Il coraggio di continuare

di monipotty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- La fuga ***
Capitolo 2: *** 2- Nascondino ***
Capitolo 3: *** 3 - La zia e l’amica di famiglia ***
Capitolo 4: *** 4 - Sorelle ***
Capitolo 5: *** 5 - Allegria contagiosa nella desolazione ***
Capitolo 6: *** 6 - Nella stanza dello specchio ***
Capitolo 7: *** 7 - “Sorellona, perché...?” ***
Capitolo 8: *** 8 - Una scelta difficile e responsabile ***
Capitolo 9: *** 9 - Il migliore amico ***
Capitolo 10: *** 10 - Toccasana ***
Capitolo 11: *** 11 - Una strana sensazione ***



Capitolo 1
*** 1- La fuga ***


1-La Fuga

Capitolo 1 - La Fuga

Da giugno, l’intero mondo della magia era in allerta: nessun mago, strega o magonò riusciva a dormire su due guanciali, che fosse Purosangue o Mezzosangue. Nemmeno i Babbani erano tranquilli perché da giugno, a causa di quei continui e misteriosi omicidi e sparizioni di famiglie intere, l’intera comunità era scossa dalla preoccupazione, che non è paura: la paura c’è se si sa di chi o cosa avere timore e i Babbani non sapevano che Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato era tornato, o comunque aveva fatto la sua apparizioni ufficiale. Per mesi, Harry Potter e Albus Silente erano stati visti come dei visionari, dei pazzi, qualcuno a cui non credere, da eliminare; nemmeno la morte di Cedric Diggory aveva fatto cambiare opinione alla Comunità Magica, e venne descritta come incidente di percorso: credere a ciò che per mesi i due maghi avevano continuato ad annunciare senza essere presi sul serio avrebbe significato la sconfitta del Ministero della Magia e la caduta nel caos. E il Ministero si comportò come San Tommaso: solo quando vide, credette e agì di conseguenza. Ma era tardi. E le conseguenze iniziavano a farsi vedere e sentire.

Ma anche se pochi, i maghi e le streghe che credettero immediatamente a loro li difesero anche a costo di perdere il rispetto degli altri, perché la verità porta di per sé alla perdita. Ma la sua comparsa al Ministero di fronte al Ministro Caramell in persona e agli Auror diede finalmente conferma della veridicità di quello che ostinatamente qualcuno affermava: il signore Oscuro era tornato e il mondo era infine entrato nel caos.

Per le strade di Londra, quella notte, non tirava un alito di vento: tutto era fermo, silenzioso e buio. Nonostante si fosse ancora agli inizi di agosto, la temperatura era più fresca del normale e il tempo perennemente nuvoloso, come a voler rispecchiare l’animo di milioni di persone che vivevano in quel Paese. Tutto era apparentemente tranquillo, ma nelle case molti maghi e streghe non chiudevano occhio: con le orecchie tese e i nervi saldi, ascoltavano i rumori nella notte, pronti a reagire.

In una delle villette a schiera che correvano lungo una delle tante strade di Londra, una donna spalancò la porta della camera da letto delle figlie con la bacchetta in mano.

“Cinthya, Patricia, svegliatevi, presto!” chiamò mentre con gesti veloci e precisi appellava qualsiasi cosa le capitasse sottomano e lo infilava in uno zaino di scuola. Le due dormienti, una ragazza di 15 anni e una bambina di 6, sobbalzarono nei loro letti.

“Che succede, mamma?” chiese la più grande strofinandosi gli occhi assonnati e osservando la madre. Questa, in tutta risposta, le lanciò quelli che sembravano un paio di jeans, una maglietta a mezze maniche e un golfino leggero.

“Dovete andarvene immediatamente da qui.” Rispose in fretta la madre girandosi verso la figlia minore e iniziando a sfilarle il pigiama nonostante i suoi piagnucolii. “Avevo già avvisato zia Minerva: andrete da lei finché non si sarà tutto risolto. La ragazza continuò a guardarla senza capire.

“Tutto cosa?” domandò ma in quel momento dei passi affrettati raggiunsero la camera e un uomo vi entrò.

“Sbrigati, Druella, o non ce la faremo.” Disse alla moglie che annuì e accelerò i suoi movimenti. Quando finì, prese la bambina in braccio e andò verso la porta ma prima di uscire disse alla figlia maggiore di sbrigarsi a cambiarsi. La ragazza, completamente sveglia nonostante la confusione che aveva in testa, si infilò velocemente gli abiti che la madre le aveva dato, prese la bacchetta e raggiunse il padre sulla porta, chiedendo di nuovo spiegazioni. L’uomo le posò una mano sulla spalla e deglutì.

“I nostri vicini di casa...” iniziò a spiegare. “Poco fa ho sentito dei rumori sospetti provenire da casa loro, poi dei lampi di luce verde e più nulla.” La ragazza inorridì: i Mangiamorte erano nel loro quartiere. Il suo pensiero volò ai vicini di casa, una famiglia di Babbani loro amici che avevano un ragazzino di poco più piccolo di lei.

“Bobby...” mormorò addolorata sentendo gli occhi bruciarle. “O mio dio...” il padre non disse nulla ma la spinse fuori dalla camera e giù per le scale, guidandola in cucina: ad ogni passo, la paura e la tensione crescevano, il dolore per la perdita dell’amico si faceva sempre più sentire e il pensiero di quello che sarebbe successo di lì a pochi istanti la fece rabbrividire. Era dall’inizio dell’estate che i suoi genitori organizzavano un piano d’azione se mai fosse capitata una situazione di pericolo: nella sua famiglia, infatti, solo la madre era Purosangue, mentre il padre era Babbano e delle due figlie solo sei era una strega, Mezzosangue. Anche se la loro situazione non era delle peggiori, sapevano bene che il pericolo sarebbe arrivato ma nessuno credeva così in fretta. O comunque, in qualunque momento si fosse presentato, sarebbe stato troppo presto. Trovarono la madre vicino al tavolo della cucina, intenta a consolare la figlia minore, ma non appena la vide le fece cenno di avvicinarsi e le indicò una lettera imbustata.

“Questa, Patricia, è una Passaporta.” le spiegò. “Vi porterà dritte ai Tre Manici di Scopa da Rosmerta. Quando arrivate, fategliela leggere e lei capirà.” Patricia annuì, tremante.

“Voi non venite?” domandò sorpresa e spaventata allo stesso tempo.

“No, ce ne andremo ma non verremo con voi: rischiamo di mettervi in pericolo.” Spiegò il padre. Patricia scosse la testa.

“No!” protestò. “Voglio venire con voi, non possiamo lasciarvi!”

“No.” Ribatté seccamente la madre. “Voi due farete come diciamo noi.”

“Ma...!” tentò ancora ma la madre la zittì con un’occhiataccia che ricordava molto quella della zia Minerva, sua sorella.

“Tu devi proseguire con la tua istruzione e Cinthya pure. Non voglio polemiche.” Disse gelida mettendo fine alla discussione. Patricia abbassò il capo e non disse più nulla; la madre le si avvicinò e la strinse con dolcezza. “Mi dispiace, tesoro. Solo così sarete al sicuro.” La ragazza annuì poi prese la sorellina per mano e si avvicinò alla Passaporta.

“Dove andrete?” domandò prima di toccarla.

“Al sicuro.” Rispose il padre. “Non ve lo diremo così non correrete più rischi di quanti già ne corriate, ma ci metteremo in contatto con voi appena potremo. Hai il tuo cellulare dietro?”

“Sì, ma a Hogwarts non c’è campo...” rispose lei. Il padre sorrise.

“E’ vero; beh, vorrà dire che parleremo via gufo quando inizierai la scuola.” Si corresse. La moglie gli si avvicinò e lui la strinse a sé.

“Fate attenzione...” si raccomandò Patricia e i genitori le sorrisero. Con un ultimo sguardo ai loro volti, Patricia e Cinthya toccarono la lettera e tutto svanì in un turbinio di ombre e colori e la sensazione di essere strappati via all’altezza del petto che durò pochi attimi. Quando tutto si fermò, i Tre Manici di Scopa era davanti a loro.

Ciao a tutti!! Spero di non essere stata troppo noiosa in questo primo piccolo capitolo e di avervi messo un po' di curiosità :) non so ogni quanto aggiornerò, cercherò di farlo almeno una volta al mese, ma credo che nelle vacanze di Natale riuscirò a postarne un secondo.  Sono ben accette recensioni positive e critiche! Alla prossima e, intanto, Buone Feste!!!!

monipotty

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Capitolo 2
*** 2- Nascondino ***


2- Nascondino

Capitolo 2 - Nascondino

Erano le tre della mattina e Hogsmeade dormiva. Non c’era un rumore, tutto era immobile, silente, avvolto nella più totale oscurità. Ma un senso di angoscia, di insicurezza permeava l’aria e le due persone che più la sentivano erano le due ragazze improvvisamente comparse davanti alla porta del locale magico più ricercato dei dintorni e non solo: Patricia si guardò intorno nervosamente, la busta che doveva consegnare a madama Rosmerta ancora in mano, timorosa di veder comparire all’improvviso delle ombre minacciose o qualsiasi altra cosa. Ma soprattutto, paura che potesse succedere qualcosa alla sorellina e rabbrividì: anche se erano fuggite solo da un minuto, già sentiva il peso della responsabilità gravare sulle sue spalle; strinse a sé la sorellina che singhiozzava sommessamente con il viso contro il suo stomaco e fece un profondo respiro. Poi, lasciò scivolare lo zaino che la madre aveva preparato loro dalla spalla, lo poggiò a terra e si inginocchiò davanti a lei, scostandole le mani dal viso: se voleva che la sorella non piangesse, doveva mostrarsi forte di fronte a lei, ora che i suoi genitori erano assenti.

“Cinthya...” la chiamò con affetto cercando di mantenere un tono di voce calmo. La bambina continuava a singhiozzare. “Dai, Cinthya, non piangere. Vedrai che mamma e papà stanno bene, non ti preoccupare.” Finalmente riuscì a vincere la debole forza della bambina e le tolse le mani dal viso; la sorellina la guardò con gli occhioni rossi e lucidi, tirando su fortemente col naso.

“D-dove sono mamma e papà?” le domandò con voce rotta. “Perché ci hanno lasciate sole? Non ci vogliono più bene?” Patricia le sorrise.

“Ma no, certo che ci vogliono bene.” La rassicurò passandole un dito sulle guance bagnate per asciugarle due grossi lacrimoni. “Solo che sono dovuti andare via per un po’.” Come poteva spiegarle che le loro vite erano in pericolo? Le venne un’idea. “Devi sapere che stiamo facendo un gioco simile a nascondino.” Le disse e l’attenzione della bambina fu subito catturata. “Noi siamo i giocatori che si nascondono: io e te per un po’ ci nasconderemo qui, poi cambieremo posizione per non farci trovare troppo in fretta, e lo stesso fanno mamma e papà. Non dobbiamo farci trovare dagli uomini che ci stanno cercando altrimenti perdiamo il gioco.”

“E perché mamma e papà non si sono nascosti con noi?” domandò la bambina asciugandosi gli occhi.

“Perché quando giochi a nascondino con i tuoi amici non vi nascondete in gruppo ma vi separate?” le domandò di rimando lei. “Perché altrimenti vi trovano più in fretta: i posti dove nascondersi sono piccoli e ci stanno non più di una o due persone, quindi noi siamo qui e mamma e papà da un’altra parte.” Magari come paragone era un po’ fantasioso, ma perlomeno ora anche la sorellina sapeva a grandi linee cosa stava succedendo.

“E se ci trovano?” domandò ancora la bambina.

“Diventiamo loro prigioniere e siamo squalificate.” Buttò lì, ma la bambina sembrava soddisfatta. “Devi sempre stare con me o con Rosmerta, non restare mai sola, va bene?” la bambina annuì con vigore.

“Mi farà anche i biscotti, Rosmerta?” domandò la bambina ben ricordando la bontà dei biscotti fatti in casa che la barista cucinava con grande abilità. Patricia rise e in quel momento sentì un po’ del peso sul petto svanire.

“Sì, ma solo se ti comporterai bene e non sarai piagnucolona.” Le rispose dandole un buffetto sulla guancia; la bambina incrociò le braccia e fece il broncio.

“Io non sono piagnucolona.” Protestò. “Sono grande e forte come papà!”

“Va bene, va bene. Ora però dobbiamo chiamare Rosmerta.” Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che la ispirasse: tra maghi non si usavano campanelli all’entrata delle case e urlare nel bel mezzo della notte non era una grande idea. Si allontanò dalla porta d’entrata e guardò la finestra dove sapeva stava la camera della strega: raccolse qualche sassolino e lo lanciò contro i vetri. Poco dopo, una luce si accese nella stanza e un’ombra si mosse velocemente verso la finestra.

“Dico io!” disse seccata la donna aprendo le finestre e affacciandosi sulla strada. “Vi sembra il caso di...?” ma non appena riconobbe chi aveva davanti non uscì più parola.

“Ciao Rosmerta.” La salutò Patricia mentre Cinthya sventolava la manina al suo fianco.

“Per la barba di Merlino!” esclamò la donna. “Scendo subito.” Richiuse la finestra e poco dopo la videro scendere le scale e camminare velocemente verso l’ingresso del locale, la bacchetta sfoderata che a suo comando fece accendere qualche lume e aprire la porta. Le fece subito entrare e accomodare a uno dei tavolini del fondo, lontano da occhi indiscreti. “Che è successo? Come mai siete qui?” domandò poi mentre, a un suo gesto della bacchetta, una teiera si riempì d’acqua e si posizionò sul focolare che si accese con un allegro scoppiettio. Patricia le consegnò la busta e la donna lesse la lettera al suo interno, poi bruciò il foglio che si accartocciò fino a trasformarsi in cenere sulla superficie del tavolino di legno.

“Cosa c’era scritto?” domandò Patricia. Rosmerta con un gesto della bacchetta fece volare la teiera sul tavolo insieme a due tazze e delle foglie di tè.

“Vostra madre mi ha scritto che sono arrivati i Mangiamorte nel vostro quartiere e mi ha domandato di ospitarvi qui per un po’, almeno finché non si troverà un’alternativa. Inoltre, mi ha detto di avvisare vostra zia della situazione.” Spiegò passandosi tristemente una mano sul volto. “Poveri noi, che brutti tempi...” mormorò sconsolata ma subito dopo si alzò con uno scatto e fece loro un sorriso. “Vado ad avvisare Minerva e torno, voi bevete i vostri tè.” E detto questo entrò nel retrobottega e vi sparì per qualche minuto; al suo ritorno, con un gesto della bacchetta le tazze tornarono pulite e accompagnò le due ospiti nella stanza che aveva sempre riservato a persone che venivano a visitarla per qualche tempo. “Non avendo saputo prima del vostro arrivo, qui dentro c’è un gran disordine ma è comunque pulita. Domattina la renderò un po’ più accogliente. Ora andate a dormire.” Patricia e Cinthya la ringraziarono e le augurarono la buonanotte. Poi si voltarono verso l’unico letto che c’era nella stanza.

“Stanotte ti tocca dormire con me, sorellina.” Disse la più grande e la bambina corse verso il letto e iniziò a tastarlo e a dondolarsi e saltarci sopra.

“E’ morbido!” constatò infine la bambina. Prese lo zaino e lo posò ai piedi del letto; poi, imitata dalla sorellina, si sfilò le scarpe, disfò un po’ il letto e si distesero: la bambina le si accoccolò  vicino e si addormentò subito, al contrario della sorella, che per la maggior parte della notte restò con gli occhi aperti a pregare perché i loro genitori stessero bene. Per ora era riuscita a calmare la sorellina, ma chi avrebbe rassicurato lei nel momento del bisogno?

