Senza vedersi

di Cucuzza2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro con me stesso ***
Capitolo 2: *** La mia fuga ***
Capitolo 3: *** Underpark ***
Capitolo 4: *** Le fogne di Fartend ***
Capitolo 5: *** Il Dolore e Flora ***
Capitolo 6: *** Montagne russe ***
Capitolo 7: *** Salto nel vuoto ***
Capitolo 8: *** In salvo ***



Capitolo 1
*** Incontro con me stesso ***


Incontro con me stesso

Ma io non mi ero seduto accanto al finestrino.
Probabilmente mi sono sbagliato.
Accanto a me ci sono io, anche forse il mio riflesso è ringiovanito.
Poggio la mano e trapasso il vetro. Forse sto impazzendo, perché accanto a me ci sono io. L’io di quando morì la vecchia.
- Ciao – mi dissi.
Non vedo la leggera espressione di stupore sul volto del mio vecchio me.
- Mi sei mancato. – continuo.
Lui rimane girato.
- Ti ricordi di me? – insisto.
- Certo.
Sto parlando col mio io passato.
Mi riesce difficile crederci.
- Dove vai?
- Nello stesso posto in cui vai tu.
- Hai ragione. Tu sei me, quindi è logico che andiamo nello stesso posto. – Comincio a capirci qualcosa.
- Ma io non sono te! – ridacchia il mio io.
No, non capisco più nulla.
- Come, non sei me? Io sono me, e tu sei il mio vecchio io.
- Ma no, Clive.- gli scappa una risatina - Io sono Luke!
Lo squadro. E’cambiato un sacco, ma la somiglianza fra noi continua ad essere impressionante. Anche a me a questo punto viene da ridere. E ridiamo di gusto tutti e due, con l’hostess che di squadra stranita.
- E’ quel criminale di Londra.
- E l’hanno scarcerato così presto?
Comincio a capire che la sfilza di pregiudizi era appena iniziata. E comincio a chiedermi se non era meglio evitare di andare a Londra. Ma ormai sono in volo.
- Dimmi, Clive.
Mi sembra strano che mi tratti con tanta semplicità. Forse sarà la sua giovane età, anche se devo ammettere che non ero poi così semplice a quindici anni.
- Che dirti? Ho passato cinque anni in gattabuia, ma non ho molta voglia di pensarci.
- E ci credo.
- Eh, già. Ma ora che sono libero moralmente e di fatto possiamo anche parlare d’altro. Cos’hai fatto, tu?
- Nah, mi sono trasferito in America.
- E’ andato tutto bene?
- Non direi. Mio padre è arrabbiato con me perché gli ho rotto troppo con gli enigmi.
- Oh – sospiro. – Penso che sia in parte colpa mia.
- Macchè. Non c’è nessuna colpa. Continuo a pensare che gli enigmi siano fantastici. A proposito, non so se conosci quello su...
- Lascia perdere. – Sembra deluso. – Voglio dire, sono molto più bravo ad inventarne che...
- E allora proponimene uno – salta su. – Mi annoio da morire.
- In questo momento non me ne vengono in men...
- Non ci credo.
Esuberante come sempre.
- Comincio a chiedermi com’è che stiamo parlando se ci conosciamo a mal appena.
- Proprio a mal appena non direi.
- Il fatto che ho passato ventiquattr’ore a sfruttarvi per i miei piani e di aver anche cercato di uccidere te e tutti gli altri non mi sembra una grande conoscenza.
- Ma come Luke hai collaborato benissimo.
- Sarà – mormorai. – Comunque sul serio, non ho nessun enigma per te.
- Sicuramente per cinque anni di galera non hai ballato la samba.
In effetti ha ragione.
- Ho meditato sulle mie azioni, non so come spiegartelo...
- Ti sei rosicato dal rimorso?
- Dritto al punto, eh?
- Da piccolo me lo facevano notare sempre.
- Hai quindici anni. Non è che sei proprio adulto, eh?
- Tu a quindici anni non eri proprio adulto, eh? Però hai collaborato con uno scienziato, l’hai usato come una pedina e…
- Sì, sì. Non farmi la predica. Comunque, se avessi aspettato di avere venticinque anni prima di agire non ne avrei passati cinque in galera.
- Direi che il ragionamento fila.
Direi di sì anch’io.
  

