Sophie Keller: Il ritratto di Ben Barnes.

di _ToMSiMo_
(/viewuser.php?uid=47534)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** British Library. ***
Capitolo 2: *** Sybil Vane. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** British Library. ***


Non era stata una buona idea andare via da Berlino per studiare in Inghilterra. La Germania le mancava e il tempo sembrava non passare mai. Per quanto riguarda la meteorologia  si sentiva abbastanza a casa, le temperatura erano quasi simili, con la differenza che in Germania non c’era tutta questa nebbia.
Le amiche che le facevano compagnia scappavano dopo pochi giorni e quelle del luogo uscivano solo una volta alla settimana. Suo padre le pagava l’affitto e non aveva neanche bisogno di lavorare in qualche pub come quasi tutti i ragazzi della sua età. La sua compagna di stanza, una certa Carrie, se ne stava chiusa in casa per il novanta per cento del giorno e poiché gli orari di lezione erano diversi, non si incontravano mai.
Dato che Carrie lavorava la notte,dormiva la mattina e studiava il pomeriggio, erano due sconosciute.
Quando c’era da condividere qualcosa parlavano tramite post-it al frigorifero. Nessuna delle due si lamentava, mantenevano i loro spazi e il bagno non era mai occupato. Certe volte si chiedeva se Carrie si ricordasse del colore dei suoi capelli. A Berlino aveva troppi amici, passava tutto il tempo “sotto i tigli” e si dimenticava di tornare a casa. A pensarci bene se fosse rimasta a casa, non avrebbe preso nessuna laurea.
Oltre all’anima invisibile di Carrie, in quella casa c’era Romeo. Romeo il fidanzato di Carrie, che vedeva tutti i giorni seduto al tavolo della cucina a lavorare con il computer. Non le dava fastidio la sua presenza anche perché compensava la non-presenza della bionda. Si perché Carrie era bionda, schifosamente. Ed era così bella da non aver mai pagato un caffè al bar. Come si trovava a condividere l’appartamento con lei? Mistero.
E come avesse accettato l’invito di un nerd come Romeo? Secondo mistero.
Lei era una finta rossa, con le lentiggini sul naso e gli occhi color cioccolata ed era tedesca. Ah, il Dna quanto può fare!
Aveva ottenuto l’appartamento per miracolo ed andava bene così, non si poteva lamentare delle fortune di Carrie. Per quanto potesse parlare bene l’inglese, Carrie rispondeva solo con un cenno quelle due,tre volte che si erano incontrare. Era Romeo con cui chiacchierava, scherzava e prendeva un caffè.
Si, Romeo le era simpatico. Forse poteva essere simpatica anche Carrie ma per ora l’unica sua cosa simpatica era la foto di quando aveva tre anni sul mobile della cucina.
-Elizabeth Sophie sta ascoltando?- chiese un signore sulla sessantina con gli occhiali da vista sulla testa.
-Si- rispose ricordandosi dove fosse.
-Stavamo parlando di quando la fotografia..- riprese il professore mentre la classe ricominciò a seguire la lezione.
Mancavano dieci minuti alla fine della lezione e si era distratta come una bambina, saltando cinque sei righi di appunti. Per fortuna stava registrando.
Aveva scelto la fotografia e la letteratura come indirizzo dell’accademia. Fotografia perché amava catturare e rendere eterni attimi  e la letteratura perché da quando aveva sette anni finiva un libro al giorno. Dopo l’accademia  o tornava a casa per studiare o correva il biblioteca per leggere l’ultimo libro di qualche autore o qualche vecchio romanzo. Aveva imparato a memoria i passaggi più belli di Amleto o Romeo e Giulietta, ed si credeva una finta Ofelia.
Quando suonò la campana mise i libri di testo nella borsa e lasciò il suo posto per uscire prima di tutti e non restare nella coda ma il professore, tanto bravo ,la fermò.
-Signorina Sophie, lei potrebbe dare cento e si ferma al cinquanta. Dovrebbe seguire la lezione molto attentamente se vuole riuscire ad avere una laurea o un lavoro. Chiaro?-
-Si, professore. Mi scusi, ma è il tempo che mi distrae. Ho dei mal di testa continui e mi manca casa- ammise cercando il modo per risparmiarsi una grande predica che sentiva sarebbe arrivata.
-Può tornare a casa se vuole ma tutti questi mesi qui poi andrebbero persi. Ho visto i suoi scatti e le recensioni dei libri che fa per la professoressa Garner e non sono niente male. Quindi,Keller, si impegni o devo prendere provvedimenti!-
Sorrise di rimando ai complimenti che aveva ricevuto e promettendo più impegno lasciò la classe. Non avendo nessuna voglia di parlare con Romeo che avrebbe aspettato per  ore l’arrivo di Carrie, prese la metro con la destinazione che usava di più: la biblioteca.
Se non sai cosa fare ed hai bisogno di tutto, niente è così confortante come la  British Library. Quando Romeo non sapeva dove fosse e aveva bisogno di lei per un problema con Carrie, sapeva sempre dove trovarla e conosceva gli scaffali dove amava stare di più o di meno.
Sophie si sentiva a casa, tra le storie antiche inglesi e tedesche. Il silenzio di quel posto le dava sempre le risposte a quelle domande che non aveva il coraggio di farsi. Prese posto all’angolo della sala, dove nessuna la guardava, nessuno se ne fregava ed andava bene così. Quando avrebbe finito gli studi avrebbe cercato lei qualcuno in Germania. Ma chi? Per l’amore non c’è tempo a ventiquattro anni. Se si fosse innamorata avrebbe perso ogni possibilità di lavoro, e ne aveva, tra la fotografia e la lettura.
Dal suo zaino, alias borsa di Mary Poppins, cacciò il suo notebook con gli ultimi appunti della professoressa. Avrebbe dovuto recensire, studiare e leggere ancora una decina di libri per la fine del mese.
Non le dispiaceva affatto, del resto, tranne con Romeo era con loro che aveva una conversazione.
Aprì la lista e decise di seguire l’istinto. Chiuse gli occhi e con un dito toccò uno dei titoli che vi erano segnati: Oscar Wilde. Il ritratto di Dorian Gray.
Aveva già letto il libro in tedesco qualche anno prima ma decise di farlo in inglese, aveva paura che qualcuno traducendolo avesse cambiato il senso delle parole e si recò dalla ragazza al banco per chiedere informazioni.
-Basta andare al secondo piano, la terza fila a destra. Lo scaffale numero quindici.-
Adorava salire le scale per recarsi dove l’odore diventava più forte. I libri erano più vecchi, più vissuti e li amava così tanto da restare ferma sulle scale minuti interi prima di tornare giù dove le persone e i loro profumi confondevano l’odore vita che i libri emanavano dopo anni. La letteratura inglese l’affascinava un sacco, la prendeva dentro, completamente. Tutto sommato era quello che cercava, qualcosa che la prendesse dentro, che la sconvolgesse. Cercava qualcuno che fosse come un libro. Punto. E non poteva certo passare la sua vita seduta a leggere per sempre, alla fine qualcosa doveva pur prendere vita ed avverarsi. Forse.
Si avvicinò allo scaffale numero quindici e quasi urlò di gioia quando notò che era l’ultima copia rimasta. Più fortunata di così quel giorno Sophie non poteva essere. Non solo aveva ricevuto i complimenti dal suo professore ma aveva anche l’ultima copia. Si rilassò e aprì il libro, e iniziò a leggere senza sedersi, senza ritornare al suo posto preferito. Era entusiasta della sua piccola vittoria e accarezzava la copertina come se fosse un gatto. Mentre stava lì impassibile a tutto e immersa nel nuovo mondo creato dal signor Wilde, venne urtata da un ragazzo con un cappotto grigio e degli stivali.
Era disperato, o pazzo o tutte e due. Diceva qualcosa di incomprensibile a bassa voce e cercava tra lo scaffale quindici e sedici senza tregua come se avesse dimenticato qualcosa.
Sophie chiuse il libro con delicatezza e si fece da parte prima che il signorino  la spingesse di nuovo.
Si appoggio all’altro scaffale e si mise a guardarlo, senza sapere perché, ma curiosa di capire perché stava rovinando tutti quei libri. Fu solo quando aprì violentemente un libro e lo ripose al posto sbagliato che intervenne.
