A Red Christmas

di MadHatterInLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Charlotte ***
Capitolo 2: *** Tessie ***
Capitolo 3: *** Cibo Italiano ***
Capitolo 4: *** Cliché ***



Capitolo 1
*** Charlotte ***


A Red Christmas
Charlotte





Caro Papà,
Buon Natale! Oggi, sono tanto felice perché è la vigilia di Natale e tu sei a casa.
Non ci sei mai. Mamma dice che sei sempre impegnato con il lavoro, e questo mi rende tanto triste.
Però oggi non voglio essere triste. Oggi voglio solo stare con te e la Mamma e poi domani aprire i regali che mi porterà questa notte, Babbo Natale.
Pensi che me lo porterà quello che gli avevo chiesto, Papà?
Io volevo la Barbie Casalinga. come la Mamma, che sta sempre in casa e prepara per noi tante cose buone da mangiare. Lei dice che a te piacciono tanto i dolci, per questo te ne prepara sempre tanti, anche se poi dice anche che non te li meriti.
Papà, guarda che se sei cattivo Babbo Natale ti mette nella lista nera!! Quindi non far arrabbiare la Mamma. Fa come dice lei… non andare più a lavoro, perché stai sempre lontano da noi!
Io rinuncerò alla Barbie, se vuoi… E chiederò a Babbo Natale di portarci tanti soldi.
 
Mamma ha detto che sto scrivendo troppo, quindi adesso mi metterò a disegnare qualcosa per te.
Ti voglio bene, papà. E ancora Buon Natale!
 

Charlotte.

 
Quella lettera, se la ricordava bene Patrick. Gliel’aveva scritta la figlia, l’ultimo Natale che ricordava di aver festeggiato.
Sentì delle calde lacrime rigargli il volto. Non le asciugò, meritava di piangere. Sfogliò i due fogli, che aveva tra le mani, e vide il disegno che quel angioletto di sua figlia aveva fatto per lui.
Era quella che un tempo poteva definirsi la famiglia “Jane”. C’era lui, alto, dritto, con una faccia rosea e capelli biondi e arruffati, c’era la moglie, che anche se era disegnata da una bambina, era lo stesso bellissima, e c’era la sua Charlotte, in mezzo ai due genitori: Piccolina e anche lei bionda con lunghi boccoli che le ricadevano fin sotto le spalle.
Aveva ritrovato quella lettera e quel disegno nell’unico cartone che teneva in casa.
Era la vigilia di Natale, quel giorno.
Ma non aveva ricevuto nessuna lettera, quel giorno.
Nessuna figlia felice di avere il suo “papà” a casa per le feste.
Nessuna moglie a cucinargli qualcosa di caldo da mangiare, o qualche dolce con cui deliziarlo.
Era solo.
E faceva freddo.
 
“Non andare più a lavoro, perché stai sempre lontano da noi!”
 
Possibile che una bambina così piccola, avesse così tanto ragione?
 
“Ti voglio bene, papà. E ancora Buon Natale!”
 
Era quella lettera il motivo per il quale Patrick Jane, non festeggiava più il Natale.
Era per quei ricordi così felici e poco nitidi della sua famiglia, che meritava quelle lacrime senza una ragione felice per poter smettere di piangere.
Era per la loro morte che meritava di restare da solo a festeggiare un evento che tradizionalmente porta tanto amore nelle case di tutto il mondo.
 
Non meritava niente quel truffatore, anche se qualcuno non la pensava nello stesso modo; perché proprio quando ripose la lettera di Charlotte nella scatola di cartone, qualcuno bussò alla porta.
 
----
 
Sono un caso senza speranze. Dovrei stare sui libri a studiare, invece eccomi qui a scrivere. Visto che questa mattina mia madre ha avuto la brillante idea di prendere l’albero di Natale e iniziare a montarlo, la mia testolina bacata cosa ha pensato? Ma certo! Al nostro caro Patrick!
Ok, avevo promesso di stare buona e non l’ho fatto! Scusatemi…
Comunque l’idea era di scrivere dei capitoli sempre inerenti al Natale… infatti questo capitolo con protagonista Jane, si unirà poi al secondo con protagonista….