 

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Capitolo 2
*** La mia fuga ***


La mia fuga
 

Sono completamente sola.
Quasi sola, in effetti.
Accanto a me c’è un volto conosciuto, anche se non ho ancora osato rivolergli la parola. Ho passato anni a fare la predica a Luke sul non parlare a vanvera con la gente.
Parlerò poi con la mia balia. Però non so se saprò essere abbastanza aperta e sincera con un robot.
Ma ne ho bisogno. Ho bisogno di rivedere quelle casette dai tetti spioventi, quell’orologio, la tomba di mia madre. Ho bisogno di rivedere Saint-Mystere.
E’ troppo tempo che non parlo con qualcuno. Quasi venti minuti. Non riesco più a stare zitta.
- Buongiorno, signor Pavel.
- Oh, bon journè, signorita-chan. Come you can conoscere mon prenom?
- Ci siamo già incontrati, si ricorda? Stava cercando Roma...
- Ah, sugai. Well, où sta andando?
Esito. – A Saint-Mystere.
- Ah, bien, Saint Mystere. I know una scorciatoia. Tu viens?
Meglio rifiutare.
- Va bene – dico.
- Ah, perfect, signorita-chan. Je sto andando in Asia. Mi viene proprio di strada. E il suo vestito è molto kawaii.
- Ehm… grazie?
- Piacere tudo mio.
Sorrise.
Io sono furiosa con me stessa. Non avevo pensato forse “Meglio rifiutare”? E allora perché cavolo ho accettato?
Il treno finalmente si ferma.
Siamo a Fartend. Resto ferma.
- Venga, signorita-chan.
- Dobbiamo scendere a Fartend?
- Yes, oui. Ja, ja.
Prendo la valigia. Dentro c’è il cambio per due giorni e lo spazzolino da denti, oltre che qualche soldo. Mi prende il rimorso.
Forse non avrei dovuto andar via così.
Pavel è già uscito, così lo seguo a ruota, trascinandomi dietro la valigia.
Lui indica un punto lontano, fra le foreste, che non riesco a vedere.
- Andiamo al Sorth.
- Veramente quello è l’ovest –
Non sarò mai andata a scuola, ma un’istruzione privata l’ho avuta.
La stazione è gremita di gente. Usciamo e ci avviamo nella campagna.
 
***
Dopo due ore di cammino ho i piedi doloranti e il vestito umido. Ma una vera dama non si lamenta, quindi sopporto.
Arrivati sulla sommità di una collina d’erba e scesi da quest’ultima ci siamo addentrati nelle foreste.
Scavalco il tronco di un albero caduto e finalmente raggiungo Pavel, fermo davanti a un tombino maleodorante.
- Dopo of lei, signorita-chan.
Sbianco.
- Dobbiamo proprio?
- Prendere or lasciare.
E va bene. Starò ancora al gioco. Faccio un nodo al vestito perché non mi impacci più di tanto e comincio a calarmi giù per la scaletta.
Scendo un piolo dopo l’altro, fin quando non riesco a mettere il piede sulla terraferma.
Mi giro e vedo che di terraferma c’è ben poco. Non più delle due sponde e una misera pedana a pelo d’acqua.
Pavel mi raggiunge e supera. Poi mi fa cenno di seguirlo con la meno. Cammino lentamente sulla pedana, e guardo il soffitto. E’ pieno da scoppiare di macchie d’umidità.  

