I Gioielli: la sorella di Anna.

di nini superga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gran Burrone ***
Capitolo 2: *** Sorpresa ***
Capitolo 3: *** Giulia ***
Capitolo 4: *** Gandalf ***
Capitolo 5: *** notturno in chiaccherata ***
Capitolo 6: *** il Portatore ***
Capitolo 7: *** la delegazione del Sud ***
Capitolo 8: *** conversazione n.1 ***
Capitolo 9: *** conversazione n.2 ***
Capitolo 10: *** conversazione: linguaggio del corpo. ***
Capitolo 11: *** conversazione n.3 ***
Capitolo 12: *** Dovrei parlargli? ***
Capitolo 13: *** Il Dolce e l'Amaro. ***
Capitolo 14: *** è nel gruppo che sta la forza! ***
Capitolo 15: *** chiarimenti. ***
Capitolo 16: *** partenza ***
Capitolo 17: *** La Carovana dell'Anello ***
Capitolo 18: *** Caradhras ***
Capitolo 19: *** Moria. ***
Capitolo 20: *** Non abbiamo altra scelta. ***
Capitolo 21: *** c...i amari, anzi: amarissimi. ***
Capitolo 22: *** primo addio ***
Capitolo 23: *** io non ero sola. ***
Capitolo 24: *** Lorien ***
Capitolo 25: *** Dichiarazioni. ***
Capitolo 26: *** Lo Specchio di Galadriel ***
Capitolo 27: *** Sarò il tuo scudo. ***
Capitolo 28: *** L'inizio della fine. ***
Capitolo 29: *** La fine. ***
Capitolo 30: *** Veniamo a prenderti. ***



Capitolo 1
*** Gran Burrone ***


<< Sbagli. >>

Due occhi azzurri si levarono su di me e mi guardarono smarriti << Ancora? >>

Io annuii << Certo che si!! ti sembra quello il modo di sistemare il filtro? >>

Arwen guardò la sigaretta malfatta che reggeva fra le mani con aria perplessa per poi tornare a fissarmi negli occhi, l'espressione imbronciata << A me sembra giusta, invece! >>

Io sbuffai, sedendomi accanto a lei sulla panchina, davanti a noi la vista mozzafiato di Gran Burrone. << Dammi qua. >> Le dissi << Te lo faccio vedere per L'ULTIMA volta... dopo però devi farlo tu, va bene? >>

Lei annuì convinta e mi osservò rollare con grazia un perfetto cilindro di tabacco, applaudendo quando glielo mostrai << Sei troppo brava! >> Esclamò, rigirandolo fra le dita affusolate.

Io sorrisi triste << Sapessi quanto è bravo il maestro... >>


Era da quasi un anno che me n'ero andata da Minas Tirith. Gandalf mi aveva letteralmente scaricata a Gran Burrone per poi andarsene a zonzo nei territori dell'Ovest senza dirmi niente, come se fosse alla febbrile ricerca di qualcosa. Di Isengard, la mia vecchia casa, non sentivo affatto la mancanza, anzi: l'esperienza a Gondor mi aveva lasciato una fame di scoprire il mondo che ancora non era stata saziata e, se non fosse stato per ordine di Gandalf, con ogni probabilità non sarei rimasta a Imladris a insegnare a rollare a Arwen, principessa degli elfi, ma sarei sicuramente scappata, dato che spiegare come si crea una sigaretta era il fatto più eccitante della giornata.

Infatti, per quanto fosse bello e magico Gran Burrone, o Imladris o come lo si vuol chiamare, coi suoi canti e i suoi balli, i suoi vestiti sontuosi e i piatti prelibati, le biblioteche e gli immensi boschi, ebbene era un posto alquanto noioso. Mi ero abituata a tenermi in movimento ogni giorno a Minas Tirith- anche se il mio soggiorno era durato relativamente poco- , ad aver sempre i nervi a fior di pelle, mentre gli Elfi sembravano estranei a quella mia smania di fare, forse per colpa di quel particolare tabacco dal sapore dolce ( L'autrice si dissocia da ogni riferimento: non fatevi strane idee!!! ) che fumavano in sottili pipe argentate, o per quel dolce liquore che distillavano loro stessi e che scivolava liscio lungo la gola per riscaldare l'anima e predisporla a stendersi su un divano e guardare il soffitto della propria stanza beatamente in pace. O forse era semplicemente il fatto che, essendo eterni, avevano appunto tutta l'eternità davanti e non sentivano la necessità di fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, al contrario di me.


Sospirai platealmente e mi lasciai scivolare lungo la panchina, godendomi la vista e sorridendo ad Arwen che ancora ammirava la sigaretta.

<< Chi è il maestro? >> Mi chiese Arwen all'improvviso, guardandomi con quei scintillanti occhi azzurri << E' da quando ti conosco che ne parli, ma non hai mai parlato di lui in termini precisi: chi è? >>

Mi venne in mente Boromir in assetto da guerra, il vessillo di Gondor in una mano e il corno nell'altra, sorridente << E'... >> Iniziai, estasiata << … E' l'uomo che è a capo dell'esercito di Gondor, il figlio del Sovrintendente di quelle terre. Si chiama Boromir. >> A dire il suo nome abbassai la voce, come per evocarlo: Valar, quanto mi mancava.

<< Ah. >> Disse lei << E' un guerriero, dunque. >>

Annuii << Già. >>

Restammo in silenzio, ammirando il paesaggio: dalla terrazza sulla quale eravamo, Gran Burrone ci veniva addosso con tutta la sua bellezza e magnificenza. Era una vallata verde e ridente, cosparsa di eleganti palazzi bianchi dall'aria favolosa, che di notte scintillavano come stelle del cielo e di giorno assumevano i colori cangianti del sole. Sembrava che su quella terra non piovesse mai, non morisse mai nulla, nemmeno una foglia. Tutto era fermo. Eterno. Dannatamente immobile, come se si trovasse sotto una teca di cristallo. A pensarci, era un po' inquietante.

<< Ma non ti stufi mai? >> Chiesi ad Arwen, così a bruciapelo.

Lei mi guardò con aria interrogativa << Stufarmi di cosa? >>

<< Ma di questo. >> Feci un eloquente gesto della mano << Di tutta questa bellezza, di tutta questa...pace! Non che la pace mi disturbi, ovviamente... >>

Lei piegò la testa di lato, socchiudendo gli occhi << Continuo a non capire... >>

Scossi la testa e cercai le parole con attenzione << Insomma, come faccio a spiegartelo? E' … >> Mi fermai, colpita dal fatto che avrei potuto offenderla. Mi misi sulla difensiva << Spero che non ti offenderai, ma qui a me sembra tutto incredibilmente noioso. Bellissimo, stupendo, favoloso quanto ne hai voglia ma... noioso. >> La guardai << Non credi? >>

Lei mi fissò intensamente negli occhi e poi sorrise in silenzio << A parlare così, assomigli davvero a qualcuno. >> Il sorriso le si allargò ancora di più << A qualcuno a me caro. >> Si sfiorò il magnifico ciondolo che portava al collo: un fiore di pura luce << Questo non è un ambiente umano, Anna. Questo è il regno degli elfi e il regno degli elfi è proprio così: bellissimo ed eterno, imperturbabile. Per voi umani questo è inconcepibile: il vostro mondo è in continuo mutamento, voi stessi mutate davvero velocemente nel breve arco della vostra vita, e i Valar vi ha dato la voglia e le capacità di compiere gesta straordinarie, per quanto il vostro tempo su questa terra sia breve. Credo che da qui nasca la vostra smania di fare e di scacciare la noia, che è inattività. Forse la scacciate perchè è tanto simile alla morte... >>

Feci una piccola risatina << Effettivamente, da morti si fa poco e nulla, tranne essere mangiati dai vermi... >> Le presi la sigaretta dalle mani e l'accesi con un fiammifero.

<< Che discorsi profondi! >> Esclamai allora, assaporando il gusto dolce del tabacco degli elfi e passandole la sigaretta << Discorsi troppo profondi, per due ragazze come noi, Arwen... >>

Lei rise << “ Ragazze “? Parla per te! >> Più volte le avevo chiesto quanti anni avesse, ma lei rispondeva evasiva o lasciava cadere la domanda nel vuoto, facendomi capire che non aveva piacere a parlarne. Le sorrisi e le dissi che la sigaretta poteva tenersela, volevo andare a fare due passi da sola. Lei annuì e rimase seduta sulla panchina, salutandomi con uno di quei suoi dolci sorrisi che mi scioglievano il cuore.



Arwen mi aveva fatto venire in mente Boromir.

Da quanto non lo vedevo? Sembravano vite intere...intere ere, forse. Mi appoggiai al ballatoio , lungo il Belvedere di Gran Burrone, una lunga strada che collegava tutti i vari palazzi a quello di Erlond, padre di Arwen, signore potente e gentile dall'aria paterna. Il bello di quella strada era che correva come un anello attorno alla valle, regalando una vista magnifica e la possibilità di fare altrettante magnifiche passeggiate, dato che era abbastanza largo ed era puntellato da panchine e deliziosi padiglioni in stile elfico ( io lo chiamavo così, quel genere fine ed elegante ).

non vestivo come un' elfa, ma da uomo: mi ero talmente abituata ai pantaloni e alla camicia che non riuscivo a separarmene. Solo in rare occasioni indossavo vestiti e l'unico elegante era quello che Boromir e Faramir mi avevano regalato, quello di Finduillas.

Ecco, avevo pensato ancora a lui. Mi passai una mano sulla fronte e accarezzai i capelli, tornati lunghi. Ancora a lui... sospirai, triste “ Come starà? “ Mi chiesi rollandomi una sigaretta con noncuranza “ Sarà ancora vivo? Mi penserà ogni tanto? Si sarà...? “ Scacciai quel pensiero come se si trattasse di una mosca fastidiosa, concentrandomi solo sulla sigaretta. Mi tremavano le mani e costrinsi la mia testa a tornare a quel pensiero “ … Si sarà sposato? “.

Era da un po' che ci pensavo e non avevo tutti i torti: Boromir era un uomo nel fiore degli anni, forte e vigoroso, per non parlare del fatto che era il futuro Sovrintendente, un buon partito dunque per qualsiasi ragazza di buona famiglia, principesse comprese. E io ero la scema del villaggio: io, che non ero niente, orfana e senza famiglia, credevo di poterlo tenere per me.

Mi accesi la sigaretta con mano tremante, cercando di non far caso agli occhi lucidi “ In realtà è ancora innamorato di me... “ Cercai di dirmi, ma non ce la feci: una grossa lacrima mi scivolò sulla guancia, mentre mi rimproverai per l'ennesima volta di non essere stata in grado di tenermelo stretto. “ Avrei dovuto protestare, combattere per restare. “ Mi dissi, rabbiosa “ Sarei dovuta restare con lui, solo con lui e fregarmene di tutto. Avrei dovuto … “ Un brivido caldo “ … far l'amore con lui. “ Anche quello era un chiodo fisso. Era diventato una cosa di cui mi ero pentita, quella di non essere stata abbastanza intima con lui. Credevo che l'intimità ci avrebbe legato con fili rossi, per non scioglierci mai più dai nostri giuramenti.

Gettai via la sigaretta, che si era consumata fra le mie mani fumata dal vento e mi asciugai il viso con le maniche della camicia. << Stupida. >> Mi dissi a voce alta << Sei una stupida. >>


<< Effettivamente. >>

La voce mi fece trasalire e alzai il capo di scatto: cinque elfi mi guardavano con aria altera e aristocratica, uno di loro lo faceva con particolare insistenza. Era l'elfo che aveva parlato, quello che mi stava sulle balle più di tutti. E mi aveva vista in quelle condizioni pietose.

“ Bastardo. “ Pensai istintivamente, alzando fieramente il capo e cercando di ignorare gli occhi e le guance arrossate << Glorinfeld. >> Lo salutai con freddezza << Bello come sempre, vedo. >>

Lui sorrise e si avvicinò << E tu simpatica come al solito. Che stavi facendo? >>

“ Mi hai vista o no? “ Avrei voluto ribadire ma trattenni la lingua << Nulla di particolare. >> Risposi, prendendo il tabacco e sedendomi su una panchina. << E tu? >>

<< Cercavo te. >>

Lo fissai stupita << Ah! >> Poi sogghignai << Voglia di fare due chiacchere con qualcuno che non ti dia sempre ragione? >>

Non rispose alla provocazione << Il mio signore Erlond ti manda a chiamare. >> Disse solo.

<< Ah si? >> Mi accesi la sigaretta e soffiai fuori il fumo << E perchè? >>

<< Perchè devi sempre chiedere perchè? >> Sbottò lui evidentemente irritato, scuotendo i lunghi capelli biondi. << Ti basti sapere che non so nemmeno io di cosa si tratti, il mio signore mi ha solo chiesto di cercarti e di condurlo a lui. Del resto, io non so nulla. >>

<< Fai il messaggero, adesso? Bel lavoro! >> Scherzai. Ma lui non rise.

Pensai a cosa avevo fatto negli ultimi giorni,ma non ricordai alcun disastro, nessun libro strappato, tenda macchiata... fissai Glorinfeld con un misto fra l'indifferente e l'incuriosito ma alla fine mi alzai, la sigaretta fra le labbra << E va bene. Andiamo dal tuo signore. >>










NOTICINA: guarda guarda la Nini che è tornata!!! salve a tutti!!!eccomi qui con un nuovo capitolo e una nuova storia. E' abbastanza sciallo, con le solite pene d'amore, le solite sigarette e le solite cagatine che mi hanno reso nota a voi, vasto e colto pubblico ( che leccata di culo... )

comunque, dal prossimo capitolo entrerà in scena un nuovo personaggio che sconvolgerà non poco la vita ad Anna- e non solo a lei...

vabbe, chi vivrà vedrà!!!

bacissimi cari recensite recensite R E C E N S I T E numerosi, claro? Brai scetch...

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Capitolo 2
*** Sorpresa ***


Glorfindiel camminava davanti a me, circondata dai suoi seguaci altezzosi. Ero stata brava a celare le mie emozioni, a non far scoprire il tumulto che agitava il mio cuore: che desiderava sire Elrond da me? Camminavo in silenzio e pensavo. Ricapitolai per l'ennesima volta le mie giornate: di disastri non ne avevo combinati, tranne forse aver insegnato a fumare ad Arwen ma non sembrava una cosa tanto grave da richiedere una lavata di capo dal Sire in persona.

Magari era tornato Gandalf! Era da tempo che non lo vedevo, da quando era partito per Isengard. “ Porterò i tuoi saluti a Saruman... “ Mi aveva detto in tono rassicurante, ma avevo scorto qualcosa nei suoi occhi: paura, forse? Sicuramente era agitato, data la grande quantità di Erba Pipa ( un particolare tabacco di un luogo da lui visitato chiamato Contea ) che consumava durante le nostre conversazioni e dava spesso e volentieri risposte laconiche, che non soddisfacevano la mia curiosità, il che era strano, dato che Gandalf cercava sempre di soddisfare la mia sete di sapere. Che avesse un segreto? “ Non ha importanza. “ Mi dissi, sorridendo: se davvero era tornato,glielo avrei domandato.

<< Ma devo forse incontrare una persona? >> Chiesi avvicinandomi al bellissimo- perchè Glorfindiel era DAVVERO bellissimo- elfo e camminando al suo fianco. Lui fece finta di non sentire la mia domanda, altezzoso come al solito.

<< Andiamo...E' impossibile che tu non sappia cosa Elrond voglia da me! >> Lo punzecchiai e come al solito punsi sul vivo. Vidi il suo occhio verde bosco guardarmi con aria indispettita per poi sorridere glacialmente << Evidentemente, il mio Signore ha ritenuto che fosse una cosa tanto infima da nemmeno riferirmi di cosa si trattasse, piccola mortale. Mi ha chiesto solo un favore. >>

<< Si, si. >> Sminuii io, continuando imperterrita << Ma che tu sappia, si tratta di Gandalf? >>

Lui scosse il capo << Di questo sono sicuro: Mithrandir non è ancora tornato da Isengard, ma non ho preoccupazioni al riguardo. Egli sa badare a se stesso. >>

<< Concordo con te. >>

Camminammo fianco a fianco per un po', gli occhi vaganti sul paesaggio di Gran Burrone: come fare a non innamorarsi di un posto del genere? Dal bosco vedevo spuntare cupole e padiglioni, sui sentieri qualche elfo passeggiava o stava seduto all'ombra degli alberi. Quel luogo sembrava eternamente in pace.

<< Questo luogo sembra eternamente in pace. >> Disse Glorfindiel d'un tratto, dicendo a voce alta la stessa cosa che io pensavo. Lo guardai stupita. << E' stato così per Ere intere, e ora è ai frutti: quanto durerà ancora? >> Continuò, sfiorando un sempreverde. Era una domanda retorica, me ne resi conto anch'io, ma risposi lo stesso.

<< Per sempre. >> Dissi, guardandolo << Come è sempre durato, no? >>

Lui mi trapassò con lo sguardo << Mortale, non ti rendi conto di quanti cambiamenti sono nell'aria. >>

Scrollai le spalle << Non sento proprio niente, io. >>

<< Io si. Me lo sussurra l'aria, me lo gorgoglia l'acqua e sono certo che tra non molto segni più tangibili si riveleranno a noi. >>

Lo guardai storto << Qui la gente parla davvero per enigmi... >> Mormorai, mentre ci avvicinavamo alla Reggia, un grande palazzo di svariati piani, arioso e bianco, costruito su terrazzi e ornato da giardini pensili, così bello da sembrare incantato.

<< Dov'è Jadis? >> Chiesi a nessuno in particolare: da quando eravamo giunte a Gran Burrone, lei aveva iniziato a gironzolare per i boschi attorno alla Reggia dalla mattina alla sera, senza che io la potessi seguire. Andava a stanare volpi e giocava nei fiumi coi pesci, senza ucciderli in quanto non ne aveva bisogno.

<< Non ho la più pallida idea di dove si trovi la tua bestia. >> Ribadì l'elfo nella sua tunica verde bosco ricamata d'oro << E non voglio nemmeno saperlo. >>

<< Troppa paura di sporcarti il vestito? >> Scherzai.

<< Puzza. >>

<< No che non puzza! >>

<< Si, ti dico io! E muoviti: la tua lupa ci raggiungerà. >>


La Reggia era bella, ma enorme e complicata. Corridoi su corridoi, stanze su stanze, porte su porte e terrazze su terrazze finivano per confondere l'orientamento di chiunque e più di una volta mi ero persa dentro di essa, con grande divertimento degli elfi che mi incontravano e mi indicavano la giusta via. Grazie ai Valar, Glorfindiel non mi aveva mai vista in quello stato confusionale: mi avrebbe derisa per il resto dei miei mortalissimi giorni.


Un'illuminazione mi abbagliò la mente e mi fece battere il cuore: che fosse giunto...LUI?

Boromir di Gondor era il figlio maggiore del Sovrintendente, sicuramente aveva anche il compito di delegato diplomatico nei confronti del suo paese... che fosse giunto fino a Imladris? Lo sapeva che sarei andata li, glielo avevo detto e lui lo sapeva. Che fosse davvero...?

<< E' giunto per caso qualche messaggero da Gondor? >> Chiesi, speranzosa, guardando Glorfindiel negli occhi << Si ? >>

Lui scosse il capo e sorrise malizioso << Cos'è tutto questo accaloramento? >>

Mi sentii avvampare << Qualcosa che non puoi capire. >> Borbottai.

<< Aaaaaah... e invece comprendo, sai? >> Lo sentii ridacchiare << No, comunque non è arrivato nessuno dal sud, a meno che non sia giunto ora. Mi spiace. >>

Lo guardai con gli occhi sgranati “ Ha detto MI SPIACE? “ Era la prima volta che quello stronzetto dimostrava un sentimento tanto umano quanto il dispiacere... allora non era fatto di vetro e ghiaccio!

Gli sorrisi calorosamente << Non devi dispiacerti: colui che aspetto sicuramente arriverà! Piuttosto... dove devo incontrare sire Elrond? >>

Ci eravamo fermati all'imboccatura di un corridoio e l'elfo fece un gesto regale con la mano << Vai su quella terrazza: il mio signore ti attende li. >>


Quindi, non si trattava di Boromir.

La cosa mi aveva rattristato, ma anche incuriosito: perchè Elrond mi aveva convocata, se non si trattava ne di Gandalf ne di Boromir? Di disastri non ne avevo combinati, quindi... che si trattasse davvero delle lezioni di rollaggio ad Arwen?

Decisi da liberare la mente e respirai a fondo l'aria buona del posto, profumata di incensi e... tabacco?

Mi ridestai: chi stava fumando tabacco? Solo io lo fumavo. Arwen non si faceva vedere da suo padre, sicuramente non si trattava di lei.

Che Glorfindiel si fosse sbagliato? Che Boromir fosse davvero giunto a Gran Burrone?

Accelerai il passo e strinsi fra le dita la gemma regalatami da Bormir al nostro addio: che fosse davvero lui?


Giunsi alla terrazza col fiato corto, entrai e mi guardai attorno. Vidi solo Elrond, l'austero e gentile signore di Gran Burrone, accorgersi della mia presenza e avanzare con incedere maestoso verso di me. Dietro di lui, spuntò Jadis che si mise a correre verso di me, festeggiando poi il mio arrivo.

<< Eccoti! >> Esclamai, accarezzandola e sentendomi subito meglio << E' tutto il pomeriggio che mi chiedevo dove fossi! >>

Elrond giunse davanti a me << Anche noi ce lo chiedevamo. >>

Mi inchinai dinnanzi a lui << Sire. >> Lo salutai rispettosamente << Chiedo perdono, ero lungo il Belvedere con la principessa Arwen e... >>

Lui fece un segno con la mano delicata << Non ha importanza. >> Mi sorrise << Ti ho convocata in quanto è successo un fatto straordinario, oggi pomeriggio. >>

Il mio cuore scalpitò.

<< E' giunto a noi un viandante davvero singolare, un viandante che ha chiesto di te con insistenza e per motivi del tutto particolari che lui stesso ti spiegherà. >>

Io annuii << Dov'è questa persona? >>

Elrond si scostò e vidi cosa nascondeva: vicino a una colonna, c'era qualcuno che fumava con aria nervosa. Quando vide di essere allo scoperto, iniziò ad avanzare verso di noi.

Non era Boromir, ma la sua vista mi lasciò comunque spiazzata.

Vestiva da uomo,con dei pantaloni di un tessuto blu e pesante. Indossava una camicia colorata a maniche corte, senza collo. I capelli corti potevano far credere si trattasse di un ragazzo, ma così non era: aveva lineamenti gentili, molto simili a...ai miei?

La fissai a bocca aperta e lei scoppiò a ridere.

<< Ciao. >> Mi disse con voce leggermente roca << Da quanto tempo, sorella mia. >>







ANGOLINO:finalmente, e dico FINALMENTE Anna è tornata!

Mi scuso per la lunga attesa- credo di non essere mai stata così lenta- ma ho talmente tanti progetti...tante cose da fare che per Natale vorrei mi regalassero le giornate da 32 ore e non le Moleskine dalle bianche pagine! In ogni caso...TADAAAAAAAAAAN!!!!colpo di scena! Avete visto chi è entrato in gioco?

Eheheh...ecco a cosa serviva il sogno del capitolo 21!!! tutto si aggiusta...

un grazie alle mie donnissime Jhonny Nicotine, Ragazzapsicolabile91 e Barby_Etteliene91 che mi amano e mi seguono e mi recensiscono anche se non ho ancora risposto: donne, giuro che vi risponderò un dì o l'altro!




Per ora, posso solo augurarvi un BUON E SANTO NATALE da Anna e da tutto il suo Entourage- Jadis compresa!!

bacissimi, gnari, vi voglio bene assai!!!

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Capitolo 3
*** Giulia ***


Sembrava di avere uno specchio dinnanzi a me , solo che il riflesso era leggermente diverso dal mio: stesso viso, stesso naso, stessa bocca e stesso taglio degli occhi- anche se le sue iridi erano appena più scure delle mie. Sembravano racchiudere la gioia di quell'incontro, ma anche una certa luce fredda, che scintillava e si irradiava sul suo viso, dando al sorriso una piega ironica e anche un po' crudele. Come se si stesse tenendo dentro qualcosa e non vedesse l'ora di rigurgitarla.


Ero dinnanzi a mia sorella, quattordici anni dopo la mia scomparsa. Domande su domande si scontravano nella mia testa improvvisamente troppo affollata: chi era quella ragazza? Era davvero mia sorella? E se fosse stato qualche inganno nemico? E, se fosse stata davvero mia sorella, che tipo era? Come era cresciuta, quali erano le sue esperienze? E soprattutto: come faceva ad essere giunta sino a Gran Burrone?

<< Mi hai raggiunta. >> Affermai, scrutandola. Lei annuì << Volevo sapere se sbagliavo o meno. >>

<< Sbagliare? >>

<< Quando ti ho vista entrare in quel tronco per poi non uscirne... tutti hanno pensato che avessi sognato, addirittura mentito. >> Distolse lo sguardo << Tu... tu non sai cosa hanno detto di me. >>

Eccolo li: ecco cosa si portava dentro. Lo stava tirando fuori.

Io tacqui, in attesa di spiegazioni. << Hanno detto che non ti volevo bene. >> Sbottò << Hanno detto che mi ero inventata una storia stravagante per coprire chi ti aveva rapita, perchè desideravo la tua scomparsa. >>

<< Ma non è vero... >> Mormorai io. Lei sembrò non sentirmi << Mamma e papà non mi hanno mai creduta. >> Proseguì imperterrita << Ti hanno sempre cercata, hanno sempre cercato te: hanno fonadato associazioni, hanno collaborato con altre famiglie disgraziate come la nostra, sono andati a diversi programmi televisivi e hanno anche scritto libri sulla lor esperienza, diventando delle specie di guru nel loro campo. >> Ridacchiò, nervosa << Scordandosi però di me. Si sono scordati di avere un'altra figlia e mi hanno lasciato sola troppo a lungo perchè io potessi continuare ad amarli come li avevo amati da piccola. Lentamente, hanno iniziato a diventare estranei, per me. >> Piegò la testa di lato, osservandomi << Tu... ricordi mamma e papà? >>

Ripensai al sogno mentre ero nel Limbo dopo la battaglia di Osghilliarth: avevo visto le due bambine, io e lei ( lei...come si chiamava, poi? ), ma di mamma e papà neanche una traccia, forse qualcosa in lontananza, ma troppo sfocato per definirsi un ritratto ben preciso dei mie genitori. Evitai accuratamente di dire che non li ricordavo, ma non potei trattenermi dal chiederlo:

<< Come... come stanno? >>

Lei mi guardò, le sopracciglia sollevate << Ah, te ne preoccupi ORA, dopo quattordici anni di assenza? >> Mosse un minaccioso passo verso di me << Ti ricordi almeno le loro facce? >> Mi ringhiò piano, sotto lo sguardo stupito di re Elrond. Jadis, dopo un primo attimo di confusione, aveva iniziato a innervosirsi, e ringhiava piano in direzione di mia sorella.

La domanda mi colpì così alla sprovvista da farmi restare di sasso << N-no.. >> sussurrai, rendendomi conto dell'orrore: io non ricordavo i miei genitori... non li ricordavo! Li avevo rimossi, esattamente come avevo rimosso il fatto di essere giunta nella Terra di Mezzo attraverso un tronco cavo... Guardai il suo viso irato: non ricordavo nemmeno di avere una sorella, d'altro canto.

<< Io... >> Cercai di dire, ma lei fu più veloce di me << Tu non hai idea di quello che ho passato! Tu sei rimasta tranquilla in questa specie di Fiaba Incantata senza preoccuparti minimamente di come stesse la tua famiglia, di come stessi IO, CAZZO! >> Le ultime parole quasi le urlò fra le lacrime, solo allora me ne accorsi...

Tacqui, ascoltando i suoi singhiozzi.

<< Sbagli invece. >> Ribadii piano << Tu non sai cosa vuol dire sentirsi sradicata, come una pianta che passa da un vaso alla terra selvatica. Sai tu cosa vuol dire camminare in un bosco stremata dalla fame, impaurita, senza capire dove sei finita? Io non saprò cosa avrai passato tu, sorella, ma sicuramente so cosa ho vissuto io in questi anni lontani da casa e se vuoi te lo racconterò...un giorno che avremo fatto pace. >>

Lei scosse il capo << Non sono in guerra con nessuno, la pace fra noi è già fatta. >>

Inarcai un sopracciglio, scettica << Ne sei certa? Fino a un attimo fa, mi stavi vomitando addosso tutta la tua rabbia e l'angoscia accumulate in questi vent'anni... o sbaglio? >>

Per la prima volta, lei tacque e pensò a quanto detto. La vidi arrossire e sospirare << Non hai tutti i torti a ad avere dei dubbi...ma sai... e' da tanto che mi portavo dentro queste cose e … >> Tirò su col naso e si asciugò gli occhi col dorso della mano << e, bè, ora che so che è tutto vero, che tu sei davanti a me... e poi, a chi confidare certe cose se non alla propria gemella? >>

Gemella.

Il nome mi venne spontaneo. Le porsi la mano << Giulia? >>

Lei alzò il capo di scatto, stupita. Guardò prima la mano, poi me << Ricordi il mio...? >>

Io annuii e accennai alla mano tesa << Ti va di andare a fare un giro? >>

Giulia esitò un attimo, per poi afferrare la mia mano e sorridermi.


Re Elrond ci lasciò sole e ci invitò a cena nella Sala dei Racconti. Per me era una consuetudine, cenare con la corte elfica, seduta accanto al baldacchino di Arwen, ma per mia sorella era un'esperienza totalmente nuova. << Si mangia bene alla corte di re Elrond. >> Le dissi << Sicuramente meglio che alla mensa di Osghilliart o a Isengard. >>

Passammo il nostro tempo sulla grande terrazza dove ci eravamo ritrovate, camminando avanti e indietro e sedendoci sul ballatoio: da li, si godeva un'ottima vista di Gran Burrone.

Giulia sospirò << Non dicevo il falso quando dicevo che hai vissuto in una fiaba incantata, Anna... questo posto sembra la versione bella del castello della Bella e la Bestia... >> Accorgendosi della mia faccia confusa, fece un delicato movimento della mano << Fa nulla, non è importante... >> Si sfilò di tasca un pacchetto colorato ed estrasse una sigaretta.

<< Fumi? Esiste anche da te, allora! >> Esclamai stupita, ricordandomi di averla vista fumare in lontananza. Lei annui e mi porse il pacchetto: era di carta colorata, contente delle sigarette perfette.

<< Fuma con me. >> Mi disse e io presi una sigaretta e me la portai alle labbra. Le passai il mio stesso cerino ed espirammo assieme, guardando il paesaggio di Gran Burrone con aria sognante.

A lungo restammo in silenzio, contemplando la valle e pensando ognuna alle proprie esperienze e alla straordinaria situazione che stavamo vivendo: io e Giulia, sorelle gemelle, separate in tenera età e ricongiunte per caso! Era una situazione più che strordinaria!

<< Come hai fatto a raggiungere la Terra di Mezzo? >> Le chiesi all'improvviso, accarezzando la pancia di Jadis con un piede << Non me l'hai ancora detto. >>

<< Esattamente come te. >> Mi rispose << Sono passata dall'albero cavo. >>

<< Ma io non mi sono ritrovata qui. >>

Giulia inarcò un sopracciglio << Come non ti sei trovata qui? >>

<< No, io sono comparsa vicino a Isengard, non a Imladris. Gandalf mi ha trovata e mi ha accudita... perchè tu sei comparsa qui? >>

<< Chi è questo Gandalf? >>

Io sorrisi << Diciamo che per è stato come un padre...anzi un nonno, visto che è molto anziano. E' da tempo che non lo vedo. >>

<< Sta lavorando? >>

<< Diciamo di si... L'ultima volta che l'ho visto, stava tornando a casa nostra, a Isengard, perchè doveva parlare con Saruman per non so quale faccenda... >>

<< Ah. E chi è questo Saruman? >>

La faccenda si dimostrava più complicata del previsto: avrei dovuto spiegarle ogni cosa... mi passò per la mente che avrei potuto parlarle di Boromir! Sorrisi a quel pensiero e lei mi osservò incuriosita. << A che pensi? >>

Gettai la sigaretta, ormai al filtro << A una persona. >>

<< Oh! >> Esclamò solo << Dai:lui chi è. >>

Mi stupii della velocità con cui aveva compreso tutto << Lui...E' un capitano. E' di un regno molto lontano da qui, dove ho vissuto e combattuto per qualch- >>

<< TU HAI COMBATTUTO? >> Mi interruppe bruscamente << Ma fai sul serio? >>

Io accennai di si, arrossendo << S-si... >>

<< Ma che FIGATA! >>

Io ripensai alla mia ferita << Sapessi... ho anche rischiato. >>

Giulia mi prese per la spalla e mi scosse << Sorella, devi assolutamente raccontarmi tutto! >>

Fu così che io e Giulia diventammo confidenti e rinsaldammo il nostro legame, che era sopravvissuto aldilà del tempo e del distacco dei nostri mondi.


Mentre parlavamo, con la coda dell'occhio vidi che qualcuno a cavallo se ne andava da Imladris e che quel qualcuno era Glorfindiel ( avrei riconosciuto ovunque e anche da lontano la sua andatura a cavallo e il suo mantello bianco che sembrava emanare luce ).

<< Ma dove va? >> Chiese ad alta voce, distogliendo l'attenzione da Giulia per un attimo << E' quasi il tramonto... e parte in assetto da guerra! Dove va? >>

Giulia guardò il cavaliere e fece spallucce << Forse a salvare qualcuno? Di solito, è quello che fanno i cavalieri, no? >>

Io risi al pensiero di Glorfindiel che osservava, inorridito, la sua cotta di maglia candida macchiata di sangue d'orco. << No no, credo che tu ti stia sbagliando... Quello ha paura di sporcarsi con una pozzanghera, figuriamoci se è capace di salvare qualcuno! >>


Quanto aveva ragione Giulia, invece...















ANGOLINO!!!mio caro stuolo di lettori, rieccomi con un nuovo chappi e una dichiarazione d'intenti:

Io, Nini Superga,

per mantenere l'impegno preso coi miei lettori, cioè di concludere anche questa storia,

prometto di aggiornare prima e di scrivere decentemente ( questi primi chappi mi fanno abba pena... ) e di far tornare il prima possibile l'amato Boromir sulle nostre pagine.


Lo prometto e lo riprometto.


Ce la posso fare....




in secondo luogo: ringrazio le mie DONNISSIME Ragazzapsicolabile91 e Barby_Etteliene91per esserci sempre:)una preghiera: voi, lettori anonimi che comunque mi seguite...lasciate anche voi una recensioncina, anche una critica! Non abbiate paura che non mangio nessuno, ok?

Grazie, spero che ascolterete la mia preghiera!


Un bacio e buon anno a tutti!!!


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Capitolo 4
*** Gandalf ***


<< Da quando te ne sei andata, ho fatto qualsiasi attività che potesse aiutarmi a ritrovarti, un giorno. >>

Arwen sgranò gli occhioni blu, la stessa espressione che faceva quando le spiegavo come si rolla

<< E cioè? >> Chiese, con un inflessione nella voce tale da far trasparire tutta la sua curiosità.

Giulia si appoggiò allo schienale della sedia, osservando di sottecchi gli elfi accanto a noi: fingevano indifferenza, ma erano terribilmente attratti da mia sorella, quel essere androgino dai capelli corti e non perdevano una sola delle sue parole. Pendevano letteralmente dalle sue labbra.


Eravamo sedute alla lunga tavola di Re Elrond, sorseggiando pregiato vino di non so quale landa elfica e assaporando delicati manicaretti della cucina di Imladris, come pesce di acqua dolce al vapore con contorno di bacche, che mia sorella parve apprezzare particolarmente chiedendo una seconda porzione. Eravamo sedute accanto alla principessa, a metà della tavolata. Giulia sedeva fra me e Arwen, incuriosita esattamente come gli altri commensali, solo che lei lo dava a vedere. Durante la cena, scoprii che mia sorella era una persona amabile, gentile e cordiale: parlava con tutti, rispondeva alle domande e faceva domande a sua volta. Si districava nelle conversazioni con una disinvoltura per me fuori dal comune, riusciva a far sorridere gli altezzosissimi elfi e a far ridere la loro principessa- vista così, sembrava diversa da me, meno goffa e meno scalmata ( qualità che gli elfi apprezzavano davvero poco, in una fanciulla ), dato che io ridevo e scherzavo, bevevo il loro dolce vino e facevo commenti sul cibo e sulle mie esperienze passate.

Ogni tanto mi cadeva l'occhio sulla sedia vuota alla destra di Elrond: Glorfindiel non aveva ancora fatto ritorno, e la sua “ corte “ ( come chiamavo i suoi leccapiedi ) era visibilmente in pena, taciturna, riservata e priva di personalità anche più del solito. Appuntai mentalmente di chiedere informazioni ad Arwen e colsi l'occasione per guardarla e sorriderle: sul magnifico viso aveva dipinta un espressione tanto delicata da sembrare una bambola, la bocca atteggiata a un mezzo sorriso e le sopracciglia leggermente alzate a causa della ventata di novità portata da Giulia. D'altro canto, Giulia era decisamente in soggezione: la guardava ammirata e non riusciva a smettere di fissarla, incantata. Ad alcuni elfi avrebbe dato fastidio essere ammirato con tanta insistenza, ma non ad Arwen, la creatura più bella che abitasse sulla Terra di Mezzo.

Giulia sorseggiò del vino dal suo delicato calice e se lo rigirò fra le mani, osservandone la magnifica fattura << Be, effettivamente come attività non sono molte, ma in tutte posso dire che eccello. >> Mi riservò un caldo sorriso << Ho praticato kick boxing, sono una provetta scout e ho preso lezioni di sopravvivenza, il che è tutto dire, dato che ho solo diciannove anni, quasi venti... >>

<< Ma sei un cucciolo! >> Esclamò Arwen, provocando sia le nostre risate sia le occhiate storte della corte di Glorfindiel. << Non hanno un'aria molto amichevole. >> Mi sussurrò Giulia all'orecchio, ma io le consigliai di tacere, chè gli elfi hanno l'udito sensibile; e infatti, Arwen intervenne << Parli bene, mia cara amica. >> Disse rivolta a me e sorrise a Giulia << Presto imparerai a conoscere la corte... esattamente come l'ha conosciuta Anna. Segui i suoi consigli: quando vuole, sa essere saggia. >>


La cena scivolò via velocemente tra le nostre chiacchiere e le portate abbondanti, disposte in un modo che Giulia chiamò << Alla Nouvelle Cousine >> e che sembrò apprezzare. Io e Arwen ci facemmo spiegare ogni singola attività elencata da Giulia, stupendoci molto: sin da piccola, con l'attività “ scout “, la portavano in giro, lontano da casa, a vivere come i viaggiatori della Terra di Mezzo. << Da dove vengo io, >> Disse << Non si viaggia più come in questo mondo: esistono le automobili, i treni... mezzi veloci e abbastanza comodi, che ti permettono di fare lunghi viaggi senza muovere un passo. >> Ci facemmo spiegare alla bene e meglio i mezzi di trasporto usati nel mondo di Giulia. Arwen rimase molto sorpresa nel sapere che il cavallo non era più impiegato come mezzo di trasporto da almeno un secolo, ma solo come trastullo e sport. << Che mondo curioso... >> Aveva mormorato pensierosa la principessa << E c'è il Male, nel tuo mondo? >>

La domanda sembrò spiazzarla << In che senso? >> Chiese piegando la testa di lato, proprio come aveva fatto con me.

<< Si intende un Nemico comune a tutti gli Uomini liberi. >> Le spiegai io pensando a Mordor << Un'entità che va distrutta il prima possibile. >>

<< Ah, voi lo intendete così? Allora...no, non esiste. >>

Io e Arwen sgranammo gli occhi << Devi portarmici assolutamente! >> Esclamò Arwen, emozionata << Sicuramente la vita sarà meno precaria che qui! >>

Contrariamente a quanto mi aspettassi, la bocca di Giulia si piegò in un sorriso amaro << Non ho detto questo. >> Precisò << Ho detto che se voi intendete il Male, i Cattivi, come un'identità ben precisa...allora sul mio mondo non esiste. Infatti, è mille volte peggio. >>

<< Come peggio! >> Esclamai, reclamando spiegazioni.

<< Vedi... >> Giulia si mise più comoda e cercò per un po' le parole giuste << Vedi, da noi non esiste un solo Male, ma tanti Mali, che mutano in continuazione forma e non si lasciano sconfiggere. Forse sono solo facce diverse del Male Assoluto, quello vero...ma ormai sono così tante che non si riescono a distinguere, e diventa ogni giorno più difficile capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Quindi, è decisamente meglio restarsene di qui, principessa, e godersi la vita in santa pace. >>

Arwen sembrò scoraggiata da quel discorso e lo diede parecchio a vedere: abbassò gli occhi e le dolci labbra presero una piega malinconica mentre prendeva fra le delicate mani la pipa argentata, rimasta fino ad allora inutilizzata sul tavolino.

Giulia si stupì << Fumate anche voi? >> Chiese ad Arwen e lei annuì caricando la pipa dalla tabacchiera comune al centro della tavola << E' usanza che ,al termine della cena, si fumi Thiolil tutti assieme. E' un modo per stare assieme e rilassarsi. >> Spiegò, poggiandosi all'alto schienale del suo trono e accendendo la pipa con gesti delicati.

Al nome di Thiolil, Giulia inarcò un sopracciglio. << E' il tabacco degli elfi. >> Le spiegai << E' ottimo anche come tabacco da sigaretta, ma quello di Gondor non lo batte nessuno! >> Dissi tutto d'un fiato, prendendo fra le mani il mio astucci ( anch'esso, rimasto inutilizzato fino ad allora sul tavolo ).

La mia gemella pareva alquanto perplessa e si accarezzò il collo, pensosa << Che gusto ha? >>

<< E' dolce. >> Le rispose Arwen, aspirando la prima boccata di fumo. Le porse la pipa << Vuoi? >>

La tavolata si ammutolì. Qualche elfo della corte di Glorfindiel fermò i propri movimenti e ebbe la stupida idea di fissare Arwen, la loro futura regina, passare la sua pipa argentata, creata dal legno più puro e lavorata dall'artigiano più delicato, a mia sorella Giulia, una mortale di neanche vent'anni che tutti sapevano essere giunta da un altro mondo, ospite inatteso e indesiderato- almeno da alcuni!

Mentre Giulia aspirava, io ebbi tutto il tempo di fissare in cagnesco ogni singolo elfo stronzetto senza fare tanta cerimonie, sotto lo sguardo attento di re Elrond e quello allarmato di Arwen. Solo Giulia sembrava non essersi accorta di nulla- e dire che era lei, la causa di tutto quel trambusto!


Infine, Giulia ripassò la pipa ad Arwen con un gesto di assenso e chiese il permesso di farsi una sigaretta con quel tabacco. Entusiasta, Arwen guardò gli altri commensali e si alzò in piedi, raggiante.

Proclamò così << La mia casa è la tua casa, Giulia la Pellegrina: fa ciò che più ti aggrada nella mia dimora, sia io che mio padre il re desideriamo solo la tua felicità. >>

A quel punto, re Elrond si alzò e tutti si alzarono con lui, come da tradizione. << Mia figlia è saggia a usare queste parole. Sono fiero di lei, fiore della mia stirpe. Che mai nessuno abbia da contrariarla, se non per un giusto motivo. >> Diede uno sguardo ai suoi commensali << Se non per un giusto motivo! >> Ripetè, scandendo le parole. Poi prese un calice e lo alzò in segno di brindisi << A una nuova vita fra noi! >> Proclamò, indirizzandolo verso Giulia.

<< A una nuova vita fra noi. >> Sussurrai io, guardandola al colmo della felicità.


L'atmosfera si rilassò notevolmente dopo quel piccolo discorsetto. Di elfi seduti a tavola ne erano rimasti pochi: quasi tutti erano dispersi nella Sala dei Racconti, riuniti a piccoli gruppi per raccontarsi storie e canzoni di loro invenzione.

<< E' il loro passatempo preferito. >> Dissi a Giulia e lei annuì. Arwen stava parlando con suo padre e ci aveva lasciato sole per un po', dandoci la possibilità di parlare in assoluta libertà,lontane da orecchie indiscrete. La Sala infatti si apriva in un grande balcone a cielo scoperto e io e mia sorella eravamo poggiate alla ringhiera, a goderci la luce delle stelle.

<< Non avrei mai pensato di riuscire a finire in un posto simile. >> Disse << Questo deve essere un sogno da cui non desidero svegliarmi. >>

Risi piano << No, mia cara, erri: siamo qui, nella realtà della Terra di Mezzo. E credimi, quando ti dico che è vero. >> Le presi la mano e gliela strinsi << Ti sembra falsa, questa presa? >>

<< Io credo proprio di no. >> Fece una voce allegra alle nostre spalle. Ci voltammo entrambe, ma alla nostra altezza non vi era alcun viso.

<< Se guardate li, non mi vedrete mai, mie care ragazze! >> E rise.

Abbassammo entrambe lo sguardo e sorrisi, trovandomi davanti al signor Bilbo Baggins, Hobbit della Contea con un debole per le storie avventurose. Era un vecchietto arzillo, Bilbo, di quelli che continuano a fare domande e a dare buoni consigli. Da un lato, mi ricordava Matilde.

<< Diteglielo voi, Bilbo! >> Esclamai io, indicando Giulia << Non crede davvero di essere nella Terra di Mezzo! >>

<< Oh, be.. avrà i suoi buoni motivi! >> Ridacchiò e morse la pipa, guardando Giulia dall'alto in basso e facendo segni di apprezzamento << Voi, signorinella, siete come vostra sorella? >>

<< Emh... questo non lo so ancora. >> Rispose Giulia, troppo stupita dall'aspetto di Bilbo e incuriosita dai suoi piedi pelosi. Anche lui se ne accorse e glieli sventolò sotto il naso << Eredità di famiglia sa? I Baggins sono tutti di ottima costituzione, anche più robusti di un Serracinta e di un Tuc- di cui fra l'altro siamo parenti- se li uniamo! Siamo ottimi passeggiatori, gran camminatori e buon gustai: il meglio del popolo Hobbit! >>

Giulia era completamente disorientata << Hobbit? >>

Bilbo annuì,ma vedendo l'espressione confuse di Giulia sgranò gli occhi << Non ditemi che non esistono Hobbit, nel vostro mondo! >>

Giulia stava per dire di si- o forse di no, chi lo sa! - quando un improvviso vociare interruppe tutte le canzoni, tutte le storie. Tutti gli sguardi si rivolsero all'entrata della sala, non visibile dalla terrazza. Anche noi tre smettemmo di parlare, restando in silenzio, spostandoci verso l'interno.


Capii tutto all'istante.

Qualcuno aveva appena varcato la soglia della Casa di Elrond, la Casa Accogliente ( prima o ultima a seconda della direzione d'arrivo ) e tutti osservavano quel viaggiatore inatteso, ma non malvoluto: credo che quella fosse la persona più amata dagli elfi, o almeno da sire Elrond.

Stanco, cencioso, senza bastone e soprattutto senza cappello, stava sulla soglia Gandalf il Grigio, che guardava ognuno di noi con un dolce sorriso di saluto.

Mi mossi prima di tutti gli altri, vincendo lo stupore e la paura di essere io a sognare, stavolta, e mi avvicinai.

Lui non disse nulla, non si mosse. Mi guardò solo avvicinarmi mentre il suo sorriso si faceva sempre più largo.

Ci fissammo a lungo in silenzio e vidi sul suo viso rughe prima inesistenti, graffi e segni di lotta che culminavano in un vistoso taglio sulla fronte.

<< Ma che è successo? >> Chiesi, accarezzandogli un braccio.

Lui mi abbracciò e mi strinse a se. La sua voce si incrinò per la prima volta in tutti quei lunghi anni di conoscenza, mentre mi sussurrava all'orecchio << Saruman ci ha traditi. >>








ANGOLINO:e rieccomi....come promesso, ho cercato di essere più lesta , ma devo dire che questo chappi mi è uscito relativamente spontaneo- ho messo poco a stenderlo, davvero!questo chappi mi è uscito particolarmente bene, non trovate, o cari lettori?

Vabbe, bando alle ciance: il Thiolil è una mia spudoratissima invenzione, come anche quello degli elfi tabagisti ( spero che i “puristi “ di Tolkien non ne abbiano a male ^-^ ). da adesso in poi la storia dovrebbe movimentarsi, quindi seguitemi numerosi e ancor più numerosi RECENSITE- ne trarrò un immenso piacere :)


ciao e al prossimo chappi !!!

affettuosamente, Nini <3

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Capitolo 5
*** notturno in chiaccherata ***


Aprii la porta della mia stanza con un sonoro calcio e, se non fosse stato per Giulia che afferrò la maniglia al volo, probabilmente l'avrei sbattuta così forte da far tremare le pareti dell'intera Gran Burrone. Mi lanciai sul letto senza nemmeno slacciarmi gli stivali, gettando i cuscini a terra e lanciando insulti non proprio femminili indirizzati a un prossimo non ben definito . Dalla porta spalancata, Giulia guardava dentro la stanza, una candela fra le mani e l'aria contrita, senza sapere che fare.

Non era stata presente al colloquio fra Gandalf e Elrond, non sapeva niente di quanto era successo e non sapeva quanto io stessi male- o si? Sicuramente si. In quel momento però non mi interessava che fosse presente o meno, ero troppo persa nella mia ira funesta per rendermi conto del conforto che desiderava darmi.

<< Anna... >> Pigolò piano per richiamare la mia attenzione.

Grugnii, un modo per dirle “ che vuoi? “, e mi alzai dal letto, passandomi le mani fra i capelli. Lei si avvicinò, illuminandomi il viso con la tremolante luce della candela. Vidi che era preoccupata e incuriosita.

<< Che è successo. >> Chiese, ma io distolsi gli occhi e sbuffai, esasperata e arrabbiata, ma non con lei. Il problema era di tutt'altro ordine.

Lei mi sfiorò un braccio per attirare la mia attenzione, ma non la guardai, troppo mesta. La sentii sbuffare e poggiare la candela su un tavolino basso li vicino. << Senti un po', carina! >> Esclamò, posandosi le mani sui fianchi, facendomi sobbalzare con quel tono di voce improvvisamente squillante. << Se sei incazzata con me, dillo pure! Se no, fammi un fischio quando ti passa la paturnia, che se no fai diventare nera pure me, OK? >>

Io mi voltai a fissarla, troppo stupita per ribattere. Alla sua espressione innervosita risposi scoppiando a ridere.

Giulia strabuzzò gli occhi, allibita << Se ti faccio così ridere, me ne vado subito. >> Sbottò e stava già per imboccare la porta quando io la presi per un braccio, le lacrime agli occhi e la voce ancora ridente << Oh no, sorella, ti prego! Resta con me, ti spiegherò ogni singola cosa... ma resta! >>

Lei mi fissò dall'alto in basso,poi acconsentì. << Ma cosa ti ha fatto ridere del mio cazziatone? Ero dannatamente seria! >>

<< Cazziache? >>

<< Ehm...rimprovero: cazziatone sta per rimprovero... e allora? >>

Il sorriso si dipinse sulle mie labbra mentre mi dirigevo con Giulia al divanetto sotto la finestra. << Oh be... non avevo mai sentito parole simili, e poi dette da te... >> Ridacchiai ancora un po' << Non so, tu non mi sembri adatta per i...come li hai chiamati? Cazziatoni? No, proprio no... >>

Lei sbuffò sorridendomi << E sai perchè ? Perchè anche io ne ho sentiti un sacco, e ancora ne sentirò. >>

<< Ribelle? >> Sogghignai io.

Lei rispose al mio ghigno e sembrò di riflettermi in uno specchio.

<< Fino al midollo. >>


Nel cuore della notte di Gran Burrone, io e Giulia ci confidammo come le due gemelle che sempre eravamo state, anche se separate per la maggior parte dei nostri giorni. Parlammo di noi, delle nostre esperienze, di cose già dette nel corso di quel pomeriggio assolato e delle cena che ci aveva riunite. Una volta che l'atmosfera si fu rilassata, Giulia mi aveva nuovamente posto quella domanda, piegando il capo a sinistra in attesa di capire.

