~ La Viaggiatrice dei Mondi di Pan ~ di Elyse Brunt (/viewuser.php?uid=76157)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Leadheed ***
Capitolo 3: *** 2. Angelo Ridente ***
Capitolo 4: *** 3. Il Capitano della Poison ***
Capitolo 5: *** 4. I tentacoli di Madame Sugàr ***
Capitolo 6: *** 5. La Profezia della Rinascita ***
Capitolo 7: *** 6. La bottega di Mastro Aggiustatutto ***
Capitolo 8: *** 7. Reuccio Giustappunto ***
Capitolo 9: *** 8. I Pirati di Panthalassa ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
LVDMDP
Prologo
Tia Lube osservò con molta
circospezione villa Brenn, disabitata da anni. La vernice rossa che li ricopriva
era stata in parte rovinata dal tempo e dalle forti
piogge
estive che non di rado
allagavano il crocevia. La villa si componeva di tre piani, più uno scantinato,
ed era circondata da un giardino poco curato.
- La rimetteremo noi in
sesto – disse la signora Paula Lube trafficando con le chiavi per aprire il
cancelletto.
La villa era rimasta vuota
per anni. La famiglia che l’abitava era scomparsa a poco a poco, fino alla
sparizione dell’ultima proprietaria. Da allora nessuno aveva rivendicato il
possesso della casa, almeno fino a quando un loro lontano parente aveva venduto
ai suoi genitori la proprietà. Come fossero entrati in contatto, Tia non lo
sapeva, ma avrebbe voluto che non fosse mai
successo.
La villa la
inquietava.
Era grande, bianca, con
gli infissi rosso sangue e fin troppe stanze da mettere a posto. Ed era stata la
dimora di una famiglia scomparsa.
La signora Lube riuscì
finalmente ad aprire il cancello e fece strada verso l’ingresso, dove, dopo
altrettanti tentativi di aprire, spalancarono il portone rosso.
- Siamo i primi ad entrare
qui da quasi dieci anni, Tia! Non ti elettrizza la cosa? – esclamò sua
madre.
- Moltissimo… - rispose
sua figlia inarcando un sopracciglio.
- Su, sii più serena. Fra
un paio di giorni arriveranno papà e le tue sorelle, la casa deve essere più
ordinata.
- Anche se Olly oggi deve
andare alla festa di compleanno della sua amica e papà è occupato all’agenzia,
almeno Alice poteva venire ad aiutarci!
- E che aiuto può dare una
bambina di dieci anni, Tia?
- Un
po’…
Paula Lube mise le mani
sulle spalle di sua figlia.
- Tia, non fare del nostro
trasferimento una cosa tragica. Questa casa è bellissima, il giardino è enorme,
il paese è tranquillo, papà verrà trasferito qui e io aprirò un negozietto qua
vicino. E’ tutto a posto, per una volta. Tu ti farai nuovi amici. Ora ti
dispiacerebbe andare a dare un’occhiata nel giardino? Sinceramente non so dove
inizia e dove finisce.
Tia sospirò. Come al
solito sua madre cercava di farla sentire in colpa, come se fosse la causa di
tutto ciò che capitava nella sua famiglia. Non faceva altro che pretendere
ancora, non si accontentava mai. E non riusciva a capire che lei odiava quel
posto.
-
Vado.
-
Bene.
Nemmeno un “grazie”. Tia
uscì di casa molto irritata e arrivò al cancelletto d’ingresso. Si voltò per
avere una visione d’insieme.
“Dunque…” pensò. “Davanti
c’è quello che una volta poteva definirsi un praticello. Circondato da cespugli.
A destra c’è un grosso albero. Una magnolia, di fronte all’ingresso. E un abete,
e un melograno. Morto, probabilmente. Marcio. A sinistra c’è un altro melograno
e un… non – so – cosa peloso. E anche un altro non – so – cosa strano. E lì in
mezzo una specie di sentiero che va dietro. Ma non vedo nulla da
qui…”
Tia si fece strada tra
l’erba alta e raggiunse il melograno di sinistra. Lungo il sentiero c’erano
delle betulle dalle chiome colorate di rosso, e le foglie formavano un tappeto
sul quale i passi di Tia erano silenziosi. Dietro una betulla più alta delle
altre c’era uno spiazzo pavimentato con piastrelle di pietra e sormontato da un
gazebo bianco sporco, intorno al quale era cresciuta molta edera. Tia si
avvicinò e si mise a sedere nel gazebo.
Era fantastico. Sembrava
uscito dal castello delle fiabe! Eppure…
C’era qualcosa.
Qualcosa che non andava,
in quel gazebo.
Tia si alzò e guardò più
attentamente.
Poi la
vide.
C’era un paio di occhiali
dalla montatura antiquata posato a terra. Prima non lo aveva
notato.
Si abbassò e stava per
prenderli quando vide qualcosa in una fessura fra le pietre che pavimentavano il
gazebo. Un luccichio sinistro. Come il riflesso di una lama.
O di un
occhio.
Scosse la testa e posò gli
occhiali su un sedile di marmo, appoggiandosi imprudentemente ad una dei quattro
portacandele murati alle colonnette che pensava servissero a contenere torce per
illuminare il gazebo. Il portacandele cedette e si ruppe, facendo cadere Tia
proprio nel centro del pavimento. Dove c’era quella fessura.
La pietra sotto di lei
fece tlack.
Poi anche le
altre.
E Tia rotolò per delle
scale a chiocciola di pietra.
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Capitolo 2 *** 1. Leadheed ***
LVDMDP
Capitolo 1
Era distesa a terra, con la testa
dolorante e pulsante. Gli occhi chiari chiusi, i capelli sparsi a ciocche sul
pavimento lastricato di mattonelle bianche e grigie. Li toccò con la mano
sinistra. Aveva gli stessi capelli di sua madre, come anche sua sorella maggiore
Olly. Olimpia Lube però era molto più bella di lei. Era più femminile, aveva i
capelli lunghi e le unghie tinte di viola. Olly era l’artista di casa: sapeva
scrivere, disegnare e fare fotografie; come sua sorella odiava la danza e la
ginnastica in generale, era sensibile e aveva occhi diversi, capaci di giudicare
le cose per ciò che sono senza pregiudizi. Ma Tia questo non lo sapeva. Forse
perché Olly non parlava mai e con lei litigava soltanto. Oppure perché preferiva
evitare i conflitti e seguiva una filosofia di vita tutta sua, per la quale Tia
la considerava la solita superficiale. Come considerava tutti in
famiglia.
Puntò le mani a terra e si
sollevò.
Sua madre era una specie di cane da
guardia presuntuoso predica – bene – razzola - male. Facile fare la mamma per
svago, fregarsene dei pareri di sua figlia e risolvere i problemi urlando
punizioni a raffica a tutti i coinvolti.
Tia strinse i pugni scoprendoli
graffiati.
E suo padre non s’interessava a questo.
La lasciava fare “per non creare problemi alla famiglia”… E la nonna sempre lì a
dargli ragione!
Certe volte Tia si sentiva proprio
sola. Anche se non lo sapeva, anche per Olly era così, ma Olly soffriva in
silenzio. Tia no. Tia parlava. Tia litigava. E per questo veniva sempre accusata
dei problemi in famiglia.
Infine c’era Alice. La piccola Alice
coi capelli biondi e gli occhi azzurri di suo padre, con tutta l’ingenuità di
una bimba di sei anni. Praticamente la cresceva Olly. Anche se lei e la nonna
avevano provato ad istruirla a modo loro – la prima come un maschiaccio e la
seconda come una sottospecie di Heidi -, Alice seguiva solo Olimpia. E dopotutto
non cresceva male. Era libera ed indipendente come un gabbiano grazie alla sua
filosofia di vita, secondo Olly.
Tia si scosse interrompendo il flusso
dei pensieri che il torpore della caduta le aveva fatto intessere nella mente
appannata. Anche la musica che sentiva in sottofondo aveva contribuito.
“Aspetta… la…
musica?”
- Uno, due, due e
tre,
Di più triste non ce
n’è.
Tre e quattro, quattro e
cinque…
La giovane Lube si massaggiò la testa
levandosi dai capelli scuri foglie secche e polvere. Era caduta dalle scale che
si erano aperte sotto di lei nel gazebo, e ora non le vedeva più. Erano sparite.
Intorno a lei c’era solo nebbia e polvere. E quella
canzone.
- … dove sei da loro
s’evince! Quattro e cinque, cinque e sei…
Sono i pazzi, sono i
rei!
Tia si scrollò dai jeans leggeri e
dalla maglietta mimetica azzurra la polvere, poi si guardò attorno, cercando la
persona che stava cantando. Non riusciva a capire se fosse maschio o
femmina.
- Cinque e sei, sei e
sette,
qui sono i folli che
rifiutaste!
Sette e otto, otto e
nove…
- Ehi… - chiamò Tia. – C’è nessuno? Chi
è che canta? Dalla nebbia la quattordicenne distinse una strana figura, molto
piccola e scura in realtà.
- Ehi…
- … Vorrei tanto essere
altrove!
Che la luce non
arriva,
a Panthalassa, non
arriva!
E se il buio ancor perdura,
la via sarà più
insicura,
e per Angelo
Ridente,
la fortuna sarà
splendente!
Dalle nebbie uscì una testa dalla forma
allungata, col la mandibola prominente dalla quale sbucavano due zanne appuntite
e un paio di occhietti brillanti e dorati. La seguì un lungo collo squamoso e un
corpo tozzo e grassottello sormontato da un paio di ali
bluastre.
Un… drago?!?
La ragazza si tirò indietro,
strofinandosi le dita sugli occhi, nel tentativo di capire se si trattasse di
un’allucinazione. Il bizzarro rettile preistorico volante si avvicinò a Tia
borbottando e sbuffando zolfo dalle narici prominenti, spaventandola non
poco.
Com’era possibile che ci fosse un drago?
Sto sognando…
-
Ciao
cosetto… - balbettò la ragazza. – Sai per caso dove siamo?
Sono pazza. Parlo con un drago! Anzi…
con un incubo, una visione, il frutto di un provabilissimo trauma cerebrale
successivo alla mia caduta.
Il drago rispose con una sbuffata più
forte. Poi squadrò Tia coi suoi occhietti intelligenti e quando decise che si
poteva fidare le si posò sulla spalla e con la testa indicò una direzione.
Sembrava averla… riconosciuta.
Tia s’irrigidì vedendosi quella
creatura buffa e grottesca allo stesso tempo sulla sua spalla, urlò e cercò di
cacciarla, ma poi sospirò, arrendendosi. Aveva paura che se avesse reagito male
l’avrebbe incenerita. Il cuore le batteva all’impazzata, ma decise di farsi
coraggio e di provare ad interagire con quella sottospecie di follia
vivente.
E’ un sogno. Che altro dovrei
fare?
-
Bene,
animale strano. Mi capisci?
Il drago annuì e le indicò nuovamente
la direzione.
Tia si batté il palmo sinistro sulla
fronte. Riusciva a capirla! A capirla! Era davvero
impazzita.
- E’ impossibile… tu non dovresti
esistere… Tu non puoi esistere!
Il rettile bluastro lanciò una fiammata
in aria facendo tacere Tia, poi le gettò un occhiata eloquente e le mostrò ciò
che il fuoco aveva liberato dalla nebbia.
Socchiuse gli occhietti dorati
minaccioso, e la spinse avanti.
- Un cartello?
Era proprio un cartello. Di legno, con
le indicazioni. Delle strane indicazioni.
-
Di là c’è…
La casa dell’Angelo Ridente. E il palazzo di madame Sugàr. A destra invece ci
sono… la bottega di mastro Aggiustatutto e il castello di Reuccio Giustappunto.
Oh, Dio, dove sono finita? Che razza di posto è questo?
Per tutta risposta il drago lanciò
un’altra fiammata, stavolta contro il pavimento.
La nebbia si dissolse e mostrò una
scritta:
Benvenuti
a Panthalassa
Altresì
detta Sottoscala e Mondo dei Pupazzi
- Mm. E’ lontana questa… Panthalassa…
Dall’Italia? O è in Italia?
Il drago indicò con una zampa il
cartello di sinistra che recava la scritta “Palazzo di madame Sugàr”, azzannò la
maglia mimetica di Tia e la tirò in quella direzione.
La ragazza urlò cercando di
divincolarsi dalla morsa del drago bisbetico.
- Ehi! Lasciami subito, brutto
coso!
Vedendo che quello non accennava a
mollare la presa, la piccola Lube decise di seguirlo.
- Tanto indietro non si torna. Le scale
sono scomparse e la nebbia non fa vedere nulla…
La ragazza e il drago s’incamminarono
per il sentiero.
-
E se ti
chiamassi Leadheed, drago? Perché sei un drago… vero? – fece Tia, sospirando. –
Leadheed era il nome del mio gatto. Mi piaceva il suono “Lided”. Anche se per
regola si dovrebbe leggere “Lidid”.
Dio. Non può essere. Sto parlando con
un drago. Un drago! Se è uno scherzo giuro che svengo dalla gioia.
Significherebbe che non sono pazza. E se sto sognando devo aver mangiato davvero
pesante. Che cosa ho mangiato? Ho mangiato? Ah, ho capito. Sono in
coma.
Tia era davvero confusa. Strinse le
mani in due piccoli pugni e li premette contro le tempie, come per comprimere i
pensieri che l’opprimevano.
“Uno. Due. Tre. Ok, Tia, fai come
quando litighi con tua madre. Riassumi. Rifletti. Oggi io e mamma ci siamo
trasferite. Ok. Dove, Tia? In un paese sul mare che si chiama Alba Adriatica.
Nella villa dei Brenn che ha un parco meraviglioso. Che è successo poi? Poi ho
litigato con mamma. Come sempre, lei non capisce che sono diversa da Alice e
Olimpia. Io vedo le cose diversamente e per questo soffro di più. Alice e Olly
non pensano che lasciando la nostra vecchia casa lasciamo anche dei luoghi dove
siamo cresciute, della nostra infanzia. Sono superficiali. Basta! Sto divagando. Cosa ho fatto
oggi? Ho visto il parco e il gazebo. Com’è il parco? E’ grande e bellissimo, le
betulle sono neve e sangue. E il gazebo? E’ di marmo e riflette la luce. Ottimo
posto per riflettere. Un po’ meno per cadere. Ecco… arriviamo al punto. Dove sei
caduta? Non lo so. Sono caduta su una pietra e si è aperta una scalinata. Sono
rotolata giù – e mi sono fatta male per la verità – e ho sentito una canzone.
