WANTED II - I prigionieri

di Herm735
(/viewuser.php?uid=73080)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'addestramento ***
Capitolo 2: *** La decisione del Consiglio ***
Capitolo 3: *** La falla nello Scudo ***
Capitolo 4: *** Come ai vecchi tempi ***
Capitolo 5: *** Al chiaro di luna ***
Capitolo 6: *** La Cicatrice ***
Capitolo 7: *** Molly ***
Capitolo 8: *** Il Tesserino di Jean Smith ***
Capitolo 9: *** Il laboratorio militare ***
Capitolo 10: *** Il mercato nero ***
Capitolo 11: *** Il cervo d'argento ***
Capitolo 12: *** Nel bianco ***
Capitolo 13: *** Il turno di guardia ***
Capitolo 14: *** Il rumore ***
Capitolo 15: *** La collana dai due cerchi ***
Capitolo 16: *** Quando l'amore basta ***
Capitolo 17: *** L'alba ***
Capitolo 18: *** Il Voto Infrangibile ***
Capitolo 19: *** Le Bacchette ***
Capitolo 20: *** Solo un ragazzo ***
Capitolo 21: *** Quando si conosce la verità... ***
Capitolo 22: *** ...E quando si vive dentro la bugia ***
Capitolo 23: *** L'andamento del tempo ***
Capitolo 24: *** Non è una scelta ***
Capitolo 25: *** L'importanza di un nome ***



Capitolo 1
*** L'addestramento ***


Wanted
Parte Seconda - I prigionieri







L'addestramento


Edificio sconosciuto - A Nord della Scozia - I tre giorni di addestramento e il giorno del funerale

La mattina successiva erano partiti. Amanda non aveva esitato nel riporre la sua totale fiducia in Hermione, come del resto aveva fatto Silente.
La strega li condusse in un luogo isolato, adatto per l'addestramento e per la scoperta dei poteri di Hermione senza la necessità di correre stupidi rischi.
Una volta che furono arrivati, Hermione si voltò verso Amanda.
“Credo che sia il momento opportuno per parlare della profezia.”
Come sempre, non usava mezzi termini.
“Devo ammettere, Amanda, che perfino io inizio ad essere impaziente” intervenne Silente.
La strega annuì e chiuse gli occhi, concentrandosi.
Quando parlò c'era qualcosa di diverso nella sua voce.
“Dopo che il giorno avrà fatto il suo corso, dinnanzi a ciò che resta del sole la vedrete arrivare. Giungerà guidata da una sola luce, e dietro di lei vi sarà un esercito, mentre davanti a lei, rimarrà solo vuoto. Colei che libererà il mondo magico dalla terza guerra, ne ha sempre saputo la causa, nonché le conseguenze. Il suo cuore è puro, incontaminato. Dovrà affrontare un lungo viaggio, e alla fine la metà del suo cuore sarà con lei per sempre.”
Hermione pensò che, per essere una profezia, era davvero lunga.
“Ok, quindi una donna, che arriverà al tramonto e seguita da un esercito, illuminando la strada con la bacchetta. Sarà lei a liberare il mondo magico dalla terza guerra. Potrebbe essere chiunque. Perché avete pensato che fossi io?”
Silente ed Amanda si scambiarono uno sguardo veloce.
“Amanda aveva avuto una visione, in cui tu predicevi l'arrivo della guerra e ne annunciavi le conseguenze. Quando mi ha mostrato il tuo volto, prima di rimuoverlo dalla sua stessa memoria insieme alla profezia e alla visione, ho subito iniziato a cercarti, ma senza successo. Il motivo era che, ovviamente, tu non eri ancora nata. Così attesi, finché tu stessa venisti a bussare alla mia porta.”
Hermione parve comprendere.
“Ma che significa che metà del mio cuore sarà con me per sempre?”
Ancora una volta, Amanda e Silente si guardarono brevemente.
“Crediamo, ma la nostra è solo una supposizione, quindi non c'è niente di certo, che questa parte riguardi la pozione. Metà del tuo cuore, metà della tua anima, metà della tua vita stessa, è stata riempita dall'essenza della magia, racchiusa nella pozione che hai bevuto. Crediamo si riferisca a quello e a l'uso fondamentale che dovrai fare dei tuoi poteri.”
“Credete? E se non fosse così?”
“Abbiamo preso le nostre...precauzioni” rispose Amanda, sempre rimanendo di proposito sul vago.
Quando Hermione provò ad ottenere le informazioni che voleva, trovò uno scudo d'acciaio a ostacolarle la strada.
“Stavolta non mi coglierai impreparata. Dovrai fare molto meglio” la riprese Amanda, capendo che stava cercando di leggere nella sua mente. “Iniziamo con qualche incantesimo di base. Consegna la tua bacchetta a Silente.”
Hermione fece come richiesto, osservando però che Amanda stringeva ancora in pugno la sua.
“Concentrati adesso. Devi sforzarti di creare uno scudo con la forza che è dentro te e nient'altro. Sei pronta?”
Hermione annuì.
Amanda agitò velocemente la bacchetta e un lampo slittò in direzione di Hermione, colpendola in pieno e mandandola al tappeto.
“Riproviamo. E questa volta concentrati solo sull'addestramento e smetti di cercare di leggermi nel pensiero” la ammonì Amanda.
Hermione si sforzò di concentrarsi.
Al settimo tentativo riuscì a parare uno degli schiantesimi che Amanda le mandava. Al decimo lo rispedì indietro.
Alla fine della giornata era in grado di mandare le maledizioni senza perdono ad abbattersi contro gli alberi intorno a loro.
L'ultimo incantesimo che Amanda le lanciò, però, le creò qualche problema.
Riuscì a bloccarlo, ma lo spedì contro di lei con tale forza che per un attimo si chiese se le avesse fatto male.
Quando però guardò nella sua direzione, vide che lo schiantesimo era passato sopra la sua testa, che Amanda aveva prontamente inclinato, e non l'aveva neanche sfiorata.
Però la corrente d'aria generata dal piccolo fulmine, fu sufficiente a toglierle la maschera.
Quando vide il volto che si celava sotto la maschera non poté fare a meno di farsi sfuggire un'espressione meravigliata.
Si voltò e camminò per parecchi metri.
Silente la raggiunse.
“Qualcosa non va?” chiese pacato.
“No. È solo che...è così giovane. E così bella. Quando ha bevuto a quella stupidissima fonte doveva avere più o meno la mia età. Non è così?”
Silente annuì.
“Più o meno, si. Ma non è questo il momento di soffermarci su questi dettagli, non ti pare?”
“Anche io sono immortale(*) adesso?” chiese con un filo di voce.
Silente annuì. “Suppongo che fosse inevitabile.”
Ci fu una pausa, poi Silente riprese.
“L'allenamento è ancora lungo e non sappiamo cos'altro puoi fare, oltre che respingere mentalmente gli incantesimi e leggere nel pensiero delle persone.”
Hermione annuì, seguendo Silente e tornando ad allenarsi.
Il giorno successivo, finalmente riuscì ad ergere uno scudo perenne, che la protesse da qualunque tipo di incantesimo.
Per il resto della seconda giornata, continuarono ad allenarsi, ed Amanda fece esercitare senza sosta Hermione nella lettura del pensiero.
Alla fine, era diventata davvero una degna avversaria.
Tanto che, quando il secondo giorno terminò, fu in grado di ricavare dalla mente di Amanda le informazioni che le servivano.
Dovrà affrontare un lungo viaggio, e alla fine la metà del suo cuore sarà con lei per sempre.
Aveva scoperto che avevano altre due possibili ipotesi su ciò che significasse quella frase.
Secondo loro, nella più tragica delle ipotesi, Hermione sarebbe morta durante la guerra, alla fine del lungo viaggio, avrebbe però lasciato un'impronta indelebile nella storia del mondo magico, lasciando così metà del suo cuore, quello che aveva permesso loro di vincere, sulla terra, mentre l'altra metà, quella con tutti i suoi poteri e i suoi sentimenti, sarebbe morta per sempre con lei.
L'altra ipotesi invece, benché fosse meno tragica, era di gran lunga più interessante.
Secondo Amanda, la metà del suo cuore che al termine della guerra l'avrebbe seguita, sarebbe stata la metà che ancora mancava. Quindi, tutte le nobili arti apprese in quel periodo o...una persona. Una persona che la completasse, che fosse l'altra metà del suo cuore.
Tra i pensieri di Amanda, aveva anche capito che la strega aveva preparato un piano, nel caso in cui l'ultima di queste ipotesi si fosse rivelata quella fondata.
Tuttavia, non era riuscita a leggervi niente, perché Amanda l'aveva gettata nuovamente fuori dalla sua memoria.
Il terzo giorno fu, probabilmente, il più duro di tutti. Ed anche il più lungo.
L'allenamento fisico della mattina servì solo a farla stancare, quando non sapeva che la parte più difficile sarebbe stata quella nel pomeriggio.
Amanda cercò dentro lei tutti i poteri che ancora non avevano scoperto, e le insegnò come sfruttare ognuno di essi.
Uno di questi poteri, a suo parere uno dei migliori, era la disillusione ottica, che neutralizzava ogni sorta di illusione magica.
Scoprirono questo potere quando Amanda le fece affrontare un molliccio.
Solo che per lei non era più la sua più grande paura, ma un semplice molliccio.
“Che aspetto ha?” chiese Silente affascinato.
“Credo che sia meglio che lo tenga per me” rispose Hermione fissando il curioso essere che le stava difronte, con l'espressione spiazzata, vedendo la strega così tranquilla.
Un altro potere che scoprì di avere, fu quello della telecinesi. O almeno, così l'avevano chiamata ufficiosamente, anche se non lo era. La telecinesi presuppone uno spostamento di un oggetto attraverso la modulazione del campo magnetico che lo circonda e della gravità che lo fa muovere, mentre la sua era pura e semplice magia, che non necessitava di spiegazioni fisiche teoriche.
Riuscì ad ampliare anche lo scudo che usava per ripararsi dalla magia altrui. Ormai non aveva più neanche bisogno di controllarlo, lo scudo se ne stava fermo e buono lì.
Amanda le lanciava Expelliarmus nei momenti in cui lei se li aspettava di meno, ma i suoi incantesimi non giungevano mai ad Hermione, fermandosi diversi metri prima.
Finirono molto tardi e alla fine non solo la bruna era stremata, ma aveva imparato ad usare poteri che non avrebbe mai voluto sapere di avere.
Alla fine del terzo giorno tornarono al tramonto, e fu allora che cominciarono i veri guai.
Era venuto fuori che una pattuglia armata si stava dirigendo verso il castello in Scozia.
Sarebbero partiti la mattina successiva da Londra, e fu una vera fortuna per loro averlo scoperto con almeno un po' di anticipo.
Il giorno seguente Hermione radunò tutte le persone presenti al castello nel vasto giardino circostante.
Fare l'incantesimo la seconda volta fu molto più facile della prima.
Forse perché aveva fatto pratica la volta prima, o forse per quella specie di super pozione che le avevano fatto bere. Non ne aveva idea.
Quella volta non incontrarono problemi al confine, ma il tragitto fu molto più lungo.
Il campo dei ribelli, infatti, si trovava qualche chilometro a sud di Falmouth, una città sulla costa sud-occidentale della Gran Bretagna.
Quando furono ormai a pochi chilometri uno degli informatori di Amanda, che erano costantemente in viaggio, sempre molti chilometri avanti rispetto agli altri, li avvertì che stavano celebrando un funerale.
Quando Amanda chiese al ragazzo il nome della vittima, lui rispose semplicemente 'Hermione Granger'. Lui non la conosceva, ma sembrava essere molto famosa.
Hermione affrettò il passo, nel tentativo di arrivare prima che fosse finito, interrompere tutto e gridare a tutti che quel funerale era una messa in scena.
Anzi, che la sua intera morte lo era.
Pensò così per un secondo a ciò che l'attendeva al suo arrivo.
Li avrebbe rivisti. Non solo Harry Potter, ma tutti coloro che non aveva seguito.
Tutti coloro che aveva abbandonato.
Ron, Luna, Ginny.
Si sentì sollevata, pensando che avrebbe potuto forse farsi perdonare, riportando loro i gemelli e i signori Weasley.
Ma Harry? A lui cosa avrebbe concesso nel tentativo di ottenere il suo perdono?
Quando fu certa che la luce proveniente dal campo bastasse a tutti, spense la bacchetta, riponendola.
Non voleva certo arrivare per sbaglio ad uno scontro.
Sentiva la presenza di Silente e Amanda ai suoi lati, un paio di passi più indietro, e sapeva che dietro ad entrambi stavano due guardie del corpo. Per Silente i suoi fidati colleghi ed amici, Piton e la McGranitt, per Amanda i suoi fedeli collaboratori, la Parkinson e Zabini. Ed infine Sirius e Lupin. Non erano le sue guardie del corpo. Semplicemente non potevano lasciarla andare avanti da sola.
Poi lo vide, tra la folla. Non c'era alcun dubbio su chi fosse la persona al centro di tutto.
Harry Potter.




(*)È importante chiarire che quando si parla di immortalità, si intende che Hermione avrà per sempre ventidue anni, cioè che non invecchierà mai. Questo non vuol dire che se qualcuno le lanciasse un incantesimo mortale, colpendola, lei guarirebbe. Quindi ricordate che Hermione NON è immune alle maledizioni senza perdono, né alle armi babbane (anche se dalle armi da fuoco può guarire, in determinate condizioni).




Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, commentate numerosi, mi raccomando! Sono curiosa di sapere cosa ne pensate...
A presto!


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La decisione del Consiglio ***





La decisione del consiglio

Quando la vide qualcosa dentro di lui bussò insistentemente. Voleva uscire.
Hermione sembrò leggermente perplessa riguardo il suo abbigliamento.
Non disse nulla, però. Si portò la bacchetta vicino alla gola ed amplificò la propria voce.
Tutti sembravano in attesa di sentire ciò che aveva da dire, nessuno aveva il coraggio neanche di respirare, quando lei parlò.
“Oggi, siamo venuti fin qui, per proporvi un'alleanza. Noi siamo l'esercito di maghi più potenti, e da quando siamo uniti senza dubbio i più numerosi, che la resistenza possa offrire. Tuttavia, ciò che abbiamo, non è abbastanza. Se vogliamo sconfiggere il nostro nemico comune, oggi dovete accettare l'alleanza che vi proponiamo.”
“Chi siete?” gridò qualcuno dall'altra parte.
“Forse qualcuno di voi ricorderà l'Ordine della Fenice. Ci siamo tutti, al completo, eccetto quelli che sono tra le vostre fila, ovviamente. L'Ordine è guidato da Albus Silente” il nome riecheggiò, riempiendo lo spazio tra i due eserciti.
Harry non poteva crederci. Silente non solo era vivo, ma ancora in piena guerra.
“Mentre l'altro settore dell'Esercito è guidato da Amanda. E comprende tutti gli studenti fuggiti da Hogwarts che non avevano un posto dove andare, e a cui lei ha offerto una casa. Se oggi sono qui, è per chiedere ad Harry Potter di condurre il suo esercito a completare il nostro.”
Nessuno parlò per diversi secondi.
“E tu, chi sei?” chiese qualcun altro, dal campo, in mezzo alla folla.
“Io sono colei che condurrà l'esercito” rispose Hermione con voce ferma. “Sicuramente avrete sentito parlare della profezia che si sta diffondendo in tutto il mondo magico. Quella profezia, parla di me.”
Una volta che il suo discorso fu concluso con tale rivelazione, nessuno mosse più un muscolo.
Per diversi minuti la giovane strega lasciò che assimilassero quelle informazioni, prima di parlare di nuovo.
“Questa mattina il nostro castello è stato assediato dall'esercito militare babbano. Molti di noi non anno un posto dove tornare. Tuttavia, se rifiutate la nostra alleanza, ci incammineremo immediatamente. Sperando di non avervi fatto perdere troppo tempo.”
Fu forse quell'ultimo, piccolissimo, accenno di sarcasmo, che fece scattare Harry definitivamente.
A passo deciso si incamminò verso il lato opposto, stringendo in pugno la bacchetta. Appena lo videro, Sirius e Lupin scattarono avanti, raggiungendolo prima che fosse a metà strada tra i due fronti e sollevandolo di peso, riconducendolo indietro.
Lui continuava a divincolarsi.
Doveva avvicinarsi a lei e guardare nei suoi occhi. Doveva vedere che era davvero Hermione la strega che aveva parlato.
“Non fare cosa avventate, Harry.”
Lupin e la sua solita mania di farlo stare sempre calmo.
“Remus?” chiese Harry, rendendosi conto coscientemente solo a quel punto del fatto che non erano esplosi insieme al numero 12 di Grimmuld Place. “Sirius!”
Harry li abbracciò entrambi di slancio.
I due ricambiarono l'abbraccio, sorridendo.
Qualche istante dopo la voce di Hermione riempì nuovamente il campo.
“Adesso farò avvicinare quattro dei miei che desiderano parlarvi. Vi prego di non colpirli.”
Fece un cenno con la testa a quattro dei mantelli alle sue spalle.
Quando furono ormai vicini ad Harry, si abbassarono i cappucci.
Ron spalancò la bocca, mentre Ginny, senza riflettere, si gettò in avanti, correndo, fino a ritrovarsi immersa tra le braccia dei suoi genitori che non rivedeva ormai da anni.
Alla fine anche Ron si riscosse dallo stato di shock e andò verso la sua famiglia. Si abbracciarono, si commossero, parlandosi dopo tanto tempo, sussurrandosi scuse e ringraziando Dio di essersi ritrovati. Così accadde anche dopo, quando arrivarono a salutare Harry.
I signori Weasley vennero più o meno trascinati via da Ginny e Ron, che, accorgendosi che i gemelli non li seguivano, si voltarono.
“Noi rimaniamo con Hermione” disse deciso Fred.
“Le abbiamo promesso che saremo stati tutti noi la sua famiglia da quando i suoi genitori sono morti” proseguì George.
“E se non può avere tutti i Weasley avrà almeno noi” concluse Fred.
Hermione sentì un piccolo nodo alla gola.
Lentamente si incamminò, fino a raggiungere i gemelli.
Loro si voltarono.
Hermione li abbracciò, prima uno, poi l'altro.
Sussurrò qualcosa che nessuno, a parte loro, riuscì ad udire.
Fred e George annuirono e poi si diressero in direzione degli altri Weasley, lasciandola sola, in mezzo al campo.
La reazione di Harry fu immediata.
Tentò di avanzare il più velocemente possibile, ma fu praticamente braccato da Sirius e Remus.
“Perché sei qui, Hermione?” chiese piano.
“Sono qui perché la guerra necessita di qualcuno che la faccia terminare. E mi è stato detto che quel qualcuno potrei essere io.”
“Potresti? E se non lo fossi?” chiese.
“Avrò comunque tentato. Avrò fatto più di chi non ha neanche provato mai a mettere un freno a tutto questo.”
Harry tentò ancora di ribellarsi tra le braccia dei due maghi che lo tenevano stretto.
Era a pochi metri da Hermione. Ma ancora si sentiva incredibilmente troppo lontano.
“E se io rifiutassi la tua alleanza?” chiese Harry sprezzante.
Hermione si voltò, tornando dov'era prima.
“Harry Potter mi ha comunicato che l'alleanza è stata rifiutata” annunciò, mantenendo la sua apparente calma universale. “Il mio esercito se ne sta andando. Se uno qualsiasi di voi vuole combattere, invece di riparare pozzi, è il benvenuto tra le mie fila. Avete cinque minuti prima della nostra partenza.”
Harry rimase interdetto. Come faceva a sapere del guasto al pozzo?
Hermione, quando ebbe finito di parlare, si diresse a passo spedito verso il campo, superando Harry, che non fu in grado di seguirla, non riuscendo a liberarsi dalla presa dei due che avrebbero dovuto aiutare lui, e non Hermione.
Passò affianco a Neville, rivolgendogli un cenno della testa.
“Seguimi.”
Neville lo fece. Hermione lo condusse nel suo stesso laboratorio.
Appena dentro lo immobilizzò con un incantesimo.
“Ehi, ma che...”
“Hai una vaga idea della distruzione che provocherai se non ti fermi?” chiese lei.
“Cosa?” rispose confuso Neville.
Hermione lo ignorò. Afferrò una sbarra di ferrò da uno dei tavoli e si avvicinò alla capsula contenente il liquido verde.
“In questa miscela c'è un ingrediente. Tu non riuscirai mai a scoprire cos'è, è qualcosa che si è mischiato per errore agli altri e ti ha permesso di trovare la formula esatta in grado di generare la vita. Per questo non riuscivi a riprodurla ancora.”
Con la sbarra colpì forte il vetro.
“No!”
“Neville, ascoltami, se non ti fermi, se non ti fermi subito, distruggerai tutte le famiglie del campo. Io lo so. L'ho visto. Ti prego Neville. Smetti di occuparti di questo e fai ciò che più ami. Prenditi cura della gente.”
Era inverosimile quanto quelle semplici parole lo avessero colpito in profondità.
Colpì ancora la capsula, facendo colare tutto il liquido che vi era dentro ancora più velocemente.
“Sono mortificata, Neville. Ho ammirato la tua intelligenza. Sarei onorata se volessi unirti al mio esercito, ma so che non lasceresti mai Harry.”
Fece evaporare il liquido con un incantesimo, fece sparire la capsula e tutto ciò che era connesso ad essa, cancellandone ogni traccia.
“Ascoltami Neville. Io so che hai identificato la sostanza che hanno messo nel vaccino. Finisci il siero. Ed io ti prometto che salverai tutti noi.”
Neville guardò i suoi occhi.
“Devi promettermelo, Neville. In nome dei vecchi tempi.”
Lo guardò con uno sguardo così intenso da fargli pensare che la vecchia Hermione fosse tornata.
Annuì. “In nome dei vecchi tempi.”
Hermione sorrise appena e lo slegò.
“Sapevo che eri in grado di salvarci tutti.”
Uscì dalla tenda, seguita da Neville, e tornò al suo posto, lasciando il moro tra la gente del campo.
“Hai distrutto la capsula?” chiese sussurrando Amanda.
Lei annuì. Amplificò nuovamente la propria voce.
“I cinque minuti sono scaduti. Chi di voi vuole venire di qua, è libero di farlo, e viceversa.”
Per un lungo istante nessuno si mosse. Poi, George fece il primo passo.
“Dobbiamo andare, Fred. Noi siamo nati per batterci. Siamo nati per combattere. Facciamo sì che la guerra finisca anche grazie a noi.”
Fred sorrise. “Mi hai letto nel pensiero.”
Con un saluto triste agli altri Weasley si diressero verso Hermione.
“Vi prometto che li rivedrete.”
“Ci fidiamo delle tue promesse più che delle nostre.”
Si sorrisero. Dopo un altro lungo istante, qualcuno, nel campo, si rivolse ai pochi intorno a lui.
“Hanno ragione. Io voglio combattere, non voglio guardare gli altri farlo. Se loro andranno in guerra, io andrò con loro, perché voi possiate avere la pace.”
Si diresse verso l'altro fronte, seguito da molte persone che lo avevano ascoltato poco prima.
Alla fine una decina di persone era passata dalla parte di Hermione, mentre i signori Weasley da quella di Harry. Hermione stava per andarsene, quando sentì una donna parlare dall'altra parte.
“Forse voi avete un solo comandante, ma la nostra è una democrazia. Quindi voteremo.”
Hermione riconobbe la voce di Ginny.
“Siamo sei fondatori, contando anche Harry, saremo noi a votare.”
“Così sembra più un oligarchia” sussurrò Hermione ad Amanda.
“I membri del consiglio che desiderano rifiutare l'alleanza?”
Draco si fece avanti.
“Chi desidera invece accettarla?” chiese ancora Ginny.
Si fecero avanti lei, Ron e Luna. La rossa si voltò verso Neville.
“Dipende da te a questo punto, cosa vuoi fare?”
Neville ripensò inevitabilmente alla breve visita di Hermione.
Ron e Ginny volevano riunire la famiglia, e Luna appoggiava il marito.
Il motivo per cui Draco voleva rifiutare gli era sconosciuto.
Ricordò gli occhi di Hermione.
Sembrava la solita, saggia, dolce, coraggiosa Hermione.
“Tu che fai, Harry? Dicevi sul serio prima? Vuoi rifiutare?”
Harry non rispose. E allora Neville continuò.
“Io sono a favore.”
Il campo scoppiò in un boato sordo, mentre la reazione dell'esercito fu più o meno nulla.
Harry serrò forte la mascella.
“Potete sistemare le vostre tende nella zona libera laggiù” indicò una parte ancora vuota all'interno della pianura in cui erano accampati.
Hermione puntò in alto la sua bacchetta, e in un attimo delle tende per tutti i membri dell'esercito furono sistemate.




Grazie a tutti voi che avete recensito il capitolo precedente, e grazie a chi legge questa storia.
Spero che anche questo capitolo via sia piaciuto, e aspetto con ansia di poter leggere le vostre opinioni al riguardo.
A presto, sperando di continuare a intrattenervi.

Fatemi sapere che ne pensate!


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La falla nello Scudo ***







La falla nello scudo


“Minerva, Severus, potete occuparvi voi delle sistemazioni?” chiese Hermione, appena le tende furono sistemate nel campo.
I suoi vecchi insegnanti annuirono.
“Dove hai intenzione di andare?” chiese Amanda.
“Andiamo dal consiglio, ci sono ancora alcune cose di cui dobbiamo discutere. Voglio che veniate con me entrambi.”
Si riferiva ad Amanda e a Silente.
Entrambi annuirono.
I tre si incamminarono verso una tenda, Hermione li guidava, sicura che quella fosse la direzione giusta in cui andare.

“Ma che vi è preso? Accettare un'alleanza con Amanda, siete forse impazziti?” si agitò Harry.
Ron e Ginny si scambiarono delle occhiate molto eloquenti.
“Volevi che lasciassimo andare via i nostri fratelli?” chiese lui.
Harry scosse la testa.
“Sono sicuro che ha detto loro qualcosa per indurli a tornare da lei. L'avete vista quando gli ha parlato.”
“Ho consigliato loro di rimanere con la propria famiglia, ricordandogli che sarebbero potuti essere la mia anche a chilometri di distanza.”
Hermione, Amanda e Silente fecero il loro ingresso nella grande tenda.
Harry era in piedi, nervoso. Neville era seduto su una delle sedie. Draco, anche lui in piedi, se ne stava in un angolo, cercando di non esplicitare troppo la sua presenza. Ginny e Ron guardarono Hermione non sapendo cosa dire. Luna, sempre con la sua espressione di una che vive fuori dal mondo, si avvicinò ad Hermione. Le sorrise.
“Bentornata a casa.”
Poi l'abbracciò.
Hermione rimase un secondo interdetta. Non si aspettava certo una cosa del genere. Credeva che avessero capito che della vecchia Hermione non era rimasto molto.
Eppure non riuscì al trattenersi dal ricambiare l'abbraccio.
Un flashback la colse impreparata.

“Sai che ti credo, Hermione. Ma non voglio lasciare Ron.”

Ecco la quarta. Lei, Luna. I primi tre erano stati il suo maestro e i gemelli. Poi c'era stata lei. Le uniche persone ad averle creduto.
“È un piacere rivederti, Luna.”
La bionda si staccò da lei.
Osservò Ron avvicinarsi cauto. “Niente uccelli di carta assassini stavolta, ok?” le disse alzando le mani in segno di resa ed abbracciandola.
Hermione non riuscì a fare a meno di sorridere.
Ginny le si avvicinò sussurrandole un semplice “Mi dispiace.”
Però bastava quella piccola e sincera frase a far sì che Hermione la perdonasse.
“Congratulazioni. Ho saputo che pochi giorni fa Draco ti ha chiesto di sposarlo.”
“Come?” il biondo si adirò, percorrendo con due grandi falcate la stanza, trovandosi davanti a Hermione. “Ci hai fatto pedinare? Spiare? O hai addirittura degli infiltrati?”
Hermione sorrise vagamente. I suoi occhi diventarono assenti, come se vedesse immagini di un'altra vita.
“Ci saranno fiori di pesco lungo la navata. E una bambina spargerà petali di rosa. E poi lei, bellissima, nel suo dolce abito bianco. E la tua faccia vedendola sarà impagabile. E non importa cosa tu faccia, alla fine accadrà. La vedrai camminarti incontro e il tuo pensiero sarà uno solo. Lei è la tua famiglia.”
Draco, punto nel vivo, si diresse nuovamente nell'angolo in cui tentava di nascondersi.
“Sarà senza dubbio un maschio” sussurrò Hermione a Ginny, in modo che solo lei potesse udire.
Gli occhi di Ginny brillarono. Ancora non lo aveva neanche detto a Draco.
“Non mi fido.”
Nessun'altra parola al mondo avrebbe potuto ferirla quanto quelle che aveva appena pronunciato Harry.
“Non mi piace che lei porti sempre una maschera” continuò facendo un cenno della testa verso Amanda.
“Loro non ne prevedono le conseguenze.”
Amanda aveva parlato, ma nessuno di loro aveva sentito la frase di Hermione che avrebbe dovuto precedere quell'affermazione.
“Se io mi togliessi questa maschera, voi vedreste il volto della persona che amate di più al mondo. Per nessuno è mai una bella esperienza, e sinceramente non credo che alcuni di voi siano pronti” continuò Amanda.
Neville, che fino a quel momento non aveva parlato, si alzò.
“La persona che più al mondo amo?” il suo tono di voce suggeriva la sua muta preghiera, quella di rivelare il volto dietro la maschera.
“Accettate le conseguenze delle vostre azioni” li avvertì Amanda.
Quando si abbassò il cappuccio e tolse la maschera, nessuno di loro parve stupito.
Draco aveva visto Ginny, e lei lui, così come Ron e Luna si erano guardati a vicenda. Neville aveva visto il viso di Hannah Abbott.
“Cosa vedi quando guardi il suo volto?” chiese Harry guardando verso Hermione.
Hermione si voltò, tentando di esprimere al meglio ciò che vedeva.
“Ha più o meno la mia età, i suoi capelli sono morbidi fili d'oro, i suoi occhi sono scuri, quasi neri. È alta. La bocca ed il naso rendono i lineamenti del viso morbidi e molto femminili. La linea dolce della mascella si perde dietro i lunghi capelli. Il suo sguardo sembra sia altrove da come si guarda intorno e a quanto dicono niente potrà mai far tornare a brillare i suoi occhi.”
Il silenzio cadde nella stanza.
“Io vedo Amanda.”
Per alcuni istanti il silenzio gelò l'aria. Hermione raccontò velocemente della pozione, accennò al fatto che aveva acquistato nuovi poteri e spiegò perché era stata diffusa la notizia della sua morte.
“Amanda, quando la guerra è scoppiata, ha iniziato ad accogliere dentro il suo castello tutti gli studenti fuggiti da Hogwarts quando è stata trovata dai babbani. Li ha accolti, ha dato loro un posto dove dormire, cibo, e prima che se ne rendesse conto, aveva sottomano un esercito” spiegò brevemente Hermione.
Non voleva soffermarsi troppo sui dettagli.
“Uno dei tanti poteri che ho è quello di riuscire a alzare uno scudo che mi protegge contro qualsiasi tipo di incantesimo. E che nessuno è in grado di abbattere, o di aggirare.”
Sentì un rumore provenire dall'esterno e impugnò la bacchetta.
Gli altri erano stati colti di sorpresa dalla velocità di quel gesto. Draco, invece, già pronto, in attesa dell'occasione migliore, puntò la propria bacchetta contro Hermione.
“Expelliarmus.”
L'incantesimo, davanti agli occhi sgranati dei presenti, venne deviato, senza che Hermione si voltasse neanche verso Draco.
La strega continuò ad ascoltare i rumori provenienti dall'esterno, e, quando fu sicura che non ci fossero pericoli imminenti, si voltò nuovamente.
“Ti consiglio di non riprovarci. Mai. Perché la prossima volta l'incantesimo non verrà spedito contro il pavimento, ma su di te.”
Lo sguardo fiero e scuro di Hermione non lasciò dubbi sul fatto che stesse dicendo la verità.
La seconda volta che udì il rumore all'esterno si voltò completamente, sempre con la bacchetta in mano.
Fu allora che Harry, colto da un attacco irrefrenabile di competizione verso Malfoy, ripeté l'incantesimo pronunciato da lui poco prima.
La bacchetta di Hermione cadde lontano.
Mentre lei si voltò, guardando Harry confusa, Silente immobilizzò tutti i presenti, mentre Amanda puntava la bacchetta contro la gola di Harry.
Hermione recuperò la propria bacchetta dal pavimento.
“Non siamo stati chiari” iniziò Amanda. “Non permetteremo a nessuno di fare del male ad Hermione. Noi daremo la vita per la sua, se necessario, e faremo sì che la guerra finisca. Ora, potete unirvi a noi, o cacciarci dal campo. Ma se vi unite a noi, chiunque di voi punterà la bacchetta contro di lei, verrà immobilizzato e privato di ogni suo potere da me in persona.”
Silente lasciò andare gli altri, mentre Amanda continuava a tenere immobilizzato Harry.
Il moro annuì, venendo liberato subito dopo.
“Accettiamo i termini dell'alleanza” affermò decisa Ginny.
“Mi scuso per questo equivoco. Amanda e Silente tendono ad essere protettivi nei miei confronti.”
Amanda la guardò. “Hai qualche ipotesi sul perché lui riesca a infrangere lo scudo?” chiese alla bruna.
“Si. Ma non trovo saggio esportela adesso, vorrei terminare di spiegargli come siamo arrivati qui.”
Hermione stava per continuare il racconto interrotto poco prima, quando si accorse di una cosa che non aveva notato.
Si diresse a passo spedito all'estremità apposta della tenda. C'era una bara, e sopra di essa una foto di lei scattata ad Hogwarts. Sotto la foto era scritto il suo nome.
Si voltò verso Harry, capendo finalmente il suo strano abbigliamento. Era vestito completamente di bianco.
Senza riuscire a pensare uscì dalla tenda, continuando a camminare per molti metri, fino a quando ebbe la certezza di essere abbastanza lontana dagli altri.
A quel punto si bloccò, sentendo le lacrime cadere dai suoi occhi.
Qualche istante dopo sentì due braccia forti catturarla. Sirius e Remus non avrebbero potuto più bloccarlo. Vedendola uscire non aveva potuto fare a meno di pensare che voleva essere lui a consolarla.
Hermione si voltò e assecondò l'impulso di abbracciarlo.
Finalmente, dopo tutto quel tempo, poteva tornare tra le sue dolci braccia.
“Mi dispiace così tanto...”
“Per cosa?”
“Per non essere riuscita ad impedire alla pozione di cancellarti.”
Era assurdo, non avrebbe dovuto sentirsi colpevole. Eppure era così.
“Tu mi ami, Harry. So che è così. E mi dispiace così tanto, perché ciò che ho sempre voluto è vederti felice. Ma non sono riuscita a fermarla. Io l'ho bevuta ed è stato tutto raso al suolo. Sono vuota.”
Harry l'abbracciò ancora più stretta.
Sentiva di riuscire addirittura ad amarla abbastanza per entrambi. Ma sapeva che un pensiero del genere non avrebbe fatto che far stare Hermione ancora peggio.
Tenerla tra le sue braccia dopo tanto tempo lo lasciò senza fiato.
“Mi sei mancata.”
Era tutto ciò che voleva farle sapere, per il momento.
Lei si strinse ancora di più a lui, quasi per volergli confermare che era lì, e che anche a lei era mancato.
“Ascolta, anche se adesso ti senti rasa al suolo, ricorda che non c'è niente che non possa essere ricostruito.”
Poco prima, dentro la tenda, Harry era riuscito a penetrare nello scudo che Hermione aveva costruito attorno a se stessa. Forse, se avesse avuto pazienza, anche lo scudo attorno al suo cuore sarebbe potuto essere abbattuto, fino a riempire quello spazio vuoto che diceva di avere al centro dell'anima.
Forse.




Grazie mille a tutti ragazzi, le recensioni mi hanno fatto molto piacere, siete fantastici!
Allora, ho aggiornato davvero in fretta, no?

Spero che continuerete a recensire...A presto!!




Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Come ai vecchi tempi ***


Un grazie a cleme_b, luca76, Fa.by, Jude16, roxy_xyz che hanno commentato l'ultimo capitolo. Ecco a voi quello nuovo, sperando che vi piaccia.




Come ai vecchi tempi


Hermione raccontò a tutti i presenti come erano giunti fino al campo.
Disse loro di chi si era unito ad Amanda, e raccontò di chi invece non lo aveva fatto. Spiegò come lei, prevedendo l'attacco a Grimmuld Place, avvertì Silente e salvò i membri dell'Ordine, che iniziarono ad agire in incognito. Narrò di come era riuscita a convincere Fred e George a lasciare il negozio e mettersi al sicuro, promettendo loro un posto in prima linea.
Alla fine, quando Hermione ebbe elencato loro alcuni dei nomi più significativi presenti tra le loro file, come Kingsley Shacklebolt ex Ministro della Magia, e così via, alcuni dei presenti si avviarono nelle rispettive tende.
Alla fine rimasero solo Harry e Hermione.
“Quando sono andata via, cinque anni fa, ho eseguito sei mesi di addestramento con Silente. Poi mi sono trasferita ed ho iniziato a vivere la mia vita normale, nell'appartamento in cui mi hai trovato. Ogni tanto ricevevo qualche lettera da Silente, mascherata sotto qualche nome di un'associazione di beneficenza babbana. Mi chiedeva di tornare, ma non avevo mai risposto. Finché sono dovuta scappare, e non sapevo dove altro andare, come allo stesso tempo sapevo che sarei dovuta comunque tornare lì. Poi è venuta fuori tutta la storia della profezia...”
Harry si decise a guardarla negli occhi solo dopo che lei finì di parlare.
“Quasi dimenticavo, Sirius ha chiesto di poterti parlare in privato. Gli ho detto che non ho problemi se tu non hai problemi.”
Il mago non rispose. Si limitò a guardarla, faticando ancora a credere che lei fosse nuovamente lì, e che l'avesse di nuovo stretta tra le sue braccia.
All'improvviso cinque anni sembravano così pochi. Pochi per riuscire a dimenticare, pochi per riuscire ad andare avanti.
E così dannatamente pochi per riuscire a smettere di amare lei, che non si stupiva più di non esserci riuscito, ma, anzi, si sarebbe di gran lunga meravigliato di più se fosse accaduto il contrario.
Le si avvicinò lentamente, senza smettere di tenere gli occhi su di lei, per assicurarsi che non sparisse. E poi, come ai vecchi tempi, l'abbracciò.

