Breathe

di past_zonk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. Non è un capitolo ma un delirio cosciente. ***
Capitolo 7: *** 6. Il vero capitolo, direi. ***
Capitolo 8: *** 7 oppure 8 ... Ho perso il conto. ***
Capitolo 9: *** But with your pen you torture men. ***
Capitolo 10: *** Bah. ***
Capitolo 11: *** People are strange; ***
Capitolo 12: *** Love is forever. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Breathe

 

 

“E poi la storia finirà. Hotel e letti singoli, avrò un nuovo cardigan. Arrivederci, è stato bello. Mi sbagliavo, ti sbagliavi era poco più di niente. E poi la moda passerà, cognac e posacenere. Voilà un’altra libertà. Arrivederci, addio per sempre. Mi spogliavo, ti spogliavi, era poco più di niente.”

                                                                                                                 [Arrivederci-Baustelle]

 

 

La camera d’albergo poco illuminata era squallida.

Povera, lercia.

Umiliante.

S’erano amati come cani, nel freddo buio di quella stanza.

Le pareti chine su di loro, pronte a cogliere ogni minimo soffio, gemito.

Dominic Howard si sentiva usato.

Come una puttana trovata sul ciglio della strada, che vende a buon prezzo le sue cosce bianche.

E quella camera sembrava spiarli, accusarli, incolparli.

Il senso di colpa impregnava l’aria, già resa irrespirabile dalla sigaretta accesa del biondo.

Il fumo si dissolveva sensuale dalle labbra del batterista, che fumava ad occhi chiusi, per dimenticare l’altra presenza.

Il silenzio inglobava tutto.

Un letto occupava la maggior parte dello spazio, un quadro banale rappresentava una nave ed un lampadario gotico aleggiava sulle loro teste.

Il moro, sembrava una statua.

Seduto sul bordo estremo del letto, nudo come un verme, un bicchiere di whiskey tra le dita lunghe.

Matt Bellamy è e si sente crudele.

Un tiranno che cerca piacere.

Piccolo, gracile, dallo sguardo mefistofelico.

Non rompe quel silenzio, non in quella notte fredda.

- Com’è successo, Matt?. Cos’abbiamo fatto, ancora?.-

-Io ne avevo voglia, tu mi hai assecondato. Abbiamo scopato, tutto qui.-

-Ah, già. Voglia…-

Sembra un copione da recitare senza anima, con toni spenti e grigi.

Non ha senso.

Fuori s’inizia a sentire il rumore della pioggia che precipita dal cielo.

La finestra semiaperta lascia che un soffio si vento gelido penetri nella stanza spoglia.

Matt rabbrividisce, Dominic non s’accorge quasi di quell’alito puro.

Nulla ha senso.

Il biondo spegne la sigaretta, si passa una mano tra i lunghi capelli d’oro.

Seduto sul letto, un misero lenzuolo a coprirgli le nudità.

Matthew posa in terra il suo drink.

-Potresti scopare con chiunque.- Afferma, poi, deciso il biondo.

-Sì, è vero. Ma io voglio te. - Matt si rende conto della crudeltà che ha nel dire quelle parole.

-Ti detesto.- Dominic è nauseato.

Era iniziato tutto dopo un litigio con Gaia.

Ma quella storia andava avanti da troppo tempo.

Hotel;Sesso;Violenza;

Matt giocava con il cuore violentato di Dominic, che non riusciva a non concedersi a quel paio d’occhi tiranni.

-Perché? Non era quello che volevi?.- Matt si gira verso il biondo, e sorride amaro.

-Sei una troia.- Dominic non mostra alcuna emozione su quel viso scolpito.

Il moro s’avvicina, nudo, senza pudore.

Cammina lento verso il letto, verso Dom.

Lo sguardo da predatore, sensuale.

Poggia un ginocchio sul materasso, con un dito sfiora i tratti del biondo.

Le guancie, le labbra, il mento.

Dominic chiude gli occhi d’istinto, illudendosi che quelle carezze fossero sincere.

-Vedi?. Ti piace. Forse la troia tra noi sei proprio tu. -

Il batterista apre gli occhi, piano, lasciando intravedere prima uno spicchio di verde/grigio, poi un paio d’occhi lucidi e grandi, da bambino.

Matthew si sente terribilmente in colpa.

-Perché mi fai questo?.-

Il biondo lo mugola lamentandosi.

L’altro s’avvicina, mettendogli una mano sul collo.

Le sue labbra poggiate sull’orecchio di Dom.

-Perché ho freddo. Perché sono egoista e solo.-

Poi, si dirige verso le labbra del biondo.

Le cinge tra le sue, in un gesto impregnato di amore fraterno.

Dominic si stacca da quelle labbra, quasi piangendo.

Si alza di scatto dal letto, lasciando il moro solo sul materasso.

-Vaffanculo, Matt!.- Urla mentre una lacrima si insinua sulle sue ciglia.

Matt sembra ferito.

Dominic si veste frettolosamente, cercando di non piangere, di non sembrare più sconvolto di quanto già sembri.

-Ciao. -

Si dirige verso la porta, seguito dallo sguardo freddo di Matthew.

-Arrivederci. - risponde piano il moro.

Dominic apre la porta, senza girarsi verso l’altro.

Poi, esce.

Solo allora si concede una lacrima, una sola.

Solca il suo viso, e lo distrugge.

Come se pesasse tonnellate, quella lacrima.

“Arrivederci.” Pensa.

Matt si abbraccia.

Si stringe le gambe al petto, come quando feto puro, nuotava nel ventre caldo, materno.

“Cosa gli sto facendo?.”

Piange silenzioso anche lui, nella notte gelida.

L’unica cosa che sembra unirli, adesso, sono quelle lacrime tanto simili.

Dolore, il punto d’incontro.

Non ha senso.

 

 

Note dell’autrice:

Beh, eccomi tornata con una nuova fanfic!

Prima di tutto volevo ringraziare con tutto il mio cuore MusicAddicted e Deathnotegintama che hanno commentato "You know how I feel" e che non ho potuto ringraziare prima. MusicAddicted: Grazie di tutto cuore, davvero, la tua recensione è stata una delle più importanti, penso di aver bisogno di consigli e i tuoi giudizi sono più che giusti, effettivamente avrei potuto sfruttare il fatto che Matt riesce a "vedere" le stesse cose della madre. E poi il terzo capitolo, quella scena, è stato un macigno da scrivere, quindi non ne sono pienamente soddisfatta e vorrei riuscire a dilungarmi maggiormente nelle mie fanfic. Grazie di cuore della tua recensione, l'apprezzo da morire! Spero m'illuminerai anche riguardo questa umile shot :DDD Baci! Deathnotegintama : Grazie, grazie, grazie! Spero tu possa seguire anche questa! :DDD Ma torniamo a noi. Lo so, non ho resistito parecchio senza sfornarne un’altra.

Eeehm!

*Ispirazione-triste*

Sì, lo so, sono crudele!

Volevo dare a questa storia basi più realistiche, e ammetto che ogni tanto sì’insinua in me la convinzione che sia davvero andata così.

Non saprei, non odiatemi, eh!.

Per ora è solo una shot, ma se in questi giorni mi viene in mente un possibile sviluppo è probabile che la continuo ^///^

Voglio i vostri pareri, mi raccomando! U.U <3

Un baciozzo, anzi due! =D

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Capitolo 2
*** 2. ***


“Che cosa resta di noi che scopiamo in un parcheggio?, cosa resta di noi un rottame di Volkswagen?.

Il ricordo si sa trasfigura la realtà, la verità se ne sta sulle stelle più lontane. Ci rimane una città, un lavoro sempre uguale, una canzone che fa sottofondo all’indecifrabile. Cosa rimane di noi ora che ci siamo amati ed odiati, e traditi?, e non c’è più limite. Che cosa resta degli anni passati ad adorarti? Cosa resta di me, delle bocche che ho baciato in discoteca?. Che cosa ne è della nostra relazione? Stupidi noi che piangiamo disperati.”

                                                                                   [Baustelle- L’Aeroplano]

 

 

 

 

La notte è lunga, e si sa, quando hai pensieri atroci a cui badare sembra non finire mai.

La luna alta in cielo ti guarda beffarda e non ha intenzione di scomparire.

Il letto sfatto, la solita sigaretta, l’ultima rimasta da un pacchetto inesistente, che ha perso chissà dove, dimenticata sul posacenere.

Le finestre ben aperte, l’odore dell’erba bagnata che impregna la stanza.

Un giradischi, regalo della sorella Emma, sputa note nell’abitacolo.

Violini che fanno l’amore tra di loro, creatori di una melodia aspra, o così sembrava al biondo.

Il suo vecchio appartamento londinese, ordinato come una cella penitenziaria.

Freddo, senza vita.

“Non è vero che scappo da Matt.”

Mentiva persino a sé stesso.

Scappava da quel pensiero che pesava come macigni, da quell’essere che tanto bramava e disprezzava.

Da quei ricordi di gioventù.

 

“No Matt” diceva “Non si impugna così una bacchetta!” Lo correggeva con fare quasi paterno.

Una sorta di passatempo per non permettere ai pensieri cupi di occupare la mente del giovane chitarrista dalle mani nodose.

“Non ne sono capace, ok?” S’arrabbiava, quel ragazzino minuto, ma in fondo l’improvvisato maestro biondo pensava che era sempre meglio del lasciarlo a crogiolarsi nell’inquietudine, allora sorrideva e cocciuto come mai riprendeva a mostrargli l’esercizio.

 

 

La notte è lunga, e non serve a nulla restare segregato in quella stanza buia.

Dominic esce, con indosso una giacca di pelle e le sue adorate converse.

Scende le scale, frettoloso di respirare aria pura, e quasi cade.

Il volto, una maschera indecifrabile.

Esce, estrae le chiavi dalla tasca dei jeans attillati e chiude la porta alle sue spalle.

Le strade di Londra sono viscide, come al solito dopo un temporale.

Bagnate, umide, come delle labbra disegnate.

L’aria è fresca, il vento sussurra parole di conforto.

Il biondo cammina per le strade deserte, il rumore dello sfregare delle corverse che riecheggia nella sua testa.

Non ha una meta precisa, cammina, gli fa leggermente male la schiena, la testa è un annidarsi di emicrania.

Sbadiglia, stanco.

Prima un piede, poi l’altro, li fa avanzare senza pensare. Controvoglia.

“A cosa serve ribellarsi?”

Nulla, estremamente a nulla.

Dom passeggia ancora, si stringe nella giacca nera, il vento lo assale, gli fa fluttuare i capelli.

 

 

“I tuoi capelli, Dom. Sono così belli.”

Il lenzuolo li avvolge entrambi, li copre minimamente.

Dominic osserva il soffitto, Matt gli carezza i capelli.

La loro prima volta.

Solo un minimo di dolcezza da parte di Matt.

Un lungo graffio sulla schiena del biondo, quasi a  ricordargli per sempre quel peccato, quel peso che gravava sulla sua anima. Se ne aveva una.

-Perché l’hai fatto, Matt?.-

-Mi andava, ma non è nulla, non ti ci affezionare.-

-No, figurati.-

Un piccolo atrio di cervello di Dom volle dimenticare quella affermazione.

 

 

Dominic quasi non s’accorge della vibrazione che scuote la tasca del suo jeans.

Poi, imbocca la via per uscire dal buio baratro dei suoi pensieri ed osserva la strada grigia e bagnata.

Socchiude gli occhi ed estrae il telefonino con le mani lunghe, abilissime nel loro duro lavoro.

Risponde velocemente, si porta il cellulare all’orecchio.

-Pronto?.-

Non è sicuro di sembrare lui, con quella voce soffiata.

Una voce che è stata sopita per troppo tempo.

Dom non sente altro che un respiro.

Un brivido gli percorre la schiena, arriva e sosta sulla nuca, crudele.

-Vieni.-

Una voce fin troppo conosciuta, minuta e insicura.

Sinuosa.

-Hai sbagliato numero.-

Le mani gli tremano.

“Assuefatto. Morto. Ormai non puoi scappare, ti lascerai piegare dalla sua volontà. Una dolce droga da aspirare tutta.”

- No … Sono qui. Vieni.-

Dom non risponde, ha paura di cadere ancora nel suo tranello.

Sa che cadrà inevitabilmente.

-Hai dimenticato le tue sigarette, io le custodirò. Ti aspetto.-

La telefonata termina, Dominic ascolta l’inquietante ‘bip’ del cellulare, fermo, immobile, ghiacciato.

Quella voce pareva straziata, triste.

Dom, il suo cuore violentato, vorrebbe abbracciare quel suo dolce carnefice, impersonare il ruolo di una compagna qualsiasi, illudersi delle sue carezze, aspettare con passione l’ennesimo travolgente e doloroso orgasmo, mentre si fonde a quel corpo senza pietà, a quella voce senza compassione.

A quel cuore marcio d’egoismo.

“Non puoi venderti l’anima, lasciarti usare, scopare, uccidere notte dopo notte. Regalargli la tua vita, il tuo respiro, il tuo pneuma già straziato.”

Dom si siede in terra.

La strada è bagnata, ora anche lui lo è.

Poggia le mani tra l’acqua piovana, si impiastriccia come un bambino curioso.

Si stende, i suoi capelli immersi quasi in una pozzanghera, come quelle di Teignmouth quando ci saltavano dentro a piedi uniti. Teignmouth è lontana, quei tempi sono scivolati via.

Anche lui è scivolato via, sparito, dissolto come fumo di una sigaretta.

“Hai dimenticato le tue sigarette”

Dom non ha volto, non ha corpo, non ha cuore.

Si sente un ammasso ambulante di carne, braccia, organi, tessuti e ossa che vaga apatico.

‘Stupido. Ora leccati le ferite, e torna da lui come una cagna fedele.’

No.

‘Non tornerò. Non lo farò. Lo lascerò in quella lurida camera d’hotel, lo lascerò affogare nella sua solitudine. Lo lascerò affogare tra i suoi sensi di colpa, se ne ha.

Dominic Howard s’alza da terra.

E’ bagnato, distrutto.

Si odia.

‘Sei un fottuto illuso.’

Dominic Howard fa muovere ancora una volta i piedi sul marciapiede scivoloso.

‘Non tornerò.’

Si ripete quelle parole come un mantra, come una magia, come un incantesimo salvifico che potrebbe far dissolvere nell’aria tutto quel nero catrame induritosi nel suo cuore.

E s’avvia, cammina, cammina.

‘Non tornerò.’

E s’avvia arrancando verso l’hotel squallido, verso l’ombra dell’amore sprecato per Matt.




Spazio dell'autrice.

*CoffCoff*

*Scappa.

Beeeeeh, ragazzi, sono tornata. Sono tornata impaurita e insicura.

Dirò chiaramente che non ero sicura nel postare questo capitolo, che la fanfic mi sembrava completa, e che per una volta ero pienamene soddisfatta della storia,

cosa molto improbabile visto il mio carattere pessimista u__u.

Detto ciò, spero di non aver fatto una cazzata.

Vorrei ringraziare di CUORE le persone che m'hanno lasciato 7 delle recensioni più belle che abbia mai avuto! Che amori! *-*

Deathnotegintama : Beh, sì sono (ERO) molto attiva nello scrivere, cara. Grazie, grazie mille, tesoro! Sono onoratissima che ti sia piaciuta, davvero GRAZIE!

MusicAddicted : Le tue recensioni sono sempre soffi gentili alla mia anima, davvero! Oooh! Grazie, grazie sul serio. E poi sono sinceramente d'accordo con te nel dire che Matt è quello che soffre di più.
E nel prossimo capitolo (Cazzo mi sto impegnando, ma ormai) voglio analizzare il suo punto di vista. Sarà difficile, immagino.
Grazie, davvero tanto!

Musetta93: Ringraziarti è poco, mia carissima omonima (Dannata te, che stai scrivendo un CAPOLAVORO e non finirò mai di dirtelo).
Il fatto che la mia fanfic sia la TUA seconda preferita è un ONORE, cazzarola!
;___; Sono commossa, sul serio! Tu, tu! Geniaccio! Grazie, grazie, grazie!


patri_lawliet : Ooooh, grazie grazie mille cara mia! <3 Spero ti piaccia anche questo chapter :DD

WhItE_mOoN92 : Ma...ma GRAZIE! Davvero, hai perfettamente ragione...Ma non credere che sia solo uno il destino poco fortunato.
Secondo me Matt soffre, e forse anche più di Dom. Beeeh ! ONORATA!

