I Gioielli: la sorella di Anna. di nini superga (/viewuser.php?uid=97164)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gran Burrone ***
Capitolo 2: *** Sorpresa ***
Capitolo 3: *** Giulia ***
Capitolo 4: *** Gandalf ***
Capitolo 5: *** notturno in chiaccherata ***
Capitolo 6: *** il Portatore ***
Capitolo 7: *** la delegazione del Sud ***
Capitolo 8: *** conversazione n.1 ***
Capitolo 9: *** conversazione n.2 ***
Capitolo 10: *** conversazione: linguaggio del corpo. ***
Capitolo 11: *** conversazione n.3 ***
Capitolo 12: *** Dovrei parlargli? ***
Capitolo 13: *** Il Dolce e l'Amaro. ***
Capitolo 14: *** è nel gruppo che sta la forza! ***
Capitolo 15: *** chiarimenti. ***
Capitolo 16: *** partenza ***
Capitolo 17: *** La Carovana dell'Anello ***
Capitolo 18: *** Caradhras ***
Capitolo 19: *** Moria. ***
Capitolo 20: *** Non abbiamo altra scelta. ***
Capitolo 21: *** c...i amari, anzi: amarissimi. ***
Capitolo 22: *** primo addio ***
Capitolo 23: *** io non ero sola. ***
Capitolo 24: *** Lorien ***
Capitolo 25: *** Dichiarazioni. ***
Capitolo 26: *** Lo Specchio di Galadriel ***
Capitolo 27: *** Sarò il tuo scudo. ***
Capitolo 28: *** L'inizio della fine. ***
Capitolo 29: *** La fine. ***
Capitolo 30: *** Veniamo a prenderti. ***
Capitolo 1 *** Gran Burrone ***
<< Sbagli.
>>
Due occhi azzurri si
levarono su di me
e mi guardarono smarriti << Ancora? >>
Io annuii <<
Certo che si!! ti
sembra quello il modo di sistemare il filtro? >>
Arwen guardò la
sigaretta malfatta che
reggeva fra le mani con aria perplessa per poi tornare a fissarmi
negli occhi, l'espressione imbronciata << A me sembra
giusta,
invece! >>
Io sbuffai, sedendomi
accanto a lei
sulla panchina, davanti a noi la vista mozzafiato di Gran Burrone.
<<
Dammi qua. >> Le dissi << Te lo faccio
vedere per
L'ULTIMA volta... dopo però devi farlo tu, va bene?
>>
Lei annuì
convinta e mi osservò
rollare con grazia un perfetto cilindro di tabacco, applaudendo
quando glielo mostrai << Sei troppo brava!
>> Esclamò,
rigirandolo fra le dita affusolate.
Io sorrisi triste
<< Sapessi
quanto è bravo il maestro... >>
Era da quasi un anno che me
n'ero
andata da Minas Tirith. Gandalf mi aveva letteralmente scaricata a
Gran Burrone per poi andarsene a zonzo nei territori dell'Ovest senza
dirmi niente, come se fosse alla febbrile ricerca di qualcosa. Di
Isengard, la mia vecchia casa, non sentivo affatto la mancanza, anzi:
l'esperienza a Gondor mi aveva lasciato una fame di scoprire il mondo
che ancora non era stata saziata e, se non fosse stato per ordine di
Gandalf, con ogni probabilità non sarei rimasta a Imladris a
insegnare a rollare a Arwen, principessa degli elfi, ma sarei
sicuramente scappata, dato che spiegare come si crea una sigaretta
era il fatto più eccitante della giornata.
Infatti, per quanto fosse
bello e
magico Gran Burrone, o Imladris o come lo si vuol chiamare, coi suoi
canti e i suoi balli, i suoi vestiti sontuosi e i piatti prelibati,
le biblioteche e gli immensi boschi, ebbene era un posto alquanto
noioso. Mi ero abituata a tenermi in movimento ogni giorno a Minas
Tirith- anche se il mio soggiorno era durato relativamente poco- , ad
aver sempre i nervi a fior di pelle, mentre gli Elfi sembravano
estranei a quella mia smania di fare, forse per colpa di quel
particolare tabacco dal sapore dolce ( L'autrice si dissocia da ogni
riferimento: non fatevi strane idee!!! ) che fumavano in sottili pipe
argentate, o per quel dolce liquore che distillavano loro stessi e
che scivolava liscio lungo la gola per riscaldare l'anima e
predisporla a stendersi su un divano e guardare il soffitto della
propria stanza beatamente in pace. O forse era semplicemente il fatto
che, essendo eterni, avevano appunto tutta l'eternità
davanti e non
sentivano la necessità di fare qualsiasi cosa in qualsiasi
momento,
al contrario di me.
Sospirai platealmente e mi
lasciai
scivolare lungo la panchina, godendomi la vista e sorridendo ad Arwen
che ancora ammirava la sigaretta.
<< Chi
è il maestro? >> Mi
chiese Arwen all'improvviso, guardandomi con quei scintillanti occhi
azzurri << E' da quando ti conosco che ne parli, ma non
hai mai
parlato di lui in termini precisi: chi è? >>
Mi venne in mente Boromir
in assetto da
guerra, il vessillo di Gondor in una mano e il corno nell'altra,
sorridente << E'... >> Iniziai, estasiata
<< … E'
l'uomo che è a capo dell'esercito di Gondor, il figlio del
Sovrintendente di quelle terre. Si chiama Boromir. >> A
dire il
suo nome abbassai la voce, come per evocarlo: Valar, quanto mi
mancava.
<< Ah.
>> Disse lei <<
E' un guerriero, dunque. >>
Annuii <<
Già. >>
Restammo in silenzio,
ammirando il
paesaggio: dalla terrazza sulla quale eravamo, Gran Burrone ci veniva
addosso con tutta la sua bellezza e magnificenza. Era una vallata
verde e ridente, cosparsa di eleganti palazzi bianchi dall'aria
favolosa, che di notte scintillavano come stelle del cielo e di
giorno assumevano i colori cangianti del sole. Sembrava che su quella
terra non piovesse mai, non morisse mai nulla, nemmeno una foglia.
Tutto era fermo. Eterno. Dannatamente immobile, come se si trovasse
sotto una teca di cristallo. A pensarci, era un po' inquietante.
<< Ma non ti
stufi mai? >>
Chiesi ad Arwen, così a bruciapelo.
Lei mi guardò
con aria interrogativa
<< Stufarmi di cosa? >>
<< Ma di
questo. >> Feci un
eloquente gesto della mano << Di tutta questa bellezza,
di
tutta questa...pace! Non che la pace mi disturbi, ovviamente...
>>
Lei piegò la
testa di lato,
socchiudendo gli occhi << Continuo a non capire...
>>
Scossi la testa e cercai le
parole con
attenzione << Insomma, come faccio a spiegartelo? E'
… >>
Mi fermai, colpita dal fatto che avrei potuto offenderla. Mi misi
sulla difensiva << Spero che non ti offenderai, ma qui a
me
sembra tutto incredibilmente noioso. Bellissimo, stupendo, favoloso
quanto ne hai voglia ma... noioso. >> La guardai
<< Non
credi? >>
Lei mi fissò
intensamente negli occhi
e poi sorrise in silenzio << A parlare così,
assomigli davvero
a qualcuno. >> Il sorriso le si allargò ancora
di più <<
A qualcuno a me caro. >> Si sfiorò il
magnifico ciondolo che
portava al collo: un fiore di pura luce << Questo non
è un
ambiente umano, Anna. Questo è il regno degli elfi e il
regno degli
elfi è proprio così: bellissimo ed eterno,
imperturbabile. Per voi
umani questo è inconcepibile: il vostro mondo è
in continuo
mutamento, voi stessi mutate davvero velocemente nel breve arco della
vostra vita, e i Valar vi ha dato la voglia e le capacità di
compiere gesta straordinarie, per quanto il vostro tempo su questa
terra sia breve. Credo che da qui nasca la vostra smania di fare e di
scacciare la noia, che è inattività. Forse la
scacciate perchè è
tanto simile alla morte... >>
Feci una piccola risatina
<<
Effettivamente, da morti si fa poco e nulla, tranne essere mangiati
dai vermi... >> Le presi la sigaretta dalle mani e
l'accesi
con un fiammifero.
<< Che
discorsi profondi! >>
Esclamai allora, assaporando il gusto dolce del tabacco degli elfi e
passandole la sigaretta << Discorsi troppo profondi, per
due
ragazze come noi, Arwen... >>
Lei rise <<
“ Ragazze “?
Parla per te! >> Più volte le avevo chiesto
quanti anni
avesse, ma lei rispondeva evasiva o lasciava cadere la domanda nel
vuoto, facendomi capire che non aveva piacere a parlarne. Le sorrisi
e le dissi che la sigaretta poteva tenersela, volevo andare a fare
due passi da sola. Lei annuì e rimase seduta sulla panchina,
salutandomi con uno di quei suoi dolci sorrisi che mi scioglievano il
cuore.
Arwen mi aveva fatto venire
in mente
Boromir.
Da quanto non lo vedevo?
Sembravano
vite intere...intere ere, forse. Mi appoggiai al ballatoio , lungo il
Belvedere di Gran Burrone, una lunga strada che collegava tutti i
vari palazzi a quello di Erlond, padre di Arwen, signore potente e
gentile dall'aria paterna. Il bello di quella strada era che correva
come un anello attorno alla valle, regalando una vista magnifica e la
possibilità di fare altrettante magnifiche passeggiate, dato
che era
abbastanza largo ed era puntellato da panchine e deliziosi padiglioni
in stile elfico ( io lo chiamavo così, quel genere fine ed
elegante
).
non vestivo come un' elfa,
ma da uomo:
mi ero talmente abituata ai pantaloni e alla camicia che non riuscivo
a separarmene. Solo in rare occasioni indossavo vestiti e l'unico
elegante era quello che Boromir e Faramir mi avevano regalato, quello
di Finduillas.
Ecco, avevo pensato ancora
a lui. Mi
passai una mano sulla fronte e accarezzai i capelli, tornati lunghi.
Ancora a lui... sospirai, triste “ Come starà?
“ Mi chiesi
rollandomi una sigaretta con noncuranza “ Sarà
ancora vivo? Mi
penserà ogni tanto? Si sarà...? “
Scacciai quel pensiero come se
si trattasse di una mosca fastidiosa, concentrandomi solo sulla
sigaretta. Mi tremavano le mani e costrinsi la mia testa a tornare a
quel pensiero “ … Si sarà sposato?
“.
Era da un po' che ci
pensavo e non
avevo tutti i torti: Boromir era un uomo nel fiore degli anni, forte
e vigoroso, per non parlare del fatto che era il futuro
Sovrintendente, un buon partito dunque per qualsiasi ragazza di buona
famiglia, principesse comprese. E io ero la scema del villaggio: io,
che non ero niente, orfana e senza famiglia, credevo di poterlo
tenere per me.
Mi accesi la sigaretta con
mano
tremante, cercando di non far caso agli occhi lucidi “ In
realtà è
ancora innamorato di me... “ Cercai di dirmi, ma non ce la
feci:
una grossa lacrima mi scivolò sulla guancia, mentre mi
rimproverai
per l'ennesima volta di non essere stata in grado di tenermelo
stretto. “ Avrei dovuto protestare, combattere per restare.
“ Mi
dissi, rabbiosa “ Sarei dovuta restare con lui, solo con lui
e
fregarmene di tutto. Avrei dovuto … “ Un brivido
caldo “ …
far l'amore con lui. “ Anche quello era un chiodo fisso. Era
diventato una cosa di cui mi ero pentita, quella di non essere stata
abbastanza intima con lui. Credevo che l'intimità ci avrebbe
legato
con fili rossi, per non scioglierci mai più dai nostri
giuramenti.
Gettai via la sigaretta,
che si era
consumata fra le mie mani fumata dal vento e mi asciugai il viso con
le maniche della camicia. << Stupida. >> Mi
dissi a voce
alta << Sei una stupida. >>
<<
Effettivamente. >>
La voce mi fece trasalire e
alzai il
capo di scatto: cinque elfi mi guardavano con aria altera e
aristocratica, uno di loro lo faceva con particolare insistenza. Era
l'elfo che aveva parlato, quello che mi stava sulle balle
più di
tutti. E mi aveva vista in quelle condizioni pietose.
“ Bastardo.
“ Pensai
istintivamente, alzando fieramente il capo e cercando di ignorare gli
occhi e le guance arrossate << Glorinfeld.
>> Lo salutai
con freddezza << Bello come sempre, vedo. >>
Lui sorrise e si
avvicinò << E
tu simpatica come al solito. Che stavi facendo? >>
“ Mi hai vista o
no? “ Avrei voluto
ribadire ma trattenni la lingua << Nulla di particolare.
>>
Risposi, prendendo il tabacco e sedendomi su una panchina.
<< E
tu? >>
<< Cercavo
te. >>
Lo fissai stupita
<< Ah! >>
Poi sogghignai << Voglia di fare due chiacchere con
qualcuno
che non ti dia sempre ragione? >>
Non rispose alla
provocazione <<
Il mio signore Erlond ti manda a chiamare. >> Disse solo.
<< Ah si?
>> Mi accesi la
sigaretta e soffiai fuori il fumo << E perchè?
>>
<<
Perchè devi sempre chiedere
perchè? >> Sbottò lui evidentemente
irritato, scuotendo i
lunghi capelli biondi. << Ti basti sapere che non so
nemmeno io
di cosa si tratti, il mio signore mi ha solo chiesto di cercarti e di
condurlo a lui. Del resto, io non so nulla. >>
<< Fai il
messaggero, adesso?
Bel lavoro! >> Scherzai. Ma lui non rise.
Pensai a cosa avevo fatto
negli ultimi
giorni,ma non ricordai alcun disastro, nessun libro strappato, tenda
macchiata... fissai Glorinfeld con un misto fra l'indifferente e
l'incuriosito ma alla fine mi alzai, la sigaretta fra le labbra
<<
E va bene. Andiamo dal tuo signore. >>
NOTICINA: guarda guarda la
Nini che è
tornata!!! salve a tutti!!!eccomi qui con un nuovo capitolo e una
nuova storia. E' abbastanza sciallo, con le solite pene d'amore, le
solite sigarette e le solite cagatine che mi hanno reso nota a voi,
vasto e colto pubblico ( che leccata di culo... )
comunque, dal prossimo
capitolo entrerà
in scena un nuovo personaggio che sconvolgerà non poco la
vita ad
Anna- e non solo a lei...
vabbe, chi vivrà
vedrà!!!
bacissimi cari recensite
recensite R
E C E N S I T E numerosi, claro? Brai scetch...
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Capitolo 2 *** Sorpresa ***
Glorfindiel camminava
davanti a me,
circondata dai suoi seguaci altezzosi. Ero stata brava a celare le
mie emozioni, a non far scoprire il tumulto che agitava il mio cuore:
che desiderava sire Elrond da me? Camminavo in silenzio e pensavo.
Ricapitolai per l'ennesima volta le mie giornate: di disastri non ne
avevo combinati, tranne forse aver insegnato a fumare ad Arwen ma non
sembrava una cosa tanto grave da richiedere una lavata di capo dal
Sire in persona.
Magari era tornato Gandalf!
Era da
tempo che non lo vedevo, da quando era partito per Isengard.
“
Porterò i tuoi saluti a Saruman... “ Mi aveva
detto in tono
rassicurante, ma avevo scorto qualcosa nei suoi occhi: paura, forse?
Sicuramente era agitato, data la grande quantità di Erba
Pipa ( un
particolare tabacco di un luogo da lui visitato chiamato Contea ) che
consumava durante le nostre conversazioni e dava spesso e volentieri
risposte laconiche, che non soddisfacevano la mia curiosità,
il che
era strano, dato che Gandalf cercava sempre di soddisfare la mia sete
di sapere. Che avesse un segreto? “ Non ha importanza.
“ Mi
dissi, sorridendo: se davvero era tornato,glielo avrei domandato.
<< Ma devo
forse incontrare una
persona? >> Chiesi avvicinandomi al bellissimo-
perchè
Glorfindiel era DAVVERO bellissimo- elfo e camminando al suo fianco.
Lui fece finta di non sentire la mia domanda, altezzoso come al
solito.
<<
Andiamo...E' impossibile che
tu non sappia cosa Elrond voglia da me! >> Lo punzecchiai
e
come al solito punsi sul vivo. Vidi il suo occhio verde bosco
guardarmi con aria indispettita per poi sorridere glacialmente
<<
Evidentemente, il mio Signore ha ritenuto che fosse una cosa tanto
infima da nemmeno riferirmi di cosa si trattasse, piccola mortale. Mi
ha chiesto solo un favore. >>
<< Si, si.
>> Sminuii io,
continuando imperterrita << Ma che tu sappia, si tratta
di
Gandalf? >>
Lui scosse il capo
<< Di questo
sono sicuro: Mithrandir non è ancora tornato da Isengard, ma
non ho
preoccupazioni al riguardo. Egli sa badare a se stesso. >>
<< Concordo
con te. >>
Camminammo fianco a fianco
per un po',
gli occhi vaganti sul paesaggio di Gran Burrone: come fare a non
innamorarsi di un posto del genere? Dal bosco vedevo spuntare cupole
e padiglioni, sui sentieri qualche elfo passeggiava o stava seduto
all'ombra degli alberi. Quel luogo sembrava eternamente in pace.
<< Questo
luogo sembra
eternamente in pace. >> Disse Glorfindiel d'un tratto,
dicendo
a voce alta la stessa cosa che io pensavo. Lo guardai stupita.
<<
E' stato così per Ere intere, e ora è ai frutti:
quanto durerà
ancora? >> Continuò, sfiorando un sempreverde.
Era una domanda
retorica, me ne resi conto anch'io, ma risposi lo stesso.
<< Per
sempre. >> Dissi,
guardandolo << Come è sempre durato, no?
>>
Lui mi trapassò
con lo sguardo <<
Mortale, non ti rendi conto di quanti cambiamenti sono nell'aria.
>>
Scrollai le spalle
<< Non sento
proprio niente, io. >>
<< Io si. Me
lo sussurra l'aria,
me lo gorgoglia l'acqua e sono certo che tra non molto segni
più
tangibili si riveleranno a noi. >>
Lo guardai storto
<< Qui la gente
parla davvero per enigmi... >> Mormorai, mentre ci
avvicinavamo
alla Reggia, un grande palazzo di svariati piani, arioso e bianco,
costruito su terrazzi e ornato da giardini pensili, così
bello da
sembrare incantato.
<<
Dov'è Jadis? >> Chiesi
a nessuno in particolare: da quando eravamo giunte a Gran Burrone,
lei aveva iniziato a gironzolare per i boschi attorno alla Reggia
dalla mattina alla sera, senza che io la potessi seguire. Andava a
stanare volpi e giocava nei fiumi coi pesci, senza ucciderli in
quanto non ne aveva bisogno.
<< Non ho la
più pallida idea di
dove si trovi la tua bestia. >> Ribadì l'elfo
nella sua tunica
verde bosco ricamata d'oro << E non voglio nemmeno
saperlo. >>
<< Troppa
paura di sporcarti il
vestito? >> Scherzai.
<< Puzza.
>>
<< No che non
puzza! >>
<< Si, ti
dico io! E muoviti: la
tua lupa ci raggiungerà. >>
La Reggia era bella, ma
enorme e
complicata. Corridoi su corridoi, stanze su stanze, porte su porte e
terrazze su terrazze finivano per confondere l'orientamento di
chiunque e più di una volta mi ero persa dentro di essa, con
grande
divertimento degli elfi che mi incontravano e mi indicavano la giusta
via. Grazie ai Valar, Glorfindiel non mi aveva mai vista in quello
stato confusionale: mi avrebbe derisa per il resto dei miei
mortalissimi giorni.
Un'illuminazione mi
abbagliò la mente
e mi fece battere il cuore: che fosse giunto...LUI?
Boromir di Gondor era il
figlio
maggiore del Sovrintendente, sicuramente aveva anche il compito di
delegato diplomatico nei confronti del suo paese... che fosse giunto
fino a Imladris? Lo sapeva che sarei andata li, glielo avevo detto e
lui lo sapeva. Che fosse davvero...?
<< E' giunto
per caso qualche
messaggero da Gondor? >> Chiesi, speranzosa, guardando
Glorfindiel negli occhi << Si ? >>
Lui scosse il capo e
sorrise malizioso
<< Cos'è tutto questo accaloramento?
>>
Mi sentii avvampare
<< Qualcosa
che non puoi capire. >> Borbottai.
<< Aaaaaah...
e invece comprendo,
sai? >> Lo sentii ridacchiare << No,
comunque non è
arrivato nessuno dal sud, a meno che non sia giunto ora. Mi spiace.
>>
Lo guardai con gli occhi
sgranati “
Ha detto MI SPIACE? “ Era la prima volta che quello
stronzetto
dimostrava un sentimento tanto umano quanto il dispiacere... allora
non era fatto di vetro e ghiaccio!
Gli sorrisi calorosamente
<< Non
devi dispiacerti: colui che aspetto sicuramente arriverà!
Piuttosto... dove devo incontrare sire Elrond? >>
Ci eravamo fermati
all'imboccatura di
un corridoio e l'elfo fece un gesto regale con la mano <<
Vai
su quella terrazza: il mio signore ti attende li. >>
Quindi, non si trattava di
Boromir.
La cosa mi aveva
rattristato, ma anche
incuriosito: perchè Elrond mi aveva convocata, se non si
trattava ne
di Gandalf ne di Boromir? Di disastri non ne avevo combinati,
quindi... che si trattasse davvero delle lezioni di rollaggio ad
Arwen?
Decisi da liberare la mente
e respirai
a fondo l'aria buona del posto, profumata di incensi e... tabacco?
Mi ridestai: chi stava
fumando tabacco?
Solo io lo fumavo. Arwen non si faceva vedere da suo padre,
sicuramente non si trattava di lei.
Che Glorfindiel si fosse
sbagliato? Che
Boromir fosse davvero giunto a Gran Burrone?
Accelerai il passo e
strinsi fra le
dita la gemma regalatami da Bormir al nostro addio: che fosse davvero
lui?
Giunsi alla terrazza col
fiato corto,
entrai e mi guardai attorno. Vidi solo Elrond, l'austero e gentile
signore di Gran Burrone, accorgersi della mia presenza e avanzare con
incedere maestoso verso di me. Dietro di lui, spuntò Jadis
che si
mise a correre verso di me, festeggiando poi il mio arrivo.
<< Eccoti!
>> Esclamai,
accarezzandola e sentendomi subito meglio << E' tutto il
pomeriggio che mi chiedevo dove fossi! >>
Elrond giunse davanti a me
<<
Anche noi ce lo chiedevamo. >>
Mi inchinai dinnanzi a lui
<<
Sire. >> Lo salutai rispettosamente <<
Chiedo perdono,
ero lungo il Belvedere con la principessa Arwen e... >>
Lui fece un segno con la
mano delicata
<< Non ha importanza. >> Mi sorrise
<< Ti ho
convocata in quanto è successo un fatto straordinario, oggi
pomeriggio. >>
Il mio cuore
scalpitò.
<< E' giunto
a noi un viandante
davvero singolare, un viandante che ha chiesto di te con insistenza e
per motivi del tutto particolari che lui stesso ti
spiegherà. >>
Io annuii <<
Dov'è questa
persona? >>
Elrond si scostò
e vidi cosa
nascondeva: vicino a una colonna, c'era qualcuno che fumava con aria
nervosa. Quando vide di essere allo scoperto, iniziò ad
avanzare
verso di noi.
Non era Boromir, ma la sua
vista mi
lasciò comunque spiazzata.
Vestiva da uomo,con dei
pantaloni di un
tessuto blu e pesante. Indossava una camicia colorata a maniche
corte, senza collo. I capelli corti potevano far credere si trattasse
di un ragazzo, ma così non era: aveva lineamenti gentili,
molto
simili a...ai miei?
La fissai a bocca aperta e
lei scoppiò
a ridere.
<< Ciao.
>> Mi disse
con voce leggermente roca << Da quanto tempo,
sorella mia.
>>
ANGOLINO:finalmente, e dico
FINALMENTE
Anna è tornata!
Mi scuso per la lunga
attesa- credo di
non essere mai stata così lenta- ma ho talmente tanti
progetti...tante cose da fare che per Natale vorrei mi regalassero le
giornate da 32 ore e non le Moleskine dalle bianche pagine! In ogni
caso...TADAAAAAAAAAAN!!!!colpo di scena! Avete visto chi è
entrato
in gioco?
Eheheh...ecco a cosa
serviva il sogno
del capitolo 21!!! tutto si aggiusta...
un grazie alle mie
donnissime Jhonny
Nicotine, Ragazzapsicolabile91 e Barby_Etteliene91 che mi amano e mi
seguono e mi recensiscono anche se non ho ancora risposto: donne,
giuro che vi risponderò un dì o l'altro!
Per
ora, posso solo augurarvi un BUON
E SANTO NATALE da Anna e da tutto il suo Entourage- Jadis
compresa!!
bacissimi,
gnari, vi voglio bene assai!!!
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Capitolo 3 *** Giulia ***
Sembrava di avere uno
specchio dinnanzi
a me , solo che il riflesso era leggermente diverso dal mio: stesso
viso, stesso naso, stessa bocca e stesso taglio degli occhi- anche se
le sue iridi erano appena più scure delle mie. Sembravano
racchiudere la gioia di quell'incontro, ma anche una certa luce
fredda, che scintillava e si irradiava sul suo viso, dando al sorriso
una piega ironica e anche un po' crudele. Come se si stesse tenendo
dentro qualcosa e non vedesse l'ora di rigurgitarla.
Ero dinnanzi a mia sorella,
quattordici
anni dopo la mia scomparsa. Domande su domande si scontravano nella
mia testa improvvisamente troppo affollata: chi era quella ragazza?
Era davvero mia sorella? E se fosse stato qualche inganno nemico? E,
se fosse stata davvero mia sorella, che tipo era? Come era cresciuta,
quali erano le sue esperienze? E soprattutto: come faceva ad essere
giunta sino a Gran Burrone?
<< Mi hai
raggiunta. >>
Affermai, scrutandola. Lei annuì << Volevo
sapere se sbagliavo
o meno. >>
<< Sbagliare?
>>
<< Quando ti
ho vista entrare in
quel tronco per poi non uscirne... tutti hanno pensato che avessi
sognato, addirittura mentito. >> Distolse lo sguardo
<<
Tu... tu non sai cosa hanno detto di me. >>
Eccolo li: ecco cosa si
portava dentro.
Lo stava tirando fuori.
Io tacqui, in attesa di
spiegazioni. <<
Hanno detto che non ti volevo bene. >> Sbottò
<< Hanno
detto che mi ero inventata una storia stravagante per coprire chi ti
aveva rapita, perchè desideravo la tua scomparsa.
>>
<< Ma non
è vero... >>
Mormorai io. Lei sembrò non sentirmi << Mamma
e papà non mi
hanno mai creduta. >> Proseguì imperterrita
<< Ti hanno
sempre cercata, hanno sempre cercato te: hanno fonadato associazioni,
hanno collaborato con altre famiglie disgraziate come la nostra, sono
andati a diversi programmi televisivi e hanno anche scritto libri
sulla lor esperienza, diventando delle specie di guru nel loro campo.
>> Ridacchiò, nervosa <<
Scordandosi però di me. Si
sono scordati di avere un'altra figlia e mi hanno lasciato sola
troppo a lungo perchè io potessi continuare ad amarli come
li avevo
amati da piccola. Lentamente, hanno iniziato a diventare estranei,
per me. >> Piegò la testa di lato,
osservandomi << Tu...
ricordi mamma e papà? >>
Ripensai al sogno mentre
ero nel Limbo
dopo la battaglia di Osghilliarth: avevo visto le due bambine, io e
lei ( lei...come si chiamava, poi? ), ma di mamma e papà
neanche una
traccia, forse qualcosa in lontananza, ma troppo sfocato per
definirsi un ritratto ben preciso dei mie genitori. Evitai
accuratamente di dire che non li ricordavo, ma non potei trattenermi
dal chiederlo:
<< Come...
come stanno? >>
Lei mi guardò,
le sopracciglia
sollevate << Ah, te ne preoccupi ORA, dopo quattordici
anni di
assenza? >> Mosse un minaccioso passo verso di me
<< Ti
ricordi almeno le loro facce? >> Mi ringhiò
piano, sotto lo
sguardo stupito di re Elrond. Jadis, dopo un primo attimo di
confusione, aveva iniziato a innervosirsi, e ringhiava piano in
direzione di mia sorella.
La domanda mi
colpì così alla
sprovvista da farmi restare di sasso << N-no..
>>
sussurrai, rendendomi conto dell'orrore: io non ricordavo i miei
genitori... non li ricordavo! Li avevo rimossi, esattamente come
avevo rimosso il fatto di essere giunta nella Terra di Mezzo
attraverso un tronco cavo... Guardai il suo viso irato: non ricordavo
nemmeno di avere una sorella, d'altro canto.
<< Io...
>> Cercai di dire,
ma lei fu più veloce di me << Tu non hai idea
di quello che ho
passato! Tu sei rimasta tranquilla in questa specie di Fiaba
Incantata senza preoccuparti minimamente di come stesse la tua
famiglia, di come stessi IO, CAZZO! >> Le ultime parole
quasi
le urlò fra le lacrime, solo allora me ne accorsi...
Tacqui, ascoltando i suoi
singhiozzi.
<< Sbagli
invece. >>
Ribadii piano << Tu non sai cosa vuol dire sentirsi
sradicata,
come una pianta che passa da un vaso alla terra selvatica. Sai tu
cosa vuol dire camminare in un bosco stremata dalla fame, impaurita,
senza capire dove sei finita? Io non saprò cosa avrai
passato tu,
sorella, ma sicuramente so cosa ho vissuto io in questi anni lontani
da casa e se vuoi te lo racconterò...un giorno che avremo
fatto
pace. >>
Lei scosse il capo
<< Non sono in
guerra con nessuno, la pace fra noi è già fatta.
>>
Inarcai un sopracciglio,
scettica <<
Ne sei certa? Fino a un attimo fa, mi stavi vomitando addosso tutta
la tua rabbia e l'angoscia accumulate in questi vent'anni... o
sbaglio? >>
Per la prima volta, lei
tacque e pensò
a quanto detto. La vidi arrossire e sospirare << Non hai
tutti
i torti a ad avere dei dubbi...ma sai... e' da tanto che mi portavo
dentro queste cose e … >> Tirò su
col naso e si asciugò gli
occhi col dorso della mano << e, bè, ora che
so che è tutto
vero, che tu sei davanti a me... e poi, a chi confidare certe cose se
non alla propria gemella? >>
Gemella.
Il nome
mi venne
spontaneo. Le porsi la mano << Giulia? >>
Lei
alzò il capo
di scatto, stupita. Guardò prima la mano, poi me
<< Ricordi il
mio...? >>
Io
annuii e
accennai alla mano tesa << Ti va di andare a fare un
giro? >>
Giulia
esitò un
attimo, per poi afferrare la mia mano e sorridermi.
Re
Elrond ci lasciò
sole e ci invitò a cena nella Sala dei Racconti. Per me era
una
consuetudine, cenare con la corte elfica, seduta accanto al
baldacchino di Arwen, ma per mia sorella era un'esperienza
totalmente nuova. << Si mangia bene alla corte di re
Elrond. >>
Le dissi << Sicuramente meglio che alla mensa di
Osghilliart o
a Isengard. >>
Passammo
il nostro
tempo sulla grande terrazza dove ci eravamo ritrovate, camminando
avanti e indietro e sedendoci sul ballatoio: da li, si godeva
un'ottima vista di Gran Burrone.
Giulia
sospirò <<
Non dicevo il falso quando dicevo che hai vissuto in una fiaba
incantata, Anna... questo posto sembra la versione bella del castello
della Bella e la Bestia... >> Accorgendosi della mia
faccia
confusa, fece un delicato movimento della mano << Fa
nulla, non
è importante... >> Si sfilò di
tasca un pacchetto colorato ed
estrasse una sigaretta.
<<
Fumi?
Esiste anche da te, allora! >> Esclamai stupita,
ricordandomi
di averla vista fumare in lontananza. Lei annui e mi porse il
pacchetto: era di carta colorata, contente delle sigarette perfette.
<<
Fuma con
me. >> Mi disse e io presi una sigaretta e me la portai
alle
labbra. Le passai il mio stesso cerino ed espirammo assieme,
guardando il paesaggio di Gran Burrone con aria sognante.
A lungo
restammo in
silenzio, contemplando la valle e pensando ognuna alle proprie
esperienze e alla straordinaria situazione che stavamo vivendo: io e
Giulia, sorelle gemelle, separate in tenera età e
ricongiunte per
caso! Era una situazione più che strordinaria!
<<
Come hai
fatto a raggiungere la Terra di Mezzo? >> Le chiesi
all'improvviso, accarezzando la pancia di Jadis con un piede
<<
Non me l'hai ancora detto. >>
<<
Esattamente come te. >> Mi rispose << Sono
passata
dall'albero cavo. >>
<<
Ma io non
mi sono ritrovata qui. >>
Giulia
inarcò un
sopracciglio << Come non ti sei trovata qui?
>>
<<
No, io
sono comparsa vicino a Isengard, non a Imladris. Gandalf mi ha
trovata e mi ha accudita... perchè tu sei comparsa qui?
>>
<<
Chi è
questo Gandalf? >>
Io
sorrisi <<
Diciamo che per è stato come un padre...anzi un nonno, visto
che è
molto anziano. E' da tempo che non lo vedo. >>
<<
Sta
lavorando? >>
<<
Diciamo di
si... L'ultima volta che l'ho visto, stava tornando a casa nostra, a
Isengard, perchè doveva parlare con Saruman per non so quale
faccenda... >>
<<
Ah. E chi
è questo Saruman? >>
La
faccenda si
dimostrava più complicata del previsto: avrei dovuto
spiegarle ogni
cosa... mi passò per la mente che avrei potuto parlarle di
Boromir!
Sorrisi a quel pensiero e lei mi osservò incuriosita.
<< A che
pensi? >>
Gettai
la
sigaretta, ormai al filtro << A una persona.
>>
<<
Oh! >>
Esclamò solo << Dai:lui chi è.
>>
Mi
stupii della
velocità con cui aveva compreso tutto <<
Lui...E' un capitano.
E' di un regno molto lontano da qui, dove ho vissuto e combattuto per
qualch- >>
<<
TU HAI
COMBATTUTO? >> Mi interruppe bruscamente <<
Ma fai sul
serio? >>
Io
accennai di si,
arrossendo << S-si... >>
<<
Ma che
FIGATA! >>
Io
ripensai alla
mia ferita << Sapessi... ho anche rischiato.
>>
Giulia
mi prese per
la spalla e mi scosse << Sorella, devi assolutamente
raccontarmi tutto! >>
Fu
così che io e
Giulia diventammo confidenti e rinsaldammo il nostro legame, che era
sopravvissuto aldilà del tempo e del distacco dei nostri
mondi.
Mentre
parlavamo,
con la coda dell'occhio vidi che qualcuno a cavallo se ne andava da
Imladris e che quel qualcuno era Glorfindiel ( avrei riconosciuto
ovunque e anche da lontano la sua andatura a cavallo e il suo
mantello bianco che sembrava emanare luce ).
<<
Ma dove
va? >> Chiese ad alta voce, distogliendo l'attenzione da
Giulia
per un attimo << E' quasi il tramonto... e parte in
assetto da
guerra! Dove va? >>
Giulia
guardò il
cavaliere e fece spallucce << Forse a salvare qualcuno?
Di
solito, è quello che fanno i cavalieri, no? >>
Io risi
al pensiero
di Glorfindiel che osservava, inorridito, la sua cotta di maglia
candida macchiata di sangue d'orco. << No no, credo che
tu ti
stia sbagliando... Quello ha paura di sporcarsi con una pozzanghera,
figuriamoci se è capace di salvare qualcuno! >>
Quanto
aveva
ragione Giulia, invece...
ANGOLINO!!!mio
caro
stuolo di lettori, rieccomi con un nuovo chappi e una dichiarazione
d'intenti:
Io,
Nini Superga,
per
mantenere l'impegno
preso coi miei lettori, cioè di concludere anche questa
storia,
prometto
di aggiornare
prima e di scrivere decentemente ( questi primi chappi mi fanno abba
pena... ) e di far tornare il prima possibile l'amato Boromir sulle
nostre pagine.
Lo
prometto e lo
riprometto.
Ce
la posso fare....
in
secondo luogo: ringrazio le mie DONNISSIME Ragazzapsicolabile91 e
Barby_Etteliene91per esserci sempre:)una preghiera: voi, lettori
anonimi che comunque mi seguite...lasciate anche voi una
recensioncina, anche una critica! Non abbiate paura che non mangio
nessuno, ok?
Grazie,
spero che ascolterete la mia preghiera!
Un
bacio e buon anno a tutti!!!
|
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Capitolo 4 *** Gandalf ***
<< Da quando
te ne sei andata, ho
fatto qualsiasi attività che potesse aiutarmi a ritrovarti,
un
giorno. >>
Arwen sgranò gli
occhioni blu, la
stessa espressione che faceva quando le spiegavo come si rolla
<< E
cioè? >> Chiese, con
un inflessione nella voce tale da far trasparire tutta la sua
curiosità.
Giulia si
appoggiò allo schienale
della sedia, osservando di sottecchi gli elfi accanto a noi:
fingevano indifferenza, ma erano terribilmente attratti da mia
sorella, quel essere androgino dai capelli corti e non perdevano una
sola delle sue parole. Pendevano letteralmente dalle sue labbra.
Eravamo sedute alla lunga
tavola di Re
Elrond, sorseggiando pregiato vino di non so quale landa elfica e
assaporando delicati manicaretti della cucina di Imladris, come pesce
di acqua dolce al vapore con contorno di bacche, che mia sorella
parve apprezzare particolarmente chiedendo una seconda porzione.
Eravamo sedute accanto alla principessa, a metà della
tavolata.
Giulia sedeva fra me e Arwen, incuriosita esattamente come gli altri
commensali, solo che lei lo dava a vedere. Durante la cena, scoprii
che mia sorella era una persona amabile, gentile e cordiale: parlava
con tutti, rispondeva alle domande e faceva domande a sua volta. Si
districava nelle conversazioni con una disinvoltura per me fuori dal
comune, riusciva a far sorridere gli altezzosissimi elfi e a far
ridere la loro principessa- vista così, sembrava diversa da
me, meno
goffa e meno scalmata ( qualità che gli elfi apprezzavano
davvero
poco, in una fanciulla ), dato che io ridevo e scherzavo, bevevo il
loro dolce vino e facevo commenti sul cibo e sulle mie esperienze
passate.
Ogni tanto mi cadeva
l'occhio sulla
sedia vuota alla destra di Elrond: Glorfindiel non aveva ancora fatto
ritorno, e la sua “ corte “ ( come chiamavo i suoi
leccapiedi )
era visibilmente in pena, taciturna, riservata e priva di
personalità
anche più del solito. Appuntai mentalmente di chiedere
informazioni
ad Arwen e colsi l'occasione per guardarla e sorriderle: sul
magnifico viso aveva dipinta un espressione tanto delicata da
sembrare una bambola, la bocca atteggiata a un mezzo sorriso e le
sopracciglia leggermente alzate a causa della ventata di
novità
portata da Giulia. D'altro canto, Giulia era decisamente in
soggezione: la guardava ammirata e non riusciva a smettere di
fissarla, incantata. Ad alcuni elfi avrebbe dato fastidio essere
ammirato con tanta insistenza, ma non ad Arwen, la creatura
più
bella che abitasse sulla Terra di Mezzo.
Giulia sorseggiò
del vino dal suo
delicato calice e se lo rigirò fra le mani, osservandone la
magnifica fattura << Be, effettivamente come
attività non sono
molte, ma in tutte posso dire che eccello. >> Mi
riservò un
caldo sorriso << Ho praticato kick boxing, sono una
provetta
scout e ho preso lezioni di sopravvivenza, il che è tutto
dire, dato
che ho solo diciannove anni, quasi venti... >>
<< Ma sei un
cucciolo! >>
Esclamò Arwen, provocando sia le nostre risate sia le
occhiate
storte della corte di Glorfindiel. << Non hanno un'aria
molto
amichevole. >> Mi sussurrò Giulia
all'orecchio, ma io le
consigliai di tacere, chè gli elfi hanno l'udito sensibile;
e
infatti, Arwen intervenne << Parli bene, mia cara amica.
>>
Disse rivolta a me e sorrise a Giulia << Presto imparerai
a
conoscere la corte... esattamente come l'ha conosciuta Anna. Segui i
suoi consigli: quando vuole, sa essere saggia. >>
La cena scivolò
via velocemente tra le
nostre chiacchiere e le portate abbondanti, disposte in un modo che
Giulia chiamò << Alla Nouvelle Cousine
>> e che sembrò
apprezzare. Io e Arwen ci facemmo spiegare ogni singola
attività
elencata da Giulia, stupendoci molto: sin da piccola, con
l'attività
“ scout “, la portavano in giro, lontano da casa, a
vivere come i
viaggiatori della Terra di Mezzo. << Da dove vengo io,
>>
Disse << Non si viaggia più come in questo
mondo: esistono le
automobili, i treni... mezzi veloci e abbastanza comodi, che ti
permettono di fare lunghi viaggi senza muovere un passo.
>> Ci
facemmo spiegare alla bene e meglio i mezzi di trasporto usati nel
mondo di Giulia. Arwen rimase molto sorpresa nel sapere che il
cavallo non era più impiegato come mezzo di trasporto da
almeno un
secolo, ma solo come trastullo e sport. << Che mondo
curioso...
>> Aveva mormorato pensierosa la principessa
<< E c'è il
Male, nel tuo mondo? >>
La domanda
sembrò spiazzarla <<
In che senso? >> Chiese piegando la testa di lato,
proprio come
aveva fatto con me.
<< Si intende
un Nemico comune a
tutti gli Uomini liberi. >> Le spiegai io pensando a
Mordor <<
Un'entità che va distrutta il prima possibile.
>>
<< Ah, voi lo
intendete così?
Allora...no, non esiste. >>
Io e Arwen sgranammo gli
occhi <<
Devi portarmici assolutamente! >> Esclamò
Arwen, emozionata <<
Sicuramente la vita sarà meno precaria che qui!
>>
Contrariamente a quanto mi
aspettassi,
la bocca di Giulia si piegò in un sorriso amaro
<< Non ho
detto questo. >> Precisò << Ho
detto che se voi
intendete il Male, i Cattivi, come un'identità ben
precisa...allora
sul mio mondo non esiste. Infatti, è mille volte peggio.
>>
<< Come
peggio! >>
Esclamai, reclamando spiegazioni.
<< Vedi...
>> Giulia si
mise più comoda e cercò per un po' le parole
giuste << Vedi,
da noi non esiste un solo Male, ma tanti Mali, che mutano in
continuazione forma e non si lasciano sconfiggere. Forse sono solo
facce diverse del Male Assoluto, quello vero...ma ormai sono
così
tante che non si riescono a distinguere, e diventa ogni giorno
più
difficile capire cosa è giusto e cosa è
sbagliato. Quindi, è
decisamente meglio restarsene di qui, principessa, e godersi la vita
in santa pace. >>
Arwen sembrò
scoraggiata da quel
discorso e lo diede parecchio a vedere: abbassò gli occhi e
le dolci
labbra presero una piega malinconica mentre prendeva fra le delicate
mani la pipa argentata, rimasta fino ad allora inutilizzata sul
tavolino.
Giulia si stupì
<< Fumate anche
voi? >> Chiese ad Arwen e lei annuì caricando
la pipa dalla
tabacchiera comune al centro della tavola << E' usanza
che ,al
termine della cena, si fumi Thiolil tutti
assieme. E' un modo per stare assieme e rilassarsi. >>
Spiegò,
poggiandosi all'alto schienale del suo trono e accendendo la pipa con
gesti delicati.
Al nome di Thiolil, Giulia inarcò un sopracciglio.
<< E' il
tabacco degli elfi. >> Le spiegai << E'
ottimo anche come
tabacco da sigaretta, ma quello di Gondor non lo batte nessuno!
>>
Dissi tutto d'un fiato, prendendo fra le mani il mio astucci (
anch'esso, rimasto inutilizzato fino ad allora sul tavolo ).
La mia gemella pareva alquanto perplessa e si accarezzò il
collo,
pensosa << Che gusto ha? >>
<< E' dolce. >> Le rispose Arwen, aspirando
la prima
boccata di fumo. Le porse la pipa << Vuoi?
>>
La tavolata si ammutolì. Qualche elfo della corte di
Glorfindiel
fermò i propri movimenti e ebbe la stupida idea di fissare
Arwen, la
loro futura regina, passare la sua pipa argentata, creata dal legno
più puro e lavorata dall'artigiano più delicato,
a mia sorella
Giulia, una mortale di neanche vent'anni che tutti sapevano essere
giunta da un altro mondo, ospite inatteso e indesiderato- almeno da
alcuni!
Mentre Giulia aspirava, io ebbi tutto il tempo di fissare in cagnesco
ogni singolo elfo stronzetto senza fare tanta cerimonie, sotto lo
sguardo attento di re Elrond e quello allarmato di Arwen. Solo Giulia
sembrava non essersi accorta di nulla- e dire che era lei, la causa
di tutto quel trambusto!
Infine, Giulia ripassò la pipa ad Arwen con un gesto di
assenso e
chiese il permesso di farsi una sigaretta con quel tabacco.
Entusiasta, Arwen guardò gli altri commensali e si
alzò in piedi,
raggiante.
Proclamò così << La mia casa
è la tua casa, Giulia la
Pellegrina: fa ciò che più ti aggrada nella mia
dimora, sia io che
mio padre il re desideriamo solo la tua felicità.
>>
A quel punto, re Elrond si alzò e tutti si alzarono con lui,
come da
tradizione. << Mia figlia è saggia a usare
queste parole. Sono
fiero di lei, fiore della mia stirpe. Che mai nessuno abbia da
contrariarla, se non per un giusto motivo. >> Diede uno
sguardo
ai suoi commensali << Se non per un giusto motivo!
>>
Ripetè, scandendo le parole. Poi prese un calice e lo
alzò in segno
di brindisi << A una nuova vita fra noi! >>
Proclamò,
indirizzandolo verso Giulia.
<< A una nuova vita fra noi. >> Sussurrai
io, guardandola
al colmo della felicità.
L'atmosfera si rilassò notevolmente dopo quel piccolo
discorsetto.
Di elfi seduti a tavola ne erano rimasti pochi: quasi tutti erano
dispersi nella Sala dei Racconti, riuniti a piccoli gruppi per
raccontarsi storie e canzoni di loro invenzione.
<<
E' il loro passatempo preferito. >> Dissi a Giulia e lei
annuì.
Arwen stava parlando con suo padre e ci aveva lasciato sole per un
po', dandoci la possibilità di parlare in assoluta
libertà,lontane
da orecchie indiscrete. La Sala infatti si apriva in un grande
balcone a cielo scoperto e io e mia sorella eravamo poggiate alla
ringhiera, a goderci la luce delle stelle.
<< Non avrei mai pensato di riuscire a finire in un posto
simile. >> Disse << Questo deve essere un
sogno da cui
non desidero svegliarmi. >>
Risi piano << No, mia cara, erri: siamo qui, nella
realtà
della Terra di Mezzo. E credimi, quando ti dico che è vero.
>>
Le presi la mano e gliela strinsi << Ti sembra falsa,
questa
presa? >>
<< Io credo proprio di no. >> Fece una voce
allegra alle
nostre spalle. Ci voltammo entrambe, ma alla nostra altezza non vi
era alcun viso.
<< Se guardate li, non mi vedrete mai, mie care ragazze!
>>
E rise.
Abbassammo entrambe lo sguardo e sorrisi, trovandomi davanti al
signor Bilbo Baggins, Hobbit della Contea con un debole per le storie
avventurose. Era un vecchietto arzillo, Bilbo, di quelli che
continuano a fare domande e a dare buoni consigli. Da un lato, mi
ricordava Matilde.
<< Diteglielo voi, Bilbo! >> Esclamai io,
indicando
Giulia << Non crede davvero di essere nella Terra di
Mezzo! >>
<< Oh, be.. avrà i suoi buoni motivi!
>> Ridacchiò e
morse la pipa, guardando Giulia dall'alto in basso e facendo segni di
apprezzamento << Voi, signorinella, siete come vostra
sorella?
>>
<< Emh... questo non lo so ancora. >>
Rispose Giulia,
troppo stupita dall'aspetto di Bilbo e incuriosita dai suoi piedi
pelosi. Anche lui se ne accorse e glieli sventolò sotto il
naso <<
Eredità di famiglia sa? I Baggins sono tutti di ottima
costituzione,
anche più robusti di un Serracinta e di un Tuc- di cui fra
l'altro
siamo parenti- se li uniamo! Siamo ottimi passeggiatori, gran
camminatori e buon gustai: il meglio del popolo Hobbit!
>>
Giulia era completamente disorientata << Hobbit?
>>
Bilbo annuì,ma vedendo l'espressione confuse di Giulia
sgranò gli
occhi << Non ditemi che non esistono Hobbit, nel vostro
mondo!
>>
Giulia stava per dire di si- o forse di no, chi lo sa! - quando un
improvviso vociare interruppe tutte le canzoni, tutte le storie.
Tutti gli sguardi si rivolsero all'entrata della sala, non visibile
dalla terrazza. Anche noi tre smettemmo di parlare, restando in
silenzio, spostandoci verso l'interno.
Capii tutto all'istante.
Qualcuno aveva appena varcato la soglia della Casa di Elrond, la Casa
Accogliente ( prima o ultima a seconda della direzione d'arrivo ) e
tutti osservavano quel viaggiatore inatteso, ma non malvoluto: credo
che quella fosse la persona più amata dagli elfi, o almeno
da sire
Elrond.
Stanco, cencioso, senza bastone e soprattutto senza cappello, stava
sulla soglia Gandalf il Grigio, che guardava ognuno di noi con un
dolce sorriso di saluto.
Mi mossi prima di tutti gli altri, vincendo lo stupore e la paura di
essere io a sognare, stavolta, e mi avvicinai.
Lui non disse nulla, non si mosse. Mi guardò solo
avvicinarmi mentre
il suo sorriso si faceva sempre più largo.
Ci fissammo a lungo in silenzio e vidi sul suo viso rughe prima
inesistenti, graffi e segni di lotta che culminavano in un vistoso
taglio sulla fronte.
<< Ma che è successo? >> Chiesi,
accarezzandogli un
braccio.
Lui mi abbracciò e mi strinse a se. La sua voce si
incrinò per la
prima volta in tutti quei lunghi anni di conoscenza, mentre mi
sussurrava all'orecchio << Saruman ci ha traditi.
>>
ANGOLINO:e
rieccomi....come promesso, ho cercato di essere più lesta ,
ma devo
dire che questo chappi mi è uscito relativamente spontaneo-
ho messo
poco a stenderlo, davvero!questo chappi mi è uscito
particolarmente
bene, non trovate, o cari lettori?
Vabbe, bando alle ciance: il Thiolil è una mia
spudoratissima
invenzione, come anche quello degli elfi tabagisti ( spero che i
“puristi “ di Tolkien non ne abbiano a male ^-^ ).
da adesso in
poi la storia dovrebbe movimentarsi, quindi seguitemi numerosi e
ancor più numerosi RECENSITE- ne trarrò un
immenso piacere :)
ciao e al prossimo chappi !!!
affettuosamente, Nini <3
|
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Capitolo 5 *** notturno in chiaccherata ***
Aprii
la porta della mia stanza con un sonoro calcio e, se non fosse stato
per Giulia che afferrò la maniglia al volo, probabilmente
l'avrei
sbattuta così forte da far tremare le pareti dell'intera
Gran
Burrone. Mi lanciai sul letto senza nemmeno slacciarmi gli stivali,
gettando i cuscini a terra e lanciando insulti non proprio femminili
indirizzati a un prossimo non ben definito . Dalla porta spalancata,
Giulia guardava dentro la stanza, una candela fra le mani e l'aria
contrita, senza sapere che fare.
Non
era stata presente al colloquio fra Gandalf e Elrond, non sapeva
niente di quanto era successo e non sapeva quanto io stessi male- o
si? Sicuramente si. In quel momento però non mi interessava
che
fosse presente o meno, ero troppo persa nella mia ira funesta per
rendermi conto del conforto che desiderava darmi.
<<
Anna... >> Pigolò piano per richiamare la mia
attenzione.
Grugnii,
un modo per dirle “ che vuoi? “, e mi alzai dal
letto, passandomi
le mani fra i capelli. Lei si avvicinò, illuminandomi il
viso con la
tremolante luce della candela. Vidi che era preoccupata e
incuriosita.
<<
Che è successo. >> Chiese, ma io distolsi gli
occhi e sbuffai,
esasperata e arrabbiata, ma non con lei. Il problema era di
tutt'altro ordine.
Lei
mi sfiorò un braccio per attirare la mia attenzione, ma non
la
guardai, troppo mesta. La sentii sbuffare e poggiare la candela su un
tavolino basso li vicino. << Senti un po', carina!
>>
Esclamò, posandosi le mani sui fianchi, facendomi sobbalzare
con
quel tono di voce improvvisamente squillante. << Se sei
incazzata con me, dillo pure! Se no, fammi un fischio quando ti passa
la paturnia, che se no fai diventare nera pure me, OK? >>
Io
mi voltai a fissarla, troppo stupita per ribattere. Alla sua
espressione innervosita risposi scoppiando a ridere.
Giulia
strabuzzò gli occhi, allibita << Se ti faccio
così ridere, me
ne vado subito. >> Sbottò e stava
già per imboccare la porta
quando io la presi per un braccio, le lacrime agli occhi e la voce
ancora ridente << Oh no, sorella, ti prego! Resta con me,
ti
spiegherò ogni singola cosa... ma resta! >>
Lei
mi fissò dall'alto in basso,poi acconsentì.
<< Ma cosa ti ha
fatto ridere del mio cazziatone? Ero dannatamente seria!
>>
<<
Cazziache? >>
<<
Ehm...rimprovero: cazziatone sta per rimprovero... e allora?
>>
Il
sorriso si dipinse sulle mie labbra mentre mi dirigevo con Giulia al
divanetto sotto la finestra. << Oh be... non avevo mai
sentito
parole simili, e poi dette da te... >> Ridacchiai ancora
un po'
<< Non so, tu non mi sembri adatta per i...come li hai
chiamati? Cazziatoni? No, proprio no... >>
Lei
sbuffò sorridendomi << E sai perchè
? Perchè anche io ne ho
sentiti un sacco, e ancora ne sentirò. >>
<<
Ribelle? >> Sogghignai io.
Lei
rispose al mio ghigno e sembrò di riflettermi in uno
specchio.
<<
Fino al midollo. >>
Nel
cuore della notte di Gran Burrone, io e Giulia ci confidammo come le
due gemelle che sempre eravamo state, anche se separate per la
maggior parte dei nostri giorni. Parlammo di noi, delle nostre
esperienze, di cose già dette nel corso di quel pomeriggio
assolato
e delle cena che ci aveva riunite. Una volta che l'atmosfera si fu
rilassata, Giulia mi aveva nuovamente posto quella domanda, piegando
il capo a sinistra in attesa di capire.