“Hermione, adesso che la guerra è finita, adesso che sono certo di avere ancora molti anni di vita davanti a me, è arrivato il momento di chiederti qualcosa che avrei dovuto chiederti molto tempo fa. Sei la strega migliore che abbia mai conosciuto, e la donna più bella del pianeta. E sento che tutto il resto della mia vita voglio dividerlo con te, in modo che sia valsa la pena di combattere. Vuoi sposarmi?”
Una scatoletta. Dentro, un anello.

Nessuno lo venne mai a sapere, oltre loro due.
Circa un mese dopo, un'esplosione aveva travolto Grimmuld Place. Loro erano nel boschetto di fronte. Harry si era precipitato verso l'abitazione, ma una seconda esplosione lo aveva travolto, facendolo svenire.
Il suo ultimo ricordo era di Hermione.
“Siamo io e te. Sono parte di te. Come sei parte di me. Sarò con te per sempre.”
Quando si risvegliò lei se n'era andata.
Circa sei mesi dopo scoppiò la vera e propria guerra.
Harry ancora si ricordava di quando stava insieme agli altri a guardare il notiziario babbano.

“Dopo gli eventi di sei mesi fa, che, come tutti ricorderete, hanno fatto luce su un mondo parallelo al nostro, popolato da veri e propri maghi, la cui sede principale è proprio qui, a Londra, oggi il Presidente degli Stati Uniti ha rilasciato il seguente messaggio.”
Un uomo alto e snello si trovava davanti ai giornalisti.
“Siamo, come abbiamo fin dal principio sostenuto, sconcertati dai recenti avvenimenti. Come per centinaia di anni siano riusciti a passare inosservati al governo Britannico rimane ancora un inspiegabile mistero. Tuttavia, da oggi, le cose cambieranno. L'esercito Americano si attiverà in terra Inglese. Le nostre truppe giungeranno oltreoceano a dare man forte ai soldati Britannici e non ci arrenderemo finché ogni singolo mago verrà catturato e privato dei suoi poteri.”
“Signor Presidente, sta forse dichiarando guerra all'intero Mondo Magico?” aveva chiesto uno dei giornalisti.
Il Presidente rispose dopo un attimo di esitazione.
“Si, è così. Siamo giunti fino a questo, temo.”


Hermione ricordava bene quel giorno. Quando quella notizia giunse fino a loro, il suo maestro le disse che l'addestramento era concluso. Hermione si rifugiò, come ordinatole, nel mondo babbano, rimanendo nell'oscurità fino al momento giusto, quando avrebbe capito di essere pronta.
La proposta di matrimonio di Harry era stata circa sette mesi prima della guerra. E a sei mesi dal suo inizio si era creata tra i due una spaccatura.
Quell'evento li aveva divisi.

Harry era su un piccolo palco, circondato da microfoni, si accingeva a parlare.
Non era mai stato così nervoso.
“Recentemente, una guerra è giunta a conclusione. Voi non eravate a conoscenza dell'esistenza di questa guerra, per un semplice motivo. È stata combattuta tra maghi.”
La folla iniziò a parlare, alcuni sbalorditi, altri impauriti, alcuni ritenendolo solo un pazzo.
“La guerra ha visto coinvolti due eserciti di maghi, alcuni buoni, gli altri cattivi. L'uomo che guidava i cattivi è stato sconfitto, e ci sono ragioni per credere che un evento del genere non si verificherà mai più. Tuttavia la vita che facciamo, dovendoci continuamente nascondere, non è una vita che ci soddisfa pienamente. Ed alcuni fatti recenti ci hanno portato a credere che il Mondo Magico possa finalmente unirsi a quello non magico. Ciò che vi chiediamo è solo tolleranza. Vorremmo che la pace, finalmente, regnasse su entrambi i mondi.”


Ma l'umanità, come Harry avrebbe dovuto prevedere, non si ferma.
Gli avevano fornito prove, erano state divulgate la cultura e la storia del Mondo Magico. Avevano addirittura concesso al Governo di fare esperimenti su alcuni di loro.
Ma quando avevano compreso che i Maghi sarebbero sempre stati superiori, la conclusione era stata semplice. Ucciderli tutti. In modo che non avrebbero mai potuto attuare un colpo di Stato.
Gli esperimenti erano diventati sempre più audaci.
Molti maghi sostenevano che rivelare l'esistenza della magia fosse stato un errore. Ed alcuni babbani erano disposti alla tolleranza. Ma, alla fine, quando era venuto il momento di combattere, nessuno si era tirato indietro. I maghi erano uniti, eccetto per alcuni di loro che avevano optato per il tradimento. Così come alcuni babbani proteggevano delle famiglie di maghi.
Come succede in ogni guerra.
Entrambi ricordavano la furiosa lite che avevano avuto quella stessa mattina, prima dell'apparizione pubblica di Harry che aveva scioccato il mondo intero.

“Harry, ascoltami, te l'ho ripetuto fino allo sfinimento. Stai per commettere un errore, loro non capiranno.”
Hermione era disperata.
“Non voglio vivere così, Hermione. Non voglio essere costretto a nascondermi ogni giorno. Voglio poter camminare per le strade di Londra senza che la gente mi guardi male perché indosso un mantello.”
“Ma non capisci, Harry? Se oggi parli, non potrai più camminare per le strade di Londra. Perché saremo in guerra.”
“No, invece, loro capiranno. Potremo convivere, avere la pace senza la prigionia.”
Hermione si portò una mano tra i capelli.
“Draco la pensa come me” ribatté lui con acidità.
“Ma ti ascolti? Parli di Malfoy come del tuo migliore amico. Io...io non ti riconosco più Harry” l'ultima parte della frase fu un sussurro. Ed Hermione rimase scioccata dalle sue stesse parole.
“Sono io che non riconosco te. Come puoi dire una cosa del genere? I tuoi sono solo pregiudizi.”
“Già” ribatté lei con forte sarcasmo “chissà perché ho dei pregiudizi su di lui. In fondo ha solo tentato di uccidermi. Ma forse tu lo hai dimenticato.”
“Era sotto la maledizione Imperius, Hermione. Quante volte deve ripetertelo ancora?” chiese esasperato il moro.
“Io non gli credo. Mi dispiace, ma ricordo i suoi occhi. Mi ha guardata negli occhi e poi ha tentato di uccidermi. Se non ci fosse stato Silente io non so che sarebbe successo.”
“Ma non è successo, per fortuna. E lui non era padrone delle sue azioni. Devi fidarti di me, Hermione.”
Si avvicinò a lei, mettendole una mano sulla sua, ma lei la ritirò.
“Forse è questo il punto Harry. Se vuoi che mi fidi di te, devi fidarti di me anche tu. Ed io ti sto dicendo di credermi, quando dico che se oggi parli, a breve ci sarà una guerra. Un'altra guerra, Harry, altri morti, altri danni.”
“Ma come puoi dire una cosa del genere?”
“Io lo sento Harry. Lo sento nelle ossa.”
Harry scosse la testa.
“Ormai è tardi per tirarmi indietro.”
Quando provò ad avvicinarsi a lei Hermione fece un passo indietro.
“Non so se riuscirò a sopportare un'altra guerra, Harry. Credo che combattere ancora mi ucciderebbe.”
“Prometto che non accadrà.”
L'aveva abbracciata e tenuta stretta a sé.

Ma aveva infranto la sua promessa.
Quel pomeriggio ci fu la conferenza stampa. Un mese dopo l'esplosione a Grimmuld Place. Sei mesi dopo dell'esplosione, la guerra.
Era fuggita, perché era consapevole che allora, affrontare un'altra guerra, l'avrebbe uccisa.
Era fuggita perché era stato lui a scatenare la guerra. Lui, che non aveva voluto darle ascolto.
Lui che non si era fidato di lei.
Per un attimo, mentre si trovava tra il calore disarmante delle sue braccia, permise alla sua immaginazione di fare un'ipotesi su come sarebbe potuta andare.
Si immaginò sposata ad Harry. Immaginò i loro figli, giocare sul prato. Senza la guerra.
O, magari, nel suo futuro, una volta che la guerra fosse finita.
Stava per sorridere, quando ricordò con dolore che lei non aveva un futuro con Harry.
Lei era immortale. Sarebbe vissuta, mentre Harry sarebbe lentamente invecchiato e poi morto. La vita glielo avrebbe crudelmente strappato, senza pietà.
Lo allontanò con una leggera spinta.
“Credevo che avessi capito, Harry. La pozione, ha distrutto tutto quello che avevo nel cuore. La pozione ti ha spazzato via.”
Harry la guardò. I suoi occhi verdi erano ancora più belli quando si velavano di tristezza.
Lo osservò. E per l'ennesima volta gli fece uno strano effetto, vestito di bianco da capo a piedi.
“Voglio solo che tu sappia che non c'è stato un solo giorno della mia vita, in cui non ho rimpianto le mie scelte. Mi dispiace per non aver mantenuto la mia promessa, mi dispiace aver provocato questa guerra. E il motivo per cui mi dispiace così tanto è che tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per te. Per avere una vita con te. Ancora oggi, lo faccio per te.”
Quello che Harry non avrebbe mai capito, né avrebbe mai saputo, era che anche tutto ciò che lei stava facendo era per lui.
E, come aveva già fatto, tornò a nascondere i propri sentimenti dietro una coltre di fumo, per celarli alla vista di Harry.
Come ai vecchi tempi.




Questo capitolo vi svela il loro passato, o comunque gran parte di esso. Non ve ne rendete conto ma state facendo grossi passi avanti verso il momento in cui le cose inizieranno a prendere una piega diversa...
Che altro dire, se vi è piaciuto, fatemelo sapere, se vi ha fatto schifo, fatemelo sapere, se non ve ne è fregato niente, fatemelo sapere.

In ogni caso sapere cosa state pensando aiuta sempre. Fate i bravi.




Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Al chiaro di luna ***


Ringrazio coloro che hanno recensito il capitolo precedente: Lights, Jude16, roxy_xyz, mela91, luca 76, Books e Fa.by.

PS: Per inciso, è stato proprio Harry a rivelare l'esistenza del Mondo Magico, in quella conferenza stampa.

Buona lettura!




Al chiaro di luna


Forse non era stato saggio rivelare i suoi sentimenti verso Lily ad Hermione, però non se ne pentiva.
Dopo anni, finalmente, era stato in grado di parlarne a qualcuno.
Si era tolto un peso enorme.
Ancora, qualche volta, se chiudeva gli occhi, riusciva a sentire la sua risata invadergli la mente.
Come avrebbe potuto dimenticare il suo sorriso?
Forse avrebbe potuto, se lo avesse desiderato più di ogni altra cosa al mondo.
Ma perché mai avrebbe dovuto volere una cosa del genere?
Lui adorava il suo sorriso.
Se solo fossi ancora viva.
Quante volte qual pensiero lo aveva assalito?
Oserei dirti quello che non ho mai osato dirti.
Sapeva che non era vero, ma mentire a se stesso lo faceva sentire molto meglio.
Illudersi di poterle dire che l'aveva sempre amata più della sua stessa vita, illudersi che in qualche modo lei avrebbe potuto fargli capire che sarebbe potuta anche andare in quel modo.
Se lei non avesse sposato James.
Ma com'era arrivato a tanto? Ad amare la moglie del suo migliore amico?
Si odiava. Profondamente. Eppure non poteva farne a meno.
“Lily.”
Sentì frusciare il tessuto della tenda, e si voltò di scatto.
Non riusciva a credere ai suoi occhi.
La strega che aveva davanti aveva gli occhi verde smeraldo, i più belli che lui avesse mai visto. Gli occhi di cui si era innamorato. Il suo viso, dai lineamenti delicati, era circondato da capelli lisci che le scendevano fino a metà schiena.
Era la donna più bella che avesse mai visto.
“Oh Dio Sirius, mi dispiace. Ho dimenticato la maschera.”
Amanda frugò nella tasca del mantello fino a trovarla ed indossarla di nuovo.
“Hermione desidera farti sapere che Harry ti sta aspettando. È nella sua tenda. Dice che dopo vuole parlarci di nuovo lei, ma non credo che sia un'idea saggia, quindi trattienilo il più a lungo che puoi. E cerca di non farti scoprire. Ricordati che potrebbe frugarti la mente e tu non te ne accorgeresti neppure, quindi fai come se niente fosse. Cerca di non lasciarli soli.”
Sirius la vide andarsene com'era entrata.
Lentamente, appena si fu ripreso dall'immagine di Lily ancora viva nella sua testa, si incamminò in direzione della tenda di Harry.
Quando fu vicino vide Hermione a pochi metri.
“Avevo bisogno di un po' d'aria” si giustificò.
Ma Sirius sapeva che le sue ragioni erano ben altre.
Come prima cosa voleva lasciare a lui e ad Harry la dovuta Privacy. E poi voleva passare insieme a lui solo il tempo necessario.
Perché?
Semplice a dirsi.
Perché era dannatamente tentata.
Entrò nella tenda, felice di poter nuovamente vedere Harry.
Si abbracciarono, parlando per ore e riallacciando quel rapporto meraviglioso tra padrino e protetto che a loro mancava da anni.
Infine, Sirius decise di andare quando sentì che non sarebbe riuscito a sopportare neanche un altro secondo di quegli occhi.
Ricordò che Amanda aveva detto di non lasciarli soli. Bhé, lui non la pensava allo stesso modo.
Salutò Harry, e, uscendo, si fermò a parlare con Hermione.
“Vai da lui.”
Lei lo guardò in modo strano, fingendo di non capire.
“Ascolta, so cosa pensi. E dico che dovresti fregartene altamente. So che in questo momento la tua adorabile testolina sta rimuginando sul fatto che tra vent'anni lui avrà il doppio della tua età, e che tra cento anni lui avrà centoventi anni e tu sempre venti. E che tra mille anni lui sarà morto da un pezzo e tu sarai ancora una ragazzina. Ma adesso ti dirò una cosa che probabilmente riterrai del tutto insensata.”
Hermione incrociò le braccia sul petto e sfoderò la sua espressione alla 'questa voglio proprio sentirla'.
“Lascia perdere.”
La sua espressione divenne di pura confusione mentre lasciava che le braccia le ricadessero lungo i fianchi.
“Stai scherzando? Come posso...lasciar perdere?” chiese sconcertata.
“Lascia perdere, ti incasinerai soltanto la testa pensando a tutti i pro e i contro di entrare là dentro con lui. Starai qui un sacco di tempo e non farai che chiederti quale sia la cosa giusta da fare, ma ho una novità per te. Non esiste una scelta giusta.”
Lei non sapeva che dire.
Non sapeva se mettersi a ridere o a piangere.
“Chiediti solo questo. Quando tu sarai ancora viva e giovane e lui se ne sarà andato, ripenserai a questa notte, a questo preciso momento, in cui potevi scegliere se entrare o andartene.”
Hermione si ritrovò a fissare l'entrata della tenda dentro cui sapeva esserci Harry.
“Che scelta vorrai aver fatto quando ancora potevi scegliere?”
Senza aggiungere altro si incamminò, ignorando nella maniera più assoluta quello che gli aveva detto Amanda.

Hermione rimase lì, a guardare quella tenda che la separava da Harry.
Sarebbe potuta entrare.
E sarebbe stato fantastico come lo era sempre stato. Con Harry era stata la sua prima volta e, dopo di lui, non aveva più voluto, né cercato, altri uomini.
Ciò che aveva sempre voluto era semplicemente lui.
Voleva trovare la forza per entrare e ci fu un momento in cui pensò che avrebbe davvero potuto farlo.
Entrando tutto sarebbe ricominciato. Sarebbero tornati insieme e sarebbero stati felici. Avrebbero affrontato e superato anche quella guerra e poi, quando sarebbe arrivato il momento, lei gli avrebbe spiegato che ormai la differenza d'età era troppa e che se ne sarebbe andata, per evitare ad entrambi di soffrire ulteriormente.
Però così facendo lo avrebbe annientato.
Avrebbe distrutto corpo e anima di Harry. Sarebbe rimasta con lui per gran parte della sua vita, forse altri venti, quarant'anni. O forse addirittura avrebbe potuto vederlo morire.
Ma a lui avrebbe fatto solo del male, perché avrebbe sempre avuto la consapevolezza che un giorno, morendo, avrebbe portato via con sé anche la sua felicità.
E non si sarebbe mai perdonato una scelta così egoista.
Quindi cosa avrebbe dovuto fare?
Entrare e fare del male a lui, o andarsene, rimpiangendolo per tutto il resto della sua vita da immortale?
Sapeva con assoluta certezza che Harry non l'avrebbe mai rifiutata.
E forse sarebbe riuscito a convincerlo che non era egoista, perché era ciò che lei voleva, infondo.
Però, quando lui sarebbe morto, cosa sarebbe rimasto di lei?
Niente. Solo qualche briciola.
Tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo corpo, tutto la stava implorando di entrare.
Ed infondo aveva ragione Sirius. Un giorno non sarebbe più potuta tornare indietro, mentre per pentirsene aveva un'intera eternità.
Sospirò pesantemente, voltandosi e iniziando a camminare verso la sua tenda, nella parte opposta del campo.
Dopo pochi metri, però, si fermò ad osservare il cielo terso e illuminato da miliardi di stelle.
Perché non era entrata?
Semplice.
La pozione.
Quella piccola sostanza simile ad acqua che lo aveva sommerso.
Il fatto che riuscisse a vedere il volto di Amanda ne era una prova più che certa. In cinque anni niente era riuscito a farglielo dimenticare neanche solo per un momento.
E adesso era sparito.
Incredibile.
Sentì dei passi dietro di lei, ma non si voltò.
La figura si sistemò al suo fianco, guardando le stelle insieme a lei.
“È una notte davvero magnifica per osservare le stelle” fece notare Hermione dopo un po'.
“Già. Non c'è neanche una nuvola.”
Rimasero così, in silenzio.
Era sempre stato meglio il silenzio tra loro. Perché parlare, quando un loro sguardo era sufficiente a dire tutto ciò che dovevano dire?
Improvvisamente sentirono una musica provenire da una delle tende lì vicino.
“Non farci caso. È la piccola Molly. Ancora non controlla i suoi poteri e quando mamma e papà sono troppo stanchi anche solo per parlare e la lasciano piangere, lei si diverte ad accendere la loro radio babbana a tutto volume. Più di una volta ho giurato a me stesso che farò pentire Ron per essersi tenuto quell'aggeggio.”
Hermione sorrise.
La musica che si propagava dalla tenda era lenta e dolce, il lento propagarsi di una melodia classica li fece rilassare.
Al chiaro di luna il suono del piano era ancora più bello.
Harry, senza preavviso, le porse una mano.
Hermione rimase sorpresa, all'inizio.
Ma poi non riuscì a resistere alla tentazione come avrebbe voluto e cedette.
Afferrò il palmo che gentilmente le porgeva e si avvicinò lentamente a lui.
Iniziarono a danzare lenti, sotto le stelle attente che osservavano ogni loro piccolo movimento.
Perfino la luna stessa sembrava incapace di distogliere lo sguardo da quello spettacolo meraviglioso.
Due ragazzi, due amanti che si erano persi anni prima.
E che finalmente si erano ritrovati.
Al chiaro di luna tutto era più semplice.
Perché, con l'oscurità che nascondeva i loro segreti, erano finalmente liberi di essere se stessi.
Eppure, proprio grazie alla luna, che flebile li illuminava, qualcosa di lor poteva comunque essere intravisto.
Come Harry che vide gli occhi un po' lucidi di Hermione.
E fu proprio Hermione, che per l'ennesima volta quello stesso giorno, non poté che rimanere paralizzata osservando l'abbigliamento di Harry, che si era ricordato perfino di quella stupida confessione.
Al chiaro di luna, rimasero abbracciati anche quando il piano li ebbe abbandonati.
Ron si era deciso a spegnere la radio e a cullare la piccola.
Al chiaro di luna, continuarono a ballare anche senza musica, muovendosi dolcemente cullati ognuno tra le braccia dell'altro.
Al chiaro di luna, fu facile per Hermione ammettere, almeno a se stessa, che quella cavolo di pozione si era tenuta a chilometri di distanza dal posto in cui il suo cuore teneva custodito il suo segreto più prezioso.
Lui.
Harry.




Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Io lo considero probabilmente uno dei più sentimentali...Ma non siamo qui per sapere che ne penso io. Voglio sapere che ne pensate voi.
Quindi fatevi sotto e lasciate una recensione. Vi è piaciuto? Fatemelo sapere. Vi ha fatto schifo? Fatemelo sapere e cercherò di essere meno sentimentale. Non ve ne frega niente di questa storia? E perché avete letto allora? =D


A presto ragazzi!



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La Cicatrice ***


Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente, in particolare coloro che hanno recensito: Fa.by, luca76, roxy_xyz, P e a c h, Jude16 e Lights. Grazie a tutti ragazzi.

Buona lettura!





La cicatrice


[Nel capitolo precedente]

Al chiaro di luna, fu facile per Hermione ammettere, almeno a se stessa, che quella cavolo di pozione si era tenuta a chilometri di distanza dal posto in cui il suo cuore teneva custodito il suo segreto più prezioso.
Lui.
Harry.



E il motivo era davvero molto semplice.
Niente avrebbe potuto portarlo via. Sarebbe per sempre rimasto una parte di lei. Come era giusto che fosse.
Lentamente si scostò da lui, guardandolo finalmente negli occhi.
“Devi riposare Harry. Domani sarà una lunga giornata.”
Harry rise.
“E tu come lo sai?” chiese ironicamente. Ma subito si rese conto dalla sua espressione che lei si rendeva perfettamente conto di quanto quella giornata sarebbe stata difficile.
“Buonanotte” disse, mentre si avviava per la seconda volta verso la propria tenda.
“Buonanotte” sussurrò piano in risposta Harry, quando ormai lei era troppo distante per poterlo sentire.

Quando si svegliò fu soddisfatto di aver potuto finalmente fare quelle dieci ore di sonno di cui aveva un disperato bisogno da almeno quattro anni.
Ma come diavolo era riuscito a dormire per dieci ore?
Eppure era sicuro di aver capito che quella giornata sarebbe stata molto movimentata.
Che Hermione avesse sbagliato?
Il solo pensiero lo fece quasi scoppiare a ridere. Hermione non sbagliava mai neanche prima, figurarsi adesso con i suoi nuovi poteri.
Quando si fu svegliato e preparato con calma per quella nuova giornata, si diresse cautamente verso la tenda in cui si tenevano le riunioni, la stessa in cui era stato celebrato il funerale.
Quel pensiero gli fece ricordare della scarica di pura gioia che lo aveva attraversato da capo a piedi quando aveva scoperto che lei era ancora viva.
Con un mezzo sorriso entrò nella tenda, vedendo un viavai di gente incredibile.
Neville fu il primo ad andargli incontro.
“Harry, grazie al cielo ti sei svegliato! Abbiamo un'emergenza, o meglio, l'avremo tra poco se non...”
“Non ascoltarlo, sai come sono i suoi allarmi rossi. Io e Ron abbiamo bisogno di te per cose più importanti, devi venire con noi in città per...” ma anche Draco fu interrotto.
“Harry, grazie a Dio ti abbiamo trovato, dovremmo parlarti di una questione riguardante le strategie con cui vorremmo attaccare durante la battaglia. A dire la verità ne abbiamo già in mente un paio, ma volevamo consultarci con te prima.”
Fred e George gli stavano difronte.
“Harry, io e Remus desideriamo parlarti per quello che riguarda la tua sicurezza personale...”
Ma anche Sirius non riuscì a finire la frase.
“Harry Potter, Amanda e Silente desiderano comunicare con te” Blaise era andato a chiamarlo, mentre Pansy, ne era più che sicuro, era rimasta con Amanda.
“Ok, calmatevi immediatamente. Prima di tutto, perché non mi avete svegliato come fate sempre?” chiese perplesso.
I presenti si scambiarono delle occhiate fugaci, ma nessuno osò parlare.
“Ma certo, che domanda sciocca.”
Infatti era più che ovvio che Hermione era la causa di quel trambusto. Era stata lei a chiedere a tutti di lasciarlo in pace, aveva messo un freno a quello che lui non era stato capace di fermare.
Come sempre, prendersi cura di lui era una cosa che era nel suo codice genetico.
“D'accordo. Draco, aspettami qui, andremo in città stasera. Fred, George, tutte le proposte per le battaglie devono essere revisionate da Ginny e da Draco prima di passare a me. Sirius, la mia sicurezza personale non mi preoccupa, almeno finché sono all'interno del campo. Zabini, possiamo iniziare a camminare. Neville, qual'è il codice rosso?” chiese mentre precedeva Blaise attraverso il campo, seguito dai gemelli, Sirius e da Neville.
“Non è proprio un codice rosso, abbiamo finito tutte le provviste di medicinali. Ero convinto che ce ne fossero per almeno altri due mesi, ma la recente epidemia di polmonite tra anziani e bambini ci ha ridotto in ginocchio. Ci servono altri antibiotici, e ci servono subito.”
Harry annuì. “Lascia che ci pensi io, intanto fai quello che puoi.”
“Harry, abbiamo già esposto lo schema ad Hermione e successivamente a Ginny e Draco, poi anche a Ron e Luna. Ci hanno detto tutti che solo tu potevi decidere su una cosa del genere. Tranne Hermione, lei ci ha detto solo che siamo stati molto bravi.”
Harry annuì. “Portatelo nella mia tenda, appena avrò un minuto gli darò un'occhiata.”
“Grazie Harry” disse Fred, con il suo solito sorriso.
“Si, sei il migliore” lo ringraziò anche George.
“Dovresti considerare l'idea di due guardie del corpo. Adesso sei uno dei tre comandanti, Harry, e sia Amanda che Silente hanno già le loro guardie.”
Harry si bloccò voltandosi verso di loro.
“Ed Hermione?” chiese.
Sirius esitò, decidendo cosa rivelare. “Lei non ha bisogno di una cosa del genere, può tranquillamente deviare qualsiasi oggetto o incantesimo che le si avvicini per un raggio di dieci metri.”
“E poi, come sempre, non vuole che qualcuno si sacrifichi per lei. Come del resto non voglio io.”
Ormai erano davanti alla tenda.
“Non si sacrificherebbero per te. Servirebbero solo a guardarti le spalle.”
“Oh” sussurrò Harry “in tal caso ne ho già cinque” sorrise alludendo ai suoi consiglieri.
Sirius evitò di incrociare il suo sguardo.
“Harry, non credo che sia saggio contrastare una decisione di Hermione. Ascolta, entra là dentro e senti quello che ti deve dire. Quando avrai finito sarò qui fuori per ascoltare la tua decisione.”
Harry strinse i denti ed evitò di ribattere.
Entrò dopo Zabini nella tenda, vedendo davanti a sé Amanda, Silente ed Hermione.
La strega con la maschera fece un piccolo cenno con la testa e i due ex-Serpeverde uscirono.
“Buongiorno Harry” gli disse educatamente Silente.
Hermione gli dava le spalle ed era intenta ad osservare qualcosa che stringeva dentro la sua mano sinistra, in modo che nessuno dei presenti potesse vedere cosa fosse.
“Siamo qui per quello che è successo ieri. Nessuno dovrebbe essere in grado di penetrare lo scudo di Hermione, ma a quanto pare tu ci riesci” iniziò Amanda, andando subito al punto.
Hermione serrò il piccolo oggetto nella mano sinistra, e poi lo ripose in una tasca. Si voltò, osservando Harry a lungo, prima di parlare.
“Io ho una teoria” disse, facendo qualche passo verso di lui. “Suppongo che in te ci sia qualcosa che ti permette di penetrare oltre lo scudo, qualcosa che riesce a fare breccia nella magia più pura. Non è qualcosa di malvagio, ma è comunque qualcosa che ti rende diverso dagli altri. Qualcosa che ti ha segnato.”
Ad Harry ricordò molto il discorso che Silente gli aveva fatto al primo anno.
“Come disse il professor Silente, qualcosa che mi ha segnato nel cuore?”
“Oh, no. Questa è una cosa molto più superficiale” rispose Hermione. “Si tratta della tua cicatrice.”
Harry fu a dir poco sorpreso da quella risposta.
“Come può essere la cicatrice?” scosse forte la testa. “Non ha senso. La cicatrice è un segno sulla mia pelle, è solo...è come un taglio.”
“Non prenderla nel modo sbagliato Harry. Non sto dicendo che in qualche modo ti ha reso peggiore, solo che ti ha reso più resistente ad un certo tipo di magia. Quando Voldemort ti ha lanciato l'Anatema che Uccide, ti ha in qualche modo reso immune ad alcune cose, per esempio il mio scudo non ha effetto con te. Un altro esempio è che io non riesca a leggerti nel pensiero” ammise leggermente contrariata.
“Ma Piton ci riusciva” la incalzò Harry.
“Piton usava un incantesimo, il Legiliments. Io posso leggere nella mente delle persone senza che se ne accorgano.”
Harry parve leggermente scioccato da quella notizia.
“E quali altri dei tuoi super poteri non funzionano con me?” chiese ironicamente.
Hermione non rispose.
Un dubbio ancora la tormentava.
Era ormai consapevole del fatto che grazie al suo potere di disillusione ottica riusciva a vedere il volto di Amanda, ma ancora non riusciva a capire perché la pozione non lo aveva sommerso.
Aveva fatto tre ipotesi al riguardo.
La prima era la più semplice, ovvero che la pozione non fosse predisposta per una cosa del genere.
Infondo Silente e Amanda non erano sicuri dell'effetto che avrebbe avuto.
La seconda, quella più ovvia, era che il suo legame con Harry fosse troppo forte per essere spezzato.
Ma la terza, quella che la spaventava leggermente, era che la pozione non avesse avuto effetto sul suo affetto per Harry perché lui si era dimostrato essere immune a più di un suo potere.
Forse era immune alla pozione, per questo non aveva avuto effetto.
Ma come avrebbe potuto saperlo?
Come avrebbe potuto averne la totale ed assoluta certezza?
Era davvero colpa e merito insieme di quella piccola cicatrice a forma di saetta, se Harry era ancora lì dov'era sempre stato?
Capì in quel momento che non avrebbe mai potuto esserne sicura.
Eppure, quando alzando gli occhi incrociò quelli verde smeraldo si Harry, non poté fare a meno di pensare che in realtà non le importava.
Tutto ciò che importava era che lui fosse lì. E fosse lì anche lei.
“Aspettiamo fuori.”
Silente e Amanda uscirono.
“Perché non sei arrabbiato? Non è da te. Ce ne siamo andati senza una parola. Credevo che avresti portato rancore in eterno, soprattutto a me” disse Hermione.
“Avrò tempo per portare rancore. Ma se uno qualunque di voi dovesse...” cercò invano le parole adatte. “Non ce la facesse a sopravvivere anche a questa guerra, non voglio che i miei ultimi ricordi siano di me che lo evito.”
Hermione annuì. Riflettendoci su era proprio una cosa da Harry.
“Ti invidio Harry. Sei riuscito a passare sopra a tutto. Io non ci riesco. Non posso dimenticare. E non posso evitare di pensare che se solo mi avessi ascoltato molte vite sarebbero state risparmiate.”
Harry si morse un labbro per evitare di ribadire che il motivo per cui aveva fatto tutto quello era lei.
“Avrai due guardie del corpo durante le missioni e quattro in battaglia.”
Harry rise sarcasticamente. “Io non credo.”
Hermione lo guardò con aria di sfida. “Ed io non credo che stasera di permetterò di venire con me e Malfoy in città per i rifornimenti ed i farmaci se non accetti.”
“Come fai a sapere di Draco?”
“So che andate sempre tu, lui e Ron a fare i rifornimenti. Non è stato difficile immaginare il resto sapendo che parlavate di andare in città stasera. Due guardie. Alle cinque in punto di oggi pomeriggio fatevi trovare pronti.”
Harry annuì. Non era nella posizione per dare ordini, visto che il suo esercito era un terzo di quello di Hermione non era nelle condizioni di dettare le regole.
“Ci noteranno se siamo troppi.”
“Tranquillo. Le mie due guardie sono attive solo in battaglia, quindi verrò da sola.”
Harry per la seconda volta nel giro di pochi minuti si morse il labbro.
Hermione lo precedette fuori dalla tenda.




Bene ragazzi, questo è stato un capitolo tranquillo. Preparatevi perché presto inizierà l'azione, poi verrà anche il dramma, non preoccupatevi.
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate.

A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Molly ***


Salve a tutti ragazzi!
Come sempre ringrazio tutti coloro che recensiscono la mia storia, P e a c h, luca76, Jude16, Lights, roxy_xyz e Fa.by. Siete fantastici ragazzi.

Buona lettura!


Molly


[Nel capitolo precedente]

“Ci noteranno se siamo troppi.”
“Tranquillo. Le mie due guardie sono attive solo in battaglia, quindi verrò da sola.”
Harry per la seconda volta nel giro di pochi minuti si morse il labbro.
Hermione lo precedette fuori dalla tenda.


“Neville, tranquillo, provvederò a procurarmi le medicine che ti servono” lo salutò Hermione con un sorriso gentile.
“Allora, le guardie del corpo?” chiese apprensivo Sirius.
“Come richiesto Harry sceglierà due guardie del corpo per ogni missione e quattro in battaglia, come gli altri comandanti.”
Harry lanciò a Sirius un'occhiata accusatoria. Era stato lui a richiedere che gli fossero messe delle guardie? Infondo, la sera prima, gli aveva raccontato di tutte le centinaia di volte che aveva rischiato la vita in quei cinque anni. Che fosse in apprensione per lui?
“Fred, George, andate a chiamare i vostri genitori. Devo mostrarvi una cosa.”
I gemelli annuirono, defilandosi velocemente.
“Draco, tu e Ron verrete con me, stasera. Vado ad avvertirlo, fatti trovare pronto per le cinque” disse invece Harry rivolto al biondo.
Draco annuì, andando verso la tenda dove Ginny lo stava aspettando. Mentre lui se ne andava, Fred e George tornavano accompagnati dai genitori.
Harry salutò educatamente i signori Weasley e poi si incamminò. Notò subito che, dopo un cenno della testa di Hermione, lo seguirono.
Non mostrò alcun segno della sua perplessità.
Harry trovò Ron fuori dalla tenda che riparava una delle corde che la sostenevano.
“Ron, stasera andiamo in città. Alle cinque fatti trovare pronto, andiamo a fare rifornimenti.”
Il rosso annuì. “Mi aspettavo che ci saremmo andati a breve.”
Tornò ad occuparsi della corda e quando finalmente fu riparata si diresse verso gli altri e li abbracciò uno ad uno, fino ad arrivare a Hermione. Fu quasi per abbracciare anche lei quando si bloccò ed i suoi orecchi diventarono di un pericolosissimo color rosso.
Hermione gli sorrise.
“Tranquillo Ron. Non ti morderò.”
Anche Ron sorrise e si abbracciarono.
“È bello averti nuovamente qui” le disse Ron.
Quando si separarono Hermione lo guardò leggermente infastidita.
“Ma come ti è venuto in mente di non dirglielo, Ron? Cavolo, era la prima cosa che avresti dovuto fare, quando li hai rivisti.”
Ron arrossì. “Pensavo solo che avrebbero prima voluto sapere che Ginny e Draco si sposano.”
Sembrava che tutti i membri della famiglia Weasley stessero per avere un infarto.
“Oh Dio” sussurrò Ron, rendendosi conto che lo aveva detto ad alta voce. “Ginny mi ucciderà. Questa è la volta che mi ucciderà” disse sconsolato.
“Ti uccideranno prima loro, dammi retta” gli disse piano Harry, l'unico che aveva capito di cosa stessero parlando.
Ron si voltò verso i suoi genitori e i gemelli.
“D'accordo, facciamo questa cosa. Mamma, papà, c'è una persona che vorrei presentarvi.”
Sospirò, mentre li faceva entrare nella tenda. I sei ospiti rimasero all'ingresso, mentre Ron entrava in un'altra stanza, chiedendogli di aspettarlo.
Quando tornò da loro teneva in braccio una piccola bambina con le mani e il viso paffuti ed i capelli biondi. Aveva due enormi occhi azzurri che la rendevano quasi celestiale. O, forse, quello dipendeva dal fatto che la bambina era la figlia di Luna Lovegood.
“Mamma, papà, lei è la piccola Molly.”
I signori Weasley si scambiarono un'occhiata molto significativa, mentre lei iniziava a commuoversi.
Hermione guardò Harry, facendogli un cenno con la testa.
“Sei zio!” disse Fred al gemello.
“Anche tu! Non è fantastico?” chiese di rimando George.
Harry ed Hermione uscirono, lasciando i Weasley a godersi quel momento familiare in pace.
“Alle cinque. Mi raccomando.”
Harry considerò quelle poche parole da parte della bruna come un congedo.
La vide infatti dirigersi dalla parte opposta in cui stava andando lui.
Quando fu sicuro che non sarebbe tornata sui suoi passi si voltò per guardarla.
Come avrebbe potuto rimanere in collera con lei? Era troppo speciale per essere odiata.
La guardò camminare e tutto quello a cui riuscì a pensare fu che ancora, da quando era tornata, non l'aveva sentita ridere. Con suo estremo disappunto, oltretutto.
Adorava sentirla ridere. Era tutto ciò che voleva dalla vita.
All'improvviso ricordò, senza alcun filo logico apparente, una delle loro notti insieme.
Avevano riso così tanto che Harry sarebbe potuto anche morire. Avevano riso per ore ed ore, senza mai stancarsi di parlare e di ascoltare, senza mai smettere di guardarsi e tenersi abbracciati.
Avevano riso così tanto che Harry aveva seriamente preso in considerazione l'idea di rimanere per sempre in quel letto con lei, senza uscirne mai più.
In fondo, perché no, avrebbero potuto anche vivere solo di amore e di risate.
Però poi, gli tornò in mente Hermione. La sera prima, sotto alle stelle. Mentre ballavano.
Hermione che gli aveva chiaramente fatto capire più di una volta che la pozione che aveva bevuto aveva riempito la sua anima, cancellandolo per sempre dal suo cuore.
E pensò che avrebbero anche potuto vivere con il suo amore. Sarebbe stato abbastanza per lei e lui si accontentava di sentire la sua risata.
Quindi perché no? Amore e risate.
Era tutto ciò che chiedeva.
Però gli bastò chiudere gli occhi per ricordarsi di una cosa che gli aveva detto Sirius dentro la tenda.