Lilla Wright : TI ringrazio di tutto cuore. Sono davvero strafelice ti sia piaciuta! Spero tu gradisca anche questo capitolo!


Willow Street: La tua recensione è l'ultima ma non per questo la meno importante, ANZI.
Cavoli, grazie!'  E' un diamante nero questo pezzo, questo "respiro" in un attimo, respiro pregno di sigarette e sesso, respiro trasudante malumore.' uno dei più bei complimenti che abbia mai ricevuto.
Will, grazie.
Io, non so se ti piaccia questo capitolo, non so neanche se dovrebbe esistere.
Anzi, sono quasi triste d'aver messo in pericolo la storia, magari rovinandola con questo 'continuo'.
MA GRAZIE DI CUORE!


Beh, ragazzi io scappo! Il pc è rotto, e devo cedere a mio fratello il suo computer =___= <3
Adieu!


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Capitolo 3
*** 3. ***


‘La felicità pare nascondersi in tetri castelli, lontano da me.

Si rinchiude nella sua bella roccaforte, protetta da barricate e barricate.

Corro, affronto scalinate immani, ma essa è sempre così infinitamente lontana da me, sospesa lassù, nel cielo sempre troppo limpido rispetto al mio animo sporco, lercio, costituito da un marciume inespugnabile. Si rifugia persino lei da me.’

 

Matt Bellamy ascolta il rumore della pioggia. Ne assapora ogni sfumatura, ne trae sollievo.

Come se quell’acqua piovana potesse cancellare i suoi errori, distruggerli. Liquefarli.

Un’apparente calma salvifica sembra attanagliarlo, una sensazione di vuoto.

Si sente nullo; Il dolore che fino a poco fa ardeva le sue carni è scomparso, s’è dissolto in fumo. La felicità è però ben lungi da lui.

E’ solo una sensazione d‘apatia, come se stesse galleggiando inerme su una superficie d’acqua gelida e cristallina. Nell’oblio, senza alcun pensiero.

* Plin, plin, plin.*

La pioggia balla come una dama vestita di bianco, d’un vestito elegante in flanella.

Le gocce si cercano invano, sono l’una troppo distante dall’altra. Danzano in un assolo.

Londra è grigia, neutra. Insapore, direbbe il giovane. Come le odiose zuppe che d’inverno mangiavano a Teignmouth.

Com’è lontana la sua cittadina di droghe e porti!; Come sono lontane l’ingenuità e la purezza di due occhi lucidi, che nel silenzio di una sala prove lo osservavano.

Tutto sparito, come se quella città fosse stata rasa al suolo, come se vivesse solo nei vividi ricordi della giovane rockstar.

Possedeva denaro, Matthew James Bellamy, possedeva successo, fama, talento, fascino.

Tutto ciò che la maggior parte degli esseri viventi gli potevano invidiare.

Ma la felicità fuggiva via, scivolava dalle sue mani, come quella pioggia che ora insediava i suoi capelli, la sua camicia di lino bianco, quella pioggia che tetra e pura carezzava i suoi palmi e si suicidava cadendo sul pavimento del terrazzo.

Matt cade, sovrastato dal peso della pioggia, dei sensi di colpa.

A carponi su quel pavimento viscido, rivolge lo sguardo al cielo, lo incolpa d’esser così immenso.

In quello stesso istante, in un’altra parte della città, un uomo biondo, era steso nel fango, inerme.

 

 

Due colpi secchi alla porta d’ebano del solito hotel. Due colpi all’anima, due proiettili.

Pesanti, troppo seri rispetto a quei gioiosi e leggeri rintocchi, utilizzati dal biondo tempo prima per bussare al camerino del chitarrista, come sempre prima d’un concerto.

‘Che ti metti?.

Era quasi un rito, chiederlo al biondo percussionista.

Matt nota quella differenza nel bussare, un particolare così stupido, ma che fa capire alla rockstar quanto la situazione sia grave.

Pesante come macigni.

Matthew rimane fermo, nella pioggia, nessun muscolo riesce a contrarsi per avvicinarsi alla porta, aprirla, e lasciar entrare Dominic, il suo corpo tonico, i suoi occhi annacquati, i suoi capelli miele.

Sente altri due colpi.

Si alza, si dirige verso la porta, il rumore dei suoi piedi scalzi che strusciano sulla moquette rossa.

‘Pacchiana’.

Slaccia la catena laccata d’oro che s’allacciava al piolo accanto alla porta, abbassa la maniglia.

Apre piano la porta cigolante. Gli occhi sono calamitati al pavimento, sente una leggera scia d’aria fredda provenire dalla figura che sosta fuori. Un brivido, la solita abitudinaria scossa elettrica, attraversa la schiena e il petto glabro del moro, avvolto da una camicia ormai trasparente a causa della pioggia.

Matthew si concentra sul respiro irregolare del suo ‘ospite’, lo imita e quasi assume il suo stesso ritmo nel guidare il pneuma.

‘So come in my cave’

-Entra- La voce è un muto mugolio, un soffio. Un agghiacciante ammasso di fiato sprecato.

Matt s’allontana, si dirige nuovamente verso la finestra, a guardare la pioggia schiantarsi sul vetro.

Il respiro di Dom, ancora in sottofondo.

Il loro mondo distrutto da egoismo, sesso, vittimismo. Raso al suolo dal peso di quella relazione proibita.

‘Non è giusto. Caccialo, Matt’

-Dom, vattene, Dom.- sussurra al compagno, contrariandosi.

‘Sì, va’ via.’

Una fitta lancinante colpisce il petto del cantante, il cuore, probabilmente.

Lo sente.

Sente l’egoismo strisciargli sottopelle, infettare il suo animo, dipingerlo di nero.

Sente quell’istinto che gli sibila tentatore di prendere Dom tra le braccia e sentirlo solo suo;

Immagina di possederlo per l’eternità, di avere per sempre un servitore fedele ai suoi piedi.

Un devoto, che lo idolatra nonostante la sua cattiveria. Vorrebbe Dom tra le sue braccia, vorrebbe cullarlo contro i mali del mondo, proteggerlo dal dolore, sussurrargli che va tutto bene, come nei film.

E magari baciarlo.

Invece è lì.

Che inscena un altro atto della sua tragedia, il sipario è stato sollevato, ormai.

E’ lì col cuore in fiamme, che arde d’amore e dolore, nello stesso istante.

Due forze che si sfidano nel suo corpo devastato, due fiamme malefiche che gli polverizzano gli organi.

-No .-

‘E’ davvero la sua voce?’

Matt sembra persino sollevato nell’ascoltare quella calda voce e d’accertarsi che Dom, la sua figura, non fosse un’invenzione, un sogno.

Passi, passi echeggiano nella stanza.

‘Le sue converse sono bagnate’.

Il rumore d’una giacca caduta, lanciata, in terra.

Un respiro che s’avvicina sempre più, un paio di labbra calde sul collo di Matt.

-Ti voglio, Matt, ed ora. Voglio essere egoista. Ti voglio adesso, non m’importa.-

Dominic ansima quelle parole contro l’orecchio del moro, con veemenza, rabbia.

Come un cane che vuole indietro il suo osso.

La lingua del biondo viaggia sul pezzo di carne bianca che forma il collo di Matthew.

Cerchi concentrici, saliva che calda inebria i sensi.

‘Posso sentire il suo profumo, posso berlo il suo profumo. E’ così vivo, è qui accanto a me.’

- Dominic non è la cosa giusta da fare-

Matt è triste nel pronunciare quelle parole, ma non lo mostra affatto.

Sussurra quelle parole con la voce imbevuta d’apatia, senza alcuna emozione che lo tradisce.

Se solo tutta questa paura scomparisse, svanisse.

Paura del giudizio della società, paura d’amare senza ostacoli il suo migliore amico, paura di se stesso, del dolore che potrebbe causargli quella relazione. Se non avesse paura, forse, lascerebbe che il suo cuore s’aprisse, per accogliere caldo, quello di Dominic.

Caldo come le notti d’inverno passate in casa, come il succo di mela bollente sorseggiato, come le loro guancie d’un rosso pittoresco.

-Non m’importa. Nessuno lo saprà mai fuori, tranne noi.-

-Io lo saprò, e mi tormenterò pensando d’averti ucciso ANCHE ,stanotte, Dom. -

Matt si gira, i suoi occhi puntati nei laghi acquosi grigio/verdi di Dominic.

-Ti odio Matt. -

Dominic Howard arrossisce come un adolescente, il suo sguardo tremola, è sperduto mentre guarda la moquette.

-Tanto m’hai già ucciso abbastanza!!!- urla subito dopo con veemenza, brutale, come un malato di bipolarismo, passando dalla tristezza più totale alla rabbia ceca.

Nel farlo afferra tra le forti dita il polso di Matt, che si stava tormentando il collo con la mano affusolata.

Lo stringe, mentre il volto del moro diventa una maschera di dolore e il suo respiro si fa più pesante.

Il polso e la mano di Matt si dipingono d’un bianco livido, come un ‘neo-cadavere’.

-Mi fai male, Dom. -

-E allora??? Forse tu non m’hai fatto male, Matt?.-

Matt rimane in silenzio, la sofferenza scappa via dai suoi lineamenti per far posto alla vergogna, alla tristezza.

‘You should never be afraid, you‘re protected from trouble and pain. Why, why is this a crisis in your eyes, again?’

Parole perfette, scolpite nel marmo del loro repertorio.

Parole che suonavano come una preghiera di perdono, d’assoluzione. Come un ateo che ha paura di pregare un qualche Dio per aver pace. Per aver amore.

‘I will take the blow for you’

Una promessa ipocrita, una promessa fatta più a se stesso.

-Rispondi, cazzo!.- La voce del biondo sembra esasperata.

Dom sbatte violentemente il moro contro il muro di cartongesso.

La parete puzza di vernice di qualità scadente, il lampadario illumina parzialmente la stanza.

Matthew mugola -Mi fai male, Dom. - Piagnucola, e sembra rimpicciolirsi.

Sempre più, sempre più.

Come l’eroina del suo libro preferito, quello che divorava quasi ogni giorno, da piccolo.

*Bevimi*

L’avrebbe bevuto il suo Dom, sì che l’avrebbe fatto.

Avrebbe fatto un grosso sorso e avrebbe goduto nel sentire il sapore dell’animo del giovane batterista carezzargli la gola, vellutato come la sua pelle.

Dominic,  spaventato da sé, da quel momento di violenza, abbandona le spalle del chitarrista.

Si siede sul ciglio del materasso, sporco d’umidità.

Una mano copre i suoi occhi grigio-verdi.

-Sei bagnato, Dom. -

Il biondo non sembra voler rispondere, alza le spalle e poi le lascia ricadere.

Matt, raddrizza le spalle, muove i piedi troppo grandi verso il bagnetto squallido.

Poi, torna accanto al letto.

Si siede accanto al biondo, gli carezza una spalla.

E’ un attimo, veloce.

Un asciugamano strizza i capelli color miele di Dom, li asciuga calorosamente.

Il biondo apre gli occhi, la sua mano cade inerme sul copriletto color bianco sporco, come dovrebbero essere gli abiti da sposa delle donne sverginate.

I loro sguardi si catturano l’uno all’altro. Si cercano.

-Non può andare tutto male, vedrai.-

Matt cerca d’essere quell’eroe dei film ipocriti.

Cerca di bruciare il suo orgoglio, le sue paure, i suoi timore, il suo egoismo.

Farli ardere tutti insieme in un rogo eterno, che avrebbe illuminato di gioia incosciente il suo cuore buio pesto, buio come il cielo del mondo vergine in cui una donna dal vestito bianco mette piede.

Dominic, freddo, si stende sul letto, seguito da Matt, che si posiziona accanto a lui.

La notte fredda suona le sue note di vento nell’aria.

-Ma sta andando tutto male, Matt. -

Dom è in bilico su un burrone di pianti e singhiozzi, solo il suo orgoglio che lo trattiene per il lembo della camicia, gli impedisce di scoppiare in un pianto infantile.

-E’ destino, forse.-

Le parole del moro si dissolvono nel cielo burrascoso della mente di Dom.

Quella notte, tra parole mugugnate, carezze ed un bacio scoccato solo per il gusto di farlo, rimarrà sempre impressa nella loro mente.

Come l’atto finale di una tragedia insapore, che si conclude senza un vero finale, che probabilmente un finale non ce l’ha.

Che continuerà con i suoi colpi di scena all’infinito, in una spirale psichedelica di dolore e pianti, e amore sprecato come petali prostituiti al vento.


Spazio dell'autrice.

Eeeeeeeh, salve!

Beh, sapete questo capitolo lo ritengo interamente e completamente inutile e insapore, come l'aggettivo che utilizzo spesso nella fanfic stessa.

Non credo abbia senso, e non credo sia bello come i primi due.

Come al solito, impossibile dire se ci sarà un continuo, anche perché ultimamente m'è sembrato quasi faticoso, scrivere v.v

Domaaani parto per il mare, e sarò via circa due settimane, quindi vedrò d'ispirarmi un pò lì, tra le onde.

Passiamo ai ringraziamenti dei 7 angioletti/musers che hanno recensito, vi amo, sul serio *___* <3


Deathnotegintama: Cara, cara mia, le tue recensioni sono sempre bellissime *_* Come posso non adorarti?

Spero sul serio ti piaccia, in un qualche modo, anche questo capitolo, anche se secondo il mio parere avrei fatto meglio a non postarlo neanche .___. <3 Per quanto riguarda il secondo capitolo, la penso esattamente come te. Tragico.

Sublime? <3 Ooooh miele per le mie orecchie.


valerika : Tesorooo anche qui' :DDD Ma grazie, grazie mille! Sono contenta ti sia piaciuto!


Musetta93: Patrona, Omonima, tesoro mio, ho paura d'averti deluso con questo capitolo.

Sinceramente, lo sento estremamente anonimo, e non mi piace affatto. Forse perché il vento dell'ispirazione soffia troppo poco qui' da me...Non saprei, sul serio. Grazie, grazie delle tue STUPENDE recensioni, e grazie di 'ispirarmi' con la tua fede ceca nel Belldom.  Sistaaah! <3


 MusicAddicted : Ma io sono onorata ti sia piaciuta così tanto! <3 Oooh tesoro, sai che il tuo giudizio è sempre così importante per me! *-* <3

Grazie sul serio, spero ti sia piaciuto anche questo...che a me sinceramente proprio non soddisfa. Vedrò d'ispirarmi e far di meglio. <3 Baaaaci e GRAZIE di tutto cuore.


BeautyEmo90 : Ma cooome ami Dommeh e odi Matt? v___v  Nònò, povero Maffo...Guarda che lui soffre come un cane v.v

AHuahauhauah grazie mille della recensione, così 'entusiasmatica' ahahahha baci.


Lilla Wright : Ma nooooo, davvero hai pianto tesoro? *Abbraccia* ma ora mi sento sul serio in colpa çAç <3

Hai un peluche a forma di Dom? MA IO TI STIMO!!! <3

Awwwww che dolce la tua recensione, sono felicissimissima ti sia piaciuta. Anche se probabilmente questo capitolo senza Dio non piacerà, fa niente, io ti mando taaanti baci v.v <3 Ahuahuaha e non piangereee!


 WhItE_mOoN92 : Eccolaaaaaaa, tu m'hai dato la forza di scrivere, di provare anche se poi ho fallito miseramente.

Mi sento sconfitta, dopo questo capitolo. Babbè, tesoro comunque tu mi vuoi adulare, di' la verita, eh!!! xD
FANTASTICA la tua recensione. Grazie, grazie, grazie. Bacissimiii! <3


Beh, ragazzi ci si vede fra due settimane!!!

Baaaaaci!



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Capitolo 4
*** 4. ***


‘Credo sia stato il freddo che morboso trascinava le nostre vite, a far avvicinare me e Matt.

Un freddo corposo, palpabile. Un freddo tiranno.’

