricordo! :P
Ad ogni modo, mi piace il tuo modo di analizzare fatti e personaggi, e delle recensioni così lunghe mi fanno più che piacere!
Aspetto di sapere che ne hai pensato di questo nuovo capitolo!
Un bacione

barbarak: i conflitti interiori ci sono un pò da entrambe le parti, dopotutto loro rappresentano i due estremi quindi bene o male sia lui che lei sono ben consapevoli che non dovrebbero essere attratti l'uno dall'altro. Ma l'attrazione non si può controllare, e coi capitoli crescerà... eeeeeh, se crescerà! ^^
Per quanto riguarda il finale, ti ho già spiegato via mail. Comunque non temere... come ha detto Hermione, sta a te scegliere se fidarti o meno di me. Spero che sceglierai di fidarti ihihihihih!
Un bacio

Mirya: Guarda, non sei la prima che mi sottolinea questa cosa del finale, ma come ho già detto non disperate. Ho in mente a grandi linee come voglio concludere la storia, e non sarà propriamente un "happy ending". Però.... insomma, aspettate e vedrete! ;)
Anch'io sono una gran romanticona, piango sempre quando le storie finiscono male e ci resto di cacca, scusate il francesismo. Sicchè, questo dovrebbe lasciar intuire che la storia finirà col sorriso. Ma non è detto che prima non si pianga un pò... ahahahaha me crudele!! xD
Grazie mille per i complimenti comunque! Diciamo che Draco bene o male resta abbastanza IC, abbastanza simile a quello della Row ma pure leggermente diverso. Al di là del fatto che qui si tratta di un Draco cresciuto e quindi, come ho già detto, più maturo, rispecchia anche la visione che ho sempre avuto io di questo personaggio. Non fraintendermi, JK Rowling è una DEA con tutte e tre le lettere maiuscole, però ho sempre pensato che non abbia reso adeguata giustizia ad un personaggio potenzialmente fenomenale come Draco. E mi piace rendergliela, per quanto possibile! ^^
Le parti in corsivo piacciono tantissimo anche a me, mi sbizzarrisco al massimo nello scriverle, non ho proprio freni! Sarà perchè pure io di natura sono una che pensa tanto e si fa mille trip mentali, sicchè mi riesce piuttosto bene rendere le lotte intestine col proprio cervello!
E non preoccuparti per la vena da docente, fai benissimo a segnalarmi gli errori! Purtroppo, anche se rileggo abbastanza attentamente, certe cose mi sfuggono... o chissà, ci sta anche che le sbagli di mio xD
Un bacio

somochu: grazie infinite anche a te, sono felicissima che la storia ti piaccia! Anch'io adoro la coppia Draco/Hermione, le altre sono ventimila gradini sotto u.u Mi piacciono sia come coppia che come individui, soprattutto Draco che è uno dei personaggi più geniali ma al tempo stesso, ahimè, sottostimati di mamma Row. E concordo con te, resistergli è dura. Ed anche Hermione se ne sta rendendo conto! ^^
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere!
Un bacio

ross_ana: Oddio grazie, sei troppo gentile!!! Mi ha fatto davvero piacerissimo (aaaaaah, che parola è O.o) la tua recensione, e sono estremamente contenta che la storia ti piaccia sempre più. Spero che anche questi lievi sviluppi siano di tuo gradimento!
Grazie grazie grazie!!
Un bacio


Come diceva sempre la mia (stupida) prof di latino, "estote parati" perchè nel prossimo capitolo succederà una cosa un pò... grossa. Non vi dico cosa, sappiate solo che sarà un capitolo piuttosto importante per la storia.
Ed occhio ai dettagli, uno in particolare, perchè si riproporrà in futuro e sarà FONDAMENTALE! ;)
Alla prossima!!

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Capitolo 5
*** 5. ***




5.


“Darkest cloud, endless storm
Raining from his heart”






1…
2…
3…
4…
5…
6…
7…
8…
9…
10…
….
Ok, contare fino a dieci non è servito a un cazzo.
E’ ancora tutto qui. Tutto.
La rabbia, la furia cieca, l’isteria, la fottuta voglia di spaccare tutto.
E il dolore.
Sordo, lancinante, pungente.
C’è, è ancora qui.
Mi sembra quasi che mi stia spaccando in due. Mi sento come un ciocco di legno appena spezzato dal colpo secco di un’ascia.
Fanculo, non credevo che avrebbe fatto così male.
O almeno, non fisicamente.
Pensavo che questo genere di cose non si avvertissero sulla propria pelle, che fosse più uno di quei patetici concetti sentimental-spirituali per cui senti l’anima devastata ma il tuo prezioso corpo è in forma smagliante.
E invece no, porca puttana!
Questo è di gran lunga peggio di qualunque tortura o punizione di Voldemort. E’ peggio che essere riempiti di botte da due Auror stupidi, rabbiosi e lasciati a briglie sciolte. E’ peggio che sentire l’avambraccio bruciare come se quel maledetto Marchio stesse andando a fuoco.
E’ peggio di qualunque incantesimo abbia provato su me stesso in vita mia. Peggio di qualunque altra cosa al mondo.
Vorrei solo sapere come farlo smettere.
Vorrei conoscere il modo di interrompere questo dolore insopportabile ed insostenibile.
Un modo che non contemplasse la possibilità di lasciarsi andare alle lacrime.
No, per la miseria, Draco Lucius Malfoy non piange!
Neanche in queste circostanze.
Un Malfoy non piange.
Un Mangiamorte non piange.
Ed un Malfoy Mangiamorte, soprattutto, non piange per nessuna fottutissima ragione al mondo!
Non me ne frega un cazzo di quello che dice la Granger, non ho intenzione di piangere.
Io non voglio piangere.
Non devo piangere.
Non posso piangere.
E forse, se anziché fare la solita So-tutto-io sputasentenze a tradimento col paraocchi quale è, si fosse resa conto che non me ne faccio un cazzo delle sue parole o dei suoi consigli... se si fosse resa conto che l’unica cosa di cui avevo bisogno era che Lei restasse qui con me... anche in silenzio, solo... qui...
Oh, fanculo!
Fanculo a Lei e alle sue prediche da maestrina.
Fanculo al dolore.
Fanculo al mondo.
Fanculo a tutti!!
...
No, Draco Lucius Malfoy.
Fanculo a te.
Perché non la pianti di fare lo stupido gradasso spaccone almeno con te stesso? Cosa ne ottieni in cambio?
Niente.
Sei un povero patetico.
Fanculo a te e al tuo orgoglio di merda.
Tanto poi vedi bene a cosa ti porta.
A piangere, Malfoy.
A piangere come un bambino.
Perché è quello che stai facendo, genio. Nonostante tutti i tuoi “non voglio, non devo e non posso”.
Non puoi, non devi, non vuoi. Ma lo stai facendo.
E forse, se anziché fare le tue solite scenate da primadonna consumata quale sei, ti fossi reso conto che ora come ora non te ne fai niente del tuo atteggiamento da padrone del mondo freddo e glaciale... se ti fossi reso conto che l’unica cosa di cui avevi bisogno era che Lei non se ne andasse...
... forse Lei sarebbe rimasta. Anche in silenzio. Sarebbe rimasta qui.
Con te.
Stupido idiota patentato.
Fanculo, Draco Lucius Malfoy.
E fanculo a te, Mamma.



~ω~





< Come l’ha presa?>
Appoggiato con la spalla allo stipite della porta, Ron scrutava la sua migliore amica, seduta al centro del proprio ufficio, di fronte ad un’elegante scrivania in legno bianco straripante di fogli, cartelle e libri vari. Tipico di Hermione. L’ordine e l’amore spasmodico per il sapere difficilmente vanno di pari passo, ma in lei il tutto raggiungeva livelli quasi imbarazzanti. Fortunatamente, sembrava che il suo fosse quasi un disordine sistematico. Riusciva a destreggiarvisi, trovando tutto ciò che le serviva anche se era ricoperto da strati e strati di inutile cartaccia.
La moretta sospirò, abbandonando la consultazione di una cartella clinica per dedicare le sue attenzioni al ragazzo. Si sfilò gli occhiali dal naso, massaggiandosi con pollice e indice della mano destra il punto in cui avevano poggiato fino a poco prima.
< Non bene.> commentò, mesta.
Ron fece una smorfia.
< Ha dato di matto?>
< Qualcosa del genere...>
Il rosso si tastò il retro dei jeans, alla ricerca del suo pacchetto di sigarette.
< E’ comprensibile Herm.> chiosò, grave.
La ragazza sospirò nuovamente.
< Lo so Ron, non credere che non lo capisca. Ma reagire così non risolve niente, e...>
< Tu che hai fatto, a suo tempo?> la interruppe lui < Non te ne ricordi già più?>
Hermione si zittì di colpo, sentendo il respiro venirle meno. Abbassò lo sguardo, fissandosi le ginocchia parzialmente coperte dall’orlo dell’abito rosa pesca che indossava.
< E’ un colpo basso...> mormorò, con la voce incrinata da quello che pareva un singulto di pianto trattenuto.
< E’ una constatazione.> replicò lui, estraendo le sigarette dalla tasca dei pantaloni. < Nessuno dovrebbe riuscire a mettersi nei suoi panni meglio di te in questo momento, no?>
Dovette ammettere che aveva ragione.
Sapeva cosa si provava. L’aveva sperimentato sulla propria pelle. Ed anzi, Malfoy nella sua reazione era stato fin troppo pacato, se messo a paragone con lei.
Hermione aveva letteralmente perso la testa. Ci era voluta tutta la buona volontà e l’impegno di Ron ed Harry per farla tornare in sé. Lui aveva semplicemente iniziato ad inveire contro di lei.
Sapeva che se l’era presa con lei solo perché era il suo momentaneo capro espiatorio. Dopotutto, la moretta non c’entrava nulla con quel triste evento, era solo un tramite con cui avevano deciso di fargli giungere il messaggio. E, nonostante ambasciator non porti pena, Draco si era sfogato con lei.
Era l’unica persona che aveva potuto vedere e con cui gli era stato permesso di interagire in quei tre mesi di prigionia. Piuttosto logico che, anche in quel caso, la patata bollente fosse toccata alla Dottoressa Granger. Con tutte le conseguenze del caso.
Il rumore dei passi di Ron la costrinse a rialzare lo sguardo. Lo osservò mentre raggiungeva la sedia posta all’altro lato della sua scrivania e vi si accomodava scompostamente sopra, una sigaretta sempre serrata tra le labbra.
< Non avrai intenzione di fumare qua dentro, spero!> lo bacchettò, assumendo il suo solito cipiglio da maestrina.
< Se devo parlare con te di Malfoy, Hermione, una sigaretta è il minimo che mi puoi... no, che mi devi concedere!>
La moretta distolse lo sguardo da quello dell’amico, soffermandosi a fissare un punto imprecisato della parete alla sua destra.
< Non è così terribile come lo dipingi tu...> commentò debolmente, quasi in un sussurro.
Ron prese a combattere l’ennesima, infinita battaglia contro il proprio accendino. O, piuttosto, contro la propria incapacità di relazionarsi agli arnesi Babbani.
< E’ esattamente a questo che mi riferivo!> replicò, tentando di accendere la sigaretta.
Hermione avvampò.
< Che vorresti dire?> fece, tornando a fissarlo.
Il rosso interruppe la propria lotta con l’accendino, squadrandola intensamente con un ghigno canzonatorio sulle labbra.
< Voglio dire che sentirti tessere le lodi di Malfoy e della bella persona che, nonostante le apparenze, si nasconde in lui, il tutto condito dai tuoi occhioni nocciola a forma di cuoricino pulsante, necessita innegabilmente di una buona dose di nicotina nei polmoni per essere anche solo vagamente sopportabile.> riprese a far scattare il proprio pollice sulla rotellina dell’accendino, tentando di provocare una fiammella < Anzi, forse dovrei fumarmi direttamente catrame puro, visto che si tratta pur sempre di Draco Malfoy.>
Con le labbra contratte in una smorfia, Hermione puntò la bacchetta contro il volto dell’amico, che vide la propria sigaretta accendersi per magia.
< Ringrazia che stavolta è toccato a lei. Alla prossima fesseria che spari, potrebbe essere la tua testa a prendere fuoco.>
Ron inarcò un sopracciglio, aspirando una copiosa boccata di fumo.
< Punta sul vivo?> la provocò.
< Un corno! Come ti saltano fuori certe idee?>
< Non sono idee Mione... ma se vuoi continuare a negare l’evidenza, fai pure.>
< Ma quale evidenza!> cercò di zittirlo lei, aspramente.
Tenendo la sigaretta tra le labbra, il rosso estrasse la propria bacchetta dalla tasca dei pantaloni, e, puntandola sulla propria mano sinistra, vi fece apparire uno specchietto.
Poi sollevò l’oggetto, puntandolo verso l’amica.
< Questa!> esclamò.
Hermione, perplessa, scrutò lo specchio senza riuscire a comprendere cosa significasse.
< Vorresti farmi credere che le tue guance sono sempre così rosse?> chiese lui.
La moretta arrossì ancora di più, se possibile. Posò una mano sul’oggetto, costringendo Ron ad abbassarlo.
< E’ solo perché mi stai mettendo in imbarazzo con tutti questi discorsi...> tentò di difendersi.
< Balle. E’ perché stiamo parlando di lui. E quando lo tiriamo in ballo, diventi sempre bordeaux.>
La ragazza scosse energicamente la testa, scrollando i propri lunghi boccoli castani.
< Per piacere, Ron.> lo implorò debolmente.
L’Auror ritrasse la mano, facendo scomparire lo specchio. Poi afferrò nuovamente la sigaretta, riprendendo a fumare.
< Sai meglio di me che è la verità. Ti stai lasciando trascinare troppo dagli eventi.>
< Non è vero.>
Ron sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
< Perciò cosa vorresti farmi intendere, che si tratta solo di attrazione fisica? Che non puoi negare di trovarlo piacevole nell’aspetto, ma non c’è altro?>
Hermione lo fissò, serrando le labbra.
< Esatto.> sentenziò poi.
Bugiarda. Ipocrita, falsa, viscida ciarlatana.
Zittì la vocina che strillava di sdegno nella sua testa. La situazione era precisamente come l’aveva inquadrata Ron. Banale attrazione fisica. Nulla di più.
Punto.
Il ragazzo scrollò le spalle.
< Come ti pare...>
Nemmeno lui credeva a quel tentativo di smentita di Hermione, ma ad ogni modo aveva deciso di lasciarle il suo tempo per ammettere a se stessa come stavano effettivamente le cose. Dopotutto, sarebbe dovuta arrivarci da sola, non poteva mettergli lui le parole in bocca. Per quanto corrette esse fossero.
< Ad ogni modo,> riprese poi, cambiando argomento < Ho presentato la tua domanda a Kingsley, ma non c’è stato niente da fare.>
La moretta sgranò gli occhi.
< Stai scherzando spero!>
< Affatto.> replicò Ron, in un tono grave che fece comprendere alla ragazza quanto condividesse la sua incredulità per quel rifiuto.
< Non ci posso credere!> esplose lei sdegnata, alzandosi di scatto dalla sedia e cominciando a girare avanti ed indietro per la stanza. < Ma che cos’ha quell’uomo al posto del cuore, un sasso? Per la miseria, non avevo mica chiesto la luna!! Si può sapere per quale motivo ha detto no?>
Il rosso schiacciò con le dita la sigaretta nel posacenere che Hermione aveva astutamente evocato pochi istanti prima.
< Dice che sarebbe troppo pericoloso. Potrebbe scappare.>
< Certo, credo che un piano di fuga da mettere in atto durante un funerale sia esattamente la prima cosa a cui ha pensato!>
La ragazza si lasciò cadere stancamente sulla sedia, come se il disgusto e l’indignazione le avessero tolto ogni energia.
< Che diamine Ron, si tratta di sua madre...> commentò poi, con voce provata.
L’Auror sospirò.
< Lo so. Ho tentato di farlo ragionare, ma è stato irremovibile. Francamente, credo che la sua sia più una sorta di ripicca nei confronti di Malfoy che non una vera e propria misura precauzionale.>
< Non ci si può vendicare di qualcuno approfittando della morte di una persona a lui cara.>
< Non secondo Kingsley, a quanto pare.>
Rimasero entrambi in silenzio, digerendo il peso di quella novità.
< Comunque, apprezzerà il gesto da parte tua.> dichiarò dopo qualche secondo il ragazzo.
Hermione fece un lento segno di diniego con la testa.
< Non ne sa niente.>
Ron aggrottò la fronte.
< Non gli hai detto che avevi chiesto il permesso di farlo partecipare al funerale di sua madre?>
Lei negò ancora.
< Forse in cuor mio già mi immaginavo che me lo avrebbero proibito. Non volevo infondergli false speranze.>
Il rosso sospirò, poi si alzò in piedi e la raggiunse, parandosi di fronte a lei. La osservò, studiandola con un sopracciglio inarcato.
< Come mai quel vestitino?> domandò poi.
< Perché?> chiese lei, perplessa.
< Beh, mi sembra un po’ poco adatto per lavorare...> sgranò gli occhi, quando si accorse del lieve rossore comparso nuovamente sul suo viso < Non dirmi che lo hai messo per lui!>
Hermione arrossì ancora più violentemente.
< Volevo solo indorargli un po’ la pillola...> si giustificò lei.
< Hermione Granger, sei una perversa! Non ti riconosco più!> la schernì lui.
La moretta abbassò il capo, trovando improvvisamente molto interessanti le punte delle proprie scarpe.
Ron si piegò sulle ginocchia, reggendosi al tavolo con una mano.
< Pensi veramente che si meriti tutto questo?> le chiese poi, nuovamente serio.
Lei comprese che non si riferiva solo a quel vestito rosa pesca. Intendeva anche la comprensione, le visite giornaliere, le chiacchierate, le cure, la dedizione, le richieste che inoltrava per suo conto ai pezzi grossi dell’Ordine e del Ministero, le lacrime che versava ogni volta che lui la trattava male, la costante preoccupazione per lui che accompagnava ogni sua giornata da ormai quasi tre mesi a quella parte.
< E’ un essere umano...>
< E’ Malfoy.>
< Ma è pur sempre un essere umano!>
Il ragazzo sospirò, carezzandole dolcemente una guancia. La invitò ad alzare il viso, per incontrare il suo sguardo.
< Cerca solo di non dimenticarti mai che è anche Malfoy.> la ammonì.
Si rialzò in piedi, portandosi una mano nella tasca interna della giacchetta nera che indossava. Ne estrasse una collana d’argento sottile, da cui pendeva un ciondolo verde a forma di goccia.
< Fagliela avere.> disse, posandola sulla scrivania.
Hermione la prese tra le mani, osservandola rapita. Era un gioiello molto semplice e raffinato, eppure intriso di un’eleganza incredibile. La gemma verde brillava magnificamente, catturando lo sguardo della moretta.
< Era sua?> chiese.
Ron annuì.
< E’ l’unica cosa che le era rimasta.> aggiunse.
La ragazza sospirò profondamente.
< Dev’essere terribile morire così.> commentò ancora il ragazzo.
< Non è bello in nessun caso. Né per chi muore... né per chi resta.> replicò lei, grave.
Morire in cella ad Azkaban, dopo che i Dissennatori ti hanno succhiato via anche la più minuscola briciola di anima e lucidità mentale che ti sia rimasta non era certo la miglior morte del mondo. Ma Hermione non riusciva a non pensare che gli altri tipi di morte non erano da meno.
E lo sapeva fin troppo bene.
Il rosso si chinò su di lei, abbracciandola. In tutta risposta, la ragazza si strinse forte a lui, affondando il volto nell’incavo della sua spalla e afferrando con forza le vesti dell’amico.
Odorava di menta. Aveva sempre avuto quel profumo fresco e dolciastro, sulle vesti, tra i capelli, sulla pelle. E le era sempre piaciuto da impazzire.
Quando durante l’ultimo anno ad Hogwarts avevano fatto l’amore un paio di volte, si era sempre accoccolata al suo petto una volta portato a termine l’atto, e quell’aroma l’avvolgeva completamente, inebriandola. Ancora allora, le volte in cui si addormentavano insieme sul divano o crollavano esausti sul letto dopo una nottata insonne di chiacchiere, adorava abbracciarlo forte per poter inspirare il suo odore.
Era rasserenante e piacevole. Le calmava i sensi, la appagava e le restituiva l’armonia perduta.
Si augurava sempre di trovare un uomo che avesse avuto un odore altrettanto forte ed intenso, e che esercitasse un simile effetto su di lei.
Ringraziò di essere stretta a Ron, di modo che lui non potesse vedere il rossore improvviso che era comparso sul suo volto.
Sconcertata da se stessa, si rese conto che quel pensiero appena formulato le aveva richiamato alla memoria un altro odore. Un odore che non aveva ancora del tutto inquadrato, che aveva avvertito poche volte, ma che già era penetrato in lei.
L’odore di Draco Malfoy.

Quando, mezz’ora più tardi, fece per riprendere il giro dei pazienti, i piedi non risposero ai suoi comandi.
Era l’unica spiegazione plausibile che riusciva a trovare al perché, nonostante le sue intenzioni, alla fine si era ritrovata di fronte alla porta della “camera speciale”.
Sospirò, alzando gli occhi al cielo.
Contegno Granger! pensò tra sé e sé.
Infilò una mano nella tasca del camice, sfiorando con le dita la collana appartenuta alla defunta Narcissa Black in Malfoy.
Dopotutto doveva consegnargliela. Probabilmente era stato il suo classico senso del dovere a spingerla lì, davanti a quella porta bianca.
La vocina dentro di lei la invitò a ripetere quel pensiero, di modo da riuscire a convincersene. Hermione scosse la testa, irritata. La sua coscienza in perenne protesta stava iniziando a farla uscire fuori dai gangheri.
Si avvicinò all’uscio, preparandosi psicologicamente ad essere nuovamente investita dalla furia del biondino. Già se lo immaginava. Avrebbe trovato la stanza devastata come le prime settimane di degenza, lui l’avrebbe subito aggredita come poche ore prima, intimandole di sparire e lasciarlo solo, di piantarla con i suoi patetici tentativi di consolazione perché non ne aveva bisogno. Avrebbe gridato che la morte di sua madre non lo tangeva, nonostante la violenza della sua reazione dimostrasse l’esatto contrario, e avrebbe ribadito la sua teoria per cui un Malfoy non piange mai, perché piangere è da deboli e lui non era affatto un debole, e che la stupida convinzione della moretta che le lacrime fossero il miglior canale di sfogo per la sofferenza era attendibile almeno quanto le predizioni della Cooman.
Sospirando di nuovo, posò una mano sulla maniglia della porta. Ma si bloccò di colpo, avvertendo un rumore insolito.
Era quasi impercettibile, ma i sensi acuti ed allenati di Hermione le permisero di udirlo. Accostò l’orecchio alla porta, cercando di comprendere di cosa si trattasse.
Quando lo capì, rimase senza parole dallo stupore.
Erano chiaramente dei singhiozzi.
Qualcuno stava piangendo.
E dentro quella stanza c’era solo una persona.
Lui.
Draco Malfoy stava piangendo.
Lentamente, ritrasse la mano dalla maniglia. Serrò forte gli occhi, trattenendo il respiro. Lo sentiva, e le si stringeva il cuore. Avrebbe voluto spalancare quella porta, correre dentro la stanza e stringerlo saldamente a sé, finché le sue lacrime non avrebbero smesso di scorrere.
Ma sapeva che era quanto di peggio potesse fare. Malfoy non le avrebbe mai permesso di vederlo piangere, figurarsi di consolarlo tra le sue braccia.
L’avrebbe uccisa, se solo ci avesse provato.
Indietreggiò di qualche passo, poi si voltò con fare deciso, allontanandosi e riprendendo le sue mansioni di Guaritrice.
Non poteva immaginare che, per paura di scatenare la sua ira, aveva appena rinunciato a fare ciò che Draco avrebbe desiderato più di ogni altra cosa al mondo, in quell’istante.


~ω~





Le lacrime consumano il cuore di pietra e rivelano il cuore di carne. *
Che possa valere anche per Lui?
Forse quel pianto è indice del fatto che sta cominciando a sciogliersi? Che sta smettendo i suoi panni da freddo e crudele Mangiamorte menefreghista, e sta cominciando a mostrare ciò che realmente è celato sotto?
Non “celato sotto” in senso letterale!
Anche se...
Oh Merlino Hermione, che razza di pensieri fai?!
Siamo arrivati addirittura alle fantasie erotiche?
...
Sì, effettivamente.
E non ci siamo arrivati ora.
Ammettilo una buona volta.
Non puoi negare che fantastichi su di lui da un po’.
Ma del resto non è nemmeno colpa tua!
Insomma, è Lui! E’ Lui che si aggira per quella stanza costantemente a petto nudo, mettendo in mostra quel suo maledetto fisico scultoreo, e quel ghigno da “sono-l’essere-più-attraente-sulla-faccia-della-Terra-e-sono-pienamente-consapevole-di-esserlo”, e quelle braccia possenti, e i suoi addominali scolpiti, e la schiena...
Quanto mi piace la sua schiena! E anche tutto il resto, a dire il vero...
Oh porcaccia miseria! L’ho davvero pensato?
Ho davvero pensato le parole “mi” e “piace” accostate al nome e all’immagine di Draco Malfoy?
Oddio...
Oddio oddio oddio, a che livello siamo arrivati?!
Oh santissima beatitudine, non ci sto più con la testa!
Ma non è colpa mia!
Neanche in questo caso, no, non è colpa mia!
E’ colpa sua. E’ solo ed esclusivamente colpa sua se è così... così... cielo, così!
Voglio dire, non ho mai negato che fosse un bel ragazzo, nemmeno ai tempi di scuola. Bello ed odioso come una spina nel fianco, piacevole a livello caratteriale quasi quanto avere Grattastinchi aggrappato con le unghie alle spalle, ma comunque bello.
Però adesso... insomma, non era la stessa cosa a quei tempi.
Ora è tanto di più.
Troppo, miseriaccia!
Sto diventando peggio di Ginny e del suo continuo sbavare in presenza di Harry.
Devo darmi una controllata, non sia mai che Malfoy si accorga che sono attratta da Lui.
Non che tema che possa farmi qualcosa... So benissimo che non mi farebbe mai niente.
Non mi sfiorerebbe nemmeno con un dito.
Lui. Con una come me.
Impensabile.
Però mi sfotterebbe da qui alla fine dei miei giorni. O dei suoi, perché se lo scoprisse sarei costretta ad ucciderlo.
E non voglio.
Ucciderlo intento.
Né voglio che mi schernisca per l’effetto che ha su di me.
Merlino, forse è più grave di quanto pensassi...
A me non è mai importato un fico secco di ciò che gli altri pensavano o dicevano di me. Non mi hanno mai toccato le loro costanti prese per i fondelli, o le battutine malefiche.
Neanche le sue, ad essere totalmente sinceri.
Sì, voglio dire, mi infastidiva il suo sistematico modo di prendermi in giro, ma non mi faceva male nel vero senso della parola. Mi scivolava tutto addosso.
Eppure, adesso so che se mi schernisse, se si burlasse di me... mi ferirebbe.
E anche tanto.
Vuol forse dire che...
Zitta! Non pensarci nemmeno!
Ingoia tutto e taci, ti prego TACI!
Come sempre. Fai finta di niente e vai avanti per la tua strada.
La TUA strada Hermione.
Che non può incrociare la sua.
Neanche per sbaglio...



~ω~





La testa di Hermione fece timidamente capolino dalla porta della stanza.
< Posso?>
Draco sedeva sul ciglio del letto, rivolto verso la bianca parete vuota. Dava le spalle alla finestra, il cui paesaggio spento, fortunatamente, non accennava ad alcuna tempesta in arrivo.
Molto positivo, pensò la moretta.
Il ragazzo si voltò verso di lei, con una smorfia.
< Da quando chiedi il permesso per entrare qui, Granger?>
La sua voce risuonava stanca, vuota, priva di energie. Doveva essere ben più provato di quanto non desse a vedere.
< Beh, non volevo disturbare...> accampò lei, entrando e richiudendo la porta dietro di sé.
Malfoy tornò a fissare il muro bianco, con un ghigno.
< Stai tranquilla, non mi cogli nel bel mezzo di una crisi emotiva, se è questo che ti preoccupa.>
Hermione avanzò in silenzio verso di lui.
< Sei già stata spettatrice una volta delle mie lacrime, non ti concederò un bis.> aggiunse.
Lei si bloccò di colpo, paralizzata.
< Cosa...> tentennò.
Il biondo tornò nuovamente a fissarla, inarcando un sopracciglio.
< Semplice deduzione. Mi pare l’unica giustificazione palese al tuo comportamento odierno.> ridacchiò, scrollando lentamente il capo < Sei così prevedibile...>
La ragazza si morse un labbro, imbarazzata.
< Io non volevo... insomma... non era mia intenzione... ero solo venuta per...>
< Non preoccuparti.> la interruppe lui con sufficienza < Dopotutto, mi vedo costretto ad ammettere che avevi ragione.>
Hermione lo osservò, incrociando il suo sguardo. I suoi occhi grigi, quel giorno, sembravano meno glaciali del solito.
< Ti sei sfogato?>
Draco annuì, continuando a guardarla.
< Ne avevo bisogno.>
Hermione avanzò ancora, parandosi ai piedi del letto, solo pochi centimetri a separarlo da lui.
< Lo so. Ti ca...>
< Non dire che mi capisci Granger, per piacere!> la bloccò acremente lui < Non ho bisogno di finta compassione. Mia madre è morta e io ci sto male. E’ logico, è umano ed è ammissibile persino per uno come me. Punto. Ma non fingere di sapere cosa si prova perché non mi interessa la tua simpatia!>
Hermione abbassò lo sguardo, serrando con forza la mano intorno all’asta di ferro che delimitava la sponda del giaciglio.
< Non ne hai proprio idea, eh?> commentò mestamente.
Il ragazzo, perplesso, aggrottò le sopracciglia.
< Di cosa stai parlando?> le chiese.
La moretta non rispose subito. Rimase in silenzio per qualche minuto, inspirando ed espirando profondamente. Anche se ormai era passato del tempo, ancora le risultava piuttosto difficile parlarne senza sentire un groppo amaro salirle in gola.
Prese un ultimo respiro ad occhi chiusi, poi li riaprì per puntarli in quelli del biondo. Lo scrutò intensamente, con sguardo eloquente.
< So benissimo cosa si prova.> ammise infine, con tono duro.
Basito, Draco non rispose. Sbatté un paio di volte le palpebre.
< Non lo sapevo...> replicò dopo qualche istante.
< Sì, l’avevo immaginato.>
< Come?>
Hermione esibì un sorrisetto tirato ed amaro.
< Non ci arrivi?> fece, caustica.
Il ragazzo comprese immediatamente.
Mangiamorte. Qualcuno dei suoi. Ovvio, stupido da parte sua chiederlo.
< Chi dei due?> domandò, immaginandosi già la risposta.
La Guaritrice tirò su col naso, cacciando indietro lacrime che, fortunatamente, non erano giunte fino ai suoi occhi.
< Entrambi.>
Appunto.
Draco sospirò.
< Questa guerra sta generando più orfani che effettivi passi in avanti.> commentò.
< Ogni guerra è così. Per questo sarebbe meglio non combatterle affatto.>
< Sai che è impossibile.>
Lei annuì.
< Ma mi è sempre piaciuto credere persino nell’irrealizzabile.> aggiunse.
Il biondino ridacchiò.
< Non mi aspettavo niente di diverso da una come te.>
Hermione corrugò istintivamente la fronte.
< E’ un complimento?>
Malfoy scrollò le spalle.
< Puoi prenderlo come tale.> rispose, sorridendole. La moretta dovette fare appello a tutte le sue forze per impedire alle proprie gambe di tremare, di fronte al suo sguardo.
Per distrarsi, infilò le mani nelle tasche del camice. Sfiorò qualcosa di duro e freddo, ed improvvisamente si ricordò della collana. La sfilò lentamente dal suo nascondiglio.
< A proposito...> esordì.
Vide il ragazzo impallidire di fronte a quell’oggetto. Glielo mise tra le mani con delicatezza, quasi avesse paura di romperlo.
Draco osservò la collana con un’espressione indecifrabile. Non riusciva a capire se fosse semplicemente rapito dalla vista di qualcosa appartenuto a sua madre o se fosse stupefatto al pensiero di ritrovarsela tra le mani.
< Grazie.> mormorò, con una voce talmente incerta che pareva quasi non appartenergli.
< Era il minimo. Credevo... credevamo che ti avrebbe fatto piacere averla.> si ricorresse. Niente allusioni a se stessa, sempre il plurale. Anche maiestatis. L’importante era restare sempre sul generico. Non doveva lasciar trapelare neppure il minimo segno di interesse nei confronti della sua persona.
Sul volto emaciato del Mangiamorte si dipinse un sorriso amaro.
< Avrei dovuto averla comunque.> sollevò lo sguardo, incontrando quello curioso di Hermione, poi proseguì < Tradizione della famiglia Black. L’hanno tramandata per generazioni tra le primogenite. Avrei dovuto consegnarla ad una mia eventuale figlia, casomai ne avessi avuta una.>
La moretta inclinò il capo.
< Perché parli al passato? Non hai intenzione di avere una famiglia?>
Draco rise cupamente.
< Certo Granger, ci sono schiere di donne che non vedono l’ora di fare un figlio con un ex-assassino imprigionato ad Azkaban!>
Lei decise di ignorare la serie di torbide immagini lascive che l’accostare Malfoy e l’espressione “fare un figlio” le aveva suscitato.
< Di che diamine stai parlando? Non sei mica rinchiuso ad Azkaban!>
< E’ solo questione di tempo...>
Hermione sgranò gli occhi, non riuscendo a comprendere cosa diceva. Il biondo scrutò la sua espressione confusa con un ghigno.
< Parliamoci chiaro Granger. Senza di me, l’esercito di Voldemort è allo sbando. La maggior parte dei Mangiamorte sono degli incapaci teste di legno che non sanno agire correttamente senza un’autorità che li controlla, sono come un branco di scimmie lasciate in libertà. Ed il Signore Oscuro> sottolineò quel titolo con una punta di ostilità < è un invasato, completamente ebbro della sua folle sete di potere. Fondamentalmente, un pazzo scatenato. Io ero il pezzo che teneva insieme questo improbabile puzzle. Ma senza di me, non vi ci vorrà molto per vincere la guerra. Certo, probabilmente pagherete parecchio in numero di morti, ma alla fine sarete voi ad uscirne vincitori. Ed io sarò spedito ad Azkaban a calci in culo, rinchiuso lì per il resto della mia misera esistenza finché non uscirò di senno come mia madre e mi consumerò lentamente, fino a lasciarmi alle spalle solo un mucchietto d’ossa. Il partito ideale con cui mettere su famiglia, non trovi?> concluse, grottescamente sarcastico.
La moretta scosse il capo.
< Non mi piacciono questi discorsi, Malfoy.>
< Credevo che fosse ciò che mi auguri. Tutti i tuoi amichetti dell’Ordine lo fanno.>
< Non io.> esclamò lei con veemenza.
Arrossì di colpo quando si rese conto di quello che aveva detto, e della forza con cui aveva pronunciato quelle parole.
< Non augurerei la morte a nessuno...> mormorò, distogliendo lo sguardo da quello piacevolmente sorpreso di lui.
< Nemmeno a me?> le chiese.
Soprattutto a te.
< No Malfoy, nemmeno a te.>
Il biondo sorrise.
< Ti ringrazio, Granger.>
< Non devi.>
< Lo so.> scrollò le spalle con noncuranza < Ma mi andava di farlo.>
Hermione maledì mentalmente il suo stupido, insano cuore per la frenesia con cui continuava a batterle nel petto. Era certa che, prima o poi, quel ticchettio sarebbe diventato tanto insistente, rapido ed intenso che persino lui sarebbe stato in grado di sentirlo.
Avrebbe preferito morire lì, in quella stanza, fulminata da un improvviso lampo giunto da chissà dove, piuttosto che permettere a Malfoy di scoprire che il proprio cuore faceva i salti mortali a causa sua.
Continuava a ripetersi che aveva ventidue anni, non quindici. Doveva smetterla di comportarsi da adolescente isterica schiava degli ormoni. Ogni volta se lo ripeteva, ed ogni volta ci ricascava.
Riprese a parlare, nella speranza di rallentare il proprio battito cardiaco.
< Comunque mi dispiace.>
Draco aggrottò le sopracciglia.
< Per cosa?>
< Per averti... insomma, “spiato” mentre piangevi. Non era mia intenzione, è stato un caso.>
Lui liquidò il tutto con un gesto della mano.
< C’è di peggio.>
Hermione sorrise, sarcastica.
< Beh, da come ti sei scaldato quando ti ho detto che farti un bel pianto liberatorio sarebbe stata la cosa migliore...>
< Che c’entra Granger, non posso mica andare a giro a sbandierare i miei sentimenti ai quattro venti! Cosa dovevo fare, mettermi a piangere di fronte a te come un poppante?>
< Perciò fammi capire.> fece lei, puntando il dito indice contro la propria fronte. < Se ti colgo sul fatto mentre piangi “c’è di peggio”, mentre se invece ti scappa qualche lacrima in mia presenza “non puoi mica andare a sbandierare i tuoi sentimenti a giro”?>
< Esattamente.> annuì lui.
Hermione ridacchiò, scrollando la testa.
< Certo che sei contorto tu!>
< Anche questo fa parte del mio fascino.> sottolineò lui, malizioso.
La moretta sentì il proprio stomaco contorcersi.
< Come no...> replicò, augurandosi che il tono fintamente ironico che aveva usato fosse efficace. La mancata reazione di lui la rincuorò.
< Ad ogni modo, trovo ridicola questa tua fobia delle lacrime.> aggiunse < Secondo me, una persona che piange non è debole. E’ solo umana. Piangere non rende meno forti, o meno virili, o meno qualunque cosa ti pare. Anzi, semmai rende “più”. E’ il modo forse più sincero per esprimere l’amore che si prova nei confronti di una persona. Dopotutto, quando succede qualcosa di brutto a qualcuno a cui tieni, o peggio se muore, è impossibile non cedere alle lacrime. E’ un binomio che va di pari passo, credo.>
< Amore uguale lacrime?> chiese lui, perplesso.
< Sì, più o meno...> annuì < C’è chi dice che amare è soffrire.**>
Draco ridacchiò.
< Ottima teoria Granger. Ma avresti dovuto discuterne col caro vecchio Lucius, per vedere se l’avrebbe pensata come te.>
< Voi Malfoy siete triviali.> commentò lei con una smorfia.
< Per quanto riguarda mio padre, concordo con te.>
Hermione lo fissò.
< E per quanto riguarda te?>
Il biondo posò le mani sul materasso, qualche centimetro dietro la propria schiena, e si allungò all’indietro.
< Devo ancora deciderlo.> le fece poi, mentre una strana ombra passava rapidamente sulle sue iridi grigie.
La ragazza rabbrividì, distogliendo lo sguardo. Come al solito, non era un brivido di paura. Tutt’altro. Ma ormai ci stava quasi facendo l’abitudine.
< Granger.> richiamò la sua attenzione lui.
Tornò a fissarlo giusto in tempo per vederlo invitarla a sedersi al suo fianco con un cenno della testa.
Oh per la miseria! si ritrovò a pensare lei.
Pure sedersi accanto. Malfoy non aveva idea di quanto stesse sfiancando i suoi già provati nervi. O forse lo sapeva, e lo faceva apposta.
Cercando di sembrare tranquilla ed indifferente, obbedì e si accomodò a sua volta sul materasso, sistemandosi alla destra del biondo. Solo quando si fu seduta realizzò con orrore che quello era tutto tranne che un atteggiamento da lei. La vecchia Hermione Granger, quella che non era ancora impazzita causa Draco Malfoy, non avrebbe mai acconsentito a fare qualcosa a cui lui la invitava con un misero gesto silenzioso.
La Hermione pre-delirio Malfoyesco l’avrebbe squadrato con sospetto, avrebbe preteso una richiesta formale a voce, accompagnata da una valida motivazione e condita con un “per piacere”. E poi, non si sarebbe seduta comunque.
Stava perdendo colpi. E non se lo poteva permettere, non con lui.
Ma il Mangiamorte parve non farci caso. O, per lo meno, non ritenne la questione importante abbastanza da discuterne.
< Dimmi dei tuoi.> la esortò.
La ragazza si rabbuiò di colpo.
< Preferirei di no.>
< E’ ancora una ferita aperta?>
Lei annuì.
< Dubito che si rimarginerà mai.>
< Quando è successo?> insistette lui.
Hermione sospirò pesantemente.
< Non hai intenzione di darmi tregua, eh?>
Onesto, il biondino scosse ripetutamente la testa.
< Io ti ho fatto fin troppe confidenze in questi mesi, volente o nolente. Mi hai raggirato coi tuoi giochetti dialettici e mi hai costretto a parlarti di argomenti che mai e poi mai mi sarei sognato di affrontare con chiunque, specialmente con te. Ora è il tuo turno.>
La moretta lo fissò ad occhi sgranati e sopracciglia inarcate.
Effettivamente non aveva tutti i torti. Si morse il labbro inferiore.
< D’accordo, per stavolta te lo concedo Malfoy...> prese un respiro, cercando la forza di tirare fuori dal suo armadio quel pesante e doloroso scheletro < E’ successo due anni fa. Inizialmente avevo incantato i miei, facendo loro credere di non aver figli e di vivere in Australia. Li avevo mandati laggiù per proteggerli. Ma dopo qualche tempo siamo venuti a conoscenza di quel manipolo di Mangiamorte stanziati proprio laggiù...>
Draco annuì. Sapeva bene di cosa parlava, Theodore Nott aveva fatto parte di quella divisione dell’esercito di Voldemort. Ci aveva perso la vita, in quel fottuto paese.
< Mi sono spaventata. Temevo che potesse accadere loro qualcosa, ed il peggio sarebbe stato che non ne avrei saputo niente, e loro sarebbero morti senza ricordarsi di me. Quindi andai a recuperarli. E’ stato probabilmente l’errore più grande della mia vita.> sospirò, torturandosi le mani, adagiate blandamente sul proprio grembo < Li riportai con me a Londra, liberandoli dall’incantesimo. Sapevo che tra i Babbani sarebbero stati forse più a rischio che tra i maghi, così decisi di tenerli con me nel nostro rifugio. Ma vivevo col terrore di un attacco. Insomma, noi saremmo stati in grado di difenderci, ma loro... così chiesi al signor Weasley di aiutarmi a nasconderli. Lui mi propose di farli rifugiare all’interno del Ministero, sotto mentite spoglie. Effettivamente, era il nascondiglio migliore per loro. O almeno così credevo...>
Il biondo comprese immediatamente.
< L’attacco al Ministero...> mormorò.
Non aveva partecipato a quella missione, lui aveva condotto la parte dell’esercito incaricata di tenere occupato l’Ordine mentre Voldemort ed un altro nutrito gruppo di Mangiamorte attaccavano la sede politica del mondo Magico Inglese. Ma l’atrocità di ciò che i suoi subordinati ed il suo Signore avevano compiuto quel giorno gli era stata descritta nei minimi particolari.
< Già. Loro furono tra i primi. Avevano l’aspetto di due maghi, ma non li erano. L’unica mia consolazione è che sono morti senza nemmeno rendersene conto. Non hanno sofferto, non hanno nemmeno avuto paura. Una maledizione arrivata alle spalle e puff.>
< Quantomeno, è una morte ben più dignitosa di quella che è toccata a mia madre.> osservò lui.
< Sì. Però è pur sempre morte...> mormorò, abbassando lo sguardo sul proprio grembo.
Lo sentì sospirare al suo fianco. Poi lo vide muoversi con la coda dell’occhio e, improvvisamente, avvertì il tocco di Malfoy sul proprio ginocchio. Annaspando, lanciò un’occhiata all’arto in questione.
La mano del ragazzo era poggiata delicatamente sull’estremità della sua gamba piegata. Non c’era malizia in tutto ciò, né qualunque altro secondo fine. Era un semplice gesto di conforto e comprensione, come una pacca su una spalla. Ma dubitava che, se chiunque altro l’avesse sfiorata così, si sarebbe sentita ardere a quel modo.
Temeva che la sua gamba sarebbe stata vittima di un episodio di combustione spontanea di lì a pochi minuti. Decise di non alzare di un solo millimetro il viso, per paura che lui potesse accorgersi dell’acceso color porpora che avevano assunto le sue guance.
Anche Draco, dal canto suo, faceva appello a tutte le sue capacità di resistenza. Perché il suo intento era stato darle una di quelle classiche pacche che testimoniano vicinanza coi sentimenti destabilizzanti che si stanno provando. Ma ora, mentre la sua mano continuava ad indugiare sul ginocchio di Hermione, senza volerne sapere di staccarsi da lì, la tentazione di abbandonarsi a carezze di altro genere era fin troppo forte.
Avrebbe voluto percorrere lentamente tutta la lunghezza della sua gamba liscia ed affusolata, per poi spostarsi su tutto il resto del suo meraviglioso corpo. Sentiva il calore della pelle di lei sotto la sua mano, e gli pareva la sensazione più bella ed appagante che avesse mai provato fino a quel momento.
Deglutì, sperando che lei non notasse la goccia di sudore freddo ed eccitato che scivolava lentamente lungo la propria tempia.
< Mi... dispiace.> le disse, tentennando.
La moretta annuì.
< Grazie.> sussurrò, con voce altrettanto incerta.
Calò un silenzio pesante ed imbarazzato. Forse era la prima volta, da quando era iniziata quella sorta di strana interazione tra loro, che entrambi tacevano non solo perché non sapevano cosa dire, ma anche perché temevano di non essere in grado di controllare le emozioni forti ed intense che provavano contemporaneamente in quell’istante.
La mano di Draco non si era ancora spostata dal ginocchio di Hermione.
Lei si schiarì la voce con un colpo di tosse.
< Io... dovrei andare... adesso.> fece.
< Certo.> esclamò lui, ritirando di colpo le proprie dita dalla sua gamba.
La moretta si alzò, dirigendosi a passo svelto verso la porta della stanza. Il Mangiamorte non le staccò gli occhi di dosso per un solo istante, accompagnandola con lo sguardo per tutto il viaggio. Giunta all’ingresso, la mano posata sulla maniglia, si bloccò. Lentamente, si girò, tornando a rivolgere l’attenzione verso di lui. Gli sorrise.
< A domani.> dichiarò, con voce dolce.
< A domani, Granger.> replicò lui, inarcando un sopracciglio e cercando di non farle capire quanto il suo sorriso gli avesse riscaldato l’anima.
Quando la porta si richiuse alle spalle della Guaritrice, Draco si lasciò andare ad un largo sorriso. Si voltò a fissare il paesaggio fuori dalla finestra.
In quel panorama fittizio, era improvvisamente comparso il sole.








* Citazione di Jean Cardonnel. Non ho francamente idea di chi sia, lo ammetto! xD Mi sono imbattuta per caso in questa frase su Wikiquote e mi è piaciuta, quindi ho deciso di usarla.
** Citazione tratta dal film "Amore e Guerra" di Woody Allen. Confesso di non aver mai visto il film, ma la battuta in cui è contenuto questo pezzetto di frase è probabilmente una delle più famose di tutta la storia del cinema. Ed una delle verità più assolute in cui mi sia mai imbattuta in vita mia!



Ok, a questo giro confesso di essere piuttosto soddisfatta di me ^^
Credevo che non sarei riuscita a pubblicare questa settimana, perchè settimana scorsa tra i vari festeggiamenti per il mio (ahimè u.u) compleanno e la stesura di una one-shot per un concorso, non avevo ancora avuto occasione di scrivere nemmeno mezza parola di O&A.
Però oggi ho avuto un attacco di ispirazione, e non mi sono tirata indietro! Il capitolo come al solito non mi soddisfa al massimo (sono fin troppo autocritica con me stessa!), però almeno è pronto!
Certo, c'è anche da dire che oggi avrei dovuto studiare per l'IMMINENTISSIMO esame di Diritto Internazionale, non scrivere la FF... ma vabbè, avrò tempo di studiare prossimamente. Spero ehehehe ^^

Dunque, innanzitutto lasciatemi dire un GRAZIE di dimensioni gigantesche!!!
Sono felice di vedere che la storia è seguita e commentata, e soprattutto che piace! Vedere quei numerini accanto ai link dei capitoli crescere sempre più mi riempiono di gioia ed orgoglio, per cui grazie grazie grazie nel profondo!

Ed un grazie speciale devo rivolgerlo soprattutto a Seven e Barbarak... ragazze, ma voi siete pazze!!! O.o
Addirittura proporre la mia FF per le storie scelte?!?! Non ho davvero parole, siete troppo buone, non me lo merito ç_____ç
Grazie grazie grazie grazie grazie e ancora grazie :*****

Detto ciò, passo a rispondere alle recensioni! :)

Coquelicot Rousse : Beh, innanzitutto allora grazie a Seven per averti introdotta alla mia storia, e benvenuta! :) Sono felice di vedere che le mie adorate recensitrici mi fanno anche pubblicità, e sono lieta che la sponsorizzazione di Seven si sia rivelata per te veritiera! Ti ringrazio per i complimenti, davvero!
Anch'io odio il bianco, le pareti bianche mi mettono tristezza ed angoscia, mi sembrano sempre vuote e soffocanti. E sono soddisfatta di essere riuscita ad esprimere questa mia sensazione anche attraverso Draco.
E grazie anche per il commento su Ron. Mi fa immensamente piacere che appreziate il modo in cui sto cercando di rivalutarlo. E' un personaggio che io adoro, nonostante tutto, e mi fa quasi male vedere come nella maggior parte delle Dramione (che poi sono praticamente le uniche storie che leggo) venga bistrattato e caratterizzato come il classico fidanzato stronzo, traditore, geloso, tonto, ecc... E per la miseria, povero Ron!!
Tra parentesi, Ottobre ed Aprile sono anche i miei mesi preferiti. Soprattutto quest'ultimo, visto che è il MIO mese ehehehe ^^
Grazie ancora, spero continuerai a seguirmi!