“Non è colpa tua. E neanche sua, se è per questo. È successo. E non puoi cambiare il passato, però puoi adattarti. Lei non accetterà mai che tutto torni come prima. Questa cosa l'ha totalmente scombussolata. Per lei è stato come perderti una seconda volta, dopo cinque anni. Perderti per sempre.”
Non si riferiva all'effetto della pozione, no.
Sirius parlava della sua condizione.
“L'immortalità è...complicata.”
Sospirò pesantemente. Harry vide in lui i segni del tempo che passava, troppo veloce, certo, eppure troppo lento.
“Devi cercare di capire se ti evita. Devi cercare di metterti nei suoi panni. Non può stare con te tutta la vita, perché vivrà per sempre, e al tempo stesso tu non potresti stare con lei tutta la vita perché lei avrà per sempre vent'anni.”
Sirius guardò la sua espressione triste.
“Harry, ascolta, io non sono stato molto fortunato in amore. Per tutta la vita ho amato una donna che non ricambiava i miei sentimenti. Però posso dirti una cosa, una cosa che, tu non ci crederai mai, mi ha insegnato proprio Hermione.”
Harry lo guardò curioso di scoprire cosa gli aveva detto la bruna.
“Chi ama davvero, ama per sempre.”

Sirius aveva ragione. Era un dilemma irrisolvibile.
La guardò entrare in una tenda, ormai molto lontana da dove si trovava lui.
Si voltò, incamminandosi anche lui verso i propri alloggi.
Ed anche Hermione aveva ragione.
Chi ama davvero, ama per sempre.
Forse non con la stessa intensità ogni giorno, né ogni giorno allo stesso modo.
Però ama.
L'unica e sola eccezione al mondo, però, era proprio lei.
Perché Hermione non amava più.

Entrato nella sua tenda afferrò un foglio che i gemelli avevano lasciato sulla sua scrivania. Avevano soprannominato lo schema 'I Fantastici 4'. Harry si chiese come facessero a conoscere quel fumetto babbano.
Era una formazione geniale. Avrebbero senza dubbio dovuto usarla in battaglia prima o poi.
Le cinque arrivarono, e nel frattempo Harry aveva fatto il giro di visite con Neville, cercando di appuntarsi più medicine possibili da trovare una volta in città. In più aveva fornito sistemazioni migliori a molti dei suoi nuovi alleati, portando le loro tende più vicine al pozzo. Poi si era accorto che uno non poteva bastare per tutti ed aveva passato il resto del tempo costruendone un secondo, aiutato da molti dei presenti. Ovviamente una volta costruito il pozzo inserirci l'acqua con un incantesimo fu facile, tanto che riuscirono a completarlo prima delle cinque.
Il cibo, invece, era molto più difficile da trovare per tutti. Infatti il cibo costituiva una delle cinque principali eccezioni alla legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli elementi.
Alla fine lo aveva imparato anche lui, sentendo Hermione ripeterlo.
Sorrise leggermente al pensiero e si preparò per quella sera.
Alle cinque uscì dalla tenda, trovando Hermione ad aspettarlo.
Era vestita in abiti babbani per la prima volta da quando era arrivata al campo.
Non aveva più quel lungo mantello, ma era tornata ad indossare uno dei suoi maglioncini leggeri e dei jeans neri che le arrivavano ben oltre le caviglie, ma venivano fermati sopra di esse dalle scarpe bianche.
Anche lui, Ron e Draco indossavano abiti babbani.
Ma Harry si ritrovò a pensare che a nessuno di loro stavano così bene.
“Ok ragazzi, questa volta sarà più difficile. Il cibo dev'essere quadruplicato. Ed è meglio che non vi dica di quante medicine abbiamo bisogno.”
Hermione gli si avvicinò, sbirciando sul foglio.
“Direi che posso cavarmela da sola in paio d'ore.”
Ron annuì. “A noi servirà un po' di più per procurarci il cibo.”
Hermione sollevò un sopracciglio. “Intendevo che in paio d'ore troverò sia il cibo che le medicine, Ronald” sentirglielo pronunciare di nuovo con quel tono da so-tutto-io fece uno strano effetto a tutti. “Voi dovete fare qualcosa di più importante.”
“E cosa?” chiese il rosso perplesso.
“A est di Falmouth c'è un palazzo, lo riconoscerete perché è il più alto della zona. Lì dentro stanno usando il liquido che Neville ha prodotto. Se non li fermiamo subito, produrranno un esercito di soldati che ci uccideranno in men che non si dica.”
Draco e Ron si guardarono sconvolti.
“Ad attendervi troverete Moody e Thonks. Erano in missione per me, mi stupisce non poco che nessuno di voi abbia chiesto di loro” aggiunse leggermente ironica.
“Io vengo con te.”
Spostarono tutti gli occhi su Harry.
“Non guardarmi così. Non ti lascio andare da sola. Io vengo con te in città, quando abbiamo finito raggiungiamo gli altri e li aiutiamo.”
“Tra due ore sarà troppo tardi” ribatté secca Hermione.
Harry rimase immobile, incrociando le braccia al petto.
“D'accordo allora” rispose Hermione quando capì che non avrebbe ceduto. “Facciamo così, prima andiamo tutti ad est, distruggiamo le provette e poi io andrò in città per le provviste.”
Harry annuì, pensando che c'era tempo per convincerla a portarlo con lei anche in città.




Ok, ci siamo. Il prossimo capitolo inizierà l'azione, anche se gradualmente.

Una cosa ci tengo a chiedervi. Se per ipotesi avessi avuto l'ispirazione per scrivere una quarta parte (ovviamente dopo aver finito la terza e avervi dato il finale che avevo già in programma), la cosa, quanto vi farebbe arrabbiare?

Non dimenticate di farmi sapere che ne pensate del capitolo!! A presto ragazzi.




Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il Tesserino di Jean Smith ***


Salve a tutti!
Scusate se vi ho fatto aspettare così tanto, ma è stata una settimana di assoluto stress. Finalmente ho trovato il tempo per aggiornare, ma prima di lasciarvi alla lettura, ci tengo a ringraziare chi ha recensito l'ultimo capitolo: P e a c h, roxy_xyz, Fa.by e luca76. Grazie mille ragazzi.

Buona lettura!





Il Tesserino di Jean Smith


All'entrata dell'edificio trovarono, come Hermione aveva già detto, Moody e Thonks.
“Allora, abbiamo tenuto d'occhio l'edificio come ci avevi chiesto. Le capsule dovrebbero essere al cinquantaseiesimo piano. In tutto sono sessanta piani. Quando uscite dall'ascensore dirigetevi verso destra, e poi entrate nell'ultima porta che trovate. Vi condurrà in uno stanzone dove ci sono almeno un migliaio di quelle capsule. Dovete distruggerle tutte e far evaporare il liquido.”
Moody era molto pratico, come sempre.
“Non sanno cosa c'è dentro, si sono limitati a copiare quello prodotto da Neville” spiegò Thonks.
“E come lo hanno ottenuto quello di Neville?” chiese sorpreso Harry.
“Nello stesso modo in cui hanno riprodotto il liquido, presumo.”
Gli sguardi interrogativi dei maghi fecero capire ad Hermione di non essere stata sufficientemente chiara.
“Grazie ad un mago. Un mago che gli ha portato un campione del liquido e poi lo ha riprodotto in serie per loro. Un mago del vostro campo. Qualcuno che vi ha traditi.”
Ci volle qualche secondo perché assorbissero tutto il significato di quelle parole.
“Dannazione” sussurrò Harry.
“Tranquillo, prima di venire qui ho fatto in modo che nessuno lasciasse il campo. Anche se penso di sapere già di chi si tratta.”
Harry la guardò, ma dai suoi occhi non traspariva niente.
“Quando siete pronti lo siamo anche noi” gli ricordò Thonks.
“Cosa farete voi?” chiese scettico Draco.
“Figliolo” rispose Moody “noi siamo il diversivo.”
Draco fu percorso da un brivido.
Stare troppo vicino al vecchio Malocchio gli faceva quell'effetto, da quando lui lo aveva trasformato in un furetto e ficcato dentro i pantaloni di Tiger.

Quando furono pronti Hermione trasse un profondo respiro e si limitò ad avvertire gli altri.
“Reggetemi il gioco. E mi raccomando. Non un solo passo falso.”
Poi, in un passo, raggiunse la telecamera posta sopra le porte scorrevoli, che si aprirono per lasciarli passare.
Una volta giunta alla reception, Hermione si avvicinò con passo spedito alla donna che stava al bancone. C'era un viavai incredibile di gente, ma nessuno sembrava preoccuparsene, ne esserne troppo sorpreso.
“Buonasera. Siamo qui su richiesta della commissione per la Sicurezza Nazionale. Recentemente ci sono stati segnalati dei traffici di materiale sospetti, ed abbiamo ragione di credere che voi siate un'associazione che favorisce e addirittura nasconde dei maghi ricercati.”
Estrasse un cartellino a lo mostrò alla donna.
Sopra recava la scritta in rosso: Ispettore della Sicurezza Nazionale – Sezione Speciale.
E poi in nero, sotto, il nome Jean Smith. Accanto una fotografia di Hermione.
“Loro sono le mie guardie del corpo.”
I tre uomini erano vestiti con giacche e cravatte nere, che Hermione aveva fatto apparire per l'occasione.
“Un momento solo, prego.”
La donna sparì oltre una porta alle sue spalle e tornò accompagnata da un uomo molto più anziano di lei.
“Signori, se volete seguirmi.”
Fece loro un cenno con la mano, facendosi seguire. Entrarono nell'ascensore, scendendo al terzo piano. Quando furono davanti ad una porta bianca l'uomo la aprì e fece loro segno di entrare.
Una volta che i quattro furono dentro l'uomo richiuse la porta, senza entrare a sua volta.
Harry stava per scagliarsi contro la porta ed urlare, quando sentì chiara nella sua testa la voce di Hermione, come era sicuro che la sentissero anche Ron e Draco.
“Mantenete la calma. È solo un controllo di routine. Se rimaniamo calmi penseranno che ce lo aspettavamo. Dovete comportarvi da guardie del corpo, ricordate? Rimanete impassibili.”
Harry deglutì, chiedendosi come fosse possibile.
Rinunciò a capire e si diresse di nuovo verso gli altri, senza dire niente, i tre circondarono Hermione, dandole le spalle.
Sembravano sul serio gente del governo.
Un secondo dopo accadde all'improvviso.
Delle scariche rosse si abbatterono sui loro corpi, e i tre caddero a terra, contorcendosi dal dolore provocato dalla Maledizione Cruciatus.
Hermione invece finse una piccola scossa, piegandosi, ma subito tornò in posizione normale.
La porta si aprì, rivelando l'uomo di prima.
Una volta fuori dalla stanza Hermione parlò.
“Non ci aspettavamo un controllo del genere anche sulle guardie del corpo. Loro non sono state sottoposte al vaccino. Solo io l'ho assunto.”
“Non avevamo dubbi su ciò, anzi, ci avrebbe stupito il contrario” rispose l'uomo, lanciando un'occhiata ai tre vestiti di nero, considerandoli così inferiori che Harry ebbe la tentazione di dargli un pugno in faccia.
“Ci porti dal direttore, prima che decida di comunicare al governo i metodi che usate. La tortura è ancora illegale, signor Trevis, e non tollero questo trattamento sui miei dipendenti” disse decisa Hermione, fingendo di guardare la targhetta che portava sulla giacca mentre pronunciava il suo nome.
“Seguitemi” ripeté l'uomo.
Li condusse al trentesimo piano, facendoli entrare nell'ufficio del direttore, dopo che ebbero passato altri due controlli, dove prima un controllo elettronico e poi uno manuale verificarono l'autenticità del tesserino esibito da Hermione. Entrarono nell'ufficio del direttore.
“E così...il dipartimento di Sicurezza, eh? Davvero bizzarro, da parte del Primo Ministro, visto che è stato lui ad autorizzare il mio laboratorio.”
Hermione lo squadrò da capo a piedi.
“Per prima cosa, il Primo Ministro si dichiara estraneo a fatti e/o avvenimenti riguardanti la discriminazione dei maghi, seconda cosa, non è stato lui ad autorizzare l'acquisizione di cento tonnellate di materiale radioattivo, né di tutte le armi che avete acquistato. Terza cosa, la prossima volta che vuole mettere alla prova un Ispettore scelga un argomento che non riguardi l'Ispezione. Per esempio, mi chieda se conosco la cugina del Primo Ministro, la signorina Dalilah, che recentemente avrebbe dovuto sposarsi con un uomo che si è scoperto possedere poteri magici.”
“Non sapevo che il Primo Ministro avesse una nipote di nome Dalilah.”
“Non ce l'ha infatti” Hermione sorrise all'uomo in modo molto ammiccante, e lui ricambiò con un sorriso malizioso.
Tanto malizioso che Harry si chiese quanto sarebbe potuto essere bello farglielo sparire con un cazzotto.
“Fate pure i controlli del caso. E miss Smith, se volesse ripassare nel mio ufficio, quando avrete finito i controlli, ricordi che non sono un uomo poi così impegnato come si dice.”
Si sorrisero ancora e poi i quattro vennero scortati fuori, fino all'ascensore.
Chiesero all'uomo di prima, mister Trevis, dove fosse il laboratorio, per evitare di destare sospetti, e una volta che lui glielo ebbe spiegato, vi si diressero, prendendo l'ascensore da soli.
“Come ha fatto quello lì a farsi convincere così facilmente?” chiese stizzito Draco.
“Controllo e manipolazione dei suoi sentimenti nei miei confronti” rispose Hermione come se fosse una cosa che faceva tutti i giorni.
“Ho una domanda migliore. Visto che sono immune ai tuoi trucchetti, come hai fatto a entrarmi nella testa, prima?” chiese Harry stordito.
“Ho usato Ron come amplificatore. Da lui i miei pensieri sono arrivati a voi. A quanto pare a lui non sei immune, visto che non ha mai bevuto la pozione.”
Le porte si aprirono e li lasciarono passare al cinquantaseiesimo piano.
“Dimmi una cosa, come hai fatto a far sembrare il tesserino tanto vero?” chiese Ron.
“Perché è vero, Ron” rispose lei, come se fosse scontato.
I tre si scambiarono un'occhiata di puro sconcerto.
“E a chi lo hai rubato?” chiese nuovamente il rosso.
“A nessuno. Non so se hai notato, ma c'è la mia foto sopra.”
Fece scorrere il tesserino dentro una fessura, e la porta che Moody gli aveva indicato si aprì senza problemi.
Si trovarono in un altro lungo corridoio.
“Intendi dire che...quello è tuo?” chiese ancora Ron, come se stesse vomitando delle parole che avevano un gusto orribile.
“Cosa pensavi, Ron? Che per cinque anni avessi vissuto di aria?” chiese lei scocciata. “Sì, lavoravo per il governo. E sì, nella sede centrale a Londra. Ero responsabile nella sezione della Sicurezza Nazionale e ho questo fantastico tesserino che mi fa entrare praticamente ovunque. C'è solo un piccolo problema” aggiunse.
Accelerò il passo e fece nuovamente scorrere il tesserino magnetico per un altro controllo, aprendo l'ennesima porta, che li portò a dover attraversare l'ennesimo corridoio.
“Quando si accorgeranno del fatto che sto usando il tesserino alla sede centrale di Londra verranno qui con circa duecento uomini e tenteranno di uccidermi. Ma c'è una buona notizia.”
Superò l'ennesimo controllo, spalancò la porta. C'era un altro corridoio, sempre bianco, ma non c'erano porte ai lati di esso, niente uffici.
Quello le fece pensare di essere vicina, visto che c'era una sola porta.
Non poteva che essere quella che li avrebbe portati al laboratorio.
“Non controlleranno prima delle sei e trenta i movimenti della giornata.”
“Ma adesso sono le sei e dieci!”
“Lo so.”
Giunta alla porta Hermione fece per alzare nuovamente la mano, ma Harry le afferrò il polso, bloccandola.
Afferrò il tesserino.
“Jean Smith?” chiese sorpreso.
Lei glielo strappò dalle mani.
“Cosa volevi che facessi, il mio nome era conosciuto in tutto il Mondo Magico, prima o poi sarebbe venuto fuori!”
“Ragazzi, non mi sembra il momento...” tentò di richiamarli Ron.
“Saresti dovuta rimanere tra la tua gente, allora” le rispose Harry, punto sul vivo.
“Lo sapevo. Sapevo che me lo avresti rinfacciato prima o poi.”
“Già, scusa tanto se sono un essere umano e ho dei ricordi.”
“Ragazzi, sul serio, il tempo passa.”
Nessuno prestò attenzione a Ron.
“Smettila di fare il bambino, Harry!”
“Io?! Senti chi parla. Non sono io che sono scappato.”
“Smettetela immediatamente!”
Nuovamente Ron venne ignorato.
“Sei tu che te ne sei andata. E in questo momento proprio non capisco che ti ha spinto a tornare, visto che avevi una bella vita con un altro nome.”
“Ma si può sapere che diavolo ti prende, Harry?” chiese Hermione, ferita e sconcertata al tempo stesso.
“Niente. Forse non è semplice come pensavo passare sopra al fatto che ci hai abbandonato.”
Fu in quel preciso istante, che Hermione esplose.




Cliffhanger...eheheh, li adoro.
E come vi avevo spoilerato inizia l'azione, ma, ahimè, è accompagnata dal dramma. Che però esploderà solo nel prossimo capitolo, quindi...non mi resta che dire: fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, se vi piace, se non vi piace, eccetera eccetera.

A presto gente.




Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il laboratorio militare ***


Salve a tutti.

Questo capitolo non è esattamente come volevo, però non sono riuscita a fare di meglio, quindi...beh, un ringraziamento a roxy_xyz, Jude16, Il Saggio Trent, P e a c h, Fa.by e luca76 che hanno recensito il capitolo precedente.

Buona lettura!



Il laboratorio militare


[Nel capitolo precedente]

“Niente. Forse non è semplice come pensavo passare sopra al fatto che ci hai abbandonato.”
Fu in quel preciso istante, che Hermione esplose.



“Ti ho abbandonato perché non ne potevo più!” esplose Hermione. “Non ne potevo più delle litigate furiose e delle urla, non ne potevo più dei tuoi cambiamenti improvvisi d'umore, e tu...tu fai sempre così! Ti arrabbi e non dici mai il vero motivo, mi escludi e poi pretendi che sia sempre pronta a tutto per te. È per questo che me ne sono andata, Harry. Per colpa tua. Nessuno ha mai avuto il coraggio di dirtelo, però è così. Se tu avessi deciso di credermi, quel giorno, oggi non saresti dovuto essere costretto ad invidiare il tuo migliore amico.”
Puntò un dito contro Ron.
Il rosso, finalmente, rinunciò a tentare di attirare la loro attenzione, cercando di passare totalmente inosservato.
“Non provare a negarlo, Harry. Io so quello che provi. Lo invidi, perché lui è stato capace di costruirsi una famiglia. La famiglia che tu non hai mai avuto e sempre desiderato. Ecco una cosa che forse ti suonerà strana. Ron ha dovuto lottare per la sua famiglia. Ha sempre dato ragione a Luna su tutto, si è preso cura di lei, l'ha amata sopra ogni cosa.”
Forse quello più scioccato di tutti era proprio Ron, che in quel momento desiderava essere ovunque, tranne che lì.
Harry non disse niente.
“Perfetto, fai quello che vuoi. Non rispondermi. Non concedermi mai tutto te stesso. Continua a concederti corpo e anima solo alla guerra. E quando sarai stanco e ferito ricordati che la guerra è tutto ciò che hai sempre desiderato.”
Harry la gelò con lo sguardo.
“Stai forse insinuando che ho volontariamente provocato un'altra guerra?” chiese amareggiato dalle sue parole.
“No. Sto solo dicendo che ti sei impegnato più affinché la guerra funzionasse di quanto tu abbia mai fatto quando stavamo insieme perché funzionasse tra noi.”
Guardò verso il tesserino che li aveva fatti arrivare fino a quel punto.
“Non hai alcun diritto di essere geloso, Harry. Sei stato tu il primo a tirarti indietro.”
Lanciò uno sguardo a Ron e Draco, spettatori di una conversazione che avrebbe decisamente dovuto rimanere privata.
“Forse io me ne sono andata. Ma tu sei stato il primo ad arrendersi.”
Non aggiunse altro.
Passò il cartellino sul blocco della porta e la oltrepassarono.
Si ritrovarono in una stanza immensa.
Moody aveva sbagliato. Non erano mille.
Erano almeno tremila.
C'erano capsule uguali a quella di Neville sparse per tutta la stanza, distribuite in file ordinate, tutte riempite di liquido verde. E, all'interno, ognuna aveva uno dei piccoli feti di forma semi-umana, in attesa di un po' di DNA.
Hermione ebbe un brivido.
Ricordò la visione.

“Sono tutti uguali, come è possibile?!”
“Uccidilo, uccidilo!”
“Sono almeno dieci volte più di noi!”
“Correte, correte! Dovete mettervi in salvo!”
L'ultima era la voce di Harry. Quelle prima erano di sconosciuti.

Era solo una visione che mostrava una delle innumerevoli alternative, tuttavia non poteva permettere che fosse proprio quella possibilità a diventare realtà.
“Come faremo a distruggerle tutte in dieci minuti?” chiese allarmato Ron.
“Quello sarà facile. Difficile sarà uscire dopo. Dovremo assere molto veloci. Quindi ascoltatemi attentamente.”
Hermione si voltò verso di loro.
“Una volta che avrò distrutto tutte le capsule, insieme butterete giù quella parete, che è quella che dà sulla strada.”
Indicò la parete alle sue spalle.
“Dovete essere veloci e afferrare il mio braccio immediatamente, ok?”
I tre annuirono.
“Al tre, io faccio saltare le capsule, voi la parete e poi afferrate il braccio che vi porgo.”
“Abbiamo capito, non siamo stupidi” rispose Harry con acidità.
Hermione lo ignorò.
Non doveva deconcentrarsi. Stava a lei distruggere tutto.
Ricordava alla perfezione la sua visione a proposito dello sterminio che avrebbero prodotto quei soldati.
Non poteva permettere che quella visione si avverasse.
“Uno...”
Respirò, ritrovando la concentrazione che le serviva.
“Due...”
Pensò ad Harry che l'accusava.
Una rabbia cieca la invase, mentre tentava di incanalarla.
“Tre!”
Estrasse la bacchetta, con un solo pensiero.
Le accuse che Harry le aveva urlato.
La rabbia si impadronì di lei, mentre il braccio scattava in avanti, pronto per colpire.
“Reducto!”
Sentì gli altri tre alle sue spalle urlare lo stesso incantesimo che lei aveva solo pensato.
Un'onda d'urto si sprigionò dalla bacchetta di Hermione.
Con un solo colpo le tremila capsule vennero distrutte. Solo qualche piccolo pezzetto di vetro era rimasto, sparso a terra.
Il resto era stato polverizzato.
Il liquido fuoriuscì dalle capsule infrante, e stava per travolgerli, quando Hermione alzò nuovamente la bacchetta.
Aveva ancora il fiatone dovuto al primo, potentissimo incantesimo, ma il secondo non fu da meno.
“Evanesco!”
In un attimo tutta la sostanza verde che stava per raggiungerli sparì.
Con un altro Reducto, Hermione distrusse ciò che rimaneva della tecnologia babbana nella stanza, non lasciando alcuna traccia di quello che prima poteva esserci dentro quel laboratorio militare.
Si diresse verso l'apertura creata dai tre nella parete proprio quando dei solati entrarono nella stanza.
Harry, Ron e Draco afferrarono il suo braccio, come richiesto. Lei guardò fuori dalla finestra, osservando il vuoto per una frazione di secondo.
Poi si gettò.
In caduta libera a Ron prese quasi un infarto. Quando fu a pochi metri da terra si materializzò dove Moody e Thonks li stavano aspettando.
“Sei del tutto impazzita? Perché non ti sei smaterializzata prima?” chiese Draco quasi ringhiando.
“Perché l'edificio era protetto da un incantesimo. La prossima volta mi smaterializzo prima e vi lascio morire” rispose, altrettanto malamente Hermione.
Thonks li guardò leggermente stupita, chiedendosi cosa fosse successo di così grave da far perdere la calma ad Hermione.
“Adesso tornatevene a casa, io vado a prendere le provviste. E assicuratevi che nessuno lasci il campo. Ninfadora, Alastor, andate con loro.”
“Hermione, sai che lo odio. Chiamami semplicemente Dora.”
Hermione annuì.
Harry scosse la testa.
“Non ti lascio andare da sola” disse a bassa voce.
Hermione lo guardò sprezzante. “Non ho intenzione di lasciarti venire con me.”
“Smetti di fare la bambina.”
“Ma tu senti da che pulpito!” esclamò con enfasi.
“Adesso basta. Dovete smetterla, ok?” affermò Ron con una decisione che spesso non gli apparteneva. “Hermione, lui risveglia il tuo lato peggiore, è incredibile! E tu Harry, smetti di contraddirla solo per il gusto di farlo. Adesso noi torneremo al campo, mentre voi andrete in città. Neanche io voglio che Hermione vada da sola: troppo rischioso. E se uno di voi si fa beccare perché litigate, giuro su Merlino che io uccido quello che torna. Sono stato chiaro?”
Improvvisamente Harry e Hermione non trovarono più niente da dire.
“D'accordo, Ron” sussurrò Harry.
“Non so cosa mi sia preso, perdonaci Ron.”
Il rosso annuì.
Poi, mettendo una mano sulla spalla di Thonks, mentre Draco appoggiava la sua sulla spalla di Malocchio con una riluttanza che più che paura rasentava il terrore, si smaterializzarono.
Hermione lo guardò.
“Ha ragione. Tu tiri fuori il peggio di me.”
Harry sorrise appena, con soddisfazione.
L'indifferenza non era nei suoi piani. Qualcosa era scattato in lui quando aveva visto quel tizio provarci con Hermione. Ma non era semplicemente gelosia.
Era qualcosa che avrebbe potuto farlo esplodere da un momento all'altro.
Era paura.
Aveva per la prima volta realizzato davvero cosa volessero dire le due frasi ricorrenti di Hermione in quel periodo, 'la pozione ti ha cancellato' e 'adesso sono immortale'.
Erano due frasi che non voleva sentir pronunciare mai più.
Preferiva che fosse infuriata, che gli rinfacciasse tutto quello che aveva da rinfacciare, ma non tollerava la sua indifferenza.
Hermione rimase perplessa nel vederlo sorridere.
“Andiamo in città. Prometto che starò buono.”
Lei lo guardò storto.
“Tu che stai buono. Questa voglio proprio vederla.”
In effetti, Harry premeva sempre per trovarsi al centro dell'azione.
“Tranquilla...ti reggerò il gioco” le disse, ripetendo la richiesta che lei aveva fatto poco prima di entrare dentro l'edificio.
“Si può sapere che hai da sorridere?”
“Niente. Trovo che sia una bella giornata.”
“Ah, sì? E cosa ci sarebbe di diverso da tutti gli altri giorni in cui degli innocenti vengono uccisi?”
“Che oggi ho te.”
Per un secondo rimase paralizzata, ma si riprese quasi subito, porgendogli la mano.
“Non ho più diciassette anni. Adesso so smaterializzarmi, Hermione.”
“Lo so” si limitò a rispondergli, senza smettere di tenere il braccio teso nella sua direzione.
Harry sorrise ancora e le catturò la mano con la propria.
Era così tra loro. Stupide liti che si risolvevano con poco.
Così, semplicemente tenendosi per mano, il mondo sembrò loro un po' meno brutto.
E la guerra gli fece un po' meno paura.




Bene, le cose sono ancora lontane dall'essersi risolte. Man mano che andremo avanti avrete più informazioni su cosa è successo tra loro due, tutta la storia che precede la fuga di Hermione. Per avere la versione completa, però, vi mancano ancora molti capitoli...

Nel frattempo, spero che questo vi sia piaciuto. E mi raccomando, lasciate una piccola recensione, siete voi ragazzi che mi incoraggiate a scrivere.

Grazie a tutti.


Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il mercato nero ***


Salve a tutti!
Mi scuso per la lunga assenza, purtroppo non sono stata molto bene e di conseguenza sono rimasta molto indietro con tutti i vari impegni. Sto cercando di rimettermi in pari anche con le storie che sto leggendo, quindi abbiate pazienza.
Ringrazio, come sempre, chi ha recensito il precedente capitolo: roxy_xyz, Lights, luca76, Il Saggio Trent. Grazie a tutti, ragazzi, grazie di cuore.


Buona lettura.




Il mercato nero


Una volta che furono in città, si diressero verso il mercato nero dei babbani.
Ce n'era sempre uno in tempo di guerra, e quella non faceva certo eccezione.
Il mercato nero era molto vasto e si estendeva nella maggior parte delle vie secondarie nella zona ovest della città, la parte più povera.
Le bancarelle di legno erano molto precarie, ed ogni commerciante aveva preso le sue precauzioni per sgomberare nel minor tempo possibile in caso di una retata.
Si vendeva di tutto, da abiti nuovi a quelli usati o logori, dal cibo a qualsiasi genere di coperta, dai medicinali scaduti fino a quelli fuori commercio. Giocattoli per bambini di ogni tipo.
Elettrodomestici, molti dei quali rotti o in procinto di rompersi, tecnologia di terza mano di ogni genere, articoli da tabaccheria, qualsiasi genere di cosa per il bagno, dal sapone per le mani fino al bagnoschiuma. Su una bancarella videro svariati tipi di shampoo, e balsami di ogni genere.
Ovviamente a loro niente di tutto quello serviva, visto che erano maghi.
Avevano però un disperato bisogno di cibo e medicinali babbani, visto che non esistevano ancora magie per curare malattie babbane.
Appena furono arrivati Harry si diresse verso un tipo molto sfuggente, che sembrava guardare tutti e allo stesso tempo non guardare nessuno.
Quando vide Harry avvicinarsi il tizio lo fissò per due secondi circa e poi gli voltò le spalle, incamminandosi per una via laterale più o meno deserta.
Harry lo seguì, attento a non perderlo d'occhio, scambiando ogni tanto qualche parola con Hermione.
“Lui è Alvin. Quello che ci procura sempre il cibo.”
“E si fa sempre seguire come se ti stesse facendo cadere dritto dritto in una trappola?” chiese lei leggermente apprensiva.
“Quasi sempre, sì. E mai due volte nella stessa via. È un tipo furbo, il vecchio Al.”
“Scommetto che Alvin non è nemmeno il suo vero nome.”
Harry sorrise appena.
“Se è per questo scommetto che non è vero neanche che prima della guerra giocava nei Mats.”
“Cosa sarebbero questi Mats?” chiese Hermione, totalmente estranea al mondo dello sport.
“Niente. Solo una delle più importanti squadre di baseball della Lega Americana.”
Hermione fece spallucce. “Tu come cavolo lo sai?”
Harry rise. “Io devo spacciarmi per un babbano, ricordi?”
Lei sospirò. “Suppongo che sia come dici.”
La guardò da sopra la propria spalla, vedendone l'espressione di vago stupore.
“E questo cosa vorrebbe dire?”
“Niente. Niente di importante.”
Continuarono a camminare, finché raggiunsero il tizio al termine di un vicolo cieco.
“Bentornato signor Fredrick” salutò l'uomo. “Ho il piacere di conoscere la signora Fredrick, forse?” chiese ancora, guardando Hermione.
“Già. Spero non ti dispiaccia se stavolta mi ha accompagnato lei.”
“Affatto” rispose l'uomo sogghignando maliziosamente.
Un moto ormai familiare di gelosia toccò Harry nel profondo, ma il mago pensò che era meglio lasciar correre finché erano in missione.
“Allora, Al, hai qualcosa per me?”
“Il solito, giusto?” chiese l'uomo.
“No, questa volta avremo bisogno di più provviste. Diciamo il doppio. Puoi procurarcele?”
Lui annuì.
“Avete i soldi, giusto?”
Harry estrasse una busta di carta dalla tasca e gliela porse.
“Sono tremila sterline.”
L'uomo annuì.
“Come sempre, tra circa un'ora arriverà il vostro camion. Aspettatemi qui, non andatevene, se non vi trovo mi metterò a rivendere la vostra roba.”
Harry annuì, vedendolo poi sparire dietro l'angolo.
“Sei sicuro che non ti tradirà, vero?” chiese Hermione, con una leggera apprensione nella voce.
“Non vedo perché dovrebbe. Tremila sterline al mese, se è furbo, potrebbero fargli molto comodo.”
Hermione si morse il labbro inferiore, per non replicare che i soldati avrebbero pagato molto meglio.
Si decise a parlare, quando delle immagini iniziarono ad affollarsi nella sua mente.
Una visione.

Un furgone. Una stanza bianca. Telecamere.
E, al suo fianco, Harry.
Harry che la tiene dolcemente stretta tra le sue braccia.
Entrambi consapevoli che la fine sta andando a prenderseli.
Bianco, ovunque.
Tanto che diventa impossibile trovare un punto di riferimento che non siano quei due smeraldi che continuamente la guardano.
La notte e il giorno si confondono, e presto si perdono.
Qualcuno che, incappucciato, cammina verso di loro. È un mago.

“Svelto Harry, dobbiamo andarcene.”
Afferrò il suo polso.
Doveva portarlo via, prima che quella possibilità diventasse inevitabile.
Harry la bloccò.
“Cosa c'è?”
“Sono qui. Stanno venendo a prenderci, dobbiamo tornare al campo.”
Harry scosse la testa. “Rimani tranquilla, non farti prendere dall'ansia. Non succederà niente.”
Hermione tirò ancora più forte il suo polso.
“Non capisci? Sta già succedendo!”
“Hermione, il cibo ci serve.”
“Devi credermi. Almeno questa volta, devi credermi.”
I suoi occhi, così belli e sinceri, erano sempre stati il punto debole di Harry.
Sentì Hermione lasciare la presa sul suo polso.
Annuì. “Andiamo” le disse. Non avrebbe tollerato che qualcuno le facesse del male. Avrebbero trovato altro cibo. E magari anche altri soldi con cui comprarlo.
Per la seconda volta quelle immagini le travolsero la mente.
Non era più una possibilità. Era ciò che sarebbe successo.
Si ribellò con ogni fibra del suo corpo.
Si smaterializzò, o meglio, ci provò, ma non ci riuscì. Avevano già isolato la zona.
Afferrò la mano di Harry ed iniziarono a correre a perdifiato per le vie di Falmouth. All'improvviso sembravano tornati a quando avevano tredici anni e correvano tentando di fuggire da un lupo mannaro che voleva mangiarseli. E pensare che era stato Fierobecco a salvarli da Lupin. Ma era molto tempo che il povero Becco non si faceva vivo.
Continuarono a correre ed ogni volta che riprendevano fiato Hermione tentava la Smaterializzazione.
Ma erano stati più bravi del previsto. Sembrava che, in tutta la zona est, fosse impossibile usare magia.
Alla fine entrarono in uno spazio tra due mura, quando entrambi furono troppo stanchi per correre.
Allora così sarebbe finita? Con loro esausti, appoggiati ad uno dei muri che circondavano il mercato nero, beccati nel mezzo di un agguato?
Harry estrasse la bacchetta. Pensando al ricordo più felice che in quel momento gli venne in mente evocò un Patronus.
Il cervo d'argento avrebbe portato il messaggio al campo.
Ron e Draco avrebbero provveduto a comprare altro cibo e altri medicinali.
Almeno fino al loro ritorno.
Non che Harry si illudesse che sarebbero mai tornati davvero.
Hermione, nel frattempo, stava facendo del suo meglio per trovare una soluzione rapida ed efficace.
“Usa il tesserino” sentì improvvisamente sussurrare Harry, con il fiato corto, mentre tentava di ritornare a respirare normalmente.
“Cosa?” chiese lei confusa, ansimando.
“Devi usare il tesserino di Jean Smith, e dire loro che eri qui anche tu per catturarmi. Poi, quando se ne andranno torna al campo ed avverti tutti.”
Hermione lo guardò, con la fronte corrugata.
“Harry, ormai avranno controllato il tesserino.”
“Si, ma forse loro non lo sanno” disse disperatamente Harry.
Hermione gli sfiorò una guancia.
Nel poco spazio che i due muri adiacenti gli lasciavano, i loro corpi si toccavano quasi completamente.
“Credo che siano qui proprio perché hanno capito chi è in realtà Jean Smith” sussurrò Hermione dispiaciuta.
“Saremmo dovuti scappare dopo aver distrutto il laboratorio di Falmouth. È così vicino al campo, e se loro...”
“Il campo è al sicuro” disse certa Hermione.
Iniziò ad accarezzare lentamente il suo viso. Come sempre, alla disperata ricerca di un modo per consolarlo.
Ed improvvisamente capì di essere libera.
I soldati li avrebbero uccisi, certo, ma nello stesso istante, con lo stesso gesto, l'avrebbero finalmente liberata da quella pesante immortalità che le impediva di rispondere all'impulso che aveva in quel preciso istante.
Al suo desiderio più profondo.
Sentire nuovamente il suo sapore.
Lui non sarebbe mai invecchiato, perché in quella prigione che aveva visto nella sua visione, sarebbero morti.
All'improvviso tutti i problemi sembravano essere spariti, insieme alle domande che si era posta insistentemente in quei giorni, e a cui non aveva saputo trovare una risposta.
Quanto sarebbero resistiti?
Una settimana, forse un mese. Sempre che non li avessero uccisi all'istante.
Così, finalmente, poté assecondare senza rimorso il suo istinto.
Baciarlo fu anche meglio di come se lo ricordava.
Ed il fatto che avesse dovuto farne a meno per cinque anni era crudele. Ed era crudele anche che Harry fosse mortale, mentre lei non più.
E nel bacio racchiusero tutto quello che avrebbero voluto dirsi.
Si sentì spingere contro il muro quando anche Harry iniziò a dare ascolto ai suoi istinti.
Poi, nell'oscurità, la luce di un'altra visione.
Bellissima, almeno quanto irrealizzabile.
Eppure non era una semplice possibilità.
Era qualcosa che sarebbe senza dubbio successo.
Ma non poteva assolutamente essere vero.
E poi delle voci, dei soldati che urlavano di averli trovati.
Il vicolo scuro inondato di luce artificiale, fucili puntati su di loro.
Forse stavano per morire, ma in fondo nessuno dei due sembrava troppo concentrato su quello.
Harry stava ancora pensando al bacio che aveva appena avuto fine.
Hermione pensava alla sua visione.
E per un istante, breve, certo, ma interminabile, pensò che tutto ciò che voleva era che quella visione potesse avverarsi.
Ma si rendeva conto della completa impossibilità che il suo desiderio si realizzasse.




