You Make Me Smile

di Mari24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A strange encounter ***
Capitolo 2: *** Something Unexpected ***
Capitolo 3: *** Mystery Girl ***
Capitolo 4: *** Thank You Rain ***
Capitolo 5: *** The Morning After ***
Capitolo 6: *** The Truth ***
Capitolo 7: *** Coonan ***
Capitolo 8: *** The Russian Mafia ***
Capitolo 9: *** War ***
Capitolo 10: *** A Terrible Truth ***
Capitolo 11: *** Kate's Thoughts ***
Capitolo 12: *** Don't Leave Me Alone Again... ***



Capitolo 1
*** A strange encounter ***


Kate si sentiva osservata. C’erano giorni in cui sentiva lo sguardo costante di qualcuno su di lei. Aveva persino giurato di essere pedinata. Ma non avrebbe mai immaginato che l'avrebbe rincontrata. Non dopo dieci anni.
E pensare che se non fosse stato per i libri di Castle, che avevano fatto conoscere Beckett come sua musa, non sarebbe ritornata, non avrebbe avuto il coraggio di ritornare da Kate, non avrebbe rischiato tutto pur di vederla. Non avrebbe rischiato la vita di Kate.
Ma questo Kate ancora non lo sapeva. Non sapeva che di lì a breve avrebbe rivisto una delle persone a cui teneva di più; una delle persone più importanti della sua vita.  Ma lei non sapeva ancora che presto avrebbe saputo..
 
Di fronte al 12°, Ryan ed Esposito, si litigavano un caso, decidendo quale dei due avesse dato una svolta all'omicidio, omettendo entrambi il fatto che fosse stata Beckett insieme a Castle a risolverlo, quando ad un tratto la videro. C’era una ragazza che fissava l'intero edificio. Era bella, ed entrambi lo notarono subito. Si lanciarono una rapida occhiata e si capirono all’istante: si sarebbero litigati anche quella ragazza!
Si avvicinarono, ma Ryan fu più svelto e disse:
 -"Ciao! Hai bisogno di aiuto?"-.
La ragazza non rispose, non si voltò neanche. Era come assente, assorta nei suoi pensieri più profondi e remoti. Continuò a fissare il 12°, come se si aspettasse che lui le parlasse, come una persona vera, reale. Che le dicesse qualcosa. Che rispondesse alle sue domande, a quella domanda che le pesava nel cuore da tanti anni. Ormai non ricordava più da quanto tempo sentiva quella sensazione, la sensazione di vuoto interiore che ti distrugge e ti consuma lentamente.
Esposito approfittò subito del momento di non curanza di quella giovane ragazza verso Ryan e, spintonando di lato l’amico si fece avanti, chiedendo anche lui se avesse bisogno di qualcosa.
In quel momento lei si voltò, quasi svegliandosi da un malinconico sogno, notandoli e notando il loro distintivo.
Fino a che non si fosse voltata i due detective non avevano capito quanto fosse bella. E in effetti assomigliava a qualcuno, ma entrambi rimasero impietriti dai suoi occhi. Sorrise, ma i suoi occhi non mentivano e vi si leggeva tutta la sua tristezza e la sua immensa solitudine. Sorrise ai poliziotti e rispose: -“No, grazie! Non ho bisogno di nulla!”- e, voltandosi riprese a fissare l’edificio.
-“Dove ci siamo già incontrati?”- le chiese Esposito continuando a provarci spudoratamente.
Lei si voltò con un sorriso malizioso, abbassò il tono di voce e avvicinandosi al suo orecchio gli rispose:
-“In your dreams!”-,  e come se non volesse essere disturbata ulteriormente continuò a guardare con insistenza il 12°.
Poi però si pentì di aver liquidato così in fretta quei due ragazzi che erano stati gentili e anche un po’ divertenti con lei, e prima che sparissero all’interno del 12° gli rispose: -“In effetti… -disse avvicinandosi- volevo sapere.. lavora qui il detective Beckett?”-
Ryan ed Esposito sapevano bene di non dover dare informazioni ma riposero all’unisono che Beckett era in quel edificio e in servizio in quel momento, e che se avesse avuto bisogno sarebbe stata felice di aiutarla. Lei sorrise, Ryan notò che aveva un sorriso splendido, che riusciva quasi a cancellare tutte quelle note di sofferenza che si leggevano così chiaramente nei suoi occhi. Mentre le chiedevano chi fosse, il suo cellulare squillò. Lei rispose con un debole “Scusatemi” e da quello che sentirono la ragazza disse poche parole: -“Si?... No, io.. io devo parlarle! Va bene torno subito!!”- disse rassegnata. Non si girò neppure, e iniziò a correre più veloce che poteva. Non si voltò neanche quando Ryan le urlò dietro: -“Ehi, aspetta!”-
In quel momento Kate e Castle scesero di corsa pronti per un nuovo arresto, ma Ryan continuava ad osservare quella ragazza, come colpito da un incantesimo, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso nonostante si fosse ormai dileguata tra la folla e il traffico.
-“Cos’ha Ryan?”- chiese Beckett. Ed Esposito lo canzonò subito: -“Si è appena innamorato!”-.
Ma Kate in quel momento non aveva tempo per confortare o prendere in giro il collega.
C’era da fare un lavoro molto importante, e come tutti i poliziotti anche Ryan sapeva che tutto il resto passava in secondo piano, e in breve tempo i due detective avevano già dimenticato quello strano incontro.
Fu un arresto complicato. Kate intimò a Castle di restare in macchina, cosa che non fece. Ma non era stato quello ad infastidirla.. Era quella strana sensazione, quel formicolio che sentiva dietro la nuca ogni qualvolta sentiva di essere osservata.
Ma non c’era tempo per le sensazioni. Dovevano prendere quei trafficanti di droga o anche stavolta sarebbero spariti come fantasmi, e Beckett non poteva permetterlo. C’era poco tempo per il piano, serviva un’azione rapida e pulita.
Beckett impugnò la sua pistola e fece segno a Ryan ed Esposito di passare dal retro. Castle le stava dietro, sapeva che in queste situazioni non era felice di averlo tra i piedi, infatti Beckett si voltò e puntandogli una mano contro il petto, gli disse: -“Se provi a seguirmi, ti metto le mani addosso!”-Castle: -“Giura!!”-.
Kate lo fulminò. Era irritante quando non capiva quando non era il momento di giocare.
Per lei questo caso era molto importante. Aveva impiegato tempo ed energie e se avessero preso quei trafficanti sarebbero riusciti a risalire a Clan mafioso che aveva ucciso Jack Coonan, la sua vittima. Forse era un corriere o forse una semplice vittima della mafia russa, questo Kate non l’aveva ancora capito, ma la sua sete di giustizia superava tutto. Questo caso le ricordava il caso della madre, e non sapeva perché, ma voleva la stessa giustizia per questo omicidio quanto ne voleva per sua madre, e il suo cuore era colmo di rabbia per non essere riuscita ancora a risolverlo, dopo dieci lunghi anni.
Nei primi tre anni in polizia, Beckett aveva cercato di risolvere il caso, aveva cercato ogni sorta di indizio che poteva essere sfuggito ai detective che indagarono allora. Non trovò nulla e decise di mollare il caso prima che la portasse alla disperazione. E questo caso.. voleva avere giustizia per quelle bambine che avevano perso un padre. Per cui avere Castle lì tra i piedi, in quel momento la irritava.
Impugnò la sua arma, con le spalle al muro, fece un profondo respiro e, con una rapida occhiata guardò all’interno. In due secondi aveva contato quattro uomini. Contemporaneamente alla sua squadra, fece irruzione e vi trovò i trafficanti intenti a tagliare droga.
Due di loro tentarono la fuga, ci fu uno sparo. Kate uscì rapida per fare fuoco, ma non si accorse che uno dei due trafficanti era dietro di lei pronto a sparare. In quel momento arrivò Castle che la spinse per terra, salvandola da proiettile certo. La sequenza dei fatti fu molto veloce: Esposito buttò a terra il secondo trafficante bloccandogli la schiena con le ginocchia; Castle si lanciò all’inseguimento del primo malvivente con Beckett ancora a terra che gli urlava: -“Castle!! NO!!”-. Partì all’inseguimento anche lei, ma in quei pochi istanti in cui Castle l’aveva preceduta, era già stata seminata. Svoltò l’angolo, non c’era nessuno. Com’era possibile che due uomini potessero svanire nel nulla? E poi sentì un rumore sopra di lei. Si voltò appena in tempo per vedere che il trafficante le puntava addosso la pistola. –“Bum!”- sussurrò, un suono appena percettibile ma Kate capì che stava per sparare.
Si sentì una voce gridare con tutto il fiato che aveva in corpo “NO!”, e nello stesso istante Castle si lanciò addosso al trafficante e lo buttò a terra, disarmandolo. –“Dimmi che l’hai visto!!”- disse soddisfatto e trionfante a Beckett. Ma Kate aveva altro a cui pensare. Cercava con gli occhi chi potesse aver gridato ma non vide nessuno. Accecata dal sole vide solamente un’ombra sparire nella folla New Yorkese, come un fantasma.
Contenta di aver effettuato il suo arresto, Kate era meno irritata, ma per tutto il viaggio non proferì parola: in parte perché le dava fastidio che Castle avesse messo k.o. il trafficante e in parte ripensava a quella voce. 

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Capitolo 2
*** Something Unexpected ***


-“E dai!! Cosa ti ho fatto?”- chiese Castle con quella sua solita faccia da finto innocente, come se ignorasse completamente perché Beckett era così furiosa con lui.

-“Cosa mi hai fatto? Hai anche il coraggio di chiederlo? Hai messo a rischio la vita dei miei uomini, la mia e anche la tua! Cosa pensavi di fare eh? Castle questo non è un gioco, è la vita reale!”-

-“A me sembra invece di averti salvata. E visto che sei così arrabbiata, vuol dire che ti preoccupi per me!”-.

La guardò con il suo solito sorrisetto soddisfatto, che la faceva incazzare ancora di più.
Ma c’era qualcosa di lui che l’attraeva e, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a lui, le piaceva avere Castle intorno. Quel sorrisetto ebete e quegli occhi blu penetranti la fecero arrossire lievemente e solo un acuto osservatore l’avrebbe notato. E a Castle non sfuggì. Ma Beckett cercando di rimanere impassibile, si voltò per non essere vista e cercò di ritornare la fredda e gelida detective di sempre rispondendo: -“Non è questo il punto!”-

 

-“Visto? Siamo a casa.. mamma e papà che litigano… “-, disse Esposito a Ryan. Entrambi risero e si beccarono un’occhiataccia omicida di Beckett.
A Ryan, come colto da un dejà-vu, venne in mente quella ragazza. Il taglio degli occhi di Kate era così simile a quello di quella strana ragazza, ma non fece in tempo a parlare con Beckett: stava ancora litigando con Castle e Ryan sapeva bene che era meglio non interromperla durante una sfuriata contro di lui.

 

Esausta per il caso e per l’ennesima discussione con Castle che non voleva in nessun modo darle ragione, prese la sua roba e si incamminò verso la palestra sotterranea lasciandolo a discutere da solo. Ma Castle non si diede per vinto, e un momento prima che si chiudessero le porte dell’ascensore riuscì ad entrare, sotto gli sguardi divertiti di Ryan & Esposito e quello decisamente contrariato di Beckett.

-“Non ci credo! Questo dev’essere un incubo. Si deve esserlo per forza perché nella realtà ti avrei già sparato Castle!”-

Castle non rispose subito, ma continuò a fissarla dritto negli occhi. Kate si sentiva in imbarazzo sotto quello sguardo, ma il suo orgoglio era più forte e sostenne lo sguardo di Castle, quasi sfidandolo.
A quel punto la spinse contro una parete, bloccandola con un braccio e disse una cosa che Beckett non si aspettava:

-“Hai ragione! Ti chiedo scusa per l’operazione di oggi, non avrei dovuto mettermi in mezzo. Ti chiedo scusa anche per tutte le volte in cui mi ordini di fare una cosa e io ne faccio un’altra. Ti chiedo scusa anche per averti bloccata qui in ascensore, ma non avresti mai accettato le mie scuse di fronte agli altri! E mi dispiace per tutte le seccature che ti ho causato con Nikki Heat…”-

-“Non ti sto dicendo di essere dispiaciuto o di scusarti Castle.. “- ma non poté finire la frase perché Castle continuò: -“..e ti domando scusa anche per questo..”- e in pochi secondi Beckett poteva sentire il profumo della sua acqua di colonia farsi sempre più vicino. Gli occhi azzurri di lui continuarono a fissare i suoi. Il respiro di Kate era sempre più veloce e irregolare, ancora imbarazzata dal suo modo di guardarla, dal suo modo di fissarla.

E in pochi istanti Castle poggiò delicatamente le sue labbra sulle sue.

La parte razionale di Kate non avrebbe mai permesso che Castle la baciasse e dentro di lei protestava ardentemente. Invece si sorprese di non allontanare Castle, ma di rispondere a quel tenero bacio. Castle le sfiorava delicatamente i capelli e anche lei, sentendosi coinvolta più che mai, gli prese il viso tra le mani. Era un momento perfetto e Castle lo sapeva bene, infatti lui non aveva mai cercato di negare la forte attrazione fra di loro.. e si sorprese dalla reazione di Beckett.

Quegli istanti in cui erano le loro bocche erano l’una attaccata all’altra per Castle non furono solo istanti, voleva restare lì con lei in eterno, stretto in quel lungo e dolce bacio. 
Ma come sapeva bene, tutto ha una fine, e in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono.

Kate si staccò velocemente da quel bacio che l’aveva fatta sognare e, anche se per poco, aveva mostrato il suo lato dolce.
La Kate razionale venne fuori non appena le labbra di entrambi si staccarono, e allontanò Castle da sé, scappando più veloce che poteva in direzione della palestra.

Non poteva essersi mostrata così vulnerabile e così dolce ai suoi occhi. Questa non era lei. E la cosa che la turbava di più era che Castle glielo avrebbe rinfacciato in ogni occasione.

Si cambiò e iniziò a prendere a pugni e calci il suo sacco per l’allenamento. Era arrabbiata, ma non con Castle, ce l’aveva con sé stessa: aveva permesso a Castle di penetrare la sua corazza, quella corazza che si era creata nel corso degli anni e l’aveva resa invulnerabile agli occhi di tutti. Tutti tranne Castle.

Si allenò con tutta la forza che aveva in corpo finché cadde esausta. Capì che il suo corpo stava cedendo e non poteva continuare a quel ritmo. Si cambiò e ritornò di corsa a casa.

Era una serata fredda, ma Kate decise comunque di andare a casa a piedi. Adorava quel clima così freddo, così triste, così malinconico. Adorava sentire il freddo pungente di New York sulle sue guancia. Quel freddo la manteneva attenta, vigile, pronta a cogliere ogni singolo movimento.

Si sentiva ancora osservata, avvertiva di nuovo quello strano formicolio alla nuca, ma dopo la scena dell’ascensore, pensò, “sicuramente sarà Castle, assicurandosi che torni a casa.”.