<< E allora? >>

Io chinai lo sguardo, stringendomi le ginocchia al petto << E' successa una cosa terribile. >>

<< Cosa. >>

<< Saruman ci ha traditi. >> Le bisbigliai, ma lei non comprese:e come avrebbe potuto? Per lei, quello era nulla, un nome. Non poteva sapere chi era per me, cosa era stato: un tutore, un genitore, uno zio. Ora, quelle parole facevano male...molto male.

Giulia sembrò leggermi nell'anima e non fece altre domande, se non << AH, ed è grave? >>

Io annuii, sorridendo alla sua gentilezza << Molto. >>

<< Perchè. >>

Tirai su col naso << Perchè è uno dei più potenti Istari della Terra di Mezzo. >> Sospirai << Saruman il Bianco, lo chiamavano...era il più potente stregone di tutti, guidava il Bianco Consiglio e si adoperava a fare del bene. Ma questo tempo fa: probabilmente, quando giunsi a Isengard, egli era già corrotto dalla brama di potere. >>

<< Hai vissuto sotto lo stesso tetto con lui? >> Mi chiese lei, stupita.

<< Lui e Gandalf mi hanno accudita, in questi 20 anni. >> Le spiegai << Gandalf mi ha trovata che vagavo in un bosco, probabilmente dopo essere uscita dal castagno, non ricordo... >> Mi smarrii un attimo, ripensando a quella fase confusa della mia infanzia << Ricordo la fame, quella si, e anche il freddo pungente...poi, ricordo lui, Gandalf, che mi svegliava e mi prendeva in braccio per portarmi in un'alta torre, la torre più grande che avessi mai visto: Isengard, la mia futura casa. >> Le sorrisi << Li, mi lasciò nelle mani di Saruman, che da allora si prese cura di me e divenne mio tutore, fino a quasi un anno e mezzo fa, quando Gandalf mi condusse a Gondor per quello che già ti ho spiegato. Se non fosse stato per loro due, con ogni probabilità sarei morta di stenti. >>

Giulia annuì, colpita << E' così che è andata, allora. >>


Restammo entrambe in silenzio, ascoltando i rumori della notte e pensando.

Poi Giulia commentò << Quel Gandalf...ha un'aria trasandata, ma non sembra cattivo. >>

Le sorrisi: Gandalf l'aveva notata, ma in quel momento aveva ben altro a cui pensare che all'improvvisa comparsa della mia gemella. “ Non che non mi interessi. “ Mi aveva detto “ Ma ho altre cose da fare, prima di occuparmi di lei. “

<< Non lo è, infatti >> Le dissi << Ed è a causa dei lunghi viaggi se si è ridotto così, cencioso e trasandato. >>

Giulia annuì << Allora, quello è il suo stile! >> Esclamò, convinta.

Le sorrisi << Già, il suo stile... >>


Riprese con l'interrogatorio << Quindi, dici che è un problema se questo Saruman vi ha traditi... ma vi ha traditi con chi? >>

Ecco la parte difficile... “ << Allora... >> Come facevo a spiegarle chi era Sauron, chi erano i cattivi? Ebbi l'illuminazione << Ricordi il discorso fatto da Arwen a tavola, quello riguardante il Male come entità? >>

<< Certo. >>

<< Bene, Arwen non lo diceva tanto per fare conversazione: qui, nella Terra di Mezzo, esiste un'entità malvagia di nome Sauron, che vive nella Terra di Mordor, vicino ai confini di Gondor. Questa forza sta cercando in tutti i modi di conquistarci, radendo al suolo ogni cosa e facendo piombare il mondo in una buia notte senza alba. Comprendi? >>

Giulia fece di si col capo << Prosegui. >>

<< Ma c'è un problema... >> Mi avvicinai, perchè quei discorsi non andavano fatti ad alta voce, ma solo in sussurri << … Tempo fa, Sauron venne sconfitto, ma non morì del tutto: infatti, egli aveva legato il suo spirito ad un Anello, l'unico Anello, il più potente dei 19 anelli da lui creati per soggiogare i popoli della Terra di Mezzo. Mi segui? >>

Lei si gratto la testa << Più o meno...ma va avanti. >>

<< Ebbene, la sua sconfitta avvenne nel corso di una grande battaglia, una battaglia a cui Sire Elrond partecipò di persona. Lui vide tutto: Isildur, il figlio del re di Gondor, con la spada Narsil tagliò le dita a Sauron, staccandolo dall'Anello. Così, Sauron perse la guerra per il controllo della Terra di Mezzo. >>

<< E che fine ha fatto l'Anello? Distrutto, vero? >> Chiese Giulia, trepidante e curiosa.

Io sorrisi, amareggiata << No, sorella mia. Isildur lo tenne per se, facendo vivere la parte dello spirito di Sauron racchiuso in lui, e ciò lo condusse a una morte prematura,lasciando vacante il trono di Gondor. >>

<< E l'Anello? >>

<< Gandalf lo ha individuato nella Contea, il paese del signor Bilbo e ora il suo portatore lo sta conducendo qui, per essere conservato e nascosto dalle grinfie di Sauron. >>

<< Oh...E quindi Saruman vi ha traditi con questo Sauron. >>

Annuii << La sua brama di potere si è spinta fino a tale punto. >>

Giulia ragionò in silenzio << E' davvero grave, allora. >> Commentò infine, fissando la volta stellata che si intravvedeva dalla finestra aperta. << E chi è questo portatore? >>

<< Credo che sia un parente del signor Bilbo, a quanto ho capito dal discorso di Gandalf. >> Le spiegai << Pensa che per anni l'Anello è rimasto nelle mani di Bilbo, non ha fatto nulla per attirare a sé il Male...ma ora sente il richiamo del suo padrone, vuole andare da lui. E ,secondo Gandalf, solo qualcuno con la volontà di ferro e il cuore puro può condurlo sino a noi sano e salvo! >>

<< Chissà come è questo portatore... >> Si chiese Giulia, pensierosa << Ma è da solo? Cioè, ha intrapreso un viaggio che immagino lungo con quel...COSO malefico tutto da solo? >>

Scossi il capo << No, Gandalf ha detto che non è solo. Ci sono quattro compagni con lui, tre Hobbit e un Ramingo. >>

Lei inclinò il capo << Ramingo? >>

<< Sono uomini, vagabondi e guerrieri, a quanto ho capito. Questo deve essere qualcosa di simile a un principe perchè Elrond ne ha parlato molto bene e Arwen si è accalorata sentendo parlare di lui. >>

Giulia inarcò un sopracciglio << Storia d'amore? >>

Mi strinsi nelle spalle << Mah, non saprei...una principessa di sangue elfico con un mortale? Sarebbe buona per una fiaba, forse, ma non so... >>

<< Be, io credevo che ritrovarti fosse impossibile! Roba da fiaba, appunto! >> Ribadì << E invece sono qui, ora, a parlare con te. Ora come ora, credo che nulla sia impossibile e che le fiabe esistano davvero! >>

Le sorrisi, speranzosa. << Già. Forse hai ragione tu, hai davvero ragione tu. >>


Ripensai a qualche ora prima, quando nello studio di re Elrond io, Gandalf , Arwen e il padre di lei ascoltavamo quanto Gandalf aveva da dire.

Una volta ascoltato tutto, fatta ogni domanda, ricevuta ogni spiegazione e avuto il tempo di abbattersi per il destino della Terra di Mezzo, Elrond aveva riacceso la speranza nel mio cuore. << Era da tempo ormai che attendavamo il giungere dell'Anello a Imladris, anche se speravamo in circostanze meno tempestose e mantenendo segreta codesta missione. >> Disse il Mezz'elfo << Sapendo quello che ci aspetta,abbiamo colto l'occasione per convocare un'adunanza dei popoli liberi della Terra di Mezzo. Saranno presenti delegazioni di ogni razza con cui anticamente eravamo legati: Nani, Elfi e Uomini di Gondor. >>

Ricordo di aver sentito il respiro mozzarsi << … Avete parlato di Gondor? >>

Chiesi con un filo di voce, sotto lo sguardo attento di Gandalf. Il Sire annuì << Li abbiamo convocati e sappiamo della certezza della loro venuta. >>

La loro venuta... “ Avevo pensato io “ Parlerà di Faramir e Boromir? “ Boromir sapeva dove mi sarei diretta, glielo avevo comunicato prima di partire da Osghilliart. Ripensai alle parole che Gandalf mi disse allora, simili a una profezia : “ E' il vostro destino, allontanarvi per essere riuniti. “

Che avesse ragione lui? Boromir stava davvero venendo da me?


Riferii a Giulia ogni parola di quel colloquio, ne parlammo tutta la notte, troppo prese per renderci conto delle ore che passavano e ci avvicinavano all'alba. Eravamo ancora in piedi a discutere, proprio nel momento in cui ogni cosa taceva e il cielo iniziava a tingersi di chiaro, oltre le vette della Valle di Gran Burrone, quando in lontananza sentimmo l'ululato di Jadis e uno scalpiccio di zoccoli. Mi sporsi dalla finestra, che dava sull'ampio cortile interno della Reggia, trepidante, ma non era colui che aspettavo: Glorfindel era tornato, il suo splendido cavallo bianco con la bava alla bocca e le zampe tremanti di stanchezza, lui con il mantello strappato, i capelli spettinati e l'aria stanca. Mai l'avevo visto in uno stato così pietoso. Giulia si sporse dalla finestra con me, curiosa.

Attorno al nobile elfo si accalcarono diverse persone, tra cui riconobbi il signor Bilbo ( in evidente stato di angoscia, stato riconoscibile persino cn quella scarsa luce; ) e Arwen, che accolse fra le sue braccia quello che dal balcone sembrava un fagotto.

<< Che sia il portatore? >> Mi chiesi a voce alta.

Giulia annuii << A me sembra più un mucchietto di stracci. Sembra morto! >>

Anche io avevo avuto quell'idea, data anche l'angoscia dipinta sul volto di Bilbo << Non saprei... >> Mormorai << L'unica è andare a dare un'occhiata, giusto? >>

Giulia non aveva neanche atteso la mia proposta cheera già sulla soglia, il moccolo di candela fra le mani << Andiamo allora? >>

Sorrisi all'intraprendenza di mia sorella.










NOTICINA!!! chi si rivede :) eccoci con un nuovissimo chappi! È un po' di transizione, ma dovevo pur farlo... mi rammarico di aver atteso tanto ad aggiornare ma sono veramente VERAMENTE oberata di impegni, ne ho davvero un sacco... tra accademia, kick boxing e compagnia bella non so più dove girarmi! Tra l'altro, fra poco avrò gli esami e non sono nemmeno a metà di quanto devo studiare! Quindi non so quanto tempo dovrete aspettare, o miei fedelissimi lettori... spero poco!


In ogni caso, ringrazio i fedelissimi che recensiscono e invito altri a recensire, con o senza critiche: sarò be lieta da darvi una risposta :)

xoxo, Nini <3

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Capitolo 6
*** il Portatore ***


Scendemmo nella corte interna, affrettandoci a seguire i passi di Arwen, cercando di mantenere un velo di segretezza muovendoci nell'ombra delle colonne, tanto per dare un sapore misterioso all'arrivo del Portatore. Ma la nostra segretezza durò poco: voltandosi di scatto ,Glorfindel mi scorse nell'ombra di una colonna.

<< Anna! >> Chiamò, avvicinandosi con aria scontrosa, cercando di sistemarsi le treccine scomposte mentre gli altri si fermavano.

Io mi feci innanzi << Non abbiamo saputo resistere. >> Gli dissi velocemente, squadrandolo per il suo aspetto trasandato << Mi piaci con questa acconciatura, Glorfindel. >> Commentai ridacchiando, ma lui era troppo sorpreso dalla comparsa di Giulia alle mie spalle.

<< Chi è? >> Chiese rivolto a me ma senza staccare gli occhi da lei.

<< Sono Giulia. >> Rispose lei al posto mio << E sono sua sorella. >>

Sempre più stupito, Glorfindel la squadrò da capo a piedi << Non sapevo avessi una sorella, anche se a prima vista l'avevo scambiata per un ragazzo. >>

Lei ridacchiò, passandosi una mano fra i capelli corti << Poco avvezzi ai tagli corti, vedo... qui non vanno molto, eh? >>

Sia io che l'elfo la guardammo, senza lo spirito che lei aveva messo in quella che pensava fosse un'ottima battuta. << Ma che è successo? >> Chiesi, tornando a guardarlo e ignorando la battuta di Giulia << Perchè sei ridotto così? E perchè... >>

<< Nono sono affari tuoi- vostri. >> Mi interruppe bruscamente con un imperioso gesto della mano, voltandosi per seguire i suoi compagni.

<< Come non sono affari nostri! >> Esclamai << Gandalf mi ha riferito ogni cosa, e anche lei ne è al corrente. Quindi, non devi proprio dire così: qui i segreti non esistono. >>

Un'ombra si mosse alle spalle di Glorfindel e gli posò una mano sulla spalla: era Gandalf.

<< Lasciale passare, Glorfindel, non temere la loro curiosità. >> Gli consigliò << Hanno anche loro una parte, in questa storia. >>

Io e Giulia ci guardammo: di cosa parlava Gandalf? << Parla sempre per enigmi. >> Le dissi sottovoce, mentre seguivamo i due nei corridoi della Reggia.


Durante la discussione con Glorfindel, Arwen, Bilbo e Sire Elrond erano andati avanti, ritirandosi in una delle molte stanze libere di Gran Burrone. Era una stanza dall'aspetto tranquillo, poco ammobiliata e con una grande finestra che faceva entrare la prima luce dell'alba. Sul grande letto, era posato un giovane Hobbit dall'aria malata, febbricitante e stanca. Elrond era al suo fianco, le mani poggiate una sul petto, l'altra sulla fronte, gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano piano, senza voce, recitando chissà quale antico incantesimo, mentre Arwen era alle sue spalle , gli occhi chiusi e l'espressione concentrata, come se gli stesse cedendo un po' della sua forza. Intanto, il signor Bilbo singhiozzava piano al capezzale del giovane malato, mormorando << Frodo... Frodo! >> E ancora << Il mio ragazzo...il mio figliolo! Cosa ho fatto di male... >> E così via. Alle sue spalle, Gandalf cercava di consolarlo dicendo a voce bassa << Se la caverà, vedrai. >> .

Io, Giulia e Glorfindel assistevamo alla scena dal vano della porta.

<< Ma che gli è capitato. >> Mormorò Giulia, visibilmente dispiaciuta per il giovane Hobbit sospeso tra la vita e la morte.

<< E' stato trafitto. >> Le spiegò Glorfindel << Da un pugnale Morgul, arma che solo i Cavalieri Neri possono permettersi. >>

<< Sembra molto grave. >> Commentai io, sempre a voce bassa.

<< Lo è. >> Lui sospirò,appoggiandosi allo stipite e chiudendo gli occhi << Spero solo di non essere arrivato troppo tardi. >>

<< Sono certa che hai fatto tutto il possibile. >> Lo rassicurai << E vedrai che sopravviverà: la magia di Re Elrond è potente, no? >>

Lui sorrise a occhi chiusi << Il mio signore può tutto, dall'alto della sua potenza. >> Disse, per poi chiudersi in uno stanco silenzio.



Restammo a osservare Re Elrond che curava il giovane Frodo, finchè con un tremito non aprì gli occhi e smise di recitare l'incanto elfico, contemplando quanto aveva fatto. Anche Arwen si riscosse e si portò al margine del letto, di fianco al padre, osservando attentamente il viso di Frodo. Entrambi erano pallidi e stanchi, ma in compenso il Portatore aveva un'aria più serena e il suo sonno da agitato era diventato calmo.

<< Ora dobbiamo lasciarlo solo. >> Disse il Mezz'elfo, tacitando così le domande del Signor Bilbo << Egli è forte: se è sopravvissuto fino ad ora, sicuramente sopravviverà in futuro. >>

E così tutti lasciammo la stanza di Frodo Baggins, il Portatore dell'Anello, e solo allora ci rendemmo conto che era mattina inoltrata e che altri ospiti erano giunti a Gran Burrone.

Una delegazione di elfi, infatti, si trovava nella corte interna, e stava facendo riposare i cavalli.

<< I cugini del Reame Boscoso! >> Esclamò Arwen, improvvisamente piena di vita, andando incontro a quelli che erano suoi parenti, seguita da un più pacato Elrond.

<< Benvenuti. >> Disse a loro << Benvenuti a Gran Burrone, cugini di Bosco Atro. Sono ben lieto di vedervi numerosi e in buona salute. Immagino che il viaggio sia stato lungo e faticoso, e che sarete stanchi. Vi prego di seguirmi, per di qua. >>

Gli elfi, di verde vestiti, si inchinarono davanti a Elrond e lo seguirono, tutti tranne uno, che rimase a salutare Gandalf e Glorfindel.

<< Legolas Verde Foglia. >> Lo apostrofò Gandalf, piegando il capo in segno di saluto << Ti trovo cresciuto. >>

L'elfo incrociò le mani sul petto e si inchinò profondamente << Lunghi anni sono passati da quando venisti a trovare me e mio padre, Mithrandir. >> Gli rispose << Ebbene si, sono cresciuto e ora mio padre mi sta affidando gli incarichi degni di un principe del mio popolo: egli manda me, in sua vece, alla chiamata di Re Elrond. >> Gli sorrise, e sia io che Giulia restammo abbagliate da quel sorriso: era l'essere più incantevole che avessimo mai visto, anche più di Arwen e Glorfindel messi assieme!

<< Thranduil sta facendo le scelte giuste! >> Esclamò Gandalf, posandogli una mano sulla spalla << E' un elfo saggio e potente, del tutto simile al suo parente Elrond., e tu gli assomigli sempre di più. >>

Legolas si inchinò ancora, per poi voltarsi verso di noi << La delegazione del Sud? >> Ci chiese, levando un sopracciglio con aria scettica.

<< No. >> Rispondemmo io e Giulia all'unisono << Anche se io al Sud ci sono stata. >> Dissi poi, facendo un passo avanti << Io sono Anna, e lei è mia sorella Giulia. Vivo qui da circa un anno, mentre lei è giunta ieri da un posto chiamato Terra. Be, >> Le dissi, voltandomi << Tu potresti essere una delegazione a parte... >>

Giulia mi guardò, pensierosa << Credi? >>

Gandalf ridacchiò,interrompendo quella conversazione improvvisa << Confonderete il principe Legolas, se continuerete a parlare in questo modo! >> Fece un gesto con la mano, indicando la Reggia << Sire Elrond si starà chiedendo dove saremo finiti. Raggiungiamolo nella Sala dei Racconti: li, avrete tutto il tempo per conoscervi. >>


Seguendo il consiglio di Gandalf, ci dirigemmo nella Sala e ci restammo praticamente per l'intera giornata, conoscendo il principe di Bosco Atro, un essere gentile e dall'umorismo tagliente, parente di Arwen e fiero del ruolo che interpretava.

<< Dopo anni che lo supplicavo, mio padre mi ha concesso l'onore di essere suo ambasciatore. >> Ci spiegò, sorseggiando del sidro dissetante << E voi? Anche vostro padre vi ha inviato qui per l'adunata? >>

Io e Giulia ci guardammo, senza sapere cosa ribattere << Veramente... >> cominciò Giulia << Nostro padre non è un re, lavora nel supermercato di famiglia con la mamma e i nonni. >>

<< Davvero? >> Esclamai io << Interessante! E... Cos'è un supermercato? >> Anche Legolas se lo chiedeva, ma aveva il pudore e l'educazione di non fare domande su ogni cosa che gli appariva poco chiara- al contrario di me, ovviamente.

Anche la sera passò così, sera rallegrata dal giungere dei compagni di viaggio di Frodo: tre Hobbit dall'aria distrutta, scannati dalla fame, e un Uomo, il famoso Ramingo. Non riuscii a soddisfare la mia curiosità riguardo a lui, dato che decise di non partecipare alla cena- al contrario dei tre Hobbit, che mangiarono a testa più di qualsiasi altro essere in quella sala- ritirandosi nella propria stanza. Legolas e Arwen andarono a trovarlo, ma tornò solo Legolas per la cena.

<< Te l'avevo detto che c'era sotto qualcosa. >> Mi bisbigliò Giulia << Tra la principessina e il Ramingo... >>



Il mattino dopo giunse una delegazione del popolo dei Nani, gente simpatica che sia a me che a Giulia piacque subito, così diversa dagli Elfi e così simile a noi umani! Andammo anche noi ad accoglierli e con noi si presentò pure Jadis, sporca come non mai dopo aver passato giorni nei boschi attorno a Imladris.

Venne da me a farsi coccolare, dolce come sempre, ma ad un certo punto rizzò le orecchie, guardando il punto da cui tutti arrivavano, annusò l'aria e iniziò a scodinzolare e a rotolarsi per terra, fra gli sguardi attoniti dei presenti.

Poi Jadis ululò forte, fortissimo, e si lanciò di corsa su per la strada, sparendo dalla nostra vista e ricomparendo solo la mattina dopo, stanca e felice.

In compagnia di qualcuno.












NOTICINA: arieccomiiiiiiiiii!!! bonjour a tout le monde, chiedo perdono per il ritardo, ma sono VERAMENTE presa...

un ringraziamento a Cionni a cui non ho ancora risposto e un brava perchè ha aggiornato prima di me- ti meriti una pinta di Guinnes!!!


spero che il chappi vi sia piaciuto, che abbiate apprezzato ogni singola parola perchè ho sputato sangue per loro- ebbene si- nonché rubato momenti preziosi allo studio- ma quello può andare allegramente a fanfare! Ebbene... chi sarà il compagno di Jadis? Mah, chi lo sa!


Uhuhuhuhuh... che Nini malvagia!!! vabbe dai, spero di scrivere ancora! Ce sentemo!


Con affetto, Nini <3

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Capitolo 7
*** la delegazione del Sud ***


Con l'arrivo dei Nani quella mattina,il pomeriggio a Gran Burrone divenne decisamente più divertente per entrambe.


A parte la statura, i Nani assomigliavano straordinariamente agli Esseri Umani per modi di fare e carattere: meno aristocratici degli Elfi, popolari è il termine corretto con cui li definerei. Popolari, non rozzi, perchè rozzi sarebbe un'offesa a un popolo così raffinato nell'arte di plasmare l'oro. Era gente curiosa, simpatica e cordiale, amante della birra forte e della carne. Stupiti dalla nostra curiosità, passarono l'intero pomeriggio del giorno del loro arrivo a parlare dei bei tempi andati e dei tesori persi che avrebbero recuperato, un giorno lontano.

<< Ah... Moria! Moria! >> Si lamentava uno dei più anziani << Cosa ne è stato delle tue luci splendenti, dei tuoi saloni sfavillanti e dei tuoi fulgidi tesori? >>

<< Mio cugino Balin dimora laggiù. >> Ci spiegò il loro ambasciatore ,un certo Gimli figlio di Gloin << E' un sogno dei nostri avi, riuscire a riconquistare le Miniere di Kaza-Dum, e il mio parente ci è riuscito! Ma sono tempi difficili per tutti, da tempo non giungono più notizie ne di lui, ne della sua gente. >>

<< Credete gli sia capitato qualcosa? >> Chiese Giulia con aria comprensiva ,sorseggiando un po' della birra portata dai Nani come dono a sire Elrond.

<< Noi Nani siamo nati dalla roccia! >> Esclamò Gimli, brandendo la sua ascia e scatenando l'ansia di Giulia << Siamo indistruttibili! >>

Io ridevo a quei moti improvvisi, che furono molto numerose nel corso di quel pomeriggio speso in chiacchiere, ma non potevo fare a meno di rivolgere lo sguardo al Sud: quando sarebbe giunta la delegazione del Sud? E Boromir? Sarebbe stato con loro?

<< Mia signora, avete l'aria triste. >> Gimli mi passò un boccale in peltro ricolmo di birra scura << Qualcosa vi turba? >>

Io gli sorrisi e presi il boccale, ringraziandolo con un cenno del capo << No, nulla mi turba, è che... Sto aspettando una persona. >>


Non avevo più visto Arwen dall'arrivo di quel Ramingo e sospettai che Giulia avesse ragione: fra quei due c'era qualcosa.

Seduti sulla terrazza della Sala dei Racconti, nel primo pomeriggio di un'assolata giornata di ottobre, io, Giulia e Legolas parlavamo dei nuovi arrivati.

<< Non ho più visto Arwen. >> Iniziai io, lanciando l'esca << E nemmeno i compagni del portatore. >>

<< Sono stanchi per il lungo viaggio e logorati per i pericoli corsi. >> Mi spiegò Legolas << Lasciali riposare almeno un giorno: sono certo che stasera siederanno alla tavola di Sire Elrond. >>

annuii, rollandomi una sigaretta al Thiolil << E dimmi... >> Iniziai, guardando di sottecchi Giulia che sorrideva, maliziosa << Dimmi... Ho sentito tanto parlare di un certo Ramingo. >>

Legolas ridacchiò piano << Siete a caccia di pettegolezzi, voi due? >>

<< No. >> Giulia gli si fece più vicina << Pura curiosità. >>

Lui la guardò con occhi divertiti, per poi fissare un punto lontano, nei boschi di Imladris.

<< Chiedete alla persona giusta. >> Iniziò << Il Ramingo di cui chiedete notizia si chiama Aragorn, e ha messo radici a Gran Burrone ancora in fasce, quando Sire Elrond lo accolse con sua madre. Ma non ha messo solo radici in questa ridente valle, oh no: ha colpito anche l'essere più incantevole della Terra di Mezzo. Non dovete stupirvi di questo fatto: Aragorn è un grande spirito racchiuso in un corpo mortale e Arwen ne è fatalmente attratta, con grande dolore di suo padre. >> Lo vidi sospirare << Povera cugina... >>

Mi strinsi nelle spalle, facendo un tiro di Thiolil << Certo che al cuor non si comanda. >> Intervenni io << Ma deve essere dura, sapere che prima o poi lui morirà. >> Commentai, riparandomi gli occhi dal sole del primo pomeriggio.

Giulia annuì << Già, chissà che pena deve avere nel cuore. >>

Legolas annuì << Per voi è più facile da comprendere e anche da sopportare, il dolore della perdita. Certo, brucia e lacera e dilania anche il vostro cuore ma voi sapete che prima o poi, in ogni caso, il dolore per la perdita di un vostro caro cesserà, spento dalla morte. Almeno, voi avete una fine, avete una pace. >> Lo vidi serrare i bordi della panchina in pietra << Ma per noi Elfi è diverso: il dolore non può essere spento, ma solo affievolito, in un'eterna giovinezza che diverrà sempre più grigia, spenta da quel dolore. Senza pace, senza pietà. >>

Tutti e tre restammo in silenzio, pensierosi dopo quelle parole, fissando una nuvoletta passare nell'azzurro cielo autunnale.

<< Parole lugubri. >> Commentò Giulia infine << Ma vere. >>

<< Già. >> Rivolsi per l'ennesima volta lo sguardo a Sud.

Boromir...



Nel tardo pomeriggio, si unirono alle nostre chiacchiere i tre giovani Hobbit compagni di Frodo: due erano parenti, Merry e Pipino, dall'aria spensierata e estroversa, mentre l'altro se ne stava in disparte, ammirando gli Elfi della Sala. Il suo nome era Samvise Gamge.

<< Ma che carini! >> Esclamò Giulia, avvicinandosi ai tre e rivolgendosi ai due più vivaci << Ciao! Io mi chiamo Giulia! Voi come vi chiamate? >> La guardai allibita: si stava rivolgendo a degli Hobbit, non a dei bambini!

I due la squadrano da capo a piedi, due boccali di birra a testa in mano e l'aria perplessa.

Ridacchiai, nervosa << Non date ascolta a mia sorella, lei non è di qua... >> Dissi, cercando di allentare la tensione << Non ha mai visto un elfo, nemmeno un nano, figuratevi uno Hobbit! >>

<< Capisco. >> Disse quello dai riccioli biondi e gli occhi scuri , scrollando le spalle << Io sono Merriadoc Brandibuck, e lui è mio cugino Peregrino Tuc, ma tutti ci chiamano Merry e Pipino, mentre lui è Sam. >> Quest'ultimo ci guardò da sotto la frangia e accennò un inchino.

<< E nemmeno noi abbiamo mai visto della gente alta tagliata così strana. >> Intervenne Pipino, alzandosi in punta di piedi, cercando di toccare la testa di Giulia << Ma è una parrucca? >>

<< Pipino! >> Lo richiamò il cugino, mentre io e Giulia scoppiavamo a ridere e Sam arrossiva. << Ma ti sembrano le cose da fare? >>

<< Non ho fatto nulla di male! >> Ribadì l'altro, allontanandosi impettito, puntando dritto a Gandalf, ricomparso con loro tre.

<< Dovete scusarlo, è un po' permaloso! >> Disse Merry, guardandolo andar via << Ma non è cattivo. >>

<< E' un Tuc. >> Intervenne la voce timida di Sam << Lo sanno tutti come sono fatti, i Tuc! >>

<< Da noi, i tuc sono dei biscottini salati! >> Esclamò Giulia << Sono molto buoni, sapete? >>

Mi passai una mano sul viso: come al solito, cercava di essere di spirito, ma le sue battute erano una vera pena- INCOMPRENSIBILI è il termine adatto. Nessuno rise, tranne lei stessa nel vedere le nostre facce perplesse.



La cena venne servita tardi, quella sera. Ricomparve anche Arwen, in compagnia del misterioso Aragorn. Io e Giulia lo osservammo a lungo, rendendoci conto del motivo per cui Arwen si sentiva fatalmente attratta: anche noi lo eravamo! Sedeva accanto a Elrond, discuteva con lui e con Glorfindel, lanciando ogni tanto fugaci occhiate alla sua principessa, mentre lei gli rispondeva con un sorriso ancora più dolce del solito.

Aragorn era oggettivamente un bell'uomo, convenimmo sia io che Giulia: alto, i capelli corvini che ricadevano sulle spalle, il viso deciso incorniciato dalla barba non fatta. Gli occhi erano fondamentali: di un azzurro ghiacciato, si sposavano alla perfezione col taglio duro della bocca ( almeno, duro quando era serio, o non con Arwen; ) dando al viso un non so che di regale che ne io ne Giulia riuscimmo a spiegarci.

<< Bel bocconcino. >> Commentò Giulia e io annuii, pensando al MIO, di bocconcino: non era molto diverso da Boromir, anche se i tratti del mio amato mi sembravano meno eleganti, meno nobili di quelli del Ramingo.

Al commento di Giulia, Pino si voltò, una coscia di pollo in mano << Dove? >> Chiese con la bocca piena.

Lei scoppiò a ridere, attirandosi gli sguardi della tavolata << Guarda, non credo sia di tuo gusto! >> Ribadì lei, le lacrime agli occhi << Torna a mangiare! >>

Stupito da quella reazione, Pipino si strinse nelle spalle e tornò al suo pollo ( il secondo di quella serata ).

<< Ma quanto mangiano questi qui? >> Mi sussurrò Giulia, notando l'ammasso di scarti che andava formandosi nei loro piatti << Dove lo mettono tutto quel cibo! >>

<< Nello stomaco. >> Ribadii io, ironica.

Senza che ce lo aspettassimo, fu Aragorn a risponderle << La loro fame non è proporzionabile alla loro altezza, mia signora. >> Le rispose con gentilezza << Si faccia spiegare le loro usanze culinarie, e scoprirà un nuovo mondo! >>

Per la prima volta in vita mia, vidi Giulia arrossire e rispondere con un flebile “ si” che mando in visibilio Arwen.


La serata passò così, tra canti Hobbit e Poemi Naneschi, mentre io attendevo il SUO arrivo.

Cosa stava facendo? Dove era?

La notte non ci furono sorprese, ma la mattina dopo mi svegliai parecchio prima dell'alba, agitata e ansiosa come raramente ero stata nella mia vita, la stessa sensazione che avevo ad Osghilliart. Mi costrinse a uscire dal letto, quel sentimento nervoso, a vestirmi e a camminare per i corridoi della Reggia, fra le prime luci dell'alba, sola come un'anima in pena.

Stavo ricordando i tempi che furono, rigirandomi fra le mani la gemma regalatami da Boromir, quando sentii qualcosa, una sensazione diversa.

Corri. “ Mi sentii dire, e da dove m trovavo mi diressi alla corte secondaria della reggia, dove tutte le delegazioni erano giunte, correndo a perdifiato, la voce che mi incitava sempre di più “ Corri! Corri! “


Arrivai col fiato corto, non più abituata e coi polmoni annientati dal fumo, quando vidi emergere dalla nebbia mattutina una sagoma bianca in corsa: Jadis. Mi corse incontro e mi fece un sacco di feste. << E io che pensavo chissà cosa... >> Mi disse io, sconsolata, appollaiandomi e grattandole il muso.

Ma un rumore di zoccoli mi distrasse, facendomi alzare.


Lo vidi comparire dalla nebbia, plasmato da essa. Era altissimo sul suo cavallo, lo stesso che aveva usato per la battaglia di Osghilliart. Non mi aveva visto all'inizio, troppo curioso nel guardarsi attorno. Si era fermato solo quando mi ero messa davanti al cavallo e l'avevo preso per le redini, al colmo della gioia, così felice che non riuscivo nemmeno a parlare, a chiamarlo per nome, a farmi notare.

Lui mi guardò con gli occhi di grigi, QUEGLI occhi grigi, la bocca leggermente dischiusa. Neanche lui riusciva a parlare, troppo emozionato, troppo stupito.

Smontò da cavallo e venne a fronteggiarmi: era alto come al solito, ma non sentii alcuna differenza quando mi abbracciò a se. Lasciai le redini e lo ricambiai.

Le gambe di entrambi cedettero e ci ritrovammo inginocchiati a terra, aggrappati l'una all'altro, troppo emozionati per parlare: riuscivamo solo a guardarci negli occhi.

Ci accarezzammo a lungo, per un tempo immemorabile, prima che io riuscissi ad appoggiarmi al suo petto e sentire il suo cuore battere al ritmo del mio, fortissimo, e a sospirare.

<< Oh, Boromir... >>

Finalmente, la delegazione del Sud era arrivata a Imladris.






NOTICINA L'autrice si congratula con se stessa per essere riuscita a scrivere il tutto in due orette :) spera tanto che i lettori apprezzeranno con un sacco di recensioni!!!RECENSITE DAIIIIIIIIIIII!!!!!!

non fate gli spilorci...

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Capitolo 8
*** conversazione n.1 ***


Spazio e tempo persero i loro contorni: io, avvolta in quell'abbraccio, sarei potuta crescere, invecchiare e morire. Sono certa che non me ne sarei accorta.

L'anno passato lontano si azzerò, lasciandomi dentro un senso di pace che solo il mio cuore disturbava, battendo irrequieto. Era così anche per lui? I suoi vestiti erano troppo spessi perchè riuscissi a sentire il suo battito e a essere sincera ne ero così certa da non aver bisogno di prove.

<< Senti ancora di lavanda. >> Mormorò fra i miei capelli. << Mi sei mancata. >>

Banale e scontato, ma così dannatamente vero...

Lo strinsi, cercando di allacciare le mani attorno alla sua grande schiena, ma lo scudo me lo impediva. << Anche tu. >> Risposi appoggiandomi al suo petto << Anche tu. >>

Boromir mi prese il mento fra le dita e mi sollevò il viso, fissandomi negli occhi in silenzio. Non era cambiato: era sempre il solito, giovane Capitano di Gondor, conosciuto nel palazzo del Sovrintendente. Era sempre lui ad avermi insegnato a combattere, a fumare...anche un po' ad amare, forse? Era sempre lui, ma i suoi occhi avevano una sfumatura diversa, un alone di preoccupazione, e la bella fronte era solcata da una sottile ruga che un anno prima non c'era, ci avrei scommesso le mutandine( per dirla come Giulia ). Mi domandai cosa fosse, ma tacqui: perchè rovinare quel momento? E poi era stanco, segnato dal lungo viaggio nelle Terre Selvagge verso un luogo lontano dalla sua casa: ovvio, che fosse stanco.

<< Ne hai impiegato di tempo per arrivare. >> Commentai accarezzandogli la barba folta e incolta << E' da tempo che ti aspetto. >>

Lui si strinse nelle spalle << E' difficile trovare un posto che a Gondor esiste solo nelle fiabe! >>

<< Giungi solo? >>

Lui annuì << Si. Mio padre ha inviato me, lasciando Faramir a capo dell'esercito. >>

Mi stupì molto quella scelta << Da solo? >>

Lo vidi rabbuiarsi << Già. >>

Faramir da solo a capo dell'esercito di Gondor, con Mordor che ogni giorno ingrossava le sue fila di orchetti e architettava piani per distruggere il Baluardo della Terra di Mezzo: lo capivo anche da me quanto quella situazione fosse critica.

<< Ma è terribile! >>

Distolse lo sguardo << Già. >>

Solo allora mi resi conto della mia insensibilità: lo sapeva benissimo pure lui quanto critica fosse la situazione, non servivo certo io a rinfacciarglielo!

<< Faramir ce la farà. >> Affermai quindi per fargli coraggio, abbracciandolo ancora << E poi c'è Matilde! Con lei al suo fianco non vacillerà, non temere! Quando torneremo, Gondor sarà ancora in piedi. >>

Boromir mi guardò, meravigliato << Torneremo? >>

Annuii << Si certo, perchè... >> La mia domanda cadde nel vuoto, mentre la mia fantasia galoppava: si era stupito che io volessi tornare con lui a Gondor. Perchè? Era ovvio che volessi stare con lui! Forse era lui che...

<< Dovevo immaginarmelo. >>

<< Cosa? >>

Abbassai lo sguardo, cercando di nascondere gli occhi lucidi << Io... non potrò tornare con te, vero? >> Mi morsi le labbra, sentendo la voce tremare.

Lui non mi rispose, ma lo sentii lasciar andare la presa sul mio corpo. Lo presi come un si, ma non fiatai per paura di scoppiare in singhiozzi. Restammo inginocchiati, in silenzio, le mie mani che torcevano le maniche della sua giubba sgualcita dal viaggio, unico segno visibile del mio turbamento.

Lui mi guardava senza capire << Che c'è? >> Mi chiese infine, titubante.

<< Davvero non lo sai? >>

<< No. >>

<< Oh andiamo! >> Mi alzai di scatto, facendolo sobbalzare << Non farmi passare per cretina, per favore! Lo so benissimo cosa è successo quest'anno e te lo dico subito: non ho intenzione di essere la seconda scelta di nessuno!Non ho alcuna intenzione di farti da amante e di dividerti con un'altra donna! Quindi, visto che sei sposato, lasciami qui. Non tornerò. >> Mi allontanai di qualche passo, le braccia conserte, nervosa e arrabbiata.


Un attonito silenzio scese fra noi, interrotto solo dall'annaspare di Jadis e dal respiro del cavallo.

<< Che hai da fissarmi così. >> Borbottai, infastidita da Boromir, ancora inginocchiato, un sorrisetto felice stampato sul viso stanco. Mi indicò il collo.

<< Vedo che lo porti. >> Disse, riferendosi al ciondolo che svettava come una goccia di sangue sulla camicia bianca.

Lo presi fra le mani, il cuore che ancora galoppava furioso. << Non l'ho mai tolto. >> Borbottai in risposta.

<< Nemmeno io. >>

Alzai un sopracciglio. << Ma io non ti ho regalato nessun ciondolo, Boromir. >>

<< Ah, Anna Anna Anna... >> Si alzò a fatica e si avvicinò, la mano poggiata sul pomo della spada e ancora quel sorrisetto compiaciuto. << Non mi riferivo a nessun ciondolo. Mi riferivo a TE. >> Specificò, chinandosi verso di me e abbassando la voce.

Trattenni il respiro, con sua grande soddisfazione.

Mi girò attorno mettendosi alle mie spalle. << Questo anno lontano da te... mi ha cambiato. >>

<< Come. >> Bisbigliai, sentendo una mano sulla mia spalla e l'altra fra i miei capelli.

<< Mi ha fatto capire. >> Sussurrò al mio orecchio.

<< Cosa. >>

Non mi lasciò girare, mi tenne ferma con quelle grandi mani mentre mi baciava fra i capelli << Che non potrebbe esserci nessun'altra ne oggi ne domani. >> Le mani scesero dalle spalle alle braccia, stringendomi a sé << E sai perchè? >>

“ Dimmelo. “

<< Perchè ti amo. >>




Eccole.

La consapevolezza che quel sentimento giaceva inerte nel mio cuore da un anno a quella parte mi colpì in pieno, come uno schiaffo, o un pugno. Non credevo facesse così male, lasciasse così senza senza fiato. Il cuore finalmente si calmò, mentre mi giravo lentamente e tornavo a guardarlo, stavolta serena, dritto negli occhi.

<< Quindi non sei sposato. >>

<< No. >>

<< Neanche fidanzato? >>

<< No. Perchè? >>

<< Sai, sei un principe...magari, qualche principessa... >>

<< L'unica principessa di cui ho bisogno e che mi serve è qui. >>

Sorrisi, arrossendo a quel complimento.

Anche lui sorrise, dolcissimo << Certo che torneremo assieme a Gondor. Matilde ci aspetta, TI aspetta. >>

Giocai coi suoi capelli arruffati dal vento e annuii.

<< Non mi sembra vero di averti qui. >>

<< Anche a me sembra impossibile! Tu non sai quanto ho viaggiato, quanto ho dubitato della strada intrapresa... >>

<< Fa nulla, l'importante è che tu sia qui, ora, con me. >>

Lui sorrise, chinandosi per darmi il primo bacio dal nostro addio.

Fu come baciarsi la prima volta, la stessa emozione, la stessa scarica. Lo stesso brivido.

<< Boromir? >>

<< Dimmi. >>

<< Vieni in camera mia? >>

Lui mi fissò dapprima meravigliato, stupito dal mio rossore e dalla mia audacia (io stessa ero senza parole!) per poi accarezzarmi il collo e squadrarmi da capo a piedi, con una punta di malizia negli occhi grigi.

<< Da dove salta fuori tutta questa audacia, piccola? >>

<< Dal fatto che non ti vedo da un anno, forse? >>

Lui annuì << Prima però sarà lecito che mi presenti a Sire Elrond. Devo parlargli. >>

<< Dopo. >>

<< Dopo cosa? >>

<< Davvero non lo immagini? >>

Per la prima volta lo vidi guardarmi come si guarda una donna. Vidi il desiderio. Vidi la voglia. Probabilmente era la stessa voglia che brillava nei miei occhi quella che li si rifletteva, ma sentiva anche lui quel calore al ventre? Così tiepido e così doloroso...

Si scostò da me, arrossendo sotto la folta barba.

<< Che ti è successo? >> Chiesi, riavvicinandomi, ma lui fece un passo indietro << Non ti avvicinare, piccola, non vorrei essere... scortese. >> Lanciò un'occhiata verso il basso, arrossendo sempre di più << Comprendi? >>

Io cercai di trattenermi dal ridere e mi avvicinai prima che lui avesse il tempo di allontanarsi.

Lo toccai sopra i vestiti, proprio li, beccandomi un sospiro e un'occhiata sempre più meravigliata da parte sua.

<< Ti vergogni del fatto di esserti...eccitato? >> Gli bisbigliai, sorridendogli radiosa. Lui annuì, umettandosi le labbra.

Premetti di più la mano sui pantaloni << Non devi vergognarti mai più, va bene? >>

<< Si si si si... >> I suoi si gli morirono sulle labbra, mentre mi alzavo in punta di piedi e gliele divoravo.

<< Ancora convinto di voler andare da Elrond? >>

Sorrise, malizioso: sarei morta, pur di vederlo sempre con quel sorriso.






<< Non volevi mostrarmi la tua camera? >>







NOTICINA!!!!arieccoci!!!chappi breve questo, ma intenso, con tanto di dichiarazione d'ammmore!!!uuuuuuuuuuuuuuuuuhhhh!!!! per non parlare del pezzo finale...argh...grrrr...miao.... insomma, tutti i versi possibili e immaginabili li lascio ai nostri due cocchi!! spero che apprezziate questa svolta, che non dia fastidio a nessuna (tanto qui siamo tutte fimmine, credo io) e se da fastidio, vi prego di contattarmi!

grazie,miei fedelissimi lettori, mi raccomando continuate a seguirmi e recensite!!!!besitos!!!

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Capitolo 9
*** conversazione n.2 ***


Boromir avrebbe scoperto il colore delle federe dei cuscini del mio letto subito, se non fosse stato per l'incontro con Mithrandir, che lo riportò sulla retta via.

<< Prima il dovere, dopo il piacere. >> Mi disse Gandalf con aria paterna << Paziente ancora un po', Anna: il principe Boromir ha fatto un lungo viaggio non per te, o almeno non solo, ma per parlare con Sire Elrond riguardo la situazione di Gondor. Lo capisci anche tu che è giusto così, vero? >>

Lo guardai in cagnesco, esattamente come un cane a cui hanno appena rubato il giocattolo preferito, ma infine acconsentii con un sospiro << Lo so, Gandalf... e va bene, portalo da Elrond. Spero che almeno dopo potrò restare con te. >> Sfiorai affettuosamente la guancia di Boromir << Mi sei mancato così tanto che ora ho paura di vederti svanire. >>

Gandalf rise, felice << Mia cara! Finalmente riuniti, finalmente inseparabili! >> Esclamò con l'aria allegra di chi la sa lunga, tornando poi serio << Ora, se non ti dispiace, io e il principe andiamo a parlare con Elrond. >>

<< Quando vi rivedrò? >>

<< Aspettaci nella Sala dei Racconti assieme a Giulia. >>

<< Chi è Giulia? >> Chiese Boromir incuriosito.

Io e Gandalf ci guardammo, io senza sapere da che parte iniziare, lui con un sorriso furbo sulle labbra. << Vieni, giovane principe. >> Gli disse infine, prendendolo sottobraccio << Ogni cosa a suo tempo. Ti spiegherò lungo la via. >>



Passò l'intera mattinata senza che ne Gandalf ne Boromir si facessero vedere. Anche il pranzo passò. Fu allora che comparve Gandalf e mi disse che Boromir era andato a riposare. << Se vuoi godere appieno della sua compagnia, devi lasciarlo riposare: egli è stanco e ha cavalcato a lungo. Non puoi pretendere che sia fresco e riposato come una rosa! >>

Io annuii con un sospiro: lo sapevo benissimo anch'io che Boromir aveva bisogno di riposo, ma l'idea di averlo sotto gli occhi e non poterlo vedere...mi era insopportabile! Per fortuna c'era Giulia a consolarmi e ad accogliere tutto i miei sfoghi e anche i miei dubbi.

<< Sei ANCORA vergine??? >> Esclamò con qualche ottava di troppo, facendo sobbalzare diversi Elfi accanto a noi, quando le confessai il mio cruccio più imbarazzante.

Mugugnai qualcosa come “ Un si, esatto, non so da che parte girarmi “ , e lei proruppe in una fragorosa risata. << Ah Anna Anna...almeno in questo ti batto! >> E mi raccontò di come l'anno prima avesse perso la verginità nel corso di una vacanza con gli scout, in un posto chiamato Nizza ( che sta in Francia, regno mai udito ), con un ragazzo del posto. Del racconto non rese partecipe solo me, ma anche un mucchio di Elfi che tesero le orecchie e rimasero immobili davanti a quelle dichiarazioni.

<< Un ragazzo meraviglioso... >> Concluse Giulia con aria sognante.

<< E come è stato? >> Chiesi, pendendo dalle sue labbra: mi aspettavo una gioia infinita, un esplosione di...di...non so nemmeno io di che ( ma un esplosione me l'aspettavo di certo: quel calore al ventre sembrava annunciare proprio quello ), passione, amore, dolcezza...tutte quelle cose che si pensano in quei casi, insomma!

Al contrario di quanto mi aspettassi, Giulia si strinse nelle spalle << Nulla di che. >>

Delusa, mi lasciai sfuggire un << Ah. >> Molto eloquente.

Lei sembrò divertita da quel mio stato e si fece più vicina sulla panca, guardandosi attorno per vedere se qualcuno ascoltava << Ma è dopo che viene il bello. >> Mi sussurrò, portandosi la mano alla bocca << Bisogna solo prendere confidenza col corpo dell'altro e, una volta conosciuto, si può iniziare davvero a godere! >>

Godere: quella parola mi entrò dentro. << E quanto ci vuole? >> Sussurrai a mia volta.

<< Dipende: se i due si conoscono, se hanno già avuto esperienze, se sanno dove mettere le mani... Dipende da tanti fattori, sorella. Tu con questo... >> Schioccò le dita un paio di volte, facendomi levare gli occhi al cielo e invocare un Valar a caso. Le sfuggiva sempre il nome, eppure glielo avevo ripetuto almeno dieci volte nella mattinata e durante il pranzo!

<< Boromir. >> Sospirai, sorbendomi un'occhiata pietosa. << Si chiama BO-RO-MIR.!!! >>

Lei annuì << Si si. Tu e Boromir... nulla di nulla? >>

Scossi la testa << Abbiamo dormito assieme. >>

Lei strabuzzò gli occhi << E nemmeno li...?!?! >>

<< Ti ricordo che ero ferita! >> Ribadii innervosita da quel suo modo di fare: mi faceva sentire una stupida!

Lei però scosse le spalle e ridacchiò maliziosa << Se non lo sai, la spalla non si usa per certe cose... >>

Arrossii fino alla radice dei capelli mentre un elfo della cerchia di Glorfindel si voltava verso di noi con aria scandalizzata, squadrandoci per poi tornare a confabulare con gli altri affiliati della setta.

Giulia ricambiò lo sguardo e accennò a un saluto con la mano << Bah! 'Sti Elfi! Magari vogliono provare pure loro... >>

<< Dici che loro lo... >>

<< Ma di sicuro! >>

Una terza voce a noi ben nota si intromise, allegra, alle nostre spalle: il giovane Pipino reggeva fra le mani un cesto di frutta, che stava portando in giro per la Sala << Cosa “ Ma di sicuro “? >>

<< Nulla di nulla ! >> Ci affrettammo a dire entrambe, io con la voce stridula di chi è nervosa, Giulia la voce allegra di chi parla di argomenti divertenti.

<< E dimmi. >> Chiese Giulia al piccolo Hobbit, prendendo una mela dal suo cesto << Come sta il tuo compagno ferito? >>

Pipino si illuminò << Oh bene! Bene! Si sta riprendendo, probabilmente stasera sarà fra noi! Non vedo l'ora di farvelo conoscere, Frodo è un ragazzo così simpatico! Vi piacerà di sicuro! Spero tanto che vi racconterà di quella volta in cui... >> Pipino continuò a parlare a lungo, ma io non gli rivolsi più alcuna attenzione: nella Sala dei Racconti, era entrato colui che amavo.



Lindo e pulito, Boromir si presentò con indosso una giubba di fattura elfica azzurra, intessuta di fili d'argento che creavano un delicato motivo a foglie ( che fantasia, questi Elfi! ), una camicia candida sotto di essa e delle barche blu scuro( un blu simile a quello dei pantaloni indossati da Giulia al nostro primo incontro: jeans, così li chiamava lei). Gli stivali erano stati puliti e lucidati e il loro marrone scuro ben si accordava ai restanti colori. La barba era stata pareggiata, i capelli lavati e pettinati e il viso aveva un'aria più rilassata, benchè permeato da un'ombra di stanchezza che difficilmente sarebbe sparita a breve. Era molto simile a Aragorn figlio di Arathon, vestito a quel modo: l'unica cosa che lo distinguesse dagli altri era il Corno di Gondor, posto di traverso sul suo petto, con aria regale e minacciosa.

Mi alzai per andargli incontro e quando mi vide egli sorrise, avvicinandosi.

