Capelli

di Kuruccha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Treccia ***
Capitolo 2: *** Coda di cavallo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Treccia ***



Necessaria introduzione. Si tratta di un missing moment della seconda stagione, posizionabile a piacere nel periodo che va dal momento in cui Toph si unisce al gruppo a quello in cui il regno della terra è sconfitto, ovvero il vero e proprio finale della seconda serie.
Detto ció, enjoy! :D
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- Katara, posso provare a farti una treccia? - chiese Aang, entusiasta, planandole davanti trasportato dal suo dominio.
Katara rise. Poche ore prima, girovagando, avevano per puro caso incontrato di nuovo quei nomadi che li avevano accompagnati attraverso la grotta dei due amanti. Con grande gioia avevano notato che stavano tutti bene, quasi fossero ringiovaniti, come se la guerra non li avesse minimamente toccati. Si erano complimentati con loro per questo motivo, e l'uomo si era limitato a sorridere e si era giustificato dicendo, o meglio cantando, che l'essere nomadi rendeva liberi anche dai conflitti, perchè bastava spostarsi quando la situazione diventava troppo bollente. Ció che gli piaceva di più del nomadismo era però l'infinita possibilità di incontri che favoriva: se il caso avesse voluto, avrebbe potuto incontrare la stessa persona anche tutti i giorni, così come avrebbe potuto non incontrarla più. La ragazza aveva trovato molto interessante questo discorso, come se il vagabondaggio fosse davvero l'unica salvezza da quella guerra. Rimuginando, mentre si scioglieva i capelli dai fermagli che li tenevano in ordine, pensó che, pur lottando in continuazione, in effetti nemmeno loro stavano davvero vivendo la guerra nei suoi aspetti peggiori di sottomissione e umiliazione, visto che non avevano una vera e propria dimora fissa. Quei mesi sulla groppa di Appa erano stati davvero diversi dagli anni di vita che aveva vissuto fino a quel momento; non necessariamente meno difficili - perchè accompagnare l'Avatar non era un impegno da poco - ma certamente meno angoscianti. Mentalmente, ringrazió la nonna per averle lasciato quella possibilità di viaggiare, e si chiese se pure lei avesse previsto fin dall'inizio del bene che le avrebbe fatto allontanarsi dal Polo Sud e da casa.


