Nightmare

di Per_Aspera_Ad_Astra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wonderful Golden Mask ***
Capitolo 2: *** Brotherhood ***
Capitolo 3: *** R-evolve(r) ***



Capitolo 1
*** Wonderful Golden Mask ***


NIGHTMARE

( WONDERFUL GOLDEN MASK)

 

Salve a tutti gente! Ed eccomi qui con una nuova raccolta con i Mars come protagonisti. Questa storia è un pò diversa perchè è a sfondo d'orrore..spero non vi deluda perchè avevo in mente questa FF da un pò di tempo!
Grazie per l'attenzione.
Enjoy it!
Per_Aspera_Ad_Astra




 



Era pomeriggio, e anche se eravamo dentro quel camerino, la vista che ci porgeva quella finestra era gelida. La neve stava ricoprendo per metà il grosso albero di ciliegio, che ormai spoglio, sventolava i suoi rami come se fosse l’unica salvezza per non annegare nella neve. I fiocchi cadevano come proiettili sulla terra, creando piccoli cerchi che venivano poi abbondantemente ricoperti da altra neve che si ammassava facendo diventare tutto candido, ricoprendo tutto quello che era possibile guardare.
Il fuoco del camino produceva cosi tanto calore da far scendere tante goccioline di sudore dalla mia fronte, ma rimanevo comunque impressionato dalla forza che la natura poteva produrre in nemmeno di un secondo; ero seduto, in tanto che ero avvolto nei miei pensieri, sopra uno sgabello di pelle che mi ero portato poco prima per vedere il paesaggio, gustandomi una tazza di tè caldo che aveva preparato Emma per ognuno di noi.
- Allora Tomo, che fai lì afflitto? Non vai a truccarti?- mi disse la voce di una persona a me molto nota che mi fece rinvenire da i miei pensieri
- Cosa?- mi voltai per guardarlo meglio. Era vestito completamente di bianco: camicia in cashmere, la giacca fatta di un tessuto lucido e dei pantaloni bianchi, penso fossero di jeans ed adornare tutto una cravatta bianca annodata strettamente al collo; tutto quel bianco gli dava una luce un po’ contorta, forse a causa di quei capelli biondi che si ritrovava.
- Per il BLOODYBALLS. Non ti ricordi più perché siamo venuti nel Montana? Ricordi, lo hai detto pure tu di fare questo concerto prima di Las Vegas – mi ripeté per farmi concentrare.
Gli era entrato in testa che voleva fare di nuovo uno di quei balli in cui ti devi impuzzolentire di una sostanza rossa, facendo finta che sia sangue e cantare fino a che non hai più fiato, ballare fino a che le gambe non ti cedono per poi in fine, dopo questo “gran” divertimento, fare una signing line con tutta la gente che ti urla “ un autografo, ti prego” pur avendoti d’avanti.
-Si Jared, lo ricordo. Non mi va però di mettermi in ridicolo come ho fatto gli anni precedenti; sai che quella roba non mi piace- ammisi mentre poggiavo la tazza da tè, ormai solamente calda, sul piccolo ripiano di marmo.
-Che BLOODYBALLS sarebbe senza il sangue? Vuoi che sia il tuo, vero?- mi disse in tono minaccioso – fila subito a vestirti, sai chi è più grande dei due no? Allora non contraddirmi- adorava essere quello più grande, fra noi due, quando voleva. Sapeva sempre che non mi andava di alzare la voce e lui l’aveva sempre vinta, e anche se fosse, lui non so come, sapeva rigirarsi sempre tutto a suo favore.
Mi voltai verso Emma, che stava parlando al telefono con la compagnia di volo che ci avrebbe fatto ritornate a casa il giorno dopo.
- Emma?- chiesi impaurito di aver disturbato la conversazione
-…perfetto, a noi serve solamente quel volo che riporti la band...- si voltò a guardarmi – Mi scusi un attimo per piacere – tappò con la mano il ricevitore e sporse la testa verso di me – Come ti posso aiutare?-
Emma era sempre calma e gentile, non riusciva mai a perdere le staffe anche nelle situazioni in cui un urlo ci servirebbe e come. Era sempre pronta e spigliata, non ti faceva neanche aspettare un secondo, faceva sempre tutto il possibile per aiutarti
- Jared, sai com’è, mi ha obbligato a mettermi quello stupido vestito da pinguino…ma io non lo trovo –
- Non preoccuparti tesoro, è nel tuo camerino pulito e stirato. Pronto per essere indossato- mi fece l’occhiolino e continuò a parlare con la persona dall’altra parte della cornetta.
Cosi come mi disse la segretaria di Jared, andai nel mio camerino attraversando quel piccolo corridoio illuminato che ci teneva tutti uniti in un’unica ala di quel grandissimo teatro. Tirai fuori la chiave argentata e aprì quella porta di legno con su scritto il mio nome; entrai cautamente nella stanza buia sporgendomi con il braccio destro a cercare l’interruttore, fino a quando capì che quella stanza era dotata di alcuni sensori di movimento: cioè ad ogni movimento che facevi in quella stanza la luce si accendeva, in questo modo non c’erano sprechi di energia.
Capì il perché Jared avesse scelto quel luogo.
Sbuffai dopo aver fatto la mia considerazione e appoggiai con un colpo sonoro la chiave al piccolo comodino in mogano vicino la porta.
La stanza non era grandissima ma racchiudeva, in quel piccolo spazio, tutto quello che si desiderasse. Il pavimento era di marmo liscio sul bianco e sul beige, le fantasie gli facevano fare dei cerchi e delle linee contorte; la luce era soffusa creando ancora di più una situazione di calma e relax, tutto questo “bagliore” veniva rafforzato anche dal colore rosso che veniva dato dalle tende lunghe di lino che coprivano gran parte della grande finestra. Un grosso letto matrimoniale era posto sotto una delle cose più belle che avessi visto nella mia vita: un gigantesco lampadario se si estendeva come rampicanti sul soffitto, facendo cadere qualche filo rosso con attaccate, forse, piccole schegge di cristallo.
Non ero mai, e ripeto mai, stato in posti del genere; in posti che ti facevano venire la voglia di chiedere sempre di più e sapere di stare pagando anche l’aria che respiri. Respirai a pieni polmoni quell’aria di extra lusso e vidi che, posto ad agiatamente sul letto, si trovata il vestito che avrei dovuto indossare per la serata.
Era tutto nero di velluto, con una camicia candida bianca e un miserabile papillon dello stesso colore del vestito; mi cinsi a toccare il foulard dentro il taschino quando capì che non era tessuto ma bensì carta; lo tirai fuori quando vidi che era un misero bigliettino scritto velocemente:
“Spero che i tuoi peggiori incubi si possano avverare questa sera”
Mi intimava cosi il bigliettino che avevo tirato fuori dal vestito, un ghigno mi fece capire che lo aveva scritto Jared…gli piaceva divertirsi prima di fare un BLOODYBALLS, forse per aumentare la nostra adrenalina…oppure se non fosse stato Jared? Ma qualcuno che avesse messo appositamente quel biglietto per farmi paura? Bussarono alla porta e mi irrigidì , un brivido congelato mi trapasso i vestiti percorrendo la schiena facendomi rabbrividire; quanto sono sciocco, sono sempre cosi emotivo che non capisco mia quando è uno scherzo pensando sempre al peggio.
Misi la mano fredda sulla maniglia di metallo e feci scattare la serratura, quando aprendo la porta emisi un’ insensato urlo che mi si blocco in gola facendomi chiudere la porta subito dopo; il mio torace stava andando su e giù come una montagna russa facendomi partire il cuore come un’auto in corsa, stavo praticamente tremando come un bambino quando senti una risata beffarda dall’altra parte della porta.
-Idiota…sono io- mi disse Jared tenendosi per non farmi sentire ancora più a disagio.
Aprì la porta e mi ritrovai quella cosa che mi aveva fatto sussultare poco prima: Jared era praticamente insanguinato dalla testa ai piedi, delle piccole goccioline di quella sostanza gli scendevano ancora sul vestito lucido bianco facendo sembrare quel sangue vero; e poi la cosa che mi diede angoscia fu proprio la maschera come quelle veneziane che gli copriva la parte anteriore del viso, facendo risaltare quel grosso naso dorato che usciva dalla maschera.
-Mi hai fatto spaventare, sei un deficiente-ammisi arrabbiato, spostandomi per farlo entrare – dopo quello scherzo stupido che mi hai fatto, era ovvio che mi spaventassi- gli ringhiai per fargli capire che aveva esagerato.
- Quale scherzo Tomo?- inarcò la testa con fare ingenuo. Lo leggevo nei suoi occhi, coperti anche da una stupida maschera, che stava dicendo una bugia.
-Questo, deficiente- gli ripetei sventolandogli il foglio davanti al naso, per giunta finto.
Si tolse la maschera, e la sua faccia diventò rossa quando lesse il contenuto; alcune gocce di sudore gli stavano rigando la tempia e il sangue che si era spalmato in faccia era ormai sparito, o rimasugli rimasti si annidavano vicino l’occhio e la mascella.
-Sai…- disse leggendo – questo coso è arrivato anche a me, pensavo fosse uno scherzo di James – disse sorridendo.
Alla sua affermazione restai paralizzato e un brivido freddo fece sussultare il mio cuore già impazzito. Quindi se non era stato lui..chi era? Chi era che voleva farmi venire un infarto?
La finestra si aprì di colpo facendo sbattere il vetro contro il muro portante, la piccola pioggerella di prima si era trasformata in una tempesta di neve, mi voltai di scattò e serrai gli occhi per la paura.
Cazzo…avevo paura davvero.
-Tranquillo Tomo, è la finestra- mi tranquillizzo accarezzandomi la spalle, per poi passarmi vicino per chiuderla.
Quella notte sarebbe stata molto lunga, e sapevo che sarebbe cominciata proprio ora.
-Ora vado, ti lascio qui quella cosa che ti piace tanto – poggio sopra il grosso comò una bottiglia spray con quella sostanza che odiavo – non farti prendere dal panico ok? Qualunque cosa succeda io e Shannon siamo al piano di sopra…- mi diede una forte pacca sulla spalla e mi sorrise per tranquillizzarmi.
Se ne andò sbattendo con calma la porta e io rimanevo solo il quella stanza mentre pensavo a qualcosa per distrarmi da questa stupida cosa che mi era accaduta. Guardai quella cosa sul comò e un ghigno di sofferenza mi si formo sulle mie labbra: avrei dovuto cospargermi quel vestito e la mia faccia di quella cosa… Sospirai ed iniziai il lavoro.