 

Il sole pare cantare in cielo, i suoi raggi riscaldano l’epidermide, fanno quasi male. E’ invadente quella luce, t’entra nelle membra, esplora le latebre più oscure del tuo animo. Ti disegna morbidi palloncini di luce sulla retina.

Il sole è prepotente, crede di poter cancellare l’oscurità, crede di poter inglobare il male del mondo.

Si crede “Dio”, quella massa infuocata.

Le nuvole, pettegole, quasi lo prendono in giro, lo vogliono oscurare, candide e ‘fumoformi‘.

Il giovane non aspettava altro che il crepuscolo, adagiato sul sedile in pelle del suo pianoforte, commemorava spicchi di cielo, immaginandoseli dai toni più rosei e aranciati.

Il crepuscolo aveva lo stesso sapore di quel cocktail, il ‘Tequila Sunrise’, corposo, unito e colorato.

Le note s’allacciano l’un l’altra,  partorendo una melodia triste, angosciosa. Purpurea come lamenti.

‘Chiudi gli occhi. Apri la mente. Infesta il subconscio. Lasciati andare’.

Le mani s’incontrano e si dividono, s’amano ed odiano sulla tastiera perlata come denti d’animali esotici.

‘Delirio mistico. Trance. Mistero. Silenzio rumoroso’.

Il ragazzo s’accascia sulla tastiera, come se fosse stato stremato da un orgasmo, da una sensazione talmente mistica e potente da decimarlo.

‘E’ l’arte.’

Le sei costantemente debitore.

Può masturbarti quando vuole, l’arte. Può ucciderti nel bel mezzo d’un sogno, invaderti con la sua calma bellica in un istante. Infestare il tuo corpo, non lasciarti respirare, ammazzarti su un pianoforte, e poi lasciarti lì, inerme, col tuo corpo maciullato d’emozioni, con una lacrima che ti cola sulle labbra troppo rosse in contrapposizione al volto cereo, lunare, pallido come latte malato.

Era sempre così, quando componeva. Odiava scrivere su squallidi e claustrofobici pentagrammi quelle note ispirate, preferiva sigillarle nella mente, chiuse a doppia mandata. Forse odiava persino condividerle col mondo.

Quella composizione sapeva di senso di colpa con retrogusto di cannella.

‘Mmm… forse anche un pizzico di noce moscata.’

Profumava di patchouli, il senso di colpa.

Aveva quell’odore calmo, dolce all’apparenza, come un lago in superficie ‘docile’, furioso e lancinante nei suoi fondali neri.

Il crepuscolo era arrivato, inondava la stanza di radiazioni rosse fuoco.

 

‘L’ultimo lamento del giorno, prima d’essere ucciso dalla sera. ’

 

 

 ------------------------------------------------------------

 

‘Credo che se non esistesse il dolore, non ci sarebbe neanche la gioia. In fondo, nulla riuscirebbe ad esistere senza il proprio antipodo. Non vorrei sembrare monotono, ma … credo che … che sia così anche per me e Matt. Credo che se io non lo odiassi fino a tal punto, non potrei amarlo così immensamente.’

 

‘I fiori ballavano nel vuoto, quando il giovane prese una decisione.’

 

Nel cielo i colori si fondono, fanno sesso, si scontrano tra loro, le tinte rosate e i toni d’arancio.

Candide nuvole baciano l’amato cielo, lo coprono formando una soffice coperta in cui perdere il senso del presente.

 

‘Penso che mi piacerebbe morire, ora. Non perché sono sfinito a tal punto della mia vita, in genere sono sempre stato un tipo ottimista, ma solo per poter osservare la vita di Matt senza me. Per vedere la sua quotidianità, la sua reazione. Chissà, se mancherei a quell’adorabile meschino.’

 

Dom Howard non è mai stato così cinico e razionale.

Non gli era mai capitato di pensare alla sua vita come una combinazione d’eventi.

E a dirla tutta, quella visione non era poi tanto malvagia.

Non faceva male, chiariva le idee.

‘Ma davvero sappiamo solo farci male? Sappiamo solo ucciderci?’

Dove sono le qualità dell’uomo esaltate nei libri romantici? Dov’è l’eroismo, l’amore vero, l’eternità dei sentimenti?

Oh, cazzate!

Per Dom Howard sarebbe molto più realistico un libro porno.

Pragmatico e vero, senza troppi ghirigori e soprattutto ‘d’intrattenimento’.

Perché non sapeva vivere la vita come in un libro porno, Dom?

Ecco il punto.

Ami Matt? Lo possiedi esattamente tutti le notti che vuoi, hai il suo corpo, e poco ma sicuro un pezzettino della sua anima.

E invece no, la cosa non si risolveva così facilmente.

C’era l’orgoglio, per esempio.

Diciamocelo chiaramente, al biondo non piaceva essere scopato solo per intrattenere quell’immaturo.

‘Voglio…Beh, è quasi imbarazzante da dire, ma ormai posso ufficialmente dichiararmi un fottuto frocio quindi, beh sì. Voglio il suo amore.’

Ecco che spunta il suo felice lato da dolce donzella Austeniana!

Dio come si odiava!

E se questa visione tanto cinica lo poteva aiutare a giudicare malamente Matt, contro se stesso era davvero un giudice severo.

Perché a volte, più birre del dovuto, t’aiutano a pensarla ironicamente, a spezzare quella continua catena di dolore.

Perché pensare come Bukowski, dopotutto non è così male.

Dom Howard ha preso una decisione, sa cosa deve fare, ora.

Il crepuscolo è ormai morto, la testa un po’ gira in quel parchetto.

Il biondo si dirige, cercando di sbandare il meno possibile, verso casa, o ciò che ne resta.



Spazio dell'autrice.

Eccomi tornata, ormai penso abbiate capito come sono. Sì, cambio spesso idea, e talvolta ciò che dico è esattamente il contrario di ciò che poi farò.

M'esaurisco persino IO con me stessa, pensate.

Beh, sono felice che il capitolo precedente sia perlopiù piaciuto, anche se continuo a pensare che non ne sono soddisfatta, ma è un parere mio, e tendo ad essere un tantino dura con me stessa.

Questo capitolo, beh, questo è strano a mio parere, minuscolo, però ho pensato di movimentare un pò la faccenda da qui in poi (potrei anche non farlo, vedremo).

Se vi dico che non mi piace mi tranciate? Spero di no, ed abituateci. Sono pessimista.

Passo a ringraziare i 7 dolci tesori che m'hanno recensito <3 Vi amo:


MusicAddicted : Arte? Oh cara tu mi lusinghi, grazie, grazie di tutto cuore. Da te, quella recensione, è davvero importante per me :) Sperando ti sia piaciuto anche questo, tesoro.Baci.


WhItE_mOoN92: Posso dire d'essere onorata della tua recensione? Oh ma certo che lo posso dire e ribadire mille e altre mille volte. Oh dio, mi scoppia il cuore! Felice d'esserti piaciuta. E...Beh, inutile e insapore sono solo mie opinioni per un capitolo da cui m'aspettavo di più. Suvvia mi prendo troppo sul serio. Sperando ti sia piaciuto anche questo, carissima. Baci

Deathnotegintama: Ooooh mi piace la citazione *v*. No, sul serio, che cara che sei. Davvero è il tuo chapter preferito? Beh, questo dimostra come la mia opinione può essere diversa da quella di chi legge. Grazie, grazie, grazie!

patri_lawliet: Ma tesoro non scusarti, sono felicissima che tu continui a seguire la storia, e sono onorata d'averti fatto entrare nella vicenda. Tranquillizzati, anche io urlo quelle cose mentre scrivo! Ahahahah ..Cheers.

Lilla Wright: Beh, non so con sicurezza se l'amore riuscirà ad esplodere qui, ma ci penserò. Zucchine idiote, e idiota me che non so scrivere cose "troppo" felici! Beh, contenta che ti sia piaciuto il capitolo, in particolare quella frase.
Grazie, grazie :DD

Musetta93 : '
Solo questo serve a Breathe. Un po' di romantica felicità!'
Non sai, non sai quanto vorrei donare a quei due un pò d'amore, non sai quanto vorrei farlo rivivere tra le misere pagine di questa storia. La tua recensione è sempre fra le più aspettate e amate. Grazie, sul serio. E chi lo sa, forse m'esce qualcosa di romantico, anche se non so se proprio in questa fanfic.
Ci penserò. Bacissimi, omonima <3

Willow Street: Tu sai quanto ti sto stimando a livello 'artistico', vero?
Sì, perché, diciamocelo chiaramente, scrivi divinamente, cara Will. E sono onorata di questa tua  recensione, m'ha dato voglia di scrivere ancora. Anche se questo capitolo potrà non piacerti, chi lo sa, ti ringrazio sentitamente *_*

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Capitolo 5
*** 5. ***


Breathe 5.

Nota: La ripetizione costante, quasi ossessiva, dei nomi dei personaggi è voluta.

 

‘And miss the opportunity to be a better man.’

 

Londra sembra essere scomparsa, volatilizzata, evaporata, distrutta, esplosa.

‘Immagina i mille modi con i quali una città può dissolversi.’

Fumo. Nuvole filiformi che vagano nell’appartamento poco illuminato.

L’aria è irrespirabile, sa d’incenso, di chiuso, di sigarette insapori, di tabacco pregiato che brucia la gola. Solite cose.

La città che avvolge quella casa instabile sembra non esistere per il giovane, segregato nelle latebre di quell’appartamento troppo polveroso, troppo umido.

Come le piante eternamente macchiate d’acqua che sua madre lasciava proliferare nei vasi da quattro soli comprati a Teignmouth.

‘A piedi nudi si pensa meglio’

Pensare.

L’eterna condanna d’ogni uomo. Pensare alla morte, alla malinconia, ai ricordi vividissimi delle urla dei tuoi genitori, mentre pensavi ‘moriranno, moriranno, moriranno’, come se potessero uccidersi da un momento all’altro.

Sul suo volto, acqua.

Una lacrima, piccola e incolore, una lacrima che gronda a sua volta vergogna e tristezza.

Una lacrima che per Matt Bellamy e solamente acqua distillata, è solamente una croce, è solamente un ricordo, è solamente una vergogna.

Piangere come quando da bambini l’unico rifugio era il porto o le braccia calde d’un amico.

Dell’amico.

Di lui.

Di Dominic.

Il suo collo profumava di un fiore ignoto al ragazzo, profumava come una sorgente pura.

Sgorgava quel suo dolce profumo da ogni piega della sua pelle trasparente, bianca come la superficie lunare. E le narici l’accoglievano, quella fragranza delicata, leggermente acre, come se sapesse di letto sfatto la domenica tardi. Profumavano persino i suoi capelli setosi, che pizzicavano il collo ossuto di Matt, tremante tra quelle braccia amiche.

Può sentirlo ancora Matt, quel profumo. Può ancora lasciarsi trasportare con quella nota di malinconia da quei ricordi setosi e gentili.

Ed ora? Il paragone è inevitabile. Ora è solo, in quel buco di casa, senza più le braccia accoglienti del biondo ad avvolgerlo. Ed è triste, oh sì se lo è.

Vorrebbe indietro la sua giovinezza, vorrebbe ritrovarsi in quel giorno di neve, nella sua odiata/amata città, in sala prove, quando, dopo una terribile litigata dei genitori, Matt scappò da Dom e andarono a suonare. Matthew, triste e malinconico accennò le prime noti di una ‘Falling Down’ ancora in provetta, ancora un feto tra le mani dell’inesperto gestante.

‘Immaginava  già di suonarla per uno stadio, incitando tutti a prendere gli accendini.’

I ricordi lo sommergono. Se solo Dom fosse lì, dolce e ingenuo come prima, quando Matt non aveva ancora depredato il suo corpo con cattiveria.

Senso di colpa. Amore assurdo. Nuvole e acqua.

‘Sempre la stessa vita, gli stessi sbagli che si tramutano in silenzio, che rimangono lì a marcire. Le stesse paure che lente scorrono, e che dilaniano il tuo corpo con fervore, come l’abbraccio troppo caldo di una fan, che piange sulle tue spalle, sussurrandoti amore eterno.’

Matthew Bellamy verga quelle parole sul suo pseudo diario di pelle, un libricino pronto ad accogliere i suoi pensieri più intimi, la bic sputa sul quel foglio ingiallito le parole espresse con grafia allungata, elegante.

Nella prima pagina del taccuino ci sono poche parole, anzi una frase ‘ Remember when you used to shine.’

Matt continua a scrivere e sulla pagina, su quel mucchio di alberi sacrificati, compare un accozzaglia di lettere dalla forma contorta.

‘Remember when you used to breathe.’

Il campanello quasi muto canticchia un fin troppo allegro ‘Din don’ e un paio di gambe gracili s’avviano verso la porta, trascinando con sé un ammucchio pensante di curiosità.

Un bouquet profuma dal tavolo in legno, profuma di nuvole e capelli.

Può fumare una rosa? Può emettere un alone d’odore colorato?

La porta è fin troppo alta, il pomello è insopportabilmente luccicante, ma si sa che quando si è tristi, tutto sembra orribile, persino il più fottutissimo pomello di questo mondo.

Il bouquet continua ad osservare la scena, impertinente.

Le viole si destreggiano con i propri amanti, sono delle puttane malpensanti.

Nei letti impiastricciati di tutti, puzzano di profumo, quelle viole.

La porta s’apre, per fortuna. Il moro pensa che potrebbe essere rimasto chiuso dentro, con l’aria che inesorabilmente si consumava e le viole che sfiorivano scenicamente.

Entra un respiro affannato, come quello della groupie di turno, bambola fra le braccia del moro.

Ma la groupie che si presenta e che si getta tra le sue braccia, non è la solita donnaccia, è un corpo solido fatto di affanno e pioggia, che geme sul suo collo, con la pelle pallida e giallastra, malata.

E’ un corpo di certezze svanite, è la mela/peccato che ti liquefa il cuore, che s’insinua nel tuo ventricolo destro e non si decide a scappare, che si lascia ferire e uccidere, e che eppure è lì per te.

Con te, ora.

Quella groupie è la tua gabbia toracica, che ti preserva il cuore caldo. Carta da parati che ricopre con la sua epidermide i tuoi muscoli, il muro del tuo corpo.

E’ troppe cose messe insieme, quella groupie, che ora stacca freddamente l’abbraccio e cerca di cimentarsi in un discorso.

-Scusa, Matt. -

- Dom?.-

-Sì?.-

-Nulla, vuoi un the?.-

-Sì, grazie.-

I due si dirigono verso la cucina di quella casa sfarzosa. Le viole tacciono, intimidite dalla scena clou di quel film che sembra francese, oh come adorano i film nonsense, quelle dannate viole!.

La teiera fischia, come se le sembrasse il caso, che indisciplinata!

-Ecco il tuo the, attento è caldo.-

-Grazie.-

Il moro si siede, la luce è soffusa, la notte è calata, il biondo sorseggia e le sue guancie si tingono di rosso.

-Lo sai che mi ricordi una scena? Quando tuo padre ci portava il the in camera tua, a casa. Eravamo così piccoli.- Matt accenna un mezzo sorriso.

-Già.- Dom sembra ricambiare. -Eravamo davvero molto giovani, ma avevamo le idee chiare.-

-Forse. O almeno, forse tu le avevi, Dom. Io non ho mai avuto nulla chiaro.-

- Matt ma tu ti ricordi come si respira?.-

-Non saprei, Dom. Non lo so, forse. L’ho dimenticato, credo.-

- Anch’io. -

La lampadina rotonda del lampadario minimal sembra vacillare, come se si stia per spegnere.

Luce, buio, luce, buio, luce, buio.

-Devo cambiarla. Vuoi andare di là?.- sussurra Matt.

- No. Parliamo.-

-Sì. -

- Matt, io credo d’amarti un po’.- Dominic, i suoi occhi, sembrano freddi, spenti. La lampadina ridacchia, in sintonia con gli occhi del biondo.

-Ah. -

-E credo di essere stanco, Matt, sai?.-

-Mhm. -

-Credo di non essere stupido.-

-Anche io penso che tu non sia stupido.-

Le vene scure di Matt pulsano di paura.

-Neanche tu lo sei, quindi basta.- Afferma il percussionista.