 

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Capitolo 3
*** Underpark ***


Underpark
 

- Clive?
- Sì?
- Hai idea di cosa possa essere quella roba?
Mi passa davanti velocemente una moltitudine di persone in fila per qualcosa.
- Sembra non essere esattamente un ufficio postale o uno sportello di sorta, non trovi?
- In effetti c’erano moltissimi bambini.
- Hai letto il nome di quel posto?
- Mi sembra che fosse “Underpark”. E il bello è che la scorsa fermata era “Midland Road”.
- Non mi parlare di quel posto – grugnisco.
- E va bene, non ne parlerò. Però, se la scorsa fermata era Midland Road vuol dire che...
- Che ti ho appena chiesto di non nominare quel posto.
- … Che questa è la nostra fermata – conclude Luke.
Prendiamo le valige e saliamo su per la gradinata dell’Università.
La costruzione è immensa, tanto da mozzare il fiato. Entriamo piano e ci avviamo verso l’appartamento.
Suono il campanello.
La porta si apre.
- Luke! Sei cresciuto moltissimo!
- Io? – domanda Luke.
Layton abbassa lo sguardo.
- Luke... - poi squadra me. – Tu quindi... Ti hanno liberato!
- Sì.
- Ci siete tutti e due... E’ un’ottima notizia. Venite, andiamo ad avvertire Flora.
Lo seguiamo fino a un paravento.
Lui bussa piano.
- Flora...
Bussa più forte.
- Forse dorme – propongo io.
- Guardate qui! – esclama invece Luke. – C’è un biglietto.
“Sono scappata. Tornerò il prima possibile. Flora.”
- Ma... perché? – riesce solo a dire Luke.
- Piuttosto mi chiederei dove – sentenzia Layton. – Flora non è tipo da prendere il primo treno che passa. Aveva una destinazione ben precisa. Può essere che sia ancora in stazione.
Si aggiusta la tuba sulla testa, e prende la valigia che teneva sempre pronta.
- Non c’è tempo da perdere.
Io e Luke lo seguiamo fuori.
Layton sblocca le portiere e lui e Luke entrano, perfettamente sincronizzati.
Io salgo piano e allaccio le cinture, nel frattempo l’auto rossa parte.
Mentre le case scorrono davanti al mio sguardo comincio a pensare.
Perché io non volevo ricordarmi troppo di Flora. Pensavo che nulla mi avrebbe addolorato più di vederla, ma evidentemente mi sbagliavo.
Flora è stata la prima a sapere chi ero. Non mi sono trattenuto e le parole sono uscite da sole, uscendo dalla Grande Pagoda.
E la sensazione provata dopo era stata terribile. Ancora una volta ero rimasto a corto di fiducia in me stesso.
- Professore, cos’è questo “Underpark”? – domanda Luke, per riempire il silenzio.
- Temevo che mi avreste fatto questa domanda.
Poi mi guardò dallo specchietto retrovisore.
- Sei sicuro di volerlo sapere?
Annuii.
- Allora dovrò spiegarvi tutto da principio. Sappiate comunque una cosa: Bill Hawks... è stato rieletto.
- Vorrei proprio strozza... Ehm, diceva? – dico io.
- Cerca di tenere a bada i bollenti spiriti, perché quello che sto per dirti sarà difficile da accettare.
Annuisco piano.
- Bene, Bill Hawks sapeva benissimo che la gente avrebbe voluto sapere di più sull’evento. Non sapeva proprio come insabbiare il fatto, così ha agito diversamente. Appena possibile ha trasformato la Londra sotterranea in un parco dei divertimenti.
- HA FATTO COSA? – urla Luke. Io invece rimango immobile, paralizzato dall’orrore.
E ci vuole molto, per paralizzare me dall’orrore.
- Ha anche ingaggiato un attore che recitasse la tua parte.
- Se questo è uno scherzo, non è affatto divertente, professore.
- Ho fatto le mie ricerche in proposito – sentenzia. – A quanto pare lo pagano bene.
- Mi dica di più. – chiedo, senza riuscire più a capire niente.
- A quanto pare dieci persone alla volta sono fatte passare nella falsa distorsione. Quando escono sono nel parco a tema. Non so molto altro, se non che i ragazzini lo definiscono “Meravigliosamente terrificante”.
- Ma la versione reale non era affatto meravigliosa – aggiunge Luke.
Chiudo gli occhi. Sono di nuovo afflitto dal rimorso.