**

Il telefono continuava a squillare, ma la mia pigrizia mi impediva di aprire gli occhi e cercare di farlo smettere, chiunque mi stesse cercando sarebbe venuto a dirmelo personalmente. La chiamata cessò e il telefono smise di vibrare, solo il rumore del silenzio si espandeva nella stanza, il mio respiro si fece più affannoso fino a quando il telefono ricominciò a squillare facendo muovere anche il comodino vicino al letto. Aprì gli occhi quando una presenta davanti a me mi fece sussultare; mi avvicinai piano alla spalliera e un affilato coltello pendeva sopra di me, come la sorpresa precedente, il foglio pendeva insieme a quell’arma micidiale.
“Voglio solo divertirmi”
La mia bocca si aprì facendo uscire lunghi sospiri ritmati, avevo il cuore in gola e sapevo che sarebbe rimasto li per tutta la durata della serata; afferrai il mio cellulare e con le mani tremanti riuscì ad aprire la telefonata.
-Dove diavolo sei?- mi rimproverò Brian - Dovevi essere qui da circa mezz’ora, lo show inizia tra quindici minuti; Jared e Shannon sono qui ad aspettarti fa prestò- non mi diede il tempo di contraddire che chiuse la chiamata.
Tra quindici minuti? Quindici? Ero in assoluto ritardo, non potevo pensare a queste cose..si lo so stavano cercando di farmi diventare pazzo ma non oggi, un altro giorno ma non oggi. Mi alzai e staccai quel coltello poggiandolo sul letto, mi avvicinai allo specchio per rendermi almeno presentabile: mi pettinai i lunghi capelli e mi spruzzai un altro po’ di quella sostanza sulla camicia e sulle mani, le prolungai sulle braccia e mi sporcai anche un po’ il viso, per quanto odiavo quella cosa mi piaceva un sacco l’effetto che dava. Usci dalla camera di corsa chiudendo e portandomi dietro la chiave, la gente che mi vedeva mi guardava inorridita: ma non lo sapevano che c’era uno show del genere? I passi si facevano più veloci e le gambe mi stavano tremando per la stanchezza quando vidi Shannon che mi sorrise e mi guardò sorpreso.
-Che diavolo hai fatto Tomo? Stavamo per chiamare i cani – ironizzò Shannon dandomi una pacca sulla spalla per accompagnarmi vicino il palco.
Tutto era immerso nel buio più assoluto, a stendo riuscivo a vedere la mano di Shannon che mi strattonava per arrivare alla porticina che illuminava quella stanza; sentivo il vociare di persone che mi passavano vicino, di persone che parlavano di questo maledetto ballo, mi sentì quasi trascinare dalla parte opposta quando mi girai e vidi una persona di profilo con la stessa maschera di Jared correre per poi sparire nel buio.
-Tomo?- mi disse Shannon preoccupato.
Ero rimasto immobile a fissare quella persona inghiottita dall’oscurità- Tomo, ti senti bene?- si mise davanti a me cominciando a muovere la sua mano davanti a miei occhi
-Cosa?...Scusami, mi ero perso a guardare…una bellissima maschera – mentì deglutendo con tutte le forze il cuore che mi era rimasto in gola, ma rimaneva lì senza farmi respirare.
-Dai andiamo…Brian ti ucciderà se non arrivi entro i dieci minuti che gli rimangono per accordare la tua chitarra-
-Va…b-bene- balbettai e mi voltai facendo passi sempre più lunghi.
Arrivati alla porta gli occhi di Brian mi si puntarono contro, e forse una rabbia mia vista mi trascinò vicino a lui per aiutarlo ad accordare la Gibson, intanto James ed Evan accendevano tutte le luci sul palco e le sistemavano per rendere tutto più tetro, mentre Silly puliva e raccattava tutto quello che c’era in giro.
-Allora Tomo dimmi tutte le canzoni che fate..- cominciò a dirmi Brian – Se partite da The Kill o da Stranger in a Strange Land –
Mi guardai intorno per capire dov’era finito Jared, ma di lui nessuna traccia…forse era quella persona che mi aveva fatto male poco prima. Il mio respirò si fece affannoso e la testa cominciava a rimbombarmi facedomi cosi male che dovetti tenerla tra le mani, e mentre chiudevo gli occhi l’immagine di Jared alla porta mi fece rabbrividire.
- Non ti senti bene? – mi ripeté Brian.
- Glielo detto pure io prima, ma ha sciato il discorso- s’intromise Shannon mentre si aggiustava la giacca bianca sporcata di rosso.
- Non è che ho sviato il…- un dolore atroce alla testa non mi fece finire il discorso.
- Vabbè, non ti preoccupare chiedo a Jared quando ritorna-
Quando sentì quel nome, rizzai la schiena e guardai dritto negli occhi Shannon – Dove tuo fratello?- chiesi preoccupato.
- Penso che sia…- non finì la frase che apparve in tutta la sua tetra bellezza.
- Stavate parlando di me?- sorrise e un ghigno famelico gli disegnò la faccia
-Che fine avevi fatto? Tomo era in pensiero per te- Shannon rise accompagnato da Brian, che accecato dal mio sguardo continuò ad accordare la chitarra.
-Eri in pensiero per me?- rise – Non farti un peso di me, Tomo! Non c’è nessuno che vuole farti del male- si avvicinò a me e l’ultima frase me la sussurrò vicino l’orecchio facendomi venire un leggero brivido – almeno per ora-
Abbassai lo sguardo e guardai le scarpe nere ingessare i miei piedi, mi sarei messo nei guai se avessi detto tutto quello che mi era accaduto prima di questo ingresso scenico di Jared.
-Sapete- Jared interruppe tutti noi, e anche i miei pensieri. Lo guardai fisso negli occhi e lui fece lo stesso con me – sia a me che a Tomo sono capitate strane cose, ci è arrivato un bigliettino minatorio e forse anche a lui sarà successo…sopra la mia testa c’era un bellissimo coltello- deglutì alla fine della sua frase.
Il cuore non voleva saperne di scendere e il grosso peso in gola si faceva sempre più prorompente - E successo…anche a…me- guardai in faccia tutti che mi guardarono scettici e poi riguardarono Jared.
-L’ho ricevuto anche io il bigliettino, sapete?- Shannon si intromise di nuovo e la sua faccia cambiò sguardo diventando più dolce nei miei confronti.
- Che bello, un serial killer ci vuole morti la stessa sera del BLOODYBALLS. Questa cosa mi eccita sempre di più- disse avvicinandosi con fare felino vicino la finestra. Poi di scatto si girò e venne verso di me – hai paura Tomo? Non ti fa divertire questa cosa?-
Mi alzai e sbuffai, mi aveva seccato questo suo atteggiamento…non era mai stato cosi, questa cosa gli aveva dato alla testa. -Allora se ti “eccita” cosi tanto, fatti uccidere in un bel lago di sangue..non dovremo inquinare l’ambiente con lo spray che ci hai dato la prossima volta- mi alterai e toccandomi ancora la testa dolente intanto mi avvicinai alla porta.
Tutti rimasero a bocca aperta dalla mia risposta, tanto che Jared mi diede le spalle guardando attentamente la finestra. La voce della gente che riempiva il partèrre mi fece capire che eravamo prossimi al concerto, e io non dovevo far altro che calmarmi e dare il massimo che potevo…d'altronde non mi sarebbe successo nulla, c’era troppa gente per fare qualcosa e il BLOODYBALLS sarebbe finito molto tardi.
-E ora di andare- gli annunciai precedendo Emma che di corsa era arrivata per annuciarcelo, Shannon mi passo vicino gesticolando con le bacchette agurandomi buona fortuna e concedendomi uno dei pochi sorrisi che potevo vedere giornalmente; Jared mi passò, invece, vicino infuocandomi con il suo sguardo per poi sospirare e toccarmi la spalla con fare amichevole
- Scusami, non pensavo che ti avrebbe fatto cosi male- si scusò e scappò sul palco e quando senti le urla delle Fan capì che era il momento.
Tutto era adornato da una luce soffusa e calda, il rosso acceso del sangue di Jared brillava sotto i riflettori, il palco puzzava di plastica e mentre James diceva le ultime parole, Jared si girò verso di me concedendomi anche lui uno dei suoi ricercati sorrisi e fatto questo si infilo la maschera dei miei incubi. In telone rosso si abbassò e il buio si fece spazio tra di noi…

