Il coraggio di continuare di monipotty (/viewuser.php?uid=41801)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- La fuga ***
Capitolo 2: *** 2- Nascondino ***
Capitolo 3: *** 3 - La zia e l’amica di famiglia ***
Capitolo 4: *** 4 - Sorelle ***
Capitolo 5: *** 5 - Allegria contagiosa nella desolazione ***
Capitolo 6: *** 6 - Nella stanza dello specchio ***
Capitolo 7: *** 7 - “Sorellona, perché...?” ***
Capitolo 8: *** 8 - Una scelta difficile e responsabile ***
Capitolo 9: *** 9 - Il migliore amico ***
Capitolo 10: *** 10 - Toccasana ***
Capitolo 11: *** 11 - Una strana sensazione ***
Capitolo 1 *** 1- La fuga ***
1-La Fuga
Da giugno, l’intero mondo della
magia era in allerta: nessun mago, strega o magonò riusciva a dormire su due guanciali,
che fosse Purosangue o Mezzosangue. Nemmeno i Babbani erano tranquilli perché
da giugno, a causa di quei continui e misteriosi omicidi e sparizioni di
famiglie intere, l’intera comunità era scossa dalla preoccupazione, che non è
paura: la paura c’è se si sa di chi o cosa avere timore e i Babbani non
sapevano che Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato era tornato, o comunque aveva
fatto la sua apparizioni ufficiale. Per mesi, Harry Potter e Albus Silente
erano stati visti come dei visionari, dei pazzi, qualcuno a cui non credere, da
eliminare; nemmeno la morte di Cedric Diggory aveva fatto cambiare opinione
alla Comunità Magica, e venne descritta come incidente di percorso: credere a
ciò che per mesi i due maghi avevano continuato ad annunciare senza essere
presi sul serio avrebbe significato la sconfitta del Ministero della Magia e la
caduta nel caos. E il Ministero si comportò come San Tommaso: solo quando vide,
credette e agì di conseguenza. Ma era tardi. E le conseguenze iniziavano a
farsi vedere e sentire.
Ma anche se pochi, i maghi e le
streghe che credettero immediatamente a loro li difesero anche a costo di perdere
il rispetto degli altri, perché la verità porta di per sé alla perdita. Ma la
sua comparsa al Ministero di fronte al Ministro Caramell in persona e agli
Auror diede finalmente conferma della veridicità di quello che ostinatamente
qualcuno affermava: il signore Oscuro era tornato e il mondo era infine entrato
nel caos.
Per le strade di Londra, quella
notte, non tirava un alito di vento: tutto era fermo, silenzioso e buio.
Nonostante si fosse ancora agli inizi di agosto, la temperatura era più fresca
del normale e il tempo perennemente nuvoloso, come a voler rispecchiare l’animo
di milioni di persone che vivevano in quel Paese. Tutto era apparentemente
tranquillo, ma nelle case molti maghi e streghe non chiudevano occhio: con le
orecchie tese e i nervi saldi, ascoltavano i rumori nella notte, pronti a
reagire.
In una delle villette a schiera
che correvano lungo una delle tante strade di Londra, una donna spalancò la
porta della camera da letto delle figlie con la bacchetta in mano.
“Cinthya, Patricia, svegliatevi,
presto!” chiamò mentre con gesti veloci e precisi appellava qualsiasi cosa le
capitasse sottomano e lo infilava in uno zaino di scuola. Le due dormienti, una
ragazza di 15 anni e una bambina di 6, sobbalzarono nei loro letti.
“Che succede, mamma?” chiese la
più grande strofinandosi gli occhi assonnati e osservando la madre. Questa, in
tutta risposta, le lanciò quelli che sembravano un paio di jeans, una maglietta
a mezze maniche e un golfino leggero.
“Dovete andarvene immediatamente
da qui.” Rispose in fretta la madre girandosi verso la figlia minore e
iniziando a sfilarle il pigiama nonostante i suoi piagnucolii. “Avevo già
avvisato zia Minerva: andrete da lei finché non si sarà tutto risolto. La ragazza
continuò a guardarla senza capire.
“Tutto cosa?” domandò ma in quel
momento dei passi affrettati raggiunsero la camera e un uomo vi entrò.
“Sbrigati, Druella, o non ce la
faremo.” Disse alla moglie che annuì e accelerò i suoi movimenti. Quando finì,
prese la bambina in braccio e andò verso la porta ma prima di uscire disse alla
figlia maggiore di sbrigarsi a cambiarsi. La ragazza, completamente sveglia
nonostante la confusione che aveva in testa, si infilò velocemente gli abiti
che la madre le aveva dato, prese la bacchetta e raggiunse il padre sulla porta,
chiedendo di nuovo spiegazioni. L’uomo le posò una mano sulla spalla e deglutì.
“I nostri vicini di casa...”
iniziò a spiegare. “Poco fa ho sentito dei rumori sospetti provenire da casa
loro, poi dei lampi di luce verde e più nulla.” La ragazza inorridì: i
Mangiamorte erano nel loro quartiere. Il suo pensiero volò ai vicini di casa,
una famiglia di Babbani loro amici che avevano un ragazzino di poco più piccolo
di lei.
“Bobby...” mormorò addolorata
sentendo gli occhi bruciarle. “O mio dio...” il padre non disse nulla ma la
spinse fuori dalla camera e giù per le scale, guidandola in cucina: ad ogni
passo, la paura e la tensione crescevano, il dolore per la perdita dell’amico
si faceva sempre più sentire e il pensiero di quello che sarebbe successo di lì
a pochi istanti la fece rabbrividire. Era dall’inizio dell’estate che i suoi
genitori organizzavano un piano d’azione se mai fosse capitata una situazione
di pericolo: nella sua famiglia, infatti, solo la madre era Purosangue, mentre
il padre era Babbano e delle due figlie solo sei era una strega, Mezzosangue. Anche
se la loro situazione non era delle peggiori, sapevano bene che il pericolo
sarebbe arrivato ma nessuno credeva così in fretta. O comunque, in qualunque
momento si fosse presentato, sarebbe stato troppo presto. Trovarono la madre vicino
al tavolo della cucina, intenta a consolare la figlia minore, ma non appena la
vide le fece cenno di avvicinarsi e le indicò una lettera imbustata.
“Questa, Patricia, è una
Passaporta.” le spiegò. “Vi porterà dritte ai Tre Manici di Scopa da Rosmerta.
Quando arrivate, fategliela leggere e lei capirà.” Patricia annuì, tremante.
“Voi non venite?” domandò
sorpresa e spaventata allo stesso tempo.
“No, ce ne andremo ma non verremo
con voi: rischiamo di mettervi in pericolo.” Spiegò il padre. Patricia scosse
la testa.
“No!” protestò. “Voglio venire con
voi, non possiamo lasciarvi!”
“No.” Ribatté seccamente la madre.
“Voi due farete come diciamo noi.”
“Ma...!” tentò ancora ma la madre
la zittì con un’occhiataccia che ricordava molto quella della zia Minerva, sua
sorella.
“Tu devi proseguire con la tua
istruzione e Cinthya pure. Non voglio polemiche.” Disse gelida mettendo fine
alla discussione. Patricia abbassò il capo e non disse più nulla; la madre le
si avvicinò e la strinse con dolcezza. “Mi dispiace, tesoro. Solo così sarete
al sicuro.” La ragazza annuì poi prese la sorellina per mano e si avvicinò alla
Passaporta.
“Dove andrete?” domandò prima di
toccarla.
“Al sicuro.” Rispose il padre. “Non
ve lo diremo così non correrete più rischi di quanti già ne corriate, ma ci
metteremo in contatto con voi appena potremo. Hai il tuo cellulare dietro?”
“Sì, ma a Hogwarts non c’è campo...”
rispose lei. Il padre sorrise.
“E’ vero; beh, vorrà dire che
parleremo via gufo quando inizierai la scuola.” Si corresse. La moglie gli si
avvicinò e lui la strinse a sé.
“Fate attenzione...” si
raccomandò Patricia e i genitori le sorrisero. Con un ultimo sguardo ai loro
volti, Patricia e Cinthya toccarono la lettera e tutto svanì in un turbinio di
ombre e colori e la sensazione di essere strappati via all’altezza del petto
che durò pochi attimi. Quando tutto si fermò, i Tre Manici di Scopa era davanti
a loro.
Ciao
a tutti!! Spero di non essere stata troppo noiosa in questo primo
piccolo capitolo e di avervi messo un po' di curiosità :) non so
ogni quanto aggiornerò,
cercherò di farlo almeno una volta al mese, ma credo che nelle
vacanze di Natale riuscirò a postarne un secondo. Sono ben
accette recensioni positive e critiche! Alla prossima e, intanto, Buone Feste!!!!
monipotty
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Capitolo 2 *** 2- Nascondino ***
2- Nascondino
Capitolo 2 - Nascondino
Erano le tre della mattina e
Hogsmeade dormiva. Non c’era un rumore, tutto era immobile, silente, avvolto
nella più totale oscurità. Ma un senso di angoscia, di insicurezza permeava l’aria
e le due persone che più la sentivano erano le due ragazze improvvisamente
comparse davanti alla porta del locale magico più ricercato dei dintorni e non
solo: Patricia si guardò intorno nervosamente, la busta che doveva consegnare a
madama Rosmerta ancora in mano, timorosa di veder comparire all’improvviso
delle ombre minacciose o qualsiasi altra cosa. Ma soprattutto, paura che
potesse succedere qualcosa alla sorellina e rabbrividì: anche se erano fuggite
solo da un minuto, già sentiva il peso della responsabilità gravare sulle sue
spalle; strinse a sé la sorellina che singhiozzava sommessamente con il viso
contro il suo stomaco e fece un profondo respiro. Poi, lasciò scivolare lo
zaino che la madre aveva preparato loro dalla spalla, lo poggiò a terra e si
inginocchiò davanti a lei, scostandole le mani dal viso: se voleva che la
sorella non piangesse, doveva mostrarsi forte di fronte a lei, ora che i suoi
genitori erano assenti.
“Cinthya...” la chiamò con affetto
cercando di mantenere un tono di voce calmo. La bambina continuava a
singhiozzare. “Dai, Cinthya, non piangere. Vedrai che mamma e papà stanno bene,
non ti preoccupare.” Finalmente riuscì a vincere la debole forza della bambina
e le tolse le mani dal viso; la sorellina la guardò con gli occhioni rossi e
lucidi, tirando su fortemente col naso.
“D-dove sono mamma e papà?” le
domandò con voce rotta. “Perché ci hanno lasciate sole? Non ci vogliono più
bene?” Patricia le sorrise.
“Ma no, certo che ci vogliono
bene.” La rassicurò passandole un dito sulle guance bagnate per asciugarle due
grossi lacrimoni. “Solo che sono dovuti andare via per un po’.” Come poteva
spiegarle che le loro vite erano in pericolo? Le venne un’idea. “Devi sapere
che stiamo facendo un gioco simile a nascondino.” Le disse e l’attenzione della
bambina fu subito catturata. “Noi siamo i giocatori che si nascondono: io e te
per un po’ ci nasconderemo qui, poi cambieremo posizione per non farci trovare
troppo in fretta, e lo stesso fanno mamma e papà. Non dobbiamo farci trovare
dagli uomini che ci stanno cercando altrimenti perdiamo il gioco.”
“E perché mamma e papà non si
sono nascosti con noi?” domandò la bambina asciugandosi gli occhi.
“Perché quando giochi a
nascondino con i tuoi amici non vi nascondete in gruppo ma vi separate?” le domandò
di rimando lei. “Perché altrimenti vi trovano più in fretta: i posti dove
nascondersi sono piccoli e ci stanno non più di una o due persone, quindi noi
siamo qui e mamma e papà da un’altra parte.” Magari come paragone era un po’
fantasioso, ma perlomeno ora anche la sorellina sapeva a grandi linee cosa
stava succedendo.
“E se ci trovano?” domandò ancora
la bambina.
“Diventiamo loro prigioniere e
siamo squalificate.” Buttò lì, ma la bambina sembrava soddisfatta. “Devi sempre
stare con me o con Rosmerta, non restare mai sola, va bene?” la bambina annuì
con vigore.
“Mi farà anche i biscotti,
Rosmerta?” domandò la bambina ben ricordando la bontà dei biscotti fatti in casa
che la barista cucinava con grande abilità. Patricia rise e in quel momento
sentì un po’ del peso sul petto svanire.
“Sì, ma solo se ti comporterai
bene e non sarai piagnucolona.” Le rispose dandole un buffetto sulla guancia;
la bambina incrociò le braccia e fece il broncio.
“Io non sono piagnucolona.” Protestò.
“Sono grande e forte come papà!”
“Va bene, va bene. Ora però
dobbiamo chiamare Rosmerta.” Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che la
ispirasse: tra maghi non si usavano campanelli all’entrata delle case e urlare
nel bel mezzo della notte non era una grande idea. Si allontanò dalla porta d’entrata
e guardò la finestra dove sapeva stava la camera della strega: raccolse qualche
sassolino e lo lanciò contro i vetri. Poco dopo, una luce si accese nella
stanza e un’ombra si mosse velocemente verso la finestra.
“Dico io!” disse seccata la donna
aprendo le finestre e affacciandosi sulla strada. “Vi sembra il caso di...?” ma
non appena riconobbe chi aveva davanti non uscì più parola.
“Ciao Rosmerta.” La salutò
Patricia mentre Cinthya sventolava la manina al suo fianco.
“Per la barba di Merlino!”
esclamò la donna. “Scendo subito.” Richiuse la finestra e poco dopo la videro scendere
le scale e camminare velocemente verso l’ingresso del locale, la bacchetta
sfoderata che a suo comando fece accendere qualche lume e aprire la porta. Le
fece subito entrare e accomodare a uno dei tavolini del fondo, lontano da occhi
indiscreti. “Che è successo? Come mai siete qui?” domandò poi mentre, a un suo
gesto della bacchetta, una teiera si riempì d’acqua e si posizionò sul focolare
che si accese con un allegro scoppiettio. Patricia le consegnò la busta e la
donna lesse la lettera al suo interno, poi bruciò il foglio che si accartocciò
fino a trasformarsi in cenere sulla superficie del tavolino di legno.
“Cosa c’era scritto?” domandò
Patricia. Rosmerta con un gesto della bacchetta fece volare la teiera sul
tavolo insieme a due tazze e delle foglie di tè.
“Vostra madre mi ha scritto che
sono arrivati i Mangiamorte nel vostro quartiere e mi ha domandato di ospitarvi
qui per un po’, almeno finché non si troverà un’alternativa. Inoltre, mi ha
detto di avvisare vostra zia della situazione.” Spiegò passandosi tristemente
una mano sul volto. “Poveri noi, che brutti tempi...” mormorò sconsolata ma
subito dopo si alzò con uno scatto e fece loro un sorriso. “Vado ad avvisare
Minerva e torno, voi bevete i vostri tè.” E detto questo entrò nel retrobottega
e vi sparì per qualche minuto; al suo ritorno, con un gesto della bacchetta le
tazze tornarono pulite e accompagnò le due ospiti nella stanza che aveva sempre
riservato a persone che venivano a visitarla per qualche tempo. “Non avendo
saputo prima del vostro arrivo, qui dentro c’è un gran disordine ma è comunque pulita.
Domattina la renderò un po’ più accogliente. Ora andate a dormire.” Patricia e
Cinthya la ringraziarono e le augurarono la buonanotte. Poi si voltarono verso
l’unico letto che c’era nella stanza.
“Stanotte ti tocca dormire con
me, sorellina.” Disse la più grande e la bambina corse verso il letto e iniziò
a tastarlo e a dondolarsi e saltarci sopra.
“E’ morbido!” constatò infine la
bambina. Prese lo zaino e lo posò ai piedi del letto; poi, imitata dalla sorellina,
si sfilò le scarpe, disfò un po’ il letto e si distesero: la bambina le si
accoccolò vicino e si addormentò subito,
al contrario della sorella, che per la maggior parte della notte restò con gli
occhi aperti a pregare perché i loro genitori stessero bene. Per ora era
riuscita a calmare la sorellina, ma chi avrebbe rassicurato lei nel momento del
bisogno?