  

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Capitolo 4
*** Le fogne di Fartend ***


Le fogne di Fartend
 

- Che noia” – sbotto.
- L’avevo avvertita che c’era da walk, signorita-chan.
- Potrebbe anche smettere di chiamarmi in quel modo. L’ho anche pagata, perché mi accompagnasse. – che scelta infelice – Potrebbe anche chiamarmi Flora.
- C’est ok, Florita-chan.
Sì, l’ho pagato. Ma più passa il tempo più mi convinco che è stata una pessima idea.
- Vous are fidanzata? – mi chiede.
- Perché questa domanda?
- Parce que vi stavate boring, Florita-chan. Comunques, allora?
- No – rispondo secca.
- Strange. Non ha spasimanti?
Ehi, è una bella domanda. Ho spasimanti?
- Una volta mi era sembrato. Ma era solo un vile, volgare villano.
- Tu est sfortunata.
- Non è questo – mi difendo. – E’ che non sono mai andata a scuola.
- Escola? Mah, neanche moi.
Non si era proprio notato.
Continuiamo a camminare. I pavimenti sono luridi. L’acqua che scorre accanto a noi è lurida. Prima o poi cadrò, davvero me lo sento.
Alzo lo sguardo. Il soffitto è carico di ragnatele. Lo squittio di un topo attira la mia attenzione: uno sguardo fugace, e già anche la coda è scomparso in un buco nero.
Stringo di più il nodo al vestito.
Un piccolo fascio di luce arriva dall’alto. Un altro tombino.
E prima o poi vedrò quello sul quale ho camminato tante volte da bambina, quello che ho ignorato o che ho saltato per gioco.
“Arriverò a Saint-Mystere” mi dico. “Arriverò a Saint-Mystere”.
Pavel trotterella avanti a me, senza neanche veder bene la strada attraverso il suo paio i lenti appannate.
Continuo a pensare a quello che mi ha detto. E alla mia risposta. Ho davvero potuto pensare di piacere a quel ragazzo? Il comportamento era quello, o almeno mi sembrava. Nonostante ciò, nemmeno cinque ore dopo mi teneva prigioniera il una gabbia di vetro. Forse pensava che sarei piaciuta a un Luke più grande – per carità, quello vero ha sei anni meno di me! – è ha cercato di rispettare la parte, chi lo sa.
Lo scaccio dai miei pensieri con lo stesso rigore con quei ho scacciato Layton e Luke e il rimorso. Basta. Devo vedere il mio paese. A qualsiasi costo.
- Pavel? Manca ancora molto?
- Circa two days di marcia. And mezza giornata sur la superficie.
- Mamma.
Che stupida che sono. Mia madre è morta. C’è solo un robot a Saint-Mystere, che è lì ad attendere che qualcuno sgraffigni il tesoro.
E comunque ho deciso di farmi un tatuaggio sulla spalla e di murare la zona del quadro.
Nessuno deve azzardarsi a toccare il tesoro, nessuno. Sarebbe la morte di tutti i miei cari, e anche se questi non sono umani non permetterei mai una cosa così atroce.
Ed eccolo, uno spiraglio di luce. Ma stavolta non proviene dall’alto.
Davanti a me c’è un magnifico fascio di luce.
E una porta.
Pavel la varca senza indugio e io lo seguo a ruota. 

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Capitolo 5
*** Il Dolore e Flora ***


Il Dolore e Flora
 

Non abbiamo trovato parcheggio e stiamo facendo il giro. Siamo in Midland Road.
Accanto a me c’è l’Underpark. Il traffico è bloccato ed io devo continuare a guardarlo o preferibilmente a girarmi i pollici.
L’ingresso è circondato da una decina di monitor che riprendono le varie scene del gioco.
La prima, tanto per cambiare, raffigura l’attore che mi interpreta intento a guidare la fortezza.
La seconda mostra i giocatori terrorizzati.
La terza...
Il sangue incalza. Va più svelto nelle vene che nelle arterie. Mi attraversa il cuore in continui tumulti.
Fin’ora è solo turbamento.
E il dolore arriva ora.
Come uno scatto di rabbia, un colpo lancinante.
Di colpo mi accascio sul sedile, in preda a difficoltà respiratorie.
- L’ho vista – biascico. – E’ nell’Underpark.
 