**

La mia testa mi girava cosi forte che pensavo stesse cadendo, le mie gambe e le mie braccia erano un forte pungere come se in sangue non circolasse più, i polmoni li sentivo comprimere il cuore facendomelo battere lentamente ma un forte dolore mi colpiva in fianco destro come se mi avessero lacerato la pelle.
- Ti è piaciuto il concerto?- una voce rauca mi rimbombava in testa come se mi stesse parlando vicino, ma non sentivo il calore di nessuno sulla mia guancia.
Gli occhi erano sbarrati come se non volessero vedere cosa c’era intorno, e tutto questo mi faceva ancora più paura…ad un certo punto era come se il mondo si fosse fermato e anche il mio respiro si fosse placato e il rumore del silenzio di attanagliava nelle mio orecchie, facendomi sentire un leggero sibilo che inondava il mio timpano facendo però irrigidire. Odiavo quel suono. Quando cercai, però, di coprirmi le orecchie capì che non potevo farcela ma non perché non avevo forze ma perché qualcuno non me lo aveva concesso, le mie mani era intrappolate ed erano legate cosi strette che quasi non le sentivo più…era cosi anche per le gambe e tutto mi faceva cosi male che se avessi gridato non sarei riuscito neanche a pronunciare il suono, tutto era compresso e isolato che nemmeno nei miei peggiori incubi sarebbe successo una cosa del genere.
Mi feci forza e aprì un piccolo spiraglio della palpebra, quel poco che mi serviva per vedere dove mi trovano, ma l’unica cosa che riuscì a vedere era il buio davanti a me..cosi mi convinsi e spalancai gli occhi, mi accorsi che mi avevano legato mani e piedi ed ad ogni mio sforzo tirava sempre di più, la mia pelle si estendeva sempre di più quasi lacerandola ma io non riuscivo a urlare perché stavo pensando a come far smettere di sanguinare una ferita che avevo al fianco.
-Non ti piace il gioco a cui stiamo giocando?- mi ripeté una voce in lontananza che poco a poco si avvicinava a me.
-C-c-chi…sei?- sibilai cercando di far smettere che quel liquido rosso scarlatto continuasse a uscire dalla mia pelle.
-Una persona molto vicino a te, che ti conosce molto bene mio caro Milicevic - rise e accese una misera luce che illuminava il centro della stanza in modo fioco.
Come faceva a sapere come mi chiamavo? E poi cosa gli avevo fatto per ricevere tanta “considerazione” da lui? Cosa voleva da me? A che scopo voleva arrivare? Si avvicinò alla luce e l’immagine che mi si parò davanti fu devastante…Jared? Perché lui? A che stupido gioco voleva giocare? Era coperto con la solita maschera veneziana ma questa volta era dorata e brillava come l’oro, un impermeabile nero gli copriva quel vestito bianco che si faceva intravedere a causa dei pantaloni…
- Jared?...Perché tutto questo?- lo intimorì urlandogli ma a sua risposta ricevetti una insulsa risata.
- Jared? Dici? Gli assomiglio cosi tanto?- continuò a ridere venendo verso di me poggiando le dita, fasciate da grossi guanti di lana, sulla ferita che si faceva sempre più scura. Inghiotti l’urlo mozzato che mi si era formato in gola e recepì una forte scarica elettrica che mi salì fino al cervello, facendomi cosi male che dovetti girare il capo mordendomi il labbro inferiore per non sentire il dolore precedente.
- Fi..ni..scila, pezzo di idiota. Potevi…dir…melo che ti passava nella mente..una cos..- infilò due dita nell’apertura e dopo che le tolse le inumidì con la lingua.
-Hai un buon sapore sai?- disse leccandosi il dito – Dimmi ti piace questo gioco che ho preparato per te? Io mi sto divertendo un mondo, sai? – concluse giocando con l’interruttore a corda che pendeva dalla lampadina Il dolore si ripercuoteva su di me non facendomi respirare, fino a quando capì che mi aveva legato a un letto e più io tiravo più la mia ferita si apriva..era tutto in incubo pessimo. Non capivo il perché quella reazione di Jared, perché adesso era cosi..prima non era mai stato in questo modo…e questo mi faceva sempre più paura.
- Assomiglio quindi tanto a Jared?- mi disse sorridendomi e sporgendosi verso di me con una lama affilata mi tagliò il sottile strato della guancia procurandomi un forte bruciore che mi fece uscire un fastidioso gemito – mi piace quando le persone soffrono..come tu e i tuoi amici avete fatto soffrire me- disse aprendo una forte luce che mi accecò mostrandomi un lungo tendone nero.
– Ti va se lo scopro?- esordì mostrandomi i suoi denti perfetti. Sfilò un piccolo nodo quando tutto le idee che mi ero fatto fino a poco tempo prima erano svanite: Shannon e Jared erano intrappolati in una vasca colma di acqua, i loro corpi si muovevano lentamente e le tante bolle che uscivano nelle loro bolle urlanti facevano capire che avevano poco ossigeno. I loro urli ovattati dall’acqua mi rimbombavano nelle orecchie cosi come i pugni che Shannon dava a quel muro di plexiglas.
- Guardano come si dimenano…- rise - ..ora dovrete soffrire come ho sofferto io, perché è stata colpa vostra se avete ridotto cosi la mia vita…- le parole veloci lo fecero calmare e un grosso respiro mi fece capire che stava piangendo. Cercai di vedere i suoi occhi per guardarlo dritto in faccia, ma quello che ricevetti fu una gelida occhiata da quegli occhi di cristallo.
- Aspetta…perché dici cosi? …che abbiamo fatto per farti cosi male?- cercai di calmarlo con le poche speranze che avevo, volevo salvare la mia vita e quella dei miei amici.
- Tu..non devi sapere nulla sul mio conto- mi urlò dritto in faccia. Il suo respiro era a un passo dalla mia bocca, era affannoso e ritmato proprio come se stesse cercando di farmi capire qualcosa..ma le sue iridi mi avevano congelato facendomi rimanere immobile.
-Adesso…- iniziò- giocheremo al mio gioco preferito…- parlò asciugandosi le guance con il palmo delle mani – chi muore prima?- alzò il tono della voce e si avviò verso l’oscurità di quella stanza.
Ero in preda al panico, Jared e Shannon si dimenavano per rompere quel vetro ma i loro sforzi erano inutili, erano sigillati dentro. Sentì dei passi dietro di me quando il naso dorato mi spuntò vicino la guancia sanguinante.
– Come tuo ultimo desiderio?- sibilò per non farsi sentire da gli altri due.
- Se… se…devo morire…non voglio che loro mi vedano- dissi queste parole con il poco di fiato che mi rimaneva - Va bene, avrei avuto in mente una cosa epica…ma è il tuo ultimo desiderio- disse mentre copriva la visuale ai due fratelli, che intanto si dimenavano perché avevano capito cosa stava succedendo. Senti un leggero “no” pronunciato da Jared, mentre i pugni di Shannon si facevano sempre più forti; si avvicino a me e un leggerò ghigno gli deformò il volto, serrai gl’occhi e trattenni il respiro, irrigidì i muscoli e la saliva mi si seccò in gola.
Era finita…lo sentivo…

**

Annaspai e sussultai, ma fortunatamente il letto riuscì a sorreggermi da una brutta caduta, aprivo e serravo gli occhi come se stato sorpreso da un brutto incubo, la mia fronte grondava di sudore che sentivo le tante piccole goccioline salate scendermi fino ad arrivare al collo, i miei capelli erano come incollati sul viso mentre il mio cuore cercava di calmarsi con il poco ossigeno che avevo in corpo.
- Mi hai fatto prendere uno spavento!- incalzò Jared che teneva tremante un pezzo si stoffa – la prossima volta non ci sarà nessun’infermiere come me se farai un altro scherzo come questo. Mi avrai fatto già morire d’infarto- sorrise poggiandomi con cura la soffice stoffa per asciugare il sudore.
-Do…do…ve siamo?- cercai di fargli capire la frase pronunciata.
- In albergo, dove vuoi che siamo?- mi guardò scettico – ora stenditi e prendi questa cosa..- mi invogliò a prendere una piccola pastiglia rosa.
-Grazie..Jared, sei un vero amico…- abbassai lo sguardo e ingoiai con un po’ d’acqua la pillola che mi scese giù nello stomaco - Questo e altro Tomo- mi sorrise comprensivo – aspetta qui che vado a chiamare Shan, era in pensiero anche lui. Non l’ho mai visto cosi!- disse alzandosi dal letto digitando sul suo BlackBerry il numero del fratello, quando un rumore mi fece spaventare. Era il mio cellulare
…un messaggio…
“Sei pronto a giocare?”

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Capitolo 2
*** Brotherhood ***


BROTHERHOOD

Non mi odiate per il super ritardo, ma ho cnacellato cosi tante volete questo cpaitolo che penso che farà ancora più schifo =(. Spero che il POV di Shannon nono vi lasci a bocca asciutta, e che sopratutto non mi odierete per quello che ho fatto ( io voglio davvero bene a tutti e tre :DD)
Prima di leggerlo però vi voglio fare una domanda prima di postarvi la prosisma volta l'ultimo POV ( Jared) : Chi è seocndo voi la persona misteriosa? Cercate di non indovinarlema subito però! xD
Enjoy!




E’ la quarta volta che mi guardo allo specchio in cerca di formulare un discorso che non abbia una sfilza di “ma, perciò e non saprei”, ovviamente tutte e quattro le volte che cerco di farlo balbetto e la finisco per tirare giù qualche santo. Me lo ripeto anche da solo ma non posso farci niente, io non ho pazienza come mio fratello: per lui possono passare anche anni per dargli una risposta lui ti aspetta senza muovere un dito o ricordartelo, perché ha fiducia nelle persona con cui parla.
Si certo, fiducia…
Mi rimetto, quindi, davanti lo specchio e faccio un grosso respiro trattenendolo poco dopo per far si che le parole mi fluiscano rapidamente senza prendere poi aria, chiudo gli occhi e li riapro fulmineamente e alzando il petto comincio a parlare.
- Senti…sai come la penso su questa cosa, lo pensa anche Tomo, quindi adesso siamo uno contro due e non puoi fare altro che lasciarci andare- presi di nuovo il respiro e lo ributtai subito dopo -…ti dicevo prima che a noi piacciono le tue idee ma questa l’abbiamo sopportata già tre anni fa, è inutile fingerci interessati a questa cosa…sembriamo ridicoli e non la sopportiamo questa cosa. Puoi aver ragione tu sul fatto della commercializzazione, ma dai stiamo scherzando? Io mi sento uno stupido pinguino inscatolato!- finì quasi per urlare le ultime parole. Buttai le ultime particelle di anidride carbonica e inalai tutte quelle d’ossigeno.
Sembri un’idiota!
Mi guardai nuovamente allo specchio per deridermi meglio: avevo delle occhiaie che mi stavano sprofondando fino all’apertura della bocca, il colore roseo che avevo di solito era diventato un bianco che si fondeva con il giallo facendomi diventare ancora più tetro e infine il colore dei miei occhi che di solito era di un caramello accesso si era sciolto il un corvino scuro. Gli indumenti che avevo addosso mi facevano sembrare un barbone più di quanto non lo ero interiormente, la maglia grigia faceva intravedere le mie scapole decorate da un filo nero a cui era appesa la “triade”, la grossa felpa nera con la zip colorava di poco la pelle coperta. Mi sentivo cosi cretino mentre parlavo da solo, ma non potevo fare altro avrei per l’ennesima volta tradito mio fratello senza che lui se ne accorgesse. L’ho fatto cosi tante volte che ormai ho perso anche il conto di quante volte lui mi potrebbe mandare a quel paese. Ma lui non lo fa.
Si fida di me.
Lui si fida della gente, lui si fidava di te.

