You Make Me Smile di Mari24 (/viewuser.php?uid=117400)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A strange encounter ***
Capitolo 2: *** Something Unexpected ***
Capitolo 3: *** Mystery Girl ***
Capitolo 4: *** Thank You Rain ***
Capitolo 5: *** The Morning After ***
Capitolo 6: *** The Truth ***
Capitolo 7: *** Coonan ***
Capitolo 8: *** The Russian Mafia ***
Capitolo 9: *** War ***
Capitolo 10: *** A Terrible Truth ***
Capitolo 11: *** Kate's Thoughts ***
Capitolo 12: *** Don't Leave Me Alone Again... ***
Capitolo 1 *** A strange encounter ***
Kate si sentiva osservata. C’erano giorni in cui sentiva lo sguardo costante di qualcuno su di lei. Aveva persino giurato di essere pedinata. Ma non avrebbe mai immaginato che l'avrebbe rincontrata. Non dopo dieci anni.
E pensare che se non fosse stato per i libri di Castle, che avevano fatto conoscere Beckett come sua musa, non sarebbe ritornata, non avrebbe avuto il coraggio di ritornare da Kate, non avrebbe rischiato tutto pur di vederla. Non avrebbe rischiato la vita di Kate.
Ma questo Kate ancora non lo sapeva. Non sapeva che di lì a breve avrebbe rivisto una delle persone a cui teneva di più; una delle persone più importanti della sua vita. Ma lei non sapeva ancora che presto avrebbe saputo..
Di fronte al 12°, Ryan ed Esposito, si litigavano un caso, decidendo quale dei due avesse dato una svolta all'omicidio, omettendo entrambi il fatto che fosse stata Beckett insieme a Castle a risolverlo, quando ad un tratto la videro. C’era una ragazza che fissava l'intero edificio. Era bella, ed entrambi lo notarono subito. Si lanciarono una rapida occhiata e si capirono all’istante: si sarebbero litigati anche quella ragazza!
Si avvicinarono, ma Ryan fu più svelto e disse:
-"Ciao! Hai bisogno di aiuto?"-.
La ragazza non rispose, non si voltò neanche. Era come assente, assorta nei suoi pensieri più profondi e remoti. Continuò a fissare il 12°, come se si aspettasse che lui le parlasse, come una persona vera, reale. Che le dicesse qualcosa. Che rispondesse alle sue domande, a quella domanda che le pesava nel cuore da tanti anni. Ormai non ricordava più da quanto tempo sentiva quella sensazione, la sensazione di vuoto interiore che ti distrugge e ti consuma lentamente.
Esposito approfittò subito del momento di non curanza di quella giovane ragazza verso Ryan e, spintonando di lato l’amico si fece avanti, chiedendo anche lui se avesse bisogno di qualcosa.
In quel momento lei si voltò, quasi svegliandosi da un malinconico sogno, notandoli e notando il loro distintivo.
Fino a che non si fosse voltata i due detective non avevano capito quanto fosse bella. E in effetti assomigliava a qualcuno, ma entrambi rimasero impietriti dai suoi occhi. Sorrise, ma i suoi occhi non mentivano e vi si leggeva tutta la sua tristezza e la sua immensa solitudine. Sorrise ai poliziotti e rispose: -“No, grazie! Non ho bisogno di nulla!”- e, voltandosi riprese a fissare l’edificio.
-“Dove ci siamo già incontrati?”- le chiese Esposito continuando a provarci spudoratamente.
Lei si voltò con un sorriso malizioso, abbassò il tono di voce e avvicinandosi al suo orecchio gli rispose:
-“In your dreams!”-, e come se non volesse essere disturbata ulteriormente continuò a guardare con insistenza il 12°.
Poi però si pentì di aver liquidato così in fretta quei due ragazzi che erano stati gentili e anche un po’ divertenti con lei, e prima che sparissero all’interno del 12° gli rispose: -“In effetti… -disse avvicinandosi- volevo sapere.. lavora qui il detective Beckett?”-
Ryan ed Esposito sapevano bene di non dover dare informazioni ma riposero all’unisono che Beckett era in quel edificio e in servizio in quel momento, e che se avesse avuto bisogno sarebbe stata felice di aiutarla. Lei sorrise, Ryan notò che aveva un sorriso splendido, che riusciva quasi a cancellare tutte quelle note di sofferenza che si leggevano così chiaramente nei suoi occhi. Mentre le chiedevano chi fosse, il suo cellulare squillò. Lei rispose con un debole “Scusatemi” e da quello che sentirono la ragazza disse poche parole: -“Si?... No, io.. io devo parlarle! Va bene torno subito!!”- disse rassegnata. Non si girò neppure, e iniziò a correre più veloce che poteva. Non si voltò neanche quando Ryan le urlò dietro: -“Ehi, aspetta!”-
In quel momento Kate e Castle scesero di corsa pronti per un nuovo arresto, ma Ryan continuava ad osservare quella ragazza, come colpito da un incantesimo, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso nonostante si fosse ormai dileguata tra la folla e il traffico.
-“Cos’ha Ryan?”- chiese Beckett. Ed Esposito lo canzonò subito: -“Si è appena innamorato!”-.
Ma Kate in quel momento non aveva tempo per confortare o prendere in giro il collega.
C’era da fare un lavoro molto importante, e come tutti i poliziotti anche Ryan sapeva che tutto il resto passava in secondo piano, e in breve tempo i due detective avevano già dimenticato quello strano incontro.
Fu un arresto complicato. Kate intimò a Castle di restare in macchina, cosa che non fece. Ma non era stato quello ad infastidirla.. Era quella strana sensazione, quel formicolio che sentiva dietro la nuca ogni qualvolta sentiva di essere osservata.
Ma non c’era tempo per le sensazioni. Dovevano prendere quei trafficanti di droga o anche stavolta sarebbero spariti come fantasmi, e Beckett non poteva permetterlo. C’era poco tempo per il piano, serviva un’azione rapida e pulita.
Beckett impugnò la sua pistola e fece segno a Ryan ed Esposito di passare dal retro. Castle le stava dietro, sapeva che in queste situazioni non era felice di averlo tra i piedi, infatti Beckett si voltò e puntandogli una mano contro il petto, gli disse: -“Se provi a seguirmi, ti metto le mani addosso!”-Castle: -“Giura!!”-.
Kate lo fulminò. Era irritante quando non capiva quando non era il momento di giocare.
Per lei questo caso era molto importante. Aveva impiegato tempo ed energie e se avessero preso quei trafficanti sarebbero riusciti a risalire a Clan mafioso che aveva ucciso Jack Coonan, la sua vittima. Forse era un corriere o forse una semplice vittima della mafia russa, questo Kate non l’aveva ancora capito, ma la sua sete di giustizia superava tutto. Questo caso le ricordava il caso della madre, e non sapeva perché, ma voleva la stessa giustizia per questo omicidio quanto ne voleva per sua madre, e il suo cuore era colmo di rabbia per non essere riuscita ancora a risolverlo, dopo dieci lunghi anni.
Nei primi tre anni in polizia, Beckett aveva cercato di risolvere il caso, aveva cercato ogni sorta di indizio che poteva essere sfuggito ai detective che indagarono allora. Non trovò nulla e decise di mollare il caso prima che la portasse alla disperazione. E questo caso.. voleva avere giustizia per quelle bambine che avevano perso un padre. Per cui avere Castle lì tra i piedi, in quel momento la irritava.
Impugnò la sua arma, con le spalle al muro, fece un profondo respiro e, con una rapida occhiata guardò all’interno. In due secondi aveva contato quattro uomini. Contemporaneamente alla sua squadra, fece irruzione e vi trovò i trafficanti intenti a tagliare droga.
Due di loro tentarono la fuga, ci fu uno sparo. Kate uscì rapida per fare fuoco, ma non si accorse che uno dei due trafficanti era dietro di lei pronto a sparare. In quel momento arrivò Castle che la spinse per terra, salvandola da proiettile certo. La sequenza dei fatti fu molto veloce: Esposito buttò a terra il secondo trafficante bloccandogli la schiena con le ginocchia; Castle si lanciò all’inseguimento del primo malvivente con Beckett ancora a terra che gli urlava: -“Castle!! NO!!”-. Partì all’inseguimento anche lei, ma in quei pochi istanti in cui Castle l’aveva preceduta, era già stata seminata. Svoltò l’angolo, non c’era nessuno. Com’era possibile che due uomini potessero svanire nel nulla? E poi sentì un rumore sopra di lei. Si voltò appena in tempo per vedere che il trafficante le puntava addosso la pistola. –“Bum!”- sussurrò, un suono appena percettibile ma Kate capì che stava per sparare.
Si sentì una voce gridare con tutto il fiato che aveva in corpo “NO!”, e nello stesso istante Castle si lanciò addosso al trafficante e lo buttò a terra, disarmandolo. –“Dimmi che l’hai visto!!”- disse soddisfatto e trionfante a Beckett. Ma Kate aveva altro a cui pensare. Cercava con gli occhi chi potesse aver gridato ma non vide nessuno. Accecata dal sole vide solamente un’ombra sparire nella folla New Yorkese, come un fantasma.
Contenta di aver effettuato il suo arresto, Kate era meno irritata, ma per tutto il viaggio non proferì parola: in parte perché le dava fastidio che Castle avesse messo k.o. il trafficante e in parte ripensava a quella voce.
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Capitolo 2 *** Something Unexpected ***
-“E dai!! Cosa ti ho
fatto?”- chiese
Castle con quella sua solita faccia da finto innocente, come se
ignorasse
completamente perché Beckett era così furiosa con
lui.
-“Cosa mi hai fatto? Hai
anche il
coraggio di chiederlo? Hai messo a rischio la vita dei miei uomini, la
mia e
anche la tua! Cosa pensavi di fare eh? Castle questo non è
un gioco, è la vita
reale!”-
-“A me sembra invece di
averti salvata. E
visto che sei così arrabbiata, vuol dire che ti preoccupi
per me!”-.
La guardò con il suo
solito sorrisetto
soddisfatto, che la faceva incazzare ancora di più.
Ma c’era qualcosa di lui che l’attraeva
e, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a lui, le
piaceva avere Castle
intorno. Quel sorrisetto ebete e quegli occhi blu penetranti la fecero
arrossire lievemente e solo un acuto osservatore l’avrebbe
notato. E a Castle
non sfuggì. Ma Beckett cercando di rimanere impassibile, si
voltò per non
essere vista e cercò di ritornare la fredda e gelida
detective di sempre
rispondendo: -“Non è questo il punto!”-
-“Visto? Siamo a casa..
mamma e papà che
litigano… “-, disse Esposito a Ryan. Entrambi
risero e si beccarono un’occhiataccia
omicida di Beckett.
A Ryan, come colto da un dejà-vu, venne in mente quella
ragazza. Il taglio degli occhi di Kate era così simile a
quello di quella
strana ragazza, ma non fece in tempo a parlare con Beckett: stava
ancora
litigando con Castle e Ryan sapeva bene che era meglio non
interromperla
durante una sfuriata contro di lui.
Esausta per il caso e per
l’ennesima
discussione con Castle che non voleva in nessun modo darle ragione,
prese la
sua roba e si incamminò verso la palestra sotterranea
lasciandolo a discutere
da solo. Ma Castle non si diede per vinto, e un momento prima che si
chiudessero le porte dell’ascensore riuscì ad
entrare, sotto gli sguardi
divertiti di Ryan & Esposito e quello decisamente contrariato
di Beckett.
-“Non ci credo! Questo
dev’essere un
incubo. Si deve esserlo per forza perché nella
realtà ti avrei già sparato
Castle!”-
Castle non rispose subito, ma
continuò a
fissarla dritto negli occhi. Kate si sentiva in imbarazzo sotto quello
sguardo,
ma il suo orgoglio era più forte e sostenne lo sguardo di
Castle, quasi
sfidandolo.
A quel punto la spinse contro una parete, bloccandola con un
braccio e disse una cosa che Beckett non si aspettava:
-“Hai ragione! Ti chiedo
scusa per
l’operazione di oggi, non avrei dovuto mettermi in mezzo. Ti
chiedo scusa anche
per tutte le volte in cui mi ordini di fare una cosa e io ne faccio
un’altra.
Ti chiedo scusa anche per averti bloccata qui in ascensore, ma non
avresti mai
accettato le mie scuse di fronte agli altri! E mi dispiace per tutte le
seccature che ti ho causato con Nikki Heat…”-
-“Non ti sto dicendo di
essere
dispiaciuto o di scusarti Castle.. “- ma non poté
finire la frase perché Castle
continuò: -“..e ti domando scusa anche per
questo..”- e in pochi secondi
Beckett poteva sentire il profumo della sua acqua di colonia farsi
sempre più
vicino. Gli occhi azzurri di lui continuarono a fissare i suoi. Il
respiro di Kate era
sempre più veloce e irregolare, ancora imbarazzata dal suo
modo di guardarla,
dal suo modo di fissarla.
E in pochi istanti Castle
poggiò
delicatamente le sue labbra sulle sue.
La parte razionale di Kate non
avrebbe
mai permesso che Castle la baciasse e dentro di lei protestava
ardentemente.
Invece si sorprese di non allontanare Castle, ma di rispondere a quel
tenero
bacio. Castle le sfiorava delicatamente i capelli e anche lei,
sentendosi
coinvolta più che mai, gli prese il viso tra le mani. Era un
momento perfetto e
Castle lo sapeva bene, infatti lui non aveva mai cercato di negare la
forte
attrazione fra di loro.. e si sorprese dalla reazione di Beckett.
Quegli istanti in cui erano le loro
bocche erano l’una attaccata all’altra per Castle
non furono solo istanti,
voleva restare lì con lei in eterno, stretto in quel lungo e
dolce bacio.
Ma
come sapeva bene, tutto ha una fine, e in quel momento le porte
dell’ascensore
si aprirono.
Kate si staccò
velocemente da quel bacio
che l’aveva fatta sognare e, anche se per poco, aveva
mostrato il suo lato dolce.
La Kate razionale venne fuori non appena
le labbra di entrambi si staccarono, e allontanò Castle da
sé, scappando più
veloce che poteva in direzione della palestra.
Non poteva essersi mostrata
così
vulnerabile e così dolce ai suoi occhi. Questa non era lei.
E la cosa che la
turbava di più era che Castle glielo avrebbe rinfacciato in
ogni occasione.
Si cambiò e
iniziò a prendere a pugni e
calci il suo sacco per l’allenamento. Era arrabbiata, ma non
con Castle, ce
l’aveva con sé stessa: aveva permesso a Castle di
penetrare la sua corazza,
quella corazza che si era creata nel corso degli anni e
l’aveva resa
invulnerabile agli occhi di tutti. Tutti tranne Castle.
Si allenò con tutta la
forza che aveva in
corpo finché cadde esausta. Capì che il suo corpo
stava cedendo e non poteva
continuare a quel ritmo. Si cambiò e ritornò di
corsa a casa.
Era una serata fredda, ma Kate
decise
comunque di andare a casa a piedi. Adorava quel clima così
freddo, così triste,
così malinconico. Adorava sentire il freddo pungente di New
York sulle sue
guancia. Quel freddo la manteneva attenta, vigile, pronta a cogliere
ogni
singolo movimento.
Si sentiva ancora osservata,
avvertiva di
nuovo quello strano formicolio alla nuca, ma dopo la scena
dell’ascensore,
pensò, “sicuramente sarà Castle,
assicurandosi che torni a casa.”.
Quel pensiero la fece sorridere. Il
pensiero che Castle la osservasse e cercasse in tutti i modi di
proteggerla era
per lei davvero importante. Forse non lo vedeva o non era ancora pronta
a
farlo, ma Castle ci teneva veramente a lei e per quanto lei non volesse
ammetterlo neanche a se stessa, anche lei teneva molto a Castle. E quel
bacio
ne era la prova.