-Scusa- disse, ma lui continuò la sua ricerca.
-SCUSA!- ripeté più forte e lui si voltò. Era bello, un ragazzino inglese a tutti gli effetti. Nessun tratto somatico che spiccava sull’altro. Scuro.
-Dimmi- disse guardandola per pochi secondi.
-Ma che stai facendo?- chiese Sophie incavolata per la fine che stava facendo fare a volumi sacri.
-Sto cercando un libro, non si vede?- rispose scettico il ragazzo.
-Uhm.. no. A me sembra che tu stia rovinando i libri.-
-Lavori qui?- chiese lui, guardandola negli occhi, fiero di essere lui e di essere nel giusto.
In quel momento si rese conto di aver fatto troppo l’acida ma non poteva certo far rompere i libri ad un tipo solo perché era troppo svogliato per stare attento?
-Non mi piace che i volumi vengano trattati così.-
Lui stava per controbattere quando si accorse di quello che lei aveva tra le mani. Si mise le mani nei capelli, lunghi sul collo, e iniziò a guardarla come un cane affamato davanti ad una bella fetta di manzo.
-LO HAI TU!- sbraitò il moro senza ritegno.
-Shhh, siamo in biblioteca, cosa ti urli!- lo rimproverò  Sophie,senza neanche capire a cosa si stesse riferendo il tipo.
-Sto cercando quel libro- e indicò Dorian Gray- da minuti interi e tu te ne stai lì senza dirmelo?-
-Non so a cosa tu ti stia riferendo SignorStoCercandoDorianGray-
-La tipa all’ingresso mi ha detto di salire e prendere qui il libro, io ne ho bisogno, quindi… potresti gentilmente darmelo?- chiese con la voce rilassata e le mani in tasca.
-Ehi!- rispose Sophie, alzando la testa dal volume e anche un po’ la voce- non sono una che lavora qui! E il libro mi serve. Devo leggerlo e recensirlo per l’accademia, e di certo dato che è l’ultimo, non penso di darlo a te.-
Tolse le mani dalla tasca, le rimise tra i suoi capelli e si voltò allo scaffale.
-Va bene, quanto vuoi?- chiese prendendo il suo portafoglio dalla tasca interna.
Sophie senza battere ciglio, si voltò e scese al banco, firmò per il libro e uscì dalla biblioteca, offesa per il modo con il quale il ragazzo si era rivolto a lei. Non fece neanche in tempo ad attraversare la strada che il tipo, scostumato, dal cappotto grigio, le si posizionò accanto.
-Che vuoi?- chiese acidamente la ragazza.
-Solo quel libro-
Si fermò per qualche secondo, guardandolo negli occhi e attraversò la strada, senza rispondere,senza dire nulla.
Quando pensava di averlo perso di vista e di averlo seminato, fu presa di petto.
-Ok- ammise il tipo- abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Io sono…Benjamin. Ti va un caffè?-
-Subito al sodo- sorrise Sophie.
-Sì,cioè no. Sì ma è solo per il libro.- sorrise timidamente, impacciato.
-Ok. Solo se mi spieghi che cosa ti preme di così importante da non poter aspettare o non poterlo acquistare questo libro! Ci sono, quante librerie a Londra? E tu non puoi comprarlo?-
-Hai ragione, ma credevo di risparmiare tempo. Ne ho bisogno sul serio. Vieni da questa parte.- e così dicendo l’accompagnò in un locale vicino alla fermata della metro. Aveva scelto lui il tavolo, più lontano possibile dalle persone, ed era molto più timido che in biblioteca.
La cameriera sorrise e prese le ordinazioni. -Due caffè-. Semplice e diretto.
-Allora, Benjamin,perché vuoi Dorian Gray?-
Lui si alzò le maniche della camicia e spostò i capelli all’indietro. Prese tempo e fiato.
-Io recito… in teatro. –
-uhm.. okey. –                  
-E devo recitare in Dorian Gray e tra una settimana…- mentre lui parlava, Sophie era ipnotizzata dalla sua bellezza. Era bello, e la luce di quel locale come la posizione del tavolo, non rendevano giustizia a quel volto puro, innocente. Lui doveva fare Dorian, ed era perfetto pensò, ricordandosi  anche del fatto che non lo aveva più seguito.
-Ehi, ci sei?- chiese lui indicandole i caffè sul tavolo.
-Scusa, stavi dicendo?- chiese, amareggiata.
-Che devo studiare la storia, per capire cosa mi aspetta-
-Corruzione, sesso, e piaceri- rispose mettendo lo zucchero nel caffè e tenendo lo sguardo basso.
Lui sorrise –Quindi potresti prestarmelo, dato che già lo conosci?-
-Mi piacerebbe Benjamin, ma.. ne ho bisogno anche io.-
-Posso chiederti il perché, così da avere una buona scusa quando sbaglierò tutto in teatro?- rise. E quella risata la prese così tanto che fece ridere anche lei e stava per dire “Sì,prenditi tutto”, quando si ricordò della sua professoressa.
-Io l’ho letto quando ero a casa-
-Non sei inglese?- la interruppe.
-No, sono tedesca, vengo da Berlino sono qui perché studio all’accademia.-
-Wow,mi piace il tuo accento. Credevo fossi del Galles. Ma scusami se ti ho interrotto, dicevi?-
-Ora studio fotografia e letteratura e recensisco libri. Così dato che credo di essermi dimenticata tutto della lettura fatta in tedesco, ne ho bisogno. Ne ho ancora una decina per la fine del mese. Sono stremata ma mi piace farlo-
-Sei interessante.. ehm. Come hai detto che ti chiami?- chiese dopo aver bevuto il suo caffè macchiato.
-Veramente non mi hai chiesto il nome.-
-Sono amareggiato, ti chiedo scusa umilmente. Ero così preso dal libro da essermene dimenticato. Posso avere l’onore di conoscere il nome di questa donzella così interessante che sta prendendo un caffè con me?-
Il suo meraviglioso accento inglese la mandò in paradiso.
-Sono Elizabeth Sophie Keller.-
-E questa splendida dama ha una preferenza?- chiese porgendole un fiore preso dal cestino in mezzo al tavolo.
-Sophie. Io sono semplicemente Sophie-
Si appoggiò al tavolo con i gomiti e le mise il fiori tra i capelli.
-Ecco Sophie. Scusa se sono stato cattivo con i volumi, anche io adoro leggere, ma sono in panico. Potrei comprarlo,ma tu hai la copia con la traduzione più o meno veritiera dell’originale ed io devo dare il meglio sul palco-
-Ma reciti benissimo!- rispose la rossa con lo sguardo alle sue borse.
-Ho una scusa ottima se tutto fallisce: l’ultimo Dorian Gray doveva essere recensito da una donna meravigliosa- quelle ultime parole la fecero arrossire di parecchio. Non era la frase ad essere “forte” ma il tono con il quale l’aveva pronunciate. Donna e Meravigliosa nella stessa frase, uscite da quella bocca perfetta e bagnate dal suo sorriso.
-Ed io- continuò lei- anche se lo spettacolo sarà un fiasco, dirò a tutti che Dorian era perfetto e recensirò per prima lo spettacolo così tutti penderanno dalle mie labbra-
-Allora trova le parole adatte, perché ti serviranno- mise le mani dietro la testa e si dondolò sulla sedia per qualche secondo.
-Ehi!-lo rimproverò Sophie- ti va se lo leggiamo insieme?-
-Dici sul serio?- sorrise.              
-Potrei riuscire a farti capire meglio i rapporti tra Dorian e Basil ad esempio e magari se porti il copione, ti aiuto ad interpretarlo-
-Sei un tesoro. Daresti una mano a questo povero attoruncolo sconosciuto ?-
-Anche Shakespeare recitava con attoruncoli e guarda Romeo e Giulietta cosa è diventato!-
Finirono di parlare di teatro e lui le chiese di Berlino, e della sua compagna di stanza. Lui le parlò del suo amore per Londra e lei dell’odio verso la nebbia. E quando lui pagò il conto, successe come con Carrie:gli offrirono il caffè. Da una bellezza così cosa poteva aspettarsi? Ne era affascinata ma Dorian le importava di più.
