Brotherly Love.

di AvevoSolo14Anni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Prefazione
 



Haze è una ragazza come tante altre, ma è anche completamente diversa. Ci sono tante cose da dire su di lei, ma quelle fondamentali sono poche.
Lei ama la musica, perché è sempre stata la sua compagna di vita.
Lei ama la natura, perché è un’anima selvatica, impossibile da incatenare.
Lei ama stare in compagnia, perché quando è sola si sente abbandonata e vulnerabile.
Lei, più di ogni altra cosa, ama i suoi quattro fratelli. Sono i suoi punti di riferimento, dei rifugi sicuri, sa che non la deluderanno mai. E state attenti, perché se provate a fare loro del male, poi ve la dovrete vedere con Haze. E non sarà molto gentile con voi.
Lei odia i pregiudizi e le persone superficiali.
Lei odia soprattutto le bugie.
Haze ha i suoi principi, e non li tradirà mai. Per lei, prima di tutto, ci sarà sempre la famiglia: il fratellino Frankie, il suo gemello Nick, i suoi fratelloni Joe e Kevin, il suo papà e la sua mamma.
Quando Haze pensa alla sua infanzia, non trova un solo ricordo in cui non ci siano quei suoi fratelli un po’ pazzi.
Il loro rapporto è speciale, lei si chiede spesso se sia così per tutti i fratelli e le sorelle. Tutti loro si sentono protetti l’uno dall’altro, ma sentono il dovere di proteggere. Tutti loro sanno di poter trovare un aiuto negli altri, ma sono sempre disposti ad aiutare. Tutti loro si fidano cecamente degli altri, e non si tradiranno mai. Loro sono fratelli, ma sono anche migliori amici.
E grazie a quel loro legame di sangue, sono certi che la loro amicizia sarà per sempre.




Spazio dell'autrice:
Ecco qui la mia nuova storia. Che ne dite, vi ispira? Spero di ricevere almeno un paio di recensioni, così saprò se continuarla o no. :)
Vi do delle piccole anticipazioni (niente di davvero rilevante): per prima cosa la storia - come avrete notato - sarò scritta in terza persona, questo perchè voglio avere più di un protagonista ma senza cambiare continuamente il punto di vista; poi, appunto, saranno tutti più o meno protagonisti.
Un'ultima cosa: che ne dite del nome "Haze"? Sì, lo so, è un po' strano... Per non dire molto xD Ma c'è un motivo, anche se lo scoprirete in parte nei prossimi capitoli ed in parte più avanti...
Okay, fine. Commentata, please!
Bacioni a tutti e grazie per aver letto, Juls.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Il primo ricordo di Haze risaliva ai suoi due anni. Tutto era sfocato e non sapeva esattamente se fosse realmente andata così, però nella sua mente c’era qualcosa di vago. Ricordava di essere stata nella sua piccola culla con le sbarre. Piangeva forte quel pomeriggio: vedeva sopra alla sua testa quelle strane figure di legno che pendevano – attaccate a fili sottili che non riusciva a cogliere –, ma non riusciva a raggiungerle.
Le sue braccia erano molto corte e quei pianeti colorati erano troppo in alto. Sbraitava per la rabbia, ma nessuno l’aveva ascoltata per un po’.
Poi ricordava che fosse arrivato qualcuno. Non uno qualsiasi, il suo viso è la cosa più chiara di tutto il ricordo: era il suo fratellone Kevin.
Forse l’aveva fissata piangere per un po’, poi ricordava di essersi sentita sollevare da due mani grandi – in confronto alle sue, ovviamente – e all’improvviso i pianeti che fino a poco prima si facevano beffe di lei erano diventati a portata di mano.
Aveva sorriso felice, iniziando a picchiettarli con le manine. Loro dondolavano, e lei ridacchiava.
Per quanto tempo il fratello l’aveva tenuta in braccio per farla divertire? Infondo aveva solo sette anni, magari gli era anche pesata dopo un po’. Ma non si era tirato indietro: aveva aspettato finché lei non si era stancata e si era tranquillizzata.
Ricordava che lui l’aveva rimessa nel lettino. Ma non se n’era andato: aveva aspettato, accarezzandole una manina, finché non si era addormentata.
Quel ricordo era un po’ confuso, ma la sensazione di protezione era forte. Quella non l’avrebbe mai dimenticata.
A Haze piaceva ricordare l’infanzia, si rendeva conto di come tutti le avevano voluto bene fin dall’inizio. E ovviamente, per lei era sempre stato lo stesso.
Un’altra memoria preziosa era di quando Joe – forse il più pazzo tra tutti i suoi fratelli – le aveva insegnato a nuotare.
Aveva sei anni e il fratello era solo tre anni più vecchio. Lui, come quasi sempre, la prendeva in giro perché ancora nuotava con i braccioli. Si vantava di averli smessi di usare un anno prima di lei, finché non le diede così sui nervi da convincerla a provare a non usarli più.
Si erano messi i costumi ed erano andati nella piccola piscina che c’era in giardino. L’acqua era calda così come l’estate intorno a loro.
Ricordava bene il timore che aveva provato quando Joe le aveva sfilato via i braccioli che lei aveva già infilato. Ma lì per lì non aveva avuto paura, perché il fratello l’aveva stretta a sé mentre si allontanava dai bordi. Lui toccava il fondo, perciò non era un problema.
Haze si era abbarbicata con tutte le sue forze al collo di Joe non vedendo altri appigli attorno a lei. Poi lui, senza sforzo, l’aveva allontanata leggermente e qualche secondo dopo l’aveva mollata al centro della piscina.
Alla bimba era preso il panico, e si dimenava come una pazza, ottenendo solo di bere ancor più acqua.
Joe l’aveva subito afferrata e tenuta ferma, mentre lei tossiva ripetutamente.
Appena era tornata a respirare, la piccola era scoppiata il lacrime dicendo che avrebbe sempre nuotato con il salvagente. Il fratello si era intestardito e l’aveva guardata in modo serio, dicendole che più si agitava e più rischiava di affogare.
Poi, allontanandola di nuovo ma tenendola per le spalle, le aveva chiesto se si fidava di lui. La giovane Haze lo aveva guardato dritto negli occhi e non aveva avuto il minimo dubbio: si fidava di lui. Aveva annuito, continuandolo a guardare, e lui aveva lentamente sciolto la presa su di lei.
Il timore era sparito e la sicurezza l’aveva invasa: rimase a galla, così, senza sforzo.
Passarono il resto del pomeriggio a nuotare insieme, felici.
Di ricordi con Nick, ne aveva forse troppi. Avevano passato ogni istante della loro vita insieme, a partire da quando erano nella pancia della madre.
Ricordava i giochi spensierati all’asilo, le prime difficoltà alle elementari affrontate insieme. Dire che erano inseparabili era forse troppo poco.
Ricordava di quando lui l’aveva aiutata con l’inglese, mentre lei lo aiutava con la matematica. Ricordava di quando le aveva insegnato ad allacciarsi le stringhe.
I due bambini trascorrevano tutta la giornata in simbiosi: la mamma li svegliava la mattina per andare a scuola (erano sempre stati in classe insieme), nelle aule si facevano forza a vicenda durante le verifiche e la noia, a pranzo stavano seduti sempre nello stesso tavolo, il pomeriggio dopo qualche altra ora di scuola tornavano a casa insieme, facevano i compiti e poi giocavano a qualsiasi cosa passasse loro per la mente. Quando il padre li chiamava per la cena, entusiasti, correvano nella grande cucina che aveva ospitato prima sei e poi sette persone (con l’arrivo del piccolo Frankie).
Era buona abitudine per loro pregare prima dei pasti, poi abbuffarsi tutti insieme mentre si ci raccontava a vicenda della propria giornata. Attorno a quel tavolo si erano fatti grandi risate, più raramente si affrontavano discorsi seri.
Dopo cena era di nuovo tempo di giocare – spesso anche con gli altri fratelli – poi la mamma li spediva tutti a dormire.