Suspense


Non ve lo dico!! Dovrete aspettare con ansia e trepidazione! :P
Tanto se continuo così, posterò domani, me lo sento U.U
 
Bene! Spero non sia una completa cavolata e che vi piaccia.
Buondì a tutti!
:)

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Capitolo 2
*** Tessie ***


Tessie
 
Sarebbe dovuta partire per raggiungere i suoi tre fratelli per quel natale. Ma non l’aveva fatto.
Con la scusa del lavoro, era riuscita a restare.
Detestava il Natale. Non aveva un reale buon motivo per essere piena d'amore. Nessuno lo era mai stata per lei! E anche se amava i suoi fratelli, voleva restare semplicemente da sola.
Per questo motivo ora era davanti alla Tv con del cinese accanto a lei come cena.
Mangiava boccone dopo boccone, seguendo un reality show.
 
<< Suo marito è scomparso da poco, e io lo sento >>
 
Sbuffò e cambiò canale. Guardare un programma su un sensitivo, non era il massimo per lei visto che aveva per i piedi un mentalista tutti i giorni.
Era un giorno di vacanza, per lei.
Un giorno lontano da Patrick Jane.
 
Quando finì di mangiare, andò in cucina e buttò i contenitori di carta nel secchio della spazzatura, passando davanti al frigorifero notò il biglietto di auguri che le era stato inviato dai fratelli, lo lesse nuovamente.
 
“Buon Natale sorellina! Anche se lontani, i nostri cuori sono sempre legati. Ti vogliamo bene!” Sorrise, quei tre ragazzi erano i suoi fratelli, ma per loro lei era sempre stata una sostituzione alla madre che gli era stata negata per sempre.
Lei d’altro canto dopo la morte della madre, si era chiusa in se stessa.
Si era chiusa al padre e al resto del mondo, ma si era completamente donata ai fratelli.
Tre fratelli piccoli da crescere. Cucinare il pranzo. Lavare i loro abiti e stirarli. Cucinargli la cena e poi metterli a dormire.
Con la morte della madre, era di conseguenza lei la nuova mamma per i suoi fratelli e lei non aveva avuto tempo di curare se stessa. Oltre a questo, però, andava a scuola, un luogo che la faceva essere quella che era realmente, ovvero una bambina. Studiava, ma non legava amicizia mai con nessuno; lei aveva altre responsabilità. Aveva da accudire tra bambini e non poteva certo pensare a cosa fare il sabato sera o chi le potesse piacere. Era fuori discussione, se lo era negata fin dal principio.
Lei. Non. Poteva.
Ma non fu difficile questa vita per lei, perché non aveva mai chiesto niente, nemmeno quando c’era ancora la madre, tuttavia le era stato dato un carico che richiedeva esperienza e responsabilità, e questo non le era nemmeno stato chiesto. Aveva dovuto, perché il padre non era in se e continuava a bere.
Sorrise amaramente. Bella, la sua scusa.
Ma a lei chi ci aveva mai pensato? Nessuno, nemmeno lei stessa. Aveva vissuto sempre una non vita.
Ma era stata forte. Lo doveva essere anche se tutto le diceva di crollare e lasciarsi andare. Lei aveva lottato. Lei, alla fine, aveva deciso cosa fare della sua vita.  
Ripensò al giorno che se ne andò da lì.
Era amareggiata e piena di insicurezze ma ce la fece, soprattutto perché i primi sostenitori furono proprio i suoi tre fratelli.
Lavorò e studio. Per diventare quella che ora era.
E ne andava fiera. Anche se il suo passato ogni tanto le crollava addosso e la faceva cadere. Lei andava avanti e pensava al suo lavoro. Nient’altro.
Per questo non voleva tornare. Perché da quando aveva messo piede in quella città dove adesso viveva, lei aveva smesso di essere “la Tessie” di un padre che non le aveva permesso di condurre una vita che meritava. Ma suo padre non c’era più. E i suoi fratelli la aspettavano.
Ma non se la sentiva, ancora.
Non poteva.
Da quel giorno che se n’era andata, lei non aveva ancora pensato ad un possibile ritorno perchè fu da quel giorno che iniziò la sua vera vita, quella che aveva sempre meritato, quella che si era guadagnata. E fu da quel giorno che lei scelse per se stessa, per la prima volta.
E i panni di quella vecchia bambina si erano persi, e lei non voleva ancora trovarli.
Ma ora cosa aveva? Cosa aveva ottenuto realmente?
Solo il suo lavoro.
Nient’altro.
Ne un uomo che riuscisse a starle accanto.
Ne un’amica con cui poter sparlare. Niente che completasse il cerchio della sua vita.
Perché niente ancora l’aveva fatta sentire viva pienamente. Niente…
Strano come gli veniva naturale mentire.
Ma doveva, perché era stata marchiata da qualcosa di indelebile e attorno a se aveva sempre quel muro che la circondava fin dal liceo, fin dalla morte della madre. E nessuno poteva varcarlo.
Nessuno…
Già, sapeva mentire veramente bene.
 