Beh, spero che vi sia piaciuto. Come sempre, vi aspetto al più presto con un nuovo capitolo. Voi, nel frattempo, fatemi sapere cosa ne pensate!

A presto.




Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Il cervo d'argento ***


Salve a tutti, ragazzi. È un periodo pazzesco e purtroppo mi ritrovo intrappolata tra i mille impegni. Mi scuso per la lunga attesa, e ringrazio con tutto il cuore roxy_xyz, Il Saggio Trent, Lights e Jude 16, che si sono presi due minuti di tempo per recensire.

Il capitolo che segue è incentrato su alcune delle coppie marginali, che non voglio trascurare.
Ricordate che alla fine ogni personaggio sarà importante per la storia. Potrete non capire subito chi o in che modo, ma nessun personaggio è delineato a caso.

Buona lettura.





Il cervo d'argento


Ron e Draco, come era prevedibile, si erano fatti prendere dal panico.
Grazie al cielo Silente aveva deciso che quello era il momento di prendere in mano la situazione, subito dopo aver ascoltato il cervo d'argento parlare.
Era la voce di Harry.
“C'è stata una retata al mercato nero. Ci hanno catturato. Dovete pensare voi a procurare nuove provviste e altre medicine al campo. Tenete duro, noi torneremo.”
Nessuno di loro, però, aveva creduto all'ultima frase.
Silente, deciso, come del resto si era sempre dimostrato in situazioni come quella, prese in mano la situazione.
“Amanda, tu ti occuperai del cibo e delle medicine. Puoi farcela da sola?”
Lei annuì. “Ho Blaise e Pansy.”
Silente annuì a sua volta.
“Alastor, Remus, Sirius. Voi dovete trovare più informazioni possibili riguardo la prigione in cui si trovano. Tutti i membri del campo dovranno rimanere al suo interno. A nessuno dovrà essere permesso di andarsene. Da questo momento gli incantesimi che Hermione mi aveva chiesto di effettuare di notte saranno attivi ventiquattro ore su ventiquattro. Ci dovranno essere sempre almeno dieci guardie intorno al perimetro. Voglio che mi aiutiate a fare una lista con i nomi delle persone affidabili. E con questo intendo le uniche di cui al momento ci possiamo fidare. Ricordatevi che ognuno di loro potrebbe aver tradito Harry ed Hermione.”
Ron e Draco annuirono, mentre Silente afferrava la pergamena e la piuma che la McGranitt gli porgeva.
Iniziò la lista.
Ad ogni nome andava a capo.
Ronald Weasley. Draco Malfoy. Fred Weasley. George Weasley. Ginny Weasley. Luna Lovegood. Neville Paciock. Blaise Zabini. Pansy Parkinson. Dean Thomas. Seamus Finningan.
Non erano ancora abbastanza. Iniziò ad aggiungere anche alcuni membri dell'Ordine.
Ninfadora Thonks. Arthur Weasley. Severus Piton. Minerva McGranitt. Sirius Black. Remus Lupin. Alastor Moody.
Ancora non bastavano. Ma di chi altro si poteva fidare?
Aggiunse il suo nome e quello di Amanda.
“Ok, siamo venti. Dovremmo bastare. Come ho detto, voglio dieci persone a costante guardia del perimetro.”
Ron e Draco annuirono ancora. Presero la lista che Silente porgeva loro.
“Avvertite tutti quelli presenti sulla lista che i primi turni di ronda inizieranno subito. I primi sarete voi, visto che alcuni membri dell'Ordine sono in missione. Tra otto ore verremo in dieci per darvi il cambio. Fate fare una tabella con i turni alla signorina Lovegood e consegnatela a tutti quelli presenti sull'elenco. I turni saranno di sei ore, per un totale di quattro cambi al giorno. È tutto chiaro?” chiese loro Silente.
Per la terza volta, i due annuirono.
E, dopo essersi scambiati un'occhiata apprensiva, lasciarono la tenda.
A nessuno dei due faceva piacere che la loro dolce metà fosse tra i nomi.
Silente si passò una mano sulla guancia, grattandosi lentamente la lunga barba argentata.
“Vedrai che se la caveranno, Albus.”
La McGranitt gli aveva appoggiato una mano sulla spalla.
Silente appoggiò la propria sulla sua. “Grazie, Minerva.”
Lei accennò un sorriso.
Quando ritrasse la mano un vuoto ingiustificato si impadronì del suo addome.
Come se provasse una terribile mancanza.
E si ricordò che era sciocco.
Non si può avere nostalgia di qualcosa che non si è mai avuto.
Gli occhi azzurri di Silente si spostarono fugacemente sulla mano che aveva preso quella di Minerva.
E pensò che avrebbe davvero fatto qualsiasi cosa per farla sentire meglio.
Severus fece un passo avanti.
“Dovremmo cercare di capire dove li hanno portati.”
“Sirius, Remus, Alastor. Andate, dovete tornare massimo tra sei ore. Mi raccomando, abbiamo proprio bisogno di un po' di buone notizie.”
I tre annuirono, senza dire una parola. Uscirono dalla tenda in fretta.
Era così ingiusto, per Sirius. Perdere il suo ragazzo proprio nel momento in cui lo aveva ritrovato.
Sospirò, mentre sentiva Remus mettergli una mano sulla spalla per confortarlo.
Lo ringraziò con lo sguardo, mentre insieme ad Alastor si smaterializzavano.
All'interno della tenda, nel frattempo, Silente iniziava a parlare con Amanda.
“Credi che torneranno vivi?” le chiese in maniera molto diretta.
Amanda strinse le labbra, con disappunto.
“Albus, c'è una cosa che devo dirti.”
Lui la incitò a parlare con un gesto della mano.
“Quando il sosia di Potter è venuto da me io ho capito che non era davvero lui perché ho avuto una visione del momento in cui moriva. Non mi era mai capitato perché...Ecco, come Hermione, anche io ho bevuto la pozione. La cicatrice mi impedisce di avere visioni che lo riguardino, direttamente o indirettamente. Per questo sono riuscita a trovare dove era precisamente il campo solo quando Draco Malfoy è uscito dal perimetro ed io ho potuto avere una visione su di lui. Altrimenti lo starei ancora cercando.”
Silente si passò una mano sugli occhi, sotto le lenti a mezzaluna.
“Quindi niente visioni su Harry. Niente visioni neanche su Hermione, perché è insieme a lui. E niente visioni sul nostro futuro, se loro ci saranno. Quindi solo del nostro futuro quando loro non ci saranno, eventualmente. Il che significa neanche un vago segnale.”
“A meno che...” iniziò Amanda. “Se tornasse solo lei, io lo vedrei. Quindi, visto che non vedo niente, sarà o entrambi o nessuno dei due.”
Silente sospirò.
“Non so se devo dispiacermene, sinceramente. Non credo che uno dei due potrebbe vivere senza l'altro.”
“Però, se sopravvivesse solo lui, non lo vedrei ugualmente. Quindi sarebbe possibile.”
Silente sospirò.
Le cattive notizie non finivano mai.
“Lasciamo perdere questa eventualità.”
Amanda annuì. Non potevano pensare di perdere Hermione.

Ron entrò nella tenda, dove Luna lo stava aspettando.
Si lasciò cadere sul letto e la sentì sedervisi, al suo fianco.
“Cosa è successo?” chiese con un velo di preoccupazione nella voce.
“Harry ed Hermione.”
La guardò e vide i suoi occhi ingrandirsi per lo stupore.
“Loro non sono tornati.”
E due paia di occhi azzurri, a quella notizia, si riempirono di lacrime.
Lacrime che non scendevano.
“Io...” la voce gli morì in gola. “Ho detto loro che, se avessero litigato, e uno dei due si fosse fatto beccare avrei ucciso l'altro con le mie mani.”
Luna gli prese una mano tra le sue, mentre Ron si metteva a sedere.
“Sono state le ultime parole che ho detto loro” ammise con un filo di voce.
Luna lo abbracciò.
“Li rivedrai Ron” affermò con sicurezza.
“Ma se non li rivedessi? Li ho minacciati di morte.”
Il senso di colpa che provava era terribile.
“Ma entrambi sapevano quanto gli volevi bene. Sapevano di essere i tuoi migliori amici.”
“Harry, forse. Ma Hermione...” scosse la testa, sconsolato.
Luna gli prese il viso tra le mani.
“Hermione ha sempre saputo che per te era come una sorella. Sempre” gli confermò Luna.
Ron l'abbracciò.
Grato che lei fosse lì.
“Ti amo, Luna.”
“Ti amo anch'io.”
Un pianto fanciullesco li distolse da quel momento, riportandoli alla realtà.
La piccola Molly aveva bisogno di attenzioni.

Quando entrò nella tenda, la vide osservare il suo anulare sinistro.
Gli capitava sempre più spesso di trovarla che, sovrappensiero, lo osservava.
La cosa che lo spaventava, però, era che non sempre nei suoi occhi leggeva uno sguardo di gioia. A volte tutto quello che riusciva a vedere era nostalgia.
Si sforzò comunque di sorridere.
Lei alzò lo sguardo e lo vide, in piedi all'entrata, che la guardava, con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Draco!” sorridendo si alzò e lo abbracciò per un secondo, solo il tempo necessario a rendersi conto che era davvero tornato.
Come le aveva promesso.
Lo liberò dalla sua stretta e lui le prese le mani tra le sue.
“C'è qualcosa che devo dirti.”
Vide un ombra di puro panico attraversarle gli occhi.
“Ron?” chiese la rossa con un filo di voce.
Draco scosse la testa.
“Harry e la Granger. Li hanno catturati.”
Lei abbracciò nuovamente il biondo, cercando conforto tra il calore delle sue braccia.
“Ascolta, dobbiamo sorvegliare il perimetro. C'è qualcuno che ci ha traditi. Nessuno deve lasciare il campo.”
Lei si staccò, guardandolo negli occhi.
“Verrò anche io?”
Draco annuì.
Ginny lo abbracciò nuovamente.
Lui se la strinse contro il petto.
Cosa era andato storto? Perché negli ultimi giorni l'abbracciava e si sentiva come se stesse tentando di stringere a sé aria?
“Credi che torneranno?” chiese in un sussurro. “Sii sincero.”
“No” rispose lui schiettamente. “Sono i due maghi più ricercati. Non c'è alcun modo in cui possano fuggire dalla prigione in cui li tengono. Ovunque essa sia.”
Calde lacrime iniziarono a solcare le guance di Ginny.
“Ma voi li cercherete. Li troverete e poi li aiuterete. Vero?”
Draco si strinse nelle spalle.
“Sarebbe stupido da parte nostra pensare di poterli rintracciare.”
“Quindi non c'è una sola possibilità che tornino?”
“Ovviamente, c'è sempre una possibilità” mentì Draco. Non poteva sopportare di doverla lasciare sola mentre prendeva atto di quello che volevano dire le sue parole. “Dobbiamo andare, Ginny. Ron e gli altri ci staranno già aspettando per iniziare i turni.”
Lei, per tutta risposta, lo baciò.
“Andiamo.”
Gli prese la mano.
Infondo, insieme, potevano affrontare anche quello.
Ed infondo Harry ed Hermione, ovunque fossero, qualunque cosa stessero sopportando, erano pur sempre insieme.




Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo e mi farebbe piacere sapere che ne pensate del capitolo, della storia e dei personaggi. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere che ne pensa.

Vi aspetto presto con un capitolo incentrato sui protagonisti, Harry ed Hermione. Nel prossimo capitolo ci saranno dei passi avanti, quindi continuate a leggere. A presto.




Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nel bianco ***


Salve ragazzi. Spero che l'ultimo capitolo via sia piaciuto anche se si allontanava un po' dalla trama. Questo è più in linea, come promesso.
Ringrazio Il Saggio Trent, angelina, Lights, SweetBlueNight, roxy_xyz e Jude16 che hanno recensito il capitolo precedente. Ogni vostro commento mi ha fatto davvero piacere. Vi ringrazio.

Buona lettura.





Nel bianco


Quando riprese coscienza sentì l'impulso di vomitare, ma fece di tutto per controllarsi.
Qualcosa di duro e freddo era premuto contro la sua faccia.
Doveva essere il pavimento.
Lentamente aprì gli occhi.
Lei non sembrava, invece, trovarsi in una prigione.
Era seduta, con le spalle appoggiate alla parete e le ginocchia al petto, sopra cui aveva appoggiato i gomiti.
Fece uno sforzo incredibile per voltarsi e appoggiarsi sulla schiena.
Prese fiato. Una, due, tre volte. Profondamente. Senza smettere di cercare altra aria neanche per un secondo.
E poi si rese conto che, per quanto profondamente respirasse, il dolore ai polmoni non cessava.
“Smetti di annaspare. Non dipende dai polmoni. Hai due, forse tre, costole incrinate.”
Harry si portò una mano sul lato destro del torace, nel punto da cui proveniva il dolore.
Si trascinò con estenuante lentezza al fianco della ragazza.
“Cos'è successo?” chiese, poi si rese conto che il suo ultimo ricordo apparteneva ad un vicolo che sembrava distante interi continenti da quel luogo sconosciuto in cui si trovavano.
“A te hanno rifilato un pugno in pieno stomaco. Non mi hanno picchiato, credo che sia perché sono una donna, o forse perché credono che tu sia più pericoloso. Dentro al furgone in cui ci hanno trasportato hanno drogato entrambi, così da non farci vedere la strada. Non ho idea di come abbiano fatto a metterci dentro questa stanza, ma so che prima di rinchiuderci qui dentro hanno provato ad ucciderci sei volte. Almeno.”
Harry inizialmente non capì le sue parole.
“Ho parato entrambi dai proiettili, dalle scariche elettriche, perfino dagli Anatemi Senza Perdono, con i miei poteri.”
Tirandosi lentamente a sedere al suo fianco, si guardò intorno. Nella parete di fronte a loro, in quelle ai loro lati, in quella in cui appoggiavano le spalle, non c'era niente.
Erano tutte assolutamente bianche. Non c'erano finestre, né porte.
Nel soffitto e sul pavimento non c'erano botole o vie d'uscita di alcun genere.
Quella stanza in cui si trovavano rinchiusi non era pensata perché qualcuno potesse entrare. Né uscire.
“Credo che abbiano costruito il soffitto dopo averci calato dentro.”
Li avevano murati vivi.
“Cosa vogliono da noi?” chiese spaesato Harry. “Così non possono fare domande. Non possono avere risposte. Cosa vogliono che facciamo?”
“Possono fare minacce. Una in particolare, una che hanno già fatto mettendoci qua dentro. E adesso vogliono una risposta, che avranno attraverso quella lì.”
Indicò con l'indice una telecamera posta nell'angolo superiore destro della parete opposta alla loro.
Harry deglutì.
“E quale sarebbe?”
Lo fissò intensamente negli occhi.
“Vogliono che ci arrendiamo.”
Lui sospirò.
“Tu sei il capo. A te spetta la decisione ultima.”
Lei rimase quasi impietrita.
Harry non era il tipo da affidare delle decisioni di qualsiasi tipo a qualcuno che non fosse lui. Una fitta al cuore le ricordò il loro ultimo bacio. Quasi come una calamita l'idea di averne ancora uno l'attirava a sé. Eppure lei, ingenuamente, resisteva, sperando che ci sarebbe stato ancora tempo per loro.
Si alzò, guardando quel piccolo oggetto elettronico che li spiava, e, ingiustamente, rubava loro immagini private, che solo loro avrebbero dovuto essere, e rimanere.
“Noi non ci arrendiamo.”
I suoi occhi scuri fissavano il nero della telecamera. E questa, improvvisamente, esplose in mille pezzi. Senza che lei muovesse un dito.
C'erano altre due telecamere dentro la stanza, che esplosero contemporaneamente alla prima.
Così era fatta.
Sarebbero morti di fame, immersi nel bianco.
Tornò a sedersi accanto ad Harry, mentre lui con una mano si teneva ancora le costole doloranti, con l'altra la abbracciò.
Ma lei già sapeva che lo avrebbe fatto, lo aveva visto nella sua visione.
Si lasciò stringere e cullare dolcemente dal suo respiro irregolare.
Lui provava dolore all'addome. A lei scoppiava la testa.
Anche quelle due parti della visione si erano avverate.
Ora non restava loro che attendere il mago incappucciato, ed augurarsi che li avrebbe uccisi in modo indolore.
“Hai provato a far esplodere anche una delle pareti?” chiese ingenuamente Harry.
“Sono troppo grandi e spesse, e io sono senza energie. Le droghe che hanno continuato a somministrarmi mentre tentavano di ucciderci e mentre ci muravano vivi qui dentro, mi hanno tolto quasi ogni forza.”
Ovunque guardassero, bianco. Erano immersi nel silenzio.
E, nel silenzio, un sussurrò scosse le pareti.
“Ti amo.”
Sprofondò il viso nel suo petto.
“Lo so, Harry.”
Nient'altro.
Eppure, a lui bastava.
L'importante era che lei lo sapesse.
Che non avesse il minimo dubbio del fatto che sarebbe morto cento volte e cento volte ancora avrebbe vissuto e sofferto, se lei fosse stata felice.
Con quale coraggio, essendo perfettamente a conoscenza di questo, Hermione avrebbe potuto lasciarlo morire?
Si sentiva dilaniare l'anima al solo pensiero che, presto o tardi, lui l'avrebbe abbandonata.
Ricordò con dolore la visione che aveva avuto quando si erano baciati.
Quelle immagini così dolci, così belle, e così dannatamente lontane da loro, l'avevano sconvolta.
Avrebbe fatto di tutto per uscire da lì, se solo quella visione si fosse poi realizzata. E invece era sicura che niente del genere sarebbe mai successo.
Se solo avesse potuto proteggerlo, se avesse potuto donare a lui un po' della sua immortalità.
Non essere ciò che era. Voleva essere nel modo in cui si sentiva.
Estremamente vulnerabile.
Lentamente scivolò tra le gambe di Harry, facendo attenzione a non appoggiarsi alle sue costole incrinate.
Sentì la sua stretta farsi più decisa, possessiva. E ricordò com'era stato prima. Prima della guerra con i babbani, prima che lei fuggisse.
Era tutto così perfetto fino nei minimi dettagli da riuscire quasi e spaventare entrambi.
E di tutta quella felicità non erano rimaste che sei mura di cemento bianco, a circondarli, negli ultimi momenti che avevano da trascorrere insieme.
Appoggiò una mano sulle costole danneggiate di Harry.
E quasi immediatamente il dolore di pochi istanti prima cessò, mentre il terribile mal di testa di Hermione crebbe ancora.
“Credi che riusciremo mai ad uscire vivi da qui?” chiese in un sussurro il moro.
“Devo essere sincera?”
“Assolutamente no. Ma cosa ti viene in mente, essere sincera con un uomo che sta per morire. Sarebbe crudele.”
“D'accordo. In tal caso ce la caveremo alla grande” gli rispose con voce ironica.
Lui rise, mentre spostava lo sguardo verso l'alto.
“Io credo davvero che usciremo da qui.”
“Ah, sì?” chiese lei, stupita.
Harry si limitò ad annuire.
Guardò dentro i suoi occhi.
Come poteva anche solo dubitare della sua sincerità? Lui lo credeva davvero.
Credeva che si sarebbero salvati.
Eppure questo non lo rendeva più probabile.
“Ci salveremo e vinceremo la guerra. E poi vivremo ogni giorno, pregando di avere ancora un giorno. Finché io me ne andrò. O tu te ne andrai. O uno dei due deciderà di lasciar perdere.”
“Credi davvero che uno dei due lascerebbe perdere?” chiese lei, alzandosi e facendo qualche passo allontanandosi da lui. “Il nostro problema è questo” affermò con sicurezza.
“Abbiamo un solo problema?” chiese lui ironico. “Bene.”
“Siamo totalmente ossessionati al riguardo” continuò lei, ignorandolo. “Non io, né tanto meno te, lasceremmo mai perdere. Noi siamo destinati a questa lotta continua, a voler far andare qualcosa anche se non va, siamo totalmente convinti che il nostro destino sia stare insieme.”
Si voltò verso di lui.
Harry lentamente si alzò e le andò vicino.
Così vicino che per guardarlo negli occhi lei aveva dovuto alzare la testa.
“Perché è così. Il nostro destino è stare insieme.”
“Allora perché?” la sua voce si spezzò mentre parlava. “Perché sono immortale, perché tu non lo sei, perché il destino sembra fare di tutto per separarci se vuole che stiamo insieme?”
“Perché se tutto fosse facile, la vita diventerebbe troppo prevedibile, non credi?”
Lei sospirò con una punta di sarcasmo.
“No. Credo anzi che un po' di tranquillità nelle nostre frenetiche vite non potrebbe che esserci di aiuto.”
Lui sorrise.
“Allora promettimi che quando riuscirai ad uscire di qui riporterai a tutti gli altri la loro tranquillità” disse guardandola ancora negli occhi.
“Ti prometto, invece, che uscirò da qui con te o non né uscirò affatto” rispose lei con testardaggine.
Lui scosse la testa e sbuffò nel suo modo così dolce ed infantile che l'aveva sempre fatta impazzire.
Sorrise a quel pensiero e con una punta di malinconia ricordò i loro anni insieme. Le risate. Tra tutto il dolore che avevano affrontato avevano sempre trovato il tempo per consolarsi a vicenda.
Eppure non era abbastanza.
“Il problema del destino è che non sai mai quando è tempo che si compia. Ero così innamorata di te, Harry. E tu lo eri di me. Però siamo come due prime donne...”
“Ehi!” la rimproverò scherzosamente lui, offeso. Ma subito il suo sorriso scomparve, osservando l'aria seria di Hermione.
“Vogliamo avere qualcuno che si prenda cura di noi e ci dia sempre ragione. Tu volevi che mi fidassi di te su Malfoy, io volevo che ti fidassi di me sulla conferenza stampa. E alla fine nessuno dei due si è fidato abbastanza. Vedi, quando le cose vanno male, qualche volta, uno dei due deve essere abbastanza forte da tener duro per entrambi. Io l'ho fatto per anni, Harry. Ho tenuto duro per te, e con ciò che rimaneva tenevo duro anche per me. Però tu eri così concentrato nei tuoi piani per il Mondo Magico, che non hai mai trovato il tempo di fare i conti con i miei piani per noi.”
Gli sfiorò una guancia delicatamente.
“Sarebbe bastato, sai, che tu ti accorgessi di quanto impegno ci mettevo perché funzionasse. E che cercassi di imitarmi almeno un po'.”
“Non ci dovrebbe volere impegno. Dovrebbe essere facile.”
Anche lui iniziò ad accarezzarle una guancia, arrivando presto a sfiorarle le labbra.
“Non c'è niente di facile nella vita. Soprattutto nell'amore.”
Si allontanò da lui di un passo, spezzando il dolce contatto che si era creato.
“Sembra che tu mi stia lasciando, è incredibile.”
“Ti sto solo dando le spiegazioni che non ti ho dato quando me ne sono andata.”
“Vorrei poter aggiustare tutto.”
“Lo vorrei anche io.”
Si sedettero di nuovo, immersi nel bianco.
Avrebbero voluto aggiustare tutto, ma, dopo cinque anni, nessuno dei due poteva.




Non lasciate la storia, non è ancora tutto qua. C'è ancora molto che voglio dire e che Harry ed Hermione devono dire, quindi preparatevi perché non è assolutamente finita.

Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo e mi farebbe piacere sapere che ne pensate del capitolo, della storia e dei personaggi. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere che ne pensa.

Il prossimo capitolo è incentrato su uno dei personaggi di cui mi è piaciuto di più scrivere. A presto, continuate a seguire la storia, mi raccomando.



Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il turno di guardia ***


Salve a tutti!
Oggi ho trovato il tempo di aggiornare, e così eccomi qua. Per prima cosa voglio ringraziare, come sempre, coloro che hanno recensito: angelina, rxy_xyz, Jud16, SweetBlueNight, GinevrasRevenge e Lights. Ogni commento è importante per me. Grazie mille a tutti.

Buona lettura!




Il turno di guardia



Sospirò, tentando di rimanere concentrata.
Però non era facile, anzi.
Non riusciva a capire come Ron ci riuscisse.
Lo faceva sembrare così facile, a volte, quando ne parlava.
Smetti di pensare.
Staccati da tutto il resto e tenta solo di ascoltare quello che hai intorno.
Però lei non ci riusciva.
Aveva un milione di pensieri che le affollavano la mente, e un altro milione che tentavano di entrarci.
Era impossibile rimanere concentrata sull'accampamento, con così tante domande in testa.
Dov'erano Harry e Hermione?
Stavano bene?
Sarebbero mai tornati?
O forse...erano già morti?
Al solo pensiero le si strinse forte il cuore.
No, non potevano essersene andati.
Non senza dirle addio.
Non senza guardarla negli occhi e darle una spiegazione, qualcosa che le facesse comprendere meglio cosa avesse spinto due persone così innamorate l'uno dell'altra a fare a meno di stare insieme.
Voleva che Hermione la guardasse negli occhi e le dicesse che non amava Harry abbastanza per rimanere.
Voleva che Harry le dicesse di non fidarsi abbastanza di Hermione per stare con lei.
No, lei non c'entrava niente nella loro storia, però non le importava.
Si amavano.
Era evidente.
O, almeno, si erano amati, molto tempo prima.
E poi qualcosa era cambiato.
Era tutto riguardo alla fiducia.
Strinse più forte la bacchetta.
“Luna?”
Alzò lo sguardo e vide Dean che la fissava, confuso.
“Sei almeno venti metri fuori dalla tua zona. È tutto ok?”
“Sì. Sì, certo. Ero solo sovrappensiero.”
Con un sorriso debole fece dietrofront e ricominciò a camminare.
Provò a concentrarsi solo sul fare la guardia.
Uno, due, tre passi.
Ascoltava i rumori intorno a lei.
Tutto era tranquillo.
E poi, di nuovo, uno, due, tre passi.
Come potevano essere così ciechi?
Come potevano non vedere quanto soffrissero entrambi?
Dicono che quando una storia finisce, uno dei due è destinato a soffrire.
Ma se a soffrire erano entrambi, come poteva la loro storia essere finita?
Sbuffò e strinse i denti, mentre si fermava e ascoltava di nuovo.
E poi altri tre passi.
Odiava quella cosa.
Non le piaceva sorvegliare il campo, era come se stessero tentando di tenerla lontano dalla vera guerra, affidandole il compito di sorveglianza.
Sospirò e poi fece altri tre passi.
Iniziava davvero ad essere stufa.
E avrebbe dovuto farlo per altre quattro ore e cinquantatré minuti.
Lei era immortale.
Lui sarebbe invecchiato, lentamente. Prima avrebbe iniziato ad avere il fiatone quando correva per dieci metri, poi avrebbe smesso di correre. I capelli gli sarebbero prima diventati un po' grigi ai lati, brizzolati, e poi sarebbero diventati bianchi, ma non tutti, perché qualcuno sarebbe caduto col passare degli anni.
Poi sarebbero comparse le prima rughe, la vista sarebbe calata ulteriormente, e poi le mani avrebbero iniziato a tremargli ogni volta che sollevava un braccio all'altezza della spalla.
E poi avrebbe smesso di tentare di cambiare il mondo e cose come questa, che Harry Potter faceva di continuo.
Non sarebbe stato neanche più lui, ad un certo punto.
Sarebbe stato un estraneo per la maggior parte delle persone.
Non per Hermione, ovviamente.
Però sarebbe cambiato molto.
Sarebbe diventato più saggio, con gli anni.
Finché la saggezza si fosse trasformata in vecchiaia.
E dopo se ne sarebbe andato.
Se fossero stati fortunati, durante il sonno, in modo dolce.
Altrimenti no. Forse si sarebbe ammalato.
Di una di quelle malattie babbane incurabili.
E sarebbe morto molto più lentamente e dolorosamente.
Mentre lei no.
Lei avrebbe continuato a vivere.
Per così tanto tempo da essere quasi impossibile da immaginare.
Infondo, non riusciva neanche ad avere una pallida idea di come sarebbe potuto essere il mondo mille, duemila, diecimila anni dopo.
Hermione forse lo avrebbe visto con i suoi occhi.
Avrebbe visto arrivare il giorno dell'Apocalisse e avrebbe a quel punto guardato la morte negli occhi, sospirando di sollievo, ringraziandola per essere finalmente venuta a prendersi quello che si sarebbe dovuta prendere molto tempo prima.
Ma fino ad allora, avrebbe vissuto sola.
Diecimila anni di solitudine.
Forse di più.
Sentì il vuoto dove un attimo prima le batteva il cuore.
Lei non riusciva a resistere nemmeno sei ore lontano dalla persona che amava, senza sentirsi incompleta.
Sospirò, e capì finalmente perché Ron tentava di non pensare.
Era più facile.
Doveva solo pensare che il presente era tutto quello su cui doveva concentrarsi.
Non c'era un futuro.
Niente domani.
E assolutissimamente non c'erano diecimila anni di solitudine ad attendere nessuno che lei conosceva.
Sospirò, riprendendo a contare meccanicamente i passi, tentando disperatamente di lasciar perdere tutti quei pensieri.

Incontrò Ginny al limite della sua zona. I loro tratti erano comunicanti.
“Notato niente di strano?”
“No. Tu?”
Luna fece cenno di no con la testa.
“Qualcosa non va?” le chiese la rossa.
“No, tutto ok. Stavo solo...pensando.”
Ginny sospirò e annuì lentamente.
“Pensavi a loro, vero?”
Luna la guardò alzando gli occhi ma non la testa.
“Pensavo a loro anche io” confessò Ginny.
“Sembra solo così ingiusto.”
“Lo so. Si meritavano davvero il loro lieto fine.”
“Sai, ho sempre pensato che, un giorno, sarebbero stati, come nelle favole, felici e contenti per sempre.”
“Sai, Luna, il problema è che nessuno ha quello che si merita. La gente ha quello che ha, basta. La vita è ingiusta, lo sappiamo bene, noi.”
Luna la guardò addolorata.
“Non farlo, Ginny. Non è colpa nostra, questa guerra.”
“Sto solo dicendo che, se la guerra non ci fosse, saremmo potuti essere più tranquilli. Non avremmo dovuto ogni giorno temere che uno di loro non torni a casa.”
“Lo so” sospirò Luna. “Fidati, lo so.”
“Vorrei solo aver avuto più tempo. Più tempo per godermi la pace.”
La bionda annuì. “Già. Non è forse quello che ognuno vorrebbe, infondo? Più tempo.”
Ricominciò a contare i passi, mentre si dirigeva nella direzione opposta a quella di Ginny.

Ogni giorno si domandava come sarebbe stata la sua vita se non ci fosse stata la guerra.
Ogni istante.
Però non poteva cambiare il passato.
Poteva solo vivere il presente, tentare di far funzionare le cose.
Rinunciare non era la soluzione.
La soluzione era lottare.
E lei non avrebbe mai smesso di combattere per le persone che amava.
Avrebbe sopportato il dolore nel modo migliore che poteva, avrebbe cercato di trovare la forza per affrontare ogni battaglia.
E dentro sé avrebbe trovato la fede per credere che Ron sarebbe tornato vivo ogni sera, e lei avrebbe potuto guardarlo, nella luce soffusa dentro la loro tenda e pensare che, sì, era fortunata.
Era fortunata nonostante la guerra, perché era riuscita ad essere felice.
Alcuni non c'erano riusciti.
Altri stavano ancora tentando.
Ed alcuni, come Harry e Hermione, non ce l'avevano fatta. Era mancato loro quel tempo che Ginny tanto reclamava.
Non era colpa loro, né di nessun altro.
Non era perché erano meno buoni, o meno innamorati di altri.
Anzi, forse era stato, ad un certo punto, uno svantaggio, che si amassero così tanto, più di qualsiasi altra persona lei avesse mai conosciuto.
Non era il fatto che non si amassero abbastanza.
Era semplicemente fortuna.
A volte, senza motivo, le cose vanno bene.
Altre volte qualcosa va storto, e tutto il resto crolla.
E, di nuovo, il suo pensiero andò a loro due.
Chiusi chissà dove, a subire chissà cosa.
Ma insieme.
Fregandosene della sorte e del destino, dopo tutto quel tempo e quel dolore, ancora insieme.
Aldilà di tutto il resto.




Allora, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come sempre Luna dovrebbe dare speranza, contagiare con il suo ottimismo. Spero di essere stata brava a riportare quelli che credo sarebbero stati i suoi pensieri, così che possa infondere quei sentimenti anche a voi.

In questi giorni ho avuto un paio di decisioni difficili da prendere su questa storia. Mi ci è voluto un po', ma alla fine ho deciso. Spero di non essermi sbagliata, ma questo dovrete dirmelo voi quando verrà il momento.

Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto.





Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il rumore ***


salve a tutti ragazzi! Finalmente è domenica, così ho un po' di tempo per aggiornare. Ringrazio coloro che hanno commentato il capitolo precedente, GinevraRaconteur, angelina, luca76, SweetBlueNights e roxy_xyz (Roxy, grazie per l'aiuto nel prendere una decisione davanti ad un bivio difronte al quale non riuscivo a decidere...il tuo supporto è stato di immenso aiuto).

Buona lettura!




Il rumore



La testa le stava per esplodere.
Ne era quasi sicura, anche se era perfettamente consapevole del fatto che fosse impossibile.
Cercava di non usare la magia.
Sentiva che le energie stavano finendo.
Aver curato le costole ferite di Harry l'aveva lasciata senza più forza.
E ogni minuto che passava senza cibo né sonno la rendeva sempre più stanca.
Con le sue energie residue riuscì a forare l'angolo in basso a destra, anche se lo spiraglio non aveva che un misero mezzo centimetro di diametro, per il momento gli bastava per il ricambio d'aria.
Tentò di dormire, almeno qualche ora.
Doveva tentare di mantenere le forze intatte.
Nonostante fossero imprigionati in quella stanza da soli tre giorni le sue energie erano al limite.
Fare magie senza l'uso della bacchetta era molto impegnativo.
Respirò, ma non servì a molto.
L'aria satura di anidride carbonica e stantia, le ricordò solamente che non poteva avere ossigeno.
Eppure non poteva semplicemente morire.
Doveva soffrire, ma non poteva morire.
La fame era qualcosa che non esisteva, per lei.
Avrebbe dovuto guardare Harry morirne, però.
Sapeva che mancava poco.
Solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo, a quel punto.
Mentre lei avrebbe aspettato il mago.
Il mago incappucciato della sua visione.
Quella era la sua meta.
Sarebbe stata sconfitta, ma non senza lottare.
E sarebbe morta.
E, infondo, era quello che voleva. Era il modo in cui avrebbe fatto i conti con l'universo.
Avrebbe riso in faccia alla morte.
Si sarebbe fatta beffa della vita.
Come la vita si era molto divertita in quegli anni a farsi beffe di lei.
Guardò verso il mago steso a terra, a qualche metro da lei.
Non poteva fare niente.
Era, probabilmente, la strega con più poteri al mondo.
Possibile che fossero tutti inutili?
Forse ce n'era uno che non conosceva.
Forse ce n'era uno che li avrebbe salvati.
Ma lei non aveva la più pallida idea di come fare.

