Amanda di Cuore di Inchiostro (/viewuser.php?uid=119815)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Su di me ***
Capitolo 2: *** Ai margini della realtà: utopia ***
Capitolo 3: *** Quotidianità ***
Capitolo 4: *** Una pallonata in pieno volto ***
Capitolo 5: *** Non è la fine ***
Capitolo 1 *** Su di me ***
Amanda
Neanche quella sera riuscivo a dormire.
La mente è collegata al corpo. Sono
un'unica entità. Non c'è assioma che possa essere paragonato a questo per la sua
veridicità.
Così, quel 2 gennaio mi ritrovavo sotto le coperte. Piangevo
silenziosamente per non svegliare mia sorella. La musica non aiutava a
risollevarmi il morale. Tipico di me e di un pò tutti, suppongo: quando siamo
tristi preferiamo ascoltare canzoni malinconiche. Perchè? Io dico che è
masochismo. Ci piace soffrire, spesso ci infliggiamo del male. Che siano azioni
del nostro subconscio con lo scopo di auto-punirci?
L'adolescenza, una fase
critica.
< E' l'età! >>, esordivano i parenti quando mi vedevano
particolarmente affranta. A quel punto avvertivo una gran rabbia, mi percorreva
e cercava di venire a galla, di uscire allo scoperto. A quel punto cercavo di
trattenere le lacrime e non sempre ci riuscivo.
Generalizzare, idealizzare: non
c'è niente di più sbagliato. Forse non è corretto parlare così categoricamente
ma a me dava fastidio, enormemente. Io non sono un'adolescente, una tipica
adolescente. Io sono Amanda Kent: la ragazza ossessionata dalla lettura, che
quando compra un libro deve assolutamente finire di leggerlo per poi sentirsi
svuotata, la ragazza dalle mille contraddizioni, dai mille difetti, dai mille
complessi, dalle mille paure, la ragazza che si ama, la ragazza che si odia, la
ragazza dalla risata strana, la ragazza permalosa, la ragazza generosa, la
ragazza estroversa, la ragazza introversa, la ragazza pigra, la ragazza con i
mille sbalzi d'umore, la ragazza sarcastica, ironica. E giuro che potrei
continuare all'infinito. Da una parte le mie parole mi facevano sentire molto
adolescente ma non volevo accettare l'idea di esserlo. Io sono, ero, sarò Amanda
Kent. Perchè dovrei identificarmi con un sostantivo o un aggettivo? Niente
avrebbe potuto descrivermi. E non è una frase di chi deve farsi una massiccia
dose di umiltà, è la verità. Non troverò mai una spiegazione, un manuale di
istruzioni che mi guidi alla lettura di me. E' impossibile.
Perchè io sono
Amanda.
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Capitolo 2 *** Ai margini della realtà: utopia ***
Amanda
Ero giunta ad una conclusione.
Volevo fuggire dalla realtà.
Libri, computer, dvd, film, cibo, tv, divano, mp3.
Qualsiasi cosa pur di fuggire dall'universo.
Mi faceva paura.
Ma io non sono così.
Non sono una codarda.
Sapevo benissimo che si trattava di un momento passeggero.
O cercavo di convincermi e rassicurarmi?
Eccole qua.
Le mie domande.
Le mie fantomatiche, stupide domande.
La mia mente ha sempre funzionato in un determinato modo.
Ovunque io andassi, qualunque obiettivo o fine mi prefiggessi, c'erano
sempre i miei dubbi pronti ad affiorare e ad insinuare il peggio.
Come l'angioletto e il diavolo sulle spalle.
Ho sempre avuto un lato negativo e pessimista.
Però vorrei raccontare di un'altra Amanda.
L'Amanda che ride di buon gusto, l'Amanda che con le sue battute argute
e ironiche si guadagna l'amicizia e l'affetto degli altri.
Le due Amande erano da sempre in conflitto e, molto probabilmente, lo saranno per l'eternità!
Ah ah.
L'eternità!
Non esiste concetto più utopico di questa parolina magica.
L'eternità.