Quel muro, qualcuno era riuscito a sbriciolarlo, eccome se ci era riuscito.
E anche se non lo ammetteva a se stessa, anche se non poteva crederci, anche se lo negava con finta “intolleranza” verso quel qualcuno che aveva rotto, così facilmente, quelle mura attorno a lei, doveva ammetterlo, era con quella persona che voleva passare il Natale.
 
Per questo motivo Teresa Lisbon si vestì frettolosamente. Prese le chiavi della macchina e il piccolo alberello che aveva comprato e scese nel parcheggio, salendo, infine, in macchina.
Per questo motivo questa Donna cresciuta troppo presto, ora si ritrovava a bussare alla porta di quel uomo, con un alberello di Natale in mano e con la paura di essere rifiutata che le faceva palpitare troppo velocemente il cuore.
 
 
---

Io lo avevo detto che postavo oggi! U,U

Comunque spero vi piaccia...
A presto con il prossimo capitolo! :)

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Capitolo 3
*** Cibo Italiano ***


Cibo Italiano


Si alzò lentamente, e con la stessa lentezza andò alla porta. Quando l’aprì, un freddo ricordo lo avvolse, riportandolo al passato.
 
“Papà! Sei già a casa!” disse una biondina, alta più o meno mezzo metro, saltando addosso a quel uomo poco più giovane di qualche anno.
 
“Charlotte, tesoro, sei una signorina ormai, non devi più saltare al collo di tuo padre” disse, Angela, sorridendo dolcemente al marito. “Ciao, Amore!” continuò, poi, donando un dolce bacio alle labbra di suo marito. L’uomo si limitò a sorridere.
 
“Ma mamma! Diventare grande significa non dimostrare più il proprio affetto per chi amo?”
 
“Oh no! Potrai farlo sempre. Limitandoti però ai tuoi genitori. Nessun ragazzetto, Char! Ancora è presto. Potrai iniziare con quelle cose a 30 anni, minimo!” bofonchiò il padre, guardandola tra il severo e il divertito.
 
“Patrick, 30 anni? Non ti sembra un tantino esagerato?” lo rimproverò la moglie, sorridendogli amorevolmente. Charlotte li guardava attonita.
 
“No, anzi è anche troppo presto… Ma si deve pur lasciare andare la propria figlia, prima o poi…” borbottò, prendendo Charlotte in braccio e portandola vicino all’albero di Natale.
 
“Che te ne pare? Ti piace?” le chiese.
 
“Lo hai fatto tu?” chiese Charlotte, guardando intensamente il padre. Il padre le rispose, a modo “loro”, e lei continuò: “Oh papà, è stupendo!”
 
“Ma stai pensando che manca qualcosa” disse, bisbigliando. La figlia lo guardò con i suoi grandi occhi verdi. “Manca il tocco di Mamma, dici?” la guardò, mettendola a fuoco. “Va bene, va bene, ma non ti arrabbiare! Angela, amore, puoi venire?” urlò, il biondino, chiamando la moglie che era, nel frattempo, andata in cucina.
Quando li raggiunse, la moglie trovò padre e figlia che parlavano nel loro linguaggio, escludendola, così intervenne, intromettendosi nei loro continui scambi di sguardi.
 
“Patrick, Charlotte quante volte vi ho detto di non usare i vostri…metodi per parlare? Soprattutto tu, Patrick, potete semplicemente parlare come comuni essere mortali!” li rimproverò.
 
“Ma mamma, così è molto più semplice!”
 
“Ma è poco educato, Char. L’ultima volta l’avete fatto mentre eravamo a cena con i miei genitori. E non hanno gradito...Quindi smettetela!”
 
