Anima del mare, sospiro del vento.

di michiru_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mare. ***
Capitolo 2: *** Il vento. ***
Capitolo 3: *** Oltre l'orizzonte. ***
Capitolo 4: *** Il silenzio. ***
Capitolo 5: *** L'oscurità..splende? ***
Capitolo 6: *** Elsa Gray ***
Capitolo 7: *** La guerriera dell'abbraccio. ***
Capitolo 8: *** Destinate anime, perduti sogni. ***
Capitolo 9: *** Legami. ***
Capitolo 10: *** Ostacoli. ***
Capitolo 11: *** Paure. ***



Capitolo 1
*** Il mare. ***


Michiru Kaiou, 16 anni compiuti. Graziosa ragazza, dalle movenze eleganti, calma come il mare in una giornata di sole, forte come l’oceano durante una tempesta. Solitaria, un’artista. Michiru non ha tanti amici, tutti le stanno lontano, forse perché è difficile raggiungere il suo cuore, probabile che appaia fredda, distaccata, rinchiusa nel suo mondo. Ma lei non sapeva ancora che la sua grazia, la grazia che portava nel cuore, si sarebbe unita all’unisono con la potente, maestosa forza del vento.
 
Otto marzo. Era una calda giornata di primavera, soleggiata, ma con un forte e tiepido vento. Michiru scese le scale del suo palazzo senza fretta e, subito dopo, aprì il portone di casa sua per dirigersi verso scuola. Il suo sguardo pareva un po’ cupo, pallido come la luna. La notte antecedente, infatti, non aveva dormito bene.

“Ancora questi incubi..che tormento!”

Da alcune settimane la ragazza era perseguitata da oscuri e terribili incubi. Non ci faceva troppo caso,o almeno così credeva lei. Cercava di tenersi impegnata in altro: suonava, dipingeva, nuotava, passeggiava. Quegli incubi le trasmettevano cattivi presagi, sensazioni malvagie. Ciò la preoccupava molto. Da sempre era dotata di un sesto senso impeccabile:  quello che appariva in quegli orribili sogni non era sicuramente qualcosa di meraviglioso.

“Non devo  pensarci. Non voglio. Tra l’altro non me lo posso permettere, gli esami scolastici sono vicini.”

Michiru scosse la testa:  pensarci troppo su non le sarebbe stato di grande aiuto, specialmente se doveva riprendersi dalla nottata passata in bianco.

Incamminandosi verso scuola, affrettò il passo; non voleva arrivare in ritardo. Cercò comunque ,nel camminare, di andare ad un passo moderato: odiava apparire scomposta e scompigliata, le dava un senso di inadeguatezza. 

Mentre si dirigeva verso l’istituto osservava l’ambiente che la circondava, per distrarsi. Alla sua sinistra vide un parco pieno di alberi e fiori. A destra invece, notò un blocco di macchine imbottigliate nel traffico già di prima mattina. Intorno a lei dominavano grandi insegne, tutte con scritte e fantasie diverse, alcune grosse e luminose, altre più piccole e meno ingombranti. Le piaceva la città dove abitava: nonostante si fosse trasferita da poco si era già affezionata a quel luogo, aveva un qualcosa di magico.

Senza accorgersi del tempo che passava, raggiunse la scuola.  Capii che qualcosa era diverso dal solito.
La solita quiete scolastica, in quel giorno, fu infatti turbata dall’arrivo di una nuova studentessa. Michiru notò all’istante che una persona nuova avrebbe frequentato l’istituto, l’aria era diversa e le ragazzine di tutte le classi parevano entusiaste.

Davanti all’istituto, dove le studentesse erano solite trovarsi prima di entrarvi, si sentiva vociferare su questa nuova arrivata. A quanto pare, tutte erano ben informate sul suo conto.
Attraversando il cortile della scuola, Michiru udì alcune ragazzine parlare.

Shh, si dice in giro che questa ragazza sia molto bella.”  

“A me hanno detto che è un’appassionata di corsa!”

“Voci esterne mi hanno riferito che guida una moto..oh, che ragazza strana!”

Come non poteva Michiru captare tutti quei pettegolezzi? Era impossibile. In realtà odiava i pettegolezzi, su di lei ne giravano fin troppi, ma quando questi riguardano qualcun altro..beh, le voci si fanno sempre più interessanti.

“Quante chiacchere, mai una volta che quelle là se ne stiano in silenzio. Mi dispiace per la ragazza nuova, sarà tenuta d’occhio da tutte: nonostante ciò, mi piacerebbe sapere che tipo di persona è. Essendo già popolare nemmeno arrivata, avrà sicuramente qualcosa d’interessante.”.

Pensando a come sarebbe stata la nuova arrivata, cercando d’immaginarsela, Michiru entrò a scuola per occupare il suo posto preferito e arrivare prima di tutti, in modo che potesse restare sola per un po’: la solitudine era la sua migliore amica e di certo stare sola non le dispiaceva.

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Capitolo 2
*** Il vento. ***


Haruka Teno’h, con questo nome era conosciuta la bella ragazza androgina dai corti capelli biondi. Forte e indipendente, coraggiosa e determinata, velocista e pilota.

“Per me questo è il primo giorno di scuola, in un nuovo ambiente, in mezzo ad altre persone. Sono ansiosa, ma non ho paura..ma...no, non ho paura.”

Haruka desiderava essere come il vento. Lo voleva superare, per lei era una sfida. Amava la velocità più di ogni altra cosa: le donava una sensazione di libertà e potenza allo stesso tempo. Riusciva ad ascoltare il vento e, di certo, non era cosa da tutti. E quel giorno, il vento era tiepido ma forte. Caldo e potente. Sentiva che il primo giorno sarebbe andato bene, tuttavia intuiva anche che qualcosa in lei stava cambiando. Non sapeva ancora bene cos’era quella strana sensazione. Forse, un messaggio del destino?

Preparatasi in fretta, Haruka prese le chiavi della moto, chiuse la porta di casa e s’avviò verso la vettura a due ruote. Quanto le piaceva guidare! Si mise il casco, accese i motori e partì. Doveva raggiungere presto il suo nuovo istituto, non poteva arrivare in ritardo, non il primo giorno di scuola.

Mentre guidava, pensava a come si sarebbe trovata in mezzo a nuova gente. Sperava ci fosse un club d’atletica a cui iscriversi. Avrebbe tanto desiderato trovarsi bene in quella nuova scuola, farsi degli amici, essere una ragazza normale. Nella scuola dove andava prima non era vista di buon occhio: si era fatta una pessima reputazione dovuta ad un misterioso incidente, avvenuto per strada con la sua moto. Sperava che, in un nuovo ambiente, si sarebbe trovata meglio.

In men che non si dica raggiunse l’istituto. Tutte le ragazze che in quel momento si trovavano nel cortile ad attendere che la campanella suonasse per avviare l’inzio delle lezioni, si girarono a guardarla.

Tutti i pettegolezzi della mattina stessa si rivelarono veri: notarono che Haruka era una bella ragazza, che guidava una moto, com’era già stato supposto. Ma le ragazze parevano un po’ deluse, non era la persona che s’aspettavano d’incontrare.

 “Ma siete sicure sia una ragazza?”chiese una studentessa al suo gruppo di amiche.
“Shhhhh, zitta zitta che sta passando di qua!”  risposero loro, azzittendola.