<<
E allora? >>
Io
chinai lo sguardo, stringendomi le ginocchia al petto <<
E'
successa una cosa terribile. >>
<<
Cosa. >>
<<
Saruman ci ha traditi. >> Le bisbigliai, ma lei non
comprese:e
come avrebbe potuto? Per lei, quello era nulla, un nome. Non poteva
sapere chi era per me, cosa era stato: un tutore, un genitore, uno
zio. Ora, quelle parole facevano male...molto male.
Giulia
sembrò leggermi nell'anima e non fece altre domande, se non
<<
AH, ed è grave? >>
Io
annuii, sorridendo alla sua gentilezza << Molto.
>>
<<
Perchè. >>
Tirai
su col naso << Perchè è uno dei
più potenti Istari della
Terra di Mezzo. >> Sospirai << Saruman il
Bianco, lo
chiamavano...era il più potente stregone di tutti, guidava
il Bianco
Consiglio e si adoperava a fare del bene. Ma questo tempo fa:
probabilmente, quando giunsi a Isengard, egli era già
corrotto dalla
brama di potere. >>
<<
Hai vissuto sotto lo stesso tetto con lui? >> Mi chiese
lei,
stupita.
<<
Lui e Gandalf mi hanno accudita, in questi 20 anni. >> Le
spiegai << Gandalf mi ha trovata che vagavo in un bosco,
probabilmente dopo essere uscita dal castagno, non ricordo...
>>
Mi smarrii un attimo, ripensando a quella fase confusa della mia
infanzia << Ricordo la fame, quella si, e anche il freddo
pungente...poi, ricordo lui, Gandalf, che mi svegliava e mi prendeva
in braccio per portarmi in un'alta torre, la torre più
grande che
avessi mai visto: Isengard, la mia futura casa. >> Le
sorrisi
<< Li, mi lasciò nelle mani di Saruman, che da
allora si prese
cura di me e divenne mio tutore, fino a quasi un anno e mezzo fa,
quando Gandalf mi condusse a Gondor per quello che già ti ho
spiegato. Se non fosse stato per loro due, con ogni
probabilità
sarei morta di stenti. >>
Giulia
annuì, colpita << E' così che
è andata, allora. >>
Restammo
entrambe in silenzio, ascoltando i rumori della notte e pensando.
Poi
Giulia commentò << Quel Gandalf...ha un'aria
trasandata, ma
non sembra cattivo. >>
Le
sorrisi: Gandalf l'aveva notata, ma in quel momento aveva ben altro a
cui pensare che all'improvvisa comparsa della mia gemella. “
Non
che non mi interessi. “ Mi aveva detto “ Ma ho
altre cose da
fare, prima di occuparmi di lei. “
<<
Non lo è, infatti >> Le dissi <<
Ed è a causa dei
lunghi viaggi se si è ridotto così, cencioso e
trasandato. >>
Giulia
annuì << Allora, quello è il suo
stile! >> Esclamò,
convinta.
Le
sorrisi << Già, il suo stile...
>>
Riprese
con l'interrogatorio << Quindi, dici che è un
problema se
questo Saruman vi ha traditi... ma vi ha traditi con chi?
>>
“ Ecco
la parte difficile... “ << Allora...
>> Come facevo a
spiegarle chi era Sauron, chi erano i cattivi? Ebbi l'illuminazione
<< Ricordi il discorso fatto da Arwen a tavola, quello
riguardante il Male come entità? >>
<<
Certo. >>
<<
Bene, Arwen non lo diceva tanto per fare conversazione: qui, nella
Terra di Mezzo, esiste un'entità malvagia di nome Sauron,
che vive
nella Terra di Mordor, vicino ai confini di Gondor. Questa forza sta
cercando in tutti i modi di conquistarci, radendo al suolo ogni cosa
e facendo piombare il mondo in una buia notte senza alba. Comprendi?
>>
Giulia
fece di si col capo << Prosegui. >>
<<
Ma c'è un problema... >> Mi avvicinai,
perchè quei discorsi
non andavano fatti ad alta voce, ma solo in sussurri <<
…
Tempo fa, Sauron venne sconfitto, ma non morì del tutto:
infatti,
egli aveva legato il suo spirito ad un Anello, l'unico Anello, il
più
potente dei 19 anelli da lui creati per soggiogare i popoli della
Terra di Mezzo. Mi segui? >>
Lei
si gratto la testa << Più o meno...ma va
avanti. >>
<<
Ebbene, la sua sconfitta avvenne nel corso di una grande battaglia,
una battaglia a cui Sire Elrond partecipò di persona. Lui
vide
tutto: Isildur, il figlio del re di Gondor, con la spada Narsil
tagliò le dita a Sauron, staccandolo dall'Anello.
Così, Sauron
perse la guerra per il controllo della Terra di Mezzo. >>
<<
E che fine ha fatto l'Anello? Distrutto, vero? >> Chiese
Giulia, trepidante e curiosa.
Io
sorrisi, amareggiata << No, sorella mia. Isildur lo tenne
per
se, facendo vivere la parte dello spirito di Sauron racchiuso in lui,
e ciò lo condusse a una morte prematura,lasciando vacante il
trono
di Gondor. >>
<<
E l'Anello? >>
<<
Gandalf lo ha individuato nella Contea, il paese del signor Bilbo e
ora il suo portatore lo sta conducendo qui, per essere conservato e
nascosto dalle grinfie di Sauron. >>
<<
Oh...E quindi Saruman vi ha traditi con questo Sauron. >>
Annuii
<< La sua brama di potere si è spinta fino a
tale punto. >>
Giulia
ragionò in silenzio << E' davvero grave,
allora. >>
Commentò infine, fissando la volta stellata che si
intravvedeva
dalla finestra aperta. << E chi è questo
portatore? >>
<<
Credo che sia un parente del signor Bilbo, a quanto ho capito dal
discorso di Gandalf. >> Le spiegai << Pensa
che per anni
l'Anello è rimasto nelle mani di Bilbo, non ha fatto nulla
per
attirare a sé il Male...ma ora sente il richiamo del suo
padrone,
vuole andare da lui. E ,secondo Gandalf, solo qualcuno con la
volontà
di ferro e il cuore puro può condurlo sino a noi sano e
salvo! >>
<<
Chissà come è questo portatore...
>> Si chiese Giulia,
pensierosa << Ma è da solo? Cioè,
ha intrapreso un viaggio
che immagino lungo con quel...COSO malefico tutto da solo?
>>
Scossi
il capo << No, Gandalf ha detto che non è
solo. Ci sono
quattro compagni con lui, tre Hobbit e un Ramingo. >>
Lei
inclinò il capo << Ramingo? >>
<<
Sono uomini, vagabondi e guerrieri, a quanto ho capito. Questo deve
essere qualcosa di simile a un principe perchè Elrond ne ha
parlato
molto bene e Arwen si è accalorata sentendo parlare di lui.
>>
Giulia
inarcò un sopracciglio << Storia d'amore?
>>
Mi
strinsi nelle spalle << Mah, non saprei...una principessa
di
sangue elfico con un mortale? Sarebbe buona per una fiaba, forse, ma
non so... >>
<<
Be, io credevo che ritrovarti fosse impossibile! Roba da fiaba,
appunto! >> Ribadì << E invece
sono qui, ora, a parlare
con te. Ora come ora, credo che nulla sia impossibile e che le fiabe
esistano davvero! >>
Le
sorrisi, speranzosa. << Già. Forse hai ragione
tu, hai davvero
ragione tu. >>
Ripensai
a qualche ora prima, quando nello studio di re Elrond io, Gandalf ,
Arwen e il padre di lei ascoltavamo quanto Gandalf aveva da dire.
Una
volta ascoltato tutto, fatta ogni domanda, ricevuta ogni spiegazione
e avuto il tempo di abbattersi per il destino della Terra di Mezzo,
Elrond aveva riacceso la speranza nel mio cuore. << Era
da
tempo ormai che attendavamo il giungere dell'Anello a Imladris, anche
se speravamo in circostanze meno tempestose e mantenendo segreta
codesta missione. >> Disse il Mezz'elfo <<
Sapendo quello
che ci aspetta,abbiamo colto l'occasione per convocare un'adunanza
dei popoli liberi della Terra di Mezzo. Saranno presenti delegazioni
di ogni razza con cui anticamente eravamo legati: Nani, Elfi e Uomini
di Gondor. >>
Ricordo
di aver sentito il respiro mozzarsi << … Avete
parlato di
Gondor? >>
Chiesi
con un filo di voce, sotto lo sguardo attento di Gandalf. Il Sire
annuì << Li abbiamo convocati e sappiamo della
certezza della
loro venuta. >>
“ La
loro venuta... “ Avevo pensato io “
Parlerà di Faramir e
Boromir? “ Boromir sapeva dove mi sarei diretta, glielo avevo
comunicato prima di partire da Osghilliart. Ripensai alle parole che
Gandalf mi disse allora, simili a una profezia : “
E' il vostro
destino, allontanarvi per essere riuniti. “
Che
avesse ragione lui? Boromir stava davvero venendo da me?
Riferii
a Giulia ogni parola di quel colloquio, ne parlammo tutta la notte,
troppo prese per renderci conto delle ore che passavano e ci
avvicinavano all'alba. Eravamo ancora in piedi a discutere, proprio
nel momento in cui ogni cosa taceva e il cielo iniziava a tingersi di
chiaro, oltre le vette della Valle di Gran Burrone, quando in
lontananza sentimmo l'ululato di Jadis e uno scalpiccio di zoccoli.
Mi sporsi dalla finestra, che dava sull'ampio cortile interno della
Reggia, trepidante, ma non era colui che aspettavo: Glorfindel era
tornato, il suo splendido cavallo bianco con la bava alla bocca e le
zampe tremanti di stanchezza, lui con il mantello strappato, i
capelli spettinati e l'aria stanca. Mai l'avevo visto in uno stato
così pietoso. Giulia si sporse dalla finestra con me,
curiosa.
Attorno
al nobile elfo si accalcarono diverse persone, tra cui riconobbi il
signor Bilbo ( in evidente stato di angoscia, stato riconoscibile
persino cn quella scarsa luce; ) e Arwen, che accolse fra le sue
braccia quello che dal balcone sembrava un fagotto.
<<
Che sia il portatore? >> Mi chiesi a voce alta.
Giulia
annuii << A me sembra più un mucchietto di
stracci. Sembra
morto! >>
Anche
io avevo avuto quell'idea, data anche l'angoscia dipinta sul volto di
Bilbo << Non saprei... >> Mormorai
<< L'unica è
andare a dare un'occhiata, giusto? >>
Giulia
non aveva neanche atteso la mia proposta cheera già sulla
soglia, il
moccolo di candela fra le mani << Andiamo allora?
>>
Sorrisi
all'intraprendenza di mia sorella.
NOTICINA!!!
chi si rivede :) eccoci con un nuovissimo chappi! È un po'
di
transizione, ma dovevo pur farlo... mi rammarico di aver atteso tanto
ad aggiornare ma sono veramente VERAMENTE oberata di impegni, ne ho
davvero un sacco... tra accademia, kick boxing e compagnia bella non
so più dove girarmi! Tra l'altro, fra poco avrò
gli esami e non
sono nemmeno a metà di quanto devo studiare! Quindi non so
quanto
tempo dovrete aspettare, o miei fedelissimi lettori... spero poco!
In
ogni caso, ringrazio i fedelissimi che recensiscono e invito altri a
recensire, con o senza critiche: sarò be lieta da darvi una
risposta
:)
xoxo,
Nini <3
|
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Capitolo 6 *** il Portatore ***
Scendemmo nella corte
interna,
affrettandoci a seguire i passi di Arwen, cercando di mantenere un
velo di segretezza muovendoci nell'ombra delle colonne, tanto per
dare un sapore misterioso all'arrivo del Portatore. Ma la nostra
segretezza durò poco: voltandosi di scatto ,Glorfindel mi
scorse
nell'ombra di una colonna.
<< Anna!
>> Chiamò,
avvicinandosi con aria scontrosa, cercando di sistemarsi le treccine
scomposte mentre gli altri si fermavano.
Io mi feci innanzi
<< Non abbiamo
saputo resistere. >> Gli dissi velocemente, squadrandolo
per il
suo aspetto trasandato << Mi piaci con questa
acconciatura,
Glorfindel. >> Commentai ridacchiando, ma lui era troppo
sorpreso dalla comparsa di Giulia alle mie spalle.
<< Chi
è? >> Chiese
rivolto a me ma senza staccare gli occhi da lei.
<< Sono
Giulia. >> Rispose
lei al posto mio << E sono sua sorella. >>
Sempre più
stupito, Glorfindel la
squadrò da capo a piedi << Non sapevo avessi
una sorella,
anche se a prima vista l'avevo scambiata per un ragazzo.
>>
Lei ridacchiò,
passandosi una mano fra
i capelli corti << Poco avvezzi ai tagli corti, vedo...
qui non
vanno molto, eh? >>
Sia io che l'elfo la
guardammo, senza
lo spirito che lei aveva messo in quella che pensava fosse un'ottima
battuta. << Ma che è successo?
>> Chiesi, tornando a
guardarlo e ignorando la battuta di Giulia <<
Perchè sei
ridotto così? E perchè... >>
<< Nono sono
affari tuoi- vostri.
>> Mi interruppe bruscamente con un imperioso gesto della
mano,
voltandosi per seguire i suoi compagni.
<< Come non
sono affari nostri!
>> Esclamai << Gandalf mi ha riferito ogni
cosa, e anche
lei ne è al corrente. Quindi, non devi proprio dire
così: qui i
segreti non esistono. >>
Un'ombra si mosse alle
spalle di
Glorfindel e gli posò una mano sulla spalla: era Gandalf.
<< Lasciale
passare, Glorfindel,
non temere la loro curiosità. >> Gli
consigliò << Hanno
anche loro una parte, in questa storia. >>
Io e Giulia ci guardammo:
di cosa
parlava Gandalf? << Parla sempre per enigmi.
>> Le dissi
sottovoce, mentre seguivamo i due nei corridoi della Reggia.
Durante la discussione con
Glorfindel,
Arwen, Bilbo e Sire Elrond erano andati avanti, ritirandosi in una
delle molte stanze libere di Gran Burrone. Era una stanza
dall'aspetto tranquillo, poco ammobiliata e con una grande finestra
che faceva entrare la prima luce dell'alba. Sul grande letto, era
posato un giovane Hobbit dall'aria malata, febbricitante e stanca.
Elrond era al suo fianco, le mani poggiate una sul petto, l'altra
sulla fronte, gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano piano,
senza voce, recitando chissà quale antico incantesimo,
mentre Arwen
era alle sue spalle , gli occhi chiusi e l'espressione concentrata,
come se gli stesse cedendo un po' della sua forza. Intanto, il signor
Bilbo singhiozzava piano al capezzale del giovane malato, mormorando
<< Frodo... Frodo! >> E ancora
<< Il mio
ragazzo...il mio figliolo! Cosa ho fatto di male... >> E
così
via. Alle sue spalle, Gandalf cercava di consolarlo dicendo a voce
bassa << Se la caverà, vedrai.
>> .
Io, Giulia e Glorfindel
assistevamo
alla scena dal vano della porta.
<< Ma che gli
è capitato. >>
Mormorò Giulia, visibilmente dispiaciuta per il giovane
Hobbit
sospeso tra la vita e la morte.
<< E' stato
trafitto. >> Le
spiegò Glorfindel << Da un pugnale Morgul,
arma che solo i
Cavalieri Neri possono permettersi. >>
<< Sembra
molto grave. >>
Commentai io, sempre a voce bassa.
<< Lo
è. >> Lui
sospirò,appoggiandosi allo stipite e chiudendo gli occhi
<<
Spero solo di non essere arrivato troppo tardi. >>
<< Sono certa
che hai fatto tutto
il possibile. >> Lo rassicurai << E vedrai
che
sopravviverà: la magia di Re Elrond è potente,
no? >>
Lui sorrise a occhi chiusi
<< Il
mio signore può tutto, dall'alto della sua potenza.
>> Disse,
per poi chiudersi in uno stanco silenzio.
Restammo a osservare Re
Elrond che
curava il giovane Frodo, finchè con un tremito non
aprì gli occhi
e smise di recitare l'incanto elfico, contemplando quanto aveva
fatto. Anche Arwen si riscosse e si portò al margine del
letto, di
fianco al padre, osservando attentamente il viso di Frodo. Entrambi
erano pallidi e stanchi, ma in compenso il Portatore aveva un'aria
più serena e il suo sonno da agitato era diventato calmo.
<< Ora
dobbiamo lasciarlo solo.
>> Disse il Mezz'elfo, tacitando così le
domande del Signor
Bilbo << Egli è forte: se è
sopravvissuto fino ad ora,
sicuramente sopravviverà in futuro. >>
E così tutti
lasciammo la stanza di
Frodo Baggins, il Portatore dell'Anello, e solo allora ci rendemmo
conto che era mattina inoltrata e che altri ospiti erano giunti a
Gran Burrone.
Una delegazione di elfi,
infatti, si
trovava nella corte interna, e stava facendo riposare i cavalli.
<< I cugini
del Reame Boscoso! >>
Esclamò Arwen, improvvisamente piena di vita, andando
incontro a
quelli che erano suoi parenti, seguita da un più pacato
Elrond.
<< Benvenuti.
>> Disse a
loro << Benvenuti a Gran Burrone, cugini di Bosco Atro.
Sono
ben lieto di vedervi numerosi e in buona salute. Immagino che il
viaggio sia stato lungo e faticoso, e che sarete stanchi. Vi prego di
seguirmi, per di qua. >>
Gli elfi, di verde vestiti,
si
inchinarono davanti a Elrond e lo seguirono, tutti tranne uno, che
rimase a salutare Gandalf e Glorfindel.
<< Legolas
Verde Foglia. >>
Lo apostrofò Gandalf, piegando il capo in segno di saluto
<<
Ti trovo cresciuto. >>
L'elfo incrociò
le mani sul petto e si
inchinò profondamente << Lunghi anni sono
passati da quando
venisti a trovare me e mio padre, Mithrandir. >> Gli
rispose <<
Ebbene si, sono cresciuto e ora mio padre mi sta affidando gli
incarichi degni di un principe del mio popolo: egli manda me, in sua
vece, alla chiamata di Re Elrond. >> Gli sorrise, e sia
io che
Giulia restammo abbagliate da quel sorriso: era l'essere più
incantevole che avessimo mai visto, anche più di Arwen e
Glorfindel
messi assieme!
<< Thranduil
sta facendo le
scelte giuste! >> Esclamò Gandalf, posandogli
una mano sulla
spalla << E' un elfo saggio e potente, del tutto simile
al suo
parente Elrond., e tu gli assomigli sempre di più.
>>
Legolas si
inchinò ancora, per poi
voltarsi verso di noi << La delegazione del Sud?
>> Ci
chiese, levando un sopracciglio con aria scettica.
<< No.
>> Rispondemmo io e
Giulia all'unisono << Anche se io al Sud ci sono stata.
>>
Dissi poi, facendo un passo avanti << Io sono Anna, e lei
è
mia sorella Giulia. Vivo qui da circa un anno, mentre lei è
giunta
ieri da un posto chiamato Terra. Be, >> Le dissi,
voltandomi <<
Tu potresti essere una delegazione a parte... >>
Giulia mi
guardò, pensierosa <<
Credi? >>
Gandalf
ridacchiò,interrompendo quella
conversazione improvvisa << Confonderete il principe
Legolas,
se continuerete a parlare in questo modo! >> Fece un
gesto con
la mano, indicando la Reggia << Sire Elrond si
starà chiedendo
dove saremo finiti. Raggiungiamolo nella Sala dei Racconti: li,
avrete tutto il tempo per conoscervi. >>
Seguendo il consiglio di
Gandalf, ci
dirigemmo nella Sala e ci restammo praticamente per l'intera
giornata, conoscendo il principe di Bosco Atro, un essere gentile e
dall'umorismo tagliente, parente di Arwen e fiero del ruolo che
interpretava.
<< Dopo anni
che lo supplicavo,
mio padre mi ha concesso l'onore di essere suo ambasciatore.
>>
Ci spiegò, sorseggiando del sidro
dissetante << E voi? Anche vostro padre vi ha inviato qui
per
l'adunata? >>
Io e
Giulia ci guardammo, senza sapere cosa ribattere <<
Veramente... >> cominciò Giulia
<< Nostro padre non è
un re, lavora nel supermercato di famiglia con la mamma e i nonni.
>>
<<
Davvero? >> Esclamai io << Interessante!
E... Cos'è un
supermercato? >> Anche Legolas se lo chiedeva, ma aveva
il
pudore e l'educazione di non fare domande su ogni cosa che gli
appariva poco chiara- al contrario di me, ovviamente.
Anche
la sera passò così, sera rallegrata dal giungere
dei compagni di
viaggio di Frodo: tre Hobbit dall'aria distrutta, scannati dalla
fame, e un Uomo, il famoso Ramingo. Non riuscii a soddisfare la mia
curiosità riguardo a lui, dato che decise di non partecipare
alla
cena- al contrario dei tre Hobbit, che mangiarono a testa
più di
qualsiasi altro essere in quella sala- ritirandosi nella propria
stanza. Legolas e Arwen andarono a trovarlo, ma tornò solo
Legolas
per la cena.
<<
Te l'avevo detto che c'era sotto qualcosa. >> Mi
bisbigliò
Giulia << Tra la principessina e il Ramingo...
>>
Il
mattino dopo giunse una delegazione del popolo dei Nani, gente
simpatica che sia a me che a Giulia piacque subito, così
diversa
dagli Elfi e così simile a noi umani! Andammo anche noi ad
accoglierli e con noi si presentò pure Jadis, sporca come
non mai
dopo aver passato giorni nei boschi attorno a Imladris.
Venne
da me a farsi coccolare, dolce come sempre, ma ad un certo punto
rizzò le orecchie, guardando il punto da cui tutti
arrivavano,
annusò l'aria e iniziò a scodinzolare e a
rotolarsi per terra, fra
gli sguardi attoniti dei presenti.
Poi
Jadis ululò forte, fortissimo, e si lanciò di
corsa su per la
strada, sparendo dalla nostra vista e ricomparendo solo la mattina
dopo, stanca e felice.
In
compagnia di qualcuno.
NOTICINA:
arieccomiiiiiiiiii!!! bonjour a tout le monde, chiedo perdono per il
ritardo, ma sono VERAMENTE presa...
un
ringraziamento a Cionni a cui non ho ancora risposto e un brava
perchè ha aggiornato prima di me- ti meriti una pinta di
Guinnes!!!
spero
che il chappi vi sia piaciuto, che abbiate apprezzato ogni singola
parola perchè ho sputato sangue per loro- ebbene si-
nonché rubato
momenti preziosi allo studio- ma quello può andare
allegramente a
fanfare! Ebbene... chi sarà il compagno di Jadis? Mah, chi
lo sa!
Uhuhuhuhuh...
che Nini malvagia!!! vabbe dai, spero di scrivere ancora! Ce sentemo!
Con
affetto, Nini <3
|
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Capitolo 7 *** la delegazione del Sud ***
Con l'arrivo dei Nani
quella mattina,il
pomeriggio a Gran Burrone divenne decisamente più divertente
per
entrambe.
A parte la statura, i Nani
assomigliavano straordinariamente agli Esseri Umani per modi di fare
e carattere: meno aristocratici degli Elfi, popolari è il
termine
corretto con cui li definerei. Popolari, non rozzi, perchè
rozzi
sarebbe un'offesa a un popolo così raffinato nell'arte di
plasmare
l'oro. Era gente curiosa, simpatica e cordiale, amante della birra
forte e della carne. Stupiti dalla nostra curiosità,
passarono
l'intero pomeriggio del giorno del loro arrivo a parlare dei bei
tempi andati e dei tesori persi che avrebbero recuperato, un giorno
lontano.
<< Ah...
Moria! Moria! >>
Si lamentava uno dei più anziani << Cosa ne
è stato delle tue
luci splendenti, dei tuoi saloni sfavillanti e dei tuoi fulgidi
tesori? >>
<< Mio cugino
Balin dimora
laggiù. >> Ci spiegò il loro
ambasciatore ,un certo Gimli
figlio di Gloin << E' un sogno dei nostri avi, riuscire a
riconquistare le Miniere di Kaza-Dum, e il mio parente ci è
riuscito! Ma sono tempi difficili per tutti, da tempo non giungono
più notizie ne di lui, ne della sua gente. >>
<< Credete
gli sia capitato
qualcosa? >> Chiese Giulia con aria comprensiva
,sorseggiando
un po' della birra portata dai Nani come dono a sire Elrond.
<< Noi Nani
siamo nati dalla
roccia! >> Esclamò Gimli, brandendo la sua
ascia e scatenando
l'ansia di Giulia << Siamo indistruttibili!
>>
Io ridevo a quei moti
improvvisi, che
furono molto numerose nel corso di quel pomeriggio speso in
chiacchiere, ma non potevo fare a meno di rivolgere lo sguardo al
Sud: quando sarebbe giunta la delegazione del Sud? E Boromir? Sarebbe
stato con loro?
<< Mia
signora, avete l'aria
triste. >> Gimli mi passò un boccale in peltro
ricolmo di
birra scura << Qualcosa vi turba? >>
Io gli sorrisi e presi il
boccale,
ringraziandolo con un cenno del capo << No, nulla mi
turba, è
che... Sto aspettando una persona. >>
Non avevo più
visto Arwen dall'arrivo
di quel Ramingo e sospettai che Giulia avesse ragione: fra quei due
c'era qualcosa.
Seduti sulla terrazza della
Sala dei
Racconti, nel primo pomeriggio di un'assolata giornata di ottobre,
io, Giulia e Legolas parlavamo dei nuovi arrivati.
<< Non ho
più visto Arwen. >>
Iniziai io, lanciando l'esca << E nemmeno i compagni del
portatore. >>
<< Sono
stanchi per il lungo
viaggio e logorati per i pericoli corsi. >> Mi
spiegò Legolas
<< Lasciali riposare almeno un giorno: sono certo che
stasera
siederanno alla tavola di Sire Elrond. >>
annuii, rollandomi una
sigaretta al
Thiolil
<< E dimmi...
>> Iniziai, guardando di sottecchi Giulia che sorrideva,
maliziosa << Dimmi... Ho sentito tanto parlare di un
certo
Ramingo. >>
Legolas
ridacchiò piano << Siete a caccia di
pettegolezzi, voi due? >>
<<
No. >> Giulia gli si fece più vicina
<< Pura curiosità.
>>
Lui la
guardò con occhi divertiti, per poi fissare un punto
lontano, nei
boschi di Imladris.
<< Chiedete
alla persona giusta.
>> Iniziò << Il Ramingo di cui
chiedete notizia si
chiama Aragorn, e ha messo radici a Gran Burrone ancora in fasce,
quando Sire Elrond lo accolse con sua madre. Ma non ha messo solo
radici in questa ridente valle, oh no: ha colpito anche l'essere
più
incantevole della Terra di Mezzo. Non dovete stupirvi di questo
fatto: Aragorn è un grande spirito racchiuso in un corpo
mortale e
Arwen ne è fatalmente attratta, con grande dolore di suo
padre. >>
Lo vidi sospirare << Povera cugina... >>
Mi strinsi nelle spalle,
facendo un
tiro di Thiolil <<
Certo che al cuor non si comanda. >> Intervenni io
<< Ma
deve essere dura, sapere che prima o poi lui morirà.
>>
Commentai, riparandomi gli occhi dal sole del primo pomeriggio.
Giulia
annuì << Già, chissà che
pena deve avere nel cuore. >>
Legolas
annuì << Per voi è più
facile da comprendere e anche da
sopportare, il dolore della perdita. Certo, brucia e lacera e dilania
anche il vostro cuore ma voi sapete che prima o poi, in ogni caso,
il dolore per la perdita di un vostro caro cesserà, spento
dalla
morte. Almeno, voi avete una fine, avete una pace. >> Lo
vidi
serrare i bordi della panchina in pietra << Ma per noi
Elfi è
diverso: il dolore non può essere spento, ma solo
affievolito, in
un'eterna giovinezza che diverrà sempre più
grigia, spenta da quel
dolore. Senza pace, senza pietà. >>
Tutti
e tre restammo in silenzio, pensierosi dopo quelle parole, fissando
una nuvoletta passare nell'azzurro cielo autunnale.
<<
Parole lugubri. >> Commentò Giulia infine
<< Ma vere. >>
<<
Già. >> Rivolsi per l'ennesima volta lo
sguardo a Sud.
Boromir...
Nel
tardo pomeriggio, si unirono alle nostre chiacchiere i tre giovani
Hobbit compagni di Frodo: due erano parenti, Merry e Pipino,
dall'aria spensierata e estroversa, mentre l'altro se ne stava in
disparte, ammirando gli Elfi della Sala. Il suo nome era Samvise
Gamge.
<<
Ma che carini! >> Esclamò Giulia,
avvicinandosi ai tre e
rivolgendosi ai due più vivaci << Ciao! Io mi
chiamo Giulia!
Voi come vi chiamate? >> La guardai allibita: si stava
rivolgendo a degli Hobbit, non a dei bambini!
I due
la squadrano da capo a piedi, due boccali di birra a testa in mano e
l'aria perplessa.
Ridacchiai,
nervosa << Non date ascolta a mia sorella, lei non
è di qua...
>> Dissi, cercando di allentare la tensione
<< Non ha mai
visto un elfo, nemmeno un nano, figuratevi uno Hobbit! >>
<<
Capisco. >> Disse quello dai riccioli biondi e gli occhi
scuri
, scrollando le spalle << Io sono Merriadoc Brandibuck, e
lui è
mio cugino Peregrino Tuc, ma tutti ci chiamano Merry e Pipino, mentre
lui è Sam. >> Quest'ultimo ci
guardò da sotto la frangia e
accennò un inchino.
<<
E nemmeno noi abbiamo mai visto della gente alta tagliata
così
strana. >> Intervenne Pipino, alzandosi in punta di
piedi,
cercando di toccare la testa di Giulia << Ma è
una parrucca?
>>
<<
Pipino! >> Lo richiamò il cugino, mentre io e
Giulia
scoppiavamo a ridere e Sam arrossiva. << Ma ti sembrano
le cose
da fare? >>
<<
Non ho fatto nulla di male! >> Ribadì l'altro,
allontanandosi
impettito, puntando dritto a Gandalf, ricomparso con loro tre.
<<
Dovete scusarlo, è un po' permaloso! >> Disse
Merry,
guardandolo andar via << Ma non è cattivo.
>>
<<
E' un Tuc. >> Intervenne la voce timida di Sam
<< Lo
sanno tutti come sono fatti, i Tuc! >>
<<
Da noi, i tuc sono dei biscottini salati! >>
Esclamò Giulia <<
Sono molto buoni, sapete? >>
Mi
passai una mano sul viso: come al solito, cercava di essere di
spirito, ma le sue battute erano una vera pena- INCOMPRENSIBILI
è il
termine adatto. Nessuno rise, tranne lei stessa nel vedere le nostre
facce perplesse.
La
cena venne servita tardi, quella sera. Ricomparve anche Arwen, in
compagnia del misterioso Aragorn. Io e Giulia lo osservammo a lungo,
rendendoci conto del motivo per cui Arwen si sentiva fatalmente
attratta: anche noi lo eravamo! Sedeva accanto a Elrond, discuteva
con lui e con Glorfindel, lanciando ogni tanto fugaci occhiate alla
sua principessa, mentre lei gli rispondeva con un sorriso ancora
più
dolce del solito.
Aragorn
era oggettivamente un bell'uomo, convenimmo sia io che Giulia: alto,
i capelli corvini che ricadevano sulle spalle, il viso deciso
incorniciato dalla barba non fatta. Gli occhi erano fondamentali: di
un azzurro ghiacciato, si sposavano alla perfezione col taglio duro
della bocca ( almeno, duro quando era serio, o non con Arwen; ) dando
al viso un non so che di regale che ne io ne Giulia riuscimmo a
spiegarci.
<<
Bel bocconcino. >> Commentò Giulia e io
annuii, pensando al
MIO, di bocconcino: non era molto diverso da Boromir, anche se i
tratti del mio amato mi sembravano meno eleganti, meno nobili di
quelli del Ramingo.
Al
commento di Giulia, Pino si voltò, una coscia di pollo in
mano <<
Dove? >> Chiese con la bocca piena.
Lei
scoppiò a ridere, attirandosi gli sguardi della tavolata
<<
Guarda, non credo sia di tuo gusto! >> Ribadì
lei, le lacrime
agli occhi << Torna a mangiare! >>
Stupito
da quella reazione, Pipino si strinse nelle spalle e tornò
al suo
pollo ( il secondo di quella serata ).
<<
Ma quanto mangiano questi qui? >> Mi sussurrò
Giulia, notando
l'ammasso di scarti che andava formandosi nei loro piatti
<<
Dove lo mettono tutto quel cibo! >>
<<
Nello stomaco. >> Ribadii io, ironica.
Senza
che ce lo aspettassimo, fu Aragorn a risponderle << La
loro
fame non è proporzionabile alla loro altezza, mia signora.
>>
Le rispose con gentilezza << Si faccia spiegare le loro
usanze
culinarie, e scoprirà un nuovo mondo! >>
Per la
prima volta in vita mia, vidi Giulia arrossire e rispondere con un
flebile “ si” che mando in visibilio Arwen.
La
serata passò così, tra canti Hobbit e Poemi
Naneschi, mentre io
attendevo il SUO arrivo.
Cosa
stava facendo? Dove era?
La
notte non ci furono sorprese, ma la mattina dopo mi svegliai
parecchio prima dell'alba, agitata e ansiosa come raramente ero stata
nella mia vita, la stessa sensazione che avevo ad Osghilliart. Mi
costrinse a uscire dal letto, quel sentimento nervoso, a vestirmi e a
camminare per i corridoi della Reggia, fra le prime luci dell'alba,
sola come un'anima in pena.
Stavo
ricordando i tempi che furono, rigirandomi fra le mani la gemma
regalatami da Boromir, quando sentii qualcosa, una sensazione
diversa.
“ Corri.
“ Mi sentii dire, e da dove m trovavo mi diressi alla corte
secondaria della reggia, dove tutte le delegazioni erano giunte,
correndo a perdifiato, la voce che mi incitava sempre di più
“
Corri! Corri! “
Arrivai
col fiato corto, non più abituata e coi polmoni annientati
dal fumo,
quando vidi emergere dalla nebbia mattutina una sagoma bianca in
corsa: Jadis. Mi corse incontro e mi fece un sacco di feste.
<<
E io che pensavo chissà cosa... >> Mi disse
io, sconsolata,
appollaiandomi e grattandole il muso.
Ma un
rumore di zoccoli mi distrasse, facendomi alzare.
Lo
vidi comparire dalla nebbia, plasmato da essa. Era altissimo sul suo
cavallo, lo stesso che aveva usato per la battaglia di Osghilliart.
Non mi aveva visto all'inizio, troppo curioso nel guardarsi attorno.
Si era fermato solo quando mi ero messa davanti al cavallo e l'avevo
preso per le redini, al colmo della gioia, così felice che
non
riuscivo nemmeno a parlare, a chiamarlo per nome, a farmi notare.
Lui mi
guardò con gli occhi di grigi, QUEGLI occhi grigi, la bocca
leggermente dischiusa. Neanche lui riusciva a parlare, troppo
emozionato, troppo stupito.
Smontò
da cavallo e venne a fronteggiarmi: era alto come al solito, ma non
sentii alcuna differenza quando mi abbracciò a se. Lasciai
le redini
e lo ricambiai.
Le
gambe di entrambi cedettero e ci ritrovammo inginocchiati a terra,
aggrappati l'una all'altro, troppo emozionati per parlare: riuscivamo
solo a guardarci negli occhi.
Ci
accarezzammo a lungo, per un tempo immemorabile, prima che io
riuscissi ad appoggiarmi al suo petto e sentire il suo cuore battere
al ritmo del mio, fortissimo, e a sospirare.
<<
Oh, Boromir... >>
Finalmente,
la delegazione del Sud era arrivata a Imladris.
NOTICINA
L'autrice si congratula con se stessa per essere riuscita a scrivere
il tutto in due orette :) spera tanto che i lettori apprezzeranno con
un sacco di recensioni!!!RECENSITE DAIIIIIIIIIIII!!!!!!
non
fate gli spilorci...
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Capitolo 8 *** conversazione n.1 ***
Spazio e tempo persero i
loro contorni:
io, avvolta in quell'abbraccio, sarei potuta crescere, invecchiare e
morire. Sono certa che non me ne sarei accorta.
L'anno passato lontano si
azzerò,
lasciandomi dentro un senso di pace che solo il mio cuore disturbava,
battendo irrequieto. Era così anche per lui? I suoi vestiti
erano
troppo spessi perchè riuscissi a sentire il suo battito e a
essere
sincera ne ero così certa da non aver bisogno di prove.
<< Senti
ancora di lavanda. >>
Mormorò fra i miei capelli. << Mi sei mancata.
>>
Banale e scontato, ma
così
dannatamente vero...
Lo strinsi, cercando di
allacciare le
mani attorno alla sua grande schiena, ma lo scudo me lo impediva.
<<
Anche tu. >> Risposi appoggiandomi al suo petto
<< Anche
tu. >>
Boromir mi prese il mento
fra le dita e
mi sollevò il viso, fissandomi negli occhi in silenzio. Non
era
cambiato: era sempre il solito, giovane Capitano di Gondor,
conosciuto nel palazzo del Sovrintendente. Era sempre lui ad avermi
insegnato a combattere, a fumare...anche un po' ad amare, forse? Era
sempre lui, ma i suoi occhi avevano una sfumatura diversa, un alone
di preoccupazione, e la bella fronte era solcata da una sottile ruga
che un anno prima non c'era, ci avrei scommesso le mutandine( per
dirla come Giulia ). Mi domandai cosa fosse, ma tacqui:
perchè
rovinare quel momento? E poi era stanco, segnato dal lungo viaggio
nelle Terre Selvagge verso un luogo lontano dalla sua casa: ovvio,
che fosse stanco.
<< Ne hai
impiegato di tempo per
arrivare. >> Commentai accarezzandogli la barba folta e
incolta
<< E' da tempo che ti aspetto. >>
Lui si strinse nelle spalle
<< E'
difficile trovare un posto che a Gondor esiste solo nelle fiabe!
>>
<< Giungi
solo? >>
Lui annuì
<< Si. Mio padre ha
inviato me, lasciando Faramir a capo dell'esercito. >>
Mi stupì molto
quella scelta <<
Da solo? >>
Lo vidi rabbuiarsi
<< Già. >>
Faramir da solo a capo
dell'esercito di
Gondor, con Mordor che ogni giorno ingrossava le sue fila di orchetti
e architettava piani per distruggere il Baluardo della Terra di
Mezzo: lo capivo anche da me quanto quella situazione fosse critica.
<< Ma
è terribile! >>
Distolse lo sguardo
<< Già. >>
Solo allora mi resi conto
della mia
insensibilità: lo sapeva benissimo pure lui quanto critica
fosse la
situazione, non servivo certo io a rinfacciarglielo!
<< Faramir ce
la farà. >>
Affermai quindi per fargli coraggio, abbracciandolo ancora
<< E poi c'è Matilde! Con lei al suo fianco
non vacillerà, non temere!
Quando torneremo, Gondor sarà ancora in piedi.
>>
Boromir mi
guardò, meravigliato <<
Torneremo? >>
Annuii << Si
certo, perchè... >>
La mia domanda cadde nel vuoto, mentre la mia fantasia galoppava: si
era stupito che io volessi tornare con lui a Gondor. Perchè?
Era
ovvio che volessi stare con lui! Forse era lui che...
<< Dovevo
immaginarmelo. >>
<< Cosa?
>>
Abbassai lo sguardo,
cercando di
nascondere gli occhi lucidi << Io... non potrò
tornare con te,
vero? >> Mi morsi le labbra, sentendo la voce tremare.
Lui non mi rispose, ma lo
sentii
lasciar andare la presa sul mio corpo. Lo presi come un si, ma non
fiatai per paura di scoppiare in singhiozzi. Restammo inginocchiati,
in silenzio, le mie mani che torcevano le maniche della sua giubba
sgualcita dal viaggio, unico segno visibile del mio turbamento.
Lui mi guardava senza
capire <<
Che c'è? >> Mi chiese infine, titubante.
<< Davvero
non lo sai? >>
<< No.
>>
<< Oh
andiamo! >> Mi alzai
di scatto, facendolo sobbalzare << Non farmi passare per
cretina, per favore! Lo so benissimo cosa è successo
quest'anno e te
lo dico subito: non ho intenzione di essere la seconda scelta di
nessuno!Non ho alcuna intenzione di farti da amante e di dividerti
con un'altra donna! Quindi, visto che sei sposato, lasciami qui. Non
tornerò. >> Mi allontanai di qualche passo, le
braccia
conserte, nervosa e arrabbiata.
Un attonito silenzio scese
fra noi,
interrotto solo dall'annaspare di Jadis e dal respiro del cavallo.
<< Che hai da
fissarmi così. >>
Borbottai, infastidita da Boromir, ancora inginocchiato, un
sorrisetto felice stampato sul viso stanco. Mi indicò il
collo.
<< Vedo che
lo porti. >>
Disse, riferendosi al ciondolo che svettava come una goccia di sangue
sulla camicia bianca.
Lo presi fra le mani, il
cuore che
ancora galoppava furioso. << Non l'ho mai tolto.
>>
Borbottai in risposta.
<< Nemmeno
io. >>
Alzai un sopracciglio.
<< Ma io
non ti ho regalato nessun ciondolo, Boromir. >>
<< Ah, Anna
Anna Anna... >>
Si alzò a fatica e si avvicinò, la mano poggiata
sul pomo della
spada e ancora quel sorrisetto compiaciuto. << Non mi
riferivo
a nessun ciondolo. Mi riferivo a TE. >>
Specificò, chinandosi
verso di me e abbassando la voce.
Trattenni il respiro, con
sua grande
soddisfazione.
Mi girò attorno
mettendosi alle mie
spalle. << Questo anno lontano da te... mi ha cambiato.
>>
<< Come.
>> Bisbigliai,
sentendo una mano sulla mia spalla e l'altra fra i miei capelli.
<< Mi ha
fatto capire. >>
Sussurrò al mio orecchio.
<< Cosa.
>>
Non mi lasciò
girare, mi tenne ferma
con quelle grandi mani mentre mi baciava fra i capelli <<
Che
non potrebbe esserci nessun'altra ne oggi ne domani. >>
Le mani
scesero dalle spalle alle braccia, stringendomi a sé
<< E sai
perchè? >>
“ Dimmelo.
“
<<
Perchè ti amo. >>
Eccole.
La consapevolezza che quel
sentimento
giaceva inerte nel mio cuore da un anno a quella parte mi
colpì in
pieno, come uno schiaffo, o un pugno. Non credevo facesse
così male,
lasciasse così senza senza fiato. Il cuore finalmente si
calmò,
mentre mi giravo lentamente e tornavo a guardarlo, stavolta serena,
dritto negli occhi.
<< Quindi non
sei sposato. >>
<< No.
>>
<< Neanche
fidanzato? >>
<< No.
Perchè? >>
<< Sai, sei
un principe...magari,
qualche principessa... >>
<< L'unica
principessa di cui ho
bisogno e che mi serve è qui. >>
Sorrisi, arrossendo a quel
complimento.
Anche lui sorrise,
dolcissimo <<
Certo che torneremo assieme a Gondor. Matilde ci aspetta, TI aspetta.
>>
Giocai coi suoi capelli
arruffati dal
vento e annuii.
<< Non mi
sembra vero di averti
qui. >>
<< Anche a me
sembra impossibile!
Tu non sai quanto ho viaggiato, quanto ho dubitato della strada
intrapresa... >>
<< Fa nulla,
l'importante è che
tu sia qui, ora, con me. >>
Lui sorrise, chinandosi per
darmi il
primo bacio dal nostro addio.
Fu come baciarsi la prima
volta, la
stessa emozione, la stessa scarica. Lo stesso brivido.
<< Boromir?
>>
<< Dimmi.
>>
<< Vieni in
camera mia? >>
Lui mi fissò
dapprima meravigliato,
stupito dal mio rossore e dalla mia audacia (io stessa ero senza
parole!) per poi accarezzarmi il collo e squadrarmi da capo a piedi,
con una punta di malizia negli occhi grigi.
<< Da dove
salta fuori tutta
questa audacia, piccola? >>
<< Dal fatto
che non ti vedo da
un anno, forse? >>
Lui annuì
<< Prima però sarà
lecito che mi presenti a Sire Elrond. Devo parlargli. >>
<< Dopo.
>>
<< Dopo cosa?
>>
<< Davvero
non lo immagini? >>
Per la prima volta lo vidi
guardarmi
come si guarda una donna. Vidi il desiderio. Vidi la voglia.
Probabilmente era la stessa voglia che brillava nei miei occhi quella
che li si rifletteva, ma sentiva anche lui quel calore al ventre?
Così tiepido e così doloroso...
Si scostò da me,
arrossendo sotto la
folta barba.
<< Che ti
è successo? >>
Chiesi, riavvicinandomi, ma lui fece un passo indietro <<
Non
ti avvicinare, piccola, non vorrei essere... scortese. >>
Lanciò un'occhiata verso il basso, arrossendo sempre di
più <<
Comprendi? >>
Io cercai di trattenermi
dal ridere e
mi avvicinai prima che lui avesse il tempo di allontanarsi.
Lo toccai sopra i vestiti,
proprio li,
beccandomi un sospiro e un'occhiata sempre più meravigliata
da parte
sua.
<< Ti
vergogni del fatto di
esserti...eccitato? >> Gli bisbigliai, sorridendogli
radiosa.
Lui annuì, umettandosi le labbra.
Premetti di più
la mano sui pantaloni
<< Non devi vergognarti mai più, va bene?
>>
<< Si si si
si... >> I suoi
si gli morirono sulle labbra, mentre mi alzavo in punta di piedi e
gliele divoravo.
<< Ancora
convinto di voler
andare da Elrond? >>
Sorrise, malizioso: sarei
morta, pur di
vederlo sempre con quel sorriso.
<< Non volevi
mostrarmi la tua
camera? >>
NOTICINA!!!!arieccoci!!!chappi
breve
questo, ma intenso, con tanto di dichiarazione
d'ammmore!!!uuuuuuuuuuuuuuuuuhhhh!!!! per non parlare del pezzo
finale...argh...grrrr...miao.... insomma, tutti i versi possibili e
immaginabili li lascio ai nostri due cocchi!! spero che apprezziate
questa svolta, che non dia fastidio a nessuna (tanto qui siamo tutte
fimmine, credo io) e se da fastidio, vi prego di contattarmi!
grazie,miei fedelissimi
lettori, mi
raccomando continuate a seguirmi e recensite!!!!besitos!!!
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Capitolo 9 *** conversazione n.2 ***
Boromir avrebbe scoperto il
colore
delle federe dei cuscini del mio letto subito, se non fosse stato per
l'incontro con Mithrandir, che lo riportò sulla retta via.
<< Prima il
dovere, dopo il
piacere. >> Mi disse Gandalf con aria paterna
<< Paziente
ancora un po', Anna: il principe Boromir ha fatto un lungo viaggio
non per te, o almeno non solo, ma per parlare con Sire Elrond
riguardo la situazione di Gondor. Lo capisci anche tu che è
giusto
così, vero? >>
Lo guardai in cagnesco,
esattamente
come un cane a cui hanno appena rubato il giocattolo preferito, ma
infine acconsentii con un sospiro << Lo so, Gandalf... e
va
bene, portalo da Elrond. Spero che almeno dopo potrò restare
con te.
>> Sfiorai affettuosamente la guancia di Boromir
<< Mi
sei mancato così tanto che ora ho paura di vederti svanire.
>>
Gandalf rise, felice
<< Mia cara!
Finalmente riuniti, finalmente inseparabili! >>
Esclamò con
l'aria allegra di chi la sa lunga, tornando poi serio <<
Ora,
se non ti dispiace, io e il principe andiamo a parlare con Elrond.
>>
<< Quando vi
rivedrò? >>
<< Aspettaci
nella Sala dei
Racconti assieme a Giulia. >>
<< Chi
è Giulia? >> Chiese
Boromir incuriosito.
Io e Gandalf ci guardammo,
io senza
sapere da che parte iniziare, lui con un sorriso furbo sulle labbra.
<< Vieni, giovane principe. >> Gli disse
infine,
prendendolo sottobraccio << Ogni cosa a suo tempo. Ti
spiegherò
lungo la via. >>
Passò l'intera
mattinata senza che ne
Gandalf ne Boromir si facessero vedere. Anche il pranzo
passò. Fu
allora che comparve Gandalf e mi disse che Boromir era andato a
riposare. << Se vuoi godere appieno della sua compagnia,
devi
lasciarlo riposare: egli è stanco e ha cavalcato a lungo.
Non puoi
pretendere che sia fresco e riposato come una rosa! >>
Io annuii con un sospiro:
lo sapevo
benissimo anch'io che Boromir aveva bisogno di riposo, ma l'idea di
averlo sotto gli occhi e non poterlo vedere...mi era insopportabile!
Per fortuna c'era Giulia a consolarmi e ad accogliere tutto i miei
sfoghi e anche i miei dubbi.
<< Sei ANCORA
vergine??? >>
Esclamò con qualche ottava di troppo, facendo sobbalzare
diversi
Elfi accanto a noi, quando le confessai il mio cruccio più
imbarazzante.
Mugugnai qualcosa come
“ Un si,
esatto, non so da che parte girarmi “ , e lei proruppe in una
fragorosa risata. << Ah Anna Anna...almeno in questo ti
batto!
>> E mi raccontò di come l'anno prima avesse
perso la
verginità nel corso di una vacanza con gli scout, in un
posto
chiamato Nizza ( che sta in Francia, regno mai udito ), con un
ragazzo del posto. Del racconto non rese partecipe solo me, ma anche
un mucchio di Elfi che tesero le orecchie e rimasero immobili davanti
a quelle dichiarazioni.
<< Un ragazzo
meraviglioso... >>
Concluse Giulia con aria sognante.
<< E come
è stato? >>
Chiesi, pendendo dalle sue labbra: mi aspettavo una gioia infinita,
un esplosione di...di...non so nemmeno io di che ( ma un esplosione
me l'aspettavo di certo: quel calore al ventre sembrava annunciare
proprio quello ), passione, amore, dolcezza...tutte quelle cose che
si pensano in quei casi, insomma!
Al contrario di quanto mi
aspettassi,
Giulia si strinse nelle spalle << Nulla di che.
>>
Delusa, mi lasciai sfuggire
un <<
Ah. >> Molto eloquente.
Lei sembrò
divertita da quel mio stato
e si fece più vicina sulla panca, guardandosi attorno per
vedere se
qualcuno ascoltava << Ma è dopo che viene il
bello. >>
Mi sussurrò, portandosi la mano alla bocca <<
Bisogna solo
prendere confidenza col corpo dell'altro e, una volta conosciuto, si
può iniziare davvero a godere! >>
Godere: quella parola mi
entrò dentro.
<< E quanto ci vuole? >> Sussurrai a mia
volta.
<< Dipende:
se i due si
conoscono, se hanno già avuto esperienze, se sanno dove
mettere le
mani... Dipende da tanti fattori, sorella. Tu con questo...
>>
Schioccò le dita un paio di volte, facendomi levare gli
occhi al
cielo e invocare un Valar a caso. Le sfuggiva sempre il nome, eppure
glielo avevo ripetuto almeno dieci volte nella mattinata e durante il
pranzo!
<< Boromir.
>> Sospirai,
sorbendomi un'occhiata pietosa. << Si chiama
BO-RO-MIR.!!! >>
Lei annuì
<< Si si. Tu e
Boromir... nulla di nulla? >>
Scossi la testa
<< Abbiamo
dormito assieme. >>
Lei strabuzzò
gli occhi << E
nemmeno li...?!?! >>
<< Ti ricordo
che ero ferita! >>
Ribadii innervosita da quel suo modo di fare: mi faceva sentire una
stupida!
Lei però scosse
le spalle e ridacchiò
maliziosa << Se non lo sai, la spalla non si usa per
certe
cose... >>
Arrossii fino alla radice
dei capelli
mentre un elfo della cerchia di Glorfindel si voltava verso di noi
con aria scandalizzata, squadrandoci per poi tornare a confabulare
con gli altri affiliati della setta.
Giulia ricambiò
lo sguardo e accennò
a un saluto con la mano << Bah! 'Sti Elfi! Magari
vogliono
provare pure loro... >>
<< Dici che
loro lo... >>
<< Ma di
sicuro! >>
Una terza voce a noi ben
nota si
intromise, allegra, alle nostre spalle: il giovane Pipino reggeva fra
le mani un cesto di frutta, che stava portando in giro per la Sala
<<
Cosa “ Ma di sicuro “? >>
<< Nulla di
nulla ! >> Ci
affrettammo a dire entrambe, io con la voce stridula di chi
è
nervosa, Giulia la voce allegra di chi parla di argomenti divertenti.
<< E dimmi.
>> Chiese
Giulia al piccolo Hobbit, prendendo una mela dal suo cesto
<<
Come sta il tuo compagno ferito? >>
Pipino si
illuminò << Oh bene!
Bene! Si sta riprendendo, probabilmente stasera sarà fra
noi! Non
vedo l'ora di farvelo conoscere, Frodo è un ragazzo
così simpatico!
Vi piacerà di sicuro! Spero tanto che vi
racconterà di quella volta
in cui... >> Pipino continuò a parlare a
lungo, ma io non gli
rivolsi più alcuna attenzione: nella Sala dei Racconti, era
entrato
colui che amavo.
Lindo e pulito, Boromir si
presentò
con indosso una giubba di fattura elfica azzurra, intessuta di fili
d'argento che creavano un delicato motivo a foglie ( che fantasia,
questi Elfi! ), una camicia candida sotto di essa e delle barche blu
scuro( un blu simile a quello dei pantaloni indossati da Giulia al
nostro primo incontro: jeans, così li chiamava lei). Gli
stivali
erano stati puliti e lucidati e il loro marrone scuro ben si
accordava ai restanti colori. La barba era stata pareggiata, i
capelli lavati e pettinati e il viso aveva un'aria più
rilassata,
benchè permeato da un'ombra di stanchezza che difficilmente
sarebbe
sparita a breve. Era molto simile a Aragorn figlio di Arathon,
vestito a quel modo: l'unica cosa che lo distinguesse dagli altri era
il Corno di Gondor, posto di traverso sul suo petto, con aria regale
e minacciosa.
Mi alzai per andargli
incontro e quando
mi vide egli sorrise, avvicinandosi.
<< Eccoti.
>> Lo accolsi <<
Stai bene vestito così. >>
<< Tessuti
troppo nobili per le
mie membra da guerriero! >> Ribadì lui
<< Dovessi fare
un tiro di scherma, la romperei tutta, questa bellissima giubba.