***

- Sicuramente era un’attrice.
- Vi dico che era lei. Se non lo era, non mi sarei sentito male.
Abbiamo finalmente posteggiato, e io mi sono ripreso.
- Forse non avremmo dovuto coinvolgerti in tutta questa storia. Voglio dire, tu non ti aspettavi certo di...
- Non è questo, è che...
- Rispondi a questa domanda, Clive.
Mi reggo forte al sedile.
- Perché ti sei sentito male?
Ecco. L’ha chiesto. E ora risponderò a lui, a Luke e anche a me stesso.
- Era... per il rimorso.
- Non dire assurdità – mi interruppe Layton. – Se fossi stato effettivamente così provato dal rimorso...
- Ma io sono provato dal rimo...
- Non ho detto che non lo sei. – Si fermò. – Ma non ai livelli di farti venire un malore. O non saresti potuto né andare a Londra né parlare con noi.
- Io ho rapito Flora – bisbiglio.
- Perché l’hai fatto? – insiste.
- Per avere un ostaggio, no?
Layton spalanca la portiera dell’auto.
- Ti sarei grato di una spiegazione più sincera, ma comunque ora non ha importanza. Dobbiamo andare nell’Underpark.
- Non credevo che avrebbe detto una cosa così assurda, professore – intervenne Luke. – Dare soldi a...
- A nessuno. Tanto non ci farebbero passare comunque. Clive, mettiti davanti a noi. Non è nel mio stile scroccare un ingresso gratuito, ma a mali estremi, estremi rimedi.
- Cosa ha intenzione di fare?
La porta accanto all’orologiaio che ci mostra Layton è piccola, discreta, e reca la scritta “INGRESSO PERMESSO SOLO AL PERSONALE AUTORIZZATO”.
- Lei è un genio.
- Ho solo fatto molto allenamento.
Così lo seguimmo nello stretto corridoio, finché non ci trovammo faccia a faccia con Don Pablo. 

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Capitolo 6
*** Montagne russe ***


Montagne russe
 

Mi giro.
La fortezza di Clive è lì, impotente ed apparentemente innocua.
Dietro di me, l’orologiaio di Midland Road.
Sono nella Londra sotterranea?
Sì. Sono nell’Underpark.
- Pavel! Siamo tornati a Londra.
- Non! Vede le montagne russe? La porteranno at Saint-Mystere. Allez! Go.
- Ascolti, io conosco questo posto come le mie tasche e…
- Ma you haven’t tasche. Vada, su. C’est ok. Le ridò i money. Devo proprio andar. Ci vediamo in Asie.
Salgo, poco convinta, e dimentico di mettere la cintura. Accanto a me c’è una leva. Nemmeno l’ho sfiorata e già parto a razzo. Il tracciato è in linea retta. Mi reggo forte.
Vedo la terrazza panoramica di getto. Chinatown appare e sparisce in un sol colpo.
E adesso sono in salita. E’ altissima, temo di cadere all’indietro. Ed eccomi sulla cima della grande pagoda. Ho una fitta di rimpianto. Non posso negarlo, mi manca.
Davanti a me c’è una discesa ripidissima. Chiudo gli occhi e mi preparo ad urlare.
Un urlo prolungato accompagna la discesa. Sono pallida. Sto per vomitare. Ma non ho il tempo materiale di mettermi la cintura che sono di nuovo in salita. E su per la fortezza di Clive.
Tutto, tutto richiama quel nome. E mi fa una rabbia incredibile.
Parti, su. Parti. Morirò ora anziché fra cinque minuti. Non ha importanza. Sono senza cintura.
Finirò sfracellata al suolo.
Luke, sei lontano. Morirò senza nemmeno poterti rivedere.
Abbiamo discusso, battibeccato. Ma sei comunque il mio migliore amico.
Professore, mi dispiace.
Quando scoprirà che sono scappata ci rimarrà male. Penserà che non mi trovavo bene.
Non è così. Mi trovavo bene. Il mio istinto mi ha indotta a fuggire, ma io sapevo di sbagliare.
E tu, Clive. Non so cosa dirti.
Addio a tutti.
Addio.
Attendo la discesa.
La attendo ancora.
E ancora.
Dov’è la discesa? Perché non comincia? Sono rassegnata, ormai. Ora, ora…
Apro gli occhi di scatto. Direi che vogliono dilungare la tortura. Arriverò fino all’estremo opposto.
E poi morirò... E’ una discesa troppo forte per essere sopportata senza cintura.
E’ uno scossone ogni metro.
Ho chiuso gli occhi.
E’ ora?
Ora?
Forse fra un po’?
Sento la curva. Si comincia a scendere. A scendere. Non ha ancora preso velocità.
Guardo giù e svengo, inclinata pericolosamente verso il basso.