-E di che?.- Matt ride ma i suoi occhi hanno un espressione in netto contrasto con la postura delle labbra.

Il suono del suo riso riecheggia.

-Sei matto.- Dice Dom con voce amara.

-Sì. - Matt piagnucola.

-Non credo di riuscire ad andare avanti in queste condizioni, Matt. Se continui così credo che lascerò i Muse, Matt. Ora ridi, Matt?.-

‘Sei pronto ad urlare? Oh, riscalda la voce .’

- Cos’è un cazzo di ricatto? Cos’è ? -

Matt urla, e i suoi occhi si fanno febbricitanti.

-E’ una cazzo di affermazione. E’ la verità. Non c‘è più armonia.-

-Ma abbiamo il tour! Cosa dirai a tutti i nostri fan, eh?.-

-Che mi sono rotto il cazzo di te, Matt, ecco cosa diamine dirò!.-

Il volume della voce s’alza sempre più, in un moto di rabbia da parte d’entrambi.

-Per favore Dom! Sei totalmente fuori! E finiscila con ‘sto ruolo da vittima!.-

-Vittima? Sei un verme, Matt, sei un verme!.-

Le dita del biondo incolpano più delle parole stesse, contorcendosi rabbiose verso la gracile figura di Matt.

-E pensare che oggi … Oh, vaffanculo!.-

-Che oggi? Parla chiaro Matt!.-

-Che oggi quasi mi mancavi! E quasi mi sentivo in colpa!.-

-Quasi ti sentivi in colpa? Oh, dovrei sentirmi io in colpa? Scusa, scusa se mi sono lasciato usare da te Matt! Scusa se ti amo, Matthew!.-

-Scusa un cazzo! E’ colpa tua, stronzo! Non sei stato tu forse a baciarmi, quel pomeriggio? Non eri tu quello che m’abbracciava dicendo ‘lascia che ti aiuti’ ?-

-M- Matt. -

-Basta, Dom! Non vediamoci mai più! Perché a dirla tutta TU hai bisogno di me. Un bisogno immane, stupido, stupido, stupido Dom!-

Matt piange, ora. E non sapete, no, non lo sapete come sono intrise di vergogna quelle lacrime, neanche le viole lo sanno.

-I- io. - Dom è muto e i suoi occhi tremolano come la luce di una candela.

-E, Dom, tu non sai quanto ne ho avuto IO bisogno di te. -

- Matt … -

-Lasciami parlare, sfogare, per una volta!:-

- Dom tu non sei più il mio palliativo. All’inizio, dopo Gaia, ero distrutto e non riuscii a scacciare via le tue mani, Dom. Ma ora lo farei. Ora, se solo potessi, scaccerei con rabbia quelle tue manacce, Dom. Desidero non averti neanche sfiorato! Desidero ancora quell’amicizia felice e pura.-

E gli occhi sono sofferenti, e le labbra e gli arti anche.

-Sei diventato una luce, Dominic. La mia; Ma secondo te se potessi non vorrei amarti? Secondo te non t’amo? Secondo te sto bene? Secondo te non mi odio? No?-

-Perché non puoi amarmi?-

E’ solo una domanda, e quasi tutte le domande hanno risposta. Questa però pare un orfana senza madre, senza soluzione. Perché?

Il moro non sa rispondere. Non c’è una risposta. Non esistono parole giuste, in grado di spiegare davvero i sentimenti umani. Saranno solo mere simulazioni di quanto hai dentro, quelle parole. Non saranno mai totalmente vere. Saranno solo un espressione malconcia di quella gamma di colori indefinibili che sono le sensazioni umane; ‘Ho sete‘, non può esprimere veramente ciò che vuole il moro, eppure è ciò che vorrebbe dire. Ha una sete graffiante che striscia nella sua gola, una belva che graffia nella coscienza. Ha sete, ma sa che sete non è la parola giusta. Ha fame, ma sa che fame non è la parola giusta.

-Non lo so. -

-E allora fallo, amami.- Dom sembra calmo come un fiume, sembra racchiuda in sé una sicurezza disarmante.

-Non lo so. – sussurra, ancora, il moro.

Conoscete gli opposti? Ecco in questo momento Matthew e Dominic sono due opposti, due calamite contrastanti.

-E allora lo farò io per entrambi, per ora.-

E’ veloce e sembra tuttavia che il tempo si dilati, la linea temporale s’allunga come in un’allucinazione.

Un paio di dita sottili carezzano il collo di Matt, mentre un respiro incombente s’avvicina.

Le palpebre, senza un preciso perché, decidono di chiudersi, lasciando il dovuto spazio a quel buio perlato che costituisce il nostro vero inconscio. Il cuore pare quasi prendere il volo, uno dei tanti rullanti distrutti sul palco passionale di un concerto, la grancassa che vibra sul tuo bacino, che ti fa vibrare l’animo, che trascina la tua voce e l’accompagna per mano in un ritmo che sa di pioggia, sempre.

E poi le labbra. Accompagnano le parole invisibili che ora sanno esprimere concetti, attraverso i gesti, gli unici veri artisti in grado d’esprimere ciò che si prova. I gesti vinceranno per sempre sulle parole, con la loro forza d’espressione, riusciranno a scuotere il mondo dalle fondamenta, ed è una certezza.

Riusciranno a far addormentare l’animo irrequieto d’un bambino mai cresciuto.

La bocca di Dom culla quella di Matt, dolcemente, accogliendo tra le sue labbra anche le lacrime salate e saporite del moro, che s’insinuano in quel bacio di cannella.

Nella mente di Matthew soffia forte il vento del mare, insieme ad una voce, la sua probabilmente, che gli urla ‘Remember when you used to breathe’ e che ripete ossessivamente la parola respiro. Breathe, respiro, respirare, inalare, inspirare, far entrare in sé.

Matt crede di saper respirare, tra le labbra che gli occludono la bocca, pensa che ora Dom, la sua essenza, sta penetrando nel suo spirito.

Che ora più che mai, sono una sola cosa.

Esistono purtroppo incombenze vitali, come il respiro stesso, che ora unisce quelle due bocche e che ora le divide, con la sua arroganza.

Le mani del biondo continuano a carezzare, con le dita fredde, l’incavo sulla guancia di Matt.

I loro nasi si sfiorano. Le labbra stanno lontane.

E anche a Londra esistono cicale, anche da quelle parti friniscono violente e irritanti, e spiano le vostre conversazioni, come dei voyeur perversi.

E le cicale cantano, e ridono, e prendono in giro la stupidità umana.

Perché siamo uomini/bambini. Perché siamo adulti ma infantili.

Perché siamo di carne, imperfezione, dolore, sangue, vivi, tangibili, e le nostre angosce, anche esse sono tangibili.

Eppure esistono certi momenti, certi attimi, in cui ti sembra essere protetti.

Un tetto caldo, delle braccia avvolgenti, una voce rassicurante, una canzone contro il panico, la luna, un libro, un sano pianto, il mangiarsi le unghie, i tuoi genitori, le foto di famiglia, le mele d’autunno.

‘Aggiungi alla lista : Dominic.’

Mentre credi di cadere giù nel baratro, una mano ti tende la salvezza.

E tu vorresti urlare : E’ la sua, la sua mano, è qui, per me, sono salvo!

Al mondo vorresti urlarlo, ma capisci di dover nasconde nella pelle, nelle vene, quel segreto.

Matt capisce di dover covare quell’attimo, di doverlo proteggere dal mondo. Un feto malsano da scaldare.

Quella notte, non hanno fatto l’amore. Quella notte, non hanno parlato.

Quella notte, le labbra, i gesti, hanno semplicemente sostituito i mille stupidi interrogativi del mondo.

Londra s’è fermata, le viole si sono fermate, le cicale anche.

Solo un paio di mani e labbra e cuori continuavano a muoversi, ad amare.

E le palpebre di Matt rimasero chiuse, sbarrate, per lasciare spazio agli altri sensi. Le carezze del biondo sembravano amplificate, il suo respiro riecheggiava ovunque ed invadeva i polmoni di Matt.

Respiravano la stessa aria, parlavano lo stesso linguaggio, per una sera.



Spazio dell'autrice:

'Remember when you used to breathe' vuol dire: ricorda quando respiravi, quando sapevi respirare.

Allora, eccomi qui. Beh, questo capitolo è nato di getto. M'è uscito proprio dal cuore, anche se non sono pienamente soddisfatta.

Avevo paura d'essere ripetitiva e spero di non essere caduta nel banale o cose del genere.


Passo a ringraziarvi velocemente, miei 8 soli :


Deathnotegintama : ONORATA. Hai capito? ONORATA.


WhItE_mOoN92 : Grazie mille, sempre e immensamente. Non ho davvero altro da dire, spero ti sia piaciuto il capitolo. *Inchino*


Willow Street : Onorata d'esserti piaciuta. Te che sei un mito *u* <3 Grazie, sul serio.


Musetta93 : Adoro le tue semicritiche costruttive, e poi non so proprio come fai a pensarla ESATTAMENTE come me. Ti voglio bene; Grazie.


Lilla Wright : Ahahah, grazie mille tesoro. Spero ti sia piaciuto anche questo. Baci enormi per te *u* <3


_DyingAtheist : Se hai riletto 5 volte quella parte sono seriamente imbarazzata. Ciao tesoro, e grazie mille *Rossa* <3


Elleh : Elleeh! *Apparte che adoro il tuo nome, e dovevo dirtelo, cacchiarola! u_u* Sono sinceramente contenta della tua recensione *u* Grazie immensamente. Baci.


idiotofsuburbia : Onorata che ti siano piaciuti! *u* <3 Grazie mille, spero seguirai anche questo capitolo.

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Capitolo 6
*** 6. Non è un capitolo ma un delirio cosciente. ***


Premessa : L’ho scritta dormendo, credo. Mi sono alzata nella notte e le parole sono scivolate.

Mi scuso d’essere ripetitiva, di scrivere sempre e comunque cose irrilevanti. Mi scuso di non far accadere niente in questa storia, che descrive più la mia vita che quella di Matt e Dom.

La groupie ormai è quasi un ossessione ricorrente.

Perdonatemi e buona lettura.





 

I vestiti che si schiantano al suolo, quel pomeriggio, sembrano produrre più rumore di un tragico incidente aereo.

La camicia s’accascia toccando il suolo freddo del bagno, che pare quasi un mare blu, ricoperto di mattonelle sulle tonalità azzurrine.

I rumori della strada perforano quell’ambiente, traforano con cattiveria i timpani stanchi.

Esagerazione; Ampliamento graduale dell’insofferenza. Tra qualche giorno, persino il rumore del the che gorgoglia sarà fastidioso.

Matt non sembra respirare. E’ come se una mano gli impedisse costantemente di lasciare che i suoi polmoni s’imbevano di aria fino agli alveoli, come fosse bloody mary.

Matt è stordito, in uno stato di trance quasi mistico;

Gli viene in mente, sfocata, la melodia di una vecchia canzone del 97, forse dei Radiohead.

La sentiva chiuso nel cesso di casa sua, ripetendosi ‘Today, we escape, we escape.’

Ed una volta fuggito, le venne presentata una puttana, che disse di chiamarsi groupie.

Già, era quello il suo nome.

A bocca aperta lo baciava vogliosamente, e la canzone dei Radiohead risuonava. A bocca aperta, viveva quella puttana, inspirava il mondo, la sua aria, persino i fumi nocivi d’una fabbrica di stringhe.

La chitarra si distorce, Matt non la vede più quella groupie.

Quella puttana, era il suo futuro.

Il respiro roco è rumoroso come squittii di topi.

Il naso è freddo, il tranquillante è troppo nel suo organismo.

La vasca da bagno gorgoglia come un’enorme teiera.

L’acqua sembra brodo primordiale in cui redimere i proprio peccati, dove sciogliersi come pasticche d’ecstasy sulla lingua callosa. Tante bolle danzano in quella vasca e Matt sorride, anzi ride definitivamente, guardando quelle bolle amarsi e scoparsi e scoppiare morendo.

Colorate e dannate, le bolle, ora si spezzano sotto il peso quasi inesistente della sua massa corporea.

L’acqua è bollente, un cd risuona, sputa ‘Nishe’ nel cesso.

Gli occhi del moro sono annacquati e semiaperti, l’espressione è quasi ebete sul suo volto.

-Ahm, le cuffie, ahm la vita, ahm i samurai.-

Matt s’addormenta nell’acqua, scivolando sotto lo specchio trasparente.

Le bolle ridono, un fantasma gli ruba l’ossigeno.

 

Dom addenta il silenzio, mentre gli sanguina un pensiero.

Ingoia un po’ d’aria, sembra sporca quell’aria. Manda giù un boccone crudo di anidride e lascia cadere i mille flaconcini dallo stipetto.

Ride.

-Fanculo, li aggiusta lui.-

Ride.

-Il viola porta sfiga, se si disegna ancora le vene viola sul polso, gli lecco via i ricordi di quei tempi.-

Ma ha senso?

Viviamo in una pasticca di droga improvvisata;

Il paradiso è un orgasmo al suo culmine. E’ la vita a testa in giù.

Un bassotto lecca via la saliva dei pensieri solidi del biondo.

Ride.

La casa sembra immensa come una fetta di pancarré di un gigante crudele.

Il vento sfreccia davanti agli occhi dilatati, davanti alla schiena tumida di lividi viola.

Il viola porta sfiga.

Ride.

L’eyeliner non va bene per le donne affermate.

Ride.

-Matt?.-

La porta di vetro del cesso emette un chiarore fastidioso.

Ride.

-Matthew.!-

Entra nel cesso, guarda la vasca vuota, lascia cadere i vestiti. La t-shirt urla.

I piedi aderiscono al pavimento acquoso.

S’avvicina alla vasca.

Ride.

L’immagine offuscata da un vetro opaco d’acqua è quella delle pelle bianca di un corpo, il volto indistinguibile, le labbra violacee, le mani a ‘riva’.

Dom ride. Dom entra nella vasca. Dom prende Matt fra le braccia. Dom gli svuota i polmoni d’acqua e lo fa riprendere.

Il fantasma che ha rubato l’aria a Matt gliel’ha restituita, strozzato dalla mano di Dom ridente.

L’ospedale ha una vittima in meno, l’ego vita in più.

Tom Kirk piangerà, vedendo già annullata la prima tappa del tour.

Ridi e piangi, mondo, che ti fa bene.

Dom ride.

-Hai le vene viola, porta male.-

Gli occhi di Matt leccano il petto nudo di Dom, freddo in quell’acqua bollente.

-Che ti sei fatto, tu, Matt?.-

-Xanax.-

Ride.

Le labbra sputano saliva l’una nella bocca dell’altra, il dna si mischia.

S’immergono entrambi nella vasca.

Dom ride. Matt ride. L’aria delle risa trasformata in bolle ride. Il mondo ride. I fan ridono, domani inizia il tour, forse. Gli strumenti ridono, e tutti ridono allo stesso modo.

Le droghe, coscienti nei corpi dei due, piangono.

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Capitolo 7
*** 6. Il vero capitolo, direi. ***


Premessa:

Nuotando un po’ nel capitolo potreste trovare 2 tracce di Chuck Palahniuk e Baustelle.

Due citazioni inserite lì :°D

Inutile dire che non sono soddisfatta e che sì, proprio così, sto pensando a cosa far accadere.

Un po’ d’azione? Boh, non saprei.

Vorrei ringraziare velocemente tutti i recensori, ma proprio tutti!, anche quelli dello scorso capitolo che non ho ringraziato dovutamente.

Perdono, ma la scuola ci rende succubi :’)

Detto ciò, buona lettura.

 

 

 

‘Le nostre speranze e aspettative, buchi neri e rivelazioni.’

È la vita alla quale bisogna attraccarsi, quasi fosse l’ultima nave per l’isola dei tuoi sogni.

Quasi fosse l’ultima speranza in un cielo grigio come il pelo d’un topo.

Troppo dolce,  il suono della speranza, come frutti rossi scricchiolanti.

E il sorriso popola le labbra di tutti, da oggi. Da oggi i capelli sono in ordine, forse, e le parole vengono calibrate come fossero mine che potrebbero esplodere. Da oggi, l’unica cosa spontanea che sopravvive in te è uno starnuto, che esplode durante il silenzio imbarazzante di una sala tanto illuminata da poterne ammirare piccoli pezzi d’aria e pulviscolo.