>>
Lo presi sottobraccio,
conducendolo
verso Giulia ( ancora presa dalle chiacchiere di Pipino ).
<< E
perchè dovresti metterti a tirare di scherma? Sei fra amici,
ora. >>
Lui annuì,
distratto da Giulia <<
Per tutti i Valar... >> Mormorò quando lei si
voltò verso di
noi << Ma sei tu! >>
<< Te ne ha
parlato Gandalf
prima, immagino. Lei è mia sorella gemella, Giulia. Giulia,
ti
presento Boromir di Gondor. >>
Giulia si alzò
in piedi e si avvicinò
a lui, porgendogli una mano << E' un piacere conoscere il
fidanzato di mia sorella. >>
Boromir la fissò
sempre più stupito,
lo sguardo che andava dalla mano agli occhi e dagli occhi alla mano .
<< Devi stringerla. >> Gli suggerii,
prendendogli la mano
destra e mettendola in quella di Giulia, che la strinse e la scosse.
<< Così. >> Gli
spiegò Giulia << E' così che ci
si presenta a casa mia. >>
<< A casa mia
ci si presenta
così, invece. >> Boromir ritirò la
mano e fece un rigido
inchino davanti a lei e dicendo << Il mio nome
è Boromir figlio di Denethor, figlio di Echtelion, Capitano
della Torre Bianca
e difensore di Gondor. >> Si rialzò e le
sorrise con calore <<
Onorato di conoscere la sorella di Anna. >>
Pipino si fece avanti,
posando il
canestro di frutta a terra << Io invece sono Peregrino
figlio
di Paladino, della casata dei Tuc. Anche i miei avi erano guerrieri:
hanno difeso la Contea dai lupi nel Lungo inverno! Anche noi siamo
eroi! >>
Boromir era così
stupito dal vedere
uno Hobbit che non spiaccicò neanche una parola, mentre
Pipino ci
privava della sua compagnia richiamato da Merry e Sam.
<< E' un
Mezz'Uomo! >>
Esclamò, guardando sia me che Giulia << E' un
Mezz'Uomo! >>
<< Hobbit,
vorrai dire... >>
Lo corresse Giulia, seguendo Pipino con lo sguardo <<
Affarini
simpatici, quelli: sempre allegri e pronti a mangiare. Divertenti,
direi! >>
Boromir la
guardò per un po',
incuriosito << E così sei la sorella di Anna.
>>
<< Ebbene si.
>>
<< E' curioso
il modo in cui
siete state separate ed è ammirevole la tenacia con cui tu
l'hai
cercata. Ti ammiro molto per questo gesto. >>
Giulia arrossì e
si strinse nelle
spalle << Dovere. Piuttosto...che intenzioni hai con mia
sorella? >>
<< Giulia!
>> Esclamai,
stupita. << Giulia un corno, carina! >>
Ribadì lei <<
Ti ho appena ritrovata e non voglio che qualcuno ti porti via da me,
men che meno il tuo moroso >> Si rivolse a Boromir
<< Mi
sembri un ragazzo serio e intelligente, un po' vecchio per
l'età di
Anna, ma qui sembra lo standard... comunque, ascoltami bene: non
OSARE mettere un veto a mia sorella, non osare dirle che non deve
vedermi. Lasciamela disponibile e non arrabbiarti se parla con me
anche di te. Non farla soffrire che non sa cosa vuol dire il dolore
dell'abbandono e NON DEVE saperlo! Hai capito? >>
Troppo sorpreso da quella
tirata,
Boromir riuscì solo ad annuire, mentre io fissavo Giulia e
le
sussurravo fra i denti << Dopo facciamo i conti.
>> Ma
come poteva rivolgersi così a un principe? Se lo sarebbe
inimicato
subito! Ma Boromir mi stupì ancora una volta.
<< Hai
ragione a parlare così,
avrei detto esattamente le stesse cose se fossi stato nei tuoi panni.
Ma ti prego, non considerarmi tanto meschino da dover rendere
pubblici i tuoi pensieri: è ovvio che non ho alcuna
intenzione di
mettere Anna alla catena, come non ho intenzione di rubatela- per
dirla alla tua maniera...contenta? >>
Giulia annuì,
evidentemente
soddisfatta. << Ora possiamo diventare amici.
>>
Aggiunse, sorridendomi.
Il pomeriggio fu
l'occasione per
entrambi di conoscersi: Giulia si dimostrò non
eccessivamente
antipatica e Boromir non esageratamente orgoglioso, e sembrò
instaurarsi una bella amicizia fra loro. Io osservavo il tutto,
intervenendo ogni tanto a favore dell'uno o dell'altro, pensando che
mancasse solo Faramir, a quel felice quadretto di vita famigliare.
A cena, Boromir e io fummo
allontanati
da Giulia e Arwen per finire qualche posto più in
là. Con grande
piacere del mio Capitano, indossavo il vestito di Finduillas e mi ero
fatta acconciare i capelli da Arwen, con cui avevo parlato un po' nel
corso della toeletta: l'adunata sembrava conclusa, non mancava nessun
partecipante. Ancora pochi giorni, e il Consiglio di Elrond avrebbe
avuto inizio.
Mi stupii molto quando
Boromir e
Aragorn incrociarono gli occhi per la prima volta: i loro sguardi si
allacciarono a lungo, ingaggiando una strana lotta a cui sia io che
Arwen assistemmo senza dir nulla, guardandoci solo con aria
interrogativa e un senso di ansia crescente. Alla fine, fu Aragorn a
cedere, facendo un rigido cenno con la testa verso Boromir
<<
Benvenuto alla Casa Accogliente. >> Disse, asciutto
<<
Spero che vi troviate ristoro. >> E tornò a
concentrarsi sul
suo piatto, mentre sia io che Arwen ci chiedevamo cosa fosse successo
di tanto grave.
<< Non
c'è nulla che non va. >>
Borbottò scontroso Boromir quando gli chiesi il motivo di
quelle
occhiate << Solo che quel tipo mi ha guardato storto.
>>
Ridacchiai <<
L'anno a Gondor ti
ha reso un bullo per caso? >>
Lui mi fulminò
con lo sguardo, per poi
rilassarsi e sorridere in direzione di Giulia, che mi salutava con la
mano.
Ricambiai il saluto e mi
sentii in
dovere di scusarmi per il suo comportamento del pomeriggio
<<
Scusala tanto, non so cosa le sia preso... >> Dissi a
Boromir
mentre Giulia se la rideva con Pipino, seduto al suo fianco
<<
Nemmeno io la conosco bene e non so come trattarla... >>
<< Di che ti
scusi? Ha fatto solo
bene a mettere le cose in chiaro. >> Lui mi sorrise
<< Mi
piace. >>
Annuii <<
Anche a me, ma poteva
rivolgersi a te in un'altra maniera! >>
<<
Perchè, tu parli in modo meno
diretto? Siete gemelle, Anna, quindi uguali! >>
<< Secondo me
sbagli: Giulia è
molto più disinibita su certe cose, non ha la mia stessa
educazione
e... perchè ridi? >>
Boromir cercava di
trattenere le risata
che si faceva sempre più forte, mettendosi la mano davanti
alla
bocca e serrando gli occhi in un espressione alquanto insolita per il
volto serio.
<< Ma che
c'è! >>
Esclamai, una volta che l'attacco di riso fu cessato <<
Che ho
detto? >>
Senza che me lo aspettassi,
Boromir
posò la mano sulla mia coscia, pericolosamente vicino
all'inguine,
facendomi tacere all'istante. << Chi parlava di
disinibizioni?
>> Mormorò a bassa voce <<
Proprio tu, che stamattina
eri tutto fuorché disinibita... >>
Lo fissai, la bocca
dischiusa dallo
stupore per quanto andava a formarsi nella mia testa: pensieri,
parole, immagini e rumori si accavallavano nella mia mente
lasciandomi come stordita e insensibile al mondo al di fuori dei suoi
occhi grigi e della sua mano vicino al mio inguine.
La cena finì, ma
io e Boromir ci
intrattenemmo poco con gli altri nella Sala dei Racconti. Nessuno si
lamentò della nostra assenza, solo Giulia mi
lanciò un sorriso
smagliante, che riuscì a placare il mio cuore in tumulto: un
augurio
di buona fortuna.
A Boromir era stata
assegnata una
stanza singola nella Reggia, camera in cui aveva posto tutti i suoi
effetti e dove aveva riposato nel primo pomeriggio.
Ma non andammo li: Boromir
voleva
vedere la mia camera.
NOTICINA!!! ehm... che cosa
imbarazzante..che dire: siamo alla quiete prima della tempesta.
Stanno per andare nella stessa camera, chissà mai cosa
succederà...ehm...bo, l'autrice si dissocia da qualsiasi
allusione!
Questi capitoli mi stanno divertendo da morire, vuoi per le frasi non
dette, vuoi per quello che mi ronza nella testa...da parecchio non
scrivevo scene Hot, per non parlare del fatto di pubblicarle! Ma
vabbe, stiamo zitte che sono mi smeno il prossimo chappi! Sappiate
solo che è già in cantiere avanzato, quindi non
temete, mie
care...credo che entro il week capiterà qualcosa ai nostri
due
cocchi!
Bacissimi, pace e tanto ma
taaaaaanto
amore- che il mondo ne ha bisogno :)
con affetteo, Nini
<3
|
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Capitolo 10 *** conversazione: linguaggio del corpo. ***
Sola, nella mia camera,
sedevo sul
divanetto sotto la finestra, torcendomi nervosamente i capelli nel
vano tentativo di sgombrare la mente. Gli occhi andarono alla porta
ancora chiusa e mi lasciai sfuggire un sospiro.
<< Ho dei
regali. >> Mi
aveva detto semplicemente Boromir sciogliendo le sue dita dalla mia
presa << E voglio darteli ora. >>. Era
sparito così,
lasciandomi sola con le mie pene. Perchè si, io in quel
momento
stavo penando: cosa dovevo aspettarmi da quella notte? Che sarebbe
successo? Tutto il mio coraggio sembrava essere sparito...come il
sole tramontato!
La maniglia si
abbassò e Boromir
entrò con le mani dietro la schiena. Io scattai in piedi,
nervosa,
per andargli incontro.
<< Cosa hai
qui dietro? >>
Chiesi curiosa, cercando di sbirciare.
Lui sorrise
<< Sembri una
bambina! >> Mi disse, porgendomi due buste in cuoio
<<
Questo da parte mia e di Faramir, questo da parte di Matilde e il
gruppo dei guaritori. >>
Le presi fra le mani e mi
diressi al
divanetto sotto la finestra, seguita da lui. Erano delle piccole
borse in cuoi lavorato, una più grande e simile a una
cartella,
l'altra più piccola e sottile, da cui veniva un profumo
forte e
invitante.
<< Non mi
dire... >>
Mormorai, aprendola << E' il tabacco di Gondor! Grazie!
>>
<< Ero certo
che avresti
apprezzato... >> Ribadì Boromir
<< Anche Faramir ne era
certo e ti mandi i suoi più cari auguri e saluti. Spera di
rivederti
presto. >>
Io annuii mentre rollavo
una sigaretta
con quel tabacco tanto amato << Anche io spero di vederlo
presto. >>
Boromir fermò
delicatamente le mie
mani e prese la sigaretta ancora grezza << Lascia fare a
me:
guarda l'altro regalo. >>
<< Tu sai
cos'è? >>
chiesi, osservandolo da diverse angolazioni: era una cartella
parecchio pesante e, scuotendola piano, mi parve di sentire uno
sciacquio. Boromir leccò la cartina per sigillare la
sigaretta e
fece cenno di no << Matilde non me l'ha voluto dire.
>>
Io annuii e mentre lui
accendeva la
sigaretta con la fiamma di una candela, aprii il bottone che serrava
piccola borsa.
Mi lasciai scappare
un'esclamazione
davvero sorpresa: era una borsa da Guaritore, piena dei ferri del
mestiere! Sul lato destro erano presenti diversi tipi di coltelli,
dai più sottili per le incisioni alle lime per le ossa,
mentre sulla
sinistra vi era tutta una serie di ampolle ripiene ognuna di diversi
liquidi << Pozioni! >> Esclamai io, al
colmo dello
stupore, invitando un incuriosito Boromir a gioire con me
<< E
filtri, e unguenti!E questa pergamena...sono le ricette! Guarda
Boromir! Ho le ricette segrete di Matilde! >>
Lui sorrise a tutta
quell'emozione <<
Vedo che il regalo di Matilde è stato gradito.
>> Disse,
mentre io controllavo la lista, rapita. Fu così che scoprii
una
piccola postilla di Matilde, scritta sul retro della pergamena.
Diceva così:
Mia cara e amata
allieva, nella
speranza che questo piccolo dono ti sia stato gradito, ti scrivo
questa breve missiva sotto le pressioni di Eluani ( che credo tu
ricordi ). Visto che noi non abbiamo peli sulla lingua, sarò
chiara:
non è un bel periodo per mettere al mondo dei figli. Quindi,
ti
preghiamo di prendere la pozione numero dodici, nel caso dovesse
succedere quello che penso succederà fra te e il principe
mio
signore.
A buon intenditor,
poche parole!
Speriamo vivamente
di rivederti, un
giorno. Con questa speranza, ti salutiamo.
Matilde
ed Eluani.
ps-
la ricetta della
pozione segue il numero dodici. Va assunta ogni qualvolta
che...insomma, ci siamo capite e il suo effetto dura un giorno intero
dal momento dell'assunzione. Ancora saluti e auguri!
Boromir aveva letto la
postilla con me
e non aveva potuto fare a meno di arrossire, esattamente come me-
forse anche più di me! Dovetti rileggere la missiva
più e più
volte, prima di riuscire a credere a quello che avevo letto e, quando
finalmente riuscii a guardare in faccia Boromir non potei fare a meno
di scoppiare a ridere. Dopo poco, lui mi seguì, ridendo di
gusto
come solo rare volte l'avevo visto fare.
Ridemmo fino alle lacrime,
per poi
ritrovare le calma e riuscire di nuovo a guardarci, l'aria divertita
e serena, con una punta di malizia.
Boromir spese la sigaretta
nel
posacenere in noce e mi guardò, penetrandomi nel profondo.
<<
E ora? >>
Io alzai le sopracciglia
<< E
ora? >>
Lui sorrise divertito e mi
attirò a sé
con un braccio stretto attorno alla vita, facendomi voltare verso di
lui.
Mi sorrise, accarezzandomi
la nuca con
le dita gentili. << Sei bella alla luce soffusa delle
candele,
sai? >>
<< Solo alla
luce soffusa? >>
Chiesi io, appoggiandomi al suo petto << O anche in
condizioni
normali? >>
Lui sbuffò,
facendomi alzare il viso.
<< Che vuoi fare? >>
<< A me lo
chiedi? >>
Ridacchiai << Davvero, non lo so... >>
“ Si invece che
lo sai... “ << E tu? >>
<< Ah...io un
idea ce l'avrei. >>
Boromir mi fece alzare e sedere sulle sue gambe, mentre con le grandi
mani mi accarezzava la schiena e scioglieva l'acconciatura di Arwen
<< E' un gioco. >>
<< Giochiamo
a carte? >>
Scherzai, provocando una risata roca. Sensuale.
La chiusura del vestito di
Finduillas
era sulla schiena: tanti piccoli bottoncini che, dalla spalle,
scendevano fino alle reni. Con un sospiro, Boromir iniziò a
sbottonarli uno a uno, senza che io lo fermassi. Le sue dita dure ma
gentili andavano a toccare i lembi della mia schiena fra un bottone e
l'altro, come una carezza, facendomi sospirare a occhi chiusi. Tutto
era buio, dietro le palpebre: solo la presenza fisica di Boromir
sotto le mie gambe, le sue mani sulla mia schiena e i suoi sospiri
alle mie spalle.
I bottoni finirono, le sue
mani
indugiarono sui miei lombi, giocando con la fossetta della colonna
vertebrale e i bordi del vestito, entrando lentamente e accarezzando
la pelle nuda, fino alla curva dolce dell'anca. Li non riuscii
più a
resistere: mi alzai di scatto, facendolo trasalire. Coi capelli
scomposti, il viso arrossato e il vestito tutto aperto mi voltai
verso di lui, invitandolo a restare seduto.
<< Anche io
ti amo. >>
Annunciai a bassa voce << E stanotte ti voglio.
>>
Senza che lui potesse
ribadire, mi
sfilai il vestito, restando nuda come mamma mi aveva fatto
esattamente davanti a lui ( e alla finestra, ma li non ci feci caso
).
Boromir mi
guardò a bocca spalancata,
squadrandomi dalla testa ai piedi e deglutendo più volte,
troppo
eccitato per parlare. Infine si alzò, parandosi di fronte a
me:
avrebbe voluto dire qualcosa, ma lo fermai posandogli due dita sulle
belle labbra << Non è il momento delle parole,
Boromir. >>
Gli mormorai, cadendogli letteralmente fra le braccia, scavalcando il
vestito a terra.
Lui mi strinse a
sé con forza, mi
prese il volto con la mano e mi strinse le guance, baciandomi con una
passione inaudita. Respirava forte, e sentivo che era caldo. E non
solo: sentivo la sua eccitazione premere contro il mio inguine,
vogliosa di liberarsi dai pantaloni.
Ci staccammo da quel lungo,
lunghissimo
bacio, guardandoci ancora e accarezzandoci i visi, sconvolti.
<< Che ti
è saltato in mente di
spogliarti così di botto? >> Mi chiese Boromir
in un sussurro.
Io feci spallucce
<< Mi facevi
solletico, almeno così l'ho fatta finita. >>
Lui ridacchiò
<< Ah...e così le
facevi il solletico, Boromir... >> Si sciolse
dall'abbraccio e
fece un passo, contemplandomi << Valar, sei la creatura
più
bella che abbia mai visto... >> Mormorò,
fissandomi il ventre
leggermente arrotondato. Resistetti all'impulso di coprirmi e mi
girai, per sedermi sul letto.
<< Prendi la
pozione. >>
Dissi a Boromir prima che si avvicinasse mentre mi stendevo a pancia
in su, puntellandomi sui gomiti. << E...Boromir? Ti
voglio
nudo. Adesso. >>
Non avevo mai visto un uomo
nudo. O
meglio: gli uomini nudi li avevo visti, ma non ci avevo mai fatto
caso. Era capitato più volte coi feriti: Matilde mi mandava
via ma
io spiavo, e vedevo cose che non dovevo vedere, ma solo per
curiosità! Non vi era malizia, in quella.
Ma vedere Boromir che si
spogliava,
togliendo prima la giacca, poi la camicia, poi gli stivali e i
pantaloni...be, era tutta un'altra storia: c'era una potenza, in quel
fascio di muscoli, una forza e una virilità che non avevo
notato in
nessuno dei feriti da me spiati, che pensavo nemmeno esistesse.
“ Sarà
perchè sono innamorata di
lui? “ Mi chiesi mentre lo osservavo e sorridevo, maliziosa.
<< Che
c'è? >>
Bisbigliò,avvicinandosi.
Mi accorsi di avere la gola
secca.
Deglutii piano,passandomi la lingua sulle labbra. << Ti
guardo.
>>
<< E come
sono? >>
<<
Bellissimo. >>
<< Non
esagerare. >>
<< Giuro su
tutti i Valar che è
vero, Boromir! >>
<< Non si
giura sui Valar. >>
<< Persino
loro sarebbero
d'accordo con me. >>
Il letto era il mio, ma mai
come in
quella notte mi sembrò tormentato. Boromir si stese accanto
a me sul
letto, facendomi appoggiare sul suo petto nudo, accarezzandomi e
baciandomi. Il contatto colla sua pelle nuda era così
piacevole...Quelle mani, enormi sul mio piccolo corpo, conobbero ogni
centimetro di me, sussurrandomi in silenzio tutto l'amore che Boromir
aveva per me. Anche io esploravo il suo corpo con baci e carezze, ma
il suo era così diverso dal mio: duro, d'acciaio, un
cimitero di
cicatrici e vecchie ferite. Sulla schiena non solo vecchie: ve n'era
una coi bordi rosati e ancora il segno dei punti.
<< E' una
nuova cicatrice,
questa? >> Dissi, lasciando perdere per un attimo i
giochi
amorosi.
<< Si.
>>
<< Quando
è successo? >>
<< Appena
dopo la tua dipartita,
ci fu una scaramuccia: nulla di che, ma un orchetto mi colpì
con la
sua lancia, e così ecco il segno. >>
<< Sarei
dovuta restare... >>
Mormorai io, stringendomi a lui << Per tutto quanto.
>>
<< Per tutto
quanto cosa? >>
<< Per
Matilde, i soldati, la
guerra. Per te. >> Gli presi il bel viso fra le mani e lo
portai vicino al mio << Questa cosa l'avremmo dovuta fare
ancora un anno fa, Boromir! >>
<< E che
differenza c'è fra
farla ora e un anno fa? Non la stiamo facendo, forse? >>
Il
tono di voce era sceso di molto, proprio come la sua mano sul mio
ventre. Roba da mozzare il fiato.
Fu sopra di me
<< Non lo stiamo
facendo, Anna? >>
Io annuii in preda agli
spasmi
provocati dal contatto con le sue dita e il mio sesso.
<< Non lo
stiamo facendo? >>
Chiese ancora, schiacciandomi sotto il suo largo torace, il suo
bacino fra le mie gambe, il suo calore sul mio inguine. La sua voce
era un sussurro feroce << No? >>
<< No.
>> Trovai la forza
di dire << Non ancora. >>
Lui mi accarezzò
i capelli e le sue
mani si persero sul mio viso mentre non smetteva di guardarmi, occhi
dentro occhi .
<< E lo vuoi?
>>
Ancora occhi dentro occhi.
Vidi me, non
più la ragazzina spaventata, ma la donna del futuro.
Feci un leggero cenno del
capo e tutto
ebbe inizio.
Lo strappo giunse
improvviso,
mozzandomi il fiato. Boromir mi sentì contrarre,e stava per
uscire
ma io lo pregai di non farlo, di stare fermo, solo fermo. Se fosse
uscito, non avrei più avuto il coraggio di provare quel
dolore.
Poi lui iniziò a
muoversi piano,
pianissimo, il suo bacino contro il mio.
E ancora occhi dentro occhi.
Sentivo qualcosa, non male,
ma nemmeno
piacere... uno strano misto. E poi sentivo i sensi annebbiati, solo i
suoi occhi persi nei miei e i miei nei suoi, stelle luminose della
notte che non doveva finire perchè era nostra e di nessun
altro.
Lo abbracciai a me, la sua
testa
nell'incavo della mia spalla mentre iniziavo ad annaspare: quel misto
mi mozzava il fiato e ancora di più mi lasciava senza fiato
il
pensiero di essere li, a far l'amore con Boromir, di saperlo felice.
Era quello, a lasciarmi stordita.
<< Sono
felice. >> Gli
bisbigliai e lui rispose con un gemito basso, qualcosa che aveva
lasciato solo per me << Sono felice! >> Gli
ripetei
lasciandomi andare sulla schiena e allargando le braccia, ridendo
mentre lui si alzava e mi divorava con gli occhi.
<< Cosa
c'è! >> Chiesi,
coprendomi i seni, ancora unita a lui << Sono brutta?
>>
Lui mi prese le mani e le
scostò dai
seni, portandosele alle labbra << Al contrario, sei
bellissima.
>>
Risi, risi
perchè mi sentivo colma di
felicità, inebriata da tutte quelle sensazioni nuove e
sconosciute.
Le sue mani percorrevano il mio corpo, declamando a ogni attimo la
mia perfezione, la mia beltà, la mia grazia e il mio amore.
Era
esaltante!
Fu il mio corpo ad agire
prima del
cervello:: inarcai la schiena, spingendo il bacino contro il suo,
forte, sempre più forte, lasciandolo perplesso.
<< Vedo che
hai inventiva. >>
Scherzò Boromir, stendendosi completamente sopra di me
<< Ma
stasera comando io: voglio iniziarti a questi misteri, voglio essere
io. >>
Lo guardai con aria
divertita,
mordendomi le labbra e stuzzicandogli i peli fulvi del pube
<< E allora
che aspetti a farlo?
>>
NOTICINA: EHM... non ho
niente da
aggiungere.
a dimenticavo:
probabilmente per un pò non riuscirò a scrivere-
a menoche sotto esami abbia un'ispirazione talmente violenta da non
lasciarmi dormire....quiiiiiniiiiii crogiolatevi con questo capitolo :)
pace e TAAAAAAAAAAANTO
ammore!!!
|
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Capitolo 11 *** conversazione n.3 ***
Mi svegliai col suo odore
addosso,l'aurora appena accennata. Era stato un suo movimento alle
mie spalle a svegliarmi e ,per la prima volta, percepii il peso del
suo braccio sul mio fianco nudo. La sua vicinanza era bastata a
scaldarmi nel corso della notte ed eravamo entrambi scoperti.
Guardai verso il basso e
vidi i nostri
piedi incrociarsi, i miei più piccoli e affusolati, i suoi
gradi e
dalla pianta larga. Sorrisi: ma che bel quadretto...
Mossi la testa sul cuscino,
accoccolandomi nella curva del corpo di Boromir, assorbendo il suo
calore e sentendo la schiena stuzzicata dai chiari peli del petto.
E così era
successo, mi dissi. Era
successo, finalmente: ecco cosa si provava ad essere DAVVERO assieme
a un uomo. Nessun resoconto di Giulia, nessun vago accenno a quanto
detto da Eluani poteva pareggiare l'esperienza di quella notte: per
tutti i Valar, era stata la cosa migliore della mia vita! Per non
parlare della soddisfazione di entrambi, della pace interiore, della
quiete dopo tutti quei gemiti e sospiri e gridi- perchè si,
sia io
che lui avevamo gridato: io quando avevo raggiunto il culmine, lui
quando gli avevo conficcato le unghie nella schiena e tirato i
capelli.
<< Mi piace
come lo fai. >>
Mi aveva detto quando tutto era passato e io ero su un fianco ad
osservarlo e a giocare con una ciocca dei suoi capelli. Mi aveva
guardata, come per vedere se lo ascoltavo << Dico
davvero. >>
Io avevo sbuffato
<< E come fai a
dirlo? Questa era la mia prima volta...che pretendi? >>
Gli
avevo accarezzato un pettorale << Come minimo, ho fatto
pena.
>>
Lui si era messo a sedere,
sovrastandomi << Ma che dici? E' stato l'amore migliore
della
mia vita. >> Mi sentii arrossire e abbassai lo sguardo.
<<
Non devi arrossire, è la verità. >>
<< Lo dici
solo per farmi stare
bene. >>
Lui aveva ridacchiato,
malizioso <<
Mi sembra che per farti stare bene debba fare ben altro...
>>
Allora io mi ero distesa
sulla schiena,
stiracchiandomi e sbadigliando, fintamente svogliata <<
Ah si?
E come, di preciso? >> E il gioco era ricominciato.
Alle mie spalle, Boromir si
mosse e il
suo braccio si strinse di più attorno al mio fianco.
Respirava
ancora profondamente, ma presto si sarebbe svegliato. E io speravo
che si svegliasse presto, desideravo che lo facesse, per il solo
piacere di vederlo nuovamente appena sveglio, gli occhi piccoli e
l'aria assonnata. Anche quello amavo di lui.
“ Cosa potrei
essere io senza lui? “
Mi chiesi, rendendomi conto che Boromir aveva riempito la mia vita da
quando l'avevo conosciuto, prima con l'antipatia e ora con l'amore.
Anche nell'anno di lontananza mi aveva riempito le giornate,
lasciandomi un senso di tristezza e nostalgia che ora era svanito con
il nostro ritrovarci, e il nostro amore.
Il sorriso mi si
allargò di più sulle
labbra quando sentii le sue labbra vicine alla base del collo, calde
e setose, che mi baciavano piano. Mi strusciai contro il suo corpo,
prodigandomi in uno sbadiglio in piena regola e girando la testa
verso lui- per quanto la posizione sul fianco me lo consentisse.
<<
Buongiorno. >> Mi salutò
con voce roca e assonnata, gli occhi socchiusi.
<< Ciao.
>> Lo salutai,
girandomi tutta verso di lui e sorridendogli. << Dormito
bene?
>>
Lui annuii, chiudendo di
nuovo gli
occhi e cercando la mia fronte con la sua. Lo lasciai fare, intanto
lo accarezzavo piano e avevo l'occasione per rimirarlo l'ennesima
volta: una divinità avrebbe avuto un corpo meno bello. Non
era
particolarmente muscoloso, a parte le braccia e le spalle, ma era ben
proporzionato per la sua altezza e non c'era nulla fuori posto. Mi
cadde lo sguardo sul suo sesso a riposo e non riuscii a trattenermi
dal ridere. Lui si svegliò.
<< Che hai?
>> Mi chiese
indispettito.
Io cercai di minimizzare,
ma non lo
convinsi, e alla fine fui costretta a dirglielo. << E'
per il
tuo... >>
<< Il mio?
>>
<< Ehm...
>>
<< Il mio
lelo? >>
Scoppiai a ridere di nuovo,
scostandomi
da lui << Ma non si chiamava pene? >>
<< E allora
chiamalo col suo
nome. >> Disse, riavvicinandosi << E cos'ha
il mio pene
che fa tanto ridere? >>
<< E'
piccolo. >>
<< Non
è piccolo! >>
<< Massi
invece! Rispetto a
prima, almeno... >>
<< E'
normale. >>
<< Davvero?
>>
<< Davvero.
>>
<< Ah.
>>
Seguì un attimo
di silenzio in cui
Boromir sembrò riaddormentarsi. Anche io mi stavo
riappisolando,
quando lui iniziò a ridere prima piano, poi sempre
più forte e
ancora più forte, come la notte prima dopo aver letto la
lettera di
Matilde. << Valar, come sei ingenua, piccola! Mi farai
morire
dal ridere un giorno! >> Riuscì a dire alla
fine, mettendosi
sulla schiena e fissando il soffitto, le braccia incrociate dietro la
testa e il sorriso ancora stampato sulle labbra << E'
piccolo!
>> Ripeté imitando la mia voce, facendomi
ridacchiare. <<
E come fa a diventare... come prima? >>
Lui mi scoccò
un'occhiata maliziosa,
girandosi e appiccicandosi a me, le sue braccia che mi avvolgevano .
Mi baciò piano sulle labbra e poi sul collo, mentre io
sentivo il
suo sesso ingrossarsi vicino all'inguine. << Vedi?
>> Mi
sussurrò << Vedi? E' così che si
fa. >>
E il gioco
ricominciò.
Non aveva senso rispedire
Boromir in
camera sua: l'intera reggia sapeva di noi già dalla sera
prima,
dagli sguardi scambiati e dai sorrisi profusi, tanto valeva farlo
stare nella mia camera e stare con lui giorno e notte.
Dopo aver fatto l'amore
appena svegli,
entrambi ci svegliammo definitivamente. Infilando la sua camicia, mi
alzai e andai sulla terrazza della camera, dove vi era un acquaio
ricolmo d'acqua. Ne colmai due secchi e ritornai dentro, accesi il
fuoco nel caminetto e vi posi a scaldare i due secchi.
<< Che fai?
>> Mi chiese
Boromir dal letto, nudo come una divinità, mentre si rollava
una
sigaretta.
<< Preparo il
bagno. >>
<< Per te?
>>
<< Per tutti
e due. >>
<< Non ci
starò mai in quella
tinozza. >> Bofonchiò lui accendendo la
sigaretta da una
candela, alzandosi e venendo a darmi una mano.<< E'
piccolissima! >> Protestò, indicando con la
mano aperta la
tinozza di porcellana finemente lavorata.
<< Io ci sto
perfettamente. >>
Feci spallucce << E comunque, mica dobbiamo starci dentro
assieme: prima tu, dopo io. >>
Lui aveva annuito,
guardandomi <<
Come sei vestita adesso mi ricorda come eri vestita dopo la battaglia
di Osghilliarth, quando abbiamo litigato. >>
Io mi guardai e non potei
fare a meno
di annuire << Già, è vero.
>>
<< Ci pensi
che avresti potuto
MORIRE, Anna? >>
<<
Già. >>
Ci fu silenzio, solo il
crepitare del
fuoco e il fumo della sigaretta. << Hai ancora intenzione
di
combattere, vero? >> Chiese sommessamente.
<< Ovvio.
>> Risposi io a
voce alta << Se tu combatterai, io combatterò
al tuo fianco:
non ho più alcuna intenzione di essere separata da te,
Boromir, e
non ci saranno ne suppliche ne preghiere per farmi cambiare idea.
>>
Vedendo la sua espressione indurirsi, mi impuntai ancora di
più <<
Potrai anche usare la violenza, ma nulla mi farà desistere.
A costo
di rischiare come ho fatto a Osghilliarth...anche a costo della mia
vita, ho intenzione di seguirti. >>
Lui gettò la
sigaretta nel fuoco con
un gesto stizzito e si mise a braccia conserte, la schiena poggiata
allo stipite del caminetto e l'aria imbronciata. Non era mia
intenzione discutere, ma aveva iniziato lui! “ Affari suoi.
“ Mi
dissi, controllando la temperatura dell'acqua nei secchi. “
Affari
suoi. “
Ricominciò a
parlarmi quando vide che
ero in difficoltà coi secchi << I tuoi muscoli
si sono
afflosciati. >> Mi disse con voce neutra, mentre mi
aiutava a
sollevare un secchio e a versare l'acqua bollente nella tinozza
<<
E dire che ti eri rinforzata bene, a casa. >>
<< Be, un
anno di inattività
ammoscerebbe chiunque. >> Ribadii, calcolando che ci
voleva un
altro secchio << O no? >>
Lui capì, mi
passò la sigaretta per
andare a prendere un altro secchio di acqua sulla terrazza, nudo. Io
sorrisi a quel gesto di cortesia, guardando i suoi muscoli obbedire
ai suoi passi.
Ed eccola li, la prima bega
del nostro
rapporto. E sempre per la stessa storia! Non mi andava di parlarne in
quel momento, ma non avevamo concluso, e quel silenzio teso fra di
noi mi dava forse ancora più fastidio della sua faccia scura
e dei
suoi movimenti nervosi. Tanto valeva farla finita.
<< Spiegami
perchè ti
infastidisce tanto il mio atteggiamento. >> Gli chiesi,
posando
il secchio sul fuoco << Che cos'è, Boromir? E'
una cosa così
fuori di testa che io voglia seguirti anche sul campo di battaglia?
>>
Lui strabuzzò
gli occhi << Certo
che lo è! Non PUOI farmi questo! Sei troppo giovane per...
>>
<< Ah!
>> Esclamai,
puntandogli un dito contro << AH! E così sono
troppo
GIOVANE?!? ma che stronzata è, Boromir! Tu credi ANCORA che
io non
sia IN GRADO di combattere, che ti starei solo fra i piedi! AH!
Troppo giovane... >> Ribadii, il tono sempre
più accusatorio
<< Forse allora, sono anche troppo giovane per aver fatto
l'amore con te, vero? >>
Lui era rimasto ad
ascoltarmi in
silenzio, senza guardarmi.
<< Guardami,
Boromir. >> Mi
parai dinanzi a lui << G U A R D A M I. >>
Ringhiai.
Lui alzò il capo
e mi guardò,
sprezzante.
<< E' vero, o
no? >>
<< L'anno
lontano non ha cambiato
il tuo pessimo carattere, vedo. >> Ribadì lui.
<< Fanculo il
carattere, non
parlo di QUELLO. Rispondimi. >> Gli andai ancora
più sotto <<
E' o non E' vero, Boromir? >>
Lui mi continuò
a guardare.
Poi si fece da parte,
tornò al
divanetto dove la sera prima tutto era iniziato e, lentamente,
ricominciò a vestirsi. Senza dirmi una parola.
“ Se ne va.
“ Mi dissi, il cuore
ferito da quel dato di fatto. “ Se ne va. “
Dopo esserci ritrovati,
dopo che la
passione aveva lasciato il posto alla ragione, ecco, lui se ne
andava.
La rabbia mi
salì da dentro. Avrei
voluto gridare, fargli notare che LUI aveva iniziato, LUI aveva
problemi, non IO, e che dai problemi non si scappa. “ E
invece lui
se ne va. “
Mi guardò mentre
si riabbottonava le
braghe e io gli scagliai addosso la camicia, restando nuda. Presi
l'ultimo secchio e lo gettai nella tinozza, senza controllarne la
temperatura. Entrai nell'acqua e scivolai sotto la sua superficie,
parvenza di un modo fatto di quiete e di stabilità. Poco
prima,
anche il mio mondo era stato tale, ma uno STUPIDO BATTIBECCO l'aveva
rovinato.
Riemersi giusto il tempo di
vederlo
andarsene.
NOTICINA:
beneeeeeeeeeee!!!!nonostante
gli esami, ho deciso di mandare allegramente a fanchiulo lo studio e
dedicarmi alla letteratura :)
ebbene, i nostri
piccioncini non sono
cambiati manco per la pippa: sono i soliti piantagrane, ma è
giusto
così: io mi incazzerei come una iena se non avessi le mie
libertà,
se non mi lasciassero fare ciò che reputo giusto. E questo
Anna lo
sa benissimo!
Non so quando
avverrà la prossima
pubblicazione, spero molto presto comunque!
Ah: avviso ai lettori-
anche se non
c'entra un emerito... DIVENTO CINTURA GIALLA DI KICK
BOXING!!!!uuuuuuuuuuuuuuuuuuh!!!!!
ahahahahahah....magari
farò picchiare
Boromir da Giulia...chissàchissà... vabbe dai,
meglio andare.
Mi raccomando RECENSITE e
ditemi che ne
pensate!!!
pace ( i due cocchi ne
hanno proprio
bisogno :) ) e ammmore!!!!
|
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Capitolo 12 *** Dovrei parlargli? ***
Passai l'intera mattina in
camera,
fumando nervosamente e in completa solitudine. Fissavo la porta con
astio, e poi lo sguardo cadeva sul letto ancora sfatto e su
quell'unica macchiolina, il segno tangibile del passaggio
all'età
adulta- biologicamente parlando, s'intende.
“ Forse
allora, sono anche troppo
giovane per aver fatto l'amore con te, vero? “
Non
avrei voluto
dirlo, avrei dovuto restare zitta, ma non ce l'avevo fatta: la mia
lingua lunga aveva avuto la meglio ancora una volta. “ E fai
bene!
“ Mi continuavo a ripetere, accovacciata sul divanetto,
cercando di
scacciare per l'ennesima volta le lacrime dagli occhi “ E fai
bene,
a non stare zitta: è un discorso in sospeso da un anno,
è un bene
che tu cerchi di concluderlo! “
E come
si sarebbe
concluso, mi chiedevo io? Andando avanti così, l'avrei solo
perso,
allontanato da me. Ed era l'ultima cosa che volessi, ma....cazzo! Non
potevo barattare la mia libertà, il mio bisogno di seguirlo,
per
amore di lui! E lui non poteva chiedermi una cosa del genere,
PRETENDERE una cosa del genere, non da me, non da Anna di Isengard!
Quelli
erano i miei
pensieri, quando bussarono con insistenza alla porta. L'avevo chiusa
a chiave, in modo che nessun potesse entrare senza il mio permesso.
Non risposi neanche: desideravo essere lasciata in pace, sola, in
compagnia della mia sigaretta e senza nessuno a farmi domande.
La voce
di Giulia
giunse attutita dal legno << Che è successo?
>> Chiese,
smettendo un attimo di bussare << Come mai non sei venuta
nella
Sala dei Racconti: cos'è successo fra te e... Bobo,
Bubo...Coso,
insomma! >>
Io
avevo riso
sommessamente, pensando a quanto fosse incorreggibile Giulia e mi
alzai dal divanetto per girare la chiave nella toppa. Era sola,
vestita con pantaloni, stivali e camicia: se non fosse stato per i
capelli molto corti, ci avrebbero scambiate.
Le
sorrisi e le
feci cenno di entrare << Boromir. >> Le
dissi stancamente
<< Si chiama Boromir. >>
La
prima cosa che
notò fu il letto disfatto e la macchiolina fra le lenzuola.
<<
Sorella, benvenuta nel club! >> Aveva esclamato,
abbracciandomi
forte e sedendosi poi sul divanetto, il sorriso allegro stampato sul
viso << Credo che tu abbia un sacco di cose da
raccontarmi. >>
<<
Già. >>
<<
Belle e
brutte, eh? >>
<<
Già. >>
Lei
tacque,
prendendo una sigaretta già fatta e girandosela fra le dita
<<
Perchè Boromir era da solo, stamattina? >>
<<
E' venuto
a fare colazione? >> Chiesi, stupita, accendendomi
l'ennesima
sigaretta << Non l'avrei mai detto. >>
Lei
fece spallucce,
si accese la sigaretta con la mia ed espirò la prima boccata
di
fumo, continuando a guardare il letto. << Da quanto posso
dedurre, >> Iniziò con aria grave
<< Avete passato una
notte movimentata, piena di avvenimenti, nevvero? Solo che, poi,
è
successo qualcosa... >> Mi aveva penetrato con gli occhi
nocciola << Cosa. >>
Io mi
rabbuiai <<
Nulla. >>
<<
Non sono
la mamma, a me queste cose puoi dirle. >> Mi si fece
più
vicina << Ti ha fatto del male? >>
Io
scossi il capo.
<<
No, perchè
se ti ha torto anche solo un capello contro la tua
volontà...lo
pesto, quantevveroiddio, lo pesto A SANGUE. >>
La
guardai, stupita
da quel tono. I suoi occhi non mentivano: ne era seriamente convinta.
Sospirai e mi feci forza << Abbiamo discusso.
>> Sputai,
tormentandomi le mani.
<<
Riguardo?
>>
<<
Riguardo
al fatto che io desidero essere con lui in ogni momento, anche sul
campo di battaglia. E lui questo non lo concepisce, non gli va
giù,
capisci? >>
<<
Ma tu sei
già scesa in battaglia, no? >>
<<
Lui non lo
sapeva, l'ho fatto di nascosto. >>
<<
Me ne ero
scordata. >> Tacque un attimo, pensierosa
<< Ma qual'è
il problema, se tu sai combattere sai anche difenderti, no?
>>
<<
E'
esattamente quanto dico io, Giulia! >> Esclamai
infervorata:
finalmente qualcuno che la pensava come me! << Ma
nonostante
tutto lui non vuole! Mi crede un'incapace, dice che sono troppo
giovane, ma semplicemente non vuole avermi fra i piedi. Basta.
>>
<<
Guarda che
non lo farà sicuramente perchè ti crede un
incapace. >>
Ribadì lei << Lo fa solo perchè
vuole proteggerti. >>
<<
E chi
protegge lui? >> Borbottai io, serrandomi le ginocchia al
petto
<< Chi, Giulia? >>
<<
E' grande
e grosso, sa badare a se stesso. In ogni caso, non capisco
perchè si
arrabbi tanto: hai tutto il diritto di esprimere quello che pensi e
di fare quello che vuoi, non ledi la sua libertà personale!
>>
<<
Già. >>
<<
E' questo
il fulcro della discussione? >>
“ Forse
allora, sono anche troppo
giovane per aver fatto l'amore con te, vero? “
<<
No, non è il fulcro. Lui mi crede troppo giovane per
combattere,
alchè io gli ho chiesto se per caso non fossi troppo giovane
panche
per fare l'amore con lui. >>
<<
Ah. E lui come ha reagito? >>
<<
Si è vestito e se ne è andato. >>
<<
Stamattina. >>
<<
Si. >>
Lei
annuì, pensierosa, per poi tacere.
Gran
Burrone era definitivamente sveglia. Dalla corte interna venivano
spezzoni di conversazioni e nei corridoi passi felpati si posavano
sulle piastrelle della reggia.
Ancora
rinchiuse in camera, io e Giulia fumavamo e restavamo in
contemplazione del letto.
<<
E' stato così bello... >> Mi lasciai sfuggire
<< Così
intenso... e tu guarda come siamo andati a finire. >>
<<
Perchè dici così? >>
<<
Quando non parlavamo e facevamo... quello. >> Lei mi
lanciò
uno sguardo divertita << Tutto era perfetto: nessuno
screzio,
nessuna discussione. Solo amore. Non è una forma di
comunicazione
anche quella, Giulia? >> Lei aveva annuito, e io ero
andata
avanti << E allora perchè non riusciamo a
comunicare così
sempre, senza discutere, senza morderci, senza abbaiarci contro come
cani! >>
<<
Perchè c'è ancora quella cosa irrisolta, Anna.
>> Aveva
risposto lei, seria << Quel discorso non è
stato chiuso, e non
riuscirete ad andare avanti senza aver voltato definitivamente
pagina. >>
<<
Devo parlargli, vero? >>
<<
Già, devi proprio parlargli. >>
La
Sala dei Racconti era affollata anche più del solito in
quella tarda
mattinata. Una volta entrate, molti sguardi si posarono su me e
Giulia, compreso quello di Arwen che mi venne incontro, preoccupata.
<<
Cara, tutto bene? >> Mi chiese dolcemente
<< Ti sei
presentata tardi, stamane. >>
<<
Ho avuto di che pensare. >> Le risposi gentilmente,
continuando
a sondare la Sala: di Boromir nemmeno l'ombra.
<<
Cerchi forse qualcuno? >> Mi chiese la principessa,
seguendo il
mio sguardo.
<<
L'Uomo di Gondor. >> “ Il Bastardo di Gondor.
“
<<
L'ho visto in compagnia di Gandalf il Grigio, stamattina a colazione,
ma dopo non ho più visto nessuno dei due. >>
<<
Ah. >>
Lei
scosse il capo, contrita << Mi dispiace, avevi bisogno di
parlare con entrambi? >>
<<
Mi bastava parlare con uno. >> Borbottai <<
Ma dovrò
attendere. >>
Rivolsi
più attenzione a quanto stava avvenendo nella Sala: la gente
sembrava più concitata, ognuno nel proprio idioma parlava
animatamente e si guardava attorno, stupito e nervoso.
<<
Ma che sta succedendo? >> Chiesi ad Arwen
<< Come mai c'è
così tanta agitazione? >>
<<
Non lo sai? >> Arwen guardò Giulia e lei si
spiaccicò una
mano sulla fronte.
<<
Dimenticavo! >> Esclamò, posandomi una mano
sulla spalla <<
Sire Elrond ha convocato il Consiglio. E noi siamo state invitate.
>>
NOTICINA:
BBBBBBBBBBBUUUUUUUUUU!!! che chappi breve e poco intenso! Mi scuso,
ma era dovuto: non potevo non far parlare Giulia con Anna ( chi non
si confiderebbe con una sorella così ) e poi dovevo pur
introdurre
il Consiglio, no?
Vabbe
dai, ho anche giù la voce, ma prometto solennemente che il
prossimo
chappi sarà pieno, strapieno, ANCORA più
pieno!!!al prossimo
tesssori miei!
Pace,
ammore e mal di gola a tutti!!!
with
love, Nini.
|
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Capitolo 13 *** Il Dolce e l'Amaro. ***
Il Consiglio si sarebbe
svolto di
pomeriggio, appena dopo pranzo. Rimasi tutto il tempo nella Sala in
compagnia di Giulia e Arwen, ma di Boromir e Gandalf nessuna ombra.
Nemmeno Aragorn era presente, e nemmeno i rappresentanti degli Elfi e
dei Nani, Legolas e Gimli.
Degli Hobbit erano presenti
solo Merry,
Pipino e Samvise, e tutti e tre erano decisamente irrequieti: Frodo
era andato via con Gandalf e Boromir di Gondor ancora dal mattino,
facendo una colazione molto veloce e saltando completamente la
seconda colazione- cosa inaudita, per un Hobbit, soprattutto se in
convalescenza!
<< Sapete
dove sono andati? >>
Mi chiese Meriadoc, ma io scossi il capo << Vorrei
saperlo
anch'io. >> Samvise era il più preoccupato dei
tre, ma non
disse nulla, cercando di farsi notare il meno possibile, spiando
Arwen con occhi sognanti e timidi.
<< Credo che
vada in soggezione
quando sei con noi, Arwen. >> Commentò Giulia,
invitandomi
sulla terrazza per fumare una sigaretta, << Arrossisce
anche
solo se lo guardi! >>
Arwen ridacchiò,
seguendoci. <<
Il vecchio Bilbo mi ha parlato di lui: ha sempre desiderato vedere
gli Elfi, ma ne è davvero intimidito! Gli basta guardarci,
nulla di
più. >>
<< Vorrai
dire ammirarvi! >>
Esclamai io, facendola ridere. << Ma hai visto che
occhiate
adoranti che ti manda? >>
<< Come fa
con me, fa con
qualsiasi Elfo. E' innamorato e incuriosito della nostra razza, ecco
cosa. >>
Io annuii, appoggiandomi
con la schiena
al parapetto e rollandomi una sigaretta.
<<
Chissà dove sono andati a
finire tutti. >> Si chiese Giulia, guardando il paesaggio.
<< Staranno
discutendo, immagino.
>> Le rispose gentilmente Arwen.
<< Staranno
discutendo
dell'Anello. >> Mormorai io << Oggi si
deciderà cosa
farsene, vero? >>
<< Proprio
così. >>
Mi voltai a guardare Arwen
<< Hai
idea di che decisione verrà presa? >>
Lei scosse delicatamente il
capo <<
Ne so quanto te su questo argomento, Anna, non so proprio
pronunciarmi. >>
Giulia sbuffò
<< Certo che
potevano convocare anche noi, no? Almeno Anna, che lei è di
qui...
>>
Arwen sorrise, furba
<< Gli
Uomini non amano che si dia un parere più intelligente del
loro, non
lo sapevi? >>
Tutte e tre sghignazzammo e
ci mettemmo
a parlare del più e del meno, attendendo il pranzo e
l'inizio del
Consiglio.
Io ripensavo a quanto
successo la notte
prima. Ripensavo alla pozione di Matilde: ne avevo parlato con
Giulia, che si era fatta una grassissima risata, e anche con Arwen,
che mi aveva indicato approssimativamente dove quelle erbe crescevano
nella valle.
Si era finito di pranzare,
e si fumava
il Thiolil compagnia.
<< Sono
piante piuttosto comuni,
il cui effetto è conosciuto anche dal mio popolo.
>> Spiegò
<< Ma noi elfi non siamo fertili come voi umani: ci
vogliono
anni prima che una coppia riesca almeno a concepire un figlio.
>>
<< E' per
questo che siete così
pochi? >> Chiese Giulia, incuriosita.
Lei annuì
<< Esatto, anche se il
nostro ridotto numero è dovuto anche alle partenze di coloro
che
vanno nelle Terre Immortali. >> Un velo di tristezza le
adombrò
i bei lineamenti << Come mia madre. >>
Ci fu un attimo di silenzio
imbarazzato.
<< Anche tu
te ne andrai? >>
Le chiesi io, tentando di rompere quel silenzio imbarazzato
<<
Andrai , Arwen? >>
Lei mi sorrise, triste, ma
con una
scintilla di sfida negli occhi. Rizzò bene le spalle,
alzò il mento
e scandì bene << No, io non me ne
andrò. >>
<< A no?
>> Esclamammo
assieme io e Giulia, facendola sorridere di cuore. << Ho
legato
la mia vita a un mortale, ho deciso di calcare con lui queste Terre.
Che senso ha vivere per sempre senza avere al proprio fianco colui
che riempie quell'eternità? >> Si fece
improvvisamente
emozionata, gli occhi lucidi, le guance imporporate <<
Che
senso ha, andare nelle Terre Immortali con un misero ricordo, unita
al mio Popolo, certo, ma senza di Lui? Ha molto più senso
restare
qui, vivere intensamente giorno dopo giorno, gioire di ogni istante,
non perdere neanche un attimo del prezioso tempo a noi concessoci.
Certo, lo so bene: arriverà il momento del pianto, del
lutto. E'
inevitabile, lo so bene e già ora mi sento male a pensare a
quello
che accadrà, a cosa proverò in quei frangenti e
al dolore che mi
accompagnerà, senza pace, senza riposo, fino alla fine del
mondo. Ma
non posso resistere: il mio spirito mi pone al suo fianco, il mio
destino è intrecciato al suo. Non si può separare
il dolce
dall'amaro: bisogna prenderli assieme, come si fa con le noci
d'autunno. Il dolce e l'amaro. Assieme. Esattamente come io e lui.
>>
Io e Giulia restammo a
sentire,
incantate, meditabonde, il suo soliloquio. Poi le accarezzai una mano
delicata e le sorrisi << Arwen, hai detto delle cose
stupende.
>> Dissi, Giulia che acconsentiva a ogni mia parola con
cenni
del capo << Sono certa- siamo certe che andrà
tutto bene, che
resterai assieme al tuo Uomo. >>
<< Scelta
coraggiosa. >>
Commentò Giulia << Sei da ammirare,
Principessa. >>
Lei annuì,
pensierosa << Prego i
Valar affinchè il mio destino si compia. >>
“ Il suo destino.
“ Mi dissi “ Il
suo destino è quello del suo Uomo, di Aragorn. E il mio?
“
Giulia parve leggermi nel
pensiero e mi
pose una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare. Lei rise e mi
disse, con aria serafica << Il tuo destino è
già scritto,
sorella, ed è con lui. >>
Poi Glorfindel
entrò nella Sala e
fummo convocate.
Il Consiglio si svolgeva
all'aperto, in
una terrazza circolare dall'aria malinconica, con tutte quelle foglie
secche sparse a terra e la luce aranciata del sole autunnale, un sole
quasi spento. I seggi erano circa una decina, disposti a semicerchio
davanti a un trono di legno e ad altri seggi, rialzati da terra
attraverso un gradino. Al centro, vi era un ceppo di pietra con al
centro una stella a infinite punte.
Giungemmo che tutto era
pronto e gli
ospiti già seduti.
Per la prima volta dalla
notte prima,
vidi Boromir di Gondor. Aveva ripreso a indossare gli abiti con cui
era giunto a Gran Burrone e se ne stava seduto in un angolo,
leggermente in disparte, le braccia conserte e il Corno poggiato
sulle cosce. Cosce che mi avevano ospitato la sera prima.
Mentre raggiungevo il mio
posto accanto
a Gandalf e a Gimli figlio di Gloin, sentii i suoi occhi penetrarmi
nella schiena fino al midollo e, quando mi rigirai, ricambiai il
favore: gli piantai gli occhi come chiodi sul volto. Non un cenno di
saluto, non un accenno di sorriso. Nulla. Una lunga, lenta occhiata
di fredda sfida ci univa.
Giulia prese posto accanto
a me,
facendo scalare il Nano, e cercò di rilassarmi con qualche
battuta
stupida riguardo futili cose, almeno finchè non
notò il Portatore:
Frodo Baggins. Egli sedeva fra Bilbo e Gandalf, i piedi pelosi
penzolanti nell'aria, le mani sotto le cosce e lo sguardo basso.
Sembrava terribilmente afflitto, e straordinariamente fuori posto in
quel contesto: sembrava un bambino, ma aveva affrontato più
pericoli
di un uomo nel corso della sua vita, per non parlare del peso che gli
gravava sulle spalle. “ Povero ragazzo. “ Mi dissi,
distogliendo
lo sguardo perchè sentivo la pena ingrossarsi nel cuore.