Nick e Haze condividevano anche la stessa stanza, così come Kevin e Joe. Non ditelo a nessuno, ma spesso quando i genitori ormai li credevano addormentati i due si sussurravano storie e segreti, riunendosi sotto le coperte di uno dei due letti. Qualche volta parlavano così tanto da crollare dal sonno a tarda notte. Il mattino la madre li ritrovava abbracciati a dormire, come due angioletti.
Quando Nick aveva iniziato a fare teatro già a sette anni, nelle notti in cui era tutta sola nella stanza grande, Haze era molto triste e si sentiva sola. Nei primi tempi non era riuscita a dormire.
Joe e Kevin una volta, sentendola piangere a notte inoltrata, erano sgattaiolati nella sua stanza per calmarla e consolarla. Mezz’ora dopo la bambina dormiva tranquilla, stretta ai suoi fratelloni.
Fu così che da quel giorno ogni volta che Nick non dormiva a casa, Haze si trasferiva nella camera dei fratelli, dormendo una volta stretta all’uno e una volta all’altro. I due non se ne erano mai lamentati, ne sembravano anzi felici.
Haze, fin da piccola, sapeva con assoluta certezza di avere i fratelli migliori del mondo.
Con Frankie era stato diverso, ovviamente era stata lei a prendersene cura, non il contrario. Gli volle bene fin dal primo istante quando lo vide in ospedale, all’età di otto anni.
Ricordava inoltre le sue prime vere difficoltà in prima media. Lei e Nick stavano talmente tanto assieme e si conoscevano così bene che gli altri erano quasi intimiditi dal loro rapporto, per questo per loro era più difficile trovare dei veri amici. Ma non era questo il problema: avevano l’uno l’amicizia dell’altro.
Haze era memore di un compagno di scuola, Tom Geller, che si era messo a fare il bulletto, prendendo di mira proprio i due gemelli. Li seccava di continuo, finché non arrivò addirittura a tirare un pugno nello stomaco a Nick, quando si era azzardato a dargli uno spintone perché stava infastidendo la sorella. Haze si era imbestialita come mai prima d’allora vedendo il fratello dolorante perché aveva cercato di difenderla, e aveva mollato a Tom un ceffone in pieno volto.
Le professoresse erano intervenute, separandoli e sgridando a dovere tutti e tre, ma senza prendere altri provvedimenti.
Da quel giorno Tom era diventato ancora più cattivo, spesso insultandoli e parlandone male con tutti. Altre volte tirava i capelli a Haze e dava pacche violente a Nick.
I due fratelli non ne potevano davvero più e avevano chiamato la cavalleria.
Fu così che un giorno, mentre uscivano da scuola, Tom li seguì per offenderli e spintonarli come sempre. Quando era sul punto di farlo, gli erano piombati davanti due ragazzi più grandi, le braccia conserte e lo sguardo arrabbiato. Joe e Kevin erano stati molto protettivi, minacciando il bulletto di venirlo a cercare se avesse ancora dato fastidio ai loro fratellini.
Tom se l’era data a gambe, spaventato dall’essersi ritrovato davanti ben due avversari entrambi più grandi e forti di lui.
Haze e Nick avevano gioito nel vedere quel bambino cattivo scappare con la coda tra le gambe, si erano gettati addosso ai fratelli ringraziandoli. Da quel giorno Tom non diede loro mai più fastidio.
Per Haze a quel punto i tre ragazzi erano i suoi fratelli meravigliosi, i suoi migliori amici e i suoi eroi personali. Ebbe la certezza che qualsiasi cosa le avessero chiesto, l’avrebbe fatta. Gli voleva così tanto bene da rischiare di esplodere.
Ovviamente tra di loro c’erano stati anche i litigi. È inevitabile, soprattutto quando si è così tanti!
Haze aveva litigato almeno un paio di volte con tutti, molto più spesso aveva calmato i litigi degli altri. Non erano mai state liti vere e proprie, erano sempre causate da sciocchezze.
La maggior parte delle volte che aveva litigato con Nick, era stato perché volevano fare giochi diversi, o volevano guardare programmi diversi alla TV. Insomma, quelle sciocchezze da bambini che sono capitate a tutti almeno una volta.
Frankie a volte la faceva impazzire – soprattutto quando ormai era un’adolescente e aveva bisogno dei suoi spazi. La disturbava in ogni istante, pretendendo le sue attenzioni. Lei sapeva bene che era normale vista la sua età, ma a volte non si poteva fermare dal dirgli di tutto. E ogni volta se ne pentiva quando vedeva il suo visino farsi triste e poi rigarsi di lacrime. E ogni volta si scusava, lo prendeva sulle sue gambe e lo cullava facendolo calmare. Poi, spesso, lo accontentava qualsiasi cosa le chiedesse.
Joe era il tipico ragazzo simpatico e divertente, ma a volte poteva risultare troppo stressante. Specie a causa di quelle sue battutine con cui ti punzecchiava ripetutamente. Se poi lo faceva con argomenti delicati – come una cotta o qualcosa successo a scuola – ci voleva poco a sbottare e arrabbiarsi con lui. Parecchie volte era capitato che si urlassero contro i reciproci difetti per almeno mezz’ora, ignorando Nick e Kevin che cercavano di calmarli.
La soluzione più logica sarebbe stata quella di smetterla di raccontare dei propri amori a Joe, ma per Haze era del tutto impensabile. Quante volte l’aveva aiutata o consolata? Era – come lui stesso si definiva – il Fratello Per Le Questioni Di Cuore.
Ogni volta alla fine facevano pace e dieci minuti dopo chiacchieravano tranquilli come se nulla fosse successo.
Con Kevin litigare era praticamente impossibile. Aveva un carattere così tranquillo e affettuoso che per farlo arrabbiare bisognava davvero offenderlo nel profondo.
E così fu, solo una volta. Haze era tornata a casa con Nick arrabbiata, anzi infuriata, urlando contro chiunque gli capitava a tiro. Aveva tredici anni e quella che credeva la sua migliore amica era andata a spifferare a tutta la scuola per chi aveva una cotta, anche al ragazzo stesso. L’avevano presa in giro per tutto il giorno.
Forse non è un vero e proprio dramma, ma a quell’età sembra semplicemente una tragedia.
Kevin aveva fatto l’ingenuo errore di seguirla in camera sua per vedere come stava e di domandarle ripetutamente cosa le fosse capitato. Gli altri sapevano di doversi tenere alla larga, visto il suo pessimo umore. Non voleva infastidirla, la voleva semplicemente aiutare.
Ma Haze, in quel momento d’ira, se l’era presa anche con lui. Gli aveva gridato in faccia in lacrime che non era altro che un rompi scatole, che doveva preoccuparsi per sé visto che la sua ultima ragazza lo aveva piantato.
Da lui non era arrivata nessuna risposta, perciò lei aveva alzato gli occhi bagnati per guardarlo.
Lo aveva ferito, eccome se lo aveva ferito. Si sentì così male che le venne la nausea, nel vedere il suo fratellone con gli occhi lucidi.
Perché, onestamente, ferire così Kevin potrebbe essere considerato un reato. È talmente buono da essere indifeso. Non sa reagire se questo significa ferire qualcuno a cui vuole bene.
Haze si era alzata dal letto e gli si era avvicinata, poi lo aveva abbracciato stretto e si era scusata un centinaio di volte, ripetendo che non era vero e che era semplicemente arrabbiata per altri motivi. Dopo circa un minuto anche lui l’aveva stretta a sé, dicendole che non importava e che probabilmente aveva ragione.
Haze lo aveva guardato male e lo aveva fatto sedere sul suo letto, poi lo aveva costretto a sorbirsi un lunghissimo discorso su quanto era sbagliato che lui dicesse certe cose e su come era fantastico.
Alla fine erano usciti dalla stanza abbracciati e sorridenti.
In poche parole, per quanto potessero litigare, nessuno di loro era capace di vivere senza tutti gli altri.