-E’ stato un piacere Sophie. Sei una persona gentilissima. Ci sentiamo domani per decidere dove dobbiamo incontrarci per leggere-
-Senti Benjamin, credo che non possiamo. Cioè,lo so che sono stata io a proporlo, ma tu sei un attore e ti offrono da bere come  a Carrie e in biblioteca non possiamo lavorare. Sul serio, e se lo leggessi in due giorni e lo darei a te?-
-Se è per qualcosa che ho fatto, perdonami. Non sono un ragazzo sfrontato,né volgare. Mi sono solo dedicato alla mia libertà per qualche ora-ammise incrociando le braccia al petto.
-No, Benjamin,sono io che mi creo problemi. Non possiamo farlo in biblioteca, né a casa mia. Io e Carrie anzi io e Romeo abbiamo orari diversi e..-
-Ma non verrei mai a casa tua. Tranquilla. Non mi è possibile. Se cambi idea, domani chiamami che ti mando un taxi a prendere e mi raggiungi a casa, senza problemi. Sono una persona sconosciuta ma puoi fidarti, non ho ucciso nessuno, ancora-
Fu l’ancora che aggiunse alla fine che le fece cambiare idea. Era tutto così surreale e presentarsi a casa di uno sconosciuto poteva portare ad una cosa positiva ed una negativa. Tutto stava nel provare.
-Va bene- prese un foglietto e gli scrisse il suo indirizzo.- alle quattro, non più tardi- sorrise.
-Grazie Sophie, stai salvando la mia carriera. Hai la prima garantita- la salutò e si incamminò alla sua destra mentre la metropolitana aveva l’ingresso a sinistra.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sybil Vane. ***


Una volta rientrata a casa la situazione per Sophie fu più o meno la stessa: Romeo sul divano con un cartone di pizza sulle gambe e Carrie al lavoro senza aver lasciato nulla da dire o da fare.
-Che guardi?- chiese appoggiando la sua borsa alla sedia del tavolo.
-Nulla- disse Romeo cambiando canale- non c’è nulla di diverte e devo far passare il tempo per aspettare Carrie. Oggi ha chiesto di te!-
Sorpresa da quella notizia Sophie sorrise aprendo una lattina di cocacola all’amico.
-Che cosa ha detto? Non ha nulla di cui lamentarsi e mi sembra strano che possa aver detto qualche cosa che..-
-Ehi Elizabeth Sophie! Calmati! Ha solo fatto il conto delle ore che sei stata fuori e si è chiesta dove fossi finita!-
-Ma sa che sono in casa anche io?-
Romeo sorrise e continuò a guardare una partita che non gli interessava alla tv. Sophie prese i suoi libri ed iniziò a studiare;
Il loro appartamento era abbastanza ampio per sole due studenti. L’entrata dava ad un mini salottino bianco che era collegato senza nessuna porta alla cucina che nessuno utilizzava mai. C’era la pizzeria sotto casa, il cinese all’angolo, e il giapponese alla fine del viale. Dalla cucina si accedeva alla camera di Carrie, stile impero, e a quella di Sophie arredata all’ikea. Il bagno era alla fine del corridoio ed era unico. La parte maggiore della camera era usata come scarpiera da Carrie, poiché le sue scarpe non potevano stare sotto il letto. Romeo, quando restava a dormire con loro, diventava il padrone del divano.
Non avevano la lavastoviglie perché era inutile, né un terrazzo. I vestiti li stendevano a turno, così come facevano la lavatrice, anche se Carrie preferiva portare tutto alla lavanderia dove aveva conosciuto Romeo.
Il loro amore era nato per colpa di una Chanel finita male. Carrie aveva messo la sua maglietta preferita della Chanel a lavare con dei capi che le avevano poi cambiato colore. Lui, l’aveva osservata per tutto il tempo,e quando la bionda l’aveva indossata piangendo, lui si era fermato e le aveva detto “Wow, questa Chanel è favolosa. Perché cavolo non c’era in passerella a Milano?”. La stessa Chanel l’indossava ogni mesiversario anche se c’erano meno dieci gradi. Era una loro tradizione e Romeo adorava che le cose stessero così. Avrebbe potuto trovare altri cento modi per avvicinarsi a lei, per quanto era bello, ma aveva saputo prenderla. Sophie conosceva tutto questo perché Romeo era un po’ il suo migliore amico, il classico tipo bello e dannato che sceglie la più bella di tutta la città e diventa l’amico di tutte le altre e il fidanzato perfetto. Un Romeo Montecchi del duemila. Dolce,generoso,innamorato. Cosa desiderava di più Carrie?
E ricordandosi della bellezza si ricordò anche di Benjamin.
-Romeo?- chiamò alzando la testa dai libri.
-Si?- disse abbassando l’audio alla tv.
-Ho conosciuto un uomo. Un ragazzo. Non so quanti anni abbia,sinceramente!-
Romeo si voltò a guardarla con uno sguardo interrogativo dipinto sul volto.
-E’ maggiorenne almeno?- le chiese sorridendo.
-Sì! Chiaro! E’ un attore, penso reciti al Globe-
-Uhm e ti piace?-
-Non lo so, non ho pensato se mi piacesse. È bellissimo, e gli hanno offerto al bar!- sorrise facendo qualche accenno anche alla sua fidanzata.
-E come stavi al bar con lui?- le domandò l’amico spegnendo la televisione.
E Sophie iniziò a raccontargli del libro, dello scaffale e della proposta.
-Certamente! Se io mi sono fidanzato con Carrie grazie alla lavanderia- e qui fece un inchino come se volesse ringraziare la Santa Lavanderia- tu, perché non potresti conoscere Dorian Gary!-
-GRAY!-
-Come cavolo si chiama!!! Tu sei la mia piccolina, non puoi fidarti di uno che ha 30 anni,da come me ne parli, ed assomiglia ad un quindicenne!-
-Grazie per avermi detto “sono felice per te, buona fortuna per domani.”- rispose ironica e imitando la sua voce, rimettendosi poco dopo con la testa sul libro di testo e continuando a ripetere quelle frasi lunghe e articolate che servivano per il suo esame.
Romeo accese di nuovo la tv e non le rivolse più la parola. Non si accorse neanche di quando lei verso le dieci andò a dormire e né la salutò la mattina quando si alzò per fare colazione.
Sophie sapeva che Benjamin era uno sconosciuto e che era imprudente ma era stato così gentile, o forse troppo, da non esserne spaventata.
La mattina dell’incontro avrebbe assistito la sua professoressa durante una spiegazione ad alunni di un college straniero e poi avrebbe preso parte ad un comitato di benvenuto per alunni tedeschi.
Stava per aprire la porta per uscire,quando Romeo acquistato il lume della ragione le aveva rivolto la parola.
-Sono solo preoccupato per te, Sophie. Ci conosciamo da quanto tempo ormai? Sai che mi dispiacerebbe se ti succedesse qualcosa!-
Sophie gli sorrise e corse ad abbracciarlo – Lo sai che sono una brava ragazza!- gli disse.
-Non è di te che mi preoccupo, ma di questo Dorian dei giorni nostri!-
Le lasciò un tenero bacio sulla guancia destra e poi si staccò da lei per portare la colazione alla sua Carrie.
La lezione con la professoressa le occupò la testa per un bel po’, gli studenti erano degli ossi duri. Non da meno erano gli alunni tedeschi, che stanchi per colpa del viaggio, avevano percorso l’accademia in quaranta minuti e non nei venticinque previsti. Facendo un calcolo delle ore, aveva poco più di un’ora per prepararsi, tornare a casa e aspettare il taxi mandato da Benjamin. Fu costretta quindi ad evitare il rinfresco e inventare una scusa troppo banale, per arrivare in tempo.
Fu allora che la vide. O meglio la rivide. Carrie era seduta in cucina, con le gambe accavallate e gli occhi sulla pagina di un settimanale statunitense. I capelli le ricadevano sulla schiena, lisci come spaghetti e gli occhiali da vista li usava come stuzzicadenti. Aveva lo smalto sul tavolo aperto e stava cercando di riprodurre sulle sue unghie quello che c’era sulla carta.
-Ciao!- la salutò Sophie, posando il suo zaino sul divano vuoto.
Carrie si voltò spaventata, abituata ad essere sola alle tre del pomeriggio.
