E' solo tempo

di Lifelossleaving
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tornare a ...''casa''? ***
Capitolo 2: *** Cazzo..cioé ciao, cioé..CAZZO. ***
Capitolo 3: *** < già mi manchi. Torna a casa, torna da me. Subito. > ***
Capitolo 4: *** Debbie vede e provvede ***
Capitolo 5: *** “ detto fatto!” voleva vederlo ed eccolo accontentato. ***
Capitolo 6: *** Voglio sapere cosa significa questo posto per te ***
Capitolo 7: *** Anche se va male, anche se FA male. ***
Capitolo 8: *** Lo hai lasciato proprio dopo aver ottenuto quello che avevi sempre voluto ***
Capitolo 9: *** Lo avrebbe rivisto, e niente sarebbe stato più come prima. ***
Capitolo 10: *** Sei mio di nuovo, raggio di sole. ***



Capitolo 1
*** Tornare a ...''casa''? ***



CAPITOLO 1.
 
Justin‘s P.O.V.
 
“È solo tempo”. Durante tutto il tragitto quelle parole risuonarono nella sua mente come una canzoncina sentita mille volte alla radio, ma facevano male.
Solo tempo, aveva detto Brian, e sicuramente ci aveva creduto... in quel momento. E adesso? Avrebbero avuto ancora senso dopo un anno intero lontano di casa?  E soprattutto avevano senso per lui?
 Il motivo del suo ritorno non aveva nulla a che fare con Brian, eppure appena passato il cartello “Welcome TO Pittsburgh”, la sua faccia era l’unica che riusciva a vedere: ogni ragazzo, uomo e persino bambino avevano il suo volto.
 Il motivo che lo aveva riportato nella gloriosa Pittsburgh di glorioso non aveva proprio niente, o meglio, niente che gli interessasse particolarmente. La piccola Molly, la piattola di casa Taylor ( ammesso che esistesse ancora una “casa Taylor”) si stava per sposare e Justin, come buon membro della famiglia, aveva dovuto mettere da parte il lavoro, la sua attuale vita  e soprattutto New York per festeggiare il lieto evento.  
 
Brian‘s P.O.V.
 
<< Theodor! Vuoi muovere quel cazzo di culo e portarmi quei cazzo di conti? >>
 
<< Arrivo! >>
“Eccolo lì. Corre con quei dannati conti in mano finalmente! “
Era un bravo impiegato indubbiamente, Brian non poteva dire nulla, i numeri erano sicuramente il suo talento ! in fondo però, che gusto c’era tenerlo lì se non si poteva stuzzicarlo un po’?
 
<< allora, Kinney, hai risolto la faccenda con la Brown? Ti hanno risposto? Passeranno da noi oppure no? Lo sai che devo preparare le carte nel caso in cui->>.
 
<< Stai calmo, Ted! >> Era sempre così agitato. <>
 
<< Brian ma è un lavoro immane, vorrei almeno essere sicuro che..->>
 
<< Theodor, tesoro, ora ho da fare! >> avrebbe mai imparato a non interromperlo? << Il tuo lavoro è preparare quelle fottute carte quindi fallo.  Come ti dicevo, ora devo andare, Michael ha bisogno.- >>
 
<< ..Di una mano come al solito, lo so. Ci vediamo dopo! >>
 
<< Non finirmi le frasi, lo sai che mi fa incazza-  >> finire le frasi. Din-Don. Quest’abitudine era di qualcun altro. Qualcun altro, già. Qualcuno che non vedeva da più di un anno e qualcuno a cui di sicuro non voleva pensare adesso. 
Brian raccolse le carte dalla scrivania e uscì in fretta dalla stanza, senza degnarsi di salutare.
 
 
Justin’s pov.
 
L’inverno era decisamente arrivato, persino più freddo del solito.  Le strade di Pittsburgh non erano cambiate, sempre gli stessi negozi, sempre le stesse persone.  Forse, però, era sbagliato aspettarsi il contrario: in un anno e due mesi non cambiano molte cose o almeno, non sempre. Se ripensava a quanto era cambiato dalla prima volta che aveva visto Brian all’incidente con Hobbs! Un anno e qualche mese e la sua vita era diventata un’altra cosa, migliore, peggiore non era possibile dirlo, ma diversa sì. Quello era sicuro. Incontrare Brian in Liberty Av. aveva cambiato la sua vita per sempre, lo aveva reso consapevole di quello che voleva, di chi voleva e di come lo voleva.
Era impossibile pensare a Pittsburgh e non pensare a Brian , nonostante ci avesse vissuto ben 17 anni prima che lui fosse entrato nella sua vita, tutto quello che c’era stato prima o che ci sarebbe stato se solo quella sera avesse evitato di andare, se fosse davvero rimasto a dormire da Daphne e non fosse entrato in quel loft.. o magari se solo se ne fosse tornato a casa dopo l’ospedale.  L’ospedale- Lindsay - Melanie.. e Michael e Debbie. E Ted ed Emmet. Si era sbagliato, Pittsburgh non era solo Brian Kinney e quella sera non aveva solo significato incontrare l’amore della sua vita, aveva significato trovare una famiglia, una vera famiglia, che lo accettasse per quello che era, senza fare domande. Non troppe almeno.
Il Babylon era stato ricostruito ma lui non aveva mai avuto la possibilità di vederlo, non dopo la sera dell’esplosione. Non che ricordasse quella sera per quel particolare motivo, certo. Quella era stata la sera che aveva dato l’inizio, e la fine a tutto. Il “ti amo” era arrivato, dopo anni. Che cosa sarebbe successo se non glielo avesse detto? Se Brian non avesse ceduto all’evidenza, se non avesse ammesso quello che sentiva per lui forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse separarsi non avrebbe significato una rottura tanto profonda.  SEPARARSI, NON VEDERSI Più, STARE LONTANI.  Era già successo quando era stato a Los Angeles per lavorare al film di Furore e non era cambiato molto tra loro due. Quella separazione, l’ultima, era però stata diversa, dal primo momento in cui se n’era parlato.
 
 
Brian’s pov.
 
<<  Michael! Insomma mi apri questa maledetta porta! ?Sono due ore che aspetto e qui fuori si gela!  >>.
Il buon vecchio Mickey aveva chiamato per chiedere aiuto, non aveva voluto neanche accennargli il motivo e non apriva nemmeno la fottuta porta! Che diamine, aveva un lavoro e una vita, non poteva aspettare ore prima di entrare!
 
<< Michael, ti giuro, me ne sto andando, apri questa fott- >>.
Finalmente la porta si spalancò.
 
<< diamine Brian ! hai intenzione di svegliare l’intero vicinato? E che ci fai qui a quest’ora?  >>
“che ci faceva lì?”
 
<<  ah ah ah, molto divertente maritino, Theodor mi ha detto che hai bisogno del mio aiuto con quella piccola peste che ti sei adottato. Di che si tratta? >>
Michael lo fissò negli occhi per coglierne l’umore.
 
<<  ehm... veramente non sarebbe per Hunter. Sarebbe per Ben. >>
Brian scoppiò a ridere . << Ben?! Il maritino perfetto/ professore perfetto/mamma perfetta Ben? E cosa posso mai fare io per MR perfezione? >>.
 
<< piantala Brian! Lo sai che ha finito il suo ultimo libro, no? Avrebbe bisogno di qualche dritta sulla pubblicità. Dato il tema spinoso, l’editore gli ha consigliato di chiedere una consulenza pubblicitaria e siccome il mio migliore amico è casualmente un pubblicitario di successo, ho
pensato->>
 
<< di sfruttarmi per bene? Oh.. ma perché vogliono tutti un pezzo di me? >>
 
<<  piantala! Lo diceva Ben che non dovevamo chiederti aiuto, sei sempre il solito. Non fa niente comunque, se non vuoi... - >>
Si stava già agitando la mogliettina!
<< calmati, principessa. Non ho detto di no. Potevi anche dirmelo per telefono, comunque! Non c’era bisogno di farmi venire fin qui!  Dì al professore di farmi una telefonata, ma lo sai che sarai TU in debito con me, come sempre.  >>
Brian si svoltò e fece per andare via.
 
<<  lo apprezzo molto, davvero. >>
Il professore! Ovvio che fosse in casa.
 
<< Ben zen ! >> poi si voltò verso Michael <<  ti stava scopando per bene, eh? Per questo non aprivi, bricconcello!? Mi domando come possiate avere un figlio etero! Beh, ora io scappo. Qualcuno di noi lavora! Ciao ciao sposini! >>
Era ora di tornare a lavoro, ma prima avrebbe fatto un salto da Deb. Ci voleva un caffè, bello forte.

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Capitolo 2
*** Cazzo..cioé ciao, cioé..CAZZO. ***


CAPITOLO 2.
 
Justin’s pov.
 
Dove andare prima? Le alternative erano parecchie, aveva una gran voglia di rivedere tutti: Ben,Michael, Ted, Emmet, Debbie, sua madre.. Brian. No, andare da Brian era fuori discussione. Dopo tutto non sapeva nemmeno dove vivesse adesso. Il loft era stato venduto e di sicuro la stessa sorte era toccata a Britin subito dopo la sua partenza. Chi poteva dire dove vivesse adesso. Quando aveva sentito Michael l’ultima volta, lui gli aveva assicurato che stesse bene  e che il lavoro andava alla grande, come sempre. Stavano tutti bene, anche Linds e Mel in Canada se la passavano bene. Durante l’ultima mostra le aveva persino sentite al telefono, aveva parlato con Gus che si era congratulato molto. La vita di tutti procedeva a gonfie vele e Justin non poté evitare di pensare a come sarebbe stata la sua se fosse rimasto lì, a Pittsburgh.
Si sarebbe sposato? Avrebbe messo su casa e famiglia con l’uomo che amava da cinque lunghi anni? No, probabilmente no. Justin sapeva che New York non era stato il motivo della rottura o dell’annullamento delle nozze. Lui non aveva voluto che Brian cambiasse per lui, che buttasse al diavolo tutte le sue abitudini e le cose che lo rendevano felice. Il matrimonio avrebbe distrutto Brian, Justin ne era certo. 
 
Camminando per Liberty av. i ricordi tornarono vividi come il primo giorno che ci aveva messo piede, quella fortunata sera. Neanche qui le cose sembravano essere cambiate. Continuava a essere il posto gay della città, il quartiere omosessuale, il posto in cui ogni buon vecchio/giovane finocchio potesse sentirsi accettato e parte della società.
In una frazione di secondo si ritrovò dinanzi il diner, a quanto pare la sorte aveva deciso per lui: Debbie sarebbe stata la prima persona a sapere del suo ritorno in città.
<< Cazzo. >>
Forse no. Quella voce...
<< Cazzo. >>
 
Brian’s Pov.
 
Doveva davvero smetterla di bere, o di farsi. Per essere un altro fottuto sogno, questo era piuttosto reale. “Non sono neanche le 11 del mattino! Come posso essere fatto alle 11 del mattino!?”
<< Brian... >>
Se era davvero un sogno, era stato davvero bravo.
Brian rimase immobile a fissare quel biondino che non sembrava cambiato di una virgola, identico a quando lo aveva visto l’ultima volta, riuscì solo a dire un altro, l’ennesimo < Cazzo... >.
 
Justin’s pov
 
 
Era stato inutile pensarci tanto. Fare strategie su come evitare il diner quando lui poteva esserci. Evitare il Babylon quando lui poteva esserci, persino evitare di farsi vedere per strada quando poteva incontrarlo.
Brian lo fissava senza dire una parola, continuando a chiudere e ad aprire gli occhi come se volesse svegliarsi...da un incubo, forse? Quello non era esattamente il modo in cui aveva immaginato di rivederlo, dopo tutte quelle settimane a pensarlo. Era sempre bellissimo, non era cambiato per niente, il solito stesso Brian Kinney, il ragazzo più bello di Pittsburgh, e di New York, a dir la verità. Doveva dire qualcosa e doveva dirlo adesso.
<< Brian io... ->>
Brian, però, abbozzò un sorriso e gli passò di lato, senza degnarsi di rispondere.
Justin non riuscì nemmeno a girarsi per vederlo andar via, rimase lì immobile, senza parole.
“No” pensò “ non è stato solo tempo”.
<<  E’ sempre il solito stronzo eh, raggio di sole? Porta il tuo culo dentro, prima che lo faccia io! >>.
 