Spazio dell'autrice:
Ecco qui il primo capitolo!!! Sono iper curiosa di sapere se vi è piaciuto o no!!! Vi prego commentateee :D Anche due parole mi bastano!!
Okay calma u.u Forse questo capitolo vi sembrerà più una specie di epilogo, ma dato che la mia storia parla proprio delle loro vite, anche se non c'è nemmeno un discorso diretto l'ho considerato un capitolo vero e proprio u.u
Ci vorrà ancora almeno un capitolo per entrare nel vivo della storia, perchè voglio far capire bene come siano i loro rapporti :)
Spero vi sia piaciuto :)

ElyCecy: che dire? Grazie per commentare sempre le mie storie :) Ora corro subito a leggere la tua :D Piaciuto il capitolo?? :)

A presto, baci, Juls.



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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2:


Nella famiglia Jonas ognuno aveva il suo ruolo.
Se avevi bisogno di un consiglio saggio su qualche scelta importante o se non sapevi se una determinata cosa era giusta o sbagliata, allora dovevi rivolgerti a papà Paul. Aveva la risposta pronta per tutto.
Se quello che cercavi erano coccole e complimenti pieni d’amore, allora dovevi rivolgerti a Denise, la più amorevole delle madri. Stravedeva per i suoi figli: per lei erano tutti e cinque perfetti.
Se qualche volta eri triste, scoraggiato, e non sapevi più dove sbattere la testa, allora avevi urgente bisogno di Kevin: era come un’iniezione indolore di allegria e autostima. Con un semplice sorriso ti metteva di buon umore, con una abbraccio e qualche parolina dolce ti ridava il coraggio.
Tutti andavano da Joe quando avevano problemi di cuore: lui ci sapeva fare con le ragazze, sapeva essere irresistibile e tenero. Aiutava anche Haze, dandole consiglio su cosa piace ai ragazzi – spesse volte non era per niente d’accordo con le scelte della sorellina, e in quei casi cercava di farle cambiare idea. Haze non aveva ancora trovato veramente un ragazzo che lui avesse approvato in tutto e per tutto.
Poi c’era Nick, che sebbene fosse tra i fratelli più giovani, era estremamente saggio e riflessivo. Sapeva inquadrare le situazioni, vedendole da ogni prospettiva: per questo dava sempre il consiglio più giusto.
Frankie non tollerava di vedere triste nessuno, perciò quando qualcuno aveva il muso lungo non lo lasciava in pace finché non otteneva un bel sorriso. E ci riusciva sempre.
Haze, fin da piccola, era sempre stata quella che scuoteva gli altri dal torpore. Era tosta, tutti lo sapevano. Quando qualcuno si dava per vinto – in qualsiasi situazione – ci pensava lei a fargli cambiare idea.
Con il tempo, lei divenne anche qualcos’altro.
Nick, Joe e Kevin non appena adolescenti formarono una band. Lei era certa che sarebbero riusciti a sfondare, e così fu!
Ci volle tanta fatica e tutti fecero molti sacrifici, ma adesso che aveva diciassette anni le loro vite erano completamente cambiate.
I ragazzi facevano dischi, tour, film, serie televisive! Tutto questo però portava loro una grande stanchezza.
Quando poteva, ovviamente lei li seguiva ad ogni concerto. Capitava che i tre ragazzi arrivassero in albergo dopo giorni e giorni di quasi totale insonnia, più morti che vivi. Era sempre Haze a trascinarli fino al letto più vicino.
Kevin faceva sempre uno sforzo e riusciva addirittura a mettersi in pigiama da solo, poi barcollante andava fino a un letto o un divano e si lasciava cadere a peso morto. La sorellina lo copriva e a volte gli metteva un cuscino sotto la testa.
Nick era quello dei tre che reggeva meno la stanchezza, perciò Haze tutte le volte lo aiutava a cambiarsi e lo accompagnava a letto.
Con Joe era tutto più complicato: non provava nemmeno a collaborare. Quando Haze si offriva di aiutarlo lui diceva che voleva solo dormire, si toglieva i vestiti e si buttava a letto in mutande. Contento lui.
Dato che la madre doveva già pensare a Frankie, ogni mattina Haze ordinava le colazioni in camera e poi gliele portava a letto.
Fu così che Haze scoprì quanto le piaceva accudire le persone a cui voleva bene, ed iniziò a comportarsi da… madre.
Si divertiva molto insieme ai fratelli in tour, però preferiva quando erano tutti a casa. Era tutto più semplice, più normale.
Era maggio, e i ragazzi avevano finito l’ultimo tour. Erano tutti a casa, in una giornata come tante altre.
Haze si svegliò al suono della sveglia, irritata. Avrebbe voluto studiare a casa come avevano fatto Joe e Kevin e come continuava a fare Nick, ma dato che quello era il suo ultimo anno di scuola tanto valeva restare.
Si alzò e scese in cucina ancora assonnata. La madre le preparò delle uova e poi si andò a lavare e vestire.
“Joseph!” urlò arrabbiata, quando vide che dalla sua trousse di trucchi era sparito il rossetto.
Se il ragazzo fosse stato addormentato, non l’avrebbe mai sentita, nonostante l’urlo. Figuriamoci, aveva un sonno profondissimo, come del resto tutta la famiglia (tranne Haze, che si svegliava sempre con la luce).
Ma Joe era sveglio e spuntò davanti alla porta del bagno con un’aria fin troppo innocente. “Che succede?”
“Lo sai bene” rispose la ragazza, indicando il resto dei trucchi sparsi intorno al lavandino.
Joe per un attimo pensò di mentire, anche se sapeva di essere stato scoperto. Ma soprattutto vide la sorella guardarlo così male da farlo arrendere. “Okay, okay” sospirò, allungando verso di lei la mano destra e offrendole il rossetto che aveva preso poco prima. “Se ti fossi alzata un  po’ dopo, non te ne saresti mai accorta.”
“Sai com’è, io devo andare a scuola” commentò Haze, afferrando l’oggetto offertole.
Lui scosse le spalle, poi sorrise. “Se tra poco esci allora aspetta un attimo, vado a svegliare Kevin.”
“Ma cosa ti ha fatto di male?” rispose lei scuotendo la testa con rassegnazione. Però non poteva nascondere di essere un po’ divertita.
“Assolutamente niente. Semplicemente questo è il mio modo per divertirmi” disse tranquillo.
“Ovvero ti fai delle grandi risate solo a discapito degli altri?” chiese Haze, pungente.
“Nah” disse, riflettendo. “È così semplice e divertente però prendere in giro Kevin.”
La ragazza non poté evitare di ridacchiare. “Beato lui che almeno può dire di aver vissuto due anni della sua vita senza te tra i piedi.”
Joe affilò lo sguardo, minaccioso. “Dovrò iniziare a prendere di mira anche te” commentò, e poi sparì verso la stanza del primogenito.
Haze rise ancora, sperando che non dicesse sul serio.
Sentì la voce di Joe che svegliava il fratello, poi lo vide dalla porta aperta scendere le scale a passo allegro.
Quando lei uscì in corridoio pronta per andare a scuola, Kevin era appena uscito dalla sua stanza.
Haze si morse un labbro per non ridergli in faccia: aveva tutta la faccia dipinta di rosso. Joe a volte, la mattina presto, le rubava qualche trucco e poi sgattaiolava in camera di Kevin per truccarlo in qualche modo assurdo. Una volta gli fece delle cicatrici, un’altra disegnò tutto un paesaggio, spesso solo scritte sceme. Quella mattina lo aveva completamente truccato da donna.
Kevin, non appena si accorse della reazione della sorella, sospirò. “Cosa mi ha fatto oggi?”
Ormai c’era così abituato da non arrabbiarsi più. “L’ha acconciata per bene, signora” disse Haze ridacchiando.  
Kevin la guardò scocciato, poi si infilò in bagno per lavarsi la faccia.
“Joe, inizia a correre!” si sentì urlare da dentro la stanza.
Dal piano di sotto si udirono le risate soffocate del fratello.
Mentre Haze scendeva le scale, anche Nick uscì dalla sua stanza. “Che succede?” domandò, probabilmente perché aveva sentito le loro voci.
“Il solito” rispose Haze mentre allungava il passo, visto il leggero ritardo.
Salutò la madre e il padre che erano ancora al tavolo a fare colazione e fece per uscire. Non appena aprì la porta e stette per uscire, due braccia la afferrarono da dietro.
“Buona scuola sorellina” disse Joe, poi le baciò la testa e la lasciò andare.
Haze si voltò e gli sorrise. “Grazie.”
Ecco come iniziavano le sue giornate quando tutti erano a casa. Potete comprendere come tutto diventava noioso se i fratelli mancavano, quando si è abituati a risvegli simili?
Gli mancava però ogni volta andare a scuola con i ragazzi. Gli mancavano anche a scuola.
Negli ultimi tempi, però, la sua popolarità era leggermente salita. Sapeva che molto probabilmente era tutto dovuto al suo cognome, ma non le importava.
Ben cinque ragazzi le avevano chiesto di uscire nell’ultimo mese, ma lei non aveva mai accettato. Nessuno l’aveva ispirata particolarmente tra loro, e lei non usciva con chi non le piaceva.
Ma ovviamente c’era un ragazzo per cui stravedeva. Logan Green: carino, simpatico, divertente, affascinante. Non era né il più popolare né il capitano della squadra di football, a lei non importavano queste cose. Semplicemente stava bene con lui.
Era molto contenta perché negli ultimi tempi avevano parlato spesso, a volte anche pranzato insieme. Erano in classe insieme a inglese, sedevano sempre vicini. Facevano anche educazione artistica insieme.
Insomma, pensava di stargli simpatica. Forse addirittura gli piaceva. Ci sperava tanto, e vedendo i poster del ballo di fine anno fantasticava su un possibile invito.
Ma dopo le ore del mattino, a pranzo, lo aveva sentito avvicinarsi a un’altra ragazza – troppo smorfiosa per essere intelligente – e chiederle di andare alla festa con lui.
Non aveva nemmeno sentito la risposta di lei, era praticamente corsa via.
Perché ci aveva sperato? Si sentiva così sciocca. Era solo uno dei tanti ragazzi stupidi e superficiali.
Non appena arrivata a casa, corse in camera senza salutare nessuno e si gettò sul suo letto a piangere.
Nick, Joe e Kevin – che l’avevano vista passare di corsa dal divano – sentirono la sua porta sbattere con violenza e si scambiarono sguardi perplessi.
“Che le succede?” mormorò Joe stupito.
“Non ne ho idea” disse Kevin, preoccupato.
“Scopriamolo” disse Nick con la sua solita calma.
I tre si alzarono insieme e salirono le scale.
 


Spazio dell'autrice:
Ecco anche il capitolo 2 :) Che ne pensate??
Grazie mille a tutti quelli che hanno letto la mia storia :D Spero vi sia piaciuta :)

cristy petterina: grazie mille per i complimenti!!! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo ;) E spero di ricevere un altro tue commento :D