Ma ciò che Kate non
sapeva, era che Castle
uscito dall’ascensore, capì che Beckett voleva
stare da sola e che dopo aver
oltrepassato quel confine invisibile che c’era fra di loro,
era meglio
lasciarla in pace. Lasciarla sfogare per tutta quella giornata pesante
e quel
bacio in ascensore. Così ritornò a casa.
Quando entrò in casa
Alexis gli corse
incontro, abracciandolo, sapendo ciò che il padre aveva
fatto durante l’arresto, e volle sapere
ogni dettaglio.. Castle raccontava, ma non con la sua solita enfasi,
era
distaccato, assente. La sua mente era altrove e Martha se ne accorse.
Così con
una scusa chiamò la nipote e la portò via,
lasciandolo solo con i suoi
pensieri.
“Come reagirà
Beckett domani? Mi
picchierà.. No conoscendola mi tirerà un pugno
sul naso. Oppure farà finta di
nulla e mi ignorerà per tutta la giornata. E se non dovesse
parlarmi mai più?”
pensò Castle.
Continuava
a guardare il caminetto acceso, quelle delicate fiamme che si
intrecciavano l’una con l’altra,
quasi danzando, quasi baciandosi, e Castle non poté smettere
di pensare a Kate.
Ma
da dietro una voce confortevole parlò:
-“Lascia che ti dica una
cosa figliolo:
Kate Beckett non è la prima ragazzina che si emoziona e urla
per un bacio, come
una delle tue sciocche fan!”- come se stesse leggendo la
mente del figlio.
Castle la guardò e rispose: -“Come sai che
l’ho baciata?”-
-“Non lo sapevo. Me l’hai detto tu
adesso!”- e con quella frase lasciò Rick a
rimuginare sui suoi pensieri.
Kate non riusciva a dormire.
Pensava e
ripensava a quel bacio e, nonostante non volesse ammetterlo, quel bacio
aveva
significato davvero molto.
Prese il cellulare. Compose il
numero di
Castle. Voleva chiamarlo, sentire la sua voce calda e dolce. Ma non
chiamò.
Kate Beckett non si lasciava andare, e quel momento in ascensore era
stato solo
un momento da non ripetersi.
Neanche Castle riusciva a prendere
sonno.
Anche lui come Beckett ripensava al loro bacio, a quel tenero e intimo
bacio.
Avrebbe voluto andare da lei, suonare fin quando lei non avesse aperto,
abbracciarla e baciarla per tutta la notte, sentendola sua, e facendole
capire
che lui ci sarebbe stato sempre. Ma non andò. Sapeva fin
troppo bene che lei
non gli avrebbe permesso di starle così attaccato. Era
riuscito a penetrale la
sua corazza era vero, ma lei non l’avrebbe permesso
un’altra volta. Non a breve
distanza comunque.
note dell'autrice: ciao a tutti! prima di tutto vorrei ringraziare
tutti quelli che hanno letto e anche chi ha
recensito il primo capitolo.
e soprattutto vorrei ringraziare la mia amica Ilaria per avermi
convinta a pubblicare questa fanfiction.
spero questa volta di essere riuscita ad usare meglio l'HTML, non sn
brava con queste cose.. ;)
chiedo scusa anticipatamente se anche in questo capitolo è
tutto molto veloce, ma in realtà, come ho spiegato ad alcuni
di voi, questa ff non è stata creata in principio in
capitoli.. c'è stata un'unica stesura e poi l'ho divisa. io
stessa la preferisco unica, ma pubblicata tutta insieme era veramente
lunga.
beh, credo di aver detto tutto. ovviamente le recensioni e i consigli
sono sempre graditi.. ;>
a presto
kate24
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Capitolo 3 *** Mystery Girl ***
Quando Castle arrivò al
distretto il
mattino dopo, Beckett era già a lavoro immersa in una pila
di scartoffie da
compilare e rapporti da consegnare. In realtà non avrebbe
dovuto farlo lei, ma
sperava che vedendola così occupata, Castle andasse via..
tanto in quei casi
non era granché come ispirazione. Invece Castle si
presentò con due caffè in
mano come sua consuetudine.
Lei lo guardò
un’istante, e pensò che nonostante
tutto era molto tenero. Lui si accorse di quello
sguardo dolce che aveva Beckett e le sorrise,
ma lei, beccata in flagrante, ritornò seria e riprese il suo
lavoro facendo
finta di niente.
Castle le si avvicinò e
disse sorridente:
-“Buon giorno. Dormito bene?”-
Beckett lo studiò per
qualche istante e sperò di non dover affrontare
l’argomento così rispose indifferente:
-“In realtà
non ho dormito molto.”-
-“Sul serio? Neppure io..
Sai, continuavo
a pensarti.. e pensare a quel fantastico bacio..”-
-“Castle!!!
Non ti azzardare a nominare ciò che
è successo ieri in ascensore! È stato
semplicemente un bacio niente di più. E
ovviamente è inutile sottolineare che non si
ripeterà mai più!”-
-“Se
è stato solo un bacio perché sei così
arrabbiata?”-.
Ma Kate non fece in tempo a
rispondere,
perché Ryan si stava avvicinando e sperò con
tutte le sue forze che non avesse
sentito la conversazione. -“Ehi Beckett! Ieri ti ha cercata
una ragazza molto
carina.”-
-“Una ragazza? Chi
era?”-
-“Non l’ha
detto, è scappata via dopo che
le abbiamo detto che lavori qui!”-
-“Oh si, e Ryan si
è proprio innamorato
di questa ragazza. Ieri non ha fatto altro che parlare di lei! Di
quanto
fossero belli i suoi lunghi capelli neri, i suoi occhi, e le sue mani
morbide…”-
lo canzonò Esposito.
Beckett fece finta di non sentire
le
prese in girò di Esposito, non poteva occuparsi anche di un
Ryan innamorato. Aveva già il suo enorme problema con
Castle, ma pensò che forse
quella ragazza aveva bisogno di qualcosa e disse:
-“Magari aveva bisogno di
aiuto. Vediamo se
dalle registrazioni delle telecamere riusciamo a capire chi possa
essere.”- disse
Beckett.
-“No. Guarda. Non ce ne
sarà bisogno, è
dietro di te!”- rispose Esposito.
Kate si voltò e i due
sguardi si
incrociarono. Rimasero immobili, l’una sostenendo lo sguardo
dell’altra, senza
avere il coraggio di parlare. Entrambe avevano pensato a come sarebbe
stato nel
momento in cui si sarebbero rincontrate.
Nessuna delle due muoveva un muscolo.
Erano in piedi, l’una di fronte all’altra. Entrambe
temendo la reazione dell’altra.
Infine dopo quel lungo silenzio, la
ragazza
parlò: -“Ciao, Kate.”-
La sua voce era dolce, ma
traspariva un
velo di tristezza.
Voleva correre ad abbracciarla, abbracciare la sua Kate, la
ragazza con cui era cresciuta nonostante la differenza di
età.
Ma non si mosse. Non conosceva
questa
nuova Kate, non l’aveva conosciuta come poliziotta. Lei
conosceva la Kate con
cui riguardava tutte le repliche di Baywatch, la Kate a cui aveva
confidato di
aver dato il primo bacio, la Kate che l’aveva coperta quando
una notte aveva
fatto tardi.
Avrebbe voluto dirle tante cose ma
non ci
riuscì, le parole le morivano in gola. Soprattutto voleva
chiederle perdono per
essere scomparsa così nel nulla, lasciandola da sola.
Ma fu Kate a muoversi. Le
andò incontro.
Conosceva quella ragazza. Come poteva non conoscere la ragazza con cui
aveva
condiviso gran parte della sua vita?
Kate era un misto fra
felicità e shock:
sua sorella era ritornata dopo dieci anni ed era lì, di
fronte a lei,
aspettandosi anche un solo ciao, una parola, una qualunque reazione da
parte della
sorella. Ma Kate restò muta fin quando non fu a pochi passi
da lei:
-“Sei
tornata!”-
E dopo queste parole
corse da lei e l’abbracciò più forte
che poteva. Non voleva piangere, aveva
imparato molto tempo prima a controllare le emozioni, ma le lacrime
scivolarono
sulle sue guance e per quanto avesse desiderato quel momento non
riusciva a
trattenersi.
Dal canto suo Sophy, stringeva forte la sorella anche lei
piangendo. Entrambe non riuscivano a trattenere le lacrime.
Dopo qualche minuto scivolarono
delicatamente per terra e lì rimasero a fissarsi, a
sorridersi, ancora
incredule di essersi riviste, di essersi appena abbracciate.
E
poi Kate chiese di nuovo: -“Sei tornata per
restare?”-
-“Non lo so ancora Kate!
Non dipende da
me. Non volevano neanche che venissi qui.”-
-“Chi? Chi non voleva che
venissi qui?”-
-“Ti prego non
chiedermelo! Odio mentirti,
ma questo non posso assolutamente dirtelo.
E
poi ora che sono qui voglio sapere tutto su di te. Ho saputo che sei la
musa di
Richard Castle!”- disse con un mezzo sorriso malizioso.
-“Si beh non sono proprio
rose e fiori!”-
-“Solo perché
ti ostini ad odiarmi!”-
rispose Castle che per tutto il tempo aveva osservato la scena in
silenzio
insieme a Ryan ed Esposito.
Kate e Sophy si alzarono dal
pavimento e
si avvicinarono ai tre amici.
Kate potè osservare
chiaramente per la
prima volta sua sorella. Sophy non era molto alta, era snella, con dei
lunghi e
mossi capelli neri che le ricadevano dolcemente sulle spalle, con una
frangia
storta, che le copriva metà occhio destro. Aveva il nasino
alla francese. Kate l’aveva
sempre adorato, ricordandosi la prima volta che l’aveva vista
e di quando
Johanna gliel’aveva fatta tenere in braccio. Le aveva
poggiato l’indice in quel
piccolo naso all’insù, sfiorandolo e seguendone il
contorno. E poi su quella
boccuccia rosea, sottile e piccola. Le sembrava una bambolina.
In quel momento di tanti anni
prima, la
Kate di otto anni, aveva realizzato di avere una sorellina, e aveva
giurato a
se stessa che l’avrebbe protetta sempre.
Erano passati dieci anni e Sophy
era
cambiata, si era trasformata in una giovane donna. Indossava un paio di
stivali
neri, con dei jeans e una maglietta nera. Sopra la maglietta aveva uno
di quei
maglioni lunghi, a mezza manica, sul grigio chiaro, con un ampio collo,
che si
adattava perfettamente alle curve del suo corpo. Il tutto legato con
una
cintura con la fibbia a forma di una grande farfalla, che dava dei
riflessi dal
verde al blu. Aveva il cappotto nero in mano, evidentemente quando era
entrata
nel distretto aveva avvertito il calore emesso dai termosifoni.
-“Beh pare che Castle lo
cosci già!”-
disse Kate.
-“Già! I tuoi
libri vendono molto bene
anche in Russia!”- disse rivolgendosi a Castle e
stringendogli la mano.
-“In Russia? Eri
lì tutti questi anni?”-
le chiese Beckett.
Sophy la guardò:
–“Kate non posso dirti
nulla. Questa storia è più grande di
me!”-
Ma Ryan si intromise e si
presentò,
felice finalmente di conoscerla e farfugliò:
-“Ciao! Io sono Ryan.
Kevin. Ryan. Kevin
Ryan!”-
Esposito e Castle sghignazzarono
rumorosamente dietro di lui. Non avevano mai visto Ryan balbettare in
quel
modo.
-“Guarda
com’è emozionato!”- ridacchiò
Esposito.
Ryan imbarazzatissimo chiese ai due
amici
di piantarla lì, ma Sophy sorridente gli strinse la mano e
avvicinandosi al suo
orecchio gli disse piano:
-“Grazie per avermi
chiesto se avevo
bisogno d’aiuto ieri mattina!”-.
Kate la allontanò da
lì, dopo le
presentazioni aveva bisogno di parlare con sua sorella da sola. Doveva
assolutamente sapere perché era sparita in tutti quegli
anni. Ma Sophy intuendo
le sue intenzioni, prese lei la parola:
-“Allora sei diventata
una poliziotta! La
più grande teppista di New York è passata al lato
buono!”-
-“Beh sai sono cose che
capitano! E poi,
è stato l’omicidio della mamma il motivo per cui
sono entrata in polizia!”-
-“Lo so Kate! Tu forse
non avrai avuto
notizie di me, ma io sapevo che tu stavi bene e questo per me era di
grande
conforto!”-
Kate era arrabbiata. La sua
sorellina
sapeva esattamente dove si trovava ma lei non era riuscita a trovarla,
a
rintracciarla. E
per giunta non era
nemmeno un detective. Come poteva saperlo? In quegli anni aveva sentito
raramente Sophy, una o due volte l’anno e tramite una mail,
sempre
irrintracciabile.
La prese per un braccio e disse:
-“Adesso devi dirmi la
verità! Perché sei
andata via? Papà sa che sei tornata?”-
Sophy aveva uno sguardo gelido,
quasi
glaciale al sentir nominare il padre. Irrigidì le labbra e a
denti stretti rispose:
-“Kate ci sono cose di
cui non ti posso
parlare, ma tu non devi mai nominare Jim. Se lo nomini o parli di lui o
trovi
il modo di farci incontrare, io me ne vado. Queste sono le
regole!”-.
Sottolineò il nome di Jim, come se rifiutasse di avere un
padre e a Kate questo
fatto non sfuggì.
-“Adesso abbiamo anche
delle regole?!
Dov’è quella ragazzina solare che mi ha lasciato
dieci anni fa?”- . Kate sottolineò il
fatto che Sophy fosse andata via, lasciandola sola, e voleva a tutti i
costi sapere il perchè.
Sophy fece per parlare, ma lo
squillo del
suo cellulare la salvò. Voleva dirle che quella ragazzina
non esisteva più, che
le prove a cui la vita l’aveva sottoposta l’avevano
cambiata. Voleva dirle che
quella ragazzina era morta insieme alla mamma.
Guardò il display, ma
non rispose e
disse:
-“Scusami Kate, ma ora
devo andare! Ci
vediamo domani.”-
E detto questo, come la mattina precedente si dileguò in
pochi istanti senza lasciare a Kate il tempo di replicare.
ciao a
tutti! come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito
il secondo capitolo..
bene, in questo 3 capitolo si scopre chi è quella "ragazza
misteriosa".. probabilmente vi sembrerà troppo presto e
veloce anche questo capitolo, ma c'è ancora tutta una lunga
storia da raccontare e, quella nuvola di mistero che avvolge Sophy..
chiedo scusa se non ho inserito molte scene fra Beckett e Castle, ma
questo capitolo mi serviva per introdurre il prossimo.. :)
bon, anche stavolta mi pare di aver detto tutto..
ovviamente le recensioni sono sempre ben gradite!
kate24
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Capitolo 4 *** Thank You Rain ***
Frustrata per
quell’incontro così veloce,
Beckett sfogò tutta la sua rabbia sui trafficanti che aveva
arrestato il giorno
prima.
Arrivò Lanie, aveva in
mano il referto
dell’autopsia su Jack Coonan, e con molta delicatezza
chiarì a Beckett che l’assassino
aveva usato la stessa arma che dieci anni prima aveva ucciso la madre.
Senza
dubbio la sua vittima era stata uccisa dallo stesso uomo che aveva
ammazzato
Johanna Beckett.
Ritornò furiosa nella
stanza degli
interrogatori, sbattendo la porta, e mise sotto torchio i
contrabbandieri. Vinse
Beckett e dall’interrogatorio uscì fuori il nome
di “Rathburn”, associato a
Dick Coonan, il fratello della vittima. I contrabbandieri le dissero
anche, che
lui era un killer che lavorava per la mafia russa.
