Lei.

di Davide95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Caffè. ***
Capitolo 3: *** Brioche. ***
Capitolo 4: *** Pensieri. ***
Capitolo 5: *** Resta qui. ***
Capitolo 6: *** Hei. ***
Capitolo 7: *** Film. ***
Capitolo 8: *** Giusto. ***
Capitolo 9: *** Dolore. ***
Capitolo 10: *** Verità ***
Capitolo 11: *** Amore? ***
Capitolo 12: *** Fantastico ritrovo. ***
Capitolo 13: *** Come stai? ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Ciao a tutti(: io sono Davide, si sono un ragazzo. Abito a Venezia, città dell'amore.
Adoro scrivere, è una mia passione. Non sono timido, anzi, ma con Lei, beh con lei mi trasformo.
Sono alto, parecchio; faccio rugby, quindi spalle larghe,ect. Ho i capelli neri, sbarazzini. Occhi celesti.
Beh che dire? Scopritemi :D
E ultima cosa: le recensioni mi fanno molto piacere.(:






Poi in un attimo, tutte le mie speranze, tutti miei desideri che avevo riposto in lei, andarono in frantumi.
Ed io, io rimasi solo; a fissare il vuoto riflesso in quella finestra.
Chi ero io?

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Capitolo 2
*** Caffè. ***


Me ne stavo seduto in quel posticino caldo, sempre il solito, dentro a quel bar; ogni mattina lei ci passava davanti correndo, con la cartella in spalla. I suoi capelli si libravano in aria come cenere al vento. Adoravo il modo in cui si scusava quando urtava qualcuno. Sorseggiavo quel capuccino forse un pò troppo dolce, quando la vidi. Quel giorno portava i jeans, quelli che in assoluto preferivo e un giubbotto dall'aria parecchio pesante. Mi sorpresi quando invece che continuare il suo cammino, entrò da quella porta. Per un momento restai immobile, sperando non notasse la mia faccia sorpresa, poi si voltò verso di me e venni inebriato da quella bella sensazione di benessere molto conosciuta. Da quando era entrata l'aria in quel bar affollato sembrava essere diventata profumata. Profumo dei suoi capelli. Quando venne nella mia direzione, il respirò mi mancò. Stava fissando le mie guance arrossate o i miei capelli disordinati? Mi diedi dello scemo. Sorrisi quando andò a sbattere contro il tavolo vicino e vacillò; per un attimo ebbi paura che cadesse, ma cadde solo il suo cappello. Velocemente mi alzai per prenderlo, senza esitare ad abbandonare il mio capuccino dolciastro e la brioche ancora calda sul tavolo. Mi chinai e lo raccolsi da terra: era morbido. Mi chiesi se anche i suoi capelli lo fossero. Sorridendo glielo lo porsi con gentilezza, passando una mano sui miei capelli neri. Lei mi guardò ed io mi sentii in cielo.

“Grazie.” mi disse, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi brillanti.

La bocca mi si era chiusa; le mille farfalle nello stomaco mi mettevano a disagio, come se lei potesse vederle. Sorrisi a quel pensiero e poi a lei.

“Aspetta, tu non frequenti la mia stessa scuola?” mi chiese mettendosi nuovamente il cappello.

Quindi mi aveva già notato.

“Io si, frequento il quarto anno.”

Non ero più tanto sicuro che le mie guance arrossate per il freddo, fossero solamente per quello.

Mi sedetti nuovamente al mio posto, stare in piedi a fissarla mi pareva troppo strano. E non volevo risultarle strano.

“Vuoi qualcosa?” chiesi sorridendo.

Con calma si sedette al posto vuoto di fronte a me ed io tremai quando le sue gambe sfiorarono le mie.

“Un caffè, grazie.”

Non esitai un attimo; mi alzai e andai ad ordinarlo al banco e pagai direttamente.

La osservai mentre frugava nello zaino e sorrisi quando alzò gli occhi al cielo poiché le era caduto l'astuccio aperto a terra, seminando milioni di penne. Portai il caffè al tavolo e poi mi accucciai e raccolsi tutte le Biro che trovai.

“Anche tu scrivi in blu?” chiesi. Ma che cazzo di domanda le avevo fatto?

Sorrise e annuì.

“Sei gentile.” disse. Alzai le spalle e addentai la brioche.

“Fai parte della squadra di calcio della scuola.” Non era una domanda, era una constatazione.

“Si. Sono quello imbranato, che corre a destra e a sinistra senza mai toccare palla.”

Rise di gusto.

“Faccio rugby io. E a calcio non sono proprio capace.”

“Rugby? Mi piace come sport, un po' violento ma..” annuì sorridendo.

Poi il mio sguardo si posò sull'orologio bianco appeso alla parete e sorrisi.

“Bene, domani dovremo portare la giustificazione.”

Mi guardò interrogativa.

“8,17. la prof di mate mi uccide.”

Dissi alzandomi.

“Oh merda.”

Risi. Le aprii la porta e corremmo fino alla scuola. Non mi sembrava vero.

“Allora, ci vediamo Davide.”

Mi chiesi così a lungo come facesse a sapere il mio nome, che nemmeno la salutai.

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Capitolo 3
*** Brioche. ***


“Dio ma sei scemo? Come hai fatto a non salutarla?”

Marco ascoltò attentamente il mio racconto, senza interrompermi. Era un buon amico, per questo me l'ero tenuto stretto fin dal primo attimo che l'avevo conosciuto. Si riavviò indietro i capelli biondi, ammiccando alla nostra compagna di banco. Gli tirai una gomitata.

“Non darle false speranze, poveretta.”

Marco era così. Ammicava a destra e a manca senza pudore e poi andava sempre dalla solita sgualdrinella che lo trattava come uno zerbino, senza la minima intenzione di cambiare ragazza.

“Quindi che pensi di fare?” mi chiese a bassa voce.

Guardai la lavagna piena di simboli incomprensibili e pensai che quella fosse la trascrizione dei miei pensieri di quel momento.
“Davide ci sei?”

“Si ci sono Marco. Il fatto è che non so che fare.”

“Prova ad aspettare un po'.”

“È da due anni che aspetto.”

Ed era la verità. Due anni, lunghissimi anni.

La campanella suonò ed uscii dall'aula con Marco in direzione delle macchinette, per prendermi una bottiglietta di the. Gli altri studenti ci camminavano affianco, con un'aria parecchio afflitta. In effetti tornare a scuola dopo le vacanze natalizie, non è mai stato semplice. Sono stato due settimane senza vederla; fu parecchio frustrante.

“Davide - la mia mica mi abbracciò - foto!”

Prima ancora di riuscire a digerire le sue parole, Valentina scattò la foto.

“Vale cavolo. Con le tue foto.” mi lamentai.

Valentina era la solita ragazza pazza; capelli lunghi, mossi e castani. È un'amica speciale. Una volta io e lei stavamo assieme ma poi ci siamo accorti che non era un amore vero, ma un amore tra amici e basta. Marco non tardò a raccontarle tutto e lei contenta si mise a saltare. Volevo sotterrarmi sotto terra.

“Hei.”

Mi girai poiché sentii qualcuno tirarmi dolcemente la maglietta. E me la ritrovai davanti in tutta la sua bellezza. Le guance erano un po' arrossate forse per l'imbarazzo di quella stramba richiesta d'attenzione; i suoi capelli erano raccolti in una coda. Mi sembrava così fragile, che avrei voluto cullarla tra le mie braccia per impedire agli altri di farle qualsiasi genere di male, ma mi guardai bene dal farlo.

“Ciao.”

La mia voce uscì stranamente..calda? Sentivo gli sguardi dei miei due amici fissi sul mio corpo. Mi sentivo a disagio sapendo che loro riuscivano a sentire quello che avrei detto.

“Volevo darti una cosa.”