-Sei tornata prima?- chiese, come se fosse naturale per lei conversare con la tedesca.
-Uhm, ho un impegno- rispose Sophie avvicinandosi al tavolo.
-Capito. Vuoi del caffè?- le chiese non smettendo di guardare le pagine.
-No, ho solo bisogno di sapere cosa mettere.-
Carrie le rispose con un’alzata di spalle e Sophie lasciò cadere la conversazione, prendendo della biancheria pulita e occupando la doccia per dieci minuti esatti. Si legò l’accappatoio in vita  e tornò nella sua stanza, dove trovò Carrie con le gambe incrociate sul suo letto.
-Vuoi che ti presti qualcosa?- chiese la bionda guardando il risultato sulle sue unghie.
-Non  è così importante!- rispose la rossa.
-Lui ti piace?-
Un lato di Carrie che non conosceva! Non solo la rivedeva dopo mesi di finta presenza, le chiedeva anche cose personali. Voleva risponderle male ma poi si rese conto di aver torto grosso. Lei conosceva Carrie grazie a Romeo. Le era anche simpatica. Se non aveva avuto rapporti non era colpa dei loro caratteri, ma degli impegni. Conosceva gli orari di Carrie e se avesse voluto davvero avere una conversazione con lei, sapeva dove trovarla e a che ora. Quindi, adesso, lei stava seduta sul suo letto e cercava un modo per conoscersi e per parlare e perché rifiutarlo?
-Lui, beh. È un incontro di lavoro!- ammise, poiché lui non aveva manifestato nessun tipo di interesse verso di lei, aveva solo bisogno del libro.
-E perché Romeo era preoccupato?- le sorrise.
-Conosci il tuo ragazzo, è tragico. Ci sta bene- chiese prendendo un pantalone bianco e una maglietta blu- questo con questo?-
-Se è solo per lavoro, che ti importa? Mica deve guardarti le gambe o le tette!-
Beccata.
-E’ carino.- rispose sconfitta.
Carrie la guardò di sottecchi.
-Okok- ammise Sophie- è bellissimo. Credo di non averne mai visti di così belli. È affascinante.-
-E’ VECCHIO?- gridò la coinquilina.
-Non so quanti anni abbia, forse trenta.-
-Forse!? Okok- prese un respiro profondo e si legò la chioma bionda- Non mi piace come ti sta il blu!-
La tirò per un braccio e le aprì il suo mondo segreto. Romeo le aveva sempre descritto l’armadio di Carrie come il centro di Milano, pieno di marche e colori, e vestiti di gran classe, ma quello che aveva davanti era mille volte meglio le sue aspettative.
Si ricordò di quello che Romeo le aveva confidato una volta: “se lei ti apre l’armadio, ti apre il cuore”.
Lasciò scegliere tutto a Sophie, si occupò solo di creare gli abbinamenti giusti. Sophie da parte sua, si lasciò anche truccare. Voleva davvero fare colpo sul signor Benjamin? Ah, le follie di una studentessa all’estero! Quanto le sarebbe mancato tutto questo una volta trasferita in una nuova città per lavoro?
Ad opera ultimata, era sempre la stessa Keller, solo con dei vestiti decenti.
Infilò la copia SACRA di Oscar Wilde nella chanel prestata dalla bionda e si sedette nel salotto, alle quattro meno dieci.
Stremata si gettò al suo fianco anche Carrie.
-Ho lasciato l’università- le confidò.
-Perché?-
Si voltò a guardarla negli occhi- Non mi piaceva. Ho trovato cosa fare. Sono stata anche selezionata, ma Romeo non vuole. Io voglio solo riuscire a sfondare!-
-Romeo capirà, lo sai bene che è testardo- rispose Sophie- e cosa avresti trovato?- chiese.
-Guardami. Otto ragazzi su dieci, dicono che sono bella. Non è strano? Ho chiesto ad un’agenzia di trovarmi qualcosa e sono subito partita per delle selezioni per alcune sfilate. Farei la modella anche per Chanel! Io! Io che ne ho l’armadio pieno, sarei una sua rappresentante!- gli occhi le si illuminarono.
-Allora vai! Con tutto il bene che voglio a Romeo, una Chanel è per sempre!- rise Sophie.
-Mi dispiace- continuò Carrie- per non esserci stata in questi… mesi? Anni?-
-Non scusarti, neanche io ho fatto qualcosa per venirci incontro. Se non fosse per Romeo.. non saprei nulla di te-. Carrie non le rispose, si avvicinò e l’abbracciò e poi tornò ai suoi libri di portamento, mandati da una delle agenzie.
Alle quattro spaccate, il taxi del signor Benjamin era arrivato, ma la voglia di andare da lui di Sophie, era partita.
Si ripeté per tutto il tragitto di stare calma, di rilassarsi, di essere lì per lavoro, di non avere aspettative.. cioè tutte quelle cose inutili che si dicono ma che in realtà non si mantengono mai.
Dopo quindici minuti che le sembravano troppo lunghi, l’autista le fece il gesto di scendere. Mise mano al suo portamonete ma questi non accettò soldi.
Si trovava da sola, alle quattro e un quarto di pomeriggio , fuori ad un portone antico. Un citofono senza cognome, solo con la telecamera.
Bussò, consapevole della figura orrenda qualora qualcuno le avesse chiesto “Benjamin chi?”
Bella domanda, avrebbe risposto, Benjamin chi? L’attore?
Mentre fantasticava sulla vita segreta di Benjamin, questi rispose al citofono.
-Sophie, entra pure- disse.
Perfetto!
L’ingresso del palazzo non era molto imponente. C’era un garage con un auto coperta e una moto (forse), dei fiori che pendevano da qualche balcone e un giardino tenuto bene, dietro ad un cancello chiuso.
Benjamin aveva aperto la porta sul lato destra del cortile, e le sorrideva come al bar.
Quando lei si avvicinò le baciò la mano e la fece entrare.
Se fuori poteva benissimo essere la casa di qualsiasi persona senza una grande personalità, il gusto e l’arredamento degli interni faceva pensare ad altro. Le pareti non erano tinteggiate con colori forti ma ben definiti. Dallo stile degli arredi, Benjamin non aveva  la sua stessa età. Forse i gusti erano diversi, ma nessun ragazzo della sua età, aveva oggetti e soprammobili così datati.
-Vieni- le disse tenendole la mano- siediti-
Il divano era in pelle nera, anzi i divani erano in pelle nera. Il camino era acceso, e la casa era troppo pulita e curata nel minimo dettaglio per una persona single.
Svelato il mistero, si disse. Non aveva neanche bisogno di chiederlo.
-Posso offrirti qualcosa? Greta è andata a fare la spesa ma quando torna, può portarci un caffè e un tè se ne hai voglia!-
-No, grazie. Non ho molta sete!- rispose prendendo il libro dalla borsa.
-Come stai?-le chiese da perfetto gentiluomo di quaranta anni sposato.
-Bene, tu stai bene?- gli chiese, con un po’ di acidità nel tono.
-Sì..ma c’è qualcosa che non va?-
-Sono a casa!- si sentì dire dall’entrata.
-Vieni Greta siamo sul divano- alzò la voce Benjamin.
La donna che Benjamin aveva fatto entrare, non poteva essere sua moglie, per due motivi. Il primo, era fin troppo anziana per lui. Va bene pensava fosse un quarantenne (anche se questa età non la dimostrava per nulla), e poi perché era vestita troppo male!
-Lei è la mia aiutante in casa, in cucina, in giro.-disse sorridendole- Se questa casa è come la vedi è tutto grazie a lei. Io non ho messo che il venti per cento degli oggetti che vedi in giro-
-Oh Ben- disse la donna- sei sempre troppo carino-
E lui le sorrise. Un sorriso così dolce che ne rimase incantata. Poi lui la guardò e disse qualcosa del tipo “Greta lei è Elizabeth Sophie Keller” e la R alla fine del suo cognome rimase incastrata nel sorriso dell’inglese.
Affondata. Aveva completamente dimenticato le buone maniere, non salutò Greta, né chiuse la bocca.
Riprese i sensi quando la mano lunga e non per nulla tozza di Ben gli passo davanti agli occhi.
-Ohoh, che mi sono persa?- chiese.
-Tutto bene?- richiese Benjamin preoccupato.