A presto, Juls.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 


Haze stava sdraiata sul suo letto, a pancia in giù.
Aveva sentito bussare, ma aveva ignorato chiunque fosse.
Nick, Joe e Kevin avevano aperto ugualmente la porta, per sbirciare all’interno. Vedendo la sorella singhiozzare, entrarono e richiusero la porta alle loro spalle.
Kevin si sedette accanto a Haze, accarezzandole la schiena. “Hey, che succede?” chiese dolcemente.
Anche Nick e Joe si accomodarono sul letto, tutti in attesa che la ragazza rispondesse.
“Niente” biascicò, tirandosi su e asciugandosi le lacrime.
“Ne dubito” disse Nick, osservando i suoi occhi rossi.
Tutti la fissarono aspettando una spiegazione.
Haze sospirò rassegnata. “Pensavo di piacere a un ragazzo, ma non è così.”
“Come fai ad esserne sicura?” chiese Joe, facendo da portavoce.
“Ha invitato un’altra ragazza al ballo” rispose lei, abbassando lo sguardo sulla coperta stropicciata.
Kevin la strinse a sé e l’abbracciò forte, mentre Nick le accarezzava una mano e Joe un piede.
“Non ti devi preoccupare, passerà. Sono cose che capitano a tutti” la incoraggiò quest’ultimo.
Haze annuì, poco convinta.
“E ricorda sempre che…” continuò lui.
“… chi non mi vuole non mi merita. Sì, lo so, me l’hai già detto qualche miliardo di volte” lo interruppe la sorella.
Lui si limitò a sorriderle.
“Però così non andrò al ballo” mormorò Haze, mentre un’altra lacrima le scendeva giù da una guancia.
“Non puoi saperlo” disse Nick.
“E invece sì! Ho respinto tutti quelli che forse avevano intenzione di invitarmi, e chi interessa a me ha già qualcun’altra!” ribatté lei. Le lacrime ripresero a scendere più numerose.
I tre fratelli non sapevano che risponderle, si affannavano per trovare le parole giuste.
“Per favore, adesso uscite. Voglio stare un po’ da sola” mormorò Haze. Sfuggì alla presa dei loro abbracci e carezze e si infilò sotto le coperte, ancora vestita.
I ragazzi, incerti, uscirono in silenzio.
Andarono in camera di Nick – ormai da tre anni avevano tutti camere separate – e si sedettero sul letto o per terra.
“Cosa possiamo fare?” domandò Joe, sdraiandosi sul tappeto azzurro che stava al centro della stanza.
“Sembra che tenga molto al ballo” mormorò Kevin, seduto al centro del letto.
“Sì, me ne ha parlato diverse volte” confermò Nick, che stava vicino a Kevin e abbracciava il suo cuscino.
“Come praticamente tutte le ragazze, del resto” commentò Joe.
Kevin annuì, pensieroso.
“Potremmo cercarle noi un ragazzo…” ipotizzò Joe.
“Certo, se vuoi farti uccidere fai pure” commentò Nick ironico.
“Perché?”
“Perché non gli piacerà mai qualcuno che hai scelto te!”
“Vero. Altre possibilità?” disse Kevin, prima che i due iniziassero a discutere.
Restarono tutti qualche minuto a riflettere, in silenzio. Nick torturava la fodera del cuscino con le dita.
Fu proprio lui ad avere un’illuminazione. “Noi siamo ragazzi…” disse, di punto in bianco.
Gli altri due lo guardarono perplessi.
“Ma non mi dire” disse Joe. “Spero tu non l’abbia scoperto solo adesso.”
Kevin ridacchiò.
Nick scosse la testa. “Intendevo dire che lei cerca un ragazzo per il ballo. E uno di noi potrebbe essere quel ragazzo. O magari tutti e tre” spiegò.
Kevin alzò un sopracciglio. “E pensi che si farà accompagnare dai suoi fratelli?”
“Io dico di sì. Sempre meglio che non andarci” rispose Nick, scrollando le spalle.
“Forse hai ragione.”
“Aspettate un attimo!” esclamò Joe.
Gli altri due si voltarono a guardarlo.
“Siete impazziti? Lo sapete quanto bene voglio a Haze, però andare tutti e tre al ballo della sua scuola sarebbe… come dire, un suicidio!” spiegò, immaginandosi bene la scena. “Ci saranno tantissime ragazze, non dico tutte ma alcune potrebbero impazzire nel vederci.”
Kevin si morse un labbro, affranto.
Nick restò impassibile. “Hai un’idea migliore?”
“No…” ammise Joe.
“E allora io sono pronto ad andarci. Posso farlo anche da solo, non importa. Non sopporto di vederla così…” mormorò Nick.
“Non se ne parla! Vengo anch’io” disse Kevin.
Joe sorrise e si sfregò le mani. “Ci sarà da divertirsi.”
 
Poco dopo i fratelli si incamminarono verso la camera di Haze.
“Aspettate” disse Joe.
Scese le scale di corsa e dopo una ventina di secondi tornò su con tre rose in mano e un gran sorriso. Ne porse due ai fratelli.
“Le hai prese dai fiori che papà a regalato alla mamma?!” chiese Nick, fulminandolo con lo sguardo.
“Tranquillo, non mi devi ringraziare” disse Joe continuando a sorridere.
Nick sbuffò. Sapeva che non c’era verso di far ragionare il fratello.
“Andiamo?” chiese Kevin, con una mano sulla porta.
Gli altri due annuirono e tutti nascosero la propria rosa dietro la schiena.
Entrarono senza bussare. Haze sembrava non essersi mossa di un millimetro.
Quando sentì la porta richiudersi, alzò la testa di scatto.
“Che ci fate qui?!” chiese, scontrosa.
“Rilassati, veniamo in pace” disse Joe.
“Ti vorremmo chiedere una cosa” esordì Kevin.
Haze studiò le loro espressioni attentamente.
I ragazzi si avvicinarono ai piedi del letto e si inginocchiarono (a volte tendevano ad essere teatrali).
Offrirono a Haze le loro rose.
“Vuoi venire al ballo con noi?” domandò Nick dolcemente.
La sorella era stata molto colpita dal loro gesto, però… andare al ballo con i fratelli? Non sarebbe stato imbarazzante?
“Così ci offendi” disse Joe dopo qualche secondo.
“Ragazzi, vi ringrazio siete dolcissimi ma… siete i miei fratelli” spiegò Haze.
“A chi importa? Al ballo bisogna divertirsi, è quello l’importante” disse Nick.
“E noi siamo molto divertenti” aggiunse Kevin sorridendo.
Haze si morse un labbro, indecisa.
“Dai, Haze! Ti divertirai, sarai con noi e non con qualche scemo che nemmeno conosci, e per di più… farai un favore a tutte le tue compagne” disse Joe sorridendo malizioso.
Nick gli diede una gomitata.
“Sei sempre così modesto” commentò Kevin, guardandolo seccato.
“Quel che è vero, è vero. E guarda che non parlavo solo di me” ribatté Joe.
“In effetti hai ragione” approvò il fratello maggiore.
Nick scosse la testa. “Dai, vedrai che sarà una serata bellissima” mormorò tornando a guardare la sorella e tentando di persuaderla.
Le rimase dubbiosa.
A quel punto non gli restava che l’arma finale, la più potente ma la meno etica. “E poi io non sono mai stato ad un ballo…” sussurrò, fingendosi molto triste.
Nick sapeva quanto bene lei volesse a lui e agli altri fratelli, ma solo raramente lo aveva sfruttato a suo favore. D’altronde, questa volta non contava: era per lei che lo faceva.
Haze sospirò. “D’accordo.”
I fratelli sorrisero, salirono sul letto e l’abbracciarono.
“Ah, mi hai punto!” urlò Kevin dopo pochi secondi.
“Ops” disse Joe, buttando a terra la rosa.
 
Spesso la sera tutti e cinque i fratelli vedevano la televisione insieme. Non era facile trovare un accordo su cosa guardare, ma dopo anni e anni erano giunti ad una soluzione: i film d’azione. Quelli piacevano a tutti – non troppo violenti se Frankie era sveglio.
Senza nemmeno rendersene conto, era come se tutti avessero un posto fisso sul divano. Sulla parte destra del divano stava seduto Kevin, con in braccio Frankie. Con un braccio Kevin circondava le spalle di Haze, seduta al suo fianco. Joe se ne stava sdraiato sul resto del divano, con la testa sulle gambe della sorella. Nick metteva un cuscino in terra e vi si sedeva sopra, appoggiandosi con la schiena alle gambe di Haze.
Lei spesso con la mano destra giocava non i ricci del gemello, sempre così soffici e definiti. Le piaceva arrotolarseli intorno alle dita, soprattutto quando li portava un po’ più lunghi.
Joe a volte le teneva la mano sinistra e giocherellava con le sue dita. E dato che Kevin la abbracciava, a Haze veniva naturale appoggiare la testa sulla sua spalla.
Da quanti anni ogni volta che vedevano un film si sedevano così? Eppure nessuno di loro ci aveva mai fatto caso. Nella famiglia Jonas ognuno aveva il suo posto.
 
 
 
Spazio dell'autrice:
Ecco il capitolo 3 :) Che ne dite? Dolci i fratelloni, vero? *__*
Anche voi vi immaginate i loro caratteri più o meno così? :)
Ma soprattutto... vi è piaciuto il capitolo? u.u
Vorrei tanto sapere le risposte a queste domande e spero che almeno una persona me le dia :)
A presto, Juls.
P.S. Grazie un miliardo ovviamente a tutti quelli che seguono la storia <3 :D

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 


“Hey, Haze!”
Haze si voltò verso la voce che la chiamava, scorgendo – in mezzo alla marea di ragazzi che affollava il corridoio – la sua amica Jennifer sbracciarsi.
“Ciao” le disse, andandole incontro.
“Ieri sera ho provato a chiamarti, ma non rispondevi” la rimproverò subito l’amica.
“Scusa, vedevo un film e il cellulare era al piano di sopra” spiegò in sua difesa.
Jennifer scosse la testa, un po’ seccata. Era forse la migliore amica di Haze, ma non la conosceva bene quanto pensava. Erano simili in certe cose, diverse in tante altre. Erano entrambe determinate, entusiaste, allegre. Ma Jennifer conosceva tutti, parlava con tutti, amava stare al centro dell’attenzione. Non era esageratamente popolare, ma quasi tutti la conoscevano. Più che altro, tanti la consideravano una rompiscatole.
A Haze piaceva perché non sembrava importarle nulla dei suoi fratelli. Non aveva mai chiesto a lei di portarle degli autografi, qualcosa di loro, di conoscerli, di venire a casa loro, come invece avevano fatto tantissime altre persone. Tutti falsi amici, che Haze si affrettava a liquidare.
“Vieni” ordinò Jennifer, prendendo l’amica per un braccio e trascinandola verso un corridoio più tranquillo.
“Che c’è?”
“Non indovinerai mai chi mi ha invitata al ballo!” esclamò Jennifer, un sorriso enorme sulle labbra.
Haze spalancò gli occhi. “Ryan Dallas?!”
“Sì!” urlò l’altra.
“Ah! È fantastico!”
“Lo so!”
Ryan Dallas era il ragazzo che piaceva a Jennifer da un anno e mezzo. Aveva sognato quel giorno migliaia di volte, quindi era comprensibile il suo entusiasmo.
Dopo un minuto di euforia, Jennifer tornò seria e pensierosa. “Tu verrai?”
Haze annuii, senza guardarla negli occhi.
Jennifer si accese d’entusiasmo. “Con chi?”
La ragazza si schiarì la voce, fissando il pavimento con un leggero imbarazzo. “Con i miei fratelli.”
L’amica rimase in silenzio per qualche istante. “Sul serio?”
Ecco la reazione che Haze temeva. “Sì.”
“Mmm” disse Jennifer.
Haze a quel punto la osservò in viso.
“Non riesco a capire se è una buona cosa o no” mormorò l’altra, ancora pensierosa.
“In che senso?”
“Lato positivo: di sicuro sarai al centro dell’attenzione. Lato negativo: sono i tuoi fratelli!”
“Lo so” disse Haze, annuendo. “Ma hanno insistito tanto.”
Jennifer sorrise. “Ad ogni modo, ci divertiremo!”
 