Seven : Cara, non ho parole!! Mi fai pubblicità a giro, proponi la mia storia tra le scelte, mi scrivi bellissime recensioni chilometriche piene di complimenti... cioè, io ti adoro!!! ^___^
Grazie davvero davvero. Ormai mi sembra riduttivo dirlo, non basta quasi più per esprimere la mia gratitudine.
Continuo a pensare che in generale siate tutti un pò troppo buoni nei miei confronti, ma comunque mi fa immensamente piacere, neanche immaginate quanto!!
Ribadisco che adoro il modo in cui analizzi i "miei" personaggi (vabbè, diciamo un prestito da mamma Row!) nelle tue recensioni. Cogli veramente il senso preciso di tutto ciò che scrivo, dialoghi, descrizioni e quant'altro. Siamo decisamente sulla stessa lunghezza d'onda! ;)
E grazie anche a te per quanto riguarda Ron... sono troppo felice di vedere che non sono la sola a trovare ingiusto il modo in cui spesso viene surclassato nelle Dramione! Per la miseria, io lo adoro! ^^ Non Rupert coso, come caspita si chiama l'attore... lui non mi piace per niente! u.u Cioè è pure buffo, ma è brutto da far paura, almeno secondo me, ed io Ron l'ho sempre immaginato piuttosto belloccio... non come Draco che nella mia testolina malata/bacata è sexy da far paura e talmente bello da non sembrare vero, ma comunque un bel manzo pure lui!! :P
Ma sto divagando troppo ahahaha
Grazie ancora dal profondo, davvero tantissimo!
Sono curiosissima di vedere cosa ne penserai di questo nuovo capitolo!
Un bacio grande!

xxsailorkikaxx : Grazie mille anche a te! Spero che ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo! Fammi sapere ;)
Un bacio

Piccola_Star : Ahahahaha grazie, ti ringrazio davvero tanto, sono felice che la mia storia ti piaccia!! ;)
Spero di aver aggiornato abbastanza presto per i tuoi gusti!!
Un bacio

somochu : Concordo con te, tensione sessuale è decisamente il modo migliore per definire quello che c'è tra loro al momento!! ^^
Più che comprensibile, tra l'altro. Con cotanto Draco a fianco, chiunque si ritroverebbe nella stessa situazione.
Beh, che si stiano innamorando o meno è un pò presto per dirlo... però diciamo che le cose si stanno piuttosto smuovendo, no? ;)
Brava brava, sposo la tua politica sia per quanto riguarda Draco che per le Dramione!!! Felice di avere una compagnia di prospettive ahahah xD
Spero che il capitolo sia stato di tuo gradimento!! Fammi sapere!
Un bacione

ross_ana : Come ti capisco, pure io oggi sono parecchio romantica! *___*
Sarà la primavera?! ehehehehe xD
Ad ogni modo, grazie infinite, sei gentilissima!! Effettivamente la prima parte dello scorso capitolo era un pò una contraddizione in termini, ma effettivamente Draco di per sè è un pò contraddittorio, no? Se aggiungiamo il fatto che prova cose che non dovrebbe, non potrebbe e per certi versi nemmeno vorrebbe provare, è ancora più comprensibile! Hermione è molto più chiara, nonostante anche lei tenda un pò alla negazione assoluta di ciò che prova.
Grazie anche a te per la "questione Ron". Sarà difficile che in questa FF Harry assuma il ruolo del confidente di Hermione. Anzi, in QUALUNQUE mia FF. Sono forse una delle poche dementi sulla faccia della Terra che legge i libri di Harry Potter, ma ODIA Harry Potter ahahahaha xD
Non posso farci niente, non lo sopporto u.u Sarà la mia propensione per cattivi ed eroi negativi, fatto sta che fino all'ultimo ho sperato vincesse Voldemort. Per quanto lo immaginassi piuttosto improbabile!! ^^
Grazie grazie grazie anche per il commento alla one-shot, sono davvero felice che ti sia piaciuta! :)
Spero che anche questo capitolo ti aggradi!!!
Un bacione

barbarak : Altra pazza... mi farai montare la testa!!!!! xD
Davvero, ti sono super-ultra-mega-infinitamente grata per tutto, sei troppo buona!!!!! Spero solo di non averti fatto andare in crisi di astinenza anche questa volta (capisco cosa si prova, è frustrante u.u).
Per quanto riguarda la tua precisazione diciamo di sì. O meglio, la mia idea iniziale era che il paesaggio della finestra rispecchi ciò che Draco vuole vedere. Ma chiaramente, ciò che lui vuole è strettamente collegato al suo umore, sicchè siamo sempre lì. E' un cane che si morde la coda xD
Anche in questo capitolo avrai notato i riferimenti alla finestra ;)
Grazie ancora di tutto, e grazie anche per il commento alla one-shot, sono lieta che ti sia piaciuta!
Un bacio!

Skitty : Ti ringrazio tantissimo!!! ^^ Spero che questo nuovo capitolo ti sia piaciuto!!
Fammi sapere!



Il prossimo capitolo sarà di transizione, diciamo così... nulla di eclatante, ma le acque si smuoveranno ancora di più.
In compenso, il 7 è EFFETTIVAMENTE un numero magico. Tenetelo presente! ;)
Alla prossima, che spero sia il prima possibile, università permettendo!!

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Capitolo 6
*** 6. ***




6.



“Coldest snow, deepest thrill
Tearing down his will”






La guardo, e mi rendo conto di quanto sia bella.
La guardo, e mi perdo in quei suoi occhi color nocciola.
La guardo, e sento tutto il mio corpo fremere.
La guardo, e mi chiedo come ho potuto essere così cieco.
Voglio dire, è sempre Lei.
E’ la stessa persona che ha frequentato Hogwarts con me.
E’ cresciuta, è maturata. E’ sbocciata.
Ma è sempre Lei.
Ed è dannatamente assurdo che non mi sia mai reso conto di quanto incantevole fosse.
E non parlo solo del suo indiscutibilmente invitante aspetto fisico.
I suoi occhi brillano, illuminati da un bagliore di vita che raramente ho visto in altre donne. In altre persone, più in generale. E’ una luce che le scaturisce dalla sua intelligenza, dalla sua vivacità, dalla curiosità e la passione che la animano.
Ha la straordinaria capacità di rapirmi.
Mi ritrovo a fissarla imbambolato come un cerebroleso.
Sono talmente assuefatto da Lei che non riesco nemmeno a vergognarmi per il modo in cui la fisso.
Possibile che prima la odiassi? Perché ora mi sembra inconcepibile l’idea di odiare una creatura simile...
Il che probabilmente mi riporta a realizzare che non l’ho MAI veramente odiata.
Odiavo Potter, è vero. E lo odio tuttora.
E’ un qualcosa che va al di là del suo ruolo di paladino della giustizia, frapposto al mio di demone maligno. Va al di là delle nostre origini, del suo essere così schifosamente osannato ovunque metta piede, della sua tracotanza, del suo continuo attirare l’attenzione su di sé. E’ qualcosa di fisico, quasi.
Credo che se anche si chiamasse, che so, Larry Rotter anziché Harry Potter, sarebbe la stessa identica cosa. L’ho avvertita sin dal primo istante in cui l’ho visto. Nonostante gli avessi offerto la mia amicizia, più per forma che per altro.
Qualunque cosa accada, continuerò ad odiarlo.
Dovesse rovesciarsi il mondo, e Voldemort diventasse un filantropo buon samaritano, il mio odio per lo Sfregiato resterebbe immutato.
Odiavo Weasley per una sorta di “osmosi”, diciamo. Era il cagnolino di Potter, sempre dietro di lui, sempre fedele ed obbediente. E di conseguenza, odiando Potter, mi veniva spontaneo odiare anche lui.
Mi disgustava il modo in cui un mago Purosangue si lasciasse plagiare a quel modo da un orfanello SangueSporco tutto fumo e niente arrosto.
Ora non saprei dire che tipo di sensazioni mi suscita.
E’ diverso dal vecchio Lenticchia, non è più l’ombra del suo amichetto del cuore. Ha riassunto una sua personalità indipendente. Paradossalmente, non mi sembra neanche così riprovevole come ai tempi della scuola. Con questo non voglio dire che adesso lo apprezzi o mi piaccia. Mi è indifferente. Il che è un grosso passo avanti, diciamo.
Ma Lei...
No, Lei non l’ho mai realmente odiata.
Odiavo ciò che rappresentava, il classico prototipo del Nato Babbano che si intrufola senza alcun diritto nel mondo Magico, che non ha un centilitro di sangue degno di concedergli l’uso della Magia, e che ciò nonostante risulta essere perfettamente alla pari di noi Purosangue. Anzi, nel suo caso di gran lunga migliore.
Odiavo il fatto che fosse sempre più brava di me in tutto, che avesse voti più alti, che i professori l’adorassero, che conoscesse magie di cui io nemmeno sapevo l’esistenza, che si fosse ambientata con tanta facilità nel mondo Magico dopo appena pochi anni quando io, che vi ero nato e cresciuto, ancora non riuscivo a trovare la mia dimensione.
E la odiavo perché era una Grifondoro.
Odiavo ciò che Hermione Granger la Grifondoro rappresentava per Draco Malfoy il Serpeverde.
Ma non ho mai odiato “Hermione”. Hermione e basta, senza classificazioni di alcun tipo, senza Casa di appartenenza, senza discendenza sanguigna.
Non ho mai odiato la ragazza Hermione.
Per questo non dovrei essere tanto stupito del fatto che adesso non odio la donna Hermione.
Ma da qui a... insomma, ad essere attratto da lei...
No, attratto non è il termine giusto.
Ossessionato.
Ecco sì, ossessionato.
Sta diventando la mia ossessione.
La mia droga.
E la cosa peggiore è che più questa dipendenza va avanti, più mi rendo conto di non voler far nulla per smettere...



~ω~





< Fanculo Granger!>
< Insultarmi non ti servirà a niente, Malfoy.>
< Non m’importa, mi fa sentire meglio.>
< Stupido.>
< Oh, taci.>
Hermione ghignò. Gli rivolse un’ultima occhiata, poi abbassò lo sguardo.
La sua mano scattò rapida non appena la sua mente si rese conto della situazione in cui Draco si era appena cacciato. La strinse e la sollevò a mezz’aria, riflettendo rapidamente.
Il ragazzo di fronte a lei ringhiò.
< Non oserai...> la minacciò.
La moretta inarcò un sopracciglio. Senza rispondere, abbassò di colpo la mano.
Un rumore secco sulla superficie di marmo. Un picchiettio quasi impercettibile, ma che nelle orecchie del Mangiamorte risuonò come un tonfo assordante.
Un largo sorriso soddisfatto fece capolino sul viso della fanciulla.
< Scacco matto.>
Draco sbuffò rumorosamente, alzando gli occhi al cielo.
< Fanculo, odio questo inutile gioco!>
Lei non riuscì a trattenere una smorfia, mentre il proprio sguardo si spostava dall’espressione contrariata del ragazzo alla mossa da maestro che ancora troneggiava sulla scacchiera posta tra di loro.
< Solo perché non riesci a vincere...> lo schernì.
< Beh questo è chiaro.> replicò lui, in tono ovvio. Tornò a fissarla, con perplessità < A nessuno può piacere un gioco in cui non riesce mai a vincere. Tranne te, evidentemente.> aggiunse, notando il sopracciglio inarcato della moretta < Ma non avevo dubbi al riguardo...>
Il sopracciglio di Hermione si inarcò ancora di più, se possibile.
< E’ un tentativo di offendermi questo?>
< No, è un dato di fatto Granger. Se una So-tutto-io come te si ritrovasse in una situazione simile, si incaponirebbe fino a liquefarsi il cervello pur di riuscire a vincere almeno una volta. Non sia mai che esista qualcuno o qualcosa al mondo in grado di battere la tua intelligenza, giusto? E alla lunga, finirebbe pure per piacerti...>
La Guaritrice assunse un’espressione sorniona, mentre cominciava lentamente a risistemare gli scacchi nella loro posizione di partenza.
< Intendi dire una situazione simile a “instaurare un rapporto civile e pseudo-amichevole con Draco Malfoy?”>
Draco inclinò il capo. Stavolta, fu il suo volto a mostrare una smorfia maliziosa.
< Perciò devo dedurne che ti piace?> chiese, provocatorio.
Hermione sgranò per un istante gli occhi, ma si riprese sbattendo subito le palpebre.
Nessun segno. Nessuno.
Era come un mantra, che continuava a ripetersi ogni volta che metteva piede nella stanza del biondino.
Doveva cercare di restare sempre tranquilla ed impassibile, rimanere la vecchia Hermione di sempre. Doveva fingere che la sua presenza non gli suscitasse nulla di nulla. Anche se questa era una bugia bella e buona. E pure grossa come tutto il complesso di Hogwarts messo insieme, Lago e Foresta Proibita compresi.
Non poteva permettersi passi falsi.
Non aveva a che fare con una persona normale. Lui era fin troppo sveglio, ed i suoi sensi accuratamente allenati.
Sarebbe stato in grado di notare anche il minimo cenno, il più lieve rossore, la più piccola sua titubanza. E, se anche non fosse giunto alle corrette conclusioni, avrebbe comunque compreso quanto lui la turbasse.
E ci avrebbe marciato su. Eccome se ci avrebbe marciato su.
Lungi da Hermione immaginarsi che Draco non era assolutamente nella posizione di notare alcunché, troppo preso da quanto lei riusciva a sconvolgere lui.
< Vuoi la rivincita?> gli domandò, tentando di riacquistare il proprio autocontrollo.
Tutte le pedine magiche erano state risistemate al loro posto. La moretta continuava ad osservarle, fingendosi particolarmente interessata alle lamentele dei propri Alfieri, per nulla entusiasti all’idea dell’ennesima partita.
Qualunque cosa, piuttosto che incrociare il suo sguardo.
Il tipico ghigno in stile Malfoy fece capolino sulle labbra del ragazzo.
< Non mi hai risposto.>
Hermione lo fulminò con un’occhiataccia, recuperando un po’ del suo antico orgoglio Grifondoro nell’udire quel tono di voce sarcastico e canzonatorio.
< Questo perché la tua domanda non è degna di risposta.>
Draco scrollò le spalle, afferrando uno dei propri Pedoni per la prima mossa.
< Dipende dai punti di vista.>
Lasciò che il discorso cadesse così, senza procedere oltre con le provocazioni. Si concentrò intensamente sulla scacchiera. Doveva vincere almeno una volta, non poteva sopportare oltre l’onta di una ripetuta sconfitta da parte di una Grifondoro.
Sorrise tra sé e sé.
Una Grifondoro...
Qualche mese prima, avrebbe detto “una Mezzosangue”. Non solo non la chiamava più così ad alta voce, addirittura non riusciva più ad associarla a quel termine nemmeno col pensiero.
Le cose erano davvero cambiate. Solo, non riusciva a decidersi se in meglio o in peggio.
Ad ogni modo, doveva batterla. E voleva batterla.
E per fare ciò, doveva focalizzarsi al massimo sugli Scacchi. Via qualunque altro pensiero, solo Scacchi.
Solo Scacchi.
Non ci mise molto a rendersi conto che il suo tentativo di concentrazione era patetico. Ed inutile, per giunta.
Era piuttosto difficile che la sua mente mantenesse un orientamento univoco in sua presenza. O, per lo meno, che quell’orientamento non fosse rivolto a lei.
Serrò la mascella, in una reazione di stizza ai propri pensieri che Hermione scambiò per sforzo di riflessione.
Un segno. Uno.
Era come un mantra, che continuava a ripetersi ogni volta che lei metteva piede nella sua stanza.
Viveva in attesa di un suo cenno, un suo gesto, un qualcosa di volontario o meno che gli facesse capire di non essere solo. Che lo mettesse al corrente del fatto che anche lei provava le sue stesse sensazioni quando erano insieme.
Che anche lei pensava continuamente a lui, che anche lei fremeva standogli accanto, che anche lei era confusa, sconvolta, turbata eppure felice come se stesse galleggiando su una nuvoletta di zucchero filato. Lo voleva. E al tempo stesso, non lo voleva.
Perché sarebbe stato sbagliato ed assurdo. Nonostante, effettivamente, niente gli era mai sembrato più giusto e logico.
Voleva quel segno, lo bramava, lo desiderava con tutto se stesso, forse più della libertà che fino a poco tempo prima tanto agognava ed occupava così insistentemente i suoi pensieri.
Ma sapeva che non sarebbe giunto. Sapeva che lei non gli avrebbe mai fatto capire di avvertire le stesse sensazioni semplicemente perché non le provava.
Sapeva che era tutto a senso unico: il suo. Una come lei non si sarebbe mai lasciata incantare da una Serpe come lui. Il fatto che si mostrasse gentile ed amichevole non significava che adesso i sentimenti che nutriva nei suoi confronti fossero mutati.
Lui, per la Granger, restava il Serpeverde, il Mangiamorte, il Nemico.
Lungi da Draco immaginare che i sentimenti di Hermione fossero cambiati notevolmente, e che lei si fosse fatta ammaliare da lui come un serpente a sonagli al cospetto di un valido incantatore munito del suo fedele flauto.
Il ragazzo spostò silenziosamente la propria pedina, facendola avanzare di qualche casella. Emise un lieve sospiro, poi rialzò lo sguardo dalla scacchiera, incontrando gli attenti occhi color nocciola della fanciulla.
< Tocca a te.> disse, semplicemente.


< Ti ostinerai a giocare finché non vinci?> chiese Hermione, mentre osservava Draco riflettere sulla mossa successiva.
< E’ colpa tua Granger... non dovevi permettermi di cominciare questo stupido gioco!> esclamò lui, senza alzare gli occhi dalla scacchiera.
La moretta si sistemò meglio a sedere sul materasso, incrociando le gambe.
< Sei stato tu a dirmi che “ti annoiavi a mooooooorte”!!> fece lei, in tono melodrammatico.
A quel punto, il ragazzo distolse la propria attenzione dagli scacchi e la fissò con una smorfia divertita.
< Punto primo, io non parlo così...>
< Si che lo fai!>
< Beh, sarà stato un caso! E punto secondo, ti ho detto che mi annoiavo, non che avevo voglia di giocare a scacchi. Tra parentesi, questo non è esattamente in cima alla lista dei miei svaghi preferiti!>
Hermione scrollò le spalle.
< Beh, ho pensato che se fossi stata al posto tuo...>
< Appunto, è questo il problema.> la interruppe lui < Io e te abbiamo una concezione ben diversa del divertimento.>
La moretta inarcò un sopracciglio.
< Perché, tu che concezione hai?>
Draco la fissò in silenzio per alcuni istanti, durante i quali lei si ritrovò a pensare che, quando entrambi smettevano di parlare, il rumore del battito del suo cuore sembrava amplificarsi. Era certa che prima o poi l’avrebbe sentito anche lui, era impossibile che un fragore del genere passasse inosservato per sempre.
Infine, il biondo esplose in una grassa risata.
< Non credo che tu voglia affrontare questo argomento con me, Granger!> le disse, continuando a ridere.
Hermione incrociò le braccia al petto, sbuffando.
< Con voi uomini si va sempre a parare sul sesso. Dio, siete tutti uguali!> mormorò, alzando gli occhi al cielo.
L’ex-Serpeverde la fissò con un ghigno.
< Credimi, molti di loro darebbero un braccio perché effettivamente fossimo “tutti uguali”.>
L’espressione perplessa della ragazza gli fece comprendere che non aveva colto la sua allusione. Sorrise della sua ingenuità, scrollando il capo.
< Lascia perdere...>
La moretta s’indispettì di fronte a quell’affermazione. Lo fulminò con lo sguardo, senza rendersi del tutto conto che la sua attenzione era orientata a ben altro.
Una ciocca di capelli era riuscita a sfuggire dalla prigionia della sua coda di cavallo, e in quel momento cadeva blandamente sulla guancia della fanciulla, solleticandole la pelle. Quel boccolo ribelle sembrava aver quasi ipnotizzato lo sguardo di Malfoy.
Noncurante di tutto ciò, lei fece partire la sua invettiva.
< Non trattarmi come se fossi una povera stupida! Tu pronunci frasi senza senso campate per aria, il fatto che io non le capisca non significa che sono una demente, io...>
Il ragazzo udì a malapena le parole piene di rabbia della Guaritrice, troppo preso ad osservare quel boccolo che si muoveva al ritmo dei gesti concitati di lei. E troppo preso a combattere la crescente tentazione di toccare quella ciocca che urlava a piena voce nella sua testa.
< Hai capito, brutto cafone che non sei altro?!> concluse la Granger, ulteriormente irritata dall’imperturbabile silenzio del biondo.
Finalmente, il suo corpo decise di cedere. Senza nemmeno rendersene conto, allungò istintivamente la mano destra, raggiungendo il viso della ragazza.
Con una lenta carezza le spostò quel ciuffo di capelli dietro l’orecchio, sfiorandole la guancia con le punte delle dita.
Hermione si paralizzò di colpo, sgranando gli occhi senza riuscire a controllarsi. Quando avvertì il tocco di Draco sulla propria pelle, avvertì un lungo brivido scuoterla da capo a piedi.
Era certa che sarebbe andata in fiamme.
Combustione spontanea. Un fenomeno decisamente raro ed insolito. Ma era ciò che sarebbe successo di lì a poco.
Non poteva che essere così. Quel calore insopportabile, ardente, che le bruciava anima, mente e cuore non poteva che essere la premessa ad una reale fiammata.
L’irritazione che aveva provato fino a qualche istante prima scomparve del tutto, lasciandola vuota.
Completamente vuota. Non provava altro che non fosse quel calore devastante e destabilizzante.
Lui le sorrise, senza ritirare la mano, che restava immobile all’altezza del suo orecchio sinistro, a pochi millimetri dal suo volto.
< Non sei stupida, sei solo ingenua.> le disse il ragazzo, col tono di voce più dolce che gli avesse mai sentito usare < Ed è una cosa tanto rara di questi tempi quanto incredibilmente affascinante.>
La Guaritrice, ancora sconvolta, era certa di non aver sentito bene.
Affascinante?
Sul serio Draco Malfoy aveva accostato quel termine alla sua persona? A lei, Hermione Granger? La Grifondoro Mezzosangue zannuta So-tutto-io?
Doveva essere uno scherzo. Sì, decisamente uno scherzo. Di pessimo gusto, per giunta.
O di ottimo gusto. Dipendeva dai punti di vista.
Quando la mano del ragazzo si allontanò lentamente dal proprio volto, riprese a respirare. Assurdo, non si era nemmeno resa conto di aver trattenuto il respiro per tutto quel tempo.
Non fu in grado di rispondergli nulla. Si sentiva incredibilmente svuotata dopo quell’episodio. Le sembrava quasi che la sua solita loquacità e la sua dialettica le fossero silenziosamente scivolate fuori da non sapeva dove. O forse era stato lui, le aveva afferrate quando aveva allungato la propria mano e le aveva trascinate via da lei.
Abbassò lo sguardo sulla scacchiera, imponendo mentalmente al proprio battito cardiaco di decelerare il prima possibile.
< Tocca a te.> fu l’unica cosa che riuscì a dirgli, dopo qualche secondo di silenzio.
Draco dedicò a sua volta la propria attenzione agli scacchi, mentre le sue labbra si piegavano istintivamente in un sorriso amaro.
Troppo prevenuto o forse semplicemente troppo pessimista, la reazione della ragazza era stata per lui tutto tranne ciò che realmente era.
Non riusciva a non pensare che la sua momentanea paralisi, lo stupore dipinto nei suoi occhi, l’imbarazzo, il silenzio, il distogliere lo sguardo rapidamente, tutto fosse una manifestazione della sua perplessità e vergogna per un gesto che non si aspettava né voleva.
Era chiaro, lui l’aveva sfiorata e lei si era irrigidita perché non era ciò che desiderava. Forse quel rapporto civile e di pseudo-amicizia, come lei stessa lo aveva definito, le aveva impedito di respingerlo o di fargli pesare il suo disgusto.
Ma ciò non toglieva che era stata disturbata dal suo gesto. Disturbata in modo negativo.
Era l’unica motivazione che riusciva a trovare per quell’atteggiamento così poco “Grangeresco”.
Perché zittirla, farle abbassare lo sguardo, spegnerla, era praticamente impossibile. Troppo pedante per non avere mai nulla da dire, troppo orgogliosa per non reggere un contatto visivo, troppo viva per afflosciarsi come un fiore appassito. Eppure eccola lì, silenziosa, placida, quasi inerte.
Draco Malfoy aveva la capacità di distruggere tutto ciò che toccava. E lei ne era l’ennesima riprova.
Gli era bastato sfiorarla un istante per intaccare la bellezza del suo spirito, la sua luce, la sua vitalità.
Non l’avrebbe più fatto. Mai più.
Avrebbe resistito con tutto se stesso, avrebbe combattuto contro quella forza magnetica che sembrava attrarlo continuamente verso di lei. Non avrebbe più invaso il suo spazio personale, non si sarebbe più lasciato andare a gesti o qualsiasi altra cosa che gli era proibita, in special modo nei suoi confronti.
Non l’avrebbe mai più ridotta in quello stato.
Voleva un segno? L’aveva avuto.
Un segno negativo. Un segno che lo invitava a non ripetere quel patetico tentativo di avvicinamento.
Lei non era cosa per lui. Quelli come lui non la meritavano.
Le fiamme ardenti e l’odore di zolfo, ecco cosa meritava un dannato come Draco Malfoy. Ma non Hermione Granger, no.
Perché Hermione Granger era la salvezza. Era la luce nell’oscurità, l’acqua sul fuoco, il sole in un cielo plumbeo. Era tutto ciò che di bello c’era nel mondo. Era tutto ciò a cui lui aveva rinunciato quando era stato marchiato dal Male, fisicamente ma soprattutto nell’anima.
La sua dannazione l’avrebbe distrutta. E, inverosimilmente, non era ciò che lui voleva.
Perso nei meandri della propria mente angustiata, solo la dolce voce della brunetta fu in grado di riportarlo alla realtà.
< Scacco matto.>
Sorrise amaramente.
Aveva vinto lei. Ancora una volta.


~ω~





Credevo di conoscermi. Credevo di sapere tutto di me.
Le poche cose che non sapevo, le ho imparate con gli anni.
Ho imparato come il mio spirito si relaziona ad una delusione, ad una sconfitta, ad un tradimento. Ho imparato che la morte mi devasta, mi toglie ogni forza vitale, mi rende pazza ed isterica, e solo l’affetto di chi è rimasto riesce a restituirmi la voglia di andare avanti.
Ho imparato che non sono fatta per combattere. Non riesco a puntare una bacchetta al cuore di una persona, di un mio simile, ed ucciderlo. Nemmeno a ferirlo.
Ho imparato, invece, che io sono nata per curare, guarire, salvare. Che la più grande soddisfazione per me è vedere qualcuno ridotto male, sofferente, moribondo, riacquistare le forze e la prestanza fisica solo grazie a me. Restituire la vita, questo è ciò per cui sono fatta.
Ho imparato che i ricordi sono per me il bene più prezioso, ma che condividerli è ciò che li rende ancora più belli. Mi piace ricordare il passato coi miei amici, rivisitare mentalmente i luoghi in cui sono stata, le situazioni che ho vissuto, le persone che ho conosciuto.
Ed ho imparato che gli unici ricordi di cui sono gelosa, e che non spartisco con nessuno, sono quelli che riguardano i miei genitori. Forse, ho paura che così facendo possano scivolarmi via dalle mani.
Ho imparato che il disordine mi aiuta. Tenere la stanza a soqquadro, piena di carte e cartacce, coi vestiti sparsi qua e là per terra, mi fa sentire viva. Ma ho anche imparato che, per quanto invece riguarda i miei pensieri, bramo l’ordine e la chiarezza. I pensieri confusi mi sconvolgono.
Ho imparato che “dieta” non è una parola compresa nel mio vocabolario. Ci ho provato mille e mille volte, ma il mio cervello non la registra. Non è lo stomaco che brontola o la voglia insaziabile di cibo, no. E’ la mia testa che mi vieta di pormi dei limiti.
Ho imparato che i progetti a lungo termine sono poi quelli che non rispetto. Pianificare con anticipo mi porta solo a lasciare le cose indietro, per ritrovarmi poi a fare tutto all’ultimo minuto. Se invece seguo l’istinto, senza schemi prefissati, le cose mi vengono persino meglio.
Ho imparato che il blu mi dona, così come il nero, il bianco e tanti altri colori. Tranne il marrone. Ho indossato abiti marroni per anni, finché un giorno mi sono vista allo specchio, vista veramente, e mi sono resa conto che fondamentalmente il marrone mi fa schifo. E mi sta malissimo. Ho bruciato tutti i miei abiti marroni il giorno dopo.
Ho imparato che il mio continuo ostentare la mia conoscenza non è un tentativo di affossare gli altri o di darmi delle arie. Lo faccio per sentirmi bene. Perché mostrare quel che so, esporre la mia cultura, mi fa sentire come se non fossi così totalmente inutile ed incapace. E’ un grosso aiuto alla mia autostima, oltre che una cosa involontaria e spontanea. Ed ho imparato che, anche in questo, non mi piace pormi dei limiti.
Negli anni ho imparato cose di me che non sospettavo.
Come il fatto che tutto sommato, mi piace trasgredire. Infrangere le regole, fare qualcosa che non dovrei, non attendere a quelli che dovrebbero essere i miei obblighi e responsabilità. Mi piace. Ed è assurdo, per una ligia al dovere come me. Non mi piace farlo sistematicamente, non sono una ribelle o un’anarchica. Ma, di tanto in tanto, mi lascio andare. E mi piace da impazzire.
O come il fatto che mi credevo tanto timidina, pudica e schizzinosa. E invece non la sono affatto.
E’ stato Ron ad insegnarmelo, fondamentalmente. Lui, e quelli venuti dopo di lui. Anche se detta così sembra che abbia avuto mille storie, quando in realtà con uno mi sono frequentata giusto per un paio di mesi e con un altro ci sono solo andata a letto una volta.
Comunque, l’ho imparato. Ho imparato come funziona il sesso. Ed ho capito che mi piace. Ed anche tanto.
Ho imparato cosa mi piace fare, e cosa mi piace farmi fare. E cosa invece mi da fastidio.
Ron mi prende ancora in giro, dopo tutti questi anni. Dice che sono stata una vera scoperta, piacevole quanto inaspettata. Dice che sono una puttana travestita da verginella. Ovviamente, solo a lui posso concedere di schernirmi così.
Perché ho imparato anche questo. Ho imparato che lui è la mia anima gemella, ma non nel senso in cui tutto il mondo interpreta la cosa.
No, non lo amo. Non in senso romantico. E non voglio stare con lui, passare il resto della mia vita accanto a lui, sposarlo ed avere mille bambini, invecchiare insieme ed essere sepolti l’uno accanto all’altra. Per niente.
Ron è la mia anima gemella perché è la mia altra metà. E’ il “me al maschile”, come io sono il suo “me al femminile”. Ron è la parte che mi completa, è ciò che mi manca. E io sono ciò che manca a lui, e che lo completa.
Siamo un po’ come Fred e George, solo di sesso diverso, per nulla simili nell’aspetto e con due cognomi differenti.
Proprio per questo, pensare di stare con Ron è ormai inaccettabile tanto per me quanto per lui. E questo l’ho imparato. Ci ho messo un po’, ma l’ho imparato.
E credevo di aver imparato tutto di me. Tutto quanto.
Mi illudevo di conoscermi a menadito. Ne ero seriamente convinta.
E poi...
Poi arriva Lui, e va tutto a puttane.
Ogni mia convinzione, ogni mia certezza, ogni punto fermo della mia vita. Tutto alla malora.
Per colpa sua non so più chi sono, non so più niente di me.
Non mi conosco più.
Perché la Hermione che conoscevo prima non avrebbe reagito così ad un suo semplice gesto. La Hermione che conoscevo prima non condurrebbe un’esistenza fatta di trip mentali su Draco Malfoy e su tutte le sconvolgenti ed inaspettate sensazioni che Lui mi suscita. Senza il mio consenso, per giunta.
Lo detesto. E lo adoro.
Mi ripugna. E lo desidero.
Mi fa infuriare. E mi fa sciogliere come neve al sole.
Vorrei strappargli il cuore a morsi. E vorrei baciare ogni singolo centimetro della sua pelle.
Vorrei ucciderlo. Ed è lui che mi uccide ogni volta che mi guarda, o mi parla, o mi sorride, o mi sfiora.
Non capisco più niente...
A cominciare da quando Lui ha iniziato ad avere questo effetto su di me. Perché ad Hogwarts le cose non erano così.
Ad Hogwarts lo detestavo, mi ripugnava, mi faceva infuriare, volevo strappargli il cuore a morsi, volevo ucciderlo. Senza “e”.
Le “e” sono subentrate da quando? E perché? Com’è stato possibile? Come ho potuto permetterlo?
E come faccio adesso a cancellarle, quelle “e”?
Ma soprattutto...
Voglio davvero cancellarle?



~ω~





Hermione si buttò pesantemente a sedere sopra il letto, accompagnando la sua caduta con un lungo sospiro. Il suo sguardo vagò lentamente nella stanza disordinata, posandosi sui vestiti ammucchiati su una sedia, la squadra dei Cannoni di Chudley che si lamentava del pessimo odore di un vecchio calzino abbandonato sulla scrivania sotto il loro poster, una pila di vecchie riviste di Quidditch, un manichino abbandonato in un angolo della stanza.
La ragazza aggrottò la fronte. No, quel manichino le era decisamente nuovo.
Si alzò in piedi, avvicinandosi alla strana figura. Notò subito che, sulla faccia, vi era appiccicato un foglio di carta. Quando scorse su quel foglio una caricatura del viso di Severus Piton, non riuscì a non trattenere una grassa risata.
Fu a quel punto che, a pochi metri di distanza da lei, la porta del bagno si spalancò, mostrando un Ronald Weasley bagnato e coperto solo da un asciugamano legato in vita.
< Bob ti suscita ilarità?> fece, con un ghigno.
Hermione si voltò, osservando l’amico con uno sguardo perplesso.
< Bob?> domandò, stupita.
< Non ti piace come nome?>
< Più che altro trovo ridicolo dare un nome ad un manichino.>
Ron ridacchiò, avanzando verso l’armadio.
< Dargli un nome mi sembrava il minimo, dato che il poveretto è la cavia dei miei allenamenti.>
La moretta scosse lentamente il capo.
< Sei irrecuperabile... e poi che c’entra il povero Piton?>
Il ragazzo spalancò le ante dell’armadio di legno, inarcando un sopracciglio.
< E’ difficile dimenticare quante me ne ha fatte passare...>
< Vabbè, ma è un eroe di guerra!>
< Per me resterà sempre lo stronzo che tentava di insegnarmi Pozioni.>
La Granger sorrise, tornando a sedersi sul letto del ragazzo. Lo osservò mentre sceglieva cosa indossare. Tirò fuori una maglietta nera, poi si voltò verso l’amica, mostrandogliela.
< Che dici?> le chiese.
Hermione esibì una smorfia sorniona.
< Sai già cosa ne penso.>
Non era un mistero ormai che per lei Ron fosse estremamente sexy vestito di nero.
E non è il solo...
Si morse le labbra, scacciando furiosamente quel pensiero.
< Comunque ti ho lasciato le chiavi della mia stanza per usarle in caso di emergenza, non perché ti sentissi libera di entrare quando cazzo ti pare, Herm. Un minimo di discrezione!> le fece lui, con la testa praticamente immersa nell’armadio alla ricerca di un paio di pantaloni.
< Tu vieni a parlare a me di discrezione, Ronald?> replicò lei, adocchiando con disgusto un tanga viola che penzolava dall’abat-jour sul suo comodino.
Il rosso si voltò, seguendo poi la direzione del suo sguardo.
< Che c’entra, in camera mia sono libero di fare come voglio, no?> sghignazzò.
Hermione scosse la testa.
< Spero di non aver interrotto niente.>
Lui scrollò le spalle.
< Na, se n’è andata mentre ero sotto la doccia.>
La ragazza sospirò.
< A chi è toccato stavolta?>
< Una pivella. Non la conosci.>
< Grazie al cielo.> mormorò lei, alzando gli occhi al soffitto.
L’Auror rise, sfilandosi l’asciugamano dai fianchi e gettandolo in malo modo a terra. Afferrò un paio di boxer, cominciando a rivestirsi.
Il senso del pudore sembrava aver abbandonato Ronald Bilius Weasley da quando aveva iniziato ad intraprendere la carriera di Auror. Hermione ormai aveva fatto l’abitudine nel vederlo cambiarsi senza alcuna vergogna di fronte a lei. Anche perché effettivamente, come aveva puntualizzato lui la prima volta che la Guaritrice l’aveva rimproverato per quella libertà di costumi, l’aveva già visto nudo parecchie volte. E non si era limitata a “vederlo”.
< C’è un motivo particolare per cui sei venuta a trovarmi, o volevi solo vedermi senza pantaloni?> domandò poi lui ironicamente, abbottonandosi i jeans.
< Ti spogli così spesso che ormai vederti svestito ha perso tutto il suo fascino.> rispose lei, sarcastica < E comunque, ho bisogno di una qualche motivazione per voler vedere il mio migliore amico?>
Ron sorrise, inclinando il capo.
< Affatto, tesoro.>
La raggiunse, sedendosi sul letto accanto a lei.
< Ma sono le quattro del pomeriggio e sei in camera mia e non di Malfoy.> aggiunse serio.
< Cosa vorresti dire? Che cavolo c’entra?> esclamò lei, stizzita.
Il ragazzo le riservò uno sguardo duro.
< Ti ho già ripetuto mille volte che non devi fingere con me, Hermione.>
Lo fissò in silenzio. Era vero, non doveva fingere con lui.
Perché innanzitutto lui non voleva, odiava che lei cercasse di mascherare la vera se stessa di fronte a lui come faceva con quasi tutti.
E poi perché non ne aveva bisogno. Ron sapeva leggerla come un libro aperto scritto a caratteri cubitali, gli bastava un semplice sguardo o una strana inclinazione nella sua voce perché capisse immediatamente di cosa si trattava. Anche se lei continuava a sospettare che ci fosse sotto qualche trucco: era davvero troppo bravo nel capirla. Forse la spiava, o le rubava i ricordi di notte per riviverli in qualche pensatoio.
Cosa per altro illegale, ma era certa che non sarebbe stato quello a fermare il suo amico.
Sospirò, lasciandosi andare all’indietro e sdraiandosi sul materasso.
< Non ci capisco più niente, Ron.>
Il ragazzo la imitò, sdraiandosi a sua volta accanto a lei.
< Il che è piuttosto singolare, visto che di solito questa è la mia frase.>
< Smettila, sto parlando sul serio!> gemette lei. Sentiva le lacrime farsi spazio e pungerle gli occhi, eppure non ne capiva il motivo.
< Qual è il problema?> le chiese.
Hermione strinse le labbra in una smorfia.
< Ok, Malfoy.> rispose lui per lei < Lo sapevo. Ma se magari articoli un pochino di più...>
< Non saprei come. Voglio dire, non so spiegare neanche a me stessa cosa succede. Io...> sbuffò, voltando la testa dalla parte opposta rispetto a Ron, per non mostrargli i propri occhi lucidi.
< Ti sei presa una cotta per lui.>
Non era una domanda.
La brunetta rimase in silenzio per qualche istante. Quando avvertì una lacrima salata scivolarle lungo la guancia, comprese che il rosso aveva centrato il punto.
< Si.> ammise flebilmente, senza voltarsi.
Il ragazzo sbuffò.
< Sai Herm, a me piace guardare in faccia le persone quando ci parlo.>
Lei tirò su col naso.
< Preferirei di no.> rispose.
Ron alzò gli occhi al cielo. Ecco uno dei motivi per cui si rifiutava di avere una relazione stabile con una donna. Troppo complesse, troppo cariche di emozioni e sentimenti, troppo contraddittorie. I maschi erano molto più semplici: bastava dar loro l’impressione di essere i padroni, assecondarli di tanto in tanto, dargli la loro dose giornaliera di sesso e Quidditch, ed erano apposto. Se poi le ultime due giungevano in concomitanza o in stretta relazione tra loro, pura cuccagna.
Le donne no. Le donne si struggevano per mille cose, si complicavano la vita da sole con mille seghe mentali, provavano sentimenti contrastanti che le spossavano mentalmente e fisicamente, erano ipocrite con se stesse, vivevano il sesso come un’espressione d’amore e non come il semplice gioco di piacere che effettivamente era. Le donne erano un mondo decisamente troppo complicato per Ron Weasley. Lui si limitava a farci una capatina ogni tanto, e poi continuava per la sua strada.
Ma con Hermione era diverso. Era la sua migliore amica, era una sorella per lui. Non poteva ignorare ciò che provava come faceva con quelle che si portava puntualmente a letto.
Per lei, doveva infilarsi suo malgrado in quel mondo arzigogolato e conturbante. Ed uscirne poi era un casino.
< Capisco che sia un problema, oltre che una manifestazione di pessimo gusto in fatto di uomini,> commentò, storcendo le labbra < ma perché non ci capisci più niente? Abbiamo concluso che ti sei – ahimè – invaghita di lui. Dove sta la confusione?>
Hermione sospirò.
< Non è così semplice come la fai tu. Non è che mi sono presa una cotta per il primo che passa.>
< No beh, è Malfoy...>
< Non è solo questo!> fece lei, alzando il tono della voce < Sai chi è lui. E’ il secondo di Colui-che-non-deve-essere-nominato, per la miseria! E’ la persona più sbagliata di questo mondo per cui prendersi una sbandata.>
< Mah, non credo.>
La moretta, dimentica dei suoi propositi di non mostrare le proprie lacrime all’amico, si voltò di colpo, con un’espressione shockata in volto.
< Cosa?>
< Beh, la persona più sbagliata di questo mondo per cui prendersi una sbandata è Voldemort. Casomai Malfoy è la seconda persona più sbagliata.> sentenziò il ragazzo, con un sorriso ironico.
Hermione lo fissò ad occhi sgranati.
< Io ti parlo dei miei problemi e tu fai del sarcasmo? Con battute così demenziali per giunta?> scrollò la testa, poi scoppiò a ridere. < Grazie...>
< Non c’è di che.> rispose lui, allungando una mano per asciugarle le guance bagnate.
La Guaritrice si voltò su un fianco, avvicinandosi a lui ed accoccolandosi contro il suo petto.
< Che situazione di merda...> mormorò poi, sconfortata.
Ron prese ad accarezzarle teneramente i boccoli castani.
< Mia madre dice sempre che le persone intelligenti amano complicarsi la vita.>
Hermione emise un verso molto simile ad un grugnito.
< Allora sarebbe stato meglio nascere scema.> disse, lugubre.
< Si certo, così a quest’ora anziché essere la mia migliore amica saresti una delle mie compagne di letto!> commentò il ragazzo, accompagnando il tutto con uno schiocco della lingua.
< Forse sarei più felice così...>
< Piantala Hermione! Non è la morte di nessuno se ti piace Malfoy. Purtroppo capita di perdere la testa anche per le persone sbagliate. Non è una cosa che si controlla razionalmente. Te lo dice uno che è stato con Lavanda Brown!>
< Non è paragonabile ad avere una cotta per Malfoy.>
Ron contorse le labbra in una smorfia di disgusto.
< Dici così solo perché non l’hai provato di persona...>
Hermione puntò una mano sul materasso, sollevandosi col busto per fissare l’amico negli occhi.
< Cosa devo fare?> gli chiese, con voce e sguardo supplicante.
Il rosso si morse le labbra.
< Non ne ho idea. Cercare di togliersi volontariamente una persona dalla testa è quanto di più inutile si possa fare. Anzi, di solito peggiori le cose.>
< E quindi dovrei aspettare che mi passi da sola?> chiese lei, con una punta d’isteria.
< Si. E’ stupido, ma è così.>
La moretta sbuffò, ritornando alla sua precedente posizione.
< Non riesco più a stargli accanto Ron. Prima o poi se ne accorgerà anche lui.>
< Il che forse sarebbe un bene...> sussurrò tra sé e sé.
Nonostante fosse stato più un pensiero ad alta voce che una frase vera e propria, Hermione lo sentì.
< Perché?>
L’Auror sgranò di colpo gli occhi. Ringraziò mentalmente il fatto che lei si fosse riaccoccolata sul suo petto e non lo potesse più vedere in faccia.
< Niente, lascia stare. Era così, tanto per dire...>
Non lo era affatto, ma non poteva dirle altrimenti.
Non poteva raccontarle la verità.
Non poteva rivelarle che, il giorno prima, era andato a far visita a Malfoy con la scusa di verificare se fosse nelle condizioni fisiche per sostenere un nuovo interrogatorio.
Non poteva dirle di aver parlato con lui per qualche minuto. Domande generali ed impersonali, niente di che. Ma domande che, ad un certo punto, si erano spostate sull’argomento “Hermione”.
Non poteva confessarle che quando aveva iniziato a parlare di lei, lo sguardo di Malfoy era mutato di colpo. Così come i suoi modi, prima rudi e scontrosi verso il rosso, poi quasi civili.
Non poteva davvero raccontarle di come fosse improvvisamente diventato loquace solo quando il discorso si era spostato su di lei. Non aveva detto nulla di compromettente, si era limitato ad evidenziare come le cure di Hermione gli avevano giovato, e che si era rivelata piuttosto umana nel tenergli compagnia e trattarlo non come carne al macello bensì come un paziente normale e meritevole di rispetto. Però, tenendo conto che prima si era espresso solo a monosillabi, era una differenza piuttosto notevole.
Soprattutto, non poteva davvero rivelarle ciò che aveva evinto da quella conversazione con Malfoy. E cioè che lei non gli era affatto indifferente.
Non sapeva se i sentimenti del Mangiamorte fossero comparabili a quelli che tormentavano Hermione, ma era indubbio che fosse rimasto vittima del suo fascino. Era evidente che qualcosa per lei lo provava, anche se non avrebbe saputo definire cosa.
Non doveva dirglielo. Il suo compito era proteggerla da ciò che avrebbe potuto ferirla e farla soffrire. E Malfoy rientrava ampiamente in questa categoria, anche solo per il suo “lavoro”.
E poi, era convinto che dovessero essere loro a sbrigarsela. Se si piacevano, ed era destino che qualcosa scattasse, sarebbe dovuto partire tutto da loro, non dalle spintarelle di Ron.
Anche perché se un menage tra Hermione e Draco Malfoy era inevitabile e naturale, lui avrebbe anche potuto accettarlo e sopportarlo. Ma di certo non avrebbe fatto in modo di rivestire il ruolo di Cupido.
Consegnare la sua piccola Herm nelle mani del lupo cattivo? Assolutamente no. Se poi lei voleva andarci di sua spontanea volontà, pazienza. Le sarebbe rimasto accanto come aveva sempre fatto, senza interferire e cercando di proteggerla nel limite delle sue possibilità.
Certo era che non sopportava dover consolare la sua migliore amica in lacrime, quando era in possesso di un’informazione che forse avrebbe potuto restituirle il sorriso.
Forse. O forse no.
< Tesoro,> riprese, con la voce più dolce che riusciva ad impostare < non devi angustiarti troppo per quello che provi. E’ umano, ed è comprensibile. Sai quanto mi costi ammetterlo, ma Malfoy è piuttosto belloccio. E al di là di questo, negli ultimi mesi hai imparato a conoscerlo meglio, per cui ci sta che tu abbia scoperto una parte di lui che non sapevi esistesse e che ti ha affascinato. Non c’è nessuna vergogna in tutto ciò. Magari è solo un’infatuazione momentanea, e tra un paio di settimane passerà tutto.>
< Dici?> chiese lei.
< Dico. Cerca di farci il callo ed impara a conviverci. Dopotutto è solo una cotta, c’è di peggio al mondo! Pensa se invece il vostro odio reciproco fosse aumentato a dismisura, per cui ogni volta che metti piede nella sua stanza lui cercasse di ucciderti! Il che poi porterebbe me a cercare di uccidere lui, fatto per cui Kingsley pretenderebbe la mia testa su un vassoio d’argento, e di conseguenza tu ed Harry progettereste una ritorsione vendicativa nei suoi confronti, che porterebbe alla vostra condanna e reclusione ad Azkaban, dove i Mangiamorte vi soffocherebbero nel sonno. Insomma, una situazione piuttosto scomoda, non trovi?>
Hermione scoppiò a ridere.
< Merlino Ron, sei l’essere più contorto sulla faccia della Terra!>
Il rosso sorrise.
< Ho imparato dalla maestra, mia cara.>
< Molly?>
< No, tu!> esclamò, ridendo.


< Hermione.>
La voce di Ron la bloccò sull’uscio della porta. Si voltò nuovamente a fissarlo. Seduto sulla sponda del letto, esibiva un’espressione che le ricordò suo padre quando le diceva di non rincasare troppo tardi.
< Stai sempre in guardia, ok?>
La moretta ridacchiò.
< Vigilanza costante, sì... capito, Malocchio!>
Si scansò giusto in tempo, prima che un cuscino la colpisse in pieno viso.
< Brutta cretina, io parlo sul serio e tu mi sfotti?>
< Con tutte le volte che lo fai tu, è il minimo!>
< Io non ti sfotto, puntualizzo semplicemente la dura realtà dei fatti.>
< Fottiti Weasley.>
Il rosso allargò le labbra in un ghigno.
< Lo farò non appena uscirai da qui.>
Hermione alzò gli occhi al cielo.
< Per la miseria Ron, sei disgustoso.>
Il ragazzo si infilò una sigaretta in bocca, iniziando ad armeggiare col proprio accendino nel tentativo di accenderla.
< Come se tu non le facessi certe cose.> la schernì.
La moretta sgranò gli occhi, allibita.
< Ma per chi mi hai presa?>
< Non sei esattamente Miss Verginità, Hermione.>
< Piantala.> lo minacciò lei, tirando nuovamente verso di lui il cuscino < Stai esagerando.>
< Sto solo dicendo la verità. Ed io so la verità, cara mia.> sottolineò lui, alludendo alla loro passata relazione.
< Ron, non confondere il mio modo di vivere la sessualità con la tua perversione animalesca.> fece la ragazza, inarcando un sopracciglio ed appoggiandosi con la spalla allo stipite della porta.
< Non mi pare che la mia “perversione” ti disgustasse così tanto.> la provocò lui.
< Vabbè, ma sbandierarla continuamente ai quattro venti come fai tu è da depravati!>
Ron prese ad agitare l’accendino, nella vana speranza di riuscire a far scattare così una fiammella.
< Comunque non stai negando.>
< Eh?>
< Quello che ti ho detto prima sul tuo “fare certe cose”. Non lo stai negando.> ghignò.
< Finiscila!> sbuffò esasperata la moretta.
< Oh andiamo, come se già non ti vedessi.> continuò a deriderla lui, in perenne lotta con quell’accendino che non voleva saperne di funzionare < Tutta sola nel tuo lettino, di notte, che ti sfiori pensando a Malfoy!>
Hermione impallidì, zittendosi di colpo. Abbassò lo sguardo, fissando la punta delle proprie scarpe.
Avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma la solita, bastarda e malefica vocina nella sua testa le fece notare che sarebbe stata un’ipocrita.
Dopotutto, non ha mica detto una bugia...
La Guaritrice serrò con forza gli occhi, sentendo le proprie guance avvampare brutalmente. Una piccola lacrima, piena d’imbarazzo ed umiliazione, sfuggì al suo controllo. La bloccò immediatamente con la punta delle dita.
Ron sentì quel silenzio pesante ed insolito abbattersi con forza sulle sue spalle. Smise di armeggiare con l’accendino e sollevò lo sguardo sulla propria amica, rossa per la vergogna e con un’espressione mortificata in volto.
< Scusa,> le fece, nuovamente serio < ho esagerato. Sono sempre il solito cretino.>
Hermione scosse lentamente il capo. Un lieve sorrisino forzato comparve sulle sue labbra.
< C’ho fatto l’abitudine alle tue idiozie ormai.>
S’incamminò in sua direzione, raggiungendolo con un paio di passi. Estrasse la bacchetta dalla tasca dei jeans e la puntò contro l’estremità della sua sigaretta, mormorando un Incendio a fior di labbra.
La sigaretta si accese immediatamente.
< Dovresti proprio comprarmi un accendino nuovo.> le disse, sorridendo.
< Dovresti proprio smettere di fumare.> replicò lei, inarcando un sopracciglio.
< Solo se mi compri un accendino nuovo.>
La brunetta sospirò.
< Ti rendi conto che è un controsenso?>
< E tu ti rendi conto che stai parlando con me?>
Lei sospirò, scuotendo il capo.
Ron l’afferrò per le gambe, portandola più vicina a sé, poi l’abbracciò forte, rimanendo seduto sul letto. Hermione ricambiò l’abbraccio, circondandogli amorevolmente la testa.
< Solo io sono autorizzato a farti del male. Chiunque altro voglia provarci, dovrà passare sul mio cadavere.>
Hermione ridacchiò.
< E’ una magra consolazione, ma grazie.>
Decise di non dirgli la verità.
Ovvero che in realtà lui non la faceva mai soffrire, neanche quando la punzecchiava o le lanciava frecciatine assai poco velate, come quella. E che la persona che le faceva realmente del male era un’altra, che rispondeva al nome di Draco Lucius Malfoy.
Ma non solo. C’era un’altra verità, ben più grave.
Ed era che a lei, fondamentalmente, piaceva farsi ferire da lui.
Le piaceva da impazzire.