Con passo svelto e sicuro, senza guardare in faccia nessuno, Haruka raggiunse le porte dell’istituto; prima di entrare si voltò a guardare il cortile e prese l’ultimo respiro di aria fresca e pulita. Entrata nella scuola, si avviò in segreteria per chiedere informazioni sulla classe a cui era stata assegnata.
La segretaria le disse che era in terza sezione B, corridoio infondo a sinistra, vicino all’aula di disegno.

Dirigendosi verso la sua classe, si guardò intorno. Notò che la scuola era ben strutturata: sembrava quasi moderna, con grandi e ampie finestre, muri colorati a seconda del piano, aveva un’aria un po’ severa ma al contempo, quel luogo, le donava tranquillità. Affacciandosi ad una vetrata vide pure un circuito d’atletica:
“Evvai! Fortunatamente posso correre, sapevo che potevo impegnarmi in un’attività in qualche modo!”
La corsa era un’altra delle sue passioni. Credeva che correndo più forte di tutti e impegnandosi, sarebbe riuscita a sfuggire al suo destino. Era imbattibile, nessuno l’avrebbe mai potuta fermare. Nessuno.

Accorgendosi di essersi distratta, si avviò nuovamente verso la sua nuova classe e, in poco tempo, la raggiunse.

“Infondo a sinistra..ecco, credo che l’aula sia questa!”

Entrata nella stanza, ancora vuota, Haruka appoggiò la cartella sull’ultimo banco vicino alla finestra e si sedette. Da quella postazione riusciva a sentire il vento che le soffiava dolcemente sul viso e immergersi totalmente nei suoi pensieri, in piena libertà. 

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Capitolo 3
*** Oltre l'orizzonte. ***


Alle 8.05 la campanella suonò e segnò l’inzio delle lezioni. Ogni studentessa si diresse verso la propria classe: alcune apparivano svogliate, altre piene di vita e pronte a studiare.

 Sia per Haruka che per Michiru la giornata passò velocemente, in maniera tranquilla: la prima tentò di abituarsi alla nuova scuola, al nuovo ambiente, cercò di conoscerlo e di farsi un’idea di ciò che le circondava. La seconda, come al solito, stette tranquilla e seduta al suo posto, proferendo parola solo se interpellata. Attendeva che il giorno scolastico finisse, in modo tale che potesse andarsene a casa e fuggire da quella gente, che tanto non capiva.

Alla soglia delle due di pomeriggio le lezioni finirono. Michiru prese la sua valigetta e con calma si avviò verso casa. Non aveva fretta. Quella poi era una splendida giornata: il sole, tiepido, splendeva brillantemente e iniziava ad essere, giorno per giorno, sempre più caldo. La primavera si stava avvicinando: con i suoi profumi e i suoi colori iniziava pian piano a rallegrare le persone, a dipingere il mondo con tutti i suoi fiori.

Quell’atmosfera permise a Michiru di abbandonarsi totalmente ai suoi pensieri. Alzò gli occhi al cielo e cercò di sentire il vento che le accarezzava i capelli: quel giorno una dolce brezza dominava sovrana. Iniziò a riflettere sulla giornata appena trascorsa. Si accorse che non era riuscita ad incontrare la nuova studentessa. Un po’ le dispiaceva, sicuramente doveva essere una persona interessante, dato che tutti parlavano di lei a scuola. Sembrava essere già conosciuta da tutti, tranne che da lei. L’indomani sperava d‘ incrociarla per i corridoi o nel giardino della scuola, le sarebbe piaciuto presentarle l’istituto, come aveva fatto, infondo, con tutte le studentesse appena trasferite.

Tutto ad un tratto i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da un potente rombo di moto.  Michiru si spaventò non poco, odiava chi la prendeva di sorpresa, specialmente in un momento di assoluta tranquillità. Si voltò per vedere chi ci fosse alla guida del veicolo. Al volante c’era una ragazza.

Michiru rimase stupita: non aveva mai visto una donna guidare una moto, un veicolo tanto pericoloso e veloce. Era un fatto a dir poco insolito. Rimase quasi affascinata da quella figura, le pareva artistica, un controsenso, un misto di femminilità e mascolinità: se avesse conosciuto quella ragazza le avrebbe sicuramente chiesto di posare per lei, per un quadro. Tra l’altro sembrava avesse un fisico perfetto, longilineo e ben proporzionato.
Cercò di fissare in viso la ragazza, voleva vedere chi si nascondeva dietro a quel corpo . Le risultava difficile, dato che si nascondeva dietro un casco ben adatto a proteggere la testa. Tuttavia riuscì a vedere i suoi occhi.

Erano bellissimi. Blu. Blu come il cielo notturno. Limpidi come l’orizzonte in una giornata serena, circondati da alcuni ciuffi di capelli dorati, del colore del sole.
Eppure, nonostante Michiru non conoscesse quella ragazza, si ricordò di averla incontrata da qualche parte:  guardandola provava una strana sensazione, quasi come se si sentisse in dovere d’aiutarla.

Quello sguardo..quella persona..

Michiru la riconobbe l’istante dopo. La conosceva bene.  Soprattutto, riconobbe i suoi occhi. Gli occhi di un’immagine a cui lei non era ancora riuscita a dar vita, ma che le appariva costantemente in mente. Era la ragazza che ogni sera la tormentava, che appariva nei suoi sogni oscuri, che la pregava di scongiurare insieme a lei la fine del mondo. Era la persona che le stava accanto e le teneva la mano quando la notte calava sulla città e i freddi raggi della luna illuminavano il nero paesaggio delle tenebre.
Michiru si bloccò in mezzo alla strada. Era confusa e intimorita da quella presenza, spaventata. Con lo sguardo seguì la moto che, in lontananza, s’avviava verso l’orizzonte azzurro, veloce come il vento.

All’improvviso, un urlo rimbombò nel suo cuore: era il mare che gridava. Michiru intuì che era in tempesta, stava mutando, cominciava ad essere irrequieto ed agitato. E Il cielo, che si posava leggero sopra la grande distesa marina, appariva sempre più plumbeo e oscuro.

Michiru lo percepiva, stava comunicando col mare. Qualcosa stava per accadere. Ne era assolutamente certa.

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Capitolo 4
*** Il silenzio. ***


“Ehi ragazzina, cosa ci fai lì, ferma e immobile? Devo venirti a spostare io?”

Un camionista, con voce potente, urlò verso Michiru che era rimasta ferma in mezzo ai pedoni, bloccando il traffico. Non era da lei essere così sbadata e poco attenta al mondo circostante: tuttavia ciò che aveva visto l’aveva pietrificata totalmente, tanto che era rimasta sospesa tra i suoi pensieri, nel vuoto.

“M-mi scusi! Mi tolgo subito, mi spiace averla fatta innervosire!”

Scattando si tolse dalla strada e,  senza pensare, iniziò a correre verso casa più in fretta che poteva. In quel preciso istante non le importava apparire scomposta e disordinata: sentiva solo il bisogno di far chiarezza con se stessa, dare una risposta a quegli incubi insistenti, delucidarsi su ciò che aveva appena visto. E più di ogni altra cosa, desiderava fortemente conoscere quella ragazza.

Michiru era spaventata. Lo si notava dal viso, dai suoi occhi: non brillavano più di purezza. Erano diversi, parevano cupi, spaventati, intimoriti. E soprattutto, lucidi.
Finalmente, raggiunse il portone di casa. Salì frettolosamente le scale e aprì la porta d’ingresso: ancora tremante, entrò e pose la valigetta scolastica su una sedia. Dopo di che  accese il fuoco per prepararsi una tazza di thè caldo, ai frutti di bosco, il suo preferito.