La mia espressione del viso doveva essere un misto tra sorpresa e massima curiosità. La guardai frugare dentro il suo zaino e sorrisi ricordandomi quello che era successo la mattina. Tirò fuori un sacchettino e me lo porse; un brivido mi percorse la schiena quando le nostra mani si sfiorarono. E la vidi sorridere. Lo aprii velocemente, spinto dalla voglia incontenibile di scoprire il contenuto. Nel fondo della busta trovai una semplice brioche, pronta per essere mangiata.

“Questa mattina mi hai offerto la colazione e beh, non sei riuscito nemmeno a finire la tua.” disse quasi giustificandosi.

Mi allargai in un sorriso, dedicato solo a lei e alla sua dolcezza.

Qualche sua amica interferì con il nostro incontro e la trascinò via da me.

Avrei voluto dirle qualcosa, anche un semplice grazie, ma non ne ebbi la forza.

“Togliti quel sorriso che mi sembri un ebete.” disse Marco appena mi riunii al mio gruppetto.

“Pensavo ti fosse venuta una paralisi facciale.” disse Valentina.

Il mio amico rise e io mi partecipai al suo divertimento.

Erano questi i momenti di felicità.

Chissà se per quel giorno l'avrei rivista.

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Capitolo 4
*** Pensieri. ***


“Allora ci vediamo domani.”
Sorrisi in risposta a Valentina e salii in autobus. C'era un odore forte di chiuso e appena trovai un posticino libero, aprii la finestra e mi sedetti. Non l'avevo più rivista dopo che mi aveva consegnato il dolciume, nonostante le preghiere fatte a Dio durante l'ora di greco. Non che io credessi in Dio, però ci avevo provato. Avevo smesso di credere nel divino dopo la morte di mia nonna, si quella dolce donna che mi aveva aiutato a smettere di fumare e che adorava Valentina. Uno stronzo di tumore me l'aveva portata via. Mi scansai da quei brutti pensieri e mi concentrai sul cielo. Dal finestrino entrava odore di pioggia; si quell'odore che aleggia nell'aria prima che cadano delicatamente verso la terra quelle piccole goccioline, che io adoravo. Chissà se anche a lei piaceva la pioggia. Scossi la testa, cercando di farla uscire per un po' dalla mia mente. Presi un libro dallo zaino e iniziai a fare i compiti per il giorno dopo; quando sentii un leggero trambusto alzai lo sguardo verso il luogo da cui proveniva e vidi una vecchietta che discuteva con un ragazzo. Capendo il perchè di quella discussione, lasciai libero il posto per l'anziana signora che mi ringraziò per il gesto.


“Hei madre.” salutai appena varcata la soglia. Odiava quel nomignolo. Mi guardò sorridendo e alzando gli occhi al cielo, poi mi abbracciò. Stavo molto meglio da quando i miei genitori avevano divorziato; il colpo era stato duro, ma vivevo meglio solo con la mia dolce mamma. Mio padre non era uno di quei padri presenti o protettivi, non era un padre punto. Un giorno mi sono pure domandato se era il mio. E poi stava meglio mia mamma, quello era l'importante.
“Amore nel fine-settimana non ci sarò. Vado con Fabio a Gardaland per due giorni.”disse raggiante.
Mamma si stava frequentando con un altro, cosa che mi rendeva geloso ma felice.
“Certo mamma, nessun problema.”
Salii in camera e mi ricordai che Marco mi aveva parlato di una festa che si sarebbe svolta a scuola proprio quel week-end, non che io amassi le feste, però non era male come idea. Accesi il computer e andai sul sito della scuola a cercare qualche informazione; me la sbrigai in un oretta, trascrivendo tutte le informazioni necessarie. Non adoravo i social-network ma da poco avevo creato un account in Facebook, non sapevo neanche io il perchè; entrai nel mio profilo e subito notai una richiesta d'amicizia, lì in alto a sinistra. Ci cliccai sopra e mi venne voglia di mettermi a saltare vedendo che era la Sua richiesta. L'accettai e mangiando un panino davanti allo schermo, esplorai il suo profilo, le sue foto e tutto quello che mi capitava sotto mano.
La finestra di chat si aprì in basso a destra.
Ciao.”
Una parola, mille emozioni.


 

Era da due giorni che non la vedevo e questo mi era costato un bel po'. Un giorno arrivai in ritardo a scuola perciò persi l'occasione di vederla, ma l'altro ero sempre lì, al bar, ma non passò. Ne rimasi deluso. Il terzo giorno, mi arresi: dovevo vederla. Dopo il suono della campanella andai davanti alla sua classe ed aspettai che la porta si aprisse. Non vedendola uscire con le sue amiche, entrai io. Salutai cortesemente la prof, ancora seduta in cattedra e poi guardai i banchi vuoti fino ad arrivare al suo. La sedia e il suo sguardo erano rivolti verso la finestra, sembrava persa. Mi feci avanti e il suo sguardo si posò su di me. Oggi non era truccata, aveva solo un filo di lucida-labbra che la rendeva ugualmente carina. Ugualmente donna, nonostante i suoi anni.

Mi salutò allegra, donandomi un sorriso dolce. La salutai di rimando.

“Verrai alla festa?” chiesi impaziente.

“Ci vediamo lì.”

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Capitolo 5
*** Resta qui. ***


Hei:) Questo capitolo l'ho scritto con la mia migliore amica, Valentina. Un pomeriggio a scrivere questo. Ringrazio lei e coloro che hanno recensito [mi ha fatto molto piacere.] e anche coloro che mi seguono silenziosamente. La scelta del nome è stata dura, devo dire la verità. Infine ho scelto di mettere il nome della mia sorellina, che adoro. Spero vi piaccia.


Valentina si muoveva eccitata al mio fianco; era la nostra prima "vera festa" .
Quando entrammo la musica assordante ci fece sobbalzare e tra le luci colorate che indondavano la stanza, i corpi si muovevano scatenati.
Quasi tutte le ragazze indossavano corti abiti ed i ragazzi le fissavano con sguardo adorante; la loro immaginazione andava a briglia sciolta.
Valentina si immobilizzò accanto a me.
La fissai e le chiesi ch cosa aveva.
"Ti pare? Sono vestita in jeans mentre tutte le altre qui dentro stanno in equilibrio sui loro tacchi a spillo."
"Tranquilla; sei bellissima anche così"
Vidi i suoi occhi brillare e sentii il suo corpo stringersi al mio.
Mi voltai verso la pista e la vidi. Anch'ella indossava una gonna troppo corta per i miei gusti e un top che lasciava intravedere la consistenza delle sue forme.
Qualche ragazzo le girava intorno come un avvoltoio alla sua preda e la cosa mi urtò non poco.
Ma lei con mia grande sorpresa guardava me.
Mi fissava con quel suo bel sorriso ed io non potevo fare a meno di ricambiare il suo sguardo.
La sua piccola manina si alzò e mi fece segno di raggiungerla al bar.
Si muoveva ancheggiando come un modella alla sua prima sfilata e io suo spettatore la seguivo mio malgrado.
La sentii ordinare due drink non certo adatti a due minorenni come lo eravamo noi.
"Vuoi?"
Disse poi porgendomene uno.
"Per questa sera mi astengo."
Lei rise, prese il suo e lo bevve tutto d'un sorso. Mi stupii; non era il genere di cosa che mi sarei aspettato da una ragazza che mi aveva portato una brioche alla mattina. Scacciai quel pensiero.
"Ti stai divertendo?"
"Si. Ora devo anche cercare i miei amici." Mi voltai in cerca di loro con lo sguardo.
"Chi? Marco?"
Sorpreso mi rigirai di scatto verso di lei.
"Lo conosci?"
Alzò le spalle con aria poco interessata.
"No, solo di nome."
"Allora aiutami."