Poi è comparso un drago – sì, un drago!. E ho scoperto di essere in un posto
chiamato Panthalassa o Sottoscala o Mondo dei Pupazzi. O forse sto impazzendo.
Purtroppo non sto sognando, la botta in testa fa malissimo… Nel peggiore dei
casi, sono in coma.” Distratta dai pensieri che le carpivano la mente, non si
accorse di stare per sbattere contro uno strano albero. - AHIA! – strillò
quando il suo naso si scontrò con qualcosa di duro e freddo. - Che botta…!
Maledetto drago, potevi avvertirmi che c’era un… un…
Come si poteva definire un albero di
pietra?
- Alpater, piccola – disse Angelo
Ridente.
- Un alpater, appunto!
Tia s’irrigidì. Chi ha parlato?
Davanti a lei c’era un uomo. O forse un
tempo lo era stato. Portava abiti neri e dalla schiena partivano grandi ali
bianche, sanguinanti e piene di fasciature. I capelli erano scompigliati e
rovinati, gli occhi infossati e circondati da rughe calcate, la bocca solcata da
un taglio profondo che partiva da un orecchio e arrivava ad un'altro
deformandogli orribilmente il volto in un perenne sorriso.
L’Angelo Ridente!
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Capitolo 3 *** 2. Angelo Ridente ***
LVDMDP
Capitolo Due
L’oscura figura dell’Angelo si
stagliava nella nebbia, che stava pian piano lasciando spazio ad una landa
circondata da alberi di roccia – alpater – e sormontata da un tempio antico e
cadente. Il pavimento lastricato aveva lasciato spazio ad un praticello
dall’improbabile colorito grigiastro. Tia sentì un brivido percorrerle la magra
schiena e il dolore alla testa e al naso accentuarsi.
Quella creatura non era
umana.
Cioè, nemmeno Leadhead era umano – o animale, o reale -, ma dopotutto era
più… ordinario. Non che un drago potesse essere considerato normale, ma l’Angelo
Ridente sembrava l’incrocio tra un anziano cantante punk e Joker di “Batman”.
Solo che la sua non era una cicatrice, ma una ferita, assai più spaventosa e
ricucita in malo modo. Il drago era impossibile, strano, ma non inquietante. Quell’uomo, quella creatura
grottesca, era a dir poco orrenda.
Leadhead sembrava angustiato da quella
vista almeno quanto lei. Continuava a sbuffare e a volare nascosto dalla figura
di Tia.
L’Angelo le rivolse un elegante inchino
e appoggiò una mano sul tronco dell’alpater contro il quale la ragazza del mondo
di sopra aveva sbattuto.
- Sono stati pietrificati dal reuccio
Giustappunto. Una volta erano belli e rigogliosi, neri e viola come nei migliori
incubi!
- I-incubi…? – balbettò Tia. – Scusi,
ma lei chi sarebbe?
L’Angelo scoppiò a ridere, aprendo
l’enorme taglio sul viso e facendo inorridire la piccola Lube.
- Forse dovresti presentarti prima tu,
piccola. Non sono io lo straniero. Tia si morse il labbro inferiore e guardò
negli occhi cerchiati di nero dell’Angelo dal sorriso maledetto. Poteva fidarsi
di una creatura così bizzarra?
Leadheed era nervoso e visibilmente
inquietato dall’Angelo, ma Tia decise comunque di fidarsi. Dopotutto, lei voleva
solo tornare a casa.
- Il mio nome è Tia
Lube.
- E da dove vieni, Tia Lube?
- Ecco, io… Sono caduta dalle scale e
sono finita qui per sbaglio.
In effetti Tia non riusciva a capire
come potesse esistere un paese sotto la sua nuova casa, perciò ritenne che forse
c’era qualcosa del suo arrivo lì che non riusciva a
ricordare.
- Scale?
- In un gazebo. Nella villa dei Brenn,
a Seatdown. Non è qui vicino?
- Sei una del Secondo Piano? Di
Pandemos?
- Pandemos…?
- Sì… Il paese degli illusi! Non hai
detto che vieni dalla villa dei Brenn?
- Sì, ma...
- Chi sei? L’ultima a venire fu
Louise.
Tia si appoggiò ad un alpater e fermò
l’Angelo con un gesto. Non riusciva a seguirlo, tutto le sembrava così
impossibile!
- Piano…! Non capisco niente. Io mi
sono trasferita oggi nella villa. I Brenn non ci sono più… La casa è nostra e io
sono finita qui per sbaglio… Non so come ho aperto il passaggio, è stato un
errore! Io voglio tornare a casa!
Era confusa. Dov’era? Cos’erano tutte
quelle strane creature, l’Angelo, Leadheed? Uno scherzo? E cosa c’entravano i
Brenn con tutto ciò?
- Ma allora non sai nulla! – esclamò
l’Angelo.
- Nulla di cosa?
L’Angelo scosse la testa e le indicò il
tempio nella nebbia. Le bianche colonne erano distinguibili nel
buio.
- Vieni con me. Ti spiegherò
tutto.
- Tutto di cosa?
- Ma dei mondi di Pan,
ovvio!
- I mondi di…
Pan…?
L’Angelo Ridente sbuffò e si voltò
rigidamente avanzando sull’erba grigia e tra gli alpater verso il
tempio.
- Pandemos, Panthalassa, Pangea
e…
- E…?
- E Panurania.
L’Angelo Ridente la guidò tra gli
alpater e rovine di un edificio che un tempo forse aveva circondato il tempio,
poi superò la fila di colonne quasi integre che presidiavano l’entrata e la
precedette nella sala antistante.
C’erano quattro panchine di pietra che
percorrevano due dei lati della stanza, mentre a nord c’era quella che doveva
essere stata la base di una statua, ma che ora era spezzata. Nel centro giaceva
una teca coperta da un telo purpureo.
L’Angelo indicò il basamento di marmo
spezzato.
- Sai, una volta io ero
lì.
Tia lo guardò stranita, ma quello non
le diede il tempo di parlare, cominciando a spiegarle la storia dei mondi di
Pan.
- Ci sono tre mondi, Tia Lube, oltre a
quello che conosci. Il tuo è il mondo “principale” dal quale gli altri hanno
avuto origine. Tu lo chiami Terra, noi lo chiamiamo Pandemos: Tutti i Popoli. Il
mio mondo, il mondo nel quale sono nato, è Panthalassa – Tutti i mari.
La
Panthalassa, come avrai sicuramente appreso dall’Incisione
all’ingresso ovest, viene detta anche Sottoscala, perché si trova in una
dimensione sotterranea raggiungibile solo con le scale. E’ anche chiamato Mondo
dei Pupazzi, perché qui vivono gli incubi di tutte le persone del tuo mondo,
incubi che in apparenza sono innocui, ma nascondono una natura malvagia. A
Pandemos noi non siamo ben accetti, così viviamo qui. Pangea, Tutte le Terre,
invece è il Paese del Silenzio. Non so dove sia l’entrata, ma dalla Panthalassa
è raggiungibile con una nave speciale dalle vele vive: la Poison. Pangea è abitata da
artisti, sogni e persone con sentimenti particolari alle quali piace stare in
silenzio, per quel che so. Infine, c’è Panurania – Tutti i Cieli. Di quel mondo
non so nulla, nemmeno come ci si arriva. E’ il più misterioso. Penso, comunque,
che sia raggiungibile anch’esso con la Poison – quella nave è
straordinaria.
Tia rimase un attimo in silenzio. Poi
scoppiò a ridere istericamente, sotto lo sguardo stupito dell’Angelo e di
Leadheed. Come poteva credere a tali assurdità? Già il solo fatto di trovarsi
in un tempio sotterraneo con una creatura orribile ed un drago era impossibile,
oltretutto ora quell’uomo le stava dicendo di essere l’incubo di qualcuno nel
suo mondo e che di mondi ce ne erano quattro. Eppure tutto ciò era realtà. Tia
era realmente a Panthalassa. Leadheed
era realmente un drago e Angelo Ridente era reale. Cosa doveva fare? Alla fine
l’unica cosa che desiderava era capire cos’era accaduto e tornare a
casa.
- Angelo… Tu sai come posso tornare a…
Pandemos? – chiese allora, pensierosa, Tia.
- Per passare dal tuo mondo a
Panthalassa ci sono le scale, ma non conosco la via del ritorno… Però so che la
nave Poison può viaggiare per tutti i mondi di Pan!
- E quindi? Dov’è la
nave?
L’Angelo abbassò il capo dalla chioma
irsuta e incrociò le dita insanguinate.
- Ecco, questo è un problema, Tia
Lube…
- Perché?
L’Angelo dal volto sfigurato sembrava
seriamente in difficoltà.
- Beh… La Poison è una nave dalle vele speciali…
vive. È stata costruita col legno di alpater e lapater – che sono speciali
alberi di Pangea – mentre le vele sono creature vive di Panurania. Il capitano
della Poison è uno di Pandemos, come te, ma… È scomparso. Da almeno cinque anni
la Poison è
attraccata al molo sul lago Moth. Però potresti parlare con madame Sugàr. Lei
forse potrà aiutarti… Rimani qui, a dormire.
Tia scosse il
capo.
- Io devo tornare a casa… Mia madre
sarà in pensiero, cavoli!
- In ogni caso la ciurma della Poison
si è divisa dalla scomparsa del capitano… Quindi non hai altre possibilità temo.
Inoltre si è fatto tardi e tu sei stanchissima, Tia Lube. Se vuoi, puoi dormire
nel Tempio…
Tia rimase in silenzio. “Non ho altre
possibilità.”
- Va bene. Ma tu? Tu dove
dormi?
L’Angelo rise e la ferita sul volto
sfigurato sanguinò di nuovo.
- Io dormo sulla stele spezzata,
fanciulla. Prima che reuccio Giustappunto distruggesse il nostro equilibrio era
sempre così… Ora guardami. – disse con la voce spezzata dalla malinconia. – Ero
una statua vivente, Tia Lube, l’incubo ricorrente di una vecchia guardia
notturna di un museo in Francia. Ma quell’orribile creatura…! Una volta era
madame Sugàr a vivere a palazzo. Ora Giustappunto l’ha cacciata ed ha instaurato
una monarchia! Perfido essere… Da statua mi ha fatto trasformare in uomo da quel
leccapiedi di legno di Mastro Aggiustatutto! Ma la pena non era abbastanza… Ha
voluto distruggere tutto, trasformare gli alpater viola e spaventosi in noiosi
tronchi grigi di pietra, lasciare la mia ossatura di roccia in modo che come io
mi muovo essa si spezza! E poi lo vedi? – sbraitò, indicando il taglio rosso
sulla bocca. – Diceva che non gli avevo sorriso abbastanza, quel maledetto
BASTARDO!
- Angelo!
L’Angelo Ridente si calmò e portò
coperte calde e un cuscino sulla fredda panchina del tempio. Il volto era ancora
più spaventoso, trasformato dalla rabbia, e Tia capì che tutte le fasciature e
le ferite erano dovute ai suoi movimenti che spezzavano le ossa fragili e
rigide. Ossa di pietra. Eppure ancora non tutto le era chiaro di quello
strano mondo, e aveva, se possibile, le idee ancor più confuse di prima.
C’era la magia?
- Dormi, Tia Lube. Anch’io dormirò -
disse Angelo Ridente, issandosi sulla stele spezzata.
La ragazza rabbrividì e sperò di
svegliarsi in camera sua, come se fosse stato tutto un assurdo incubo, come
quelli che pascolavano nella fantasiosa mente di sua sorella minore.
Tia aggiustò le coperte sulla panca e
si distese, lasciando uno spazio per Leadheed, che per tutto il tempo era
rimasto in un angolo a sputare fiammate inquieto. Il drago le si accoccolò a
fianco e la giovane Lube lo strinse come un’ancora di
salvezza.
Strano come avendo constatato le
stranezze dell’Angelo pazzo si fosse legata al drago, che d’un tratto le
sembrava normale come lo era un micio. Ovviamente non era normale, un drago. Ma
era mansueto nei suoi confronti, e per lei che era sempre così incline ad
affezionarsi a qualsiasi tipo di animale Leadheed non era che una graziosa
lucertola un po' cresciuta. Un po' troppo. E magari, anche un po' poco graziosa,
ma quelli erano solo dettagli, in una circostanza tanto assurda.
- Ho paura, Leadheed – sussurrò. –
Questo posto, l’Angelo e persino tu non dovreste esistere nella realtà. Eppure
questa è la realtà. Ho sempre sognato
avventure in mondi strani, sai? Ma non pensavo che lontano da casa e senza alcuna certezza di poterci tornare mi
potessi sentire così... così… Confusa, sola e abbandonata. Vorrei che questo
fosse solo un maledetto incubo, ma non è così, Leadheed. E’ reale. E voi, con
tutto il rispetto, mi fate un po' paura...
Tia singhiozzò piano, lasciando che le
lacrime le scorressero sulle guance pallide, mentre le sembrò di sentire il
drago sghignazzare.
- Non piango di solito, drago, quindi
chiudi quella bocca e fatti i fatti tuoi. Pensa a dormire.
Buonanotte.
E nel silenzio tombale del tempio in
rovina Tia si addormentò, sentendo risuonare lontana l’eco di una
risata…
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Capitolo 4 *** 3. Il Capitano della Poison ***
Thesecretdoor
Capitolo
Tre
Il Capitano della
Poison
Quando Tia si
svegliò il sole era sorto da poco e l’aria del tempio era gelida ancor più della
sera prima. Leadheed non era più vicino a lei e l’Angelo Ridente non era sul
basamento spezzato. In un primo momento non si era ricordata di trovarsi nel
mondo di Panthalassa, ma quando le tornò in mente si massaggiò le tempie
stordita, come chi si sveglia da un incubo strano e poi si accorge che è la
realtà.
