Le avventure di Petero e Gaio: Kidnapping!!

di Meruto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pessima mattinata ***
Capitolo 2: *** In castigo!! ***



Capitolo 1
*** Pessima mattinata ***


Cap I: Pessima mattinata

 
-Yawn..
Il biondino, appoggiando le mani sul materasso, fece per alzarsi sforzando gli addominali, ma cedette al sonno che continuava a tormentarlo e cedette al tanto adorato peccato capitale, portandosi un dito alla bocca.
- Alzati, scemo. PRRRRRR.
L'altro ragazzino già in piedi, dai capelli castano sporco e leggermente più alto, facendo una pernacchia diede una zampata al letto spostandolo di pochi millimetri. Il biondino, sobbalzò gridando:
- Guarda che lo dico alla mamma! - Si alzò e, messe le ciabatte a forma di papera in puro cotone, corse in cucina. L'altro fece una faccia annoiata e si mise i calzini, camminando poi scalzo verso il vago odore di cibo che si avvertiva.
- M-mamma, mamma, Pietro l'ha fatto di nuovo!! - urlò il biondino ad una donna alta più del triplo di lui. 
-Fatto cosa, piccolo mio? - Chiese la donna smielata e appiccicosa. Il bambino, per tutta risposta indicò l'altro ragazzino mentre entrava frignando:  -M-mi ha dato un calcio! Bwaahahah-. La madre congelò con lo sguardo Pietro mentre egli entrava in cucina con lo sguardo di chi sa che sta per andare a scuola senza aver fatto i compiti. - Non è vero! Ho solo spostato un po' il letto per farlo andare a scuola! - Il biondino gli tirò fuori la lingua e disse:
-Bugiardo! Bugiardo! - Alché, Pietro perse la pazienza e urlò, rosso in volto: -Mi hai stancato con le tue bugie, Felice! Solo perché hai 6 anni non puoi sempre farti trattare come il cocco di mamma!! - e sbattendo la porta dietro di sé, uscì di casa senza aver mangiato le squisite frittelle della madre.
 
La panchina della fermata era come al solito gelida, ricoperta di rugiada, umida e arrugginita. Pietro, naturalmente, se ne fregava e ci si sedeva quasi sdraiato, aspettando per quei lunghi 10 minuti che passasse il pullman. Con lo sguardo scocciato guardava da una direzione all'altra della strada scorgendo le poche macchine passare. Passò un uomo con la pipa e il giornale, Pietro lo guardò distratto, passò una vecchietta con la borsa della spesa, e Pietro la guardò distratto. Poi passò lei. E Pietro la fissò tutt'altro che distratto.
La bambina della fermata. Tutto ciò che sapeva di lei era che avesse 8 anni come lui, abitasse vicino a quella fermata e frequentasse la sua stessa scuola. E naturalmente, che ne fosse innamorato. Pietro arrossì un po' e la vide fermarsi nel solito punto, accanto al cartello della fermata, con lo sguardo perso dall'altra parte della strada, tra il negozio di scarpe e il bar. Poi arrivò Felice, e il momento magico si ruppe. I due non si degnarono di uno sguardo, e subito dopo il pullman arrivò. La bambina si sedette all'estremità davanti. Pietro si sedette all'estremità dietro, buttando lo zaino sul sedile affianco. Lo guardò, constatò che era sporco e rovinato. Era proprio adatto a lui, la sua perfetta rappresentazione. Fuori dal finestrino, sparirono il negozio di scarpe e il bar, facendo spazio alla chiesa, la strada vecchia, il cimitero, e la scuola.
La peggiore scuola che Pietro potesse conoscere...

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Capitolo 2
*** In castigo!! ***


II: In castigo!!
 
I bambini scesero disordinatamente dal pullman ed entrarono nell'edificio la cui porta giaceva sotto la scritta "L'impegno e lo studio non hanno mai ucciso nessuno" appesa dalla preside. Pietro riflesse sul significato di quelle parole. Non aveva assolutamente senso, perlomeno se si faceva rigirare in un altro modo quella frase. Dopotutto, ci sarebbe sicuramente stato qualcuno al mondo che si fosse suicidato per lo studio o per gli scarsi voti a scuola. Ma mentre questa triste riflessione si faceva strada nella sua mente, i suoi piedi si facevano strada sulla scalinata dell'edificio, mentre vide il fratello con la coda dell'occhio dirigersi verso l'aula della I°C. La bambina, invece, sembrava scomparsa nella folla, come ogni volta. Pietro entrò nell'aula assieme ai suoi compagni con la testa chinata e si sedette.
 
La lezione fu noiosa. Come ogni volta. L'ora di matematica più strappapalle che si potesse mai avere in tutta la vita. Sicuramente, se avesse avuto un vocabolario più adulto, Pietro avrebbe pensato esattamente questo, ma la sua mente, seppur riottosa, era comunque innocente e casta, per cui si limitò a pensare "Che barba, che noia, che barba, che noia".
 
