Cronache poetiche. di Myrose (/viewuser.php?uid=74712)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' come una marea. ***
Capitolo 2: *** Sonetto del dolce lamento ***
Capitolo 3: *** Lentamente muore ***
Capitolo 4: *** Parla per me ***
Capitolo 5: *** Spleen ***
Capitolo 6: *** La Terra Santa ***
Capitolo 1 *** E' come una marea. ***
È come una marea
E’ la vigilia
di un giorno importante. Il preludio di un arresto eccellente: Misa Amane.
Eppure, non
sembrerebbe…
La silhouette
nera di un uomo, immobile nella sua fissità, è raggomitolata in una posizione
eccentrica.
Come ogni
sera.
Come ogni
notte, in quelle ultime settimane, in cui l’unico interlocutore capace di
reggere il passo della mente geniale è l’intelligenza artificiale di un
computer.
La stanza è
vuota di collaboratori inutili.
Tutto è
silenzio e buio, intorno alla luce azzurrina dei monitor sempre accesi.
Il lezzo di
tecnologia, di carta, di paura e di adrenalina impregna le pareti della camera
priva di ogni mobile superfluo.
Nell’animo
del detective, nel guscio inaccessibile nascosto nel suo petto, tutto è
tumulto, come di piazza gremita di sobillatori pronti alla sommossa.
Una ridda di
pensieri veloci, abbaglianti come intuizioni, ancestrali come sussurri
d’istinto, dilagano in lui, come l’arrotolarsi delle acque, che si espandono
incontenibilmente, fatalmente, dalle mattine ai tramonti.
Il giovane ha
l’impressione di soffocare: ha bisogno d'una boccata d'aria pulita.
Scalzo, conta
con la mente i passi che lo separano dall’ascensore, gustando quel freddo
contatto con il marmo nero, usato capricciosamente senza parsimonia per
pavimentare tutto il quartier generale.
Quel marmo è
gelido, gelido come lui non riesce ad essere… non in quel momento.
La meta della
sua fuga è un terrazzo senza telecamere.
Si sente erodere
dentro dalle sensazioni impietose dettate dal suo ruolo di detective: un
turbinare incosciente
dell’immaginazione, un mulinare di sensazioni fisiche.
Come una marea, la sua acribia analitica
vaglia fatti,
orme di dialoghi, tracce di movimenti, ricostruisce intere scene,
espandendosi, simile allo schiudersi di una rosa immensa. Non v’è scampo alla sua spietata
ricostruzione. La sua mente si insinua nelle intenzioni celate d’ogni gesto, come una mano ardita sotto una veste, simile all’acqua che va avanzando sulle spiagge.
La Verità è
palese ai suoi occhi d’ebano scuro.
Il silenzio,
il buio della notte, l'aria fresca non gli giovano.
Si affaccia alla balaustra del terrazzo e guarda il
vuoto sottostante come un suicida che osservi, affascinato, il vorticare
mugghiante delle onde cupe dall'alto d'una scogliera. Una sensazione di
vertigine lo coglie.
Uno scatto
fiero del capo per sottrarsi alle lusinghe di quella vista. Ma barcolla
all'indietro, fino a perdere l'equilibrio e trovarsi seduto con le spalle
contro un muro. Il pensiero di quanto dovrà compiere il giorno dopo lo assale.
Non vorrebbe.
Si interroga sul motivo di tale titubanza che, come gli assassini, silenziosa è giunta ad infettargli il sangue, velenosa, implacabile, sinistra, come una vena spezzata o come il cuore del mare,
in una irradiazione tremante e mostruosa.
La sua mente potente
comincia a sfilacciarsi dinanzi la verità del suo desiderio che è doloroso,
patetico, sbagliato, eppure forte, violento, disperato,
come le urla dei condannati a morte
dentro le celle, come la vendetta dei sicari e delle gole sgozzate
delle loro vittime.
E lui cede, vacilla,
annaspa, come in balia delle onde che modellano, erodono, frastagliano le coste
più rocciose penetrando ovunque come le idee, le sensazioni carnali, le voglie
torbide. Ebbene, l'uomo quasi non se ne accorge, eppure la sua mano serra la
maglia morbida sul petto, stringendola all'altezza del cuore.
Il respiro è
affannato, come chi fatichi a star dietro al vento.
Un gesto
rabbioso e l’indumento vola via, strappato con rabbia dalla pelle che ha
bisogno di sentire la frescura della notte, come la fronte febbricitante brami
un panno bagnato.
Ma non basta a dargli sollievo.
La voglia di lei, la brama del suo corpo di creta
bianca e mobile, la smania della sua pelle candida, il desiderio di
baciare la sua
bocca, i suoi seni, le mani sono
come droga che gli annebbi i sensi.
Non si avvede
della propria mano che, seguendo un inudibile comando, gli sbottona i jeans
logori e che, prepotente, si stringe attorno al suo sesso, pompandolo senza
dolcezza. Non ascolta i suoi stessi gemiti levarsi cupi nell’aria, come voli
d’avvoltoi terribili sulla preda prossima alla fine. Non si accorge di muovere
i lombi per darsi più piacere, parendo un ballerino di ancestrale e rabbiosa
bravura.
No. Lui è
perso dietro alla propria, personalissima dannazione: tenerezza di dolore e dolore d’impossibile, lo trafigge e lo sbrana,
fuggendo al controllo della ragione scolpita nel cuore della notte, riflessa
nell’inquietudine dei suoi occhi allucinati.
La dannazione muove la
carne.
Lei, Misa, incisa nei legni del bosco dai coltelli delle mani di L. Lei, il suo piacere unito a quello dell’uomo. Lei, gli occhi suoi neri. Lei, il suo cuore,
farfalla insanguinata, che con le due antenne d’istinto l’aveva toccato!
Non s’avvede
di nulla, l’uomo, mentre grida rauco il proprio piacere.