Lasciando in infusione il thè, si sedette davanti alla finestra e cominciò a guardare fuori. Michiru abitava nei piani alti di un’ elegante palazzina: quando guardava fuori, da quell’altezza, le sembrava di volare, di essere in un altro mondo, un’altra città.

Fortunatamente Michiru viveva da sola, senza i suoi genitori: pensò che qualsiasi bravo padre o madre si sarebbe preoccupato alla vista di una figlia così spaventata. Ma forse i suoi genitori più che preoccuparsi l’avrebbero presa per pazza: non tutte le persone si sentono legate ai propri sogni, anzi la maggior parte della gente eviterebbe di pensarci su..ma lei sapeva, era certa che quegli incubi volessero comunicarle qualcosa.  Focalizzò i suoi pensieri verso essi:

“Mi trovavo sola, su una roccia, circondata dal mare, che appariva scontroso e agitato. Il cielo era nero, cupo, neanche si riuscivano a distinguere le nuvole, nemmeno la luce della luna riusciva a penetrare tra le oscure ombre. Una ventata improvvisa mi fece rabbrividire. Voltandomi, cercando di capire dove mai mi trovassi, riuscii a scorgere l’immagine di una guerriera. Quella strana ragazza, vestita di abiti scuri, mi disse che noi, io e lei, eravamo le prescelte per salvare il mondo dal Silenzio. Aggiunse anche che per riuscire a sconfiggere “il Silenzio” dovevamo trovare alcuni oggetti, che lei ha chiamato Talismani e il Santo Graal: successivamente richiamare al mondo la Suprema Essenza. Poi, tutto ad un tratto,quella ragazza  si volatilizzava e un maremoto colpiva la me stessa del sogno. Io sparivo nel nulla.
E’ questo l’incubo che mi tormenta ogni notte”.

Michiru non riusciva a capire cosa mai le volesse riferire quel sogno. Cosa poteva dirle? Non sapeva neanche di che stesse parlando quella ragazza! Parlava di talismani, della suprema essenza..ma cos’erano? Michiru desiderava delle risposte. Era sempre stata una ragazza normale, come tutte: le piaceva la musica, suonare, nuotare, dipingere, disegnare..e anche lo studio non le dispiaceva. Cosa poteva mai aver fatto per meritarsi questo? Chi era lei?
Prese la tazza di thè e tranquillamente la bevve, cercando di calmare i suoi pensieri e le sue ansie. Appoggiò sul tavolo la tazza, si alzò cautamente dalla sedia. Dopo di che, si diresse vero camera sua: prese due pennelli e un cd musicale.

Michiru sentiva un qualcosa, una strana sensazione. Sembrava le sussurrasse ciò che doveva fare, che le dicesse di raffigurare ciò che vedeva nel sogno, di rappresentarlo come lo vedeva lei.

Accese la musica è iniziò a dare sfogo alla sua creatività. 

Dipinse su una tela un enorme cielo nero, privo di stelle e di luci, ma colmo di ombre; raffigurò il mare, come una grande distesa blu, una distesa scura che rifletteva quell’orizzonte plumbeo. Ritrasse le onde che, agitate, sbattevano violentemente contro alcune rocce, come se volessero colmare l’odio e la paura che tenevano dentro loro. Infine, disegnò l’animo del maremoto: un terremoto acquatico che s’inalzava potente, maestoso, pronto a distruggere tutto ciò che stava intorno ad esso. E per terminare l’opera, Michiru dipinse un soffio di vento. Un vento che pareva gelido e possente, proprio come lo erano le onde che sbattevano sugli scogli.

Era la fine del mondo, il calare del silenzio. Michiru li aveva rappresentava perfettamente. Perfettamente.

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Capitolo 5
*** L'oscurità..splende? ***


Haruka si stava allontanando velocemente, verso l’orizzonte, oltre il cielo azzurro. Guidava la moto come pochi sapevano fare: era svelta e leggiadra, allo stesso tempo, veloce e leggera come l’aria.

Non si era resa conto di aver incrociato per la prima volta il suo destino, anche se per un solo istante. Lo aveva incontrato, gli aveva rivolto il suo primo sguardo.

 Ma non era riuscita a percepirlo.

Per lei era stata una giornata stancante: trovarsi in un nuovo ambiente assieme a persone sconosciute non era da tutti i giorni, doveva trovare il tempo per abituarsi. Tuttavia quel cambiamento le aveva fatto bene: si sentiva come rinata, in armonia con se stessa. Tra l’altro nessuno poteva giudicarla un soggetto negativo, nessuno la conosceva ancora alla perfezione.

Era contenta, quasi felice di aver cambiato scuola.

Arrivata a casa, stanca, Haruka si buttò sul letto: aveva bisogno di una lunga dormita, di riposo.  Chiuse gli occhi e si lasciò alle spalle la realtà, abbandonandosi  ai suoi dolci sogni.
O forse, tanto dolci, non lo erano.
Una visione.

Nero. Dove si trovava Haruka?

Forza. Cos’era quel sentimento che le bruciava dentro?

Vento. Perché sembrava che volesse parlare con lei?

Un posto apparentemente tranquillo, cupo, nero e rosso, dominava i sogni di Haruka. Il vento soffiava in direzione del mare: era caldo, secco, potente. Stava preannunciando l’arrivo di una tempesta. Tutto sembrava oscurarsi, ogni secondo, ogni minuto che passava.

Finchè le tenebre non divennero sovrane.

Una figura. Un volto umano; una graziosa ragazza dagli occhi blu stava fissando Haruka. Quella misteriosa sagoma, apparsa all’improvviso, non lasciava trasparire nulla dal suo sguardo: si riusciva a percepire solo una grande determinazione nelle sue parole.

“Ascoltami…” disse quella ragazza “ aiutami a scongiurare la fine del mondo! Il nostro scopo è trovare i talismani e il Santo Graal! Risvegliare la suprema essenza! Solo insieme possiamo riuscirci. Aiutami..so che tu percepisci i messaggi del vento, so che sei tu una delle prescelte!”

Appena terminato di parlare, la graziosa ragazza sparì nel nulla e, in quel preciso istante, il vento, potente, divenne padrone di quell’insolito luogo. Tutto, compresa Haruka, fu spazzato via: non rimase più nulla. Nessuna anima viva. Solo il vuoto. E il Silenzio.

Incubi.

 Haruka si svegliò di colpo. Le otto di sera: aveva dormito più del dovuto. Era accaldata e sudata, non si sentiva tanto bene: il sogno l’aveva impaurita inconsciamente.

“Di nuovo..credevo di essermi liberata di quell’incubo. Invece è ritornato, più terribile che mai.”

Haruka, come la stessa Michiru, era perseguitata da incubi di paura e distruzione. Era riuscita a sfuggirgli, per un po’ di tempo: riusciva a non pensarci tenendosi sempre impegnata e, piuttosto che non far nulla e tenere la mente libera, scappava dalla realtà con la sua moto, volando via come il vento.

Non capiva cosa volessero significare quei terribili sogni: ma era certa di non essere lei quella che doveva scongiurare la fine del mondo,  essere una paladina non la entusiasmava. Tra l’altro, era sempre stata una normalissima ragazza: perché doveva essere proprio lei la prescelta?