Il capitano Montgomery la
chiamò nel suo
ufficio. Le porse una fiaschetta con del whisky e le disse che sapeva
che il
motivo che l’aveva spinta a diventare una poliziotta era
stato proprio
l’omicidio di sua madre; sapeva bene quanto le fosse costato
provare a risolvere
il caso la prima volta che ci aveva provato e sapeva altrettanto bene
che
appena si fosse presentata l’occasione ci avrebbe riprovato
di nuovo. Le chiese
se dopo tutte quelle emozioni, tra il ritorno della sorella e scoprire
di essere
ad un passo dal trovare gli assassini della madre, potesse riuscire a
gestire
la situazione e il caso.
Kate ci pensò un attimo,
posò sul tavolo
la fiaschetta e rispose:
-“Mi spiace signore. Non
ce la faccio!”-
Così uscì
dall’ufficio di Montgomery,
prese la giacca e andò via. E com’era successo la
mattina prima a Ryan, Castle
la chiamò, ma Kate come la sorella non si girò.
In quel momento voleva stare da
sola.
Niente Castle a cercare di consolarla. Voleva stare sola con il suo
dolore.
Forse c’era una sola persona con cui avrebbe voluto
condividerlo, ma non sapeva
come rintracciala. Sophy era molto abile nelle sparizioni e se non
voleva farsi
trovare, non l’avrebbe trovata.
Ricordava quanto fosse ribelle Sophy. Ricordava perfettamente ogni
litigata con i genitori, ogni volta che cercavano di punirla, lei
riusciva sempre a farla franca. Se era in punizione trovava sempre il
modo di scappare, dalla finestra, dalla porta di servizio, una volta
anche dall'entrata principale, senza che nessuno si accorgesse di
nulla, come un fantasma, incurante che al suo ritorno si sarebbe
cacciata ancora di più nei guai.
La sua voglia di indipendenza, nonostante la giovane età era
molto forte, e in qualche modo riusciva sempre a cavarsela. Un anno
prima della sua scomparsa era stata arrestata per un furto in un
supermercato. Quella volta Johanna non aveva urlato, l'aveva
semplicemente guardata e con freddezza le aveva detto: -"Mi
hai deluso profondamente!"- . Sophy l'aveva osservata e si era messa a
ridere. Per lei era tutto uno scherzo, per passare il tempo. Una volta
aveva confessato a Kate che per lei la vita era un noiosissimo gioco,
di cui lei era una pedina.
Immersa in quei pensieri, Kate
andò a casa. Si chiuse la porta
alle spalle. Avrebbe voluto chiudere anche il suo dolore fuori da
quella porta.
Respirò profondamente e a lungo, con gli occhi chiusi.
Voleva rivivere gli anni felici
della sua
vita, quegli anni che avevano preceduto la morte di Johanna.
Così trovò in una
scatola impolverata, gli album fotografici di quando era piccola:
c’era una
foto su un’altalena di cui aveva un vago ricordo. Nella foto
Johanna la
spingeva. Doveva avere otto anni perché la madre era
incinta.
Trovò un’altra
foto, la sua preferita.
Ricordava quando era stata scattata. Sophy aveva sei anni e Kate
quattordici.
Quel giorno aveva nevicato, la prima neve di Sophy. Si era voltata
verso la
macchina fotografica, aveva i capelli neri nascosti sotto una buffa
cuffia con
un pon-pon arancione, ma nonostante le guancia rosse per il freddo
aveva un
sorriso immenso e la neve tra i guanti gialli. Kate
l’abbracciava da dietro ed
entrambe sorridevano felici per quel giorno.
Le lacrime caddero bollenti sul suo
viso.
Il ricordo di quella bella giornata insieme alla sua famiglia la
intristì,
quella stessa famiglia che dì lì a pochi anni si
sarebbe sfasciata completamente.
Un lampo illuminò la
stanza e pochi
secondi dopo si udì il rombo del tuono. Iniziò
così a piovere.
Kate corse alla
finestra. Adorava la pioggia, ma non quella sera. Si chiedeva dove
fosse la
sorella, se fosse all’asciutto, se avesse un tetto sulla
testa, e si diede
della stupida per non averla trattenuta. Kate continuava a fissare
quella
pioggia costante che non aveva nessuna intenzione di cessare, mentre la
corrente andava e veniva dando i primi segnali che sarebbe saltata se
la
pioggia non avesse diminuito il suo corso.
Qualcuno bussò alla
porta risvegliando
Kate dai suoi pensieri. Aprì speranzosa che fosse Sophy, e
invece, con sua
enorme delusione, si ritrovò Castle davanti.
-“Castle?
What
are you doing here?”-
Castle la guardò e
mostrando la bottiglia
che aveva in mano, rispose: -“Wine?”-.
Castle entrò in casa,
poggiò il soprabito
sul divano e cercò subito due bicchieri. Versato il vino, si
sedette nel divano
bianco affianco a Beckett, e le porse uno dei bicchieri.
-“Castle,
-ripeté- cosa ci fai qui?”-
-“Beh dopo la giornata
interessante che
hai avuto ho pensato che avessi bisogno di compagnia. E quale compagnia
è
migliore della mia?!”- rispose sarcastico.
Beckett non rispose, si
limitò a
sorseggiare il suo vino.
Castle vide la foto della neve con Sophy e le chiese
se avesse voglia di parlarne.
Kate gli spiegò il
significato di quella
foto e, di come una sciocca, poco prima che arrivasse lui si fosse
messa a
piangere nel ricordo di quel giorno felice. In realtà non
voleva dirglielo, non
voleva confidarsi con lui, ma le parole uscivano dalla sua bocca senza
che lei
se ne rendesse conto. Non poteva essere già ubriaca, aveva
bevuto solo due o
tre sorsi di quel magnifico vino che lui aveva portato.
Castle prese la foto tra le mani e
osservò quanto fosse carina Sophy con quel sorriso, e di
quanto dolce fosse quell’abbraccio
dato da Kate.
Notò che Beckett,
nonostante la giovane
età, era molto bella e disse:
-"Eri davvero molto carina a
quattordici anni. Certo una tua foto con la divisa scolastica sarebbe
stata più
appagante, ma anche qui non sei per niente male!"-
Kate sorrise continuando a fissarlo
intensamente negli occhi e iniziò: -“Senti. per
quello che è successo ieri…”-
Ma in quell’istante ci fu
un tuono particolarmente
forte e pochi attimi dopo mancò definitivamente la corrente.
-“Aspetta qui Castle,
prendo una
candela!”- disse Beckett alzandosi dal divano.
-“Ahia! Quello era il mio
piede!”-
-“Scusami Cenerentola!
Non so se te ne
sei accorto, ma è completamente buio. Non vedo
niente!”-
Andò in cucina e
cercò una candela,
voleva la sua preferita, quella alla mela verde che aveva comprato
qualche
giorno prima, ma con tutto quel buio non riusciva a trovarla.
All’improvviso
sentì le mani di Castle
posarsi sui suoi fianchi e tirarla a sé.
Aveva fatto molto piano, usando la
flebile luce del suo cellulare per farsi strada. Kate non lo
sentì neppure
avvicinarsi, impegnata com’era a cercare quella candela.
Si voltò immediatamente.
-“Castle, che
stai..”- ma non ebbe modo
di finire la frase, perché Castle, come
nell’ascensore la sera prima, posò
delicatamente le sue labbra sulle sue, dapprima in un tenero bacio, ma
subito
dopo con tutta la passione che aveva, costringendo Kate ad aprire la
bocca per
ricambiare. I loro baci erano profondi e intensi, così
intimi e
segreti.
Così come il giorno
prima Kate non
rifiutò i baci di Castle, ma anzi gli rispose.
Castle con ancora le mani sui suoi
fianchi la attirò a se, stringendola delicatamente. Lei gli
incrociò le braccia
intorno al collo continuando a baciarlo senza fermarsi. Ma fu Castle
stavolta a
staccarsi per primo:
-“Stai
rispondendo!”-disse quasi
sorpreso.
In quel buio totale poteva vedere
solo
gli occhi lucidi della bella detective che non disse nulla, solo un
debole:
-“Shh!”-.
Kate riprese a baciare Castle. I
loro
baci erano caldi e febbrili. Beckett aveva scoperto che quella
situazione non
le dispiaceva affatto. Aveva scoperto che lui la rendeva umana, che la
faceva
sentire viva, che poteva essere se stessa senza la paura di essere
giudicata e
poteva lasciarsi andare senza dover portare il peso del mondo sulle
spalle.
Lui la prese in braccio, e la
portò fino
al divano, ma lei liberandosi dalla sua presa, lo condusse in camera da
letto.
Continuavano a baciarsi, esplorando ognuno la profondità
della bocca
dell’altro.
Castle la spinse fino al letto e
lei lo
trascinò con sé, senza smettere un istante di
baciarsi.
Kate gli baciò la
guancia e l’orecchia
mentre lui le baciava il collo... il mento.. Quei baci sul collo la
facevano
impazzire e Rick se ne rese conto.
Castle la guardava e non poteva
fare a
meno di pensare che fosse bellissima.
Entrambi erano lì,
desiderandosi a
vicenda.
Rick, con l’indice della
mano le sfiorò
delicatamente le labbra e Kate chiuse gli occhi, come se volesse che
quel
momento non finisse mai.
Castle le tolse la maglietta mentre
lei
gli sbottonava la camicia. Aveva quella fastidiosa camicia viola che
lei aveva
sempre detestato, ma in quel momento amava tutto di lui, perfino quella
porzione di stoffa che avvolgeva il suo corpo.
Kate gli slacciò la
cintura e gliela
sfilò dai pantaloni, li sbottonò e
abbassò la cerniera e così come Castle aveva
scritto nel libro, Beckett lo baciò di nuovo e
sussurrò le stesse parole di
Nikki Heat:
-“La protezione
è nel comodino!”-
Castle la guardò
sorridente e anche lui
rispose come Rook: -“Non c’è bisogno di
armarsi. Sarò un perfetto gentiluomo!”-
-“Meglio di
no!”- rispose lei, e con un
gesto veloce ruotò e fu sopra Castle. Lui le sciolse i
capelli e mentre si
chinava a baciarlo i suoi morbidi capelli castani chiari si poggiarono
sul suo
viso.
Castle prese di nuovo il controllo
della
situazione e fu subito sopra di lei; slacciò il reggiseno di
Kate e mentre
posava delicatamente il suo petto sul suo seno, poteva sentire il corpo
caldo
di lei sotto il suo. Poteva avvertire il battito del cuore di Kate
contro il
suo torace.
Con le mani scivolò
sulle sue lunghe
gambe morbide, fino ad accarezzarle le cosce, e mentre la baciava,
sentì lei
prendergli le mani nelle sue e stringerle come se non volesse farlo
andare via.
-"Ti voglio."- le
sussurrò
Castle
-"Sono qui."- rispose Beckett
Per una volta Kate non voleva
pensare o
razionalizzare tutto. Voleva solo essere Kate, e con Castle poteva
riuscirci.
Per tutta la notte si accarezzarono, si baciarono, si esplorarono a
vicenda,
desiderosi l'uno dell’altro, mentre fuori una pioggia
battente continuava ad
accanirsi su New York.
La sveglia sul comodino di Beckett
segnava le 2.43. Castle era sveglio. Tra le sue forti e muscolose
braccia,
Beckett dormiva profondamente appoggiata sul suo petto. Era serena,
rilassata.
Castle le sfiorava il viso, notando
che
faceva delle buffe smorfie con le labbra. La teneva stretta a
sé, non voleva
lasciarla andare. Sapeva che nel momento in cui si sarebbe svegliata,
tutta la
magia e la dolcezza di quella notte sarebbero svanite.
Castle ancora non credeva fosse
successo
veramente. Non avrebbe mai immaginato che un giorno Kate, si sarebbe
lasciata
andare. Lui l'aveva desiderata dal primo momento. All'inizio,
probabilmente, sarebbe
stata un'altra delle sue conquiste, ma con il tempo, lavorando fianco a
fianco
e conoscendola, si era piano piano innamorato.
L'amava profondamente, amava tutto
di
lei: amava il suo modo di essere, amava la detective dura ma astuta,
amava il
suo tenergli testa e, in quel momento, amava guardarla mentre dormiva
fra le
sue braccia. Sentiva la sua pelle morbida su di lui, mentre le
accarezzava i
suoi lunghi e soffici capelli.
Rimase a guardarla per ore, non seppe
neanche lui per quanto tempo, ma alla fine si addormentò,
felice di avere la
donna che amava tra le sue braccia.
Kate si svegliò. Era
distesa su un fianco
e due forti braccia la tenevano stretta a sé. Sorrise.
Quella sensazione d’inaspettata
felicità con Castle le piaceva. Non sapeva come avrebbe
superato l'imbarazzo che
avrebbe provato, ma in quel momento non voleva pensarci, voleva solo
sentirsi
amata.
Si accoccolò fra le sue
braccia, sentiva
il corpo nudo di Castle sul suo, e prendendogli le mani si strinse
ancora di
più a lui.
note
dell'autrice: ciao a tutti!
allora questo capitolo è dedicato inizialmente ai ricordi di
Beckett.. e poi come avrete letto c'è un grande
avvicinamento con Castle, che in quel momento di tristezza, per Kate
è come la luce!! ok basta.. troppo miele!! XD
avevo pensato di spezzare questo capitolo xò poi ho cambiato
idea, perchè volevo proprio sottolineare il fatto che Castle
"consoli" Beckett, e capisca quando lei ha bisogno di lui.. quindi
anche se questo capitolo è veloce pazienza.. era brutto
spezzarlo!
la scena fra loro due è davvero simile a Heat Wave, e me ne
sono accorta solo dopo quando l'ho riletta.. ma è
così che mi immagino loro due.. *_*
ah, noterete che durante questa ff ci saranno alcune frasi in inglese,
e sono quelle che ho riportato dal tf.. proprio perchè nel
doppiaggio italiano non mi sono piaciute, contrariamente a come invece
le hanno interpretate Nathan Fillion e Stana Katic.
detto questo ringrazio ancora tutti coloro che leggono e recensiscono
questa strana storia.. e ovviamente i miei ringraziamenti vanno a
Ilaria e anche a Paola per le parole di supporto... ;)
a presto!
e sbaciotti a tutti..
kate24
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Capitolo 5 *** The Morning After ***
Quando Castle si
svegliò, vide tutto
giallo. Si staccò il post-it che aveva attaccato in fronte:
"Castle!!!
Quando vai via, chiudi e lascia le chiavi nel vaso che c'è
fuori!"
Era chiaro
che non voleva vederlo. Beckett era uscita senza svegliarlo.
Si rigirò
nel letto e guardò la parte vuota di Beckett, come se
sperasse di vederla lì,
sorridergli, senza bisogno di parlare, ma semplicemente per poterla
baciare
ancora.
Kate invece
era già andata via, ma Castle sentiva ancora il suo profumo
tra le lenzuola,
quel profumo alla ciliegia che tanto gli piaceva. Sospirò al
ricordo di quella
magnifica notte insieme alla donna che amava.
Si vestì e
si preparò per andare al distretto, chiuse la porta e prese
con sé le chiavi.
Beckett era
in macchina. Aveva appena ottenuto dal giudice Markway, un mandato di
arresto
per Dick Coonan. Stava solo aspettando che arrivassero Ryan con
Esposito.
Non
voleva entrare da sola. Non perché avesse paura, anzi non
vedeva l’ora di
fargliela pagare a quell’assassino che aveva spezzato molte
vite, ma come tutti
i più grandi poliziotti sapeva bene che era da stupidi
entrare da sola cercando
di fare l’eroina.