Quel pensiero la fece sorridere. Il pensiero che Castle la osservasse e cercasse in tutti i modi di proteggerla era per lei davvero importante. Forse non lo vedeva o non era ancora pronta a farlo, ma Castle ci teneva veramente a lei e per quanto lei non volesse ammetterlo neanche a se stessa, anche lei teneva molto a Castle. E quel bacio ne era la prova.

 

Ma ciò che Kate non sapeva, era che Castle uscito dall’ascensore, capì che Beckett voleva stare da sola e che dopo aver oltrepassato quel confine invisibile che c’era fra di loro, era meglio lasciarla in pace. Lasciarla sfogare per tutta quella giornata pesante e quel bacio in ascensore. Così ritornò a casa.

Quando entrò in casa Alexis gli corse incontro, abracciandolo, sapendo ciò che il padre aveva fatto durante l’arresto, e volle sapere ogni dettaglio.. Castle raccontava, ma non con la sua solita enfasi, era distaccato, assente. La sua mente era altrove e Martha se ne accorse. Così con una scusa chiamò la nipote e la portò via, lasciandolo solo con i suoi pensieri.

“Come reagirà Beckett domani? Mi picchierà.. No conoscendola mi tirerà un pugno sul naso. Oppure farà finta di nulla e mi ignorerà per tutta la giornata. E se non dovesse parlarmi mai più?” pensò Castle.

 Continuava a guardare il caminetto acceso, quelle delicate fiamme che si intrecciavano l’una con l’altra, quasi danzando, quasi baciandosi, e Castle non poté smettere di pensare a Kate.

 Ma da dietro una voce confortevole parlò:

-“Lascia che ti dica una cosa figliolo: Kate Beckett non è la prima ragazzina che si emoziona e urla per un bacio, come una delle tue sciocche fan!”- come se stesse leggendo la mente del figlio. Castle la guardò e rispose: -“Come sai che l’ho baciata?”-
-“Non lo sapevo. Me l’hai detto tu adesso!”- e con quella frase lasciò Rick a rimuginare sui suoi pensieri.

 

Kate non riusciva a dormire. Pensava e ripensava a quel bacio e, nonostante non volesse ammetterlo, quel bacio aveva significato davvero molto.

Prese il cellulare. Compose il numero di Castle. Voleva chiamarlo, sentire la sua voce calda e dolce. Ma non chiamò. Kate Beckett non si lasciava andare, e quel momento in ascensore era stato solo un momento da non ripetersi.

Neanche Castle riusciva a prendere sonno. Anche lui come Beckett ripensava al loro bacio, a quel tenero e intimo bacio. Avrebbe voluto andare da lei, suonare fin quando lei non avesse aperto, abbracciarla e baciarla per tutta la notte, sentendola sua, e facendole capire che lui ci sarebbe stato sempre. Ma non andò. Sapeva fin troppo bene che lei non gli avrebbe permesso di starle così attaccato. Era riuscito a penetrale la sua corazza era vero, ma lei non l’avrebbe permesso un’altra volta. Non a breve distanza comunque.

 

note dell'autrice: ciao a tutti! prima di tutto vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto e anche chi ha
recensito il primo capitolo.
e soprattutto vorrei ringraziare la mia amica Ilaria per avermi
convinta a pubblicare questa fanfiction.
spero questa volta di essere riuscita ad usare meglio l'HTML, non sn
brava con queste cose.. ;)
chiedo scusa anticipatamente se anche in questo capitolo è
tutto molto veloce, ma in realtà, come ho spiegato ad alcuni
di voi, questa ff non è stata creata in principio in
capitoli.. c'è stata un'unica stesura e poi l'ho divisa. io
stessa la preferisco unica, ma pubblicata tutta insieme era veramente
lunga.
beh, credo di aver detto tutto. ovviamente le recensioni e i consigli
sono sempre graditi.. ;>
a presto
kate24

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Capitolo 3
*** Mystery Girl ***


Quando Castle arrivò al distretto il mattino dopo, Beckett era già a lavoro immersa in una pila di scartoffie da compilare e rapporti da consegnare. In realtà non avrebbe dovuto farlo lei, ma sperava che vedendola così occupata, Castle andasse via.. tanto in quei casi non era granché come ispirazione. Invece Castle si presentò con due caffè in mano come sua consuetudine. 

Lei lo guardò un’istante, e pensò che nonostante tutto era molto tenero. Lui si accorse di quello  sguardo dolce che aveva Beckett e le sorrise, ma lei, beccata in flagrante, ritornò seria e riprese il suo lavoro facendo finta di niente.

Castle le si avvicinò e disse sorridente: -“Buon giorno. Dormito bene?”- 

Beckett lo studiò per qualche istante e sperò di non dover affrontare l’argomento così rispose indifferente:

-“In realtà non ho dormito molto.”-

-“Sul serio? Neppure io.. Sai, continuavo a pensarti.. e pensare a quel fantastico bacio..”-

 -“Castle!!! Non ti azzardare a nominare ciò che è successo ieri in ascensore! È stato semplicemente un bacio niente di più. E ovviamente è inutile sottolineare che non si ripeterà mai più!”-

 -“Se è stato solo un bacio perché sei così arrabbiata?”-. 

Ma Kate non fece in tempo a rispondere, perché Ryan si stava avvicinando e sperò con tutte le sue forze che non avesse sentito la conversazione. -“Ehi Beckett! Ieri ti ha cercata una ragazza molto carina.”-

-“Una ragazza? Chi era?”-

-“Non l’ha detto, è scappata via dopo che le abbiamo detto che lavori qui!”-

-“Oh si, e Ryan si è proprio innamorato di questa ragazza. Ieri non ha fatto altro che parlare di lei! Di quanto fossero belli i suoi lunghi capelli neri, i suoi occhi, e le sue mani morbide…”- lo canzonò Esposito.

Beckett fece finta di non sentire le prese in girò di Esposito, non poteva occuparsi anche di un Ryan innamorato. Aveva già il suo enorme problema con Castle,  ma pensò che forse quella ragazza  aveva bisogno di qualcosa e disse:

-“Magari aveva bisogno di aiuto. Vediamo se dalle registrazioni delle telecamere riusciamo a capire chi possa essere.”- disse Beckett.

-“No. Guarda. Non ce ne sarà bisogno, è dietro di te!”- rispose Esposito.

 

Kate si voltò e i due sguardi si incrociarono. Rimasero immobili, l’una sostenendo lo sguardo dell’altra, senza avere il coraggio di parlare. Entrambe avevano pensato a come sarebbe stato nel momento in cui si sarebbero rincontrate. 
Nessuna delle due muoveva un muscolo. Erano in piedi, l’una di fronte all’altra. Entrambe temendo la reazione dell’altra.

Infine dopo quel lungo silenzio, la ragazza parlò: -“Ciao, Kate.”-

La sua voce era dolce, ma traspariva un velo di tristezza. 
Voleva correre ad abbracciarla, abbracciare la sua Kate, la ragazza con cui era cresciuta nonostante la differenza di età.

Ma non si mosse. Non conosceva questa nuova Kate, non l’aveva conosciuta come poliziotta. Lei conosceva la Kate con cui riguardava tutte le repliche di Baywatch, la Kate a cui aveva confidato di aver dato il primo bacio, la Kate che l’aveva coperta quando una notte aveva fatto tardi.

Avrebbe voluto dirle tante cose ma non ci riuscì, le parole le morivano in gola. Soprattutto voleva chiederle perdono per essere scomparsa così nel nulla, lasciandola da sola.

Ma fu Kate a muoversi. Le andò incontro. Conosceva quella ragazza. Come poteva non conoscere la ragazza con cui aveva condiviso gran parte della sua vita?

Kate era un misto fra felicità e shock: sua sorella era ritornata dopo dieci anni ed era lì, di fronte a lei, aspettandosi anche un solo ciao, una parola, una qualunque reazione da parte della sorella. Ma Kate restò muta fin quando non fu a pochi passi da lei:

-“Sei tornata!”- 
E dopo queste parole corse da lei e l’abbracciò più forte che poteva. Non voleva piangere, aveva imparato molto tempo prima a controllare le emozioni, ma le lacrime scivolarono sulle sue guance e per quanto avesse desiderato quel momento non riusciva a trattenersi. 
Dal canto suo Sophy, stringeva forte la sorella anche lei piangendo. Entrambe non riuscivano a trattenere le lacrime.

Dopo qualche minuto scivolarono delicatamente per terra e lì rimasero a fissarsi, a sorridersi, ancora incredule di essersi riviste, di essersi appena abbracciate.

 E poi Kate chiese di nuovo: -“Sei tornata per restare?”-

-“Non lo so ancora Kate! Non dipende da me. Non volevano neanche che venissi qui.”-

-“Chi? Chi non voleva che venissi qui?”-

-“Ti prego non chiedermelo! Odio mentirti, ma questo non posso assolutamente dirtelo.
E poi ora che sono qui voglio sapere tutto su di te. Ho saputo che sei la musa di Richard Castle!”- disse con un mezzo sorriso malizioso.

-“Si beh non sono proprio rose e fiori!”-

-“Solo perché ti ostini ad odiarmi!”- rispose Castle che per tutto il tempo aveva osservato la scena in silenzio insieme a Ryan ed Esposito.

Kate e Sophy si alzarono dal pavimento e si avvicinarono ai tre amici.

Kate potè osservare chiaramente per la prima volta sua sorella. Sophy non era molto alta, era snella, con dei lunghi e mossi capelli neri che le ricadevano dolcemente sulle spalle, con una frangia storta, che le copriva metà occhio destro. Aveva il nasino alla francese. Kate l’aveva sempre adorato, ricordandosi la prima volta che l’aveva vista e di quando Johanna gliel’aveva fatta tenere in braccio. Le aveva poggiato l’indice in quel piccolo naso all’insù, sfiorandolo e seguendone il contorno. E poi su quella boccuccia rosea, sottile e piccola. Le sembrava una bambolina.

In quel momento di tanti anni prima, la Kate di otto anni, aveva realizzato di avere una sorellina, e aveva giurato a se stessa che l’avrebbe protetta sempre.

Erano passati dieci anni e Sophy era cambiata, si era trasformata in una giovane donna. Indossava un paio di stivali neri, con dei jeans e una maglietta nera. Sopra la maglietta aveva uno di quei maglioni lunghi, a mezza manica, sul grigio chiaro, con un ampio collo, che si adattava perfettamente alle curve del suo corpo. Il tutto legato con una cintura con la fibbia a forma di una grande farfalla, che dava dei riflessi dal verde al blu. Aveva il cappotto nero in mano, evidentemente quando era entrata nel distretto aveva avvertito il calore emesso dai termosifoni.

 

-“Beh pare che Castle lo cosci già!”- disse Kate.

-“Già! I tuoi libri vendono molto bene anche in Russia!”- disse rivolgendosi a Castle e stringendogli la mano.

-“In Russia? Eri lì tutti questi anni?”- le chiese Beckett.

Sophy la guardò: –“Kate non posso dirti nulla. Questa storia è più grande di me!”-

Ma Ryan si intromise e si presentò, felice finalmente di conoscerla e farfugliò:

-“Ciao! Io sono Ryan. Kevin. Ryan. Kevin Ryan!”-

Esposito e Castle sghignazzarono rumorosamente dietro di lui. Non avevano mai visto Ryan balbettare in quel modo.

-“Guarda com’è emozionato!”- ridacchiò Esposito.

Ryan imbarazzatissimo chiese ai due amici di piantarla lì, ma Sophy sorridente gli strinse la mano e avvicinandosi al suo orecchio gli disse piano:

-“Grazie per avermi chiesto se avevo bisogno d’aiuto ieri mattina!”-.

Kate la allontanò da lì, dopo le presentazioni aveva bisogno di parlare con sua sorella da sola. Doveva assolutamente sapere perché era sparita in tutti quegli anni. Ma Sophy intuendo le sue intenzioni, prese lei la parola:

-“Allora sei diventata una poliziotta! La più grande teppista di New York è passata al lato buono!”-

-“Beh sai sono cose che capitano! E poi, è stato l’omicidio della mamma il motivo per cui sono entrata in polizia!”-

-“Lo so Kate! Tu forse non avrai avuto notizie di me, ma io sapevo che tu stavi bene e questo per me era di grande conforto!”-

Kate era arrabbiata. La sua sorellina sapeva esattamente dove si trovava ma lei non era riuscita a trovarla, a rintracciarla.  E per giunta non era nemmeno un detective. Come poteva saperlo? In quegli anni aveva sentito raramente Sophy, una o due volte l’anno e tramite una mail, sempre irrintracciabile.

La prese per un braccio e disse:

-“Adesso devi dirmi la verità! Perché sei andata via? Papà sa che sei tornata?”-

Sophy aveva uno sguardo gelido, quasi glaciale al sentir nominare il padre. Irrigidì le labbra e a denti stretti rispose:

-“Kate ci sono cose di cui non ti posso parlare, ma tu non devi mai nominare Jim. Se lo nomini o parli di lui o trovi il modo di farci incontrare, io me ne vado. Queste sono le regole!”-. Sottolineò il nome di Jim, come se rifiutasse di avere un padre e a Kate questo fatto non sfuggì.

-“Adesso abbiamo anche delle regole?! Dov’è quella ragazzina solare che mi ha lasciato dieci anni fa?”- .  Kate sottolineò il fatto che Sophy fosse andata via, lasciandola sola, e voleva a tutti i costi sapere il perchè. 

Sophy fece per parlare, ma lo squillo del suo cellulare la salvò. Voleva dirle che quella ragazzina non esisteva più, che le prove a cui la vita l’aveva sottoposta l’avevano cambiata. Voleva dirle che quella ragazzina era morta insieme alla mamma.

Guardò il display, ma non rispose e disse:

-“Scusami Kate, ma ora devo andare! Ci vediamo domani.”- 
E detto questo, come la mattina precedente si dileguò in pochi istanti senza lasciare a Kate il tempo di replicare.

ciao a tutti! come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito il secondo capitolo..

bene, in questo 3 capitolo si scopre chi è quella "ragazza misteriosa".. probabilmente vi sembrerà troppo presto e veloce anche questo capitolo, ma c'è ancora tutta una lunga storia da raccontare e, quella nuvola di mistero che avvolge Sophy..
chiedo scusa se non ho inserito molte scene fra Beckett e Castle, ma questo capitolo mi serviva per introdurre il prossimo.. :)  
bon, anche stavolta mi pare di aver detto tutto..
ovviamente le recensioni sono sempre ben gradite!
kate24

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Capitolo 4
*** Thank You Rain ***


Frustrata per quell’incontro così veloce, Beckett sfogò tutta la sua rabbia sui trafficanti che aveva arrestato il giorno prima.

Arrivò Lanie, aveva in mano il referto dell’autopsia su Jack Coonan, e con molta delicatezza chiarì a Beckett che l’assassino aveva usato la stessa arma che dieci anni prima aveva ucciso la madre. Senza dubbio la sua vittima era stata uccisa dallo stesso uomo che aveva ammazzato Johanna Beckett.