"Marco accompagna a casa Valentina per favore. Non voglio che torni da sola."
"Non mi accompagni tu?"
Valentina sbucò da dietro il bancone; aveva gli occhi leggermente lucidi. Mi si avvicinò languidamente ed io risi.
"No c'è chi è messo peggio di te."
Con la testa indicai la ragazza che mi aveva tenuto occupato tutta la serata. Risi quando la vidi sdraiata sul divanetto con poca eleganza.
Valentina mise un broncio divertente e infine se ne andò con Marco.
Si alzò dal divanetto barcollante, fece qualche passo e mi finì addosso.
"Posso un altro drink?"
 La guardai con finto rimprovero.
"Certo, se vuoi ritrovarti all'ospedale te lo pago pure."
Rise con me.
Feci passare il mio braccio destro sul suo fianco mentre quello sinistro lo lasciai scivolare sotto la sue gambe, prendendola in braccio.
Emise un piccolo gemito di lamento, poi si accoccolò sul mio petto. Averla lì, tra le mie braccia, era sempre stato il mio sogno: custodito in due anni di silenzio.
Il motorino lo lasciai davanti al locale e mi incamminai nella direzione di casa sua. Non sapevo esattamente dove stava, ma conoscevo la via.
"Riesci a dirmi dove abiti?"
Alzò la mano verso la sua sinistra.
"Lì."
"Lì dove?"
Mi girai attorno squadrando le casette a schiera; ci saranno stati almeno venti portoni.
Rassegnato e stanco, controllai ogni singolo campanello, alla ricerca del suo.
Quando riconobbi il suo cognome, sospirai di sollievo. La poggiai a terra, sostenendola per i gomiti; cercai nelle tasche del giubotto le chiavi di casa, avendo visto che non c'era nessuno. Mi affrettai ad aprire la porta e mi feci indicare camera sua. Rischiai di inciampare nelle scale e ringraziai il cielo di non aver bevuto.
Appena vide il suo letto si buttò su di esso sfinita, trascinandomi con sè. Mi scansai velocemente ma la presa sulla mia camicia non me lo permise.
"Resta qui."
Tutto quello che avevo sperato in due infiniti anni, si stava realizzando in una sera. Come potevo negarle il suo desiderio appena espresso, se era anche il mio?
Mi sdraiai accanto a lei, poggiando la testa sul cuscino e desiderando di rimanere così a lungo. La sua testa, forse leggendomi nel pensiero, si posizionò sul mio petto, annullando le distanze che un attimo prima ci dividevano. Le accarezzai il viso e sistemai una ciocca di capelli dietro il suo orecchio. Erano morbidi.
La sua stanza era satura di un profumo zuccherato: il suo. Le coperte erano soffici e avevo una voglia incredibile di accendere la luce e poter esplorare il suo mondo. Ma non lo feci.
"Buonanotte Davide."
"Buonanotte Chiara. Tranquilla, resto qui."

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Capitolo 6
*** Hei. ***


Lo ammetto non riesco a fare a meno di scrivere. Appena ho un attimo di tempo libero, SBAM. Eccomi qui(:  Vi confesso che questo capitolo non è tutto frutto della mia immaginazione. Ho preso spunto da un telefilm che la mia amica mi ha voluto far vedere. Grazie a chi esprime un proprio parere su quello che scrivo, lo aprrezzo molto e grazie a loro che mi hanno messo tra le storie preferite:
giolla
lauren77
Marty_15
Lady Berry
Laretta  

Spero che il capitolo vi piaccia.(: é molto breve lo so, ma intanto posto questo ed ora inizio a scrivere il prossimo.

Il chiarore del mattino mi svegliò e tutta la realtà di quei giorni mi fece sorridere.
Lei era ancora lì accanto a me. Non avevo sognato. Mille brividi mi percorsero il corpo; avrei voluto stringerla a me, ma non lo feci, non volevo svegliarla.
La stanza era illuminata. Qualche poster era attaccato alla parete e sopra la scrivania c'era un caos tremendo.
Sentii dei rumori al di fuori della porta e mi allarmai. I suoi genitori probabilmente erano tornati. Mi alzai lentamente dal letto e prima di sgusciare fuori dalla porta, le lanciai un'occhiata. Le sue gambe erano intrecciate alle coperte e la sua mano era distesa dove prima c'ero io. Sorrisi. Le rubai un elastico blu, che era sul comodino e me lo misi al polso.
Sentivo l'acqua scrosciante di una doccia provenire da una stanza. Mi muovevo con prudenza nel corridoio, cercando la porta d'uscita. Feci una corsa verso di essa quando la vidi ed uscii senza guardarmi indietro. Solo in quel momento mi accorsi del sudore che bagnava la mia fronte; avevo avuto paura di essere scoperto. Tornai al motorino felice e me ne andai a casa.

 

“Avete fatto sesso?”
Gli occhi di Marco si accesero di curiosità. Lo spintonai.
“Non l'avete fatto?”
Chiese quasi incredulo.
“Non badarlo Davide, è stato molto dolce da parte tua.”
Disse Valentina sorridendomi.
La ringraziai. Il lunedì mattina era sempre stato traumatico, ma quel lunedì mattina non lo era, almeno non per quel momento.
La vidi avanzare a passo sicuro con le sue amiche, con lo sguardo che vagava nel vuoto.
“Hei.”
Le dissi, attirando di poco la sua attenzione. Mi sorrise debolmente; ma non si fermò a parlare, mi superò e mi lasciò lì, da solo, con labocca asciutta. Rimasi deluso, triste e ..distrutto?
“Per me è solo una troietta che se la tira.” commentò Vale, che si beccò una mia occhiataccia.
Guardai i miei amici indeciso sul da farsi, poi mi voltai verso Chiara e la rincorsi, fino a raggiungerla. Le bloccai il polso e la girai verso di me.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiesi dispiaciuto per il suo comportamento.
“Perchè continui a salutarmi con un -Hei-?”
La guardai stupito, sorpreso, senza sapere cosa risponderle. Liberò il suo polso dalla mia stretta.
“Questi -Hei- puzzano di allusioni imbarazzanti. E tu, tu hai dormito nel mio letto -disse abbassando la voce - e la mattina te la sei svignata. Mossa da stupido.”
Mi stava accusando? Venni sorpreso dalle sue parole. Mai avrei pensato che mi avrebbe parlato così.
“Ho sentito che i tuoi erano rientrati a casa e non volevo metterti nei guai.”
Mi stavo giustificando?
Aprì la bocca, forse per dire qualcosa, ma poi la richiuse.
“Leggere qualcosa dietro un -hei-. Mossa da stupida.”
Girai i tacchi, infastidito dal suo comportamento e dalle sue parole.
Solo durante la lezione di latino mi pentii di averle dato della stupida e mi mangiai la lingua.
“Davide -sussurrò Valentina al mio fianco, riscuotendomi dai miei pensieri- questo pomeriggio, casa mia. Film e pop corn?”
Le sorrisi e annuii.
Davide in questo modo non ferirai Chiara.
Maledetta coscienza.