Decise di andarsi a fare una doccia e, successivamente, di uscire per comprarsi qualcosa per la cena. Benché non avesse molta fame, doveva pur tenersi in piene forze: l’indomani sarebbe stato un nuovo giorno, non  poteva permettersi di rimanere debole.

Riuscì a far tutto molto velocemente: si fece la doccia, uscì, e, nel giro di due orette massimo aveva già fatto ciò che si era prefissata, compreso il prepararsi per la mattina successiva.
Erano le 22.30: tardi. Domani si sarebbe dovuta svegliare alle 6.00 per andare a scuola e, sentendosi stanca, decise nuovamente di andare a dormire, sperando che questa volta la sua mente riuscisse ad addormentarsi insieme a lei, senza giocarle brutti scherzi. Haruka tirò le tende e si rifugiò nel letto.

Prima di addormentarsi, le prese una stretta allo stomaco. Non le venne di certo perché aveva mangiato troppo: le saltarono in mente quegli incubi. Si chiese chi mai fosse quella misteriosa ragazza che le appariva in sogno. Sentiva di averla già incontrata da qualche parte, forse in un passato non troppo lontano. E se fossero state accomunate dallo stesso destino?

“Smetterla, devo smetterla” si disse fra sé e sé”Io non credo al destino. So bene qual è il mio compito: trovarmi bene in quella scuola e condurre una vita normale, più serena possibile. Anzi..domani andrò direttamente ad iscrivermi al club di atletica leggera: un po’ d’impegno non potrà farmi male.”

Con questi pensieri, evitando di ricadere nelle fauci delle tenebre, Haruka chiuse gli occhi e si addormentò.

La notte era ancora lunga, le ore di buio tante. La luna, piena , splendeva raggiante illuminando la città col suo potente bagliore.

Luce: la luce che portava un po’ di coraggio nei cuori di Haruka e Michiru.

Il raggio della speranza.

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Capitolo 6
*** Elsa Gray ***


Nuova giornata, nuovi incontri: un altro capitolo da aggiungere alle vite di Haruka e Michiru.

Erano le 8 del mattino. Il sole splendeva già alto, ma il cielo era uggioso. La sfera luminosa tentava di scaldare quella fredda giornata di primavera. Le nuvole tuttavia, non promettevano nulla di buono: c’era aria di pioggia.

Quel giorno la scuola aveva qualcosa di tetro: era buia, umida. Rispecchiava perfettamente il grigiore della mattinata.

Michiru arrivò come al solito puntuale alle soglie dell’istituto; ad aspettarla davanti all’ingresso quel giorno c’era Elsa Gray. Improvvisamente si sentì un tuono; un istante dopo cominciò a piovere.  Michiru affrettò il passo e attraversò il cortile della scuola, raggiungendo Elsa.

Elsa era un’amica di Michiru. Ragazza molto carina, dai tratti particolari, faceva parte del club di atletica, specializzata in corsa ad ostacoli: nessuno era mai riuscita a batterla. Si allenava con costanza ogni giorno. Amava la corsa, era la sua vita. Diventare una brava atleta, famosa e riconosciuta, era diventato il suo grande sogno.
Le due iniziarono a chiacchierare.

“Buongiorno Elsa! Che tempaccio stamattina..non ci voleva proprio!”

“Buondì a te Michiru. Ti do ragione: oggi la pioggia non mi permetterà di allenarmi! Che tristezza..”

Michiru le sorrise, cercando di rassicurarla: conosceva bene l’amica e sapeva che la perdita di un allenamento comportava per lei un grosso dispiacere.

“Non preoccuparti Elsa! Domani ti rifarai..fra pochi giorni c’è la gara, no? Un po’ di riposo non ti farà male..almeno puoi dedicarti un po’ ai libri, cara ragazza studiosa!”

Elsa lanciò un'occhiataccia a Michiru.

Ah Michiru, Michiru! Sempre sarcastica eh? Lo sai che la scuola non è il mio forte..potresti darmi una mano, invece di prendermi in giro!”

La giovane atleta era un po’ permalosetta: ogni qualvolta Elsa faceva notare il suo dispiacere per un mancato allenamento, Michiru per controbattere e punzecchiarla le rispondeva con battutine sullo studio.

Elsa non era brillante a scuola, è vero: tuttavia possedeva un modo di fare e di pensare tutto suo, che le permetteva di prendere voti discreti in alcune materie, senza dover dedicare ore ai libri.

“Hai ragione, Elsa! Prendi esempio da me!” disse scherzosamente Michiru.

Le due si guardarono per un attimo: poi scoppiarono a ridere.

 Con una parola qua e una risata là arrivarono in classe. Le lezioni cominciarono presto ed Elsa e Michiru si sedettero ai proprio posti.

La pioggia batteva violentemente sulle finestre, un temporale era in corso. Michiru trascorse le prime tre ore di lezione a fissare quelle goccioline d’acqua che cadevano dal cielo senza tregua, senza mai fermarsi.

Si ricordò che Elsa le aveva accennato che la nuova studentessa, di cui si parlava tanto nei corridoi, avrebbe partecipato alla gara di corsa ad ostacoli che si sarebbe svolta durante il festival sportivo.

“e  se fosse lei la ragazza dell’incubo? Infondo la velocità è una qualità che una guerriera dovrebbe avere..”

Tutto ad un tratto, Michiru smise per un attimo di pensare.

“….che stupida. mi sono lasciata coinvolgere troppo da questa storia. Molto probabilmente è tutto frutto della mia fantasia; forse sono solo stanca. Andrò a vedere quella gara solo per mia curiosità. Devo smetterla di farmi troppe domande.”

Con grande sorpresa di tutti gli studenti della scuola, la ragazza uscì da scuola prima del solito, con la scusa di sentirsi poco bene. Tornata a casa, si preparò e se ne andò in piscina, lontano da tutto e da tutti.

La piscina era l’unico luogo dove Michiru poteva estraniare i suoi pensieri. Adorava l’acqua: nuotare le donava serenità, tranquillità, la faceva sentire protetta, abbracciata. L’acqua la purificava e la rendeva libera da ogni piccola oppressione..sì, adorava proprio quella limpida e trasparente distesa cristallina.

Si tuffò e iniziò a nuotare. Si muoveva nell’acqua nello stesso modo in cui una ballerina danzava sulle punte; aveva movimenti leggiadri e fluidi, ma al contempo rapidi e veloci.  

Tutto ad un tratto..una voce. Una voce calda, dal timbro rassicurante, melodico, assillò l’animo di Michiru.

“Svegliati, guerriera dell’abbraccio”
…..
“Svegliati, guerriera dell’abbraccio e del mare profondo”.

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Capitolo 7
*** La guerriera dell'abbraccio. ***


“Svegliati, guerriera dell’abbraccio e del mare profondo”

Una voce silenziosa gridava, un pensiero costante tormentava Michiru. La ragazza era straniata da quella presenza.

Tutto ad un tratto, i vetri si frantumarono, un tuono rumoreggiò, un lampo abbagliò le acque della piscina. Un demone: una creatura malvagia, uno spirito maligno. Cosa voleva da lei uno spirito tanto rude e crudele? Chi era? Perché si trovava lì?

Un susseguirsi di domande fiondarono nella testa di Michiru.

Incomprensione, confusione, paura. Ma dopo..

Un oggetto magico: una penna, forse.