Stringo gli occhi per cacciare questi brutti pensieri e li riapro velocemente per girarmi, per prendere il bicchiere di vetro scintillante riempito d’acqua; scendeva fluida e fresca giù in gola arrivando di soppiatto nello stomaco creando un piccolo ciclone, mi sentì pieno e lo posai nuovamente dov’era.
Mi rimisi davanti allo specchio quando una figura fulminea, nitida e evanescente si formò dietro le mie spalle, quasi come se mi potesse vedere mi sorrise e sparì come era venuta. Girai di scattò il capo e nulla era cambiato: il letto era lì, la TV pure e anche il resto della stanza…tutto era rimasto come lo avevo lasciato prima che quella cosa tetra mi apparisse dietro le spalle. Mi stavo auto-convincendo che quella giornata era “no” e sarebbero potuti accadere qualsiasi genere di cosa, dalla più inutile alla più spaventosa come questa.
Tutta per colpa di quel Bloody balls del cazzo!
Si è vero, io avevo paura di quel balletto insanguinato aveva l’aria di un ballo satanico e queste cose mi facevano più paura di un alieno o di qualche altra cosa spaventosa. Ecco svelato il mistero della mia più completa negazione a quella festa; avevo sopportato per tre anni la paura che si arrampicava sopra di me, avevo sempre detto che sarebbe passato come una tempesta..ma Jared amava le cose tetre in quel tempo e non potevo dirgli come sempre di no…
Lui si fidava di te…
Mi tolsi il leggero sudore con il dorso della mano cercando di non pensare a tutto quello che stava succedendo, mi sembrava che tutto, persino l’aria mi stesse opprimendo in una stretta bolla e tutto questo non mi faceva respirare, anzi io in tutto questo non volevo respirare. Ancora le goccioline cariche scendevano senza mai placarsi fino a quando erano fermati dal passaggio lento della mano. Il leggero bussare sulla porta bianca, alla mia sinistra, mi fece sobbalzare e farmi ritornare alla vecchia e spaventosa realtà.
Cercando, quindi, di cacciare i pensieri mi si presentò davanti un Tomo seccato e alquanto incazzato che mi prese per le spalle e cominciò a scrollarmi rapidamente
-Tu mi devi dire quando la finiamo con questa pagliacciata!- sputò in cerca di farmi capire quanto era arrabbiato – io no lo reggo più, tu devi aiutarmi a dirglielo..è tuo fratello no? Allora portalo più lontano da me - finì di sfogarsi e respirò intensamente – ti prego fa qualcosa altrimenti gli alzo davvero le mani- Lo guardai stranito e strattonai la sua presa dalle mie braccia facendomi spazio tra noi
– Adesso che diavolo ti ha fatto?- gli domandai prima di versargli dell’acqua nel bicchiere, per poi chiudere la porta di noce bianca rimastra precedentemente aperta
- Non lo so, non lo sopporto più mi sta rompendo l’anima con questo balletto…pur sapendo che io lo odio- mi confessò sedendosi sulla poltroncina beige per poi dissetarsi con l’acqua che gli avevo dato
-Stavo pensando anche io la stessa cosa sai? Io intanto mi stavo preparando un bel discorso da fargli per dirgli che non lo vogliamo fare. L’unico che lo approva è ovviamente Tim ha lui non gliene importa niente, vuole solo i soldi che gli spettano- dissi con un accento di sarcasmo
-Allora vai lì a parlare ti prego, perché non voglio impiastrarmi con quel maledetto coso- mi pregò Tomo
E lui che si fidava di voi…
Scacciai via il rimorso e ci dirigemmo verso il suo camerino che stranamente era aperto, lui amava la solitudine prima di fare un concerto..che si sarà portato la compagnia? Aprì la porta e quello che mi si presentò era un Jared altamente spaventato che si aggirava monotonamente per il camerino. Il vestito che aveva prenotato era ancora chiuso nel cellofan brillante, mentre su di lui nemmeno l’ombra di quella sostanza rossa che aveva ancora chiusa in una bottiglia spray di alluminio.
-Che ci fate qui?- chiese ancora scosso – non siete già pronti per il concerto?- domandò tenendosi tra le mani le tempie pulsanti
- Era proprio di questo che volevamo parlarti…- iniziai il discorso
-Se volete cambiare testi ditelo ad Evan lui sa tutto – continuò a toccarsi le tempie mentre passeggiava stranito ancora per la sua stanza
-Scusami Shan, Vicki mi sta chiamando scappò subito- mi sussurrò vicino l’orecchio per poi svanire tra il via vai di gente
-Perché è andato via? Dovevate dirmi qualcosa di importante? – disse con un tocco di tristezza mentre i suoi occhi diventavano lucidi
Entrai nel camerino e chiusi la porta dietro di me, tutto era nell’ordine più perfetto anche la cicca di sigaretta era messa in ordine sul portacenere come se avesse perso tempo il più possibile per dimenticarsi di qualcosa.
- Si, in effetti io e Tomo volevamo dirti una cosa riguardo al Bloody balls – iniziai il discorso mentre lui mi guardava serio seduto sul letto guardando lo specchio di fronte a lui – lo crediamo inutile farlo adesso visto che io nostro album parla di tutt’altra cosa che morte e sangue. Ovviamente noi apprezziamo tutte le tue idee ma le sopportiamo da dodici anni e per una volta vorremo fare di testa nostra: io e Tomo avevamo pensato a una presenza scenica piena di fuochi d’artificio e di colori..per valorizzare tutte le canzoni che hai scritto – cercai di lodarlo per coprire un po’ quello che avevo detto
-Che hai detto?- mi intimorì guardandomi fisso negli occhi
-Che vorremmo valorizzare le canzoni con un po’ di colore…- cercai di sviare mentre mi avvicinavo verso la porta
-Prima..- alzò il tono di voce mentre si alzava
-Fare di testa nostra…me…Tomo, cioè insieme- iniziai a fare quello che non avrei voluto fare per tutta la serata: balbettare e sentirmi in imbarazzo
-Sopportato per dodici anni?- abbassò il tono di voce guardandomi impaurito – mi avete sopportato? Mi accontentavate sempre altrimenti avrei fatto il broncio?- si irrigidì davanti a me
-No, non è cosi Jared…noi non volevamo darti il contentino..ma sai..tu sei cosi..- sbagliai. Vidi il suo viso trasformarsi in una smorfia di dolore, la sua mano cadde su suo cuore e strinse fortemente la leggera maglia che lo copriva. Si avvicinò sempre di più a me, fino a quando mi ritrovai con le spalle al muro mentre la stessa mano che toccò il suo cuore mi incatenò al muro spingendomi sempre di più, fino a quando sentì quasi la sua mano che me lo strappava.
-Io, sono cosi come? Dimmelo!- mi guardò fisso negli occhi- pensi che non me ne sia mai accorto-
-Io..non volevo…intendere quello- chiusi gli occhi e afferrai la sua mano che premeva sul mio petto. Mi stava facendo male. Troppo male.
-Allora che cazzo intendevi? Mi hai sopportato per trentanove anni e me lo dici solamente adesso per sbarazzarti di questo “stupido ballo”? Non hai mai avuto le palle per dirmelo in faccia in questi anni. Mi fai schifo- lasciò la presa per poi girarsi e passarsi velocemente una mano nei capelli biondi Il mio cuore batteva velocemente come quando vidi quella immagine nello specchio, tutto mi sembrava un bruttissimo incubo, ma era vero. Io lo avevo sopportato..e lo avevo tradito senza che lui se ne accorgesse. Merda. Si, sono una merda.
- Ti ho tradito tutto questo tempo- buttai tutto quello che pensavo – ti ho tradito perché tu coprivi tutte le scene, mi coprivi quel piccolo spazio che mi ero creato con la passione che trasmettevo con la musica che creavo. Tu e quel bel faccino che ti trovi, tutti parlavano del tuo cinema, tutti parlavano della tua bravura, tutti parlavano della tua voce, tutti parlavano dei tuoi occhi blu, tutti parlavano di te. Io, Tomo e…- non riuscì a pronunciare quel nome, che ormai mi ronzava nella testa da tanto tempo. – Matt…- continuai – eravamo stanchi di te, eravamo stanchi delle tue bambinate, perché solo cosi si potevano chiamare cosi, erano delle stupide feste e delle tue stupide idee per i video. Forse non lo capisci ma la gente ci rideva dietro quando tu camminava la gente non apprezza quello che tu fai. Loro non lo capiscono, come non lo capiamo noi. – esagerai con le parole, tanto che anche io mi trovai a meravigliarmi di ciò che gli avevo detto. Sapevo che avevo centrato il suo punto debole, ma come se non fossi stato concento continuai a infierire – Sai che ti dico? Non vedi che ormai nessuna donna ti segue più, nessuna donna ci vuole provare con il “buon caro e vecchio Jared”? Perché tu sei diverso..nessuno può sempre capirti per tutte le volte che mandi messaggi con i tuoi occhi e con i gesti, le persone si stancano a venirti dietro dopo un po’.. esempio? La Diaz, la Johansson, la Lohan..vuoi che continui ad elencartele? Tutte più giovani di te, che dopo un po’ hanno deciso che non c’è la facevano più a venirti dietro a dire di darti un’altra possibilità..era finita. Con tutte hai dato il tuo massimo, ma nessuna lo sopportava più, e neanche noi Jared… - respirai. Merda. Merda. Merda.
Lui era ancora voltato, non riuscivo a vedergli il volto quindi non riuscivo a capire se lo avevo ferito o no, mio fratello era uno delle poche persone che con un segnale del viso potevi scoprire vita, morte e miracoli. Si stirò la schiena e portò le mani sul viso: perfetto. Lo avevo fatto piangere. Non mi guardò neanche in faccia che si diresse verso lo specchio a guardarsi, poi con un fazzoletto si pulì il viso e tirò tutto col naso.
- Vattene- sibilò a bassa voce
- Jared..- cercai di rimediare
- Ti ho detto che te ne devi andare. Non ci sono scuse. Puoi anche andartene per sempre dalla mia vita, se vuoi..anzi fallo direttamente – cominciò – …tanto è quello che hai fatto. Quindi adesso prendi tutte le tue cose e vattene via. Anche dal gruppo- concluse sedendosi sullo sgabello vicino alla scrivania.
La rabbia mi saliva su per le viscere facendomi tremare anche le mani, io lo avevo ferito gli avevo fatto del male ma non ero sazio, non mi sentivo totalmente compiaciuto di quello che avevo fatto…e non sapevo il perché. La mia coscienza e mio cuore mi dicevano che io volevo troppo bene a quella persona per farla soffrire ancora, mentre il cervello si ostinava a infierire fino a quando non lo avrei visto con le lacrime che scendevano calde sul suo viso.
-Se me ne devo andare quello lo decido io va bene?- alzai il tono della voce e senza che me ne accorgessi ero lì vicino a lui mentre con gli occhi mi guardava impaurito – tu non conti niente come non conto niente io, tu e io abbiamo creato questa band e non ti permetto di dire nulla sulla mia esclusione della band – continuai mentre avevo preso le redini della conversazione. Non avevo mai avuto una discussione cosi accesa con mio fratello, era sempre successo che discutevamo nessuno parlava l’altro per un paio di ore e poi uno dei due ritornava sempre ad abbracciare l’altro e tutto era risolto; non avevamo mai liti troppo agitate o frequenti, alcune volte si litigava per il testo delle canzoni ma eravamo sempre in coppia e ci difendevamo a vicenda. Sempre. – Ti premetto che anche tu non conti più nulla per me, perché tu non sei stato mai importante per la mia sopravvivenza- sbuffai – quante menzogne si dicono mio caro no? Anche io dicevo che tu eri indispensabile per me, ma non è mai stato cosi…e non lo sarà mai- lasciai la presa che avevo attorcigliato attorno alle sue spalle e mi tirai indietro di qualche passo. Ero contento della sua completa distruzione.
- Grazie…- abbassò gli occhi indifeso, mentre con la mano destra si puliva gli occhi arrossati e colme di lacrime- ..ho capito di essere una nullità, pensavo di fare cose che sarebbero piaciute a tutti invece sono un fallito. Sono una merda…- non concluse la frase che una serie di piccoli singhiozzi e ritmate convulsioni dell’addome si presero possesso del corpo inerme di mio fratello.
Non è lui la merda…sei tu.
Non sapevo che fare, ero nel panico più assoluto..avevo praticamente distrutto la cosa più bella che mi era capitata nella mia vita e non sapevo come rimediare, come un peso più grande di me mi opprimeva facendomi male…più male di quello che lui aveva fatto a me.
-Io…io…vado…- percorsi pochi passi e misi la mano sulla maniglia mentre sentivo ancora quei leggeri sibili di dolore. Tirai aria e la buttai vita. – Ti..voglio bene…- dissi con tono calmo e sensibile. Aprì la porta e la chiusi subito dopo di me.
Scusami.
Tirai un pugno sulla sua porta, dopo un po’ decisi di andarmene e cercare Tomo dirgli che era tutto andato a puttane. Tutto, come la mia vita. Ma a Tomo che gli importava? Lui voleva solo non fare quel fottuto ballo..non voleva mica distruggere tutto quello che avevamo creato insieme che tutti, compreso lui, ci credevano a questo progetto che ci avrebbe fruttato milioni di dollari.
- Shan! - sentì gridare il mio nome con un accento europeo – Aspettami..devo sapere tutto quello che è successo- chiese affannato reggendosi a me mentre sentivo il suo fiato corto - Non si fa più nulla- dissi a bassa voce mentre cominciavo a camminare
-Davvero? Ma cose riuscito a farcela?! Io pensavo che sarebbe successo un putiferio…- mi domando entusiasta
- Il mio “non si fa nulla” era inteso per la band, non al ballo- dissi bruscamente abbassando lo sguardo e accelerando il passo Si fermò davanti a me spingendomi con la mano facendo di che lo guardassi in faccia, la sua espressione era un misto di tristezza e di consapevolezza, di stupore e di coscienza. Lui lo sapeva che sarebbe successo prima o poi, ma forse non cosi.
-Stai dicendo sul serio?- mi chiese consapevole della mia risposta, mentre mi guardava tristemente con la testa inclinata
- Altrimenti non te lo avrei detto- ammisi facendolo da parte e continuando a camminare per la mia strada, per non guardarlo in faccia cominciai ad accelerare il passo. Tutto si stava distruggendo, compresa la mia vita, la mia carriera, la mia vita familiare, il mio futuro e tutto quello che mi restava..l’unica cosa che sapevo fare era scappare. E tu che lo rinfacciavi a gli altri. Merda.
 Mi sento più merda di prima, mi sento una schifezza dopo quello che avevo fatto: avevo lasciato mio fratello in uno stato di semi incoscienza in una crisi che penso non potrà mai uscirne, avevo rovinato il futuro e la gioia del mio migliore amico..gli avevo rovinato anche la carriera e il suo unico sogno. Avevo rovinato per sempre la mia esistenza. Mentre ero preso nei miei fitti pensieri, sentì una forte botta alla spalla cosi forte che caddi per terra insieme alla persona che ave colpito senza volerlo.
-Mi scusi non l’avevo vista- si scuso l’uomo mentre raccoglieva i fogli che gli erano caduti
-No, mi scusi lei- mi accinsi anche io ad aiutarlo a prendere tutto quell’ammasso di carta sparsi per terra – spero di non averle rovinato nulla- mi scusai pure io mentre glieli porsi cercando di vedere qualcosa oltre al suo berretto di lana.
- Non si preoccupi le ripeto- mi disse guardandomi – mi ha fatto solamente un favore- si alzò prese tutti i fogli e mi sorrise
-No..non..può essere…tu…- cominciai a balbettare mentre quella figura era sparita nell’oscurità. Era l’unica persona che non avrei voluto vedere in tutto quel tempo, era stata una persona meschina e bugiarda aveva lasciato tutti senza che ce ne accorgessimo, ci aveva fatto del male inconsapevolmente. Il cuore pompava senza fermarsi e come un tamburo si faceva sentire forte nel petto, cosi tanto da farmi male e fa farmi contrare i muscoli che chiudevano la gabbia toracica.
-Ti sei fatto male Shan?- chiese preoccupato Tomo cercandomi di alzare - No- dissi pulendomi i pantaloni- scusami Tomo ma adesso devo fare una cosa importante, ti faccio sapere tutto dopo quando ho finito- chiusi il discorso e ripercorsi a ritroso la strada che avevo fatto. Dovevo trovarlo. Dovevo parlare con lui.