Vedendoli, toccandoli, accarezzandoli, passandoci le dita attraverso, Aang non poteva fare a meno di pensare che, così come non esistevano due esseri uguali al mondo, certamente non potevano esistere due persone che avessero gli stessi identici capelli.
Non era solo questione di cura, di questo era ben consapevole: se anche avesse provato a impomatare i propri con miracolosi sieri - o meglio, se li avesse fatti crescere e avesse fatto questo esperimento - non sarebbe mai stato in grado di averli belli come i suoi. E non era nemmeno questione di genetica, perchè quelli di Sokka erano a ogni modo diversi da quelli di lei, che ora stringeva tra le dita, a ciocche, intrecciandoli.
Era piuttosto un insieme di fattori: quanto spesso li lavavi, quale detergente usavi, se li lasciavi asciugare all'aria o li strofinavi con un panno. Ma soprattutto, come con ogni altra cosa, era l'amore che ci mettevi nel prendertene cura. E ció non voleva dire per forza dedicarsi anima e corpo al loro mantenimento, quanto piuttosto saper bilanciare l'attenzione che gli prestavi: nè troppa, nè troppo poca.
- Certo che hai proprio dei bei capelli, Katara - disse, ammirato.
La ragazza, seduta a gambe incrociate, la testa reclinata all'indietro, gli dava le spalle. La treccia era ormai quasi ultimata. Alle parole di Aang, si voltó con un movimento lento, irrigidendo il collo per non rischiare di rovinare il lavoro fatto finora.
- A me veramente non pare proprio - disse, un po' scettica, pur sorridendo. Arrossì leggeremente, perchè comunque il complimento le fece piacere. - Sono crespi, e non stanno mai al loro posto, e se vuoi acconciarli in qualche modo non puoi far altro che assecondarli - spiegò, lamentandosi. - Però somigliano a quelli della mamma, quindi va bene così - concluse, sempre col sorriso in volto, socchiudendo gli occhi e voltandosi di nuovo, esponendogli la nuca.
Per un momento, Aang rimpianse di non aver conosciuto la propria, di madre, e di non poter fare paragoni di questo genere.
- E i tuoi?
- I miei cosa? - chiese lui, bloccando inconsciamente i movimenti delle dita mentre la ascoltava.
- I tuoi capelli. Come sono? Ricci o lisci?
Il ragazzo fu stupito dalla domanda. Dopo un secondo, parve accorgersi del mancato movimento delle sue mani, e ricominció con l'attività di prima.
- Una via di mezzo. Nè ricci nè lisci. O almeno lo erano l'ultima volta che ricordo di averli visti lunghi abbastanza per notarlo - rispose con un risolino, come fosse imbarazzato e volesse scusarsi di non poterle dare una risposta precisa.
- E il colore?
- Come le mie sopracciglia, più o meno - disse, indicandosene una, trattenendo la sua treccia con una sola mano. - Forse un po' più scuri, a dire la verità. - continuò. - Almeno questo me lo ricordo. Però non mi sono mai piaciuti molto, quindi sono stato contento di doverli tagliare quando i monaci me l'hanno imposto.
- Perchè non ti piacevano? - domandó Katara, curiosa, trovando quantomeno singolare questo fatto, visto che il fratello aveva estrema cura della sua coda di cavallo o, per meglio dire, di lupo, come lui sosteneva.
- Così, senza un motivo preciso, a dire il vero. Forse è un'idea piantata da generazioni tra la nostra gente per convincerci a rasarci la testa più facilmente - provò a ipotizzare, con sguardo interrogativo. - O forse chissà, ma non ho mai visto nessuno lamentarsi, a ogni modo.
- Da noi hanno tutti i capelli abbastanza lunghi, anche gli uomini. Forse perchè fa freddo e vedere una persona con la testa nuda farebbe un po' impressione. Beh, a meno che non sia pelata, ovviamente! - spiegó, ridendo a bocca aperta, la testa abbandonata sulle spalle.
Aang, nel frattempo, aveva terminato il suo lavoro, e stava cercando di fermare l'estremità della treccia con un fermaglio elastico. Dall'impegno, inconsciamente, teneva la lingua intrappolata tra le labbra. Katara, gettandogli un'occhiata, lo trovò estremamente carino.
- Ecco fatto! - esultò, pura felicità sul viso, lasciando cadere la treccia e allargando le braccia in un gesto teatrale.