Nick entrò nella camera di Joe, senza bussare.
“Hey! Esci!” esclamò Joe in mutande, vedendolo.
“Ti vuoi dare una mossa?!” gli urlò Nick, forse per la millesima volta.
“Sì, ma tu esci!” ribadì Joe.
Il fratellino uscì, sbuffando spazientito. Raggiunse il padre e gli altri due fratelli, al piano di sotto.
“Mamma e Haze?” chiese al padre.
“Sono ancora di sopra” rispose l’uomo.
Quindici minuti dopo scese anche Joe e si sedette sul divano, vicino ai fratelli. Erano tutti molto eleganti: Nick aveva uno smoking grigio, con tanto di panciotto del medesimo colore, sotto una camicia bianca a righe grigie verticali, la cravatta e le scarpe nere; Joe era completamente in nero: lo smoking, la camicia, la cravatta e le scarpe; Kevin era anch’esso in nero, fatta eccezione per la camicia bianca, e al posto della cravatta aveva un papillon.
Dopo altri cinque minuti, sentirono tutti il rumore di una porta che si apriva, e Denise sbucò sulla cima delle scale. “È pronta” annunciò, sorridente.
I cinque uomini di casa si alzarono dal divano, incuriositi, e si fermarono in fondo alle scale.
“Ed ecco qua la ragazza più bella del mondo!” esclamò la madre, per presentare la figlia.
Haze sbucò al suo fianco, guardandola e scuotendo la testa. Sua madre non era esattamente obbiettiva.
Ad ogni modo, gli uomini rimasero a bocca aperta: Haze portava i lunghi capelli castani e mossi sciolti e naturali, aveva un leggero trucco in viso e un sorriso che la faceva risplendere. Indosso aveva un vestito viola corto fin poco sopra il ginocchio, senza spalline, un po’ a balze e ricoperto di tulle del medesimo colore. In vita il vestito aveva una cintura nera con una rosa ad un lato, sempre viola. Ai piedi aveva scarpe nere col tacco abbastanza alzo, legate con un laccetto elegante al piede.
Nel complesso, bellissima.
“Mi sa che la mia piccola non è più molto piccola” sospirò il padre, ancora meravigliato.
Haze e Denise scesero le scale e raggiunsero il resto della famiglia.
“Che ne dite?” chiese Haze, rivolgendosi a Nick, Joe e Kevin. Fece una giravolta per farsi ammirare.
“Fantastica” disse Kevin con dolcezza, la afferrò e la strinse a sé, posandole un bacio sulla fronte.
“Mi associo” disse Nick sorridendole.
Joe era muto, ancora sbigottito.
“Tutto bene?” gli chiese lei.
Lui annuì di colpo, tornando in sé e schiarendosi la gola. “Sei… come dire… wow” biascicò.
Haze sorrise, soddisfatta del risultato.
“Vi faccio una foto!” esclamò Denise, e prese la macchina fotografica che era appoggiata su un mobiletto all’ingresso.
I ragazzi si misero in posa e il flash scattò. Pochi minuti dopo uscirono di casa, mentre i genitori continuavano ad augurargli di divertirsi.
Haze era leggermente seccata: aveva sentito il padre – pochi istanti prima che uscissero – mormorare ai fratelli di badare a lei. Perché nessuno voleva capire che ce la poteva fare da sola?
 
Arrivati al ballo, com’era previsto, scoppiò il delirio. Quasi tutte le ragazze della scuola si muovevano intorno ai quattro fratelli, con aria sognante e adorante. Haze sperò che li avrebbero presto lasciati in pace, sennò non si sarebbe riuscita a godere la serata.
I tre ragazzi erano ormai abituati alla folla, ma in quella particolare occasione gli era d’intralcio. Non che non volessero bene alla loro fans, ma volevano godersi una serata con la loro sorellina.
Solo dopo un’ora il loro pubblico si sparpagliò, così potettero godersi la festa.
Il party era nella palestra della scuola: tutto era addobbato con cartapesta rosa, viola e azzurra, le luci erano colorate e soft, creando un’atmosfera rilassata. La musica variava: dai pezzi più scatenati a quelli più lenti.
Quando finalmente ebbero il via libera, stavano iniziando i pezzi più tranquilli.
“Mi concedi l’onore?” disse Nick a Haze, scherzoso.
“Volentieri” rispose lei, sorridente.
“Poi ci sono io!” si prenotò Kevin.
I due gemelli si avviarono al centro della pista, tenendosi per mano. Quando vi giunsero, Nick strinse con dolcezza i fianchi della sorella, tirandola di più verso di sé. Haze avvolse le sue braccia alle spalle muscolose di Nick. Iniziarono a ballare lentamente.
“Per la prima volta mi rendo conto che hai davvero la mia stessa età” mormorò Nick, dopo un po’.
Haze gli sorrise. “Finalmente.”
“Anche gli altri sono rimasti scioccati, specialmente Joe. Mi sa che dovremo accettare la realtà.”
“Sì, direi di sì” disse Haze, soddisfatta.
La canzone finì velocemente, e in un attimo Kevin sfilò via la ragazza dalle mani di Nick, sostituendolo nella stessa posizione.
“Joe mi stava annoiando, penso sia impazzito” sbuffò lui.
“Che ha?” chiese Haze preoccupata, guardando nella direzione del fratello in questione.
“Non fa altro che ripetere ‘è impossibile’ o cose del genere” spiegò.
Haze in risposta alzò le sopracciglia.
“Sei grande” sospirò Kevin, imbronciato.
La sorella ridacchiò. Incredibile il modo in cui ci fosse bastato solo un abito per farglielo capire.
“Ma ricorda una cosa” disse Kevin, poi prese una pausa. “Grande o piccola, se mai un ragazzo ti tratterà male in qualsiasi modo, dillo a me e vedrai che se ne pentirà” terminò, serio e minaccioso.
Vedere quell’espressione sul viso di Kevin era a dir poco comico: Haze non riusciva ad immaginarlo prendere a botte qualcuno, era assurdo. Ridacchiò.
“Grazie” disse poi, tornando seria. Appoggiò la testa sulle braccia che aveva strette al collo del fratello, e si sentì realmente protetta.
“Ti voglio bene” sussurrò lui al suo orecchio.
“Anche io.”
Quando anche la seconda canzone finì, sbucò Joe di fronte a loro. Strano: Haze pensava che a quel punto non avrebbe voluto ballare, ma invece eccolo lì.
Kevin si fece da parte e Joe rimase impalato di fronte a Haze. Poi sembrò risvegliarsi e prese tra le sue braccia la sorella.
“Tutto bene?” chiese lei, vedendo i suoi movimenti da automa.
Lui annuì.
“Sicuro?” indagò ancora.
Joe sospirò. “Sì, è che… non può essere vero.”
“Cosa?”
“Tu” rispose lui. “Sembra ieri che ti vedevo camminare barcollando per i corridoi di casa, e adesso sei qui, al ballo dell’ultimo anno di liceo, bellissima e donna.”
Al suo dell’ultima parola, inaspettatamente, Haze arrossì. Poteva leggere il sincero stupore negli occhi di Joe, ma non lo comprendeva. Non era di certo cresciuta di colpo in dieci minuti.
“Sono lieta che tu te ne sia accorto” disse dopo un po’.
“Sì” disse lui. “Incredibile” ribadì.
Era strana la luce che brillava negli occhi di Joe, strano era il modo in cui entrambi erano un po’ imbarazzati: anche lui era bellissimo, notò Haze. Un vero figurino, non c’era da stupirsi che tante ragazze stravedessero per lui.
Mentre la canzone terminava, i due si abbracciarono, continuando a danzare leggeri. Haze posò la testa sul petto di Joe, e sentì le labbra di quest’ultimo sfiorarle i capelli.
Poi, mentre si lasciavano, Haze udì uno strano rumore. Come delle martellate, o forse una batteria. Tese le orecchie: la musica era ancora lenta, impossibile.
Quando infine capì cos’era quello strano suono, rimase quasi paralizzata: era il suo cuore, che batteva un ritmo del tutto incomprensibile.