No, non sono morta!! xD Sono viva e vegeta, anche se non so ancora per quanto!
Mi scuso per il ritardo con cui ho pubblicato questo capitolo, ma come avevo già anticipato la scorsa volta, venerdì avevo un esame, quindi lo studio mi ha portato via tutto il tempo necessario da dedicare alla FF. Anzi, confesso di aver aggiornato prima di quanto pensassi!
Ad ogni modo, rieccomi qui!
Non per essere monotona o ripetitiva, ma non sono per nulla soddisfatta di questo capitolo u.u
Ho scritto una prima parte qualcosa come una settimana fa, e l'ho completato oggi. E diciamo che nella mia testa aveva preso una forma del tutto diversa da quella che poi ha assunto su carta (anzi, su word). Non so, non mi convince molto... ma questo è un capitolo di transizione, quindi forse doveva essere un pò mosciarello, eheheh
Ammetto di non avere la più pallida idea di come si giochi a scacchi, magici e non, sicchè sono andata mooooolto d'inventiva ed ho accuratamente evitato le descrizioni delle mosse di gioco!
E' una lacuna che credo mi porterò nella tomba.... però non so, mi piaceva l'idea di Draco ed Hermione che giocano insieme! ^^

Rileggendo il capitolo per la revisione, mi sono resa conto che effettivamente c'è un discreto numero di riferimenti sessuali! O.o Giuro, assolutamente involontari! Sarà la primavera, che ve devo dì... sono umana pure io ahahahhahahah xD Spero che vi piaccia questa parte di Ron un pò bastardo sciupafemmine... di solito nelle FF questo ruolo tocca a Draco, mentre Ron fa il verginello impacciato ed imbranato e/o cornificatore di Hermione. Ma, come ho già ripetuto spesso, io ho una visione del tutto diversa del rossino.
A me Ron piace come personaggio, e pure parecchio. Lui ed Hermione insieme come coppia non ce li vedo, ma a parte questo contro di lui non ho nulla. Anzi, se non ci fosse Draco (tragggggggedia ç___ç), penso che il mio cuore Potteriano sarebbe suo! :P
E mi fa piacere riscontrare, anche dalle vostre recensioni, che tutto sommato questa "nuova" veste di Ron non dispiace. Bene bene, viva noi xD

Dunque dunque.... a parte questo ci tenevo ad aprire una piccola parentesi "concorso".
Ci tenevo a ringraziare nuovamente vogue91 per aver indetto il contest "Songs&one shot" sul forum di EFP, a cui ho partecipato classificandomi prima! :)
E ringrazio ancora tutte le altre partecipanti, è stata un'esperienza divertentissima che prevedo bissero quanto prima (anzi, a dire il vero sto già partecipando ad altri concorsi.)
Ed infine ringrazio anche chi ha recensito la storia in questione, Tu vas me détruire . E' effettivamente un pò particolare (nemmeno io so ancora da dove mi sia uscita quell'idea O.o) ma proprio per questo mi ha intrigato parecchio scriverla, e sono lieta di sapere anche che a chi l'ha letta è piaciuta!

Proseguendo.... VOI SIETE PAZZI!!! O__o
Volete seriamente farmi montare la testa?!?
Troppi complimenti, troppe belle recensioni, troppa gente che segue la mia storia, troppi che l'hanno messa tra i preferiti!
Cioè, ma GRAZIE!!!! *__________* Ringraziarvi è riduttivo, siete straordinari!! Non mi aspettavo che la mia storia potesse piacervi fino a questi punti, non avete idea di quanto mi rendete felice!!!
Potete dormire sogni tranquilli sapendo di essere un valido contributo al tentativo d'innalzare la mia bassa autostima ahahahhah xD
Grazie davvero a tutti quanti, grazie grazie grazie!!
Spero davvero che leggere la mia storia possa ripagarvi almeno un minimo di tutta la gioia che voi trasmettete a me!!! *__*

E ora, passiamo alla parte più importante di tutte, vale a dire le risposte alle recensioni ;)

pinturicchia: Innanzitutto, benvenuta! Ti ringrazio davvero immensamente per tutti i bei complimenti, sei gentilissima!! Addirittura ti sembra veramente il continuo della saga di HP?!? Oddio, mi fai arrossire!!! *_________* E' davvero troppo!! Non mi accosterei MAI alla Row, per me lei è un vero genio... che come tutti i geni che si rispettino, ha fatto un fiasco gigantesco in dirittura d'arrivo (quel "19 anni dopo" mi resterà indigesto per tutta la vita >.<) ma vabbè! Grazie grazie grazie tantissime!!! Sono lieta che anche tu come altri apprezzi il "mio" Ron: era ora che avesse un pò di giustizia pure lui, no? Francamente mi sono un pò stufata di leggere storie in cui è uno stronzo bastardo cornificatore/ingravidatore di amanti che devasta la vita della povera Herm... e per la miseria!! "October and April" piace tantissimo anche a me, sarà che i The Rasmus mi ricordano l'adolescenza, sarà che è davvero TROPPO fatta su misura per Draco ed Hermione... ti ringrazio per la stima, ne sono davvero felice!!!
Spero che continuerai a seguirmi!!!

sgasga: *me stende tappeto rosso e s'inchina più volte* Oddio non me l'aspettavo!!! La tua recensione mi ha reso troppo felice... saltellante per la stanza stile post-scena del salotto ahahahahah xD Grazie davvero, sono onorata di tutti questi complimenti! E sono felice che la mia storia ti piaccia!! L'immagine di Draco a torso nudo non poteva mancare, sarebbe come servire un piatto di patatine fritte senza sale!! xD La porca che è in me si è già un pochino fatta sentire, pian pianino si scioglierà un pò di più anche se ammetto di non essere proprio bravissima nel descrivere certi tipi di scene O.o ma farò del mio meglio... perchè parliamoci chiaro, l'occasione per mettermi alla prova capiterà ECCOME ehehehehehe!!! Si, il "mio" Ron non è il solito tonto, anzi è piuttosto svezzato!! Ed era anche ora porello, pare gli abbian appiccicato tutti l'etichetta di "fava" in fronte!! La cosa dell'accendino mi è nata proprio spontanea, ce lo vedo a tentare inutilmente di fare il figo con la roba babbana!! xD
Harry... beh, che a me lui come personaggio non faccia proprio impazzire, ANZI, credo che non sia un mistero! ^^ Diciamo che in questa FF non troverà molto spazio, ma il poco che avrà non sarà molto gratificatorio per lui! Non si metterà esattamente in mezzo, però... insomma, poco ci mancherà! :P
Il lieto fine ci sarà, tutto sommato. Sarà un lieto fine un pò poco lieto, ma arriverà!! Grazie mille ancora!!!!

Whitney: cara, sai quanto io ti capisca nel contesto università!! ^^ Sicchè non preoccuparti se ti salti qualche recensione, sei supergiustificata! ;) Comunque spero che sarai contenta, sono riuscita a pubblicare prima di quanto ti avevo anticipato!! Ti ringrazio ancora infinitamente per i complimenti sempre più belli e gratificanti che mi fai, sono davvero contenta che la mia storia ti piaccia e ti fornisca un gradevole diversivo dallo studio... quelli ci vogliono infinitamente!!
Sono lieta di sapere che anche se non ti piace Ron, apprezzi il suo rapporto con Hermione. Io, come ho già detto, l'ho sempre amato invece. Non come Draco, quello mai e poi mai, però mi è sempre piaciuto un sacco come personaggio. Per sette libri ho sperato mollasse un papagno sul naso di Harry prima o poi, ma la Row tesse fin troppi ponti d'oro intorno allo sfregiato per i miei gusti!! u.u Comunque, per me, questo è il Ron che doveva essere. Amico del cuore di Hermione ma nulla di più, maturo, sveglio, buffo, sciupafemmine e molto indipendente da Harry.
Aspetto la risposta alla mail, eh!! ;)
Un bacio grande!!

Mirya: ti ringrazio tantissimo per la recensione, mi fa davvero piacere leggere che la mia storia è diversa dal solito, e che proprio per questo piace. La mia idea non era creare una FF di "rottura", semplicemente ho dato forma scritta a quello che secondo me era e doveva essere il rapporto tra Draco ed Hermione, nonchè la figura di Ron, perciò sono contenta che piaccia anche a voi!!
Grazie infinite!!

robertaro: Benvenuta anche a te, e grazie per la recensione!! Anch'io adoro le storie dove tutto ruota intorno a Draco ed Hermione, senza dubbio per me sono i personaggi più interessanti ed affascinanti che la Rowling abbia inventato, anche se avrei preferito li avesse sviluppati in maniera diversa! Sono contenta che la mia storia ti piaccia, e confermo di essere una romanticona quindi stai tranquilla, le tue dita incrociate probabilmente saranno ben ricompensate!! ;)
Grazie ancora!!

seven: Mia carissima, ho già detto che ti adoro?!?! Bene, lo ribadisco!!! Le tue recensioni sono qualcosa di meraviglioso davvero, non hai idea del piacere che mi faccia leggerle, mi regali sempre un sorriso!!! Sei davvero gentilissima, ed io sono estremamente felice che la mia storia ti abbia preso così tanto!! Devo dire che come al solito cogli davvero ogni sfumatura dei capitoli, sei un'osservatrice inappuntabile!! ;)
Anche nel tuo caso, sono davvero felice che Ron ti piaccia. Lui è una parentesi dalle vicende di Draco ed Hermione ma è anche il grillo parlante della moretta, e spero che pian pianino possa entrarvi nel cuore quanto i due protagonisti.
Ti ringrazio davvero immensamente, non ho parole per descrivere quanto ti sia grata per ogni cosa che mi scrivi! Ti assicuro che le tue sensazioni mi giungono forti e chiare, e mi emoziona sapere che la mia umile storiella abbia su di te un impatto così forte!
Ad ogni modo, sentiti sempre liberissima di dire tutto ciò che vuoi, le tue analisi mi fanno davvero impazzire di gioia!!
Aspetto con impazienza di sapere che ne penserai di questo nuovo capitolo!
Un bacio grande grande

Coquelicot Rousse: Innanzitutto, grazie infinite per aver continuato a seguirmi e per le belle parole che hai speso per la mia storia. Ti sono davvero grata!!!!!
Concordo con te sul cotal uomo... è difficile resistere a qualcuno di così affascinante, ed infatti Hermione comincia lentamente a cedere. A trattenerla c'è una buona dose di orgoglio Grifonesco e la consapevolezza che Draco rappresenta tutto ciò che di sbagliato c'è nel mondo, ma pian pianino tutti questi aspetti stanno nettamente passando in secondo piano. Ormai Hermione lo vede come Draco e basta, senza tutto il contorno, che salta fuori solo al momento di resistere alla tentazione sempre più pungente. Ma sai come si dice, il miglior modo di combattere una tentazione è cedervi... :P
E concordo su Ron! E' esattamente così che me lo sono sempre immaginato, in tutto e per tutto. Capisco le scelte narrative di un Ron cornificatore ed ex-ragazzo geloso ed impiccione, ma ormai sembra che si riesca ad inquadrare solo così, e francamente cozza con l'immagine che la Row mi ha trasmesso. Credimi, pure io ho speso parecchie energie vitali nel vano tentativo di vedere le mie idee sulla saga rispettate... lei ha fatto la sua scelta, io non la condivido. La rispetto, ma quando posso trasgredisco eheheheh!!!
Manco a farlo apposta! Aprile è il mio mese, Ottobre il tuo! ^^ E nel mio immaginario, Aprile è il mese di Hermione ed Ottobre quello di Draco. E non è una scelta casuale, soprattutto quella di far corrispondere Draco all'Autunno. Si riproporrà anche in futuro, in una forma inaspettata! :)
Grazie ancora con tutto il cuore!!

ross_ana: Grazie tantissime anche a te!!! Concordo, scrivere di Draco che piange ha stretto il cuore anche a me, ma come dici tu la morte è brutta, punto. E poi, puoi essere cattivo e malvagio quanto ti pare, ma la mamma è sempre la mamma. Io con la mia ho un rapporto talmente intenso che pensare a qualcuno che non piange la morte della propria madre è inaccettabile, e Draco non è da meno. Però la vita andrà avanti, dopotutto Draco soffre per la sua dipartita ma una parte di lui sa che morendo sua madre ha smesso di soffrire.
No, ormai Hermione in presenza di Draco non riesce davvero più ad essere tranquilla! xD Povera, è comprensibile!!
Manca poco al capitolo 7... diciamo che sarà un capitolo di svolta, spero che sarà all'altezza delle vostre aspettative!!
Un bacio grande!!

barbarak: grazie carissima, sei sempre buona fino all'inverosimile nei miei confronti!! *____* Sono davvero contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, scrivere di un argomento delicato come la morte non è mai semplice per me, e sono lieta che il dolore di Draco sia stato così ben comprensibile.
Ahahahah si, descrivere Draco ha fatto rabbrividire anche me, Hermione merita un plauso per il ferreo autocontrollo che sta dimostrando, anche se comincia a vacilare non poco!!
Spero che anche questo nuovo capitolo ti sia piaciuto, sono davvero curiosa di sapere che ne pensi!!
Un bacio grande, e grazie ancora per i complimenti!!!!

somochu: Ahahahaha si, la tensione sessuale sta raggiungendo picchi elevatissimi!! Ma stai tranquilla, non li farò esplodere come adolescenti in balia degli ormoni... prima o poi la sfogheranno, ehehe!! xD
La morte di Narcissa ha messo molta tristezza anche a me, mi è dispiaciuto farla morire ma... beh, era funzionale!! >.<
Le scintille arriveranno, vai tranquilla... Hermione resisterà ancora per poco... il che è comprensibile porella, ormai sta per dare di matto!! ^_^
Grazie per l'apprezzamento del "mio" Ron, mi fa così piacere sapere che piace a tutti voi!!!
Grazie grazie grazie!! Aspetto i commenti per questo capitolo!
Un bacione!

Paula: Grazie mille per i complimenti, sei davvero gentilissima!!! Sono lieta che la storia ed il modo in cui ho sviluppato i personaggi ti piaccia,e ti assicuro che la tensione esploderà a breve... non può mica durare così per sempre, sono umani anche loro eheheheh!!!
Grazie ancora!!



Ok, concludo con una comunicazione di servizio...
Sabato prossimo traslocherò nella mia nuova casina (evviva evviva!!! *___*), perciò non posso assicurarvi quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo, dato il passaggio della linea telefonica. Oggi la telecom ha confermato che lunedì 10 un tecnico verrà ad installarci subito internet, ma siccome nella vita fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, preferisco non gioire troppo presto e tenermi sempre sul chi va là.
A tutto questo aggiungete che mi aspettano le ultime due settimane di lezioni all'università, il che per me significa due settimane di prove di lingua (accidenti al mondo u.u)... insomma, io spero con tutta me stessa di riuscire a postare quanto prima, ma se non doveste ricevere più mie notizie per qualche (breve eh!!) tempo, non datemi per dispersa!!
Ad ogni modo, penso e spero che il prossimo capitolo vi ripagherà di un'eventuale attesa... cause 7 is a magic number, eheheheh!!! =P
Sarà un capitolo piuttosto di svolta, perciò state pronti!!
Nel frattempo, rinnovo ancora i miei ringraziamenti a tutti voi... siete fantastici!!!! (mi sento molto rockstar durante un concerto a fare certe affermazioni xD)
Alla prossima!!! ;)


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Capitolo 7
*** 7. ***




7.


“Like Hate and Love
Worlds apart”






La porta dell’Inferno.
Ecco sì, è esattamente così, quella è la porta dell’Inferno.
Ed io devo smetterla di varcarla. L’ho già fatto parecchie volte e ne sono uscita quasi indenne, ma non posso continuare a sfidare la sorte a questo modo.
Perché prima o poi, a forza di oltrepassare quella porta, finirà che non riuscirò più a tornare indietro.
E sarò perduta.
Devo smetterla. Smetterla smetterla smetterla.
Non c’è bisogno che vada lì tre, quattro, addirittura spesso cinque volte al giorno.
Lui sta bene, Lui è abituato a stare da solo, Lui ha sempre amato la solitudine, me l’ha confessato qualche tempo fa. Lui è sano come un pesce ed altrettanto marcio, quindi non ho bisogno di andare da Lui e non devo farlo.
Brava Hermione, brava.
Ripetiti che devi stare alla larga da quella porta.
Ripetitelo...
Però poi fallo, stupida cretina ipocrita senza palle!
Come puoi essere così debole?
Come puoi formulare pensieri del genere mentre i tuoi passi ti conducono inesorabilmente di fronte a quella fottutissima porta?
E come puoi continuare a dirti di starne alla larga, di non andare, di non entrare, e intanto non riuscire a bloccare la tua mano che si posa sulla maniglia?
Merlino Hermione Granger, mi disgusti.
Tu sei più forte di così, tu sei più risoluta di così.
Tu sei più razionale.
Tu sei più saggia.
Tu non puoi auto flagellarti a questo modo, non puoi andartele a cercare da sola.
Devi stare alla larga dalla porta della Sua camera, accidenti!
E soprattutto, devi piantarla di desiderare di andarci.
Basta.
Non hai più quindici anni da un pezzo, il tempo delle bambinate è finito.
Anzi, per te non è mai nemmeno iniziato, dannazione!
Non puoi cominciare adesso a fare l’adolescente insensata in balia degli ormoni quando a suo tempo non lo eri! E’ tardi... ora sei una donna, e ti devi comportare come una donna.
Con raziocinio, con autocontrollo, con integrità.
Sei una professionista, e devi mantenere un atteggiamento professionale.
E così non lo stai proprio facendo.
Il tuo continuo andirivieni dalla Sua camera non è zelante.
No.
E’ stupido.
E’ ridicolo.
E’ sciocco.
E’ deprecabile.
Basta Hermione.
Basta basta basta basta.
Adesso fai un respiro profondo, togli la mano da quella maniglia, giri i tacchi e torni nel tuo ufficio.
Così, brava...
Ecco, ora che hai mollato la presa, voltati e vattene.
Voltati.
Smettila di fissare quella porta, voltati!
Sì, ecco...
E ora vai.
Vai dannazione, vai!
Corri, corri più veloce che puoi e non fermarti, non guardare indietro, non tentennare.
Vattene.
Fuggi.
Mettiti in salvo.
...
Respira Hermione, ora puoi respirare di nuovo.
Brava, sono fiera di te.
Hai fatto la cosa giusta.
Non sei entrata. Hai resistito.
Sei stata professionale e giudiziosa.
La solita Hermione di sempre, quella che non permette a due occhi grigi di sconvolgere il suo mondo.
Brava. Davvero, davvero brava.
E adesso?
Sì, adesso ti siedi alla tua scrivania e ti occupi di quella pila di cartelle abbandonate.
Le leggi, le studi, le classifichi, le compili, le firmi.
Fai il tuo lavoro.
Non torni indietro.
Non pensi di tornare indietro.
Non ti chiedi cosa starà facendo lì da solo senza di te.
Non ti chiedi come sta perché tanto sta bene e non hai nulla di cui preoccuparti. Come suo medico, intendo.
Non pensi a Lui.
Non lo fai per tutto il giorno.
Non lo fai nemmeno per mezzo secondo.
...
Ok, adesso ci stai pensando effettivamente, ma stavolta ti è concesso.
Puoi farlo, perché devi pensare di non pensare a Lui.
Ne sei in grado.
Ne sei ampiamente in grado.
Hai resistito all’impulso di entrare nella sua stanza, puoi fare anche questo.
Siediti.
Ecco, adesso respira.
Sei al sicuro qui.
Sei lontana dalla perdizione, sei lontana da quel peccato non ancora commesso e che mai, mai e poi mai dovrai commettere.
Sei lontana da Lui.
Sei la solita te, sei salva.
Non ti senti meglio, coraggiosa ed assennata ex-Grifondoro?
Non ti senti meglio nell’esserti sottratta a quel gioco perverso che porta il nome di Draco Malfoy?
Non ti senti meglio per essere riuscita a non entrare in quella stanza e a non lasciarti soggiogare dalla Sua presenza?
Non ti senti meglio per aver resistito?
Non ti senti meglio per aver vinto?
Non ti senti forse incredibilmente meglio per aver fatto ciò che è giusto, corretto, sensato, logico, salubre, ciò che è meglio per te?
...
...
...
No.
No, non mi sento meglio.
Neanche lontanamente.



~ω~





Quattro mesi, due settimane e tre giorni.
Quattro mesi, due settimane, tre giorni e su per giù una decina di ore, molti minuti ed innumerevoli secondi.
Da allora, Hermione Jean Granger, la strega più brillante della sua generazione, ex Prefetto e Caposcuola di Grifondoro, diplomata a pieni voti, studentessa entrata negli annali dell’eccellenza di Hogwarts, prima del suo corso per Medimago, laureata brillantemente coi più sentiti complimenti di professori, compagni e del Ministro Scrimgeour in persona, più giovane Primario di Medicina Magica nella storia, capo del Reparto d’Infermeria dell’Ordine della Fenice già alla giovane età di ventidue anni, combatteva.
Da quattro mesi, due settimane, tre giorni e su per giù una decina di ore, molti minuti ed innumerevoli secondi, Hermione Jean Granger combatteva l’unica battaglia della sua vita che non sembrava in grado di vincere.
Aveva sconfitto tutte le sue paure, le sue remore, le sue incertezze. Aveva infranto i pregiudizi, abbattuto gli ostacoli, superato scogli che parevano insormontabili, stracciato avversari e competitori.
Hermione Jean Granger era fondamentalmente una vincente. Aveva sempre condotto la propria esistenza con successo, trionfando in tutto ciò che si proponeva di fare.
Eccetto volo e Quidditch, ma quelle per lei erano attività dal valore praticamente nullo.
Semplicemente, Hermione Jean Granger vinceva. Sempre, comunque, contro tutto e tutti.
Ma non in quel caso.
No, in quella circostanza, in quella infinita e ripetuta battaglia, lei perdeva.
Perdeva ogni mese, ogni settimana, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.
Perdeva. E la cosa peggiore era che quella sconfitta le piaceva, e la disgustava al tempo stesso.
O, più precisamente, era disgustata dal fatto che perdere quella guerra, perché ormai tale stava diventando per lei, le piaceva da impazzire.
Hermione Jean Granger conviveva da quattro mesi con un demone.
Ed il demone non era l’affascinante Mangiamorte dai capelli color grano e gli occhi grigio plumbeo che le faceva accelerare il battito cardiaco.
No, il demone era dentro di lei. Viveva nel suo torace, nel suo petto, nel suo stomaco, nella sua testa, nella sua anima. Viveva in lei, e di lei si nutriva. Del suo cuore, delle sue emozioni, delle sue energie, della lucidità che sempre l’aveva contraddistinta.
La divorava dall’interno. E lei lo lasciava fare, succube ed inerme.
Non riusciva a sconfiggerlo. E non voleva farlo.
Ogni sera, rientrata nella sua stanza dopo una giornata di lavoro, raggiungeva il grande specchio che troneggiava sopra il lavandino del suo bagno.
Osservava il suo riflesso, e si faceva schifo.
Era disgustata da se stessa, perché a quell’immagine familiare che vedeva rappresentata nella superficie di vetro non corrispondeva più la donna di un tempo.
Da quattro mesi, ormai, quell’immagine era solo una bella facciata composta e piacevole. Dietro, c’era un mondo di perdizione, un mondo sbagliato, un mondo confuso. Dietro, c’era il peccato. Dietro, c’era il demone.
Non si riconosceva più.
Le sembrava impossibile che i lineamenti che scorgeva nello specchio fossero davvero i suoi. Ogni sera si controllava, perché si aspettava che anche il suo viso mutasse con la sua anima.
Si aspettava che l’errore con cui conviveva, il male, lo sbaglio, la grossa cazzata che stava commettendo il suo cuore la trasfigurasse. Rendesse il suo volto meno umano, meno bello, meno innocente, meno piacevole.
Si aspettava di vedere riflessa l’immagine fedele del demone che viveva in lei.
Ed ogni sera, le sue aspettative non trovavano terreno. Ogni sera, di fronte a quello specchio, vedeva sempre la solita, vecchia Hermione.
Che ormai, però, non era più lei.
E ciò la disgustava.
E smetteva di guardarsi, per resistere all’impulso di schiaffeggiarsi da sola.
Poi, però, si infilava tra le coperte, spegneva la luce e chiudeva gli occhi, lasciando che i raggi della luna che filtravano dalla sua finestra socchiusa cullassero il suo lento scivolare nel mondo dei sogni.
Ed allora, il demone si acquietava con lei.
Ed allora, non si disgustava più.
In quel momento, smetteva di pensare a quanto sbagliate fossero le sensazioni che la tenevano in ostaggio da quattro mesi, al grosso sbaglio che comportava provare quei sentimenti, alla confusione che le causavano, a quanto riprovevoli e degni di biasimo fossero. Non pensava più a quanto fosse delusa da se stessa, dal suo essersi lasciata piegare ed inebetire da un uomo, dal più sbagliato in assoluto. Il suo pensiero non era più “Io”.
Il suo pensiero diventava, inesorabilmente, “Lui”.
Pensava al padre biologico di quel demone che la straziava, a colui che l’aveva generato, scatenato e scagliato contro di lei. Pensava al suo errore senza vederlo come tale. Pensava a Lui.
Pensava a Draco Lucius Malfoy, discendente della nobile casata Purosangue dei Malfoy, ex Prefetto e Caposcuola di Serpeverde, suo acerrimo nemico, o almeno così credeva, dalla tenera età di undici anni, molestatore per divertimento e vessatore delle sue origini per professione, complice nell’assassinio del Preside di Hogwarts Albus Silente, spietato Mangiamorte, braccio destro di Voldemort, sterminatore di innocenti, incubo biondo che si stagliava nell’oscurità del Male finché la sua folle corsa non era stata arrestata dal pronto intervento di Harry Potter e Ronald Weasley.
L’Angelo della Morte.
Che tale, in quel momento, era anche per lei.
Era l’angelo che stava lentamente uccidendo ogni sua convinzione, ogni cardine su cui aveva poggiato la propria vita per tutti quegli anni, ogni suo caposaldo, ogni certezza. Tutto. Stava distruggendo tutto ciò che Hermione Jean Granger era stata fino a quel momento.
Stava portando a galla una nuova Hermione. Sconosciuta, inaspettata, inaccettabile, sbagliata.
Un’Hermione che alla vecchia Hermione non piaceva affatto.
Ma che, al tempo stesso, non riusciva a ricacciare indietro da dovunque fosse venuta.
Quella nuova Hermione restava lì, ferma ed inamovibile.
Ed alla vecchia Hermione non rimaneva che imparare a conviverci.
Per quanto sconcertante, riprovevole ed errato fosse.
Perché ormai l’aveva capito, combattere era inutile.
Avrebbe sempre perso.
Sempre e comunque.
E, se ancora ne aveva qualche dubbio, quando quella mattina si ritrovò per l’ennesima volta di fronte alla porta della stanza di Draco Malfoy, trascinata inconsapevolmente lì dai suoi piedi senza che se ne fosse resa conto e senza riuscire a combattere contro la forza magnetica che l’attirava verso quella camera, ne ebbe l’assoluta certezza.


Aprì lentamente la porta, quasi con timore.
Si sentiva come un ladro che tenta di sgattaiolare silenziosamente in una casa non sua.
Non capiva il motivo di tutta quella accortezza e quella titubanza. Sarebbe dovuta entrare con passo risoluto, fiero e deciso. Non aveva nulla di cui temere né nulla di cui vergognarsi.
Era lì per lavoro, dopotutto.
Malfoy era sotto la sua diretta responsabilità fino a che risiedeva in quella stanza, e lei era tenuta a fargli visita almeno una volta al giorno, per verificare che non avesse tentato la fuga o il suicidio.
E poi, il giorno prima gli aveva riscontrato qualche linea di febbre. La sua presenza lì, quindi, era d’obbligo, soprattutto in quel momento.
Prese un respiro profondo ed assunse una postura più spavalda, avanzando con passo sicuro verso il letto del ragazzo.
Solo quando lo raggiunse si rese conto che il suo processo di auto convincimento di pochi secondi prima, volto a darsi una posa che non lasciasse intuire al Mangiamorte il suo turbamento, era stato del tutto inutile.
Il biondino, sdraiato sul fianco destro, dormiva profondamente.
Dal suo respiro pesante, dal pallore particolarmente intenso della sua pelle e dall’espressione affatto rilassata del suo viso, Hermione desunse che non doveva stare troppo bene.
Con tutta probabilità, la temperatura lievemente al di sopra della norma misurata il giorno prima doveva essere aumentata nel corso della notte.
La Guaritrice assunse immediatamente il suo cipiglio più professionale. Si sedette sul materasso accanto al paziente, stando ben attenta a non svegliarlo. Gli posò delicatamente due dita sul polso della mano destra, abbandonata sul materasso accanto al cuscino, ed iniziò a contare mentalmente le pulsazioni che avvertiva, tentando di valutare l’intensità del battito cardiaco del ragazzo.
Nel frattempo, allungò la propria mano destra verso la fronte di lui. Gli spostò con accortezza qualche ciuffo biondo, bagnato dal sudore che gl’imperlava il viso febbricitante e provato, e lo sfiorò.
Scottava. Mormorò sottovoce un incantesimo per misurare la temperatura, e sussultò quando si rese conto del risultato.
Dire che era aumentata durante la notte era un eufemismo. La febbre era salita vertiginosamente, raggiungendo un livello piuttosto alto e preoccupante.
La mano di Hermione era ancora posata sulla fronte bollente del ragazzo, mentre lei pensava rapidamente a quali cure somministrargli per farlo guarire.
Per alta che fosse, era pur sempre una semplice influenza, e giunse alla conclusione che sarebbe bastato un banale incantesimo elementare per curarla.
Di colpo, Malfoy emise un gemito rauco nel sonno, corrugando le sopracciglia in una smorfia di dolore ed agitandosi stancamente nel letto.
Hermione non riuscì a trattenere un sorriso. Era così infantile in quella sua manifestazione di malessere. Sembrava quasi un bambino, indifeso, innocente, inerme.
E non certo il bambino che aveva conosciuto lei ad Hogwarts. Ricordava fin troppo bene l’aria sprezzante da piccolo padroncino del mondo con cui si aggirava per i corridoi già ad undici anni, come se tutta la scuola gli appartenesse e la loro presenza lì fosse solo una sua gentile concessione. Ricordava la sufficienza dei suoi sguardi, la tracotanza delle sue parole, l’imperiosità dei suoi atteggiamenti.
Un piccolo Lucius Malfoy in miniatura, non c’era dubbio.
No, non era quella l’immagine che le richiamava alla mente la visione di un Draco febbricitante e lamentevole.
A dire il vero non era certa che quel paragone fosse corretto. Non sapeva se effettivamente era mai esistito ciò che, in quel momento, il ragazzo le dava l’impressione di essere.
Non poteva sapere se, nei primi anni della sua infanzia, Draco era stato davvero così. Innocente, inerme, indifeso, come tutti i bambini. Un cucciolo che ispirava affetto e tenerezza, la cui vista faceva stringere il cuore in una dolce morsa e sorridere automaticamente.
Eppure, non riusciva a non ricollegarlo ad un’immagine simile, in quel momento.
E non riusciva a non pensare a quanto fosse adorabile, così fragile ed esposto, con la bocca corrugata in una smorfia ed i capelli inumiditi dal suo sudore freddo.
Fu quasi incontrollabile il lento scivolare della sua mano dalla fronte del biondino fino alla sua guancia, in una lieve carezza.
Quasi, perché senza ombra di dubbio non era stato un gesto del tutto inavvertito. Una parte del suo cervello, piccola, infida, pungente, le aveva urlato a gran voce di sfiorare quella pelle calda, cedendo così alla tentazione che da giorni, da mesi, la turbava ed angosciava.
Ogni singola parte di lei bramava quel contatto. Il suo cuore, la sua mente, le sue dita, la sua anima, la sua pelle. Tutto. Tutta lei non desiderava altro che carezzare quel viso talmente perfetto da non sembrare neanche vero.
Ma non c’era malizia in quel gesto. Nessun fremito di piacere, nessun intimo imbarazzo, niente battito cardiaco accelerato, nulla che non fosse una calda sensazione di benessere all’altezza del petto.
Era sicura che il giorno in cui avrebbe sfiorato la pelle di Draco Malfoy, ogni sua terminazione nervosa sarebbe esplosa, il suo corpo avrebbe preso fuoco avvolto dalle fiamme della lussuria, avrebbe sentito le gambe cederle preda di uno spasmo di piacere. Era attratta da lui, inutile continuare a negarlo, ed era assolutamente certa che il giorno in cui sarebbe nuovamente entrata in contatto col suo corpo, quella brama, quel desiderio, quella necessità fisica, quel bisogno sessuale che aveva di lui l’avrebbe avviluppata completamente, travolgendola.
Affatto.
Niente di tutto ciò stava accadendo. Più che un’amante in balia di un turbinio di estasi, si sentiva una giovane madre che coccola il proprio figlioletto.
Il sorriso non aveva ancora abbandonato le labbra di Hermione, mentre continuava ad accarezzare lievemente la guancia del ragazzo. L’incantesimo non verbale su cui si stava concentrando, tra le altre cose, stava iniziando a sortire i suoi effetti. Ne ebbe la certezza quando sentì la pelle del biondo farsi meno bollente, e quando vide la sua espressione rilassarsi lentamente.
La Guaritrice scrollò piano il capo, e le sfuggì un piccolo sospiro.
Assurdo. Era in sua completa ed assoluta balia.
Lei, Hermione Granger, era totalmente succube di Draco Malfoy.
Non riusciva a resistergli, era qualcosa di incontrollabile.
Per quanto continuasse a ripetersi di star sbagliando, per quanto si dicesse che doveva smetterla di nutrire certi folli sentimenti per lui, per quanto facesse davvero di tutto per mantenere la sua solita integrità, ogni sforzo era vano.
Il potere che il Mangiamorte esercitava inconsapevolmente su di lei era di gran lunga più forte di qualunque suo tentativo, stratagemma o esame di coscienza.
Più lo guardava, più si sentiva attratta da lui come un pezzo di ferro da un magnete. Più restava accanto a lui, più desiderava rimanervi.
Soprattutto in quel momento, in cui poteva godere di un’occasione per contemplarlo visivamente e anche dal punto di vista tattile senza doversi trattenere, senza dover fingere dinnanzi ai suoi occhi, senza dover dissimulare alcunché. In quel preciso istante, poteva giocare con lui come avrebbe fatto con una bambola di pezza.
Indubbiamente, la bambola più bella, affascinante ed irresistibile dell’intero globo.
Per nulla al mondo si sarebbe alzata da quel letto. Per nulla al mondo avrebbe smesso di ammirarlo. Per nulla al mondo avrebbe interrotto quelle carezze delicate sulla sua pelle liscia, sicuramente rasata di fresco. Per nulla al mondo si sarebbe ritratta ed allontanata da lui.
Per nulla al mondo avrebbe lasciato quella stanza.
Eccetto per ciò che accadde di lì a pochi secondi.

Il suo cuore fece letteralmente un salto mortale, quando vide gli occhi di Draco spalancarsi di colpo.
Sussultò, terrorizzata per essere stata colta in flagrante. Ritrasse rapidamente la mano, mentre tentava di elaborare con quanta più velocità potesse una scusa plausibile per la situazione in cui lui l’aveva beccata.
Ma il ragazzo non era della stessa opinione.
Non appena sentì la mano di Hermione allontanarsi dal proprio viso, si voltò immediatamente a fissarla. Senza staccare il proprio sguardo da quello imbarazzato e sconcertato della moretta, le afferrò il polso, bloccandola.
Lei trattenne il respiro, osservandolo. Non riusciva a capire cosa stesse pensando. I suoi occhi erano lucidi per la febbre, ma il suo sguardo, la sua espressione, erano totalmente inespressivi.
La osservava in silenzio, e lei non riusciva a comprendere se fosse sorpreso, infastidito, furioso o disgustato. Non aveva idea di ciò che lui stesse provando.
E nemmeno spremendo al massimo le meningi si sarebbe avvicinata in qualche modo ai pensieri del ragazzo.
Nonostante la febbre, Draco era lucidissimo. Ricordava distintamente la decisione che aveva preso appena qualche giorno prima.
Tenersi alla larga da lei, non sfiorarla più, non invadere più il suo spazio personale, rimanere distaccato, mantenere le distanze consone ad un Mangiamorte nei confronti di un membro dell’Ordine.
Ricordava con assoluta chiarezza quei propositi.
Semplicemente, aveva deciso di ignorarli.
Era troppo vicina per riuscire a resistere. Il suo profumo di lavanda gli arrivava forte e prepotente alle narici, il rumore del suo respiro era quasi palpabile, riusciva a specchiarsi nei suoi occhi color nocciola, e la sua guancia era ancora in fiamme, non per il bollore della febbre ma per il tocco della mano di lei.
Sì, aveva stabilito dei gran buoni propositi.
E sì, li avrebbe completamente ignorati.
Al diavolo.
< Mal...> avanzò lei timidamente, senza nemmeno sapere dove voleva andare a parare. Non ebbe bisogno di capirlo, perché lo sconclusionato flusso di parole che stava per sgorgare fu interrotto di colpo. Fu tutto così rapido che Hermione quasi non se ne rese conto.
La sua mente non ebbe il tempo di elaborare ciò che stava succedendo, e già Malfoy l’aveva attirata a sé, strattonando il polso che teneva saldamente con la mano sinistra. Ed aveva appena registrato di trovarsi a pochi millimetri dal viso del suo tormento biondo, che le labbra di Draco si posarono sulle sue.
Ci mise un paio di secondi, ma alla fine realizzò. E non sgranare gli occhi fu praticamente impossibile.
La stava baciando.
Draco Malfoy la stava baciando.
Draco Malfoy il Mangiamorte, quel Draco Malfoy, il solo ed unico Draco Malfoy, lo stesso Draco Malfoy che agitava le sue notti insonni con pensieri contorti e voglie proibite, stava baciando lei.
Lei, Hermione Granger.
Lei, Hermione Granger la Mezzosangue, quella Hermione Granger che lui aveva schernito e tormentato per sette lunghi anni, quella Hermione Granger che avrebbe dovuto disgustarlo, schifarlo, respingerlo come una pietanza avariata e puzzolente.
Ed invece, lui la stava baciando.
Non era il bacio più appassionato della sua vita. Le loro labbra erano serrate saldamente e si limitavano a premere le une contro le altre, e la bocca di Malfoy sapeva delle pozioni che gli aveva somministrato la sera prima, di chiuso e di malato. E la sua pelle era umidiccia per il sudore. Ed era stata presa talmente alla sprovvista che non aveva avuto il tempo di respirare e ora sentiva l’aria mancarle nei polmoni. E un ricciolo le era sfuggito dalla crocchia in cui aveva legato i capelli, scivolandole sulla guancia e facendole il solletico. Ed era sconcertata da ciò che stava accadendo, da quell’evento assolutamente sbagliato, stupido, contorto ed incomprensibile che stava avvenendo.
Non era indubbiamente il bacio più appassionato, romantico, poetico, dolce, piacevole, sensuale, bello della sua vita.
Eppure, nei pochi secondi che seguirono il momento in cui le labbra di Draco Malfoy si allontanarono dalle proprie, Hermione Granger era certa che quello era stato il bacio più intenso che avesse ricevuto fino ad allora, quello che aveva desiderato più ardentemente, quello che mai si sarebbe aspettata. Quello che avrebbe ricordato per sempre. Ma che, in quel preciso istante, avrebbe voluto non le fosse mai stato dato.
Quando il viso di lui fu abbastanza distante perché riuscisse a non sentire più il suo respiro sulla propria pelle, la Guaritrice lo fissò. Inebetita, gli occhi sbarrati e le labbra socchiuse in quello che voleva essere un tentativo di parlare. Tentativo, perché nessun suono uscì dalla sua bocca, nessun movimento toccò le sue corde vocali, nessuna frase di senso logico si formulò nella sua mente per poi uscire dalla sua cavità orale.
Forse davvero per la prima volta in vita sua, la So-tutto-io di Grifondoro, la strega più brillante della sua generazione, colei che era entrata negli annali dell’eccellenza di Hogwarts, la donna che veniva sempre lodata per la propria intelligenza ed eloquenza, non sapeva che dire. Non aveva la benché minima idea né di cosa dovesse o volesse dire. Sotto il peso di quella mancanza d’inventiva, la sua mascella vibrò leggermente, in un tremito.
Draco ricambiò lo sguardo, fissandola nello stesso modo inespressivo e vagamente incosciente di prima. Lui stesso, in primis, era sconvolto da ciò che aveva fatto ed ancora faticava a capacitarsene.
Tuttavia, a differenza della ragazza, non aveva le forze per mostrare alcuna emozione sul proprio viso. Si limitava a guardarla, stanco, confuso, sperduto.
Lo scatto con cui si era mosso per attirarla a sé e l’aver trattenuto il fiato durante i secondi in cui l’aveva baciata – se di bacio poteva effettivamente parlarsi, essendo lui abituato a ben altre performance conosciute con quel nome – l’avevano provato e spossato. Sentiva la testa pesante, le guance bollenti e la vista iniziava ad avere qualche cedimento, mentre la stanza intorno a lui pareva un po’ più sfocata di quanto non ricordasse e soprattutto più vorticante di quanto era certo dovesse essere.
Ciò nonostante, si sentiva bene. Era sconcertato da ciò che era stato capace di fare, ma era lieto di averlo fatto.
Nemmeno per lui era stato il bacio più eclatante della propria vita. Eppure, aveva provato qualcosa che mai, mai prima di allora aveva sentito.
Non era eccitazione, non era piacere, non era soddisfazione per essersi appropriato delle labbra dell’ennesima donna, non era compiacimento all’idea di avere una nuova tacca da aggiungere alla lista. Era... nemmeno lui sapeva cosa fosse.
Era qualcosa di nuovo, di sconosciuto, di insolito. Di strano. Ma bello.
Per la prima volta in vita sua, gli sembrava che un bacio avesse avuto senso. Che non fosse stato solo il banale e scontato preludio ad un ulteriore approfondimento fisico. Era qualcosa di diverso, ma acquisiva un significato tutto personale.
Oppure, si disse, sto delirando in preda alla febbre.
Peccato che la temperatura, seppur ancora alta, fosse scesa fin troppo per rendere l’opzione plausibile.
Non stava affatto delirando. La strana sensazione che sentiva alla bocca dello stomaco era reale, ed era imputabile unicamente a quel bacio.
Non era stato il suo miglior bacio. Ma, sicuramente, fino ad allora era stato il più coinvolgente.
Se non fosse stato assolutamente certo che le forze che aveva in corpo gli bastassero a malapena per rimanere sveglio ed in una posizione quasi eretta, avrebbe indubbiamente ripetuto l’esperienza.
Ma Hermione era di tutt’altro avviso.
Per quanto anche per lei fosse stato qualcosa di tutto sommato piacevole ed unico, era troppo sconvolta ed imbarazzata per pensarlo chiaramente.
L’unica cosa su cui riusciva a focalizzare i propri ragionamenti in quel momento era quanto desiderasse essere da tutt’altra parte, eccetto che in quella stanza.
Perciò, finì col fare l’unica cosa sensata che le veniva in mente in quell’istante: corse.
Senza dire una parola, scattò in piedi e corse fuori dalla camera, lasciandosi alle spalle un Draco Malfoy annebbiato che fissava assente la porta bianca che si chiudeva sbattendo, valutando che le labbra di Hermione Granger sapevano effettivamente di ciliegia, come spesso aveva sospettato.
Ma non le bastò.
Continuò a correre anche nel corridoio dell’infermeria, e fuori dal reparto ospedaliero, per tutta la base segreta dell’Ordine. Corse, corse, corse.
Corse a perdifiato, corse con tutte le forze che aveva in corpo, corse tanto da giustificare il suo battito cardiaco impazzito, corse contando i passi che faceva per non pensare ad altro.
Corse finché il suo corpo e le sue capacità atletiche glielo permisero. Corse finché la mancanza d’aria ed una fitta perforante alla milza non la costrinsero a fermarsi.
A quel punto, col fiato corto e le gambe pronte a cederle da un momento all’altro, alzò lo sguardo. E non poté che ringraziare mentalmente Merlino, i suoi genitori, un qualche Dio pagano o chiunque vegliasse su di lei dall’alto.
Perché la sua folle corsa senza metà l’aveva portata ad arrestarsi davanti al solo luogo in cui, era certa, avrebbe dovuto recarsi in quel momento.
La camera del suo migliore amico.
La camera dell’Auror Ronald Bilius Weasley.


~ω~





Apriti.
Apriti, dannata.
Apriti, maledetta porta.
Apriti, fottutissima porta di un bianco nauseante!
Apriti, apriti, apriti, apriti!
Apriti e falla entrare.
Entra.
Entra disgraziata.
Vieni qui, stupida insopportabile Granger!
Guai a te...
Guai a te se ti azzardi a non presentarti neanche oggi!
E’ da ieri che ti aspetto.
Non si fa così, per la miseria!
Ok, capisco che essere baciate dal sottoscritto Draco Lucius Malfoy possa essere sconvolgente, ma non è un buon motivo per sparire!
Mi hai lasciato qui, febbricitante e solo come un imbecille, e non ti sei più presentata.
Se manchi anche oggi, sono due giorni.
Quindi apri quella porta, entra in questa dannatissima stanza e lascia che ti parli, brutta cretina!
....
No, scusa.
Non sei cretina.
E non sei neanche brutta.
Magari lo fossi, allora non mi sarei ficcato in questa situazione del cavolo.
Ma che cazzo mi è saltato in mente?!
Baciare la Granger...
Dopo essermi fatto mille seghe mentali su come dovevo tenermi alla larga da lei e smetterla di sentirmi attratto, prendo e la bacio.
Ovvio. La logica conclusione di tutti i miei ragionamenti astrusi.
Bravo Draco, davvero.
Sei l’ipocrisia fatta persona.
Non che sia una novità... già il fatto che sei irresistibilmente attratto da una che hai odiato fino a pochi mesi fa.
No, ok, al fatto che non l’ho mai effettivamente odiata c’eravamo già arrivati. Comunque, resti lo stesso un’ipocrita.
...
Ma lei deve arrivare, Merlino vigliacco!
Devo spiegarle.
Devo dirle che è stato un errore.
Il discorsino che ho preparato ieri: scusa Granger, non so che mi è preso, avevo la febbre alta, deliravo, probabilmente mi sei sembrata qualcun’altra, devo averti scambiata per Astoria, non avevo intenzione di baciarti, non avevo idea di ciò che stavo facendo, non c’era nulla di voluto, è stato solo un fraintendimento...
Bla bla, bla bla.
Balle.
Fottutissime balle.
E lo sai.
Ma lei no.
O almeno, posso sperare che non lo sappia. Così c’è la possibilità che si beva la storia del delirio da febbre e non faccia un dramma di tutta questa faccenda.
Basto io a fare i drammi.
Avanti Granger, porta il tuo culo Grifondoro qui!
...
No.
No no no no no, pessima scelta di parole.
Pessima immagine.
Fantasticare sul culo della Granger non è il modo migliore per prepararsi a farle credere di averla baciata per errore e non perché mi piace da impazzire!
...
L’ho pensato davvero?
Sì. Sì, benedetto Salazar, ed è la dannata verità.
Lei mi piace.
E tanto.
Troppo.
Tenendo conto che già il fatto che mi piaccia è troppo, quanto poi effettivamente mi piace è addirittura troppo... troppo, ecco!
Oh santissimi numi, sto cominciando ad esprimermi come un tredicenne!
No, seriamente, non ci sto più con la testa!
Il che poi spiegherebbe tante cose. A dire il vero spiegherebbe tutto... credo.
Ma andiamo, non siamo mica più ai tempi di Hogwarts, il fatto che lei mi piaccia non significa che sono pazzo! Non siamo mica più ai tempi della faida Serpeverde-Grifondoro!
...
Magari lo fossimo.
Sarebbe tutto più semplice.
Mal che vada, rischierei di essere ostracizzato dai miei compagni di casata e perderei un po’ di credibilità come Principe di Serpeverde. Mal che vada, saremmo additati, chiacchierati, spiati, giudicati e scherniti.
Sarebbe niente.
Un gioco. Una bambinata. Una stupidaggine.
Ora il rischio non è certo perdere popolarità.
Ora il rischio è perdere la vita. La mia, la sua.
Ora il gioco è decisamente troppo pericoloso.
Non si può proprio partecipare.
E’ meglio interrompere la partita prima ancora di mettere in campo le pedine.
Quindi, per il tuo bene Granger, per il mio, per quello di entrambi, vieni qua.
Vieni qua, e lasciami parlare.
Lascia che ti spieghi.
Lascia che ti racconti le mie bugie. Quelle a cui nemmeno io credo.
E ti prego, ti supplico, ti scongiuro... tu credici.
Credi alle mie menzogne.
Credi ai miei falsi giri di parole.
Credici.
Anche se è quanto di più lontano dalla realtà, tu credici.
Per me, per te, per noi.
Per quel noi che non c’è, e mai dovrà esserci.



~ω~






Hermione fissava la maniglia della porta bianca da qualcosa come dieci minuti. La guardava, e cercava il coraggio di afferrarla, abbassarla, ed entrare in quella stanza. Cercava più che altro la forza di affrontare il suo sguardo.
A poco valevano i suoi tentativi di ripetersi che non era lei quella nel torto, quella che doveva sentirsi imbarazzata.
Lui l’aveva baciata, lui aveva varcato il confine invalicabile, lui aveva commesso lo sbaglio.
Lei era stata solo la vittima.
Malfoy era quello che doveva sentirsi morire dalla vergogna al pensiero di vederla, parlarle e avere a che fare con lei.
Eppure, questo non bastava a convincerla a compiere quel gesto.
Perché forse lei non era in errore, ma si sentiva comunque complice accondiscendente in quell’atrocità.
E non tanto perché l’aveva lasciato fare, dopotutto questo poteva essere giustificato dal fatto di essere stata colta alla sprovvista. Il tempo di reagire, o di capire come farlo, non l’aveva avuto.
Ma non era quello il motivo della sua condivisa colpevolezza.
No, la verità era che a lei quel bacio, per fugace, casto, strano, improvviso, goffo ed umidiccio che fosse, era piaciuto.
Le era piaciuto come mai nessun altro, nemmeno il primo, nemmeno il più profondo, nemmeno il più passionale, nemmeno quelli che avevano preluso ad ulteriori approfondimenti.
Era stato più un bacio tra bambini che tra amanti, eppure le aveva infiammato l’anima come mai prima di allora.
Nonostante condividesse l’opinione di Ron, che le aveva confessato di aspettarsi ben altro da Malfoy, vista la sua fama di tombeur de femme che risaliva addirittura ai tempi di Hogwarts.
Era stato un bacio diverso. Un bacio che non doveva esserci e che, forse, non era ancora del tutto convinto di volerci essere.
Ma l’aveva comunque mandata in Paradiso.
Prima di catapultarla dritta all’Inferno.
Sospirò.
Non poteva restare davanti a quella porta per il resto della giornata. Doveva prendere una decisione, darsi una mossa, raccattare quel briciolo di orgoglio Grifondoro che ancora, fortunatamente, le rimaneva e varcare quella soglia.