- Grazie mille - gli disse. - Sono sicura che è venuta benissimo! - si complimentò, afferrandone la parte finale per osservarla, mentre ruotava su se stessa, pur rimanendo seduta, per poterlo vedere in viso.
- Oh, no! - rispose lui, con espressione triste, sporgendosi verso di lei. - Questi davanti sono scappati!
- Beh, niente paura... Sistemiamoli - concluse, con espressione convinta.
- E come si fa? - domandó Aang, perplesso.
- Oh, non è difficile... Vedi? Il trucco è dividere tutto in ciocche seguendo le diverse lunghezze, e poi fissare ogni ciuffo lateralmente, così - spiegó, con fare saccente, mostrandogli il modo esatto di risolvere il problema. Si accorse solo in seguito di aver usato un tono a cui Aang avrebbe potuto anche rispondere "Sì, maestra". - Ora prova tu - gli propose, per rimediare, con un tono molto più gentile, spingendo in fuori il mento e sporgendo leggermente il busto verso di lui.
Le mani di Aang, spinto dall'entusiasmo, nei movimenti erano tutto meno che incerte: per quanto il lavoro non fosse perfetto, e il volto di Katara presentasse una lieve asimmetria per il mancato equilibrio dei ciuffi, non si poteva certo dire che non ci avesse messo impegno. Per la seconda volta, la ragazza non potè fare a meno di complimentarsi con lui per la velocità di apprendimento che dimostrava.
Aang sorrise, mostrando tutti i denti che aveva, come al solito.
- Posso...? - iniziò lei, arrossendo subito leggermente. - No, no, niente, lascia perdere - fece, poggiando una mano a terra, come per darsi la spinta per sollevarsi.
- Puoi cosa? - le domandó, curioso.
- Niente, davvero, è una sciocchezza... - continuò, evasiva, restando però seduta di fronte a lui.
- Posso fare qualsiasi cosa, sul serio! Dimmi! - la rassicurò.
- Niente, volevo provare a toccarti la testa, ma è una cosa strana, ok, quindi non c'è problema, lo so che non si fanno richieste del genere, solo che non ho mai posato la mano su capelli così corti, così mi chiedevo se potessero sembrare come la pelliccia di un qualche animale, e cose così - spiegò, imbarazzata, torcendosi le mani.
- Prego - fece lui, semplicemente, porgendole letteralmente la testa, chinato in avanti con gli occhi chiusi. - Per così poco....
Katara ebbe un attimo di esitazione. Ma fu solo un secondo, perchè la tentazione era davvero troppo forte. Allungó le dita sulla sommità del capo di Aang, trovando che la sensazione trasmessa da quei capelli rasati fosse allo stesso tempo divertente e irritante. Certamente non somigliava a niente di quello che avrebbe potuto immaginare; era qualcosa di totalmente nuovo. Notò che la consistenza stessa dei capelli cambiava al variare della zona in cui crescevano, e sorrise nello scoprire che quelli dietro alle orecchie e sulla nuca, pur essendo corti, erano molto più morbidi di tutti gli altri.
- Come sono soffici, qui - spiegó, visto che vi indugiava da troppo tempo.
Aang si riscosse lentamente, riemergendo dal lago di estasi in cui era caduto nel sentire la mano di lei che gli percorreva la pelle, in un tratto che di solito nessuno a parte lui toccava. - Ah sì? Beh, continua pure, è meraviglioso... - le rispose, con la testa che ciondolava da un lato all'altro.
- Fammi provare, fammi provare! - disse lei, entusiasta, sorridendo e incrociando il suo sguardo, finalmente sollevato dal suolo. Si voltò di nuovo di spalle, porgendo per la seconda volta schiena e nuca ad Aang.
Il ragazzo si mise in ginocchio, di buona lena, impegnandosi per trasmettere le stesse sensazioni che aveva appena ricevuto. Partì dalla fronte, accarezzandole la testa come se lei fosse un grosso gatto, scivolando poi vicino alle orecchie e soffermandosi per massaggiare il cuoio capelluto con i polpastrelli sottili. Scese con i pollici a sfiorarle la nuca, percorrendo con le altre dita la pelle degli zigomi, mantenendo un tocco leggero. Dal modo in cui si erano rilassate le sue spalle poteva essere certo di aver ottenuto il risultato che aveva sperato. Per quanto le sue mani fossero calde, la pelle del collo di lei era ancora più calda, e non potè far a meno di notarlo e sorridere, godendosi il contatto.