Si accorgerà dopo
delle dita e del proprio ventre sporchi di eros candido, quando una pioggia
sottile e fredda prenderà a ferirgli la pelle: gocce fitte come milioni di
piccoli aghi, sottili e crudeli.
Crudeli come
saranno i suoi gesti futuri.
Crudeli come
solo la giustizia sa essere.
Note
d’autore.
L’idea di
pubblicare queste righe non è stata frutto della mia volontà, ma dovete
incolparne, scherzosamente, quel piccolo demonio di Redseapearl,
che mi ha letteralmente obbligata!
Ho ceduto al
desiderio di dimostrarle tutta la mia amicizia, più che al suo “ricatto”, così,
ufficialmente, dedico questa “variazione sul tema” a colei che mi ha regalato
affetto e sostegno nei momenti bui, allegria esplosiva ed una parola buona ogni
volta che ne ho avuto bisogno, per non parlare dei mille viaggi meravigliosi
racchiusi nelle sue storie! Per te, Amica mia!
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Capitolo 2 *** Sonetto del dolce lamento ***
Sonetto del dolce
lamento
L’Estate volge al termine, ma gli scherzi del vento di
Scirocco portano una brezza calda che rievoca il respiro del mare.
Le tende bianche, illuminate dalle prime luci
dell’alba, si gonfiano come le vele di piccolo legno, che navighi in equilibrio
sulla linea di un ipotetico orizzonte.
Due corpi nudi sono distesi in candide lenzuola,
ancora intrise dell’odore della passione, che la notte stellata non ha avuto
l’ardire di portare via.
Il ragazzo dai capelli color dell’oro dorme placidamente,
cullato dai suoi sogni. Il giovane dai capelli rubini, al contrario, non
riesce a concedersi riposo. E’ preda di tormentosi pensieri, che si frangono
sulla coscienza come onde gravide di tempesta violenta.
Si siede nel voluttuoso talamo dove è stato consumato
l’amore, abbandonandosi alla riflessione.
I pensieri su Mihael
bruciano e si dissolvono nella sua mente, come il fumo della sigaretta che
stringe tra le labbra.
Temo di perdere la
meraviglia dei tuoi occhi,
fissi e decisi come di statua e
la perfezione marmorea del tuo
volto,
che non si sgretola, come pietra
viva, dinanzi le difficoltà.
Temo di non rivivere mai più questi
momenti con te.
Temo di non sentire mai più la cadenza che,
di notte, quando dormi al mio fianco,
mi posa sulla guancia
la rosa solitaria del tuo respiro.
Lo scoramento tormenta e permea l’animo del giovane
Mail.
Aspira il fumo dal cilindretto di tabacco, che brucia
inesorabile: arde, come la sua essenza interiore.
I suoi occhi, ora cupi, come il verde del muschio che
si aggrappi disperato al tronco sferzato dal freddo, si posano sulla chioma
bionda che, simile a grano d’estate, si riversa scomposta sul cuscino, mentre i
primi raggi autunnali dell’astro mattutino la illuminano, dipingendo un disegno
di luci ed ombre dorate, su quei capelli che, nella loro serica seduzione,
paiono i fili del destino che leghino Mail al suo compagno.
La nostra vita è come il mare sempre
in tempesta
ed io temo
di essere, lungo questa riva, un tronco spoglio,
immeritevole di starti accanto.
Mi sento succhiare dal mare delle
emozioni e seccare dalla salsedine dei dubbi,
e quel che più
m'accora è non avere il fiore della
vita da offrirti,
polpa vitale o idee nuove, duttili e
plasmabili come argilla.
Ho solo l’amore, ma temo che ciò non
possa bastare per te.
Sono solo Mail, un ragazzo solo,
come il verme di questa sofferenza.
Un respiro più intenso, Mihael si volta, mostrando il
viso al suo amante. Dorme ancora sereno, vinto dall’abbraccio di Morfeo. La
cicatrice sul volto, in parte coperta da seriche ciocche, non deturpa la
bellezza immota di quel viso senza tempo. Le labbra sottili, dischiuse in un
lieve arcuarsi, invitano la bocca di Mail ad unirsi a loro in una seducente
danza.
Quelle labbra morbide come piume hanno più volte
invocato il suo nome quella notte, hanno più volte ansimato di piacere, hanno
più volte baciato la sua bocca ed esplorato avide il suo corpo.
Mail vorrebbe sfiorarle, ma ammirare il suo amato così
sereno è visione tanto paradisiaca, rara e preziosa al suo cuore, da preferire
il silenzio dei gesti, pur di non destarlo e sciogliere, così,
quell’incantesimo di pace.
Oh Mihael,
se sei tu il mio tesoro seppellito,
la meta tanto agognata dopo una vita
di sofferenza,
se sei la
mia croce e il mio fradicio dolore,
se sei la mia salvezza e il mio
peccato,
la mia dannazione e la mia estasi
se io sono il cane e
tu il padrone mio…
“Smettila…”
Una voce strascicata rompe il silenzio della stanza, fino a quel momento
disturbato solo dal frusciare delle tende.
Mail è convinto che il giovane si riferisca alla
sigaretta, che con il suo lezzo sta impregnando l’aria e le lenzuola. La preme
contro il fondo annerito di un posacenere, rammaricandosi di non poter
spegnere, con altrettanta decisione, anche le proprie incertezze.
Mentre si allunga verso il comodino, per deporvi
l’oggetto incriminato, in modo inaspettato, ma piacevole, sente la calda mano
dell’amato posarsi sulla sua schiena e, lentamente, risalire sfiorandolo con la
punta delle dita.
A quel tocco, brividi di piacere si irradiano dalla
spina dorsale ed i fasci di nervi celeri portano le loro scariche di lussuria
in ogni angolo remoto del suo corpo.
La mano esperta solletica la sua nuca, per poi
tuffarsi nei capelli rossi, proprio come un padrone che giochi con il suo cane,
premiandolo con delle dolci carezze ad un compito ben svolto.