Eccomi
qui con un nuovo capitolo! Ringrazio tutti coloro che hanno letto e
recensito il capitolo precedente: spero anche questo sia stato di
vostro gradimento ^^ Recensite e... a presto!!
monipotty
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Capitolo 3 *** 3 - La zia e l’amica di famiglia ***
3 - La zia e l’amica di famiglia
Capitolo 3 - La zia e l’amica di famiglia
Le sembrava di essersi appena addormentata quando
sentì la voce di Rosmerta svegliarle e aprire le tende, lasciando che la luce
attraversasse il vetro delle finestre per colpire il suo viso e quello della
sorella. Patricia aprì gli occhi assonnati a fatica mentre la bambina si
voltava dall’altra parte accoccolandosi al suo petto per proteggersi dalla
luce.
“Forza, dormiglione! E’ quasi mezzodì!” Patricia
sbadigliò.
“Davvero?” domandò stupita. Rosmerta le sorrise.
“Ho preferito lasciarvi riposare un po’ di più
viste le peripezie di stanotte.” Spiegò. “Non che sia servito molto, perlomeno
a te: hai un aspetto terribile.” La ragazza sbuffò.
“Non sono riuscita a chiudere occhio.” Borbottò
alzandosi a sedere.
“Lo immaginavo, ti ho sentita rigirarti tutta la
notte.” Commentò la donna mentre si avvicinava al letto e vi si sedeva sopra.
Poi si chinò sulla bambina che giaceva di fianco alla ragazza. “Invece qualcuno
ha dormito come un sasso, vero?” disse alzando man mano la voce per assicurarsi
che Cinthya fosse sveglia; questa non si mosse ma un sorriso assonnato si
dipinse sul volto nascosto dal braccio. “Beh,” disse ancora Rosmerta strizzando
l’occhio alla più grande. “se non è sveglia, vorrà dire che mangeremo solo io e
Patricia i biscotti che ho appena finito di preparare.” Come se qualcosa l’avesse
scottata, la bambina balzò a sedere, sveglissima.
“Sono sveglia!” esclamò. Rosmerta si finse
stupita.
“Toh, guarda, era sveglia!” commentò poi disse
loro che le avrebbe aspettate al piano sottostante e uscì dalla camera.
Patricia allora si alzò e si avvicinò allo specchio della stanza, dove una
ragazza con lunghi capelli biondi arruffati e gli occhi viola contornati da
ombre scure ricambiò lo sguardo stanco; dal beautycase estrasse una spazzola,
si pettinò e intrecciò come al solito i capelli per poi dedicarsi a curare la
sorellina; dopo che questa fu scesa, fu il suo turno di lavarsi e cambiarsi per
un nuovo giorno, senza sforzarsi nel cercare qualcosa di più di una tuta. Scese
e si sedette al tavolo dove la sorella già stava mangiando in compagnia di
Rosmerta, che le servì del latte, del succo di zucca e le avvicinò il vassoio
con i biscotti appena sfornati. Mangiò senza entusiasmo, aveva lo stomaco
chiuso, ma cercò di non darlo a vedere, mascherandolo in stanchezza.
“Oggi pomeriggio mi dedicherò a pulire la stanza
degli ospiti, così da darvi un posto più decente in cui dormire le prossime
notti.” Disse Rosmerta nel frattempo. “Il magazzino può aspettare: non c’è
ancora molta clientela a parte quei due o tre che vivono qui, perciò posso
permettermi di prendere il tempo che voglio. Ho già avvisato vostra zia di
quello che è successo e sicuramente prima di pranzo passerà di qui. Cosa
intendete fare nei giorni che resterete qui?” Patricia posò il cucchiaio e si
appoggiò allo schienale della sedia.
“Dobbiamo entrambe finire i nostri compiti delle
vacanze.” Rispose. “E io un giorno dovrò andare a Diagon Alley a fare qualche
spesa per il nuovo anno.”
“Per quello non c’è problema: questo
finesettimana devo andarci per fare alcune commissioni, vi porterò con me.”
Disse la donna portando alle labbra un bicchiere di succo di zucca.
“Io anche devo comprare delle cose!” disse la
bambina con masticando un biscotto. “Mi servono delle penne, delle matite e dei
quaderni nuovi altrimenti la maestra ci sgrida.” Rosmerta sorrise ma Patricia
si rabbuiò: non sapeva se quell’anno la
sorella avrebbe frequentato una scuola elementare; se l’avrebbe fatto, le
avrebbero rintracciate subito e poi chissà, imprigionate e torturate oppure
direttamente uccise. Rabbrividì: zia Minerva avrebbe sicuramente trovato una
soluzione ai loro problemi, si era sempre presa cura di loro, Rosmerta notò il
cambiamento di umore e intuì i suoi pensieri.
“Non ti preoccupare, Patricia, risolveremo ogni
cosa.” le disse posandole una mano sul braccio in segno d’affetto. Patricia
annuì e finì il latte nella sua tazza. “Nel frattempo, fate come se foste a
casa vostra.” si alzò, prese le tazze e il vassoio vuoti e li portò al
lavandino dove la spugna incantata già li aspettava a mezz’aria pronta a
pulirli. In quel momento, si sentì un sonoro crack provenire dall’esterno e tre
teste si voltarono a guardare fuori dalla porta l’alta figura di un’anziana
donna molto magra, vestita di nero e avvolta in un mantello verde con un
cappello da strega in testa e gli occhiali finissimi. Cinthya saltò giù dalla
sedia e corse verso la porta gioiosa.
“Zia Minerva! Zia Minerva!” esclamava. Non appena
entrò, Minerva McGranitt la prese tra le braccia con energia.
“Cinthya! Grazie al cielo state bene, bambine…”
mormorò con voce molto agitata stringendo la nipotina. Anche Patricia si alzò e
le si avvicinò velocemente, lasciandosi abbracciare dalla sorella della madre.
Quando si separarono, la McGranit si avvicinò al tavolo che avevano occupato
per la colazione. Rosmerta la salutò e la fce accomodare, offrendole della
Burrobirra. “Ora raccontatemi tutto. Cosa è successo?” domandò la professoressa
raddrizzandosi gli occhiali e rivolgendo un cenno di ringraziamento alla
padrona del locale. Patricia raccontò in
breve ciò che era successo quella notte e alla fine del racconto l’insegnante
scuoteva la testa con disapprovazione e preoccupazione allo stesso tempo.
Domandò se erano già entrati in contatto con i genitori ma non la sorprese
sapere che non c’era stato alcun messaggio da parte della sorella.
“Mamma ha detto che tu sai dove possono essere
andati…” le disse speranzosa Patricia ma la zia scosse la testa.
“Per ora non mi vengono idee a riguardo.” ribatté
dispiaciuta la zia e un lampo di preoccupazione le attraversò lo sguardo
penetrante. “Se mi verrà in mente qualcosa vi farò sapere e voi tenetemi
informata: se vostra madre dovesse scrivervi o comunque contattarvi fatemelo
sapere subito.” Patricia annuì. “Ora devo tornare a scuola, ci sono ancora
molti preparativi da portare a termine e Albus non è al massimo delle sue
forze.” disse levandosi.
“Vai già via?” domandò imbronciata Cinthya a
quelle parole e la McGranitt le sorrise e le carezzò i capelli.
“Sì, ma tornerò, non ti preoccupare.” le rispose
e la bambina annuì senza entusiasmo.
“Il professor Silente non sta bene?” intervenne
Patricia sorpresa e la McGranitt sospirò.
“Purtroppo no: è da qualche tempo che è molto più
sciupato e sofferente, poi con quella impressionante mano morta che ora si ritrova
e che nessuno sa come si è procurato…” Patricia la guardò interrogativa e
sorpresa: era la prima volta in cinque anni che sentiva che il preside di
Hogwarts non stava bene, tanto che aveva sempre pensato avesse qualche
soprannaturale potere che lo proteggeva dai malanni più comuni, “E’ pur sempre
un uomo.” commentò la zia rispondendo al suo sguardo stupito.
“Povero Albus!” esclamò Rosmerta. “Fagli tanti
auguri da parte mia per una pronta guarigione, Minerva.” la professoressa annuì
poi le salutò e con un sonoro crack si Smaterializzò.
“Vieni, Cinthya.” la chiamò la sorella maggiore. “Andiamo
a fare un po’ di compiti.” la bambina la prese per mano, salirono le scale e si
chiusero la porta della stanza alle spalle. Rosmerta si risedette e bevve un
sorso di Burrobirra con un sospiro, mentre i ricordi di studentessa di Hogwarts
risalivano il corso della sua memoria, in particolar modo quelli legati all‘amica
Druella.
Benritrovati
a tutti!! Finalmente ho potuto postare un nuovo capitoletto, spero sia
stato di vostro gradimento :) L'idea di imparentare Patricia con la
McGranitt mi è venuta per caso: sappiamo che è una donna
forte e severa, ma volevo mostrare un nuovo ipotetico lato, quello
affettuoso di zia e sorella, spero vi sia piaciuto. Comunque, nel
prossimo capitolo ne saprete di più :)
Ringrazio delle recensioni ricevute e spero continuerete a commentare! Alla prossima!
monipotty
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Capitolo 4 *** 4 - Sorelle ***
4 - Sorelle
Capitolo 4 - Sorelle
Aveva conosciuto la madre di Patricia e Cinthya
il giorno dello Smistamento: erano dello stesso anno e vennero entrambe
smistate nella casa del Grifondoro; all’inizio non si potevano sopportare ed
evitavano accuratamente di entrare in contatto l’una con l’altra.
Un giorno, mentre attraversava uno dei tanti
corridoi della scuola, passò di fronte all’aula di Trasfigurazione: la porta
era socchiusa e sentiva distintamente la voce della professoressa McGranitt e
quelli che sembravano dei singhiozzi; dallo spiraglio, poté vedere l’insegnante
abbracciare la compagna di casa, consolandola e chiamandola “sorellina”. La
scoperta la fece riflettere e molte delle cose che aveva trovato strane in quei
primi mesi iniziarono a prendere significato: ora le era chiaro il perché dei frequenti
sguardi che Druella lanciava alla donna, di ammirazione e affetto profondi.
Quando le rivelò di avere scoperto il suo segreto, la ragazzina era impallidita
e l’aveva pregata di non raccontarlo a nessuno in un modo così supplichevole
che la spinse a volerla conoscere più a fondo. Druella le raccontò poi ogni
cosa: lei era nata dal secondo matrimonio del padre, risposatosi dopo la morte
della prima moglie, ma era nata quasi per caso, tanto che tra lei e Minerva
McGranitt, figlia del primo matrimonio, c’erano una trentina di anni di
differenza. Il padre morì che lei era ancora molto piccola, così acquisì il
cognome della madre, che non si risposò. Nonostante tutto, i contatti tra le
due sorelle erano sempre rimasti molto vivi: Minerva era molto affezionata alla
sorellina, che dal canto suo le era molto legata, e quando le arrivò la lettera
di ammissione ad Hogwarts organizzò persino una festa in famiglia. Nonostante
tutto, Druella non voleva che questo legame di parentela diventasse di dominio
pubblico, per evitare inutili osservazioni e cattive voci di corridoio, per
quel motivo la pregò di mantenere il segreto.
Da quel giorno, ogni antipatia svanì e
diventarono grandi amiche: conobbero i rispettivi genitori e passarono molte
vacanze estive insieme. Nell’estate tra il sesto e il settimo anno, poi,
Druella conobbe Michael Waterice durante una vacanza al mare con la madre:
Rosmerta sorrise nel ricordare quanto il volto dell’amica si illuminava ogni
volta che si parlava di quel nato Babbano o anche solo quando il singolo
pensiero le sfiorava la mente. Si erano subito innamorati e quando giunse il
momento di lasciarlo per iniziare un nuovo anno scolastico, lei non aveva
esitato, non senza paura per l’effetto che avrebbe potuto causare, a rivelargli
la sua natura magica: quella notizia lo rese ancora più orgoglioso di lei,
tanto che la sposò non appena ne ebbero la possibilità. Quando qualche anno
dopo era nata Patricia, Druella aveva chiesto a Rosmerta di diventare sua
madrina e lei aveva accettato con gioia, rafforzando maggiormente la loro amicizia.
Quell’anno poi, con l’inizio dell’estate, l’amica
l’aveva contattata per chiederle aiuto: essendo sposata con un non-mago, la sua
famiglia era in pericolo e presto o tardi i Mangiamorte sarebbero giunti a
loro; quando quel giorno sarebbe arrivato, le domandò di ospitare le sue figlie
il tempo a loro necessario per trovare un buon nascondiglio e riprendersele. E
così era accaduto.
Rosmerta sospirò e pregò perché l’amica e il
marito stessero bene, dovunque essi fossero, poi con un gesto della bacchetta
ripulì il tavolo e i bicchieri e si rifugiò nel magazzino per iniziare a
sistemarlo prima della grande apertura.
Il resto della settimana passò tranquillamente:
purtroppo non giunsero notizie dai genitori di Patricia e Cinthya e la loro
preoccupazione era salita alle stelle. Ogni giorno, Patricia andava vicino alla
Stamberga Strillante, l’unico posto in cui il cellulare riusciva a prendere
campo, e restava lì in attesa di un messaggio o qualsiasi altra cosa ma ogni
volta faceva ritorno sconfitta; Cinthya, dal canto suo, era sempre di cattivo
umore: le mancavano la madre e gli amici, non smetteva un attimo di chiedere se
erano arrivati messaggi o lettere, piangeva la notte e di giorno battibeccava
con la sorella maggiore, che in questo modo viveva in uno stato di perenne
ansia e sconforto: sentiva ogni giorno di più la responsabilità gravare sulle
sue spalle e non vedeva l’ora che i suoi scrivessero per calmare un po’ le
acque. Rosmerta cercava di fare la sua parte, cercando di sostituirsi per
quanto poteva alla madre assente, ma era molto difficile per lei che non aveva
un famiglia propria e quindi alcuna esperienza sul campo; zia Minerva le andava
a trovare ogni volta che gli impegni di inizio anno scolastico glielo permettevano
e quelli erano gli unici momenti di relativa calma.
Quando arrivò il sabato mattina, l’aria sembrava
più rilassata: quel giorno, infatti, sarebbero andate a Diagon Alley a fare
compere, il modo migliore per svagarsi e pensare ad altro. E Rosmerta conosceva
un negozio laggiù in cui sicuramente ogni tristezza sarebbe andata via.
“Ma come ci arriviamo a Diagon Alley?” domandò
Patricia infilandosi un giubbottino di jeans sopra la maglia a mezza manica
dopo aver aiutato la sorellina a vestirsi.
“Voi non potete Smaterializzarvi, non ancora.”
Rispose Rosmerta chiudendo le serrande con un colpo di bacchetta. “Useremo la
Metropolvere dell’ufficio postale di Hogsmeade, per ora è sicuro.” Dopo aver
chiuso il locale, si diressero verso lo squallido e piccolo ufficio delle poste,
pieno di trespoli con centinaia di gufi, tutti differenti tra loro, che
volgevano le teste sospettose verso le nuove venute, osservandole dall’alto.
Cinthya era assolutamente estasiata a quella vista e saltellava di qua e di là
spaventando i volatili e rischiando di scivolare sulle loro feci più di una
volta, sotto lo sguardo di disappunto del proprietario. Entrarono in una
piccola stanza a parte dove c’erano solo un camino e uno scaffale pieno di vasi
di polvere magica. Rosmerta pagò il trasporto per tre persone e il proprietario
le lasciò davanti al camino chiudendosi la porta alle spalle.
“Bene.” Disse Rosmerta. “Sapete come funziona.
Vado prima io così vi aspetto.” Prese una manciata di polvere, entro nel camino
e dicendo ad alta voce “Diagon Alley” la fece cadere: subito, una fiammata
verde la circondò e quando svanì Rosmerta non c’era più.
“Dov’è Rosmerta?” domandò impaurita Cinthya
attaccata al braccio della sorella maggiore.
“E’ a Diagon Alley. Ora ti spiego come funziona.”