“Risvegliati, principessa di Nettuno!”

Una scelta: buttarsi e ascoltare una qualsiasi voce proveniente dal nulla o fuggire dal proprio destino e da quel demone, tentando di salvare la vita?

Istinto, impulsività. Michiru scelse la prima opzione; e una marea di ricordi ritornarono nel suo cuore.

“Principessa di Nettuno, guerriera dell’abbraccio. Col potere del mare profondo, tu sei Sailor Neptune. Vivevi in solitudine, sul tuo pianeta natale; ma una nuova minaccia incombe sulla Terra, la Principessa Serenity è di nuovo in pericolo. Proteggere colei che regna sulla Luna, questo è il compito di una combattente”.

Coraggio, grazia, determinazione: "Neptune Planet Power, Make Up!"

La potenza del mare soggiunse, un abbraccio avvolse Michiru. Eccola trasformata: divisa verde acqua con accenni color blu sui fiocchi. Una graziosa ragazza trasformata in una bellissima guerriera.

Tutto questo avvenne in pochi secondi. Neanche il tempo di riflettere, nemmeno un minuto per controllare la situazione. Tutto andava in controcorrente.

Michiru si guardò le mani, si accarezzò il viso, toccò i suoi vestiti. Si era trasformata per davvero.

La creatura demoniaca l’attaccò con violenza; schivò un colpo,evitò il secondo. Come poteva attaccare quel demone? La voce, un sussurro. La forza dei maremoti, il mare aperto che si scaglia contro  il nemico.

“Deep Submerge!”

Una maestosa onda si gettò violentemente sulla malvagia creatura, facendola sparire e lasciando rimanere di quell’essere crudele solo un ricordo. Il ricordo del primo essere affrontato.

E con questo maremoto, con l’ultima frase pronunciata, tutto finì. Terminò la vecchia vita; iniziò una nuova battaglia.

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Capitolo 8
*** Destinate anime, perduti sogni. ***


“è..è tutto finito?”

Nessuna risposta, nessuna voce.

“Ehi tu, almeno ora rispondimi. Mi sono fidata di te e mi sono ritrovata in questa situazione, con questi vestiti e nuovi ricordi, ancora ofuscati però..vorrei delle risposte, per favore! Tu sai cos’è il Santo Graal? Io..io non capisco più nulla”

Michiru parlava al vuoto. Nessuna risposta, nessun suono. Neanche una parola. Forse era stato un sogno? Tutto questo se l’era solo immaginato? No, impossibile. Eppure..eppure sì, ora si ricordava del suo regno. Sapeva di essere la principessa di Nettuno, pianeta del mare profondo. Ma qual’era la nuova minaccia che incombeva sul pianeta Terra? Perché affidare a lei la ricerca dei talismani? Come poteva trovarli?

Ancora troppe domande, nuovamente nessuna risposta. Non immaginava neanche cosa comportasse essere una combattente. Doveva rinunciare a tutti i suoi sogni?
No, questo non lo voleva. Non avrebbe mai abbandonato il suo sogno di diventare una violinista famosa e riconosciuta da tutto il mondo; non bramava di certo quel corpo da guerriera che ogni notte la perseguitava con oscuri incubi. Tuttavia, il momento di accettare il suo dovere era arrivato.

Michiru uscì dalla piscina con sguardo freddo, distaccato, chiuso. Non riusciva a sorridere, a provare nessuna emozione positiva: il destino e la paura di esso avevano preso il sopravvento su di lei. Una lacrima scese sul suo dolce volto. Ora nessuno poteva veramente comprenderla e starle accanto, nessuno sarebbe riuscito a capire cosa mai potesse distruggere il suo cuore.

Mentre camminava per tornare a casa, i passanti non si erano neppure accorti del suo stato d’animo. Tutti troppo superficiali per cogliere la paura negli occhi, troppo frettolosi per soffermarsi e chiedere un semplice “tutto bene” ad uno spirito devastato.

Dopo un paio d’ore, ecco la pallida luna che risaltava fra il blu cielo. Michiru, tornata a casa, la guardava con animo distorto. Un semplice satellite era stato in grado di provocarle la rinascita di nuovi ricordi: il Silver Millenium, la Principessa. E ancora, il suo pianeta, Nettuno e la solitudine con la quale lo governava.
Il suono delle onde non le dava tregua; il mare urlava, si agitava, era irrequieto. Era lo specchio dell’anima, che batteva all’unisono col cuore di Michiru, rispecchiava i suoi sentimenti. Quel particolare giorno, era in tempesta. I nemici avrebbero attaccato ancora.

Ora, la guerriera dell’abbraccio, attendeva un solo giorno: il festival sportivo. Quella ragazza, quegli occhi blu e i suoi biondi capelli. Un incontro destinato, il fato le aveva permesso di riconoscere quella persona, la ragazza dei suoi incubi. Forse in lei poteva trovare un’alleata, un’amica, un altro cuore simile al suo. In quel momento desiderava solo comprensione, voglia di gridare, desiderio di farsi sentire e di comunicare a qualcuno il suo grande segreto.

Il tempo delle oscurità passò e la mattina si fece avanti; un nuovo giorno. Non più un giorno come tanti altri, quella trasformation pen la richiamava, tanto da costringere Michiru a portarsela dietro a scuola. Come ogni dì, la lezione passò. Fu un tranquillo pomeriggio.

Ma, giorno dopo giorno, nuovi nemici si fecero avanti. Se la giornata prima era tranquilla, quella dopo era distruttiva; ma pian piano il potere del mare profondo diveniva più potente. E la stessa Michiru acquisiva determinazione nel suo obiettivo, trovava la forza di rialzarsi ogni giorno, a fatica forse, ma doveva vivere per non abbandonare i suoi sogni e non tradire la sua anima, la sua ormai fragile anima di artista che pian piano faceva spazio a quel corpo da guerriera, che tanto la intimoriva, ma con il quale ormai riusciva a convivere.

Il festival sportivo si faceva ogni giorno più vicino; passavano le ore scolastiche e i preparativi si facevano sempre più vivaci. Per la sera di quel giorno Michiru fu invitata a tenere un concerto di violino su una nave da crociera. Sperava di poter invitare la ragazza dagli occhi blu, per poterle parlare della loro missione..era fermamente convinta di aver qualcosa a che fare con lei.
 
Così, come per Michiru passavano le giornate, altrettanto trascorsero per Haruka. La giovane ragazza dai capelli biondi si era ormai abituata al nuovo ambiente: a scuola si era fatta una certa fama, alcune studentesse desideravano addirittura fare un giro in moto con lei, ad alta velocità. Eppure Haruka preferiva non farsi amiche quelle ragazze, che lei definiva “false”. Preferiva restare uno spirito libero e sfrecciare col suo veicolo in solitudine, sfuggendo al vento.

Ma quegli incubi la continuavano a tormentare, ogni notte, al calare delle tenebre, i cupi sogni invadevano la sua mente. Non aveva in mente ormai più nulla, se non la ragazza che le parlava dei talismani e del Santo Graal. Ma dentro di sé non sentiva l’animo da combattente, non riusciva a concepire il fatto di quelle continue persecuzioni.

L’alta velocità era il suo primo interesse e con ogni mezzo cercava di coltivarlo.

Suprema Essenza era la parola d’ordine per Haruka e Michiru. Ormai ritrovarla era il loro scopo, la loro missione. Principessa Serenity era diventato un codice, da tenere sempre a mente;  proteggere e custodire colei che regnava sul Silver Millenium era il loro dovere.