Matt inizia quasi ad affibbiare un nome ad ogni particella fluttuante che vede.

‘Nancy’ è quasi poetico.

Il profilo strano e spigoloso del volto di Tom Kirk sembra muoversi, quelle labbra parlano velocemente, scandiscono senza voglia un’accozzaglia inutile e noiosa di rimproveri.

‘Non si può annullare un concerto per l’emicrania!.’

Col cazzo, certo che potevano! Erano loro, i mitici e potenti Muse, i dei nell’olimpo musicale  contemporaneo, tanto per essere modesti.

Emicrania.

Vedi anche : Influenza.

Vedi anche: Dolori articolari.

Matt aveva detto che le ossa facevano così male da sembrare dannatamente marce.

Chissà dove dovevano suonare, Matt non lo sa neanche, cos’è che sa?

Forse in Eurasia, in qualche parte dell’Eurasia, si capisce.

‘Ora crollo dal sonno, ora crollo, ora crollo e mi portano in una fottuta clinica, con tanti tubicini ficcati in ogni singolo buco del mio corpo.’

Dom vorrebbe santificare gli occhiali da sole scuri, quelle Rayban che il moro gli ha prestato ‘necessariamente’.

La testa è uno scantinato disordinato nel quale non vorreste neanche entrare, sporco e pieno zeppo di topi e scarafaggi.

Pensieri che si accumulano e che ovattano i suoi sensi come fossero lana voluminosa, ficcatagli nel cervello da qualche alienoide.

Figurati se riesce a suonare, se riesce già a tener in mano una bacchetta per il cibo cinese è un miracolo.

Il punto è : Cosa diavolo è successo la notte passata?

La sveglia è stata delle peggiori, tra accappatoi di tessuto rosso e asciugamani, sul pavimento blu del cesso.

Dom ricorda chiaramente d’essersi creduto Jeff Buckley morente nel suo fiume boia, al risveglio.

Allucinazioni da stress o da droghe, semplicemente.

Matt non c’era;

Dormiva nel soggiorno col telefono tra l’orecchio e la bocca. Sulla lista degli ultimi contatti c’era scritto in grassetto : Dom H. 5.00 Am.

Chris sembra, anzi è,  il solito omaccione equilibrato, come lo si descrive ovunque.

Avete presente quello sguardo amico che cerca di scrutare ogni tuo movimento per trarne indizi e capire cosa cazzo ti succede? Bene. E’ lui. Sempre e costantemente.

Ogni tanto vorresti alzarti e urlargli in faccia con veemenza di farsi i fattacci suoi, ma poi pensi che i sensi di colpa ti dilanieranno.

Dom gli vuole bene, da morire, come fosse suo padre o suo fratello.

Sta per addormentarsi, il biondo, mentre Tom continua a mormorare e bofonchiare con quel suo tono gracchiante.

- Tom, basta, abbiamo capito.-

Dom è frustrato.

-Beh se avreste capito non saremmo di nuovo punto e daccapo! -

- Tom, sono semplicemente cazzi nostri se non possiamo suonare.- Dice Dom, scazzato.

-Sì, però potevate evitare.- mormora Chris.

-Ma non l’abbiamo fatto, quindi basta. Ho fame .- Matt, mentre bofonchia, sembra non fregarsene minimamente e Dom pensa che non è da lui essere così nei confronti del pubblico.

Li amava, li ama ancora, ma ora non ha voglia neanche di pensare, o così pare.

Matt non pensava neanche in quelle notti, mentre scopavano tra gemiti e lenzuoli, e bossa nova, e parole soffocate dal vento.

E quel Matt senz’anima faceva male dentro, feriva con il suo bel coltello intarsiato, con i suoi occhi.

‘Se me lo chiede con quegli occhi non mi riuscirà di dirgli no, e poi stasera sono sul punto di sognare’

E Matt lo guardava con quelle pozze d’azzurro tormentate, una scena fuori copione, inventata al momento. Un bacio umido di brandy e una macchia rossa sul collo.

Sempre così.

Resoconto del momento? Ora avevano vaporizzato quei ricordi, li avevano riposti nell’angolo semipolveroso della camera 555 dell’hotel squallido.

In quella camera c’erano ancora i collant di qualcuno.

Ora erano due semplici esseri irrilevanti, due stelle che non s’incontravano. Se capitava, un po’ di sesso in camerino, prima di rinchiudere i pensieri nel barattolo opaco di polvere.

Poi di nuovo il vuoto. Non erano tristi, erano semplicemente incoscienti, come avevano vissuto fino a quel momento, fino a quegli ultimi mesi in cui volevano sentirsi vivi e morti allo stesso tempo sotto il peso delle carezze dell’altro.

Era la situazione più ridicola che potevano immaginare, due bambini che non si guardano più per vergogna. Due occhi lucidi e guancie arrossate d’orgasmo e fronti sudate di vita.

-Andiamo a mangiare qualcosa.-

Chris è ragionevole. Matt annuisce, Dom non vuole riemergere dalla sicurezza dei propri pensieri, ma si alza e cammina seguendo le ombre diverse dei suoi compagni.

Gli occhiali pesano sul naso e il collo fa un male cane.

La bocca secca che aspetta il tepore della lingua calda, pronta a venire sulle labbra rosacee.

‘Forza, non angosciarti.’

Il bar è vicino, è illuminato, è grottesco.

Puzza di cornetti nauseabondi. Di sfoglie e sfoglie di bugie dolci e consolanti.

-Cosa prendi, tu, Dom?- offre Chris.

- Mhm, caffè amaro.-

- Matt ?-

-Cornetto. -

Sfoglia calda di menzogna. Prevedibile, come dire che domani è giovedì.

Mentre la luce perfora i bulbi verdi del biondo, mentre una mosca svolazza indecente ed una barista chiede un autografo ad un Matt che non è lui, mentre gli atomi si scindono da qualche parte, il telefono di Dom vibra, nervoso.

Gli occhi verdi leggono il messaggio chiaro e conciso.

‘Alle 21.00 da me.’

Due occhi blu vagano ovunque, in quella stanza, guardano le bottiglie lucenti e le rifiniture del tavolo.

Guardano le mani di Dom accanto a sé, e poi sfiorano lo sguardo del batterista, quegli occhi.

Lo cercano.

E diventeranno Matt e Dom ancora, quella notte, aspettando il primo di troppi concerti.

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Capitolo 8
*** 7 oppure 8 ... Ho perso il conto. ***


Tracce di Cristina Donà, Depeche Mode, Doors e Cure in questo capitolo.

 

Breathe

 

‘Sei qualcosa d’impossibile da raggiungere, ma è soltanto una questione di tempo. Sei come l’idea platonica di bellezza, ma non riesco a toccarti, io non so perché’

                                                                                                                                           -Bluvertigo

 

 

Le suole gommose delle scarpe baciano l’asfalto gelido. La luna emana un vago alone, oscurata dalle nuvole vaporose, in quel cielo corvino come la chioma di una Venere inventata, una Venere che gioca a dadi con i cuori mortali di noi uomini, che ride delle nostre paure e dei nostri problemi minuscoli quanto la nostra rilevanza nel gioco detto ‘destino’. Una volta, tra le pagine polverose d’un libro, il biondo, trovò una strana similitudine che paragonava l’amore ad una gabbia piacevole, ad una prigionia salvifica. E si chiese, allora, come si potesse definire tale una cosa gioiosa come l’amore, si chiese cosa significasse sentirsi così schiavi di questo sentimento. Costantemente inchinati al suo volere, pronti a lasciarsi trascinare lontano dai propri desideri di pace. Non era stato capace di capirlo, mentre, freddo e caldo allo stesso tempo, in una camera troppo illuminata, gemeva tra le cosce bianche della sua prima ragazza. Non l’aveva capito neanche fra migliaia di ventri e labbra e capelli oleosi, con la pelle sudata che aderiva al divano in pelle, in balia di seni violacei e capezzoli come bottoncini. Era umiliante pensare al modo in cui aveva scoperto l’altra faccia dell’amore, tra il silenzio sommesso di una penombra accennata, in una notte londinese, con le labbra più rosse del solito.

Dom adora le case in periferia, le trova affascinanti, lontane dal caos del centro, dotate di una strana aria decadente, totalmente fuori luogo, risplendono illuminate dalla luna come tante schiene ricurve.

Quella casa profuma di Tamigi e lucciole, profuma di lontano e di cielo stellato. E’ in periferia, è lontana.

Sono le 21.15, ma Dominic non si sente in ritardo, quei quindici minuti in più li ha poeticamente sprecati a guardare l’acqua del fiume incresparsi in una danza continua, le onde piedi di zingara iperattivi. La casa è ormai poco distante, l’aria sembra umida ma non piove, il cielo sta solo avvertendo gli uomini di coprirsi, di prepararsi ad accogliere la pioggia. Dom bussa alla porta, Dom guarda ancora il cielo, Dom si gratta la tempia, Dom aspetta.

La porta scricchiola ed un ‘Ciao’ sosta lì a mezz’aria.

-Ciao. -

Matt è tornato, si sente dal tono più naturale della voce, più somigliante a quello del giovane scapestrato e timido di Teignmouth. Sembra più piccolo, avvolto nella felpa troppo larga, di un nero uniforme ed in un paio di pantaloni del medesimo colore. S’abbina al cielo, l’ha sempre fatto.

-Andiamo, Dom?.-

E il giovane piccolo percussionista vorrebbe chiedere dove, quando e perché, ma s’annoia probabilmente, così decide di fidarsi del Matt rinato. Annuisce.

- Dom, hai fame?.-

-No .-

-Ok. -

- Perché volevi offrirmi la cena?.-

- Forse.-

Il minuscolo omuncolo inglese si dirige verso la sua auto giocherellando con le chiavi lucenti.

Apre lo sportello e fa cenno a Dom di seguirlo. I due entrano nell’abitacolo riscaldato, Matt spegne la radio ed il biondo cerca d’accendersi una sigaretta.

-Non lo fare, ho la nausea.-

Missione fallita, Dom ripone la sigaretta nel pacchetto di plastica bianco e rosso. Sbuffa e guarda fuori dal finestrino il mondo cominciare a muoversi, prima lentamente, poi sempre più veloce.

-Non t’interessa sapere dove andiamo?.-

-A dir la verità non tanto, basta che facciamo presto o domani non mi sveglio.-

-Ti sveglio io domani.- La risposta del chitarrista lascia leggermente basito Dom che aggrotta le sopracciglia e non risponde all’affermazione, uccidendo così quello strano scambio di battute.

Matt sembra sapere con precisione dove andare, e la cosa è positiva in un certo senso.

Guida in modo davvero strano, il moro, guarda la strada ma sembra che non lo faccia, sembra immerso nei suoi pensieri e Dom vorrebbe chiedergli di far guidare lui. Sarebbe inutile comunque, Matthew direbbe sicuramente di no.

Matt ora canticchia, facendo sembrare quell’uscita quasi un appuntamento, come fossero una lurida coppietta qualsiasi. Mugugna il ritmo di una canzone inglese, forse The Scientist, ma il biondo non n’è sicuro. Di quando conobbero i Coldplay ricorda solo un sentimento di odio o semplice gelosia nei confronti di Chris Martin, era geloso dell’amicizia che stava nascendo fra lui e Matt, quella sorta di rivalità giocherellona.

Mordersi il labbro mentre i due giocavano era a quei tempi diventato quasi un passatempo.

-Ti senti ancora con Chris?.-

Matt guarda stupito il biondo, socchiude gli occhi e alza le sopracciglia in un’espressione interrogatoria, quasi dicesse ‘Ma sei scemo o cosa?’.

- Dom, è logico che ‘mi sento’ ancora con Chris, ieri eravamo al bar con lui.-

Dom ridacchia, lo fa sinceramente dopo un po’ di tempo.

-Intendevo Chris Martin, il cratere fra i denti, biondino … Hai presente?.-

-Ah! E ci vuole tanto a dirlo? Comunque no, non ci sentiamo da un po’. Immagino ti faccia piacere.-

Matt scruta Dom con la coda dell’occhio, mentre guida ancora verso una meta ignota.

-Perché dovrebbe farmi piacere?.-

-Non eravate grandi amici, tutto qui.-

-Non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo, Bells.- Dom ride

-Ah, davvero? … Comunque siamo arrivati.-

Davanti a loro si staglia una distesa di buio denso, il cielo ha lasciato scappare le stelle prima visibili.

-Dove siamo?.-

Matt si guarda attorno e parcheggia l’auto in uno dei tanti spazi appositi.

Un enorme parcheggio, si direbbe. Ci sono tantissimi abitacoli colorati,tante auto, abbandonate lì. Quel posto è tetro, nella periferia di Londra. E’ un enorme centro commerciale, uno di quei discount in cui ci trovi davvero di tutto, persino un fucile di precisione. Lontano, sulla collina, si vede il fuoco di una probabile dimora di barboni.

Ora Dom ricorda, barboneggiavano anche loro tra quelle parti, quando arrivarono a Londra con qualche soldo in tasca.  Non che fossero veri barboni … Insomma s’accamparono lì per una notte, accasciandosi tra il freddo, lasciando che i maglioni abnormi coprissero le loro mani screpolate dal vento londinese.

-Ma qui … - sussurra il biondo.

-Ti ricordi?.- Matt apre la portiera lasciando entrare un vento sinuoso che volteggia sul naso rossastro di Dom. Il moro scende e fa cenno al biondo di seguirlo.

Dom apre la portiera, distrugge il tepore nascosto tre le pieghe del suo corpo. Cammina sul terreno mal asfaltato e si posiziona affianco a Matt, che osserva nostalgicamente quel luogo.

-Sì, mi ricordo.-

-E ci torneresti, a quel giorno?.-

-Matt, non lo so. Non eravamo i Muse, quel giorno.-

-Sì, ma se potessi scegliere fra divenire famoso o star con me senza problemi?.- Matt è sincero.

- Non lo so. - Dominic si sente a disagio, quel luogo gli incute una strana sensazione di spavento, forse perché sembra ancora incastonato in quell’epoca lontana.

Come riascoltare ‘Riders on the Storm’.

-Like a dog without a bone.- Matt canticchia.

-Che domanda del cazzo che hai cacciato.-

-Sì, lo so. Vieni.-

Matt prende la mano di Dom e lo trascina con sé fino ad una sorta di capanna aperta, contenente tanti carrelli.

Pioviggina.

La mano del moro è ruvida, come attraversata da mille schegge, quasi fosse asilo di stigmate profonde. Un santo, un martire che martoria.

Quella più morbida di Dom, che sembra una sacca calda in cui avvolgere le proprie paure, si lascia pungolare dall’elettricità nata tra quel tocco.

‘respira’.

L’aria ha l’asma, il cielo geme.

Un tuono squarcia il silenzio.

Matt corre sbilenco e si getta al riparo, trascinando con sé Dom, sotto quella cupola azzurrina, dove sostavano più o meno tre carrelli, contenenti sciarpe o guanti, coperte luride di chissà chi.

Matt ride, ha il fiatone.

-Perché m’hai portato qui?.-

Matt s’avvicina pericolosamente al viso del biondo, sul suo naso cereo una goccia balla in bilico, gli occhi sono ridenti, la bocca serrata. Le sue mani si poggiano delicatamente sul collo scoperto del biondo, che indossa una maglia con annesso scollo a ‘v’.

Dom osserva le scarpe del moro.

Poi, Matt, gli perfora il labbro. Lo cinge fra entrambe le sue labbra violacee dal freddo. Lo avvolge, quel labbro inferiore, lo martoria, lo succhia, lo lecca, lo appanna col suo fiato.

Quel labbro diventa il finestrino/tela appannato che vive nei giorni di pioggia.

Dom serra gli occhi, immobile, la bocca semiaperta, inerme come un orologio d’antiquariato non funzionante.

Assapora l’essenza di vino rosso che rilascia la saliva di Matt, assorbe il rumore della pioggia che batte sul tetto di plastica.

Matt abbandona quel labbro, gli occhi sono due fessure iceberg, come se si sentisse estremamente rilassato da quel contatto.