“ Povero
ragazzo! “ .
Mi guardai le punte dei
piedi,
sbirciando Boromir e sentendomi sempre più infastidita da
quello
sguardo: non era lo sguardo di ci voleva riconciliazione, era lo
sguardo di chi voleva far sentire la sua ragione e basta. Non avrei
accettato per nulla al mondo di restarmene indietro, aspettando il
suo ritorno come una brava massaia: poteva scordarselo! Frignasse
quanto volesse, io non avrei cambiato idea.
Gli lanciai uno sguardo
indifferente,
per poi guardarmi attorno: di quelli che conoscevo erano presenti
Gimli figlio di Gloin, Legolas Verde Foglia e Aragorn figlio di
Arathon, mentre accanto al trono ancora vuoto sedevano Arwen e
Glorfindel. Erano presenti anche altri membri delle ambasciate di cui
non ricordo i nomi, probabilmente eminenze dei loro Popoli. Degli
Hobbit, nessuna traccia.
Come se rispondessero a un
preciso
segnale, tutti scattarono in piedi ed entrò Sire Elrond con
la
fronte cinta da un diadema, l'aria regale e l'espressione
più saggia
e antica del mondo. Quando egli si sedette, anche noi ci sedemmo, e
il Consiglio ebbe inizio.
<< Stranieri
di remoti Paesi e
amici di vecchia data. >> Iniziò il Mezz'elfo
con voce chiara
e limpida, catturando l'attenzione di tutti << Siete
stati
convocati qui per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di
Mezzo è in grave pericolo, rischia la distruzione. Nessuno
può
sfuggire: o vi unirete, o crollerete. Ogni razza qui presente
è
obbligata a questo Fato, a questa sorte drammatica. Ma noi abbiamo un
asso nella manica. >> Il Sire si volse verso Frodo e con
gesto
regale gli disse << Porta qui l'Anello, Frodo.
>>
Tutti gli occhi si
piantarono sul
giovane Hobbit, che si alzò e camminò fino al
centro
dell'assemblea, la mano in tasca. Giunti innanzi al ceppo di pietra,
estrasse la mano destra e posò qualcosa sulla fredda pietra.
Tutti
allungarono il collo per vedere meglio, io e Giulia comprese: sulla
pietra giaceva un semplice Anello dorato.
Un brusio si
levò dal Consiglio, tutti
commentavano. Io scambiai un'occhiata con Giulia e con Gandalf per
poi fissare stupita Boromir: un espressione calcolatrice gli era
comparsa in volto, la mano accarezzava il labbro superiore e gli
occhi fissavano quel cerchietto d'oro. “ Che sta pensando di
fare?
“ Mi chiesi, allarmata, quando si alzò in piedi e
prese la parola.
<< Questo
è un dono. >>
Iniziò con la sua bella voce << Un dono ai
Nemici di Mordor!
Perchè non usare l'Anello per contrastare l'avanzata del
Male? A
lungo mio padre, Sovrintendente di Gondor, ha tenuto a bada Mordor,
sacrificando il nostro Popolo sull'altare della guerra! E' grazie al
mio popolo, al sangue del mio sangue, che le vostre terre sono ancora
intatte! >> Parlava veloce, la voce tonante. I suoi occhi
si
posavano sovente su di me, e io gli sorridevo: parlava bene, Boromir.
“ Ecco un'altra dote da Capitano di Gondor. “ Mi
dissi,
ripensando al discorso che gli avevo fatto la sera del nostro primo
bacio. Accantonata per un attimo la rabbia, mi sentivo orgogliosa di
lui. Ma intanto Aragorn e Gandalf si lanciavano occhiate preoccupate.
<< Date a
Gondor l'arma del
Nemico! >> Stava concludendo il mio amato
<< Usiamo la
sua stessa arma contro di lui! >>
La voce di Aragorn si
levò allora,
forte e chiara, come se fosse stata a lungo trattenuta <<
Non
potete servirvene! >> Esclamò, facendo
sobbalzare tutti <<
Nessuno può. >>
<< E
perchè, di grazia ? >>
Tutte le teste si voltarono verso di me, Gandalf con aria stupita e
contrariata, Elrond stupito e Giulia ammirata.
<<
Perchè l'Unico risponde
soltanto a Sauron, ecco perchè. >> Rispose
Aragorn con aria
grave.
Io mi alzai in piedi,
mettendomi al
fianco di Boromir.
<< Io ho
combattuto, signori, sul
fronte di Mordor. >> Iniziai << E' una
lotta dura,
snervante. Non è una guerra in campo aperto, non
c'è una battaglia
risolutiva e definitiva. Si tratta di una guerra fatta di scaramucce,
una guerra di nervi. Io non so cosa potrà fare questo
piccolo e
all'apparenza innocuo Anello. >> Mi avvicinai al ceppo e
mi
chinai ad osservarlo << Ma tornerebbe davvero utile a
Gondor,
come a tutti i popoli liberi della Terra di Mezzo. >>
Guardai
Boromir e gli sorrisi << Non fraintendete il mio
Capitano: egli
non vuole l'Anello per sé, non lo desidera per brama di
potere, ma
solo per difendere il suo popolo, che un po' è anche il mio.
>>
Mi voltai a guardare Elrond << Non è possibile
utilizzarlo a
tale scopo, mio signore? >>
Elrond scosse il capo.
<< No,
Anna. >>
Rimasi delusa
<< Neanche per
scopi benefici? >>
<< L'Anello
non ha altro padrone,
>> Ribadì Aragorn, stringendo i braccioli del
suo seggio <<
Non ha altro padrone all'infuori di Sauron, lo capite? >>
Io mi voltai a squadrarlo
<<
Cerco solo un modo per salvare più genti possibili
sfruttando quanto
abbiamo fra le mani, mio signore. >> Ribadii, gelida,
tornando
al mio posto << Se questa è la
volontà del Consiglio, io non
ho altro da aggiungere. >>
Anche Boromir
tornò a sedersi,
squadrando Aragorn con astio.
<< E'
onorevole da parte tua
cercare una soluzione, Anna. >> Iniziò Gandalf
<< Ma ha
ragione Aragorn: non possiamo servirci dell'Anello. >>
Elrond si alzò
per l'ennesima volta <<
Non esiste altra scelta. >> Disse <<
L'Anello deve essere
distrutto. >>
Lessi lo sconcerto nello
sguardo di
Boromir e gli feci capire che ero perplessa: io avevo accettato la
volontà del Consiglio, perchè lui no?
Gimli si alzò in
piedi con fare
gagliardo, prendendo la sua ascia e incamminandosi verso il ceppo
<<
E allora distruggiamolo! >> Gridò, facendo
cadere la pesante
ascia sull'Anello.
Restammo tutti a bocca
aperta quando
Gimli venne sbalzato all'indietro e la sua ascia andò in
mille
pezzi, mentre l'Anello restava intatto sul suo ceppo, quieto.
Sire Elrond sorrise con
amarezza <<
L'Anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di
Gloin,
qualunque sia l'arte che noi possediamo. >>
Guardò prima
l'Anello, poi ogni singolo membro dell'assemblea <<
L'Anello
venne forgiato tra le fiamme del monte Fato; solo li può
essere
annientato. Deve essere condotto nel Paese di Mordor e gettato nel
baratro infuocato da cui è venuto. Solo così
riusciremo a
distruggere Sauron, di cui l'Anello è l'anima.
>> Pausa <<
Uno di voi deve farlo. >>
Il vento faceva mulinare le
foglie
secche ai nostri piedi, il sole si era fatto improvvisamente freddo.
Le parole del Mezz'elfo avevano gettato il gelo sull'intera
assemblea.
Boromir parlò
per primo, la mano alla
fronte << Non si entra con facilità a Mordor.
>> Iniziò
piano << I suoi Neri Cancelli sono sorvegliati da
più che meri
orchi. Li, >> Sospirò <<
Lì c'è il Male più assoluto,
quello che non dorme mai, e il Grande Occhio è sempre
all'erta. E'
una landa desolata, squassata da fiamme, cenere e polvere; l'aria
stessa che si respira è un'esalazione velenosa! Non sarebbe
possibile penetrarvi nemmeno con diecimila uomini...e' una follia!
>>
Legolas balzò in
piedi << Non
avete sentito Re Elrond? >> Gli abbaiò contro
<<
L'Anello deve essere distrutto! >>
Gimli si alzò a
sua volta,
fronteggiando l'Elfo << E suppongo che pensi che sarai TU
a
farlo! >> In molti si era alzati, e le delegazioni di
Elfi e
Nani andavano a fronteggiarsi, proteggendo ognuno i propri capi.
Un'accesa discussione stava per scoppiare, quando una risata
argentina fermò tutto: era Bilbo a ridere, sfregandosi le
mani e
guardando il ceppo con aria divertita.
<< Bene,
bene, bene! >> Si
ripeteva << Bene, bene, bene! Una nuova avventura si
avvicina!
>> Guardò gli astanti, trionfante
<< Miei signore, sono
stato a contatto con l'Anello per tutti questi anni: è mio
compito e
dovere occuparmi della sua distruzione!non avrete da litigare a
lungo: lo porterò io. >>
<< Sei una
persona d'onore, Bilbo
Baggins, >> Si intromise Elrond, sorridendo al vecchio
Hobbit e
amico << Ma ormai sei anziano, le tue gambe non
reggerebbero
più il viaggio e la tua schiena questo pesante fardello. No,
con
tutto il cuore, ti chiedo di ritirarti e lasciare che altri si
facciano avanti al posto tuo. >> Elrond si
guardò attorno, ma
nessuno fiatò.
Tutti erano rimasti
immobili, guardando
il ceppo e l' Anello sopra di esso, come ipnotizzati. Iniziai a farmi
domande: dovevo portarlo io? Me la sarei sentita? Perchè no.
Perchè
non farlo? Vidi me con l'Anello appeso al collo, sola, camminare per
lande sconosciute, terre infuocate e dal cielo nero. Mi vidi, sola e
sperduta, senza nessuno accanto a me. Poi vidi una voragine rossa, la
lava che scorreva a flutti, e gli spruzzi di cenere e lapilli e-
Giulia mi prese per un
braccio e mi
riscosse da quelle profonde meditazioni e da quelle visioni. Me lo
strinse forte, facendomi male con le unghie. Mi trafisse con lo
sguardo e scosse il capo. Anche Gandalf mi guardava, i profondi occhi
dall'aria grave scrutavano dentro di me. Anche lui scosse il capo.
No, quello non era il mio
destino.
Ma chi allora. Chi.
NOTICINA!!arieccomi... dopo
un chappi
floscio come quello della volta prima ecco qua il primo pezzo del
Consiglio di Elrond. Spero che vi piaccia, che vi vada bene,
perchè
ho impiegato ore sottratte allo studio per completarlo- aiutandomi
col film e con wikipedia :) ho deciso di mescolare un po' le due
cose, come d'altro canto ho fatto ancora dall'inizio di questa
storia: gli eventi sono abbastanza contratti in linea temporale,
parecchi discorsi sono presi pari pari dal film e la parte di Bilbo
che si offre come Portatore è invece tratta dal libro. Poi
non so:
non mi andava di far litigare Boromir con Aragorn, e non mi va
tutt'ora...quiiiiiiiiiiiiiindi...bah, non so! In ogni caso, credo che
aggiornerò il prima possibile!
Fatemi sapere cosa ne
pensate, ditemi
un po', spremetevi le meningi e tirate fuori gli attributi per farmi
una recensione anche negativa-spero che non ci siano però
non si sa
mai :)
Hasta la vista- l'hai vista
l'asta?- da
Nini!
|
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Capitolo 14 *** è nel gruppo che sta la forza! ***
Il tempo passava, le foglie
vorticavano
sulla terrazza. Tutti erano immobili, nell'attesa che qualcuno si
muovesse e decidesse qualcosa. Bastava una spintarella, una parolina
qualsiasi, e tutti avrebbero parlato.
Era ovvio che nessuno
sapesse
esattamente cosa fare: la missione si rivelava pericolosa, nessuno
voleva esporsi e rendersi vulnerabile, sentire la propria decisione
attaccata o derisa o accusata di codardia. Quella decisione ci
avrebbe resi artefici del nostro destino.
Che fare, dunque? Di chi
era il
disperato ruolo di Portatore dell'Anello?
Io ci avevo pensato, oh si:
che fosse
mio, quel ruolo? Poteva essere: ero giunta nella Terra di Mezzo per
caso o per uno strano scherzo del Destino? Forse ero stata spinta a
entrare nel tronco cavo del castagno solo per trovarmi lì,
cresciuta
e ormai donna, al cospetto di Sire Elrond, davanti all'Anello degli
inganni, all'anima di Sauron in persona. Che fosse davvero quello, il
mio ruolo in quella storia? Tutt'ora me lo chiedo.
Ma in quel momento avevo
preso una
decisione, e dovevo assolutamente comunicarla a tutti: partendo da
me, anche gli altri avrebbero detto la loro, favorevoli e contrari,
entusiasti e recalcitranti . Quindi mi alzai in piedi, sfuggendo alla
presa di Giulia e sotto lo sguardo attento di Gandalf. Mi portai al
centro dell'assemblea, vicino al ceppo dell'Anello, e lo guardai. Mi
sentii gelare: quello stupido ninnolo mi ghiacciava il sangue,
facendomi scorrere stille di sudore freddo sulla schiena, ma cercai
di scacciare quell'orrenda sensazione concentrandomi sulle parole da
dire. Feci un profondo respiro, scrutando di sottecchi i visi stupiti
e allarmati di Elrond e Arwen , mentre Glorfindel sorrideva con
accento ironico. Cercai di non incontrare lo sguardo di Boromir ma,
anche senza guardarlo negli occhi, sentii il suo disappunto pungermi
dritto dritto il cuore, facendolo sanguinare. “ Mi dispiace.
“
Gli avrei voluto dire “ Mi dispiace rovinare tutto, ma non
è il
tempo per noi. “ Poggiai la mano sulla fredda pietra del
ceppo,
cercando di calmarmi. Presi fiato per parlare ma, poco prima che
potessi aprire la bocca, qualcun altro parlò, spezzando il
corso dei
miei pensieri..
<< Non farlo.
>>
Mi voltai lentamente: Frodo
Baggins
aveva parlato, e tutti gli sguardi erano rivolti a lui.
Si alzò in piedi
e venne alla mia
destra, guardandomi coi penetranti occhi azzurri.
<< Lo
porterò io. >>
Disse, deciso, anche se i suoi occhi tradivano l'incertezza e una
certa ansia. << E' il mio compito. >> Mi
sussurrò, senza
smettere di fissarmi negli occhi.
Restammo in silenzio a
fissarci, e
tutti attorno a noi trattenevano il fiato. Sembrava un duello visto
da fuori, ma in realtà era solo un lungo sguardo in cui
ognuno
spiegava le sue ragioni per essere Portatore. E Frodo ne aveva
più
di me.
Annuii, ratificando la sua
richiesta, e
mi spostai dal ceppo. Lui mi sorrise tristemente e prese il mio posto
accanto al ceppo di pietra.
Disse a voce alta, anche se
un po'
stridula << Io l'ho condotto qui, su di me non ha avuto
alcun
effetto. Ne sono testimoni i miei compagni- purtroppo non presenti- e
Grampasso. Tutto quello che desidero è condurlo
personalmente alla
distruzione. E' il mio destino, capite? >>
Guardò Elrond <<
C'è solo un problema. >>
Il Mezz'elfo lo
guardò, stupito <<
Quale? >>
Frodo parve imbarazzato
<< Io...
non conosco la strada. >>
La semplicità di
quel problema lasciò
tutti spiazzati. A me fece sorridere e mi diede il coraggio di
parlare.
<< Io non
vengo da questo mondo.
Non so perchè sono giunta fin qui, ma credo che sia stato il
Destino
a spingermi a essere qui, ora, a interpellarmi su quale sia il mio
ruolo in questa storia. Credevo di averlo capito, e invece no: stavo
sbagliando per l'ennesima volta. >> Mi chinai su Frodo,
sovrastandolo << Ho intenzione di aiutarti, Frodo
Baggins, e di
accompagnarti nel viaggio verso Mordor. >>
Gandalf si
schiarì rumorosamente la
gola << Peccato che tu non conosca la strada, giovane
Anna. >>
Mi voltai e lo vidi sorridere << In tal caso, anche io
accompagnerò Frodo: egli ha bisogno di una guida, e non sono
ancora
così vecchio da rinunciare a un avventura. >>
Strizzò
l'occhio a Bilbo e si alzò, venendo a raggiungerci.
Aragorn si alzò
<< Se con la mia
vita o la mia morte potrò esserti d'aiuto, lo
farò. >> Si
avvicinò e si inginocchiò, prendendo le mani di
Frodo fra le sue <<
Hai la mia spada. >>
Legolas si alzò
di scatto, seguendo il
ramingo << E hai il mio arco! >>.
Gimli guardò
l'elfo e si accarezzò
la barba << E hai la mia ascia. >>
<< Sembra che
tu regga il destino
di tutti noi, piccoletto. >>
Alzai la testa di scatto:
Boromir era
in piedi e fissava Frodo. << Se questa è la
volontà del
Consiglio, allora Gondor la seguirà. >> Venne
a mettersi
accanto a me, e finalmente ci guardammo bene in viso.
<< Ti devo
parlare. >> Mi
sussurrò.
<< Ah si?
>>
<< Si.
>>
Mi persi nei suoi occhi e
automaticamente cercai la sua mano, che si attorcigliò alla
mia <<
Mi devi forse delle scuse? >> Gli chiesi, perdendo ogni
contatto con la realtà.
Lui aveva sorriso con aria
ironica <<
Forse si, forse no. Ma sono il solo a dovere delle scuse?
>>
Mi sentii avvampare e solo
allora mi
accorsi che a noi si erano uniti i tre Hobbit compagni di Frodo,
sbucati chissà da dove, facendo baccano e costringendo con
la loro
eloquenza ad essere accettati da Sire Elrond.
Quando gli Hobbit ebbero
finito di
esultare, il Mezz'elfo ci guardò con aria seria e grave.
<< Ebbene,
eccoci qui >>
Proclamò << Dieci compagni. Voi sarete-
>>
<< Hei!
>> Una voce
femminile ruppe l'atmosfera << Vorrà dire
undici! >>
Mi voltai di scatto verso
Giulia,
scattata in piedi con aria combattiva << Mi sembrava
ovvio, per
questo non ho detto nulla! >> Esclamò, a
mò di scusa,
sorridendo alla mia faccia stupita.
<< Ovvio un
corno, Giulia! >>
Ribadii << Tu non puoi venire! >>
<< Come no!
Certo che posso
venire! >>
Lasciai la mano di Boromir
e andai
verso di lei con aria minacciosa << Non sai in cosa ti
stai
cacciando! >> Le sibilai.
<< Certo che
so dove mi sto
cacciando! Ti ricordo che sono scout, ho viaggiato in lungo e in
largo e sono certa che potrei tornarvi utile, prima o poi.
>>
Si stava rivolgendo ai miei compagni << Forse non
saprò
combattere con la spada, ma posso imparare strada facendo, non
sarò
di peso e soprattutto non mi lamenterò. Vi prego.
>> Fece un
passo avanti << Vi prego, non separatemi di nuovo da mia
sorella! >>
<< Non le
darete mica ascolto,
spero! >> Esclamai io facendomi avanti <<
Lei non è di
questo mondo, non è pronta! Rischierebbe troppo e poi...
>>
Lei incrociò le
braccia sul petto e mi
sorrise, sprezzante << Senti senti... >>
Mormorò ,
girandomi attorno << Io questo ritornello lo conosco! Te
ne sei
lamentata tanto e ora pretendi di rifilarlo anche a me... ma te lo
scordi! Io faccio quello che voglio! >> Alzò
il mento e guardò
Elrond << Signore, con o senza la vostra benedizione, io
partirò con l'Anello, croce sul cuore che lo faccio!
>>
<< So che ne
saresti in grado. >>
Ribadì Elrond, calmo << Ma devi essere
d'accordo con tua
sorella: lei ha tutte le ragioni di questo mondo per volerti
proteggere. Sta a lei decidere, e che tu sia maledetta se non
rispetterai la sua decisione, intesi? >>
Giulia fece un'alzatina di
spalle, così
simile alla mia quando non mi fregava niente del pensiero altrui, che
quasi sorrisi: eravamo uguali, in tutto e per tutto. E aveva pure
ragione: per quanto buone fossero le mie ragioni, mi stavo
comportando esattamente come Boromir con me, facendo il suo stesso
ragionamento. Solo allora riuscii a comprenderne affondo le
motivazione: non era tanto la debolezza,ne la giovane età.
Semplicemente, ne io ne Boromir volevamo che i nostri cari fossero in
pericolo, tutto qui. Boromir aveva paura per me, e io ne avevo per
Giulia.
Peccato che il pericolo
fosse ormai in
agguato ad ogni angolo, in ogni ombra, e non vi fosse altra scelta se
non impugnare la spada e ingaggiare una lotta disperata. Capii che se
desideravo un cambiamento in Boromir, io per prima dovevo cambiare e
accettare Giulia con noi. Solo così avrei accettato le sue
ansie e
sarei riuscita a tranquillizzarlo, a renderlo sereno. Solo
così, lui
mi avrebbe permesso di combattere al suo fianco nel cuore della
battaglia.
Ora capivo.
<< Non ho
alcun potere sulla vita
di Giulia: sei libera di seguirci, se ti fa piacere. >>
Lei annuì
<< Vedo che l'hai
capita. >> Mormorò, abbracciandomi
<< Vedrai che anche
Bubu la capirà. >>
A “ Bubu
“ Scoppiai a ridere e
guardai Boromir, certa che avesse già iniziato a cambiare.
Con un cenno, Elrond ci
fece avvicinare
al gruppo.
<< Ebbene,
eccoci qui. >>
Riprese << Non sarà un viaggio di piacere ne
tanto meno una
gita fuori porta. Siete in parecchi, per una Compagnia, ma va bene
così: è nel gruppo che sta la forza.
>> Fece un respiro
profondo << E sia: voi sarete la Compagnia dell'Anello!
>>
Pipino era il
più emozionato e si
lasciò sfuggire uno “ wow “ poco consono
all'occasione, seguito
da un << Grandioso! Ma... dov'è che andiamo?
>>
A pensarci ora, nessuno di
noi si
aspettava quello che sarebbe successo, nessuno di noi era
sinceramente pronto. Ma pazienza: siamo sopravvissuti tutti, grazie
ai Valar, e io ne sono testimone.
NOTICINA: wowowowowowowow (
da leggere
come UAUAUAUAUA! ) che calvario inimmaginabbbile!!inserire spezzoni
del film, frasi prese pari pari, non è stata proprio un'idea
geniale...ma vabbè, ormai è andata! Chappi un
po'..un po' boh, non
saprei nemmeno io come diavolo definirlo! A più di una
settimana di
distanza, rieccomi.
Sono abbastanza nervosa,
quindi non
provocatemi con recensioni pessime o potrei smettere improvvisamente
di scrivere ( cosa di cui sentireste la mancanza, ne sono certa :P )
oppure c'è un'altra chance: scrivete critiche negative
dopodomani,
cioè il 18/2: sarò molto più calma...e
non ammazzerò nessuno!
Pace ( ne ho bisogno ) e
ammore, Nini.
ps- nei prossimi chappi
cercherò di
migliorare la qualità, che mi pare paurosamente scarsa, ma
vabbè:
ci sono alti e bassi in tutto, no?
Pps: recensite
abbondantemente ( le
critiche negative solo al 18, però! )
sono pazzamente innamorata
di voi,
vostra Nini.
|
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Capitolo 15 *** chiarimenti. ***
Una volta sciolto il
Consiglio restammo
ancora a lungo a parlare sulla terrazza, anche se a me non
importavano tanto quei discorsi di politica, di alleanze e di numeri
di eserciti: a me interessava parlare a Giulia e a Boromir.
Giulia era la
più abbordabile. Come
me, si interessava poco dei discorsi di politica e se ne stava in
disparte a chiacchierare con gli Hobbit. Mi avvicinai a lei e le feci
cenno di venirmi vicina.
Le parlai a bassa voce
<< Spero
di non dovermi pentire della mia scelta. >> Le sussurrai
<<
Sai, ho paura di perderti, sorella. >>
<<
Macchè perdere e perdere! >>
Ribadì lei, ridacchiando << Vengo
perchè so già che dovrò
fare da pacere tra te e Bubu: chissà quante litigate farete!
>>
<< Ma te
sentila! >>
Sbottai << Questa qui vuole mettere il dito dove non
può! >>
<< Vengo
perchè mi va. >>
Chiarì lei, levando gli occhi al cielo << E
perchè credo di
essere stata abbastanza lontana da te in questi vent'anni.
>>
Mi strinse la mano, guardandomi con gli occhi nocciola e sorridendo:
non c'erano parole per dirmi quello che provava.
Con Boromir parlai a
quattrocchi dopo
che ebbe finto di elencare il numero dei soldati di Gondor, gli
alleati e le relazioni fra i diversi paesi del Sud. Finito il
discorso, si congedò dagli altri e mi fece cenno di seguirlo.
Camminammo in silenzio
lungo i corridoi
della Reggia, illuminati dalla luce ormai tenue del tardo pomeriggio.
Mi condusse a un'altra terrazza, stavolta coperta da un elegante
padiglione. Mi guardò a braccia conserte <<
Ebbene. >>
Iniziò.
<< Ebbene?
>> Ripetei io <<
Cosa hai da dirmi? >>
<<
Perchè diavolo hai permesso a
Giulia di venire? >> Chiese, alzando una mano per
bloccare le
mie proteste << A dopo le scuse, voglio saperlo.
>>
Spostai il peso da un piede
all'altro
<< Sono riuscita a immedesimarmi in te, Boromir.
>>
Iniziai << E, siccome credo che il tuo atteggiamento sia
sbagliato, ecco qua la risposta. >> Sorrisi: chiara,
semplice e
precisa. Una teoria inattaccabile, insomma. Mi congratulai con me
stessa.
<<
Però anche tu hai avuto la
mia stessa reazione. >> Ribadì lui
<< Per quanto tu
credi che io sia in errore, l'hai sentita anche tu quella morsa allo
stomaco quando tua sorella ha deciso di seguirci, vero? >>
<< Vero, ma
l'importante è che
io abbia saputo accettare il rischio di farla venire con noi,
considerandola una persona adulta. Mentre tu no, Boromir, ancora non
lo accetti: QUESTO è il punto! >>
Stava per ribattere ancora,
il petto
gonfio e le mani strette a pugno, quando si lasciò andare in
un
sospiro. Le spalle gli si incurvarono e sulla bocca si
disegnò un
sorriso sghembo. << Se andiamo avanti così,
posso dire addio
ai miei buoni propositi... >> Mormorò.
Io gli sorrisi e mi feci
vicina <<
Boromir, devi capire che non hai alcun potere sulla mia vita.
>>
Gli sfiorai con le dita le belle labbra << Se io
decidessi di
morire per te, lo farei, e all'istante, e tu non potresti dirmi
niente! Quello che desidero fare è solamente mio, e nessuno
può
contraddirmi! >> Allacciai le mie mani con le sue e le
accarezzai con la mia guancia. Callose e ruvide come al solito.
Bellissime << E poi non voglio più lasciarti,
Boromir, mai più
voglio passare un anno di distanza da te. Tu... non hai idea di come
mi sia sentita quando ho visto la tua nuova cicatrice. >>
<< Ma
è solo un graf- >>
<< Un graffio
un corno, Boromir!
>> Lo interruppi, brusca << E se ti avesse
colpito alla
base del collo? O più sotto, dove c'è il cuore? E
se ti avesse
trafitto un polmone? >> Boccheggiavo e sentivo gli occhi
lucidi
<< Tu...tu ora non saresti qui. >> Trassi
un profondo
respiro << E io non ti avrei mai più rivisto.
>>
<< Anna...
>>
<< Magari io
non sarei servita a
nulla, in quella sortita, non sarei stata utile o addirittura di
impiccio, ma sarei stata li, Boromir, LI. Avrei ucciso quell'orchetto
con le mie mani anche solo per averti torto un capello! E io non
c'ero. >> Avevo parlato veloce, agitata e nervosa
<< Lo
capisci? >>
Lentamente, lui aveva
annuito. <<
Si. >>
<< E' lo
stesso sentimento che
Faramir prova per te, in fondo. >> Commentai
<< Lui ti
segue in battaglia perchè desidera proteggerti, e tu vuoi
proteggere
lui. Io stessa ho salvato Faramir... quindi, non farmene una colpa se
ho deciso di seguirti. Va bene? >>
Lui aveva annuito sempre
piano, poi
aveva sorriso e alzato una mano << Posso parlare io, ora?
>>
Mi chiese, e mi fece ridere quel suo atteggiamento da studente
<<
La cosa che mi ha fatto imbestialire stamattina è il fatto
che tu
non accettassi le mie premure, che mi vedessi solo come “ un
padre
che si premura per la figlia”. Ma i padri non fanno certe
cose con
le figlie... >> Aveva sorriso, malizioso <<
E non è vero
che sei troppo giovane per fare l'amore con me. Ribadisco, è
stato
il fare all'amore migliore della mia vita, stanotte! E non ho alcuna
intenzione di avere potere sulla tua vita: mi basta avere potere sul
tuo cuore, e mi sembra di averne abbastanza. >> Mi aveva
serrato in un abbraccio ferreo << Ce l'ho, almeno un po'
di
potere sul tuo cuore? >>
Io mi ero poggiata al suo
petto e avevo
sospirato << Ma solo un po'. >>
Lui aveva ridacchiato
<< E allora
andiamo a suggellare la pace, amore mio. In camera da letto.
>>
Qualcuno aveva avuto la
gentile idea di
portare un cestino di frutti di bosco in camera, e anche dei fiori.
Erano fiori selvatici, profumati e colorati, che ben si adattavano
con l'ambiente neutro della stanza.
Una volta suggellata la
nostra pace,
nudi nel letto disfatto, mangiavamo distrattamente le more e i
lamponi, macchiandoci le dita e le labbra. Tutto era tornato come
prima della discussione, e io ne ero immensamente felice. Anche lui
sembrava soddisfatto, e mangiava le more con ingordigia.
<< A Gondor
non ci sono questi
frutti. >> Mi disse, succhiandosi le punte delle dita
<<
Sono davvero buoni! Ma dove crescono? >>
<< Se si
chiamano frutti di
bosco, secondo te dove crescono? >> Ribadii ironica, e
lui mi
sorrise << Acida come al solito, vedo... >>
Risi <<
Sempre meno di te,
vecchio! Ma dimmi... >>
<< Cosa?
>>
<<
Perchè tu e Aragorn sembrate
avere un rapporto non proprio amichevole? >>
Lui alzò gli
occhi al cielo <<
Mi ha solo guardato storto, Anna... >>
<< Mah! Io
direi che anche tu non
l'abbia proprio trattato con gentilezza, Boromir: vi siete squadrati
a lungo, ieri a cena, e anche oggi quando sei intervenuto ti ha
squadrato non poco. Nemmeno a me piace molto, ti dirò, ma
non sembra
cattivo... cos'hai contro di lui? >>
Si mise in bocca una mora,
pensieroso
<< Non ti sfugge proprio nulla, vedo.. >>
Mormorò,
sistemandosi meglio il cuscino dietro la schiena << Be,
si da
il caso che non apprezzi molto la sua compagnia, tutto qua.
>>
<< Tutto qua?
>>
Sbuffò
<< Tu conosci la storia
della mia casata, vero? Noi siamo Sovrintendenti in attesa del
ritorno del Re, governavamo il paese mentre lui era assente. Ma la
linea di Isildur si è interrotta, giusto? E quindi il regno
di
Gondor giace ormai da secoli nelle mani dei Sovrintendenti. Noi
l'abbiamo coltivata, Anna, noi l'abbiamo difesa e amata fino a darle
il sangue! Amo la mia terra esattamente come i miei avi, e mio padre,
come suo padre prima di lui, ha insegnato a me e a mio fratello
questi principi! Gondor è la nostra terra, nostra, capisci?
E ora
salta fuori lui... >>
<< Ti
riferisci ad Aragorn? >>
Mi fulminò con
lo sguardo <<
Quel cencioso di un ramingo è l'Erede di Isildur, Anna!
Quello
straccione dovrebbe essere il mio Re, ma se crede che io mi
metterò
da parte per far tornare lui, si sbaglia di grosso! >> Mi
aveva
guardata << Tu cosa ne dici? >>
La notizia mi aveva
lasciata
effettivamente senza parole: l'amato di Arwen, la futura regina degli
Elfi, altro non era che un Re, anzi IL RE, di uno dei più
potenti
Regni della Terra di Mezzo!
<< Ho capito.
>> Dissi,
poggiandogli una mano sul braccio, sedendomi accanto a lui
<<
Anche a me darebbe fastidio sentirmi soffiare via il trono in questa
maniera, però... >>
<<
Però cosa? Dovrei onorare il
patto che esiste fra la mia stirpe e la sua? E lui? >> Si
era passato una mano sul viso, scoppiando all'improvviso
<< Cosa ha
fatto LUI per il SUO popolo?! NULLA! >> Diede un pugno al
muro,
facendomi sobbalzare: alla voce alta ero abituata, a quegli scatti di
violenza un po' meno << IO ho combattuto, la MIA CASATA
ha
combattuto e il NOSTRO sangue è stato versato, mentre lui
dov'era?
Sai dirmi dov'era? >>
Alzai un sopracciglio:
quando era in
quelle condizioni, era inutile ragionare, tant'è che si
rispose da
solo, gesticolando come un pazzo e lanciando fulmini e saette dagli
occhi << Era qui, pacifico, a limonarsi la sua Elf-
>>
<< Hei, hei,
hei! Calma bello! >>
Lo bloccai immediatamente << Puoi sbraitare quanto vuoi
su
Aragorn figlio di Arathon, ma non toccare Arwen, per favore!
>>
Mi aveva infastidita con quell'improvviso scatto di violenza, non mi
era piaciuto per niente. L'unico modo per fermarlo nella sua
disquisizione era interromperlo e farlo stare zitto: sarebbe sbollito
immediatamente. << Arwen è una principessa,
Boromir, ed è mia
amica: non hai idea di quello che sta passando per quel ramingo,
anche se è un erede del trono di Gondor! Quindi, scagliati
quanto
vuoi su di lui, ma lasciane fuori Arwen, capito? >>
Lui sbuffò,
incrociando le braccia sul
petto e guardando da tutt'altra parte tranne che dalla mia. Mi
lasciai andare in un sospiro di sollievo: il peggio era passato,
potevo iniziare a consolarlo.
Lasciai scivolare piano un
mio braccio
sopra le sue spalle e con l'altro gli sfiorai la barba folta
<<
Che problema è, Boromir? Di cosa ti preoccupi? Non lo
conosci
nemmeno, questo ramingo. Magari non desidera nemmeno essere Re!
Pensaci! >> Voltai il suo viso dalla mia parte
<< Se non
ha ancora rivendicato il trono, un motivo ci sarà...no?
>>
I suoi occhi sembrarono
scintillare e
mi sorrise << A Gondor non serve alcun Re, non ne abbiamo
bisogno... >> Bisbigliò, più a se
stesso che a me, prima di
avvicinarsi al mio viso e baciarmi.
Mi appuntai mentalmente che
avrei
dovuto parlarne con Giulia: lei avrebbe saputo cosa fare.
La cena passò
più silenziosa del
solito: ora che l'Anello degli Inganni era stato reso noto a
Imladris, una cappa di tristezza sembrava essere scesa sulla maggior
parte degli Elfi, offuscandone la luce naturale. Solo gli Elfi
più
potenti riuscivano a resistere, come Elrond e Glorfindel. La
disperazione che attanagliava gli altri sembrava non avere effetto su
Arwen, che splendeva, fulgida più che mai, proprio come
voleva il
suo nome: Stella del Vespro. Giulia ne era affascinata.
<<
Perchè brilla così tanto? >>
Mi chiese, una volta che la cena si fu conclusa e fumavamo Thiolil
sulla terrazza.
La guardai attentamente e
vidi una luce
nuova nel suo sguardo, una scintilla che s'accendeva ogni volta che
incontrava lo sguardo del suo uomo e sembrava incrementare ancora di
più la sua luce. Sorrisi a quel pensiero <<
Penso che lei
rappresenti la speranza di tutti noi, Giulia. >>
Lei sorrise
<< Dovrebbe partire
lei al posto nostro, vero? >>
Io sogghignai
<< No... si
rovinerebbe lo smalto. >>
Ridemmo spensierate, ignare
di quello
che ci attendeva.
Una settimana dopo, carichi
come muli,
lasciavamo l'Ultima Casa Accogliente per intraprendere il
più
avventuroso dei viaggi.
NOTICINA:ebbene!
Il viaggio ha
inizio...muahahahahahah...cosa mi inventerò mai... tresche o
no?
Amori clandestini o no? Libri galeotti o no? Bah! Chi vivrà
vedrà!
Una volta passata immune agli esami, ora mi ritrovo con un
improponibile orario delle lezioni che combinato a kick
diventerà
incredibilmente pesante! E se pensate che c'è anche il
moroso...uh
signur ga olè mia pensà!!!!
mi raccomando, fatemi
sapere cosa ne
pensate della sfuriata di Bubu ( Anna si vergogna troppo a chiamarlo
così ) e RECENSITE, anche voi lettori anonimi!
SI, ESATTO, PROPRIO VOI!!!!
de prufundis, Nini.
|
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Capitolo 16 *** partenza ***
La mattina era ancora
lontana, l'alba
sorgeva piano ed era velata di nebbia. Rabbrividii nel mio mantello,
ricordando che in una mattina simile ero partita da Minas Thirit per
giungere alla città delle Stelle. Sorrisi a quel ricordo e
controllai per l'ennesima volta di avere tutto nel mio bagaglio: i
ricambi di abiti, le scorte di cibo personali, l'essenza di lavanda
per i capelli e il dono di Matilde, la cartella in cuoi contenente
diverse pozioni pronte all'uso e buone per qualsiasi occasione,
dall'emorragia all'avvelenamento, all'anticoncezionale. Era stata
previdente come al solito, la mia maestra, anche se credo non si
aspettasse che mi imbarcassi in una missione simile.
Accovacciata accanto a me,
l'aria
assonnata, Giulia stava litigando con una delle innumerevoli zip
–
così lei chiamava la chiusura delle tasche-del grosso zaino
che
usava ai tempi delle uscite scout. << E' molto comodo
perchè è
davvero capiente, ma a volte queste stupide zip mi fanno perdere la
pazienza... >> Con un colpo secco, riuscì a
chiuderla e si
lasciò andare a uno sbadiglio << Che sonno...
>>
Mormorò, tirando la zip della giacca a vento marrone che
usava al
posto del mantello: diceva che scaldava di più, ma io ero
abbastanza
scettica al riguardo.
Indossavo i soliti
pantaloni in cuoio,
sotto di essi pesanti calze di lana mi coprivano fino al polpaccio e
mi proteggevano i piedi dagli stivali nuovi, anch'essi in cuoi. Sotto
al mantello foderato in pelliccia, portavo una giubba scura, una
camicia e una canottiera. Alla cintura, a quasi un anno di distanza,
portavo la spada regalatami da Boromir in persona, buona lama che mi
aveva protetta nella mia prima battaglia. Toccai l'elsa e sospirai,
guardandomi attorno: la Compagnia era in fervore. Gli Hobbit erano
asserragliati attorno a un povero pony di nome Billy, carico come un
mulo, e controllavano che fosse pronta la prima colazione e che ci
fossero scorte sufficienti al lungo viaggio. Gimli controllava il
filo dell'ascia, Legolas controllava con pignoleria la corda del suo
arco e Gandalf se ne stava in disparte, con Frodo al suo fianco. Di
Aragorn nemmeno l'ombra. Boromir si trovava a poca distanza da me e
Giulia e guardava un punto indefinito lontano da se, accarezzando
distrattamente Jadis sopra la testa. Anche lei sarebbe venuta con
noi, era ovvio.
<< Se con
Jadis siamo in dodici,
>> Mi aveva bisbigliato Giulia <<
Più che la Compagnia,
sembreremo la Carovana dell'Anello! >>
Io avevo ridacchiato,
emettendo un
fischio basso che richiamò Jadis accanto a me: l'avevo
lavata il
giorno prima, lasciandola poi libera di correre per l'ultima volta
attorno a Gran Burrone, occasione in cui si era nuovamente sporcata.
Pazienza, mi ero detta, grattandole il muso. Non l'avrei caricata col
mio bagaglio, l'avrei lasciata libera da ogni peso.
<< Viene
anche lei, vero? >>
Alzai il capo e sorrisi a
Boromir,
avvicinatosi << Ho cercato di farla desistere, ma non ne
vuole
sapere... >>
<< Non ti ha
mai abbandonata. >>
<< Mai.
>>
<< Nemmeno
durante la battaglia a
Osgilliath. >>
Sorrisi a quel ricordo
<< Se non
fosse stata per lei, non mi avresti mai scoperto. >>
<< Sarei
venuto a saperlo lo
stesso, non temere... >>
Gli scoccai un'occhiata
scettica <<
Io ne dubito... >>
In quel momento, Aragorn
comparve dalla
soglia della Casa Accogliente, l'espressione inquieta e anche un po'
delusa. Mi chiesi se avesse a che fare con Arwen...
La sera prima io e Giulia
ci eravamo
accomiatate con lei. Ci trovavamo su una delle tante terrazze della
Reggia, ammantate per proteggerci dal freddo, a fumare.
<< Non ho
ancora imparato, alla
fine! >> Borbottava Arwen cercando di rollare una
sigaretta. Io
ridevo << Le basi le hai, Arwen: basta solo fare pratica!
>>
Le dissi, guardando Giulia ridacchiare.
<< Mi
mancheranno queste serate.
>> Disse infine << Anche se tutto dovesse
andare per il
verso giusto, nulla tornerebbe come adesso, vero? >>
Arwen rispose con un
sussurro <<
Già. >>
<< Sembra
quasi di stare in un
sogno. >> Dissi << Mi sento come in un
sogno da cui sto
per svegliarmi. >>
<< Anche io
provo la stessa
sensazione. >> Ammise Giulia.
<< Il nostro
tempo sta per
concludersi. >> Disse Arwen, rinunciando alla sigaretta e
stringendosi le braccia attorno al corpo << Ma il mio sta
per
cominciare. >>
<< Allora hai
deciso: resti. >>
Lei aveva annuito
<< Si. >>
<< E tuo
padre che ne pensa? >>
<< Credo che
il parere di tuo
padre non conti tanto, in queste situazioni. >> Si
intromise
Giulia facendo sorridere Arwen << O sbaglio?
>>
<< Mio padre
mi ha detto tutta la
vita cosa fare e cosa non fare. E' giunto il momento che sia io
stessa a prendermi le responsabilità che mi spettano,
scegliendo una
via. >> Si sfiorò il collo, dove il fiore di
luce non brillava
più << E io scelgo una vita mortale.
>>
La faccia di Aragorn
trasmetteva
tutt'altro che soddisfazione per una scelta simile: che Arwen avesse
cambiato idea?
Sulla soglia della Casa
comparve
Elrond, un diadema argentato sulla fronte e l'aria seria più
accentuata del solito.
<< Partite
presto, Compagnia
dell'Anello: lasciate l'Ultima Casa Accogliente per le Terre Selvagge
e per giungere a Mordor. Io, in nome dei Valar, vi benedico e vi
auguro buona fortuna. >> Dall'ombra di una colonna mi
sembrò
di intravvedere Arwen. Feci un sorriso e pensai, certa che lei
potesse sentirmi “ Ci rivedremo, Arwen Undomiel, ci
rivedremo. “
Uscimmo dalla Valle verso
la metà
della mattina, e continuammo a camminare tutto il giorno senza
interruzione sino a sera inoltrata. Il paesaggio ricordava ancora
molto i boschi di Gran Burrone, e trovammo ristoro in una piccola
radura fra gli alberi, via via sempre più radi.
Giulia scavò con
una paletta un
piccolo focolare e lo circondò di pietre, mandando gli
Hobbit alla
ricerca di ramoscelli secchi. Gimli la osservava, ammirato
<<
Dove avete imparato, mia signora? >>
Giulia si era pulita le
mani nei jeans
e aveva sorriso << Scout, caro mio, scout. E non
chiamarmi
signora, ok? Giulia, solo Giulia! >>
Gimli aveva annuito,
avvicinandosi ai
ramoscelli secchi portati dagli Hobbit e accendendoli con due piccole
pietre focaie. Dalle scintille nacque un bel fuoco su cui Giulia mise
a scaldare uno spiedo con della carne presa dalla scorta.
<<
Crepi l'avarizia! >> Aveva esclamato << Ce
n'è a
sufficenza per tutta la carovana, Jadis compresa. >>
Sorrisi, vedendola
accerchiata da Merry
e Pipino, mentre Sam e Gimli scambiavano consigli con lei su come
cuocere al meglio la carne. << Sembra a suo agio.
>>
Dissi a Boromir, seduto su un tronco accanto a me.
<< Anche tu.
>>
<< Ovvio che
sono a mio agio! >>
Esclamai << Devo esserlo per forza, per non essere
rimproverata
da te! >>
Lui rise << O
be... non hai tutti
i torti. >> Mi accarezzò i capelli
<< Sei stanca, vero?
>>
Scrollai le spalle
<< E'
inevitabile. Credo che nessuno di noi sia fresco come una rosa... ma
potrei anche sbagliarmi, no? Guarda loro. >> Indicai col
mento
Legolas, Aragorn e Gandalf, intenti a confabulare chissà
cosa <<
Sembra che non abbiano fatto altro nelle loro vita, soprattutto
Legolas: ma guardalo! Non ha nemmeno i capelli scompigliati!
>>
Boromir rise di gusto,
attirando le
occhiate curiose di Frodo. Era l'unico a starsene in disparte,
taciturno e pensieroso, gli occhi curiosi e le orecchie pronte a
cogliere ogni parola. Vidi l'ombra di un sorriso sul bel volto e
sorrisi anch'io.
<< volevi
essere tu a portare
l'Anello, vero? >>
<< Ci ho
pensato, Boromir. >>
<<
Perchè? >>
<< Non so
perchè sono giunta
qui. Non so come ho fatto a cacciarmi in una simile situazione.
L'unica era credere di essere giunta qui per uno scopo, e l'unico
scopo degno di nota era questo. >>
<< Ah, amare
me non è un buono
scopo? >>
Sbuffai << Ma
piantala,
vecchio... >>
Boromir tacque per un po',
fissando
Giulia girare la carne e Sam cospargerla di spezie.
<< Me
l'avresti dato, Anna? >>
Chiese infine, senza distogliere lo sguardo dalle fiamme
<<
L'avresti usato? >>
Io scossi il capo
<< Lo sai
benissimo che non si può usare, Boromir! >>
Borbottai <<
Smettila di sognare e pensa piuttosto a una soluzione per salvare
Gondor senza l'Anello: è molto più utile e ti
gioverebbe! >>
<< Non che io
lo voglia per me...
>> Continuò lui imperterrito <<
E' solo per salvarli
tutti, tutto qui, e distruggere quei bastardi. Tutto qui. Non mi
interessa. E' solo per questo. >>
Mi si gelò il
sangue nel sentirlo
borbottare a quel modo: non doveva ragionare a quel modo, o la sua
mente si sarebbe avvelenata e avrebbe cercato a tutti i costi di
impossessarsi di quello stupido ninnolo, solo per farsi usare da
esso. In fondo, Gondor era dannatamente vicino a Mordor... se Boromir
fosse riuscito a condurci li, a condurre li Frodo, che sarebbe
successo?
Mi sentii osservata e mi
guardai
attorno fino a incontrare gli occhi di Gandalf: mi stava fissando
intensamente. Anche lui era d'accordo con me.
Una volta cenato, restammo
ancora a
lungo attorno al fuoco e ascoltammo quanto Aragorn aveva da dirci
<<
Anche se è la prima notte all'aperto, è meglio
montare subito i
turni di guardia. >> Proclamò, appoggiato da
Gandalf. <<
Siamo ancora in terra sicura, ma tempo qualche giorno e saremo nelle
Terre Selvagge, dove non sappiamo cosa ci attende. E' bene abituarsi
da subito ai turni. Siamo tutti d'accordo? >> Gli Hobbit
si
mossero, inquieti, ma non dissero nulla di rilevante.
Aragorn annuì,
soddisfatto << Il
primo turno lo faccio io, poi toccherà a Legolas, Gimli e
Gandalf.
Boromir, a te tocca l'ultimo turno, va bene? >>
<< E noi?
>> Protestai,
appoggiata da Giulia << Noi non facciamo nulla? Io voglio
fare!
>>
<< Anch'io!
>> Giulia si
era alzata << Non penserete che non faremo i turni di
guardia
solo perchè siamo ragazze, VERO? >>
Aragorn la
guardò, colpito <<
Non so se siete in grado di resistere ad un attacco da sole.
>>
<< Lei no. Ma
io si. >>
Sfoderai la spada e la feci scintillare alla luce delle fiamme
<<
Questa spada ha già ucciso, e certe cose non si dimenticano
più. Io
e mia sorella possiamo fare il turno assieme, se vi va. Sarebbe molto
più leggero per tutti, no? >>
Aragorn era scettico.
Mi lasciai andare in un
sorriso ironico
<< Non credi in noi, Aragorn? >> Chiesi
<< Guarda
che le donne non sono tutte angeli del focolare che hanno paura di
scheggiarsi lo smalto... non so se mi spiego. >> Era
ovvio che
mi riferissi ad Arwen: lei era fatta così, ma non per questo
Aragorn
doveva catalogarci come inabili ai combattimenti solo perchè
donne!
Fu Gandalf a decidere
<< E sia.
>> Disse, alzandosi e posando sulla spalla di Aragorn la
mano
<< Non hai motivo di dubitare di loro, Aragorn, sanno
quello
che fanno: lasciale agire come meglio credono. >>
Preparammo i giacigli e ci
mettemmo a
dormire. Gimli ci avrebbe svegliate alla fine del suo turno, e noi
avremmo dovuto vegliare dalle tre alle quattro, in piena notte.
<< L'amico di
Bubu non sembra
particolarmente contento della tua iniziativa, sorella.
>> Mi
sussurrò Giulia, nel sacco a pelo accanto al mio giaciglio.
Io mi
strinsi nelle spalle << Affari suoi: ci siamo dentro fino
al
collo, Giulia, e dobbiamo mettere in chiaro che non siamo principesse
da salvare, ma donne con le palle che intendono farsi valere!
>>
Alle mie spalle, Boromir
ridacchiò <<
Donne con le palle? >>
<< Oh, sta
zitto! >>
Ridemmo piano tutti e tre,
per poi
scivolare piano nel sonno, nelle orecchie l'ululato lontano di Jadis
nel bosco.
NOTICINA: buona mela a
tutti!! capitolo
uscito di getto, davvero bello...penso che non ci siano troppi
errori! E così il tanto atteso viaggio ha avuto inizio! Si
iniziano
a intravvedere le prime crepe...ahiahiahiahi... brutte cose
all'orizzonte!
Be, che ne dite?
Fatemi sapere qualcosa!
Finalmente
mollo tutto e vado a lavarmi per iniziare i preparativi alla serata
femminile dell'anno...ART DISCO CLUB DESENZANO WE ARE COMING!!!
wow1 speriamo che le ciglia
finte non
si stacchino al momento della danza del ventre!!!
pace e ammore giovani! De
prufundis,
Nini !
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Capitolo 17 *** La Carovana dell'Anello ***
Lasciate le ultime pendici dei boschi
di Imladris alle
nostre spalle, innanzi a noi si
stendevano le Terre Selvagge e, seppur lontane, svettavano
nel cielo
limpido le Montagne Nebbiose. Pochi di noi avevamo ammirato tali
bellezze, e
tutti ne eravamo incantati, e fissavamo lo sguardo contemplativo su
quelle
pendici rocciose avvolte dalla nebbia, tanto simili a
divinità antiche. Data la
loro mole, sembravano vicinissime, ma camminammo a lungo prima di
riuscire a
cogliere nei dettagli quelle pendici maledette: erano così
grandi eppure così
lontane! Fu in quel periodo i giorni iniziarono a mescolarsi
l’uno all’altro, e
la mia mente era confusa e stanca proprio come il mio corpo, quindi ho
dei
ricordi frammentati di quel momento del viaggio.
La carovana procedeva in fila e non
c’era una persona nella
compagnia che non si lamentasse dell’andatura del viaggio,
con sempre meno
pause e soste di giorno e turni di guardia più lunghi di
notte, e andando avanti
sarebbe stato sempre peggio, ne eravamo consci. Inoltre, per paura che
il
Nemico ci scoprisse, Aragorn aveva vietato categoricamente di accendere
il
fuoco la sera, quando tutti avevano più bisogno di scaldarsi
e riprendersi
dalle fatiche della giornata, per non parlare del fatto che il fuoco
serviva a
cuocere il cibo e quindi ci toccava mangiare prima che il sole calasse,
di
fretta, quasi senza
fermarci.
Decisamente, la marcia verso le Montagne Nebbiose fu la parte
più dura del
viaggio, ma servì a temprarci tutti, senza dubbio.
<< Di che ti lamenti?
Hai voluto a tutti i costi
venire e ci sei dentro fino al collo: non sei contenta?
>> Giulia
interruppe così la mia sequenza di lamentele, bisbigliate
perché Aragorn non
sentisse. Sbuffai, evidentemente indispettita << Cazzo,
Giulia! La smetti
di essere dalla sua parte e torni a recitare il ruolo di sorella
gemella che è
sempre d’accordo con me?? >>
Lei rise << Che
stronzata! >> Esclamò,
scalciando un sasso fuori dal sentiero che percorrevamo
<< Ti consiglio
di non farti sentire a fare certe battute: Aragorn potrebbe rispedirti
a calci
nel sedere dritta dritta a Imladris e una volta ogni tanto il tuo uomo
sarebbe
d’accordo, sai? Quindi, sta zitta ed evita di lamentarti, che
quelli c’hanno le
orecchie fini. >>
Io mi ero chiusa in un astioso
silenzio, per poi tornare a
guardare le Montagne dinnanzi a me << Per tutti i Valar
quanto sono
grosse! >> Esclamai << Sembrano
così vicine… >>
<< E’ che
sono enormi. >> Spiegò Giulia <<
Sono così grosse che sembrano vicine, mentre sono a
kilometri e kilometri di
distanza: cosa sa fare l’occhio umano! Avvicina
ciò che è lontano! >>
Sistemai meglio lo zaino sulle spalle
<< Se lo dici
tu, sorella… >>.
Giulia ,assieme ad Aragorn, Legolas e
Gandalf, era uno dei
membri che si lamentava di meno. Era abituata alle marce scout, al
camminare
per giorni e giorni su terreni difficili. Il costante esercizio degli
anni
dell’adolescenza l’aveva temprata e resa resistente
quasi quanto un ragazzo,
mentre io, a tutto quell’esercizio, non ero assolutamente
abituata: quella
marcia forzata mi rendeva i piedi doloranti e pieni di piaghe, le gambe
dai
muscoli in costante formazione erano tese come corde di liuto e la
schiena mi
sembrava strappata a metà, tanto era il peso dello zaino-
piccolo, certo, ma
dannatamente costante! Mi sentivo la testa pesante, il pensare a
qualcosa
diverso dall’azione di camminare mi uccideva e riuscivo a
svolgere quella
semplice attività facendo uno sforzo di volontà,
imponendomi di restare al
passo di Boromir, che aveva il compito di chiudere la carovana. Ero
sempre
l’ultima.