“Se è per questo, quando sei andata a far vedere il nuovo mobile alla nonna, papà ha cercato di farmi ipnotizzare il nonno. Sono riuscito a farlo abbaiare! Papà mi ha detto di non dirtelo, però…”
 
“PATRICK!” Urlò, Angela.
 
“Tesoro avevo detto che era un nostro segreto…” Disse, il biondino, riportando a terra la bambina e cominciando ad allontanarsi dall’albero, dove sua moglie si stava avvicinando con aria minacciosa.

 
Il ricordo scivolò via dalla mente di Patrick che finalmente riuscì a vedere chi era venuto a fargli visita.
 
“Lisbon, cosa… cosa ci fai qui?”
 
“Posso entrare?” chiese, la moretta.
 
Patrick si voltò a guardare la sua dimora completamente vuota, e tornò a fissarla con uno sguardo un po’ titubante.
 
“È necessario?”
 
Teresa si sentì ferita, esclusa. Patrick glielo lesse in volto.
 
“No, non è per colpa tua. Solo che… Oh va bene! Vieni, entra. Ma non giudicare...per favore” La supplicò.
Quando Teresa entrò, capì istantaneamente la riluttanza di Jane nel farla entrare. Viveva nel vuoto, ma si riscosse dai suoi pensieri, lo fece per il biondino che la guardava da dietro.
 
“ Beh, almeno non hai mai la casa sotto sopra. Dovresti vedere la mia…”
 
“Perché sei venuta, Lisbon?” chiese, ancora, Jane.
 
“È Natale, pensavo che non ti andasse di restare da solo…Oh andiamo, Patrick, non farmi mentire. Lo sai bene perché sono qui”
 
Jane non aggiunse nulla e la portò nell’unico punto della casa dove ci fosse qualcosa. Sul suo letto, disfatto, dove disegnato sopra al muro, vi era il marchio di John il Rosso.
 
Teresa Lisbon, pensò di aver fatto un grande errore ad andare lì, ma sapeva che entrambi avevano bisogno l’uno dell’altro.
Patrick si sedette sul ciglio del letto e poi le fece segno di imitarla. Con un po’ di titubanza, Teresa si sedette accanto a lui, con ancora l’albero tra le mani.
Calò il silenzio. Entrambi fissavano il vuoto, senza sapere cosa dire o fare. La mora, tornò a fissare l’albero e solo allora prese parola.
 
“Tieni, l’ho portato per te. Spero ti faccia piacere, insomma credevo…”

“Grazie” disse semplicemente lui, guardandola con tutta la gratitudine che poteva esprimere in quei momenti.

Era assolutamente sbagliata quella situazione. Ma avere accanto a se qualcuno, gli faceva piacere, soprattutto se questo “qualcuno” era lei, Teresa.
 
Calò di nuovo il silenzio, e nessuno dei due seppe cosa dire. C’era imbarazzo da entrambi. E nessuno sapeva prendere con decisione la situazione in mano.
Dopo cinque minuti di silenzio, però, Patrick ebbe un’idea.
 
“Che ne pensi di andare a cena fuori?”
 
“Un’idea grandiosa” disse, quasi all’istante, la donna, anche se aveva già cenato.
Si alzarono entrambi nello stesso istante, e il caso volle che si sfiorassero dolcemente, in quel gesto improvviso.
Rabbrividirono, come scossi da una carica di elettricità che li aveva colpiti. E si guardarono, occhi negl’occhi.
Patrick pensò agl’occhi di Charlotte, così simili a quelli di Lisbon, ma pensò, anche, quanto Teresa fosse bella quella sera.
Teresa, non pensò a nulla. Si sforzò di non farlo o lui l’avrebbe saputo.
Anche se così facendo, sapeva che si stava sforzando di non pensare.
Infatti lo vide sorridere e poi incamminarsi verso la porta dell’ingresso.
Uscirono entrambi.
E insieme si incamminarono verso l’auto di lei.
Ordinarono italiano e decisero di portarlo via per andare a casa di Lisbon, visto che, come aveva potuto ben vedere la mora, a casa di Patrick non c’era nemmeno un posto per sedere e mangiare.
Quando entrarono in casa di Teresa, l’imbarazzo che avevano avuto in casa del biondo sembrava essergli completamente estranea perché continuarono a chiacchierare tranquillamente, ogni tanto beccandosi, come era naturale che fosse tra i due.
 
“Te l’ho detto che quel cameriere ci stava provando spudoratamente, Lisbon!”
 