Dom l’osserva.

L’epidermide pulsa d’eccitazione, pulsa talmente tanto che la voglia di nutrirsi famelicamente di Matt schiaccia la paura di ricadere in quel baratro di vasche e deliri.

Nei recessi della mente, un ordine parte veloce, fino ad arrivare alle mani, che ora aggrediscono violente le spalle del moro.

Dom l’afferra, spinge il corpicino di Matt contro il suo, forte, con violenza.

Il petto di Matt comprime quasi la gabbia toracica del biondo, il cuore urla, claustrofobico.

E la bocca di Dom mangia vorace quella di Matt, soffia aria fino alle sue corde vocali.

Gli ombelichi si guardano a vicenda, le cosce si sfiorano, i bacini dialogano insieme.

E’ un fagocitare d’emozioni e passione, quel bacio.

Sono le braccia di Dom che si incrociano attorno alla vita del moro, imprigionandolo in quella morsa.

Le tre note di Con-science strisciano sul suolo d’asfalto.

Matt apre le labbra, alita ancora tutto il suo essere sulla bocca dell’amante.

Deve comandare, violare Dom lì, in quell’istante, nel modo più squallido che esista.

Il moro spinge il batterista nell’antro più scuro di quella cuccetta, fa aderire violentemente la schiena di Dom alla parete, gli morde forte un orecchio.

Dom geme, stringe i pugni.

Le due erezioni si toccano.

Il suono ritmico dei pneumi d’entrambi ascende verso le nuvole.

Matt s’immerge nel collo del biondo, che poggia entrambe le mani sulle spalle del moro. La pioggia si fa più forte.

Irriconoscibili, i due amanti si strusciano in un parcheggio … la vita è proprio strana.

Dom si morde le labbra, Matt morde quelle del biondo.

Il corpo del cantante si struscia forte contro quello di Dom, quasi s’accende un fuoco da quel contatto.

I gemiti sommessi sono uditi solo dalle particelle vaganti.

-Non qui.- mugugna Dom.

-If only tonight we could sleep… If only tonight we could fall…- canta Matt di tutta risposta, con il fiatone, con la pelle bollente e un orgasmo che si nasconde fra le sue ossa.

Matt deterge con la saliva appiccicata alla sua lingua il collo liscio di Dom, deterge il suo petto, deterge la sua camicia nera.

Ora brama con la lingua la fibbia della cintura, inarcando la schiena e appoggiando le mani sui fianchi del manichino biondiccio, inerte.

E con i denti sfila la cinta, e bacia il bottone del jeans, mentre proliferano germi ovunque.

Esserini ributtanti che s’arrampicano sull’edera del corpo di Dom.

Il biondo prende a pugni la parete umida, scivolosa come il dorso di una lumaca.

-No.-

-Zitto.-

Matt apre giusto il necessario la zip, proprio come si fa quando sai di non poter cadere più in basso di questo. Avvolge fra le sue labbra viola la vergogna eretta di Dom, la verga con parole non dette, la spinge sulle pareti rossastre della sua bocca.

Dom ritrae le sue iridi all’interno della palpebra, le lascia vagare in quella membrana calda e molliccia, gli occhi si ritraggono. Le convinzioni si dissolvono, ancora. La sua coscienza corre sull’asfalto bagnato di quel parcheggio, i suoi piedi sono gelati, i suoi capelli umidi, ogni singola cellula del suo corpo eccitata, il bacino in fiamme.

‘To bring you free love’

Matt si sente offuscatamente felice.

Si sente portatore di un qualcosa, che potrebbe essere amore o solo eccitazione. Un dono fra le sue mani, una bocca umida, un’auto abbandonata, un bacino che lo sostiene.

La sua nuca che si spinge sempre più in avanti, come se sapesse già cosa fare, come se fosse esperto nel far impazzire quell’uomo.

Ancora.

Veloce.

Delirio e nirvana insieme.

Il sesso caldo di Dom che esplode fra le sue labbra.

Calore che si dipana nel suo corpo, piano, come fiele che si distribuisce per bene.

Dom emette un piccolo urlo soffocato, un lamento di bimbo, mentre si sente svuotato da ogni paura, mentre sente già che ne sta partorendo altre, di paure, che s’arrampicano in lui.

Il fiato d’entrambi che si fonde.

Le fronti sciolte in sudore, le mani gelide che cercano la bocca dell’altro.

Le dita di ghiaccio di Matt che strizzano le labbra tremanti del biondo.

‘Quanta bellezza aggredita, sciupata?’

La cintura che viene chiusa veloce, vergogna.

Un bacio sulle labbra di Dom, un bacio che ha il sapore della sua stessa essenza, che lo disgusta e lo infastidisce perché le labbra di Matt sembrano serene.

Click.

Qual è la linea di confine fra dove tu inizi ed io finisco? Esiste questa linea?

Due mani che s’incontrano e che spingono il biondo di nuovo verso l’auto.

La notte è lunga, e c’è una casa solitaria in periferia, di quelle che piacciono tanto al biondo, c’è una casa dove si può sentire il Tamigi danzare, c’è una casa dove c’è un letto mai troppo caldo e mai troppo stretto per due persone.

Click … Flash.

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice:

Eccomi, dopo tanto tanto, troppo tempo!

Perdonatemi, sinceramente, ma sono impegnatissima e non ho avuto né tempo né voglia di scrivere ultimamente.

Questo capitolo è stato…impegnativo per me, credo.

Insomma ho sofferto scrivendo, devo dire.

Nel prossimo capitolo succederà qualcosa, promesso, giurin giurello, o come ca$$o si dice .

Passo a ringraziare chiunque abbia recensito o messo la storia fra le preferite, e chiunque mi sostiene.

Prima di tutto le mie migliori amiche, che non so come, ma riescono sempre a leggere ogni singola minchiata che scrivo e riescono sempre a darmi la forza di andare avanti, di coltivare questa mia passione.

‘Coltivala come i fiori del male.’ Come dice quel matto di un prof.

Beh, e un grazie ad ogni persona lontana e vicina che mi sostiene. Vi voglio bene;

Bene, dopo il momento “ringrazia come fossi una diva”, vi ringrazio singolarmente.

 

Deathnotegintama : Adoro totalmente quel tuo ‘giusto gusto dello squallido’.

Sei un mito, grazie immensamente!

 

Lilla Wright: Le tue recensioni onomatopeiche mi fanno sempre sorridere un sacco **

Grazie mille, Lilla!

 

WhItE_mOoN92 : TU! Ahahauhauah. Grazie sempre e costantemente, non credo ci sia bisogno di dire altro. Io e te ci siamo ‘fatte’ purtroppo metaforicamente, Wembley insieme! Ahahahaha. Ti voglio un bene della malora! <3

 

_DyingAtheist : Sono stracontenta ti sia piaciuto il capitolo, e sono felicerrima che ti sia piaciuta l’intera storia.

Grazie di tutto cuore.

 

 

Beeeeh, ci si rivede.

 

S.

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Capitolo 9
*** But with your pen you torture men. ***


Breathe
 
Le parti sottolineate sono semicitazioni. Palahniuk e Morgan, se ricordo.
Forse il capitolo è eccessivamente piccolo. Scusate.

 
Click. Flash.
La gonna di lana dondolava ritmicamente, assieme ai passi poco ritmici di una donna giovane, alta e molto magra.
La gonna s’arricciava ai bordi. Era d’un colore rosso molto intenso, che ricordava il sangue e che dava alla ragazza un aria vagamente intellettuale.
Tra i seni piccoli cadeva immobile un ciondolo d’argento e all’anulare destro riluceva un piccolo anellino d’oro.
I capelli erano sempre tirati un po’ all’indietro, incastrati tra forcine.
Una polaroid era nascosta tra la stoffa della borsa da quattro soldi, pulsando di passione e di momenti incastrati su carta fantasma.
Il rumore dei passi riecheggiava in quel posto malfamato grazie alla sottile punta arrotondata delle scarpe di vernice lucida.
 
--------------------------------------------------------
 
Era tardi. Dom lo poteva sentire fin dentro le ossa, che era tardi. Lo poteva testimoniare il lenzuolo, appiccicato ossessivo alla sua pelle e l’orologio di mogano, che batteva inesorabilmente un tempo che gli faceva venire voglia di suonare. Fuori, probabilmente il sole era già alto, ma non ne era sicuro, visto la tenda e gli infissi che non permettevano alla luce di vomitare pulviscolo in quella stanza.
Matt dormiva ancora, accoccolato nel suo angolo di letto, con un lembo del lenzuolo immacolato fra le dita e un fischio impercettibile che nasceva dal pneuma di quel naso leggermente otturato. Il freddo assorbito la sera prima si faceva sentire, la bellezza di quei baci fin troppo umidi si rimaterializzava nei ricordi di Dom. Ancora una volta aveva amato Matt, ancora una volta s’era ritrovato sveglio nel suo letto ad osservarlo dormire e a pensare alla notte precedente. Ancora.
Quella notte era stata diversa. La luna pareva cantare un mantra, mentre le dita troppo calde del biondo esploravano la schiena fredda e ossuta di Matt, nudo fra lo sfarzo di quella casa in periferia. Un profumo di fiori d’arancio si diffondeva come una cupola di sogno, che tenera inghiottiva solo quella casa, lasciando Londra e i suoi maldestri abitanti fuori da quella bolla stupida di felicità. Si sa che nel mondo non c’è felicità, mai, eppure quell’odore penetrante sembrava annunciarla, come una dama bellissima che si presenta senza invito ad un ballo. Non puoi farla andar via, dopo che s’è conciata i capelli con quella maestria innata di donna.
Forse un dio distratto, un dio esotico, giocava con due bamboline woodoo dalle loro sembianze. Forse lasciava che quella mora penetrasse lentamente l’animo inquieto della bionda, e che le sussurrasse parole di conforto. Forse, ma solo per caso, l’aveva lasciate abbracciate tutta la notte, quelle bamboline malefiche dagli occhi a spilli.
I demoni del passato, ora, volavano via dalla finestra, come vento che soffia per una volta lontano da te, che non ti stravolge.
Matt s’era deciso? Voleva amare Dom in segreto, voleva cedersi?
Dom non sapeva ancora rispondere a quegli interrogativi che rimbombavano nel suo cervello e poteva solamente far finta di dormire per un’altra mezz’ora, finché Matt non si fosse svegliato di sobbalzo, rendendosi conto d’aver perso un’altro giorno di ‘lavoro’.
 
Il caffè è annacquato, pensa.
Il caffè è annacquato, le tende sono polverose e la gabbia toracica inghiotte un cuore, pensa Matt.
‘Lavami via’ pensa Matt. Wash me away.
La stanza illuminata e popolata da pulviscolo tiene in grembo 4 uomini.
Matt è seduto su un divanetto di pelle rossa e si sciacqua le guancie con quel che viene erroneamente chiamato ‘caffè’.
Dom ha i capelli sporchi, oleati quasi, e siede accanto al tavolo in legno.
Chris e Tom, sono vicini su un divano a motivi floreali, davvero inguardabile.
La saletta delle riunioni della loro casa discografica è sempre stata un tantino vintage, nel senso più dispregiativo del termine. Londra, fuori, danza su Chopin. Su quelle registrazioni che Matt ha sull’i-pod , quelle in cui si sente il respiro quasi affannato del pianista prendere groppi d’aria a etti.
Inghiottirli e buttarli giù come quel caffè che a Matt brucia l’esofago.
Vorrebbe carezzare tasti d’avorio.
Due occhi grigio verdi cercano d’incastrarsi fra i suoi, azzurri. Con una fune cercano di trarlo a sé.
Come una calamita bisognosa d’attenzione. Come una farfalla che ha pochi giorni, forse persino ore, di vita.
-Non va. - Chris si massaggia il mento ospitante barba rada.
-No, non va. - Tom ribadisce il concetto.
-Avevo sonno, stamattina. Non capiterà più. Anche Matt aveva sonno, l’ho costretto io ad uscire, ieri.-
-Non dovete cercar scuse come ragazzini! Avevamo le prove. Possiamo farle anche oggi pomeriggio, ma è per principio che mi girano le palle. Perché da un bel periodo tu e Matt, non avete più regole. Per me non è un gioco. Io ho una famiglia.-
Nessuno pensava seriamente che Chris fosse in grado di sputare insieme così tanti concetti in una volta. Eppure l’ha fatto. Wow.
-Non va, Chris.- Matt apre bocca. -Stasera non voglio esibirmi.-
-Cosa? E perché???.- Tom non dovrebbe essere lì con loro. Non è giusto, ecco. Ora parla anche. Il fatto è che Matt è da un po’ irato con Tom e le sue battutacce sul periodo buio che i Muse stanno passando.
-Il perché lo devo dire a Chris e a Dom. -
La faccia di Tom è spettacolare. Ci vorrebbe una foto ad immortalarla. Magari ci si faranno tante risate su., dopo anni. Occhi spalancati, bocca spalancata, sopracciglia inclinate verso l’alto.
Una faccia da nobel che interpreta a meraviglia il concetto di ‘Come osi?’.
Tom s’alza lentamente dal divanetto, l’espressione di Chris è contrariata. Dom osserva sbigottito ciò che non avrebbe mai creduto di vedere.
Il chiaro annuncio dell’apocalisse : Matt che litiga con Kirk.
Anni e anni, mesi e mesi, giorni e giorni di conoscenza senza neanche una discussione.
Forse perché Tom s’accontentava di acconsentire e limitarsi al suo ruolo di documentarista della band. S’accontentava d’essere eclissato dai Muse, dai suoi migliori amici. Sarebbe per tutti una pacchia, lavorare con i propri amati amici, ma la paranoia e la frustrazione non sono state inventate per caso; qualcuno doveva pur provare quelle emozioni. Beh, ecco Tom Kirk, che testa la frustrazione e paranoia.
Ecco Tom Kirk che esce scosso da quella stanza, con gli occhi di Matt che si rifugiano in quelli del biondo per non guardare quella strana scena.
- Matt, ora parla.- mugugna Chris con il pollice e l’indice a coprirsi gli occhi.
Tutti aspettano che la voce del cantante annunci qualcosa.
Qualunque cosa, tranne quel silenzio.
Questi silenziofobici, questi chiacchieradipendenti.
-Non ho voglia di suonare.-
-Si tratta di voglia?.- Chris urla. Dom tace.
-Sì. - Matt fa la primadonna.
- Matt non puoi. La band è composta da tre persone. Non puoi buttarci nella merda con te. - Dominic finalmente parla, con voce titubante. Quella stessa mattina, aveva sperato che al suo risveglio Matt fosse ancora il ragazzino dai maglioni enormi di Teignmouth.
Sbagliato.
Era la star esigente ed egoista che si rifiuta d’andare in scena. Forse per dispetto, dolore o pigrizia. O forse per tutto quello messo insieme.
Ha le punte delle dita rosse di freddo, Matt, raggelate come bastoncini di pesce scaduti. Come cibo spazzatura che qualcuno ti rifila, come se tu fossi l’essere più schifoso di questo universo.
Chi lo sa se gli alieni ce l’hanno, il cibo spazzatura.
Spazzatura, trash, come l’informazione.
Come il mondo, i clown, i ragni, il vomito, l’anestetico, lsd, lampadine rotte e sangue non tuo;
Come tutte le cose alle quali Matt pensa per non affogare nei sensi di colpa, in quel lago nel quale mugugna la famiglia intera del bassista, dove i bambini lo chiamano zio e dove Kelly gli chiede il perché di quella scelta.
Ma cazzo, lui non ha detto di voler chiudere con la band. Vuole solo un attimino di pausa.
Come a Natale, quand’era sedicenne. E passava i pomeriggi a spruzzare la neve finta tra i capelli di Dom che lo spintonava, irato. Le finestre accese, le ombre tutte insieme a conversare.
Come le palline rosse di vetro mezze rotte, mutilate.
Il temporale. Le mele. Napoleone. Il buio.
Anche se non fosse stato Natale, Dom sarebbe stato lì lo stesso, a spintonarlo.
Ora no. E’ questa la vaga impressione del moro.
-Sì che posso. Chris, Dom. Non sono in grado di suonare. Mi sento male.-
-Quanto vuoi?.-
-Due settimane, almeno.-
-Bene. Chiama gli organizzatori. Scrivi su Twitter delle scuse calorose e dì che t’è morto il pesce rosso.-
A Matt viene in mente Wish you were here.
Le anime rosse nella boccia di vetro. Secondo quella canzone era una cosa positiva vivere in una boccia col proprio amante.
Dom sembrava prendersi tutto lo spazio, però, in quella strafottutissima boccia. A Matt mancava l’aria, chiuso lì.
Voleva un letto e Dom.
Non una boccia.
Forse Matt non aveva capito un cazzo di quella canzone. Forse Matt non aveva capito un cazzo neanche della vita.
Chris chiude gli occhi. Dom s’alza e si siede accanto a Matt sul divanetto rosso.
‘Lasciami un po’ d’aria in questa boccia, amore.’
-Perché vuoi farlo?.-  alita Dominic.
Forse Chris non ha neanche sentito ciò che Dom gli ha detto, sussurrando caldo nell’orecchio.
Matt chiude forte le mani a pugno, finché le nocche non arrossiscono.
Poi stende le mani fredde e sente le dita schioccare leggermente. Il palmo formicola forte, come se tanti spilli lo infilzassero.
La luce dà alla stanza una sfumatura azzurrina, sembra di vivere in uno di quei film francesi da pellicole strane. Quelli in cui gli attori decadenti baciano la propria donna molto lentamente.
Tutto blu, come le labbra della loro canzone.
Come gli occhi spalancati di Matt sedicenne che a Natale si versava la cera liquida sui polsi e la lasciava seccare, coi palmi rivolti al cielo ed un’espressione rilassata sul viso. Si sentiva il dio del suo mondo personale.
La porta si spalanca.
Tom entra col capo chino, guarda di sbieco Chris e sussurra un ‘potete venire di là, per cortesia?’
Sembra un dipendente qualunque, una parrucchiera carina che concia i capelli con troppa lacca.
Tom è spaventato.
Anche Chris ora è turbato. Ancor più di prima.
-Che succede?.-
-Dovete vedere una cosa. - a Tom la voce tremola, come se l’ugola stesse per morire.
Matt stringe per un attimo la spalla di Dom e fa leva su di essa per alzarsi. Il biondo, come una marionetta s’alza e raggiunge Chris, ormai uscito da quella stanza blu/fredda.
Migrano nell’altra stanza, leggermente più buia.
Il neon bianco punge la retina degli occhi di Matt.
Sul tavolo nero di pece, stanno alcune riviste. Chissà quante notizie stupide, in quegli insulsi giornali. Rumors, pettegolezzi inutili. Mentre qualche donna africana muore col proprio bambino al seno. Mentre un nuovo Giuda governa un paese corrotto fino all’osso. Mentre le televisioni plasmano la mente di giovani senza ideali. Mentre l’uomo elefante piange e la donna barbuta scopa. Mentre un insetto t’entra sottopelle e t’uccide lentamente.
Alberi sacrificati per un giornale, per qualche donna non depilata, che vuole a tutti i costi sapere il nome dell’escort con cui se la fa’ il premier.
‘Il Grande Fratello non ci spia. Il Grande Fratello c’intrattiene’
La speranza cade come una mela troppo matura.
E quell’ammucchio di fatti irrilevanti e probabilmente falsi giace sul tavolo della saletta londinese.
-Guarda.-
Tom quasi non parla. Forse è morto qualcuno tipo Lady D.
Forse il loro ex produttore è schiattato. Forse è schiattata la groupie preferita di Tom.
Anche lui andava a puttane.
Matt pensa a tutto, tranne che quel giornale possa parlare di lui.
Poi, vede su quelle pagine sottili, una foto sbiadita, scattata probabilmente al buio.
Le foto si moltiplicano.
Poi Matt riconosce dei ciuffi biondi, una chioma mora.
Riconosce il suo maglione largo, nero, abbinato al cielo.
Poi riconosce il parcheggio di barboni.
Riconosce immagini confuse.
Un bacio
.
Riconosce un singhiozzo di Dom, dietro di sé.
Riconosce il calore sulle sue guancie.
Riconosce un lieve giramento di testa, e poi non percepisce null’altro.