-Sono solita andare nel mondo dei sogni anche da sveglia. Dicevamo?-
-Dove ti piacerebbe provare?- le chiese sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.
Passo falso Ben.
-Dove vuoi, anche sul divano!-rispose Keller.
-Ma non vai scomoda?- chiese.
Gli occhi di Sophie si spalancarono. Mise un mano davanti la bocca e si alzò dal divano.
-Non so cosa tu abbia pensato di me Ben, ma non sono quel tipo di ragazza che tu stai immaginando che io sia!-
-Ehi ehi! Sophie, ma cosa hai capito?!- iniziò a ridere.
-Come?-
-Devi recensire un libro, ti serve un tavolo ed una penna di sicuro!-
Ben era decisamente più attento di lei ai dettagli. Nonostante la casa fosse stata abbellita da Greta, lui si ricordava di tutto quello del giorno precedente. Lei, oltre il sorriso e a Dorian, aveva dimenticato un bel po’ di cose, classificate come superflue.
Greta preparò lo studio del piano superiore e li fece accomodare. Un camino si apriva alla sua sinistra e una scrivania con un computer alla sua destra. Alle spalle della scrivania c’era un quadro di Dalì. Una finta copia, ovviamente.  Al centro della stanza, due poltrone e una vista mozzafiato sul giardino posteriore.
-Che bella casa!- esclamò Sophie.
-Mi fa piacere che ti piaccia- ringraziò prima di prendere dei fogli dai cassetti.
-Allora da cosa iniziamo?-chiese Sophie.
-Tu inizia a leggere, io studio la parte. Se ho bisogno di te, chiedo ma ogni dialogo o con Henry o con Basil, ho bisogno di provarli con te!- ammise.
-Me?-
-Perché tu saprai che i dialoghi del libro saranno ben diversi da quelli che dovrò poi interpretare, no? Quindi mi farai da guida-
-Mai giudicare un libro dal suo film- esordì la rossa.
-Oh, vedo che mi capisce benissimo Madame!-
Passò tutto il tempo concentrandosi su quello che le aveva affidato la professoressa anche se era assurdo non incantarsi mentre Ben provava dei dialoghi inventati dalla sua compagnia.
Sophie gli spiegò i caratteri diversi di Basil ed Henry e lui adattò la sua interpretazione alla perfezione. Da timido ragazzo tornato in città, divenne nel giro di poche ore, nello studio della sua casa londinese, il perfetto Dorian Gray, così perfetto da farle paura ed eccitarla.
-Cosa ne pensi del piacere?- le chiese dopo aver preso cinque minuti di pausa.
-Io trovo piacevole leggere un libro o passare il tempo a scrivere.- rispose.
-Sì, io amo recitare. Ma intendo, quello del corpo-
-Ah. Beh, non credo faccia schifo. Dopo tutto, non è un divieto. Lo trovo abbastanza piacevole-gli sorrise imbarazzata.
-Non volevo importunarti, perdonami. Pensavo solo a Dorian, non gli dispiace diventare così dannato. La sua condizione gli piace, e mi sento anche io così. Solo, mia cara, non ho fatto nessun patto col diavolo. Ho quasi trent’anni- le confessò.
-Meno male che non hai detto centosette come Edward Cullen!-
-Sei una donna meravigliosa!-
Ecco che lo diceva per la seconda volta in due giorni! Ogni volta, congiungeva le labbra come se avesse detto la parola “ti amo”.
-E tu- chiese la rossa- cosa ne pensi del piacere?-
-Sono un tipo che si diverte parecchio- eccolo che diventava Dorian. Perfettamente.
Sophie sorrise abbassando gli occhi.
-Mi fai paura- gli confessò. – Non riesco più a distinguere Dorian da Ben!-
E Benjamin iniziò a ridere.
-Tranquilla, sono Benjamin ora-
Risero per tutto il tempo restante e lei non restò a cena. Si fermò alla pizzeria e comprò tre pizze per condividerle con gli amici. Aveva lavorato bene, nonostante gli sguardi di Ben e poteva essere soddisfatta della mezza recensione. Aveva chiarito anche a Ben i punti tra Basil ed Henry ed aveva scritto anche più di quanto si era prefissata. Lavorare con lui era meno stancante, era piacevole.
-Eccomi- disse una volta entrata.
-Ehi- fece cenno Romeo dal divano.
-Carrie non c’è?- chiese la rossa, posando la sua borsa sulla sedia.
-Certo, torna tra un attimo. Com’è andata con l’attore?-
Sophie sospirò –E’ bravissimo. Non sapevo se stavo parlando con lui o con Dorian-
-E tu chi avresti preferito?- chiese Carrie sbucando dalla porta d’ingresso.
-Benjamin- rispose aprendo il cartone delle pizze e portandole sul divano dove tutti insieme restarono a guardare una partita noiosa ma che interessava Romeo.
Quando la squadra di Romeo lasciò perdere la rimonta ormai impossibile, Carrie decise di andare a dormire e Romeo la seguì. Si stese sul divano, leggendo un altro libro della lista e assaporandone ogni parola. Stava per iniziare a scrivere le sue impressioni quando le vibrò il cellulare. Era impossibile che fosse la scuola o qualche professore. Non poteva essere neanche Romeo perché era nella camera accanto. Spaventata anche per l’orario della chiamata, sbloccò il telefono e si trovò un numero sconosciuto.
Aveva paura di rispondere e in preda al panico cambiò  più volte posizione.
-Pronto?- si decise infine.
-Hai dimenticato la penna qui- disse la voce dall’altra parte.
Sophie riconoscendo la voce sorrise e si rilassò.
-E tu hai chiamato a quest’ora per dirmi questo?- rise.
-Scusami, stavi dormendo?- chiese Ben amareggiato.
-No, stavo scrivendo la recensione per un libro della Austen.-
Sentirlo per telefono, senza averlo previsto o senza essere avvisata le mise soggezione.
-Lavori troppo!- l’accusò.              
-Perché tu stavi guardando la tv, dai! So che stavi leggendo il copione!- lo rimproverò la rossa, girando per la casa e ridendo da sola allo specchio.
-Beccato! Ho imparato altre due pagine! Cavolo c’è così tanto sesso…-
Il volto di Sophie si infiammò. Domani lo avrebbe sentito recitare in scene poco consone. Cercò di non pensarci e di godersi la chiacchierata.
-Cosa ti aspetti da Dorian? Castità?- chiese.
-No, ma il mio copione è amplificato- rispose.
Prese posto sul tavolo della cucina, dando le spalle al divano e immaginando i suoi movimenti dall’altra parte del telefono.
-Ti andrebbe- chiese lui- di aiutarmi con la parte di Sybil?-
Bum. Colpita.
-Quella del libro… o ..- lasciò la frase in sospeso e Ben capì.
-Ehm.. le mie parti, quelle del teatro!- rispose.
-Oh Beh, se mi devo spogliare dimenticatelo!-esordì la rossa scendendo dal tavolo e tornando allo specchio per controllare la sua pancia. Non era sano dire di sì, e poi avere la pancia e sentirsi grassa.
-Che stai facendo?- le chiese mentre lui era steso al centro del suo letto a baldacchino.
-Cammino per la stanza e penso a quanto sarà dura domani all’accademia. Dovrei anche finire di preparare dei rullini.- rispose rendendosi conto di avere un gran lavoro arretrato.
-Allora ti lascio dormire Sophie. Domani per te va bene allo stesso orario?-
-Certo Ben, a domani- gli rispose e mise giù.
E sospirando come una bambina ritornò alla sua cartella, con le mani tra i capelli per i rullini, i libri e il copione. Lui le aveva messo una copia della parte di Sybil Vane nella sua borsa!!
Sorrise prendendo quelle otto o più pagine tra le mani e si accorse di dover recitare anche un pezzetto di Shakespeare. Sfogliò le prime due e si ritrovò poi con la bocca aperta per quello che lesse. Avrebbe dovuto baciarlo e.. NON OSO’ ANDARE OLTRE!
Poteva dire di no, ovvio. Gli avrebbe detto di no. Era pur giusto. Non avrebbe baciato il primo ragazzo che sarebbe capitato,neanche se fosse stato questo Ben, dai bellissimi occhi e dalle labbra che si congiungevano alla perfezione.
