Anime perse

di Rota
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In tempo di guerra ***
Capitolo 2: *** I did not fall ***



Capitolo 1
*** In tempo di guerra ***


*Autore: margherota
*Titolo: In tempo di guerra
*Prompt Maritombola: 59: in tempo di guerra
*Fandom: Katekyo Hitman Reborn
*Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto; 8059
*Genere: Sentimentale, Romantico
*Avvertimenti: Shonen ai, Lime, What if…?, Flash fic
*Rating: Giallo
*Conteggio parole: 555
*Note: Per mia moglie. Solo ed esclusivamente per mia moglie – anche se si aspettava ben altro XD Ma quell’altro arriverà, ecco ù.ù
Vorrei solo farvi notare un certo uso del lessico – i riferimenti all’acqua per Yamamoto e alla tempesta per Gokudera. Ecco, non sono messi a caso ù.ù’’
E ora… Buona lettura. <3<3<3<3<3<3



In tempo di guerra




In tempo di guerra si imbracciano le armi migliori.

Yamamoto sorride – di quel sorriso capace di lavare via ogni peccato – mentre con l’impeto di un amante spinge sul materasso del letto Hayato, raggiungendolo subito dopo tra le coperte e le lenzuola candide e sfatte. Il Guardiano della Tempesta digrigna i denti, mentre lo afferra per le spalle e le stringe tra le dita, forte.
Takeshi sussulta nel vedersi puntato addosso il suo sguardo chiaro – così vivo, così indomabile, così reale. E sorride ancora, mentre stupidamente avvicina il proprio viso al suo. Inspira il suo profumo – non sa solo di pioggia, ma di terra e sudore, ma di vento e tempesta.


In tempo di guerra non conta alcuna regola morale.

Yamamoto lo bacia, senza minimamente pensare alle conseguenze; lo bacia e accarezza le sue braccia, i polsi sottili e i palmi chiari delle mani, con polpastrelli febbricitanti e alla ricerca della più piccola traccia di calore – del suo calore.
Sente le sue unghie contro la pelle, i denti attorno al labbro. Si ritrae dopo qualche istante, sentendo inaspettatamente dolore, e lo guarda senza capire. Hayato ghigna, schernendo la poca resistenza dell’altro – come a voler dire “dov’è finita tutta la tua virilità, idiota del baseball?”.
Eppure non si muove da lì e aspetta.


In tempo di guerra ogni strategia è buona per vincere.

Yamamoto scende di nuovo su Hayato – sulle sue labbra tenute schiuse in quel sorriso sghembo e decisamente poco gentile. Scende e lo bacia ancora una volta, e allora non trova i denti di lui ad attenderlo, anche se le mani si ancorano lo stesso alla sua maglia e tirano con forza, fino a farselo cadere addosso.
È lì che Hayato ribalta l’altro ragazzo, posizionandosi esattamente sopra di lui. Lo guarda male, forse un poco deluso dalla vittoria troppo facile e rapida. Diventa però di pietra quando le dita di Takeshi gli toccano le labbra e poi la guancia e poi i capelli. E mentre ancora annega nel suo sguardo, come un fulmine che dal cielo raggiunge l’esatto fondo di un oceano immenso, Yamamoto lo tira di nuovo giù, abbracciandolo stretto.


In tempo di guerra non esistono né vinti né vincitori.

Yamamoto sente il bacio – sulle labbra, fra le labbra, dentro le labbra e oltre le labbra. Yamamoto sente i lunghi capelli di Hayato sul viso, che si muovono con lui in una carezza che pare, ironicamente, quasi gentile. Perché gentili non sono le sue mani; gentili non sono i suoi occhi; gentile non è niente, di Gokudera. Ma lo bacia e lo trattiene lì, in un abbraccio violento.
Ed è lo stesso impeto selvaggio che sconquassa i cieli in tumulto quello che prende totalmente l’italiano, costretto in quel poco spazio tra le braccia che Takeshi gli riserva – non può scappare né ballare tanto, e questo lo fa impazzire. Non lo morde, ma mugugna contro la sua bocca.
Solo alla fine pare abbandonare i propositi di lotta – quando lo vede sorridere ancora, con le gote leggermente tinte di rosso e lo sguardo liquido, che ancora lo chiama a sé.
Ma è solo un istante, giusto il tempo di avere la stessa sua colorazione e di scendere allo stesso suo livello.
Uguali, in una lotta che non è mai finita, riprendono in un ansimare veloce e confuso.