“Lo dici solo per negare l’evidenza, ci provava con te! Hai dimenticato come ti ha chiesto che cosa desideravi? Con quel aria maliziosa.” lo imbeccò, Teresa.
 
Sorrisero entrambi, accomodandosi sul tavolo della cucina.
 
“Perché non sei andata a trovare i tuoi fratelli?” chiese, Patrick, dopo cinque minuti che avevano iniziato a mangiare.
 
“Non iniziare, Jane” borbottò, mangiando un’altra forchettata di spaghetti.
 
“A fare cosa?” mangiando anche lui, le sue pennette all’arrabbiata, bevendo poi un sorso d’acqua.
 
“Ad interrogarmi. Non ne ho voglia” continuò, Teresa cercando di afferrare dal piatto del mentalista una pennetta. Jane, divertito dal furto non riuscito della donna che aveva di fronte, fece, in un gesto istintivo, per imboccarla con la sua forchetta. Dopo un po’ di esitazione, dovuta all’offerta, che poteva destare fraintendimenti, accettò e le mangiò.
“Pizzica! Come fai a mangiarle!” disse, il secondo dopo.
 
“È il peperoncino che le rende buonissime! Fammi assaggiare i tuoi spaghetti, invece” Cercò anche lui di imitarla, ma non ci riuscì. Quindi, senza pensarci anche lei, imitò il gesto che aveva fatto poco prima l’uomo, e lo imboccò con la sua forchetta.
 
“Mmm, decisamente deliziosi. Ma sono più buone le mie penne all’arrabbiata!”
 
“Non insultare la mia carbonara!” concluse Teresa, sorridendo.
 
Dopo qualche secondo di silenzio, Jane riprese il cosiddetto “interrogatorio”. “Allora?”
 
“Allora cosa?” chiese, finta tonta, Lisbon.
 
“Perché non sei andata a festeggiare con i tuoi fratelli?”

“C’era del lavoro da sbrigare qui, e ho preferito rimandare.”
 
“Ah, quindi partirai”
 
“No”
 
“Ma hai detto…”
 
“So cosa ho detto. E ti ripeto, anche, di smetterla”
 
Jane non rispose. Sapeva perfettamente come riuscire nel suo intento. Perciò sorrise quando Teresa cadde nella sua trappola.
 
“Non sono ancora pronta, va bene?!” borbottò, alzandosi per allontanarsi da quella conversazione che aveva iniziato ad infastidirla. Jane la raggiunse, velocemente.
 
“Quando lo sarai, sappi che io ci sarò, Teresa” disse.
 
La mora fu colpita da quelle parole, rimanendo interdetta, poi si girò all’istante credendo, però, che il biondo fosse più distante. Così, nel voltarsi se lo ritrovò troppo vicino, con il volto a pochi centimetri da lei.
 
 
Continua.
 

Eccoci qui…ma non sono teneri *_*
Penso di concludere questa storiella con il prossimo capitolo.
Ancora non ho bene in mente come concluderla, ma staremo a vedere…:)
A presto!
 

 

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Capitolo 4
*** Cliché ***


Cliché

Erano fermi da più di cinque minuti. Ognuno fissava le iridi dell’altro. Verde contro Blu.
Entrambi seri, entrambi con la voglia di rimanere così senza sciogliere quel contatto.
Patrick la accolse tra le braccia, appena. Teresa si aggrappò con entrambe le mani al gilet del biondo.
Volevano baciarsi.
Ma esitavano entrambi.
Era la cosa giusta?
No, assolutamente no.
Che ne sarebbe stato poi del loro rapporto lavorativo?
Sarebbe andato assolutamente a farsi fottere.
 
“Non dovremmo, Lisbon”
“Hai assolutamente ragione, Jane”
 
Si consigliarono, non sciogliendo, comunque, l’abbraccio e continuando a fissarsi.
 
“Quindi forse sarebbe meglio tornare a mangiare…” continuò la mora.
“Sì” affermò, l’uomo.
 