Pensò che se Castle fosse stato lì, avrebbe avuto
da ridire.
Lui adorava il senso del pericolo, ma forse in quella situazione lui
stesso le
avrebbe detto di aspettare i rinforzi, dopo tutto, dopo la notte appena
passata, aveva sicuramente dimostrato di tenere a lei e non avrebbe
permesso
che rischiasse la vita in un modo così sciocco.
La notte
appena passata.. A quel pensiero le guance di Kate divennero rosse e un
brivido,
le percorse la schiena. Cercò di concentrarsi
sull’arresto che avrebbe compiuto
di lì a pochi minuti, ma il pensiero costante era lui.
Quando si
era alzata, l’aveva osservato per qualche istante: era
così carino mentre
dormiva. I primi raggi di sole gli illuminavano il viso.
Ma aveva
paura che si potesse svegliare, e non voleva affrontarlo, aveva ancora
bisogno
di razionalizzare tutto, di stare un po’ da sola con se
stessa. Si preparò
velocemente e molto silenziosamente.
Prima di
andare via gli attaccò il post-it sulla fronte e gli diede
un bacio sulle
labbra.
-“Tutto
apposto?”- chiese Esposito distraendola dai suoi pensieri,
sporgendosi nel
finestrino.
-“Si,
tutto.. Tutto apposto. Andiamo!”-
Per tutto
il tragitto a piedi Beckett non parlò. Era concentrata sul
suo arresto.
-“Sei
sicura di stare bene?”- le domandò per la seconda
volta Esposito.
-“Si,
certo! Perché non dovrei?”- rispose Kate, con la
voce un po’ più stridula di
quanto si aspettasse.
Esposito
rispose con un’alzata di spalle. Intuì che
qualcosa turbava la mente di
Beckett, ma non chiese altro. Capì che voleva essere
lasciata in pace, insieme
ai suoi pensieri.
Arrivati di
fronte l’ufficio di Coonan, Beckett bussò due
volte: -“NYPD. Open up!”-
Non
ottenendo risposta bussò di nuovo e disse: -“Sig.
Coonan, polizia di New York.
Apra la porta. Abbiamo un mandato. “-
Guardò i
due colleghi e disse a Esposito: “Aprila!”-.
Sfoderarono
tutti e tre le pistole dalle fondine, e con un calcio Esposito,
sfondò la
porta.
Appena
entrò, Beckett vide Coonan vicino al suo tritacarte. Kate
spostò veloce lo
sguardo da lui a quell’oggetto malefico che stava
distruggendo tutte le prove.
-“Don't move! Hands up
scumbag!”- gli urlarono insieme Ryan ed Esposito.
-“Sig.
Coonan. La dichiaro in arresto per gli omicidi di Jack Coonan e Johanna
Beckett.”-
Nel
pronunciare il nome di sua madre, fece un profondo respiro. Finalmente
aveva
arrestato l’assassino di Johanna, e mentre Ryan lo
ammanettava, lei continuava
a guardare l’uomo che le aveva portato via sua madre.
Ma Kate non
sapeva ancora quanto dolore Dick Coonan, aveva inflitto alla sua
famiglia, non
solo per la morte di Johanna.
Si guardò
intorno in cerca di Castle, in cerca del suo conforto, di un abbraccio.
Ma era
stata lei a non volerlo lì, non svegliandolo quella mattina.
L’aveva
volontariamente tenuto lontano.
-“Lanie, mi
hai fatto chiamare? Ci sono novità?”- chiese
Beckett alla sua amica, entrando
velocissima in obitorio, appena rientrata dal suo arresto.
-“No
tesoro, non è per il caso. Ho provato a chiamarti ieri sera.
Volevo sapere come
ti senti e anche se so che non accetterai mai.. se hai bisogno io sono
qui.”-
le rispose Lanie, poggiando una mano sul suo polso.
-“Oh, si
scusa. Ho visto stamattina la chiamata. Comunque non preoccuparti, sto
bene.”-
-“Com’è
andato l’arresto di Coonan?”-
-“Tutto
apposto. Non ha fatto resistenza.”-
-“Quindi…
ieri non hai risposto perché ti sentivi bene..”-
chiese Lanie poco convinta,
riportando l’argomento sulla serata precedente.
-“Si.. No ..in
realtà ero… impegnata!”- rispose Kate
arrossendo, e distogliendo lo sguardo
dall’amica.
Lanie aveva
questo strano potere di capire le cose al volo e non si fece sfuggire
l’imbarazzo
di Beckett.
-“Perché
sei arrossita?”- chiese Lanie, con un misto di divertimento e
curiosità.
–“Oddio.. eri con un uomo!”-
esclamò. –“Lo conosco?”-
Kate la
guardò e abbassò subito lo sguardo diventando
ancora più paonazza.
-“Castle.”-
disse debolmente e sottovoce sperando quasi che l’amica
capisse un altro nome o
che non sentisse affatto.
Lanie la
osservò socchiudendo gli occhi, e pensò che se
non fosse successo niente Beckett non avrebbe avuto
problemi a dirle che non aveva risposto perché era con lui,
anzi avrebbe proprio
risposto.
-“Oh mio
Dio!! Sei andata a letto con Richard Castle!!”-
esclamò Lanie sgranando gli
occhi e mostrando un enorme sorriso.
Kate ancora
più imbarazzata le rispose allarmata: -“Shh, Shh..
Lanie..
He can
hear us!!”-
Lanie si
affacciò per controllare se lui l’avesse raggiunta
o se fosse entrato talmente
silenziosamente che non l’avesse sentito. Ma eccetto il
cadavere che aveva lì
sul tavolo e per loro due, l’obitorio era vuoto.
-“Ma di
cosa ti preoccupi?! Tesoro, non mentire con me. Lavorate sempre
insieme, fianco
a fianco, e ha scritto una scena così spinta su di te che
persino a me serviva
una doccia fredda!!! Quell’uomo è cotto di
te!”-
-“Oh ti
prego… Mi sa che hai inalato troppi gas da
laboratorio!” – le rispose Kate
andando via dall’obitorio.
-“Tesoro,
se tu non vedi quello che sta succedendo, non vuol dire che gli altri
non lo
vedano!!”-
-“Shut
uuup!!-
Quando
arrivò al distretto, Castle chiese a Ryan ed Esposito, dove
fosse Beckett. Loro
si guardarono turbati e gli riferirono che Beckett quella mattina era
riuscita
ad arrestare Dick Coonan con l’accusa di omicidio del
fratello Jack Coonan, e
anche per quello di Johanna Beckett.
-“Ora è
giù
nell’archivio!”- gli disse Ryan.
Castle non
perse tempo. Chiamò l’ascensore e scese fino
all’archivio. Immersa fra le
numerose scatole trovò Kate.
-“Ehi! Esposito
e Ryan mi hanno detto tutto!”- disse. Kate alzò lo
sguardo e si sorprese di
vedere Castle.
-“E inoltre
ti ho portato le chiavi!”-.
-“Ti avevo
chiesto di lasciarle nel vaso”- disse seccata di vederlo
lì, -“ma come al
solito non ascolti mai quello che ti dico!”-
-“Uuuh..
nervosetta! Siamo piuttosto scontrosi stamattina! Non hai dormito bene
stanotte?!”- disse Castle con ironia, sapendo che la notte
appena trascorsa era
stata molto bella per entrambi e Kate non poteva negarlo.
-“In ogni
modo, devo riuscire a rintracciare mia sorella. Vorrà sapere
che ho arrestato
l’assassino di nostra madre. “- rispose Kate
facendo finta di non aver sentito
le battute ironiche di Castle.
-“Ok, questo non
è il momento per
parlarne ma sappi che alla fine dovrai affrontare
l’argomento! E nel mentre ti
do qualcosa su cui riflettere: per me ha significato molto!”-
le disse Castle
un momento prima di uscire dall’ascensore.
Ma era proprio questo che Beckett temeva
di più. Se per entrambi quella notte non avesse avuto nessun
significato per Kate,
sarebbe stato tutto più semplice, senza complicazioni.
Invece anche per lei
aveva significato qualcosa ma non si sentiva pronta ad ammetterlo.
Ryan interruppe i suoi pensieri.
-“Beckett. Gli affari
interni hanno
saputo della nostra indagine sulla mafia russa e su Coonan. Hanno
mandato
questa foto. Secondo loro è una spia. Forse dovresti sederti
prima di vederla.”-
Kate non capiva. Perché
doveva sedersi? Che
cosa poteva esserci in quella foto da spaventarla a tal punto? Ma
quando vide la
foto, si sentì quasi mancare: quella foto era il ritratto di
sua sorella.
E così tutti i tasselli
si mettevano al
proprio posto: questo era sicuramente il motivo per cui era sparita
dieci anni
prima, sparita nel nulla, e ora era ritornata, probabilmente per capire
a che
punto erano le indagini.. ed ecco perché in questi anni Kate
non era riuscita a
trovarla: era protetta dalla mafia.
Beckett era nella disperazione
più
totale. Sua sorella era una spia della mafia russa. “In quale
cavolo di casino
si è cacciata? Perché la mafia ha voluto una
ragazzina di 15 anni, allora?”,
continuava a chiedersi Kate. Qualcosa non quadrava.
Non poteva essere sua sorella.
Forse era
solo una ragazza che le somigliava…
Ciao a
tutti!!
ecco a voi il 5 capitolo, che dedico alla mia amica Ilaria, che anche
se non è fan di Castle, adora Lanie e ho scritto la scena
con Lanie apposta per lei.. XD
come sempre ringrazio tutti quelli che stanno leggendo e recensendo
questa storia.. ovviamente i miei ringraziamenti vanno a Paola che,
nonostante abbia già letto la ff, continua a leggere e
recensire ogni capitolo.. ;>
in questo capitolo ho fatto arrestare Coonan da Beckett, mi serviva
più che altro per il prossimo..
anche qui ho inserito frasi prese proprio dal tf, e alcune in inglese..
per il resto.. ricordate non tutto è come sembra, le
apparenze ingannano!! ;)
a presto!
kate24
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Capitolo 6 *** The Truth ***
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-“Ehi! Ciao
Kate!”- disse sorridente
Sophy entrando in quel momento.
Kate si voltò, scura in
volto. Aveva uno
sguardo duro. Ma Sophy non aveva paura, e sostenne il suo sguardo.
-“Spiegati!”-
le disse Kate mostrandole
la foto. I suoi occhi erano gelidi e pieni di freddezza.
Tutti i muscoli del corpo di Sophy
si
irrigidirono.
Spalancò gli occhi e sconvolta chiese dove
l’avesse presa. Sapeva cos’era. Quella era la prova
contro di lei, che lei stessa cercava di intercettare da tempo.
Ma Esposito
non diede il tempo a Kate di rispondere.
-“Alza le mani spia! Sei
in arresto!”-
Kate guardava la scena, senza
battere
ciglio. Castle sapeva che Beckett si stava chiudendo in sé,
tradita dalla sua
stessa sorella.
-“Kate pensi davvero che
io sia una
spia?” – le chiese Sophy mentre Esposito si
avvicinava per ammanettarla. –“Tu
toccami e ti spezzo il braccio!”-
Esposito si bloccò. Non
si aspettava quella reazione
e rimase fulminato dalla freddezza delle sue parole.
-“Kate chi ti ha dato
quella foto?”-
-“Che importanza
ha?”- rispose Beckett.
-“Ne ha molta!”-
-“Che
c’è? Vuoi fare fuori chi ci ha dato
la foto?”- disse Esposito, sprezzante.
-“Non sono io la spia
pezzo di idiota!!
La spia è chi vi ha mandato la mia foto! La mafia russa mi
cerca da dieci anni.
Non lavoro per loro! Perciò dimmi quel maledetto
nome!”-
-“Come possiamo sapere
che ci possiamo
fidare?”- disse Ryan
-“Non potete!”
- rispose Sophy, - “ma io
mi sono ritrovata coinvolta in questa storia senza volerlo. Per dieci
anni sono
stata lontana dalla mia famiglia, ho dovuto tagliare ogni singolo
rapporto. Mi
sono nascosta e ho vissuto per anni nell’ombra, nella paura
che mi trovassero.
O che trovassero Kate.”- Dopo queste parole, rassegnata dal
fatto di non essere
creduta, prese il suo cellulare.
-“Chi stai
chiamando?”- chiese Beckett.
-“Kate l’FBI mi
ha messo sotto protezione
anni fa, e indagando hanno scoperto che all’interno degli
affari interni c’è un
poliziotto corrotto. Si so degli affari interni – disse
guardando un Esposito
attonito - ed è lui che vi ha mandato la mia foto.
So anche di Coonan. Ci sono
arrivata
seguendo la tua indagine. Quindi si, ero io che ti ho seguita in questo
periodo.
Sapevo che l’agente corrotto era sulle mie tracce e sarebbe
presto
arrivato a me e, quindi, di conseguenza anche a te. Volevo solo
assicurarmi che stessi
bene.
Quindi ora sto chiamando chi mi
protegge
da dieci anni... Si Sàsha! So chi è la spia!
Kate il nome.. per favore!! Se ti ha mandato la mia foto
avrà collegato
i cognomi e presto saranno qui!”-
Kate ci pensò.
Anche la storia che
raccontava sua sorella reggeva. Forse diceva la verità.
“Ma perché era stata
messa sotto protezione?”, si chiese Kate. Ma doveva ancora
attendere per avere
una risposta a quella domanda. Sophy era decisamente in ansia, per cui
decise
di fidarsi, era pur sempre sua sorella, doveva darle una
possibilità. Così le
rivelò il nome:
-“L’agente.. si
chiama Holliwell.”-
Sophy sospirò. Se Kate
le aveva detto il
nome significava che le credeva. O almeno cercava di capire, senza
accusarla a
priori.
-“Grazie Kate!! Sasha
è Holliwell. Va
bene resto qui!”-.
Si girò e guardò Kate: -“Sasha sta
arrivando. So che ti è
difficile credermi. Che questa è una storia assurda, ma
è la verità. E lui
potrà confermarti tutto!”- disse sedendosi nella
scrivania di Kate.
Beckett si allontanò. In
cuor suo sapeva
che sua sorella diceva la verità, ma sapere che si era
trovata coinvolta con i
clan mafiosi russi, le faceva rabbia. Rabbia per non averla saputa
proteggere. E in più c'era ancora qualcosa del suo
oscuro passato, che Sophy non raccontava. Mancava ancora
qualche pezzo a concludere il puzzle.
Doveva
parlare con Coonan. Sophy l’aveva
nominato ma non voleva chiedere a lei.
Voleva parlare con lui, sapere come
e
perchè sua sorella si era trovata coinvolta in quel grande
putiferio, perciò si
incamminò verso la sua cella, con Castle che la seguiva
fedele come un cocker
spaniel.
ciao a
tutti..
come sempre ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa
fanfiction, e chi la sta recensendo..
scusate se questo capitolo non è abbastanza lungo, ma anche
questo mi serviva per il prossimo.. ;)
bene come vi ho detto le apparenze ingannano.. e c'è ancora
qualcosa del passato di Sophy che non quadra..
a presto con il prossimo capitolo..
sbaciotti
kate24
ps: ormai lo sapete.. le recensioni sono senmpre ben gradite.. :)
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Capitolo 7 *** Coonan ***
Era sera e il distretto era vuoto
quando
Ryan si avvicinò a Sophy.
Voleva parlarle, capire cosa fosse
successo, ma fu lei a iniziare la conversazione:
-“Non hai paura che sia
una spia?”- gli
disse con sarcasmo.
-“Ti volevo fare le mie
scuse. Anch’io
ho pensato che fossi una spia.
Riflettendoci però ci
sono state troppe
coincidenze e la foto mandata oggi sembrava proprio come se ti
volessero
incastrare!”-.