 
Brian’s pov.
 
Se n’era davvero andato così senza nemmeno dire una parola? Aveva davvero lasciato raggio di sole lì in piedi senza degnarsi di dire “ciao” ?
Rivederlo era stato più difficile di quanto avesse immaginato.
Che ci faceva a Pittsburgh? Quanto sarebbe rimasto? O meglio, sarebbe rimasto? Brian premette il piede sull’acceleratore del suo nuovo gioiello e aprì il finestrino per far entrare un po’ d’aria e far uscire qualche pensiero di troppo.
Arrivato alla Kinnetik, trovò Ted sulla porta del suo ufficio ad aspettarlo, tanto per non cambiare, sull’orlo di una crisi di nervi.
<< Brian, non indovinerai mai chi è in città! >>
“ non indovinerò? E tu indovineresti mai?”
Brian cercò di fingere intesse.  << chi? >>
<< il tizio della Brown! È qui ! e vuole vedere la campagna, adesso! >>
“Merda. Di nuovo? Questo è davvero un cazzo di guaio”
<< Digli che oggi non è possibile, digli di ripassare domani o tra una settimana! >>
Non poteva gestire anche quel fottuto signor Brown. Lui aveva già visto la campagna mille volte e ancora doveva firmare il contratto. La situazione stava diventando pesante.
Doveva concentrarsi, doveva chiudere la trattativa ma non riusciva a smettere di pensare a come aveva trattato  Justin, ammesso che fosse davvero lui, l’opzione del sogno non era proprio da escludere. Aveva pensato a lui molto di più di quando avrebbe ammesso persino a se stesso, oltre che agli altri.
<< Brian, va tutto bene? >> Ted. << hai fatto presto, comunque. Non c’era folla da Deb ? >>
<< non ci sono più andato, sono venuto direttamente qui. Il caffè non mi andava più. >>
Ted continuava a fissarlo, perché non andava via?
<< Non hai un lavoro da portare a termine, Theodor? Vai a lavorare!>>
<< Siamo di cattivo umore oggi, eh? Hai una faccia poi... sembra che tu abbia visto un fantasma! >>.
Brian abbozzò un sorriso poco convinto, prima di rituffarsi nelle carte.
“Un fantasma? No. Molto peggio.”

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Capitolo 3
*** < già mi manchi. Torna a casa, torna da me. Subito. > ***


CAPITOLO 3.
 
Justin’s pov.
 
<< Deb! Sei proprio tu! >>
Ora Pittsburgh iniziava a ricordargli finalmente un posto lontanamente familiare e di certo non era grazie a Brian. Deb era stata come una seconda mamma per Justin lo aveva accudito e accolto quando la sua famiglia non poteva capire, quando era solo, senza nessuno che si prendesse cura di lui.
<< certo che sono io, topino. >> Debbi si avvicinò e lo abbracciò talmente forte da farlo tossire.
<< Che ci fai qui? >>
<< Molly. Lei si sposa. >>
<< Sì, questo lo so..tua madre è passata di qui qualche giorno fa. Ancora non riesco a crederci. >>
<< Neanche io. Da quando è andata a vivere con Craig non è stata più la stessa.. è strana.. >>
<< Beh, per scegliere di vivere con quel pezzo di merd- ehm..volevo dire..quel GRAN pezzo di merda…normale non è mai stata! Anche se..sposarsi così giovane…davvero non capisco. >> Debbi aveva un’espressione sinceramente preoccupata, come se temesse ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che nessuno poteva sapere.  Poi, d’improvviso, tornò a sorridere, come nulla fosse.
<<  Beh, bando alle ciance!  Perché non entri, qui fuori si gela! >>
<< Veramente io..forse dovrei andare..>>
Justin non riusciva a smettere di pensare alla reazione di Brian, a com’era stato freddo, a quei “cazzo” ripetuti fino alla noia. Forse tornare non era stata poi una grande idea, forse aspettarsi qualcosa da Brian o da chiunque altro non era una grande idea.
<< ti aspettavi qualcosa di meglio da lui, non è vero? >>
Deb sapeva sempre tutto, lei capiva senza bisogno di dirle niente.
<<  non so neanche io cosa mi aspettavo... >>.
Justin abbassò gli occhi, cercando di non scoppiare in lacrime proprio lì, in quel momento. Deb lo salvò. Come sempre.
<< vieni dentro, andiamo. Ti preparo qualcosa da mangiare, devi essere stanco per il viaggio. Entra, offre la casa. >>
 
Nel diner tutto era rimasto uguale: i tavoli, il bancone, le insegne. C’erano persino ancora i suoi disegni appesi, anche se non ricordava gli averli lasciati lì. Debbi notò il suo sguardo.
<< li ho riappesi dopo che te ne sei andato. Era un modo per averti ancora qua, sai... non è stato facile “abituarsi”> e lo disse mimando il segno delle virgolette << alla tua assenza >>.
Justin le sorrise. “Abituarsi”... forse era questo che aveva imparato a fare Brian, forse semplicemente aveva dimenticato, volontariamente o no.
<< Lui non si è mai abituato, e nemmeno noi, Justin. Solo che evitando di pensarti ha capito di stare meglio, lo conosci bene tu. Non ama ammettere quello che prova. Sai bene quanto gli ci sia voluto per ammettere quanto fossi importante e poi di colpo non ti aveva più. Non è stato facile per lui, non odiarlo. >>
Era una delle prime volte che la sentiva difendere Brian, solitamente o gli dava dello “stronzo” o del “pezzo di merda”, ma mai niente di carino e se anche ci provava, era portata a rimangiarselo dopo mezzo secondo, per qualche altra stronzata che Brian faceva. in fondo, però, che ne sapeva lui del rapporto tra loro due? Si conoscevano da una vita, il loro erano un rapporto che andava ben oltre a quello tra “mamma del miglior amico e migliore amico del figlio”.
<< odiarlo? Credi che io possa odiarlo? Io lo- >>
<< lo ami ancora. Lo so. >>
Come faceva?
<< sì, ma ormai tutto è cambiato. Io sono stato via a NY, lui è rimasto qui... e a volte penso che non mi abbia perdonato il fatto di essere partito. >>
Debbi lo guardò come se avesse appena bestemmiato.
<< perdonato? Justin, è stato lui a dirti di andare! >>
<< sarei dovuto rimanere, non avrei dovuto accettare la proposta di matrimonio ma sarei dovuto rimanere. >>
Debbi era pensierosa, forse per la prima volta da quando lui la conosceva, non sapeva bene cosa dire.
<< Io non so se il matrimonio sarebbe stato una buona idea e non so se Brian fosse pronto per un passo del genere, topino. So che ti amava davvero e- >> Debbi notò l’espressione sul viso di Justin dopo l’uso del passato << e voleva sposarti, Justin, lui ti amava, ti ama, non lo so! >>
<< non preoccuparti, Deb. So che teneva davvero a me e se anche le cose fossero cambiate da allora, non potrei di certo biasimarlo. Io ho fatto una scelta, e per quanto sia stato lui a propormela, questo non cambia che sono stato io ad accettarla e a partire. Non sono in città per lui, te l’ho detto, ma mentirei se dicessi che non ho pensato a come sarebbe stato rivederlo dal primo giorno che ho messo piede a NY. >> Debbi lo guardava dritto negli occhi, come se pronta a intervenire in ogni momento per consolarlo << e forse quello che speravo era solo che per lui fosse stato lo stesso. >>
Finendo la frase, Justin si alzò dalla sedia << ora devo proprio andare da mia madre. In fondo, è per lei e Molly che sono qui. È la mia “copertura” >> disse ridendo << mi ha fatto davvero piacere vederti e parlare con te. >>
<< anche a me, tesoro. E non dimenticare che questa sarà sempre casa tua: questo diner, la mia casa, come l’intera città. >>
Justin le sorrise di nuovo, si allungò per darle un bacio e uscì dal diner.
“ meglio andare a casa” pensò e si fece male da solo pensando al loft piuttosto che a casa della madre.
 
Brian’s pov.
 
“Bentornato a casa, Brian!”. Assurdo! Aveva vissuto da solo tutta una vita e adesso, dopo qualche anno passato in compagnia, non riusciva ad abituarsi al silenzio!
Dopo essersi svestito, nella camera da letto, al secondo piano di quella specie di reggia, prese una mela e si mise sul letto a pensare.
“cosa sono diventato?”. Non avrebbe mai passato un pomeriggio in quel modo: quante cose erano cambiate in qualche anno? E perché non aveva venduto la casa e non se n’era trovata un’altra più centrale? Perché tenersi una casa che non aveva più senso senza di lui? Senza Justin non avevano avuto senso più tante cose in realtà. Andare al Babylon, trovarsi qualcuno di banale e prevedibile non era più divertente sapendo di non poterlo raccontare a lui, tornato a casa.
Non era stato carino a lasciarlo in strada in quel modo, non avrebbe dovuto, ma cosa avrebbe potuto fare? Salutarlo, abbracciarlo, baciarlo? Troppo tempo era passato, poi, non sapeva nemmeno che cosa Justin facesse in città. Perché era tornato e perché senza nemmeno avvertire?
Non che si fossero sentiti per telefono in quell’anno e 56 giorni, “55 dato che oggi l’ho rivisto”, si corresse in mente. Teneva il conto? E quando aveva iniziato?
Non si erano mai sentiti, se non all’arrivo a NY, quando Justin gli aveva mandato un messaggio. < sono arrivato, sto bene. ci sentiamo. >.  Semplice e conciso, dritto al punto. Justin aveva davvero imparato tutto quello che c’era da imparare.
Brian prese il cellulare e il messaggio era ancora lì. Quante volte aveva provato a rispondere dopo averlo letto…troppe. Per dire cosa, poi? < sono contento che l’aereo non sia precipitato, salutami la statua della libertà >?
O forse per dirgli < già mi manchi. Torna a casa, torna da me. Subito. >

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Capitolo 4
*** Debbie vede e provvede ***


CAPITOLO 4.
 
Justin’s pov.
 
< sono arrivato, sto bene. ci sentiamo >. Justin camminava di ritorno da casa di sua madre con il cellulare in mano e i messaggi inviati sott’occhio.  Forse non avrebbe mai dovuto mandarlo quel messaggio. Brian non gli aveva mai risposto. Quante volte aveva riscritto quel messaggio prima di spedirlo? “almeno 1000” pensò. Arrivato a NY, sperava che le cose sarebbero andate meglio, sperava che avrebbe spesso di pensare ogni momento a Brian, alla loro reggia, al modo in cui si erano lasciati.
Brian viveva ancora nel loft probabilmente. O magari l’aveva finalmente venduto, come aveva voluto fare tante volte e si era trasferito in un altro quartiere.
Quella casa, quel palazzo di certo non significavano più niente per Brian, ma per lui? Il posto che aveva rappresentato la scelta di Brian di cambiare vita, di dedicarsi solo a Justin era ormai parte del passato anche per lui?
Voleva tornarci. Voleva rivedere quel posto, anche una sola volta. Voleva vedere che effetto gli avrebbe fatto starsene in piedi lì fuori a immaginare magari quello che sarebbe potuto essere.
La casa era a meno di mezz’ora da Pittsburgh, ma Justin non era sicuro di saperci arrivare, doveva chiedere informazioni, ma a chi?
Chiamare Brian era fuori discussione dopo il modo in cui si erano “salutati” se così lo si poteva chiamare. Avrebbe potuto chiedere a Michael, lui poteva aiutarlo forse. Vedere Ben e Hunter gli avrebbe fatto piacere, poi.
Era deciso, sarebbe andato a trovarli e poi sarebbe andato lì dove tutto era iniziato…e finito.
 
Brian’s pov.
 