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Capitolo 2
*** I did not fall ***


*Autore: margherota
*Titolo: I did not fall
*Prompt Maritombola: 23: "Everybody goes, leaving those who fall behind." (Holocaust, Placebo)
*Fandom: Katekyo Hitman Reborn
*Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada; 6927
*Genere: Introspettivo, Malinconico, Nonsense
*Avvertimenti: Shonen ai, Missing Moment, One shot
*Rating: Giallo
*Conteggio parole: 1015
*Note: Altra ff per mia moglie °ç° Che oggi mi ha illuminato la giornata dicendomi “mi è tornata la passione per la coppia”. E allora io muoio direttamente °ç°.
Ipoteticamente, collegatela dopo i Varia. Ecco <3




I did not fall




È una bolla d’aria quella che dal boccaglio di plastica trasparente si stacca e poi viaggia in alto, verso la superficie dell’acqua gelida.
Mukuro apre l’occhio, ritrovandosi sempre nel medesimo posto – immobile, incatenato, muto e reso quasi cieco. Nascosto come l’emblema della faccia più turpe della mafia, non può che arridere alla propria misera condizione: un esperimento venuto male e da temere.
L’unico occhio di cui dispone si muove, a cercare di guardare oltre il vetro che trattiene il suo corpo. Non c’è nulla di tanto definito da poter essere chiamato con nome proprio, solo qualche ombra scura e il colore vago di una piccola stanza.
Prigione.
Abbassa la palpebra, lasciando che altre bolle sfiorino la pelle del suo viso in strane e alquanto indiscrete carezze.
Viaggia, Mukuro, al di là della fisicità in cui è costretto, correndo per chilometri e chilometri in una manciata di istanti.
Si risveglia in un altro luogo, in un altro corpo – eppure è ancora lui, pur nei confini di un sogno al limite tra realtà e finzione.