***

L’oscurità regnava in quella stanza, i miei occhi non erano abituati a vedere al buio cosi sforzandoli la testa mi faceva solo male. Il silenzio si faceva strada nelle mie orecchie procurandomi un leggero fastidio..tutto era nero e io mi senti a disagio. Poi li sentì. Erano diversi respiri che mi giravano intorno, quasi volessero accerchiarmi, mi sentivo sempre più in pericolo e come un istinto feci dei passi indietro quasi volessi scappare; li sentivo sempre di più avvicinarsi e come belve mi stavano divorando l’anima, poi percepì un leggero calore partirmi dai piedi per continuare fino al viso facendomi sentire quasi una piuma, era il tocco di più persone lo sentivo. Sentivo che c’era qualcuno li con me. Poi tutto cambiò. Il toccò cominciò a farsi sempre più violento quasi volessero farmi del male mi spingevano e pressavano le loro falangi sopra la stoffa della mia felpa, sapevo che volevano farmi qualcosa..ma non sapevo cosa.
-Buona sera…- cominciò una voce ovattata dalla grande confusione nella mia testa – Cosa c’è adesso non hai la lingua?- rise sommessamente mentre un coro di voci ridevano insieme a lui Sapevo di essere seduto, ma le mani erano bloccate come quasi tutto il resto del corpo..e forse anche la bocca -…ah..già è vero! Ti ho chiuso la bocca per sempre!- rise maleficamente mentre la sua leggera mano coperta di pelle mi passava intorno alle spalle –
Cercai di emettere un suono, aprire la bocca o sbuffare…nulla era possibile fare. Le labbra bruciavano e non sapevo il perché, le striature della mia bocca erano bloccate forse da un liquido che fuoriusciva colando sul mio mento, perché lo sentivo bagnato e fastidiosamente sporco.
-Povero…povero…Shannon, indifeso e condannato a morire nel suo rimorso- mi ripeté mentre le sue mani percorrevano il mio petto.
Potevo solamente muovermi con il torace e il bacino e cosi feci, lo tolsi e un grido mozzato all’interno, riuscì a togliere finalmente quel silenzio che si era creato dentro di me.
- E inutile che ti ribelli sai? Io posso controllarti ormai..come avevate controllato la mia vita: tu e i tuoi stupidi amici. Ti ricordi quando mi confessavi tutte quelle cose su tuo fratello? –rise – io me le ricordo tutte perfettamente, dalla prima all’ultima.- si fermò davanti a me quando riuscì a vedere perfettamente le sue iridi celesti avvicinarsi a me – “Io non c’è la faccio più, è insopportabile e penso che non ho mai conosciuto un bambino come lui”, “ Il suo viso ogni mattina è come un incubo che mi perseguita per ogni singolo istante, lo sto odiando e non so se sia giusto” – recitava, imitando la mia voce, come se stesse facendo una commedia. - “ ti prego fa qualcosa tu altrimenti non vorrei diventare quello che non sono” “ Sai proprio ieri è venuto da me dicendomi che aveva trovato l’amore della sua vita…io ero felice del lui ma l’invidia riusciva a superare la gioia che provavo per lui”. Non ti ricordano nulla queste parole eh? Ammettilo che tu lo pensavi..siamo io e te, tu ed io a sapere queste cose – mi ripeteva vicino l’orecchio - Tu lo odi? Tu pensavi che avresti tenuto tutto dentro vero? Hai una rabbia accumulata che ti farebbe dire cose anche spiacevoli verso di lui e so che oggi lo hai fatto. Come ti sei sentito? Dimmelo perché io mi diverto cosi tanto… - rise sommessamente fino a quanto con una lama affilata, pianto la punta all’interno della bocca cercando si tagliare quella patina appiccicosa, ma non volle tagliare solo quello, sentivo ancora quel liquido scivoloso sul mento ma aveva un sapore metallico e non poteva essere colla.
- Sei solo un bastardo!- urlai muovendomi sulla sedia che ormai mi provocava solo dolore – giuro che se non si ricuce ti spacco la faccia da coglione che hai!- respirai attraverso la bocca cercando ti non pensare al male che mi faceva quella ferita – Se pensavo davvero quelle cose gliele avrei dette, io non sono come te, io non l’ho lasciato solo pensando che fosse la mossa migliore!-
- Non me lo rinfacciare capito!- gridò vicino la mia faccia. Vedevo i suoi occhi che si muovevano velocemente su di me, quasi facendomi una perlustrazione completa, non lo avevo mai visto arrabbiato. Mai.
– sai che io ti posso lasciare morire adesso? Io posso ucciderti come e quando e nessuno lo saprà, tu non devi dirmi assolutamente nulla Shannon! Nulla!- mi disse tirandomi un pugno dritto in pancia. Non pensavo che facesse cosi male anche se sapevi che stavi per prenderle; di solito, quando sai di prenderle, i muscoli si irrigidiscono cosi tanto che il colpo attutito non farà cosi male come se fosse preso alla sprovvista, ma io avevo cosi paura che i miei muscoli rimasero sciolti da farmi prendere il colpo come se fosse alla sprovvista. - Fa male eh?- mi sussurrò nell’orecchio – fa male cosi anche quando dici qualcosa di brutto alla gente…NON E’ COSI JARED?- urlò nel mio orecchio per poi voltarsi dietro di se è una piccola luce illuminava una figura con la testa bassa
- Non è lui, lui non collaborerebbe mai con te! – mi accinsi ad alzare quel po’ di voce che mi restava dopo aver preso quel colpo
- Tu dici?- si dichiarò mostrandomi i suoi denti bianchissimi –Jared, hai sentito tutto vero?- chiese alla figura a testa china Dei singhiozzi ovattati potevano udirsi dalla fine della stanza, quei rumori erano troppo simili a quella persona che avevo lasciato in una stanza poche ore fa’.
-Tu si che sei un bastardo…sei una persona ignobile…non solo mi dici quelle cose poco tempo fa…adesso me le rinfacci anche? Invidiavi la mia storia d’amore? Quindi quando piangevo sulla tua spalla, dicendoti che ero solo e disperato? Tu mi fai schifo! SCHIFO! – urlò con tutto il fiato che aveva. Stava piangendo, lo capivo anche se non riuscivo a vederlo in faccia a causa della sua posizione - Pensavo che dicessi quelle parole solo perché eri arrabbiato, lo avrei capito: troppe volte hai dovuto subire le mie stupide idee, le mie bambinate e tutti quei capricci, infatti pensavo di scusarmi perché ho torto..ma adesso ho capito che tu non eri arrabbiato – alzò il volto per farmi vedere come l’aveva ridotto quell’essere: era pieno di tagli e un grosso livido gli colorava lo zigomo – tu sei un bastardo veramente, tu non servi davvero a nulla nella mia vita. E io che cercavo di difenderti mentre le mani di lui mi segnavano piccoli ricordi per sempre – ammise abbassando di nuovo il viso, mentre piccole goccioline trasparenti gli cadevano sui pantaloni.
Gli afferrò i capelli violentemente e un gemito sofferente uscì dalla bocca di mio fratello - posso bloccargli la vita per sempre se vuoi- mi intimò sfiorandogli il collo con la lama macchiata del mio stesso sangue – Non volevi?-
-Non permetterti di fargli del male, io non volevo che morisse, non l’ho mai voluto. Lui è mio fratello e gli voglio bene..fin troppo bene per volergli cosi del male- lo implorai mentre un po’ di sangue si miscelava con la saliva nella bocca, dandomi un sapore metallico e alcune volte amaro mentre lo ingoiavo.
- Non lo vorresti vedere implorante?- mi domandò mentre ma lama del coltello segno una scia rossa sul suo collo
- Smettila! Lascialo!- gli urlai, mentre lui non si scomponeva neanche un po’. Rimaneva fermo nella presa di quel manico ad aspettare che gli facesse qualcosa, aveva gli occhi chiusi e non riuscivo a capire che cosa pensasse sapevo solo che aveva tanta paura perché il suo respiro si faceva sempre più affannoso.
- Allora non posso fargli del male?- mi domando sorridendo- ma a me piace cosi tanto vederlo soffrire..facciamo un patto: tu ammetti che davvero per te lui è sasso nella scarpa, oppure lui soffrirà a causa tua- mi propose
- Mai! Non provare a torcergli un capello, perché ti giuro che quando mi libero ne pagherai le conseguenze- non feci in tempo di parlare le la stessa lama gli perforò un fianco facendolo irrigidire – Basta! Ti prego!- gli implorai mentre vedevo quella lama che si faceva sempre più spazio in quel corpo ormai indifeso. Gridava per il dolore ma non parlava, non lo implorava; il rosso acceso di quel liquido scendeva lentamente dalla sua maglia bianca. -Ti prego smettila! Lascialo stare, perché fai cosi? Perché non lo lasci? Perché non lo ammetti che provi un grande senso si rimorso?- gli chiesi per salvare la vita di Jared.
Lasciò l’arma per poi afferrarla e sporcargli la faccia – Io? Rimorsi? Non ne ho, io quello che volevo dirgli glielo ho detto, ma lui era troppo preso dal suo progetto prima di ascoltarmi. Adesso ne paga le conseguenze.- Lasciò il coltello cadere a terra mentre con una corda gli cinse il collo strettamente allacciando l’estremità allo scalino della sedia. Gemeva mentre la ferità del suo collo si apriva per colpa del suo movimento, avrebbe sofferto fino a quando io non lo avrei ammesso… Non c’è la facevo più.
-Il..mio..collo- gemettè- diglielo Shannon ti prego…dillo. Fallo per me..ti scongiuro- mi implorò
-Io…non lo sopporto- ammisi. Stavo per piangere, gli occhi mi pungevano e il respiro mi stava per mancare
- Si, perfetto cosi ti voglio- mi sorrise e prendendo di nuovo il coltello si accinse a staccargli la corda – ma non voglio accontentarti. Perché sono io che odio tuo fratello, non tu. - prese nuovamente in coltello e lo infilò nell’altro fianco.
-Lui…ha mante…nuto la promessa. Ma…- non riuscì a finire la frase che per la poca forza che aveva svenì
-Tu sei un emerito bastardo! Che ti ha fatto per fargli cosi male? Dimmelo! Perché io non so darmi risposta. Tutto quello che era successo mi sembrava un perfido incubo che non riusciva a finire, perché io volevo che finisse davvero. Volevo davvero che Jared non sapesse quello che pensavo di lui, volevo davvero che tutto svanisse..perché io ormai avevo dimenticato tutti i suoi difetti. Li avevo dimenticati per sempre.