Eccomi qui con un nuovo capitolo! Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito il capitolo precedente: spero anche questo sia stato di vostro gradimento ^^ Recensite e... a presto!!

monipotty

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Capitolo 3
*** 3 - La zia e l’amica di famiglia ***


3 - La zia e l’amica di famiglia

Capitolo 3 - La zia e l’amica di famiglia

Le sembrava di essersi appena addormentata quando sentì la voce di Rosmerta svegliarle e aprire le tende, lasciando che la luce attraversasse il vetro delle finestre per colpire il suo viso e quello della sorella. Patricia aprì gli occhi assonnati a fatica mentre la bambina si voltava dall’altra parte accoccolandosi al suo petto per proteggersi dalla luce.

“Forza, dormiglione! E’ quasi mezzodì!” Patricia sbadigliò.

“Davvero?” domandò stupita. Rosmerta le sorrise.

“Ho preferito lasciarvi riposare un po’ di più viste le peripezie di stanotte.” Spiegò. “Non che sia servito molto, perlomeno a te: hai un aspetto terribile.” La ragazza sbuffò.

“Non sono riuscita a chiudere occhio.” Borbottò alzandosi a sedere.

“Lo immaginavo, ti ho sentita rigirarti tutta la notte.” Commentò la donna mentre si avvicinava al letto e vi si sedeva sopra. Poi si chinò sulla bambina che giaceva di fianco alla ragazza. “Invece qualcuno ha dormito come un sasso, vero?” disse alzando man mano la voce per assicurarsi che Cinthya fosse sveglia; questa non si mosse ma un sorriso assonnato si dipinse sul volto nascosto dal braccio. “Beh,” disse ancora Rosmerta strizzando l’occhio alla più grande. “se non è sveglia, vorrà dire che mangeremo solo io e Patricia i biscotti che ho appena finito di preparare.” Come se qualcosa l’avesse scottata, la bambina balzò a sedere, sveglissima.

“Sono sveglia!” esclamò. Rosmerta si finse stupita.

“Toh, guarda, era sveglia!” commentò poi disse loro che le avrebbe aspettate al piano sottostante e uscì dalla camera. Patricia allora si alzò e si avvicinò allo specchio della stanza, dove una ragazza con lunghi capelli biondi arruffati e gli occhi viola contornati da ombre scure ricambiò lo sguardo stanco; dal beautycase estrasse una spazzola, si pettinò e intrecciò come al solito i capelli per poi dedicarsi a curare la sorellina; dopo che questa fu scesa, fu il suo turno di lavarsi e cambiarsi per un nuovo giorno, senza sforzarsi nel cercare qualcosa di più di una tuta. Scese e si sedette al tavolo dove la sorella già stava mangiando in compagnia di Rosmerta, che le servì del latte, del succo di zucca e le avvicinò il vassoio con i biscotti appena sfornati. Mangiò senza entusiasmo, aveva lo stomaco chiuso, ma cercò di non darlo a vedere, mascherandolo in stanchezza.

“Oggi pomeriggio mi dedicherò a pulire la stanza degli ospiti, così da darvi un posto più decente in cui dormire le prossime notti.” Disse Rosmerta nel frattempo. “Il magazzino può aspettare: non c’è ancora molta clientela a parte quei due o tre che vivono qui, perciò posso permettermi di prendere il tempo che voglio. Ho già avvisato vostra zia di quello che è successo e sicuramente prima di pranzo passerà di qui. Cosa intendete fare nei giorni che resterete qui?” Patricia posò il cucchiaio e si appoggiò allo schienale della sedia.

“Dobbiamo entrambe finire i nostri compiti delle vacanze.” Rispose. “E io un giorno dovrò andare a Diagon Alley a fare qualche spesa per il nuovo anno.”

“Per quello non c’è problema: questo finesettimana devo andarci per fare alcune commissioni, vi porterò con me.” Disse la donna portando alle labbra un bicchiere di succo di zucca.

“Io anche devo comprare delle cose!” disse la bambina con masticando un biscotto. “Mi servono delle penne, delle matite e dei quaderni nuovi altrimenti la maestra ci sgrida.” Rosmerta sorrise ma Patricia si rabbuiò: non  sapeva se quell’anno la sorella avrebbe frequentato una scuola elementare; se l’avrebbe fatto, le avrebbero rintracciate subito e poi chissà, imprigionate e torturate oppure direttamente uccise. Rabbrividì: zia Minerva avrebbe sicuramente trovato una soluzione ai loro problemi, si era sempre presa cura di loro, Rosmerta notò il cambiamento di umore e intuì i suoi pensieri.

“Non ti preoccupare, Patricia, risolveremo ogni cosa.” le disse posandole una mano sul braccio in segno d’affetto. Patricia annuì e finì il latte nella sua tazza. “Nel frattempo, fate come se foste a casa vostra.” si alzò, prese le tazze e il vassoio vuoti e li portò al lavandino dove la spugna incantata già li aspettava a mezz’aria pronta a pulirli. In quel momento, si sentì un sonoro crack provenire dall’esterno e tre teste si voltarono a guardare fuori dalla porta l’alta figura di un’anziana donna molto magra, vestita di nero e avvolta in un mantello verde con un cappello da strega in testa e gli occhiali finissimi. Cinthya saltò giù dalla sedia e corse verso la porta gioiosa.

“Zia Minerva! Zia Minerva!” esclamava. Non appena entrò, Minerva McGranitt la prese tra le braccia con energia.

“Cinthya! Grazie al cielo state bene, bambine…” mormorò con voce molto agitata stringendo la nipotina. Anche Patricia si alzò e le si avvicinò velocemente, lasciandosi abbracciare dalla sorella della madre. Quando si separarono, la McGranit si avvicinò al tavolo che avevano occupato per la colazione. Rosmerta la salutò e la fce accomodare, offrendole della Burrobirra. “Ora raccontatemi tutto. Cosa è successo?” domandò la professoressa raddrizzandosi gli occhiali e rivolgendo un cenno di ringraziamento alla padrona del locale. Patricia  raccontò in breve ciò che era successo quella notte e alla fine del racconto l’insegnante scuoteva la testa con disapprovazione e preoccupazione allo stesso tempo. Domandò se erano già entrati in contatto con i genitori ma non la sorprese sapere che non c’era stato alcun messaggio da parte della sorella.

“Mamma ha detto che tu sai dove possono essere andati…” le disse speranzosa Patricia ma la zia scosse la testa.

“Per ora non mi vengono idee a riguardo.” ribatté dispiaciuta la zia e un lampo di preoccupazione le attraversò lo sguardo penetrante. “Se mi verrà in mente qualcosa vi farò sapere e voi tenetemi informata: se vostra madre dovesse scrivervi o comunque contattarvi fatemelo sapere subito.” Patricia annuì. “Ora devo tornare a scuola, ci sono ancora molti preparativi da portare a termine e Albus non è al massimo delle sue forze.” disse levandosi.

“Vai già via?” domandò imbronciata Cinthya a quelle parole e la McGranitt le sorrise e le carezzò i capelli.

“Sì, ma tornerò, non ti preoccupare.” le rispose e la bambina annuì senza entusiasmo.

“Il professor Silente non sta bene?” intervenne Patricia sorpresa e la McGranitt sospirò.

“Purtroppo no: è da qualche tempo che è molto più sciupato e sofferente, poi con quella impressionante mano morta che ora si ritrova e che nessuno sa come si è procurato…” Patricia la guardò interrogativa e sorpresa: era la prima volta in cinque anni che sentiva che il preside di Hogwarts non stava bene, tanto che aveva sempre pensato avesse qualche soprannaturale potere che lo proteggeva dai malanni più comuni, “E’ pur sempre un uomo.” commentò la zia rispondendo al suo sguardo stupito.

“Povero Albus!” esclamò Rosmerta. “Fagli tanti auguri da parte mia per una pronta guarigione, Minerva.” la professoressa annuì poi le salutò e con un sonoro crack si Smaterializzò.

“Vieni, Cinthya.” la chiamò la sorella maggiore. “Andiamo a fare un po’ di compiti.” la bambina la prese per mano, salirono le scale e si chiusero la porta della stanza alle spalle. Rosmerta si risedette e bevve un sorso di Burrobirra con un sospiro, mentre i ricordi di studentessa di Hogwarts risalivano il corso della sua memoria, in particolar modo quelli legati all‘amica Druella.


Benritrovati a tutti!! Finalmente ho potuto postare un nuovo capitoletto, spero sia stato di vostro gradimento :) L'idea di imparentare Patricia con la McGranitt mi è venuta per caso: sappiamo che è una donna forte e severa, ma volevo mostrare un nuovo ipotetico lato, quello affettuoso di zia e sorella, spero vi sia piaciuto. Comunque, nel prossimo capitolo ne saprete di più :)

Ringrazio delle recensioni ricevute e spero continuerete a commentare! Alla prossima!

monipotty

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Capitolo 4
*** 4 - Sorelle ***


4 - Sorelle

Capitolo 4 - Sorelle

Aveva conosciuto la madre di Patricia e Cinthya il giorno dello Smistamento: erano dello stesso anno e vennero entrambe smistate nella casa del Grifondoro; all’inizio non si potevano sopportare ed evitavano accuratamente di entrare in contatto l’una con l’altra.

Un giorno, mentre attraversava uno dei tanti corridoi della scuola, passò di fronte all’aula di Trasfigurazione: la porta era socchiusa e sentiva distintamente la voce della professoressa McGranitt e quelli che sembravano dei singhiozzi; dallo spiraglio, poté vedere l’insegnante abbracciare la compagna di casa, consolandola e chiamandola “sorellina”. La scoperta la fece riflettere e molte delle cose che aveva trovato strane in quei primi mesi iniziarono a prendere significato: ora le era chiaro il perché dei frequenti sguardi che Druella lanciava alla donna, di ammirazione e affetto profondi. Quando le rivelò di avere scoperto il suo segreto, la ragazzina era impallidita e l’aveva pregata di non raccontarlo a nessuno in un modo così supplichevole che la spinse a volerla conoscere più a fondo. Druella le raccontò poi ogni cosa: lei era nata dal secondo matrimonio del padre, risposatosi dopo la morte della prima moglie, ma era nata quasi per caso, tanto che tra lei e Minerva McGranitt, figlia del primo matrimonio, c’erano una trentina di anni di differenza. Il padre morì che lei era ancora molto piccola, così acquisì il cognome della madre, che non si risposò. Nonostante tutto, i contatti tra le due sorelle erano sempre rimasti molto vivi: Minerva era molto affezionata alla sorellina, che dal canto suo le era molto legata, e quando le arrivò la lettera di ammissione ad Hogwarts organizzò persino una festa in famiglia. Nonostante tutto, Druella non voleva che questo legame di parentela diventasse di dominio pubblico, per evitare inutili osservazioni e cattive voci di corridoio, per quel motivo la pregò di mantenere il segreto.

Da quel giorno, ogni antipatia svanì e diventarono grandi amiche: conobbero i rispettivi genitori e passarono molte vacanze estive insieme. Nell’estate tra il sesto e il settimo anno, poi, Druella conobbe Michael Waterice durante una vacanza al mare con la madre: Rosmerta sorrise nel ricordare quanto il volto dell’amica si illuminava ogni volta che si parlava di quel nato Babbano o anche solo quando il singolo pensiero le sfiorava la mente. Si erano subito innamorati e quando giunse il momento di lasciarlo per iniziare un nuovo anno scolastico, lei non aveva esitato, non senza paura per l’effetto che avrebbe potuto causare, a rivelargli la sua natura magica: quella notizia lo rese ancora più orgoglioso di lei, tanto che la sposò non appena ne ebbero la possibilità. Quando qualche anno dopo era nata Patricia, Druella aveva chiesto a Rosmerta di diventare sua madrina e lei aveva accettato con gioia, rafforzando maggiormente la loro amicizia.

Quell’anno poi, con l’inizio dell’estate, l’amica l’aveva contattata per chiederle aiuto: essendo sposata con un non-mago, la sua famiglia era in pericolo e presto o tardi i Mangiamorte sarebbero giunti a loro; quando quel giorno sarebbe arrivato, le domandò di ospitare le sue figlie il tempo a loro necessario per trovare un buon nascondiglio e riprendersele. E così era accaduto.

Rosmerta sospirò e pregò perché l’amica e il marito stessero bene, dovunque essi fossero, poi con un gesto della bacchetta ripulì il tavolo e i bicchieri e si rifugiò nel magazzino per iniziare a sistemarlo prima della grande apertura.

Il resto della settimana passò tranquillamente: purtroppo non giunsero notizie dai genitori di Patricia e Cinthya e la loro preoccupazione era salita alle stelle. Ogni giorno, Patricia andava vicino alla Stamberga Strillante, l’unico posto in cui il cellulare riusciva a prendere campo, e restava lì in attesa di un messaggio o qualsiasi altra cosa ma ogni volta faceva ritorno sconfitta; Cinthya, dal canto suo, era sempre di cattivo umore: le mancavano la madre e gli amici, non smetteva un attimo di chiedere se erano arrivati messaggi o lettere, piangeva la notte e di giorno battibeccava con la sorella maggiore, che in questo modo viveva in uno stato di perenne ansia e sconforto: sentiva ogni giorno di più la responsabilità gravare sulle sue spalle e non vedeva l’ora che i suoi scrivessero per calmare un po’ le acque. Rosmerta cercava di fare la sua parte, cercando di sostituirsi per quanto poteva alla madre assente, ma era molto difficile per lei che non aveva un famiglia propria e quindi alcuna esperienza sul campo; zia Minerva le andava a trovare ogni volta che gli impegni di inizio anno scolastico glielo permettevano e quelli erano gli unici momenti di relativa calma.

Quando arrivò il sabato mattina, l’aria sembrava più rilassata: quel giorno, infatti, sarebbero andate a Diagon Alley a fare compere, il modo migliore per svagarsi e pensare ad altro. E Rosmerta conosceva un negozio laggiù in cui sicuramente ogni tristezza sarebbe andata via.

“Ma come ci arriviamo a Diagon Alley?” domandò Patricia infilandosi un giubbottino di jeans sopra la maglia a mezza manica dopo aver aiutato la sorellina a vestirsi.

“Voi non potete Smaterializzarvi, non ancora.” Rispose Rosmerta chiudendo le serrande con un colpo di bacchetta. “Useremo la Metropolvere dell’ufficio postale di Hogsmeade, per ora è sicuro.” Dopo aver chiuso il locale, si diressero verso lo squallido e piccolo ufficio delle poste, pieno di trespoli con centinaia di gufi, tutti differenti tra loro, che volgevano le teste sospettose verso le nuove venute, osservandole dall’alto. Cinthya era assolutamente estasiata a quella vista e saltellava di qua e di là spaventando i volatili e rischiando di scivolare sulle loro feci più di una volta, sotto lo sguardo di disappunto del proprietario. Entrarono in una piccola stanza a parte dove c’erano solo un camino e uno scaffale pieno di vasi di polvere magica. Rosmerta pagò il trasporto per tre persone e il proprietario le lasciò davanti al camino chiudendosi la porta alle spalle.

“Bene.” Disse Rosmerta. “Sapete come funziona. Vado prima io così vi aspetto.” Prese una manciata di polvere, entro nel camino e dicendo ad alta voce “Diagon Alley” la fece cadere: subito, una fiammata verde la circondò e quando svanì Rosmerta non c’era più.

“Dov’è Rosmerta?” domandò impaurita Cinthya attaccata al braccio della sorella maggiore.

“E’ a Diagon Alley. Ora ti spiego come funziona.” Prese uno dei vasi e glielo mostrò. “Questa è Polvere Volante: ne devi prendere una manciata, entrare nel camino, dire molto chiaramente il nome del luogo dove vuoi andare e gettare la polvere, come ha fatto Rosmerta.” Cinthya le si strinse al braccio.