Ciò che non sapeva, era che dall’altra parte di quella porta bianca, Draco Malfoy versava in condizioni praticamente simili alle sue.
Fissava quell’ingresso, come lei. Solo che lui non lo faceva da dieci minuti.
No, lui non aveva staccato gli occhi dall’uscio da quando lei l’aveva oltrepassato l’ultima volta, praticamente due giorni prima.
Era combattuto.
Sapeva di essere nel torto, anche se una parte di lui era seriamente convinta che la colpa fosse solo ed esclusivamente di Hermione Granger e di quel suo profumo così invitante, di quei due occhi così ammalianti e delle sue carezze tentatrici.
Ad ogni modo, l’errore era stato suo. Lui si era ripromesso di non avvicinarsi più a lei, e lui, al contrario, aveva finito per baciarla.
Rimediandoci, oltretutto, una pessima figura. Un bacio del genere non l’aveva mai dato, nemmeno durante l’infanzia. Sperava ardentemente che lei fosse consapevole della sua condizione febbricitante e che quindi non saltasse a conclusioni affrettate e del tutto erronee, valutando le sue capacità amatorie solo in base a quel bacetto timido e frettoloso.
Perché poi voleva che lei non si facesse un’idea sbagliata della sua arte amatoria, ancora non lo comprendeva.
Doveva o no farle capire che era stato solo uno spiacevole incidente, un equivoco dovuto alla sua scarsa lucidità? Sì, aveva deciso così.
Per il bene di lei, e per il proprio.
Quindi qual era il problema? Solo il suo orgoglio da Serpeverde? Quello poteva anche essere sacrificato, per una buona causa!
Continuava a fissare la porta, sperando di vederla aprirsi.
Era combattuto, inutile girarci intorno.
Perché la parte razionale di lui, quella che risiedeva nel suo affinato ed astuto cervello, lo invitava a mettere le cose in chiaro con lei, rifilandole la pappardella di bugie che aveva ben orchestrato. Ma la parte istintiva, quella che invece gridava da qualche parte nel suo stomaco, gli diceva di non mentirle. Di essere sincero, di spiegarle perché aveva compiuto quel gesto.
Di darsi una possibilità con lei, e di permettere a lei di dargliela.
Ma era sciocco. Insensato. Ridicolo.
Pericoloso.
Qui non si trattava di attrazione tra rappresentanti di due casate rivali.
Per quanto, rintanato in quella stanza d’ospedale, ne fosse tenuto lontano, c’era una guerra là fuori. Una guerra che infuriava cruenta e spietata, che mieteva vittime indiscriminatamente, combattuta da due fazioni avverse, due estremi opposti, due facce della medaglia, due entità talmente divergenti ed inconciliabili che l’una non poteva sopravvivere all’altra.
Una guerra che li vedeva contrapposti, antagonisti, nemici. Una guerra per cui Draco Malfoy non poteva vivere se viveva Hermione Granger, e viceversa.
Non potevano avere alcuna possibilità, loro due.
Non stava a lui concedergliela, né a lei.
Erano la società, il mondo, la vita, il destino. Loro gliela negavano.
Scosse lentamente la testa, in un sospiro.
Non doveva prestare attenzione a quella sciocca vocina nella sua pancia. Quella parlava senza cognizione di causa, senza rendersi conto di quale fosse la situazione in cui vivevano.
Parlava basandosi esclusivamente sulle sensazioni di Draco, sui suoi sentimenti, sulle sue emozioni, sui suoi desideri. Ma non si poteva decontestualizzarli.
Draco Malfoy desiderava Hermione Granger con tutto se stesso. Era qualcosa d’impellente, di urgente, di forte al punto da far male. Voleva il suo corpo, ma non solo.
Perché era tutto di lei ad attrarlo. La sua mente, il suo carisma, la sua spontaneità, la sua curiosità, la sua gioia di vivere. La sua luce.
La bramava. Ne sentiva il bisogno pulsante in ogni millimetro della propria carne.
E, da qualche parte dentro di sé, sapeva che dopotutto nemmeno lei era poi così indifferente nei suoi confronti.
I dubbi e le titubanze tipiche di chi prova qualcosa d’inaspettato ed ingiustificato, e teme quindi di non essere ricambiato, erano stati dissipati due giorni prima.
Perché se lei non avesse provato veramente nulla per lui che non fossero odio, ribrezzo o disgusto, non lo avrebbe accarezzato così teneramente, quando credeva che stesse dormendo. Non sarebbe impallidita a quel modo, scoprendosi colta in flagrante. Non gli avrebbe permesso di fare ciò che lui aveva fatto senza ribellarsi o respingerlo.
E non sarebbe scappata.
No. Gli avrebbe urlato contro, lo avrebbe minacciato, lo avrebbe sicuramente picchiato se non maledetto seduta stante. Avrebbe avuto un qualche tipo di reazione.
Ma non sarebbe corsa via.
Quella sua fuga aveva fatto luce nella mente confusa e stravolta del biondino.
Anche lei provava qualcosa. Non aveva idea di cosa, né in che entità. Ma qualcosa c’era.
E proprio per questo, doveva disilluderla quanto prima.
Disilludere lei, e se stesso.
Lanciò un’occhiata al paesaggio spento e nebbioso raffigurato nella finestrella. Si augurava fortemente che le sue emozioni non fossero altrettanto palesi.
Poi, un rumore lo costrinse a voltarsi di colpo, fissando nuovamente la porta.
Vide la maniglia abbassarsi lentamente.
Uno spiraglio di luce giunse dal piccolo spazio socchiuso di fronte a lui. E, con esso, intravide un primo boccolo castano.
Eccola.

Quando entrò nella stanza, Hermione rimase per un istante abbagliata dalla luce.
Incolpò l’angosciante bianco delle pareti. Era davvero accecante.
E lei era troppo presa dal ragazzo seduto a gambe incrociate sul letto, per accorgersi che in realtà quella forte luce veniva dalla finestra fittizia della camera, dove un raggio di sole dall’inaudita luminosità penetrava la coltre di spesse nuvole grigie, infrangendosi sul vetro.
Di certo non poteva immaginare che la comparsa di quel raggio era stata concomitante col suo ingresso.
Si richiuse la porta alle spalle con delicatezza, poi prese ad avanzare a passi lenti verso il letto.
Nel silenzio pesante di quell’ambiente, il rumore dei suoi tacchi sul pavimento rimbombava più del solito.
Draco si limitava a guardarla, in silenzio. Sebbene avesse già il suo discorsetto pronto, non aveva alcuna intenzione di essere il primo a parlare. Stava a lei rompere il ghiaccio, per chissà quale ignota regola di gioco.
Hermione passeggiava con estrema lentezza, quasi tentasse di temporeggiare. Ma, per quanto piano camminasse, alla fine raggiunse comunque la sua meta, volente o nolente.
Lo sguardo del ragazzo era fisso su di lei, cosa che non contribuì ad alleviare il suo forte imbarazzo.
Si schiarì la voce con un colpo di tosse, trovando improvvisamente assai interessante la parete alla propria sinistra.
< Come... stai?> esordì, finalmente.
< Bene.> rispose lui, telegrafico.
Di nuovo silenzio. Pesante, rischiava quasi di schiacciarli.
Per il Mangiamorte, quella domanda di circostanza contava come prima mossa. E l’aveva fatta lei.
Ottimo.
< Di certo non grazie a te.> aggiunse, mentre la sua voce prima monocorde si colorò di una punta di stizza.
La moretta parve risvegliarsi improvvisamente da uno stato comatoso.
< Scusami?> domandò, voltandosi verso di lui con uno sguardo confuso.
Draco scrollò le spalle, un’espressione dura in volto, quasi a biasimarla.
< Abbandonare a se stesso un paziente malato... un atteggiamento un po’ poco professionale Granger, non trovi?>
Lei sgranò gli occhi. Non si aspettava certo che la loro conversazione avrebbe preso una piega simile.
< Abbandonare a se stesso? Ma che dici, sei impazzito?>
Il biondo corrugò le labbra in una smorfia, fissandola con superbia.
< Non ho forse ragione?>
Hermione era scandalizzata.
< Una benemerita sega!> esclamò.
< Sei volgare, Granger.>
< E tu sei idiota.>
< Ecco, questo è ancora meno professionale da parte tua.>
< Oh, piantala!> sbuffò, alzando gli occhi al cielo < Se adesso stai bene, stupido essere dalla testa di forma fallica, è merito del mio incantesimo dell’altro giorno! Ti ho fatto abbassare la temperatura, o credi davvero di poter vantare qualche merito personale per la tua improvvisa guarigione?>
Draco la fissò in silenzio per qualche istante, con un sopracciglio inarcato. Poi, le sue labbra si piegarono leggermente all’insù, nell’accenno di un sorriso.
< Testa di forma fallica?> chiese, divertito.
La guaritrice si morse l’angolo sinistro del labbro inferiore, mentre anche il suo viso si distendeva.
< E’ un modo carino per dire “testa di cazzo”.>
< Grazie, l’avevo immaginato. Non è che mi ci volesse la tua spiegazione.>
Calò di nuovo il silenzio tra loro, ma entrambi avvertirono come la tensione fosse ridotta rispetto a pochi istanti prima.
Un lieve sospirò sfuggì dalle labbra della ragazza.
< Davvero stai bene?>
Malfoy esibì il solito ghigno strafottente.
< Stai cercando di farti perdonare i due giorni di assenza ingiustificata, Dottoressa?>
< Sto parlando seriamente, smettila di sfottermi.>
Lui tornò serio, ed annuì.
< Sto bene. Davvero.>
Con un cenno della testa, la invitò a sedersi nel letto, di fronte a lui. Hermione obbedì, sistemandosi sul bordo del materasso, mantenendo una certa distanza tra loro.
< Sei scappata.> le fece, laconico.
< Lo so.>
< E non ti sei fatta vedere per due giorni.>
< Mi biasimi per questo?>
Il ragazzo fece una smorfia.
< Sì e no.>
Hermione si tormentò l’orlo del camice con le dita.
< Non pensi che sia comprensibile?>
< Abbastanza.> fece lui lapidario < Ma mi aspettavo che avresti affrontato la situazione, non che saresti fuggita.>
< Anch’io.> sospirò lei.
Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi grigi di Malfoy. Quel contatto visivo le provocò un lungo brivido alla schiena, che non sfuggì al biondino.
< Granger...>
< No, ascoltami.> lo interruppe, alzando una mano < Questa situazione è già fin troppo imbarazzante, e girarci intorno peggiora solo le cose. Perciò andiamo dritto al sodo. Ho un’unica domanda per te, una sola cosa che voglio tu mi spieghi.>
Stava seguendo alla lettera i consigli di Ron. Doveva fare chiarezza in tutta quella faccenda, ed il prima possibile.
Draco si passò la lingua sui denti, soppesando le sue parole. Poi annuì.
< Spara.>
Hermione prese un respiro. Non sapeva se era davvero pronta ad affrontare quella conversazione, e tutte le conseguenze che comportava. Ma dal momento che aveva avuto il coraggio di mettere finalmente piede in quella stanza, doveva andare fino in fondo.
< Perché? Perché l’hai fatto? Perché mi hai... baciata?>
Il Mangiamorte inarcò un sopracciglio.
< Veramente queste sarebbero tre domande.> sottolineò.
< Il concetto è sempre lo stesso.>
Il biondo si grattò il retro della nuca con la mano sinistra, distogliendo lo sguardo da quello di lei.
Il suo discorso era adattissimo. Era la risposta ideale a quella domanda. Ed era lì, sulla punta della sua lingua, pronto all’uso.
Allora perché stava tentennando?
Perché non le aveva ancora detto ciò che aveva deciso di dirle?
Che era stato un errore dettato dal suo stato confusionale e febbricitante, che non sapeva nemmeno lui cosa gli era preso, che doveva averla scambiata per qualcun’altra, che non era certo sua intenzione baciarla, che era stato tutto un unico, grande fraintendimento, che non c’era nulla di voluto o premeditato dietro. Perché non glielo diceva?
Perché non è la verità.
Assurdo. Non riusciva a mentirle. Non in quel momento, non di fronte ad una domanda così diretta.
Non ne era in grado.
E, inverosimilmente, si ritrovò a fare l’unica cosa che si era ripromesso di evitare con tutte le sue forze.
Essere sincero.
< Perché sono attratto da te.> ammise.
Hermione sgranò gli occhi, completamente travolta dal peso di quelle cinque parole quasi fossero massi giganteschi.
Non poteva essere vero, aveva sicuramente capito male.
Draco Malfoy attratto da lei? No no, senza ombra di dubbio il suo udito le aveva giocato un brutto scherzo.
< C-come?> avanzò, titubante.
< Hai capito benissimo.> fece secco lui, tornando a fissarla.
A quell’ulteriore conferma, anche la sua bocca si spalancò.
Ok, non aveva decisamente messo in preventivo che le cose potessero andare a finire in quel modo.
Che Malfoy fosse cambiato nei suoi confronti era palese. Avevano stabilito un rapporto civile e tranquillo, da persone adulte e mature. Quasi un’amicizia.
Ma quello... non era assolutamente preparata a quello!
< Non so nemmeno io come sia possibile Granger, non so spiegarmelo e probabilmente neanche ci tengo, ma il punto è questo. Ti ho baciata perché mi piaci.>
Ecco. Tutti i suoi buoni propositi buttati a puttane.
Bravo Draco, complimenti.
Non contento, rincarò la dose.
< E so che anche tu sei attratta da me, quindi non fare tanto la sorpresa.>
La moretta serrò di colpo le labbra, inarcando le sopracciglia.
< Un tantino presuntuoso da parte tua.> commentò acida.
< Non è forse la verità?>
Hermione tacque, avallando così la sua ipotesi.
Stupida, non ci provi nemmeno a fingere?
Che senso aveva? Ormai lui aveva messo le carte in tavola, era giusto che lei facesse altrettanto.
< Granger.>
Lo fissò di sottecchi.
< Perché sei scappata a quel modo?>
Domanda retorica la sua, ne era pienamente consapevole.
Ed anche lei.
L’ex-Grifondoro sospirò amaramente.
< Perché me lo chiedi, se sai già la risposta?>
< Perché voglio sentirtelo dire.>
Poteva giurare di aver visto uno strano bagliore illuminare quegl’occhi grigi, ma non sapeva spiegarsi cosa fosse.
Contrasse le labbra. Forse, sotto sotto, il vecchio Malfoy dei tempi di Hogwarts viveva ancora in lui. Quello che avrebbe pagato a peso d’oro qualunque possibile occasione per umiliarla e schiacciarla. E, indubbiamente, quella era davvero una ghiotta opportunità.
La Mezzosangue Grifondoro So-tutto-io che ammette di provare qualcosa per il Purosangue dannato Serpeverde. Nemmeno nei suoi sogni più selvaggi l’avrebbe mai immaginato possibile.
< Sto aspettando.>
Hermione si voltò verso destra, con una smorfia contrita. Odiava trovarsi in quella situazione. Avrebbe dato tutti i galeoni che possedeva, pur di teletrasportarsi magicamente da tutt’altra parte ed evitare le sue domande.
< Granger.> la richiamò lui per l’ennesima volta. < Perché sei scappata a quel modo?> ripeté.
Un sospiro, poi tornò a fissarlo, risoluta.
No, non si sarebbe messo a ridere sguaiatamente, non l’avrebbe additata dandole della “povera patetica” e non l’avrebbe svergognata di fronte a tutti i suoi compagni di Casa.
Non erano più bambini, non erano più studenti di Hogwarts, non erano più quel Draco Malfoy e quella Hermione Granger.
Erano adulti, adesso. E, soprattutto, lui non avrebbe certo potuto prenderla in giro per un qualcosa che a sua volta provava.
Era giunto il momento di affrontare le cose con la maturità che comportavano i loro anni.
< Perché mi piaci.> ammise finalmente.
Le parve quasi di essersi tolta un enorme peso dallo stomaco. Si sentiva in qualche modo più leggera. Frastornata, ma leggera.
Il biondino ghignò. Aveva avuto ragione, sentirglielo dire era assai più piacevole che desumerlo per conto proprio.
Tornò serio, alzandosi in piedi e prendendo a camminare a passo lento per la stanza.
< Ad ogni modo, non doveva succedere.> fece.
Ad Hermione sfuggì un accenno sarcastico di risata.
< A me lo dici? Non sono io quella che ha avuto la brillante idea di...>
< Non ho avuto nessuna brillante idea, Granger!> la interruppe, caustico, arrestando la sua passeggiata e voltandosi a fulminarla con lo sguardo < E’ solo... successo.>
Lei inarcò un sopracciglio, scettica.
< Successo.> gli fece eco.
< Sì, successo. Eri lì, eri vicina, ed io non ero completamente in me. Ho ceduto, ho sbagliato. E’ successo.>
Le labbra della ragazza si arricciarono.
Non ero completamente in me. Già, bella giustificazione! considerò beffarda, senza però dar voce a quel pensiero.
Draco riprese a camminare, ma si bloccò nuovamente dopo un paio di passi.
< E comunque eri tu quella che mi accarezzava nel sonno!>
La moretta sbatté ripetutamente le palpebre, tentando di celare il proprio imbarazzo.
< Non ti stavo... accarezzando, Malfoy. Ti avevo misurato la febbre, e l’incantesimo per abbassarla...>
< Sì certo, l’incantesimo, e io sono la McGrannit. Per favore, non sono mica nato ieri! Per chi mi hai preso?>
Hermione aggrottò la fronte, facendo appello alla sua tempra da leonessa per tenergli testa. Anche se, ne era certa, le sue guance color pomodoro non le facilitavano il compito, tradendo il suo disagio.
< Tu non sai niente di medicina ed incantesimi di cura, sono io la Guaritrice qui, non tu. Non puoi parlare, non ne sai un fico secco.>
Draco incrociò le braccia al petto, con una smorfia.
< So tutto, invece. Di ogni cosa. Sono un fottutissimo pozzo di scienza.>
Lei scrollò il capo.
< Sei solo un fottutissimo megalomane.>
< Mettimi alla prova!> la provocò lui.
La ragazza chiuse gli occhi, sbuffando.
< Senti, non andremo da nessuna parte continuando così. Finiamola con questi giochetti e tentiamo di parlare seriamente, ok?>
Il biondino si voltò verso destra, fissando inespressivo la parete bianca.
< Sai meglio di me che è sbagliato, vero?> le fece poi, serio.
La fanciulla confermò.
< Lo so. E probabilmente è tutta colpa di questa situazione assurda... voglio dire, io sono l’unica persona che vedi da mesi, e tu...> si bloccò.
< Cosa?>
Scrollò la testa.
< Niente, lascia perdere.> mormorò.
< Cosa, Granger?> insistette lui, squadrandola.
Hermione abbassò lo sguardo sul materasso di fronte a lei. Sentì le guance andarle in fiamme.
< Beh... se escludi Ron ed Harry, che sono i miei migliori amici e sono come dei fratelli... e i miei colleghi dell’infermeria che sono fuori da ogni possibile tentazione, anche perché di cinque, tre potrebbero essere mio padre se non addirittura mio nonno... ecco... tu sei momentaneamente l’unico uomo nella mia vita.> ammise, mesta.
< Momentaneamente...> ripeté lui, pronunciando la parola con una lentezza studiata.
< Mh.> fece la moretta, incapace di replicare altro che avesse senso compiuto.
Le sembrava incredibile aver veramente ammesso una cosa simile. Per quanto vera fosse.
Malfoy si morse il labbro inferiore per non sorridere. Poi, riassumendo la sua compostezza, riprese a parlare.
< Perciò credi che tutto questo sia... insomma, una qualche forma di suggestione?>
< Più o meno, sì.>
< Quindi non è vero? Voglio dire, secondo te noi non siamo davvero...>
< Attratti l’uno dall’altra?> concluse lei per lui < No. No, non sul serio. Lo dubito fortemente. E’... assurdo, lo sappiamo entrambi. E non è normale. In un’altra situazione, non...>
< Sì.> la interruppe lui < Sì, hai ragione. E’ sicuramente così. E’ l’unica spiegazione logica.>
Entrambi, nel profondo, credevano che in realtà quella fosse solo una balla, una stronzata bella e buona. Un patetico tentativo di giustificare qualcosa che, teoricamente, non avrebbe dovuto esserci ma che effettivamente c’era.
Però nessuno dei due osò ammetterlo.
Draco tornò a sedersi sul letto, sul bordo opposto a quello della ragazza. Le dava le spalle, ma riusciva comunque a vederla, dato che si trovavano praticamente ai due estremi del materasso.
< Cosa facciamo adesso?> mormorò lei.
Il biondo sospirò.
< Credo che la cosa migliore sia fare finta di niente.> chiosò.
Hermione voltò il capo verso di lui.
< In che senso?>
< Nel senso che dovremmo fingere che nulla sia accaduto. Quel... bacio, questa conversazione. Niente, non hanno mai avuto luogo. Ci mettiamo una pietra sopra, lo ignoriamo, lo cancelliamo dalla memoria, e andiamo avanti per le nostre strade. Fingiamo che sia stato solo un incubo, o una strana e contorta fantasia, ma nulla di reale. Che ne dici?>
La Guaritrice sospirò, annuendo lentamente.
< Credo anch’io che sia la soluzione migliore.>
< Come se nulla fosse, quindi?>
La moretta tornò a fissare la parete di fronte a sé, distogliendo lo sguardo dal Mangiamorte. Annuì di nuovo, seppur con poca convinzione.
< Come se nulla fosse.> acconsentì.
L’ex-Serpeverde fece a sua volta un cenno affermativo col capo, rivolgendo il proprio sguardo al pavimento sotto i suoi piedi.
Il silenzio che calò era, se possibile, il più pesante che ci fosse mai stato tra loro. Infinitamente più opprimente di quello che aveva introdotto la loro conversazione.
Nessuno dei due disse nulla, ma entrambi ne ebbero la conferma.
Fingere che niente fosse accaduto, che quel bacio non ci fosse mai stato, che non avessero reciprocamente ammesso di essere attratti l’uno dall’altra, sarebbe stato incredibilmente arduo.
Draco alzò lo sguardo, fissando il paesaggio fuori dalla finestra. Il cielo rimaneva plumbeo e cupo, ma quel piccolo raggio di sole era ancora lì, abbagliante, caldo ed intenso. Nemmeno la nebbia più densa riusciva a nasconderlo.
Tornò a fissare il pavimento. Si poteva dire che aveva dato un colpo al cerchio ed un colpo alla botte.
Aveva accontentato quella vocina nello stomaco che gli diceva di ammettere la verità alla Granger. Per quanto fosse stato piuttosto avaro di considerazioni ed avesse evitato di scendere nei dettagli, liquidandola con un semplice “mi piaci” senza specificare con quanta intensità fosse attratto da lei, da quanto tempo lei rappresentasse il suo chiodo fisso, ad altre simili testimonianze del fatto che la cosa era probabilmente più grossa e grave di quanto non volesse far credere.
E poi, al tempo stesso, aveva dato ascolto alla propria razionalità, a quel briciolo di buon senso che gli era rimasto. Aveva troncato la cosa sul nascere, stabilendo di non farne un dramma o un motivo su cui ricamare false speranze. Aveva concordato con lei di fingere che nulla fosse accaduto.
Ne sarebbe stato in grado, per la miseria. Non sarebbe stata una passeggiata, ma ci sarebbe riuscito.
Istintivamente mosse le labbra verso l’interno della bocca. Riusciva ancora a sentire quel sapore di ciliegia. Forte, dolce, inebriante. Irresistibile. Peccaminoso.
Strinse il lenzuolo sotto di sé con le dita, tanto forte da rischiare di bucarlo. Contrasse il viso in una smorfia, trattenendo quel sospiro amaro che stava per sfuggirgli.
Inutile prendersi in giro.
Far finta di nulla non sarebbe stato difficoltoso.
No.
Sarebbe stato impossibile.








HABEMUS CAPITULUM!!!!!! xD
Alla fine ce l'abbiamo fatta! Ma per la miseria... tra l'università, il trasloco, e l'ispirazione che a sto giro proprio non ne voleva sapere di darmi una mano, ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo. E ammetto che non avevo la benchè minima idea di come far svolgere tutta la situazione all'inizio, sicchè è stato un pò improvvisato tutto sul momento! =P

Che dire? La storia ha preso finalmente una qualche piega, no? ^^ Li ho tenuti troppo sul chi va là questi due poveri figlioli, era ora che affrontassero la realtà dei fatti... e siamo tutti piuttosto consapevoli del fatto che non riusciranno PER NIENTE a far finta che non sia successo nulla tra loro, vero? ;)
Da qui in poi, le cose si complicheranno per un verso, ma si semplificheranno per un altro. E vi posso assicurare che Draco si farà perdonare questo primo bacio un pò scadente, eheheheh!! ^^

Oltre a questo, posso già anticiparvi che nei prossimi capitoli (devo ancora decidere quali di preciso ed in che modo, però) si saprà di più anche su Ron. Salteranno fuori certe cose del suo passato che spiegheranno perchè ci ritroviamo con questo rosso Don Giovanni. E, ovviamente, giocherà ancora il ruolo di consigliere/confidente di Hermione. Ma non solo!

Per quanto riguarda Harry, devo aprire una piccola parentesi. Ho constatato dalle recensioni che alcune temono possa mettersi in mezzo a Draco ed Hermione... dunque, per quanto mi riguarda, io odio odio odio ODIO il personaggio di Harry Potter!
Dico seriamente, non l'ho mai digerito!! Il che può sembrare assurdo, visto che sono patita della saga che porta il suo nome, ma è proprio un qualcosa d'incontrollabile, che mi prende alla bocca dello stomaco. Ergo, tendo generalmente a considerarlo come lo zero a sinistra, cioè assai poco.
Di solito, nelle Dramione, Ron interpreta il fidanzato cornuto o l'ex fidanzato geloso e spaccamarroni, ma abbiamo appurato ormai che non è questo il caso. E, di solito, Harry è invece l'amico del cuore di Hermione, il confidente che l'aiuta a fare chiarezza nel suo cuore e la consiglia sulle sue scelte di vita. E dato che nella mia FF questo ruolo è invece di Ron, potrebbe sembrare piuttosto ovvio supporre che Harry sarà il portatore di grane.
Sbagliato.
Mi sembra giusto anticiparvelo. Harry James Potter in questa precisa storia conterà veramente poco o nulla. E per il semplice fatto che non mi va di soffermarmi su di lui e dargli importanza muahahahhahaah xD
A parte questo, ovviamente riapparirà nei prossimi capitoli. Però non giocherà un ruolo così fondamentale nello sviluppo della trama.
Chiaramente, a differenza di quanto fatto con Ron, Hermione deciderà di mantenere il segreto con lui, per quanto riguarda tutta la faccenda Malfoy. Perciò, possiamo dire che da questo punto di vista sarà un pò una rogna. Ma ad ogni modo potete stare tranquille, non si intrometterà.
Ci pensano già abbastanza da soli a tirarsi la zappa sui piedi, non c'è bisogno che ci si metta anche lui xD

Detto ciò, vi ringrazio per l'affettuoso seguito! Mi avete stupita non poco, sono davvero davvero contenta che la mia storia vi piaccia! *__*
Grazie, perchè il più delle volte è proprio il vostro apprezzamento a spingermi a continuare a scrivere!
E grazie anche a tutte coloro che mi hanno fatto l'in bocca al lupo per l'esame! Deve avermi portato fortuna, perchè è andato davvero stra-bene e mi sono portata a casa in saccoccia un bel 30 inaspettato!! ^^ Viva me, ahahahhhaha!!! xD

E ora passerei alla mia parte preferita, ovvero rispondere alle recensioni!! :)


valeciliegia: ma che bella sorpresa, mi ha fatto un sacco piacere trovare una tua recensione!! Addirittura scrittrice fantastica?! O.o Oddio, così m'imbarazzi!! Grazie davvero, sei gentilissima!
Sono davvero contenta che la mia storia ti piaccia! E sono lieta di constatare che il mio Ron ha mietuto un'altra vittima ahahahah xD Dai, era anche giusto finalmente nobilitarlo un pò, no? Porello, fa sempre il povero sfigato ottuso e rincretinito, un pò di soddisfazione anche a lui ogni tanto!
Draco è sempre Draco, c'è poco da fà. Lui ce l'ha proprio nel DNA di essere così bono, è impossibile farlo apparire altrimenti!! ^^ Grazie mille ancora, spero che ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo!
Un bacio

Lil Romantic Girl: Ti ringrazio infinitamente, apprezzo un sacco i tuoi complimenti!!! :) Chi è che non ama Draco Malfoy? *_* Onestamente, io lo trovo inaccettabile! E' vero, Ron a questo giro è un pò stronzetto sciupafemmine, ma a tutto c'è un motivo, e lo sviscererò tra poco!
Un bacio

Morgana: Grazie mille, sono contenta che la mia storia ti piaccia, e sei davvero troppo gentile!!! ^^ Come puoi vedere, qualcosa è già cambiato in questo capitolo, e diciamo che continueremo su questa strada! ;) Sono ben contenta che Hermione e Ron ti piacciano, e non sono assolutamente infastidita dall'appunto su Draco, anzi. Sono aperta a qualunque tipo di considerazione e punto di vista! ;)
Diciamo che tendenzialmente rimango sempre un pò affezionata alla sua immagine dei tempi di Hogwarts perchè dopotutto credo, almeno per quel che mi riguarda, che in parte lo rispecchi piuttosto bene. Ho sempre visto Draco come un personaggio un pò contorto, che si spaccia da grand'uomo prepotente e strafottente ma che in realtà sotto sotto nasconde anche ben altro, e usa l'arroganza per celare la parte più fragile di sè. Al di là di questo, tieni anche conto che ora come ora lui interagisce solo ed esclusivamente con Hermione, e data l'attrazione reciproca e fortissima, il loro rapporto è diverso e quindi lui stesso si pone in maniera diversa nei suoi confronti. Quando sarà il momento di confrontarsi con qualcun altro, vedrai senza ombra di dubbio un Draco differente :)
Comunque, è la mia prima long fict ed è stata la prima FF di Harry Potter che avessi mai scritto, quindi sono ancora un pò acerba sotto certi punti di vista! Anzi, ti ringrazio molto per la tua osservazione, ne terrò conto sia per lo sviluppo di questa FF che per altre eventuali storie.
Un bacio

Whitney: ahahahaha tesoro, sono proprio contenta di leggere che lo scorso capitolo ti è piaciuto!! ^^ E non sai quanto sia curiosa di sapere che ne penserai di questo! Se ti sei emozionata per la carezzina di Draco... qui ce n'è un pò di più di materiale direi! E procederemo sempre più in salita, ahahahah!! =P Sei sempre troppo troppo buona con me!! ^^ Mi fa piacere che tu sia soddisfatta del rapporto che c'è tra Ron ed Hermione.
Onestamente, io stessa ho sempre sperato, per così dire, che la Row creasse a tutti gli effetti un simile rapporto d'amicizia tra loro. Al di là del suo vezzo di stare nudo di fronte a lei, che più che altro è una turba psichica di lui xD Fammi sapere presto le tue impressioni su questo nuovo capitolo, perchè fremo dalla curiosità di leggerle!!! :) Bacio grande grande!

seven: ormai non ho davvero più parole per rispondere alle tue recensioni!! Ogni volta mi lasci senza fiato, riesci a cogliere davvero ogni minima sfumatura di tutto ciò che scrivo e voglio trasmettere, analizzi i miei personaggi e svisceri ogni loro più piccolo pensiero e segreto... wow, sinceramente questi tuoi papironi mi lasciano basita ogni volta. Basita, e con un sorrisone a 32 denti sulle labbra. Sei davvero troppo troppo troppo buona con me, nei tuoi complimenti e nelle tue manifestazioni d'apprezzamento, e sapere che la mia piccola storia ti colpisce così tanto è davvero un piacere estremo.
Sono felice di sapere che ti regalo tutte queste sensazioni coi miei capitoletti, perchè ti assicuro che tu, con i tuoi commenti, me ne regali il doppio!!! **
Grazie grazie grazie, davvero! Ti farei una statua se potessi!! Sono le persone come te che mi spingono ad andare avanti e continuare a scrivere, anche quando non trovo l'ispirazione, anche quando mi sembra di star buttando giù solo un mare di sciocchezze, anche quando temo che il mio lavoro possa risultare solo grottesco e ridicolo. Grazie, davvero, il tuo appoggio significa tanto per me. Come, ovviamente, quello di tutti gli altri recensori.
Siete davvero fantastici!!
Un bacio grande Nadia, aspetto di leggere le tue impressioni su questo nuovo capitolo!!

Coquelicot Rousse: Ok, confesso di non conoscere i Sigùr Ròs, ma prometto che mi informerò quanto prima!! =P Ti ringrazio infinitamente, mi fa un piacere estremo leggere il tuo apprezzamento per i miei personaggi - che poi miei non sono, ahimè, io mi limito a caratterizzarli -, sono molto molto felice che i loro sentimenti ti arrivino così forti da farli sembrare reali. Confesso che, in parte, in Hermione tendo alle volte a mettere anche un pò di me stessa, ma la considerazione di Ron sulle donne mi è nata piuttosto spontanea. xD E' un pò quello che io stessa penso di noi, che siamo complesse, ipocrite, che ci mentiamo senza un vero motivo, che siamo fatte di contraddizioni. E credo fermamente che sia proprio questo il nostro bello, ciò che ci rende così speciali ed uniche.
Ma al di là della considerazione personale, c'è un motivo di fondo per cui Ron sembra quasi "snobbare" il mondo femminile, per cui si atteggia così a sciupafemmine sessista. Verrà fuori tra poco, pian pianino farò luce anche su di lui! :)
Che dici, ti è sembrato abbastanza impulsivo Draco in questo capitolo? ;)
Grazie ancora!

garakame: Ti ringrazio, sono contenta che la storia ed i personaggi ti piacciano :) Ron seduttore sciupafemmine è effettivamente una caratterizzazione un pò inusuale, quasi mai ho letto di un Ron diverso dal solito fidanzato cornificatore geloso, bastardo e pure un pò rimba. Forse per certi versi è pure un azzardo, ma io personalmente adoro troppo questo personaggio per fargli fare la figura del pirla xD
Grazie ancora!

barbarak: Ti ringrazio per i due in bocca al lupo! Come ho già scritto prima, quello per l'esame ha portate decisamente bene! ^^ E anche il trasloco è andato piuttosto bene, grazie mille!
Sono davvero curiosa di sapere cosa mi dirai di questo capitolo. Qui si può dire che entrambi hanno ormai preso coscienza dei loro sentimenti, anche se cercano sempre di sminuire tutta la cosa... che testoni!! xD Draco, te lo posso dire, sarà sempre molto combattuto sul punto che hai giustamente sottolineato tu. Perchè per quanto sia attratto da Hermione, la sua condizione di Mangiamorte lo farà sempre sentire indegno ed inadatto a lei. Dopotutto l'ho ribadito anche qui, una delle cose che piace tanto a Draco di lei è proprio la sua luce, e lui teme sicuramente di ofuscarla col suo animo oscuro.
Mi spiace che non apprezzi il personaggio di Ron, io personalmente lo adoro, ma penso di averlo già più volte ribadito! =P Ognuno ha i suoi punti di vista, giustamente, e io credo che tutto sommato l'amicizia uomo-donna disinteressata possa esistere, soprattutto nel loro caso quando l'alternativa della storia d'amore è già stata presa in considerazione e naufragata. Comunque fondamentalmente il suo ruolo è di "grillo parlante" di Hermione. Una sorta di migliore amica con gli attributi maschili xD Che ovviamente cerca di farle aprire gli occhi su ciò che prova, ma anche di consigliarla per il meglio e salvaguardarla il più possibile.
Sono contenta che ti sia piaciuta l'immagine dei due mantra, è una cosa che mi è nata spontanea mentre scrivevo ma confesso che come idea è piaciuta anche a me! :)
Un bacio grande

robertaro: Purtroppo non sono riuscita a postare il capitolo presto quanto avrei voluto, spero che tu non ce l'abbia con me!! :) Ti ringrazio tanto per i complimenti e mi piacerebbe sapere che ne pensi di questo aggiornamento. Ti confesso di aver riso due buoni minuti su "Ron ciccio pasticcio" ahahaha xD E con Potter, per quanto mi riguarda sfondi un portone aperto, ehehe! =P

Paula: Ti ringrazio infinitamente, sei troppo buona!! Addirittura Ron è il tuo personaggio preferito grazie a me?! Sono lusingata davvero!! *__* Che dici, la trepidante attesa è stata soddisfatta? ;)
Ancora tantissime grazie!

somochu: Ahahahah la tua recensione mi ha fatto morire dal ridere xD Spero che il mio ritardo non ti abbia reso isterica >.< E spero di aver reso il giusto merito al tuo numero preferito!!
Beh, direi che pian pianino stanno iniziando a seguire il tuo consiglio e dar retta ai loro ormoni, no? ;) E le cose andranno sempre evolvendosi. Anche se per il raiting non saprei dirti, non so se avrò effettivamente il coraggio di scrivere cose troppo spinte ehehehe xD O più che altro se ne sarò capace...
Spero tu non ci sia rimasta male per Harry... ma almeno non sarà cativo, contenta? xD

pinturicchia: Oh mamma, ma tu sei pazza, vuoi farmi montare la testa tipo pallone aerostatico? xD Grazie grazie grazie, davvero sei estremamente ed esageratamente buona!!! *___* Addirittura un genio?! Oddio, sono bordeaux ^///^ Davvero, ti adoro. Ti posso portare a casa e mettere sul comodino?! xD
Ora sono curiosissima di leggere che ne penserai di questo capitolo... secondo me è sempre ancora un pò mosciarello, però almeno si comincia a fare ciccia!! =P
Ancora tante, tante, tante, tantissime grazie!! *_*

lilyblack: Ma ti ringrazio, mi fa piacere tutto questo odio ahahah xD Seriamente, grazie, sei davvero gentilissima! Sono contenta che la storia ti piaccia!! Per quanto riguarda il finale, ti posso dire che non ci sarà un lieto fine scontato, tutto rose e fiori, senza intoppi e senza lacrime... ma questo non significa che la storia non finirà bene!! =P Abbi fede ;)
Per la faccenda della costanza, ti posso assicurare che anch'io ero come te! In passato ho iniziato e mollato a metà mille FF mai pubblicate, mille tentativi di buttare giù una storiella di qualche tipo col sogno di farla diventare, chessò, un libro (BUUUM)... secondo me, quando trovi l'idea giusta, quella che ti fa accendere una lampadina in testa, è la volta buona! O almeno, per me è stato così ;)
Grazie mille ancora, aspetto di leggere altri tuoi commenti!!

sgasga: Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!! xD Ma è stato un vero parto eheheheh!! Ti ringrazio infinitamente, non hai idea di quanto piacere mi facciano i tuoi complimenti *___* Sono molto molto lusingata *___* Concordo sul fatto dell'odio di Draco per Hermione, è la stessa identica cosa che ho sempre pensato anch'io, e forse proprio per questo non ho mai visto così eccessivamente impossibile la probabilità che potesse nascere qualcosa tra loro (e quindi maledetta Row che mi ha tagliato in due le gambe >.<)! Sono contenta che ti sia piaciuta l'idea degli scacchi... è un gioco che mi ha sempre affascinato, forse perchè ho l'idea che saperci giocare "faccia figo", ma io sinceramente so a malapena come si dispongono le pedine sulla scacchiera xD Giusto a dama me la cavo un filino meglio! =P
E' vero, indubbiamente uno come Draco, visto il ruolo che ricopre, dovrebbe essere un pò più abile nel comprendere le persone. Ma dal mio personale punto di vista lui non ha capito un accidente finora perchè era troppo preso dai suoi sentimenti per lei, e la cosa gli sembrava talmente assurda che pensava fosse impossibile un eventuale interessamento di lei nei suoi confronti. Però, come hai visto, con quel bacetto ha aperto gli occhi anche sull'interesse di Hermione! :)
Sono contenta che ti piaccia la mia Hermione "anomala" xD Ammetto di averci messo parecchio del mio... non so perchè, però mi è sempre venuto spontaneo identificarmi in lei, già quando leggevo i libri di mamma Row, e quindi anche quando scrivo di lei ci infilo sempre qualcosina di me. Tipo, appunto, il concetto del vivere nel caos, quello è tutto mio! =P Per quanto riguarda il suo rapporto con Ron, effettivamente la questione del girare nudo è forse un pò estrema, e onestamente nemmeno io sono abituata ad avere questo tipo di relazione coi miei amici maschi, per quanto viva le mie amicizie maschili con molta tranquillità, molta naturalezza e poco pudore. Volevo che loro fossero due amici sui generis, un pò per la loro trascorsa storia d'amore, un pò perchè effettivamente Ron è il migliore amico di Hermione, ma anche la sua migliore amica (sai quanto odio la piattola, pensare a lei come amica del cuore della mia Herm mi darebbe il voltastomaco u.u). Volevo rappresentare un rapporto talmente intenso e profondo tra loro al punto che non esistono nemmeno inibizioni di nessun genere, quasi come fossero veramente due fratelli.
Anche se, chiaramente, la faccenda della nudità riguarda solo quello scostumato di Ron ahahahah lei non si snuderebbe comunque di fronte a lui, nonostante tutto! xD
Ahahahahah sì, Ron è un FOTTUTISSIMO maschilista. O almeno così sembra. C'è il suo perchè, che presto verrà svelato. Anche il mio rossino ha i suoi segreti, e questo suo atteggiamento da Dio delle Donne tutto pacco e niente cuore nasconde un qualcosa di molto profondo. E per quanto riguarda Hermione... beh, che dire... giustamente lui tenta di proteggerla il più possibile. Lo capisco, io pure in questo periodo sto facendo da strizzacervelli alla mia migliore amica che è in crisi cosmica, e per quanto darle man forte nei suoi tentativi di autolesionismo e dirle "fai bene, fai bene, vai avanti così" sarebbe più semplice, proprio perchè le voglio bene e non voglio che soffra faccio la parte della guastafeste. E per lui è lo stesso.
Sono curiosa di sapere che ne pensi di questo faticoso capitolo tirato fuori a forza dal mio cervellino bacato!! xD
Un bacio grande!!

ross_ana: Assolutamente no, non ti voglio morta!!!!! O__o Ci tengo alle mie adorate lettrici io!!!
Ti ringrazio come al solito per i complimenti, che sono sempre troppi e troppo buoni!! ^^ Dai, se hai rischiato la morte per quell'alternarsi di sensazioni, per sto capitolo contorto che farai? xD
Sì è vero, Ron è un pò stronzo, però giustamente vuole proteggere Hermione da un'eventuale "approfondimento" con Draco. Non sono più ai tempi di Hogwarts, più che creare scandalo o clamore sarebbe davvero un pericolo, e lui cerca di tutelarla. E poi, obiettivamente, si vuole intromettere fino ad un certo punto, alcune cose è giusto che quei due testoni se le sbrighino da soli!! ;)
Ti ringrazio, il trasloco è andato abbastanza bene, gli scatoloni erano PESANTISSIMI ma fortunatamente non ero da sola a trasportarli =P
Sono curiosa di leggere le tue impressioni su questo capitolo!!
Un bacione!!!


Da qui in poi, gente, tutto in discesa... o in salita, dipende dai punti di vista xD
Spero che per il prossimo capitolo, l'ispirazione sia più clemente e mi aiuti a postare quanto prima!!
Nel frattempo, vi lascio con un bacio enorme ed un GRAZIE di proporzioni gigantesche a tutti coloro che leggono, seguono, commentano ed apprezzano la mia umile FF! Vi adoro!!!! *__*
Alla prossima!!




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Capitolo 8
*** 8. ***







A Barbara, il suo regalo di compleanno in ritardo.
A Rea e Jup, le mie guerriere sailor preferite.
A Lil, che mi ha resa partecipe della sua luce.
Alla mia Donna Ross, che crede che non pensi più a lei.
Alla mia mogliaH, perchè è unica.
Alle FaceBookiane - poco - anonime, che illuminano ogni mia giornata.
A tutte voi, che avete atteso mesi e mesi per questo capitolo maledicendomi






8.


“Like Light and Dark
Worlds apart”






Suggestione.
Errore.
Far finta di niente.
Pietra sopra.
Come se nulla fosse.
Dio, che inutile guazzabuglio di cazzate.
Cazzate.
Caz-za-te.
Lo scandisco anche, sì.
Perché ho affermato che avrei fatto finta che nulla tra me e Lei fosse mai accaduto, quando sapevo benissimo che sarebbe stato completamente inutile?
Sono cretino.
Mi prendo in giro da solo.
Mento a me stesso.
Andiamo bene...
La realtà dei fatti, quella vera, è che quel bacio io non riesco a togliermelo dalla testa.
Ed è ridicolo, era un patetico bacetto a fior di labbra.
E la bocca mi sapeva di medicine, miseriaccia!
Non certo una di quelle esperienze inebrianti da imprimersi nella memoria vita natural durante.
E invece io, come il povero scemo che ho scoperto essere – o che, più probabilmente, sono diventato stando qui – mi riscopro a pensarci di continuo.
Di continuo, cazzo.
Costantemente.
Che dorma, mangi, guardi fuori dalla finestra, conti gli Ippogrifi per cercare di prendere sonno, faccia la doccia...
In qualunque istante, quel pensiero è lì, fisso, immobile, imperturbabile.
Dannazione.
E non riesco a togliermi questo fottuto sapore di ciliegia dalle labbra.
Mi sono lavato i denti migliaia di volte, ma niente.
Resta lì.
Mi basta muovere la lingua anche solo di poco, per parlare o per deglutire, e risento quel dolce gusto nella mia bocca.
E come faccio a non pensare a Lei, e al fatto che l’ho baciata – e che lo rifarei anche adesso, se potessi – , se continuo ad essere in balia di quella sensazione di ciliegia? E di quel ricordo?
Come faccio, se ogni volta che chiudo gli occhi mi sembra ancora di sentire la sua mano che mi accarezza la guancia?
Come faccio, se ogni volta che inspiro mi pare quasi di avvertire sulla mia pelle il suo respiro profumato?
Come faccio, se quando mi volto a guardare fuori dalla finestra non vedo il paesaggio ma il suo volto sorridente?
Come faccio, porcaccia di quella lurida fetida madre Maganò, se ogni volta che sono sotto la doccia rischio di collassare dall’eccitazione, perché l’acqua che scorre sul mio corpo mi fa pensare a lei in modi in cui non dovrei assolutissimamente fare?!
Merlino...
Non ci riesco.
Forse potrei chiederle di Obliviarmi.
Ma dovrei confessarle che non riesco a smettere di pensare a Lei. E allora sarebbe peggio.
Sarebbe come un cane che si morde la coda.
E poi, magari, potrebbe rimproverarmi per la mia lascivia, sottolineando come invece Lei sia “riuscita benissimo a eliminare quello spiacevole episodio dalla sua memoria, grazie al Cielo”.
Stupida Granger.
Stupida, stupidissima Granger.
...
Che poi, anche ammesso che invece non si pronunciasse in una simile invettiva ed acconsentisse al mio desiderio, chi mi assicura che l’Oblivion funzioni?
Insomma, non sarò un secchione come Lei, ma qualcosina dai tempi di Hogwarts lo ricordo. E mi pare che Vitious avesse sottolineato come anche il più potente degli incantesimi di memoria non può nulla di fronte a qualcosa fortemente collegabile al ricordo rimosso.
Se entrassi in contatto con qualche oggetto o chessò io che abbia a che fare con quel bacio, ecco fatto che ricorderei tutto immediatamente.
E miseriaccia, io ho Lei di fronte agli occhi tutti i santi giorni!
Più fortemente collegabile di così...
E mettiamo pure caso che invece l’incantesimo funzionasse e non ricordassi di averla baciata, cosa cambierebbe? Continuerei ad essere attratto da lei come una mosca dal miele, o quel fetido Guardacaccia dalle creature più strane e disgustose.
O Potter dalla sfiga.
O Weasley dalla sfiga ma senza “s” iniziale, stando a quello che mi ha raccontato la Granger...
...
Ecco.
Ecco.
La Granger.
Porca miseria, ma te ne rendi conto?
Non riesco a mettere in fila un pensiero compiuto senza che Lei, in un modo o nell’altro, riesca a farvi capolino.
E’ un’ossessione cazzo!
Il che conferma come, anche ammesso che non mi ricordassi del bacio, la situazione non cambierebbe e resterebbe comunque fottutamente grave!
Forse dovrei direttamente dimenticare tutti questi mesi trascorsi “insieme”.
Ma so già che anche questo sarebbe inutile.
Potrei anche cancellare i ricordi, ma non le sensazioni.
Quelle resterebbero. E ad un certo punto, tornerebbero prepotentemente a galla.
Probabilmente mi basterebbe incrociare di nuovo il suo sguardo per ricordare ogni singola cosa.
Ma questo è nulla.
C’è di peggio.
Non è tanto il fatto che cancellare il ricordo di questi ultimi quattro mesi sarebbe inutile.
No.
Dio mio, no.
La cosa più deprecabile è...
...
... è che io non voglio farlo.
Non voglio, cazzo.
Per nessun fottutissimo motivo sulla fottutissima faccia della fottutissima Terra!
Io non voglio dimenticare questi mesi.
Non voglio dimenticare ciò che c’è stato.
Non voglio dimenticare Lei.
Ed è più grave di quanto pensassi.
No.
Bugia.
E’ grave esattamente quanto pensavo.
Cazzo...