**

- Shannon? Shannon? Allora mi dici che vi siete detti?- la voce di Tomo entrava nelle mie orecchie facendomi rimbombare la testa-
-Che vuoi?- gli chiesi mentre mi tenevo la testa
-Che vi siete detti con Jared?-
Quindi non ero seduto a vedere mentre mio fratello moriva, io potevo sistemare tutto prima che succedesse tutto quello che era successo. Ma era stato un sogno? O pura verità?
-Tu sta qui, e sta attento che non passi nessuno- gli intimorì
-Ma che significa?-
- Non ti importa, te stai qui. Io torno subito.- cominciai a correre a ritroso. Dovevo sistemare tutto quello che avevo fatto. Potevo farcela. Arrivavi nel camerino di Jared e come l’avevo lasciata la porta era aperta…ma dentro non c’era nessuno, solo la luce del lumino sul comodino illuminava la stanza; una cosa però aveva preso la mia attenzione. Un biglietto. Lo presi e lo aprì: “Come vedi lui non c’è. Vieni a riprendertelo..altrimenti continueremo il gioco che non abbiamo finito”

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Capitolo 3
*** R-evolve(r) ***


L’amaro sapore del caffè allungato si faceva spazio nella mia gola dopo aver inondato la lingua e aver mandato recezioni nervosi al cervello. Era estremamente buono. Il calore che emanava quella bevanda aveva creato una sensazione di piacere immensa, ma non solo nella mia bocca ma anche le piccole particelle che fluttuavano nell’aria erano arrivate fino alla mia narice facendomi sentire un profumo intenso di caffè appena tritato; quel bar era il mio preferito in questo paese, aveva sempre dei dolciumi e calde bevande nuove ma soprattutto buonissime…la loro arma segreta era proprio la “brownie”, la torta per eccellenza americana, quel gusto intenso del cioccolato la faceva risaltare con quei piccoli pezzi di nocciola. Un peccato a cui non si può dire di no. Sussultai appoggiando rumorosamente la tazza sul tavolo di noce scuro, mentre cercavo di non dare nell’occhio pulì quelle poche gocce cadute sempre sul tavolo e la piccola tovaglietta beige.
-Dannatissimo cellulare- sussurrai a denti stretti mente appoggiavo delicatamente il fazzolettino sporco su un piattino.
Shan.
Il nome di mio fratello brillava imperterrito sul display del mio BlackBerry, che diavolo voleva adesso? Non potevo nemmeno bermi un caffè in santa pace?
-Che diavolo vuoi?- risposi bruscamente sempre sussurrando le parole per far si che nessuno si girasse per guardarmi male.
- ‘Giorno eh…- mi rimproverò mentre la risata sonora di Tomo mi assordò l’orecchio destro
-Fa stare zitto quel bosniaco, digli che è solamente grazie a noi se non è cenere sotto terra- risi alla mia battuta mentre la leggera smorfia di mio fratello di approvazione mi fece capire che gli era piaciuta – comunque che vuoi? Adesso non posso neanche bere un caffè in santa pace?- sbuffai mentre con la piccola forchetta portavo vicino alla bocca un pezzettino di torta scura. - Avvertirci di questa tua grande uscita? E da due gironi che non vedo la faccia di mio fratello sai? Visto che se sotto la “mia tutela” devo sapere dove sei-
Mi strozzai con la cioccolata di quella torta, tossì per togliermi quel fastidioso bruciore alla gola e tolsi tutto definitivamente sorseggiando quel po’ si caffè rimasto -Sotto la tua cosa?- domandai incuriosito
-Tu sei il fratello minore ed io ti proteggo. Qualcosa che non va?- ironizzo la frase, mentre il grido di Tomo terminò con “incesto” e una grossa risata
-Quando lo vedo lo uccido, digli di non mangiare tanta carne- dissi minaccioso
-Lo farò. Ti dicevo che non ti vedo da più di due giorni da quella inutile festa, ricordo solo che te ne sei andato con due ragazze e poi sei sparito nel nulla. Hai qualcosa da raccontarmi?- mi chiese malizioso.
Sorrisi vicino la cornetta, sentivo le guancie farsi calde e una piccola scossa percorrermi la schiena.
Era vero, più di due giorni fa eravamo andati a una di quelle feste “ sesso, droga e alcol”, in una di quelle che il giorno prima sai di non fare cazzate mentre il girono dopo ti ritrovi in un letto di ospedale per aver fatto una gastroscopia; oltre a ricordarmi quelle due belle ragazze brune e i loro sospiri non mi ricordo più nulla.
-Tu mi hai chiamato solo per questo?- cercai di non fargli capire che da li a poco sarei andato a fuoco
-NON SOLO. PER DIRTI CHE SEI IN UN RITARDO ASSURDO- gridò la voce di Emma dall’altra parte della cornetta
-Ritardo?- chiesi a bassa voce, ma quando guardai l’ora sul mio orologio da polso un brivido freddo mi ghiacciò i muscoli e le articolazioni – le..le..di-dieci?- dissi intimorito
- Jared fa presto altrimenti qui si scatena una bufera- mi disse chiudendo la chiamata bruscamente
-Cazzo!- esclamai con un tono di voce un po’ troppo alto perché la gente davanti a me si girò sorridendomi.
Sbuffai a causa del mio troppo ritardo e poi perché non volevo lasciare quella suggestiva e incredibile mattinata in quel modo.Il sole usciva timido tra le piccole nuvole bianche mentre le veloci macchine del Montana facevano avanti e indietro per la via trafficata; il paradiso era a due passi da me e non lo sapevo.
Lasciai i soldi per i conto che mi avevano portato con qualche spicciolo per la mancia del cameriere che fortunatamente non mi aveva buttato fuori dopo che avevo fatto un macello per parlare al telefono con mio fratello; uscì dal locale e una leggera e fresca scia di vento mi scompiglio i capelli biondi, vedevo la gente in preda ai loro impegni: gente che parlava senza smettere si annuire, gente che correva perché era in ritardo e ancora gente che tranquillamente con qualche bustina di carta si aggirava per la città godendosi gli ultimi spirargli di un inverno gelido.
Feci qualche passo per avviarmi al viale alberato, stendendo la mano feci segno a una di quelle tante macchine gialle di fermarsi. Stranamente al primo colpo feci colpo.
-Buongiorno, dove la porto?- mi disse un uomo abbastanza alto con un cappuccio di lana sulla testa. Non si girò per guardarmi in faccia ma grazie allo specchietto interno riuscì a guardare i suoi occhi cerulei
- Per favore mi porti nella contea di Buffalo, Cochrane- gli annunciai distendendomi sul sedile
- Non è lontano da qui signore- si dichiarò con voce rauca mettendo in moto l’auto – con meno di dieci minuti saremo lì- mi disse continuando
- Perfetto- mi rassicurai mentre mettendomi comodamente vicino al finestrino guardavo le immagini scorrere velocemente sotto i miei occhi, creando un linea dove tutti i color si univano come un grande arcobaleno.
Quella sera ci sarebbe stato il BloodyBalls per l’ultima volta nella storia della band 30 Seconds To Mars, si, perché avremmo smesso di essere quel genere di band “mistero e sangue” e ci saremmo buttati sulla vera musica rock: quella musica che ti faceva sentire vere emozioni, quella che ti rimbomba nelle orecchie cosi tanto da farti male, quella musica che ti fa asciugare le lacrime dopo una lunga litigata. Era stata proprio questa a farmi mettere in piedi dopo tutte le batoste che avevo preso. Mi aveva salvato la vita.
Sette anni fa avevo cominciato a sentirmi una merda, una persone inutile e senza scopo ma soprattutto senza anima; aveva cominciato ad andare tutto storto: la mia vita amorosa, la mia vita sociale e quella della mia carriera. Tutto stava andando a puttane e io non sapevo come rimediare, pensavo di riuscire a mettere tutto sotto un grossissimo masso e cominciare tutto da capo, ma non era andata cosi…la ragazza mi si voltò contro, la band si stava quasi per sciogliere mentre i miei amici mi prendevano o per pazzo o per un gay. Ero in preda al panico più assoluto. Non sapevo dove mettere mano per salvare quella vita che avevo, non avevo più nulla per combattere o per lottare e andare avanti; fino a quando un giorno mi stancai di stare in mezzo alla mediocrità che non mi dava nessun frutto cosi decisi di buttarmi a capofitto da quel grattacielo di insicurezze e paure. Stavo ancora cadendo, e sapevo che ancora la risposta era lontana da me.
-Signore, siamo arrivati- mi ricordò l’autista del taxi facendomi rivenire dai miei pensieri
-Oh, si grazie- cominciai disorientato – quanto le devo?-
- Offre la casa- mi sorrise facendomi vedere i denti perfetti e bianchi dal piccolo specchietto -Ma…non posso…- dissi confuso.
-Non si preoccupi, mi ripagherà in un altro modo. Una prossima volta-
Ringraziai il “tipo” molto gentile dell’auto e mi avviai al marciapiede parallelo che mi avrebbe portato direttamente in quel teatro dove ci saremmo esibiti tutti in questo ultimo “Ballo insanguinato”, ero eccitatissimo per questa idea che mie era venuta: finire in bellezza dopo un bel ballo con una signing line, per farsi che tutti gli echelons che si trovavano lì dentro avrebbero avuto un rapporto diretto con noi. Io amavo i rapporti diretti.
-Buongiorno signor Leto, i sui compagni lo stanno aspettando nella Hall del palazzo- mi annunciò un signore con dei bianchi baffi alla reception
-Grazie- cominciai a camminare con un passo veloce, quando me li ritrovai tutti seduti a ridere e scherzare a un tavolino in fondo alla sala.
-Scusate il ritardo- mi scusai prendendo posto vicino ad Evan
- Tanto ormai ci siano abituati- cantilenò Brian mentre giocherellava con il cucchiaino – sono dodici anni che ti conosciamo-