Improvvisamente sentì un rumore.
Come di un sassolino che cadeva su un sasso più grande.
Non c'erano rumori, nel luogo in cui si trovavano.
Eppure lo aveva sentito.
Svegliò Harry, scuotendo il suo braccio.
“Ho sentito un rumore.”
Lui si mise faticosamente a sedere.
“Non ci sono rumori. Non c'è niente.”
“No, ne sono sicura, Harry. Ascolta.”
Niente, neanche il minimo fruscio.
“Già. Lo sento” replicò lui sarcasticamente.
Hermione pensò di essersi immaginata tutto. Dopo tre giorni in quel posto, dopo tre giorni immersi nel bianco, qualsiasi cosa poteva essere possibile.
Ma poi lo sentì nuovamente.
Era piccolo, insignificante, quasi superfluo.
Ma era un rumore.
Pur sempre un segno di vita.
Forse di speranza.
Più probabilmente di morte.
Si alzò in piedi e si mise davanti ad Harry, cercando di raccogliere ogni grammo di energia ancora presente nel suo corpo.
Era lui.
Il mago della sua visione.
Erano finalmente alla resa dei conti.
Faccia a faccia l'uno con l'altra.
Di nuovo quel rumore, come qualcosa che si sgretolava.
Anche Harry si tirò indietro, ed Hermione indietreggiò, facendogli premere le spalle contro il muro, mentre lei premeva le sue contro il suo petto.
“Mi dispiace.”
Lei lo guardò confusa.
“Non è colpa tua, sono io che volevo prendere le provviste...”
“No, intendo mi dispiace. Per tutto. Per la guerra e per tutti i miei errori. Sai che se potessi rifare tutto da capo...”
“Faresti esattamente le stesse cose” rispose lei, con fin troppa sincerità.
Però sapeva di non sbagliarsi.
Aveva amato Harry per quello che era.
Anche se a volte le sue decisioni li avevano portati in situazioni come quella.
Non se ne pentiva. Di niente.
Non c'era una sola decisione che riusciva a rimpiangere in quel momento.
Eccetto, ovviamente, quella di andarsene e lasciare il campo.
Lasciare Harry.
“Probabilmente è vero. Rifarei tutto da capo. Sai come dicono, no? È meglio aver amato e perduto...” lasciò la frase in sospeso.
Ma Hermione in quel momento avrebbe preferito non aver mai amato.
Perché è facile per chi se ne va.
È chi continua a vivere che deve affrontare il dolore.
Si voltarono verso la parete di fronte a loro, quando sentirono un rumore più forte degli altri, provenire da quella direzione.
“Vorrei solo aver avuto più tempo.”
Hermione lo guardò negli occhi. “Come tutti.”
Si chiese perché. Perché la gente chiedesse sempre tempo. Più tempo.
Tutti sembravano avere bisogno di tempo, sempre di più, sempre qualcosa in più di quello che avevano già avuto.
Forse era troppo poca una vita sola.
O forse gli esseri umani tendono a gestirsela male.
“Ero stato io a rovinare il tuo saggio sugli Ippogrifi.”
“Cosa?” chiese Hermione confusa.
“Al sesto anno, con Piton. Tu hai dato la colpa a Ron, poi lo hai riscritto e consegnato. Ma ero stato io a rovinarlo. Lo stavo leggendo quando Ginny spalancò la porta facendomi sobbalzare e una boccetta di inchiostro ci finì sopra.”
“Perché non me lo hai detto?” chiese, ricordandosi quanto si era arrabbiata. Teneva davvero a quello stupido saggio.
“Perché avevo paura che avresti pensato che volevo copiarlo. Non era così. Volevo solo leggerlo e sapere se avevi scritto nel tema qualche accenno a quando avevamo volato insieme su Fierobecco, tutto qui.”
“E perché non me lo hai chiesto?”
“Pensavo che non saresti stata completamente sincera faccia a faccia con me.”
“E avrei dovuto esserlo con Piton? Harry, non potevo scriverlo nel tema, tecnicamente avevamo salvato un assassino dal bacio dei Dissennatori.”
“Presunto assassino, e sai benissimo che non lo è.”
“Non è questo il punto Harry. Aspetta” inspirò leggermente frustrata. “Perché me lo stai dicendo adesso?” gli chiese poi, ricordandosi di quanto assurda tutta quella discussione fosse.
“Perché è la prima cosa che mi è venuta in mente. Sai, di tutte le cose che non ti ho mai detto. Oh, e ricordi quella volta a casa dei Weasley, quando abbiamo giocato a Quidditch e tu hai segnato tutti quei punti perché Ron non riusciva a fare neanche una parata? Ecco, diciamo che forse potrebbe essermi scivolata una goccia di Felix Felicis dentro il tuo bicchiere, quella mattina.”
“Lo sapevo!” disse lei con enfasi, puntandogli l'indice contro il petto.
“E allora perché non hai detto niente?”
“Perché pensavo fosse sciocco anche solo pensare che avessi usato la Felix su di me. Per una partita con Ginny e Ron, poi, figuriamoci.”
“Volevo solo che fossi felice.”
Si guardarono per un momento.
“Per quanto ridicolo questo suoni, mi rese davvero felice vincere quella partita insieme a te.”
Non era mai stata brava a Quidditch. Oltre quel giorno, ovviamente.
“Sono stata io a finire il tuo tema su i Lupi Mannari, al terzo anno, quando ti sei addormentato prima di finire e pensavi di averlo scritto da sonnambulo.”
Harry rise sottovoce.
“No, non è vero. Sapevo che eri stata tu, solo che non sapevo come ringraziarti. Così inventai tutta quella storia del sonnambulismo.”
Lei lo colpì sulla spalla.
Stavano per morire.
E lui era ugualmente riuscito a farla sorridere.
Strano cosa ti passa per la testa in punto di morte, pensò Harry.
Poi un rumore forte e rimbombante li riportò alla realtà.
Era molto più forte degli altri, quasi assordante.
E, a quel punto, la parete davanti a loro iniziò a tremare.
Le loro mani, istintivamente, si trovarono e si unirono. Le loro dita intrecciate, come se non avessero dovuto essere separate mai più.
Dopo qualche attimo crollò, come se fosse fatta di polistirolo.
Le macerie non li sfiorarono neanche, ma si alzò un polverone terribile.
Erano già senza forze, ma quello li indebolì ancora di più.
Non riuscirono più a respirare, e iniziarono a tossire convulsamente.
In breve i fumi riempirono l'aria e le lacrime raggiunsero i loro occhi, tentando di ripulirli da tutta la polvere che avevano intorno.
Hermione rimase in piedi, mentre Harry cadeva nuovamente a terra, troppo stanco per resistere ulteriormente.
Fu in quel momento che, attraverso il fumo, vide una figura avvicinarsi.
La figura di un uomo.
Eccolo, era lui, il mago.
Cadde in ginocchio.
La figura nera, incappucciata, era solo a pochi metri da lei.
Era tutto esattamente come nella sua visione. E quello che le era sembrato essere fumo mistico, non era altro che polvere di macerie.
Non riusciva neanche più a combattere.
Le mancava il fiato e non vedeva che qualche ombra.
Fu allora che dal fumo emerse una seconda figura.
Una donna.
Anche lei indossava un mantello nero e sul suo viso era adagiato un cappuccio.
“Credo che siano svenuti. Aspettiamo che riprendano i sensi.”
La voce era vagamente familiare.
Le ricordò lontanamente qualcuno, che non riuscì a identificare.
Fu allora che, non riuscendo a evitarlo, perse i sensi.




So che il capitolo sembra solo un capitolo di passaggio, ma molte cose che sono state dette qui verranno riprese più avanti, quindi a suo modo è importante...Spero vi sia piaciuto. Dal prossimo capitolo si entra nel vivo dell'azione.

Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e grazie a chi segue la storia.




Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** La collana dai due cerchi ***


Salve a tutti ragazzi, e Buona Pasqua. So che sono molto in ritardo e mi scuso. Spero di farmi perdonare con questo capitolo.

Ringrazio coloro che hanno commentato il capitolo precedente, GinevraRaconteur, angelina, roxy_xyz, Lights e luca76, grazie mille.

Buona lettura!




La collana dai due cerchi



Riprese i sensi, ma cercò di non muoversi neanche di un millimetro.
La prima cosa che sentì fu di nuovo quella voce.
La sensazione che le suscitava era strana.
Era come se l'avesse già sentita, miliardi di volte. Però non sembrava essere di qualcuno che conosceva.
“...Allora glielo diremo.”
La voce si fermò, facendo calare il silenzio nella stanza e tra i suoi pensieri.
Non riusciva a capire. Dove aveva sentito quella voce prima di allora?
Era di qualcuno che voleva aiutarla, o di qualcuno che voleva solo torturarli per poi ucciderli?
Si ricordò improvvisamente di Harry.
Dov'era? Stava bene?
Certo, poterlo vedere l'avrebbe fatta sentire molto meglio, ma non voleva aprire gli occhi.
Si stava concentrando per sentire ogni parola che gli altri due presenti nella stanza avessero deciso di scambiarsi.
Dopo molti secondi realizzò che qualcosa non andava.
Se due persone rapiscono qualcuno, mentre questo qualcuno è incosciente le due persone comunicano tra di loro.
Allora perché i due misteriosi maghi non parlavano?
Curioso come le due persone in quella stanza fossero i suoi rapitori e allo stesso tempo i suoi salvatori.
In quel momento erano esattamente in bilico tra le due.
Il loro prossimo passo sarebbe stato su una strada, o, inevitabilmente, sull'altra. Decisioni uguali e opposte, che avrebbero portato Hermione alla vita, o alla morte.
Cercò di concentrarsi, per leggere i pensieri delle due persone nella stanza, e riuscì a formulare l'incantesimo, nonostante non avesse più energie solo fino a qualche ora prima.
Ora?
O forse minuti.
Forse giorni.
Tornò a concentrarsi, cercando di leggere i pensieri dei due maghi.
Si sorprese quando fu costretta a bloccarsi.
Incontrò un muro, impenetrabile.
Credendo si trattasse di un semplice incantesimo di blocco, Hermione tentò di forzarlo.
Ma, ovviamente, non vi riuscì.
Rimase paralizzata per un lungo momento.
La persona che in quel momento stava tentando di contrastare il suo incantesimo, si stava proteggendo usando lo stesso che usava lei.
In quel momento capì che la donna nella stanza con lei poteva essere solo due persone. Ma, se fosse stata Amanda, avrebbe riconosciuto la voce.
No, non poteva essere lei.
Era qualcun'altra, invece. Una persona che conosceva da sempre e di cui ascoltava la voce tutti i giorni, ma che non era riuscita ad identificare, perché non l'aveva mai sentita dall'esterno, prima di allora.
Aprì lentamente gli occhi, tentando di ripetersi che non era reale, che era solo la sua mente che le stava facendo uno strano scherzo.
La prima cosa che mise a fuoco fu il corpo di Harry, steso a qualche metro da lei sul freddo pavimento della stanza bianca in cui si trovavano.
Il suo primo istinto fu quello di scuoterlo. Di chiedergli se stava bene.
Ma immediatamente si ricordò che non era sola in quella stanza silenziosa.
Il suo sguardo vagò per poi fermarsi sui due maghi che stavano in piedi a circa cinque metri da lei.
Con un po' di fatica si tirò a sedere, tentando di non chiudere gli occhi quando sentì una fitta acuta alla tempia sinistra.
La sua testa sembrava aver deciso di scoppiare.
Tuttavia lei non sbatté gli occhi, ma continuò a fissare con intenzione le due figure incappucciate, sentendosi improvvisamente esposta.
Provò l'impulso di calarsi il cappuccio sulla testa, ma si rese conto che sarebbe stato totalmente inutile, visto che i due maghi avevano ormai visto i suoi lineamenti.
Poi, senza riuscire ad evitarlo, il suo sguardo si spostò nuovamente sul corpo immobile di Harry. Le sembrò fin troppo pallido e cercò di ricordare se, prima dell'esplosione, il suo volto era già così.
“Non temere, è ancora vivo. Non siamo qui per farvi del male.”
Hermione tentò di deglutire il nodo che le si era formato in gola. Si alzò in piedi con un po' di fatica.
Perché all'improvviso tutto il suo coraggio, tutta la sua rabbia, perfino tutta la sua forza, sembravano lontane e minuscole, se paragonate alla paura che aveva di perdere Harry?
Con un colpo di tosse il ragazzo sul pavimento aprì gli occhi. Continuando a tossire rotolò su un fianco, tentando di riprendere aria. Aveva respirato circa sei tonnellate di polvere, a causa di quella dannata esplosione.
Impiegando molto tempo ed energie, riuscì ad alzarsi in piedi e si avvicinò ad Hermione, mettendosi al suo fianco.
Lei non esitò neanche per un secondo. Seguendo il suo istinto frappose il suo corpo tra quello di Harry e i due maghi, ancora incappucciati.
Harry sapeva che protestare sarebbe stato inutile, così si limitò a stringere i denti.
Hermione immediatamente serrò il suo scudo, impedendo ai due maghi di poter leggere i pensieri di Harry, mentre già da prima aveva protetto i propri.
Trovava spaventosamente affascinante il fatto che la donna riuscisse ad usare poteri così simili ai suoi.
Era ormai quasi certa di sapere di chi si trattasse. Aveva solo un modo per esserne sicura, però.
Cercò di schiantare la donna, ma il suo incantesimo silenzioso rimbalzò contro uno scudo evocato dalla donna, andando poi a collidere contro quello di Hermione e, infine, si schiantò contro una delle pareti.
Hermione, inconsciamente, spinse Harry a fare un altro passo indietro con una mano, mentre alzava l'altra per prepararsi a sferrare un altro attacco.
“Non farlo. Non siamo qui per farmi del male. Vi stiamo salvando.”
Fu l'uomo a parlare.
E un lungo brivido di panico percorse la schiena di Hermione.
Conosceva quella voce.
Era una voce così familiare, inoltre era stata molto più facile da identificare della voce della donna.
Gli era bastato sentirla una volta e avrebbe scommesso perfino la sua bacchetta su cosa avrebbe visto quando l'uomo a qualche metro da lei avrebbe abbassato il suo cappuccio.
Ad Harry, ovviamente, non era sfuggito il modo in cui Hermione si era immediatamente irrigidita all'udire la voce del mago.
Anche a lui sembrava vagamente familiare, ma non riusciva a ipotizzare con sicurezza chi potesse esserci sotto il mantello.
Spostò lo sguardo su Hermione e non ci mise neanche un momento a capire che doveva essersi fatta prendere dal panico. Era indecisa su quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Non sapeva cosa fare, era ad un bivio e non aveva idea di quale strada fosse la più sicura.
Forse avrebbe dovuto fidarsi di quella voce che le aveva dato un brivido.
“Sei tu, non è vero?” lo sguardo di Hermione era pieno di malinconia, mentre tentava di riconoscere alcuni dei lineamenti sotto il cappuccio del mago di fronte a lei.
Fece qualche incerto passo in avanti.
La mano destra del mago fu ciò che attirò la sua attenzione. La bacchetta che reggeva era familiare, come la mano stessa, e una cicatrice inconfondibile brillava sul dorso della mano.
Una cicatrice che avrebbe reso impossibile sbagliare ad identificare la persona sotto quel cappuccio.
Una cicatrice che era seconda, per fama, solo ad un'altra, solo alla saetta.
Una cicatrice, una scritta.
“Non devo dire bugie” lesse in un sussurro Hermione.
Le sopracciglia di Harry si avvicinarono in un'espressione di confusione, prima che i suoi occhi seguissero lo sguardo della ragazza.
La vide anche lui, quella scritta formata da pelle più chiara che risaltava nel dorso della mano destra del mago difronte a loro.
Istintivamente il suo sguardo corse alla propria mano destra, e per un attimo si chiese se non fosse ancora svenuto e quella fosse solo un'illusione creata dalla sua mente.
Lì, sulla sua mano, le stesse parole giacevano in memoria di una violenza delle tante che aveva subito, quando la Umbridge lo aveva costretto a scrivere per ore ed ore quella stessa frase sulla propria carne.
Il suo sguardo scattò verso l'altro e capendo che qualcosa non andava si frappose immediatamente tra il mago ed Hermione.
Lei, al contrario, si sentì quasi sollevata. Tanto che spostò il suo sguardo sulla donna, camminando verso di lei e lasciandosi Harry alle spalle.
Si chiese come avesse fatto a non notarlo prima.
Era così ovvio, in quel momento, chi fossero le due persone davanti a lei.
Una collana, molto strana, quasi unica nel suo genere, pendeva dal collo della ragazza.
Dei sottili anelli d'oro formavano una catena attorno al suo collo, da cui pendevano due oggetti diversi.v Ne aveva vista solo una uguale. Una, durante tutta la sua vita. Solo un'altra. E si trovava, in quel momento, dentro quella stanza.
Sentì il metallo della collana bruciare contro il proprio corpo, come a ricordarle che sì, era ancora attorno al suo collo.
Poteva sentire il freddo dei due cerchi a contatto con la sua pelle, uno dei due pieno e l'altro vuoto all'interno.
Prese la catenella tra le dita e la fece scorrere fino a far emergere i due cerchi da sotto il mantello e trovarseli davanti agli occhi.
Ormai non c'erano più dubbi.
Fissò un'ultima volta gli oggetti tra le sue mani prima di voltarsi verso Harry, mostrandoli anche a lui.
Occhi verdi fissarono i due piccoli oggetti senza capire, finché Hermione gli indicò che una collana uguale pendeva dal collo dell'altra donna.
Riconobbe uno dei due piccoli oggetti, lo aveva già visto molti anni prima, durante il loro terzo anno ad Hogwarts, dove Hermione, per seguire tutti i corsi, se ne portava una sempre al collo.
Una Giratempo.
In quel momento, anche per Harry, ogni pezzo del puzzle andò al proprio posto.
L'altro cerchio Harry non aveva idea di cosa fosse. Eppure lo aveva visto moltissime volte.
Lo aveva visto quando ancora Hermione era solita indossarlo e non portarlo appeso al collo.
Lo aveva visto dentro la vetrina di un negozio e lo aveva visto scivolare sull'anulare sinistro di Hermione mentre lei accettava di sposarlo.
Lo aveva visto ogni giorno per molto tempo. Lo aveva visto, ma non lo aveva riconosciuto.
Fu allora che l'altra donna, lentamente, si sfilò il cappuccio.
Gli occhi di Hermione incontrarono un paio di occhi scuri e qualche istante dopo, quando anche l'uomo di tolse il cappuccio, con due occhi di smeraldo.
Harry ed Hermione erano faccia a faccia con il loro destino. Erano davanti al loro futuro. Erano difronte a se stessi.
“Dovete seguirci. Vi porteremo fuori da qui e in salvo. Vi restituiremo le bacchette e vi faremo recuperare le vostre forze. Poi dovrete fare qualcosa, qualcosa che non vi piacerà.”
Hermione annuì. Aveva già capito cosa avrebbero dovuto fare.
“Andiamo. Le guardie svenute non lo resteranno ancora a lungo, e appena vedranno che ci sono dei morti daranno l'allarme. Dobbiamo sbrigarci ad uscire da qui.”
Senza aggiungere altro, Hermione -quella del futuro- si rimise il cappuccio.
“Quasi dimenticavo, queste dovrebbero tornarvi utili” aggiunse, consegnando ai due maghi le loro rispettive bacchette.
Poi si girò ed iniziò a camminare, senza più voltarsi indietro.
Superò il buco creato dall'esplosione nella parete e poi avanti, lungo un corridoio infinito.
E dal corridoio attraverso molte stanze e fino ad un ascensore che li condusse al piano terra di quell'interminabile edificio.
“Quanto è grande questo posto?” chiese il moro in un sussurro.
“Non riusciresti mai ad immaginarlo” gli rispose Harry ironicamente.
Capì perché solo una volta usciti, quando si voltò e tutto quello che vide fu una piccola baracca in mezzo al deserto.
“Cosa diavolo...”
“Questo posto è pieno zeppo di magia” gli spiegò Hermione.
“Credevo fosse un edificio del governo.”
“Non ho detto che non lo è. Ho solo detto che c'è così tanta magia che rischia di esplodere.”
“Qualcosa non va. Perché il governo che tenta di uccidere tutti i maghi sta utilizzando la magia? Perché alcuni di noi stanno aiutando loro? Che cosa diavolo mi sta sfuggendo?” urlò in mezzo al nulla.
“Non abbiamo tempo per questo, dobbiamo andare. Manca poco ormai” Hermione del futuro avvertì i due maghi.
Hermione guardò Harry, promettendogli silenziosamente che avrebbero discusso l'argomento in futuro.
Videro, in lontananza delle strane creature in mezzo al deserto, che, senza dubbio, non avrebbero dovuto essere lì.
“Thestral?” chiese confusa Hermione.
“Non ci si può smaterializzare nel raggio di duemila chilometri” le rispose semplicemente la donna uguale a lei.
“Duemila...Aspetta, non siamo...”
Harry ed Hermione più grandi si scambiarono uno sguardo eloquente, poi lui si voltò verso gli altri due e porse ad Harry le briglie di uno dei due Thestral.
“Benvenuti nel deserto del Sahara ragazzi.”
I due si scambiarono uno sguardo incredulo.
Poi, senza aggiungere altro, salirono sulla creatura.
Ormai più niente li stupiva come quando avevano undici anni ed erano convinti di non poter sopravvivere ad uno scontro con un Troll di montagna.
Si erano abituati a prevedere l'imprevedibile.




Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e grazie a chi segue la storia.




Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Quando l'amore basta ***


Salve ragazzi! Per prima cosa, ringrazio roxy_xyz, Alexy89, Jollyna, SweetBlueNight che hanno recensito il capitolo precedente.

Buona lettura!





Quando l'amore basta


Da fuori la tenda riusciva già a sentire le voci delle due donne all'interno.
Si chiese come potessero essere in grado, in un momento come quello, di fare discorsi tanto frivoli.
“Devo ancora scegliere gli addobbi e tutto il resto. Comunque penso che se ne occuperà mia madre adesso che è qui.”
“Infondo è il sogno di ogni madre occuparsi del matrimonio della propria figlia, no?”
Delle risate riempirono la tenda.
“Luna, devo parlarti di una cosa. Però devi essere molto discreta a riguardo, non ne ho parlato nemmeno a Draco ancora.”
Non sentì una risposta, quindi immaginò che la donna si fosse limitata ad annuire.
“Hermione, quando è tornata, ti ricordi, giusto? Quando eravamo dentro la tenda, e...ecco lei, m-mi ha detto...” si chiese se il balbettamento fosse dovuto a nervosismo o ad imbarazzo. Riusciva a percepire entrambe le emozioni provenire dalla ragazza dentro la stanza.
“Avanti Ginny, cosa ha detto Hermione?”
“Ha detto...” con un gesto nervoso si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Ha detto che sarà certamente un maschio.”
Ci fu un istante di silenzio, seguito da un piccolo urlo.
“Oh mio Dio!”
“Luna, abbassa la voce, te l'ho detto. Draco non lo sa ancora.”
Di nuovo silenzio.
“Perché non gliene hai parlato? Hai paura che non sia...non sia quello che vuole?”
“No” si affrettò a rispondere l'altra donna. “No, non è quello. Però guardiamo in faccia la realtà, Luna. Draco mi permette a malapena adesso di fare i turni di guardia. Cosa pensi che farebbe se sapesse che aspetto suo figlio?”
“A volte non capisco come fai a stare con lui. Se Ron mi dicesse cosa fare, io...Dio, credo che impazzirei.”
“A volte non lo capisco neanche io.”
Rimase spiazzata dall'improvviso senso di impotenza che aveva riempito la sfera emotiva della rossa. Perché si sentiva in obbligo di stare con il piccolo Malfoy? Perché non sembrava felice delle sue scelte?
Qualcosa le sfuggiva. Qualcosa che non riusciva a comprendere.
E poi, improvvisamente, la mente della ragazza proiettò nella sue una serie di immagini che resero tutto incredibilmente chiaro.
Aveva le risposte che cercava.
Rifiutandosi di origliare oltre rese nota la propria presenza, entrando nella tenda con un colpo di tosse e attirando l'attenzione delle due streghe ancora sedute sul letto, che, alla vista dell'altra donna, balzarono in piedi.
“Buongiorno. Mi dispiace interrompervi, ma ho bisogno di parlare con te, Ginevra.”
Ginny, sentendo il suo nome pronunciato per intero, non riuscì a evitare di sentirsi a disagio.
Lei e Luna si scambiarono uno sguardo eloquente, prima che la bionda uscisse.
Amanda attese con pazienza che i suoi passi fossero sufficientemente lontani prima di iniziare a parlare di nuovo.
“Credo che adesso sia abbastanza lontana da non riuscire a sentire. Sai, non tutti riescono a leggere nei pensieri delle persone.”
“Noto un certo risentimento nei miei confronti, nelle tue parole, Ginevra. Forse ho fatto qualcosa di sbagliato nei tuoi confronti?”
Ginny cercò di recuperare una sorta di contegno.
“No. Certo che no.”
“Mia cara” Amanda ammorbidì il tono di voce. “Temo che sia ormai troppo tardi, da parte tua, per fingere che non ci sia alcun rancore.”
Ginny deglutì.
“Nessun rancore. Ma non sono a mio agio con persone che non conosco e che, a piacere, potrebbero scoprire i miei più profondi segreti.”
“Non credi che io sia venuta a conoscenza dei tuoi segreti, o almeno, di quei segreti di cui credo stiamo parlando, già da molto tempo?”
L'espressione di Ginny divenne perplessa.
“C'è un'altra persona che condivide quel segreto, lo sai. Una persona che mi è molto vicina. Quindi avresti dovuto immaginare che io fossi già a conoscenza di cosa ancora ti lega a questi luoghi.”
Ginny scosse la testa con un sorriso amaro. “E cosa mi lega a questi luoghi?” chiese in un tono marcatamente ironico, mentre dentro sé realizzava che più niente la legava al campo. Niente più la legava alla sua stessa vita.
“Oh, ma qualcosa c'è” disse Amanda, entrando senza scrupoli dentro i suoi intimi pensieri. “La paura. La paura che la tua felicità possa essere di intralcio alla felicità degli altri.”
Ginny si sentì avvolgere dalla malinconia così all'improvviso che per un secondo pensò fosse stata colpa di un incantesimo.
“Così è più semplice.”
Amanda scrutò i suoi occhi per qualche secondo.
“Per chi è più semplice? Per tutti gli altri, forse. Ma per te, è più semplice per te? Credi che sia più semplice per Draco? Credi che lui non veda che qualcosa in te è incompleto? Credi che per te sia più semplice essere felice? O credi che per l'altra persona a cui hai spezzato il cuore lo sia, adesso?”
“Lo so, ok?” urlò, perdendo la calma per un secondo. “Lo so” sussurrò poi. “So che ho fatto un casino. So che non posso aggiustarlo.”
Neanche lei sapeva dire se si stesse riferendo al corso degli avvenimenti o al suo cuore.
“So solo che mia madre, mio padre, Dio, perfino Ron, loro non capirebbero mai.”
Amanda annuì lentamente.
“Vedi, ho vissuto a lungo, adesso. E ho imparato alcune cose che spesso nel corso di una vita normale non si ha il tempo di imparare. Voi mortali andate sempre di fretta, troppo freneticamente per vedere alcune cose che a me sono apparse chiare. Prestate troppo poca attenzione per sentire cose che la vita mi ha urlato addosso. Però voglio dirti una cosa.”
Fece qualche passo verso di lei, come a voler condividere con lei un segreto.
“Ho sentito dire a tanti che l'amore non basta.”
Le sopracciglia di Ginny si avvicinarono, formando un'espressione perplessa.
“Sai, quando le cose vanno male e uno dei due scappa, o quando uno dei due cerca una scusa per evitare di affrontare i problemi. Dicono che l'amore non basta. Dicono che è grande, immenso, che supera montagne altissime e naviga oceani in tempesta, ma che da solo non basta. Io però voglio dirti qualcosa che pochissimi hanno capito. Voglio dirti qualcosa con cui quei due testardi dei tuoi amici stanno combattendo proprio ora, chissà dove, chissà come. Voglio dirti la verità.”
Ginny senza accorgersene neanche stava trattenendo il fiato.
“Ogni tanto l'amore basta. Non ogni volta, non per chiunque, ma qualche volta capita che l'amore sia tutto quello che serve a due persone per continuare a vivere molto più felicemente di quanto non sarebbero mai stati in grado di fare, altrimenti.”
Ginny per un attimo parve valutare l'idea.
Forse era vero.
Tutte le cose della sua vita sembravano essere prive di significato, per lei. Forse questa sensazione era data dal fatto che quelle cose non avevano davvero più un significato.
Forse Amanda aveva ragione.
Forse poteva vivere solo di amore.
Scosse la testa energicamente.
“È un'eccezione. Quando l'amore basta, quella è un'eccezione. Un numero su infiniti numeri, una stella tra tutte le stelle che sono state e saranno, una goccia di tutta l'acqua mai stata presente sulla Terra. Solo una è l'eccezione. E noi non siamo altro che una stupida, semplice, inutile regola. Noi siamo esattamente quello che sembriamo. Non siamo un numero, non siamo una stella, non siamo una goccia. Noi siamo un'immagine in bianco e nero di qualcosa che è nato ed è morto. Siamo il passato.”
“Neanche tu lo credi, Ginevra. Posso leggertelo negli occhi.”
“Non chiamarmi in quel modo. Non farlo mai.”
Amanda sorrise con amarezza. “Perché solo una persona ha il permesso di chiamarti così, non è vero? Solo una persona può farlo senza suscitarti disagio. E quella persona non è Malfoy.”
Una lacrima scese lenta sul viso di Ginny.
Fu in quel momento che Amanda capì di aver passato il segno.
Fece un passo indietro e riacquistò il suo solito contegno.
Si guardò intorno con imbarazzo.
Non era qualcosa che le succedeva di solito.
Poi fissò di nuovo il suo sguardo sugli occhi lucidi di Ginny.
“Mi dispiace infinitamente. Come è ovvio, questi non erano fatti di mia competenza. E per la mia intromissione mi scuso. L'unico motivo per cui mi sono permessa è che la persona di cui stiamo parlando, ancora non riesce ad essere felice. Ed io vorrei solo poter vedere ancora quell'amore che a me è stato negato, brillare sul suo viso.”
La faccia di Ginny non mutò.
“Ma credo che neanche in te sia rimasto, e forse questo è stato un mio errore.”
Ginny, incredula, scosse la testa.
Eppure Amanda riusciva a leggere i suoi pensieri.
Lei, più di ogni altra persona al mondo, avrebbe dovuto sapere.
Avrebbe dovuto capire.
“Era per dirmi questo che sei venuta qui?” chiese con la voce tremante a causa delle lacrime ancora presenti nei suoi occhi.
Amanda parve riscuotersi improvvisamente dai suoi pensieri.
“No. No, hai ragione. In realtà sono qui perché ho bisogno di chiederti un favore.”
“Che genere di favore?”
“Ho bisogno che tu tenga una cosa per me. E ho bisogno che, quando arriverà il momento, tu sappia esattamente cosa fare con la cosa che ti consegnerò. E, ovviamente, ho bisogno che tu tenga questo segreto. È una cosa di cui non dovrai mai parlare a nessuno. Mai, nemmeno a Draco. Ciò che sto per dirti non dovrà mai uscire da questa tenda.”
Ginny annuì.
“Non lo dirò a nessuno.”
“Bene. Perché se lo farai, se infrangerai il patto che ti sto chiedendo di stringere, il pegno che dovrai pagare sarà altissimo. Sarà qualcosa di molto peggiore della morte.”
Ginny fu percorsa da un brivido.
“Un Voto Infrangibile?”
Amanda annuì brevemente.
“Su cosa dovrò giurare?”
Un silenzio carico di tensione invase immediatamente la stanza.
Lo sguardo di Amanda vagò lentamente sul corpo di Ginny, fino a fermarsi sul suo addome ancora piatto.
Poi, velocemente, tornò a fissarsi nei suoi occhi.
La mano sinistra di Ginny coprì immediatamente la piccola protuberanza ancora invisibile ad occhio nudo.
“No. Non puoi chiedermi di giurare su di lui.”
“Non te lo sto chiedendo. Però tu lo farai lo stesso. Perché ci sarà un momento in cui la sorte di tutto il Mondo Magico sarà nelle tue mani. Ed io ho bisogno di essere sicura che le cose vadano come devono andare.”
“Perché hai scelto me per questo?”
“Ho bisogno di qualcuno a cui affiderei la mia stessa vita. Ma, allo stesso tempo, qualcuno che riesca a rimanere nell'ombra. Non posso chiedere di custodire questo segreto a una delle mie guardie, né a qualcuno dell'Ordine. Dovrai essere tu. È destino che sia tu. E giurerai Ginny. Forse non in questo momento, ma posso assicurarti che un giorno verrai da me e mi dirai di essere pronta a giurare sulla vita di tuo figlio.”
Ginny scosse la testa con decisione.
“Cosa ti rende così sicura che cambierò idea?”
“Perché qualsiasi altra persona a cui chiederò di farlo, perderà la vita. Ho visto ogni possibile futuro, posso assicurartelo. Ed è destino che sia tu a farlo.”
“Non posso.”
Fu solo un sussurro.
Ma Amanda sentì la sua voce chiaramente.
Annuì e si incamminò verso l'uscita, fermandosi con una mano sulla tenda, e parlò ancora senza mai voltarsi indietro.
“Aspetterò fino a domani al tramonto. Poi andrò da Luna.”
“Cosa?” Ginny le si avvicinò, afferrandole un braccio. “No. Non puoi farlo. Luna ha una figlia.”
Amanda si voltò.
“La lista di persone di cui mi fido è molto ristretta. Se non vuoi che vada da Luna, c'è solo un'altra persona a cui lo chiederò. Ma come ti ho già detto, il prezzo sarà la sua vita.”
“Condanneresti una persona a morte senza dirle a cosa va incontro?”
“Pensi che, se lo sapesse, non lo farebbe?”
“Se fossi tu a chiederglielo farebbe di tutto, probabilmente.”
Amanda annuì ancora una volta, liberandosi dalla stretta di Ginny e voltandosi di nuovo.
“Il tramonto. E a quel punto, se non sarai tu, o sarà Luna, o...”
Era chiaro il nome al termine di quella frase.
Così chiaro che nessuna delle due sentì la necessità di terminarla.
Amanda fu veloce a sparire dalla sua vista proprio com'era arrivata, lasciando Ginny ai suoi pensieri.
Si stese sul letto, chiudendo gli occhi e cercando di immaginare come dovesse essere. Cosa si provasse ad essere l'eccezione.
Quando l'amore basta.
E, per quanto si sforzasse, non riuscì a paragonarlo a nient'altro che al suo passato.




Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e un grazie particolare a chi segue la storia.




Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** L'alba ***


Salve a tutti ragazzi. Per prima cosa voglio scusarmi per il mio immenso ritardo, ma la scuola mi ha veramente messo k.o. In questo periodo.
Vorrei iniziare ringraziando Jollyna, SweetBlueNight, luca76, roxy_xyz, GinevraRacounter e Lights per aver recensito il capitolo precedente. Siete mitici.

Comunque...Eccoci qua con un nuovo capitolo.

Buona lettura!




L'alba


Si ritrovarono davanti ad una piccola capanna di legno, circondata da uno spiazzo di erba verde. Era il tramonto.
Una volta scesi dal Thestral che li aveva condotti fin lì, si guardarono attorno.
A qualche metro dalla piccola casa scorsero un fiume.
Immediatamente entrambi vi si avvicinarono, inginocchiandosi vicino alla riva e bevendo tutta l'acqua che non avevano potuto bere negli ultimi giorni.
Dopo diversi minuti si riavvicinarono alla capanna, guardandosi attentamente intorno, cercando qualcosa che permettesse loro di capire dove si trovavano.
“Dove siamo esattamente?” chiese Harry.
Hermione scrollò le spalle. “A nord. O comunque più a nord di prima. Non so esattamente dove, ma credo che ci abbiano riportati in Europa. Probabilmente una località vicina al mare.”
Osservò la vegetazione che li circondava.
“Se dovessi tirare a indovinare direi in Grecia. Probabilmente una delle piccole isole che circondano Creta.”
Fece mente locale.
“No, decisamente più a nord. Probabilmente siamo in una delle isole Cicladi. Se dovessi tirare a indovinare direi nella zona est.”
Harry la guardò come se improvvisamente le fosse spuntata una seconda testa.
“La mia era più che altro una domanda retorica. Non pensavo davvero che tu ne avessi un'idea.”
“Oh” Hermione scrollò le spalle, entrando all'interno della capanna attraverso la porta che i loro del futuro avevano lasciato aperta.
Entrando si trovarono davanti ad un tavolo apparecchiato, con sopra decine di cibi.
Si scambiarono uno sguardo veloce e poi si sedettero mangiando tutto ciò che aveva un aspetto presentabile.
“Erano giorni che non mangiavo qualcosa” riuscì a dire Harry tra una forchettata di pasta ed un boccone di riso.
“Lo sappiamo. Siamo stati in quel posto prima di voi, ricordate?” si sentì rispondere da sé stesso il moro.
“Giusto” ingoiò quello che stava masticando, prima di alzare la testa. “Allora, perché non iniziate a dirci cosa dobbiamo fare una volta usciti di qui?”
Hermione scosse la testa. “Non possono farlo Harry. Dobbiamo capirlo da soli, altrimenti rischiano di compromettere il flusso spazio-temporale.”
“Già. Credo sia un po' tardi per quello” sussurrò Harry, squadrando i loro gemelli.
“Harry ha ragione. Il futuro rischia di essere compromesso. Noi torneremo al campo appena fuori da quella porta, ok? Voi dovete assicurarvi di fare la stessa cosa una volta che avrete salvato Harry ed Hermione del passato.”
Hermione guardò se stessa, annuendo.
“Ho già elaborato un piano che credo coinciderà con il vostro.”
L'altra Hermione annuì.
“Avete ventiquattro ore da quando noi saremo fuori.”
I due ragazzi seduti al tavolo annuirono simultaneamente.
Finirono di mangiare e quando ebbero fatto si diressero tutti e quattro verso quattro diverse camere da letto.
“Domani mattina all'alba saremo svegli” ricordò loro Hermione.
“Saremo pronti” le assicurò la versione di sé stessa più giovane di un giorno.

Chiudendo la porta della propria camera Hermione si lasciò lentamente scivolare sotto le coperte.
Sapeva che il sonno non sarebbe arrivato, quella notte.
Sarebbero arrivati invece molti pensieri, molti dubbi, domande a cui non aveva idea se esistesse una risposta.
Rimase a lungo a pensare a quella visione che aveva avuto solo qualche giorno prima, ma che sembrava appartenere ad un momento indefinito del suo passato.
Aveva visto una felicità sul proprio viso, che non pensava potesse mai più esserci.
E forse proprio questo era il punto.
La visione non sembrava qualcosa che sarebbe potuto accadere nel futuro. Sembrava più qualcosa che era avvenuto nel passato.
Una visione di come le cose avrebbero dovuto essere.
Ovviamente sapeva che ciò non era possibile, però non riusciva a trovare un'altra spiegazione.
Però se quella che aveva avuto era una visione del passato, perché aveva visto...
Sfilando il cuscino da sotto la propria testa se lo premette sulla faccia.
Avrebbe dato qualunque cosa per bloccare i pensieri fuori dalla propria testa almeno per altre ventiquattro ore.