-“Sì, beh, non
che voi non ci abbiate
creduto! Eravate tutti pronti ad accusarmi ed Esposito mi ha quasi
arrestata!
Comprensibile, in fondo non sapete nulla di me, e per quanto mi
dispiaccia
ammetterlo neppure Kate mi conosce! O comunque non mi conosce da
anni!”-
rispose Sophy sospirando.
-“Qual è la
tua storia? Cosa ti è
successo?”- chiese Ryan, ma prima che Sophy potesse
rispondere ci fu un
movimento rapido di Ryan ed Esposito che videro Coonan puntare una
pistola
contro Castle e Beckett.
-“Vedi, detective, se
vuoi sapere la
verità su tua madre, devi farmi uscire vivo da qui! Buttate
le armi o lui
muore!”- disse Coonan prendendo Castle come ostaggio e
facendone uno scudo
umano.
-“Fate come
dice..”- rispose Kate.
Entrambi abbassarono le pistole e
Coonan
continuò:
-“Bene. Bravi.
Allora… dov’è quella puttana di tua
sorella?”-
Kate era sempre più
confusa. Perché
Coonan conosceva sua sorella?
-“La puttana è
qui!”- disse Sophy in tono
di sfida, apparendo nella sua visuale.
In quel momento Sophy lo riconobbe.
Era
lui che aveva accoltellato la madre e sparato a lei.
-“Tu!!! Sei tu che mi
stai facendo
cercare da loro!”-
-“Ahahahah!
Così adesso ti ricordi me..
ferma non ti muovere, e tieni le mani bene in alto!
So che sei diventata, come dire,
spietata
dall’ultima volta che ci siamo visti.
Sai,
devo ammettere che è stato un piacere
spararti quella notte!”- aveva una risata perfida quasi ci
provasse gusto a
uccidere.
-“Spero di renderti
presto il favore!”-
-“Sophy di cosa sta
parlando?”- chiese
Kate, preoccupata sia per Castle con una pistola puntata alla tempia,
sia per
la sorella che continuava a nasconderle una parte della sua vita.
-“Come? Non
l’hai detto alla tua
sorellina? Non le hai detto che la notte in cui ho accoltellato tua
madre, ti
ho sparato?”- disse Coonan quasi come se stesse giocando.
Kate guardò Sophy, era
sempre più
incredula. –“E’ la
verità?”-
Sophy abbassò lo
sguardo, gli occhi colmi
di lacrime, cercando di dimenticare tutto l’orrore che aveva
vissuto quella
notte. Quella notte terribile in cui la sua vita era cambiata per
sempre.
Lei e Johanna dovevano raggiungere
Kate e
Jim a cena. Ma non arrivarono mai.
In quel maledetto parcheggio,
arrivò come
una furia Coonan e pugnalò numerose volte Johanna, e quando
Sophy aveva cercato
di difenderla lui, le aveva sparato colpendola per due volte
all’addome e
lasciandola lì, a morire dissanguata.
Ricordava ancora
quell’immenso dolore che
aveva provato, e il sangue caldo che le colava ai lati delle gambe. Ma
la sola
cosa cui riusciva a pensare era che stava morendo, e con lei la vita
che
portava in grembo, a quel bambino che non sarebbe mai nato.
La vista si
offuscava e vedeva tutto nero, mentre precipitava in un sonno profondo
dal
quale pensava, non si sarebbe svegliata mai più.
-“Sì.”
– rispose sollevando il capo e mostrando tutta la sua rabbia
–“Io ero lì quando
questo figlio di puttana ha accoltellato la mamma! E… mi ha
sparato. “-
Kate era sconvolta. Non solo sua
sorella era
presente durante l’omicidio della mamma, ma lei stessa ne era
rimasta coinvolta.
Ma Beckett ignorava il fatto che la
sua
sorellina di appena quindici anni al tempo era incinta, e che aveva
perso il
suo bambino.
-”Sai, - disse Coonan
– non ho mai capito
perché tu e tua madre vi trovavate in quella clinica. Chi
era quella incinta?”-
disse divertito, contento di aver ucciso un’altra vita.
-“Incinta? La mamma era
incinta?”- chiese
Kate con uno sguardo interrogativo, guardando Sophy. Ma Sophy non
rispose. Le
fece solo un cenno con la testa di lasciar stare, come se avessero
chiarito
quel punto in un altro momento.
Sophy si avvicinava sempre di
più a
Coonan:
-“Perché
l’hai uccisa?”-
-“Niente di personale.
Era solo lavoro!”-
Ma Castle in quel momento
guardò Kate
negli occhi e tutto diventò veloce.
Castle diede una forte craniata al
naso
di Coonan, riuscendo a liberarsi della sua presa. Coonan aveva ancora
la
pistola in mano, pronto a fare fuoco contro Castle ma Kate fu
più svelta e gli
sparò due colpi in pieno petto.
Sophy era piena di rabbia, avrebbe
voluto
ucciderlo lei, avrebbe voluto farlo soffrire, così come
aveva sofferto lei nel
vedere sua madre e il proprio bambino morire senza poter fare nulla.
E invece Coonan era morto, ucciso
proprio
da sua sorella.
Continuava a fissare con odio e
disgusto quell'uomo
che le aveva strappato via una parte di lei, quel corpo inerme, privo
di vita,
e quegli occhi ormai spenti per sempre.
ciao
ragazzi e ragazze!!
ecco il 7 capitolo.. anzi, il 7 micro-capitolo..
ok qui si è scoperto molto sul passato si Sophy, ma
più si va avanti più; si capirà anche
qualcos'altro..
scusate se ho un pò abbandonato la coppia Castle-Beckett, ma
per
ora ho dato priorità al "caso"..
come sapete le recensioni sono sempre graditissime, e come sempre
ringrazio tutti i lettori e i recensori di questa fanfiction..
a presto..
kate24
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Capitolo 8 *** The Russian Mafia ***
-“Sophy!”-
Kate, con Ryan ed Esposito
velocissimi,
gli puntarono contro le pistole.
Ma Sophy si mise in mezzo per paura
che
gli sparassero:
-“No, no! È
Sàsha! È tutto apposto!”-
Sàsha Demidoff era un
uomo affascinante,
carnagione chiara, occhi azzurri e capelli biondi. Un vero russo.
Aveva il fiatone, era affannato per
le quattro
rampe di scale che aveva fatto.
Prese Sophy per un braccio e le
disse:
-“Sophy, dobbiamo andare
via! Aleksandr è
qui! È nell’edificio, ti sta cercando!”-
Erano entrambi terrorizzati,
preoccupati
l’uno di salvare l’altra.
Kate era vicino Castle,
accertandosi che stesse bene, ma pensò subito
che quella preoccupazione andasse oltre il senso del dovere del FBI:
Sasha era
aveva il terrore scritto in volto, ma non per paura di questo
Aleksandr,
chiunque fosse, ma terrore di perdere la persona amata, e per lei
avrebbe
sfidato tutti.
Ma Sophy non provava questo
sentimento, e
Kate lo leggeva nei suoi occhi. Voleva molto bene a Sasha ma nulla di
più.
Sicuramente c’era stato
un avvicinamento
tra i due, ma per Sophy era più importante la sopravvivenza,
e quegli anni in
esilio l’avevano resa più fredda, più
dura.
Sophy, al sentire che
quell’uomo era lì e
che stava arrivando per lei, la agghiacciò. Doveva scappare
di nuovo, ma questa
volta non c’era solo lei: c’era anche Kate.
Prese la pistola dalle fredde mani
di
Coonan, controllò che fosse carica e la infilò
tra i pantaloni e la schiena.
Guardò Kate come se fosse l’ultima volta.
E tutto accadde in un istante: le
porte
dell’ascensore si aprirono, c’erano tre uomini
armati.
Uno sparò a Sasha. Non
doveva avere una grande mira perché lo colpì alla
spalla, ma nella caduta batté
la testa e svenne. Sophy s’inchinò su di lui,
c’era sangue ovunque.
Ryan, Esposito e Kate puntarono le
loro
pistole ma il secondo uomo teneva tutti sotto mira.
Ma ciò che sconvolse di più
i detective era che quell’uomo era Holliwell, un uomo con cui
avevano
collaborato alcune volte. Un conto era sospettare un tradimento, un
altro era
vederlo con i propri occhi: Holliwell era l’agente corrotto e
Sophy aveva avuto
ragione.
Infine il terzo parlò:
-“приветсука!Недвигайтесьиневашасестраиеедрузьяумирают! поднимитерукиирасскажитесвоимдрузьям, чтобыброситьсвоеоружиевниз!- E rivolgendosi a uno dei suoi
uomini –“ проверяет, являетсялионвооружен!” (ciao puttana! Non
muoverti o tua sorella e i suoi amichetti muoiono!
Di ai tuoi amici di buttare le armi a terra! Controlla se è
armata!).
Il primo uomo la perquisì, trovò la pistola e le
rivolse un sorriso soddisfatto
ma allo stesso tempo disgustoso:
–
“прикасайсякомнеснова,
я обрываюсвоюспину и шею!” –
disse Sophy (Toccami di nuovo il culo e ti
spezzo l’osso del collo!).
Sapeva che Kate aveva capito tutta
la
conversazione in russo, aveva fatto un semestre a Kiev quindi parlava
correttamente russo. Sentiva dietro di lei Ryan che chiedeva cosa
diavolo
stesse succedendo, ma neppure Beckett ci stava capendo qualcosa.
Ordinò
comunque ai suoi uomini di abbassare le armi.
Aleksandr si mise a ridere. Quella
risata
la faceva vomitare ma Sophy rimase lì a guardare il suo
avversario, sfidandolo
come se non avesse paura, e questa volta parlò in lingua
comprensibile a tutti:
-“Ha
perfettamente ragione Dimitri. Occhio
alle sue mani, quella ragazza è capace di uccidere in meno
di un secondo. Si so
cosa ti ha fatto diventare l’FBI. Ti hanno addestrata a
combattere, ti hanno
reso un killer, quasi imbattibile e senza cuore. E questo in Russia
può aver
anche funzionato.
Ma qui... qui
c’è il tuo cuore.. qui c’è
tua sorella. Il tuo punto debole. E per quanto tu possa continuare a
scappare
lontano e a nasconderti, io ti troverò, e
ucciderò tutti coloro a cui tieni di
più, come ho fatto con la tua cara mammina. Poi
passerò a tua sorella, e ti
vedrò soffrire fin quando non sarai tu stessa a invocare la
morte!
In fondo non siamo poi
così diversi.
Combattiamo per il nostro obiettivo. E uccidiamo per
raggiungerlo!”- le disse compiaciuto
guardandola negli occhi.
-“Con una differenza: io
ho ucciso solo
per difendermi, come quando hai mandato uno dei tuoi uomini e ha
cercato
simpaticamente di tagliarmi la gola!”-
Sophy cercava un modo per
distrarlo,
doveva pensare a un piano e alla svelta. Ma aveva troppi pensieri in
testa,
voleva salvare tutti, ma con Sasha fuori gioco era quasi impossibile.
-“Allora, vieni di tua
spontanea volontà,
o mi costringi a ucciderli?”- disse Aleksandr, soddisfatto di
averla in pugno.
Sophy non aveva scelta. Doveva
andare con
lui. Sapeva che l’avrebbe uccisa, proprio come aveva fatto
uccidere sua madre,
ma voleva salvare a tutti i costi Kate, e anche Castle con Ryan ed
Esposito.
Le venne da sorridere pensando a
Ryan. Le
piaceva molto. Ripensare al ragazzo che gentilmente si era avvicinato
per
chiederle se fosse tutto apposto, le creò un crampo allo
stomaco e allo stesso
tempo una sensazione di calore al cuore. Una sensazione che non provava
ormai
da tanto tempo. Il tempo. Era quella la chiave.
Non avevano avuto tempo per
conoscersi,
per ridere insieme, per mangiare un hot-dog o per andare al cinema e
infine,
non avevano avuto tempo per amarsi. Sophy non aveva tempo. Ormai non
c’era più
tempo.
-“Se vengo con te...
”- disse
-“No!!!”- disse
Beckett.
-“Kate! Per
favore!!” – non si girò
neppure a guardarla. Sapeva che il suo sguardo e le lacrime
l’avrebbero
tradita.
Così, chiuse gli occhi, respirò a fondo e
continuò:
-“Se
vengo con te, mi dai la tua parola
che non li toccherai?”-.
Aleksandr abbozzò un
sorriso compiaciuto
e fece un cenno di assenso, così Sophy continuò:
-“Voglio almeno
salutarla!”-
-“Beh, contando che non
vi rivedrete mai
più, lo prendo come un ultimo desiderio!”-
Sophy si giro da Kate. Le
andò vicino e la
abbracciò. In un lampo, Kate non vista, infilò il
suo cellulare nella tasca dei
pantaloni di Sophy e avvicinandosi di più le disse in un
sussurro:
-“Ha il GPS. Ti
troverò!”-
-“Vieni
qua!!”-
Holliwell la strappò
dalle braccia di Kate, ma lei non si arrese e cercò di
riprendersi la sorella,
non poteva perderla di nuovo, e stavolta era più pericoloso
che mai. L’avrebbe
persa per sempre.
Holliwell si accorse che Beckett
era di
nuovo in piedi e le puntò la pistola.
-“Non costringermi a
spararti!”-
Beckett era disarmata e
così come Ryan ed
Esposito. Non credeva possibile che sarebbe rimasta ferma a guardare.
Aleksandr rientrava
nell’ascensore con
Holliwell che teneva stretta Sophy per un braccio. Prima di entrare si
girò
verso Dimitri e gli disse:
-“Finiscili!”-
-“NO! NO! Mi avevi dato
la tua parola!
Figlio di puttana!”-
Sophy iniziò a dare
calci e pugni verso ogni direzione,
mentre Holliwell cercava di tenerla ferma, ma un teaser la mise fuori
gioco e
prima di svenire del tutto e che le porte dell’ascensore si
chiudessero, aveva
visto Kate scattare verso di lei, uno sparo, e sentì la sua
flebile voce
chiamare –“Kate”-.
Dopo di che il buio.
ciao a
tutti!!
che dire... anche in questo capitolo ho lasciato Castle e Beckett un
pò in disparte, ma mi piaceva di più affrontare
il caso di Sophy...
ancora una volta ringrazio tutti quanti, i lettori silenziosi e anche
quelli che recensiscono..
come sempre le recensioni sono gradite..
a presto!!
kate24
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Capitolo 9 *** War ***
Sophy si svegliò in
piena oscurità,
rinchiusa dentro un bagagliaio.
Si chiese cosa fosse successo, e in
pochi
istanti ricordò tutto, grazie anche agli spiacevoli effetti
del teaser.
Non era legata. Come mai Aleksandr
aveva
commesso un simile errore? Che non fosse un errore? Che Aleksandr prima
di
ammazzarla e farla finita del tutto volesse giocare ancora? Che volesse
farla
combattere fino alla fine, fino all’ultimo respiro? Sapeva
che Aleksandr era
spietato. Adorava giocare col cibo prima di mangiarlo.
Portò una mano al collo
nel punto in cui
il teaser l’aveva colpita e ancora dolorante le venne in
mente il cellulare che
le aveva dato Kate. Con orrore, cercò la tasca, sapendo bene
che Aleksandr
l’avrebbe fatta perquisire, ma con sua sorpresa era ancora
lì. Non si erano
accorti che lei aveva un cellulare.
Lo afferrò velocemente,
come se fosse un
gioiello prezioso, e lo infilò in una calza e
sperò che nessuno si accorgesse
di quell’espediente.
Nonostante avesse sentito quello sparo, non era detto che
Kate fosse ferita. Sua sorella era una tosta, lo sapeva bene, ma non
poté fare
a meno di preoccuparsi e pensare che se le fosse successo qualcosa era
colpa
sua.