- Se voi mi avreste avvertito di…- non finì la frase che tutti alzarono lo sguardo su di me
- Hai avuto tu l’idea- dissero tutti all’unisono – se tu non avessi avuto quest’idea i giorni prima di capodanno potevamo stare tranquilli a casa a riposarci- continuò Emma – siamo in tour da due anni, siamo anche stanchi Jared –
Un cattivo pensiero verso Emma mi balenò per la testa, ma lo cacciai immediatamente perché era una delle segretarie più efficienti che avevo avuto, o forse l’unica che aveva accettato di fare questa cosa.
- Dai, vatti a preparare, io e Shan dobbiamo solo sporcarci e siamo pronti- concluse Tomo con un tono calmo e deciso – avremmo cosi il tempo di accordare gli strumenti con Brian e Josh –
- Va bene, allora vado a cambiarmi e poi ci rivediamo qui tra un quarto d’ora. Emma ci pensi tu poi a fare il lavoro del sangue?- chiesi mentre mi alzavo
- No, per questo viene Nicole – mi disse Emma alzando gli occhi al cielo per poi guardare gli altri – l’ho chiamata poco fa, dovrebbe arrivare fra un’ora-
Spostai la sedia vicino al tavolo e mi diressi verso l’ascensore, lasciandoli lì a chiacchierare su questioni che forse non mi avrebbero nemmeno interessato ma alcune volte mi sentivo davvero escluso anche dalle discussioni più sciocche. Speravo sinceramente di essermi sbagliato. Arrivai al piano superiore e mi incamminai in quel luminosissimo corridoio pieno di stanze e di numeri finché non trovai il mio camerino.
La stanza era invasa dall’oscurità ma quando entrai il sensore di movimento accese la luce istantaneamente facendo si che la stanza si illuminasse con una luce calda e soffice, quasi se mi accogliesse in un abbraccio.
Posai il cellulare sulla grande cassettiera di noce illuminata violentemente da un sole accecante che si intravedeva nella finestra sopra il letto, sempre di noce, ricoperto con lenzuola bianco panna e beige come la pavimentazione di moquette; un tappeto di media larghezza era al centro della stanza e illuminava con un tocco di eleganza il centro di quella camera.
Un bigliettino, con la scrittura di Emma, era attaccato allo specchio sopra la cassettiera dove c’era scritto che il vestito si trovava nell’armadio vicino al letto. Mi avvicinai e lo aprì facendo scattare la serratura e con una grosso suono sordo le ante sia aprirono facendoli vedere il vestito ricoperto dal cellofan; lo sganciai dall’asta dell’armadio e lo appoggiai su letto per vederlo meglio : era davvero bello. Tutto quel bianco che si aggiungeva ad ogni particolare faceva risaltare le cuciture nere delle spalle e dei pantaloni, mentre le converse nere di pelle davano quel sottile tocco di colore. Amavo gli abbinamenti più strambi e casuali, mi davano sicurezza e mi facevano distinguere dalla massa tutta uguale e piatta.
Entrai nel bagno della camera, e mentre mi toglievo i vestiti mi guardavo nello specchio che rifletteva la mia immagine, ma soprattutto i difetti che negli anni si facevano sempre più marcati e più spessi: stavo invecchiando e non volevo ammetterlo.
Mi avvicinai allo specchio e accarezzai con un dito la piccola ruga sotto l’occhio, scesi verso il piccolo livido scuro e scavato che creava l’occhiaia…poi c’era quella vena dell’occhio destro che pulsava ansiosamente sotto la pelle. Respirai a pieni polmoni. Avevo vissuto la mia vita nei peggiori dei modi e senza accorgermene sarei anche scomparso nello stesso modo in cui la gente mi ricordava, o cercava almeno di ricordare quello stupido nome che appariva su tutte le riviste di gossip dopo una lunga e noiosa intervista piena di bugie e menzogne – si perché nelle interviste si mentisce sempre pur di avere un po’ di notorietà- ma io non lo facevo mai, io non dovevo mentire per essere uno dei primi su quelle stupide riviste. Inventavano loro per me.
L’acqua calda che usciva dal diffusore della doccia scivolava silenziosa e piacevole sul mio viso e sul mio corpo facendolo rabbrividire, i capelli si avvicinavano cosi tanto alla pelle quasi da sembrare incollati e pesanti sulla testa mentre tutte le goccioline piccole e aguzze pungevano la pelle facendo si che i peli superflui sulla mia pelle si alzassero come recettori. Presi la spugna e con quel po’ di sapone strofinai leggermente la mia pelle facendola arrossare dopo il mio passaggio, quasi come un massaggio i muscoli irrigiditi si scioglievano e si rilassavano sotto il passaggio dolce dei pori della spugna; mi insaponai, quindi, i capelli con uno shampoo profumato passando come un pettine le dita tra i capelli per poi massaggiarmi le tempie con le mai insaponate. Accesi nuovamente l’acqua calda della doccia che aveva fatto annebbiare i vetri limpidi e bagnati della doccia, l’acqua mi cingeva come un lungo abbraccio mentre sempre con le mani accarezzavo il mio corpo per togliere i rimasugli di schiuma, ma quando aprì gli occhi verso il basso non era l’acqua che veniva risucchiata nello scarico ma bensì sangue denso e acceso che veniva divorato dal ciclone di quel buco nel bel mezzo della doccia. Spalancai gli occhi e la prima cosa che feci fu guardarmi le spalle ma dietro di me non c’era nessuno, mi controllai ogni centimetro del mio corpo e quando fini di perlustrare il sangue colorato di un rosso acceso era sparito; uscì dalla doccia infreddolito per il cambio di temperatura infatti mi coprì immediatamente con un accappatoio appeso all’altezza della doccia. Cominciai a strofinare quel tessuto ruvido sulla mia pelle, sulla testa e anche sulle insenature del mio corpo e dopo che mi sentì soddisfatto lo buttai in un angolo della stanza – non provavo né paura né ansia per quello che mie era successo, cosa a me molto strana, ma era meglio cosi non volevo trasmettere la mia tristezza a nessuno. Tutto sarebbe stato rinchiuso nelle stanze oscure del mio cuore –
Mi infilai velocemente i boxer, calzini e corsi velocemente nella camera per non perdermi più freddo di quanto non me ne stavo già prendendo, indossai i pantaloni aderenti bianchi – che facevano risaltare le sottili gambe – e la camicia di un soffice cashmere che accarezzava dolcemente la mia pelle, infine la giacca e annodai quel fastidioso fiocco dello stesso colore dei pantaloni. Mi avvicinai allo specchio e cominciai ad ispezionarmi: i capelli umidi facevano ancora cadere delle piccole goccioline di acqua sulle tempie, gli occhi arrossati coprivano ormai il bagliore che avevano prima nonostante fossero chiari e poi c’era ancora quella vena sotto l’occhio che era lo specchio interiore di me stesso, quando quella si ingrossava e pulsava ero in uno stato di ansia pura, come mi trovavo in quel momento, era grossa e visibilissima anche da un miglio e non sapevo perché era diventata cosi. Prima stavo cosi bene.

Il sangue.

Mi tolsi quell’immagine dalla mia mente e mi voltai toccandomi le tempie, tutto stava andando storto quel giorno e non sapevo come ricominciare da capo, ma anche questa volta la calma che mi si era creata svanì immediatamente quando una piccola presenza calda e leggera mi passo dietro la schiena strisciando dietro di me. Respirai a lungo questa volta prendendo più aria possibile e mi voltai anche questa volta e come prima oltre allo specchio e alla luminosa cassettiera non c’era nient’altro, ma come se fosse un sogno la mano che sbatteva sulla porta mi fece rinvenire.
-Chi è?- esclamai avvicinandomi alla porta
- Evan –
-Dimmi- feci trovandomelo davanti con un foglietto in mano
- Sei già pronto?- mi domandò
- Si, Emma mi ha detto che tra un po’ dovrebbe venire Nicole. Sto aspettando lei- conclusi mentre gli feci cenno di entrare
-No, grazie. C’è un tipo sotto che ti aspetta, dice che avevate programmato un’intervista-
-Un’intervista?- gli domandai incuriosito
-Si, mi ha detto che ieri sera gli hai chiamato dicendogli che avevi da dirgli una cosa eclatante- si dichiarò portandosi dietro l’orecchio il ciuffo ribelle che aveva davanti gli occhi. Non mi ricordavo assolutamente di aver chiamato quell’uomo per l’intervista ma visto che due giorni fa avevo bevuto e avevo fumato fino a vomitare…pensavo che quella cosa era successa a causa di quella dannata festa.
-Si…va bene.- cominciai grattandomi la testa – mi libero di lui in pochi minuti-
- Ok, io vado a dirlo a gli altri. Non metterci tanto ve bene?- mi fece un grosso sorriso e ritornò da dove era venuto.
Scesi le scale in tutta fretta abbottonandomi l’ultimo bottone della camicia mettendomi bene in riga per non sembrare un vagabondo come il mio solito, scegli gli ultimi scalini saltandone qualcuno e passando vicino la reception
- Salve, qualcuno voleva vedermi? – chiesi all’uomo anziano dietro il bancone
- Se mi ricorda il suo nome posso vedere – mi disse regalandomi un grosso sorriso sotto i bianchi baffi - Leto. Jared Leto – gli dissi dandogli anche in uno dei miei “ricercatissimi” sorrisi
- Si..un certo…- la voce venne bloccata da un uomo che grido il mio nome
-Sono io!- gridò un signore con un berretto nero che gli copriva praticamente il viso – Sono io che la cercavo- mi porse la mano quando intravidi il suo profilo-
- Ah..salve. Senta ci sarebbe un grosso contrattempo…- cominciai con una scusa
- Aspetti prima di parlarmi di contrattempi, io sono…-