<< Piccola, ti vedo
stanca. >> Disse Boromir
guardandomi in viso << Tu non sei abituata a fare questi
viaggi. >>
Io avevo grugnito e lui non aveva
commentato. Ero molto
diversa dalla Anna gentile e bendisposta a cui si era abituato a Gran
Burrone,
quella che aveva sempre voglia di fumare e fare l’amore.
Facendo finta di niente, lui
continuò a sorridermi <<
Hanno intenzione di passare per la Breccia di Rhoan, Anna. Sai che
significa?
>>
<< Che finisce questa
marcia forzata? >>
<< Esatto!
>> Mi prese la mano e me la strinse
forte << Il nostro popolo ha bisogno di noi, come ha
bisogno dell’Anel-
cioè della speranza di sapere che l’Anello va
verso la distruzione! E noi
torniamo a casa! Sei felice? >>
Incespicai e borbottai una
maledizione contro i sentieri di
montagna << Certo che sono felice, Boromir…
certo che si… >>
Ma non lo ero: per
l’ennesima volta in quella giornata aveva
nominato l’Anello, ed io ero così stanca di
ripetergli che non doveva pensarci,
a quello sciocco gingillo, che ormai mi limitavo a contare quante volte
ripetesse la sua teoria nell’arco della giornata, facendo i
conti con Giulia
nel turno di notte. Era allarmante il fatto che la ripetesse almeno
dieci volte
al giorno, ma ero troppo stanca anche per pensare a quello.
L’unico pensiero
che il cervello mi consentiva di fare era CAMMINARE. Ma non potevo
continuare a
stare zitta e ad ascoltare quelle assurde teorie, non potevo farlo:
cosa
l’avrebbe spinto a fare l’Anello, se davvero
desiderava andare a finire nelle
sue mani? Cosa sarebbe stato capace di architettare Boromir per averlo?
Boromir
mi aiutò ad alzarmi e mi chiese se mi fossi fatta male. Lo
guardai in viso: era
sporco, non si faceva la barba da giorni e aveva l’aria di
essere a pezzi, ma
aveva ancora la forza di sorridermi e non smettere di vedermi come una
donna.
Era lui, il mio Bubu.
Cercai di essere raggiante
<< Sicuramente a Gondor
hanno bisogno di te, un po’ meno di me. Ci andremo, amore
mio, ci torneremo a
casa, vedrai! >> Esclamai. “ Ma senza quel
cazzo di Anello! “
L’Anello stava lentamente
avvelenando il pensiero di
Boromir, corrompendolo. Io lo sentivo, Frodo se ne accorgeva di sicuro,
ma non
so quanto gli altri se ne rendessero conto. Iniziai a capire che il
voltare a
Sud, attraversare la Breccia di Rhoan e puntare dritti a Gondor, era un
errore:
Boromir sarebbe impazzito prima di allora, ci avrebbe rinchiusi tutti
nelle
celle della Torre Bianca e si sarebbe tenuto l’Anello per se,
per poi
consegnarlo a Sauron in persona. Per quanto nobile e forte, quella
follia
l’avrebbe ucciso. Ed era l’ultima cosa che
desiderassi, perché la sua morte
avrebbe significato la morte del mio cuore.
Decisi di parlarne a Gandalf: lui
avrebbe trovato una
soluzione. Andai da lui nel corso della marcia, col pretesto di
chiedergli se
le erbe viste lungo il cammino avevano proprietà officinali,
ma quando gli fui
accanto mi sorrise << Nessun sotterfugio fra noi, bimba
mia, lo sai
benissimo che quelle piante sono buone solo per lo stomaco di
Jadis… cosa ti
turba? >>
Mi morsi un labbro per il contrasto
che sentivo dentro di
me: dire o non dire?
<< Gandalf,
credo che andare a Sud sia sbagliato. >>
<< Perché?
>>
<< L’Anello
sta facendo impazzire Boromir. >>
Silenzio. Continuammo a camminare per
un po’ alla testa
della carovana, sentendo dietro di noi lo scalpiccio del pony Bil e
l’arrancare
di Jadis, i discorsi di Sam e Giulia e i bisticci per l’erba
pipa di Merry e
Pipino.
Infine, Gandalf parlò
<< Ne sei certa? >>
Non riuscii a dirgli si
<< Quasi. >>
<< Dovremo prendere
provvedimenti… >> Mormorò,
posandomi poi una mano sulla spalla << Tu stagli vicino:
Boromir è un
grande Uomo reso disperato dalla guerra. Se crede che
l’Anello sia la risoluzione
dei suoi problemi, si sbaglia di grosso. Il
tuo compito è tenerlo calmo, cercare di
distogliere la sua mente da questa assurda brama…
>> Mi sorrise,
raggiante << Sei stata molto coraggiosa a venire qui e
parlarne con me.
Sappi che io sono qui, pronto ad ascoltarti. >>
Gli sorrisi di cuore e tirai un
sospiro di sollievo <<
Grazie, Gandalf. >>
Come sempre, ci fermammo che era il
tramonto per mangiare un
boccone prima che la luce se ne andasse. Le Montagne Nebbiose
sembravano un po’
più vicine, e finalmente ci sentivamo un po’
più speranzosi verso il futuro.
Come ogni sera, Merry e Pipino si
esercitavano con Boromir
nell’arte della spada. Giulia li guardava mentre cucinava,
ammirata e
incuriosita, cercando di imparare.
<< Vada pure, signorina
Giulia. >> Le disse Sam,
seguendo il suo sguardo << Qui posso arrangiarmi da solo.
>>
<< Dici che
sarò capace, Sam? >>
Lui aveva ridacchiato
<< Se ho imparato io, che sono
un giardiniere… >> Le sguainò la
spada dinanzi agli occhi, e lei gli
concesse uno sguardo divertito << Non hai
l’aria di essere un grande
guerriero, Sam! >>
Lui la rinfoderò
lentamente, arrossendo fin sopra i capelli,
e Giulia rise, dicendogli che era stata stupida a dire così
<< Sono certa
che un giorno di questi mi salverai le chiappe, Sam! >>
Infine, vedendo Boromir impegnato con
gli Hobbit, le prestai
la mia spada e le spiegai le prime nozioni: la guardia, come tenere la
mano sull’elsa,
come sferrare un fendente.
Boromir abbandonò
momentaneamente Merry e Pipino per venire
da noi << Fai da maestra? >> Mi cinse la
vita con un braccio
<< Mi ricorda qualcosa, quella posizione…
>>
<< Il primo giorno di
allenamento. >>
Giulia ridacchiò
<< Taglierai anche me se non farò la brava?
>>
<< Non ci sono segreti
che tengano, eh? >>
Risi <<
Macchè segreti e segreti! Perché, tu e Faramir
non vi confidate? >>
<< Certo che si, ma non
cose così intime… >>
<< Il fatto che tu mi
abbia tagliato lo consideri
intimo? >> Lo squadrai e gli sorrisi, avvicinandomi e
sussurrandogli <<
Ci sono ben altre cose da considerare
intime, questo è certo… >>
<< Hei!
>> Ribadì Giulia, ancora in posizione di
guardia << Guarda che ho sentito, Anna! >>
Scoppiammo a ridere tutti e tre e
pensai che era da tanto
che non ridevamo così, senza pensare, senza far caso al
fatto che eravamo
stanchi morti, sporchi e sudati per il viaggio, senza pensare ai turni
di guardia
della notte e al giorno seguente ancora: le Montagne Nebbiose erano
vicine, la
Breccia di Rohan ancora di più. Ci sentivamo come a
metà viaggio, e la meta si
avvicinava passo dopo passo. Io e lui ci guardammo negli occhi: non
c’era
traccia di follia in quello sguardo. Il ritorno a casa gli avrebbe
fatto solo
bene.
<<
Cos’è quella macchia? >> La voce di
Gimli ci
fece tornare alla realtà.
Alzammo tutti lo sguardo e vedemmo
una nuvoletta più scura
delle altre avvicinarsi. << E’ una nuvola!
>> Esclamò ingenuamente
Giulia . << Be, allora si sposta veloce. >>
Disse Boromir,
lasciandomi andare, pronto a scattare << E controvento.
>>
<< Nascondetevi!
>> Gridò Aragorn, e tutti si
diedero un gran daffare per nascondere ogni traccia di presenza umana
su quella
piana. I cespugli furono un’ottima idea, e da li vedemmo i
corvi sorvolare il
nostro campo, gracchiando infausti e privandoci per di più
della cena perché, nello
spegnere il fuoco, Sam l’aveva gettata a terra.
Una volta passato quel nugolo che
adombrava il sole calante,
strisciammo miseramente fuori dai cespugli, tutti ripiombati nello
stato di
disperazione e stanchezza che regnava sovrano prima della sosta.
<< Spie di Saruman!
>> Esclamò Gandalf, continuando
a fissare il cielo. << Il passaggio a sud è
bloccato. >>
<< Come sarebbe a dire
bloccato! >> Ribadì Boromir,
facendo un passo avanti << Non passeremo più
verso la Breccia di Rohan
per poi andare a Gondor? >>
L’Istari lo
guardò, gelido << Non ricordo di aver espresso
il desiderio di condurre la compagnia a Gondor, Boromir.
>> Disse,
guardando poi me << Per ora, accontentiamoci di lasciare
le Terre
Selvagge attraverso un’altra via. >> Rivolse lo
sguardo alle montagne e
rimase a contemplarle, immobile,
a
lungo.
<< Quindi che
significa? >> Sbottò Giulia,
evidentemente stufa di non sapere che fare.
Fu Legolas a risponderle
<< Andiamo in montagna,
signorina. >> Rivolse anche lui lo sguardo ai monti.
<< Scaliamo il
Cornorosso. >>
NOTICINA: Wow! Della serie a volte
ritornano, eccomi qua!!
Aggiorno solo ora in quanto ho avuto
dei weekend
dannatamente impegnati e gli orari accademici dannatamente infernali.
In più, l’amica
inspirazione aveva deciso di fare un salto a Honululu per vedere se
c’erano
tsunami in corso, quiiiiiiiiiiiindi…è andata
così.
Ma io sono ancora qui, a rompere le
palle con questa
storiella da quattrosoldi che però sembrate apprezzare, o
miei beneamati
lettori! Colgo
l’occasione per scusarmi
con le mie darling: Jhonny Nicotine, Ragazzapsicolabile91 e
Barby_Etteliene91
che hanno recensito e a cui non ho ancora risposto: spero che il chappi
sia di
vostro gradimento e prometto una risposta- prima o poi…
Per Straw X Kisshu: grazie di essere
intervenuta! Mi raccomando,
recensisci ancora e grazie dell’apprezzamento! Una botta
d’autostima è quello
che ci vuole!
Un ultima cosa: sono diventata
cintura gialla di kick boxingJ non fregherà
a
nessuno, ma il mondo intero deve saperlo! Ahahahahahahahahah!!!
Baci, pace e ammore!
De Prufundis, Nini.
ps. Se ho fatto errori di vario tipo, di grazia, ditemelo!!! thanks!!
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Capitolo 18 *** Caradhras ***
<< Ecco cosa ho sempre
odiato degli scout. >>
Borbottò Giulia col fiato corto << Non avermi
mai insegnato a camminare
ad alte quote: solo pianura, dicevano, la montagna lasciatela alle
giovani
marmotte! Fanculo anche voi! >>
Accanto a lei, Boromir
ridacchiò << Io sono nato
vicino ai Monti Bianchi e qualcosa so delle alture… ecco
perché ho detto di
prendere su delle fascine di legna da ardere: di notte,
quassù, fa abbastanza
freddo. >>
Lei sbuffò, inciampando
per l’ennesima volta nella neve che le
arrivava alle caviglie << Fino a li ci arrivavo
anch’io, sai? >> .
Trattenni una risata: era tutta la
mattina che non si
lasciavano in pace, da quando Gandalf aveva proclamato che avremmo
scalato il
Caradhras, il crudele Caradhras, per
arrivare non so dove. La mia mente si rifiutava di sapere quanto ancora
ci
fosse da camminare, quanto ancora fosse distante la meta da
raggiungere.
Secondo Giulia, era il mio inconscio che non voleva saperne nulla.
<< E’ il tuo
Io nascosto. >> Mi spiegò
all’inizio della camminata, quando le chiesi cosa fosse
l’inconscio << E’
la tua parte più profonda e nascosta. >>
<< E’ tipo la
mia anima? >>
<< Più o
meno. Fattostà che il tuo Io non sopporta la
distanza che c’è fra noi e la nostra destinazione.
Ecco perché rifiuti di
sapere. >>
<< Be, allora hai
ragione: non ne posso più
>> Ed era vero: se non fosse stato per
Giulia e per amore di Boromir, me ne sarei tornata a casa, da Arwen, a
rollare
sigarette e a fumare Thiolil tutto il benedetto giorno, mandando
allegramente a
quel paese quel briciolo di amor proprio che avevo in me.
Effettivamente, se
non fosse stato per loro, neanche l’avrei intrapreso un
viaggio simile! E dire
che volevo essere io la Portatrice…non avrei resistito
neanche un attimo, con
quel gingillo appeso al collo. Alzai lo sguardo e vidi Frodo camminare
fra
Aragorn e Gandalf, al capo della carovana, e mi fece tenerezza:
così puro e
così innocente… come poteva essere li, in marcia
per il posto più pericoloso
della Terra di Mezzo? E soprattutto come faceva a resistere a quella
marcia
forzata? Non l’avevo mai sentito lamentarsi, mai una volta
l’avevo beccato a
lanciare uno sguardo storto ad Aragorn che imponeva ritmi di camminata
impossibili, o a fare i capricci perché il pasto non era
caldo, o perché era
troppo stanco per fare il turno di notte con Sam. Nulla. Era come se la
lotta
per tenere sotto controllo l’Anello lo assorbisse
così tanto da rendere ogni
altra attività impossibile, un po’ come me col
camminare. Un solo pensiero
occupava la mente e, se il mio era futile, il suo era dannatamente
serio. “
Sono stata una folle a credere che fosse il mio compito. “ Mi
dissi, cercando
di camminare nelle grosse impronte di Boromir, “ Come! Che mi
sarà mai saltato
in testa… “
Dal capo della carovana, vidi Jadis
lanciarsi verso di noi,
tuffandosi nella neve fresca e riempiendosene le fauci con ingordigia.
Sam
rise, mesto << La sua lupa è l’unica
che si diverte con la neve,
signorina Anna! >> Mi fece notare, mentre accarezzava
affettuosamente il
collo di Billy << Anche a me la neve piace, ma solo
quando sono al caldo
nel letto di casa mia! Forse ai bambini della Contea sarebbe gradita,
forse…
>>
<< A tutti i bambini
piace la neve. >> Ribadii
<< Io l’ho vista quando ero piccola, a
Isengard, e ricordo tutt’ora lo
stupore e la meraviglia per quella coltre bianca scesa di notte,
all’improvviso. >>
<< Impossibile!
>> Esclamò Boromir, girandosi,
senza perdere il passo << A Sud non nevica quasi mai, e
da quando ho
memoria non ho mai assistito ad alcuna nevicata straordinaria.
>>
Sbuffai << Minas Thirit
non è Isengard, quanto succede
a casa tua non succede- succedeva a
casa mia, Boromir… >> Mi colpì
parlare della mia vecchia casa: Isengard
non era più nulla per me, dovevo smetterla di pensarla come
un luogo del cuore.
Il problema era che ero ancora così legata a quella
stramaledetta Torre…
Giulia iniziò a
canticchiare in una strana lingua che non
avevo mai sentito, cantando solo le prime parole e proseguendo con la
melodia <<
Little yellow spider living into the
snow…. >> Cercai di concentrarmi
su quella melodia, assorbendone il ritmo per camminare,
cacciando dalla
mia mente le immagine di me bambina che scorrazzava sotto la neve a
casa, Jadis
ancora cucciolo e Saruman che ci teneva d’occhio dal balcone
della Torre,
mentre in lontananza tutto si faceva bianco e candido, ogni forma si
annullava
nel cielo lattiginoso e si distingueva sempre di meno la linea di
confine fra
cielo e terra. Mi chiedevo allora dove fosse Gandalf, dove fosse il
castagno e
ancora dove…
Qualcosa urtò le mie
gambe, falciando con esse il filo dei
ricordi, facendomi cadere a faccia in giù nella neve
esattamente come un sacco
di patate. Essa era fredda e giacchiata, simile a chiodi sui palmi
delle mani e
sulle guance, ma non ero caduta direttamente su di essa: le gambe erano
sollevate, poggiate su qualcosa che mugolava. Capii e mi alzai di
scatto: Frodo
giaceva a terra, impiastricciato di neve, nel vano tentativo di
rialzarsi. Mi
affrettai a metterlo in piedi e ad assicurarmi che stesse bene (
“ Come una
mammina premurosa “ mi fece notare in seguito Giulia; ),
strappandogli un
sorriso timido.
<< Che ti è
successo, hai perso l’equilibrio?
>> Gli chiesi con aria serena,
scompigliandogli i capelli. Lui annuì e si sfiorò
il collo, dove in teoria
doveva esserci il Gingillo attaccato alla sua catenella. In teoria,
dicevo,
perché in pratica l’Anello era sparito.
Ci guardammo entrambi, smarriti, i
suoi occhi sempre più
sgranati e invasi dal terrore, quando un tintinnio alle nostre spalle
ci fece
voltare entrambi: Boromir si era chinato e aveva raccolto qualcosa di
scintillante da terra, qualcosa che giaceva inerte nella sua mano.
Una strana tensione
attraversò la Compagnia, la respirai a
fondo e ne fui spaventata: quella tensione non veniva per
l’imminente attacco
di un manipolo di orchi, ma veniva da Boromir e dal fatto che avesse
fra le
mani l’Anello degli Inganni. Ognuno rimase fermo al suo
posto, assistendo al
colloquio privato che quel Gingillo stava avendo col mio Uomo,
finchè non
riuscii più a sopportarlo.
<< Boromir?
>> Lo chiamai con voce stridula,
ridestandolo da quella che sembrava una profonda conversazione
<< Ridai
quel coso a Frodo, di grazia. >>
Lui mi guardò con aria stralunata, senza
capire. Dietro di lui, vidi
l’allarme negli occhi di Giulia farsi sempre più
imponente e scorsi anche un
movimento sulla destra: Aragorn.
Si era avvicinato quatto come un
felino e silenzioso come
una biscia per poggiargli una mano sul braccio e cercare con insistenza
i suoi
occhi << Dai l’Anello
a Frodo,
Boromir! >> Lo sentii sibilare e Boromir si
avvicinò a Frodo, più simile
a una statua di cera che ad un vero Uomo, il braccio teso e
l’Anello
sfavillante nel sole. Frodo tese la mano e letteralmente
arraffò l’Anello, come
un affamato fa con un pezzo di pane, rimettendosi la catenella al collo
e
allontanandosi con passo fulmineo verso la testa della carovana. Anche
Boromir
riprese a camminare, il capo chino e la schiena curva. Lo sentii
borbottare un
<< Non mi interessa… >> in
lontananza , ma ciò che più attirò la
mia attenzione fu l’occhiata gelida che Aragorn mi
riservò mentre rinfoderava
la spada con movimento quasi impercettibile. Ci guardammo a lungo prima
che mi
avvicinassi e mi mettessi al suo fianco per guardarlo bene in viso.
<< Lui non è
così. >> Sibilai, affrontandolo di
petto: non mi andava che si facesse un’idea sbagliata di
Boromir. Diamine,
poteva essere il suo Re, un giorno! << Lui ha solo
bisogno di essere
tenuto sotto controllo. Quindi, tieni la spada al suo posto,
cioè ben stretta
al tuo fianco, che fino a qui posso arrangiarmi da sola >>
Lui sorrise, ironico, gli occhi
pungenti e indagatori. Mi
sentii tremare, ma resistetti. << Lo vedo, come sai
arrangiarti. >>
Iniziò, la voce bassa. Poi
mutò
d’espressione, si aprì in un sorriso benevolo e mi
posò una mano sulla spalla
<< E’ dura per tutti, Anna, ma per lui lo
è di più. In nome dell’amicizia
che lega la mia Dama a te, e al giuramento che lega il mio sangue al
suo, ti
aiuterò a proteggerlo. >>
Rimasi talmente stupita da annuire
appena. Il Ramingo mi
strinse la spalla per poi andarsene, improvviso come era venuto, e
ritornato di
nuovo freddo come il ghiaccio dopo quell’improvviso slancio
di amicizia.
Ripresi la marcia e mi affiancai a
Giulia, rimasta ultima.
Le comunicai la novità e la vidi sorridere, contenta.
Inciampai per l’ennesima
volta e imprecai a voce alta << Che camminata schifosa!
>>
<< Potrebbe andare
peggio. >> Commentò Legolas
con leggerezza, voltandosi.
<< E come?
>>
<< Potrebbe nevicare.
>>
Qualche ora e molti passi dopo,
Giulia gridò nelle orecchie dell’elfo,
cercando di sovrastare il rumore assordante del vento e dei massi che
si
staccavano, inesorabili, sopra le nostre teste. << COME
HAI DETTO CHE
POTEVA ANDARE, SCUSA?!? >> Gridò, e io
scoppiai a ridere, avvolta nel mio
mantello, tremante e fradicia di neve, senza che ci fosse davvero
bisogno di
ridere, ma ridere era l’unica alternativa a piangere e, se
avessi pianto, le
lacrime si sarebbero cristallizzate sulle guance per il freddo
pungente.
Appena passata la metà del
pomeriggio, ci ritrovammo a dover
attraversare un punto decisamente pericoloso: il sentiero si riduceva a
una
passerella stretta, larga a malapena per far passare Billy, chiusa da
una
parete scoscesa alla nostra sinistra, così liscia da sembrar
esser stata
modellata da un coltello da pane, e un burrone a strapiombo alla nostra
destra.
Il passaggio era obbligato per coloro che desideravano andare oltre il
Caradhras,
e in condizioni normali ce l’avremmo sicuramente fatta, ma
non in quel caso.
All’improvviso, come se
avessero adempiuto a un comando,
dense nubi bianche chiusero il cielo sopra le nostre teste e iniziarono
a
scaraventare su di noi prima teneri fiocchi di neve, poi una vera e
propria
bufera, con tanto di vento, pioggia, fulmini e saette. Non era proprio
la
previsione fatta da Legolas, ma aveva portato iella, e Giulia non aveva
intenzione di perdonarlo. Legolas si voltò piano, guardando
male Giulia e massaggiandosi
l’orecchio. Alzò la testa e scrutò il
cielo, fermandosi << Non è una
normale nevicata! >> Gridò a Giulia, quasi
irriconoscibile nella sua
giacca a vento, e lei annuì << Lo so! Cosa
sono queste voci che sento?
>>
<< Voci? Che voci?!?
>>
<< Le sento
anch’io!! >> Gridai, sovrastando un
tuono. Legolas rimase in attesa, ascoltando, per poi correre alla testa
della
carovana, e informare Gandalf di quanto accadeva.
<< Ma coi suoi poteri
Mithrandir non può far smettere
di nevicare? >> Gridò Boromir dietro di me. Mi
voltai a guardarlo: teneva
in braccio Merry e Pipino, mezzi assiderati nei loro mantelli e dai
piedi
bluastri. Era distrutto e gli andai incontro per aiutarlo.
<< Lasciami la
tua fascina di legna, Boromir, non fare il macho. Due Hobbit sono
pesanti.
>>
Lui sorrise e annuì,
facendo smontare gli Hobbit, per darmi
il suo fardello << Questi piccoletti moriranno assiderati
se continueremo
la marcia quassù! >> Gridò,
cercando di farsi sentire da Aragorn,
stringendosi gli Hobbit ai fianchi come una mamma chioccia.
<< E quale via
scegliere, allora?! >> Gridò di
rimando Aragorn, con
Frodo sulle spalle
<< La Breccia di Rohan ci porta troppo vicini a Isengard!
C’è solo questa
via da tentare!! >> All’improvviso,
distintamente, sentimmo tutti una
voce risuonare, lontana, come un brontolio di tuono, ma molto
più minaccioso.
Giulia e io alzammo i nasi al cielo come tutta la carovana, mentre
Gandalf
pronunciava parole antiche con una voce non sua. << Ma
che succede?!
>> Gridò Sam, spaventato, cercando di
tranquillizzare Billy, gli occhi
bianchi di paura, schiacciato al fianco della montagna.
<< E’
SARUMAAAAAAAAAAAAAAAAAN!!!
>>
Gridò Gandalf, nel momento
esatto in cui un fulmine andò a
intaccare la parete rocciosa sopra le nostre teste, provocando il suono
più
agghiacciante che abbia mai sentito. Ebbi il tempo di allacciarmi a
Giulia e
sentire Boromir schiacciarmi contro la parete, quando la parete stessa
ci
piombò addosso, vomitando neve e massi.
Gridai forte, e probabilmente non fui
sola, ma quando fummo
sotto, non sentii più alcun rumore.
NOTICINA: wow un nuovo chappi!!! E che taglio drammatico
che gli ho dato!! Ho
scelto di non seguire la trama per filo e per segno, e di prendermi
alcune
libertà che spero siano apprezzate. Vediamo un
po’…ho inserito una citazione:
chi sa dirmi qual è???non chiedo l’autore della
canzone perché non lo indovinereste
mai…muahahahahahahahahah!!!! Be, spero che abbiate
apprezzato, signori lettori!
Vedo che i miei sforzi sono stati
lautamente premiati: ho
ben 47 recensioni, quasi come nella mia prima storia- peccato che
questa sia
ancora a metà!!! Spero tanto di giungere alla fine con molte
recensioni in più
non solo per una meta mia personale, ma perché questo
significa conoscere nuovi
recensori, potenziali critici capaci di farmi andare nel pallone oppure
di
concedermi l’alloro dei poeti- era l’alloro, vero?
Oh vabbe, non facciamone una
tragedy!!!spero di non aver
sbagliato nulla…in tal caso, o recensori (anche nuovi, non
abbiate paura, non
mangio nessuno ), fatevi avanti!!!
L’Italia
s’è desta, fratelli e sorelle!!! Felici 150 anni a
tutti- e buon San Patrizio a tutti, che domani c’è
la festa della birra *-*
De Prufundis,
Nini.
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Capitolo 19 *** Moria. ***
Mi risveglia con la faccia che
bruciava e il resto del corpo
gelato, come cristallizzato nella forma raggomitolata che nemmeno
sapevo di
aver assunto. Davanti ai miei occhi fiamme verdi danzavano con fare
vivace, e
poco oltre riuscivo a scorgere delle sagome: i miei compagni?
Giulia fu la prima ad accorgersene.
<< Anna! >>
Mi chiamò, cercando di sovrastare il fragore della tormenta
sopra le nostre
teste << Anna!! Stai bene? >>
Io le risposi con un cenno del capo:
stavo malissimo, ma
come potevo darlo a vedere? Lei mi sorrise, sollevata <<
Meno male!
>> Esclamò << Quando siamo stati
sepolti dalla valanga, sei rimasta
più sotto rispetto a noi tutti: abbiamo faticato parecchio
per tirarti fuori
viva da li! >> Un braccio mi strinse a se. Alzai il viso
e sorrisi a
Boromir.
<< Mi hai tirato tu
fuori di li? >> Chiesi con
voce gracchiante.
Lui annuì <<
Certo. Giulia non ce l’avrebbe mai fatta
da sola! >> Mi passò una borraccia
<< Tieni: Gandalf ci ha fatto bere
questo. Bevi anche tu e ti sentirai subito meglio, piccola…
>>
Appoggiai appena le labbra alla
borraccia e subito sentii la
mente popolarsi di ricordi: avevo già bevuto quel liquore, a
Imladris. Era
squisito, forte, e aveva la capacità di dare calore a un
corpo gelato e
frescura a un cuore in fiamme! Nel mio caso, mi fece riprendere
immediatamente:
da seduta che ero, mi alzai e mi accostai agli altri, in piedi attorno
al
fuoco.
<< Si può
sapere che è successo? >> Chiesi a
Gandalf, che stava dall’altra parte del cerchio a fare da
muro a Frodo <<
Come è possibile che un fulmine abbia colpito proprio lo
sperone roccioso sopra
di noi, eh? >>
<< Fenomeni tali
accadono in montagna. >> Mi
rispose Gimli << Ma stavolta c’è lo
zampino di altro, e non parlo degli
spiriti antichi che popolano questi crinali, ma della Mano Bianca.
>>
Gandalf assentì a quelle
parole << Bravo Gimli, dici
bene. >> Il suo viso si fece più cupo
<< Saruman vuole ostacolare
il nostro cammino, e sembra avercela fatta: non
c’è alcuna possibilità di
andare avanti, non con questo tempaccio! E sono certo che il vecchio
Zio
qualcosa ne saprà, di tempeste… >>
Sorrisi mestamente: lo
Zio… Saruman sapeva che aveva
rischiato di ammazzarmi? Sapeva che ero in viaggio con la Compagnia?
Sicuramente lo intuiva…eppure, ci aveva - mi
aveva - scaraventato addosso un’intera parete
rocciosa capace di
seppellirci per sempre e non farci proseguire il viaggio.
<< E ora che facciamo?
>> Chiesi, tendendo le mani verso il fuoco, riscuotendomi
da quei pensieri
tristi << Non potremo andare oltre, ma non potremo
nemmeno restare qui in
eterno! Che facciamo dunque? >>
<< Torniamo indietro.
>> Disse solennemente
Frodo << Torniamo indietro e attraversiamo le Miniere di
Moria. >>
Una perfetta “ O
“ di stupore si disegnò sul mio viso
<< Davvero? >> Chiesi, guardando bene
Gandalf. Lui, accorgendosi
del mio sguardo, non tradì alcuna nota di sconforto.
<< Così è deciso.
>> Disse secco, mentre il viso di Gimli si illuminava di
un sorriso sgargiante
<< Oh, non vi troverete così male nelle
miniere! È un bel posto, brava
gente lo popola e soprattutto buona birra e buon cibo! Sono certo che
lo
apprezzerete di gran lunga ai piatti cucinati da Giulia e Sam!
>>
<< Hei!
>> Esclamò Sam, offeso << Che
vorreste
dire? Si fa quel che si può e mangiare un piatto caldo
durante una simile
marcia è già un miracolo! >>
Giulia rise di gusto, divertita
<< Mi dispiace Sam, ma
sono d’accordo con Gimli: non vedo l’ora di vedere
queste Miniere, e
soprattutto non vedo l’ora di bere birra! >>
Io sorrisi, ma Boromir accanto a me
aveva l’aria accigliata.
Gli diedi una leggera gomitata << Che
c’è? >> Gli bisbigliai
<< Qualcosa non va? >>
<< Il ritorno a casa si
allunga. >> Borbottò di
rimando << Passare il Cornorosso e poi la Breccia di
Rohan era la via più
corta per tornare a casa. Ora, ci tocca fare un giro maledettamente
più lungo.
>>
Annuii <<
Comprendo… ma che vuoi farci? Preferisci
essere sommerso da una valanga e restarci sotto? >>
<< Piuttosto che
strisciare sotto terra come un ratto,
si, lo farei. >>
<< Non dire stronzate!
>> Sbottai, irritata
<< Non ti è bastato la valanga che ci ha quasi
ammazzati? Preferisci avere
altri fulmini e saette, e altre neve, pur di varcare al più
presto la frontiera
di casa? Io sinceramente preferisco un viaggio non dico calmo, ma
almeno al
sicuro da valanghe e tempeste. >>
Non mi rispose per un motivo ben
preciso, che mi fece
sorridere di sbieco: avevo ragione io. Per l’ennesima volta.
Il freddo pungente non ci
lasciò per tutta la discesa del
crinale. Non allentò la sua morsa nemmeno quando la neve era
sparita e aveva
ceduto il passo a della rada erba, che cresceva nella valle ai piedi
del
Caradhras, valle che noi attraversavamo per giungere alle porte di
Moria. Era scesa
la notte da un pezzo, ormai, la luna si muoveva nel cielo accompagnata
dalle
stelle più brillanti anche se il suo chiarore era spesso e
volentieri oscurato da
fitte nubi nere.
<< Che siano ancora gli
uccelli? >> Sentii
chiedere Boromir ad Argorn. << Forse. >>
Gli rispose questi
<< Ma anche se fosse, che potremmo farci? Non
c’è posto dove nasconderci,
qui: solo erba e erba e ancora erba, amico mio. Dovremo giocarci il
fattore
sorpresa, almeno con Saruman. >> Davanti a loro, senza
farmi vedere,
sorrisi compiaciuta: si stavano annusando, e la cosa mi garbava.
Dopo un bivio, ci trovammo qualcosa
di spettacolare: una
parete rocciosa talmente dritta da sembrar creata col filo di piombo si
ergeva
innanzi a noi e si rifletteva nelle acque cupe di un grande lago, il
Sirannon,
che lasciava una striscia sottile di terreno limaccioso per giungere a
quelle
meraviglie della natura che Gimli chiamò, con aria sognante
<< Le mura di
Moria… >>
Egli procedeva in prima fila, davanti
a tutti, davanti
persino a Gandalf, che sorrideva a tanto entusiasmo. Gli Hobbit erano
entusiasti di aver abbandonato la fredda montagna e pregustavano una
notte serena
e al calduccio, con la possibilità di mangiare in
tranquillità e soprattutto di
dormire senza svegliarsi per i tediosissimi turni di guardia!
<< Ci
saranno dei letti? >> Chiese Pipino a Merry.
<< Io più che nei
letti, spero nell’erba pipa. >> Gli rispose il
cugino << La mia l’ho
finita prima della salita al Cornorosso, e il tabacco di Gondor
è troppo forte
e speziato per i miei gusti raffinati. >>
Giulia ridacchiò
<< Vuoi una Marlboro, Merry? >>
Gli chiese << Sono sigarette delle mie parti: potresti
aprirla e vedere
se il tabacco va bene per la tua pipa, che dici? >>
Merry ci pensò un attimo e
poi annuì << Alla prima
sosta ci provo! >>
<< Non resterai deluso,
te lo assicuro. >>
Una volta seguita la riva limacciosa
e anche un po’ puzzolente
lasciata libera dall’acqua scura, ci trovammo
sull’altra riva, davanti alla
parete rocciosa a strapiombo su di noi. Le mura, così
pallide alla luce lunare,
sembravano di marmo finissimo e puro, senza neanche un segno, compreso
quello
che tutti si aspettavano: non vi era alcuna porta in quelle mura.
<< Non dovremo mica
scalarle, spero! >> Esclamò
Giulia, gettando lo zaino a terra e sedendosi su un masso
<< Perché io
non ho alcuna intenzione di fare free climbing senza chiodi e
picchetti!
>>
Gandalf ridacchiò
<< Ma che scalare e scalare! La porta
c’è, ma è nascosta e va
trovata… >> Si mise ad analizzare la parete
con
attenzione << Era qui… da qualche
parte… >> Continuava a borbottare,
tastando ogni centimetro della parete. Ad un tratto, si
fermò << Eccola!
>> Esclamò, trionfante, voltandosi verso di
noi << Ora ci vuole
solo un po’ più di luce…
>> Levò lo sguardo al cielo, coperto di nubi
<< Certe cose, cara Giulia, al buio sembrano introvabili,
ma basta un
piccolo lume… >> La luna fece nuovamente
capolino su di noi,
illuminandoci e inondando di bianco la parete, facendo scintillare
qualcosa alle
spalle di Gandalf <<.. e il nascondiglio è
svelato. >>
Un mormorio di stupore
attraversò la Compagnia quando una
porta argentata dalle forme eleganti si disegnò alle spalle
dell’Istari: era
incisa nel muro, e si leggevano della parole. Gandalf le
segnò una a una col
bastone e lesse << C’è scritto:
“ Ennyn Durin Aran Moria. Pedo mellon a
minno “ , che in lingua corrente significa “ Le
porte di Durin Signore di
Moria. Di' amico ed entra “. >>
<< E cosa significa?
>> Chiese Merry.
<< Oh, che devo dire la
parola d’ordine e le porte si
apriranno, a meno che tu non voglia provare a sfondarle con la tua
testa!
>> Posò l’estremità del
bastone al centro della porta e premette,
gracchiando qualche parole con voce greve e profonda. Al contrario di
quanto ci
aspettavamo, le porte non si mossero.
Giulia si trattenne dallo scoppiare a
ridere, ma Gandalf la
fulminò lo stesso con lo sguardo << Ho
centinaia e centinai di parole
chiave in centinaia e centinaia di lingue! >>
Sbottò << E’ normale
che non l’azzecchi al primo colpo, no? >>
Giulia si era lasciata andare e
rideva di gusto, e Gandalf si sedette su una roccia poco lontano dalla
porta,
facendo finta di niente e fumando la pipa con aria contrariata, alla
ricerca
della parola perduta. << Mi ci vorrà un
attimo! >> Esclamò,
sbuffando nervosamente. << Un attimo! >>
Dopo un ora, eravamo tranquillamente
seduti davanti alla
porta di Moria, in attesa che “ l’attimo
“ in cui Gandalf avrebbe trovato la
parola chiave arrivasse. C’era chi riposava e chi giocava,
come Giulia con
Merry e Pipino, che si divertivano a chi faceva fare più
salti ai sassi
lanciati sulla superfice dell’acqua. Merry era in testa,
seguito da Giulia e in
coda vi era Pipino, che si lamentava dicendo che la gara era truccata.
Giulia
se la godeva un mondo, ridendo di gusto e fumandosi una delle sigarette
del suo
mondo.
<< Che peperino che
è tua sorella. >> Mi voltai,
sorpresa: Legolas guardava Giulia ridere e sorrideva anche lui, gli
angoli
degli occhi assottigliati. << Mi piace molto, sai?
>>
<< Davvero?
>> Esclamai, colta di sorpresa. L’elfo
si sedette, lanciando un’occhiata a Boromir, che dormiva
tranquillo con la
testa poggiata alle mura. Visto che eravamo soli, l’elfo
continuò a parlare
<< Non so come mai… ma la trovo interessante.
>> Disse, sgranando
gli occhi per lo stupore << Da come ho detto, sembra che
la definisca
brutta… ma non lo è, assolutamente no…
anzi, la trovo così…affascinante.
>> Pensai a quella strana confessione, stupendomi di
quanto avesse
ragione << Credo che il suo bello sia nel suo essere
androgina… così
femminile eppure con quella punta di mascolinità
>> Continuò il principino,
toccandosi i capelli. Nel frattempo, Giulia lanciò
un’imprecazione non proprio
educata verso Aragorn, che aveva bloccato il loro gioco. A quella
scena, scoppiai
a ridere, facendo voltare tutti e svegliando Boromir <<
Chi l’avrebbe mai
detto! >> Esclamai, battendo una mano sulla schiena
dell’elfo, la cui
carnagione si era fatta improvvisamente da algida a rosata
<< Chissà come
andrà a finire! >>
<< Come
andrà a finire cosa? >> Chiese Boromir
con aria assonnata, sbadigliando. << Nulla!
>> Si affrettò a dire
Legolas, alzandosi, mentre da Gandalf si alzava un grido di stupore
<<
MELLON!?! >>
Qualcosa, dall’altra parte
della parete, si mosse e le porte
si aprirono strusciando per terra. Sembrava che non si fossero aperte
da mille
anni. << Chi l’avrebbe mai detto!
>> Borbottò Gandalf <<
“
Dite amici ed entrate “… bastava dirlo, amici.
>> Le porte davano su un
antro buio, e la luce lunare tagliava l’oscurità
come un coltello il burro. Non
che ci aspettassimo una grande accoglienza, ma quando entrammo fu
inevitabile
chiederci il motivo di tanta oscurità e del puzzo di chiuso.
Per non parlare
dell’odore di muffa! Gimli stava giusto decantando le doti
dei cuochi nani
quando Gandalf posizionò una pietra sulla sommità
del suo bastone e illuminò l’anticamera,
gettando luce sui cadaveri ormai putridi che infestavano il suolo.
<< Valar…
>> Sentii mormorare Boromir <<
Questa non è una reggia, ma una tomba. >>
NOTICINA: wella!!!un saluto
rapidissimo a tutti!!scusate l’attesa,
ma ho avuto un sacco di lavoro da fare- lavoro che ha dato i suoi
frutti, tra l’altro…
Vabbe, spero che vi abbia intrigato
il chappiJ
Pace e ammore, vado davvero di fretta,
una frettolosissima Nini.
|
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Capitolo 20 *** Non abbiamo altra scelta. ***
Sentii Giulia farsi più
vicina. La sua mano si strinse al mio
polso e il respiro si fece corto, e non solo il suo: in me era calato
lo stesso
gelo che mi aveva attanagliato le viscere a Osghiliarth, quando Faramir
aveva
ucciso quell’orco. Si, era la stessa identica sensazione, lo
stesso ribaltarsi
dello stomaco. Solo che stavolta la sensazione era amplificata dai
cadaveri a
terra e dal puzzo di putrefazione.
Deglutii per cacciare indietro un
conato e mi guardai
attorno nella debole, fredda luce lunare che, impietosa, ci arrivava
dalla
porta ancora aperta: Boromir mi si era appiccicato alla schiena, lo
sguardo
vigile e il corpo pronto a scattare, e tutti tranne me avevano
sguainato la
spada. Gli Hobbit erano alla mia sinistra, in fila, le piccole spade
sguainate
e luccicanti-quella di Frodo emanava una pallida luce azzurrina,
segnalando la
presenza di orchi. Legolas si spostò di pochi passi dal
fianco di Giulia- che
non possedeva la spada- e si chinò a terra, fra i cadaveri.
Si alzò tenendo fra
le lunghe dita una freccia, il bel viso contratto dalla tensione.
<< Goblin.
>> Sussurrò, mostrando ad Aragorn la
punta aguzza. Gandalf si avvicinò e fece maggiore luce con
la sommità del
bastone, mentre Gimli singhiozzava a terra, inginocchiato fra i
cadaveri della
sua gente.
Dopo un tempo infinito, le parole di
Boromir tranciarono il
silenzio mortale. << Dirigiamoci alla Breccia di Rohan.
>> Disse,
con una calma che tradiva tutta la sua inquietudine. <<
Non saremmo mai
dovuti giungere qui. >>
Continuò,
iniziando a indietreggiare << E ora
andiamocene… FUORI! >>
Fu il suo urlo a coprire il rumore
del tentacolo sul fango
della sponda e il grido di Frodo si unì all’eco
del suo, facendoci
improvvisamente sobbalzare: qualcosa aveva afferrato Frodo, silenzioso
e
meschino. E lo stava trascinando fuori.
<< FRODO!!!
>> Urlò Sam, avventandosi sul
tentacolo che sbucava dall’acqua come una furia, mentre Merry
e Pipino
cercavano di strappare Frodo dalla presa del viscido arto in un
disperato tiro
alla fune. Anche Jadis si era fatta sotto, e aveva azzannato il
tentacolo
appena fuori dall’acqua, senza sapere il rischio che correva:
qualunque nemico
fosse, quel coso non aveva solo un tentacolo.
<< JADIS!
>> La chiamai, sguainando la spada e
correndo con Boromir e Aragorn all’esterno, loro verso gli
Hobbit e io verso Jadis.
Frodo aveva ancora la caviglia imprigionata dalle ventose, ma i colpi
di Sam
avevano quasi reciso l’arto e questi si muoveva appena,
pulsando piano mentre
strisciava nell’acqua. Sembrava quasi inerte, sconfitto.
Già. Sembrava.
Simili a frecce, dal Sirannon
schizzarono una decina di
tentacoli che andarono ad abbattersi su di noi, quasi avessero preso la
mira
per colpirci. Mi lanciai a terra nel fango e riuscii ad evitarlo per un
soffio,
giusto il tempo per vedere Jadis sollevata da terra da uno di essi. La sentii mugolare e
guaire forte, stritolata
da quella morsa. Che cazzo ci facevo ancora a terra?!?!
<<
JADIIIIIIIIIIIIIIIIIIIS!!!!!!!! >> Gridai, piombando in
acqua,
lanciandomi sul tentacolo che la imprigionava, affondando la lama nella
carne
viscida più e più volte. Il tentacolo
iniziò a contorcersi in modo sempre più
incontrollabile, finchè
non lasciò
cadere Jadis nell’acqua con un tonfo sordo e un ululato che
mi fece temere il
peggio. Il braccio sconfitto si inabissò mentre la mia lupa
riemergeva
dall’acqua. Nuotò lesta verso di me e la riva,
uscì zoppicante e ammaccata, ma
ancora viva. E questo mi bastava.
In
quel momento mi
accorsi che un’altra battaglia si stava combattendo in parte
alla mia: altri
tentacoli volteggiavano in aria, altre figure pugnalavano la base dei
tentacoli
e delle grida acute fendevano l’aria. Io sapevo di chi era
quella voce e mi
bastò alzare lo sguardo per avere la conferma: Frodo veniva
sballotto in aria,
passato da un tentacolo all’altro, nel vano tentativo di non
farlo cadere nelle
mani di Boromir e Aragorn, improvvisatisi boscaioli, che con fendenti
poderosi
tranciavano i tentacoli di netto. Mi precipitai verso di loro, ma
un’onda mi
fece cadere nell’acqua fetida, mandandomi sotto. Riemersi
giusto in tempo per
vedere il mostro comparire, spumeggiante e gorgogliante.
Doveva essere qualche essere antico
visto il suo aspetto: la
carne lucida e bagnata rifletteva il chiarore lunare e lo faceva
rilucere come
acciaio, mentre piccoli occhietti neri dall’aria cattiva
fissavano Frodo,
sospeso proprio sopra di lui. “ Adesso lo mangia “
Pensai, paralizzata dal
terrore, mentre l’Essere apriva una bocca enorme dalle
innumerevoli fila di
denti, simile a un pozzo nero. Persino dalla riva sentii il puzzo
fetido che ne
usciva. Frodo gridava e si dimenava sempre più, la voce
sempre più acuta,
mentre Aragorn e Boromir cercavano di districarsi dalla selva di
tentacoli che
gli impediva di avvicinarsi al Portatore.
Poi, tutto finì: qualcosa
di sibilante mi sfiorò il viso,
andando a colpire un occhio del mostro. Questi si contorse e chiuse la
bocca,
emettendo un gemito basso e antico, e i tentacoli si fecero
improvvisamente
deboli. Con un’agile mossa, Aragorn balzò in
avanti e tagliò il tentacolo
giusto, facendo piombare Frodo dritto dritto fra le braccia di Boromir.
Sentii
qualcuno strattonarmi e mi voltai: Giulia stava cercando di dirmi
qualcosa, ma
all’improvviso ero diventata sorda. La vidi solo guardare
alle mie spalle e
sbiancare. Poi sentii la mano bagnata di Aragorn prendermi per il
gomito e
trascinarmi verso la porta di Moria, nell’oscurità
più nera, con la sensazione
che quella cosa ci stesse ancora
seguendo. Entrammo nell’atrio di volata, senza riguardo per i
morti, finché
tutto non tremò e piombammo nel buio.
Si sentivano solo i nostri respiri e
lo sgocciolare delle
vesti fradice.
Umore di legno su pietra
<< Non abbiamo altra scelta.
>> Gandalf fece luce e si voltò a guardarci
<< Dobbiamo
attraversare le lunghe tenebre di Moria. >> Si
avviò verso la scala alle
sue spalle << E’ un viaggio lungo.
>> Spiegò << Quattro
giorni per passare da parte a parte le Montagne Nebbiose. E ora
silenzio.
>> Dalla sommità della scala, sotto
l’arco a sesto acuto, ci guardò uno a
uno << Ci sono cose ben più antiche e malvage
degli orchi che dimorano
sotto terra. >>
Giulia ridacchiò
<< Se è per questo, anche
sott’acqua.
>>
Le miniere di Moria erano costituite
da una serie di ampie
caverne collegate fra loro da gallerie ampie, sorrette da archi a sesto
acuto,
piene di scale, sali-scendi, ascensori e gru. Giulia si
stupì di non aver visto
nessun carrello, e nemmeno un cunicolo stretto o in discesa,
perché nel suo
mondo le miniere erano proprio fatte così: stretti cunicoli
che scendevano
nelle viscere della terra, con minatori affannati a caccia di qualche
filone
d’oro, d’argento o altro.
<< Oh no, Giulia.
>> La corresse Gimli,
scuotendo il capo con aria di disapprovazione << Non
potremmo mai fare un
simile affronto alla natura! Sarebbe come stuprarla, capisci? Le nostre
miniere
sono state costruite coscienziosamente dai nostri padri, e i loro figli
hanno
proseguito la loro opera, rispettando e amando la pietra che ci ha dato
la
vita. Come potremmo distruggerla in tal modo? >>
Gandalf
sbottò in una
risata sarcastica << Frena il tuo entusiasmo, Gimli, non
dire idiozie:
anche voi Nani siete stati ingordi, e avete scavato troppo a fondo e
troppo a
lungo a caccia di tesori, fino a svegliare il male che si agita nelle
viscere
di Arda! >>
<< Quella fu colpa
della cattiva influenza dei Sette
Anelli, e lo sai benissimo! >> Ribadì Gimli,
adirato << Noi Nani
amiamo il nostro mondo, le nostre montagne, le nostre
gallerie… >> Nel
camminare, sfiorò con la mano la pietra grezza
<< Forse si, siamo un po’
troppo voraci, più abbiamo e più vogliamo,
ma… >>
<< Ma a ogni razza il
suo difetto. >> Concluse
Giulia, posando una mano sulla spalla del Nano << se
questi fossero i
difetti gravi, Gimli…il mondo sarebbe un posto migliore!
>>
Legolas mi si avvicinò,
raggiante << Diventa più
saggia ogni giorno che passa. >> Commentò, il
viso sereno. Io feci
spallucce << Brevi sprazzi di saggezza, amico mio, brevi
sprazzi! Ma…hai
deciso se dichiararti o no? >>
Lui nascose il viso nei bei capelli
biondi- ancora
perfettamente in piega, maledizione!- e sussurrò
<< Credo che il momento
non sia ancora giunto…ma arriverà.
>>
Ripensai a me, al mio momento, a
quando Boromir e io ci
eravamo capiti e si era creata un’intesa <<
Certo che arriverà, Legolas.
Arriva sempre. >>
Ci fermammo quasi subito per
riprenderci dallo spavento e
per cambiarci i vestiti fradici: le Miniere erano fredde e la prima
cosa che
volevamo evitare era il raffreddore. Aragorn si cambiò
davanti a tutti, ma io e
Boromir no: ci
mettemmo dietro una
roccia, divisi dagli altri. Assieme. Da quanto era che non stavamo
soli, io e
lui…
<< Sei stata
coraggiosa, oggi. >> Mi sussurrò
Boromir mentre si sfilava la camicia accanto a me, rabbrividendo
<< Ho
combattuto bene? >> Chiesi, avvolgendomi nella mantella
asciutta. Ero
riuscita a cambiarmi completamente, grazie all’idea di
portarmi qualche cambio,
e ora era il turno di Boromir.
<< Almeno non hai
rischiato di farti ammazzare.
>> Convenne lui << E’ stata una
fortuna lasciare il pony fuori
dalla miniera: saresti corsa a salvare pure lui, e probabilmente
sarebbe morto
dalla paura! >> Schioccò le dita
<< E bravo Aragorn! Un punto in
più per il Ramingo! >>
Sorrisi a
quell’affermazione: ormai “ Ramingo “ era
diventato un soprannome come un altro, privo di astio, simpatico, a cui
Aragorn
aveva fatto l’abitudine. Riguardo al pony, annuii convinta:
Bill era stato
liberato dal suo carico, ridistribuito su tutti i membri, per poter
tornare
indietro, a Imladris. << La strada la conosce.
>> Aveva sussurrato
Aragorn a Sam con fare rassicurante << Non temere per la
sua vita.
>>
<< Allora.. non sei
arrabbiato? >> Mormorai,
ammucchiando i vestiti bagnati e mettendoli in un angolo della roccia.
<< Dovrei esserlo?
>>
<< Una volta lo saresti
stato. >>
Ancora a torso nudo, solo i pantaloni
bagnati addosso, lui
si fece vicino, mi attirò a sé con uno strattone
e mi baciò come da tempo non
mi baciava. Profondo. Lento. Caldo. Eccitante.
<< Una volta non ti
avrei nemmeno baciata così.
>> Mi sussurrò sulle labbra, guardandomi bene
in viso. << Ne vuoi
ancora? >>
“ Oh sisisisisisisisi!!
“ << Mmmm…non saprei…
>>
Lui sorrise malizioso e mi si
avventò sul collo,
strappandomi un piccolo gemito che non passò inosservato
dall’altra parte della
parete, perché Gandalf ebbe un improvviso attacco di tosse.
Io mi staccai
immediatamente, cercando di trattenere una risata che sicuramente
avrebbe
svegliato mezza Moria a causa della sua intensità. Boromir
mi guardò con l’aria
da cane bastonato più tenera del mondo e mi diede le spalle,
levandosi i
pantaloni bagnati. Lo divorai letteralmente con gli occhi, ma evitai di
avvicinarmi e lui fece altrettanto: la tentazione sarebbe stata troppo
forte,
ma dall’altra parte della parete c’erano gli altri,
e non mi andava che
sentissero o immaginassero…. Qualcosa. Qualsiasi cosa. Una
volta che si fu
vestito, gli andai incontro e gli presi il bel viso fra le mani.
<< Resisti, amore mio.
>> Gli sussurrai, fronte
contro fronte << Arriverà il momento che
nessun colpo di tosse funesto
turberà i nostri momenti. >>
Lui sorrise, triste <<
Speriamo, perché non ce la
faccio più. >>
<< Ne avete impiegato
di tempo. >> Mi sussurrò
Giulia quando riprendemmo la marcia. Eravamo in una galleria dal
soffitto
basso, ma sufficientemente larga per stare in due.
<< A far cosa.
>>
<< A cambiarvi.
>>
Sbuffai e le sorrisi <<
Era da un sacco che non
stavamo un po’ soli e quin->>
<< Anna, stavo
scherzando, non mi devi dare alcuna
spiegazione. >> Mi bloccò e prese per mano
<< E’ ovvio che vogliate
stare soli… io vi avrei anche lasciato fare, anzi! Stavo
cercando di distrarre
l’attenzione chiacchierando allegramente di una gita fatta in
una miniera del
mio mondo, quando il nonnetto si è messo a tossire! Certo
che poteva evitarlo,
no? >>
<< Oh, be…
sai, per lui sono ancora la bambina persa
nel bosco, quella che ha accudito per circa 16 anni…
è normale che si senta
imbarazzato, no? Intendo delle mie attività con Babu,
intendo… >>
Lei ridacchiò
<< Se la metti su questo piano non ha
nemmeno tutti i torti, povero nonno… e anche voi furbi! Non
potevate evitarlo,
quel gemito?!?! >>
<< Che potevo farci,
scusa?!? Mi ha morso sul collo, e
a me… >>
<< A te piace, vero?