“c’è posta per me! Chi è adesso?” un’altra scocciatura dal lavoro? Probabile.
Una nuova e-mail. Ah, ecco. Il nuovo sfavillante libro di Ben Bruckner, in anteprima tutto per lui!
“Che fortuna!”. Che scocciatura, doveva leggersi tutto questo libro enorme e farci una campagna decente. “Bello! Già dormo!” il titolo non prometteva bene, ma l’aveva promesso a Michael e doveva trovare il modo di mandarlo giù, almeno in parte.
Dopo pochi minuti il telefono squillò.
<< Brian Kinney.>>
Qualche secondo di silenzio e poi << Michael Novotny. >>
<< Mickey. >>
<< indovinato! Hai ricevuto il messaggio da Ben? >>
<< il mattone? Si, ho avuto il dis(piacere). ! >>
<< come ti sembra?! Sai, Ben ci ha lavorato davvero tanto e non sai quanto ci tiene, davvero. Io l’ho letto e credo sia davvero il suo migliore lav- >>
<< calma l’entusiasmo, mogliettina. Mi è appena arrivato. Ho letto il titolo e mi sono fatto 5 minuti di sonno mentale, credimi. >> Era davvero noioso il titolo! << comunque, ci lavorerò , tranquillo. Ora devo andare. >>
<< Brian aspet- >>
Non aveva voglia di sentire altri elogi smielati sul professore. Ora voleva mettersi al lavoro e provare a dimenticare quello che di particolare aveva quella giornata: Justin.
Doveva finire la campagna per la Brown, mancavano gli ultimi dettagli conclusivi, quel MR Brown non era un tipo facile da accontentare né da impressionare, altroché.
Senza accorgersene si ritrovò con il cellulare in mano, componendo il numero del diner. Aveva visto Justin lì prima di sparire come un cane, magari Deb lo aveva visto,
magari gli avrebbe detto qualcosa pensando che lui non sapesse. Poteva provare.
 
<< pronto? >>
<< Deb, ciao. Sono Brian. Ehm..tutto ok? >>
 
Brian giurò che fossero passati almeno 10 secondi prima di sentire la risposta di Debbi.
 
<< non è più qui, Brian. È andato da sua madre. >>
<< di che cazzo parli Deb? >>. Non poteva sapere, non era possibile. O forse Justin le aveva detto qualcosa? “Ma certo!”. Come aveva fatto a non pensarci? Si sentiva un vero idiota, ma negare era l’unica strada percorribile.
<< di che cazzo parlo? Mm. Vediamo.. forse del fatto che in 20 anni che ci conosciamo non hai mai chiamato a casa mia per chiedere come stava Mickey, figurarsi come sto io! Credi che sia rimbambita? >>
<< beh…>>
<< non era una domanda! In ogni caso: sì, è stato qui, abbiamo parlato e sì, ci è rimasto di merda per come lo hai trattato. >>
 
Justin le aveva parlato del loro incontro? << lui ti ha..>>
 
<< Justin non mi ha detto niente. Non si sarebbe mai lamentato, lo sai. Non si aspetta mai niente da te, non si è mai aspettato niente. Vi ho visti e dopo che te ne sei andato, come un figlio puttana, lascia che te lo dica, io l’ho fatto entrare e sfogare un po’ >>
Prese fiato per mezzo secondo << dio, Brian, ma che diavolo ti è preso? Lasciarlo lì in piedi come un  idiota!>>
 
Brian non rispose. Non sapeva cosa dire. Lasciarlo lì era stato un gesto impulsivo, un modo per togliersi dall’imbarazzo.
 
<< Brian, non ti sto sgridando, davvero. Io lo so quanto è stato difficile per te questo anno senza di lui e credimi non- >>
<< Deb, ti prego.. >>
<<  e CREDIMI non ti biasimo per essere scappato. Certo, è stato crudele, ma è comprensibile. >>
<< già. Comprensibile. Senti, Deb, non dirgli che ho chiamato, per favore. >>
<< certo. Ciao Brian. E passa di qua qualche volta. >>
 
Scappare non era servito a niente. Rivedere Justin lo aveva turbato ed evitare di parlargli non aveva aiutato. Doveva rivederlo, doveva rivederlo assolutamente. Doveva chiudere questa storia una volta per tutte, tra loro non c’era più niente e doveva dirglielo.

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Capitolo 5
*** “ detto fatto!” voleva vederlo ed eccolo accontentato. ***


Justin’s pov.
 
<< Sei sicuro di voler tornare lì solo per vedere la casa e non chi ci vive? >>
<< chi ci vive?>> Justin non capiva. << Di che parli, Michael? >>
<< Andiamo, Justin! Brian vive lì, non dirmi che non lo sapevi. Appena te ne sei andato ha lasciato il loft, non credo l’abbia venduto ma.. è voluto tornare in quella casa a tutti i costi.  >>
 
Ancora non poteva crederci. Brian era tornato a “Britin”. Viveva lì adesso, da più di un anno.  Perché? Perché tenersi una casa che non significava più niente!? Non aveva senso..a meno che, a meno che quella casa non significasse qualcosa per lui. A meno che Brian non pensasse ancora di poter aggiustare le cose tra loro! Era davvero possibile?
Doveva vederlo, doveva capire.
 
Ormai era fuori Pittsburgh e mancava poco per arrivare a destinazione. Le indicazioni di Michael erano state perfette, non ci aveva messo molto ad arrivare.
“Brian..perché vivi qui? Che significa questo posto per te?”.
Eccoci. Ci siamo.
Cazzo, rivedere quella casa, di nuovo!
“ Quando mi hai portato qui la prima volta non riuscivo nemmeno a immaginare quello che avevi in mente!”
Davanti alla porta, doveva suonare il campanello! “ questa è davvero una novità, beh, almeno non dovrò sbucciarmi il dorso della mano!”.
Din-don!
 
 
Brian’s pov.
 
Din-don! Il campanello. Dopo anni e anni vissuti nel loft senza questo piccolo pezzo di tecnologia,Brian non riusciva a sopportare quel fastidioso suono ogni volta che qualcuno era fuori il suo magnifico palazzo. Le visite inaspettate erano sicuramente diminuite da quando viveva a Pittsburgh e il campanello non suonava tanto spesso quanto era battuta la porta del suo precedente appartamento, ma era abbastanza da farlo innervosire ogni maledetta volta.
<< Chi cazzo è ades- >>
 
J/B pov
 
<< Ciao Brian …>>
< Cazzo >> “ detto fatto!” voleva vederlo ed eccolo accontentato.
“di nuovo quella parola” pensò Justin, ma non si fece intimidire di nuovo.
<< posso entrare? >> “andiamo, Brian.”
<< che ci fai qui? >> “Merda. Merda. Merda.”
“e che ci faccio secondo te?” << beh, potrei chiederti la stessa cosa…>>
Brian non capì subito poi Justin indicò la casa con lo sguardo.
<< ci abito, non si vede? >> disse, indicando l’accappatoio che aveva addosso.
<< vedo, vedo. >> “ cazzo, Justin, no. Non pensare. Sei qui per parlare e parla.”
<< Allora? Che ci fai qua? >>
“ volevo vederti, che domande?!” << volevo.. parlare. Posso entrare? >>
Brian non rispose, lo fissò per qualche secondo poi si allontanò dalla porta, lasciandola aperta.
“ sì, posso entrare.”
 
 
Justin rimase impalato di fronte al grande salone. Non avevano mai parlato di come arredarlo, prima di separarsi ma appena entrò notò appeso alla parete un suo quadro, quello che era stato venduto in meno di dieci minuti a un compratore che aveva voluto rimanere  ‘anonimo’.
<< allora eri tu? >> “ Dio, non posso credere che eri tu.”
Brian non si scompose. << mi piaceva. Meritava. Tutto qua. >>
<< meritava? 15 mila dollari? >>
Ricordava ancora quanto l’aveva Brian l’aveva pagato. Era stata una delle vendite più rapide e vantaggiose.
<< hai una buona memoria, ragg- Justin. >> Brian abbassò gli occhi per l’imbarazzo. “raggio di sole? Ma sei impazzito?”
<< anche tu. Anche Deb mi ha chiamato così quando mi ha visto. A proposito, dopo che ci siamo..ehm..visti io e te, sono entrato al diner. È stato bello rivederla sai? Un po’ come tornare a casa e poi lì è rimasto tutto uguale, non è->>
 
<< che ci fai qui? >> Brian lo interruppe. “ non dirmi che sei qui per caso, raggio di sole. Non ci crederei”.
 
“ respira.” Dio, Brian era ancora più bello di quanto ricordasse. E la sua voce, era ancora più calda e seducente di quanto potesse ricordare.
 
<< mia sorella si sposa. Sono stato da lei poco fa. Neanche lei è cambiata molto. >>
 
Silenzio. “Digli la verità”. Non poteva essere così codardo, doveva dire perché era lì, in quella casa.
 
<< e questo spiega perché sono a Pittsburgh >> disse, posando il cappotto su una sedia. << Però se vuoi sapere perché sono qui, in questa casa.. >>
 
<< te lo sto chiedendo da dieci minuti, mi pare. >> disse.  Gli occhi fissi sul tavolo.
 
Prima di rispondere o anche solo di pensare, Justin disse << e io voglio sapere perché vivi qui. >>
 
Brian alzò lo sguardo dal tavolo. Come poteva chiedere una cosa del genere?
 
<< lo so, non ho  nessun diritto di chiedertelo. Le cose sono cambiate da quando siamo venuti qui, da quella sera.  E da quando io sono partito. Non ci siamo più sentiti e non avevo motivo di pensare che per te..beh, che per te le cose non fossero cambiate. Però.. >>
 
<< però cosa?>> “dove vuoi arrivare?” e soprattutto “voglio che tu ci arrivi?”
 
<< però.. quando Michael mi ha detto che vivevi qui, io beh…. non potevo crederci. >>
 
“ hai parlato con Michael? Forse era questo che voleva dirmi prima che gli riattaccassi il telefono in faccia. Beh, ben mi sta allora.”
 
<< Tu cosa credi? È una bella casa, Justin! Dai un’occhiata! È enorme, è rifinita in modo perfetto. Il loft era troppo piccolo e poi mi ero fatto troppa gente lì. Era ora di cambiare, questa è una casa come un’altra, niente di più, niente di meno. >> Brian stesso non sapeva perché aveva appena detto quelle cose. Come al solito, con l’intento di proteggersi, aveva fatto solo danni.
 
La reazione di Justin fu immediata. Un groppo gli si creò in gola .
 
<< una casa come un’altra? ! >>  il tono di voce era più alto di quanto avrebbe voluto.  “ Non gliene frega niente!”. Il groppo in gola stavo diventando insostenibile.
 
“devo andarmene, adesso.” << Hai ragione : è solo una bella casa, forse un po’ grande per una sola persona, ma va bene così. Complimenti per l’arredo, è..nel tuo stile. >>
 
Justin non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia. Come aveva potuto anche solo pensare che per Brian le cose non fossero cambiate?
Prese il cappotto dalla sedia all’ingresso e uscì cercando di non sbattere la porta.
 
 
Brian’s pov.
 
Justin aveva creduto a tutto quello che gli aveva detto, era stato facile.
Quando aveva deciso di parlare con Justin, aveva temuto di dover sostenere a lungo il suo sguardo, di condire le sue bugie con mille particolari per evitare che lui capisse.
Quanto può essere difficile negare alla persona che ami che lo ami? Non pensava potesse esserlo tanto.
 
Un attimo, però.
 
Brian aprì la porta.
 
 
 
J/B
 
“Avrei dovuto saperlo, cazzo!”.
Justin infilò le chiavi nel cruscotto e fece per accendere il motore.
 
<< Non mi hai più detto perché sei venuto..Sunshine! >>
 
Questo era troppo per Justin. Il cuore a mille,  la confusione in testa.
 
<< perché sono qui?! Tu vuoi davvero sapere perché sono qui?>>
 
Nessuna risposta. Brian lo fissava senza fare nessun cenno, assenso e dissenso.
Dio, come aveva fatto a stargli lontano tutto quel tempo?

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Capitolo 6
*** Voglio sapere cosa significa questo posto per te ***


“Certo che lo voglio sapere. Avanti, dimmelo.”
 
<< Sto aspettando. >>
 
<<  Io.. >> Justin però non poteva, non riusciva nemmeno a pronunciare una parola.  Cosa avrebbe potuto dirgli? << Niente, Brian. Ho sbagliato a venire, te l’ho già detto. >>
 
Justin si voltò verso la macchina e aprì la portiera, ma qualcosa lo fermò. Un brivido iniziò a scorrergli lungo la schiena.
 
Brian gli aveva preso la mano e lo aveva tirato a sé.
 
<< Vieni dentro. >>
 
Non era una domanda, non era una proposta e non era nemmeno un ordine. Era una semplice affermazione.
Justin non sapeva come spiegare il modo in cui si sentiva, il cuore aveva iniziato a battere ancora più forte. Chiuse la portiera della macchina senza staccare gli occhi da quelli di Brian. Quegli occhi così intensi e profondi che lo avevano stregato dal primo giorno.
 