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Capitolo 7
*** Film. ***


“Non amo gli horror, dovresti saperlo, no?” chiesi storcendo il naso.
Mi sedetti sul divano, rubando qualche pop corn dal tavolino davanti a me.
“Non mangiare!” mi sgridò Valentina, tirandomi un piccolo pugno sul braccio.
Risi e le feci la linguaccia.
“Ma quando arriva Marco?”
La faccia di lei cambiò e sul suo viso apparve un'espressione colpevole. Sorrisi e le chiesi che aveva.
“Marco non verrà. Non l'ho invitato.”
Rimasi sorpreso.
“Perchè?”
“Non mi andava.”
Disse semplicemente, lasciando alcuni dubbi insinuarsi dentro me. Alzai le spalle senza soffermarmi molto sulla questione e lei fece partire il dvd.
Non seguivo molto il film, non mi erano mai interessati gli horror. Non li trovavo interessanti, anzi addirittura alcuni li ritenevo ridicoli, senza una trama vera e propria. Ogni tanto osservavo lei; ridevo quando si copriva gli occhi come una bambina. A metà film circa, la protagonista, credo, morì e lei pianse, stringendosi a me. L'abbracciai divertito, cercando ugualmente di consolarla.
Ci distendemmo sul divano e la tenni davanti a me, circondando la sua vita con un braccio. Mi piaceva stare così, lo facevamo spesso; l'adoravo, riusciva ad essere la mia migliore amica, nonostante la nostra storia passata. Sorrisi.
Mangiammo i pop corn con gusto, anche se quello che avevo fatto io erano mezzi bruciati, ma lei non si lamentò.
Pensai a Chiara; ai suoi capelli morbidi e ai suoi occhi. Chissà se mai la bacerò.
Mi resi conto di star accarezzando i capelli di Valentina solo quando lei si voltò verso di me. I suoi occhi color cioccolato mi scrutavano, cercando qualcosa nei miei. Poi successe tutto velocemente, la vidi avvicinarsi fin quando le sue labbra si posarono sulle mie. Non mi tolsi anche se dovevo farlo assolutamente. Le sue mani mi accarezzarono i capelli, cosa che adoravo e lei lo sapeva bene. Sentivo le nostre labbra modellarsi una sull'altra. Perchè non mi spostavo? Dovevo farlo. Era un bacio al gusto di pop corn.
La porta di casa si aprì, interropempendo la nostra pazzia. Mi staccai velocemente dalle sue profumate labbra e mi alzai, scendendo dal divano.
“Davide?”
Riccardo, fratello di Valentina, nonché mio compagno di rugby, mi guardò sorpreso dalla mia presenza.
“Che ci fai qui?”
Valentina alzò una mano da dietro il divano, facendo vedere a suo fratello che c'era anche lei.
“Valentina! Ok non voglio sapere cosa stavate facendo.”
“Stavamo guardando un film!”dico forse con troppa veemenza.
Annuì non convinto dalle mie parole e sorrise malizioso. Alzai lo sguardo al soffitto, scuotendomi i capelli con la mano.
Riccardo salì in camera, ridendo.
Guardai Valentina e subito le sue guance si colorarono di rosa.
“È stato uno sbaglio.” affermai deciso.
Lei rimase interdetta. La guardai un attimo.
Poi presi le mie cose e aprii la porta, ma prima di uscire lei mi disse una cosa.
“Dovresti aprire gli occhi.”

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Capitolo 8
*** Giusto. ***


Che significava? Perchè avrei dovuto aprire gli occhi?
Il gesto di Valentina mi aveva turbato, ma niente in confronto alla sua frase. Che intendeva?
Avrei voluto chiederglielo ma non me la sentivo di affrontarla subito. Chissà se Marco ne sapeva qualcosa. Chiara non mi aveva più rivolto la parola da quando avevamo discusso. Mi pareva una cosa stupida lasciar passare del tempo così, solo per una piccola chiacchierata accesa. Così, quel giorno mi presentai davanti alla sua classe con un'aria da cane bastonato. A dire la verità avevo paura di quello che mi potesse dire, ma d'altronde la colpa era sua, no?
“Oh guarda chi si vede..” disse una sua amica passandomi accanto. Non la badai.
Poi uscì Chiara e io venni invaso dall'insicurezza. Che ci facevo io lì?
Mi guardò con un espressione che non riuscii a decifrare.
“Davide.” mi salutò con voce acuta. Era agitata pure lei forse.
“Chiara.” lo dissi con dolcezza. Mi piaceva quel nome. Mi ricordava il miele, una buona caramella. Qualcosa di fragile, da proteggere. Amore.
“Mi dispiace. Non avrei dovuto aggredirti in quel modo.” disse, mettendo da parte l'orgoglio.
“Ma l'hai fatto.” dissi con voce pungente. Non volevo ferirla o quant'altro. Volevo solo che capisse che non avevo di certo gradito il suo comportamento. Annuì colpevole a abbassò la testa.
Alzai la mano e la poggiai sul suo viso in un gesto dolcissimo. Lei si avvicinò quel poco da farmi inebriare dal profumo che portava al collo; forse troppo dolce per i miei gusti, ma buono.
I suoi occhi mi scrutavano l'espressione ed io fissavo le sue pupille; avrei voluto entrare nella sua testa e leggere i suoi pensieri più remoti.
Avevo riposto in lei l'amore più sconvolgente da me mai provato.
Avrei voluto essere fuori, lontano dalle chiacchiere inutili dei miei compagni, lontano dalla scuola. In un parco, magari di sera, illuminato solo dalla luce naturale della luna. Io le avrei preso la nuca con la mano e l'avrei avvicinata a me con una lentezza straziante, fino ad unire le nostre labbra. Avrei potuto farlo anche lì, in quel momento e per un attimo mi negai quell'idea. Ma quando fu lei ad avvicinarsi a me, persi ogni ragione e feci scontrare le nostre labbra. Lei sorrise, credo. Sentivo le sue mani vagare sotto la mia maglietta, toccando la mia schiena e i brividi mi percorsero. Mi lamentai quando lei si staccò e mi prese per mano, iniziando a correre. Le chiesi dove stavamo andando, ma non ricevetti risposta.
Quando si guardò attorno e mi spinse dentro ad uno sgabuzzino, mi insospettii. Ma lei rise e si appropriò delle mie labbra con un'audacia tale da farmi credere che non fosse più Chiara, ragazza dal visino dolce e innocente. Per la prima volta le nostre lingue si incontrarono e beh, mi sentii come un bambino alla sua prima volta in bicicletta. Non che quella fosse la prima volta che baciavo una ragazza, ma era lei. La ragazza che avevo sognato per due anni. Due anni e mai una parola. Fino a quel momento, che speravo non finisse mai.
E per un secondo, tutto mi parve giusto, vero.
Sentivo le sue mani audaci vagare sulla mia schiena, sugli addominali e poi quando le sue mani scivolarono sui miei jeans, mi chiesi se era uno scherzo. Senza lasciare le sue labbra, presi le sue mani e le strinsi nelle mie. Mi sentivo accaldato e stretto in quello stanzino anche troppo buio.
Non mi accorsi nemmeno quando la porta si aprì.
“Davide.”

 

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Capitolo 9
*** Dolore. ***


Eccola qui la mia Valentina, che mi supera sempre in tutto. Questo capitolo è stato scritto interamente da lei. Ti ringrazio per essere sempre così fantastica. 
Vale. Questo è un piccolo capitolo che ho dedicato a lei, per chi volesse leggerlo.