Ma non si mossero.
Poi il biondo si fece coraggio e la baciò…
 
Scattò in piedi.
Era stato tutto un sogno. Era un finale che avrebbe voluto realizzare, ma che non aveva la forza di fare.
Nella realtà, quando si era ritrovato tra le sue braccia quella piccola donna, l’aveva abbracciata per poi staccarsi e tornare a mangiare. E lei lo aveva imitato.
Poi avevano guardato un po’ di tv spazzatura. Un telefilm su un serial killer. Piuttosto banale, a suo parere. I soliti cliché dei personaggi che investigano su un serial killer seriale e che alla fine si innamorano l’uno del l’altro, arrestano il cattivo e vissero felici e contenti.
A serata conclusa, tornò nella sua casa e si mise a dormire facendo quel sogno.
Erano le due di notte. E non sapeva cosa fare.
Era il 25 dicembre, aveva trascorso la vigilia con il suo capo e adesso si ritrovava in quel letto a voler realizzare quel sogno.
Ma era impossibile.
Non avrebbe mai potuto farlo.
No, per rispetto di sua moglie. Per rispetto di sua figlia.
Ma soprattutto per rispetto di Lisbon.
Non poteva realizzare un suo capriccio solo per una semplice attrazione.
Perché era solo questa. Attrazione verso una bella donna.
Ce l’aveva avuta fin dalla prima volta che l’aveva vista.
Ma poi l’aveva conosciuta.
Sì era affezionato a lei. Le voleva bene. Era diventata l’unica amica sincera e vera che aveva.
L’unica con cui si era sentito di trascorrere il Natale.
Eppure sentiva che non era del tutto sincero.
Sapeva che quel sogno non era basato solo su una semplice attrazione.
Provava qualcosa oltre al semplice affetto.
Forse ne era innamorato?
Non se lo ricordava più quel sentimento. Era passato tanto di quel tempo dall’ultima volta.
Eppure a lui non gli sfuggiva mai niente, possibile che gli era scivolato di mano un così banale dettaglio.
 
Guardò l’alberello che Teresa gli aveva regalato e sorrise.
C’era solo un modo per scoprirlo.
Quindi si fece coraggio e uscì da quella casa, nonostante fossero quasi le 3 di notte.
Guidò, spinto da una strana forza. Eppure non sapeva cosa stava facendo.
Non ne aveva la minima idea!
Ma seguiva l’istinto. E anche se avesse sbagliato, sapeva che non se ne sarebbe pentito.
Arrivò fino a casa di Lisbon, andò correndo alla porta e inizio a suonare e a bussare senza sosta.
Ad aprirlo fu una Teresa assonnata che prima fulminò il disturbatore con sguardo omicida, poi si meravigliò di ritrovarsi davanti il mentalista che, con aria affannata, per la precedente corsa, le faceva gesto con la mano di aspettare.
 
“Ma che diavolo ci fai qui, Jane?”
 
“Ho dimenticato una cosa…”
 
“Che cosa? Non ho visto niente di tuo in casa…”
 
Ma Patrick non la lasciò terminare.

“Ho dimenticato questo.” E la baciò. Scattò in avanti, prendendola tra le sue braccia, per baciarla con passione.
Aveva visto quella scena nel telefilm, poche ore prima, e l’aveva commentato come la solita scena stereotipata, eppure ora che la stava vivendo di persona aveva la pelle d’oca e sentiva qualcosa di fastidioso vorticargli nella pancia.
Ora Patrick Jane sapeva che non aveva assolutamente sbagliato andando lì.
Ora ricordava l’emozione di quando si è innamorati.

“Buon Natale, Teresa” le sussurrò, sorridendo. Teresa lo guardò con uno strano luccichio negl’occhi. Aspettava quel momento da chissà quanto tempo, questo gli lesse il mentalista.
Se gli fu possibile sorrise ancora di più.

“Posso restare a dormire da te?” continuò il biondo.
 
“Se resti, certamente non dormirai.” Lo imbeccò Teresa ed entrambi risero per poi entrare in casa.
 
 
 
 
 
 
Okay ho realmente faticato a scrivere questo finale.
Spero sia piaciuto :)
Confermo che io AMO solo le Jisbon ma mi diletto anche nelle Chisbon tanto perché ho le idee che entrano in un orecchio e non escono mai dall’altro! Quindi sopportatemi!
 
Ho in mente una long-fic… ma ci vorrà un po’ prima di scriverla…e l’idea mi piace da morire…soprattutto perché CI coinvolgerà personalmente tutte quante! Ma vedrete in seguito quando la pubblicherò. Concludo così questa piccola storia.
Un bacio a tutte!
 
MadHatterInLove

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