Afferrando saldamente la chioma scarlatta, Mihael tira a sé la testa dell’altro, senza dolenza ma con
decisione, invitandolo a distendersi sul suo petto.
Come una musica, Mail percepisce il cuore dell’amato
battere un ritmo regolare. Avrebbe sacrificato qualunque cosa, pur di sapere
con assoluta certezza che quel cuore battesse solo per lui.
Un ironico sorriso increspa le labbra di Mihael, scoprendo una chiostra di denti perfetti. Ride. Ha
intuito gli sciocchi pensieri del suo amante, consapevole del terribile errore
che egli commette perdendosi in simili elucubrazioni.
Un sussurro giocoso, come di Eros fanciullo, eppur
maschio: “Ma quando capirai che ti amo?”
Adesso! Ora!
Ora, che il tesoro del tuo
cuore è emerso dagli abissi dell’anima tua,
ti prego,
non farmi perdere ciò
che ho raggiunto,
guarisci il mio mare di disperazione con le acque del tuo fiume
di passione.
Come un albero che, per sopravvivere
al rigore dell’Inverno,
si spoglia della sua natura
floreale, anch’io ho rinunciato a tutto pur di averti ed ora, con le foglie
dell'Autunno mio ormai perse,
posso donarmi interamente a te, solo
con la mia più nuda essenza.
Non credermi impazzito!
Sono solo Mail.
Sono solo un ragazzo.
Sono solo innamorato.
Note
d’Autore.
Questo sonetto, ghermito alla penna di Garcia Lorca, (Come una marea era tratto dall’omonimo componimento
di Pablo Neruda) è nato tanto dalla fantasiosa mente di Redseapearl
quanto dalla mia. Non saprei dire dove cominci il suo apporto e dove termini il
mio! Ma per onestà intellettuale, devo rivelare ai lettori che l’idea di trarre delle prose dai versi di
autori famosi fu sua, non mia!
Per quanto detto e per mille altri motivi, dedico
questo sonetto alla mia Amica.
Lei lo ha regalato a me ed io lo regalo a voi,
sperando che vi piaccia!
Passiamo alle cortesi lettrici che han lasciato un
pensiero:
Redseapearl: Mia cara! Sei sempre
generosa con me e prodiga di buoni consigli! Sarò sempre in debito con te, per
avermi spinta dall’altra parte della barricata, per gustare l’esperienza di
scrivere qualcosina di mio che non fosse una poesia
dannatamente ermetica! Spero che queste righe cementino il nostro sodalizio
letterario!!! Un bacino alla maniera della Loggia T3!!! ^^
Fe85: Una lettrice! Ma che bellissima
sorpresa! Benvenuta in queste righe, mia Cara! Sono davvero compiaciuta che la
storia sia stata un piacevole intrattenimento. Ti ringrazio sinceramente sia
dei complimenti che della gentilezza che hai avuto nel lasciarmi un commento!
Spero che le mie future “variazioni” ti piacciano altrettanto! Parlerò di Mihael, da solo questa volta e poi, spero, di Light o Nate!
Ti aspetto! Un bacino! ^^
TheDarkWisher: La mia PL non abbandona il popolo!
Nonostante sia tanto stanca e super impegnata! In effetti, L in crisi
d’astinenza da glucosio è facilmente ipotizzabile, così come il suo
ipertiroidismo cronico (io alla bufala del cervello che consuma zuccheri in più
non ci credo!). Qual essere umano, infatti, può vantare un metabolismo
vulcanico come il compare L? Sol per questo, avrei scelto Mèlo come successore:
averli a cena, dev’essere una vera piaga! Grazie
delle burlesche parole e dei tuoi complimenti seri! Spero ti piacciano anche le
altre “variazioni”!!!! Un bacino dalla tua GS! ^^
Lirin Lawliet:
Con il tuo commento, la Loggia T3 è riunita al gran completo! La minaccia delle
“capate” alla Yugo che mi daresti, mi ha così
profondamente atterrita da convincermi ad offrire al pubblico dei lettori anche
un altro componimento! Passando alle considerazioni serie, sono davvero felice
che hai colto il senso della musicalità di parole ed immagini! Nel senso che è errivato esattamente ciò che volevamo, io e Redseaperl: lo sciabordare delle onde, misto al battito del
cuore ed agli spasimi dell’anima! Spero che ti piaccia anche questa
“declinazione” di celeberrime pagine! Un bacino rocambolesco! ^^
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Capitolo 3 *** Lentamente muore ***
Lentamente muore.
“Va
bene, Jevanni. Puoi andare.”
Una
frase secca, lapidaria. Un atono susseguirsi di parole piatte. Sempre uguali.
Come un mare monocorde senza increspature. Come un oceano sconfinato chiuso in
una boccia di vetro.
La
porta si chiude, con uno scatto quasi inudibile dell’ossequioso sottoposto, schiavo dell’abitudine, incancrenita, ormai,
come una necrosi del cervello, lasciando il miglior detective al mondo solo con
le sue aeree ed effimere testimonianze di ardita ingegneria inutile.
L’ambiente
è un open-space enorme, probabilmente un attico, completamente finestrato, in
un trionfo di illusoria libertà blindata, in cui il prigioniero scruti il mondo
senza che l’abisso possa osservare lui *.
Il
tramonto infiamma di lingue cremisi l’enorme L composta di carte sovrapposte,
consumate dall’usura certosina delle sue mani precise nel corso dei dieci e più
anni che lo separano dal giorno in cui l’uomo eclettico e reazionario,
anarchico e ribelle, oppose se stesso alla furia della sete martirizzante di
una folle Giustizia terrena.
Nate
si ferma, incuriosito da un’ombra bizzarra, che si annulla e si inanella
nell’alabastro purissimo delle sue dita. Il Sole, alle sue spalle, lentamente muore in un tripudio inesorabile di
oro e vermiglio.
Muore
ogni sera, ma ogni volta con un funerale di vesti diverse!