Prese uno dei vasi e glielo mostrò. “Questa è Polvere Volante: ne devi prendere
una manciata, entrare nel camino, dire molto chiaramente il nome del luogo dove
vuoi andare e gettare la polvere, come ha fatto Rosmerta.” Cinthya le si
strinse al braccio.
“E se sbaglio?” domandò preoccupata. “E quel
fuoco verde brucia? Ho paura...” Patricia rise.
“Vedrai che non sbaglierai e poi tranquilla: le
fiamme verdi ti faranno solo il solletico!” le rispose iniziando a solleticarle
i fianchi e la bambina rise. “Vai prima tu, così posso controllarti.” Le diede
un po’ di polvere e l’accompagnò al camino poi, con un cenno della testa, la
invitò ad andare. “Ci vediamo tra poco.” Le disse. La bambina seguì le sue
istruzioni e sparì con una fiammata verde, dopodiché anche Patricia fece lo
stesso.
Perdonate
il capitolo tanto descrittivo, prometto che dal prossimo la faccenda
diventa più interessante, se posso lo posto anche oggi... Spero
non sia stata troppo noiosa raccontandovi la storia di Minerva e
Druella, ma il loro legame è molto importante :) Recensite anche
se vi fa pietà, mi raccomando, e un saluto e un grazie ad
alyce7!!! A presto, spero!
monipotty
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Capitolo 5 *** 5 - Allegria contagiosa nella desolazione ***
5 - Allegria contagiosa nella desolazione
Capitolo 5 - Allegria contagiosa nella desolazione
Quando atterrò, si ritrovò la sorellina e
Rosmerta, impolverate ma ridenti: erano nel camino del Paiolo Magico,
completamente vuoto. Uscirono dal locale e con la bacchetta Rosmerta aprì il
varco del muro, toccando i mattoni giusti; lo spettacolo che stava davanti ai
loro occhi era deprimente e triste: quella che una volta era un’allegra Diagon
Alley, piena di vita e colori, ora non era altro che un borgo oscuro, desolato;
molti negozi avevano le porte e le finestre sbarrate, altri erano sottosopra,
le vetrine rotte, pochi quelli rimasti aperti. Patricia strinse a sé la
sorellina.
“Che tristezza è diventato questo posto...”
commentò lugubre Rosmerta scuotendo la testa. “Stiamo vicine, non è più sicuro
come una volta.” In quel momento, un uomo uscì da un vicolo: barcollava e
teneva il capo basso, passò loro di fianco ma sembrò non vederle. Un brivido
attraversò la schiena di Patricia. Iniziarono a camminare e a guardarsi intorno
con aria afflitta: fino all’anno prima, quando nessuno credeva a Harry Potter,
l’aria di quel posto era sana, c’era allegria, profumo di dolci, un continuo
vociare, tante risate e un perenne viavai di gente, ma da quando il mondo
magico aveva finalmente capito che Il-Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto non
mentiva, il panico si era diffuso, gli attacchi dei Mangiamorte sempre più
frequenti, e anche Diagon Alley si era svuotata.
“Facciamo in fretta, non mi piace stare troppo
per strada allo scoperto.” Borbottò Rosmerta così si diressero in tutti i
negozi ancora aperti per comprare tutto ciò che trovavano e serviva loro e nel
giro della mattinata finirono di fare compere. Per pranzo, tornarono al Paiolo
Magico: erano pochi i clienti e il proprietario Tom, rimasto solo, faceva di
tutto pur di tenerseli, offrendo loro tutto ciò che poteva. Quando ebbero
finito, tornarono a Diagon Alley.
“Cosa devi
comprare ancora?” domandò Cinthya curiosamente.
“Credevo avessimo finito...” aggiunse Patricia.
La donna sorrise.
“Infatti, ma c’è ancora un posto che devo farvi
vedere e sono certa che vi piacerà.” Rispose lei con un sorriso misterioso. “E’
stato aperto un nuovo e particolare negozio qui ed è quello che ora va per la
maggiore, l’unico che riesce a restituire a Diagon Alley un po’ di vita.” Ma
nonostante le domande, non riuscirono a cavarle altro di bocca e la curiosità
di entrambe, soprattutto della bambina, crebbero a dismisura.
Percorsero la via centrale fino alla Gringott,
poi svoltarono a destra e il fiato delle ragazze si mozzò in gola: davanti a
loro si ergeva un alto edificio arancione e in corrispondenza di due grandi
finestre sporgenti un’enorme e smilza figura umana in legno colorato dei colori
più accesi rideva e si toglieva il cappello, mostrando sulla cima della grande
testa rossiccia una magia ogni volta diversa. Nelle vetrine erano esposti gli
oggetti più strani e dai nomi più improbabili, magie di ogni sorta, e dalle
finestre più piccole che correvano tutto intorno al negozio si poteva vedere
che era gremito di gente e nell’aria che lo circondava si sentivano risate,
schiamazzi, chiacchiericcio e qualche strano rumore: lì si respiravano allegria
e divertimento, qualcosa che da una settimana se non di più Patricia e Cinthya
non avevano più sentito né visto e che ora ammiravano con stupore e gioia.
“I Tiri
Vispi Weasley fanno affaroni in questo periodo: tutti noi abbiamo bisogno
di svagarci e non pensare ai problemi che abbiamo e questo è il luogo migliore
per farlo.” Commentò Rosmerta. “Certo che quei due hanno fatto proprio un gran
bel lavoro.” Rise.
“Ma...” iniziò Patricia senza riuscire a togliere
gli occhi di dosso all’enorme marionetta. “Ma chi...?”
“Fred e George Weasley, chi altri se non loro?”
rispose anticipandola. “Li conosci, no?” Patricia ridacchiò.
“Solo di vista e per fama.” Rispose Patricia: ne
aveva sempre sentito parlare, ma solo l’anno prima aveva potuto conoscerli più
da vicino grazie all’Esercito di Silente di cui anche lei aveva fatto parte.
“Sono indimenticabili.” Aggiunse con un sorriso ricordando il grande
guazzabuglio che avevano creato alla fine dell’anno con la loro fuga: la
Umbridge non era mai più stata la stessa da quel giorno, era diventata ancora
più nevrotica.
“Entriamo, entriamo, ENTRIAMO??” Chiedeva intanto
Cinthya saltellando sul posto eccitata. Quando Rosmerta diede il consenso e
raccomandò loro di restare sempre in vista, prese la sorella per mano e la
trascinò di corsa verso l’entrata, emettendo un gridolino estasiato quando
riuscirono a farsi strada all’interno del negozio rumoroso e luminoso, terso
dei più svariati odori e pieno di scaffali lungo le pareti e vetrine in mezzo
alla stanza per tre piani di fila, tutti ovviamente strapieni di gente.
Iniziarono a fare un giro, sgomitando per riuscire a passare e osservando tutto
ciò che c’era da osservare: caramelle anomale, penne d’oca commestibili,
inchiostro muta colore a seconda dell’umore, strani animaletti pelosi che
attirarono subito l’attenzione della bambina.
“Patricia, guarda che belli che sono!” gridò
Cinthya puntando un dito contro una gabbietta piena di palle pelose rosa
shocking che emettevano un flebile ronzio chiamate Puffole Pigmee. “Me ne
compri uno? Sono così teneri! Per favore!!” squittì rivolta alla sorella. “Se
me lo prendi, farò la brava e me ne occuperò io, lo prometto.” Stava per
risponderle quando si sentì chiamare. Si voltò: Ginny Weasley ed Hermione
Granger stavano agitando la mano nella loro direzione, facendosi strada tra la
calca.
“Ciao Patricia! Anche tu qui?” la salutò Ginny
abbracciandola: sebbene si conoscessero solo dall’anno prima, erano subito
andate d’accordo ed era l’unica amica che aveva al di fuori della sua Casa.
Patricia le salutò e presentò la sorella, che fino a quel momento era rimasta
costantemente attaccata a lei; Cinthya le guardò con occhi sospettosi e solo
quando la sorella la rassicurò sul fatto che erano sue amiche, si rasserenò e
tornò a guardare avidamente le Puffole Pigmee. Ginny la guardò interrogativa e
Patricia spiegò brevemente gli avvenimenti dell’inizio di quella settimana.
“Mi dispiace molto, povere voi...” commentò Ginny
scuotendo la testa.
“Ma cosa farete ora che inizia l’anno scolastico?”
domandò Hermione guardando la bambina e Patricia fece spallucce.
“Credo verrà ospitata da zia Minerva nel
castello.” Spiegò brevemente. “Ma la cosa che mi preoccupa è che non sappiamo
se abbia un qualche tipo di potere. E’... normale. E se non ne avesse...”
“In teoria,” disse Hermione. “se vede sia
Hogsmeade che Diagon Alley, e lo fa molto bene, può essere strega o Maganò.
Magari è ancora giovane per mostrare attitudini magiche o non ha ancora avuto
il giusto stimolo.” Patricia sorrise.
“Vedremo.” Disse Patricia. “Parlando d’altro, che
ci fate qui?” Ginny sorrise.
“Nulla in particolare, siamo venuti a trovare
Fred e George: sono molto presi dal lavoro di questi tempi, ma non li ho mai
visti più felici.” Spiegò volgendo lo sguardo verso uno dei due fratelli che,
in piedi su una scalinata che passava dietro al bancone e portava ai piani
superiori, annunciava a gran voce le offerte osservando estasiato la folla di
clienti che occupava l’intero negozio. “Mi chiedo ancora come abbiano fatto ad
aprirlo così velocemente, in termini economici intendo.” Aggiunse pensierosa. “Comunque,
l’importante è che portino allegria legalmente.” Concluse con un sorriso e un
cenno di saluto al fratello, che ricambiò con vigore.
Patricia sorrise, poi si voltò verso la sorella
ma si accorse che non c’era più. Si guardò intorno interrogativa. “Avete visto
mia sorella?” domandò alle due ragazze, ma queste negarono. “E’ impossibile che
non mi sia accorta di quando ha lasciato la mano...” borbottò aggrottando le
sopracciglia.
“Questa potrebbe essere una dimostrazione che è
una strega...” commentò Ginny mentre cercava con lo sguardo la bambina in mezzo
alla folla.
“Vado a cercarla.” Disse Patricia allontanandosi.
“Ti aiutiamo.” Si offrirono Hermione e Ginny all’unisono.
Si divisero ed iniziarono a chiedere a tutti coloro che erano vicino a loro se
l’avessero vista, ma nessuno sapeva nulla, non c’era alcuna traccia di lei. Un
atroce pensiero si insinuò nella mente della ragazza e fu come se le fosse
caduto addosso un secchio di acqua gelata: i Mangiamorte le avevano
trovate.
Sarà
davvero così? I Mangiamorte le hanno veramente trovate?
Altrimenti, dov'è finita la piccola Cinthya? Bene, oggi ho
postato ben 2 capitoli ma per saperne di più dovrete aspettare
il prossimo! Recensite numerosi e alla prossima!! Ciao!!!
monipotty
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Capitolo 6 *** 6 - Nella stanza dello specchio ***
6 - Nella stanza dello specchio
Capitolo 6 - Nella stanza dello specchio
Una sensazione di profondo panico si impossessò
di lei: si portò le mani tra i capelli, i battiti cardiaci aumentarono a
dismisura e iniziò a sentire brividi, sia a causa delle gocce di sudore freddo
che il suo corpo aveva iniziato a liberare dai pori della sua pelle sia per il
terrore che qualcuno avesse rapito la sorellina. Il suo sguardo iniziò a vagare
frenetico tra la folla schiacciata all’interno del negozio, girò su se stessa
più volte per avere una panoramica migliore, ma non vedeva nulla che potesse
rassicurarla, né la giacchetta rossa né uno dei suo codini biondi.
“O mio dio... O mio dio...” mormorava tremante.
Ginny ed Hermione, al vederla in quelle condizioni, le si avvicinarono per
tranquillizzarla. “Sono stati loro... ci hanno trovate...” Ginny scosse la
testa.
“Non è possibile che siano arrivati i
Mangiamorte, Patricia, calmati.” Le disse cercando di farla ragionare: se uno
di loro fosse realmente entrato sicuramente non sarebbe passato inosservato nonostante
la calca; ci volle tutta la buona volontà delle due ragazze per calmarla, ma
alla fine riuscirono e, una volta a mente più fredda, si divisero per cercarla
nei tre piani del negozio, Ginny ed Hermione al primo e al secondo e Patricia
al terzo.
Mentre quest’ultima girava in tondo passando con
sguardo analitico chiunque stesse osservando la merce o parlando o facendo
qualsiasi altra cosa, uno strano scintillio colpì i suoi occhi; si voltò per
capire da dove provenisse il bagliore e trovò la fonte in uno specchio, lo
specchio a mano più bello, nella sua apparente semplicità, che avesse mai
visto: in argento e oro bianco, aveva il manico intarsiato e decorato con
ghirigori e la superficie ovale dello specchio era circondata da un sottile
filo dello stesso materiale che terminava in tre riccioli sulla sommità, al
centro dei quali stavano tre piccole pietre preziose. Nessuno sembrava darci
molto credito ma su di lei aveva un particolare ascendente, come una forza
magnetica che l’attirava a sé e infatti vi fu subito davanti, osservandolo
incantata mentre rifletteva il suo viso ovale e i capelli biondi che le
ricadevano davanti agli occhi viola. Poi, successe qualcosa di strano: la sua
immagine svanì e venne sostituita da quello che sembrava l’interno di una
stanza: c’erano numerosi scatoloni accatastati nell’ombra tutt’intorno e, in
mezzo a loro, una bambina con i codini biondi ridacchiava, ma non era sola,
perché una seconda figura era accucciata davanti a lei, ma il volto era
impossibile vederlo perché non riflesso.
“Che stregoneria è questa?” pensò Patricia. “Dove
sono? E chi diavolo è quel tizio??” guardò meglio la stanza per cercare di
capire dove potevano essere: sembrava un magazzino, probabilmente quello del
negozio. Cercò con lo sguardo Ginny, voltando a malincuore le spalle allo
specchio incantato, e la trovò vicino a uno dei due fratelli gemelli: non
poteva chiedere dove fosse il magazzino con il proprietario davanti, avrebbe
dovuto arrangiarsi da sola. Iniziò a cercare con lo sguardo dall’alto della
balconata la porta del magazzino e la trovò, piccola e nascosta da una tenda di
fianco al bancone della cassa. Si precipitò di sotto e con circospezione si
avvicinò al bancone, in attesa del momento propizio. Quando giunse, si nascose
dietro la tenda con un movimento fulmineo, aprì la porta ed entrò nello
stanzino: era totalmente buio.
“Cinthya.” Chiamò con voce insicura. “Cinthya sei
qui?” Peccato non poter ancora usare la bacchetta liberamente. Mosse un passo
incerto in avanti mentre cercava con le mani un qualsiasi punto di appoggio:
trovò quello che sembrava un corrimano e capì che davanti a sé doveva esserci
una scala; iniziò a scendere. “Cinthya, fatti vedere, so che sei qui.” Chiamò
ancora una volta ma era sempre più convinta di aver sbagliato stanza, magari il
negozio ne aveva due... arrivò al fondo della scala e uno scricchiolio sinistro
provenì da dietro di lei. Deglutì ed estrasse la bacchetta. “Fatti vedere, ho
una bacchetta e...” si voltò: un’orrenda faccia bianca la stava guardando.
Gridò e cadde a terra mentre nello stesso momento scoppiarono delle risate e le
luci si accesero.
“Sorellona, ti ha fatto paura!” esclamò Cinthya
saltellando con la maschera bianca ancora addosso. Patricia, troppo sconvolta
per poter dire qualsiasi cosa o muoversi, restò immobile con la mano sul cuore
che batteva all’impazzata, fissando la sorella con occhi sbarrati. Dietro di
lei, qualcun altro stava ridendo.
“Scusaci, non credevamo di farti morire così.”
Disse la voce continuando a ridacchiare divertita: era una voce maschile. Una
mano comparve a destra della ragazza e questa alzò il capo a guardarlo: capelli
rossi corti e spettinati, occhi verdi, lentiggini e un sorriso gentile e allo
stesso tempo divertito che gli illuminava il volto. Era uno dei due gemelli, ma
chi era impossibile dirlo. “Gli scherzi alla vecchia maniera funzionano sempre
e tua sorella non vedeva l’ora di fartene uno.” Spiegò.