Entrarono insieme in casa e stavolta fu Brian a togliergli il cappotto e a posarlo sulla poltrona all’ingresso.
 
<< Vuoi qualcosa da bere?  >> disse Brian, aprendo il frigo e prendendo una birra.
 
L’unica cosa che Justin voleva era toccarlo di nuovo. 
 
<< Non voglio niente. >>
 
Brian lo guardò negli occhi, attraversandolo.
 
<< Niente? >>
 
Justin sorrise, abbassando gli occhi per mezzo secondo.
 
<< Perché vivi qui? >>
 
Brian non rispose. Posò la birra sul tavolo di mogano rosso e si lasciò cadere sullo sgabello.
<< Hai voglia di parlare, Justin? >>
 
“Non esattamente.”
<< No. >>
 
Brian sorrise.
<< Questo è un bene. >>
 
Si alzò dallo sgabello, superò il tavolo e si mise  di fronte a Justin, pochi centimetri a separarli.
Il giovane non sapeva cosa fare, era indeciso. Avrebbe dovuto fare lui la prima mossa o lasciarla a Brian? E sarebbe davvero successo qualcosa?
 
Brian fece per avvicinarsi ancora ma Justin lo fermò con le parole.
 
<< Non voglio parlare, ma voglio che tu risponda alla mia domanda. >>
 
Brian si allontanò, si voltò verso la cucina e iniziò a camminare lentamente.
 
<< Non capisco quale sia il problema, Justin. Ti infastidisce che io viva qui? >>
Era palesemente innervosito dall’insistenza di Justin. Perché tutto questo interesse? Perché tutto questo parlare?
 
<< No, voglio sapere cosa significa questo posto per te. Voglio sapere se significa la stessa cosa anche per te. >>
 
<< Non voglio parlarne, Justin. Se sei venuto qui per farmi delle belle domande o per ricordare il nostro passato, beh, forse dovresti tornartene a casa, ovunque essa sia adesso.  Sempre ammesso che quello che abbiamo avuto possa davvero definirsi in qualche modo. . >>
 
Brian cercava di non sembrare legato a quel passato che ancora lo colpiva. Cercava le parole per mostrare disinteresse, quasi ostentare indifferenza, ma Justin sapeva che Brian gli era legato esattamente quando lo era lui.
 
Come fargli capire quanto era importante? Come spiegargli chiaramente e una volta per tutte che per lui non era cambiato niente e che, anzi, la mancanza che aveva sentito gli aveva fatto capire che New York, i suoi studi, le nuove esperienze..tutto non valeva niente, in confronto ad averlo vicino. A poterlo toccare.
 
Si avvicinò velocemente mentre Brian continuava a farneticare qualcosa.
 
<< quindi, Justin, và pure se vuoi sentirti dire che- >>
 
Justin si avvicinò, lo attirò a sé per il collo e lo baciò.
 
Il primo bacio dopo più di un anno. E non era cambiato niente.
Justin ricordava perfettamente il sapore delle sue labbra e Brian sapeva l’effetto che quelle del giovane gli facevano.
Rispose al bacio con passione e subito fece per sfilargli la maglia ma Justin si staccò subito.
 
Sentiva il bisogno di dirlo. Voleva, doveva dirglielo..anche se forse avrebbe rovinato tutto.
 
Allontanò il suo viso da quello di Brian, gli prese le guancia tra le mani e con gli occhi fissi nei suoi, confessò quello che doveva.
 
<< Ti amo, Brian. >>
 
Lui sgranò gli occhi, Justin poteva dire di averlo ferito con quelle parole. Lo stava perdendo di nuovo?  Va bene, ma anche se fosse stato così,Brian doveva sapere tutto. Quello non bastava.
 
<< Ti amo e non ho mai smesso. Mi sono detto che lì era stupendo, eccitante, come l’ultima volta. La verità è che non aveva senso sapendo di non avere niente a cui tornare. Sapendo di non avere te ad aspettarmi.  >>
 
Brian abbassò lo sguardo ma Justin lo costrinse a guardarlo di nuovo negli occhi.
 
<< ..E voglio che tu sappia che non te lo sto dicendo per sentirmi dire che mi ami anche tu, io non so quello che provi tu e so che comunque non potresti dirmelo. Però devi saperlo. Hai bisogno di sentirlo.. >>
 
Justin gli accarezzò dolcemente una guancia e ripeté quello che ormai non poteva non dire.
 
<< ..Io ti amo, Brian Kinney. Tutto qua.  >>
 
Brian abbassò di nuovo lo sguardo e Justin gli lasciò il viso. Non avrebbe insistito a recriminare niente. Non avrebbe parlato ancora, non avrebbe chiesto le ragioni di quella passione. Non avrebbe nemmeno indagato su quello che quel bacio gli aveva fatto provare dopo più di un anno.
Per lui era stato come ricominciare a vivere, come respirare di nuovo.
 
<<  Ciao Brian, stammi bene. >> disse con affetto sincero, quasi sorridendo.
 
Brian rimase lì impalato a guardarlo prendere il cappotto, uscire di casa. E rimase ancora lì a sentire il rumore della portiera della macchina aprirsi per poi richiudersi e la macchina partire e lasciare la villa. Allontanarsi.
 
Sempre meno rumore. Sempre più silenzio.
 

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Capitolo 7
*** Anche se va male, anche se FA male. ***


 
CAPITOLO 8.
 
Brian’s pov.
 
<>
Tutto qua?
Per quanto lui stesso non volesse ammetterlo, il cuore sembrava aver ripreso a battere nel preciso momento in cui Justin aveva pronunciato quelle parole.
L’amore..qualcosa in cui Brian si era sempre rifiutato di credere, un po’ per principio, un po’ per convenienza. È più facile tenere a distanza chiunque se metti in chiaro quali sono le regole e dopo qualche anno, tutti ormai sapevano come funzionava con lui: una scopata, niente di più, niente di meno. Non c’erano bis, non c’erano coinvolgimenti.
Non aveva in mente niente di diverso la notte in cui conobbe Justin.
Da lontano vide un bel ragazzo biondo, senza dubbio più giovane di lui, ma cosa importava? A Brian Kinney nessuno chiedeva mai l’età, nessuno chiedeva mai niente.
Era un ragazzo visibilmente spaventato, fuori contesto. “Deve essere la prima volta che vieni qua”, aveva pensato vedendolo.
E adesso?
Era lui a essere spaventato.
Le parole che gli aveva detto Justin, la sicurezza e la tranquillità che gli aveva dimostrato aprendogli il suo cuore così, sapendo chi aveva di fronte. Era stato coraggioso.
Perché amare significava questo, essere coraggiosi, fregarsene del pericolo e dirlo lo stesso, urlarlo se necessario.
Anche se va male, anche se FA male.
E lui? Cosa provava lui? Lo amava? Lo desiderava? Lo aveva mai amato?
Troppe domande e le risposte scarseggiavano.
Aveva bisogno di capire, di guardarsi dentro, ma come fare? 
Quando Justin era partito per NY era stato difficile gestirne la mancanza, accettare che dopo tutto quel tempo, quello sforzo, dopo essersi finalmente aperto, aver rischiato per amore, aveva perso. E contro se stesso.
Non avrebbe sopportato di soffrire di nuovo in quel modo.
 
Brian prese il telefono e compose il numero del suo migliore amico: aveva bisogno di aiuto e faceva troppo male per fare l’orgoglioso.
 
Justin’s pov.
 
I chilometri percorsi aumentavano, tanto quanto quelli che lo allontanavano da quella casa, da lui.
Ci sarebbe mai tornato? Cosa sarebbe successo?
Justin aveva temuto il momento in cui avrebbe dovuto affrontare i propri sentimenti e affrontare Brian ma guidando verso Pittsburgh si rese conto che aveva sbagliato a esserne spaventato: ora si sentiva meglio. Aveva aperto il suo cuore, aveva tirato fuori tutto quello che c’era da dire e adesso si sentiva libero. Certo, si era anche reso vulnerabile agli occhi di Brian, spiattellando lì tutto quello che lo feriva, ma in fondo, cosa aveva da perdere?
NY era sempre lì ad aspettarlo e dopotutto non aveva mai pensato di restare a Pittsburgh, almeno non prima di aver saputo della “nuova” residenza di Brian.
 E cosa sarebbe successo adesso?
Justin non sapeva come comportarsi, sapeva solo quello che in fondo aveva sempre saputo: voleva lui. Lui e nessun altro. E avrebbe lottato.
 
Prese la strada per Pittsburgh e pensò di tornare da Debbi: lei avrebbe capito come si sentiva e sarebbe stata capace di aiutarlo.
 
 
Brian’s pov.
 
<< Lo sapevo! Sapevo che non era venuto solo per vedere la casa! Certo.. >> Michael andava avanti e indietro attorno al tavolo della cucina in casa del suo migliore amico << Certo, forse non sapeva che tu vivessi qui fino a quando non gliel’ho detto io ma- >>
 
<< Ah, grazie per questo Mickey. Grazie un cazzo! >> Brian sbatté la porta del frigorifero con una bottiglia di birra ghiacciata tra le mani.
Come se non bastasse adesso le cose si erano complicate ancora di più. << … E smettila di fare la drag queen, non è successo niente, non so cosa gli sia preso. >>
 
<< Andiamo, Brian. Gli è preso che è innamorato di te, questa non è una novità! >>  Mickey lo guardava dritto negli occhi e con lui le bugie non reggevano mai, lo conosceva troppo bene, da troppo tempo. 
Prese uno sgabello e si sedette proprio di fronte al suo migliore amico, cercando di farsi ascoltare sul serio. << Brian, so che è stato difficile per te rivederlo, non dirmi che non è vero, non puoi mentire a me. Hai passato quasi tutto il tempo dopo la partenza di Justin a casa mia e so quanto Ben ti stia sulle palle. >>
 
Vero: Brian aveva passato un periodo molto difficile dopo la partenza del suo biondo, aveva iniziato a odiare quel loft dove tutto era iniziato..e finito.  Non voleva starci, voleva solo stare lontano dai ricordi. Troppo era successo in quella casa, troppi giorni e, ancora peggio, troppe notti. 
Eppure aveva deciso di tornare a ‘Britin’, aveva deciso di rimettere piede in quel palazzo che aveva comprato per il suo principe. Un brivido gli percorse la schiena quando ricordò l’espressione sul volto di Justin dopo che gli aveva confessato di chi fosse quel palazzo. Per chi fosse e cosa significasse.
<>
 
<< Brian! Terra chiama Kinney.  Hai sentito quello che ho detto? Per la festa di Emmet! Che pensi di fare? >> Michael muoveva le braccia per farsi notare.
 
 Brian continuava a pensare, ma l’ultimo ricordo gli uscì ad alta voce <<  Per il mio principe. >>
 
La reazione di Michael fu tra la sorpresa e lo sgomento.  << Il tuo cosa? Emmet? Il tuo principe? >>
 
<< Cosa? >> 
Lo aveva detto o lo aveva solo pensato? L’espressione sul volto di Michael fu la prova del piccolo errore di confusione. Brian si odiò profondamente per essersi fatto scappare quel ricordo ad alta voce.
<< Che principe, Mickey? Hai fumato? Vai a casa, che è meglio! >>
 
Michael sorrise.  Un sorriso compiaciuto.
No, non se l’era bevuta e forse aveva persino capito. 
Senza dire una parola,  si avviò verso l’ingresso e senza voltarsi << Ciao Brian. Ti chiamerà Ben per il libro. >>prese il cappotto dalla poltrona e aperta la porta, si voltò anche se Brian gli dava le spalle << Lo so io e lo sai tu. Ammettilo, almeno a te stesso. NON è troppo tardi. >>
 
Brian sentì la porta chiudersi lentamente e solo quando fu certo di essere solo, si lasciò scivolare a terra, con la schiena appoggiata all’isola al centro della cucina.
‘’ cosa faccio adesso? “
 
Justin’s pov.
 
