Sbagliata

di Oxis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo le tenebre ***
Capitolo 2: *** Addestramento ***
Capitolo 3: *** Bagliori ***



Capitolo 1
*** Solo le tenebre ***


Sbagliata


Prologo - Darkness


Vedo solo buio e polvere. Nient'altro. Solo una fredda coltre di nebbia davanti ai miei occhi socchiusi, avidi di luce. Respiro la polvere, tossisco, cercando la luce.

Il mio corpo giace desolato sul duro pavimento di legno della mia camera.

Ho freddo, ma non c'e' possibilita' di scaldarsi.

E non e' un incubo. E' realta'.

Qualcuno urla fuori dalla porta, la gattaiola cigola. Non mi muovo.

Solo quando non sento piu' le urla, costringo il mio corpo a voltarsi lentamente e comincio a strisciare sul pavimento.

Ecco come sono ridotta.

Arrivo alla porta, sul pavimento intravedo un piatto e un bicchiere d'acqua.

Afferro quello che c'e' sopra e senza neanche chiedermi cosa stia mangiando lo ingurgito.

E' pane secco. Davvero secco. Tossisco e mi bagno facendo inclinare troppo il bicchiere.

Mi cade dalle mani, ormai troppo deboli per reggere anche solo una penna e cade sul pavimento.

Le schegge esplodono con uno schianto che alle mie orecchie suona come un martello pneumatico.

Un dolore acuto e penetrante e sento qualcosa di caldo gocciolare dal mio labbro inferiore.

La mia mano scatta, a sparpagliare in un impeto di rabbia i frantumi del bicchiere, provocandomi altri graffi.

Cado faccia in giu' sul pavimento freddo e non mi muovo piu'.


E' strano come sia impossibile abituarsi a qualcosa. Si dice che dopo pochi giorni in una nuova casa, citta' o paese, le abitudine vecchie si dissolvano e tu riesci ad adattarti alla nuova realta', ai suoi tempi.

E' strano come per me tutto questo risulti impossibile. Vivo in questa stanza da cinque anni, ormai e ancora non riesco ad abituarmi a questa penombra sinistra costante, alla polvere e al freddo che aleggiano sempre, in ogni istante del giorno e della notte.

Alle tende di damasco scuro che fanno da sipario al mondo reale. Chissa' come e' la fuori.

Chissa' se e' ancora come lo ricordo. Ricordi confusi, pieno di una nostalgia mista a terrore e impotenza che non ha eguali.

Ogni giorno prego di morire e ogni giorno la mia speranza vacilla sempre piu' violenta.

Sono sull'orlo di un baratro e non so se riusciro' mai a rialzarmi.

Perche' sono qui?

Perche' sono una dannata.

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Capitolo 2
*** Addestramento ***


Altre urla. Apro gli occhi all'improvviso e trasalisco in silenzio.

Poi la porta della mia stanza si apre, investendomi d'aria ghiacciata.

- In piedi.

Solita routine.

I miei muscoli sembrano perennemente sotto sforzo, immobili e inutilizzabili.

Mi volto lentamente, come a rallentatore e rimango a faccia in giu', cercando inutilmente di tirarmi su.

Una mano forte e improvvisa mi strattona e mi alza.

- Come stai oggi, amore?

Con le palpebre socchiuse rivolgo un'espressione piatta e impassibile alla fonte della voce.

Raschiante, dura e gelida, come un'unghia su una lavagna.

Uscire dalla stanza e' come sempre un trauma: la luce abbagliante del sole mi ferisce gli occhi, troppo abituati al buio, costringendoli a chiudersi.

- Pronta?

Mi lascia, facendomi cadere per terra.

Riapro gli occhi e mi rialzo, ignorando il dolore che mi tartassa le ossa.

Sono nel solito patio, un cortile in mezzo all'edificio in cui mi tengono prigioniera.

Qui si fa addestramento.

- Cominciamo.

Raddrizzo la testa e guardo fisso davanti a me, senza muovere un solo muscolo della faccia.

A qualche metro da me c'e una figura esile ma alta, che sembra emanare una luce verdastra dalla pelle color avorio striata di sottili venature magenta.

E' avvolta da un mantello sui toni del verde che sembra dissolversi nell'aria, fluttuando leggero dietro di lei, fermato sulle spalle da fermagli d'oro. 

I capelli lunghi fino ai piedi sono neri come l'ala di un corvo, lucidi e splendidi. Bellissima, ovviamente, come tutte le ninfe, ma c'e' qualcosa in quella figura minuta e sottile che ti fa desiderare di scappare non appena la incontri.

Qualcosa di terrorizzante. Saranno gli occhi neri senza pupilla ne' iride, cerchiati di rosso oppure quel sorriso sbieco e malizioso che scopre i canini appuntiti capace di sbranare un orso interno in meno di quattro minuti.

Questa e' Akifna. La mia tutrice.

All'improvviso emette un lungo sibilo minaccioso, simile a un ringhio acuto e stende la mano verso di me.

Non faccio in tempo a evitare il getto verde brillante che mi colpisce in pieno petto, facendomi cadere al suolo un'altra volta.

Non faccio in tempo a tirarmi in piedi che un altro colpo violento in faccia mi volta la testa.

Dolore. Lancinante. Un bruciore assurdo invade la mia pelle, dove e' stata scottata dalla Linfa, cosi' si chiama.