- Ora, dico, la volete smettere di toccarvi o andiamo avanti ancora per molto? - li sgridó Toph. - Tutta questa interazione irrita i miei sensi e limita la mia capacità di capire cosa stiate facendo.
- Chi sta toccando CHI? - urlò Sokka con rimprovero. Ma tutto si risolse in una risata.


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24-12-2010
Uuuuh sono soddisfatta *_* ci ho messo tanto a scriverla ma ne è valsa la pena, almeno a mio parere :D di solito non mi soffermo così a lungo nè sulle descrizioni nè sui pensieri dei personaggi, ma questa volta ci stavano bene entrambi.
E poi, sì, questa non sarà una one-shot. Nel prossimo capitolo ci sarà Zuko. ZUKO! Lo prometto! XD La fic era infatti stata pensata in due tempi fin dall'inizio, sebbene in effetti siano scollegati, perció tornerò presto. :3 E poi ho anche una what-if in cantiere, sempre su Zuko! :D
Buon Natale a tutti :)
Vi prego, commentate XD sarà il regalo migliore! :D



EDIT:
Yumemi91, che potete trovare anche qui su EFP, ha fatto un meraviglioso disegno tratto da questa fanfiction. Mi sono sempre dimenticata di linkarlo, mea culpa. Potete trovarlo QUI! E guardatelo, perchè merita proprio! :D

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Capitolo 2
*** Coda di cavallo ***