“E Fred mi ha dato una mano! Siamo stati bravi,
vero?” esclamò la bambina togliendosi la maschera dal volto e sfoderando un
enorme sorriso alla sorella; questa, ancora troppo sconvolta, non disse nulla e
guardava a bocca aperta dall’uno all’altra. Poi, improvvisamente, con un
movimento di stizza, allontanò la mano da sé e si alzò da sola: era a dir poco
furibonda. Lanciò un’occhiataccia al ragazzo, che rabbrividì, il sorriso svanì
sul momento.
“Così sei tu la parente della McGranitt?”
domandò. Patricia lo fissò con uno sguardo “e-tu-come-fai-a-saperlo?” e lui
alzò le mani correndo ai ripari. “Avete lo stesso sguardo: quando la prof ti
guardava di sbieco ti faceva sentire una schifezza... con tutto il rispetto.”
Abbozzò un sorriso. La ragazza lo squadrò in un teso silenzio ancora per
qualche secondo poi si rivolse alla sorella.
“Mi hai fatto preoccupare, Cinthya! Non ti
azzardare a farlo di nuovo, sia chiaro!” la sgridò e la bambina abbassò il capo
tristemente, gli occhi che bruciavano. “Ti sembra il caso di sparire in questo
modo? Dopo tutto quello che è successo? Pensavo ti avessero presa, ho avuto
paura per te quando ti ho vista con uno sconosciuto nello specchio!”
“Lo Specchio a Doppio Senso, per l’esattezza;
ecco dov’era finito il secondo.” Puntualizzò Fred Weasley, ma ammutolì ad
un’altra occhiataccia della ragazza.
“Che cosa avrei potuto fare se...? Mi hai fatta
impazzire, non sapevo più dove sbattere la testa!” continuò.
“Con tutti i muri che ci sono?” scherzò il
ragazzo ma si morse la lingua. “Scusa, non parlo più.” Disse dopo l’ennesima
occhiata facendosi una x sulle labbra, ma la ragazza si voltò e gli puntò il
dito minacciosamente sul petto.
“Tu.” Disse gelida. “Tu ringrazia che non posso
ancora usare la bacchetta o ti avrei già affatturato: me la cavo bene in queste
cose.” Fred sorrise.
“Buon sangue non mente mai, eh?” commentò con un
sorriso: possibile che quel ragazzo avesse sempre la battuta pronta? Poi il suo
sguardo verde cambiò in un secondo, diventando molto più attento e concentrato:
la ragazza si sentì stranamente a disagio e quando quello si batté una mano
sulla fronte sobbalzò. “Ora mi ricordo di te: eri nell’ES anche tu!” esclamò
gioioso. La ragazza sollevò un sopracciglio stupita e la rabbia svanì di colpo:
come faceva a ricordarsi di lei? Né nell’ES né fuori aveva avuto a che fare con
loro: era anche vero che non erano molti a farne parte, ma lei non aveva fama
né era una persona che amava mettersi in mostra, quindi avrebbe dovuto essere
invisibile ai loro occhi... magari aveva solo una buona memoria, concluse
Patricia.
Dal canto suo, ricordava perfettamente il
continuo esibizionismo dei gemelli Weasley e soprattutto la folla di ochette
del loro fan club che non facevano altro che andare dietro ad entrambi dovunque
andassero: lo osservò bene e si accorse che il pensiero delle numerose
ammiratrici che lui e il fratello avevano le diede un certo prurito alle mani.
Fred intanto, ancora immobile e con le mani alzate, cercava di non pensare al
delizioso fastidio che il dito di quella ragazza sul suo petto gli provocava e
pregò affinché lei non si accorgesse del battito accelerato che il suo cuore
aveva improvvisamente acquisito. Che razza di situazione!
“Ehm...” doveva trovare qualcosa da dire, tutto
pur di rompere quel silenzio. In quello stesso momento, la porta del magazzino
si spalancò e George Weasley fece la sua entrata con il viso nascosto da una
pergamena.
“Ehi, Fred.” Chiamò senza alzare lo sguardo. “Mentre
sei lì prendi qualche altra confezione di Orecchie Oblunghe e Pastiglie
Febbrili, stanno andando a ruba. E prendi anche delle nuove piume d’oca di
zucchero.” Levò la testa e il suo sguardo cadde sulla strana scena che gli si
parava davanti: il fratello con una ragazza che gli puntava il dito contro e
tra loro una bambina che guardava dall’uno all’altra interrogativa e in qualche
modo infastidita da quella mancanza di considerazione di lei. “Ops!” disse
trattenendosi dal ridere. “Chiedo scusa. Continuate pure, torno dopo.”
“NO!” esclamò Patricia arrossendo di colpo; si
accorse del tono usato e si ricompose, schiarendosi la voce. “Non preoccuparti,
ce ne stavamo andando. Vero?” sibilò eloquentemente a Fred scoccandogli un’altra
delle sue occhiate “alla McGranitt”. Il ragazzo spalancò gli occhi.
“Oh, sì, certo!” affermò con vigore. “Stavamo
solo... ehm... discutendo, sì.” George, intanto, li osservava dall’alto
divertito: era la prima volta che vedeva il suo gemello veramente imbarazzato,
e soprattutto sottomesso da una ragazza ben più piccola di lui che non fosse la
sorella.
“Sì, certo.” Ghignò poi gli lanciò la pergamena
con la lista dei prodotti da prendere. “Quando avete finito, porta su un po’ di
roba, eh?” e detto questo si voltò ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle e
lasciandoli a guardare a bocca aperta il punto in cui poco prima c’era lui.
Eccomi
qui con un nuovo capitolo!! Ciao a tutti! Allora, piaciuto? Spero di
aver soddisfatto la vostra curiosità, per ora niente Mangiamorte
:) Ci ho messo
un po' a decidere se fare un unico capitolo comprendendo anche quello
che succede dopo, ma alla fine ho deciso di fermarmi. Aggiornerò
presto, comunque!
Ho
notato con piacere che i lettori e le recensioni sono aumentate, che
bello! Spero di non diventare noiosa andando avanti e che continuerete
a seguire questa pazza storia :D Ovviamente, tutti i nuovi lettori e
recensori siano i benvenuti! Al prossimo capitolo allora!
monipotty
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Capitolo 7 *** 7 - “Sorellona, perché...?” ***
7 - “Sorellona, perché...?”
Capitolo 7 - “Sorellona, perché...?”
Sembravano diventati delle statue di marmo.
Immobili, fissavano la porta del magazzino senza sapere cosa dire. Da una
parte, Patricia non riusciva a capacitarsi soprattutto di quello che George
Weasley aveva potuto pensare, anzi, aveva certamente pensato al vederli così
vicini e rinchiusi in una parte del negozio in cui nessun altro poteva entrare
a parte i proprietari e coloro che vi lavoravano; dall’altra, anche se non
voleva ammetterlo, le dispiaceva che fossero stati interrotti. Così, il
nervosismo che prima era scomparso ritornò ma ancora non riusciva a staccare
gli occhi di dosso a quella porta. Fred, dal canto suo, malediva e ringraziava
il fratello allo stesso tempo: si stava divertendo e non capitava tutti i
giorni di vivere una situazione del genere, dopotutto, ma almeno aveva spezzato
quel momento di imbarazzo.
Cinthya, nel mentre, guardava dalla sorella al
suo compagno di scherzo, interrogativa. Iniziò a tirare la manica alla sorella,
ma quella non si mosse. Ritentò e la chiamò, ma ancora nulla. Con uno sbuffo,
prese fiato e gridò “PATRICIAAA!!!!”, facendo sobbalzare entrambi per lo
spavento.
“Allora ci senti.” Borbottò scura in volto.
Patricia fece un sorriso tirato: si era completamente dimenticata di lei.
“Certo che ti sento.” Ribatté. Cinthya sbuffò
ancora una volta.
“Come no...” borbottò ancora, poi si fece
pensierosa. “Sorellona, chi era quello? Perché rideva?” domandò. Patricia e
Fred si scambiarono una veloce occhiata ma dovettero distogliere subito lo
sguardo per non arrossire. Cosa le poteva rispondere? Non poteva dirle la
verità. Fece un sorriso.
“Perché...” iniziò. Lanciò un secondo sguardo a
Fred, come in cerca di ispirazione. “Perché non è normale che... la gente
discuta in un magazzino.” Soprattutto un ragazzo e una ragazza con una bambina
che li guarda, pensò. Ma che spiegazione era?? L’importante era che ci
credesse.
“Perché non è normale?” chiese ancora la bambina.
“Perché di solito se si deve parlare si va in un
bar, si passeggia oppure si resta a casa.” Spiegò cercando di essere il più
convincente possibile. “I magazzini servono solo a raccogliere tutte le merci,
di certo non a discutere.” Ancora una volta la bambina ne chiese il motivo, ma
stavolta fu il ragazzo a risponderle.
“Perché è molto più tranquillo: ci si può sedere
a un tavolo, bere qualcosa e chiacchierare finché vuoi.” Buttò lì. “Qui non c’è
il tavolo, non c’è da bere né è un posto tranquillo.”
“Ma chi era quello? Era uguale a te!” domandò
ancora la bambina. Fred rise.
“Tra fratelli gemelli può succedere.” Le rispose.
“Ed è molto utile averne uno, perché così puoi fare il doppio degli scherzi e
scambiarti le parti quando è necessario.” Cinthya rimase assolutamente
incantata da quella scoperta. Si rivolse alla sorella e iniziò a tirarle la
manica e a saltellare sul posto.
“Lo voglio anche io un fratello gemello!”
esclamò. “Posso averne uno? Eh?” Patricia alzò gli occhi al cielo.
“Non puoi averne uno: i gemelli nascono insieme.”
La bambina stava per fare ancora una domanda ma lei la bloccò in tempo. “Ora basta
domande, dobbiamo tornare da Rosmerta.” Cinthya ammutolì e mise il broncio.
Negli occhi del ragazzo un’ombra era calata ma la sua vivacità la nascose alla
perfezone.
“Sì. Vi accompagno.” Disse arraffando qualche
scatola dei prodotti che il fratello gli aveva chiesto mentre con la bacchetta
faceva muovere quelle più pesanti, poi risalirono la scala. Al vederlo troppo
carico per aprire la porta mosse la mano verso il pomello ma a metà strada si
scontrò con quella del ragazzo; arrossirono.
“Aspetta, ti do una mano.” Disse lei senza
guardarlo, ritraendo subito la mano e prendendogli qualche scatola dalle
braccia, poi uscì velocemente seguita dal ragazzo e dalla sorellina sorridente
e dallo sguardo furbetto che vagava dall’uno all’altra. Posate le scatole sul
bancone, Cinthya tirò una manica a Fred. Questi si chinò sulle gambe per
arrivare alla sua altezza.
“Mi vieni a trovare?” Fred sospirò: presi
com’erano in quel periodo dal lavoro era difficile riuscire a staccarsi, anche
nei finesettimana, tanto che spesso non riuscivano a passare da casa nemmeno la
domenica. Cinthya aveva capito che qualcosa non andava e lo guardò
supplichevole. “Per favore.” Mormorò con un filo di voce. Il ragazzo, al
vederla con quel viso da cane bastonato imitato alla perfezione, scoppiò a
ridere.
“Da grande ti vedrei bene come una di quelle
attrici dei film Babbani!” commentò scompigliandole la frangia bionda con la
mano e lei sorrise compiaciuta. “Non potrò venirti a trovare spesso, ma quando
avrò un attimo libero verrò, okay?” La bambina annuì vigorosamente raggiante. “Piuttosto,
vieni tu qui da noi! Io e George abbiamo un sacco di roba qui dentro, te la
faremo vedere.”
“Sììiiii!!” esultò Cinthya saltellando sul posto.
In quel momento arrivarono Madama Rosmerta e la sorella. Fred si alzò e con un
sorriso ironico fece un profondo inchino alla donna.
“Madame.” Le prese una mano. “E’ un onore averla
nel nostro umile, si fa per dire, negozio.” Rosmerta rise.
“Adulatore di un Weasley.” Disse. “Vedi di non
portarmi fuori strada la bambina.” Fred spalancò gli occhi in una espressione
scandalizzata ma non fece in tempo a rispondere che da dietro spuntò il
gemello.
“Mi fiderei poco, fossi in te.” Ribatté con un
ghigno poi la salutò con una stretta di mano. “Fratellino, poche smancerie o
rischi di fare ingelosire qualcuno.” Scherzò dandogli una pacca sulla spalla.
Quella frase provocò un certo fastidio in Patricia che però, da buona parente
di Minerva McGranitt, non lo diede a vedere.
“Allora ce l’hai la ragazza, Fred.” Scherzò
ironica. “Povera lei, non la invidio.” Fred ghignò.
“No, non ce l’ho.” Ribatté lui incrociando le
braccia. “Ma scommetto che per Natale mi rifarò.” Patricia scoppiò a ridere.
“Non contarci.” Disse semplicemente mentre George
sghignazzava dietro le spalle del fratello. Cinthya, al vederlo di nuovo ridere,
lo guardò interrogativa.
“Sorellona,” disse. “perché George ride sempre?”
domandò innocentemente. Patricia alzò gli occhi al cielo mentre la risata di
George aumentava di volume.
“Perché si diverte con poco.” Rispose, ma i dubbi
di Cinthya non erano spariti. Si portò una mano sotto il mento e lo osservò attentamente.
“Ma cosa c’era di divertente?” domandò ancora e
stavolta fu Rosmerta a risponderle, molto schiettamente.
“Te lo spiegherò quando sarai un po’ più grande,
bambina.” La prese per mano e consegnò al gemello ancora sghignazzante una
scatola di Boccali Autorempienti, la pagarono e dopo una vigorosa stretta di
mano tra i gemelli e Rosmerta si avviarono all’uscita.
“Ricordati che hai promesso di venirmi a trovare!”
disse la bambina a Fred sulla porta che le rispose alzando un pollice. Patricia
uscì per ultima.
“Salutami tua sorella, George: l’ho persa di
vista da un po’.” Il ragazzo sorrise e si strinsero la mano.
“Guarda che è anche mia sorella.” Si intromise
Fred in quel momento, piccato dall’utilizzo del singolare ma soprattutto da
quel tono famigliare con il fratello. Patricia gli ghignò.
“Sì. Ma io con te, dopo quello che hai combinato
oggi, non ci parlo.” Ribatté. Voltò loro le spalle e se ne andò di corsa per la
strada vuota e polverosa di Diagon Alley.
“Tornate a trovarci!” gli urlarono dietro in coro
i gemelli. Rientrati nel negozio, George batté una pacca sulla spalla del
fratello. “Sei senza speranze, fratellino.” Commentò.
“Io non credo. Scommettiamo?” lo provocò
allungandogli una mano. L’altro ridacchiò. “Cinque galeoni che per Natale ce la
faccio.”
“Ci sto.” Rispose il fratello stringendogliela
poi ritornarono al lavoro.
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui con un capitolo fresco di cantina: spero vi sia piaciuto;
non sono molto capace a fare scene divertenti, anzi sono totalmente
negata, ma ci provo e scusate in anticipo se fanno pietà :)
Ringrazio lettori e recensori come sempre e... alla prossima!!! Ciao!!
monipotty
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Capitolo 8 *** 8 - Una scelta difficile e responsabile ***
7 - Una scelta difficile e responsabile
Capitolo 8 - Una scelta difficile e responsabile
Dal giorno passato a Diagon Alley, l’umore di
entrambe era notevolmente migliorato, soprattutto quello della più piccola: non
faceva altro che parlare del negozio di scherzi e di Fred, che non vedeva l’ora
di rivederlo e che le sarebbe piaciuto tornare laggiù il più presto possibile.
Spesso scoppiava a ridere senza un apparente motivo, quando in realtà ripensava
allo scherzo che aveva fatto con lui alla sorella, a cui spesso lanciava
occhiatine furbette e canzonatorie, che la ragazza evitava accuratamente; ma la
sua ilarità, a lungo andare, divenne eccessiva e pesante, tanto che Rosmerta un
giorno le chiuse la bocca con un incantesimo che, più che a spaventarla, la
fece oltremodo divertire. Ma almeno, da quel momento, le risate si
trasformarono in risatine sommesse e fu dato ampio spazio agli sguardi
eloquenti.