Il mattino successivo la trovò addormentata profondamente. I pensieri non erano riusciti a bloccare notti e notti di sonno arretrato.
Quando finalmente si svegliò, vide l'alba farsi strada fuori dalla finestra della propria capanna.
Si chiese perché lei aveva la stanza da cui si vedeva l'est.
Poi capì che probabilmente era perché Harry non si sarebbe mai svegliato da solo.
Sospirando uscì dalla stanza ed entrò in quella accanto alla sua, bussando piano. Aprì la porta lentamente e vide Harry ancora beatamente addormentato, con gli occhiali appoggiati sul comodino accanto al letto e le coperte sul pavimento, probabilmente finite per terra a causa dello scalciare frenetico di Harry.
Aveva sempre avuto problemi con gli incubi. L'unica cosa che sembrava calmarli era quando Hermione dormiva al suo fianco.
Lei si sentì stringere il cuore quando quel pensiero le attraversò la mente.
Si sedette sul materasso e lo guardò per qualche istante. Una mano tremante raggiunse la sua fronte ed iniziò ad accarezzare i capelli corvini del ragazzo steso sul letto.
No, non ragazzo. Era un uomo adesso.
Era cresciuto, un po' era invecchiato. Eppure lei non lo vedeva. Tutto ciò che vedeva era un ragazzo che aveva ancora gli incubi se lei non gli dormiva affianco.
Dopo qualche secondo Harry si rilassò visibilmente al tocco leggero della mano di Hermione, e il suo sonno divenne tranquillo.
Poi la sua mano si fermò.
“Harry, dobbiamo andare. Il sole sta sorgendo.”
Lui si mosse, ma non si svegliò.
Hermione lo scosse delicatamente. “Harry, so che mi hai sentito. Svegliati” ordinò con più fermezza.
Lui aprì un solo occhio. “Altri cinque minuti?”
Hermione scosse la testa, trattenendo a stento un sorriso. “Immediatamente.”
Harry sospirò, rassegnato.
Dieci minuti dopo stavano finendo la colazione, mentre Harry ed Hermione -quelli del futuro- si preparavano a partire.
Li accompagnarono fuori dalla porta, poi Hermione si voltò ancora verso di loro.
“Ricordate. Ventiquattr'ore a partire da adesso.”
Hermione, quella più giovane, annuì.
Poi, dopo che si furono smaterializzati, Hermione tornò dentro freneticamente.
“Sbrigati, abbiamo pochissimo tempo.”
Harry apparve confuso, ma non obbiettò.
Una volta dentro la casa Hermione tirò fuori la catenella che aveva attorno al collo e la avvolse anche attorno a quello di Harry.
Il mondo intorno a loro iniziò a riavvolgersi, facendoli passare attraverso tutto ciò che era successo in quella casa nelle ultime ventiquattro ore.
Poi, all'improvviso, tutto si bloccò.
Hermione nascose velocemente la collana sotto la propria maglietta, dirigendosi verso la dispensa e controllando all'interno degli scaffali.
“Proprio come pensavo” constatò con aria grave. “Dobbiamo muoverci.”

“Un supermercato?” chiese incredulo. “Cosa diavolo ci facciamo davanti ad un supermercato?”
“Stiamo ricomprando le cose che abbiamo mangiato. Harry ed Hermione -beh, gli altri Harry ed Hermione- le hanno comprate ieri mattina, quindi stamattina, quindi adesso. Questo significa che dobbiamo comprarle io e te. Chiaro no?”
Harry annuì, anche se non era ancora convinto.
Entrarono attraverso le porte automatiche.
“Ok, ma come facevi a sapere dove trovare un supermercato?”
Hermione lo guardò. “Venivo qui in vacanza con i miei genitori” mentre parlava prese uno dei carrelli per la spesa. “Credevi che ci avrei portato in un posto sconosciuto?”
Harry parve ancora più confuso. “Di chi è quella capanna in cui eravamo prima?”
Hermione iniziò a fare mente locale di tutto quello che avevano mangiato e a metterlo nel carrello che iniziò lentamente a riempirsi.
“Dei miei bisnonni. Era, dei miei bisnonni. Adesso è abbandonata.”
Harry annuì.
In neanche mezz'ora, Hermione aveva comprato tutto quello che serviva loro.
Arrivati alla cassa si ricordò però di non avere con sé neanche un soldo.
“Dannazione” sussurrò impercettibilmente.
“Tranquilla” sussurrò a sua volta Harry, estraendo delle sterline inglese dalla tasca destra dei suoi pantaloni. “Però ho solo sterline con me.”
“Quello non è un problema.”
Hermione prese i soldi tra le sue mani e si avvicinò alla cassa.
Quando fu il momento di pagare consegnò le banconote al commesso che aveva davanti.
Harry fu stupito di vedere le sterline trasformate in euro.
Con un sorriso di cortesia presero le buste e si diressero verso l'uscita.
“Come sei riuscita a cambiare il tipo di soldi?”
Hermione si voltò di scatto verso di lui.
Sentirono qualcuno urlare alle loro spalle, mentre la porta del negozio si apriva.
“Non ci sono riuscita” fu tutto quello che Harry riuscì a sentire, prima di ritrovarsi nuovamente davanti alla capanna.
Hermione entrò in casa, sistemando la maggior parte delle cose che avevano comprato sul tavolino, come avrebbe dovuto essere quando sarebbero tornati quella sera.
“Ho solo fatto in modo che alle persone che le vedevano sembrassero Euro. In realtà non hanno mai smesso di essere sterline.”
“Perché questo mi suona tanto come furto?” chiese lui con un sorriso.
“Andiamo, siamo già in ritardo” rispose Hermione, trattenendo un sorriso e dirigendosi nuovamente fuori dalla porta.
“Com'è che i tuoi bisnonni possedevano due Thestral?” le chiese Harry, mentre si apprestavano a salirvi sopra.
“Non erano dei miei bisnonni. Ce li ho portati io qualche anno fa. Ho pensato che qui avrebbero potuto godersi la loro meritata pensione.”
Harry rise brevemente, seguendo poi Hermione che si era già alzata in volo.

Era ormai primo pomeriggio quando, dopo una breve sosta per bere e mangiare, giunsero nel deserto dove, neanche un giorno prima, avevano visto i due Thestral.
In breve si trovarono davanti alla piccola baracca che avevano visto il giorno prima.
“Riusciresti mai a crederci? Dentro l'edificio ci sono sette piani. Ed ogni piano è grande circa cento metri quadrati.”
Harry scosse la testa.
“C'è qualcosa che non va. Dei maghi li stanno aiutando. Loro che combattono la magia ne fanno poi uso senza che la loro gente lo sappia. Non capisco. Perché? Perché combattono la magia se anche loro la usano?”
Hermione si limitò a fissare la piccola baracca davanti a lei.
“Non lo so” estrasse velocemente la bacchetta. “Ma è quello che intendo scoprire.”
Forse non lo avrebbe scoperto quel giorno. Ma lo avrebbe sicuramente scoperto.
E allora, finalmente, avrebbe capito.
Avrebbe capito perché gli uomini si ostinavano a continuare una guerra inutile contro qualcosa che usavano a loro vantaggio durante tale guerra.
Ma, in quel momento, il suo obbiettivo era un altro.
“Vieni. Per prima cosa, dobbiamo recuperare le bacchette.”
Harry annuì, seguendola, mentre lei, con un incantesimo, tentava di aprire la porta dell'edificio.
Al terzo tentativo la sua magia, molto più potente di quella di chi aveva sigillato la porta, riuscì a penetrare e spezzare l'incantesimo di protezione.
La porta si aprì con facilità, sotto il suo tocco.




Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e un grazie particolare a chi segue la storia.


Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Il Voto Infrangibile ***


Salva a tutti ragazzi, mi scuso per l'imperdonabile ritardo nell'aggiornamento di Wanted, e prometto solennemente che adesso che la scuola è finita aggiornerò con più regolarità. Ringrazio per le recensioni luca76, Lights, roxy_xyz, GinevraRaconteur, cleomery e giuliailuig.

Buona lettura!




Il Voto Infrangibile


Quando si svegliò, la mattina successiva, non fu una sorpresa scoprire che Draco non era accanto a lei.
Ormai era abituata a svegliarsi da sola.
Aveva fatto un turno di guardia, durante la notte, e probabilmente avrebbe dovuto farne un altro entro poche ore.
Tuttavia, per quanto ci provasse, non riusciva a dormire.
Così si alzò, vestendosi lentamente.
Poi iniziò a camminare, istintivamente, senza pensarci troppo, limitandosi ad andare dove i suoi piedi la stavano portando.
Una volta che fu arrivata davanti alla tenda che stava cercando si sentì come paralizzata. Non riusciva a entrare.
Eppure era una cosa che aveva fatto migliaia e migliaia di volte.
Sospirando si decise ad entrare dentro la tenda, sentendosi immediatamente salutare dal pianto di una bambina.
Si avvicinò al letto al centro della stanza e la sollevò, prendendola tra le sue braccia.
“Cosa c'è, piccola Molly? Ti fanno ancora male i denti?”
Nessuno aveva mai capito perché, ma la piccola sembrava avere un particolare attaccamento alle braccia di Ginny, a cui preferiva solo quelle di sua madre.
Questo aveva causato non pochi problemi a Ron, che si era trovato spesso a chiedersi perché sua figlia non smettesse mai di piangere quando era lui a cullarla.
“Credo che sia l'ultimo. O almeno lo spero, visto che l'ultima volta che sono riuscita a dormire è stato sei giorni fa.”
Ginny sorrise a Luna, mentre la strega entrava nella stanza di ritorno dal bagno.
“Sei sempre stata molto brava con i bambini” le disse Luna, mentre prendeva Molly dalle braccia della rossa. “Scommetto che sarai una fantastica madre.”
Luna sorrise con gioia al pensiero del segreto che condividevano. Ginny ricambiò con un sorriso forzato.
Lentamente, si sedette sul letto a due piazze, mentre Luna si avvicinava al fasciatoio per cambiare il pannolino della bambina.
Fu in quel momento che Ginny capì di non poterlo permettere.
Non poteva lasciare che Luna giurasse sulla vita di Molly, non poteva rischiare che lo facesse, anche se dentro di sé sapeva che la sua amica avrebbe rifiutato senza secondi pensieri.
Non poteva comunque rischiare che qualcun altro morisse per il suo egoismo.
“Luna, hai mai pensato a come sarebbe stato?”
“Come sarebbe stato cosa?” chiese lei, senza distrarsi però dal suo compito.
“Fare come Hermione. Andare via. Provare ad essere felici.”
Luna rimase in silenzio per un lungo istante.
“Non c'è riuscita però. Lontano da Harry non c'è riuscita.”
Ginny si schiarì la voce.
“Lo so, però forse noi avremmo potuto riuscirci.”
Luna si voltò, guardandola bene negli occhi.
“C'è un momento, Ginny, in cui dobbiamo scegliere che strada prendere. C'è un momento in cui scegliamo chi essere. Io ho scelto di rimanere. E sono felice adesso. Sono la mamma della più bella bambina del mondo e ho sposato un uomo meraviglioso. Questo è il posto a cui appartengo, sai? La guerra è solo un ostacolo che riusciremo a superare.”
Ginny annuì lentamente, cercando di convincersi che quelle parole fossero vere.
“Cosa ti ha spinto a fare la tua scelta? Cosa ti ha fatto rimanere?”
Luna scrollò le spalle. Poi, come se fosse la cosa più scontata del mondo, sussurrò: “Ron.”
E quello bastò a Ginny.
Luna era rimasta, perché aveva trovato l'unica persona senza la quale non avrebbe mai potuto vivere.
Si alzò, quasi spaventando la strega che le stava difronte.
“Devo andare.”
Luna annuì e la vide uscire dalla tenda.
Non capì mai a cosa si riferisse Ginny.
Non capì mai se stesse dicendo che doveva andare via da quella stanza, o dal campo, o dalla sua vita.
Non capì da cosa Ginny stesse fuggendo.
Però lo avrebbe scoperto presto. Molto presto.

Una volta fuori dalla tenda Ginny si sedette e pensò a cosa avrebbe dovuto fare.
Stare ferma, però, la fece solo innervosire ulteriormente.
Così si decise ad alzarsi e fare quattro passi.
Ancora una volta, però, non fu lei a decidere dove andare. Furono le sue gambe a portarla dove sapeva che avrebbe dovuto essere.
Facendosi coraggio entrò nella tenda, trovando Silente e Piton ad osservare attentamente una cartina del Mondo.
“Potrebbero essere ovunque. In un Continente qualunque. E noi non lo sapremo mai.”
Vide Silente annuire alla conclusione di Piton, prima che alzasse gli occhi e li immergesse dentro i suoi, attraverso gli occhiali a mezzaluna.
“Signorina Weasley. Posso fare qualcosa per te?”
Ginny annuì nervosamente.
“Sì, a dire la verità. Stavo cercando Amanda. Mi chiedevo se lei sapesse dove posso trovarla.”
“Credo che sia ancora dentro la sua tenda.”
Ginny si sentì una stupida. Ovvio che fosse dentro la sua tenda. Non sapeva neanche il motivo per cui era andata a cercarla lì.
Poi però ricordò che non aveva la più pallida idea di dove fosse la tenda di Amanda.
“Vai alla tenda di Hermione. Quella sulla sinistra è di Amanda.”
Ginny annuì con un piccolo sorriso in direzione di Silente, grata, per una volta, del fatto che non le fossero servite parole.
Uscì dalla tenda velocemente, e si diresse a passò spedito verso la persona che stava cercando.
Una volta davanti alla tenda, però, si rese conto che non sapeva cosa avrebbe dovuto fare né dire.
Scuotendo la testa, nel disperato tentativo si scacciare l'improvviso senso di indecisione, si fece largo attraverso l'ingresso ed entrò.
Amanda era difronte al proprio specchio, priva della maschera che solitamente le copriva il volto.
Ginny ricordò la prima volta che l'aveva vista senza di essa. Aveva detto agli altri di aver visto
Draco. E avrebbe così tanto voluto che fosse vero.
Draco era uno dei buoni, Draco era diventato il braccio destro di Harry. Draco era colui con cui tutti gli altri si aspettavano di vederla.
Ma non era lui. Stando davanti a quel volto, ricordò che non era lui la persona che amava di più al mondo. Non sarebbe potuto mai essere lui.
Ginny non aveva dimenticato. Non aveva dimenticato lo sguardo che aveva visto nei suoi occhi quando lui aveva provato ad uccidere Hermione. Non avrebbe mai dimenticato come si era comportato con la sua migliore amica Hermione, quando ancora lei era la sua migliore amica. Non avrebbe mai dimenticato le vite innocenti che Draco aveva portato via.
Ma poteva continuare a fingere. Poteva continuare a fingere di averlo fatto.
Poteva continuare a fingere che la parte oscura del giovane Malfoy fosse stata frutto di un incantesimo, anche se lei sapeva che non era così. Harry gli aveva creduto, lo aveva perdonato e gli aveva dato una seconda possibilità. Una possibilità di cambiare.
E Malfoy lo aveva fatto. Era un uomo migliore. Combatteva per il bene, riusciva a vivere senza rimorsi, riusciva ad amare.
E dopo molti mesi di corteggiamento alla fine Ginny aveva ceduto ed aveva accettato di uscire con lui. Pensava che l'avrebbe aiutata a dimenticare.
Ma come avrebbe mai potuto dimenticare?
Amanda velocemente indossò la maschera.
“Ginny. A cosa devo una tua vista così presto?”
Ginny si morse l'interno della guancia per evitare di dire quello che pensava.
Ma poi si ricordò che Amanda avrebbe comunque potuto leggerlo nei suoi pensieri, così lo disse comunque.
“Non volevo permetterti di avvicinarti a Luna.”
Amanda, che fino a quel momento l'aveva osservata attraverso lo specchio, si voltò lentamente nella sua direzione.
“Credi davvero che avrei chiesto qualcosa del genere a Luna? Ovviamente non lo avrei mai fatto, lo sai, né a lei né a qualcun altro avrei mai chiesto un simile sacrificio, sapendo che la missione che devo affidarle l'avrebbe portata alla morte. Solo a te, che sono sicura non morirai, potevo chiedere un sacrificio tanto grande. O a te o a qualcuno che avrebbe accettato la morte.”
La spina dorsale di Ginny fu percorsa da un brivido, quando capì a chi si stesse riferendo.
Quello era il motivo per cui era lì. Per Luna e per qualcun altro, che avrebbe accettato la morte, se fosse stata Amanda a chiederglielo.
“Dopo tutti questi anni al tuo servizio, sacrificheresti la sua vita?”
Amanda scosse la testa.
“Spero di non dover mai avere una risposta a questa domanda.”
Neanche lei ne era sicura. Avrebbe davvero chiesto ad una delle persone a lei più vicine di sacrificare la propria vita, anche se era di fondamentale importanza che quella missione fosse portata a termine?
Probabilmente no.
I suoi affetti, in fondo, erano la sua unica e immensa debolezza.
“Ho delle domande. Delle richieste, prima di accettare.”
Amanda si limitò ad annuire, aspettando che Ginny iniziasse a parlare.

Una volta che Amanda le ebbe spiegato cosa avrebbe dovuto fare, in che cosa consisteva la sua missione, Ginny espose le sue richieste, che Amanda accettò con disponibilità.
Ginny le aveva chiesto di rendere partecipe di quella missione anche un'altra persona. Poi le aveva chiesto di permettere a quella persona di aiutarla a svolgere la missione che le era stata affidata. Ed infine, la cosa che più di tutte aveva fatto pensare Amanda.
“Siamo d'accordo allora?” chiese ancora Ginny.
Amanda sapeva di non avere scelta. Doveva essere Ginny a farlo, e se quella era la sua ultima condizione, allora il rifiuto non era contemplabile.
“Sotto costrizione” Amanda sospirò. “Sei pronta?”
Ginny annuì. “Ma non ci serve una terza persona per sigillare il Voto?”
Amanda annuì. “Ho mandato Blaise a chiamare Silente.”
Sentendo quel nome lo stomaco di Ginny si strinse in una morsa ferrea.
“Perché non poteva essere Zabini a farlo?”
“Perché oltre a te e a me, l'unica persona a conoscenza di questa missione è Silente.”
Ginny annuì. In fondo, Silente sapeva tutto.
Qualche istante dopo il mago entrò nella stanza.
“Ginny ha preso la sua decisione” lo informò Amanda.
Silente annuì, sorridendo in direzione della strega.
“Sono felice di sapere che è quella giusta.”
Ginny annuì, senza l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Si affrettò a prendere una delle mani di Amanda. “Facciamolo prima che cambi idea.”
Silente puntò la bacchetta sulle mani giunte delle due streghe.
“Ginevra Molly Weasley, giuri tu di custodire quello che Amanda ti consegnerà a costo della tua stessa vita e di quella del bambino che porti in grembo?”
Ginny deglutì inutilmente. “Lo giuro.”
“E giuri di non rivelare mai questo segreto a nessuno a cui non sia stata Amanda a rivelarlo?”
Spostò lo sguardo da Silente alla strega davanti a lei.
Si assicurò di farle capire con gli occhi il motivo della sua esitazione.
Amanda annuì.
“Lo giuro.”

Appena il Voto fu concluso, Amanda fece ciò che Ginny le aveva chiesto.
“Mezz'ora. Cinquanta metri ad est dell'ultima tenda. Assicurati che sia lì.”
“Ci sarà” le rispose con sicurezza Amanda.
Ginny annuì, prima di incamminarsi nel luogo concordato per l'incontro.
Il tempo trascorse nella più assoluta calma e lentezza.
Stava aspettando, voltata verso gli alberi e dando le spalle al campo.
Neanche venti minuti dopo, sentì una voce alle sue spalle. Una voce che non sentiva da moltissimo tempo.
“Ginevra.”
Un piccolo sorriso si fece strada sul suo volto. Il primo vero sorriso da moltissimo tempo.
“Ho sempre adorato il modo in cui suona quando sei tu a dirlo.”
Sentì la persona alle sue spalle avvicinarsi, fino ad essere a solo pochi centimetri da lei.
“Lo so” rispose dolcemente.




Le domande aumentano. Per quanto riguarda le risposte, stanno quasi per arrivare, tenete duro ancora un po'.
Spero che questa storia continui a piacervi, e non vedo l'ora di leggere i vostri commenti.

Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e un grazie particolare a chi segue la storia.





Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Le Bacchette ***


Salve a tutti ragazzi, scusate il ritardo, ma è stato un periodo con molti impegni per me. Prometto che da luglio sarò più regolare negli aggiornamenti, o almeno è quello che spero con tutto il cuore. Ringrazio GinevraRacounter, Lights, GinevraMallory, luca76, Vale Lovegood e roxy_xyz per le recensioni lasciate al capitolo precedente. Siete mitici, ragazzi! Un grazie di cuore.

Buona lettura!




Le bacchette


Una volta dentro all'edificio si sorpresero nel trovare il primo piano quasi deserto.
“Dove credi che siano le bacchette?” chiese Harry in un sussurro.
Hermione scosse la testa.
“Dobbiamo cercare.”
Avanzò verso la prima porta, stringendo la bacchetta tra le mani e deglutendo nervosamente.
Dentro alla stanza c'erano sei guardie.
Con un solo potente incantesimo stordì tre di loro, alla sua destra, mentre Harry ne mandava al tappeto una alla sua sinistra.
Una delle due guardie ancora coscienti gli sparò addosso. Hermione non esitò: un lampo verde fuoriuscì dalla sua bacchetta, uccidendo le due guardie rimaste.
“Tira su il cappuccio. Non devono riconoscerci.”
Harry annuì, facendo come lei aveva detto.
Continuarono attraverso stanze vuote o con una, massimo due guardie, finché ebbero perlustrato tutto il primo piano.
Procedettero verso l'ascensore.
Premettero il pulsante per chiamarlo, e poi attesero.
Erano molto tesi.
Dentro avrebbe potuto esserci una guardia come dieci.
Rimasero immobili con le bacchette puntate contro le due porte scorrevoli, sentendo i nervi a fior di pelle.
Con un piccolo 'ding' le porte si spalancarono.
Era vuoto. Fecero un passo avanti ed Harry allungò un braccio, quando Hermione gli afferrò il polso prima che premesse il bottone con il numero due.
“Aspetta.”
Stava avendo una visione.
“Non il due. Le bacchette sono al quinto piano. Io e te siamo al settimo.”
Harry premette il bottone con il cinque.
Hermione si affrettò ad allargare lo scudo, in modo che eventuali proiettili non avrebbero potuto colpire né lei, né Harry.
Quando l'ascensore si spalancò tre guardie si voltarono nella loro direzione.
Harry uccise la guardia armata di fucile, mentre Hermione stordì le altre due.
Sistemarono il fucile di una delle guardie tra le porte dell'ascensore, in modo che non lasciasse il piano.
Procedettero verso un'altra stanza, aprendone la porta. Rimasero paralizzati da quello che vi era contenuto.
Centinaia e centinaia di bacchette.
Tutte quelle di maghi morti o catturati, giacevano in quella stanza.
E sopra uno dei tavoli vi erano le bacchette di Harry ed Hermione, pronte per essere studiate.
“Cosa sperano di scoprire dalle nostre bacchette?” chiese Harry confuso.
“Vogliono sapere se la potenza di un mago deriva dalla bacchetta che usa o se è qualcosa che ha fin dalla nascita, se dipende dall'addestramento, o una combinazione qualsiasi di queste tre.”
“Come diavolo fai tu a saperlo?”
Hermione lo guardò, porgendogli uno dei fogli che giaceva accanto alle loro bacchette.
“C'è una percentuale. Guarda, questo è un numero che indica la potenza del mago” spiegò Hermione, indicando un numero accanto alla foto di Harry sul foglio. “Nel tuo caso, nove punti. Una percentuale del 50% è stata attribuita alla nascita, 30% all'addestramento e il 10% alla bacchetta.”
“Il restante 10%?” chiese Harry confuso.
Hermione lesse una nota infondo alla pagina. “Cause esterne.”
“Cosa vorrebbe dire?”
“Pensano che il 10% dei tuoi poteri derivi da...qualcos'altro” incontrò il suo sguardo. “Dalla tua cicatrice, Harry.”
Harry deglutì a vuoto e prese il foglio, insieme a quello di Hermione, strappandoli. Poi vide una di quelle macchine babbane che distruggono i documenti e ci si avvicinò, facendogli distruggere quei fogli su di loro.
Una volta fatto, però, non contento, li polverizzò con l'uso della magia.
Hermione prese le due bacchette e le nascose sotto il proprio mantello.
Avevano indossato i mantelli nella piccola casa dei bisnonni di Hermione. La strega ce ne aveva lasciati un paio quando era andata a portare lì i Thestral, prevedendone un possibile uso futuro. Poteva fare molto freddo volando a quote elevate.
“Andiamo. Il settimo piano ci aspetta.”
Quando si voltarono una guardia, un ragazzo di vent'anni al massimo, stava puntando il proprio fucile contro di loro.
“Non muovetevi” provò a far sembrare la sua voce minacciosa, ma Hermione riuscì chiaramente a sentire le note di paura.
Per un istante Harry esitò. Quel ragazzo aveva tutta la vita davanti. Avrebbe davvero dovuto ucciderlo?
“Non muovetevi e nessuno si farà male. Se state fermi non vi ucciderò” ripeté con un po' più di convinzione il soldato.
Harry voleva quasi ridere.
“Tu non sparare e noi non uccideremo te” rispose Hermione con molta più sicurezza di quella che era possibile sentire nella voce del ragazzo.
Il giovane soldato, come unica risposta a quella frase, strinse ancora di più il fucile tra le mani.
“Adesso chiamerò rinforzi. Se fate un movimento brusco o sospetto aprirò il fuoco, è chiaro?” chiese retoricamente.
Hermione scosse la testa.
“Mi dispiace, ma temo che non potremo lasciartelo fare.”
“Non avete molta scelta, sapete? Sono io quello con il fucile.”
“E noi siamo quelli con le bacchette, genio” gli rammentò Harry.
Hermione lesse i suoi pensieri.
“Loro hanno le bacchette, ma per fare una delle loro magie serve tempo, i proiettili, invece, quelli sono istantanei.”
Poi fu un attimo.
Il ragazzo gli sparò addosso, Hermione deviò i proiettili con un fluido movimento del polso e guardò il ragazzo cadere a terra, privo di sensi. E, probabilmente, privo di vita.
“Era solo un ragazzo, Harry” rimproverò il mago, mentre tornavano verso l'ascensore.
“Ti ha sparato addosso, Hermione” Harry ricalcò il suo tono in modo sarcastico.
Hermione scosse la testa.
“Se ucciderai tutti quelli che provano a farmi fuori...”
“È esattamente quello che intendo fare.”
Hermione lo guardò, calciando il fucile che bloccava le porte automatiche e premendo il pulsante con il numero sette.
“Malfoy ha provato ad uccidermi” insinuò lei.
“Draco è cambiato, Hermione.”
“Anche quel ragazzo avrebbe potuto cambiare. Perché lui non ha avuto una seconda occasione? Perché improvvisamente l'opinione di Malfoy ha iniziato a contare più della mia? Da quando in qua ti fidi di quello che dice lui, di quello che vuole farti credere? Non ti ricordi quando eri convinto che lui fosse la causa di tutto il male del mondo?” chiese con forte ironia.
“Ricordo, Hermione. Ma quando è venuto da me, quando mi ha chiesto un'altra occasione...avresti dovuto vedere l'amore nei suoi occhi. Farebbe qualsiasi cosa per Ginny. Davvero. Lo so, perché...Nei suoi occhi ho visto quello che c'è sempre stato nei miei. Mi ha implorato di dargli una seconda occasione perché quello che lui sente per Ginny è esattamente quello che io ho sempre provato per te.”
“E tu gli hai creduto?” gli chiese incredula, quasi urlando.
La porta dell'ascensore si aprì. In un secondo una pioggia di proiettili si abbatté su di loro.
Lo scudo di Hermione, però, li rispedì tutti indietro, uccidendo le quattro guardie che avevano fatto fuoco.
“Cosa avrei dovuto fare, Hermione? Negargli una seconda occasione? Impedirgli di essere buono? Obbligarlo a rinunciare a Ginny?”
“Sì!”
Harry rimase paralizzato da quella risposta che gli era stata urlata in faccia da Hermione, della quale lui non poteva vedere il viso a causa del cappuccio.
“Sì. Avresti dovuto spedirlo il più lontano possibile da me. Lui ha provato ad uccidermi. Lo capisci, Harry? Ginny non è mai riuscita a vedere oltre il fatto che lui mi abbia puntato contro la bacchetta e abbia provato a colpire. Mai. Neanche tu avresti dovuto farlo.”
“Aspetta, come sai che Ginny...”
“Non abbiamo tempo per questo adesso.”
Atterrò altre tre guardie, guidata solo dalla propria rabbia. Arrivarono di fronte ad un muro.
“Aspetta, qui dovrebbe esserci una porta. L'edificio si estende per altri dieci metri in questa direzione” sussurrò a se stessa la strega. “La nostra cella era più o meno di dieci metri, giusto?”
Harry annuì. Inutilmente, visto che era alle spalle di Hermione.
Lei, senza il minimo preavvisò, colpì la parete con un incantesimo esplosivo.
Quello doveva essere stato il primo dei rumori che aveva sentito dall'interno. La parete si era appena scalfita.
“Il muro sembra protetto da diversi incantesimi” disse Harry senza pensare.
Poi provò anche lui ad abbattere il muro, senza nemmeno allargare il piccolo cretto che l'incantesimo di Hermione era riuscito a formare nel muro.
“Allontaniamoci” suggerì la strega.
Si voltò vero Harry, mentre lui camminava all'indietro.
“Mi dispiace che la presenza di Draco ti abbia ferito.”
Hermione scrollò le spalle. “Sai, non è stata tanto la sua presenza come il fatto che lui si sia guadagnato la tua fiducia così facilmente. Prima della guerra non ti saresti mai fidato di Malfoy. Non capisco proprio perché sia stato così facile per te credere al fatto che fosse sotto la maledizione Imperius.”
“Facile? Davvero, Hermione? Facile? Perché Draco non la pensava allo stesso modo mentre io lo imbottivo di Veritaserum e continuavo a fargli domande per ore ed ore, finché non ho avuto ogni informazione che cercavo.”
Harry non aveva bisogno di vedere la sua faccia per sapere che vi avrebbe trovato un'espressione stupita.
“Credevi davvero che gli avrei permesso di avvicinarsi ancora a te se non fossi stato sicuro al cento per cento che non avrebbe mai più cercato di farti del male?”
“Allora spiegami una cosa Harry. Perché mi odia così tanto?”
Lui scosse la testa. “Ed io come faccio a saperlo, Hermione? Ma non hai mai pensato che probabilmente è perché ogni volta che sei intorno a lui ti comporti come se fossi davanti ad un mostro, ad un assassino?”
La strega rimase spiazzata da quelle parole.
“No. No, non ci avevo mai pensato da questo punto di vista a dire il vero.”
Harry annuì lentamente.
Posò una mano sulla sua spalla, in un gesto intimo e confortante.
“Devi rompere la parete Hermione. Dobbiamo andarcene da qui il prima possibile.”
Lei annuì, voltandosi verso il muro bianco. Con un respiro profondo ed un movimento del suo polso, un'esplosione riempì l'aria e la parete esplose, lasciandoli avvolti nella polvere.
Camminarono attraverso il buco, ritrovandosi dall'altra parte.
Harry procedette per primo, seguito da Hermione.
“Credo che siano svenuti. Aspettiamo che riprendano i sensi” suggerì la strega.
Harry annuì.

*


Hermione si voltò ancora verso di loro.
“Ricordate. Ventiquattr'ore a partire da adesso.”
Quando Hermione annuì, i due maghi si smaterializzarono a poco più di cento metri dal campo.
Stavano finalmente tornando a casa.




Mancano sei capitoli, ragazzi. Per allora avrete la maggior parte delle risposte che cercate. La verità, però, è che non ho ancora deciso se continuare con la terza parte della storia, per alcuni motivi.
Credo che mi farò aiutare a prendere questa decisione da alcuni di voi, e ovviamente dai vostri commenti.


Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e un grazie particolare a chi segue la storia.





Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Solo un ragazzo ***


Ieri ho visto l'ultimo film di Harry Potter. È stato come se qualcosa fosse finito. Ma è stato anche come avere la certezza che non finirà mai.
Una dedica veloce alla saga che ci ha fatto sognare per tutti questi anni.


Buona lettura.





Solo un ragazzo


Era stato suo padre a volere che facesse il soldato.
Non gli era mai piaciuto tenere tra le mani un fucile. Non gli era mai piaciuto dover premere il grilletto.
Era solo un ragazzo, Sean. Aveva solo ventidue anni. Ma suo padre non sembrava essere in grado di vederlo.
Aveva tutta la vita davanti a sé. Avrebbe potuto fare l'architetto, o magari il dottore. Avere un futuro lontano dalla guerra.
Nel portafoglio che portava sempre con sé, all'interno della tasca destra sul retro dei suoi pantaloni, conservava una foto della ragazza che amava, Sheila. Aveva lunghi capelli biondi e gli occhi verde acqua che brillavano sotto la luce della luna.
In una lettera aveva saputo che la sua amata aspettava un bambino. L'avrebbe chiamato come suo nonno, se fosse tornato a casa vivo. Colin. Come il padre del padre di Sean.
Il pensiero di rivedere lei era l'unica cosa che lo faceva ancora andare avanti.
E suo figlio, suo figlio era il motivo per cui combatteva. Perché quel bambino potesse avere un futuro migliore.
Lontano dalla guerra.
Lontano dalla paura di uomini che possono strapparti la vita solo muovendo una mano.
Lontano da tutto il male che lui aveva visto e vissuto ogni giorno della sua vita negli ultimi undici mesi.
Ma adesso gli mancavano solo cinque giorni. E due ore alla fine di quel turno, quindi tra poco i giorni sarebbero diventati quattro. Faceva dodici ore di servizio al giorno, sul campo, e altre tre in ufficio di mattina presto.
Sessantadue ore. Tra sessantadue ore avrebbe finito il suo primo anno e sarebbe tornato a casa, almeno per qualche tempo.
Se fosse riuscito a convincere suo padre, Generale dell'esercito britannico, forse non sarebbe mai più dovuto tornare lì, in quell'edificio, nel bel mezzo del deserto del Sahara.
E era sicuro che suo padre lo avrebbe fatto restare a casa, una volta saputo che la sua fidanzata era incinta.
Si sarebbero sposati e avrebbero vissuto lontano dalla strage della guerra, per quanto gli fosse stato possibile.
Il suo sogno era sempre stato quello di fare il medico.
Voleva aiutare le persone, Sean. Non voleva ucciderle.
Un'ora e cinquantasei minuti e il suo turno sarebbe finito. Solo un'ora e cinquantasei minuti.
E dopo quel giorno, gli mancavano solo sessanta ore di servizio, per poter completare un anno e tornare a casa.
Era un ragazzo fortunato, Sean.
Lo aveva sempre pensato.
Aveva avuto una famiglia che lo amava e non si era mai ammalato, neanche da piccolo, era sempre stato sanissimo.
Andava bene a scuola, quando era alle superiori. Era sempre stato bravo, fin dalle elementari.
Voleva un futuro semplice. Se lo era immaginato miliardi di volte.
Era un bravo ragazzo, Sean.
Se non ci fosse mai stata la guerra, non avrebbe mai fatto del male a nessuno. Non avrebbe neanche mai fatto a pugni col bullo della sua classe, probabilmente. Si sarebbe fatto picchiare.
Sean era un pacifista. Ma è facile esserlo, in tempo di pace.
Mancava solo un'ora e quarantatré minuti. Poi sarebbe tornato alla base, il turno sarebbe finito e lui sarebbe andato a riposarsi, lasciando qualcun altro a custodire quel posto.
Un'ora e trentasette, e non capiva come mai si sentisse così nervoso, così desideroso di lasciare quel posto a qualcun altro.
In fondo, era stato lì migliaia di volte. Sarebbe stato di nuovo lì domani.
Sean era un ragazzo come tanti. Come migliaia di soldati che vanno in guerra perché hanno bisogno di soldi, o, nel suo caso, perché il padre, Generale dell'esercito, li obbliga.
Mancavano trentadue minuti, e sentì un rumore dalla stanza affianco. Impugnò il fucile e decise di andare a vedere cosa stava succedendo, anche se il suo istinto gli suggeriva di aspettare.
Arrivò nell'altra stanza.
“Andiamo. Il settimo piano ci aspetta.”
I due individui indossavano lunghi mantelli neri. I loro cappucci erano calati, a nascondere il loro viso. Senza esitare puntò il fucile contro i due maghi.
“Non muovetevi. Non muovetevi e nessuno si farà male. Se state fermi non vi ucciderò.”
“Tu non sparare e noi non uccideremo te” rispose una voce femminile.
Il giovane soldato, come unica risposta a quella frase, strinse ancora di più il fucile tra le mani.
Mancavano solo venticinque minuti, e poi sarebbe tornato a casa.
“Adesso chiamerò rinforzi. Se fate un movimento brusco o sospetto aprirò il fuoco, è chiaro?”
“Mi dispiace, ma temo che non potremo lasciartelo fare.”
“Non avete molta scelta, sapete? Sono io quello con il fucile.”
Era un giorno normale. Un giorno come tanti. Un giorno che in diciassette lenti minuti sarebbe finito.
“E noi siamo quelli con le bacchette, genio.”
Accadde tutto velocemente. Tutto in un secondo.
Sean sparò, ma i proiettili non arrivarono mai a colpire i due maghi.
“Era solo un ragazzo, Harry.”
Solo un ragazzo.
Un ragazzo come tanti.
Un ragazzo che non avrebbe mai fatto gli ultimi quattordici minuti che restavano alla fine del suo turno di guardia.
Quattordici minuti. Se i due maghi fossero arrivati solo quattordici minuti più tardi, Sean sarebbe potuto tornare a casa.
I suoi occhi azzurri erano ancora aperti, ma non vedevano più il mondo che vi era intorno.
Non avrebbero più visto quella grande casa bianca dove abitava da quando era piccolo. Non avrebbero rivisto i genitori, i fratelli, i nonni. Non avrebbero mai più rivisto Sheila. Non avrebbero mai visto il figlio a cui lei avrebbe dato il suo nome.
Era un giorno come tanti. Un soldato come tanti. Un ragazzo come gli altri. Un turno di guardia lungo quattordici minuti di troppo.
Una vita.
Sean era un ragazzo normale, prima che ci fosse la guerra.

