Just Another Wrong Night

di crystalemi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just Another Wrong Night ***
Capitolo 2: *** Just the Same Wrong Night ***



Capitolo 1
*** Just Another Wrong Night ***


Just Another Wrong Night



30 October 1981,
6:30 pm, Lupin’s Living Room



«Pensi che esista un Dio, Remus?»
La domanda vagò nella stanza per parecchi minuti, prima che lo scricchiolio della penna di Remus si interrompesse. Sirius stava già mordicchiandosi il labbro, quando Remus si voltò per osservarlo con un’espressione indecisa fra la curiosità, lo scetticismo e il divertimento. Qualcosa di intensamente stupendo, che metteva i brividi a Sirius, nel considerare quanta attenzione stava ricevendo.
«No, ma se esistesse sarebbe un masochista.»
Replicò poi Remus, limitando a liquidare quell’espressione splendida con una semplice scrollata di spalle. Sirius non diede a vedere la delusione, ma puntualizzò con un tono che a scuola sarebbe appartenuto a Remus, uno di quei toni che ora erano scomparsi nel cinismo della guerra.
Anche se Sirius sapeva che il vecchio Remus era lì da qualche parte. Il Remus ironico, ma estremamente dolce doveva essere ancora da qualche parte, anche solo perché si amavano ancora. Questo nuovo Remus non sembrava capace di amare, molte volte.
«Si dice sadico, no?»
Il naso di Remus si arricciò mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso ironico e amaro.
«Dio è buono e misericordioso, no? Però si lascia ferire dalle guerre, dalle altre amenità che fa l’uomo. E Dio ama l’uomo, non solo perché è nella sua natura, ma perché gli ha donato il libero arbitrio. Si è fidato dell’uomo con tutto se stesso. Spero che almeno si diverta con tutto il dolore che prova. Gli auguro di essere un masochista.»
Sirius rimase silenzioso a lungo e la penna tornò a scrivere mentre Remus traduceva i libri di Dumbledore. Non riusciva ad afferrare il concetto di cosa ci fosse di masochistico in quello, sembrava più una specie di giochetto sadico, ma soprattutto non era completamente sicuro che Dio fosse buono.
«Allora è stato un idiota a darci il libero arbitrio, ma se ha sbagliato non è più perfetto; e perciò non è più Dio.» Mormorò cercando di attirare di nuovo l’attenzione di Remus. Fino a poche settimane prima andava tutto così bene, poi da quando era stato fatto il Fidelius tutto era tornato ad andare a rotoli fra di loro.
«Sirius, ti fidi di James?»
Remus si girò a guardarlo, abbandonando la penna nel calamaio. C’era un tono di stanchezza e frustrazione, sotto quello che di solito usava per spiegare le cose che considerava molto banali, perciò Sirius si affrettò ad annuire, sentendosi seriamente un bambino di nuovo.
«E se James ti chiedesse di prestargli la tua bacchetta perché la sua si è rotta, o l’ha persa, oppure l’ha solo dimenticata a casa, tu gliela daresti? Anche se sai che può essere pericolosa per lui, visto che non è la sua?»
Sirius ci pensò su qualche minuto, sotto lo sguardo attento di Remus, ma alla fine convenne che James non avrebbe fatto incantesimi complicati, dato che, appunto, non era la sua.
«Bene, James ha appena lanciato un Cruciatus con la tua bacchetta ed ha colpito per sbaglio Lily.»
Un brivido freddo corse lungo la schiena di Sirius che saltò in piedi pronto ad urlare dietro a Remus, che non erano scherzi da fare. Ma non ebbe tempo perché con uno sguardo intenso che non gli vedeva più addosso da tempo, Remus chiese:
«Ed è colpa tua, Sirius? E’ colpa tua che hai prestato la bacchetta a James, o è colpa sua che ha lanciato la maledizione?»