<< E quindi gli ho detto che l’amavo ma lui non mi ha risposto niente.. >> Justin era seduto su uno sgabello al Diner, Debbi di fronte che ascoltava attentamente, ignorando le lamentele dei clienti che chiedevano di essere serviti.
<< ..però.. >> aggiunse << è anche vero che non gli ho permesso di dire niente, gli ho detto che non doveva rispondermi subito e che, anzi, ero io a non voler sentire.. >> Justin si portò le dita tra i capelli biondi << ..che ho combinato? >>
 
<< di certo non hai perso tempo, raggio di sole! >> Debbi cercava di sdrammatizzare ma, visto lo scarso risultato, tornò subito seria. << Tesoro.. lui come ci è rimasto? >>
 
<< Non credo abbia capito molto…Deb, non lo so! In un attimo sembrava non fosse passato nemmeno un giorno e poi quando ho aperto la mia maledetta boccaccia.. dannazione! Non capisco che diav- >>
 
Prima che potesse concludere la frase, il suo cellulare squillò.
<< Sì..pronto….Ah, mamma, ciao….sì sono ancora da Deb, certo…. No, no..no, no. No, non ho visto Craig….No, No ..No, non ci vado…Senti mamma, adesso vengo a casa, ok? Ne parliamo da vicino. Sì…sì, te la saluto. Baci, ciao. >> Click.
 
<< Devi andare, tesoro? >>
<< Sì..mamma insiste che vada da Craig, vuole che cerchi di capirne di più sul matrimonio di Molly ma..non so se sia il caso. >>
<< E’ tua sorella, Justin. Forse dovresti. >>
<< Si, forse dovrei. >>
 
Justin si alzò e, dopo aver salutato Debbi, uscì dal locale.
 
“ Deb ha ragione, devo capirci qualcosa. Non può davvero volersi sposare a quell’età!! ”
Sposarsi. Un passo importante, un passo che lui stesso avrebbe fatto poco più di un anno prima e senza pensarci troppo.
Sì, lo avrebbe sposato e Brian avrebbe sposato lui. Come sarebbero andate le cose se non si fossero entrambi tirati indietro? Vivrebbero ancora insieme, magari in quella reggia? O magari, le cose sarebbero durate pochissimo, neanche il tempo del vero trasloco..
Justin guardò l’orologio: era tardi, andare adesso da Craig era fuori discussione, avrebbe rimandato la cosa al giorno dopo. Per ora, meglio tornare da sua madre. Aveva bisogno di riflettere..su tante, troppe cose.
 
Brian’s pov.
 
< Non abbiamo bisogno di voti o promesse per dimostrare che ci amiamo. Lo sappiamo già. >
 
Brian stringeva nella mani la scatoletta con gli anelli, le fedi nuziali, ancora non restituite.
 
“ Forse…o forse no. Forse il matrimonio ci serviva.”
Lui stesso non poteva credere ai suoi pensieri,  alle cose che diceva. Il matrimonio? Lui?
In ogni caso, erano ormai finiti da tempo i giorni in cui Brian Kinney potesse essere quello di un tempo, nemmeno se lo ricordava più. Justin gli aveva fatto dire, pensare e provare “cose strane” troppe volte: preoccupazione, gelosia..amore. sì, anche quello, soprattutto quello. Brian lo aveva amato e lo sapeva. Quello che non sapeva era cosa provava adesso.
 
< Io ti amo, Brian Kinney. >
Perché lo aveva detto? Come faceva a saperlo?
 
“ Che cazzo mi prende di nuovo? Pensavo di aver superato questa malattia..” Brian strinse più forte la scatoletta, come per romperla, come per cancellare quella promessa, quel voto che non era tanto lontano come doveva.
Era arrabbiato. Era incazzato nero perché costretto di nuovo sentire quei sentimenti, quella paura, quell’angoscia. L’ansia che diventa più forte quando hai quello che desideri e hai paura di perderlo.
Doveva pensare, riflettere, fare chiarezza..ma ormai, non poté fare niente se non accettare quello che ogni muscolo, organo, strato del suo essere gridava:
“ Voglio rivederlo.”

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Capitolo 8
*** Lo hai lasciato proprio dopo aver ottenuto quello che avevi sempre voluto ***


Justin’s pov.
<< E allora? Che c’è di strano? >>
<< Insomma si sposa a 17 anni tanto per…senza un motivo? >>
<< Le coppie normali si sposano, Justin. Non hanno tutti i problemi che hai tu. >>
 
Inutile dire che la conversazione era durata poco più di cinque minuti. Craig Taylor  non era cambiato, erano passati ormai 7 anni e ancora non era pronto ad accettare che il figlio fosse omosessuale. Il figlio insieme al 10% della popolazione!
“ che idiota. Ma che facessero quello che vogliono!”
Justin aveva altro a cui pensare, era preoccupato per Molly ovviamente, ma con il padre era sempre impossibile ragionare. Forse parlando con lei avrebbe ottenuto qualche risposta in più o almeno avrebbe potuto provare a convincerla del casino in cui si stava mettendo!
“ e adesso? Dove vado?” . voleva vedere Brian ma allo stesso tempo voleva avere un po’ più di tempo per pensare, ragionare, capire cosa dirgli. “ ma cosa devo dirgli poi?”
In effetti aveva già detto tutto, o quasi. Gli aveva detto che lo amava e che lo aveva sempre amato, ininterrottamente. Non avevano parlato ancora di NY ma, in fondo, cosa c’era da dire a riguardo? Un anno pieno di esperienze e di..vuoto.  Vuoto emotivo, fisico. Semplicemente mancanza di lui.
Camminando e pensando si ritrovò davanti casa di Michael e pensò di entrare a salutare.
Toc. Toc.
Toc. Toc.
….
Toc. Toc. “forse non sono in casa?”
Era sul punto di andarsene quando la porta si spalancò.
<< guarda un po’ chi si vede! Ciao ! >>
<< Michael..quanto tempo..  >>
<< Dai vieni dentro! >>
 
Michael lo fece accomodare dentro, purtroppo era solo in casa: sia Ben che Hunter erano fuori .
La casa era pressappoco uguale a prima, molto spaziosa  e ordinatissima, proprio come Justin la ricordava. In fondo, ci aveva vissuto qualche giorno, quando aveva lasciato Brian.
<< Così lo ami di nuovo, eh? >>
Senza fare inutili giri di parole Michael arrivò al punto e chiese quello che voleva sapere.
<< Gli hai parlato, vedo…>>
<< Sì, mi ha chiamato appena sei andato via. Sai..non è da lui chiedere aiuto, ma la voce al telefono mi sembrava davvero preoccupata.>> Michael aprì il frigo e gli porse una birra, che Justin accettò.  << Non fraintendermi, Justin: io sono contento che tu sia tornato. Capisco che debba esserti mancato da matti quando eri lì, ma… è passato più di un anno e non so se->>
<< Se tornare abbia un senso? >> Justin lo interruppe. Non era una novità che Michael si intromettesse in un modo o nell’altro nel loro rapporto e non era sempre stata una cosa negativa, in fondo. Adesso però le cose erano diverse: Michael non poteva sapere come lui fosse stato quell’anno e quasi 60 giorni senza vederlo, su questo non poteva esprimere giudizi. << Michael, tu non puoi capire..>>  posò la birra sul tavolo, cercando le parole giuste << ..io non ho mai smesso di amarlo.>>
Michael lo guardava dritto negli occhi, con molta attenzione.
<< Io so di aver sbagliato partendo e so che pensi sia stato uno stronzo con lui..io sono andato via e ..>>
<< Tu lo hai lasciato proprio dopo aver ottenuto quello che avevi sempre voluto.>>
Come puoi dirmi questo?
Justin rimase immobile a quelle parole, non sapendo esattamente cosa rispondere, finché Michael continuò << Io non voglio farti la morale, lungi da me dirti cosa sia giusto e cosa no, è solo che… >> ora era lui a cercare il modo giusto di esprimersi << ha sofferto tanto lo scorso anno, ora stava cercando di andare avanti e proprio adesso tu ritorni! >>
Aveva ragione, ma Justin non era tornato per lui, o almeno non ufficialmente.
<< Senti, Michael, so quello che pensi, lo immagino e , anzi, a quanto pare è anche peggio! Non ti dirò che sono tornato senza pensare a lui, è ovvio che è stata la prima persona a cui ho pensato! Il punto però è che sarei tornato comunque..per Molly e il matrimonio..>>
In quel momento sentirono la serratura scattare e Ben e Hunter entrarono in casa. Justin fece solo in tempo a sussurrare  a Michael di rimandare il discorso a quando sarebbe stati di nuovo soli.
<< Noooo! Justin! >>   Ben gettò le buste della spese a terra e corse ad abbracciarlo. << Che ci fai qui? >> ; << Sono in città da un paio di giorni, in effetti ! Mia sorella si sposa e quindi..>> .
Justin non potè non notare la smorfia di Michael, come a dire “sì certo, è per lei che sei qui!”
<< Ciao biondo!>>  Hunter lo salutò, anche se non con lo stesso calore, guadagnando tutta l’approvazione dell’altro padre. << Beh..ci si vede, io vado su in camera mia! >>
<< Beh..Justin, dovremo organizzare una festa per il tuo ritorno assolutamente! A saperlo che saresti venuto, avremmo chiamato anche Mel e Linds..>> Ben iniziò a sistemare la spesa << quanto pensi di fermarti? Sei qui per restare, no? >>
Sono qui per restare? Bella domanda!
<< veramente no.. Te l’ho detto: c’è la questione di mia sorella, ho approfittato anche per venire a salutate mia madre e voi, ma..tra qualche settimana riparto..>>
<< Capisco.. in ogni caso la festa va organizzata! Hai già visto Deb e Brian? Ed Emmet  e Ted? >>
<< Beh..no >> Justin abbassò lo sguardo << Cioè..sì: ho visto Deb e.. e Brian, solo loro due. >>
 Sì, ho visto Brian e chissà quando lo rivedrò di nuovo..
<< Perfetto allora! Faremo a tutti una bella sorpresa, giusto tesoro? >> Ben si voltò verso Michael che annuì con scarso interesse, lasciandolo perplesso.
<< Sì..beh..ecco, io adesso dovrei andare >> Justin iniziò a prendere il cappotto e a rivestirsi << E’ stato bello rivedervi, ci sentiamo in questi giorni..>>
Ben doveva aver colto la tensione e non disse nulla, si limitò ad annuire e ad accompagnare Justin alla porta. << Ci vediamo presto >> gli disse, prima di richiuderla.
Una festa? Perfetto! Come se non mi fossi già reso abbastanza ridicolo!





Capitolo piccolo, lo so..abbiate pazienza! Sono tornata a casa solo da qualche giorno e ho iniziato a scrivere qualcosa..xD Aggiorno al più presto, promesso! :D
a

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Capitolo 9
*** Lo avrebbe rivisto, e niente sarebbe stato più come prima. ***


Brian’s pov.
 
Din don!
Ancora quel maledetto campanello! Dovrò distruggerlo…
Brian iniziò a scendere le scale del suo immenso palazzo e iniziò a urlare << Chi diavolo è a quest’ora? >> un’altra scocciatura, bella e buona.
O magari poteva essere Justin.
Il pensiero di rivederlo  lo bloccò sulla rampa di scale e quasi lo spinse ad indietreggiare  e tornarsene a letto: era domenica mattina dopo tutto, cazzo!
Nessuna risposta dalla porta, ancora peggio. E se fosse davvero lui?
Brian  sentì il suo cuore accelerare notevolmente i battiti man mano che si avvicinava alla porta e quasi lo sentì sul punto di esplodere mentre faceva scattare la maniglia.
Ok…
 
<< Ciao Brian! >>
Ok.
<< Ciao Mickey. >> 
Era contento che non fosse Justin..era contento,  no?
 
<< Allora mi fai entrare? >>
 
Brian si scostò dalla porta facendogli segno di entrare. Era contento di vederlo: magari non avrebbe pensato a  Justin per un bel po’ di tempo, magari avrebbe potuto distrarsi; il cuore iniziava a rallentare la corsa sfrenata.
 
<< E’ passato Justin ieri. >>
Magari no.
 
Brian finse un tono disinteressato mentre si versava del latte con dei corn flakes.  << Uh uh >> e il cuore era ripartito peggio di prima.  Cazzo, vuoi darti una calmata? Sembri quelle cazzo di lesbiche!
 