<< Eccoti. >> Lo accolsi << Stai bene vestito così. >>

<< Tessuti troppo nobili per le mie membra da guerriero! >> Ribadì lui << Dovessi fare un tiro di scherma, la romperei tutta, questa bellissima giubba. >>

Lo presi sottobraccio, conducendolo verso Giulia ( ancora presa dalle chiacchiere di Pipino ). << E perchè dovresti metterti a tirare di scherma? Sei fra amici, ora. >>

Lui annuì, distratto da Giulia << Per tutti i Valar... >> Mormorò quando lei si voltò verso di noi << Ma sei tu! >>

<< Te ne ha parlato Gandalf prima, immagino. Lei è mia sorella gemella, Giulia. Giulia, ti presento Boromir di Gondor. >>

Giulia si alzò in piedi e si avvicinò a lui, porgendogli una mano << E' un piacere conoscere il fidanzato di mia sorella. >>

Boromir la fissò sempre più stupito, lo sguardo che andava dalla mano agli occhi e dagli occhi alla mano . << Devi stringerla. >> Gli suggerii, prendendogli la mano destra e mettendola in quella di Giulia, che la strinse e la scosse. << Così. >> Gli spiegò Giulia << E' così che ci si presenta a casa mia. >>

<< A casa mia ci si presenta così, invece. >> Boromir ritirò la mano e fece un rigido inchino davanti a lei e dicendo << Il mio nome è Boromir figlio di Denethor, figlio di Echtelion, Capitano della Torre Bianca e difensore di Gondor. >> Si rialzò e le sorrise con calore << Onorato di conoscere la sorella di Anna. >>

Pipino si fece avanti, posando il canestro di frutta a terra << Io invece sono Peregrino figlio di Paladino, della casata dei Tuc. Anche i miei avi erano guerrieri: hanno difeso la Contea dai lupi nel Lungo inverno! Anche noi siamo eroi! >>

Boromir era così stupito dal vedere uno Hobbit che non spiaccicò neanche una parola, mentre Pipino ci privava della sua compagnia richiamato da Merry e Sam.

<< E' un Mezz'Uomo! >> Esclamò, guardando sia me che Giulia << E' un Mezz'Uomo! >>

<< Hobbit, vorrai dire... >> Lo corresse Giulia, seguendo Pipino con lo sguardo << Affarini simpatici, quelli: sempre allegri e pronti a mangiare. Divertenti, direi! >>

Boromir la guardò per un po', incuriosito << E così sei la sorella di Anna. >>

<< Ebbene si. >>

<< E' curioso il modo in cui siete state separate ed è ammirevole la tenacia con cui tu l'hai cercata. Ti ammiro molto per questo gesto. >>

Giulia arrossì e si strinse nelle spalle << Dovere. Piuttosto...che intenzioni hai con mia sorella? >>

<< Giulia! >> Esclamai, stupita. << Giulia un corno, carina! >> Ribadì lei << Ti ho appena ritrovata e non voglio che qualcuno ti porti via da me, men che meno il tuo moroso >> Si rivolse a Boromir << Mi sembri un ragazzo serio e intelligente, un po' vecchio per l'età di Anna, ma qui sembra lo standard... comunque, ascoltami bene: non OSARE mettere un veto a mia sorella, non osare dirle che non deve vedermi. Lasciamela disponibile e non arrabbiarti se parla con me anche di te. Non farla soffrire che non sa cosa vuol dire il dolore dell'abbandono e NON DEVE saperlo! Hai capito? >>

Troppo sorpreso da quella tirata, Boromir riuscì solo ad annuire, mentre io fissavo Giulia e le sussurravo fra i denti << Dopo facciamo i conti. >> Ma come poteva rivolgersi così a un principe? Se lo sarebbe inimicato subito! Ma Boromir mi stupì ancora una volta.

<< Hai ragione a parlare così, avrei detto esattamente le stesse cose se fossi stato nei tuoi panni. Ma ti prego, non considerarmi tanto meschino da dover rendere pubblici i tuoi pensieri: è ovvio che non ho alcuna intenzione di mettere Anna alla catena, come non ho intenzione di rubatela- per dirla alla tua maniera...contenta? >>

Giulia annuì, evidentemente soddisfatta. << Ora possiamo diventare amici. >> Aggiunse, sorridendomi.

Il pomeriggio fu l'occasione per entrambi di conoscersi: Giulia si dimostrò non eccessivamente antipatica e Boromir non esageratamente orgoglioso, e sembrò instaurarsi una bella amicizia fra loro. Io osservavo il tutto, intervenendo ogni tanto a favore dell'uno o dell'altro, pensando che mancasse solo Faramir, a quel felice quadretto di vita famigliare.



A cena, Boromir e io fummo allontanati da Giulia e Arwen per finire qualche posto più in là. Con grande piacere del mio Capitano, indossavo il vestito di Finduillas e mi ero fatta acconciare i capelli da Arwen, con cui avevo parlato un po' nel corso della toeletta: l'adunata sembrava conclusa, non mancava nessun partecipante. Ancora pochi giorni, e il Consiglio di Elrond avrebbe avuto inizio.


Mi stupii molto quando Boromir e Aragorn incrociarono gli occhi per la prima volta: i loro sguardi si allacciarono a lungo, ingaggiando una strana lotta a cui sia io che Arwen assistemmo senza dir nulla, guardandoci solo con aria interrogativa e un senso di ansia crescente. Alla fine, fu Aragorn a cedere, facendo un rigido cenno con la testa verso Boromir << Benvenuto alla Casa Accogliente. >> Disse, asciutto << Spero che vi troviate ristoro. >> E tornò a concentrarsi sul suo piatto, mentre sia io che Arwen ci chiedevamo cosa fosse successo di tanto grave.

<< Non c'è nulla che non va. >> Borbottò scontroso Boromir quando gli chiesi il motivo di quelle occhiate << Solo che quel tipo mi ha guardato storto. >>

Ridacchiai << L'anno a Gondor ti ha reso un bullo per caso? >>

Lui mi fulminò con lo sguardo, per poi rilassarsi e sorridere in direzione di Giulia, che mi salutava con la mano.

Ricambiai il saluto e mi sentii in dovere di scusarmi per il suo comportamento del pomeriggio << Scusala tanto, non so cosa le sia preso... >> Dissi a Boromir mentre Giulia se la rideva con Pipino, seduto al suo fianco << Nemmeno io la conosco bene e non so come trattarla... >>

<< Di che ti scusi? Ha fatto solo bene a mettere le cose in chiaro. >> Lui mi sorrise << Mi piace. >>

Annuii << Anche a me, ma poteva rivolgersi a te in un'altra maniera! >>

<< Perchè, tu parli in modo meno diretto? Siete gemelle, Anna, quindi uguali! >>

<< Secondo me sbagli: Giulia è molto più disinibita su certe cose, non ha la mia stessa educazione e... perchè ridi? >>

Boromir cercava di trattenere le risata che si faceva sempre più forte, mettendosi la mano davanti alla bocca e serrando gli occhi in un espressione alquanto insolita per il volto serio.

<< Ma che c'è! >> Esclamai, una volta che l'attacco di riso fu cessato << Che ho detto? >>

Senza che me lo aspettassi, Boromir posò la mano sulla mia coscia, pericolosamente vicino all'inguine, facendomi tacere all'istante. << Chi parlava di disinibizioni? >> Mormorò a bassa voce << Proprio tu, che stamattina eri tutto fuorché disinibita... >>

Lo fissai, la bocca dischiusa dallo stupore per quanto andava a formarsi nella mia testa: pensieri, parole, immagini e rumori si accavallavano nella mia mente lasciandomi come stordita e insensibile al mondo al di fuori dei suoi occhi grigi e della sua mano vicino al mio inguine.



La cena finì, ma io e Boromir ci intrattenemmo poco con gli altri nella Sala dei Racconti. Nessuno si lamentò della nostra assenza, solo Giulia mi lanciò un sorriso smagliante, che riuscì a placare il mio cuore in tumulto: un augurio di buona fortuna.

A Boromir era stata assegnata una stanza singola nella Reggia, camera in cui aveva posto tutti i suoi effetti e dove aveva riposato nel primo pomeriggio.

Ma non andammo li: Boromir voleva vedere la mia camera.







NOTICINA!!! ehm... che cosa imbarazzante..che dire: siamo alla quiete prima della tempesta. Stanno per andare nella stessa camera, chissà mai cosa succederà...ehm...bo, l'autrice si dissocia da qualsiasi allusione! Questi capitoli mi stanno divertendo da morire, vuoi per le frasi non dette, vuoi per quello che mi ronza nella testa...da parecchio non scrivevo scene Hot, per non parlare del fatto di pubblicarle! Ma vabbe, stiamo zitte che sono mi smeno il prossimo chappi! Sappiate solo che è già in cantiere avanzato, quindi non temete, mie care...credo che entro il week capiterà qualcosa ai nostri due cocchi!



Bacissimi, pace e tanto ma taaaaaanto amore- che il mondo ne ha bisogno :)

con affetteo, Nini <3

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Capitolo 10
*** conversazione: linguaggio del corpo. ***


Sola, nella mia camera, sedevo sul divanetto sotto la finestra, torcendomi nervosamente i capelli nel vano tentativo di sgombrare la mente. Gli occhi andarono alla porta ancora chiusa e mi lasciai sfuggire un sospiro.

<< Ho dei regali. >> Mi aveva detto semplicemente Boromir sciogliendo le sue dita dalla mia presa << E voglio darteli ora. >>. Era sparito così, lasciandomi sola con le mie pene. Perchè si, io in quel momento stavo penando: cosa dovevo aspettarmi da quella notte? Che sarebbe successo? Tutto il mio coraggio sembrava essere sparito...come il sole tramontato!

La maniglia si abbassò e Boromir entrò con le mani dietro la schiena. Io scattai in piedi, nervosa, per andargli incontro.

<< Cosa hai qui dietro? >> Chiesi curiosa, cercando di sbirciare.

Lui sorrise << Sembri una bambina! >> Mi disse, porgendomi due buste in cuoio << Questo da parte mia e di Faramir, questo da parte di Matilde e il gruppo dei guaritori. >>

Le presi fra le mani e mi diressi al divanetto sotto la finestra, seguita da lui. Erano delle piccole borse in cuoi lavorato, una più grande e simile a una cartella, l'altra più piccola e sottile, da cui veniva un profumo forte e invitante.

<< Non mi dire... >> Mormorai, aprendola << E' il tabacco di Gondor! Grazie! >>

<< Ero certo che avresti apprezzato... >> Ribadì Boromir << Anche Faramir ne era certo e ti mandi i suoi più cari auguri e saluti. Spera di rivederti presto. >>

Io annuii mentre rollavo una sigaretta con quel tabacco tanto amato << Anche io spero di vederlo presto. >>

Boromir fermò delicatamente le mie mani e prese la sigaretta ancora grezza << Lascia fare a me: guarda l'altro regalo. >>

<< Tu sai cos'è? >> chiesi, osservandolo da diverse angolazioni: era una cartella parecchio pesante e, scuotendola piano, mi parve di sentire uno sciacquio. Boromir leccò la cartina per sigillare la sigaretta e fece cenno di no << Matilde non me l'ha voluto dire. >>

Io annuii e mentre lui accendeva la sigaretta con la fiamma di una candela, aprii il bottone che serrava piccola borsa.

Mi lasciai scappare un'esclamazione davvero sorpresa: era una borsa da Guaritore, piena dei ferri del mestiere! Sul lato destro erano presenti diversi tipi di coltelli, dai più sottili per le incisioni alle lime per le ossa, mentre sulla sinistra vi era tutta una serie di ampolle ripiene ognuna di diversi liquidi << Pozioni! >> Esclamai io, al colmo dello stupore, invitando un incuriosito Boromir a gioire con me << E filtri, e unguenti!E questa pergamena...sono le ricette! Guarda Boromir! Ho le ricette segrete di Matilde! >>

Lui sorrise a tutta quell'emozione << Vedo che il regalo di Matilde è stato gradito. >> Disse, mentre io controllavo la lista, rapita. Fu così che scoprii una piccola postilla di Matilde, scritta sul retro della pergamena. Diceva così:


Mia cara e amata allieva, nella speranza che questo piccolo dono ti sia stato gradito, ti scrivo questa breve missiva sotto le pressioni di Eluani ( che credo tu ricordi ). Visto che noi non abbiamo peli sulla lingua, sarò chiara: non è un bel periodo per mettere al mondo dei figli. Quindi, ti preghiamo di prendere la pozione numero dodici, nel caso dovesse succedere quello che penso succederà fra te e il principe mio signore.

A buon intenditor, poche parole!

Speriamo vivamente di rivederti, un giorno. Con questa speranza, ti salutiamo.

Matilde ed Eluani.

ps- la ricetta della pozione segue il numero dodici. Va assunta ogni qualvolta che...insomma, ci siamo capite e il suo effetto dura un giorno intero dal momento dell'assunzione. Ancora saluti e auguri!



Boromir aveva letto la postilla con me e non aveva potuto fare a meno di arrossire, esattamente come me- forse anche più di me! Dovetti rileggere la missiva più e più volte, prima di riuscire a credere a quello che avevo letto e, quando finalmente riuscii a guardare in faccia Boromir non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Dopo poco, lui mi seguì, ridendo di gusto come solo rare volte l'avevo visto fare.

Ridemmo fino alle lacrime, per poi ritrovare le calma e riuscire di nuovo a guardarci, l'aria divertita e serena, con una punta di malizia.

Boromir spese la sigaretta nel posacenere in noce e mi guardò, penetrandomi nel profondo. << E ora? >>

Io alzai le sopracciglia << E ora? >>

Lui sorrise divertito e mi attirò a sé con un braccio stretto attorno alla vita, facendomi voltare verso di lui.

Mi sorrise, accarezzandomi la nuca con le dita gentili. << Sei bella alla luce soffusa delle candele, sai? >>

<< Solo alla luce soffusa? >> Chiesi io, appoggiandomi al suo petto << O anche in condizioni normali? >>

Lui sbuffò, facendomi alzare il viso. << Che vuoi fare? >>

<< A me lo chiedi? >> Ridacchiai << Davvero, non lo so... >> “ Si invece che lo sai... “ << E tu? >>

<< Ah...io un idea ce l'avrei. >> Boromir mi fece alzare e sedere sulle sue gambe, mentre con le grandi mani mi accarezzava la schiena e scioglieva l'acconciatura di Arwen << E' un gioco. >>

<< Giochiamo a carte? >> Scherzai, provocando una risata roca. Sensuale.



La chiusura del vestito di Finduillas era sulla schiena: tanti piccoli bottoncini che, dalla spalle, scendevano fino alle reni. Con un sospiro, Boromir iniziò a sbottonarli uno a uno, senza che io lo fermassi. Le sue dita dure ma gentili andavano a toccare i lembi della mia schiena fra un bottone e l'altro, come una carezza, facendomi sospirare a occhi chiusi. Tutto era buio, dietro le palpebre: solo la presenza fisica di Boromir sotto le mie gambe, le sue mani sulla mia schiena e i suoi sospiri alle mie spalle.

I bottoni finirono, le sue mani indugiarono sui miei lombi, giocando con la fossetta della colonna vertebrale e i bordi del vestito, entrando lentamente e accarezzando la pelle nuda, fino alla curva dolce dell'anca. Li non riuscii più a resistere: mi alzai di scatto, facendolo trasalire. Coi capelli scomposti, il viso arrossato e il vestito tutto aperto mi voltai verso di lui, invitandolo a restare seduto.

<< Anche io ti amo. >> Annunciai a bassa voce << E stanotte ti voglio. >>

Senza che lui potesse ribadire, mi sfilai il vestito, restando nuda come mamma mi aveva fatto esattamente davanti a lui ( e alla finestra, ma li non ci feci caso ).

Boromir mi guardò a bocca spalancata, squadrandomi dalla testa ai piedi e deglutendo più volte, troppo eccitato per parlare. Infine si alzò, parandosi di fronte a me: avrebbe voluto dire qualcosa, ma lo fermai posandogli due dita sulle belle labbra << Non è il momento delle parole, Boromir. >> Gli mormorai, cadendogli letteralmente fra le braccia, scavalcando il vestito a terra.

Lui mi strinse a sé con forza, mi prese il volto con la mano e mi strinse le guance, baciandomi con una passione inaudita. Respirava forte, e sentivo che era caldo. E non solo: sentivo la sua eccitazione premere contro il mio inguine, vogliosa di liberarsi dai pantaloni.



Ci staccammo da quel lungo, lunghissimo bacio, guardandoci ancora e accarezzandoci i visi, sconvolti.

<< Che ti è saltato in mente di spogliarti così di botto? >> Mi chiese Boromir in un sussurro.

Io feci spallucce << Mi facevi solletico, almeno così l'ho fatta finita. >>

Lui ridacchiò << Ah...e così le facevi il solletico, Boromir... >> Si sciolse dall'abbraccio e fece un passo, contemplandomi << Valar, sei la creatura più bella che abbia mai visto... >> Mormorò, fissandomi il ventre leggermente arrotondato. Resistetti all'impulso di coprirmi e mi girai, per sedermi sul letto.

<< Prendi la pozione. >> Dissi a Boromir prima che si avvicinasse mentre mi stendevo a pancia in su, puntellandomi sui gomiti. << E...Boromir? Ti voglio nudo. Adesso. >>



Non avevo mai visto un uomo nudo. O meglio: gli uomini nudi li avevo visti, ma non ci avevo mai fatto caso. Era capitato più volte coi feriti: Matilde mi mandava via ma io spiavo, e vedevo cose che non dovevo vedere, ma solo per curiosità! Non vi era malizia, in quella.

Ma vedere Boromir che si spogliava, togliendo prima la giacca, poi la camicia, poi gli stivali e i pantaloni...be, era tutta un'altra storia: c'era una potenza, in quel fascio di muscoli, una forza e una virilità che non avevo notato in nessuno dei feriti da me spiati, che pensavo nemmeno esistesse.

“ Sarà perchè sono innamorata di lui? “ Mi chiesi mentre lo osservavo e sorridevo, maliziosa.

<< Che c'è? >> Bisbigliò,avvicinandosi.

Mi accorsi di avere la gola secca. Deglutii piano,passandomi la lingua sulle labbra. << Ti guardo. >>

<< E come sono? >>

<< Bellissimo. >>

<< Non esagerare. >>

<< Giuro su tutti i Valar che è vero, Boromir! >>

<< Non si giura sui Valar. >>

<< Persino loro sarebbero d'accordo con me. >>




Il letto era il mio, ma mai come in quella notte mi sembrò tormentato. Boromir si stese accanto a me sul letto, facendomi appoggiare sul suo petto nudo, accarezzandomi e baciandomi. Il contatto colla sua pelle nuda era così piacevole...Quelle mani, enormi sul mio piccolo corpo, conobbero ogni centimetro di me, sussurrandomi in silenzio tutto l'amore che Boromir aveva per me. Anche io esploravo il suo corpo con baci e carezze, ma il suo era così diverso dal mio: duro, d'acciaio, un cimitero di cicatrici e vecchie ferite. Sulla schiena non solo vecchie: ve n'era una coi bordi rosati e ancora il segno dei punti.

<< E' una nuova cicatrice, questa? >> Dissi, lasciando perdere per un attimo i giochi amorosi.

<< Si. >>

<< Quando è successo? >>

<< Appena dopo la tua dipartita, ci fu una scaramuccia: nulla di che, ma un orchetto mi colpì con la sua lancia, e così ecco il segno. >>

<< Sarei dovuta restare... >> Mormorai io, stringendomi a lui << Per tutto quanto. >>

<< Per tutto quanto cosa? >>

<< Per Matilde, i soldati, la guerra. Per te. >> Gli presi il bel viso fra le mani e lo portai vicino al mio << Questa cosa l'avremmo dovuta fare ancora un anno fa, Boromir! >>

<< E che differenza c'è fra farla ora e un anno fa? Non la stiamo facendo, forse? >> Il tono di voce era sceso di molto, proprio come la sua mano sul mio ventre. Roba da mozzare il fiato.

Fu sopra di me << Non lo stiamo facendo, Anna? >>

Io annuii in preda agli spasmi provocati dal contatto con le sue dita e il mio sesso.

<< Non lo stiamo facendo? >> Chiese ancora, schiacciandomi sotto il suo largo torace, il suo bacino fra le mie gambe, il suo calore sul mio inguine. La sua voce era un sussurro feroce << No? >>

<< No. >> Trovai la forza di dire << Non ancora. >>

Lui mi accarezzò i capelli e le sue mani si persero sul mio viso mentre non smetteva di guardarmi, occhi dentro occhi .

<< E lo vuoi? >>

Ancora occhi dentro occhi. Vidi me, non più la ragazzina spaventata, ma la donna del futuro.

Feci un leggero cenno del capo e tutto ebbe inizio.


Lo strappo giunse improvviso, mozzandomi il fiato. Boromir mi sentì contrarre,e stava per uscire ma io lo pregai di non farlo, di stare fermo, solo fermo. Se fosse uscito, non avrei più avuto il coraggio di provare quel dolore.

Poi lui iniziò a muoversi piano, pianissimo, il suo bacino contro il mio.

E ancora occhi dentro occhi.

Sentivo qualcosa, non male, ma nemmeno piacere... uno strano misto. E poi sentivo i sensi annebbiati, solo i suoi occhi persi nei miei e i miei nei suoi, stelle luminose della notte che non doveva finire perchè era nostra e di nessun altro.

Lo abbracciai a me, la sua testa nell'incavo della mia spalla mentre iniziavo ad annaspare: quel misto mi mozzava il fiato e ancora di più mi lasciava senza fiato il pensiero di essere li, a far l'amore con Boromir, di saperlo felice. Era quello, a lasciarmi stordita.

<< Sono felice. >> Gli bisbigliai e lui rispose con un gemito basso, qualcosa che aveva lasciato solo per me << Sono felice! >> Gli ripetei lasciandomi andare sulla schiena e allargando le braccia, ridendo mentre lui si alzava e mi divorava con gli occhi.

<< Cosa c'è! >> Chiesi, coprendomi i seni, ancora unita a lui << Sono brutta? >>

Lui mi prese le mani e le scostò dai seni, portandosele alle labbra << Al contrario, sei bellissima. >>

Risi, risi perchè mi sentivo colma di felicità, inebriata da tutte quelle sensazioni nuove e sconosciute. Le sue mani percorrevano il mio corpo, declamando a ogni attimo la mia perfezione, la mia beltà, la mia grazia e il mio amore. Era esaltante!

Fu il mio corpo ad agire prima del cervello:: inarcai la schiena, spingendo il bacino contro il suo, forte, sempre più forte, lasciandolo perplesso.

<< Vedo che hai inventiva. >> Scherzò Boromir, stendendosi completamente sopra di me << Ma stasera comando io: voglio iniziarti a questi misteri, voglio essere io. >>

Lo guardai con aria divertita, mordendomi le labbra e stuzzicandogli i peli fulvi del pube

<< E allora che aspetti a farlo? >>













NOTICINA: EHM... non ho niente da aggiungere. 

a dimenticavo: probabilmente per un pò non riuscirò a scrivere- a menoche sotto esami abbia un'ispirazione talmente violenta da non lasciarmi dormire....quiiiiiniiiiii crogiolatevi con questo capitolo :)

pace e TAAAAAAAAAAANTO  ammore!!!

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Capitolo 11
*** conversazione n.3 ***


Mi svegliai col suo odore addosso,l'aurora appena accennata. Era stato un suo movimento alle mie spalle a svegliarmi e ,per la prima volta, percepii il peso del suo braccio sul mio fianco nudo. La sua vicinanza era bastata a scaldarmi nel corso della notte ed eravamo entrambi scoperti.

Guardai verso il basso e vidi i nostri piedi incrociarsi, i miei più piccoli e affusolati, i suoi gradi e dalla pianta larga. Sorrisi: ma che bel quadretto...

Mossi la testa sul cuscino, accoccolandomi nella curva del corpo di Boromir, assorbendo il suo calore e sentendo la schiena stuzzicata dai chiari peli del petto.

E così era successo, mi dissi. Era successo, finalmente: ecco cosa si provava ad essere DAVVERO assieme a un uomo. Nessun resoconto di Giulia, nessun vago accenno a quanto detto da Eluani poteva pareggiare l'esperienza di quella notte: per tutti i Valar, era stata la cosa migliore della mia vita! Per non parlare della soddisfazione di entrambi, della pace interiore, della quiete dopo tutti quei gemiti e sospiri e gridi- perchè si, sia io che lui avevamo gridato: io quando avevo raggiunto il culmine, lui quando gli avevo conficcato le unghie nella schiena e tirato i capelli.

<< Mi piace come lo fai. >> Mi aveva detto quando tutto era passato e io ero su un fianco ad osservarlo e a giocare con una ciocca dei suoi capelli. Mi aveva guardata, come per vedere se lo ascoltavo << Dico davvero. >>

Io avevo sbuffato << E come fai a dirlo? Questa era la mia prima volta...che pretendi? >> Gli avevo accarezzato un pettorale << Come minimo, ho fatto pena. >>

Lui si era messo a sedere, sovrastandomi << Ma che dici? E' stato l'amore migliore della mia vita. >> Mi sentii arrossire e abbassai lo sguardo. << Non devi arrossire, è la verità. >>

<< Lo dici solo per farmi stare bene. >>

Lui aveva ridacchiato, malizioso << Mi sembra che per farti stare bene debba fare ben altro... >>

Allora io mi ero distesa sulla schiena, stiracchiandomi e sbadigliando, fintamente svogliata << Ah si? E come, di preciso? >> E il gioco era ricominciato.



Alle mie spalle, Boromir si mosse e il suo braccio si strinse di più attorno al mio fianco. Respirava ancora profondamente, ma presto si sarebbe svegliato. E io speravo che si svegliasse presto, desideravo che lo facesse, per il solo piacere di vederlo nuovamente appena sveglio, gli occhi piccoli e l'aria assonnata. Anche quello amavo di lui.

“ Cosa potrei essere io senza lui? “ Mi chiesi, rendendomi conto che Boromir aveva riempito la mia vita da quando l'avevo conosciuto, prima con l'antipatia e ora con l'amore. Anche nell'anno di lontananza mi aveva riempito le giornate, lasciandomi un senso di tristezza e nostalgia che ora era svanito con il nostro ritrovarci, e il nostro amore.

Il sorriso mi si allargò di più sulle labbra quando sentii le sue labbra vicine alla base del collo, calde e setose, che mi baciavano piano. Mi strusciai contro il suo corpo, prodigandomi in uno sbadiglio in piena regola e girando la testa verso lui- per quanto la posizione sul fianco me lo consentisse.

<< Buongiorno. >> Mi salutò con voce roca e assonnata, gli occhi socchiusi.

<< Ciao. >> Lo salutai, girandomi tutta verso di lui e sorridendogli. << Dormito bene? >>

Lui annuii, chiudendo di nuovo gli occhi e cercando la mia fronte con la sua. Lo lasciai fare, intanto lo accarezzavo piano e avevo l'occasione per rimirarlo l'ennesima volta: una divinità avrebbe avuto un corpo meno bello. Non era particolarmente muscoloso, a parte le braccia e le spalle, ma era ben proporzionato per la sua altezza e non c'era nulla fuori posto. Mi cadde lo sguardo sul suo sesso a riposo e non riuscii a trattenermi dal ridere. Lui si svegliò.

<< Che hai? >> Mi chiese indispettito.

Io cercai di minimizzare, ma non lo convinsi, e alla fine fui costretta a dirglielo. << E' per il tuo... >>

<< Il mio? >>

<< Ehm... >>

<< Il mio lelo? >>

Scoppiai a ridere di nuovo, scostandomi da lui << Ma non si chiamava pene? >>

<< E allora chiamalo col suo nome. >> Disse, riavvicinandosi << E cos'ha il mio pene che fa tanto ridere? >>

<< E' piccolo. >>

<< Non è piccolo! >>

<< Massi invece! Rispetto a prima, almeno... >>

<< E' normale. >>

<< Davvero? >>

<< Davvero. >>

<< Ah. >>

Seguì un attimo di silenzio in cui Boromir sembrò riaddormentarsi. Anche io mi stavo riappisolando, quando lui iniziò a ridere prima piano, poi sempre più forte e ancora più forte, come la notte prima dopo aver letto la lettera di Matilde. << Valar, come sei ingenua, piccola! Mi farai morire dal ridere un giorno! >> Riuscì a dire alla fine, mettendosi sulla schiena e fissando il soffitto, le braccia incrociate dietro la testa e il sorriso ancora stampato sulle labbra << E' piccolo! >> Ripeté imitando la mia voce, facendomi ridacchiare. << E come fa a diventare... come prima? >>

Lui mi scoccò un'occhiata maliziosa, girandosi e appiccicandosi a me, le sue braccia che mi avvolgevano . Mi baciò piano sulle labbra e poi sul collo, mentre io sentivo il suo sesso ingrossarsi vicino all'inguine. << Vedi? >> Mi sussurrò << Vedi? E' così che si fa. >>

E il gioco ricominciò.





Non aveva senso rispedire Boromir in camera sua: l'intera reggia sapeva di noi già dalla sera prima, dagli sguardi scambiati e dai sorrisi profusi, tanto valeva farlo stare nella mia camera e stare con lui giorno e notte.

Dopo aver fatto l'amore appena svegli, entrambi ci svegliammo definitivamente. Infilando la sua camicia, mi alzai e andai sulla terrazza della camera, dove vi era un acquaio ricolmo d'acqua. Ne colmai due secchi e ritornai dentro, accesi il fuoco nel caminetto e vi posi a scaldare i due secchi.

<< Che fai? >> Mi chiese Boromir dal letto, nudo come una divinità, mentre si rollava una sigaretta.

<< Preparo il bagno. >>

<< Per te? >>

<< Per tutti e due. >>

<< Non ci starò mai in quella tinozza. >> Bofonchiò lui accendendo la sigaretta da una candela, alzandosi e venendo a darmi una mano.<< E' piccolissima! >> Protestò, indicando con la mano aperta la tinozza di porcellana finemente lavorata.

<< Io ci sto perfettamente. >> Feci spallucce << E comunque, mica dobbiamo starci dentro assieme: prima tu, dopo io. >>

Lui aveva annuito, guardandomi << Come sei vestita adesso mi ricorda come eri vestita dopo la battaglia di Osghilliarth, quando abbiamo litigato. >>

Io mi guardai e non potei fare a meno di annuire << Già, è vero. >>

<< Ci pensi che avresti potuto MORIRE, Anna? >>

<< Già. >>

Ci fu silenzio, solo il crepitare del fuoco e il fumo della sigaretta. << Hai ancora intenzione di combattere, vero? >> Chiese sommessamente.

<< Ovvio. >> Risposi io a voce alta << Se tu combatterai, io combatterò al tuo fianco: non ho più alcuna intenzione di essere separata da te, Boromir, e non ci saranno ne suppliche ne preghiere per farmi cambiare idea. >> Vedendo la sua espressione indurirsi, mi impuntai ancora di più << Potrai anche usare la violenza, ma nulla mi farà desistere. A costo di rischiare come ho fatto a Osghilliarth...anche a costo della mia vita, ho intenzione di seguirti. >>

Lui gettò la sigaretta nel fuoco con un gesto stizzito e si mise a braccia conserte, la schiena poggiata allo stipite del caminetto e l'aria imbronciata. Non era mia intenzione discutere, ma aveva iniziato lui! “ Affari suoi. “ Mi dissi, controllando la temperatura dell'acqua nei secchi. “ Affari suoi. “



Ricominciò a parlarmi quando vide che ero in difficoltà coi secchi << I tuoi muscoli si sono afflosciati. >> Mi disse con voce neutra, mentre mi aiutava a sollevare un secchio e a versare l'acqua bollente nella tinozza << E dire che ti eri rinforzata bene, a casa. >>

<< Be, un anno di inattività ammoscerebbe chiunque. >> Ribadii, calcolando che ci voleva un altro secchio << O no? >>

Lui capì, mi passò la sigaretta per andare a prendere un altro secchio di acqua sulla terrazza, nudo. Io sorrisi a quel gesto di cortesia, guardando i suoi muscoli obbedire ai suoi passi.

Ed eccola li, la prima bega del nostro rapporto. E sempre per la stessa storia! Non mi andava di parlarne in quel momento, ma non avevamo concluso, e quel silenzio teso fra di noi mi dava forse ancora più fastidio della sua faccia scura e dei suoi movimenti nervosi. Tanto valeva farla finita.

<< Spiegami perchè ti infastidisce tanto il mio atteggiamento. >> Gli chiesi, posando il secchio sul fuoco << Che cos'è, Boromir? E' una cosa così fuori di testa che io voglia seguirti anche sul campo di battaglia? >>

Lui strabuzzò gli occhi << Certo che lo è! Non PUOI farmi questo! Sei troppo giovane per... >>

<< Ah! >> Esclamai, puntandogli un dito contro << AH! E così sono troppo GIOVANE?!? ma che stronzata è, Boromir! Tu credi ANCORA che io non sia IN GRADO di combattere, che ti starei solo fra i piedi! AH! Troppo giovane... >> Ribadii, il tono sempre più accusatorio << Forse allora, sono anche troppo giovane per aver fatto l'amore con te, vero? >>

Lui era rimasto ad ascoltarmi in silenzio, senza guardarmi.

<< Guardami, Boromir. >> Mi parai dinanzi a lui << G U A R D A M I. >> Ringhiai.

Lui alzò il capo e mi guardò, sprezzante.

<< E' vero, o no? >>

<< L'anno lontano non ha cambiato il tuo pessimo carattere, vedo. >> Ribadì lui.

<< Fanculo il carattere, non parlo di QUELLO. Rispondimi. >> Gli andai ancora più sotto << E' o non E' vero, Boromir? >>

Lui mi continuò a guardare.

Poi si fece da parte, tornò al divanetto dove la sera prima tutto era iniziato e, lentamente, ricominciò a vestirsi. Senza dirmi una parola.

“ Se ne va. “ Mi dissi, il cuore ferito da quel dato di fatto. “ Se ne va. “

Dopo esserci ritrovati, dopo che la passione aveva lasciato il posto alla ragione, ecco, lui se ne andava.

La rabbia mi salì da dentro. Avrei voluto gridare, fargli notare che LUI aveva iniziato, LUI aveva problemi, non IO, e che dai problemi non si scappa. “ E invece lui se ne va. “

Mi guardò mentre si riabbottonava le braghe e io gli scagliai addosso la camicia, restando nuda. Presi l'ultimo secchio e lo gettai nella tinozza, senza controllarne la temperatura. Entrai nell'acqua e scivolai sotto la sua superficie, parvenza di un modo fatto di quiete e di stabilità. Poco prima, anche il mio mondo era stato tale, ma uno STUPIDO BATTIBECCO l'aveva rovinato.



Riemersi giusto il tempo di vederlo andarsene.










NOTICINA: beneeeeeeeeeee!!!!nonostante gli esami, ho deciso di mandare allegramente a fanchiulo lo studio e dedicarmi alla letteratura :)

ebbene, i nostri piccioncini non sono cambiati manco per la pippa: sono i soliti piantagrane, ma è giusto così: io mi incazzerei come una iena se non avessi le mie libertà, se non mi lasciassero fare ciò che reputo giusto. E questo Anna lo sa benissimo!

Non so quando avverrà la prossima pubblicazione, spero molto presto comunque!

Ah: avviso ai lettori- anche se non c'entra un emerito... DIVENTO CINTURA GIALLA DI KICK BOXING!!!!uuuuuuuuuuuuuuuuuuh!!!!!



ahahahahahah....magari farò picchiare Boromir da Giulia...chissàchissà... vabbe dai, meglio andare.


Mi raccomando RECENSITE e ditemi che ne pensate!!!

pace ( i due cocchi ne hanno proprio bisogno :) ) e ammmore!!!!

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Capitolo 12
*** Dovrei parlargli? ***


Passai l'intera mattina in camera, fumando nervosamente e in completa solitudine. Fissavo la porta con astio, e poi lo sguardo cadeva sul letto ancora sfatto e su quell'unica macchiolina, il segno tangibile del passaggio all'età adulta- biologicamente parlando, s'intende.

Forse allora, sono anche troppo giovane per aver fatto l'amore con te, vero? “

Non avrei voluto dirlo, avrei dovuto restare zitta, ma non ce l'avevo fatta: la mia lingua lunga aveva avuto la meglio ancora una volta. “ E fai bene! “ Mi continuavo a ripetere, accovacciata sul divanetto, cercando di scacciare per l'ennesima volta le lacrime dagli occhi “ E fai bene, a non stare zitta: è un discorso in sospeso da un anno, è un bene che tu cerchi di concluderlo! “

E come si sarebbe concluso, mi chiedevo io? Andando avanti così, l'avrei solo perso, allontanato da me. Ed era l'ultima cosa che volessi, ma....cazzo! Non potevo barattare la mia libertà, il mio bisogno di seguirlo, per amore di lui! E lui non poteva chiedermi una cosa del genere, PRETENDERE una cosa del genere, non da me, non da Anna di Isengard!



Quelli erano i miei pensieri, quando bussarono con insistenza alla porta. L'avevo chiusa a chiave, in modo che nessun potesse entrare senza il mio permesso. Non risposi neanche: desideravo essere lasciata in pace, sola, in compagnia della mia sigaretta e senza nessuno a farmi domande.

La voce di Giulia giunse attutita dal legno << Che è successo? >> Chiese, smettendo un attimo di bussare << Come mai non sei venuta nella Sala dei Racconti: cos'è successo fra te e... Bobo, Bubo...Coso, insomma! >>

Io avevo riso sommessamente, pensando a quanto fosse incorreggibile Giulia e mi alzai dal divanetto per girare la chiave nella toppa. Era sola, vestita con pantaloni, stivali e camicia: se non fosse stato per i capelli molto corti, ci avrebbero scambiate.

Le sorrisi e le feci cenno di entrare << Boromir. >> Le dissi stancamente << Si chiama Boromir. >>



La prima cosa che notò fu il letto disfatto e la macchiolina fra le lenzuola. << Sorella, benvenuta nel club! >> Aveva esclamato, abbracciandomi forte e sedendosi poi sul divanetto, il sorriso allegro stampato sul viso << Credo che tu abbia un sacco di cose da raccontarmi. >>

<< Già. >>

<< Belle e brutte, eh? >>

<< Già. >>

Lei tacque, prendendo una sigaretta già fatta e girandosela fra le dita << Perchè Boromir era da solo, stamattina? >>

<< E' venuto a fare colazione? >> Chiesi, stupita, accendendomi l'ennesima sigaretta << Non l'avrei mai detto. >>

Lei fece spallucce, si accese la sigaretta con la mia ed espirò la prima boccata di fumo, continuando a guardare il letto. << Da quanto posso dedurre, >> Iniziò con aria grave << Avete passato una notte movimentata, piena di avvenimenti, nevvero? Solo che, poi, è successo qualcosa... >> Mi aveva penetrato con gli occhi nocciola << Cosa. >>

Io mi rabbuiai << Nulla. >>

<< Non sono la mamma, a me queste cose puoi dirle. >> Mi si fece più vicina << Ti ha fatto del male? >>

Io scossi il capo.

<< No, perchè se ti ha torto anche solo un capello contro la tua volontà...lo pesto, quantevveroiddio, lo pesto A SANGUE. >>

La guardai, stupita da quel tono. I suoi occhi non mentivano: ne era seriamente convinta. Sospirai e mi feci forza << Abbiamo discusso. >> Sputai, tormentandomi le mani.

<< Riguardo? >>

<< Riguardo al fatto che io desidero essere con lui in ogni momento, anche sul campo di battaglia. E lui questo non lo concepisce, non gli va giù, capisci? >>

<< Ma tu sei già scesa in battaglia, no? >>

<< Lui non lo sapeva, l'ho fatto di nascosto. >>

<< Me ne ero scordata. >> Tacque un attimo, pensierosa << Ma qual'è il problema, se tu sai combattere sai anche difenderti, no? >>

<< E' esattamente quanto dico io, Giulia! >> Esclamai infervorata: finalmente qualcuno che la pensava come me! << Ma nonostante tutto lui non vuole! Mi crede un'incapace, dice che sono troppo giovane, ma semplicemente non vuole avermi fra i piedi. Basta. >>

<< Guarda che non lo farà sicuramente perchè ti crede un incapace. >> Ribadì lei << Lo fa solo perchè vuole proteggerti. >>

<< E chi protegge lui? >> Borbottai io, serrandomi le ginocchia al petto << Chi, Giulia? >>

<< E' grande e grosso, sa badare a se stesso. In ogni caso, non capisco perchè si arrabbi tanto: hai tutto il diritto di esprimere quello che pensi e di fare quello che vuoi, non ledi la sua libertà personale! >>

<< Già. >>

<< E' questo il fulcro della discussione? >>

Forse allora, sono anche troppo giovane per aver fatto l'amore con te, vero? “

<< No, non è il fulcro. Lui mi crede troppo giovane per combattere, alchè io gli ho chiesto se per caso non fossi troppo giovane panche per fare l'amore con lui. >>

<< Ah. E lui come ha reagito? >>

<< Si è vestito e se ne è andato. >>

<< Stamattina. >>

<< Si. >>

Lei annuì, pensierosa, per poi tacere.



Gran Burrone era definitivamente sveglia. Dalla corte interna venivano spezzoni di conversazioni e nei corridoi passi felpati si posavano sulle piastrelle della reggia.

Ancora rinchiuse in camera, io e Giulia fumavamo e restavamo in contemplazione del letto.

<< E' stato così bello... >> Mi lasciai sfuggire << Così intenso... e tu guarda come siamo andati a finire. >>

<< Perchè dici così? >>

<< Quando non parlavamo e facevamo... quello. >> Lei mi lanciò uno sguardo divertita << Tutto era perfetto: nessuno screzio, nessuna discussione. Solo amore. Non è una forma di comunicazione anche quella, Giulia? >> Lei aveva annuito, e io ero andata avanti << E allora perchè non riusciamo a comunicare così sempre, senza discutere, senza morderci, senza abbaiarci contro come cani! >>

<< Perchè c'è ancora quella cosa irrisolta, Anna. >> Aveva risposto lei, seria << Quel discorso non è stato chiuso, e non riuscirete ad andare avanti senza aver voltato definitivamente pagina. >>

<< Devo parlargli, vero? >>

<< Già, devi proprio parlargli. >>



La Sala dei Racconti era affollata anche più del solito in quella tarda mattinata. Una volta entrate, molti sguardi si posarono su me e Giulia, compreso quello di Arwen che mi venne incontro, preoccupata.

<< Cara, tutto bene? >> Mi chiese dolcemente << Ti sei presentata tardi, stamane. >>

<< Ho avuto di che pensare. >> Le risposi gentilmente, continuando a sondare la Sala: di Boromir nemmeno l'ombra.

<< Cerchi forse qualcuno? >> Mi chiese la principessa, seguendo il mio sguardo.

<< L'Uomo di Gondor. >> “ Il Bastardo di Gondor. “

<< L'ho visto in compagnia di Gandalf il Grigio, stamattina a colazione, ma dopo non ho più visto nessuno dei due. >>

<< Ah. >>

Lei scosse il capo, contrita << Mi dispiace, avevi bisogno di parlare con entrambi? >>

<< Mi bastava parlare con uno. >> Borbottai << Ma dovrò attendere. >>

Rivolsi più attenzione a quanto stava avvenendo nella Sala: la gente sembrava più concitata, ognuno nel proprio idioma parlava animatamente e si guardava attorno, stupito e nervoso.

<< Ma che sta succedendo? >> Chiesi ad Arwen << Come mai c'è così tanta agitazione? >>

<< Non lo sai? >> Arwen guardò Giulia e lei si spiaccicò una mano sulla fronte.

<< Dimenticavo! >> Esclamò, posandomi una mano sulla spalla << Sire Elrond ha convocato il Consiglio. E noi siamo state invitate. >>











NOTICINA: BBBBBBBBBBBUUUUUUUUUU!!! che chappi breve e poco intenso! Mi scuso, ma era dovuto: non potevo non far parlare Giulia con Anna ( chi non si confiderebbe con una sorella così ) e poi dovevo pur introdurre il Consiglio, no?



Vabbe dai, ho anche giù la voce, ma prometto solennemente che il prossimo chappi sarà pieno, strapieno, ANCORA più pieno!!!al prossimo tesssori miei!

Pace, ammore e mal di gola a tutti!!!

with love, Nini.

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Capitolo 13
*** Il Dolce e l'Amaro. ***


Il Consiglio si sarebbe svolto di pomeriggio, appena dopo pranzo. Rimasi tutto il tempo nella Sala in compagnia di Giulia e Arwen, ma di Boromir e Gandalf nessuna ombra. Nemmeno Aragorn era presente, e nemmeno i rappresentanti degli Elfi e dei Nani, Legolas e Gimli.

Degli Hobbit erano presenti solo Merry, Pipino e Samvise, e tutti e tre erano decisamente irrequieti: Frodo era andato via con Gandalf e Boromir di Gondor ancora dal mattino, facendo una colazione molto veloce e saltando completamente la seconda colazione- cosa inaudita, per un Hobbit, soprattutto se in convalescenza!

<< Sapete dove sono andati? >> Mi chiese Meriadoc, ma io scossi il capo << Vorrei saperlo anch'io. >> Samvise era il più preoccupato dei tre, ma non disse nulla, cercando di farsi notare il meno possibile, spiando Arwen con occhi sognanti e timidi.

<< Credo che vada in soggezione quando sei con noi, Arwen. >> Commentò Giulia, invitandomi sulla terrazza per fumare una sigaretta, << Arrossisce anche solo se lo guardi! >>

Arwen ridacchiò, seguendoci. << Il vecchio Bilbo mi ha parlato di lui: ha sempre desiderato vedere gli Elfi, ma ne è davvero intimidito! Gli basta guardarci, nulla di più. >>

<< Vorrai dire ammirarvi! >> Esclamai io, facendola ridere. << Ma hai visto che occhiate adoranti che ti manda? >>

<< Come fa con me, fa con qualsiasi Elfo. E' innamorato e incuriosito della nostra razza, ecco cosa. >>

Io annuii, appoggiandomi con la schiena al parapetto e rollandomi una sigaretta.

<< Chissà dove sono andati a finire tutti. >> Si chiese Giulia, guardando il paesaggio.

<< Staranno discutendo, immagino. >> Le rispose gentilmente Arwen.

<< Staranno discutendo dell'Anello. >> Mormorai io << Oggi si deciderà cosa farsene, vero? >>

<< Proprio così. >>

Mi voltai a guardare Arwen << Hai idea di che decisione verrà presa? >>

Lei scosse delicatamente il capo << Ne so quanto te su questo argomento, Anna, non so proprio pronunciarmi. >>

Giulia sbuffò << Certo che potevano convocare anche noi, no? Almeno Anna, che lei è di qui... >>

Arwen sorrise, furba << Gli Uomini non amano che si dia un parere più intelligente del loro, non lo sapevi? >>

Tutte e tre sghignazzammo e ci mettemmo a parlare del più e del meno, attendendo il pranzo e l'inizio del Consiglio.



Io ripensavo a quanto successo la notte prima. Ripensavo alla pozione di Matilde: ne avevo parlato con Giulia, che si era fatta una grassissima risata, e anche con Arwen, che mi aveva indicato approssimativamente dove quelle erbe crescevano nella valle.

Si era finito di pranzare, e si fumava il Thiolil compagnia.

<< Sono piante piuttosto comuni, il cui effetto è conosciuto anche dal mio popolo. >> Spiegò << Ma noi elfi non siamo fertili come voi umani: ci vogliono anni prima che una coppia riesca almeno a concepire un figlio. >>

<< E' per questo che siete così pochi? >> Chiese Giulia, incuriosita.

Lei annuì << Esatto, anche se il nostro ridotto numero è dovuto anche alle partenze di coloro che vanno nelle Terre Immortali. >> Un velo di tristezza le adombrò i bei lineamenti << Come mia madre. >>

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato.

<< Anche tu te ne andrai? >> Le chiesi io, tentando di rompere quel silenzio imbarazzato << Andrai , Arwen? >>

Lei mi sorrise, triste, ma con una scintilla di sfida negli occhi. Rizzò bene le spalle, alzò il mento e scandì bene << No, io non me ne andrò. >>

<< A no? >> Esclamammo assieme io e Giulia, facendola sorridere di cuore. << Ho legato la mia vita a un mortale, ho deciso di calcare con lui queste Terre. Che senso ha vivere per sempre senza avere al proprio fianco colui che riempie quell'eternità? >> Si fece improvvisamente emozionata, gli occhi lucidi, le guance imporporate << Che senso ha, andare nelle Terre Immortali con un misero ricordo, unita al mio Popolo, certo, ma senza di Lui? Ha molto più senso restare qui, vivere intensamente giorno dopo giorno, gioire di ogni istante, non perdere neanche un attimo del prezioso tempo a noi concessoci. Certo, lo so bene: arriverà il momento del pianto, del lutto. E' inevitabile, lo so bene e già ora mi sento male a pensare a quello che accadrà, a cosa proverò in quei frangenti e al dolore che mi accompagnerà, senza pace, senza riposo, fino alla fine del mondo. Ma non posso resistere: il mio spirito mi pone al suo fianco, il mio destino è intrecciato al suo. Non si può separare il dolce dall'amaro: bisogna prenderli assieme, come si fa con le noci d'autunno. Il dolce e l'amaro. Assieme. Esattamente come io e lui. >>

Io e Giulia restammo a sentire, incantate, meditabonde, il suo soliloquio. Poi le accarezzai una mano delicata e le sorrisi << Arwen, hai detto delle cose stupende. >> Dissi, Giulia che acconsentiva a ogni mia parola con cenni del capo << Sono certa- siamo certe che andrà tutto bene, che resterai assieme al tuo Uomo. >>

<< Scelta coraggiosa. >> Commentò Giulia << Sei da ammirare, Principessa. >>

Lei annuì, pensierosa << Prego i Valar affinchè il mio destino si compia. >>

“ Il suo destino. “ Mi dissi “ Il suo destino è quello del suo Uomo, di Aragorn. E il mio? “

Giulia parve leggermi nel pensiero e mi pose una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare. Lei rise e mi disse, con aria serafica << Il tuo destino è già scritto, sorella, ed è con lui. >>

Poi Glorfindel entrò nella Sala e fummo convocate.



Il Consiglio si svolgeva all'aperto, in una terrazza circolare dall'aria malinconica, con tutte quelle foglie secche sparse a terra e la luce aranciata del sole autunnale, un sole quasi spento. I seggi erano circa una decina, disposti a semicerchio davanti a un trono di legno e ad altri seggi, rialzati da terra attraverso un gradino. Al centro, vi era un ceppo di pietra con al centro una stella a infinite punte.

Giungemmo che tutto era pronto e gli ospiti già seduti.

Per la prima volta dalla notte prima, vidi Boromir di Gondor. Aveva ripreso a indossare gli abiti con cui era giunto a Gran Burrone e se ne stava seduto in un angolo, leggermente in disparte, le braccia conserte e il Corno poggiato sulle cosce. Cosce che mi avevano ospitato la sera prima.

Mentre raggiungevo il mio posto accanto a Gandalf e a Gimli figlio di Gloin, sentii i suoi occhi penetrarmi nella schiena fino al midollo e, quando mi rigirai, ricambiai il favore: gli piantai gli occhi come chiodi sul volto. Non un cenno di saluto, non un accenno di sorriso. Nulla. Una lunga, lenta occhiata di fredda sfida ci univa.

Giulia prese posto accanto a me, facendo scalare il Nano, e cercò di rilassarmi con qualche battuta stupida riguardo futili cose, almeno finchè non notò il Portatore: Frodo Baggins. Egli sedeva fra Bilbo e Gandalf, i piedi pelosi penzolanti nell'aria, le mani sotto le cosce e lo sguardo basso. Sembrava terribilmente afflitto, e straordinariamente fuori posto in quel contesto: sembrava un bambino, ma aveva affrontato più pericoli di un uomo nel corso della sua vita, per non parlare del peso che gli gravava sulle spalle. “ Povero ragazzo. “ Mi dissi, distogliendo lo sguardo perchè sentivo la pena ingrossarsi nel cuore. “ Povero ragazzo! “ .



Mi guardai le punte dei piedi, sbirciando Boromir e sentendomi sempre più infastidita da quello sguardo: non era lo sguardo di ci voleva riconciliazione, era lo sguardo di chi voleva far sentire la sua ragione e basta. Non avrei accettato per nulla al mondo di restarmene indietro, aspettando il suo ritorno come una brava massaia: poteva scordarselo! Frignasse quanto volesse, io non avrei cambiato idea.