 

 

Spazio dell’autrice:

Devo dire che ho paura.
Forse ho rovinato questa storia.
Vi prego di non pensare al ‘fatto’ della foto come una cosa positiva. Insomma, non credo lo sia.
Ora son cazzi. Per me, intendo!
Beh, vorrei ringraziare chiunque m’ha recensito:

 
Deathnotegintama : Tu. Devi finirla d’osannarmi. Devi scrivere.
Tu devi e basta.
Scusa se questo non è un ringraziamento adeguato, ma ho un po’ di febbre.
Ti voglio bene, genio.

N i s h e: Se nel capitolo prima eri felice del ritorno di Matt, beh, ora devi penare un altro po’.
Spero tu non mi voglio a male per questa strana svolta della storia.
Ti voglio bene, tesoro.

MuseLover: Ma grazie infinitamente. Tu sai farle le recensioni. Arrivano dritte al cuore. <3

BrokenGlass: Tu che mi dici che l’intero BellDom può essere sintetizzato in quella frase, è una delle cose più belle che mi siano mai state dette.
Tu che sei un amore e che hai una vocetta adorabile.
Grazie di tutto.
Ti voglio bene.

_DyingAtheist: le sai fare le recensioni! E ne sono onorata di riceverne da te.
Grazie tantissime.

Lilla Wright: Non ho davvero nessuna intenzione d’ucciderti ad ogni capitolo, tesoro, ma se la cosa è positiva, allora mi fa più che piacere!
Tu e le tue faccine! Le tue recensioni sono un’ondata di simpatia e soddisfazione.
Grazie!

 

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Capitolo 10
*** Bah. ***


Breathe
 
Ci sono più citazioni dei Baustelle qui' che in una loro canzone.



 
Il telefono urla con lo stesso decadente squillo senza età che si ripete all’infinito come i motivi floreali sul tubino dell’atricetta lavata con saponi sporchi francesi.
Prendere fiato dopo questo lungo periodo.
La voce troppo acuta d’un pianto e d’un mugolio invoca quel nome che inizia con la D. e con le labbra rifinisce i confini della realtà.
-Ci prendiamo un tè a casa tua?.-
E il punto interrogativo non dovrebbe esserci, dato il tono di Matt. Non è una domanda ed ha la stessa lucidità di pensiero che si ha dopo essersi amati da soli, con una mano a toccare i boxer elasticizzati. Quando l’aria scricchiola e tu ansimi solo.
Niente. Non c’è lucidità.
 
Dentro la vasca sporca come il cielo, sporca di umori e orgasmi, sporca di prostituzione, nera come quella di un motel, pelle morta che galleggia.
-Che sarà di noi?.-
-Non urlare questo mentre vengo.-
Ora viene, Matt.
Nella vasca sporca.
I due corpi si spingono, si sta stretti e l’acqua ormai è fredda.
‘E’ la mia droga non può farmi male’.
Dom affonda nel lerciume della pozza ad inghiottire acqua ed a baciare il membro sommerso di Matt.
I capelli aderenti al collo.
E la mano di Matt si sommerge e va fra le natiche di panna e caffè del biondo.
E vagano violente e fanno ‘splash’.
E fa freddo. Molto freddo.
Come quella sensazione, quando il mondo ti rinnega e tu lo lasci fare. Lo sapete vero? Quando ti recludi. E diventi intellettualoide. E diventi strambo e tutti ti vedono distorto. E da quel momento tu sei un tipo strano un tipo che no, la figlia quindicenne il tuo concerto non lo vede, un tipo che le mani del tuo amico D. ti fanno morire. Diventi un tipo gay sporco più sporco di quell’acqua. Matt non voleva divenire quello. Per un po’, per ora poteva esserlo. Poi basta. Era il momento di scoparsi qualche bionda e vaffanculo Dom e…E.
Era il momento dell’alibi e dei pensieri confusi. Era il momento dei Doors. E di Hoodoo. Era il momento di non urlare per le carezze di Dom che –mio dio- non poteva stare di più lì sotto senza schiattare.
E la mano nodosa di Matt lo tira su di peso per i capelli e lo lascia respirare un po’ e poi gli bacia quelle schifose labbra gocciolanti che –mio dio- vorrebbero fargli schifo. Dovrebbero.
Poi lo lascia respirare un altro po’ e Dom mangia e addenta l’aria.
E Matt gli dice –Non è ancora giunto il momento che tu muoia. Non con la bocca sul mio pene. –
E sembra tanto una cosa della quale ridere .
Grottesco.
E Dom no –Buon dio- non parla.
E in casa squilla il telefono, e forse potrebbe essere Matt, ma no che dice? Matt è lì.
E Matt lo ribacia e questa volta c’è più lingua. E nell’acqua tutto pesa di meno. Tutto, che parolone.
Gli occhi del moro sembrano più liquidi. D’un blu lago malato.
E D. non sa parlare, ma sorride con quella faccia da bravo ragazzo.
Nel 1991 suo padre diceva che avrebbe potuto far carriera da avvocato. Persino il giudice più spietato, diceva, si sarebbe sciolto di fronte a quegli occhi grigi. Ma questo è altro. Suo padre è morto. Quella costatazione non è più vera. Nessuno la pensa. Niente è più vero. Nessuno pensa.
Matt non s’è sciolto con quegli occhi. No.
Matt parla con parole di burro. Con paroloni scivolosi di bolle e bagnoschiuma.
Matt recitava un canto cauto d’addio.
-Non credo ci dovremmo più vedere. Non in queste circostanze.-
Ma a Dom non importa, no davvero.
Dovete credermi! La scrittrice sono io!
La vasca diveniva l’acqua del mare increspata, il soffitto di stelle cadenti crogiolanti spuma di blu acceso e radiazioni.
A D. non importa di quell’addio.
-Insomma tu fai finta di nulla.-
Dom non era ingenuo. Di addii ne aveva sentiti tanti. Nessuno era così poco credibile.
Matt sarebbe tornato arrapato da lui. Piangendo.
I giornali si sarebbero dimenticati quel bacio.
Dom non aveva paura. Matt era suo.
-Ma non credere che per me non sia contato niente.-
E Matt, mentre ciarla, con le dita raggrinzite, ripercorre le labbra del biondo.
Dom di collant ne ha visti tanti.
-Non t’amo. -
Primo bacio. Le labbra del moro tremano viola.
- No. Non t’amo. –
Un secondo bacio. La lingua callosa percorre i denti del biondo. Sono lisci.
- Non mi attrai.-
E le erezione spinge contro l’ombelico del biondo.
- Sono felice, così, senza te. –
Sotto la palpebra, poco sotto, lì, c’è una lacrima nascente.
D. lo sa, D. non ha paura. Ora, no.
-Matt ti amo.-
-Anche io, amore mio. Ti amo all’infinito Dominic.-
-Matt ti amo.-
-Si’ Dom. E non t’importa nulla.-
-No, nulla.-
-Ma a me sì.-
-Fa niente. Io ti amo.-
-Sai che sono tuo. Lo sai, vero? Non lo dimenticare.- soffia M.
-Lo farò forse. Sto pensando di farlo.-
-E’ un addio.-
-No che non lo è-
 
Matt, prima di uscire dall’appartamento di D. , ha scritto su un post it, con grafia barcollante ‘Io ti amo.’
Poi, con passo deciso è uscito a cercasi una donna. Magari una famosa, con la quale accecare i giornali.
Dom, forse, ha pianto, ma io non sono di quelle scrittrici onniscienti e comunque, ora, lo lascerei un po’ solo.
Nel suo asettico appartamento, col suo asettico umore, nella sua asettica Londra e con fra le dita la nient’altro che asettica sigaretta.
 
E friggiamole, ‘ste paure.
 
 
Non ho neanche il tempo di ringraziarvi uno alla volta.
Giuro che questo è un capitolo di transito. Giuro che nel prossimo ci sarà qualcosa.
L’ho scritto dormendo. Sto male e la vita va, male ma va.
Grazie per aver letto fin qui. Se ne vale la pena.
S.

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Capitolo 11
*** People are strange; ***


Breathe.
 
Tracce di Morgan, here.
I Muse non m’appartengono.
 
 
E’ quasi Natale, la gente ha voglia d’acquistare, fino allo spasmo. Una leggera pioggerella, mai sinuosa quanto quella londinese, invade New York. La città si dipinge di luci, si veste di flanella. Nelle case la luce si fa artificiale. Il comignolo di qualche casa sbuffa e i nasi diventano rossi.
Mai rossi quanto quelli inglesi;
Le radio parlano. (Mai quanto quelle inglesi; o forse sì, forse di più.)
L’America sembra la falsa culla della libertà.
Matt Bellamy non ama particolarmente quel paese. Perché…è falso dai tetti cesellati ai tombini putridi. Come l’intero mondo, direte ora voi. No. Di più.
L’America è posticcia, costruita. Non è spontanea.
Le penne inglesi scrivono meglio anche se tutte prodotte in Cina.
I waffles sono troppo dolci a New York (La ‘Y’ sarebbe allungata, se Matt la dovesse scrivere, ora.).
La vita è troppo dolce a New York; ti rimpinzano di false verità condite con zucchero a volo, ti lasciano sguazzare nell’ignoranza. La CIA opera, intanto.
“Moriremo tutti per questi cazzo di americani.”
Gli esistenzialisti russi sciano.
Parlano in modo sguaiato, gli abitanti del continente libero. Matt cammina, fiancheggiando il corso gremito di capelli e negozi.
Al primo “pub”, o ciò che ne sembra l’ombra, entra. (Differenza termica altissima; mani tremanti.).
Al tavolo di legno rossastro, sdrucciolato dipinto forse, si potrebbero sedere attorno 6 persone. Matt lo occupa da solo. (Ordina una guinness).
Mentre la sorseggia un mucchio di capelli d’un biondo indefinito (mica quella gradazione bionda inglese), gli si piazzano di fronte. Sono ciocche di base nere, schiarite poi in una tinta di cattivo gusto. Americana. (Forse dozzinale).
“Sarà una fan.”.
La suddetta si siede proprio al suo tavolo da sei.
Ha degli occhiali da mosca che le coprono il viso. Matt si chiede perché non s’è coperta le orecchie sproporzionate coi capelli scoloriti.
//Pensiero veloce//
Dominic Howard, aveva i capelli arancioni scambiati, eppure era bello. Gli leggevi sulle tempie la stanchezza. Era troppo tempo prima.
-Mmm…ora mi trovano, quelli.- (Scava di continuo nella borsa di stoffa a chiazze, molto vintage.)
-Chi diavolo sei?.-
Quell’ammasso di sciarpe lo guarda (o sembra farlo, dato gli occhiali.) d’improvviso. Come se non l’avesse neanche lontanamente notato.
-Sono Kate Hudson e se mi fotografano con questa faccia sono cazzi; dovresti saperlo tu, che ti fai cogliere a limonare col tuo amichetto, Matt. -
 
Tom Kirk aveva mutato il modo di guardare Dom. Tutti l’avevano fatto. Mentre Matt era codardamente scappato chissà dove con chissà quale aereo e chissà quale pensiero in quella chioma nera. Dominic Howard mangiava del cheesecake e dialogava (forse) con Tom, che sembrava una suora che prova a farti convertire alla religione Orto-cristo-buddaica.
Insomma, uno di quei giorni odiosi, in cui ti chiedi il perché di tutta quell’odiosa inerzia.
-Non è cambiato nulla; i fan vi amano, alcuni sono persino contenti dell’accidentale outing.-
-Non è un outing.-
(Tom fece finta di non sentire.)
-Allora! Il tour inizierà fra un mese, Siamo in Australia.- Tom rifiutò un tè.
-Ok…m’annoio.-
-Come ok? E come t’annoi? Non hai progetti?.-
-M’annoio solo a pensarci. A quello ci pensa Matt, datemi solo una grancassa vi prego.-
-Bene! Vedo che sei molto positivo. E Matt?.-
-Boh!-
-Come “boh” !? Dov’è? Non te l’ha detto?.-
-No, Tom. –
-Avete litigato? Vuoi qualche consiglio?.-
(Odiare il perbenismo come mai prima di quel momento.)
-Non sono un’adolescente. E poi dovresti chiedermi quando, io e Matt, abbiamo mai fatto pace. –
-Quando?.-
-Semplice: mai.-
-Wow…-
-Non recitare la parte di Chris…Fai il manager cazzuto. Ti riesce meglio.-
 
Continuiamo a respirare.
Inspira ( pulviscolo che pizzica il tuo naso.).
Soffia forte l’aria fuori dai tuoi polmoni (finché fa male, respira.)
Kate ha un bell’appartamento. Si vede che non l’ha arredato lei. La moquette color sabbia e le pareti perfettamente bianche (quasi spaventose) fanno sembrare l’ambiente caraibico. Il sole filtra attraverso le finestre, districandosi in raggi di luce che illuminano solo ciò che amano. (il volto di Kate non è illuminato. Quello di Matt per metà.).
Il tutto è abbastanza piacevole.
L’aria fresca, frizzantina, il sole d’inverno che illumina gli odori. La pioggia incrostata ancora sulle strade profuma di buono. Il gelo sembra sciogliersi.
Matt dimentica tutte le sensazioni che lo intrecciano ai giorni precedenti (hotel;parcheggi;giornali;vasche). Annebbiarsi la mente fra quella luce non è difficile. Mimetizzarsi in un po’ di normalità, offuscare il proprio riflesso in uno specchio appannato (passeggiare con un gelato con Kate affianco, fino al suo appartamento.)
-Map of your head.-
Sorridere. ( Si mostra il dentino sporgente.)
Intrecciare i capelli di Kate.
-Map of your head.-
Darle un bacio sulla guancia e ringraziarla.
                                                                     (La conosci da circa 5 giorni, 3 ore, 15 minuti e 25 secondi.)
Scendere senza ascensore.
                                              (Speri in qualche paparazzo.)
 