Sconvolta ancora per il ruolo e per i compiti da fare ritornò a studiare e cercò di non pensare a Dorian.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


La mattina seguente Carrie aveva infornato i biscotti e premuto le arance per una tazza di vitamine . Si sentiva in dovere di prepararla per tutti anche perché ne aveva bisogno per il suo primo giorno da modella.
Romeo le avrebbe dato un passaggio e sarebbe rimasto con lei per appoggiarla anche se Carrie era una forza della natura. Sophie si alzò di buon umore, merito forse della telefonata ma nonostante il sorriso dipinto sul volto, dovette trascinarsi per arrivare al tavolo.
-Ehi Buondì- disse Romeo che stava leggendo un giornale.
-Puonciorno a tutti- rispose la rossa mettendo i biscotti già preparati in bocca accompagnandoli con il latte che le aveva versato Romeo.
-Hai fame?- le chiese Carrie.
-Perché non vedi che sta per divorarsi tutto?- le domandò Romeo.
Dopo aver ingoiato e aver sbadigliato –Ma che carino!- gli rispose.
-Con chi parlavi al telefono ieri?- esordì Carrie mentre toglieva i biscotti dal forno e li appoggiava sopra a quelli già freddi.
Romeo alzò un sopracciglio,come per dire “io non ho fatto nulla” e poi prese un biscotto bollente scottandosi.
-Lo sapevo che devo starti dietro come un bambino- lo rimproverò la bionda.
Sophie sorrise e prese un giornale dalla sedia accanto per leggerlo e per evitare di rispondere. Che avrebbe detto?
-A che ora devi andare in studio?- domandò poi grattandosi un tallone con le dita dei piedi.
-Era l’attore vero?- chiese senza risponderle.
-Mmm.. si- confessò.
-E  che voleva?-
Sophie guardò Romeo, e lui capì.
-Oh Carrie. È tardissimo! Corri che dobbiamo scendere!- disse prontamente per salvare l’amica e ci riuscì poiché Carrie prese la giacca e tirandosi Romeo per la mano lo trascinò giù.
Rimasta sola finì di fare colazione e una volta preparata si recò all’accademia. Iniziò la giornata consegnando alcuni rullini per un compito che aveva già svolto e poi alla sua lezione di chimica.
Purtroppo per fare fotografia doveva svolgere anche i compiti del professore Mash. Odiava la chimica, non perché la considerava una materia inutile ma perché non sopportava l’idea di memorizzare nomenclature per quello che avrebbe potuto chiamare semplicemente in un modo, cioè usando la lingua normale. La sua  media comunque, non si scomponeva in nulla. Poteva essere definita una brava studentessa,ma non la migliore. Quando lasciò la classe di chimica, fu fermata da ragazzi più piccoli che le chiesero un aiuto in letteratura per quello stesso pomeriggio. Non era suo solito rifiutare di aiutare le persone ma aveva già promesso il suo aiuto a qualcuno per cui doveva fingere di essere Sybil.
Immediatamente si ricordò di Ben. Aveva il copione almeno da leggere o avrebbe fatto una figura da idiota quando lui le avrebbe detto “vai, tocca a te!”.
I ragazzi capirono, o almeno finsero di aver capito anche se lei si scusò dando la colpa ad un bucato venuto male e al  bisogno di una lavatrice nuova. Il professore di letteratura incantò la classe con vecchie diapositive che poi avrebbero dovuto riassumere e la sua docente preferita si complimentò per la prima parte della recensione al romanzo della Austen. Una volta terminate le lezioni e tornata a casa, continuò la sua lettura per tre capitoli e poi vagando nella sua testa ritrovò le immagini delle diapositive e portò a termine anche l’altro compito. Decise di aspettare per pranzo Carrie e Romeo, ma questi le mandarono un messaggio perché avevano deciso di pranzare fuori per festeggiare il primo rullino di foto di Carrie. Telefonò alla sua famiglia e si ricordò di quanto fosse bello parlare tedesco o di sentire qualcuno che sapesse farlo. Le mancava un sacco la Germania, tanto quanto le mancava in quel momento sua madre. Aveva bisogno di parlare con lei per avere un consiglio o un po’ di supporto,ma questo non accadeva spesso. Le loro telefonate erano piuttosto corte e non aveva mai tempo.
Prese una pentolina dal mobile e mise dell’acqua a bollire. Avrebbe cucinato qualcosa di sano: spaghetti al pomodoro. Il sugo lo amava e poi sua madre da ottima cuoca le aveva insegnato i trucchi del mestiere. Mangiò in silenzio, leccandosi i baffi alla fine. Si occupò di sistemare le stoviglie e si dedicò al bucato. Quando vide le sue felpe preferite sporche, fu presa dal panico. Cosa avrebbe messo?
Gettò la sua testa nell’armadio e prese un lungo respiro. Stava per iniziare a buttare tutto sul letto quando le squillò il telefono: un’altra volta un numero che non conosceva. Sapeva però di chi fosse e rispose da persona calma ed educata,ma soprattutto calma.
-Ehi!- esordì, maledicendosi per il tono troppo confidenziale. Lui aveva trent’anni.
-Sophie, mia cara, disturbo?- disse Ben con un accenno di sorriso nel tono. Aveva aspettato il momento giusto per chiamarla, indeciso se farlo prima o dopo pranzo e temendo di disturbarla durante una lezione. Sophie era una tipa strana per lui. Tedesca e non fredda come tutti pensano. Stare in suo compagnia gli metteva gioia e poi era stato destino si continuava a ripetere. Era un’ottima amica ed una bellissima ragazza. Certo, non era il suo tipo fisicamente ma quanto potevano lavorare bene loro due? Quando Greta la sera della loro prima prova, gli aveva chiesto se “la signorina fosse di suo gradimento”, lui non aveva badato a quel particolare. Non sapeva rispondersi se nonostante tutto Sophie l’attraesse. Di certo ne era completamente affascinato.
-No, Ben. Stavo cercando qualcosa da mettermi- rispose la rossa buttando in aria maglioncini da nonna e scarpe da vecchia.
-Staresti benissimo con qualsiasi cosa- ammise e la fece diventare rossa anche se inconsapevolmente.
Lei prese del tempo prima di ringraziarlo, non voleva fare la sfacciata o la spudorata.
-Alle quattro allora scendi, va bene?- le chiese lui, trattenendo l’ansia che aveva di vederla.
Forse,ammise in cuor suo, Greta aveva ragione. Ma ora gli serviva solo finire quel copione.
Sophie non aveva mica dimenticato una cosa del genere? Certo che no.
E alle quattro,dopo aver provato cento abbinamenti, era lì. Mise il copione e Dorian nella sua borsa e lasciò la casa lasciando un messaggio ai suoi amici.
Come aveva già immaginato si ricordava ogni semaforo, ogni parcheggio o stradina. Era stata così attenta il giorno precedente da meravigliarsi essa stessa. Quando l’autista si fermò davanti il suo portone, Sophie si aggiustò il cappotto, rimise i guanti e riprovò a pagare. Per la seconda volta,Ben aveva già pagato per lei. Fece esattamente come la prima volta e trovò Benjamin allo stesso posto del giorno prima.
Quando la vide le sorrise e la fece entrare in casa tenendole la mano. Una volta in casa, le tolse il cappotto e lo lasciò a Greta che intanto aveva salutato.
-Come stai?-le chiese Ben una volta che furono in studio.
-Bene, è andato tutto bene oggi all’accademia. Tu come stai?- sorrise.
-Non hai idea di come sia stressato. L’unica cosa positiva è recitare insieme a te- confessò.
La rossa abbassò lo sguardo e poi lo ringraziò.
Quando era con Benjamin si divertiva troppo. Staccava la spina da quelli che erano i suoi obblighi da studentessa ma conosceva anche quello che le sarebbe successo una volta che il romanzo o le prove sarebbero terminate. Certo, non era giusto affezionarsi così ad una persona conosciuta per sbaglio, ma fin da bambina sognava di incontrare l’amore tra uno scaffale in biblioteca. Non doveva e non stava pensando a Ben come amore,ma era inevitabile chiedersi se lui la trovasse almeno affascinante. Lui avrebbe potuto acquistare quel romanzo ovunque, e dalla maestosità dei suoi arredi, non erano i soldi il problema. Cosa spingeva Benjamin a passare del tempo con lei?