Preparandosi mentalmente a combattere, a cercare di restare in vita, si
tastò la manica destra, confortata che la sua unica arma
fosse ancora lì.
La macchina si fermò.
Sentiva i passi
avvicinarsi al bagagliaio. Non erano più di due, quindi
sicuramente c’erano
Holliwell e Aleksandr.
Il bagagliaio si aprì
violentemente,
qualcuno la afferrò per i capelli e la trascinò
via da lì, buttandola per
terra.
Sophy si guardò in
torno. Ormai era buio
pesto ma capì di essere al Central Park. Un posto ideale per
fare fuori una
persona –pensò. A quell’ora il parco era
frequentato solo da barboni o da
spacciatori che speravano di non essere beccati dalla polizia.
-“Alzati!”- le
ordinò Aleksandr. Voleva
mantenere lui il controllo della situazione, perché Sophy
avrebbe cercato di
vincere a tutti i costi, non si sarebbe arresa tanto facilmente. Sapeva
cosa
era diventata e sicuramente non era una ragazzina indifesa.
Sophy lo guardava, lo fissava
dritto
negli occhi, sfidandolo, chiedendosi il perché di tutta
questa storia.
-“Uccidila!”-
ordinò a Holliwell.
-“Perché?”-
chiese lei.
Holliwell fu
completamente spiazzato da quella domanda e non si mosse.
-“Per lo stesso motivo
per cui ho fatto
uccidere tua madre!”- le rispose gelido Aleksandr.
-“Perché?”-
chiese ancora una volta
Sophy.
-“Lo sai bene. Tua madre
aveva delle
informazioni su di me, e non so come ne era venuta in possesso.
Collaborava con
certi agenti. Non ha parlato, comunque. Beh non che Coonan gliene abbia
dato la
possibilità. Tu eri con lei quella sera, fatti due
conti!”- disse beffardo.
-“Fammi capire bene, tu
mi hai reso la
vita un inferno, perché quella notte ero insieme a mia
madre, per cui hai
presupposto che anch’io stessi indagando insieme con lei? Io
avevo quindici
anni. Che cosa vuoi che m’importasse dei tuoi traffici?
Quella notte ero in
clinica con mia madre perché ero incinta. E il tuo sicario
mi ha portato via il
mio bambino! Io non sapevo nulla su quello che stava facendo mia
madre!”- le
lacrime iniziarono a scendere calde sulle sue guance al ricordo che
quella sera
non era morta solo sua madre, ma anche il suo bambino.
-“Puttana fin
dall’adolescenza!! Beh, ora
sai tutto. Perciò devi morire. Uccidila!”-
Holliwell si mosse verso di lei con
la
pistola puntata. Sarebbe bastato un solo colpo per farla fuori, ma per
qualche
strana ragione lui esitava, come se non avesse più il
coraggio di sparare a una
ragazza disarmata, come se anche lui si sentisse in colpa per aver
ucciso quel
bambino e aver dato inizio a tutta quella storia assurda.
Sophy approfittò di
quell’indecisione e
scattò verso di lui: con una mano gli bloccò la
pistola e girandosi gli diede
una gomitata sul viso che lo fece arretrare. Prese la pistola e gli
diede un
calcio all’altezza dello stomaco facendolo cadere in
ginocchio.
Gli puntò
l’arma dall’altezza della
fronte, carica di odio e rancore verso quell’uomo che
l’aveva denunciata ai
suoi sicari.
-“Mi hai tradito.
Meriteresti la morte!”-
disse Sophy.
Ma non lo uccise, decise che
avrebbe
dovuto pagare in un altro modo, ci avrebbe pensato la polizia ad
assicurare un
poliziotto corrotto alla giustizia.
Così gli diede un forte
colpo alla nuca
con il calcio della pistola.
Si voltò verso
Aleksandr, lui sorrideva
sarcastico, quasi contento che Holliwell non fosse riuscito a ucciderla.
-“Bene mi
occuperò personalmente di te!”-
disse Aleksandr.
-“Non vedo
l’ora!”- rispose in rimando
Sophy.
-“Niente armi. Un
combattimento a mani
nude. “-
-“Ci sto!”- e
così entrambi posarono le
armi per terra.
Si fissavano dritti negli occhi,
girando
intorno, entrambi studiando l’avversario.
Aleksandr fece la prima mossa e si
avventò contro Sophy con tutta la forza che aveva. Fu
velocissimo e Sophy non
ebbe il tempo di reagire, quel pugno sferrato contro il suo stomaco la
lasciò
senza fiato facendola cadere per terra.
Aleksandr si scagliò su
di lei. Una
violenta pioggia di calci si abbatté su Sophy. Aleksandr
continuava a ripeterle
che ormai anche la sua adorata sorella era già morta e che
Dimitri si stava
sbarazzando del corpo proprio in quel momento.
Sophy non reagiva, restava
lì immobile
sotto i suoi colpi, disperata al pensiero di Kate morta e il suo corpo
scaraventato e lasciato a marcire da qualche parte, senza sapere dove.
Se Kate
fosse stata bene, sarebbe già accorsa ad aiutarla. Invece di
Kate e degli altri
agenti non c’era neanche l’ombra.
Sentì un forte dolore
alle costole, se
avesse continuato così, l’avrebbe uccisa.
Poi pensò:
“Neanche Dimitri è arrivato
qui, com’è possibile che lui sappia che ha ucciso
Kate?”.
E fu allora che capì.
Capì che Aleksandr non
sapeva dove fosse
Dimitri, e in quel momento era solo. Capì che Aleksandr le
aveva mentito perché
sapeva che Kate era la persona a cui lei teneva di più e se
lei fosse morta,
anche Sophy avrebbe voluto morire, desiderando la morte anche lei.
Sophy reagì ai colpi.
Prese tra le mani
della terra e gliela lanciò sugli occhi, accecandolo. Lui
arretrò di qualche
passo e lei si alzò, dolorante alla costola sinistra.
Non riusciva a stare in piedi, la
caviglia e la gamba sinistra le facevano male, ma l’unica
cosa a cui pensava
era di eliminare Aleksandr per sempre e correre in aiuto di Kate. Aveva
già
perso fin troppo tempo.
Fece scorrere dalla manica destra
della
sua maglietta il suo pugnale a stiletto e lo fece scattare. Non era
stata di
parola, ma molto probabilmente anche lui aveva qualche arma nascosta da
qualche
parte.
Avanzava sempre più
veloce verso
Aleksandr che cercava in tutti i modi di liberarsi del terriccio dagli
occhi.
Quando ci riuscì, si spaventò della sua
incredibile vicinanza. Lei lo fissò
negli occhi con tutto l’odio che possedeva in corpo verso
quell’uomo che gli
aveva distrutto la vita.
Senza dire niente, gli sorrise, ma
era un
sorriso cattivo e senza nessun preavviso gli piantò il
pugnale nello stomaco,
spingendolo fino in fondo nella carne.
Sentiva i suoi respiri affannati,
cercando di inalare quanto più ossigeno possibile. Sophy
conosceva quella
sensazione, c’era passata anche lei, lottare per la vita, per
quella vita che
le cresceva dentro. Ma non era bastato. Il suo bambino era morto, e con
lui
anche Sophy. Quel ricordo le bruciava ancora dentro, era scottata e
doveva
fargliela pagare.
Continuava a spingere
più in fondo il
pugnale, come se volesse sventrarlo.
Lui le strinse le mani intorno al
collo,
cercando di soffocarla, ma in quell’istante Kate
urlò qualcosa ed entrambi
mollarono la presa: lui ancora con il pugnale conficcato nello stomaco
e ormai
a terra, e lei tossendo e tastandosi il collo nel punto in cui
Aleksandr aveva
stretto con più forza.
Si allontanò sofferente
da lui, sentiva
dolore fisico provato per lo sforzo intenso, e dolore dentro di
sé per aver
ricordato tutti quei momenti di orrore e per tutti quegli anni di
solitudine
che aveva vissuto di conseguenza.
Ma all’improvviso
Aleksandr fece qualcosa
che Sophy non si aspettava: si tolse il pugnale dalle sue membra e si
avvicinò
a Sophy. Lei si accorse di quel movimento e cercò di
schivare il colpo, ma non
fu abbastanza veloce: Aleksandr l’aveva pugnalata al fianco,
cadendo ormai
quasi esamine.
Si accasciò per terra
raggiunta da Kate.
Il suo respiro era affannato, aveva corso dalla sorella per salvarla,
ma nella
sua mente aveva fallito.
Sophy era ferita al fianco e
perdeva
molto sangue.
-“Kate sei
viva!”- disse Sophy pensando
più alla sorella che a se stessa.
-“Non ti preoccupare,
andrà tutto bene!”-
rispose Kate tremante.
Ma Aleksandr non era ancora morto.
Impugnò
la pistola e la puntò contro le due sorelle:
-“Vi ucciderò
entrambe!”- urlò.
Ma Kate e Sophy furono entrambe
più
veloci: Beckett estrasse la pistola e gli sparò in pieno
petto colpendolo al
cuore e contemporaneamente Sophy gli lanciò il suo pugnale
centrandolo in piena
gola.
ciao a
tutti...
ecco a voi il 9 capitolo..
per scrivere questo capitolo mi sono ispirata a "Stiletto" un film con
Stana Katic, che consiglio a che non l'avesse visto perchè
ne vale davvero la pena.
ok detto questo, non picchiatemi se in questo capitolo non ho nominato
Castle neanche una volta.. ma dai prossimi capitoli vi prometto ci
sarà di più il nostro protagonista.
ancora una volta ringrazio tutti quanti, dai lettori silenziosi , ai
recensori e solo ieri mi sono accorta che alcuni di voi hanno inserito
questa ff nelle preferite o in quelle da seguire..
grazie mille a tutti voi..
a prestissimo con il 10 capitolo..
sbaciotti a tutti
kate24
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Capitolo 10 *** A Terrible Truth ***
Era finita. Tutti quegli anni
passati a
nascondersi e a scongiurare Dio di non essere mai trovata, erano
finiti. Gli
anni passati nel terrore che Aleksandr e il suo clan la trovassero o
che
trovassero Kate, erano finalmente finiti con la morte stessa di
Aleksandr.
Kate era sconvolta, in parte
perché Sophy
aveva centrato la gola di un uomo con un solo colpo, e in parte
perché sua
sorella era ferita. Si tolse la sciarpa di cotone blu che portava al
collo e la
premette con forza nel fianco destro di Sophy. C’era sangue
ovunque e Kate
premeva più forte che poteva sulla ferita.
Arrivarono di corsa anche gli
altri.
Sasha era lì. Lei lo guardò contenta che non
fosse stato eliminato, ma
l’oscurità la stava avvolgendo rendendola sempre
più stanca e debole, e dopo di
che perse i sensi.
-“Ryan, chiama il
911!”- urlò Kate.
-“Non
c’è tempo!”- le rispose Castle, e
prendendo Sophy in braccio corse fino alla macchina di Beckett e la
adagiò sul
sedile posteriore.
-“Resta dietro con
lei!”- le ordinò
Castle.
Beckett teneva la sorella fra le
gambe
mentre Castle sfrecciava nel traffico caotico New Yorkese. Accese la
sirena, in
situazioni normali sarebbe stato felice e contento di guidare, ma in
quella
situazione non poteva essere felice. Con la sirena spianata, le
macchine si
spostavano per far loro spazio e lasciare libero il passaggio.
Castle vedeva Kate piangere dallo
specchietto retrovisore e la sentiva chiedere alla sorella di non
abbandonarla,
di non lasciarla di nuovo da sola. Al solo sentirla pronunciare quelle
parole
gli venne una morsa allo stomaco, voleva esserci lui per lei, ma sapeva
a cosa
si riferiva Beckett. Se avesse perso di nuovo la sorella Kate, si
sarebbe
rifugiata di nuovo in se stessa chiudendo fuori il mondo,
com’era successo alla
morte di Johanna.
Quando arrivarono in ospedale ormai
Sophy
aveva perso molto sangue. I medici erano fuori ad aspettarli, allertati
da
Ryan.
Presero Sophy al volo, portandola
subito
in sala operatoria, lasciando Beckett e Castle fuori nella sala di
attesa.
Beckett era in uno stato
catatonico, in
piedi, immobile a fissare il vuoto davanti a lei, con le mani
completamente
insanguinate. Sangue di sua sorella. Il suo stesso sangue.
Castle la spinse verso il bagno
senza
dire nulla. Aprì il rubinetto, e si voltò verso
Kate. Aveva il viso rigato
dalle lacrime. Le prese le mani. Tremava. Con delicatezza gliele
lavò insieme con
le sue. Voleva toglierle di dosso tutto quel sangue, che Kate fissava
nel
lavandino, scorrere via, e voleva che anche il suo immenso dolore
scorresse via
come l’acqua.
Castle, sempre in silenzio, prese
dei
fazzoletti e le asciugò le mani e anche quando furono
perfettamente asciutte,
lui continuò a tenerle nelle sue. Per la prima volta da
quando erano arrivati
in ospedale, Kate lo guardò per ringraziarlo ma non
riuscì a emettere nessun
suono. Castle le sorrise e accarezzandole il viso le disse dolcemente:
-“Non sarai
più sola. “-
Kate lo guardava negli occhi, in
quegli
splendidi occhi azzurri in cui spesso si perdeva.
Voleva abbracciarlo, voleva
baciarlo, voleva dirgli quanto lo amasse, ma non ci riuscì.
Rimase lì, ferma,
senza dire nulla. In quel momento pensava a Sophy.
Quando uscirono dal bagno trovarono
il
capitano, Esposito e Ryan.
-“Hai chiamato tuo padre,
Kate?”- le
chiese il capitano Montgomery.
Kate, quasi uscendo dalla sua
catarsi,
gli rispose che Sophy aveva già minacciato di andare via se
lei l’avesse
chiamato. Non che ora potesse andare da qualche parte, ma Beckett non
voleva
rischiare. C’erano ancora troppi punti della storia che non
le erano chiari, ma
l’unica cosa che in quegli istanti le importasse veramente
era sapere che sua
sorella ce l’avrebbe fatta.
Ryan era visibilmente agitato. In
pena
quasi quanto Beckett. Esposito se ne accorse ma non fece nessuna
battutina, non
disse nulla, ma gli poggiò una mano sulla spalla per
confortare l’amico.
Furono tre ore di attesa snervante,
che
in seguito Kate ricorderà come le peggiori della sua vita.
Uscì un dottore dalla
sala operatoria
informando Beckett che Sophy aveva perso molto sangue, ma che erano
riusciti a
bloccare l’emorragia nonostante il taglio fosse profondo.
Era viva. Sophy ce
l’aveva fatta. Kate
chiese di poterla vedere e il dottore l’avvisò che
era sotto anestesia e
antidolorifici, quindi sicuramente per tutta la notte non si sarebbe
svegliata.
Consigliò dunque a tutti, di andare a casa e cercare di
dormire almeno qualche
ora. Ma Kate non sentì ragioni e rimase lì in
ospedale accanto alla sorella.
Sophy si svegliò la
mattina presto. Era
avvolta in un lenzuolo bianco. Non capiva esattamente dove si trovasse.
Aveva
un forte mal di testa. Era ancora stordita per l’operazione,
e in meno di un
secondo ricordò tutto quanto.
Aveva sete. Cercò sul
comodino una
bottiglietta d’acqua, e vide la flebo con tanti tubicini
attaccati alla mano
sinistra. Con la mano destra cercò di toccarli, ma era
bloccata. Si girò e vide
la testa di Kate appoggiata sul letto addormentata, e con la sua mano
sinistra
le stringeva la sua. Kate aveva passato la notte lì,
aspettando il suo
risveglio e alla fine era crollata.