>> Ci voltammo entrambe
verso Boromir, che chiudeva la fila dietro di noi, con un sorriso
malizioso
sulle labbra. Lui ci guardò con aria interrogativa, mentre
noi ci voltavamo
ridacchiando.
Tutto sommato, la marcia nelle
tenebre di Moria non fu così
tragica. Almeno finchè non giungemmo alla tomba di Balin.
E li, come mi disse Giulia alla fine
della nostra avventura,
furono cazzi amari.
NOTICINA: uuuuuuuuuuuuuuh!!!la
spacabale di turno è tornataJ
morivate dalla voglia
di sapere come andava, vero?? Ma prima, un discorsetto semiserio:
DISCORSO DI
RINGRAZIAMENTO:
lo scorso capitolo
ho ricevuto la bellezza di sei recensioni, signori e
signore- soprattutto signore. Ora, la cosa mi ha riempito talmente di
gioia che
mi sono decisamente commossa.
Ringrazio tutti dal
de prufundis del mio ccccore e vi prego di
replicare anche stavolta, che mi fa accapponare la pelle leggervi. Mi
sento
così bene…oddio, che mi stia drogando DI VOI????
AaaaaaaaaaaaaH!!!!! Come
Edward Cullen con Bella Swan: “ Tu sei la mia
qualità preferita di eroina…. “
La frase più odiato di Twilight!!! Ma noi non parliamo delle
Meyer, ma
trattiamo del Professore…anzi, non parliamo nemmeno di lui,
perché parliamo di
ME e VOI, donnine care: Straw x Kissh;
xxbrokenrose;Barby_Ettelenie_91;Ragazzapsicolabile91;
Cohava ( che è una new entry );
Per
Jhonny: vergona e disonore
su di me che non ti ho ancora rispostoL
perdoname, ma….ma bo,
non ho scuse per il mio comportamento ignominioso. Stop. Almeno spero
che
l’influenza ti sia passata, baby…ti
manderò birra in polvere, liofilizzata, per
farti riprendere!!! Spero che almeno tu sia sui miei schermi…
FINE.
Bene, il discorsetto mi sembra
abbastanza decente e anche
fin troppo lungo e palloso…lo so, sarete perplesse, ma pace!
Mi rammarica, ma
io sono una perfettina casinista, un controsenso della natura, un
universo in
espansione…nonché anima Bella per nascita e
vocazione- come voi, d’altro canto,
perché secondo la Legge di Attrazione, noi desideriamo
talmente tanto una cosa
da far finire tutto ciò che coincide col nostro desiderio
nel nostro raggio
d’azione. Quindi: io desidero anime belle, quindi ho trovato-
attirato- VOI,
belle anime J
Emmobbbasta con ‘ste
smancerie che se no mi metto a
piangere…
Un saluto- e un grazie- dal
più profondo del cuore matto.
Pace e ammore, Nini.
Ps- ADORO l’ultima riga di
questo capitolo: è stata fatta in
onore della mia gita a Barcellona in quinta superiore, ha una storia
tutta sua
e la persona che me l’ha insegnata era proprio una Giulia!!!
Lei non saprà mai
di questa storia, ma a me è rimasta dentro e mi faceva
troppo ridere concludere
il chappi
così…così…così
VOLGARMENTE.
|
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Capitolo 21 *** c...i amari, anzi: amarissimi. ***
Moria fu un esperienza deprimente a
causa della scarsezza di
luce, noiosa per via del silenzio impostoci da Gandalf e allucinante
perché non
si capiva se fosse giorno o notte: mangiavamo quando capitava e
dormivamo
quando eravamo stanchi. Punto. L’assenza di luce aveva
gravato sul morale della
Carovana, che camminavamo in uno stato di trance, seguendo la scia
luminosa
lasciata dal bastone di Gandalf.
Nessuno riusciva a sfuggire a quel
senso di sfasamento
opprimente, ed eravamo così persi, così senza
bussola da somigliare a pecore
che seguono il pastore. Gli unici che sembravano non aver perso
l’orientamento
erano Gandalf e Aragorn, ma loro erano un casi a se stanti: sarebbero
riusciti
a cavarsela nelle condizioni più estreme, quando tutti noi
saremmo morti o
impazziti. Persino Gimli, che era abituato a vivere sottoterra, si
sentiva
spiazzato e inebetito e Legolas, che di solito si muoveva leggero e
lieve e
parlava sempre col cuore leggero, era diventato grave e depresso. Gli
Hobbit si
sentivano fuori luogo, al chiuso, anche se le loro case erano scavate
nei
fianchi delle colline, quindi sottoterra. Io e Giulia cercavamo di
spalleggiarci a vicenda, mentre Boromir tentava di emulare il
comportamento di
Aragorn, cercando di non sembrare spiazzato e privo di orientamento
come noi
altri. Fu abbastanza terribile, si, ma non come i primi giorni della
marcia:
quelli furono distruttivi mentre Moria fu “ solo “
allucinante.
Ma, come c’è un
inizio, c’è anche una fine. Dopo lunghe ore
di marcia, dopo aver macinato non so quanti chilometri, sbucammo da una
galleria nell’ambiente più spazioso da noi
visitato fino ad allora. In realtà,
più che vederlo, lo percepivamo sulle nostre teste:
l’aria era più limpida,
pulita e fresca; l’eco dei nostri passi più ampio;
il senso di solennità che
permeava l’ombra più intenso… Tutto
concorreva a creare un senso di grave
austerità che lasciarci senza fiato.
Ci raggruppammo all’uscita
della galleria,
facendo cerchio attorno a Gandalf,
che stava pensando a cosa fare.
<< Se siamo giunti fino
a qui significa che i miei
ricordi non sono del tutto arrugginiti: la strada percorsa era
corretta!
>> Si voltò verso di noi <<
Manca poco ormai, Compagni, ci siamo
quasi! Fra non molto, potremo respirare aria fresca e godere della luce
del
sole! Ma… >> Si voltò di nuovo,
dandoci le spalle, guardando la sala
<< … Ma voglio rendervi partecipi dello
spettacolo. Oserò un po’ più di
luce… >> Allora alzò il bastone e
disse << Ammirate! Il Grande
Reame dei Nani: Nanosterro! >>
La luce si propagò per
tutta la sala e la illuminò per un
lungo, lunghissimo attimo, in cui noi potemmo ammirare la maestria dei
Nani: la
sala era enorme, di proporzioni impossibili da calcolare a occhio nudo;
alte,
altissime colonne plasmate dalla pietra sorreggevano un soffitto nero
come la
pece, oscurità
impenetrabile dalla
luce troppo blanda di Gandalf, ma più
che sufficiente per renderci partecipi di quella meraviglia. Accanto a
me,
sentii Sam mormorare con aria meravigliata << Ti fa
spalancare gli occhi,
certo… >> E lo vidi muovere qualche passo col
naso per aria, troppo
stupito da quelle colonne enormi, scanalate con cura, dalla
circonferenza
esagerata.
Merry si affiancò a Frodo
<< Hanno la stessa
circonferenza dell’albero della festa di Bilbo, non trovi?
>> Gli chiese
e Frodo annuì << Già, solo che
quello è un dono della natura. Non pensavo
che la bravura dei Nani arrivasse a tanto. >>
Gimli annuì, commosso
<< Nemmeno io lo pensavo,
nemmeno io… >>
<< E’
meraviglioso. >> Mi disse Giulia,
affiancandomi mentre ci muovevamo tra le colonne nuovamente nascoste
dalla
penombra << Grandi cose sono state fatte nel mio mondo,
ne ho viste un
po’ in un modo o nell’altro, ma come queste
colonne…mai. >>
<<
L’ispirazione può tutto >> Ribadii
<< I
Nani qui dovevano essere felici, e la felicità gli ha
ispirato questa
meraviglia del Mondo Antico. >> Giulia annuì,
accennando a Boromir che
camminava accanto ad Aragorn, in un atteggiamento amichevole seppur
silenzioso .
<< Vedo che Bubu si sta facendo un nuovo amichetto, eh?
>>
Annuii, sorridendo <<
E’ un bene che si parlino, lo sai.
>> Giulia era a conoscenza del fatto che Aragorn fosse il
legittimo erede
al trono di Gondor e che Boromir fosse un suo vassallo.
Gliel’avevo detto poco
prima di partire e anche lei era riuscita a comprendere
l’astio fra i due, fino
ad allora inspiegabile. Ma da un po’
quell’atteggiamento si era ammorbidito,
forse per le doti che il Ramingo sapeva mostrare, forse per la
capacità di
Boromir di dare rispetto a chi se lo merita. E, come in seguito
scoprimmo, ad
Aragorn andava tutto il rispetto di questo mondo.
Camminammo ancora a lungo nella Sala
delle Colonne, fino a
quando non la notammo: una pozza di luce inondava il pavimento a
qualche centinaio
di metri da noi. Quel piccolo rettangolo bianco era la prima luce che
vedevamo
da almeno quattro giorni e la sua visione ci rese talmente euforici da
farci scattare
in avanti come animali assetati, anche se Gandalf protestò
non poco. Gimli
guidava il gruppo e fu il primo a capire che la felicità era
il sentimento meno
adatto alla situazione. Ci trovavamo sulla soglia di una sala piccola,
con una
finestrella simile a una feritoia che lasciava entrare un fascio di
luce
piombava su un tavolo di marmo, dandogli un aspetto quasi ieratico,
ultraterreno, dal tanto era scintillante.
Aragorn si avvicinò alle
mie spalle, contemplando la scena <<
Ma quello non è un tavolo. >>
Mormorò, mentre Gimli si avvicinava piano e lentamente si
inginocchiava,
intonando un lugubre lamento, davanti a quella che era una tomba.
Gandalf si
fece largo fra di noi e andò accanto a Gimli, che
singhiozzava sconsolato, e
lesse a voce alta << “
Qui giace
Balin, figlio di Fundin, Signore di Moria. “ >>
Tacque un attimo, mentre il
lamento del Nano andava facendosi più alto <<
E’ morto, dunque. Come
temevo. >> Disse ad Aragorn, che gli si era affiancato,
mentre Giulia si
era avvicinata a Gimli e gli aveva accarezzato una spalla,
sussurrandogli
<< Condoglianze. >> .
Intanto, noi tutti stavamo osservando
la stanza: era angusta
e la porta principale da cui eravamo entrati era si marcia, ma ancora
nei
cardini. Era una sala piccola e solo in seguito notammo i cadaveri
decomposti
sparsi sul pavimento, segno che attorno alla tomba
dell’ultimo signore di Moria
si era data battaglia. Poi, Gandalf porse cappello e bastone a Pipino e
si
chinò a prendere un libro dall’aria maciullata, in
avanzato stato di
deperimento e rovina, proprio dalle braccia di un cadavere. Ci
soffiò sopra e
lo aprì verso la fine, mentre Legolas alle mie spalle
bisbigliava a Boromir
<< Non abbiamo tempo da perdere, non possiamo indugiare.
>>
Gandalf iniziò a leggere,
e i capelli sulla mia nuca si
rizzarono dallo spavento.
<< Hanno
preso
il ponte, non possiamo fuggire. I tamburi rullano, loro si fanno
più vicini.
Tamburi. Tamburi negli abissi. >>
Voltò una pagina << Siamo
rinchiusi qui. Non ce via di scampo.
Ancora tamburi… La scrittura si fa più
confusa… fino all’ultima parola.
>> Ci guardò uno ad uno << Arrivano.
>>
Lo schianto arrivò
improvviso e procurò lo stesso effetto di
una sferzata sulla carne nuda. Pipino si era avvicinato troppo al pozzo
della
stanza, facendo cadere lo scheletro che vi era precariamente appoggiato
e che
era caduto nel baratro in uno sferragliare malefico, portandosi
appresso anche
la catena e il secchio. Giulia lanciò un gridolino di
spavento, ma fu nulla
rispetto agli ultimi echi profondi alla fine della caduta, echi che
sembrarono
infiniti. Restammo tutti col fiato sospeso, io con la mano di mano di
Boromir
avvinghiata al polso, finchè l’ultimo, lontano eco
della caduta non tacque.
Restammo in ascolto del silenzio ristabilito, cercando di percepire se
altri
suoni lo disturbassero. Ma nulla. Il silenzio era tornato.
Mi lasciai scappare una risatina e
abbracciai Boromir, che
ricambiò con slancio: avevamo rischiato grosso, ma era
andata.
<< Idiota di un Tuc!
>> Sbottò Gandalf <<
Gettati tu, la prossima volta, e liberaci della tua
stupidità! >>
Pipino aveva l’aria
contrita e mesta, conscio di aver
compiuto un gesto sconsiderato e di aver preso un magnifico cazziatone-
meritatissimo, mi disse Giulia, mentre si staccava da Legolas che, di
slancio,
aveva abbracciato.
La Carovana sembrava prossima a
ripartire per lasciare
quelle dannate miniere una volta per tutte, e invece no. No. No. No.
No. Perché
successe l’unica cosa che NON doveva succedere in una
missione del genere, l’unica
di cui ci eravamo sempre preoccupati: restare nascosti.
Un lieve rumore ci
immobilizzò, facendoci gelare il sangue
nelle vene. Un tamburo.
Poi un altro.
Poi un altro ancora.
Poi vennero le urla.
<< I Goblin…
>> Esalò Legolas, parandosi davanti
a Giulia, mentre Boromir andava a guardare fuori dalla porta- sempre
quello che
rischia la vita, lui!- e si ritirava di scatto, volgendosi verso di noi
col
viso slavato e accostava le ante << E’ un Troll
di caverna!!! >>
E tutto accadde alla svelta: Aragorn
e Boromir serrarono la
porta e la resero più robusta bloccandola con delle asce;
noi facemmo gruppo
attorno a Gandalf, tutti con la spada sguainata tranne Giulia, che si
era
appropriata di una spada trovata per terra; Legolas era in parte a
Giulia,
pronto a proteggerla; Gimli si era messo in piedi sulla tomba del
cugino, l’aria
più inferocita che mai, un ascia per mano.
<< Che vengano pure!
>> Gridò <<
Troveranno che qui a Moria c’è ancora un Nano che
respira! >>
Quelli non si fecero pregare.
NOTICINA!!!all’alba delle
23 e19, mi ritrovo con gli occhi
ridotti a fessure verticali a salutarvi, o beneamati
lettori…la vostra passione
mi divora e toglie ore di sonnoJ
e infatti, ora, vado a nanna che domani alle8e30 ho contemporanea e
dormirò di
sicuro…
Una dolce notte anche a voi, un
insonnolita Nini.
Ps- il passo letto da Gandalf non
è proprio corretto ma
pazienza: il senso si capisce. In secondo luogo: sto cercando di
ricordare una
scena della versione integrale della battaglia nelle stanza di
Balin… a Bubu
capitava qualcosa di brutto…ricordate nulla voi???please,
cercate di farvelo
venire in mente che è utileeeeeeeeeeeeeeee!!!! Baci, pace e
ammmmmmmoreJ
De prufundis ( de Addormentandis )
Nini.
|
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Capitolo 22 *** primo addio ***
La tensione divenne palpabile quando
i primi orchetti
andarono a cozzare contro la porta, cercando di abbatterla fra urla
inferocite
e bestemmie in qualche loro lingua oscura. Mi resi conto di digrignare
i denti
e di non riuscire a sgombrare la mente a causa di mia sorella. Accanto
a me,
Giulia andava facendosi sempre più pallida e goccioline di
sudore le si erano
formate sul labbro superiore, mentre le pupille si facevano sempre
più
dilatate. Non ero un’esperta, ma riuscii comunque a fare una
diagnosi: era
semplicemente terrorizzata. Legolas era arrivato alla mia stessa
conclusione e
guardava Giulia, preoccupato.
<< Giulia?
>> La chiamai e lei a malapena si
girò a guardarmi, senza distogliere gli occhi dilatati dalla
porta <<
Giulia, tu oggi combatti solo se necessario. Io e Legolas ti
difendiamo, va
bene? Tu resta dietro di noi, d’accordo? >>
Senza preavviso, Legolas
scossò la prima freccia contro il braccio di un orchetto,
infilatosi in una
breccia della porta marcia. Giulia era sobbalzata e aveva lasciato
cadere la
spada, iniziando a tremare in maniera visibile.
<< Giulia! >> La chiamai,
afferrandola per un braccio e
scuotendola. Ripresi la spada arrugginita e gliela piantai in mano
<<
Cazzo, ascoltami! >> Gridai, facendo girare Boromir
<< Ti proteggo
io, sorellina, non ti lascerò morire, ma devi almeno
impugnare un’arma, o sarai
morta!! >> Lei mi guardò con gli occhi colmi
di lacrime, terrorizzata,
continuando a fare cenno di no con la testa scompigliata. Era ridotta
parecchio
peggio di me alla prima battaglia: era in panico totale e io avrei
dovuto
starle accanto, esattamente come Faramir fece con me. Cosa era in grado
di
riservare, il Destino…
Proprio in quel momento, gli orchi
fecero breccia nella
porta marcia e irruppero nella sala, fra versi non umani e strilli,
mulinando
le spade assetate di sangue per mietere vittime. Aragorn e Boromir
erano in
prima fila, proprio davanti a me e a Giulia, dimostrando tutta la loro
furia
assassina menando poderosi fendenti ai nemici, spiccando teste e
lanciando grida
ben più terrificanti di quelle degli orchi, forse
perché sapevamo prodotte da
esseri umani. Gandalf era con loro, si aiutava col bastone; combatteva
ancora
bene, per essere tanto anziano…Accanto a me, Giulia menava
fendenti a casaccio,
senza guardare, riuscendo nell’intento di ferire gli orchi
che le si
avvicinavano in modo che io li finissi. Alle spalle di Giulia
combatteva
Legolas che, con grazia felina, scoccava frecce e si disfaceva degli
orchi più
vicini grazie a due pugnali elfici, che di solito portava incrociati
dietro la
schiena, sotto la faretra. Ancora in piedi sulla tomba di Balin, Gimli
menava
poderosi colpi d’ascia sui crani nemici, sparpagliando
materia grigia sul
pavimento immondo, senza rendersi conto della risata che prorompeva
dalle sue
labbra: pura, autentica, gioia di uccidere. Dietro di noi, gli Hobbit
combattevano il loro Battesimo di sangue. Sam aveva già
ucciso il suo primo
orchetto, quando venne ferito di striscio alla testa, restando stordito
e
vulnerabile per un attimo. Attimo che gli sarebbe stato fatale se
Giulia, preso
il coraggio a due mani, non avesse infilzato l’orchetto che,
alzata la scure
alle spalle di Sam, aveva
tutta
l’intenzione di fracassargli la testa. Non ebbi tempo di
controllare Giulia, ma
seppi che il terrore iniziale era servito a renderla più
forte: ora era accanto
a me, che fissava determinata la porta e reggeva quel ferro vecchio
come gli
aveva insegnato Boromir.
<< Complimenti,
sorellina. >> Mi congratulai con
lei << Hai appena passato con successo il tuo Battesimo.
>>
<< Passato o no, so
solo che se ammazzo un altro orco
vomito. >>
Anche Jadi si stava battendo bene,
uccidendo orchetti e
dilaniando feriti, e il suo manto bianco era macchiato di nero sangue
d’orco.
Una poderosa martellata si
abbattè sullo stipite della
porta, abbattendola in parte e fracassandoci i timpani. Dalla polvere
che ne
seguì, nascosto da essa, qualcosa emise un boato spaventoso,
finchè non si
rivelò: era il Troll di caverna. Era una bestia enorme, la
più grossa che
avessi mai visto. Piccoli occhi maligni luccicavano su di un muso
piatto e
cattivo, dalla bocca larga e storta. Nella mano destra reggeva un
grosso
martello macchiato di sangue, mentre nella sinistra reggeva delle
catene.
Fu allora che accadde.
Prima che potessi fermarla,
ringhiando con aria minacciosa,
Jadis gli si avventò contro col coraggio da lupo che ardeva
nel suo cuore, tentando
di azzannargli il basso ventre e di renderlo vulnerabile. Ma il troll
se ne
accorse e la colpì col martello dritta nel fianco,
schiantandola contro uno dei
muri della sala, in mezzo alla frenesia della battaglia.
Il mio cuore si fermò.
<< JADIIIIIIS!!!!
>> Ululai, correndo al suo
fianco, temendo il peggio ma con la speranza di essermi sbagliata, di
aver
visto male, di non aver sentito il suo collo rompersi anche in mezzo al
casino
delle lame. Ma non vi era alcun dubbio: sangue le usciva dalle fauci, e
non era
sangue d’orco, bensì quello delle sue viscere
straziate. Aveva ancora gli occhi
aperti, la mia coraggiosa lupa, e glieli chiusi mentre il battito lento
del mio
cuore si trasformava in un rombo sempre maggiore, sempre maggiore, fino
a
sostituire il suono delle lame e della battaglia. Mi abbattei sul troll
come
una furia, conficcandogli la spada nel piede destro, gioendo alla vista
del suo
sangue nero. Gli lanciai un affondo nel basso ventre, scoperto dalla
corazza, e
rotolai a terra quando il troll tentò di spazzarmi via con
il martello,
sfiorandomi i capelli. Probabilmente gridavo, in quei momenti, gridavo
tutto il
mio dolore, e sarei ritornata alla carica se Boromir non mi avesse
fermato.
<< Vuoi farti
ammazzare?!?! >> Mi strillò in un
orecchio, e li ricominciai a sentire. << Come credi di
poterlo ammazzare
senza prima disarmarlo, eh?? STUPIDA!! >>
<< HA AMMAZZATO JADIS!!
>> Ululai << L’HA
AMMAZZATA, BOROMIR! E’ MORTA…morta…
>> Iniziò a importarmi sempre meno di
tutto, della battaglia, del troll, degli Hobbit: Jadis era
morta… morta!! Sentii
solo la mano di Boromir scrollarmi e
percepii la sua voce preoccupata << Non ci devi pensare
ora, non puoi
pensarci: c’è ancora tanto da combattere, qui, e
se non la- >> Squarciò
la gola a un orco che gli passava accanto per trovare scampo. Io rimasi
indifferente. << … Penserai dopo al lutto.
>> Proseguì, e solo
allora mi accorsi di quanto fosse stanco, di quanto fosse pallido e
sporco di
sangue << E ci penserò anch’io.
Jadis era anche un po’ mia, no? >>
Un altro urlo distolse
l’attenzione di Boromir, e lo vidi
farsi ancora più pallido. << Frodo..
>> Mormorò, lasciando andare
la presa sulla mia spalla << …No, Frodo!
>> Mi trascinò verso un
angolo della sala dove il gruppo si era riunito.
Il troll era stato abbattuto da
Legolas e ora giaceva,
immobile, accanto alla tomba di Balin. Quel bastardo aveva avuto la
fine che si
meritava e io, per vendetta, gli tirai un puerile calcio alla faccia,
ma la
cosa non mi fece stare meglio: nulla avrebbe riportato Jadis indietro,
nulla. E
io ero sola nel mio dolore.
Frodo giaceva a terra, esanime, il
viso rivolto al pavimento
e una lancia conficcata nel fianco. Aragorn era accanto a lui, il viso
teso e
contratto dal dolore per non aver portato a termine l’unico
compito che aveva
davvero senso: proteggere il Portatore. << Siamo nella
merda… >>
Sentii borbottare Giulia alle mie spalle. Mi voltai a guardarla e vidi
la sua
espressione passare da triste a stupita a piena di gioia
<< FRODO!! >>
Gridò << Ommioddio, SEI VIVO! >>
Mi voltai a mia volta e sorrisi a
quella meraviglia (
pensavo che non avrei mai più sorriso e invece.. ): Frodo
era seduto, dolorante
ma vivo, e si scostava un lembo della camicia per mostrare a tutti il
segreto
della sua sopravvivenza: una cotta di maglia lucente ricopriva la sua
pelle
candida. La vista di quella meraviglia fece lanciare a Gimli un grido
di
stupore << Ma quello è Mithrill!
>> Esclamò << Sei pieno di
sorprese, Frodo Baggins. >>
Una volta appurata la salute di
Frodo, tutti gli sguardi si
rivolsero a Jadis. << Era una bella bestia.
>> Commentò Gimli
<< E’ morta in battaglia, come una di noi. Mi
dolgo per la tua perdita,
giovane Anna. >>
<< Dovremmo
seppellirla. >> Disse Aragorn,
poggiandomi una mano sulla spalla << E’ stata
una grande figura per noi e
sicuramente non verrà dimenticata, la
tua Jadis. Sarà ricordata nelle canzoni del futuro.
>> Per la prima
volta, sentii gli occhi farsi lucidi mentre annuivo. <<
Dovremmo
seppellirla. >> Ripetè Gandalf
<< Ma lo sai meglio di me che non ne
abbiamo il tempo. Dille addio- anzi, arrivederci: un giorno vi
rincontrerete. Lo
sai, e hai la mia parola. >>
Stetti ferma, non mossi un passo
verso quello che una volta
era Jadis. Pensai a tutto e a niente e sentii le lacrime fermarsi sulle
ciglia.
Avrei pianto dopo, fuori da quell’incubo che era diventata
Moria, ma ora
dovevamo andarcene, e gli altri aspettavano solo me. Trassi un profondo
respiro
e diedi le spalle alle spoglie di Jadis, portandomi sempre nel cuore
l’immagine
di quell’animale che era stato molto di più che
una bestia da compagnia.
<< Muoviamoci.
>> Sussurrai a Gandalf,
sorpassandolo << Non sopporto di restare qui.
>>
Fu così che corremmo
fuori, di nuovo nella Sala delle
Colonne, tentando di sopravvivere. Ormai non aveva più senso
restare nell’oscurità
e il bastone di Gandalf illuminava il salone a giorno, mostrandoci
dettagli
inquietanti: infatti, non eravamo soli, ma in compagnia di centinaia di
orchi e
Goblin che seguivano ogni nostro passo, sbucando da tunnel sotterranei
o
calandosi come ragni dal soffitto.
Gandalf arrestò la corsa e
noi facemmo cerchio attorno a
lui, spaventati ma pronti: ci saremmo difesi con le unghie e con i
denti,
portando nella morte con noi più orchi possibile. Gimli
gridava accanto a me,
agitando l’ascia in segno di sfida, mentre io stavo ferma e
contemplavo la
massa nauseante che avevo davanti a me, senza concentrarmi su qualcuno
in
particolare. Alle mie spalle, Boromir faceva lo stesso.
Gli orchetti e i goblin si sarebbero
divertiti a spaventarci
ancora un po’ prima di ammazzarci, se non fosse intervenuto
lui. Sentimmo come
un ruggito in lontananza e un rumore di pietra spostata e i nostri
nemici
sembrarono presi dal panico: si immobilizzarono prima e poi scoppiarono
in
gridolini spaventati, strisciando nell’ombra da cui erano
venuti. Ci guardammo
alle spalle: dal fondo della sala, non so da quale punto cardinale, si
propagava un chiarore rossastro, come di fiamma. Sentimmo rumore di
passi e vedemmo
la fiamma muoversi: qualsiasi cosa fosse, si era accorto di noi e si
stava
avvicinando con un sordo ringhio che ci fece accapponare la pelle.
<< Cos’è
questa nuova diavoleria? >> Chiese Boromir asciutto,
mentre io abbassavo
la spada e mi stringevo a lui. La cosa ringhiò
più forte e sembrò destare
Gandalf dalle sue profonde riflessioni.
<< E’ un
Barlog. >> Disse solo e il nome bastò
per farmi gelare il sangue. Ne avevo sentito parlare a Isengard,
leggiucchiando
qualche libro della biblioteca privata di Saruman. Se prima eravamo
nella merda
fino al collo adesso ci annegavamo. << E’ un
nemico sopra la nostra
portata… FUGGIAMO! >>
Corremmo a lungo, rischiammo grosso
quando dovemmo
attraversare una serie di scale ed il peso del Balrog fece tremare il
soffitto
sopra le nostre teste, scagliando pietre e pezzi delle stesse scale
giù negli
abissi. Il tutto condito dalle frecce che gli orchi, in posizioni
sopraelevate,
ci scagliavano addosso. Mi ricordo ogni singolo passo di quella fuga,
ma lo
ricordo come spettatore esterno: non ero io quella che correva, che
Boromir
teneva per mano, che aiutava Giulia e sosteneva gli Hobbit. No, vedevo
tutto
come se fossi all’esterno della Compagnia, estraniata da essa.
Ritornai in me quando fummo sul ponte
di Khazad-dum e sentii
Gandalf ordinare
<< Tu non puoi passare.
>>
NOTICINA:ehm…che ritardo
spaventoso…mi scuso enormemente e
spero che apprezziate questo chappi che mi è costata tanta
ma taaaaaaaaaanta
fatica!!!
Con affetto, pace e ammore!
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Capitolo 23 *** io non ero sola. ***
Il ponte era una lingua di roccia che
si gettava da una
parte all’altra dell’abisso. Era così
sottile che dovemmo correre in fila
indiana per passare e in tal modo sfuggire alle fiamme. Lasciavamo
Moria,
finalmente, per non tornarci mai più. Pensavamo di aver
seminato il Balrog (anche
se alle nostre spalle udivamo lo scalpiccio e i gutturali versi degli
orchi) o
al massimo di affrontarlo all’aperto, sotto la luce del sole,
che ormai riuscivamo
a percepire più che a vedere. Ma andò
diversamente.
Dal muro di fiamme che si levava alle
nostre spalle, una
figura rossa e nera si fece avanti, fumosa e sfolgorante. I suoi passi
facevano
tremare la terra e il Barlog, follemente, aveva già posato
il primo zoccolo
sull’esile ponte. Fu li che Gandalf compì la
pazzia: si fermò a metà ponte e si
girò, ergendosi in tutta la sua magnificenza da Istari,
invece che seguire noi,
già al sicuro sull’altra sponda. Restammo tutti in
silenzio, ammutoliti da quel
tremendo spettacolo: un uomo piccolo e cencioso che si ergeva
coraggiosamente
contro un Demone del mondo antico. E tutto per salvarci.
<< Tu non puoi passare.
>> Ordinò alla figura,
che si fermò, stupita che qualcuno osasse darle un ordine.
Il Barlog si mostrò
in tutta la sua potenza: spiegò delle ali di fiamme e fece
comparire fra le sue
mani una spada di folgori e una frusta di lingue di fuoco, che
menò per aria e
provocò uno schiocco simile a un tuono. Ci fece accapponare
la pelle.
<< Tu non puoi passare!
>> Ribadì Gandalf,
sfoderando la spada e alzando il bastone, che iniziò a
emettere dalla punta un
bagliore sempre più forte << Sono un servitore
del Fuoco Segreto e reggo
la Fiamma di Amon! >> Il bagliore si trasformò
in una sfera bianca che
avvolse Gandalf, simile a uno scudo. In confronto al nero del Barlog,
Gandalf
sembrava una piccola stella dispersa nella notte. << Il
Fuoco Oscuro non
ti servirà a nulla, Fiamma di Udùn!!!
>> Gridò mentre il demone faceva cadere
la lama su di lui, provocando lampi e scintille.
Incapace di starmene con le mani in
mano, sguainai la spada
e mi preparai ad andare ad aiutarlo, per quanto potesse apparire folle
e
inutile un gesto simile. Lo sentii gridare sotto il peso della spada
del
Balrog, e solo le forti braccia di Boromir riuscirono a trattenermi dal
correre
in soccorso del mio maestro. << GANDALF! >>
Lo chiamai <<
GANDAAAALF!!! >>
Il bagliore cessò, la lama
del Balrog non aveva intaccato le
difese dell’Istari ma si vedeva che era molto provato.
Barcollando, Gandalf si
erse nuovamente in tutta la sua altezza- poca cosa, in confronto alla
vastità
del demone che ci trovavamo davanti- e alzò alto il bastone
sopra la testa.
<< Ritorna nell’Ombra. >>
Ringhiò per poi scandire << TU NON
PUOI PASSARE! >> Con quanto fiato avesse in corpo.
Il bastone si abbattè sul
ponte e lo spezzò come se fosse
stato una torta, creando una profonda crepa. Una sfida, per il Balrog,
che si
sarebbe conclusa con la morte, se avesse osato muovere un solo passo in
avanti.
Ma il Barlog accettò volentieri la morte al posto della
sconfitta: sbuffando
dalle narici con aria impaziente, fece un passo e , come previsto, il
ponte
crollò sotto il suo peso esagerato, trascinando quel mostro
di fiamme e fuoco
nell’abisso di pece che si trovava sotto di noi, mentre
Gandalf stava a
guardare.
Non appena le corna del demone ebbero
sorpassato l’orlo del
ponte, scansai Boromir e scattai in avanti sul ponte, da Gandalf, per
offrirgli
il mio braccio e uscire una volta per tutte da quell’inferno
che aveva portato
via Jadis e aveva quasi ammazzato lui. Si era appena voltato, le spalle
improvvisamente
schiacciate dal peso della stanchezza , e mi stava per dire di lasciar
perdere,
di stare lontana dal ponte, quando accadde: una lingua di fuoco
risalì
dall’abisso e si avviluppò attorno alla sua
caviglia ossuta, trascinandolo con
sé. Vidi i suoi occhi ingigantirsi dalla paura e lo vidi
lasciare spada e
bastone per afferrarsi al bordo frastagliato del ponte. Mi lanciai a
terra e
riuscii ad afferrargli un polso, uno solo, mentre le sue mani si
aggrappavano
disperatamente all’orlo frastagliato del ponte.
I nostri sguardi si incrociarono.
<< Hai ancora tanto da
fare. >> Mi disse in un
soffio << Devi lasciarmi. >>
<< Mai!
>> Esclamai, spaventata << Cosa
faremo senza di te? La Compagnia non può esistere senza la
tua guida, Gandalf!
Cosa faremo- IO cosa farò?! Non lasciarmi, non…
>> Il suo polso si sfilò
dalla mia presa e le parole mi si mozzarono in gola, mentre i miei
occhi
terrorizzati si riflettevano nei suoi, tristi ma tranquilli.
<< Credi che sia la
fine? >> Mi domandò <<
Ci vedremo ancora. >> Gandalf lasciò la presa
sul ponte e fui sola nel
sostenere il peso del suo corpo. Nonostante fosse un mucchietto
d’ossa,
sostenerlo a peso morto era davvero difficile. Trattenni un mugolio di
dolore e
di spavento mentre la mano iniziava a sfuggirmi sempre di
più. Mi sorrise con
aria paterna << Sei come una figlia per me.
>> Mi disse mentre
la mia presa scivolava sulle dita.
<< Gandalf…
>>
<< Lasciami. Aiuta
Aragorn e proteggi Frodo. Stai
vicina a Boromir. E ora lasciami. >>
Senza che io lo volessi, senza che
potessi fare qualcosa, le
dita ossute di Gandalf scivolarono dalle mie come se fossero oliate. Lo
vidi
precipitare nel nero abisso sottostante e rimasi ferma.
Sparì velocemente
nell’oscurità, vorticando e seguendo nella folle
corsa la scia luminosa
lasciata dal Balrog.
Non un verso uscì dalle
mie labbra. Rimasi ammutolita,
attonita, immobile sull’orlo del baratro. Qualcosa mi
colpì alla spalla, e
immediatamente sentii qualcosa di caldo colarmi lungo la camicia. Con
la coda
dell’occhio, vidi le piume di una freccia spuntarmi dalla
spalla destra, ma il
dolore non c’era. Solo prurito e apatia.
Qualcuno mi sollevò per la
vita e mi issò sulle spalle,
portandomi lontano dall’abisso e dalle tenebre di Moria.
Vidi, mentre mi
portavano via, che dal lato crollato del ponte una fila di orchi
scagliava
frecce. Ne vidi parecchie arrivarmi vicino, sfiorarmi quasi, e non
dimenticherò
mai le sagome degli orchetti che si stagliavano sul muro di fiamme,
oltre
l’abisso in cui il mio protettore aveva trovato la morte.
Mi accorsi di essere portata in
spalla da Boromir solo
quando passai accanto ad Aragorn, che distolse lo sguardo dal mio per
non
mostrare le lacrime che lo velavano. Era lui il capo, adesso, lui era
la guida,
e la prima cosa da fare era dare forza agli altri, anche se si era
appena
staccata un pezzo di anima.
Svoltato l’angolo, percorse
le scale, ci ritrovammo fuori,
su un costolone di roccia, lontani dagli orchi e dalle loro frecce,
alleggeriti
di due vite umane e distrutti dal dolore. Il cielo non era mai stato
così
azzurro, il sole così tiepido e le rocce così
bianche. Sarebbe stata una
giornata felice, quella. Sarebbe.
Boromir mi lasciò andare a
terra e si mise ad analizzarmi la
ferita. Mi strappò la freccia e frugò nel mio
bagaglio fino a trovare la
cartelletta di Matilde. Pulita la ferita con un po’
d’acqua, vi versò sopra un
po’ del contenuto di diverse fiale, evitando accuratamente di
guardarmi negli
occhi e senza dire una sola parola. Non lo vidi piangere, ma capii dai
suoi
gesti che era fortemente scosso. Per quanto riguarda me, avrebbe potuto
lasciarmi li, seduta su quella roccia, ferita, che sicuramente non
avrei fatto
niente. Sarei rimasta li, senza dire una parola o emettere un gemito di
dolore
, attonita, la freccia conficcata nella spalla e il suo veleno che
lentamente
si propagava nel sangue, fino alla morte. Ora che ci penso, nemmeno
quando mi
estrasse la freccia sentii male. Ero come anestetizzata, ma non vi era
alcun
confortevole oblio. Non sentivo niente, ma ero lucida. E la mia mente
iniziò
crudelmente a pensare.
Jadis era morta.
Gandalf pure.
Le vite a cui tenevo di
più mi avevano abbandonata, lasciata
sola nella vastità del mondo e nel fiore degli anni. In quel
momento pensai che
né Giulia né Boromir avrebbero mai colmato quel
vuoto, tanto ero ripiegato su
me stessa. Mi sentivo tragicamente sola e
anche un po’ tradita: Gandalf ce l’avrebbe
fatta benissimo a
risalire col mio aiuto
e io ce l’avrei fatta perfettamente a reggere il suo peso e a
trascinarlo su!
Perché, allora, si era lasciato morire, aveva deciso di
lasciarsi andare
nell’abisso? Cosa gli era saltato in mente? Forse aveva
capito che il nostro
era un viaggio senza speranza, senza lieto fine: Frodo non sarebbe mai
riuscito
a raggiungere il Monte Fato, l’Anello sarebbe caduto nelle
mani di Sauron e il
mondo sarebbe ripiombato nell’oscurità, senza che
Aragorn o Boromir, per quanto
valorosi, potessero impedirlo. Forse non desiderava vedere tali cose,
non
desiderava essere presente nel momento della sconfitta. E aveva
preferito
morire. Eppure era tranquillo, nel momento decisivo, era sereno e aveva
cercato
di infondere in me quella stessa tranquillità, non
riuscendoci. Perché era così
tranquillo? Che fosse tutto uno scherzo?
“
Credi che sia la fine?
Ci vedremo ancora. ”
Moria era lontana, Aragorn ci aveva
fatto alzare e avevamo
ricominciato a camminare, scendendo dal costolone roccioso per
raggiungere
prima del calare del sole i boschi di Lothlorien.
Mi voltai a guardare: la fessura da
cui eravamo usciti non
era più visibile, ma aspettavo da un momento
all’altro lo sbucare della sagoma
cenciosa di Gandalf, magari da dietro una curva, o da dietro un masso;
pensai
che ci avrebbe ripresi per la nostra tristezza e per i musi lunghi e
pensai che
mi avrebbbe fulminato con lo sguardo per essere andata ad aiutarlo
quando lui
mi aveva pregato di stare al sicuro. Sorrisi: Gandalf non avrebbe
desiderato
che lo piangessimo tanto, avrebbe preferito che ci portassimo al sicuro
e
pensassimo ad altro, come al suo senso dell’umorismo, o ai
fuochi d’artificio
che spesso mi mostrava da bambina.
Ripensai
a quanto mi aveva insegnato, a quanto era stato importante per me: se
non fosse
stato per lui non sarei stata in marcia con la Compagnia, ma rinchiusa
fra le
mura di Isengard, pensando che fosse giusto allearsi con Sauron e
creare orchi
mutanti dalle dimensioni spropositate. Se non fosse stato per lui, non
avrei
mai abbandonato la mia stanzetta nella Torre e non sarei partita alla
scoperta
di Gondor; non avrei conosciuto Boromir; non mi sarei innamorata; non
sarei
neanche sopravvissuta in questo mondo, senza il suo aiuto!
Tutto quello che ero, lo dovevo a
lui. Era stato come un
padre per me, e lo sarebbe sempre stato. Ma era giunto il momento di
salutarlo,
perché quel peso mi opprimeva il cuore e mi impediva di
camminare.
Boromir si era fermato accanto a me,
in silenzio, senza
toccarmi o forzando qualche manifestazione di dolore.
<< Boromir?
>> Lo chiamai. Cercai i suoi occhi e
li allacciai.
<< Mi dispiace tanto,
Anna. Davvero. >>
Gli sorrisi e gli accarezzai la barba
sfatta, controllando
un piccolo taglio che si era procurato sulla guancia <<
E’ stato gentile
da parte tua controllarmi la ferita. >> Dissi
<< Hai controllato
anche il taglio di Sam? >>
<< No, ma lo
farò. O, meglio, TU lo farai. >>
<< Raggiungiamo gli
altri? >>
<< Raggiungiamo gli
altri. >>
<< Boromir?
>>
<< Si? >>
<< Mi lasci un
po’ da sola? >>
Lui mi guardò con aria
indecifrabile e annuì, raggiungendo
il gruppo e lasciandomi in coda, da sola. In cammino verso la terra di
Galadriel, Dama della luce, salutai Gandalf il Grigio, padre e
protettore, e
Jadis, lupa coraggiosa che mi aveva servito fino all’ultimo.
Gli dissi addio
ripensando a quanta strada avevamo fatto assieme e i loro spiriti mi
sussurrarono una cosa, appena prima di entrare nel regno della Dama dei
Boschi,
la cosa più importante di tutte: io non ero sola.
NOTICINA!!!! yeeeeeeeeeeeeeeh!!!
Buona Pasqua people!!!un
caloroso a tutti coloro che leggono e anche a chi non legge! Dopo un
momento di
sconforto in cui mi sono chiesta l’utilità di
riscrivere una cosa già scritta,
storpiando una storia stupenda con sciocchi pensieri e creando
personaggi di
ben poco spessore rispetto a quelli del Maestro, ebbene sono tornata!
Mi sono
detta: ma non volevi mica creare qualcosa, tu? Non volevi forse rendere
onore
al Maestro, metterti alla prova, sentire pareri? Non desideravi
imparare?
La vita è breve, ragazzi
miei, troppo breve per essere
vissuta in compagnia di assillanti domande quali: sarò
abbastanza portata? Avrò
abbastanza talento? Avrò abbastanza palle per andare avanti?
Questa ficci è una solo un
modo come un altro per mettermi
alla prova e per ora si, fra alti e bassi, ho abbastanza palle per
andare
avanti- Valar, che pensieri profondi…
NuovamenteMunitaDiPalle, Nini.
Ps- oggi sono andata al raduno
fantasy di Soncino: spero che
ci sia andata parecchia gente e magari anche qualcuno di voi fanatici
perché è
stato davvero interessante J
Bis bis alla prossimaaaaaaaa!!!!
|
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Capitolo 24 *** Lorien ***
Camminai a lungo da sola e in
silenzio in coda alla
carovana. Eravamo tutti in lutto, ma io a maggior ragione: oltre ad
aver perso
una guida e un padre come Gandalf, avevo perso la compagna di una vita,
la cara
Jadis. Era una sensazione così strana trovarsi
improvvisamente sola…ma ad ogni
passo, i loro spiriti mi seguivano e mi sussurravano di non
preoccuparmi e di
stare ben ancorata alla realtà: presto, avrei avuto ben
altro da fare che
pensare a loro. E, come sempre, gli spiriti avevano ragione.
In prossimità dei confini
di Lorien, per premiare la nostra
tenacia, Aragorn ci concesse una piccola pausa accanto a un ruscello.
Ci
ristorammo con l’acqua fresca e colsi l’occasione
per dare un’occhiata al
taglio di Sam: era superficiale, ma si stava già infettando.
<< Bel
taglio. >> Commentai, asciutta << Ancora un
po’ e ti spaccava la
testa, Sam. >> Sam strinse i denti mentre gli pulivo la
ferita e la
medicavo con qualche goccia di antidoto.
<< Non è di
me che dovresti preoccuparti, ma del
signor Frodo. >> Borbottò, tenendo premuto
sulla testa l’impacco che vi avevo
posto << Credo che il Troll gli abbia fatto
più male del dovuto. In
fondo, sotto quella cotta, è sempre un Hobbit.
>>
Mi stavo per dirigere verso Frodo
quando Sam mi richiamò con
un timido colpo di tosse << Mi dispiace. >>
Disse solo, ma bastò.
Annuii e gli diedi le spalle per celare le lacrime.
Frodo se ne stava in disparte, seduto a terra, il corpo
appoggiato a una pietra che
sbucava dall’erba, il viso pallido. Aprì gli occhi
proprio quando giunsi
davanti a lui.
<< Via la camicia.
>> Ordinai << Devo
controllare se hai qualche ferita. >>
Frodo non rispose, fece esattamente
quanto gli avevo
chiesto: si slacciò il mantello, si tolse il panciotto, la
camicia e la cotta
di mithril, restando a torso nudo. Solo l’Anello, appeso a
una fine catenella
d’oro, lo vestiva. Brillava di una luce sinistra, che in quel
momento odiai
profondamente: era colpa sua se quel viaggio era iniziato, e sua era
tutta la
colpa delle nostre sciagure. Che andasse a Mordor e alla distruzione il
più
alla svelta possibile!
Sam
aveva l’occhio
lungo: sul fianco destro, Frodo aveva un livido da paura. Gli feci
alzare un
braccio e lo toccai un po’, ma non c’era niente di
rotto. L’unica cosa che
potei fare per lui fu cospargere di unguento lenitivo
l’ematoma e dargli un
tonico per i tessuti.
<<
Sarai stanco. >> Dissi, mentre lui si rivestiva
<< Portare quel
coso al collo deve essere dura, eh? Se arriviamo sani e salvi a Lorien,
vedrò
di darti qualcosa per tirarti su di morale, va bene? >>
Lui sorrise, mesto, abbottonandosi la
camicia <<
L’unica cosa che potrebbe tirami su di morale è
sapere che tutto questo è un
sogno, e io sto dormendo sonni sereni a casa Baggins. >>
Alzò lo sguardo
e mi penetrò con quegli incredibili occhi azzurri
<< Cosa ti ha detto,
prima di…cadere? >>
Deglutii: era una cosa
così personale e dolorosa che
faticavo a esternarla << Mi ha detto di starti vicino.
>> Risposi,
aiutandolo ad allacciarsi il mantello << Di proteggerti.
>>
<< E lo farai?
>>
<< Che domanda
è? >>
<< Una domanda seria.
>>
Lo guardai con aria interrogativa
<< Dove vuoi
arrivare, Frodo. >>
L’Hobbit si
guardò attorno, per evitare di essere sentito
<< Ho paura. >> Sussurrò
<< Ho paura che Boromir tenti di
prendermi l’Anello. >> I suoi occhi si
dilatarono dal terrore <<
Lui è grande e grosso e non potrei niente contro di lui, ma
so che a te darebbe
retta: riuscirai a…? >> Non concluse la frase,
troppo imbarazzato dalla
piega che aveva preso la conversazione: stava dando al mio uomo del
ladro! Ma
tacqui e mi guardai attorno in sua ricerca: Boromir era in piedi
accanto ad
Aragorn e a Legolas, a contemplare il confine delle terre di Galadriel,
in
silenzio. Si, era grande e grosso e aveva un’aria palesemente
aggressiva quando
combatteva, ma era un uomo buono e dolce, leale e orgoglioso: non
potevo
permettere che qualcuno- o qualcosa- potesse ledere il suo onore. Si
sarebbe
lasciato ammazzare, piuttosto che avere un’infamia simile
sulla sua anima e
sulla sua coscienza.
<< Frodo.
>> Dissi, poggiandogli le mani sulle
spalle e riallacciando lo sguardo al suo << Credi DAVVERO
che Boromir
potrebbe rubarti l’Anello? E’ un uomo
d’onore, che non farebbe mai la cosa sbagliata
per pura brama di potere, lo farebbe solo per il suo popolo, comprendi?
>>
<< Ma l’Anel-
>>
<< Quello stramaledetto
coso non cadrà nelle sue
mani, ne in quelle di nessun altro. Lo
prometto solennemente, esattamente come lo promisi a Gandalf, va bene?
>>
Parlai con voce fredda e vagamente minacciosa, ma quella promessa
zittì Frodo e
sembrò sollevarlo da un fardello pesante: nella sua
“ lotta “ contro Boromir
aveva trovato un ottimo alleato, adesso.
Mi fece un pallido sorriso
<< Hai mai visto i fuochi di
Gandalf, Anna? >>
Annuii <<
Era… era solito mostrarmeli, quando tornava
a casa da lunghi viaggi. >>
<< Ogni volta che
veniva a Hobbiville ce li mostrava,
e anche per la festa dei centoundici anni di Bilbo: ha prodotto delle
cose
meravigliose! >> I suoi occhi si velarono di tristezza,
ma anche di
dolcezza: i bei ricordi, quanto erano piacevoli…
<> La
sua voce si incrinò <<
Parlo già al passato, hai notato? >> Un
lacrimone gli scese lungo la
guancia. Strinse le labbra e sbarrò gli occhi, lasciando
scivolare altre grosse
lacrime dagli occhi liquidi. Gli posi un braccio sulle spalle, cercando
di
consolarlo, mentre io, invece che sentirmi disperata quanto lui, mi
scaldai
alla fiamma di un improvvisa speranza.
<< Credo che il futuro
abbia in serbo cose nuove,
Frodo. >> Gli sussurrai << Sai cosa mi ha
detto? “ Credi che sia la
fine? Ci vedremo ancora. “ >> Lo guardai
<< Non ti scalda il cuore,
sapere che un giorno lo rivedremo? >>
<< Preferirei averlo
qui, ora, che avere una misera
speranza di rivederlo in futuro. >> Borbottò
lui dopo un tremulo sospiro,
asciugandosi le lacrime. Sorrisi a quell’improvviso broncio.
Mi scostai da lui
e lo guardai, il cuore gonfio di aspettative << Ma
è pur sempre una
speranza, Frodo. >>
Il Bosco pareva incantato, un
po’ come tutti i luoghi
abitati dagli Elfi. Anche Gran Burrone aveva quell’aura
magica attorno a sé,
aura ravvivata da un immagine sempre lieta di feste e balli e canti
degli Elfi.
Ma nel Bosco d’Oro l’atmosfera era assai diversa:
era si magica, con quelle
foglie dorate che piovevano su di noi come acqua, scintillando nella
caduta, ma
anche…triste, come un animale che stava lentamente morendo,
o un impero in
decadenza. Decadente, quello era il termine adatto.
<< Questo posto mi
mette malinconia. >> Mi
sussurrò Giulia << E anche un po’ i
brividi: hai notato che non vi è
alcun rumore? >> Effettivamente, non si udiva un
uccellino cinguettare, o
rumore di selvaggina: come i boschi di Imladris brulicavano di vita,
Lorien
pareva abbandonata. << Sembra che non ci abiti nessuno.
>> Mormorai
io, cercando segni di vita fra gli alberi, che creavano lunghe file e
si
confondevano fra di loro << Sembra quasi un labirinto.
>>
<< Dicono che in questi
boschi viva una fattucchiera.
>> Raccontò Gimli, l’ascia in mano e
lo sguardo vigile << Dicono
che incanti i viandanti che si perdono nelle sue lande, che li attiri
nella sua
casa, e non li lasci più andare. >>
Giulia ridacchiò
<< Allora vedi di esser cauto, Gimli:
se hai così paura, è meglio non nominare la tua
strega. >> Merry annuì
vigorosamente << Giusto: potrebbe sempre mandare i suoi
scagnozzi a
prenderci! >>
Gimli scrollò le spalle
<< Bah! Come potrebbe
incantare un Nano della stirpe di Durin, nato dalla pietra?
>> Si vantò
<< E poi, mi accorgerei della presenza di scagnozzi nelle
vicinanze: ho
gli occhi di un falco e le orecchie di una volpe i-OH! >>
Come apparsi dal tronco degli alberi,
plasmati da essi,
sbucarono una ventina di elfi tutti uguali: biondi, pelle diafana,
occhi
castani e lineamenti delicati. Tutti erano vestiti di verde e tutti
incoccavano
con aria minacciosa una freccia su dei portentosi archi. Ci stringemmo
a cerchio
e non avemmo il tempo di sguainare le spade, ma di guardarci tra noi
con aria
allibita: da dove diavolo sbucavano quelli?!? Boromir mi si strinse
accanto,
una mano sul braccio pronta a spostarmi in caso di combattimento,
mentre Giulia
era alle spalle di Legolas, che era l’unico membro
visibilmente tranquillo
della compagnia. La fila di arcieri si aprì e
sbucò un nuovo personaggio:
questi era un elfo dai lineamenti meno delicati degli altri, quasi
più volgari,
ma decisamente più accattivanti. Si mise le mani sui fianchi
e fissò Gimli con
aperto disprezzo.
<< Il Nano respirava
così forte che avremmo potuto
colpirlo a occhi chiusi. >> Ironizzò con voce
suadente, guardandoci poi
uno a uno << Chi siete. >>
Aragorn si fece avanti e
parlò a lungo con l’elfo nella sua
lingua, senza renderci partecipi della conversazione. Da quel poco che
riuscivo
a comprendere della loro parlata sciolta e veloce, l’elfo si
chiamava Haldir ed
era il capitano della guardia di confine del bosco. Capii che Aragron
accennava
al fardello portato da Frodo e alla perdita di Gandalf. La parola
stanchezza
ricorse parecchie volte in quel dialogo. Infine, Aragorn tacque e
attese il
verdetto del capitano. Egli si premette due dita sulle labbra e
annuì piano,
fissando Frodo << Vi condurremo dalla Dama del Bosco: lei
saprà cosa
fare. >>
Gimli sembrò palesemente
terrorizzato << Aragorn,
questo posto non mi piace…torniamo indietro…
>>
Haldir ridacchiò, maligno
<< Non potete tornare
indietro >> Disse piano << Lei aspetta.
>>
Gli Elfi di Lorien avevano la strana
usanza di bendare
coloro che conducevano alla loro città. Gimli si
lamentò molto per quella
soluzione, ma quando tutti fummo bendati non poté astenersi.
Ma gli elfi furono
gentili con noi: non ci fecero inciampare in nessuna radice che
ostruiva il
sentiero da percorrere e ci condussero quasi mano nella mano in quel
nuovo
viaggio nell’oscurità.
<< Sembra di giocare a
mosca cieca. >> Borbottò
Boromir, che avanzava goffamente reggendosi a me e a un altro elfo.