- Andiamo, fammi vedere un po' cosa sai fare.

Ma io non posso difendermi. Non posso.

Io non sono come lei, non ho quei poteri, non li ho mai avuti. Non voglio essere come lei.

- Mi dispiace, temo per te che lo diventerai. Avresti gia' dovuto esserlo da tempo.

Uccidimi allora, non voglio piu' saperne. E non hai il diritto di leggere la mia mente.

- Spiacente, mia cara.

Non puo' uccidermi, altrimenti lo avrebbe gia' fatto. 

Akifna non desidera altro che togliermi dai piedi, da quando ha scoperto, cinque anni fa che io non sono come loro speravano. Non ho nessuno dei loro poteri: un' Afnin.

Ma nonostante appartenga alla branchia delle Ninfe Prodotes, le Rinnegate, Ninfe che hanno voltato le spalle alla loro natura di esseri innocui e benigni, non puo' ignorare completamente il suo codice genetico. Le ninfe non uccidono, mai. Anche volendo non possono.

Sono esseri della creazione, il che vuol dire che non hanno il potere di togliere la vita.

Il che vuol dire che io sono condannata a un'esistenza buia e tormentata, senza via di fuga.

E il tutto perche' sono diversa da tutti loro. Sbagliata.

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Capitolo 3
*** Bagliori ***




Ritorno nella mia stanza, a mezzanotte. Quando la porta si chiude anche le mie palpebre si abbassano e mi lascio cadere sul pavimento. I muscoli mi fanno male, sento come miriadi di spilli che mi trapassano in ogni punto del mio corpo,

Non c'e' un centimetro di pelle che non mi provochi dolore lancinante.

Riesco a sedermi e ad appoggiarmi contro la parete.

Sollevo le braccia coperte di ferite e mi sfilo il mantello che indosso. E' nero, come segno di vergogna a essere nata senza poteri.

Le ninfe hanno il potere sulla natura. Possono far nascere alberi, fiori, erba, animali, farfalle... Non interferiscono con la natura, ma se ne servono con cura, ringraziandola ogni giorno. Tutto molto bello.

Le Rinnegate non possono piu', ma possono comunque sfruttare la loro origine per piegare la natura stessa al proprio volere.

I loro attacchi sono violenti e lasciano ogni cosa che toccano infiammata.

Mi sfioro le braccia nude, le ustioni che recano.

La mia pelle e' bianchissima, priva di ogni colore, forse per il buio, molto piu' candida di quella delle ninfe. I miei occhi non sono senza iride. Assomigliano a quelli degli umani, neri come il carbone ma senza pupilla.

Non so in realta' come sono, non ho idea di quale sia il mio aspetto. Non piu' ormai, non vedo me stessa da anni.

L'unica cosa di cui sono sicura e' la mia pelle diafana e i miei capelli, diversi da tutti gli altri, rossi come il fuoco.

Una lacrima scivola sul mio viso, e percorre beffarda la guancia, bagnando la piccola voglia che ho sul collo, leggermente in rilievo. Non so cosa raffigura, non so piu' niente di me. Non ho piu' un'identita'.

Pero' all'improvviso brucia e sento calore, come non era mai successo.

Sto sempre attenta ad asciugarmi gli occhi, sempre, perche' non voglio che le ninfe sentano l'odore delle mie lacrime sulla pelle, ne sarebbero capaci e me la farebbero pagare, non era mai successo questo.

Mi afferro il collo, tremando. 

Brucia. Fa male.

Spalanco la bocca per urlare, ma non emetto piu' alcun suono da troppo tempo e le mie corde vocali si sono arrugginite.

Allora serro gli occhi e aspetto che finisca. Come sempre.

Aspetto.



Solo che a poco a poco il dolore si affievolisce, ma non come di solito, per poi ritornare ancora piu' forte.

E' come se da quella piccola voglia un'energia pulsante che non ho mai provato risvegliasse i miei sensi dal torpore e li sviluppasse al massimo.

All'improvviso anche il debole filtrare della luce dalle finestre mi ferisce gli occhi e ogni piu' flebile rumore suona come un urlo agghiacciante dentro di me.

Pero' non fa piu' male.

Mi tasto il collo, sentendo la voglia ruvida e dura, come la cicatrice di una ferita troppo profonda.

Il calore e' sempre piu' forte e mi fa annebbiare la mente.

Ritiro la mano e sussulto, facendomi male alle costole. Le mie dita sono luminose, nel punto in cui hanno toccato la voglia.

Non credo ai miei occhi, e la cosa non mi riesce troppo difficile, stanchi come sono, e appoggio tutta la mano sull'antica ferita.

La ritraggo come se l'avessi immersa nella luce piu' pura.

Cosa mi sta succedendo?

Il mio cervello offuscato decide di chiudere i battenti proprio in quel momento, lasciandomi allibita e confusa, ma per la prima volta nella mia vita, non angosciata.

Non so cosa significhi, ma di sicuro e' migliore di tutto questo.

Scivolo lungo la parete, sentendo il mio corpo cullato da un dolce tepore, che assopisce il dolore.

Un ultimo pensiero lampeggia nella mia mente vuota. Un pensiero che non aveva mai osato sfiorarmi.

Forse sto morendo.

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