Il professore di arte tracciava strani disegni sulla lavagna nera.
Tra le mie dita la matita si muoveva a caso, da sola, spinta da uno spirito invisibile che la faceva vagare per il foglio bianco come un'assetata in mezzo ad un deserto.
Linee grigio scuro si intrecciano tra di loro, nodi su nodi che l'occhio non riesce ormai più a districare.
Si, era così che mi sentivo; un immenso, grandissimo nodo con nessuna speranza di essere sciolto.
Tra la gola e la pancia si erano creati immensi pesi di emozioni, sulla testa grovigli di pensieri che si incastravano nella mia fantasia ripetendo sempre la stessa immagine, sempre la stessa sensazione.
Tra me e me rivivevo il bacio scambiato con Davide, le sue labbra fresche che avevano accolto le mie.
Erano così timide, insicure, all'inizio sembravano quasi voler scappare dalle mie, via in un posto più sicuro e caldo... invece erano rimaste lì con me.
Dentro la mia bocca non ero riuscita a sentire il suo sapore, ma annusando il suo profumo non era difficile immaginarlo.
Sarebbe stato un miscuglio di dolce caramella e fiori di campo, di girasoli lucenti e di caldi fiumi di lava dorata.
Sarebbe stato soffice e delicato, proprio come i suoi capelli, piccole piume delicate che gli coprivano anche la pelle delicata dietro l'orecchio, lì dove le mie dita erano passate inesperte e avevano sentito il pulsare velocissimo del sangue nelle vene.
Mentre ero sdraiata lì, sul quel divano con lui, avevo sentito il suo corpo sul mio: completamente attaccato al mio.
Non era la prima volta che mi abbracciava, non era la prima volta che mi sfiorava e le sue lunghe dita sottili avevano già attraversato la mia chioma.
Il suo calore così familiare mi aveva avvolto dentro la sua bolla fin da quando eravamo bambini, il suo respiro profumato aveva soffiato sul mio collo un sacco di volte.
Non era cambiato niente, lui non era cambiato.
La colpa infatti era tutta mia; avevo aperto gli occhi.
invisibili palpebre che come pellicole mi avevano offuscato per tutto quel tempo si erano polverizzate sotto il suo tocco, e distesi al buio mi ero girata e avevo capito tutto.
Dentro i suoi occhi, dentro quelle iridi così chiare e limpide, avevo trovato la risposta a tutte le mie domande a tutti i miei desideri.
Là dentro c'era il perchè delle mie notte insonni, degli strani ed inspiegabili fremiti che mi attraversavano da un po’ di tempo quando stavo con lui, della voglia smaniosa, bramosa di toccarlo, di toccare la sua pelle sottile.
Avevo capito.
Eppure mi sembrava così irreale, provare qualcosa per Davide, colui che era sempre stato il mio migliore amico…. appariva tutto così strano ed impossibile a miei occhi che stentavo davvero a crederci.
Com'era potuto accadere?
Nella mia vita avevo sempre sognato il principe azzurro, avevo sempre cercato per anni la mia anima gemella nascosta in chissà quale parte remota del mio mondo.
Ero pronta, o meglio rassegnata a cercarla per lungo tempo, a scalfire mille superfici e a subire mille delusioni, a suscitare mille affetti ed a riceverne altrettanti di falsi, brevi e insignificanti prima di trovare quello vero.
Davide non era quello giusto per me, Davide non doveva essere il mio pezzo mancante.
ero cresciuta accanto a lui, avevo condiviso con lui tutti i momenti più splendenti e deprimenti della mia adolescenza, mi ero lasciata andare a tutti i tipi possibili di confessioni e di idee di speranze... il nostro legame così profondo, un'amicizia così reale!
Eppure, era altrettanto reale il dolore, il fastidio che sentivo quando lo vedevo accanto a lei.
Si, lei quella stupida ragazzina tutta dolce e falsi sorrisi.
Avevo avuto una volta amiche come lei, avevo ricercato in ragazze come lei tutte le affascinanti qualità che volevo morbosamente possedere; bellezza, sicurezza, vitalità, grinta e spensieratezza.
era stato Davide, proprio lui a smascherare le mie intenzioni, a far cadere le mie illusioni.
Dietro la loro immensa dolcezza, quella facciata da brave bambine di famiglia, si nascondeva l'anima stronza e viziata di chi ha avuto tutto dalla vita e si aspetta solo ed esclusivamente il meglio.
Io avevo sofferto, io avevo visto i miei genitori litigare tutti i giorni per i loro stupidi desideri di libertà, io avevo visto la mia autostima cadere sempre più in basso... ero ruvida, semplice, inadatta e complicata, usata rispetto a loro.
" Ma tu sei migliore. tutto quello che hai sofferto Vale ti serve per essere più forte, per superare qualsiasi ostacolo la vita ti imporrà. Un giorno sarai tu ad innalzarti sopra le loro ricche e false vite da modelle per urlare a tutto il mondo la tua felicità"
Come faceva a non credere più nelle sue parole?
Davide guardava Chiara come se fosse un angelo caduto dal cielo, come la persona più meravigliosa ed impareggiabile sulla terra.
Sentivo il suo corpo muoversi nervoso, attivo e ronzante di vita mentre stava accanto a lei, vedevo i suoi occhi accendersi di desiderio.
come quella sera in discoteca, quando tra l'aria satura di fumo e le luci colorate avevo scorto nei suoi occhi la passione per lei, l'amore infinito dell'ardore giovanile che scoppiava nel suo petto e si rifletteva nel suo sguardo.
Per me e per le mie scarpe da ginnastica aveva riservato il solito sorriso luminoso ed accogliente, ma che non accendeva mai i suoi occhi.
" Bene ragazzi, anche oggi la lezione è finita, ci vediamo la settimana prossima, mi raccomando."
Il ronzare stridulo della campanella interruppe i mie pensieri ed insieme mise fine al moto isterico della mia mano.
Abbassai gli occhi sul foglio e sorrisi.
No, non c'erano vie di uscita, non c'erano scusanti e neppure motivazioni.
non potevo continuare ad ignorare i mie sentimenti, non potevo far finta di nulla.
"Apri gli occhi"
Gli avevo detto quella sera, dopo il nostro bacio sperando che lui potesse capire che per me non era stato uno sbaglio, che per me non era stato un dolore...
che io non rimpiangevo nessun  momento passato con lui, che io non avevo intenzione di rinnegare nessun sentimento, che io...
si, che io ero follemente e disperatamente innamorata di lui.
E avrei combattuto fio allo stremo delle mie forze per aggiudicami quel piccolo pezzettino di felicità.

Non c’era nessuna Chiara, non c’era nessun “ma” e non esisteva nessun ostacolo insormontabile; tutto dipendeva da me e dalla mia fottutissima paura di sbagliare, di cadere, di essere rifiutata.
Chiusi con delicatezza il foglietto dentro il diario; una bellissima D faceva bella mostra di sé, indelebile inchiostro marchiato nella mia mente e nel mio cuore.


" Ciao Rosa"
Rosa alzò la testa dal bancone ingombro di carta e mi regalò uno dei suoi soliti sorrisi bellissimi.
"Dimmi cara, ti serve qualcosa?"
Mentre parlava si toccava la gola con le mani e le caviglie si incrociavano sotto la sedia girevole.
"Si, vorrei una bottiglietta d'acqua per favore. Laura non si sente tanto bene e magari bevendo un pò potrebbe passarle il pessimo sapore acido che si sente in bocca."
"Certo."
Rosa era la bidella di quella scuola da sempre, e di sicuro la donna più dolce, gentile e cortese di tutto l'intero universo.
Velocemente immerse la sua piccola testolina dentro l'enorme armadio nero che stava alle sue spalle.
Fin dalla prima superiore avevamo tutti capito che quello era l'armadio dei segreti, l'armadio che conteneva di tutto.
Gli altri bidelli non riuscivano mai a ritrovasi tra la confusone di medicinali, bicchieri, tovaglie, posate, garze e fogli che regnavano lì dentro, ma per Rosa non sembrava mai un problema trovare tutto quello che le serviva in pochissimi minuti.
" Oh, ma dove..."
Ecco perchè mi stupivo quando non trovò la bottiglietta d'acqua e mi guardò desolata.
"Scusami cara ma l'acqua deve essere proprio finita. Aspetta pure qui un secondo e vado velocemente nello sgabuzzino in fondo al corridoio."
Rosa si alzò dalla sedia ed impugnò il suo bastone rosso.
La vidi barcollare insicura mentre stringeva i denti.
" Stai tranquilla Rosa, siediti. Ci vado io. "
"Ma non serve."
"Rosa" la presi per le spalle e la spinsi delicatamente sul cuscino." Siediti. non ti fidi di me?"
Lei sorrise e mi scompigliò un pò i capelli con le sue mani rugose.
"Certo."
"Bene"
Mi avviai verso lo sgabuzzino vicino al bagno delle ragazze.
Il rumore delle scarpe sul pavimento lucido mi accompagnava mentre arrivavo alla fine del corridoio.
Quando toccai la maniglia della porta i brividi mi assalirono; era fredda, decisamente ghiacciata.
Ma niente in confronto al gelo che provai quando riconobbi il
suo profumo.
Aprii la porta del tutto e la luce inondò lo stanzino piccolo.
Spalancai gli occhi.
Non poteva essere vero.
"Davide"
I suoi occhi si alzarono sui miei, sgranati e languidi. Mi guardò esterrefatto, sognante, confuso.
Le sue mani bloccavano i polsi di Chiara, il suo corpo poggiava su quello di lei, completamente.
" Valentina io..."
Chiusi la porta con un colpo secco.
Chiusi gli occhi con un colpo secco.
Corsi, corsi con le lacrime che uscivano, corsi con le scarpe che si slacciavano, corsi con il cuore che si lacerava e la mente che esplodeva.
Passai Rosa e non mi fermai al suo richiamo allarmante, passai la porta della mia classe e non mi fermai di fronte al colorito verdognolo di Laura, passai di fronte al bagno e mi fiondai dentro.
Caddi a terra.
Si, quelli erano veri brividi, quello era il freddo che mi invadeva e congelava tutto, tutto.
Le gambe si fecero quasi insensibili, le braccia si fecero molli, la testa si fece pesante,
tutto il mio corpo subì una mutazione, cambiò, si attorcigliò.
Perchè diavolo faceva così male?
Perchè non riuscivo a togliermi dalla testai il suo sguardo beato? Le mani di lei su di lui?
stremata, mi passo le mani sui capelli.
Non ce l'avrei mai fatta.

