La notte magica

di calt coouc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La notte magica ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** La notte magica ***


La piccola Elisa aspettava quel momento da settimane.
“Starò via per poco, tu comportati da brava bambina ok?” gli disse il grande uomo che pochi anni prima la prese in casa sua come protetta.
Aveva tre anni quando quella notte, l’incendio che colpì casa sua uccise i genitori e la lasciò da sola a vagare per le strade buie. Un attento passante, vestito di tutto punto, la scorse nascosta dietro alcune pile di legno e preso dalla tristezza la portò nella sua reggia a pochi chilometri da li.
A 7 anni da quella lontana ed oscura notte, Elisa faceva finta di dormire raggomitolata nelle coperte calde e soffici. “Buonanotte piccola mia” disse un uomo grande quanto un armadio e avvolto da un enorme mantello, quasi fosse una tenda.
Non appena uscì dalla camera Elisa scostò di scatto le coperte e come non fosse mai stata più felice sfoderò un lunghissimo sorriso da un’orecchia all’altra. Aveva ancora le scarpe ai piedi ed era vestita con la magliettina e i pantaloni più belli che potesse avere. Era una sera che non avrebbe mai dimenticato e quella stessa sera meritava le sue più grandi attenzioni, a partire dai vestiti.
Guardò la sveglia che segnava le 23, soddisfatta della puntualità del grande uomo si diresse verso la porta e appoggiò un orecchio sul freddo legno.
Niente.
A quanto pareva la via era libera.
Aprì la porta tentando di evitare ogni minimo rumore, la varcò in punta di piedi e si diresse verso il ballatoio da dove le scale partivano in due direzioni. Per fortuna la moquette ricopriva gran parte della casa e le sue graziose scarpe lilla non emettevano nessun rumore.
Un fragoroso rimbombo disturbò il silenzio tutt’attorno, il portone di ingresso si richiuse dietro le spalle del gentile uomo di casa lasciando la piccola Elisa sola in tutta l’enorme dimora.
Quasi impaurita della novità di poter avere tutto il castello per se, la piccola ragazzina si prestò a scendere il più in fretta possibile le scale che portavano al pian terreno, proprio di fronte alla porta di ingresso.
Vi erano due rampe di scale che, partendo dal ballatoio delle camere da letto, portavano al pian terreno verso le cucine, il soggiorno e lo studio segreto. Proprio quest’ultima era la sua meta, l’angolo oscuro dove non le era permesso entrare, l’unico punto della casa ancora sconosciuto e quindi, il più interessante.
Aveva sentito parlare di quello strano posto solo dai cuochi e dalle tate che, in ogni ora del giorno, credendo di non essere sentite da nessuno, chiacchieravano e si narravano strane storie sentite in locali oscuri e misteriosi. Da quei corti discorsi origliati la piccola ragazzina aveva appreso il modo di entrarvi senza essere scoperta oltre ai numerosi timori nati da ingenue confessioni riguardanti fantasmi e mostri.
Appena dopo l’ingresso, incavata in una parete di roccia asciutta, vi era una porta in legno secco, completamente diversa dalle altre sia di colore che di particolari. Essa infatti non aveva buco per la serratura, non possedeva ne cardini ne qualche tipo di venatura o particolarità del legno. Era semplicemente una lastra uniforme posizionata dentro un incavo rettangolare. Nessuno avrebbe mai potuto pensare si potesse aprire se lei stessa non avesse sentito, durante le numerose notti insonne, cigolii e colpi provenire proprio da quel punto della casa. E come se non bastasse le era sempre stato vietato avvicinarsi presso la porta, origliare o bussare.
Quella notte però era tutto diverso. Era sola. Nessuno poteva dirle che fare. Nessuno poteva impedirle di esplorare l’unica parte della casa che non aveva ancora visto.
Quella notte, proprio come sognava di fare ogni notte, era di fronte alla porta misteriosa e la fissava con uno sguardo pieno di sfida e di emozione.
Dalla parte opposta della parete ove era incavata la porta, vi era una pietra di dimensioni minori di quelle che la circondavano. Il suo colore era più chiaro, come se venisse usata numerose volte in più di tutte le altre che componevano le mura. Tutto attorno non vi era segno di calce, sembrava quasi non far parte della casa. Senza esitazione Elisa ne afferrò i lembi e la tirò verso di lei. Senza alcun tipo di sforzo la pietra si estrasse. Nel tenerla in mano sembrava incredibile come il suo peso non rispecchiasse le apparenze, era leggera come una piuma ma resistente quanto l’acciaio.
Dentro il cubicolo occupato precedentemente dalla pietra vi era qualcosa che ne sporgeva dalla parte opposta. Non si capiva bene cosa fosse perché c’era troppo buio. Bastò attendere qualche secondo in più perché gli scuri occhi della ragazzina si abituassero all’oscurità riuscendo finalmente a schiarire la strana lastra in legno.
Di fronte ai suoi occhi increduli vi era un quadratino con incastonate cinque lettere e tre numeri posti su una griglia tre per tre. Uno spazio quindi restava vuoto.
Come le era stato involontariamente suggerito dal personale del castello, il trucco non era affatto difficile nonostante la sua giovane età. Solamente un persona che avesse vissuto in pieno contatto con il padrone del castello poteva conoscere i particolari della sua vita. Solo le persone importanti potevano avere accesso ai suoi ricordi, belli e brutti. Come li raccontava molte volte, nella vita di Sir Luca, vi era stato un incontro che la cambiò completamente.
Quella notte, l’indaffarato uomo di potere, vide un fagotto sofferente rintanato dietro una pila di legna da ardere. Era la notte del ventisette ottobre 2010. Un anno indimenticabile.
Era quasi ovvio che i caratteri presenti nella tavola di legno, A E I L S 1 0 0, dovessero essere disposti in modo da creare una sequenza di lettere e numeri riguardante quella notte.
Dopo pochi minuti la piccola ragazzina sentì un leggero clic proprio mentre posizionava l’ultimo numero al suo posto: ELISA 010.
Niente accadde alla porta alle sue spalle.
Percorse velocemente la ventina di metri di larghezza che formavano l’entrata al castello, appena di fronte alla porta misteriosa si fermò ad osservarla. Una leggera brezza le muoveva i capelli scuri come la pece.
Con un ditino sfiorò il legno secco e come un foglio di carte spazzato via dal vento, con un leggero cigolio accentuato dal silenzio, la porta si aprì lasciando scorgere nient’altro che buio pesto.
Un po’ intimorita mosse il primo passo in avanti. Un secondo dopo essere entrata oltre la soglia, un leggero click risuonò sotto la suola delle sue scarpe. In pochi secondi delle fiamme argentate riempirono la stanza tonda immergendo i libri, gli scaffali e gli oggetti di una luce chiara e soave come provenisse da una fonte irreale. Subito dopo la porta si chiuse alle sue spalle.
Alla vista di quell’immenso quanto angusto posto, Elisa li lasciò sfuggire un sussulto di meraviglia. I suoi occhi viaggiavano in lungo e in largo cercando in pochi secondi di svelare ogni piccolo dettaglio che era quella stanza così tanto desiderata.
Era disposta in pianta circolare di due decine di metri di diametro, le pareti erano alte una trentina di metri ed erano completamente tappezzate di libri contenuti in librerie di vecchio legno. A pochi passi da lei, alcuni gradini portavano ad una sorta di rialzo in pietra racchiuso da parapetti in ferro battuto. Al centro di esso vi era una scrivania con una miriade di oggetti antichi e mai visti come pergamene, calici, sfere di vetro, anelli in oro e così via. Elisa salì gli scalini con il viso verso l’alto a scrutare l’immensa cupola in vetro che regnava su tutta la stanza. Una volta a pochi centimetri dalla scrivania vide un libro aperto su una pagina scritta a metà, una penna di uccello ancora con la punta intrisa di inchiostro poggiata sulla pagina incompiuta e una sedia buttata a terra.
Passò dalla parte opposta della scrivania incuriosita da quella bellissima scrittura in corsivo.
I suoi occhi lessero attentamente cosa vi era scritto:

“Forse stasera riuscirò a comprenderne i segreti, i miei esperimenti hanno sottolineato come non possa essere nient’altro che la verità. Ora che è qui con me devo proteggerla, devo fare in modo che nessuno sappia della sua esistenza. Riusciremo finalmente a salvare quel che resta di noi.”

Si guardò attorno. Guardò attentamente ogni oggetto presente nella scrivania. Uno di questi doveva essere molto importante.
All’improvviso una piccola luce la distolse dai suoi pensieri. Si girò di scatto e vide a malapena una piccola fiamma, diversa dalle altre emettere un piccolo bagliore azzurro proprio sulla sommità di un’altra porta opposta alla prima. Essa era malamente nascosta da una catasta di vecchi e impolverati libri poggiati a terra.
La fiamma si spense in pochi secondi come soffocata dallo stesso legno di cui era composta la porta.
Dimenticandosi completamente dei suoi pensieri precedenti, si allontanò dalla scrivania e iniziò a curiosare tra le immense distese di libri che tappezzavano le mura. Lesse distrattamente titoli stranissimi come “L’incredibile avverarsi dei desideri” , “Noi, coltivatori di potere” , “Magia o avanzata tecnologia?” o “Racconti di Bi Aibb” e non poteva far altro che chiedersi che tipo di testi fossero. Cercò di afferrarne uno ma con insuccesso e fu costretta a rinunciare.
Poco più in la scorse una lastra gialla lucente. Erano incisi dei caratteri nella stessa grafia del libro sulla scrivania. Essi dicevano:

“Ciò che la curiosità possiede è ciò che la mente richiede. AS_A_”

Elisa ci pensò su un attimo. Era fin troppo facile. Faceva questo tipo di giochi ogni sera prima di andare a letto. Il trucco sta nel saper quale lettera mettere negli spazi vuoti.
“Ciò che la curiosità possiede è ciò che la mente richiede.” Semplice. La mente richiede qualcosa che ha pure la curiosità. Cosa hanno in comune la curiosità e la mente? L’ingenuità? La stoltezza?
No. È solo una lettera. È la lettera T.
La parola che viene fuori è “ASTAT”.
“Ma che vorrà mai dire?” pensò Elisa.
Come per un lampo di genio, la ragazzina posò il palmo della mano sul primo libro che aveva di fronte e pronunciò la parola: << ASTAT! >>
Il libro di fronte a lei, che prima di pronunciare la parola non ne voleva saperne di uscire, ora come fosse leggero come una piuma, si estrasse dalla pila in cui era inserito finendo nelle sue mani.
La ragazzina iniziò a ridere all’impazzata divertita da questo piccolo gioco.
“Ora proviamo in un altro modo.”
Lesse un titolo di un libro posto a qualche metro sopra di lei: “Incanti leggeri”
<< ASTAT Incanti leggeri! >>
Incredula potesse realmente accadere, il libro si disinserì dalla pila e le cadde in mano. Quasi allo stesso momento, il libro estratto prima levitò in aria e si infilò nel suo precedente posto.
Scoppiò in risa divertite che travolsero il silenzio della stanza.
Il suo sguardo si poggiò su quello strano libro dal colore blu sbiadito.
“Cosa saranno mai degli incanti?” pensò tra se e se.
Andò a sedersi alla scrivania raccogliendo da terra la sedia. Si mise di fianco al libro scritto a mano e aprì sulla prima pagina Incanti leggeri.
Vi era un’immagine di uno strano uomo in tunica blu con una folta barba bianca ed un bastone in mano. Sembrava quasi essere lui lo scrittore di quel libro, difatti era posta una firma ai suoi piedi come a voler personalizzarlo.
Nella seconda pagina invece c’era una piccola introduzione. Era in una lingua che non aveva mai visto prima, non si capiva una parola. Alla base del testo, verso la fine della quinta pagina c’erano delle note. Stessa grafia in corsivo del manoscritto e della targhetta:

“Nonostante siano leggeri non vuol dire che non possano essere pericolosi.”