È solamente un istante – attraversata la mente da un lampo non doloroso né troppo veloce – eppure Tsunayoshi potrebbe giurare di aver visto qualcos’altro negli occhi di Chrome, qualcosa di sinistro e allo stesso tempo familiare. Lo sente anche nel modo diverso in cui lei pronuncia quel “Boss” con cui lo chiama ancora una volta, dolcemente. Sorride ed è sempre lei, sorride e pare sia proprio un’altra persona.
Lo chiama Tsunayoshi, con il suo nome completo. Ed è un brivido, forse, quello che gli corre lungo tutta la schiena. Il suo sorriso si tinge di seducente gentilezza.
-Qualcosa non va, Boss?-
Tsunayoshi la guarda in volto, senza riuscire a dare un nome al timore che l’ha preso, quella sensazione strana che serpeggia sotto la pelle.
Perché sta parlando con lei? Deve pensarci qualche istante prima di ricordarlo.
Ah, sì: la salute di Ken e Chikusa. Anche i due ragazzi sono stati coinvolti nello scontro con i Varia, ed é suo compito morale assicurarsi che niente sia andato fuori posto. Benché quel gesto sarebbe stato sicuramente giudicato come l’assicurarsi di non dover portare alcun peso sulla coscienza, il Decimo Vongola non ha esitato se non per un breve istante ad avvicinare Dokuro, giudicata da lui l’unica persona che avrebbe accettato la sua vicinanza per più di cinque minuti senza dover necessariamente tentare di ucciderlo o di mettergli le mani al collo.
E no, il suo non è certo il tentativo di tirarsi indietro – d’altra parte, quelli sono e rimangono traditori, non altro che questo – e neppure il cedimento di una volontà troppo stressata e sicuramente bisognosa di riposo.
Solo un brivido di incertezza. Lo stesso freddo che emana un corpo privo di vita.
Chrome si ripete, accarezzando con parole dolci la coscienza per un poco sopita di Tsuna.
-Boss, sta bene?-
Il ragazzo strabuzza gli occhi e dopo scuote la testa. Torna a sorridere, ricacciando ogni lieve preoccupazione in fondo al suo animo.
-Certo, scusami…-
E le parla con gentilezza, chiedendo dei compagni – se hanno avuto problemi, se hanno ancora ferite, se sono provati psicologicamente. Lei sorride a sua volta e gli risponde pacata che va tutto bene, che il Boss non deve preoccuparsi di nulla, che è gentile a farlo ma non deve nulla a loro, che può andare via e non voltarsi indietro senza che questo abbia qualche brutta conseguenza.
Tsunayoshi la guarda di nuovo in faccia, portando allo stesso tempo una mano alla nuca per alleviare il leggero imbarazzo che gli ha preso gli zigomi del viso tingendoli di rosso pomodoro.
Ancora, un brivido.
Ma questa volta lo vede davvero, il suo sorriso. E lo riconosce e la paura diventa qualcosa di più che un tremolio a scuotergli le gambe.
Se ne accorge anche Mukuro, che non può più fingere – benché non l’abbia mai fatto, dal momento stesso in cui è arrivato. Erano parole sue e solamente sue, quelle che la voce della ragazza ha rivolto a Sawada.
Allora colora l’occhio di rosso e piega il sorriso a ghigno, palesando più chiaramente ciò che è pur nel corpo della giovane Dokuro.
Prima che quello strilli, pieno di sincera e motivata paura, per la sorpresa e per tutto quello che ora gli annebbia la mente come una matassa informe e gravosa di sentimenti contrastanti, Mukuro attraverso le mani di Chrome lo prende per il colletto della camicia che indossa.
E lo bacia lì, dove le labbra sono schiuse e la volontà si è fermata sul ciglio rosso di carne senza riuscire a spiccare il salto in tempo.

È la nebbia persistente, è la nebbia che tutto penetra e offusca, che rende labili i confini, che rende difficile la vista e ostacola la ragione.
Che non vuole, che non vuole essere considerata solamente una coltre bianca e passeggera.
-Io non sono caduto, Tsunayoshi Sawada. Io sto solo aspettando il momento giusto. Per quanto tu possa andare avanti, per quanto tu possa avanzare, per quanta strada tu possa percorrere, io sarò sempre dietro di te…-
Sussurra, Mukuro, nell’orecchio teso di Tsunayoshi.
Sussurra anche se è perfettamente sicuro che lui lo senta in ogni singolo respiro.
E si ripete, come in una litania, come in un dolce sogno dove ogni cosa è irreale e allo stesso troppo vera.
-Io non sono caduto…-
Tsuna vede i suoi occhi, li guarda facendo scemare pian piano il terrore e diventando sempre più sicuro e deciso. Perché, cogliendo l’augurio per un futuro in quella velata minaccia di morte, non può far altro che provare un familiare è non nuovo moto di ammirazione e calore verso Mukuro.
Verso il suo – suo – Guardiano della Nebbia.
-Ti aspetterò con una mano tesa, Mukuro…-


Cammina, cammina e va avanti, Decimo Boss della famiglia Vongola.
Cammina e traccia il tuo destino con mano sicura.
Non voltarti indietro, non guardare oltre le tue spalle – non ne hai bisogno.
Chi cade, rotola semplicemente nel fango e da lì, impastato, non più si alza.
Credi davvero che io possa rinunciare a te, Tsunayoshi Sawada?
Ti aspetterò, semplicemente, al traguardo…

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