La Sacerdotessa di Ade

di Beth21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Sacerdotessa ***
Capitolo 2: *** Ade ***



Capitolo 1
*** La Sacerdotessa ***


Allora, questa storia, come già detto, è nata dopo la visione del film "Scontro tra Titani" e l'idea della Sacerdotessa di Ade mi è venuta principalmente perchè quando ti parlano della mitologia greca si dice che ogni dio aveva il proprio tempio con il proprio sacerdote e magari facevano anche una lista, lista che non includeva mai Ade. Quindi mi sono chiesta: e il/la sacerdote/sacerdotessa di Ade? Chissà come sarebbe stato/a.. e quindi mi sono messa dietro a scrivere.
I personaggi non appartengono a me, a parte la protagonista, e se mai ci fosse una storia simile alla mia sappiate che non era mia intenzione copiare (anche perchè non ho mai letto una fanfiction sulla mitologia greca)
Spero che vi piaccia e... buona lettura! (spero)  


Capitolo 1

La Sacerdotessa di Ade

 
Non ci sono molte sacerdotesse dedite al culto di Ade, in realtà io ero e sono l’unica in questi anni. Sono stata consacrata a lui non appena nacqui e venni istruita nel suo tempio, qui ad Argo. Non conoscevo la mitologia perfettamente, come le altre sacerdotesse perché il mio unico compito era quello di servire Ade, solo e soltanto lui. Dovevo pregare per lui, pregare per chi gli chiedeva un favore e intercedere per chi voleva un segno dal mio dio. Dovevo anche presenziare ad ogni sacrificio di pecore o tori neri, gli unici animali che accettava, oltre alle numerose offerte di sangue che mi chiedeva.
Però ero felice: dovevo controllare che tutto al tempio andasse bene ma la mia vita tranquilla, riempita dal mio culto, mi bastava. Poterlo servire era tutto ciò che volevo, mi bastava quello e, prima o poi, l’avrei anche visto. Si diceva che sarebbe comparso alla sacerdotessa consacrata una volta che la sua morte fosse stata vicina, quindi aspettavo con pazienza la mia fine, dato che vivevo un rapporto privilegiato con la morte avendola sfiorata svariate volte per lui.
Mi guardai in giro, per vedere se il tempio era perfetto e notai con piacere che nulla avrebbe potuto intaccare la pace di quel luogo. Marmo bianco fuori e dentro nessuna luce, tranne quella di poche finestre poste in alto a illuminare il viso della statua, coperto dal velo di marmo, e qualche candela. Nessuno specchio, nessun vaso, nessuna decorazione. Spoglio e imponente. Come la morte.
Andai ai piedi della statua e accesi i lumi, pregando per le persone che avevano perso la fede negli dei e li avevano fatti infuriare. Più di tutti era la sua furia che mi spaventava: se avesse liberato la sua forza nessuno si sarebbe salvato, nemmeno io.
Accesi la candela ed ebbi appena il tempo di prendere in mano l’incenso che sentii urla feroci provenire da poco lontano, così mi avvicinai all’uscita del tempio e vidi il più grande errore che un uomo potesse fare: la profanazione di una statua di Zeus. La stavano rompendo: più di quindici metri di marmo stavano per cadere giù dal dirupo, dritti in mare.
Rimasi bloccata a quella vista quando l’enorme statua cominciò a rompersi e cadde definitivamente in mare.
La guerra stava cominciando ed il cielo si addensò di nubi, nere come se stesse per arrivare un orrendo temporale e l’acqua acquistò il colore della notte. Ci fu un secondo di silenzio eterno e improvvisamente delle creature nere e alate, delle Arpie probabilmente, cominciarono a spaccare la superficie del mare per dirigersi verso i soldati armati. La lotta durò poco, i soldati perirono, uno ad uno.
Non guardai la lotta, era evidente che avrebbero perso, mi soffermai piuttosto sulle creature che, in mezzo al cielo, si stavano raggruppando, fondendo in una forma che si rivelò la più amata, per me.
Il mio dio, Ade.
Guardai con occhi sgranati tutto ciò che servivo, il motivo della mia vita, li, davanti a me anche se molto lontano, infuriato per l’affronto che era stato fatto agli dei. Scatenò la sua rabbia su una povera nave che, sola, solcava le acque sotto il dirupo e non si era cappottata per le onde provocate dalla caduta della statua.
Sperai che in qualche modo la famiglia si fosse salvata ma sapevo che non era possibile, così tornai nel mio tempio. Sebbene fossi triste e scossa capii che dovevo continuare il mio lavoro di sacerdotessa, così cominciai ad accendere l’incenso nel mio tempio solitario. Tentavo di non pensare ad Ade ma un sorriso inconsapevole mi solcò le labbra fino a quando…