<< Abbiamo parlato un po’ e sai mi ha detto che- >>
<< Michael, non me ne frega un cazzo di quello che ti ha detto, che cazz- me lo racconti a fa- >>
<< Mi ha detto che ti ama! >>
 
 
Boom. Sbam. Slash.
 
<< Uh uhhh. >> Dio, stavolta era stato difficile sul serio. E il tutto gli era uscito in modo incredibilmente strozzato.
Fece un paio di colpi di tosse un po’ per guadagnare tempo e un po’ per fingere di avere la gola secca.
 
<< Vedo che non te ne importa molto.. >>
 
Eh già! Non me ne frega un cazzo..!
 
<< Ma sai cosa? Mi fa piacere, ben gli sta! Non può andarsene via, sparire, dopo quella proposta di matrimonio! Sparire per tutto questo tempo e poi tornare a recriminare qualcosa! >>  Michel girava per la cucina mentre Brian cercava di sotterrare la testa nei cereali pur di non stare ad ascoltarlo. << ..che poi,  ti ama! Beh, non poteva pensarci prima? Non poteva evitare di andarsene e lasciarti a marcire come un idiota? >>
<< Io sono ancora qui comunque, Mickey!  Ti sento! >>
 
<< Andiamo, Brian! Sai cosa voglio dire..ha sbagliato con te..non so se sarei capace di perdonarlo io! >>
 
Ma perché non stai zitto? Che ne sai tu alla fine?
 
Brian non reggeva più quella conversazione, non voleva litigare con lui, non voleva arrabbiarsi, ma quello che stava dicendo era sbagliato, almeno in parte:  sì , Justin se n’era andato e lo aveva fatto soffrire molto, ma non era stata una sua decisione. Non solo sua, almeno. Lo avevano deciso entrambi: Justin non avrebbe potuto abbandonare i suoi sogni, e per cosa poi? Per un amore? Non aveva senso e anche se si amavano, perché Brian ormai lo aveva chiaramente ammesso, lo amava, non poteva chiedergli di sacrificare una vita di progetti e sogni per stargli accanto, nella vecchia e statica Pittsburgh.
 
<< Beh, allora direi che è un bene che non sia compito tuo farlo. >>
Michael spalancò gli occhi, confuso.
<< .. e non è nemmeno mio, se proprio vuoi saperlo. E non credo gli interessi, se ti importa anche questo. È qui per la sorella, punto. >>
Michael aprì la bocca per replicare che no, Justin non era lì solo per quello e che Brian lo sapeva benissimo, era ovvio, ma Brian non glielo permise.
<< Non mi interessa. Non so quanto resterà, non so quando lo rivedrò: non so niente! E adesso, se vuoi scusarmi, vorrei godermi la domenica mattina, in pace! >>
 
 
<< Ok, come vuoi. >> Michael si avviò verso la porta << .. ma posso rispondere a uno dei tuoi dubbi:  domani, alle 21 a casa di Emmet,  Ben ha insistito per festeggiare il suo ritorno. >> senza spiegarsi oltre, aprì la porta e uscì.
 
Sbam. Porta chiusa.
 
<< Cosaaaaaaaaa? >>
Panico. Panico. E ancora p a n i c o .
Come sarebbe domani? E come sarebbe “il suo ritorno” ? 
Non era un ritorno il suo, non lo era affatto.
Dio, magari lo fosse.
 Brian scacciò subito quel pensiero come fosse una zanzara tigre fastidiosa.
Forse non avrebbe dovuto cacciare Michael in quel modo, se non altro per le informazioni che sicuramente aveva a riguardo.
Ben, Ben, Ben.. non poteva farsi gli affari suoi quell’ idiota. Beh, gliel’avrebbe fatta vedere lui, altro che campagna pubblicitaria: lo avrebbe rovinato!
Brian continuava a girare come una trottola per l’enorme salone, senza riuscire a calmarsi.
 
Lo avrebbe rivisto e si sarebbero guardati, come fuori da Debbi.
Lo avrebbe rivisto e gli avrebbe parlato, dopo quel “ti amo, Brian Kinney, tutto qua”.
Lo avrebbe rivisto e magari lo avrebbe anche solo sfiorato, dopo quel bacio.
 
Lo avrebbe rivisto, e niente sarebbe stato più come prima.
 
 
Justin’s pov.
 
Il trillo del cellulare annunciava un messaggio in arrivo.
“ Domani sera, da me, 21. Non puoi dire di no, lo sanno già tutti. A presto stella!”
Chissà con quale forza il cellulare non gli cadde a terra, ma il sangue gli si gelò.
Cosa voleva dire esattamente “tutti”? non voleva pensare, non voleva agitarsi ma soprattutto non voleva illudersi.
Brian non sarebbe mai andato da Emmet a festeggiare il suo “ritorno” ! che poi, cosa c’era da festeggiare? Era in città per.. per.. Molly! Solo per sua sorella, non per altro.
Raccontala ad un altro, biondo!
Perfetto, adesso aveva pure la coscienza? Una specie di grillo parlante..?
Siamo qui per lui..e lo sai bene.
“siamo?” . Oddio, stava davvero impazzendo, questa ne era la prova. Se non altro una cosa era vera: doveva vederlo, doveva capire cosa stava succedendo nella testa e nel cuore di Brian.
Io che lo amo..già lo so.

Justin cercò di distrarsi pensando al fatto che avrebbe rivisto tutti, o quasi. Sicuramente Mel e Linds non ce l'avrebbero fatta, peccato. Avrebbe rivisto Emm, Ted, Ben, Michael... già, che piacere rivederlo! Dopo quello che gli aveva detto poi!
" Tu lo hai lasciato proprio dopo aver ottenuto quello che avevi sempre voluto" . In quel momento quelle parole gli erano sembrate di una cattiveria gratuita e forse lo erano davvero. Erano anche vere, però. Justin aveva rinunciato a Brian proprio quando lui aveva abbassato le difese, quando si era aperto del tutto. Gli avrebbe detto ''ti amo'' a letto? Lo avrebbe coccolato? 
Ma poi, era quello il Brian che lui voleva? Voleva davvero un Brian Kinney così diverso dall' "originale'' ? Da quello che aveva conosciuto in quegli anni? 
La risposta era no, era sempre stata no e per questo era andato via.
Michael questo però non poteva capirlo, né saperlo, a dir la verità. 
 
Justin sentì improvvisamente la porta d’ingresso aprirsi. Doveva essere sua madre.
 
<< Justin sei in casa? >>
 
Molly?
 
<< Molly sei tu? >>
 
Justin si avviò verso l’ingresso e scese le scale se la trovò davanti.
Sembrava un’altra persona: altissima, capelli neri, doveva averli tinti in quell’anno.
Un paio di pantaloni molto stretti e un top viola scuro, trucco non molto pesante.
Rimase a fissarla per qualche secondo finché lei non corse ad abbracciarlo.
<< Justin! Dio, quanto tempo! >>
Lui rimase un attimo stordito da quel gesto, non erano più molto legati, anche prima che lui partisse, appena Molly aveva iniziato a capire dell’omosessualità del fratello, le cose in casa erano diventate un po’ strane.
<< Ciao.. credimi, Molly. Se ti avessi vista per strada non ti avrei riconosciuta, sei stupenda! >>
Lei fece una smorfia << Nel senso che prima ero brutta? >> Gli fece la linguaccia e poi scoppiarono a ridere assieme. << Tu, piuttosto.. come stai? Com’è la grande mela? >>
 
Entrambi si sedettero sul divano in salotto.
 
<< Beh.. è diverso da qui, è tutto più grande, più gente, è difficile sentirsi a casa. >>
 
Molly si rattristì << Non sentivi a casa nemmeno qui, però..>>
 
Lui sorrise << Allora non te ne stavi chiusa in camera con la musica altissima eh? >>
 
Anche lei sorrise, ma si vedeva che fingeva << Sai.. non è stato facile per me. Non capivo cosa stesse succedendo, siamo sempre stati una famiglia felice e all’improvviso un giorno..è cambiato tutto. >> istintivamente prese un cuscino e se lo portò stretto al petto. In fondo, era sempre una bambina.
<< mi dispiace che tu ne abbia sofferto, Molly. Papà non ha mai accettato che io fossi..quello che sono. E.. >>
<< Puoi dire che sei gay davanti a me, sai? Io non sono come papà. >> gli accarezzò una mano e gliela prese in una stretta << A volte penso che avrei potuto fare qualcosa invece di restarmene in silenzio. Ho lasciato tutto a mamma e anche con lei.. il rapporto ormai è compromesso. >>
 
Justin la guardava parlare e non riusciva a crederci. Quella ragazza intelligente, sensibile e responsabile era davvero sua sorella?
 
<< Perché vuoi sposarti, Molly? >>
Lei sorrise e poi tornò seria. << Me l’aspettavo, sai? Questa domanda, intendo. Ormai tutti non fanno che chiedermi la stessa cosa. E il problema è che.. >> Abbassò lo sguardo sulle gambe.
 << .. Che? >> Justin rafforzò la stretta, per darle coraggio.
<< Che non lo so nemmeno io. >> disse con uno sbuffo << È successo tutto così in fretta. >>
<< Tu non vuoi sposarti, Molly? >>
<< Sì che voglio.. ma non potrò mai sposare chi voglio io, quindi tanto vale..>>
<< E perché no? A papà lui non piace? >>
<< Lui.. ehm.. veramente non è.. lui non..  >> Molly lasciò la presa e scattò in piedi. << Justin, scusami. Io non dovrei.. non so perché ti sto dicendo queste cose. Scusami.  >>
Anche lui si alzò. << Non devi scusarti, mi fa piacere se parliamo un po’.. e mi fa piacere che tu sia felice, anche se da piccola eri una peste insopportabile! >>
Lei scoppiò a ridere.  << Sì, lo ero eccome. Sempre a prendere la tua roba..! >> 
Molly aveva colto al volo la possibilità di cambiare argomento e Justin non insistette. Voleva che fosse lei ad aprirsi, non voleva costringerla. 
<< Beh, mi hai fatto piacere vederti.. fratellone. >>
Justin si avvicinò e l’abbracciò forte. << Anche a me, sorellina. >> La guardò dritto negli occhi << E ricordati che non me ne vado finché non si risolve tutto. Resto qua, intesi? >>
Lei sembrò sorpresa, preoccupata << Ma no, non hai capito. Io sto bene davvero. Non..non devi pensare che.. io non- >>
<< Tranquilla! Non ti preoccupare! Avevo comunque in mente di restare un po’ in più, sai com’è.. >>
Lei sorrise, prese il cappotto e la borsa e aprì la porta.
<< Mi ha fatto davvero piacere vederti, sai? >>
<< Anche a me. >>
Molly lo salutò e uscì.
 
Benissimo. Ora ho ancora un altro motivo per restare, altroché! 





Ok, giusto per la cronaca, il prossimo capitolo sarà ovviamente quello della festa!!! Non vedo l'ora di vedere che succede ( in effetti mi viene in mente man mano che scrivo, quindi in un certo senso, è una sorpresa anche per me! )
N.B. = per evitare confusioni, i pensieri dei personaggi ( per ora solo quelli di Brian e Justin) sono in corsivo, adesso! :)
Alla prossima ! :)
Anna **

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Capitolo 10
*** Sei mio di nuovo, raggio di sole. ***


Brian’s pov.
 
Oggi. Stasera. Oggi.
Prima ancora di realizzare che fosse mattina, lunedì mattina, Brian realizzò che quella maledetta festa stava per arrivare. Poche ore e lo avrebbe rivisto.
Che poi, non era mica costretto ad andare, al contrario! Poteva benissimo comportarsi come al solito, fare lo stronzo ed evitare quella rogna. “rogna”. Se solo fosse stata una rogna per lui rivedere Justin. Il problema era proprio quello: lui voleva rivederlo. Ormai non riusciva a pensare ad altro da giorni.
No, non poteva andare. Non poteva rivivere il passato.
 Io a quella dannata festa non ci vado, cazzo!
 
Si alzò dal letto e si buttò sotto la doccia. L’acqua calda iniziò a scorrere, bagnandogli capelli, spalle, schiena..fino alla punta dei piedi. Era una sensazione piacevole, anche se anche lì i ricordi erano parecchi. Certo, non era nel loft, le occasioni erano state di meno, considerevolmente, ma anche una sola volta ( e non era stata solo una) sarebbe bastata a fargliela ricordare per sempre.
 