«E’ colpa sua! Cosa ne avrei potuto sapere io?» ragionò conscio che Remus voleva quello da lui.
«Ma tu lo sai bene che James non voleva colpire Lily.»
«Ma non è questo il punto! Non avrebbe dovuto farlo con la mia bacchetta e basta!» sbottò tornando a sedersi, senza capire se dovesse arrabbiarsi sul serio o semplicemente andarsene. Perché diavolo aveva tirato fuori quell’argomento? Evidentemente con Remus non poteva davvero parlare di tutto.
«D’accordo, da qui non credo ci smuoveremo.» mormorò afflitto Remus, tornando a scrivere.
Sembrava avesse abbandonato la conversazione e Sirius non seppe se ciò era un bene o se semplicemente stesse minando ancora di più il loro rapporto. La penna di Remus scivolava gracchiante sulla pergamena, riempiendo quel silenzio che stava anestetizzando i pensieri di Sirius, portandolo a credere di non essere altro che un inutile guscio vuoto; infine, la penna fermò il suo corso a metà di qualche lettera e fu rimessa al suo posto, nel calamaio quasi vuoto, per permettere a Remus di girarsi a guardarlo, silenziosamente, sull’attenti. Dalla sua espressione, Sirius comprese fin troppo bene che il discorso sarebbe stato serio e doloroso.
«Sirius, durante il nostro secondo anno ti ho donato il diritto di decidere della mia vita. Sarebbe bastata una parola con la persona sbagliata e la mia vita sarebbe finita. E’ come se ti avessi dato il libero arbitrio.»
Sirius storse il naso, riconoscendo al volo l’argomento di cui stavano per parlare. Remus non si confidava su quell’aspetto della sua vita con lui da almeno un anno e mezzo, ricominciare ora sembrava abbastanza avventato, ma non glielo fece notare, limitandosi ad annuire.
«Tu hai deciso durante il nostro quinto anno di tentare di distruggermi la vita.»
Sirius scattò in piedi, pronto a difendersi: non aveva deciso nulla, era stato un fottuto scherzo!
Remus, comunque lo fulminò con un’occhiataccia che avrebbe potuto ucciderlo sul momento, così, poco caratteristicamente, si risedette, limitandosi ad incrociare le braccia davanti al torace e a fare il broncio.
«Se rapportiamo questo al concetto di Dio che ti ho spiegato prima, un estraneo può pensare che io abbia sbagliato nell’affidarti la mia vita, ma noi sappiamo che non ne ho avuta colpa. Era giusto che tu sapessi e basta.» man mano che parlava la sua voce si era affievolita fino a sfumare in un sospirò amaro, il ricordo del dolore traspariva così chiaro nella sua voce stanca che Sirius si chiese nuovamente se avesse per caso sbagliato con quello scherzo. Ancora non capiva perché Remus fosse così abbattuto e non ne avevano più parlato da allora.
«Sirius, tu puoi capire ora, vero?» domandò Remus, sollevando gli occhi da terra, dove avevano vagato per un po’, quasi colto da un lampo di comprensione lui stesso. Incontrando i suoi occhi, Sirius si rese conto che ora Remus sapeva, ma la conferma più dolorosa fu il sorriso stanco che spuntò mentre gli occhi di Remus sfuggivano di nuovo.
«Io, comunque, non sono masochista.» mugugnò prima di riprendere in mano la penna.
Una cortina di silenzio li avvolse, ma questa volta la penna non cominciò a grattare sulla pergamena, rimase ferma ad appena pochi millimetri dalla sua meta a sgocciolare inchiostro senza riguardi.
Sirius sospirò e si appuntò mentalmente di non parlare mai più di divinità con Remus. Mai, mai più.
Rimase seduto sul divano a fissare la schiena del ragazzo, dell’uomo che aveva tante volte amato, quella schiena che aveva graffiato, a cui si era aggrappato come ad una boa nell’oceano di passione che erano stati.