“Sacerdotessa di Ade – disse una voce viscida – come fai a stare sola in questo tempio? Non hai paura?” mi girai e vidi un soldato dell’esercito accompagnato da una ventina di uomini che riconobbi come suoi compagni: cosa ci facevano qui?
“No, Ade mi protegge” risposi sicura di quello che dicevo: fino a quando rimanevo nel tempio niente poteva toccarmi o ferirmi, solo Ade. Un sorriso viscido gli incurvò le labbra, rendendolo ancora più repellente: avevo sempre odiato i soldati del re, non facevano altro che rovinare tutto ciò che gli dei avevano amorevolmente costruito per noi.
“Vedremo… Distruggete il tempio e… divertitevi con la sacerdotessa”
Solo in quel momento capii cosa intendevano fare e feci per precipitarmi ai piedi della statua di Ade per prendere il mio pugnale, tuttavia non feci in tempo perché uno degli uomini si aggrappò alla mia vita tirandomi su di peso. Tentai di liberarmi più  e più volte, prendendolo a pugni, morsicandolo… Non mi sarebbe importato se mi avessero ucciso ma avevano intenzione di violarmi e violare la mia castità, promessa ad Ade assieme alla mia vita.
Mi buttarono per terra e vidi il tempio distrutto, tutto messo in disordine, rovinato. Tutto ciò per cui vivevo. Sentii, traditrici, le lacrime e il capo di quel manipolo di soldati mi tirò su il viso prendendomi per i capelli, per guardarmi negli occhi.
“Il tuo dio non verrà a salvarti, stupida” mormorò prima di approfittare del mio corpo, della mia debolezza di donna. Ogni spinta era una lacrima, ogni lacrima un lamento, ogni lamento una preghiera per Ade, ogni preghiera per Ade una richiesta disperata di aiuto… aiuto che non arrivò.
Mi lasciarono dopo qualche minuto, in balia delle lacrime, della disperazione e del tempio profanato… come lo ero stata io. Feci per alzarmi ma non riuscivo a farlo, non avevo nemmeno la forza di pensare. Non so per quanto tempo rimani così, in lacrime, con la tunica vergognosamente alzata sulle gambe in mostra.
Ade… perché non mi aveva salvata? Perché? Ero la sua unica sacerdotessa, non gli stavo minimamente a cuore?
Sentii dei passi leggeri avvicinarsi e chiusi gli occhi: se fossero stati ancora i soldati? Una mano gentile mi prese il viso e lo alzò. Davanti ai miei occhi lo vidi, splendido e terribile come solo lui avrebbe potuto essere. Era inginocchiato davanti a me, con un’espressione indecifrabile, forse gentile. Con un dito asciugò le lacrime sul mio viso e mi avvicinò a lui, stringendomi forte al petto.
“Talia, mai nessun dio ha avuto l’onore di avere una ragazza consacrata con le tue doti. Per me averti come mia unica Sacerdotessa è un onore perché mai nessuna fanciulla è stata così fedele ad un dio come tu lo sei stata con me. Una fanciulla vergine mi è stata consacrata e io ho ancora la verginità di quella fanciulla, sebbene non risieda più nel suo corpo. Mi sei stata fedele nei momenti in cui eri piccola e il tempio ti spaventava e mi sei stata fedele ora che la mia distrazione mi ha fatto perdere di vista l’unico essere umano che merita la vita su questa terra. Perdonami se non sono riuscito a salvarti da questi soldati, ma sappi che sono già nel mio regno, negli Inferi. Nessuno può permettersi di toccare la mia Sacerdotessa” mi disse con un mormorio perfetto. Mi prese in braccio e mi dovetti aggrappare al suo collo, così nascosi la testa nell’incavo della sua spalla respirando il suo profumo. Attraversò tutto il tempio con passi lenti e arrivammo nella piccola stanza che ospitava il mio letto e la piccola toeletta. Mi posò sul letto , facendomi stendere e lui si sedette accanto a me.
Mi sfiorò il viso e io rabbrividì a quel contatto. Mi guardò enigmatico e la sua mano cominciò a carezzare tutto il viso con una delicatezza che mai avrei creduto possibile. Non smettemmo un momento di guardarci negli occhi e io mi persi nei suoi, per questo non riuscivo a parlare.
Guardai i suoi occhi azzurri… non pensavo fossero azzurri, li credevo neri, e vidi una dolcezza che bruciava per la guerra che era stata proclamata. Guardai la sua bocca perfetta, dalle labbra sottili, circondata dalla  barba, il naso perfetto, dritto, gli occhi grandi, terribili e decisi, i lunghi capelli castani. Mai avevo visto un uomo così bello, così… così. 
“Tornerò domani sera” disse infine prima di farmi cadere in un sonno profondo.