Si alzò dalla
scomoda panca con il fianco dolorante e la schiena a pezzi e andò alla ricerca
dell’Angelo e del drago. Il tempio era circondato da colonne e dopo l’entrata ve
ne era una fila interna al tempio che percorreva i quattro lati e divideva la
zona delle panche da quella dell’altare spezzato e della teca nascosta dal
tessuto rosso. Ma sulla parete nord, dietro le colonne parallele all’altare,
c’era una porta socchiusa. Tia la raggiunse ed entrò nella stanza dall’altra
parte.
Un brivido di
orrore percorse la schiena dolorante della piccola
Lube.
Le pareti erano
segnate da macchie di un colore rossiccio – marrone
raccapricciante.
Intuì subito di
cosa si trattasse dal mucchio di sporchi e puzzolenti oggetti biancastri
ammassati al centro della stanza.
Ossa.
Ossa e sangue,
più di quanto il cuore inesperto di Tia potesse
sopportare.
L’orrore invase
la sua mente.
Era opera
dell’Angelo Ridente? Cos’era quel posto? E di chi erano le
ossa?
Il nauseante
odore di sangue le invase le narici costringendola ad
indietreggiare.
Era in
pericolo? Cosa avrebbe dovuto fare?
Scappare?
- Sì… Devo
scappare… via da qui… - sussurrò chiudendo la porta davanti a sé ed
indietreggiando fino ad arrivare ad appoggiarsi con la schiena alla colonna
dietro di lei.
Pensò al drago
che era sparito. Pensò all’Angelo dal passato doloroso. Pensò a Panthalassa, a
Pangea e a casa sua.
- Mamma sarà
preoccupatissima… - sospirò passandosi la mano destra sul
viso.
-
Probabile.
Tia Lube
trasalì. L’Angelo Ridente era dietro di lei, proprio sull’altare spezzato.
Saltò giù e la
raggiunse, mentre il suo cuore batteva
all’impazzata.
- Cosa facevi
lì, Tia Lube?
Tia rimase
muta. Non riusciva ad emettere alcun suono, sentiva solo la gola bloccata dal
battito del suo cuore, che sembrava uscire fuori dal petto ad ogni pulsazione. E
l’Angelo se n’era accorto?
- Hai visto quella
cosa…
Tia tacque
ancora. Allora era stato lui! Era lui il mostro. Era
lui.
- Mi dispiace…
Avrei voluto aspettare, capire come hai riaperto il passaggio, e se sei proprio
tu quella che avrebbe dovuto svegliare la Poison… Ma ora che hai visto tutto…
Non posso fare altrimenti.
- Cosa sei?!? –
gridò Tia tirandosi indietro.
L’ingresso del
tempio era dall’altra parte e l’Angelo bloccava l’unica via di fuga. Era in
trappola.
- Io? Te l’ho
detto. Ero una statua. Il re mi ha trasformato in uomo lasciando però il mio
scheletro di pietra, perciò le mie ossa si spezzano di continuo. Non posso
muovere le ali o correre o fare movimenti bruschi. Se lo faccio, mi spezzo. Così
non ho nulla da mangiare, Tia. Non posso inseguire animali o tenere ferme le
piante per tagliarle. Devo pur nutrirmi di
qualcosa…
Tia
inorridì.
-
Vuoi dire che quelle ossa…
La gente...
- Erano incubi
da quattro soldi! Volevano la spada del Capitano, ma non sapevano di non poterla
usare. Quando sono morti… Li ho
mangiati.
Tia si appiattì
contro il muro scuotendo la testa dall’orrore.
- No… No… Io
non… Non capisco… Spade… Capitano… Statue che diventano uomini… E li hai
mangiati! Io…
- Cerca di
capire, Tia. Giustappunto voleva che il Capitano della Poison smettesse di
viaggiare tra i mondi, anche se non so perché. Gli ha sottratto la spada, che
gli dava il potere di guidare la nave, l’ha data a me e mi ha trasformato in
uomo perché la proteggessi in caso qualcuno che sapesse usarla giungesse. Mi ha
lasciato lo scheletro mutilato perché non potessi muovermi dal tempio. È un
bastardo. Eppure fino ad ora non è venuto nessuno di adatto alla spada Volucera.
E tutti quelli che la toccano senza essere adatti muoiono. Perché sprecare tanta
carne?
A Tia venne da
vomitare. Quell’essere era un cannibale e lei non aveva scampo contro di lui.
Non poteva fuggire.
- … E ora tu
sai il mio segreto, Tia. Cosa pensi io possa
fare?
- Non… Non puoi
uccidermi. Non ho toccato la… la spada e tu non ce la fai ad inseguirmi… -
balbettò.
L’Angelo
rise.
- Non credermi
così indifeso, ragazzina.
La mano destra,
che finora aveva tenuto nascosta dietro la schiena, si mosse verso di lei
impugnando un coltellaccio orribilmente sporco di sangue rappreso. Tia urlò
scattando verso sinistra. L’Angelo venne colto un po’ di sorpresa, poi si mise
ad inseguire la ragazza lanciandole delle punte di ferro affilate.
-
Aaah!
Tia aveva quasi
raggiunto l’ingresso quando una di queste le si conficcò nel polpaccio,
costringendola a fermarsi.
L’Angelo era a
pochi metri da lei, e la spinse a trascinarsi verso il centro della sala, nel
disperato tentativo di strapparsi dal polpaccio la punta di ferro.
Giungendo nei
pressi della teca nascosta, inciampò nel drappo che la copriva e cadde,
trascinandoselo addosso e rimanendovi intrappolata. L’Angelo rise e rallentò
l’inseguimento. Tia si liberò dalla stoffa e si rialzò appoggiandosi alla teca.
Quando ne
scorse il contenuto, si ritrasse
improvvisamente.
C’era un
ragazzo.
Un ragazzo che
stringeva tra le mani una spada dall’impugnatura particolare. Era circondata
dalle spire di un serpente, tra le cui fauci sulla sommità stava una pietra di
un colore indefinito tra il blu e il
viola.
- Ma
cosa…
L’Angelo
sospirò.
- È il Capitano
della Poison. Giustappunto lo ha fatto addormentare… Sono stato costretto a non
dirti che si trovava qui, per tenerti buona ancora un po’… Non importa – spiegò,
ricominciando ad avvicinarsi.
Tia aggirò la
teca, spostandone erroneamente il coperchio di vetro, che si infranse sul
pavimento. Uno dei frammenti entrò nell’occhio dell’Angelo. Poteva
fuggire!
Scattò verso la
porta, ma una mano la fermò.
Tia si voltò
indietro certa di trovarsi di fronte la lama del coltello dell’Angelo e il suo
orribile sorriso di sangue, ma non fu
così.
Davanti a lei
c’era un ragazzo dai capelli corvini dai riflessi blu lunghi, lisci e
scompigliati, i tratti severi e dei magnifici occhi di un colore tra il grigio,
il blu e il viola.
Era il ragazzo
che dormiva nella teca.
Il Capitano
della
Poison.
___________________________________________________________________________________________________________
E
questo era il terzo capitolo. Davvero, non vedevo l'ora che il Capitano entrasse
in scena. E' uno dei personaggi che preferisco, sebbene non sia nè il più
originale nè il più simpatico o potente. Ma lui è l'affascinante Pirata dagli
occhi di tempesta che impugna la mitica spada Volucera e controlla la Poison...
Non posso fare a meno di essere affezionata a lui!
Mano a mano che
scrivo mi appassiono a questa storia, a Tia e a Panthalassa, non vedo l'ora che
arrivino i capitoli successivi. Tra il quarto e il quinto prevedo guai. Nel
prossimo presenterò il Capitano ed una donna particolare, bellissima e con un
sorriso spaventosamente inquietante... In totale (compresi prologo ed epilogo)
penso ci saranno circa venti capitoli, che ho già organizzato per
bene.
Ringrazio
Hellister perchè segue la storia e (dolcissima) commenta sempre
- grazie, mi dai la forza per continuare!
Ringrazio anche
chi ha messo la storia tra le seguite e chi semplicemente
legge.
Mi raccomando,
lasciate una recensione, ma soprattutto CRITICATE, perchè ne ho
bisogno se voglio migliorare!
Baci e alla
prossima,
Elyse
|
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Capitolo 5 *** 4. I tentacoli di Madame Sugàr ***
Thesecretdoor
Capitolo quattro
I tentacoli di Madame
Sugàr
L’Angelo era rimasto immobile, con gli occhi feriti
dal vetro sgranati a fissare il Capitano. Erano cinque anni che dormiva, senza
morire, poiché era immortale, e che la sua spada uccideva chiunque scoprisse la
teca e la sfiorasse. La mitica Volucera, forgiata per aprire il passaggio tra
Pangea e Panthalassa, ora si ergeva tra le mani del Capitano, con la lama opaca
poggiata sulla spalla pallida e l’elsa serpentina scurita dall’energia del suo
portatore. Il Capitano indossava una casacca biancastra e logora stretta in vita
da una fascia viola e blu, un paio di pantaloni marroni e una bandana rossa
sulla chioma corvina.
Lo vide guardarsi intorno stralunato, mentre Tia Lube
respirava velocemente, evidentemente spaventata dalla grossa spada del Capitano.
Non era possibile che si fosse
risvegliato.
Questo poteva dire solo una
cosa.
Che quella ragazza del mondo di sopra fosse destinata
alla Volucera?
Il capitano teneva ferma Tia Lube e le aveva puntato
contro la spada con un movimento pigro. L’Angelo non osava muoversi in presenza
di quel demonio dal potere della morte.
- Chi saresti tu? – esordì il Capitano guardando Tia
dall’alto in basso coi suoi occhi di
tempesta.
- Tia Lube – rispose quella dopo un attimo
d’incertezza.
- Tia Lube – ripetè il Capitano – Mi hai svegliato
tu?
Tia tacque.
- Ho detto: Mi hai svegliato
tu?
- No. Io non volevo svegliarti. Stavo fuggendo –
rispose finalmente la piccola Lube.
L’Angelo inorridì quando il Capitano si voltò a
guardarlo con quegli occhi violacei e terribili.
- Fuggivi da lui?
Tia annuì.
Continuando a puntarle contro la spada il Capitano
cacciò una vecchia pistola e puntò l’Angelo Ridente. L’Angelo era steso a terra,
con l’occhio destro sanguinante e le ferite tutte riaperte dalla caduta. I
vestiti neri erano logori e le braccia troppo lunghe protese verso il Capitano,
imploranti.
- Tu non c’eri quando Giustappunto mi ha
addormentato. Dimmi da dove viene questa ragazzina e come mi ha svegliato. Ora.
L’Angelo deglutì.
- E’ scesa ieri. Dalle scale di villa Bruni.
- Dalle scale? Royenne chiuse il
passaggio!
- Evidentemente si è riaperto. Io… avevo… fame e…
volevo mangiarla. Ma ha fatto cadere la teca che ti conteneva e ti ha svegliato.
- Mi ha svegliato quella
ragazzina?!?
Tia iniziava ad avere le vertigini e a sentirsi
irritata. Di che diavolo stavano parlando? Royenne? Passaggi? Ragazzina??? Non aveva idea di cosa
stessero parlando.
Quel ragazzo dall’aspetto stravagante – come ogni
cosa a Sottoscala, in ogni caso – era il capitano della Poison. Quindi poteva
portarla a casa. Ma perché l’Angelo Ridente ne aveva paura? E perché il Capitano
le aveva puntato la spada contro?
- Qualcuno mi spiega cosa succede?!? – esclamò,
levandosi di dosso il braccio del Capitano.
L’Angelo la fissò meravigliato, mentre il Capitano si
volse verso di lei assumendo un’espressione stupita. Vi fu un attimo di
silenzio agghiacciante.
L’Angelo terrificato passava lo sguardo da lei al
Capitano, attendendone una reazione, mentre questi la guardava con occhi di
fuoco.
- Cosa… Cos’ho fatto? – chiese Tia, tenendo sotto
controllo la spada del ragazzo dagli occhi tempestosi. Il Capitano scoppiò a
ridere e avanzando la fece cadere con la spada, la cui lama le sfiorò nuovamente
la gola, disegnandone il contorno delicato.
Il viso pallido e dai tratti regolari del portatore
della Volucera risaltava controluce di fronte a lei, semicoperto da ciocche di
capelli nero-blu.
- Non provarci più, ragazzina, capito? – disse
sorridendo beffardo.
Tia sentiva la rabbia salirle, ma la pericolosa lama
affilata le impediva di ribattere.
- Quindi è lei la prossima portatrice – sussurrò tra
sé e sé lui – Dovrei preoccuparmi di una
bimba?
- S… s… se è stata predestinata ci s… s… sarà qualche
motivo… - balbettò l’Angelo.
- Ah-ah – annuì il Capitano, continuando ad
osservarla – Avrei preferito ci fosse più difficoltà. E magari se fosse stata
più bella, anche…
A quel punto la giovane Lube scoppiò e fregandosene
della Volucera puntata alla gola si alzò ferendosi e puntò un dito contro il
torace del ragazzo, almeno venticinque centimetri più alto di lei, che era un
buon metro e sessanta.
- Senti, tu – esordì rabbiosamente – Io non so chi
sei, cosa vuoi da me e perché. Ieri sono caduta da delle scale nella mia nuova
casa e sono comparsa qui. Ho incontrato un drago, scoperto l’esistenza di nuovi
mondi e sono stata implicata in faccende che non mi riguardano. Oggi sono stata
quasi mangiata da un ex-incubo-statua cannibale e ho risvegliato te, che non
conosco affatto. Mi vedo puntare una spada alla gola insieme a delle accuse
senza senso… E di nuovo mi si vuole uccidere. Per la seconda volta nel giro di quattro ore
massimo. Se non ti dispiace, posa quella cavolo di spada strana e spiegami
che diavolo succede. Ah, e tieni lontano il cannibale lì. Inoltre se mi ritrovi
il drago è anche meglio, è sparito da ieri, e non vorrei che l’Angelo se lo
fosse mangiato…
Detto questo, Tia si rigirò incrociando le braccia,
lasciando il Capitano con gli occhi sgranati e l’Angelo in preda al
panico.