“Stupidaggini” pensava Haruka, stupidaggini. Ma non sapeva ancora che il destino l’aveva ormai superata da tempo e l’aspettava all’arrivo, non era cosciente del fatto che stava andando incontro alla sua sorte.

Il festival sportivo della scuola arrivò; meno un giorno. Un solo giorno e due cuori si sarebbero incontrati sulla stessa strada. Un solo giorno e una dolce brezza marina avrebbe fatto compagnia a un triste mare.

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Capitolo 9
*** Legami. ***


 A volte il destino è orribile,  fa avvenire le peggiori premonizioni. Per colpa sua, spesso,  ci sentiamo chiusi in trappola, soffocati, incatenati e l’unico atteggiamento che teniamo di fronte ad esso è un comportamento arrendevole, remissivo.  
Tuttavia nessuno sa cosa il fato ci riserva, nessuno conosce le motivazioni per cui agisce; l’unica cosa che possiamo permetterci di fare è avere fiducia in lui e sperare che, un giorno, riesca a sorprenderci.
 

Sei del mattino; era una fresca mattinata di maggio, il sole splendeva già alto e riscaldava tiepidamente le strade della città. Nessuno si era ancora svegliato per andare al lavoro, nemmeno uno studente correva ancora per le vie, disperato, cercando di arrivare puntuale a scuola.

Un cellulare azzurro squillò.

“Pronto, Michiru?” esclamò una voce entusiasta e vivace.

“Elsa! Ciao! Dimmi tutto”

“Ascoltami, questa mattina non ci sarò davanti alle porte della scuola perché vado un po’ ad allenarmi, sai, oggi è il gran giorno! Non voglio perdere nemmeno un minuto di questo festival, non vedo l’ora che inizi! Quindi non aspettarmi, ok? A proposito … dove sei? Sento delle interferenze!”

“Sono..sono a casa, il rumore che senti è quello della doccia.” Mentì.

 “Ci sentiamo dopo, va bene? Ricordati quel che ti ho detto a proposito di quella ragazza, per favore! Buon allenamento, ciao!” riattaccò velocemente.

Le onde sbattevano impetuose sugli scogli, il maestoso mare preannunciava tempesta. Michiru trascorse tutta la nottata ad ascoltare l’infinita distesa marina, alzando ogni tanto gli occhi alle stelle e rivolgendo lo sguardo tormentato alla luna. Tenebre oscure invasero l’orizzonte: nuvole nere ricoprirono il cielo stellato mentre il vento, con tutta la sua potenza, cercava di scacciare quella cupa atmosfera. Eppure tutto fu futile, il mare, la mattina stessa, non dava segno di miglioramento. Non voleva calmarsi.

Preoccupata, Michiru dovette abbandonare la spiaggia per recarsi a casa e successivamente, a scuola. La tensione l’accompagnò tutta la notte, sperava che nel corso della giornata potesse andare tutto per il meglio.

Tuttavia, la sorte non si accontentò solo di fare da spettatrice; e agì.

Come Elsa Gray, anche Haruka decise di allenarsi quella mattina, in attesa della gara; prese le chiavi della macchina, accese i motori e partì.

Quando affermiamo che tutto non avviene per caso non è del tutto sbagliato. Effettivamente penso che le coincidenze non esistano: il signor Destino quando vuole si da alla pazza gioia, facendo sopraggiungere strani incontri.

Un incontro incidentale, inaspettato da entrambe accadde in quella nervosa mattinata di maggio; prima di dare il via al festival, prima ancora di poter avere un approccio diretto, s’incontrarono nuovamente. Una rossa Ferrari correva veloce sulle strade ancora deserte parallelamente alla riva del mare, dove una ragazza dai capelli verde acqua salutava tristemente l’agitato mare.

Uno scontro, un susseguirsi di sguardi, ambigui sguardi. Senza parole, senza suoni, solo profondi occhi che s’incrociavano, solo espressioni che sembravano comunicare fra loro. A differenza del primo incontro, Haruka si accorse di Michiru, che la fissava intimidita e le accennava un sorriso, un sorriso che nascondeva le sue paure, la sua temporanea fragilità.

E come quella volta, Michiru osservò Haruka che si allontanava nuovamente da lei; sentimenti diversi nacquero nell’animo della guerriera dell’abbraccio.  Ora non sarebbe più voluta fuggire da quella ragazza dai capelli dorati, le sarebbe piaciuto inseguirla, fermarla, presentarsi e magari chiederle un passaggio a casa.

Tuttavia quelle erano ancora illusioni , futili speranze: Haruka non era ancora a conoscenza dell’esistenza di Michiru, non sapeva che presto la sua vita sarebbe stata travolta da un’impetuosa, maestosa ma bellissima onda, non poteva immaginare che il vento  sarebbe divenuto parte integrante di lei.
 


Ore 8:00, il festival ebbe inizio. Coriandoli, palloncini e striscioni colorati dipingevano l’istituto. Le gare iniziarono presto, quella della corsa ad ostacoli si sarebbe tenuta esattamente un'ora dopo. Quella competizione era la più attesa dagli studenti, non solo perché gareggiava Elsa Gray, la futura atleta, ma erano curiosi di vedere come la rinomata Haruka se la sarebbe cavata dato che sino ad ora non era stata mai battuta da nessuno. 

Improvvisamente, due pensieri, esteriormente diversi, raggiunsero la mente del signor Destino: pensieri che racchiudevano lo stesso timore, le stesse paure.

 “Niente incubi. Me ne devo dimenticare.” disse il vento, determinato e tenace.
Dove sarà Lei?” chiese il mare, apparentemente esile e delicato, ma  irremovibile sul suo obiettivo.

Accettazione della realtà, solitudine. Queste erano le incertezze maggiori di due cuori puri, così diversi ma allo stesso tempo inconsciamente legati, uniti. E quell’onda travolgente si stava già innalzando dalla profonda distesa marina; stava creando un vortice pieno di sentimenti ed emozioni, un tornado pieno di speranza e fiducia capace di abbattere la più oscura paura, in grado di sconfiggere la morte stessa. E accadde quel che accadde: in lontananza, senza che nessuna delle due sapesse nulla, l’eleganza e la raffinatezza del mare si unì con la potenza e l’imponenza del vento.

Fu così che nacque un nuovo legame. Una connessione ormai destinata ad esistere e a durare oltre l'eternità.

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Capitolo 10
*** Ostacoli. ***


Le tribune erano colme di studenti, le atlete già posizionate sulla linea di partenza. Un solo sparo e si sarebbe avviata la gara di corsa ad ostacoli. Mancavano cinque minuti all’inizio della competizione. Solo cinque minuti.

Michiru si sedette in prima fila, più vicina possibile alle scale d’uscita; dopo la gara avrebbe raggiunto immediatamente Elsa Gray, nella speranza di riuscire a incontrare la biondina. La tensione salì, così come l’agitazione: la voglia di scappare e fregarsene di tutto permaneva, tuttavia sapeva di dover resistere e farsi coraggio.