Le accarezzò i capelli e
poi la chiamò:
-“Kate.”-.
Ma aveva la gola secca e ciò che riuscì a
emettere fu un violento
colpo di tosse che le tirò i punti, nel punto in cui i
medici l’avevano
ricucita.
-“Ehi! Ciao! Come ti
senti?”- le sorrise
Kate svegliandosi.
-“Non lo so. Uno schifo
rende l’idea?”- e
le sorrise anche lei.
Si guardarono negli occhi, quegli
occhi così
simili, era come guardarsi allo specchio. Avevano entrambe gli occhi di
Johanna, castani con un po’ di verde a fare da contorno. Ma
in quel momento
nella stanza c’era molta luce mattutina e gli occhi di
entrambe davano più sul
verde.
Kate la baciò sulla
fronte, un bacio
fraterno, felice che la sua sorellina fosse viva e, abbracciandola, le
disse
all’orecchio:
- “Ti voglio
bene!”-.
Si ricordò del motto di
Sophy, non dire
mai ti voglio bene. Non sapeva perché non lo dicesse mai,
forse l’avrebbe fatta
sentire vulnerabile.
Ma Sophy l’ultima volta
che aveva
pronunciato quelle parole era alla madre prima di morire e aveva
giurato a se
stessa di non ripeterle mai più.
La porta era chiusa, e dalla
finestrella
si vedeva la testa di un uomo che osservava la scena.
-“Sai, non credo che
Castle abbia passato
la notte qui per me!”- le disse Sophy maliziosa.
Kate diventò leggermente
rossa ma cambiò
argomento.
-“Lo sai, il capitano
deve farti alcune
domande. Ci sono cose che devono essere chiarite!”-.
-“Lo so. Volete sentire
cosa è successo
veramente! Ma ci sono alcune cose che racconterò solo a
te”-. Kate
annuì, capendo che c’era qualcosa che la
sorella non era pronta a condividere con tutti, qualcosa di privato a
cui il
resto della classe non era invitata
a
partecipare.
Sophy fece un respiro profondo e
cominciò
a ricordare e a raccontare:
-“Quella sera, la sera in
cui la mamma è
morta, dovevamo cenare con voi. Io con una scusa sono uscita prima da
casa, dovevo...
avevo un appuntamento. Dopo la volta che mi avevano arrestato, la mamma
iniziò a
seguirmi, probabilmente per capire cosa mi passava per la testa, o
forse
semplicemente per impedirmi di fare qualche altra stupidaggine.
Mi seguì anche quella
sera, non lo so
come facesse, ma sapeva sempre tutto. Io ero lì sola in
quella clinica, e stavo
compilando una marea di carte, e non capivo neanche cosa stessi
scrivendo. Il
mio unico pensiero era di finire in fretta e andare via. Qualcuno poi mi prese quei
fogli dalle mani e,
fu allora che vidi la mamma. Aveva intuito tutto da settimane ma non
disse
niente. Si sedette al mio fianco e mi disse che non ero obbligata a
farlo, ma
che mi avreste aiutato e che Jim alla fine avrebbe accettato.
Kate non era la mamma incinta, ero
io.
Ero incinta di nove settimane.”- lo disse con le lacrime agli
occhi e Kate le
asciugò quelle lacrime, così Sophy
continuò:
-“Coraggio diciamocelo:
io ero
molto ribelle e anche un po’ facile. Ok molto
facile.”- sospirò.
-“Ehi! Non ti permetto di
parlare così di
mia sorella!”- le sorrise Kate.
-“Così mi
portò via da quella clinica.
Aveva la macchina in quel parcheggio sotterraneo. Mi squillò
il telefono e
rimasi qualche passo dietro di lei.
E poi come una furia Coonan si
avventò su
di lei, pugnalandola più e più volte. Io ho
cercato di difenderla, ma lui mi ha
sparato lasciandomi lì, a morire dissanguata. Non ricordo
altro di quella sera, solo che quando mi sono svegliata ero in
ospedale, e il medico stava dicendo a
Jim che avevo perso il bambino.
Per me è stato difficile accettare un bambino
che non volevo, ed è stato ancora più difficile
perderlo.
Il resto della storia lo sai: Jim
che
diventa un alcolizzato e tu uno sbirro!”-.
Kate ascoltò quella
storia, senza
chiedere, senza giudicare il fatto che la sua sorellina a quindici anni
fosse
rimasta incinta.
-“Sì ma
perché io non ho saputo niente
sul fatto che sei stata sparata?”-
Sophy respirò a fondo
ancora una volta.
Quella per lei era la parte più dolorosa di tutta la storia.
–“Jim,
qualche giorno dopo aver saputo che ero
incinta, mi disse di non scomodarmi a tornare a casa. Mi ha buttato
fuori, e
non so cos’abbia detto a te, ma io non potevo più
tornare a casa. Non ne avevo
più una.
In ospedale venne l’FBI e
mi disse del
programma di protezione testimoni, perché avevo assistito
all’omicidio della
mamma, e così ho conosciuto Sasha. Lui mi ha protetto dalla
mafia russa in
questi anni. Quindi Kate, questa è la verità.
Aleksandr prima che tu arrivassi mi
ha
detto che la mamma aveva scoperto qualcosa su di lui. Evidentemente
qualcosa d’illegale,
non lo so.
Questo è il grande
mistero che circonda
l’omicidio della mamma. “-
In quel momento la porta si
aprì ed entrò
Sasha, con il braccio fasciato.
Sophy lo guardò preoccupata, e lui, come se
capisse a cosa stesse pensando le rispose che era solo un graffio.
Entrarono
tutti. Ma Sophy cercava quel ragazzo dagli occhi azzurri che era stato
gentile
con lei.
E finalmente con un po’ di timidezza anche Ryan
entrò. Lui la fissava,
come se dovesse rompersi da un momento all’altro, come una
bambola di
porcellana.
Non fece in tempo a chiederle
nulla perché il capitano Montgomery,
le chiese di raccontare nuovamente cosa fosse successo.
Sophy facendosi coraggio per la
seconda
volta in poco tempo raccontò ciò che le era
successo, di come Sasha l’avesse
protetta in quegli anni vivendo in Russia e di come l’FBI e
lo stesso Sasha,
l’avessero addestrata a combattere, a difendersi, omettendo
però alcuni
particolari privati della sua vita.
-“Sarò
arrestata per aver ucciso Aleksandr?”-
domandò Sophy a Montgomery.
-“Per quanto mi riguarda,
è stata
legittima difesa e non credo che Holliwell o Dimitri avranno da ridire.
Sono
stati entrambi arrestati e si faranno un lungo soggiorno in
carcere.”-
-“A proposito. Come avete
fatto a
scappare da Dimitri? Io ho sentito uno
sparo…”-chiese Sophy.
-“Sì, quando
io ho cercato di riprenderti,
Dimitri mi ha sparato ma non mi ha colpito. Non ha una grande mira in
effetti,
ha beccato una vetrata! E poi non si era accorto che nel mentre
Esposito era
dietro di lui e l’ha bloccato. “- le rispose
Beckett.
Dopo un po’ quasi tutti
andarono via, tranne
Kate, Esposito e Ryan. Beckett aveva bisogno di riposare qualche ora e
Ryan si
offrì volontario per restare con Sophy.
Si sentiva veramente stanca,
ripercorrere
quei dolorosi passi della sua vita in quei giorni l’avevano
stancata
mentalmente, così si assopì.
Ryan la osservava dormire quei
respiri
lenti e profondi, regolari. Pensava a quanto fosse bella, e continuava
a
osservarla, a osservare quelle labbra rosee. Si avvicinò e
le sfiorò le labbra
con le sue. Avrebbe voluto che lei si svegliasse e che lo baciasse, ma
Sophy
era immersa in un sonno profondo.
Uscì dalla stanza,
guardò Esposito e con
fare serio gli disse:
-“Mi sono innamorato
della sorellina di Beckett.”-.
-“Amico... questo
l’abbiamo capito
tutti!”- gli rispose Esposito sorridente, senza poter fare a
meno di prenderlo
in giro.
ciao a
tutti!!!
bene siamo arrivati al 10 capitolo e ormai tutti i tasselli sono al
loro posto! ormai ci siamo quasi..
allora questo capitolo in principio era solo uno ma ho deciso
all'ultimo di unirli, quindi i capitoli non saranno più 13
come avevo contato all'inizio.. ;)
come sempre ringrazio davvero tutti quanti,...
e ormai lo sapete: le recensioni sono graditissime!!
al prossimo capitolo.. ;>
kate24
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Capitolo 11 *** Kate's Thoughts ***
Beckett entrò in
casa.
Era distrutta.
Distrutta sia a livello fisico sia psicologico.
Soprattutto psicologico.
Non
aveva voglia di pensare, voleva solo spegnere il cervello e rimanere
sola con
se stessa.
Attraversò
l’ingresso, spogliandosi,
sbottonandosi la camicia verde, che lasciò cadere morbida
sul pavimento. Si
sedette nel divano, giusto il tempo di abbassare la cerniera degli
stivali, ma
voltandosi e guardando il divano, ripensò a quella sera con
Castle.
Si alzò diretta verso il
bagno in camera,
ma ogni passo le ricordava la notte passata con lui, a come
l’aveva
sorpresa baciandola in cucina e di come lei l’avesse portato
in camera da letto
e, di quando nella foga della passione la schiena di Kate aveva
sbattuto contro
lo stipite della porta.
Si fermò nella porta
della camera e sospirando, chiuse
gli occhi. Ogni scena era impressa nella sua memoria, un ricordo caldo,
a cui
lei non poteva fare a meno di pensare.
Entrò nella doccia.
Sperava che il getto
d’acqua bollente non le facesse pensare a nulla, o almeno non
pensare a Castle.
Pensò a tutta quella
storia assurda
vissuta con Sophy, e che finalmente era finita.
L’assassino di Johanna era
morto e a ucciderlo era stata lei stessa insieme alla sorella,
“così –pensò- la
mamma ha avuto giustizia!”. Non poteva credere
però che suo padre l’avesse
buttata fuori di casa. Certo Sophy, stando al suo racconto aveva
quindici anni
quando era rimasta incinta, ma Kate non ebbe mai il coraggio di dirle
che Jim
le aveva detto che era scappata in Europa non sopportando la perdita
della
mamma. Le aveva detto che aveva assunto un detective privato per
riportarla a casa, ma la considerava una
causa persa.
Si era giustificato con: -"Sophy
è troppo ribelle. Non resterà mai qui!"-
E Kate si sentiva terribilmente in
colpa per non aver indagato più
a fondo, per non aver insistito, per non aver scoperto prima cosa fosse
successo a sua sorella, ma aveva semplicemente
creduto a suo padre.
Ora Sophy era rientrata nella sua
vita, e
sicuramente l’avrebbe persa un’altra volta se non
fosse stato per la prontezza
e il sangue freddo di Castle.
Castle...
Era sempre stato vicino a lei, in
ogni
momento. Si era preso cura di lei quella notte quando era triste e
avvilita, e
poi in ospedale quando l’aveva aiutata a lavarsi, troppo
sconvolta anche per
fare un passo.
Castle.
Continuava a pensare a
lui.
Un pensiero
fisso e costante, che la tranquillizzava, la faceva sentire protetta.
In tutto
quel putiferio, lui le era rimasto accanto, senza nessuna pretesa,
senza
giudicare.
Le piaceva pensare a lui, quasi si
cullava nel suo pensiero, quel
pensiero caldo e confortante.
Avrebbe voluto che Rick fosse lì da lei, che
uscita dalla doccia l’avrebbe abbracciata e coccolata, e lei
si sarebbe
abbandonata tra quelle braccia forti, facendola sentire ancora una
volta amata, ancora una volta
desiderata.
Quando uscì dalla doccia
si avvolse
l’asciugamano intorno, andò in camera e vide che
sul display del cellulare
lampeggiavano due chiamate: erano entrambe di Castle.
Kate si sedette nel
letto, tentata di richiamarlo, ma sapeva che se l’avesse
fatto gli avrebbe
detto di andare da lei, che sentiva il bisogno di stare con lui, di
sentire il
suo corpo sul suo. Ma non lo richiamò.
Si sdraiò sul letto.
Sentiva ancora il
profumo della sua acqua di colonia, proprio come Castle aveva avvertito
il suo
alla ciliegia quella mattina al suo risveglio. Ma appena
appoggiò la testa sul
cuscino Kate, si addormentò profondamente, con ancora in
mano il telefono.
Quando si risvegliò,
erano le sette di
sera.
Infreddolita per aver dormito solo con l’asciugamano,
cercò subito di
riscaldarsi. Ma aveva molta fretta. Voleva andare in ospedale da Sophy
e lì
sicuramente avrebbe trovato Castle.
Aveva riflettuto su tutta quella situazione
e aveva preso una decisione. Doveva solo trovare le parole adatte e
parlare con
lui.
Quando arrivò in
ospedale, c’era solo
Sophy.
Castle non c’era.
Era delusa, aveva sperato di
incontrarlo lì. Doveva assolutamente parlargli.
-“Non è me che speravi
di vedere
vero?”- le disse Sophy maliziosa.
Kate la guardò sbalordita e si ricordò
dell’impressionante
capacità di Sophy di capire ogni situazione al volo, come se
leggesse la mente
degli altri, o che capisse tutto basandosi sugli sguardi delle persone.
-“Non dire stupidaggini!
Sono qui per
te!”-
-“Tesoro, sono sempre
stata io quella più
abile a mentire. Tu non ci sei mai riuscita. La mamma ti beccava
sempre! E
comunque, è andato via circa un’ora e mezza
fa!”-.
-“Chi?”
– chiese Beckett facendo finta di
non sapere a chi Sophy si riferisse.
-“Dunque, quando sei
andata via c’era
Ryan, poi è arrivato Esposito ma io ero addormentata quindi
di preciso non so
bene l’ora. Dopo di che, credo di aver dormito ancora e
quando mi sono svegliata,
Castle – e sottolineò il suo nome con
un’occhiata provocatoria – era qui e mi
ha chiesto se avevo bisogno di qualcosa. E ora ho intravisto una testa
rossa,
ma non so di chi sia. “-
-“Beh può
essere Alexis, la figlia di
Castle!”-
Kate sperava si trattasse di Alexis
perché significava che Castle sarebbe ritornata a
prenderla.
Ma sapeva che non
l’avrebbe mai lasciata sola in un ospedale: Castle era un
bambino e un
incosciente quando si trattava di se stesso, ma quando invece si
trattava di
Alexis allora diventata un buon padre, un padre adulto e responsabile.
Immaginò,
dunque, che potesse essere Martha… sicuramente era Martha.
-“No scusa Castle ha una
figlia? Comunque
non era una ragazzina.“-
-“Sì,
già.. “- rispose Kate
distrattamente. Stava pensando che doveva assolutamente parlare con
Martha.
-“Ti spiace se parlo un
attimo con
Martha? Devo fare una cosa quindi è probabile che ci
rivediamo direttamente domani
mattina!”- le disse Kate.
-“Certo Kate.
Tranquilla!”- e mentre la
abbracciava, le sussurrò all’orecchio:
-“Corri da lui!”-.
Beckett uscì dalla
stanza e vi trovò
Martha seduta nella sala di attesa.
-“Martha!”
– esclamò – “Grazie per essere
rimasta fino al mio arrivo, davvero non c’era bisogno. Io e
Sophy non vogliamo
essere di peso a nessuno!”-.
-“Sciocchezze! Richard mi
ha raccontato
tutto quanto, e se posso dare una mano, la do volentieri!”-
rispose Martha con
il suo solito sorriso gentile.
Ma Kate aveva premura di sapere
dove
trovare Castle.