“Quanti morti ci sono stati?” chiese il Tenente, entrando al primo piano dell'edificio.
“Diciannove soldati semplici e tre Ufficiali, signore.”
“Sappiamo chi è il responsabile di questa strage?”
“Non ancora, signore. Ma lo scopriremo presto, le telecamere all'ingresso hanno ripreso i volti dei due intrusi, e due cartelle sono sparite dall'archivio, insieme a due bacchette. Scopriremo presto di chi si trattava.”
“Quando potremo vedere le registrazioni?”
“Anche adesso se lo desidera. I nostri tecnici dovrebbero essere pronti.”
Il Tenente si limitò ad annuire, seguendo l'altro militare al terzo piano.
Uno dei tecnici li vide arrivare e si alzò dalla sedia, salutandoli ufficialmente.
“Riposo” comandò il tenente, curioso di scoprire chi fosse stato a far fuggire i due prigionieri più importanti e sorvegliati che avessero.
Il tecnico tornò a sedersi, prendendo il mouse del computer, fece riavvolgere le registrazioni delle ultime ore.
“Che avete scoperto fino ad adesso?” chiese in ansia il soldato.
Non voleva fare una brutta figura davanti ad un suo superiore, quindi si sforzò di tenere un'aria autoritaria.
“Purtroppo niente. Quasi subito dopo entrati i due individui si sono calati i cappucci sulla testa, e prima di quel momento, a causa di alcuni nostri soldati, la vista dei loro visi è sempre parzialmente o completamente oscurata. L'unica cosa che siamo riusciti a stabilire è che si tratta di un uomo ed una donna.”
“Questo ce lo avevano detto anche i soldati che sono stati storditi.”
“Già. Però al momento non siamo in grado di capire nient'altro.”
Uno degli altri tecnici si schiarì la voce.
“Purtroppo non avendo l'immagine completa del volto non possiamo effettuare una ricerca nei nostri archivi, quindi l'identificazione elettronica è esclusa.”
“Potremmo provare a vedere se qualcuno riesce a riconoscere i loro volti anche da una visuale parziale. A volte gli uomini sono più efficienti delle macchine, signore” suggerì uno dei soldati semplici nella stanza.
Il Tenente annuì.
“Suppongo che valga la pena provare.”
Passarono le seguenti ore a ricavare grazie a programmi appositi per la modifica delle immagini, una foto abbastanza chiara sul viso parziale dei due soggetti che avevano liberato i prigionieri.
Quando finalmente due foto appena decenti furono pronte vennero stampate e consegnate al Tenente.
“Cosa pensa di fare, signore?” chiese il soldato che lo aveva accompagnato.
“Per prima cosa voglio vedere il settimo piano. Poi deciderò come comportarmi” rispose l'uomo, eludendo la domanda del soldato.
Lui annuì e si incamminò verso l'ascensore.
Una volta al settimo piano, l'Ufficiale rimase molto sorpreso dalla forza dell'incantesimo che aveva distrutto la parete. Doveva essere stato uno dei maghi che avevano già inserito nella lista dei ricercati, era impossibile che un mago così potente gli fosse sfuggito.
“Questo tizio dev'essere una delle nostre più alte taglie.”
“A dire la verità, signore” iniziò il soldato con incertezza, “non è stato l'uomo a creare il varco attraverso il muro. È stata lei. La ragazza.”
Il Tenente lo guardò con stupore, prima di spostare nuovamente lo sguardo tra le foto che teneva tra le mani.
Fissò la foto molto attentamente e a lungo, ma non riuscì ad identificare la foto della donna.
“Al diavolo. Non è compito mio, infondo. Porterò queste foto al Generale dell'armata. Se ne va da questo Continente dimenticato da Dio tra quattro giorni. Doveva tornare a casa con suo figlio, ma a quanto pare il ragazzo non ce l'ha fatta.”
“Era tra di noi, signore?”
“Sì. Soldato semplice, quinto piano.”
“Oh, credo che stia parlando di Sean, signore” il soldato annuì con consapevolezza. “Tra quattro giorni sarebbe tornato a casa dalla sua fidanzata. Non vedeva l'ora di essere padre. Ormai era tutto ciò di cui parlava.”
Il Tenente annuì distrattamente, occhi ancora fissi sulle due fotografie.
“Comunque sia, il Generale torna a Londra. Farò il modo che identifichi le persone in queste foto e comunichi al Primo Ministro chi è il responsabile della fuga dei prigionieri. Sarà lui a dirci cosa dovremo fare dopo.”
Il soldato mormorò il suo assenso con un “Sissignore” stupito dall'insensibilità del Tenente difronte alla morte di un ragazzo.
“Credo che ci chiederà di trovarli, catturarli, torturarli, convincerli a dirci dove si trovano quei due figli di puttana che hanno liberato e poi ucciderli. A meno che non siano proprio loro che li stanno nascondendo. Ed in quel caso trovarli diventerà pressoché impossibile. E il Primo Ministro non è affatto contento di missioni pressoché impossibili.”
“Signore, vedrà che scopriremo chi sono e riusciremo a trovarli.”
“Oh, adesso prevedi il futuro, Smith? Attento, potrei pensare che sei uno di loro” rispose scherzando l'Ufficiale.
“Non sarei qui, se lo fossi, giusto, signore? Voglio dire, quanti maghi crede che ci siano tra i soldati umani?”
Il Tenente rise di gusto per un breve istante.
Ne saresti sorpreso” pensò.
“Cosa facciamo con il corpo di Sean, signore?”
“Chi?”
“Sean. Il figlio del Generale.”
“Oh. Quello che fate con tutti gli altri corpi” rispose come se fosse ovvio.
“Ma, signore, è il figlio di un Ufficiale.”
Il Tenente scosse la testa.
“È un soldato come tutti gli altri. Solo un morto come tanti. È solo un ragazzo.”




Un ringraziamento veloce, ma fatto con tutto il cuore, a tutti coloro che hanno recensito l'ultimo capitolo.


Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e un grazie particolare a chi segue la storia.




Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Quando si conosce la verità... ***


Prima parte di un doppio capitolo. Ci ho messo tanto a scriverlo, ma è come lo volevo. Più o meno. Ma il punto non è questo, perché l'importante non è quello che ne penso io ma quello che ne pensate voi. Un ringraziamento a tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente e in particolare alla recensione chilometrica di Lights che mi ha incoraggiato molto. Buona lettura!





Quando si conosce la verità...


Una volta che Silente ebbe finito di stipulare il Voto Infrangibile tra Ginny ed Amanda, tornò verso la tenda in cui Piton e la McGranitt lo stavano aspettando.
“Non funzionerebbe. Non se fossero a più di cinquemila chilometri da qui.”
“Hai un'idea migliore?”
“Potremmo semplicemente...”
Silente entrò nella tenda, facendo cadere la conversazione.
“Immagino non abbiate trovato niente.”
“A dire il vero un modo ci sarebbe, ma l'incantesimo funziona solo ad una distanza inferiore ai cinquemila chilometri” lo informò Piton.
Silente sospirò. “Come si dice, tentar non nuoce.”

Harry afferrò il polso di Hermione, bloccandola mentre stava per incamminarsi verso il campo.
Lei si voltò, guardandolo negli occhi intensamente, aspettando.
“C'è una cosa che voglio chiederti. Pensavo di poter lasciar perdere, ma non ne sono capace. E so che da quando torneremo dentro al campo non potrò più farlo, quindi l'unico momento che ho è adesso.”
Hermione non capì bene cosa volesse chiederle, ma annuì comunque, incitandolo in quel modo a continuare.
“Ti sei mai pentita?” chiese in un sussurro.
Hermione non aveva idea di come rispondere, soprattutto perché non sapeva di cosa diavolo stesse parlando Harry.
Pentita di essere stata con lui per anni? Di aver accettato di sposarlo anche se le cose erano già cambiate? Si era pentita di aver lasciato il campo ed Harry molti anni prima?
La risposta era semplice e chiara. No.
No, non si era pentita di aver amato Harry, né di essere stata con lui per anni, così come non si era mai pentita di aver accettato di sposarlo. Perché quando lo aveva fatto, credeva davvero che le cose sarebbero andate meglio, che tutto si sarebbe sistemato.
Ma allo stesso modo non si era pentita di aver lasciato il campo. Non biasimava nessuno per quello che era successo, era solo accaduto che le cose erano cambiate.
Probabilmente, se Hermione avesse dovuto essere completamente sincera, avrebbe ammesso che Harry era cambiato. Che lei era cambiata. Non 'le cose'.
Le cose erano rimaste le stesse. La guerra, le fughe, il male. Loro però non erano gli stessi. Erano un po' più stanchi, un po' più grandi.
Si erano sentiti un po' più soli, già da molto tempo prima che Hermione lasciasse il campo.
Rimanere, avrebbe solo distrutto quello che ancora era rimasto loro.
Molte volte Hermione aveva sentito la mancanza di Harry, e viceversa. Molte volte aveva pensato di tornare indietro. Ma mai, neanche una sola volta, si era pentita di essersene andata.
Non poteva rimanere, perché Harry non era più il suo Harry. Il suo, che l'avrebbe seguita in mezzo al fuoco ad occhi chiusi, era stato sostituito da qualcuno che aveva preferito ascoltare Draco Malfoy.
Ma le stava bene. Harry aveva fatto le sue scelte. Ed Hermione aveva fatto le sue.
Nelle loro vite non c'era spazio per i rimpianti.
Però, aveva molte volte considerato di tornare indietro, perché sapeva che era solo un periodo.
Sapeva che sarebbe passato. Che le cose sarebbero potute aggiustarsi, un giorno. Come allo stesso modo sapeva che rimanere sarebbe servito solo a peggiorare le cose. Serviva ad entrambi un po' di tempo per ricordare ad ognuno le proprie priorità.
Ma quando c'è la guerra a nessuno viene concesso mai troppo tempo.
“Se ti riferisci all'essere stata insieme a te, no. Non mi sono mai pentita, Harry. Non dubitarne mai, neanche per un momento.”
Ed eccoli lì. A tentare di salvare il salvabile.
A cercare di capire perché agli altri era andata bene, mentre loro erano stati meno fortunati. O forse la fortuna c'entrava poco. Forse era mancato qualcosa. Però Harry non aveva idea di cosa.
“Cos'è andato storto?”
Il suo tono di voce era quello di un uomo che sta implorando per delle risposte. Ma Hermione ne aveva solo alcune.
Avrebbe voluto riuscire ad essere sincera. Invece strinse i denti per non far affiorare le lacrime e scosse leggermente la testa.
“Sono stato io? Ho fatto qualcosa per farti smettere di amarmi?”
Hermione si premette una mano contro gli occhi chiusi.
“No, Harry. Non sono stata io. Eri tu. Eri tu che avevi smesso di essere...te.”
Non sarebbe riuscita a spiegarlo meglio di così. Però ci provò lo stesso, quando vide lo sguardo confuso di Harry.
“Me ne sono andata, perché non volevo essere di intralcio. Non volevo essere come Malfoy, non volevo che i tuoi sentimenti per me ti facessero prendere decisioni sbagliate solo perché io credevo fossero giuste.”
“Hermione, affrontiamo la realtà. Quasi sempre le decisioni giuste sono quelle che prendi tu.”
Hermione si sforzò di ricambiare il sorriso triste di Harry, anche se non sembrava una battuta.
“Però mi dispiace. Mi dispiace di averti fatto pensare che potessi mai essere d'intralcio, Hermione, perché non è mai stato così. Al contrario, dopo che te ne sei andata, ho preso alcune decisioni di cui non vado molto fiero. Ho messo in pericolo diverse vite, tra le quali la mia, e non mi sono dato pace finché non ho saputo che eri al sicuro. Ero diventato l'ombra di me stesso. Poi...”
“Poi ti sei rialzato, Harry. Lo fai sempre.”
Ogni volta che aveva visto Harry rimanere ferito o deluso, lo aveva sempre visto riuscire a rimettere insieme ogni pezzo del suo mondo andato in frantumi.
“No. Poi ho imparato a nasconderlo.”
Hermione fu presa alla sprovvista. Non sapeva come rispondere a quello. Harry aveva detto di essere ancora innamorato di lei, ma Hermione l'aveva presa più come una rivelazione del momento, piuttosto che come una situazione stabile che non era mai cambiata durante i loro anni di lontananza.
“Harry...”
“No. Qualsiasi cosa tu stia per dire prima o poi mi spezzerà il cuore. Quindi non dire niente.”
Prese le mani di Hermione tra le sue.
“Non dirmi che una pozione mi ha distrutto. Non dirmi che mi hai cancellato. Non dirmi che ho distrutto l'unico futuro che ho mai desiderato. Non dire niente.”
Hermione provò con tutte le sue forze a tacere. Ma non ci riuscì, per quanto lo desiderasse.
“Ti ho amato così tanto Harry” sussurrò, mentre piccole gocce d'acqua riempivano i suoi occhi. “E ogni giorno pensavo di poter sopportare il fatto che tu non mi amassi più” gli confessò sommessamente.
Perché di quello si trattava. Quella era la verità.
“Tu eri sempre così distante, così immerso nella guerra, ed io...” ritirando velocemente una delle sue mani da quella di Harry si asciugò una lacrima solitaria. “Io ho provato per entrambi. Pensavo di riuscire a tener duro per entrambi. Finché ho capito che non c'era più niente per cui valesse la pena tener duro. Ho capito che tutto l'amore che ci era rimasto era...” cercò di deglutire il nodo che sentiva alla gola. “Era il mio.”
Non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo fino a quel momento. E le sue stesse parole stupirono molto anche se stessa, oltre che Harry.
“Era il mio” sussurrò di nuovo, allontanandosi da lui di un passo e asciugando qualcuna delle proprie lacrime. “Non c'è semplicemente qualcosa che è andato storto. Sono state diverse cose che, contemporaneamente, hanno iniziato a crollare. Stava scoppiando un'altra guerra, ed io non credevo sarei riuscita a sopportarla, e tu eri sempre immerso nel tuo lavoro e non mi davi più ascolto, non ti fidavi più di me, e anche se non volevo crederci ho trovato solo un motivo Harry. Che non volessi più me. Così me ne sono andata. Per non continuare a fare del male ad entrambi. Sei stato tu a lasciarmi, Harry. Io me ne sono solo andata.”
Hermione ricordò quel mese, i trenta giorni tra la conferenza stampa con cui Harry aveva rivelato l'esistenza del Mondo Magico ai babbani e l'attentato a Grimmuld Place. Quei trenta giorni in cui aveva vissuto con uno sconosciuto. Aveva vissuto con qualcuno che tornava a casa così tardi la sera che la trovava già a letto, e lei faceva finta di dormire. Qualcuno che la mattina la salutava appena e subito tornava in ufficio.
Era stata lei ad andarsene. Ma non era stata lei a chiudere.
Harry scosse energicamente la testa.
“Come puoi anche solo pensare qualcosa del genere? Hermione” afferrò nuovamente le sue mani con decisione “non ho mai, neanche per un momento, smesso di amarti esattamente come ti amo adesso, come ti ho amato per anni.”
Hermione lo guardò con un misto di tenerezza e malinconia negli occhi.
“Le parole non bastano, Harry. Avresti dovuto riuscire a dimostrarmi che fosse vero molto tempo fa.”
Per la seconda volta si allontanò da lui. Si voltò, iniziando di nuovo a camminare in direzione del campo.
“Ah, ma è facile per te, non è così?” chiese, la sua voce intrisa di sarcasmo. “Una pozione ha fatto tutto il lavoro sporco. Un sorso e bam, niente più Harry. Niente più sofferenza. Al suo posto, nient'altro che...niente.”
Hermione tornò di scatto indietro, fermandosi ad un centimetro da Harry e guardandolo con rabbia e indignazione.
“Non provarci! Non provare a sminuire il mio dolore Harry” cercò di calmare il tono della propria voce. “Ho promesso a me stessa che non avrei mai permesso a nessuno di far sembrare il mio amore come aria, come se fosse niente. E ho mantenuto quella promessa, Harry. Io ne ho sempre sentito il peso, ogni giorno” le parole uscivano ora dalle sue labbra, urtando contro i denti stretti in una morsa d'acciaio. “Non è stato facile, non lo è stato amarti ogni giorno e provare a dimenticarti per poi essere intrappolata qui con te a fingere che non m'importi, a fingere che non ti abbia amato per ogni giorno, a fingere davanti a tutto il resto del mondo e davanti a te che non ti ami ancora. Non è facile. Però lo faccio. Perché è l'unico modo che ho per continuare a vivere.”
Si allontanò di qualche centimetro e riprese a parlare normalmente, senza più digrignare i denti.
“E non sarà facile, ma continuerò a farlo. Facciamo le nostre scelte, Harry. Ma la parte difficile non è quella, non è prendere una decisione. La parte difficile è quello che viene dopo. È convivere con quello che abbiamo scelto. La parte difficile è conoscere la verità e scegliere una bugia. Perché non ho alcuna intenzione di perdonarti Harry.”
Non l'avrebbe fatto.
Non avrebbe commesso un'altra volta il suo errore. Non ci sarebbe ricascata.
Non sarebbe tornata sui suoi passi. Perché amare Harry era stata l'esperienza più incredibile della sua vita. Ma ricordava fin troppo bene il dolore seguente a quel periodo.
E sapeva, purtroppo, che quel dolore sarebbe tornato di nuovo. Perché lei era condannata a una vita da immortale. Mentre Harry, che avesse voluto o no, un giorno se ne sarebbe andato.
Non poteva essere di nuovo distrutta, essere di nuovo lasciata sola da Harry.
Per questo avrebbe continuato a vivere dentro la finzione.

“Oh...mio...Dio...” sussurrò la McGranitt vedendo i due giovani a un centinaio di metri da loro e dal campo.
“Confesso che ero convinto che quello stupido incantesimo non avesse funzionato” confessò Piton altrettanto sottovoce.
Silente, senza aggiungere altro si incamminò verso i due giovani.
“Hermione!” chiamò quando fu abbastanza vicino per non dover urlare. “Harry.”
Poi si bloccò di colpo, quando capì che stavano per interrompere qualcosa di apparentemente molto importante.
“Vorrei poter tornare indietro e cancellare tutti i miei errori” sussurrò Harry, in modo che solo Hermione potesse sentirlo.
Lei scosse la testa.
“Cancellare gli errori non servirebbe a niente. Gli errori ci insegnano a non sbagliare ancora nelle stesse cose. Dovremmo, invece, imparare da tutti quelli che abbiamo commesso senza mai dimenticare.”
Harry inspirò ed espirò molto lentamente.
“Hai ragione. Gli errori ci insegnano molto. Il problema è per quegli errori che non sappiamo come farci perdonare.”
Hermione annuì e gli sorrise. Un sorriso piccolo, ma dolce.
“Il vero problema è per quegli errori che non potranno mai essere perdonati” si rese improvvisamente conto Harry.
Hermione non sarebbe mai più potuta tornare con lui, perché adesso era immortale. Le scelte che entrambi avevano fatto, l'avevano portata a bere quella pozione. E non avrebbero mai avuto la loro seconda occasione. Era troppo tardi.
Perché Harry aveva imparato dai suoi errori. Non avrebbe permesso che Hermione si sentisse nuovamente poco amata. Però imparare era stato inutile, perché un giorno lui l'avrebbe lasciata di nuovo.
L'avrebbe lasciata a quel dolore che già una volta, per colpa sua, aveva dovuto affrontare.
Eppure non riusciva a darsi per vinto. Non riusciva a lasciarla andare.
Adesso conosceva la verità. Però, come aveva detto Hermione, li aveva condannati entrambi, molti anni prima, a vivere una bugia.
“Quando si conosce la verità non sempre le cose diventano più facili” lo avvertì Hermione.
Non riusciva a leggere i suoi pensieri, ma la maggior parte delle volte non aveva bisogno di farlo per sapere quello che Harry stava pensando.
“No, forse non diventano più facili. Però hanno più senso” la informò Harry.
Almeno adesso gli era concesso sapere che non era solo al mondo.
C'era qualcuno che lo amava.
E qualunque cosa fosse accaduta da lì in avanti, quella era la verità.
“Non smetterò di provare a convincerti.”
Hermione annuì. “D'accordo.”
In ogni caso, non se ne era mai illusa. Sapeva che Harry non avrebbe mai smesso di provare a riconquistarla.
Sapeva però che niente era cambiato. E che le cose sarebbero comunque state difficili. Anche da quel momento in poi. Anche quando conoscevano la verità.




Come ho detto, questa è solo la prima parte. A breve (spero) arriverà la seconda. A meno che l'ispirazione non mi faccia di nuovo uno dei suoi scherzetti...

Recensire richiede solo un minuto del vostro tempo. Ringrazio chiunque di voi si prenderà la briga di scrivermi due righe e farmi sapere la sua opinione. Grazie a tutti per aver letto il capitolo e un grazie particolare a chi segue la storia.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** ...E quando si vive dentro la bugia ***


Salve a tutti...la scuola è ricominciata...purtroppo. Questo però significa anche che non farò più viaggi vari e settimane al mare, quindi gli aggiornamenti dovrebbero essere più regolari (almeno finché non ho così tanti compiti da non riuscire più a scrivere). Anyway, ringrazio con tutto il cuore Roxy e Lights, la mia creazione e la mia creatrice...or something. =) Grazie di tutto carissime.

Enjoy!




...E quando si vive dentro la bugia


Stava tornando verso l'accampamento quando li vide avvicinarsi ad esso da nord.
Rallentò gradualmente il passo fino a fermarsi e poi corse loro incontro, abbracciando di slancio prima Hermione e poi Harry.
“Oh mio Dio, siete vivi!”
Ancora non riusciva a crederci.
Si allontanò di un passo e li squadrò da capo a piedi, come a voler confermare che fossero ancora tutti interi.
“Ron sarà così sollevato, non lo immaginate neanche. Il fatto che le sue ultime parole ai suoi due migliori amici fossero state una minaccia di morte lo stavano consumando” li informò con un sorriso sollevato.
Poi, senza pensare, abbracciò entrambi una seconda volta.
“Oh, Ginny vacci piano, una delle mie costole è ferita.”
Ginny si ritrasse immediatamente.
“Mi dispiace Harry, non ne avevo idea” rispose con una faccia mortificata.
“Non farci caso” la informò Hermione, sventolando una mano, per sminuire l'affermazione di Harry. “In realtà la costola l'ho curata. È solo che deve lamentarsi sempre.”
Ginny le sorrise di rimando e si sentì veramente grata che finalmente fossero lì.
Per la prima volta da quando Hermione era tornata sentiva di parlare con la sua migliore amica, non con la ragazza della profezia.
“Scusate” sussurrò quando piccole lacrime si formarono nei suoi occhi. “Sono solo così grata di riavervi indietro.”
Hermione le sorrise.
“Andate avanti. Io e Ginny dobbiamo parlare di una cosa, prima di raggiungervi” disse poi, rivolgendosi ad Harry e Silente.
I due maghi annuirono, il più anziano con uno strano scintillio negli occhi ed un piccolo occhiolino in direzione di Hermione, come a volerle confermare che stava facendo la cosa giusta.
La bruna non si sentiva a suo agio nella testa delle altre persone. Così, dopo aver ottenuto le informazioni che cercava, era silenziosamente uscita dalla testa di Ginny, ignorando uno dei suoi pensieri che sembrava farla sentire molto in colpa nei suoi riguardi. Scelse di non sapere niente riguardo una sua certa conversazione con Amanda che, stando ai sentimenti che emanava nella mente della rossa, la riguardava molto da vicino.
Una volta che Harry e Silente ebbero raggiunto Piton e la McGranitt, i quattro si incamminarono verso l'accampamento, lasciando indietro le due streghe.
“Sei infelice” constatò semplicemente Hermione. “Ma più felice del solito.”
Ginny tornò immediatamente seria. Non sapeva se fosse davvero pronta a sostenere quella conversazione.
“Sai, stavo proprio discutendo con Harry prima” disse come se niente fosse “e stavo provando a spiegargli come tutto diventi molto più difficile quando si conosce la verità, ma si sceglie di vivere dentro la bugia.”
Ginny ebbe un piccolo brivido.
Sì, era quello che aveva fatto.
Ed era consapevole del fatto che era esattamente quello che stavano facendo, e avrebbero fatto, Harry ed Hermione.
“Vedi Hermione” iniziò tristemente “il problema del vivere dentro una bugia è che, a lungo andare, ti illudi che possa prendere il posto della realtà. Ma, tristemente, questo non succede mai. Vivere dentro una bugia significa accettare che, il non dover affrontare il dolore, ha un prezzo. E un giorno quel prezzo diventerà troppo alto. Allora capirai che la realtà è sempre una scelta migliore di vivere di veloci e passeggere felicità.”
Hermione rimase impassibile, ma qualcosa le diceva che non stavano parlando più soltanto di Ginny.
“Nel mio caso, il prezzo troppo alto è far crescere il mio bambino così, in un posto dove non c'è amore. Io ho scelto la menzogna, ma adesso non è più solo per me che devo scegliere. È per questo che ho intenzione di cambiare le cose. Non voglio più accontentarmi. Voglio ricominciare a vivere. Spero che tu capisca. Spero che gli altri capiscano, ma a dire la verità, non mi importa più. Ho passato troppi anni a rendere felici gli altri. Adesso voglio essere felice anch'io.”
Un sorriso si fece strada sul viso di Hermione.
Prese le mani della strega più giovane tra le sue e la guardò negli occhi.
“Sono molto fiera di te, Ginny. E ti assicuro che io capisco. Sei una persona fantastica, che merita di riuscire a trovare la propria felicità. Non importa con chi. E, in ogni caso, devo dire che preferisco di gran lunga la persona che hai scelto ora a Malfoy.”
Ginny rise brevemente.
“Dici davvero?”
Hermione annuì. “Trovo che siate una splendida coppia.”
Ginny annuì con gratitudine, prima di tornare seria.
“Non ho mai dimenticato quello che ti ha fatto Hermione. E mi dispiace, per aver preferito per tutto questo tempo...vivere dentro una bugia” ammise, prendendo in prestito di nuovo le parole usate dall'altra donna.
Hermione sorrise. “È tutto apposto Ginny. Io voglio che tu sia felice. E se Draco poteva renderti felice, lo avrei accettato di buon grado. Ma ho sempre saputo che non era così. Ho sempre saputo la verità già molto tempo prima che fossi in grado di leggere nei pensieri.”
Ginny sembrò molto sorpresa.
“Lo sapevo ogni sera, quando ti vedevo tornare dentro il dormitorio di Grifondoro e sapevo che non era Malfoy che eri andata a trovare in giardino. Lo sapevo quando ho trovato una cravatta di Serpeverde nella nostra stanza e, evidentemente, non apparteneva a Malfoy.”
“Perché non hai mai detto niente?”
“Perché ho sempre pensato che saresti stata tu a parlarmene quando fossi stata pronta.”
Una lacrima rigò il viso di Ginny, ed Hermione fu veloce ad asciugarla.
“Sono pronta adesso. Mi dispiace che mi sia servito così tanto tempo per riuscire a parlarne alla mia migliore amica.”
Hermione sorrise e l'abbracciò il più stretta possibile.
“Qualsiasi cosa accada non dimenticarlo mai più. Io sono la tua migliore amica. E sono proprio qui, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno.”
Ginny annuì contro la sua spalla.

Quando furono arrivate al campo Ginny si congedò.
“C'è qualcosa che devo fare.”
“Sì, anche io” sussurrò Hermione, pensando a come avrebbe punito la persona che li aveva traditi, la persona che aveva rischiato di far morire Harry tra le sue braccia.
“Allora presumo che ci vedremo dopo” la salutò Ginny.
Hermione annuì, guardandola andar via.
Poi si affrettò a raggiungere la tenda dove sapeva che avrebbe trovato Silente ed Harry.
Doveva decidere insieme cosa ne sarebbe stato di chi li aveva traditi.

Ginny entrò nella propria tenda e trovò Draco steso sul loro letto, mentre leggeva una copia della Gazzetta del Profeta che aveva l'aria di essere molto vecchia.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non sapeva cosa dirgli.
Forse non lo amava, ma aveva una forte stima nei suoi confronti, sapeva molto bene che non era stupido. E non si illudeva che lui non avesse capito.
Nonostante fosse stata molto brava a recitare sapeva che vivendo in una bugia si coinvolgono anche altre persone.
Persone che prima o poi verranno a conoscenza della verità.
Aveva molti rimpianti.
Uno dei più grandi era quello di aver illuso Draco così a lungo, di avergli fatto credere che le cose andassero bene anche quando non era più così. Ed un altro, altrettanto grande e forse ancora più dilaniante, era quello di aver fatto soffrire la persona che aveva sempre amato.
E non poteva più permetterlo.
Per quanto il mondo che si era costruita dentro la sua piccola menzogna fosse semplice, non poteva più permettere a qualcun altro di soffrire al posto suo.
Si asciugò velocemente i residui delle lacrime che aveva pianto e si avvicinò silenziosamente al letto.
Quando si sedette Draco si accorse finalmente della sua presenza.
“Ehi” la salutò con un grande sorriso e ripiegò la Gazzetta, gettandola sul comodino.
Ginny finse un sorriso.
“C'è qualcosa che non va?” chiese il biondo.
Alzando una mano portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio della strega, accarezzando poi la sua guancia.
Ginny scosse lentamente la testa, guardandolo negli occhi.
Cosa avrebbe dovuto dire? Come avrebbe mai potuto spiegargli tutto quello che aveva fatto in quegli anni? Tutti i suoi errori imperdonabili, che lo avrebbero distrutto?
Distolse lo sguardo da quegli occhi che cercavano in lei la verità, e si rese conto di non essere pronta a dare alcuna verità. Ma l'avrebbe fatto lo stesso. Anche se, probabilmente, Draco non l'avrebbe mai perdonata. E lei non avrebbe potuto dargli torto.
“Hermione ed Harry sono tornati al campo” lo informò a bassa voce.
Draco balzò in piedi. “Davvero? Wow, è...è fantastico. Perché non sei felice?” chiese confuso.
“Lo sono. Lo sono, è solo che penso dovresti andare a salutarli. Io li ho già visti. E forse puoi avvisare tu Ron e Luna, scommetto che ancora non lo sanno.”
Draco annuì, baciando velocemente Ginny sulla guancia ed uscendo dalla tenda sorridendo felicemente.
La strega afferrò il baule che aveva usato ai tempi di Hogwarts e lo spalancò.
Poi, prendendo la bacchetta, ci ripose dentro tutti i suoi vestiti, tutti i libri che con il passare del tempo aveva sparso per la tenda, lasciando invece stare quelli di Draco. Ogni oggetto che aveva portato dentro quella tenda, ogni cosa che aveva fatto parte della sua vita per anni, entrava dentro il suo baule. E avanzava spazio. Lasciò, invece, tutto ciò che le avrebbe fatto ricordare Draco, tutto ciò che le avrebbe fatto ricordare l'infelicità che l'aveva imprigionata così a lungo. Si chiese come fosse riuscita a far entrare tutta la sua vita dentro quella valigia.
Stava tutto lì dentro. Tutto il suo passato e gran parte del suo presente erano stati racchiusi in quel baule.
Pensò che sarebbe stato più facile per Draco in quel modo.
Lei sarebbe andata a vivere in un'altra tenda.
Non voleva più renderlo infelice. Gli voleva bene e in tutti quegli anni era stato lui a tirarla su di morale quando era triste e a ridere insieme a lei ogni volta che era stata felice.
Erano stati insieme così a lungo che Ginny si era davvero illusa che la sua bugia fosse diventata realtà.
Ma è qualcosa che non succede mai.
Lo aveva capito solo quando l'esercito di Hermione era arrivato al campo e lei si era trovata, dopo moltissimo tempo, di nuovo faccia a faccia con il suo destino.
Rimpicciolì il baule finché fu delle dimensioni di una valigia facilmente trasportabile a mano per lunghe distanze.
Poi lo afferrò, portandolo fuori dalla tenda, dove sarebbe rimasta ad aspettare Draco.
Quello che vide però, era qualcosa che non si sarebbe mai aspettata.
Stavano andando incontro la sua tenda Silente ed Hermione, seguiti da Harry e Draco che stavano parlando con Ron e Luna.
Ma non solo, dal lato opposto della strada, vide avvicinarsi sempre nella sua direzione, Amanda e le sue due guardie del corpo.
Si rese conto che quello era il momento della verità.
E, per rendere le cose ancora più difficili, doveva accadere davanti ad alcune persone che non sapevano neanche di tutta la finzione che l'aveva nascosta fino a quel preciso momento.
Tutti si fermarono davanti alla tenda che divideva con Draco.
Fu proprio il biondo il primo a parlare, notando la piccola valigia che Ginny teneva in mano.
“Ginny, è il tuo baule di Hogwarts, quello che hai in mano?” chiese.
Poi si guardò intorno, rendendosi conto della strana quantità di persone davanti alla sua tenda.
Ginny sospirò.
“Cosa sta succedendo?” chiese il biondo, con un po' di rabbia che non riuscì a controllare nella voce.
Ginny sapeva quanto odiava essere lasciato all'oscuro.
Lei si limitò a guardare tutti i presenti. Poi si concentrò nuovamente su Malfoy.
“Dobbiamo parlare” rispose semplicemente.
Ecco, era quello che accadeva.
Le cose si complicavano fino al punto di non ritorno e si finiva col ferire più persone di quanto ci si sarebbe mai aspettati.
Perché ogni cosa diventa troppo complicata, in quel modo.
Quando si accetta di vivere dentro la bugia.




Thanks for reading. E perdonatemi se ogni tanto passo all'inglese senza motivo. È più forte di me.

See you soon! =)




Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** L'andamento del tempo ***





Come è intuibile dal titolo, qui mi addentro nella pura astrazione, quindi scusate se in alcuni punti non sarò chiarissima, ma avevo in mente questa idea e questo è il modo in cui sono riuscita a esprimerla...spero che si capisca cosa intendevo...

Enjoy! =)




A Lights e Roxy.