Bum; uno sparo. Senza che nessuno se ne accorgesse, le atlete iniziarono a percorrere i loro 110 metri ad ostacoli. Erano tutte ben preparate, certo. Ma come ci si poteva aspettare, Elsa Gray ed Haruka Tenou furono le uniche a distinguersi dalla massa: si poteva individuare in loro la voglia di vincere, di gareggiare, di entrare in competizione. Per entrambe la vittoria era diventata una sfida, una battaglia: sicuramente i loro obiettivi erano diversi, tuttavia una forte determinazione emerse sia da una che dall’altra.

Qualche minuto prima dello sparo ad Haruka tornò in mente l’oscuro incubo. Prese velocità. Era per dimenticarsi di quel sogno che gareggiava; sfuggire al destino, al fato che la rincorreva e la superava ogni volta. Questo era divenuto il suo scopo principale.
Senza scrupoli, sorpassò Elsa Gray: uno, due, tre ostacoli. Li saltò tutti perfettamente, non ne sfiorò nessuno. Si era imposta di raggiungere il suo obiettivo, il traguardo. La giovane promessa dell’atletica, Elsa, rimase basita dal sorpasso, non se lo sarebbe mai aspettato: non avrebbe mai potuto immaginare che una ragazza potesse correre veloce quanto il vento. Non ci avrebbe mai creduto se non l’avesse visto con i suoi stessi vispi occhi.

Prima.

Haruka tagliò la linea di arrivo; in successione arrivò Elsa, a seguito tutte le altre partecipanti. A dirla tutta Elsa prese male la sconfitta. Odiava arrivare seconda, lo giudicava da perdenti. Era consapevole di non averci messo tutta sé stessa nella gara. Qualcosa l’aveva bloccata.

“Complimenti per la vittoria, Tenou. Non pensavo corressi così veloce. Mi hai battuta, i miei complimenti.”

Haruka si voltò verso la ragazzina e la guardò confusa, con atteggiamento a tratti presuntuoso e pieno di sé. La biondina non appariva stanca e tantomeno affaticata.

“Non ci è voluto tanto. Il mio obiettivo era vincere.”

La giovane atleta rimase scossa dalle parole pronunciate da Haruka: una risposta così colma di presunzione non se l’aspettava. Le era persino passata la voglia di farle conoscere Michiru, che in quegli attimi attendeva ansiosa dietro la colonna, vicino agli spogliatoi, nell’attesa che la stessa Elsa la chiamasse. Ma ormai non poteva far più nulla; contro ogni sua volontà, fece avvicinare la giovane artista.

“Vorrei presentarti una persona: si chiama Michiru Kaiou, è una violinista con del talento. Ama molto dipingere ed è sicuramente una ragazza in gamba. Forza Michiru, avanti!”

Con un piccolo ed elegante passo, Michiru si trovò faccia a faccia con quella ragazza che tanto temeva ma al contempo adorava. Si sentì per un momento quasi tranquillizzata dalla sua presenza. Infondo era l’unica persona col suo stesso identico destino. La sola su un milione.

All’improvviso un’aspra e tiepida brezza accarezzò i capelli delle due ragazze; Michiru si voltò e guardò nostalgicamente il cielo. Rivolse lo sguardo ad Haruka: le accennò un sorriso pieno di terribili presentimenti. L’aria non profumava di quiete e calma, tutt’altro. Preannunciava tempesta.

“Scommetto che anche tu percepisci i messaggi che ti porta il vento.”

La biondina spalancò gli occhi.

“Come, scusa?”

Le parole di Michiru colpirono il punto debole di Haruka. No, l’artista non voleva spaventare la velocista. Fu il mare a suggerirle la frase; non c’era tempo per le presentazioni. Approcciato un discorso, le sarebbe bastato trovare un escamotage per parlarle in completa tranquillità.
Le fu impossibile non notare la bellezza di Haruka; i suoi occhi blu, così profondi, desiderosi di libertà si confondevano con quelle dorate ciocche che le cascavano sul volto. Il blu rifletteva il dorato, così come il sole si specchiava nell’oceano durante il tramonto. Michiru rimase affascinata da quella particolare figura, che pareva quasi incantata.

“Ascoltami..vorrei che posassi per me per un quadro! Sai, ti giudico un soggetto interessante. Esprimi voglia di libertà, hai un’aria fuggitiva..ci terrei davvero.”

Persona interessante, aria fuggitiva. Era la prima volta che una persona giudicava Haruka con questi aggettivi. E per la seconda volta l’artista aveva centrato il segno. La biondina rimase nuovamente scioccata da quelle parole: come poteva una persona mai vista prima conoscerla così bene, come diamine faceva? Sembrava sapesse di lei da molto tempo. Come se l’avesse studiata. Il vento..perché Michiru sapeva che le era affine? Dubbi, preoccupazioni, domande a cui Haruka non riuscì a dare risposta sul momento.

Poi, ci rifletté su; sentiva di aver già sentito la sua dolce presenza da qualche parte. Michiru, la sua elegenza, la sua voce e il modo in cui parlava le era familiare. Quello sguardo così puro, angelico, afflitto. E, tutto ad un tratto, un’immagine le si focalizzò nella mente. La riconobbe. Era lei! Lei? Oh no, quella ragazza, la stessa del sogno. Era lei, Haruka ne era sicura, non poteva sbagliarsi.

Oh no, non poteva accettarlo. Quell’incubo era solo frutto della sua immaginazione. Doveva sbagliarsi. Cosa voleva da lei? Cosa ci faceva qui? No, quella guerriera che tendeva la mano e le supplicava aiuto non esiste. Non era la realtà: sono solo fantasie. Si, solo fantasie.

“Per favore..gradirei una risposta.”

Con voce tremante ma insistente Michiru si rivolse ad Haruka. Sperava in una risposta affermativa. Haruka doveva dire solo un sì; un solo stupido monosillabo, un sì composto da due lettere. Era strettamente importante, assolutamente necessario.

La biondina abbassò lo sguardo: non avrebbe di certo accettato una simile e folle proposta da una sconosciuta. Posare per lei..no, così non avrebbe attaccato di certo bottone. Tutt’al più, chissà quali stupidi argomenti voleva proporle. Parlare della fine del mondo? Era questo il scopo? Figurarsi. Come già si ripeté mille e altre volte, non sarebbe toccato a lei scongiurarla. Neanche per sogno!

“No, mi dispiace. Non sono poi un soggetto così interessante.”

Alle sue fredde e distaccate parole Michiru s’incupì. Negazione. Non se lo aspettava. Si era fin troppo illusa, aveva disperso i suoi pensieri in uno stupido “sì”. Una lieve e malinconica fitta s’impiantò nel suo cuore; la prima delle tante. Il primo ostacolo della corsa Michiru non l’aveva superato. Si sentiva lontana dal traguardo: l’arriva le parve infinito.
Tuttavia, per una sola sconfitta non si sarebbe lasciata abbattere. Almeno, non così facilmente. Desiderava ardentemente far riconoscere ad Haruka il suo destino. Il LORO destino. Questo era il suo intento: voleva una compagna con cui parlare della sua stessa missione,una persona con la quale non avere segreti. Desiderava aprire il suo animo a qualcuno.
Era egoistico come pensiero, lo sapeva bene. Ma non poteva rinunciarvi.

Aspettò che Haruka alzasse lo sguardo: ancora una volta cercò di trattenere le urla del suo cuore. Michiru capii che non era tempo di disperarsi. Al contrario ora come non mai avrebbe dovuto tirare fuori tutto quel coraggio che fino a poco tempo fa nemmeno credeva di avere.
Buttare giù quel muro ibernato di paura. Doveva riuscirci ad ogni costo.