Gli lanciai uno sguardo indifferente, per poi guardarmi attorno: di quelli che conoscevo erano presenti Gimli figlio di Gloin, Legolas Verde Foglia e Aragorn figlio di Arathon, mentre accanto al trono ancora vuoto sedevano Arwen e Glorfindel. Erano presenti anche altri membri delle ambasciate di cui non ricordo i nomi, probabilmente eminenze dei loro Popoli. Degli Hobbit, nessuna traccia.


Come se rispondessero a un preciso segnale, tutti scattarono in piedi ed entrò Sire Elrond con la fronte cinta da un diadema, l'aria regale e l'espressione più saggia e antica del mondo. Quando egli si sedette, anche noi ci sedemmo, e il Consiglio ebbe inizio.



<< Stranieri di remoti Paesi e amici di vecchia data. >> Iniziò il Mezz'elfo con voce chiara e limpida, catturando l'attenzione di tutti << Siete stati convocati qui per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è in grave pericolo, rischia la distruzione. Nessuno può sfuggire: o vi unirete, o crollerete. Ogni razza qui presente è obbligata a questo Fato, a questa sorte drammatica. Ma noi abbiamo un asso nella manica. >> Il Sire si volse verso Frodo e con gesto regale gli disse << Porta qui l'Anello, Frodo. >>

Tutti gli occhi si piantarono sul giovane Hobbit, che si alzò e camminò fino al centro dell'assemblea, la mano in tasca. Giunti innanzi al ceppo di pietra, estrasse la mano destra e posò qualcosa sulla fredda pietra. Tutti allungarono il collo per vedere meglio, io e Giulia comprese: sulla pietra giaceva un semplice Anello dorato.

Un brusio si levò dal Consiglio, tutti commentavano. Io scambiai un'occhiata con Giulia e con Gandalf per poi fissare stupita Boromir: un espressione calcolatrice gli era comparsa in volto, la mano accarezzava il labbro superiore e gli occhi fissavano quel cerchietto d'oro. “ Che sta pensando di fare? “ Mi chiesi, allarmata, quando si alzò in piedi e prese la parola.

<< Questo è un dono. >> Iniziò con la sua bella voce << Un dono ai Nemici di Mordor! Perchè non usare l'Anello per contrastare l'avanzata del Male? A lungo mio padre, Sovrintendente di Gondor, ha tenuto a bada Mordor, sacrificando il nostro Popolo sull'altare della guerra! E' grazie al mio popolo, al sangue del mio sangue, che le vostre terre sono ancora intatte! >> Parlava veloce, la voce tonante. I suoi occhi si posavano sovente su di me, e io gli sorridevo: parlava bene, Boromir. “ Ecco un'altra dote da Capitano di Gondor. “ Mi dissi, ripensando al discorso che gli avevo fatto la sera del nostro primo bacio. Accantonata per un attimo la rabbia, mi sentivo orgogliosa di lui. Ma intanto Aragorn e Gandalf si lanciavano occhiate preoccupate.

<< Date a Gondor l'arma del Nemico! >> Stava concludendo il mio amato << Usiamo la sua stessa arma contro di lui! >>

La voce di Aragorn si levò allora, forte e chiara, come se fosse stata a lungo trattenuta << Non potete servirvene! >> Esclamò, facendo sobbalzare tutti << Nessuno può. >>

<< E perchè, di grazia ? >> Tutte le teste si voltarono verso di me, Gandalf con aria stupita e contrariata, Elrond stupito e Giulia ammirata.

<< Perchè l'Unico risponde soltanto a Sauron, ecco perchè. >> Rispose Aragorn con aria grave.

Io mi alzai in piedi, mettendomi al fianco di Boromir.

<< Io ho combattuto, signori, sul fronte di Mordor. >> Iniziai << E' una lotta dura, snervante. Non è una guerra in campo aperto, non c'è una battaglia risolutiva e definitiva. Si tratta di una guerra fatta di scaramucce, una guerra di nervi. Io non so cosa potrà fare questo piccolo e all'apparenza innocuo Anello. >> Mi avvicinai al ceppo e mi chinai ad osservarlo << Ma tornerebbe davvero utile a Gondor, come a tutti i popoli liberi della Terra di Mezzo. >> Guardai Boromir e gli sorrisi << Non fraintendete il mio Capitano: egli non vuole l'Anello per sé, non lo desidera per brama di potere, ma solo per difendere il suo popolo, che un po' è anche il mio. >> Mi voltai a guardare Elrond << Non è possibile utilizzarlo a tale scopo, mio signore? >>

Elrond scosse il capo. << No, Anna. >>

Rimasi delusa << Neanche per scopi benefici? >>

<< L'Anello non ha altro padrone, >> Ribadì Aragorn, stringendo i braccioli del suo seggio << Non ha altro padrone all'infuori di Sauron, lo capite? >>

Io mi voltai a squadrarlo << Cerco solo un modo per salvare più genti possibili sfruttando quanto abbiamo fra le mani, mio signore. >> Ribadii, gelida, tornando al mio posto << Se questa è la volontà del Consiglio, io non ho altro da aggiungere. >>

Anche Boromir tornò a sedersi, squadrando Aragorn con astio.

<< E' onorevole da parte tua cercare una soluzione, Anna. >> Iniziò Gandalf << Ma ha ragione Aragorn: non possiamo servirci dell'Anello. >>

Elrond si alzò per l'ennesima volta << Non esiste altra scelta. >> Disse << L'Anello deve essere distrutto. >>

Lessi lo sconcerto nello sguardo di Boromir e gli feci capire che ero perplessa: io avevo accettato la volontà del Consiglio, perchè lui no?

Gimli si alzò in piedi con fare gagliardo, prendendo la sua ascia e incamminandosi verso il ceppo << E allora distruggiamolo! >> Gridò, facendo cadere la pesante ascia sull'Anello.

Restammo tutti a bocca aperta quando Gimli venne sbalzato all'indietro e la sua ascia andò in mille pezzi, mentre l'Anello restava intatto sul suo ceppo, quieto.

Sire Elrond sorrise con amarezza << L'Anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di Gloin, qualunque sia l'arte che noi possediamo. >> Guardò prima l'Anello, poi ogni singolo membro dell'assemblea << L'Anello venne forgiato tra le fiamme del monte Fato; solo li può essere annientato. Deve essere condotto nel Paese di Mordor e gettato nel baratro infuocato da cui è venuto. Solo così riusciremo a distruggere Sauron, di cui l'Anello è l'anima. >> Pausa << Uno di voi deve farlo. >>



Il vento faceva mulinare le foglie secche ai nostri piedi, il sole si era fatto improvvisamente freddo. Le parole del Mezz'elfo avevano gettato il gelo sull'intera assemblea.

Boromir parlò per primo, la mano alla fronte << Non si entra con facilità a Mordor. >> Iniziò piano << I suoi Neri Cancelli sono sorvegliati da più che meri orchi. Li, >> Sospirò << Lì c'è il Male più assoluto, quello che non dorme mai, e il Grande Occhio è sempre all'erta. E' una landa desolata, squassata da fiamme, cenere e polvere; l'aria stessa che si respira è un'esalazione velenosa! Non sarebbe possibile penetrarvi nemmeno con diecimila uomini...e' una follia! >>

Legolas balzò in piedi << Non avete sentito Re Elrond? >> Gli abbaiò contro << L'Anello deve essere distrutto! >>

Gimli si alzò a sua volta, fronteggiando l'Elfo << E suppongo che pensi che sarai TU a farlo! >> In molti si era alzati, e le delegazioni di Elfi e Nani andavano a fronteggiarsi, proteggendo ognuno i propri capi. Un'accesa discussione stava per scoppiare, quando una risata argentina fermò tutto: era Bilbo a ridere, sfregandosi le mani e guardando il ceppo con aria divertita.

<< Bene, bene, bene! >> Si ripeteva << Bene, bene, bene! Una nuova avventura si avvicina! >> Guardò gli astanti, trionfante << Miei signore, sono stato a contatto con l'Anello per tutti questi anni: è mio compito e dovere occuparmi della sua distruzione!non avrete da litigare a lungo: lo porterò io. >>

<< Sei una persona d'onore, Bilbo Baggins, >> Si intromise Elrond, sorridendo al vecchio Hobbit e amico << Ma ormai sei anziano, le tue gambe non reggerebbero più il viaggio e la tua schiena questo pesante fardello. No, con tutto il cuore, ti chiedo di ritirarti e lasciare che altri si facciano avanti al posto tuo. >> Elrond si guardò attorno, ma nessuno fiatò.

Tutti erano rimasti immobili, guardando il ceppo e l' Anello sopra di esso, come ipnotizzati. Iniziai a farmi domande: dovevo portarlo io? Me la sarei sentita? Perchè no. Perchè non farlo? Vidi me con l'Anello appeso al collo, sola, camminare per lande sconosciute, terre infuocate e dal cielo nero. Mi vidi, sola e sperduta, senza nessuno accanto a me. Poi vidi una voragine rossa, la lava che scorreva a flutti, e gli spruzzi di cenere e lapilli e-

Giulia mi prese per un braccio e mi riscosse da quelle profonde meditazioni e da quelle visioni. Me lo strinse forte, facendomi male con le unghie. Mi trafisse con lo sguardo e scosse il capo. Anche Gandalf mi guardava, i profondi occhi dall'aria grave scrutavano dentro di me. Anche lui scosse il capo.

No, quello non era il mio destino.


Ma chi allora. Chi.








NOTICINA!!arieccomi... dopo un chappi floscio come quello della volta prima ecco qua il primo pezzo del Consiglio di Elrond. Spero che vi piaccia, che vi vada bene, perchè ho impiegato ore sottratte allo studio per completarlo- aiutandomi col film e con wikipedia :) ho deciso di mescolare un po' le due cose, come d'altro canto ho fatto ancora dall'inizio di questa storia: gli eventi sono abbastanza contratti in linea temporale, parecchi discorsi sono presi pari pari dal film e la parte di Bilbo che si offre come Portatore è invece tratta dal libro. Poi non so: non mi andava di far litigare Boromir con Aragorn, e non mi va tutt'ora...quiiiiiiiiiiiiiindi...bah, non so! In ogni caso, credo che aggiornerò il prima possibile!


Fatemi sapere cosa ne pensate, ditemi un po', spremetevi le meningi e tirate fuori gli attributi per farmi una recensione anche negativa-spero che non ci siano però non si sa mai :)

Hasta la vista- l'hai vista l'asta?- da Nini!

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Capitolo 14
*** è nel gruppo che sta la forza! ***


Il tempo passava, le foglie vorticavano sulla terrazza. Tutti erano immobili, nell'attesa che qualcuno si muovesse e decidesse qualcosa. Bastava una spintarella, una parolina qualsiasi, e tutti avrebbero parlato.

Era ovvio che nessuno sapesse esattamente cosa fare: la missione si rivelava pericolosa, nessuno voleva esporsi e rendersi vulnerabile, sentire la propria decisione attaccata o derisa o accusata di codardia. Quella decisione ci avrebbe resi artefici del nostro destino.

Che fare, dunque? Di chi era il disperato ruolo di Portatore dell'Anello?

Io ci avevo pensato, oh si: che fosse mio, quel ruolo? Poteva essere: ero giunta nella Terra di Mezzo per caso o per uno strano scherzo del Destino? Forse ero stata spinta a entrare nel tronco cavo del castagno solo per trovarmi lì, cresciuta e ormai donna, al cospetto di Sire Elrond, davanti all'Anello degli inganni, all'anima di Sauron in persona. Che fosse davvero quello, il mio ruolo in quella storia? Tutt'ora me lo chiedo.


Ma in quel momento avevo preso una decisione, e dovevo assolutamente comunicarla a tutti: partendo da me, anche gli altri avrebbero detto la loro, favorevoli e contrari, entusiasti e recalcitranti . Quindi mi alzai in piedi, sfuggendo alla presa di Giulia e sotto lo sguardo attento di Gandalf. Mi portai al centro dell'assemblea, vicino al ceppo dell'Anello, e lo guardai. Mi sentii gelare: quello stupido ninnolo mi ghiacciava il sangue, facendomi scorrere stille di sudore freddo sulla schiena, ma cercai di scacciare quell'orrenda sensazione concentrandomi sulle parole da dire. Feci un profondo respiro, scrutando di sottecchi i visi stupiti e allarmati di Elrond e Arwen , mentre Glorfindel sorrideva con accento ironico. Cercai di non incontrare lo sguardo di Boromir ma, anche senza guardarlo negli occhi, sentii il suo disappunto pungermi dritto dritto il cuore, facendolo sanguinare. “ Mi dispiace. “ Gli avrei voluto dire “ Mi dispiace rovinare tutto, ma non è il tempo per noi. “ Poggiai la mano sulla fredda pietra del ceppo, cercando di calmarmi. Presi fiato per parlare ma, poco prima che potessi aprire la bocca, qualcun altro parlò, spezzando il corso dei miei pensieri..


<< Non farlo. >>

Mi voltai lentamente: Frodo Baggins aveva parlato, e tutti gli sguardi erano rivolti a lui.

Si alzò in piedi e venne alla mia destra, guardandomi coi penetranti occhi azzurri.

<< Lo porterò io. >> Disse, deciso, anche se i suoi occhi tradivano l'incertezza e una certa ansia. << E' il mio compito. >> Mi sussurrò, senza smettere di fissarmi negli occhi.

Restammo in silenzio a fissarci, e tutti attorno a noi trattenevano il fiato. Sembrava un duello visto da fuori, ma in realtà era solo un lungo sguardo in cui ognuno spiegava le sue ragioni per essere Portatore. E Frodo ne aveva più di me.

Annuii, ratificando la sua richiesta, e mi spostai dal ceppo. Lui mi sorrise tristemente e prese il mio posto accanto al ceppo di pietra.

Disse a voce alta, anche se un po' stridula << Io l'ho condotto qui, su di me non ha avuto alcun effetto. Ne sono testimoni i miei compagni- purtroppo non presenti- e Grampasso. Tutto quello che desidero è condurlo personalmente alla distruzione. E' il mio destino, capite? >> Guardò Elrond << C'è solo un problema. >>

Il Mezz'elfo lo guardò, stupito << Quale? >>

Frodo parve imbarazzato << Io... non conosco la strada. >>



La semplicità di quel problema lasciò tutti spiazzati. A me fece sorridere e mi diede il coraggio di parlare.

<< Io non vengo da questo mondo. Non so perchè sono giunta fin qui, ma credo che sia stato il Destino a spingermi a essere qui, ora, a interpellarmi su quale sia il mio ruolo in questa storia. Credevo di averlo capito, e invece no: stavo sbagliando per l'ennesima volta. >> Mi chinai su Frodo, sovrastandolo << Ho intenzione di aiutarti, Frodo Baggins, e di accompagnarti nel viaggio verso Mordor. >>

Gandalf si schiarì rumorosamente la gola << Peccato che tu non conosca la strada, giovane Anna. >> Mi voltai e lo vidi sorridere << In tal caso, anche io accompagnerò Frodo: egli ha bisogno di una guida, e non sono ancora così vecchio da rinunciare a un avventura. >> Strizzò l'occhio a Bilbo e si alzò, venendo a raggiungerci.

Aragorn si alzò << Se con la mia vita o la mia morte potrò esserti d'aiuto, lo farò. >> Si avvicinò e si inginocchiò, prendendo le mani di Frodo fra le sue << Hai la mia spada. >>

Legolas si alzò di scatto, seguendo il ramingo << E hai il mio arco! >>.

Gimli guardò l'elfo e si accarezzò la barba << E hai la mia ascia. >>



<< Sembra che tu regga il destino di tutti noi, piccoletto. >>

Alzai la testa di scatto: Boromir era in piedi e fissava Frodo. << Se questa è la volontà del Consiglio, allora Gondor la seguirà. >> Venne a mettersi accanto a me, e finalmente ci guardammo bene in viso.

<< Ti devo parlare. >> Mi sussurrò.

<< Ah si? >>

<< Si. >>

Mi persi nei suoi occhi e automaticamente cercai la sua mano, che si attorcigliò alla mia << Mi devi forse delle scuse? >> Gli chiesi, perdendo ogni contatto con la realtà.

Lui aveva sorriso con aria ironica << Forse si, forse no. Ma sono il solo a dovere delle scuse? >>

Mi sentii avvampare e solo allora mi accorsi che a noi si erano uniti i tre Hobbit compagni di Frodo, sbucati chissà da dove, facendo baccano e costringendo con la loro eloquenza ad essere accettati da Sire Elrond.

Quando gli Hobbit ebbero finito di esultare, il Mezz'elfo ci guardò con aria seria e grave.

<< Ebbene, eccoci qui >> Proclamò << Dieci compagni. Voi sarete- >>

<< Hei! >> Una voce femminile ruppe l'atmosfera << Vorrà dire undici! >>

Mi voltai di scatto verso Giulia, scattata in piedi con aria combattiva << Mi sembrava ovvio, per questo non ho detto nulla! >> Esclamò, a mò di scusa, sorridendo alla mia faccia stupita.

<< Ovvio un corno, Giulia! >> Ribadii << Tu non puoi venire! >>

<< Come no! Certo che posso venire! >>

Lasciai la mano di Boromir e andai verso di lei con aria minacciosa << Non sai in cosa ti stai cacciando! >> Le sibilai.

<< Certo che so dove mi sto cacciando! Ti ricordo che sono scout, ho viaggiato in lungo e in largo e sono certa che potrei tornarvi utile, prima o poi. >> Si stava rivolgendo ai miei compagni << Forse non saprò combattere con la spada, ma posso imparare strada facendo, non sarò di peso e soprattutto non mi lamenterò. Vi prego. >> Fece un passo avanti << Vi prego, non separatemi di nuovo da mia sorella! >>

<< Non le darete mica ascolto, spero! >> Esclamai io facendomi avanti << Lei non è di questo mondo, non è pronta! Rischierebbe troppo e poi... >>

Lei incrociò le braccia sul petto e mi sorrise, sprezzante << Senti senti... >> Mormorò , girandomi attorno << Io questo ritornello lo conosco! Te ne sei lamentata tanto e ora pretendi di rifilarlo anche a me... ma te lo scordi! Io faccio quello che voglio! >> Alzò il mento e guardò Elrond << Signore, con o senza la vostra benedizione, io partirò con l'Anello, croce sul cuore che lo faccio! >>

<< So che ne saresti in grado. >> Ribadì Elrond, calmo << Ma devi essere d'accordo con tua sorella: lei ha tutte le ragioni di questo mondo per volerti proteggere. Sta a lei decidere, e che tu sia maledetta se non rispetterai la sua decisione, intesi? >>

Giulia fece un'alzatina di spalle, così simile alla mia quando non mi fregava niente del pensiero altrui, che quasi sorrisi: eravamo uguali, in tutto e per tutto. E aveva pure ragione: per quanto buone fossero le mie ragioni, mi stavo comportando esattamente come Boromir con me, facendo il suo stesso ragionamento. Solo allora riuscii a comprenderne affondo le motivazione: non era tanto la debolezza,ne la giovane età. Semplicemente, ne io ne Boromir volevamo che i nostri cari fossero in pericolo, tutto qui. Boromir aveva paura per me, e io ne avevo per Giulia.

Peccato che il pericolo fosse ormai in agguato ad ogni angolo, in ogni ombra, e non vi fosse altra scelta se non impugnare la spada e ingaggiare una lotta disperata. Capii che se desideravo un cambiamento in Boromir, io per prima dovevo cambiare e accettare Giulia con noi. Solo così avrei accettato le sue ansie e sarei riuscita a tranquillizzarlo, a renderlo sereno. Solo così, lui mi avrebbe permesso di combattere al suo fianco nel cuore della battaglia.

Ora capivo.

<< Non ho alcun potere sulla vita di Giulia: sei libera di seguirci, se ti fa piacere. >>

Lei annuì << Vedo che l'hai capita. >> Mormorò, abbracciandomi << Vedrai che anche Bubu la capirà. >>

A “ Bubu “ Scoppiai a ridere e guardai Boromir, certa che avesse già iniziato a cambiare.

Con un cenno, Elrond ci fece avvicinare al gruppo.

<< Ebbene, eccoci qui. >> Riprese << Non sarà un viaggio di piacere ne tanto meno una gita fuori porta. Siete in parecchi, per una Compagnia, ma va bene così: è nel gruppo che sta la forza. >> Fece un respiro profondo << E sia: voi sarete la Compagnia dell'Anello! >>

Pipino era il più emozionato e si lasciò sfuggire uno “ wow “ poco consono all'occasione, seguito da un << Grandioso! Ma... dov'è che andiamo? >>



A pensarci ora, nessuno di noi si aspettava quello che sarebbe successo, nessuno di noi era sinceramente pronto. Ma pazienza: siamo sopravvissuti tutti, grazie ai Valar, e io ne sono testimone.










NOTICINA: wowowowowowowow ( da leggere come UAUAUAUAUA! ) che calvario inimmaginabbbile!!inserire spezzoni del film, frasi prese pari pari, non è stata proprio un'idea geniale...ma vabbè, ormai è andata! Chappi un po'..un po' boh, non saprei nemmeno io come diavolo definirlo! A più di una settimana di distanza, rieccomi.


Sono abbastanza nervosa, quindi non provocatemi con recensioni pessime o potrei smettere improvvisamente di scrivere ( cosa di cui sentireste la mancanza, ne sono certa :P ) oppure c'è un'altra chance: scrivete critiche negative dopodomani, cioè il 18/2: sarò molto più calma...e non ammazzerò nessuno!


Pace ( ne ho bisogno ) e ammore, Nini.



ps- nei prossimi chappi cercherò di migliorare la qualità, che mi pare paurosamente scarsa, ma vabbè: ci sono alti e bassi in tutto, no?


Pps: recensite abbondantemente ( le critiche negative solo al 18, però! )


sono pazzamente innamorata di voi, vostra Nini.


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Capitolo 15
*** chiarimenti. ***


Una volta sciolto il Consiglio restammo ancora a lungo a parlare sulla terrazza, anche se a me non importavano tanto quei discorsi di politica, di alleanze e di numeri di eserciti: a me interessava parlare a Giulia e a Boromir.

Giulia era la più abbordabile. Come me, si interessava poco dei discorsi di politica e se ne stava in disparte a chiacchierare con gli Hobbit. Mi avvicinai a lei e le feci cenno di venirmi vicina.

Le parlai a bassa voce << Spero di non dovermi pentire della mia scelta. >> Le sussurrai << Sai, ho paura di perderti, sorella. >>

<< Macchè perdere e perdere! >> Ribadì lei, ridacchiando << Vengo perchè so già che dovrò fare da pacere tra te e Bubu: chissà quante litigate farete! >>

<< Ma te sentila! >> Sbottai << Questa qui vuole mettere il dito dove non può! >>

<< Vengo perchè mi va. >> Chiarì lei, levando gli occhi al cielo << E perchè credo di essere stata abbastanza lontana da te in questi vent'anni. >> Mi strinse la mano, guardandomi con gli occhi nocciola e sorridendo: non c'erano parole per dirmi quello che provava.



Con Boromir parlai a quattrocchi dopo che ebbe finto di elencare il numero dei soldati di Gondor, gli alleati e le relazioni fra i diversi paesi del Sud. Finito il discorso, si congedò dagli altri e mi fece cenno di seguirlo.

Camminammo in silenzio lungo i corridoi della Reggia, illuminati dalla luce ormai tenue del tardo pomeriggio. Mi condusse a un'altra terrazza, stavolta coperta da un elegante padiglione. Mi guardò a braccia conserte << Ebbene. >> Iniziò.

<< Ebbene? >> Ripetei io << Cosa hai da dirmi? >>

<< Perchè diavolo hai permesso a Giulia di venire? >> Chiese, alzando una mano per bloccare le mie proteste << A dopo le scuse, voglio saperlo. >>

Spostai il peso da un piede all'altro << Sono riuscita a immedesimarmi in te, Boromir. >> Iniziai << E, siccome credo che il tuo atteggiamento sia sbagliato, ecco qua la risposta. >> Sorrisi: chiara, semplice e precisa. Una teoria inattaccabile, insomma. Mi congratulai con me stessa.

<< Però anche tu hai avuto la mia stessa reazione. >> Ribadì lui << Per quanto tu credi che io sia in errore, l'hai sentita anche tu quella morsa allo stomaco quando tua sorella ha deciso di seguirci, vero? >>

<< Vero, ma l'importante è che io abbia saputo accettare il rischio di farla venire con noi, considerandola una persona adulta. Mentre tu no, Boromir, ancora non lo accetti: QUESTO è il punto! >>

Stava per ribattere ancora, il petto gonfio e le mani strette a pugno, quando si lasciò andare in un sospiro. Le spalle gli si incurvarono e sulla bocca si disegnò un sorriso sghembo. << Se andiamo avanti così, posso dire addio ai miei buoni propositi... >> Mormorò.

Io gli sorrisi e mi feci vicina << Boromir, devi capire che non hai alcun potere sulla mia vita. >> Gli sfiorai con le dita le belle labbra << Se io decidessi di morire per te, lo farei, e all'istante, e tu non potresti dirmi niente! Quello che desidero fare è solamente mio, e nessuno può contraddirmi! >> Allacciai le mie mani con le sue e le accarezzai con la mia guancia. Callose e ruvide come al solito. Bellissime << E poi non voglio più lasciarti, Boromir, mai più voglio passare un anno di distanza da te. Tu... non hai idea di come mi sia sentita quando ho visto la tua nuova cicatrice. >>

<< Ma è solo un graf- >>

<< Un graffio un corno, Boromir! >> Lo interruppi, brusca << E se ti avesse colpito alla base del collo? O più sotto, dove c'è il cuore? E se ti avesse trafitto un polmone? >> Boccheggiavo e sentivo gli occhi lucidi << Tu...tu ora non saresti qui. >> Trassi un profondo respiro << E io non ti avrei mai più rivisto. >>

<< Anna... >>

<< Magari io non sarei servita a nulla, in quella sortita, non sarei stata utile o addirittura di impiccio, ma sarei stata li, Boromir, LI. Avrei ucciso quell'orchetto con le mie mani anche solo per averti torto un capello! E io non c'ero. >> Avevo parlato veloce, agitata e nervosa << Lo capisci? >>

Lentamente, lui aveva annuito. << Si. >>

<< E' lo stesso sentimento che Faramir prova per te, in fondo. >> Commentai << Lui ti segue in battaglia perchè desidera proteggerti, e tu vuoi proteggere lui. Io stessa ho salvato Faramir... quindi, non farmene una colpa se ho deciso di seguirti. Va bene? >>

Lui aveva annuito sempre piano, poi aveva sorriso e alzato una mano << Posso parlare io, ora? >> Mi chiese, e mi fece ridere quel suo atteggiamento da studente << La cosa che mi ha fatto imbestialire stamattina è il fatto che tu non accettassi le mie premure, che mi vedessi solo come “ un padre che si premura per la figlia”. Ma i padri non fanno certe cose con le figlie... >> Aveva sorriso, malizioso << E non è vero che sei troppo giovane per fare l'amore con me. Ribadisco, è stato il fare all'amore migliore della mia vita, stanotte! E non ho alcuna intenzione di avere potere sulla tua vita: mi basta avere potere sul tuo cuore, e mi sembra di averne abbastanza. >> Mi aveva serrato in un abbraccio ferreo << Ce l'ho, almeno un po' di potere sul tuo cuore? >>

Io mi ero poggiata al suo petto e avevo sospirato << Ma solo un po'. >>

Lui aveva ridacchiato << E allora andiamo a suggellare la pace, amore mio. In camera da letto. >>




Qualcuno aveva avuto la gentile idea di portare un cestino di frutti di bosco in camera, e anche dei fiori. Erano fiori selvatici, profumati e colorati, che ben si adattavano con l'ambiente neutro della stanza.

Una volta suggellata la nostra pace, nudi nel letto disfatto, mangiavamo distrattamente le more e i lamponi, macchiandoci le dita e le labbra. Tutto era tornato come prima della discussione, e io ne ero immensamente felice. Anche lui sembrava soddisfatto, e mangiava le more con ingordigia.

<< A Gondor non ci sono questi frutti. >> Mi disse, succhiandosi le punte delle dita << Sono davvero buoni! Ma dove crescono? >>

<< Se si chiamano frutti di bosco, secondo te dove crescono? >> Ribadii ironica, e lui mi sorrise << Acida come al solito, vedo... >>

Risi << Sempre meno di te, vecchio! Ma dimmi... >>

<< Cosa? >>

<< Perchè tu e Aragorn sembrate avere un rapporto non proprio amichevole? >>

Lui alzò gli occhi al cielo << Mi ha solo guardato storto, Anna... >>

<< Mah! Io direi che anche tu non l'abbia proprio trattato con gentilezza, Boromir: vi siete squadrati a lungo, ieri a cena, e anche oggi quando sei intervenuto ti ha squadrato non poco. Nemmeno a me piace molto, ti dirò, ma non sembra cattivo... cos'hai contro di lui? >>

Si mise in bocca una mora, pensieroso << Non ti sfugge proprio nulla, vedo.. >> Mormorò, sistemandosi meglio il cuscino dietro la schiena << Be, si da il caso che non apprezzi molto la sua compagnia, tutto qua. >>

<< Tutto qua? >>

Sbuffò << Tu conosci la storia della mia casata, vero? Noi siamo Sovrintendenti in attesa del ritorno del Re, governavamo il paese mentre lui era assente. Ma la linea di Isildur si è interrotta, giusto? E quindi il regno di Gondor giace ormai da secoli nelle mani dei Sovrintendenti. Noi l'abbiamo coltivata, Anna, noi l'abbiamo difesa e amata fino a darle il sangue! Amo la mia terra esattamente come i miei avi, e mio padre, come suo padre prima di lui, ha insegnato a me e a mio fratello questi principi! Gondor è la nostra terra, nostra, capisci? E ora salta fuori lui... >>

<< Ti riferisci ad Aragorn? >>

Mi fulminò con lo sguardo << Quel cencioso di un ramingo è l'Erede di Isildur, Anna! Quello straccione dovrebbe essere il mio Re, ma se crede che io mi metterò da parte per far tornare lui, si sbaglia di grosso! >> Mi aveva guardata << Tu cosa ne dici? >>

La notizia mi aveva lasciata effettivamente senza parole: l'amato di Arwen, la futura regina degli Elfi, altro non era che un Re, anzi IL RE, di uno dei più potenti Regni della Terra di Mezzo!

<< Ho capito. >> Dissi, poggiandogli una mano sul braccio, sedendomi accanto a lui << Anche a me darebbe fastidio sentirmi soffiare via il trono in questa maniera, però... >>

<< Però cosa? Dovrei onorare il patto che esiste fra la mia stirpe e la sua? E lui? >> Si era passato una mano sul viso, scoppiando all'improvviso << Cosa ha fatto LUI per il SUO popolo?! NULLA! >> Diede un pugno al muro, facendomi sobbalzare: alla voce alta ero abituata, a quegli scatti di violenza un po' meno << IO ho combattuto, la MIA CASATA ha combattuto e il NOSTRO sangue è stato versato, mentre lui dov'era? Sai dirmi dov'era? >>

Alzai un sopracciglio: quando era in quelle condizioni, era inutile ragionare, tant'è che si rispose da solo, gesticolando come un pazzo e lanciando fulmini e saette dagli occhi << Era qui, pacifico, a limonarsi la sua Elf- >>

<< Hei, hei, hei! Calma bello! >> Lo bloccai immediatamente << Puoi sbraitare quanto vuoi su Aragorn figlio di Arathon, ma non toccare Arwen, per favore! >> Mi aveva infastidita con quell'improvviso scatto di violenza, non mi era piaciuto per niente. L'unico modo per fermarlo nella sua disquisizione era interromperlo e farlo stare zitto: sarebbe sbollito immediatamente. << Arwen è una principessa, Boromir, ed è mia amica: non hai idea di quello che sta passando per quel ramingo, anche se è un erede del trono di Gondor! Quindi, scagliati quanto vuoi su di lui, ma lasciane fuori Arwen, capito? >>

Lui sbuffò, incrociando le braccia sul petto e guardando da tutt'altra parte tranne che dalla mia. Mi lasciai andare in un sospiro di sollievo: il peggio era passato, potevo iniziare a consolarlo.

Lasciai scivolare piano un mio braccio sopra le sue spalle e con l'altro gli sfiorai la barba folta << Che problema è, Boromir? Di cosa ti preoccupi? Non lo conosci nemmeno, questo ramingo. Magari non desidera nemmeno essere Re! Pensaci! >> Voltai il suo viso dalla mia parte << Se non ha ancora rivendicato il trono, un motivo ci sarà...no? >>

I suoi occhi sembrarono scintillare e mi sorrise << A Gondor non serve alcun Re, non ne abbiamo bisogno... >> Bisbigliò, più a se stesso che a me, prima di avvicinarsi al mio viso e baciarmi.

Mi appuntai mentalmente che avrei dovuto parlarne con Giulia: lei avrebbe saputo cosa fare.



La cena passò più silenziosa del solito: ora che l'Anello degli Inganni era stato reso noto a Imladris, una cappa di tristezza sembrava essere scesa sulla maggior parte degli Elfi, offuscandone la luce naturale. Solo gli Elfi più potenti riuscivano a resistere, come Elrond e Glorfindel. La disperazione che attanagliava gli altri sembrava non avere effetto su Arwen, che splendeva, fulgida più che mai, proprio come voleva il suo nome: Stella del Vespro. Giulia ne era affascinata.

<< Perchè brilla così tanto? >> Mi chiese, una volta che la cena si fu conclusa e fumavamo Thiolil sulla terrazza.

La guardai attentamente e vidi una luce nuova nel suo sguardo, una scintilla che s'accendeva ogni volta che incontrava lo sguardo del suo uomo e sembrava incrementare ancora di più la sua luce. Sorrisi a quel pensiero << Penso che lei rappresenti la speranza di tutti noi, Giulia. >>

Lei sorrise << Dovrebbe partire lei al posto nostro, vero? >>

Io sogghignai << No... si rovinerebbe lo smalto. >>

Ridemmo spensierate, ignare di quello che ci attendeva.



Una settimana dopo, carichi come muli, lasciavamo l'Ultima Casa Accogliente per intraprendere il più avventuroso dei viaggi.









NOTICINA:ebbene!

Il viaggio ha inizio...muahahahahahah...cosa mi inventerò mai... tresche o no? Amori clandestini o no? Libri galeotti o no? Bah! Chi vivrà vedrà! Una volta passata immune agli esami, ora mi ritrovo con un improponibile orario delle lezioni che combinato a kick diventerà incredibilmente pesante! E se pensate che c'è anche il moroso...uh signur ga olè mia pensà!!!!



mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate della sfuriata di Bubu ( Anna si vergogna troppo a chiamarlo così ) e RECENSITE, anche voi lettori anonimi!

SI, ESATTO, PROPRIO VOI!!!!




de prufundis, Nini.

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Capitolo 16
*** partenza ***


La mattina era ancora lontana, l'alba sorgeva piano ed era velata di nebbia. Rabbrividii nel mio mantello, ricordando che in una mattina simile ero partita da Minas Thirit per giungere alla città delle Stelle. Sorrisi a quel ricordo e controllai per l'ennesima volta di avere tutto nel mio bagaglio: i ricambi di abiti, le scorte di cibo personali, l'essenza di lavanda per i capelli e il dono di Matilde, la cartella in cuoi contenente diverse pozioni pronte all'uso e buone per qualsiasi occasione, dall'emorragia all'avvelenamento, all'anticoncezionale. Era stata previdente come al solito, la mia maestra, anche se credo non si aspettasse che mi imbarcassi in una missione simile.

Accovacciata accanto a me, l'aria assonnata, Giulia stava litigando con una delle innumerevoli zip – così lei chiamava la chiusura delle tasche-del grosso zaino che usava ai tempi delle uscite scout. << E' molto comodo perchè è davvero capiente, ma a volte queste stupide zip mi fanno perdere la pazienza... >> Con un colpo secco, riuscì a chiuderla e si lasciò andare a uno sbadiglio << Che sonno... >> Mormorò, tirando la zip della giacca a vento marrone che usava al posto del mantello: diceva che scaldava di più, ma io ero abbastanza scettica al riguardo.


Indossavo i soliti pantaloni in cuoio, sotto di essi pesanti calze di lana mi coprivano fino al polpaccio e mi proteggevano i piedi dagli stivali nuovi, anch'essi in cuoi. Sotto al mantello foderato in pelliccia, portavo una giubba scura, una camicia e una canottiera. Alla cintura, a quasi un anno di distanza, portavo la spada regalatami da Boromir in persona, buona lama che mi aveva protetta nella mia prima battaglia. Toccai l'elsa e sospirai, guardandomi attorno: la Compagnia era in fervore. Gli Hobbit erano asserragliati attorno a un povero pony di nome Billy, carico come un mulo, e controllavano che fosse pronta la prima colazione e che ci fossero scorte sufficienti al lungo viaggio. Gimli controllava il filo dell'ascia, Legolas controllava con pignoleria la corda del suo arco e Gandalf se ne stava in disparte, con Frodo al suo fianco. Di Aragorn nemmeno l'ombra. Boromir si trovava a poca distanza da me e Giulia e guardava un punto indefinito lontano da se, accarezzando distrattamente Jadis sopra la testa. Anche lei sarebbe venuta con noi, era ovvio.

<< Se con Jadis siamo in dodici, >> Mi aveva bisbigliato Giulia << Più che la Compagnia, sembreremo la Carovana dell'Anello! >>

Io avevo ridacchiato, emettendo un fischio basso che richiamò Jadis accanto a me: l'avevo lavata il giorno prima, lasciandola poi libera di correre per l'ultima volta attorno a Gran Burrone, occasione in cui si era nuovamente sporcata. Pazienza, mi ero detta, grattandole il muso. Non l'avrei caricata col mio bagaglio, l'avrei lasciata libera da ogni peso.

<< Viene anche lei, vero? >>

Alzai il capo e sorrisi a Boromir, avvicinatosi << Ho cercato di farla desistere, ma non ne vuole sapere... >>

<< Non ti ha mai abbandonata. >>

<< Mai. >>

<< Nemmeno durante la battaglia a Osgilliath. >>

Sorrisi a quel ricordo << Se non fosse stata per lei, non mi avresti mai scoperto. >>

<< Sarei venuto a saperlo lo stesso, non temere... >>

Gli scoccai un'occhiata scettica << Io ne dubito... >>

In quel momento, Aragorn comparve dalla soglia della Casa Accogliente, l'espressione inquieta e anche un po' delusa. Mi chiesi se avesse a che fare con Arwen...



La sera prima io e Giulia ci eravamo accomiatate con lei. Ci trovavamo su una delle tante terrazze della Reggia, ammantate per proteggerci dal freddo, a fumare.

<< Non ho ancora imparato, alla fine! >> Borbottava Arwen cercando di rollare una sigaretta. Io ridevo << Le basi le hai, Arwen: basta solo fare pratica! >> Le dissi, guardando Giulia ridacchiare.

<< Mi mancheranno queste serate. >> Disse infine << Anche se tutto dovesse andare per il verso giusto, nulla tornerebbe come adesso, vero? >>

Arwen rispose con un sussurro << Già. >>

<< Sembra quasi di stare in un sogno. >> Dissi << Mi sento come in un sogno da cui sto per svegliarmi. >>

<< Anche io provo la stessa sensazione. >> Ammise Giulia.

<< Il nostro tempo sta per concludersi. >> Disse Arwen, rinunciando alla sigaretta e stringendosi le braccia attorno al corpo << Ma il mio sta per cominciare. >>

<< Allora hai deciso: resti. >>

Lei aveva annuito << Si. >>

<< E tuo padre che ne pensa? >>

<< Credo che il parere di tuo padre non conti tanto, in queste situazioni. >> Si intromise Giulia facendo sorridere Arwen << O sbaglio? >>

<< Mio padre mi ha detto tutta la vita cosa fare e cosa non fare. E' giunto il momento che sia io stessa a prendermi le responsabilità che mi spettano, scegliendo una via. >> Si sfiorò il collo, dove il fiore di luce non brillava più << E io scelgo una vita mortale. >>



La faccia di Aragorn trasmetteva tutt'altro che soddisfazione per una scelta simile: che Arwen avesse cambiato idea?

Sulla soglia della Casa comparve Elrond, un diadema argentato sulla fronte e l'aria seria più accentuata del solito.

<< Partite presto, Compagnia dell'Anello: lasciate l'Ultima Casa Accogliente per le Terre Selvagge e per giungere a Mordor. Io, in nome dei Valar, vi benedico e vi auguro buona fortuna. >> Dall'ombra di una colonna mi sembrò di intravvedere Arwen. Feci un sorriso e pensai, certa che lei potesse sentirmi “ Ci rivedremo, Arwen Undomiel, ci rivedremo. “



Uscimmo dalla Valle verso la metà della mattina, e continuammo a camminare tutto il giorno senza interruzione sino a sera inoltrata. Il paesaggio ricordava ancora molto i boschi di Gran Burrone, e trovammo ristoro in una piccola radura fra gli alberi, via via sempre più radi.

Giulia scavò con una paletta un piccolo focolare e lo circondò di pietre, mandando gli Hobbit alla ricerca di ramoscelli secchi. Gimli la osservava, ammirato << Dove avete imparato, mia signora? >>

Giulia si era pulita le mani nei jeans e aveva sorriso << Scout, caro mio, scout. E non chiamarmi signora, ok? Giulia, solo Giulia! >>

Gimli aveva annuito, avvicinandosi ai ramoscelli secchi portati dagli Hobbit e accendendoli con due piccole pietre focaie. Dalle scintille nacque un bel fuoco su cui Giulia mise a scaldare uno spiedo con della carne presa dalla scorta. << Crepi l'avarizia! >> Aveva esclamato << Ce n'è a sufficenza per tutta la carovana, Jadis compresa. >>

Sorrisi, vedendola accerchiata da Merry e Pipino, mentre Sam e Gimli scambiavano consigli con lei su come cuocere al meglio la carne. << Sembra a suo agio. >> Dissi a Boromir, seduto su un tronco accanto a me.

<< Anche tu. >>

<< Ovvio che sono a mio agio! >> Esclamai << Devo esserlo per forza, per non essere rimproverata da te! >>

Lui rise << O be... non hai tutti i torti. >> Mi accarezzò i capelli << Sei stanca, vero? >>

Scrollai le spalle << E' inevitabile. Credo che nessuno di noi sia fresco come una rosa... ma potrei anche sbagliarmi, no? Guarda loro. >> Indicai col mento Legolas, Aragorn e Gandalf, intenti a confabulare chissà cosa << Sembra che non abbiano fatto altro nelle loro vita, soprattutto Legolas: ma guardalo! Non ha nemmeno i capelli scompigliati! >>

Boromir rise di gusto, attirando le occhiate curiose di Frodo. Era l'unico a starsene in disparte, taciturno e pensieroso, gli occhi curiosi e le orecchie pronte a cogliere ogni parola. Vidi l'ombra di un sorriso sul bel volto e sorrisi anch'io.

<< volevi essere tu a portare l'Anello, vero? >>

<< Ci ho pensato, Boromir. >>

<< Perchè? >>

<< Non so perchè sono giunta qui. Non so come ho fatto a cacciarmi in una simile situazione. L'unica era credere di essere giunta qui per uno scopo, e l'unico scopo degno di nota era questo. >>

<< Ah, amare me non è un buono scopo? >>

Sbuffai << Ma piantala, vecchio... >>

Boromir tacque per un po', fissando Giulia girare la carne e Sam cospargerla di spezie.

<< Me l'avresti dato, Anna? >> Chiese infine, senza distogliere lo sguardo dalle fiamme << L'avresti usato? >>

Io scossi il capo << Lo sai benissimo che non si può usare, Boromir! >> Borbottai << Smettila di sognare e pensa piuttosto a una soluzione per salvare Gondor senza l'Anello: è molto più utile e ti gioverebbe! >>

<< Non che io lo voglia per me... >> Continuò lui imperterrito << E' solo per salvarli tutti, tutto qui, e distruggere quei bastardi. Tutto qui. Non mi interessa. E' solo per questo. >>

Mi si gelò il sangue nel sentirlo borbottare a quel modo: non doveva ragionare a quel modo, o la sua mente si sarebbe avvelenata e avrebbe cercato a tutti i costi di impossessarsi di quello stupido ninnolo, solo per farsi usare da esso. In fondo, Gondor era dannatamente vicino a Mordor... se Boromir fosse riuscito a condurci li, a condurre li Frodo, che sarebbe successo?

Mi sentii osservata e mi guardai attorno fino a incontrare gli occhi di Gandalf: mi stava fissando intensamente. Anche lui era d'accordo con me.



Una volta cenato, restammo ancora a lungo attorno al fuoco e ascoltammo quanto Aragorn aveva da dirci << Anche se è la prima notte all'aperto, è meglio montare subito i turni di guardia. >> Proclamò, appoggiato da Gandalf. << Siamo ancora in terra sicura, ma tempo qualche giorno e saremo nelle Terre Selvagge, dove non sappiamo cosa ci attende. E' bene abituarsi da subito ai turni. Siamo tutti d'accordo? >> Gli Hobbit si mossero, inquieti, ma non dissero nulla di rilevante.

Aragorn annuì, soddisfatto << Il primo turno lo faccio io, poi toccherà a Legolas, Gimli e Gandalf. Boromir, a te tocca l'ultimo turno, va bene? >>

<< E noi? >> Protestai, appoggiata da Giulia << Noi non facciamo nulla? Io voglio fare! >>

<< Anch'io! >> Giulia si era alzata << Non penserete che non faremo i turni di guardia solo perchè siamo ragazze, VERO? >>

Aragorn la guardò, colpito << Non so se siete in grado di resistere ad un attacco da sole. >>

<< Lei no. Ma io si. >> Sfoderai la spada e la feci scintillare alla luce delle fiamme << Questa spada ha già ucciso, e certe cose non si dimenticano più. Io e mia sorella possiamo fare il turno assieme, se vi va. Sarebbe molto più leggero per tutti, no? >>

Aragorn era scettico.

Mi lasciai andare in un sorriso ironico << Non credi in noi, Aragorn? >> Chiesi << Guarda che le donne non sono tutte angeli del focolare che hanno paura di scheggiarsi lo smalto... non so se mi spiego. >> Era ovvio che mi riferissi ad Arwen: lei era fatta così, ma non per questo Aragorn doveva catalogarci come inabili ai combattimenti solo perchè donne!

Fu Gandalf a decidere << E sia. >> Disse, alzandosi e posando sulla spalla di Aragorn la mano << Non hai motivo di dubitare di loro, Aragorn, sanno quello che fanno: lasciale agire come meglio credono. >>



Preparammo i giacigli e ci mettemmo a dormire. Gimli ci avrebbe svegliate alla fine del suo turno, e noi avremmo dovuto vegliare dalle tre alle quattro, in piena notte.

<< L'amico di Bubu non sembra particolarmente contento della tua iniziativa, sorella. >> Mi sussurrò Giulia, nel sacco a pelo accanto al mio giaciglio. Io mi strinsi nelle spalle << Affari suoi: ci siamo dentro fino al collo, Giulia, e dobbiamo mettere in chiaro che non siamo principesse da salvare, ma donne con le palle che intendono farsi valere! >>

Alle mie spalle, Boromir ridacchiò << Donne con le palle? >>

<< Oh, sta zitto! >>

Ridemmo piano tutti e tre, per poi scivolare piano nel sonno, nelle orecchie l'ululato lontano di Jadis nel bosco.














NOTICINA: buona mela a tutti!! capitolo uscito di getto, davvero bello...penso che non ci siano troppi errori! E così il tanto atteso viaggio ha avuto inizio! Si iniziano a intravvedere le prime crepe...ahiahiahiahi... brutte cose all'orizzonte!



Be, che ne dite?

Fatemi sapere qualcosa! Finalmente mollo tutto e vado a lavarmi per iniziare i preparativi alla serata femminile dell'anno...ART DISCO CLUB DESENZANO WE ARE COMING!!!


wow1 speriamo che le ciglia finte non si stacchino al momento della danza del ventre!!!



pace e ammore giovani! De prufundis, Nini !

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Capitolo 17
*** La Carovana dell'Anello ***


Lasciate le ultime pendici dei boschi di Imladris alle nostre spalle, innanzi a noi si  stendevano le Terre Selvagge e, seppur lontane, svettavano nel cielo limpido le Montagne Nebbiose. Pochi di noi avevamo ammirato tali bellezze, e tutti ne eravamo incantati, e fissavamo lo sguardo contemplativo su quelle pendici rocciose avvolte dalla nebbia, tanto simili a divinità antiche. Data la loro mole, sembravano vicinissime, ma camminammo a lungo prima di riuscire a cogliere nei dettagli quelle pendici maledette: erano così grandi eppure così lontane! Fu in quel periodo i giorni iniziarono a mescolarsi l’uno all’altro, e la mia mente era confusa e stanca proprio come il mio corpo, quindi ho dei ricordi frammentati di quel momento del viaggio.

La carovana procedeva in fila e non c’era una persona nella compagnia che non si lamentasse dell’andatura del viaggio, con sempre meno pause e soste di giorno e turni di guardia più lunghi di notte, e andando avanti sarebbe stato sempre peggio, ne eravamo consci. Inoltre, per paura che il Nemico ci scoprisse, Aragorn aveva vietato categoricamente di accendere il fuoco la sera, quando tutti avevano più bisogno di scaldarsi e riprendersi dalle fatiche della giornata, per non parlare del fatto che il fuoco serviva a cuocere il cibo e quindi ci toccava mangiare prima che il sole calasse, di fretta,  quasi senza fermarci. Decisamente, la marcia verso le Montagne Nebbiose fu la parte più dura del viaggio, ma servì a temprarci tutti, senza dubbio.

<< Di che ti lamenti? Hai voluto a tutti i costi venire e ci sei dentro fino al collo: non sei contenta? >> Giulia interruppe così la mia sequenza di lamentele, bisbigliate perché Aragorn non sentisse. Sbuffai, evidentemente indispettita << Cazzo, Giulia! La smetti di essere dalla sua parte e torni a recitare il ruolo di sorella gemella che è sempre d’accordo con me?? >>

Lei rise << Che stronzata! >> Esclamò, scalciando un sasso fuori dal sentiero che percorrevamo << Ti consiglio di non farti sentire a fare certe battute: Aragorn potrebbe rispedirti a calci nel sedere dritta dritta a Imladris e una volta ogni tanto il tuo uomo sarebbe d’accordo, sai? Quindi, sta zitta ed evita di lamentarti, che quelli c’hanno le orecchie fini. >>

Io mi ero chiusa in un astioso silenzio, per poi tornare a guardare le Montagne dinnanzi a me << Per tutti i Valar quanto sono grosse! >> Esclamai << Sembrano così vicine… >>

<< E’ che sono enormi. >> Spiegò Giulia << Sono così grosse che sembrano vicine, mentre sono a kilometri e kilometri di distanza: cosa sa fare l’occhio umano! Avvicina ciò che è lontano! >>

Sistemai meglio lo zaino sulle spalle << Se lo dici tu, sorella… >>.

 

Giulia ,assieme ad Aragorn, Legolas e Gandalf, era uno dei membri che si lamentava di meno. Era abituata alle marce scout, al camminare per giorni e giorni su terreni difficili. Il costante esercizio degli anni dell’adolescenza l’aveva temprata e resa resistente quasi quanto un ragazzo, mentre io, a tutto quell’esercizio, non ero assolutamente abituata: quella marcia forzata mi rendeva i piedi doloranti e pieni di piaghe, le gambe dai muscoli in costante formazione erano tese come corde di liuto e la schiena mi sembrava strappata a metà, tanto era il peso dello zaino- piccolo, certo, ma dannatamente costante! Mi sentivo la testa pesante, il pensare a qualcosa diverso dall’azione di camminare mi uccideva e riuscivo a svolgere quella semplice attività facendo uno sforzo di volontà, imponendomi di restare al passo di Boromir, che aveva il compito di chiudere la carovana. Ero sempre l’ultima.