- Certo che hai un bel caratterino,
Mia.
- Tia.
- È uguale.
- Non lo è.
- Sta’ zitta e ringrazia se non ti ho uccisa.
- Mi vuoi spiegare perché dovresti uccidermi?!? Io
voglio solo tornare a casa, sulla Terra, a Pandemos, o come caspita si
chiama!!!
Il Capitano si spazientì e la prese per i capelli
bruni, costringendola a guardarlo.
- Ti devo uccidere per non morire,
ragazzina.
- Ahi…
- Ti devo uccidere perché quando Giustappunto mi ha
addormentato, Madame Sugàr ha predetto che chi sarebbe riuscito a svegliarmi
avrebbe avuto il potere di uccidermi e prendere il comando della spada Volucera,
della ciurma e della Poison, la mia nave.
Chiaro,
zuccherino?
Tia annuì debolmente tentando di divincolarsi dalla
stretta del Capitano.
- Se è come dici, Capitano, ti propongo un
patto.
Il Capitano rise.
- Tu? A me, il capo dei Pirati di
Panthalassa?
- Esatto. Se questa… Madame Sugàr… ha predetto la tua
morte, è difficile per te evitarla, giusto? – la stretta del pirata si fece più
forte mentre annuiva – Quindi sappi che a me non interessa né la tua spada, né
la tua ciurma, né tantomeno la tua nave. Io voglio tornare a cas… Pandemos. Se
tu mi ci porti, io non proverò nemmeno a toccarti. In caso contrario… Ho qualche
asso nella manica…
E così dicendo tirò fuori dalla tasca del giubbotto
l’accendino ed usandolo per bruciare senza farsi vedere qualche foglia dietro di
lei. Fu questione di secondi, e il legno del tempio prese fuoco, convincendo il
Capitano della concretezza delle doti speciali di
Tia.
La lasciò a terra allontanandosi dal
fuoco.
- Sta bene, strega. Andremo prima da Madame, però.
Voglio parlare con lei di alcune faccende… su di te e su ciò che è accaduto
ultimamente. Poi ti porterò al treno, in Pangea, e da lì puoi fare da sola. Ora
però usciamo da qui, sta bruciando tutto! – gridò, correndo verso l’unica
uscita: l’ingresso del tempio.
Tia annuì soddisfatta, pensando che il fuoco avrebbe
almeno dato una sepoltura ai morti che l’Angelo aveva mangiato, poi lo seguì,
rabbrividendo nel vedere l’Angelo che le veniva dietro addolorato per la
distruzione del tempio.
Tia lo capiva, ma non riusciva a non provare orrore e
risentimento verso quella creatura che aveva fatto cose tanto orribili e che per
poco non aveva ucciso anche lei.
Una volta fuori, tutti e tre si volsero verso il
tempio.
Fiamme rosso sangue si protendevano verso il cielo
come anime imploranti.
Tia si lasciò cadere a terra, sporcandosi i jeans e
sentendo sotto il sedere la ghiaia tra l’erba
grigiastra.
Erano successe così tante cose in poco tempo. Due
giorni, due giorni erano bastati per scoprire cose impossibili – e non in senso
positivo.
Si voltò verso il Capitano, vedendo il riflesso delle
fiamme negli occhi di tempesta di lui.
- Come ti chiami? – gli
chiese.
Il Capitano parve riscuotersi da profondi pensieri
mentre si girava verso di lei.
- Cosa?
- Come ti chiami, ho chiesto – ripeté
Tia.
Lui la guardò dall’alto in
basso.
- Nemmeno la mia ciurma sa il mio
nome.
- Io non sono una pirata. E nemmeno sono
cattiva.
- E’ una questione di onore. Tu non sei una persona
di cui mi fido, perché dovrei dirti il mio
nome?
- Vuoi dire che non ti fidi della tua
ciurma?
- Ovviamente no. Sono pirati.
Tia sospirò.
- Quindi come dovrei
chiamarti?
- Io sono il Capitano Nixalma della Poison. Puoi
pronunciare il mio cognome, questo va bene, ma non ti dirò il mio nome.
La giovane Lube annuì e i due si lanciarono uno
sguardo d’intesa.
Erano davvero simili
caratterialmente.
Intanto l’Angelo piangeva in silenzio, poggiato ad un
alpater, con il viso deturpato tra le mani.
- Giustappunto mi ucciderà per aver permesso che ti
svegliassi! – piagnucolò – E il mio tempio è
distrutto!
- Ti sta bene – disse Nixalma – Pensavi di poter
impedire il mio risveglio? Illuso. E il tuo tempio faceva schifo. Puzzava di
carogna.
Tia rimase stupita da tanta crudeltà, ma tacque. Il
risentimento verso l’Angelo non poteva
svanire.
- Andiamo, zucchero – le disse il Capitano – Dobbiamo
fare una visitina a Madame Sugàr.
La piccola Lube dai capelli bruni annuì e lo seguì
verso il sentiero a destra del tempio bruciante che s’inoltrava nel boschetto di
alpater, tornando con gli occhi scuri verso l’Angelo.
- Non ti ucciderà, vedrai – disse, poco convinta –
Andrà tutto bene.
Nello sguardo insanguinato dell’Angelo si accese una
scintilla di follia.
- Va’ via strega! – sbraitò – VA’
VIA!
Tia si allontanò spaventata, abbandonando l’Angelo
nella radura illuminata dalle fiamme.
Il sentiero era seminascosto dalla nebbia e Tia si
chiese perché tutta Panthalassa fosse così oscura e invisibile. “Ovvio, è il
mondo degli incubi. No. Ovvio un cavolo. Panthalassa non dovrebbe esistere!”
pensò.
Nixalma avanzava rapido con la Volucera appesa alle
spalle, protetta da una guaina di pelle. Aveva un passo veloce e silenzioso,
mentre Tia arrancava faticosamente respirando con fatica. Per l’ennesima volta
da quando un quarto d’ora prima avevano lasciato il tempio e l’Angelo pensò a
tre cose. Pensò che aveva paura per Leadheed – e se fosse perito nell’incendio?
Eppure non lo aveva visto lì.
Pensò che la strada era troppo lunga quando si è in
un posto sconosciuto.
Infine pensò, per la quinta volta in tutto – le aveva
contate – che Nixalma era carino. No, non carino, il termine esatto era
certamente bono. Alto, più di un
metro e ottanta forse, chiaro di pelle sebbene fosse un pirata (forse per la
lunga permanenza lontano dal mare?) magro, con i capelli nero – blu e lisci che
gli accarezzavano dolcemente il collo scoperto, il viso dai tratti leggermente
orientaleggianti e quegli straordinari occhi cangianti. Potevi guardarli da una
parte qualsiasi, continuavi a vederli muoversi. Il grigiazzurro assumeva le
evoluzioni di colore più strane arrivando ad essere solcato da filamenti
violacei come fulmini nelle nubi temporalesche. Era davvero bono, sebbene la parola non riassumesse
di certo il concetto reale. Peccato per la bandana, nascondeva solo parte dei
capelli ed era inutile, dato la grande illuminazione che vi era a
Sottoscala.
Tia rinunciò a rivolgergli la parola – le mancava il
fiato dalla fatica di stargli dietro – e cercò di riassumere i dati accumulati
sul carattere del Capitano.
Era una sua abitudine, quella di fare il punto della
situazione, per tenere tutto sottomano. Ora decisamente non ci
riusciva.
“Il Capitano Nixalma è sfrontato, borioso,
silenzioso, chiuso e riflessivo. So solo questo, troppo poco per poter definire
se è una brava persona o no.” Tra la nebbia cominciò a delinearsi la sagoma
di una staccionata.
Mano a mano che si avvicinavano tutto si faceva più
chiaro e riuscirono a vedere una staccionata bianca che circondava una villa
all’inglese molto elegante, color albicocca, con un ampio giardino di rose
rosa. - Questo è il palazzo di Madame
Sugàr.
Tia guardò prima Nixalma, poi sé stessa, e fermò il
Capitano con il braccio.
-
E tu intendi entrare…
vestito così?
Quello scoppiò a ridere levandosi di dosso Tia con un
movimento fluido.
- Dove credi che siamo, a Pandemos, zucchero? Qui è
tutto diverso, piccola.
- Me ne sono accorta – sussurrò Tia Lube – E smettila
di chiamarmi così.
- Così come? Zucchero? Piccola? – chiese beffardo il
pirata.
- Non trattarmi da ragazzina, razza di babbeo! Non
avrai più di due anni più di me!
Ridendo Nixalma la prese per le braccia sollevandola
verso di lui, mentre quella cercava inutilmente di divincolarsi e l’avvicinò al
suo viso.
- Mi credi un cretino, Tia Lube? Un bimbetto viziato?
Io vivo da molto più di quanto lo storico più bravo possa ricordare l’esistenza
di un essere umano superiore. Oh, sì, zucchero, sono più grande di un bel po’.
Non hai ancora capito come devi comportarti, strega? Puoi avere tutto il fuoco
che vuoi. Io non ti lascerò fare la saccente su cose che nemmeno immagini,
chiaro?
- Limpido – borbottò Tia Lube – Ma rimane il fatto
che più di diciassette o diciotto anni non ne
hai…
- Oh, ne ho molti di più… Non li conto più. Ma non
invecchio. Mi sono fermato eternamente ai diciassette, in verità. E tu dovresti
uccidermi. Potresti, tecnicamente. Ma sono sempre più convinto che tu non ne sia
realmente capace… - commentò con un sorrisetto.
Tia s’irrigidì un po’
spaventata.
- C-cosa vuoi
dire?
Se non le avesse creduto l’avrebbe uccisa senza
aiutarla a tornare a casa! Aveva bisogno che lui la pensasse
pericolosa.
- Voglio dire che voglio essere sicuro di poter
risolvere la questione senza problemi.
- Cioè?
- Ucciderti, se mi hai mentito. Altrimenti ti porto a
Pangea e il caso è chiuso, zucchero.
Tia stava per controbattere, col cuore che batteva
forte per lo spavento, ma giunsero all’ingresso della casa, davanti al cancello
bianco.
Nixalma lo spalancò e percorse la stradina che
portava all’ingresso molto velocemente, lasciando indietro Tia. Bussò forte al
portone di legno dipinto di bianco della villa e aspettò, mentre la giovane Lube
lo raggiungeva.
Appena si trovò anche lei davanti alla porta, la vide
spalancarsi, mostrando una donna davvero
particolare…
Era poco più alta di Tia, con i capelli ricci e rosa
acconciati come quelli di una dama ottocentesca, la pelle chiara e rosata come
un fiore. Indossava un abito chiaro con un’ampia scollatura e la gonna lunga a
campana, decorata con rose rosse e foglie verdi. Il suo viso era bellissimo. Era
forse la più bella donna che Tia avesse mai visto. Eppure… Forse era quel
cuoricino rosso sotto l’occhio sinistro, o forse il sorriso pazzoide, o magari
le iridi di due colori diversi – verde e rosso -, ma Madame Sugàr aveva qualcosa
che non andava.
Poi vide.
E svenne.
Non aveva i
piedi.
Madame Sugàr non aveva i
piedi.
Solo un garbuglio di appiccicosi, orribili,
spaventosi, matti e sinuosi tentacoli viola al posto delle
gambe.
___________________________________________________________________________________________________________
Ecco qua il quarto capitolo! Parlare di Nixalma,
gente, per me è un piacere ed un onore allo stesso tempo. Per non parlare del
suo rapporto conflittuale con Tia, che ha due anni di meno. Ora volevo
precisare, anche se il motivo per il quale Nixalma decide di aiutare Tia Lube
puà sembrare futile, sappiate che ci sono cose ancora non specificate sul ruolo
della ragazza di Pandemos a Sottoscala, cose che diverranno più chiare grazie
all'affascinante Madame Sugàr. Dunque passiamo ai
ringraziamenti.
Ringrazio Lulabi ed
Hellister, che seguono Tia nelle sue avventure e commentano
costantemente aiutandomi col loro sostegno... Siete dolcissime e davvero, ci
tengo alla vostra opinione.
Ma soprattutto voglio ringraziare
Chandrajak. Sono felicissima che la storia ti piaccia e sì, hai
capito bene, Elisabetta ha un ruolo importante nella storia. Capisco la tua
compassione per l'Angelo Ridente e temo che con questo capitolo sia cresciuta,
ma la realtà è che questo personaggio ha una personalità distrutta dalla
terribile realtà in cui è costretto a vivere, quindi è decisamente giusta la tua
pena, anche a me fa lo stesso effetto! Sono contenta che ti piaccia il nome di
Tia e sì, direi che è paragonabile ad Alice, soprattutto perchè io scrivo
ascoltando "Alice's Theme" di Danny Elfman. Ma dato cjhe solo una parte della
storia si svolge a Panthalassa, questa atmosfera da "Wonderland" scomparirà
graduatamente, per lasciare posto a Pangea con la sua solitudine fantastica e a
Panurania con le sue nubi di velata malinconia... Comunque, volevo
ringraziarti soprattutto per il consiglio. Spero che in questo capitolo le
descrizioni siano più frequenti e accurate, perchè fino ad ora, presa dalla
foga non vi ho dato molto peso, hai perfettamente ragione! Quindi sono
felice che seguirai la mia storia e spero che continuerai a darmi consigli sino
alla fine.