Ok, allora, cosa ne pensate? Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!
Vorrei fare un ringraziamento a
Secret, che mi ha spinta a mettere la storia sul sito dato che non ero poi così sicura! 
Vorrei inoltre ringraziare tutti quelli che lasceranno un commento, sia positivo che negativo, con scritto se vi piace la storia, se la trovate stupida, fantasiosa, se scrivo bene o male, se avete consigli... tutto ciò che volete dirmi a proposito di storia e come scrivo sarà sempre ben accetto! 
Un'altra cosa! Se in questi 10 minuti in cui sto aggiungendo la storia non mi è cambiato il nick, vorrei farvi sapere che da Cipollina992 cambio il mio nome in Beth21.


Baci
Beth

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Capitolo 2
*** Ade ***


Capitolo 2

Ade

 

Mi svegliai ancora insonnolita e vidi dalla piccola finestrella provenire una luce piuttosto forte quindi capii che dovevano essere circa le due del pomeriggio. Mi alzai dal letto e vidi sulla sedia, piegata, la mia tunica nera, la veste da sacerdotessa, mentre tutti i bracciali e i pettinini per i capelli erano riposti con cura sul tavolino dove poggiava lo specchio.
Mi vestii con calma, anche se mi sarebbe piaciuto correre per tutti i prati che circondavano il tempio, e sistemai i capelli lunghi e neri in uno chignon che legai con dei pettinini dorati, indossai i bracciali ma lasciai i sandali sotto al letto data la bellissima giornata di sole. Una volta sistemata andai nella cella* del tempio per cominciare a sistemare tutto il disastro che i soldati avevano lasciato.
Ci misi qualche ora a rimettere tutto a posto, poi decisi che era arrivata l’ora di mangiare qualcosa dato che lo stomaco richiedeva del cibo che mancava da almeno 24 ore. Camminai fuori dal tempio, nell’aria calda, mi avvicinai all’albero di melograno e ne colsi uno, maturo come solo un frutto in quel periodo dell’anno poteva essere. Mi sedetti sugli scalini del tempio, tanto sapevo che nessuno sarebbe venuto a farmi visita e cominciai ad aprirlo per poi mangiarlo lentamente, un chicco alla volta. Era così dolce e succoso che quasi cedetti alla voglia di prenderne un altro
Ripensai a ciò che era successo, evitando i pensieri che mi avrebbero rattristata e mi concentrai solo su di lui: Ade. Non potevo credere di averlo già visto… evidentemente la mia ora stava per giungere, o la storia che era stata tramandata era falsa. Lo sperai con tutto il mio cuore, non avevo voglia di dire già addio alla vita, avevo solo 18 anni.
Mi rialzai ed entrata nel tempio sentii che qualcosa non andava, sebbene non sapessi cosa. Scacciai quella sensazione di essere spiata, spiegandola con ciò che era accaduto la sera precedente e con il fatto che probabilmente dovevo riprendere confidenza con la mia casa.
Mi inginocchiai ai piedi della statua e presi il pugnale delle cerimonie. Non c’era nessun quel giorno ad assistere, ma non per questo non avrei dovuto adempiere ai miei doveri. Lo alzai sopra la mia testa piegata in religioso silenzio e, pregando, lo riabbassai sul cuscino: il rito era cominciato.
Cominciai a togliermi le bende di cotone dai polsi e lunghi tagli affiorarono sulla pelle candida delle mie braccia: i riti di Ade richiedevano una buona dose di sangue e non di sangue animale.
Ripresi il coltello in mano ma prima di poter recidere la mia pelle una mano mi fermò e improvvisamente seppi di chi erano gli occhi che mi fissavano.
“Non questa sera - mi disse togliendomi il coltello dalle mani per poggiarlo di nuovo sul cuscino -  Ho già ottenuto ieri il tuo sacrificio” aggiunse portandomi vicino a sé, per baciarmi i polsi pieni di cicatrici. Sfiorò i segni con le sue dita lunghe e poi portò la mia mano sul suo viso. Sentii un calore diverso da quello che mi provocava il sole, era un calore che veniva irradiato dal mio interno e lui lo sentì perché mi guardò con espressione gentile e forse un po’ furba.
Si avvicinò al mio viso e per qualche secondo rimanemmo a qualche millimetro di distanza, senza parlare, solo sentendo il respiro dell’altro sul viso. Le sue labbra, così fredde, si posarono sulle mie e il mio cuore ebbe un sussulto che lui sentì chiaramente quando mi strinse al suo petto, carezzandomi la schiena. Inizialmente le nostre labbra si sfiorarono soltanto, con delicatezza, poi diventammo sempre più bramosi fino a quando la purezza divenne fuoco e le sue labbra si scaldarono dell’ardore della passione.