<< Piccola, ti vedo stanca. >> Disse Boromir guardandomi in viso << Tu non sei abituata a fare questi viaggi. >>

Io avevo grugnito e lui non aveva commentato. Ero molto diversa dalla Anna gentile e bendisposta a cui si era abituato a Gran Burrone, quella che aveva sempre voglia di fumare e fare l’amore.

Facendo finta di niente, lui continuò a sorridermi << Hanno intenzione di passare per la Breccia di Rhoan, Anna. Sai che significa? >>

<< Che finisce questa marcia forzata? >>

<< Esatto! >> Mi prese la mano e me la strinse forte << Il nostro popolo ha bisogno di noi, come ha bisogno dell’Anel- cioè della speranza di sapere che l’Anello va verso la distruzione! E noi torniamo a casa! Sei felice? >>

Incespicai e borbottai una maledizione contro i sentieri di montagna << Certo che sono felice, Boromir… certo che si… >>

Ma non lo ero: per l’ennesima volta in quella giornata aveva nominato l’Anello, ed io ero così stanca di ripetergli che non doveva pensarci, a quello sciocco gingillo, che ormai mi limitavo a contare quante volte ripetesse la sua teoria nell’arco della giornata, facendo i conti con Giulia nel turno di notte. Era allarmante il fatto che la ripetesse almeno dieci volte al giorno, ma ero troppo stanca anche per pensare a quello. L’unico pensiero che il cervello mi consentiva di fare era CAMMINARE. Ma non potevo continuare a stare zitta e ad ascoltare quelle assurde teorie, non potevo farlo: cosa l’avrebbe spinto a fare l’Anello, se davvero desiderava andare a finire nelle sue mani? Cosa sarebbe stato capace di architettare Boromir per averlo? Boromir mi aiutò ad alzarmi e mi chiese se mi fossi fatta male. Lo guardai in viso: era sporco, non si faceva la barba da giorni e aveva l’aria di essere a pezzi, ma aveva ancora la forza di sorridermi e non smettere di vedermi come una donna. Era lui, il mio Bubu.

Cercai di essere raggiante << Sicuramente a Gondor hanno bisogno di te, un po’ meno di me. Ci andremo, amore mio, ci torneremo a casa, vedrai! >> Esclamai. “ Ma senza quel cazzo di Anello! “

 

 

L’Anello stava lentamente avvelenando il pensiero di Boromir, corrompendolo. Io lo sentivo, Frodo se ne accorgeva di sicuro, ma non so quanto gli altri se ne rendessero conto. Iniziai a capire che il voltare a Sud, attraversare la Breccia di Rhoan e puntare dritti a Gondor, era un errore: Boromir sarebbe impazzito prima di allora, ci avrebbe rinchiusi tutti nelle celle della Torre Bianca e si sarebbe tenuto l’Anello per se, per poi consegnarlo a Sauron in persona. Per quanto nobile e forte, quella follia l’avrebbe ucciso. Ed era l’ultima cosa che desiderassi, perché la sua morte avrebbe significato la morte del mio cuore.

 

Decisi di parlarne a Gandalf: lui avrebbe trovato una soluzione. Andai da lui nel corso della marcia, col pretesto di chiedergli se le erbe viste lungo il cammino avevano proprietà officinali, ma quando gli fui accanto mi sorrise << Nessun sotterfugio fra noi, bimba mia, lo sai benissimo che quelle piante sono buone solo per lo stomaco di Jadis… cosa ti turba? >>

Mi morsi un labbro per il contrasto che sentivo dentro di me: dire o non dire?

<< Gandalf,  credo che andare a Sud sia sbagliato. >>

<< Perché? >>

<< L’Anello sta facendo impazzire Boromir. >>

Silenzio. Continuammo a camminare per un po’ alla testa della carovana, sentendo dietro di noi lo scalpiccio del pony Bil e l’arrancare di Jadis, i discorsi di Sam e Giulia e i bisticci per l’erba pipa di Merry e Pipino.

Infine, Gandalf parlò << Ne sei certa? >>

Non riuscii a dirgli si << Quasi. >>

<< Dovremo prendere provvedimenti… >> Mormorò, posandomi poi una mano sulla spalla << Tu stagli vicino: Boromir è un grande Uomo reso disperato dalla guerra. Se crede che l’Anello sia la risoluzione dei suoi problemi, si sbaglia di grosso.  Il tuo compito è tenerlo calmo, cercare di distogliere la sua mente da questa assurda brama… >> Mi sorrise, raggiante << Sei stata molto coraggiosa a venire qui e parlarne con me. Sappi che io sono qui, pronto ad ascoltarti. >>

Gli sorrisi di cuore e tirai un sospiro di sollievo << Grazie, Gandalf. >>

 

 

Come sempre, ci fermammo che era il tramonto per mangiare un boccone prima che la luce se ne andasse. Le Montagne Nebbiose sembravano un po’ più vicine, e finalmente ci sentivamo un po’ più speranzosi verso il futuro.

Come ogni sera, Merry e Pipino si esercitavano con Boromir nell’arte della spada. Giulia li guardava mentre cucinava, ammirata e incuriosita, cercando di imparare.

<< Vada pure, signorina Giulia. >> Le disse Sam, seguendo il suo sguardo << Qui posso arrangiarmi da solo. >>

<< Dici che sarò capace, Sam? >>

Lui aveva ridacchiato << Se ho imparato io, che sono un giardiniere… >> Le sguainò la spada dinanzi agli occhi, e lei gli concesse uno sguardo divertito << Non hai l’aria di essere un grande guerriero, Sam! >>

Lui la rinfoderò lentamente, arrossendo fin sopra i capelli, e Giulia rise, dicendogli che era stata stupida a dire così << Sono certa che un giorno di questi mi salverai le chiappe, Sam! >>

Infine, vedendo Boromir impegnato con gli Hobbit, le prestai la mia spada e le spiegai le prime nozioni: la guardia, come tenere la mano sull’elsa, come sferrare un fendente.  

Boromir abbandonò momentaneamente Merry e Pipino per venire da noi << Fai da maestra? >> Mi cinse la vita con un braccio << Mi ricorda qualcosa, quella posizione… >>

<< Il primo giorno di allenamento. >>

Giulia ridacchiò << Taglierai anche me se non farò la brava? >>

<< Non ci sono segreti che tengano, eh? >>

Risi << Macchè segreti e segreti! Perché, tu e Faramir non vi confidate? >>

<< Certo che si, ma non cose così intime… >>

<< Il fatto che tu mi abbia tagliato lo consideri intimo? >> Lo squadrai e gli sorrisi, avvicinandomi e sussurrandogli  << Ci sono ben altre cose da considerare intime, questo è certo… >>

<< Hei! >> Ribadì Giulia, ancora in posizione di guardia << Guarda che ho sentito, Anna! >>

Scoppiammo a ridere tutti e tre e pensai che era da tanto che non ridevamo così, senza pensare, senza far caso al fatto che eravamo stanchi morti, sporchi e sudati per il viaggio, senza pensare ai turni di guardia della notte e al giorno seguente ancora: le Montagne Nebbiose erano vicine, la Breccia di Rohan ancora di più. Ci sentivamo come a metà viaggio, e la meta si avvicinava passo dopo passo. Io e lui ci guardammo negli occhi: non c’era traccia di follia in quello sguardo. Il ritorno a casa gli avrebbe fatto solo bene.

 

<< Cos’è quella macchia? >> La voce di Gimli ci fece tornare alla realtà.

Alzammo tutti lo sguardo e vedemmo una nuvoletta più scura delle altre avvicinarsi. << E’ una nuvola! >> Esclamò ingenuamente Giulia . << Be, allora si sposta veloce. >> Disse Boromir, lasciandomi andare, pronto a scattare << E controvento. >>

<< Nascondetevi! >> Gridò Aragorn, e tutti si diedero un gran daffare per nascondere ogni traccia di presenza umana su quella piana. I cespugli furono un’ottima idea, e da li vedemmo i corvi sorvolare il nostro campo, gracchiando infausti e privandoci per di più della cena perché, nello spegnere il fuoco, Sam l’aveva gettata a terra.

Una volta passato quel nugolo che adombrava il sole calante, strisciammo miseramente fuori dai cespugli, tutti ripiombati nello stato di disperazione e stanchezza che regnava sovrano prima della sosta.

<< Spie di Saruman! >> Esclamò Gandalf, continuando a fissare il cielo. << Il passaggio a sud è bloccato. >>

<< Come sarebbe a dire bloccato! >> Ribadì Boromir, facendo un passo avanti << Non passeremo più verso la Breccia di Rohan per poi andare a Gondor? >>

L’Istari lo guardò, gelido << Non ricordo di aver espresso il desiderio di condurre la compagnia a Gondor, Boromir. >> Disse, guardando poi me << Per ora, accontentiamoci di lasciare le Terre Selvagge attraverso un’altra via. >> Rivolse lo sguardo alle montagne e rimase a contemplarle,  immobile, a lungo.

<< Quindi che significa? >> Sbottò Giulia, evidentemente stufa di non sapere che fare.

Fu Legolas a risponderle << Andiamo in montagna, signorina. >> Rivolse anche lui lo sguardo ai monti.

<< Scaliamo il Cornorosso. >>

 

 

 

 

 

 

NOTICINA: Wow! Della serie a volte ritornano, eccomi qua!!

Aggiorno solo ora in quanto ho avuto dei weekend dannatamente impegnati e gli orari accademici dannatamente infernali. In più, l’amica inspirazione aveva deciso di fare un salto a Honululu per vedere se c’erano tsunami in corso, quiiiiiiiiiiiindi…è andata così.

 

Ma io sono ancora qui, a rompere le palle con questa storiella da quattrosoldi che però sembrate apprezzare, o miei beneamati lettori!  Colgo l’occasione per scusarmi con le mie darling: Jhonny Nicotine, Ragazzapsicolabile91 e Barby_Etteliene91 che hanno recensito e a cui non ho ancora risposto: spero che il chappi sia di vostro gradimento e prometto una risposta- prima o poi…

Per Straw X Kisshu: grazie di essere intervenuta! Mi raccomando, recensisci ancora e grazie dell’apprezzamento! Una botta d’autostima è quello che ci vuole!

 

Un ultima cosa: sono diventata cintura gialla di kick boxingJ non fregherà a nessuno, ma il mondo intero deve saperlo! Ahahahahahahahahah!!!

 

Baci, pace e ammore!

 

De Prufundis, Nini.

ps. Se ho fatto errori di vario tipo, di grazia, ditemelo!!! thanks!!

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Capitolo 18
*** Caradhras ***


<< Ecco cosa ho sempre odiato degli scout. >> Borbottò Giulia col fiato corto << Non avermi mai insegnato a camminare ad alte quote: solo pianura, dicevano, la montagna lasciatela alle giovani marmotte! Fanculo anche voi! >>

Accanto a lei, Boromir ridacchiò << Io sono nato vicino ai Monti Bianchi e qualcosa so delle alture… ecco perché ho detto di prendere su delle fascine di legna da ardere: di notte, quassù, fa abbastanza freddo. >>

Lei sbuffò, inciampando per l’ennesima volta nella neve che le arrivava alle caviglie << Fino a li ci arrivavo anch’io, sai? >> .

Trattenni una risata: era tutta la mattina che non si lasciavano in pace, da quando Gandalf aveva proclamato che avremmo scalato il Caradhras, il crudele Caradhras,  per arrivare non so dove. La mia mente si rifiutava di sapere quanto ancora ci fosse da camminare, quanto ancora fosse distante la meta da raggiungere. Secondo Giulia, era il mio inconscio che non voleva saperne nulla.

<< E’ il tuo Io nascosto. >> Mi spiegò all’inizio della camminata, quando le chiesi cosa fosse l’inconscio << E’ la tua parte più profonda e nascosta. >>

<< E’ tipo la mia anima? >>

<< Più o meno. Fattostà che il tuo Io non sopporta la distanza che c’è fra noi e la nostra destinazione. Ecco perché rifiuti di sapere. >>

<< Be, allora hai ragione: non ne posso più  >> Ed era vero: se non fosse stato per Giulia e per amore di Boromir, me ne sarei tornata a casa, da Arwen, a rollare sigarette e a fumare Thiolil tutto il benedetto giorno, mandando allegramente a quel paese quel briciolo di amor proprio che avevo in me. Effettivamente, se non fosse stato per loro, neanche l’avrei intrapreso un viaggio simile! E dire che volevo essere io la Portatrice…non avrei resistito neanche un attimo, con quel gingillo appeso al collo. Alzai lo sguardo e vidi Frodo camminare fra Aragorn e Gandalf, al capo della carovana, e mi fece tenerezza: così puro e così innocente… come poteva essere li, in marcia per il posto più pericoloso della Terra di Mezzo? E soprattutto come faceva a resistere a quella marcia forzata? Non l’avevo mai sentito lamentarsi, mai una volta l’avevo beccato a lanciare uno sguardo storto ad Aragorn che imponeva ritmi di camminata impossibili, o a fare i capricci perché il pasto non era caldo, o perché era troppo stanco per fare il turno di notte con Sam. Nulla. Era come se la lotta per tenere sotto controllo l’Anello lo assorbisse così tanto da rendere ogni altra attività impossibile, un po’ come me col camminare. Un solo pensiero occupava la mente e, se il mio era futile, il suo era dannatamente serio. “ Sono stata una folle a credere che fosse il mio compito. “ Mi dissi, cercando di camminare nelle grosse impronte di Boromir, “ Come! Che mi sarà mai saltato in testa… “

Dal capo della carovana, vidi Jadis lanciarsi verso di noi, tuffandosi nella neve fresca e riempiendosene le fauci con ingordigia. Sam rise, mesto << La sua lupa è l’unica che si diverte con la neve, signorina Anna! >> Mi fece notare, mentre accarezzava affettuosamente il collo di Billy << Anche a me la neve piace, ma solo quando sono al caldo nel letto di casa mia! Forse ai bambini della Contea sarebbe gradita, forse… >>

<< A tutti i bambini piace la neve. >> Ribadii << Io l’ho vista quando ero piccola, a Isengard, e ricordo tutt’ora lo stupore e la meraviglia per quella coltre bianca scesa di notte, all’improvviso. >>

<< Impossibile! >> Esclamò Boromir, girandosi, senza perdere il passo << A Sud non nevica quasi mai, e da quando ho memoria non ho mai assistito ad alcuna nevicata straordinaria. >>

Sbuffai << Minas Thirit non è Isengard, quanto succede a casa tua non succede- succedeva a casa mia, Boromir… >> Mi colpì parlare della mia vecchia casa: Isengard non era più nulla per me, dovevo smetterla di pensarla come un luogo del cuore. Il problema era che ero ancora così legata a quella stramaledetta Torre…

Giulia iniziò a canticchiare in una strana lingua che non avevo mai sentito, cantando solo le prime parole e proseguendo con la melodia << Little yellow spider living into the snow…. >> Cercai di concentrarmi  su quella melodia, assorbendone il ritmo per camminare, cacciando dalla mia mente le immagine di me bambina che scorrazzava sotto la neve a casa, Jadis ancora cucciolo e Saruman che ci teneva d’occhio dal balcone della Torre, mentre in lontananza tutto si faceva bianco e candido, ogni forma si annullava nel cielo lattiginoso e si distingueva sempre di meno la linea di confine fra cielo e terra. Mi chiedevo allora dove fosse Gandalf, dove fosse il castagno e ancora dove…

 

Qualcosa urtò le mie gambe, falciando con esse il filo dei ricordi, facendomi cadere a faccia in giù nella neve esattamente come un sacco di patate. Essa era fredda e giacchiata, simile a chiodi sui palmi delle mani e sulle guance, ma non ero caduta direttamente su di essa: le gambe erano sollevate, poggiate su qualcosa che mugolava. Capii e mi alzai di scatto: Frodo giaceva a terra, impiastricciato di neve, nel vano tentativo di rialzarsi. Mi affrettai a metterlo in piedi e ad assicurarmi che stesse bene ( “ Come una mammina premurosa “ mi fece notare in seguito Giulia; ), strappandogli un sorriso timido.

<< Che ti è successo, hai perso l’equilibrio?  >> Gli chiesi con aria serena, scompigliandogli i capelli. Lui annuì e si sfiorò il collo, dove in teoria doveva esserci il Gingillo attaccato alla sua catenella. In teoria, dicevo, perché in pratica l’Anello era sparito.

Ci guardammo entrambi, smarriti, i suoi occhi sempre più sgranati e invasi dal terrore, quando un tintinnio alle nostre spalle ci fece voltare entrambi: Boromir si era chinato e aveva raccolto qualcosa di scintillante da terra, qualcosa che giaceva inerte nella sua mano.

 

Una strana tensione attraversò la Compagnia, la respirai a fondo e ne fui spaventata: quella tensione non veniva per l’imminente attacco di un manipolo di orchi, ma veniva da Boromir e dal fatto che avesse fra le mani l’Anello degli Inganni. Ognuno rimase fermo al suo posto, assistendo al colloquio privato che quel Gingillo stava avendo col mio Uomo, finchè non riuscii più a sopportarlo.

<< Boromir? >> Lo chiamai con voce stridula, ridestandolo da quella che sembrava una profonda conversazione << Ridai quel coso a Frodo, di grazia. >>  Lui mi guardò con aria stralunata, senza capire. Dietro di lui, vidi l’allarme negli occhi di Giulia farsi sempre più imponente e scorsi anche un movimento sulla destra: Aragorn.

Si era avvicinato quatto come un felino e silenzioso come una biscia per poggiargli una mano sul braccio e cercare con insistenza i suoi occhi << Dai l’Anello a Frodo, Boromir! >> Lo sentii sibilare e Boromir si avvicinò a Frodo, più simile a una statua di cera che ad un vero Uomo, il braccio teso e l’Anello sfavillante nel sole. Frodo tese la mano e letteralmente arraffò l’Anello, come un affamato fa con un pezzo di pane, rimettendosi la catenella al collo e allontanandosi con passo fulmineo verso la testa della carovana. Anche Boromir riprese a camminare, il capo chino e la schiena curva. Lo sentii borbottare un << Non mi interessa… >> in lontananza , ma ciò che più attirò la mia attenzione fu l’occhiata gelida che Aragorn mi riservò mentre rinfoderava la spada con movimento quasi impercettibile. Ci guardammo a lungo prima che mi avvicinassi e mi mettessi al suo fianco per guardarlo bene in viso.

<< Lui non è così. >> Sibilai, affrontandolo di petto: non mi andava che si facesse un’idea sbagliata di Boromir. Diamine, poteva essere il suo Re, un giorno! << Lui ha solo bisogno di essere tenuto sotto controllo. Quindi, tieni la spada al suo posto, cioè ben stretta al tuo fianco, che fino a qui posso arrangiarmi da sola >>

Lui sorrise, ironico, gli occhi pungenti e indagatori. Mi sentii tremare, ma resistetti. << Lo vedo, come sai arrangiarti. >> Iniziò, la voce bassa. Poi  mutò d’espressione, si aprì in un sorriso benevolo e mi posò una mano sulla spalla << E’ dura per tutti, Anna, ma per lui lo è di più. In nome dell’amicizia che lega la mia Dama a te, e al giuramento che lega il mio sangue al suo, ti aiuterò a proteggerlo. >>

Rimasi talmente stupita da annuire appena. Il Ramingo mi strinse la spalla per poi andarsene, improvviso come era venuto, e ritornato di nuovo freddo come il ghiaccio dopo quell’improvviso slancio di amicizia.

Ripresi la marcia e mi affiancai a Giulia, rimasta ultima. Le comunicai la novità e la vidi sorridere, contenta. Inciampai per l’ennesima volta e imprecai a voce alta << Che camminata schifosa! >>

<< Potrebbe andare peggio. >> Commentò Legolas con leggerezza, voltandosi.

<< E come? >>

<< Potrebbe nevicare. >>

 

 

 

 

 

Qualche ora e molti passi dopo, Giulia gridò nelle orecchie dell’elfo, cercando di sovrastare il rumore assordante del vento e dei massi che si staccavano, inesorabili, sopra le nostre teste. << COME HAI DETTO CHE POTEVA ANDARE, SCUSA?!? >> Gridò, e io scoppiai a ridere, avvolta nel mio mantello, tremante e fradicia di neve, senza che ci fosse davvero bisogno di ridere, ma ridere era l’unica alternativa a piangere e, se avessi pianto, le lacrime si sarebbero cristallizzate sulle guance per il freddo pungente.

Appena passata la metà del pomeriggio, ci ritrovammo a dover attraversare un punto decisamente pericoloso: il sentiero si riduceva a una passerella stretta, larga a malapena per far passare Billy, chiusa da una parete scoscesa alla nostra sinistra, così liscia da sembrar esser stata modellata da un coltello da pane, e un burrone a strapiombo alla nostra destra. Il passaggio era obbligato per coloro che desideravano andare oltre il Caradhras, e in condizioni normali ce l’avremmo sicuramente fatta, ma non in quel caso.

All’improvviso, come se avessero adempiuto a un comando, dense nubi bianche chiusero il cielo sopra le nostre teste e iniziarono a scaraventare su di noi prima teneri fiocchi di neve, poi una vera e propria bufera, con tanto di vento, pioggia, fulmini e saette. Non era proprio la previsione fatta da Legolas, ma aveva portato iella, e Giulia non aveva intenzione di perdonarlo. Legolas si voltò piano, guardando male Giulia e massaggiandosi l’orecchio. Alzò la testa e scrutò il cielo, fermandosi << Non è una normale nevicata! >> Gridò a Giulia, quasi irriconoscibile nella sua giacca a vento, e lei annuì << Lo so! Cosa sono queste voci che sento? >>

<< Voci? Che voci?!? >>

<< Le sento anch’io!! >> Gridai, sovrastando un tuono. Legolas rimase in attesa, ascoltando, per poi correre alla testa della carovana, e informare Gandalf di quanto accadeva.

<< Ma coi suoi poteri Mithrandir non può far smettere di nevicare? >> Gridò Boromir dietro di me. Mi voltai a guardarlo: teneva in braccio Merry e Pipino, mezzi assiderati nei loro mantelli e dai piedi bluastri. Era distrutto e gli andai incontro per aiutarlo. << Lasciami la tua fascina di legna, Boromir, non fare il macho. Due Hobbit sono pesanti. >>

Lui sorrise e annuì, facendo smontare gli Hobbit, per darmi il suo fardello << Questi piccoletti moriranno assiderati se continueremo la marcia quassù! >> Gridò, cercando di farsi sentire da Aragorn, stringendosi gli Hobbit ai fianchi come una mamma chioccia.

<< E quale via scegliere, allora?! >> Gridò di rimando Aragorn,  con Frodo sulle spalle << La Breccia di Rohan ci porta troppo vicini a Isengard! C’è solo questa via da tentare!! >> All’improvviso, distintamente, sentimmo tutti una voce risuonare, lontana, come un brontolio di tuono, ma molto più minaccioso. Giulia e io alzammo i nasi al cielo come tutta la carovana, mentre Gandalf pronunciava parole antiche con una voce non sua. << Ma che succede?! >> Gridò Sam, spaventato, cercando di tranquillizzare Billy, gli occhi bianchi di paura, schiacciato al fianco della montagna.

 

<< E’ SARUMAAAAAAAAAAAAAAAAAN!!! >>

 

Gridò Gandalf, nel momento esatto in cui un fulmine andò a intaccare la parete rocciosa sopra le nostre teste, provocando il suono più agghiacciante che abbia mai sentito. Ebbi il tempo di allacciarmi a Giulia e sentire Boromir schiacciarmi contro la parete, quando la parete stessa ci piombò addosso, vomitando neve e massi.

Gridai forte, e probabilmente non fui sola, ma quando fummo sotto, non sentii più alcun rumore.

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA: wow un nuovo chappi!!!  E che taglio drammatico che gli ho dato!! Ho scelto di non seguire la trama per filo e per segno, e di prendermi alcune libertà che spero siano apprezzate. Vediamo un po’…ho inserito una citazione: chi sa dirmi qual è???non chiedo l’autore della canzone perché non lo indovinereste mai…muahahahahahahahahah!!!! Be, spero che abbiate apprezzato, signori lettori!

 

Vedo che i miei sforzi sono stati lautamente premiati: ho ben 47 recensioni, quasi come nella mia prima storia- peccato che questa sia ancora a metà!!! Spero tanto di giungere alla fine con molte recensioni in più non solo per una meta mia personale, ma perché questo significa conoscere nuovi recensori, potenziali critici capaci di farmi andare nel pallone oppure di concedermi l’alloro dei poeti- era l’alloro, vero?

 

Oh vabbe, non facciamone una tragedy!!!spero di non aver sbagliato nulla…in tal caso, o recensori (anche nuovi, non abbiate paura, non mangio nessuno ), fatevi avanti!!!

 

L’Italia s’è desta, fratelli e sorelle!!! Felici 150 anni a tutti- e buon San Patrizio a tutti, che domani c’è la festa della birra *-*

 

De Prufundis,

Nini.

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Capitolo 19
*** Moria. ***


Mi risveglia con la faccia che bruciava e il resto del corpo gelato, come cristallizzato nella forma raggomitolata che nemmeno sapevo di aver assunto. Davanti ai miei occhi fiamme verdi danzavano con fare vivace, e poco oltre riuscivo a scorgere delle sagome: i miei compagni?

 

Giulia fu la prima ad accorgersene. << Anna! >> Mi chiamò, cercando di sovrastare il fragore della tormenta sopra le nostre teste << Anna!! Stai bene? >>

Io le risposi con un cenno del capo: stavo malissimo, ma come potevo darlo a vedere? Lei mi sorrise, sollevata << Meno male! >> Esclamò << Quando siamo stati sepolti dalla valanga, sei rimasta più sotto rispetto a noi tutti: abbiamo faticato parecchio per tirarti fuori viva da li! >> Un braccio mi strinse a se. Alzai il viso e sorrisi a Boromir.

<< Mi hai tirato tu fuori di li? >> Chiesi con voce gracchiante.

Lui annuì << Certo. Giulia non ce l’avrebbe mai fatta da sola! >> Mi passò una borraccia << Tieni: Gandalf ci ha fatto bere questo. Bevi anche tu e ti sentirai subito meglio, piccola… >>

Appoggiai appena le labbra alla borraccia e subito sentii la mente popolarsi di ricordi: avevo già bevuto quel liquore, a Imladris. Era squisito, forte, e aveva la capacità di dare calore a un corpo gelato e frescura a un cuore in fiamme! Nel mio caso, mi fece riprendere immediatamente: da seduta che ero, mi alzai e mi accostai agli altri, in piedi attorno al fuoco.

<< Si può sapere che è successo? >> Chiesi a Gandalf, che stava dall’altra parte del cerchio a fare da muro a Frodo << Come è possibile che un fulmine abbia colpito proprio lo sperone roccioso sopra di noi, eh? >>

<< Fenomeni tali accadono in montagna. >> Mi rispose Gimli << Ma stavolta c’è lo zampino di altro, e non parlo degli spiriti antichi che popolano questi crinali, ma della Mano Bianca. >>

Gandalf assentì a quelle parole << Bravo Gimli, dici bene. >> Il suo viso si fece più cupo << Saruman vuole ostacolare il nostro cammino, e sembra avercela fatta: non c’è alcuna possibilità di andare avanti, non con questo tempaccio! E sono certo che il vecchio Zio qualcosa ne saprà, di tempeste… >>

Sorrisi mestamente: lo Zio… Saruman sapeva che aveva rischiato di ammazzarmi? Sapeva che ero in viaggio con la Compagnia? Sicuramente lo intuiva…eppure, ci aveva - mi aveva - scaraventato addosso un’intera parete rocciosa capace di seppellirci per sempre e non farci proseguire il viaggio. << E ora che facciamo? >> Chiesi, tendendo le mani verso il fuoco, riscuotendomi da quei pensieri tristi << Non potremo andare oltre, ma non potremo nemmeno restare qui in eterno! Che facciamo dunque? >>

<< Torniamo indietro. >> Disse solennemente Frodo << Torniamo indietro e attraversiamo le Miniere di Moria. >>

Una perfetta “ O “ di stupore si disegnò sul mio viso << Davvero? >> Chiesi, guardando bene Gandalf. Lui, accorgendosi del mio sguardo, non tradì alcuna nota di sconforto. << Così è deciso. >> Disse secco, mentre il viso di Gimli si illuminava di un sorriso sgargiante << Oh, non vi troverete così male nelle miniere! È un bel posto, brava gente lo popola e soprattutto buona birra e buon cibo! Sono certo che lo apprezzerete di gran lunga ai piatti cucinati da Giulia e Sam! >>

<< Hei! >> Esclamò Sam, offeso << Che vorreste dire? Si fa quel che si può e mangiare un piatto caldo durante una simile marcia è già un miracolo! >>

Giulia rise di gusto, divertita << Mi dispiace Sam, ma sono d’accordo con Gimli: non vedo l’ora di vedere queste Miniere, e soprattutto non vedo l’ora di bere birra! >>

Io sorrisi, ma Boromir accanto a me aveva l’aria accigliata. Gli diedi una leggera gomitata << Che c’è? >> Gli bisbigliai << Qualcosa non va? >>

<< Il ritorno a casa si allunga. >> Borbottò di rimando << Passare il Cornorosso e poi la Breccia di Rohan era la via più corta per tornare a casa. Ora, ci tocca fare un giro maledettamente più lungo. >>

Annuii << Comprendo… ma che vuoi farci? Preferisci essere sommerso da una valanga e restarci sotto? >>

<< Piuttosto che strisciare sotto terra come un ratto, si, lo farei. >>

<< Non dire stronzate! >> Sbottai, irritata << Non ti è bastato la valanga che ci ha quasi ammazzati? Preferisci avere altri fulmini e saette, e altre neve, pur di varcare al più presto la frontiera di casa? Io sinceramente preferisco un viaggio non dico calmo, ma almeno al sicuro da valanghe e tempeste. >>

Non mi rispose per un motivo ben preciso, che mi fece sorridere di sbieco: avevo ragione io. Per l’ennesima volta.

 

 

Il freddo pungente non ci lasciò per tutta la discesa del crinale. Non allentò la sua morsa nemmeno quando la neve era sparita e aveva ceduto il passo a della rada erba, che cresceva nella valle ai piedi del Caradhras, valle che noi attraversavamo per giungere alle porte di Moria. Era scesa la notte da un pezzo, ormai, la luna si muoveva nel cielo accompagnata dalle stelle più brillanti anche se il suo chiarore era spesso e volentieri oscurato da fitte nubi nere.

<< Che siano ancora gli uccelli? >> Sentii chiedere Boromir ad Argorn. << Forse. >> Gli rispose questi << Ma anche se fosse, che potremmo farci? Non c’è posto dove nasconderci, qui: solo erba e erba e ancora erba, amico mio. Dovremo giocarci il fattore sorpresa, almeno con Saruman. >> Davanti a loro, senza farmi vedere, sorrisi compiaciuta: si stavano annusando, e la cosa mi garbava.

Dopo un bivio, ci trovammo qualcosa di spettacolare: una parete rocciosa talmente dritta da sembrar creata col filo di piombo si ergeva innanzi a noi e si rifletteva nelle acque cupe di un grande lago, il Sirannon, che lasciava una striscia sottile di terreno limaccioso per giungere a quelle meraviglie della natura che Gimli chiamò, con aria sognante << Le mura di Moria… >>

Egli procedeva in prima fila, davanti a tutti, davanti persino a Gandalf, che sorrideva a tanto entusiasmo. Gli Hobbit erano entusiasti di aver abbandonato la fredda montagna e pregustavano una notte serena e al calduccio, con la possibilità di mangiare in tranquillità e soprattutto di dormire senza svegliarsi per i tediosissimi turni di guardia! << Ci saranno dei letti? >> Chiese Pipino a Merry. << Io più che nei letti, spero nell’erba pipa. >> Gli rispose il cugino << La mia l’ho finita prima della salita al Cornorosso, e il tabacco di Gondor è troppo forte e speziato per i miei gusti raffinati. >>

Giulia ridacchiò << Vuoi una Marlboro, Merry? >> Gli chiese << Sono sigarette delle mie parti: potresti aprirla e vedere se il tabacco va bene per la tua pipa, che dici? >>

Merry ci pensò un attimo e poi annuì << Alla prima sosta ci provo! >>

<< Non resterai deluso, te lo assicuro. >>

 

Una volta seguita la riva limacciosa e anche un po’ puzzolente lasciata libera dall’acqua scura, ci trovammo sull’altra riva, davanti alla parete rocciosa a strapiombo su di noi. Le mura, così pallide alla luce lunare, sembravano di marmo finissimo e puro, senza neanche un segno, compreso quello che tutti si aspettavano: non vi era alcuna porta in quelle mura.

<< Non dovremo mica scalarle, spero! >> Esclamò Giulia, gettando lo zaino a terra e sedendosi su un masso << Perché io non ho alcuna intenzione di fare free climbing senza chiodi e picchetti! >>

Gandalf ridacchiò << Ma che scalare e scalare! La porta c’è, ma è nascosta e va trovata… >> Si mise ad analizzare la parete con attenzione << Era qui… da qualche parte… >> Continuava a borbottare, tastando ogni centimetro della parete. Ad un tratto, si fermò << Eccola! >> Esclamò, trionfante, voltandosi verso di noi << Ora ci vuole solo un po’ più di luce… >> Levò lo sguardo al cielo, coperto di nubi << Certe cose, cara Giulia, al buio sembrano introvabili, ma basta un piccolo lume… >> La luna fece nuovamente capolino su di noi, illuminandoci e inondando di bianco la parete, facendo scintillare qualcosa alle spalle di Gandalf <<.. e il nascondiglio è svelato. >>

Un mormorio di stupore attraversò la Compagnia quando una porta argentata dalle forme eleganti si disegnò alle spalle dell’Istari: era incisa nel muro, e si leggevano della parole. Gandalf le segnò una a una col bastone e lesse << C’è scritto: “ Ennyn Durin Aran Moria. Pedo mellon a minno “ , che in lingua corrente significa “ Le porte di Durin Signore di Moria. Di' amico ed entra “. >>

<< E cosa significa? >> Chiese Merry.

<< Oh, che devo dire la parola d’ordine e le porte si apriranno, a meno che tu non voglia provare a sfondarle con la tua testa! >> Posò l’estremità del bastone al centro della porta e premette, gracchiando qualche parole con voce greve e profonda. Al contrario di quanto ci aspettavamo, le porte non si mossero.

Giulia si trattenne dallo scoppiare a ridere, ma Gandalf la fulminò lo stesso con lo sguardo << Ho centinaia e centinai di parole chiave in centinaia e centinaia di lingue! >> Sbottò << E’ normale che non l’azzecchi al primo colpo, no? >> Giulia si era lasciata andare e rideva di gusto, e Gandalf si sedette su una roccia poco lontano dalla porta, facendo finta di niente e fumando la pipa con aria contrariata, alla ricerca della parola perduta. << Mi ci vorrà un attimo! >> Esclamò, sbuffando nervosamente. << Un attimo! >>

 

 

Dopo un ora, eravamo tranquillamente seduti davanti alla porta di Moria, in attesa che “ l’attimo “ in cui Gandalf avrebbe trovato la parola chiave arrivasse. C’era chi riposava e chi giocava, come Giulia con Merry e Pipino, che si divertivano a chi faceva fare più salti ai sassi lanciati sulla superfice dell’acqua. Merry era in testa, seguito da Giulia e in coda vi era Pipino, che si lamentava dicendo che la gara era truccata. Giulia se la godeva un mondo, ridendo di gusto e fumandosi una delle sigarette del suo mondo.

<< Che peperino che è tua sorella. >> Mi voltai, sorpresa: Legolas guardava Giulia ridere e sorrideva anche lui, gli angoli degli occhi assottigliati. << Mi piace molto, sai? >>

<< Davvero? >> Esclamai, colta di sorpresa. L’elfo si sedette, lanciando un’occhiata a Boromir, che dormiva tranquillo con la testa poggiata alle mura. Visto che eravamo soli, l’elfo continuò a parlare << Non so come mai… ma la trovo interessante. >> Disse, sgranando gli occhi per lo stupore << Da come ho detto, sembra che la definisca brutta… ma non lo è, assolutamente no… anzi, la trovo così…affascinante. >> Pensai a quella strana confessione, stupendomi di quanto avesse ragione << Credo che il suo bello sia nel suo essere androgina… così femminile eppure con quella punta di mascolinità >> Continuò il principino, toccandosi i capelli. Nel frattempo, Giulia lanciò un’imprecazione non proprio educata verso Aragorn, che aveva bloccato il loro gioco. A quella scena, scoppiai a ridere, facendo voltare tutti e svegliando Boromir << Chi l’avrebbe mai detto! >> Esclamai, battendo una mano sulla schiena dell’elfo, la cui carnagione si era fatta improvvisamente da algida a rosata << Chissà come andrà a finire! >>

<< Come andrà a finire cosa? >> Chiese Boromir con aria assonnata, sbadigliando. << Nulla! >> Si affrettò a dire Legolas, alzandosi, mentre da Gandalf si alzava un grido di stupore << MELLON!?! >>

 

Qualcosa, dall’altra parte della parete, si mosse e le porte si aprirono strusciando per terra. Sembrava che non si fossero aperte da mille anni. << Chi l’avrebbe mai detto! >> Borbottò Gandalf << “ Dite amici ed entrate “… bastava dirlo, amici. >> Le porte davano su un antro buio, e la luce lunare tagliava l’oscurità come un coltello il burro. Non che ci aspettassimo una grande accoglienza, ma quando entrammo fu inevitabile chiederci il motivo di tanta oscurità e del puzzo di chiuso. Per non parlare dell’odore di muffa! Gimli stava giusto decantando le doti dei cuochi nani quando Gandalf posizionò una pietra sulla sommità del suo bastone e illuminò l’anticamera, gettando luce sui cadaveri ormai putridi che infestavano il suolo.

<< Valar… >> Sentii mormorare Boromir << Questa non è una reggia, ma una tomba. >>

 

 

 

 

 

 

NOTICINA: wella!!!un saluto rapidissimo a tutti!!scusate l’attesa, ma ho avuto un sacco di lavoro da fare- lavoro che ha dato i suoi frutti, tra l’altro…

 

Vabbe, spero che vi abbia intrigato il chappiJ

Pace e ammore, vado davvero di fretta,

una frettolosissima Nini.

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Capitolo 20
*** Non abbiamo altra scelta. ***


Sentii Giulia farsi più vicina. La sua mano si strinse al mio polso e il respiro si fece corto, e non solo il suo: in me era calato lo stesso gelo che mi aveva attanagliato le viscere a Osghiliarth, quando Faramir aveva ucciso quell’orco. Si, era la stessa identica sensazione, lo stesso ribaltarsi dello stomaco. Solo che stavolta la sensazione era amplificata dai cadaveri a terra e dal puzzo di putrefazione.

Deglutii per cacciare indietro un conato e mi guardai attorno nella debole, fredda luce lunare che, impietosa, ci arrivava dalla porta ancora aperta: Boromir mi si era appiccicato alla schiena, lo sguardo vigile e il corpo pronto a scattare, e tutti tranne me avevano sguainato la spada. Gli Hobbit erano alla mia sinistra, in fila, le piccole spade sguainate e luccicanti-quella di Frodo emanava una pallida luce azzurrina, segnalando la presenza di orchi. Legolas si spostò di pochi passi dal fianco di Giulia- che non possedeva la spada- e si chinò a terra, fra i cadaveri. Si alzò tenendo fra le lunghe dita una freccia, il bel viso contratto dalla tensione.

<< Goblin. >> Sussurrò, mostrando ad Aragorn la punta aguzza. Gandalf si avvicinò e fece maggiore luce con la sommità del bastone, mentre Gimli singhiozzava a terra, inginocchiato fra i cadaveri della sua gente.

Dopo un tempo infinito, le parole di Boromir tranciarono il silenzio mortale. << Dirigiamoci alla Breccia di Rohan. >> Disse, con una calma che tradiva tutta la sua inquietudine. << Non saremmo mai dovuti giungere qui. >>  Continuò, iniziando a indietreggiare << E ora andiamocene… FUORI! >>

Fu il suo urlo a coprire il rumore del tentacolo sul fango della sponda e il grido di Frodo si unì all’eco del suo, facendoci improvvisamente sobbalzare: qualcosa aveva afferrato Frodo, silenzioso e meschino. E lo stava trascinando fuori.

<< FRODO!!! >> Urlò Sam, avventandosi sul tentacolo che sbucava dall’acqua come una furia, mentre Merry e Pipino cercavano di strappare Frodo dalla presa del viscido arto in un disperato tiro alla fune. Anche Jadis si era fatta sotto, e aveva azzannato il tentacolo appena fuori dall’acqua, senza sapere il rischio che correva: qualunque nemico fosse, quel coso non aveva solo un tentacolo.

<< JADIS! >> La chiamai, sguainando la spada e correndo con Boromir e Aragorn all’esterno, loro verso gli Hobbit e io verso Jadis. Frodo aveva ancora la caviglia imprigionata dalle ventose, ma i colpi di Sam avevano quasi reciso l’arto e questi si muoveva appena, pulsando piano mentre strisciava nell’acqua. Sembrava quasi inerte, sconfitto.

Già. Sembrava.

Simili a frecce, dal Sirannon schizzarono una decina di tentacoli che andarono ad abbattersi su di noi, quasi avessero preso la mira per colpirci. Mi lanciai a terra nel fango e riuscii ad evitarlo per un soffio, giusto il tempo per vedere Jadis sollevata da terra da uno di essi.  La sentii mugolare e guaire forte, stritolata da quella morsa. Che cazzo ci facevo ancora a terra?!?! << JADIIIIIIIIIIIIIIIIIIIS!!!!!!!! >> Gridai, piombando in acqua, lanciandomi sul tentacolo che la imprigionava, affondando la lama nella carne viscida più e più volte. Il tentacolo iniziò a contorcersi in modo sempre più incontrollabile,  finchè non lasciò cadere Jadis nell’acqua con un tonfo sordo e un ululato che mi fece temere il peggio. Il braccio sconfitto si inabissò mentre la mia lupa riemergeva dall’acqua. Nuotò lesta verso di me e la riva, uscì zoppicante e ammaccata, ma ancora viva. E questo mi bastava.

 In quel momento mi accorsi che un’altra battaglia si stava combattendo in parte alla mia: altri tentacoli volteggiavano in aria, altre figure pugnalavano la base dei tentacoli e delle grida acute fendevano l’aria. Io sapevo di chi era quella voce e mi bastò alzare lo sguardo per avere la conferma: Frodo veniva sballotto in aria, passato da un tentacolo all’altro, nel vano tentativo di non farlo cadere nelle mani di Boromir e Aragorn, improvvisatisi boscaioli, che con fendenti poderosi tranciavano i tentacoli di netto. Mi precipitai verso di loro, ma un’onda mi fece cadere nell’acqua fetida, mandandomi sotto. Riemersi giusto in tempo per vedere il mostro comparire, spumeggiante e gorgogliante.

Doveva essere qualche essere antico visto il suo aspetto: la carne lucida e bagnata rifletteva il chiarore lunare e lo faceva rilucere come acciaio, mentre piccoli occhietti neri dall’aria cattiva fissavano Frodo, sospeso proprio sopra di lui. “ Adesso lo mangia “ Pensai, paralizzata dal terrore, mentre l’Essere apriva una bocca enorme dalle innumerevoli fila di denti, simile a un pozzo nero. Persino dalla riva sentii il puzzo fetido che ne usciva. Frodo gridava e si dimenava sempre più, la voce sempre più acuta, mentre Aragorn e Boromir cercavano di districarsi dalla selva di tentacoli che gli impediva di avvicinarsi al Portatore.

Poi, tutto finì: qualcosa di sibilante mi sfiorò il viso, andando a colpire un occhio del mostro. Questi si contorse e chiuse la bocca, emettendo un gemito basso e antico, e i tentacoli si fecero improvvisamente deboli. Con un’agile mossa, Aragorn balzò in avanti e tagliò il tentacolo giusto, facendo piombare Frodo dritto dritto fra le braccia di Boromir. Sentii qualcuno strattonarmi e mi voltai: Giulia stava cercando di dirmi qualcosa, ma all’improvviso ero diventata sorda. La vidi solo guardare alle mie spalle e sbiancare. Poi sentii la mano bagnata di Aragorn prendermi per il gomito e trascinarmi verso la porta di Moria, nell’oscurità più nera, con la sensazione che quella cosa ci stesse ancora seguendo. Entrammo nell’atrio di volata, senza riguardo per i morti, finché tutto non tremò e piombammo nel buio.

 

 

Si sentivano solo i nostri respiri e lo sgocciolare delle vesti fradice.

Umore di legno su pietra << Non abbiamo altra scelta. >> Gandalf fece luce e si voltò a guardarci                       << Dobbiamo attraversare le lunghe tenebre di Moria. >> Si avviò verso la scala alle sue spalle << E’ un viaggio lungo. >> Spiegò << Quattro giorni per passare da parte a parte le Montagne Nebbiose. E ora silenzio. >> Dalla sommità della scala, sotto l’arco a sesto acuto, ci guardò uno a uno << Ci sono cose ben più antiche e malvage degli orchi che dimorano sotto terra. >>

Giulia ridacchiò << Se è per questo, anche sott’acqua. >>

 

 

Le miniere di Moria erano costituite da una serie di ampie caverne collegate fra loro da gallerie ampie, sorrette da archi a sesto acuto, piene di scale, sali-scendi, ascensori e gru. Giulia si stupì di non aver visto nessun carrello, e nemmeno un cunicolo stretto o in discesa, perché nel suo mondo le miniere erano proprio fatte così: stretti cunicoli che scendevano nelle viscere della terra, con minatori affannati a caccia di qualche filone d’oro, d’argento o altro.

<< Oh no, Giulia. >> La corresse Gimli, scuotendo il capo con aria di disapprovazione << Non potremmo mai fare un simile affronto alla natura! Sarebbe come stuprarla, capisci? Le nostre miniere sono state costruite coscienziosamente dai nostri padri, e i loro figli hanno proseguito la loro opera, rispettando e amando la pietra che ci ha dato la vita. Come potremmo distruggerla in tal modo? >>

Gandalf  sbottò in una risata sarcastica << Frena il tuo entusiasmo, Gimli, non dire idiozie: anche voi Nani siete stati ingordi, e avete scavato troppo a fondo e troppo a lungo a caccia di tesori, fino a svegliare il male che si agita nelle viscere di Arda! >>

<< Quella fu colpa della cattiva influenza dei Sette Anelli, e lo sai benissimo! >> Ribadì Gimli, adirato << Noi Nani amiamo il nostro mondo, le nostre montagne, le nostre gallerie… >> Nel camminare, sfiorò con la mano la pietra grezza << Forse si, siamo un po’ troppo voraci, più abbiamo e più vogliamo, ma… >>

<< Ma a ogni razza il suo difetto. >> Concluse Giulia, posando una mano sulla spalla del Nano << se questi fossero i difetti gravi, Gimli…il mondo sarebbe un posto migliore! >>

Legolas mi si avvicinò, raggiante << Diventa più saggia ogni giorno che passa. >> Commentò, il viso sereno. Io feci spallucce << Brevi sprazzi di saggezza, amico mio, brevi sprazzi! Ma…hai deciso se dichiararti o no? >>

Lui nascose il viso nei bei capelli biondi- ancora perfettamente in piega, maledizione!- e sussurrò << Credo che il momento non sia ancora giunto…ma arriverà. >>

Ripensai a me, al mio momento, a quando Boromir e io ci eravamo capiti e si era creata un’intesa << Certo che arriverà, Legolas. Arriva sempre. >>

 

 

Ci fermammo quasi subito per riprenderci dallo spavento e per cambiarci i vestiti fradici: le Miniere erano fredde e la prima cosa che volevamo evitare era il raffreddore. Aragorn si cambiò davanti a tutti, ma io e Boromir no:  ci mettemmo dietro una roccia, divisi dagli altri. Assieme. Da quanto era che non stavamo soli, io e lui…

<< Sei stata coraggiosa, oggi. >> Mi sussurrò Boromir mentre si sfilava la camicia accanto a me, rabbrividendo << Ho combattuto bene? >> Chiesi, avvolgendomi nella mantella asciutta. Ero riuscita a cambiarmi completamente, grazie all’idea di portarmi qualche cambio, e ora era il turno di Boromir.

<< Almeno non hai rischiato di farti ammazzare. >> Convenne lui << E’ stata una fortuna lasciare il pony fuori dalla miniera: saresti corsa a salvare pure lui, e probabilmente sarebbe morto dalla paura! >> Schioccò le dita << E bravo Aragorn! Un punto in più per il Ramingo! >>

Sorrisi a quell’affermazione: ormai “ Ramingo “ era diventato un soprannome come un altro, privo di astio, simpatico, a cui Aragorn aveva fatto l’abitudine. Riguardo al pony, annuii convinta: Bill era stato liberato dal suo carico, ridistribuito su tutti i membri, per poter tornare indietro, a Imladris. << La strada la conosce. >> Aveva sussurrato Aragorn a Sam con fare rassicurante << Non temere per la sua vita. >>

<< Allora.. non sei arrabbiato? >> Mormorai, ammucchiando i vestiti bagnati e mettendoli in un angolo della roccia.

<< Dovrei esserlo? >>

<< Una volta lo saresti stato. >>

Ancora a torso nudo, solo i pantaloni bagnati addosso, lui si fece vicino, mi attirò a sé con uno strattone e mi baciò come da tempo non mi baciava. Profondo. Lento. Caldo. Eccitante.

<< Una volta non ti avrei nemmeno baciata così. >> Mi sussurrò sulle labbra, guardandomi bene in viso. << Ne vuoi ancora? >>

“ Oh sisisisisisisisi!! “ << Mmmm…non saprei… >>

Lui sorrise malizioso e mi si avventò sul collo, strappandomi un piccolo gemito che non passò inosservato dall’altra parte della parete, perché Gandalf ebbe un improvviso attacco di tosse. Io mi staccai immediatamente, cercando di trattenere una risata che sicuramente avrebbe svegliato mezza Moria a causa della sua intensità. Boromir mi guardò con l’aria da cane bastonato più tenera del mondo e mi diede le spalle, levandosi i pantaloni bagnati. Lo divorai letteralmente con gli occhi, ma evitai di avvicinarmi e lui fece altrettanto: la tentazione sarebbe stata troppo forte, ma dall’altra parte della parete c’erano gli altri, e non mi andava che sentissero o immaginassero…. Qualcosa. Qualsiasi cosa. Una volta che si fu vestito, gli andai incontro e gli presi il bel viso fra le mani.

<< Resisti, amore mio. >> Gli sussurrai, fronte contro fronte << Arriverà il momento che nessun colpo di tosse funesto turberà i nostri momenti. >>

Lui sorrise, triste << Speriamo, perché non ce la faccio più. >>

 

 

<< Ne avete impiegato di tempo. >> Mi sussurrò Giulia quando riprendemmo la marcia. Eravamo in una galleria dal soffitto basso, ma sufficientemente larga per stare in due.

<< A far cosa. >>

<< A cambiarvi. >>

Sbuffai e le sorrisi << Era da un sacco che non stavamo un po’ soli e quin->>

<< Anna, stavo scherzando, non mi devi dare alcuna spiegazione. >> Mi bloccò e prese per mano << E’ ovvio che vogliate stare soli… io vi avrei anche lasciato fare, anzi! Stavo cercando di distrarre l’attenzione chiacchierando allegramente di una gita fatta in una miniera del mio mondo, quando il nonnetto si è messo a tossire! Certo che poteva evitarlo, no? >>

<< Oh, be… sai, per lui sono ancora la bambina persa nel bosco, quella che ha accudito per circa 16 anni… è normale che si senta imbarazzato, no? Intendo delle mie attività con Babu, intendo… >>

Lei ridacchiò << Se la metti su questo piano non ha nemmeno tutti i torti, povero nonno… e anche voi furbi! Non potevate evitarlo, quel gemito?!?! >>

<< Che potevo farci, scusa?!? Mi ha morso sul collo, e a me… >>

<< A te piace, vero? >> Ci voltammo entrambe verso Boromir, che chiudeva la fila dietro di noi, con un sorriso malizioso sulle labbra. Lui ci guardò con aria interrogativa, mentre noi ci voltavamo ridacchiando.