La
figura virile si gira in un fruscio morbido di tessuti ricercati **, unico
vezzo che, insieme ai balocchi, egli si conceda.
Si
avvicina alle grandi vetrate e si lascia annegare dai colori gridati del cielo,
come dipinti d’Olandese ispirato ***, bevendone con gli occhi d’onice buia il
caldo calore. Sembra cancellato il colore sempre
uguale dei vestiti, il nero dei suoi occhi ed il candido
bianco dei suoi capelli, quasi il corpo di giovane vecchio
trentenne si ricoprisse non più di apatica razionalità algida, ma s’infiammasse
di passione, come il sorriso
di chi si ami infiamma gli occhi e fa battere il
cuore!
Il
suo cuore, il cuore freddo della Terra, il cuore della Giustizia vera, il più
puro, il più solo! Nessuno che ne abbia la chiave. Nessuno, al mondo, che
conosca il suo nome.
Come
moderno e fatale Quasimodo, Nate osserva tutto da lontano senza porre domande sugli argomenti che non conosce,
dacché è in grado di trovar da solo le soluzioni, rispondendo soltanto quando lo si interpelli sulle innumerevoli
problematiche che nessuno conosce
al pari di lui!
Non
c’è spontaneità nei suoi gesti senza sbagli,
senza sorrisi,
senza emozioni. Nella sua gabbia, il genio, prigioniero della sua
lanterna, si macera nella noia.
Non
è più con lui chi rovesciava i tavoli per
esprimere con veemenza il proprio punto di vista, con l’emozione della giovane età, rischiando fatalmente la certezza per
l’incertezza.
Non
è più con lui chi rinunciava a nutrirsi di sonno per leggere, viaggiare, mettersi in gioco in prima persona, fuggendo anche
ai consigli sensati.
Nate,
nel profondo dell’animo suo, lentamente sta morendo e lo sa bene, come una musica meravigliosa
che prosegua ad libitum, sfumando prima
i cori aggraziati, poi gli archi lirici, poi i fiati brillanti, fino ad esser
composto dalle sole, profonde percussioni, come battito cardiaco forte di
gioventù, ma appannato dalla noia.
Eppure,
Nate non se ne rammarica.
Non
rinnega il
lavoro della sua vita, non svilisce il proprio ego, perché,
ricoprendo quel ruolo, ha rinunciato ad inseguire un sogno di normalità che non ha mai né bramato, né
richiesto.
Per
lui, ben più fatale della fatica di respirare, è l’imperativo di vincere!
Perché chi non finisce il gioco è
solo un perdente.
Annotazioni
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Capitolo 4 *** Parla per me ***
Parla per me
La stanza è bianca come d’ospedale,
asettica, senza finestre, occultata nel ventre della terra *. Un ronzare sordo
di tecnologia è prodotto da una macchina simile alla consolle d’un aeroplano:
come un insetto, essa allunga i propri tentacoli verso il corpo oggetto di
tanta attenzione, insinuandoli nelle sue braccia attraverso molteplici aghi. Simile
ad una madre, la creatura meccanica controlla il pulsare del cuore del giovane
dormiente, ne nutre il sangue, ne allevia i dolori iniettandogli sieri benefici
nelle vene, procurandogli un fittizio riposo.
Le luci sono soffuse e tenui, nella
stanza bianca come d’ospedale.
Ma due occhi, neri come il mondo,
scrutano, con la violenza controllata dalla ragione sdegnosa, quel corpo come morto. Dita
cesellate nell’alabastro più puro tormentano una ciocca di candidi capelli,
mentre il cuore non ride di quella piena sconfitta. Egli lo veglia come un angelo
della Morte. Come un angelo
custode, che ha visto il suo amato cadere senza potervisi opporre, senza poterne
distogliere la volontà azzardata.
Freme l’animo di Nate, come mai era
stato prima, in quella stanza bianca come d’ospedale. Il suo sguardo d’onice
brilla di severa
ragione, ammantata delle vesti più cupe, formulando un giudizio
implacabile delle ultime azioni compiute dall’impulsivo ragazzo che giace tra
le coltri.
“Perché, con tanta ostinazione, hai evitato il sentiero
che io ho tracciato per te? Perché hai percorso una strada sconosciuta… e così
clamorosamente rischiosa?”
Domande mute si schiantano contro le
pareti della mente, nell’atmosfera greve e silenziosa della stanza bianca come
d’ospedale.
“Svegliati, maledetto, svegliati! La tua lingua di
miele deve parlare per me e dire perché io ti abbia scelto!”
Una mano d’avorio giunge a coprire il
viso del ragazzo eburneo come la Luna, mentre una perla di luce sfugge alla
trama delle ciglia, rotolando sulla camicia immacolata, come di creatura fantasma,
onnipresente.
“Perché non sei mio schiavo? Perché non ti governo?
Perché non ti
piego alla mia volontà che vorrebbe far mutare la tua? Perché ho fatto di te
il mio compagno,
la mia intima delizia di notte, mentre di giorno sei la pena tanto amata che lacera e ferisce?
Cercavo onori, cercavo il potere,
cercavo la
ghirlanda del vincitore, nella nostra eterna contrapposizione.” Ride
Nate, ma la sua risata suona falsa ed amara ai suoi stessi orecchi, nella
stanza bianca come d’ospedale.
I capelli serici di Mihael
s’irradiano irregolari sul candore del guanciale. Sembrano raggi di Sole od offerte
d’oro votivo su
di un’ara pagana. Li guarda Nate, come si guarderebbe un dono
dei vuoti siderali caduto per errore al suolo mortale. Le bende nascondono
parte del viso ed una spalla. Anche il fuoco ha desiderato carezzare quella
pelle virile, come un demone lascivo dagli occhi vermigli d’eterno **.
La notte è lunga, nella stanza bianca
come d’ospedale.
Un desiderio feroce gli stringe il
cuore e preme contro le labbra, nella stanza bianca come d’ospedale. Mani
affusolate si aprono per accoglierne una più grande. Una carezza lieve, un
bacio appena accennato.