L'eternità è una fiaba.
E' la favola a cui i sognatori si ispirano.
E' la storia dei romantici.
Ad ogni modo, le due Amande coesistevano, quasi magicamente, inspiegabilmente.
Una delle due, lascio a voi intendere quale sia, mi chiedeva quanto a
lungo sarei riuscita, saremmo riuscite a rimanere fuori dalla
realtà e dentro al nostro mondo.
Magari per sempre.
Magari per tutta la vita.
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Capitolo 3 *** Quotidianità ***
Amanda
Indolenzita.
Durante le vacanze natalizie, soprattutto negli ultimi giorni,
avevo accentuato la mia propensione al sonno. La media delle mie ore di sonno
era al di sopra delle 10. Il mio organismo ne risentiva. Restavo tutta la
giornata in pigiama. Non avevo più voglia di uscire. E la scuola a breve sarebbe
cominciata. Conoscendomi, sarei stata capace di mantenere il medesimo stile di
vita anche nei giorni scolastici. Però avevo degli obblighi. A me piace
informarmi, studiare. Ma le scadenze, non facevano proprio per me. Sapevo
benissimo che impegnandomi maggiormente, avrei raggiunto risultati eccellenti. E
mi riproponevo sempre di farlo. Ma la mia pigrizia e la mia inerzia avevano la
meglio. Avrei dovuto darmi una mossa.
<< E quindi? >>.
La
professoressa, pur sorridendo, appariva infastidita dalle continue non risposte
dell'interrogata.
Amanda rispondi tu.
<< Perifrastica passiva >>
E
in quel momento la campanella suonò.
<< Amore, ma quanto ti amo! Hai la
mia metà di cuore >>.
Fui infastidita da una voce infantile alquanto
forzata e impostata. Sorrisi, senza girarmi. Sapevo già a chi apparteneva. Si
trattava di Serena che ciarlava con Milena.
A volte mi stupivo di quanto le cose
potessero cambiare. Serena era stata la mia migliore amica, o perlomeno, una delle mie migliori amiche. Il trapassato prossimo dice tutto.
La cosa imparata nell'ultimo periodo era di non dare troppo
peso alle parole e alle promesse che venivano fatte perchè, così come erano
nate, avrebbero potuto materializzarsi.
Buffo, no?
Fui travolta dall'ovvietà dei
miei pensieri ma compresi anche che quando sei dentro ad un rapporto, magari ne
sei pure consapevole, ma continui ad andare avanti e a mentire a te stesso
facendo finta che tutto vada bene. Purtroppo o per fortuna arriva il momento in
cui ci si deve mettere davanti allo specchio e guardare la realtà.
La nostra
realtà.
Mi diressi verso la porta, il dito pronto a premere play e il mio mondo
avrebbe cominciato a ruotare verso l'illusione, verso una realtà più
accettabile.
I'm gonna give all my secrets away cantavano gli One Republic.
Le
labbra accennavano il testo della canzone e la testa accompagnava il ritmo del
brano.
Continuai a percorrere la strada fino ad arrivare alla fermata del
pullman. Mi sedetti accanto ad un ragazzo con qualche problema cutaneo, dopo
avergli chiesto se il posto fosse occupato per qualcun altro.
I shot for the
sky, I'm stuck on the ground so why do I try. I know I'm gonna fall down. I
thought I could fly so why did I drown. I'll never know why it's coming down.
Basta.
Pur essendo un brano meraviglioso, non mi sembrava il caso di continuare
a lamentarmi quindi optai per Viva la vida e risi pensando al tempo minimo che
impiegavo a passare da uno stato d'animo all'altro.
Tutta colpa dell'adolescenza
pensai ironicamente.
Il cellulare vibrò per cui lo prelevai dalla tasca. Era il
mio ragazzo.
Amore quando ci vediamo? Se oggi rimani a casa mi incazzo!
Aggrottai le sopracciglia. Il solito. Era da tempo che pensavo alla nostra
relazione.
Misi in stand-by il cervello.
Risposi che più tardi gli avrei fatto
sapere.