 
 
 
Salve, sono tornata con questo capitolo molto (molto molto molto molto) corto e, non so. Non mi piace assai. (come sempre, direte…a chi vuoi rompere, direte. Ebbè.)
Passo a ringraziarvi, o miei angeli.
(Ringrazio Steve Vai & Alessia N e F. Arianna M and so many people.)
Lady Of The Flowers: Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Nient’altro. (L)
N i s h e: Io credo seriamente d’amarti. E credo sia irrilevante dirti quanto il tuo giudizio sia per me importante. Mi sono ritrovata a scrivere anche solo per te, certe volte. I adore you. (LL)
_DyingAtheist: Solo sesso, tante parole ma poca realtà, poco amore. Esattamente ciò che rimprovero a me stessa; Baustelle? Aria! <3 Grazie immensamente.
idiotofsuburbia: Ma figurati, puoi anche perdere tutte le recensioni di questo mondo, ma sarai sempre un tesoro *-* <3 Tnx!
SoberDH: Tu! Io ti conosco, compaesana (nevvero?) e sono ONORATA di piacerti. Davvero, la tua recensione m’ha fatto sentire…mmm…importante! *inchino*
Grazie infinite, carissima!.
Deathnotegintama: Sei fra le mie preferite; ergo, è un onore saper che tu apprezzi ciò che scrivo. Inoltre, sei una persona che stimo molto. Oooooh, cara. GRAZIE.
Arrivederci e cheeeers!
Ah, quasi dimenticavo, HAPPY B-DAY MIMMOOOOO ( Dom;) <3

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Capitolo 12
*** Love is forever. ***


Breathe. Ultimo capitolo.

E così, come se dio avesse deciso di concludere tutto, Matt si preparava ad uscire. La camicia coi polsini eleganti filava sul suo busto come una nuvola indossa il cielo. Inghiottiva il plesso solare.
Come si può discernere il vero dal falso? Come poteva, Matt, sapere con assoluta certezza che non fosse tutto frutto della sua mente?
Schizofrenia. Forse Dom non era mai esistito (avete mai visto ‘A beautiful mind’?).
Era notte, comunque, se v’interessa.
Era notte ed il nero pallido permeava cielo e terra, in un’unica macchia sulla tavolozza del creato. Il grigiore metallico della vita cittadina sapeva di sangue; e, come le ferite più recenti, bruciava sulla pelle di Matt, pulsava di noia e accidia e tedio e tristezza, in un cocktail rosa col limone.
Se il moro avesse potuto scegliere come esprimere quello stato di vita, avrebbe sicuramente scelto una canzone anni ‘60 post-boom economico italiana con il ritmo di batteria che procedeva a suon di rullanti e la cantante coi fianchi troppo larghi e.
Ciò che conta  non è esprimere a tutti i costi quello che si prova, ciò che conta è come lo si esprime.
Il modo, la maniera. Gesticolare aiuta.  Un quadro ancor di più. Musica? Perfect.
La gente pensa che la fine sia un concetto negativo. La rifuggono come fosse Satana, la odiano e la piangono. Povera, povera senza dubbio, Fine, che aleggia su di noi come lampadari di cristallo, come musica jazz e il suono del fiato del pianista. La fine è necessaria e, come tutte le cose necessarie, aiuta.
Il mondo non pensa, probabilmente.
Perché altrimenti qui c’è solo una persona sveglia nella notte ad amare Chopin?
Matt lo sta stuprando.
E, come dicevo, Matt è pronto. Ed ha un bel vestito, oh sì, bellissimo. Ha il profumo (Sunhorus si chiama). Ha un bel vestito nero di raso, la camicia nera, gli occhi neri, i capelli neri, le labbra nere. Unghie, polmoni, epidermide, intestino, orecchio, femore, prepuzio, lingua, alluce.
Tutto nero come il buio. Che poi, se ci pensi, il buio non è nero, il buio è del colore dei tuoi pensieri e se chiudi gli occhi e li stringi vedi un foglio fucsia e rosso e arancione ed urli a tua madre che vedi i colori ad occhi serrati.
Se tutti guardassero la vita entusiasti come i bambini che carezzano i colori delle proprie palpebre, ora la Terra magari si chiamerebbe Cielo. E questo globo avrebbe un nome più suntuoso.
Anche l’auto di Matt era nera. E non voleva un’autista perché era virile guidare, e ti faceva sentire bene, e i ragionamenti sul cambio e sulle marce e sui freni occupavano abbastanza spazio nella scatola cranica di Matt da non lasciarlo pensare troppo.
Guidava, quasi ad occhi chiusi, che per la strada non c’era anima viva.
Kate Hudson aveva un corpo bellissimo. Potevi immergere il naso nella leggera depressione fra la sua spalla ed il suo collo, potevi estrarre il suo odore direttamente da lì e startene steso sul letto per abbastanza tempo da dimenticare il tempo stesso. Non aveva un odore particolare. Sapeva d’agrumi e pelle, semplicemente. Qualche bagnoschiuma ai sali minerali infestava le sue cosce, e i capelli sembravano commestibili. Matt non li aveva addentati per il brutto aspetto della tintura.
Tutti si lamentavano. Kate, la sua dama di corte, non andava bene. Eh sì. Matt era stato abilmente raggirato da quella megera, preso per il naso e attratto nel suo letto. Matt cercava coperture. Kate lo ingannava. Kate bike. Kate puttana. Kate brutta, coi capelli sporchi, la coscienza sporca, Kate c’aveva provato prima con Dom, Kate voleva un anello, sporca, lurida Kate, Kate profumava d’argento e piangeva perché aveva un figlio ed una casa fatta da tanti alberghi. E piangeva perché il suo odore non bastava. Perché neanche il filo rosso del destino avevo legato a sé un uomo. Kate, sempre quell’essere dai gusti orribili nel vestiario, si spruzzava addosso profumi improponibili per coprire la sua fragranza di donna usata e ferita come fosse una spazzola rotta, una donna copertura per i giornali e i tabloid che tutto sapevano di Matt e Dom e tutto, allo stesso tempo, dimenticavano, ogni giorno che passava e che Matt baciava con la lingua Kate nella piazza newyorkese.
Sapete vero, dov’era diretto Matt?
Sapete voi, che c’è un limite? Anche io ho un limite, non posso ancora crogiolarmi qui a parlarvi dei mille dolori di questo amore. Non più.
Ebbene, Matthew James Bellamy, coperto d’un profumo che era perfettamente il suo (acqua di mare & foglie bagnate di pioggia, forse), si dirigeva con l’anima in pace verso casa Howard. E sorrideva.
E si sentiva come il sole di Settembre. Che s’inclina verso l’inverno ma scalda, oh sì, scalda ancora.
Arrivato, scese dall’auto; e sulle labbra portava solo un nome.
Un nome che si dipanava dal suo labbro superiore fino a toccare la lingua calda e la trachea, un nome che vibrava sulle corde vocali e che cercava aria.  
E il tempo fuggiva veloce mentre Matt faceva suonare il campanello.
Aspettava, i minuti lo disarcionavano.
Il cielo che spariva, la terra che spariva, i ricordi che sparivano.
La porta cigolò. S’intravide un volto, timido, ed una voce di velluto “Matt”, disse la voce.
Il profumo di Kate sparì; si dissolveva nell’aria.
E il nome che da tempo sostava in agguato sulla lingua, il nome che da tanto aspettava di mostrarsi al mondo e prendere aria, si liberò.
-Dominic-  fu ciò che disse Matt.
E i suoni aleggiavano sulle teste dei due.
Dom pensò che non aveva mai gradito così il suono del suo nome che, pronunciato da quelle labbra, sembrava una dolce litania.
Allora Matthew fece un passo maldestro verso Dom; gli sfiorò una guancia con il polpastrello. Percorse il mento poco accentuato del biondo, carezzò le lebbra semiaperte, e pizzicò le palpebre d’ecopelle chiuse di Dom. Gli occhi di Matt, biglie di plexiglass, erano aperti languidamente, sembravano aver cambiato tonalità di colore, erano d’un azzurro più dolce, come un cielo limpido.
La bocca del moro s’avvicinò al naso di Dominic, lo baciò, piano. Le labbra che, morbide, si posavano sul naso perfettamente dritto.
-Hmh…Matt, entriamo.-
Gli occhi d’entrambi s’aprirono e i piedi decisero per loro che era meglio entrare, onde evitare d’essere ancora una volta colti da occhi maligni.
Chiusa la porta, i due si concessero un lungo abbraccio.
Non c’era tempo per le parole, così i concetti sostavano a mezz’aria. Rimanevano imprigionati nelle particelle d’ossigeno che volavano lì.
Le mani tremanti di Dom si fermarono sulla camicia del cantante, e con estremo imbarazzo iniziarono a sbottonarla. Piano.
Le mani di Matt, semplicemente, giocherellavano con una ciocca bionda rigirandola mille & mille volte.
La camicia nera, più nera del greggio, di Matt scivolò sul pavimento freddo;come anche la felpa grigia di Dominic, la quale zip ben presto gemette d’odio nei confronti d’un paio di mani da pianista.
Entrambi si ritrovarono a dorso nudo.
Le labbra di Dom, elastiche, sembravano malleabili come creta fra quelle di Matt. E ballavano, le bocche, con saliva e calore.
I cuori, coperti solo dal leggero strato d’epidermide, sembravano urlare e gridare e scalpitare.
I due si sederono sul divano nero, cuore contro cuore, petto contro petto, bocca contro bocca.
E poi Dom percorse con i polpastrelli i disegni sottopelle delle scapole di Matt.
Lo guardò e disse : ‘Sembrano rondini in volo ’.

                                                                                 *

Mentre la pioggia batteva sui vetri, mentre i tassì incasinati correvano sull’asfalto londinese, mentre un paio di cuori formavano una capanna, il soffitto di casa Howard aveva assorbito le mille parole non dette fra i due.
Volarono ‘ ti amo ’ e ‘ti prego ‘ e ‘per sempre’ che si disintegravano contro i vetri abitati da gocce d’acqua piovana pellegrine.
Quattro mani giocavano a rincorrersi fra le lenzuola bianche come gigli. Sembravano bambini, mentre Matt carezzava il fianco destro del biondo, che ridacchiava di cuore, le guance rosse, gli occhi appannati d’amore.
‘Ho deciso di perdermi nel mondo; anche se sprofondo. Applico alla vita i puntini di sospensione’.
E le labbra di Dom che avvolgevano l’orecchio del moro, che aveva  una (non molto credibile) espressione corrucciata.
-Matt ?-
-Hmh…-
Dom lo fissò negli occhi.
-Non voglio farti promesse eterne e vane. Non voglio star qui a giurarti fedeltà eterna, o a donarti il mio cuore. Anche perché sarebbe inutile. Volevo solo farti sapere che, qualunque cosa ne sarà di noi, sarò pronto ad accoglierti. Come una casa; voglio essere la tua casa, Matthew. -
Il moro rise, grattò il collo d’un Dominic rosso d’imbarazzo.
-Ma cosa dici? Tu sei già la mia casa. -

E forse fu la nostalgia d’una vera casa, forse fu il mondo che non poteva fare da soffitto a quei due cuori, forse semplicemente nulla, forse il vento a convincere quei due cuori ad unirsi definitivamente.
Come fossero legati in un ammasso di cellule e sangue da pompare; come il cielo.
E quegli anni d’odio, d’amore, di dolore si cicatrizzarono, lasciando solo un vago segno di ciò che erano stati.
Unintended risuonava chiara.
Il sole ruotava, il mondo parlava. Matt & Dom s’amarono, come non mai.
Ed una canzone commercialotta, di quelle che un po’ vorresti rinnegare, suonava alla radio.
Volete sapere cosa diceva?
Che il loro amore sarebbe durato per sempre, sarebbe riecheggiato in tutti gli stadi, avrebbe superato la morte, la bugia, il pregiudizio. Sarebbe sbocciato oltre le nuvole e l’oceano. La batteria a riecheggiare nel buio delle stelle, la voce di Matt col fiatone che urlava con tutta la forza che aveva in corpo, con tutto il suo sangue, tutti i suoi polmoni, che l’avrebbe amato per sempre.
Che il mondo crollasse, allora.
Una capanna fatta di due cuori e due paia di mani e due bocche avrebbe scalfito persino l’infinito.


                                                                  Fine.

Spazio dell’autrice.
Sì, ecco piango.
Piango perché davvero, questa fan fiction è stata un’avventura fantastica. Spero che la conclusione vi sia piaciuta. Sapete, la parte finale, scritta ascoltando Neutron Star Collision live at San Siro (<3), è un po’ singhiozzante, come d’altronde stavo scrivendo.
Oh, è stati difficile, eh? Ma è stato bello, sì che lo è stato. E mi sento tanto cresciuta da questa storia, mi sento cambiata nel modo di scrivere e di vedere le cose. Sono contenta, commossa.
Volevo proprio finirla per la fine dell’anno, e oggi è il 31, andiamo giusto giusto, quindi. Beh, è durata quasi un anno, forse, quest’avventura.
Grazie, vi vorrei ringraziare uno per uno.
N i s h e : GRAZIE.. Grazie di tutto, tesoro. Sei stata dolcissima, e carissima e m’hai sempre sostenuto. Ti adoro.

Lady Of the Flowers: Grazie, sei d’una dolcezza unica. Grazie, sono onorata delle tue recensioni :’)

Deathnotegintame: Grazie mille, cara, non sai quanto ci tengo al tuo giudizio. Grazie grazie grazie.

_DyingAtheist: *inchino* grazie mille, mi fai sempre arrossire. Grazie grazie grazie.

Chi l’ha messa fra i preferiti.
BrokenGlass (<3)
Cydonian Kide
Deathnotegintame
Idiotofsuburbia
Korallina84
Lady of The Flowers
Lilla Wright (<3)
N i s h e
_MedullA

Fra le seguite.
Desired
MicroCuts
Rbd
_DyingAtheist

E chi, infine, m’ha sostenuto in maniera particolare.
Alessia F & N, Riccardo anche se non lo sai, la mia musica, mia madre che urla al televisore che Matt è un genio, Ilaria Morgillo perché è entusiasta, i Muse perché si lasciano diffamare da me. Tutti gli artisti dai quali ho preso spunto.
La mia omonima; N i s h e, TU- Tewwy. And many others.


Ci vediamo presto, carissimi lettori, spero, con una nuova fanfic :°D
Baciiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Silvia.


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