Cercai di ricordare il nostro bacio, cercai di capire se nelle sue parole “ è uno sbaglio” c’era solo paura, semplice e pura paura di quello che poteva accadere, o se davvero ero destinata a perdere.
"Valentina, Valentina dove sei? Ti prego!"
Quanto volevo chiudere anche la testa con un colpo secco.
Ma non si poteva.

Vidi le sue spalle, la sua figura snella sparire al di là del corridoio, continuando ad urlare il mio nome.
Mi stava cercando,aveva lasciato lei per stare con me, aveva preferito il mio dolore al suo piacere.
Ma prima non era stato così.
Prima avevo visto tutto quello che nel nostro bacio non c’era stato.
Prima le sue labbra erano state arricciate, la sua bocca socchiusa, gli occhi semi aperti, il corpo tremante.
Prima non era stato con me.
No, Valentina non era più lì.

 

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Capitolo 10
*** Verità ***


Si lo ammetto sono uno schifo. Non ho scritto per una sacco di tempo e mi scuso. Fatto sta che non avevo ispirazione ed è stato estremamente frustrante. Scusate. Ecco qui il nuovo capitolo, niente di che, ma intanto è qualcosa.
Inoltre mi farebbe molto piacere se voi passaste qui: 
- Cenere di noi due - e magari se vi capita di recensire...
Baci



Tre mesi dopo.

 

Continuavo a sentire i suoi singhiozzi nelle mie orecchie ogni giorno; continuavo a vedere i suoi occhi arrossati e lacrimanti davanti ai miei occhi. Tirai un pugno sulla parete dalla rabbia e mi lamentai dal dolore alle nocche. Perchè Valentina? Perchè non sei felice della mia felicità? Perchè ti sei innamorata di me? Perchè tu?

Mille domande e nessuna risposta. Mille dubbi e nessuna conferma. Mille emozioni e nessuna gioiosa.

Poteva essere il suo dolore, così accecante anche per me? Potevo io biasimarla?

Valentina mi passava accanto ogni giorno senza la minima intenzione di guardarmi o tantomeno fermarsi a parlare. L'avevo chiamata non so quante volte per chiarire, avevo cercato di bloccarla per conversare un po', ma lei non mi aveva mai dato ascolto. Ogni volta che ci provavo mi guardava con quell'aria assente che cercava di mascherare il suo dolore, sembrava non mi vedesse; ero trasparente per lei. Marco mi rivolgeva appena la parola; mi ero sempre chiesto da che parte sarebbe stato se io e Valentina un giorno avessimo litigato. La sua. Era meglio così, lei era molto più fragile di me. Aveva un bisogno più estenuante lei di un appoggio che io. Mi chiesi se stavo sbagliando.

Mia madre mi chiamò ed io scesi dalle scale con una lentezza brutale. Marco era in piedi sulla soglia, con un sorriso debole sulle labbra; mi stava compiangendo?

Congedai mia madre che tornò in cucina.

Come te la passi?” mi chiese abbracciandomi.

Non molto bene.” ammisi.

Nemmeno lei. Con Chiara?”

Nella prima parte di quello che disse, aveva usato un tono di voce pacato, quasi fosse un segreto o una sua riflessione.

Bene.”

Già. Senti devo dirti una cosa.”

Mi allarmai immediatamente.

Devi lasciare Chiara.”

Quasi mi misi a ridergli in faccia. Che sperava di ottenere? O.. No Valentina non gli avrebbe mai chiesto di fare una cosa del genere.

Che stai dicendo Marco?”

Sembrava nervoso, agitato.

Chiara mi ha baciato.”

 

 

Davide perchè quella faccia?”

Mia madre. La prima che riusciva a leggere nel mio sguardo gioia e felicità, come tristezza e insicurezza. Alzai le spalle e alzai il volume della televisione, cercando di superare il suono dei miei pensieri. Si sedette affianco a me nel divano e si mise a gambe incrociate. Mi sembrava una bambina mai cresciuta.

Quando ero giovane amavo divertirmi, ma ero pur sempre una ragazza seria. Mi assomigli molto sai? C'è stato un periodo che ero innamorata pazza di un ragazzo, Luca. Era bellissimo e molto simpatico. ma..”

Mamma non fare la psicologa con me.” dissi capendo le sue intenzioni. Odiavo quando cercava di capire i miei comportamenti attraverso le sue domande contorte da strizzacervelli.

Non sto facendo il mio lavoro di psicologa. Mi permetti di fare la mamma preoccupata ogni tanto?”

Sputai tra i denti un “sto bene” e mi alzai dal divano, velocemente. Sbuffò e mi richiamò a se, ma feci finta di non sentirla e me ne andai in camera.

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Capitolo 11
*** Amore? ***


Eccomi:)
Si lo so, i capitoli sono piuttosto brevi; uno dei miei difetti, sopportatelo su.
Sono ripetitivo e stressante, ma se avete un attimo di tempo passate qui:
- Cenere di noi due - di Lizzie95, ve lo consiglio lei è fantastica! E poi se avete un altro minuto, qui: Vale. è una one-shot, ci mettete pochissimo.
Come vedrete ho inserito una piccola parte di un libro di Thomas Mann e una citazione, leggermente rivista da me, di uno scrittore: vediamo se riuscite a trovarla:)
Detto questo, vi ringrazio per le recensioni dell'ultimo capitolo e buona lettura:)




Contavo i secondi che passavano. A dire la verità non passavano ma cercavo di convincermene. La verità? Non erano i secondi che non passavano; era questa mia voglia di scoprire, di capire. Fissavo il soffitto, come se quello potesse darmi le risposte che cercavo. Cosa patetica.
Accesi la luce, non potevo continuare a pensare a lei che cercava le labbra di Marco, non ero mai stato tanto masochista e non volevo diventarlo ora. Presi il libro che da poco avevo iniziato e proseguii la lettura.

La bionda Inge, Ingeborg Holm, la figlia del dottor Holm, fu lei che Tonio Kröger, a sedici anni, amò.
Come accadde? L'aveva vista migliaia di volte; una sera però, la vide in una luce singolare, la vide, mentre conversava con un'amica, in una certa maniera spavalda gettare a lato, ridendo, la testa, portare in una certa maniera la mano alla nuca, una mano da ragazzina non particolarmente affusolata, non particolarmente graziosa, così che il velo bianco della manica le scivolò giù dal gomito, la sentì pronunciare in una certa maniera una parola, una parola insignificante, con una voce dal suono caldo, e il suo cuore fu preso da un rapimento molto più forte di quello che aveva provato quando, allora era un ragazzino stupido, contemplava Hans Hansen.
Quella sera portò con sé l'immagine di lei, la grossa treccia bionda, gli occhi azzurri, ridenti e dal taglio obliquo, la tenue traccia lentigginosa sul naso; non riuscendo ad addormentarsi perché sentiva il suono della sua voce, tentò pian piano d'imitare l'accento con cui lei aveva pronunciato la parola indifferente, e ne rabbrividì. L'esperienza gl'insegnava che quello era amore.”