-Cosa facciamo oggi?- chiese Sophie interrompendo il flusso del suoi pensieri senza essere arrivata a nessuna conclusione concreta.
-Spiegami perché secondo te, Sybil decide di uccidersi- le chiese Ben sistemando le poltrone seconda la disposizione di scena.
-Come poteva non uccidersi per Dorian?- gli richiese senza rispondergli.
-Non lo so. Dorian era ancora un bravo ragazzetto-
-No Ben, Henry già stava attuando il suo lavaggio del cervello. Forse Sybil lo aveva immaginato. Non lo so, mi sono fermata alla lettura dove sei arrivato tu. Che scena vuoi che ti aiuti a provare oggi?- continuò
-Sul mio copione lei va a pranzo da lui… tu sei la mia Vane oggi- le disse alzandole un mento con una mano.
-Va bene, Dorian.- scherzò Sophie.
Ben preparò un tavolino alla bell e meglio e poi sistemandosi come era scritto sulla carta iniziò  a provare la scena. Sophie era in imbarazzo totale; aveva la fortuna però di aver recitato all’oratorio in Germania e di cavarsela con l’espressività.
Si sedette a tavolino con lui, consapevole che quello bravo doveva essere lui. Lei serviva solo per dargli la possibilità di attaccarsi alle battute.
-Chissà quante ne avete portate qui- disse entrando perfettamente nel ruolo di Vane.
Dorian le sorrise, tenendo tra le mani un fiore finto che dovava usare nella scena.
-In verità nessuna- disse facendo scivolare il fiore sulla punta del suo naso- ci sei solo tu-
Sybil sorrise, e Dorian sfoggiò il suo sorriso perfetto. Ben era favoloso, entrava nel personaggio così bene da confondere tutti. Sophie si era dimenticata di Londra, dello studio e di tutto il resto; stava contemplando il “ci sei solo tu”. Quando Ben si alzò e cambiò posizione fu costretta a fare la parte del fratello della Vane e lo vide recitare in un momento di disperazione. Avevano appena finito di leggere dal libro della morte della giovane e Ben fu entusiasta della sua interpretazione poiché aveva sconvolto anche Sophie. Scherzando e provando più volte le parti nuove e ripetendo quelle vecchie, passarono le ore. Greta mentre stavano mettendo a posto le carte, li interruppe.
-La cena è pronta- disse.
Sophie divenne viola in volto.
-Benjamin mi dispiace, non credevo si fosse fatto così tardi. Me ne vado subito- ammise cercando il suo cappotto e i suoi guanti per scappare da quella situazione. Non si era resa conto di aver fatto così tardi né Ben le aveva detto nulla.
-No, la cena è per noi due- le disse.
-Come per noi due?- domandò tenendo il cappotto in bilico tra le braccia.
-Se te l’avessi chiesto mi avresti risposto di no. Devo pur ringraziarti in qualche modo!-
Si posizionò dietro di lei e l’aiuto a togliersi il cappotto che aveva indossato per metà.
-Rilassati Sophie- le sussurrò avvicinandosi, con un tono molto basso rispetto al normale,al suo orecchio destro. Diecimila vibrazioni partirono dalla sua spina dorsale e arrivarono alla sua testa. I suoi neuroni intenti a ballare una samba si immobilizzarono di botto. Si trasformarono tutti in piccoli Ben o Dorian che le sfilavano il cappotto.
Stava davvero facendo la figura della cretina, ne era consapevole. Ben la prese per una mano e la fece entrare in una piccola stanza, con le pareti in vetro che si affacciava sul giardino. La stanza era calda e sembrava una di quelle giapponesi.
-Quanto è bella questa stanza, Ben!- gli disse meravigliata. Al centro della stanza c’era un tavolino bassissimo con dei cuscini attorno e sopra tutti cibi orientali.
-Spero ti piaccia il giapponese. Il mio ristorante preferito è chiuso- disse dispiaciuto.
-Non conosco i tuoi gusti ma so fare qualcosa di italiano..-
-Adoro il cibo italiano, ma come riesci a farlo?- le chiese facendola sedere di fronte a lui.
-Io sono tedesca,ma mia madre è italiana. Passione per la Germania, ha sposato un tedesco e vive a Berlino-
-Mi stupisci ogni giorno di più. Tu sei meravigliosa!- le sorrise.
Ancora. Gli diceva ancora quella parola. Alla fine prima o poi ci avrebbe creduto sul serio.
-Io sono inglese. Madre inglese, padre inglese. Tutti siamo inglesi!- continuò ridendo e la fece ridere.
-Siete una razza pura-gli disse.
-Non ti va proprio il giapponese?-
-Tranquillo lo mangio, ma la prossima volta cucino io!-
Ben cambiò atteggiamento dopo aver sentito la sua frase e Sophie se ne accorse.
-Ho detto qualcosa che non va?- domandò dispiaciuta.
-Hai solo ammesso,senza volerlo, che ci sarà una prossima volta tra di noi- le rispose riprendendo il colorito di prima.
-Solo perché voglio farti mangiare qualcosa di sano e di buono- scherzò la rossa mettendo le bacchette nella sua ciotola.
-Dici che mangio cose poco salubri?- fece il finto offeso mettendo poi una porzione in bocca.
Sophie rischiò di affogarsi guardando Ben riempirsi la bocca di cibo dal nome impronunciabile.
-Uhm direi che sì! Tu mangi cibo poco salubre ed hai bisogno di una dieta ferrea!-
-Lo ammetto, tu diventerai la mia nuova cuoca personale!-
-Oh Beh! Giusto quello che cercavo, Ben!- affermò la rossa versandosi del tè. –Ne verso anche a te?- gli chiese.
-In realtà dovrei essere io a versarlo a te, ti ho invitata a cena e mi comporto da maleducato!-
A Sophie non importava  versare o avere del tè nel bicchiere. Non faceva nulla se lui non lo aveva fatto  o se involontariamente, perché era evidente che fosse stato involontario,se ne fosse dimenticato. Era perfetto così, con il codino a mantenergli i capelli lontano dagli occhi e la camicia fuori dal pantalone.
-Lascia stare, siamo moderni- disse evitando di farlo sentire in colpa.
Passarono tutta la serata a raccontarsi le loro storie e Ben non disse mai il suo cognome. Aveva trovato per la prima volta qualcuno a  cui interessava così com’era. Fu facile lasciarsi andare a racconti senza senso e divertenti o a descrizioni di episodi da dimenticare. Sophie gli raccontò di Berlino e lui ne rimase incantato da volerci passare qualche giorno.
-Ti va un bicchiere di vino rosso?- le chiese aiutandola ad alzarsi da terra per portarla in cucina. La cucina era mille volte il buco che aveva nel suo appartamento. Isola al centro con i fornelli e frigorifero ultratecnologico. Sprecata per una persona  sola, che tra l’altro non sapeva neanche cucinare.
-A che pensi?- le chiese prendendo i calici dalla vetrina e il vino dallo scaffale. Versò il vino tenendo con una mano il calice e con l’altra la bottiglia e il primo lo diede proprio a lei.
-Pensavo quanto fosse sprecata questa cucina per te- gli disse aspettando che fu pronto anche lui prima di portare il bicchiere alla labbra. Le labbra di Ben attaccate al vetro del calice sembravano più rosse ed erano meravigliose.
-E’ vero, non so neanche cucinare!- rise.
Sophie era appoggiata di spalle all’isola della cucina, di fronte  a Ben che dava le spalle al lavello.
-Sei fidanzata?- chiese a brucia pelo, senza giri di parole, guardandola direttamente negli occhi.
-Non sono fidanzata. Non è l’amore che cerco; o meglio,lui ha smesso di venirmi incontro e ho deciso di aspettarlo senza muovere un dito e dedicandomi solo alla lettura e al lavoro.- alzò le spalle come sconfitta da una situazione che aveva già vissuto volte precedenti- Tu? Che fai? L’amore lo aspetti o lo cerchi?- chiese.
-L’ho perso- disse – Ma non vedo l’ora di imbattermi in qualcosa di molto più forte. Prima o poi lo incontrerò. Non ho paura di sbattere contro di esso, non temo neanche di farmi male. C’è qualcosa che mi fa ancora credere, tutto qui- le confessò e poi bevve un altro sorso.