“E se sbaglio?” domandò preoccupata. “E quel fuoco verde brucia? Ho paura...” Patricia rise.

“Vedrai che non sbaglierai e poi tranquilla: le fiamme verdi ti faranno solo il solletico!” le rispose iniziando a solleticarle i fianchi e la bambina rise. “Vai prima tu, così posso controllarti.” Le diede un po’ di polvere e l’accompagnò al camino poi, con un cenno della testa, la invitò ad andare. “Ci vediamo tra poco.” Le disse. La bambina seguì le sue istruzioni e sparì con una fiammata verde, dopodiché anche Patricia fece lo stesso.

Perdonate il capitolo tanto descrittivo, prometto che dal prossimo la faccenda diventa più interessante, se posso lo posto anche oggi... Spero non sia stata troppo noiosa raccontandovi la storia di Minerva e Druella, ma il loro legame è molto importante :) Recensite anche se vi fa pietà, mi raccomando, e un saluto e un grazie ad alyce7!!! A presto, spero!

monipotty

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Capitolo 5
*** 5 - Allegria contagiosa nella desolazione ***


5 - Allegria contagiosa nella desolazione

Capitolo 5 - Allegria contagiosa nella desolazione

Quando atterrò, si ritrovò la sorellina e Rosmerta, impolverate ma ridenti: erano nel camino del Paiolo Magico, completamente vuoto. Uscirono dal locale e con la bacchetta Rosmerta aprì il varco del muro, toccando i mattoni giusti; lo spettacolo che stava davanti ai loro occhi era deprimente e triste: quella che una volta era un’allegra Diagon Alley, piena di vita e colori, ora non era altro che un borgo oscuro, desolato; molti negozi avevano le porte e le finestre sbarrate, altri erano sottosopra, le vetrine rotte, pochi quelli rimasti aperti. Patricia strinse a sé la sorellina.

“Che tristezza è diventato questo posto...” commentò lugubre Rosmerta scuotendo la testa. “Stiamo vicine, non è più sicuro come una volta.” In quel momento, un uomo uscì da un vicolo: barcollava e teneva il capo basso, passò loro di fianco ma sembrò non vederle. Un brivido attraversò la schiena di Patricia. Iniziarono a camminare e a guardarsi intorno con aria afflitta: fino all’anno prima, quando nessuno credeva a Harry Potter, l’aria di quel posto era sana, c’era allegria, profumo di dolci, un continuo vociare, tante risate e un perenne viavai di gente, ma da quando il mondo magico aveva finalmente capito che Il-Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto non mentiva, il panico si era diffuso, gli attacchi dei Mangiamorte sempre più frequenti, e anche Diagon Alley si era svuotata.

“Facciamo in fretta, non mi piace stare troppo per strada allo scoperto.” Borbottò Rosmerta così si diressero in tutti i negozi ancora aperti per comprare tutto ciò che trovavano e serviva loro e nel giro della mattinata finirono di fare compere. Per pranzo, tornarono al Paiolo Magico: erano pochi i clienti e il proprietario Tom, rimasto solo, faceva di tutto pur di tenerseli, offrendo loro tutto ciò che poteva. Quando ebbero finito, tornarono a Diagon Alley.

 “Cosa devi comprare ancora?” domandò Cinthya curiosamente.

“Credevo avessimo finito...” aggiunse Patricia. La donna sorrise.

“Infatti, ma c’è ancora un posto che devo farvi vedere e sono certa che vi piacerà.” Rispose lei con un sorriso misterioso. “E’ stato aperto un nuovo e particolare negozio qui ed è quello che ora va per la maggiore, l’unico che riesce a restituire a Diagon Alley un po’ di vita.” Ma nonostante le domande, non riuscirono a cavarle altro di bocca e la curiosità di entrambe, soprattutto della bambina, crebbero a dismisura.

Percorsero la via centrale fino alla Gringott, poi svoltarono a destra e il fiato delle ragazze si mozzò in gola: davanti a loro si ergeva un alto edificio arancione e in corrispondenza di due grandi finestre sporgenti un’enorme e smilza figura umana in legno colorato dei colori più accesi rideva e si toglieva il cappello, mostrando sulla cima della grande testa rossiccia una magia ogni volta diversa. Nelle vetrine erano esposti gli oggetti più strani e dai nomi più improbabili, magie di ogni sorta, e dalle finestre più piccole che correvano tutto intorno al negozio si poteva vedere che era gremito di gente e nell’aria che lo circondava si sentivano risate, schiamazzi, chiacchiericcio e qualche strano rumore: lì si respiravano allegria e divertimento, qualcosa che da una settimana se non di più Patricia e Cinthya non avevano più sentito né visto e che ora ammiravano con stupore e gioia.

“I Tiri Vispi Weasley fanno affaroni in questo periodo: tutti noi abbiamo bisogno di svagarci e non pensare ai problemi che abbiamo e questo è il luogo migliore per farlo.” Commentò Rosmerta. “Certo che quei due hanno fatto proprio un gran bel lavoro.” Rise.

“Ma...” iniziò Patricia senza riuscire a togliere gli occhi di dosso all’enorme marionetta. “Ma chi...?”

“Fred e George Weasley, chi altri se non loro?” rispose anticipandola. “Li conosci, no?” Patricia ridacchiò.

“Solo di vista e per fama.” Rispose Patricia: ne aveva sempre sentito parlare, ma solo l’anno prima aveva potuto conoscerli più da vicino grazie all’Esercito di Silente di cui anche lei aveva fatto parte. “Sono indimenticabili.” Aggiunse con un sorriso ricordando il grande guazzabuglio che avevano creato alla fine dell’anno con la loro fuga: la Umbridge non era mai più stata la stessa da quel giorno, era diventata ancora più nevrotica.

“Entriamo, entriamo, ENTRIAMO??” Chiedeva intanto Cinthya saltellando sul posto eccitata. Quando Rosmerta diede il consenso e raccomandò loro di restare sempre in vista, prese la sorella per mano e la trascinò di corsa verso l’entrata, emettendo un gridolino estasiato quando riuscirono a farsi strada all’interno del negozio rumoroso e luminoso, terso dei più svariati odori e pieno di scaffali lungo le pareti e vetrine in mezzo alla stanza per tre piani di fila, tutti ovviamente strapieni di gente. Iniziarono a fare un giro, sgomitando per riuscire a passare e osservando tutto ciò che c’era da osservare: caramelle anomale, penne d’oca commestibili, inchiostro muta colore a seconda dell’umore, strani animaletti pelosi che attirarono subito l’attenzione della bambina.

“Patricia, guarda che belli che sono!” gridò Cinthya puntando un dito contro una gabbietta piena di palle pelose rosa shocking che emettevano un flebile ronzio chiamate Puffole Pigmee. “Me ne compri uno? Sono così teneri! Per favore!!” squittì rivolta alla sorella. “Se me lo prendi, farò la brava e me ne occuperò io, lo prometto.” Stava per risponderle quando si sentì chiamare. Si voltò: Ginny Weasley ed Hermione Granger stavano agitando la mano nella loro direzione, facendosi strada tra la calca.

“Ciao Patricia! Anche tu qui?” la salutò Ginny abbracciandola: sebbene si conoscessero solo dall’anno prima, erano subito andate d’accordo ed era l’unica amica che aveva al di fuori della sua Casa. Patricia le salutò e presentò la sorella, che fino a quel momento era rimasta costantemente attaccata a lei; Cinthya le guardò con occhi sospettosi e solo quando la sorella la rassicurò sul fatto che erano sue amiche, si rasserenò e tornò a guardare avidamente le Puffole Pigmee. Ginny la guardò interrogativa e Patricia spiegò brevemente gli avvenimenti dell’inizio di quella settimana.

“Mi dispiace molto, povere voi...” commentò Ginny scuotendo la testa.

“Ma cosa farete ora che inizia l’anno scolastico?” domandò Hermione guardando la bambina e Patricia fece spallucce.

“Credo verrà ospitata da zia Minerva nel castello.” Spiegò brevemente. “Ma la cosa che mi preoccupa è che non sappiamo se abbia un qualche tipo di potere. E’... normale. E se non ne avesse...”

“In teoria,” disse Hermione. “se vede sia Hogsmeade che Diagon Alley, e lo fa molto bene, può essere strega o Maganò. Magari è ancora giovane per mostrare attitudini magiche o non ha ancora avuto il giusto stimolo.” Patricia sorrise.

“Vedremo.” Disse Patricia. “Parlando d’altro, che ci fate qui?” Ginny sorrise.

“Nulla in particolare, siamo venuti a trovare Fred e George: sono molto presi dal lavoro di questi tempi, ma non li ho mai visti più felici.” Spiegò volgendo lo sguardo verso uno dei due fratelli che, in piedi su una scalinata che passava dietro al bancone e portava ai piani superiori, annunciava a gran voce le offerte osservando estasiato la folla di clienti che occupava l’intero negozio. “Mi chiedo ancora come abbiano fatto ad aprirlo così velocemente, in termini economici intendo.” Aggiunse pensierosa. “Comunque, l’importante è che portino allegria legalmente.” Concluse con un sorriso e un cenno di saluto al fratello, che ricambiò con vigore.

Patricia sorrise, poi si voltò verso la sorella ma si accorse che non c’era più. Si guardò intorno interrogativa. “Avete visto mia sorella?” domandò alle due ragazze, ma queste negarono. “E’ impossibile che non mi sia accorta di quando ha lasciato la mano...” borbottò aggrottando le sopracciglia.

“Questa potrebbe essere una dimostrazione che è una strega...” commentò Ginny mentre cercava con lo sguardo la bambina in mezzo alla folla.

“Vado a cercarla.” Disse Patricia allontanandosi.

“Ti aiutiamo.” Si offrirono Hermione e Ginny all’unisono. Si divisero ed iniziarono a chiedere a tutti coloro che erano vicino a loro se l’avessero vista, ma nessuno sapeva nulla, non c’era alcuna traccia di lei. Un atroce pensiero si insinuò nella mente della ragazza e fu come se le fosse caduto addosso un secchio di acqua gelata: i Mangiamorte le avevano trovate.

Sarà davvero così? I Mangiamorte le hanno veramente trovate? Altrimenti, dov'è finita la piccola Cinthya? Bene, oggi ho postato ben 2 capitoli ma per saperne di più dovrete aspettare il prossimo! Recensite numerosi e alla prossima!! Ciao!!!

monipotty

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Capitolo 6
*** 6 - Nella stanza dello specchio ***


6 - Nella stanza dello specchio

Capitolo 6 - Nella stanza dello specchio

Una sensazione di profondo panico si impossessò di lei: si portò le mani tra i capelli, i battiti cardiaci aumentarono a dismisura e iniziò a sentire brividi, sia a causa delle gocce di sudore freddo che il suo corpo aveva iniziato a liberare dai pori della sua pelle sia per il terrore che qualcuno avesse rapito la sorellina. Il suo sguardo iniziò a vagare frenetico tra la folla schiacciata all’interno del negozio, girò su se stessa più volte per avere una panoramica migliore, ma non vedeva nulla che potesse rassicurarla, né la giacchetta rossa né uno dei suo codini biondi.

“O mio dio... O mio dio...” mormorava tremante. Ginny ed Hermione, al vederla in quelle condizioni, le si avvicinarono per tranquillizzarla. “Sono stati loro... ci hanno trovate...” Ginny scosse la testa.

“Non è possibile che siano arrivati i Mangiamorte, Patricia, calmati.” Le disse cercando di farla ragionare: se uno di loro fosse realmente entrato sicuramente non sarebbe passato inosservato nonostante la calca; ci volle tutta la buona volontà delle due ragazze per calmarla, ma alla fine riuscirono e, una volta a mente più fredda, si divisero per cercarla nei tre piani del negozio, Ginny ed Hermione al primo e al secondo e Patricia al terzo.

Mentre quest’ultima girava in tondo passando con sguardo analitico chiunque stesse osservando la merce o parlando o facendo qualsiasi altra cosa, uno strano scintillio colpì i suoi occhi; si voltò per capire da dove provenisse il bagliore e trovò la fonte in uno specchio, lo specchio a mano più bello, nella sua apparente semplicità, che avesse mai visto: in argento e oro bianco, aveva il manico intarsiato e decorato con ghirigori e la superficie ovale dello specchio era circondata da un sottile filo dello stesso materiale che terminava in tre riccioli sulla sommità, al centro dei quali stavano tre piccole pietre preziose. Nessuno sembrava darci molto credito ma su di lei aveva un particolare ascendente, come una forza magnetica che l’attirava a sé e infatti vi fu subito davanti, osservandolo incantata mentre rifletteva il suo viso ovale e i capelli biondi che le ricadevano davanti agli occhi viola. Poi, successe qualcosa di strano: la sua immagine svanì e venne sostituita da quello che sembrava l’interno di una stanza: c’erano numerosi scatoloni accatastati nell’ombra tutt’intorno e, in mezzo a loro, una bambina con i codini biondi ridacchiava, ma non era sola, perché una seconda figura era accucciata davanti a lei, ma il volto era impossibile vederlo perché non riflesso.

“Che stregoneria è questa?” pensò Patricia. “Dove sono? E chi diavolo è quel tizio??” guardò meglio la stanza per cercare di capire dove potevano essere: sembrava un magazzino, probabilmente quello del negozio. Cercò con lo sguardo Ginny, voltando a malincuore le spalle allo specchio incantato, e la trovò vicino a uno dei due fratelli gemelli: non poteva chiedere dove fosse il magazzino con il proprietario davanti, avrebbe dovuto arrangiarsi da sola. Iniziò a cercare con lo sguardo dall’alto della balconata la porta del magazzino e la trovò, piccola e nascosta da una tenda di fianco al bancone della cassa. Si precipitò di sotto e con circospezione si avvicinò al bancone, in attesa del momento propizio. Quando giunse, si nascose dietro la tenda con un movimento fulmineo, aprì la porta ed entrò nello stanzino: era totalmente buio.

“Cinthya.” Chiamò con voce insicura. “Cinthya sei qui?” Peccato non poter ancora usare la bacchetta liberamente. Mosse un passo incerto in avanti mentre cercava con le mani un qualsiasi punto di appoggio: trovò quello che sembrava un corrimano e capì che davanti a sé doveva esserci una scala; iniziò a scendere. “Cinthya, fatti vedere, so che sei qui.” Chiamò ancora una volta ma era sempre più convinta di aver sbagliato stanza, magari il negozio ne aveva due... arrivò al fondo della scala e uno scricchiolio sinistro provenì da dietro di lei. Deglutì ed estrasse la bacchetta. “Fatti vedere, ho una bacchetta e...” si voltò: un’orrenda faccia bianca la stava guardando. Gridò e cadde a terra mentre nello stesso momento scoppiarono delle risate e le luci si accesero.

“Sorellona, ti ha fatto paura!” esclamò Cinthya saltellando con la maschera bianca ancora addosso. Patricia, troppo sconvolta per poter dire qualsiasi cosa o muoversi, restò immobile con la mano sul cuore che batteva all’impazzata, fissando la sorella con occhi sbarrati. Dietro di lei, qualcun altro stava ridendo.

“Scusaci, non credevamo di farti morire così.” Disse la voce continuando a ridacchiare divertita: era una voce maschile. Una mano comparve a destra della ragazza e questa alzò il capo a guardarlo: capelli rossi corti e spettinati, occhi verdi, lentiggini e un sorriso gentile e allo stesso tempo divertito che gli illuminava il volto. Era uno dei due gemelli, ma chi era impossibile dirlo. “Gli scherzi alla vecchia maniera funzionano sempre e tua sorella non vedeva l’ora di fartene uno.” Spiegò.