“Svegliati Mihael! Parla, parla per me!
Non ho Dei cui innalzare una preghiera, ma la mia speranza non dispera di distoglierti da
questo gioco assurdo! Non ebbi coraggio quando tornasti ***, fui vile. Ma ora
non più!” Si alza dalla poltrona,
sporgendosi sul letto silenzioso. “Da questo momento, Mihael, io mi ribello a
me stesso. Nessuna prudenza, con te, nessuna esitazione. Da questa
notte, ti rivendico come mio!”
Labbra morbide scendono a suggellare
il giuramento, lambendo quelle del giovane glauco con la veemenza lieve d’uno
Zefiro dolcissimo.
“Parla, dio delle visioni, parla per me
e ti
spiegherò perché
io ti abbia scelto!”
Annotazioni
* Il riferimento è ad una stanza di un bunker,
ovviamente, in cui ho
immaginato che Nate nascondesse Mihael dopo
l’incendio che sfregerà il viso
di quest’ultimo.
** L’allusione
è al delizioso premio che ho ricevuto. La fic, a me dedicata e per
me ideata da Redseapearl, in cui si
celebra una SebastianXMello :“Delicious
temptation”.
*** Intendo
qui riferirmi alla scena in cui Mihael torna da Near per avere indietro
la
sua foto. La mia “esperta in cabina” mi dice che quest’incontro è avvenuto
dopo
l’incidente… Ma noi, nelle fic, siamo padroni del tempo, perciò
consentitemi
questa “licenza poetica”!
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Capitolo 5 *** Spleen ***
Spleen
E’ un’ora qualunque, di un ozioso pomeriggio invernale
qualunque, in un luogo, però, unico al mondo: un orfanotrofio per giovani menti
geniali.
Una figura snella si aggira inquieta,
come spirito che
geme in preda a lunghi affanni, tra gli alberi del giardino,
incurante del vento che sferza con sottile malizia le guance candide e
perfette, come cesellate nel miglior Carrara dalla callida mano d’un Canova* celeste. Il ragazzo glauco alza gli occhi, come a
voler abbracciare,
in un unico poderoso sguardo, l’orizzonte tutto e, con esso, il futuro con le
sue incognite. Ma ciò che vede lo turba
intimamente.
Sotto un cielo livido, le nubi si
rincorrono allungando ombre sottili come dita, soffocanti come sbarre
d’un immenso, opprimente carcere ove la pioggia si distende come un cinereo velo di
sottile ed arcana malìa, irradiando la Terra d’una luce
fredda come l’acciaio, più triste della notte. Tuoni, rombi dalle
profondità del cielo, rotolano come galoppar di cavalli d’Apocalisse** che
promettano l’avvento del Dies Irae ***. Lampi,
come lame che squarciano il grigio sgomento col loro riflesso di aggressività
fiera.
La mente recupera in una sorta di
immaginifico flash back le parole che l’hanno squassata. Il Mentore, il
Maestro, l’Esempio cui tendere è stato domato.
I pensieri esplodono nel cranio come
polvere pirica dinanzi alla fiamma.
La coscienza impazzita, come un pipistrello,
sbatte le sue ali contorte e sgraziate
contro i
soffitti marcescenti di mille inutili dinieghi, ferendosi l’orgoglio
nella consapevolezza di non essere il prescelto.
Improvvisamente, uno sbatter
furioso di
campane soverchia il ruggire del temporale, come l’urlo ostinato di schiere e
schiere di spiriti
giusti di Campi Elisi ****, che gridino al mondo l’orrendo abominio che ha privato
ogni Patria
del suo figlio prediletto!
Lacrime con le lacrime, pioggia con
la pioggia, l’intero creato intona un requiem
senza tamburi e nell’anima vinta sfila un corteo funebre dove mai conforto
potrà esser donato alla salma solitaria.
S’abbatte al suolo il giovane Mihael. Pesta i pugni contro il terreno fradicio. La Speranza piange.
Ma lo spirito, la tempra, il cuore impetuoso del Maestro non è morto
sterilmente! “L’atroce
angoscia dispotica d’un Dio fasullo non pianterà mai sul mio cranio il suo nero
vessillo.” La Speranza
promette. Un ragazzo s’era accasciato, chino, dinanzi all’enormità dell’ardire
d’un sanguinario assassino. Un giovane uomo ora ne è sorto.
Quello stesso pugno, lordo di fango
nero, s’alza verso l’ideale nemico.
“La Giustizia
è morta… Ed io sarò la sua Nemesi!”
Annotazioni
* Antonio Canova, il celeberrimo
Novello Fidia, fu uno scultore italiano di fine
‘700, esponente di spicco del Neoclassicismo. Usava per le sue sculture
il marmo
bianco purissimo delle cave di Carrara.
Un’opera per tutte: Amore e Psiche!
**
I Cavalieri dell'Apocalisse
sono quattro figure mitiche nominate
nell'Apocalisse di
Giovanni 6,1-8. Sono quattro cavalieri, "Pestilenza, Guerra,
Carestia e Morte", che
cavalcherebbero sulla terra il giorno dell'Apocalisse,
segnando la fine del mondo.
***
Il Dies Irae è una
sequenza latina molto famosa: descrive il giorno del giudizio,
l'ultima tromba che
raccoglie le anime davanti al trono di Dio, ove i giusti
saranno salvati ed i malvagi saranno
condannati al fuoco eterno. Per una
fascinazione completa, vi
consiglio su YouTube “Dies Irae, Requiem, Verdi”,
diretto dal magnifico Zubin Meta. Io
l’ho ascoltata mentre componevo!
**** I Campi Elisi sono, secondo la mitologia greca e romana, il luogo nel quale
dimoravano dopo la morte le anime
di coloro che erano amati dagli dèi, in quanto
uomini giusti e probi.