 

 

Tutto sommato, la marcia nelle tenebre di Moria non fu così tragica. Almeno finchè non giungemmo alla tomba di Balin.

E li, come mi disse Giulia alla fine della nostra avventura, furono cazzi amari.

 

 

 

 

 

NOTICINA: uuuuuuuuuuuuuuh!!!la spacabale di turno è tornataJ morivate dalla voglia di sapere come andava, vero?? Ma prima, un discorsetto semiserio:

DISCORSO DI RINGRAZIAMENTO:

 

lo scorso capitolo ho ricevuto la bellezza di sei recensioni, signori e signore- soprattutto signore. Ora, la cosa mi ha riempito talmente di gioia che mi sono decisamente commossa.

Ringrazio tutti dal de prufundis del mio ccccore e vi prego di replicare anche stavolta, che mi fa accapponare la pelle leggervi. Mi sento così bene…oddio, che mi stia drogando DI VOI???? AaaaaaaaaaaaaH!!!!! Come Edward Cullen con Bella Swan: “ Tu sei la mia qualità preferita di eroina…. “ La frase più odiato di Twilight!!! Ma noi non parliamo delle Meyer, ma trattiamo del Professore…anzi, non parliamo nemmeno di lui, perché parliamo di ME e VOI, donnine care: Straw x Kissh; xxbrokenrose;Barby_Ettelenie_91;Ragazzapsicolabile91; Cohava ( che è una new entry );

 Per Jhonny: vergona e disonore su di me che non ti ho ancora rispostoL perdoname, ma….ma bo, non ho scuse per il mio comportamento ignominioso. Stop. Almeno spero che l’influenza ti sia passata, baby…ti manderò birra in polvere, liofilizzata, per farti riprendere!!! Spero che almeno tu sia sui miei schermi…

FINE.

 

Bene, il discorsetto mi sembra abbastanza decente e anche fin troppo lungo e palloso…lo so, sarete perplesse, ma pace! Mi rammarica, ma io sono una perfettina casinista, un controsenso della natura, un universo in espansione…nonché anima Bella per nascita e vocazione- come voi, d’altro canto, perché secondo la Legge di Attrazione, noi desideriamo talmente tanto una cosa da far finire tutto ciò che coincide col nostro desiderio nel nostro raggio d’azione. Quindi: io desidero anime belle, quindi ho trovato- attirato- VOI, belle anime J

 

Emmobbbasta con ‘ste smancerie che se no mi metto a piangere…

 

Un saluto- e un grazie- dal più profondo del cuore matto.

Pace e ammore, Nini.

 

 

Ps- ADORO l’ultima riga di questo capitolo: è stata fatta in onore della mia gita a Barcellona in quinta superiore, ha una storia tutta sua e la persona che me l’ha insegnata era proprio una Giulia!!! Lei non saprà mai di questa storia, ma a me è rimasta dentro e mi faceva troppo ridere concludere il chappi così…così…così VOLGARMENTE.

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Capitolo 21
*** c...i amari, anzi: amarissimi. ***


Moria fu un esperienza deprimente a causa della scarsezza di luce, noiosa per via del silenzio impostoci da Gandalf e allucinante perché non si capiva se fosse giorno o notte: mangiavamo quando capitava e dormivamo quando eravamo stanchi. Punto. L’assenza di luce aveva gravato sul morale della Carovana, che camminavamo in uno stato di trance, seguendo la scia luminosa lasciata dal bastone di Gandalf.

Nessuno riusciva a sfuggire a quel senso di sfasamento opprimente, ed eravamo così persi, così senza bussola da somigliare a pecore che seguono il pastore. Gli unici che sembravano non aver perso l’orientamento erano Gandalf e Aragorn, ma loro erano un casi a se stanti: sarebbero riusciti a cavarsela nelle condizioni più estreme, quando tutti noi saremmo morti o impazziti. Persino Gimli, che era abituato a vivere sottoterra, si sentiva spiazzato e inebetito e Legolas, che di solito si muoveva leggero e lieve e parlava sempre col cuore leggero, era diventato grave e depresso. Gli Hobbit si sentivano fuori luogo, al chiuso, anche se le loro case erano scavate nei fianchi delle colline, quindi sottoterra. Io e Giulia cercavamo di spalleggiarci a vicenda, mentre Boromir tentava di emulare il comportamento di Aragorn, cercando di non sembrare spiazzato e privo di orientamento come noi altri. Fu abbastanza terribile, si, ma non come i primi giorni della marcia: quelli furono distruttivi mentre Moria fu “ solo “ allucinante.

 

 

Ma, come c’è un inizio, c’è anche una fine. Dopo lunghe ore di marcia, dopo aver macinato non so quanti chilometri, sbucammo da una galleria nell’ambiente più spazioso da noi visitato fino ad allora. In realtà, più che vederlo, lo percepivamo sulle nostre teste: l’aria era più limpida, pulita e fresca; l’eco dei nostri passi più ampio; il senso di solennità che permeava l’ombra più intenso… Tutto concorreva a creare un senso di grave austerità che lasciarci senza fiato.

Ci raggruppammo all’uscita della  galleria, facendo cerchio attorno a Gandalf, che stava pensando a cosa fare.

<< Se siamo giunti fino a qui significa che i miei ricordi non sono del tutto arrugginiti: la strada percorsa era corretta! >> Si voltò verso di noi << Manca poco ormai, Compagni, ci siamo quasi! Fra non molto, potremo respirare aria fresca e godere della luce del sole! Ma… >> Si voltò di nuovo, dandoci le spalle, guardando la sala << … Ma voglio rendervi partecipi dello spettacolo. Oserò un po’ più di luce… >> Allora alzò il bastone e disse << Ammirate! Il Grande Reame dei Nani: Nanosterro! >>

 

La luce si propagò per tutta la sala e la illuminò per un lungo, lunghissimo attimo, in cui noi potemmo ammirare la maestria dei Nani: la sala era enorme, di proporzioni impossibili da calcolare a occhio nudo; alte, altissime colonne plasmate dalla pietra sorreggevano un soffitto nero come la pece,  oscurità impenetrabile  dalla luce troppo blanda di Gandalf, ma più che sufficiente per renderci partecipi di quella meraviglia. Accanto a me, sentii Sam mormorare con aria meravigliata << Ti fa spalancare gli occhi, certo… >> E lo vidi muovere qualche passo col naso per aria, troppo stupito da quelle colonne enormi, scanalate con cura, dalla circonferenza esagerata.

Merry si affiancò a Frodo << Hanno la stessa circonferenza dell’albero della festa di Bilbo, non trovi? >> Gli chiese e Frodo annuì << Già, solo che quello è un dono della natura. Non pensavo che la bravura dei Nani arrivasse a tanto. >>

Gimli annuì, commosso << Nemmeno io lo pensavo, nemmeno io… >>

 

 

<< E’ meraviglioso. >> Mi disse Giulia, affiancandomi mentre ci muovevamo tra le colonne nuovamente nascoste dalla penombra << Grandi cose sono state fatte nel mio mondo, ne ho viste un po’ in un modo o nell’altro, ma come queste colonne…mai. >>

<< L’ispirazione può tutto >> Ribadii << I Nani qui dovevano essere felici, e la felicità gli ha ispirato questa meraviglia del Mondo Antico. >> Giulia annuì, accennando a Boromir che camminava accanto ad Aragorn, in un atteggiamento amichevole seppur silenzioso . << Vedo che Bubu si sta facendo un nuovo amichetto, eh? >>

Annuii, sorridendo  << E’ un bene che si parlino, lo sai. >> Giulia era a conoscenza del fatto che Aragorn fosse il legittimo erede al trono di Gondor e che Boromir fosse un suo vassallo. Gliel’avevo detto poco prima di partire e anche lei era riuscita a comprendere l’astio fra i due, fino ad allora inspiegabile. Ma da un po’ quell’atteggiamento si era ammorbidito, forse per le doti che il Ramingo sapeva mostrare, forse per la capacità di Boromir di dare rispetto a chi se lo merita. E, come in seguito scoprimmo, ad Aragorn andava tutto il rispetto di questo mondo.

 

 

Camminammo ancora a lungo nella Sala delle Colonne, fino a quando non la notammo: una pozza di luce inondava il pavimento a qualche centinaio di metri da noi. Quel piccolo rettangolo bianco era la prima luce che vedevamo da almeno quattro giorni e la sua visione ci rese talmente euforici da farci scattare in avanti come animali assetati, anche se Gandalf protestò non poco. Gimli guidava il gruppo e fu il primo a capire che la felicità era il sentimento meno adatto alla situazione. Ci trovavamo sulla soglia di una sala piccola, con una finestrella simile a una feritoia che lasciava entrare un fascio di luce piombava su un tavolo di marmo, dandogli un aspetto quasi ieratico, ultraterreno, dal tanto era scintillante.

Aragorn si avvicinò alle mie spalle, contemplando la scena  << Ma quello non è un tavolo. >> Mormorò, mentre Gimli si avvicinava piano e lentamente si inginocchiava, intonando un lugubre lamento, davanti a quella che era una tomba. Gandalf si fece largo fra di noi e andò accanto a Gimli, che singhiozzava sconsolato, e lesse a voce alta << “ Qui giace Balin, figlio di Fundin, Signore di Moria. “  >> Tacque un attimo, mentre il lamento del Nano andava facendosi più alto << E’ morto, dunque. Come temevo. >> Disse ad Aragorn, che gli si era affiancato, mentre Giulia si era avvicinata a Gimli e gli aveva accarezzato una spalla, sussurrandogli << Condoglianze. >> .

Intanto, noi tutti stavamo osservando la stanza: era angusta e la porta principale da cui eravamo entrati era si marcia, ma ancora nei cardini. Era una sala piccola e solo in seguito notammo i cadaveri decomposti sparsi sul pavimento, segno che attorno alla tomba dell’ultimo signore di Moria si era data battaglia. Poi, Gandalf porse cappello e bastone a Pipino e si chinò a prendere un libro dall’aria maciullata, in avanzato stato di deperimento e rovina, proprio dalle braccia di un cadavere. Ci soffiò sopra e lo aprì verso la fine, mentre Legolas alle mie spalle bisbigliava a Boromir << Non abbiamo tempo da perdere, non possiamo indugiare. >>

Gandalf iniziò a leggere, e i capelli sulla mia nuca si rizzarono dallo spavento.

<< Hanno preso il ponte, non possiamo fuggire. I tamburi rullano, loro si fanno più vicini. Tamburi. Tamburi negli abissi. >> Voltò una pagina << Siamo rinchiusi qui. Non ce via di scampo. Ancora tamburi… La scrittura si fa più confusa… fino all’ultima parola. >> Ci guardò uno ad uno << Arrivano. >>

 

Lo schianto arrivò improvviso e procurò lo stesso effetto di una sferzata sulla carne nuda. Pipino si era avvicinato troppo al pozzo della stanza, facendo cadere lo scheletro che vi era precariamente appoggiato e che era caduto nel baratro in uno sferragliare malefico, portandosi appresso anche la catena e il secchio. Giulia lanciò un gridolino di spavento, ma fu nulla rispetto agli ultimi echi profondi alla fine della caduta, echi che sembrarono infiniti. Restammo tutti col fiato sospeso, io con la mano di mano di Boromir avvinghiata al polso, finchè l’ultimo, lontano eco della caduta non tacque. Restammo in ascolto del silenzio ristabilito, cercando di percepire se altri suoni lo disturbassero. Ma nulla. Il silenzio era tornato.

Mi lasciai scappare una risatina e abbracciai Boromir, che ricambiò con slancio: avevamo rischiato grosso, ma era andata.

<< Idiota di un Tuc! >> Sbottò Gandalf << Gettati tu, la prossima volta, e liberaci della tua stupidità! >>

Pipino aveva l’aria contrita e mesta, conscio di aver compiuto un gesto sconsiderato e di aver preso un magnifico cazziatone- meritatissimo, mi disse Giulia, mentre si staccava da Legolas che, di slancio, aveva abbracciato.

La Carovana sembrava prossima a ripartire per lasciare quelle dannate miniere una volta per tutte, e invece no. No. No. No. No. Perché successe l’unica cosa che NON doveva succedere in una missione del genere, l’unica di cui ci eravamo sempre preoccupati: restare nascosti.

Un lieve rumore ci immobilizzò, facendoci gelare il sangue nelle vene. Un tamburo.

Poi un altro.

Poi un altro ancora.

Poi vennero le urla.

<< I Goblin… >> Esalò Legolas, parandosi davanti a Giulia, mentre Boromir andava a guardare fuori dalla porta- sempre quello che rischia la vita, lui!- e si ritirava di scatto, volgendosi verso di noi col viso slavato e accostava le ante << E’ un Troll di caverna!!! >>

 

E tutto accadde alla svelta: Aragorn e Boromir serrarono la porta e la resero più robusta bloccandola con delle asce; noi facemmo gruppo attorno a Gandalf, tutti con la spada sguainata tranne Giulia, che si era appropriata di una spada trovata per terra; Legolas era in parte a Giulia, pronto a proteggerla; Gimli si era messo in piedi sulla tomba del cugino, l’aria più inferocita che mai, un ascia per mano.

 

<< Che vengano pure! >> Gridò << Troveranno che qui a Moria c’è ancora un Nano che respira! >>

Quelli non si fecero pregare.

 

 

 

 

 

 

NOTICINA!!!all’alba delle 23 e19, mi ritrovo con gli occhi ridotti a fessure verticali a salutarvi, o beneamati lettori…la vostra passione mi divora e toglie ore di sonnoJ e infatti, ora, vado a nanna che domani alle8e30 ho contemporanea e dormirò di sicuro…

 

Una dolce notte anche a voi, un insonnolita Nini.

 

Ps- il passo letto da Gandalf non è proprio corretto ma pazienza: il senso si capisce. In secondo luogo: sto cercando di ricordare una scena della versione integrale della battaglia nelle stanza di Balin… a Bubu capitava qualcosa di brutto…ricordate nulla voi???please, cercate di farvelo venire in mente che è utileeeeeeeeeeeeeeee!!!! Baci, pace e ammmmmmmoreJ

 

De prufundis ( de Addormentandis ) Nini.

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Capitolo 22
*** primo addio ***


La tensione divenne palpabile quando i primi orchetti andarono a cozzare contro la porta, cercando di abbatterla fra urla inferocite e bestemmie in qualche loro lingua oscura. Mi resi conto di digrignare i denti e di non riuscire a sgombrare la mente a causa di mia sorella. Accanto a me, Giulia andava facendosi sempre più pallida e goccioline di sudore le si erano formate sul labbro superiore, mentre le pupille si facevano sempre più dilatate. Non ero un’esperta, ma riuscii comunque a fare una diagnosi: era semplicemente terrorizzata. Legolas era arrivato alla mia stessa conclusione e guardava Giulia, preoccupato.

<< Giulia? >> La chiamai e lei a malapena si girò a guardarmi, senza distogliere gli occhi dilatati dalla porta << Giulia, tu oggi combatti solo se necessario. Io e Legolas ti difendiamo, va bene? Tu resta dietro di noi, d’accordo? >> Senza preavviso, Legolas scossò la prima freccia contro il braccio di un orchetto, infilatosi in una breccia della porta marcia. Giulia era sobbalzata e aveva lasciato cadere la spada, iniziando a tremare in maniera visibile.  << Giulia! >> La chiamai, afferrandola per un braccio e scuotendola. Ripresi la spada arrugginita e gliela piantai in mano << Cazzo, ascoltami! >> Gridai, facendo girare Boromir << Ti proteggo io, sorellina, non ti lascerò morire, ma devi almeno impugnare un’arma, o sarai morta!! >> Lei mi guardò con gli occhi colmi di lacrime, terrorizzata, continuando a fare cenno di no con la testa scompigliata. Era ridotta parecchio peggio di me alla prima battaglia: era in panico totale e io avrei dovuto starle accanto, esattamente come Faramir fece con me. Cosa era in grado di riservare, il Destino…

Proprio in quel momento, gli orchi fecero breccia nella porta marcia e irruppero nella sala, fra versi non umani e strilli, mulinando le spade assetate di sangue per mietere vittime. Aragorn e Boromir erano in prima fila, proprio davanti a me e a Giulia, dimostrando tutta la loro furia assassina menando poderosi fendenti ai nemici, spiccando teste e lanciando grida ben più terrificanti di quelle degli orchi, forse perché sapevamo prodotte da esseri umani. Gandalf era con loro, si aiutava col bastone; combatteva ancora bene, per essere tanto anziano…Accanto a me, Giulia menava fendenti a casaccio, senza guardare, riuscendo nell’intento di ferire gli orchi che le si avvicinavano in modo che io li finissi. Alle spalle di Giulia combatteva Legolas che, con grazia felina, scoccava frecce e si disfaceva degli orchi più vicini grazie a due pugnali elfici, che di solito portava incrociati dietro la schiena, sotto la faretra. Ancora in piedi sulla tomba di Balin, Gimli menava poderosi colpi d’ascia sui crani nemici, sparpagliando materia grigia sul pavimento immondo, senza rendersi conto della risata che prorompeva dalle sue labbra: pura, autentica, gioia di uccidere. Dietro di noi, gli Hobbit combattevano il loro Battesimo di sangue. Sam aveva già ucciso il suo primo orchetto, quando venne ferito di striscio alla testa, restando stordito e vulnerabile per un attimo. Attimo che gli sarebbe stato fatale se Giulia, preso il coraggio a due mani, non avesse infilzato l’orchetto che, alzata la scure alle spalle di Sam,  aveva tutta l’intenzione di fracassargli la testa. Non ebbi tempo di controllare Giulia, ma seppi che il terrore iniziale era servito a renderla più forte: ora era accanto a me, che fissava determinata la porta e reggeva quel ferro vecchio come gli aveva insegnato Boromir.

<< Complimenti, sorellina. >> Mi congratulai con lei << Hai appena passato con successo il tuo Battesimo. >>

<< Passato o no, so solo che se ammazzo un altro orco vomito. >>

Anche Jadi si stava battendo bene, uccidendo orchetti e dilaniando feriti, e il suo manto bianco era macchiato di nero sangue d’orco.

 

Una poderosa martellata si abbattè sullo stipite della porta, abbattendola in parte e fracassandoci i timpani. Dalla polvere che ne seguì, nascosto da essa, qualcosa emise un boato spaventoso, finchè non si rivelò: era il Troll di caverna. Era una bestia enorme, la più grossa che avessi mai visto. Piccoli occhi maligni luccicavano su di un muso piatto e cattivo, dalla bocca larga e storta. Nella mano destra reggeva un grosso martello macchiato di sangue, mentre nella sinistra reggeva delle catene.

Fu allora che accadde.

Prima che potessi fermarla, ringhiando con aria minacciosa, Jadis gli si avventò contro col coraggio da lupo che ardeva nel suo cuore, tentando di azzannargli il basso ventre e di renderlo vulnerabile. Ma il troll se ne accorse e la colpì col martello dritta nel fianco, schiantandola contro uno dei muri della sala, in mezzo alla frenesia della battaglia.

Il mio cuore si fermò.

<< JADIIIIIIS!!!! >> Ululai, correndo al suo fianco, temendo il peggio ma con la speranza di essermi sbagliata, di aver visto male, di non aver sentito il suo collo rompersi anche in mezzo al casino delle lame. Ma non vi era alcun dubbio: sangue le usciva dalle fauci, e non era sangue d’orco, bensì quello delle sue viscere straziate. Aveva ancora gli occhi aperti, la mia coraggiosa lupa, e glieli chiusi mentre il battito lento del mio cuore si trasformava in un rombo sempre maggiore, sempre maggiore, fino a sostituire il suono delle lame e della battaglia. Mi abbattei sul troll come una furia, conficcandogli la spada nel piede destro, gioendo alla vista del suo sangue nero. Gli lanciai un affondo nel basso ventre, scoperto dalla corazza, e rotolai a terra quando il troll tentò di spazzarmi via con il martello, sfiorandomi i capelli. Probabilmente gridavo, in quei momenti, gridavo tutto il mio dolore, e sarei ritornata alla carica se Boromir non mi avesse fermato.

<< Vuoi farti ammazzare?!?! >> Mi strillò in un orecchio, e li ricominciai a sentire. << Come credi di poterlo ammazzare senza prima disarmarlo, eh?? STUPIDA!! >>

<< HA AMMAZZATO JADIS!! >> Ululai << L’HA AMMAZZATA, BOROMIR! E’ MORTA…morta… >> Iniziò a importarmi sempre meno di tutto, della battaglia, del troll, degli Hobbit: Jadis era morta… morta!!  Sentii solo la mano di Boromir scrollarmi e percepii la sua voce preoccupata << Non ci devi pensare ora, non puoi pensarci: c’è ancora tanto da combattere, qui, e se non la- >> Squarciò la gola a un orco che gli passava accanto per trovare scampo. Io rimasi indifferente. << … Penserai dopo al lutto. >> Proseguì, e solo allora mi accorsi di quanto fosse stanco, di quanto fosse pallido e sporco di sangue << E ci penserò anch’io. Jadis era anche un po’ mia, no? >>

Un altro urlo distolse l’attenzione di Boromir, e lo vidi farsi ancora più pallido. << Frodo.. >> Mormorò, lasciando andare la presa sulla mia spalla << …No, Frodo! >> Mi trascinò verso un angolo della sala dove il gruppo si era riunito.

Il troll era stato abbattuto da Legolas e ora giaceva, immobile, accanto alla tomba di Balin. Quel bastardo aveva avuto la fine che si meritava e io, per vendetta, gli tirai un puerile calcio alla faccia, ma la cosa non mi fece stare meglio: nulla avrebbe riportato Jadis indietro, nulla. E io ero sola nel mio dolore.

 

Frodo giaceva a terra, esanime, il viso rivolto al pavimento e una lancia conficcata nel fianco. Aragorn era accanto a lui, il viso teso e contratto dal dolore per non aver portato a termine l’unico compito che aveva davvero senso: proteggere il Portatore. << Siamo nella merda… >> Sentii borbottare Giulia alle mie spalle. Mi voltai a guardarla e vidi la sua espressione passare da triste a stupita a piena di gioia << FRODO!! >> Gridò << Ommioddio, SEI VIVO! >>

Mi voltai a mia volta e sorrisi a quella meraviglia ( pensavo che non avrei mai più sorriso e invece.. ): Frodo era seduto, dolorante ma vivo, e si scostava un lembo della camicia per mostrare a tutti il segreto della sua sopravvivenza: una cotta di maglia lucente ricopriva la sua pelle candida. La vista di quella meraviglia fece lanciare a Gimli un grido di stupore << Ma quello è Mithrill! >> Esclamò << Sei pieno di sorprese, Frodo Baggins. >>

Una volta appurata la salute di Frodo, tutti gli sguardi si rivolsero a Jadis. << Era una bella bestia. >> Commentò Gimli << E’ morta in battaglia, come una di noi. Mi dolgo per la tua perdita, giovane Anna. >>

<< Dovremmo seppellirla. >> Disse Aragorn, poggiandomi una mano sulla spalla << E’ stata una grande figura per noi e sicuramente non verrà dimenticata,  la tua Jadis. Sarà ricordata nelle canzoni del futuro. >> Per la prima volta, sentii gli occhi farsi lucidi mentre annuivo. << Dovremmo seppellirla. >> Ripetè Gandalf << Ma lo sai meglio di me che non ne abbiamo il tempo. Dille addio- anzi, arrivederci: un giorno vi rincontrerete. Lo sai, e hai la mia parola. >>

Stetti ferma, non mossi un passo verso quello che una volta era Jadis. Pensai a tutto e a niente e sentii le lacrime fermarsi sulle ciglia. Avrei pianto dopo, fuori da quell’incubo che era diventata Moria, ma ora dovevamo andarcene, e gli altri aspettavano solo me. Trassi un profondo respiro e diedi le spalle alle spoglie di Jadis, portandomi sempre nel cuore l’immagine di quell’animale che era stato molto di più che una bestia da compagnia.

<< Muoviamoci. >> Sussurrai a Gandalf, sorpassandolo << Non sopporto di restare qui. >>

 

Fu così che corremmo fuori, di nuovo nella Sala delle Colonne, tentando di sopravvivere. Ormai non aveva più senso restare nell’oscurità e il bastone di Gandalf illuminava il salone a giorno, mostrandoci dettagli inquietanti: infatti, non eravamo soli, ma in compagnia di centinaia di orchi e Goblin che seguivano ogni nostro passo, sbucando da tunnel sotterranei o calandosi come ragni dal soffitto.

Gandalf arrestò la corsa e noi facemmo cerchio attorno a lui, spaventati ma pronti: ci saremmo difesi con le unghie e con i denti, portando nella morte con noi più orchi possibile. Gimli gridava accanto a me, agitando l’ascia in segno di sfida, mentre io stavo ferma e contemplavo la massa nauseante che avevo davanti a me, senza concentrarmi su qualcuno in particolare. Alle mie spalle, Boromir faceva lo stesso.

Gli orchetti e i goblin si sarebbero divertiti a spaventarci ancora un po’ prima di ammazzarci, se non fosse intervenuto lui. Sentimmo come un ruggito in lontananza e un rumore di pietra spostata e i nostri nemici sembrarono presi dal panico: si immobilizzarono prima e poi scoppiarono in gridolini spaventati, strisciando nell’ombra da cui erano venuti. Ci guardammo alle spalle: dal fondo della sala, non so da quale punto cardinale, si propagava un chiarore rossastro, come di fiamma. Sentimmo rumore di passi e vedemmo la fiamma muoversi: qualsiasi cosa fosse, si era accorto di noi e si stava avvicinando con un sordo ringhio che ci fece accapponare la pelle. << Cos’è questa nuova diavoleria? >> Chiese Boromir asciutto, mentre io abbassavo la spada e mi stringevo a lui. La cosa ringhiò più forte e sembrò destare Gandalf dalle sue profonde riflessioni.

<< E’ un Barlog. >> Disse solo e il nome bastò per farmi gelare il sangue. Ne avevo sentito parlare a Isengard, leggiucchiando qualche libro della biblioteca privata di Saruman. Se prima eravamo nella merda fino al collo adesso ci annegavamo. << E’ un nemico sopra la nostra portata… FUGGIAMO! >>

Corremmo a lungo, rischiammo grosso quando dovemmo attraversare una serie di scale ed il peso del Balrog fece tremare il soffitto sopra le nostre teste, scagliando pietre e pezzi delle stesse scale giù negli abissi. Il tutto condito dalle frecce che gli orchi, in posizioni sopraelevate, ci scagliavano addosso. Mi ricordo ogni singolo passo di quella fuga, ma lo ricordo come spettatore esterno: non ero io quella che correva, che Boromir teneva per mano, che aiutava Giulia e sosteneva gli Hobbit. No, vedevo tutto come se fossi all’esterno della Compagnia, estraniata da essa.

 

Ritornai in me quando fummo sul ponte di Khazad-dum e sentii Gandalf ordinare

<< Tu non puoi passare. >>

 

 

 

 

 

 

NOTICINA:ehm…che ritardo spaventoso…mi scuso enormemente e spero che apprezziate questo chappi che mi è costata tanta ma taaaaaaaaaanta fatica!!!

 

Con affetto, pace e ammore!

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Capitolo 23
*** io non ero sola. ***


Il ponte era una lingua di roccia che si gettava da una parte all’altra dell’abisso. Era così sottile che dovemmo correre in fila indiana per passare e in tal modo sfuggire alle fiamme. Lasciavamo Moria, finalmente, per non tornarci mai più. Pensavamo di aver seminato il Balrog (anche se alle nostre spalle udivamo lo scalpiccio e i gutturali versi degli orchi) o al massimo di affrontarlo all’aperto, sotto la luce del sole, che ormai riuscivamo a percepire più che a vedere. Ma andò diversamente.

 

Dal muro di fiamme che si levava alle nostre spalle, una figura rossa e nera si fece avanti, fumosa e sfolgorante. I suoi passi facevano tremare la terra e il Barlog, follemente, aveva già posato il primo zoccolo sull’esile ponte. Fu li che Gandalf compì la pazzia: si fermò a metà ponte e si girò, ergendosi in tutta la sua magnificenza da Istari, invece che seguire noi, già al sicuro sull’altra sponda. Restammo tutti in silenzio, ammutoliti da quel tremendo spettacolo: un uomo piccolo e cencioso che si ergeva coraggiosamente contro un Demone del mondo antico. E tutto per salvarci.

<< Tu non puoi passare. >> Ordinò alla figura, che si fermò, stupita che qualcuno osasse darle un ordine. Il Barlog si mostrò in tutta la sua potenza: spiegò delle ali di fiamme e fece comparire fra le sue mani una spada di folgori e una frusta di lingue di fuoco, che menò per aria e provocò uno schiocco simile a un tuono. Ci fece accapponare la pelle.

<< Tu non puoi passare! >> Ribadì Gandalf, sfoderando la spada e alzando il bastone, che iniziò a emettere dalla punta un bagliore sempre più forte << Sono un servitore del Fuoco Segreto e reggo la Fiamma di Amon! >> Il bagliore si trasformò in una sfera bianca che avvolse Gandalf, simile a uno scudo. In confronto al nero del Barlog, Gandalf sembrava una piccola stella dispersa nella notte. << Il Fuoco Oscuro non ti servirà a nulla, Fiamma di Udùn!!! >> Gridò mentre il demone faceva cadere la lama su di lui, provocando lampi e scintille.

Incapace di starmene con le mani in mano, sguainai la spada e mi preparai ad andare ad aiutarlo, per quanto potesse apparire folle e inutile un gesto simile. Lo sentii gridare sotto il peso della spada del Balrog, e solo le forti braccia di Boromir riuscirono a trattenermi dal correre in soccorso del mio maestro. << GANDALF! >> Lo chiamai << GANDAAAALF!!! >>

Il bagliore cessò, la lama del Balrog non aveva intaccato le difese dell’Istari ma si vedeva che era molto provato. Barcollando, Gandalf si erse nuovamente in tutta la sua altezza- poca cosa, in confronto alla vastità del demone che ci trovavamo davanti- e alzò alto il bastone sopra la testa. << Ritorna nell’Ombra. >> Ringhiò per poi scandire << TU NON PUOI PASSARE! >> Con quanto fiato avesse in corpo.

Il bastone si abbattè sul ponte e lo spezzò come se fosse stato una torta, creando una profonda crepa. Una sfida, per il Balrog, che si sarebbe conclusa con la morte, se avesse osato muovere un solo passo in avanti. Ma il Barlog accettò volentieri la morte al posto della sconfitta: sbuffando dalle narici con aria impaziente, fece un passo e , come previsto, il ponte crollò sotto il suo peso esagerato, trascinando quel mostro di fiamme e fuoco nell’abisso di pece che si trovava sotto di noi, mentre Gandalf stava a guardare.

Non appena le corna del demone ebbero sorpassato l’orlo del ponte, scansai Boromir e scattai in avanti sul ponte, da Gandalf, per offrirgli il mio braccio e uscire una volta per tutte da quell’inferno che aveva portato via Jadis e aveva quasi ammazzato lui. Si era appena voltato, le spalle improvvisamente schiacciate dal peso della stanchezza , e mi stava per dire di lasciar perdere, di stare lontana dal ponte, quando accadde: una lingua di fuoco risalì dall’abisso e si avviluppò attorno alla sua caviglia ossuta, trascinandolo con sé. Vidi i suoi occhi ingigantirsi dalla paura e lo vidi lasciare spada e bastone per afferrarsi al bordo frastagliato del ponte. Mi lanciai a terra e riuscii ad afferrargli un polso, uno solo, mentre le sue mani si aggrappavano disperatamente all’orlo frastagliato del ponte.

I nostri sguardi si incrociarono.

<< Hai ancora tanto da fare. >> Mi disse in un soffio << Devi lasciarmi. >>

<< Mai! >> Esclamai, spaventata << Cosa faremo senza di te? La Compagnia non può esistere senza la tua guida, Gandalf! Cosa faremo- IO cosa farò?! Non lasciarmi, non… >> Il suo polso si sfilò dalla mia presa e le parole mi si mozzarono in gola, mentre i miei occhi terrorizzati si riflettevano nei suoi, tristi ma tranquilli.

<< Credi che sia la fine? >> Mi domandò << Ci vedremo ancora. >> Gandalf lasciò la presa sul ponte e fui sola nel sostenere il peso del suo corpo. Nonostante fosse un mucchietto d’ossa, sostenerlo a peso morto era davvero difficile. Trattenni un mugolio di dolore e di spavento mentre la mano iniziava a sfuggirmi sempre di più. Mi sorrise con aria paterna << Sei come una figlia per me. >> Mi disse  mentre la mia presa scivolava sulle dita.

<< Gandalf… >>

<< Lasciami. Aiuta Aragorn e proteggi Frodo. Stai vicina a Boromir. E ora lasciami. >>

Senza che io lo volessi, senza che potessi fare qualcosa, le dita ossute di Gandalf scivolarono dalle mie come se fossero oliate. Lo vidi precipitare nel nero abisso sottostante e rimasi ferma. Sparì velocemente nell’oscurità, vorticando e seguendo nella folle corsa la scia luminosa lasciata dal Balrog.

Non un verso uscì dalle mie labbra. Rimasi ammutolita, attonita, immobile sull’orlo del baratro. Qualcosa mi colpì alla spalla, e immediatamente sentii qualcosa di caldo colarmi lungo la camicia. Con la coda dell’occhio, vidi le piume di una freccia spuntarmi dalla spalla destra, ma il dolore non c’era. Solo prurito e apatia.

Qualcuno mi sollevò per la vita e mi issò sulle spalle, portandomi lontano dall’abisso e dalle tenebre di Moria. Vidi, mentre mi portavano via, che dal lato crollato del ponte una fila di orchi scagliava frecce. Ne vidi parecchie arrivarmi vicino, sfiorarmi quasi, e non dimenticherò mai le sagome degli orchetti che si stagliavano sul muro di fiamme, oltre l’abisso in cui il mio protettore aveva trovato la morte.

Mi accorsi di essere portata in spalla da Boromir solo quando passai accanto ad Aragorn, che distolse lo sguardo dal mio per non mostrare le lacrime che lo velavano. Era lui il capo, adesso, lui era la guida, e la prima cosa da fare era dare forza agli altri, anche se si era appena staccata un pezzo di anima.

Svoltato l’angolo, percorse le scale, ci ritrovammo fuori, su un costolone di roccia, lontani dagli orchi e dalle loro frecce, alleggeriti di due vite umane e distrutti dal dolore. Il cielo non era mai stato così azzurro, il sole così tiepido e le rocce così bianche. Sarebbe stata una giornata felice, quella. Sarebbe.

 

 

Boromir mi lasciò andare a terra e si mise ad analizzarmi la ferita. Mi strappò la freccia e frugò nel mio bagaglio fino a trovare la cartelletta di Matilde. Pulita la ferita con un po’ d’acqua, vi versò sopra un po’ del contenuto di diverse fiale, evitando accuratamente di guardarmi negli occhi e senza dire una sola parola. Non lo vidi piangere, ma capii dai suoi gesti che era fortemente scosso. Per quanto riguarda me, avrebbe potuto lasciarmi li, seduta su quella roccia, ferita, che sicuramente non avrei fatto niente. Sarei rimasta li, senza dire una parola o emettere un gemito di dolore , attonita, la freccia conficcata nella spalla e il suo veleno che lentamente si propagava nel sangue, fino alla morte. Ora che ci penso, nemmeno quando mi estrasse la freccia sentii male. Ero come anestetizzata, ma non vi era alcun confortevole oblio. Non sentivo niente, ma ero lucida. E la mia mente iniziò crudelmente a pensare.  

Jadis era morta.

Gandalf pure.

Le vite a cui tenevo di più mi avevano abbandonata, lasciata sola nella vastità del mondo e nel fiore degli anni. In quel momento pensai che né Giulia né Boromir avrebbero mai colmato quel vuoto, tanto ero ripiegato su me stessa. Mi sentivo tragicamente sola  e anche un po’ tradita: Gandalf ce l’avrebbe fatta benissimo  a risalire col mio aiuto e io ce l’avrei fatta perfettamente a reggere il suo peso e a trascinarlo su! Perché, allora, si era lasciato morire, aveva deciso di lasciarsi andare nell’abisso? Cosa gli era saltato in mente? Forse aveva capito che il nostro era un viaggio senza speranza, senza lieto fine: Frodo non sarebbe mai riuscito a raggiungere il Monte Fato, l’Anello sarebbe caduto nelle mani di Sauron e il mondo sarebbe ripiombato nell’oscurità, senza che Aragorn o Boromir, per quanto valorosi, potessero impedirlo. Forse non desiderava vedere tali cose, non desiderava essere presente nel momento della sconfitta. E aveva preferito morire. Eppure era tranquillo, nel momento decisivo, era sereno e aveva cercato di infondere in me quella stessa tranquillità, non riuscendoci. Perché era così tranquillo? Che fosse tutto uno scherzo?

“ Credi che sia la fine? Ci vedremo ancora. ”

Moria era lontana, Aragorn ci aveva fatto alzare e avevamo ricominciato a camminare, scendendo dal costolone roccioso per raggiungere prima del calare del sole i boschi di Lothlorien.

Mi voltai a guardare: la fessura da cui eravamo usciti non era più visibile, ma aspettavo da un momento all’altro lo sbucare della sagoma cenciosa di Gandalf, magari da dietro una curva, o da dietro un masso; pensai che ci avrebbe ripresi per la nostra tristezza e per i musi lunghi e pensai che mi avrebbbe fulminato con lo sguardo per essere andata ad aiutarlo quando lui mi aveva pregato di stare al sicuro. Sorrisi: Gandalf non avrebbe desiderato che lo piangessimo tanto, avrebbe preferito che ci portassimo al sicuro e pensassimo ad altro, come al suo senso dell’umorismo, o ai fuochi d’artificio che spesso mi mostrava da bambina.                                                                                                                                                                     Ripensai a quanto mi aveva insegnato, a quanto era stato importante per me: se non fosse stato per lui non sarei stata in marcia con la Compagnia, ma rinchiusa fra le mura di Isengard, pensando che fosse giusto allearsi con Sauron e creare orchi mutanti dalle dimensioni spropositate. Se non fosse stato per lui, non avrei mai abbandonato la mia stanzetta nella Torre e non sarei partita alla scoperta di Gondor; non avrei conosciuto Boromir; non mi sarei innamorata; non sarei neanche sopravvissuta in questo mondo, senza il suo aiuto!

Tutto quello che ero, lo dovevo a lui. Era stato come un padre per me, e lo sarebbe sempre stato. Ma era giunto il momento di salutarlo, perché quel peso mi opprimeva il cuore e mi impediva di camminare.

 

Boromir si era fermato accanto a me, in silenzio, senza toccarmi o forzando qualche manifestazione di dolore.

<< Boromir? >> Lo chiamai. Cercai i suoi occhi e li allacciai.

<< Mi dispiace tanto, Anna. Davvero. >>

Gli sorrisi e gli accarezzai la barba sfatta, controllando un piccolo taglio che si era procurato sulla guancia << E’ stato gentile da parte tua controllarmi la ferita. >> Dissi << Hai controllato anche il taglio di Sam? >>

<< No, ma lo farò. O, meglio, TU lo farai. >>

<< Raggiungiamo gli altri? >>

<< Raggiungiamo gli altri. >>

<< Boromir? >>

<< Si? >>

<< Mi lasci un po’ da sola? >>

Lui mi guardò con aria indecifrabile e annuì, raggiungendo il gruppo e lasciandomi in coda, da sola. In cammino verso la terra di Galadriel, Dama della luce, salutai Gandalf il Grigio, padre e protettore, e Jadis, lupa coraggiosa che mi aveva servito fino all’ultimo. Gli dissi addio ripensando a quanta strada avevamo fatto assieme e i loro spiriti mi sussurrarono una cosa, appena prima di entrare nel regno della Dama dei Boschi, la cosa più importante di tutte: io non ero sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA!!!! yeeeeeeeeeeeeeeh!!! Buona Pasqua people!!!un caloroso a tutti coloro che leggono e anche a chi non legge! Dopo un momento di sconforto in cui mi sono chiesta l’utilità di riscrivere una cosa già scritta, storpiando una storia stupenda con sciocchi pensieri e creando personaggi di ben poco spessore rispetto a quelli del Maestro, ebbene sono tornata! Mi sono detta: ma non volevi mica creare qualcosa, tu? Non volevi forse rendere onore al Maestro, metterti alla prova, sentire pareri? Non desideravi imparare?

 

La vita è breve, ragazzi miei, troppo breve per essere vissuta in compagnia di assillanti domande quali: sarò abbastanza portata? Avrò abbastanza talento? Avrò abbastanza palle per andare avanti?

Questa ficci è una solo un modo come un altro per mettermi alla prova e per ora si, fra alti e bassi, ho abbastanza palle per andare avanti- Valar, che pensieri profondi…

NuovamenteMunitaDiPalle, Nini.

 

Ps- oggi sono andata al raduno fantasy di Soncino: spero che ci sia andata parecchia gente e magari anche qualcuno di voi fanatici perché è stato davvero interessante J

 

Bis bis alla prossimaaaaaaaa!!!!  

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Capitolo 24
*** Lorien ***


Camminai a lungo da sola e in silenzio in coda alla carovana. Eravamo tutti in lutto, ma io a maggior ragione: oltre ad aver perso una guida e un padre come Gandalf, avevo perso la compagna di una vita, la cara Jadis. Era una sensazione così strana trovarsi improvvisamente sola…ma ad ogni passo, i loro spiriti mi seguivano e mi sussurravano di non preoccuparmi e di stare ben ancorata alla realtà: presto, avrei avuto ben altro da fare che pensare a loro. E, come sempre, gli spiriti avevano ragione.

In prossimità dei confini di Lorien, per premiare la nostra tenacia, Aragorn ci concesse una piccola pausa accanto a un ruscello. Ci ristorammo con l’acqua fresca e colsi l’occasione per dare un’occhiata al taglio di Sam: era superficiale, ma si stava già infettando. << Bel taglio. >> Commentai, asciutta << Ancora un po’ e ti spaccava la testa, Sam. >> Sam strinse i denti mentre gli pulivo la ferita e la medicavo con qualche goccia di antidoto.

<< Non è di me che dovresti preoccuparti, ma del signor Frodo. >> Borbottò, tenendo premuto sulla testa l’impacco che vi avevo posto << Credo che il Troll gli abbia fatto più male del dovuto. In fondo, sotto quella cotta, è sempre un Hobbit. >>

Mi stavo per dirigere verso Frodo quando Sam mi richiamò con un timido colpo di tosse << Mi dispiace. >> Disse solo, ma bastò. Annuii e gli diedi le spalle per celare le lacrime.

 

Frodo se ne stava in disparte, seduto  a terra, il corpo appoggiato a una pietra che sbucava dall’erba, il viso pallido. Aprì gli occhi proprio quando giunsi davanti a lui.

<< Via la camicia. >> Ordinai << Devo controllare se hai qualche ferita. >>

Frodo non rispose, fece esattamente quanto gli avevo chiesto: si slacciò il mantello, si tolse il panciotto, la camicia e la cotta di mithril, restando a torso nudo. Solo l’Anello, appeso a una fine catenella d’oro, lo vestiva. Brillava di una luce sinistra, che in quel momento odiai profondamente: era colpa sua se quel viaggio era iniziato, e sua era tutta la colpa delle nostre sciagure. Che andasse a Mordor e alla distruzione il più alla svelta possibile!

 Sam aveva l’occhio lungo: sul fianco destro, Frodo aveva un livido da paura. Gli feci alzare un braccio e lo toccai un po’, ma non c’era niente di rotto. L’unica cosa che potei fare per lui fu cospargere di unguento lenitivo l’ematoma e dargli un tonico per i tessuti.                                                                                                     << Sarai stanco. >> Dissi, mentre lui si rivestiva << Portare quel coso al collo deve essere dura, eh? Se arriviamo sani e salvi a Lorien, vedrò di darti qualcosa per tirarti su di morale, va bene? >>

Lui sorrise, mesto, abbottonandosi la camicia << L’unica cosa che potrebbe tirami su di morale è sapere che tutto questo è un sogno, e io sto dormendo sonni sereni a casa Baggins. >> Alzò lo sguardo e mi penetrò con quegli incredibili occhi azzurri << Cosa ti ha detto, prima di…cadere? >>

Deglutii: era una cosa così personale e dolorosa che faticavo a esternarla << Mi ha detto di starti vicino. >> Risposi, aiutandolo ad allacciarsi il mantello << Di proteggerti. >>

<< E lo farai? >>

<< Che domanda è? >>

<< Una domanda seria. >>

Lo guardai con aria interrogativa << Dove vuoi arrivare, Frodo. >>

L’Hobbit si guardò attorno, per evitare di essere sentito << Ho paura. >> Sussurrò << Ho paura che Boromir tenti di prendermi l’Anello. >> I suoi occhi si dilatarono dal terrore << Lui è grande e grosso e non potrei niente contro di lui, ma so che a te darebbe retta: riuscirai a…? >> Non concluse la frase, troppo imbarazzato dalla piega che aveva preso la conversazione: stava dando al mio uomo del ladro! Ma tacqui e mi guardai attorno in sua ricerca: Boromir era in piedi accanto ad Aragorn e a Legolas, a contemplare il confine delle terre di Galadriel, in silenzio. Si, era grande e grosso e aveva un’aria palesemente aggressiva quando combatteva, ma era un uomo buono e dolce, leale e orgoglioso: non potevo permettere che qualcuno- o qualcosa- potesse ledere il suo onore. Si sarebbe lasciato ammazzare, piuttosto che avere un’infamia simile sulla sua anima e sulla sua coscienza.

<< Frodo. >> Dissi, poggiandogli le mani sulle spalle e riallacciando lo sguardo al suo << Credi DAVVERO che Boromir potrebbe rubarti l’Anello? E’ un uomo d’onore, che non farebbe mai la cosa sbagliata per pura brama di potere, lo farebbe solo per il suo popolo, comprendi? >>

<< Ma l’Anel- >>

<< Quello stramaledetto coso non cadrà nelle sue mani, ne in quelle di nessun altro. Lo prometto solennemente, esattamente come lo promisi a Gandalf, va bene? >> Parlai con voce fredda e vagamente minacciosa, ma quella promessa zittì Frodo e sembrò sollevarlo da un fardello pesante: nella sua “ lotta “ contro Boromir aveva trovato un ottimo alleato, adesso.

Mi fece un pallido sorriso << Hai mai visto i fuochi di Gandalf, Anna? >>

Annuii << Era… era solito mostrarmeli, quando tornava a casa da lunghi viaggi. >>

<< Ogni volta che veniva a Hobbiville ce li mostrava, e anche per la festa dei centoundici anni di Bilbo: ha prodotto delle cose meravigliose! >> I suoi occhi si velarono di tristezza, ma anche di dolcezza: i bei ricordi, quanto erano piacevoli… <> La sua voce si incrinò << Parlo già al passato, hai notato? >> Un lacrimone gli scese lungo la guancia. Strinse le labbra e sbarrò gli occhi, lasciando scivolare altre grosse lacrime dagli occhi liquidi. Gli posi un braccio sulle spalle, cercando di consolarlo, mentre io, invece che sentirmi disperata quanto lui, mi scaldai alla fiamma di un improvvisa speranza.

<< Credo che il futuro abbia in serbo cose nuove, Frodo. >> Gli sussurrai << Sai cosa mi ha detto? “ Credi che sia la fine? Ci vedremo ancora. “ >> Lo guardai << Non ti scalda il cuore, sapere che un giorno lo rivedremo? >>

<< Preferirei averlo qui, ora, che avere una misera speranza di rivederlo in futuro. >> Borbottò lui dopo un tremulo sospiro, asciugandosi le lacrime. Sorrisi a quell’improvviso broncio. Mi scostai da lui e lo guardai, il cuore gonfio di aspettative << Ma è pur sempre una speranza, Frodo. >>

 

 

Il Bosco pareva incantato, un po’ come tutti i luoghi abitati dagli Elfi. Anche Gran Burrone aveva quell’aura magica attorno a sé, aura ravvivata da un immagine sempre lieta di feste e balli e canti degli Elfi. Ma nel Bosco d’Oro l’atmosfera era assai diversa: era si magica, con quelle foglie dorate che piovevano su di noi come acqua, scintillando nella caduta, ma anche…triste, come un animale che stava lentamente morendo, o un impero in decadenza. Decadente, quello era il termine adatto.

<< Questo posto mi mette malinconia. >> Mi sussurrò Giulia << E anche un po’ i brividi: hai notato che non vi è alcun rumore? >> Effettivamente, non si udiva un uccellino cinguettare, o rumore di selvaggina: come i boschi di Imladris brulicavano di vita, Lorien pareva abbandonata. << Sembra che non ci abiti nessuno. >> Mormorai io, cercando segni di vita fra gli alberi, che creavano lunghe file e si confondevano fra di loro << Sembra quasi un labirinto. >>

<< Dicono che in questi boschi viva una fattucchiera. >> Raccontò Gimli, l’ascia in mano e lo sguardo vigile << Dicono che incanti i viandanti che si perdono nelle sue lande, che li attiri nella sua casa, e non li lasci più andare. >>

Giulia ridacchiò << Allora vedi di esser cauto, Gimli: se hai così paura, è meglio non nominare la tua strega. >> Merry annuì vigorosamente << Giusto: potrebbe sempre mandare i suoi scagnozzi a prenderci! >>

Gimli scrollò le spalle << Bah! Come potrebbe incantare un Nano della stirpe di Durin, nato dalla pietra? >> Si vantò << E poi, mi accorgerei della presenza di scagnozzi nelle vicinanze: ho gli occhi di un falco e le orecchie di una volpe i-OH! >>

 

Come apparsi dal tronco degli alberi, plasmati da essi, sbucarono una ventina di elfi tutti uguali: biondi, pelle diafana, occhi castani e lineamenti delicati. Tutti erano vestiti di verde e tutti incoccavano con aria minacciosa una freccia su dei portentosi archi. Ci stringemmo a cerchio e non avemmo il tempo di sguainare le spade, ma di guardarci tra noi con aria allibita: da dove diavolo sbucavano quelli?!? Boromir mi si strinse accanto, una mano sul braccio pronta a spostarmi in caso di combattimento, mentre Giulia era alle spalle di Legolas, che era l’unico membro visibilmente tranquillo della compagnia. La fila di arcieri si aprì e sbucò un nuovo personaggio: questi era un elfo dai lineamenti meno delicati degli altri, quasi più volgari, ma decisamente più accattivanti. Si mise le mani sui fianchi e fissò Gimli con aperto disprezzo.

<< Il Nano respirava così forte che avremmo potuto colpirlo a occhi chiusi. >> Ironizzò con voce suadente, guardandoci poi uno a uno << Chi siete. >>

Aragorn si fece avanti e parlò a lungo con l’elfo nella sua lingua, senza renderci partecipi della conversazione. Da quel poco che riuscivo a comprendere della loro parlata sciolta e veloce, l’elfo si chiamava Haldir ed era il capitano della guardia di confine del bosco. Capii che Aragron accennava al fardello portato da Frodo e alla perdita di Gandalf. La parola stanchezza ricorse parecchie volte in quel dialogo. Infine, Aragorn tacque e attese il verdetto del capitano. Egli si premette due dita sulle labbra e annuì piano, fissando Frodo << Vi condurremo dalla Dama del Bosco: lei saprà cosa fare. >>

Gimli sembrò palesemente terrorizzato << Aragorn, questo posto non mi piace…torniamo indietro… >>

Haldir ridacchiò, maligno << Non potete tornare indietro >> Disse piano << Lei aspetta. >>

 

Gli Elfi di Lorien avevano la strana usanza di bendare coloro che conducevano alla loro città. Gimli si lamentò molto per quella soluzione, ma quando tutti fummo bendati non poté astenersi. Ma gli elfi furono gentili con noi: non ci fecero inciampare in nessuna radice che ostruiva il sentiero da percorrere e ci condussero quasi mano nella mano in quel nuovo viaggio nell’oscurità.