Spazio dell'autrice:
E siamo a 4! Allora che ne dite? Mi chiedo cosa abbiate pensato e capito xD
Be', spero vi sia piaciuto :) Un ringraziamento a tutti quelli che hanno messo la storia nelle seguite/preferite e a chi legge semplicemente!
Un grazie speciale a:
ElyCecy: grazie come sempre per la tua recensione! Sono contenta che tu li veda più o meno come me :) Spero di non averti delusa ;)
xitsbenny: mi ha fatto molto piacere la tua recensione, grazie di cuore per tutti i complimenti!!! Spero di leggere presto un'altra tua recensione :)
Qui setto metto le foto dei quattro fratelli con i vestiti per il ballo :)
Baci e a presto, Juls.


Haze: Image and video hosting by TinyPic Nick: Image and video hosting by TinyPic Joe e Kevin: Image and video hosting by TinyPic

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 


Haze era sdraiata nel suo letto, a pancia in su, e fissava il soffitto ormai da ore.
Erano tornati a casa tardi quella notte, intorno alle due. I genitori erano ancora svegli – con grande irritazione della ragazza, anche se sapeva che c’era da aspettarselo. Avevano ballato, parlato, si erano divertiti molto. Conseguenza: era stanchissima. Sì, proprio molto stanca.
Allora perché non era riuscita a chiudere occhio?
Il suo cervello non voleva darsi pace, continuava a girare e rigirare intorno a quello che era successo, senza darle tregua. Ogni volta che lei quasi cadeva nell’incoscienza, gli tornava in mente quella sensazione.
Quella sensazione così bella, così piacevole. Così orribile, così sbagliata.
Dato che era sveglia e sapeva bene che ormai non sarebbe riuscita a dormire, tanto valeva esaminare la situazione.
Prese in esame gli abbracci di Kevin, le sensazioni che le suscitavano: profondo affetto, protezione, sicurezza, dolcezza, pace. Tutte cose giuste, normali. Andava bene.
Poi passò agli abbracci di Nick: ancora profondo affetto, ancora protezione, ancora sicurezza, ancora dolcezza e ancora pace. Insomma, era tutto regolare.
E poi… quello che aveva sentito quando Joe l’aveva abbracciata quella notte: dolcezza, protezione e sicurezza, senza dubbio. Ma anche qualcos’altro… attrazione?
Haze inorridì, disgustata da quel pensiero. Era attratta da lui? Da suo fratello?
Non poteva essere. Era sbagliato, terribile, una cosa malsana.
Eppure, ne era certa, era così.
Pensò a Joe, e cercò di imporselo come lo aveva sempre visto: il suo pazzo fratellone, quello che si cacciava in guai assurdi, che però riusciva sempre a risolvere in qualche modo.
Vagò con la mente nei ricordi, vecchi e recenti, pensando a lui in generale. Solo dopo un po’ si rese conto di quanto ai suoi occhi fosse bello. E non bello come lo è un fratello per una sorella, bello come lo è un uomo per una donna.
Haze si tirò a sedere di scattò, confusa e impaurita.
Che diavolo stava succedendo?
 
Nei giorni seguenti, si cercò di comportare normalmente.
Ogni volta che però Joe le dava il bacio del buongiorno o scambiava con lei altre effusioni, non riusciva ad evitarsi di arrossire.
E tutte le sere piangeva, non per quanto lo volesse, ma per quanto fosse disgustata da se stessa.
Di notte, non riusciva più a dormire. Anche nei sogni, Joseph la perseguitava.
Una sera, dodici giorni dopo lo sciagurato ballo, Nick entrò nella camera della ragazza sorprendendola in lacrime.
“Haze! Che succede?” urlò, preoccupato, sedendosi sul letto accanto a lei.
La sorella rimase in silenzio, tormentata.
Desiderava parlarne con qualcuno, per riuscire a capire cosa doveva fare. Forse doveva essere curata.
Però se ne vergognava troppo.
“Haze, dimmelo” ordinò severo Nick.
Lei scosse la testa, in lacrime.
Il fratello cambiò atteggiamento, facendosi più dolce. Le accarezzò un braccio. “Sorellina, lo sai che ti voglio solo aiutare. Qualunque cosa sia, troveremo una soluzione, insieme” sussurrò teneramente.
Haze commise l’errore di guardarlo negli occhi, e si arrese. Si arrese perché sapeva che avrebbe insistito ancora e ancora, si arrese perché non sapeva più dove sbattere la testa, ma soprattutto si arrese perché voleva che Nicholas la aiutasse.
“È una cosa semplicemente orribile” mormorò singhiozzando.
“Spiegami” la incoraggiò. La sua preoccupazione aumentava, si vedeva dal modo in cui increspava la fronte.
“Mi piace un ragazzo.”
Incredibilmente, Nick scoppiò a ridere. E in effetti era legittimo, dato che ancora ignorava la terribile verità.
“E ti sembra così brutto?!” esclamò, ancora ridacchiando.
“Io non ho finito” disse Haze, incolore.
Lui si schiarì la voce e di botto tornò serio e attento. “Dimmi tutto.”
“Mi piace un ragazzo, un ragazzo che non dovrebbe mai piacermi. È così sbagliato che mi fa venire la nausea” disse Haze con voce strozzata, piangendo più forte.
A quel punto Nick intuì che forse era davvero grave la situazione.
“Chi?” domandò.
Bisognava aspettarsi quella domanda, era la sola cosa che potesse chiedere a quel punto.
Eppure Haze si sentì soffocare e respinse un conato.
“Joe” riuscì a dire, dopo qualche minuto.
 
Ogni giorno che passava Haze era sempre più convinta che Nick non l’avrebbe mai delusa. Qual’era l’aggettivo che meglio lo descriveva? Leale? Intelligente? Sensibile? Non lo sapeva, aveva troppi pregi quel ragazzo.
Eppure, sebbene giusto come sempre, il consiglio che le aveva dato quella volta non le era piaciuto per niente.
“Mmm”aveva detto dopo un paio di minuti di immobilità. “Capisco.”
Haze era rimasta sorpresa: non l’aveva minimamente giudicata o criticata! Ed era una cosa così brutta…
E poi erano arrivate le parole inevitabili. “Sorellina, penso che forse tu dovresti prendere le distanze” aveva mormorato, sempre con la sua impossibile dolcezza. “Solo finché non sarà andato tutto a posto” si era affrettato a dire, vedendo Haze piangere ancora più forte. Poi l’aveva abbracciata stretta ed erano stati accoccolati nel letto per ore, mentre Haze pian piano finiva tutte le lacrime.
Avrebbe dovuto rinunciare a suo fratello. Lo sapeva, come sapeva che era la cosa giusta, ma non riusciva ad accettarlo. Non c’era un modo per…? Ma per fare cosa? Non capiva più il senso di nulla.
Nick, dal canto suo, era rimasto basito dalla notizia. Tutto si aspettava meno che una cosa simile, di certo. Ma non poteva di certo abbandonare la sorella, specialmente in un momento simile. Aveva cercato di superare lo shock, mettendolo da parte per un secondo momento. Doveva riuscire per prima cosa a consolare Haze.
Da quel giorno Haze cercò di evitare Joe in tutti i modi possibili. Negli ultimi giorni di scuola era sgattaiolata via di casa ancora prima del solito per non farsi salutare con il solito bacio. Tornata a casa evitava gli abbracci con qualsiasi scusa. Aveva anche dovuto rinunciare a vedere i film con i fratelli, perché Joe automaticamente le si sarebbe sdraiato addosso.
Nick, per consolarla, glieli faceva poi vedere ogni volta sul computer, in camera della ragazza. Anche se lui li aveva già visti, era sempre ben disposto a farle quel piacere.
Joe iniziò a capire che c’era qualcosa di strano dopo sei giorni. Si insospettì ed indagò sulla faccenda, senza ricavarne nulla.
Diciassette giorni dopo perse definitivamente la pazienza, rinunciando ai modi gentili e tirando fuori la grinta. “Si può sapere che ti prende?!” aveva urlato contro Haze, quando lei si era subito divincolata dall’ennesimo tentativo di abbracciarla.
“Niente” aveva biascicato Haze.
“Non puoi mentirmi” le aveva detto Joe, prendendola per un polso.
“Mi lasci?!” gli aveva urlato lei contro.
“No! Prima dimmi cosa diavolo sta succedendo” ordinò.
Haze lo guardò irritata, non sapendo come uscire da quella situazione. Gli stava stringendo il polso tanto da farle male. Il viso di lui era rosso dalla rabbia, ma restava bellissimo.
Haze strattonò con una forza inaspettata, e Joe la mollò. La ragazza fece qualche passo per allontanarsi e poi si voltò verso il fratello per urlargli contro un altro po’.
Ma Joe non era più furioso, in pochi istanti tutti i suoi lineamenti si erano trasformati. Gli occhi verde-marrone da freddi erano tornati profondi come sempre, le labbra tirate si erano piegate in una smorfia e la fronte aggrottata di era lisciata. La rabbia aveva lasciato posto ad una profonda tristezza.
Haze lo conosceva bene, sapeva che stava per mettersi a piangere. Infatti, il ragazzo si allontanò a grandi passi, per isolarsi. Nessuno lo doveva vedere così fragile, lui era un duro.
La sorella rimase sbalordita e poi anche lei fu scosse da una profonda disperazione.
Proprio in quel momento Nick scese le scale per vedere cosa fosse successo – aveva sentito le grida dei due fratelli – e Haze gli si gettò addosso il lacrime. Gli raccontò quello che era successo.
“Stai tranquilla, va tutto bene. Adesso vai un po’ in camera, io arrivo tra poco. Prima parlo un po’ con lui, okay?” mormorò Nick dolcemente.
Haze annuì e salì le scale di case correndo, due gradini per volta.
Dal piano di sotto, il fratello sentì una porta sbattere. Cercò Joe e lo trovò in giardino, seduto sul bordo della piscina che guardava l’acqua azzurra.
Quando sentì dei passi, Joe si asciugò svelto qualche goccia d’acqua salata che gli erano scese sulle guance lisce.
Nick gli si sedette affianco. “Tutto bene?” domandò, anche se conosceva già la risposta.
“No!” esclamò Joe, mentre un po’ di rabbia tornava. “Non va bene per niente. Haze ha qualcosa che non va – ne sono certo – e non mi vuole dire cosa.”
“Non badarci” cercò di convincerlo il fratellino, ma sapeva quanto lui fosse testardo.
Joe sgranò gli occhi, poi li strinse in uno sguardo d’accusa. “Tu sai” disse. Non era una domanda, era un’affermazione.
“Joe, vedrai che si sistemerà tutto” mormorò Nick, con le spalle al muro.
“Dimmelo!” ordinò l’altro.
“Non posso, mi dispiace.”
“Nick, ho bisogno di saperlo! Devo aiutarla!” urlò ancora Joe, disperato.
“Non posso sul serio, Joe! Non dipende da me!” ribatté Nicholas.
Joe, inaspettatamente, rinunciò. Le sue spalle si afflosciarono e nel suo volto ricomparve un dolore, un dolore straziante. “A te l’ha detto, a me no” constatò.
Solo perché il problema riguarda te, pensò l’altro. Ma non poteva dirlo. “È solo un brutto periodo, passerà” disse. Era quello che sperava.
“Mi sta evitando, Nick. Evitando, capisci? Non posso più nemmeno sfiorarla. E non so perché” sussurrò Joe, e in quel momento non poté resistere. Un’altra lacrima traboccò dai suoi occhi spenti.
Nick guardò il fratello maggiore, spiazzato dalla sua vulnerabilità. Una cosa era certa: non aveva mai visto Joe così triste e indifeso. Adesso aveva ben due fratelli da aiutare. “Lo so, Joe. Ce la può fare, ma devi collaborare.”
“Mi manca tanto” disse Joe, così piano che le parole si mescolarono con il suo respiro.
 