L'andamento del tempo


Hermione entrò all'interno della tenda, dirigendosi immediatamente verso Silente ed Harry, mentre il secondo raccontava al primo quello che era successo in quei giorni.
Quando fu accanto ai due, Harry terminò il racconto degli avvenimenti intercorsi tra il loro rapimento e il ritorno al campo.
“Così avete salvato voi stessi. Affascinante” commentò strabiliato il saggio mago davanti a loro.
“Già, meglio non cercare di capirci troppo. Fidatevi, io ci ho provato e ne ho ricavato solo un mal di testa” affermò Harry, guardando anche in direzione di Piton e della McGranitt.
“Cosa intendi?” chiese quest'ultima, avvicinando le sopracciglia in un'espressione di confusione.
“Come hanno fatto i primi due a fuggire? Insomma, noi siamo stati salvati da Harry ed Hermione del passato, ed abbiamo salvato quelli del futuro. Ma devono esserci stati due Harry ed Hermione che hanno iniziato questa cosa, che per primi sono fuggiti dalla prigione senza che esistesse un passato da cui sarebbero potuti arrivare altri due di noi a salvarli, capite? Deve esserci stato un inizio.”
Hermione scosse la testa.
“No, Harry. Vedi, tu stai considerando il tempo come un qualcosa di lineare, come se avesse avuto un inizio e come se un giorno avrà una fine. Come un segmento.”
“Non proprio” rispose Harry. “Più come una semiretta. Come un qualcosa che ha avuto inizio e non avrà mai fine.”
Hermione annuì.
“Benissimo. Una semiretta. Beh, vedi, il tempo non è una semiretta” spiegò come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Il tempo è più facilmente rappresentabile come un cerchio. Qualcosa di cui è impossibile determinare l'inizio e la fine, e che si ripete all'infinito” tentò di spiegare, tracciando linee circolari nell'aria con il proprio indice, come a voler tracciare i contorni di un immaginario cerchio per infinite volte.
Harry parve rifletterci su per qualche istante.
“Sì, così avrebbe molto più senso” ammise, ancora non del tutto convinto del fatto che un andamento del tempo circolare, come quello che gli aveva descritto Hermione, potesse realmente esistere.
Silente sorrise, compiaciuto del fatto che anche dopo una decina di anni Hermione ricordasse il modo in cui lui stesso aveva provato a spiegargli l'andamento del tempo quando la professoressa McGranitt le aveva consegnato quella stessa Giratempo che ancora portava al collo per la prima volta.
“Lascia stare Harry. Nessuno riesce a capirlo fino in fondo, il tempo. Io ci ho rinunciato da quando avevo tredici anni” disse Hermione, quando notò l'espressione di Harry, ancora perso nei suoi pensieri.
Lui annuì, ancora molto dubbioso.
“Avete fatto qualcosa riguardo le persone che hanno rivelato la nostra posizione all'esercito inglese?” chiese Hermione a Silente.
Lui scosse la testa.
“Le persone?” chiese Harry, sottolineando il plurale usato da Hermione.
Lei lo ignorò.
“Ma sapete chi è stato, non è vero? Avete impedito che fuggissero?”
Silente questa volta annuì. “Non abbiamo permesso che scappassero, ovviamente. Non credo addirittura che sappiano di essere state scoperte. Ma volevo che fossi tu a decidere la punizione più appropriata.”
Hermione fece segno di no con la testa.
“Non ho alcuna intenzione di intromettermi. Saranno i rispettivi comandanti del gruppo a cui appartengono a scegliere quale sarà il loro destino. Cho Chang fa parte dell'esercito di Amanda. Romilda Vane appartiene qui, al campo, ed è quindi sotto la giurisdizione di Harry. Saranno loro a prendere la decisione ultima.”
“Lo trovo molto saggio da parte tua, Hermione” si complimentò Silente.
“Oh, non è affatto saggio, maestro” replicò Hermione. “Chiedo a loro di prendere una decisione al mio posto perché la mia non sarebbe affatto obbiettiva.”
Silente sorrise, con quel suo solito sorriso che lasciava intendere che in realtà sapeva molto più di quanto ci teneva a dimostrare.
“Proprio per questo, Hermione. Sai quando non riusciresti ad essere obbiettiva e deleghi ad altri decisioni che potresti, ahimè, sbagliare.”
Harry si sentì quasi colpevole, sapendo che lui, a suo tempo, non era stato in grado di farlo.
Si schiarì la voce, sperando di riuscire a far cadere il discorso.
“Credo che dovremmo chiamare Amanda e sentire la sua opinione” disse rivolgendosi ad Hermione e Silente.
In quell'istante entrarono dentro la tenda Draco, Luna e Ron.
Il rosso fu il primo a raggiungerli, abbracciandoli contemporaneamente, stringendoli in una morsa ferrea.
“Sono così felice di rivedervi, non sapete quanto mi dispiace per quello che ho detto, non dicevo sul serio, non avrei davvero ucciso quello dei due che sarebbe tornato, ma per fortuna siete tornati entrambi, vi voglio bene ragazzi” i due lasciarono che continuasse a blaterare, ricambiando l'abbraccio.
La seconda fu Luna, che abbracciò Hermione, mentre Draco abbracciava Harry.
“Sono felice che stiate bene.”
“Bentornato amico” fu tutto ciò che disse Draco.
Poi Luna si allontanò da Hermione con gli occhi lucidi. Era davvero felice che stessero bene entrambi. Abbracciò Harry stretto per un secondo soltanto, prima di tornare al fianco di Ron.
Draco guardò Hermione non sapendo bene come comportarsi.
Lei capì che quello era il momento di fare una prima mossa.
“Malfoy.”
“Granger” le tese la mano.
Hermione la strinse.
“Felice di vedere che ti reggi ancora sulle gambe” constatò il biondo.v “Felice di vedere che sei ancora il solito idiota, Malfoy.”
“Bentornata Hermione” rispose lui con un po' più di sincerità nella voce e un po' meno sarcasmo, mentre Hermione ritirava la mano con cui aveva stretto la sua.
Harry sospirò.
Almeno era un inizio.
Raccontarono anche agli altri tre cosa era successo durante i loro giorni di assenza.
Hermione, nel frattempo, era riuscita a raggiungere Amanda con la lettura del pensiero. In quel momento era insieme a Blaise e Pansy.
Le inviò immagini mentali di tutti gli avvenimenti di quei giorni, sapendo che lei avrebbe provveduto ad aggiornare anche le sue due guardie del corpo sull'accaduto.
Dopo aver spiegato a Draco e Luna come fosse stato possibile che fossero stati salvati da sé stessi, sempre usando la metafora del tempo come un cerchio, e dopo innumerevoli tentativi di farlo capire anche a Ron, ci rinunciarono.
“Adesso basta, ci rinuncio. Andiamo da Amanda e sistemiamo tutta questa faccenda dei traditori” suggerì Harry.
Hermione annuì.
“Avete scoperto chi è stato a parlare?” chiese Draco.
I due si limitarono ad annuire.
Si scambiarono uno sguardo e si diressero fuori dalla tenda, seguiti dagli altri ragazzi e da Silente, mentre Piton e la McGranitt andavano ad avvisare i membri dell'Ordine e tutti gli altri che ancora li stavano cercando, che Harry ed Hermione erano tornati al campo sani e salvi.
Hermione fu affiancata immediatamente dal suo maestro, e si diresse dove sapeva che avrebbe trovato Amanda.
Dietro di loro Harry e Draco ripresero a tentare di spiegare a Ron l'andamento del tempo, finché anche loro finirono per essere più confusi di prima a riguardo.
Dopo qualche minuto arrivarono davanti ad una tenda.
Draco si sorprese nel riconoscerla come quella sua e di Ginny.
Quando furono a pochi metri di distanza vide uscire la rossa con in mano una piccola valigia, molto simile al baule che possedeva quando andava ancora ad Hogwarts.
Hermione vide avvicinarsi, dall'altro lato della strada, anche Amanda accompagnata dalle sue due guardie del corpo.
Tutti rimasero in silenzio.
Alcuni di loro perché sapevano cosa stava per succedere e non riuscivano a trovare un modo per evitarlo, mentre altri solo perché erano confusi.
Draco fece un passo avanti, mettendosi di fronte a Ginny. Fu il primo a rompere il silenzio.
“Ginny, è il tuo baule di Hogwarts, quello che hai in mano?” chiese.
Si guardò intorno, rendendosi conto di quante persone ci fossero in quel momento davanti alla tenda sua e di Ginny.
“Cosa sta succedendo?” chiese con rabbia, non riuscendo a nasconderla.
Ginny sapeva quanto odiava essere lasciato all'oscuro.
Vide la sua fidanzata guardare uno per uno tutti i presenti, prima di guardare di nuovo lui e sospirare.
“Dobbiamo parlare” rispose semplicemente.
“D'accordo” rispose Draco, scrollando le spalle. Cosa mai poteva volergli dire Ginny, davanti a tutti?
“Oh-oh” sentì Ron sussurrare alle sue spalle.
Luna gli diede una gomitata in pieno stomaco.
Draco sapeva che il rosso era più stupido di lui, ma quando si trattava di relazioni amorose, passando così tanti anni vivendo con Luna, aveva sviluppato un sesto senso.
Iniziò ad agitarsi.
“Perché hai una valigia, Ginevra?”
Vide la strega difronte a lui chiudere gli occhi, all'udire il suo nome pronunciato per intero.
“Mi dispiace così tanto, Draco. Avrei dovuto avere la forza di fare quello che sto per fare molto tempo fa.”
Lui si sentì improvvisamente addosso gli occhi di tutti.
I presenti, d'altro canto, erano stati come paralizzati nelle loro posizioni. Nessuno era stato in grado di muoversi ed incitare il resto di loro a lasciare ai due la privacy di cui avevano evidentemente bisogno in quel momento.
“Intendi, ora? Stai per farlo ora?” chiese incredula Amanda, guadagnandosi sguardi interrogativi da tutti e uno incredulo da Hermione, che stava chiaramente incoraggiandola a tacere.
Ginny continuò.
“Quando abbiamo iniziato ad uscire insieme, dopo Hogwarts, tu sapevi che io avevo il cuore spezzato. Quello che non hai mai saputo è stato perché. Vedi, il motivo è semplice. È stata colpa mia, Draco. Ho lasciato l'unica persona che mi avesse mai reso felice, solo perché avevo paura del giudizio degli altri. Ma recentemente ho capito che non si può vivere dentro una bugia per sempre” il suo sguardo si spostò velocemente su Hermione, per poi ritornare immediatamente sul biondo davanti a lei. “E ho anche capito che non a tutti viene concessa una seconda occasione. Alcune persone non riescono mai ad averla. Ed io sono stata così fortunata da averne una anche dopo aver buttato via la prima.”
Draco non riusciva a parlare.
Per la prima volta da anni, era senza parole. La sua bocca leggermente aperta in puro shock.
Quel discorso era qualcosa che non aveva davvero visto arrivare.
Insomma, era consapevole che le cose non andassero bene ultimamente, ma non immaginava che fossero già arrivati al punto in cui lei era costretta a preparare le valigie di nascosto.
“Tutto quello che ho sempre voluto è che tu fossi felice” le disse. Semplicemente perché non sapeva cos'altro dire.
“Ed è quello che io ho sempre voluto per te, Draco” rispose lei sinceramente. “E sono rimasta perché credevo che io potessi renderti felice, ma ogni giorno non facciamo altro che andare un po' più a fondo e nessuno di noi due è più felice da molto tempo, ormai.”
Draco deglutì a vuoto.
“Mi dispiace non esserci riuscito.”
“Non è stata colpa tua. È colpa mia. Ho provato con tutte le mie forze ad amare qualcuno che potesse rendere le persone che mi vogliono bene felici ed orgogliose di me. Ma non ci riesco” il biondo vide un paio di gocce sfuggire agli occhi di Ginny.
“Perché pensi che non sarebbero più orgogliosi di te?” chiese cercando di capire cosa l'aveva spinta a mentire.
Lei scosse la testa.
“Perché alcune persone credono che si tratti di una scelta. Ma nessuno di voi” guardò Harry, Hermione, Luna, Ron. “Nessuno di voi ha scelto chi amare. Come avrei potuto farlo io?”
Le lacrime scorrevano ormai libere sul suo desolato viso.
“Ho nascosto chi sono davvero a tutti per così tanto tempo che le cose sono peggiorate sempre di più. E adesso non posso più aggiustarle.”
Si sfilò lentamente l'anello che aveva portato all'anulare sinistro nell'ultimo periodo della sua vita.
Si avvicinò a Draco e lo appoggiò sul suo palmo aperto, facendo poi in modo che le sue dita vi si chiudessero attorno.
“Ma anche se da adesso in poi non sarete più fieri di me, anche se mi odierete, non posso più vivere in una bugia, non posso essere qualcuno che non sono.”
Si riferiva anche agli altri presenti adesso.
“Me ne sto andando” dichiarò, mentre l'ennesima lacrima cadeva dai suoi occhi e scendeva fino al suo collo. “E non tornerò indietro.”
Harry si rese conto che quello che era successo a lui stava accadendo anche a Draco, solo che lui era sveglio, mentre Harry era incosciente a suo tempo.
Non avrebbe saputo dire chi dei due era stato più fortunato.
Harry non avrebbe sopportato di sentire parole del genere uscire dalla bocca di Hermione.
Non avrebbe retto la verità.
Però in quel momento capì cosa intendesse Hermione quando diceva che l'andamento del tempo è simile ad un cerchio.
Non si capisce mai quando qualcosa inizia e non si saprà mai esattamente quando è finita.
Non aveva mai capito quando Ginny e Draco avevano iniziato ad amarsi, e non avrebbe saputo dire quando qualcosa era andato storto tra loro.
Così come tra lui ed Hermione. Non riusciva a ricordare un momento nel passato più lontano che riuscisse a ricordare, in cui non l'avesse amata. E non avrebbe mai saputo dire da quando le cose erano iniziate ad andare male.
Però quella immaginaria circonferenza è intera, e anche se non si vede ad occhio nudo c'è un inizio ed una fine per tutto.
Era quello, che intendeva Hermione, quando parlava dell'andamento del tempo.





Thanks for reading


Ci siamo quasi...countdown: -2...Nel prossimo capitolo verranno svelati tutti i segreti di Ginny, quindi preparatevi. Finalmente ci siamo xD

A presto! =)


Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Non è una scelta ***


Ci siamo. Pensavo in tutta onestà che mi sarei fermata all'ultimo momento e non avrei mai mai mai trovato il coraggio di postare questo capitolo. Di solito non lo chiedo, ma gradirei che leggeste le poche parole che dirò a fine capitolo.

Buona lettura!




Non è una scelta


“Me ne sto andando” dichiarò, mentre l'ennesima lacrima cadeva dai suoi occhi e scendeva fino al suo collo. “E non tornerò indietro.”

Tutti guardarono Ginny come se fosse impazzita o stesse scherzando.
“E dove hai intenzione di andare?” chiese Ron, scettico.
Ginny scrollò le spalle.
“Ovunque.”
Ron pensò di non aver capito bene. “Ovunque?” ripeté.
“Sì. Ovunque sia la persona che amo, lì è il posto a cui appartengo.”
Ron fece un passo nella sua direzione.
“Non essere sciocca, Ginny. Non puoi andartene.”
“Perché no?” chiese Ginny sprezzante. “Non hai alcun diritto di scegliere tu per me, Ron. È la mia vita.”
Ron la guardò con incredulità. “È mio nipote” commentò con rabbia. “Credi che te lo lascerei portare via?”
“Ron!” gridò Luna indignata.
“Cosa?” chiese Draco, sperando di aver capito male.
“Glielo hai detto?” chiese Ginny alla bionda.
“Mi dispiace. Non credevo che fosse così stupido da dirlo difronte a Draco” si scusò lei.
Afferrò suo marito per un braccio e provò a tirarlo indietro, ma lui si liberò.
“Non hai il diritto di portargli via suo figlio” disse ancora con rabbia suo fratello, avvicinandosi ulteriormente.
Hermione sentì rabbia violenta che veniva emanata dal corpo di Ron.
“È mio?” chiese Draco in un sussurro. “Ginny, è mio figlio?”
Lei lo guardò come se fosse impazzito. “Credi che ti avrei tradito, forse?” chiese a sua volta con rabbia.
“Oh, e poi non sarebbe potuto essere comunque di nessun altro, vero, Ginny?” chiese Ron.
Hermione iniziò a preoccuparsi per la quantità di rabbia e violenza che percepiva provenire dalla mente di Ron. Non pensava di averlo mai visto così arrabbiato.
Ginny era senza parole. La sua bocca si spalancò con stupore.
“Che c'è? Credevi che non me ne fossi accorto?” chiese con disgusto. “Credevi che non vedessi il modo in cui vi guardavate? L'avevo capito Ginny. E se anche fossi stato stupido, ho trovato le vostre lettere.”
Ginny rabbrividì. La voce di Ron era intrisa di puro disgusto.
Ironicamente, gli ricordò il tono di voce che molti anni prima era solito usare Draco rivolgendosi ad Hermione.
Fu proprio Hermione che si fece avanti, proteggendo Ginny col proprio corpo.
“Sta indietro Ron. O giuro che ti farò indietreggiare io” estrasse la bacchetta, puntandola verso il rosso.
“Fatti da parte Hermione. Non sai chi stai proteggendo” rispose lui.
“Sì che lo so. L'ho sempre saputo Ron. E non ha mai importato niente per me. E sinceramente mi dispiace che importi a te, perché non puoi farci niente. E neanche Ginny può farci niente. Nessuno può, Ron.”
Lui scosse la testa.
“Credi davvero che se avessi potuto scegliere, non avrei preso la strada più semplice?” chiese Ginny, distrutta dalla reazione di suo fratello.
“C'è sempre una scelta.”
“Già. Potevo scegliere di vivere nascondendomi. E ci ho provato Ron. Mi hai visto provare! Ma non ci sono riuscita” rispose, dispiaciuta. “E non voglio più rinnegare quello che sono.”
“Quello che sei?” rispose con disgusto. “Tu non sei così, Ginny. Tu sei meglio di così.”
Lei non riuscì neanche a rispondergli. Si limitò a scuotere la testa.
“Ma non è con te che dovrei prendermela. È con chi ti ha fatto diventare quello che sei.”
Si voltò verso Amanda, solo per vederla fare un passo avanti ed estrarre a sua volta la bacchetta, come aveva fatto Hermione poco prima.
“Dovrai passare sul mio cadavere” gli intimò la strega.
“Ok, cerchiamo di calmarci tutti, ok?” disse Harry, sperando che sia Hermione che Amanda avessero riposto le bacchette.
Ma, al contrario, Ron estrasse la sua.
“Togliti di mezzo” ordinò ad Amanda il rosso.
Lei rise in modo sarcastico e sprezzante.
“Costringimi.”
Il rosso strinse così tanto la bacchetta che le nocche della sua mano destra diventarono bianche.
Provò a schiantare Amanda, ma lei, ovviamente, riuscì a deviare facilmente l'incantesimo, disarmando poi Ron con un gesto secco del polso, facendo volare la sua bacchetta a più di dieci metri di distanza.
“Avrei dovuto aspettarmelo. Perché combattere se tu puoi combattere al posto suo, giusto?” chiese retoricamente Ron.
Amanda mosse il braccio, preparandosi a colpire il rosso e farlo tacere.
Ma una mano afferrò il suo polso, bloccandola.
“No, Amanda. Non puoi combattere battaglie d'altri.”
Fu Pansy a bloccare il polso di Amanda e a parlare.
Draco avanzò, guardando Blaise con rancore.
“Come hai potuto farmi questo, Blaise? Eri il mio migliore amico ai tempi di Hogwarts.”
Lui scosse la testa.
Harry prese le spalle di Draco, cercando di trascinarlo indietro e calmare gli animi. Ma Blaise parlò di nuovo.
“Draco, io e te siamo troppo diversi. Se anche io fossi stato innamorato di Ginny, lei non avrebbe mai potuto amare me. E tu hai sempre saputo molto bene che ad un'altra donna è sempre appartenuto il mio cuore.”
Tutti capirono che si stava riferendo a Pansy.
“Ma proprio come te, anche io ho capito che non sarei mai stato capace di renderla felice. È un destino simile, il nostro. Ma a differenza vostra io non incolpo nessuno, perché come dice Hermione, nessuno può farci niente.”
“Stronzate” sussurrò Ron. “Scommetto che un pugno in faccia risolverebbe un sacco di cose.”
“Allora fatti sotto. Dammi pure un pugno se questo ti farà sentire meglio” si fece avanti Ginny.
Ma Hermione fu più veloce di lei, frapponendosi di nuovo tra il suo corpo e quello di suo fratello.
Draco indietreggiò di diversi passi, costretto dalla forte presa di Harry sulle sue spalle.
Adesso i due maghi erano affianco a Silente e Luna, mentre Ron, qualche passo avanti a loro, era sempre faccia a faccia da una parte con Hermione e dall'altra con Amanda.
“Ho passato così tanto tempo con te, Draco, perché voi due siete così simili” spiegò Ginny. “Mi ero illusa che forse sarei riuscita ad amarti nello stesso modo.”
Lui rimase colpito dalla fragilità che vedeva in Ginny.
“Se avessi ancora in mano la mia bacchetta ti ucciderei” sibilò velenosamente Ron, guardando le proprie scarpe.
Pansy estrasse la propria bacchetta. Tutti rimasero immobili, trattenendo il fiato.
Fece due passi avanti, puntandola contro il petto di Ron.
Poi la lanciò brevemente in aria, riafferrandola per la punta e porgendola al mago.
“Tieni. Avanti, prendila” lo incoraggiò, finché lui, sbalordito, non la prese. “Uccidimi.”
“Lei?” chiese Draco esterrefatto. “No, mi state prendendo in giro” rise, ma nella sua voce non vi era divertimento.
“Avanti” ripeté Pansy in direzione di Ron. “Mantieni la tua promessa. Hai chiesto una bacchetta, e adesso ce l'hai. Uccidimi. Forza, non posso neanche difendermi. Sarà facile.”
Ron strinse la bacchetta con mano tremante.
Poi l'alzò verso di lei, puntandola contro il suo petto.
“Ron, che diavolo stai...” Luna era incredula. “Ron, è disarmata!”
Ginny scivolò davanti a lei, tentando di allontanarla. Ma Pansy fu decisa, e la sua maggiore forza fisica le permise di forzare Ginny dietro se stessa.
Hermione disarmò Ron senza secondi pensieri, schiantandolo.
Il rosso si rialzò velocemente.
“Sei impazzita?” chiese ferocemente.
“Sei un idiota!” rispose lei con altrettanta rabbia. “Che diavolo ti prende, Ron? Sono innamorate, tutto qua, tutti noi lo siamo stati. Non è una questione così drammatica e non capisco perché ti stai comportando come se il mondo stesse crollando” si sfogò Hermione.
“Non è naturale!” urlò lui.
“Oh, sta zitto Ron” gli intimò Draco, spostando la sua attenzione su Ginny.. “Questo è il motivo per cui sei stata con me?” le chiese. “Perché io e lei siamo simili? Non mi hai mai amato?”
“Ti ho amato Draco. Davvero, l'ho fatto. E non perché sei come lei, ma perché sei una persona straordinaria. Però quello che all'inizio era amore è diventato affetto, capisci?”
Lui annuì.
Ron sbuffò.
“Stai scherzando, vero? Tutto qui? Sei un pazzo per farti andare bene questa cosa. E tu, Hermione, per tutto questo tempo lo sapevi ed invece di cercare di aiutarla...”
“Io ho cercato di aiutarla, Ron. Ho cercato di esserci per lei perché sapevo che tu non ci saresti stato.”
Mentre Draco e Ginny parlavano, Hermione si era messa davanti a Pansy, proteggendo sia lei che Ginny. Quasi immediatamente era stata affiancata da Amanda.
Pansy, al contrario, non si era spostata. Era rimasta immobile, con Ginny alle sue spalle. La rossa aveva le mani sulle sue spalle ed era premuta contro di lei, mentre uno dei bracci dell'altra donna le cingeva la vita, tentando di rassicurarla con quel semplice gesto. E, in parte, riuscendoci.
“A papà prenderà un colpo. Era già preoccupato perché convivevi con un uomo con il quale non eri sposata. Cosa credi che penseranno di te adesso, i nostri genitori? I nostri fratelli?”
“Non lo so Ron!” urlò disperata Ginny. “Ma non capisci che è per questo che avevo così paura di essere me stessa? Per te, per mamma e papà, per Fred e George...Non credi che se avessi potuto fare qualcosa, qualsiasi cosa, per cambiarlo, non avrei provato?”
Ron scosse la testa.
“Non hai provato abbastanza.”
Ginny sapeva che non sarebbe stato facile.
Aveva immaginato che le cose sarebbero andate male. Ma non tanto male da non riuscire a far ragionare Ron.
Si sarebbe aspettato una reazione del genere da Draco. Forse da suo padre. Ma Ron? No, quello l'aveva davvero colta di sorpresa.
“Mi disgusti.” Seguì una breve pausa. “Preferirei vederti morta piuttosto che così.”
Il dolore che riempì gli occhi di Ginny era indescrivibile.
Per diversi secondi tutti rimasero immobili.
Nessuno sapeva cosa dire.
Nessuno sapeva spiegare quando li facesse star male lo sguardo di puro dolore di Ginny, il fatto che quelle due semplici parole dovessero averla spezzata.
La strega iniziò silenziosamente a piangere.
E quella fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso.
Tutti osservarono Pansy avanzare verso Ron e colpirlo, con il massimo della forza di cui fu capace, con un pugno in pieno volto.
Poi si chinò e raccolse la propria bacchetta da terra.
Ginny abbracciò velocemente Hermione.
“Grazie per aver provato.”
“Voglio avere tue notizie Ginny. Lo esigo” sussurrò così sommessamente che solo lei fu in grado di udirla.
“Le avrai.”
Non sembrava molto sincera.
Pansy le offrì una mano.
“Andiamo” il suo tono era quello di una domanda.
E probabilmente lo era.
Ron, che nel frattempo si era rialzato da terra, ebbe almeno la decenza di non parlare.
Ginny prese la sua mano e, nonostante la quantità incalcolabile di lacrime che aveva pianto in quei giorni, riuscì a sorridere.
Ed era un sorriso sincero, pulito.
Era un sorriso che nessuno le aveva visto fare da anni. Perché quel sorriso era il sorriso di una persona che sa di tenere la mano della sua anima gemella.
“Andiamo.”
Lei si avvicinò, avvolgendo Ginny tra le sue braccia e smaterializzandosi subito dopo.
E così se ne erano andate.
Avevano perso tutto, ma in cambio avevano ottenuto la sola cosa che rimanendo non avrebbero mai potuto avere. La libertà.
La libertà di amarsi, di essere chi erano e nient'altro. La libertà di essere felici.
Una libertà di cui troppo a lungo erano state private.
Hermione si guardò attorno. Molti di loro l'avevano delusa, quel giorno.
“In cinque anni lontano dal campo” iniziò “mai una sola volta ho rimpianto la scelta di andarmene” li informò. “Ma lo faccio adesso. Lo faccio perché se fossi rimasta avrei fatto sì che Ginny avesse considerato la sua casa come un posto in cui poter essere se stessa, non un posto dove nascondere chi fosse.”
Molti di loro distolsero lo sguardo da quello deluso della bruna.
“Se non riuscirò a riportare indietro Ginny, sappi che l'unica persona che incolpo sei tu, Ron. Per tutto questo, tu sei il solo responsabile. L'unica persona da biasimare. Spero che tu sia felice adesso.”
Poi incontrò tutti i loro sguardi, facendogli percepire quanto fosse amareggiata, in quel preciso momento, dal loro precedente comportamento.
“Ci stupiamo che gli uomini siano spaventati da noi maghi. Ci meraviglia che ci trattino come bestie. Ma se anche noi siamo in grado di provare disgusto nei confronti di altri esseri umani per qualcosa che non hanno scelto di essere, allora non siamo migliori di loro.”
Nessuno di loro aveva scelto di essere un mago. Eppure eccoli lì, tutti a doverci fare i conti.
Ed Hermione non riusciva a capire come facevano a non rendersene conto.
Non era stata una scelta.
Non si era mai trattato di scegliere.
Si era trattato solo di dover imparare a conviverci.
E lo stavano tutti facendo.




I miei dubbi su questo capitolo riguardavano in parte il fatto che probabilmente perderò quel paio di recensori che mi sono rimasti. Ho realizzato che non mi importa. Era qualcosa che sentivo giusto scrivere, per chiarire la mia posizione in materia. La discriminazione è sbagliata, di qualsiasi tipo essa sia. È qualcosa che i libri di Harry Potter mi hanno insegnato.

Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, sia che siate d'accordo sia che non lo siate, ciò che non mi piace è l'indifferenza.

Detto questo, passando a temi più leggeri, il prossimo capitolo conclude la seconda parte di Wanted...Dispiaciuti? Felici? Io non sono ancora riuscita a decidere!




Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** L'importanza di un nome ***


Non ci sono parole per scusarmi per i quattro mesi e oltre di attesa, ma questo capitolo non solo è stato difficile da scrivere, ma l'ispirazione è stata totalmente risucchiata via da me. Non ho onestamente idea di quando riuscirò a trovare una, anche una sola, idea per la terza parte. Spero intanto che vi piaccia questo capitolo.
Grazie mille a tutti coloro che hanno letto questa storia. Siete fantastici.

Buona lettura.




L'importanza di un nome


In quel momento si trovò ad odiare il fatto che per andare a lavoro fosse costretto ad indossare un completo, camicia e cravatta, con pantaloni e giacca, perché la rigidità dei suoi movimenti, indotta dal tipo di abbigliamento, lo aveva ritardato più di quanto era disposto ad ammettere a sé stesso.
Non si sarebbe mai abituato a quel lavoro.
Passando accanto ad una delle tante e incalcolabili guardie di sicurezza all'entrata del cancello che conteneva l'immenso giardino, si chiese se non fosse meglio mandare qualcun altro. Delegare, per una volta. Ma sapeva che la delegazione non faceva parte del suo lavoro, e che non era, soprattutto in quel caso, una scelta contemplabile.
Arrivato alla porta di entrata dell'edificio, un'altra guardia aprì la porta a vetri per lui, toccandosi brevemente la visiera del cappello in segno di saluto e contemporaneamente come gesto di rispetto verso il suo superiore.
L'uomo sorrise brevemente, passando attraverso la porta che era stata aperta, e tenuta aperta, per lui, dall'uomo all'entrata.
Sapeva di avere molta fretta, per questo, una volta attraversato l'atrio ed arrivato davanti alle porte degli ascensori, continuò freneticamente a premere il pulsante per richiamarli più volte, sapendo benissimo che tale gesto compulsivo non avrebbe in alcun modo contribuito ad accelerare l'arrivo di uno degli ascensori.
Qualche istante dopo la porta metallica di sinistra si aprì, lasciandolo entrare, mentre altre tre persone uscivano, tutte facendo un segno di saluto cordiale o rispettoso nei suoi confronti, ricambiato dall'uomo con un semplice sorriso o da un assenso appena accennato con la testa.
Prese l'ascensore ed attese che anche le ultime due persone al suo interno scendessero, prima di salire all'ultimo piano.
Superati i vari e molteplici, nonché accurati, controlli di sicurezza, entrò dentro l'ultimo corridoio che gli rimaneva da attraversare per raggiungere la sua destinazione.
Continuò a camminare a velocità sostenuta aggiustandosi il nodo della cravatta.
Fu più difficile di quanto avesse immaginato, visto che una delle sue mani era impegnata a reggere un fascicolo.
Dopo aver sistemato la cravatta, agganciò i due bottoni della giacca di seta che stava indossando.
Giunse davanti alla porta dell'ufficio che stava cercando e fece di tutto per calmarsi e cercare di respirare normalmente, o almeno non sembrare agitato tanto quanto sentiva di esserlo.
Espirò pesantemente e, facendosi coraggio, bussò alla porta dell'ufficio a cui stava difronte.
Sentì qualcuno dall'interno borbottare qualcosa in risposta ed aprì lentamente la porta.
L'uomo dall'altra parte della scrivania sembrava un uomo normale, nella media. Vestiva in giacca e cravatta, il completo nero era in contrasto con la camicia bianca. I capelli, prima neri, erano con il tempo diventati più chiari ai lati.
Entrò nell'ufficio e richiuse la porta alle proprie spalle.
“Signore...”
L'uomo, ancora seduto alla scrivania fino a quel momento, respirò profondamente e si alzò, voltandosi per guardare fuori dalla finestra che poco prima era alle sue spalle.
“Non sono buone notizie, immagino” constatò ad alta voce l'uomo.
“Sono pessime notizie, signore.”
L'uomo più giovane era consapevole che la sua conferma di brutte notizie non aveva fatto che agitare l'uomo davanti a lui.
Proprio mentre stava pensando questo, l'uomo si voltò verso di lui, e quando vide la sua espressione cercò di immaginare quale sarebbe potuto essere lo scenario peggiore.
Aprì uno dei cassetti della scrivania, appoggiando su di essa una bottiglia e due bicchieri che tirò fuori proprio dal piccolo sportello che aveva aperto.
Versò una modesta quantità di liquido in entrambi, mentre faceva segno all'altro uomo di sedersi nella piccola poltrona davanti alla sua scrivania.
Lui obbedì immediatamente, mentre anche l'altro tornava a sedersi.
“Di cosa si tratta, Jones?” chiese, riponendo la bottiglia da dove poco prima l'aveva presa.
Prese in mano uno dei bicchieri, porgendo l'altro all'ufficiale che gli stava difronte.
Jones lo afferrò prontamente, solo per riporlo immediatamente, senza neanche assaggiare il liquido che vi era all'interno.
La prima regola che aveva imparato del suo lavoro, era che era meglio tenere gli alcolici a distanza di sicurezza dai suoi turni.
“Si tratta dell'edificio AfS1P5, signore.”
AfS1P5 era un codice molto semplice che avevano sviluppato per localizzare ogni edificio con immediatezza e precisione.
Le prima due lettere indicavano il continente, in quel caso Af simboleggiava l'Africa. Già le prime due lettere avevano messo in allerta il primo ministro, che sapeva che pochi edifici militari erano stati costruiti in Africa abbastanza recentemente da avere assegnato un codice del nuovo sistema recentemente elaborato.
Avrebbe di gran lunga preferito As, Asia, dove molti laboratori militari erano stati costruiti nella parte orientale della Russia ed in molti altri stati che, dopo la scoperta dell'esistenza della magia, avevano ricercato alleanza con l'Inghilterra e il Presidente degli Stati Uniti d'America.
S era la località, ne avevano poche in quel continente, quindi bastava una sola lettera per indicare che l'edificio si trovava nei pressi del deserto del Sahara.
Il numero 1 significava che quello era il primo edificio costruito in quella zona militare, mentre la P stava ad indicare la funzione svolta dall'edificio.
Avrebbe potuto essere L se fosse stato un laboratorio, o A se l'edificio fosse stato adibito all'addestramento, oppure M se vi fossero stati fatti studi ed esperimenti sulla magia. La P, invece, stava ad indicare prigione.
L'ultimo carattere, un numero, in quel caso il 5, indicava il livello di sicurezza e protezione dell'area in cui era situato l'edificio.
“Signor Primo Ministro?” Jones cercò di attirare la sua attenzione.
L'uomo, senza spostare lo sguardo dal bicchiere che teneva tra le mani, strinse i denti.
Poi le sue palpebre si chiusero, mentre, con estrema lentezza, si portò il bicchiere alle labbra, svuotandolo con estrema calma, prendendosi il tempo di assaporare ogni goccia del liquore. In modo che ogni minimo bruciore venisse percepito alla perfezione dal suo consumatore.
Il Primo Ministro non era un uomo che era solito bere.
Non prima della guerra.
Ma da allora molte cose erano cambiate.
Non serviva che Jones aggiungesse altro, a quel punto. Il Primo Ministro aveva capito perfettamente a quale edificio si stesse riferendo quando parlava di AfS1P5. Lo conosceva fin troppo bene, perché era stato proprio lui a suggerirne la costruzione, a progettarlo, ad ordinare che i suoi due più importanti prigionieri fossero chiusi lì dentro.
“D'accordo” parlò con calma, prima di esalare un sospiro rassegnato.
Non si era illuso, neanche per un momento, di riuscire a tenere intrappolato il mago più ricercato del mondo magico.
Però aveva sperato di riuscirci almeno fino all'arrivo al Ministero Inglese del Presidente Americano, che avrebbe dovuto incontrare quel pomeriggio con la massima urgenza, ed insieme al quale avrebbe dovuto fare visita ai due maghi.
“Dovremmo avvertire il Presidente Kethner in questo caso.”
“Temo che ciò sia impossibile, signor Primo Ministro. Il Presidente è già in volo ed in questo momento non c'è alcun modo in cui possiamo metterci in contatto con lui” spiegò Jones, tentando di non lasciar trasparire la propria agitazione.
“D'accordo, allora. Ci parlerò quando arriverà qui a Londra.”
“C'è dell'altro signor Bryan, signore” aggiunse timidamente Jones. “Ci sono delle registrazioni. Le abbiamo analizzate con cura e ci tenevo a farle vedere gli strani risultati che sono stati prodotti dai nostri tecnici. Potrebbero essere molto più interessanti di quello che credevamo all'inizio. Inoltre, se abbiamo ragione, potremmo essere in grado di catturare nuovamente i prigionieri che sono riusciti ad evadere, signore.”

“Che diavolo è andato storto?”
Un uomo con addosso un completo blu di lino, era entrato nell'ufficio del Primo Ministro, spalancando le porte con rabbia e urlando contro la scrivania dell'uomo più importante del Parlamento Inglese.
“È un piacere incontrarti nuovamente, Kethner.”
Il Primo Ministro, con tutta la calma per cui i gentiluomini inglesi erano sempre stati noti, non perdendo mai il controllo della situazione, si alzò lentamente dalla sua poltrona dietro la scrivania e porse gentilmente la mano all'uomo che stava difronte a lui.
Il Presidente strinse la mano del Ministro con energia, tentando comunque di affrettare le procedure diplomatiche dell'immancabile etichetta inglese.
Una volta che i due si furono scambiati una forte stretta, il Ministro offrì un breve cenno della testa ad ognuno degli uomini armati che avevano fatto irruzione dentro il suo ufficio insieme al Presidente Americano.
“Vedo che non rinunci mai alla tua personale scorta” osservò il Primo Ministro, rimettendosi a sedere e facendo con la mano cenno al Presidente di fare la stessa cosa e prendere posto difronte a lui, nella sedia posta dall'altra parte della sua scrivania.
Il Presidente, che si sentiva sopraffatto dalla rabbia per le notizie che erano appena giunte al suo orecchio, stava premendo con forza le mani contro il duro legno della scrivania.
Lentamente fece come gli era stato chiesto, sedendosi.
“La mia scorta personale si chiama personale perché mi segue ovunque.”
L'uomo tagliò corto il discorso, senza stupire il Primo Ministro, che era sempre abituato a vederlo come un uomo di poche parole.
“C'è stato un problema con l'edificio di sicurezza AfS1P5” concesse come breve spiegazione, sapendo di star solo prolungando l'inevitabile.
“Questo era facilmente immaginabile. Che tipo di problema?” chiese con preoccupazione l'uomo dall'altra parte della scrivania.
“I prigionieri sono riusciti ad evadere. Purtroppo non c'è stato modo di riuscire a fermarli.”
Il Presidente batté con forza un pugno sulla scrivania, lasciando il rumore rimbombare nella stanza.
“Accidenti Bryan, credevo di essere stato chiaro! Harry Potter ci serviva. Dovevi tenertelo stretto ed invece te lo sei fatto scappare da sotto al naso.”
“Ci sono delle buone notizie, comunque.”
Il sorrisetto soddisfatto sulla faccia del suo collega fece fermare Kethner per un secondo, spingendolo a chiedersi se davvero in quel momento qualsiasi notizia sarebbe mai potuta essere una buona notizia.
“I nostri tecnici hanno analizzato più volte i video di sicurezza, senza riuscire a ricavarne niente. Poi però, uno dei nostri migliori ragazzi, ha avuto l'idea di controllare anche i vecchi video della cattura dei due prigionieri. La cosa interessante è che, secondo i nostri esperti, le due persone che sono state liberate e le due persone che le hanno liberate, sono le stesse due persone.”
Due fascicoli vennero posizionati sulla scrivania, davanti al Presidente.
“Harry Potter ed Hermione Granger.”
“Come diavolo è possibile?”
“Lunghissima storia, pochissimo tempo” tagliò corto Bryan. “Comunque, abbiamo arrestato ed interrogato il tizio che ci aveva inizialmente aiutato a tendere la trappola ai nostri due piccoli fuggitivi.”
“Interrogato? Intendi un interrogatorio tradizionale o...” lasciò la frase in sospeso.
“Non è questo l'importante. Non il mezzo, ma il risultato, Kethner.”
“E qual'è il risultato?”
“Abbiamo ragione di credere che l'uomo ci abbia involontariamente rivelato la posizione del campo e come sospettavamo si trova vicino alla città di Falmouth”
“Lo hai trovato?” sussurrò incredulo l'altro. “Lo hai trovato davvero?”
Bryan annuì, portandosi le mani davanti al petto ed intrecciando le dita, fallendo nel tentare di contenere un sorriso compiaciuto.
“Abbiamo il campo dei maghi. Sono lì. Sono tutti lì. E noi sappiamo dov'è. Ho solo bisogno di sapere in quanto puoi avere il tuo esercito pronto a intervenire.”
Scrollò leggermente le spalle. “Cinque giorni. Una settimana se le cose si mettono male.”
Il Primo Ministro annuì soddisfatto.
“Dammi un nome” lo sollecitò Kethner. “Dammi solo un nome.”
Era tutto quello che gli serviva.
Un nome.
Poi, sarebbe stato lui a pensare a tutto il resto.
Sarebbe stato lui a mettere fine alla razza dei maghi una volta per tutte, ponendo fine a quell'abominio contro natura che era la magia.
L'avrebbe chiusa in una scatola e fatta tornare al posto a cui era sempre appartenuta: un qualche economico libro per bambini.
Aveva già un piano, una squadra, aveva organizzato tutto per mesi e da mesi.
Tutto ciò che gli serviva era un nome. Solo un nome.
Ed avrebbe spazzato via tutta quella cosa ridicola che era il mondo magico.
Avrebbe messo fine alla guerra con un solo nome.
Il nome che aveva cercato fino a quel momento, il solo nome che gli serviva.
Shakespeare sosteneva che non importante il nome che diamo alle cose. Una rosa avrebbe lo stesso profumo, se chiamata in un altro modo.
“Neville Paciock.”
Ma in quel caso il nome era tutto ciò che importava.




To be continued


So perfettamente ciò che accadrà, fin dall'inizio il finale di questa storia l'ho avuto nella testa. Adesso il problema è solo trovare le parole giuste e metterlo su carta. Ma vi prometto che lo farò. A presto.


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=623067