Ma perchè continuavo a complicarmi la vita? Per avere qualcosa da fare?
Avevo un ragazzo, ero una ragazza simpatica, brillante. E qui sorrisi.
Rimproverando bonariamente la mia arroganza. Però non c'è niente di male, a
riconoscere i propri pregi. Di difetti ne avevo, tanti ma mi rendevano quella
che ero. Senza, sarei stata qualcun altro. E prendiamo la vita per quello che è
esordii. Così, scesi dal veicolo e tornai a casa.
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Capitolo 4 *** Una pallonata in pieno volto ***
come una pallonata
Come una pallonata.
In pieno volto.
Le nostre debolezze fanno crollare crudelmente tutte le barriere e le
protezioni che così faticosamente avevamo cercato di costruire.
E una vera pallonata l'ho ricevuta veramente!
Mi è piombata in pieno viso durante l'ora di educazione fisica, giocando a pallavvolo.
Sempre se il termine giocare abbia anche la sfumatura semantica "stare in campo senza nessuna abilità o competenza".
Poco prima stavo sorridendo allegramente dando la possibilità a una mia parte di carattere di esprimersi prepotentemente.
Parlo di quella parte cinica, sarcastica e forse anche un pò falsa.
Non so se fossi pienamente me.
A volte credo di essere un pò esibizionista.
O meglio, non che io lo sia nel senso letterale, ma volevo farmi notare
per certi aspetti che consideravo positivi ma che la vocina magica ben
strutturata nel mio profondo io mi diceva ehi quella non sei pienamente tu, lascia che io mi possa esprimere.
Sono ancora alla ricerca di me o forse io so chi sono ma non voglio che la vera me viva.
Credo di essere influenzata da un sacco di fattori ma nel contempo
c'è la parte di me che fa di tutto per non esserlo e che nega di
essere influenzata.
E fu così che in un attimo il pallone mi piombò addosso facendo volare via i miei odiati occhiali rosa.
Il soggetto dell'azione funesta era il biondino della classe; colui che
si faceva chiamare Zeus visto che di cognome faceva Giove! Senso
dell'umorismo, eh?
Nel preciso momento in cui la palla scaraventò via gli occhiali
udii un impercettibile brusio di voci indistinte che non riuscivo a
riconoscere.
L'attimo dopo mi ritrovai accerchiata dalla classe.
Stavo cercando di fare tutto pur di non piangere!
E' strano, non mi ero fatta granchè male, ma quando si viene
colpiti si ha la sensazione di qualcosa che ti opprime il volto!
Lo avvertivo deformata.
Tutto il resto accadde molto velocemente.
Il compagno dai capelli dorati con cui poco prima stavo discutendo
scherzosamente si ritrovò un bel 5 stampato sulla faccia.
Eh sì, gli avevo dato uno schiaffo, anzi due!
Facendo un passo indietro, c'è da dire che poco prima io e lui,
che ci trovavamo l'uno di fronte all'altro in parti opposte del campo,
ci stavamo "stuzzicando" bonariamente.
Fin quando non fui infastidita dai suoi commenti.
Effettivamente erano davvero stupidi.
Però io credo che viviamo nella nostra bolla, consapevoli dei nostri difetti.
Chi ci conosce meglio di noi stessi?
Ci riproponiamo ogni volta di essere migliori però,
puntualmente, non appena qualcuno fa leva sulle nostre debolezze, che
magari dall'esterno possono apparire insulse, ci trasformiamo e il
nostro lato cosiddetto oscuro emerge in tutta la sua selvaggia e brutale essenza.
Ebbene, lui si era semplicemente espresso sui miei occhiali e sulla maglia che indossavo.
E cosa c'è di più stupido? direbbe qualcuno.
Ma, vedete, gli occhiali e la maglietta sono tutto quello che gli altri vedono.
Sono la nostra apparenza.
Sono tutto quello che milioni di persone osservano senza conoscerci.
Sono quello che noi utilizziamo per far conoscere la nostra persona, persona che neanche noi conosciamo: noi.