“E Fred mi ha dato una mano! Siamo stati bravi, vero?” esclamò la bambina togliendosi la maschera dal volto e sfoderando un enorme sorriso alla sorella; questa, ancora troppo sconvolta, non disse nulla e guardava a bocca aperta dall’uno all’altra. Poi, improvvisamente, con un movimento di stizza, allontanò la mano da sé e si alzò da sola: era a dir poco furibonda. Lanciò un’occhiataccia al ragazzo, che rabbrividì, il sorriso svanì sul momento.

“Così sei tu la parente della McGranitt?” domandò. Patricia lo fissò con uno sguardo “e-tu-come-fai-a-saperlo?” e lui alzò le mani correndo ai ripari. “Avete lo stesso sguardo: quando la prof ti guardava di sbieco ti faceva sentire una schifezza... con tutto il rispetto.” Abbozzò un sorriso. La ragazza lo squadrò in un teso silenzio ancora per qualche secondo poi si rivolse alla sorella.

“Mi hai fatto preoccupare, Cinthya! Non ti azzardare a farlo di nuovo, sia chiaro!” la sgridò e la bambina abbassò il capo tristemente, gli occhi che bruciavano. “Ti sembra il caso di sparire in questo modo? Dopo tutto quello che è successo? Pensavo ti avessero presa, ho avuto paura per te quando ti ho vista con uno sconosciuto nello specchio!”

“Lo Specchio a Doppio Senso, per l’esattezza; ecco dov’era finito il secondo.” Puntualizzò Fred Weasley, ma ammutolì ad un’altra occhiataccia della ragazza.

“Che cosa avrei potuto fare se...? Mi hai fatta impazzire, non sapevo più dove sbattere la testa!” continuò.

“Con tutti i muri che ci sono?” scherzò il ragazzo ma si morse la lingua. “Scusa, non parlo più.” Disse dopo l’ennesima occhiata facendosi una x sulle labbra, ma la ragazza si voltò e gli puntò il dito minacciosamente sul petto.

“Tu.” Disse gelida. “Tu ringrazia che non posso ancora usare la bacchetta o ti avrei già affatturato: me la cavo bene in queste cose.” Fred sorrise.

“Buon sangue non mente mai, eh?” commentò con un sorriso: possibile che quel ragazzo avesse sempre la battuta pronta? Poi il suo sguardo verde cambiò in un secondo, diventando molto più attento e concentrato: la ragazza si sentì stranamente a disagio e quando quello si batté una mano sulla fronte sobbalzò. “Ora mi ricordo di te: eri nell’ES anche tu!” esclamò gioioso. La ragazza sollevò un sopracciglio stupita e la rabbia svanì di colpo: come faceva a ricordarsi di lei? Né nell’ES né fuori aveva avuto a che fare con loro: era anche vero che non erano molti a farne parte, ma lei non aveva fama né era una persona che amava mettersi in mostra, quindi avrebbe dovuto essere invisibile ai loro occhi... magari aveva solo una buona memoria, concluse Patricia.

Dal canto suo, ricordava perfettamente il continuo esibizionismo dei gemelli Weasley e soprattutto la folla di ochette del loro fan club che non facevano altro che andare dietro ad entrambi dovunque andassero: lo osservò bene e si accorse che il pensiero delle numerose ammiratrici che lui e il fratello avevano le diede un certo prurito alle mani. Fred intanto, ancora immobile e con le mani alzate, cercava di non pensare al delizioso fastidio che il dito di quella ragazza sul suo petto gli provocava e pregò affinché lei non si accorgesse del battito accelerato che il suo cuore aveva improvvisamente acquisito. Che razza di situazione!

“Ehm...” doveva trovare qualcosa da dire, tutto pur di rompere quel silenzio. In quello stesso momento, la porta del magazzino si spalancò e George Weasley fece la sua entrata con il viso nascosto da una pergamena.

“Ehi, Fred.” Chiamò senza alzare lo sguardo. “Mentre sei lì prendi qualche altra confezione di Orecchie Oblunghe e Pastiglie Febbrili, stanno andando a ruba. E prendi anche delle nuove piume d’oca di zucchero.” Levò la testa e il suo sguardo cadde sulla strana scena che gli si parava davanti: il fratello con una ragazza che gli puntava il dito contro e tra loro una bambina che guardava dall’uno all’altra interrogativa e in qualche modo infastidita da quella mancanza di considerazione di lei. “Ops!” disse trattenendosi dal ridere. “Chiedo scusa. Continuate pure, torno dopo.”

“NO!” esclamò Patricia arrossendo di colpo; si accorse del tono usato e si ricompose, schiarendosi la voce. “Non preoccuparti, ce ne stavamo andando. Vero?” sibilò eloquentemente a Fred scoccandogli un’altra delle sue occhiate “alla McGranitt”. Il ragazzo spalancò gli occhi.

“Oh, sì, certo!” affermò con vigore. “Stavamo solo... ehm... discutendo, sì.” George, intanto, li osservava dall’alto divertito: era la prima volta che vedeva il suo gemello veramente imbarazzato, e soprattutto sottomesso da una ragazza ben più piccola di lui che non fosse la sorella.

“Sì, certo.” Ghignò poi gli lanciò la pergamena con la lista dei prodotti da prendere. “Quando avete finito, porta su un po’ di roba, eh?” e detto questo si voltò ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli a guardare a bocca aperta il punto in cui poco prima c’era lui.

Eccomi qui con un nuovo capitolo!! Ciao a tutti! Allora, piaciuto? Spero di aver soddisfatto la vostra curiosità, per ora niente Mangiamorte :) Ci ho messo un po' a decidere se fare un unico capitolo comprendendo anche quello che succede dopo, ma alla fine ho deciso di fermarmi. Aggiornerò presto, comunque! 

Ho notato con piacere che i lettori e le recensioni sono aumentate, che bello! Spero di non diventare noiosa andando avanti e che continuerete a seguire questa pazza storia :D Ovviamente, tutti i nuovi lettori e recensori siano i benvenuti! Al prossimo capitolo allora!

monipotty

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Capitolo 7
*** 7 - “Sorellona, perché...?” ***


7 - “Sorellona, perché...?”

Capitolo 7 - “Sorellona, perché...?”

Sembravano diventati delle statue di marmo. Immobili, fissavano la porta del magazzino senza sapere cosa dire. Da una parte, Patricia non riusciva a capacitarsi soprattutto di quello che George Weasley aveva potuto pensare, anzi, aveva certamente pensato al vederli così vicini e rinchiusi in una parte del negozio in cui nessun altro poteva entrare a parte i proprietari e coloro che vi lavoravano; dall’altra, anche se non voleva ammetterlo, le dispiaceva che fossero stati interrotti. Così, il nervosismo che prima era scomparso ritornò ma ancora non riusciva a staccare gli occhi di dosso a quella porta. Fred, dal canto suo, malediva e ringraziava il fratello allo stesso tempo: si stava divertendo e non capitava tutti i giorni di vivere una situazione del genere, dopotutto, ma almeno aveva spezzato quel momento di imbarazzo.

Cinthya, nel mentre, guardava dalla sorella al suo compagno di scherzo, interrogativa. Iniziò a tirare la manica alla sorella, ma quella non si mosse. Ritentò e la chiamò, ma ancora nulla. Con uno sbuffo, prese fiato e gridò “PATRICIAAA!!!!”, facendo sobbalzare entrambi per lo spavento.

“Allora ci senti.” Borbottò scura in volto. Patricia fece un sorriso tirato: si era completamente dimenticata di lei.

“Certo che ti sento.” Ribatté. Cinthya sbuffò ancora una volta.

“Come no...” borbottò ancora, poi si fece pensierosa. “Sorellona, chi era quello? Perché rideva?” domandò. Patricia e Fred si scambiarono una veloce occhiata ma dovettero distogliere subito lo sguardo per non arrossire. Cosa le poteva rispondere? Non poteva dirle la verità. Fece un sorriso.

“Perché...” iniziò. Lanciò un secondo sguardo a Fred, come in cerca di ispirazione. “Perché non è normale che... la gente discuta in un magazzino.” Soprattutto un ragazzo e una ragazza con una bambina che li guarda, pensò. Ma che spiegazione era?? L’importante era che ci credesse.

“Perché non è normale?” chiese ancora la bambina.

“Perché di solito se si deve parlare si va in un bar, si passeggia oppure si resta a casa.” Spiegò cercando di essere il più convincente possibile. “I magazzini servono solo a raccogliere tutte le merci, di certo non a discutere.” Ancora una volta la bambina ne chiese il motivo, ma stavolta fu il ragazzo a risponderle.

“Perché è molto più tranquillo: ci si può sedere a un tavolo, bere qualcosa e chiacchierare finché vuoi.” Buttò lì. “Qui non c’è il tavolo, non c’è da bere né è un posto tranquillo.”

“Ma chi era quello? Era uguale a te!” domandò ancora la bambina. Fred rise.

“Tra fratelli gemelli può succedere.” Le rispose. “Ed è molto utile averne uno, perché così puoi fare il doppio degli scherzi e scambiarti le parti quando è necessario.” Cinthya rimase assolutamente incantata da quella scoperta. Si rivolse alla sorella e iniziò a tirarle la manica e a saltellare sul posto.

“Lo voglio anche io un fratello gemello!” esclamò. “Posso averne uno? Eh?” Patricia alzò gli occhi al cielo.

“Non puoi averne uno: i gemelli nascono insieme.” La bambina stava per fare ancora una domanda ma lei la bloccò in tempo. “Ora basta domande, dobbiamo tornare da Rosmerta.” Cinthya ammutolì e mise il broncio. Negli occhi del ragazzo un’ombra era calata ma la sua vivacità la nascose alla perfezone.

“Sì. Vi accompagno.” Disse arraffando qualche scatola dei prodotti che il fratello gli aveva chiesto mentre con la bacchetta faceva muovere quelle più pesanti, poi risalirono la scala. Al vederlo troppo carico per aprire la porta mosse la mano verso il pomello ma a metà strada si scontrò con quella del ragazzo; arrossirono.

“Aspetta, ti do una mano.” Disse lei senza guardarlo, ritraendo subito la mano e prendendogli qualche scatola dalle braccia, poi uscì velocemente seguita dal ragazzo e dalla sorellina sorridente e dallo sguardo furbetto che vagava dall’uno all’altra. Posate le scatole sul bancone, Cinthya tirò una manica a Fred. Questi si chinò sulle gambe per arrivare alla sua altezza.

“Mi vieni a trovare?” Fred sospirò: presi com’erano in quel periodo dal lavoro era difficile riuscire a staccarsi, anche nei finesettimana, tanto che spesso non riuscivano a passare da casa nemmeno la domenica. Cinthya aveva capito che qualcosa non andava e lo guardò supplichevole. “Per favore.” Mormorò con un filo di voce. Il ragazzo, al vederla con quel viso da cane bastonato imitato alla perfezione, scoppiò a ridere.

“Da grande ti vedrei bene come una di quelle attrici dei film Babbani!” commentò scompigliandole la frangia bionda con la mano e lei sorrise compiaciuta. “Non potrò venirti a trovare spesso, ma quando avrò un attimo libero verrò, okay?” La bambina annuì vigorosamente raggiante. “Piuttosto, vieni tu qui da noi! Io e George abbiamo un sacco di roba qui dentro, te la faremo vedere.”

“Sììiiii!!” esultò Cinthya saltellando sul posto. In quel momento arrivarono Madama Rosmerta e la sorella. Fred si alzò e con un sorriso ironico fece un profondo inchino alla donna.

“Madame.” Le prese una mano. “E’ un onore averla nel nostro umile, si fa per dire, negozio.” Rosmerta rise.

“Adulatore di un Weasley.” Disse. “Vedi di non portarmi fuori strada la bambina.” Fred spalancò gli occhi in una espressione scandalizzata ma non fece in tempo a rispondere che da dietro spuntò il gemello.

“Mi fiderei poco, fossi in te.” Ribatté con un ghigno poi la salutò con una stretta di mano. “Fratellino, poche smancerie o rischi di fare ingelosire qualcuno.” Scherzò dandogli una pacca sulla spalla. Quella frase provocò un certo fastidio in Patricia che però, da buona parente di Minerva McGranitt, non lo diede a vedere.

“Allora ce l’hai la ragazza, Fred.” Scherzò ironica. “Povera lei, non la invidio.” Fred ghignò.

“No, non ce l’ho.” Ribatté lui incrociando le braccia. “Ma scommetto che per Natale mi rifarò.” Patricia scoppiò a ridere.

“Non contarci.” Disse semplicemente mentre George sghignazzava dietro le spalle del fratello. Cinthya, al vederlo di nuovo ridere, lo guardò interrogativa.

“Sorellona,” disse. “perché George ride sempre?” domandò innocentemente. Patricia alzò gli occhi al cielo mentre la risata di George aumentava di volume.

“Perché si diverte con poco.” Rispose, ma i dubbi di Cinthya non erano spariti. Si portò una mano sotto il mento e lo osservò attentamente.

“Ma cosa c’era di divertente?” domandò ancora e stavolta fu Rosmerta a risponderle, molto schiettamente.

“Te lo spiegherò quando sarai un po’ più grande, bambina.” La prese per mano e consegnò al gemello ancora sghignazzante una scatola di Boccali Autorempienti, la pagarono e dopo una vigorosa stretta di mano tra i gemelli e Rosmerta si avviarono all’uscita.

“Ricordati che hai promesso di venirmi a trovare!” disse la bambina a Fred sulla porta che le rispose alzando un pollice. Patricia uscì per ultima.

“Salutami tua sorella, George: l’ho persa di vista da un po’.” Il ragazzo sorrise e si strinsero la mano.

“Guarda che è anche mia sorella.” Si intromise Fred in quel momento, piccato dall’utilizzo del singolare ma soprattutto da quel tono famigliare con il fratello. Patricia gli ghignò.

“Sì. Ma io con te, dopo quello che hai combinato oggi, non ci parlo.” Ribatté. Voltò loro le spalle e se ne andò di corsa per la strada vuota e polverosa di Diagon Alley.

“Tornate a trovarci!” gli urlarono dietro in coro i gemelli. Rientrati nel negozio, George batté una pacca sulla spalla del fratello. “Sei senza speranze, fratellino.” Commentò.

“Io non credo. Scommettiamo?” lo provocò allungandogli una mano. L’altro ridacchiò. “Cinque galeoni che per Natale ce la faccio.”

“Ci sto.” Rispose il fratello stringendogliela poi ritornarono al lavoro.

Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui con un capitolo fresco di cantina: spero vi sia piaciuto; non sono molto capace a fare scene divertenti, anzi sono totalmente negata, ma ci provo e scusate in anticipo se fanno pietà :) Ringrazio lettori e recensori come sempre e... alla prossima!!! Ciao!!

monipotty

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Capitolo 8
*** 8 - Una scelta difficile e responsabile ***


7 - Una scelta difficile e responsabile

Capitolo 8 - Una scelta difficile e responsabile

Dal giorno passato a Diagon Alley, l’umore di entrambe era notevolmente migliorato, soprattutto quello della più piccola: non faceva altro che parlare del negozio di scherzi e di Fred, che non vedeva l’ora di rivederlo e che le sarebbe piaciuto tornare laggiù il più presto possibile. Spesso scoppiava a ridere senza un apparente motivo, quando in realtà ripensava allo scherzo che aveva fatto con lui alla sorella, a cui spesso lanciava occhiatine furbette e canzonatorie, che la ragazza evitava accuratamente; ma la sua ilarità, a lungo andare, divenne eccessiva e pesante, tanto che Rosmerta un giorno le chiuse la bocca con un incantesimo che, più che a spaventarla, la fece oltremodo divertire. Ma almeno, da quel momento, le risate si trasformarono in risatine sommesse e fu dato ampio spazio agli sguardi eloquenti.