~ω~





Hermione Jean Granger aveva ventidue anni compiuti, un diploma conseguito col massimo dei voti ad Hogwarts ed una laurea con lode in Medicina Magica. Era una donna bell’e fatta.
Eppure, in quel momento, ad Hermione Jean Granger pareva di essere regredita allo stadio infantile.
Si sentiva una stupida, goffa e terribilmente ansiosa ragazzina di dodici anni alle prese coi primi contatti con l’altro sesso.
Le sembrava di rivivere tutte le orripilanti sensazioni avvertite e mai apertamente manifestate del giorno in cui aveva varcato per la primissima volta i cancelli di Hogwarts.
Ciò che provava in quel momento era terribilmente simile alle emozioni che l’avevano attanagliata quando a otto anni aveva disgraziatamente deciso di regalare un biglietto di San Valentino a quel suo compagno di scuola dagli occhi verdi ed il sorriso caldo.
O quando, smessa la maschera di algida perfettina, era stata beccata a piangere in un bagno da quelli che sarebbero poi diventati i suoi due migliori amici.
O quando per la prima volta aveva avvertito lo sguardo di un ragazzo su di sé, per di più quello del famoso cercatore Bulgaro Viktor Krum.
O quando, al braccio del suddetto giocatore di Quidditch, aveva fatto il suo ingresso al Ballo del Ceppo vestita ed agghindata come una bambolina, mentre tutta la scuola la fissava esterrefatta. O quando, durante la loro passeggiata notturna nel parco, aveva visto il volto del suo cavaliere avvicinarsi pericolosamente al proprio, ed aveva compreso che di lì a poco avrebbe ricevuto il suo primo bacio. O quando aveva visto per la prima volta il corpo nudo di un ragazzo. Il corpo di Ron, nello specifico.
O quando il suo corpo era stato visto per la prima volta senza vestiti da qualcuno che non fosse sua madre, la sua dottoressa o il proprio riflesso nello specchio.
In poche parole, Hermione Jean Granger si sentiva esattamente come un’acerba e timida adolescente di fronte alle proprie prime esperienze.
Completamente impacciata.
Tesa come una corda di violino, rigida come un baccalà, sudava freddo ed ostentava un’indifferenza che in realtà non provava affatto, mentre tentava di controllare la propria voce, col risultato che ne usciva un suono così austero e convulso da ricordare neppure troppo vagamente quello di un automa.
E la cosa peggiore era che, oltretutto, la parte più difficile doveva ancora venire.
Perché Hermione era tesa, rigida, sudava freddo e quant’altro. E si stava semplicemente limitando a camminare verso la camera di Draco Malfoy.
Al solo pensiero che di lì a poco sarebbe dovuta entrare, vederlo, salutarlo, parlargli, sembrava quasi paralizzarle la lingua. Non aveva idea di come riuscire ad affrontare quell’incontro.
Avevano deciso di comune accordo di ignorare totalmente l’episodio di qualche giorno prima, fingere che non fosse mai successo e proseguire con quel loro strano rapporto di “pseudo-amicizia” così come avevano fatto in precedenza.
Ma era arduo, se non impossibile.
Ogni volta che Hermione pensava a Draco, il ricordo di quel bacio l’assaliva, prepotente e travolgente.
Era quasi ironico, visto che tutto sommato non si era trattato di chissà quale appassionato tête-à-tête. Le labbra di entrambi erano più che serrate, e la bocca del ragazzo aveva uno strano retrogusto di medicinale che, ripensandoci, non era poi così tanto piacevole.
Certo, era assai preferibile al disgustoso aroma pungente di Viktor. E quello non dipendeva certo da pozioni ed antibiotici.
In ogni caso, si era trattato decisamente di un bacio da dimenticare, per entrambi. In più sensi, per giunta.
Eppure, Hermione non riusciva a rimuovere quel fatto dalla propria testa. Si riproponeva ogni singolo istante, qualsiasi cosa stesse facendo. Era lì, vivido, scolpito nella sua memoria.
E quando si riaffacciava, portava con sé tutte le contrastanti sensazioni che aveva scatenato in tempo reale.
Contrastanti perché, effettivamente, tale era stato anche il bacio.
Contrastante.
Scialbo, ma anche eccitante. Insulso, ma anche sconvolgente. Sgradito, ma anche piacevolissimo. Deplorevole, ma anche lodevole.
Brutto, un brutto bacetto a fior di labbra. Ma anche bello, incredibilmente bello. Perché le labbra in questione erano quelle di Draco Malfoy, le stesse su cui aveva fantasticato per mesi. E, sempre in nome di quella contraddizione in termini, le stesse che per anni avevano sputato insulti a non finire a suo danno.
Le custodi di quella voce strascicata che ai tempi di Hogwarts l’apostrofava con “Mezzosangue” ed altri epiteti ugualmente svilenti ed offensivi. La stessa voce che, più adulta, più profonda, più suadente, l’ammaliava con parole amichevoli e bonarie prese in giro.
Quello tra Hermione Jean Granger e Draco Lucius Malfoy era stato un bacio del tutto contrastante.
Un bacio che teoricamente era quasi un crimine, ma di cui in pratica nessuno dei due era pentito. Un bacio da cancellare dalla memoria, ma che non ne voleva sapere di scomparire nell’oblio. Un bacio che avrebbe fatto rizzare i peli al povero Salazaar e prendere un colpo al prode Godric, ma per cui il vecchio Silente avrebbe fatto salti di gioia e festeggiato a suon di gelatine al limone . Un bacio da non ripetere, sebbene il desiderio segreto di entrambi fosse proprio di darvi un seguito.
Un bacio morboso, incomprensibile, inquietante, inopportuno, indiscreto, erroneo.
Sbagliato, sbagliatissimo. Ma anche terribilmente giusto.
Un brivido salì lungo la schiena di Hermione, costringendola ad arrestare il suo passo affrettato. Si bloccò nel bel mezzo del corridoio, serrando gli occhi e trattenendo il fiato.
Si chiese quando il ricordo delle labbra di Malfoy e del suo respiro che le sfiorava la pelle avrebbe smesso di farle quell’effetto.
E si chiese cosa ne sarebbe stato di lei, se mai quel bacio fosse stato ripetuto e migliorato.
Era in completa balia di Malfoy e delle sensazioni che lui le provocava. E lo sapeva già da un po’, ma solo ora si rendeva conto degli effetti devastanti che quel Mangiamorte poteva avere su di lei.
Come era arrivata a quel punto? Quando la ex-Caposcuola rigida ed integerrima aveva perso la retta via e si era lasciata traviare da due iridi grigie?
Dischiuse lentamente gli occhi, rilasciando l’aria in un lungo, lento sospiro. Scrollò il capo, tentando di riassumere la sua solita compostezza.
Sarebbe passato. Era solo il primo giorno, il fatidico “giorno dopo”. Pian pianino sarebbe riuscita a lasciarsi quel bacio e tutto ciò che comportava alle spalle.
Sarebbe passato, si disse, riprendendo a camminare verso la stanza di Malfoy.
Ma non diede neppure un minimo di credito a quelle parole.


< Ciao.>
La voce di Hermione fece quasi sussultare Draco, che fissava assorto il paesaggio fuori dalla finestra della sua camera.
Aveva trascorso le ultime ore ad osservare quei prati in fiore senza effettivamente vederli. Tutto ciò su cui la sua mente riusciva a focalizzarsi era il viso della ex-Grifondoro.
Più cercava di non pensare a lei, e più si ritrovava a fantasticare su un secondo bacio, o persino qualcosa di più.
Gli era penetrata dentro, come un virus. L’aveva contaminato. Ed ora, infetto e febbricitante, era completamente soggiogato dalla forza che lei esercitava su di lui.
A volte stentava a credere che la fanciulla per cui sembrava aver totalmente perso il senno fosse la stessa che si divertiva a schernire ed insultare nei corridoi di Hogwarts.
Ma le cose erano cambiate da allora. In primis, loro stessi.
Draco non era più lo spocchioso ed arrogante figlio di papà che si aggirava per il castello spadroneggiando a destra e a manca. E lei non era più la ragazzina sciatta coi lunghi capelli crespi che si trincerava dietro volumi polverosi e nozioni apprese a menadito.
Eppure, continuavano ad essere diversi, divergenti, inconciliabili.
Ma forse, era proprio questo particolare che l’attraeva in maniera irresistibile.
Lei era esattamente tutto ciò che lui invece non era, e viceversa.
Si completavano. Lei rappresentava la personificazione di tutte le sue mancanze, di tutto ciò che di contrario a lui ci fosse al mondo.
E, oltretutto, era una personificazione estremamente affascinante. Il che, sommato a quanto sopra, minava impressionantemente il suo autocontrollo.
Si voltò verso di lei, con un’espressione criptica dipinta in volto, e la salutò con un blando cenno del capo.
Hermione non avrebbe saputo dire cosa stesse provando in quel momento, ma ciò che percepiva con estrema chiarezza era un forte, fortissimo senso di disagio. Sembrava permeare tutta la stanza.
Ora comprendeva cosa significasse l’espressione “tensione che si taglia col coltello”. Era quasi palpabile, come un gigantesco muro di gomma invisibile che si frapponeva tra la porta ed il letto.
Non si sarebbe stupita se, avanzando verso il centro della camera, fosse stata respinta e sbalzata all’indietro.
< Che stavi facendo?> gli chiese, prima di darsi mentalmente della stupida.
Era da solo, rinchiuso in una stanza quasi disadorna, con un’unica finestra e nessuna possibilità di svago. Cosa diamine credi che stesse facendo, pettinando le bambole?!
Draco scrollò le spalle, senza battere ciglio.
< Ammazzavo il tempo.> rispose semplicemente.
A dire il vero, pensavo a te e a quanto mi piacerebbe sigillare quella fottuta porta, costringerti a rimanere qui con me ventiquattr’ore su ventiquattro e soffocarti a furia di baci.
Hermione si guardò intorno, come se stesse cercando una via di fuga.
< Ah.> replicò atona.
Il Mangiamorte abbassò lo sguardo, puntandolo sul lenzuolo bianco su cui sedeva. Di solito lui era un tipo sveglio, arguto, uno con la battuta pronta, che sapeva sempre cosa dire.
Eppure, quel giorno, trovare le parole era persino più arduo che considerare l’idea di stringere la mano ad Harry Potter in persona.
Avvertiva la sgradevole sensazione che, se avesse deciso di aprire bocca, avrebbe detto una stupidaggine. Un’uscita infelice che avrebbe ulteriormente affossato quel minimo di dignità che gli restava, che gli avrebbe fatto desiderare di essere immediatamente risucchiato da un buco nero e spedito nelle profondità più sperdute della galassia.
Perciò, pienamente consapevole del fatto che quando non si ha nulla da dire, la cosa migliore è tacere, decise di propendere per quella linea di pensiero.
Nemmeno immaginava che il suo silenzio gravasse sulla ragazza più di una tonnellata di cemento armato.
Hermione combatteva contro la pressante tentazione di girare sui tacchi ed uscire dalla stanza senza emettere un ulteriore fiato.
Solitamente, bramava la presenza e la compagnia di Draco. Ma, in quel momento, non riusciva nemmeno a guardarlo. E questo perché ogni volta che posava il proprio sguardo sulla sua figura, squarci di quel ricordo tornavano ad ossessionarla, come un flashback.
Dopo alcuni istanti di imbarazzante silenzio, durante il quale la loro unica interazione era consistita in un colpo di tosse da parte di lui ed uno schiarimento di voce da parte di lei, la Guaritrice si decise a riprendere parola.
< Ho parecchio lavoro da sbrigare, adesso. Casomai... sì insomma, ripasso più tardi.>
Il ragazzo sollevò lo sguardo, incrociando quello di Hermione. Le sue labbra si sollevarono leggermente, in una smorfia che di un sorriso vero e proprio non aveva assolutamente nulla.
< Certo.>
Lei ricambiò con la stessa espressione tirata. Indietreggiò di un passo, cercando a tentoni la maniglia. Quando avvertì la propria mano destra sfiorare il pomello lucido, quasi tirò un sospiro di sollievo.
Spalancò la porta senza nemmeno voltarsi, rivolse un’ultima occhiata al Mangiamorte ed uscì rapidamente dalla stanza.
Non arrestò il proprio passo, continuando a camminare per mettere quanta più distanza possibile tra lei e quel demonio biondo.
Una volta raggiunto il proprio ufficio, si passò una mano tra i capelli, sbuffando.
Così non va.


< Cosa esattamente “non va”?>
Hermione storse il naso. Chiunque avesse dichiarato che i ragazzi non riuscivano a fare più cose contemporaneamente, non aveva mai avuto a che fare con Ronald Weasley.
Come lui potesse ascoltare i suoi sfoghi, consigliarla, tirare calci e pugni al sacco appeso di fronte a sé ed ammiccare a qualunque ragazza passasse davanti alla porta della palestra, il tutto al medesimo tempo, era e restava per lei un mistero.
< Ron, pensi di riuscire a conversare con me come un qualunque essere civile che si rispetti, o devi continuare a parlarmi mentre flirti con ogni appartenente al genere femminile che rientri nel tuo campo visivo?> chiosò Hermione, stizzita.
Il più giovane dei ragazzi Weasley interruppe il suo allenamento, arrestando con il braccio destro il dondolio del sacco da boxe. Si voltò a fissarla con una smorfia divertita.
< Non è vero che flirto con ogni appartenente al genere femminile. Con te non lo sto facendo.>
Hermione alzò gli occhi al cielo, con un sorrisetto divertito.
< Io non faccio testo, Ronald. Tu non mi consideri una preda.>
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
< Preda?> chiese ridacchiando.
< Non venirmi a dire che non ti senti un cacciatore perché non ti credo.> sottolineò lei, rivolgendogli un’occhiata ironica.
Ron alzò le mani in segno di resa, continuando a ridere.
< Ma il fatto che non desideri appendere la tua bella testolina riccia nel mio salotto dei trofei non significa che tu non faccia testo, Mione!> aggiunse.
< Invece è così. Tu non riesci a pensare a me come ad una donna in senso lato. Non più.> si corresse, notando l’espressione eloquente dell’amico < Ormai mi consideri più come una sorel...>
Si bloccò di colpo, insultandosi mentalmente. Vide Ron trattenere il fiato e stringere le mani a pugno. L’ombra delle vene sui dorsi rivelava il suo forte stato di tensione.
Si diede della stupida. Possibile che non riuscisse mai a tenere a freno quella sua linguaccia maledetta?
Un conto era pensarle certe cose. Il loro legame era non esplicitamente definito in tali termini. Entrambi erano ben consapevoli di avere un rapporto molto intimo e familiare, come tra fratelli.
Ma un altro conto era dirlo. C’era un tacito accordo tra loro: mai pronunciare quella parola.
Stupida.
Sussultò quando Ron le si sedette accanto, distogliendola dal suo processo di autoflagellazione mentale. Si voltò a fissarlo, mentre lui scioglieva lentamente le bende con cui si era fasciato le mani, lo sguardo puntato sul pavimento ad evitare quello della ragazza.
Gli si fece più vicina, posando il capo sulla sua spalla.
< Scusami.> sussurrò.
Ron sospirò, abbozzando un sorrisetto.
< Non hai nulla di cui scusarti. E lo sai.>
Le bende scivolarono sul pavimento, circondate da un silenzio tetro, dal retrogusto amaro. Il giovane osservò con espressione assente le nocche escoriate delle proprie mani.
Quelle superficiali ferite erano la prova tangibile che non importava quanti pugni tirasse, quanta forza ci mettesse, quanta adrenalina lasciasse scorrere nel suo corpo. Niente riusciva a cancellare quel dolore sordo dal profondo della sua anima.
Era capace di resistere a botte, incantesimi e torture. Ma bastava un’unica, semplice parola per stenderlo al tappeto.
Serrò gli occhi e si passò una mano sul viso, espirando dal naso.
< Che cosa esattamente “non va”?>
Ripeté la stessa domanda di pochi minuti prima, tentando di cambiare rapidamente argomento.
Certi scheletri era meglio lasciarli ben nascosti nell’armadio.
Hermione colse la sua implicita richiesta di riportare la conversazione al punto precedente, e non ebbe nulla da obiettare. Dopotutto, era per quel motivo che aveva espresso il desiderio di parlare con lui.
Sospirò gravemente, risollevando la testa dalla spalla dell’amico.
< Tutto, Ron. Voglio dire, non funziona. Io ci provo a far finta che non sia successo nulla, ma ogni volta che me lo ritrovo davanti... dannazione, non riesco a comportarmi normalmente. Prima sono passata da lui, sembravo un robot. E anche lui non è messo meglio di me. La tensione si tagliava a fette. Questa sorta di “compromesso” fa acqua da tutti le parti.>
Il ragazzo l’ascoltò in silenzio, desiderando come mai prima di allora una sigaretta accesa tra le labbra.
< Beh, per quanto io odi fare il guastafeste...>
Se uno sguardo avesse avuto il potere di uccidere, l’occhiataccia che Hermione scoccò a Ron l’avrebbe fulminato all’istante.
< Ok ok, effettivamente forse un po’ mi piace.> puntualizzò, ridacchiando < Comunque, avevo ragione io.>
La Guaritrice alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
< Da quanto tempo aspettavi di avere l’occasione per pronunciare questa frase?>
< Neanche te lo immagini.> replicò lui, ghignando.
Hermione accavallò le gambe. Non ne aveva il minimo dubbio, con tutta probabilità l’amico attendeva da anni il fatidico e glorioso momento in cui lei, finalmente, avesse compiuto un passo falso. Non tanto perché desiderasse ardentemente che anche lei, per una volta in vita sua, compisse un errore, o perché coltivasse la non tanto segreta brama di ridere dei suoi sbagli.
Ma, oggettivamente, agognava il suo momento di rivalsa. Quel magico, meraviglioso istante in cui Ronald Bilius Weasley, un uomo chiamato “errore madornale”, avrebbe infine avuto ragione sulla So-tutto-io più infallibile sulla faccia della Terra.
Puntò il gomito sulla coscia destra e posò placidamente la guancia sulla mano, sorreggendosi il capo.
< Avanti, sono tutta orecchie. Avevi ragione tu, il proposito di fingere che non mi abbia mai baciato è un grosso buco nell’acqua. Illuminami, Weasley. Quale geniale soluzione alternativa proponi?>
L’Auror si lasciò andare stancamente all’indietro, poggiandosi allo schienale della panca su cui entrambi sedevano. Allargò le braccia, distendendole lungo i bordi, ed allungò le gambe in avanti, stirando i muscoli affaticati.
< Sai, lo trovo piuttosto ironico.>
< Che io chieda aiuto a te?>
Annuì.
< Anche. Ma mi riferivo più che altro a Malfoy.>
Hermione, perplessa, aggrottò le sopracciglia.
< Lo trovi ironico?>
< Non lui, la vostra situazione. Insomma, tu che sei in difficoltà perché sei attratta da lui e viceversa.>
La giovane si rabbuiò.
< Il tuo senso dell’ironia avrebbe bisogno di una revisione. Non ci trovo nulla di divertente, Ronald.>
Lui inclinò il capo verso destra, incrociando lo sguardo dell’amica.
< Non ho detto che sia divertente. Ho detto che è ironico.>
Lei sbuffò.
< C’è differenza?>
< Ce n’è molta. E’ ironico perché voi due vi detestavate. Tu rappresentavi quanto di più odioso ci fosse per Malfoy al mondo, e lui... beh, lui è uno che quasi ami odiare*, è una vera Serpe in tutto e per tutto.>
Hermione sospirò pesantemente.
< Lo so. Ma più che ironico lo definirei deprimente.>
< Addirittura?> fece Ron, sarcastico.
< Era come il fumo negli occhi per me. L’emblema dell’essere deprecabile, una persona con cui non avrei voluto avere a che fare neppure per tutti i galeoni custoditi alla Gringott. Non che lo odiassi, sia chiaro. L’odio è... insomma... diverso. Però non ero una sua ammiratrice, ecco.>
Il ragazzo scosse lentamente il capo, ridacchiando.
< “L’odio è diverso”. Ma sentila! Sei troppo pura e buona tu per nutrire un simile sentimento, eh?>
< Affatto.> controbatté lei < Odio Voldemort con tutta me stessa. Lui e tutti i suoi dannati Mangiamorte, e tutto il male che hanno fatto e continuano a fare. Ma Malfoy era solo un bulletto, un ragazzino pieno di boria con idee malsane ereditate dal padre. Lo detestavo, ma non aveva commesso nulla di così deplorevole da meritarsi il mio odio.>
Ron sospirò, contraendo le labbra in una smorfia.
< Non per puntualizzare Hermione, ma adesso lui rientra nella schiera dei “dannati Mangiamorte”. Anzi, ne è grossomodo a capo.>
La giovane sciolse l’incrocio delle proprie gambe, curvando la schiena come se un grosso peso vi gravasse sopra e prendendosi la testa tra le mani.
< Lo so dannazione, lo so! Perciò tutta questa faccenda è deprimente! Ai tempi di Hogwarts era da detestare, ed io lo detestavo. Adesso è da odiare, e io...>
< C’è chi dice che il confine tra odio ed amore sia piuttosto labile e sottile.> fece Ron, incapace di trattenere una nota di disappunto nella sua voce.
Lei quasi sussultò. Sollevò il capo, cercando lo sguardo dell’amico e fissandolo con tanto d’occhi.
< Chi ha mai parlato di amore?> domandò, quasi scandalizzata.
Il ragazzo si limitò a scrollare le spalle. Si trattenne dall’aggiungere alcunché.
Di certo Hermione non aveva mai esplicitamente parlato d’amore. Anzi, forse mai l’avrebbe fatto. Ma Ron ne percepiva decisamente la puzza. E non era rassicurante.
La sentì emettere un lungo, profondo sospiro.
< Com’è successo, Ron? Come ho fatto a ridurmi in questo stato? Per Malfoy, accidenti! Con tutti gli uomini che ci sono al mondo, sono andata ad invischiarmi con il peggiore in assoluto.>
< Non chiedermi come sia successo. Io trovo ancora inconcepibile il fatto che tu ti sia fatta baciare da lui senza poi cruciarlo.> ammise lui.
Hermione si alzò in piedi, camminando lentamente verso il sacco da boxe al centro della stanza. Lo raggiunse e vi posò sopra la mano destra, sfiorando la stoffa con la punta delle dita.
< La verità è che non riesco a stargli lontana.> riprese, dando le spalle all’amico < E se provo a farlo, lo ritrovo in ogni mio pensiero. E’ come un’ossessione. Sono attratta da lui come mai mi è accaduto in vita mia. E voglio dire, non è la prima volta che mi piace qualcuno. Ma non è mai stato così... intenso, ecco. E non è solo una questione fisica, non sono solo affascinata dal suo aspetto esteriore. Ogni cosa di lui mi attrae. Persino quelle che anni fa detestavo.>
Sospirò nuovamente, piegando il capo.
< Non ho mai provato nulla di così forte, Ron. Mai sono stata così irresistibilmente attratta da un uomo. E’ come se mi avesse soggiogata, come se fossi sotto effetto di un incantesimo. E più cerco di metterci una pietra sopra, di tirarmi fuori da questa faccenda, più ci resto invischiata. Diamine.>
Il bisogno di nicotina del ragazzo si faceva sempre più impellente.
Si schiarì la voce con un finto colpo di tosse.
< Ex fidanzato nei paraggi, nel caso non te ne fossi accorta.> sentenziò, sarcastico.
Hermione alzò gli occhi al soffitto, senza riuscire a reprimere un sorrisetto.
< Evitiamo di addentrarci in questo discorso, ti prego. Sai meglio di me come stavano le cose tra noi.>
< Certo che lo so, ma questo non significa che mi faccia piacere vedermi surclassato da un Malfoy qualunque.> borbottò il ragazzo, aggrottando le sopracciglia.
Orgoglio virile, pensò Hermione. Talmente potente da suscitare persino gelosie ingiustificate.
< Sai, forse hai ragione a dire che è ironico.> riprese lei < E’ come se tutto il male che gli ho augurato in questi anni mi si fosse ritorto contro, ed avesse deciso di infliggermi un supplizio esemplare. Sospetto quasi che sia una qualche forma di punizione divina.>
Ron ridacchiò.
< Beh, innanzitutto dubito che tu sia seriamente capace di augurare del male a qualcuno. L’aver tentato di cancellare a suon di schiaffi quell’irritante ghigno dalla sua faccia non conta, in questo senso. E poi, con tutta la gente che ci sarebbe da punire per cose serie, ti pare che perderebbero tempo con te ed il tuo astio giovanile per Malfoy? Oltre al fatto, ovviamente, che sarebbe una punizione anche per lui, se ci pensi.>
La ragazza sospirò pesantemente, posando la fronte contro il sacco da boxe.
< Ho perso letteralmente la testa.> sentenziò, lugubre.
L’Auror annuì tra sé e sé.
< Credo che sia proprio questo il punto.>
Hermione risollevò il capo e si voltò verso il proprio migliore amico, con un’espressione talmente perplessa che il ragazzo classificò immediatamente come perfetta immagine da aggiungere alla voce “punto interrogativo” sul dizionario.
< La testa.> aggiunse, come se avesse appena affermato la cosa più ovvia del mondo.
La fanciulla annaspò. Non sapeva onestamente dove Ron volesse andare a parare, né se quello che le aveva appena rivolto andasse preso come un insulto.
Probabilmente anche lui si rese conto di essersi espresso in maniera piuttosto enigmatica, perché ricambio lo sguardo di Hermione con un’espressione dubbiosa, poi scoppiò a ridere.
< Insomma, quello che intendevo dire> esordì poi < è che il problema fondamentale è proprio legato alla tua testa.>
La bocca di lei si piegò lentamente in una smorfia minacciosa.
Se osa mettere in dubbio le mie facoltà mentali, giuro che lo Schianto.
< Non sono una ragazza,> per fortuna, considerò lui < quindi non ho bene idea dell’effetto che quello lì possa esercitare su una femmina, anche se sospetto che sia vagamente simile a quello che sortisco io, ma in misura assai ridotta.>
Hermione roteò gli occhi, rifiutandosi di commentare quell’affermazione. Ormai la modestia aveva smesso di essere una caratteristica di Ron.
O meglio, non la era mai stata. Anni ed anni di vicinanza con Harry “il mondo è nelle mie mani” Potter avevano contribuito a far passare in secondo piano il velato autocompiacimento che permeava ogni fibra di quell’essere Rosso e lentigginoso.
Ma dopo che il suo fisico era stato sapientemente e faticosamente scolpito e la chioma vermiglia trasformata in un corto taglio assai più virile, le donne avevano cominciato a manifestare lievi preferenze per l’insospettabile Weasley rispetto al tormentato Potter, il cui fascino da eroe maledetto aveva iniziato a perdere lentamente ed inspiegabilmente – ma neppure tanto, a detta di chi aveva avuto la sfortuna di trascorrere del tempo in sua compagnia, ascoltandolo blaterare di Quidditch e lamentarsi della sua malasorte – colpi.
Ciò aveva permesso al viscerale amor proprio del giovane di raggiungere livelli quasi inumani, trasformandolo in un metro e novanta di muscoli, macismo e boria. E se le prime due componenti di quest’agglomerato avevano, tempo addietro, compiaciuto i sensi della Guaritrice, la terza le provocava un’esasperazione quasi pruriginosa.
< Ad ogni modo, > proseguì < dubito seriamente che sia stato il suo aspetto fisico ciò che ti abbia conquistata maggiormente. Non che sia un particolare da sottovalutare, sai meglio di me che anche l’occhio vuole la sua parte. Ma ti conosco fin troppo bene per confermare che non sei quel tipo di ragazza superficiale e ninfomane che si trasforma in una svenevole ochetta di fronte ad un bel viso ed un bel corpo. Soprattutto se questi appartengono ad un Mangiamorte come lui.>
< Ti ringrazio Ron, ma non capisco dove vuoi arrivare.>
< Voglio arrivare a dire che è la testa il problema perché è esattamente che Malfoy ti è entrato.>
Hermione parve comprendere il senso delle parole dell’amico.
< Prima ancora di conquistarti fisicamente, lui ha ottenuto la tua attenzione dal punto di vista mentale. Ti ha sedotta coi suoi modi, con le sue parole, col suo stupido carattere che, mi duole dirtelo, per certi versi è tremendamente simile al tuo. Ed è per questo che sei così attratta da lui. Non sei semplicemente intrigata dal suo bell’aspetto. Tu sei invaghita di lui, in tutto e per tutto.>
La giovane sgranò gli occhi, puntando il proprio sguardo vacuo sui piedi di Ron.
< Invaghita...> mormorò sottovoce.
< Invaghita.> confermò l’Auror.
Rimase qualche istante in quella posizione, statica, come incantata. Poi si coprì il volto con le mani, emettendo un gemito isterico, vagamente simile ad un ringhio.
Si lasciò scivolare a terra, sedendosi sul pavimento lucido della palestra.
< E’ peggio di quanto pensassi.> mugolò.
Il ragazzo piegò il capo verso la spalla destra, fissandola con un’espressione tenera.
< Perciò concordi con me?>
Hermione annuì, il volto ancora celato dalle mani.
< Come non potrei? Hai ragione su tutta la linea.> sospirò pesantemente, facendo scorrere le mani verso l’alto e ravvivandosi i capelli all’indietro. < Sono nella merda.> sentenziò poi, funerea.
Ron scosse lentamente il capo.
< Fatico ancora a comprendere cosa tu abbia trovato in lui. Voglio dire, stiamo parlando di Draco Malfoy. Lo straordinario furetto rimbalzante!>
Lei gli scoccò un’occhiata perforante.
< Certo, un furetto rimbalzante che se potesse usare la bacchetta ti friggerebbe come un quarto di bue su una brace.>
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
< Andiamo bene, ora lo difendi pure.>
< Non lo sto difendendo, Ron. Sto solo sottolineando che è ridicolo il tuo appigliarti al suo passato. Lui non è più quella persona, e dovresti esserne consapevole.>
L’Auror annuì, serio.
< Lo so, Hermione. Ma concorderai con me che comunque quella parte è sempre viva in lui. Si è, diciamo... evoluto, rispetto a ciò che era a quei tempi. Ma non si può cancellare il proprio passato. E sarà anche cambiato, ma certi aspetti di quel ragazzino sono ancora vivi nell’uomo di oggi.>
La fanciulla fece una smorfia.
< In pratica è come dire che trovi ipocrita che io detestassi il suo lui adolescente e adesso sia invaghita del suo lui adulto?>
Ron scosse il capo in segno di diniego.
< No. In pratica è come dire che non devi mai dimenticarti chi è stato. Per quanto fascino possa esercitare su di te adesso, in passato ha attirato solo il tuo disappunto. E forse aggrapparsi a questo ricordo potrebbe essere un buon metodo per far scemare questa assurda attrazione.>
< Credi che non ci abbia già provato? Ho passato settimane a ripetermi “è Malfoy, Hermione. Quello che ti chiamava Mezzosangue, ti prendeva in giro e ti sminuiva. E’ la stessa odiosa persona che ti ha portato sull’orlo delle lacrime quasi tutti i giorni per sette anni”. Ma non è servito a granché.>
Si strinse le ginocchia contro il petto, circondandole con le braccia, e vi posò stancamente il mento. Si sentiva spossata da quella conversazione, estenuata dalle sensazioni che anche solo nominare il Mangiamorte le provocavano, spaesata e confusa dal non riuscire a contrastare i demoni che le affollavano la mente.
Forse per la prima volta in vita sua, sentiva di essere realmente debole. Aveva scoperto il fianco, permettendo che lui s’insinuasse nei suoi pensieri e, più lentamente, nel suo cuore.
Aveva permesso che si espandesse a macchia d’olio dentro di lei, impregnandola completamente.
E adesso, per quanto tentasse di lavare via ogni sua traccia, non riusciva a cancellarne l’alone.
Sporca.
Era decisamente sporca.
Sporcata da un sentimento puro nutrito per una persona corrotta.
Sporca lei e sporco ciò che provava.
Sembrava non esserci modo di ripulirsi l’anima e la coscienza.
La cosa che più pesava ad Hermione era proprio questa: non riuscire a trovare una soluzione.
Lei sempre così logica e razionale, lei che sapeva sempre come uscire anche dalle situazioni più spinose, lei a cui tutti si rivolgevano per un aiuto, soccombeva adesso di fronte ad una banalità come una cotta per un ragazzo.
Era bastato quel piccolo, insignificante, maledetto sentimento per mandare in crisi decenni di integrità ed etica, valori su cui aveva fondato una vita intera e convinzioni che aveva scioccamente creduto l’avrebbero accompagnata fin nella tomba.
L’intero universo di Hermione Jean Granger era stato minacciato dalla comparsa della costellazione di Draco, ed ora rischiava di dissolversi, inghiottito da un enorme buco nero.
< Ron, cosa devo fare?> chiese, quasi in un sussurro, senza alzare gli occhi verso di lui.
Nel momento in cui avvertì la nota di disperazione che permeava quella richiesta, il ragazzo si rese effettivamente conto della gravità della situazione.
Hermione, da che la conosceva, aveva sempre avuto tutto sotto controllo. Era la logica del gruppo, quella che riusciva costantemente a trovare il bandolo della matassa e a sbrogliarlo. Aveva tirato lui, Harry e tutti gli altri fuori dai guai più e più volte.
Non era infallibile. Era umana come tutti, anche lei commetteva i suoi errori ed era costretta a rimediarvi.
Ma difficilmente – se non mai – necessitava dell’aiuto di qualcuno. Hermione Granger risolveva le magagne di Hermione Granger da sola.
La sostanziale insicurezza che si celava dietro la sua facciata da so-tutto-io la spingeva spesso e volentieri a cercare conforto in lui ed Harry. Si confidava, esponeva i suoi problemi, piangeva sulle loro spalle e si sfogava con loro. Paradossalmente, Ron sospettava che lei usasse le spiegazioni che rivolgeva loro su cosa la turbasse per razionalizzare il tutto ed identificare la strategia migliore per agire.
Hermione era indipendente, una donna tutto sommato forte ed autonoma, che non aveva bisogno di appoggiarsi a nessuno per reggersi in piedi. Combatteva da sola le proprie battaglie, e le vinceva tutte.
Una sola volta, in undici anni di amicizia, lei aveva esplicitamente richiesto il loro aiuto.
Dopo la morte dei suoi genitori, Hermione sembrava aver completamente smarrito il lume della ragione. Era quasi impazzita dal dolore, forse più per la consapevolezza di aver condotto lei sua madre e suo padre sul baratro del proprio assassinio che per la perdita in sé.
Tutto il suo sangue freddo era andato a farsi benedire, lasciandola sperduta e devastata. Era stata derubata del suo essere, di ciò che la rendeva universalmente nota come Hermione Granger.
Era rimasta solo una giovane donna con un grosso, gigantesco buco all’altezza del petto ed il vuoto più totale dentro.
Era crollata come un muro colpito violentemente da una demolitrice. Rapidamente ed inesorabilmente, ogni parte di lei si era sfracellata al suolo, spezzandosi in mille frammenti impossibili da ricongiungere.
Ed era stata incapace di riemergere da quel baratro con le proprie forze.
Aveva urlato, pianto, preso a calci e pugni qualunque cosa, distrutto oggetti per il gusto di vederli rompersi come aveva fatto lei, ferito se stessa nella speranza che quel sacrificio di sangue fosse servito a redimerla. Era letteralmente impazzita.
Poi, quando si era resa conto che le sue escandescenze non l’avevano portata a nulla se non ad intensificare il dolore che la soffocava, si era appigliata a Ron ed Harry.
Aveva invocato il loro aiuto con grida strazianti, versando le ultime lacrime che le erano rimaste.
Li aveva pregati e supplicati di aiutarla a rimettersi in piedi, perché le sue gambe non riuscivano a sostenerla da sole.
E i due ragazzi avevano risposto al suo appello, pronti a dimostrare il loro amore per la giovane nel suo momento di massimo bisogno. Le avevano restituito tutto ciò che lei aveva dato loro in oltre un decennio di amicizia.
Lentamente, col loro supporto, Hermione era finalmente riuscita a riemergere dalle tenebre e tornare alla luce.
Adesso, la sua migliore amica invocava nuovamente il suo aiuto.
Certo, le due circostanze non erano minimamente paragonabili. Ma se era giunta a chiedere l’intervento di Ron, significava che era veramente arrivata al capolinea.
Considerò che, con tutta probabilità, il peso di quella situazione e, più nello specifico, di quel sentimento contrastante si era infine accentuato, gravando su di lei con la forza di un macigno e minacciando di schiacciarla, riducendola in poltiglia.
Hermione accusava il colpo. Aveva contrastato quella forza opprimente a lungo, combattendo in solitario. Ma alla fine, sconfitta, aveva gettato le armi e dichiarato la resa.
Ed aveva invocato l’intervento della cavalleria.
Ron Weasley annuì tra sé e sé. Si alzò lentamente dalla panca, raggiungendo l’amica e sedendosi sul pavimento al suo fianco. Le passò le braccia intorno alle spalle, attirandola a sé e stringendola in un abbraccio caloroso.
Il Cavaliere Rosso avrebbe soccorso la sua Damigella in difficoltà.


~ω~





Che razza di situazione.
Se un paio di anni fa mi avessero detto che mi sarei ritrovata invischiata in un simile guazzabuglio sentimentale, mi sarei fatta delle grasse risate.
Il romanticismo non ha mai fatto per me, lo ammetto.
Sono sempre stata una ragazza pratica, più concentrata su altri aspetti della vita rispetto alla sfera amorosa.
Non che io sia chissà quale divergenza dalla norma, chiariamoci.
Ho avuto anch’io le mie cotte, le mie sbandate, le mie avventure. Come qualunque femmina sulla faccia della Terra.
Ma personalmente, nella mia scala dei valori e delle priorità, l’amore ha sempre avuto una posizione piuttosto bassa.
Ho sempre dato molta più rilevanza all’amicizia, agli affetti familiari, all’ammirazione per personaggi degni di rispetto a cui ispirarsi.
Come tutte le ragazze, anch’io sognavo e sogno tuttora di convolare a nozze con l’uomo dei miei sogni, avere dei figli, mettere su famiglia e passare il resto della mia esistenza al fianco della persona che ho scelto.
Ma non è un pensiero così fisso ed opprimente, ecco.
Ho sempre provato una sorta di repulsione per le relazioni e le faccende amorose, decisamente non fanno per me.
Ci sono decine, centinaia di argomenti che mi interessano maggiormente.
Io ero quella che preferiva avere tutti “Eccellente”, piuttosto che decine di maschi ai propri piedi. Io ero quella che puntava ad acquisire nozioni magiche e conoscenze, piuttosto che guadagnarsi la reputazione di femme fatale. Io cercavo amici, non ragazzi.
Mi interessava studiare coi maschi di Hogwarts, non uscirci assieme.
Preferivo un abbraccio caloroso ad una pomiciata.
Preferivo i complimenti di un professore per le mie capacità piuttosto che gli apprezzamenti di un mio compagno per il mio fisico.
E questo, sia chiaro, non è il classico discorso della “volpe che non arriva all’uva”**.
Il mio disinteresse quasi totale nei confronti di ragazzi, amore e tutte queste faccende non era una risposta orgogliosa al fatto che in realtà nessuno mi guardasse o volesse uscire con me.
Anche perché mentirei.
Forse non ero la più bella di Hogwarts, anzi sicuramente non la ero.
Ma ho avuto anch’io i miei corteggiatori, ho avuto i miei appuntamenti, i miei “ragazzi”, i miei baci e le mie esperienze.
Però...
Diamine, erano situazioni che mi capitavano, in cui spesso mi ritrovavo coinvolta mio malgrado!
Non andavo a procacciarmi fidanzati e corteggiatori come Lavanda e Calì.
Avevo principi assai differenti, io.
E pensavo che le cose sarebbero andate avanti così per tutta la vita.
Ero fermamente persuasa di non essere poi tanto portata per l’amore. Dopotutto, credo di non aver mai seriamente amato nessuno.
Neppure Ron.
Ne ero convinta, a suo tempo.
Ero sicura di essere innamorata di lui, ero certa che ciò che ci univa fosse vero amore.
O forse, ero certa di volerci credere.
In effetti, se analizzo la nostra relazione col senno di poi, non ho mai seriamente dimostrato di amarlo, nel senso romantico del termine.
Né l’ho mai pensato davvero.
E questo indipendentemente dal fatto che si trattava di Ron, indipendentemente dal fatto che è uno dei miei migliori amici e che quindi ciò che provo per lui è molto, molto più amichevole.
Ed indipendentemente dal fatto che la nostra liaison era all’ottantacinque percento frutto delle pressioni e delle aspettative degli altri, Harry in primis. Il restante quindici percento era semplicemente amore fraterno frainteso.
Indipendentemente da tutto ciò, io sapevo di non amarlo. Perché non avevo idea di cosa significasse, di cosa veramente fosse l’amore.
E, voglio dire, è automatico: se non sai cos’è, significa che non l’hai mai provato.
Io non ero innamorata di Ron, non ero mai stata innamorata prima, non la sono stata dopo ed ero piuttosto convinta che non la sarei stata ancora per lungo tempo.
Forse mai. Forse avrei sposato un ragazzo adorabile e perfetto senza effettivamente amarlo, semplicemente volendogli bene.
Forse avrei conosciuto il vero amore solo quando avrei stretto tra le braccia mio figlio. E in quel caso, comunque, si sarebbe trattato di un amore di tutt’altro genere.
Insomma, avevo queste solide certezze nella mia mente, come basi fondanti della mia esistenza.
E poi...
Poi arriva quello stramaledetto biondino da strapazzo – o forse sarebbe più corretto dire ritorna – e tutto va a rotoli.
Mi scopro diversa, imparo a rapportarmi con un’Hermione differente da quella che sono stata in ventidue anni.
E per quanto non mi piaccia e non riesca ad accettarla, non sono in grado di eliminare questa Hermione.
Diamine...
Che razza di situazione!
...
Un momento.
Fermi tutti.
Ragioniamo.
Ricomponiamoci e riprendiamo a pensare in maniera lucida.
Non posso averlo fatto...
Ho seriamente parlato di... di “amore”?
Per quale dannato motivo ho fatto tutto questo ragionamento sull’amore, e alla fine c’ho infilato Malfoy?
Che accidenti c’entra Malfoy?!
Oh santi numi, sto impazzendo!
E’ l’unica spiegazione plausibile, sto davvero, davvero, DAVVERO impazzendo.
Che senso ha parlare di amore e tirare in ballo quello lì?
Io non lo amo, stiamo scherzando?!
Io non provo un accidenti per Lui!
Mi piace, sono attratta da Lui, sono – fanculo – sono invaghita di Lui, ma non sono innamorata!
Né lo sarò mai!
Non diciamo assurdità per piacere!
Hermione, ti scongiuro, torna in te!
Non devi fare simili discorsi nemmeno nella tua testa! E se poi ti sfuggisse qualcosa di compromettente?
Lo sai che quando sei agitata straparli, non vorrai mica dare voce a queste baggianate per errore?
Questa è tutta colpa di Ron.
Sì, è colpa sua.
E’ stato lui a rifilarmi quella scemata sul confine tra odio e amore.
E’ sempre lui che mi mette in testa strani tarli, quel maledetto Weasley!
Amore...
Tse, che cavolata!
Una barzelletta, ecco sì, una barzelletta.
Io innamorata di Malfoy.
Io che mi sto innamorando di Draco Malfoy.
Io che nutro un qualche tipo di sentimento vagamente simile all’amore per il Mangiamorte Draco Lucius Malfoy.
La barzelletta del secolo.
Ridicola, esilarante, comicità allo stato puro.
Da morire dalle risate!
...
...
E allora...
Perché non sto ridendo?



~ω~





Hermione Granger aveva lo sguardo più intelligente che Draco Malfoy avesse mai visto.
Negli anni passati non si era mai soffermato ad osservare i suoi occhi. Le volte in cui l’aveva fissata, era più concentrarlo ad esprimerle tutto il suo disprezzo e a riempirla di offese ed insulti.
La guardava.
Anzi, a malapena la vedeva.
Ma, da quando era iniziata quella sorta di prigionia, aveva iniziato ad osservarla sul serio.
A scrutarla.
A studiarla.
Ed aveva dovuto riconoscere che le iridi della Guaritrice risplendevano di una luce rara.
I suoi occhi erano pieni di vita, di passione, di ingegno. Occhi che carpivano ogni minima informazione si proponeva loro, coglievano ogni più piccola sfumatura, vedevano molto più in là di quanto facessero gli altri.
Occhi che penetravano la sua coltre di ghiaccio ed indifferenza, riuscendo ad entrare in contatto con quella parte di sé che Draco celava al mondo.
Occhi che testimoniavano la presenza di un’anima brillante e di una mente in perenne dinamismo.
Doveva ammetterlo, aveva visto occhi esteticamente più belli dei suoi.
Il marrone era un colore banale ed ordinario, comune a centinaia di persone.
Lui aveva incontrato donne con occhi verdi come smeraldi, blu come il mare aperto, azzurro chiaro come il cielo in una giornata di sole, neri come l’ebano, dorati come spighe di grano. Occhi grigi come i suoi, occhi verde chiaro che sembravano cambiare colore a seconda della luce, persino occhi viola.
Ma mai nessuno sguardo aveva mostrato l’intensità delle iridi castane di Hermione Jean Granger.
I suoi occhi erano unici al mondo, erano vivi, erano attenti, risplendevano di luce propria.
Erano quasi ipnotici.
Draco era ampiamente consapevole che quegli occhi non si limitavano a guardarlo passivamente.
Quegli occhi lo scrutavano ed analizzavano.
Era perennemente sotto osservazione, quando lo sguardo di Hermione era puntato su di lui.
Ma, stranamente, la cosa non lo disturbava.
Non si sentiva in soggezione, né infastidito.
Anzi, quando lei non c’era, ne sentiva l’angosciosa mancanza.
Bramava i suoi sguardi.
Anelava i suoi occhi su di sé.
Desiderava che lei lo studiasse.
Voleva rispecchiarsi in quelle iridi marroni.
Erano impresse a fuoco nella sua memoria, ed ogni volta che si perdeva a fissare il vuoto quell’immagine si proponeva prepotentemente.
Hermione Granger era obiettivamente una strega affascinante. Da ragazzina sciatta ed acerba si era trasformata in una donna bella ed elegante.
Era una bellezza piacevole, non aggressiva, non stravolgente. Una di quelle che non ti colpiscono al primo impatto, ma si insinuano nei tuoi pensieri lentamente e maliziosamente.
Sinuosa, delicata, aggraziata, discreta.
Così diversa dalle donne con cui era solito intrattenersi.
Diversa da loro, e forse per questo migliore.
Era una fanciulla assolutamente nella norma.
Una bella ragazza, ma bella come tante altre.
Era ciò che si celava dietro quel grazioso corpicino a renderla davvero speciale.
E forse per questo il suo sguardo risplendeva di una luce unica. Forse per questo i suoi occhi erano ciò che più di qualunque altra cosa avevano conquistato e fatto capitolare Draco Malfoy.
Perché gli occhi sono lo specchio dell’anima.
E dietro i begli occhi di Hermione Granger, occhi belli di una bellezza canonica e tradizionale, si rifletteva un’anima straordinaria, fuori dal comune.
Un’anima sublime, affascinante, eccezionale.
Un’anima in grado di far perdere la testa ad un uomo.
Un’anima capace di soggiogare completamente persino Draco Lucius Malfoy.


Hermione era pienamente consapevole della validità dei consigli di Ron.
Sapeva che il suo amico le aveva suggerito la cosa migliore, era assolutamente certa che fosse la soluzione ideale al suo problema.
Eppure, mentre s’incamminava verso la stanza di Malfoy, aveva iniziato a tentennare.
Non aveva cambiato idea, ma non era più così sicura.
Più che altro, temeva la reazione del ragazzo.
Il che era piuttosto assurdo.
Lei non temeva che lui si infuriasse per quella decisione, che si opponesse o che la tacciasse di codardia per aver optato per la via più semplice.
No, non era questo ciò che la spaventava.
Hermione aveva paura di trovare un Draco ben disposto di fronte alla sua scelta, del tutto concorde, sollevato. Era terrorizzata al pensiero che lui si congratulasse con lei per la bella pensata, che si chiedesse come avesse potuto non arrivarci prima lui stesso o che addirittura confessasse di essere giunto alla stessa conclusione.
Era ridicolo.
Lei doveva sperare che lui accettasse così di buon grado.
Perché nutriva quell’inconcepibile timore?
Forse perché non è ciò che realmente vuoi, e ti spaventa l’idea che per lui non sia altrettanto.
Forse perché ti auguri che Malfoy tenga a te al punto da non essere disposto a rinunciare a ciò che avete.
Forse perché in realtà ciò che desideri è che lui t’implori di non uscire dalla sua vita.

Scosse ripetutamente la testa, scacciando quei pensieri e zittendo la fastidiosa, petulante vocina che dalle prime ore del mattino continuava a ripeterle quelle tre frasi.
Aveva bisogno di riassumere il pieno controllo di sé ed esibire il suo cipiglio più professionale.
Non doveva permettere che Draco percepisse il suo stato d’animo di fronte alla comunicazione che stava per fargli, né che intuisse la vera motivazione che stava alla base di tutto ciò.
Raggiunta la porta della sua stanza, prese un respiro profondo, si sistemò meglio il camice e varcò infine la soglia.
Appena entrata, individuò immediatamente il ragazzo.
Sedeva per terra, dando le spalle all’ingresso. Notò che stava armeggiando con qualcosa contro la parete di fronte a lui.
Per un istante, Hermione si domandò se non stesse tentando di scavare un tunnel per evadere, come ogni classico carcerato dei film babbani.
Ridacchiò sotto i baffi, rendendosi conto che era alquanto improbabile che il nobile rampollo purosangue Malfoy optasse per un piano di fuga così rozzo ed inelegante.
< Hai deciso di dedicarti all’arte rupestre, furetto?> domandò, ironica.
Lui voltò leggermente il capo verso destra, così da poterla guardare senza interrompere il suo lavoro o cambiare posizione.
Esibì uno dei suoi soliti ghigni sarcastici, prima di rispondere.
< Qualcosa del genere.>
Incuriosita, Hermione si avvicinò, dimenticandosi momentaneamente del motivo per cui si trovava lì e della tensione che aleggiava negli ultimi giorni tra loro.
Si fermò in piedi accanto a lui, osservando stupefatta lo spettacolo che si presentava di fronte a lei.
Sul muro si distinguevano decine e decine di segni, incisi – realizzò osservando il coltello che Draco stringeva tra le mani – con l’ausilio delle posate che venivano consegnate al ragazzo per permettergli di consumare i suoi pasti giornalieri.
La mente allenata e reattiva della Guaritrice notò immediatamente, senza bisogno di soffermarsi più di tanto a contare i vari solchi, che erano suddivisi in piccoli gruppi da sette, e che ogni gruppo completo era barrato da una riga, come a volerli cancellare.
Non le ci volle molto a comprendere la natura di quelle incisioni.
< Una sorta di calendario personale.> commentò lui, a conferma dei sospetti della ragazza.
< Hai tenuto il conto dei giorni trascorsi qui?> chiese lei.
Draco annuì.
< Giorni, settimane e mesi. E’ l’unico modo che ho per avvertire il trascorrere del tempo.>
Hermione osservò impressionata la grande quantità di segni. Ad occhio e croce, dovevano essere passati più di quattro mesi.
Non si era mai resa effettivamente conto di quanto a lungo quella sorta di tira-e-molla emotivo tra lei e Malfoy stesse andando avanti.
Più di quattro mesi.
Incredibile.
< Solo tu potevi riuscire ad usare quello > dichiarò, ammiccando al coltello che il Mangiamorte ancora impugnava < per incidere sul muro. E’ talmente scadente che non taglierebbe neppure il burro.>
Lui abbassò lo sguardo sull’oggetto in questione, fissandolo con una strana ed indecifrabile espressione in volto.
< Non bisognerebbe mai sottovalutare questo genere di utensili. Per quanto scadente sia, è pur sempre un coltello. Magari ci mette più tempo di uno bello affilato, ma alla fine pure questo affetta.>
Hermione avvertì un brivido correrle lungo la schiena. Si appuntò mentalmente di incantare la lama dei coltelli che gli venivano consegnati, d’ora in poi.
Aveva la preoccupante sensazione che quella frase nascondesse un macabro significato sottinteso.
< Malfoy.> esordì poi, decisa ad abbandonare senza alcuna remora quell’inquietante argomento di conversazione < Ci sono delle... novità di cui devo metterti al corrente.>
Non era certa che novità fosse esattamente il termine giusto per riferirsi a ciò che stava per comunicargli. Trovava che la definizione “naturali conseguenze del tuo sconsiderato gesto e della mia ancor più sconsiderata infatuazione per te” fosse assai più calzante.
Draco, ancora seduto sul pavimento, alzò lo sguardo, fissandola dal basso con un’espressione moderatamente curiosa.
< Sono tutto orecchie.>
Hermione valutò che quella posizione era assolutamente sleale nei suoi confronti. Da lì, avrebbe potuto tranquillamente notare il tremore delle sue gambe – perché lo sapeva già, le sue gambe avrebbero tremato.
Si voltò verso la propria destra e, fingendosi particolarmente interessata al panorama mostrato dalla finestra, ne approfittò per muovere qualche passo, allontanandosi da lui.
Si congratulò mentalmente con se stessa per l’ottima idea.
Ottima? Diciamo pure geniale!
In quel modo non solo aveva posto una certa distanza tra lei e Malfoy, distanza che le avrebbe permesso di rendere meno evidente il proprio futuro – e certo – tremore e di arginare in qualche modo gli effetti devastanti che un’esposizione troppo ravvicinata al ragazzo le provocavano, ma aveva inconsapevolmente trovato un valido espediente che gli nascondesse la vista del proprio volto.
Sarebbe stato assai più semplice mantenere un tono di voce freddo e neutro, se non si fosse dovuta preoccupare anche di mascherare le proprie espressioni facciali.
La prima cosa giusta che faceva da settimane. Un record.
Aveva quasi dimenticato l’appagante ed inebriante sensazione che si prova quando la consapevolezza di aver appena compiuto una mossa vincente si diffonde in tutto il corpo.
< Come ben sai, l’Ordine ha deciso di alloggiarti in questa stanza per tutta la tua prigionia, indipendentemente dalle tue condizioni fisiche. Questo è uno dei luoghi più sicuri di tutta la Base, solo chi è autorizzato può avervi accesso e, particolare da non trascurare, la magia che pervade queste pareti ti inibisce l’uso dei poteri.>
Draco corrugò le labbra in una silenziosa smorfia disgustata. Non riusciva a decidersi se lo infastidisse di più l’idea di essere un prigioniero – che per quanto ben impressa nella sua mente, faceva sempre un certo effetto se rievocata ad alta voce – , il riferimento alla sua momentanea mancanza di poteri magici o che la sua permanenza in quella nauseante stanza bianca venisse definita “alloggio”.
< O meglio,> proseguì la giovane < inizialmente il tuo internamento era dovuto alla necessità di prestarti cure approfondite e ripetute. Il che poi spiega anche il motivo per cui io sia l’unica, eccezion fatta per gli Auror scelti, ad avere il permesso di visitarti. Ma ormai ti sei rimesso perfettamente, e la tua presenza qui è meramente una forma di isolamento restrittivo. Perciò, dato che sei guarito, non hai più bisogno di terapie mediche.>
Si schiarì la voce, sperando ardentemente che non la tradisse proprio in quel momento.
< E, di conseguenza, non hai neanche più bisogno di me.>
Il ragazzo la fissò in silenzio. Oltre a dissentire fortemente su quell’ultima affermazione, cominciava ad avere un lieve sentore di dove volesse andare a parare la Granger con quel discorso.
E non gli piaceva.
Non gli piaceva affatto.
< Si sta combattendo una guerra, là fuori. Il che significa che sono oberata d’impegni. Ogni giorno vengono portati nel mio reparto decine e decine di feriti, tutti più o meno gravi. E come se non bastasse tutto questo, ci sono anche le malattie, gli incidenti, le gravidanze... Insomma, ho moltissimi pazienti a cui dedicarmi, e non posso concedermi ulteriori distrazioni.>
Marcò deliberatamente quell’ultima parola, riflettendo su quanto veritiera fosse.
Malfoy per lei era una distrazione. E non solo nel senso che pensare a lui la distoglieva dal suo lavoro, o che spesso si perdeva a fissare il vuoto fantasticando su di lui, o che dimenticava le cose più elementari e quotidiane – quelle che mai prima di allora aveva dimenticato, come schedare ogni singolo paziente di cui si occupava o pranzare con Ron alla mensa della Base – perché la sua mente era in perenne balia della vasta gamma d’immagini di quel demonio biondo che affioravano costantemente dai suoi ricordi.
Era anche peggio.
Malfoy la distraeva dall’essere Hermione Granger.
E non era una cosa che era disposta a permettersi. Non più.
Il fatto che fosse voltata di spalle fu una fortuna per i suoi provati nervi.
Altrimenti avrebbe notato lo sguardo omicida, le mani violentemente serrate a pugno e la totale rigidità del corpo del ragazzo.
In tensione come una tigre pronta ad attaccare.
Ed in quel momento, lei aveva le sembianze di una sfacciata ed appetitosa preda.
< Che significa?> chiese, con un mal celato ringhio nella voce.
La Guaritrice sobbalzò nell’avvertire quel tono ostile. Una parte di lei ne era lievemente intimorita.
Ma l’altra parte ne era quasi sollevata.
Sollevata nel sentirlo irritarsi per ciò che gli stava dicendo. Dunque, non avrebbe accettato di buon grado quella decisione.
Come lei temeva.
Come lei sperava.