Prese il pettinino che mi legava i capelli e lo sfilò, facendoli cadere in morbide onde sulla mia schiena e sulle spalle. Ebbi il coraggio di toccarlo di mia iniziativa e, senza dire una parola, gli tolsi la clamide** che cadde a terra. Con gesti abili lui mi tolse la tunica, semplicemente slacciando cintura e spille sulle spalle e tutto il mio vestito cadde a terra: per la prima volta nella mia vita ero realmente nuda. Mi coprii il seno, in un gesto di muta vergogna e lui sorrise, prendendomi la mano per guidarla a slacciare entrambe le spille che legavano il suo chitone sulle spalle e infine anche la sua cintura venne rimossa.
“Sei perfetta, non vergognarti” sussurrò al mio orecchio mentre ci sedavamo per terra, dove il pavimento sotto di noi era ormai coperto dai nostri vestiti. Mi fece sdraiare con molta delicatezza, pronto a cogliere ogni mio segnale di dissenso ma non ne vide, così cominciò a sfiorarmi e baciarmi con dolcezza, quella dolcezza che mi era sempre stata negata.
Respiravo affannosamente, dall’agitazione e dalla felicità del momento e Ade se ne accorse.
“Calmati, Sacerdotessa – mi disse facendomi alzare il viso – Non allarmarti”
Era stato talmente dolce che gli sorrisi e in quel momento mi fece sua in un modo così perfetto che una volta, devo ammetterlo, non mi bastò e mi ci volle poco ad abituarmi a quella strana sensazione di piacere che non avevo mai sentito. Mi accorsi che stavo tremando quando lui me lo fece notare, e vidi che il sole era calato già da un pezzo. Mi misi a sedere e presi la mia tunica da terra quando sentii le sue dita percorrere tutta la mia schiena nuda, giocando con i miei capelli in disordine.
“Perché non hai ancora detto una parola? Conosco ogni tuo singolo pensiero e le tue preghiere mi fanno compagnia negli Inferi però mi sembra strano. Di cos’hai paura?” mi chiese e io mi voltai verso di lui, evitando il suo sguardo ammaliatore.
“Ho paura… che una mia parola possa farti scappare, andare via e sparire. Ho paura di dire qualcosa di sbagliato” mormorai, sperando di non vederlo scomparire. Di peso mi portò vicino a lui e mi appoggiò la tunica sulle spalle per riscaldarmi.
“Niente, niente di quello che dici potrebbe essere sbagliato. Hai sempre officiato al mio tempio come nessuna Sacerdotessa ha mai fatto e di questo non potrei essertene più grato. Gli dei invidiano la mia Sacerdotessa perché nessuno di loro possiede interamente l’anima di quelle donne che non sono state consacrate a loro. Parlami, e tutto ciò che dirai sarà sempre giusto, Talia” rispose lui coccolandomi e dopo circa un'oretta in cui ci limitammo a guardare il soffitto del tempio e a pensare a ciò che era successo, riprese i suoi vestiti. Si rivestì in pochi gesti e lo vidi esattamente con lo stesso aspetto che aveva nel pomeriggio mentre io tentavo ancora di indossare quella maledetta tunica che per colpa delle mie mani tremanti non voleva stare al suo posto. Vedendomi così impacciata prese le mie mani e me le fece stendere sui fianchi, poi le sue presero le mie spille e le chiusero senza difficoltà.
“E ora?” chiesi titubante
“Ora cosa?”
“So cosa accadrà. Tutto verrà distrutto, il Kraken non avrà pietà del tempio, farà solo il suo dovere” risposi io senza guardarlo negli occhi. Per quanto ne fossi attratta non potevo guardarlo, altrimenti sarei rimasta stregata.
“Il Kraken è sotto il mio comando, il tempio rimarrà dove è sempre stato, e tu con lui” ribattè alzandomi il viso. Lo guardai arrossendo per la poca fiducia che avevo avuto nei suoi confronti.
“Chiedo perdono”
“Perdono accordato ma se ti angustiava hai fatto bene a chiedermelo. Ora devo andare. Domani non so se verrò, tu aspettami” mi disse infine prima di darmi un dolce bacio e andarsene.
Sorrisi nell’oscurità del tempio e raggiunsi la mia stanza: tutto era in ordine, perciò cominciai a svestirmi con calma, tanto avevo ancora tutta la notte per dormire.
Era assurdo: il mio dio amava ciò che facevo per lui? Il dio degli Inferi? Colui che aveva portato via la vita a chi aveva osato sfidare lui e gli altri dei? Mi tolsi i bracciali e lo specchio di fronte a me mi rispedì il mio riflesso: una semplice ragazza che faceva il proprio lavoro con un sorriso smagliante in una notte bagnata dalla luna.
Mi sentivo un vulcano, piena di nuove sensazioni mai provate, il cuore mi scoppiava nel petto quando ripensavo a ciò che era successo e capii perché gli dei erano superiori a noi in tutto. Ade era perfetto! Guardai fuori dalla finestra e pregai un’ultima volta, prima di togliermi la tunica e infilarmi nel letto.
Chiusi gli occhi e Morfeo mi accompagnò con la sua dolce musica nel mondo dei sogni.
 