Patricia, dal canto suo, era contenta di aver finalmente rivisto qualche viso amico, che fossero di maghi e streghe conosciuti e sconosciuti: vivere a Hogsmeade in quel periodo non era uno spasso, perché più che impegnare il tempo nel finire i compiti o nel fare qualche passeggiata dai Tre Manici di Scopa alla Stamberga Strillante alla collina e viceversa non c’era altro da fare. Televisione, computer... tutto era assente. E segni di vita da parte dei genitori continuavano a non esserci: guardava sempre il cellulare o fuori dalla finestra alla ricerca di un qualche gufo, ma niente. Era un giorno uggioso e piovoso quando finalmente, accompagnate da zia Minerva, ebbero il permesso di andare nella Londra Babbana: si svagarono un po’ girando per le strade piene di gente, comprarono del materiale di cancelleria per Cinthya anche se nessuno sapeva bene come e se avrebbe frequentato la scuola quell’anno, e l’insegnante, lasciando le nipoti in un bar, si materializzò a casa loro e in pochi minuti prese tutto ciò che poteva infilandolo magicamente in una borsetta a tracolla con un Incanto Restringente per poi ricomparire al loro fianco e tornare a Hogsmeade.

L’ultima domenica del mese di agosto a una settimana dalla partenza per Hogwarts, Patricia era molto nervosa: il giorno prima, infatti, la zia le aveva detto che Silente aveva rifiutato di ospitare la sorella a Hogwarts durante l’anno, giustificandosi dicendo che “la scuola non era più un luogo sicuro come una volta”; Rosmerta, dal canto suo, avrebbe dovuto ricominciare a lavorare a pieno regime con l’inizio della scuola e non avrebbe potuto seguire molto la bambina. Così, all’ultimo, era nato il problema di dove lasciare Cinthya e in una settimana diventava difficile trovare qualcuno che potesse prendersene cura. Ma non impossibile.

La domanda fondamentale era questa: a chi chiedere? Non avevano altri parenti, i nonni paterni abitavano altrove ed erano alle prese con la salute precaria, tornare a Londra e chiedere a qualche amico di famiglia non le sembrava il caso perché a nessuno di loro avrebbe lasciato la sorellina per un anno intero. Di chi poteva fidarsi? Questi erano i suoi pensieri quella mattina quando la voce di Rosmerta le chiamò dal piano inferiore. Patricia si riscosse e Cinthya alzò la testa dal foglio su cui stava disegnando tranquillamente, uscirono dalla stanza e scesero nel pub, dove trovarono insieme a Rosmerta la zia e altre quattro persone: Ginny, Fred e quelli che potevano essere i suoi genitori, una donna bassina e di costituzione robusta con i capelli ricci e un uomo con una calvizie avanzata, alto e dinoccolato, entrambi con i capelli rosso acceso tipici della famiglia Weasley. Cinthya, non appena vide Fred, gli corse incontro con un gridolino, mentre Patricia si avvicinò a quel gruppetto con aria interrogativa.

“Voglio presentarti i signori Weasley, Patricia.” Le disse Minerva McGranitt con un sorriso. “Arthur e Molly.” La ragazza strinse la mano ad entrambi con un sorrisetto imbarazzato.

“Molto piacere.” Disse.

“Il piacere è nostro, Patricia.” Rispose Molly Weasley con un caldo sorriso. Rosmerta li fece accomodare ad un tavolo e offrì loro della Burrobirra e del Succo di Zucca. Mentre si spostavano, la ragazza lanciò uno sguardo alla sorella che giocava con Fred mentre questi le faceva ogni tipo di magia per farla divertire; i loro sguardi si incrociarono un momento: lui le sorrise e le fece un cenno di saluto e lei sorrise a sua volta arrossendo leggermente. Distolse lo sguardo e lo diresse sulla zia.

“Patricia, ho pensato molto a una soluzione per la sistemazione di Cinthya.” Iniziò a spiegare l’insegnante. “Su consiglio del professor Silente, ne ho parlato all’Ordine: come ben sai, i tuoi genitori non ne fanno parte formalmente, ma li consideriamo comunque dei membri ed è proprio per questo che probabilmente i Mangiamorte sono arrivati da voi. Pensiamo non sia stato un caso.” Patricia, ascoltando attentamente, annuì. “La famiglia Weasley fa parte dell’Ordine fin dalla sua fondazione ed è sotto stretta protezione e sorveglianza. Come ben sai, Cinthya non potrà essere ospitata a Hogwarts per i motivi che ti ho detto ieri e i signori Weasley si sono gentilmente offerti di ospitarla.”

“La nostra famiglia è numerosa,” Intervenne in quel momento la signora Weasley con voce dolce. “e sicuramente non sarebbe un disturbo, tutt’altro: saremmo felici di tenerla con noi e tu potrai ovviamente venirla a trovare ogni volta che vorrai.”

“Ovviamente,” riprese la McGranitt. “non possiamo nasconderti che anche loro sono in continuo pericolo, ma godono della migliore protezione che l’Ordine può dare: il controllo è continuo, ci sono incantesimo di ogni sorta che circondano casa loro e i terreni circostanti, ogni membro è controllato da qualcuno. A essere sincera,” sospirò. “sarei molto più tranquilla e sicura se sapessi che tua sorella è con loro e non con altri.” Finì. Patricia corrugò la fronte: era una situazione delicata e la scelta da prendere era molto difficile. Conosceva quelle persone solo grazie a Ginny e alla popolarità che avevano i gemelli a scuola, ma non oltre. In più, restava ancora un particolare.

“Ma... come farebbe con la scuola? Non può restare senza far niente un anno... è ancora piccola, ha bisogno di molte attenzioni... Non voglio disturbare, sarebbe solo un peso in più per voi...” Si sentiva confusa e imbarazzata: quell’improvvisa opportunità che le si era presentata, quella grande disponibilità da parte di una famiglia nei confronti di due ragazze sconosciute la mettevano a disagio. Cosa avrebbero fatto i suoi genitori? Avrebbero accettato o si sarebbero rivolti altrove? In quel momento, ancora un volta, sentì il grande peso della responsabilità nei confronti della bambina gravarle sulle spalle, un peso che sapeva bene essere suo, che era suo dovere portare avanti, anche se aveva solo quindici anni.

Guardò la sorella, preda delle risate insieme al suo compagno di giochi, e sorrise: da quando lo aveva conosciuto, sul suo volto erano ritornati i sorrisi e la spensieratezza dei bambini della sua età ed era grazie a Fred se aveva ricominciato a giocare e aveva smesso di piangere quando pensava alla madre e al padre, sperduti chissà dove. Chissà se si sarebbe trovata bene con loro, se sarebbe ritornata ad essere malinconica o avrebbe continuato a ridere come stava facendo in quel momento. La voce della signora Weasley la riscosse dai suoi pensieri.

“A noi fa piacere aiutarvi.” Disse prendendole una mano con affetto. Patricia avvampò. “Minerva ci ha sempre parlato dei tuoi genitori e quando tua madre ha rifiutato di entrare a far parte dell’Ordine abbiamo tutti inteso la sua preoccupazione nei confronti di tuo padre, ma li abbiamo sempre considerati dei nostri. Se non ci aiutiamo tra noi, a cosa serve creare un Ordine di maghi?”

“E’ vero.” Disse il signor Weasley passando un braccio intorno alle spalle della moglie. “E per la sua istruzione non preoccuparti: Molly ha fatto da maestra a tutti i nostri figli, ci sa fare. Ma spetta a te decidere, e qualunque sarà la tua scelta la rispetteremo senza insistere oltre.” Quell’affermazione la disarmò. Guardò la zia che le sorrideva scrutandola con attenzione da dietro gli occhiali, poi i signori Weasley e in quel momento ripose in loro tutta la sua fiducia.

“Vorrei parlarne con Cinthya prima di darvi una risposta definitiva.” I signori Weasley annuirono e Patricia si alzò e si avvicinò ai due giocherelloni. La sorella le corse incontro sorridente.

“Hai visto quante magie mi sta facendo Fred?” Domandò entusiasta. Lei sorrise.

“Vedo.” Commentò, poi le prese una mano e si piegò sulle ginocchia, ignorando il ragazzo che le osservava di sottecchi. “Cinthya, purtroppo non potrò ospitarti a scuola con me, quest’anno,” Iniziò. Il sorriso del volto della bambina svanì. “ma questi signori sono i genitori di Fred e George e si sono offerti di farlo.” L’attenzione della bambina divenne massima. “Sono delle brave persone e sono certa che ti troveresti bene e che i maghi cattivi non verrebbero a cercarti. Cosa ne pensi?”

“Tu non vieni?” domandò tristemente.

“No. Devo andare a scuola e studiare, ma verrò a trovarti quando potrò, te lo prometto.” Rispose Patricia carezzandole una guancia.

“E se mamma e papà ti chiamano?” domandò ancora.

“Te lo farò sapere e dirò loro di mettersi in contatto con te.” Le rispose.

“E per la scuola?”

“Non potrai tornarci quest’anno, mi dispiace. Ma se ne occuperà la signora Weasley: sono certa che ti insegnerà tante cose.” La bambina sorrise.

“Ma c’è Fred?” domandò ancora una volta. Patricia levò lo sguardo sul ragazzo e questo le fece l’occhiolino.

“Sì, ma solo la domenica, perché lavoro durante la settimana. Va bene?” la bambina annuì con vigore. “E sai cosa facciamo anche?” le si avvicinò all’orecchio e bisbigliò qualcosa che Patricia non poté comprendere. Cinthya iniziò a saltellare per il pub gridando allegramente “evviva!” e lei gli rivolse un’occhiata interrogativa, ma lui non fece altro che un sorriso. La ragazza si rialzò e tornò al tavolo. Sorrise.

“Vi ringrazio per la vostra disponibilità, signori Weasley. Accetto volentieri.” Disse. La McGranitt sorrise e le rivolse un cenno di approvazione e i signori Weasley la ringraziarono entusiasti, mentre Ginny esultava. Molly le si avvicinò e l’abbracciò.

“Non te ne pentirai, mia cara, e farò attenzione che quello lì” disse con un cenno del capo verso il figlio. “non svii tua sorella.” Patricia rise.

“Credo di potermi fidare di lui.” Disse e Arthur Weasley scosse la testa divertito.

“Non dirlo a voce troppo alta, potrebbe sentirti.” Scherzò. “Comunque, va bene se veniamo a prenderla a King’s Cross il giorno della partenza?” Patricia annuì. “Allora troviamoci alle dieci e mezza là.” Si salutarono poi la famiglia Weasley se ne andò. Era rimasta solo l’anziana insegnante che le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla.

“Hai fatto la scelta giusta, sono orgogliosa di te.” Disse. Patricia sorrise e l’abbracciò insieme alla sorella.

“Grazie, zia.” Mormorò, poi anche lei se ne andò, svanendo con un pop fuori dal locale.

Capitolo lunghetto ma ci stava! Ciao a tutti, ecco per voi un altro capitolo! Spero vi sia piaciuto: i signori Weasley sono dei personaggi che adoro tantissimo, dovevo per forza dargli una parte importante nella storia :) Magari fossero tutti come loro!! Comunque, metto una piccola postilla: i genitori  di Patricia e Cinthya non sono entrati a far parte dell'Ordine della Fenice perchè Druella temeva che il marito, essendo Babbano, potesse sentirsi inutile poichè senza poteri magici e quindi a disagio. La proposta è stata loro fatta molte volte, ma ha sempre preferito dire di no, dando comunque pieno appoggio nella lotta contro Voi-Sapete-Chi, ovviamente.

Bene, e dopo quest'ultimo chirimento, recensite numerosi e alla prossima!! Kisses!

monipotty

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Capitolo 9
*** 9 - Il migliore amico ***


Capitolo 9 - Il migliore Amico
 Capitolo 9 - Il migliore amico

Quell’ultima settimana, l’eccitazione era al massimo: Rosmerta non vedeva l’ora che la scuola aprisse per avere più clientela nel suo locale, Cinthya non faceva altro che andare a contare quanti giorni restavano a quando sarebbe andata a vivere dai Weasley e Patricia, terminati tutti i compiti che le restavano, iniziava a pregare che l’anno nuovo andasse bene e soprattutto che gli esami del GUFO a fine anno non fossero troppo difficili. Come faceva a pensarci già prima di aver iniziato le lezioni, a Rosmerta risultava incomprensibile, ma non diceva niente e continuava a tranquillizzarla come poteva assicurandole che non erano un granché.

“Non sono altro che normali verifiche.” diceva ogni volta che alla ragazza veniva l’agitazione. “L’unica differenza è che sono ufficiali e tutte condensate in un paio di giorni.”

“Dici poco.” Borbottava sempre in risposta Patricia, ma poi si tranquillizzava e tornava a pensare ad altro, soprattutto ai genitori, di cui ancora non avevano notizie.

A distanza di un mese dalla loro fuga, ancora nessuna lettera era arrivata alle due sorelle ed entrambe ne stavano soffrendo, anche se in modo diverso: Cinthya reagiva con la chiusura, ben poche volte si apriva alla sorella o a Rosmerta chiedendo dei genitori o parlando delle sue tristezze che solo apparentemente non c’erano. Una sera, infatti, stava per rientrare in camera dal bagno quando aveva sentito la voce soffusa della sorella che, inginocchiata accanto al letto, diceva una preghiera per il padre e la madre; aveva atteso che finisse poi, come se non avesse sentito nulla, era entrata nella stanza, ma da quella sera in poi faceva in modo di restare il più a lungo possibile nel bagno finché non iniziava a sentire rumori provenire dalla stanza, segnale che la sorella aveva finito. Patricia, dal canto suo, faceva di tutto per sembrare forte davanti alla sorellina, ma quando era sola diventava malinconica e faceva lunghe passeggiate per distrarsi o pensare; gli unici momenti in cui la si vedeva sorridere o ridere era in presenza di Cinthya o della zia, davanti alla quale non voleva fare la figura della mollacciona, anche se sapeva che Minerva McGranitt non era stupida e sapeva di quanto soffrisse.

Il giorno prima della partenza, un gufo arrivò con un messaggio, ma le loro speranze svanirono quando lessero che il mittente era la signora Weasley, che le invitava a fare colazione a casa loro l’indomani così da andare a King’s Cross tutti insieme. A quell’invito, il sorriso ritornò.

“I Weasley sono gentilissimi,” commentò Patricia. “delle persone stupende.”

“Lo dicono tutti quelli che li conoscono, ad eccezione di qualche altra stupida famiglia Purosangue.” Disse Rosmerta mentre sistemava le bottiglie i barili di Idromele nel magazzino. “Secondo me dovreste andare: cambiate aria e potete vedere con i vostri occhi che tipi sono.” Patricia si voltò verso la sorellina per chiedere il suo parere, ma quella era scomparsa su per le scale con un gridolino entusiasta. Prese allora una piuma e una boccetta d’inchiostro e scrisse la risposta affermativa sul retro della lettera, la diede al gufo insieme a un biscotto e questo ripartì con un frullo d’ali soddisfatto. Poi salì in camera e si mise a osservare la sorella che ammucchiava a grande velocità tutte le sue cose sul letto per metterle nella borsa. Patricia rise.