Sembravano quasi passati anni, visto che ora Remus nemmeno lo guardava più mentre sedeva sul suo divano, alla disperata ricerca di risposte e conforto. Di sicurezza, perché erano ormai due settimane che James era sotto Fidelius e lui era estremamente, paranoicamente solo.
«Perché non mi guardi nemmeno più?» domandò in un soffio, senza realmente volerlo.
Remus si voltò lentamente, lasciando cadere la penna sulla pergamena, e storse il naso.
«Sto scrivendo Sirius, non posso fare due cose simili assieme.»
Sirius sbuffò, non sapendo se irritarsi o ridacchiare.
«Intendevo, perché sembra che nella tua vita non ci sia più spazio per me?»
Arrossì lievemente al pensiero di quello che aveva rivelato implicitamente: voleva essere parte della sua vita. Una parte immensa, per amor di precisione.
«Non è vero. Dumbledore mi ha solo chiesto di aiutarlo e-» Remus si interruppe all’improvviso e fissò con circospezione Sirius, poi, con in volto un’espressione fiera, decisa e pronta alla battaglia, insonorizzò la stanza. «Devo essere davvero masochista, sai?» gli disse con un sorriso cupo, ma non lasciò il tempo a Sirius di replicare alcunché. «Sono stato impegnato al San Mungo, ultimamente. In effetti, è un anno che li aiuto.» mormorò sovrappensiero, quasi sorprendendosi davanti alla realizzazione di quanto tempo fosse.
«Chi hai aiutato?» chiese Sirius, ma poi capì che non era la domanda giusta. «A far cosa?» si corresse.
Remus si lasciò sfuggire un sorriso e si alzò per fronteggiarlo.
«La sezione di ricerca legata all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.» soffiò cauto, attendendo la reazione molto probabilmente violenta di Sirius, ma questi rimase pietrificato sul posto. Era stato lui, due anni prima, a sventolare sotto al naso di Remus il volantino che informava del disperato bisogno di lupi mannari maschi, giovani, incensurati e in salute per delle sperimentazioni su pozioni anti-lupo.
Remus era maschio, ventenne, incensurato e (quasi) in salute: rispondeva a tutti i requisiti richiesti, e finalmente Sirius era riuscito a trovare una motivazione per quei soldi che Remus guadagnava senza un vero e proprio lavoro.
«Perché?» riuscì solo a chiedere, mentre si chiedeva a quali torture avessero sottoposto il suo amico.
«Perché non vivo d’aria e perché se possono davvero trovare una cura usandomi, altri bambini non dovranno sopportare quello a cui io sono condannato. Lo capisci, Sirius? Almeno questo lo capisci, vero?»
C’era urgenza nella sua voce e Sirius non poté ignorarla, anche se ciò che capiva non gli piaceva nemmeno un po’, si limitò ad accettare ed annuire.
Eccolo il caro, vecchio, orgoglioso Moony, quello che aveva avuto paura fosse ormai perso; un turbine di tasselli di puzzle presero a vorticargli in testa e a trovare un posto nel suo quadro generale del mondo. Quella era la prova che Remus non era la spia. Remus, ironia della sorte, era troppo buono per commettere un atto simile, per tradire i suoi amici.
«Moony.» Chiamò allungando le braccia verso di lui, che non lo fece ripetere due volte, prima di abbracciarlo forte e di poggiargli un bacio leggero e timido sulle labbra.
Un bacio che presto degenerò in qualcosa di più profondo, umido e combattuto, ma non diversamente sentito, perché in ogni sfiorarsi dei loro corpi c’era sempre quell’alchimia splendida che li accompagnava fin da quando si erano incontrati più di dieci anni prima.
Fecero l’amore, di nuovo, dopo settimane che quasi non si erano sfiorati. Remus fu semplicemente passionale, come poche volte lo era stato e Sirius si limitò a godere degli assalti senza tregua a cui era piacevolmente sottoposto.