Un enorme bacio a tutti insomma! Alla
prossima,
Elyse |
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Capitolo 6 *** 5. La Profezia della Rinascita ***
LVDMDP
Capitolo Cinque La
profezia della rinascita
Madame Sugàr afferrò con un tentacolo la
zuccheriera e con un altro una tazzina di tè, offrendoli al ragazzo dai capelli
corvini che le sedeva di fronte. Quello rifiutò, preferendo versarsi un
bicchierino di rum e Madame Sugàr chiamò il maggiordomo, ordinandogli di
svegliare la giovane ospite svenuta. Il maggiordomo, con un’esilarante
espressione grave, prese due coperchi di rame dalla cucina e li batté insieme,
provocando un rumore assordante che oltre a svegliare l’ospite fece anche
innervosire il ragazzo dai capelli neri. - Finiscila con quel chiasso o ti
uccido, cretino! Tia Lube rinvenne al dolce suono di quelle parole e vide a
pochi centimetri dal suo viso la faccia di una donna con gli occhi
eterocromatici e un piccolo tatuaggio a forma di cuore sotto l’occhio. - Ben
svegliata, pasticcino! – esclamò Madame Sugàr sbattendo le folte ciglia e
sorridendo ancora più pazzamente del solito. Tia ricordò. Si trovava seduta
su una poltrona dall’orribile tappezzeria rosa confetto, in un salottino dalle
pareti verde chiaro decorate con ritratti di varie dimensioni con un soggetto
comune: Madame Sugàr. Erano nel suo palazzo, e voltandosi verso destra Tia
riconobbe Nixalma che ingurgitava una quantità impossibile di liquido color
ambra. Suppose che non fosse succo di mela.
- Sono svenuta…- borbottò. In effetti non ricordava
perché fosse svenuta. - Oh, non preoccuparti, pasticcino. Io sono Madame
Sugàr e questo è il mio palazzo. Tu sei Tia Lube, no? Sorrise, porgendole un
tentacolo bluastro. Prima di accorgersi di cosa Madame le stava porgendo, la
piccola Lube afferrò il tentacolo, per poi urlare al contatto con quella
escrescenza umida e flaccida.
- Ma lei ha… i tentacoli!
- Oh, non dovrei? Ih ih ih, che sbadata! –
ridacchiò.
- Perché ha i tentacoli? – sussurrò Tia a
Nixalma. - E’ un incubo. Cosa ti aspettavi, unicorni rosa? – le rispose
quello, mostrando di non aver affatto perso la lucidità anche dopo una buona
bottiglia di rum. Tia non poteva distogliere lo sguardo da quelle
protuberanze violacee e mollicce, che maneggiavano zucchero, teiera, tazzine e
cucchiai a velocità supersonica.
- Comunque, ora che sei sveglia, possiamo cominciare.
Io direi, pasticcino, che per prima cosa io ti debba spiegare qualcosa – esordì
Madame Sugàr, offrendole il tè.
Tia prese la tazzina e lasciò che Madame aggiungesse
un paio di cucchiaini di zucchero.
- So già la storia dei mondi… - specificò, mescolando
il tè. - Oh, ma io non mi riferivo ai mondi di Pan, pasticcino. C’è qualcosa
che ancora non sai a proposito della tua vecchia casa, ma soprattutto a
proposito della famiglia che vi abitava… E non sai nulla della profezia,
suppongo.
Tia scosse la testa, rapita dalle parole della strana
donna.
- Di che profezia parla?
- Della profezia della rinascita, ovviamente –
specificò Nixalma. – L’ha profetizzata lei.
- Esatto, – assentì Madame. – sono io che ho predetto
la rinascita. Devi sapere che una volta nella Villa Bruni viveva una famiglia
composta da cinque persone: un ingegnere con sua moglie, le loro figlie
Elisabetta e Rossella e la nonna da parte di padre. Rossella era una veggente e
predisse, come me, la rinascita. I mondi di Pan, una volta formanti l’unico
pianeta Pan, si sarebbero riuniti grazie alla prescelta, ma l’unione dei mondi
avrebbe portato ad un grande risorgimento: l’umanità, le costruzioni, gli
animali e la flora, tutto sarebbe scomparso con l’unione dei mondi, per dare
inizio ad una nuova era. E il fato decise che la prescelta fosse proprio
Elisabetta, la sorella maggiore di Rossella, che avrebbe riunito i mondi un
volta giunta a Panurania. Sia io che Rossella predimmo che sarebbe morta
nell’unificazione, ancora prima di tutti noi. Per impedire che ciò accadesse,
Rossella aprì il passaggio tra Pandemos e Panthalassa proprio a Villa Bruni e
una volta qui insieme lo chiudemmo per sempre. Questo perché da Pandemos non c’è
modo di arrivare a Panurania, Pandemos ha solo il passaggio per Sottoscala.
Perciò Elisabetta per compiere il suo destino avrebbe dovuto usare un’altra via:
andare a Panthalassa e da Panthalassa a Pangea, poi da Pangea a Panurania,
poiché l’unico passaggio per Panurania è proprio a Pangea, così come l’unico
passaggio per Pangea è a Panthalassa. Ci vollero anni per bloccare il passaggio,
anni durante i quali i genitori di Rossella ed Elisabetta scoprirono il
passaggio e finirono qui, seguiti dalla nonna, poi, prima che Elisabetta
scoprisse il passaggio, lo bloccammo con un sigillo. Rossella prese il nome di
Royenne e insieme a me rimase a palazzo per osservare i cambiamenti del futuro.
Purtroppo il futuro non era mutato. E così Royenne, i suoi genitori e sua nonna
lasciarono Panthalassa e il Capitano della Poison li portò a Pangea. Di loro non
abbiamo più saputo nulla. In compenso, Giustappunto è diventato re e ha
addormentato Nixalma – poiché lui non può morire. Ho predetto che una ragazza
avrebbe svegliato Nixalma e ne avrebbe preso il posto, e ora eccoti qui. Ma non
sapevo che saresti venuta da Pandemos.
Ora, il Capitano mi ha detto del vostro accordo e lo
trovo ragionevole, sappi che tu potresti controllare la mitica spada Volucera
che comanda la
Poison e diventare così l’unica in grado di viaggiare per i
mondi di Pan, perciò conviene ad entrambi che tu ritorni a Pandemos, se
la Poison non
t’interessa.
- Scusi, Madame, ma due cose non sono chiare. Primo:
se Elisabetta non ha trovato il passaggio, dov’è ora? Ha abbandonato la casa ed
è sparita. - Non so dove sia. Le visioni non lo mostrano, dolcezza. - E
allora… perché mi ha raccontato questa storia, Madame? Cosa c’entro io? -
C’entri, c’entri… - le interruppe Nixalma, poggiando le gambe sul tavolino da
tè.
- C’entri, eccome, pasticcino! – approvò Madame. –
Ultimamente il futuro si è fatto più nitido. Non ci sarà nessun olocausto! E i
mondi non si riuniranno. Elisabetta ha il compito di separarli del tutto, di
cancellare i passaggi, e la prescelta della Volucera soltanto può ritrovare
colei che deve compiere il destino! E’ stato predetto: tu troverai Elisabetta e
la condurrai a Panurania con la nave e la spada che ora sono di Nixalma. Però se
a te la nave non interessa, come ho già detto, sarà il Capitano solo a fare le
tue veci nel compiersi della profezia.
Tia Lube si morse il labbro inferiore, passandosi una
mano tra i capelli castani e puntando Nixalma con lo sguardo.
- In pratica ci sono dentro fino al
collo.
Madame annuì vigorosamente.
- Esattamente, pasticcino!
Tia si prese il viso tra le
mani.
- Voglio tornare a casa. Me ne frego di tutto, e
basta. Oggi ho rischiato di morire per due volte. Non voglio rimanerci secca.
Specialmente non qui.
- E allora ti riporto a casetta, zucchero – concluse
Nixalma, ficcandosi un’altra bottiglia di rum nella sacca di pelle appesa al suo
fianco. – Louise, tu vieni con noi? - Se il futuro dovesse cambiare potrei
servirvi, quindi, certo che sì, Ully! - Ully? – chiese la piccola Lube. – Il
tuo nome è Ully? Nixalma scosse la testa nervosamente.
- A Louise piace chiamarmi così,
zucchero.
Poi si alzò di scatto facendo cadere una tazza di tè,
che il maggiordomo si affrettò a recuperare.
- Dobbiamo andare al lago Moth, alla mia nave. E
ritrovare la vecchia ciurma, ovviamente. Una ventina di persone, schifosissimi
pirati. Porta più rum, Louise, ce ne vorrà un po’ prima di raggiungere Pangea. E
quegli scrocconi sono sempre assetati di rum – disse, per poi rivolgersi a Tia.
– Che ne dici di portare qualcosa anche tu, strega? O non vuoi che ti si
rovinino le mani? Madame Sugàr si alzò e Tia la imitò.
- Domani mattina partiamo, Ully, te lo prometto. Ma
ora penso che siamo tutti e tre molto stanchi e dobbiamo essere freschi per il
viaggio. Per oggi rimarrete qui, nelle stanze degli ospiti, e domani farò
portare alla Poison tutto il rum che vuoi, Nixalma. Ora però, direi che per me è
ora di riconsultare la sfera e voi non potete assistere, quindi il maggiordomo
vi accompagnerà nelle vostre stanze. Più tardi ci organizzeremo per riunire la
ciurma e prendere la nave senza che Giustappunto venga a sapere che il Capitano
è sveglio – dopotutto penso che l’Angelo non gli abbia detto nulla, dato che se
Giustappunto sapesse che ti ha lasciato andare lo ucciderebbe. Il passaggio è
lontano, Ully? - No, – rispose Nixalma – ma credo sia impossibile che
Giustappunto non sappia che mi sono svegliato. Dovremo per forza incontrarlo,
perché il passaggio è nel suo castello.
Madame sorrise battendo la palpebra destra come in
preda ad un sinistro tic.
- Dovremo incontrarlo?
- Temo di sì, Louise.
Tia vide gli occhi di Madame Sugàr diventare entrambi
rossi e la donna crescere di altezza fino a toccare il soffitto, coi tentacoli
che uscivano dalla veste lunghi il doppio di prima. La pelle rosea di Madame si
era fatta più scura e violacea, il viso era illuminato da uno sguardo rosso
fosforescente e il sorriso inquietante si era trasformato in una smorfia di
orrore, disgusto ed odio. I tentacoli frustavano l’aria, rischiando di ridurre
in frantumi l’arredamento del salottino e la stessa Tia.
Nixalma non sembrava affatto spaventato da quella
visione demoniaca, e nemmeno aveva messo mano alla
Volucera.
- IO NON VOGLIO VEDERE QUEL BASTARDO – urlò Madame
con una voce profonda e raschiante, tutta l’opposto dello smielato tono di
prima. – MI HA CACCIATA DA PALAZZO PERCHè AVEVA PAURA DI ME! PANTHALASSA ERA
MIA, MIA! E LUI L’HA RUBATA, SPORCO LADRO MALEDETTO! - Sta’ calma, Louise.
Non c’è altro modo, e ti prometto che ora che sono sveglio ti aiuterò a farlo
fuori, cara.
Madame Sugàr riacquistò il suo naturale colorito e la
sua altezza, ma l’espressione e la lunghezza dei tentacoli rimase
inalterata.
-
Va bene, Ully.
Vedrò quello stronzo e lo ucciderò, stanne certo.
Sulla capigliatura color confetto ora Madame
indossava un bruttissimo cappello fucsia a tesa larga decorato con quanto più di
cattivo gusto si poteva trovare. Aveva riacquistato il suo sorriso inquietante e
il suo aspetto originale. Nixalma sonnecchiava sul divanetto di qualche ora
prima con in mano un’altra bottiglia di rum.
- Allora, ricapitoliamo… - disse Tia, afferrando una
fetta di torta al cioccolato. – Ci divideremo: Nixalma va al lago Moth per
recuperare la
Poison mentre io e Madame andiamo da Mastro Aggiustatutto per
sapere dove si trova Giustappunto. Poi raggiungiamo Nixalma e insieme cerchiamo
la ciurma in un pub sulle rive del lago. Insieme ci accorderemo per partire.
Giusto?
Madame batté le mani e i tentacoli.
- Giusto, pasticcino, faremo così. E dopo aver
trucidato Giustappunto partiremo per Pangea! Nixalma sollevò il braccio con
la bottiglia in mano in segno di assenso.
- E ti riporteremo a Pandemos, mentre io e Louise ce
ne andremo a cercare con la ciurma la prescelta. Yo-oh! – biascicò Nixalma,
dimostrando che dopo due bottiglie e mezza di rum la sbronza si faceva
sentire.
- Vedi di contenerti con quella roba se vuoi almeno
reggerti in piedi domani – lo ammonì Tia.
- Sta’ zitta, zucchero, il rum per me è
acqua.
Tia lo guardò storto.
- Si vede.
- Su, dolcezze, smettetela di litigare. E’ quasi ora
di cena e direi che stasera sarà bene andare a letto presto – li calmò Madame
Sugàr con il suo solito tono dolciastro.
- Solo una cosa, Madame, - iniziò Tia un po’
preoccupata – Ieri ho incontrato un traghetto blu che mi ha seguito dall’Angelo…
Stamattina però era sparito. Ecco, io… sono preoccupata. Lei sa per caso dove si
trovi? Madame sorseggiò il tè e lo posò sul tavolino, poi diede un’occhiata
al fondo della tazza.
- Oh, - disse – non c’è nulla da temere, pasticcino,
anzi! Il tuo amico drago è precisamente…
Madame si alzò e aprì una finestra. Una piccola
macchia di colore blu schizzò a tutta velocità verso la giovane Lube facendo
ribaltare la poltroncina dov’era seduta.
-… Qui.
- Leadheed! Il drago grugnì accoccolandosi in
grembo a Tia che l’abbracciò forte.
- Pensavo fossi morto… Come facevi ad essere
qui?
- Ti ha seguito per tutto il tempo – rispose Nixalma
al posto del drago – Non te n’eri accorta?
Tia diventò tutta rossa e sgranò gli
occhi.
- Leadheed non ci ha mai lasciati e tu non mi hai
detto nulla?!? Mi sono preoccupata per niente!
Nixalma aprì un occhio rivolgendole un’occhiata
sprezzante.
- Io non ti devo nulla, strega, quindi finiscila di
fare l’isterica e non ti allargare troppo, mi basta un colpo di spada per farti
fuori.
- Veramente, no – precisò Madame Sugàr. – Non puoi
ucciderla con la
Volucera, perché lei è stata scelta dalla Volucera
stessa.
Il Capitano sbuffò.
- Sciocchezze. Comunque io quella lucertola troppo
cresciuta non ce la voglio sulla mia nave, quindi
salutala.