<< Sembra di giocare a mosca cieca. >> Borbottò Boromir, che avanzava goffamente reggendosi a me e a un altro elfo. Anch’io facevo fatica, ma non era tanto difficile, non dopo tutto il tempo passato a Moria.

Giungemmo infine alle porte di Caras Galadhon, l’unica città del reame di Lorien, dimora di Celebron e Galadriel, Dama di Luce. Era una città imponente e delicata, costruita su di una collina, le cui case erano costruite su alberi enormi, con un’eleganza e una raffinatezza da far impallidire l’architettura di Gran Burrone. La città era immersa in una lieve luce e sulle nostre teste aleggiava un canto antico, che restava a lungo sospeso nell’aria prima di tacere e riprendere. Haldir aveva congedato i suoi compagni e ora ci conduceva lui solo lungo il perimetro della città, che aveva i suoi cancelli a sud. Giunti ai cancelli, Haldir sussurrò qualche parola e, magicamente, il cancello si scostò. Con grande sorpresa, ci accorgemmo che nessuno manovrava il cancello. Eravamo tutti pieni di meraviglia, ma non avevamo la possibilità di parlare fra di noi, certi che anche il minimo sussurro avrebbe rotto quell’incanto.

Arrivammo alla dimora di Celebron e Galadriel, costruita sollevata di parecchi metri da terra attorno all’albero più grande che avessi mai visto. Una scala seguiva per intero il tronco e saliva attorcigliandosi ad esso. Haldir si voltò a guardarci e fece un cenno a Frodo << Che Frodo e Legolas mi seguano in testa. Gli altri possono salire nell’ordine che preferiscono. >>

<< Dio santo come è altezzoso! >> Sentii ringhiare Giulia, che mal sopportava le  differenze. Le presi una mano per tranquillizzarla << Tranquilla, sorella mia. >> Le sussurrai, cercando di individuare la fine della scala, ma essa si perdeva nella chioma dell’albero. << Tieni buono il fiato per la scalata che ci attende. >>

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA!!!weeeeeeeeeeeeeeee!!!buondi a tutti!!! Avrei pubblicato ieri, ma non riuscivo ad accedere alla pagina…bbbo!!!va te a sapere i misteri di internet…è da un po’ che non vi chiedo come state, cari lettori. Come state? Va tutto bene? Scivola tutto liscio nella vostra vita? L’autrice spera tanto di si!!!! Mi sono stufata di chiedervi se la storia vi piace… anche se intravvedo già la fine- haime! La Compagnia è a Lorien, e fra poco arriverà il momento cruciale…la parte migliore, quella che ho più apprezzato di Tolkien, sta per finire. E la cosa mi mette addosso una malinconia…

Tra l’altro: pensavo di scrivere una one-shot su Boromir da piccolo, o una storia breve, ancora non lo so… mah! In ogni caso, tenete gli occhi aperti mi raccomandooooooooooooooo!!!!

 

Pace e ammmore people- e spasiba per le recensioniJ

Con affetto, Nini.

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Capitolo 25
*** Dichiarazioni. ***


la scala si avvinghiava attorno al tronco del mallorn in spirali infinite, senza che noi ne vedessimo la fine. Da essa, sui rami, si dipartivano flet e talan luminosi, piani del palazzo più grande che avessi mai visto. Continuammo a salire per un tempo infinito, finchè i polpacci non ci fecero male e la testa non ci girò, e alla fine Haldir si bloccò. << Ecco la nostra destinazione. >> Disse, uscendo dalla scala per incamminarsi sul flet più grande di tutti. Esso sorreggeva la dimora più grande che avessi mai visto, un palazzo enorme fatto di rami intrecciati, in cui il tronco passava e andava oltre, senza variare di dimensione. << Che tocchi il cielo? >> Si chiese Pipino, grattandosi il mento. Sam lo affiancò << Bè, non me ne stupirei affatto. >>

 

La sala era alta, coi soffitti dorati e le pareti argento e verdi, create in materiali preziosi. Era una sala lunga e molto elfi sedevano su alti scranni accatastati alle pareti, ma il posto d’onore era in fondo: su un rialzamento, sotto un baldacchino di rami viventi e intrecciati, stavano Celebron e Galadriel, Dama di Luce. Erano entrambi belli e all’apparenza giovani, ma bastava scrutare per un attimo nei loro occhi per vedere quanta saggezza vi risedesse. << Devono essere antichi come la Terra di Mezzo. >> Sussurrai a Boromir e lui annuì, troppo rapito dalla Dama. Ella, infatti, era di gran lunga più bella di qualsiasi essere avessi mai visto, persino Arwen sfigurava al confronto- anche se erano due bellezze diverse. Era alta, alta quasi quanto Celebron, e dalla pelle lunare; i suoi capelli erano oro liquido, accuratamente inanellati e lunghi fin sotto la vita, stretta come quella di una vespa. Indossava abiti semplici ma che, su di lei, sembravano veramente regali. Era ovvio che tutti gli uomini della compagnia si sentissero affascinati da lei.

<< Nove sono partiti, eppure solo otto sono giunti qui al mio cospetto. >> Iniziò Celebron, una voce antica come le montagne << Ditemi, dove si trova Gandalf il Grigio, perchè da tempo desidero parlare con lui. >> Mi lasciai sfuggire un sospiro: non era stato avvisato della morte di Gandalf? Gli occhi della Dama si inchiodarono ai miei << Egli è caduto. >> Sussurrò, ma solo da li avvertii la sua voce profonda e antica. << Egli è caduto nelle tenebre di Moria. >> Aragorn annuì << Un Balrog, mia signora. >>

 

La Dama scese i pochi scalini che ci dividevano da lei e si fermò a pochi passi da noi, radiosa ma fredda come il ghiaccio. << Vi dirò quello che sento. >> Sussurrò tenendo gli occhi bassi << La vostra missione è sulla lama di un coltello. Una piccola deviazione ed essa fallirà, per la rovina di tutti noi. Ma la speranza permane, e finchè essa albergherà nei vostri cuori non dovete temere. >> Poche e fredde parole, dette mentre ci frugava con gli occhi uno ad uno, lasciandoci senza fiato e come spogliati nell’anima: quell’Elfa aveva il potere di farti sentire nudo al suo cospetto! Poi ci sorrise, e il suo viso si aprì come il cielo dopo una nuvola passeggera: bellissimo e ampio. << Che i vostri cuori trovino pace sulla mia terra. Stanotte, dormirete qui. >>

 

 

<< Non hai avuto la sensazione di sentirti nudo, Bo? >>

Ai piedi di un mallorn argentato, gli elfi ci avevano preparato un grande padiglione con delle coperte soffici e dei cuscini, per farci dormire comodi. Davanti ad esso, vi era una fontana di acqua limpida e tutti, a turno, si erano rinfrescati. In quel momento, io e Boromir eravamo soli e lui mi stava pulendo la ferita alla spalla.

<< Si, l’ho provata. >> Prese con il polpastrello un po’ dell’unguento di Matilde e lo mischiò a una pomata che Haldir in persona ci aveva donato. Con delicatezza, mise il composto nella ferita. Strinsi i denti per non gemere. << Ti fa male? >>

<< Brucicchia. >>

<< Allora va bene. >>

Ridacchiai << E’ una delle frasi fatte di Matilde, Bubu? >>

<< Si- e non chiamarmi Bubu!! >>

Io risi piano e mi accorsi che quella era la prima risata dalla morte di Gandalf. Boromir se ne accorse e mi accarezzò piano i capelli ancora umidi, continuando a medicarmi la ferita in silenzio. Una volta finito, si sedette al mio fianco sul bordo della fontana e rimase li, a giocare con l’acqua. Restammo in silenzio ad ascoltare l’acqua gorgogliare e, in quel momento, sulle nostre teste, dalle fronde degli alberi, si levò un canto dolce e triste, in cui spesso si sentiva il nome elfico di Gandalf.

Era giunto il momento di parlare << Mi sento in dovere di ringraziarti, Boromir. >> Iniziai, stranamente formale << Sei stato gentile a…lasciarmi il mio spazio, quando è successo. >> Lo vidi sorridere << Anche io conosco il dolore per la morte di un caro, e so cosa si prova quando la gente ti sta addosso. Molto meglio sbrigarsela da soli, no? >> Mi guardò << E io che volevo scusarmi per quel comportamento… >> Mi strinsi nelle spalle << Qui l’unica che deve scusarsi sono io. Ho la colpa di essere stata egoista nel mio dolore: avrei dovuto condividerlo con gli altri, con Giulia, con te, e forse adesso non mi sentirei così… vuota? >>

<< Tu non sei vuota. >> Boromir mi prese per mano << E’ la mancanza della persona amata, sai? Quando ci si abitua ad una presenza, e quella è costante nella nostra vita…è dura, non sentire il vuoto che si crea nel posto a lei riservato- e parli proprio tu, che hai perso la tua più cara compagna e il tuo tutore! Amore, sei stata fin troppo forte a non rinchiuderti in isolamento e piangere ad ogni passo di questa lunga marcia! Io… >> Si sfiorò i polsi non coperti dai bracciali in cuoio << Io non ho avuto la tua stessa forza. >>

Mi stupii moltissimo: nonostante gli anni trascorsi e le cicatrici ormai pallide, la ferita aperta dalla morte di Finduillas era ancora aperta. Gli accarezzai una guancia ispida e agganciai i suoi occhi ai miei, lasciando che mi sondasse in profondità. << Amore, tu hai appena dimostrato di avere più forza di me: hai buttato fuori una cosa che io…non sarei mai riuscita a dire. >> Gli sorrisi, accarezzandolo piano lungo il viso e il collo, incantandomi sulla linea elegante della clavicola << Ricordi? E’ da quando mi parlasti di tua madre che siamo diventati intimi. >> Mi scoprii il polso e gli mostrai la mia, di cicatrice. << Vedi? Siamo uniti anche in questo, Bo… >> Lo sentii sospirare mentre mi prendeva il viso fra le mani e iniziava a baciarmi le guance, rigate di lacrime. Trattenni un singhiozzo << Anche in questo…uniti. >>

 

 

Se è vero che da cosa nasce cosa, la conclusione naturale della nostra conversazione fu quella di finire a rotolarci fra le coperte degli elfi, stuzzicati dall’erba fresca, indisturbati. Era come se attorno a noi il mondo avesse cessato di esistere: c’eravamo solo lui ed io, io e lui. Fu un fare l’amore strano: terribilmente lento, ma così…pieno, ricco. Non ci eravamo mai studiati così bene, troppo presi dalla passione dei giorni di Gran Burrone. Se allora era stato un arruffarci che ci faceva somigliare a cuccioli giocherelloni, l’amore fatto a Lorien segnò il pieno passaggio a una sessualità adulta, piena di sfumature eleganti e soffuse, che fu in grado di riappacificarci col mondo. Dopo aver a lungo rimandato il piacere, ci ritrovammo esausti, avvolti nella fragranza dell’erba e nell’abbraccio delle coperte calde. Coi piedi che si strusciavano l’uno contro l’altro, fra sussurri e risolini, entrambi ci lasciammo andare nel sonno ristoratore.

 

 

Fu strano svegliarmi e non trovarlo più accanto a me. Il crepuscolo era sceso, degli altri non c’era ombra e Boromir era sparito, lasciandomi da sola. Dopo lo smarrimento iniziale, mi alzai e vestii con abiti puliti donatici dagli elfi, l’idea fissa di farmi una passeggiata per quel giardino che era Lorien. Non desideravo unirmi agli altri, o unirmi a Boromir, volevo solo camminare. Stavo così bene, adesso…avevo bisogno di godermi quel momento di pace interiore, di lasciarmi assorbire totalmente da esso. Cosa c’era di meglio, dunque, se non una passeggiata? Scivolai per i mallorn come un ombra della sera, beandomi del silenzio e della pioggia dorata che non cessava un attimo di cadere. Presi una foglia da terra e l’annusai: sapeva di terriccio e di erba, e mi fece sorridere e pensare. Quel sonno era stato ristoratore e aver fatto l’amore con Boromir mi aveva ridato calore: sentivo finalmente emozioni positive, note profonde che si risvegliavano nella mia anima grazie a un uccellino che cantava, a una foglia che mi cadeva sulla testa. Cose futili, certo, ma che mi facevano sentire viva.

Voci sommesse mi giunsero da dietro un mallorn e mi fermai ad ascoltare, perché quelle voci mi erano note: Giulia e Legolas passeggiavano nel bosco, conversando. Riuscii a percepire solo certi frammenti, ma furono più che sufficenti.

<< … questi canti, Legolas? Cosa significano? >>

<< Sono canti per Gandalf, lamenti. >> Il nobile elfo tacque un attimo, per poi parlare con voce appena udibile << Mi dispiace, ma non posso tradurli. Il dolore è ancora troppo vicino. >>

Giulia ridacchiò << Come al solito, hai previsto tutte le mie domande eh? >> Tacque un po’, per poi riprendere << E’ stato un duro colpo, vero? >>

<< Si. >>

<< Soprattutto per mia sorella. >>

<< Vero. Dici che si riprenderà? >>

<< Riprendersi? Le sarà bastato il pomeriggio col suo Bubu, per riprendersi! >> Dal mio nascondiglio, sorrisi alla battuta: Giulia aveva dannatamente ragione. “ Dovrebbero provare tutti, quello che provo io… “ Mi dissi. Quanto era vero…

Legolas ridacchiò << Sei molto aperta, su certi…comportamenti. >>

Giulia sbuffò << E’ mia sorella, mica mia figlia! E poi… >>

<< Poi? >>

<< Non puoi separare due persone innamorate l’una dall’altra. >> Fece una pausa << E’ da infami farlo. >>

<< Infami? >>

<< Si. >>

<< Stai dicendo che due persone così legate devono stare assieme, che nulla può separarle? >>

<< Be, si, ma prima devono sapere se sono ricambiati. >> Giulia fece una lunga pausa piena di imbarazzo << Perché, sai, se no, uno si fa delle strane idee, magari fa una figura di mer->>

Legolas bloccò il flusso di parole << Giulia. >>

Lei non rispose. Molto probabilmente annuì. << Credo che io e te dovremmo non lasciarci più, allora. >>

Ancora silenzio << Credi? >> C’era una sfumatura strana nella voce di Giulia, una nota che non avevo mai udito. Timidezza e calore, ma anche gioia e…ansia? << Be, se ti va, possiamo provare. >>

<< Ti piacerebbe? >> Sentii rumore di passi e poi più nulla. Quello fu il momento di levare i tacchi e lasciare i due piccioncini nel loro nido. Tanto, a tempo debito, avrei saputo tutto, anche il colore delle mutandine di Legolas! Col sorriso in viso, me ne tornai al campo.

 

 

Trovai solo Pipino. Se ne stava seduto sul bordo della fontana e giocava con l’erba, facendola frusciare fra le dita dei piedi pelosi. Trasalì  nel vedermi arrivare e ricambiò il mio sorriso aperto con un rossore imbarazzato. Senza dir nulla, mi sedetti sul bordo della fontana accanto a lui e presi ad accarezzarmi i capelli, finalmente puliti e senza nodi.

<< E’ un bel posto. >> Gli dissi, asciutta, guardandolo di sottecchi << Troppo bello per essere tristi. >> Pipino non rispose. Sospirai platealmente << Pipino, non voglio costringerti ma…parlami. Per favore. >> Dalla morte di Gandalf, non mi aveva più rivolto parola e cercava in tutti i modi di non essere solo con me. Cosa credeva, che l’avrei ucciso per quello che aveva combinato a Moria? Era stato destino che lui facesse cadere quello scheletro nel pozzo, che gli orchi si accorgessero di noi e tutto quanto ne consegue! << Pipino guardami, GUARDAMI. >> Con uno sforzo tremendo, Pipino rivolse i suoi occhi e si perse nei miei. Divennero subito liquidi e un singhiozzo enorme gli ruppe il petto. << Mi dispiace. >> Sussurrò piano, iniziando a piangere, continuando a guardarmi << Mi dispiace! >> Continuò a ripetere, mentre lo abbracciavo stretto a me. Non l’avevo mai incolpato di quanto successo nelle Miniere, e mai l’avrei fatto: era stato il volere di una forza maggiore, e lui era il semplice esecutore di quel volere. Basta.

 

 

Dopo aver consolato Pipino, lo invitai a passeggiare con me per i boschi. << Ti tranquillizzerà. >> Gli avevo detto << Te lo assicuro. >>

Camminammo in silenzio per lungo tempo, allontanandoci dal campo nella prima sera. Camminammo in direzione opposta a dove si trovavano Giulia e Legolas, ma inaspettatamente ci imbattemmo in un'altra conversazione.

<< Dovresti riposare, amico mio, darti pace. >> La voce di Aragorn.

Ci fermammo, incuriositi. << Non troverò pace qui, non finchè la situazione non sarà risolta. >> Era Boromir.

<< Puoi parlane, se vuoi. >>

Ci fu silenzio << Le nostre linee stanno cedendo, me lo sento anche se sono lontano da casa. Il nostro popolo è forte sotto la guida di mio padre, ma io lo so...ci stiamo infiacchendo. Mio padre è un grande uomo, lui guarda a me per riordinare le cose e io lo farei con tremila cuori, solo per vedere la gloria di Gondor ristabilita. >> Si fermò << Hai mai visto Minas Thirith, Aragorn? >> Lui non rispose << Ah, la Bianca Torre di Ectelion: luccica come una lancia di perle e d’argento. E il sole che si riflette su di essa… sei mai stato accolto a casa dal chiaro suono di trombe d’argento? >>

Aragorn rispose con voce sussurrata << Vidi Minas Thirit, tempo fa. >>

<< Allora un giorno ci torneremo assieme, e la guardia della Torre griderà “ I signori di Gondor sono tornati!” , e regneremo assieme per lungo tempo… >>

<< Dunque hai cambiato atteggiamento nei miei confronti. >>

<< Sei un uomo d’onore, rispetto e onoro il patto che esiste fra il mio e il tuo sangue, Aragorn. Mio capitano. >>

Sentii il cuore riempirsi di orgoglio e strinsi la spalla a Pipino, felice e orgogliosa del mio uomo.

<< E, come mio capitano e amico, ti chiedo di onorarmi in un’altra situazione. >>

<< Parla pure, amico mio. >>

<< Conosci l’usanza di Gondor riguardo il fidanzamento, vero? Deve essere fatto in presenza di un amico fidato. >> La voce di Boromir era carica di emozione << Ecco, desidero che tu sia presente al mio giuramento: ho intenzione di chiedere ad Anna di sposarmi. >>

Sembrò che la terra mi scivolasse sotto i piedi e che il mio spirito si innalzasse al cielo. Non ero mai stata così felice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA: che chappi luuuuuuuuungo!!!!e pieno di dichiarazioni!!!spero che apprezziate…mi raccomando, fatemi sapere!!!!!bis bis,pace e ammore!!!

 

De prufundis, Nini.

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Capitolo 26
*** Lo Specchio di Galadriel ***


Dovevo aspettarmelo e invece la notizia del mio matrimonio mi aveva lasciata senza parole, solo alleggerita da tante pene: come avrei voluto che Gandalf fosse con me, in quel momento! Valar, era ovvio che Boromir intendesse sposarmi, ma non credevo che mi avrebbe fatto un simile effetto sentire la sua voce pronunciare quella fatidica promessa, per non parlare del fatto che si era rivolto ad Aragorn- Aragorn! Quale sortilegio aveva legato così all’improvviso due uomini così simili eppure così diversi? Da tempo mi ero accorta della saggezza e dell’alto lignaggio di Aragorn, ma il Ramingo era il signore del mio uomo, non il mio: se Boromir si fosse piegato, allora l’avrei seguito, ma non prima. Evidentemente, si era più che piegato: Boromir aveva riposto totale fiducia nel suo futuro Re, elevandolo con la storia del fidanzamento allo stesso livello di Faramir, creando con lui un legame che andava ben oltre il sangue e l’amicizia: un legame d’onore. Questo mi rendeva fiera di lui: da cieco e sordo alle doti del Ramingo, Boromir aveva riacquistato tutti i sensi, rendendosi conto di chi aveva davanti: un vero Re. Il suo.

Vincolai Pipino al silenzio con un giuramento talmente imponente che l’Hobbit fu quasi costretto a darmi la sua parola: non ne avrebbe parlato con nessuno, nemmeno con Merry. << Spero tanto di essere invitato! >> Mi disse mentre ci avvicinavamo al campo, interrompendo il racconto delle usanze Hobbit riguardo il matrimonio. Dalle mie labbra uscì una risata così cristallina che fece voltare tutti i presenti, Boromir compreso. Stavano seduti a terra come in una merenda pomeridiana, con un tavolino basso su cui erano servite diverse portate. Ci squadrarono tutti con aria interrogativa. Mi sedetti accanto a Boromir e gli posai un leggero bacio sulla guancia, chiedendo a gran voce cosa stessero mangiando << Maialino ripieno di castagne… >> Rispose Boromir, senza smettere di osservarmi, incuriosito << Cosa hai da sghignazzare tanto? >>

<< Devo nascondere di essere felice? >> Ribadii << Lorien ha sanato le ferite del mio cuore e ha aiutato il mio spirito a prendere commiato dai defunti. >> Sospirai << Vorrei tanto che Gandalf e Jadis fossero qui… >>

<< Non sei la sola a volerlo. >> Disse Legolas << Ma, e posso parlare a nome di tutta la Compagnia, il cuore di ognuno di noi si è alleggerito di molto, da quando siamo qui: la Terra di Lorien è la terra del Sogno, non dimenticate. E, a volte, i sogni aiutano a sanare le ferite. >>

Gimli sospirò << Per tutti i Valar, amico mio, hai proprio ragione! Anche io ho sanato le ferite dell’anima, quelle inferte dalla morte dei miei parenti, e sono certo che il merito è solo della Dama di Luce. >> I suoi occhi scintillarono << Avete visto l’aura di luce che emana? E quella voce, profonda ma dolce, simile al mare tanto nominato e mai visto? E quei capelli..oh, i capelli!! >> Giulia scoppiò a ridere non riuscendo più a trattenersi << Gimli! E’ tutto il santo giorno che la MENI con la Dama… “ E quanto è bella di qui, e quanto è luminosa di la… “ >> Giulia imitò il tono adorante del Nano, fino a far piangere dal ridere l’intera Compagnia, mentre Gimli arrossivano fino alle punte della barba << Ti stai forse prendendo gioco di me?!? >>

Il momento della cena trascorse sereno, come da tempo non lo era, e ci riportò all’inizio del nostro viaggio, quando eravamo carichi e agguerriti. Sembravano essere passati anni da allora, e invece erano solo pochi mesi che avevamo dato l’addio a Imladris, e tutti noi ci sentivamo cresciuti e maturati. Non eravamo più la spensierata carovana che pensava di andarsene a zonzo per la Terra di Mezzo: avevamo annusato il pericolo, visto la morte in faccia e avevamo visto compagni cadere…si, decisamente eravamo cresciuti.

 

Il momento della cena e delle chiacchere passò e arrivò l’ora del sonno. Dissi a Boromir di coricarsi senza di me, che avevo voglia di stare alzata ancora un po’. Lui mi diede ragione e, dopo tanto tempo, fumai una sigaretta. Sentiva di tabacco stantio, ma il suo sapore era incomparabile: era la sigaretta della serenità, quella, e io me la stavo godendo. Durante il viaggio non avevo mai avuto il tempo di fumare con calma, e quelle che Giulia cercava di propinarmi erano troppo forti per i miei gusti. Inoltre, mi bloccavano i polmoni e mi rallentavano il passo. Il piacere di fumare una sigaretta comodamente distesa sull’erba, senza l’assillo continuo dei turni di guardia e della marcia forzata, mi fece sentire quasi a Gran Burrone, quando mi stendevo su qualche bassa panchina di pietra e sonnecchiavo con Arwen nell’aria fresca della sera. Era bastato un anno a farmi chiamare casa Imladris, ma alla fine avevo capito che la mia vera casa me la portavo nel cuore e non era un luogo fisico, quanto un luogo dell’anima: la mia casa era la mia famiglia, composta da tante e tante persone, buone e cattive e, haime, vive e morte.

Pensavo a tutte queste cose quando sentii qualcuno sedersi accanto a me. << Devi esserti proprio divertita, questo pomeriggio. >> Giulia dovette sorridere << Neanche a Gran Burrone ti ho vista così felice. >>

Mi strinsi nelle spalle, tenendo gli occhi chiusi << E’ rilassante rotolarsi nell’erba e sussurrarsi alle orecchie quello che si prova. >> La guardai << Lo sai meglio di me che fare l’amore significa fare pace col mondo nel migliore dei modi. >>

Lei annuì << E hai fatto pace, dunque? >>

<< Certo che si, sto molto meglio… >> Ripensai alla proposta << E sono stata ancora meglio dopo: devo ASSOLUTAMENTE dirti una cosa. >>

Come potevo tenere all’oscuro mia sorella da quella notizia? Il mio cuore era così pieno di gioia che l’avrei sentito scoppiare, se non l’avessi resa partecipe! Quando glielo dissi, per la prima volta dacchè la conoscevo, Giulia scoppiò a piangere e mi abbracciò forte, riversando tutta la sua gioia in quel silenzio. Piansi anch’io, lasciando che il silenzio gioioso ci avvolgesse e che solo le stelle fossero consce di quanto stava accadendo sotto di loro. Mi fidanzavo. Oh Valar! IO mi sposavo!

L’emozione andava scemando e le stavo per chiedere cosa avesse fatto oggi con Legolas e Gimli- evitando accuratamente di dirle che avevo orecchiato tutto-  ma ci accorgemmo che una luce si muoveva fra i mallorn avvolti nell’ombra. Come una lucciola enorme, faceva rilucere le cortecce degli alberi di oro e argento al su passaggio e puntava dritta sul campo. Ci alzammo in piedi per vedere meglio e ci nascondemmo dietro un grosso tronco per vedere di cosa si trattava. Era la Dama Galadriel a emanare quella luce. Camminava sull’erba senza far rumore, veleggiando quasi su di essa, lasciando dietro se una scia luminosa. Passò davanti al campo senza degnarlo di uno sguardo e andò oltre. Giulia mi lanciò un occhiata interrogativa quando vidi Frodo alzarsi, i riccioli scompigliati e la camicia stropicciata, uscire dal suo giaciglio e seguire titubante la Dama. << Ma dove va?! >> Sussurrai a Giulia che fece una faccia stupita. << La segue. >> Disse piano. Poi sorrise, lo stesso sorriso furbo dell’alba in cui Frodo era stato portato a Gran Burrone. Capii al volo e sorrisi a mia volta: che bello, avere una sorella come te…

 

Seguimmo il punto luminoso di Dama Galadriel da lontano, facendo attenzione a restare lontano e a non fare rumore- si sa, gli Elfi hanno le orecchie fini… ci muovevamo da un ombra all’altra, da un tronco all’altro, con attenzione, finchè la luce non sparì. Camminammo più veloci per non perderla, e arrivammo dove la Dama e Frodo erano: una conca di roccia e erba, raggiungibile attraverso una scala intagliata nella roccia, dove vi era un piccolo bacino colmo di acque nere e una bacinella posta su una colonna. Frodo si trovava davanti alla bacinella e Galadriel reggeva fra le mani una brocca argentata. << Desideri tu guardare nello Specchio di Galadriel, Frodo? >> Si diresse al bacino e prese dell’acqua con la brocca << Può mostrare molte cose. >> Continuò, iniziando a versare l’acqua nella bacinella con un movimento fluido << Cose che furono. Cose che sono. E cose che devono ancora avvenire. >>

Distese sull’erba a pancia in giù, nascoste dietro un cespuglio, io e Giulia vedevamo e sentivamo tutto. Un brivido di paura corse lungo la mia schiena: cosa avrebbe visto Frodo? L’Hobbit si chinò obbediente sulla bacinella e vi guardò dentro per lungo tempo. Sotto il nostro sguardo vigili, dopo alcuni attimi silenziosi, lo vidimo contorcersi e agitarsi e gridare, mentre scivolava indietro e cadeva malamente a terra. La Dama lo guardò di sottecchi. << Io lo so cosa hai visto nello Specchio, Frodo figlio di Drogo. >> Superò lo Specchio e si chinò verso il Portatore << Perché è anche nella mia mente. >> Frodo sembrò stupito da quella rivelazione e a lungo lui e la Dama non si scambiarono parola, fissandosi intensamente negli occhi. << Che diavolo… >> Sussurrò Giulia accanto a me, cambiando posizione, vedendo Frodo togliersi l’Anello dal collo e porgerlo a Galadriel, che indietreggiò << Non nego di averlo desiderato a lungo… >> Mormorò, avvicinando una mano tremante d’emozione a quella di Frodo. Poi la mano si fermò e tornò al suo fianco, mentre la Dama sembrava voler riassorbire tutta la luce da lei emanata in un sol respiro, per scoppiare all’improvviso. << Al posto dell’Oscuro Signore tu avresti una Regina! >> Gridò con voce tonante, avvampando come fiamma. Ci stringemmo forte la mano : che sortilegio era mai quello? << Non Oscura, ma bellissima e Terribile come l’Alba; Infinita come il Mare… più forte delle fondamenta della Terra! E tutti mi ameranno, disperandosi… >> La luce si spense, la sua voce tornò al suo normale tono e Galadriel tornò a essere un’elfa, solo un po’ più fragile di come appariva prima di mostrare a Frodo lo Specchio. << Ho superato la prova. >> La sentimmo dire con un certo sollievo nella voce.

Calò il silenzio. La luce di Galadriel si era notevolmente affievolita, e solo la luna e le stelle del cielo limpido illuminavano la scena. Fu Frodo a parlare << Dunque è questa la strada giusta? >> Domandò, parlando più a se stesso che alla Dama << Sarò in grado di portare a termine il mio compito? >> La Dama gli sorrise con gentilezza, simile al sole nel cielo << Anche la persona più piccola può cambiare il destino del Mondo. >> Gli posò una mano sulla spalla e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, lasciandolo infine andare lontano da lei. << Questo è quanto posso fare, Frodo figlio di Drogo. Ora va, e trova sonni sereni nella mia terra. >> Frodo si inchinò rispettosamente, rimettendosi l’Anello al collo e lasciando sola la Dama.

Per noi era il momento di sparire. Con uno sguardo complice, io e Giulia iniziammo a strisciare indietro, ma una voce ci bloccò. << Non si confà a due future principesse strisciare come serpi. >> Ci bloccammo al solo udirla << Le vostre intenzioni sono buone ed ero certa della vostra venuta. Venite: lo Specchio ha qualcosa da mostrare anche a voi. >>

Fui la prima a scattare in piedi e Giulia mi seguì di malavoglia, cercando di pulirsi i gomiti chiazzati d’erba. Scendemmo le scale e, quando fummo al cospetto della Dama, lei ci sorrise con affetto << Non dovete preoccuparvi del vostro aspetto: sono qui a titolo informale. Non la Regina di Lorien, ma una semplice elfa che desidera darvi consigli. E quale miglior consigliere dello Specchio di Galadriel? >>

Giulia fece un passo avanti << Vorrei sapere una cosa, se non vi dispiace, mia Signora. >> Giulia cercò di essere il più gentile possibile << A che scopo voler essere come Sauron? Perché desiderare tanto quel gingillo? E’ ambizione, forse >> La Dama gettò indietro la testa e rise di gusto << Ambizione? No… >> Fece un largo gesto attorno a se, indicando tutto quanto ci circondava << Vedete tutto questo? Ogni singolo albero, ogni singola foglia, ogni singolo filo d’erba è retto da questo. >> Ci mostrò un anello dal candore lunare << Nenya è il suo nome ed è uno dei Tre donati agli Elfi da Sauron in persona. >> Lo accarezzò con aria malinconica << Il suo potere è indissolubilmente legato a questo luogo, proprio come è legato all’Unico. Finchè l’Unico non sarà distrutto, Nenya sarà forte abbastanza da reggere il peso dell’anima di Lorien ma, se l’Unico andasse distrutto, tutto questo cesserebbe di esistere. >>

Un lungo silenzio scese fra noi. Solo il vento fece danzare le foglie dei Mallorn, facendole frusciare con eleganza. << E’ dunque ambizione. >> Dissi io, riportando l’attenzione della Dama su di me << L’ambizione di voler conservare la propria casa. Ciò vi rende onore, mia Signora Galadriel. >> Lei sorrise, colma di malinconia, e annuì piano mentre prendeva la brocca e andava a riempirla al bacino. << Guarderete nello specchio assieme: i vostri destini sono legati con un doppio nodo impossibile da sciogliere. >> Noi annuimmo, avvicinando alla bacinella di pietra. Galadriel soffiò piano sull’acqua e ci fece cenno di guardare la superfice.

 

 

Dapprima non vedemmo nulla, solo l’acqua nera increspata da soffio della Dama. Poi, le sagome presero vita da li, dal buio: neri orchi che correvano in un bosco. Erano tanti, in fila indiana, maledettamente grossi. Li contraddistingueva la Mano Bianca. << Saruman! >> Sibilai e Giulia mi prese per mano << Guarda! >> Vidi un combattimento in un bosco. Era come se lo vedessimo dagli occhi di un uccello, dall’alto. Non si vedeva bene, ma si capiva che degli uomini stavano combattendo gli orchi della prima visione. Che fosse la Compagnia? Un corno risuonò nella mia testa, così forte da farmi gemere: era Boromir! Ma non riuscivo a vederlo… dove era? Sentii la voce di Giulia chiamare il mio nome disperata, ma non la vidi. Assieme alla sua voce, quella di Merry e Pipino. Ma che razza di scherzo era, quella visione?! Le strinsi più forte la mano e continuai a guardare con attenzione. Vidi delle frecce nere che volavano per aria, ma non riuscivo a vedere se colpivano un bersaglio ben preciso. Ci fu ancora qualche scena di caos, per poi ritornare tutto tranquillo. Alzammo lo sguardo verso la Dama, ma lei fece cenno di no. Non era ancora finito.

Sulla superfice dell’acqua era apparsi due neonati posti in una culla, l’uno accanto all’altro. Dormivano coi pugnetti davanti alla bocca, gli occhi ancora gonfi. Erano uguali. Allora non lo sapevo, ma in quel momento stavo guardando Angelica.

Poi venne una spada e tagliò a metà la culla, infiammando l’intero specchio. La culla divenne una città bianca e riconobbi la Torre di Ecthelion tanto amata da Boromir. Era avvolta da alte fiamme e si udivano grida e clangore di spade. Qualcosa vorticava attorno ad essa, qualcosa di nero: un grosso uccello, con in groppa un cavaliere. Ma li, la visione finì. 

  

Ci alzammo piano dalla bacinella e guardammo la Dama con aria interrogativa. Anche lei ci scrutava << Non so cosa abbiate visto, ma riesco a intuirlo dal vostro pallore: il futuro non riserva buone novelle. >> Io scossi il capo << Ho visto la Torre di Ecthelion in fiamme, mia signora! Quando capiterà? E ho visto orchi, tanti, tantissimi orchi! >>

<< Perché ti chiamavo così disperatamente, sorella? >> Mormorò Giulia, continuando a fissare la bacinella << Perché? >>

Con aria materna, la Dama posò una mano sulla spalla di entrambe << Future principesse di queste reami, ora ascoltatemi bene: è un consiglio, e i consigli di Galadriel sono preziosi come le perle dell’Anduin. Dovete stare vicine a coloro che amate. Non abbandonateli a loro stessi. >>

Mi morsi un labbro << Vi riferite forse a Boromir, mia Dama? >> Ero sicura che sapesse in che condizioni versasse il mio Uomo << Ho giurato a Gandalf di starli vicino, di aiutarlo a non…cadere in tentazione. Ma è così difficile… >> La Dama mi accarezzò una guancia << Quanto stai facendo va benissimo, ma sappi che l’Anello sa rendere molto cattivi. >>

Mi sentii toccata sul vivo << Boromir non può diventare cattivo! Non con me! >> Ripensai alla proposta di matrimonio, al nostro amore…scossi forte il capo << Mi rifiuto di crederlo! >>

La Dama diniegò << Mia cara, non sai che anche una persona buona ogni tanto può ferire? Perciò, avrà bisogno del tuo perdono. >> Mi prese le mani nelle sue << Dovrai essere forte abbastanza per superare il dolore, mia giovane principessa, e riappropriarti del tuo futuro. Un futuro che sarà radioso, se tutto va in bene. Te lo posso assicurare. >>

 

La Dama parlò anche a Giulia, le consigliò di non lasciarsi distruggere dalle situazioni difficili e di pensare al sole che, anche se nascosto dal manto della notte, risorge sempre. Le consigliò di seguire il suo cuore, di non farsi influenzare dai calcoli della ragione, di lasciarsi andare a quello che poteva essere l’amore di tutta una vita. Giulia ascoltava e annuiva piano, sorridendo appena << Ma io queste cose le so già. Mi Dama…le so già. >>

 

 

Tornammo al campo in silenzio, coricandoci rispettivamente a Legolas e a Boromir. Giulia non me ne aveva parlato, ma ormai era chiaro a chi si riferisse la Dama quando si trattava di seguire il proprio cuore e non la ragione. Boromir dormiva della grossa quando mi stesi accanto a lui, riuscendo a non svegliarlo. Ci volle un po’ prima di addormentarmi: le parole di Dama Galadriel mi ronzavano nella testa come mosche fastidiose. Boromir… certo che era un Uomo buono. Mi avrebbe davvero ferita? Scacciai quel pensiero stringendomi a lui, portandomi un suo braccio sul fianco e modellandomi sul suo corpo. E, mentre mi addormentavo, mi passò per la mente quella frase:

Mi aveva già ferita una volta. Perché non avrebbe dovuto farlo una seconda? 

Con un brivido di paura, mi addormentai al ritmo del suo respiro.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA!!!Hullallà!! che chappi chilometrico… ci ho impiegato tanto, ma è andata. Ho finito ieri a mezzanotte e adesso posto alla sveltissimaJ piaciuta la visione? A me è piaciuta particolarmente la parte sulle persone buone: Galadriel fa un po’ il Paolo Coelho della situazione, facendo filosofia di vita…ma ha ragione: anche le persone buone possono ferirti, in tutti i sensi. E Bubu non sarà da meno.

Sarà difficile e anche un po’ triste concludere questa ficci, dato che è incentrata sul mio libro prediletto. E’ anche la parte più semplice, perché poi la storia si biforca- ovviamente io ne seguirò una parte appena- e si conoscono personaggi complessi. Devo ancora decidere cosa fare di loro… mah! Sono assai confusa! Però sono felice! Ho ottenuto un ottimo seguito, ho tanta gente che mi segue e soprattutto mi diverto troppo a cimentarmi in un’opera simile! E il merito è anche vostro, o cari lettori…perché senza di voi nulla di questo sarà apparso!

Un grazie dal profondo del cuore.

De prufundis Nini.

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Capitolo 27
*** Sarò il tuo scudo. ***


Lothlorien si rivelò un luogo incantato, impregnato e denso di magia elfica. Dopo il discorso con la Dama Galadriel, capii quanto potere fosse racchiuso in Nenya e compresi quanto fossero esili le speranze di conservare tutto  come nei tempi antichi, senza  cambiamenti. Peccato che il cambiamento fosse già in atto, e che la pioggia delle foglie dorate preannunciasse la fine del Reame della Dama del Bosco. << Che destino crudele. >> Commentò Boromir quando gli raccontai dell’incontro con la Dama << Un luogo così bello eppure così intimamente legato a una cosa orrenda come l’Anello, destinato alla distruzione. Tu non faresti di tutto pur di salvarlo? >> Gli avevo parlato della visione, evitando accuratamente la Torre di Echtelion in fiamme e Minas Thirit avvolta dal fuoco, per non parlare dell’essere mostruoso che volteggiava sopra la città. Perché non ne parlai? Semplice: con che coraggio potevo dirglielo? Sarei stata stupida e anche insensibile a condividere la mia pena con lui: avrei reso la sua anche più grossa di quanto già era. Infatti, anche se non parlava praticamente più dell’Anello, spesso e volentieri lo sorprendevo in contemplazione di Frodo. Cosa gli girava in testa, mi chiedevo allora, cosa? Boromir era uno di quelli che pensa poco e agisce subito, che non ama troppo pensare a intrighi e sotterfugi. Certo, sapeva elaborare piani di battaglia con cui teneva in vita i suoi uomini, strategie di guerriglia di cui rendeva partecipe anche Faramir, dotato di un cervello più fine e di un’astuzia sottile migliore rispetto a suo fratello. Che stesse pensando a qualche piano di battaglia? Qualche schema di guerriglia? Se si, per cosa? In realtà, sapevo già la risposta, ma non osavo confessarla a me stessa.

Restavano solo pensieri, dunque, pensieri che vorticavano incessantemente nella mia testa, mentre passeggiavo sotto i mallorn dorati in compagnia o da sola. Giulia ormai era sempre assieme a Legolas e persino Gimli aveva capito di non accettare gli inviti che comunque essi gli rivolgevano, troppo gentili ed educati per sgattaiolare via dal campo zitti zitti. Allora Aragorn prendeva  Gimli con se e andava a trovare Haldir e i suoi fratelli, con cui spesso e volentieri si fermava a chiacchierare; gli Hobbit erano sempre in qualche casa di Caras Galadhon, ospiti di elfi gentili che venivano assordati dalle loro chiacchiere e divertiti dalle loro risate. Restavamo solo io e Boromir, dunque. Spesso non ci muovevamo neppure dal campo e restavamo in silenzio a contemplare la pioggia di foglie dorate che scendevano senza far rumore fino a terra, condividevamo ricordi ed esperienze, oppure parlavamo di cose futili e profonde, o di tutto e niente. Era così anche quel pomeriggio. << Questo posto è meraviglioso. >> Disse Boromir all’improvviso, spostando gli occhi dalle foglie dorate a me. << Mi piace molto. >>

Annuii piano << E’ delizioso. >> Ribadii << Ma non durerà per sempre. >>

Lui si strinse nelle spalle << Però, l’idea di lasciarlo per riprendere il viaggio mi turba. >>

Lo guardai storto << Come sarebbe a dire che ti turba, Boromir? Desideri restare in questo giardino incantato e non tornare più a casa? >> Lo guardai a lungo e in silenzio. Gli elfi avevano dato indumenti puliti a tutta la Compagnia, bruciando gli abiti impregnati di morte che ci portavamo appresso dall’inizio del viaggio. Boromir indossava una tunica verde scura ricamata d’oro ai polsi e allo scollo, lunga sino a metà coscia. I pantaloni erano in cuoio e, per i piedi, gli elfi gli avevano donato morbidi stivali. Ma l’erba era talmente soffice che era un peccato schiacciarla con essi, era molto meglio sentirla tra le dita dei piedi. Come a disagio, il mio uomo si portò le ginocchia al petto e distolse lo sguardo dal mio. << No no, non fraintendere:  non è tanto il viaggio in se a turbarmi, il fatto di camminare ancora per chilometri e chilometri,  il pericolo costantemente in agguato e casa lontana… è che temo di sbagliare. >>

<< Sbagliare? >>

Lui tacque, pensieroso << Sai, quando si è in battaglia, capita di avvertire il pericolo prima che arrivi, anche solo un attimo prima, non dico con ore di anticipo, ma quell’attimo ti salva da morte certa. >> Spiegò << Io ho combattuto a lungo, sono quasi dodici anni che calco i campi di battaglia, e questo senso l’ho particolarmente sviluppato. E’ anche per questo che sono sopravvissuto fino ad oggi. Lo chiamo “ istinto della battaglia “. >>

Mi strinsi nelle spalle, non sapendo che dire << E cosa ti dice, questo istinto? >>

<< Che presto questo viaggio avrà fine. >> Ribadì asciutto << E che qualcosa sicuramente andrà storto. >> Vidi la sua mascella contrarsi per l’angoscia e mi avvicinai, passandogli un braccio sulle spalle. << E mi sai dire anche cosa, Bo? >>

<< Come diavolo credi che lo sappia, eh? >> Ribadì, stizzito, per subito tornare calmo e borbottare << Perdonami, non dovrei rispondere così alla persona che amo. >> “ Nonché tua promessa sposa. “ Pensai io, sorridendo al sol pensiero. << Tranquillo, non riuscirai mai ad allontanarmi da te. >> Risi, stringendolo << Io e te siamo fatti dello stesso sangue, della stessa carne. Siamo come due persone con la stessa anima- almeno questo io credo… nessuno potrà mai dividerci. >>

Mi aspettai un sorriso, almeno un po’ di allegria. E invece, Boromir mi scostò da se e si alzò in piedi << Ne sei certa? >> Mi chiese << Se sapessi cosa agita la mia mente, sicuramente la tua risposta sarebbe no. >>

Mi sentii improvvisamente spaesata << Che vuoi dire, Boromir? >>

<< Siamo sempre andati d’accordo su tutto, più o meno e, se anche non eravamo d’accordo, abbiamo trovato punti in comune. Giusto? Giusto. Ma su una cosa io e te non siamo mai andati d’accordo, sin dall’inizio di questo fottutissimo viaggio. >> Fece una pausa piena di tensione. Infine sibilò << L’Anello. >>

“ Oh no… “ L’angoscia mi invase  << La sai benissimo qual è la mia opinione in merito. >> Risposi, improvvisamente fredda, alzandomi a mia volta << L’Anello va distrutto. Si, è abbastanza potente da distruggere tutti gli eserciti di Mordor, ma chi lo userà, eh? Ci hai mai pensato, Boromir? Nessuno è abbastanza forte da saperlo controllare… >> Feci un passo avanti, accarezzandogli la mano << Amore mio, devi capire che non puoi usarlo. >> Bruscamente, lui si scostò dalla mia presa << Tu vuoi vedere Gondor in fiamme e me ridotto in rovina. >> Disse, glaciale, ma quelle parole bruciarono come uno schiaffo << Tu vuoi vedere la mia città cadere e ridotta in cenere! Vuoi vedere Faramir e Matilde morti, proprio come è successo a Jadis e a Gandalf! Perché non mi vuoi aiutare, Anna? Io saprei come fare a salvare tutto, a salvarli tutti, ma ho bisogno di te! Perché io non riesco a pensare a un futuro senza di te. >>

Risi, ma non di gioia << Mi stai forse chiedendo di sposarti, Boromir figlio di Denethor? >> Mi avvicinai, ma stavolta con aria minacciosa << Se vai avanti così, non ci sarà più una casa pronta ad accoglierci, nessun luogo dove far crescere i nostri bambini. E, soprattutto, TU STESSO non ci sarai più, troppo preso dalla smania di potere dettata dall’Anello! >>

Incrociò le braccia sul petto << Io ho abbastanza forza di volontà per non cedere! >> Proclamò << Io da solo, con l’aiuto dell’Anello, sarei in grado di sbaragliare gli eserciti di Mordor  e di far uscire Gondor e gli Uomini vittoriosi da questo conflitto. >> Stavo per ribattere, ma lui continuò con fare febbrile << Dovremmo raggiungere Minas Thirit, contattare mio padre e prendere possesso dell’Anello. Tutto qui. Perché non vuoi darmi ascolto, amore mio? La casa per noi è già pronta, io desidero avere un figlio da te più di qualsiasi altra cosa. Non mi credi? >> Si inginocchiò << Non mi credi? Chiedi ad Aragorn. Imploralo di dirti quanto gli ho detto qualche giorno fa. >>

Non mi lasciai impietosire da quella improvvisa dimostrazione di dolcezza << Quanto ha Aragorn da dirmi ora non mi interessa, Boromir. >> Gli risposi, per poi sibilare << Voglio solo dirti una cosa, anzi chiedertela: quale tarlo è entrato nella tua mente per renderti così folle? Cosa ti dice, amore? Ti rendi conto di quanto è vicina Minas Thirit a Mordor, di quanto poco basterebbe a Sauron per riprendersi il suo giocattolo? Ma Boromir, ti rendi conto che ti vuole USARE, sto cazzo di Anello?! >> Le ultime parole le dissi a voce così alta che il bosco risuonò per un attimo dell’eco di quella parola, così sinistra da pronunciare tra le foglie dei mallorn dorati. Asciugai con rabbia le lacrime che mi rigavano le guance, guardando con altrettanta rabbia l’uomo inginocchiato davanti a me, un uomo solo con la sua follia, che mi aveva chiesto di aiutarlo a compiere un crimine anche peggiore dell’assassinio. Un uomo che io amavo dal profondo del cuore e anche più della mia stessa vita, qualcuno che per me era tutto e anche più del tutto. Qualcuno che io dovevo proteggere.

<< Non ti permetterò di fare quanto mi hai appena descritto. >> Sussurrai, guardandolo << Non permetterò a nessuno di farti del male, e non lo permetterò nemmeno a TE. Ti terrò d’occhio, amore mio, ti terrò d’occhio e ti salverò da quel coso malvagio che è l’Anello. Non permetterò che cada nelle tue mani. Hai capito? >> Lui non mi guardava. Mi inginocchiai davanti a lui e cercai i suoi occhi, ma lui si ostinava a sfuggirmi. Allora lo abbracciai, e lui si lasciò abbracciare ma non ricambiò il gesto << E’ per il tuo bene. >> Gli sussurrai, affondando il viso nella sua spalla << E’ solo per il tuo bene. >>

 

 

Da quel giorno, Boromir mi rivolse la parola raramente. Cercava di non restare da solo con me e spariva interi pomeriggi, inglobato dalle sue riflessioni e dal bosco di Lothlorien. Ero molto preoccupata per lui, ma non rivelai a nessuno, nemmeno a Giulia, la mia pena: gli altri avrebbero pensato a quanto fosse pericoloso e, magari, l’avrebbero fatto imprigionare o, peggio ancora, uccidere per preservare l’Anello nelle mani di Frodo. Quello era il mio terrore più grande: che Boromir diventasse così pericoloso da essere costretti ad abbatterlo, come se fosse una bestia feroce. La sola idea mi faceva venire le lacrime agli occhi, ma decisi di essere forte e di andare avanti con una meta ben precisa: salvarlo dalla dannazione. Sarei stata il suo baluardo, il suo scudo, la sua protezione. Mi sarei consacrata a quel ruolo per il nostro futuro.

 

 

Venne il giorno della partenza. Gli elfi ci procurarono delle barche leggere e rapide per discendere l’Anduin, il fiume che ci avrebbe accompagnati per qualche giorno col suo lento scorrere, prima di porci davanti una scelta: da che parte andare? La domanda era ancora in sospeso la sera prima della partenza, quando si valutavano diverse opzioni, compresa Minas Thirit, ma nessuna di essa venne valutata come buona e, la mattina dopo, all’alba, ci trovammo tutti con un grosso punto di domanda in testa: che fare?

<< Scenderemo l’Anduin. >> Decise Aragorn, e almeno su quello eravamo tutti d’accordo, << passeremo gli Argonat e giungeremo alle soglie di Rauros. Ci vorrà qualche giorno, il tempo per schiarirci le idee. Siamo tutti d’accordo? >> Lo eravamo tutti, tranne Boromir. Ma il suo peso sulla Compagnia andava affievolendosi.

Gli elfi ci salutarono con auguri di buona fortuna, doni e provviste. La Dama donò ad ognuno di noi un mantello verde ornato da una spilla a forma di foglia di squisita fattura, assieme a doni più personali che diede in privato. A me e Giulia donò una cosa particolare: la telepatia. Ci baciò sulla fronte e sulle tempie, per sfiorarci infine le labbra con parole remote e antiche come il mondo. Subito, la voce caotica di Giulia affollò la mia mente e io probabilmente affollai la sua, dato lo sguardò stupito che ci scambiammo.

“ Ora siete davvero unite. “ Disse la voce maestosa di Galadriel nelle nostre teste “ E’ un dono utile, che passerà di generazione in generazione. Comunicherete fra voi anche a grande distanza, anche da mondi differenti, se capiterà di allontanarvi. Siate liete e grate di queste dono, che pochi mortali lo hanno ricevuto dai Valar. Vi auguro ogni sincero bene.  

 

 

Le acque scure scivolavano sotto di noi nelle nebbie del mattino. In barche differenti, io e Giulia sperimentavamo la telepatia e ci rendevamo conto di una cosa: che quella era davvero l’inizio della fine. L’ultima parte del nostro viaggio assieme.