< So che la permanenza qui non è il massimo del divertimento per te. > proseguì < So che passi tutto il giorno rinchiuso in questa stanza a fissare il soffitto, senza nulla da fare. E per quanto in molti > Harry e Ron, più che altro < ritengano che sia la minore delle punizioni che ti meriti e che la solitudine della prigionia dovrebbe servirti per ripensare a tutto il male che hai commesso e a pentirtene, io non ho intenzione di lasciarti qui da solo a morire di noia ed apatia. Incaricherò qualcuno, probabilmente un’infermiera, di venire a tenerti compagnia almeno una volta al giorno per un paio d’ore. E poi suppongo che gli Auror cominceranno a presentarsi qui per interrogarti e convincerti a costituirti.>
L’aria era talmente densa di elettricità, in quel momento, che non sarebbe stato poi così inverosimile veder scaturire delle scintille dal nulla.
< Granger.> questa volta, il ringhio nella voce del ragazzo era forte e chiaro < Ti ho chiesto cosa significa.>
Hermione si morse il labbro inferiore con tanta violenza che ben presto percepì il sapore metallico del sangue scivolarle sulla lingua.
In un improvviso sprazzo di coraggio, si ritrovò a voltarsi verso Draco. Comprese immediatamente di aver commesso un grosso errore.
Era un fascio di nervi. Lo sguardo carico di rabbia, la mascella in tensione, tutto in lui rendeva evidente quanto la conversazione lo stesse alterando.
Non era facile dirgli quelle cose. Ma vedere quegli occhi annebbiati dalla furia puntati su di sé rendeva il tutto ancora più arduo.
Per un attimo, ebbe l’irresistibile tentazione di voltarsi una seconda volta e tornare a dargli le spalle. Ma si rese immediatamente conto che sarebbe stato un comportamento vile ed infantile.
Era sempre stata abituata ad affrontare di petto i suoi problemi e le sue sfide.
Non avrebbe fatto un’eccezione per Draco Malfoy.
Per lui, ne aveva già fatte fin troppe.
< Significa che io non metterò più piede in questa stanza, Malfoy. A meno che tu non sia in punto di morte. E dato che dubito fortemente che si verifichi una circostanza simile, non mi vedrai più.>
Il silenzio che seguì le sue parole fu per la Guaritrice addirittura peggiore delle grida e degli insulti che si aspettava di ricevere.
Nulla nello sguardo o nella postura di lui parve mutare. Rimase imperturbabile nella sua dimostrazione d’ira e di astio.
Continuava a fissarla insistentemente con la stessa espressione furibonda, ed Hermione sentiva il proprio corpo andare a fuoco per l’intensità con cui quegli occhi grigi la puntavano, quasi come se stesse cercando di ucciderla semplicemente guardandola.
L’atmosfera nella stanza si era fatta incredibilmente pesante. Era quasi irrespirabile, sembrava soffocarla.
Sentiva il bisogno di spezzare quella coltre oscura che l’avvolgeva, avvertiva la necessità impellente di uscire da lì.
Doveva assolutamente andarsene, doveva riempirsi i polmoni di aria fresca.
Stava ancora riflettendo sul da farsi, quando finalmente Draco si decise a parlare.
Incredibilmente, il suo tono risultò neutro, incolore, pacato. In totale contrasto con ciò che esprimeva col linguaggio del corpo.
< Sei una codarda.>
Hermione rimase interdetta. Si sarebbe aspettata qualunque epiteto, ma non di certo quello.
Che poi fosse il più fedele alla realtà dei fatti fu una considerazione che riservò ad un remoto angolo della sua coscienza.
< Come?> domandò, con lo stesso tono di chi non ha udito bene un’affermazione e chiede di ripeterla.
L’espressione di Draco mutò di colpo. Si esibì in un qualcosa che probabilmente avrebbe voluto essere un ghigno, ma che a lei ricordava molto di più un cane feroce che mostra i denti con fare minaccioso.
< Mi hai sentito benissimo, Mezzosangue. Sei una codarda.>
La giovane si raggelò. Non fu tanto il tono rabbioso con cui si era rivolto a lei, o con quanta forza avesse ripetuto quell’accusa a colpirla.
Fu quel Mezzosangue. L’aveva marcato con enfasi, tingendolo quasi di una punta di disprezzo, pronunciandolo con quel tono strascicato che era solito adottare ai tempi di Hogwarts, mentre in sottofondo l’accompagnava l’eco dell’ennesimo ringhio.
Non l’aveva più chiamata così.
Sei la mia Guaritrice, dopotutto ti meriti un minimo di rispetto da parte mia, le aveva detto.
Era evidente che quel rispetto così faticosamente guadagnato l’aveva appena perso.
Draco si sollevò lentamente da terra, senza distogliere per un solo istante lo sguardo da quello di Hermione. Adesso sembrava decisamente una belva feroce pronta ad attaccare.
< Non pensare di potermi prendere per il culo coi tuoi giochetti, io non sono Potter o Weasley. So benissimo cosa c’è dietro. E lascia che te lo dica, mi deludi davvero.>
< Tu non...> tentò di obiettare lei.
< Non ho finito!> la zittì malamente lui < Credevo che a voi Grifoni il coraggio non mancasse, ma evidentemente mi sbagliavo. Sei una vigliacca, Granger. Una vigliacca che non ha le palle di affrontare i suoi problemi. Le cose si sono fatte troppo difficili per te, quindi tu pensi bene di svignartela, vero?>
La Guaritrice scosse energicamente la testa. Lui aveva ragione, perfettamente ragione.
Ma non aveva la benché minima intenzione di ammetterlo.
L’orgoglio e l’istinto di sopravvivenza le suggerivano di continuare ad aggrapparsi a quelle scuse che, se ne rendeva conto da sola, erano effettivamente piuttosto labili.
< Ti ho detto come stanno le cose, Malfoy. Non posso più permettermi di sprecare con te tempo utile per i miei pazienti.>
Draco scoppiò a ridere. La sua era una risata amara, carica di scherno, che fece rabbrividire la ragazza.
< Peccato che io non creda ad una sola parola. Sei davvero convinta di potermela fare così? So perfettamente che tu stai cercando la via di fuga più facile ad una situazione che non riesci a reggere. Anziché dire apertamente che non riesci a far finta di niente con me, preferisci trincerarti dietro questa ridicola storia. Ribadisco, Granger, sei una codarda. Una grossa, gigantesca codarda!>
Stizzita, Hermione corrugò le labbra in una smorfia irata. Raddrizzò spalle e mento nella sua vecchia posa superba dei tempi di scuola.
< Sei libero di credere quello che ti pare, la situazione non cambia. Ed io non ho intenzione di restare qui a farmi insultare da uno come te.>
Senza dargli tempo di rispondere ulteriormente, si voltò e si diresse a passo spedito verso la porta.
Aveva fantasticato più volte sull’epilogo del suo “rapporto” con il Mangiamorte, e si era quasi sempre immaginata qualcosa di molto simile. Era certa che le cose non sarebbero finite con un “buttiamoci il passato alle spalle e rimaniamo amici”: dopotutto, loro amici non li erano mai stati.
Dunque, sapeva a cosa andava incontro. Sapeva cosa aspettarsi, e lui era stato ampiamente all’altezza del suo ruolo.
Non aveva previsto, però, che quell’ultima lite l’avrebbe ferita così profondamente. Lo sentiva vividamente, quel dolore sordo e lancinante in mezzo al petto. Era qualcosa che andava oltre le lacrime che minacciavano di sfuggire al suo controllo, oltre il senso di vuoto all’altezza dello stomaco, oltre ai tremiti di rabbia e frustrazione che ancora scuotevano il suo corpo.
Era un dolore che mai, prima di allora, aveva avvertito. Un dolore che sapeva di fine, di conclusione, di morte.
Ed effettivamente, qualcosa in quella stanza era morto. Morto prima ancora di nascere.
Un noi.


Tuttavia, l’immaginazione di Hermione non aveva messo in preventivo ciò che accadde prima che riuscisse a raggiungere la porta della stanza.
Lei aveva sempre amato apprendere cose nuove. Era avida di conoscenza, affamata quasi. E non perdeva occasione di arricchire il suo già ben nutrito bagaglio culturale.
Anche quel giorno, Hermione imparò qualcosa. Nello specifico, imparò qualcosa su Draco Malfoy.
Ancor più nello specifico, ottenne le conferme che le mancavano per ritenere tre caratteristiche del ragazzo che le erano state riferite da terzi – direttamente ed indirettamente – veritiere.
Draco Malfoy era fottutamente veloce.
Aveva compiuto a malapena due, forse tre passi, quando avvertì la presenza del ragazzo alle sue spalle. L’aveva raggiunta dal fondo della stanza in un battibaleno.
Draco Malfoy non si lasciava sfuggire nessuno.
Le afferrò il polso con forza, impedendole di proseguire oltre. Poi la costrinse a voltarsi verso di lui e l’attirò a sé, afferrandole il braccio destro con la mano libera, per bloccare sul nascere ogni eventuale tentativo di fuga.
Hermione non ebbe neppure il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo.
Draco Malfoy baciava divinamente.
Sebbene in entrambi i casi fosse stata colta di sorpresa, le fu evidente fin dal primo istante che non c’era il benché minimo paragone col bacio di qualche giorno prima.
Si ritrovò a ringraziare il fatto che lui la tenesse saldamente per le braccia, perché altrimenti era certa che le gambe non l’avrebbero retta.
Questa volta, non c’era nulla di impacciato in Draco, nulla di fugace, nulla di casto. La stava baciando con un’intensità, un possesso ed una sensualità tale che la ragazza non riuscì a non cedere.
Forse qualche meandro della sua lucidità – ormai perduta – le stava gridando a squarciagola di lottare, di respingerlo, di rifiutare quel bacio imposto con la forza.
Forse. Ma le sue orecchie e la sua anima erano del tutto insensibili a quelle urla.
Erano trascorsi solo pochi secondi quando chiuse gli occhi e rilassò il corpo, abbandonandosi a lui e concedendogli l’accesso alla propria bocca.
Draco non si fece attendere, lasciando scivolare la propria lingua tra le labbra dischiuse della giovane e portandola ad intrecciarsi con la sua.
Quando avvertì il bacio farsi ancora più profondo, ad Hermione sfuggì un gemito, soffocato dalla bocca del ragazzo avviluppata alla propria in un incastro perfetto.
Quello bastò ad elettrizzarlo ulteriormente. Lasciò la presa sulle sue braccia e l’afferrò saldamente per i fianchi. Lei, finalmente libera di muoversi, ne approfittò per cingergli il petto nudo e posargli le mani sulla schiena.
Draco la spinse con delicatezza contro il muro, continuando ad esplorare ogni centimetro della sua bocca e rendendo il contatto tra i loro corpi più ravvicinato e più insopportabilmente eccitante per entrambi.
Hermione si sentiva letteralmente ardere. Le labbra di Malfoy avevano appiccato un incendio dentro e fuori di lei, sulla sua pelle e nella sua anima. E le fiamme non accennavano a diminuire. Al contrario, ogni secondo trascorso, ogni movimento di lui, ogni respiro che le accarezzava il viso, ogni contatto con il suo corpo, ogni cosa le alimentava sempre più.
Mai aveva avvertito una simile passione infuocarle i sensi. Forse perché mai nessuno l’aveva baciata così impetuosamente e con una simile, disperata venerazione.
E, questa volta, non c’era nessuno strano retrogusto, nessun sapore di pozioni ed antibiotici.
C’era solo il sapore agrodolce delle labbra di Draco, così assuefacente, così obnubilante.
Sapeva di essersi appena cacciata in un guaio di proporzioni epiche. Perché era consapevole che lui era come una droga: ora che ne aveva avuto un assaggio, non sarebbe più riuscita a farne a meno.
Senza potersi minimamente opporre si sarebbe riscoperta del tutto dipendente, assoggettata, soggiogata. Molto più di quanto non lo fosse già.
Era certa che il bacio di qualche giorno prima non avesse reso affatto giustizia alle doti amatorie del ragazzo. Adesso ne aveva la certezza assoluta.
Avrebbe potuto non smettere mai. Ne voleva ancora, ancora ed ancora.
E voleva ancora.
Voleva Lui.
Lo desiderava disperatamente, ogni fibra del suo essere le gridava a gran voce il bisogno impellente che aveva di Lui.
Voleva morire tra quelle braccia, voleva perdersi su quelle labbra, voleva abbandonarsi a quel corpo e concedere a Draco libero accesso ad ogni parte di lei.
E, ora più che mai, sapeva che stargli lontano non sarebbe servito a lenire quella necessità. Avrebbe potuto allontanarsi da lui, ma l’esigenza che ne aveva l’avrebbe seguita persino in capo al mondo.


Quando, infine, Draco interruppe il contatto tra le loro labbra, Hermione non poté evitare di sentirsi come un bambino a cui avevano appena sottratto da sotto il naso il suo lecca-lecca preferito.
Entrambi avevano il fiatone, segno che si erano spinti al limite delle loro capacità respiratorie pur di prolungare il più a lungo possibile quel bacio.
La ragazza era completamente frastornata. Non aveva mai vissuto un simile momento, mai provato nulla di vagamente paragonabile.
L’aveva sconvolta psicologicamente e fisicamente.
Ancora una volta, si ritrovò a ringraziare la salda presa di Draco sui suoi fianchi, oltre al sostegno del muro alle sue spalle. Sapeva che se lui l’avesse lasciata andare in quel preciso istante, sarebbe scivolata rovinosamente a terra. Le sue gambe erano totalmente prive di forza, come se baciandola lui le avesse risucchiato ogni energia.
La fissava ancora con la stessa espressione intensa che aveva poco prima, quando avevano discusso, sebbene la rabbia fosse in parte annebbiata dalla brama che ancora lampeggiava nei suoi occhi.
Non appena ebbe recuperato abbastanza fiato, riprese a parlare.
< Non voglio nessuna fottuta infermiera, Granger. Non voglio nessun fottuto Auror, nessun fottuto contentino, nessuna fottuta compagnia. Io voglio te.>
Hermione era completamente spossata, ancora preda del turbinio di emozioni in cui lui l’aveva trascinata e che non accennava a scemare minimamente.
Quell’ultima affermazione fu l’ennesima tanica di benzina gettata su un fuoco già vivido.
L’urgenza con cui la pronunciò, l’improvvisa nota roca nella sua voce, il significato – poco – sottinteso che non si curò di mascherare furono tre colpi bassi alla sua già provata lucidità.
Non aveva dimenticato i pensieri libidinosi a cui la sua mente si era lasciata andare mentre Draco la baciava. Ed avvertiva forte e chiaro come lui nutrisse lo stesso divorante desiderio per lei.
Erano due micce accese in una polveriera. Rischiavano di esplodere da un momento all’altro.
< Non erano questi gli accordi.> fece lei, tentando di riassumere un minimo di controllo.
Draco fece una smorfia.
< Fanculo agli accordi.> dichiarò, risoluto.
Hermione sentiva di dover fare qualcosa. Non poteva arrendersi così, per quanto tentata fosse. La posta in gioco era davvero troppo alta ed il rischio troppo grosso perché potesse concedersi di essere debole.
Sciolse l’abbraccio con cui ancora era aggrappata a lui, portandogli le mani sul petto e tendendo leggermente le braccia, nel tentativo di porre una distanza – seppur minima – di sicurezza tra loro.
Sentì lo stomaco reagire contraendosi dolorosamente.
Perché quel dannato furetto doveva continuamente aggirarsi a petto nudo?
Adesso non solo doveva sforzarsi di riassumere la sua solita compostezza e dimostrarsi stoica nel perseguire la strada che aveva scelto, ma doveva pure lottare contro l’impulso delle sue dita di accarezzarlo.
< Avevi ragione.> esordì < Sono una codarda.>
Draco l’ascoltò in silenzio, impassibile. Sapeva di essere nel giusto, quell’ammissione era solo una conferma non necessaria.
In compenso, le calde mani della Granger sul suo petto lo stavano facendo fremere da capo a piedi.
< Sto optando per la via di fuga più facile, me la sto svignando. Hai ragione. Ed io sono la prima ad essere delusa da questo mio comportamento, perché non è da me. Io non sono fatta così, io non scappo di fronte ai problemi, li affronto e li supero. Ma...> sospirò, serrando gli occhi < Ma stavolta non ci riesco. Non riesco a far finta di niente, non riesco a dimenticare quello che è successo. E adesso mi sarà del tutto impossibile farlo.> puntualizzò, alludendo al bacio che si erano appena scambiati.
< Ci ho provato con tutta me stessa.> proseguì < Ma è più forte di me, Malfoy. Non ci riesco. Non ci riesco davvero.>
Riaprì gli occhi di scatto, non appena avvertì le mani del ragazzo sciogliere la presa sui suoi fianchi per tornare a cingerle i polsi.
Li scostò dal proprio petto, tirandola delicatamente per costringerla ad allontanarsi dal muro ed accostarsi maggiormente a lui.
Le portò le mani nuovamente dietro la propria schiena e solo allora le lasciò i polsi, per poi cingerle le spalle con le proprie braccia.
Hermione, incredula, si ritrovò premuta contro il suo torace.
La stava abbracciando.
< Allora non farlo.> le sussurrò, sfiorandole la tempia con la guancia ed inspirando a pieni polmoni il profumo di lavanda dei suoi capelli.
Lei rabbrividì vistosamente. Era consapevole che anche lui se n’era accorto – sarebbe stato impossibile non farlo – , ma per la prima volta non se ne curò.
Appoggiò la fronte al suo petto, chiudendo gli occhi per cercare di riordinarsi le idee. Prese un profondo respiro, con il quale assieme all’aria anche l’odore muschiato della pelle di Malfoy penetrò nelle sue narici.
< Tu dovresti davvero fare pace col cervello.> gli disse < Non è normale per una persona contraddirsi così.>
Draco ridacchiò.
< Credevo che ormai ti fosse chiaro che io non sono uno qualunque.>
< Purtroppo l’ho inteso perfettamente.> ribatté lei, sarcastica.
Sollevò il capo, incontrando lo sguardo del ragazzo.
< Non puoi decidere che dovremmo fare finta di nulla, perché è la soluzione migliore per entrambi, e poi chiedere a me di non farlo.>
Lui sospirò, annuendo.
< Lo so. Ma...>
Tentennò, cercando le parole giuste. Non trovandole, decise di troncare il discorso sul nascere.
Hermione, però, non era dello stesso parere.
Fece scivolare le proprie mani sui fianchi del ragazzo e, facendo forza con le braccia, allentò la presa, ponendo di nuovo una certa distanza tra loro.
< Ma?> lo invitò a proseguire.
Le braccia di Draco cingevano ancora le sue spalle. Sciolse la presa, lasciandole ricadere lungo i fianchi. Lei lo imitò, senza però distogliere lo sguardo.
Lui sollevò la mano destra, portandola sulla guancia della ragazza.
< E’... complicato. Non so definirlo nemmeno io. Una parte di me vorrebbe fingere che non ci sia nulla tra di noi, l’altra non ci riesce. E allo stesso modo una parte di me vorrebbe che tu facessi finta di nulla e m’ignorassi, l’altra si rifiuta di permettertelo.>
Il cuore di Hermione mancò un battito quando lo sentì riferirsi esplicitamente a “ciò che c’era tra di loro”. Tra di noi.
Si era enormemente sbagliata. Non solo quel giorno non era morto alcunché, ma per giunta quel noi di cui aveva pianto la precoce dipartita era già nato e consolidato.
Inutile prendersi in giro. Lei e Draco erano effettivamente un noi.
Forse lo erano da prima ancora di quel fugace bacio.
Sicuramente, dopo le effusioni di quel pomeriggio lo erano ancora di più.
Accennò un lieve sorriso.
< Allora vedi che avevo ragione a dire che devi fare pace col cervello? Forse dovresti riordinarti le idee.>
Lui la fissò intensamente.
< Forse entrambi dovremmo.>
Hermione deglutì. Le opzioni erano due: o Malfoy era un Legillimens fenomenale, o – molto più verosimilmente – era diventata talmente patetica e prevedibile che le sue emozioni le si leggevano in faccia.
< Sì, entrambi dovremmo.> confermò, decidendo che era inutile trincerarsi dietro false scuse.
Draco scostò la mano dalla sua guancia con estrema lentezza, assicurandosi di sfiorarla il più languidamente possibile.
< Riflettici su, stanotte.> le disse < Io farò altrettanto. E domani decideremo insieme sul da farsi. Ma non mi va che tu prenda simili iniziative per conto tuo, chiaro?>
Lei non riuscì a trattenere una smorfia di fronte a quella sorta di rimprovero. Ma convenne che stabilire insieme come comportarsi era probabilmente la cosa migliore.
Per qualche istante ebbe persino l’illusione che forse sarebbero riusciti a trovare una soluzione alternativa.
Ma quando lui la richiamò mentre stava per varcare la porta e la salutò, rinnovandole l’appuntamento al giorno seguente, con quel suo sguardo in grado di farle tremare le gambe e vacillare ogni sua certezza, si rese conto che era effettivamente solo un’illusione.
Si avviò per il corridoio camminando a testa bassa, con passo stanco.
Non poteva fare altrimenti, doveva necessariamente stare alla larga da lui. Sapeva già che sarebbe stato terribilmente difficile e che avrebbe dovuto fare appello ad ogni minima parte del proprio autocontrollo. Così come sapeva che le si prospettavano davanti mesi terribili, in cui la mancanza di Draco sarebbe stata per lei come una costante crisi d’astinenza. Mesi interminabili, mesi infernali.
Ma nessuna alternativa era possibile. Perché rimanergli accanto sarebbe stato anche peggio.
Non ne sarebbe più uscita, non avrebbe più avuto scampo.
Avrebbe finito col commettere un’immane sciocchezza, più grave di quelle in cui già era caduta.
Non poteva permetterlo.
La sua soluzione era l’unica plausibile.
Non aveva bisogno di rifletterci su. Il giorno dopo si sarebbe presentata in quella stanza ribadendo con rinnovato vigore il suo punto di vista.
Doveva solo tentare di convincere anche lui della validità di quella proposta.
Sospirò, passandosi una mano sul volto.
Convincere un borioso ed ostinato testardo come Malfoy di un’idea della quale, in fondo, nemmeno lei stessa era ampiamente persuasa.
Perché era così, per quanto si sforzasse di ripetersi che “era la cosa migliore, era la cosa migliore, era l’unica cosa da fare”, in cuor suo era consapevole di non prestare completamente fede alle sue stesse parole.
Non era la soluzione più efficace. Non era neppure una soluzione.
Ma, per una volta, Hermione Granger non era in grado di inventarsi nulla di più adatto.
Il problema Draco Malfoy, per lei, era irrisolvibile. L’unico modo per porvi fine era semplicemente gettare le armi e rinunciare.
Una cosa che mai aveva fatto prima di allora.
Arrendersi.
Ma come indurre un irriducibile come lui a fare altrettanto?
Sperava con tutto il suo cuore di sbagliarsi, ma aveva la netta sensazione che quella seguente sarebbe stata la mattinata più difficile della propria vita.

















* "E' uno che ami odiare" è una citazione presa impropriamente in prestito dai Simpson. In quel caso, Homer la diceva riferendosi a suo figlio Bart - e come dargli torto? xD
** Mi auguro che tutti conosciate la favola di Esopo "La volpe e l'uva", nella quale la volpe, non riuscendo a raggiungere un grappolo d'uva troppo in alto, rinuncia esclamando "tanto è troppo acerba!".
La morale della storia è che "è facile disprezzare ciò che non si può ottenere", e proprio per questo viene spesso usata come metafora, quando qualcuno cela dietro finto disappunto la frustrazione di non riuscire a raggiungere od ottenere qualcosa.






Avevate perso le speranze?!
E invece, rieccomi qui xD
Ammetto che è passato un pò - PARECCHIO - tempo dall'ultimo aggiornamento, ed onestamente non ho giustificazioni >.<
Ma vi posso assicurare che per quanto possa metterci a postare i capitoli - anche se spero di non ritardare più così tanto O.O - , questa fict non sarà mai abbandonata del tutto. Ci tengo davvero davvero troppo per lasciarla incompiuta.
Per quanto riguarda questo capitolo, devo confessare che la mia idea iniziale era del tutto differente. Posso dire che Hermione e Draco mi sono letteralmente sfuggiti di mano e... sì insomma, si sono lasciati andare xD
Quel bacio era previsto tra due o tre capitoli ma, alla fin fine, gli ormoni dei nostri due hanno preso il sopravvento xD


Non rispondo singolarmente a tutte le recensioni perchè altrimenti rischio di non riuscire a pubblicare entro domani, e credo che abbiate atteso fin troppo ^^
Ad ogni modo, ci tengo a ringraziarvi ad una per una, perchè siete il mio motore costante e perchè è grazie a tutte le vostre meravigliose e fin troppo generose parole che non ho ancora appeso word al chiodo =P
Dunque, grazie a Paula, Morgana, valeciliegia, ross_ana, Lil Romantic Girl, robertaro, seven, sgasga (tranquilla caVa, anche Astoria ha il suo perchè xD), barbarak (eeeehm, diciamo che un pacchettino di kleenex a portata di mano non guasterà ^^), somochu, garakame, SummerRain, MaBra, PaytonSawyer, Whitney (piaciuto il regalo tesoro? <3), Chiaki, weareevil e _lile_.
Grazie, davvero grazie grazie grazie a tutte <3
E ovviamente grazie anche a chi si limita semplicemente a leggere senza recensire.
Onestamente non credo che questo capitolo sia stato all'altezza di una così prolungata aspettativa, ma spero che a voi sia piaciuto e che possa bastare per farmi perdonare dell'immane ritardo.


Per concludere, vorrei approfittarne per invitarvi, se lo desideraste, ad aggiungermi su Facebook con la mia pagina autore.
A prescindere dal fatto che vi pubblico spesso piccoli spoiler ed anteprime su O&A e su altre mie fict, se avete voglia di contattarmi per domande, chiarimenti o per minacciarmi di percosse in caso di mancato aggiornamento, potete utilizzare quel piccolo spazio.
Detto ciò, vi saluto e vi rinnovo per l'ennesima volta le mie scuse ed i miei più sentiti ringraziamenti.
Vi adoro tutti tutti tutti <3
Alla prossima!!




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Capitolo 9
*** 9. ***







Alla mia Stalker Zab, perché insieme conquisteremo il mondo.
A tutte voi che, con le vostre meravigliose parole, mi date ogni volta la forza di scrivere un nuovo capitolo.
Alle mie "bimbe", che mai leggeranno ma a cui non serve questa dedica per comprendere quanto importanti siano per me.
<3






9.


“We were like loaded guns
Sacrificed our lives”






Da bambina ero completamente fissata con gli animali, sognavo di diventare una veterinaria e di vivere in una casa con un giardino enorme dove potermi circondare di qualunque tipo di bestiola. Come incrociavo un cagnolino per la strada o vedevo un gatto zampettare su un muro, mi esaltavo in maniera quasi incontrollabile, e a nulla valevano i tentativi dei miei di distrarmi o dissuadermi dall’avvicinarmi.
Non riuscivo in alcun modo a sedare l’entusiasmo che gli occhioni dolci di un cucciolo scatenavano in me.
Non potevo farne a meno.
Da adolescente la passione per gli animali è drasticamente scemata, fino a diventare un blando apprezzamento normotipo.
In compenso, è subentrata l’ossessione per lo studio. Che andava, ovviamente, di pari passo coi voti.
Ma a differenza di quanto Harry, Ron e tutti gli altri miei compagni credevano, non erano i voti in sé ad occupare la mia mente. Le lodevoli valutazioni dei professori erano semplicemente la testimonianza del fatto che quella mia fissazione quasi totalizzante portava buoni frutti per la sottoscritta.
Ciò che realmente monopolizzava ogni mio pensiero erano le pagine cariche di nozioni, suggerimenti, regole e dettami. Erano la conoscenza, la cultura, il sapere, i miei tre pensieri fissi.
Dovevo apprendere, apprendere ed apprendere. Dovevo sapere sempre di più.
Dovevo superare ogni limite, nulla doveva essermi oscuro.
Era un bisogno viscerale, una necessità quasi fisica.
Mi faceva sentire potente, realizzata, forte, invincibile, inattaccabile.
Come i cavalieri si ergevano dietro le loro lucide e salde armature, armati di affilati spadoni ed in sella a scattanti destrieri, io mi corazzavo con polverosi volumi carichi di nozioni, impugnando una bacchetta per la quale nessun incantesimo era sconosciuto e cavalcando le ali del sapere.
Ero drogata di studio.
Non potevo farne a meno.
Oggi, la mia ossessione è molto più terrena, molto più umana, ma altrettanto inebriante e totalizzante.
Ha penetranti occhi grigi, capelli biondi, il fisico massiccio di chi ha fatto della guerra uno stile di vita, un terribile marchio sull’avambraccio destro* e risponde al nome di Draco Lucius Malfoy.
Lui mi esalta, Lui monopolizza ogni cosa in me.
A nulla valgono i tentativi miei o altrui di distrarmi o dissuadermi dal provare simili sensazioni.
Lui è una necessità fisica ed un bisogno viscerale.
Non riesco in alcun modo a sedare le mille frastornanti emozioni che un suo sguardo, una sua carezza, un suo sorriso, un suo bacio scatenano in me.
E’ una droga.
Ed io non posso farne a meno.
Animali, studio, Malfoy.
Davvero non riesco a decidermi se quella delle mie ossessioni sia una parabola ascendente o discendente.
E’ peggio rischiare di annegare in uno stagno per osservare da vicino una Rana dalmatina, passare notti insonni e digiune per studiare sfiorando il collasso o spaccarsi il cuore e dannarsi l’anima per Malfoy?
No, decisamente non riesco a decidere quale sia il male minore.
Ok, che io sia ossessionata da Lui è un dato di fatto che ormai non posso davvero più negare in alcun modo.
Ugualmente, non posso negare di pensare a Lui quasi ogni istante.
Qualunque cosa faccia, dovunque mi trovi, con chiunque io sia, il pensiero di Draco Malfoy si affaccia tanto prepotentemente quanto si addice ad uno come Lui.
E questo è un conto.
Ho smesso di mentire a me stessa e trincerarmi dietro assurde scuse.
Sono invaghita di Lui, invaghita terribilmente, e ne sono del tutto ossessionata.
E’ una realtà contro cui non posso più combattere.
E come non riesco ad impedire che ogni mio singolo pensiero quotidiano si riversi su di Lui, ho capito che allo stesso modo non sono in grado di evitare che la sua figura popoli i miei sogni.
Ci sta.
E’ comprensibile, no?
Ma non posso definire altrettanto comprensibile il fatto che, ultimamente, non mi limito a sognarlo e basta.
Io rivivo il suo passato, il nostro passato.
Gli anni trascorsi ad insultarci, detestarci e guardarci in cagnesco.
Gli anni in cui Lui mi reputava una feccia ambulante con la puzza sotto il naso ed io un borioso ed incapace figlio di padre Mangiamorte.
Rivedo ogni momento di cui conservo memoria. Ma sotto una luce ben diversa.
Non storco il naso di fronte al ragazzino di dodici anni che mi chiama “Sporca Mezzosangue”, bensì m’intenerisco davanti alla quasi totale mancanza di consapevolezza con cui pronuncia quell’offesa. So che con tutta probabilità nemmeno Lui conosce bene il significato di quell’insulto, si limita semplicemente a mettere in atto ciò che suo padre gli ha insegnato. Quel padre che per il piccolo Draco è un idolo ed un esempio da imitare, e del quale Lui tenta di seguire il più possibile le orme.
Non guardo in cagnesco il biondino bardato con la divisa da Quidditch di Serpeverde, accusandolo di essersi comprato il posto in squadra. Piuttosto, sorrido al suo ennesimo tentativo di mettersi in mostra. Leggo nei suoi occhi il desiderio di riscatto, la voglia di essere ammirato tanto quanto il famoso Harry Potter, il bisogno di sentirsi apprezzato. E non riesco ad evitare di pensare a quanto sia tremendamente affascinante con quella casacca verde-argento.
Non mi sento oltraggiata quando, al cospetto del terrificante annuncio dell’apertura della Camera dei Segreti, Lui esprime il suo desiderio che sia io la prima vittima del mostro. Al contrario, il mio cuore manca un battito quando si rende conto che, ancora una volta, non è riuscito a non pensare e parlare di me. Perché Lui il mio cognome, Granger, lo ripete almeno una decina di volte al giorno, di proposito o meno.
Potrei andare avanti per ore ad elencare ogni singolo evento che mi si prospetta con un significato totalmente diverso rispetto a quando l’ho vissuto.
La cosa, però, che mi lascia perplessa è che non riesco a comprendere fino a che punto sia un mio vaneggiamento onirico.
Il fatto che in sette anni ad Hogwarts io sia l’unica Nata Babbana con cui Lui si sia accanito non è una mia fantasia, è un dato oggettivo.
Così com’è oggettivo che Ron non è stato l’unico fan che Viktor ha perso dopo il Ballo del Ceppo. A quel tempo, sospettavo che la stima di Malfoy nei confronti del mio cavaliere fosse stata incrinata dalla sua scelta di accompagnarsi ad una Mezzosangue, ma adesso non ne sono più così sicura.
Allo stesso modo, ricordo perfettamente lo sguardo che Lui mi rivolse dopo che Fierobecco l’aveva ferito, mentre aprivo il cancello del recinto ad Hagrid per permettergli di portarlo in Infermeria.* Allora non ci diedi particolare peso, ma adesso, quando lo rivedo in sogno, non posso fare a meno di leggerci... qualcosa.
Come se, con quel gesto avventato, avesse cercato di attirare la mia attenzione su di sé.
Il che, poi, potrebbe quasi spiegare l’episodio di qualche mese dopo, quando gli assestai quello schiaffo. Perché, non essendo riuscito nel suo intento facendo imbizzarrire l’Ippogrifo, potrebbe aver tentato di fare infuriare me...
Merlino, sono messa proprio male.
Sto cominciando a delirare, molto più di quanto non facessi prima.
Come una sciocca, vago nel passato alla ricerca di qualcosa che non so bene nemmeno io.
La mia mente sta tentando di illudersi. Di trovare una giustificazione pregressa a ciò che ci è successo.
Un’avvisaglia nel passato.
Delle ipotetiche basi nella mia e nella sua adolescenza del sentimento che ci ha colti in età adulta.
Ed illudersi è il termine giusto.
E’ da visionari tentare di dimostrare, seppur inconsciamente, che Draco Malfoy avesse un debole per me già ai tempi di Hogwarts.
E che io lo avessi per Lui, chiaro.
Perché ora anche i miei sguardi, i miei gesti ed i miei pensieri passati li rivedo sotto un’altra luce.
Scorgo altre implicazioni nel mio desiderio di tenerlo costantemente d’occhio, oltre all’istinto di autoconservazione. Mi scopro spesso a chiamarlo – parlando con i miei amici o semplicemente nelle mie riflessioni solitarie – col suo nome di battesimo, sebbene Lui per noi Grifondoro fosse solo “Malfoy”. Mi accorgo di quante volte, durante i pasti in Sala Grande, il mio sguardo sia involontariamente vagato fino al tavolo delle Serpi e fino alla sua testolina bionda.
Leggo una rabbia diversa dietro lo schiaffo che gli diedi al terzo anno. Qualcosa che andava oltre la mia costernazione per il suo compiacersi della sorte di Fierobecco. Come se Lui avesse tentato di provocarmi, ma su un piano totalmente diverso da quello che credevo allora, ed io avessi ceduto ed abboccato come un’allocca.
E mi rendo conto, con mio sommo stupore, di avere un gran numero di ricordi legati a Malfoy.
Troppi, considerando che teoricamente si tratta di una persona che detestavo e tendevo ad ignorare il più possibile. O almeno, l’intenzione era quella.
Ma ciò non toglie che scavare nel passato è stupido ed inutile, e non porta assolutamente a nulla.
A nulla.
E’ un’utopia.
E’ assurdo.
E’ ridicolo.
E’ da pazzi.
La nostra infatuazione è qualcosa di estemporaneo, dovuto alla situazione straordinaria in cui ci troviamo e probabilmente anche al fatto che entrambi, in tempi così cupi e tragici, cercavamo inconsapevolmente appiglio a qualcosa di diverso, ad un sentimento che non può trovare spazio in guerra.
E’ un momento, e come tale passerà non appena riuscirò ad allontanarmi da Lui.
E’ come per gli animali quando ero bambina, col trascorrere dei giorni scemerà fino a lasciare solo un lieve ricordo.
E’ una cosa che quasi non ha un presente, sicuramente non ha un futuro – perché farò tutto ciò che è in mio potere per impedirlo – ed indubbiamente non ha un passato.
Non ha in alcun modo un passato.
Perché io e Lui ci detestavamo.
Lui non tentava di attirare la mia attenzione, ed io non gli prestavo particolare riguardo.
Lui non era segretamente geloso di me, ed io non mi perdevo ad ammirarlo da lontano.
Non c’era assolutamente nulla, niente che possa aver permesso ai nostri attuali sentimenti di germogliare col tempo.
E’ una follia credere il contrario.
Una follia.
Una pura e semplice follia.
... o forse no?



~ω~





Seduta a gambe incrociate sul letto di Draco Malfoy, Hermione Granger ripensava ai “discorsi importanti” che aveva sostenuto in tutta la sua vita.
La prima interrogazione alle elementari, quando il maestro le aveva chiesto di enunciare a memoria la tabellina del sette; spiegare ai suoi genitori che aveva appena ricevuto una lettera da un gufo con cui veniva invitata a frequentare una Scuola di Magia e Stregoneria, e che per questo dovevano recarsi in uno sconosciuto luogo di Londra chiamato Diagon Alley per acquistare libri, calderoni, bacchetta e tutto il nécessaire per una giovane strega; la prima volta in cui si era ritrovata faccia a faccia con la Professoressa McGrannit nel suo studio, di fronte ad una tazza di tè e alle domande della donna su come procedessero i suoi studi e se si fosse già ambientata in quel contesto per lei assolutamente nuovo; il giorno in cui aveva dovuto spiegare a Viktor Krum che, sebbene fosse andata al ballo con lui e si fossero scambiati un paio di baci dal retrogusto pungente, sarebbero rimasti solo amici; gli esami del G.U.F.O. e del .M.A.G.O.; raccontare a sua madre di aver perso la verginità, pregandola di non dire nulla a suo padre per risparmiargli un precoce infarto; la discussione della tesi per il diploma da Medimaga.
L’agitazione provata in quelle varie circostanze era assolutamente nulla rispetto all’ansia che le attanagliava il petto in quel momento.
Il che poi, a pensarci bene, era del tutto ridicolo. Aveva affrontato situazioni ben più importanti e solenni, era assurdo che fosse quella conversazione a mandarla nel pallone.
Doveva solo dire al ragazzo di cui era invaghita che non voleva cedere ai sentimenti che provava per lui, e che dunque dovevano interrompere sul nascere qualunque rapporto tra loro.
Nulla di così complicato, in fondo.
Che il ragazzo in questione fosse il più terribile dei Mangiamorte nonché braccio destro di Voldemort era solo un misero dettaglio.
Il problema non era certo chi effettivamente fosse Draco Malfoy.
Il problema era piuttosto che si trattava, appunto, di Draco Malfoy.
Di quello stesso Draco Malfoy che aveva detestato per anni, di quello stesso Draco Malfoy che ora si era trasformato per lei in un’ossessione.
E, soprattutto, di quello stesso Draco Malfoy che, ormai le era fin troppo chiaro, non accettava mai un “no” come risposta.
Se poi il “no” di cui sopra era tutto tranne che convinto ed irremovibile...
Si mordicchiò il labbro inferiore, lottando contro l’iniziale impulso di emettere un sospiro, che in una simile circostanza avrebbe potuto essere facilmente fraintendibile.
Era in una posizione scomoda.
Non letteralmente, sia chiaro.
I letti dell’ospedale non erano forse il giaciglio più confortevole del mondo, ma il fatto che la sua attuale postazione le fornisse una generosa e ravvicinata visuale frontale del ragazzo in tutta la sua avvenenza e seminudità – perché per quanto ormai si fosse abituata al fatto che Malfoy avesse un’evidente avversione verso t-shirt, camicie e qualunque cosa fosse in grado di coprire la parte superiore del suo corpo, ciò di certo non significava che quello spettacolo avesse smesso di esercitare costantemente un certo effetto sui sensi della giovane – la rendeva indiscutibilmente gradevole.
E trovare gradevole quella posizione solo per il fatto che le permetteva di rimirarlo meglio rientrava per l’appunto in tutta quella serie di preoccupanti dettagli che non solo rendevano la sua ossessione per lui ancora più ossessiva, ma che al tempo stesso minavano le basi affatto solide del “no” che avrebbe dovuto pronunciare di lì a poco.
Ritrovarsi a dover dire qualcosa di diverso da ciò che realmente voleva e pensava era una situazione in cui Hermione si era difficilmente trovata prima di allora.
Di solito, bocca e cervello andavano di pari passo in lei. Prima si accordavano silenziosamente su cosa dire, come dirlo, quali limiti – di decenza, di riservatezza, di diplomazia – porre alle sue parole, con quale tono pronunciare il tutto, costruivano poi un accurato discorso adatto alla circostanza in cui si trovava ed infine affidavano alla sua voce il fondamentale compito di divulgare ai posteri suddetto verbo. Un’accoppiata micidiale, infallibile ed inattaccabile.
Oltretutto, la ragazza non era neppure particolarmente brava a mentire, sicché quasi mai le era capitato di dover diffondere pensieri fittizi, che non le appartenevano realmente. Piuttosto, era assai abile nel dissimulare la realtà, vale a dire comunicare lo stesso messaggio, ma in maniera differente, di modo che il suo interlocutore lo intendesse diversamente da come Hermione l’aveva formulato.
Era la stessa tecnica che aveva deciso di adottare anche in quel caso. Ma non era affatto semplice. Malfoy non era il primo sempliciotto sceso dai monti guidando un gregge di pecore.
Era scaltro ed astuto, e per giunta vantava una grande – pessima – fama di bugiardo incallito, ingannevole simulatore, abile doppiogiochista e mendace mentitore.
E si sa, quando uno è particolarmente bravo a raccontare frottole e rigirare la verità a suo piacimento, è altrettanto capace di smascherare e sbugiardare chiunque tenti di fare lo stesso.
Hermione sapeva di muoversi su un campo minato. E sapeva che, sempre in quel campo minato, erano appostati decine e decine di cecchini che la tenevano sottotiro, pronti a fare fuoco al primo accenno di passo falso.
Non poteva sperare di ammorbare ed irretire Draco con grandi e confusi giri di parole, con verità taciute e bugie sapientemente abbellite.
Lui non era Ron, che concentrava il suo sporadico interesse per qualcuno che non vantasse il suo stesso nome solo in determinate situazioni, e che dunque il più delle volte era facile da ingannare per il semplice fatto che praticamente non prestava attenzione a ciò che gli si diceva.
E non era nemmeno Harry, che ancora credeva alla Fatina dei denti e ad un mondo pieno di rose rosse ed uccellini cinguettanti e perciò si beveva qualunque frottola Hermione gli rifilasse in nome della sua ferma convinzione della buona fede e dell’onestà a prescindere dell’amica.
No, lui era il Demonio.
Ed anche il più stolto tra gli stolti sa che non si può tentare d’imbrogliare il Demonio.
D’altro canto, bisognava anche considerare che Hermione non voleva affatto imbrogliare Draco. Voleva essere sincera con lui. Glielo doveva per ciò che c’era stato tra loro – ed il pensiero di quel ciò ancora riusciva a mozzarle il fiato ed accelerarle il battito cardiaco – , ma lo doveva anche a se stessa in nome di ciò che provava per lui.
Perché era consapevole che la sua coscienza non le avrebbe dato tregua, se avesse mentito proprio al ragazzo di cui era infatuata. La sua concezione di dedizione al dovere era talmente contorta che ormai persino lei aveva rinunciato all’idea di comprenderla appieno, fatto sta che la sua morale non prevedeva che si mentisse a qualcuno a cui tenesse così tanto per una questione di simile importanza.
Ciò nonostante, dirgli la verità era arduo, se non impossibile.
E questo perché, fondamentalmente, la verità era ancora in parte oscura persino a lei stessa.
Il punto era questo: lei lo voleva.
Merlino solo sapeva quanto lei lo desiderasse, e non solo fisicamente.
Era assuefatta a lui come lo si può essere ad una dose massiccia di droga. Ne aveva bisogno e necessità, al punto che tutto il suo corpo protestava se doveva farne a meno.
Ma, al tempo stesso, era consapevole che non doveva volerlo.
Era come un frutto proibito per lei.
Succoso, invitante, delizioso, irresistibile. Ma sempre e comunque proibito.
E, per l’appunto, Hermione Granger era ligia al dovere. Il pensiero di compiere qualcosa di vietato e contrario alle regole, di avvicinarsi e relazionarsi a qualcuno che le era negato dall’etica, dalla morale e dai costumi della società in cui viveva le risultava insopportabile.
Non poteva trasgredire ai regolamenti, qualunque essi fossero.
Anche se la possibilità di disobbedire era così accattivante, ed anche se sapeva che, per una volta – forse la prima – , attenersi alle regole non l’avrebbe fatta sentire in pace con se stessa.
Dunque, riassumendo, Hermione doveva tenersi alla larga da lui sebbene questa fosse in assoluto l’ultima cosa che desiderasse fare, e sebbene fosse già ampiamente consapevole che quella scelta le avrebbe procurato un dolore quasi fisico ed un rimorso costante.
Il problema era farlo capire a lui. Lui che, il giorno prima, le aveva dimostrato di non essere disposto a rinunciare così facilmente a lei, scatenandole contemporaneamente un moto di gioia e disappunto all’altezza del petto.
Era chiaro che il suo invito a “riflettere e decidere insieme sul da farsi” fosse un implicito consiglio ad orientarsi verso una differente soluzione, in quanto lui non avrebbe mai e poi mai approvato quella precedente.
Era questione di vita o di morte.
Anzi, di vita e di morte.
C’era in gioco la loro sopravvivenza fisica e mentale tanto quanto il decesso del loro cuore, inteso nel senso figurato del termine.
Perché Hermione ne era certa, quel giorno avrebbe varcato la soglia della stanza di Malfoy per l’ultima volta, l’avrebbe visto e ci avrebbe parlato per l’ultima volta, avrebbe goduto della sua presenza per l’ultima volta. Poi, avrebbe sepolto quel sentimento nella più profonda intimità della sua anima, di modo che nessuno, nemmeno lei stessa, fosse in grado di farlo riaffiorare.
Ma non sarebbe uscita indenne da quell’esperienza. Non sarebbe più stata la stessa.
Si rifiutava di parlare di amore, perché lei non era affatto innamorata di lui. Però sapeva che ciò che provava era forte, travolgente ed intenso come mai le era capitato prima di allora.
E dunque sapeva che dover soffocare un simile sentimento l’avrebbe inaridita.
Non era mai stata capace di amare realmente nessuno fino a quel momento. E temeva che, dopo la “questione Malfoy”, non ne sarebbe più stata in grado.


Ciò che Hermione non poteva immaginare – o forse più semplicemente non immaginava perché troppo presa dalle sue elucubrazioni – era che Draco, in quel momento, stava riflettendo su pensieri piuttosto simili ai suoi.
Era altrettanto confuso, altrettanto incerto, altrettanto combattuto.
Per usare un vecchio modo di dire Babbano, che per quanto triviale aveva un’innegabile ed efficientissima capacità evocativa, non sapeva che pesci pigliare.
Era stato tanto convinto di non voler rinunciare alla Granger il giorno prima, quanto in quel momento era sicuro che quella fosse una decisione sciocca ed irresponsabile.
Dopotutto, lasciando per un attimo da parte tutte le implicazioni personali della faccenda, cosa aveva lui da offrirle?
Tutto.
E niente.