Leadheed sbuffò forte svolazzando verso Nixalma con
intenti tutt’altro che buoni. Tia provò a bloccarlo, ma prima che vi riuscisse
il drago sputò una bella fiammata contro il Capitano della Poison,
bruciacchiandogli il bordo della casacca sdrucita.
- TU, BRUTTO RETTILE CON L’ALITO PESANTE, COME TI SEI
PERMESSO?!? – sbraitò, sguainando la Volucera. – TE LO FACCIO VEDERE IO
IL FUOCO…! TI TAGLIO QUELLA LINGUA BIFORCUTA! Madame Sugàr bloccò il braccio
di Nixalma con un tentacolo, che quello prontamente mozzò di netto. Tia
trattenne il fiato per la paura.
Inaspettatamente, il tentacolo ricrebbe velocemente,
e né Madame né Nixalma ne erano stupiti. - Sta’ calmo, Ully, non mi pare il
caso di mettersi a discutere con un dolce animaletto da compagnia.
- Dolce animaletto da compagnia…?!? MI HA QUASI DATO
FUOCO! - Ssh, abbassa la voce! E poi, sei tu che l’hai insultato. Su,
lascialo venire con noi, potrebbe esserci utile…
Leadheed e il Capitano si guardarono in cagnesco.
Dopo un po’, con un grugnito, il drago tornò ad acciambellarsi su una ancora
molto spaventata Tia e Nixalma si distese nuovamente sulla poltrona,
attaccandosi alla bottiglia di rum come il signore degli
ubriaconi.
- E va bene. Ma tienilo buono,
zucchero.
Tia, pur di non dargliela vinta, tacque, ma sorrise
al drago e portò alla bocca l’ennesima sorsata di tè.
_________________________________________________
E
quindi siamo arrivati quasi all’inizio del vero e proprio viaggio. Spero di
essere stata chiara nella spiegazione della storia dei Bruni e del ruolo di Tia!
Scusate il ritardo, ma il pc si era rotto e aveva cancellato il capitolo (che
dovevo solo postare) già bello e scritto. Comunque, il primo nucleo della
tragicomica ciurma della Poison è nato: Tia, Nixalma, Madame e Leadheed sono i
primi “pirati”, e altri se ne aggiungeranno – principalmente nel prossimo
capitolo, ma anche in seguito. Ringrazio fortemente Hellister (dulceee :3) e chi ha messo
la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite. Alla
prossima! Baci,
Elyse
PS: Mi scuso per i caratteri minuscoli, ho qualche
problemino con l'HTML >.<
|
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Capitolo 7 *** 6. La bottega di Mastro Aggiustatutto ***
LVDMDP
Capitolo
Sei La bottega di
Mastro Aggiustatutto
La bottega di Mastro Aggiustatutto era
null’altro che una baracca di legno sciupata dal tempo con un’insegna che
pendeva da un lato.
Madame Sugàr procedeva sul sentiero
davanti a lei impugnando un ombrellino da sole rosa confetto bordato di pizzo.
Faceva un po’ impressione vederla scivolare con eleganza sui tentacoli violacei
come se stesse passando sul ghiaccio invece che sulla roccia
viva.
Tia indossava un abito che le aveva
prestato Madame, totalmente privo di gusto, fucsia, verde, giallo e azzurro,
decorato con fiori finti e abbinato a un cappellino fucsia che sembrava un cesto
di frutta per quanto ne era pieno. Frutta finta,
ovviamente.
Dalla bottega sul ciglio del sentiero
provenivano suoni di risate e rumori di legno spaccato e martelli che
battono.
-
Madame, ma che genere di
lavoro fa questo… Aggiustatutto…?
-
Te lo dice il nome,
sciocchina! Aggiusta! Aggiusta tutto. Aggiusta persino gli incubi di Sottoscala
se si rompono, ih, ih, ih!
Tia aggrottò la fronte.
-
In che senso aggiusta gli
incubi di Sottoscala?
Madame sorrise enigmaticamente.
-
Ricordi i nomi di
Panthalassa, pasticcino?
-
Uhm… Panthalassa,
Sottoscala, Paese dei Pupazzi.
-
Esatto. Paese dei Pupazzi. Io, Leadheed, Ully Nixalma, i
pirati e i miei servitori sono tra i pochi abitanti “reali” di Panthalassa. Gli
altri sono pupazzi. Giocattoli. Oggetti inanimati ma animati. Come lo era
l’Angelo Ridente prima di essere trasformato.
-
Oggetti inanimati, ma
animati…? – sussurrò Tia, confusa. – In che senso?
-
Ora lo vedrai – rispose
Madame bussando alla porta della bottega.
I rumori all’interno della bottega
cessarono.
Non una risata, non un suono di legno
battuto sfuggiva dalle crepe tra le assi marce.
Poi la porticina rotta, con non poche
difficoltà, si aprì cigolando.
Madame si piegò sui tentacoli per
passare dalla bassa entrata, e Tia dovette stare attenta a non far incastrare la
campana di legno che serviva a tenere larga la
gonna.
Dentro, la capanna era occupata da
scaffali su tre pareti.
Gli scaffali erano pieni di bambolotti,
trenini, giocattoli, biciclette, orologi, occhiali e oggetti di ogni tipo, tutti
rotti, usurati o difettosi.
Una lampada a olio posata su una
scrivania piena di fogli e pezzi di ricambio diffondeva nella bottega luce
soffusa.
-
Oh, Mastro Aggiustatutto!
– cinguettò Madame. – Sono Louise Sugàr! La cara Madame,
ricorda?
Da una scala che scendeva nel pavimento
a partire da vicino alla scrivania, ricominciarono i rumori di prima.
-
E’ lì, Mastro? – chiamò
Madame. – Possiamo scendere?
Nessuno
rispose.
-
Forse è meglio che scenda
solo io, cara Tia. Rimani qui con Leadheed – disse, scivolando lungo le scale,
Louise Sugàr. – Torno subito, pasticcino.
Tia Lube annuì e cominciò a guardarsi
intorno.
Leadheed sbuffava fumo e svolazzava
intorno a Tia nervosamente, gli occhietti gialli intenti a fissare i pupazzi
sugli scaffali.
Ad un tratto, si sentì un
risolino,
Lieve e soffocato, proveniente dalle
loro spalle.
-
Ciaociao, Tia. Ih, ih, ih!
Tia
trasalì.
Dietro di loro, un uomo dai lunghi
capelli d’argento le cui ciocche sembravano essere appese lungo le pareti
(perché scendevano dall’alto), sedeva in un angolo.
Era magro e spigoloso, con addosso un
completo scuro e sul cuore un orologio. Sembrava incavato nel petto, al posto
del cuore. I capelli viventi che tendevano verso l’alto coprivano parte del
viso, lasciando scoperto un occhio molto strano.
Aveva due
iridi.
Una sopra, una
sotto.
Una rossa, una
azzurra.
Una toccava la palpebra inferiore, una
quella superiore.
E ruotavano, come se il suo bulbo
oculare fosse privo di nervo ottico e quindi libero di muoversi a suo
piacimento.
-
Chi sei tu? – chiese la
ragazza di Pandemos indietreggiando fino a toccare la
scrivania.
-
Truth Untime. Sono il Dio del Tempo di Panthalassa.
E’ me che venerano qui, perché qui il tempo non passa mai. Al contrario degli
altri mondi. – disse, con quella sua
voce bassa, gentile e macabra allo stesso tempo.
-
Untime? Nessuno mi ha
parlato di te.
-
Il Capitano non mi ama particolarmente. E
la Veggente
non riteneva necessario dirtelo.
-
Cosa
vuoi?
Truth Untime rise, fermando il ruotare
dell’occhio sull’iride rossa.
-
Che ci fai tu qui,
TiaLube?
-
Sono caduta dalle scale. E
la Volucera
mi ha prescelta.
-
Sicura?
-
Certo!
-
Non hai mai pensato che ti abbiano mentito? Che il
Capitano, Madame e l’Angelo siano pazzi?
Tia rabbrividì. No, non ci aveva
pensato, in effetti.
-
Senti, non so come tu
sappia il mio nome, perché io sia qui e tutto il resto, ma ti chiedo di
lasciarmi in pace e di andartene.
-
Ohoh! Non ci aveva pensato, TiaLube del mondo di
Demos! Cosa sai di Panthalassa? Potrebbe essere un mondo di pazzi.
-
Nixalma non sembra
pazzo.
-
Stando coi pazzi si impazzisce.
-
Sto perdendo la
pazienza…
-
Ohoh, che caratterino. E se il treno per Pandemos in
realtà sia la morte? Nella mente dei malati tutto è possibile… Se ti
uccidessero? A Nixalma basterebbe un colpo di spada…
-
Non può, sono la
prescelta… Non morirò…
-
Ossì, invece, TiaLube! Tanto è vero che io sono Truth
Untime tu morirai prima di compiere il destino.
E così dicendo il Dio del tempo crebbe
di statura, riempiendo la capanna di buio e fumo nero. Nel fumo, scomparve,
mentre gli oggetti sugli scaffali cominciarono a
gridare.
- Arrivano! – gridavano – Arrivano! Tia strinse al
petto Leadheed fissando gli oggetti che si animavano, contorcendosi in spasmi di
dolore e urla spaventate. Il vestito non le permetteva di rannicchiarsi in un
angolo per nascondersi – e da cosa, poi? – e si trovò a maledire Madame per non
averle dato dei pantaloni.
In lontananza, rumore di
passi.
E canti.
- Uno, due, due e
tre,
Di più triste non ce
n’è.
Tre e quattro, quattro e
cinque,
dove sei da loro
s’evince! Quattro e cinque, cinque e sei,
Sono i pazzi, sono i
rei!
Cinque e sei, sei e
sette,
qui sono i pazzi che
sconfiggeste!
Sette e otto, otto e
nove,
Vorrei tanto essere
altrove!
Che la luce non
arriva,
a Panthalassa, non
arriva!
E se il buio ancor
perdura,
la via sarà più
insicura,
e per Angelo
Ridente,
la fortuna sarà
splendente! Arrivano i Baiocchi del Re!
A portare l’ingiustizia a
morte!
A Giustappunto gloria e
onore!
Tia riconobbe in quel
canto che si faceva sempre più vicino quello che aveva sentito arrivando a
Panthalassa e sentì Leadheed tremare.
-
Chi sono i
Baiocchi del Re? – chiese, guardando il drago.
-
Le terribili
guardie di Giustappunto! Se ti trova e scopre chi sei ti ucciderà! – gridò una
bambola di porcellana senza braccia da uno
scaffale.
-
E perché?
-
Odia il
Capitano e tu sei sua erede! – rispose la bambola.
-
E poi odia
anche Madame, la teme perché è forte! E tu sei con lei! – aggiunse una
trombetta.
Tia si ficcò sotto la
scrivania, accovacciandosi quanto più la campana di legno della gonna le rendeva
possibile. Sperò che Madame stesse finendo con Mastro Aggiustatutto e cercò di
calmare il drago spaventato.
-
Arrivano! – gridarono i giocattoli. – Arrivano!
I passi e i canti
provenienti dall’esterno si fecero vicinissimi e poi
s’interruppero.
Tia sentì qualcuno che
apriva la porta della baracca a calci e trattenne il fiato, tenendo buono
Leadheed.
I Baiocchi entrarono, e
Tia li scorse da sotto la scrivania.
Erano grossi e
rotondi.
Erano freddi e
lisci.
Erano
uova.
Uova dipinte con facce
tutte uguali appese da una parte a strani filamenti argentei che le facevano
rotolare. Tia si trattenne dallo scoppiare a ridere ed uscì fuori dalla
scrivania.
“Delle uova colorate!
Tutta questa paura per delle uova colorate!” pensò.
Ma Leadheed non volle
uscire allo scoperto.
Tutti i Baiocchi si
voltarono verso Tia.
-
Tia Lube? –
dissero in coro.
-
Sì, sono
io.
-
Sei in
arresto per conto del Re.
Tia trasalì.
-
Cosa? Ma
perché?
-
Perché Due
Non Fa Tre! Così ha detto il Re! – risposero i Baiocchi. – Devi venire con noi.
Volente o nolente.
Tia scoppiò a
ridere.
-
Altrimenti?
Mi rotolate addosso?
I Baiocchi si avvicinarono
coi loro testoni rotondi.
-
Esatto!
Le uova accerchiarono Tia
rotolandole attorno e la costrinsero a camminare in quel
modo.
La portarono fuori dalla
Bottega, e nulla servì a Tia invocare Madame Sugàr.
Nessuno la sentì e gli
oggetti degli scaffali tacevano.
Tia inorridì al pensiero
di essere nelle mani di Giustappunto.
“E adesso?”
pensò.
I Baiocchi continuarono a
rotolare al suo fianco conducendola verso il Castello di Reoccio
Giustappunto.
________________________________________________________________________
Capitolo
Sesto = Complete! E vi presento Truth Untime e i Baiocchi. Il primo tenetelo a
mente, è un personaggio abbastanza importante nella
storia…
Scusate il rilento, ma la scuola incombe
T__T Comunque, grazie a Hellister –
luce dei miei occhi! *___* - dolcissima e costante, e a tutti quelli che seguono
la storia. Oggi vado un po’ di fretta ma devo andare assolutameeente a studiare.
E sono già le 16.06. Bacionissimi!
Elyse
|
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Capitolo 8 *** 7. Reuccio Giustappunto ***
LVDMDP
Capitolo Sette
Reuccio Giustappunto
Madame Sugàr batté i pugni sulla scrivania di legno
nella bottega di Mastro aggiustatutto. Il suo corpo aveva di nuovo assunto
l’aspetto mostruoso del giorno prima, coi tentacoli che colpivano i giocattoli
sulle mensole e gli occhi rossi furenti. - Quel bastardo l’ha rapita! E la
colpa è tutta tua! – sbraitò.