Mei odiava i suoi capelli.
"Odiare" non era forse il verbo più adatto, perchè l'odio presupponeva una buona dose di attenzione, interessamento, addirittura analisi, e lei non era certo il tipo di persona che si sarebbe abbassata a curarsi di una cosa come un aggrovigliato insieme di fili.
Era forse meglio dire che, se proprio avere dei capelli era necessario, avrebbe gradito che almeno fossero diversi da quelli che si era trovata in testa fin dalla nascita. Non che si fosse mai davvero interessata molto a come apparissero, fino a qualche tempo prima: se erano lunghi era solo perchè la madre aveva trovato più consono, per una ragazza dell'alta società della nazione del fuoco, che lo fossero; era un segno che da tempo immemore contraddistingueva i membri delle famiglie più importanti. Il colore che portava, poi, era del tutto naturale; quasi banale, in quella nazione in cui i capelli scuri e lisci erano la normalità; così simile a quello di Azula da far sobbalzare di gioia sua madre, perchè essere così simili alla Principessa sarebbe stato un buon modo di fare amicizia, no?, e così diverso da quello di Tai Lee da far gioire lei, invece, che non avrebbe mai voluto attenzioni che andassero oltre il minimo necessario. Dopo la nascita del suo fratellino, la madre aveva smesso di curarglieli come fosse ancora una bambina, e Mei aveva dovuto iniziare a pensarci da sola; e aveva continuato semplicemente a fare come le era stato insegnato in quegli anni, solo per evitare che la gente iniziasse a farle domande sul perchè avesse cambiato pettinatura e via dicendo.
Quella peluria che si ritrovava in testa, insomma, era stata più che altro una comodità, in quegli anni: un modo per amalgamarsi, come un vestito adatto all'occasione, ma con la comodità aggiunta di non doverlo cambiare ogni giorno, perchè non avrebbe mai e comunque sfigurato. Una di quelle cose che, fatte una volta, sarebbero andate bene per sempre; una caratteristica su cui non si era mai trovata a rimuginare; un'ovvietà, come il fatto di respirare.
A provocare quel cambiamento nel suo pensiero era stato Zuko, ovviamente. Per colpa sua, i capelli si erano improvvisamente trasformati da ornamento ad attributo; e anche adesso che lo aveva lì vicino a lei, e mentre lo pettinava con attenzione, si innervosiva pensando all'ingiustizia del fato, che aveva concesso dei capelli così folti e morbidi a un uomo come lui, che non se ne sarebbe mai fatto niente, mentre i suoi erano ogni giorno più secchi e stopposi, per quanti unguenti avesse provato ad applicarvici.
- Certo che hai proprio dei bei capelli, Zuko - disse infine, sospirando, con il tono di chi conclude un lunghissimo ragionamento.
Il ragazzo alzò gli occhi dai dispacci che stava analizzando - un'abitudine fin troppo consolidata in tutti quei mesi, quella di leggere le missive di Aang appena prima di andare a dormire - e si voltò leggermente verso destra, concentrandosi appena sulle punte leggermente fredde delle dita di lei, che stava cercando di raccogliere più ciocche possibili con un filo elastico.
- Beh, grazie - disse lui, leggermente perplesso dal complimento, mentre faceva scivolare i caldi palmi delle mani sulle gambe nude di lei che lo tenevano intrappolato, percorrendo il morbido tratto che andava dalle ginocchia alle caviglie. - Non che importi più di tanto, dopotutto - continuò, piegando la testa in avanti per facilitare la procedura, continuando il percorso con le mani fino a racchiudere le piccole dita dei piedi in una soffice stretta. Sentì i veloci movimenti di lei mentre ultimava la procedura, con la certezza che nemmeno il più sottile dei suoi capelli sarebbe mai sfuggito, benchè il momento non richiedesse una cura così meticolosa. - In realtà sono cresciuti un bel po' ultimamente, pensavo di tagliarli - concluse.
La sentì esitare, per un momento. Ma fu solo un attimo; così poco che finì per chiedersi se non fosse stata davvero solo una sua impressione.
- Fai come vuoi - gli rispose, lasciando l'elastico e osservando, ora quasi con indifferenza, i capelli stretti nella coda mentre si assestavano in una posizione stabile.
Era tanto tempo che non sentiva quel tono nella sua voce, quell'apatia che aveva reso il loro rapporto così difficile all'inizio; si stupì di se stesso nel pensare che gli era quasi - certo, solo quasi - mancato. Colse la palla al balzo, perchè in effetti non c'era niente di più divertente che provocarla, in momenti come quello: sapeva bene che, se non avesse provato ad agire, lei gli avrebbe semplicemente tenuto il muso finchè non le fosse passata, liquidando con indifferenza qualsiasi altro tentativo di conversazione.
- Oh, beh... In effetti stavo proprio pensando di tornare alla mia pettinatura da principe ereditario, finchè l'età me lo permette - spiegò, guandando fisso davanti a sè. - Sai, avere solo un codino in cima alla testa era comodo, e mi permetteva di non perdere troppo tempo a pettinarmi ogni mattina, con tutti questi ciuffi che non stanno al loro posto - continuò, afferrando una cortissima ciocca che era scappata appoggiandosi alla tempia destra, ben conscio che lei stava osservando con attenzione certosina ogni movimento della sua mano. - Oppure chissà, potrei proprio rasarmi la testa per suggellare la mia amicizia con i nomadi dell'aria - concluse, in tono ironico, con un ghigno in viso.
Sentì le gambe di lei che, con uno scatto secco, si allontanavano definitivamente dai suoi fianchi. La vide mentre gli lanciava un'occhiata di disprezzo, sollevando il mento e chiudendo gli occhi, offesa, le braccia incrociate sul petto, la lunga vestaglia da notte stretta a coprire nuovamente le gambe.
- Che ne pensi? - continuò a infastidirla, spostando il peso sulle ginocchia con una semplice rotazione e ponendo il viso giusto di fronte al suo, vicinissimo.
Mei aprì appena gli occhi, quel tanto che bastava per fulminarlo con uno sguardo tutt'altro che amichevole. - Non ti resta che provarci - sibilò, con tono davvero minaccioso.
Zuko rise di cuore, come non faceva da tempo. La abbracciò di slancio, continuando con quella sua dimostrazione di ilarità che tanto sembrava irritarla. Le strinse le spalle un po' più forte, prima di afferrarle con le mani e guardarla negli occhi.
- Li terrò lunghi, se ti piacciono così - le disse, col suo sorriso più sincero stampato in viso. - È carino che tu ci tenga così tanto - continuò.
- Tsk! I capelli sono tuoi e puoi farci quello che vuoi! - gli rispose, le braccia sempre incrociate sul petto, ma con un'espressione già meno dura.
- Chissà i suoi come saranno - si chiese lui, poggiando il mento sulla sua spalla e carezzandole la pelle tra le scapole, facendo scivolare le mani verso il basso e tirandola a sè il più possibile. Mei riusciva a sentire la sua felicità esplodere attraverso le sue carezze, i suoi gesti, il suo sorriso, che pur non vedeva; felicità quasi concreta, reale, palpabile. Quasi si vergognò, al pensiero di essere stata in grado di dargli una gioia così grande. Quello che amava di lui, dopotutto, era che riusciva sempre a scatenare in lei delle reazioni forti, belle o brutte che fossero. Proprio per questo, non si vergognò di quel poco di rossore che le colorò le guance.
- Spero che i suoi capelli siano come i tuoi, altrimenti è meglio per lui che nasca già calvo - gli rispose, ricambiando finalmente l'abbraccio e nascondendo il viso nel caldo incavo del suo collo.


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31-12-2010
Della serie, chiudiamo l'anno in bellezza :D Ho penato molto per scrivere questa fic - nel senso che ha avuto una genesi lunga, prima di arrivare alla scrittura definitiva - ma muovere Zuko e Mei è stato davvero entusiasmante. Ora capisco perchè una volta che si comincia con la nazione del fuoco non si smette più. :D
Non so se si nota, ma i due capitoli sono abbastanza speculari, sia per una frase totalmente identica, sia per il modo in cui si sviluppano, sia per il tema centrale. Per questo sono diventati un'unica storia :)
Questa fic è tutta per F13, e spero sia di suo gradimento, anche se è solo un primo tentativo, ma era concepita per fare parte, più o meno, del suo mondo di fragole e panna :)
Avrei voluto mettere alcune parole in corsivo - e vi giuro che appena avrò un html editor decente lo farò - ma questo blocco note sull'ipad non me lo consente ._.
Ok, VI PREGO, ditemi cosa ne pensate ;_____; vi imploro!
Ovviamente, buon capodanno a tutti :D
Kuruccha

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