Poteva offrirle tutto se stesso, di questo ne era certo.
Mente – già ampiamente concessa – , corpo – tanto dare quanto prendere, una pungente necessità ed un immane sollievo – , anima. Forse persino cuore, ammesso che uno come lui lo avesse davvero e soprattutto fosse in grado di donarlo.
Dopotutto, che Draco Lucius Malfoy non sapesse amare a prescindere era una bugia bella e buona, che negli anni si era guardato bene dallo smentire sia per non esporsi troppo – per quanto potesse idealmente apparire assurdo, era sempre stato estremamente riservato, geloso custode dei propri sentimenti, sogni, desideri ed emozioni – , sia per l’indubbio fascino dell’immagine di inconquistabile ed irraggiungibile uomo di ghiaccio che ciò contribuiva a cucirgli addosso.
Draco, indipendentemente dalle sue deplorevoli azioni, le ideologie corrotte e la dubbia morale, era un uomo come gli altri, fatto tanto di carne quanto di anima. E quell’anima sapeva amare, anche se in un modo tutto suo.
Aveva amato sua madre di una devozione quasi totale, che spesso i suoi amici, schernendolo, avevano giudicato corrotta da una discreta percentuale di complesso di Edipo.*
Erroneamente, per inciso, perché per Draco Narcissa non era mai stata una donna. Piuttosto una divinità, una dea, un’entità aulica a cui votare tutto se stesso per bearsi, in cambio, del soave tepore della sua sacra luce.
Ed anche perché Draco avrebbe pure potuto commettere le peggiori atrocità possibili ed immaginabili, ma uccidere suo padre certamente non rientrava nel novero.
Amava Lucius Malfoy intensamente e profondamente, per quanto si guardasse bene dal dimostrarlo o addirittura comunicarlo in maniera esplicita – e, del resto, altrettanto faceva suo padre con lui. Non si limitava, come spesso in passato l’avevano accusato – ignobili cani che nulla sapevano di lui, della sua famiglia e di come la validità di una figura genitoriale non vada necessariamente di pari passo con coccole, moine e nomignoli affettuosi. Ignobili cani che, nella maggior parte dei casi, appartenevano alla deplorevole Casata Rosso-Oro, e che troppo spesso rispondevano ai cognomi Potter e Weasley – , a seguire le sue orme ed i suoi insegnamenti nel tentativo di compiacerlo, in nome di un rispetto di matrice paterna più imposto ed inculcato con la rigidità e l’abitudine che spontaneo.
Affatto.
Draco idolatrava suo padre, lo stimava, lo riveriva, lo ossequiava, lo venerava, lo adorava.
Non era solo il modello maschile per eccellenza, non solo l’esempio – quanto più vicino alla perfezione, a suo parere – da perseguire, non solo la fonte da cui attingere costantemente insegnamenti, dritte e consigli, non solo l’uomo a cui ispirarsi per costruire l’adulto che sarebbe a sua volta diventato.
Era difficile, se non impossibile, spiegare efficacemente ed esaustivamente cosa Lucius fosse a tutti gli effetti per lui.
Non era mai stato un padre tenero ed affettuoso, di quelli che rimboccano le coperte ai figli canticchiando loro una dolce ninna-nanna, che distribuiscono carezze ed abbracci gratuitamente e che apostrofano la propria prole con i vari amore, tesoro, dolcezza e via dicendo. Indipendentemente da ciò, amava Draco con ogni fibra del suo essere, forse persino più intensamente di quanto potesse mai fare uno di quei canonici padri tutti coccole e miele, ed avrebbe dato la vita per lui senza pensarci su neppure per un millesimo di secondo.
Suo figlio non era solo il sangue del suo sangue, il suo erede ed il prosecutore della stirpe Malfoy.
Era il suo tutto. E, per quanto mai l’avesse esplicitamente dichiarato, Draco lo sapeva bene.
Forse anche per questo adorava suo padre con una simile intensità.
Dunque, a conti fatti, Draco sapeva amare.
Aveva amato ed amava tuttora la sua famiglia, gli amici – quelli veri, ovviamente – , quel Blaise Zabini nascostosi chissà dove per fuggire al Signore Oscuro e quel Theodore Nott barbaramente ucciso in battaglia che per lui erano sin dall’infanzia come fratelli.
Ma amare una donna era decisamente un’altra cosa, ed un paragone con quanto sopra era insensato, ingiusto ed infruttuoso.
Il problema non era l’amare in sé. Erano le donne.
Vivere al fianco di Narcissa Black Malfoy per oltre vent’anni contribuiva inevitabilmente a rendere – almeno agli occhi del soggetto in questione – le altre figure femminili più spente, più sbiadite, più vuote e più insulse al cospetto di tale perfezione, tanto fisica quanto intellettuale.
Nessuna era mai alla sua altezza, nessuna reggeva il confronto, nessuna era degna di condividere quel posto speciale nel cuore di Draco Malfoy con sua madre.
Nessuna.
Ma poi, come un lampo improvviso che squarcia un cielo precedentemente sereno e senza nubi, accompagnata dal medesimo spaventoso frastuono e causando lo stesso sbigottimento atterrente di suddetto fenomeno naturale, era arrivata Hermione Granger.
Ed Hermione Granger...
Definirla brevemente era impossibile. Ed ingeneroso, oltretutto.
Semplicemente, lei era diversa.
Era quanto di più lontano dall’immagine di Narcissa potesse esserci al mondo.
Eppure, ciò non la sminuiva nel paragone con lei.
Anzi.
Hermione rappresentava l’altra faccia della medaglia: opposta, divergente, antitetica, contrastante. Ma dotata della medesima lucentezza, altrettanto preziosa e, paradossalmente, modellata sulla base dello stesso materiale della sua controparte.
Per quanto ammetterlo, seppure solo tra sé e sé, lo sconcertasse – ma nemmeno poi quanto avrebbe potuto immaginare tempo addietro – , si sarebbe tranquillamente potuto innamorare di lei.
Avrebbe potuto amarla ed offrirle tutto se stesso, sì.
Ma, in fondo, cos’era lui?
Niente.
La sua antica spocchiosa anima Serpeverde protestò a quel pensiero. Dopotutto, era o non era il rampollo di una delle più nobili famiglie Purosangue? Uno degli studenti più capaci di Hogwarts? Il migliore tra i Verde-Argento? Dotato di un’indiscutibile bellezza oggettiva ed un fascino da consumato dongiovanni? Una mente brillante ed arguta, un fisico sapientemente modellato, un mago dalle indubbie capacità?
A conti fatti, era quanto di meglio una donna potesse desiderare.
Una volta.
Persino quel moto di orgoglio e ribellione dovette scontrarsi con la dura realtà dei fatti.
Era vero, inutile trincerarsi dietro una falsa modestia: in passato, aveva rappresentato il partito più appetibile per una giovane, forse quasi l’uomo ideale – sempre ammesso che all’ideale fossero concessi un paio di evidenti difetti, e che dunque il suo rivestimento patinato potesse presentare qualche lieve graffio ed ammaccatura.
Ma adesso, Draco Malfoy non era altro che un prigioniero di guerra. Un rifiuto della società destinato a trascorrere il resto della sua inutile esistenza a marcire dietro un muro di sbarre per fare ammenda – anche se ancora non comprendeva in quale strana e sadica logica la sua putrefazione fisica e mentale in una cella due metri per quattro potesse riparare ai suoi errori – di tutti gli orrori compiuti in nome di quella che, secondo l’ideologia dei suoi futuri carcerieri, era una visione deviata, contorta e malata del mondo e della realtà.
Questo era l’inevitabile destino che si prospettava di fronte a lui.
Perché non aveva senso mentire a se stessi: la vittoria dell’Ordine era prossima, se lo sentiva nelle vene tanto quanto la sua mente lo registrava come un fatto ovvio e consequenziale.
Non c’era modo di sfuggire a quella condanna. Già in quel momento la stava in parte scontando, sebbene quegli sciocchi Auror fossero totalmente inconsapevoli del fatto che una prigionia che lo portava ad un così stretto contatto con la sua Mezzosangue preferita era tutto tranne che una pena.
Dunque cosa mai poteva offrire ad una donna, uno come lui?
Anche ammesso che le avesse donato tutto se stesso, a che pro?
Cosa poteva farsene lei di un uomo destinato alla reclusione forzata e sempiterna? Perché avrebbe dovuto desiderare di perdere del tempo prezioso con un criminale che sarebbe rimasto solo una breve, brevissima parentesi all’interno della sua esistenza?
Perché avrebbe dovuto contaminare una cosa tanto pura come quella deliziosa Guaritrice con la sua oscura presenza? E per cosa poi, per una relazione clandestina a base di sesso e bugie che si sarebbe consumata nell’arco di qualche misera settimana?
Non era una ragazza qualsiasi, era Hermione Granger.
E se nei confronti di una ragazza qualsiasi non si sarebbe posto simili problemi, concentrandosi esclusivamente sulla ricerca del proprio piacere e del proprio appagamento, con lei non poteva fare altrettanto.
Non era disposto a trascinarla all’Inferno con sé e a corrompere la sua anima candida ed innocente solo in nome di un sentimento assurdo, che non avrebbe mai dovuto provare e di cui ancora non si capacitava.
Onestamente, Draco non avrebbe voluto tirarsi indietro, rinunciare a lei.
Ma, dopo un’attenta riflessione, aveva convenuto che non poteva fare altrimenti.
Non voleva, ma doveva.
Doveva concederle di allontanarsi da lui. Doveva costringerla a farlo.
Doveva, proprio in nome di ciò che sentiva per lei, sin nel profondo della sua anima.
Era troppo tardi per salvare se stesso.
Ma era ancora in tempo per salvare lei.



Erano trascorsi a malapena una manciata di minuti da quando Hermione era entrata nella stanza di Draco.
Minuti che i due ragazzi avevano impiegato scrutandosi in silenzio, persi entrambi nei propri pensieri.
Erano giunti ad una conclusione, alla fine.
Sorprendentemente la stessa, anche se il processo mentale per evincerla e le motivazioni su cui reggeva erano quasi totalmente differenti.
Per quanto paradossale potesse sembrare, l’egoista tra i due era proprio lei.
Lei, che si era preoccupata principalmente di se stessa, della salvaguardia dei propri sentimenti e della propria stabilità psichica. Lei, che aveva convenuto quanto fondamentalmente sbagliato e controverso sarebbe stato un suo rapporto col ragazzo.
Al contrario, Draco aveva pensato quasi totalmente ad Hermione, più che a se stesso.
Aveva deciso di sacrificare i suoi pulsanti desideri e la sua attrazione incontenibile per la giovane, spinto dal proposito di salvarla da quanto di oscuro lui potesse rappresentare per una come lei.
Si dice spesso che l’amore cambia le persone.
Per quanto entrambi si rifiutassero di parlare esplicitamente di amore – un sentimento troppo forte, troppo intenso, troppo importante per fiorire nell’arco di qualche mese, soprattutto tra due persone costrette in una situazione quanto mai estranea all’ordinario, e che avevano trascorso i precedenti anni a detestarsi apertamente, sebbene più sulla base di stereotipi e formalità sociali che di una vera e propria antipatia – , era innegabile l’attinenza tra la loro situazione e quel modo di dire.
I contorti, complessi e contrastanti sentimenti che nutrivano l’uno per l’altra avevano trasformato la generosa Medimaga dall’indole filantropica, caritatevole ed altruistica in un’egocentrica individualista concentrata esclusivamente su se stessa e su ciò che era meglio per la propria persona; e, per l’altro verso, lo spietato Mangiamorte altezzoso, arrogante, imperioso e totalmente disinteressato all’altrui sorte si era riscoperto un nobile gentiluomo che si prodiga per mantenere intatta la virtù morale – e non solo, sebbene da un punto di vista puramente anatomico fosse in ritardo di qualche anno – della fanciulla per cui spasimava, evitando di trascinarla in un insensato circolo libidinoso che, ne era certo, le avrebbe fatto più male che bene.
Altrettanto ironica era la considerazione che, per quanto entrambi sapessero che porre fine a quanto c’era stato tra loro in quel periodo fosse ciò che dovevano, nessuno dei due lo voleva davvero.
Era frustrante, tanto per Hermione quanto per Draco.
E veniva da sé pensare che le cose sarebbero potute andare diversamente se si fossero trovati in una situazione differente. Se non ci fosse stata la guerra, se non fossero stati esponenti di due fazioni avversarie, se lui non fosse stato ormai destinato alla detenzione perenne, se lei non avesse rappresentato tutto ciò che lui aveva tentato di distruggere negli ultimi anni...
Troppi “se”. Troppi per rendere una tale circostanza verosimile.
Ma, riflettendoci, dopotutto loro si erano già trovati in una situazione differente.
Una situazione in cui non c’era nessuna guerra in corso, nessuna fazione opposta, nessuna detenzione a pendere sul capo di lui come una Spada di Damocle.
Una situazione in cui ciò che li allontanava non era mortalmente pericoloso quanto quel sanguinario conflitto, e tutto quello che esso comportava. Piuttosto erano le convenzioni sociali, i pregiudizi, l’appartenenza a due differenti Casate, un divergente giro d’amicizie, i preconcetti ed i fanatismi imposti dalle famiglie e dal Mondo Magico in generale.
Il fatto di essere un Serpeverde ed una Grifondoro, un nobile Purosangue ed una Nata Babbana, un viziato figlio di papà snob e razzista ed un’arrogante saccente piena di orgoglio.
Un Malfoy ed una Sangue Sporco.
Un Malfoy ed una Sangue Sporco amica di Potter.
Era inevitabile per entrambi, alla luce dello stato attuale delle cose, considerare quanto fossero stati sciocchi ed ottusi in passato, quanto tempo avessero inutilmente sprecato ad odiarsi, quanto succubi fossero stati dei loro preconcetti, al punto da lasciarsi accecare.
Perché in fondo adesso erano adulti, maturi, cresciuti, diversi. Ma, dopotutto, sempre gli stessi.
Se solo Draco non si fosse lasciato condizionare dalla presunta superiorità del proprio sangue, e conseguente inadeguatezza di coloro che non potevano vantarne uno altrettanto puro, ed avesse speso anche solo qualche minuto tentando di conoscere la vera Hermione...
E se Hermione non si fosse fermata alla prima superficiale impressione, al dispetto che quel bambino dalla lingua tagliente e la puzza sotto il naso aveva suscitato in lei sin dal principio, ed avesse provato a guardare sotto la spessa maschera che portava, a vedere il vero Draco...
Inutile piangere sul latte versato, per quanto simili rimorsi – o rimpianti? – potessero al momento irritare nel profondo.
Hermione era giunta a considerare che, probabilmente, non fosse destino. Dopotutto, chi ha detto che la persona che riesce a farti battere il cuore con una simile intensità, a stravolgere la tua esistenza da capo a piedi, a ribaltare ogni tuo credo ed ogni tua convinzione, ad apparire così diversa e al tempo stesso così simile a te sia poi effettivamente la tua cosiddetta anima gemella?
Draco, al contrario, semplicemente aveva capito che a quelli come lui i miracoli non erano concessi.
Non c’è modo in cui una tigre possa godere dell’amore di una gazzella. Prima o poi, l’indole del predatore torna prepotentemente a galla, e la fiera finisce per sbranarsi la povera innocente creatura, sempre che questa non rinsavisca prima del tempo e saggiamente scappi a gambe levate.
E’ contro natura.
Esattamente come lui e lei.
Ad ogni modo, c’era ormai poco su cui continuare a rimuginare. La decisione era stata presa.
Les jeux sont fait.*
Restava solo da convenirne congiuntamente.



< Ci hai pensato?> le domandò lui all’improvviso, interrompendo quel teso silenzio.
Hermione non riuscì ad evitare alle proprie labbra di contrarsi in una smorfia.
Annuì.
< Tu?> chiese poi.
< Anch’io, sì.>
< E?> lo invitò a proseguire lei.
Draco ignorò la sua domanda, incapace di risponderle in alcun modo. Cosa avrebbe dovuto dirle, che la voleva ma al tempo stesso non la voleva? O meglio, doveva non volerla?
< Sei ancora convinta che sia la soluzione migliore?> disse invece.
La ragazza lo squadrò per un istante. Dal tono con cui aveva le aveva posto quella domanda era evidente che aveva perso lo spirito combattivo del giorno precedente.
Pare che si sia arreso, considerò.
< Intendi smettere di vederci?>
Perché suonava così da coppia che tronca una relazione?
< Sì.>
Tanto meglio per lei, che lui si fosse rassegnato. Che fosse così ben disposto ad accogliere la sua proposta.
La prospettiva di non dover lottare contro quella sua testaccia dura era un sollievo per la fanciulla.
Un sollievo che però le provocava una certa acidità di stomaco.
< Non lo so.> ammise.
Draco la fissò perplesso.
Che significava adesso quella titubanza?
Hermione lesse la confusione nello sguardo del ragazzo, e si apprestò a proseguire.
< Non so se sia effettivamente la soluzione migliore. Ma è l’unica che riesco a trovare al momento. E so per certo che qualunque altra non funzionerebbe.>
Buffo come fossero finiti a parlare di soluzioni.
Dopotutto, il giorno prima entrambi avevano avuto l’impressione che non vi fosse nulla da risolvere.
Era chiaro che, nel corso della notte ed a seguito di profonde riflessioni, ciò che c’era stato tra di loro era ufficialmente diventato un problema fastidioso di cui sbarazzarsi.
Malfoy sospirò pesantemente.
< E’ risaputo che quella intelligente tra i due sei tu, Granger. Perciò, se reputi davvero che la tua soluzione sia l’unica efficace a nostra disposizione... beh, allora per me va bene.>
Pronunciare quelle parole gli era costato assai più di quanto avrebbe mai ammesso.
Hermione rimase spiazzata. Non tanto da ciò che lui aveva detto, quanto dalla sua reazione.
Avrebbe dovuto fare i salti di gioia, dopotutto. Aveva vinto, lui aveva dato ragione a lei, avrebbero fatto ciò che lei voleva, avrebbe finalmente messo una bella pietra sopra tutta quella storia, si sarebbe lasciata Draco Malfoy alle spalle e sarebbe tornata ad essere la solita vecchia Hermione.
Invece, l’unica cosa che avvertiva in quel momento era un gigantesco groppo in gola, che quasi le impediva di respirare.
Si schiarì la voce. Non che ne avesse realmente bisogno, ma temeva che se non l’avesse fatto le sarebbe uscito dalle corde vocali un suono stridulo e strozzato.
< Ottimo.> affermò, annuendo tra sé. < Allora è deciso.>
Draco annuì a sua volta. Si sentiva schiacciare da un peso consistente che premeva sulle sue spalle, ma cercò di mantenere la posizione eretta e lo sguardo sicuro.
< E’ deciso.> le fece eco.
Quando sentì anche lui reiterare quella sorta di sentenza, Hermione avvertì improvvisamente l’aria farsi più rarefatta. Il bisogno di ossigeno si fece impellente, e la sensazione di soffocamento insostenibile.
Si alzò in piedi, decisa ad andarsene il più in fretta possibile.
< Mi assicurerò che un’infermiera venga a tenerti compagnia almeno una volta al giorno, se lo desideri.>
Draco scrollò le spalle, ruotando il capo verso sinistra e rivolgendo l’attenzione alla finestra.
Non voleva vederla andarsene.
< Va bene.> rispose.
Lei non replicò. La gola le si era fatta troppo secca, e c’era talmente poco ossigeno per lei in quella stanza che non poteva permettersi di sprecarne ancora parlando.
Si voltò, dirigendosi ad ampie falcate verso la porta.
Di fronte ad essa si bloccò, stringendo convulsamente il pomello con la mano destra.
Quello era il momento che più aveva temuto.
Andarsene.
Andarsene davvero, senza tornare più.
Era la fine.
Era un addio.
Avrebbe dovuto dirglielo, addio?
Tornò a rivolgere lo sguardo a Draco, senza incontrare il suo. Lui fissava insistentemente la finestra, dietro la quale faceva capolino un cielo plumbeo ed oscuro.
In viso, un’espressione indecifrabile. Ma che ben rifletteva quel cupo panorama.
Non seppe se fu a causa di quel suo sguardo, o del fatto che non riusciva a trovare le parole adatte per accomiatarsi da lui, ma sentì improvvisamente gli occhi farsi lucidi.
Doveva uscire da lì.
Ma come poteva voltargli le spalle così, senza aggiungere altro?
Scosse il capo. Ripensandoci, cosa avrebbe dovuto dirgli, poi?
Arrivederci Malfoy, grazie di tutto, stammi bene e mandami una cartolina da Azkaban?
Suonava grottesco almeno quanto lo sarebbe stato pronunciare quelle cinque lettere.
A d d i o.
Perché poi dirgli addio, quando sapeva benissimo che non sarebbe bastato non vederlo più per cancellarlo dalla sua vita.
Volente o nolente, lui sarebbe sempre rimasto parte di lei. L’aveva marchiata a fuoco, anche se probabilmente non era il suo intento. E quel segno non se ne sarebbe mai andato.
Forse sarebbe sbiadito col tempo, avrebbe fatto meno male, sarebbe persino giunta al punto di non ricordarsene, quasi. Ma ci sarebbe sempre stato, in saecula saeculorum.
Decise infine di uscire – da quella stanza, da quel “rapporto”, da lui – così come era entrata.
Silenziosamente.
E con uno schiacciante senso di colpa a premerle sul petto.



~ω~





Piove.
Piove a dirotto.
E dove starebbe la novità?
Non ha fatto altro che piovere negli ultimi... quanto, due giorni? Tre?
O forse quattro.
Non cinque, sicuramente cinque no.
Non è passato così tanto tempo. Ammesso che cinque fottuti giorni si possano considerare “tanto tempo”.
E non è nemmeno un fatto di ieri. Non è passato così poco tempo, no.
Anche se, senza di Lei, “tempo” mi sembra soltanto una vuota definizione.
Giorni, ore, minuti, secondi, è tutto uguale. Non c’è differenza tra il mattino e la notte, tra il giorno prima ed il giorno dopo.
E’ tutto dannatamente uguale, tutto dannatamente statico, spento, inutile.
Piove.
Non potrebbe essere altrimenti.
Manca la luce. Manca il sole.
Manca Lei.
Dunque, piove.
O, come dicono certe disgustose poesiole Babbane, “il cielo piange”.
Emerita stupidaggine, ma del resto da una razza – sì, “razza”. Sono un fottuto razzista, un misantropo, uno xenofobo, un violento, un impuro di cuore, un assassino ed un Mangiamorte. Ed un Malfoy, che forse tra le tante è la cosa peggiore – tanto abietta non potevo aspettarmi nulla di diverso.
Il cielo non piange, Merlino!
Il cielo sta lì sopra, fermo immobile, si lascia attraversare dalle turbolenze atmosferiche, dalle intemperie, dalle nuvole, dalla luce, dagli uccelli, da quei cosi volanti dei Babbani – come diamine si chiamano, “ariopiani”? – e da maghi a cavallo di scope.
Non è un’entità viva e pensante, non prova sentimenti, non sente il dolore, non è un cazzo di niente di diverso da un fottuto sfondo colorato. Quindi, non piange.
Di solito.
Ma questo cielo, il MIO cielo...
Lui sì, lui piange.
Lui può.
Perché lui li prova eccome dei sentimenti. Prova i miei.
E sente il dolore, il mio.
Piange per me, ed al posto mio.
Io no, io non piango.
Piangere è da mammolette, è una debolezza che uno come me può concedersi giusto un paio di volte nella vita, ed io ho già dato.
E poi, anche volendo, sono troppo incazzato per piangere, decisamente troppo.
Con Lei, col mondo, con la vita, con la sorte beffarda, con questa merdosa guerra, con Potter e Weasley – perché incazzarsi con loro ci sta sempre bene – , con Voldemort, coi miei genitori, con quel maledetto karma che mi prende per il culo da ventidue anni a questa parte.
Con tutti e tutto.
Con me stesso, in particolare.
Sono sempre stato un codardo ed un egoista, fin da bambino. E diventando Mangiamorte non ho di certo scavato nel mio profondo, appigliandomi ad un coraggio che non ho mai posseduto.
No, anche in quel caso è stato egoismo.
Egoismo, ambizione, spirito di rivalsa ed istinto di sopravvivenza.
Sono riuscito a mettere da parte le mie paure ed i miei timori per affrontare il cammino che era stato steso di fronte a me, e non sono stati certo dei nobili valori a spingermi a farlo.
Mettere da parte, ho detto. Non cancellare.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, no?
Ed io sotto sotto sono sempre quel ragazzino che si difendeva dalle avversità del mondo facendosi scudo con la sua faccia da schiaffi, la spocchia ed una baldanza che non andava di pari passo con una vera audacia.
Non sono mai stato un coraggioso.
Non sono mai stato come Potter, che si gettava a capofitto in qualunque pericolo, fregandosene altamente della sua incolumità.
E non ho mai aspirato ad esserlo, precisiamo.
A mio parere, “coraggio” è semplicemente sinonimo di sconsideratezza ed irresponsabilità.
Guarda caso, i cosiddetti coraggiosi sono sempre i primi a lasciarci le penne.
Ho sempre tenuto troppo alla mia vita per giocare al massacro di fronte alla prima avvisaglia di pericolo. Mai stato animato da nobili propositi, mai sacrificato me stesso per nessun altro.
E col senno di poi, la mia era una decisione quanto mai sensata.
Per una volta sono stato coraggioso ed altruista, ho messo l’incolumità di qualcuno prima della mia, ho sacrificato me stesso per qualcun altro, ho avuto la forza di mettere da parte i miei desideri e le mie pulsioni in nome di buoni propositi e sentimenti puri.
E tutto quello che ci ho ricavato è...
Niente, cazzo.
Un dannatissimo niente.
Casomai, ci ho solo perso.
Se fossi tornato ad essere quello di prima, forse non me ne sarei lamentato più di tanto.
Ero un lupo solitario, uno che viveva per conto suo, che passeggiava per le strade della vita da solo. E mi stava bene così, non sentivo il bisogno di niente e nessuno accanto a me.
Sapevo dove sfogare le pulsioni della carne, e non necessitavo di altro.
Adesso sono di nuovo solo. Ma non sto per niente bene come prima.
E’ inutile prendersi in giro.
Mi manca.
Devo ammetterlo.
Mi manca davvero.
Mi manca più di quanto avrei potuto pensare.
Mi manca quanto potrebbe mancarmi l’aria se trattenessi il respiro per due giorni di seguito. Anzi, forse continuerebbe a mancarmi di più Lei.
Mi sono arreso, mi sono fatto da parte, ho deciso per la prima volta in vita mia di giocare secondo le regole, mi sono comportato correttamente.
Ho fatto il Potter della situazione.
E ne sono uscito con una cicatrice gigantesca, oscena e pulsante esattamente come la sua.
Pensavo che sarei riuscito a togliermela dalla testa, o che quantomeno mi sarei consolato nella consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.
Invece, continuo a stare uno schifo.
E ce l’ho a morte con me stesso, perché l’unico da biasimare sono proprio io.
Non avrei dovuto permetterle di andarsene.
Non avrei dovuto rinunciare a Lei.
Avrei dovuto combattere, persuaderla a restare.
Non ho perso, mi sono semplicemente arreso.
Ma forse ho ancora una possibilità. Forse posso riprendere da dove avevo lasciato e ricominciare a lottare.
E magari persino vincere.
Qualunque cosa pur di far cessare questa dannata pioggia.
Perché non la sopporto più.
Perché mi sta facendo diventare pazzo.
Perché piove ininterrottamente da giorni ormai.
E non potrebbe essere altrimenti.
Manca la luce. Manca il sole.
Manca Lei.




~ω~





Era ormai più di un decennio che Harry Potter faceva parte della Comunità Magica in qualità di membro attivo. Nel giorno stesso in cui aveva ricevuto la lettera di convocazione per Hogwarts – la prima di una lunga lista, ma questa è un’altra storia – era passato dall’essere uno strano orfanello cresciuto dai despotici zii al quale accadevano fatti quantomeno inspiegabili al ritrovarsi improvvisamente nelle vesti di un giovane e celebre mago con un pesante passato alle spalle ed un futuro carico di aspettative e responsabilità.
E tutto si poteva dire, meno che quegli ultimi dieci anni fossero stati per il ragazzo privi di stranezze, da intendersi come ancora più strane visto che erano al di fuori dell’ordinario persino in un mondo dove i quadri parlano, la posta viene consegnata dai gufi, le scope fungono da mezzo di trasporto aereo ed una donna che si tramuta in gatto sotto gli occhi di una trentina di bambini è scuola.
In sostanza, Harry Potter era ormai avvezzo a stramberie, fatti inusuali ed eventi straordinari. Era arrivato al punto in cui quasi nulla più riusciva a stupirlo e scomporlo, tanto che persino di fronte alla missione più assurda o al caso più contorto sfoggiava una nonchalance ed un sangue freddo da manuale.
La fama di questa sua proverbiale capacità di rimanere impassibile e stoico in qualunque circostanza gli era valsa tra i suoi colleghi Auror il soprannome di Mister Calma e Gesso, prontamente trasfigurato dal suo migliore amico in Mister Calma e Cesso – perché non sia mai che Ronald Weasley si lasciasse scappare l’occasione di intaccare la virilità di quello che, per quanto fosse per lui come un fratello, era anche il suo principale rivale per il titolo di tombeur de femmes dell’anno, se non addirittura del secolo.
Dunque, Mister Calma e Cesso non si sorprendeva quasi più di nulla.
Eppure capitava, anche se piuttosto raramente, che un qualche particolare evento avesse la giusta dose di imprevedibilità e stranezza per lasciarlo lievemente esterrefatto.
Ad esempio, il giorno in cui la brunetta tutta curve della divisione controspionaggio aveva preferito cedere alle lusinghe del suo rosso amico piuttosto che lasciarsi accecare dalla luminosa fama del Bambino Sopravvissuto.
Oppure quando Remus gli aveva annunciato che lui e Tonks aspettavano un bambino, dal momento che Harry innanzitutto non aveva mai considerato il fatto che un lupo mannaro potesse accoppiarsi e riprodursi, e secondariamente perché aveva sempre sospettato che il suo ex-professore avesse ben altri gusti, soprattutto alla luce della particolare amicizia che lo legava al suo defunto padrino.*
Quel pomeriggio si era verificata una nuova circostanza che aveva costretto Potter a sgranare con stupore i suoi occhi verdi, eredità di Lily Evans. Non era nulla di paragonabile, almeno in quanto a gravità o importanza, ai due fatti di cui sopra, ma era comunque qualcosa di insolito.
Sedeva comodamente ad uno dei tavoli della mensa dell’Ordine assieme ai suoi due migliori amici, intento a gustarsi un rapido ma tranquillo pranzo in loro compagnia. Aveva notato che Hermione appariva un po’ sottotono rispetto al solito, ma dal momento che Ron sembrava non dare grande peso alla cosa, anche lui aveva fatto altrettanto.
Si era limitato a domandarle come procedesse il lavoro, che progressi avesse riscontrato nella cura di un paziente colpito da un incantesimo piuttosto potente e quali nuovi sviluppi avesse ottenuto la sua squadra di ricercatori nel progetto di una particolare pozione curativa di cui non sarebbe mai stato in grado di ripetere il nome.
Normale amministrazione, insomma.
Seppure mogia, la sua amica aveva replicato dettagliatamente, informandolo che il lavoro procedeva bene, che il paziente rispondeva positivamente alle cure e che la sua equipe aveva compiuto passi da giganti, e di lì a breve la pozione sarebbe stata pronta all’uso.
Proprio mentre spiegava per la quindicesima volta ad Harry le proprietà curative di quel progetto in corso, una ragazza dai lunghi boccoli biondi si era avvicinata ad Hermione.
Il giovane aveva desunto che si trattasse di un’infermiera dalla casacca azzurra che indossava, su cui peraltro si era soffermato con particolare dovizia considerando la notevole silhouette che mal celava.
Perso nello studio della sinuosa figura femminile di fronte a lui, non aveva prestato molta attenzione alla conversazione in corso tra quest’ultima e la sua amica. Aveva colto qualche parola qua e là, come “il paziente speciale” o “infermiera” o ancora “quasi strangolata”, ma il suo cervello era talmente preso dall’immagine che i suoi occhi gli rimandavano che metterle insieme per comporre una frase di senso compiuto sarebbe stata un’impresa quantomeno titanica.
In compenso, non si era perso la reazione di Hermione. Ed era stata quella a sorprenderlo.
Non che non fosse abituato a vederla perdere le staffe. Merlino solo sapeva quante volte aveva sfogato i suoi bollenti spiriti su lui e Ron, imprecando peggio di Oliver Baston dopo l’ennesima sconfitta a Quidditch contro Serpeverde e maledicendo loro due ed i loro “cervelli da paleolitico”.
Insomma, Hermione arrabbiata era tutto tranne che uno spettacolo inusuale. Anzi, era quasi un’abitudine. Dopotutto, da che la conosceva l’aveva vista irritarsi un giorno sì e l’altro pure.
Nulla di cui sorprendersi, insomma.
Eppure, in dieci anni e più di amicizia, mai l’aveva vista infuriarsi così.
In una manciata di secondi si era trasformata in una belva ringhiante ed era scattata fuori dalla mensa con un passo così teso e sostenuto che nella sua fuga aveva travolto e fatto capitolare persino un paio di poveri Auror innocenti. E non aveva chiesto loro scusa per averli fatti cadere, il che era ancora più strano per Hermione l’educazione prima di tutto Granger.
Harry poteva giurare di aver persino notato una vena sulla tempia dell’amica pulsare pericolosamente.
Dire che era esterrefatto era poco. Hermione era, come diceva spesso Ron, altamente infiammabile, spesso scattava per un nonnulla e s’incaponiva per questioni totalmente irrilevanti.
Era focosa e pasionaria, e ciò nessuno lo metteva in dubbio.
Ma sul lavoro ostentava sempre un savoir-faire ed una fermezza ineccepibili. Era calma, controllata, professionale. Del resto, regola principe di ogni buon Guaritore era proprio “non farsi mai prendere dal panico o dall’agitazione”.
Come Medimaga, avrebbe potuto vantare a sua volta il titolo di Miss Calma e Gesso – ed in quel caso, l’Auror Weasley non avrebbe di certo storpiato l’ultima parola, vista l’innegabile avvenenza della ragazza.
Perciò vederla perdere le staffe così per una questione di lavoro era insolito, stupefacente ed indubbiamente preoccupante.
Harry aveva avvertito sentore di guai, perciò si era voltato verso Ron con un’espressione confusa e carica d’interrogativi. Era certo che, se davvero ci fossero magagne in vista per Hermione, lui sarebbe stato il primo ad esserne al corrente.
Quando però aveva visto il suo amico ridacchiare tra sé e sé ed accendersi una sigaretta in tutta tranquillità, aveva tirato un sospiro di sollievo.
Era un assioma ormai: se Ron non è preoccupato per Hermione, allora non c’è nulla da temere per lei.
Si rilassò a sua volta, riprendendo a mangiare come se nulla fosse ed attribuendo quello strano scatto dell’amica ad una “questione ormonale” – che era poi la canonica spiegazione che Harry dava a tutti gli atteggiamenti femminili che non era in grado di comprendere.
Ron, dal canto suo, non riusciva a smettere di ghignare. Davvero non c’era nulla da temere.
Per Hermione.
Ma lui, che aveva seguito attentamente la conversazione tra la ragazza e la sua collaboratrice e che aveva notato il lampo omicida che aveva attraversato i suoi occhi nocciola, sapeva che qualcuno aveva decisamente da temere.
Quando la sigaretta si fu consumata quasi del tutto tra le sue labbra, afferrò il filtro tra il pollice e l’indice e lo schiacciò sul fondo del posacenere.
Scoppiando in un’ennesima – e agli occhi di Harry inspiegabile – risata, considerò che con molta probabilità di lì a pochi minuti Draco Malfoy avrebbe fatto la stessa fine della sua povera cicca.



Quando vide la Dottoressa Granger irrompere nella sua stanza come una furia, Draco dovette costringersi a reprimere una risata – più che altro perché voleva evitare che una delle deliziose decolté della fanciulla si schiantasse contro il proprio naso.
Merlino, come sei prevedibile!
< Buongiorno Granger!> l’accolse con un largo sorriso, fin troppo simile ad un ghigno per i già provati nervi di Hermione.
< Buongiorno un accidente!> replicò lei, quasi ringhiando.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, in un’espressione di perplessità più falsa di uno zellino d’oro.*
< Tutto bene? C’è per caso qualcosa che ti turba?>
Stavolta, dalle labbra della fanciulla uscì un vero ringhio.
Fulminea, si parò a pochi centimetri da lui, puntandogli la bacchetta all’altezza della carotide e squadrandolo con uno sguardo talmente minaccioso da incutere timore persino all’uomo più coraggioso della Terra.
Al più coraggioso forse, ma non di certo a Draco Malfoy.
Al contrario, lui ne era immensamente divertito. Trovava quella manifestazione d’ira un evento ricco tanto d’ilarità quanto di soddisfazione, almeno per lui.
Perché era evidente che il motivo di una simile rabbia non poteva certo essere il suo innocuo confronto con quell’infermiera.
Se la memoria non lo ingannava, non aveva reagito con una simile veemenza quando la stessa sorte era toccata a lei.
No, Draco era ampiamente consapevole che l’irritazione di Hermione Granger aveva radici ben più profonde.
E, al di là di questo, non riusciva a smettere di complimentarsi con se stesso.
Come un abile cacciatore, aveva steso una trappola ben in vista, utilizzando la giusta esca e camuffandola efficacemente. E la sua preda c’era cascata in pieno.
Aveva abboccato con una semplicità ed una rapidità quasi imbarazzanti per una tipa sveglia quanto lei.
Colpita ed affondata.
< Tu, brutto lurido perfido schifoso scarafaggio!*> sibilò, premendo la punta della propria bacchetta contro la gola di Draco.
Déjà vu, si ritrovarono entrambi a pensare.*
Il ragazzo, di schiena contro il muro con le braccia incrociate sul petto ed il piede destro appoggiato alla parete, rimase imperturbabile. Per nulla intimorito dal ritrovarsi sotto il tiro della sua più vecchia acerrima nemica.
I suoi occhi non lasciarono trasparire il minimo turbamento.
A differenza della volta precedente, quando un’espressione di stupore, incredulità e terrore gli si era dipinta in volto.
Ma, esattamente come allora, avvertiva dentro di sé la bruciante eccitazione che quello sguardo fiero, quell’espressione combattiva e quel contatto così ravvicinato tra i loro corpi avevano acceso in lui.
Ghignò malizioso.
< Lo dici come se fosse una brutta cosa.>
Hermione ignorò il suo commento sarcastico, se possibile ancora più innervosita da quello sguardo lascivo.
Innervosita ed infiammata.
< Dammi un solo buon motivo per non ucciderti all’istante!> fece, stringendo convulsamente l’impugnatura della bacchetta.
Lui inarcò un sopracciglio.
< Potrei dartene a centinaia, Granger. Ma, nel tuo caso, trovo che sottolinearti quanto poco etico e professionale per una Guaritrice sarebbe attaccare un proprio paziente sia il più efficace. O sbaglio?> concluse eloquentemente, con un’occhiata sarcastica.
Suo malgrado, Hermione si vide costretta a dargli ragione.
Non che avesse seriamente intenzione di scagliargli contro una maledizione, ma sperava almeno di incutergli un minimo di timore, o quantomeno una sottospecie di costernazione, che lo portasse a calare la sua solita maschera d’impertinenza e a dimostrarsi dispiaciuto e pentito di ciò che aveva fatto.
Ammesso che fosse realmente quel gesto in sé ad indispettirla.
Digrignò i denti, incapace di replicare ad una simile constatazione.
Draco esibì un sorrisetto sardonico.
< Ti dispiacerebbe abbassare la bacchetta, dolcezza? Ti vedo piuttosto irritata, non vorrei che ti partisse per sbaglio qualche accidentale maledizione ai danni della mia persona. Poi toccherebbe a te curarmi, lo sai vero?>
Hermione esitò per qualche istante, contrariata dall’idea di dover eseguire una sua richiesta. Lui colse il suo tentennamento, e vi lesse un’occasione di rivincita.
Socchiuse gli occhi, continuando a sorriderle seppur con molto meno dileggio.
< Non costringermi a fartelo fare.> le sussurrò.
La ex-Grifondoro si ritrovò a trattenere il respiro, mentre una vampata di calore le scaturiva dal basso ventre, propagandosi in tutto il corpo.
Persino la sua voce riusciva a mandarla in visibilio. Incapace di fare alcun movimento – e forse, segretamente, desiderosa di costringerlo – , mantenne la bacchetta saldamente premuta contro la gola del giovane.
Draco inarcò le sopracciglia in un’espressione che pareva dirle “l’hai voluto tu”. Lentamente, sciolse il braccio sinistro dall’intreccio sul suo petto e lo portò ad afferrare il polso della fanciulla.
Il tocco delle sue dita sulla propria pelle scatenò in Hermione un profondo tumulto interiore.
Se sperava che standogli lontana sarebbe riuscita a dimenticarsi tutto ciò, era una perfetta illusa.
La costrinse ad allontanare la punta della bacchetta, spostandole il braccio lontano dal proprio collo. Poi, sempre incatenandola a sé con lo sguardo, le accarezzò il fianco con la punta delle dita della mano libera.
A quel gesto, Hermione s’irrigidì di colpo. Fu come risvegliarsi da un momentaneo torpore e rendersi conto che aveva appena contravvenuto a tutte le imposizioni che aveva stabilito per se stessa appena un paio di giorni prima.
Un campanello d’allarme prese a risuonare nella sua testa, avvertendola di interrompere immediatamente quanto stava succedendo, prima che fosse troppo tardi. Prima di commettere qualche stupidaggine. Prima di mandare alla malora quanto avevano pattuito.
Tentò con uno strattone di sottrarsi alla presa della sua mano sul proprio braccio, e nel contempo di indietreggiare di qualche passo.
Ma Draco, che aveva previsto una simile reazione, le impedì qualunque movimento, mantenendo salde le sue dita attorno al polso della ragazza. Nel contrastare il suo strattone, le piegò il braccio all’altezza della testa, portandola a puntare la bacchetta contro il soffitto.
Si distaccò dal muro e le posò la mano libera sul fianco, stavolta con più fermezza, per poi spingerla verso di sé.
Avvicinò il proprio viso al suo, mentre Hermione sgranava gli occhi per il panico. Si piegò sempre più su di lei, fino a fermarsi a pochi millimetri dalla sua bocca.
Non riuscì a non sorridere, quando si rese conto che inconsciamente la fanciulla aveva già leggermente schiuso le labbra.
Ma non erano quelle il suo obiettivo.
Voltò lievemente il capo verso destra, scivolando delicatamente sulla sua pelle fino a raggiungere l’orecchio.
La sentì tremare, ed avvertì il suo respiro farsi più profondo. Probabilmente nemmeno aveva idea di quanto le sue reazioni avessero il potere di eccitarlo. Era costretto a lottare con se stesso per non cedere al pressante istinto di gettarla malamente sul letto e farla sua in quel preciso istante.
< Ti avevo detto di non costringermi, Granger.> le mormorò, marcando sensualmente il suo cognome.
Se quel malizioso sussurro e la sua voce arrochita dal desiderio costituirono un duro colpo per la risolutezza di Hermione, l’impudicizia con cui prese a mordicchiare e leccare il suo lobo furono la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Sgranò gli occhi, tanto per la potente ondata di libidine che l’aveva investita quanto per lo sconcerto che le causò l’essersi lasciata sfuggire un gemito acuto in risposta a quelle attenzioni.
Una simile manifestazione di apprezzamento non poteva di certo passare inosservata. Draco sentì il petto gonfiarsi per la soddisfazione.
Avrebbe anche sorriso, se le sue labbra non fossero state troppo impegnate ad assaporare la pelle del collo della fanciulla.
Hermione si morse il labbro inferiore, per impedire che un secondo – ed un terzo, un quarto, un quinto – gemito sfuggisse al suo controllo. Serrò gli occhi, piegando leggermente il capo all’indietro per concedere a Malfoy totale libertà di movimento ed abbandonandosi completamente alle inebrianti sensazioni che le donava.
Non ragionava. Era come se qualcuno avesse staccato la spina al suo cervello. Un encefalogramma piatto, un suono lungo, fisso e continuo che simboleggiava assenza di segnale.
Hermione Granger in quel momento era solo fuoco.
Puro e semplice fuoco.
E Draco Malfoy era legna che l’alimentava, carbone che la teneva viva, benzina che dava vigore e potenza alle sue fiamme.
Non che, dal canto suo, il ragazzo si trovasse in una situazione tanto dissimile.
L’aveva volontariamente provocata, mettendo paura a quell’infermierucola, per farla tornare sui propri passi.
Letteralmente.
E l’aveva nuovamente provocata non appena aveva messo piede nella stanza, puntando sull’evidente attrazione che nutriva per lui e su quella sorta di chimica che sembrava aleggiare tra loro, scatenando ogni volta scintille, fulmini e saette. Sempre per farla tornare sui propri passi.
Metaforicamente.
Ma, a conti fatti, si era lasciato prendere troppo la mano.
Il suo intento iniziale era di giocare innocentemente con lei, tenerla sulle spine, portarla al limite senza però valicarlo a sua volta.
Tuttavia, nel momento in cui le si era avvicinato troppo, al punto che il dolce profumo di lavanda della sua pelle l’aveva avvolto completamente, si era ritrovato suo malgrado ad ignorare tutti i suoi propositi ed a superare quel limite.
Anzi, a saltarlo a piè pari.
Ed era stato a sua volta risucchiato da quel vortice di passione ed elettricità che la vicinanza dei loro corpi sembrava generare quasi naturalmente.
Andò per suonare, e fu suonato.*
Tutte queste considerazioni, però, attraversavano solo fugacemente la coscienza del ragazzo. In quel momento, ogni suo pensiero ed ogni pulsazione vitale era ben più concentrata altrove.
Sulla pelle di Hermione Granger.
Sul suo corpo.
Sui suoi capelli.
Sui suoi sospiri.
Soprattutto su questi ultimi, che avevano l’inebriante potere di scatenare in lui scariche su scariche di eccitazione.
Se avesse continuato a farsi soggiogare da loro ancora per molto, avrebbe finito per perdere il controllo.
O meglio, per perderlo molto più di quanto non avesse già fatto.
La scia di baci – molto più simili a dei tentativi di assaggiarla e divorarla che ad innocui bacetti – l’aveva già portato a risalire dall’incavo del suo collo fino all’estremità della mascella, poco sotto l’orecchio.
Quando, mordicchiandole quel lembo di pelle, la sentì emettere un ulteriore gemito trattenuto a stento, quasi simile ad un singhiozzo, non ci vide più.
Non riusciva più a sopportare quella deliziosa tortura. Doveva farla tacere, punto.
E sapeva bene che esisteva solo un modo per farlo.
Hermione spalancò di colpo gli occhi, mentre un brivido di freddo le scuoteva la schiena.
Freddo.
Aveva sentito freddo nell’istante in cui le labbra di Malfoy avevano abbandonato la sua pelle.
Lo cercò con lo sguardo. Era ancora troppo obnubilata dai suoi sensi infiammati per registrare che ciò che si stava verificando era sbagliato, pericoloso e contrario a quanto pattuito nemmeno cinque giorni prima.
Era troppo succube di lui per comportarsi da Hermione Granger. Sapeva solo che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato, non nelle premure del giovane quanto nel fatto che le avesse interrotte.
Ne voleva ancora.
E ancora, e ancora, e ancora.
Ma tentare di comunicarlo a lui sarebbe stato semplicemente inutile.
Draco aveva già deciso per entrambi.
Riuscì ad incrociare i suoi penetranti occhi grigi – resi più cupi del solito dal bruciante desiderio che permeava la sua anima ed il suo corpo – solo per un istante, prima che la traesse a sé con forza, sigillando ogni suo futuro tentativo di gemere o sospirare con le proprie labbra.
Ad occhi sgranati, premuta contro il viso di Draco, sulla sua bocca, Hermione sentì improvvisamente il suo cuore smettere di battere.
Per un lungo, interminabile istante, il suo muscolo cardiaco rimase immobile, statico, come senza vita.
Quando riprese a battere, lo fece ad un ritmo diverso dal solito. Un ritmo che in quei giorni senza di lui niente era stato in grado di ripristinare. Perché, del resto, solo lui era capace di scatenarlo così.
Rilassò tutto il proprio corpo contro quello del ragazzo, serrando gli occhi e schiudendo lentamente le dita della mano destra, ancora intrappolata nella presa di Draco.
La bacchetta scivolò al suolo, posandosi sul pavimento con un acuto tic e rotolando qualche metro più in là, lontano dai loro piedi.
Il cervello di Malfoy percepì quel suono come un segno di resa, maggiore persino dell’abbandono della ragazza al bacio.
Liberò il suo polso dalla propria stretta, ed in tutta risposta Hermione gli cinse il collo con le braccia, permettendo un contatto ancora più ravvicinato tra i loro corpi e favorendo alla lingua di lui un’intrusione ancora più approfondita tra le sue labbra.
Draco la strinse, posandole le mani sulla schiena e sfiorando le punte dei suoi ricci. Se ne avvolse uno intorno all’indice, mentre le loro lingue eseguivano un intreccio simile perse in quell’intenso bacio.
Smisero entrambi di pensare del tutto, mentre un’unica consapevolezza si faceva largo dentro di loro.
Dopo giorni, finalmente erano a casa.


Quando le mani di Hermione scivolarono in una languida carezza dal collo di Draco al suo petto, si sfregarono contro la delicata stoffa della sua maglia.
L’afferrò, stringendola tra le dita e tirandola leggermente per attirarlo ancora di più a sé.
Passarono un paio di secondi prima che un recondito angolino del suo cervello registrasse quell’insolita informazione.
Stoffa. Maglia.
Stava stringendo della stoffa tra le dita. Ma Malfoy di solito non indossava maglie.
Giorni prima, dopo che l’aveva baciata per la seconda volta, lei l’aveva allontanato da sé premendo sul suo petto, e ricordava distintamente di averlo maledetto per quella sua dannata abitudine di girare sempre a petto nudo.
Stoffa. Maglia. Baciata.
Stoffa. Maglia. Baciata.
Baciata.
Baciata.
Baciata.

Sussultando, sgranò gli occhi di colpo. Come risvegliandosi da un’improvvisa trance, si rese conto solo in quell’istante di dove si trovasse, con chi e soprattutto cosa stesse facendo.
Camera di Malfoy. Malfoy. Lo stava baciando.
Lo stava baciando, per Merlino!