Ritornò furiosa nella stanza degli interrogatori, sbattendo la porta, e mise sotto torchio i contrabbandieri. Vinse Beckett e dall’interrogatorio uscì fuori il nome di “Rathburn”, associato a Dick Coonan, il fratello della vittima. I contrabbandieri le dissero anche, che lui era un killer che lavorava per la mafia russa.

 

Il capitano Montgomery la chiamò nel suo ufficio. Le porse una fiaschetta con del whisky e le disse che sapeva che il motivo che l’aveva spinta a diventare una poliziotta era stato proprio l’omicidio di sua madre; sapeva bene quanto le fosse costato provare a risolvere il caso la prima volta che ci aveva provato e sapeva altrettanto bene che appena si fosse presentata l’occasione ci avrebbe riprovato di nuovo. Le chiese se dopo tutte quelle emozioni, tra il ritorno della sorella e scoprire di essere ad un passo dal trovare gli assassini della madre, potesse riuscire a gestire la situazione e il caso.

Kate ci pensò un attimo, posò sul tavolo la fiaschetta e rispose:

-“Mi spiace signore. Non ce la faccio!”-

Così uscì dall’ufficio di Montgomery, prese la giacca e andò via. E com’era successo la mattina prima a Ryan, Castle la chiamò, ma Kate come la sorella non si girò.

 

In quel momento voleva stare da sola. 
Niente Castle a cercare di consolarla. Voleva stare sola con il suo dolore. Forse c’era una sola persona con cui avrebbe voluto condividerlo, ma non sapeva come rintracciala. Sophy era molto abile nelle sparizioni e se non voleva farsi trovare, non l’avrebbe trovata. 
Ricordava quanto fosse ribelle Sophy. Ricordava perfettamente ogni litigata con i genitori, ogni volta che cercavano di punirla, lei riusciva sempre a farla franca. Se era in punizione trovava sempre il modo di scappare, dalla finestra, dalla porta di servizio, una volta anche dall'entrata principale, senza che nessuno si accorgesse di nulla, come un fantasma, incurante che al suo ritorno si sarebbe cacciata ancora di più nei guai. 
La sua voglia di indipendenza, nonostante la giovane età era molto forte, e in qualche modo riusciva sempre a cavarsela. Un anno prima della sua scomparsa era stata arrestata per un furto in un supermercato. Quella volta Johanna non aveva urlato, l'aveva semplicemente guardata e con freddezza le aveva detto: -"Mi hai deluso profondamente!"- . Sophy l'aveva osservata e si era messa a ridere. Per lei era tutto uno scherzo, per passare il tempo. Una volta aveva confessato a Kate che per lei la vita era un noiosissimo gioco, di cui lei era una pedina.

Immersa in quei pensieri, Kate andò a casa. Si chiuse la porta alle spalle. Avrebbe voluto chiudere anche il suo dolore fuori da quella porta. Respirò profondamente e a lungo, con gli occhi chiusi.

Voleva rivivere gli anni felici della sua vita, quegli anni che avevano preceduto la morte di Johanna. Così trovò in una scatola impolverata, gli album fotografici di quando era piccola: c’era una foto su un’altalena di cui aveva un vago ricordo. Nella foto Johanna la spingeva. Doveva avere otto anni perché la madre era incinta.

Trovò un’altra foto, la sua preferita. Ricordava quando era stata scattata. Sophy aveva sei anni e Kate quattordici. Quel giorno aveva nevicato, la prima neve di Sophy. Si era voltata verso la macchina fotografica, aveva i capelli neri nascosti sotto una buffa cuffia con un pon-pon arancione, ma nonostante le guancia rosse per il freddo aveva un sorriso immenso e la neve tra i guanti gialli. Kate l’abbracciava da dietro ed entrambe sorridevano felici per quel giorno.

Le lacrime caddero bollenti sul suo viso. Il ricordo di quella bella giornata insieme alla sua famiglia la intristì, quella stessa famiglia che dì lì a pochi anni si sarebbe sfasciata completamente.

 

Un lampo illuminò la stanza e pochi secondi dopo si udì il rombo del tuono. Iniziò così a piovere. 
Kate corse alla finestra. Adorava la pioggia, ma non quella sera. Si chiedeva dove fosse la sorella, se fosse all’asciutto, se avesse un tetto sulla testa, e si diede della stupida per non averla trattenuta. Kate continuava a fissare quella pioggia costante che non aveva nessuna intenzione di cessare, mentre la corrente andava e veniva dando i primi segnali che sarebbe saltata se la pioggia non avesse diminuito il suo corso.

Qualcuno bussò alla porta risvegliando Kate dai suoi pensieri. Aprì speranzosa che fosse Sophy, e invece, con sua enorme delusione, si ritrovò Castle davanti.

-“Castle? What are you doing here?”-

Castle la guardò e mostrando la bottiglia che aveva in mano, rispose: -“Wine?”-.

Castle entrò in casa, poggiò il soprabito sul divano e cercò subito due bicchieri. Versato il vino, si sedette nel divano bianco affianco a Beckett, e le porse uno dei bicchieri.

-“Castle, -ripeté- cosa ci fai qui?”-

-“Beh dopo la giornata interessante che hai avuto ho pensato che avessi bisogno di compagnia. E quale compagnia è migliore della mia?!”- rispose sarcastico.

Beckett non rispose, si limitò a sorseggiare il suo vino. 
Castle vide la foto della neve con Sophy e le chiese se avesse voglia di parlarne.

Kate gli spiegò il significato di quella foto e, di come una sciocca, poco prima che arrivasse lui si fosse messa a piangere nel ricordo di quel giorno felice. In realtà non voleva dirglielo, non voleva confidarsi con lui, ma le parole uscivano dalla sua bocca senza che lei se ne rendesse conto. Non poteva essere già ubriaca, aveva bevuto solo due o tre sorsi di quel magnifico vino che lui aveva portato.

Castle prese la foto tra le mani e osservò quanto fosse carina Sophy con quel sorriso, e di quanto dolce fosse quell’abbraccio dato da Kate.

Notò che Beckett, nonostante la giovane età, era molto bella e disse:

-"Eri davvero molto carina a quattordici anni. Certo una tua foto con la divisa scolastica sarebbe stata più appagante, ma anche qui non sei per niente male!"-

Kate sorrise continuando a fissarlo intensamente negli occhi e iniziò: -“Senti. per quello che è successo ieri…”-

Ma in quell’istante ci fu un tuono particolarmente forte e pochi attimi dopo mancò definitivamente la corrente.

-“Aspetta qui Castle, prendo una candela!”- disse Beckett alzandosi dal divano.

-“Ahia! Quello era il mio piede!”-

-“Scusami Cenerentola! Non so se te ne sei accorto, ma è completamente buio. Non vedo niente!”-

Andò in cucina e cercò una candela, voleva la sua preferita, quella alla mela verde che aveva comprato qualche giorno prima, ma con tutto quel buio non riusciva a trovarla.

 

All’improvviso sentì le mani di Castle posarsi sui suoi fianchi e tirarla a sé.
Aveva fatto molto piano, usando la flebile luce del suo cellulare per farsi strada. Kate non lo sentì neppure avvicinarsi, impegnata com’era a cercare quella candela.

Si voltò immediatamente.

-“Castle, che stai..”- ma non ebbe modo di finire la frase, perché Castle, come nell’ascensore la sera prima, posò delicatamente le sue labbra sulle sue, dapprima in un tenero bacio, ma subito dopo con tutta la passione che aveva, costringendo Kate ad aprire la bocca per ricambiare. I loro baci erano profondi e intensi, così intimi e segreti.

Così come il giorno prima Kate non rifiutò i baci di Castle, ma anzi gli rispose.

Castle con ancora le mani sui suoi fianchi la attirò a se, stringendola delicatamente. Lei gli incrociò le braccia intorno al collo continuando a baciarlo senza fermarsi. Ma fu Castle stavolta a staccarsi per primo:

 -“Stai rispondendo!”-disse quasi sorpreso.

In quel buio totale poteva vedere solo gli occhi lucidi della bella detective che non disse nulla, solo un debole: -“Shh!”-.

Kate riprese a baciare Castle. I loro baci erano caldi e febbrili. Beckett aveva scoperto che quella situazione non le dispiaceva affatto. Aveva scoperto che lui la rendeva umana, che la faceva sentire viva, che poteva essere se stessa senza la paura di essere giudicata e poteva lasciarsi andare senza dover portare il peso del mondo sulle spalle.

Lui la prese in braccio, e la portò fino al divano, ma lei liberandosi dalla sua presa, lo condusse in camera da letto. Continuavano a baciarsi, esplorando ognuno la profondità della bocca dell’altro.

Castle la spinse fino al letto e lei lo trascinò con sé, senza smettere un istante di baciarsi. 

Kate gli baciò la guancia e l’orecchia mentre lui le baciava il collo... il mento.. Quei baci sul collo la facevano impazzire e Rick se ne rese conto.

Castle la guardava e non poteva fare a meno di pensare che fosse bellissima.

Entrambi erano lì, desiderandosi a vicenda.

Rick, con l’indice della mano le sfiorò delicatamente le labbra e Kate chiuse gli occhi, come se volesse che quel momento non finisse mai.

Castle le tolse la maglietta mentre lei gli sbottonava la camicia. Aveva quella fastidiosa camicia viola che lei aveva sempre detestato, ma in quel momento amava tutto di lui, perfino quella porzione di stoffa che avvolgeva il suo corpo.

Kate gli slacciò la cintura e gliela sfilò dai pantaloni, li sbottonò e abbassò la cerniera e così come Castle aveva scritto nel libro, Beckett lo baciò di nuovo e sussurrò le stesse parole di Nikki Heat:

-“La protezione è nel comodino!”-

Castle la guardò sorridente e anche lui rispose come Rook: -“Non c’è bisogno di armarsi. Sarò un perfetto gentiluomo!”-

-“Meglio di no!”- rispose lei, e con un gesto veloce ruotò e fu sopra Castle. Lui le sciolse i capelli e mentre si chinava a baciarlo i suoi morbidi capelli castani chiari si poggiarono sul suo viso.

Castle prese di nuovo il controllo della situazione e fu subito sopra di lei; slacciò il reggiseno di Kate e mentre posava delicatamente il suo petto sul suo seno, poteva sentire il corpo caldo di lei sotto il suo. Poteva avvertire il battito del cuore di Kate contro il suo torace.

Con le mani scivolò sulle sue lunghe gambe morbide, fino ad accarezzarle le cosce, e mentre la baciava, sentì lei prendergli le mani nelle sue e stringerle come se non volesse farlo andare via.

-"Ti voglio."- le sussurrò Castle

-"Sono qui."- rispose Beckett

Per una volta Kate non voleva pensare o razionalizzare tutto. Voleva solo essere Kate, e con Castle poteva riuscirci. Per tutta la notte si accarezzarono, si baciarono, si esplorarono a vicenda, desiderosi l'uno dell’altro, mentre fuori una pioggia battente continuava ad accanirsi su New York.

 

La sveglia sul comodino di Beckett segnava le 2.43. Castle era sveglio. Tra le sue forti e muscolose braccia, Beckett dormiva profondamente appoggiata sul suo petto. Era serena, rilassata.

Castle le sfiorava il viso, notando che faceva delle buffe smorfie con le labbra. La teneva stretta a sé, non voleva lasciarla andare. Sapeva che nel momento in cui si sarebbe svegliata, tutta la magia e la dolcezza di quella notte sarebbero svanite.

Castle ancora non credeva fosse successo veramente. Non avrebbe mai immaginato che un giorno Kate, si sarebbe lasciata andare. Lui l'aveva desiderata dal primo momento. All'inizio, probabilmente, sarebbe stata un'altra delle sue conquiste, ma con il tempo, lavorando fianco a fianco e conoscendola, si era piano piano innamorato.

L'amava profondamente, amava tutto di lei: amava il suo modo di essere, amava la detective dura ma astuta, amava il suo tenergli testa e, in quel momento, amava guardarla mentre dormiva fra le sue braccia. Sentiva la sua pelle morbida su di lui, mentre le accarezzava i suoi lunghi e soffici capelli.
Rimase a guardarla per ore, non seppe neanche lui per quanto tempo, ma alla fine si addormentò, felice di avere la donna che amava tra le sue braccia.

 

Kate si svegliò. Era distesa su un fianco e due forti braccia la tenevano stretta a sé. Sorrise. Quella sensazione d’inaspettata felicità con Castle le piaceva. Non sapeva come avrebbe superato l'imbarazzo che avrebbe provato, ma in quel momento non voleva pensarci, voleva solo sentirsi amata.

Si accoccolò fra le sue braccia, sentiva il corpo nudo di Castle sul suo, e prendendogli le mani si strinse ancora di più a lui.

note dell'autrice:  ciao a tutti! 

allora questo capitolo è dedicato inizialmente ai ricordi di Beckett.. e poi come avrete letto c'è un grande avvicinamento con Castle, che in quel momento di tristezza, per Kate è come la luce!! ok basta.. troppo miele!! XD
avevo pensato di spezzare questo capitolo xò poi ho cambiato idea, perchè volevo proprio sottolineare il fatto che Castle "consoli" Beckett, e capisca quando lei ha bisogno di lui.. quindi anche se questo capitolo è veloce pazienza.. era brutto spezzarlo!
la scena fra loro due è davvero simile a Heat Wave, e me ne sono accorta solo dopo quando l'ho riletta.. ma è così che mi immagino loro due.. *_*
ah, noterete che durante questa ff ci saranno alcune frasi in inglese, e sono quelle che ho riportato dal tf.. proprio perchè nel doppiaggio italiano non mi sono piaciute, contrariamente a come invece le hanno interpretate Nathan Fillion e Stana Katic.
detto questo ringrazio ancora tutti coloro che leggono e recensiscono questa strana storia.. e ovviamente i miei ringraziamenti vanno a Ilaria e anche a Paola per le parole di supporto...  ;)
a presto!
e sbaciotti a tutti..
kate24

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Capitolo 5
*** The Morning After ***


Quando Castle si svegliò, vide tutto giallo. Si staccò il post-it che aveva attaccato in fronte: "Castle!!! Quando vai via, chiudi e lascia le chiavi nel vaso che c'è fuori!"

Era chiaro che non voleva vederlo. Beckett era uscita senza svegliarlo.

Si rigirò nel letto e guardò la parte vuota di Beckett, come se sperasse di vederla lì, sorridergli, senza bisogno di parlare, ma semplicemente per poterla baciare ancora.

Kate invece era già andata via, ma Castle sentiva ancora il suo profumo tra le lenzuola, quel profumo alla ciliegia che tanto gli piaceva. Sospirò al ricordo di quella magnifica notte insieme alla donna che amava.

Si vestì e si preparò per andare al distretto, chiuse la porta e prese con sé le chiavi.