**

- Jared, Jared, Jared, Jared, Jared - sentivo un coro che intimava il mio nome ma non sapevo da dove provenisse. Il rumore si espandeva nella grossa stanza piena di grosse luci che illuminavano solamente il soffitto mentre il resto era opaco e non visibile.
- Mi vedi?- rimbombò la voce del giornalista
- CHI SEI?- urlai rovinandomi la voce per la serata
- Il tuo migliore amico-co-co- l’eco della voce si faceva tetra e cavernosa
- TOMO? SHANNON? BRAX? EVAN? TERRY? CHI SEI? HAI PAURA CHE IO LO VENGA A SAPERE?- non capivo chi tra questi mi poteva fare questo stupido scherzo e mentre fissavo il soffitto una luce ancora più forte illuminava tutto il resto della stanza, facendomi vedere finalmente che era ricoperta di specchi che riflettevano me stesso.
Ogni specchio aveva la sua particolarità: oltre al colore rifletteva di più l’altezza della persone, il colore della pelle, quella degli occhi facendoti diventare complessivamente perfetto ma sgombro visto uno per uno; c’erano specchi opachi, rotti e non scorniciati o sagomati ed erano gli unici che riflettevano il vero me stesso
-Hai visto come ti vede la gente?- la voce continuava a ronzare in quello spazio immenso
- Perché la gente mi vede cosi?- dissi incamminandomi per vedere le imperfezioni che la gente riusciva a vedere; oltre ad essere quelle fisiche molti vedevano anche quelle interiori: la violenza, la passività, la non curanza. Erano tutti esatti. – Come fanno a vedere tutti queste cose?- gli domandai, ma nessuno mi rispose fino a quando capì che gli specchi rotti e opachi si moltiplicavano - E chi è invece che mi riesce a vedere cosi?- domandai ancora incuriosito da questo macabro gioco
-La gente che ci tiene davvero a te – annunciò una figura che si intravedeva dallo specchio davanti a me. Mi voltai. Ero solo. – Quelle persone che non interessava se tu avevi tutti quei difetti, tu eri nel loro cuore comunque- un’altra figura si fece avanti nello specchio alla mia destra, ma anche sta volta nessuno era vicino a me.
- Vuoi dire che tutti mi sopportano?- una vena di tristezza entrò nella mia domanda
-Dimmi tu se quello che dico è vero…- una immagine di Emma mi apparve sullo specchio più grande.
[…Pensa sempre di saper tutto. Lui non si rende conto che la sue era è finita. L’era del suo gruppo è finito, lui ha fatto crollare tutto quello che insieme avevamo costruito. Ho deciso di fare questo lavoro perché ero emozionata ed eccitata di intraprendere una cosa nuova, ma dopo un po’ ho capito che tutto era incentrato su di lui e su quella brutta cera che ha…]
Un pugno nello stomaco.
Mi apparve Braxton e l’immagine di Emma svanì immediatamente.
[...Lo conosco da poco tempo per dire che è un uomo cattivo, sicuro di se e brutale ma posso dire che è una delle poche persone che se non vedessi i suoi occhi insicuri e frustrati non lo seguirei mai in capo al mondo. La sua insicurezza mi fa pena…Lui mi fa pena…]
Un altro pungo nello stomaco.
Questa volta invece Brian, Evan e Josh erano in quel grosso specchio e proprio come Emma , svanì Braxton.
[Che dire per noi Jared era come un fratello maggiore, sempre disponibile carino e gentile. Poi però arrivò la fama nel 2005 e del Jared gentile e caro nemmeno l’ombra; ci ha praticamente messi tutti da parte per godersi la sua gloria – che ovviamente prese con i denti- ma ne fece un’altra persona. Se avessimo la possibilità ce ne andremmo subito…]
Ancora una volta un pugno mi trafisse lo stomaco facendomi inginocchiare per terra.
Questa volta era Tomo.
 […Me lo ricordo ancora nel provino del 2003 quando insieme a Shannon mi scelsero per entrare a far parte de 30 Seconds To Mars – la mia band preferita- ero eccitatissimo perché sentivo che si confrontavano fra di loro su quello che avevo fatto. Fu lui a dirmi che entravo nella band con un sorrisone a trentadue denti; mi ricordo ancora le sue parole “Tomislav, tu entri a far parte dei Mars. Complimenti”. Ero davvero felicissimo. Poi tutto cambiò: lui, suo fratello e gli amici vicino a me. Jared copriva le scene di tutti..e lo odio per questo perché non mi ha fatto emergere per quello che ero…lui mi ha coperto. Dovrebbe andare all’inferno per questo…]
Mi sentì quasi morire.
-Allora come ti senti?- la voce era vicinissima a me
-Bastardo- alzai gli occhi al cielo quando la sua grossa mano mi coprì il viso imprigionandomi mani e piedi, per poi con un grosso cacciavite arrugginito mi taglio gran parte del vestito bianco fino ad arrivare al braccio. Urlai quando arrivò infondo alla pelle sentendola lacerata.
-Sai che con questo puoi morire?- disse continuando a scendere anche sul torace.
-Per..per..ché fai questo?- non riuscì a parlale perché il sangue scorreva velocemente.
[…Mio fratello era la persona più importante della mia vita, la mia luce ed era tutto quello che potevo desiderare da una persone che era vicino a me. Molte volte mi chiedevano se fossi davvero fidanzato con lui per il bene che gli volevo e per le attenzioni che gli davo, questo mi faceva spesso ridere quando glielo raccontavo..perché la gente per non credere ad un’amicizia pura credeva a incesti e molto altro; ma ovviamente come tutte le cose partite bene la fine non si prospetta come l’inizio: è cominciato a cambiare, vedeva gente non adatta a lui e questo mi preoccupava anche tropo alcune volte perché ero arrivato al tal punto di chiamare la polizia. Come ero stupido. Ha lui non serve il bene che gli voglio, lui sa cavarsela da sola –come mi battibeccava spesso- ed è per questo che non vedo l’ora che ci sia il momento giusto per scappare da quella bolla che gli ho creato. Cosi una volta per tutte si renderà conto che la vita non è cosi facile come sembra…]
Volevo tenermi la testa perché tutte quelle parole me la facevano girare al tal punto da farmi male ma le mani erano bloccate in un nodo lungo e stretto che non faceva passare il sangue alle articolazioni, le mani pungevano e bruciavano: il sangue che circolava ormai era diventato troppo poco sarebbero andate in cancrena.
-..ti..prego..liberami le mani…devo lavorare..con queste- gli implorai mentre delle lacrime più pungenti di aghi mi scendevano sulla guancia
-Adesso soffri vero? Tu mi hai fatto soffrire cosi!- mi urlò nell’orecchio mentre con una spinta mi fece cadere.
Si mise a cavalcioni sopra di me e vidi finalmente il suo viso, era quella persona che avevo amato per molto tempo..e adesso cosa fa? Mi odia? -Tu…non…- premette un dito sulle mie labbra e si avvicinò a me - Pentito eh?- rise sommessamente – …questa tua colpa la pagherai nell’inferno sai? Dove tu sei nato, nel centro della terra- con lo stesso cacciavite marchiò il mio viso premendo più che poteva – cosi quando morirai vedranno tutti quello che ti ho fatto. Finalmente sarò ricordato anche io. –
La paura si ripercuoteva per tutto il corpo come una scarica elettrica che arrivava fino ai piedi per poi risalire emanando pulsioni al cervello per farmi sentire il dolore che stavo provando, e come se fosse una ricezione il mio fisico cominciò ad agitarsi con dei movimenti che non prevedevo.
-Non sapevo soffrissi si crisi di panico sai?- si alzò respirando a pieni polmoni- mi hai rovinato la vita in soli cinque anni, facendomi provare rancore e tristezza allo stesso tempo. Non sai quante volte mia moglie mi aveva pregato di non pensarci perché ormai era tutto passato e non potevo tornare indietro…ma no! Non potevo! Tu mi perseguitavi con il tuo stupido pianto e quei stupidi lamenti pregandomi di non andarmene, come un pulcino spaurito correvi per cercarmi per riprendermi sotto la tua ala protettiva. Poi invece hai cominciato ad attaccarmi senza senso, perché io non ero più degno del tuo stupido gruppo vero? Io ti avevo rovinato la vita, io ero colpa di tutti i tuoi problemi. E TU SEI COLPEVOLI DEI MIEI!- urlò a squarcia gola tirandosi con le unghie la pelle delicata e bianca del viso
. -Io..non..volevo- cominciai cercando di mettermi in piedi mentre vedevo che ormai il sangue stava impregnando il vestito ormai strappato - …tu sei andato via, lasciando tutti…tu eri la…carica…- mi accovacciai su me stesso per sentire meno dolore.
Serrai gli occhi e li strinsi per cercare di mandare via le parole del mio staff ma soprattutto quelle di mio fratello - scusami..se hai rimesso la tua carriera…p-per questo. Scus…- non riuscì a terminare la parola che una revolver era piantata sulla mia pancia
- Scusa per cosa? PER COSA!?- carico la pistola
-Ti..prego..non farlo. Non farlo…non farlo..- lo supplicai guardandolo fisso negli occhi, incontrando i suoi di un colore cangiante.
Avevo davvero paura adesso, il cuore mi batteva a mille sentendolo quasi in gola…la testa mi girava e gli occhi erano umidi e gonfi. Mi ero trovato sui film in queste condizioni molte volte, ma ogni volta mi alzavo sempre sporco di vernice per poi andare nel camerino a lavarmi e ritornare come nuovo sul set. Questa volta non mi sarei alzato di nuovo. Questa volta era per sempre.
- Dimmi il tuo ultimo desiderio- mi disse con voce tremante. Stava piangendo.
-Lo..so che non lo vuoi. Lo so!-
- A-addio, Jared - posiziono il dito sul grilletto
-MATT!-


…e poi…niente più…







Tutti avevate capito chi era questo famoso personaggio dietro una mascera d'oro. Ok, non sono capace a fare queste cose XD. Scusate ma questo cpaitol è uno dei peggiori che abbia mai scritto...mi spiace davvero!
Alla prossima e grazie a tutti!

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