 

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Capitolo 7
*** Salto nel vuoto ***


Salto nel vuoto

 
- Don Pablo! Pensavo che fossi passato dalla parte del bene – esclama Luke.
- Io non sono né cattivo né buono – risponde Don Pablo. – Mi limito ad agire nel mio interesse. Mi volevo vendicare, mi sono messo contro di voi. Mi servivano informazioni per l’esplosione, sono passato dalla vostra parte. Ora sono al verde e quindi passo dalla parte di Bill Hawks. Non cercherò di danneggiarvi, ma non farò nulla che possa mettere a rischio il mio posto di lavoro.
- E cioè? – intervengo io.
- E cioè l’attore. Meglio non parlare del tuo curricolo, comunque, perché...
- Paul – lo calma Layton.
- Va bene. Lasciamo stare il tuo passato. Cosa siete venuti a fare, qui?
- Flora è scappata di casa – dice Luke.
- E cosa vi fa pensare che sia qui?
- Clive l’ha vista negli schermi lì fuori. Non era un’attrice, vero?
- L’unico attore, qui, sono io. E non mi è richiesto di interpretare Flora. Ora, se mi fate passare, l’attrazione è chiusa ed io dovrei andarmene.
- Non può darci una mano? – chiedo io.
- Si tratta di salvare Flora – interviene Luke.
- Ahem, voi due sosia, mi avete convinto. Se scoprono che qualcuno si è infiltrato qui penseranno che le mie attrezzature non funzionano e perderò il lavoro. Seguitemi.
Raggiungiamo l’orologiaio.
Accanto ci sono le montagne russe. Don Pablo di è già accomodato.
- Flora non può essere andata lontano – ci esorta. – Salite e la raggiungeremo in un attimo.
Io, Luke e Layton ci stringiamo accanto a Don Pablo.
- Allacciate le cinture, gente!
Noi non ci pensiamo due volte. Don Pablo tira la leva impostandola su una velocità media e il vagone parte non troppo velocemente.
Io chiudo gli occhi. La mia non è paura, ma orrore. Non sarei più voluto tornare nel mondo costruito da me e dal mio socio.
- Siamo in un punto piano – dice Layton. – Perché non ci spieghi meglio la situazione di cui ti dicevo prima, Clive?
- Mi ha convinto.
Si ricorda, vero, che io la chiami per salvarmi dalla mia stessa follia? E mi aspettavo che sarebbe venuto anche Luke. Tutto ciò si è avverato.
Quando siete andati a parlare con Chelmey io ero convinto che sareste tornati in due.
- E invece siamo tornati in cinque...
- Sì, ma non era certo Scotland Yard a preoccuparmi. Flora era un’enorme minaccia per il mio piano.
- Non vedo come possa Flora rappresentare una minaccia per qualcosa, veramente – interviene
Luke.
Layton invece sembra aver già intuito dove volevo arrivare, e mi esorta a continuare con la mano.
- Dicevo. Io ero diviso in due, sa. Una parte è stata quella che ha chiamato fatto chiamare lei, a discapito di tutto. L’altra è stata quella che mi ha spinto a costruire la fortezza. Come vede, la seconda parte era molto, molto più forte della prima. – Faccio una pausa. Abbiamo cominciato ad andare su per la Grande Pagoda.
- C’era una sola cosa che poteva rinvigorire il mio lato umano. E io, se da un lato ero riempito di felicità dal suo manifestarsi, dall’altro perdevo fiducia in me stesso. Se la prima parte era la mia anima, la seconda era il mio ego.
La fiducia in se stessi è necessaria. Io trovavo la mia forza nella seconda parte di me. E quando questa è emersa del tutto, ho fatto sprofondare la prima. Ho dimostrato che non mi importava più della prima parte. Ho rapito Flora – concludo.
- Sì, pensavo che avresti detto qualcosa del ge...
La discesa ci coglie impreparati. Serro gli occhi. Quando li riapro, sono di nuovo in salita.
Siamo silenziosi. Ognuno spera per conto proprio che, in fondo alla seconda discesa, riesca a trovare Flora.
La salita è ormai al termine. Luke rompe il silenzio.
- Professore, non penso di aver capito bene di cosa sta parlando Clive.
Layton sorride tristemente.
La discesa è lontana.
Getto un’occhiata nel binario parallelo al nostro.
- FLORA!
Tutti si girano verso il punto indicato da me.
- Dobbiamo fare qualcosa!
- Sta per cadere!
Le voci arrivano attutite alle mie orecchie. Sento chiara una sola frase: “Adesso. O mai più”.
Mi sollevo dal sedile, piego lievemente le ginocchia.
Con il vento che mi fischia nelle orecchie atterro pesantemente sul vagone di Flora. 