Note d’Autore
La Nemesi, figura mitologica greca, è
un concetto utilizzato da Omero ed Aristotele nel senso di “sdegno”, in Erodoto
e Plutarco ha il significato di “vendetta”, secondo un concetto moderno,
invece, essa vuol rappresentare la “Giustizia compensatrice” che elargisce
premi o punizioni secondo il giusto.
Io interpreto la figura del giovane Mihael contemplando insieme tutti questi diversi
significati, ossia come giusta vendetta sdegnata!
In questo componimento, sottratto a
viva forza dalle pagine più belle di Charles Baudelaire, non ho saputo fare a
meno di immaginare un drammatico incipit alla fuga di Mihael
dalla House, dando una sorta di colorazione alla sua impetuosa volontà già
dinamica di suo!
Veniamo ora alla soluzione del
“mini-quiz” della stanza bianca come
d’ospedale!
Siete state magnifiche, immaginifiche, oniriche, superlative!
Chi vi ha visto una dimensione
favolistica, quasi una scusa per tornar bambina; chi vi ha intravisto il
candore dell’Aldilà, ove un Near più umano può esprimersi; qualcuna vi ha
visto rappresentata la purezza d’un gesto d’amore; chi, invece, cullata dalle proprie
emozioni e riflessioni, ha interpretato la stanza in senso egoistico parlandoci
del suo mondo interiore con lieve dolcezza; chi ne ha dato un’immagine
cromatica di bianco ed oro che aveva del sublime!
Siete state, tutte, estremamente più
poetiche di me, trovando accostamenti che dimostrano come il vostro cuore e
la vostra immaginazione siano meravigliosamente ricchi di sfumature liriche! Io
intendevo riferirmi alla dolorosa fissità monocromatica delle stanze
d’ospedale, di un bianco quasi doloroso, di un banco freddo!
Almeno, questo è l’orrendo ricordo
che io ne serbo nel mio personalissimo immaginario!
Dedico, come sempre, queste righe
alla mia “settima marcia” in più, il cui nome non potrà mai essere contenuto
nella stessa frase in cui figuri la parola “plagio”!
A Redseapearl,
ovviamente, con un mare di affetto!
La Menzione Speciale di questa
settimana va, senza alcun dubbio, all’acume ed alla elastica curiosità di Kiriku
che, con sprezzo dell’antipatia per il giovane Candido, ha comunque letto,
recensito ed apprezzato la MxN del precedente
capitolo! Il Comitato si ubriaca per la felicità!
Premio della Critica, invece, a Lirin Lawliet
con la seguente motivazione: “Apprezzare l’uso ardito della virgola è quid
divino, ai nostri occhi!”. Il Comitato continua a levare lieti calici in
libagioni verdiane!
Ma passiamo a scambiar due
chiacchiere con gli “spiriti eletti” che mi han lasciato una parola gentile e
che si sono sottoposte a questo micro-esperimento letterario!
Redseapearl: L’immagine di un Mèlo Mièlo addormentato è stata bellissima! Il giovane che, per
liberarsi, è stato lambito dalle fiamme del drago, quest’ultimo sopito e
sconfitto dal ragazzo di ghiaccio! Sarebbe una favola bellissima! Dovresti
provare a darvi corpo! Una recensione tenerissima e romantica, come poche volte
ho letto! Un baciotto! ^^
Fe85: Ma quanto son felice d’averti rallegrato la giornata! E’ un complimento
bellissimo, questo che mi hai fatto! E’ il fine ultimo cui tende ogni autore:
rendere lieve e piacevole il tempo di chi legga! Grazie, mia cara, mi hai
davvero commossa! Un bacione! ^^
Kiriku:
Come hai potuto leggere sopra, hai davvero colto una sfumatura che nessuna
aveva inteso, nel riferimento all’ospedale. Sei acuta, diretta, profonda,
quando osservi un componimento! Mi compiaccio davvero d’averti tra le mie
lettrici! Un inchino ed un baciotto! ^^
Lirin Lawliet: Mia Conterranea dagli occhi
smeraldo! La fascinazione dell’immagine che hai usato mi ha ricordato un
fotogramma della coraggiosa Lady Oscar avviluppata nei rovi e, per transfert
puro, la figura di un giovane Mèlo! Ormai sono in pieno delirium, ma le tue
parole mi hanno così commossa che non voglio svegliarmi! Mia Cara, le note le
metto sempre alla fine (a meno che non debbano spiegare un termine poco usato,
come ausilio ai Lettori più giovani) perché la fantasia e l’animo di chi
intraprenda la lettura non deve essere veicolato: ognuno, come si può leggere
dai risultati dell’esperimento, deve vedervi ciò che desidera! LIBERTA’
ANARCHICA, nelle mie righe, nel pieno rispetto dello spirito Brontiano! (Cos’altro potevi aspettarti? Eheh!) L’unica cosa che, effettivamente, mi piace è il
ritmo delle frasi, su questo ti do ragione piena! Il Comitato plaude ancor!
Grazie per ogni tuo pensiero, sempre così attento ed erudito! Un bacione!
Aphrodite:
“se Near è
silenzio, Mello è rumore” Questa frase, mi ha
colpita come una stoccata al cuore, oltre alla delicatezza del cromatismo
bianco-oro ed alla finezza elegiaca del tuo sentire. Mi hai emozionata, mi hai
dato i brividi! Spero davvero di continuare ad averti con me, in queste righe! Sei
davvero rara, come Lettrice! Un baciuzzo ammirato! ^^
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Capitolo 6 *** La Terra Santa ***
La Terra Santa
Il rumore greve dei tacchi riempie il corridoio vuoto: un
suono sordo, rotondo, marziale, virile, di suole di cuoio pregiato e tomaia
cucite insieme dalle callide mani di sapienti artigiani. Un vezzo? Il giovane
sorride, d’un sorriso scaltro e stanco ad un tempo. S’arresta, dinanzi alla
superficie lucida di un’anonima porta laccata di rosso, dandogli la possibilità
di contemplarsi in un fugace sguardo d’insieme, di forme cremisi e luce, in cui
sembri esplodere, in un guizzo amaranto, la fierezza dei suoi eleganti occhi
adamantini. La fine della partita è vicina. E la Vittoria lo sceglierà come
compagno. Ne è certo!