Mollò immediatamente la presa sulla sua maglia, schiudendo le mani per posarle sul suo petto – non nudo, grazie al cielo! – e lo spinse via bruscamente, interrompendo quel bacio che si protraeva ormai da troppo tempo.
Lo fissò con uno sguardo allucinato, troppo sconvolta per proferire parola. Non riusciva a credere di essersi lasciata irretire così facilmente. Aveva sopravvalutato la propria forza di volontà, o forse sottovalutato l’influenza che il suo fascino esercitava su di lei.
Ansimava, in preda ai postumi di una prolungata apnea e a quello che il ragazzo giudicò come l’inizio di una crisi isterica.
Eppure anche così, col fiatone, gli occhi sgranati, l’espressione stravolta e le labbra gonfie, era ugualmente irresistibile.
Draco parve non scomporsi più di tanto di fronte a quella reazione. Quasi come se l’aspettasse.
Il che, effettivamente, era vero. Aveva imparato a conoscerla ormai, sapeva che viveva in costante bilico tra il senso di responsabilità e la voglia di evasione.
Aveva previsto già in partenza che, dopo tanto abbandono, avrebbe tentato di riassumere il controllo di sé.
Vederlo così pacato e per nulla turbato da ciò che era appena accaduto fece riaffiorare in Hermione tutta la rabbia provata fino a qualche minuto prima.
< Bastardo.> sibilò, col respiro ancora affannato.
Lui ghignò, alzando lo sguardo al cielo.
< Chiaro, è tutta colpa mia. Ma da come gemevi, non mi sembrava che la cosa ti dispiacesse.>
Indignata da quell’allusione per nulla velata, Hermione serrò le labbra in una smorfia. Sollevò il braccio destro, con l’intento di cancellare quell’odiosa espressione compiaciuta con un sonoro ceffone, ma come tentò di calare la mano sul suo viso, Draco le afferrò nuovamente il polso, bloccandola.
Ogni sorta d’ironia o derisione era scomparsa dal suo volto. Le scoccò un’occhiata intensa e profonda, che le causo non pochi brividi e le fece accapponare la pelle già considerevolmente tesa.
< Non mi faccio schiaffeggiare due volte dalla stessa ragazza, Granger.>
Lei si liberò immediatamente dalla sua presa con uno strattone, temendo che un contatto prolungato col corpo del giovane potesse portare alla stessa sconsideratezza che aveva forzatamente interrotto pochi istanti prima.
< T’indispettisce così tanto che io sottolinei l’ovvio?> la pungolò ulteriormente lui, sfoderando di nuovo il suo ghigno provocatorio.
Hermione sbuffò tra i denti serrati. Draco non poté non considerare come quel suo atteggiamento rievocasse l’immagine di un feroce serpente che si prepara ad attaccare.
Sto Serpeverdizzando la Mezzosangue Grifondoro, rifletté compiaciuto. Decisamente, non era cosa da tutti i giorni.
< Tu m’indispettisci!> esordì lei, rabbiosa < Sei... sei... oh Merlino, non ci sono parole per descrivere un essere immondo come te, Malfoy!>
Lui inarcò un sopracciglio, ironico.
< Invece una parola c’è, ed è esattamente quella che hai appena pronunciato.>
La ragazza tentennò per un istante.
< Immondo?> domandò, perplessa.
L’altro scosse il capo.
< Malfoy.>
La bocca della giovane si schiuse involontariamente, mentre lo stupore piegava le sue labbra nell’imitazione di una O. Davvero non c’era modo di replicare ad una simile affermazione.
Rimase a fissarlo immobile per qualche secondo. Quando il ragazzo cominciò a ridacchiare della sua espressione da pesce lesso, la O si richiuse seccamente, lasciando spazio ad una linea retta e tesa.
Gli occhi di Hermione si assottigliarono pericolosamente, mentre avvertiva l’ira montarle nuovamente nel petto.
Era quasi buffo considerare come lui e solo lui avesse la capacità di portarla da uno stato d’animo all’altro nel giro di una frazione di secondo.
< Sei una disgrazia.> sentenziò, greve < Avrei dovuto lasciare che ti dissanguassi mesi fa, mi sarei risparmiata un sacco di rogne e complicazioni.>
Draco scrollò le spalle, tornando ad appoggiarsi con la schiena contro il muro e ad incrociare le braccia al petto.
< Forse.> replicò < Di certo non ti saresti risparmiata una citazione del Wizengamot per negligenza, sempre ammesso che quell’inutile tribunale abbia ancora qualche potere. E, a parte ciò, avresti dovuto convivere per il resto della tua esistenza con la consapevolezza di aver deliberatamente ucciso un essere umano. Credi che saresti stata in grado di sopportare tutto ciò?> concluse, scoccandole un’occhiata eloquente.
Le braccia della ragazza, abbandonate lungo i fianchi, si tesero quasi fino allo spasmo, mentre automaticamente serrava le mani a pugno fino a far sbiancare le nocche. Voltò sdegnosamente il capo verso destra, interrompendo il contatto visivo con il Mangiamorte.
< Smettila di parlare come se mi conoscessi. Non sai un accidente di me.> lo redarguì, sebbene con un tono di voce più smorzato.
< Io so molto di te, invece. Ed il fatto che le mie parole t’innervosiscano così tanto è la testimonianza palese di come vadano a colpire un nervo scoperto.>
Hermione tacque, continuando ad evitare il suo sguardo. Non sarebbe mai dovuta tornare in quella stanza, si era cacciata in un guaio di proporzioni epiche, e per giunta non aveva la benché minima idea di come uscirne.
Non ci voleva un genio, né tantomeno qualcuno dotato de L’Occhio, per comprendere il turbamento della fanciulla. Era evidente dalle sue espressioni facciali, dalla tensione del suo corpo, dall’atmosfera che pareva circondarla.
Era evidente dal suo silenzio.
E, per Draco, era evidente dal suo odore.
Aveva sempre potuto vantare un odorato sopraffino, e ciò gli aveva permesso negli anni di sviluppare una sorta di “fiuto speciale”.
Qualcuno sostiene che le diverse emozioni che caratterizzano una persona portino la stessa a secernere un particolare odore corporeo a seconda dello stato d’animo in cui si trova. E gli animali, con le loro capacità olfattive, sono in grado di coglierlo.
Da lì, il classico modo di dire secondo cui le belve fiutano la paura.
In questo senso, dunque, Draco Malfoy rientrava ampiamente sotto la voce belve.
Sentiva l’odore della paura altrui, quel particolare aroma di cui non avrebbe saputo dare una descrizione precisa e sufficientemente evocativa, ma che per lui era inconfondibile.
E, di conseguenza, riusciva a fiutare anche tutte le sue più piccole sfumature: l’odore del terrore puro quanto quello della semplice preoccupazione, della paura che paralizza ed obnubila la mente come di quella meno suggestionante che si limita a porre il corpo in uno stato d’allerta e tensione.
Ed il panico.
L’odore del panico.

Di quando ti senti in gabbia, intrappolato, con le spalle al muro. Di quando l’angoscia ti priva di ogni capacità di raziocinio, t’immobilizza, ti fa sentire sperduto e senza speranze.
Panico.
L’aria ne era totalmente permeata. E lui riusciva ad odorarlo distintamente.
Hermione Granger era nel panico più totale.
Piuttosto ovvio, da parte sua, giungere alla conclusione che il suo ruolo nello stato d’animo della Guaritrice era preponderante.
Non erano state solo le sue insinuazioni, o le considerazioni a cui lei non era stata in grado di controbattere, a gettarla in quello stato di angoscia.
C’era molto altro dietro. In primis il focoso bacio che si erano appena scambiati – ed il cui solo pensiero provvedeva a risvegliare tanto i sensi del ragazzo quanto determinate zone del suo corpo – , ma ancora più a monte la loro “situazione”.
E, soprattutto, lui. Era consapevole che la sua semplice presenza fosse un gigantesco deterrente per l’autocontrollo della Granger.
Tutto ciò, messo assieme e shakerato al punto giusto, risultava in un cocktail di puro panico e tensione che la giovane aveva mandato giù tutto d’un fiato, e che le era scivolato rapidamente nelle vene, annebbiandole i sensi e bruciandole il sangue.
Un tempo, la consapevolezza di essere la causa di un simile trambusto emotivo della sua Mezzosangue preferita l’avrebbe portato a fare salti di gioia. E, da un certo punto di vista, ancora lo gratificava parecchio, anche se per motivi diametralmente opposti a quelli del passato – o meglio, per motivi già parte di lui in passato, ma che allora negava violentemente persino con se stesso.
Ma non solo.
In passato, una circostanza del genere non gli avrebbe semplicemente rallegrato la giornata ed accresciuto notevolmente la sua già piuttosto elevata autostima. Al tempo stesso, gli avrebbe anche fornito un’occasione d’oro per infierire ancora di più contro colei che, ai suoi occhi Purosangue, era la causa di tutti i mali. Colei che, aveva finalmente realizzato in età adulta, non aveva mai seriamente odiato, quanto piuttosto segretamente invidiato, ammirato e desiderato, e colei che, proprio per il notevole ascendente che riusciva ad esercitare suo malgrado su di lui, meritava tutto il suo finto disprezzo.
Se ai tempi di Hogwarts l’allora Grifondoro avesse reagito alle sue parole come stava facendo in quel preciso istante, Draco ne avrebbe immediatamente approfittato per, come si suol dire, rigirare il coltello nella piaga, tentando di umiliarla ancora di più, di aumentare il suo panico in maniera esponenziale, di ridurla all’ombra tremante ed angosciata di se stessa. Il tutto sempre in nome di quell’ignobile processo per cui si ritrovava a riversare su e contro di lei tutte le nefandezze di cui era capace, nel tentativo di soffocare quella sorta di angelico coro di campane che sembrava risuonare ogni qualvolta lei era nei paraggi.
Ma i giorni di scuola erano finiti da un pezzo, e tanto i due ragazzi quanto il rapporto che intercorreva tra loro erano mutati considerevolmente.
Se in passato Draco avrebbe spudoratamente sfruttato l’occasione per scoccare un fendente a la sua nemica, adesso era fermamente deciso ad aiutare la sua bella a svicolare da quel tortuoso vortice di inquietudine che l’aveva avviluppata.
< Credevo che avessi deciso di non degnarmi più della tua presenza.> esordì, fissando il soffitto con un’espressione vuota < Posso sapere quale motivo ti ha spinto a cambiare idea, oltre a rivolgermi quei deliziosi complimenti con cui mi hai investito appena entrata?>
Hermione sbatté le palpebre, colta di sorpresa. Quasi si era dimenticata del perché fosse piombata come una furia nella stanza di Malfoy.
Quasi, ovviamente.
Nessuno sfugge all’ira di Hermione Jean Granger. Soprattutto se ragionevolmente fondata ed incontestabile.
Istintivamente, lo sguardo della ragazza si concentrò sul pavimento, vagando con rapidità da una parte all’altra.
Draco fece schioccare la lingua contro i denti.
< Lascia perdere la bacchetta e cerca di parlare come una persona civile.> la rimbeccò.
Lei interruppe la sua ricerca e ruotò il capo verso di lui, fissandolo con un sopracciglio inarcato.
< Lo farei, se mi ritrovassi a disquisire con una persona altrettanto civile. Ma nel tuo caso, credo che tu comprenda solo il linguaggio barbaro e brutale di uno Schiantesimo.> replicò, tagliente.
Il ragazzo ghignò, ironico.
< E’ ingiusto che tu mi dia dell’incivile solo perché sono un Mangiamorte, Granger. Da buona Grifondoro dovresti essere in grado di non giudicare una persona solo dalle apparenze, o almeno in qualità di amica del nano Sfregiato e dello straccione dai capelli rossi. E poi, simili preconcetti inculcati nell’infanzia si superano, una volta adulti. E’ come se io ancora temessi di beccarmi i germi a baciare una ragazza. Una Mezzosangue, poi.> concluse con sarcasmo.
< Non insultare la mia intelligenza facendomi la predica sui preconcetti, Malfoy. Proprio tu, che ne hai fatto una delle basi portanti della tua esistenza.> storse il naso in una smorfia disgustata, sebbene una minuscola parte di sé ci tenesse a ricordarle che un Mangiamorte pieno di pregiudizi non l’avrebbe appassionatamente baciata come aveva fatto lui pochi istanti prima.
< La tua intelligenza è l’ultima cosa che insulterei.> rispose lui, inclinando il capo verso destra e guardandola con un’espressione divertita. < Ci sono mille altri particolari su cui soffermarsi.>
Aveva davvero sentito la mancanza di quei loro battibecchi.
Hermione scosse ripetutamente il capo. Non fu una sorpresa scoprire che le parole del ragazzo, per quanto sottintendessero la sua presunta condizione di “materiale da insulto”, non la scalfirono minimamente.
Si rendeva conto che era tutto un gioco, quel punzecchiarsi a vicenda. Forse lo era sempre stato, forse anche ai tempi di Hogwarts si apostrofavano nei modi peggiori solo per il gusto di duellare verbalmente, e non perché credessero davvero in ciò che si dicevano.
Di sicuro, lo era adesso. Era pienamente consapevole che Draco non avrebbe insultato tanto la sua intelligenza quanto tutto il resto.
E, sebbene fosse inferocita fino all’innervosibile con lui, per i suoi modi infantili, per l’atteggiamento da spaccone, per quel bacio – anche se inferocita non era forse il termine più adatto – , non poté evitare di considerare quanto, nei giorni carichi di tensione appena trascorsi, le fosse mancato tutto ciò.
< Non è necessario che mi provochi, se vuoi che ti Schianti basta dirlo. Non aspetto altro.> sentenziò.
Draco fece scattare le sopracciglia verso l’alto, assumendo un cipiglio altezzoso che riportò immediatamente la memoria della giovane all’immagine ormai dissolta dello spocchioso ragazzino che faceva dei suoi natali oscuri un vanto da sbandierare al resto del mondo.
< Sarò anche senza poteri, ma non mi sono rammollito tutt’a un tratto.> fece, ignorando di proposito quella vocina che sottolineava come le sue paturnie amorose per Hermione Granger fossero un chiaro sintomo di indebolimento < E se speri di riuscire ad affatturarmi le chiappe, puoi anche rinunciare in partenza.>
< O posso sempre prenderti per il collo.> commentò lei, insinuante < Quello è un linguaggio familiare per te, o sbaglio?>
Il ragazzo esibì un’espressione di finto stupore. Come se le parole della fanciulla gli avessero improvvisamente aperto un mondo di comprensione di fronte agli occhi.
Finzione che, per inciso, contribuì solo ad accentuare il nervosismo di Hermione. Lui sapeva benissimo per quale motivo si fosse precipitata lì come una furia, e lei sapeva che lui sapeva.
< Oh, dunque è per questo che sei qui?> esordì, con tono falso e voce strascicata < Credevo che avessi solo sentito la mia mancanza!>
La giovane serrò gli occhi, contando mentalmente fino a dieci nel vano tentativo di calmarsi.
Inutile, Draco Malfoy sortiva sul suo autocontrollo lo stesso effetto di un Incantesimo Esplosivo.
Lo faceva andare in mille pezzi.
< Finiscila di fare l’idiota!> gli ringhiò < E’ mai possibile che tu debba costantemente rappresentare un intralcio alla mia vita? E’ mai possibile che non posso lasciarti da solo con un’infermiera senza che tu cerchi di ucciderla?>
In risposta, il ragazzo prese a ridacchiare. Hermione strinse convulsamente le mani a pugno, desiderando con tutta se stessa che una di esse contenesse un oggetto contundente con cui infierire su quella faccia da schiaffi.
< E non ridere, dannazione!> esclamò, con un grido isterico < Non ti vergogni di ciò che hai fatto?>
Draco la squadrò con un’occhiata quasi oltraggiata.
< Diamine Granger, ho fatto molto peggio di così! Dovrei vergognarmi di uno scherzetto innocente ad un’infermiera, quando ho sulle spalle la responsabilità di decine di cadaveri?>
Lei non riuscì a non rabbrividire, di fronte ad una simile dichiarazione.
Di rabbia e di sgomento.
Era vero, aveva compiuto gesti ben peggiori. Non poteva negarlo, sebbene ora le costasse fatica associare l’immagine dell’affascinante biondino di cui era invaghita con quella di un temibile assassino.
Non che avesse dimenticato chi lui fosse. Solo, per Hermione Granger Draco aveva preso il sopravvento su Malfoy.
Al tempo stesso, la innervosiva non poco constatare con quanta leggerezza parlasse degli abomini che aveva compiuto, e con quanta superficialità affrontasse la violenza che aveva operato ai danni di quella povera ragazza.
Come sempre, il suo animo da Grifondoro ruggiva al cospetto di soprusi, brutalità ed ingiustizie.
< Mi meraviglio della tua sconsideratezza, Malfoy! Credi che i tuoi trascorsi siano da premiare? Credi che sbandierandoli così al vento gli Auror saranno più comprensivi con te? Oppure credi che facendo del male a chi dovrebbe prendersi cura di te otterrai un qualche sconto della tua pena? Non so come funzionino le cose nel tuo mondo perverso, o come quel tuo cervello da Mangiamorte ragioni, ma non è così che riuscirai a migliorare la tua posizione! Casomai, la aggraverai ulteriormente. E forse non ti rendi conto che è già piuttosto grave.>
Di colpo, nel sorriso sarcastico di Draco si spezzò qualcosa.
Le sue labbra si piegarono improvvisamente, tramutando il ghigno divertito in una linea retta dura e tesa.
Hermione vide i suoi occhi rabbuiarsi, la sua espressione farsi minacciosa e l’aria tutt’intorno a sé divenire inaspettatamente pesante ed elettrica.
Si rese subito conto di aver appena commesso un grosso errore.
Aveva introdotto il mondo esterno in quella stanza, spezzando il delicato equilibrio da loro creato. Si era spinta troppo in là, superando i limiti tacitamente stabiliti e rivestendo il loro personale limbo di dense nuvole nere, cariche di pioggia.
Rabbrividì, e non fu affatto piacevole.
Non fu come quando, poco prima, la bocca di lui aveva indugiato sul suo collo, o quando le sue dita le avevano stretto il polso. Non furono quei brividi deliziosi che il profumo, la voce suadente ed il tocco delicato del ragazzo erano capaci di donarle.
Furono brividi di paura.
Il volto di Draco si era trasfigurato in una maschera di pura cattiveria, agghiacciante e pietrificante.
Mai, da che lo conosceva, l’aveva guardata con una simile, lampante avversione. Neppure nei tormentati anni di Hogwarts, neppure quando la definiva Sporca Mezzosangue e le augurava una dolorosa morte tra le letali spire del Basilisco.
Mai.
Per la prima volta, Draco Malfoy aveva visto in Hermione Granger una vera nemica.
Era evidente che avesse toccato un nervo scoperto. Era evidente che non apprezzava che gli venisse ricordata la sua inevitabile sorte. Era evidente che non giudicava la sua aggressione a quell’infermiera un fatto abbastanza grave perché spingesse lei ad affrontare un simile discorso.
Aveva appena infranto un tabù.
< Vuoi sapere cosa credo, Granger?> mai ad Hermione le due R del suo cognome erano parse così dure < Credo che non dovresti occuparti di faccende che non ti riguardano. Credo che dovresti continuare a ricucire ferite e somministrare pozioni curative anziché ergerti ad avvocato del Diavolo, peraltro senza che nessuno te l’abbia chiesto. Credo che la tua pedanteria sia tanto sciocca quanto fuori luogo. Credo che dovresti sciacquarti quella tua lurida bocca da SangueSporco prima di permetterti di parlare di me e dei miei trascorsi.>
Un dolore sordo scaturì nel petto della fanciulla. Non voleva che la loro discussione prendesse quella piega.
Era terrificante sentirlo apostrofarla con un simile epiteto, così diverso dal più soft Mezzosangue ed immensamente più offensivo di questo.
Ma ancora più terrificante era osservare la sua espressione carica di disprezzo, notare come il suo corpo tremasse impercettibilmente per lo sforzo di contenere la furia cieca che lo permeava, vederlo avanzare verso di lei con quell’aria tremendamente minacciosa.
Hermione rimaneva immobile, aggrappandosi a tutto il proprio coraggio Rosso-Oro e fronteggiandolo con un’espressione di finta spavalderia in volto. Era spaventata da lui, forse per la prima volta realmente spaventata. Ma si sarebbe presa a schiaffi da sola, piuttosto che darlo a vedere.
Eppure, ad ogni passo che Draco compiva in direzione sua, non riusciva a non sentirsi sempre più piccola ed insignificante.
A giocare col fuoco ci si brucia.
Lei stava per essere arsa viva da un Ardemonio con fattezze umane.

< Non concedo a quei tuoi disgustosi amichetti Auror di esprimersi sul futuro che mi si prospetta, cosa ti fa pensare che lo permetta ad una ragazzina che non ha alcuna voce in capitolo?> proseguì lui < Non so come funzionino le cose nel tuo sporco mondo ipocrita, o come quel tuo cervello Nato Babbano ragioni, ma il fatto che io sia disgraziatamente attratto da te non ti autorizza a prenderti una simile confidenza col sottoscritto.>
Lottando furiosamente contro il tremito che minacciava di impossessarsi delle sue ginocchia, Hermione fece appello a tutto il proprio orgoglio Grifonesco per tenergli testa.
< Chi diamine ti credi di essere per parlarmi così?> esclamò, stizzita.
< No Granger,> replicò lui, alzando di qualche tono la voce < tu chi diamine ti credi di essere per rivolgerti a me in un simile modo! Forse non ti rendi conto con chi hai a che fare, o forse sei ancora convinta che quel tuo atteggiamento da petulante So-tutto-io possa adattarsi anche ad una circostanza diversa da Hogwarts. Queste non sono cose che ti riguardano, e non hai il diritto di esprimerti! Se pensi che sia disposto a seguire i consigli legali di un’inutile Medimaga, ti sbagli di grosso!>
< Io sono responsabile della tua reclusione qua dentro, e quindi...>
< E quindi un cazzo!> sbraitò lui, interrompendola < Sei solo una stupida, Granger. Una stupida mocciosa viziata che non capisce un accidente! Credi forse che io mi diverta a restare rinchiuso in questa fottuta stanza, e a sentire te che ogni dannata volta lo sottolinei e rigiri il coltello nella piaga? Pensi che mi risulti facile restarmene oziosamente sdraiato tutto il giorno su quel maledetto letto quando là fuori stanno combattendo la mia guerra?>
Hermione si ritrovò inconsapevolmente a trattenere il fiato, osservando il volto del ragazzo mentre si accalorava. I suoi occhi grigi risplendevano di una luce che mai gli aveva visto prima.
Probabilmente perché mai avevano affrontato il discorso da quel punto di vista.
Draco si era raramente espresso sulla sua condizione di prigioniero, in quei mesi. E se l’aveva fatto, l’affrontava con molta superficialità, al punto che la fanciulla era giunta quasi a sospettare che la situazione non lo tangesse più di tanto.
Sbagliava.
Era un animale in trappola, che rimpiangeva la sua libertà e smaniava per fuggire da quella gabbia. Ma che, consapevole di come quel feroce desiderio potesse tramutarsi in un’arma a doppio taglio che i suoi carcerieri avrebbero potuto impugnare contro di lui, faceva di tutto per dissimulare e celare i propri sentimenti.
Hermione aveva toccato un tasto dolente. E lui, vuoi per l’esasperazione degli ormai quasi cinque mesi di prigionia, vuoi perché proprio lei aveva tirato in ballo l’argomento, era esploso.
Era evidente. Il ragazzo stava calando la maschera. Schiavo della foga e della rabbia del momento, stava dando libero sfogo ai tumulti più profondi del suo animo.
E, forse, il fatto che la sua spettatrice fosse Hermione Jean Granger contribuiva ad irritarlo ancora di più, e al tempo stesso a facilitargli quasi quella sorta di “confessione”.
< Perché quella è la mia guerra, Granger.> proseguì < Le sorti del conflitto decideranno anche cosa ne sarà di me. E’ questione di vita o di morte. Ed io non posso fare nulla, devo limitarmi ad accettare passivamente un destino che verrà tracciato senza il mio contributo. Credi forse che riesca a rapportarmi ad una simile situazione a cuor leggero? Se l’Ordine vincerà, cosa quanto mai probabile, io sarò fottuto. Molto più fottuto di quanto lo sia adesso. E non potrò farci niente. Non sarà certo restandomene buono e zitto qui che scamperò Azkaban, o peggio.> mormorò, lugubre.
Sbigottita, la ragazza lo vide scoppiare improvvisamente a ridere.
Non c’era nulla di divertito o ironico in quella risata. Era colma di amarezza, d’ira, di frustrazione.
< Ma del resto, a te cosa interessa?> riprese, squadrandola con un sorrisetto crudele < A te piace ergerti a paladina della giustizia solo in favore dei buoni. Dunque, che i sudici e malvagi Mangiamorte marciscano pure all’Inferno. Ma guai a torcere un solo capello ad uno dei tuoi, vero?>
Mentre Draco le si faceva più vicino, Hermione si ritrovò a riflettere sul significato sotteso di quelle parole.
Non le stava esplicitamente chiedendo nulla, l’accusava piuttosto di evidente arbitrarietà e pregiudizio nei confronti di quelli come lui.
Eppure, non riusciva a non leggerci una sorta di rabbia personale. Come se, sotto sotto, fosse amareggiato dal fatto che si scaldava tanto per uno spavento ad un’infermiera e rimanesse indifferente a ciò che sarebbe toccato a lui.
Peraltro, era una considerazione del tutto fasulla.
Hermione non era indifferente. Piuttosto, si era sempre rifiutata di considerare ciò che sarebbe capitato a Malfoy una volta conclusa la guerra.
Perché, quando le capitava, avvertiva una dolorosa fitta al petto. Troppo dolorosa per rientrare nei termini di una banale infatuazione.
Lo vide fermarsi a breve distanza da lei. Non riusciva a decidersi se fosse illusione ottica, o se realmente il peso di quello sfogo l’avesse piegata. Fatto sta che la differenza d’altezza tra loro era ancora più evidente.
Draco sembrava superarla di almeno una ventina di centimetri, ed aveva il potere di farla sentire in assoluta soggezione.
Fece per distogliere lo sguardo, ma lui glielo impedì. Le afferrò il mento con le dita della mano destra, costringendola a tornare a fissarlo.
La sua presa era dura e ferrea, la sua mano improvvisamente gelida, così diversa da quella che poco prima l’aveva accarezzata.
< Non riesci proprio a vedere al di là del tuo naso, eh?> le sibilò, incatenandola con lo sguardo < Ti piace crogiolarti nel tuo mondo perfettino di bianchi e neri, dove le sfumature non sono ammesse e dove ognuno è imprigionato nel proprio ruolo, non è così? E’ più forte di te, i tuoi occhioni si rifiutano di vedere una realtà che possa in qualche modo stridere con le tue solide convinzioni. E’ per questo che ti risulta così improponibile pensare che io potessi non voler davvero fare del male a quella ragazzina.>
Hermione sgranò gli occhi, stupefatta.
< Tu non...> balbettò.
Draco ritrasse bruscamente la mano dal suo volto, indietreggiando di un passo e fissandola severamente.
< Io non sono un mostro che fa deliberatamente del male alla gente per il puro gusto della sofferenza altrui.> esordì, glaciale < Tutto ciò che ho fatto in passato rientrava nel mero gioco della guerra. E’ così che funziona, nel caso non lo sapessi. Se il mio Signore mi ordina di uccidere, io eseguo. Se in battaglia un nemico tenta di eliminarmi, io rispondo al fuoco. Faccio semplicemente ciò a cui sono tenuto. Non mi compiaccio della morte e non traggo piacere dal male che infliggo agli altri. Sarò abietto, spregevole e malvagio, ma sono comunque una persona.>
< Non ho mai detto il contrario.> replicò lei, sommessamente.
< Non mi pare. Sei entrata qua dentro con la ferma convinzione che il mio gesto fosse la classica manifestazione di violenza che ci si aspetta da uno come me. Hai ritenuto che volessi ucciderla, o comunque ferirla. E a che pro, poi? Perché io sono un Mangiamorte, ed è questo che fanno i Mangiamorte. Si divertono a seminare terrore e sofferenze gratuitamente. Non hai dubitato neanche per un solo istante che potesse esserci qualcos’altro.>
< E c’è qualcos’altro?> chiese lei.
Draco alzò gli occhi al cielo.
< E’ quello che ti sto dicendo.>
Hermione tacque, turbata. In pochi secondi, tuttavia, riacquistò il suo solito fervore.
< In ogni caso, di qualunque cosa si tratti, ciò che hai fatto è troppo. E’ un gesto eccessivo, e non vi sono giustificazioni. Oltretutto, mi avevi assicurato che un episodio del genere non si sarebbe più verificato.*>
< Ti avevo detto che non avrei più fatto una cosa del genere a te. Non ho promesso nulla, per gli altri.>
< Dannazione Malfoy, non è questo il punto!> rispose lei, scaldandosi < Perché l’hai fatto, me lo vuoi spiegare? Hai deliberatamente terrorizzato una povera ragazza che stava solo facendo il suo dovere. Dimmi quale assurda motivazione ti ha spinto a fare una cosa simile! Perché?>
Le labbra del ragazzo si piegarono in un sorrisetto amaro.
< Perché sono un idiota.>
La giovane aggrottò le sopracciglia. Non si aspettava una risposta del genere, per quanto a suo parere fosse forse la più azzeccata.
Perplessa, tentò d’invitarlo a proseguire.
< Come?>
< Sono un idiota, hai sentito bene.> si voltò, dandole le spalle < Non trovo altro modo per definire chi arriva ad usare simili mezzucci solo per attirare l’attenzione di una donna.>
Hermione sgranò gli occhi, mentre avvertiva un nodo chiuderle la gola e mozzarle il respiro. Fissò in silenzio la sua schiena per qualche istante, boccheggiando in cerca d’aria e di qualcosa di sensato con cui replicare a quella bomba.
Una parte di sé si augurò di aver capito male, perché altrimenti tutti i suoi sforzi ed i suoi sacrifici degli ultimi giorni sarebbero stati gettati al vento.
Ma un’altra parte, quella più vicina al centro delle sue emozioni, diede vita ad un tumulto incontrollabile di esultanze e manifestazioni di gioia.
< L’hai fatto per... per attirare la mia attenzione?>
Draco annuì.
< Esattamente.>
< Perché?>
< Perché volevo rivederti.>
Hermione si passò una mano sul volto, sospirando pesantemente. Il suo cuore batteva ad un ritmo forsennato, ma la sua razionalità la richiamava all’ordine.
< Tu sei in assoluto l’essere più contraddittorio che esista sulla faccia della Terra!> chiosò < Avevi detto che ti stava bene che... insomma, che smettessimo di vederci. Che anche tu la giudicavi la cosa migliore, che eri d’accordo con me.>
Lui scrollò le spalle, continuando a nascondere il volto alla sua vista.
< Ho cambiato idea. Capita.>
La fanciulla si portò le mani sui fianchi, in quella che Ron definiva la classica “posa alla Molly Weasley”.
< A te capita un po’ troppo spesso. Dici una cosa, e poi fai il suo esatto opposto. Davvero non ti capisco, che cosa vuoi da me?>
Notò la schiena del ragazzo irrigidirsi.
< Te l’ho già detto. Voglio te.>
Gli stessi brividi avvertiti la volta precedente riaffiorarono sulla pelle della ragazza.
Avrebbe potuto ripeterglielo altre mille volte, e lei sarebbe rabbrividita per altre mille volte.
Era qualcosa che non riusciva a controllare. La sua voce roca e profonda, il desiderio palpabile di cui quelle parole erano permeate, l’esaltante consapevolezza di esercitare un così forte ascendente su di lui erano capaci di accenderla all’istante, di bruciarla e consumarla lentamente.
< Tu... Merlino, te ne rendi conto? Dici che mi vuoi e poi mi allontani, e quando sono lontana torni a cercarmi. Mi stai facendo seriamente impazzire! Perché non riesci a prendere una decisione definitiva?>
< Mi pare che tu non sia da meno.>
< No Malfoy!> proruppe Hermione, alzando la voce < Non ti azzardare a puntare il dito contro di me! E guardami quando ti parlo!> esclamò, afferrandolo per l’orlo della maglia e costringendolo a voltarsi verso di lei.
< Io ho scelto, a differenza tua. Ed ho portato avanti questa mia risoluzione, per quanto difficile e faticoso potesse essere. Ho stabilito che la cosa migliore per entrambi fosse starci lontani, e l’ho fatto.>
L’espressione di Draco si fece di nuovo rigida, mentre socchiudeva gli occhi con livore.
< Ho visto come mi sei stata lontana, prima.> sottolineò, tagliente.
< Sei stato tu a baciarmi!> replicò lei, stringendo convulsamente la stoffa della sua maglia.
< Ed ho notato con quanta prontezza di spirito hai provveduto a respingermi! Non hai opposto la minima resistenza, il che non mi sembra esattamente l’atteggiamento di una persona risoluta.>
< Non usare ciò che tu hai fatto contro di me!>
Il ragazzo posò entrambe le mani sulle sue spalle, stringendola con forza, e la costrinse ad avvicinarsi di un passo a sé.
< Perché ti ostini a non voler ammettere che anche tu non riesci a lasciarti ciò che è successo alle spalle?> le disse, fissandola intensamente < Sei stata la prima a pentirsi di essersene andata, non appena hai varcato quella porta. Perché tenti di negarlo?>
Aveva ragione.
Ne aveva da vendere.
Hermione doveva ringraziare il fatto di essere stata abituata sin dal primo anno ad Hogwarts a sacrificare i propri desideri e le proprie pulsioni in nome della rettitudine e del rigore nei confronti delle regole, ma quella era stata senza dubbio la decisione più sofferta ed ardua della sua vita.
Aveva dovuto fare appello ad ogni più piccola porzione del proprio autocontrollo per resistere all’impulso ricorrente di mandare al diavolo il suo buon senso e tornare a gettarsi tra le sue braccia.
Era impressionante con quanta forza ogni fibra del suo essere si sentisse attratta, se non addirittura risucchiata, da lui.
Ma confessarlo esplicitamente a Malfoy avrebbe significato gettare del tutto le armi.
Sapeva di non doverlo fare. Eppure, da un lato, non desiderava altro.
Confusa, frustrata, esasperata, spossata dai toni e dai contenuti di quella discussione, si ritrovò a fare l’ultima cosa che avrebbe voluto.
Piangere.
Quasi senza che se ne rendesse conto, e del tutto incapace di arrestarle, grosse lacrime inumidirono i suoi occhi e solcarono le sue guance.
< Perché mi stai facendo questo?> gemette, serrando le palpebre per sfuggire al suo sguardo.
Di fronte al suo pianto, Draco si paralizzò.
Rilasciò immediatamente la presa sulle sue spalle, mentre avvertiva una morsa dolorosa chiudergli lo stomaco.
Non voleva farla piangere.
Non voleva farla soffrire.
Troppe persone avevano patito per causa sua. Aveva fatto del male a chi gli era stato accanto sin da quando era un bambino, aveva inferto continui dolori ed afflizioni alle persone che amava.
Merlino solo sapeva quante lacrime Narcissa Malfoy avesse versato a causa di suo figlio.
Non poteva sopportare che anche lei venisse ferita da lui.
L’aveva allontanata per salvarla, ed egoisticamente aveva ceduto agli spasimi del proprio corpo – e del proprio cuore, sebbene non fosse particolarmente incline ad ammetterlo – per richiamarla a sé.
Aveva commesso un errore madornale.
Il risultato di tutto ciò erano le sue lacrime, che come spilloni ardenti si conficcavano nella sua carne, ustionandola e deturpandola.
Il dolore di Hermione Granger faceva male anche a lui. Ed al tempo stesso, elemento di un ironico circolo vizioso, proprio lui ne era la causa.
La fissò, sentendo distintamente qualcosa nel suo petto incrinarsi.
< Hai ragione.> esordì. La sua voce non gli era mai suonata così estranea < Devo prendere una decisione definitiva.>
La fanciulla riaprì gli occhi, ricambiando il suo sguardo.
La trepidazione che Draco vi lesse lo fece vacillare per qualche istante. Ma poi, le lacrime che ancora rigavano le sue guance gli diedero la spinta di cui aveva bisogno per compiere quel salto.
Sfuggì a quelle lucide iridi marroni, voltando il capo verso sinistra e fissando un punto imprecisato dell’alta parete bianca.
< Vattene.> mormorò.
Hermione smise di piangere e respirare al tempo stesso. Spalancò gli occhi, sconcertata.
< Non ti darò più motivo di tornare, te l’assicuro.> proseguì lui < Và via.>
La Guaritrice rimpianse enormemente che la sua bacchetta fosse ancora sul pavimento, e non stretta tra le sue mani.
Si passò l’avambraccio destro sul viso, cancellando alla bell’e meglio le tracce di lacrime per lasciare posto ad un’espressione furibonda.
< Lo stai facendo di nuovo!> ringhiò.
Perplesso, il ragazzo tornò a fissarla.
< Hai cambiato idea un’altra volta? Stai ancora facendo il bello e cattivo tempo con me. Dannazione Malfoy, smettila di trattarmi come se fossi il tuo giocattolo personale! Credi di averne tutti i diritti dall’alto della tua nobile condizione di Purosangue? Credi di poter fare ciò che più ti piace con me solo perché sono una sporca Mezzosangue?>
Draco aggrottò le sopracciglia, esterrefatto.
< Che cazzo c’entrano adesso le questioni di sangue?>
< C’entrano sempre.> replicò lei, funerea < Non è forse per questo che mi hai sempre trattata come se fossi una nullità? E non è per questo che adesso vuoi allontanarmi? Perché non sono alla tua altezza, non sono degna di te, e sarebbe un disonore per un Malfoy mescolarsi ad una feccia come me!>
< Non dire stronzate!> la zittì lui < Da dove ti saltano fuori discorsi del genere? Ti sei bevuta il cervello?>
< Sei sempre stato tu il primo a sottolinearmi l’inoppugnabilità della questione, fin dai tempi di Hogwarts.>
Le labbra del ragazzo si contrassero in una smorfia.
< Credevo di aver già messo in chiaro che non sono più quello di un tempo.>
< Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.> sentenziò velenosa lei.
< Forse.> fece lui, sospirando < In ogni caso, il tuo o il mio sangue non c’entrano niente, Granger. Paradossalmente, sarebbe persino meglio se fosse così.>
< Meglio?>
Draco annuì.
< Potrei snocciolarti almeno una trentina di nomi di miei antenati ipocriti che di giorno proclamavano la superiorità della nostra razza e di notte s’intrattenevano con Mezzosangue e Babbane. E ti dirò di più, dall’albero genealogico dei Malfoy sono stati cancellati oltre dieci miei predecessori che hanno sposato delle SangueSporco. Ho impiegato anni per comprenderlo, ma la questione del sangue è più una formalità che altro.>
Sollevò un braccio, cedendo all’impulso di sfiorarla. Afferrò tra le dita la punta di un ricciolo, precedentemente adagiato sulla spalla sinistra.
< Non ha alcuna importanza che tu abbia origini Babbane. O, almeno, non ne ha per me.> proseguì < La situazione è decisamente più complicata e pericolosa, Granger. Noi rappresentiamo due estremi opposti, che per nessun motivo dovrebbero mai entrare in contatto. Tu sei una dei “buoni”, io uno dei “cattivi”. Non conta ciò che noi vorremmo, non conta il fatto che l’attrazione che c’è tra noi sia praticamente irresistibile.>
Mollò la presa sul ciuffo di capelli, allontanando la mano da lei e scoccandole un’occhiata eloquente.
< Qualunque cosa tra di noi è impossibile. Possiamo solo adeguarci all’inevitabilità dei fatti.>
Lo sbuffo che sfuggì ad Hermione gli ricordò vividamente una risatina.
Non era esattamente ilarità ciò che sperava di suscitare in lei.
< E’ buffo che tu abbia scelto proprio quel termine.> commentò la giovane.
Malfoy aggrottò le sopracciglia.
< Buffo?>
Lei annuì.
< Impossibile. Suona tanto come qualcosa di definitivo, d’insindacabile ed incontestabile, vero?> scrollò le spalle, con una smorfia < Balle. Per me, “impossibile” è sempre stata una parola come un’altra. Un banale mezzo per esprimere un concetto, come “casa” o “albero”, ad esempio. Ho sempre usato le parole a mio vantaggio, come mie alleate, e non il contrario. Non ho mai permesso a niente e nessuno di ostacolare me ed i miei desideri, figurarsi ad un banale elemento sintattico.>
Colpito, Draco non replicò. Rimase a fissarla in silenzio con un’espressione attonita, come se gli fosse appena stata rivelata la più importante verità della storia.
Odiava ammettere di aver avuto torto, ma la replica della ragazza era inattaccabile. E, inaspettatamente, smosse qualcosa nel suo animo.
Dopotutto, aveva colto un punto fondamentale. Cos’era una sciocca parolina per fermare Draco Lucius Malfoy?
< Cosa stai cercando di dire?> esordì poi, riservandole uno sguardo più sereno e quasi compiaciuto.
Suo malgrado, Hermione si ritrovò a sorridere. Il Mangiamorte non era il solo ad essere rimasto impressionato dalle sue parole.
Non aveva mai considerato la situazione in quei termini. O, più semplicemente, non si era mai sentita esplicitamente “respinta” da lui.
Finora era sempre stata lei quella più ansiosa di interrompere ogni contatto, di tenersi alla larga da lui e dall’effetto che le faceva.
Ma di fronte alla possibilità che fosse lui a sancire la fine di quel loro rapporto, qualcosa di nuovo era sbocciato in lei.
Aveva avuto paura.
Paura di perderlo.

Di dover irreversibilmente rinunciare a lui, di non poter tornare indietro. Ed aveva avuto la riprova che ciò che provava per lui era assai più forte di ogni sua rimostranza.
Ne era convinta, aveva scelto la strada sbagliata. Non era così che doveva affrontare la questione.
L’unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi.*
Mai aforisma le era parso più calzante, e più veritiero.
< Che forse la mia soluzione non era poi così efficace.>
Draco sorrise a sua volta, muovendo un passo verso di lei.
Non ebbero bisogno di aggiungere altro.
E non ci fu più posto per le parole.


















* 1) Lo so, lo so. Il marchio teoricamente è sull'avambraccio sinistro. Purtroppo, colpa di una mia svista personale – o meglio, di una svista causata dalla prospettiva distorta delle descrizioni – , sin dal primo capitolo ho erroneamente collocato il Marchio di Draco sul braccio sbagliato. E spostarlo magicamente a questo punto della narrazione mi sarebbe sembrato pure peggio, sicché ho deciso di perseguire nel mio errore, considerandolo una sorta di "licenza poetica".

2) No signore, non è un frutto della mia fantasia. Hermione apre davvero il cancello ad Hagrid. Vi rimando a pagina 101 del Prigioniero di Azkaban, capitolo 6 "Artigli e foglie di té":
<< Non muori! >> disse Hagrid pallidissimo. << Se qualcuno mi aiuta... bisogna portarlo via di qua... >>
Hermione corse ad aprire il cancello mentre Hagrid sollevava Malfoy senza sforzo.

Inutile stare a spiegarvi quale sottesa chiave Dramionesca la mia mente abbia scorto nell'affanno di Hermione. Eccesso di zelo? Uhm, I don't think so =P

3) Quello del "Complesso di Edipo" è un concetto di matrice psicanalitica spiegato da Freud e Jung, secondo i quali, sostanzialmente, il bambino maschio affronta una fase di maturazione che prevede l'identificazione con il padre ed una sorta di morbosità nei confronti della madre. Si parla di "Complesso di Edipo" anche come disturbo mentale, per cui un figlio nutre eccessivo attaccamento, se non addirittura pulsioni sessuali, verso la figura materna.
Si basa sul mito greco di Edipo, che in soldoni uccide il padre e sposa la madre Giocasta. Edipo, però, non era a conoscenza dell'identità dei genitori, e quando scopre che la sua sposa è la sua stessa madre, si cava gli occhi con la sua spilla.
Ecco perchè, qualche riga sotto, Draco dichiara che "uccidere suo padre certamente non rientrava nel novero".

4) Letteralmente "i giochi sono fatti". E' la frase (assieme alla versione anglosassone "The chips are down") che il croupier di un casinò pronuncia per sancire il termine delle puntate: da quel momento, la roulette verrà azionata, ed i giocatori non potranno più modificare le proprie scommesse, bensì subire passivamente il risultato del gioco.
Nel linguaggio quotidiano, si usa per indicare un punto di svolta, dal quale non si può tornare indietro (teoricamente, almeno nel caso di Draco ed Hermione).

5) Non odiatemi, non ho nulla contro la coppia Remus/Tonks. Anzi, la trovo tutto sommato carina, ed ho letto negli anni alcune fict davvero stupende al riguardo. Ma il mio animo è indiscutibilmente tendente al Wolfstar, non posso farci nulla xD Sirius e Remus non me l'hanno mai contata giusta, sin dalla loro prima apparizione nel Prigioniero di Azkaban ho subito avvertito della magia nell'aria. Mamma Row ha poi deciso di ripiegare per questa svolta quasi totalmente inaspettata, ma io continuerò sempre a sospettare dei gusti e della particolare amicizia, esattamente come Potty.
Che poi veda pure un qualche spiraglio di Sirius/Lily sapientemente celato tra le pagine della Saga, è un'altra faccenda. Si sa, io ed il Canon decisamente NON andiamo d'accordo xD

6) Sulle prime avevo optato per l'espressione "più falsa di una moneta da tre euro", che poi è parte integrante del mio vocabolario quotidiano (e che, nei casi più "gravi", vede la moneta diventare da tre euro e cinquantacinque centesimi, ma questi sono dettagli irrilevanti xD). Sennonché, l'illuminazione divina mi ha sottolineato che A) i Maghi non usano gli euro e B) se anche i Maghi usassero monete Babbane, in Inghilterra in ogni caso non userebbero gli euro.
Da lì, l'idea di adattare l'espressione al mondo di Potter e soci. Lo zellino è notoriamente, oltre che una moneta pressocché inutile, fatto di bronzo. E' perciò evidente che uno zellino d'oro sia indiscutibilmente falso.

7) Questa cosa mi duole immensamente, ma ho citato Emma Watson. Sì, l'apocalisse è vicina xD
A parte ciò, ho sempre trovato quell'aggiunta della versione cinematografica di PoA alquanto pittoresca. Ed il "lo dici come se fosse una brutta cosa" è evidentemente ispirato ad una famosa pagina di Facebook, in lingua inglese.

8) Anche in questo caso, ammetto di essermi ispirata molto più al film che al libro. Nel libro Hermione prima schiaffeggia Draco e poi gli punta la bacchetta contro, mentre lui la fissa stupefatto per poi battere in ritirata.
Nel film le cose sono decisamente diverse. Ma la scena che volevo richiamare è esattamente quella in cui Hermione/Emma Watson inchioda Draco/Tom Felton alla parete puntandogli la bacchetta alla gola, mentre lui piagnuccola terrorizzato e sbigottito. Il che poi si ricollega, appunto, alla propria espressione che Draco ricorda qualche riga sotto.
Ora, a prescindere dal fatto che nel libro Draco NON frigna, piuttosto indietreggia scioccato, il fatto che in questa circostanza lui resti impassibile non è un mio tentativo di ritrarre Malfoy come il classico granfigo senza macchia e senza paura che spesso si vede nelle fanfiction.
Innanzitutto, Draco è adulto ormai. E per quanto abbia visto ragazzi di ventidue anni piangere come vitellini per l'esclusione dell'Italia dai Mondiali, voglio continuare a sperare che a qualche essere umano maschile sia rimasta un briciolo di virilità u.u
Inoltre, Draco è un Mangiamorte, e non un Mangiamorte qualunque, non dimenticatelo mai. Dunque, non si lascia certo intimorire da una velata minaccia come quella di Hermie. Ha affrontato ben di peggio.
Infine, non teme Hermione perchè sa benissimo di non avere nulla da temere. Probabilmente non avrebbe usato alcun incantesimo contro di lui neppure ai tempi di Hogwarts (o forse sì xD), ma in questo caso è evidente che la sua è più che altro scena. Hermione è troppo professionale, troppo rispettosa delle regole e soprattutto troppo invaghita per usargli violenza.
Tutta questa barbosa parentesi solo per sottolineare che io amo Draco così com'è e com'è sempre stato. Non ho mai voluto cambiarlo rispetto all'originale, quanto piuttosto rendergli un pò più di giustizia rispetto alla palese avversione della Row, e soprattutto adattarlo ad un'ovvia maturazione fisica e mentale dovuta al passare degli anni.
Per quanto poi riguarda la sua eccitazione di fronte alla combattività di Hermione, diciamo pure che è un'interpretazione del tutto personale dell'episodio. ^^

9) E' un famoso proverbio italiano, che generalmente si riferisce a qualcuno che parte con l'intento di fregare, e finisce con l'essere fregato. Esattamente come Draco :)

10) Vi rimando al capitolo 2, dove Draco si scusa con Hermione per averla aggredita il giorno prima e le promette che un simile episodio non si sarebbe più verificato.

11) "L'unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi" sono le splendide e veritiere parole di Sir Oscar Wilde, espresse nel suo capolavoro "Il ritratto di Dorian Gray".








Questo capitolo è stato senza ombra di dubbio un parto. O.O
Innanzitutto, è la cosa più lunga che abbia scritto da... uhm, sempre?
Secondariamente, ammetto che mi è sfuggito di mano. Parecchio.
Il bacio NON era assolutamente previsto, ma pare che ormai quei due non siano proprio capaci di starsi lontani xD
E per il resto, mi sono ritrovata mio malgrado a perdermi in spezzoni introspettivi che giuro di non aver considerato nel momento in cui ho deciso cosa narrare nel capitolo.
Credo che, in quanto a lunghezza, possa essere una valida compensazione per l'attesa. In quanto a contenuti... beh, lascio a voi il giudizio ^^


Spendo due paroline giusto per tre parti.
In primis, il primo spezzato in corsivo.
I pensieri iniziali di Hermione sono volutamente Dramioneschi. Sono la fedele trasposizione di ciò che io (e non solo io, thank goodness) ho letto tra le righe monopolizzate da Potty Potty Potty che la Row ha scritto.
E' tutto riscontrabile sui libri, vedere per credere =P
Secondo punto: il rapporto Draco-Lucius-Narcissa.
Mi sono già espressa al riguardo in una mia vecchia OS, Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera. Lucius non è la persona più affettuosa e dolce del mondo, e questo nessuno sano di mente può metterlo in dubbio. Ma non ho mai apprezzato nè condiviso l'immagine di Luc padre e padrone che abusa del figlio (spesso in molteplici sensi, il che è... beh, rivoltante O.O) e lo disprezza. E qui mi dispiace, ma non è questione di interpretazioni soggettive o meno.
Basta leggere DH per rendersi conto che Lucius e Narcissa Malfoy amano il loro figlio, seppure in un modo assai personale. Ovvio, bisogna fare un ampio lavoro di spulciatura, ignorando le 2570 pagine dedicate a PottyPott in tutte le salse e concentrarsi su quelle due, massimo tre righe che la Row dedica ai miei biondi preferiti. Fatto sta che è tutto nero su bianco.
In generale, confondere Voldemort ed i Mangiamorte è una pratica assai diffusa, ma a mio parere del tutto erronea. Voldie è quello che è, lo so io come lo sapete voi (ed è per questo che io lo adoro, ma sono dettagli xD). Ma non necessariamente tutti i suoi adepti sono esseri brutali e senza cuore come lui.
Non nego che ce ne siano. Bella, ad esempio, è la portavoce ufficiale dello schieramento "cattivi come zio Vold". Ma in molti lo seguono più che altro per, come dire... aggregazione. Come poi accade in ogni circostanza storica. I cattivi non sono sempre tutti cattivi. Alcuni, semplicemente, sono troppo pigri, troppo altezzosi o troppo spaventati per essere buoni.
La famiglia Malfoy è una di queste. Il che si evince anche dal loro continuo voltagabbana. Sono persone fondamentalmente furbe, che vanno dove il vento tira più forte e porta più frutti, e che quando le cose si mettono male sono capaci di tornare sui propri passi.
Nella mia fict, Draco è un pò un'eccezione, in questo senso.
Di fondo, è sempre così. Ma oltre a questo (e ciò si può evincere dal suo racconto ad Hermione su come sia diventato quello che è), sta dalla parte del Lato Oscuro anche perchè ha scoperto in sè un animo "guerriero" al quale solo Voldemort può concedere libero sfogo. Tuttavia, questo è un dettaglio che non ha nulla a che vedere col punto di cui sopra.
Per me, Lucius e Narcissa sono due genitori, tanto biologicamente quanto a livello comportamentale.
Terzo punto, e con questo concludo, il confronto finale tra Draco ed Hermione.
Ecco, quello è stato il vero parto. E' stato difficile, ed ammetto di non essere particolarmente soddisfatta del risultato.
La mia idea iniziale era di renderlo un punto di svolta fondamentale nel loro rapporto. Diciamo il "momento della verità". Ed in questo senso, il litigio era indispensabile, a mio parere.
Volevo fosse un pò più "acceso", un pò più stile "molte grida e tanti piatti fracassati", ecco xD
Ma alla fine, il risultato è stato questo. E spero che comunque possiate apprezzarlo ^^


Ho finito di scocciarvi con le mie chiacchiere, lo giuro xD
Ci tenevo a ringraziarvi dal profondo del mio cuore per ogni singola parola che avete speso per me, per l'affetto che ogni volta dimostrate a me e alla mia fict e per la pazienza con cui continuate a seguirmi nonostante la lentezza con cui aggiorno (mea maxima culpa, mi pento e mi dolgo ç__ç).
Avrei voluto rispondere singolarmente ad ognuna delle vostre MERAVIGLIOSE recensioni, ma a conti fatti ciò mi porterebbe a postare il capitolo a notte fonda O.O
In ogni caso, grazie alla - sempre sia lodata - stupenda nuova funzione di EFP, d'ora in poi risponderò di volta in volta ai vostri commenti, così da potervi dedicare le attenzioni che meritate.
Un grazie anche, come sempre, a chi ha inserito la storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate, e a chi si limita a leggere in silenzio :)
Infine, vi invito ancora una volta a raggiungermi nella mia pagina autore per spoiler, commenti, offese, insulti, pernacchie e quant'altro xD

Vi adoro sempre più!! <3
Alla prossima!!!




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