“Mi spieghi come vuoi farci stare tutte quelle cose nella borsa?” le domandò e la bambina si fermò con aria pensierosa. Un secondo dopo era partita con la borsa in mano fuori dalla stanza e giù per le scale, per poi ricomparire e iniziare ad infilare tutto alla rinfusa. “Così i vestiti si stropicciano. Aspetta che ti do una mano.” Disse Patricia e insieme prepararono ordinatamente il bagaglio; alla fine, iniziarono a sistemare il baule per Hogwarts, ricontrollando per l’ennesima volta di non aver dimenticato nulla e a fine giornata erano pronte, stanche ma entusiaste.

Il mattino dopo, alle otto erano già in piedi, sveglissime. Rosmerta le accompagnò all’ufficio postale per usare la Metropolvere e lì si salutarono, dandosi appuntamento alle prossime uscite a Hogsmeade permesse durante l’anno scolastico, per poi svanire con un guizzo tra le fiamme verdi del camino. Non appena si rese conto di essere ferma, aprì gli occhi e si ritrovò davanti una signora Weasley sorridente e in piena forma ad attenderla.

“Benvenuta alla Tana, cara.” Le disse avvicinandosi e abbracciandola calorosamente come se la conoscesse da molto tempo. La ragazza, colta impreparata, arrossì ma si lasciò stringere: era tanto che nessuno lo faceva. “La tua sorellina è un amore: non è nemmeno un minuto che è qui e già si sente a suo agio.” Continuò la donna iniziando a toglierle la fuliggine dai vestiti con una vecchia spazzola consunta, poi le fece strada in cucina dove, seduti a tavola, l’attendeva la famiglia Weasley quasi al completo insieme a Harry, Hermione e una ragazza dai lunghi capelli argentati che riconobbe come una dei quattro campioni del Torneo Tremaghi, Fleur Delacour. Il signor Weasley, a capotavola, si fece avanti porgendole la mano.

“Buongiorno, signor Weasley.” Lo salutò Patricia stringendogliela. “Grazie per l’invito, siete stati molto gentili.”

“Era il minimo che potevamo fare.” Rispose lui con un sorriso. Poi la signora Weasley la fece accomodare vicino alla sorella e a Ginny, che la salutò allegramente e le presentò il fratello Bill. Si guardò intorno: lo spazio era poco, ma l’ambiente era il massimo dell’accoglienza e del calore; ancora una volta, pensò di aver fatto la scelta migliore per sua sorella e ne fu ancora più contenta. Durante la colazione, chiacchierarono tutti insieme e fecero molte domande a Cinthia e Patricia, con una certa delicatezza quando riguardavano i loro genitori, e alla fine Ginny, Harry, Ron e Hermione le accompagnarono in giro per la casa e il terreno circostante, mostrando loro la camera in cui avrebbe dormito Cinthya, la stanza di Ginny, momentaneamente occupata da Fleur. Le stavano mostrando il giardino raccontandole delle protezioni che circondavano l’intera Tana quando con un pop, appena fuori dalla recinzione perimetrale del giardino, si materializzarono i due gemelli.

“Strano siano venuti.” Commentò Ginny al vederli. “Sapevo che erano parecchio presi dal lavoro…” Cinthya ridacchiò.

“Io lo so perché sono venuti!” esclamò lanciando un’occhiata alla sorella con un ghigno furbetto stampato sul viso. Patricia sentì un improvviso calore sulle guance ma ignorò sia quello che la sorella, che per precauzione si era allontanata di corsa da lei in direzione dei due arrivati.

“Non l’ho capita.” Disse Ron grattandosi la testa, divertito e confuso allo stesso tempo. Ginny levò gli occhi al cielo.

“Tu non puoi ancora capire Ron.” Rispose guardando Patricia con un certo interesse; questa sostenne il suo sguardo.

“Non so di cosa tu stia parlando, Ginny.” Commentò con tono deciso e disinvolto. Ginny sorrise con un’espressione su viso che poteva essere tradotta con “Come no, lo vedremo”, poi si incamminarono anche loro verso lo steccato.

“Ciao a tutti!” li salutarono in coro i gemelli. “Siamo passati a salutare le nuove arrivate.” Disse George.

“Ma non eravate troppo impegnati?” domandò Ron e George indicò il fratello.

“E’ lui che ha insistito.” Fred gli mollò una gomitata.

“Bugiardo scaricabarile. Sei tu che ti sei dimenticato gli appunti con le nostre idee per i nuovi prodotti.” Ribatté. Poi si rivolse a Patricia. “Mi hai perdonato?” le domandò. Questa sorrise e incrociò le braccia.

“No. Non hai ancora fatto nulla per guadagnarti il mio perdono e non creder di ottenerlo con poco.” Rispose.

“Mi metterò d’impegno.” Disse lui. In quel momento, Cinthya arrivò correndo da dietro di loro: in mano aveva una cosa rotonda e pelosa, rosa shocking, dall’aspetto molto morbido e pacato, che ronzava flebilmente tra le mani della bambina, che la mostrò allegra alla sorella.

“Guarda cosa mi hanno portato Fred e George: è una Buffola… Puffola…” guardò i gemelli in cerca di aiuto.

“Puffola Pigmea.” Rispose George. “Così in camera avrai chi ti tiene compagnia, oltre al poltergeist in soffitta. E’ molto meno rumorosa e fastidiosa.” La bambina posò l’esserino con delicatezza sulla sua spalla e quello si avvinghiò ai suoi abiti con le minuscole zampette nere nascoste sotto il pelo. Anche i signori Weasley furono sorpresi di trovarseli in casa ma ne furono assolutamente felici; Molly si rivolse poi a Ron e i suoi amici.

“Avete finito di sistemare i bauli?” domandò ma questi, ad eccezione di Hermione, si scambiarono un’occhiata veloce e filarono nella camera che condividevano a finire di prepararli. Hermione e Ginny aiutarono mamma Weasley a preparare dei panini per il viaggio ad Hogwarts e lasciò ai gemelli il compito di aiutare Cinthya a sistemare le sue cose, scusandosi con Patricia se non poteva farlo lei stessa.

Fred e George le accompagnarono nella stanza poi quest’ultimo si allontanò per cercare gli appunti che aveva dimenticato, tornando più di mezz’ora dopo. Nel frattempo, gli altri tre iniziarono a sistemare le cose della bambina nel piccolo armadio e nella cassettiera della stanza. Stavano lavorando quando il cellulare di Patricia iniziò a vibrare nella sua tasca: questa lanciò un gridolino e con mani tremanti lo prese, sotto lo sguardo interessato del ragazzo; era un numero sconosciuto che la stava chiamando. Sperando che fossero i genitori, rispose, ma dall’altro capo rispose la voce gracchiante della nonna, che le chiamava per sapere come stavano: la ragazza si accorse che non sapeva ciò che era accaduto il mese prima, probabilmente i suoi genitori avevano preferito non darle troppe preoccupazioni, così non gliene parlò.

“Cosa c’è?” domandò Patricia cinque minuti dopo, a chiamata terminata, di fronte allo sguardo scrutatore del gemello fisso sul cellulare.

“Che cos’è quell’aggeggio? Non ne ho mai visto uno prima… una cosa Babbana, immagino.” Rispose Fred osservandolo attentamente. Patricia sorrise.

“Questo è un cellulare.” Spiegò. “Un telefono in miniatura, se la cosa può aiutarti.”

“Un telefono in miniatura…” ripeté il ragazzo pensieroso. “Lo vedesse mio padre, impazzirebbe dalla gioia!” esclamò. “Lui va letteralmente matto per le cose dei Babbani, ha un intero magazzino pieno di roba, te l’hanno fatto vedere?” Lei fece di no con la testa. “Bene, allora vieni, non te lo puoi perdere.” Chiamò George e gli affidò la Cinthya poi scesero in giardino e andarono dietro la casa, diretti a un garage che lui aprì con un colpo di bacchetta. Patricia trattenne il respiro: là dentro c’era proprio di tutto, frigoriferi, lavatrici, un servizio da tè, innumerevoli telefoni di diversa forma, un tostapane, delle chiavi… persino una papera di gomma!

“Non ci posso credere!” esclamò divertita Patricia prendendo in mano la papera gialla. “C’è proprio di tutto!”

“Sì. Papà lavora al Ministero, Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani: ogni volta che trova qualcosa di interessante la aggiunge alla sua collezione, lo smonta, lo studia, lo rimonta e prova a farlo funzionare.” Spiegò Fred. “Lo affascina il modo in cui i Babbani riescano a vivere senza magia, si esalta tantissimo. Pensa che avevamo anche una macchina: lui l’aveva leggermente modificata per farla volare, renderla più spaziosa e mille altre cose, un gioiellino che mamma non ha mai apprezzato fino in fondo. Peccato solo che ora vaghi per la Foresta Oscura ad Hogwarts.” Patricia ricordò al suo primo anno quanto si era parlato delle vicissitudini di Ron e Harry e soprattutto della terribile Strillettera che avevano ricevuto. Ridacchiò.

“Non avrei mai pensato che ci fosse qualcuno così appassionato per il mio mondo.” Disse iniziando a girare tra gli scaffali. “Normalmente, i maghi tendono a disinteressarsi completamente al mondo Babbano, se non addirittura a disprezzarlo di questi tempi.” Sospirò.

“Beh,” disse Fred raggiungendola. “non tutti i maghi sono Mangiamorte.”

“No, beh… ovviamente… volevo solo dire che è strano che un mago Purosangue se ne interessi.” Fred si oscurò. “Non fraintendermi, non voglio offendere nessuno, men che meno i tuoi genitori!” corse subito ai ripari. “E’ solo che…” Accidenti, ma perché si era dovuta impegolare in un argomento del genere? “Capiscimi, con tutto quello che sta succedendo… la maggioranza dei maghi Purosangue di cui sa parla sono tutti dalla parte di Tu-Sai-Chi… quindi mi fa tanto strano quanto felice che ci sia qualcuno che non ha…” Ma le sue parole non sembravano avere l’effetto che lei sperava sul ragazzo, che sembrava incupirsi sempre di più.

Si portò la testa tra le mani e gli diede le spalle con uno scatto: ma cosa stava facendo? Dire quelle cose alla famiglia che così gentilmente le aveva accolte, che stava correndo così un rischio maggiore di prima… sentì un paio di mani poggiarsi sulle sue spalle e spingerla fuori dal garage: ecco, pensò la ragazza in preda al panico, chissà adesso cosa penserà, sarà furibondo, non mi rivolgerà più la parola, magari ci caccerà anche… ma Fred né era furibondo né pensava anche solo una cosa tra quelle che lei temeva: la spinse in silenzio su una panca del giardino e la fece sedere.

“Sfogati.” Le disse semplicemente. Patricia lo guardò interrogativa, gli occhi rossi e umidi. “Si capisce lontano un miglio che hai bisogno di parlare con qualcuno.” Si sedette di fianco a lei. “Coraggio, gli unici che ci possono ascoltare sono gli gnomi del giardino.”

“Ma… Non sei… arrabbiato?” domandò confusa lei. Fred rise.

“Per vedermi arrabbiato basta che mi metti davanti un qualsiasi Malfoy, sicuramente non con te.” Rispose. “Conosco la tua situazione e capisco il perché tu mi abbia detto queste cose prima. Non credo tu abbia avuto molti con cui sfogarti ultimamente, quindi entro in scena io.” Patricia ridacchiò.

“Tu?” domandò divertita. “Come mai ti offri così volontariamente?” Fred si strinse tra le spalle.

“Devo pur guadagnarmelo il tuo perdono in qualche modo.” Disse con semplicità e lei scoppiò a ridere. “Uno a zero per me, ti ho fatta ridere. E, per dimostrarti la mia completa disponibilità,” aggiunse in tono confidenziale. “d’ora in poi ti permetterò di considerarmi l’amico numero uno. So che per te è un grande onore,” aggiunse con enfasi quando Patricia aprì la bocca per parlare. “ma non preoccuparti per me, essere tuo confessore è la mia seconda grande aspirazione.”

“E la prima?” domandò lei.

“Top secret.” Disse. “Ti invierò la parcella per i miei servigi via gufo.” Concluse e Patricia gli diede uno scappellotto sulla spalla.

“Tu sei scemo!” scherzò lei.

“No, sono Fred.” Ribatté il ragazzo provocandole una nuova risata. In quel momento, La signora Weasley uscì di casa e li chiamò: erano arrivate le auto per accompagnarli in stazione. I due si alzarono.

“Penserò alla tua proposta, ma non credere di guadagnarti il mio perdono solo così.” Fred simulò un’espressione sconvolta.

“Sei impossibile.” Commentò.

“No,” lo corresse ridendo la ragazza. “sono Patricia.”

“Copiona.” Commentò l’altro e rientrarono in casa. 

Hola a todos!! Sono tornata con un altro capitoletto: scusate l'attesa ma sono stata un po' presa dagli esami... ^_^" Spero stiate tutti bene e soprattutto che il capitolo sia piaciuto: avevo in mente di farlo in un altro modo, ma mi è venuto così, pazienza. La sto costruendo man mano, anche se ho già una mezza idea, portate pazienza :) 

Mi raccomando, recensite numerosi, sia che vogliate dirmi "Mi è piaciuto" sia "Mi ha fatto veramente schifo" :), ovviamente i consigli sono ben accetti! Alla prossima!! Ciao!! 

monipotty

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Capitolo 10
*** 10 - Toccasana ***


10 - Toccasana
Capitolo 10 - Toccasana

Fred e George fecero una vera e propria toccata e fuga da casa, perché non appena finirono di fare le loro cose si smaterializzarono per ritornare a Diagon Alley: il primo con un’espressione divertita e delusa allo stesso tempo (“Ehi! E’ così che si salutano gli amici?!” aveva protestato quando Patricia lo aveva salutato con un semplice “A presto”. “Nemmeno un bacio sulla guancia?” Ginny in quel momento era comparsa alle sue spalle. “No, i baci solo tra ragazze e che io sappia tu non lo sei. Ora, sciò.” Disse spingendolo via. “Me la segno!” aveva gridato a Patricia prima di scomparire con un pop col fratello), il secondo con l’aria sollevata per essere riuscito a trovare gli appunti perduti (“Se non li avessi trovati, sarebbe stata la nostra rovina, una catastrofe senza fine!” aveva esclamato appena dopo averli trovati). Il Ministero della Magia aveva predisposto e inviato loro alcune macchine per accompagnarli a King’s Cross, cosa per la quale il signor Weasley, nonostante l’assoluta serietà e attenzione con cui fece salire ogni membro della famiglia e non, era molto esaltato. Poco meno di un’ora dopo, in stazione, Cinthya, con la sua Puffola Pigmea acquattata sulla spalla, si guardava intorno con aria interessata, alla ricerca del binario giusto, la mano strettamente salda in quella della sorella che con l’altra guidava a fatica il carrello.

“Sorellona, qual è il treno che devi prendere?” domandò vagando con lo sguardo tra i vagoni.

“Non è qui, per raggiungerlo dobbiamo fare una cosa che ti divertirà moltissimo.” Rispose lei e la bambina si illuminò. Arrivate davanti alla barriera che separava i binari nove e dieci, a turno iniziarono a oltrepassarlo e scomparire: Patricia sentì la presa di Cinthya farsi più stretta.

“Sorellona, dove sono finiti tutti quanti? Perché non ci sono più?” domandò con viva preoccupazione. Patricia la prese in braccio e la fece salire sul carrello portabagagli, davanti a lei.

“Devi sapere che quella barriera è magica: noi dobbiamo attraversarla e solo allora vedrai il mio treno.” Cinthya spalancò gli occhi per la sorpresa e l’eccitazione. “Ma dobbiamo passare inosservate, quindi” abbassò la voce in tono confidenziale. “guardiamoci intorno attentamente per controllare che nessuno ci guardi…” la bambina iniziò a girare velocemente il capo.

“Nessuno ci guarda.” Sussurrò.