La reazione del mio amico mi fece sentire terribilmente cattiva e in difetto, lo ero!
Il volto era paonazzo e riuscì a emettere un goffo sc-scusa st-stavo scherzando pr-pr-ima.
Il mio amico in quel momento mi ha fatto ricordare mio fratello, mio fratello di nove anni.
Ecco, aveva assunto la stessa espressione confusa e imbarazzata di mio fratello nel momento in cui viene severamente rimproverato.
Lo rimproveravo, se così si può dire, perchè volevo fargli rivivere quello che anch'io da bambina avevo vissuto.
Un'infanzia senza dubbio felice ma ero molto silenziosa.
Probabilmente perchè non sapevo ancora come approcciarmi al
mondo e mi rinchiudevo, e tutt'ora lo faccio, in un mondo alternativo,
utopico: quello dei libri e quello che creavo nella mia testa.
Era come se io volessi far rivivere agli altri gli stessi disagi che avevo riscontrato quand'ero piccola.
Alla mia violenta reazione seguì il dissenso della
professoressa, il suo moralismo, senz'altro giusto, cosa che mi costa caro
ammettere ma che non fece altro che farmi sprofondare più
giù.
Adducevo scuse insostenibili, non sapevo dove nascondere la faccia.
La classe mi aveva visto praticamente nuda.
Non che io fossi spogliata, sia chiaro, ma aveva visto la parte di me che cercavo sempre di reprimere.
Ho sempre odiato farmi vedere piangere, mi fa sentire totalmente stupida.
Dopo poco tutto tornò alla normalità, se così si può dire.
Si ricominciò a giocare.
Carlo, il ragazzo che mi aveva colpita batteva ancora e la palla raggiunse nuovamente la mia zona, la raggiunse più volte e io la scansavo puntualmente.
Mi sentivo così stupida e fuori luogo.
E fu in un momento indefinito che gli occhi cominciarono a riempirsi di
lacrime che più cercavo di trattenere e più loro,
prepotenti, cercavano di sgorgare con la stessa impetuosa forza con la
quale cercavo di frenarle.
Proporzionalità inversa si chiamerebbe in algebra, o forse no,
non sono mai stata una cima in questa disciplina d'altronde.
Gli sguardi delle compagne seguirono un è meglio che vai in bagno a sciacquarti la faccia per sbollire la rabbia o qualcosa del genere della professoressa.
Mi diressi immediatamente verso lo spogliatoio dove le mura che mi circondarono crollarono seppellendomi tra le macerie.
E non mi importava nulla degli occhiali rotti o del rimprovero della professoressa per lo schiaffo.
Perchè qualcosa si era rotto in me.
Da un momento all'altro, in qualsiasi momento, le nostre debolezze possono emergere.
Per una pallonata, come una pallonata.
Non avevo dato uno schiaffo, ero stata io a riceverlo e me l'ero dato da sola.
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Capitolo 5 *** Non è la fine ***
non
Non è la fine
Seduta, su una brandina.
Gli uccellini cinguettavano e conferivano all'atmosfera un tono di magia, inserendosi perfettamente nella quiete.
Le folate di vento fresco erano un toccasana.
Era come se fossi abituata a stare tutto il tempo in mezzo al caos
più totale, frastornata, e ora piano piano lasciava spazio alla
quiete, diventando solo un sottofondo che svaniva lentamente e
diventava solo un ricordo.
E dopo questo arriva quel momento in cui la vita ti appare bella, perfetta.
E sorridi di fronte alla tua immagine riflessa.
Seppur consapevole dei difetti ti piaci.
E io in quel momento mi piacevo.
Sarebbe durato poco, lo sapevo.
I momenti così sono effimeri.
Ma quando arrivano, i tuoi progetti, i tuoi sogni ti appaiono
realizzabili, tutto sembra incastonarsi perfettamente e ti sembra di
aver trovato il pezzo mancante del puzzle.
Magari è solo un'illusione e avrei continuato a cercarlo...
Non avrei mai smesso.
Sarei stata sempre stata alla ricerca di me, della vera Amanda Kent.
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