La stanza d’albergo non è vuota. Una
graziosa donna bionda civetta qualcosa con voce dolce, forse appena un po’
querula, come un gorgogliare d’acqua fresca che prometta delizie. Gli svolazza
intorno, come una falena irretita dalla luce, sedotta dal calore della fiamma,
ebbra di lui. Gli sfila la giacca con tocco da gheisha.
Con un gesto sinuoso gli snoda la cravatta, che cade giù come una serpe
sinuosa, in una carezza serica sul petto tonico. Le sorride, Light, bello e
crudele come Apollo ferale*. Le sfiora le labbra di
ciliegia con due dita, prendendole il mento. Forse l’accontenterà, questa notte.
Del resto, una donna inarrivabile, bramata da molti, ben può essere la schiava
d’amore d’un dio!
La sala da bagno si schiude come un caldo fiore olezzante,
accogliendolo come un nuovo grembo, mentre s’immerge nella vasca odorosa,
ammantata di vapori come da impalpabile bambagia. Il pensiero del futuro gli ghermisce le parole.
Ne assapora la sostanza,
a volte salata come lacrime, altre volte saporosa come i pomi d’oro
delle Esperidi**, che germinano sull’albero della conoscenza***.
“Pensiero vittorioso, dove hai le radici? Forse nella mia anima
folle che tu, così ardito e vorace, consumi e ritorci su se stessa, come in uno spasmo
di ribellione ad una vita senza Gloria. Il tuo mistero aguzza la mia mente,
spingendola su declivi angusti, alla ricerca della Virtù****. Per incarnare la
Giustizia, ho scritto con la folgore i nomi degli empi cui ho negato la
sopravvivenza,
come un sacerdote di me stesso coi ginocchi piagati dinanzi all’ara vuota della divina follia.
Nessuno, prima di me, ha osato tanto. Nessuno esiste superiore a Kira… Nessun Dio, infatti, si è mostrato o mi ha maledetto!”
Una risata bassa e pericolosa gli increspa le labbra
perfette, schiudendo una chiostra di denti bianchi come perle. Una bocca
sottilmente sediziosa, la sua, destinata ad ordire, scrigno d’una voce morbida
come un respiro d’assenzio.
Il giovane scivola nel caldo abbraccio dell’acqua: si scioglie la coscienza, si
sfilacciano le trame, il lume della razionalità si affievolisce e si annulla,
come per l’incantesimo di Morfeo.
Una melodia lontana, cantilenante come uno scherno di
fanciulli, strascicata come la cadenza d’un nobile figlio di New Orleans o di
un goliarda che abbia esagerato col vino,
s’approssima. Sembra nuotare nel buio della sua mente. Lo accerchia. E’ qui.
Ora è là. E’ dappertutto! Un mormorio continuo, come il sussurro del vento che
stormisce per vendetta di Inverno, come il mormorio della folla malmostosa, come lo sciabordare della risacca che, ancora
scossa dalla tempesta, sbatta sulla rena relitti consunti di vite strappate con
furia. Un sibilo più forte degli altri e, come per un sortilegio, quel suono
composito diventa intelligibile… E, quell’ombra d’Orfeo* sembra dire parole sottili come
nebbia piroclastica incandescente**.
“E così, credi di incarnare la Nike***, tu, pazzo criminale quale sei, dettando
all’umanità
versi
di bibliche
e profetiche ritorsioni, come un dio riottoso da Primo Testamento? Ti credi
astuto. Ti pensi inattaccabile, ma non t’accorgi di cantare alla Vittoria tenendo i
piedi affondati nella terra odorosa di un’umida fossa aperta. Ti sto
attendendo, Kira, dio senza luce. Ogn’ora
approssima la tua discesa al tuo personalissimo limbo, ove maledirai tutte le note del tuo
immondo canto.
Ma non temere, non sarai solo. Ti rimirerò strisciare, mentre invochi la stessa
pietà che tu negasti ad ogni tuo simile. Ti osserverò piangere la tua
disperazione, come un tributo di sale ai miei anni rubati. E sarò
l’ultima immagine che vedrai di questo mondo!”
Si sveglia di soprassalto, il giovane elegante. Il fiato è
ancora grosso ed ansima come chi abbia trascorso l’eternità a sfuggire al
proprio destino. L’acqua è ormai fredda, i profumi si sono dissolti, lasciando
un velo di vapore condensato sugli specchi, tristemente rigati da molte umide
scie, come guance di cristallo. Un brivido gli corre lungo la schiena, ma è
presto ignorato. Si ravvia i capelli con un gesto studiato, anche se lì non vi
sia nessuno a contemplarlo. La lucidità è tornata e, con essa, la maschera di
impassibilità. Ride Light e cinicamente pensa che gli Dei non esistano, che i
morti non ritornino…
“E la Giustizia sono soltanto io!”
Annotazioni
* Apollo era tristemente noto, presso i Greci,
per essere una divinità dalla
suscettibilità
mortale, che soddisfaceva vendicandosi degli uomini irrispettosi
lanciando frecce portatrici di morbi letali,
come ci narra Omero nell’Iliade.
** Le Esperidi erano
ninfe Orientali, custodi di un magnifico giardino.
*** Licenza poetica
assolutamente mia, dacchè non penso che a Light
interessino i
veri poteri dei
pomi dorati, ossia l’amore e la fecondità, ho ritenuto più giusto
attribuire ad
essi il valore, anche iconografico, della mela rossa di Adamo ed
Eva,
dell’albero della conoscenza di un altro celeberrimo giardino: l’Eden!
****Piccolo omaggio alla raccolta “Virtus”
di Redseapearl, cui mi sono ispirata per
questo
passaggio!