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA!!!uacciù che chappi problematico! Da tempo immemore non mi succedeva una crisi simile!vabbe, comunque è andataJ ohibò, amate lettrici, cosa ne pensate del comportamento di Mister B.? dite che la litigata è abbastanza veritiera? A me lascia alquanto perplessa…ma vabbe, a volte la qualità scrseggia!!!spero tanto di arrivare a 100 recensioni con questa storia, sarebbe un obbiettivo fantastico!!! Anche perché, ormai, siamo agli sgoccioli: ecco le prime crepe che si aprono… vedrete vedrete!!!

 

Mi raccomando, non abbandonatemi proprio ora, nell’ora dl bisogno!!! Vi lovvo!!!!

Vostra, Nini.

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Capitolo 28
*** L'inizio della fine. ***


“ A cosa pensi? “

“ Penso che l’acqua di queste parti debba essere tremendamente fredda e senza vita: non ho visto neanche un salmone! “

“ Un salmone? “

“ Un tipo di pesce… nulla di che. Tu, piuttosto: cosa ti turba, Anna? “

Distolsi lo sguardo dall’acqua e lo puntai su di lei, seduta nella barca adiacente alla mia. Navigavamo su ben tre barche: Aragorn conduceva quella di testa, con Frodo e Sam a bordo; io stavo con Boromir, di giorno in giorno sempre più cupo e taciturno, e Merry, che cercava di capire cosa ci fosse fra noi, mentre Giulia era sulla barca di Legolas, la più affollata, dato che con loro vi erano Pipino e Gimli. Per questo, avevamo accolto una parte dei loro bagagli sulla nostra barchetta, e procedevamo a rilento. Erano giorni in cui si parlava poco, giorni di tensione e di ansie, dovute in gran parte alla decisione che doveva essere presa: da che parte raggiungere Mordor? Io e Giulia ne parlavamo continuamente, sfruttando il dono della Dama. La telepatia era un dono meraviglioso, che dava pieno accesso al pensiero dell’altra, lasciando però poco spazio per se stessi. Fu infatti con enorme fatica che riuscii a tenere nascoste le mie paure riguardo Boromir: se Giulia ne fosse venuta a conoscenza, sicuramente mi avrebbe costretta a parlarne con Aragorn, e quella era l’ultima cosa che desiderassi. Anche se vedevo la situazione farsi sempre più buia, la mascella di Boromir sempre più contratta dall’angoscia, cercavo di convincermi che tutto sarebbe andato per il verso giusto, senza problemi, liscio come l’Anduin che scorreva sotto di noi. Ma Giulia era più abile di me nell’utilizzare il dono della Dama, e mi scrutava l’anima alla ricerca della più piccola crepa, continuando a pormi domande che preferivo lasciare senza risposta.

“ Nulla, Giulia, cosa vuoi che mi turbi? “

La vidi guardare prima me e poi guardare Boromir, che remava alle mie spalle “ E’ da un pezzo che non vi scambiate parole, e tutto questo è iniziato già a Lothlorien. Avete avuto qualche problema? “

“ No. “

“ Questo no vuol dire si. Cazzo, Anna, sono tua sorella mica tua madre! A me puoi parlare senza problemi “ Sorrisi debolmente a quella affermazione “ Non è mia madre che temo. “

Giulia tacque, un silenzio pieno di domande. Mi voltai a guardarla “ E’ Aragorn di cui ho più paura. “

“ Aragorn? “ Proruppe nella mia testa, assordandomi “ Scusa, ti ho resa sorda.. ma Aragorn che centra??? “

Non sarei riuscita a restare zitta ancora a lungo, dovevo svelarle almeno in parte la mia pena “ Continui a dirmi che Boromir è strano. “ Iniziai “ Be, me ne sono accorta anch’io. E’ da qualche giorno che ha smesso di comunicare con chiunque, me compresa. Sembra come preso da una conversazione interiore, che assorbe completamente le sue energie. “

“ Conversazione? Direi piuttosto lotta. “ Giulia si passò una mano fra i capelli, che le erano cresciuti fin quasi alle orecchie, facendola assomigliare giorno dopo giorno a me “ Ma contro cosa sta lottando Boromir? “

“ Non lo so! A saperlo, cercherei in tutti i modi di salvarlo, di redimerlo dalla sua dannazione… “

“ Parli come Dante all’Inferno, sorellina. Forse ho capito cosa lo turba tanto: è ancora quel coso, vero? “

Come al solito, Giulia era abbastanza sveglia da averlo capito da sola. Le avrei raccontato ogni cosa, evitando di dirle che il mio uomo aveva cercato di tirarmi dalla sua parte. Mi voltai a guardarlo, vestito di blu e rosso, col corno di traverso sulle gambe, lo sguardo cupo perso chissà dove. La Dama Galadriel gli aveva regalato una cinta d’oro, e Boromir la sfoggiava sotto le pieghe del mantello della terra di Lorien, il mantello che la Dama aveva tessuto apposta per noi. Non ricambiò il mio sguardo che per un secondo, ma subito lo distolse, e il remo affondo con rabbia nell’acqua.

“ Boromir vuole prendere l’Anello. “ Dissi a mia sorella, vedendola spalancare gli occhi. “ Me l’ha detto qualche giorno fa a Lorien, precipitandomi nell’angoscia. Sei l’unica che lo sa, Giulia, e non deve uscire dalla tua bocca. Hai capito? “

“ Una volta toccata terra, la prima cosa che farò sarà andare a sputtanare tutto ad Aragorn! “ Esclamò lei  sarcastica “ Ma per chi cazzo mi hai preso, eh?! OVVIO che starò zitta, ma non credere che la passerai liscia: sono giorni che ti chiedo cos’hai, e solo ora me lo tiri fuori! Sei stata proprio una stronza, a non dirmi niente. “ Mi strinsi nelle spalle “ Avrei fatto preoccupare anche te… “ Ribadii, sconsolata. La vidi sogghignare “ Dice il saggio: una pena condivisa è sempre meno pesante di una pena solitaria. “ Ribadì lei “ Dai ascolto al saggio, sorellina, e ora godiamoci il silenzio perfetto di questi posti. Credo che questi saranno gli ultimi attimi di pace per molto tempo. “

 

Al secondo giorno di viaggio, dopo una delle tante curve a gomito dell’Anduin, ci trovammo davanti a una delle mete prefissate del nostro viaggio: gli Argonath. Erano due statue immense, illuminate dal primo sole del pomeriggio, che ci scrutavano con indecifrabili volti di pietra. Dovevano essere molto antichi, dato che i lineamenti dei visi erano erosi dall’acqua e dal vento, ma erano ancora riconoscibili: Isildur e suo padre, coloro che avevano sconfitto Sauron. Erano gli Antichi Re, la stirpe di Aragorn. Lo vidi puntare il naso in alto, guardarli bene in faccia. Chissà se si rispecchiava in loro…rimasi stupita dalla maestria degli Antichi, capaci di scolpire nella cruda roccia monumenti così duraturi. Non erano passati un secolo o due, ma migliaia di anni da quando Isildur e suo padre avevano calcato la Terra di Mezzo, eppure i loro simulacri erano ancora li, a salutare i viaggiatori sul corso dell’Anduin, avvisandoli con le mani protese che alle loro spalle si estendeva Rauros, la cascata più alta di Arda, e augurandogli buon viaggio.

<< Sono meravigliosi, vero? >> Merry diede voce all’ovvietà e, dopo tanto tempo, Boromir parlò << Gli Antichi Re danno coraggio e speranza anche a dei disperati come noi. >> Disse con la voce roca di chi non parla da tempo. Non mi voltai nemmeno per paura di farlo tacere: quanto mi era mancata la sua voce? “ Un fottio, sorellina, ti era mancata un fottio. “ Suggerì Giulia, ironico “ Speriamo che non si rimangi nuovamente tutto. “

Passando fra gli Argonath, potemmo ammirare i loro mastodontici piedi: per loro, non eravamo altro che formiche insignificanti, nemmeno alte un quarto del loro alluce. Grandi scalini salivano accanto a loro e chi li avrebbe percorsi sarebbe giunto sul loro capo, avendo la possibilità di vedere l’intera Terra di Mezzo.

<< Chissà se si vede casa. >> Mi sfuggì dalle labbra, mentre mi riparavo gli occhi dal sole e guardavo nelle narici di Isildur.

<< Da dove ? >> Mi chiese Boromir, e quella era la prima domanda che mi rivolgeva da tempo . Lo guardai, stupita << Ma da lassù, no? Dalla punta dell’elmo di Isildur. >> Boromir fermò il ritmico vogare e si lasciò trascinare dalla corrente. Guardò in alto e poi sorrise, un sorriso che mi sciolse il cuore << Credo che da lassù si riesca a vedere persino Mordor, tanto è alto. Mi chiedo come abbiano fatto a costruire delle meraviglie simili, infondendovi quello spirito di cui poc’anzi parlavo: a te non danno speranza, piccola mia? >>

Da quanto non mi chiamava piccola… sentii gli occhi farsi lucidi dalla gioia, ma subito si asciugarono << Si, amore, me la danno. >> “ Proprio come me la da la tua voce, il tuo sorriso. Ben tornato, amore mio, ben tornato. “

 

Boromir riprese a parlare con me, e per il resto del pomeriggio non stette zitto un minuto. La tensione sulla nostra barca si sciolse e scivolammo via, verso Rauros, col sorriso sulle labbra. Il ruggito della cascata arrivava distinto, e la schiuma bianca di umidità saliva come fumo verso il cielo, illuminato adesso dal caldo sole del tardo pomeriggio. Ci accampammo sulla riva destra del fiume, per riposarci e aspettare la notte. Solo allora, avremmo attraversato il fiume e raggiunto la sponda orientale, per poi raggiungere Mordor da nord. Gimli non parve particolarmente felice di questa soluzione, ma era l’unico ad essere contrario: persino Boromir taceva, e ciò mi insospettì. “ Credi che stia covando qualcosa? “ Mi chiese Giulia, mentre aiutavo ad allestire il campo e preparavo il focolare. “ Non vorrei ammetterlo, ma questa sua improvvisa apertura non mi piace affatto. “

Lei sorrise “ Allora non sei così accecata dall’amore come sembri. Tienilo d’occhio, ok? “

<< Ma tu guarda cosa ci tocca fare! >> Stava borbottando Gimli << Attraversare gli Emin Muil, quelle pendici maledette, con rocce affilate come lame e neanche un cespuglio dietro cui nascondersi! >> Pipino e Merry lo ascoltavano con aria spaventata << E poi cosa c’è? >> Bisbigliò Pipino, mordendo un angolo di Lembas. << MA va ancora peggio! >> Sbuffò Gimli, puntando l’ascia contro Aragorn << Poi ci sono le paludi! Uno schifoso, puzzolente acquitrino, che si estende dalla fine di quell’orrida catena fino al Nero Cancello! >> Aragorn non sembrava minimamente toccato dal discorso. Guardò il Nano con aria gelida e alzò un sopracciglio << Ebbene, questa è la strada. Vedo che hai un’ottima conoscenza della geografia di Arda, e la cosa non può che darmi piacere. Quindi, proprio perché la conosci, ti consiglio di darti una calmata e di recuperare le forze. >>

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Gimli divenne rosso di rabbia e squadrò Aragorn << Recuperare le forze?! Ma con chi credi di parlare, sono un NANO, IO!! >> Giulia ridacchiava mentre terminava di scavare la buca per il focolare. Svegliò Sam, che si era appisolato, e gli disse di preparare un po’ di carne essiccata. Questi acconsentì con aria insonnolita, ma si riprese subito quando si accorse che Frodo non era con noi. << Dove il padrone? >> Chiese, e tutti sentimmo un tuffo al cuore. Ci guardammo attorno con aria sconvolta, specchiandoci negli occhi degli altri e vedendo sempre la stessa cosa: l’angoscia.

<< Frodo! >> Iniziò a chiamare Aragorn << FRODO!! >> La Compagnia si disperse lungo i boschi che costeggiavano la riva, chiamando Frodo a gran nome. Stavo per andare anch’io, quando mi accorsi che Boromir aveva lasciato il suo scudo sulla barca- e lui non abbandonava mai il suo scudo… << E’ in pericolo. >> Mi disse Giulia a voce alta << Dobbiamo ASSOLUTAMENTE trovarli, Anna. Tutti e due. Prima che succeda un bordello. >> Annuii, spaventata. Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Boromir mi aveva ingannata.

“ Più propriamente te l’ha messo nel cul-“ Provocò Giulia, ma la zittii in malo modo. “ Io vado a destra. Tu a sinistra. Se lo trovi e va tutto bene, coinvolgilo nelle ricerche, se no… “

<< Se no? >>

Deglutii a fatica, sfoderando piano la spada al mio fianco << Fermalo. In qualsiasi modo. >>

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA!!!mio dio ci siamo!!sta per succedere un vero e proprio bordello, ve l’assicuro! Spero di aver reso bene l’idea…e spero che questa storia vi sia piaciuta abbastanza, dato che ormai volge al termine: ma tranquille, non penserete che vi lascio senza seguito! Non so ancora come si chiamerà- perciò, accetto suggerimenti- ma sarà carina…è già tutto qui, nella mia testa! Yo, quanto mi sento bene!!!

 

Spero tanto che il successo dei Gioielli si ripeterà, anche se questa storia è stata parecchio più doloroso e difficile dell’altra…forse è per questo che sono stata premiata con una valangata di recensioni e di visite!ergo, vi ringrazio sentitamente, stimati lettori, e vi do appuntamento ai chappi futuri-ancora pochi, ma veramente VERAMENTE densi.

 

Non smettete di seguirmi e recensite, mi raccomando!!! Pace e ammore- e tante scuse a chi non ho ancora risposto…sto diventando pigra!!sappiate che avete tutta la mia stima stimissimma!!!vi lovvo assai!!

 

Con infinito calore, un’abbronzata Nini.

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Capitolo 29
*** La fine. ***


Tempo presente.

Mi guardo le dita macchiate d’inchiostro e scrollo un attimo la mano. La sera sta scendendo su Mina Thirit, e i miei occhi sono focalizzati sugli incendiati campi del Pelennor, vividi come rubini, scintillanti come fiamme. Angelica è nella cesta, la balia Tilly la fa giocare e la allatta quando ha fame. Avrei voluto darle io il cibo, ma i Valar mi hanno concesso poco latte, non sufficiente per sfamare il nostro cucciolo. Boromir è seduto al tavolo con me, sta studiando alcuni documenti di cui so poco e nulla: lavoro d’ufficio, lo chiamo io. Il mestiere della Sovrintendenza, lo chiama lui. Si accorge che lo sto guardando, alza lo sguardo grigio e mi sorride, quieto. << Mal di mano? >> Mi chiede. Annuisco, scrocchiando le dita.

<< Dove sei arrivata? >>

Senza volerlo, la risposta esce asciutta << A Rauros. >>

Il suo sorriso scompare, un’ombra di tristezza vela il suo sguardo e distoglie gli occhi dai miei, per fissarli sulle rosse pianure attorno alla sua città. Ricordi dolorosi gli affiorano nella mente- non ricordi, per l’esattezza: lui non sa quello che ha fatto. Lo sa solo perché gliel’ho detto io.  Non serba memoria di quei pochi attimi, eppure continua a soffrire per essi. E io non posso farci niente.

In silenzio, quasi di soppiatto, ricomincio a scrivere.

 

 

La riva era piana e di terra chiara, ma dopo pochi metri si alzava e cominciava una vegetazione di cespugli bassi, alternati a striminziti arbusti, che diventava sempre più fitta verso l’interno, costituito da un pendio scosceso. Dove ci trovassimo, non lo sapevo. Presi a destra e mi mantenni nella parte bassa del pendio, sentendo la voce di Aragorn parecchio sopra di me chiamare Frodo. Pregai i Valar che avessero già trovato Boromir, che non avesse combinato niente, che non si fosse allontanato per far del male a Frodo ma solo per fare pipi. Li supplicai di tenerlo lontano dai guai, di farlo ragionare, di tenerlo sulla retta via. I Valar mi ascoltarono? La loro risposta si perse nel vento.

 

Camminai per un po’, le voci degli altri che si perdevano in lontananza. Il bosco era insolitamente silenzioso, e neanche un merlo trillava, non uno scoiattolo squittì al mio passaggio: cos’era tutto quel silenzio? Anche la Città delle Stelle era così silenziosa prima dell’attacco… col peso di quella affermazione mi fermai di colpo, sentendo le vertigini assalirmi: la visione della Dama parlava di un attacco, Orchi che combattevano un pugno di uomini in mezzo a un bosco, di giorno - e noi eravamo in un bosco, di giorno, e quel silenzio non lasciava presagire nulla di buono.

“ Giulia, credo che la visione stia per avverarsi. “ Le comunicai.

“ C’è troppo silenzio, vero? “

“ Già. “

“ Hai trovato qualcosa? “

“ No. Tu? “

“ Io sto con Merry e Pipino. Mi hanno detto che Sam è rimasto nella zona vicino alle barche, ad attendere il ritorno di Frodo. Legolas e gli altri due non so che fine abbiano fatto… ma c’è sicuramente qualcosa che non va. “

“ Concordo pienamente. “

“ Anche Legolas l’ha sentito. “

“ Tieni d’occhio gli Hobbit, sorellina. Fa attenzione. “

“ Roger, comandante. Passo e chiudo. “

Come faceva mia sorella ad essere così serena, solo i Valar ne erano a conoscenza. Avrei tanto voluto essere come lei, calma come acqua stagnante ma pronta a scattare come un felino, invece ero terribilmente in ansia, sentivo il mio cuore rombare nel bosco e i miei passi farsi sempre più pesanti tra le foglie del pendio. Sapevo quanto mi aspettava, ma non avevo il coraggio di ammetterlo. Sapevo quanto avrei dovuto fare, ma non sapevo se avrei trovato il coraggio di farlo. Continuavo a camminare, silenziosa, angosciata e attenta.

Fino a quando li trovai.

 

Vidi Frodo per primo, camminare rapido e a passo spedito, come se cercasse di distanziare qualcuno. Stava cercando di mettere più passi possibili fra se e la Compagnia, ma a che pro’? Perché si stava allontanando? Stavo per fermarlo, correre verso di lui, posargli una mano sulle spalle e scrollarlo per chiedergli spiegazioni, quando un secco spezzarsi di rami  mi pietrificò all’istante.

<< Non è sicuro andarsene in giro da soli, Frodo. >> Dolce come il miele giunse la voce di Boromir, più in basso rispetto allo Hobbit. Nascosta dietro un tronco, lo spiai: si stava avvicinando, sbucato chissà da dove, con un fascio di legna fra le braccia. Un pretesto per andarsene in giro a caccia di Frodo, evidentemente, e un ottimo alibi. La nota positiva era che mi dava le spalle: in caso di attacco, avrei avuto dalla mia l’elemento sorpresa << Specialmente tu, poi. >> Concluse, facendo un passo verso il Portatore.

Frodo ebbe il coraggio di restare fermo però non disse niente. Lo fissò e basta.

Boromir raccolse un ramo e lo esaminò con cura << Frodo, cosa agita il tuo cuore? >> Chiese, la voce melliflua e preoccupata. Aspettò, prima di parlare di nuovo. << E’ quell’oggetto, vero? Il suo peso deve essere…tremendo, da sopportare. >> Parlava in tono amichevole, la voce così dolce da suonare tremendamente finta. Mi fece accapponare la pelle e rizzare i capelli sulla nuca: chi era colui che parlava? Lo conoscevo? Era davvero l’uomo che si era preso la mia vita, il mio corpo, la mia verginità, il mio cuore? Era lui? No, che non lo era. Mi costrinsi a posare la mano sull’elsa della spada. Feci un respiro profondo e la stritolai nella presa: l’avrei sfoderata solo se necessario.

<< Lo è. >> Rispose l’Hobbit, un leggero tremito nella voce << Ma è un peso solo mio. >>

Anche da lontano, vidi le spalle del mio Capitano irrigidirsi << Significa che non mi ascolterai, vero? >> Disse, la voce improvvisamente metallica. Eccola li, la vera natura della sua conversazione. Tacque un attimo, per poi scagliare a terra i pezzi di legno << Chiedo solo la forza per difendere il mio popolo! >> Protestò con rabbia, muovendosi piano verso Frodo << Se solo tu mi prestassi l’Anello… >>

Stavolta, Frodo indietreggiò. La maschera di coraggio si era incrinata, la paura al di sotto era ben visibile. << Stammi lontano. >> Gli ordinò, continuando a indietreggiare, una punta di spavento nella voce.

Boromir si bloccò << Perché indietreggi, non sono un ladro! >> Disse, la voce che iniziava ad alterarsi.

<< Non sei te stesso, Boromir! >> Scandì Frodo con precisione glaciale: ah, quanta verità in quelle parole… LHobbit rimase a fissarlo per pochi, intensi minuti, voltandosi subito e ricominciando a camminare, deciso a mettere quanti più passi fra lui e il mio uomo. Deviò verso l’alto, cominciando ad arrancare sul pendio, nel punto esatto in cui cominciavano a sbucare, dall’humus di foglie e terriccio, malandati gradini di pietra.

Per un attimo pensai che fosse tutto finito, che Boromir si fosse arreso e avesse capito che l’unica forza da cercare era in se stessi e non nell’Anello. Per un attimo lo credetti davvero. Pensai a come sarebbe stato facile seguirlo di nascosto, sbucare alle sue spalle e dirgli che da tempo lo cercavo, che Frodo era sparito e che lo stavamo cercando. Quanto sarebbe stato dolce fingere che nulla fosse accaduto, che ogni singola parola di quella conversazione fosse morta! Avrei parlato io a Frodo, mi sarei scusata io per il comportamento di Bubu e l’avrei implorato di perdonarlo. Tutto sarebbe tornato al suo posto, il veleno dell’Anello avrebbe perso il suo effetto e Boromir sarebbe tornato il Boromir di sempre, il mio Capitano, quello vero…

Ma così non fu. Dove erano i Valar in quel momento, quando lo sentii ringhiare di rabbia e percepii la forza emanare dal suo corpo, dove erano? Girati dall’altra parte, intenti nei loro giochi. Non con gli occhi puntati su Arda, sicuramente.

<< IDIOTA! >> Proruppe Boromir, una parola che gli scaturì dal profondo del cuore, detta con tutto se stesso. Nel sentirlo, Frodo si bloccò e lo guardò, impietrito. << E’ TUO SOLO PER UN MALAUGURATO CASO! >> Continuò, strepitando, e correndo verso di lui << Poteva essere mio, doveva essere mio! >> Continuò a gridare, cercando di afferrare il Portatore, tanto agile quanto terrorizzato, che cercava di sfuggirgli, incespicando nel terreno. Alla fine, l’afferrò per il mantello e lo strinse a se, cercando di afferrarlo per il collo, ma Frodo non stava fermo, si divincolava come una biscia e usava persino i denti, per difendersi. << Dammelo! DAMMELO!! >> Continuava a gridare Boromir.

 

Non potei più restare neutrale. Saltai fuori dal mio nascondiglio e corsi verso i due, gridando forte nell’andare a cozzare contro Boromir. Gli fui addosso con tutto il corpo, sbattendo contro di lui, sbilanciandolo e facendolo cadere con un sonoro rumore di rami spezzati. Lo vidi rotolare poco più in basso, ed ebbi il tempo di rivolgere la mia attenzione a Frodo: era caduto con me ed era ancora steso a terra, immobile, terrorizzato. Mai mi arrabbiai come in quel momento.

<< SCAPPA! >> Gli gridai con rabbia, rimettendolo in piedi, mentre sentivo Boromir rialzarsi a fatica alle mie spalle. << Devi andartene o ti ucciderà! >>

Gli occhi del Portatore si cristallizzarono su qualcosa più in alto di me << LA SPADA ANNA! >> Gridò. Lo lanciai lontano da me e mi scansai, giusto in tempo per sentire l’acciaio di Boromir sibilare accanto a me e finire nelle foglie. A distanza di sicurezza, lo guardai per pochi attimi: il capitano reggeva la spada lunga con la mano guantata, la posizione di guardia inesistente, pronto a scattare come un serpente sulla sua preda. Mi guardava con quell’espressione spietata e bellissima che assumeva sempre in battaglia, gli occhi della belva nascosta in lui. Mi resi conto che avrebbe combattuto per uccidermi, sventrarmi come faceva con gli orchetti di Mordor, staccarmi la testa come con quelli di Moria. Valar, chi era colui che avevo innanzi? Senza preavviso, Boromir scattò in direzione di Frodo, la spada alta sulla testa. Mossa avventata: aveva lasciato tutto il fianco scoperto. Avrei potuto entrargli fra le costole, ferirlo agli organi interni con estrema facilità. Avrei, ma non lo feci. Intercettai la sua spada con un fendente ascendente, bloccandogliela al suolo.

<< VATTENE FRODO! >> Gridai a pieni polmoni, fissando Boromir negli occhi mentre faticavo a mantenere la sua spada a terra. Il grido risuonò nella mia mente e nella foresta, e sperai che qualcuno lo udisse, almeno Giulia, ma ero troppo impegnata per fare conversazione con lei. Poteva comunque sentirmi. Complice un momento di distrazione, Boromir liberò la spada con rabbia e arretrò. Stavolta si mise in posizione di carica, l’elsa della lunga spada all’altezza della spalla destra, le possenti braccia a scudo del torace. Non sapevo se Frodo alle mie spalle se ne fosse andato. Non ne ero certa, ma dovevo coprirlo: sarebbe stata dura, eppure avrei fatto il mio dovere.

Passò un eternità senza che uno di noi distogliesse lo sguardo dall’altro. Respiravamo piano, e il silenzio era di nuovo tornato nel bosco.

<< Perché ti sei messa in mezzo. >> Disse solo Boromir, senza abbassare la lama, e non era una domanda. << Non avresti dovuto. >>

<< Si che ho dovuto. >> Ribadii, senza muovermi dalla posizione di guardia << Abbassa la lama, Boromir, e parliamon- >>

Scattò ancora prima che potessi concludere, partendo con una falciata ascendente che mi sorprese, ma che riuscii a scansare. Nonostante la sua mole, Boromir era velocissimo. Cercai un affondo, ma lui parò con facilità. Ero così vicina che mi diede una spallata, facendomi barcollare. Rischiai di cadere sul fondo sdrucciolevole e allora lo sentii ridere, crudele << Sei sempre stata una pessima schermitrice, ma oggi dai il peggio di te. >> Ringhiò << Meglio così, non dovrò nemmeno sudare per avere la tua testa. >>

Valar, non si ricordava delle lezioni che aveva impartito? Delle mattine passate ad allenarci? Si ricordava almeno chi ero? No. Ero solo un nemico, anzi: IL nemico, quello che si frapponeva fra lui e la sua preda, l’Anello. Ero il bastardo che gli sbarrava la strada, il sassolino che andava schiacciato. Fu li, e solo li, che vidi scintillare nei suoi occhi un’aria malvagia che mai più avrei rivisto, un non so che di metallico e freddo, che mi fece capire che ero finita. Anche adesso, mi sento tremare al sol pensiero di quello sguardo.

Avevo onorato due delle promesse fatte a Gandalf:  avevo protetto Frodo e avevo aiutato anche Aragorn, anche se in misura minore rispetto al Portatore, ma Boromir…l’avevo perso per sempre. Non sarebbe più tornato da me. Che senso aveva la vita, se lui desiderava uccidermi? Perché continuare a combattere? Un dolore sempre più struggente si faceva largo nel mio cuore, lacerandomi l’anima, inondandomi di sensi di colpa perché non ero stata abbastanza brava a proteggerlo, a salvarlo dalla sua dannazione.

Voleva la mia vita? Che se la prendesse. L’avrei amato per come era, e sarei morta ricordando chi era prima dell’incontro con l’Anello. Ma prima, dovevo dare più tempo a Frodo.

Nel tentare un affondo, Boromir mi afferrò la mano e me la torse finchè non lasciai cadere la spada con un grido. Con ogni probabilità, fu li che mi incrinò il polso che tutt’ora mi duole, ogni volta che cambia il tempo. Mi lasciò la mano e mi schiaffeggiò così forte da farmi vedere nero per un attimo. Sentii il sapore del sangue in bocca. Il colpo fu così pesante da mandarmi a sbattere contro un albero, su cui mi accasciai, intontita. Sentii le sue mani stringersi attorno al mio collo, sempre più strette, e la mia bocca che faceva un rumore orribile mentre cercava di dirgli che ero io, che ero Anna, che avevo bisogno d’aria, che doveva sposarmi, che ero io…le parole si rincorrevano, senza senso, senza che uscissero dalla mia bocca. Annaspavo alla ricerca di aria, ma riuscivo a respirare sempre meno, la sua stretta che andava facendosi sempre più forte. La vista andava offuscandosi, vedevo solo il cielo azzurro del tardo pomeriggio sulla mia testa, ma gli altri sensi si facevano più acuti: potevo sentire anche il suo, di respiro, il fiato grosso di chi stava compiendo un grande sforzo, anche contro la sua volontà, ma lo stava compiendo; il suo cuore rombare; la sua voce chiamava il mio nome, quasi con dolcezza, quasi mi stesse accarezzando mentre facevamo l’amore. Mi sembrò quasi che piangesse, ma a quel punto mi sentivo sull’orlo del baratro: dunque, era così morire…

 

Poi, tutto finì. Le mani mi lasciarono improvvisamente andare. Boromir gridò qualcosa, ma una voce più acuta sovrastò la sua, ma non capii di chi fosse.  Mi afflosciai a terra priva di forze, il viso affogato nelle foglie morte, sentendo l’aria maleodorante e umida della terra riempirmi i polmoni con lentezza e dolore. Il collo era un inferno di fiamme, la bocca era impastata di sangue e terriccio, il viso andava facendosi sempre più gonfio e teso e la testa mi pulsava in maniera atroce. Le avevo prese, e anche di santa ragione, ma in quel momento non potei realizzare alcun pensiero, se non il dolore lancinante del corpo. Se mi fossi svegliata, sapevo che sarebbe giunto anche il dolore dell’anima, per quello che avevo subito, per chi me l’aveva inferto, ma quello fu un pensiero fugace, l’ultimo, perché svenni con la convinzione di morire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTICINA: bhe, niente da dire. Non posso chiedervi se abbiate apprezzato il chappi o meno perché non è particolarmente carino dire: oh! Meraviglioso, si sono pestati! No, non lo è.

Tra l’altro, la storia prenderà una via piuttosto inaspettata, credo: buona parte sarà sempre sui nostri due..ehm..come li chiamo, ora che si sono pestati…ehm…vabbe, su loro due, sul cammino verso la riconciliazione. Infatti, penso che sarà proprio questo il titolo:

 

 

I GIOIELLI: RICONCILIAZIONE. ( o resurrezione, non so bene. )

( volevo usare GUERRA E PACE, ma sembra un po’ banalotto, non trovate? )

 

Vabbe, cari lettori, si avvia alla conclusione anche questa storia: siamo cresciuti di un altro anno, e andremo avanti ancora, fino alla fine della trilogia. Da li in poi…mah, chi lo sa! In ogni caso, ci sono ancora un paio di libri da riscrivere, farcendoli delle simpatiche avventure della Carovana e di Anna, sempre alle prese con il suo Bubu. Detta così, sembra una stronzata ma, ve l’assicuro, non lo è.

 

Oddio, questo pare un addio, ma non lo è!!! Credo che ci sarà ancora un chappi… come la mettiamo adesso con la Compagnia? Che succederà? Non so se ricordate l’ultima parte del libro/ film…una vera tragedia- ma anche la mia scherza no, eh?

 

Dai dai che raggiungiamo il centinaio di recensioni!!!lettori anonimi e amici di vecchia data, siete tutti pregati di lasciare un commento, anche breve, a questo chappi: devo capire se sono stata abbastanza realistica nella lotta…mi farebbe piacerissimo sapere che ne pensate, e vorrei sia pareri “ vecchi” che “ nuovi”!

Non deludetemi dunque, che io ho sempre dato il massimo. Una rimbambita e fuori fase Nini.

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Capitolo 30
*** Veniamo a prenderti. ***


Accadde tutto come quando venni ferita per la prima volta: mi ritrovai nuda su di un prato verde, le montagne vertiginosamente alte attorno a me; alle mie spalle, il bosco in cui io e Giulia avevamo trovato il Passaggio. “ Il luogo dove tutto ha inizio. “ Pensai, mettendomi a sedere “ E dove tutto avrà fine. “ Credevo seriamente di essere morta. Boromir mi aveva picchiata a sangue per poi strozzarmi. Che fine stupida…avrei dovuto saperlo che, mettendomi contro di lui, non sarei sopravvissuta. Ma che potevo fare, abbandonarlo al suo destino? Chi gli avrebbe impedito di prendersi l’Anello? “ Quello stupido coso… “ Imprecai piano, mentre la gola mi si stringeva e l’aria veniva a mancare, il collo che diventata una mappa di segni violacei. Sentii in bocca il sapore ferroso del sangue: le labbra erano state spaccate, la parete interna di sinistra era lacerata, mentre la guancia si gonfiava sempre più a causa della botta. Anche il naso mi doleva, per non parlare del polso destro, che pulsava e si gonfiava a vista d’occhio. Iniziai a piangere a dirotto, singhiozzando in maniera incontrollabile, stendendomi sul manto erboso e fissando il cielo: perchè mi aveva fatto questo? Perché mi aveva uccisa?

“ Il tuo compito non è ancora finito. “

Alzai il capo di scatto e spalancai la bocca, meravigliata: Dama Galadriel in persona era davanti a me. Mi guardava con quel suo sorriso benevole e compassionevole, gli occhi pieni di malinconia. “ Giovane principessa, hai fatto il tuo dovere, ma hai altri obblighi da assolvere. “

Tirai su col naso, un evento spiacevole “ Quali? Ho protetto Frodo e ho cercato di stare vicino a Boromir, anche troppo forse… “ Le indicai il collo violaceo e singhiozzai ancora “ Non credo che potrò sostenere altre promesse, mia signora: sono morta, no? “

Lei si inginocchiò e asciugò le labbra con un lembo della sua veste. “ Lo credi davvero? Sei ancora in tempo. “ Parlava con voce gentile, flautata. Buona.

“ In tempo per cosa? “

“ Oh, ma per vivere, principessa: combatti per i tuoi sogni, riprenditi ciò che è tuo, ricomincia ad amare. E perdona, Anna, perdona, perdona e ancora perdona: il tuo Capitano ne avrà bisogno. “

Pensai a lui, all’espressione feroce, da belva assassina, e tremai “ Ma io ho paura di lui, mia signora. “

“ Chi non ha paura della bestia che si cela nel cuore degli altri? Tutti, e chi non ne ha è uno sciocco. Tu sei stata coraggiosa: eri conscia del destino che ti attendeva se ti fossi schierata contro di lui, ma hai deciso di schierarti nel campo più difficile, e sei riuscita a fermarlo. Agli occhi dei Valar, questo è un grande segno. “ Mi guardò con gli occhi scintillanti “ Riconciliarti con lui sarà la più grande prova del tuo amore, Anna. Se supererai questa, assieme a lui potrai affrontare qualsiasi nemico, qualsiasi armata, qualsiasi guerra, grande o piccola. Perché ricorda, figlia mia: è l’amore che tiene unito il mondo, ed è sempre l’amore a legare due persone per sempre. Tu lo ami ancora, vero? “

La risposta mi venne fuori così naturale che quasi stentai a crederci. “ Si. “ Dissi solo, e i segni del collo sparirono, le labbra si rimarginarono, naso e polso smisero di dolere e la guancia si rimarginò, dentro e fuori. Una grande forza montava dentro di me, così grande che mi stupii di riuscire a contenerla tutta. La Dama mi porse la mano e mi fece alzare in piedi. Mi ritrovai improvvisamente vestita, i capelli lunghi fin sotto le scapole. “ Sarà doloroso. “ Mi disse, posandomi una mano sulla guancia ferita “ Molto doloroso, soprattutto per lui: non capirà subito. “

Le sorrisi “ Glielo farò capire io. “

Lei ricambiò il sorriso e mi avvicinò a se, sfiorandomi le labbra con le sue. Poi, il sogno finì.

 

 

 

Mi sembrò di aver dormito giorni interi, ma doveva essere passato poco tempo: il cielo era della stessa sfumatura di azzurro di quando avevo combattuto con Boromir, ma il dolore era forse triplicato.

Giulia era sopra di me, mi stringeva a sé, e quando vide che riprendevo conoscenza, calde lacrime le rigarono il viso.  << Sei viva! >> Esclamò, singhiozzando forte << Pensavo ti avesse… >>

Scossi il capo, facendole cenno di farmi alzare << Sono dura a morire. >> Le asciugai le lacrime << Cosa piangi, sorellina: non lo sai che si piange solo per i morti? >> La battuta che usava sempre Boromir… << Che è successo? Dove è Boromir? >>

Giulia inspirò a fondo per calmarsi, quindi iniziò a parlare. << Ho sentito il tuo grido di aiuto nella mia testa. Ho detto agli Hobbit di nascondersi e di non muoversi per nessuna ragione al mondo. Ho seguito le tue grida ma, quando sono arrivata, sembrava già tutto finito: Boromir ti teneva sollevata da terra, tu giacevi inerte fra le sue mani, il viso che sembrava una maschera di sangue e …oddio, Anna, non ci ho più visto: gli ho lanciato addosso il sasso più grosso che ho trovato e l’ho colpito alla testa, gridando così forte che devono avermi sentito fino a Mordor. Allora lui ha gridato e ti ha lasciata cadere a terra e tu ti sei afflosciata in un modo, Anna, che sembravi davvero morta! Ho sguainato la spada e gli sono corsa incontro con tutta l’intenzione di ucciderlo, il bastardo, ma… >>

Mi toccai la nuca, sentendola viscida di sangue << Ma? >>

Ci impiegò un po’ a rispondere << Ecco, mi ha guardata con un aria così disperata, così… afflitta, che non ho avuto il coraggio di avvicinarmi. Sembrava non comprendere quanto stesse facendo. Credo che stesse piangendo, ma non l’ho visto bene: ha guardato prima me, poi te che eri distesa a terra, tutta sporca e con i capelli incollati dal sangue. E ha lanciato un urlo, Anna, un urlo che non dimenticherò mai: una bestia sul punto di morire non è neanche lontanamente in grado di fare versi simili! >>

<< Avrà pensato di avermi uccisa. >> Sentenziai, cercando di muovere il polso destro con scarsi risultati: si muoveva, ma era doloroso. << E poi? >>

<< E’ corso via, passandomi accanto come se non ci fossi. >> Mi sfiorò la guancia, facendomi gemere di dolore << E io sono rimasta qui, a vegliarti. Ero certa che ti saresti svegliata eppure… >> Grandi lacrimoni iniziarono nuovamente a scorrerle dagli occhi nocciola << … Ho avuto così tanta paura, Anna! Non sai quanta! >>

Le sorrisi, ma anche quello mi fece male << Non dirlo a me. >> Le dissi, abbracciandola, pensando però a Boromir: stava tornando alle barche, dagli altri. Non lo sapeva che erano tutti a caccia di Frodo e che non c’era nessuno. E se invece fossero stati li? Avrebbe confessato il crimine di cui si era macchiato? Avrebbe confessato di avermi ferita quasi a morte? E gli altri? Come avrebbero reagito? Mi si gelò il sangue.

<< Giulia, dobbiamo andare a cercarlo. >>

<< A cercarlo?! Tu hai bisogno di stare ferma! >>

<< Non starò ferma finchè non l’avrò trovato. >> La fissai negli occhi << Tu resteresti ferma se sapessi Legolas in pericolo? >>  Mia sorella avvampò fino alle punte dei capelli, la risposta dipinta chiaramente sul viso. Ebbe comunque la sfacciataggine di sogghignare << Vedo che la mano di botte non ti ha cambiata, sorellina. Testarda come al solito. >>

Sogghignai a mia volta << Strano, mi vedo riflessa in qualcuno… >> Le strinsi la mano << Giulia, grazie. Penso che sarei morta per davvero, se tu non l’avessi fermato. >>

Lei si strinse nelle spalle e si alzò << Che vuoi che sia, salvo vite tutti i giorni, io. >> Mi passò una mano sotto l’ascella e mi fece alzare. La testa mi girò, ma solo per qualche istante, poi tutto tornò al suo posto. Almeno, le gambe erano ben salde.

“ E ora dove andiamo? “ Mi chiese Giulia, chinandosi a raccogliere la mia lama e porgendomela dalla parte dell’elsa. Come risposta, giunse in lontananza il suono di un corno che conoscevo bene. Ci guardammo, la risposta stampata in faccia, e iniziammo a correre.

 

 

 

 

 

Le gambe erano ben salde, ma la testa andava un po’ dove voleva. Improvvisi lampi mi accecavano e più volte andai a sbattere contro rami bassi o inciampai nelle radici. Come aveva detto Giulia, dovevo star ferma, ma il corno di Gondor continuava a suonare, invocando aiuto. Correvo più piano di Giulia, che mi precedeva di un buon pezzo, e spesso la perdevo di vista fra gli alberi per vederla riapparire, lontano, ferma ad aspettarmi. “ Corri! “ La incitavo “ Non aspettarmi! Corri e dagli una mano. “ Se Boromir suonava il corno non lo faceva per diletto: si trovava in grave pericolo, e chiedeva aiuto. Mentre correvo, ripensavo alle parole della Dama e a lui, quanto dovevo fare con lui: dovevo riconciliarmi, e Boromir non poteva sicuramente morire prima di aver fatto due chiacchere con me! La testa mi doleva da far paura, ogni volta che il corno suonava essa rimbombava a lungo, ma quel dolore era piacevole: la via era giusta, la meta vicina. Caddi a terra e mi sbucciai le ginocchia. Mi rialzai senza dire una parola e ricominciai a correre nonostante mi mancasse l’aria: cosa non si fa per amore…

“ Anna! “ La voce di Giulia mi chiamò “ Anna! “ Lo stesso tono che avevo sentito nella visione della Dama!

“ Giulia, cosa succede! “ Le chiesi, allarmata, ma lei non mi rispose. Mi fermai, restando in ascolto: poco lontano da me, sentivo rumore di spade. “ GIULIA! “ La chiamai forte, avvicinandomi al clangore di spade.

“ Hanno colpito Boromir. “

Il cuore si fermò. Non poteva…

“ Le frecce ci stanno cadendo addosso a nugoli, ma continuano a colpire lui! Fa presto! “ Disse tutto d’un fiato mia sorella, interrompendo poi la conversazione. Il suono secco dell’acciaio contro acciaio si faceva sempre più vicino. Un urlo acutissimo mi perforò i timpani e accelerai la corsa. Nella mia testa, la voce di Giulia gridò a lungo, terrorizzata, dicendo frasi sconnesse e spezzate, con parole che però si ripetevano: chiamava me, mia sorella, e diceva di lasciarla stare, di metterla giù, di non farle del male e di non toccare gli Hobbit. Gridava forte, assordandomi, stordendomi ma, per quanto le dicessi di stare calma, lei continuava a gridare.

Superai con difficoltà la cresta e guardai: nella conca, fra le foglie morte, giaceva Boromir in ginocchio, diverse frecce conficcate nella sua carne. Davanti a lui, un nero orco, grande quasi quanto il mio capitano, lo fissava, tendendo un arco di nero osso; incoccata, vi era una freccia lunga dal piumaggio grigio, simile a quelle che dilaniavano la carne del mio uomo. Stava per scoccarla quando mi lanciai per il pendio con un grido carico di furore. L’orco, preso alla sprovvista, mi scagliò la freccia contro, ma essa mi sfiorò appena, lacerando la pelle del fianco. Quindi, con la spada sguainata e urlando << GONDOR! >> A pieni polmoni, mi avventai contro di lui, sbattendolo a terra e rotolando assieme.

L’orco puzzava di sudore e di non umano, aveva muscoli potenti e zanne gialle che snudò per farmi paura. Ma quella era l’ultima della mie sensazioni: il fuoco mi scorreva nelle vene, e mi liberai dalla sua morsa come una biscia dalle mani di un bambino. Scivolai davanti a Boromir, ancora in ginocchio.

<< Tu non avrai quest’uomo! >> Gridai all’orco, che snudò una spada brutta ma dall’aspetto micidiale. << Che ne hai fatto di mia sorella e degli Hobbit? >> Il mio acciaio incrociò il suo in una parata frontale << PARLA! >>

<< I Mezz’uomini e la donna sono in viaggio verso Isengard. >> Ringhiò << Presto, il mio signore Saruman ne potrà disporre. >>

“ No… “ << Il bastardo non avrà nulla di cui disporre! >> Ribadii << Li ritroveremo e ammazzeremo tutti gli schifosi della tua razza! >> Parlai a voce molto alta e il mio eco si disperse fra gli alberi. Chissà se Frodo era riuscito a salvarsi… e Sam? Dove era Sam?

L’orco ululò forte, qualcosa di simile a una risata << Umana, chi credi di essere per poterci fermare? Noi siamo gli Uruk-hai, servi di Saruman. Noi vestiamo la Bianca Mano, noi espandiamo la sua potenza! E tu non potrai niente, NIENTE contro di n- >> Si bloccò, stupito dal vedere comparire dalla sua pancia una lama affilata. La testa di Aragorn fece capolino alle sue spalle. << Lei non potrà nulla. >> Gli sussurrò << Ma io si. >> Aragorn estrasse la spada con un movimento fluido e staccò di netto la testa all’orco chiacchierone, schizzandomi di sangue nero e caldo.

Restai a guardarlo, l’erede di Isildur; lo guardai fissarmi il viso e vidi comparire la domanda che tanto desiderava farmi, ma che non fece per rispetto di Boromir, svenuto dietro di me. Alle sue spalle, giunsero anche Legolas e Gimli, che chiesero a gran voce cosa fosse successo li. Riguardo al mio viso, anche loro tacquero.

 

 

Avevo sentito dire che le mani del Re erano mani di guaritore, ma non lo pensavo davvero finchè non lo vidi operare su Boromir. Era ferito gravemente, ma se preso in tempo sarebbe sopravvissuto. Lo trasportammo fino alla riva, dove il nostro bagaglio era intatto e le barche erano lambite dalle onde. Aragorn usò le sue conoscenze e le essenze donatemi da Matilde per salvare la vita al mio uomo, mentre io sondavo la mente alla ricerca di Giulia: dove era? Perché non parlava? E gli Hobbit? Che fine avevano fatto? Merry e Pipino erano sicuramente con lei, e questo mi tranquillizzava un poco: è nel gruppo che sta la forza, e loro erano in tre. Sarebbero sicuramente sopravvissuti, almeno finchè non fossero giunti a Isengard. << Saruman li ha fatti rapire. >> Dissi ad Aragorn, una volta che ebbe curato Boromir. Dormiva sonni tranquilli, il mio capitano, il petto fasciato e l’aria grave. Aragorn aveva fatto un ottimo lavoro, anche migliore di quello di Matilde. Certo, aveva quasi prosciugato le mie scorte, ma almeno Boromir era salvo. Questo contava.

Il ramingo annuì, cupo. << Non ne dubitavo. >>

<< Credi che Frodo e Sam siano con loro? >>

Stavolta scosse il capo << No. Ho protetto io stesso Frodo nella sua fuga, dandogli tempo. Vedi? Manca una barca. >> Solo allora lo notai e mi stupii << Lo hai lasciato andare da solo a Mordor?! >> Esclamai, e Boromir gemette, quasi mi avesse sentito. Gli posai una mano sulla fronte, bagnata di sudore: bruciava di febbre.

<< Solo? >> Ribadì Aragorn, posando una pezza bagnata sulla sua fronte << Vedi forse Sam da qualche parte? >>

“ Già.. “ Gli sorrisi- una smorfia, più che un sorriso- e distolsi lo sguardo dal suo: di nuovo quella domanda… << Anna. Che ti è successo al viso e al collo? >>

“ Ecco le ferite dell’anima di cui tanto parlava Galadriel… “ << E’ successo. >> Dissi solo, fissandomi le mani << E’ successo che dovevo salvare qualcuno dalla dannazione, Aragorn. E ce l’ho fatta. >>

<< Ma a che prezzo? >> Mi sfiorò il collo << Sai che cosa hai rischiato? >>

Annuii, passandomi la lingua sulle labbra ferite. Lo sapevo, eccome se lo sapevo! Ma che potevo fare? Mi strinsi nelle spalle e scacciai le lacrime dai miei occhi, tornando a guardare Aragorn << E’ una faccenda che riguarda me e Boromir, chiaro? >>

Aragorn rimase in silenzio, scrutandomi a lungo. Infine, con un sospiro, si alzò.

 

 

Date le condizioni di Boromir, passammo la notte sulla riva. Certo, davamo un vantaggio agli orchi, ma la febbre inchiodava il mio uomo a terra, e non si sarebbe potuto muovere fino alla mattina dopo- sempre che si svegliasse, la mattina dopo…passai la notte sveglia, cambiandogli le pezze sulla fronte man mano si scaldavano, cercando di trovare Giulia. Ma di lei, nessuna traccia.

<< Credi che sia viva? >> Mi chiese Legolas nella notte, sedendosi accanto a me. Era il suo turno di guardia; Aragorn dormiva tranquillo mentre Gimli russava sonoramente.

Annuii convinta << Certo che lo è. >> Assicurai << Finchè sono in marcia, sono salvi, Leggy. La domanda è: e se arrivassero a Isengard? >>     

<< Non voglio neanche pensarci. >> Ribadì lui, rabbrividendo << Giulia sta diventando sempre più importante per me. Sapere di non averla salvata mi manda in bestia! Se penso che potrebbe accaderle qualcosa, io… >>

<< Leggy, Giulia non è una principessina: sa difendersi, te lo posso assicurare. >> Guardai le stelle sopra la mia testa << Sono certa della sua salvezza. Se non parla, è perché o dorme o è svenuta: nessun incantesimo può infrangere il ponte creato dalla Dama apposta per noi! >>

Legolas annuì piano, per poi restare in silenzio.

 

 

Verso l’alba mi addormentai, sfiancata dalla fatica e dalla stanchezza, tranquillizzata dalle condizioni ormai stabili di Boromir. Mi svegliai di soprassalto, proprio al giungere dell’alba, ma non ne capii il motivo: Boromir era tranquillo; Gimli faceva il suo turno di guardia vicino al fiume mentre gli altri due rubavano fino all’ultimo brandello di sonno. Avremmo avuto bisogno di tutte le nostre forze, e quello sarebbe stato l’ultimo momento di riposo per molto tempo. Ma allora cosa mi aveva svegliata?

“ Anna? “ Un pigolio “ Anna? Mi senti? “

Sorrisi, e il sole nascente baciò il mio viso martoriato. “ Si, ti sento. “ Dissi a Giulia, mai stata così lontana da quando ci eravamo ritrovate “ E so che sei viva. “

Calde lacrime inondarono il mio viso, mentre gli altri si svegliavano. La forza che avevo sentito durante il sogno con la Dama pulsava nella mia anima come un secondo cuore, pompando sangue e determinazione ad ogni fibra del mio essere.

“ Tranquilla, sorellina. “ La rassicurai “ Veniamo a prenderti. “

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DULCIS IN FUNDO: mentre fuori infuria il temporale, io porgo a voi lettori i miei omaggi. Questa è la fine, ragazzi miei- o meglio, la fine di I GIOIELLI: LA SORELLA DI ANNA. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita, recensito, che hanno messo la storia in varie cartelle che non ho mai controllata, ma che sicuramente ci sono! Sono molto fiera di me stessa: ho scritto qualcosa di decente, e spero tanto che anche la prossima storia segua questa via- ma di sicuro così sarà…

Se ho fatto tutto questo, se avete letto tutto questo, lo dovete a tutte le persone che mi hanno spronato: mia madre, mio padre, il mio boy, me stessa…ma anche voi, lettori. Sapere di essere seguita, ricevere recensioni quasi sempre positive, essere letta…bhe, fa un certo effetto!!spero di non essere banale con questi miei saluti, ma che posso dire, se non le solite cose?

Vabbe, dai, faccio abbastanza pena… meglio salutare tutti!

Un grazie di cuore, dal profondo dal cuore.

Una commossa Nini.

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