Intimorita da questo involontario avvertimento Elisa smise di leggere. Si guardò attorno, quasi avendo paura di esser vista fare qualcosa di sbagliato. Inarcò le sopraciglia quasi disturbata da quel silenzio incombente. Chiuse il libro senza neanche guardarlo, se lo mise sotto braccio scendendo dalla sedia e si diresse verso l’uscita.
Poco prima di aprire la porta si guardò alle spalle, scrutò il maestoso spazio pieno di libri e oggetti e si promise di tornarci non appena possibile.
Ancor più leggera di prima la porta si aprì con un piccolo gesto della mano, il solito cigolio echeggiò nel castello sino ad attenuarsi del tutto.
Elisa si ritrovò immersa nel buio di una notte gelida. La casa era completamente addormentata e poche ombre create dalla sua mente si arrovellavano sopra le mura.
D’un tratto la serratura della porta di ingresso fece uno scatto. Presa dal panico sbiancò completamente, i suoi occhi grandi e neri si aprirono in tutto il loro terrore mentre il cardine iniziò a cigolare.
Con uno scatto quasi inumano la ragazzina corse verso il sottoscala da dove era arrivata poco prima, si acquattò stringendo il libro tra se e inserendo la testa in mezzo alle ginocchia.
Dei grandi passi ruppero il silenzio in tutto l’antro di ingresso. Era Sir Luca.
“Già tornato?” si chiese senza speranza Elisa.
Sir Luca, a passo svelto, si diresse verso le scale, le salì in fretta e furia, entrò nella sua stanza, proprio di fronte a quella di Elisa, e come fosse molto preoccupato, si buttò giù dalle scale e riuscì dalla porta di ingresso.
Elisa strabuzzò gli occhi, non riusciva a capire quello strano comportamento. Così, con un po’ di paura, indugiò fuori dal suo nascondiglio per tornate velocemente nella sua camera.
Una volta li, posò il libro sotto il letto, non voleva che nessuno all’interno di quel castello lo vedesse, si infilò sotto le coperte e cercò immediatamente di dormire.
Fu tutto inutile. L’adrenalina del momento passato era ancora troppo alta per assopirsi. Era come se nella stanza non ci fosse altro che il libro sotto il suo letto. La curiosità la stava uccidendo. Se chiudeva gli occhi non sentiva altro che il suo cuore pulsare dalla frenesia.
Si rigirò dall’altra parte del letto. La sveglia illuminava le coperte di rosso. La fissò per qualche istante.
<< Non è possibile! >> esclamò quasi urlando. Si mise a sedere così velocemente che le coperte caddero dal suo corpo. Stava ferma e fissava la sveglia. La sua lucina rossa scandiva lentamente i secondi col pulsare dei pallini rossi. L’ora in rosso segnava incredibilmente le 23:03.
“Sono passati solo tre minuti da quando mi sono alzata dal letto? Ma non è possibile!” pensò incredula.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Seduta sul velluto blu del proprio letto, Elisa fissava il libro sulle sue mani. Tante domande affollavano la sua mente alle quali non era possibile dare risposta. I suoi grandi occhi marroni scintillavano al leggero luccichio della lampada sul suo comodino. Di fianco ad esso, i vestiti erano riposti perfettamente sulla scrivania e le scarpe poste nella scarpiera li vicino.
Una battaglia senza fine si estendeva nei suoi pensieri, curiosità contro paura, ingenuità contro consapevolezza.
Lentamente il suo dito indice sfiorò la copertina. Con un leggero tocco essa si aprì rivelandone la figura dello strano individuo con la barba. E ancora le righe in una strana lingua, la scrittura in corsivo che preannunciava l’inimmaginabile e per ultime le sensazioni di stupore e meraviglia al solo pensare cosa ci potesse essere scritto in quelle tante pagine ingiallite.
Con l’indice andò scorrendo verso l’angolo alto della pagina, col polpastrello lisciò il foglio come fosse un tessuto pregiato. Ne piegò l’angolo pronta a girare quando un lieve alito di vento caldo le percosse la schiena. Tanti brividi la fecero rizzare i capelli, la pelle d’oca rapì le sue membra e lo stomaco sembrò pieno di piccole farfalline agitate. Il librò scivolò dalle sue gambe e prima di toccare terrà lasciò scorrere una pagina. La copertina così si spalmò con un tonfo secco sulla moquette della cameretta mentre una luce leggera e sottile inondò di ombre le mura.
Quasi spaventata ma allo stesso tempo eccitata, Elisa fissò incredula le strane scritte brillanti che ricoprivano le pagine del libro. Il blu intenso dell’inchiostro sembrava brillare di luce propria mentre il leggero alito di vento si era trasformato in una folata tanto forte da agitare le coperte sopra il letto. I capelli della bambina si piegarono all’indietro lasciando scoperto il delicato collo bianco. Il pigiama gli si appiattì nel petto tirato indietro dalle forti ventate. Le pagine del libro iniziarono a scorrere una dietro l’altra sino a che, arrivate a quella finale, quell’oggetto alquanto strano si chiuse su se stesso facendo tornare alla normalità tutto l’ambiente attorno. La bambina cadde all’indietro sul letto, come fosse esausta guardò verso il soffitto, fece un lento sospiro e un grande sorriso.
“ Non è possibile” pensò prima di addormentarsi profondamente.
 