 

Beckett era in macchina. Aveva appena ottenuto dal giudice Markway, un mandato di arresto per Dick Coonan. Stava solo aspettando che arrivassero Ryan con Esposito.
Non voleva entrare da sola. Non perché avesse paura, anzi non vedeva l’ora di fargliela pagare a quell’assassino che aveva spezzato molte vite, ma come tutti i più grandi poliziotti sapeva bene che era da stupidi entrare da sola cercando di fare l’eroina. 
Pensò che se Castle fosse stato lì, avrebbe avuto da ridire. Lui adorava il senso del pericolo, ma forse in quella situazione lui stesso le avrebbe detto di aspettare i rinforzi, dopo tutto, dopo la notte appena passata, aveva sicuramente dimostrato di tenere a lei e non avrebbe permesso che rischiasse la vita in un modo così sciocco.

La notte appena passata.. A quel pensiero le guance di Kate divennero rosse e un brivido, le percorse la schiena. Cercò di concentrarsi sull’arresto che avrebbe compiuto di lì a pochi minuti, ma il pensiero costante era lui.

Quando si era alzata, l’aveva osservato per qualche istante: era così carino mentre dormiva. I primi raggi di sole gli illuminavano il viso.

Ma aveva paura che si potesse svegliare, e non voleva affrontarlo, aveva ancora bisogno di razionalizzare tutto, di stare un po’ da sola con se stessa. Si preparò velocemente e molto silenziosamente.

Prima di andare via gli attaccò il post-it sulla fronte e gli diede un bacio sulle labbra.

 

-“Tutto apposto?”- chiese Esposito distraendola dai suoi pensieri, sporgendosi nel finestrino.

-“Si, tutto.. Tutto apposto. Andiamo!”-

Per tutto il tragitto a piedi Beckett non parlò. Era concentrata sul suo arresto.

-“Sei sicura di stare bene?”- le domandò per la seconda volta Esposito.

-“Si, certo! Perché non dovrei?”- rispose Kate, con la voce un po’ più stridula di quanto si aspettasse.

Esposito rispose con un’alzata di spalle. Intuì che qualcosa turbava la mente di Beckett, ma non chiese altro. Capì che voleva essere lasciata in pace, insieme ai suoi pensieri.

 

Arrivati di fronte l’ufficio di Coonan, Beckett bussò due volte: -“NYPD. Open up!”-

Non ottenendo risposta bussò di nuovo e disse: -“Sig. Coonan, polizia di New York. Apra la porta. Abbiamo un mandato. “-

Guardò i due colleghi e disse a Esposito: “Aprila!”-.

Sfoderarono tutti e tre le pistole dalle fondine, e con un calcio Esposito, sfondò la porta.

Appena entrò, Beckett vide Coonan vicino al suo tritacarte. Kate spostò veloce lo sguardo da lui a quell’oggetto malefico che stava distruggendo tutte le prove.

-“Don't move! Hands up scumbag!”- gli urlarono insieme Ryan ed Esposito.

-“Sig. Coonan. La dichiaro in arresto per gli omicidi di Jack Coonan e Johanna Beckett.”-

Nel pronunciare il nome di sua madre, fece un profondo respiro. Finalmente aveva arrestato l’assassino di Johanna, e mentre Ryan lo ammanettava, lei continuava a guardare l’uomo che le aveva portato via sua madre.

Ma Kate non sapeva ancora quanto dolore Dick Coonan, aveva inflitto alla sua famiglia, non solo per la morte di Johanna.

Si guardò intorno in cerca di Castle, in cerca del suo conforto, di un abbraccio. Ma era stata lei a non volerlo lì, non svegliandolo quella mattina. L’aveva volontariamente tenuto lontano.

 

 

 

-“Lanie, mi hai fatto chiamare? Ci sono novità?”- chiese Beckett alla sua amica, entrando velocissima in obitorio, appena rientrata dal suo arresto.

-“No tesoro, non è per il caso. Ho provato a chiamarti ieri sera. Volevo sapere come ti senti e anche se so che non accetterai mai.. se hai bisogno io sono qui.”- le rispose Lanie, poggiando una mano sul suo polso.

-“Oh, si scusa. Ho visto stamattina la chiamata. Comunque non preoccuparti, sto bene.”-

-“Com’è andato l’arresto di Coonan?”-

-“Tutto apposto. Non ha fatto resistenza.”-

-“Quindi… ieri non hai risposto perché ti sentivi bene..”- chiese Lanie poco convinta, riportando l’argomento sulla serata precedente.

-“Si.. No ..in realtà ero… impegnata!”- rispose Kate arrossendo, e distogliendo lo sguardo dall’amica.

Lanie aveva questo strano potere di capire le cose al volo e non si fece sfuggire l’imbarazzo di Beckett.

-“Perché sei arrossita?”- chiese Lanie, con un misto di divertimento e curiosità. –“Oddio.. eri con un uomo!”- esclamò. –“Lo conosco?”-

Kate la guardò e abbassò subito lo sguardo diventando ancora più paonazza.

-“Castle.”- disse debolmente e sottovoce sperando quasi che l’amica capisse un altro nome o che non sentisse affatto.

Lanie la osservò socchiudendo gli occhi, e pensò che se non fosse successo niente Beckett non avrebbe avuto problemi a dirle che non aveva risposto perché era con lui, anzi avrebbe proprio risposto.

-“Oh mio Dio!! Sei andata a letto con Richard Castle!!”- esclamò Lanie sgranando gli occhi e mostrando un enorme sorriso.

Kate ancora più imbarazzata le rispose allarmata: -“Shh, Shh.. Lanie.. He can hear us!!”-

Lanie si affacciò per controllare se lui l’avesse raggiunta o se fosse entrato talmente silenziosamente che non l’avesse sentito. Ma eccetto il cadavere che aveva lì sul tavolo e per loro due, l’obitorio era vuoto.

-“Ma di cosa ti preoccupi?! Tesoro, non mentire con me. Lavorate sempre insieme, fianco a fianco, e ha scritto una scena così spinta su di te che persino a me serviva una doccia fredda!!! Quell’uomo è cotto di te!”-

-“Oh ti prego… Mi sa che hai inalato troppi gas da laboratorio!” – le rispose Kate andando via dall’obitorio.

-“Tesoro, se tu non vedi quello che sta succedendo, non vuol dire che gli altri non lo vedano!!”-

-“Shut uuup!!-

 

Quando arrivò al distretto, Castle chiese a Ryan ed Esposito, dove fosse Beckett. Loro si guardarono turbati e gli riferirono che Beckett quella mattina era riuscita ad arrestare Dick Coonan con l’accusa di omicidio del fratello Jack Coonan, e anche per quello di Johanna Beckett.

-“Ora è giù nell’archivio!”- gli disse Ryan.

Castle non perse tempo. Chiamò l’ascensore e scese fino all’archivio. Immersa fra le numerose scatole trovò Kate.

-“Ehi! Esposito e Ryan mi hanno detto tutto!”- disse. Kate alzò lo sguardo e si sorprese di vedere Castle.

-“E inoltre ti ho portato le chiavi!”-.

-“Ti avevo chiesto di lasciarle nel vaso”- disse seccata di vederlo lì, -“ma come al solito non ascolti mai quello che ti dico!”-

-“Uuuh.. nervosetta! Siamo piuttosto scontrosi stamattina! Non hai dormito bene stanotte?!”- disse Castle con ironia, sapendo che la notte appena trascorsa era stata molto bella per entrambi e Kate non poteva negarlo.

-“In ogni modo, devo riuscire a rintracciare mia sorella. Vorrà sapere che ho arrestato l’assassino di nostra madre. “- rispose Kate facendo finta di non aver sentito le battute ironiche di Castle.

 

-“Ok, questo non è il momento per parlarne ma sappi che alla fine dovrai affrontare l’argomento! E nel mentre ti do qualcosa su cui riflettere: per me ha significato molto!”- le disse Castle un momento prima di uscire dall’ascensore.
Ma era proprio questo che Beckett temeva di più. Se per entrambi quella notte non avesse avuto nessun significato per Kate, sarebbe stato tutto più semplice, senza complicazioni. Invece anche per lei aveva significato qualcosa ma non si sentiva pronta ad ammetterlo.

Ryan interruppe i suoi pensieri.

-“Beckett. Gli affari interni hanno saputo della nostra indagine sulla mafia russa e su Coonan. Hanno mandato questa foto. Secondo loro è una spia. Forse dovresti sederti prima di vederla.”-

 

Kate non capiva. Perché doveva sedersi? Che cosa poteva esserci in quella foto da spaventarla a tal punto? Ma quando vide la foto, si sentì quasi mancare: quella foto era il ritratto di sua sorella.

E così tutti i tasselli si mettevano al proprio posto: questo era sicuramente il motivo per cui era sparita dieci anni prima, sparita nel nulla, e ora era ritornata, probabilmente per capire a che punto erano le indagini.. ed ecco perché in questi anni Kate non era riuscita a trovarla: era protetta dalla mafia. 

Beckett era nella disperazione più totale. Sua sorella era una spia della mafia russa. “In quale cavolo di casino si è cacciata? Perché la mafia ha voluto una ragazzina di 15 anni, allora?”, continuava a chiedersi Kate. Qualcosa non quadrava.

Non poteva essere sua sorella. Forse era solo una ragazza che le somigliava…

Ciao a tutti!!

ecco a voi il 5 capitolo, che dedico alla mia amica Ilaria, che anche se non è fan di Castle, adora Lanie e ho scritto la scena con Lanie apposta per lei.. XD
come sempre ringrazio tutti quelli che stanno leggendo e recensendo questa storia.. ovviamente i miei ringraziamenti vanno a Paola che, nonostante abbia già letto la ff, continua a leggere e recensire ogni capitolo.. ;>

in questo capitolo ho fatto arrestare Coonan da Beckett, mi serviva più che altro per il prossimo..
anche qui ho inserito frasi prese proprio dal tf, e alcune in inglese..
per il resto.. ricordate non tutto è come sembra, le apparenze ingannano!! ;)
a presto!
kate24

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Capitolo 6
*** The Truth ***


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-“Ehi! Ciao Kate!”- disse sorridente Sophy entrando in quel momento.

Kate si voltò, scura in volto. Aveva uno sguardo duro. Ma Sophy non aveva paura, e sostenne il suo sguardo.

-“Spiegati!”- le disse Kate mostrandole la foto. I suoi occhi erano gelidi e pieni di freddezza.

Tutti i muscoli del corpo di Sophy si irrigidirono. 
Spalancò gli occhi e sconvolta chiese dove l’avesse presa. Sapeva cos’era. Quella era la prova contro di lei, che lei stessa cercava di intercettare da tempo.

Ma Esposito non diede il tempo a Kate di rispondere.

-“Alza le mani spia! Sei in arresto!”-

Kate guardava la scena, senza battere ciglio. Castle sapeva che Beckett si stava chiudendo in sé, tradita dalla sua stessa sorella.

-“Kate pensi davvero che io sia una spia?” – le chiese Sophy mentre Esposito si avvicinava per ammanettarla. –“Tu toccami e ti spezzo il braccio!”-

Esposito si bloccò. Non si aspettava quella reazione e rimase fulminato dalla freddezza delle sue parole.

-“Kate chi ti ha dato quella foto?”-

-“Che importanza ha?”- rispose Beckett.

-“Ne ha molta!”-

-“Che c’è? Vuoi fare fuori chi ci ha dato la foto?”- disse Esposito, sprezzante.

-“Non sono io la spia pezzo di idiota!! La spia è chi vi ha mandato la mia foto! La mafia russa mi cerca da dieci anni. Non lavoro per loro! Perciò dimmi quel maledetto nome!”-

-“Come possiamo sapere che ci possiamo fidare?”- disse Ryan

-“Non potete!” - rispose Sophy, - “ma io mi sono ritrovata coinvolta in questa storia senza volerlo. Per dieci anni sono stata lontana dalla mia famiglia, ho dovuto tagliare ogni singolo rapporto. Mi sono nascosta e ho vissuto per anni nell’ombra, nella paura che mi trovassero. O che trovassero Kate.”- Dopo queste parole, rassegnata dal fatto di non essere creduta, prese il suo cellulare.

-“Chi stai chiamando?”- chiese Beckett.

-“Kate l’FBI mi ha messo sotto protezione anni fa, e indagando hanno scoperto che all’interno degli affari interni c’è un poliziotto corrotto. Si so degli affari interni – disse guardando un Esposito attonito - ed è lui che vi ha mandato la mia foto.

So anche di Coonan. Ci sono arrivata seguendo la tua indagine. Quindi si, ero io che ti ho seguita in questo periodo. 
Sapevo che l’agente corrotto era sulle mie tracce e sarebbe presto arrivato a me e, quindi, di conseguenza anche a te. Volevo solo assicurarmi che stessi bene.

Quindi ora sto chiamando chi mi protegge da dieci anni... Si Sàsha! So chi è la spia!  Kate il nome.. per favore!! Se ti ha mandato la mia foto avrà collegato i cognomi e presto saranno qui!”-

Kate ci pensò. 
Anche la storia che raccontava sua sorella reggeva. Forse diceva la verità. “Ma perché era stata messa sotto protezione?”, si chiese Kate. Ma doveva ancora attendere per avere una risposta a quella domanda. Sophy era decisamente in ansia, per cui decise di fidarsi, era pur sempre sua sorella, doveva darle una possibilità. Così le rivelò il nome:

-“L’agente.. si chiama Holliwell.”-

Sophy sospirò. Se Kate le aveva detto il nome significava che le credeva. O almeno cercava di capire, senza accusarla a priori.

 

-“Grazie Kate!! Sasha è Holliwell. Va bene resto qui!”-. 
Si girò e guardò Kate: -“Sasha sta arrivando. So che ti è difficile credermi. Che questa è una storia assurda, ma è la verità. E lui potrà confermarti tutto!”- disse sedendosi nella scrivania di Kate.

Beckett si allontanò. In cuor suo sapeva che sua sorella diceva la verità, ma sapere che si era trovata coinvolta con i clan mafiosi russi, le faceva rabbia. Rabbia per non averla saputa proteggere.  E in più c'era ancora qualcosa del suo oscuro passato, che Sophy non raccontava.  Mancava ancora qualche pezzo a concludere il puzzle.

Doveva parlare con Coonan. Sophy l’aveva nominato ma non voleva chiedere a lei.

Voleva parlare con lui, sapere come e perchè sua sorella si era trovata coinvolta in quel grande putiferio, perciò si incamminò verso la sua cella, con Castle che la seguiva fedele come un cocker spaniel.

ciao a tutti..

come sempre ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa fanfiction, e chi la sta recensendo..
scusate se questo capitolo non è abbastanza lungo, ma anche questo mi serviva per il prossimo.. ;)
bene come vi ho detto le apparenze ingannano.. e c'è ancora qualcosa del passato di Sophy che non quadra..
a presto con il prossimo capitolo..
sbaciotti
kate24

ps: ormai lo sapete.. le recensioni sono senmpre ben gradite.. :)

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Capitolo 7
*** Coonan ***


Era sera e il distretto era vuoto quando Ryan si avvicinò a Sophy.

Voleva parlarle, capire cosa fosse successo, ma fu lei a iniziare la conversazione:

-“Non hai paura che sia una spia?”- gli disse con sarcasmo.

-“Ti volevo fare le mie scuse. Anch’io ho pensato che fossi una spia.