30 October 1981,
10:10 pm, Lupin’s Bedroom



«Remus?» chiamò Sirius, dolcemente, con una luce di fiera decisione negli occhi che quasi spaventò il suo amante quando, mezzo insonnolito, si voltò a guardarlo.
«Sirius, davvero, il quarto round non lo reggo. Sono distrutto.» mugolò Remus davvero dispiaciuto, conscio che ce l’avrebbe potuta anche fare, se quella mattina non si fosse fatto dissanguare per il bene dell’umanità.
«Ah, no. No, credo che domani non camminerò. In realtà ho bisogno di rivelarti un segreto, ma non dovrai fare domande. Oltre quello che fra poco ti dirò, non posso andare. Non dipende da me, ok?» mormorò osservando Remus alzarsi a sedere per guardarlo in volto da una distanza consona. Era strano per Sirius essere fissato così da Remus: fra di loro c’era sempre stata una certa parità, ma in quel preciso momento si sentiva completamente succube di quel Remus forte, serio, uomo. In un certo senso, era come se fosse tornato ad essere un moccioso insicuro, mentre Remus era lì e con forza dominava. Probabilmente era l’istinto del lupo mannaro, quello che mostrava anche a Padfoot con la luna piena, quello del maschio alfa, del capo branco. A Sirius, alla fine, nemmeno importava, si sentiva solo tremendamente al sicuro con un Remus così forte su cui fare affidamento. Era perfino più facile spiattellare tutto senza pensare ai suoi sensi di colpa che urlavano “Traditore!” in una voce disgustosamente simile a quella di Walburga.
«Non sono io il custode, non posso dirti chi è, ma volevo che lo sapessi.» cadde un silenzio teso, Remus rabbrividì alla brutta immagine della guerra che strisciava fra di loro anche mentre erano a letto e avevano sbattuto le porte del loro interesse in faccia a tutto il mondo, ma non distolse lo sguardo da quello di Sirius.
«Perché me lo stai rivelando?» domandò, dimenticandosi di ciò che aveva implicitamente promesso. Assottigliò gli occhi, fissando Sirius che si morse il labbro inferiore per l’imbarazzo.
«Perché mi fido di te.» mormorò ripensando a ciò che aveva detto quando tanto tempo prima si erano incontrati ad Hogwarts. Remus accennò un sorriso rassicurante e si sporse a baciarlo piano, intimamente sulla via delle lacrime per ciò che Sirius aveva così candidamente ammesso. Sentirsi completamente accettati era la sensazione migliore del mondo, decretò distrattamente.
«Remus...» lo chiamò Sirius a sé, ma Remus era già lì e entrambi sapevano che non se ne sarebbe andato.
Si addormentarono in fretta, allacciati stretti, quasi spaventati dal perdersi di nuovo nei meandri della loro paura.


It's so insane ‘cause when it's going good, it's going great;
but when it's bad, it's awful.







Ammetto, in totale imbarazzo, che questa ultima notte prelude ad una very-long long-fiction che non so se vedrà mai la luce. Chiaramente questa fic è il seguito di Just the Wrong Night (come avevo accennato allora) e fa parte della serie di Cigarettes e Smoke on The Water. Tra l'altro, senza aver letto queste one-shot non si capiscono molti riferimenti all'interno del testo (in particolare nell'ultimo pezzo), ma non è esattamente necessario averle lette. Per la long-fic, se mai la scriverò, è assolutamente necessario leggerle tutte queste fic sparse (che finiranno in una serie, lo prometto).
Cosa dire di questa notte in sé, comunque? Bene, notata la data? Sì, è una rivisitazione alternativa - che segue Cigarettes - dell'ultima parte della guerra.
E no, James e Lily non si salvano, non chiedetevelo nemmeno.

La citazione, infine, è tratta dalla canzone Love the Way you Lie di Eminem e Rihanna, che personalmente non apprezzo, ma che sono stata costretta ad ascoltare e, visto che il mio inglese è schifido, ho anche dovuto trovare il testo. Quella parte mi ha catturata e non stupitevi se la troverete anche all'inizio del secondo e ultimo capitolo.

Un ultima cosa: so che la discussione religiosa sembra fuori posto, ma per quanto li si dipinga deficienti, né Remus né Sirius sono superuomini e Sirius stava solo attraversando una crisi mistica a causa della guerra e di ciò che sta capitando a persone che lui considera fra le più buone e degne di lode. Di qui al "Ma c'è un Dio se a pagare sono i buoni?". Remus, invece, è stanco e provato. Arrabbiato quasi. Non crede per due ragioni: A) essendo mannaro sarebbe condannato all'inferno; B) un po' la stessa di Remus allargata al mondo intero - come ho tentato di far capire dal fatto che fa "volontariato" non per sé ma per dei bambini sconosciuti.
Potete trovare la situazione surreale, ma amo quella parte. Amo vederli così sconfitti.


Dimenticavo! Questa fic partecipa a "La scalata verso il Wolfstar" una challenge della community wolfstari_ita su livejournal; il prompt usato è il 12: Halloween. Tabella qui.


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Capitolo 2
*** Just the Same Wrong Night ***




Just the Same Wrong Night


Worst Marauders’ Halloween Ever.