“Bene.” Sussurrò Patricia. “Ora ci avviciniamo al muro… ancora una rapida occhiata e poi…” fece qualche passo e spinse il carrello attraverso il muro. “… voilà!” esclamò. Cinthya saltò giù dal carrello estasiata, guardando tutti i maghi e le streghe che le passavano accanto ma soprattutto ammirando a bocca aperta la locomotiva rossa e nera che sbuffava fumo bianco dal camino, i gufi che volavano tutt’intorno, i gatti che miagolavano, le centinaia di persone che si accalcavano sul binario nei loro abiti più stravaganti, tra cappelli a punta e lunghi mantelli, ad eccezione di qualche accorto mago che aveva preferito un abbigliamento più Babbano. Si fecero strada tra la folla (Cinthya scoppiò in una sonora risata al vedere un’anziana signora con un cappello rosso e un avvoltoio vivo appoggiato in punta) e raggiunsero la famiglia Weasley che stava caricando in quel momento i bagagli mentre mamma Weasley faceva le ultime raccomandazioni.

“E cercate di non cacciarvi nei guai quest’anno, intesi?” stava dicendo rivolgendo una significativa occhiata a Harry, Ron, Hermione e Ginny, che risposero con espressioni del tipo “non so di cosa tu stia parlando”. Mentre questi salivano sul treno, la signora Weasley si dedicò a loro due. “Scendi giù, signorina, o rischi di farti male.” Disse alla bambina prendendola in braccio per farla scendere dal carrello mentre questa ridacchiava divertita. “Buon anno scolastico anche a te, Patricia cara. Ti scriveremo tutti i giorni per farti sapere cosa succede, è vero?” disse rivolgendosi a Cinthya che annuì entusiasta. Patricia sorrise.

“Non ce n’è bisogno, se so che è con voi sono tranquilla.” La signora Weasley, commossa, la strinse in un forte abbraccio stritolatore.

“Ricorda che ovviamente per Natale e Pasqua ti vogliamo con noi.” Si raccomandò affettuosamente.

“Sì!” esclamò la sorellina. “E anche Puffy ti vuole!” aggiunse indicando la palla rosa shocking che ronzava tranquilla sotto il suo orecchio. Patricia le scompigliò la frangia bionda e si piegò sulle ginocchia alla sua altezza.

“Vedi di fare la brava bambina: Natale non è poi così distante e se so che combini guai ti aggiusto io.” Cinthya assunse un’aria imbronciata.

“Io non combino guai.” Disse gonfiando il petto. “E poi c’è mamma Weasley con me, lei è brava, e anche Fred e George e babbo Weasley.” Patricia sorrise e l’abbracciò. “Mi prometti che se mamma e papà ti scrivono me lo dirai? E gli dirai di venirmi a trovare?” la sorella la strinse più forte e annuì.

“Promesso, non ti preoccupare.” Si staccò da lei e le diede un bacio sulla fronte. “Grazie ancora per l’aiuto.” Disse rivolta ai signori Weasley. “Per qualsiasi cosa, non avete che da contattarmi.” Li salutò ancora una volta poi salì sul vagone dove il suo baule era già stato caricato e il treno si mosse. Si sporse dal finestrino a salutare insieme ad altre decine di mani che venivano sventolate all’esterno e vide la sorella correre lungo il binario al suo inseguimento, sbracciandosi, per poi sparire dietro la curva. A quel punto, Patricia sentì una forte stretta allo stomaco: ora sì che si sentiva sola.

Scrollò le spalle, prese il baule e iniziò a trascinarsi lungo il vagone alla ricerca di uno scompartimento vuoto  e di visi amici: in quell’ultimo mese aveva perso i contatti con tutti, non erano più arrivate lettere dalle sue amiche e lei non ne aveva mandate per paura che intercettassero la posta e scoprire il loro nascondiglio. Camminò fino alla fine del vagone senza trovare posto e stava per passare al successivo quando un ragazzo alto e muscoloso, dai riccioli biondi e gli occhi azzurri le si parò davanti con uno sgargiante sorriso che risaltava sulla pelle abbronzata.

“Allora sei ancora viva!” disse al vederla. Patricia sorrise sollevata: Brian Flamel, discendente del fratello del famoso Alchimista Nicholas Flamel, era un ragazzo del sesto anno di Tassorosso che giocava da Battitore nella squadra della Casa. “Le altre ragazze sono di là preoccupate.” Disse accennando col dito alle sue spalle.

“Bene!” disse Patricia riprendendo il manico del baule per ricominciare a trascinarlo verso l’altro vagone ma il ragazzo fu più veloce e lo afferrò con facilità prima di lei.

“Lascia, faccio io.” Si offrì e la precedette lungo il corridoio fino allo scompartimento dentro al quale stavano le sue tre migliori amiche, Josephine, Cassandra e Mei Lin, che al vederla scattarono come delle molle.

“Patricia!” esclamò Josephine, una ragazza con i capelli neri mossi e gli occhi grigi. “Ma dov’eri finita?”

“Ti abbiamo scritto tantissime volte! Ti sono arrivate le nostre lettere?” aggiunse Cassandra, una Metamorfomagus che in quel momento aveva i capelli lisci di un verde scuro con un taglio obliquo, mentre Mei Lin, di provenienza orientale, faceva spazio sul portabagagli e dava una mano a Brian a tirare su il pesante baule. Patricia si lasciò cadere sul sedile.

“Vi chiedo scusa, ragazze. Ho avuto un po’ di... problemi, in questo ultimo mese.” Rispose tristemente, quando Brian le salutò e sparì dalla vista lungo il corridoio. Josephine, Cassandra e Mei Lin la guardavano preoccupate, in attesa; lei sospirò, chiuse la porta dello scompartimento e ritornò tra loro. “Non voglio che quello che vi dirò ora esca da questa stanza, dovete darmi la vostra parola che ve lo terrete per voi e non lo direte a nessuno.” Non era la sua più rande aspirazione che tutta la scuola venisse a sapere di quello che era successo, men che meno i Serpeverde. Le amiche annuirono convinte e Patricia, dopo un’ultima occhiata fuori dallo scompartimento, sospirò. “I Mangiamorte all’inizio di agosto ci hanno fatto visita.” Le tre ragazze sussultarono, inorridite.

“Che cosa è successo?” domandò Josephine e la ragazza raccontò brevemente tutto ciò che sapeva riguardo quella notte e tutto ciò che era successo dopo che erano giunte e Hogsmeade con la Passaporta: rivivere tutti quei momenti le fece sentire una stretta al petto e il bisogno di sentire la voce dei genitori, di sapere come stavano, doc’erano, cosa facevano, quando li avrebbe potuti rivedere. Al termine del racconto, Cassandra si lanciò in una serie di sproloqui decisamente poco gentili sui Mangiamorte e su Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, Josephine iniziò a batterle una mano sulla spalla comprensiva mormorandole parole di consolazione e Mei scosse la testa cupamente.

“Non credevo che sarebbe successo…” commentò cupamente Patricia.

“Ringrazia solo che state tutti bene! Meglio sole ma sapendo che i vostri genitori sono da qualche parte, che sole sapendo che non ci sono più.” Replicò Cassie.

“Se solo sapessi se stanno bene…” mormorò la ragazza guardando fuori dal finestrino il paesaggio che filava velocemente. “Mi basterebbe sapere che sono al sicuro, che torneranno quando sarà tutto finito, che…” Mei Lin si sporse verso di lei e le posò una mano fredda sulla sua.

“Appena potranno si metteranno in contatto con te.” Le disse con voce dolce. “Sono sicura che stanno bene e che non hanno ancora potuto contattarvi perché non si sentono totalmente al sicuro. Vedrai che lo faranno. Stai serena.” Patricia annuì: Mei Lin parlava poco ma le volte che apriva bocca la facevano sempre stare meglio. Sorrise: sentire e vedere tutto ciò intorno a sé la fece sentire meglio, la sensazione di essere sola si affievolì così come il peso che portava dentro di sé; se parlarne con Fred l’aveva fatta sentire molto meglio, parlarne con le amiche era un altro ottimo toccasana, si sentiva persino più allegra.

In quel momento, qualcuno bussò alla porta dello scompartimento: era Ginny che la salutava con la mano. Patricia le aprì la porta con un sorriso.

“Ciao!” la salutò. “Come mai da queste parti?” Ginny fece spallucce.

“Sto tornando dallo scompartimento di Dean: mi stavo annoiando a morte.” Rispose semplicemente. “Disturbo?”

“Certo che no! Loro sono Mei, Jo e Cassie. Ragazze, lei è Ginny.” Presentò Patricia con un sorriso. “Vuoi entrare?” Ginny negò con un sorriso.

“No grazie, ora raggiungo Harry e gli altri.” Rispose.

“Ehi! Ehi, Weasley!” Zacharias Smith arrivava in quel momento seguito da una schiera di amici.

“Smith.” Lo salutò fredda la ragazza. “Che cosa vuoi?” Smith sorrise entusiasta.

“Ecco, non è che ci puoi raccontare che è successo alla fine dell’anno scorso, eh?” Ginny aggrottò le sopracciglia.

“No.” Rispose secca.

“E dai, Weasley!” insistette lui. “Solo qualcosina, non tutto! Allora, che ci facevate all’Ufficio Misteri? Che è successo? Ne hanno tanto parlato quest’estate ma volevo sentirlo raccontare dal vero!” Ginny sbuffò.

“No.” Ripeté lei. “Scordati che ti dirò qualsiasi cosa a riguardo. Non sono affari tuoi.” Ma Smith non cedeva e anche i suoi amici sembravano non vedere l’ora di sapere tutto di quella notte.

“Ma che c’è di male, Weasley? In fondo anche io faccio parte dell’ES.”

“Solo perché ne facevi parte non puoi permetterti di sapere qualsiasi cosa un altro membro faccia.” Ribattè innervosendosi. “Sparisci, Smith.” Ma non ottenne il risultato sperato: Smith divenne ancora più insistente, tanto che a un certo punto lei estrasse la bacchetta.

“O la smetti seduta stante,” sbottò “o ti riduco quel bel visino che hai a un buco.” Il ragazzo scoppiò a ridere insieme ai suoi amici.

“Non lo faresti mai, Weasley!” esclamò tra una risata e l’altra ma non durò a lungo: con un lampo e uno schiocco, il ragazzo venne catapultato un paio di metri più indietro e, non appena si accorse dei mostriciattoli volanti che attaccavano la sua faccia, scattò in piedi con un grido e scappò via, seguito a ruota dagli amici spaventati. Patricia scosse la testa divertita mentre le sue amiche dentro lo scompartimento ridacchiavano divertite.

“Non avresti dovuto farlo, Ginny.” La ragazza sbuffò.

“Aveva solo da non provocarmi.” Ribatté secca riponendo la bacchetta sotto la veste.

“Una magnifica fattura, signorina, davvero unica!” esclamò una voce gioviale. Le ragazze si irrigidirono, inorridite; si voltarono e guardarono il grasso uomo dietro di loro che le osservava ammirato e divertito. “Che sbadato, non mi sono presentato: sono il professor Lumacorno; voi siete...?” ma al vedere che entrambe sembravano aver perso la capacità di parlare, posò le mani sulle loro spalle e rise. “Non vi preoccupate, rimarrà il nostro piccolo segreto, non sono ancora entrato in pieno nel mio incarico.” Sospirarono un po’ più sollevate.

“Patricia Waterice.”

“Ginevra Weasley.”

“Lieto di fare la vostra conoscenza!” disse l’insegnante con una stretta di mano ad entrambe. “Signorina Weasley, posso chiederle di partecipare a una piccola festicciola che terrò all’ora di pranzo? Mi farebbe un grande piacere, la aspetto nello scompartimento C. A rivederci!” e detto questo le superò e scomparì nel vagone successivo. Le ragazze, comprese quelle nello scompartimento, lo osservarono allontanarsi.

“Non posso crederci che l’ho scampata liscia.” Commentò stralunata Ginny. “Non mi ha nemmeno rimproverata!” Patricia fece spallucce.

“Meglio così.” Disse. “Ma la prossima volta farai bene a guardarti le spalle: non potrebbe andarti più bene.” Ginny ridacchiò.

“Sembri tua zia.” Commentò, poi si salutarono e tornarono ognuna alle loro compagnie fino alla fine del viaggio.

Finalmente sono riuscita a postare un altro capitolo! Ciao a tutti, sono tornata!

Scusate il ritardo ma il tirocinio universitario è un po' pesante :P So che questo capitolo fa abbastanza pietà, ma quelli di transizione sono un po' così e non sarà sicuramente l'ultimo, uomo avvisato mezzo salvato :) Recensite comunque, mi raccomando! Prometto che dal prossimo capitolo inizierà a penetrare un po' di mistero, quindi continuate a leggere e a perdonare i capitoli noiosi! Come sempre, ringrazio che legge e recensisce, mi fa sempre un gran piacere!

Alla prossima!!

monipotty

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Capitolo 11
*** 11 - Una strana sensazione ***


11 - Una strana sensazione

Capitolo 11 - Una strana sensazione

Era già buio quando finalmente arrivarono al ben conosciuto castello dove avrebbero passato tutto il tempo che le attendeva da quella sera fino a metà giugno, quando gli esami finivano e sarebbero cominciate le meritate, si sperava, vacanze estive. La Sala Grande era già pronta e decorata per il nuovo inizio ma la sicurezza era aumentata: ai lati del portone di legno, infatti, due Auror posavano immobili e attenti mentre un terzo controllava l’interno. I professori erano già seduti al loro lungo tavolo sul fondo della sala e i fantasmi che abitavano il castello insieme a tutti gli studenti veleggiavano qua e là,  chi parlando con qualche professore o altro fantasma, chi avvicinandosi agli studenti che lentamente entravano e prendevano posto al tavolo della propria casa; tra questi, il Frate Grasso, il fantasma della Casa Tassorosso. La sua grande e perlacea figura si fece avanti velocemente, le braccia aperte in segno di accoglienza a chiunque entrasse e un grande sorriso rivolto a tutti, ma soprattutto agli studenti della sua Casa.

“Bentornati a voi tutti, figlioli!” dava loro il benvenuto. Quando entrarono Patricia, Cassie, Mei Lin e Jo, andò loro incontro entusiasta. “Sono felice di rivedervi, care ragazze.” Le salutò e queste sorrisero.

“Buonasera, Frate.” Lo salutò allegra Cassie.

“Passato buone vacanze, padre?” domandò Jo. Il frate si strinse nelle spalle.

“Al solito: durante le vacanze estive c’è poco da fare, il castello è così triste e spento senza voi studenti.” Disse con un sorriso. “Ma noi fantasmi ci teniamo compagnia e attendiamo il vostro ritorno. Voi avete passato bene le vostre vacanze?” Cassie e Jo annuirono convinte e Mei Lin piegò lievemente il capo ma Patricia non si mosse.

“Sarebbero potute andare meglio.” Disse tristemente. Il Frate la guardò preoccupato.

“Quando ti ho vista entrare ho capito subito che c’era qualcosa che non andava, mia cara figliola.” Disse incrociando le mani sul petto. “Spero non sia successo nulla di troppo grave.” Patricia fece un sorriso triste.

“Una volta che sono libera vengo a confessarmi da voi, padre.” Il Frate sembrò risollevarsi.

“Ti aspetto, allora.” E con un gesto della mano diede loro le spalle e si avvicinò ad un altro gruppo di Tassorosso che entrava in quel momento. Le quattro amiche presero posto e aspettarono pazientemente che iniziasse la cerimonia dello Smistamento e nel frattempo osservavano il tavolo degli insegnanti: la professoressa Sprite parlava con Hagrid animatamente, la Cooman aveva lo sguardo fisso sul soffitto totalmente persa nei suoi pensieri, il preside, seduto al centro, stava parlando l’insegnante che avevano conosciuto sul treno, Piton li ascoltava in silenzio mentre il piccolo Vitious compariva e scompariva da sotto il tavolo.