-Io ho solo paura di ferirmi ancora, magari dirò no alla persona giusta solo perché temo che si comporti come quella passata!- gli confidò guardando poi il vino che stava facendo ruotare nel calice.
-Buono questo vino?-            
-Si, hai dei gusti ottimi… questa è l’unica cosa salutare di stasera!- gli fece l’occhiolino.
Mentre Ben finiva di bere lei alzò gli occhi e si rese conto di aver fatto tardi. Non voleva rovinare quel momento di pace che aveva trovato, né tantomeno fare la maleducata ed andare via dopo aver bevuto, ma era consapevole che l’indomani avrebbe dovuto andare a lezione.  Ben sembrò accorgersene e appoggiò il suo calice sul lavello.
-Devi andare? Ti ho trattenuta troppo, vero?- le chiese guardando anche lui l’orologio.
-Domani ho lezione ed è tardi. Non voglio essere un peso. Mi dispiace, è stata una bella serata-
-Ma non ti devi dispiacere. Ti capisco benissimo, ti ho trattenuta fin troppo. Vado a prenderti il cappotto.-disse mentre si allontanava dalla cucina. In quel preciso momento si maledisse per aver guardato l’orologio. Un po’ le dispiace doversi allontanare da lui, anche perché la situazione si era fatta estremamente piacevole. Passare del tempo con lui era rilassante e le faceva svagare la testa dai numerosi impegni scolastici che aveva e che doveva affrontare. Parlare della recitazione con Ben era interessante anche perché non sembrava affatto uno di quegli attoruncoli, anzi. Ogni volta che entrava nel personaggio, si vestiva dei suoi panni così intensamente e meravigliosamente da confondere le persone una volta che la parte finiva. Ci si poteva innamorare dei suoi personaggi e doveva ammettere che Dorian l’aveva sempre affascinata. Quando Ben tornò l’aiuto a mettere il cappotto e le porse i guanti.
-Grazie- gli sorrise Sophie.
-Vuoi che ti dia un passaggio con la mia auto o preferisci andare con lo stesso taxi?- si azzardò a chiedere.
-Tranquillo- disse- grazie mille,ma credo che prenderò la metro. Arrivo prima e posso pagare!- scherzò facendogli capire a cosa si riferisse e cioè all’autista che non accettava mai i soldi.
L’accompagnò all’uscio e la salutò baciandole le mani, come una vera dama inglese.
-Mi vizi troppo Dorian, ma non oso immaginare a quante altre donne tu abbia concesso un simile lusso- gli disse vestendo i panni di Miss Sybil Vane. Ben ne restò affascinato, anche perché non si aspettava che lei prendesse l’iniziativa anche per scherzare e recitasse la sua parte. Stette al gioco, da bravo attore qual era.
-Stai tranquilla, ci sei solo tu per me!- rispose mentre Sophie si allontanava nella nebbia di Londra.
Per strada c’era ancora qualche coppia che passeggiava dopo aver cenato in qualche locale e la strada era illuminata fino alla metropolitana. Si sentì importante quando riuscì a fare un biglietto che accettarono senza storie e attaccata al finestrino del primo vagone, si lasciò andare a sogni ad occhi aperti. Ben, a casa sua, poteva dirsi soddisfatto della serata. Quella donna era davvero qualcosa di speciale. Riusciva a mettergli il buon umore ed era in grado anche di saper attaccare al momento giusto quando recitavano. Certe volte sembrava che lei fosse davvero Sybil per i sentimenti che provava e si domandò se quella cena per lei avesse significato qualcosa in più o in meno di quanto aveva significato per lui. Sicuramente poteva dirsi soddisfatto dei progressi teatrali, anzi cinematografici, perché lui lo sapeva che Dorian sarebbe stato un film di successo e sapeva anche che prima o poi lei avrebbe letto o visto qualcosa su di lui. Data l’età di Sophie e il suo passaggio dalla Germania all’Inghilterra, comprendeva benissimo le ragioni che lei aveva per non averlo riconosciuto. Se non ascoltavi gli Hyrise (ed era un bene!), se non avevi visto Narnia o Stardust, era quasi impossibile ricordarsi di lui. Sophie poteva aver mentito e conoscere benissimo la sua fama, ma dai suoi occhi, non l’avrebbe mai detto. O, era un’attrice da oscar meglio di lui, oppure lo conosceva ma lo trattava da persona normale.
Arrivata a casa, stranamente trovò Romeo ancora sveglio e Carrie che stava sistemando la cucina.
-Ma dove sei stata per tutto questo tempo?- le urlò contro Romeo da “migliore amico in prenda al panico”
-Stavo aiutando Ben.- disse.
Carrie guardò Romeo come per ammonirlo anche perché non erano affari suoi. Se Sophie avesse voluto parlare con loro lo avrebbe fatto. Nonostante l’avvertimento avuto dagli occhi della fidanzata, Romeo, continuò le sue domande.
-E torni alle undici e mezza?-
-Scusami se ho una vita e se sono rimasta a cena!- rispose prima di sbattere la porta e di chiudersi nella sua camera. Per quanto adorasse Romeo, non erano affari suoi. Ok, si preoccupava ma ciò non implicava entrare fino all’osso della questione. Erano pur sempre affari suoi! Se lui non si fosse rivolto male avrebbe parlato con lui il giorno successivo o il giorno dopo ancora. Sophie aveva paura di sentirsi dire sempre le stesse cose “stai attenta!” “non correre!”. Sentirsi dire quelle cose che non avevano senso per una storia che non esisteva, per un interesse che da parte di lui non c’era. Mentre era appoggiata alla sua scrivania per terminare o iniziare qualche altro compito, Carrie bussò alla sua porta.
-Posso entrare?- chiese quando aveva già un piede dentro.
-Sei già dentro- disse da vecchia acida.
-Se vuoi me  ne vado- sussurrò la bionda entrando ancora di più nella stanza consapevole che non avrebbe mai risposto no.
Si girò verso Carrie e la guardò con un’espressione non abbastanza simpatica.
-Romeo vuole solo proteggerti. Che ne sa lui di questo fantomatico trentenne che vedi!-
-Io non vedo nessuno. Sto solo aiutando una persona e prendo appunti per le recensioni. Tutto qui. Non è certo il tipo d’uomo che sta cercando una studentessa-fotografa alle prime armi. Lui, oh- disse guardandola con occhi luccicanti- è qualcosa di indescrivibile. Mi piace come persona. È un ottima compagnia e ha bisogno di aiuto con Dorian- confessò
-E non ha caso, tu sei Sybil Vane per lui- commentò Carrie.
-Che vorresti dire?- le chiese sedendosi con le gambe incrociate sul letto.
-Che forse, lui.. non è che vuole altro da te?- domandò.
Sophie sorrise immaginando come sarebbe se fosse una donna in carriera con la possibilità di dedicarsi all’amore e di dedicarsi a lui. Ma era a conoscenza che Ben, sarebbe rimasto uno dei tanti amici inglesi che avrebbe sentito solo per messaggi una volta andata via.
-Tranquilla, penso che non ci siano possibilità del genere. Ben è interessato ad altro-
-E’ GAY?- strillò Carrie.
-Certo.. come no! Non ho detto che sia gay. Ho detto che lui è interessato a me come “posseditrice del tesoro di Gray”-
Carrie alzò le spalle e sorridendo si allontanò dalla stanza.
Mentre allegramente si decideva a mettere il pigiama e abbracciare Morfeo acquistando forze per il mattino seguente, Ben, le mandò un messaggio:
“Spero che la carrozza di vostra dolcezza Sybil sia arrivata a destinazione”
Presa dal panico, e non sapendo come rispondere ad una cosa così carina, decise di farlo in un modo diverso dal solito.
“Oh Dorian, quanto ancora dovrò aspettare prima di vederti ancora?”
Ben poteva aspettarsi di tutto, ma non che continuasse il gioco.
“Mia cara Sybil sei perfetta quanto la Giulietta che hai recitato questo pomeriggio in teatro. Ti prometto che domani alle quattro verrà a prenderti Lord Henry.” Lasciò qualche rigo e aggiunse  “PS: Sophie, buona notte.”
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=633685