Patricia, dal canto suo, era contenta di aver
finalmente rivisto qualche viso amico, che fossero di maghi e streghe
conosciuti e sconosciuti: vivere a Hogsmeade in quel periodo non era uno
spasso, perché più che impegnare il tempo nel finire i compiti o nel fare
qualche passeggiata dai Tre Manici di Scopa alla Stamberga Strillante alla
collina e viceversa non c’era altro da fare. Televisione, computer... tutto era
assente. E segni di vita da parte dei genitori continuavano a non esserci:
guardava sempre il cellulare o fuori dalla finestra alla ricerca di un qualche
gufo, ma niente. Era un giorno uggioso e piovoso quando finalmente,
accompagnate da zia Minerva, ebbero il permesso di andare nella Londra Babbana:
si svagarono un po’ girando per le strade piene di gente, comprarono del
materiale di cancelleria per Cinthya anche se nessuno sapeva bene come e se
avrebbe frequentato la scuola quell’anno, e l’insegnante, lasciando le nipoti
in un bar, si materializzò a casa loro e in pochi minuti prese tutto ciò che
poteva infilandolo magicamente in una borsetta a tracolla con un Incanto
Restringente per poi ricomparire al loro fianco e tornare a Hogsmeade.
L’ultima domenica del mese di agosto a una
settimana dalla partenza per Hogwarts, Patricia era molto nervosa: il giorno
prima, infatti, la zia le aveva detto che Silente aveva rifiutato di ospitare
la sorella a Hogwarts durante l’anno, giustificandosi dicendo che “la scuola
non era più un luogo sicuro come una volta”; Rosmerta, dal canto suo, avrebbe
dovuto ricominciare a lavorare a pieno regime con l’inizio della scuola e non
avrebbe potuto seguire molto la bambina. Così, all’ultimo, era nato il problema
di dove lasciare Cinthya e in una settimana diventava difficile trovare
qualcuno che potesse prendersene cura. Ma non impossibile.
La domanda fondamentale era questa: a chi
chiedere? Non avevano altri parenti, i nonni paterni abitavano altrove ed erano
alle prese con la salute precaria, tornare a Londra e chiedere a qualche amico
di famiglia non le sembrava il caso perché a nessuno di loro avrebbe lasciato
la sorellina per un anno intero. Di chi poteva fidarsi? Questi erano i suoi
pensieri quella mattina quando la voce di Rosmerta le chiamò dal piano
inferiore. Patricia si riscosse e Cinthya alzò la testa dal foglio su cui stava
disegnando tranquillamente, uscirono dalla stanza e scesero nel pub, dove
trovarono insieme a Rosmerta la zia e altre quattro persone: Ginny, Fred e
quelli che potevano essere i suoi genitori, una donna bassina e di costituzione
robusta con i capelli ricci e un uomo con una calvizie avanzata, alto e
dinoccolato, entrambi con i capelli rosso acceso tipici della famiglia Weasley.
Cinthya, non appena vide Fred, gli corse incontro con un gridolino, mentre
Patricia si avvicinò a quel gruppetto con aria interrogativa.
“Voglio presentarti i signori Weasley, Patricia.”
Le disse Minerva McGranitt con un sorriso. “Arthur e Molly.” La ragazza strinse
la mano ad entrambi con un sorrisetto imbarazzato.
“Molto piacere.” Disse.
“Il piacere è nostro, Patricia.” Rispose Molly Weasley
con un caldo sorriso. Rosmerta li fece accomodare ad un tavolo e offrì loro
della Burrobirra e del Succo di Zucca. Mentre si spostavano, la ragazza lanciò
uno sguardo alla sorella che giocava con Fred mentre questi le faceva ogni tipo
di magia per farla divertire; i loro sguardi si incrociarono un momento: lui le
sorrise e le fece un cenno di saluto e lei sorrise a sua volta arrossendo
leggermente. Distolse lo sguardo e lo diresse sulla zia.
“Patricia, ho pensato molto a una soluzione per
la sistemazione di Cinthya.” Iniziò a spiegare l’insegnante. “Su consiglio del
professor Silente, ne ho parlato all’Ordine: come ben sai, i tuoi genitori non
ne fanno parte formalmente, ma li consideriamo comunque dei membri ed è proprio
per questo che probabilmente i Mangiamorte sono arrivati da voi. Pensiamo non
sia stato un caso.” Patricia, ascoltando attentamente, annuì. “La famiglia
Weasley fa parte dell’Ordine fin dalla sua fondazione ed è sotto stretta
protezione e sorveglianza. Come ben sai, Cinthya non potrà essere ospitata a
Hogwarts per i motivi che ti ho detto ieri e i signori Weasley si sono gentilmente
offerti di ospitarla.”
“La nostra famiglia è numerosa,” Intervenne in
quel momento la signora Weasley con voce dolce. “e sicuramente non sarebbe un
disturbo, tutt’altro: saremmo felici di tenerla con noi e tu potrai ovviamente
venirla a trovare ogni volta che vorrai.”
“Ovviamente,” riprese la McGranitt. “non possiamo
nasconderti che anche loro sono in continuo pericolo, ma godono della migliore
protezione che l’Ordine può dare: il controllo è continuo, ci sono incantesimo
di ogni sorta che circondano casa loro e i terreni circostanti, ogni membro è
controllato da qualcuno. A essere sincera,” sospirò. “sarei molto più
tranquilla e sicura se sapessi che tua sorella è con loro e non con altri.” Finì.
Patricia corrugò la fronte: era una situazione delicata e la scelta da prendere
era molto difficile. Conosceva quelle persone solo grazie a Ginny e alla
popolarità che avevano i gemelli a scuola, ma non oltre. In più, restava ancora
un particolare.
“Ma... come farebbe con la scuola? Non può
restare senza far niente un anno... è ancora piccola, ha bisogno di molte
attenzioni... Non voglio disturbare, sarebbe solo un peso in più per voi...” Si
sentiva confusa e imbarazzata: quell’improvvisa opportunità che le si era
presentata, quella grande disponibilità da parte di una famiglia nei confronti
di due ragazze sconosciute la mettevano a disagio. Cosa avrebbero fatto i suoi
genitori? Avrebbero accettato o si sarebbero rivolti altrove? In quel momento,
ancora un volta, sentì il grande peso della responsabilità nei confronti della
bambina gravarle sulle spalle, un peso che sapeva bene essere suo, che era suo
dovere portare avanti, anche se aveva solo quindici anni.
Guardò la sorella, preda delle risate insieme al
suo compagno di giochi, e sorrise: da quando lo aveva conosciuto, sul suo volto
erano ritornati i sorrisi e la spensieratezza dei bambini della sua età ed era
grazie a Fred se aveva ricominciato a giocare e aveva smesso di piangere quando
pensava alla madre e al padre, sperduti chissà dove. Chissà se si sarebbe
trovata bene con loro, se sarebbe ritornata ad essere malinconica o avrebbe
continuato a ridere come stava facendo in quel momento. La voce della signora
Weasley la riscosse dai suoi pensieri.
“A noi fa piacere aiutarvi.” Disse prendendole
una mano con affetto. Patricia avvampò. “Minerva ci ha sempre parlato dei tuoi
genitori e quando tua madre ha rifiutato di entrare a far parte dell’Ordine
abbiamo tutti inteso la sua preoccupazione nei confronti di tuo padre, ma li
abbiamo sempre considerati dei nostri. Se non ci aiutiamo tra noi, a cosa serve
creare un Ordine di maghi?”
“E’ vero.” Disse il signor Weasley passando un
braccio intorno alle spalle della moglie. “E
per la sua istruzione non preoccuparti: Molly ha fatto da maestra a
tutti i nostri figli, ci sa fare. Ma spetta a te decidere, e qualunque
sarà la tua scelta la rispetteremo senza insistere oltre.”
Quell’affermazione
la disarmò. Guardò la zia che le sorrideva scrutandola
con attenzione da dietro
gli occhiali, poi i signori Weasley e in quel momento ripose in loro
tutta la sua fiducia.
“Vorrei parlarne con Cinthya prima di darvi una
risposta definitiva.” I signori Weasley annuirono e Patricia si alzò e si
avvicinò ai due giocherelloni. La sorella le corse incontro sorridente.
“Hai visto quante magie mi sta facendo Fred?”
Domandò entusiasta. Lei sorrise.
“Vedo.” Commentò, poi le prese una mano e si
piegò sulle ginocchia, ignorando il ragazzo che le osservava di sottecchi. “Cinthya,
purtroppo non potrò ospitarti a scuola con me, quest’anno,” Iniziò. Il sorriso
del volto della bambina svanì. “ma questi signori sono i genitori di Fred e
George e si sono offerti di farlo.” L’attenzione della bambina divenne massima.
“Sono delle brave persone e sono certa che ti troveresti bene e che i maghi
cattivi non verrebbero a cercarti. Cosa ne pensi?”
“Tu non vieni?” domandò tristemente.
“No. Devo andare a scuola e studiare, ma verrò a
trovarti quando potrò, te lo prometto.” Rispose Patricia carezzandole una
guancia.
“E se mamma e papà ti chiamano?” domandò ancora.
“Te lo farò sapere e dirò loro di mettersi in
contatto con te.” Le rispose.
“E per la scuola?”
“Non potrai tornarci quest’anno, mi dispiace. Ma
se ne occuperà la signora Weasley: sono certa che ti insegnerà tante cose.” La
bambina sorrise.
“Ma c’è Fred?” domandò ancora una volta. Patricia
levò lo sguardo sul ragazzo e questo le fece l’occhiolino.
“Sì, ma solo la domenica, perché lavoro durante
la settimana. Va bene?” la bambina annuì con vigore. “E sai cosa facciamo
anche?” le si avvicinò all’orecchio e bisbigliò qualcosa che Patricia non poté
comprendere. Cinthya iniziò a saltellare per il pub gridando allegramente “evviva!”
e lei gli rivolse un’occhiata interrogativa, ma lui non fece altro che un
sorriso. La ragazza si rialzò e tornò al tavolo. Sorrise.
“Vi ringrazio per la vostra disponibilità,
signori Weasley. Accetto volentieri.” Disse. La McGranitt sorrise e le rivolse
un cenno di approvazione e i signori Weasley la ringraziarono entusiasti,
mentre Ginny esultava. Molly le si avvicinò e l’abbracciò.
“Non te ne pentirai, mia cara, e farò attenzione
che quello lì” disse con un cenno del capo verso il figlio. “non svii tua
sorella.” Patricia rise.
“Credo di potermi fidare di lui.” Disse e Arthur
Weasley scosse la testa divertito.
“Non dirlo a voce troppo alta, potrebbe sentirti.”
Scherzò. “Comunque, va bene se veniamo a prenderla a King’s Cross il giorno
della partenza?” Patricia annuì. “Allora troviamoci alle dieci e mezza là.” Si salutarono
poi la famiglia Weasley se ne andò. Era rimasta solo l’anziana insegnante che
le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla.
“Hai fatto la scelta giusta, sono orgogliosa di
te.” Disse. Patricia sorrise e l’abbracciò insieme alla sorella.
“Grazie, zia.” Mormorò, poi anche lei se ne andò,
svanendo con un pop fuori dal locale.
Capitolo
lunghetto ma ci stava! Ciao a tutti, ecco per voi un altro capitolo!
Spero vi sia piaciuto: i signori Weasley sono dei personaggi che adoro
tantissimo, dovevo per forza dargli una parte importante nella storia
:) Magari fossero tutti come loro!! Comunque, metto una piccola
postilla: i genitori di Patricia e Cinthya non sono entrati a far
parte dell'Ordine della Fenice perchè Druella temeva che il
marito, essendo Babbano, potesse sentirsi inutile poichè senza
poteri magici e quindi a disagio. La proposta è stata loro
fatta molte volte, ma ha sempre preferito dire di no, dando comunque
pieno appoggio nella lotta contro Voi-Sapete-Chi, ovviamente.
Bene, e dopo quest'ultimo chirimento, recensite numerosi e alla prossima!! Kisses!
monipotty
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Capitolo 9 *** 9 - Il migliore amico ***
Capitolo 9 - Il migliore Amico
Capitolo 9 - Il migliore amico
Quell’ultima settimana, l’eccitazione era al
massimo: Rosmerta non vedeva l’ora che la scuola aprisse per avere più clientela
nel suo locale, Cinthya non faceva altro che andare a contare quanti giorni
restavano a quando sarebbe andata a vivere dai Weasley e Patricia, terminati
tutti i compiti che le restavano, iniziava a pregare che l’anno nuovo andasse
bene e soprattutto che gli esami del GUFO a fine anno non fossero troppo
difficili. Come faceva a pensarci già prima di aver iniziato le lezioni, a
Rosmerta risultava incomprensibile, ma non diceva niente e continuava a
tranquillizzarla come poteva assicurandole che non erano un granché.
“Non sono altro che normali verifiche.” diceva
ogni volta che alla ragazza veniva l’agitazione. “L’unica differenza è che sono
ufficiali e tutte condensate in un paio di giorni.”
“Dici poco.” Borbottava sempre in risposta
Patricia, ma poi si tranquillizzava e tornava a pensare ad altro, soprattutto
ai genitori, di cui ancora non avevano notizie.
A distanza di un mese dalla loro fuga, ancora
nessuna lettera era arrivata alle due sorelle ed entrambe ne stavano soffrendo,
anche se in modo diverso: Cinthya reagiva con la chiusura, ben poche volte si
apriva alla sorella o a Rosmerta chiedendo dei genitori o parlando delle sue
tristezze che solo apparentemente non c’erano. Una sera, infatti, stava per
rientrare in camera dal bagno quando aveva sentito la voce soffusa della
sorella che, inginocchiata accanto al letto, diceva una preghiera per il padre
e la madre; aveva atteso che finisse poi, come se non avesse sentito nulla, era
entrata nella stanza, ma da quella sera in poi faceva in modo di restare il più
a lungo possibile nel bagno finché non iniziava a sentire rumori provenire
dalla stanza, segnale che la sorella aveva finito. Patricia, dal canto suo,
faceva di tutto per sembrare forte davanti alla sorellina, ma quando era sola
diventava malinconica e faceva lunghe passeggiate per distrarsi o pensare; gli
unici momenti in cui la si vedeva sorridere o ridere era in presenza di Cinthya
o della zia, davanti alla quale non voleva fare la figura della mollacciona,
anche se sapeva che Minerva McGranitt non era stupida e sapeva di quanto
soffrisse.
Il giorno prima della partenza, un gufo arrivò
con un messaggio, ma le loro speranze svanirono quando lessero che il mittente
era la signora Weasley, che le invitava a fare colazione a casa loro l’indomani
così da andare a King’s Cross tutti insieme. A quell’invito, il sorriso
ritornò.
“I Weasley sono gentilissimi,” commentò Patricia.
“delle persone stupende.”
“Lo dicono tutti quelli che li conoscono, ad
eccezione di qualche altra stupida famiglia Purosangue.” Disse Rosmerta mentre
sistemava le bottiglie i barili di Idromele nel magazzino. “Secondo me dovreste
andare: cambiate aria e potete vedere con i vostri occhi che tipi sono.”
Patricia si voltò verso la sorellina per chiedere il suo parere, ma quella era
scomparsa su per le scale con un gridolino entusiasta. Prese allora una piuma e
una boccetta d’inchiostro e scrisse la risposta affermativa sul retro della
lettera, la diede al gufo insieme a un biscotto e questo ripartì con un frullo
d’ali soddisfatto. Poi salì in camera e si mise a osservare la sorella che
ammucchiava a grande velocità tutte le sue cose sul letto per metterle nella
borsa. Patricia rise.
“Mi spieghi come vuoi farci stare tutte quelle
cose nella borsa?” le domandò e la bambina si fermò con aria pensierosa. Un
secondo dopo era partita con la borsa in mano fuori dalla stanza e giù per le
scale, per poi ricomparire e iniziare ad infilare tutto alla rinfusa. “Così i
vestiti si stropicciano. Aspetta che ti do una mano.” Disse Patricia e insieme
prepararono ordinatamente il bagaglio; alla fine, iniziarono a sistemare il
baule per Hogwarts, ricontrollando per l’ennesima volta di non aver dimenticato
nulla e a fine giornata erano pronte, stanche ma entusiaste.