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Capitolo 8
*** In salvo ***


In salvo
 

- Sei un pazzo, Clive!
Ma sono vivo. Imposto la leva su una velocità più bassa.
Flora è svenuta. La cerco di mettere seduta, e lei apre lentamente gli occhi.
- Chi sei?
Non ho tanta voglia di spaventarla troppo.
Meglio andarci piano. Le poggio le mani sugli occhi.
- Indovina.
- Il professore?
- No.
- Il rettore Stone?
- Nemmeno. Sono una persona che non vedi da anni.
- Abiti a Saint-Mystere, vero?
- No, non mi vedi da cinque anni.
- Luke!
- No.
- Non ci credo che sei Don Pablo.
- Neppure.
- Avanti, dimmelo tu.
- Pensaci.
- No, sarebbe assurdo che fosse.... Avanti, non ho idee.
- Dicendo Luke ci eri andata vicina.
- Sei suo parente?
- Sembrerebbe, ma non è così.
Ha un’esitazione. Forse ha già capito, ma ha paura a dirlo.
Arriviamo in fondo. Le tolgo le mani dagli occhi.
- Sono io.
- Lo sospettavo. Ma non quadrava qualcosa. Insomma, l’ultima volta che ci siamo visti mi hai rinchiusa in una campana di vetro!
-  Eri una minaccia per il mio piano.
- Io, una minaccia. Layton lo era. Luke ci andava vicino. Anche Claire aveva qualche possibilità di batterti. Io ero la meno rischiosa del gruppo.
- Al contrario. La tua sola presenza poteva mandare a monte il mio piano. Solo vederti mi causava un grosso calo di fiducia in me stesso. E io avevo bisogno di contare su di me, perché ero l’unica persona su cui avrei potuto contare.
- Ma perché? Perché ti causavo questo?
- Il mio progetto escludeva tassativamente ogni tipo di sentimento umano. E tu... Ti ho rapita per dimostrare qualcosa a me stesso. Io ero triste mentre ti rapivo. Ma era l’ennesimo passo verso una corazza che mi avrebbe permesso di massacrare a sangue freddo.
 
Clive parla, parla. Tanto ormai ho capito cosa vuole dirmi.
Così prendo l’iniziativa. Mi avvicino.
Sembra imbarazzato.
Io lo incoraggio con lo sguardo.
Anche lui comincia ad avvicinarsi. Ormai posso vedere anche il più piccolo neo sul suo viso...
 
Un leggero scossone. Mi allontano di colpo, rosso di vergogna. Ci hanno visti.
Scendiamo dal vagone, ancora nervosi.
Scendono anche gli altri.
Don Pablo ridacchia, io lo guardo male.
- Era di questo che parlava Clive, professore? – chiede Luke.
Layton, che era scuro in volto, sorride appena.
- Penso proprio di sì. 

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