31 October 1981,
3:00 am, Lupin’s Bedroom



Non aveva messo una sveglia, non vi aveva proprio pensato, ma ormai svegliarsi a quell’ora per un’intera settimana doveva avergli cambiato i ritmi di sonno e veglia. Doveva andare a controllare Peter, non poteva mancare, visto che il giorno prima aveva saltato l’appuntamento delle dieci. Non che in effetti gli importasse: aveva fatto pace con Remus, questa volta davvero (e sperava una volta per tutte).
Si girò a guardare il suo compagno, l’uomo con cui stava da più di un anno cercando di avere figli. Arrossì al pensiero, ma il suo sorriso si allargò, mentre all’altezza del suo stomaco qualcosa si contorceva piacevolmente.
Remus dormiva della grossa abbracciando il cuscino come fosse un’ancora e Sirius era molto sicuro che fosse un’abitudine causata dalla sua assenza in quelle lenzuola per così tanto tempo. Sei mesi, forse?
Si maledisse: come aveva potuto sospettare di Remus? Lui, al contrario di Sirius, non vedeva James come un fratello acquisito e Lily come la moglie di detto fratello; no, per lui era molto diverso: James era uno dei migliori amici, uno degli unici amici fidati che avesse, ma Lily era di più, era una sorella, ne era stato perfino innamorato a tempo debito. Come aveva potuto sospettare di lui? Si diede mentalmente dell’idiota mentre scostava una ciocca dei capelli troppo lunghi di Remus.
L’unica cosa che avrebbe potuto spingerlo a tradirli era un tradimento per primo, o forse l’invidia? No, non l’invidia, non per Remus, lui era invidioso di cose più stupide, come il poter gironzolare in giro in forma di cane o il poter passeggiare sotto la luna piena. Non invidiava certo James per Lily, di questo Sirius era sicuro.
Peter sì, perché Peter aveva sviluppato negli ultimi anni un’invidia malsana per James e ciò che aveva, ma non Remus.
Peter, giusto. Doveva muoversi.
Scese dal letto e si stiracchiò, cercando in giro i suoi abiti. Trovò i pantaloni, la camicia e il mantello (che comunque non avrebbe preso), ma non vi era ombra né di uno dei suoi calzini né delle sue mutande.
Sbuffò sonoramente, lasciando cadere i vestiti recuperati ai piedi del letto e fece per abbassarsi, ma un dolore sordo al fondoschiena lo avvisò di non azzardarsi nemmeno a ripetere l’atto del piegarsi in avanti.
«La mia biancheria la trovi nel solito cassetto, Pads.» mormorò Remus facendolo quasi sobbalzare dallo spavento. Sonno leggero, giusto, ne erano affetti entrambi e lui stava facendo una confusione terribile.
«Grazie.» mormorò avviandosi al cassetto che – grazie al cielo – si trovava abbastanza in alto.
«Gratta e netta.» mormorò Remus e Sirius sentì subito una sensazione di fresco dove prima aveva provato solo una fastidiosa sensazione data da qualcosa di secco appiccicato alla sua pelle.
Si girò verso Remus per ringraziarlo al colmo dell’imbarazzo, ma lo vide scuotere il capo.
«So che sei di fretta, lo vedo, non potevo lasciarti uscire così. Hai bisogno della metro-polvere?» domandò stiracchiandosi con un sorriso leggero, ma nemmeno troppo falso.
Sirius sbuffò seccato: Remus doveva cercare di capire che sarebbe tornato subito da lui, dopo aver controllato Peter, non se ne sarebbe andato come se fosse stata una semplice notte di sesso con una vecchia fiamma.
«Moony.» lo richiamò mentre tornava al suo posto, accanto a lui. «Mi sembrava fosse chiaro il fatto che ti amo. Tornerò appena finito, non dovrei metterci più di mezz’ora. Poi faremo la doccia assieme e preparerai la colazione. La faremo assieme e... ti accompagno dove vuoi. Non so cosa devi fare oggi.» mormorò baciandolo piano, castamente.
«Devo andare al San Mungo per le dieci, poi ho la giornata libera. Potremmo intagliare una zucca e con quello che tiriamo fuori fare del succo.» propose quasi timidamente Remus accennando un sorriso e sporgendosi a baciare un dolorante Sirius.
«Ok, prima vado, prima torno.» Affermò questi tirandosi lentamente diritto con la schiena. Remus annuì e tornò ad abbracciare il cuscino, ma ora aveva un sorriso così dolce che Sirius fece fatica a distogliere lo sguardo per rivestirsi.
«La metro-polvere è in cucina, sotto il lavandino.» mormorò Remus sbadigliando subito dopo. Sirius sorrise e scosse la testa.
«Ho la moto di sotto.» mormorò a mo’ di spiegazione e Remus fece una smorfia, se per la moto in sé o per il dolore che immaginava avrebbe provato Sirius a stare lì seduto, il diretto interessato non lo seppe dire.
«Fa rumore, sta’ attento.» sussurrò cercando i suoi occhi e Sirius annuì, poi tornò accanto a lui per baciarlo mentre sistemava la camicia dentro i pantaloni e li chiudeva.
«Torno fra poco.» mormorò una volta sulla porta della stanza. Remus sorrise e mimò con le labbra un “ti amo” che fece fare le capriole al cuore di Sirius, che rispose allo stesso modo un “anch’io”.
«Allora a dopo.» gli disse Remus dolcemente; Sirius annuì ed uscì dalla stanza con una nuova spiacevole sensazione in fondo allo stomaco.