Il mattino dopo, alle otto erano già in piedi, sveglissime.
Rosmerta le accompagnò all’ufficio postale per usare la Metropolvere e lì si
salutarono, dandosi appuntamento alle prossime uscite a Hogsmeade permesse
durante l’anno scolastico, per poi svanire con un guizzo tra le fiamme verdi
del camino. Non appena si rese conto di essere ferma, aprì gli occhi e si
ritrovò davanti una signora Weasley sorridente e in piena forma ad attenderla.
“Benvenuta alla Tana, cara.” Le disse
avvicinandosi e abbracciandola calorosamente come se la conoscesse da molto
tempo. La ragazza, colta impreparata, arrossì ma si lasciò stringere: era tanto
che nessuno lo faceva. “La tua sorellina è un amore: non è nemmeno un minuto
che è qui e già si sente a suo agio.” Continuò la donna iniziando a toglierle
la fuliggine dai vestiti con una vecchia spazzola consunta, poi le fece strada
in cucina dove, seduti a tavola, l’attendeva la famiglia Weasley quasi al
completo insieme a Harry, Hermione e una ragazza dai lunghi capelli argentati
che riconobbe come una dei quattro campioni del Torneo Tremaghi, Fleur
Delacour. Il signor Weasley, a capotavola, si fece avanti porgendole la mano.
“Buongiorno, signor Weasley.” Lo salutò Patricia
stringendogliela. “Grazie per l’invito, siete stati molto gentili.”
“Era il minimo che potevamo fare.” Rispose lui
con un sorriso. Poi la signora Weasley la fece accomodare vicino alla sorella e
a Ginny, che la salutò allegramente e le presentò il fratello Bill. Si guardò
intorno: lo spazio era poco, ma l’ambiente era il massimo dell’accoglienza e
del calore; ancora una volta, pensò di aver fatto la scelta migliore per sua
sorella e ne fu ancora più contenta. Durante la colazione, chiacchierarono
tutti insieme e fecero molte domande a Cinthia e Patricia, con una certa
delicatezza quando riguardavano i loro genitori, e alla fine Ginny, Harry, Ron
e Hermione le accompagnarono in giro per la casa e il terreno circostante,
mostrando loro la camera in cui avrebbe dormito Cinthya, la stanza di Ginny,
momentaneamente occupata da Fleur. Le stavano mostrando il giardino raccontandole
delle protezioni che circondavano l’intera Tana quando con un pop, appena fuori dalla recinzione
perimetrale del giardino, si materializzarono i due gemelli.
“Strano siano venuti.” Commentò Ginny al vederli.
“Sapevo che erano parecchio presi dal lavoro…” Cinthya ridacchiò.
“Io lo so perché sono venuti!” esclamò lanciando
un’occhiata alla sorella con un ghigno furbetto stampato sul viso. Patricia
sentì un improvviso calore sulle guance ma ignorò sia quello che la sorella,
che per precauzione si era allontanata di corsa da lei in direzione dei due
arrivati.
“Non l’ho capita.” Disse Ron grattandosi la
testa, divertito e confuso allo stesso tempo. Ginny levò gli occhi al cielo.
“Tu non puoi ancora capire Ron.” Rispose
guardando Patricia con un certo interesse; questa sostenne il suo sguardo.
“Non so di cosa tu stia parlando, Ginny.”
Commentò con tono deciso e disinvolto. Ginny sorrise con un’espressione su viso
che poteva essere tradotta con “Come no, lo vedremo”, poi si incamminarono
anche loro verso lo steccato.
“Ciao a tutti!” li salutarono in coro i gemelli.
“Siamo passati a salutare le nuove arrivate.” Disse George.
“Ma non eravate troppo impegnati?” domandò Ron e
George indicò il fratello.
“E’ lui che ha insistito.” Fred gli mollò una
gomitata.
“Bugiardo scaricabarile. Sei tu che ti sei
dimenticato gli appunti con le nostre idee per i nuovi prodotti.” Ribatté. Poi
si rivolse a Patricia. “Mi hai perdonato?” le domandò. Questa sorrise e
incrociò le braccia.
“No. Non hai ancora fatto nulla per guadagnarti il
mio perdono e non creder di ottenerlo con poco.” Rispose.
“Mi metterò d’impegno.” Disse lui. In quel
momento, Cinthya arrivò correndo da dietro di loro: in mano aveva una cosa
rotonda e pelosa, rosa shocking, dall’aspetto molto morbido e pacato, che ronzava
flebilmente tra le mani della bambina, che la mostrò allegra alla sorella.
“Guarda cosa mi hanno portato Fred e George: è
una Buffola… Puffola…” guardò i gemelli in cerca di aiuto.
“Puffola Pigmea.” Rispose George. “Così in camera
avrai chi ti tiene compagnia, oltre al poltergeist in soffitta. E’ molto meno
rumorosa e fastidiosa.” La bambina posò l’esserino con delicatezza sulla sua
spalla e quello si avvinghiò ai suoi abiti con le minuscole zampette nere
nascoste sotto il pelo. Anche i signori Weasley furono sorpresi di trovarseli
in casa ma ne furono assolutamente felici; Molly si rivolse poi a Ron e i suoi
amici.
“Avete finito di sistemare i bauli?” domandò ma
questi, ad eccezione di Hermione, si scambiarono un’occhiata veloce e filarono
nella camera che condividevano a finire di prepararli. Hermione e Ginny
aiutarono mamma Weasley a preparare dei panini per il viaggio ad Hogwarts e lasciò
ai gemelli il compito di aiutare Cinthya a sistemare le sue cose, scusandosi
con Patricia se non poteva farlo lei stessa.
Fred e George le accompagnarono nella stanza poi
quest’ultimo si allontanò per cercare gli appunti che aveva dimenticato,
tornando più di mezz’ora dopo. Nel frattempo, gli altri tre iniziarono a
sistemare le cose della bambina nel piccolo armadio e nella cassettiera della
stanza. Stavano lavorando quando il cellulare di Patricia iniziò a vibrare
nella sua tasca: questa lanciò un gridolino e con mani tremanti lo prese, sotto
lo sguardo interessato del ragazzo; era un numero sconosciuto che la stava
chiamando. Sperando che fossero i genitori, rispose, ma dall’altro capo rispose
la voce gracchiante della nonna, che le chiamava per sapere come stavano: la
ragazza si accorse che non sapeva ciò che era accaduto il mese prima, probabilmente
i suoi genitori avevano preferito non darle troppe preoccupazioni, così non
gliene parlò.
“Cosa c’è?” domandò Patricia cinque minuti dopo,
a chiamata terminata, di fronte allo sguardo scrutatore del gemello fisso sul
cellulare.
“Che cos’è quell’aggeggio? Non ne ho mai visto
uno prima… una cosa Babbana, immagino.” Rispose Fred osservandolo attentamente.
Patricia sorrise.
“Questo è un cellulare.” Spiegò. “Un telefono in
miniatura, se la cosa può aiutarti.”
“Un telefono in miniatura…” ripeté il ragazzo
pensieroso. “Lo vedesse mio padre, impazzirebbe dalla gioia!” esclamò. “Lui va letteralmente
matto per le cose dei Babbani, ha un intero magazzino pieno di roba, te l’hanno
fatto vedere?” Lei fece di no con la testa. “Bene, allora vieni, non te lo puoi
perdere.” Chiamò George e gli affidò la Cinthya poi scesero in giardino e
andarono dietro la casa, diretti a un garage che lui aprì con un colpo di
bacchetta. Patricia trattenne il respiro: là dentro c’era proprio di tutto,
frigoriferi, lavatrici, un servizio da tè, innumerevoli telefoni di diversa
forma, un tostapane, delle chiavi… persino una papera di gomma!
“Non ci posso credere!” esclamò divertita
Patricia prendendo in mano la papera gialla. “C’è proprio di tutto!”
“Sì. Papà lavora al Ministero, Ufficio per l’Uso
Improprio dei Manufatti Babbani: ogni volta che trova qualcosa di interessante
la aggiunge alla sua collezione, lo smonta, lo studia, lo rimonta e prova a
farlo funzionare.” Spiegò Fred. “Lo affascina il modo in cui i Babbani riescano
a vivere senza magia, si esalta tantissimo. Pensa che avevamo anche una
macchina: lui l’aveva leggermente modificata per farla volare, renderla più
spaziosa e mille altre cose, un gioiellino che mamma non ha mai apprezzato fino
in fondo. Peccato solo che ora vaghi per la Foresta Oscura ad Hogwarts.”
Patricia ricordò al suo primo anno quanto si era parlato delle vicissitudini di
Ron e Harry e soprattutto della terribile Strillettera che avevano ricevuto.
Ridacchiò.
“Non avrei mai pensato che ci fosse qualcuno così
appassionato per il mio mondo.” Disse iniziando a girare tra gli scaffali. “Normalmente,
i maghi tendono a disinteressarsi completamente al mondo Babbano, se non
addirittura a disprezzarlo di questi tempi.” Sospirò.
“Beh,” disse Fred raggiungendola. “non tutti i
maghi sono Mangiamorte.”
“No, beh… ovviamente… volevo solo dire che è
strano che un mago Purosangue se ne interessi.” Fred si oscurò. “Non
fraintendermi, non voglio offendere nessuno, men che meno i tuoi genitori!”
corse subito ai ripari. “E’ solo che…” Accidenti, ma perché si era dovuta
impegolare in un argomento del genere? “Capiscimi, con tutto quello che sta
succedendo… la maggioranza dei maghi Purosangue di cui sa parla sono tutti
dalla parte di Tu-Sai-Chi… quindi mi fa tanto strano quanto felice che ci sia
qualcuno che non ha…” Ma le sue parole non sembravano avere l’effetto che lei
sperava sul ragazzo, che sembrava incupirsi sempre di più.
Si portò la testa tra le mani e gli diede le
spalle con uno scatto: ma cosa stava facendo? Dire quelle cose alla famiglia
che così gentilmente le aveva accolte, che stava correndo così un rischio
maggiore di prima… sentì un paio di mani poggiarsi sulle sue spalle e spingerla
fuori dal garage: ecco, pensò la ragazza in preda al panico, chissà adesso cosa
penserà, sarà furibondo, non mi rivolgerà più la parola, magari ci caccerà
anche… ma Fred né era furibondo né pensava anche solo una cosa tra quelle che
lei temeva: la spinse in silenzio su una panca del giardino e la fece sedere.
“Sfogati.” Le disse semplicemente. Patricia lo
guardò interrogativa, gli occhi rossi e umidi. “Si capisce lontano un miglio
che hai bisogno di parlare con qualcuno.” Si sedette di fianco a lei. “Coraggio,
gli unici che ci possono ascoltare sono gli gnomi del giardino.”
“Ma… Non sei… arrabbiato?” domandò confusa lei.
Fred rise.
“Per vedermi arrabbiato basta che mi metti
davanti un qualsiasi Malfoy, sicuramente non con te.” Rispose. “Conosco la tua
situazione e capisco il perché tu mi abbia detto queste cose prima. Non credo
tu abbia avuto molti con cui sfogarti ultimamente, quindi entro in scena io.”
Patricia ridacchiò.
“Tu?” domandò divertita. “Come mai ti offri così
volontariamente?” Fred si strinse tra le spalle.
“Devo pur guadagnarmelo il tuo perdono in qualche
modo.” Disse con semplicità e lei scoppiò a ridere. “Uno a zero per me, ti ho
fatta ridere. E, per dimostrarti la mia completa disponibilità,” aggiunse in
tono confidenziale. “d’ora in poi ti permetterò di considerarmi l’amico numero
uno. So che per te è un grande onore,” aggiunse con enfasi quando Patricia aprì
la bocca per parlare. “ma non preoccuparti per me, essere tuo confessore è la
mia seconda grande aspirazione.”
“E la prima?” domandò lei.
“Top secret.” Disse. “Ti invierò la parcella per
i miei servigi via gufo.” Concluse e Patricia gli diede uno scappellotto sulla
spalla.
“Tu sei scemo!” scherzò lei.
“No, sono Fred.” Ribatté il ragazzo provocandole
una nuova risata. In quel momento, La signora Weasley uscì di casa e li chiamò:
erano arrivate le auto per accompagnarli in stazione. I due si alzarono.
“Penserò alla tua proposta, ma non credere di
guadagnarti il mio perdono solo così.” Fred simulò un’espressione sconvolta.
“Sei impossibile.” Commentò.
“No,” lo corresse ridendo la ragazza. “sono Patricia.”
“Copiona.” Commentò l’altro e rientrarono in
casa.
Hola
a todos!! Sono tornata con un altro capitoletto: scusate l'attesa ma
sono stata un po' presa dagli esami... ^_^" Spero stiate tutti bene e
soprattutto che il capitolo sia piaciuto: avevo in mente di farlo in un
altro modo, ma mi è venuto così, pazienza. La sto
costruendo man mano, anche se ho già una mezza idea, portate
pazienza :)
Mi
raccomando, recensite numerosi, sia che vogliate dirmi "Mi è
piaciuto" sia "Mi ha fatto veramente schifo" :), ovviamente i consigli
sono ben accetti! Alla prossima!! Ciao!!
monipotty
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Capitolo 10 *** 10 - Toccasana ***
10 - Toccasana
Capitolo 10 - Toccasana
Fred e George fecero una vera e propria toccata e
fuga da casa, perché non appena finirono di fare le loro cose si
smaterializzarono per ritornare a Diagon Alley: il primo con un’espressione divertita
e delusa allo stesso tempo (“Ehi! E’ così che si salutano gli amici?!” aveva
protestato quando Patricia lo aveva salutato con un semplice “A presto”.
“Nemmeno un bacio sulla guancia?” Ginny in quel momento era comparsa alle sue
spalle. “No, i baci solo tra ragazze e che io sappia tu non lo sei. Ora, sciò.”
Disse spingendolo via. “Me la segno!” aveva gridato a Patricia prima di
scomparire con un pop col fratello),
il secondo con l’aria sollevata per essere riuscito a trovare gli appunti
perduti (“Se non li avessi trovati, sarebbe stata la nostra rovina, una
catastrofe senza fine!” aveva esclamato appena dopo averli trovati). Il
Ministero della Magia aveva predisposto e inviato loro alcune macchine per
accompagnarli a King’s Cross, cosa per la quale il signor Weasley, nonostante
l’assoluta serietà e attenzione con cui fece salire ogni membro della famiglia
e non, era molto esaltato. Poco meno di un’ora dopo, in stazione, Cinthya, con
la sua Puffola Pigmea acquattata sulla spalla, si guardava intorno con aria
interessata, alla ricerca del binario giusto, la mano strettamente salda in
quella della sorella che con l’altra guidava a fatica il carrello.
“Sorellona, qual è il treno che devi prendere?”
domandò vagando con lo sguardo tra i vagoni.
“Non è qui, per raggiungerlo dobbiamo fare una
cosa che ti divertirà moltissimo.” Rispose lei e la bambina si illuminò.
Arrivate davanti alla barriera che separava i binari nove e dieci, a turno
iniziarono a oltrepassarlo e scomparire: Patricia sentì la presa di Cinthya
farsi più stretta.
“Sorellona, dove sono finiti tutti quanti? Perché
non ci sono più?” domandò con viva preoccupazione. Patricia la prese in braccio
e la fece salire sul carrello portabagagli, davanti a lei.
“Devi sapere che quella barriera è magica: noi
dobbiamo attraversarla e solo allora vedrai il mio treno.” Cinthya spalancò gli
occhi per la sorpresa e l’eccitazione. “Ma dobbiamo passare inosservate,
quindi” abbassò la voce in tono confidenziale. “guardiamoci intorno
attentamente per controllare che nessuno ci guardi…” la bambina iniziò a girare
velocemente il capo.
“Nessuno ci guarda.” Sussurrò.