Riflettendoci però ci sono state troppe coincidenze e la foto mandata oggi sembrava proprio come se ti volessero incastrare!”-.

-“Sì, beh, non che voi non ci abbiate creduto! Eravate tutti pronti ad accusarmi ed Esposito mi ha quasi arrestata! Comprensibile, in fondo non sapete nulla di me, e per quanto mi dispiaccia ammetterlo neppure Kate mi conosce! O comunque non mi conosce da anni!”­- rispose Sophy sospirando.

-“Qual è la tua storia? Cosa ti è successo?”- chiese Ryan, ma prima che Sophy potesse rispondere ci fu un movimento rapido di Ryan ed Esposito che videro Coonan puntare una pistola contro Castle e Beckett.

-“Vedi, detective, se vuoi sapere la verità su tua madre, devi farmi uscire vivo da qui! Buttate le armi o lui muore!”- disse Coonan prendendo Castle come ostaggio e facendone uno scudo umano.

-“Fate come dice..”- rispose Kate.

Entrambi abbassarono le pistole e Coonan continuò: 

-“Bene. Bravi. Allora… dov’è quella puttana di tua sorella?”-

Kate era sempre più confusa. Perché Coonan conosceva sua sorella?

-“La puttana è qui!”- disse Sophy in tono di sfida, apparendo nella sua visuale.

In quel momento Sophy lo riconobbe. Era lui che aveva accoltellato la madre e sparato a lei.

-“Tu!!! Sei tu che mi stai facendo cercare da loro!”-

-“Ahahahah! Così adesso ti ricordi me.. ferma non ti muovere, e tieni le mani bene in alto!

So che sei diventata, come dire, spietata dall’ultima volta che ci siamo visti.

 Sai, devo ammettere che è stato un piacere spararti quella notte!”- aveva una risata perfida quasi ci provasse gusto a uccidere.

-“Spero di renderti presto il favore!”-

-“Sophy di cosa sta parlando?”- chiese Kate, preoccupata sia per Castle con una pistola puntata alla tempia, sia per la sorella che continuava a nasconderle una parte della sua vita.

-“Come? Non l’hai detto alla tua sorellina? Non le hai detto che la notte in cui ho accoltellato tua madre, ti ho sparato?”- disse Coonan quasi come se stesse giocando.

Kate guardò Sophy, era sempre più incredula. –“E’ la verità?”-

Sophy abbassò lo sguardo, gli occhi colmi di lacrime, cercando di dimenticare tutto l’orrore che aveva vissuto quella notte. Quella notte terribile in cui la sua vita era cambiata per sempre.

Lei e Johanna dovevano raggiungere Kate e Jim a cena. Ma non arrivarono mai.

In quel maledetto parcheggio, arrivò come una furia Coonan e pugnalò numerose volte Johanna, e quando Sophy aveva cercato di difenderla lui, le aveva sparato colpendola per due volte all’addome e lasciandola lì, a morire dissanguata.

Ricordava ancora quell’immenso dolore che aveva provato, e il sangue caldo che le colava ai lati delle gambe. Ma la sola cosa cui riusciva a pensare era che stava morendo, e con lei la vita che portava in grembo, a quel bambino che non sarebbe mai nato. 
La vista si offuscava e vedeva tutto nero, mentre precipitava in un sonno profondo dal quale pensava, non si sarebbe svegliata mai più.

 

 -“Sì.” – rispose sollevando il capo e mostrando tutta la sua rabbia –“Io ero lì quando questo figlio di puttana ha accoltellato la mamma! E… mi ha sparato. “-

Kate era sconvolta. Non solo sua sorella era presente durante l’omicidio della mamma, ma lei stessa ne era rimasta coinvolta.

Ma Beckett ignorava il fatto che la sua sorellina di appena quindici anni al tempo era incinta, e che aveva perso il suo bambino.

-”Sai, - disse Coonan – non ho mai capito perché tu e tua madre vi trovavate in quella clinica. Chi era quella incinta?”- disse divertito, contento di aver ucciso un’altra vita.

-“Incinta? La mamma era incinta?”- chiese Kate con uno sguardo interrogativo, guardando Sophy. Ma Sophy non rispose. Le fece solo un cenno con la testa di lasciar stare, come se avessero chiarito quel punto in un altro momento.

Sophy si avvicinava sempre di più a Coonan:

-“Perché l’hai uccisa?”-

-“Niente di personale. Era solo lavoro!”-

 

Ma Castle in quel momento guardò Kate negli occhi e tutto diventò veloce.

Castle diede una forte craniata al naso di Coonan, riuscendo a liberarsi della sua presa. Coonan aveva ancora la pistola in mano, pronto a fare fuoco contro Castle ma Kate fu più svelta e gli sparò due colpi in pieno petto.

 

Sophy era piena di rabbia, avrebbe voluto ucciderlo lei, avrebbe voluto farlo soffrire, così come aveva sofferto lei nel vedere sua madre e il proprio bambino morire senza poter fare nulla.

E invece Coonan era morto, ucciso proprio da sua sorella.

Continuava a fissare con odio e disgusto quell'uomo che le aveva strappato via una parte di lei, quel corpo inerme, privo di vita, e quegli occhi ormai spenti per sempre.

ciao ragazzi e ragazze!!
ecco il 7 capitolo.. anzi, il 7 micro-capitolo..
ok qui si è scoperto molto sul passato si Sophy, ma
più si va avanti più; si capirà anche
qualcos'altro..
scusate se ho un pò abbandonato la coppia Castle-Beckett, ma per
ora ho dato priorità al "caso"..
come sapete le recensioni sono sempre graditissime, e come sempre
ringrazio tutti i lettori e i recensori di questa fanfiction..
a presto..
kate24

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Capitolo 8
*** The Russian Mafia ***


-“Sophy!”-

Kate, con Ryan ed Esposito velocissimi, gli puntarono contro le pistole.

Ma Sophy si mise in mezzo per paura che gli sparassero:

-“No, no! È Sàsha! È tutto apposto!”-

Sàsha Demidoff era un uomo affascinante, carnagione chiara, occhi azzurri e capelli biondi. Un vero russo.

Aveva il fiatone, era affannato per le quattro rampe di scale che aveva fatto.

Prese Sophy per un braccio e le disse:

-“Sophy, dobbiamo andare via! Aleksandr è qui! È nell’edificio, ti sta cercando!”-

Erano entrambi terrorizzati, preoccupati l’uno di salvare l’altra.

 

Kate era vicino Castle, accertandosi che stesse bene, ma pensò subito che quella preoccupazione andasse oltre il senso del dovere del FBI: Sasha era aveva il terrore scritto in volto, ma non per paura di questo Aleksandr, chiunque fosse, ma terrore di perdere la persona amata, e per lei avrebbe sfidato tutti.

Ma Sophy non provava questo sentimento, e Kate lo leggeva nei suoi occhi. Voleva molto bene a Sasha ma nulla di più.

Sicuramente c’era stato un avvicinamento tra i due, ma per Sophy era più importante la sopravvivenza, e quegli anni in esilio l’avevano resa più fredda, più dura.

 

Sophy, al sentire che quell’uomo era lì e che stava arrivando per lei, la agghiacciò. Doveva scappare di nuovo, ma questa volta non c’era solo lei: c’era anche Kate.

Prese la pistola dalle fredde mani di Coonan, controllò che fosse carica e la infilò tra i pantaloni e la schiena. Guardò Kate come se fosse l’ultima volta.

E tutto accadde in un istante: le porte dell’ascensore si aprirono, c’erano tre uomini armati. 
Uno sparò a Sasha. Non doveva avere una grande mira perché lo colpì alla spalla, ma nella caduta batté la testa e svenne. Sophy s’inchinò su di lui, c’era sangue ovunque.

Ryan, Esposito e Kate puntarono le loro pistole ma il secondo uomo teneva tutti sotto mira. 
Ma ciò che sconvolse di più i detective era che quell’uomo era Holliwell, un uomo con cui avevano collaborato alcune volte. Un conto era sospettare un tradimento, un altro era vederlo con i propri occhi: Holliwell era l’agente corrotto e Sophy aveva avuto ragione.

 

Infine il terzo parlò:

-“приветсука!Недвигайтесьиневашасестраиеедрузьяумирают! поднимитерукиирасскажитесвоимдрузьям, чтобыброситьсвоеоружиевниз!- E rivolgendosi a uno dei suoi uomini –“ проверяет, являетсялионвооружен!” (ciao puttana! Non muoverti o tua sorella e i suoi amichetti muoiono! Di ai tuoi amici di buttare le armi a terra! Controlla se è armata!).
Il primo uomo la perquisì, trovò la pistola e le rivolse un sorriso soddisfatto ma allo stesso tempo disgustoso:

 – “прикасайсякомнеснова, я обрываюсвоюспину и шею!” – disse Sophy (Toccami di nuovo il culo e ti spezzo l’osso del collo!).

Sapeva che Kate aveva capito tutta la conversazione in russo, aveva fatto un semestre a Kiev quindi parlava correttamente russo. Sentiva dietro di lei Ryan che chiedeva cosa diavolo stesse succedendo, ma neppure Beckett ci stava capendo qualcosa. Ordinò comunque ai suoi uomini di abbassare le armi.

 

Aleksandr si mise a ridere. Quella risata la faceva vomitare ma Sophy rimase lì a guardare il suo avversario, sfidandolo come se non avesse paura, e questa volta parlò in lingua comprensibile a tutti:

 -“Ha perfettamente ragione Dimitri. Occhio alle sue mani, quella ragazza è capace di uccidere in meno di un secondo. Si so cosa ti ha fatto diventare l’FBI. Ti hanno addestrata a combattere, ti hanno reso un killer, quasi imbattibile e senza cuore. E questo in Russia può aver anche funzionato.

Ma qui... qui c’è il tuo cuore.. qui c’è tua sorella. Il tuo punto debole. E per quanto tu possa continuare a scappare lontano e a nasconderti, io ti troverò, e ucciderò tutti coloro a cui tieni di più, come ho fatto con la tua cara mammina. Poi passerò a tua sorella, e ti vedrò soffrire fin quando non sarai tu stessa a invocare la morte!

In fondo non siamo poi così diversi. Combattiamo per il nostro obiettivo. E uccidiamo per raggiungerlo!”- le disse compiaciuto guardandola negli occhi.

-“Con una differenza: io ho ucciso solo per difendermi, come quando hai mandato uno dei tuoi uomini e ha cercato simpaticamente di tagliarmi la gola!”-

 

Sophy cercava un modo per distrarlo, doveva pensare a un piano e alla svelta. Ma aveva troppi pensieri in testa, voleva salvare tutti, ma con Sasha fuori gioco era quasi impossibile.

-“Allora, vieni di tua spontanea volontà, o mi costringi a ucciderli?”- disse Aleksandr, soddisfatto di averla in pugno.

Sophy non aveva scelta. Doveva andare con lui. Sapeva che l’avrebbe uccisa, proprio come aveva fatto uccidere sua madre, ma voleva salvare a tutti i costi Kate, e anche Castle con Ryan ed Esposito.

Le venne da sorridere pensando a Ryan. Le piaceva molto. Ripensare al ragazzo che gentilmente si era avvicinato per chiederle se fosse tutto apposto, le creò un crampo allo stomaco e allo stesso tempo una sensazione di calore al cuore. Una sensazione che non provava ormai da tanto tempo. Il tempo. Era quella la chiave.

Non avevano avuto tempo per conoscersi, per ridere insieme, per mangiare un hot-dog o per andare al cinema e infine, non avevano avuto tempo per amarsi. Sophy non aveva tempo. Ormai non c’era più tempo.

 

-“Se vengo con te... ”- disse

-“No!!!”- disse Beckett.

-“Kate! Per favore!!” – non si girò neppure a guardarla. Sapeva che il suo sguardo e le lacrime l’avrebbero tradita. 
Così, chiuse gli occhi, respirò a fondo e continuò: 

-“Se vengo con te, mi dai la tua parola che non li toccherai?”-.

Aleksandr abbozzò un sorriso compiaciuto e fece un cenno di assenso, così Sophy continuò:

-“Voglio almeno salutarla!”-

-“Beh, contando che non vi rivedrete mai più, lo prendo come un ultimo desiderio!”-

Sophy si giro da Kate. Le andò vicino e la abbracciò. In un lampo, Kate non vista, infilò il suo cellulare nella tasca dei pantaloni di Sophy e avvicinandosi di più le disse in un sussurro:

-“Ha il GPS. Ti troverò!”-

-“Vieni qua!!”- 
Holliwell la strappò dalle braccia di Kate, ma lei non si arrese e cercò di riprendersi la sorella, non poteva perderla di nuovo, e stavolta era più pericoloso che mai. L’avrebbe persa per sempre.

Holliwell si accorse che Beckett era di nuovo in piedi e le puntò la pistola.

-“Non costringermi a spararti!”-

Beckett era disarmata e così come Ryan ed Esposito. Non credeva possibile che sarebbe rimasta ferma a guardare.

 

Aleksandr rientrava nell’ascensore con Holliwell che teneva stretta Sophy per un braccio. Prima di entrare si girò verso Dimitri e gli disse:

-“Finiscili!”-

-“NO! NO! Mi avevi dato la tua parola! Figlio di puttana!”- 

Sophy iniziò a dare calci e pugni verso ogni direzione, mentre Holliwell cercava di tenerla ferma, ma un teaser la mise fuori gioco e prima di svenire del tutto e che le porte dell’ascensore si chiudessero, aveva visto Kate scattare verso di lei, uno sparo, e sentì la sua flebile voce chiamare –“Kate”­-.

Dopo di che il buio.

ciao a tutti!!

che dire... anche in questo capitolo ho lasciato Castle e Beckett un pò in disparte, ma mi piaceva di più affrontare il caso di Sophy...
ancora una volta ringrazio tutti quanti, i lettori silenziosi e anche quelli che recensiscono..
come sempre le recensioni sono gradite..
a presto!!
kate24

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Capitolo 9
*** War ***


Sophy si svegliò in piena oscurità, rinchiusa dentro un bagagliaio.

Si chiese cosa fosse successo, e in pochi istanti ricordò tutto, grazie anche agli spiacevoli effetti del teaser.

Non era legata. Come mai Aleksandr aveva commesso un simile errore? Che non fosse un errore? Che Aleksandr prima di ammazzarla e farla finita del tutto volesse giocare ancora? Che volesse farla combattere fino alla fine, fino all’ultimo respiro? Sapeva che Aleksandr era spietato. Adorava giocare col cibo prima di mangiarlo.

 

Portò una mano al collo nel punto in cui il teaser l’aveva colpita e ancora dolorante le venne in mente il cellulare che le aveva dato Kate. Con orrore, cercò la tasca, sapendo bene che Aleksandr l’avrebbe fatta perquisire, ma con sua sorpresa era ancora lì. Non si erano accorti che lei aveva un cellulare.