Mastro Aggiustatutto scansò le sue membra legnose
dalla scrivania, evitando per un pelo di essere colpito dalla furia di
Madame. - Tu hai chiamato i Baiocchi! - No, Madame, WIP! Io non ho
chiamato i Baiocchi WIP! – disse Mastro, con la sua voce dal tono finto, come se
fosse stata emessa da un registratore, ed interrotta da sonori fischi. - Sta’
zitto stupido burattino. Sei un altro leccapiedi di Giustappunto! Mastro
Aggiustatutto batté le palpebre legnose spalancando gli occhi vitrei e i fili ai
quali i suoi arti erano legati lo portarono vicino a
Madame.
-
E’ stato Untime
WIP!
Madame fece un passo indietro, tornando al suo stato
originario.
-
Untime? Truth
Untime?
-
Sì, WIP, sì! Il dio del
tempo.
-
Chi te lo ha
detto?
-
Le bambole, WIP, tutto
hanno visto le bambole WIP!
-
Untime ha chiamato i
Baiocchi… Perché? Cosa gli importa delle faccende di noi
incubi?
-
Si tratta della profezia,
WIP! Se si compie lui perderà potere… WIP!
-
E’ vero. Se i quattro
mondi sono divisi si generano tre dei del tempo separati. E lui non avrà più
potere su Pangea, Pandemos e Panurania… Vuole Tia morta!
-
Oppure a casa,
WIP.
Madame afferrò la marionetta di legno dai fili che la
guidavano e tirò forte.
-
Ma la profezia si
avvererà, maledetto Untime! Mi senti? – gridò, tirando di più i fili – Si
avvererà! E noi saremo liberi da te e da Giustappunto!
Ogni sentiero di Panthalassa conduce alla Reggia
Incubus.
Il castello, in quello che a Pandemos si sarebbe
detto stile gotico molto accentuato, era di un marmo grigio che nel tempo si era
annerito, sottoposto agli sbuffi dei draghi che intorno vi circolavano
liberamente. Nasceva dalla roccia viva di un enorme scoglio emergente
dall’estremità orientale del lago Moth e aveva quattro ingressi, dai quali
partivano i principali quattro sentieri di Sottoscala: quello per il Tempio di
Angelo Ridente, quello per il Palazzo di Madame Sugàr, quello per la bottega di
Mastro Aggiustatutto e quello principale che dalle Scale portava al castello,
passando per il percorso più breve lungo le rive del lago, attraverso i villaggi
delle streghe e il covo dei pirati.
Camminando senza nemmeno poter scorgere l’orizzonte,
accerchiata dalle buffe forme ovoidali dei Baiocchi, Tia Lube era giunta
all’ingresso della Reggia Incubus.
Le facciate, come gli ingressi, erano quattro, nere,
piene di fregi raccapriccianti e irreali, solcate da lunghe e strette finestre
di vetro colorato.
Il portone principale si aprì cigolando, lasciandoli
passare.
All’interno, un lungo tappeto di velluto cremisi
attraversava la sala dal pavimento a scacchiera bianco e lilla, attraverso una
fila di strette colonne rastremate verso una enorme sala centrale coronata da un
trono di nero cristallo montato su una costruzione dello stesso materiale molto
alta.
I Baiocchi rotolarono via, permettendo a Tia di
vedere chi stava seduto sul trono.
“Sono proprio curiosa di vedere questo Giustappunto”
pensò.
Quando lo vide, poco mancò che
svenisse.
No.
Non era possibile.
Guardò meglio per assicurarsi di non aver visto
male.
Neanche. Aveva visto bene.
Si avvicinò per guardare meglio e i suoi passi
risuonarono sul pavimento lastricato.
Rivolse di nuovo lo sguardo al
trono.
Di nuovo non poteva credere ai suoi
occhi.
Seduto sull’alto trono, con la corona sul capo e un
mantello d’ermellino, non c’era nient’altro che….
Un coniglietto.
Un dolce, piccolo coniglietto rosa di pezza legato a
fili d’argento simili a quelli dei Baiocchi.
Truth Untime tirò con dolcezza una ciocca brillante
dei suoi infiniti capelli e sorrise.
Dalla dimensione Temporexia dove il dio viveva
riusciva a vedere tutto ciò che desiderava. Nel buio profondo il portale su
Panthalassa gli mostrò Tia Lube, giunta alla Reggia Incubus dopo che lui aveva
informato i Baiocchi del re della sua presenza.
Era così… divertente.
Instaurare in lei – già così insicura e incerta –
dubbi e paure.
Quella storia, se si fosse conclusa, lo avrebbe
rovinato, limitando la sua influenza a Sottoscala.
In verità, ad Untime non era mai passato per la testa
di perdere.
Era un dio…!
Quella troupe di pazzi non aveva
scampo.
Giustappunto avrebbe ucciso Tia e Nixalma per suo
ordine.
Truth Untime aggrottò la
fronte.
Nixalma.
Era potente.
Maledettamente potente.
Probabilmente era, dopo di lui, la persona più
potente dei quattro mondi.
Era l’unico portatore della spada Volucera e il
capitano dell’unico mezzo che potesse viaggiare per i mondi di Pan: la nave
Poison.
Inoltre, era spietato.
Di nuovo, il dio rise.
Persino l’adrenalina, il dubbio che magari Tia Lube
non fosse debole come sembrava, era piacevole, un passatempo
quasi.
Quella storia era una delle poche cose interessanti
che era capitata da millenni.
-
E quindi tu sei Tia Lube!
– esclamò re Giustappunto, rivolgendo i suoi occhi di bottoni alla ragazza di
Pandemos, ancora incredula davanti a quella marionetta
rosa.
-
S-sì. Sono io. Tu sei
Giustappunto? – balbettò Tia, scostandosi i capelli castani dal viso
stanco.
-
Sono il re Giustappunto!
Tia Lube inarcò un
sopracciglio.
“Un pupazzo che è un re. Ed è pure
permaloso.”
-
Perché mi avete fatta
portare qui?
-
Perché Due non fa Tre!
Così ordina il Re! – ribatté Giustappunto puntando le braccine
morbide.
Tia si spazientì.
Tutto il piano che avevano progettato per riportarla
a Pandemos era saltato, e si trovava al cospetto di un re-pupazzo di cui non
riusciva ad avere paura – nonostante fosse esplicita la sua
ostilità.
-
Ora basta! – gridò. – Io
ho il diritto di sapere cosa vuoi!
I Baiocchi stavano rotolando verso di lei, ma
Giustappunto li fermò.
- Io ti ammazzo, Tia Lube. Perché Dio me lo ha
ordinato, ma anche perché voglio rimanere al trono di Panthalassa, e non
permetterò a Nixalma di aprire il passaggio per Pangea!
Tia rabbrividì.
I Baiocchi rotolarono attorno a lei.
- Portatela nelle segrete. Sarà uccisa domani
all’alba.
- Perché?!? – gridò Tia, tentando di allontanarsi dai
Baiocchi.
Giustappunto sbadigliò.
- Perché fa scena. Buona ultima giornata, Tia
Lube.
I Baiocchi si strinsero attorno alla giovane Lube,
soffocandola in una morsa di orrore.
E siamo al… Settimo! Eggià… E qui non c’è presente
Nixalma. La cosa mi è un po’ dispiaciuta, perché io adoro il mio pirata blu, ma
prometto che nel prossimo capitolo avrà un ruolo fondamentale! Truth Untime
ancora non sa quanto questa ciurma di pazzi potrà opporsi a lui… Aspettatevi
sorprese in futuro!
Nel prossimo capitolo vi presenterò la Poison, la meravigliosa nave
dalle vele speciali, nonché i Pirati di Panthalassa… E poi lascerò per un po’
Panthalassa per tornare a Pandemos a Villa Bruni.
Ringrazio la mia adorata Hellister (meravigliosa e dolcissima)
e tutti quelli che seguono la
storia o l’hanno messa tra le preferite e le ricordate =D mi date forza, gente.
Molto! Specialmente ora che sono particolarmente giù. Vi mando un bacione grande
grande!
Elyse.
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Capitolo 9 *** 8. I Pirati di Panthalassa ***
LVDMDP
Capitolo
Otto
I Pirati di
Panthalassa
Nixalma impugnò il timone con
decisione.
Quanto gli era mancata quella sensazione
di… potenza.
Quel brivido di piacere che gli
attraversava la schiena guardando i Pirati di Panthalassa terrorizzati da
lui.
Da lui che era il Capitano.
Da lui che aveva un potere così enorme
da sfidare chiunque.
Anche un
Dio.
I Pirati di Panthalassa si erano riuniti
tutti intorno al molo del lago Moth, il lago delle falene, e pochi avevano avuto
il coraggio di salire a bordo senza l’indicazione del Capitano. A tribordo,
con un sigaro in bocca, stava un uomo altissimo e muscoloso, con la pelle bruna
e scurissima. Stava a petto nudo, e sul capo rapato aveva un gran numero di
tatuaggi. Era alto molto più di Nixalma, il quale era già sul metro e ottanta -
se non oltre - ed era grosso il doppio. Se ne stava tranquillo e fissava il
Capitano, aspettando che parlasse, vicino agli altri pochi Pirati saliti sul
vascello. Nixalma accarezzò la sua nave con lo sguardo, percorrendone poppa e
prora, babordo e tribordo, fino a posare lo sguardo sulle meravigliose vele
addormentate. - Non è bellissima, Greywolf? – fece lui, rivolgendosi al
gigante a bordo.
- Cosa, Capitano? – chiese il Pirata
fissando negli occhi Nixalma.
- La nave, Greywolf. La
nave…
Greywolf
annuì.
- E’ bellissima, sì. Non riesco a
credere che tu sia tornato, Capitano! E ora torneremo a veleggiare… Finalmente.
Ma chi ti ha…?
- Svegliato? Una ragazzina di nome Tia
Lube… Ci crederesti? La prescelta dalla Volucera per sconfiggermi, una
quattordicenne!
Greywolf
rise.
- Beh, tecnicamente tu hai diciassette
anni. Solo tre di più. Nixalma fece una smorfia e tirò fuori la borraccia del
rum. - Ne ho molti di più. E poi
non è nemmeno bella. - E’ una cozza?
Il Capitano ci pensò un
attimo.
-
Ha i capelli
corti e castani, lisci. E gli occhi azzurri.
-
E’
grassa?
-
No, anzi. E’
pure troppo magra. Non è brutta… Però sembra più maschio che
femmina!
-
Ah! – rise il
Pirata – Ti tiene testa, eh?
Nixalma lo fulminò con lo sguardo e
Greywolf tacque.
-
Scusi,
Capitano.
-
Lascia stare.
Piuttosto, chiama la vecchia ciurma. E sbrigati. Stasera dobbiamo
partire.
-
Verso
dove?
Il Capitano salì a prua e puntò gli
occhi violacei verso un lontano scoglio, sormontato da un’imponente costruzione
scura.
-
Verso
la Reggia
Incubus.
Greywolf s’irrigidì e strinse i
pugni.
-
Reggia
Incubus, Capitano?
-
Esatto.
Paura?
Il Pirata scosse il capo
vigorosamente.
-
Riunirò la
ciurma. Vedrai, non vedono l’ora di tornare sulla
Poison!
Nixalma sorrise e lasciò che il Pirata
andasse ad avvisare i suoi compagni. Sul nero lago Moth la polvere leggera
che riveste le ali delle falene scintillava tra le onde. Le vele della nave
dormivano ancora, ma al tramonto si sarebbero risvegliate, brune e bellissime
come sempre, vive e al comando suo, suo e unicamente suo.
Il Capitano guardò all’orizzonte e vide
un piccolo puntino scuro avvicinarsi velocemente.
Mano a mano che si avvicinava, la sua
forma era sempre più familiare.
La creatura atterrò sbuffando sulla prua
della nave, tentennando sulle zampe spesse e chiudendo le ali bluastre.
-
Leadheed? –
scandì Nixalma stupito. – Cosa diavolo fai qui?
Il drago di Sottoscala sbuffò e nel fumo
presero forma delle immagini.
La bottega di Mastro Aggiustatutto, Tia
Lube, i Baiocchi di Giustappunto e la Reggia
Incubus.
-
Dannazione,
quella incapace! Si è fatta prendere dai Baiocchi! Farei bene a lasciarla in
pasto a Giustappunto. Anzi, pensandoci bene, lo
farò!
Leadheed ruggì lanciando una fiammata e
il Capitano della Poison sguainò la spada Volucera.
-
Che vuoi, tu?
Perché dovrei aiutarla? Di quale utilità mi è Tia Lube? Se non l’avessi portata
a casa lei avrebbe potuto sottrarmi la nave e la spada, ma ora che è in mano a
Giustappunto posso anche evitarmi il disturbo, non
trovi?
Il drago lanciò una lunga fiammata che
Nixalma respinse con la spada.
-
No? Ma tu
guarda se devo ritrovarmi a discutere con una bestia. Vuoi che ti uccida?
Lasciami in pace!
-
Io credo che
ti convenga fare come dice, Ully.
Nixalma si voltò verso tribordo, in
contemporanea al drago.
Sul pontile della nave stava poggiata
Madame Louise Sugàr, con lo sguardo corrucciato e i tentacoli celati dalla lunga
gonna.
- Cosa diavolo fai tu
qui?
Le iridi eterocrome di Madame si fecero
dure e Nixalma percepì che qualcosa non andava.
- Tu pensi davvero di poter prendere il
posto di Tia?
- Certo! Sono io il portatore della
Volucera.
- Stupido! La Volucera ha scelto Tia Lube per
trovare la prescelta e portarla a Panurania, non te.
- Ma se le hai detto che la riporteremo
a Pandemos!
Madame
sbuffò.
- Non lo faremo. Io so che se glielo
avessimo chiesto ora, si sarebbe rifiutata di aiutarci. Sto solo rimandando il
momento della verità… Tu sai che il treno per Pandemos è in mano al Druido. Per
aprire il passaggio da Pangea a Pandemos dovremmo chiedere a lui, e dati i
rapporti non proprio meravigliosi tra lui e la tua ciurma, non ci permetterebbe
mai di far salire Tia. E tu sai che è così, perciò non far finta di non aver
capito che le stavo mentendo. Lei verrà con noi, perché noi abbiamo bisogno di
lei, e anche di te.