“Bene.” Sussurrò Patricia. “Ora ci avviciniamo al
muro… ancora una rapida occhiata e poi…” fece qualche passo e spinse il
carrello attraverso il muro. “… voilà!” esclamò. Cinthya saltò giù dal carrello
estasiata, guardando tutti i maghi e le streghe che le passavano accanto ma
soprattutto ammirando a bocca aperta la locomotiva rossa e nera che sbuffava
fumo bianco dal camino, i gufi che volavano tutt’intorno, i gatti che
miagolavano, le centinaia di persone che si accalcavano sul binario nei loro
abiti più stravaganti, tra cappelli a punta e lunghi mantelli, ad eccezione di
qualche accorto mago che aveva preferito un abbigliamento più Babbano. Si
fecero strada tra la folla (Cinthya scoppiò in una sonora risata al vedere
un’anziana signora con un cappello rosso e un avvoltoio vivo appoggiato in
punta) e raggiunsero la famiglia Weasley che stava caricando in quel momento i
bagagli mentre mamma Weasley faceva le ultime raccomandazioni.
“E cercate di non cacciarvi nei guai quest’anno,
intesi?” stava dicendo rivolgendo una significativa occhiata a Harry, Ron,
Hermione e Ginny, che risposero con espressioni del tipo “non so di cosa tu
stia parlando”. Mentre questi salivano sul treno, la signora Weasley si dedicò
a loro due. “Scendi giù, signorina, o rischi di farti male.” Disse alla bambina
prendendola in braccio per farla scendere dal carrello mentre questa
ridacchiava divertita. “Buon anno scolastico anche a te, Patricia cara. Ti
scriveremo tutti i giorni per farti sapere cosa succede, è vero?” disse
rivolgendosi a Cinthya che annuì entusiasta. Patricia sorrise.
“Non ce n’è bisogno, se so che è con voi sono
tranquilla.” La signora Weasley, commossa, la strinse in un forte abbraccio
stritolatore.
“Ricorda che ovviamente per Natale e Pasqua ti
vogliamo con noi.” Si raccomandò affettuosamente.
“Sì!” esclamò la sorellina. “E anche Puffy ti
vuole!” aggiunse indicando la palla rosa shocking che ronzava tranquilla sotto
il suo orecchio. Patricia le scompigliò la frangia bionda e si piegò sulle
ginocchia alla sua altezza.
“Vedi di fare la brava bambina: Natale non è poi
così distante e se so che combini guai ti aggiusto io.” Cinthya assunse un’aria
imbronciata.
“Io non combino guai.” Disse gonfiando il petto.
“E poi c’è mamma Weasley con me, lei è brava, e anche Fred e George e babbo
Weasley.” Patricia sorrise e l’abbracciò. “Mi prometti che se mamma e papà ti
scrivono me lo dirai? E gli dirai di venirmi a trovare?” la sorella la strinse
più forte e annuì.
“Promesso, non ti preoccupare.” Si staccò da lei
e le diede un bacio sulla fronte. “Grazie ancora per l’aiuto.” Disse rivolta ai
signori Weasley. “Per qualsiasi cosa, non avete che da contattarmi.” Li salutò
ancora una volta poi salì sul vagone dove il suo baule era già stato caricato e
il treno si mosse. Si sporse dal finestrino a salutare insieme ad altre decine
di mani che venivano sventolate all’esterno e vide la sorella correre lungo il
binario al suo inseguimento, sbracciandosi, per poi sparire dietro la curva. A
quel punto, Patricia sentì una forte stretta allo stomaco: ora sì che si
sentiva sola.
Scrollò le spalle, prese il baule e iniziò a
trascinarsi lungo il vagone alla ricerca di uno scompartimento vuoto e di visi amici: in quell’ultimo mese aveva
perso i contatti con tutti, non erano più arrivate lettere dalle sue amiche e
lei non ne aveva mandate per paura che intercettassero la posta e scoprire il
loro nascondiglio. Camminò fino alla fine del vagone senza trovare posto e
stava per passare al successivo quando un ragazzo alto e muscoloso, dai
riccioli biondi e gli occhi azzurri le si parò davanti con uno sgargiante
sorriso che risaltava sulla pelle abbronzata.
“Allora sei ancora viva!” disse al vederla.
Patricia sorrise sollevata: Brian Flamel, discendente del fratello del famoso
Alchimista Nicholas Flamel, era un ragazzo del sesto anno di Tassorosso che
giocava da Battitore nella squadra della Casa. “Le altre ragazze sono di là
preoccupate.” Disse accennando col dito alle sue spalle.
“Bene!” disse Patricia riprendendo il manico del
baule per ricominciare a trascinarlo verso l’altro vagone ma il ragazzo fu più
veloce e lo afferrò con facilità prima di lei.
“Lascia, faccio io.” Si offrì e la precedette
lungo il corridoio fino allo scompartimento dentro al quale stavano le sue tre
migliori amiche, Josephine, Cassandra e Mei Lin, che al vederla scattarono come
delle molle.
“Patricia!” esclamò Josephine, una ragazza con i
capelli neri mossi e gli occhi grigi. “Ma dov’eri finita?”
“Ti abbiamo scritto tantissime volte! Ti sono
arrivate le nostre lettere?” aggiunse Cassandra, una Metamorfomagus che in quel
momento aveva i capelli lisci di un verde scuro con un taglio obliquo, mentre
Mei Lin, di provenienza orientale, faceva spazio sul portabagagli e dava una
mano a Brian a tirare su il pesante baule. Patricia si lasciò cadere sul
sedile.
“Vi chiedo scusa, ragazze. Ho avuto un po’ di...
problemi, in questo ultimo mese.” Rispose tristemente, quando Brian le salutò e
sparì dalla vista lungo il corridoio. Josephine, Cassandra e Mei Lin la
guardavano preoccupate, in attesa; lei sospirò, chiuse la porta dello
scompartimento e ritornò tra loro. “Non voglio che quello che vi dirò ora esca
da questa stanza, dovete darmi la vostra parola che ve lo terrete per voi e non
lo direte a nessuno.” Non era la sua più rande aspirazione che tutta la scuola
venisse a sapere di quello che era successo, men che meno i Serpeverde. Le
amiche annuirono convinte e Patricia, dopo un’ultima occhiata fuori dallo
scompartimento, sospirò. “I Mangiamorte all’inizio di agosto ci hanno fatto
visita.” Le tre ragazze sussultarono, inorridite.
“Che cosa è successo?” domandò Josephine e la
ragazza raccontò brevemente tutto ciò che sapeva riguardo quella notte e tutto
ciò che era successo dopo che erano giunte e Hogsmeade con la Passaporta:
rivivere tutti quei momenti le fece sentire una stretta al petto e il bisogno
di sentire la voce dei genitori, di sapere come stavano, doc’erano, cosa
facevano, quando li avrebbe potuti rivedere. Al termine del racconto, Cassandra
si lanciò in una serie di sproloqui decisamente poco gentili sui Mangiamorte e
su Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, Josephine iniziò a batterle una mano
sulla spalla comprensiva mormorandole parole di consolazione e Mei scosse la testa
cupamente.
“Non credevo che sarebbe successo…” commentò
cupamente Patricia.
“Ringrazia solo che state tutti bene! Meglio sole
ma sapendo che i vostri genitori sono da qualche parte, che sole sapendo che
non ci sono più.” Replicò Cassie.
“Se solo sapessi se stanno bene…” mormorò la
ragazza guardando fuori dal finestrino il paesaggio che filava velocemente. “Mi
basterebbe sapere che sono al sicuro, che torneranno quando sarà tutto finito,
che…” Mei Lin si sporse verso di lei e le posò una mano fredda sulla sua.
“Appena potranno si metteranno in contatto con
te.” Le disse con voce dolce. “Sono sicura che stanno bene e che non hanno
ancora potuto contattarvi perché non si sentono totalmente al sicuro. Vedrai
che lo faranno. Stai serena.” Patricia annuì: Mei Lin parlava poco ma le volte
che apriva bocca la facevano sempre stare meglio. Sorrise: sentire e vedere
tutto ciò intorno a sé la fece sentire meglio, la sensazione di essere sola si
affievolì così come il peso che portava dentro di sé; se parlarne con Fred
l’aveva fatta sentire molto meglio, parlarne con le amiche era un altro ottimo
toccasana, si sentiva persino più allegra.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta dello
scompartimento: era Ginny che la salutava con la mano. Patricia le aprì la
porta con un sorriso.
“Ciao!” la salutò. “Come mai da queste parti?”
Ginny fece spallucce.
“Sto tornando dallo scompartimento di Dean: mi
stavo annoiando a morte.” Rispose semplicemente. “Disturbo?”
“Certo che no! Loro sono Mei, Jo e Cassie.
Ragazze, lei è Ginny.” Presentò Patricia con un sorriso. “Vuoi entrare?” Ginny
negò con un sorriso.
“No grazie, ora raggiungo Harry e gli altri.”
Rispose.
“Ehi! Ehi, Weasley!” Zacharias Smith arrivava in
quel momento seguito da una schiera di amici.
“Smith.” Lo salutò fredda la ragazza. “Che cosa
vuoi?” Smith sorrise entusiasta.
“Ecco, non è che ci puoi raccontare che è
successo alla fine dell’anno scorso, eh?” Ginny aggrottò le sopracciglia.
“No.” Rispose secca.
“E dai, Weasley!” insistette lui. “Solo qualcosina,
non tutto! Allora, che ci facevate all’Ufficio Misteri? Che è successo? Ne
hanno tanto parlato quest’estate ma volevo sentirlo raccontare dal vero!” Ginny
sbuffò.
“No.” Ripeté lei. “Scordati che ti dirò qualsiasi
cosa a riguardo. Non sono affari tuoi.” Ma Smith non cedeva e anche i suoi
amici sembravano non vedere l’ora di sapere tutto di quella notte.
“Ma che c’è di male, Weasley? In fondo anche io
faccio parte dell’ES.”
“Solo perché ne facevi parte non puoi permetterti
di sapere qualsiasi cosa un altro membro faccia.” Ribattè innervosendosi.
“Sparisci, Smith.” Ma non ottenne il risultato sperato: Smith divenne ancora
più insistente, tanto che a un certo punto lei estrasse la bacchetta.
“O la smetti seduta stante,” sbottò “o ti riduco
quel bel visino che hai a un buco.” Il ragazzo scoppiò a ridere insieme ai suoi
amici.
“Non lo faresti mai, Weasley!” esclamò tra una
risata e l’altra ma non durò a lungo: con un lampo e uno schiocco, il ragazzo
venne catapultato un paio di metri più indietro e, non appena si accorse dei
mostriciattoli volanti che attaccavano la sua faccia, scattò in piedi con un
grido e scappò via, seguito a ruota dagli amici spaventati. Patricia scosse la
testa divertita mentre le sue amiche dentro lo scompartimento ridacchiavano
divertite.
“Non avresti dovuto farlo, Ginny.” La ragazza
sbuffò.
“Aveva solo da non provocarmi.” Ribatté secca
riponendo la bacchetta sotto la veste.
“Una magnifica fattura, signorina, davvero
unica!” esclamò una voce gioviale. Le ragazze si irrigidirono, inorridite; si
voltarono e guardarono il grasso uomo dietro di loro che le osservava ammirato
e divertito. “Che sbadato, non mi sono presentato: sono il professor Lumacorno;
voi siete...?” ma al vedere che entrambe sembravano aver perso la capacità di
parlare, posò le mani sulle loro spalle e rise. “Non vi preoccupate, rimarrà il
nostro piccolo segreto, non sono ancora entrato in pieno nel mio incarico.”
Sospirarono un po’ più sollevate.
“Patricia Waterice.”
“Ginevra Weasley.”
“Lieto di fare la vostra conoscenza!” disse
l’insegnante con una stretta di mano ad entrambe. “Signorina Weasley, posso
chiederle di partecipare a una piccola festicciola che terrò all’ora di pranzo?
Mi farebbe un grande piacere, la aspetto nello scompartimento C. A rivederci!”
e detto questo le superò e scomparì nel vagone successivo. Le ragazze, comprese
quelle nello scompartimento, lo osservarono allontanarsi.
“Non posso crederci che l’ho scampata liscia.”
Commentò stralunata Ginny. “Non mi ha nemmeno rimproverata!” Patricia fece
spallucce.
“Meglio così.” Disse. “Ma la prossima volta farai
bene a guardarti le spalle: non potrebbe andarti più bene.” Ginny ridacchiò.
“Sembri tua zia.” Commentò, poi si salutarono e
tornarono ognuna alle loro compagnie fino alla fine del viaggio.
Finalmente sono riuscita a postare un altro capitolo! Ciao a tutti, sono tornata!
Scusate il ritardo ma il tirocinio universitario è un po'
pesante :P So che questo capitolo fa abbastanza pietà, ma quelli
di transizione sono un po' così e non sarà sicuramente
l'ultimo, uomo avvisato mezzo salvato :) Recensite comunque, mi
raccomando! Prometto che dal prossimo capitolo inizierà a
penetrare un po' di mistero, quindi continuate a leggere e a perdonare
i capitoli noiosi! Come sempre, ringrazio che legge e recensisce, mi fa
sempre un gran piacere!
Alla prossima!!
monipotty
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Capitolo 11 *** 11 - Una strana sensazione ***
11 - Una strana sensazione
Capitolo 11 - Una strana sensazione
Era già buio quando finalmente arrivarono al ben
conosciuto castello dove avrebbero passato tutto il tempo che le attendeva da
quella sera fino a metà giugno, quando gli esami finivano e sarebbero
cominciate le meritate, si sperava, vacanze estive. La Sala Grande era già pronta
e decorata per il nuovo inizio ma la sicurezza era aumentata: ai lati del
portone di legno, infatti, due Auror posavano immobili e attenti mentre un
terzo controllava l’interno. I professori erano già seduti al loro lungo tavolo
sul fondo della sala e i fantasmi che abitavano il castello insieme a tutti gli
studenti veleggiavano qua e là, chi
parlando con qualche professore o altro fantasma, chi avvicinandosi agli
studenti che lentamente entravano e prendevano posto al tavolo della propria
casa; tra questi, il Frate Grasso, il fantasma della Casa Tassorosso. La sua
grande e perlacea figura si fece avanti velocemente, le braccia aperte in segno
di accoglienza a chiunque entrasse e un grande sorriso rivolto a tutti, ma
soprattutto agli studenti della sua Casa.
“Bentornati a voi tutti, figlioli!” dava loro il
benvenuto. Quando entrarono Patricia, Cassie, Mei Lin e Jo, andò loro incontro
entusiasta. “Sono felice di rivedervi, care ragazze.” Le salutò e queste
sorrisero.
“Buonasera, Frate.” Lo salutò allegra Cassie.
“Passato buone vacanze, padre?” domandò Jo. Il
frate si strinse nelle spalle.
“Al solito: durante le vacanze estive c’è poco da
fare, il castello è così triste e spento senza voi studenti.” Disse con un
sorriso. “Ma noi fantasmi ci teniamo compagnia e attendiamo il vostro ritorno.
Voi avete passato bene le vostre vacanze?” Cassie e Jo annuirono convinte e Mei
Lin piegò lievemente il capo ma Patricia non si mosse.
“Sarebbero potute andare meglio.” Disse
tristemente. Il Frate la guardò preoccupato.
“Quando ti ho vista entrare ho capito subito che
c’era qualcosa che non andava, mia cara figliola.” Disse incrociando le mani
sul petto. “Spero non sia successo nulla di troppo grave.” Patricia fece un
sorriso triste.
“Una volta che sono libera vengo a confessarmi da
voi, padre.” Il Frate sembrò risollevarsi.
“Ti aspetto, allora.” E con un gesto della mano
diede loro le spalle e si avvicinò ad un altro gruppo di Tassorosso che entrava
in quel momento. Le quattro amiche presero posto e aspettarono pazientemente
che iniziasse la cerimonia dello Smistamento e nel frattempo osservavano il
tavolo degli insegnanti: la professoressa Sprite parlava con Hagrid
animatamente, la Cooman aveva lo sguardo fisso sul soffitto totalmente persa
nei suoi pensieri, il preside, seduto al centro, stava parlando l’insegnante
che avevano conosciuto sul treno, Piton li ascoltava in silenzio mentre il
piccolo Vitious compariva e scompariva da sotto il tavolo.