-“A proposito, Castle
è qui con te, in
giro da qualche parte per l’ospedale?”- chiese Kate
con un falso disinteresse
stampato in faccia.
-“Oh no bambolina! Ha
dovuto portare
Alexis da una sua amica, starà fuori per tutto il week-end e
lo sai com’è
Richard quando si tratta di Alexis. Comunque dovrebbe già
essere tornato a
casa!”- le rispose Martha.
Kate
la ringraziò e fece per incamminarsi ma
la donna la trattenne ancora per qualche minuto:
-“Non ti preoccupare per
Sophy, quando
andrò via io ci sarà Ryan a sostituirmi. Ho un
appuntamento con Chet, quindi
questa notte avete la casa a vostra completa
disposizione!”-
Martha aveva un
sorriso che lasciava intendere molto.
Kate diventò violentemente rossa e
imbarazzata rispose:
-“Grazie,
Martha!”-.
Si girò e
uscì dall’ospedale con la sola
intenzione di guidare verso l’appartamento di Castle.
ciao
ragazzi e ragazze!!
ci siamo davvero quasi.. tra la storia di Sophy, e l'omicidio di
Johanna per Beckett è stato tutto molto difficile.. in
più ha anche il suo problemino ancora da risolvere con
Castle..
questo è un capitolo di rifflessioni per Kate, sia appunto
per la sorella sia per Castle...
cosa farà la bella detective? Scapperà di fronte
ai suoi sentimenti?
come in ogni capitolo ringrazio di cuore tutti quanti..e ormai
lo sapete che ogni recensione è fondamentale per me... ;)
e per sapere cosa deciderà Beckett, dovrete aspettare il
prossimo e ultimo capitolo!
a presto..
kate24
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Capitolo 12 *** Don't Leave Me Alone Again... ***
Beckett era bloccata nel traffico
paralizzante di New York. Aveva una mezza intenzione di accendere la
sirena
della sua macchina, ma il suo senso civico glielo impedì.
Finalmente dopo quaranta minuti di
traffico arrivò di fronte al palazzo di Castle.
Parcheggiò.
Prima di scendere guardò
verso il terzo
piano. Le luci erano accese.
Spense la macchina, ma non scese
ancora.
Appoggiò la testa sul
sedile.
Ripensò a quando lui
prima dell’estate
era andato via dal distretto con Gina, lasciandola lì,
mentre lei era pronta ad
aprirsi, a confessare i suoi sentimenti.
Ripensò a quanto aveva sofferto per
tutta l’estate e a quanto tempo aveva impiegato per
dimenticarlo buttandosi a
capofitto sul lavoro. Quegli anni passati insieme, a come aveva dovuto
accettare questa collaborazione forzata per i suoi libri, avevano
passato
davvero dei bei momenti.
Ripensò a quando gli
aveva detto di non
toccare il caso di Johanna e lui puntualmente non l’aveva
ascoltata. Quella
volta aveva rischiato di perderla per sempre. E invece questa volta,
nonostante
la precedente scottatura, lui le era rimasto accanto.
E ora per Kate, Rick era diventato
indispensabile, quasi quanto l’aria. Ma non sapeva che quella
sensazione Castle
l’avvertiva da molto tempo nei suoi confronti.
Scese dalla macchina.
Trovò il portone aperto
ed entrò.
Fece le scale. Odiava gli
ascensori, e
poi avrebbe avuto modo di pensare. Invece lei voleva tenere la mente
occupata.
Arrivò di fronte la
porta di casa.
Sospirò.
“Magari è
impegnato” pensò.
Si voltò. Fece per
andarsene. Ma poi
d’istinto si girò nuovamente e suonò il
campanello.
Attese, ma non ci fu
risposta.
Suonò per
la seconda volta. Ancora nessuna risposta.
Pensò che il suo primo
pensiero fosse
corretto e che lui fosse davvero impegnato, così si mosse
lentamente, sperando
che Castle aprisse la porta.
-“Beckett?!”-
Era Castle, in piedi
davanti alla porta. Aveva finalmente aperto.
Beckett si voltò, ma non
si aspettava che
Castle fosse lì, mezzo nudo con solo un accappatoio addosso
e un asciugamano in
mano asciugandosi i capelli.
Beckett arrossì
vedendolo in accappatoio
e disse:
-“Se sei occupato, posso
tornare un’altra
volta... ”-
-“No no...
vieni!”-. Castle le prese un
braccio e la portò dentro.
C’era sempre
un’aria accogliente in casa
sua.
Il caminetto era acceso, e alcune luci erano spente, dando
quell’atmosfera
soffusa, di calore.
-“Ehi, senti, scusa se
sono andato via
dall’ospedale, ma dovevo accompagnare Alexis da
un’amica. Ho provato a
chiamarti, ma non hai risposto, così ho pensato che volessi
stare da sola, che
volessi un po’ di spazio e ho chiesto a mia madre di andare
da tua sorella...”-
disse Castle, come se volesse scusarsi.
-“Non ti preoccupare
Castle. Non c’era assolutamente
bisogno che mandassi Martha. Sophy ha dimostrato di cavarsela anche da
sola.”-.
-“Figurati. Mia madre era
felicissima di
conoscere tua sorella. Sicuramente vorrà sapere qualche
dettaglio piccante su
di te!”- rispose Castle con malizia.
-“Sei solo?”-
chiese Beckett a bruciapelo
ignorando la battuta di Castle e, anche se sapeva bene la risposta,
voleva
sentirselo dire da lui.
-“In realtà
no. C’è anche Gina!”- disse
Castle serio.
Beckett si voltò
allarmata.
C’era Gina e lui
l’aveva fatta entrare? E
lei che si era illusa di potergli parlare. Ogni volta che ci provava
Gina,
spuntava fuori all’improvviso, quasi lo facesse apposta.
Appena sentiva che
Beckett si avvicinava al “suo Richard”, lei si
faceva viva portandoglielo via.
La mente di Kate era affollata da
questi
pensieri, e non si accorse che Castle le si era avvicinato, preoccupato:
-“Ehi! Stavo.. Era solo
uno scherzo! Gina
non è qui. Non è qui da molto tempo!”-
Beckett lo guardò e gli
lanciò una delle
sue terrificanti occhiatacce omicide.
-“Ti sei preoccupata,
vero?”- continuò
Castle non facendo caso alla sua occhiataccia, e diminuendo sempre di
più la
distanza fra di loro.
-“No, ”
-rispose Beckett, cercando di
mantenere uno sguardo indifferente -“mi stavo giusto
chiedendo come facesse a
farti aprire mezzo nudo, e a fare entrare in casa un’altra
donna!”-
-“Certo. È
questo il motivo per cui sei
arrossita! Quindi non ti da fastidio che io esca e veda altre
donne?!”-.
La gelosia di Kate era alle stelle.
Certo
che le dava fastidio se lui avesse visto altre donne. Che domanda era?
Ma non lo ammise di fronte a lui.
Si
limitò a guardarlo e gli rispose acida:
-“Fai quello che ti senti
di fare! Tanto
lo fai sempre!!”-.
Castle si faceva sempre
più vicino e
Beckett arretrava a ogni passo. Tutta la sicurezza che aveva fino a
quanto era
arrivata a casa sua, era svanita.
Quando era vicina a lui ogni
certezza, e
la durezza del suo carattere che aveva acquisito nel corso degli anni,
svaniva
via, come se lui, con un leggero soffio le spazzasse via.
Castle le prese le mani.
Beckett non fu abbastanza veloce e
riuscì
a togliere solo una mano, ma l’altra, lui la stringeva forte
nella sua.
I loro
corpi erano sempre più vicini e Kate sentiva il respiro di
Castle sul suo
collo, e poco dopo anche le sue calde labbra. Adorava quei baci sul suo
collo…
Kate si spostò
leggermente, voleva
parlare con lui ma allo stesso tempo voleva che non smettesse di
baciarla.
-“No, Castle... Aspetta,
dobbiamo
parlare.”-
-“Perché?”-
rispose Castle con la sua
voce calda e suadente, e continuando a darle dei piccoli baci sul collo.
-“Perché...
questa cosa... tra noi...
non può funzionare.”
-“Tu dici?”- le
rispose Castle mentre
iniziava a baciarle l’orecchio per poi continuare sulla
guancia.
Kate cercò di
respingerlo. Poggiò
entrambe le mani sul suo petto e nonostante l’accappatoio
sentiva i suoi
addominali sulle sue mani. Ma non si impegnò abbastanza
perché Castle la
strinse fra le sue braccia.
Kate era combattuta fra la sua
mente e il
suo cuore: la mente le diceva di staccarsi da lui, di allontanarsi, di
andare
via e chiarirgli che fra loro non esisteva nessun
“loro”.
Ma il suo cuore
voleva stare lì con lui, tra le sue braccia, sentendosi
voluta e amata.
-“You
smell like cherries.”- le sussurrò Rick
all’orecchio.
Per Beckett era troppo.
Riuscì a
liberarsi di quell’abbraccio, ma nel momento stesso in cui si
staccò, provò il
forte desiderio di ritornare fra le sue braccia.
Fece due grandi passi mettendo una
notevole distanza fra loro due.
-“Sai, quando tua sorella
era svenuta in
macchina, tu le hai chiesto di non lasciarti di nuovo da sola? Beh, tu
non ti
rendi conto che non sei sola, che hai delle persone meravigliose
intorno che ti
vogliono bene.”.
Beckett guardò Castle.
Sentiva le lacrime
affacciarsi dai suoi occhi, ma le ricacciò dentro con forza.
-“Anche tu,
Castle?”-
-“Io non ti
lascerò mai sola. “-
-“Mi hai già
lasciata sola una volta!”-
gli rispose Kate d’impulso, e subito si pentì di
aver pronunciato quelle
parole.
Si voltò per non dover incrociare il suo sguardo e si
diresse verso il
caminetto.
Era questo il punto: Castle era
andato
via con la sua ex-moglie l’estate precedente, lasciandola
sola, e Kate ne era
rimasta scottata. Avvicinarsi a lui era come stare vicini al fuoco, e
lei si
era bruciata già una volta.
-“Tu stavi con Demming,
non eri sola!”-
rispose Castle confuso, ma capendo a quale situazione lei si riferisse.
Beckett non gli disse che quella
stessa
mattina aveva lasciato Demming per andare con lui negli Hamptons, e
quando
glielo stava per dire, quando finalmente stava per riuscire a
confidarsi, era
arrivata Gina, distruggendo ogni suo progetto.
-“E’ proprio
questo il punto. Ognuno di
noi ha la propria vita da vivere, Castle!”- gli rispose Kate.
Stava cercando di
giustificarsi ma non sapeva neanche lei perché e non
riusciva neanche a trovare
delle giustificazioni valide.
Castle si accorse di questo suo
atteggiamento e si avvicinò:
-“Il punto è
che io voglio passare la mia
vita con te. Tu hai paura di questo. Hai paura di lasciarti andare, di
farti
amare, perché hai già sofferto e non vuoi
soffrire di nuovo. È per questo che
ora ti stai tirando indietro. “-
Kate smise di fissare il fuoco, e
si
voltò verso Castle, infuriata perché aveva
colpito nel segno. Aveva paura di
osare perché era già stata ferita, anche da
Castle, anche se non
volontariamente.
Quelle lacrime che aveva respinto prima, non si fecero attendere.
Riemersero dai suoi
occhi ma stavolta Kate non riuscì a trattenerle, e caddero
calde sulle sue
guance.
Castle le prese il viso tra le
mani, e
con i pollici asciugò le lacrime.
Kate non poteva resistere a quel
suo
tocco, al suo viso dolce e per paura che il suo sguardo la tradisse
abbassò gli
occhi. Ma lui aspettandosi da lei una reazione così, le
sorrise, si avvicinò di
più e in un attimo la baciò.
La baciò dolcemente,
teneramente, sulle
sue labbra morbide e anche Kate si abbandonò a quel tenero
bacio.
Non poteva resistere. Amava Richard
Castle e qualsiasi cosa la sua mente razionale le dicesse lei non
poteva farci
nulla: il suo cuore batteva per lui.
Castle la condusse verso il divano
e la
fece sdraiare. Si adagiò sopra di lei facendo attenzione a
non riversarle
addosso tutto il suo peso, e continuarono a baciarsi per ore,
assaporandosi a
vicenda, senza parlare.
Gli unici suoni che si sentivano
erano
gli schiocchi dei loro baci.
Erano lì, nel divano,
completamente nudi.
Smisero per un istante di baciarsi,
per
riprendere fiato, e Castle osservò Kate, lì con
lui, nuda.
La sua pelle chiara in contrasto
con il
colore scuro del divano, i suoi capelli lunghi e sciolti, le sue mani
su di
lui, le loro gambe intrecciate e i suoi fianchi sui suoi…e i
suoi occhi, in
quel momento verdi, incantevoli, luminosi, che lo guardavano
intensamente come
due grandi gemme, come se lei fosse irreale talmente era immensa la sua
bellezza.
-“Sei bellissima...
”- le sussurrò Castle
all’orecchio.
Non trovava altre parole per
descriverla.
Era bellissima e lui non poté fare a meno di dirglielo. La
adorava. La amava
profondamente. Non aveva amato né Gina né
Meredith in quel modo.
Amava solo
lei, Kate.
Kate gli sorrise, abbassando gli
occhi e
arrossendo leggermente, come una bambina a cui viene fatto un
complimento. Ma
poi riprese a guardarlo negli occhi, fissandolo e lui le chiese
sorridendo:
-“Che
c’è?”-
-“You
make me smile.”-. Glielo
disse guardandolo, in quei grandi e splendidi occhi azzurri.
Rick in sua risposta le sorrise
felice,
la baciò e le rispose:
-“Ti amo, detective.
“- la abbracciò e la
tenne più stretta che poteva, e Kate dal canto suo gli
sussurrò all’orecchio:
-“Ti amo
anch’io, scrittore da strapazzo!”-
Kate si svegliò tra
morbide lenzuola
bianche.
Non dovette sforzarsi per
ricordare. Ogni
singola scena, ogni emozione e sensazione che aveva provato erano
impresse
nella sua mente. L’unica cosa, non ricordava
com’era finita nel letto di
Castle. Ma non le importava.
Sentiva due splendide e muscolose
braccia
che le cingevano la vita, e la stringevano sempre più, quasi
avessero paura che
lei scappasse via, che si allontanasse un’altra volta.
Ma Kate non andò da
nessuna parte.
Si girò e ad attenderla
c’era il sorriso
magnifico di Richard Castle, il suo Rick.
Kate era davvero felice per la
prima
volta dopo tanto tempo.
Aveva ritrovato la sorella e
finalmente
si era sentita libera e pronta di amare ed essere amata da Rick.
Non dissero nulla, si limitarono a
guardarsi, a sorridersi, ad accarezzarsi e a baciarsi.
Non c’era bisogno di
parlare.
Tutto ciò che avevano da
dirsi lo
esprimevano i loro occhi colmi di felicità, per quel nuovo
amore, per quella
nuova vita che avrebbero passato insieme.
ciao a
tutti....
oddioooo l'ultimo capitolo...
ok so che è un finale molto alla Walt Disney, ma per una
volta visto che inel telefilm bisogna aspettare molto molto tempo,
passatemela! XD
detto ciò mi viene quasi da piangere al pensiero che devo
flaggare il quadratino completa!! XD
questo capitolo lo dedico a tutti voi, che avete pazientemente seguito
questa fanfiction, chi leggendola, chi recensendola.. e a tutti quelli
che l'hanno inserita nelle storie da seguire o preferite..
ringrazio tutti voi di cuore...
e ovviamente ringrazio la mia amicona Ilaria che mi ha convinta a
pubblicarla, nonostante i miei dubbi...
un abbraccio a tutti voi e
tanti sbaciotttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii....
kate24
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