31 October 1981,
3:30 am, Pettigrew’s Hole.



Sirius si fermò proprio davanti alla casa di Peter. Le luci erano spente e tutto sembrava caduto in un sonno profondo a vederlo da fuori, ma Sirius sapeva che si trattava di un incantesimo e che dentro c’era Peter. Il giorno prima era stato colpito dalla stessa spiacevole sensazione che ora attorcigliava il suo stomaco, mentre era lì: per questo era andato a cercare Remus. Era qualcosa di irrazionale, più legata a quella parte della mente che ormai da anni occupava Padfoot che altro, così era andato a cercare di cancellarla con qualcosa di altrettanto irrazionale, ma legato totalmente alla sua coscienza, non a quella del cane che c’era in lui. L’amore che provava per Remus era irrazionale, ma Padfoot non l’avrebbe mai capito a fondo: si sarebbe sottomesso al mannaro per affetto e soprattutto per paura, non per amore.
Comunque, la triste e snervante sensazione era lì di nuovo e Sirius seppe che qualcosa quel giorno non sarebbe andato dritto come avrebbe dovuto. Non era affatto piacevole realizzarlo così.
Si avviò a passo spedito verso il retro della casa, lasciando la sua fida moto sul vialetto d’ingresso. Era una villetta sommariamente banale, molto anonima e dall’esterno non si sarebbe nemmeno detto appartenesse ad un mago. Dumbledore aveva fatto un ottimo lavoro.
La prima cosa che lo sconvolse, fu la porta aperta, spalancata.
Così corse dentro e la cucina sembrava in ordine, ma appena raggiunse il salotto osservò il caos più assoluto.
Niente tracce di Peter, ma anche niente tracce di sangue. Questa era una magra consolazione, si rese conto.
La seconda cosa che lo insospettì, comunque, fu l’assenza del corpo di Peter. Eppure la commozione doveva essere accaduta quella notte. Alle cinque e mezza del pomeriggio prima Peter era vivo e vegeto.
Poi, come se un lampo si fosse abbattuto su di lui, mentre spostava il tavolo a mani nude se ne accorse.
Non aleggiava alcun marchio nero sulla casa.
Niente teschi e serpenti che rimanevano per giorni interi come un tacito e crudele monito.
Nessun vicino spaventato o curioso.
Urlò in preda alla rabbia e tirò un calcio ad una sedia, ribaltandola, mentre i suoi stessi pensieri si riannodarono assieme.
Peter sì, perché Peter aveva sviluppato negli ultimi anni un’invidia malsana per James e ciò che aveva, ma non Remus.
Erano stati ingannati! Quel lurido piccolo sorcio!
Con un ringhio gutturale degno del demonio in persona corse fuori e salì velocemente sulla moto.
Non si preoccupò nemmeno di renderla invisibile, semplicemente, con una breve rincorsa, decollò in direzione Godric’s Hollow.