Scagliai lontano il libro e mi distesi a letto.
Come si può sperare che qualcosa cambi, che qualcosa torni ad essere com'era prima se si sa che ormai nulla può essere cambiato? Ebbene, io ci speravo. Ma nulla si poteva cambiare, nulla si poteva dire. Aspettavo che quel momento passasse, aspettavo che quel dolore si attenuasse. Ma non accadeva. Mi addormentai con la malinconia che mi logorava il petto.

 

Amore mio, svegliati.”
Mamma mi svegliò con un bacio sulla fronte e mi tirai le coperte fin sopra la testa quando aprì la finestra. Brontolai quando si sedette sul letto accanto a me.

Davide so quanto è traumatico per te alzarti alle 9 di domenica mattina, ma c'è una persona che ti aspetta giù e io devo uscire per andare a fare le spese..
Davide mi stai ascoltando?”
Mormorai debolmente un si alla sua domanda scocciata.
La sentii alzarsi e salutarmi; poi sentii i passi veloci giù per le scale, un saluto al mio ospite e poi la porta sbattere.
Un silenzio pesante aleggiava in casa. Nessun rumore osava disturbare la mia quiete momentanea.
Presi quasi paura quando una mano mi scompigliò i capelli; non aprii nemmeno gli occhi, era Chiara con il suo profumo dolce. Le mordicchiai le dita che stavano giocando con le mie labbra e trattenni il respiro quando la sua mano scivolò sul mio petto nudo e poi ancora più giù, rabbrividii e un respiro profondo mi uscì dalle labbra. Sfiorò il bordo dei miei boxer. Me la ritrovai distesa sopra dopo pochi secondi; il suo profumo mi stordiva, ma sentivo bene che il suo bacino sfregava contro il mio. Quando posò la sua bocca sulla mia, però, tutte le cose che non mi avevano lasciato dormire la sera prima mi fecero aprire gli occhi di scatto, come se qualcuno mi avesse buttato dentro una vasca di acqua congelata. La scansai prima che fosse troppo tardi e lei si alzò dal mio corpo, come scottata.

 

Un'alzata di spalle, era l'unica cosa che avevo ricevuto da lei. Avevo impedito a me stesso di farle una scenata solo per quella minima parte di dignità che mi era rimasta. E capii che quella non era la mia mattinata. Non era la mia giornata. Non era la mia vita. Capii che tutto quello che avevo desiderato non si era mai evoluto; era sempre rimasto solo un sogno. Poco importava che ora il mio cuore stesse sanguinando dal dolore, perchè a lei non importava. Ma la cosa più straziante e frustrante è che io non mi ero mai accorto di nulla. E Valentina con quella sua frase 'apri gli occhi' che mi aveva tormentato per giorni, mi aveva avvertito. Perchè lei l'aveva capito.
Potevo considerare la mia relazione con Chiara definitivamente conclusa e mi diedi dello stupido per aver capito che per lei non era nient'altro che una storiella da nulla. Era solo una sgualdrinella da quattro soldi, che con le sue bugie e i suoi sorrisi maliziosi mi aveva ammaliato. Io non ero innamorato: ecco la cosa di cui cercavo di convincermi.
Il fuoco non ero io; il fuoco era lei, che bruciava ardente nelle mie vene. E più faceva male, più cercavo di sentire e di vivere questo dolore. Ma il fuoco doveva essere spento e in fretta, altrimenti sarei bruciato. Avrei dovuto cercare l'acqua che l'avrebbe spento. Si l'avrei fatto.
Il calore è amore. Il fuoco brucia. Il fuoco non è amore.

Amore? Quello non era amore.

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Capitolo 12
*** Fantastico ritrovo. ***


Eccoci qui:) buona lettura, un bacio


Marco non si era limitato ad un abbraccio da amico qualunque. Era venuto da me lo stesso pomeriggio ed avevamo parlato come non facevamo da mesi. Questa fu l'unica cosa buona di quel mese. Era difficile pensare che Chiara avesse potuto fare una cosa del genere. Guardavo Marco e vedevo un bel ragazzo; fascinoso e simpatico. Ma, in ogni caso, lei non avrebbe dovuto baciare quelle labbra. Avrebbe dovuto baciare solo le mie, avrebbe dovuto desiderare solo le mie. Ma che importava ormai? Lei aveva fatto la sua scelta ed io mi ero comportato di conseguenza. Era inutile piangersi addosso. Ma più ci pensavo e più mi veniva da vomitare; volevo liberarmi di quella malinconia che mi seguiva ovunque andavo.
Cancellai i suoi messaggi, tutte le sue dolci 'buona notti' buttate al vento. Volevo cancellare anche il ricordo dei suoi baci, delle sue mani tra i miei capelli e del suo dolce profumo che mi inebriava in ogni momento la mente, ma non ci riuscii. L'unica cosa che feci fu accantonare in un piccolo spazio del mio corpo tutte le emozioni che ancora provavo per lei. Non sapevo dove si trovavano affinchè non potessi, in un giorno triste, trovarle e piangere come non mai. Mi andava bene così: vedendola raramente a scuola mentre camminava sulle sue ballerine dorate con le sue amiche che mai avevo sopportato e nascondermi dietro ad una colonna, per non farle vedere le mie guance arrossate a causa sua. Stare in classe, invece, era una tortura. Sentire lo sguardo di Valentina sul mio viso, mi faceva non soltanto arrossire ma anche vergognare. Non sapevo esattamente il perchè di quest'ultima emozione. Il problema però, fu quando capitammo in coppia per un lavoro di geografia. Avevo sentito che chiedeva al professore se poteva cambiarle il compagno, ma lui aveva negato. Avevo quasi emesso un sospiro di sollievo.

 

Mi sedetti davanti a lei, in quella sedia che ormai conoscevo da anni, eppure non mi era mai sembrata così comoda.
Prima iniziamo, prima finiamo.”
Annui, d'accordo con la sua affermazione.
Iniziai a dare un'occhiata velocemente al materiale che aveva trovato lei e viceversa; erano una marea di fogli, sparsi sul tavolo in disordine. Sorrisi, pensando che lei non era cambiata affatto. Scorrevo velocemente con lo sguardo le fitte righe di ogni foglio, provando un imbarazzo crescente poiché lei non aveva mai mosso il suo sguardo da me, da quando avevo riposto tutta la mia attenzione a quegli stupidi fogli.

Dobbiamo parlare.”
Non so perchè lo dissi, ma lo feci ugualmente.
Spostai lo sguardo da quella che sarebbe dovuta diventare la nostra ricerca, agli occhi di lei che erano così malinconici e marroncini, ma pur sempre belli. Si stava mordendo nervosamente le labbra e non mi stava guardando. Arrossì quando la mia mano si posò sulla sua, stringendola leggermente.

Non avrei mai voluto che accadesse tutto ciò.”
Ritirò la mano e si asciugò una lacrima, credo, invisibile ai miei occhi.

E mi dispiace se ti ho deluso, ferito..”
Davide, dobbiamo continuare la ricerca.”
Fredda, laconica e determinata.

Un due si può recuperare un'altra volta, un'amicizia no. Mi sta distruggendo.”
È questo il punto. È troppo tardi.”
È troppo tardi. Non poteva averlo detto. Non l'aveva detto; non veramente. Non lo poteva pensare.

Vale non dire così.”
La mia voce era rotta, frustrata e colpevole.