“Haze, posso entrare?”
La ragazza non si sforzò nemmeno di muoversi, era troppo a pezzi. “Sì” biascicò.
Kevin entrò nella stanza buia, accendendo la luce. Trovò la sorella sul letto, con la faccia immersa nel cuscino morbido e spesso, in preda ai singhiozzi.
Lui sapeva esattamente di cosa aveva bisogno: conforto. Ed era il migliore, perché non voleva nulla in cambio. Non avrebbe fatto domande per sapere cosa avesse come avrebbe fatto chiunque altro, perché sapeva che se glielo avesse voluto dire lo avrebbe fatto da sé.
Si sedette sul letto mentre Haze si tirava sui gomiti. Il fratello aprì le braccia in un’irresistibile proposta, e la ragazza fu felice di trovare quel caldo rifugio.
Un abbraccio era quello di cui aveva bisogno. No, anzi: Kevin era quello di cui aveva bisogno. La strinse forte a sé e la cullò lentamente, e allo stesso modo le lacrime e i singhiozzi si fecero più radi in Haze.
Anche quando la sorellina smise di piangere, lui continuò a tenerla tra le sue braccia. Era stanca, e lui lo sapeva bene. Perciò si sdraiò sul letto, portandola con sé e senza disfare nemmeno un attimo l’abbraccio. La ragazza si sdraiò sul suo petto, mentre lui continuava a cullarla e ad accarezzarle leggero la schiena.
Così, dopo circa un’ora, Haze si addormentò.
Per la prima volta dal ballo i suoi sogni furono tranquilli: caldi, accoglienti, dolci e rassicuranti, proprio come l’abbraccio del suo fratellone.



Spazio dell'autrice:
Salve a tutti e scusate se c'ho messo così tanto tempo! Ho davvero troppe idee in testa, e la scuola mi ha impegnata parecchio. Ma finalmente sono riuscita a prendere voti decenti! Evviva!
Sì, lo so, questo non vi interessa xD Comunque (spero la troviate una buona notizia) penso che nelle vacanze natalizie [che iniziano dopodomaniiii *___*] scriverò più del solito! :)
Che dire a proposito di questo capitolo? Mi sembra tutto abbastanza chiaro... Sta succedendo un bel disastro in casa Jonas u.u
Che ne dite? Piaciuto? Fatto schifo? Se vi supplico in ginocchio me li lasciate almeno due o tre commentini?? :'(
Come sempre grazie a chi legge, a chi ha messo la storia tra le seguite (più gente di quanta pensassi *__*) o ricordate o preferite!
Grazie tantissime a ElyCecy: sei sempre gentilissima a recensire :) Non ti ringrazierò mai abbastanza! Allora confermi che siamo telepatiche, vero? xD Grazie mille per i complimenti <3
A presto e baci, Juls.
P.S. In caso non aggiornassi la storia prima del 25: BUON NATALE E BUONE FESTE A TUTTI!!! :D