Il sole risplendeva come no mai. Dalla finestra, alcuni timidi raggi di sole filtrati dagli alberi, si specchiavano sul davanzale in marmo illuminando il soffitto bianco di una luce brillante e riposante. Alcuni fringuelli cantavano al mattino accompagnati dal suono del vento che si insinua tra le fronde degli alberi.
Mai un risveglio fu così tanto bello. Subito dopo gli occhi, si aprì la bocca in un sorriso pieno di gioia.
Elisa ricordava ancora tutti gli strani avvenimenti della sera precedente, sembrava fossero passati diversi giorni da quanto aveva dormito. Cosa era stato a stancarla così? La paura? L’eccitazione?
Rigirò lentamente la testa sul cuscino proprio verso la finestra. Il libro giaceva ancora li per terra, era chiuso e immensamente impolverato. Di tutti gli oggetti puliti e lucenti che vi erano nella camera, quello non era di certo il più grazioso. Aveva però un certo fascino, dato forse dal suo contenuto misterioso o dalla scorza antica che lo racchiudeva.
Elisa lo fissava cosciente di cosa era accaduto la scorsa notte. Non smetteva di guardarlo quasi fosse ipnotizzata da quella copertina rovinata.
Decisa a soddisfare la sua sete di sapere, scostò le coperte e buttate giù le gambe dal materasso infilò i piedi nelle pantofole rosa. Si inginocchiò, raccolse il libro e se lo portò al petto. Socchiuse gli occhi lasciandosi inondare della luce del mattino.
Si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania, col palmo della mano scostò la roba accuratamente piegate e vi posò il libro. Il cuore inizio a tamburellare all’impazzata, il respiro si fece sempre più corto e mentre alzava la mano per aprire la copertina, le dita le tremavano come le ali di un colibrì. Deglutì faticosamente e si fece coraggio, aprì il libro pian piano sino a che non si intravide il solito buffo personaggio, poi la scritta incomprensibile e poi… “Un attimo!” disse fra se e se. Prima di girare pagina qualcosa rapì la sua attenzione. Rimase a bocca aperta nel vedere ciò che aveva di fronte agli occhi.
“Ma come è possibile?”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Preoccupato di lasciare la sua bambina per la prima volta da sola a casa, il grande uomo oltrepassò la soglia di casa sbattendo il grande portone in legno e ferro battuto dietro le sue spalle.
Una lunga limousine lo attendeva nel vialetto di fronte all’ingresso.
<< Buona sera signore, dove andiamo oggi? >> Simon, il conducente, con la mani dietro la schiena sorrise incuriosito.
<< Sera Simon, oggi sarà una gran serata, andiamo fuori città >>
<< È la prima volta che la lascia sola vero signore? >>
<< Esatto. Sono parecchio preoccupato. >>
<< Signore, non è sola in casa e nessuno sa chi è veramente. Andrà tutto bene. >>
Sir Luca, con un sorriso compiaciuto della sicurezza del proprio autista, aprì lo sportello e si sedette in macchina. Simon gli chiuse lo sportello e si preparò per il viaggio.
<< Aspetta Simon! >> urlò << ho dimenticato il taccuino! >>
Sir Luca si scaraventò fuori dalla macchina, corse verso l’ingresso e aprì velocemente la porta. L’antro di casa era completamente buio, ci mise alcuni secondi per abituarsi al buio dopo di che, con una leggera corsa, salì le scale ed entrò nella sua camera proprio alla destra del ballatoio.
Il suo taccuino era ancora li, con la copertina e il lazzo che lo racchiudeva in pelle. Era piccolo quanto un’agenda e dai fogli all’interno ne uscivano altre pagine evidentemente aggiunte in seguito, più grandi e di diverso colore. Non se ne separava mai eppure, proprio quella notte in cui gli sarebbe servito più di sempre, lo stava per lasciare a casa. Lo afferrò e se lo infilò nella tasca della giacca all’interno, vicino al cuore, dove lo portava giorno e notte.
Discese le scale sempre correndo, oltrepassò di nuovo la soglia di casa e si lasciò chiudere la porta alle spalle trascinandola con la mano.
<< Possiamo andare >> affermò entrando in macchina.
La limousine prese a camminare, le gomme scricchiolavano sopra il selciato, i quasi otto metri di macchina accelerarono e passarono oltre il cancello, aperto automaticamente pochi secondi prima.
All’interno della macchina Sir Luca aprì un libro poggiato nel sedile posteriore.
<< Mi sono preso la briga di farglielo trovare pronto signore, a pagina duecentoventi c’è il prossimo obbiettivo. >>
<< Grazie Simon, come farei senza di te? >>
<< Penso si troverebbe un altro autista signore >>
Sir Luca, che molto raramente ne concedeva uno, sorrise guardando lo specchietto mentre Simon, attento alla guida, imboccava la strada verso la meta sconosciuta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


I suoi occhi fissavano quella pagina. Non era più come prima, era troppo diversa. Ora il vecchio in tunica aveva un sorriso serio e soddisfatto e la mano tesa in avanti col palmo verso l’odierno lettore.
La cosa che però sbalordiva Elisa erano le scritte. Nonostante esse non fossero cambiate, ora, come non riusciva prima, leggeva ogni singola parola.

“Colui che legge può cambiare il proprio destino. Attenzione però, non è la natura dell’individuo ad azionare i meccanismi del tempo ma le scelte che esso fa.”