Lo afferrò velocemente, come se fosse un gioiello prezioso, e lo infilò in una calza e sperò che nessuno si accorgesse di quell’espediente. 
Nonostante avesse sentito quello sparo, non era detto che Kate fosse ferita. Sua sorella era una tosta, lo sapeva bene, ma non poté fare a meno di preoccuparsi e pensare che se le fosse successo qualcosa era colpa sua. 
Preparandosi mentalmente a combattere, a cercare di restare in vita, si tastò la manica destra, confortata che la sua unica arma fosse ancora lì.

 

La macchina si fermò. Sentiva i passi avvicinarsi al bagagliaio. Non erano più di due, quindi sicuramente c’erano Holliwell e Aleksandr.

Il bagagliaio si aprì violentemente, qualcuno la afferrò per i capelli e la trascinò via da lì, buttandola per terra.

Sophy si guardò in torno. Ormai era buio pesto ma capì di essere al Central Park. Un posto ideale per fare fuori una persona –pensò. A quell’ora il parco era frequentato solo da barboni o da spacciatori che speravano di non essere beccati dalla polizia.

 

-“Alzati!”- le ordinò Aleksandr. Voleva mantenere lui il controllo della situazione, perché Sophy avrebbe cercato di vincere a tutti i costi, non si sarebbe arresa tanto facilmente. Sapeva cosa era diventata e sicuramente non era una ragazzina indifesa.

Sophy lo guardava, lo fissava dritto negli occhi, sfidandolo, chiedendosi il perché di tutta questa storia.

-“Uccidila!”- ordinò a Holliwell.

-“Perché?”- chiese lei. 
Holliwell fu completamente spiazzato da quella domanda e non si mosse.

-“Per lo stesso motivo per cui ho fatto uccidere tua madre!”- le rispose gelido Aleksandr.

-“Perché?”- chiese ancora una volta Sophy.

-“Lo sai bene. Tua madre aveva delle informazioni su di me, e non so come ne era venuta in possesso. Collaborava con certi agenti. Non ha parlato, comunque. Beh non che Coonan gliene abbia dato la possibilità. Tu eri con lei quella sera, fatti due conti!”- disse beffardo.

-“Fammi capire bene, tu mi hai reso la vita un inferno, perché quella notte ero insieme a mia madre, per cui hai presupposto che anch’io stessi indagando insieme con lei? Io avevo quindici anni. Che cosa vuoi che m’importasse dei tuoi traffici? Quella notte ero in clinica con mia madre perché ero incinta. E il tuo sicario mi ha portato via il mio bambino! Io non sapevo nulla su quello che stava facendo mia madre!”- le lacrime iniziarono a scendere calde sulle sue guance al ricordo che quella sera non era morta solo sua madre, ma anche il suo bambino.

-“Puttana fin dall’adolescenza!! Beh, ora sai tutto. Perciò devi morire. Uccidila!”-

 

Holliwell si mosse verso di lei con la pistola puntata. Sarebbe bastato un solo colpo per farla fuori, ma per qualche strana ragione lui esitava, come se non avesse più il coraggio di sparare a una ragazza disarmata, come se anche lui si sentisse in colpa per aver ucciso quel bambino e aver dato inizio a tutta quella storia assurda.

Sophy approfittò di quell’indecisione e scattò verso di lui: con una mano gli bloccò la pistola e girandosi gli diede una gomitata sul viso che lo fece arretrare. Prese la pistola e gli diede un calcio all’altezza dello stomaco facendolo cadere in ginocchio.

Gli puntò l’arma dall’altezza della fronte, carica di odio e rancore verso quell’uomo che l’aveva denunciata ai suoi sicari.

-“Mi hai tradito. Meriteresti la morte!”- disse Sophy.

Ma non lo uccise, decise che avrebbe dovuto pagare in un altro modo, ci avrebbe pensato la polizia ad assicurare un poliziotto corrotto alla giustizia.

Così gli diede un forte colpo alla nuca con il calcio della pistola.

Si voltò verso Aleksandr, lui sorrideva sarcastico, quasi contento che Holliwell non fosse riuscito a ucciderla.

-“Bene mi occuperò personalmente di te!”- disse Aleksandr.

-“Non vedo l’ora!”- rispose in rimando Sophy.

-“Niente armi. Un combattimento a mani nude. “-

-“Ci sto!”- e così entrambi posarono le armi per terra.

 

Si fissavano dritti negli occhi, girando intorno, entrambi studiando l’avversario.

Aleksandr fece la prima mossa e si avventò contro Sophy con tutta la forza che aveva. Fu velocissimo e Sophy non ebbe il tempo di reagire, quel pugno sferrato contro il suo stomaco la lasciò senza fiato facendola cadere per terra.

Aleksandr si scagliò su di lei. Una violenta pioggia di calci si abbatté su Sophy. Aleksandr continuava a ripeterle che ormai anche la sua adorata sorella era già morta e che Dimitri si stava sbarazzando del corpo proprio in quel momento.

Sophy non reagiva, restava lì immobile sotto i suoi colpi, disperata al pensiero di Kate morta e il suo corpo scaraventato e lasciato a marcire da qualche parte, senza sapere dove. Se Kate fosse stata bene, sarebbe già accorsa ad aiutarla. Invece di Kate e degli altri agenti non c’era neanche l’ombra.

Sentì un forte dolore alle costole, se avesse continuato così, l’avrebbe uccisa.

Poi pensò: “Neanche Dimitri è arrivato qui, com’è possibile che lui sappia che ha ucciso Kate?”.

 

E fu allora che capì.

Capì che Aleksandr non sapeva dove fosse Dimitri, e in quel momento era solo. Capì che Aleksandr le aveva mentito perché sapeva che Kate era la persona a cui lei teneva di più e se lei fosse morta, anche Sophy avrebbe voluto morire, desiderando la morte anche lei.

 

Sophy reagì ai colpi. Prese tra le mani della terra e gliela lanciò sugli occhi, accecandolo. Lui arretrò di qualche passo e lei si alzò, dolorante alla costola sinistra.

Non riusciva a stare in piedi, la caviglia e la gamba sinistra le facevano male, ma l’unica cosa a cui pensava era di eliminare Aleksandr per sempre e correre in aiuto di Kate. Aveva già perso fin troppo tempo.

Fece scorrere dalla manica destra della sua maglietta il suo pugnale a stiletto e lo fece scattare. Non era stata di parola, ma molto probabilmente anche lui aveva qualche arma nascosta da qualche parte.

Avanzava sempre più veloce verso Aleksandr che cercava in tutti i modi di liberarsi del terriccio dagli occhi. Quando ci riuscì, si spaventò della sua incredibile vicinanza. Lei lo fissò negli occhi con tutto l’odio che possedeva in corpo verso quell’uomo che gli aveva distrutto la vita.

Senza dire niente, gli sorrise, ma era un sorriso cattivo e senza nessun preavviso gli piantò il pugnale nello stomaco, spingendolo fino in fondo nella carne.

Sentiva i suoi respiri affannati, cercando di inalare quanto più ossigeno possibile. Sophy conosceva quella sensazione, c’era passata anche lei, lottare per la vita, per quella vita che le cresceva dentro. Ma non era bastato. Il suo bambino era morto, e con lui anche Sophy. Quel ricordo le bruciava ancora dentro, era scottata e doveva fargliela pagare.

Continuava a spingere più in fondo il pugnale, come se volesse sventrarlo.

Lui le strinse le mani intorno al collo, cercando di soffocarla, ma in quell’istante Kate urlò qualcosa ed entrambi mollarono la presa: lui ancora con il pugnale conficcato nello stomaco e ormai a terra, e lei tossendo e tastandosi il collo nel punto in cui Aleksandr aveva stretto con più forza.

Si allontanò sofferente da lui, sentiva dolore fisico provato per lo sforzo intenso, e dolore dentro di sé per aver ricordato tutti quei momenti di orrore e per tutti quegli anni di solitudine che aveva vissuto di conseguenza.

Ma all’improvviso Aleksandr fece qualcosa che Sophy non si aspettava: si tolse il pugnale dalle sue membra e si avvicinò a Sophy. Lei si accorse di quel movimento e cercò di schivare il colpo, ma non fu abbastanza veloce: Aleksandr l’aveva pugnalata al fianco, cadendo ormai quasi esamine.

 

Si accasciò per terra raggiunta da Kate. Il suo respiro era affannato, aveva corso dalla sorella per salvarla, ma nella sua mente aveva fallito.

Sophy era ferita al fianco e perdeva molto sangue.

-“Kate sei viva!”- disse Sophy pensando più alla sorella che a se stessa.

-“Non ti preoccupare, andrà tutto bene!”- rispose Kate tremante.

Ma Aleksandr non era ancora morto. Impugnò la pistola e la puntò contro le due sorelle:

-“Vi ucciderò entrambe!”- urlò.

 

Ma Kate e Sophy furono entrambe più veloci: Beckett estrasse la pistola e gli sparò in pieno petto colpendolo al cuore e contemporaneamente Sophy gli lanciò il suo pugnale centrandolo in piena gola.

ciao a tutti...

ecco a voi il 9 capitolo..
per scrivere questo capitolo mi sono ispirata a "Stiletto" un film con Stana Katic, che consiglio a che non l'avesse visto perchè ne vale davvero la pena.
ok detto questo, non picchiatemi se in questo capitolo non ho nominato Castle neanche una volta.. ma dai prossimi capitoli vi prometto ci sarà di più il nostro protagonista.
ancora una volta ringrazio tutti quanti, dai lettori silenziosi , ai recensori e solo ieri mi sono accorta che alcuni di voi hanno inserito questa ff nelle preferite o in quelle da seguire..
grazie mille a tutti voi..
a prestissimo con il 10 capitolo..
sbaciotti a tutti
kate24

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Capitolo 10
*** A Terrible Truth ***


Era finita. Tutti quegli anni passati a nascondersi e a scongiurare Dio di non essere mai trovata, erano finiti. Gli anni passati nel terrore che Aleksandr e il suo clan la trovassero o che trovassero Kate, erano finalmente finiti con la morte stessa di Aleksandr.

Kate era sconvolta, in parte perché Sophy aveva centrato la gola di un uomo con un solo colpo, e in parte perché sua sorella era ferita. Si tolse la sciarpa di cotone blu che portava al collo e la premette con forza nel fianco destro di Sophy. C’era sangue ovunque e Kate premeva più forte che poteva sulla ferita.

 

Arrivarono di corsa anche gli altri. Sasha era lì. Lei lo guardò contenta che non fosse stato eliminato, ma l’oscurità la stava avvolgendo rendendola sempre più stanca e debole, e dopo di che perse i sensi.

 

-“Ryan, chiama il 911!”- urlò Kate.

-“Non c’è tempo!”- le rispose Castle, e prendendo Sophy in braccio corse fino alla macchina di Beckett e la adagiò sul sedile posteriore.

-“Resta dietro con lei!”- le ordinò Castle.

Beckett teneva la sorella fra le gambe mentre Castle sfrecciava nel traffico caotico New Yorkese. Accese la sirena, in situazioni normali sarebbe stato felice e contento di guidare, ma in quella situazione non poteva essere felice. Con la sirena spianata, le macchine si spostavano per far loro spazio e lasciare libero il passaggio.

 

Castle vedeva Kate piangere dallo specchietto retrovisore e la sentiva chiedere alla sorella di non abbandonarla, di non lasciarla di nuovo da sola. Al solo sentirla pronunciare quelle parole gli venne una morsa allo stomaco, voleva esserci lui per lei, ma sapeva a cosa si riferiva Beckett. Se avesse perso di nuovo la sorella Kate, si sarebbe rifugiata di nuovo in se stessa chiudendo fuori il mondo, com’era successo alla morte di Johanna.

 

Quando arrivarono in ospedale ormai Sophy aveva perso molto sangue. I medici erano fuori ad aspettarli, allertati da Ryan.

Presero Sophy al volo, portandola subito in sala operatoria, lasciando Beckett e Castle fuori nella sala di attesa.

 

Beckett era in uno stato catatonico, in piedi, immobile a fissare il vuoto davanti a lei, con le mani completamente insanguinate. Sangue di sua sorella. Il suo stesso sangue.

Castle la spinse verso il bagno senza dire nulla. Aprì il rubinetto, e si voltò verso Kate. Aveva il viso rigato dalle lacrime. Le prese le mani. Tremava. Con delicatezza gliele lavò insieme con le sue. Voleva toglierle di dosso tutto quel sangue, che Kate fissava nel lavandino, scorrere via, e voleva che anche il suo immenso dolore scorresse via come l’acqua.

Castle, sempre in silenzio, prese dei fazzoletti e le asciugò le mani e anche quando furono perfettamente asciutte, lui continuò a tenerle nelle sue. Per la prima volta da quando erano arrivati in ospedale, Kate lo guardò per ringraziarlo ma non riuscì a emettere nessun suono. Castle le sorrise e accarezzandole il viso le disse dolcemente:

-“Non sarai più sola. “-

Kate lo guardava negli occhi, in quegli splendidi occhi azzurri in cui spesso si perdeva. 
Voleva abbracciarlo, voleva baciarlo, voleva dirgli quanto lo amasse, ma non ci riuscì. Rimase lì, ferma, senza dire nulla. In quel momento pensava a Sophy.

 

Quando uscirono dal bagno trovarono il capitano, Esposito e Ryan.

-“Hai chiamato tuo padre, Kate?”- le chiese il capitano Montgomery.

Kate, quasi uscendo dalla sua catarsi, gli rispose che Sophy aveva già minacciato di andare via se lei l’avesse chiamato. Non che ora potesse andare da qualche parte, ma Beckett non voleva rischiare. C’erano ancora troppi punti della storia che non le erano chiari, ma l’unica cosa che in quegli istanti le importasse veramente era sapere che sua sorella ce l’avrebbe fatta.

Ryan era visibilmente agitato. In pena quasi quanto Beckett. Esposito se ne accorse ma non fece nessuna battutina, non disse nulla, ma gli poggiò una mano sulla spalla per confortare l’amico.

Furono tre ore di attesa snervante, che in seguito Kate ricorderà come le peggiori della sua vita.

Uscì un dottore dalla sala operatoria informando Beckett che Sophy aveva perso molto sangue, ma che erano riusciti a bloccare l’emorragia nonostante il taglio fosse profondo.

Era viva. Sophy ce l’aveva fatta. Kate chiese di poterla vedere e il dottore l’avvisò che era sotto anestesia e antidolorifici, quindi sicuramente per tutta la notte non si sarebbe svegliata. Consigliò dunque a tutti, di andare a casa e cercare di dormire almeno qualche ora. Ma Kate non sentì ragioni e rimase lì in ospedale accanto alla sorella.

 

Sophy si svegliò la mattina presto. Era avvolta in un lenzuolo bianco. Non capiva esattamente dove si trovasse. Aveva un forte mal di testa. Era ancora stordita per l’operazione, e in meno di un secondo ricordò tutto quanto.

Aveva sete. Cercò sul comodino una bottiglietta d’acqua, e vide la flebo con tanti tubicini attaccati alla mano sinistra. Con la mano destra cercò di toccarli, ma era bloccata. Si girò e vide la testa di Kate appoggiata sul letto addormentata, e con la sua mano sinistra le stringeva la sua. Kate aveva passato la notte lì, aspettando il suo risveglio e alla fine era crollata.