Anch’io
facevo fatica, ma non era tanto difficile, non dopo tutto il tempo
passato a
Moria.
Giungemmo infine alle porte di Caras
Galadhon, l’unica città
del reame di Lorien, dimora di Celebron e Galadriel, Dama di Luce. Era
una
città imponente e delicata, costruita su di una collina, le
cui case erano
costruite su alberi enormi, con un’eleganza e una
raffinatezza da far
impallidire l’architettura di Gran Burrone. La
città era immersa in una lieve
luce e sulle nostre teste aleggiava un canto antico, che restava a
lungo
sospeso nell’aria prima di tacere e riprendere. Haldir aveva
congedato i suoi
compagni e ora ci conduceva lui solo lungo il perimetro della
città, che aveva
i suoi cancelli a sud. Giunti ai cancelli, Haldir sussurrò
qualche parola e,
magicamente, il cancello si scostò. Con grande sorpresa, ci
accorgemmo che
nessuno manovrava il cancello. Eravamo tutti pieni di meraviglia, ma
non
avevamo la possibilità di parlare fra di noi, certi che
anche il minimo
sussurro avrebbe rotto quell’incanto.
Arrivammo alla dimora di Celebron e
Galadriel, costruita
sollevata di parecchi metri da terra attorno all’albero
più grande che avessi
mai visto. Una scala seguiva per intero il tronco e saliva
attorcigliandosi ad
esso. Haldir si voltò a guardarci e fece un cenno a Frodo
<< Che Frodo e
Legolas mi seguano in testa. Gli altri possono salire
nell’ordine che
preferiscono. >>
<< Dio santo come
è altezzoso! >> Sentii
ringhiare Giulia, che mal sopportava le
differenze. Le presi una mano per tranquillizzarla
<< Tranquilla,
sorella mia. >> Le sussurrai, cercando di individuare la
fine della
scala, ma essa si perdeva nella chioma dell’albero.
<< Tieni buono il
fiato per la scalata che ci attende. >>
NOTICINA!!!weeeeeeeeeeeeeeee!!!buondi
a tutti!!! Avrei pubblicato
ieri, ma non riuscivo ad accedere alla pagina…bbbo!!!va te a
sapere i misteri
di internet…è da un po’ che non vi
chiedo come state, cari lettori. Come state?
Va tutto bene? Scivola tutto liscio nella vostra vita?
L’autrice spera tanto di
si!!!! Mi sono stufata di chiedervi se la storia vi piace…
anche se intravvedo
già la fine- haime! La Compagnia è a Lorien, e
fra poco arriverà il momento
cruciale…la parte migliore, quella che ho più
apprezzato di Tolkien, sta per
finire. E la cosa mi mette addosso una malinconia…
Tra l’altro: pensavo di
scrivere una one-shot su Boromir da
piccolo, o una storia breve, ancora non lo so… mah! In ogni
caso, tenete gli
occhi aperti mi raccomandooooooooooooooo!!!!
Pace e ammmore people- e spasiba per
le recensioniJ
Con affetto, Nini.
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Capitolo 25 *** Dichiarazioni. ***
la scala si avvinghiava attorno al
tronco del mallorn in
spirali infinite, senza che noi ne vedessimo la fine. Da essa, sui
rami, si
dipartivano flet e talan luminosi, piani del palazzo più
grande che avessi mai
visto. Continuammo a salire per un tempo infinito, finchè i
polpacci non ci
fecero male e la testa non ci girò, e alla fine Haldir si
bloccò. << Ecco
la nostra destinazione. >> Disse, uscendo dalla scala per
incamminarsi
sul flet più grande di tutti. Esso sorreggeva la dimora
più grande che avessi
mai visto, un palazzo enorme fatto di rami intrecciati, in cui il
tronco
passava e andava oltre, senza variare di dimensione. <<
Che tocchi il
cielo? >> Si chiese Pipino, grattandosi il mento. Sam lo
affiancò
<< Bè, non me ne stupirei affatto.
>>
La sala era alta, coi soffitti dorati
e le pareti argento e
verdi, create in materiali preziosi. Era una sala lunga e molto elfi
sedevano
su alti scranni accatastati alle pareti, ma il posto d’onore
era in fondo: su
un rialzamento, sotto un baldacchino di rami viventi e intrecciati,
stavano
Celebron e Galadriel, Dama di Luce. Erano entrambi belli e
all’apparenza
giovani, ma bastava scrutare per un attimo nei loro occhi per vedere
quanta
saggezza vi risedesse. << Devono essere antichi come la
Terra di Mezzo.
>> Sussurrai a Boromir e lui annuì, troppo
rapito dalla Dama. Ella,
infatti, era di gran lunga più bella di qualsiasi essere
avessi mai visto,
persino Arwen sfigurava al confronto- anche se erano due bellezze
diverse. Era
alta, alta quasi quanto Celebron, e dalla pelle lunare; i suoi capelli
erano
oro liquido, accuratamente inanellati e lunghi fin sotto la vita,
stretta come
quella di una vespa. Indossava abiti semplici ma che, su di lei,
sembravano
veramente regali. Era ovvio che tutti gli uomini della compagnia si
sentissero
affascinati da lei.
<< Nove sono partiti,
eppure solo otto sono giunti qui
al mio cospetto. >> Iniziò Celebron, una voce
antica come le montagne
<< Ditemi, dove si trova Gandalf il Grigio,
perchè da tempo desidero
parlare con lui. >> Mi lasciai sfuggire un sospiro: non
era stato
avvisato della morte di Gandalf? Gli occhi della Dama si inchiodarono
ai miei
<< Egli è caduto. >>
Sussurrò, ma solo da li avvertii la sua voce
profonda e antica. << Egli è caduto nelle
tenebre di Moria. >>
Aragorn annuì << Un Balrog, mia signora.
>>
La Dama scese i pochi scalini che ci
dividevano da lei e si
fermò a pochi passi da noi, radiosa ma fredda come il
ghiaccio. << Vi
dirò quello che sento. >> Sussurrò
tenendo gli occhi bassi << La
vostra missione è sulla lama di un coltello. Una piccola
deviazione ed essa
fallirà, per la rovina di tutti noi. Ma la speranza permane,
e finchè essa
albergherà nei vostri cuori non dovete temere.
>> Poche e fredde parole,
dette mentre ci frugava con gli occhi uno ad uno, lasciandoci senza
fiato e
come spogliati nell’anima: quell’Elfa aveva il
potere di farti sentire nudo al
suo cospetto! Poi ci sorrise, e il suo viso si aprì come il
cielo dopo una
nuvola passeggera: bellissimo e ampio. << Che i vostri
cuori trovino pace
sulla mia terra. Stanotte, dormirete qui. >>
<< Non hai avuto la
sensazione di sentirti nudo, Bo?
>>
Ai piedi di un mallorn argentato, gli
elfi ci avevano
preparato un grande padiglione con delle coperte soffici e dei cuscini,
per
farci dormire comodi. Davanti ad esso, vi era una fontana di acqua
limpida e
tutti, a turno, si erano rinfrescati. In quel momento, io e Boromir
eravamo
soli e lui mi stava pulendo la ferita alla spalla.
<< Si, l’ho
provata. >> Prese con il
polpastrello un po’ dell’unguento di Matilde e lo
mischiò a una pomata che
Haldir in persona ci aveva donato. Con delicatezza, mise il composto
nella
ferita. Strinsi i denti per non gemere. << Ti fa male?
>>
<< Brucicchia.
>>
<< Allora va bene.
>>
Ridacchiai <<
E’ una delle frasi fatte di Matilde,
Bubu? >>
<< Si- e non chiamarmi
Bubu!! >>
Io risi piano e mi accorsi che quella
era la prima risata
dalla morte di Gandalf. Boromir se ne accorse e mi accarezzò
piano i capelli
ancora umidi, continuando a medicarmi la ferita in silenzio. Una volta
finito,
si sedette al mio fianco sul bordo della fontana e rimase li, a giocare
con
l’acqua. Restammo in silenzio ad ascoltare l’acqua
gorgogliare e, in quel
momento, sulle nostre teste, dalle fronde degli alberi, si
levò un canto dolce
e triste, in cui spesso si sentiva il nome elfico di Gandalf.
Era giunto il momento di parlare
<< Mi sento in dovere
di ringraziarti, Boromir. >> Iniziai, stranamente formale
<< Sei
stato gentile a…lasciarmi il mio spazio, quando è
successo. >> Lo vidi
sorridere << Anche io conosco il dolore per la morte di
un caro, e so
cosa si prova quando la gente ti sta addosso. Molto meglio sbrigarsela
da soli,
no? >> Mi guardò << E io che
volevo scusarmi per quel
comportamento… >> Mi strinsi nelle spalle
<< Qui l’unica che deve scusarsi
sono io. Ho la colpa di essere stata egoista nel mio dolore: avrei
dovuto
condividerlo con gli altri, con Giulia, con te, e forse adesso non mi
sentirei
così… vuota? >>
<< Tu non sei vuota.
>> Boromir mi prese per
mano << E’ la mancanza della persona amata,
sai? Quando ci si abitua ad
una presenza, e quella è costante nella nostra
vita…è dura, non sentire il
vuoto che si crea nel posto a lei riservato- e parli proprio tu, che
hai perso
la tua più cara compagna e il tuo tutore! Amore, sei stata
fin troppo forte a
non rinchiuderti in isolamento e piangere ad ogni passo di questa lunga
marcia!
Io… >> Si sfiorò i polsi non
coperti dai bracciali in cuoio << Io
non ho avuto la tua stessa forza. >>
Mi stupii moltissimo: nonostante gli
anni trascorsi e le
cicatrici ormai pallide, la ferita aperta dalla morte di Finduillas era
ancora
aperta. Gli accarezzai una guancia ispida e agganciai i suoi occhi ai
miei,
lasciando che mi sondasse in profondità. <<
Amore, tu hai appena
dimostrato di avere più forza di me: hai buttato fuori una
cosa che io…non
sarei mai riuscita a dire. >> Gli sorrisi, accarezzandolo
piano lungo il
viso e il collo, incantandomi sulla linea elegante della clavicola
<<
Ricordi? E’ da quando mi parlasti di tua madre che siamo
diventati intimi.
>> Mi scoprii il polso e gli mostrai la mia, di
cicatrice. << Vedi?
Siamo uniti anche in questo, Bo… >> Lo sentii
sospirare mentre mi
prendeva il viso fra le mani e iniziava a baciarmi le guance, rigate di
lacrime. Trattenni un singhiozzo << Anche in
questo…uniti. >>
Se è vero che da cosa
nasce cosa, la conclusione naturale
della nostra conversazione fu quella di finire a rotolarci fra le
coperte degli
elfi, stuzzicati dall’erba fresca, indisturbati. Era come se
attorno a noi il
mondo avesse cessato di esistere: c’eravamo solo lui ed io,
io e lui. Fu un
fare l’amore strano: terribilmente lento, ma
così…pieno, ricco. Non ci eravamo
mai studiati così bene, troppo presi dalla passione dei
giorni di Gran Burrone.
Se allora era stato un arruffarci che ci faceva somigliare a cuccioli
giocherelloni, l’amore fatto a Lorien segnò il
pieno passaggio a una sessualità
adulta, piena di sfumature eleganti e soffuse, che fu in grado di
riappacificarci col mondo. Dopo aver a lungo rimandato il piacere, ci
ritrovammo esausti, avvolti nella fragranza dell’erba e
nell’abbraccio delle
coperte calde. Coi piedi che si strusciavano l’uno contro
l’altro, fra sussurri
e risolini, entrambi ci lasciammo andare nel sonno ristoratore.
Fu strano svegliarmi e non trovarlo
più accanto a me. Il
crepuscolo era sceso, degli altri non c’era ombra e Boromir
era sparito,
lasciandomi da sola. Dopo lo smarrimento iniziale, mi alzai e vestii
con abiti
puliti donatici dagli elfi, l’idea fissa di farmi una
passeggiata per quel
giardino che era Lorien. Non desideravo unirmi agli altri, o unirmi a
Boromir,
volevo solo camminare. Stavo così bene,
adesso…avevo bisogno di godermi quel
momento di pace interiore, di lasciarmi assorbire totalmente da esso.
Cosa c’era
di meglio, dunque, se non una passeggiata? Scivolai per i mallorn come
un ombra
della sera, beandomi del silenzio e della pioggia dorata che non
cessava un
attimo di cadere. Presi una foglia da terra e l’annusai:
sapeva di terriccio e
di erba, e mi fece sorridere e pensare. Quel sonno era stato
ristoratore e aver
fatto l’amore con Boromir mi aveva ridato calore: sentivo
finalmente emozioni
positive, note profonde che si risvegliavano nella mia anima grazie a
un
uccellino che cantava, a una foglia che mi cadeva sulla testa. Cose
futili,
certo, ma che mi facevano sentire viva.
Voci sommesse mi giunsero da dietro
un mallorn e mi fermai
ad ascoltare, perché quelle voci mi erano note: Giulia e
Legolas passeggiavano
nel bosco, conversando. Riuscii a percepire solo certi frammenti, ma
furono più
che sufficenti.
<< … questi
canti, Legolas? Cosa significano? >>
<< Sono canti per
Gandalf, lamenti. >> Il nobile
elfo tacque un attimo, per poi parlare con voce appena udibile
<< Mi
dispiace, ma non posso tradurli. Il dolore è ancora troppo
vicino. >>
Giulia ridacchiò
<< Come al solito, hai previsto tutte
le mie domande eh? >> Tacque un po’, per poi
riprendere << E’ stato
un duro colpo, vero? >>
<< Si. >>
<< Soprattutto per mia
sorella. >>
<< Vero. Dici che si
riprenderà? >>
<< Riprendersi? Le
sarà bastato il pomeriggio col suo
Bubu, per riprendersi! >> Dal mio nascondiglio, sorrisi
alla battuta:
Giulia aveva dannatamente ragione. “ Dovrebbero provare
tutti, quello che provo
io… “ Mi dissi. Quanto era vero…
Legolas ridacchiò
<< Sei molto aperta, su
certi…comportamenti. >>
Giulia sbuffò
<< E’ mia sorella, mica mia figlia! E
poi… >>
<< Poi? >>
<< Non puoi separare
due persone innamorate l’una
dall’altra. >> Fece una pausa <<
E’ da infami farlo. >>
<< Infami?
>>
<< Si. >>
<< Stai dicendo che due
persone così legate devono stare
assieme, che nulla può separarle? >>
<< Be, si, ma prima
devono sapere se sono ricambiati.
>> Giulia fece una lunga pausa piena di imbarazzo
<< Perché, sai,
se no, uno si fa delle strane idee, magari fa una figura di
mer->>
Legolas bloccò il flusso
di parole << Giulia. >>
Lei non rispose. Molto probabilmente
annuì. << Credo
che io e te dovremmo non lasciarci più, allora.
>>
Ancora silenzio <<
Credi? >> C’era una sfumatura
strana nella voce di Giulia, una nota che non avevo mai udito.
Timidezza e
calore, ma anche gioia e…ansia? << Be, se ti
va, possiamo provare.
>>
<< Ti piacerebbe?
>> Sentii rumore di passi e
poi più nulla. Quello fu il momento di levare i tacchi e
lasciare i due
piccioncini nel loro nido. Tanto, a tempo debito, avrei saputo tutto,
anche il
colore delle mutandine di Legolas! Col sorriso in viso, me ne tornai al
campo.
Trovai solo Pipino. Se ne stava
seduto sul bordo della
fontana e giocava con l’erba, facendola frusciare fra le dita
dei piedi pelosi.
Trasalì nel
vedermi arrivare e ricambiò
il mio sorriso aperto con un rossore imbarazzato. Senza dir nulla, mi
sedetti
sul bordo della fontana accanto a lui e presi ad accarezzarmi i
capelli,
finalmente puliti e senza nodi.
<< E’ un bel
posto. >> Gli dissi, asciutta,
guardandolo di sottecchi << Troppo bello per essere
tristi. >>
Pipino non rispose. Sospirai platealmente << Pipino, non
voglio
costringerti ma…parlami. Per favore. >> Dalla
morte di Gandalf, non mi
aveva più rivolto parola e cercava in tutti i modi di non
essere solo con me. Cosa
credeva, che l’avrei ucciso per quello che aveva combinato a
Moria? Era stato
destino che lui facesse cadere quello scheletro nel pozzo, che gli
orchi si
accorgessero di noi e tutto quanto ne consegue! << Pipino
guardami,
GUARDAMI. >> Con uno sforzo tremendo, Pipino rivolse i
suoi occhi e si
perse nei miei. Divennero subito liquidi e un singhiozzo enorme gli
ruppe il
petto. << Mi dispiace. >>
Sussurrò piano, iniziando a piangere,
continuando a guardarmi << Mi dispiace! >>
Continuò a ripetere,
mentre lo abbracciavo stretto a me. Non l’avevo mai incolpato
di quanto
successo nelle Miniere, e mai l’avrei fatto: era stato il
volere di una forza
maggiore, e lui era il semplice esecutore di quel volere. Basta.
Dopo aver consolato Pipino, lo
invitai a passeggiare con me
per i boschi. << Ti tranquillizzerà.
>> Gli avevo detto << Te
lo assicuro. >>
Camminammo in silenzio per lungo
tempo, allontanandoci dal
campo nella prima sera. Camminammo in direzione opposta a dove si
trovavano
Giulia e Legolas, ma inaspettatamente ci imbattemmo in un'altra
conversazione.
<< Dovresti riposare,
amico mio, darti pace. >> La
voce di Aragorn.
Ci fermammo, incuriositi.
<< Non troverò pace qui, non
finchè la situazione non sarà risolta.
>> Era Boromir.
<< Puoi parlane, se
vuoi. >>
Ci fu silenzio << Le
nostre linee stanno cedendo, me
lo sento anche se sono lontano da casa. Il nostro popolo è
forte sotto la guida
di mio padre, ma io lo so...ci stiamo infiacchendo. Mio padre
è un grande uomo,
lui guarda a me per riordinare le cose e io lo farei con tremila cuori,
solo
per vedere la gloria di Gondor ristabilita. >> Si
fermò << Hai mai
visto Minas Thirith, Aragorn? >> Lui non rispose
<< Ah, la Bianca
Torre di Ectelion: luccica come una lancia di perle e
d’argento. E il sole che
si riflette su di essa… sei mai stato accolto a casa dal
chiaro suono di trombe
d’argento? >>
Aragorn rispose con voce sussurrata
<< Vidi Minas
Thirit, tempo fa. >>
<< Allora un giorno ci
torneremo assieme, e la guardia
della Torre griderà “ I signori di Gondor sono
tornati!” , e regneremo assieme
per lungo tempo… >>
<< Dunque hai cambiato
atteggiamento nei miei confronti.
>>
<< Sei un uomo
d’onore, rispetto e onoro il patto che
esiste fra il mio e il tuo sangue, Aragorn. Mio capitano.
>>
Sentii il cuore riempirsi di orgoglio
e strinsi la spalla a
Pipino, felice e orgogliosa del mio uomo.
<< E, come mio capitano
e amico, ti chiedo di onorarmi
in un’altra situazione. >>
<< Parla pure, amico
mio. >>
<< Conosci
l’usanza di Gondor riguardo il
fidanzamento, vero? Deve essere fatto in presenza di un amico fidato.
>>
La voce di Boromir era carica di emozione << Ecco,
desidero che tu sia
presente al mio giuramento: ho intenzione di chiedere ad Anna di
sposarmi.
>>
Sembrò che la terra mi
scivolasse sotto i piedi e che il mio
spirito si innalzasse al cielo. Non ero mai stata così
felice.
NOTICINA: che chappi
luuuuuuuuungo!!!!e pieno di
dichiarazioni!!!spero che apprezziate…mi raccomando, fatemi
sapere!!!!!bis bis,pace
e ammore!!!
De prufundis, Nini.
|
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Capitolo 26 *** Lo Specchio di Galadriel ***
Dovevo aspettarmelo e invece la
notizia del mio matrimonio
mi aveva lasciata senza parole, solo alleggerita da tante pene: come
avrei
voluto che Gandalf fosse con me, in quel momento! Valar, era ovvio che
Boromir
intendesse sposarmi, ma non credevo che mi avrebbe fatto un simile
effetto
sentire la sua voce pronunciare quella fatidica promessa, per non
parlare del
fatto che si era rivolto ad Aragorn- Aragorn! Quale sortilegio aveva
legato
così all’improvviso due uomini così
simili eppure così diversi? Da tempo mi ero
accorta della saggezza e dell’alto lignaggio di Aragorn, ma
il Ramingo era il
signore del mio uomo, non il mio: se Boromir si fosse piegato, allora
l’avrei
seguito, ma non prima. Evidentemente, si era più che
piegato: Boromir aveva
riposto totale fiducia nel suo futuro Re, elevandolo con la storia del
fidanzamento allo stesso livello di Faramir, creando con lui un legame
che
andava ben oltre il sangue e l’amicizia: un legame
d’onore. Questo mi rendeva
fiera di lui: da cieco e sordo alle doti del Ramingo, Boromir aveva
riacquistato tutti i sensi, rendendosi conto di chi aveva davanti: un
vero Re.
Il suo.
Vincolai Pipino al silenzio con un
giuramento talmente
imponente che l’Hobbit fu quasi costretto a darmi la sua
parola: non ne avrebbe
parlato con nessuno, nemmeno con Merry. << Spero tanto di
essere
invitato! >> Mi disse mentre ci avvicinavamo al campo,
interrompendo il
racconto delle usanze Hobbit riguardo il matrimonio. Dalle mie labbra
uscì una
risata così cristallina che fece voltare tutti i presenti,
Boromir compreso.
Stavano seduti a terra come in una merenda pomeridiana, con un tavolino
basso
su cui erano servite diverse portate. Ci squadrarono tutti con aria
interrogativa. Mi sedetti accanto a Boromir e gli posai un leggero
bacio sulla
guancia, chiedendo a gran voce cosa stessero mangiando <<
Maialino
ripieno di castagne… >> Rispose Boromir, senza
smettere di osservarmi,
incuriosito << Cosa hai da sghignazzare tanto?
>>
<< Devo nascondere di
essere felice? >> Ribadii
<< Lorien ha sanato le ferite del mio cuore e ha aiutato
il mio spirito a
prendere commiato dai defunti. >> Sospirai
<< Vorrei tanto che
Gandalf e Jadis fossero qui… >>
<< Non sei la sola a
volerlo. >> Disse Legolas
<< Ma, e posso parlare a nome di tutta la Compagnia, il
cuore di ognuno
di noi si è alleggerito di molto, da quando siamo qui: la
Terra di Lorien è la
terra del Sogno, non dimenticate. E, a volte, i sogni aiutano a sanare
le
ferite. >>
Gimli sospirò
<< Per tutti i Valar, amico mio, hai
proprio ragione! Anche io ho sanato le ferite dell’anima,
quelle inferte dalla
morte dei miei parenti, e sono certo che il merito è solo
della Dama di Luce.
>> I suoi occhi scintillarono << Avete
visto l’aura di luce che
emana? E quella voce, profonda ma dolce, simile al mare tanto nominato
e mai
visto? E quei capelli..oh, i capelli!! >> Giulia
scoppiò a ridere non
riuscendo più a trattenersi << Gimli!
E’ tutto il santo giorno che la
MENI con la Dama… “ E quanto è bella di
qui, e quanto è luminosa di la… “
>> Giulia imitò il tono adorante del Nano,
fino a far piangere dal ridere
l’intera Compagnia, mentre Gimli arrossivano fino alle punte
della barba
<< Ti stai forse prendendo gioco di me?!?
>>
Il momento della cena trascorse
sereno, come da tempo non lo
era, e ci riportò all’inizio del nostro viaggio,
quando eravamo carichi e
agguerriti. Sembravano essere passati anni da allora, e invece erano
solo pochi
mesi che avevamo dato l’addio a Imladris, e tutti noi ci
sentivamo cresciuti e
maturati. Non eravamo più la spensierata carovana che
pensava di andarsene a
zonzo per la Terra di Mezzo: avevamo annusato il pericolo, visto la
morte in
faccia e avevamo visto compagni cadere…si, decisamente
eravamo cresciuti.
Il momento della cena e delle
chiacchere passò e arrivò
l’ora del sonno. Dissi a Boromir di coricarsi senza di me,
che avevo voglia di
stare alzata ancora un po’. Lui mi diede ragione e, dopo
tanto tempo, fumai una
sigaretta. Sentiva di tabacco stantio, ma il suo sapore era
incomparabile: era
la sigaretta della serenità, quella, e io me la stavo
godendo. Durante il
viaggio non avevo mai avuto il tempo di fumare con calma, e quelle che
Giulia
cercava di propinarmi erano troppo forti per i miei gusti. Inoltre, mi
bloccavano i polmoni e mi rallentavano il passo. Il piacere di fumare
una sigaretta
comodamente distesa sull’erba, senza l’assillo
continuo dei turni di guardia e
della marcia forzata, mi fece sentire quasi a Gran Burrone, quando mi
stendevo
su qualche bassa panchina di pietra e sonnecchiavo con Arwen
nell’aria fresca
della sera. Era bastato un anno a farmi chiamare casa Imladris, ma alla
fine
avevo capito che la mia vera casa me la portavo nel cuore e non era un
luogo
fisico, quanto un luogo dell’anima: la mia casa era la mia
famiglia, composta
da tante e tante persone, buone e cattive e, haime, vive e morte.
Pensavo a tutte queste cose quando
sentii qualcuno sedersi
accanto a me. << Devi esserti proprio divertita, questo
pomeriggio.
>> Giulia dovette sorridere << Neanche a
Gran Burrone ti ho vista
così felice. >>
Mi strinsi nelle spalle, tenendo gli
occhi chiusi <<
E’ rilassante rotolarsi nell’erba e sussurrarsi
alle orecchie quello che si
prova. >> La guardai << Lo sai meglio di me
che fare l’amore
significa fare pace col mondo nel migliore dei modi. >>
Lei annuì <<
E hai fatto pace, dunque? >>
<< Certo che si, sto
molto meglio… >> Ripensai
alla proposta << E sono stata ancora meglio dopo: devo
ASSOLUTAMENTE
dirti una cosa. >>
Come potevo tenere
all’oscuro mia sorella da quella notizia?
Il mio cuore era così pieno di gioia che l’avrei
sentito scoppiare, se non
l’avessi resa partecipe! Quando glielo dissi, per la prima
volta dacchè la
conoscevo, Giulia scoppiò a piangere e mi
abbracciò forte, riversando tutta la
sua gioia in quel silenzio. Piansi anch’io, lasciando che il
silenzio gioioso
ci avvolgesse e che solo le stelle fossero consce di quanto stava
accadendo
sotto di loro. Mi fidanzavo. Oh Valar! IO mi sposavo!
L’emozione andava scemando
e le stavo per chiedere cosa
avesse fatto oggi con Legolas e Gimli- evitando accuratamente di dirle
che
avevo orecchiato tutto- ma
ci accorgemmo
che una luce si muoveva fra i mallorn avvolti nell’ombra.
Come una lucciola enorme,
faceva rilucere le cortecce degli alberi di oro e argento al su
passaggio e
puntava dritta sul campo. Ci alzammo in piedi per vedere meglio e ci
nascondemmo dietro un grosso tronco per vedere di cosa si trattava. Era
la Dama
Galadriel a emanare quella luce. Camminava sull’erba senza
far rumore,
veleggiando quasi su di essa, lasciando dietro se una scia luminosa.
Passò
davanti al campo senza degnarlo di uno sguardo e andò oltre.
Giulia mi lanciò
un occhiata interrogativa quando vidi Frodo alzarsi, i riccioli
scompigliati e
la camicia stropicciata, uscire dal suo giaciglio e seguire titubante
la Dama. <<
Ma dove va?! >> Sussurrai a Giulia che fece una faccia
stupita. <<
La segue. >> Disse piano. Poi sorrise, lo stesso sorriso
furbo dell’alba
in cui Frodo era stato portato a Gran Burrone. Capii al volo e sorrisi
a mia
volta: che bello, avere una sorella come te…
Seguimmo il punto luminoso di Dama
Galadriel da lontano,
facendo attenzione a restare lontano e a non fare rumore- si sa, gli
Elfi hanno
le orecchie fini… ci muovevamo da un ombra
all’altra, da un tronco all’altro,
con attenzione, finchè la luce non sparì.
Camminammo più veloci per non
perderla, e arrivammo dove la Dama e Frodo erano: una conca di roccia e
erba,
raggiungibile attraverso una scala intagliata nella roccia, dove vi era
un
piccolo bacino colmo di acque nere e una bacinella posta su una
colonna. Frodo
si trovava davanti alla bacinella e Galadriel reggeva fra le mani una
brocca
argentata. << Desideri tu guardare nello Specchio di
Galadriel, Frodo?
>> Si diresse al bacino e prese dell’acqua con
la brocca << Può
mostrare molte cose. >> Continuò, iniziando a
versare l’acqua nella
bacinella con un movimento fluido << Cose che furono.
Cose che sono. E
cose che devono ancora avvenire. >>
Distese sull’erba a pancia
in giù, nascoste dietro un
cespuglio, io e Giulia vedevamo e sentivamo tutto. Un brivido di paura
corse
lungo la mia schiena: cosa avrebbe visto Frodo? L’Hobbit si
chinò obbediente
sulla bacinella e vi guardò dentro per lungo tempo. Sotto il
nostro sguardo
vigili, dopo alcuni attimi silenziosi, lo vidimo contorcersi e agitarsi
e
gridare, mentre scivolava indietro e cadeva malamente a terra. La Dama
lo
guardò di sottecchi. << Io lo so cosa hai
visto nello Specchio, Frodo
figlio di Drogo. >> Superò lo Specchio e si
chinò verso il Portatore
<< Perché è anche nella mia mente.
>> Frodo sembrò stupito da
quella rivelazione e a lungo lui e la Dama non si scambiarono parola,
fissandosi intensamente negli occhi. << Che
diavolo… >> Sussurrò
Giulia accanto a me, cambiando posizione, vedendo Frodo togliersi
l’Anello dal
collo e porgerlo a Galadriel, che indietreggiò
<< Non nego di averlo
desiderato a lungo… >> Mormorò,
avvicinando una mano tremante d’emozione
a quella di Frodo. Poi la mano si fermò e tornò
al suo fianco, mentre la Dama
sembrava voler riassorbire tutta la luce da lei emanata in un sol
respiro, per
scoppiare all’improvviso. << Al posto
dell’Oscuro Signore tu avresti una
Regina! >> Gridò con voce tonante, avvampando
come fiamma. Ci stringemmo
forte la mano : che sortilegio era mai quello? << Non
Oscura, ma
bellissima e Terribile come l’Alba; Infinita come il
Mare… più forte delle
fondamenta della Terra! E tutti mi ameranno, disperandosi…
>> La luce si
spense, la sua voce tornò al suo normale tono e Galadriel
tornò a essere
un’elfa, solo un po’ più fragile di come
appariva prima di mostrare a Frodo lo
Specchio. << Ho superato la prova. >> La
sentimmo dire con un certo
sollievo nella voce.
Calò il silenzio. La luce
di Galadriel si era notevolmente
affievolita, e solo la luna e le stelle del cielo limpido illuminavano
la
scena. Fu Frodo a parlare << Dunque è questa
la strada giusta? >>
Domandò, parlando più a se stesso che alla Dama
<< Sarò in grado di
portare a termine il mio compito? >> La Dama gli sorrise
con gentilezza,
simile al sole nel cielo << Anche la persona
più piccola può cambiare il
destino del Mondo. >> Gli posò una mano sulla
spalla e gli sussurrò
qualcosa all’orecchio, lasciandolo infine andare lontano da
lei. <<
Questo è quanto posso fare, Frodo figlio di Drogo. Ora va, e
trova sonni sereni
nella mia terra. >> Frodo si inchinò
rispettosamente, rimettendosi
l’Anello al collo e lasciando sola la Dama.
Per noi era il momento di sparire.
Con uno sguardo complice,
io e Giulia iniziammo a strisciare indietro, ma una voce ci
bloccò. <<
Non si confà a due future principesse strisciare come serpi.
>> Ci
bloccammo al solo udirla << Le vostre intenzioni sono
buone ed ero certa
della vostra venuta. Venite: lo Specchio ha qualcosa da mostrare anche
a voi.
>>
Fui la prima a scattare in piedi e
Giulia mi seguì di
malavoglia, cercando di pulirsi i gomiti chiazzati d’erba.
Scendemmo le scale
e, quando fummo al cospetto della Dama, lei ci sorrise con affetto
<< Non
dovete preoccuparvi del vostro aspetto: sono qui a titolo informale.
Non la
Regina di Lorien, ma una semplice elfa che desidera darvi consigli. E
quale
miglior consigliere dello Specchio di Galadriel? >>
Giulia fece un passo avanti
<< Vorrei sapere una cosa,
se non vi dispiace, mia Signora. >> Giulia
cercò di essere il più gentile
possibile << A che scopo voler essere come Sauron?
Perché desiderare
tanto quel gingillo? E’ ambizione, forse >> La
Dama gettò indietro la
testa e rise di gusto << Ambizione? No…
>> Fece un largo gesto
attorno a se, indicando tutto quanto ci circondava <<
Vedete tutto
questo? Ogni singolo albero, ogni singola foglia, ogni singolo filo
d’erba è
retto da questo. >> Ci mostrò un anello dal
candore lunare << Nenya
è il suo nome ed è uno dei Tre donati agli Elfi
da Sauron in persona. >>
Lo accarezzò con aria malinconica << Il suo
potere è indissolubilmente
legato a questo luogo, proprio come è legato
all’Unico. Finchè l’Unico non
sarà
distrutto, Nenya sarà forte abbastanza da reggere il peso
dell’anima di Lorien
ma, se l’Unico andasse distrutto, tutto
questo cesserebbe di esistere. >>
Un lungo silenzio scese fra noi. Solo
il vento fece danzare
le foglie dei Mallorn, facendole frusciare con eleganza.
<< E’ dunque
ambizione. >> Dissi io, riportando l’attenzione
della Dama su di me
<< L’ambizione di voler conservare la propria
casa. Ciò vi rende onore,
mia Signora Galadriel. >> Lei sorrise, colma di
malinconia, e annuì piano
mentre prendeva la brocca e andava a riempirla al bacino.
<< Guarderete
nello specchio assieme: i vostri destini sono legati con un doppio nodo
impossibile da sciogliere. >> Noi annuimmo, avvicinando
alla bacinella di
pietra. Galadriel soffiò piano sull’acqua e ci
fece cenno di guardare la
superfice.
Dapprima non vedemmo nulla, solo
l’acqua nera increspata da
soffio della Dama. Poi, le sagome presero vita da li, dal buio: neri
orchi che
correvano in un bosco. Erano tanti, in fila indiana, maledettamente
grossi. Li
contraddistingueva la Mano Bianca. << Saruman!
>> Sibilai e Giulia
mi prese per mano << Guarda! >> Vidi un
combattimento in un bosco.
Era come se lo vedessimo dagli occhi di un uccello,
dall’alto. Non si vedeva
bene, ma si capiva che degli uomini stavano combattendo gli orchi della
prima
visione. Che fosse la Compagnia? Un corno risuonò nella mia
testa, così forte
da farmi gemere: era Boromir! Ma non riuscivo a vederlo…
dove era? Sentii la
voce di Giulia chiamare il mio nome disperata, ma non la vidi. Assieme
alla sua
voce, quella di Merry e Pipino. Ma che razza di scherzo era, quella
visione?! Le
strinsi più forte la mano e continuai a guardare con
attenzione. Vidi delle
frecce nere che volavano per aria, ma non riuscivo a vedere se
colpivano un
bersaglio ben preciso. Ci fu ancora qualche scena di caos, per poi
ritornare
tutto tranquillo. Alzammo lo sguardo verso la Dama, ma lei fece cenno
di no.
Non era ancora finito.
Sulla superfice dell’acqua
era apparsi due neonati posti in
una culla, l’uno accanto all’altro. Dormivano coi
pugnetti davanti alla bocca,
gli occhi ancora gonfi. Erano uguali. Allora non lo sapevo, ma in quel
momento
stavo guardando Angelica.
Poi venne una spada e
tagliò a metà la culla, infiammando
l’intero specchio. La culla divenne una città
bianca e riconobbi la Torre di
Ecthelion tanto amata da Boromir. Era avvolta da alte fiamme e si
udivano grida
e clangore di spade. Qualcosa vorticava attorno ad essa, qualcosa di
nero: un
grosso uccello, con in groppa un cavaliere. Ma li, la visione
finì.
Ci alzammo piano dalla bacinella e
guardammo la Dama con
aria interrogativa. Anche lei ci scrutava << Non so cosa
abbiate visto,
ma riesco a intuirlo dal vostro pallore: il futuro non riserva buone
novelle.
>> Io scossi il capo << Ho visto la Torre
di Ecthelion in fiamme,
mia signora! Quando capiterà? E ho visto orchi, tanti,
tantissimi orchi!
>>
<< Perché ti
chiamavo così disperatamente, sorella? >>
Mormorò Giulia, continuando a fissare la bacinella
<< Perché? >>
Con aria materna, la Dama
posò una mano sulla spalla di
entrambe << Future principesse di queste reami, ora
ascoltatemi bene: è
un consiglio, e i consigli di Galadriel sono preziosi come le perle
dell’Anduin. Dovete stare vicine a coloro che amate. Non
abbandonateli a loro
stessi. >>
Mi morsi un labbro <<
Vi riferite forse a Boromir, mia
Dama? >> Ero sicura che sapesse in che condizioni
versasse il mio Uomo
<< Ho giurato a Gandalf di starli vicino, di aiutarlo a
non…cadere in
tentazione. Ma è così difficile…
>> La Dama mi accarezzò una guancia
<< Quanto stai facendo va benissimo, ma sappi che
l’Anello sa rendere
molto cattivi. >>
Mi sentii toccata sul vivo
<< Boromir non può
diventare cattivo! Non con me! >> Ripensai alla proposta
di matrimonio,
al nostro amore…scossi forte il capo << Mi
rifiuto di crederlo! >>
La Dama diniegò
<< Mia cara, non sai che anche una
persona buona ogni tanto può ferire? Perciò,
avrà bisogno del tuo perdono.
>> Mi prese le mani nelle sue << Dovrai
essere forte abbastanza per
superare il dolore, mia giovane principessa, e riappropriarti del tuo
futuro.
Un futuro che sarà radioso, se tutto va in bene. Te lo posso
assicurare.
>>
La Dama parlò anche a
Giulia, le consigliò di non lasciarsi
distruggere dalle situazioni difficili e di pensare al sole che, anche
se
nascosto dal manto della notte, risorge sempre. Le consigliò
di seguire il suo
cuore, di non farsi influenzare dai calcoli della ragione, di lasciarsi
andare
a quello che poteva essere l’amore di tutta una vita. Giulia
ascoltava e
annuiva piano, sorridendo appena << Ma io queste cose le
so già. Mi
Dama…le so già. >>
Tornammo al campo in silenzio,
coricandoci rispettivamente a
Legolas e a Boromir. Giulia non me ne aveva parlato, ma ormai era
chiaro a chi
si riferisse la Dama quando si trattava di seguire il proprio cuore e
non la
ragione. Boromir dormiva della grossa quando mi stesi accanto a lui,
riuscendo
a non svegliarlo. Ci volle un po’ prima di addormentarmi: le
parole di Dama
Galadriel mi ronzavano nella testa come mosche fastidiose.
Boromir… certo che
era un Uomo buono. Mi avrebbe davvero ferita? Scacciai quel pensiero
stringendomi a lui, portandomi un suo braccio sul fianco e modellandomi
sul suo
corpo. E, mentre mi addormentavo, mi passò per la mente
quella frase:
Mi aveva
già ferita una volta. Perché non
avrebbe dovuto farlo una seconda?
Con un brivido di paura, mi
addormentai
al ritmo del suo respiro.
NOTICINA!!!Hullallà!! che
chappi chilometrico… ci ho
impiegato tanto, ma è andata. Ho finito ieri a mezzanotte e
adesso posto alla
sveltissimaJ
piaciuta la visione? A me è piaciuta particolarmente la
parte sulle persone
buone: Galadriel fa un po’ il Paolo Coelho della situazione,
facendo filosofia
di vita…ma ha ragione: anche le persone buone possono
ferirti, in tutti i
sensi. E Bubu non sarà da meno.
Sarà difficile e anche un
po’ triste concludere questa
ficci, dato che è incentrata sul mio libro prediletto.
E’ anche la parte più
semplice, perché poi la storia si biforca- ovviamente io ne
seguirò una parte
appena- e si conoscono personaggi complessi. Devo ancora decidere cosa
fare di
loro… mah! Sono assai confusa! Però sono felice!
Ho ottenuto un ottimo seguito,
ho tanta gente che mi segue e soprattutto mi diverto troppo a
cimentarmi in un’opera
simile! E il merito è anche vostro, o cari
lettori…perché senza di voi nulla di
questo sarà apparso!
Un grazie dal profondo del cuore.
De prufundis Nini.
|
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Capitolo 27 *** Sarò il tuo scudo. ***
Lothlorien si rivelò un
luogo incantato, impregnato e denso
di magia elfica. Dopo il discorso con la Dama Galadriel, capii quanto
potere
fosse racchiuso in Nenya e compresi quanto fossero esili le speranze di
conservare tutto come
nei tempi antichi,
senza cambiamenti.
Peccato che il
cambiamento fosse già in atto, e che la pioggia delle foglie
dorate
preannunciasse la fine del Reame della Dama del Bosco. <<
Che destino
crudele. >> Commentò Boromir quando gli
raccontai dell’incontro con la
Dama << Un luogo così bello eppure
così intimamente legato a una cosa
orrenda come l’Anello, destinato alla distruzione. Tu non
faresti di tutto pur
di salvarlo? >> Gli avevo parlato della visione, evitando
accuratamente
la Torre di Echtelion in fiamme e Minas Thirit avvolta dal fuoco, per
non
parlare dell’essere mostruoso che volteggiava sopra la
città. Perché non ne
parlai? Semplice: con che coraggio potevo dirglielo? Sarei stata
stupida e
anche insensibile a condividere la mia pena con lui: avrei reso la sua
anche
più grossa di quanto già era. Infatti, anche se
non parlava praticamente più
dell’Anello, spesso e volentieri lo sorprendevo in
contemplazione di Frodo.
Cosa gli girava in testa, mi chiedevo allora, cosa? Boromir era uno di
quelli
che pensa poco e agisce subito, che non ama troppo pensare a intrighi e
sotterfugi. Certo, sapeva elaborare piani di battaglia con cui teneva
in vita i
suoi uomini, strategie di guerriglia di cui rendeva partecipe anche
Faramir,
dotato di un cervello più fine e di un’astuzia
sottile migliore rispetto a suo
fratello. Che stesse pensando a qualche piano di battaglia? Qualche
schema di
guerriglia? Se si, per cosa? In realtà, sapevo
già la risposta, ma non osavo
confessarla a me stessa.
Restavano solo pensieri, dunque,
pensieri che vorticavano
incessantemente nella mia testa, mentre passeggiavo sotto i mallorn
dorati in
compagnia o da sola. Giulia ormai era sempre assieme a Legolas e
persino Gimli
aveva capito di non accettare gli inviti che comunque essi gli
rivolgevano,
troppo gentili ed educati per sgattaiolare via dal campo zitti zitti.
Allora Aragorn
prendeva Gimli con
se e andava a trovare
Haldir e i suoi fratelli, con cui spesso e volentieri si fermava a
chiacchierare;
gli Hobbit erano sempre in qualche casa di Caras Galadhon, ospiti di
elfi
gentili che venivano assordati dalle loro chiacchiere e divertiti dalle
loro
risate. Restavamo solo io e Boromir, dunque. Spesso non ci muovevamo
neppure
dal campo e restavamo in silenzio a contemplare la pioggia di foglie
dorate che
scendevano senza far rumore fino a terra, condividevamo ricordi ed
esperienze,
oppure parlavamo di cose futili e profonde, o di tutto e niente. Era
così anche
quel pomeriggio. << Questo posto è
meraviglioso. >> Disse Boromir
all’improvviso, spostando gli occhi dalle foglie dorate a me.
<< Mi piace
molto. >>
Annuii piano <<
E’ delizioso. >> Ribadii
<< Ma non durerà per sempre. >>
Lui si strinse nelle spalle
<< Però, l’idea di
lasciarlo per riprendere il viaggio mi turba. >>
Lo guardai storto <<
Come sarebbe a dire che ti turba,
Boromir? Desideri restare in questo giardino incantato e non tornare
più a
casa? >> Lo guardai a lungo e in silenzio. Gli elfi
avevano dato
indumenti puliti a tutta la Compagnia, bruciando gli abiti impregnati
di morte
che ci portavamo appresso dall’inizio del viaggio. Boromir
indossava una tunica
verde scura ricamata d’oro ai polsi e allo scollo, lunga sino
a metà coscia. I
pantaloni erano in cuoio e, per i piedi, gli elfi gli avevano donato
morbidi
stivali. Ma l’erba era talmente soffice che era un peccato
schiacciarla con
essi, era molto meglio sentirla tra le dita dei piedi. Come a disagio,
il mio
uomo si portò le ginocchia al petto e distolse lo sguardo
dal mio. << No
no, non fraintendere: non
è tanto il
viaggio in se a turbarmi, il fatto di camminare ancora per chilometri e
chilometri, il
pericolo costantemente in
agguato e casa lontana… è che temo di sbagliare.
>>
<< Sbagliare?
>>
Lui tacque, pensieroso
<< Sai, quando si è in
battaglia, capita di avvertire il pericolo prima che arrivi, anche solo
un
attimo prima, non dico con ore di anticipo, ma quell’attimo
ti salva da morte
certa. >> Spiegò << Io ho
combattuto a lungo, sono quasi dodici
anni che calco i campi di battaglia, e questo senso l’ho
particolarmente
sviluppato. E’ anche per questo che sono sopravvissuto fino
ad oggi. Lo chiamo
“ istinto della battaglia “. >>
Mi strinsi nelle spalle, non sapendo
che dire << E
cosa ti dice, questo istinto? >>
<< Che presto questo
viaggio avrà fine. >>
Ribadì asciutto << E che qualcosa sicuramente
andrà storto. >> Vidi
la sua mascella contrarsi per l’angoscia e mi avvicinai,
passandogli un braccio
sulle spalle. << E mi sai dire anche cosa, Bo?
>>
<< Come diavolo credi
che lo sappia, eh? >>
Ribadì, stizzito, per subito tornare calmo e borbottare
<< Perdonami, non
dovrei rispondere così alla persona che amo.
>> “ Nonché tua promessa
sposa. “ Pensai io, sorridendo al sol pensiero.
<< Tranquillo, non
riuscirai mai ad allontanarmi da te. >> Risi,
stringendolo << Io e
te siamo fatti dello stesso sangue, della stessa carne. Siamo come due
persone
con la stessa anima- almeno questo io credo… nessuno
potrà mai dividerci.
>>
Mi aspettai un sorriso, almeno un
po’ di allegria. E invece,
Boromir mi scostò da se e si alzò in piedi
<< Ne sei certa? >> Mi
chiese << Se sapessi cosa agita la mia mente, sicuramente
la tua risposta
sarebbe no. >>
Mi sentii improvvisamente spaesata
<< Che vuoi dire,
Boromir? >>
<< Siamo sempre andati
d’accordo su tutto, più o meno
e, se anche non eravamo d’accordo, abbiamo trovato punti in
comune. Giusto?
Giusto. Ma su una cosa io e te non siamo mai andati
d’accordo, sin dall’inizio
di questo fottutissimo viaggio. >> Fece una pausa piena
di tensione. Infine
sibilò << L’Anello. >>
“ Oh no…
“ L’angoscia mi invase <<
La sai benissimo qual è la mia
opinione in merito. >> Risposi, improvvisamente fredda,
alzandomi a mia
volta << L’Anello va distrutto. Si,
è abbastanza potente da distruggere
tutti gli eserciti di Mordor, ma chi lo userà, eh? Ci hai
mai pensato, Boromir?
Nessuno è abbastanza forte da saperlo
controllare… >> Feci un passo
avanti, accarezzandogli la mano << Amore mio, devi capire
che non puoi
usarlo. >> Bruscamente, lui si scostò dalla
mia presa << Tu vuoi
vedere Gondor in fiamme e me ridotto in rovina. >> Disse,
glaciale, ma
quelle parole bruciarono come uno schiaffo << Tu vuoi
vedere la mia città
cadere e ridotta in cenere! Vuoi vedere Faramir e Matilde morti,
proprio come è
successo a Jadis e a Gandalf! Perché non mi vuoi aiutare,
Anna? Io saprei come
fare a salvare tutto, a salvarli tutti, ma ho bisogno di te!
Perché io non riesco
a pensare a un futuro senza di te. >>
Risi, ma non di gioia
<< Mi stai forse chiedendo di
sposarti, Boromir figlio di Denethor? >> Mi avvicinai, ma
stavolta con
aria minacciosa << Se vai avanti così, non ci
sarà più una casa pronta ad
accoglierci, nessun luogo dove far crescere i nostri bambini. E,
soprattutto,
TU STESSO non ci sarai più, troppo preso dalla smania di
potere dettata dall’Anello!
>>
Incrociò le braccia sul
petto << Io ho abbastanza forza
di volontà per non cedere! >>
Proclamò << Io da solo, con l’aiuto
dell’Anello, sarei in grado di sbaragliare gli eserciti di
Mordor e di far
uscire Gondor e gli Uomini
vittoriosi da questo conflitto. >> Stavo per ribattere,
ma lui continuò
con fare febbrile << Dovremmo raggiungere Minas Thirit,
contattare mio
padre e prendere possesso dell’Anello. Tutto qui.
Perché non vuoi darmi
ascolto, amore mio? La casa per noi è già pronta,
io desidero avere un figlio
da te più di qualsiasi altra cosa. Non mi credi?
>> Si inginocchiò
<< Non mi credi? Chiedi ad Aragorn. Imploralo di dirti
quanto gli ho
detto qualche giorno fa. >>
Non mi lasciai impietosire da quella
improvvisa
dimostrazione di dolcezza << Quanto ha Aragorn da dirmi
ora non mi
interessa, Boromir. >> Gli risposi, per poi sibilare
<< Voglio solo
dirti una cosa, anzi chiedertela: quale tarlo è entrato
nella tua mente per
renderti così folle? Cosa ti dice, amore? Ti rendi conto di
quanto è vicina
Minas Thirit a Mordor, di quanto poco basterebbe a Sauron per
riprendersi il
suo giocattolo? Ma Boromir, ti rendi conto che ti vuole USARE, sto
cazzo di
Anello?! >> Le ultime parole le dissi a voce
così alta che il bosco
risuonò per un attimo dell’eco di quella parola,
così sinistra da pronunciare
tra le foglie dei mallorn dorati. Asciugai con rabbia le lacrime che mi
rigavano le guance, guardando con altrettanta rabbia l’uomo
inginocchiato
davanti a me, un uomo solo con la sua follia, che mi aveva chiesto di
aiutarlo
a compiere un crimine anche peggiore dell’assassinio. Un uomo
che io amavo dal
profondo del cuore e anche più della mia stessa vita,
qualcuno che per me era
tutto e anche più del tutto. Qualcuno che io dovevo
proteggere.
<< Non ti
permetterò di fare quanto mi hai appena descritto.
>> Sussurrai, guardandolo << Non
permetterò a nessuno di farti del
male, e non lo permetterò nemmeno a TE. Ti terrò
d’occhio, amore mio, ti terrò
d’occhio e ti salverò da quel coso malvagio che
è l’Anello. Non permetterò che
cada nelle tue mani. Hai capito? >> Lui non mi guardava.
Mi inginocchiai
davanti a lui e cercai i suoi occhi, ma lui si ostinava a sfuggirmi.
Allora lo
abbracciai, e lui si lasciò abbracciare ma non
ricambiò il gesto << E’
per il tuo bene. >> Gli sussurrai, affondando il viso
nella sua spalla
<< E’ solo per il tuo bene. >>
Da quel giorno, Boromir mi rivolse la
parola raramente.
Cercava di non restare da solo con me e spariva interi pomeriggi,
inglobato
dalle sue riflessioni e dal bosco di Lothlorien. Ero molto preoccupata
per lui,
ma non rivelai a nessuno, nemmeno a Giulia, la mia pena: gli altri
avrebbero
pensato a quanto fosse pericoloso e, magari, l’avrebbero
fatto imprigionare o,
peggio ancora, uccidere per preservare l’Anello nelle mani di
Frodo. Quello era
il mio terrore più grande: che Boromir diventasse
così pericoloso da essere
costretti ad abbatterlo, come se fosse una bestia feroce. La sola idea
mi
faceva venire le lacrime agli occhi, ma decisi di essere forte e di
andare
avanti con una meta ben precisa: salvarlo dalla dannazione. Sarei stata
il suo
baluardo, il suo scudo, la sua protezione. Mi sarei consacrata a quel
ruolo per
il nostro futuro.
Venne il giorno della partenza. Gli
elfi ci procurarono
delle barche leggere e rapide per discendere l’Anduin, il
fiume che ci avrebbe accompagnati
per qualche giorno col suo lento scorrere, prima di porci davanti una
scelta:
da che parte andare? La domanda era ancora in sospeso la sera prima
della
partenza, quando si valutavano diverse opzioni, compresa Minas Thirit,
ma
nessuna di essa venne valutata come buona e, la mattina dopo,
all’alba, ci
trovammo tutti con un grosso punto di domanda in testa: che fare?
<< Scenderemo
l’Anduin. >> Decise Aragorn, e
almeno su quello eravamo tutti d’accordo, <<
passeremo gli Argonat e
giungeremo alle soglie di Rauros. Ci vorrà qualche giorno,
il tempo per
schiarirci le idee. Siamo tutti d’accordo? >>
Lo eravamo tutti, tranne
Boromir. Ma il suo peso sulla Compagnia andava affievolendosi.
Gli elfi ci salutarono con auguri di
buona fortuna, doni e
provviste. La Dama donò ad ognuno di noi un mantello verde
ornato da una spilla
a forma di foglia di squisita fattura, assieme a doni più
personali che diede
in privato. A me e Giulia donò una cosa particolare: la
telepatia. Ci baciò
sulla fronte e sulle tempie, per sfiorarci infine le labbra con parole
remote e
antiche come il mondo. Subito, la voce caotica di Giulia
affollò la mia mente e
io probabilmente affollai la sua, dato lo sguardò stupito
che ci scambiammo.
“ Ora siete davvero unite.
“ Disse la voce maestosa di
Galadriel nelle nostre teste “ E’ un dono utile,
che passerà di generazione in
generazione. Comunicherete fra voi anche a grande distanza, anche da
mondi
differenti, se capiterà di allontanarvi. Siate liete e grate
di queste dono,
che pochi mortali lo hanno ricevuto dai Valar. Vi auguro ogni sincero
bene. “
Le acque scure scivolavano sotto di
noi nelle nebbie del
mattino. In barche differenti, io e Giulia sperimentavamo la telepatia
e ci
rendevamo conto di una cosa: che quella era davvero l’inizio
della fine. L’ultima
parte del nostro viaggio assieme.