* Orfeo era un poeta mitologico dal canto meraviglioso, che ebbe il
coraggio di
scendere negli
Inferi sfidandone i pericoli.
**
La nube piroclastica è il fenomeno vulcanico della “nube ardente”, ossia
una
valanga di gas
e materiale magmatico che scivola lungo le pendici del vulcano
ad una
temperatura di 800°C e ad una velocità vertiginosa, registrato la prima
volta da
Plinio il Vecchio durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. a Pompei.
***
La Nike, figura classica della mitologia greca, era la personificazione
della
Vittoria
alata, che trionfi su ogni difficoltà.
Note d’Autore
Queste righe sono tratte dai visionari versi di un’autentica
poetessa contemporanea, che ha trascorso una vita straziata dal marchio
scarlatto della follia: Alda Merini.
E’ per questo che ho scelto lei, nei due brani “La Terra
Santa” e “La Terra Santa 1985”, per celebrare la pazzia di Light. Un fuoco
sordo che tutto divori, in lui, mascherato da pensiero lucido e razionale. E
quando parlo del giovane Yagami, non posso fare a
meno di vedere accanto a lui Misa e, sul fronte
opposto, come superbo contraltare, la figura di L. Questo è il brano che mi è
costato più fatica di tutti.
Spero di non avervi delusi, miei cari Lettori. Se così
dovesse essere, non me ne vogliate: indicatemi i miei errori, affinchè io possa evitarli in futuro!
Dedico questo componimento ad una mia conterranea, ad
un’amica, ad una degna avversaria di becere battute politiche, ad un’amante dei
felini misteriosi, ad un’otaku fiera di questo nome,
ad un’artista a tutto tondo: a Lirin Lawliet!
La Menzione Speciale di questa settimana va a Fe85
che, nonostante la cattiva giornata, ha trovato il tempo e la voglia di leggere
le mie righe, interpretandole come quel quid di inaspettato che renda positiva
una giornata cominciata male! Sei grande!
Premio
della Critica a Kiriku
che, nella sua recensione, ha magistralmente dimostrato di aver saputo cogliere
e fondere insieme letteratura e filosofia. La motivazione: “ Per aver mostrato
al mondo che la cultura vera è quella che si porta nel cuore, rendendola
propria e viva!” Il Comitato loda loda loda!!!
E veniamo alle nostre chiacchiere, per l’ultima volta in
questo salotto, miei cari Lettori. Voglio dirvi che siete stati tutti
fantastici. Mi avete regalato giorni di felicità, di soddisfazioni, di
appagamento grazie alla vostra profondità, alla vostra ricchezza interiore,
alla vostra sensibilità. Sono orgogliosa d’avervi avuto qui, come sublimi
interlocutori dei miei pensieri. Non vi ringrazierò mai abbastanza!!!
Redseapearl: Cara, devo a te e solo
a te se ho provato la gioia di condividere le mie righe con qualcuno. Hai
avuto fiducia in me, mi hai spronata, mi hai sostenuta, mi hai sopportata e
supportata. La tua capacità di cogliere ciò che le pieghe del cuore nascondono
è sempre cosa così preziosa da emozionarmi sempre. Mèlo antieroe è esattamente l’immagine
sotterranea alle mie parole che tu, acutamente, hai riportato alla superficie
con la solita maestria! Grazie di tutto, spero ti piaccia anche questo ultimo
capitolo! Un bacio temporale tutto giallo! ^^
Fe85: Mia piccola
Cara, nei tuoi commenti, per ben due volte, mi hai regalato il pensiero più
bello che potessi mai desiderare, ossia l’aver risollevato l’umore di un
lettore! E’ un complimento che apprezzo dal profondo del cuore, mi gratifica e
mi appaga! Grazie per avermi accompagnata in questa piccola avventura
letteraria! Spero mi avviserai ogni qualvolta che dalla tua penna scaturiranno
nuovi pensieri! Un bacio enorme! ^^
Kiriku: Mia Carissima! Che
splendide e raffinate considerazioni hai creato, nella tua recensione! Credo
non avesse nulla da invidiare a quelle che campeggiano nelle riviste
“impegnate”! E’ stato davvero appagante, averti come interlocutrice eletta di
queste mie righe. Sei acuta e profonda e spero che questo sodalizio letterario
possa continuare in altri salotti, dove tu mi faccia da Cicerone, illustrandomi
le tue opere! Un bacio galattico! ^^
Aphrodite: Cara! Sono davvero felice che ti siano piaciute le immagini
che accompagnano i capitoli! Le ho scelte con cura e, nel caso di L e della MxN, son state fonte d’ispirazione primaria! Ho cercato
anche qui di sperimentare una commistione di arti diverse: assonanze di parole,
immagini, suggerimenti musicali… Mi riempie di gioia che tu l’abbia colta! Hai
sempre avuto una buona parola, per me. Ti stimo tanto e ti apprezzo moltissimo,
lo sai, perciò è stato prezioso e bello, per me, averti come “amica di righe”
in questo fantasioso viaggio in DN. Grazie, davvero, con tutto il cuore,
soprattutto perché hai avuto voglia di leggere anche queste “versioni in prosa”
un po’ ritoccate e sezionate! Un plauso alla tua elasticità mentale ed un
bacione super! ^^
Lirin Lawliet: Mia
Conterranea! Il primo rigo della tua recensione mi ha ispirata moltissimo! Sai creare delle perle, dei piccoli
gioielli di significato e di stile in cui la parola è scrigno d’immenso!
Immagini, ombre e luci si rifrangono nelle tue righe! Oh, che immensi regali
che mi fai! Grazie di avermi seguita, di avermi incoraggiata e di avermi donato
la tua amicizia (nonostante il piccolo neo della schiera politica di avversa
fazione) e di sopportare di buon grado le assurde associazioni che la mia mente
partorisce! Grazie del tuo tempo, cara Lirin! Dal
profondo del mio cuore!!!
Un bacio da incubo! ^^
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