Le accarezzò i capelli e poi la chiamò: -“Kate.”-. 
Ma aveva la gola secca e ciò che riuscì a emettere fu un violento colpo di tosse che le tirò i punti, nel punto in cui i medici l’avevano ricucita.

-“Ehi! Ciao! Come ti senti?”- le sorrise Kate svegliandosi.

-“Non lo so. Uno schifo rende l’idea?”- e le sorrise anche lei.

Si guardarono negli occhi, quegli occhi così simili, era come guardarsi allo specchio. Avevano entrambe gli occhi di Johanna, castani con un po’ di verde a fare da contorno. Ma in quel momento nella stanza c’era molta luce mattutina e gli occhi di entrambe davano più sul verde.

Kate la baciò sulla fronte, un bacio fraterno, felice che la sua sorellina fosse viva e, abbracciandola, le disse all’orecchio: 

- “Ti voglio bene!”-.

Si ricordò del motto di Sophy, non dire mai ti voglio bene. Non sapeva perché non lo dicesse mai, forse l’avrebbe fatta sentire vulnerabile.

Ma Sophy l’ultima volta che aveva pronunciato quelle parole era alla madre prima di morire e aveva giurato a se stessa di non ripeterle mai più.

 

La porta era chiusa, e dalla finestrella si vedeva la testa di un uomo che osservava la scena.

-“Sai, non credo che Castle abbia passato la notte qui per me!”- le disse Sophy maliziosa.

Kate diventò leggermente rossa ma cambiò argomento.

-“Lo sai, il capitano deve farti alcune domande. Ci sono cose che devono essere chiarite!”-.

-“Lo so. Volete sentire cosa è successo veramente! Ma ci sono alcune cose che racconterò solo a te”-.  Kate annuì, capendo che c’era qualcosa che la sorella non era pronta a condividere con tutti, qualcosa di privato a cui il resto della classe non era invitata  a partecipare.

Sophy fece un respiro profondo e cominciò a ricordare e a raccontare:

 

-“Quella sera, la sera in cui la mamma è morta, dovevamo cenare con voi. Io con una scusa sono uscita prima da casa, dovevo... avevo un appuntamento. Dopo la volta che mi avevano arrestato, la mamma iniziò a seguirmi, probabilmente per capire cosa mi passava per la testa, o forse semplicemente per impedirmi di fare qualche altra stupidaggine.

Mi seguì anche quella sera, non lo so come facesse, ma sapeva sempre tutto. Io ero lì sola in quella clinica, e stavo compilando una marea di carte, e non capivo neanche cosa stessi scrivendo. Il mio unico pensiero era di finire in fretta e andare via.  Qualcuno poi mi prese quei fogli dalle mani e, fu allora che vidi la mamma. Aveva intuito tutto da settimane ma non disse niente. Si sedette al mio fianco e mi disse che non ero obbligata a farlo, ma che mi avreste aiutato e che Jim alla fine avrebbe accettato.

Kate non era la mamma incinta, ero io. Ero incinta di nove settimane.”- lo disse con le lacrime agli occhi e Kate le asciugò quelle lacrime, così Sophy continuò:

-“Coraggio diciamocelo: io ero molto ribelle e anche un po’ facile. Ok molto facile.”- sospirò.

-“Ehi! Non ti permetto di parlare così di mia sorella!”- le sorrise Kate.

-“Così mi portò via da quella clinica. Aveva la macchina in quel parcheggio sotterraneo. Mi squillò il telefono e rimasi qualche passo dietro di lei.

E poi come una furia Coonan si avventò su di lei, pugnalandola più e più volte. Io ho cercato di difenderla, ma lui mi ha sparato lasciandomi lì, a morire dissanguata. Non ricordo altro di quella sera, solo che quando mi sono svegliata ero in ospedale, e il medico stava dicendo a Jim che avevo perso il bambino. 
Per me è stato difficile accettare un bambino che non volevo, ed è stato ancora più difficile perderlo.

Il resto della storia lo sai: Jim che diventa un alcolizzato e tu uno sbirro!”-.

Kate ascoltò quella storia, senza chiedere, senza giudicare il fatto che la sua sorellina a quindici anni fosse rimasta incinta.

-“Sì ma perché io non ho saputo niente sul fatto che sei stata sparata?”-

Sophy respirò a fondo ancora una volta. Quella per lei era la parte più dolorosa di tutta la storia.

 –“Jim, qualche giorno dopo aver saputo che ero incinta, mi disse di non scomodarmi a tornare a casa. Mi ha buttato fuori, e non so cos’abbia detto a te, ma io non potevo più tornare a casa. Non ne avevo più una.

In ospedale venne l’FBI e mi disse del programma di protezione testimoni, perché avevo assistito all’omicidio della mamma, e così ho conosciuto Sasha. Lui mi ha protetto dalla mafia russa in questi anni. Quindi Kate, questa è la verità.

Aleksandr prima che tu arrivassi mi ha detto che la mamma aveva scoperto qualcosa su di lui. Evidentemente qualcosa d’illegale, non lo so.

Questo è il grande mistero che circonda l’omicidio della mamma. “-

 

In quel momento la porta si aprì ed entrò Sasha, con il braccio fasciato. 
Sophy lo guardò preoccupata, e lui, come se capisse a cosa stesse pensando le rispose che era solo un graffio. Entrarono tutti. Ma Sophy cercava quel ragazzo dagli occhi azzurri che era stato gentile con lei.
E finalmente con un po’ di timidezza anche Ryan entrò. Lui la fissava, come se dovesse rompersi da un momento all’altro, come una bambola di porcellana. 

Non fece in tempo a chiederle nulla perché il capitano Montgomery, le chiese di raccontare nuovamente cosa fosse successo.

Sophy facendosi coraggio per la seconda volta in poco tempo raccontò ciò che le era successo, di come Sasha l’avesse protetta in quegli anni vivendo in Russia e di come l’FBI e lo stesso Sasha, l’avessero addestrata a combattere, a difendersi, omettendo però alcuni particolari privati della sua vita.

-“Sarò arrestata per aver ucciso Aleksandr?”- domandò Sophy a Montgomery.

-“Per quanto mi riguarda, è stata legittima difesa e non credo che Holliwell o Dimitri avranno da ridire. Sono stati entrambi arrestati e si faranno un lungo soggiorno in carcere.”-

-“A proposito. Come avete fatto a scappare da Dimitri? Io ho sentito uno sparo…”-chiese Sophy.

-“Sì, quando io ho cercato di riprenderti, Dimitri mi ha sparato ma non mi ha colpito. Non ha una grande mira in effetti, ha beccato una vetrata! E poi non si era accorto che nel mentre Esposito era dietro di lui e l’ha bloccato. “- le rispose Beckett.

 

Dopo un po’ quasi tutti andarono via, tranne Kate, Esposito e Ryan. Beckett aveva bisogno di riposare qualche ora e Ryan si offrì volontario per restare con Sophy.

Si sentiva veramente stanca, ripercorrere quei dolorosi passi della sua vita in quei giorni l’avevano stancata mentalmente, così si assopì.

Ryan la osservava dormire quei respiri lenti e profondi, regolari. Pensava a quanto fosse bella, e continuava a osservarla, a osservare quelle labbra rosee. Si avvicinò e le sfiorò le labbra con le sue. Avrebbe voluto che lei si svegliasse e che lo baciasse, ma Sophy era immersa in un sonno profondo.

Uscì dalla stanza, guardò Esposito e con fare serio gli disse:

-“Mi sono innamorato della sorellina di Beckett.”-.

-“Amico... questo l’abbiamo capito tutti!”- gli rispose Esposito sorridente, senza poter fare a meno di prenderlo in giro.

ciao a tutti!!!

bene siamo arrivati al 10 capitolo e ormai tutti i tasselli sono al loro posto! ormai ci siamo quasi..
allora questo capitolo in principio era solo uno ma ho deciso all'ultimo di unirli, quindi i capitoli non saranno più 13 come avevo contato all'inizio.. ;)

come sempre ringrazio davvero tutti quanti,...
e ormai lo sapete: le recensioni sono graditissime!!
al prossimo capitolo..  ;>
kate24

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Capitolo 11
*** Kate's Thoughts ***


Beckett entrò in casa. 

Era distrutta. Distrutta sia a livello fisico sia psicologico. 
Soprattutto psicologico. 

Non aveva voglia di pensare, voleva solo spegnere il cervello e rimanere sola con se stessa.

Attraversò l’ingresso, spogliandosi, sbottonandosi la camicia verde, che lasciò cadere morbida sul pavimento. Si sedette nel divano, giusto il tempo di abbassare la cerniera degli stivali, ma voltandosi e guardando il divano, ripensò a quella sera con Castle.

Si alzò diretta verso il bagno in camera, ma ogni passo le ricordava la notte passata con lui, a come l’aveva sorpresa baciandola in cucina e di come lei l’avesse portato in camera da letto e, di quando nella foga della passione la schiena di Kate aveva sbattuto contro lo stipite della porta. 

Si fermò nella porta della camera e sospirando, chiuse gli occhi. Ogni scena era impressa nella sua memoria, un ricordo caldo, a cui lei non poteva fare a meno di pensare.

Entrò nella doccia. Sperava che il getto d’acqua bollente non le facesse pensare a nulla, o almeno non pensare a Castle.

Pensò a tutta quella storia assurda vissuta con Sophy, e che finalmente era finita. 
L’assassino di Johanna era morto e a ucciderlo era stata lei stessa insieme alla sorella, “così –pensò- la mamma ha avuto giustizia!”. Non poteva credere però che suo padre l’avesse buttata fuori di casa. Certo Sophy, stando al suo racconto aveva quindici anni quando era rimasta incinta, ma Kate non ebbe mai il coraggio di dirle che Jim le aveva detto che era scappata in Europa non sopportando la perdita della mamma. Le aveva detto che aveva assunto un detective privato per riportarla a casa, ma la considerava una causa persa. 

Si era giustificato con: -"Sophy è troppo ribelle. Non resterà mai qui!"- 

E Kate si sentiva terribilmente in colpa per non aver indagato più a fondo, per non aver insistito, per non aver scoperto prima cosa fosse successo a sua sorella, ma aveva semplicemente creduto a suo padre.

Ora Sophy era rientrata nella sua vita, e sicuramente l’avrebbe persa un’altra volta se non fosse stato per la prontezza e il sangue freddo di Castle.

Castle...

Era sempre stato vicino a lei, in ogni momento. Si era preso cura di lei quella notte quando era triste e avvilita, e poi in ospedale quando l’aveva aiutata a lavarsi, troppo sconvolta anche per fare un passo.

Castle.

Continuava a pensare a lui. 

Un pensiero fisso e costante, che la tranquillizzava, la faceva sentire protetta. In tutto quel putiferio, lui le era rimasto accanto, senza nessuna pretesa, senza giudicare. 

Le piaceva pensare a lui, quasi si cullava nel suo pensiero, quel pensiero caldo e confortante. 
Avrebbe voluto che Rick fosse lì da lei, che uscita dalla doccia l’avrebbe abbracciata e coccolata, e lei si sarebbe abbandonata tra quelle braccia forti, facendola sentire ancora una volta amata, ancora una volta desiderata.

 

Quando uscì dalla doccia si avvolse l’asciugamano intorno, andò in camera e vide che sul display del cellulare lampeggiavano due chiamate: erano entrambe di Castle. 
Kate si sedette nel letto, tentata di richiamarlo, ma sapeva che se l’avesse fatto gli avrebbe detto di andare da lei, che sentiva il bisogno di stare con lui, di sentire il suo corpo sul suo. Ma non lo richiamò.

Si sdraiò sul letto. Sentiva ancora il profumo della sua acqua di colonia, proprio come Castle aveva avvertito il suo alla ciliegia quella mattina al suo risveglio. Ma appena appoggiò la testa sul cuscino Kate, si addormentò profondamente, con ancora in mano il telefono.

Quando si risvegliò, erano le sette di sera. 
Infreddolita per aver dormito solo con l’asciugamano, cercò subito di riscaldarsi. Ma aveva molta fretta. Voleva andare in ospedale da Sophy e lì sicuramente avrebbe trovato Castle. 
Aveva riflettuto su tutta quella situazione e aveva preso una decisione. Doveva solo trovare le parole adatte e parlare con lui.

 

Quando arrivò in ospedale, c’era solo Sophy. 

Castle non c’era.

Era delusa, aveva sperato di incontrarlo lì. Doveva assolutamente parlargli.

-“Non è me che speravi di vedere vero?”- le disse Sophy maliziosa. 
Kate la guardò sbalordita e si ricordò dell’impressionante capacità di Sophy di capire ogni situazione al volo, come se leggesse la mente degli altri, o che capisse tutto basandosi sugli sguardi delle persone.

-“Non dire stupidaggini! Sono qui per te!”-

-“Tesoro, sono sempre stata io quella più abile a mentire. Tu non ci sei mai riuscita. La mamma ti beccava sempre! E comunque, è andato via circa un’ora e mezza fa!”-.

-“Chi?” – chiese Beckett facendo finta di non sapere a chi Sophy si riferisse.

-“Dunque, quando sei andata via c’era Ryan, poi è arrivato Esposito ma io ero addormentata quindi di preciso non so bene l’ora. Dopo di che, credo di aver dormito ancora e quando mi sono svegliata, Castle – e sottolineò il suo nome con un’occhiata provocatoria – era qui e mi ha chiesto se avevo bisogno di qualcosa. E ora ho intravisto una testa rossa, ma non so di chi sia. “-

-“Beh può essere Alexis, la figlia di Castle!”-

Kate sperava si trattasse di Alexis perché significava che Castle sarebbe ritornata a prenderla. 
Ma sapeva che non l’avrebbe mai lasciata sola in un ospedale: Castle era un bambino e un incosciente quando si trattava di se stesso, ma quando invece si trattava di Alexis allora diventata un buon padre, un padre adulto e responsabile. Immaginò, dunque, che potesse essere Martha… sicuramente era Martha.

-“No scusa Castle ha una figlia? Comunque non era una ragazzina.“-

-“Sì, già.. “- rispose Kate distrattamente. Stava pensando che doveva assolutamente parlare con Martha.

-“Ti spiace se parlo un attimo con Martha? Devo fare una cosa quindi è probabile che ci rivediamo direttamente domani mattina!”- le disse Kate.

-“Certo Kate. Tranquilla!”- e mentre la abbracciava, le sussurrò all’orecchio: 
-“Corri da lui!”-.

Beckett uscì dalla stanza e vi trovò Martha seduta nella sala di attesa.

-“Martha!” – esclamò – “Grazie per essere rimasta fino al mio arrivo, davvero non c’era bisogno. Io e Sophy non vogliamo essere di peso a nessuno!”-.

-“Sciocchezze! Richard mi ha raccontato tutto quanto, e se posso dare una mano, la do volentieri!”- rispose Martha con il suo solito sorriso gentile.

Ma Kate aveva premura di sapere dove trovare Castle.