NOTICINA!!!uacciù che
chappi problematico! Da tempo immemore
non mi succedeva una crisi simile!vabbe, comunque è andataJ
ohibò, amate lettrici,
cosa ne pensate del comportamento di Mister B.? dite che la litigata
è abbastanza
veritiera? A me lascia alquanto perplessa…ma vabbe, a volte
la qualità
scrseggia!!!spero tanto di arrivare a 100 recensioni con questa storia,
sarebbe
un obbiettivo fantastico!!! Anche perché, ormai, siamo agli
sgoccioli: ecco le
prime crepe che si aprono… vedrete vedrete!!!
Mi raccomando, non abbandonatemi
proprio ora, nell’ora dl
bisogno!!! Vi lovvo!!!!
Vostra, Nini.
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Capitolo 28 *** L'inizio della fine. ***
“ A cosa pensi? “
“ Penso che
l’acqua di queste parti debba essere
tremendamente fredda e senza vita: non ho visto neanche un salmone!
“
“ Un salmone? “
“ Un tipo di
pesce… nulla di che. Tu, piuttosto: cosa ti
turba, Anna? “
Distolsi lo sguardo
dall’acqua e lo puntai su di lei, seduta
nella barca adiacente alla mia. Navigavamo su ben tre barche: Aragorn
conduceva
quella di testa, con Frodo e Sam a bordo; io stavo con Boromir, di
giorno in
giorno sempre più cupo e taciturno, e Merry, che cercava di
capire cosa ci
fosse fra noi, mentre Giulia era sulla barca di Legolas, la
più affollata, dato
che con loro vi erano Pipino e Gimli. Per questo, avevamo accolto una
parte dei
loro bagagli sulla nostra barchetta, e procedevamo a rilento. Erano
giorni in
cui si parlava poco, giorni di tensione e di ansie, dovute in gran
parte alla
decisione che doveva essere presa: da che parte raggiungere Mordor? Io
e Giulia
ne parlavamo continuamente, sfruttando il dono della Dama. La telepatia
era un dono
meraviglioso, che dava pieno accesso al pensiero dell’altra,
lasciando però
poco spazio per se stessi. Fu infatti con enorme fatica che riuscii a
tenere
nascoste le mie paure riguardo Boromir: se Giulia ne fosse venuta a
conoscenza,
sicuramente mi avrebbe costretta a parlarne con Aragorn, e quella era
l’ultima
cosa che desiderassi. Anche se vedevo la situazione farsi sempre
più buia, la
mascella di Boromir sempre più contratta
dall’angoscia, cercavo di convincermi
che tutto sarebbe andato per il verso giusto, senza problemi, liscio
come
l’Anduin che scorreva sotto di noi. Ma Giulia era
più abile di me
nell’utilizzare il dono della Dama, e mi scrutava
l’anima alla ricerca della
più piccola crepa, continuando a pormi domande che preferivo
lasciare senza risposta.
“ Nulla, Giulia, cosa vuoi
che mi turbi? “
La vidi guardare prima me e poi
guardare Boromir, che remava
alle mie spalle “ E’ da un pezzo che non vi
scambiate parole, e tutto questo è
iniziato già a Lothlorien. Avete avuto qualche problema?
“
“ No. “
“ Questo no vuol dire si.
Cazzo, Anna, sono tua sorella mica
tua madre! A me puoi parlare senza problemi “ Sorrisi
debolmente a quella
affermazione “ Non è mia madre che temo.
“
Giulia tacque, un silenzio pieno di
domande. Mi voltai a
guardarla “ E’ Aragorn di cui ho più
paura. “
“ Aragorn? “
Proruppe nella mia testa, assordandomi “ Scusa,
ti ho resa sorda.. ma Aragorn che centra??? “
Non sarei riuscita a restare zitta
ancora a lungo, dovevo
svelarle almeno in parte la mia pena “ Continui a dirmi che
Boromir è strano. “
Iniziai “ Be, me ne sono accorta anch’io.
E’ da qualche giorno che ha smesso di
comunicare con chiunque, me compresa. Sembra come preso da una
conversazione
interiore, che assorbe completamente le sue energie. “
“ Conversazione? Direi
piuttosto lotta. “ Giulia
si passò una mano fra i capelli, che le erano
cresciuti fin quasi alle orecchie, facendola assomigliare giorno dopo
giorno a
me “ Ma contro cosa sta lottando Boromir? “
“ Non lo so! A saperlo,
cercherei in tutti i modi di
salvarlo, di redimerlo dalla sua dannazione… “
“ Parli come Dante
all’Inferno, sorellina. Forse ho capito
cosa lo turba tanto: è ancora quel coso, vero? “
Come al solito, Giulia era abbastanza
sveglia da averlo
capito da sola. Le avrei raccontato ogni cosa, evitando di dirle che il
mio
uomo aveva cercato di tirarmi dalla sua parte. Mi voltai a guardarlo,
vestito
di blu e rosso, col corno di traverso sulle gambe, lo sguardo cupo
perso chissà
dove. La Dama Galadriel gli aveva regalato una cinta d’oro, e
Boromir la sfoggiava
sotto le pieghe del mantello della terra di Lorien, il mantello che la
Dama
aveva tessuto apposta per noi. Non ricambiò il mio sguardo
che per un secondo,
ma subito lo distolse, e il remo affondo con rabbia
nell’acqua.
“ Boromir vuole prendere
l’Anello. “ Dissi a mia sorella,
vedendola spalancare gli occhi. “ Me l’ha detto
qualche giorno fa a Lorien,
precipitandomi nell’angoscia. Sei l’unica che lo
sa, Giulia, e non deve uscire
dalla tua bocca. Hai capito? “
“ Una volta toccata terra,
la prima cosa che farò sarà
andare a sputtanare tutto ad Aragorn! “ Esclamò
lei sarcastica
“ Ma per chi cazzo mi hai preso, eh?!
OVVIO che starò zitta, ma non credere che la passerai
liscia: sono giorni che
ti chiedo cos’hai, e solo ora me lo tiri fuori! Sei stata
proprio una stronza,
a non dirmi niente. “ Mi strinsi nelle spalle “
Avrei fatto preoccupare anche
te… “ Ribadii, sconsolata. La vidi sogghignare
“ Dice il saggio: una pena condivisa
è sempre meno pesante di una pena solitaria. “
Ribadì lei “ Dai ascolto al
saggio, sorellina, e ora godiamoci il silenzio perfetto di questi
posti. Credo
che questi saranno gli ultimi attimi di pace per molto tempo.
“
Al secondo giorno di viaggio, dopo
una delle tante curve a
gomito dell’Anduin, ci trovammo davanti a una delle mete
prefissate del nostro
viaggio: gli Argonath. Erano due statue immense, illuminate dal primo
sole del
pomeriggio, che ci scrutavano con indecifrabili volti di pietra.
Dovevano essere
molto antichi, dato che i lineamenti dei visi erano erosi
dall’acqua e dal
vento, ma erano ancora riconoscibili: Isildur e suo padre, coloro che
avevano
sconfitto Sauron. Erano gli Antichi Re, la stirpe di Aragorn. Lo vidi
puntare
il naso in alto, guardarli bene in faccia. Chissà se si
rispecchiava in loro…rimasi
stupita dalla maestria degli Antichi, capaci di scolpire nella cruda
roccia
monumenti così duraturi. Non erano passati un secolo o due,
ma migliaia di anni
da quando Isildur e suo padre avevano calcato la Terra di Mezzo, eppure
i loro
simulacri erano ancora li, a salutare i viaggiatori sul corso
dell’Anduin,
avvisandoli con le mani protese che alle loro spalle si estendeva
Rauros, la
cascata più alta di Arda, e augurandogli buon viaggio.
<< Sono meravigliosi,
vero? >> Merry diede voce
all’ovvietà e, dopo tanto tempo, Boromir
parlò << Gli Antichi Re danno
coraggio e speranza anche a dei disperati come noi. >>
Disse con la voce
roca di chi non parla da tempo. Non mi voltai nemmeno per paura di
farlo
tacere: quanto mi era mancata la sua voce? “ Un fottio,
sorellina, ti era
mancata un fottio. “ Suggerì Giulia, ironico
“ Speriamo che non si rimangi
nuovamente tutto. “
Passando fra gli Argonath, potemmo
ammirare i loro
mastodontici piedi: per loro, non eravamo altro che formiche
insignificanti,
nemmeno alte un quarto del loro alluce. Grandi scalini salivano accanto
a loro
e chi li avrebbe percorsi sarebbe giunto sul loro capo, avendo la
possibilità
di vedere l’intera Terra di Mezzo.
<< Chissà se
si vede casa. >> Mi sfuggì dalle
labbra, mentre mi riparavo gli occhi dal sole e guardavo nelle narici
di
Isildur.
<< Da dove ?
>> Mi chiese Boromir, e quella era
la prima domanda che mi rivolgeva da tempo . Lo guardai, stupita
<< Ma da
lassù, no? Dalla punta dell’elmo di Isildur.
>> Boromir fermò il ritmico
vogare e si lasciò trascinare dalla corrente.
Guardò in alto e poi sorrise, un
sorriso che mi sciolse il cuore << Credo che da
lassù si riesca a vedere
persino Mordor, tanto è alto. Mi chiedo come abbiano fatto a
costruire delle
meraviglie simili, infondendovi quello spirito di cui
poc’anzi parlavo: a te
non danno speranza, piccola mia? >>
Da quanto non mi chiamava
piccola… sentii gli occhi farsi
lucidi dalla gioia, ma subito si asciugarono << Si,
amore, me la danno.
>> “ Proprio come me la da la tua voce, il tuo
sorriso. Ben tornato,
amore mio, ben tornato. “
Boromir riprese a parlare con me, e
per il resto del
pomeriggio non stette zitto un minuto. La tensione sulla nostra barca
si
sciolse e scivolammo via, verso Rauros, col sorriso sulle labbra. Il
ruggito
della cascata arrivava distinto, e la schiuma bianca di
umidità saliva come
fumo verso il cielo, illuminato adesso dal caldo sole del tardo
pomeriggio. Ci accampammo
sulla riva destra del fiume, per riposarci e aspettare la notte. Solo
allora,
avremmo attraversato il fiume e raggiunto la sponda orientale, per poi
raggiungere Mordor da nord. Gimli non parve particolarmente felice di
questa
soluzione, ma era l’unico ad essere contrario: persino
Boromir taceva, e ciò mi
insospettì. “ Credi che stia covando qualcosa?
“ Mi chiese Giulia, mentre
aiutavo ad allestire il campo e preparavo il focolare. “ Non
vorrei ammetterlo,
ma questa sua improvvisa apertura non mi piace affatto. “
Lei sorrise “ Allora non
sei così accecata dall’amore come
sembri. Tienilo d’occhio, ok? “
<< Ma tu guarda cosa ci
tocca fare! >> Stava borbottando
Gimli << Attraversare gli Emin Muil, quelle pendici
maledette, con rocce
affilate come lame e neanche un cespuglio dietro cui nascondersi!
>>
Pipino e Merry lo ascoltavano con aria spaventata << E
poi cosa c’è?
>> Bisbigliò Pipino, mordendo un angolo di
Lembas. << MA va ancora
peggio! >> Sbuffò Gimli, puntando
l’ascia contro Aragorn << Poi ci
sono le paludi! Uno schifoso, puzzolente acquitrino, che si estende
dalla fine
di quell’orrida catena fino al Nero Cancello!
>> Aragorn non sembrava
minimamente toccato dal discorso. Guardò il Nano con aria
gelida e alzò un
sopracciglio << Ebbene, questa è la strada.
Vedo che hai un’ottima conoscenza
della geografia di Arda, e la cosa non può che darmi
piacere. Quindi, proprio perché
la conosci, ti consiglio di darti una calmata e di recuperare le forze.
>>
Quella fu la goccia che fece
traboccare il vaso. Gimli
divenne rosso di rabbia e squadrò Aragorn <<
Recuperare le forze?! Ma con
chi credi di parlare, sono un NANO, IO!! >> Giulia
ridacchiava mentre
terminava di scavare la buca per il focolare. Svegliò Sam,
che si era
appisolato, e gli disse di preparare un po’ di carne
essiccata. Questi acconsentì
con aria insonnolita, ma si riprese subito quando si accorse che Frodo
non era
con noi. << Dove il padrone? >> Chiese, e
tutti sentimmo un tuffo al
cuore. Ci guardammo attorno con aria sconvolta, specchiandoci negli
occhi degli
altri e vedendo sempre la stessa cosa: l’angoscia.
<< Frodo!
>> Iniziò a chiamare Aragorn <<
FRODO!! >> La Compagnia si disperse lungo i boschi che
costeggiavano la
riva, chiamando Frodo a gran nome. Stavo per andare anch’io,
quando mi accorsi
che Boromir aveva lasciato il suo scudo sulla barca- e lui non
abbandonava mai
il suo scudo… << E’ in pericolo.
>> Mi disse Giulia a voce alta
<< Dobbiamo ASSOLUTAMENTE trovarli, Anna. Tutti e due.
Prima che succeda
un bordello. >> Annuii, spaventata. Lo sapevo, lo sapevo,
lo sapevo! Boromir
mi aveva ingannata.
“ Più
propriamente te l’ha messo nel cul-“
Provocò Giulia,
ma la zittii in malo modo. “ Io vado a destra. Tu a sinistra.
Se lo trovi e va
tutto bene, coinvolgilo nelle ricerche, se no… “
<< Se no?
>>
Deglutii a fatica, sfoderando piano
la spada al mio fianco
<< Fermalo. In qualsiasi modo. >>
NOTICINA!!!mio dio ci siamo!!sta per
succedere un vero e
proprio bordello, ve l’assicuro! Spero di aver reso bene
l’idea…e spero che
questa storia vi sia piaciuta abbastanza, dato che ormai volge al
termine: ma
tranquille, non penserete che vi lascio senza seguito! Non so ancora
come si
chiamerà- perciò, accetto suggerimenti- ma
sarà carina…è già tutto
qui, nella
mia testa! Yo, quanto mi sento bene!!!
Spero tanto che il successo dei
Gioielli si ripeterà, anche
se questa storia è stata parecchio più doloroso e
difficile dell’altra…forse è
per questo che sono stata premiata con una valangata di recensioni e di
visite!ergo, vi ringrazio sentitamente, stimati lettori, e vi do
appuntamento
ai chappi futuri-ancora pochi, ma veramente VERAMENTE densi.
Non smettete di seguirmi e recensite,
mi raccomando!!! Pace e
ammore- e tante scuse a chi non ho ancora risposto…sto
diventando
pigra!!sappiate che avete tutta la mia stima stimissimma!!!vi lovvo
assai!!
Con infinito calore,
un’abbronzata Nini.
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Capitolo 29 *** La fine. ***
Tempo
presente.
Mi guardo le
dita
macchiate d’inchiostro e scrollo un attimo la mano. La sera
sta scendendo su
Mina Thirit, e i miei occhi sono focalizzati sugli incendiati campi del
Pelennor, vividi come rubini, scintillanti come fiamme. Angelica
è nella cesta,
la balia Tilly la fa giocare e la allatta quando ha fame. Avrei voluto
darle io
il cibo, ma i Valar mi hanno concesso poco latte, non sufficiente per
sfamare
il nostro cucciolo. Boromir è seduto al tavolo con me, sta
studiando alcuni
documenti di cui so poco e nulla: lavoro d’ufficio, lo chiamo
io. Il mestiere
della Sovrintendenza, lo chiama lui. Si accorge che lo sto guardando,
alza lo
sguardo grigio e mi sorride, quieto. << Mal di mano?
>> Mi chiede.
Annuisco, scrocchiando le dita.
<<
Dove sei
arrivata? >>
Senza
volerlo, la
risposta esce asciutta << A Rauros. >>
Il suo
sorriso
scompare, un’ombra di tristezza vela il suo sguardo e
distoglie gli occhi dai
miei, per fissarli sulle rosse pianure attorno alla sua
città. Ricordi dolorosi
gli affiorano nella mente- non ricordi, per l’esattezza: lui
non sa quello che
ha fatto. Lo sa solo perché gliel’ho detto io.
Non serba memoria di quei pochi attimi, eppure continua a
soffrire per
essi. E io non posso farci niente.
In silenzio,
quasi di
soppiatto, ricomincio a scrivere.
La riva era piana e di terra chiara,
ma dopo pochi metri si
alzava e cominciava una vegetazione di cespugli bassi, alternati a
striminziti
arbusti, che diventava sempre più fitta verso
l’interno, costituito da un
pendio scosceso. Dove ci trovassimo, non lo sapevo. Presi a destra e mi
mantenni nella parte bassa del pendio, sentendo la voce di Aragorn
parecchio
sopra di me chiamare Frodo. Pregai i Valar che avessero già
trovato Boromir,
che non avesse combinato niente, che non si fosse allontanato per far
del male
a Frodo ma solo per fare pipi. Li supplicai di tenerlo lontano dai
guai, di
farlo ragionare, di tenerlo sulla retta via. I Valar mi ascoltarono? La
loro
risposta si perse nel vento.
Camminai per un po’, le
voci degli altri che si perdevano in
lontananza. Il bosco era insolitamente silenzioso, e neanche un merlo
trillava,
non uno scoiattolo squittì al mio passaggio:
cos’era tutto quel silenzio? Anche
la Città delle Stelle era così silenziosa prima
dell’attacco… col peso di
quella affermazione mi fermai di colpo, sentendo le vertigini
assalirmi: la
visione della Dama parlava di un attacco, Orchi che combattevano un
pugno di
uomini in mezzo a un bosco, di giorno - e
noi eravamo in un bosco, di giorno, e quel silenzio non
lasciava presagire
nulla di buono.
“ Giulia, credo che la
visione stia per avverarsi. “ Le
comunicai.
“ C’è
troppo silenzio, vero? “
“ Già.
“
“ Hai trovato qualcosa?
“
“ No. Tu? “
“ Io sto con Merry e
Pipino. Mi hanno detto che Sam è
rimasto nella zona vicino alle barche, ad attendere il ritorno di
Frodo.
Legolas e gli altri due non so che fine abbiano fatto… ma
c’è sicuramente
qualcosa che non va. “
“ Concordo pienamente.
“
“ Anche Legolas
l’ha sentito. “
“ Tieni d’occhio
gli Hobbit, sorellina. Fa attenzione. “
“ Roger, comandante. Passo
e chiudo. “
Come faceva mia sorella ad essere
così serena, solo i Valar
ne erano a conoscenza. Avrei tanto voluto essere come lei, calma come
acqua
stagnante ma pronta a scattare come un felino, invece ero terribilmente
in
ansia, sentivo il mio cuore rombare nel bosco e i miei passi farsi
sempre più
pesanti tra le foglie del pendio. Sapevo quanto mi aspettava, ma non
avevo il
coraggio di ammetterlo. Sapevo quanto avrei dovuto fare, ma non sapevo
se avrei
trovato il coraggio di farlo. Continuavo a camminare, silenziosa,
angosciata e
attenta.
Fino a quando li trovai.
Vidi Frodo per primo, camminare
rapido e a passo spedito,
come se cercasse di distanziare qualcuno. Stava cercando di mettere
più passi
possibili fra se e la Compagnia, ma a che pro’?
Perché si stava allontanando?
Stavo per fermarlo, correre verso di lui, posargli una mano sulle
spalle e scrollarlo
per chiedergli spiegazioni, quando un secco spezzarsi di rami mi pietrificò
all’istante.
<< Non è
sicuro andarsene in giro da soli, Frodo.
>> Dolce come il miele giunse la voce di Boromir,
più in basso rispetto
allo Hobbit. Nascosta dietro un tronco, lo spiai: si stava avvicinando,
sbucato
chissà da dove, con un fascio di legna fra le braccia. Un
pretesto per
andarsene in giro a caccia di Frodo, evidentemente, e un ottimo alibi.
La nota
positiva era che mi dava le spalle: in caso di attacco, avrei avuto
dalla mia
l’elemento sorpresa << Specialmente tu, poi.
>> Concluse, facendo
un passo verso il Portatore.
Frodo ebbe il coraggio di restare
fermo però non disse
niente. Lo fissò e basta.
Boromir raccolse un ramo e lo
esaminò con cura <<
Frodo, cosa agita il tuo cuore? >> Chiese, la voce
melliflua e
preoccupata. Aspettò, prima di parlare di nuovo.
<< E’ quell’oggetto,
vero? Il suo peso deve essere…tremendo, da sopportare.
>> Parlava in tono
amichevole, la voce così dolce da suonare tremendamente
finta. Mi fece
accapponare la pelle e rizzare i capelli sulla nuca: chi era colui che
parlava?
Lo conoscevo? Era davvero l’uomo che si era preso la mia
vita, il mio corpo, la
mia verginità, il mio cuore? Era lui? No, che non lo era. Mi
costrinsi a posare
la mano sull’elsa della spada. Feci un respiro profondo e la
stritolai nella
presa: l’avrei sfoderata solo se necessario.
<< Lo è.
>> Rispose l’Hobbit, un leggero tremito
nella voce << Ma è un peso solo mio.
>>
Anche da lontano, vidi le spalle del
mio Capitano
irrigidirsi << Significa che non mi ascolterai, vero?
>> Disse, la
voce improvvisamente metallica. Eccola li, la vera natura della sua
conversazione. Tacque un attimo, per poi scagliare a terra i pezzi di
legno
<< Chiedo solo la forza per difendere il mio popolo!
>> Protestò
con rabbia, muovendosi piano verso Frodo << Se solo tu mi
prestassi
l’Anello… >>
Stavolta, Frodo
indietreggiò. La maschera di coraggio si era
incrinata, la paura al di sotto era ben visibile. <<
Stammi lontano.
>> Gli ordinò, continuando a indietreggiare,
una punta di spavento nella
voce.
Boromir si bloccò
<< Perché indietreggi, non sono un
ladro! >> Disse, la voce che iniziava ad alterarsi.
<< Non sei te stesso,
Boromir! >> Scandì Frodo
con precisione glaciale: ah, quanta verità in quelle
parole… LHobbit rimase a
fissarlo per pochi, intensi minuti, voltandosi subito e ricominciando a
camminare, deciso a mettere quanti più passi fra lui e il
mio uomo. Deviò verso
l’alto, cominciando ad arrancare sul pendio, nel punto esatto
in cui
cominciavano a sbucare, dall’humus di foglie e terriccio,
malandati gradini di
pietra.
Per un attimo pensai che fosse tutto
finito, che Boromir si
fosse arreso e avesse capito che l’unica forza da cercare era
in se stessi e
non nell’Anello. Per un attimo lo credetti davvero. Pensai a
come sarebbe stato
facile seguirlo di nascosto, sbucare alle sue spalle e dirgli che da
tempo lo
cercavo, che Frodo era sparito e che lo stavamo cercando. Quanto
sarebbe stato
dolce fingere che nulla fosse accaduto, che ogni singola parola di
quella
conversazione fosse morta! Avrei parlato io a Frodo, mi sarei scusata
io per il
comportamento di Bubu e l’avrei implorato di perdonarlo.
Tutto sarebbe tornato
al suo posto, il veleno dell’Anello avrebbe perso il suo
effetto e Boromir
sarebbe tornato il Boromir di sempre, il mio Capitano, quello
vero…
Ma così non fu. Dove erano
i Valar in quel momento, quando
lo sentii ringhiare di rabbia e percepii la forza emanare dal suo
corpo, dove
erano? Girati dall’altra parte, intenti nei loro giochi. Non
con gli occhi
puntati su Arda, sicuramente.
<< IDIOTA!
>> Proruppe Boromir, una parola che
gli scaturì dal profondo del cuore, detta con tutto se
stesso. Nel sentirlo,
Frodo si bloccò e lo guardò, impietrito.
<< E’ TUO SOLO PER UN
MALAUGURATO CASO! >> Continuò, strepitando, e
correndo verso di lui
<< Poteva essere mio, doveva essere mio! >>
Continuò a gridare,
cercando di afferrare il Portatore, tanto agile quanto terrorizzato,
che
cercava di sfuggirgli, incespicando nel terreno. Alla fine,
l’afferrò per il
mantello e lo strinse a se, cercando di afferrarlo per il collo, ma
Frodo non
stava fermo, si divincolava come una biscia e usava persino i denti,
per
difendersi. << Dammelo! DAMMELO!! >>
Continuava a gridare Boromir.
Non potei più restare
neutrale. Saltai fuori dal mio nascondiglio
e corsi verso i due, gridando forte nell’andare a cozzare
contro Boromir. Gli
fui addosso con tutto il corpo, sbattendo contro di lui, sbilanciandolo
e
facendolo cadere con un sonoro rumore di rami spezzati. Lo vidi
rotolare poco
più in basso, ed ebbi il tempo di rivolgere la mia
attenzione a Frodo: era
caduto con me ed era ancora steso a terra, immobile, terrorizzato. Mai
mi
arrabbiai come in quel momento.
<< SCAPPA!
>> Gli gridai con rabbia,
rimettendolo in piedi, mentre sentivo Boromir rialzarsi a fatica alle
mie
spalle. << Devi andartene o ti ucciderà!
>>
Gli occhi del Portatore si
cristallizzarono su qualcosa più
in alto di me << LA SPADA ANNA! >>
Gridò. Lo lanciai lontano da me
e mi scansai, giusto in tempo per sentire l’acciaio di
Boromir sibilare accanto
a me e finire nelle foglie. A distanza di sicurezza, lo guardai per
pochi
attimi: il capitano reggeva la spada lunga con la mano guantata, la
posizione
di guardia inesistente, pronto a scattare come un serpente sulla sua
preda. Mi
guardava con quell’espressione spietata e bellissima che
assumeva sempre in
battaglia, gli occhi della belva nascosta in lui. Mi resi conto che
avrebbe
combattuto per uccidermi, sventrarmi come faceva con gli orchetti di
Mordor,
staccarmi la testa come con quelli di Moria. Valar, chi era colui che
avevo
innanzi? Senza preavviso, Boromir scattò in direzione di
Frodo, la spada alta
sulla testa. Mossa avventata: aveva lasciato tutto il fianco scoperto.
Avrei
potuto entrargli fra le costole, ferirlo agli organi interni con
estrema
facilità. Avrei, ma non lo feci. Intercettai la sua spada
con un fendente
ascendente, bloccandogliela al suolo.
<< VATTENE FRODO!
>> Gridai a pieni polmoni,
fissando Boromir negli occhi mentre faticavo a mantenere la sua spada a
terra.
Il grido risuonò nella mia mente e nella foresta, e sperai
che qualcuno lo
udisse, almeno Giulia, ma ero troppo impegnata per fare conversazione
con lei.
Poteva comunque sentirmi. Complice un momento di distrazione, Boromir
liberò la
spada con rabbia e arretrò. Stavolta si mise in posizione di
carica, l’elsa
della lunga spada all’altezza della spalla destra, le
possenti braccia a scudo
del torace. Non sapevo se Frodo alle mie spalle se ne fosse andato. Non
ne ero
certa, ma dovevo coprirlo: sarebbe stata dura, eppure avrei fatto il
mio dovere.
Passò un
eternità senza che uno di noi distogliesse lo
sguardo dall’altro. Respiravamo piano, e il silenzio era di
nuovo tornato nel
bosco.
<< Perché ti
sei messa in mezzo. >> Disse solo
Boromir, senza abbassare la lama, e non era una domanda.
<< Non avresti
dovuto. >>
<< Si che ho dovuto.
>> Ribadii, senza muovermi
dalla posizione di guardia << Abbassa la lama, Boromir, e
parliamon-
>>
Scattò ancora prima che
potessi concludere, partendo con una
falciata ascendente che mi sorprese, ma che riuscii a scansare.
Nonostante la
sua mole, Boromir era velocissimo. Cercai un affondo, ma lui
parò con facilità.
Ero così vicina che mi diede una spallata, facendomi
barcollare. Rischiai di cadere
sul fondo sdrucciolevole e allora lo sentii ridere, crudele
<< Sei sempre
stata una pessima schermitrice, ma oggi dai il peggio di te.
>> Ringhiò
<< Meglio così, non dovrò nemmeno
sudare per avere la tua testa. >>
Valar, non si ricordava delle lezioni
che aveva impartito?
Delle mattine passate ad allenarci? Si ricordava almeno chi ero? No.
Ero solo un
nemico, anzi: IL nemico, quello che si frapponeva fra lui e la sua
preda,
l’Anello. Ero il bastardo che gli sbarrava la strada, il
sassolino che andava
schiacciato. Fu li, e solo li, che vidi scintillare nei suoi occhi
un’aria
malvagia che mai più avrei rivisto, un non so che di
metallico e freddo, che mi
fece capire che ero finita. Anche adesso, mi sento tremare al sol
pensiero di
quello sguardo.
Avevo onorato due delle promesse
fatte a Gandalf: avevo
protetto Frodo e avevo aiutato anche
Aragorn, anche se in misura minore rispetto al Portatore, ma
Boromir…l’avevo
perso per sempre. Non sarebbe più tornato da me. Che senso
aveva la vita, se
lui desiderava uccidermi? Perché continuare a combattere? Un
dolore sempre più
struggente si faceva largo nel mio cuore, lacerandomi
l’anima, inondandomi di
sensi di colpa perché non ero stata abbastanza brava a
proteggerlo, a salvarlo
dalla sua dannazione.
Voleva la mia vita? Che se la
prendesse. L’avrei amato per
come era, e sarei morta ricordando chi era prima
dell’incontro con l’Anello. Ma
prima, dovevo dare più tempo a Frodo.
Nel tentare un affondo, Boromir mi
afferrò la mano e me la
torse finchè non lasciai cadere la spada con un grido. Con
ogni probabilità, fu
li che mi incrinò il polso che tutt’ora mi duole,
ogni volta che cambia il
tempo. Mi lasciò la mano e mi schiaffeggiò
così forte da farmi vedere nero per
un attimo. Sentii il sapore del sangue in bocca. Il colpo fu
così pesante da
mandarmi a sbattere contro un albero, su cui mi accasciai, intontita.
Sentii le
sue mani stringersi attorno al mio collo, sempre più
strette, e la mia bocca
che faceva un rumore orribile mentre cercava di dirgli che ero io, che
ero Anna,
che avevo bisogno d’aria, che doveva sposarmi, che ero
io…le parole si
rincorrevano, senza senso, senza che uscissero dalla mia bocca.
Annaspavo alla
ricerca di aria, ma riuscivo a respirare sempre meno, la sua stretta
che andava
facendosi sempre più forte. La vista andava offuscandosi,
vedevo solo il cielo
azzurro del tardo pomeriggio sulla mia testa, ma gli altri sensi si
facevano più
acuti: potevo sentire anche il suo, di respiro, il fiato grosso di chi
stava
compiendo un grande sforzo, anche contro la sua volontà, ma
lo stava compiendo;
il suo cuore rombare; la sua voce chiamava il mio nome, quasi con
dolcezza,
quasi mi stesse accarezzando mentre facevamo l’amore. Mi
sembrò quasi che
piangesse, ma a quel punto mi sentivo sull’orlo del baratro:
dunque, era così
morire…
Poi, tutto finì. Le mani
mi lasciarono improvvisamente
andare. Boromir gridò qualcosa, ma una voce più
acuta sovrastò la sua, ma non
capii di chi fosse. Mi
afflosciai a
terra priva di forze, il viso affogato nelle foglie morte, sentendo
l’aria
maleodorante e umida della terra riempirmi i polmoni con lentezza e
dolore. Il
collo era un inferno di fiamme, la bocca era impastata di sangue e
terriccio,
il viso andava facendosi sempre più gonfio e teso e la testa
mi pulsava in
maniera atroce. Le avevo prese, e anche di santa ragione, ma in quel
momento
non potei realizzare alcun pensiero, se non il dolore lancinante del
corpo. Se
mi fossi svegliata, sapevo che sarebbe giunto anche il dolore
dell’anima, per
quello che avevo subito, per chi me l’aveva inferto, ma
quello fu un pensiero
fugace, l’ultimo, perché svenni con la convinzione
di morire.
NOTICINA: bhe, niente da dire. Non
posso chiedervi se
abbiate apprezzato il chappi o meno perché non è
particolarmente carino dire:
oh! Meraviglioso, si sono pestati! No, non lo è.
Tra l’altro, la storia
prenderà una via piuttosto
inaspettata, credo: buona parte sarà sempre sui nostri
due..ehm..come li
chiamo, ora che si sono pestati…ehm…vabbe, su
loro due, sul cammino verso la
riconciliazione. Infatti, penso che sarà proprio questo il
titolo:
I
GIOIELLI: RICONCILIAZIONE. ( o resurrezione, non so bene. )
(
volevo usare GUERRA E PACE, ma sembra un po’ banalotto, non
trovate? )
Vabbe, cari lettori, si avvia alla
conclusione anche questa
storia: siamo cresciuti di un altro anno, e andremo avanti ancora, fino
alla
fine della trilogia. Da li in poi…mah, chi lo sa! In ogni
caso, ci sono ancora
un paio di libri da riscrivere, farcendoli delle simpatiche avventure
della Carovana
e di Anna, sempre alle prese con il suo Bubu. Detta così,
sembra una stronzata
ma, ve l’assicuro, non lo è.
Oddio, questo pare un addio, ma non
lo è!!! Credo che ci
sarà ancora un chappi… come la mettiamo adesso
con la Compagnia? Che succederà?
Non so se ricordate l’ultima parte del libro/
film…una vera tragedia- ma anche
la mia scherza no, eh?
Dai dai che raggiungiamo il centinaio
di
recensioni!!!lettori anonimi e amici di vecchia data, siete tutti
pregati di
lasciare un commento, anche breve, a questo chappi: devo capire se sono
stata
abbastanza realistica nella lotta…mi farebbe piacerissimo
sapere che ne
pensate, e vorrei sia pareri “ vecchi” che
“ nuovi”!
Non deludetemi dunque, che io ho
sempre dato il massimo. Una
rimbambita e fuori fase Nini.
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Capitolo 30 *** Veniamo a prenderti. ***
Accadde tutto come quando venni
ferita per la prima volta:
mi ritrovai nuda su di un prato verde, le montagne vertiginosamente
alte
attorno a me; alle mie spalle, il bosco in cui io e Giulia avevamo
trovato il
Passaggio. “ Il luogo dove tutto ha inizio. “
Pensai, mettendomi a sedere “ E
dove tutto avrà fine. “ Credevo seriamente di
essere morta. Boromir mi aveva
picchiata a sangue per poi strozzarmi. Che fine
stupida…avrei dovuto saperlo
che, mettendomi contro di lui, non sarei sopravvissuta. Ma che potevo
fare,
abbandonarlo al suo destino? Chi gli avrebbe impedito di prendersi
l’Anello? “ Quello
stupido coso… “ Imprecai piano, mentre la gola mi
si stringeva e l’aria veniva
a mancare, il collo che diventata una mappa di segni violacei. Sentii
in bocca
il sapore ferroso del sangue: le labbra erano state spaccate, la parete
interna
di sinistra era lacerata, mentre la guancia si gonfiava sempre
più a causa
della botta. Anche il naso mi doleva, per non parlare del polso destro,
che
pulsava e si gonfiava a vista d’occhio. Iniziai a piangere a
dirotto,
singhiozzando in maniera incontrollabile, stendendomi sul manto erboso
e
fissando il cielo: perchè mi aveva fatto questo?
Perché mi aveva uccisa?
“ Il tuo compito non
è ancora finito. “
Alzai il capo di scatto e spalancai
la bocca, meravigliata:
Dama Galadriel in persona era davanti a me. Mi guardava con quel suo
sorriso
benevole e compassionevole, gli occhi pieni di malinconia. “
Giovane
principessa, hai fatto il tuo dovere, ma hai altri obblighi da
assolvere. “
Tirai su col naso, un evento
spiacevole “ Quali? Ho protetto
Frodo e ho cercato di stare vicino a Boromir, anche troppo
forse… “ Le indicai
il collo violaceo e singhiozzai ancora “ Non credo che
potrò sostenere altre
promesse, mia signora: sono morta, no? “
Lei si inginocchiò e
asciugò le labbra con un lembo della
sua veste. “ Lo credi davvero? Sei ancora in tempo.
“ Parlava con voce gentile,
flautata. Buona.
“ In tempo per cosa?
“
“ Oh, ma per vivere,
principessa: combatti per i tuoi sogni,
riprenditi ciò che è tuo, ricomincia ad amare. E
perdona, Anna, perdona,
perdona e ancora perdona: il tuo Capitano ne avrà bisogno.
“
Pensai a lui,
all’espressione feroce, da belva assassina, e
tremai “ Ma io ho paura di lui, mia signora. “
“ Chi non ha paura della
bestia che si cela nel cuore degli
altri? Tutti, e chi non ne ha è uno sciocco. Tu sei stata
coraggiosa: eri
conscia del destino che ti attendeva se ti fossi schierata contro di
lui, ma
hai deciso di schierarti nel campo più difficile, e sei
riuscita a fermarlo.
Agli occhi dei Valar, questo è un grande segno. “
Mi guardò con gli occhi
scintillanti “ Riconciliarti con lui sarà la
più grande prova del tuo amore,
Anna. Se supererai questa, assieme a lui potrai affrontare qualsiasi
nemico,
qualsiasi armata, qualsiasi guerra, grande o piccola. Perché
ricorda, figlia
mia: è l’amore che tiene unito il mondo, ed
è sempre l’amore a legare due
persone per sempre. Tu lo ami ancora, vero? “
La risposta mi venne fuori
così naturale che quasi stentai a
crederci. “ Si. “ Dissi solo, e i segni del collo
sparirono, le labbra si
rimarginarono, naso e polso smisero di dolere e la guancia si
rimarginò, dentro
e fuori. Una grande forza montava dentro di me, così grande
che mi stupii di
riuscire a contenerla tutta. La Dama mi porse la mano e mi fece alzare
in
piedi. Mi ritrovai improvvisamente vestita, i capelli lunghi fin sotto
le
scapole. “ Sarà doloroso. “ Mi disse,
posandomi una mano sulla guancia ferita “
Molto doloroso, soprattutto per lui: non capirà subito.
“
Le sorrisi “ Glielo
farò capire io. “
Lei ricambiò il sorriso e
mi avvicinò a se, sfiorandomi le
labbra con le sue. Poi, il sogno finì.
Mi sembrò di aver dormito
giorni interi, ma doveva essere
passato poco tempo: il cielo era della stessa sfumatura di azzurro di
quando
avevo combattuto con Boromir, ma il dolore era forse triplicato.
Giulia era sopra di me, mi stringeva
a sé, e quando vide che
riprendevo conoscenza, calde lacrime le rigarono il viso. << Sei viva!
>> Esclamò,
singhiozzando forte << Pensavo ti avesse…
>>
Scossi il capo, facendole cenno di
farmi alzare <<
Sono dura a morire. >> Le asciugai le lacrime
<< Cosa piangi,
sorellina: non lo sai che si piange solo per i morti? >>
La battuta che
usava sempre Boromir… << Che è
successo? Dove è Boromir? >>
Giulia inspirò a fondo per
calmarsi, quindi iniziò a
parlare. << Ho sentito il tuo grido di aiuto nella mia
testa. Ho detto
agli Hobbit di nascondersi e di non muoversi per nessuna ragione al
mondo. Ho
seguito le tue grida ma, quando sono arrivata, sembrava già
tutto finito:
Boromir ti teneva sollevata da terra, tu giacevi inerte fra le sue
mani, il
viso che sembrava una maschera di sangue e …oddio, Anna, non
ci ho più visto:
gli ho lanciato addosso il sasso più grosso che ho trovato e
l’ho colpito alla
testa, gridando così forte che devono avermi sentito fino a
Mordor. Allora lui
ha gridato e ti ha lasciata cadere a terra e tu ti sei afflosciata in
un modo,
Anna, che sembravi davvero morta! Ho sguainato la spada e gli sono
corsa
incontro con tutta l’intenzione di ucciderlo, il bastardo,
ma… >>
Mi toccai la nuca, sentendola viscida
di sangue << Ma?
>>
Ci impiegò un
po’ a rispondere << Ecco, mi ha guardata
con un aria così disperata, così…
afflitta, che non ho avuto il coraggio di
avvicinarmi. Sembrava non comprendere quanto stesse facendo. Credo che
stesse
piangendo, ma non l’ho visto bene: ha guardato prima me, poi
te che eri distesa
a terra, tutta sporca e con i capelli incollati dal sangue. E ha
lanciato un
urlo, Anna, un urlo che non dimenticherò mai: una bestia sul
punto di morire
non è neanche lontanamente in grado di fare versi simili!
>>
<< Avrà
pensato di avermi uccisa. >> Sentenziai,
cercando di muovere il polso destro con scarsi risultati: si muoveva,
ma era
doloroso. << E poi? >>
<< E’ corso
via, passandomi accanto come se non ci
fossi. >> Mi sfiorò la guancia, facendomi
gemere di dolore << E io
sono rimasta qui, a vegliarti. Ero certa che ti saresti svegliata
eppure…
>> Grandi lacrimoni iniziarono nuovamente a scorrerle
dagli occhi
nocciola << … Ho avuto così tanta
paura, Anna! Non sai quanta! >>
Le sorrisi, ma anche quello mi fece
male << Non dirlo
a me. >> Le dissi, abbracciandola, pensando
però a Boromir: stava
tornando alle barche, dagli altri. Non lo sapeva che erano tutti a
caccia di
Frodo e che non c’era nessuno. E se invece fossero stati li?
Avrebbe confessato
il crimine di cui si era macchiato? Avrebbe confessato di avermi ferita
quasi a
morte? E gli altri? Come avrebbero reagito? Mi si gelò il
sangue.
<< Giulia, dobbiamo
andare a cercarlo. >>
<< A cercarlo?! Tu hai
bisogno di stare ferma!
>>
<< Non starò
ferma finchè non l’avrò trovato.
>>
La fissai negli occhi << Tu resteresti ferma se sapessi
Legolas in
pericolo? >> Mia
sorella avvampò
fino alle punte dei capelli, la risposta dipinta chiaramente sul viso.
Ebbe
comunque la sfacciataggine di sogghignare << Vedo che la
mano di botte
non ti ha cambiata, sorellina. Testarda come al solito. >>
Sogghignai a mia volta
<< Strano, mi vedo riflessa in
qualcuno… >> Le strinsi la mano
<< Giulia, grazie. Penso che sarei
morta per davvero, se tu non l’avessi fermato.
>>
Lei si strinse nelle spalle e si
alzò << Che vuoi che
sia, salvo vite tutti i giorni, io. >> Mi
passò una mano sotto l’ascella
e mi fece alzare. La testa mi girò, ma solo per qualche
istante, poi tutto
tornò al suo posto. Almeno, le gambe erano ben salde.
“ E ora dove andiamo?
“ Mi chiese Giulia, chinandosi a
raccogliere la mia lama e porgendomela dalla parte dell’elsa.
Come risposta,
giunse in lontananza il suono di un corno che conoscevo bene. Ci
guardammo, la
risposta stampata in faccia, e iniziammo a correre.
Le gambe erano ben salde, ma la testa
andava un po’ dove
voleva. Improvvisi lampi mi accecavano e più volte andai a
sbattere contro rami
bassi o inciampai nelle radici. Come aveva detto Giulia, dovevo star
ferma, ma
il corno di Gondor continuava a suonare, invocando aiuto. Correvo
più piano di
Giulia, che mi precedeva di un buon pezzo, e spesso la perdevo di vista
fra gli
alberi per vederla riapparire, lontano, ferma ad aspettarmi.
“ Corri! “ La
incitavo “ Non aspettarmi! Corri e dagli una mano.
“ Se Boromir suonava il
corno non lo faceva per diletto: si trovava in grave pericolo, e
chiedeva
aiuto. Mentre correvo, ripensavo alle parole della Dama e a lui, quanto
dovevo
fare con lui: dovevo riconciliarmi, e Boromir non poteva sicuramente
morire
prima di aver fatto due chiacchere con me! La testa mi doleva da far
paura,
ogni volta che il corno suonava essa rimbombava a lungo, ma quel dolore
era
piacevole: la via era giusta, la meta vicina. Caddi a terra e mi
sbucciai le
ginocchia. Mi rialzai senza dire una parola e ricominciai a correre
nonostante
mi mancasse l’aria: cosa non si fa per amore…
“ Anna! “ La voce
di Giulia mi chiamò “ Anna! “ Lo stesso
tono che avevo sentito nella visione della Dama!
“ Giulia, cosa succede!
“ Le chiesi, allarmata, ma lei non
mi rispose. Mi fermai, restando in ascolto: poco lontano da me, sentivo
rumore
di spade. “ GIULIA! “ La chiamai forte,
avvicinandomi al clangore di spade.
“ Hanno colpito Boromir.
“
Il cuore si fermò. Non
poteva…
“ Le frecce ci stanno
cadendo addosso a nugoli, ma
continuano a colpire lui! Fa presto! “ Disse tutto
d’un fiato mia sorella,
interrompendo poi la conversazione. Il suono secco
dell’acciaio contro acciaio
si faceva sempre più vicino. Un urlo acutissimo mi
perforò i timpani e
accelerai la corsa. Nella mia testa, la voce di Giulia gridò
a lungo,
terrorizzata, dicendo frasi sconnesse e spezzate, con parole che
però si
ripetevano: chiamava me, mia sorella, e diceva di lasciarla stare, di
metterla
giù, di non farle del male e di non toccare gli Hobbit.
Gridava forte,
assordandomi, stordendomi ma, per quanto le dicessi di stare calma, lei
continuava a gridare.
Superai con difficoltà la
cresta e guardai: nella conca, fra
le foglie morte, giaceva Boromir in ginocchio, diverse frecce
conficcate nella
sua carne. Davanti a lui, un nero orco, grande quasi quanto il mio
capitano, lo
fissava, tendendo un arco di nero osso; incoccata, vi era una freccia
lunga dal
piumaggio grigio, simile a quelle che dilaniavano la carne del mio
uomo. Stava per
scoccarla quando mi lanciai per il pendio con un grido carico di
furore. L’orco,
preso alla sprovvista, mi scagliò la freccia contro, ma essa
mi sfiorò appena,
lacerando la pelle del fianco. Quindi, con la spada sguainata e urlando
<< GONDOR! >> A pieni polmoni, mi avventai
contro di lui,
sbattendolo a terra e rotolando assieme.
L’orco puzzava di sudore e
di non umano, aveva muscoli
potenti e zanne gialle che snudò per farmi paura. Ma quella
era l’ultima della
mie sensazioni: il fuoco mi scorreva nelle vene, e mi liberai dalla sua
morsa
come una biscia dalle mani di un bambino. Scivolai davanti a Boromir,
ancora in
ginocchio.
<< Tu non avrai
quest’uomo! >> Gridai all’orco,
che snudò una spada brutta ma dall’aspetto
micidiale. << Che ne hai fatto
di mia sorella e degli Hobbit? >> Il mio acciaio
incrociò il suo in una
parata frontale << PARLA! >>
<< I
Mezz’uomini e la donna sono in viaggio verso
Isengard. >> Ringhiò << Presto,
il mio signore Saruman ne potrà
disporre. >>
“ No…
“ << Il bastardo non avrà nulla di
cui disporre!
>> Ribadii << Li ritroveremo e ammazzeremo
tutti gli schifosi della
tua razza! >> Parlai a voce molto alta e il mio eco si
disperse fra gli
alberi. Chissà se Frodo era riuscito a salvarsi…
e Sam? Dove era Sam?
L’orco ululò
forte, qualcosa di simile a una risata <<
Umana, chi credi di essere per poterci fermare? Noi siamo gli Uruk-hai,
servi
di Saruman. Noi vestiamo la Bianca Mano, noi espandiamo la sua potenza!
E tu
non potrai niente, NIENTE contro di n- >> Si
bloccò, stupito dal vedere
comparire dalla sua pancia una lama affilata. La testa di Aragorn fece
capolino
alle sue spalle. << Lei non potrà nulla.
>> Gli sussurrò <<
Ma io si. >> Aragorn estrasse la spada con un movimento
fluido e staccò
di netto la testa all’orco chiacchierone, schizzandomi di
sangue nero e caldo.
Restai a guardarlo, l’erede
di Isildur; lo guardai fissarmi
il viso e vidi comparire la domanda che tanto desiderava farmi, ma che
non fece
per rispetto di Boromir, svenuto dietro di me. Alle sue spalle,
giunsero anche
Legolas e Gimli, che chiesero a gran voce cosa fosse successo li.
Riguardo al
mio viso, anche loro tacquero.
Avevo sentito dire che le mani del Re
erano mani di
guaritore, ma non lo pensavo davvero finchè non lo vidi
operare su Boromir. Era
ferito gravemente, ma se preso in tempo sarebbe sopravvissuto. Lo
trasportammo
fino alla riva, dove il nostro bagaglio era intatto e le barche erano
lambite
dalle onde. Aragorn usò le sue conoscenze e le essenze
donatemi da Matilde per
salvare la vita al mio uomo, mentre io sondavo la mente alla ricerca di
Giulia:
dove era? Perché non parlava? E gli Hobbit? Che fine avevano
fatto? Merry e
Pipino erano sicuramente con lei, e questo mi tranquillizzava un poco:
è nel
gruppo che sta la forza, e loro erano in tre. Sarebbero sicuramente
sopravvissuti, almeno finchè non fossero giunti a Isengard.
<< Saruman li
ha fatti rapire. >> Dissi ad Aragorn, una volta che ebbe
curato Boromir.
Dormiva sonni tranquilli, il mio capitano, il petto fasciato e
l’aria grave. Aragorn
aveva fatto un ottimo lavoro, anche migliore di quello di Matilde.
Certo, aveva
quasi prosciugato le mie scorte, ma almeno Boromir era salvo. Questo
contava.
Il ramingo annuì, cupo.
<< Non ne dubitavo. >>
<< Credi che Frodo e
Sam siano con loro? >>
Stavolta scosse il capo
<< No. Ho protetto io stesso
Frodo nella sua fuga, dandogli tempo. Vedi? Manca una barca.
>> Solo
allora lo notai e mi stupii << Lo hai lasciato andare da
solo a Mordor?!
>> Esclamai, e Boromir gemette, quasi mi avesse sentito.
Gli posai una
mano sulla fronte, bagnata di sudore: bruciava di febbre.
<< Solo?
>> Ribadì Aragorn, posando una pezza
bagnata sulla sua fronte << Vedi forse Sam da qualche
parte? >>
“ Già..
“ Gli sorrisi- una smorfia, più che un sorriso- e
distolsi lo sguardo dal suo: di nuovo quella domanda…
<< Anna. Che ti è
successo al viso e al collo? >>
“ Ecco le ferite
dell’anima di cui tanto parlava Galadriel…
“
<< E’ successo. >> Dissi solo,
fissandomi le mani << E’
successo che dovevo salvare qualcuno dalla dannazione, Aragorn. E ce
l’ho
fatta. >>
<< Ma a che prezzo?
>> Mi sfiorò il collo <<
Sai che cosa hai rischiato? >>
Annuii, passandomi la lingua sulle
labbra ferite. Lo sapevo,
eccome se lo sapevo! Ma che potevo fare? Mi strinsi nelle spalle e
scacciai le
lacrime dai miei occhi, tornando a guardare Aragorn <<
E’ una faccenda che
riguarda me e Boromir, chiaro? >>
Aragorn rimase in silenzio,
scrutandomi a lungo. Infine, con
un sospiro, si alzò.
Date le condizioni di Boromir,
passammo la notte sulla riva.
Certo, davamo un vantaggio agli orchi, ma la febbre inchiodava il mio
uomo a
terra, e non si sarebbe potuto muovere fino alla mattina dopo- sempre
che si
svegliasse, la mattina dopo…passai la notte sveglia,
cambiandogli le pezze
sulla fronte man mano si scaldavano, cercando di trovare Giulia. Ma di
lei,
nessuna traccia.
<< Credi che sia viva?
>> Mi chiese Legolas
nella notte, sedendosi accanto a me. Era il suo turno di guardia;
Aragorn
dormiva tranquillo mentre Gimli russava sonoramente.
Annuii convinta <<
Certo che lo è. >> Assicurai <<
Finchè sono in marcia, sono salvi, Leggy. La domanda
è: e se arrivassero a
Isengard? >>
<< Non voglio neanche
pensarci. >> Ribadì lui,
rabbrividendo << Giulia sta diventando sempre
più importante per me. Sapere
di non averla salvata mi manda in bestia! Se penso che potrebbe
accaderle
qualcosa, io… >>
<< Leggy, Giulia non
è una principessina: sa
difendersi, te lo posso assicurare. >> Guardai le stelle
sopra la mia
testa << Sono certa della sua salvezza. Se non parla,
è perché o dorme o
è svenuta: nessun incantesimo può infrangere il
ponte creato dalla Dama apposta
per noi! >>
Legolas annuì piano, per
poi restare in silenzio.
Verso l’alba mi
addormentai, sfiancata dalla fatica e dalla
stanchezza, tranquillizzata dalle condizioni ormai stabili di Boromir.
Mi svegliai
di soprassalto, proprio al giungere dell’alba, ma non ne
capii il motivo:
Boromir era tranquillo; Gimli faceva il suo turno di guardia vicino al
fiume
mentre gli altri due rubavano fino all’ultimo brandello di
sonno. Avremmo avuto
bisogno di tutte le nostre forze, e quello sarebbe stato
l’ultimo momento di
riposo per molto tempo. Ma allora cosa mi aveva svegliata?
“ Anna? “ Un
pigolio “ Anna? Mi senti? “
Sorrisi, e il sole nascente
baciò il mio viso martoriato. “
Si, ti sento. “ Dissi a Giulia, mai stata così
lontana da quando ci eravamo
ritrovate “ E so che sei viva. “
Calde lacrime inondarono il mio viso,
mentre gli altri si
svegliavano. La forza che avevo sentito durante il sogno con la Dama
pulsava
nella mia anima come un secondo cuore, pompando sangue e determinazione
ad ogni
fibra del mio essere.
“ Tranquilla, sorellina.
“ La rassicurai “ Veniamo a
prenderti. “
DULCIS IN FUNDO: mentre fuori infuria
il temporale, io porgo
a voi lettori i miei omaggi. Questa è la fine, ragazzi miei-
o meglio, la fine
di I GIOIELLI: LA SORELLA DI ANNA. Ringrazio tutti coloro che mi hanno
seguita,
recensito, che hanno messo la storia in varie cartelle che non ho mai
controllata, ma che sicuramente ci sono! Sono molto fiera di me stessa:
ho
scritto qualcosa di decente, e spero tanto che anche la prossima storia
segua
questa via- ma di sicuro così sarà…
Se ho fatto tutto questo, se avete
letto tutto questo, lo
dovete a tutte le persone che mi hanno spronato: mia madre, mio padre,
il mio
boy, me stessa…ma anche voi, lettori. Sapere di essere
seguita, ricevere
recensioni quasi sempre positive, essere letta…bhe, fa un
certo effetto!!spero
di non essere banale con questi miei saluti, ma che posso dire, se non
le
solite cose?
Vabbe, dai, faccio abbastanza
pena… meglio salutare tutti!
Un grazie di cuore, dal profondo dal
cuore.
Una commossa Nini.
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