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 


Passavano i giorni, le settimane ed addirittura i mesi. La situazione tra tutti i fratelli era sempre più insostenibile.
Era come se ci fossero state due fazioni avversarie, quella di Haze e quella di Joe. Nick e Kevin si dividevano un po’ tra i due, a seconda di cosa avessero bisogno.
Nick andava da chi aveva bisogno di un consiglio, cercava di far reggere quel periodo ad entrambi i fratelli, che senza di lui sicuramente non ce l’avrebbero fatta.
Kevin, invece, andava da chi aveva bisogno di essere tirato su di morale, il che voleva dire che correva sempre a destra e manca. Mai era stato necessario come in quel momento: tra Haze e Joe, era difficile dire chi fosse il più depresso. La sorella era sempre stata consolata dagli abbracci di Kevin, per lei erano indispensabili – anche lui era stato messo a parte della terribile verità, per spontanea scelta di Haze, anche se lui non aveva chiesto niente (non le sembrava giusto non dirgli nulla). Per Joe era tutt’altro che una cosa familiare: non era abituato a mostrare il suo dolore, non era abituato a dar mostra della sua fragilità, non era abituato a dover essere consolato in quel modo. Ma si dovette arrendere, perché Kevin evidentemente aveva un qualche potere magico, come una droga ad alto potenziale di stordimento che però non fa male, che si attivava ogni volta che ti stringeva tra le braccia.
Haze era costantemente triste. Anche Kevin stentava a farla ridere, soprattutto con il procedere dei giorni. A volte doveva dormire con lei, per farle avere un po’ di tregua.
Joe aveva tante emozioni che gli si agitavano dentro. Rabbia, perché si sentiva escluso dagli altri fratelli. Offesa, per il comportamento di Haze. Tristezza, perché lei gli mancava così tanto da non crederlo possibile.
I giorni procedevano tutti uguali, tra le solite sofferenze ormai familiari, senza che il resto della famiglia Jonas capisse cosa stesse succedendo.
Questo finché Joe non iniziò a provare una nuova terapia.
Ad un certo punto iniziò ad uscire di pomeriggio e la sera, sempre più di frequente. Non era più quasi mai a casa.
Inoltre, a volte tutti i fratelli mancavano per vari impegni (interviste, qualche concerto, qualche manifestazione di beneficenza e altro).
Un giorno, Kevin era fuori con una ragazza e Nick aveva un impegno con il suo gruppo. Haze era a casa da sola, perché come al solito Joe era sparito da qualche parte, Frankie era da un amichetto e i suoi genitori a fare spese.
La ragazza se ne era stata un paio d’ore ad ascoltare la musica in camera sua e a darsi lo smalto, anche se fuori era bel tempo. Poi era scesa per prendersi una Coca, e prima di tornare in camera voleva vedere se ci fosse qualcosa di bello in televisione.
Non appena entrata in sala si era immobilizzata, e dalla sua bocca era uscito un basso rantolo.
Joe era seduto sul divano con una ragazza appiccicata alla faccia, nel bel mezzo di un bacio piuttosto focoso.
Chissà da quanto erano lì, probabilmente la musica aveva coperto il rumore della porta.
Haze aveva pensato che Joe in quei tempi uscisse con qualcuna – o forse ben più di una. Lo aveva immaginato, certo, ma forse non l’aveva mai sentito reale. Adesso che lo vedeva, era tutto diverso.
Si accorse di aver mollato la lattina solo quando sentì qualcosa di freddo bagnarle i piedi scalzi.
Joe, probabilmente sentendo il rumore della Coca rovesciata che Haze non aveva colto, alzò lo sguardo su di lei, scostando la ragazza che lo guardava con uno sguardo che suggeriva intenzioni poco caste. Haze sapeva che Joe non era mai andato oltre i baci, però forse doveva ancora farlo capire a quella giovane assatanata.
Corse su per le scale, fuggendo, rifugiandosi nella sua camera. Era ovvio che lui uscisse con delle altre ragazze – era sempre stato un mago nelle conquiste – eppure vederlo di persona faceva così male.
“Haze…?” sentì biascicare Joe, mentre correva via.
Lei ora stava incredibilmente ancora peggio del solito, e non aveva nessuno che potesse consolarla.
Joe era ancora sul divano, mentre Samantha, la ragazza che aveva rimorchiato il giorno prima, cercava di riavvicinarsi alla sua bocca. Lui la allontanò e lei, ostinata, iniziò a baciargli il collo.
A quel punto lui s’infastidì e si alzò di scatto.
“Ma che ti prende?” chiese lei acidamente.
“Mia sorella…” iniziò lui, ma non seppe come terminare la frase. Cosa aveva sua sorella?
“Ma a chi importa?!” sbraitò quella. “Vieni qui” mormorò con voce accattivante, agguantandolo per la cintura.
Lui le tolse subito la mano e la fulminò con lo sguardo. “A me importa. E ora mi faresti il piacere di uscire dalla mia casa?”
Samantha lo guardò sconvolta, prese le sue cose e senza dire altro se ne andò. Forse è pazzo, oppure è gay, pensò, non accettando l’idea che qualche ragazzo potesse resisterle. Un vero peccato, era così dannatamente sexy.
Joe corse su per le scale e bussò alla porta di Haze. Lei lo ignorò, mentre cercava di soffocare i suoi soliti singhiozzii nel cuscino.
Ma non ci fu verso di riuscirci e lui la sentì.
“Haze, ti prego, posso entrare?” domandò, con una mano sulla maniglia.
“No!” esclamò la sorella, sollevando leggermente la testa per farsi sentire.
Lui ignorò quella risposta ed entrò.
“Ti avevo detto di no!”
“Era solo una domanda di cortesia” spiegò Joe.
“Esci” ordinò Haze, tornando a nascondersi nel cuscino.
“Cosa ti succede?” chiese lui invece.
“Esci!”
“Prima rispondimi” chiarì il fratello.
“Non posso” mormorò l’altra.
“Non puoi o non vuoi?”
Haze sospirò, mentre il suo corpo ancora tremava. Quando Joe si sedette accanto a lei ed iniziò ad accarezzarle la schiena, si aggiunse un nuovo tremore. Lui interpretò correttamente quel silenzio.
“Lascia che ti aiuti” la implorò.
“Non puoi farlo.”
“Lasciami provare!”
La ragazza scosse la testa ostinatamente. Doveva rispettare il consiglio di Nick, era la cosa migliore per tutti. Per tutti gli altri, diciamo.
“Mi manchi tanto” mormorò Joe, e la sua voce s’incrinò sull’ultima parola.
Haze fu costretta a voltarsi per guardarlo in volto. Lo sapeva, stava trattenendo anch’egli le lacrime.
“Anche tu” disse. Non se lo poté impedire.
“E allora perché non può tornare tutto come prima?” chiese Joe. Una lacrima sfuggì al suo controllo rigandogli la guancia destra.
“Non sai quanto mi piacerebbe” disse lei, ancora più ferita dal dolore di lui.
“Lascia che ti consoli, solo per questa volta” implorò ancora lui.
“Sei tu ad aver bisogno di essere consolato.”
“Entrambi ne abbiamo bisogno.”
“Non posso” mormorò lei, sempre più abbattuta. Lo avrebbe voluto così tanto.
“Fingi che io sia Kevin, da lui ti fai sempre abbracciare” propose Joe.
“Non riesco a fingere che tu sia qualcun altro” ribatté lei.
“E allora per una volta lascia perdere il dannatissimo motivo per cui stai facendo tutto questo!” urlò lui, in uno sfogo di rabbia e dolore.
Vedendo il viso di Joe sempre più bagnato dalle lacrime che non gli aveva mai visto piangere – se non forse quando si era fatto male da piccolo –, vedendo i suoi occhi così espressivi pieni di furia e tristezza, sentendo il suo respiro affannoso, Haze si arrese. Non fu una scelta, fu un obbligo.
La sua testa si spostò dal cuscino, di sua volontà. La sua schiena si raddrizzò, di sua volontà. Le sue gambe la spinsero verso Joe, di loro volontà. Le sue braccia strinsero a lei quel ragazzo disperato, di loro volontà.
Entrambi erano inginocchiati sul letto. Lui la strinse a sé con forza in un movimento repentino, e caddero sdraiati malamente.
Stettero sdraiati così per ore, senza muoversi di un centimetro, a piangere insieme per un po’ e poi a riposare.
Haze non si addormentò, non voleva perdersi nemmeno il più piccolo istante così. Sentiva e ogni tanto accarezzava il collo di Joe con le mani. La sua testa era sul petto di lui, e sentivo battere il suo cuore, prima rapido e poi sempre più tranquillo. Sentiva le braccia del fratello stringerle la schiena, accarezzandola dolcemente. E ricordava bene quanto tutto quello fosse sbagliato.
No, non avrebbe mai potuto fingere che lui fosse uno degli altri suoi fratelli. Perché le sensazioni provocate da quell’abbraccio erano ben diverse. Haze si sentiva bruciare da testa a piedi, inondata da una sensazione che non sapeva definire. Qualcosa di totalmente estraneo a lei.
Sapeva cosa significasse desiderare una ragazzo. Lo sapeva bene, lo aveva già provato, e tutte le volte era stata fedele alla promessa che si era fatta, che le veniva ricordata costantemente dall’anello che portava all’anulare sinistro. Ma la sensazione che provava in quel momento era diversa, più intensa.
E ad un certo punto la risposta le balenò davanti agli occhi, così semplice e ovvia. Per come lo sognava ogni notte, per come piangesse di continuo, per il dolore disumano che aveva sentito quando lo aveva visto con un’altra, per la gioia provata quando lui aveva preferito venire a vedere come stava piuttosto che baciare una donna, per lo strato aggiuntivo di dolore che gli causava il fatto di vederlo soffrire e per la pace perfetta che sentiva in quel momento, la risposta era soltanto una.
Joe, nel frattempo, entrava ed usciva da un leggero sonno. Cercò di restare cosciente, perché sapeva che il tempo con la sorella era agli sgoccioli.
Le accarezzò ancora la schiena liscia e si sentì finalmente felice. Certo, sarebbe durato poco, ma non vi voleva pensare. Finalmente aveva di nuovo sua sorella, e questo lo rendeva fin troppo contento. Inspirò, vicino ai suoi capelli lunghi e castani, e il suo profumo gliela fece sentire ancora più vicina.
Pensò che sarebbe potuto restare lì per sempre, tanto stava bene.
Haze, nei suoi pensieri, era pienamente d’accordo. Si strinse ancora più forte a Joe, suo fratello, il fratello che aveva scoperto di amare.
 
Dal piano di sotto giunse il rumore della porta d’ingresso che si apriva.
Haze, velocemente ma con molta fatica, si allontanò da Joe sedendosi sul letto.
Lui la guardò e per qualche breve istante i loro sguardi furono perfettamente allineati, tanto che sembrò che per il più breve degli attimi si fosse stabilito un collegamento magico tra le loro anime. L’incanto si spezzò quando lo sguardo di Joe corse alla porta della camera, e lui si alzò.
Senza dire una parola uscì dalla stanza richiudendo l’entrata alle sue spalle.
Dopo forse un minuto la porta si aprì nuovamente, e sbucò Nick.
Haze lo guardò per un attimo e poi crollò di nuovo sul letto, cercando disperatamente di non pensare.
Joe, nella sua camera, era seduto su una sedia a dondolo che aveva da ormai troppi anni. Era l’unica cosa che stonava, in quell’arredamento perfettamente moderno. Aveva scaffali pieni di dischi, un computer con uno schermo enorme e nuovissimo, un televisore al plasma, una poltrona in pelle bianca ed altri vari oggetti iper-tecnologici e iper-inutili. Eppure teneva ancora quella sedia, ci era troppo affezionato.
Ricordava quando, piccolissimo, ci stava seduto insieme a Kevin. Ricordava quando poi i genitori li mettevano entrambi lì e gli facevano tenere i gemellini di pochi anni in braccio, perché d’in piedi non erano affidabili. E quando poi, ormai grandicello, si dondolava con un Frankie neonato.
E ricordava bene quella volta con Haze, quando lui aveva solo sette anni e lei quattro. Si erano quasi incastrati lì e si dondolavano come matti, finché non caddero all’indietro. La sorellina era scoppiata in lacrime, sebbene non si fosse fatta niente. Forse era stato il botto o lo spavento. Ed era stato proprio lui a consolarla, quella volta – anche perché se lo avessero scoperto i genitori, aveva paura che lo avrebbero rimproverato.
Ed ora, ormai adulto, era ancora seduto lì.
Si fissò le braccia, maledicendole tra sé.
Stringevano il vuoto, e si sentiva vuoto dentro.    



Spazio dell'autrice:
Sì, lo so, pubblico capitolo in modo piuttosto incostante xD Oggi avevo voglia di scrivere, ahah! Anzi, vi avverto che potrebbe arrivare il capitolo 7 in giornata O.O
Ebbene sì., finalmente sono in vacanza!!! *Inizia ad urlare e correre per casa come una matta*
Okay, torniamo a noi. Uhm, siamo già a sei capitoli, incredibile.
Allora, che ne pensate? Non so se avete notato la mia tendenza alla tragedia... Be', forse sono leggermente (ahahah, leggermente, come no!) esagerata, ma sono fatta così U_U Sdolcinata e tragica al 100%, per la vostra gioia!
Insomma, quanto vi ha fatto schifo questo capitolo? Non chiedo più di commentare perchè intanto ho capito che (fatta eccezione per la mia fedele lettrice che ringrazio animatamente *__*) è inutile xD
Grazie a chi ha letto, messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate :)
E un grazie enorme alla carissima ElyCecy: spero di non scocciarti aggiornando di continuo, eheh! Neuroni condivisi, wow! Come ti ho già detto, non preoccuparti ;) Che ne pensi di questo capitolo?? Aspetto con ansia la tua recensione <3
Passo e chiudo! A presto e baci a tutti (non dico buon Natale perchè intanto aggiornerò sicuramente prima), Juls.

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