Chiare come il sole, le lettere si stagliavano sul vecchio foglio assieme alla tempera dell’uomo con la barba.
Estasiata dalla scoperta, la piccola Elisa fremeva d’eccitazione. Non lo sapeva spiegare ma in cuor suo era cosciente che gli accadimenti della notte passata c’entrassero qualcosa con le sue nuove doti.
Sfogliò ancora le pagine, ognuna di essa era chiaramente scritta a mano, la penna dell’autore, intrisa di inchiostro, lasciava qua e la delle macchie, delle imperfezioni. Erano proprio quelle a renderlo mitico e incredibile. Ogni parola era formata da simboli strani e mai visti prima. Ogni simbolo aveva un significato diverso ma uniti formavano dei principi, delle descrizioni, delle frasi, queste frasi dei periodi e così via.
La prefazione spiegava dei concetti ripresi sicuramente da altri libri: spiegava come nel mondo ci sono delle forze sconosciute e inspiegabili. Diceva fossero appena percepibili dall’individuo ma nonostante lo sforzo messo da ognuno di noi, nessuno è mai in grado di esprimerle o descriverle. Alcuni studiosi si sono cimentati nello studio di queste forze ma in pochi hanno avuto dei risultati. Uno di essi, che si firmava Rinelom, durante la sua lunga vita, aveva effettuato studi ed esperimenti atti a permettere l’utilizzo di queste forze. Poco prima di passare a miglior vita scrisse il libro da cui Elisa leggeva, dando così, come scrisse lui stesso,

“… l’occasione a chi non le conoscesse di cimentarsi in qualcosa di più grande.”

Proprio alla fine vi era un avvertimento staccato da tutto il resto del testo:

“dopo anni di tentativi, lotte serrate con potenze superiori ed energie andate in fumo, questo libro cercherà di spiegare in breve cosa sono queste forze e come si possono padroneggiare. I miei studi partono dai risultati del mio maestro che lui stesso effettuò attraverso le conoscenze tramandate da varie generazioni di uomini. Questo permetterà a te, che leggi questo libro, di scoprire un mondo tanto meraviglioso quanto spaventoso. Nonostante la raccolta di incanti siano le basi di un più grande e potente universo, essi sono abbastanza pericolosi. Maneggiateli con cura e onore.”