Si preparò velocemente e andò al lavoro.
 Lì Ted lo aspettava pronto per interrogarlo.
<< si può sapere perché non mi hai detto niente? >>
Ci manchi solo tu, Teodor!   << Non so di cosa tu stia parlando, Ted. >>
<< Come di .. >> Ted scoppiò a ridere << Di Justin, forse? Sapevi che era in città, no? A me lo ha detto Emmet qualche minuto fa. >>
<< Ah si? >>
<< Già. E mi ha anche detto della festa di stasera. Meno male che non avevo fatto programmi, altrimenti.. >>
 
<< tu programmi? E con chi? >> Brian scoppiò a ridere, sperando di poter cambiare argomento.  Fece per allontanarsi << E comunque >> si fermò un secondo <<  io non vengo. >>
 
<< Tu cosa? >> Ted quasi si affogò con il cornetto. << Ma, dico, sei impazzito? Come sarebbe che non vieni? E’ Justin, Brian ! >>
 
<< Uh uh. >> fingi indifferenza, dai che è facile. << Beh, salutamelo. >>
<< Brian non puoi essere serio, andiamo ! >>
<< lo sono, invece. Non vedo perché dovrei andare ad una stupida festa del cazzo! E per cosa poi? Per chi? >>
 
Ted non riusciva a crederci.  << per lui. >>
 
<< e allora? Sai quanto me ne frega! >> Vai così!  << E ora sarà meglio che torni a lavorare, non mi va di continuare a perdere tempo. >> . senza aggiungere altro, lasciò l’amico nella stanza e se andò nel suo ufficio, sbattendo leggermente la porta.
 
 
Il lavoro era sempre una  bella distrazione, anche se non sufficiente.
Ancora non riusciva a credere di aver preso quella decisione, di esserci riuscito.
Non cantare vittoria! Finchè non sarà passata la serata e non sarai rimasto a casa tua, in silenzio, non potrai dire di aver vinto…
 In effetti no. Era ancora presto.
Brian appoggiò la testa contro lo schienale della sua comodissima poltrona e chiuse gli occhi, sperando solo che quella maledetta giornata passasse il più in fretta possibile.
 
<< Non riesco a crederci, che ci fai qui??? >>
 
Brian non poté non sentire il fracasso che veniva dall’ingresso della sua azienda.
Ma che diavolo…
Prima che potesse alzarsi per andare a canzonare quell’incapace di Ted, la porta si spalancò.
 
<< O mio dio. Sei sempre bellissimo, Kinney !  >>
 
Lindsay era in piedi, sulla soglia del suo ufficio, bella e splendente come sempre.
 
<< E tu che cazzo ci fai qua? >> Brian non riusciva a crederci.
<< Anche io sono contenta di vederti, tesoro! >>
Lindsay si avvicinò e, sorridendo, l’abbracciò forte. << Dio, quanto mi sei mancato.. >>
<< Anche tu. >> poco più di un sussurro.
<< Lo so, lo so.. >>
 
Lindsay continuava ad abbracciarlo, con le lacrime agli occhi. << Ehh ..vabbè! stasera ci divertiremo eh? >>
<< Stasera non vengo. >>
Lei si staccò di colpo, come se avesse ricevuto una specie di scossa elettrica.
<< Tu..tu cosa? >> Era davvero arrabbiata.
<< Non cominciare, già Ted ha rotto abbastanza.. >>
<< Io comincio eccome ! >> il broncio era evidentissimo. << Non puoi non venire! >> Lindsay lo guardò negli occhi e capì. << Scusami, sono un’insensibile. So che deve essere davvero difficile per te… >>
<< Non dire cazzate, Linds. Non è difficile proprio per niente. Semplicemente non mi va di farmi ammosciare il cazzo da quattro idioti e la tua mogliettina ! >>
Lindsay si sedette sulla scrivania e lo fissò << sei davvero convinto che non te ne freghi niente? Sei davvero convinto che vederlo non possa farti nessun effetto… che ne sai, magari vederlo ti farà stare meglio, dopo tutto questo tempo… >>
<< Già fatto e NO, non sono stato meglio, col cazzo! >>
Brian desiderò tagliarsi la lingua in quell’esatto momento.  Non posso imparare a stare zitto?
<< Lo hai già visto? >>
<< Sì. >>
Lindsay lo fissò con il solito sguardo eloquente, il tipico sguardo “ E…?”
<< Non mi va di parlarne e adesso se non ti dispiace avrei da lavorare, quindi.. >> si alzò dalla poltrona e fece per accompagnarla alla porta.
<< mi stai forse cacciando? >> mise il broncio. << sai cosa? Me ne vado io! Ma sappi una cosa mio caro signorino.. >> e gli puntò il dito contro << Tu stasera verrai, oh sì che verrai. >> fece per uscire, poi si girò verso di lui << Non vorrai deludere tuo figlio, spero! Sono giorni che non parla d’altro.. a stasera! >>
 
Fregato. Adesso sono davvero fregato.
 
Ore 20:00
 
Justin’s pov.
Ci siamo. Ancora poco e ci siamo.
Justin aveva cambiato vestiti almeno una decina di volte ormai, poi si era arreso al solito paio di jeans chiari e una camicia scura. Non faceva molto “artista di successo in visita da NY”, ma poteva andare. Si sedette sul divano in salotto, a casa di sua madre. Cercò di pensare a cosa avrebbe fatto o detto quando se lo fosse trovato davanti ancora una volta. L’ultima volta non era andata poi male, aveva avuto il coraggio di baciarlo dopo tanto tempo, proprio come era successo quella volta all’azienda pubblicitaria, dopo aver lasciato Ethan. La seconda mossa però spettava a Brian, non poteva baciarlo di nuovo. In quella situazione, era stato preso di sorpresa e magari aveva risposto al bacio in automatico, senza pensarci tanto.
Devo smetterla di pensarci, dannazione!
Doveva davvero smetterla.
 
<< tesoro, sei pronto? Non dovevi scendere stasera? >>
Sua madre sulla soglia della sua vecchia stanza, sempre premurosa e dolce come al solito.
<< sì, mamma. Alle 9 a casa di Emmett. È una specie di festa di bentornato.. >>
<< ci sarà anche Brian? >>
Ecco. Esattamente.
<< Non so.. forse. >> voleva fingere disinteresse con sua madre? E perché poi? << Spero che ci sia. >>
<< Lo so, tesoro. Sei ancora innamorato di lui, non è vero? >>
<< Lo sono. >>
Justin diede un’occhiata all’orologio sulla parete: 20:30, ora di andare. Sorrise alla mamma e fece per uscire. << Grazie, mamma. Ci vediamo dopo. >> la baciò dolcemente sulla guancia e uscì di casa.
 
 
Ore 21:00, casa di Emmet.
 
Lindsay e Melanie con i figli, Ted, Blake,  Michael, Ben e Hunter. C’era anche Deb che stava ancora insieme a Carl. Mancavano solo l’ospite d’onore e Brian.
 
Drinnn.
 
<< questo deve essere Brian ! >> disse Linsday avviandosi alla porta.
Non era Brian.
 
Justin’s pov.
 
<< Justin tesoro sei tu! >>
<< Ciao Linds! Dio, che bello vederti! >> i due si abbracciarono forte e poi Justin andò a salutare tutti, bimbi compresi.
<< Sei in gran forma raggio di sole! >> Le solite Deb e Mel, sempre materne e gentili.
<< Mi siete mancati tutti così tanto! >> .
Andò a salutare anche Michael, nonostante si sentisse un po’ in imbarazzo dopo la loro ultima conversazione.
Justin non poté evitare, guardandosi intorno, di notare che Brian non c’era. Vuole lasciar perdere e questo è il suo modo di dirmelo.
Chiarissimo come sempre. Kinney.
 
<< Mi dispiace, Justin. Speravo davvero venisse. Ne ero sicura.. >>
<< Non preoccuparti, Linds. Me lo aspettavo. >> ma ci speravo, dannazione!
Lindsay cercò di sorridere per risollevargli il morale, ma non ci riuscì per tutta la serata.
 
Brian’s pov.
 
Ore 23:00
 
Nel frattempo Brian era in un bar, poco lontano dalla festa, ad ubriacarsi. Non voleva pensare. Era stato un vigliacco. Non aveva avuto il coraggio di presentarsi nemmeno a quella stupida festa.
Sono proprio un cazzone, è questa la verità! Non valgo niente!
Non riusciva nemmeno a “consolarsi” con qualcun altro, non ne aveva voglia. Ogni ragazzino aveva quei maledetti occhi chiari e quei maledetti capelli biondi.
L’alcool iniziava a farsi sentire con forza, la testa gli girava parecchio e sapeva che alzarsi non sarebbe stato facile, stavolta.
Io non lo amo. Non lo voglio! Non lo voglio, non lo voglio!
Se lo ripeteva come un bambino che vuole convincere i genitori per un giocattolo nuovo. E non funzionava, come per i bambini.
Lo voleva, eccome se lo voleva.
 
Ore 24:00
 
Si alzò. Voleva e doveva tornarsene a casa, anche se guidare non sembrava una grande idea.
 
Justin’s pov.
 
<< Allora grazie a tutti! E’ stata una splendida serata! >>
Dopo aver salutato tutti, Justin prese il cappotto e si incamminò per le strade di Pittsburgh, verso casa. Aveva voglia di camminare un po’, di prendere un poco d’aria e di pensare a cosa avrebbe fatto.
 
<< guarda dove vai razza di idiota! >>
<< emm..eh.. sta’ sta’ zitto.. tu.. >>
<< te lo faccio vedere io.. >>

In lontananza Justin notò una lite. E una voce familiare. Si avvicinò di più e lo vide.
Brian era disteso a terra con un energumeno che lo prendeva a calci. Doveva essere ubriaco perso, non reagiva nemmeno.
Justin si avvicinò di corsa e iniziò a chiamare aiuto sventolando il cellulare.
Fortunatamente quando il tipo lo vide preferì andarsene. << Sappi che non me la scordo la tua faccia, brutto frocio! >>
Justin non gli prestò nemmeno attenzione e si accovacciò accanto a Brian, era ancora lì disteso, uno straccio.
 
<< Dio, Brian.. come stai? Ti senti bene? >> nessuna risposta. << cazzo, Brian! Mi senti? Per favore rispondi, ti prego! >>
Ancora niente. Justin era nel panico, non sapeva esattamente cosa fare. Poi vide il cellulare e pensò di chiamare un’ambulanza.
<< stai tranquillo eh! Tranquillo.. >> gli accarezzò la fronte << chiamo un’ambulanz- anzi no, hai la macchina.. ti porto in ospedale..dannazione Brian! >>
 
<< calmati.. sto bene. >>
Aveva lentamente ripreso conoscenza e aprì gli occhi << chi.. chi sei? Grazie comunque, amico.. >>
Justin rimase a fissarlo. In silenzio. Non lo aveva riconosciuto.
<< Brian.. sono io, sono Justin. Alzati, andiamo. Ti porto all’ospedale.. >>
<< Justin chi? >>
È ubriaco. È normale. È ubriaco.
Justin non riusciva a credere di doverlo davvero dire << Taylor, Brian. Justin Taylor. >>
 
<< Ohhhh. Il mio raggio di sole.. e che ci fai qui? Perché non sei alla festa? Perché non sei a New York, eh? Perché? Perché mi fai questo? >> Brian sorrideva e vaneggiava. O almeno sembrava.
Justin rimase ancora una volta in silenzio. Non sapeva cosa fare.
 
Brian’s pov.
 
<< Taylor, Brian. Justin Taylor. >>
Justin, Justin, Justin.. è un sogno?
<< Brian, andiamo.. sei ubriaco. Ti porto a casa, va bene? niente ospedale. però per favore, alzati. >>
 Le parole risuonavano con tanto di eco nella sua testa, Brian non ci capiva molto. Sapeva solo che Justin era lì con lui e che forse, forse, non era un sogno.
<< Ok.. >>
 
Justin lo fece alzare e lo fece appoggiare a sé, in modo che non cadesse. Salirono in macchina, anche se prima Justin dovette faticare un po’ per trovare le chiavi.
 
Justin’s pov.
 
<< Sai… >> disse Justin mentre erano in viaggio << è un bene che sia passato quel pomeriggio, dopo tutto. Se non altro so dove portarti adesso, no? >> nessuna risposta. << No? Brian? >>
 
Niente. Brian era partito. Sembrava dormire come un sasso..
 