“Padre – chiamò Apollo -  non possiamo lasciare ad Ade questa missione. Il suo scopo non è aiutarci, ma aiutare sé stesso, rovesciarci”
“Ne abbiamo già parlato, Apollo. Ade è solo uno strumento con cui riportare la pace sulla terra, poi tornerà nel suo mondo. Il discorso termina qua” chiuse Zeus guardando la cartina del mondo davanti a loro. Dal tempio di Ade ad Argo videro una nube di fumo leggero uscire, così Zeus tolse il tetto e vide la giovane Sacerdotessa pregare. Una preghiera talmente intrisa d’amore e di convinzione che sempre tutti si erano chiesti perché quella ragazza avesse scelto proprio Ade: erano tante le sacerdotesse che non officiavano al culto del dio al quale erano state consacrate, capitava spesso che una fanciulla decidesse di pregare per un altro dio e nessuno lo aveva mai contestato. Perché lei aveva scelto Ade?
“Ade non può vivere di amore perché riceverebbe forza da una sola fonte, lei. Ade si nutre di paura e sofferenza, perché gli offriamo la possibilità di diventare più forte?” insistette Apollo, avvicinandosi al padre con la sua armatura dorata, scintillante.
“Apollo, ho già parlato. Adesso devo andare a fare una visita ad una sacerdotessa” rispose Zeus uscendo dal palazzo, deciso come non mai a capire il perché di quel fervore.
 
 
*Cella: parte interna del tempio, dove c’è la statua del dio.
**Clamide: Mantello


Spazio dell'autrice:
Ok, spero che questo secondo capitolo vi sai piaciuto! Ringrazio chi l'ha letto, chi lo commenterà, chi mi da consigli (
Secret, spero che troverai differenze tra i due capitoli... :P) e un grazie a tutti in ogni caso!
Baci
Beth

 

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