Finito di leggere il testo il cuore di Elisa sembrava una centrifuga. Nonostante non ci fosse nient’altro di nuovo in quella pagina, lei continuava a fissare l’oggetto in carta mentre i pensieri le vorticavano all’impazzata dentro la testa. Non riusciva ad andare oltre quella pagina con la paura di non carpire ancora a fondo tutte le spiegazioni precedenti. Era bastata poco più di una decina di fogli a sconvolgerla, cosa avrebbero fatto tutte gli altri?
Fremeva nel leggere, voleva sfogliare il libro ma aveva paura che qualcuno entrasse nella stanza e lo vedesse. Non era ancora tempo quindi, doveva attendere di essere sola. Richiuse a mala voglia il libro, lo infilò in un cassetto della scrivania, lo chiuse a chiave che e se la infilò nella catenina in modo da lasciarla sempre al sicuro attaccata al suo petto.
D’un tratto, come se i suoi peggiori incubi si avverassero, qualcuno bussò alla porta:
<< Signorina, è sveglia? È l’ora della colazione, il tavolo è pronto e Margherita la aspetta in cucina.>>
Elisa fissò la porta come a volerla chiudere a chiave col pensiero.
<< Arrivo! Un attimo >> urlò con la speranza che non entrasse.
La piccola si vestì in fretta e furia, voleva sbrigarsi a compiere le faccende giornaliere, qualcosa di più importante e curioso la attendeva.
Arrivata in cucina, Margherita, la cuoca, la aspettava con un bicchiere di latte fumante in mano.
<< Attenta che è caldo >> le disse la grassa signora con in capelli rossi ricci.
<< Grazie Marghe, sei sempre molto gentile >> la lusingò Elisa.
Con la tazza in mano si avviò verso una sedia. Ad aspettarla, sempre nello stesso posto ormai da anni, c’era il suo fiero e fedele cane Anthony. Quando il fido segugio la vide balzò in piedi e si scaraventò verso la bambina.
<< Eli! >> esclamò una vocina verso il basso.
Elisa, che ancora non si era accorta di niente, si girò verso margherita: << Si Marghe? Che c’è? >>
La cuoca stava lavorando ai fornelli con uno straccio. Si girò da Elisa con sguardo interrogativo.
<< Niente, ho forse detto qualcosa? >>
Elisa, stupita, si rigirò verso la tazza, se sorseggio il contenuto e con l’altra mano accarezzò Anthony sulla testa.
<< Buongiorno anche a te! >>
A quelle parole Elisa si girò dalla cuoca: << pensavo ci fossimo già salutate. Buongiorno anche a te Margherita.>> e si girò nuovamente a bere del latte.
Margherita, che aveva la piccola bambina dietro di se, si voltò incredula. Non le rispose e con uno sbuffo interrogativo si rimise a lavare i fornelli.
Elisa finì il latte e i biscotti preparati per lei qualche secondo prima, si alzò dalla sedia e si avviò verso il lavandino. Anthony era li con lei che la seguiva.
<< Che bello! Andiamo a giocare ora? >>
Elisa si girò di scatto verso la sua sinistra. Margherita, alla sua destra e occupata con i soliti fornelli e sembrava non aver fiatato. Incredula dello stesso gesto che stava per fare abbassò lo sguardo verso Anthony.
<< Dai! Per favore! >>
Il cane era sotto di lei che scodinzolava e con il muso di lato la guardava speranzoso guaendo.
Elisa fece cadere la tazza dallo spavento. Anthony intimorito dal botto, corse sotto la poltrona a pochi metri da lei.
<< Hey! >> urlò Margherita << che combini!? >>
Elisa si girò mortificata: << S.. Sc… Scusa >> balbettò << Sono stata distratta. >>
Margherita le fece segno di scostarsi e inizio a pulire con una scopa.
Elisa, ancora sbigottita e timorosa di arrivare alle conclusioni scappò verso il soggiorno, proprio fuori dalla cucina. Anthony ovviamente le stava dietro.
<< Palla! Palla! >> diceva ancora la stessa vocina.
La bambina fece ancora finta di niente e girò l’angolo verso l’uscita. Una volta fuori si fermò sopra le scale di ingresso, lentamente si girò verso Anthony seduto e scodinzolante di fronte a lei.
<< Anthony… >> lo interrogò fissandolo.
Quel silenzio così normale sembrava durare dei secoli. La bambina e il cane si fissavano come se qualcuno di loro aspettasse la mossa dell’altro. Si sentivano solo gli uccelli cantare e il vento soffiare. E poi, di colpo:
<< Si? >> rispose la vocina.
Elisa sgranò gli occhi.
<< Oh mio dio, un cane che parla! >> disse con il viso inorridito.
Anthony, vedendo la sua espressione si accucciò deluso.
<< Ma io parlo sempre con Elisa e lei parla con me… >>
Elisa d’un tratto, vedendo il povero cane deluso non resistette più e sfoderò uno dei sorrisi più belli che avesse mai fatto.
<< Ma certo! Io però non ti ho mai sentito! È fantastico! >>
Anthony si alzò di scatto, la sua cosa iniziò a scodinzolare come una bandiera al vento e saltò addosso alla piccola Elisa che cadde all’indietro ridendo.
<< Ti voglio bene! Ti voglio bene! >> continuava a dire il cane mentre ripassava con la lingua in tutti i punti del viso della bambina.
<< Fermo! Fermo! >> continuava a dire mentre rideva anche se non voleva che il suo fido compagno smettesse.
Dopo un altro po’ di feste, i due si sedettero negli scalini d’ingresso.
<< Anthony, come mai ora ti sento? >>
<< Non lo so >> rispose subito lui << ma ora hai un odore diverso. Cioè, non diverso, è sempre il tuo ma ha qualcosa di diverso, qualcosa in più. >>
I pensieri di Elisa partirono immediatamente incrociandosi con i ricordi della notte passata. Era ovvio che tutto questo c’entrasse con qualcosa con il libro.
<< Hey bello, ora devo andare dalla maestra, mi starà sicuramente aspettando, ci vediamo dopo >> e si allontanò all’interno della maestosa villa.