“Così quello sarebbe il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure?” domandò Jo osservando il professor Lumacorno con le sopracciglia alzate. “Non mi ispira tanto…”

“Sì, ma sarà sicuramente meglio del Confetto dell’anno scorso.” Borbottò cupa Cassie guardando nella stessa direzione: come tutti i compagni, aveva detestato di tutto cuore Dolores Umbridge e le sue inutili quanto noiose lezioni teoriche di Difesa.

“Beh, ci va poco.” Commentò Patricia e Mei Lin annuì concorde. In quel momento, si udirono tre battiti al grande portone d’ingresso della Sala Grande: centinaia di teste si voltarono a guardare le porte aprirsi per lasciar passare una lunga fila di piccoli studenti dall’aria persa e impaurita, che camminavano in fretta per riuscire a tenere il passo della professoressa McGranitt, altera guida fino al tavolo degli insegnanti, davanti al quale, sopra uno sgabello in legno, stava il consunto e vecchio Cappello Parlante. Calò il silenzio e tutti gli sguardi si rivolsero al cappello, in attesa. Da una piega iniziò a parlare.

“Fin da quando nacque il mondo

La storia è tutta uguale:

Guerra e pace fanno il girotondo

E dov’è il bene, lì c’è  il male.

 

Che questi possa morire

È inutile sperarlo,

Ma che sia il bene a scomparire

Noi dobbiamo evitarlo.

 

Il mio consiglio quindi è questo:

Potete seguirlo, se vi pare.

Vecchi e giovani, decidete al più presto,

Ma prima state ad ascoltare:

 

Che ai Grifondoro vi uniate in coro,

O che sia Tassorosso la vostra casa,

Che nei Corvonero troviate un tesoro,

O che sia in Serpeverde che il cuore riposa.

 

Non è questo ad avere importanza:

Per ciò ch’è giusto lottare,

Per far vivere la luce della speranza

Divisi ma uniti dovete restare.”

Il Cappello ammutolì e nella Sala Grande cadde il silenzio, totale. Tutti pensavano alle parole appena espresse dal saggio Cappello e in tutti, ad eccezione della maggioranza dei Serpeverde, passava lo stesso pensiero: il Cappello aveva ragione, l’unione faceva la forza e in quei tempi bui era ciò di cui si aveva più bisogno, ma anche ciò che più si temeva. Fidarsi degli altri era difficile quando c’era il rischio che qualcuno potesse essere sotto la maledizione Imperius, anche tra coloro che potevano essere più vicini, ma tra compagni di Casa, tra compagni di Scola, bisognava sforzarsi di essere fiduciosi. Il flusso di quei pensieri fu interrotto da Albus Silente, che iniziò a battere leggermente una mano contro il braccio per non colpire quella ferita, seguito a ruota nell’applauso dalla professoressa McGranitt, da tutti i professori e pian piano dagli studenti. Il Cappello fece un leggero inchino poi tornò immobile al suo posto e la cerimonia dello Smistamento ebbe inizio: per una buona decina di minuti, il cappello continuò a gridare i nomi delle Case a seconda del bambino che lo indossava e quando furono tutti smistati e la professoressa di Trasfigurazione portò via lo sgabello con il Cappello sopra, il preside si alzò e augurò loro un sorridente “Buon appetito!”; i tavoli magicamente si riempirono di vivande e la Sala si riempì del chiacchiericcio degli studenti intenti a cenare.

“Povero Silente, avete visto la sua mano? Chissà cosa si è fatto...” Mormorò un po’ in pensiero Jo guardando il preside servirsi utilizzando solo una mano e la bacchetta magica.

“Sicuramente nulla di buono.” Rispose Cassie guardando nella stessa direzione. “Non sembra proprio in pienissima forma…” le altre due amiche annuirono; Patricia vide la zia rivolgerle un’occhiata e un gesto di saluto con la testa a cui rispose con un sorriso, poi si voltò verso le altre e iniziarono a chiacchierare del più e del meno fino alla fine della cena.

Quando Silente di alzò per la seconda volta dal tavolo degli insegnanti, i piatti e le vivande sparirono di colpo dai quattro tavoli delle case e il preside rivolse a tutti gli studenti un grande sorriso e aprì le braccia in segno di benvenuto.

“Buonissima serata a voi!” salutò a gran voce, ma in quel momento per tutta la Sala si diffuse un mormorio: la sua mano nera e raggrinzita era stata notata da tutti. Il vecchio preside sorrise e nascose la mano sotto la manica viola e oro. “Nulla di cui preoccuparsi.” Disse tranquillamente. “Ora… ai nostri nuovi studenti, benvenuti; ai vecchi, bentornati! Un nuovo anno di istruzione magica vi attende: ricordo a tutti voi che la frequentare una scuola è fondamentale per la propria formazione e crescita, soprattutto in un periodo buio come quello che è iniziato da poco. Detto questo, vorrei ricordarvi che, come in ogni luogo, ci sono delle regole che vanno rispettate: l’accesso alla Foresta Proibita è severamente vietato e il signor Gazza, il nostro custode, mi ha chiesto di dirvi che vige il veto generale sull’utilizzo di qualunque scherzo acquistato nel negozio Tiri Vispi Weasley.”

A quelle parole, Patricia ridacchiò: doveva ricordarsi di dirglielo a Fred e George, si sarebbero fatti sicuramente tante belle risate. Quel pensiero la fece tornare con la mente alla Tana: chissà sua sorella cosa stava facendo in quel momento, a cosa stava pensando… era la prima volta che si trovavano a parecchi chilometri di distanza l’una dall’altra in assenza dei loro genitori. Un ombra calò sul suo sguardo: i suoi genitori… non le avevano ancora scritto e non passava giorno senza che si chiedesse dove fossero, se stessero bene, se erano al sicuro ora che erano fuggiti. E ogni volta la domanda ancora senza risposta arrivava spontanea: perché non le avevano ancora scritto? Perché non avevano cercato di contattarle? Anche solo un bigliettino con su scritto “Ciao, stiamo bene, non preoccupatevi per noi”, non chiedeva nulla di più.

Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e levò gli occhi su Cassie, che la guardava preoccupata.

“Stai bene?” le domandò a mezza voce. Patricia fece spallucce.

“Cattivi pensieri.” Rispose mesta facendo attenzione a non far sentire troppo ai loro vicini. “Mi capiteranno spesso, almeno finché non avrò notizie. Portate pazienza…” Cassie sorrise.

“Non preoccuparti, cerca di stare tranquilla, vedrai che quando potranno si faranno vivi.”

Se sono vivi, pensò tetramente la ragazza ma subito scacciò quel pensiero scrollando il capo e tornò a riversare la sua attenzione sul preside che stava presentando il nuovo insegnante.

“Il professor Lumacorno è un mio ex collega che ha accettato di riprendere il suo vecchio ruolo di insegnante di Pozioni.”

“Pozioni??” riecheggiò in tutta la Sala. Le quattro amiche si lanciarono occhiate stupite. “Non è possibile! Ma non doveva insegnare Difesa?” chiese Jo in una sorta di piagnucolio.

“Il professor Piton, nel frattempo” continuò Silente. “ricoprirà il ruolo di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.” Un secco “no” di una voce famigliare a Patricia risuonò nella sala e lei, insieme ad altre decine di teste, si voltò a guardare Harry Potter, che fissava indignato il professor Piton che ringraziava con deboli gesti della mano i Serpeverde per il loro applauso entusiasta.

“Non ci posso credere!” si lamentò Cassie con una mano tra i capelli verdi. “Ho già capito che dovrò rinunciare a un Gufo in Difesa.” Stavolta fu Mei Lin a risponderle, dandole una gentile pacca sulla spalla.

“Magari non è così male, chissà.”

“Nessuno sarà meglio di Lupin, comunque.” Commentò Jo scuotendo la testa. “Sarà anche un lupo mannaro, ma era una persona e un insegnante squisiti.” Cassie annuì con convinzione poi tornarono nuovamente a fissare il professor Silente, che aveva iniziato il delicato argomento di Tu-Sai-Chi: avvisò gli studenti che le misure di sicurezza erano aumentate ma non per questo non dovevano fare attenzione e seguire tutte le istruzioni che gli insegnanti avrebbero dato loro, anche se fastidiose, pregandoli di riferire a qualunque professore nel caso qualcuno di loro notasse qualcosa di strano, qualsiasi cosa che potesse essere diversa dal normale. Dopo quelle raccomandazioni, il preside augurò loro buonanotte e un buon inizio di lezioni e gli studenti si riversarono nel corridoio centrale, seguendo i prefetti di ogni casa verso la propria Sala Comune. Patricia guardò Hannah Abbot e Ernie Macmillan farsi strada tra i Tassorosso per raggiungere i nuovi arrivati della Casa e ricordò il giorno in cui era arrivata ad Hogwarts: ricordò la delusione per non essere finita a Grifondoro, la casa da cui sia la madre che, ovviamente, zia Minerva provenivano; ricordò i discorsi che spesso la zia le faceva a riguardo, cercando di consolarla; ricordò la sera in cui lei, Cassie, Jo e Mei Lin fecero amicizia: quando i suoi compagni avevano scoprirono che era la nipote della McGranitt, loro erano state le uniche a non prenderla in giro e a difenderla davanti alle critiche e malignità altrui.

Seguì la fiumana di Tassorosso che scendeva in direzione della Sala Comune, posta vicino alle cucine del castello: l’ingresso della sala era nascosto da un quadro che riproduceva una bella natura morta e, perché quello si aprisse rivelando il passaggio per entrarvi, era necessario dare la giusta parola d’ordine a una piccola statua posta su una colonnina accanto al quadro, che rappresentava Tosca Tassorosso, la fondatrice della Casa. Quando arrivarono davanti alla statua, Tosca si stava pettinando i lunghi capelli fluenti.

“Parola d’ordine?” mormorò con voce gentile. I Tassorosso si guardarono tra loro interrogativi poi, all’improvviso, il passaggio dietro al quadro si rivelò e, inspiegabilmente, ne uscì un ragazzo, che tutto poteva essere meno che uno studente: più o meno di venticinque anni, calcolò Patricia, aveva i capelli nero pece mossi e che gli sfioravano le spalle, un accenno di pizzetto sul mento e degli occhi altrettanto neri, brillanti e penetranti. Al trovarsi tutti quei ragazzi davanti, li guardò interdetto, incrociando per un secondo lo sguardo di Patricia: una strana sensazione di paura e sospetto crebbe nel petto della ragazza, qualcosa che non aveva mai provato prima e a cui non riusciva a dare un senso, un significato. Era venuta e basta, improvvisa come l’apparizione dell’uomo che ora sorrideva a tutti loro con espressione colpevole e divertita, la fila di denti bianchissimi scoperta dalle labbra sottili, provocando nella maggior parte delle ragazze arrossamenti di guance e sorrisetti imbarazzati di risposta.

“La parola è Acquarium.” Disse uscendo dal passaggio. “Scusate la mia apparizione, non vi aspettavo.” Molti gli rivolsero sguardi interrogativi e sospetti. “Non vi allarmate, sono un Auror: mi hanno assegnato alla custodia di quest’ala di Hogwarts e volevo assicurarmi che fosse tutto in ordine per il vostro rientro, così ho fatto un ultimo controllo nella vostra Sala Comune ma credevo foste ancora alle prese col banchetto.” A quelle parole, mormorii di approvazione e un senso di tranquillità si diffusero in tutto il gruppo, tranne che per una persona. Se era un Auror, perché continuava a farle quell’effetto il suo sguardo magnetico? Pensava Patricia. Si guardò intorno alla ricerca di qualcuno che provasse le sue stesse cose, ma non c’era nessuno che non lo guardava con tranquillità e fiducia. Scosse la testa cercando di scacciare quelle sensazioni: magari era solo stanchezza, cercò di convincersi, ma i suoi sforzi si rivelarono inutili perché gli occhi penetranti dell’Auror la guardarono di nuovo e lei, pur di evitarli, abbassò i suoi. “Beh,” riprese questi distogliendo lo sguardo con un sorriso e scostandosi dal passaggio. “è tutto a posto, passate pure. Buonanotte.” E detto questo se ne andò.

Non appena sparì dietro l’angolo, scoppiò un parlottio concitato tra le ragazze: qualcuna ridacchiava, altre gesticolavano parlando senza sosta, altre ancora osservavano l’angolo che lui aveva girato sparendo alla vista speranzose che lui ritornasse da un momento all’altro, mentre i ragazzi Tassorosso le guardavano di sbieco. Brian guardò verso Patricia e le si avvicinò.

“Tutto bene? Sei pallida.” domandò preoccupato e anche Cassie, Jo e Mei Lin si voltarono verso l’amica. Questa trasalì poi sorrise incerta.

“Sì, tutto bene.” Rispose in fretta tentando di essere più convincente possibile. “Sono solo stanca, credo.” Lui non sembrò molto convinto, ma annuì, diede loro la buonanotte e si diresse verso il tunnel sotterraneo che portava ai dormitori maschili. Le ragazze, invece, continuarono a guardarla interrogative.

“Patricia, cosa…?” iniziò Jo, ma in quel momento furono raggiunte dalle altre due compagne del loro anno, Anne Huston e Erika Brandon.

“Ciao ragazze!” salutarono entusiaste. “Avete visto che Auror, quello? Fossero tutti così… fa venir voglia di studiare per diventare colleghi!” scherzarono. “Tra l’altro…” Erika si avvicinò a Patricia e le mise un braccio attorno alle spalle. “Ho visto come ti ha guardata, sai.” Patricia le scoccò un’occhiataccia.

“Non ci ho fatto caso.” Le rispose secca.

“Sì, come no!” ribatté Anne. “Ci vediamo in dormitorio.” E corsero via parlottando fitto fitto. Patricia sospirò: erano brave Anne e Erika, ma certe volte ti veniva una voglia di affatturarle… Sentì gli sguardi delle amiche sulla sua testa.

“Sto bene.” disse loro guardandole con un sorriso. “Veramente, è solo un po’ di stanchezza. Vedrete che domani sarò in ottima forma.” Parzialmente rinfrancate, le amiche annuirono e si incamminarono verso l’imbocco del corridoio che portava verso i dormitori femminili.

“Comunque è carino, vero?” domandò Jo. “L’Auror. E’ un bel ragazzo, no?”

“C’è di meglio.” Disse Cassie distrattamente.

“Sono d’accordo.” Disse Mei Lin. “in fondo non è un granché, ne conosco di più belli.”

“Decisamente.” Si unì Patricia e nella sua mente comparve, sfocata, l’immagine di un ragazzo con i capelli rossi che le sorrideva.

Ciao a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo tutto per voi! Quello precedente non ha riscosso molto successo, ma i capitoli di passaggio sono tutti così, c'è poco da fare... Ma io non mi abbatto e continuerò a scrivere per voi che leggete, anche perchè io personalmente non vedo l'ora di andare avanti!! :D 

Devo solo puntualizzare una cosuccia: il discorso di Silente l'ho copiato papale papale del sesto libro di HP, ad eccezione di una piccola parte, vorrei cercare di far sì che si colleghi alla storia raccontata dai libri o dal film, metterò qualche dialogo che è presente in uno dei due quando ci sarà l'occasione. La poesiola del Cappello me la sono inventata di sana pianta invece XD mi piaceva l'idea di metterla, sono molto belle quelle scritte sui primi libri: la mia non è sicuramente all'altezza, perdonatemi; ci ho provato :)

Good! E dopo questo, ci vediamo al prossimo capitolo! E ricordate... leggete e recensite numerosi!

monipotty

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