- Si poltrisce, eh, Jameson? Si poltrisce? - Al suono del suo cognome, Pietro scattò sulla sedia come cadendo dalle nuvole, poi fece una smorfia sotto lo sguardo ammirevole e cagasotto dei compagni. L'insegnante, una 50enne divorziata ed acida, si irritò ancora di più facendo:
 
- Non ti dispiacerà, allora, se controllo come hai svolto i compiti per oggi.
 
- Quali compiti? Quelli che non ho fatto? - azzardò Pietro in tono di sfida, seppur con quell'aria da marmocchio che si ritrovava. L'insegnante non rispose, sembrò come se avesse ascoltato una battuta degna del peggior umorista sporco, semplicemente lo prese per le spalle, lo fece alzare e gli indicò la porta con un'espressione assolutamente vuota sul viso.
 
Pietro non reagì. Guardò un momento in faccia la tanto odiata donna, e una volta compreso che non gli conveniva appesantire ancora la situazione, uscì dall'aula con lo sguardo a metà tra il fiero e lo spaventato, chiudendo piano la porta dietro di sé.
 
- L'ho fatta grossa, l'ho fatta grossa. - iniziò a ripetersi nella sua testa, mentre era seduto con la testa appoggiata sulle ginocchia, affianco alla porta fuori dall'aula. Perse la cognizione del tempo, iniziò a scorrere tutto molto più lentamente e la prima ora sembrava non finire mai. Continuava a pensare alle conseguenze di ciò che era successo, non era mai stato un alunno brillante, ma non era mai arrivato a sfidare tanto la maestra. Poi ripensò alla mattinata, e a suo fratello, e tornò subito iracondo. Sbatté un pugno contro lo stipite della porta, proprio nel momento in cui vide dal fondo del lungo e stretto corridoio comparire una sagoma. Pietro cercò di mettere a fuoco finché non lo riconobbe. Il ragazzino nuovo della 3°F. Alto più o meno come lui, di corporatura più esile, capelli a caschetto, occhiali alla Harry Potter e maglione di lana anche d'estate. Senza contare lo sguardo enigmatico. Pietro lo guardò. Era sicuramente un bambino strano, uno di quelli che sarà stato sempre vittima dei bulletti. Ma già nel modo di camminare qualcosa lo rendeva ancora più strano di altri bambini strani che aveva già incontrato. Non era il classico secchione perdente. Sembrava ancora più perdente, ancora più femminuccia. Femminuccia, ecco. La sua andatura ricordava quella delle ragazzine poco più grandi di lui, che mentre giocavano a fare le modelle in sfilata, camminavano in modo vanitoso. Pietro cercò di trattenere le risate appena realizzò tutto questo ragionamento, mentre il bambino si avvicinava sempre di più.
 
Ad un certo punto si fermò. Pietro smise di trattenere le risate, perché adesso non aveva più da ridere. Lo sguardo del bambino si spostò quasi meccanicamente da di fronte, a Pietro. Lo fissò per alcuni attimi, che a Pietro sembrarono interminabili. Poi il piccoletto aprì la bocca, mostrando un apparecchio che ricopriva la fila dentale superiore.
 
- Scott. 
 
Pietro sembrò non capire, e il suo sguardo si trasformò in un'aria interrogativa.
 
- Mi chiamo Scott, è questo il mio nome.
 
Pietro sembrò tornare sulla terra ferma. Ma la voce di Scott lo riportò alle risate trattenute. Gli sembrò la voce maschile più femminile che avesse mai ascoltato in vita sua. La pronuncia, gli accenti, l'intonazione, tutto sembrava fuorché maschile. Il marmocchio vide Pietro fare smorfie per tentare di trattenere le risate, e sospirando leggermente, riportò lo sguardo davanti a sé, riprendendo la sua strana e lenta camminata. Pietro ebbe l'impressione di sentirlo mormorare indistintamente qualcosa tipo:
-Sei come tutti gli altri.
 
- Gli altri? - Pietro smise di ridacchiare nuovamente, e si incupì ripensando a quel mormorio, mentre Scott si allontanava impassibile, girando l'angolo in direzione del bagno. 
La porta dell'aula si aprì, e la vecchia zitella affacciandosi pronunciò con disprezzo nome e cognome del ragazzo seduto. Pietro si alzò e rientrò in aula stranito, mentre la donna usciva facendo entrare il maestro di storia. 
 
- Come.. tutti.. g-gli altri.. - la frase rimbombò nella sua testa, oscurando tutto il mondo attorno, la voce del maestro, i mormorii dei compagni, la finestra, l'aula, il banco.

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