31 October 1981, 3:55 am,
Godric’s Hollow.



Lo vide già da lontano, il marchio nero.
Aleggiava su un gruppo di rovine che Sirius conosceva fin troppo bene e, se poteva vederle, era stato rotto l’incanto Fidelius. Non riuscì a trattenere un altro ringhio che però nell’uscire assomigliò quasi ad un guaito: fumavano quelle rovine.
Quando atterrò e corse a perdifiato verso casa di James e Lily si accorse di un enorme persona china su qualcosa e di alcuni vicini che uscivano per capire cosa fosse successo. Si avvicinò ad Hagrid che lo riconobbe, nonostante stesse piangendo come una fontana: fra le mani teneva Harry, il suo piccolo e tenero quasi-nipote.
Ricacciò indietro le lacrime e posò una mano su un braccio di Hagrid per attirare la sua attenzione; quando fu certo di averla gli disse in tono calmo, il più calmo possibile, perché non era certo nemmeno lui di cosa provasse davvero:
«Dallo a me, Hagrid, lo porto via io.»
Il mezzo gigante scosse la testa e Sirius dovette controllarsi con forza per non urlargli addosso, pieno com’era di rabbia inespressa.
«Hagrid, sono io il suo Padrino! E’ compito mio occuparmi di lui!»
L’altro scosse nuovamente la testa, ma questa volta sembro essere abbastanza calmo da poter parlare:
«Dumbledore, lui ha detto a me di portare il piccolo Harry via. Di non darlo a nessuno, ha detto il Preside.»
Sirius fu attraversato da una scossa di rabbia.
Se Harry rimaneva con Albus sarebbe stato molto più al sicuro che con lui, ma nel tragitto per arrivare ad Hogwarts chiunque poteva rischiare di prenderselo, per giunta Hagrid non era esattamente un grande mago, valoroso sì, ma inerme davanti ad un bastardo mangia-merda. Comunque, senza Harry a cui badare si sarebbe potuto prendere la vendetta che voleva senza intoppi: il sudicio ratto meritava di morire nel modo peggiore possibile.
«Hagrid, prendi la mia moto e fa’ presto!» gli ordinò mentre osservava tutte le persone che si raccoglievano ora davanti alla casa in rovine. In mezzo a quel gruppo potevano esserci anche Death Eater per quel che ne sapevano. Hagrid sembrò capire e senza dire nulla si avviò a grandi passi verso la sua moto. Sirius la guardò rombare, partire a razzo e infine decollare. Aveva fatto bene a mettere le scritte sotto i tasti per Remus: a qualcosa erano comunque serviti.
Non sapeva dove trovare Peter, perciò decise che due secondi poteva spenderli per salutare James e Lily.
Tremò alla vista del corpo di quello che era stato un vero fratello, ora riverso ai piedi delle scale, la bacchetta ancora strettamente chiusa nel suo pugno. Era ancora di un colore naturale e Sirius era certo che se avesse allungato una mano l’avrebbe sentito caldo, quasi vivo. Ma era morto, lo sapeva bene.
Superò il cadavere della persona più importante della sua fottuta vita e salì per le scale traballanti di legno. Si diresse in camera di Harry perché sapeva che Lily sarebbe corsa lì. Voldemort voleva Harry.
La trovò distesa sul vecchio tappeto della camera di James, quello in casa dei suoi su cui si erano sdraiati tutti i giorni per chissà quanto tempo. Ci giocavano a scacchi e inventano nuovi piani con cui tormentare Snivellus, una volta tornati a Hogwarts alla fine delle vacanze.
Lily era lì e aveva del sangue sulla camicia da notte. Era ancora bella, nonostante stesse dormendo in una posizione molto scomoda. No, non stava dormendo Lily e nemmeno James.
La rabbia lo sconvolse cominciando a fluire con un’energia impressionante nelle sue vene, annebbiandogli il cervello. Pensò per un secondo a Remus, ma già non ragionava più.
Doveva trovare Peter, doveva distruggerlo con le sue stesse mani. Ridacchiò nervosamente. Ammazzarlo. Doveva.
Si smaterializzò.




And I'd wish the sun would never come
It's 4 AM and you are gone









Note: Quando Sirius si riferisce al fatto che stanno cercando di avere figli assieme si riferisce a qualcosa che verrà fuori con la long-long-fiction “Hell & High Water” che probabilmente posterò una volta che avrò abbastanza capitoli da sopperire al periodo di studio sfrenato che comincerà a inizio marzo. Avrei preferito effettivamente NON citarlo questo dettaglio ma è necessario alla long-fic, visto che questa sarà una memoria di Sirius che estrapoleranno. Non potevo cambiarla dopo =S

Ringrazio ancora per i commenti alla prima parte e avviso che A) Riflesso Condizionato mi ha convinta a postare la long-long fic e che quindi B) la vedrete fra qualche mese su questi schermi sotto il nome di Hell & High Water, infine C) tutte queste fic sparse, con il primo capitolo della long-fic finiranno finalmente in una serie in ordine di tempo.

Grazie per la pazienza *inchino*

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