-“A proposito, Castle è qui con te, in giro da qualche parte per l’ospedale?”- chiese Kate con un falso disinteresse stampato in faccia.

-“Oh no bambolina! Ha dovuto portare Alexis da una sua amica, starà fuori per tutto il week-end e lo sai com’è Richard quando si tratta di Alexis. Comunque dovrebbe già essere tornato a casa!”- le rispose Martha.

 Kate la ringraziò e fece per incamminarsi ma la donna la trattenne ancora per qualche minuto:

-“Non ti preoccupare per Sophy, quando andrò via io ci sarà Ryan a sostituirmi. Ho un appuntamento con Chet, quindi questa notte avete la casa a vostra completa disposizione!”- 

Martha aveva un sorriso che lasciava intendere molto. 
Kate diventò violentemente rossa e imbarazzata rispose: 

-“Grazie, Martha!”-.

Si girò e uscì dall’ospedale con la sola intenzione di guidare verso l’appartamento di Castle.

ciao ragazzi e ragazze!!

ci siamo davvero quasi.. tra la storia di Sophy, e l'omicidio di Johanna per Beckett è stato tutto molto difficile.. in più ha anche il suo problemino ancora da risolvere con Castle..
questo è un capitolo di rifflessioni per Kate, sia appunto per la sorella sia per Castle...
cosa farà la bella detective? Scapperà di fronte ai suoi sentimenti?

come in ogni capitolo ringrazio di cuore tutti quanti..e ormai lo sapete che ogni recensione è fondamentale per me... ;)
e per sapere cosa deciderà Beckett, dovrete aspettare il prossimo e ultimo capitolo!
a presto..
kate24

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Capitolo 12
*** Don't Leave Me Alone Again... ***


Beckett era bloccata nel traffico paralizzante di New York. Aveva una mezza intenzione di accendere la sirena della sua macchina, ma il suo senso civico glielo impedì.

Finalmente dopo quaranta minuti di traffico arrivò di fronte al palazzo di Castle.

Parcheggiò.

Prima di scendere guardò verso il terzo piano. Le luci erano accese.

Spense la macchina, ma non scese ancora.

Appoggiò la testa sul sedile.

Ripensò a quando lui prima dell’estate era andato via dal distretto con Gina, lasciandola lì, mentre lei era pronta ad aprirsi, a confessare i suoi sentimenti. 
Ripensò a quanto aveva sofferto per tutta l’estate e a quanto tempo aveva impiegato per dimenticarlo buttandosi a capofitto sul lavoro. Quegli anni passati insieme, a come aveva dovuto accettare questa collaborazione forzata per i suoi libri, avevano passato davvero dei bei momenti.

Ripensò a quando gli aveva detto di non toccare il caso di Johanna e lui puntualmente non l’aveva ascoltata. Quella volta aveva rischiato di perderla per sempre. E invece questa volta, nonostante la precedente scottatura, lui le era rimasto accanto.

E ora per Kate, Rick era diventato indispensabile, quasi quanto l’aria. Ma non sapeva che quella sensazione Castle l’avvertiva da molto tempo nei suoi confronti.

 

Scese dalla macchina.

Trovò il portone aperto ed entrò.

Fece le scale. Odiava gli ascensori, e poi avrebbe avuto modo di pensare. Invece lei voleva tenere la mente occupata.

Arrivò di fronte la porta di casa.

Sospirò. 

“Magari è impegnato” pensò.

Si voltò. Fece per andarsene. Ma poi d’istinto si girò nuovamente e suonò il campanello.

Attese, ma non ci fu risposta. 

Suonò per la seconda volta. Ancora nessuna risposta.

Pensò che il suo primo pensiero fosse corretto e che lui fosse davvero impegnato, così si mosse lentamente, sperando che Castle aprisse la porta.

 

-“Beckett?!”- Era Castle, in piedi davanti alla porta. Aveva finalmente aperto.

Beckett si voltò, ma non si aspettava che Castle fosse lì, mezzo nudo con solo un accappatoio addosso e un asciugamano in mano asciugandosi i capelli.

 

Beckett arrossì vedendolo in accappatoio e disse:

-“Se sei occupato, posso tornare un’altra volta... ”-

-“No no... vieni!”-. Castle le prese un braccio e la portò dentro.

 

C’era sempre un’aria accogliente in casa sua. 
Il caminetto era acceso, e alcune luci erano spente, dando quell’atmosfera soffusa, di calore.

-“Ehi, senti, scusa se sono andato via dall’ospedale, ma dovevo accompagnare Alexis da un’amica. Ho provato a chiamarti, ma non hai risposto, così ho pensato che volessi stare da sola, che volessi un po’ di spazio e ho chiesto a mia madre di andare da tua sorella...”- disse Castle, come se volesse scusarsi.

-“Non ti preoccupare Castle. Non c’era assolutamente bisogno che mandassi Martha. Sophy ha dimostrato di cavarsela anche da sola.”-.

-“Figurati. Mia madre era felicissima di conoscere tua sorella. Sicuramente vorrà sapere qualche dettaglio piccante su di te!”- rispose Castle con malizia.

-“Sei solo?”- chiese Beckett a bruciapelo ignorando la battuta di Castle e, anche se sapeva bene la risposta, voleva sentirselo dire da lui.

-“In realtà no. C’è anche Gina!”- disse Castle serio.

 

Beckett si voltò allarmata.

C’era Gina e lui l’aveva fatta entrare? E lei che si era illusa di potergli parlare. Ogni volta che ci provava Gina, spuntava fuori all’improvviso, quasi lo facesse apposta. Appena sentiva che Beckett si avvicinava al “suo Richard”, lei si faceva viva portandoglielo via.

La mente di Kate era affollata da questi pensieri, e non si accorse che Castle le si era avvicinato, preoccupato:

-“Ehi! Stavo.. Era solo uno scherzo! Gina non è qui. Non è qui da molto tempo!”-

 

Beckett lo guardò e gli lanciò una delle sue terrificanti occhiatacce omicide.

-“Ti sei preoccupata, vero?”- continuò Castle non facendo caso alla sua occhiataccia, e diminuendo sempre di più la distanza fra di loro.

-“No, ” -rispose Beckett, cercando di mantenere uno sguardo indifferente -“mi stavo giusto chiedendo come facesse a farti aprire mezzo nudo, e a fare entrare in casa un’altra donna!”-

-“Certo. È questo il motivo per cui sei arrossita! Quindi non ti da fastidio che io esca e veda altre donne?!”-.

La gelosia di Kate era alle stelle. Certo che le dava fastidio se lui avesse visto altre donne. Che domanda era?

Ma non lo ammise di fronte a lui. Si limitò a guardarlo e gli rispose acida:

-“Fai quello che ti senti di fare! Tanto lo fai sempre!!”-.

 

Castle si faceva sempre più vicino e Beckett arretrava a ogni passo. Tutta la sicurezza che aveva fino a quanto era arrivata a casa sua, era svanita.

Quando era vicina a lui ogni certezza, e la durezza del suo carattere che aveva acquisito nel corso degli anni, svaniva via, come se lui, con un leggero soffio le spazzasse via.

Castle le prese le mani.

Beckett non fu abbastanza veloce e riuscì a togliere solo una mano, ma l’altra, lui la stringeva forte nella sua. 
I loro corpi erano sempre più vicini e Kate sentiva il respiro di Castle sul suo collo, e poco dopo anche le sue calde labbra. Adorava quei baci sul suo collo…

Kate si spostò leggermente, voleva parlare con lui ma allo stesso tempo voleva che non smettesse di baciarla.

-“No, Castle... Aspetta, dobbiamo parlare.”-

-“Perché?”- rispose Castle con la sua voce calda e suadente, e continuando a darle dei piccoli baci sul collo.

-“Perché... questa cosa... tra noi... non può funzionare.”

-“Tu dici?”- le rispose Castle mentre iniziava a baciarle l’orecchio per poi continuare sulla guancia.

 

Kate cercò di respingerlo. Poggiò entrambe le mani sul suo petto e nonostante l’accappatoio sentiva i suoi addominali sulle sue mani. Ma non si impegnò abbastanza perché Castle la strinse fra le sue braccia.

Kate era combattuta fra la sua mente e il suo cuore: la mente le diceva di staccarsi da lui, di allontanarsi, di andare via e chiarirgli che fra loro non esisteva nessun “loro”. 
Ma il suo cuore voleva stare lì con lui, tra le sue braccia, sentendosi voluta e amata.

-“You smell like cherries.”- le sussurrò Rick all’orecchio.

 

Per Beckett era troppo. Riuscì a liberarsi di quell’abbraccio, ma nel momento stesso in cui si staccò, provò il forte desiderio di ritornare fra le sue braccia.

Fece due grandi passi mettendo una notevole distanza fra loro due.

-“Sai, quando tua sorella era svenuta in macchina, tu le hai chiesto di non lasciarti di nuovo da sola? Beh, tu non ti rendi conto che non sei sola, che hai delle persone meravigliose intorno che ti vogliono bene.”.

Beckett guardò Castle. Sentiva le lacrime affacciarsi dai suoi occhi, ma le ricacciò dentro con forza.

-“Anche tu, Castle?”-

-“Io non ti lascerò mai sola. “-

-“Mi hai già lasciata sola una volta!”- gli rispose Kate d’impulso, e subito si pentì di aver pronunciato quelle parole. 
Si voltò per non dover incrociare il suo sguardo e si diresse verso il caminetto.

 

Era questo il punto: Castle era andato via con la sua ex-moglie l’estate precedente, lasciandola sola, e Kate ne era rimasta scottata. Avvicinarsi a lui era come stare vicini al fuoco, e lei si era bruciata già una volta.

-“Tu stavi con Demming, non eri sola!”- rispose Castle confuso, ma capendo a quale situazione lei si riferisse.

Beckett non gli disse che quella stessa mattina aveva lasciato Demming per andare con lui negli Hamptons, e quando glielo stava per dire, quando finalmente stava per riuscire a confidarsi, era arrivata Gina, distruggendo ogni suo progetto.

-“E’ proprio questo il punto. Ognuno di noi ha la propria vita da vivere, Castle!”- gli rispose Kate.
Stava cercando di giustificarsi ma non sapeva neanche lei perché e non riusciva neanche a trovare delle giustificazioni valide.

Castle si accorse di questo suo atteggiamento e si avvicinò:

-“Il punto è che io voglio passare la mia vita con te. Tu hai paura di questo. Hai paura di lasciarti andare, di farti amare, perché hai già sofferto e non vuoi soffrire di nuovo. È per questo che ora ti stai tirando indietro. “-

 

Kate smise di fissare il fuoco, e si voltò verso Castle, infuriata perché aveva colpito nel segno. Aveva paura di osare perché era già stata ferita, anche da Castle, anche se non volontariamente. 
Quelle lacrime che aveva respinto prima, non si fecero attendere. Riemersero dai suoi occhi ma stavolta Kate non riuscì a trattenerle, e caddero calde sulle sue guance.

Castle le prese il viso tra le mani, e con i pollici asciugò le lacrime.

Kate non poteva resistere a quel suo tocco, al suo viso dolce e per paura che il suo sguardo la tradisse abbassò gli occhi. Ma lui aspettandosi da lei una reazione così, le sorrise, si avvicinò di più e in un attimo la baciò.

La baciò dolcemente, teneramente, sulle sue labbra morbide e anche Kate si abbandonò a quel tenero bacio.

Non poteva resistere. Amava Richard Castle e qualsiasi cosa la sua mente razionale le dicesse lei non poteva farci nulla: il suo cuore batteva per lui.

Castle la condusse verso il divano e la fece sdraiare. Si adagiò sopra di lei facendo attenzione a non riversarle addosso tutto il suo peso, e continuarono a baciarsi per ore, assaporandosi a vicenda, senza parlare.

Gli unici suoni che si sentivano erano gli schiocchi dei loro baci.

 

Erano lì, nel divano, completamente nudi.

Smisero per un istante di baciarsi, per riprendere fiato, e Castle osservò Kate, lì con lui, nuda.

La sua pelle chiara in contrasto con il colore scuro del divano, i suoi capelli lunghi e sciolti, le sue mani su di lui, le loro gambe intrecciate e i suoi fianchi sui suoi…e i suoi occhi, in quel momento verdi, incantevoli, luminosi, che lo guardavano intensamente come due grandi gemme, come se lei fosse irreale talmente era immensa la sua bellezza.

-“Sei bellissima... ”- le sussurrò Castle all’orecchio.

Non trovava altre parole per descriverla. Era bellissima e lui non poté fare a meno di dirglielo. La adorava. La amava profondamente. Non aveva amato né Gina né Meredith in quel modo. 
Amava solo lei, Kate.

Kate gli sorrise, abbassando gli occhi e arrossendo leggermente, come una bambina a cui viene fatto un complimento. Ma poi riprese a guardarlo negli occhi, fissandolo e lui le chiese sorridendo:

-“Che c’è?”-

-“You make me smile.”-. Glielo disse guardandolo, in quei grandi e splendidi occhi azzurri.

Rick in sua risposta le sorrise felice, la baciò e le rispose:

-“Ti amo, detective. “- la abbracciò e la tenne più stretta che poteva, e Kate dal canto suo gli sussurrò all’orecchio:

-“Ti amo anch’io, scrittore da strapazzo!”-

 

Kate si svegliò tra morbide lenzuola bianche.

Non dovette sforzarsi per ricordare. Ogni singola scena, ogni emozione e sensazione che aveva provato erano impresse nella sua mente. L’unica cosa, non ricordava com’era finita nel letto di Castle. Ma non le importava.

Sentiva due splendide e muscolose braccia che le cingevano la vita, e la stringevano sempre più, quasi avessero paura che lei scappasse via, che si allontanasse un’altra volta.

Ma Kate non andò da nessuna parte.

Si girò e ad attenderla c’era il sorriso magnifico di Richard Castle, il suo Rick.

Kate era davvero felice per la prima volta dopo tanto tempo.

Aveva ritrovato la sorella e finalmente si era sentita libera e pronta di amare ed essere amata da Rick.

Non dissero nulla, si limitarono a guardarsi, a sorridersi, ad accarezzarsi e a baciarsi.

Non c’era bisogno di parlare.

Tutto ciò che avevano da dirsi lo esprimevano i loro occhi colmi di felicità, per quel nuovo amore, per quella nuova vita che avrebbero passato insieme.

ciao a tutti....

oddioooo l'ultimo capitolo...
ok so che è un finale molto alla Walt Disney, ma per una volta visto che inel telefilm bisogna aspettare molto molto tempo, passatemela! XD

detto ciò mi viene quasi da piangere al pensiero che devo flaggare il quadratino completa!! XD

questo capitolo lo dedico a tutti voi, che avete pazientemente seguito questa fanfiction, chi leggendola, chi recensendola.. e a tutti quelli che l'hanno inserita nelle storie da seguire o preferite..
ringrazio tutti voi di cuore...
e ovviamente ringrazio la mia amicona Ilaria che mi ha convinta a pubblicarla, nonostante i miei dubbi...

un abbraccio a tutti voi e
tanti sbaciotttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii....

kate24

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