“Così quello sarebbe il nuovo insegnante di
Difesa Contro le Arti Oscure?” domandò Jo osservando il professor Lumacorno con
le sopracciglia alzate. “Non mi ispira tanto…”
“Sì, ma sarà sicuramente meglio del Confetto
dell’anno scorso.” Borbottò cupa Cassie guardando nella stessa direzione: come
tutti i compagni, aveva detestato di tutto cuore Dolores Umbridge e le sue
inutili quanto noiose lezioni teoriche di Difesa.
“Beh, ci va poco.” Commentò Patricia e Mei Lin
annuì concorde. In quel momento, si udirono tre battiti al grande portone
d’ingresso della Sala Grande: centinaia di teste si voltarono a guardare le
porte aprirsi per lasciar passare una lunga fila di piccoli studenti dall’aria
persa e impaurita, che camminavano in fretta per riuscire a tenere il passo
della professoressa McGranitt, altera guida fino al tavolo degli insegnanti,
davanti al quale, sopra uno sgabello in legno, stava il consunto e vecchio
Cappello Parlante. Calò il silenzio e tutti gli sguardi si rivolsero al
cappello, in attesa. Da una piega iniziò a parlare.
“Fin da
quando nacque il mondo
La storia è
tutta uguale:
Guerra e
pace fanno il girotondo
E dov’è il
bene, lì c’è il male.
Che questi
possa morire
È inutile
sperarlo,
Ma che sia
il bene a scomparire
Noi dobbiamo
evitarlo.
Il mio
consiglio quindi è questo:
Potete
seguirlo, se vi pare.
Vecchi e
giovani, decidete al più presto,
Ma prima
state ad ascoltare:
Che ai
Grifondoro vi uniate in coro,
O che sia
Tassorosso la vostra casa,
Che nei
Corvonero troviate un tesoro,
O che sia in
Serpeverde che il cuore riposa.
Non è questo
ad avere importanza:
Per ciò ch’è
giusto lottare,
Per far
vivere la luce della speranza
Divisi ma uniti dovete restare.”
Il Cappello ammutolì e nella Sala Grande cadde il
silenzio, totale. Tutti pensavano alle parole appena espresse dal saggio
Cappello e in tutti, ad eccezione della maggioranza dei Serpeverde, passava lo
stesso pensiero: il Cappello aveva ragione, l’unione faceva la forza e in quei
tempi bui era ciò di cui si aveva più bisogno, ma anche ciò che più si temeva.
Fidarsi degli altri era difficile quando c’era il rischio che qualcuno potesse
essere sotto la maledizione Imperius, anche tra coloro che potevano essere più
vicini, ma tra compagni di Casa, tra compagni di Scola, bisognava sforzarsi di
essere fiduciosi. Il flusso di quei pensieri fu interrotto da Albus Silente, che
iniziò a battere leggermente una mano contro il braccio per non colpire quella
ferita, seguito a ruota nell’applauso dalla professoressa McGranitt, da tutti i
professori e pian piano dagli studenti. Il Cappello fece un leggero inchino poi
tornò immobile al suo posto e la cerimonia dello Smistamento ebbe inizio: per
una buona decina di minuti, il cappello continuò a gridare i nomi delle Case a
seconda del bambino che lo indossava e quando furono tutti smistati e la
professoressa di Trasfigurazione portò via lo sgabello con il Cappello sopra,
il preside si alzò e augurò loro un sorridente “Buon appetito!”; i tavoli
magicamente si riempirono di vivande e la Sala si riempì del chiacchiericcio
degli studenti intenti a cenare.
“Povero Silente, avete visto la sua mano? Chissà
cosa si è fatto...” Mormorò un po’ in pensiero Jo guardando il preside servirsi
utilizzando solo una mano e la bacchetta magica.
“Sicuramente nulla di buono.” Rispose Cassie
guardando nella stessa direzione. “Non sembra proprio in pienissima forma…” le
altre due amiche annuirono; Patricia vide la zia rivolgerle un’occhiata e un
gesto di saluto con la testa a cui rispose con un sorriso, poi si voltò verso
le altre e iniziarono a chiacchierare del più e del meno fino alla fine della
cena.
Quando Silente di alzò per la seconda volta dal
tavolo degli insegnanti, i piatti e le vivande sparirono di colpo dai quattro
tavoli delle case e il preside rivolse a tutti gli studenti un grande sorriso e
aprì le braccia in segno di benvenuto.
“Buonissima serata a voi!” salutò a gran voce, ma
in quel momento per tutta la Sala si diffuse un mormorio: la sua mano nera e
raggrinzita era stata notata da tutti. Il vecchio preside sorrise e nascose la
mano sotto la manica viola e oro. “Nulla di cui preoccuparsi.” Disse tranquillamente.
“Ora… ai nostri nuovi studenti, benvenuti; ai vecchi, bentornati! Un nuovo anno
di istruzione magica vi attende: ricordo a tutti voi che la frequentare una
scuola è fondamentale per la propria formazione e crescita, soprattutto in un
periodo buio come quello che è iniziato da poco. Detto questo, vorrei
ricordarvi che, come in ogni luogo, ci sono delle regole che vanno rispettate:
l’accesso alla Foresta Proibita è severamente vietato e il signor Gazza, il
nostro custode, mi ha chiesto di dirvi che vige il veto generale sull’utilizzo
di qualunque scherzo acquistato nel negozio Tiri Vispi Weasley.”
A quelle parole, Patricia ridacchiò: doveva
ricordarsi di dirglielo a Fred e George, si sarebbero fatti sicuramente tante
belle risate. Quel pensiero la fece tornare con la mente alla Tana: chissà sua
sorella cosa stava facendo in quel momento, a cosa stava pensando… era la prima
volta che si trovavano a parecchi chilometri di distanza l’una dall’altra in
assenza dei loro genitori. Un ombra calò sul suo sguardo: i suoi genitori… non
le avevano ancora scritto e non passava giorno senza che si chiedesse dove
fossero, se stessero bene, se erano al sicuro ora che erano fuggiti. E ogni
volta la domanda ancora senza risposta arrivava spontanea: perché non le
avevano ancora scritto? Perché non avevano cercato di contattarle? Anche solo
un bigliettino con su scritto “Ciao, stiamo bene, non preoccupatevi per noi”,
non chiedeva nulla di più.
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e levò
gli occhi su Cassie, che la guardava preoccupata.
“Stai bene?” le domandò a mezza voce. Patricia fece
spallucce.
“Cattivi pensieri.” Rispose mesta facendo
attenzione a non far sentire troppo ai loro vicini. “Mi capiteranno spesso,
almeno finché non avrò notizie. Portate pazienza…” Cassie sorrise.
“Non preoccuparti, cerca di stare tranquilla,
vedrai che quando potranno si faranno vivi.”
Se sono vivi, pensò tetramente la ragazza ma
subito scacciò quel pensiero scrollando il capo e tornò a riversare la sua
attenzione sul preside che stava presentando il nuovo insegnante.
“Il professor Lumacorno è un mio ex collega che
ha accettato di riprendere il suo vecchio ruolo di insegnante di Pozioni.”
“Pozioni??” riecheggiò in tutta la Sala. Le
quattro amiche si lanciarono occhiate stupite. “Non è possibile! Ma non doveva
insegnare Difesa?” chiese Jo in una sorta di piagnucolio.
“Il professor Piton, nel frattempo” continuò
Silente. “ricoprirà il ruolo di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.” Un
secco “no” di una voce famigliare a Patricia risuonò nella sala e lei, insieme
ad altre decine di teste, si voltò a guardare Harry Potter, che fissava
indignato il professor Piton che ringraziava con deboli gesti della mano i
Serpeverde per il loro applauso entusiasta.
“Non ci posso credere!” si lamentò Cassie con una
mano tra i capelli verdi. “Ho già capito che dovrò rinunciare a un Gufo in
Difesa.” Stavolta fu Mei Lin a risponderle, dandole una gentile pacca sulla
spalla.
“Magari non è così male, chissà.”
“Nessuno sarà meglio di Lupin, comunque.” Commentò
Jo scuotendo la testa. “Sarà anche un lupo mannaro, ma era una persona e un
insegnante squisiti.” Cassie annuì con convinzione poi tornarono nuovamente a
fissare il professor Silente, che aveva iniziato il delicato argomento di
Tu-Sai-Chi: avvisò gli studenti che le misure di sicurezza erano aumentate ma
non per questo non dovevano fare attenzione e seguire tutte le istruzioni che
gli insegnanti avrebbero dato loro, anche se fastidiose, pregandoli di riferire
a qualunque professore nel caso qualcuno di loro notasse qualcosa di strano,
qualsiasi cosa che potesse essere diversa dal normale. Dopo quelle
raccomandazioni, il preside augurò loro buonanotte e un buon inizio di lezioni
e gli studenti si riversarono nel corridoio centrale, seguendo i prefetti di
ogni casa verso la propria Sala Comune. Patricia guardò Hannah Abbot e Ernie
Macmillan farsi strada tra i Tassorosso per raggiungere i nuovi arrivati della
Casa e ricordò il giorno in cui era arrivata ad Hogwarts: ricordò la delusione
per non essere finita a Grifondoro, la casa da cui sia la madre che, ovviamente,
zia Minerva provenivano; ricordò i discorsi che spesso la zia le faceva a
riguardo, cercando di consolarla; ricordò la sera in cui lei, Cassie, Jo e Mei
Lin fecero amicizia: quando i suoi compagni avevano scoprirono che era la
nipote della McGranitt, loro erano state le uniche a non prenderla in giro e a
difenderla davanti alle critiche e malignità altrui.
Seguì la fiumana di Tassorosso che scendeva in
direzione della Sala Comune, posta vicino alle cucine del castello: l’ingresso
della sala era nascosto da un quadro che riproduceva una bella natura morta e, perché
quello si aprisse rivelando il passaggio per entrarvi, era necessario dare la
giusta parola d’ordine a una piccola statua posta su una colonnina accanto al
quadro, che rappresentava Tosca Tassorosso, la fondatrice della Casa. Quando
arrivarono davanti alla statua, Tosca si stava pettinando i lunghi capelli
fluenti.
“Parola d’ordine?” mormorò con voce gentile. I Tassorosso si guardarono tra loro interrogativi
poi, all’improvviso, il passaggio dietro al quadro si rivelò e,
inspiegabilmente, ne uscì un ragazzo, che tutto poteva essere meno che uno
studente: più o meno di venticinque anni, calcolò Patricia, aveva i capelli
nero pece mossi e che gli sfioravano le spalle, un accenno di pizzetto sul
mento e degli occhi altrettanto neri, brillanti e penetranti. Al trovarsi tutti
quei ragazzi davanti, li guardò interdetto, incrociando per un secondo lo
sguardo di Patricia: una strana sensazione di paura e sospetto crebbe nel petto
della ragazza, qualcosa che non aveva mai provato prima e a cui non riusciva a
dare un senso, un significato. Era venuta e basta, improvvisa come l’apparizione
dell’uomo che ora sorrideva a tutti loro con espressione colpevole e divertita,
la fila di denti bianchissimi scoperta dalle labbra sottili, provocando nella
maggior parte delle ragazze arrossamenti di guance e sorrisetti imbarazzati di
risposta.
“La parola è Acquarium.”
Disse uscendo dal passaggio. “Scusate la mia apparizione, non vi aspettavo.” Molti
gli rivolsero sguardi interrogativi e sospetti. “Non vi allarmate, sono un
Auror: mi hanno assegnato alla custodia di quest’ala di Hogwarts e volevo
assicurarmi che fosse tutto in ordine per il vostro rientro, così ho fatto un
ultimo controllo nella vostra Sala Comune ma credevo foste ancora alle prese
col banchetto.” A quelle parole, mormorii di approvazione e un senso di
tranquillità si diffusero in tutto il gruppo, tranne che per una persona. Se
era un Auror, perché continuava a farle quell’effetto il suo sguardo magnetico?
Pensava Patricia. Si guardò intorno alla ricerca di qualcuno che provasse le
sue stesse cose, ma non c’era nessuno che non lo guardava con tranquillità e
fiducia. Scosse la testa cercando di scacciare quelle sensazioni: magari era
solo stanchezza, cercò di convincersi, ma i suoi sforzi si rivelarono inutili perché
gli occhi penetranti dell’Auror la guardarono di nuovo e lei, pur di evitarli,
abbassò i suoi. “Beh,” riprese questi distogliendo lo sguardo con un sorriso e
scostandosi dal passaggio. “è tutto a posto, passate pure. Buonanotte.” E detto
questo se ne andò.
Non appena sparì dietro l’angolo, scoppiò un
parlottio concitato tra le ragazze: qualcuna ridacchiava, altre gesticolavano
parlando senza sosta, altre ancora osservavano l’angolo che lui aveva girato
sparendo alla vista speranzose che lui ritornasse da un momento all’altro,
mentre i ragazzi Tassorosso le guardavano di sbieco. Brian guardò verso Patricia
e le si avvicinò.
“Tutto bene? Sei pallida.” domandò preoccupato e
anche Cassie, Jo e Mei Lin si voltarono verso l’amica. Questa trasalì poi
sorrise incerta.
“Sì, tutto bene.” Rispose in fretta tentando di
essere più convincente possibile. “Sono solo stanca, credo.” Lui non sembrò
molto convinto, ma annuì, diede loro la buonanotte e si diresse verso il tunnel
sotterraneo che portava ai dormitori maschili. Le ragazze, invece, continuarono
a guardarla interrogative.
“Patricia, cosa…?” iniziò Jo, ma in quel momento
furono raggiunte dalle altre due compagne del loro anno, Anne Huston e Erika
Brandon.
“Ciao ragazze!” salutarono entusiaste. “Avete
visto che Auror, quello? Fossero tutti così… fa venir voglia di studiare per
diventare colleghi!” scherzarono. “Tra l’altro…” Erika si avvicinò a Patricia e
le mise un braccio attorno alle spalle. “Ho visto come ti ha guardata, sai.”
Patricia le scoccò un’occhiataccia.
“Non ci ho fatto caso.” Le rispose secca.
“Sì, come no!” ribatté Anne. “Ci vediamo in
dormitorio.” E corsero via parlottando fitto fitto. Patricia sospirò: erano
brave Anne e Erika, ma certe volte ti veniva una voglia di affatturarle… Sentì
gli sguardi delle amiche sulla sua testa.
“Sto bene.” disse loro guardandole con un
sorriso. “Veramente, è solo un po’ di stanchezza. Vedrete che domani sarò in
ottima forma.” Parzialmente rinfrancate, le amiche annuirono e si incamminarono
verso l’imbocco del corridoio che portava verso i dormitori femminili.
“Comunque è carino, vero?” domandò Jo. “L’Auror. E’
un bel ragazzo, no?”
“C’è di meglio.” Disse Cassie distrattamente.
“Sono d’accordo.” Disse Mei Lin. “in fondo non è
un granché, ne conosco di più belli.”
“Decisamente.” Si unì Patricia e nella sua mente
comparve, sfocata, l’immagine di un ragazzo con i capelli rossi che le
sorrideva.
Ciao
a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo tutto per voi! Quello
precedente non ha riscosso molto successo, ma i capitoli di passaggio
sono tutti così, c'è poco da fare... Ma io non mi abbatto
e continuerò a scrivere per voi che leggete, anche perchè
io personalmente non vedo l'ora di andare avanti!! :D
Devo
solo puntualizzare una cosuccia: il discorso di Silente l'ho copiato
papale papale del sesto libro di HP, ad eccezione di una piccola parte,
vorrei cercare di far sì che si colleghi alla storia raccontata
dai libri o dal film, metterò qualche dialogo che è
presente in uno dei due quando ci sarà l'occasione. La poesiola
del Cappello me la sono inventata di sana pianta invece XD mi piaceva
l'idea di metterla, sono molto belle quelle scritte sui primi libri: la
mia non è sicuramente all'altezza, perdonatemi; ci ho provato :)
Good! E dopo questo, ci vediamo al prossimo capitolo! E ricordate... leggete e recensite numerosi!
monipotty
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