<< Perfetto! Adesso sono qui, in macchina con lui che dorme, devo riaccompagnarlo a casa, dopo che non si è neanche degnato di venirmi a salutare! Bravo Justin! Bravo sul serio! >>
Parlava ad alta voce, lui di certo non avrebbe sentito.
<< … E non ti sei chiesto perché? >>
Oh cazzo, è sveglio.
<< perché sei un fottuto egoista, ecco perché! >>
Al diavolo, non se lo ricorderà comunque, tanto vale..
<< e tu no? Andartene in quel modo e tornare senza preavviso? Ti senti tanto generoso tu? >>
Per essere un ubriaco in dormiveglia, Brian sembrava fin troppo lucido.
 
Quando arrivarono, Justin si ritrovò nuovamente a non sapere bene cosa fare, se restare o lasciarlo solo in casa.
Aprì la portiera e lo aiutò a scendere. Brian gli si appoggiò completamente addosso e quando riuscirono ad entrare in casa, non dava segni di volerlo lasciar andare.
<< Brian.. >> niente. << Brian! Andiamo, Brian, devo andare a casa! Ti lascio in camera tua ok? >>
- Ma che lasciarlo in camera sua e andartene, idiota! Resta, no?
- Non posso restare, non avrebbe senso.
- qualcosa ha forse senso stasera?
 Mentre litigava con la sua testa, erano arrivati in camera da letto e a Justin venne un colpo vedendo la stanza. Era completamente, in ogni centimetro, tappezzata dei suoi lavori. Ogni parete ne aveva almeno 4. E non erano tutti dello stesso periodo: Brian aveva dovuto seguire, seppure da lontano, tutte le sue esposizioni per avere quella collezione. E poi c’erano le foto.
<< O mio dio.. No- non è possibile.. >>
Brian sembrò svegliarsi. << Sei ancora qui Sunshine? >>
Justin si voltò a guardarlo. << Sì. Vuoi che vada via? >>
<< No. Non andare via. Io.. >> non sembrava saper continuare << ho bisogno di te. >>
Una fitta lo colpì dritto al cuore. Non lo vedeva così indifeso dai tempi del cancro e comunque lui non aveva voluto darlo a vedere troppo. Sembrava così piccolo e solo. Voleva abbracciarlo. Voleva stringerlo forte, sperare stesse meglio.
 
Dopo qualche ora iniziarono i postumi della sbornia e Justin fece di tutto per aiutarlo a smaltirla il prima possibile.
 
<< Voglio fare una doccia.. >> Brian si alzò dal letto ma vi ricadde sopra, perdendo l’equilibrio.
 
<< Non riesci nemmeno a stare in piedi! >>
<< Voglio fare una maledetta doccia! >>
Justin non voleva contraddirlo, non voleva rischiare che lo cacciasse.
<< Ok, ma ti aiuto. >>
 
B/J pov.
 
Quando si ritrovano nel bagno, Brian iniziò a spogliarsi lentamente. Aveva un forte mal di testa e non riusciva a vedere chiaro.
Justin si avvicinò e fece per aiutarlo ma lui lo cacciò via.
 
<< ce la faccio, ok? >>
Non voglio che tu mi veda così.
Dopo vari tentativi però, Brian ancora non riusciva a sfilarsi la camicia.
 
<< ti lasci aiutare per favore? >>
Brian non rispose, abbassò lo sguardo e allargò le braccia. Justin lo prese per un sì.
Iniziò a sbottonargli la camicia e ad ogni contatto con la sua pelle tremava. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, a tutte le volte che lo avevano fatto, a tutte le volte che lo aveva spogliato.
<< Sei sicuro di farcela, Sunshine? Ci stai mettendo più tempo di me.. >>
Justin tornò al presente e sorrise, parecchio imbarazzato. Quando, finalmente, la camicia cedette e si aprì, a Justin venne un colpo, l’ennesimo.
Il petto nudo di Brian era lì davanti a lui, come lo era stato tante volte prima. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e il moro non accennava a scostarsi.
 
Brian lo osservava e non sapeva esattamente cosa fare. Era sempre bellissimo, avrebbe potuto annegare in quegli occhi che tradivano un desiderio innegabile. Justin lo voleva ancora, era evidente. Lo era più adesso di quanto non lo fosse stato durante quel bacio, qualche giorno prima. La lucidità tornava piano piano e così cresceva la voglia di averlo di nuovo.
 
Improvvisamente però Justin si scostò, sembrando recuperare un minimo di buon senso e si voltò verso la doccia per aprire l’acqua calda.
Brian iniziò a sfilarsi i pantaloni, i calzini e rimase in boxer davanti a Justin che, ancora intento a far funzionare la doccia, non si rese conto che il microfono era girato verso l’esterno e un mare d’acqua gli finì addosso e sul pavimento.
<< Dannazione! >> Non riusciva a chiudere l’acqua. << Come diavolo si chiude questa maledetta.. >>
Brian fece per avvicinarsi per aiutarlo ma scivolò sull’acqua e cadde su Justin, schiantandolo contro la parete. Almeno erano ancora in piedi.
<< Ahia! >> Justin si massaggiava la nuca ad occhi chiusi per la botta, spalle al muro. << Brian che diav- >> Quando li aprì si ritrovò Brian a pochi centimetri dal suo viso.
 
I due rimasero a fissarsi per istanti che sembrarono un’eternità.
Nessuno accennava a muoversi, né verso l’altro, né per allontanarsi. Erano come bloccati, immobili l’uno nello sguardo dell’altro.
Poi dagli occhi scesero alle labbra, ma ancora nessuno voleva muoversi.
Era una specie di tortura per entrambi, eppure, nessuno aveva il coraggio di spingersi oltre.
Justin aveva paura di fare di nuovo la prima mossa e Brian aveva paura e basta, come al solito.
Poi Brian fece un piccolissimo passo avanti, sporgendosi di qualche millimetro, ma solo perché non poté evitarlo. Fu come se fosse il suo corpo a muoversi, senza nemmeno avvertirlo.
In risposta Justin fece lo stesso. Erano vicinissimi l’uno all’altro, ma ancora non era abbastanza.
 
Brian finalmente prese coraggio e annullò la distanza tra le loro bocche, posando sulle labbra di Justin un leggerissimo bacio, le braccia ancora sulla parete.
Il cuore del biondo batteva all’impazzata proprio come quello di Brian, che si staccò quasi subito.
Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Justin. Era un momento imbarazzante, per entrambi.
Justin però imitò il movimento del moro e lo baciò a sua volta, carezzandogli il viso con la mano destra.
Brian allontanò una mano dalla parete e la portò sopra quella di Justin, fino a stringerla tra la sua.
Nessuno dei due poteva ricordare un momento così intimo eppure innocente tra di loro, non c’era tensione, non c’era ansia.
C’era solo il guardarsi, studiarsi a fondo, occhi negli occhi.
 
 
Gli occhi di Justin caddero dal viso, al perfetto corpo del moro. Era sempre bellissimo come prima, se non di più. Non avrebbe desiderato mai nessun altro come desiderava lui, ne era certo.
Senza preavviso, Brian iniziò a sbottonargli la camicia lentamente e Justin rialzò lo sguardo verso di lui e lo baciò di nuovo, stavolta con passione, ma sempre lentamente.
 
Brian rispose al bacio, le bocche si aprirono e le lingue si scontrarono prima dolcemente poi più freneticamente. Continuava a sbottonargli la camicia che cedette, anch’essa, e mostrò il petto del biondo, sempre perfetto, sempre bellissimo.
Quando entrambi senza fiato si staccarono l’uno dall’altro, Brian vide Justin sorridere, ancora con gli occhi chiusi.
Si sentiva imbarazzato, voleva Justin, l’aveva sempre voluto.
 
<< E’ la sbronza questa? >> Justin aveva il fiatone. << Voglio dire.. Sai quello che stai facendo, vero? >>
Brian non rispose nemmeno, lo baciò e sentì il biondo ridere nel bacio, mentre gli allacciava le braccia al collo e si alzava sulle punte per baciarlo più a fondo.
Senza pensarci, Brian lo sollevò per le cosce e lo prese in braccio, in modo che Justin gli allacciasse intorno anche le gambe.
Rimasero a baciarsi in quella posizione per un po’, fin quando l’eccitazione non fu troppa e Brian lo portò sul letto, tenendolo ancora tra le braccia.
 
Caddero sul letto con un tonfo e subito Brian iniziò a sfilargli i jeans, ormai stretti per l’eccitazione crescente.
Prese a baciarlo dappertutto.
Partì dalle cosce, salì fino al centro della virilità, strusciandovi il naso e le labbra, arrivò alla pancia, al petto, alla gola, dove affondò un leggero morso e poi la mandibola, il mento..e le labbra.
Lo baciò ancora e ancora, sempre più audacemente.
Non era solo passione, non era solo un folle desiderio: era necessità.
<< Dio, Brian. >> Justin sentiva di stare perdendo il controllo.
 
 
Vedere Justin in quello stato, la testa all’indietro, le braccia spalancate, lo fece eccitare ancora di più.
Il biondo però lo sorprese, con uno scatto fulmineo, rivoltò la situazione e si mese sopra, un ghigno sul volto.
Senza staccare gli occhi dai suoi, Justin iniziò a baciarlo, prima le labbra, mordicchiandole, succhiandole lentamente. Poi lasciò una scia di baci lungo tutto il corpo. Giunto all’altezza dell’inguine, ancora guardandolo dritto in volto, iniziò a sfilare gli slip, lentamente.
Strano, sentiva come di dover chiedere conferma e si bloccò per un istante. Brian, in risposta, sollevò leggermente il bacino e lo lasciò fare, chiudendo gli occhi.
Sentiva l’eccitazione crescere sempre di più, fino al punto di massima sopportazione, sentiva il contatto delle labbra e della lingua del ragazzo che con estrema delicatezza, accolse la sua erezione tra le labbra.
Brian aveva quasi dimenticato come fosse fare l’amore con Justin. Niente era equiparabile.
Lui però non voleva fosse così.
 
Mentre gli dava e si dava piacere, sentì Brian sospirare qualcosa.
<< Fer- fermati. >> Brian aprì gli occhi << Aspetta. >>
<< Va tutto bene? >> era confuso, non capiva quale fosse il problema.
<< Non voglio che sia così. >>
Non mi vuoi, è questo?
Justin si allontanò ancora di più e si mise a sedere sul letto.
Brian continuava a guardarlo senza dire niente, così prese il suo dubbio per verità: si alzò e raccolse i pantaloni dal pavimento.
<< Che fai? >> Brian lo guardava confuso.
<< Me ne vado. >>
<< E perché? >> Anche lui si mise a sedere.
<< Ho capito cosa è appena successo, sai? >> Justin si fermò con i jeans ancora in mano.
<< E cosa sarebbe successo, sentiamo.. >>
<< Senti. >> Gettò i jeans a terra. << Eri ubriaco. Ora  non lo sei più. >>
<< Justin questo non c’en- >>
<< Sì, invece! >> riprese i jeans. << Ma sai cosa? Grazie! >>
<< Come ? >>
<< Sì! Grazie Brian! Se non mi avessi fermato io.. io sarei andato fino in fondo, per poi svegliarmi domani mattina accanto a qualcuno che non avrebbe ricordato il mio nome! >>
Justin prese la camicia e iniziò a vestirsi.
 
Non aveva capito niente, come al solito.
<< Non voglio che tu vada via. >>
<< E cosa vuoi? >>
 
Cosa vuoi, dannazione? Cosa vuoi da me?
 
Te.
Brian si alzò dal letto e lo raggiunse.
<< Brian, davvero, io non- >>
Senza permettergli di finire, Brian gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Prima dolcemente e poi di nuovo sentì la passione riemergere, gettando all’aria ogni proposito.
<< Voglio.. >> disse, staccandosi un momento << Voglio risponderti. >>
<< Rispondere a cosa? >>
<< Non è cambiato niente. >>
 
Non.è.cambiato.niente.
<< cosa vuol dire? >>
<< che per me non sono cambiate le cose. Pensavo questa casa ne fosse la prova. >>
Justin riaccorciò nuovamente la distanza tra di loro e lo baciò.
 
Sei mio di nuovo, raggio di sole.

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