Nixalma la guardò dall’alto del suo
metro e ottanta e sguainò la Volucera. Il suo
volto era una maschera inespressiva, gli occhi violacei erano adombrati ed
impenetrabili.
- E allora andiamo a liberare quella
rompiscatole. D’altronde, Reggia Incubus è di strada e Giustappunto non può
nulla contro di me e i Pirati. Stavolta hai vinto tu, bestiaccia – fece il
Capitano, rivolgendosi al drago vittorioso.
Leadheed sbuffò soddisfatto e si
posizionò sull’albero maestro, cacciando superbamente una
fiammata.
Nixalma rise.
“Non so quanto gli convenga fare lo
sbruffone vicino alle vele” pensò.
-
Greywolf! –
chiamò il Capitano – Hai radunato la ciurma?
Dal pontile i Pirati risposero chiaro e
forte con un urlo.
-
Bene. Salite
a bordo con tutte le armi che conoscete, bastardi. E chi di voi è una
femminuccia, scenda a terra e si nasconda nella copertina, perché oggi è un
giorno speciale ed importante! Il Capitano è tornato e festeggeremo il mio
ritorno col sangue! Oggi finiscono i soprusi del Reuccio dei miei stivali.
Attacchiamo Reggia Incubus!
Dopo un attimo di stupore, i Pirati di
Sottoscala si precipitarono sulla Poison, con sciabole, coltelli, pistole e
borracce di rum a volontà.
Madame Sugàr si rifugiò nella cabina
interna e Nixalma tirò fuori il rum, portandosi la borraccia alla
bocca.
-
Coraggio,
ciurma! Svegliate le vele e levate l’ancora. Yo-oh, ritornano i Pirati! –
gridò.
Nella buia e umida cella nelle
profondità del mare, Tia aspettava la fine.
Che fosse stata la fine di un incubo o
la fine della sua vita, questo non poteva dirlo, in ogni caso, farla finita
sarebbe stato sempre meglio di rimanere laggiù.
Reggia Incubus era incavata nella roccia
di un enorme scoglio nel cupo lago Moth e le segrete erano situate nelle grotte
sommerse. L’umidità era insopportabile, e l’oscurità era persino dolorosa per
gli occhi della giovane Lube.
Nel buio, le enormi iridi color del mare
brillavano. Sembravano due grandi laghi, anche se, mano a mano che il tempo
passava, la loro luce si faceva più fioca.
Tia stava seduta in un angolo, sulla
nuda roccia, accovacciata col viso poggiato sulle ginocchia e i lisci capelli
castani sparsi a coprirle la visuale. In ogni caso, con quel buio non avrebbe
potuto vedere nulla.
Tia Lube era certa che nessuno sarebbe
venuto a liberarla.
Nixalma non vedeva l’ora di liberarsi di
lei, e Madame Sugàr non aveva motivo di doverla cercare. Era un ostacolo, un
intoppo, un inutile ‘di più’ che il ridicolo re coniglio avrebbe facilmente
fatto fuori… Lei non aveva facoltà speciali come
Nixalma.
I Baiocchi erano di guardia e la loro
cantilena oscura risuonava nelle profondità della caverna in modo
inquietante.
I Baiocchi rotolarono vicino alla cella
e aprirono la porta.
Tia sollevò il capo e rabbrividì, con le
lacrime agli occhi.
-
Tia Lube deve essere portata al cospetto
del Re! Da Giustappunto, per essere
giustiziata!
-
Giustizia un
corno – balbettò debolmente.
Le grosse uova, appese a quegli strani
fili argentati dai quali gli incubi di Sottoscala – escluso Nixalma e la sua
ciurma, Leadheed, Madame Sugàr e il suo seguito – pendevano, la condussero per
un lungo ed impervio corridoio in salita.
Sbucarono nell’ala orientale del
castello, nella grande sala.
Al centro della sala era stato allestito
un palco, sul quale il boia stava sistemando dei barili. Il lampadario di
cristallo e oro scendeva dal soffitto illuminando tutto con una luce fioca e
ovattata, perfetta per un ballo, ma poco adatta ad un esecuzione di quel
genere.
Tutt’intorno al palco, gli incubi di
Panthalassa erano ansiosi di assistere all’uccisione della giovane Lube, come
lupi affamati che attendono la preda. Il soffitto a cupola era occupato da una
rete argentata ed intricatissima di fili argentati, ai quali tutti erano
attaccati, come marionette.
Giustappunto era seduto su uno sfarzoso
ed alto trono di velluto rosso, decorato con oro e pietre preziose, dal quale
vedeva tutti e tutti potevano vederlo ed adorarlo. Il peluche rosa reale
indossava una corona troppo grande e pesante. Pendeva penosamente da un
lato.
La folla d’incubi scoppiò in grida
soddisfatte all’ingresso della vittima designata, e i Baiocchi la condussero
frettolosamente al palco di legno.
-
GIUSTIZIATELA! – gridò Giustappunto.
Tia salì pietosamente sul palco
trascinando le All Star sdrucite.
-
Veloce,
ragazzina – fece il Boia.
La ragazza scoppiò a piangere e si
rivolse con rabbia al Reuccio Morbidoso.
-
Cosa diavolo
volete da me?!? IO VOGLIO TORNARE A CASA! Non c’entro meglio in questo mondo di
PAZZOIDI! – sbottò.
-
Ah, sì? Vuoi tornare a casa? Ma non farmi
ridere! La
Profezia dice che troverai la Prescelta e la condurrai al suo
destino. E così sarà! Perciò devi morire.
Sperò che non fosse troppo tardi per
quella cretina.
Tia era fin troppo orgogliosa per
accettare di morire senza dir nulla a Giustappunto, da quello che aveva capito
di lei in quei giorni. E se avesse provocato il re, sarebbe morta più in fretta.
Fece forza al timone e virò, conducendo la nave verso la cupola di vetro scuro
della Reggia Incubus. - Ammainate le vele! –
gridò.
- Vuoi sfondare la cupola…?!? – gli
chiese Greywolf, preoccupato.
- Esatto.
- Ma le
vele…
- Ammainatele subito! Le spiegheremo
dopo aver sfondato il vetro.
- Agli
ordini.
Capitano Nixalma spedì la nave dritto
verso la cupola di vetro, senza timore.
E senza timore, la
sfondò.
Quando Tia vide l’enorme vascello pirata
incombere sulla cupola, tremò. Si buttò a terra e urlò sentendolo sfondare il
vetro, evitando per poco un enorme frammento di cupola che le si era incagliato
vicino.
Il vascello volante era di legno scuro e
cupo, la prua somigliava a quella di una nave vichinga, perché terminava con un
incisione arricciata, mentre la poppa era quella di un tipico galeone inglese.
Ma non era quella la particolarità della nave. Le vele, ora ammainate, erano
qualcosa di straordinario.
Erano nere, velate da uno strato leggero
di polvere, con disegni concentrici bruni.
Erano vele davvero speciali.
Non per il colore, né per la polvere o i
disegni.
Ma perché non erano di stoffa, e non
erano neppure vele.
Erano enormi, meravigliose, spaventose
…
Tia sorrise e scosse il capo,
interdetta.
Ormai, si era quasi abituata a sorprese
del genere, ma quelle vele erano la cosa più bella che potesse
immaginare.
Erano
Falene.
Moths,
come il lago Moth.
Ed erano le
vele.
Riusciva persino a immaginare di chi
fossero l’incubo, quelle vele.
L’artista Salvador Dalì, che dipingeva
navi con vele di fiori e farfalle.
Forse era un veggente e le aveva viste
in trance, o in sogno, oppure quella nave era il suo
incubo.
In ogni caso, quella nave l’avrebbe
riconosciuta tra mille.
Non poteva che essere lei la famigerata
nave Poison dalle vele vive del Capitano Nixalma, ne era
certa.
Ma allora era venuto a
salvarla!
Dopo un minuto di panico, i Baiocchi
ristabilirono un minimo d’ordine tra gli incubi e si disposero in circolo al
centro della sala, sul palco vicino a Tia, dove, lentamente, la nave stava
scendendo. Tia li osservò stranita, sollevandosi in piedi ed evitando i vetri
rotti. I Baiocchi si facevano più vicini tra loro.
Ad un certo punto, le uova-soldato
cominciarono a battersi l’una contro l’altra, fortissimo,
spaccandosi.
La giovane Lube spalancò gli
occhi.
Dalle uova rotte, uscirono delle
creature immonde.
Orribili, enormi, pelosissimi e scuri
ragni dalle zampe oblunghe e gli occhi rossi.
Battevano le tenaglie verso l’alto,
protendendosi verso la
Poison…
A prua, Tia riconobbe la figura del
Capitano.
Nixalma si stagliava altissimo, col suo
fisico asciutto teso nell’atto di impugnare la Volucera, la bandana rossa
allacciata sulla chioma nero-blu e gli occhi tempestosi fissi verso di
lei.
-
AVVICINATI E
AFFERRA LA CIMA!
– gridò dall’alto, mentre uno della ciurma le lanciava una lunga
corda.
-
E COME FACCIO
CON QUELLE BESTIACCE SECONDO TE?!? – risposte Tia indicando i Baiocchi – ragni.
Nixalma si morse un labbro e afferrò in
fretta una cima, poi chiamò Leadheed.
-
Senti, drago.
Noi due non andiamo d’accordo e tu mi fai pure schifo, come bestia, in verità.
Però ora dobbiamo recuperare quella rottura della tua padrona, perciò, scendi
con me. I Baiocchi hanno paura del fuoco, quindi vedi di dar aria alla tua
boccaccia.
Il drago sbuffò in segno di assenso e
svolazzò veloce fino a Tia.
Nixalma si appese alla cima e si lanciò
addosso ai Baiocchi, conficcando la Volucera nel dorso di uno.
-
Sbrigati,
imbranata! – gridò a Tia.
-
Sì, va bene,
ma calmati!
-
Facile a
dirsi – rispose, infilzando un altro ragno. – Mica li stai affrontando tu, i
Baiocchi!
Tia afferrò la cima, con l’aiuto di
Leadheed, che teneva lontani i Baiocchi con le sue
fiammate.
-
NON FATELI
SCAPPARE! – gridò tra la confusione Giustappunto, con la sua vocetta
stridula.
Nixalma chiamò gli altri Pirati della
Poison, che tennero impegnati i Baiocchi, mentre il Capitano avanzava verso il
Reuccio.
-
Non mi
scappi, stronzo.
-
TENETELO
LONTANO!
Nixalma sferzò un colpo verso sinistra,
abbattendo un Baiocco, mentre Giustappunto tentava di fuggire. Il Capitano della
Poison si avvicinò pericolosamente ed afferrò per le orecchie il
Reuccio.
-
Ciao.
-
BAIOCCHI,
VENITE AD AIUTARMI!
-
Inutile, non
verranno.
Al centro della sala, i cadaveri
dilaniati dei Baiocchi giacevano silenti.
I Pirati tacquero e nella sala
riecheggiò un urlo stridulo.
Dalla nave, strisciando velocissima,
discese Madame Louise Sugàr. I tentacoli erano lunghissimi e iridescenti, gli
occhi enormi, entrambi rossi e demoniaci, l’altezza era raddoppiata e il volto
era una maschera d’orrore.
Giustappunto tremava, nel suo corpicino
morbido.
-
TI UCCIDO,
STRONZO! – gridò ridendo Madame.
Nixalma si parò davanti al Reuccio e gli
conficcò la spada nel ventre di stoffa, poi estrasse la spada e corse alla nave,
risalendo in fretta e furia.
Madame Sugàr avvolse Giustappunto tra i
tentacoli viscidi e ne conficcò un paio nella schiena, strappando con le mani i
piccoli bottoni che avevano funzione di occhi.
Poi Nixalma la chiamò forte dalla
Poison, e calmandosi leggermente, Madame lasciò andare il Reuccio martoriato e
risalì.
Tia aveva assistito alla scena impotente
e piena d’orrore e ora vedeva, dallo squarcio nel ventre di Giustappunto, uscire
una luce forte e bianca.
Si avvicinò a
Nixalma.
-
Ma cosa
diavolo succede?
-
Ah, è questo
il tuo ringraziamento per averti salvato?
Tia sbuffò e incrociò le
braccia.
-
Grazie, va
bene? E ora mi dici cos’ha il coniglio nella
ferita?
Nixalma sorrise e carezzò
la
Volucera.
-
Il passaggio
tra Panthalassa e Pangea si trova nel corpo di Giustappunto. Ferendolo con
la Volucera
ho aperto il portale, ed è questo il motivo per cui lui ha paura di me. Quando
voglio viaggiare, lo ferisco e passo, e lui soffre orribilmente. Altrimenti,
sembrerà strano, ma Giustappunto non può sentire dolore.
-
E quindi noi
dobbiamo passare…
-
… In quel
fascio di luce. Reggiti forte. Spiegate le vele, babbei! – gridò il Capitano. –
Greywolf, aiuta Tia e Madame a tenersi ferme durante il
passaggio!
I Pirati di Sottoscala si misero
all’opera, e Greywolf legò Tia e Madame in modo da farle rimanere fisse alla
nave volante.
Nixalma virò a destra, verso
Giustappunto e puntò il cono di luce.
Vedendolo andare a tutta velocità dritto
verso il pavimento, Tia tremò dalla paura e chiuse gli
occhi.
-
Ci
schianteremo, cretino!
-
Sta’ zitta,
zucchero.
La
Poison entrò nel cono
di luce e venne risucchiata nel corpo del Reuccio insieme a tutta la sua
ciurma.
AAAgh, scusatemi per il ritardo xD! Ho
poco tempo e per un po’ mi sono dedicata completamente al disegno lasciando la
scrittura da parte.
Questo capitolo è l’ultimo ambientato a
Panthalassa e nel prossimo lasceremo un po’ Tia e Nix per andare a trovare nuovi
personaggi che entreranno nella ciurma e nella storia. Prossima tappa: Pangea!
Alla ricerca della Prescelta :D
Ringrazio Hellister e tutti quelli che hanno
messo la storia fra le preferite e le seguite (non elenco perché non ho tempo,
perdono ç_ç)! Un bacione,
Elyse
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