Nello stesso piano delle camere da letto, tra quella di Elisa e quella di Sir Luca si allungava un corridoio che portava alla biblioteca e alla zona ricreativa per bambini. Una stanza era stata adibita esclusivamente per le lezioni private giornaliere che Elisa prendeva dall’età di sei anni. L’insegnante, la maestra Deborah Smith, era una donna sulla sessantina, americana di nascita, poliglotta, laureata in matematica, fisica, chimica e scienze sociali. Sir Luca aveva scelto il meglio per la propria protetta.
Entrata nell’aula, Deborah era seduta alla cattedra che la attendeva con aria severa.
<< È questo l’ora di arrivare signorina? >>
Elisa la guardò con un piccolo sorriso vispo, non poteva certo usare come scusa il cane parlante.
<< Scusami Deborah, non accadrà più. >>
<< Così va meglio. Ora iniziamo. >>
Le lezioni della piccola Elisa si basavano soprattutto su fondamenti di scienza del pianeta, tutto ciò che riguardava la natura e i suoi effetti con l’uomo. Sir Luca si era sempre battuto in modo che la bambina imparasse solamente le cose essenziali per la sua crescita mentale tralasciando materie come la letteratura.
<< Oggi inizieremo un nuovo argomento di chimica: l’acqua. Come ben saprai, l’acqua è composta da atomi di idrogeno e ossigeno. Ma come vengono tenute insieme queste molecole? Gli atomi di idrogeno
sono…  >>
<<  Gli atomi di idrogeno sono attratti ad altri atomi come gli atomi di ossigeno >> la interruppe Elisa
<< perché gli elettroni sono attirati dal più vicino all'atomo di ossigeno, a causa della sua attrazione più forte per gli elettroni. Di conseguenza l'atomo di ossigeno ha una carica parziale leggermente negativa e gli atomi di idrogeno hanno una carica parziale leggermente positiva. Gli atomi di idrogeno aventi una leggera carica positiva sono quindi attratti dagli atomi di ossigeno aventi una leggera carica negativa delle altre molecole di acqua. Tali forze dell'attrazione sono denominate legami ad idrogeno. Le forze che tengono insieme due molecole in un legame a idrogeno sono molto più forti di quelle esistenti fra le molecole e gli idrocarburi. L'attrazione fra l'idrogeno e gli atomi di ossigeno provoca un punto di ebollizione molto più alto di acqua rispetto ad una molecola differente avente la stessa massa.
I legami ad idrogeno possono anche essere formati fra gli atomi di idrogeno e di zolfo o azoto, tipicamente gruppi NH2- e di SH-. >>
La maestra rimase a bocca aperta. Elisa era più sorpresa di lei ma fece finta di niente e cercò velocemente una scusa: << Hem… Ieri ho letto il libro di chimica… Sa’, a volte non so proprio cosa fare prima di andare a dormire… >>
La maestra allora si ricompose.
<< Bene. Sin dove sei arrivata a leggere? >>
Elisa allora smise di trattenersi e cominciò:
<< Per far evaporare l'acqua bisogna aggiungere energia. Le molecole di acqua, nell'acqua, assorbono tale energia individualmente e a causa di tale assorbimento di energia i legami di idrogeno, che collegano le molecole di acqua una all'atra, si romperanno. Le molecole sono ora in fase gassosa; essa è denominata vapore acqueo. Il cambiamento di fase da liquido a vapore è detto evaporazione. Durante l'evaporazione una molecola di acqua assorbe calore latente.
Le proprietà termiche di un liquido sono proprietà che riguardano esclusivamente lo scambio di calore attraverso tale liquido. Le proprietà termiche si possono dividere in calore specifico e calore latente.
Il calore specifico è la quantità di calore per unità di massa richiesta per elevare la temperatura di un liquido di un grado centigrado. Il rapporto fra calore e variazione di temperatura è espresso solitamente attraverso la relazione Q = c*m*dT, dove c è il calore specifico, m la massa e dT la differenza di temperatura. >>
La maestra era di nuovo a bocca aperta.
<< E poi >> continuò Elisa << posso ripeterle la solubilità tra gas e liquido, tra gas e solido, la riduzione, l’ossidazione, la… >>
<< Ferma! >> urlò Deborah placcandola con un gesto della mano << per Dio! Hai solo dieci anni, come fai a ricordare tutte queste cose? >>
Elisa si stava facendo la stessa domanda. Non le aveva mai studiate prima di allora. Della chimica non ci aveva mai capito niente ed ora, come se nulla fosse, aveva in testa tutti i principi e tutte le formule come se fossero impressi benissimo nella sua testa.
<< Beh… >> cercò di rispondere un po’ in difficoltà << Ho… Ieri… Io ho studiato a memoria… >> mentì.
Deborah allora la guardò sorpresa e arrabbiata.
<< Ne avevamo già parlato! Bisogna capire i concetti, non ripetere a memoria ciò che scrivono gli altri! >>
Elisa abbassò lo sguardo e si scusò senza dire una parola per qualcosa che non aveva davvero fatto.
<< Ma… Siccome hai fatto qualcosa senza che ti venisse chiesto, per questa volta lo prenderemo come uno straordinario. Hai la giornata libera. >>
Elisa alzò lo sguardo perplessa.
<< Dici sul serio? >>
<< Vai via! >> disse Deborah ad alta voce << Prima che cambi idea! >>
Elisa, ancora incredula, uscì di corsa dall’aula correndo e saltellando.
Appena Deborah la vide fuori prese in fretta e furia il cellulare. Nello schermo apparvero delle parole in inglese: “We’re ready.” Lo inviò e lo rimise in tasca con un sorriso soddisfatto. “Siamo parecchio in anticipo eh piccola Elisa?” pensò fra se e se.

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