Hai presente cosa significava per me vederti ogni giorno mano nella mano con quella sgualdrina? Hai presente cosa significava per me vederti seduto al banco con
un'espressione felice mentre io cercavo di non scoppiare a piangere? Hai presente cosa significava per me vederti e non poterti sfiorare?”
Si alzò di scatto e mi voltò le spalle. Era ricurva su se stessa, così debole e così fragile. Mi alzai e la raggiunsi, abbracciandola da dietro. Cercò di scansarmi ma la feci girare e la tenni stretta al mio petto e mi sentii male quando capii che era quello che mi era mancato in quei mesi. Mi era mancato quel calore, quell'allegria che portava con se Valentina. Mi era mancata lei.
Scoppiò a piangere e con lei anche il mio cuore. In quelle lacrime c'era l'odio nei confronti di Chiara, l'amore verso di me. C'era malinconia, frustrazione, dolore.
E mi si spezzò il cuore quando tra le lacrime mi disse che mi voleva bene.

Dio, anche io Vale. Bene. Tantissimo bene.”
La vidi sorridere ed asciugarsi timidamente le lacrime: fu la cosa più fantastica.

Ehm..sto soffocando.”
Risi e la lasciai andare.
La guardai negli occhi; era più bassa di me, ma non tanto. Aveva delle belle gambe, lunghe e proporzionate rispetto al suo corpo. I capelli ricadevano morbidi sulle
spalle; mezzi erano raccolti con una pinza. Adoravo la sua semplicità. La matita nera le colorava l'interno degli occhi, e questa li faceva risultare leggermente più piccoli, ma stava bene.

Era una di quelle ragazze che probabilmente mi sarei girato a guardare per strada.

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Capitolo 13
*** Come stai? ***


Non ci sono scuse per il mio abbandono a questa FF, ho scritto questo capitolo di getto e perchè qualcuno mi ha chiesto di farlo, non avevo motivi mentre lei mi ha chiesto di scrivere ancora perchè non potevo lasciare incompleta questa storia. Quindi grazie  LicealeSognatrice. Non so tra quanto la aggiornerò poi, però ci proverò; ho scritto questo capitolo di getto, non l'ho nemmeno riletto, scusate se ci sono errori, ma se non lo pubblico ora non lo pubblico più. Spero lo apprezzerete, anche se personalmente non mi entusiasma. A presto spero, un bacio.

Un'altra cosa importante, sto scrivendo un'altra FF 
It isn't a love story.
(http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1274157&i=1) , mi farebbe molto piacere se passaste. Grazie di cuore a chi vorrà recensire.







Quel sabato sera ero rimasto a casa, non avevo voglia di vedere Valentina, né Marco, né nessuno. Mia mamma era uscita con il suo fidanzato ed io mi ero semplicemente disteso a letto ed avevo guardato il soffitto fino a quando non mi era venuta la fantastica idea di scrivere a Chiara. Non sapevo esattamente se quello che provavo verso di lei era amore o rancore; avevo in un certo senso voglia di fargliela pagare, volevo dimostrarle che non provavo più nulla per lei, che ero più forte. Volevo mostrarle che cosa aveva perso perdendo me, volevo farle capire che nessuno le avrebbe dato quello che le avrei potuto dare io. Le scrissi semplicemente che mi mancava, che avevo voglia di vederla, e non mi aspettai nemmeno la sua risposta, che quando arrivò mi lasciò sbigottito.

'Ti raggiungo a casa.'

Non volevo venisse, non volevo vederla ancora.

Il suono del campanello arrivò dritto nelle mie orecchie, e non esitai un solo secondo a scendere e ad aprire la porta. Era venuta via da una festa, o da un evento, perchè di certo non si sarebbe addobbata così. Le scarpe con il tacco la alzavano parecchio, ma io la sovrastavo comunque; le calze nere quasi trasparenti fasciavano perfettamente quelle sue gambe perfette, la gonna nera stretta le copriva a malapena le cosce, e la maglia scollata evidenziava le sue forme. Il giubbotto aperto in pelle sopra non dava l'idea di qualcosa di pesante, ed infatti quando mi si avvicinò per schioccarmi un bacio sulla guancia, scoprii che le sue labbra erano fredde.

“Come stai?” chiesi.

Non mi mossi di un millimetro, ma mi ritrovai schiacciato al muro con le labbra impegnate con quelle di Chiara; con un piccolo calcio aveva chiuso la porta d'entrata e senza che me ne rendessi conto si era buttata tra le mie braccia impedendomi di dire una sola parola.

Il suo profumo mi inebriò non lasciandomi il tempo per pensare, ma riportandomi solo alla mente certi ricordi di qualche tempo primo.

Le sue mani erano impegnate con i miei capelli, cosa che avevo sempre adorato.

Non seppi di preciso se stessi rispondendo al bacio, le mie labbra erano anestetizzate tanto erano fredde le sue, mentre il mio cuore stava perdendo battiti a non finire. Che diavolo stava succedendo?

Poi accadde tutto velocemente, la mia mano si posò accidentalmente sul suo sedere quasi nudo, dopo aver percorso tutta la schiena d'un fiato, e la sentii sorridere sulle mie labbra. Dunque era davvero questo che voleva? Perché io non glielo avrei certo negato.

La sentii d'un tratto diventare più bassa, e m'accorsi che si era sfilata le scarpe. Subito non esitai a stringerla al mio petto, facendola mugolare, e la presi in braccio, approfondendo il bacio e lasciando che le sue gambe mi circondassero la vita.

Le mie mani andarono a seguire la linea perfetta dei suoi glutei, mentre salivo velocemente le scale, impaziente di assaggiare qualsiasi pezzetto della sua pelle.

Entrai in camera mia e con poca delicatezza la lasciai scivolare sul letto, ricoperto dal piumone; avevo sempre adorato quella soffice coperta che la notte mi scaldava.

Mi tolsi la maglia sotto il suo sguardo eccitato ma non ebbi il tempo di sfilarmi i pantaloni perchè ci pensò lei; io mi occupai della sua maglia e della sua gonna, ed accidentalmente ruppi le sue calze preso dalla foga. Lei sorrideva mentre mi guardava armeggiare con il suo reggiseno, sembrava divertita, mentre io mi sentivo scoppiare.

Poi glielo tolsi e lei non cercò di coprirsi o altro, ma si mostrò a me senza vergogna; avevo sempre pensato che Chiara fosse perfetta in tutto, ma vederla davanti a me nuda, in tutta la sua bellezza mi fece strizzare un attimo gli occhi, senza però farmi ritrovare la lucidità.

“Sei sicura Chiara?”

Balbettai un po', mi rendevo conto che ciò che stavamo per fare era una cosa stupida, dettata dalla voglia e dalla nostalgia, una cosa che molto probabilmente non si sarebbe ripetuta, e non sarebbe mai dovuta accadere.

Il suo togliersi gli slip mi fece capire che non aspettava altro. Mentre le sue mani si arpionavano sulle mie spalle, io mi avvicinai a lei e le sussurrai quanto fosse bella vestita solo della sua pelle.

Mi accoccolai tra le sue gambe e dopo averla guardata ancora una volta ed aver constatato che non c'era ombra di ripensamento nei suoi occhi, entrai in lei con una dolcezza infinita.

Mille emozioni mi circondarono il corpo, la mia testa con un gesto involontario si alzò verso l'alto ed i miei occhi si chiusero, mentre dalle nostre bocche insieme uscirono dei gemiti pieni di desiderio.

Le sue mani mi spinsero la testa verso la sua e mi lasciò un bacio infuocato sulla mandibola mentre io le mordicchiavo il collo, impaziente di sentirla gemere. Sospirò una, due, tre, milioni di volte ad ogni mia spinta, mentre io non potevo e non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua espressione beata; non pensavo potesse diventare ancora più bella.

All'ultima spinta mi lasciai andare piano su di lei, senza pesarle, solo per sentirla un po' addosso a me, e quella sorridendo mi accarezzò i capelli.

“Ora bene.”

“Mmh?” mugugnai, incapace di dire altro.

“Ora sto bene.” disse, prima di accoccolarsi sul mio petto mentre io cercavo di mettere ordine tra i miei pensieri e tra il vuoto che si stava venendo a creare nel mio petto.

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