“Per tutta la settimana, ogni sera, terrò un concerto su una nave da crociera. Ho capito che per qualche strana ragione non ti va di parlare con me. Ma se mai ci ripensassi, sei la benvenuta.”

Lo aveva detto. Sì, le aveva fatto una nuova proposta. Ora non le restava che sperare. Avere fiducia ancora una volta. Una sola volta.

“Ci penserò”. 

Ci avrebbe pensato su. 

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Capitolo 11
*** Paure. ***


Le tenebre calarono, il cielo si oscurò. Grigie nuvole incupirono quella mezza luna che fiocamente illuminava l’immenso orizzonte.

Una piccola nave da crociera sostava sulle acque del mare. In mezzo al porto pareva come un unico puntino composto da tante colorate luci: ispirava gioia e allegria. Davanti all’ingresso della nave una via vai costante ravvivava quell’ambigua e impenetrabile notte: bambini, giovani, anziani parevano divertirsi durante l’inaugurazione dell’imbarcazione.

Dolci note provenienti da un violino si potevano udire in lontananza: una ragazza dal malinconico sguardo suonava quella sera. Portava  incanto e magia in quella strana festa. Tutti gli spettatori del concerto rimanevano stupefatti ascoltando ogni singola composizione. Quelle melodie riuscivano a colpire gli animi delle persone, facendole perdere in un altro mondo, in una dimensione distorta dal sapore di magia.

“La ragazza che suona il violino si chiama Michiru Kaiou..”

Sussurrò una ragazza, rimasta affascinata dalle note della musicista.

 “Dicesi non abbia molti amici, forse è un po’ sola. Strano, è una ragazza così dolcemente nobile!”

Michiru sentì quelle parole e alzò gli occhi. Guardò il pubblico.
Già, lei era sola. Sola, affascinata da un destino già esistente, da una figura che la rifiutava. Scostò gli occhi dal pubblico e li richiuse. Lei non c’era ancora. O non sarebbe proprio venuta. Ma la speranza era grande: non avrebbe accettato un altro fallimento, non avrebbe rinunciato a vederla ancora una volta.

Una bionda ragazza dall’aspetto androgino entrò sulla nave da crociera. Stringeva fortemente il biglietto fra le mani, pareva ci tenesse particolarmente, come se qualcuno volesse sottrarglielo. Avanzò e si diresse verso l’aula del concerto.

Al suo passare, gran parte delle persone rimasero ammaliate dalla sua persona, con speciale riguardo le ragazze: Haruka era davvero un soggetto attraente. Tuttavia, con molta probabilità, nessuna di quella gente avrebbe colto il reale fascino della biondina. Emanava una certa classe, nonostante risultasse parecchio mascolina.

Cautamente, seguendo la musica, arrivò davanti al salone. Pose la mano sulle tende rosse e in lontananza, senza farsi vedere, osservò Michiru. Una soave anima come la sua, una fanciulla, dallo spirito quasi angelico, costretta a lottare per la fine del mondo. Quasi non credeva che fosse lei a dover affrontare tutto ciò. Lottare per quella missione: ridicolo. Potrebbe essere stata una sua sola fantasia. O forse, un solo modo per avvicinarla. Quel brutale sogno spaventava ancora Haruka: le venne il cuore in gola. Ancora non sapeva perché si trovasse lì, non concepiva come fosse arrivata a tanto, come fosse riuscita a farsi trascinare dalle parole di una ragazzina. Eppure, questi erano i fatti: nascosta da sole tende rosse, la biondina assaporava le dolci note di una piccola musicista, in attesa di rivolgerle la parola.

Haruka decise di entrare nella sala da concerti: si sedette.
Michiru, come se avesse percepito la sua presenza, aprì momentaneamente gli occhi. La vide.
Non poté fare salti di gioia e dimostrare il sollievo della sua presenza. Tuttavia, da quando arrivò Haruka, la musica cambiò totalmente la sua essenza. Le  note erano le stesse. La musicista era quella di prima: ma l’atmosfera pareva più allegra, incandescente. Meno distorta e più tranquilla. Quieta.

Dopo una mezz’oretta circa, Michiru pose il violino. Il concerto terminò presto, altri artisti si sarebbero esibiti quella stessa sera.
Uscì dal retro e si accostò a fianco ad un suo quadro. Esattamente, vicino ad una sua opera d’arte: decise di esporre quel quadro nel momento in cui consegnò quell’invito ad Haruka. Era l’opera che rappresentava l’immagine di Silenzio e Distruzione che la stessa Michiru si creò prima di diventare una guerriera: la sua idea della fine del mondo non cambiò poi molto da quei dì.

“Il destino ci ha fatte incontrare di nuovo. Non sei contenta, Tenou Haruka?”

Senza che Michiru se ne accorgesse, la biondina si trovò di fronte a lei, faccia a faccia. Ma questa volta era diverso. L’incontro non era più fuggitivo. Erano lì, sole. Il mare e il vento. Nessuno avrebbe potuto disturbarle. Nessuno avrebbe interferito nei loro discorsi.

“Che bel quadro! Molto suggestivo. L’hai dipinto tu, per caso?”

“Non mi pare sia la risposta alla domanda che ti ho posto. In ogni caso sì, l’ho dipinto io. Ti piace?”

“Di certo non è un soggetto per un animo delicato come il tuo! Dimmi un po’, si tratta della fine del mondo non è vero? Voi artisti avete delle strane fantasie.”

“Ma non sono solo fantasie. Questa è una visione che appare molto chiaramente e so che disturba anche i tuoi sogni. Mi sbaglio, forse?”
 
L’aria cominciò a farsi tesa. Entrambe avrebbero preferito scappare, piuttosto che restare lì, a discutere, a litigare. Ma nessuna delle due distolse lo sguardo dal viso dell’altra. Nessuna tentò di fuggire.
 
“Che inutili sciocchezze! Io non sono chi tu credi. E non vedo il motivo per il quale tu mi debba disturbare con le tue inutili fantasie.”

“Ripeto, Tenou: non sono solo fantasie. Fattene una ragione.”

“Non voglio avere nulla a che fare con te. Hai capito?”

A quelle parole, gli occhi di Michiru divennero vuoti. La voglia di piangere era diventata ormai irrefrenabile: ma non si sarebbe dimostrata debole di fronte alle urla di una testarda e incosciente ragazzina, non si sarebbe permessa di scoppiare davanti a chi non accettava il suo destino.

“Non credevo fossi egoista. Pensi davvero che a me fa piacere lottare per salvare il mondo? Oh, suvvia, non tutte siamo impegnate a rifare gli occhi agli altri, mia cara. Io ho ben altro a cui pensare che far cadere il mondo ai miei piedi! Davvero, io credevo in te, credevo nella tua persona. Mi fido ancora, infondo. Se non vuoi avere nulla a che fare con me, fai quello che vuoi. Ma sappi, il destino ormai è scritto: io ti aspetterò.”

Spaventata dall’ultima frase di Michiru, Haruka poggiò la giacca sulle spalle e, sbattendo la porta, se ne andò a passo furioso. Un’altra volta rimase spaventata da una semplice ragazzina con del talento artistico. Nuovamente scappava dalla sua missione. Ma l’artista questa volta non aveva fallito: tutt’altro, rese cosciente del suo destino l’intimorita velocista.

E  il vento iniziava a inquietare il mare.
Il mare stava diventando tempesta.

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